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Scene deliziose della Vita Terrena di
Gesù
Ricevuto da Max Seltmann
Libretto XXI
Giovanni Battista il precursore
Vita e crescita spirituale di Giovanni Battista dai 20 anni
Un incontro con Gesù è determinante
Morte di Elisabetta
L’inizio della predicazione
Cap. 1 Progetti
dei templari su Giovanni
Cap. 2 Maria
con Gesù e Giacomo fanno visita alla cugina Elisabetta
Cap. 3 Gesù
profetizza sul Suo precursore
Cap. 4 Il
miracolo dei sette pani
Cap. 5 Gesù
è difeso da Elisabetta ma Giovanni ne è sconvolto – Il pranzo celestiale con
Sergio attratto dal giovane Gesù
Cap. 6 Gesù
prega e guarisce il bue di Sergio
Cap. 7 Giovanni va al tempio dove vige: “Tacere
ed ubbidire”, e Samuele l’aiuta
Cap. 8 Di
nuovo a casa, una proposta di matrimonio
Cap. 9 In
sogno con lo spirito del padre Zaccaria – Morte di Elisabetta
Cap. 10 Senza
la madre, la lotta interiore lo porta alla vittoria
Cap. 11 Dal giudeo Elim: la consacrazione! –
Inizio della predicazione
۞
Progetti dei templari su Giovanni
1. Ai piedi della montagna si trova il fondo di Elisabetta, fondo che coltiva già da circa vent’anni con suo figlio Giovanni. Stanca e piena di struggimento quel giorno aspetta suo figlio, il quale già dal primissimo mattino è fuori casa, per andare sulle alture a prendere foraggio e paglia per le capre. Il Sole sta già calando e con crescente inquietudine lei guarda in direzione dalla quale di solito Giovanni viene.
2. “Chissà dove si trova”, – Elisabetta preme la mano sinistra sul cuore che batte agitato, – “io spero che non gli sia accaduta nessuna disgrazia! O Signore e Dio, questo certo Tu lo impedirai!”.
3. Finalmente Giovanni torna a casa. Pesante è il fascio che porta sulle spalle. Con affetto saluta la madre che gli corre incontro, dietro la sua gioia egli sente la grande inquietudine che da ore l’ha tormentata. “Madre, ti sei di nuovo preoccupata per me? Certo tu sai che l’Eterno, il tutto sostenente, tiene la Sua mano protettrice su di noi. Se non fosse così, madre, oggi sarebbe stato il mio ultimo giorno, poiché ho avuto un difficile lavoro con un bue infuriato.
4.
Il vicino aldilà del
monte, Sergio aveva attaccato il bue al suo carro ed anche lui voleva
raccogliere foraggio sul suo terreno. L’animale pascolava tranquillo, ma
all’improvviso divenne terribilmente furibondo, si rotolava sul terreno e
muggiva di dolore e furia. Sono divenuto guardingo, e nello stesso tempo sono
andato lì con Sergio ed abbiamo visto come uno sciame d’api copriva
completamente quest’animale diventato furibondo. Volevamo aiutarlo, ma non è
stato possibile. Quando Sergio ha tentato di
togliere le api con alcuni ciuffi d’erba, è stato assalito dalle stesse, e così
ha cercato la sua salvezza nella fuga.
5. ‘Che fare’, – ho pensato, – ‘non posso certo abbandonare quest’animale alla miseria!’. Ho strappato il mio grembiule dal corpo ed ho allontanato le api con tutta la forza e rapidità, cosa che alla fine mi è riuscito. Nel frattempo il bue ha preso male il mio aiuto e mi ha assalito. Per un po’ ho potuto difendermi da lui, in un momento favorevole tuttavia sono saltato di lato e sono fuggito. Sergio ha visto da lontano come anch’io mi sono messo al sicuro e così non abbiamo più osato lavorare. Solo dopo diverse ore l’animale sfinito e conciato male è tornato nuovamente quieto, e così è avvenuto che ti ho lasciato sola tanto a lungo”.
6. “Giovanni, figlio mio, ricordati sempre che hai ancora una madre. Tu sei troppo impetuoso, e credi di poter superare tutto”. Il racconto del figlio ha spaventato l’anziana Elisabetta , e conclude: “Quante volte chiedo la protezione e prego Dio di vegliare su di te”.
7. Replica Giovanni con gaia serietà: “Madre, madre, a chi Dio dà un compito, lo manterrà anche, ed a me è stato dato questo grande compito: provvedere a te e rendere belli i tuoi ultimi giorni. Come potrebbe anche essere diversamente? Non mi hai dato tu, madre e padre in uno? La tua bontà e il tuo amore non sono unici? Tuo figlio non lo dimentica; perciò, madre, non preoccuparti troppo, affinché la mia fiducia in Dio non diventi debole, ma forte”.
8. Presto l’abituale parca cena composta di latte e pane sta sul tavolo, quando il vicino Sergio compare con due sacerdoti. I tre, rispettosi, salutano Elisabetta e poi Giovanni. Ora Sergio comincia a raccontare dell’avvenimento sul monte, ma Giovanni ribatte: “Sergio, ho già riferito tutto a mia madre, non c’è bisogno di descrivere ancora una volta il pericolo nel quale ci siamo trovati”.
9. Elisabetta vuol replicare qualcosa. Uno dei sacerdoti la previene: “Moglie di Zaccaria, vengo di nuovo a te con la vecchia preghiera, dacci tuo figlio, affinché lo possiamo educare completamente per il tempio. Tu sei debitrice al tuo beato marito di far educare il suo unico figlio ad essere sacerdote. Quindi è anche volontà del tempio di far seguire al figlio di un servitore così degno come lo era Zaccaria, le orme di suo padre”.
10. “Giuseppe”[1], il vostro sforzo oggi mi sembra vano”, – risponde Elisabetta piano ma determinata, “Giovanni pochi minuti fa si è dichiarato per la madre”.
11. Il sacerdote, attenendosi tenacemente al suo pensiero: “Questo è giusto, ma anche noi vogliamo provvedere a te quanto bene possiamo, perciò questa scusa non può essere mantenuta. Noi osserviamo continuamente Giovanni e dobbiamo dirti: non può stare nelle intenzioni del tempio che tuo figlio vegeti così libero e senza la nostra influenza. Egli sarà consacrato a Dio ed al tempio”.
12. Ora inizia a parlare Giovanni: “La vostra preoccupazione è vana e completamente inconsistente, mia madre, infatti, è stata per me totalmente sufficiente fino ad ora. Per quante volte sia stato nel tempio e nella sinagoga, io non ho ascoltato altro che quello che mi ha insegnato mia madre. Voi volete separarmi del tutto dalla madre per poter dire che provvedete al figlio ed alla vedova di Zaccaria”.
13. Asur, l’altro sacerdote, dice: “Giovanotto, non dimenticare che noi facciamo la parte di tuo padre e devi essere rispettoso ed obbediente. Già da troppo tempo vivi in una dissolutezza che deve finire”.
14. “Che cosa intendete fare?”, – dice Elisabetta. – “Che cosa non vi piace in Giovanni? Egli mi è ubbidiente, pieno d’amore e di gratitudine filiale! È il mio raggio di sole nei miei giorni avanzati, e nella sua freschezza giovanile mi splende incontro la fede di suo padre. Se egli vuol venire con voi nel tempio, io non voglio trattenerlo”.
15. Replica Giovanni: “Madre, mai ti lascerò, finché vivrai! E voi due, servitori di Dio, ascoltate: piuttosto abbandonerò la fede dei miei padri, prima di abbandonare la mia anziana madre. Proprio lei mi ha dato la consapevolezza che in ogni tempo ed in ogni ora vivo per la Bontà e l’Amore dell’eterno Iddio e Creatore.
16. Finché posso pensare e giudicare, non mi è nota nessuna azione, in cui dovrei vergognarmi di mia madre. Ma se paragono la vita di mia madre con la vostra vita, sorgono dubbi senza fine, poiché ci capitano giorno e notte.
17. Voi sostenete di essere preoccupati per la mia educazione? Questa è una bugia! Io ve lo voglio dire: sono troppo aperto per voi e non posso tacere sulle vostre impure azioni, per questo devo essere educato a sacerdote sotto i vostri occhi, così che mi adegui totalmente alle vostre condizioni”.
18. “Ragazzo mio”, – dice Giuseppe, – “non farti illusione, hai appena vent’anni e vorresti parlare come uno di settanta.
19. Mai ti separeremmo da tua madre, e se volete rimanere qui, allora sia. È nostro dovere ammonire! Devi però riconoscere che non puoi rimanere completamente senza istruzione e, bene o male devi sopportare la nostra preoccupazione. Nemmeno tuo padre agirebbe diversamente se vivesse ancora, e tu sei ancora troppo immaturo per pensare e giudicare giustamente. Certo, fai il tuo dovere e non temi nessun pericolo, come ha riferito il fratello Sergio, ma la cosa migliore e più bella è quando si è ubbidienti!”.
20. “Non ricordatemi ciò!”, – replica Giovanni, – “Voi sapete quanto arde il mio cuor di ardente desiderio di poter servire Iddio! Ma il servizio a mia madre, non è servizio a Dio? Voglio ringraziarvi con la mia vita, se mi date ciò che è necessario per un fedele sentimento sottomesso a Dio, ma non pretendete che mi accontenti di briciole.
21. Guardate mia madre, mi è lei d’esempio; lasciate che mi rimanga un esempio, affinché non perda il rispetto per voi”.
22. Allora Giuseppe porge la mano a Giovanni e dice: ”Figlio mio, rimani filialmente devoto e fedele a tua madre; io comprendo che sulla via che ho considerato, noi non giungiamo alla meta. Una cosa però io pretendo da te: rispetta il tempio ed i suoi servitori, perché è Opera di Dio! E non guardare con occhi storti coloro che, secondo i tuoi concetti, non vivono secondo il giusto Ordine. Così ti voglio benedire e raccomandarti alla giusta protezione di Dio”.
23. I due sacerdoti si congedano con il generale saluto di benedizione, Sergio però rimane. La cena interrotta è consumata. Anche Sergio prende un pezzo di pane ed un sorso di latte. “Ho da parlarvi”, – comincia costui dopo un po’, – “questo giorno, infatti, me ne dà il motivo. Madre Elisabetta, tu sai quanta gratitudine ti devo, per quanto sei stata così caritatevole vicino a mia moglie in tutte le ore difficili. Tuo figlio Giovanni dovrebbe certo andare dai sacerdoti nel tempio per l’educazione. Noi accogliamo te volentieri e colmi di mille gioie nella mia casa, ed allora posso rimborsare un poco il mio grande debito.
24. Tuo marito era sacerdote, io non l’ho conosciuto, ma se stava in questa fede come stai tu, allora sei debitore a Dio di far diventare suo figlio altrettanto sacerdote. Tu stessa mi hai insegnato a riconoscere Dio ed io mi professo anche per Lui, grazie al tuo amore ed alle tue molte fatiche. Ora vorrei ringraziare Dio rendendoti possibile dare tuo figlio al tempio. Tu verrai da noi ed io provvederò nel modo migliore al tuo piccolo possedimento, così che si conserverà ancor sempre per tuo figlio. Egli può ritornare in ogni momento, se lo spinge la nostalgia di te e della casa”.
25. “Nobile amico!”, – dice Giovanni. – “Il tuo amore e la tua offerta sono come un travaso d’acqua rinfrescante in un gran caldo e ti ringrazio di cuore. Ma non posso lasciare la madre, chissà cosa vuole Jehova! E finché la Sua Volontà non è diventata evidente, io rimango qui. Certo, vorrei essere sacerdote, ma sacerdote secondo la madre. Comprendimi bene: non è la madre più saggia dei sacerdoti? E la madre ti ha mai lasciato debitrice di un unico chiarimento? Qui c’è più che il tempio, qui c’è Dio”.
26. Dice Sergio: “Giovanni, esageri! In ogni caso non è volontà di tua madre se screditi il tempio. Si tratta di pensare: che cosa vorrai fare, se tua madre segue tuo padre nella tomba? Non ti giocare il favore del tempio, fa un tentativo; se la vita non ti soddisfa, puoi sempre tornare indietro nella tua casa paterna, ed io voglio volentieri sostenerti con le forze migliori”.
27. Risponde Giovanni: “La tua proposta è da riflettere, lasciami tempo finché non avrò chiarito i miei pensieri”.
28. Replica Sergio: “Allora va bene, mio Giovanni; attenderò finché tu venga da te stesso, perché finora hai sempre mantenuto la parola”.
29. Ora Sergio discute ancora un po’ con Elisabetta, poi l’ospite si congeda e, senza parlare di questo ancora una volta, i due vanno a riposare. Giovanni non dorme, bensì si alza, s’inginocchia e lotta nella preghiera per ottenere chiarezza. Muto però rimane il suo cuore ed i suoi pensieri vagano sempre più agitati. Alla fine lo vince la stanchezza e si addormenta nel cantuccio dedicato alla preghiera.
30. Al mattino presto Elisabetta si alza dal giaciglio e vuol tenere il suo raccoglimento. Allora si accorge del figlio dormiente. Lo sveglia con cautela e lo accompagna nella sua stanza, senza dire una parola. Lei sa: egli ha lottato nella preghiera con Dio, come un giorno Giacobbe. Ora lei ha nuovamente motivo per parlare con Dio e rivelarGli tutta la sua brama, affinché Giovanni diventi un giusto e fedele servitore di Dio!
31. Si fa sempre più chiaro nella stanza, e quando il primo raggio del Sole la raggiunge, ha trovato in sé la risposta: «Tuo figlio è chiamato al servizio per l’eterno Regno di Dio». Ora ringrazia nella chiara gioia il suo Dio e Signore e promette solennemente eterna fedeltà.
32. La prima colazione del mattino, composta di pane e latte, sta sul tavolo, Giovanni viene, saluta sorridendo sua madre e chiede la benedizione per il giorno veniente.
33. C’è solennità nella stanza quando Elisabetta dice: “Nel Nome del nostro eterno Iddio ti porgo la Sua benedizione affinché Egli ti preservi dalla grande tentazione e ti faccia accorgere che puoi vivere e lavorare soltanto dalle Forze Sue. Dio sia con te e tu con Dio! Amen”.
34. Così comincia la giornata. Giovanni non conosce riposo. Dappertutto i suoi occhi vedono ciò che manca. Egli avrebbe dimenticato di mangiare se non lo avesse ammonito la madre.
35. E così passa giorno dopo giorno. Elisabetta conosce suo figlio; ciò che lui porta dentro di sé, lo deve risolvere da solo, l’aiuto estraneo non fa per lui.
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Maria con Gesù e Giacomo fanno visita alla cugina Elisabetta
1. È un giorno a metà della settimana. Ecco che viene di sorpresa Maria di Nazareth con i suoi due figlioli Giacomo e Gesù. Il vecchio Giuseppe con i suoi figli ha contratto un lavoro nei dintorni. Quest’occasione è sfruttata per visitare Elisabetta e Giovanni.
2. Anni sono passati prima che potessero rivedersi, poiché per Giuseppe la fatica è diventata troppo grande perché venga a vedere regolarmente se tutto va bene. Anche questa volta rimane nel luogo del suo lavoro e manda Maria con i due figli più giovani da Elisabetta.
3. Quanto grande è la gioia da ambo le parti, sulla quale gioia deve però presto cadere un’ombra. Gesù è diventato stranamente silenzioso ed a domande dà soltanto brevi risposte. Una volta abbandona perfino la stanza. Giacomo fa cenno a Giovanni e prega: “Vieni, non lasciamo Gesù da solo, negli ultimi tempi ci dà molte preoccupazioni”. Così entrambi vanno da Gesù.
4. Elisabetta è colpita, il suo modo sensibile sente che qui qualcosa non va! Allora chiede a Maria: “Cosa c’è con Gesù, tuo Figlio?”.
5. A questo punto Maria comincia a piangere, poggia il suo capo al petto di Elisabetta e dice: “Se tu sapessi quanto è diventato ostinato negli ultimi mesi. Se vengono da me le ragazze per imparare a fare lavori a maglia ed a mano, Lui abbandona la stanza. Quando si ride e si scherza, ci guarda tutti con grandi occhi, scuote la testa e se ne va! Dio solo sa dove va! Da Lui non si viene a sapere nulla. Se il vecchio padre Giuseppe dà un insegnamento, oppure gli altri figli, allora solitamente Egli dà ad intendere che lo sa da tempo. Lo avremmo volentieri affidato ad un rabbi, ma in questo caso dice: «Preferisco stare con gli animali selvatici in montagna!». Insomma, sono quasi alla fine delle mie forze”.
6. Allora dice Elisabetta: “Maria, figliola mia, cosa succede che ti disperi? Avete dimenticato le Grazie e le Conduzioni dell’eterno Signore e Dio? Appena le vostre speranze in Gesù non si esaudiscono, sei infranta e debole. Come lo sopporta Giuseppe, tuo marito? Mai e poi mai dimenticherò quando tu, ancor quasi una fanciulla, venisti da me ed il bimbo sotto il mio cuore disse: «Presto! Apri! La madre del mio Signore desidera entrare!». Vedi, gli anni mi hanno invecchiata, ma la mia fede in Dio li ha resi giovani.
7. Anch’io mi preoccupo per Giovanni, il tempio lo desidera come sacerdote, già a causa di suo padre, ma Giovanni non vuole, io sono tutto per lui. Ciò nonostante egli ha una propria volontà, volontà che può essere guidata soltanto mediante il più tenero amore. Così lasciati dire ancora una cosa: noi madri amiamo troppo da una sola parte, perciò Jehova deve vegliare ed incaricare i suoi servitori ad essere custodi sullo spirito che anima i nostri figli. Io lo darei volentieri al tempio”.
8. Risponde Maria: “Madre, per Gesù sarebbe la sventura più grande se andasse nel tempio! Il suo mutismo, infatti, è addirittura inquietante; ma se parla, allora è ad un tempo in cui viene richiesto meno di tutto, e quello che Egli dice penetra profondamente nell’anima. Il dolore del vecchio Giuseppe talvolta opprime il mio cuore ferito. Che cosa sarà?”.
9. “Aspettare, tranquillamente aspettare”, – dice Elisabetta, – “Dio vive ed è ancora il custode d’Israele. Egli conosce i suoi e mantiene Fedeltà ai Suoi fedeli. Le mie preghiere sono state ascoltate, ed io so per certo che mio figlio è stato eletto al servizio per il Regno di Dio!”.
10. Dice Maria: “O madre mia, allora Gesù ti domanderebbe: ‘A quale servizio di Dio egli è eletto?’, e ti direbbe ancora: ‘Cosa credi tu, è certo bene, ma soltanto con la tua fede tuo figlio non è ancora a lungo nessun facitore per il Regno di Dio’. Così è sempre, mai è giusto, e tutta la mia fatica sembra essere vana”.
11. “Figliola, non mormorare! Finora ogni prova e tempo di sofferenza ha trovato la sua fine ed una meravigliosa soluzione”.
12. Ora Giacomo e Giovanni entrano di nuovo e Giacomo dice a Maria: “Vedi quanto era giusto il mio presentimento! Gesù preferisce piuttosto stare solo che continuare a rimanere nella vostra vita quotidiana, quando per Lui sarà venuto il tempo, verrà Egli da Se stesso”.
13. Domanda Elisabetta: “Dov’è dunque Gesù?”. – Allora risponde Giovanni: “Fuori al ruscello e sta guardando come i piccoli pesciolini prendono il Sole. Egli ha detto subito, appena ci siamo avvicinati: «Se siete venuti per portarMi via, allora siete venuti inutilmente. Sto meglio con i pesci muti che in casa, dove esse affilano le lingue ed opprimono la vita nel cuore».
14. Io Gli ho domandato: «Cosa vuoi dire con questo? Non posso comprenderTi, soprattutto, dove ci siamo così rallegrati sulla vostra rara visita, il Tuo comportamento non è dei migliori».
15. Allora Gesù mi ha risposto: «Giovanni, non ti preoccupare del Mio comportamento, poiché Io stesso Mi assumo ogni responsabilità per il Mio agire e voglio essere il Mio proprio Signore su di Me. Sarebbe particolarmente meglio per te se tu avessi chiarezza come ce l’ho Io sulla tua formazione interiore e la ragione della tua vita. Andate a casa e lasciateMi solo».
16. Così abbiamo lasciato Gesù da solo. Io ti chiedo, madre: che cosa ne dici?”.
17. Risponde Elisabetta: “Figlio, che cosa devo dire? Posso dire soltanto che Gesù deve avere i suoi motivi; Egli, infatti, non lo fa per crearci preoccupazioni. Jehova ci possa illuminare per imparare a comprendere Gesù!”
18. Dice Giovanni: “Madre, questo suona come se tu sostenessi Gesù nelle Sue opinioni? Vorresti vedermi volentieri nel tempio e farmi educare e formare secondo uno schema che è proprio il contrario di quello che vuole Gesù”.
19. Replica dolcemente Elisabetta: “Calmati! Tu non sei Gesù! Io sento che Egli è destinato a qualcosa di grande e governerà un giorno come un Signore su qualcosa di Grande. Dove angeli annunciarono la sua Venuta e Jehova veglia particolarmente su di Lui, noi non dobbiamo ostacolare il Suo Sviluppo, ma dobbiamo aiutarLo ad avanzare, affinché rimaniamo liberi dall’accusa di aver ostacolato gli scopi divini”.
20. In quell’istante Gesù entra e dice: “Ora posso di nuovo rimanere fra di voi, poiché il suolo sul quale ci muoviamo è purificato. Ma a te, Elisabetta, dico ancora: con le tue parole hai fortificato l’Anima Mia, ed un giorno saprai qual grande servizio Mi hai reso”.
21. Dice Elisabetta: “Gesù! Io Ti credo, ma parla Tu stesso: come puoi conciliarti con la tua gratitudine filiale se procuri indicibili preoccupazioni ai Tuoi genitori? Essi ti amano oltre ogni misura e non meritano questo”.
22. Risponde
Gesù: “Un uomo che
riconosce il suo compito da adempiere e non lo adempie, ferisce Colui che lo ha
chiamato a questo; infatti, per adempiere il compito egli ha ricevuto anche i
mezzi!
23. Certo i mezzi non stanno apertamente davanti a tutti gli
occhi, ma sono messi nel profondo dell’anima nostra! Lo spirito che dimora in
noi, proveniente dallo Spirito primordiale, attende con ardente desiderio
l’attimo in cui può rivelare al suo portatore, tutti i misteri della sua vita
interiore!
24. Se ora l’uomo ha imparato nel silenzio del suo cuore ad
ascoltare le rivelazioni del suo stesso spirito proveniente da Dio in tutto
l’Ordine, si accorgerà anche dei mezzi che il suo Dio e Creatore gli ha dato.
Se ora riconosce la Grazia e crede a queste Verità sorte in lui, allora
soltanto egli vede la meta.
25. Io non sono qui per portare sofferenza, bensì per mettere
la sofferenza su un gradino che la santifichi! In Me giace la sofferenza mille
volte più profonda e la devo portare completamente da Solo, perché non si è
trovato ancora nessuno che la dividesse con Me.
26. Potessi per lo meno avere un aiuto che Mi sostenesse quando vorrei cedere alla debolezza, Mi sarebbe delizia e benedizione; ma ho imparato a rinunciare anche a questo, poiché Io so: non può e non deve essere, dal momento che lo Spirito proveniente da Dio dimorante in Me deve dapprima unirSi con lo Spirito Primordiale che colma il Cosmo intero. Perciò comprendeteMi e non tratteneteMi”.
27. “Grande ed eterno Iddio!”, – esclama spaventata Elisabetta. – “Chi Ti ha messo queste idee per la testa? Nessun profeta o devoto servitore di Jehova ha espresso questo. Non pensi, caro Gesù, che Ti perdi fin nell’Infinito? Non Ti bastano le Grazie e le Promesse dell’eterno Iddio? Adempi il tuo dovere e rimani sul terreno dell’autentica naturalezza”.
28. “Proprio perché Io voglio e devo questo”, – risponde Gesù – “devo percorrere la Mia via, altrimenti Mi perderei. Quanto prima Mi sentirò Uno con Dio l’Eterno ed avrò subordinato del tutto volontariamente la Mia volontà alla santa Volontà di Dio, tanto prima Mi sarò completamente ritrovato ed allora non ci sarà più nulla di estraneo in Me. Ma se volete sapere da dove Mi è venuto questo Sapere, posso soltanto dire: ho trovato questo in Me stesso e nessuno Mi è stato consigliere. Anzi vi dico ancora di più: la Mia Vita non è niente per Me e la voglio sacrificare volentieri per le idee, perché l’adempimento del Mio Compito è la vita di tutti gli uomini”.
29. “Smettila, Gesù!”, – dice ora Elisabetta. – “Comincio a temere i Tuoi discorsi e quando Ti si guarda si ha paura della Tua serietà. È già successo una volta nella storia del popolo d’Israele che un giovane Uomo come Te si sia perso nelle sue idee? Io sono diventata canuta e vecchia e gli anni hanno reso il mio corpo stanco, ma fino ad oggi mi sono sempre accontentata di ciò che mi ha offerto Jehova mediante i Suoi servitori. E quello che è il più bello, mi sono sentita ben custodita nella Protezione dell’eterno Iddio”.
30. Risponde Gesù: “Elisabetta, a Me è molto lontano il pensiero di farti cambiare volontà e fede; ma ciò dimostra ancor sempre quanto poco tu conosci Iddio! Stai ben in collegamento con il tuo Dio in fedeltà e profonda santa venerazione e non osi nessun altro pensiero di quello che ti prescrive la legge, ma ora dimMi: perché sperate ed attendete un Redentore oppure un Messia? Non può essere soltanto la verga dei romani, poiché quest’attesa viveva già da tanto tempo, prima della loro presa del potere nei cuori di tutti gli autentici giudei”.
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Gesù profetizza
del Suo Precursore
1.
Continua Gesù: “Che cosa diresti, se
ti fosse detto che tuo figlio è chiamato ad essere precursore del Redentore
veniente? Ti preoccuperesti ed affliggeresti, anche se egli si preparasse ai
suoi nuovi compiti? Non per nulla te lo chiedo alla presenza di tuo figlio Giovanni”.
2. Replica Elisabetta: “Caro Gesù, devo tacere dinanzi all’acutezza dei tuoi pensieri; sono una donna e sono abituata al silenzio, ma se Dio ha bisogno di Giovanni, egli ha la mia materna benedizione. Per me sarà la più grande felicità sapere mio figlio del tutto al servizio di Dio. Ora però basta con questo, io devo occuparmi del pranzo e tu, figliola, aiutami, poiché anche Giuseppe verrà certo coi ragazzi”.
3. Ora i tre sono da soli. Giovanni non ha quiete. Alla fine dice: “Fratelli, che vita conducete a Nazareth? Tu, Giacomo, sei in pensiero, e Tu, Gesù, vivi in un fervore al quale io sono indifferente. Voi avete ancora il vostro guadagno nel mestiere d’artigiani, io invece devo andare nella scuola dei templari. Perché non siete soddisfatti? Io stesso ho soltanto un desiderio, rendere contenta mia madre quanto il più possibile”.
4. Giacomo guarda in silenzio suo fratello, poi dice a Gesù: “Vedi, Tu, di nuovo? Ovunque gli stessi discorsi, ovunque la stessa domanda”.
5. Risponde tutto tranquillo Gesù: “Giacomo e Giovanni, è dunque così difficile comprenderMi completamente una volta soltanto? Non vorreste provare una buona volta a mettere da parte il tradizionale e ciò che vi è stato inculcato con l’educazione, e mettervi sul terreno sul quale sto Io?”.
6. Risponde Giacomo: “Fratello mio! Quando mi parli così, allora sono tutto Tuo e, se si tratta di Te, vado incontro alla morte. Ma quando vedo soffrire padre e madre, vorrei anche aiutarli ed allora sono contro di Te. In Verità, non mi è facile: qui padre e madre, – e là ci sei Tu!”.
7. Dice Gesù: “Rimani lì dove ti spinge il tuo amore, fratello mio Giacomo, ma sforzati ancora di comprenderMi completamente”.
8. A Giovanni però continuava a parlare: “Ma tu, Giovanni, oggi hai potuto guardare più a fondo ed hai sperimentato uno sguardo che certamente ti ridonderà in benedizione. Come hai già sentito, si tratta dell’unificazione del Mio proprio spirito con l’eterno Spirito primordiale di Dio; infatti, senza quest’unificazione non posso assolvere il compito a Me posto. Ora non è in questione quando e come raggiungerò quest’unificazione, bensì, credi tu soprattutto che questo sia possibile?
9. Pongo questa domanda proprio a te, perché noi due apparteniamo allo stesso genere, per portare a termine insieme un’Opera che diverrà per la Terra ed i suoi abitanti di valore e benedizione che sussisteranno in eterno! Vedi, tu sai chi sono Io, conosci a sufficienza da tua madre la Mia misteriosa Nascita, e ciò nonostante non hai nessun desiderio di conoscerMi completamente? Vieni con Me a Nazareth e rimani un po’ di tempo presso di noi, starai meglio vicino a Me che nel tempio, presso coloro che vorrebbero essere servitori di Dio”.
10. Riflettendo, Giovanni sorride e dice: “Gesù, mi è impossibile esaudire il Tuo desiderio, dal momento che non posso pensare al perché e per che cosa. Quello che mi dici dei Tuoi compiti, mi rimarrà sempre estraneo; mi basta completamente se calco le orme del mio beato padre e preferisco seguire le indicazioni dei sacerdoti che m’istruiscono!
11. Quello che riferisci dell’unificazione del Tuo Spirito con lo Spirito di Dio, per me è troppo alto. Poi sono del parere che mi basta completamente il mio dovere di figlio, la cui pratica mi appaga ora completamente!
12. Gesù, Tu mi puoi credere, dovrei vergognarmi a morte se dovessi dirmi: ho trascurato l’unica persona che mi ama oltre ogni misura – e questa persona è mia madre – ed ho seguito i miei propri desideri! Non voglio farti nessun rimprovero, ma tua madre è infelice a causa Tua!”.
13. Risponde
ora Gesù: “Sì, hai
ragione, te lo devo dire, perché tu giudichi
umanamente e secondo i concetti di questo mondo. Ma se potessi immedesimarti
nel Mio Amore, nel Mio struggimento, soprattutto nell’intera cerchia dei
compiti del Mio mondo interiore, non avresti espresso a Me queste parole. Non
voglio farti nessuna accusa, poiché tu non sai altro, ma, caro Giovanni, hai
riflettuto che cosa vuoi veramente?
14. Vorresti andare volentieri nella scuola dei templari?
Perché non da Me? Vedi, il tempio rappresenta la Parola, ma Io lo Spirito. Là non
può e non ti verrà data nessuna prova dell’eterna vera Vita di Dio, perché la
Parola di Dio è diventata una Legge. Io però vivo giornalmente la prova
dell’eterna vera Vita di Dio, perché al di sopra di ogni legge sta Colui che è
la Vita. Ma se Io sperimento questa Vita e la vivo in Me, Mi infervora sempre
di più a non venir meno, ma di afferrarla sempre più intensamente, allora ho
ancora bisogno di un’altra scuola?
15. Giovanni, ricordati per tutti i tempi: la Vita mai ti afferrerà se non la cerchi con tutto l’ardore! Se però sei afferrato dalla Vita proveniente da Dio, allora difficilmente la potrai perdere. Chi serve la legge, viene ricompensato dalla legge, e la fine è per lo più non soddisfacente. Ma chi serve la vita proveniente dalla Vita, costui ha la Vita e tutto diventa Vita!”.
16. “Smettila, Gesù!”, – esclama sconvolto Giovanni. – “Lo comprenda chi vuole! Con questo Tuo Volere e Desiderare guadagnerai pochi amici. Anche se non Ti comprendo e non posso afferrare il senso delle Tue Parole, una cosa so sin da oggi: Tu sei un Sognatore, un Fanatico, e questi si devono lasciare perdere! Rallegrati con noi, perché ci possiamo vedere e parlare, ma rimani con i Tuoi obiettivi a Nazareth, là sono già abituati ai Tuoi sogni e fantasie. Mi irrita sempre l’uomo che crede di vivere nel Cielo, e sulla Terra dimentica i suoi primi doveri. Per quanto Tu mi possa parlare di alti compiti e grandi mete, non mi entusiasmi comunque, poiché la mia meta ed il mio compito si chiamano adempimento del dovere, massimo adempimento del dovere; poiché il più alto adempimento del dovere è anche il più alto adempimento della Legge”.
17. Gesù guarda a lungo Giovanni, poi Giacomo, e dice: “Il nostro scambio non doveva degenerare nella pretesa di aver sempre ragione, poiché opinioni e pareri non sono ancora nessuna vita. Ora che si mostri la realtà ed ognuno possa vedere quanto è maturato e preparato! Davanti a noi sta ancora la vita, i compiti e la meta. Raggiungere tutto questo è però possibile soltanto attraverso la lotta più dura e volontà irremovibile. – Così ognuno percorra la sua via. Io andrò e devo percorrere la Mia. Prima della meta però, fratello Giovanni, noi c’incontreremo ancora!”.
18. Le donne in cucina sentono bene di che cosa parlano i tre giovani, ma non osano andare da loro nella stanza, poiché la conversazione è per loro troppo seria ed importante. Ora però esse credono che sia venuto il momento giusto.
19. Così Elisabetta entra da loro e dice: “Ebbene, è già finita la vostra conversazione? E vi siete messi d’accordo? Perché tu, Giovanni, hai agito come se avessi parlato a centinaia”.
20. ”Non sarà stato così brutto”, – risponde Giovanni, – “ma con Gesù non hai a che fare con centinaia, bensì con migliaia. Egli porta in Sé una Volontà ed una Forza che io vorrei averne anche solo una parte”.
21. “Puoi rallegrarti se Giovanni Ti elogia”, – dice Elisabetta a Gesù” – perché questo si sente raramente da lui, ma più frequentemente il suo è biasimo”.
22. “Lascia andare, madre Elisabetta”, – dice Gesù, – “tutto ha bisogno del suo tempo. Così, come il tuo pranzo ha bisogno del suo tempo per la preparazione, prima che giunga a tavola, così anche ogni sviluppo interiore ha bisogno del suo tempo prima che possa manifestarsi con successo. Quello che hai raggiunto nella tua vita terrena, è una conseguenza del tuo sentimento, della tua dedizione a Dio ed hai potuto ottenere tutto con la preghiera! Puoi tu però credere che ci potrebbero anche essere uomini che sentono, contemplano e sperimentano in sé, di essere chiamati a dare?”.
[indice]
۞
Il miracolo dei
sette pani
1.
Continua Gesù: “Per darti questa
dimostrazione, Io ti dico: va in cucina e prova nell’esteriore, quello che Io
vivo nell’interiore!”.
2. Senza replicare una parola, Elisabetta e Maria vanno in cucina e si arrestano per lo stupore alla credenza: Elisabetta ha cotto al forno sette piccoli pani, ma questi sono diventati sette volte più grandi senza una qualsiasi aggiunta. “Che cosa è successo e com’è possibile questo?”, – esclama. – “Sono dunque nuovamente cominciati i tempi di Elia?”.
3. Dice Maria: “Madre Elisabetta, questa l’ha combinata Gesù, come già sempre, quando non sapevamo più cosa fare con Lui, è sempre apparso qualcosa di grande, così che dovevamo dirigere i nostri pensieri e discorsi sul recente vissuto. Ma venire a sapere perché ed a che fine, questo non ci era possibile”.
4. “Dobbiamo parlare con Gesù!”, – risponde ora Elisabetta. – “Perché andare per vie traverse, se è possibile direttamente?”.
5. Stando alla porta aperta, lei dice: “Giovanni, vieni e guarda che cosa Dio ci ha fatto. Ho cotto al forno sette piccoli pani ed ora sono almeno sette volte più grandi! Che cosa ne dici tu?”.
6. Giovanni guarda in cucina e dice sorridendo: “Madre, non fare tanto baccano, li hai cotti tu così grandi, sono soltanto riusciti più grandi del normale ed ora pensi subito ad un Miracolo”.
7. “Hai dimenticato quello che mi ha detto Gesù?”, dice Elisabetta in tono ammonitore a Giovanni. «Va in cucina e prova nell’esteriore ciò che Io vivo in Me!». Vuoi stare indifferente di fronte a quest’avvenimento? Qui Dio ci ha fatto vivere un grande segno come ad Elia”.
8. Rivolgendosi a Gesù lei dice: “Gesù! Puoi darci Tu una giusta Luce su questo segno prodigioso? Tu, infatti, sapevi di questo prima che io lo vedessi, perciò il Tuo invito: ‘Va in cucina!’.”
9. Risponde Gesù: “Madre Elisabetta, come mai che l’Onnipotenza e la Bontà di Dio ti appaiono misteriosi? Poiché tu cerchi di comprendere con Me, allora ascolta: il tuo amore ha fatto tanto bene al Mio Cuore; è stato come un riposare al tuo cuore. Allora ho invocato in Me l’eterno Amore di Dio, Amore che Io sento così vivente ed ho chiesto la Forza di rallegrarti. In quell’istante è già stata anche esaudita la Mia preghiera ed ho visto i tuoi pani benedetti. Ho creduto a ciò che ho visto e vissuto in Me e così ora sai tutto il resto”.
10. Risponde Elisabetta: “Gesù, non voglio insistere a dirti di più, perché Tu hai dei motivi che non esprimerai. Ti dico però una cosa: se io avessi la Tua età, mai Ti perderei di vista e non dimenticherei che sono una donna! In Te, infatti, c’è più di Mosè e di Elia”.
11. Ora compare anche Giuseppe con gli altri suoi figli e chiede alloggio per la notte. Tutto diventa pieno di vita, e soltanto durante la cena Elisabetta racconta agli uomini il grande prodigio dei pani. Ma Gesù non dice niente.
12. Questo semplice cibo fatto di pane e latte piace a tutti; e dopo il desinare c’è tanto da raccontare tra Giuseppe ed Elisabetta.
13. I figli di Giuseppe sono lieti di potersi recare a letto, letti che Giovanni ha già preparato, e così avviene che non c’è più molto da dire.
14. Prima che Giuseppe si rechi a dormire, dice ad Elisabetta: “Con Gesù ci s’intende meglio se Lo lasciamo fare; ma il nostro stesso intelletto, tutta la nostra volontà oppone potentemente resistenza! Posso rimproverarLo cento volte dicendo: «Questo non è giusto da parte Tua!», allora per novantanove volte mi dà ragione, per poi alla centesima volta mi toglie il terreno da sotto i piedi. Così io sto poi con il mio dubbio nel petto”.
15. “Giuseppe, siamo diventati vecchi e presto andremo dai nostri padri, perciò non comprendiamo più la gioventù. Ancora però ti assicuro: in Gesù, Dio visita il Suo popolo, qui c’è più che Mosé ed Elia. Egli è come Michele che aspetta il suo tempo per alzare la sua spada infuocata contro i nemici di Dio. Arrenditi alla Volontà di Dio! Io credo nel compito del vostro Gesù”.
16. “Va bene!”, – dice Giuseppe. – “Nessuno conosce il peso che porto. Il fatto che io non sia ancora crollato, oltre a Dio ringrazio Maria, mia moglie. Ma come lo porterà lei quando io non ci sarò più, è una nuova preoccupazione. Possa Iddio aiutarla, e la Sua Bontà e Provvidenza possa allontanare ciò che ci è di sventura”. Così si va a riposare.
17. Riposando su un semplice giaciglio, la notte passa veloce ed al primo albeggiare del nuovo giorno Elisabetta prepara la colazione, zuppa di latte e pane. Lei è la sola che non ha dormito! Gli sta davanti Gesù con uno sguardo profondissimo nei Suoi occhi chiari. Allora benedice continuamente il Gesù che sta dinanzi ai suoi occhi spirituali.
18. Presto compaiono i figli ed anche Giovanni. Un canto di lode risuona dalle loro labbra e così è consacrato il nuovo giorno.
19. Il vecchio Giuseppe è toccato da quest’armonia e prega ad alta voce: “Grande Iddio ed eterno Creatore primordiale, cantando cominciamo questo giorno che Tu ci hai donato nuovamente nella Tua eterna Bontà. Non farci dimenticare che Ti dobbiamo portare il dovuto ringraziamento e dà a tutti noi la Tua Benedizione per la nostra attività ed il nostro lavoro. Benedici questa casa e tutti coloro che vi entrano ed escono affinché la Tua Opera rimanga e testimoni di Te. Amen”.
20. Così Giuseppe benedice il cibo e con tranquillità la colazione ha fine. Senza aver molto da dire, all’infuori di Maria vanno tutti al loro posto di lavoro dove essi pensano di sbrigarsela in questo stesso giorno.
21. Giovanni però non ha nessuna quiete, qualcosa lo attira a Maria, e questa sente che lui porta qualcosa sul cuore.
22. Quando Maria con Elisabetta ha pulito la cucina e la sala da pranzo, viene Giovanni e saluta amorevolmente, quasi umilmente.
23. Maria risponde di cuore al saluto e dice: “Giovanni, tu non sei libero, che cosa opprime l’anima tua e che cosa offusca il tuo cuore? Se sta in me, vorrei aiutarti volentieri”.
24. Risponde Giovanni: “Come puoi aiutarmi se tu stessa hai bisogno di aiuto; perché mi opprime e preoccupa la stessa cosa che preoccupa te, cioè Gesù. Tu devi pur conoscerLo. Egli è figlio tuo”.
25. Risponde Maria: “Giovanni, la cosa che opprime te, è diversa da quella che opprime me; noi, infatti, giornalmente abbiamo rapporti con Gesù, mentre tu quasi non Lo vedi o non Lo vuoi vedere. Soltanto non possiamo prender confidenza con il modo con cui persegue la Sua meta; infatti, ti assicuro, non può esserci Figlio più ubbidiente e volonteroso che il mio. Tu sei venuto a sapere ieri dei Suoi compiti da assolvere! Da ciò noi siamo come esclusi, mentre Egli cerca di guadagnare te. Egli pretende da noi soltanto comprensione, ma da te collaborazione! Non posso dirti nient’altro, poiché per te è più che sufficiente”.
26. Giovanni viene molto vicino a Maria e dice: “Come suonano le tue parole? Ora anche tu proteggi Gesù. E perché ha pensato proprio a me? Perché devo andare con Lui?
27. Tu sai, io non posso andare con i sognatori ed i fanatici; la mia naturalezza ed il mio intelletto oppongono resistenza. Quello che ho sentito ieri da Lui, sarà bello e buono, ma è entrato da un orecchio ed è uscito di nuovo dall’altro”.
28. Dice Maria: “Giovanni, perché inganni te stesso e vuoi escludere Colui che cerca il tuo cuore? Se definisci Gesù sognatore e fanatico, allora sei in grande errore; proprio la Sua naturalezza, infatti, la Sua coscienziosità e soprattutto la Sua premura, anzi vorrei chiamarla mania per l’Ordine, ci porta in dissidio con Lui. Se ti posso consigliare, cerca di andare d’accordo con Gesù. Egli sa ciò che vuole, e sa anche che cosa pretende dagli altri!”.
29. Replica Giovanni: “Questo mi è impossibile da credere, se Egli cerca l’Ordine, allora deve adattarSi all’Ordine della vostra casa e dare all’esterno un’immagine dell’armonia migliore. Sacrificherei una parte del mio corpo, piuttosto di dare del dispiacere a mia madre! E quello che m’insegna mia madre è buono come se me lo insegnasse Iddio! Da quando è costume che i figli insegnino ai genitori? Queste idee portano addirittura alla superbia”.
30. Replica Maria molto dolcemente: “Caro Giovanni, non pronunciare mai più queste parole nella tua vita; perché con ciò erigi un muro fra te e Gesù. Accetta il mio consiglio, prendi ciò che ritieni giusto e vero e lascia dietro di te ciò che non ti aggrada. Perché se tu sospettassi di quali Pensieri si occupa Gesù, ti pentiresti profondamente di queste tue parole.
31. Esaminati bene e credi alle mie parole! Io, infatti, Sua madre, ho lottato parecchie notti nella preghiera, ho invocato per avere chiarezza; ma il cuore voleva sempre qualcosa di diverso da quello per cui Dio ci ha destinati.
32. Quanto spesso sono stata in relazione con gli angeli, ho reputato parecchi meravigliosi insegnamenti come il miracolo più grande; ma nell’angoscia ho dovuto imparare a stare totalmente sui miei propri piedi e confidare sull’Amore di Dio!
33. A me ed al vecchio Giuseppe non sempre è riuscito, c’era così qualche amara lotta, ma c’era anche parecchia meravigliosa Benedizione. Mai abbiamo dovuto soffrire la miseria e potevamo rendere felici parecchi poveri e nutrire parecchi affamati”.
34. Risponde Giovanni: “Gesù non poteva trovare un difensore migliore di te e mia madre! Manca ancora soltanto che mia madre dica: va con Gesù ed i Suoi a Nazareth, perché ora il tempio è diventato superfluo”.
35. Elisabetta sente le ultime parole espresse e dice: “Giovanni, non sarebbe certo un errore se tu lo potessi credere; perché in queste poche ore ho davvero imparato ad amare Gesù”.
36. Risponde Giovanni: “Madre, vorrei sapere: tu, chi non potresti amare? Ai tuoi occhi, infatti, non esiste nessun uomo cattivo ed alla fin fine ameresti ancora anche il diavolo e il padre di tutti i vizi.
37. Questo vostro discorso potrà andar bene per Gesù, ma a me avete prestato un cattivo servizio; ora, infatti, non so più veramente se sono io oppure voi gli ingannati. È meglio che vada al mio lavoro e cerchi il foraggio per i nostri animali!”.
38. Elisabetta passa la mano sul capo di Giovanni e dice: “Giovanni, fa ciò che ritieni giusto, ma rifletti, il cuore deve essere guidato. È molto meglio essere misconosciuto che camminare su vie sbagliate”.
[indice]
۞
Gesù è difeso da
Elisabetta ma Giovanni ne è sconvolto
Il pranzo
celestiale con Sergio attratto dal giovane Gesù
1. Giovanni lascia le due donne e corre fuori a passo rapido; ora non sa più cosa fare. Che proprio il suo sentimento non gli dia la giusta sicurezza, lo rende proprio inquieto! Mai è andato via senza salutar sua madre, ma oggi va tutto contro la sua volontà. Va verso la stalla, prende la falce e, con passo veloce come se temesse il pentimento, va verso il vicino boschetto, boschetto che appartiene al vicino Sergio. Costui lo vede venire già da lontano e gli fa cenno di non andare oltre. Così s’incontrano ed il saluto che Sergio gli porge è oltremodo cordiale.
2. Presto anche Sergio si accorge che con Giovanni qualcosa non va bene, perciò egli dice: “Giovanni, proprio non mi va che agisci come se non t’importasse della mia compagnia. Volevo pregarti di venire con me nella mia stalla per vedere l’animale che ieri era conciato così male, con il tuo aiuto però se l’è cavata. Ho fatto ciò che potevo, potrò mantenerlo in vita”.
3. Risponde Giovanni: “Mi va bene, perché ho tanto bisogno di uno stimolo per qualunque cosa; sono proprio confuso nella mia testa. Da oggi non comprendo più mia madre”.
4. Dice Sergio: “Ma, Giovanni, proprio tu che ami tua madre come un secondo Dio? Che cosa è successo? Qui deve essere subito fatto ordine!”.
5. Replica Giovanni: “Ha il suo ordine! proprio intorno all’ordine ruota l’intera faccenda. Dei parenti da Nazareth, che da ieri dimorano presso di noi, mi hanno completamente sviato”.
6. “Sviato te, Giovanni? Te che sei sempre stato la superiorità stessa, sei diventato insicuro? Questo mi rallegra! Tu almeno una volta mi hai dato la prova che non stai su nessun altro gradino diverso dal mio. Fammi sentire però: che cosa è successo? Tu sai: io ti voglio bene come il mio unico figlio”.
7. Dice Giovanni: “Sergio, io so che mi vuoi bene e vorresti volentieri accogliere mia madre e me in casa tua. Ma non c’è né bisogno, poiché Dio, il Signore, ci ha sempre dato da vivere. Soltanto ieri, quando Gesù di Nazareth con Sua madre è venuto da noi, ci siamo duramente scontrati. Gesù sostiene una Vita che si deve formare dall’interiore secondo Dio, con il Quale Egli vorrebbe divenire Una cosa sola! Io però so che Dio, attraverso i Suoi servitori, dona a me ciò che qui è necessario per vivere totalmente nell’Ordine Suo!
8. Gesù dichiara di conoscere i Suoi compiti e mete, e persegue senza alcun riguardo verso le persone che lo circondano, la meta sperata, mentre io, secondo le Sue Parole, mi perdo se non cerco in me l’unione con Dio. Tu sai ciò che mia madre mi ha sempre insegnato: essere fedele, scrupoloso e conscio del proprio dovere, poiché il Comandamento di Dio pretende questo incondizionatamente. Gesù sa anche questo, ma non ne tiene conto e cerca di compiacere a Dio a modo Suo. Ora ad un tratto mia madre difende questo Gesù e mi esorta ad attenermi proprio a Lui! In altre parole, io devo proprio come Lui servire Dio a modo Suo!”.
9. Dice Sergio: “Giovanni, dal tuo discorso io non posso farmi nessuna giusta immagine, ma io credo che Gesù saprà già ciò che vuole! È tanto se un Figlio di genitori molto rispettabili va per le proprie vie e cerca l’unione con Dio. Va da un rabbi e mettigli la tua pena nel cuore, egli ti risponderà che per lui, vale a dire per il tempio, salterà fuori già qualcosa di buono. Anch’io ti ho sempre lasciato nella credenza che per l’uomo è il massimo se chiama un suo luogo proprio, dove può unirsi con Dio. Se Gesù sente in Sé l’impulso di sentire e vivere nel Suo Cuore ciò che altri sentono e vivono nel tempio, tu non devi confonderti, infatti, in tutti i tempi sono esistiti tali tipi originali”.
10. “Sergio, tu dovresti conoscere Gesù! Egli Però correggerà la tua opinione, poiché ascolta: Gesù non è un tipo originale, ma un caso eccezionale, come non ne ho mai sentito nessuno; Egli, infatti, è riuscito a confondere mia madre così che lei crede che Gesù abbia fatto da sette piccoli pani cotti, dei pani sette volte più grandi!”.
11. Risponde Sergio: “Mi rendi curioso, mio Giovanni, non posso conoscere quest’uomo? Sarebbe per me una grande gioia se potessi parlare con lui”.
12. Risponde Giovanni: “Questo è possibile, perché non ho sentito che non volessero ritornare; oggi volevano volentieri ultimare il loro lavoro”.
13. “Se è così, allora vengo da tua madre prima del calar del Sole”, – assicura Sergio. – “Ora però vieni da me nella mia casa, sarai in grado di approntare ancora abbastanza foraggio”.
14. Così avviene. Dopo questa visita, Giovanni attende alla sua occupazione e verso mezzogiorno porta a casa un grosso fascio di foraggio.
15. Nel frattempo Maria ed Elisabetta hanno parlato ancora di molte cose; allora domanda Maria: “Come passa il tuo Giovanni veramente le giornate? Il tuo fondo è piccolo, non si può parlare di molto lavoro, tutto il terreno, infatti, è intorno alla masseria”.
16. Risponde Elisabetta: “Maria, Giovanni conduce una vita come la conduce un sacerdote, cerca di rendersi rigorosamente ordinato e utile in casa ed anche presso il nostro vicino, egli lavora volentieri dal mattino presto fino a tarda sera. Mi ama fanaticamente e mi legge tutto dagli occhi; soltanto non dovrebbe avere una così forte ostinazione. Il suo amore per la giustizia è sconfinato. Se io non vivessi più, già da tempo sarebbe nel tempio. Egli è un figlio come una madre non potrebbe desiderarlo meglio. «Prima viene il lavoro, poi sono qui per gli altri!», sono le sue parole”.
17. Maria non è soddisfatta con quest’informazione, perciò dice: “Madre Elisabetta, mi sembra però che Giovanni non sia soddisfatto dell’incontro con Gesù. Anche anni fa i due ragazzi non hanno saputo intendersi! Poiché Gesù rimaneva volentieri solo ed in solitudine, è per me come un miracolo che Egli parli soprattutto tanto con Giovanni. In ogni caso sono curiosa di sapere che cosa dice Giovanni quando ritorna”.
18. ‘Allora non troverai ancora nessun cambiamento in lui’, – pensa Elisabetta, – ‘poiché Giovanni non è adatto oppure è molto difficile per lui ricevere nuovi insegnamenti, nuovi concetti. Egli si attiene saldamente alla fede dei nostri padri, i Comandamenti gli sono Santuario, piuttosto perisce lui stesso, prima che trascuri un Comandamento. Ma quando ha afferrato qualcosa, la tiene stretta, e nessuno gliela potrà mai strappare!’.
19. Così il mattino passa con discorsi che si riferiscono soltanto ai due giovani. Quando però Giovanni ritorna, chiede perdono perché è andato via senza salutare e comunica a sua madre che oggi vuol venire Sergio, quando Giuseppe ritornerà con i suoi figli. Elisabetta è contenta, ed ora si appresta a preparare un desinare per il pomeriggio o per la sera, per quando arrivano gli uomini. Giovanni porta la carne dal vicino Sergio, è come se dovesse solennizzare un banchetto.
20. È ancora di pomeriggio presto, ecco che già arriva Giuseppe con i figli. Egli esprime la sua gioia per il fatto che tutto si dispone così meravigliosamente. È venuto un bel lavoro e secondo il suo concetto anche una buona ricompensa. Ancora una volta prega per alloggio notturno per tutti, e comunica che l’indomani, il mattino presto, sarebbero andati tutti nuovamente a casa. Per Giovanni tutto dura troppo a lungo, infatti, in lui è di nuovo progredito l’ardore della lotta, che vuole mettere Gesù alle strette.
21. Giuseppe con i suoi figli si mettono comodi, solo Gesù no! Egli aiuta in cucina a preparare il cibo. Anche Giovanni dà una mano, così può parlare già adesso con Gesù. Gesù però sente in Giovanni l’inquietudine, perciò gli domanda: “Giovanni, non hai riflettuto che il cieco fervore spesso è più dannoso che utile? Vedi, oggi abbiamo lavorato molto, ma in una quiete che era deliziosa. Al primo sguardo ho visto però in te che sei pieno della più grande inquietudine”.
22. “È da stupirsi?”, – risponde Giovanni. – “Vieni Tu e mi stravolgi tutto. Su quante cose ho pensato e riflettuto oggi, e qual è il risultato? Non sono progredito di un passo. Nemmeno presso il nostro amico e vicino Sergio ho potuto trovare aiuto, così sono dovuto rimanere da solo con me ed i miei pensieri. Perciò non vedo l’ora che il comune desinare abbia termine, perché spero, con l’aiuto di tuo padre, di ottenere anche una buona volta ragione”.
23. “Fratello mio Giovanni!”, – dice Gesù, – “Quale vantaggio
avresti, se tu, secondo la tua opinione, ottenessi una buona volta ragione? Che
cosa è meglio, aver ragione ed essere comunque l’ingannato, oppure riconoscere
un errore ed averne un gran guadagno? Mi guardi dubbioso e pensi: dove mira
costui? Io ti dico: davanti alla Mia vita emotiva è a Me rivelato il tuo intero
mondo interiore. Ti sarà difficile assestarMi un colpo che ti procuri
soddisfazione, perché cento volte prima Io conosco le tue intenzioni e perciò
posso evitarle in tutta quiete. Tu non Mi confondi nella Mia lotta, poiché è
per Me anche fonte di Forza.
24. Tutto ciò che a te pare impossibile, presso di Me è già realtà! Oggi hai ancora bisogno di tua madre, il tuo sacerdote, e non ti rendi ancora conto che un uomo che sta con i propri piedi a terra e che ha fondato la sua Vita in Dio, ha il diritto di essere un uomo libero ed auto cosciente! Chi non può ancora rinunciare all’aiuto del suo prossimo, deve anche sopportare se gli si insegnino delusioni! Tu devi diventare indipendente! Ora noi due vogliamo apparecchiare la tavola, infatti, i Miei cari hanno molta fame”.
25. Nel frattempo è venuto anche Sergio e saluta lieto l’anziano Giuseppe ed i suoi figlioli. Giovanni, passando dinanzi a lui, dice: “Non dimenticare Gesù! Adesso Egli è occupato con la credenza”.
26. Sergio però si prende tempo ed osserva Gesù come affaccendato aiuta le donne; egli però ha una potente impressione, quando Gesù porta la prima scodella riempita nella grande sala, tanto che dice: “Gesù! Non provvedi male per Tuo padre ed i Tuoi fratelli!”.
27. Risponde Gesù sorridendo: “Ed anche per te! Non lo devi dimenticare, fratello Mio! È così facile da portare, dove l’amore in coppia con tanta diligenza ha procurato tanto”.
28. Così Gesù porge la mano a Sergio, dicendo: “Fratello! Benedetto sia il tuo amore che fa di questo desinare un banchetto!”.
29. Sergio non può rispondere altro che stringere soltanto la Mano e poi uscire in gran fretta. Egli ha una sensazione di felicità, un giubilo c’è in lui, tutto è in lui come luce solare! Fa cenno a Giovanni e gli domanda se c’è vino in casa. Giovanni deve rispondere a questo negativamente. Allora afferra la mano di Giovanni e dice: “Vieni, prendi un cesto, andiamo a prenderne un paio di otri da me”.
30. Giovanni tenta di impedirlo, ma Sergio ha fretta. In meno di mezz’ora sono nuovamente di ritorno. Su preghiera di Gesù aspettano di iniziare a mangiare. Appena Sergio mette piede nella sala, il vecchio Giuseppe si alza dal suo posto e dice: “Figlioli, venite a tavola, tutto è pronto! Ora preparate anche il vostro cuore, affinché anche questo diventi ricettivo per il bene che l’eterno, buon Dio dà nello stesso tempo con le cose terrene. Ma Tu, Tu Dio dell’Amore e della Misericordia, rendici degni e meritevoli di accettare i Tuoi Doni. Il Tuo Nome sia glorificato in tutti i tempi! E benedetto sia il cibo affinché ci sia per benedizione! Amen”.
31. Ora è consumato con solerzia il sostanzioso piatto, composto di verdura, carne e pane con fichi; tutti, anche Elisabetta, devono riconoscere che è un pranzo celestiale.
32. Dice Elisabetta: “Gesù, io sospetto di Te! Non sei Tu del tutto estraneo in questo meraviglioso buon gusto?”
33. Risponde Gesù: “Dove l’amore procura qualcosa con sollecitudine, questo è sempre coronato dal successo! Vi si deve soltanto poter credere che l’opera riesca. Quindi Io sono completamente estraneo, poiché anche il padre Giuseppe ha riconosciuto: tutto il Bene viene dall’eterno Iddio! Dà a Dio l’Onore nel tuo cuore e rallegrati del tuo successo!”.
34. Sergio porta ora il vino che versa nelle brocche, e così questo desinare diventa un banchetto gioioso e lieto. Solo Giovanni non beve vino, non può nemmeno rallegrarsi giustamente; la Parola di Gesù lavora ancora potentemente in lui. Sergio però è felice!
35. Egli chiede ad Elisabetta: “Come ti viene il sospetto che Gesù sia partecipe alla buona riuscita del tuo cibo? Infatti, io sono di questa opinione, così sento in me gioia su gioia, è per me come se tutto ciò che vedo, odo, sento e gusto, fosse perfetto. Sapere questo per me è importante, affinché falsi pensieri non mi offuschino il ricordo di quest’ora!”.
36. “Tu, fedele Sergio”, – risponde Elisabetta, – “non sai che cosa è accaduto ieri. Con la venuta di Maria, Giuseppe ed i figli, io sono come trasformata. Se preparo sette piccoli pani e dopo l’ultimazione gli stessi sono sette volte più grandi e, questo Gesù, tranquillo, dice così convincente: «Guarda in cucina il miracolo esteriore che Io vivo nell’interiore!», e poi questo pane è di un buon gusto…, come tutti voi oggi dovete confermare, non devo allora supporre che con il pranzo di oggi è pure così? Non sottilizzate intorno a questo e lasciatemi la mia fede! Proprio oggi mi sembra come se la vita fosse così oltremodo preziosa, ed ho presentimenti di venienti magnificenze. Nella mia vita non ho mai vissuto tale cose meravigliose!”.
37. Dice Sergio: “Può essere, cara Elisabetta, che a te questo cibo diventi una delizia e magnificenza. A me succede la stessa cosa. Ciò nonostante sorge sempre di nuovo la domanda: cos’è veramente la causa di questa meravigliosa sensazione? È il vino o il buon cibo, oppure è Gesù? Chi è ora in grado di dare la giusta soluzione?”.
38. Tutti tacciono, allora si alza Giuseppe e dice: “Figlioli, venite, andiamo a riposare! Il vino mi ha reso stanco. Ma tu, fratello Sergio, puoi intrattenerti ancora a lungo con Gesù; perché Egli non conosce nessuna stanchezza, se non vuole esser stanco. Noi anche non serviamo nella vostra conversazione, poiché tutti insieme siamo impotenti verso le disposizioni ed opinioni del nostro Gesù. Tu, Elisabetta, sii felice, perché hai potuto vivere qualcosa che noi abbiamo da tempo dimenticato. Custodisci in te questo piacevole ricordo, chissà, se ancora una volta avrai la fortuna di vederci, di vedere il mio Gesù! Le lune e gli anni corrono e presto sarà anche conclusa la nostra opera di tutta una vita.
39. Se avessi soltanto questo Figlio, avrei anche meno lotta; ma così si tratta di essere giusto in tutto e di non fare nessun’eccezione. Anche la nostra giornata oggi è stata ricca ed ultrabenedetta. Se volessi dire ogni volta: ascoltate, figli miei, questa benedizione la dobbiamo al nostro Gesù, allora presto si farebbe un baccano che mi opprimerebbe il cuore. Così ringraziamo Dio, diamo a Lui l’onore e manteniamo la pace, pace che già così spesso è sfuggita dal nostro cuore e dalla nostra casa. Rimanete in futuro una cosa sola nella pace e cercate di risarcire l’un con l’altro il mancante nella giusta pazienza ed amore fraterno, allora non sarà sbagliato e Dio continuerà ad esserci clemente. Così vi voglio benedire nel Nome del Signore. Egli sia la vostra protezione ed il vostro essere. Amen”.
40. Giuseppe accompagnato da Elisabetta e Giovanni, con i suoi all’infuori di Gesù, lasciano la sala e cercano il loro giaciglio. Sergio e Gesù sono soli.
41. Dice Sergio: “Gesù, vorrei sempre guardarTi e sentirTi parlare. Mi hai conquistato e quanto bene deve essere per coloro che sono sempre intorno a Te!”.
42. Risponde Gesù: “Ti sbagli, caro amico, Io sono una pietra di inciampo per loro e spesso devo sentire parole dure, poiché non sempre faccio la volontà dei miei. Hai sentito il vecchio Giuseppe; se tu sapessi quanto male mi fa il suo lamento! Ma non vogliamo parlare di questo, ci sono cose più meravigliose di cui discutere”.
43. “Posso sapere il motivo?”, – chiede ora Sergio. – “Perché ora sono avido di conoscerlo, anche se non è proprio consolante”.
44. “Volentieri voglio adempiere questo desiderio; ma Giovanni sarà insoddisfatto, giacché egli spera ancora qualcos’altro! Allora ti sia detto: questa visita è voluta da Me, poiché Io vedo in Giovanni colui che deve essere per Me, sostegno ed aiuto! Purtroppo Egli non vuole saper nulla di Me, dal momento che non sta nella sua volontà; e ciò nonostante non lo può evitare, poiché lui stesso si è imposto questo destino di servirMi e favorire l’Opera Mia”.
45. “Non Ti capisco molto bene”, – dice Sergio – “di quale Opera parli? Non sei Tu carpentiere come Tuo padre ed i Tuoi fratelli? Che domini un mistero, ora me ne rendo conto, poiché sono per me una prova Giovanni, Elisabetta e Tuo padre. Ma a che cosa mi giova un mistero su di Te, se non lo posso sondare?”.
46. Giovanni
ritorna con sua madre e Maria, ed ora si siedono presso i due. Allora Gesù comincia a parlare: “Sergio
e Giovanni! Non esiste in genere nessun mistero per Colui che attinge dalla Sua
Sorgente interiore! Misterioso può essere soltanto quello per il quale l’uno o
l’altro non trova nessuna spiegazione! Ciò che appare ancora così misterioso ai
Miei ed al Mio mondo circostante, per Me è luminoso e chiaro. La grande
questione vitale: ‘chi Io sono, che cosa
devo e che cosa voglio’, è risolto in Me.
47. Non esiste nessuna Sapienza che possa farMi cambiare
sentimento, e non esiste nessuna potenza che possa trattenere il Mio Volere.
Voi forse pensate che questa sia la più grande illusione! Tale presunzione non
si è ancora sentita! Tranquilli, amici Miei, ascoltate bene: ognuno è il
prodotto della sua educazione, educazione che nella vita precedente aveva già
la sua scuola preparatoria. In questa scuola di vita si riconoscono poi i suoi
compiti stabiliti.
48. Dunque si tratta ora di esaminare fino a qual punto la Mia Volontà è diventata Azione. Se un uomo, senza pensare e senza esaminare, passa attraverso questa esistenza terrena, è da meravigliarsi se altri che lottano e combattono sinceramente, vengono considerati come misteriosi? CredeteMi, un’infinita ricchezza e pienezza di Forza sta adagiata in ogni anima umana, ma quanti lo sanno? Vorrei potervi guidare nella profondità della vostra anima e poter acuire il senso vostro! Allora riconoscereste la grandezza di questa Verità che per voi non è ancora Verità”.
49. Dice Sergio: “Gesù, come puoi dimostrarci le Tue Parole come Verità? Non è stato ancora sentito ciò che tu ci annunci!”.
50. Risponde Gesù: “Non ve lo posso dimostrare e non lo devo nemmeno, poiché ancora non appartiene al vostro mondo! Sebbene giace in voi, non è in ogni caso vostro, perché giace in voi come inconsapevole e quindi non avete per questo da assumere anche nessuna responsabilità! Nell’istante in cui compare come consapevolezza, diventa anche qualcosa di proprio in te e sei impegnato a vegliare su ciò ed a valorizzarlo giustamente! Buon per te se lo riconosci e l’amministri giustamente, esso ti guiderà nella sublime felicità della vita! Ma guai a coloro che lo hanno riconosciuto e lo stesso rigettato oppure tirato nel basso o nel volgare, esso procurerà un tormento senza fine!”.
51. Dice Sergio: “Gesù, Tu sei ancora un giovane uomo e veramente intelligente, lo sento dalle Tue Parole. Ma chi Ti dà la garanzia che sei sulla giusta strada e ciò che ci riveli come Verità, sia anche Verità? Nella mia vita ho visto e vissuto tanto, ho riflettuto su così tanti problemi ed ho anche seguito parecchie cose, ma Ti posso assicurare: è stato un inutile amabile sforzo. Si rendeva sempre evidente che le mie rappresentazioni ed immaginazioni stavano nell’ambito dell’impossibile. Mi dispiacerebbe per Te e per i Tuoi, se dovessi riconoscere che Tu percorri vie sbagliate. Non hai ancora riflettuto che nessuno Ti sostiene nel modo giusto e soprattutto nessuno Ti vuole sostenere, perché comunque è rischioso cercare di compiere cose che a nessun uomo sono possibili, ma soltanto a Dio?”.
52. Gesù sorride e dice, rivolto a Sergio: “Non hai compreso Giovanni quando ti ha parlato di Me,
anche le tue obiezioni sono del tutto cadente, perché non tutto è da applicare
a Me ed alla Mia persona. Quindi ascolta e seguiMi, non per amor Mio, ma per
amor tuo! Dalla Mia primissima giovinezza Mi resi conto della straordinaria
Grazia di poter essere in relazione con Dio, col sublime Amore in Me! Non è una
supposizione, bensì sapere perfetto! Con la Mia unione con Dio Io vivo in Me ed
intorno a Me tutto in modo molto raffinato oppure anche molto positivo.
53. Mia madre lì potrebbe testimoniarti cose meravigliose,
cose che l’eccelsa Vita di Dio ha compiuto in Me, ma questa sarebbe diventata
una condizione per Me che avrebbe limitato la Mia libera Volontà! Col fratello
Giacomo esiste l’accordo, egli può provare in sé tutto l’incomprensibile in e
di Me, se crede in queste divine Rivelazioni di Grazia! Purtroppo a causa di
prove, questa fede è stata molto scossa. Così io riconosco che devo sacrificare
la Mia Volontà fino all’estremo, affinché la pura Volontà d’Amore di Dio
diventi Mia completamente!
54. Queste non sono cose che stanno nella sfera
dell’impossibile, bensì sono possibili ad ognuno, anche a te! Oppure ritieni
Iddio così gretto, così freddo e duro che Egli, quando tu adempi con l’impiego
di tutta la tua forza di volontà, il Suo Desiderio e Volere, ti metta da parte
e ti trascuri, come se tu non avessi fatto nulla? Io ti dico: Egli sarà
inseparabile con coloro che fanno propri i Suoi Compiti e le Sue
Caratteristiche!
55. In questo sentimento non cercherai nemmeno di compiere
cose che sono possibili soltanto a Dio, ma metterai tutto il tuo mondo
interiore a disposizione di Colui al quale tutto è possibile! Tu pensi che
allora Dio potrebbe fare anche di me uno strumento? Egli ne avrebbe la Forza e
la Possibilità? Allora ti dico dalla Mia Conoscenza: Egli lo potrebbe!
56. Se ha fatto parlare l’asino di Balaam [Numeri cap. 22,28], e questo era un animale, quanto più facilmente sarebbe
il caso con un uomo, per servirLo come strumento. Ma con ciò sarebbe servito a
qualcuno? Se lo stato normale fosse ristabilito, il dubbio degli altri
aumenterebbe enormemente e tu stesso dovresti riconoscere che sei stato
soltanto un cieco automa! Ti voglio ancora ricordare che Io dialogo santamente
con Dio e Mi assicuro sempre prima: non è l’Opera e Volontà mia, ma l’Opera di
Dio nella Sua Volontà!”.
57. Sergio va da Gesù, Lo abbraccia, Lo stringe a sé e dice: “Mio Gesù! Dimmi, che cosa intendi fare? Le Tue Parole sono pesanti come l’oro e leggere come l’azzurro del cielo. Anche se non Ti comprendo così come forse lo desideri Tu, di una cosa però Ti assicuro: io Ti credo!”.
58. Dice Gesù: “Se credi soltanto alle Mie Parole, non saprai più che fare! Perché non vuoi credere in Me? Vedi, una Parola pronunciata è come un involucro in cui giace il senso tanto nascosto! Ma se credi in Me, allora imparerai anche a conoscerMi e non troverai più nulla di misterioso in Me. La Mia Vita ti si rivelerà, e tu riconoscerai, uguale a Me, il Mio Compito e la Mia Missione, Missione che in brevi Parole suona: Redenzione ad ogni esistenza e vita giudicata!”.
59. “Gesù, Gesù!”, – dice Sergio. – “Tu Essere misterioso, chi potrebbe comprenderTi? Chi può afferrare il senso delle Tue Parole? Tu sei per me come un Raggio di Sole che diffonde Luce, illumina e prepara delizie! Ma come sarà quando Tu ritornerai a casa? Devo credere in Te? Ma come potrei, dal momento che non ci rivedremo così presto?”.
60. Risponde Gesù: “Sergio, ascolta: non è importante se noi due c’incontreremo personalmente, ma è importante sapere che ci unisce uno Spirito ed un Volere! In questo Spirito perseguiamo una meta, anche se con mezzi differenti! Ricorda però: quando due perseguitano una meta, si sostengono l’un l’altro con Forze spirituali e si rafforza con ciò la consapevolezza della Vittoria. Ma la condizione principale deve essere che ciò sia scaturito dall’amore del cuore! Ora dobbiamo pensare alla separazione, infatti, stanno per venire a prenderti, Sergio, e le nostre madri hanno bisogno di riposo”.
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۞
Gesù prega e
guarisce il bue di Sergio
1. Viene una donna di servizio, bussa alla porta e chiede di entrare. Annuncia che l’animale ammalato è inquieto e c’è da aspettarsi il peggio. Sergio è spaventato e vuol correre a casa. Gesù però dice: “Non così, Sergio! Giovanni ed Io vi accompagniamo. Il giorno non deve finire per te con agitazione. Il Padre Mio nel Cielo adempie volentieri le Mie preghiere!”.
2. Anche queste Parole, Sergio e gli altri non le comprendono. Presto viene preso commiato, ma la donna mette fretta, ed entrambi, Gesù e Giovanni, vanno con loro. In rapida corsa e senza parole raggiungono il podere. La stalla è illuminata da una lampada e la moglie di Sergio aspetta con impazienza il suo arrivo.
3. A lungo guardano l’animale, alla fine Sergio dice: “Giovanni, la tua fatica e la nostra gioia sono state vane, sta per morire”.
4. Allora Gesù si avvicina all’animale ammalato, gli solleva la testa che giace a terra e dice: “Sergio, puoi rallegrarti, il Padre Mio ha esaudito la Mia Preghiera! Per domattina il tuo animale sarà guarito. Ora date a Dio l’onore e non dimenticare le ore che abbiamo vissuto insieme!”.
5. Sergio non vuol sapere niente dell’addio, ma Gesù preme per andare a casa. Dice Sergio: “Io credo in Te e Ti crederò sempre! Accada quel che vuole; queste ore hanno fatto di me un altro uomo”.
6. “Anch’Io ti ringrazio per il tuo amore che ha donato così tanta gioia ai Miei, un giorno ti sarà manifesto cosa tu sei per Me. Beato colui che può dar gioia senza essere necessario, e ultrabeato colui che dona secondo l’impulso del cuor suo. Oggi tutto è ancora buio, ma nella Luce un giorno scorgerai e contemplerai, quando Io potrò esclamare: È compiuto!”.
7. In breve si separano, perché Sergio non trova nessuna risposta a queste importanti Parole. Ma Giovanni scuote la tesa e dice nell’andar via: “Gesù, se l’animale muore lo stesso, come potrai esistere davanti alle Tue Parole? Non sarebbe stato meglio se avessi taciuto?”.
8. “Giovanni!”, – risponde Gesù. – “Perché vive in te ancora tale dubbio e vuole distruggere questa semenza sparsa? Non sarebbe meglio che tu credessi come Sergio? Ricordati: Sergio vivrà una vita differente e mediante la sua fede vivrà anche il suo animale! Non hai sentito e non ti sei accorto che Dio ha parlato ed operato, ed Io ero soltanto lo Strumento Suo? Se già dimostri dubbi alle Mie Parole, allora credi almeno al Mio Amore, poiché non appartiene a questa Terra e non ha nessun moto secondo il terreno!
9. Giovanni, Io rivolgo a te una preghiera assai seria in quest’ora notturna: non perderti nella Legge, ma trovati nell’Amore, ed il fondamento di tutte le tue azioni sia l’Amore! Siamo ancora giovani e siamo all’inizio dei nostri compiti. Nessuno deve costringere l’altro, ognuno deve trovare da sé qual sia la cosa giusta! Giovanni, perciò rifletti: chi in sé non può liberarsi dai dubbi, sta ancora con entrambi i piedi sul terreno dove non può sentirsi bene e dà all’avversario le sue forze migliori! Soltanto la pura fede eleva e rende la vita soleggiata nella sua multiformità! Più il tuo essere è solare e più libero l’animo tuo, tanto più sei in grado di realizzare il Grande, perché allora ogni impedimento e bassezza non avrà più spazio in te”.
10. “Caro Gesù!”, – risponde Giovanni. – “Lasciami ponderare in pace le Tue Parole! È troppo ciò che mi hai dato ieri ed oggi. Io sono diverso, e quello che per me è nero, non lo posso render bianco oppure viceversa. Lasciami tempo, troverò il meglio per Te e per me, ma non pretendere che agisca contro le mie convinzioni!”.
11. Risponde Gesù: “Giovanni, così sia. Esamina seriamente e senza pregiudizio, allora non avrai nulla da pentirti! Fai differenza fra legge e vita libera e non considerare le Scritture come il massimo, bensì come segnavia per il Sublime! Se tu segui volentieri questo Mio Consiglio, allora vivrai dalla Pienezza di ogni Vita, che è Dio da Eternità in Eternità. Ma se ti lasci trascinare dallo spirito del tuo io, allora la tua vita sarà insoddisfacente e così pure la tua fine”.
12. Giovanni ora non risponde più, e presto è raggiunta l’abitazione. Le due madri vegliano ancora ed aspettano il ritorno dei loro figli. Con un breve saluto ora anch’esse cercano il loro luogo di riposo, perché nel frattempo si è fatta mezzanotte.
13. Il Sole sta in cielo quando Giuseppe con i suoi si congeda dall’ospitale Elisabetta. Con parole oltremodo amorevoli Elisabetta ringrazia Giuseppe e Maria per le ore che essa ha potuto passare con loro, soprattutto con Gesù: “Ma Tu, Gesù, in tutto il Tuo ulteriore operare porta con Te l’assicurazione: io credo in Te!”.
14. A ciò Gesù dice: “Elisabetta, serba tutto profondamente nel fondo del tuo cuore e nulla nella tua vita terrena potrà offuscarti questa fede. Essa ti porterà fino alla meta della tua impaziente attesa ed il tuo desiderio più grande sarà esaudito. Il Padre nel Cielo benedirà il tuo amore in abbondanza!”.
15. Giuseppe ora benedice Elisabetta e Giovanni e poi i suoi e segue i suoi figli che sono già andati avanti. A lungo Giovanni segue con lo sguardo i fuggenti, sarebbe ancora corso dietro di loro volentieri per un po’ di strada, ma un timore lo trattiene. Così dice egli a sua madre: “È come un sogno! Soltanto al risveglio ci si accorge quanta poca realtà ci sta dietro. Ecco che se ne vanno e portano con sé la realtà, a noi rimane soltanto il ricordo”.
16. “Niente affatto, figlio mio!”, – risponde Elisabetta. – “Ci hanno portato la realtà ed ora la stessa rimane la nostra parte! Con Gesù ora tutto ha ottenuto un altro aspetto, anche tu, e di ciò sento gioia su gioia. Guarda! Gesù ci sta salutando ancora una volta, non è come un cenno d’addio, ma come una chiamata, come se dovessimo andare da Lui”.
17. Entrambi restituiscono i saluti d’addio ed ora i sfuggenti voltano un angolo. Allora dice Elisabetta: “Mi sembra come se fosse tramontato il Sole, ora tutto sembra così vuoto”.
18. “A me no!”, – dice Giovanni. – “A me no! Mi pare come se ora avessi di nuovo posto e spazio colossale, infatti, davanti a Gesù ed allo Suo sguardo tutto mi era diventato troppo piccolo e stretto. Se Egli fosse rimasto qui ancora più a lungo, non so dove sarei andato; perché con Lui non ci si può mettere sullo stesso gradino”.
19. “Non lo devi nemmeno, Giovanni!”, – dice Elisabetta completamente tranquilla. – “Ti sia sufficiente sapere: Egli si mette sul tuo gradino e vuole il meglio per te. Egli è un Grande e lo sa, ma questo non Gli impedisce di farSi sempre piccolo e pronto a servire! Quanto volentieri si fa servitore, quanto era preoccupato per i Suoi, tutta l’immagine di un figlio fedele!”.
20. Non si accorgono che arriva Sergio. È venuto troppo tardi per parlare ancora una volta con Giuseppe e soprattutto con Gesù, ma le parole di Elisabetta penetrano nel suo cuore e confermano il suo presentimento! Così egli saluta entrambi di cuore.
21. Allora dice Elisabetta: “Ora sei venuto troppo tardi per vederli ancora una volta; ma non essere triste per questo, abbiamo comunque ricevuto da loro la cosa più meravigliosa, in altre parole la consapevolezza: da Gesù sorge per tutti noi un Redentore e Liberatore; deve essere come se Egli fosse tra noi e ci renda confidenti del Suo operato. Questa notte quando mi sono abbandonata del tutto al pensiero che sotto il mio tetto dimora Uno che è chiamato da Dio alla cosa più Alta, si è fatta Luce intorno a me. Allora ho scorto un Sole che splendeva, ma non abbagliava.
22. Come guardavo così nel Sole, ha assunto esso il volto di Gesù! Dagli occhi ammiccava uno sguardo così amorevole, quasi affettuoso, e la Sua bocca era mezza aperta, proprio così come se avesse un desiderio di baciarmi! Il volto non rimase, ma la Luce continuò a splendere e rese in me chiaro ciò che finora era buio. Così è passata la notte, che non è stata una notte; ma quando Gesù andò via e scomparve ai miei occhi, è stato per me come se si fosse fatta sera. Così ora ci rimane soltanto il ricordo e la fede”.
23. Replica Giovanni: “Madre, da Gesù hai imparato ben a fantasticare e vuoi immaginarti in un'altra vita più bella. Guarda in faccia alla realtà e devi ammettere che tutto è rimasto come tre giorni fa! Dove andremmo con la nostra fede, se credessimo ad ogni visionario? Non ci ha gratificato Jehova assai abbondantemente? Anzi, è quasi troppo per mantenere tutto. Non ho la minima voglia di sostenere Gesù! Mi bastano Mosé ed i profeti!”.
24. Risponde Elisabetta: “Giovanni, nessuno, nemmeno Gesù, cercherà di toglierti la tua fede; ma se continui a battere sul tuo stesso sapere e volere e releghi l’opinione e la conoscenza di altri nel regno del fanatismo, devi anche accettare se con te succede la stessa cosa. Io però ti dico: i pani sono stati per me più che una prova! Ora non c’è bisogno d’altro. Anche mai t’inciterò ad occuparti di Gesù in pensieri, perché nel mio cuore c’è un posticino per Lui che è santificato”.
25. Dice ora Sergio: “Anch’io, madre Elisabetta, ho accolto Gesù nel mio cuore; Egli è più che un Uomo comune. Questa mattina il mio primo pensiero è stato per il mio animale ammalato. Quando sono andato nella stalla, stava lì ed aspettava il foraggio. Cosa significa, ieri crepato ed oggi sanato, questo lo può afferrare solamente colui che ne è stato colpito! Perciò, caro Giovanni, ti prego, in futuro più nessuna parola contro Gesù! Egli possiede un’immensa fiducia nel Suo Padre nel Cielo e Questi esaudisce volentieri le Sue Preghiere, perché mai si è vista una fiducia simile.
26. Quanto mi rende felice il sapere che anche noi siamo inclusi nell’Amore di Gesù, Amore che vive nel Cuor Suo. Un visionario e fanatico non ha ancora mai potuto compiere delle azioni, ma soltanto parole che scaturiscono come fiumi d’acqua dalle labbra di un tale e non c’è da controllare se vi partecipa anche il cuore. Tu devi ben accettare che io parli con tua madre di Gesù, ed oso già adesso sostenere che sarà per me una necessità! Anche dai miei occhi questa notte è sfuggito il sonno, sono stato affascinato da Gesù con i piatti col cibo ed i Suoi occhi splendenti! Ancor mai nella mia vita mi sono affluiti tali sentimenti come ieri e questa notte!”.
27. “Quindi siete contro di me?”, – risponde Giovanni. – “Allora dovrò fare come Gesù e cercherò la solitudine e vedrò come mi accorderò con questo!”.
28. “Fallo tranquillamente, figlio mio!”, – replica Elisabetta. – “Ma di una cosa ti assicuro: più vuoi cancellare Gesù dalla tua esistenza, tanto più dovrai occuparti di Lui! Io però non posso capire perché tu ad un tratto non vuoi più comprendere tua madre. È dunque così difficile accettare l’amore di un uomo che non si occupa soltanto di piccoli problemi, ma perfino dei più grandi?
29. Se rifletto quale Amore, Pazienza e Perseveranza ci vogliono per appropriarsi di quelle Forze che Dio ha messo in Lui come un seme di grano, allora vengo alla conclusione: Gesù sa ciò che vuole! Ed Egli crede nella riuscita dell’Opera Sua. Noi l’abbiamo avuta più facile, perché potevamo appoggiarci sulle Scritture ed avevamo soltanto bisogno di adeguarci all’insegnamento del nostro tempio. Ma Gesù porta qualcosa del tutto nuovo! Qualcosa che l’uomo porta in sé, ma non conosce. Per noi è nuovo e lo stesso è antichissimo! La Promessa comincia a realizzarsi: una Luce risplende nelle tenebre e sarà per tutti un Luminare!”.
30. “Madre, perché mi tormenti?”, – risponde duro Giovanni. – “Non posso costringere il mio cuore a qualcosa che non mi è chiaro. Se tu lo chiami amore, dove un figlio causa dispiaceri ai genitori oppure evita la casa dove regna la gioia, io lo chiamo diversamente, cioè ostinazione. Madre, stiamo zitti, affinché rimanga la pace e tu abbia in me soltanto gioia”.
31. Sergio tace a tutto, ma ora si rivolge a Giovanni e dice: “Giovanni, non andrà bene tacere su ciò che vuole sprigionarsi dal cuore; poiché di ciò che è pieno il cuore, di questo straripa la bocca. Ti faccio una proposta: tua madre si trasferisce in casa mia e tu vai alcuni mesi nel tempio. Potrai ritornare in ogni momento, e ti tolgo la preoccupazione per tua madre. Tutto ciò che concerne la vostra casa rimarrà così com’è e verrà provveduta come se fosse la mia.
32. Impara a conoscere qualcosa che ti è ancora estraneo, ed in questa scuola maturerai certamente per l’Opera alla quale sei chiamato. Qui tu soffri e perdi, ma là impari e guadagni. Se torni indietro, la gioia sarà doppiamente grande! Io però potrò finalmente restituire una buona volta l’amore, dove finora ho sempre ricevuto amore! – Cosa ne pensi, Elisabetta?”.
33. “Caro Sergio, le tue preoccupazioni sono anche le mie! Per sapere Giovanni libero e felice, accetto volentieri la separazione, ma vorrei rimanere nella mia casetta, dal momento che sono cresciuta insieme a lei. Se Giovanni lo vuole, allora sia, se non vuole, sia pure giusto! La mia speranza è Gesù”.
34. Risoluto dice in breve Giovanni: “Madre, vado! Piuttosto una breve separazione che un andare l’uno accanto all’altro. Possa Jehova perdonarmi se agisco male e possa concedermi la forza per ciò che verrà!”.
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Giovanni va al tempio dove vige: “Tacere ed ubbidire!”, e Samuele l’aiuta
1. Avviene come pianificato. Il sacerdote Giuseppe è felicissimo di portare lui stesso il suo protetto nel tempio e per Giovanni si apre un mondo nuovo, ma un mondo che gli è di scandalo. Precocemente abituato al pensare e operare indipendente, ora sperimenta l’opposto. Qui c’è uno soltanto che pensa e ordina, il sommo sacerdote! Oppure, in sua assenza, il sostituto.
2. Qui impara a conoscere uomini che tengono chiuso il loro interiore e portano una maschera nell’esteriore. Spesso quando è solo, dice a se stesso: ‘Padre![2] Hai resistito qui tutta una vita? Tu sapevi più di tutti e tuttavia sei rimasto? Un sacrificio deve essere stata la tua vita intera!’.
3. A volte, quando lotta da solo con se stesso, sembra che gli venga in mente come Gesù lottava davvero diversamente, e poi si chiede: come si comporterebbe Lui adesso? Poiché egli stesso ha un leale sentimento, si irrita perché qui deve tacere. La parola d’ordine, infatti, è: tacere ed ubbidire!
4. È attratto da un anziano, venerando sacerdote, il quale ha conosciuto suo padre. A questi egli rivela la sua grande angoscia che è diventata quasi insopportabile. Nell’abitazione del vecchio Samuele tutto il dolore trattenuto fa pressione sulle labbra di Giovanni.
5. Samuele, la bontà stessa, ascolta la confessione del giovane dall’inizio alla fine e poi dice: “Mio giovane fratello, quello che ti dico adesso, tienilo per te! Non m’importa della mia vita, ma la tua è preziosa. Un’intera esistenza ho servito il tempio, già al tempo di tuo padre. Allora il tempio era diverso da oggi; il veleno del mondo, ambizione ed avidità sono aumentati da allora enormemente. Sì, perfino davanti ad un assassinio non si guarda indietro! Tu penserai, perché allora vi rimani?
6. Allora ti dico: io rimango nel tempio per trattenere il disastro e contrastare la cattiveria. Il tempio ha mille armi, io ne voglio soltanto una e questa si chiama: bontà di cuore! Essi tremano davanti a questa bontà! Per quanto tempo, mi è sconosciuto. Se non ci stai, devi dimostrarne il perché. Così si ascolta volentieri il mio consiglio, ed ora sono anche soddisfatto di aver donato la mia vita a Colui che me l’ha donata! Per te è meglio andare a casa da tua madre, servi Dio e gli uomini; poiché per la Sua Bontà sei diventato quello che sei. Così ringraziaLo non abusando della Sua Benignità!”.
7. “Padre Samuele! Mi restituisce l’equilibrio, ma come devo comportarmi a casa di fronte a mia madre e Sergio, quando il discorso viene a cadere su Gesù di Nazareth? Costui è l’intoppo ed il motivo della separazione!”.
8. “Mio giovane fratello!”, – risponde quieto Samuele. – “Perché così impetuoso? Nella tua vita ancora naufragherai spesso se ti tieni fermo alla tua rigida volontà! Mai avrai successo nella tua vita se pensi, io posso e lo faccio meglio! Cedi volentieri, e di buona voglia fa spazio nel tuo cuore, se un altro ha un’opinione e conoscenza diversa! Esamina seriamente tutto e fa tuo soltanto ciò che ti aggrada! Che Gesù di Nazareth ti sia d’intoppo, mi meraviglia molto; infatti, quando allora durante i tre giorni nel tempio mise in grande agitazione il collegio[3], trassi per me il profitto migliore ed ancora oggi è la mia parte: l’amore e la bontà per gli uomini! Fu proprio Gesù che strappò la maschera dal volto dei sacerdoti preminenti e svelò infamie che tu non potresti sopportare.
9. Sempre più spesso ho pensato al ragazzo, ed è meraviglioso, Egli nel mio ricordo rimane un ragazzo. Che cosa servì che il turbamento rimase per un po’ di tempo e Gesù fu sorvegliato insieme alla casa di Giuseppe? Ma con Gesù lo sviluppo si mosse allora piuttosto all’indietro che in avanti. Così si spiega che in circa 10 anni il tempio è diventato sempre più arrogante. Mi rallegra immensamente sentire ora qualcosa di consolante su questo giovane Uomo, ma io temo che appena il collegio verrà a sapere di questo progresso, addio può dir Gesù alla quiete.
10. Ora, caro giovane fratello, ascolta il mio consiglio, consiglio che viene da un cuore paterno: mettiti in buoni rapporti con Gesù, rendi felice la tua pia madre ed il tuo paterno Sergio, ne guadagnerai mille volte! Che cosa ti potrà ancora dare il tempio? Nulla, ma proprio nulla! Se diventi scomodo, ti si manda al massimo in terra straniera dai pagani e dai non convertiti. Sei ancora libero e puoi facilmente sciogliere la tua appartenenza a lui. Io ti aiuterò volentieri e ti assicuro un buon ritiro”.
11. Dice Giovanni: “Padre Samuele, le tue parole rendono lieto il mio cuore. Ma rispondimi ancora ad una grande domanda, allora seguirò volentieri il tuo consiglio. Che cosa pensi di Gesù di Nazareth? – – Le Sue Idee sono esaltazioni oppure come devo io accettarle?”.
12. “Mio giovane, vieni al mio petto!”, – dice Samuele, – “Rispondendo a questa domanda d’importanza vitale non voglio guardati negli occhi, ma pensare che il mio soave ragazzo Gesù stia dinanzi a me. Ebbene ascolta: quando fui un testimone silenzioso della Sua Sapienza e della Sua Potenza ed Egli indicò le condizioni che dovevano essere adempiute con l’atteso Messia ed in ogni caso con Lui sono già adempiute, in me ho sempre nutrito la speranza: è Lui! Anche la mia speranza non s’indebolì quando le notizie erano sempre negative. Pensai che questo fosse un tempo di fioritura: Egli deve maturare!
13. La tua notizia su Gesù è per me preziosa, infatti, io Gli credo. Le Sue Idee non sono Sue, ma Jehova stesso le mette in Lui, e lo Spirito di Dio giacente in Lui sprona queste idee alla piena maturazione. Quello che mi hai riferito sulla lotta del Gesù combattente, conferma la mia opinione. Sarebbe ora di sostenerLo. Se tu rimani nell’opinione della tua volontà, tu ostacoli Dio di affidare alla Terra il Dono della Grazia, vale a dire il mediatore fra Dio e l’uomo ed il Salvatore del Suo popolo da ogni schiavitù. Dire altro non fa bene. Potrebbe ben essere che io mi sbagli. Me se tu rifletti alla Pienezza delle Verità che colmavano il Suo Io, allora giungi alla conclusione: soltanto il Cielo può averLo mandato!
14. Giovanni! Potessi comprendere tu la mia felicità, se ora giacesse Gesù sul mio braccio destro e tu sul mio braccio sinistro! Mi immagino che sia così, e sono interiormente felice! Perché c’è qui ora veramente questo sentimento di felicità? Questo è un Dono del Cielo, potendosi l’uomo di nuovo ricordare della felicità che lo attende, quando ha adempiuto le condizioni. Come dici tu: ‘Gesù lotta con Sé in costante fervore!’, quindi Egli si adopera ad adempiere totalmente le condizioni, per sentire e percepire in Sé soltanto ancora il Cielo! Di questo Fratello sei invidioso ed ingiusto, invece di offrirGli la comprensione. Perché sei duro? O Giovanni, non giudicare il tempio ed i suoi servitori, altrimenti tu stesso cadi al capestro che tu tieni pronto per altri. In questo mondo non deve esserci nulla che io consideri come perduto, ma devo cercare mezzi per guarire e per salvare! Mi comprendi?”.
15. “Sì, padre mio!”, – risponde Giovanni. – “Ti comprendo molto bene, nonostante siano quasi le stesse parole che Gesù espresse, soltanto che, pronunciate da te, non fanno male. Ho da chiedere molto perdono a Gesù, poiché nel mio cuore Gli ho fatto tanto male”.
16. “Questo mi rallegra, mio Giovanni! Ti sentirai molto più leggero e meglio se ti concili con il pensiero, perché Gesù di Nazareth è un Chiamato ed Eletto. Ma ad un Chiamato si appianano le vie, invece di sbarrarle! Così sperimenterai anche tu, quando avrai riconosciuto la tua chiamata, che fa terribilmente male se si è ostacolati nell’esercizio dei propri doveri; ma è ancora più doloroso quando si viene male interpretato o tradito dai propri amici o familiari. Va per la tua strada, ma con Dio! Il tuo essere diventi bontà. Allora si farà luce e chiarezza in te! Così prendi la mia benedizione, ti sia forza e luce! Amen”.
17. I due si separano e Giovanni si scioglie dal tempio con l’aiuto del paterno Samuele.
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Di nuovo a casa, una proposta di matrimonio
1. Di nuovo a casa. Elisabetta non riconosce più suo figlio, nessuna contraddizione, essa riconosce soltanto dedizione. Anche Sergio è sorpreso dall’indole di Giovanni. I pochi mesi hanno fatto di lui un uomo. Elisabetta è malaticcia, così Giovanni è ansioso e preoccupato. A lui è chiaro: se la madre lo lascia, egli perde il sostegno; infatti, le sue lotte interiori talvolta gli fanno perdere l’equilibrio, ma la madre lo ha sempre riportato rapidamente in ordine.
2. Anche Sergio vede Giovanni lottare duramente, ma non può aiutarlo, gli manca l’esperienza e la giusta vita di Dio. Così l’esistenza continua il suo corso con le vicissitudini sue. Il sacerdote Asur non riesce ancora a sopportare che Giovanni non gli porti il rispetto e l’ossequio che gli spetta, sferza Giovanni con parole pungenti e pretende scusa. Giovanni è nuovamente irritato, e mostra al sacerdote la porta, poiché egli sarebbe un servitore di Baal e non di Jehova. A questo diverbio si è aggiunto Sergio che può intervenire conciliante.
3. Da quel giorno in poi Giovanni si chiude. Come il solito, provvede tranquillo, a tutto, ma in lui vive una strana inquietudine. Evita la madre e Sergio, diventa duro verso se stesso e gli altri. Spesso fa lunghi monologhi e cerca, tormentato interiormente, conforto nella preghiera. Elisabetta e Sergio si preoccupano molto e si consigliano su che cosa fosse necessario fare. Il pensiero di guardarsi intorno per cercare una donna che l’aiuti, diventa sempre più forte, finché Sergio alla fine si dichiara disposto ad accogliere in casa sua una lontana giovane parente. Così avviene, e come del tutto da sé i due giovani devono conoscersi. Ma ora Giovanni evita ancora di più la casa del suo paterno benefattore.
4. Un Sabato, Sergio con sua nipote fa qualcosa per Elisabetta. Giovanni è presente. Per lui è peccato fare qualcosa di Sabato. E non può tacere. La giovane donna guarda a lungo Giovanni, poi dice: “Giovanni può aver ragione, ma secondo quanto ne so, Dio non ci punirà, poiché non si vuole commettere nulla di male, ma soltanto del bene. Dio, l’eterno Buono, può volere soltanto del bene! Se Dio volesse punire il bene, allora Egli si metterebbe sul terreno dove adesso sta Giovanni, e questo non lo posso credere”.
5. Elisabetta accarezza i capelli alla ragazza e dice: “Figliola, le tue parole sono giuste e fluiscono da un cuore fedele, ma anche Giovanni ha ragione, poiché egli cerca la giustificazione solo nell’adempimento della legge. Egli percorre una via difficile, mentre la tua è solare e facile. Conservati questa tua fede e torna di nuovo!”.
6. “Quanto volentieri vengo da te!”, – dice la ragazza che si chiama Eliesa. – “Ma Giovanni non deve fare gli occhi truci, altrimenti ci si spaventa dinanzi a lui”.
7. Giovanni va fuori e ritorna solamente quando i due se ne sono andati. Elisabetta è triste; pensa a Maria che pure soffre per amor di suo Figlio. Giovanni però non vuol vedere e rende questo ancora più duro. Un giorno viene nuovamente Eliesa. Giovanni la vede arrivare, allora va da un vicino per aiutarlo, ed al calare del Sole ritorna.
8. Gli dice Elisabetta: “Giovanni, Eliesa è stata qui, io ho molta gioia in lei, credo che ti ami e diventerebbe volentieri mia figlia; che cosa ne pensi tu, oppure ci hai già riflettuto?”.
9. Giovanni tetro guarda a terra e dice: “Sì, madre, ho riflettuto già spesso; se soltanto non tornasse, il suo essere gaio mi fa male! Non posso vedere come lei abbia ancora parole di scuse per la cattiveria altrui. Semplicemente mi disgusta com’è buona allo stesso modo verso tutti, senza riguardo alla persona. Soltanto per me non ha nessuna parola di scusa o magari di comprensione.
10. Prendila come figlia; infatti, io sento che non sopporto più a lungo questo stato e ti dovrò nuovamente lasciare. Mai penserò ad un matrimonio, non sono fatto per essere marito. Davanti a me stanno altre mete, voglio vincere il peccato ed esistere senza macchia davanti alla legge ed ai profeti. Allora è meglio se io rimango non sposato”.
11. “Figlio mio!”, – dice Elisabetta. – “Te ne intendi a porgere amarezza e fiele. Invece di parlare apertamente con tua madre, vai per la tua strada e prepari al mio cuore preoccupazione e dispiacere. Non sai tu che le preoccupazioni condivise sono mezze preoccupazioni? È giusto se dinanzi agli occhi hai una ferma meta, è bene che vuoi compiere qualcosa che non ha compiuto ancora nessuno, ma, Giovanni mio, tutto è rimesso alla Benedizione di Dio, ed una madre dona il cuore sanguinante per il figlio suo! Perciò sii aperto, sii umile, e la tua via sarà più facile ed il tuo animo più lieto.
12. Vedi, Gesù cercava comprensione per l’adempimento delle Sue Idee. Che cosa hai fatto tu? Noi abbiamo comprensione per te e ci eviti. Tu sei proprio il Suo opposto. Che cosa ne pensi di andare in pellegrinaggio a Nazareth e di rimanervi alcuni giorni? Non avete entrambi una meta? Non potresti completarti in Lui? Rifletti una buona volta, e non dimenticare tua madre che vive per te!”.
13. “Madre, ti sono debitore!”, – replica Giovanni. – “Io so che sarebbe meglio essere aperto, ma in me c’è una montagna di contraddizioni, io vorrei e non posso, sono ancora troppo incapace, mi manca la giusta forza vincitrice. Dove tu sei capace di amare, in me c’è ancora avversione. Ogni ingiustizia scatena in me una tempesta; lo so, è sbagliato, ma non posso farci niente quando si presenta in me. Abbi pazienza, forse mi riuscirà ancora. Non andrò a Nazareth, perché non posso andare con Gesù che vorrebbe metterSi al di sopra di ogni Legge e vuole diventare un soccorritore del mondo intero”.
14. Ora Elisabetta risponde sorridendo: “Giovanni, sei incappato in un vicolo cieco e non ne verrai fuori così facilmente! Questo dimostra come tu accogli e consideri la Missione di Gesù. In nessun caso è giusto come tu Lo giudichi. Come io L’ho capito, Egli adempirà la legge fino all’ultimo, affinché nessuno possa dire: qui sei diventato colpevole. Questo è il buono e bello in Lui, il fatto che Egli è aperto e chiarisce chiaro e tondo ai Suoi congiunti le Sue Aspirazioni e le Sue Lotte per la meta. Non ha mai fatto qualcosa di diverso, perciò non ha nulla da rimproverarsi. Fa come Lui, allora tutto andrà bene!”.
15. In seguito Giovanni diventa più libero. Così regna pace e gioia nella casa di Elisabetta. Un giorno viene un messo e porta un pacco da parte del padre Samuele. È il suo lascito a Giovanni che egli ha amato come un figlio. Ora è tornato a casa dai padri suoi. Giovanni studia i rotoli, è la dichiarazione per l’atteso Messia.
16. Ciò che trova, diventa per lui un segnavia. Ora cerca e studia le indicazioni di Samuele nello scritto e trova tanto, cosicché va dal sacerdote Giuseppe e si fa istruire sui passi delle Scritture indicate. Ma non può essere proprio soddisfatto. In lui c’è e rimane una lacuna; né il sacerdote né sua madre possono dargli il giusto aiuto.
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In sogno con lo
spirito del padre Zaccaria
Morte di
Elisabetta
1. In quei giorni è chiamato da Gesù su alti monti a lui ancora sconosciuti[4]. La madre è seriamente preoccupata, poiché mai è stato via senza che lei lo sapesse. Quando però egli torna di nuovo a casa, riesce soltanto a dire: “Sono stato da Gesù! Lasciami per il momento dormire, per me tutto è ancora così incomprensibile e misterioso, prima devo venire in chiaro!”.
2. Senza prendere nemmeno un boccone, va a riposare e dorme continuamente, senza svegliarsi, una notte ed un giorno intero. La madre lo osserva proprio quando si sta svegliando. Domanda da mangiare e da bere. In lui tutto è come trasformato, infatti, adesso gli diventa chiaro dove è stato e cosa ha vissuto in sogno durante la sua lunga dormita. Quando si è saziato, può raccontare tutto e descrive a sua madre precisamente ogni particolare su ciò che ha vissuto con Gesù, ed ora ancora il sogno.
3.
Comincia di nuovo la sua descrizione: “Pensa, madre, ero su un alto monte. Per quanto l’occhio
guardava, godeva di una meravigliosa, stupenda vista. Una città, a me
completamente sconosciuta, stava ben estesa nella valle, e le case con le
finestre luccicanti riflettevano il Sole mille volte. Come ora contemplavo
tutte queste belle e certo sconosciute immagini, mi sentii toccato alla spalla
sinistra. Mi voltai e vidi il padre mio. Io so. Egli era mio padre, nonostante
non l’avessi conosciuto. Una gioia irrefrenabile c’era in me.
4.
Allora egli mi parlò: ‘Giovanni, guarda questo paese, dato da Dio,
dentro tutto può rallegrarsi, ma vi può dimorare soltanto colui che ha fatto
propria la Volontà di Dio. Là, più in fondo, si trovano ancora parecchi luoghi
che devono servire altrettanto a rendere felici i cuori dei figli fedeli.
Ricorda però: nessuna felicità è meritata, ma tutto è pienezza di Grazia,
poiché Dio ha lasciato guidare il Suo Cuore soltanto dall’Amore. Un giorno Egli
disse ad Abramo: «Esci dal paese dei tuoi padri e delle tue amicizie e va in un
paese che Io ti mostrerò e voglio donare a te ed ai tuoi!»
5.
A te però io dico: entra nel paese dei tuoi padri ed
annuncia il veniente Regno di Dio, dove il più piccolo è elevato al più grande
ed il grande al più piccolo! La Luce è diventata da molto tempo vincitrice
sulle tenebre, e noi ci bagniamo nei torrenti di Luce che di qua passano nel
Regno dell’invisibile, ed attendiamo il giorno in cui Dio stesso darà la
testimonianza a tutto il mondo ed a tutto l’invisibile:«Questi è il Mio
Figliuolo nel Quale Io Mi sono compiaciuto!». Tu però rifletti: davanti a te la
vita, dietro di te la morte!’.
6.
Io volevo replicare
qualcosa, allora sentii la sua mano benedicente, e mi trovai da solo. Ora era
stata tolta anche l’amenità, e mi sentii abbandonato. Allora cercai con gli
occhi la via che conduceva alla discesa, ma non la potevo trovare. Cominciai a
cercare, ma era inutile. Così mi chiesi: sì, come sono dunque salito? La
risposta però non venne!
7.
Che cos’era ora tutta
l’amenità? Cos’era ora per me mio padre? Più nulla! Io, infatti, ero
prigioniero del monte, e solo dove guardavo giù, al limite, c’erano abissali
precipizi, ma nessuna via per la discesa. Come sospesi la mia inutile ricerca e
mi misi di nuovo seduto, vidi come in grande, gran lontananza, mio fratello Gesù
ed intesi le Parole: «Giovanni, se tu
fossi rimasto qui, non ci saremmo mai più separati!». Così mi sono svegliato
e sono contento che sia stato soltanto un sogno”.
8. Dice Elisabetta: “Le Vie di Dio sono meravigliose e ultramagnifiche le Sue Conduzioni. Giovanni, ricorda cosa io, tua madre, sempre speravo e bramavo: saperti al servizio dell’eterno Iddio e Signore. Tutto ciò che sta dietro di noi deve essere dimenticato, perché dinanzi a noi sta Iddio ed attende – attende!”.
9. “Che cosa attende ancora Iddio? Tutto il mio zelo, tendere e volere è stato niente? Ma che cosa devo fare ancora?”.
10. “Edificare una via verso l’Alto!”, – risponde Elisabetta. – “Affinché l’Alto possa diventare ristoro, gioia e felicità per tutti, tutti gli uomini che non temono la fatica di raggiungerLo!”.
11. “Madre, ora diventi di nuovo incomprensibile per me, non posso interpretare le tue parole!”.
12. “A questo ti credo, Giovanni, poiché tu hai sempre davanti agli occhi soltanto il presente e non vuoi mai occuparti del futuro. Ciò che per te non è afferrabile con le mani, per te non esiste e lo releghi nel regno della fantasia. Ma nel tuo mondo diventerà grigio, quando ciò che tu descrivi come fantasia, diventerà Realtà, altro non posso dirti”. Così la madre lascia il figlio solo.
13. Nei giorni successivi Giovanni diventa ora pieno di vita, vengono consultati spesso gli scritti e il lascito di Samuele, e Sergio sente parecchie cose che non comprende. Ora sopravviene un evento che sconvolge Giovanni profondamente. Elisabetta si ammala e sente freddo. Con tutto l’amore proveniente dal cuore, Giovanni si prende cura della madre, giorno e notte. Un santo splendore c’è nei suoi occhi e, quando Giovanni tenta di dire qualcosa, lei dice: “Taci, figlio. Dio parla un delicato Linguaggio”.
14. Anche Sergio fa quello che può, ma non e possibile trattenere la vita. Una mattina, poco prima del sorgere del Sole, si fa portare alla finestra e finché può guarda nei raggi della luce proveniente dal Sole e dice: “Mi sembra come se i raggi mi mostrino la via che va alla Sorgente di Luce, e Gesù sta nel Sole e chiama con un cenno. Il Sole scompare, ma Gesù diventa più luminoso! – – Gesù, io vengo! Gesù, io vengo!”.
15. Con queste parole lei entra nel Regno della sua brama e del suo amore. Giovanni è completamente sconvolto. Nonostante se l’aspettasse, è venuto in ogni caso troppo all’improvviso. In silenzio persevera nella preghiera – ed alla fine dice: “Madre! Se fossi alla meta come te, non avrei bisogno di piangerti, tu, infatti, hai raggiunto ciò che mille volte mille uomini non raggiungono!”.
16. Ora c’è solitudine intorno a Giovanni.
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۞
Senza la madre,
la lotta interiore lo porta alla vittoria
1. La madre manca. – Egli non vuole rimaner solo, così si trasferisce da Sergio. I sacerdoti vogliono a tutti i costi che vada nel tempio, ma egli si oppone difendendosi con mani e piedi. Presso Sergio guarisce di nuovo e diventa lieto.
2. Lo studio delle Scritture lo aiuta a superare il dolore. Di giorno lavora con fervore e di notte si esercita nella preghiera e nella benedizione secondo il rito giudaico. Vuol recuperare con forza il trascurato ed ora digiuna il doppio.
3. In lui c’è una tendenza verso il divino e lo spirituale. Attraverso le sue continue lotte con se stesso ed il contemplare nel suo mondo interiore, anche la vista interiore di tanto in tanto gli viene aperta, ed ora, secondo la disposizione della sua anima, sperimenta del torbido e del bello.
4. Ciò che gli è gridato e mostrato, lo interpreta a sua discrezione. Così viene nuovamente in lotta interiore con se stesso. Non osa più parlane di ciò con Sergio oppure con un sacerdote, per non coinvolgere il suo interiore in lotte maggiori. Gli rimane soltanto la preghiera.
5. Passano mesi, ma non si fa un passo avanti. Insoddisfatto per l’esito, si reca sulla cima dove ebbe la seria discussione con Gesù. Pensando a nulla, non volendo nulla, non teme lo sforzo finché giunge in alto. Là giunto, riposa dalle fatiche della via e cerca quiete e certezza.
6. Quanto più per lo struggimento cerchi un posto tranquillo, tanto più inquieto egli diventa. Ora gli viene in mente che Gesù lo ha atteso qui sopra per tre giorni. “Tre giorni! – un tempo lungo, ma voglio attendere un segno, affinché io venga colmato della certezza; ora, infatti, mi trovo al bivio”.
7. Così passa un giorno ed una notte. Con la lotta nella preghiera per ricevere forza e perseveranza subentra quiete in ed intorno a lui. Con la sua volontà supera la fame, fame che si fa sentire fortemente, e pensa a Gesù che pure Lui non potette mangiare nulla su questa cima.
8. Allora gli appare sua madre in velata veste di luce e parla con una voce soave e delicata: “Giovanni! Ancora non c’è nessuna via verso l’Altezza, ma l’anelito di Colui che spera è aumentato al colossale! Perché esiti e ti fai sollecitare? Spalanca il portone e le porte, affinché possa entrare il Signore delle Magnificenze! Apriti, perché attraverso di te deve essere rivelato che Lui, il Magnifico, sarà l’Agnello che prende su di Sé i peccati del mondo, affinché ogni maledizione sia cancellata!”.
9.
Una benedizione, un cenno, – e lentamente la
visione scompare, ma le parole rimangono. Come lettere ardenti splendono
nell’anima sua: «Attraverso
di te deve essere rivelato che Lui, il Magnifico, sarà l’Agnello!».
10. “Ho bisogno di un’altra testimonianza?”, – dice Lui a se stesso. – “No! E’ sufficiente! Signore, mostrami la via, la mia vita adesso è Tua!”. Con queste parole Giovanni prende la via del ritorno.
11. Se all’inizio è stato faticoso, ora diventa facile e, dopo ore, egli raggiunge una masseria.
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Dal giudeo Elim: la consacrazione!
Inizio della predicazione
1. Alla buona chiede ristoro, cosa che gli viene accordato. Veramente bene gli fa quest’amore; anche le parole del proprietario sono espresse così bene che non può far altro: deve vuotare il suo cuore e rivelare a quest’uomo estraneo tutto il suo struggimento, il suo tendere e volere!
2. Costui però, un vecchio e fedele giudeo versato nella Parola e nelle Scritture, dà ora a Giovanni, a modo suo, chiarimento sull’atteso Messia, e dice: “Se Egli viene, allora soltanto il tempo attuale può essere quello giusto! Infatti: oppressione dall’esterno da parte dei romani e dei pagani, ed oppressione dall’interno da parte dei templari. Questo tuo Gesù di Nazareth descritto potrebbe avere le predisposizioni per portare redenzione e liberazione dall’esterno e dall’interno, ma mancheranno i mezzi per sostenerLo. Il ricco tiene ai romani, non ha bisogno quindi di nessun liberatore, ed il povero non ha nessun mezzo”.
3. Giovanni guarda solenne il vecchio giudeo e dice: “Conosco troppo poco Gesù per poterti dar ragione! Io però piuttosto credo che Gesù intenda diversamente il Suo Compito e Missione! Egli si occuperà poco delle cose mondane; secondo Isaia il Suo Compito può consistere soltanto nel guidare il popolo d’Israele dalla notte e dal peccato alla Luce ed alla Vita! Ed Egli non ha bisogno di altri mezzi che soltanto quelli che Dio Gli mette nel Suo interiore. Queste sono state le Sue proprie Parole”.
4. Ora risponde il vecchio Elim: “Giovane amico! Potrà essere come vuole, ad ogni modo non puoi fare più mistero del tuo sapere e dei tuoi doni! È tempo di rendere attento il mondo sull’epoca nella quale viviamo! Jehova, l’Eterno, infatti, non fa nulla senza un grave motivo. Forse Egli mette tutta la Sua speranza sul giovane Nazareno. Se Egli fosse il Chiamato, non potrebbe esserci perdonato se prendessimo così poca parte in Lui ed alla miseria del nostro prossimo. Cercati coloro che sono di sentimento uguale, vieni da me nel mio fondo, ci sarà sempre tanto che nessuno soffrirà la fame. E poi andate fuori nel paese ed annunciate il grande tempo, tempo che Dio ci fa riconoscere e che ci porta il Salvatore!”.
5. Dice ora Giovanni: “Caro vecchio Elim, posso io prevenire i sacerdoti? E posso comunicare ad altri il mio sapere e conoscenza? Io certamente non sono della stirpe di Levi, anche se mio padre è stato un sommo sacerdote”.
6. “Proprio perciò, giovane amico!”, – replica il vecchio. – “Tu sei direttamente obbligato a portare in tutto il mondo il sapere di cui ti sei appropriato e ciò che hai vissuto, poiché il tempio ed i suoi servitori sono soltanto annunciatori della Parola, ma non custodi e guardiani dello Spirito. Tu conosci il tempio, conosci Gesù, tu conosci di entrambi volere e tendere e – domandi ancora? Oh, perché non ho conosciuto Gesù! Avrei voluto rimuovere ogni sasso che impedisce il Suo piede. È il mio più grande desiderio poter vivere il tempo che porta il Messia, il Redentore e Liberatore!”.
7. Risponde Giovanni: “E se Gesù non fosse Colui sul Quale tu poni la tua speranza? Non sarebbe fatica sprecata ed inutile perdita di tempo se Gesù non portasse lo stesso la Redenzione?”.
8. “Che cosa t’importa!” – risponde Elim. – “Se Gesù dovesse deludere? Sforzati tu di non deludere, ed esercita la tua carica che Jehova affida a te. Credi a me che sono vecchio, io sono ricco di esperienze, e le delusioni hanno reso saldo il cuor mio. Esiste da adempiere soltanto un compito e questo compito equivale: fare del tutto propria la riconosciuta Volontà di Dio, affinché lo spirito interiore possa aggrapparsi allo Spirito di Dio. Dove manca la fede nella riuscita, la meta retrocede sempre ed il perduto raramente viene di nuovo recuperato. Ti lamenti del tempo perduto e della fatica inutile? Ma come ti sentiresti se tu avessi sprecato inutilmente del tempo prezioso? Potresti sussistere dinanzi agli occhi del Signore e dinanzi agli sguardi del Messia? Incamminati e cingiti con la spada del Signore, sii tu lo scudiero del Messia atteso con tanta brama, e Dio sarà con te!”.
9. Queste parole, espresse piene di fuoco, fanno rizzare gli orecchi a Giovanni. Così egli dice: “Elim, dimmi: chi parla attraverso di te? Ora le tue parole suonano del tutto diversamente!”.
10. “Figlio mio! Credimi, in me parlano lo struggimento e la sofferenza. Chi ha visto e sentito la sofferenza ed ha fatto propria la miseria degli altri, conosce ancora soltanto un desiderio: Aiutare! Aiutare! Aiutare! Ma l’Aiuto viene soltanto dal Signore e da Colui che viene inviato dall’Alto per l’Aiuto! Se incoraggi il Soccorritore, aiuti ad eliminare miseria e sofferenza; ma se ostacoli l’Atteso, allora stai dalla parte di coloro che hanno portato miseria e sofferenza nel paese e sul popolo. Perciò svegliati e riconosci il tempo in cui il Signore visita il Suo popolo e rivela nuovamente il Suo Amore! Così la Parola del Signore sia la tua arma e la fiducia per la santa Opera, la forza tua! Dio sia con te e col veniente Messia! Amen”.
11. Gli altri membri della casa sono profondamente commossi dalle parole del loro padre, per loro è stata un’azione santa e, per Giovanni, una consacrazione.
12. Profondamente colpito egli porge al vecchio Elim la mano e dice: “Padre Elim, da anni cerco con fervore la parola per me liberatrice. Quanto gioirebbe la madre mia se potesse guardare nel mio interiore e vedesse: ora è giunta l’ora in cui posso finalmente passare all’azione redentrice! O Dio, Tu Custode d’Israele, fa che io compia questa Tua Opera a Me assegnata secondo il Tuo Comandamento! Ma tu, padre Elim, benedicimi dallo spirito della tua fede, della tua forza e del tuo amore!”.
13. Giovanni s’inginocchia dinanzi al vecchio, costui alza le sue mani al cielo e dice: “Signore e Dio, Creatore del Cielo e della Terra! Ti invochiamo pieni di struggimento nel cuore in quest’ora importante e solenne, per renderTi una confessione del nostro amore per Te! Ma per poterTi amare veramente, abbiamo bisogno del Tuo Spirito, della Tua Forza e della Tua benedizione! Ti preghiamo, vieni in mezzo a noi, anche se invisibile agli occhi nostri, ma fatTi sentire e percepire nei nostri cuori, affinché non noi, bensì Tu sii il Donatore di ogni Forza e di ogni Benedizione!
14. Così, Giovanni, prendi ora la testimonianza proveniente da me: Dio ti ha consacrato come precursore e preparatore della via per Colui che sta infinitamente più in alto di noi ed – unito con Dio – vuole iniziare l’Opera Sua. Riconosci bene! Egli è il Signore e noi i Suoi servitori. Egli è la Luce e noi i Suoi Raggi. Sorgi nell’Opera Sua, affinché tutti abbiano la Benedizione! – – – Così sia secondo la Tua Parola, o Signore e Dio, la Tua unica santa Volontà! Amen”.
15. Giovanni si alza e dice a bassa voce: “Oh, quale Benedizione! Quale Forza! Ora non ho bisogno di temere e di aver paura di fare qualcosa di non giusto. Dio è la mia Protezione ed il Mio Garante. Ma ora lasciami andare, altrimenti non raggiungo la mia meta”.
16. Elim accompagna Giovanni fino alla porta, l’apre e dice: “Apri tu così la porta al Signore, come io l’apro adesso a te e ti mostro la via che porta ai tuoi poveri fratelli smarriti, affinché Egli possa venire a tutti coloro che tu hai da informare dell’Arrivo. Iddio sia con te, Iddio sia con te!”.
17. Pieno di gioia e di un fervore a lui sconosciuto nel cuore, Giovanni corre ora a passo veloce verso il luogo dove dimora Sergio. Al tramonto del Sole egli è lì. “Sergio, mio buon Sergio, gioisci con me! Ho vinto ed ora conosco la mia strada!”. – Con queste parole assale letteralmente Sergio. – “Che cosa non ho vissuto da ieri! Ora c’è chiarezza, Dio ha bisogno di me ed ha visto ed accettato il mio volere. Il tempo è venuto e non c’è più da perdere tempo”.
18. “Questo è giusto!”, risponde Sergio. “Ma che cosa succede che sei così convinto? Lasciami prender parte alla tua gioia, affinché anch’io possa benedirti, benedire il tuo lavoro per il Signore!”.
19. Ora Giovanni riferisce dettagliatamente. Sergio è profondamente colpito dalle parole e nel suo cuore c’è una grande gioia. Così dice con commozione: “Oh, Giovanni, come deve aver sofferto Iddio che siamo passati davanti alla Verità per così tanto tempo! E quanto grande deve essere la Sua Gioia! Ricordati sempre di questo; davvero quello che Dio comincia, deve servire alla Salvezza di tutti gli uomini. Oggi sei ancora solo, domani possono essere già dieci, ed in un mese cento che muovono le loro mani e piedi per Gesù, il Messia veniente.
20. Oh, Tu, mio Dio e Signore, quanto Ti sono grato per quest’ora che mi dà la certezza che Gesù, il Tuo Prescelto, non è più solo! Ora me ne vado volentieri da questa Terra, infatti, i miei occhi hanno visto Colui che Tu per la salvezza di tutte le anime hai preparato. Così dona al Tuo servitore Giovanni la giusta forza d’azione, il giusto volere e la Tua ricca benedizione divina! Amen”.
21. Ora Sergio provvede per il suo protetto come una madre e prepara perfino il suo giaciglio, giaciglio che prima benedice. Al mattino presto Giovanni si congeda pieno di gioia e visita la tomba di sua madre. “Come prendo congedo dal tuo corpo, madre mia, così prendo congedo dal passato! Davanti a me la vita, dietro di me la morte. Ho ricevuto Vita! Voglio elargire Vita! Questo sia il mio ringraziamento ed ora il mio volere!”.
22. Presto corre nei borghi, presto nelle scuole, annunciando ovunque il grande Avvenimento: il Regno dei Cieli è venuto vicino! Mostra ai templari e sacerdoti il loro agire e movimento errato e chiama al pentimento ed al cambiamento dell’essere loro, ed ovunque ridesta l’interesse per la veniente salvezza delle anime loro. Così diventa sempre più sicuro nel presentarsi e nella difesa, poiché ovunque i sacerdoti lo avrebbero volentieri liquidato.
23. La schiera degli ascoltatori cresce. Così si vede costretto ad arruolare discepoli che come lui annunciano la venuta del Cielo. Con tutto il fervore non è soddisfatto lo stesso del successo. Anche se gli ascoltatori si battono contriti il petto e riconoscono la grande Verità, gli manca la vera soddisfazione.
24. Così cerca luoghi solitari e conduce con i suoi discepoli una severa vita di castità, per accelerare il successo. Gli è sufficiente la veste, il mangiare ed il bere più semplice, nulla può deliziarlo, il mondo è per lui un grande male, cosa che, secondo la sua opinione, può essere estirpato soltanto con i mezzi più forti! Così brandisce la sferza e diventa un temuto avversario del tempio, ma anche un amico degli asserviti.
25. Alla fine egli raggiunge il successo, l’ardentemente desiderato: sente in sé la Voce di Dio, Voce che gli da istruzione ed insegnamento. La sua vita si forma ora tutta secondo le direttive della sua Voce interiore, di conseguenza diventa un avversario ancora più tagliente del tempio e propugnatore della veniente Salvezza.
26. La Voce gli dice di andare nel deserto, di battezzare al Giordano e di essere ancora più severo con se stesso, affinché i sacerdoti ed i leviti non abbiano nessun motivo di trionfare su di lui. Questa Voce fa di lui un vero Araldo per il Salvatore veniente, egli, infatti, parla con la convinzione di Colui che era prima di Abramo ed ha fatto di lui un predicatore nel deserto.
27. Tutto il resto di quest’Evangelista sta però scritto ed è nuovamente rivelato dal Signore stesso attraverso Jakob Lorber!
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[1] Giuseppe è un sacerdote da
non confondere con Giuseppe di Maria e di Gesù. N.d.R.
[2] Qui Giovanni pensa a suo
padre Zaccaria che era stato sacerdote nel tempio di Gerusalemme, dove fu
strangolato tra l’altare dei sacrifici ed il Santissimo. N. d. R
[3] La scena dei tre
giorni nel tempio è un opera comunicata a Jakob Lorber nel 1859/1860.
[4] Questo evento è descritto nel libretto I al cap. 6 della presente opera di Max Seltmann.