Rivelazioni

 

 

INFANZIA  DI  GESÙ

 

Parte III

(cap. 201 – 300)

 

 

[Infanzia parte II] – [indice]

 

 

201° Capitolo

Serie parole di Gesù a Maria.

Predizione del disprezzo che riceveranno il Signore e i Suoi seguaci nel mondo.

6 maggio 1844

1. Ma fra coloro che erano stati mandati indietro c’erano anche Maria, Eudokia e Giacomo.

2. Ma ciò nonostante Maria entrò, ed Eudokia e Giacomo la seguirono.

3. Maria però si chinò verso il Piccino e disse:

4. “Ascolta, Figliolino mio! Sei proprio terribilmente cattivo!

5. Se mi indichi la porta già adesso, che cosa farai poi di me, quando sarai un uomo?!

6. Vedi, non devi essere così cattivo verso colei che Ti ha portato sotto il suo cuore con grande angoscia e molteplice pena!”

7. Ma il Piccino guardò Maria con grande amorevole serietà e disse:

8. “Perché Mi chiami Figliolino tuo?! Dunque non sai più ciò che ti ha detto l’angelo?

9. Come devi chiamare Quello che è nato da te?

10. Vedi, l’angelo disse: ‘E ciò che nascerà da te, si chiamerà Figlio di Dio, - Figlio dell’Altissimo!’

11. Se sicuramente è così e non altrimenti, come mai Mi chiami poi tuo Figliolino?!

12. Se Io fossi tuo Figlio, ti occuperesti più di Me che di Tullia!

13. Ma poiché non sono tuo Figlio, così dunque Tullia ti sta più a cuore di Me!

14. Quando Io vado fuori a saltare da qualche parte, e poi entro di nuovo dalla porta, nessuno Mi viene incontro col cuore ardente,

15. e ormai sono qua come un pane di tutti i giorni per servi e domestiche, e nessuno spalanca le braccia verso di Me!

16. Ma se arriva qui una chiacchierona di città, è subito ricevuta con tutti gli onori.

17. E così è anche adesso con la sciocca Tullia che ricevette da Me la vita; per la tanta attenzione quasi le scivolate fin nel sedere.

18. A Me invece, il Datore della vita, fate appena attenzione!

19. Di’ tu stessa, se ciò possa dirsi in ordine?!

20. Non sono Io più che una qualsiasi sciocca chiacchierona di città, e più che questa Tullia?

21. Oh, state allegri voi tutti, Miei futuri seguaci-servi! Come ora succede a Me, così succederà anche a voi!

22. I vostri protettori vi metteranno in un angolo di letamaio, quando riceveranno visite dai loro fratelli di chiacchiere e sorelle di chiacchiere!” Queste parole penetrarono profondamente nel cuore a Maria, ed ella poi ne tenne gran conto.

 

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202° Capitolo

Giacomo a colloquio col piccolo Gesù.

Lamentela di Gesù per la poca attenzione che Gli prestano i genitori e gli altri di casa.

7 maggio 1844

1. A queste parole anche Giacomo si chinò verso il Piccino e Gli disse:

2. “Ascolta! Tu mio amato Gesù! Mio dolce Fratellino! Una volta che diventi cattivo, la cosa si fa quasi insopportabile con Te!

3. Non vorresti fare anche a me un rimprovero come quello che hai fatto alla madre Maria?

4. Puoi pur farlo; ma dopo anch’io me la prenderò con Te perché non mi hai invitato al gioco, mentre vi avrei partecipato volentieri con tutto il cuore!”

5. Ma il Piccino disse: “Oh, non ti preoccupare, Giacomo, che Io ti dica qualcosa;

6. poiché la tua costante attenzione per Me la conosco già!

7. Inoltre molto spesso condividiamo la stessa sorte, e a te succede allora come a Me.

8. Vedi, quando tu di frequente esci con Me e poi Mi riporti a casa, da un luogo qualunque, talvolta perfino dalla città quando vi hai da fare qualche cosa, e Mi prendi allora con te,

9. nessuno ci viene incontro! Andiamo via senza altro accompagnamento, e quando ritorniamo di nuovo a casa non un’anima ci viene incontro!

10. Come siamo usciti soli, così ritorniamo indietro anche soli.

11. E quando ogni tanto arriviamo con un quarto d’ora di ritardo, per di più veniamo anche sgridati ben bene.

12. E se siamo a casa non possiamo nemmeno muoverci, se non vogliamo ricevere una lavata di capo.

13. E per quanto si conversi talvolta di svariate cose, dillo, se anche noi facciamo parte delle cose interessanti, che possano meritare qualche parola nella giornata?

14. Ma se un qualche conoscente dalla città si fa annunciare e dice: ‘Ti farò visita lunedì!’,

15. allora la nostra casa se ne rallegra già tre giorni prima, e ne parla ancora tre giorni dopo.

16. E quando arriva l’amico, tutti quanti gli corrono incontro, e quando di nuovo se ne va, viene accompagnato fino alla porta della sua casa.

17. Se invece noi andiamo e veniamo, in casa non si muove neanche un gatto!

18. Mentre invece se arriva qui un eloquente chiacchierone di città, si dice: ‘Giacomo, adesso va’ da bravo fuori col Piccolo!’,

19. e noi allora usciamo subito senza accompagnamento, e non possiamo rientrare fino a che non sia piaciuto al chiacchierone di ripartire nuovamente, accompagnato da tutta la casa.

20. Solo quando vengono Cirenio o Gionata, allora anche noi contiamo qualche cosa, se non lo impediscono importanti considerazioni!

21. Non temere perciò, che Io ti dica qualcosa che possa addolorarti; poiché entrambi siamo messi sullo stesso piano, per quanto riguarda la stima e l’amore!

22. Se per tutto il giorno non ci muoviamo e non fiatiamo, allora siamo «bravi»! - E questo «bravi» è però anche tutta la nostra ricompensa! - Ne sei soddisfatto tu? - Io non lo sono!”

23. Quando Giuseppe e Maria sentirono tali cose, s’impaurirono entrambi. - Ma il Piccino li tranquillizzò e disse: “Solo un po’ diversamente in futuro! Il passato è andato!”.

– E Giacomo pianse per la grande gioia nel suo cuore.

 

 

203° Capitolo

Confessione di Giuseppe dinanzi al Piccino. Differenza tra maschera e accortezza.

Il Signore si è nascosto perché il mondo non venga giudicato.

Esortazione del Piccino a Maria.

8 maggio 1844

1. Poi Giuseppe chiamò a sé il Piccino e Gli disse:

2. “Ora ascoltami; quello che dirò ora, non lo dico per Te, ma per coloro che sono qui!

3. Infatti io so che Tu penetri sempre i miei più segreti pensieri, e perciò non occorre che dica niente a Te; ma anche quelli che sono qui devono sapere ciò che provo per Te!

4. Vedi, è vero che noi spesso esternamente siamo stati come tiepidi verso di Te;

5. ma questa tiepidezza era solo una maschera della nostra stima interiore e dell’amore per Te, affinché Tu non diventassi noto al mondo crudele!

6. Chi dunque conosce il mondo meglio di Te? - E così proprio Tu comprenderai meglio di chiunque altro, che il comportamento da noi tenuto finora in pubblico verso di Te doveva essere così, perché noi fossimo sicuri con Te.

7. E così Ti prego di perdonarci tante apparenti freddezze dei nostri cuori, che però sempre alla tua vista s’infiammavano tuttavia come un’aurora!

8. In futuro però vogliamo certo comportarci verso di Te, anche apertamente, come il nostro impulso interiore ce lo comanderà”.

9. Dopo questo discorso il Piccino disse: “Giuseppe! Tu hai detto il vero; ma ciò nonostante c’è sempre una grossa differenza tra maschera e accortezza.

10. La maschera rende l’animo freddo; ma l’accortezza lo riscalda.

11. Ma a che pro’ la maschera, dove basta l’accortezza? A che pro’ la finzione, dove la naturale saggezza offre mille mezzi sicuri?

12. Non sono Io il Signore, a Cui l’intera infinità deve ubbidire ad un cenno, poiché essa non è altro che un Pensiero uscito da Me e fissato, ed è come una Parola proferita dalla Mia bocca?!

13. Ma se Io sono l’unico, vero Signore, come potrebbe il camuffamento del tuo animo di fronte al mondo essere più efficace, per la Mia sicurezza, che un intero mondo pieno della Mia eterna Potenza?!

14. Vedi, un soffio dalla Mia bocca, – e l’intera Creazione visibile non è più!

15. Ritieni dunque che Mi sia necessaria la maschera del tuo animo, per preservare Me e te dalle insidie del mondo?

16. Oh no, di questo non ho bisogno! Infatti non è già per paura del mondo che Mi tengo nascosto,

17. bensì solo a motivo del giudizio, affinché il mondo non venga giudicato, qualora dovesse riconoscerMi nella sua malizia.

18. Perciò voi tutti in futuro siate pur accorti, a motivo della salvezza del mondo;

19. ma con la maschera restateMi lontani, poiché essa anche nel suo miglior impiego è un parto dell’inferno!

20. E tu, Maria, ritorna al tuo primitivo amore, altrimenti un giorno avrai da sostenere molta tristezza, per averMi trattato adesso freddamente a causa del mondo, con la maschera del tuo cuore!”.

21. Questa parola spezzò il cuore a Maria, ed ella afferrò il Piccino con tutta la potenza del suo amore, e se Lo strinse al cuore, e Lo accarezzò con l’ardore più grande del suo amore materno.

 

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204° Capitolo

Amorevole domanda di Maria al Piccino. La differenza tra l’amore degli uomini e l’amore di Dio.

“La Mia Ira stessa è più amore che il tuo più grande amore!”

Parabola del re in cerca di una moglie.

Riferimento della parabola a Tullia e a Gesù Bambino.

9 maggio 1844

1. Dopo che Maria ebbe abbracciato il Piccino per un po’, Gli chiese con molto timore:

2. “Mio Gesù, dunque amerai di nuovo la tua ancella, come l’ancella Ti amerà eternamente?”

3. E il Piccino sorrise con tutta amabilità a Maria e disse:

4. “Ma che fragile domanda hai di nuovo fatto!

5. Se Io non ti amassi più di quanto tu ami Me - in verità, in verità! - che saresti tu dunque?

6. Vedi, se tu Mi amassi con l’ardore di tutti i soli, ciò nonostante questo tuo amore non sarebbe nulla in confronto al Mio Amore, col quale Io amo perfino il più malvagio degli uomini, anche nella Mia ira!

7. E la Mia ira stessa è più amore che l’amore tuo più grande!

8. Che sarà mai dunque il vero e proprio Amore che Io ho per te?!

9. Come dunque ti avrei mai scelta quale Mia genitrice, se non ti avessi amata – più di quanto l’eternità potrà mai comprendere?!

10. Vedi quanto è fragile allora la tua domanda! Io però ti dico: ora va’ e conduci qui Tullia;

11. poiché ho cose importantissime di cui parlare con lei!”

12. Qui Maria ubbidì immediatamente e andò a prendere la moglie di Cirenio.

13. Quando Tullia entrò tutta timorosa nella piccola stanza dove si trovava il Piccino, allora il Piccino si eresse e disse a Tullia:

14. “Tullia, tu risuscitata, ascolta! - C’era una volta un grande re, ed era scapolo e pieno di virile bellezza, e pieno di autentica divina sapienza.

15. Questo re disse a se stesso: «Voglio andare a cercarmi una moglie in un luogo straniero, dove nessuno mi conosce;

16. infatti voglio prendere una moglie per me stesso, e la moglie deve amarmi perché sono uomo saggio - e non perché sono un grande re!»

17. E così lasciò il suo regno per un lontano paese straniero, e giunse in una città, e là fece presto conoscenza con una famiglia.

18. La figlia di quella casa fu la prescelta, e costei ne ebbe una grande gioia; ella infatti riconobbe presto nel suo pretendente una grande sapienza.

19. Ma il re pensò: «Ora certo mi ami, perché mi vedi e la mia figura e la mia sapienza ti avvincono;

20. ma io voglio vedere se tu mi ami veramente! Perciò mi travestirò da mendicante e così ti infastidirò di frequente.

21. Tu però non dovrai sapere né apprendere minimamente che io mi celo nel mendicante.

22. Il mendicante dovrà bensì avere un segno di me, come fosse mio intimo amico, del resto però povero in questo paese straniero come l’amico stesso.

23. E allora si vedrà se questa figlia mi ama veramente!»

24. E come il grande re aveva ideato la cosa, così fu anche subito eseguita.

25. Dopo qualche tempo da quando il re apparentemente si era messo in viaggio, il mendicante si presentò alla figlia e le disse:

26. «Cara figlia di questa ricca casa, vedi, io sono molto povero e so che tu possiedi grandi ricchezze!

27. Io sedevo alla porta della città quando il tuo magnifico fidanzato si allontanò da te, e lo pregai di un’elemosina.

28. Egli allora si fermò e disse: ‘Amico! Non ho nulla qui che ti potrei offrire, eccetto questo ricordo della mia fidanzata, che è molto ricca!

29. Vai quanto prima da lei e mostrale questo a mio nome, ed ella ti darà sicuramente, così come lo darebbe a me, ciò di cui hai bisogno!

30. Ma quando al più presto ritornerò, la risarcirò di tutto mille volte!’

31. Quando la figlia ebbe sentito questo, ne fu piena di gioia e fece doni al mendicante.

32. Allora il mendicante se ne andò e ritornò dopo pochi giorni, e si fece annunciare alla figlia.

33. La figlia gli fece dire di passare un’altra volta, poiché ora aveva visite.

34. Il mendicante venne un’altra volta e si fece annunciare.

35. Allora [gli] fu detto: «La figlia è uscita con alcuni amici!» E il mendicante tornò indietro triste.

36. Quando arrivò alla porta di quella casa, incontrò la figlia in mezzo ai suoi amici, ed ella a mala pena fece attenzione al mendicante.

37. Questi disse bensì: «Cara fidanzata del mio amico, come lo ami dunque, se non dai ascolto al suo amico?»

38. Ma la figlia disse: «Io voglio distrarmi; quando l’amico verrà, allora l’amerò di nuovo!»

39. Il giorno seguente poi il mendicante si recò di nuovo dalla figlia e la trovò piena di contentezza; aveva infatti una compagnia proprio allegra.

40. E il mendicante le chiese: «Ami davvero il tuo fidanzato – e sei così contenta mentre egli si allontanò per affari che ti riguardano?»

41. Allora la figlia mise alla porta il mendicante e disse: «Che pretesa sarebbe! - Non è abbastanza se lo amo quando è qui? Che cosa, devo amarlo anche in sua assenza? - Chi lo sa, se egli mi ama!?»

42. Qui il mendicante gettò via il suo mantello lacero e disse alla figlia stupefatta:

43. «Vedi, colui che è in viaggio, è sempre stato qui, a osservare il tuo amore!

44. Tu però ben poco pensasti a lui, e colui che ti mostrò il segno del tuo giuramento, fu scacciato e dileggiato, dato che la compagnia mondana ti andava più a genio.

45. Ma vedi, proprio questi è colui che ora sta davanti a te, ed è quel grande re a cui appartiene il mondo intero!

46. E questi ora ti restituisce tutto quello che tu gli hai dato, mille volte tanto; ma a te volge in eterno le spalle, e tu non vedrai mai più il suo volto!»

47. Tullia! - Conosci questo re e questo mendicante? - Vedi, sono Io Costui, e tu sei la figlia! - Al mondo sarai felice,

48. ma quel che sarà dopo, te lo dice questa parabola.

49. Io ti ho dato vita e una grande fortuna, e a te non va di ricordarti di Me!

50. O tu romana nata cieca! - Io ti ho dato luce, ma tu non Mi hai riconosciuto!

51. Io ti ho dato un marito dai Cieli, e tu volevi prendergli per te stessa la parte d’amore che spetta a Me.

52. Allora fosti morta; Io ti ho di nuovo risvegliata, e tu in cambio prendesti l’omaggio del mondo e non badasti a Me.

53. E adesso, che ti ho fatta chiamare, tremi davanti a Me come un’adultera.

54. Dimmi, che cosa mai posso fare con te?

55. Devo continuare ancora a elemosinare davanti alla tua porta?

56. No, questo non lo farò, ma ti darò la tua parte, e allora saremo pari!”.

57. Queste parole riempirono di sgomento tutta la casa di Giuseppe.

58. Ma il Piccino chiese di uscire fuori all’aperto solo col suo Giacomo, e non ritornò indietro fino a tarda sera.

 

 

205° Capitolo

Lamentela di Tullia. Parole di conforto di Maria.

Tullia esamina se stessa, si pente e si addolora. Il cibo preferito di Gesù.

La vecchia e la nuova Tullia.

11 maggio 1844

1. Solo dopo un certo tempo Tullia si riprese e cominciò a piangere molto amaramente e disse:

2. “O Signore, perché divenni vedente un giorno in questa casa, perché la moglie di Cirenio, se ora nella mia presunta felicità ho da soffrire così tanto?!

3. Perché risvegliasti la morta? Perché dovette di nuovo ritornare la vita nel mio petto?!

4. Sono dunque nata per patire? Perché proprio io, mentre invece a migliaia e migliaia vivono tranquilli e felici, e ben poco sanno di una lacrima che il dolore spreme dall’occhio! - ?”

5. Maria però, mossa a compassione, consolò Tullia con le seguenti parole:

6. “Tullia, non devi contendere col Signore, tuo e mio Dio!

7. Poiché vedi, questo è il modo e la maniera Sua: che proprio coloro che Egli ama, li sottopone a prove davvero forti!

8. Questo riconoscilo nel tuo cuore, e risveglia nuovamente il tuo amore per Lui, ed Egli dimenticherà subito la Sua minaccia e ti accoglierà nuovamente nella Sua Grazia!

9. Infatti già molto spesso ha minacciato gli operatori di iniquità, e ha fatto annunciare loro dai profeti la rovina per il giorno seguente, e ha fatto indicare il posto in cui i cani avrebbero leccato il loro sangue.

10. Come però gli operatori d’iniquità ricorsero alla penitenza, ecco che Egli disse subito al profeta: ‘Non vedi che egli fa penitenza? Perciò non lo voglio neanche punire!’

11. Quando Giona fu chiamato da Dio ad annunciare la rovina ai Niniviti[1] che erano caduti in tutti i peccati,

12. ecco che costui non voleva andare, poiché diceva: «Signore, so che Tu solo assai raramente fai seguire quello che il profeta deve minacciare;

13. per cui io non voglio andare, affinché io non venga svergognato come profeta davanti ai Niniviti, quando Tu sicuramente avrai di nuovo pietà di loro!»

14. Vedi, perfino questo profeta ebbe un fondato dubbio sull’Ira di Dio!

15. Ma io ti consiglio: fa’ quello che fecero i Niniviti, e sarai di nuovo accolta nella Grazia”.

16. Queste parole infusero di nuovo coraggio a Tullia, ed ella cominciò a riflettere su di sé, e presto trovò una quantità di errori in sé e disse:

17. “O Maria, adesso soltanto lo scorgo e mi diviene chiaro, perché il Signore mi castiga così!

18. Vedi, il mio cuore è pieno di peccati e pieno di impurità! – Oh, in che modo riuscirò mai a pulirlo?!

19. Come posso dunque ardire - di amare, con un cuore così sommamente impuro, il Santo di ogni santità?!”

20. E Maria disse: “Proprio perciò devi amarLo nel pentimento e nel riconoscimento dei tuoi peccati; poiché proprio soltanto un tale amore purificherà il tuo cuore davanti a Lui - il Santo di ogni santità!”

21. Quando, a tarda sera, il Piccino ritornò a casa col suo Giacomo, andò subito da Maria e chiese qualcosa da mangiare, e Maria gli diede subito un po’ di burro, pane e miele.

22. Poi Egli disse: “Vedo ancora un altro cibo, dammi anche di quello da mangiare! - Vedi, è il cuore di Tullia; dammelo, perché tu già lo hai preparato per Me!” – Qui Tullia cadde in ginocchio davanti al Signore e pianse.

23. Ma Maria disse: “O Signore, abbi pietà della poverina, che qui soffre molto!”

24. E il Piccino disse: “Già da moltissimo tempo ho avuto pietà di lei, altrimenti non l’avrei mai resuscitata!

25. Era solo lei che voleva ignorare la Mia Misericordia, e voleva piuttosto contendere con Me nel suo cuore, che accoglierMi in esso.

26. Ma poiché ora ella ha rivolto il suo cuore a Me, così le ho fatto come ai Niniviti”.

27. Dopo queste parole il Piccino si avvicinò a Tullia e disse a lei:

28. “Tullia, vedi, ora sono diventato proprio stanco; tu una volta Mi hai già preso fra le braccia, e Mi fece bene; poiché avevi delle braccia molto morbide.

29. Dunque alzati anche adesso e prendiMi fra le tue braccia, e senti com’è dolce avere fra le braccia il Signore della Vita!”

30. Questa richiesta del Piccino spezzò a Tullia completamente il cuore.

31. Con l’amore più alto possibile al suo cuore, ella prese il Piccino sulle sue morbide braccia e disse piangendo:

32. “O Signore! Com’è mai possibile che Tu ora, contrariamente alla Tua terribile minaccia, sei così benigno con me?!”

33. E il Piccino disse: “Perché tu ti sei spogliata della vecchia Tullia, che mi era sgradita, e ti sei rivestita di una [Tullia] nuova, a Me cara! Adesso però sta’ tranquilla; poiché ora ti voglio di nuovo bene!”. – A questa scena tutti furono commossi fino alle lacrime.

 

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206° Capitolo

Tullia piange: un Vangelo delle lacrime.

Tre lacrime ha messo il Signore nell'occhio degli uomini:

la lacrima di gioia, la lacrima di compassione e la lacrima di dolore.

13 maggio 1844

1. Ma quanto più a lungo ora Tullia teneva il Piccolo fra le braccia, tanto più riconosceva in sé gli errori della sua vita, e per questo a tratti piangeva molto.

2. Allora il Piccino si rizzò e disse a Tullia: “Mia cara Tullia! Questo di nuovo non Mi piace in te, che tu ora pianga di continuo, mentre Mi hai dunque fra le braccia.

3. Sii ora serena e allegra; poiché Io non Mi compiaccio delle lacrime degli uomini, quando scendono dove non sono necessarie!

4. Ritieni forse che le tue lacrime purificheranno il tuo cuore da ogni peccato davanti a Me?

5. Oh, vedi, ciò è assurdo! Le lacrime scorrono sì sulle tue guance e offuscano i tuoi occhi, ciò che ti è perfino dannoso, -

6. ma sul cuore le lacrime non scorrono e neanche lo purificano; anzi lo rendono spesso chiuso, così che poi non vi può entrare né qualcosa di buono, né qualcosa di cattivo!

7 – E vedi, ciò porta poi anche la morte allo spirito che abita nel cuore!

8. infatti un uomo triste è sempre un essere offeso, e questo essere non è più atto ad accogliere nulla in sé.

9. Solo tre lacrime ho messo Io nell’occhio dell’uomo, e queste sono: la lacrima di gioia, la lacrima di compassione, e la lacrima strappata dal dolore.

10. Queste soltanto Mi va di vedere; ma la lacrima di tristezza, la lacrima di pentimento e la lacrima d’ira, che derivano dalla compassione verso se stessi, sono frutti del proprio terreno e presso di Me hanno uno scarso valore.

11. La lacrima di tristezza infatti ha origine da un animo offeso e chiede riparazione; se questa non viene, facilmente un tale animo si tramuta in una segreta ira e infine in un sentimento di vendetta.

12. La lacrima di pentimento è di origine simile e fa la sua apparizione dopo il peccato, soltanto quando proprio il peccato ha avuto come conseguenza una benefica punizione.

13. Ma allora essa non è una lacrima per il peccato, bensì solo una lacrima a causa della punizione, e perciò anche per il peccato, ma perché esso ebbe come conseguenza la punizione.

14. Anche questa lacrima non rende migliore il cuore; poiché allora l’uomo non fugge il peccato per amore di Me, ma per timore della punizione, e vedi, ciò è peggio del peccato stesso!

15. Ma per quanto riguarda la lacrima d’ira, non è degna che Io ne dica una parola; essa infatti è un’acqua che sgorga dalle fondamenta dell’inferno.

16. Certo non è questa lacrima che bagna il tuo occhio, bensì solo la lacrima di pentimento.

17. Io però ti dico: asciuga anche questa dai tuoi occhi; poiché vedi bene che non Mi fa piacere!”

18. Qui Tullia si asciugò le lacrime dagli occhi e disse: “O Signore! - Quanto infinitamente saggio e buono sei dunque Tu!

19. Oh, come potrei essere serena e allegra, se non fossi una peccatrice!

20. Ma a Roma, per ordine dell’imperatore, ho sacrificato a un idolo a causa del popolo, e questa azione mi rode il cuore come un verme maligno!”

21. E il Piccino disse: “Questo peccato te l’ho già perdonato prima che tu lo commettessi.

22. Ma tu fosti invidiosa di Me per l’amore di Cirenio; - vedi, questo fu un grande peccato! - Io però ora ti ho tutto perdonato, e tu non hai più peccati perché Mi ami di nuovo; perciò sii dunque allegra e serena!”.

23. Dopo di che Tullia, come tutti in casa di Giuseppe, divenne nuovamente colma di allegria, e tutti si recarono poi a cena.

 

 

207° Capitolo

Parole tranquillizzanti del Piccino che preannuncia una tempesta nella notte.

La grande paura di Eudokia. Le consolanti parole del Piccino.

14 maggio 1844

1. Dopo cena Giuseppe benedisse tutti gli ospiti, e li benedisse anche il Piccino, e disse:

2. “Ora recatevi tutti a riposare; però non abbiate timore se durante la notte una piccola tempesta investirà la nostra casa;

3. poiché a nessuno qua verrà torto un solo capello!

4. Pensate, Colui che dimora qui tra voi, è anche un Signore delle tempeste!”

5. Dopo queste parole, che fra i marinai di Cirenio destarono qualche apprensione per la nave, disse un marinaio:

6. “Questo Bambino è un vero profeta, poiché profetizza cose spiacevoli!

7. Perciò - dobbiamo portarci subito dove si trova la nave di Cirenio debolmente ancorata, e dobbiamo tirarla a riva quanto più possibile e là ormeggiarla!?”

8. Allora si alzò Gionata e disse: “Lasciate andare questa preoccupazione!

9. Poiché in primo luogo il Signore saprà ben Lui proteggere anche la nave;

10. ma in secondo luogo anch’io a casa ho persone che sanno cavarsela anche meglio di voi a mettere le navi al sicuro, e sapranno certo mettere al sicuro la nave del governatore. Perciò, come me, potete pur stare totalmente tranquilli!”

11. Con ciò tutti quanti furono tranquillizzati e tutti si recarono a riposare.

12. Ma Maria preparò anche subito per il Piccino un letto molto morbido e pulito, poi ve Lo adagiò e pose il piccolo lettuccio accanto al suo giaciglio.

13. Ma di solito Maria ed Eudokia dormivano assieme in un unico letto, e quindi anche adesso.

14. Eudokia però, avendo una considerevole paura della preannunciata tempesta, disse a Maria:

15. “Maria, vedi, ho una grande paura della tempesta che sicuramente verrà!

16. Come sarebbe, se oggi prendessimo il Piccino in mezzo fra noi?

17. Allora sì che nel modo più certo saremmo al sicuro da qualsiasi pericolo!”

18. Ma quando il Piccino ebbe sentito una tale apprensione espressa da Eudokia, sorrise e disse poi:

19. “O Eudokia! Talvolta sei proprio intelligente, ma talvolta invece più sciocca del lampo!

20. Ritieni dunque che Io ti possa proteggere soltanto se Mi trovo sulle tue ginocchia?!

21. O qua sei in grande errore! - Vedi, il Mio braccio è più lungo di quello che pensi!

22. E anche se tu fossi alla fine di tutti i mondi, potrei proteggerti altrettanto bene come qui!

23. Perciò sta’ tranquilla e va’ a riposare come al solito, e domani ti alzerai di nuovo in buona salute!”. – Questo tranquillizzò Eudokia, ed ella si mise subito a riposare con Maria.

 

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208° Capitolo

L’uragano notturno portail terrore. Gli animali feroci.

Giuseppe maledice la tempesta.

Intervento del Piccino prima della fine della tempesta.

15 maggio 1844

1. Dopo due ore, quando tutti quanti si trovavano già a riposare, scoppiò un violentissimo uragano, e investì con tanta veemenza la casa, che la casa intera tremava.

2. Tutti quelli che dormivano furono svegliati da questa scossa fragorosa.

3. E poiché l’uragano continuava a infuriare, ed era accompagnato da mille fulmini e dai più violenti tuoni,

4. così quelli che si trovavano in casa di Giuseppe cominciarono tutti quanti a tremare e a trepidare.

5. Alla furia e al fragore dell’uragano si aggiunse per di più l’ululare di una quantità di feroci animali selvatici, ciò che accrebbe la paura degli ospiti in casa di Giuseppe.

6. Tutti quanti cominciarono ad affollarsi nella stanza dove si trovavano Giuseppe, Cirenio e Gionata, e vi cercavano protezione.

7. Ma Giuseppe si alzò e fece luce e consolò i trepidanti come meglio gli fu possibile.

8. Lo stesso fecero anche il gigante Gionata e Cirenio.

9. Ma poiché la tempesta diventava sempre più violenta, il consolare dei tre non fu molto proficuo; e i più caddero in preda ad una paura mortale specialmente quando alcune tigri cominciarono a spingere le loro zampe dentro alle finestre, ovviamente ben munite di inferriate, con raccapriccianti ululati.

10. Quando allo stesso Giuseppe la cosa sembrò un po’ troppo esagerata, egli si inquietò e disse alla tempesta:

11. “Taci, mostro, in nome di Colui che abita qui, Signore dell’Infinità,

12. e non inquietare mai più in avvenire coloro che necessitano di riposo nelle ore notturne! Avvenga!”

13. Tali parole Giuseppe le esclamò con grande forza, così che tutti se ne spaventarono ancor più che per l’infuriare dell’uragano.

14. Ma ciò nonostante esse non vollero avere alcun effetto, per cui Giuseppe divenne poi ancora più eccitato, e con veemenza anche maggiore rivolse alla tempesta una seconda minaccia.

15. Ma anche questa rimase senza frutto, e l’uragano si burlava di Giuseppe.

16. Allora Giuseppe si adirò con l’uragano disubbidiente e lo maledisse.

17. In quel momento si svegliò il Piccino e disse a Giacomo, che si trovava accanto al piccolo lettuccio:

18. “Giacomo, entra da Giuseppe e digli che deve ritirare la sua maledizione; poiché ha maledetto ciò che non conosce!

19. Soltanto domani però capirà il perché di questa tempesta e ne riconoscerà le buone ragioni; ma fra pochi minuti essa comunque avrà termine”.

20. Poi Giacomo andò subito da Giuseppe e gli disse ciò che il Piccino gli aveva indicato.

21. Allora Giuseppe si rinfrancò, fece come Giacomo gli aveva riferito, e poco dopo la tempesta si placò; le belve si dispersero e tutti quanti in casa di Giuseppe si recarono di nuovo a riposare.

 

 

209° Capitolo

Vantaggio e scopo della tempesta notturna: lo sterminio degli assalitori.

17 maggio 1844

1. Il mattino seguente, come di consueto, Giuseppe si alzò assai di buon’ora e distribuì i lavori della giornata ai suoi quattro figli.

2. Il primo lavoro consisteva nel provvedere a una buona prima colazione e a ciò che poi la giornata avrebbe portato.

3. Dopo tali disposizioni, egli andò fuori a vedere quali eventuali danni avesse mai arrecato la tempesta notturna.

4. Ma mentre andava di qua e di là, ben presto trovò una quantità di ossa umane rosicchiate

5. e s’imbatté in una quantità di posti che erano imbrattati di sangue umano.

6. A tale vista egli si spaventò enormemente e non riusciva a spiegarsi questo enigma.

7. Ma quando avanzò ancora, trovò anche una quantità di pugnali e piccole lance, che spesso erano macchiate di sangue.

8. A quella vista cominciò a sorgere in lui una luce tutta particolare, ed egli cominciò pian piano a intravedere la ragione benefica dell’uragano, e degli animali che questo aveva spinto fin lì.

9. In fretta Giuseppe si recò poi dai suoi quattro figli ed espose loro questo, e ordinò a tre di loro di raccogliere le ossa e le armi.

10. In un’ora e mezza un gran mucchio di ossa si trovarono accatastate sotto un albero, e accanto ad esse un secondo mucchio di armi insanguinate.

11. Soltanto dopo colazione Giuseppe condusse fuori Cirenio e Gionata, e mostrò loro questa singolare scoperta della mattina.

12. Quando Cirenio scorse ciò, si mise le mani nei capelli e disse:

13. “Ma, per amore del Signore onnipotente, - che è mai questo?!

14. Da dove vengono queste ossa di morti, da dove queste armi ancora grondanti di sangue fresco?

15. Giuseppe, fratello, amico! Non hai una minima idea che ti suggerisca la ragione di quest’orrore?”

16. E Giuseppe disse: “Amico e fratello, questi sono o pirati, oppure quei rivoltosi che inseguivano la tua nave!

17. Ma lascia che prima distruggiamo tutto col fuoco;

18. soltanto dopo cercheremo di indagare più a fondo la cosa!”.

19. Cirenio si accontentò di questo, e tutta la sua gente dovette trascinare lì la legna da ogni parte.

20. E quando verso mezzogiorno fu eretta, su uno spiazzo libero, una catasta di legna di grandezza adeguata, allora le ossa insieme con le armi furono messe sulla grande catasta di legna e così bruciate.

 

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210° Capitolo

Il Piccino gira tre volte attorno al rogo.

Parole profetiche a Cirenio: «Ma il Signore passerà tre volte attorno al rogo del mondo, e nessuno Lo interrogherà né dirà: “Signore! Che cosa fai?”. E solamente al terzo giro l'ultimo raggio dell’Ira sarà tolto dalla Terra!».

18 maggio 1844

1. Dopo che, nel trascorrere di qualche ora, tutto fu bruciato e, ad eccezione della servitù di Cirenio, nessuno fra tutti gli altri ospiti aveva notato qualcosa di questa scena – avendo così voluto il Signore –

2. soltanto allora uscirono di casa all’aperto, per la prima volta in quel giorno, Maronio Pilla e i comandanti e i capitani, con Maria e Giacomo che conduceva il Piccino.

3. E Maronio Pilla, avendo un naso molto fine, percepì subito un odore di bruciato,

4. andò subito da Giuseppe e disse: “Nobilissimo amico, non senti nulla nelle tue narici di questo terribile odore di bruciato?”

5. E Giuseppe lo condusse un po’ dietro la casa e gli indicò col dito il luogo del rogo.

6. E Maronio domandò che cosa mai fosse stato dato alle fiamme.

7. E Giuseppe disse: “Amico! Proprio per questo la cosa fu data alle fiamme: perché non avesse a cadere sotto gli occhi di tutti!

8. Cirenio però sa tutto; perciò rivolgiti a lui! Egli te lo dirà, che cosa c’era; poiché egli fu testimone di tutto!”

9. Con questo fu sbrigato Maronio e con lui qualche altro curioso indagatore.

10. Poi però il Piccino volle andare con Giuseppe, Cirenio, Gionata e col Suo Giacomo sul luogo del rogo, che ancora qua e là fumava un poco.

11. Quando vi arrivarono, il Piccino corse tre volte attorno all’area notevolmente grande del rogo, prese un pugnale mezzo bruciato e lo diede a Cirenio, e disse:

12. “Cirenio, guarda, ora i tuoi nemici sono vinti e la loro forza è ridotta in cenere!

13. Qui nella Mia mano è l’ultimo resto nemico, ed esso è diventato inservibile!

14. Io te lo do come segno che tu in futuro non devi più far vendetta di coloro che erano contro di te – e di altri pochi che ancora lo sono!

15. Poiché come qui è inservibile e consunto questo pugnale, così deve essere anche ogni ira in te e nei tuoi pochi nemici!

16. Ma questi tuoi nemici provenivano da Tiro, e qui volevano distruggerti.

17. Io però sapevo il giorno e l’ora e l’istante in cui tu correvi pericolo.

18. Perciò questa notte al tempo opportuno feci venire una tempesta, che cacciò dalla montagna le bestie feroci

19. e dovetti incutere nei ribelli grande paura e angoscia per renderli inermi, quando sono stati assaliti dalle bestie.

20. E vedi, così sarà in futuro: un possente fuoco dall’alto verrà sulle ossa dei malfattori e li ridurrà in polvere e cenere!

21. Ma il Signore girerà tre volte attorno al rogo del mondo, e nessuno Gli domanderà e Gli dirà: ‘Signore, che cosa fai?’

22. E soltanto al terzo giro dovrà essere tolta dalla Terra l’ultima vampata d’ira!”.

23. Ma tutti a questo discorso sgranarono gli occhi; poiché nessuno comprese il suo significato.

 

 

211° Capitolo

La domanda di Giuseppe e la consolante risposta del Piccino.

La grande fame del Piccino. I pesci del pranzo.

Domanda di Cirenio sul Mar Mediterraneo.

20 maggio 1844

1. Ma poco dopo Giuseppe andò dal Piccino e Gli chiese come si dovesse intendere una tal cosa.

2. E il Piccino disse: “Giuseppe, qua tu indaghi invano!

3. Poiché ci sono moltissime cose che non si rivelano a voi finché vivete sulla Terra.

4. Ma chi dopo questa vita verrà spiritualmente nel Mio Regno, a lui sarà tutto mostrato nella luce!

5. Perciò non interrogare qui su cose che ora non ti riguardano per nulla!

6. Ma fa’ portare ora della terra e fa’ ricoprire con essa l’area del rogo!”

7. E Giuseppe si rivolse qui a Cirenio, e questi tramite la sua gente fece subito portare della terra e con questa ricoprire il posto.

8. Dopo questo lavoro era arrivato mezzogiorno, e i figli di Giuseppe erano anche pronti col loro pranzo, e lo tenevano a disposizione per i molti ospiti.

9. E il Piccino disse Egli stesso a Giuseppe: “Caro Giuseppe! Mi è già venuta molta fame; tre grandi pesci sono arrostiti, perciò andiamo a mangiare!”

10. Ma Giuseppe disse: “Questo è molto lodevole; ma - i pesci basteranno poi per più di cento persone?!”

11. E il Piccino rispose: “Eccome! Hai pur visto quei grandi animali; come puoi chiedere questo?

12. Ogni pesce è di cento libbre buone; in verità non ne occorre di più ed è sufficiente per duecento persone!

13. Perciò ora andiamo pure a casa; perché Io ho già molta fame – e specialmente di quei buoni pesci del Mar Mediterraneo!”

14. E Giuseppe chiamò subito tutti a pranzo e si recò nella villa.

15. Ma strada facendo Cirenio domandò all’adorabile Piccino, se questo mare (Mare Mediterraneum[2]) fosse poi esattamente un mare centrale.

16. E il Piccino disse: “Giusto o no - Io devo pur parlare con voi a vostro modo, se voglio essere capito da voi!

17. Dopo mangiato però puoi controllare sul piccolo globo terrestre, e là troverai certo se questa espressione è adatta”.

18. Poi il Piccino corse avanti col suo Giacomo per essere al più presto a tavola.

19. E quando arrivò Giuseppe il Piccino gli sorrise già dalla tavola, mentre teneva già in mano un pezzetto di pesce.

20. Ma Giuseppe in segreto si rallegrò molto di questo; mentre solo per buona creanza disse:

21. “Ma - mio carissimo Piccino, un pezzo così grosso! -Riuscirai poi a mangiarlo tutto?”

22. E il Piccino sorrise ancora di più e disse: “Non dartene pensiero; poiché hanno già provveduto i tuoi Padri, che niente nuoccia tanto facilmente al Mio stomaco! Essi infatti Mi hanno servito molto spesso i bocconi più cattivi e più grossi”. – Qui Giuseppe comprese bene ciò che il Piccino voleva dire.

 

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212° Capitolo

Giacomo e il Piccino sono puniti col digiuno per aver tralasciato la preghiera prima di mangiare.

Il Piccino chiede a Giuseppe perché deve pregare e a chi.

Gesù Bambino esce fuori col Suo Giacomo e non si lascia trattenere.

21 maggio 1844

1. Poi però Giuseppe iniziò la sua solita preghiera a tavola e benedisse le vivande -

2. e poi chiese al Piccino se anche Lui avesse già pregato.

3. Ma il Piccino sorrise di nuovo e disse a Giacomo:

4. “Tu, adesso sì che ci andrà bene! Abbiamo tutt’e due scordato la preghiera e il ringraziamento, e tuttavia abbiamo anche già mangiato del pesce!

5. Parla tu adesso, come meglio puoi, se no è chiaro che siamo di nuovo in castigo e dovremo digiunare un po’!”

6. E Giacomo, un po’ imbarazzato, disse: “Caro padre Giuseppe, ti chiedo perdono, poiché stavolta insieme al mio Gesù ho realmente scordato di pregare!”

7. Quando Giuseppe ebbe sentito questo da Giacomo, fece un viso un po’ scuro e disse:

8. “Se avete scordato di pregare, allora scordate anche di mangiare fino a sera, e frattanto andate ora a passeggiare un po’ all’aperto!”

9. E il Piccino sorrise qui a Giacomo e disse: “Ora, ecco che ci siamo! Non ho detto prima che si arriverà a digiunare?!

10. Ma aspetta tuttavia ancora un poco; anch’Io voglio dire però a Giuseppe un paio di paroline!

11. Forse allora si potrà un po’ trattare con lui sul digiuno fino a sera”.

12. E Giacomo disse in segreto: “Signore, fa’ quello che Ti pare meglio; e io seguirò poi il Tuo esempio.”

13. E il Piccino interrogò Giuseppe, dicendo precisamente: “Giuseppe! Dici questo proprio sul serio?!”

14. E Giuseppe disse: “Sì certo, naturalmente; poiché chi non prega, non deve neanche mangiare!”

15. E il Piccino sorrise nuovamente e disse: “Ma questo Io lo chiamo essere severi!

16. Vedi, se Io fossi severo come lo sei tu ora, allora sarebbero in castigo a digiuno moltissimi che oggi invece mangiano, sebbene non abbiano pregato!

17. Vorrei tuttavia sentire un po’ da te, perché e chi Io devo esattamente pregare?!

18. E poi vorrei anche sapere da te, chi preghi tu esattamente nella tua preghiera, e chi il povero Giacomo avrebbe dovuto pregare? -!”

19. E Giuseppe disse: “Dio, Il Signore, il Tuo santo Padre devi pregare, perché Egli è santo, santissimo!”

20. E il Piccino disse: “Qua ovviamente hai ben ragione;

21. ma lo spiacevole della faccenda è solo questo: che tu appunto non conosci il Padre di ogni gloria, che tu preghi!

22. E questo Padre non Lo conoscerai ancora per molto tempo, perché te lo impedisce la vecchia benda dell’abitudine!”

23. Poi il Piccino disse a Giacomo: “Andiamo pur fuori, e vedrai che fuori all’aperto anche senza preghiera si può avere qualcosa da mangiare!”.

24. Poi il Piccino corse fuori col Suo Giacomo e non si lasciò trattenere.

 

 

213° Capitolo

Giuseppe si prende molto a cuore i rimproveri di

Maria e di Cirenio. Egli esce a chiamare il Piccino.

22 maggio 1844

1. Quando però il Piccino e Giacomo furono di fuori, Maria disse a Giuseppe:

2. “Ascolta, mio caro consorte e padre Giuseppe! Qualche volta sei però un po’ troppo severo verso il divin Bambino!

3. Che cosa ci si potrebbe attendere poi, del resto, da una creatura umana naturale di due anni e un terzo?

4. Chi mai la sottoporrebbe già (a questa età) a una disciplina così rigorosa?

5. Tu però verso questo Bambino di tutti i bambini sei così rigoroso nella disciplina, come se fosse in Dio sa quale età matura!

6. Vedi, questo mi sembra molto ingiusto! Sebbene di quando in quando tu sia straordinariamente amorevole con Lui, talvolta però sei tuttavia di nuovo così rigoroso verso di Lui, come se per Lui non avessi amore!”

7. A questo tono di Maria si accordarono anche subito Cirenio, Gionata, Tullia, Eudokia e Maronio Pilla.

8. E Cirenio per giunta disse ancora a Giuseppe: “Amico! Non so realmente come comprenderti talvolta!

9. Una volta mi insegni a riconoscere nel Piccino stesso il supremo Essere divino,

10. subito dopo pretendi di nuovo dal Piccino, che debba adorare un Dio!

11. Dimmi come si accorda questo!? - Se il Piccino è l’Essere divino stesso, come può allora pregare un Dio? – Questa tua pretesa non ti pare un poco assurda?

12. E poniamo il caso che il Piccino non fosse Quello che io ora senza alcun dubbio riconosco e sempre adoro,

13. allora io, vero amico dei bambini, ritengo che la tua pretesa da un bambino in culla sarebbe poi anche un po’ insensata!

14. Chi infatti pretenderà da un bambino in età di nove trimestri una rigorosa preghiera?!

15. Perciò ora non devi avertene a male se ti dico da pagano:

16. Amico, devi essere affetto da triplice cecità, se non sei in grado di apprezzare il Piccino sempre allo stesso modo!

17. Per davvero, stavolta anch’io non mangio neanche un boccone, se il Piccino col Suo Giacomo non si troverà qui al mio fianco!

18. Non è perfino ridicolo che tu implori Dio, il Signore, di benedire le vivande, e poi allontani dalla tavola proprio Lo stesso unico Dio e Signore, perché non ha pregato alla tua maniera abituale?!

19. Sicuramente anche per questo il Piccino ti domandò chi esattamente dovesse pregare, e chi preghi tu, e chi avrebbe dovuto pregare anche Giacomo.

20. Tu però a mio parere non hai notato ciò che il Piccino ti ha voluto dire con questo!’’

21. Queste validissime osservazioni toccarono profondamente il cuore di Giuseppe, ed egli uscì per andare a prendere il Piccino e anche Giacomo.

22. Ma invano chiamò Giacomo e il Piccino, poiché i due si erano rapidamente allontanati; dove però - nessuno lo sapeva.

 

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214° Capitolo

I figli di Giuseppe alla ricerca del Piccino. La Voce segreta e le sue parole di conforto a Giuseppe.

Il Piccino viene incontro a Giuseppe ed egli Lo segue in cima al monte.

Una trave con traversa in legno di cedro come tavola per il Signore, apparecchiata con agnello, vino e pane.

Il pasto alla tavola del Signore. “La vera preghiera è l'amore per Me!”.

23 maggio 1844

1. Ma allora Giuseppe, colto da inquietudine, chiamò subito i quattro figli maggiori e disse loro:

2. “Andate e aiutatemi a cercare il Piccino e Giacomo; poiché io ho peccato contro il Bambino e ho un’enorme inquietudine nel cuore!”

3. E i quattro figli andarono in fretta da tutte le parti e cercarono il Piccino per un’ora, ma non Lo trovarono in nessun luogo e ritornarono a casa senza aver concluso nulla.

4. Ma quando Giuseppe vide che i quattro figli venivano a casa da soli, allora una grande inquietudine gli prese il cuore, tanto che se ne andò molto lontano dalla villa e là pianse assai amaramente per la presunta sua mancanza contro il Bambino.

5. Ma mentre egli così piangeva, sentì una Voce che gli disse:

6. “Giuseppe, tu giusto, non piangere, e non lasciarti turbare dagli uomini nel tuo animo!

7. Poiché Io, che tu ora cerchi pauroso e con l’animo tutto inquieto, ti sono più vicino di quanto tu non creda.

8. Ma va’ avanti in direzione del tuo volto, e i tuoi occhi guarderanno Colui che ora ti parla e che tu cerchi!”

9. A queste prodigiose parole Giuseppe si alzò consolato e andò avanti in fretta nella direzione del proprio volto, per circa mezz’ora, sul viottolo di campagna.

10. E mentre così andava, arrivò a una grande collina, che aveva un’altezza di centosettanta klafter (323 m).

11. Allora pensò e disse tra sé: “Devo salire anche su questa collina con questa intensa calura?”

12. E la Voce disse di nuovo: “Sì, anche su questa collina devi andare, poiché soltanto sulla vetta i tuoi occhi potranno guardare il Signore, che tu non hai visto quando sedeva a tavola accanto a te!”

13. Quando Giuseppe ebbe sentito questo, non badò più alla grande calura e salì lestamente sulla collina.

14. Quando giunse quasi sulla cima, la trovò avvolta in fitta nebbia, e si meravigliò molto che una montagna così piccola avesse nebbia in questa stagione; infatti era circa il tempo della Pasqua.

15. Ma mentre così si meravigliava, ecco comparire ben presto dalla nebbia Giacomo e il Piccino, e il Piccino disse:

16. “Giuseppe, non temere, e vieni con Me di lieto animo sulla cima di questa collina,

17. e lassù convinciti che ancora non è giunto il tempo in cui il Signore deve digiunare per non aver pregato!

18. Verrà bensì un tempo in cui il Signore digiunerà, ma adesso non c’è ancora. – E così seguiMi!”

19. E Giuseppe seguì il Piccino e giunse presto sulla vetta.

20. Quando si trovò sulla vetta, le nebbie si dileguarono, e sopra una trave in legno di cedro ben levigata, a forma di croce, si trovavano un agnello arrostito, un boccale pieno di vino squisito e una pagnotta di finissimo pane di frumento.

21. Qui Giuseppe restò oltremodo stupito e disse: “Ma dove mai avete preso tutto questo? - Ve l’hanno portato gli angeli, oppure l'hai creato Tu, o Signore?”

22. E il Piccino guardò verso il sole e disse: “Giuseppe, vedi, anche questa lucerna della Terra mangia alla Mia tavola!

23. E Io ti dico: le occorre in un’ora più di quanto è grande questa Terra che ti sostiene, e vedi, ancora non ha mai patito la fame e la sete! - E di tali dozzinanti[3] Io ne ho molti, innumerevoli, e anche di infinitamente più grandi!

24. Ritieni dunque che Io digiunerò, se tu Mi allontani dalla tavola, non volendo Io adorare Me stesso al tempo inopportuno?

25. O vedi, di ciò il Signore non ha bisogno! - Ma vieni ora tu alla Mia tavola e mangia con Me; però stavolta senza la tua abituale preghiera!

26. Poiché la vera preghiera è l’amore per Me; se hai questo, allora puoi sempre risparmiare la fatica alle tue labbra!”. – E Giuseppe si avvicinò e mangiò e bevve alla vera tavola del Signore, e trovò i cibi di un sapore davvero celestiale.

 

 

215° Capitolo

Giuseppe porta la croce. Il Piccino insegna il Vangelo della croce.

24 maggio 1844

1. Dopo questo pasto celestiale sul piccolo monte, Giuseppe disse al Piccino:

2. “Mio Signore e mio Dio! Io, un povero vecchio, Ti prego: perdonami se, come sicuramente è, Ti ho offeso, e ritorna di nuovo a casa con me!

3. Poiché ora senza di Te non posso mai più ritornare; ma se ritorno senza di Te, allora tutti si rivolgeranno contro di me con grande amarezza e mi puniranno con dure parole!”

4. E il Piccino disse: “Sì, sì, vengo certamente con te; qui infatti non erigerò una dimora per rimanervi!

5. Ma una cosa pretendo da te, e consiste in questo: che tu prenda sulle tue spalle questa Mia tavola e la porti a casa davanti a Me!

6. Non sfuggire però il suo peso; esso infatti ti schiaccerà sì un poco, ma non ti piegherà, né tanto meno ti indebolirà!”

7. A queste parole Giuseppe prese la bella croce, e Giacomo gli avanzi del pasto, e iniziarono così la via del ritorno col Piccino in mezzo.

8. Dopo qualche tempo Giuseppe disse al Piccino: “Ascolta, mio amatissimo Gesù, la croce però è davvero pesante! - Non possiamo sostare un po’?”

9. E il Piccino disse: “Giuseppe, come carpentiere hai già portato pesi maggiori, che non Io ti ho addossato;

10. e vedi, allora non volevi concederti alcuna sosta prima di aver portato il peso a destinazione!

11. Ora per la prima volta porti per Me solo un piccolo peso, e già dopo mille passi vuoi fare una sosta!?

12. O Giuseppe, porta, porta il mio piccolo peso senza sostare, così un giorno nel Mio Regno troverai la giusta mercede!

13. Vedi, con questa croce ti accorgi del Mio carico, ed essa con la sua piccola pressione ti dirà che cosa sono Io al mondo per te!

14. Ma quando tu fra le Mie braccia lascerai questo mondo, allora questa croce diventerà per te un infuocato carro di Elia, nel quale salirai beatissimo davanti a Me!”

15. Dopo queste parole il vecchio Giuseppe baciò la croce piuttosto pesante, e continuò a portarla senza sostare;

16. e non gli sembrò più così pesante, tanto che la portò poi facilmente fin proprio alla villa.

17. Ma presso la villa erano tutti in tesissima attesa e pieni anche di grande ansietà, scrutando da quale parte mai Giuseppe sarebbe potuto ritornare col Piccino e con Giacomo.

18. Ma quando ora Maria, Cirenio e gli altri stavolta furono finalmente in vista dei tre che arrivavano, allora fu il colmo!

19. Tutti corsero loro incontro a braccia aperte, e Maria afferrò subito il Piccino e Lo strinse al petto con struggente amore.

20. Ma Cirenio si meravigliò di Giuseppe, come questi potesse portare a casa con fatica sulle sue spalle un patibolo, un simbolo di massimo disonore e infamia.

21. E il Piccino, fra le braccia della Madre, si eresse e disse a Cirenio:

22. “In verità, in verità - questo segno di massima infamia diventerà segno del massimo onore!

23. Se tu non lo porterai dopo di Me, così come lo porta ora Giuseppe, non verrai un giorno nel Mio Regno!”. – Queste parole indussero Cirenio al silenzio, ed egli poi non fece altre domande sul carico di Giuseppe.

 

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216° Capitolo

Pesce freddo con olio e succo di limone. La ragione delle prescrizioni alimentari mosaiche.

“Ora però il detto è, e sempre sarà in avvenire: Il Signore è il miglior cuoco!”.

25 maggio 1844

1. Poi tutti andarono in casa e qui, per volontà del Piccino, a tavola.

2. Infatti nessuno degli ospiti principali aveva ancora messo in bocca qualcosa del cibo; i tre grossi pesci giacevano ancora lì quasi completamente intatti.

3. Ma poiché mentre si cercava il Piccino erano trascorse parecchie ore, e il giorno era prossimo alla sera,

4. allora naturalmente anche i pesci erano diventati freddi, e in tale stato di solito non potevano essere consumati dagli Ebrei.

5. Ma dato che il sole tuttavia non era tramontato, i pesci si potevano bensì ancora mangiare, però bisognava rimetterli di nuovo sul fuoco e riscaldarli.

6. Perciò Giuseppe chiamò subito i suoi quattro cuochi e ordinò loro di arrostire ancora una volta i pesci.

7. Ma il Piccino disse: “Giuseppe, lascia stare questo lavoro; poiché d’ora in poi anche i pesci si mangeranno freddi, purché prima siano stati arrostiti!

8. Perciò invece di arrostirli nuovamente, fa’ portare dei limoni e un buon olio,

9. e questi pesci saranno così più saporiti che non se fossero di nuovo arrostiti!”

10. Giuseppe seguì subito il consiglio del Piccino e fece portare un intero cesto di limoni e un capace vaso pieno di olio di fresca spremitura.

11. E tutti gli ospiti erano desiderosi di provare quale sapore avesse mai questa nuova vivanda.

12. Cirenio fu il primo a prendersi un bel pezzo di pesce e a versarvi sopra olio e il succo di un limone.

13. E quando egli cominciò a mangiare, non finiva più di elogiare la bontà del pesce così preparato.

14. A tale esperienza del governatore, si servirono poi anche gli altri ospiti, e a tutti questa vivanda piacque così tanto, che non finivano più di meravigliarsene.

15. Quando lo stesso Giuseppe ne ebbe fatto un ragguardevole assaggio, disse allora:

16. “Per davvero! Se mai Mosè avesse gustato un pesce preparato così, avrebbe sicuramente incluso questo cibo anche nella sua dieta!

17. Ma non deve essere stato proprio così esperto di cucina come Te, mio amatissimo Gesù!”

18. Qui il Piccino sorrise con grande amabilità e disse molto cordialmente:

19. “Mio caro padre Giuseppe, la ragione è questa:

20. sotto Mosè, nel deserto, valeva il detto: «La fame è il miglior cuoco!», - e il popolo per la fame spesso avrebbe mangiato della carne cruda a sua rovina; -

21. per questo Mosè dovette prescrivere una tale dieta, e i cibi dovevano essere gustati appena cotti e caldi.

22. Ora però vale il detto, e varrà sempre in avvenire: «Il Signore è il miglior cuoco». E allora si può già anche gustare un pesce freddo con limoni ed olio.

23. E questo perché il pesce freddo, se tuttavia ben arrostito, è simile allo stato dei pagani, il succo di limone simile alla Forza da Me emanata, che li unifica e li concentra, e l’olio simile alla Mia Parola ad essi. Comprendi ora perché il pesce così è più buono?”. – Tutti quanti furono commossi di ciò fino alle lacrime e si meravigliarono altamente per la Sapienza del Bambino.

 

 

217° Capitolo

Perché il Mar Mediterraneo può essere considerato con diritto un mare centrale.

“…infatti il vero centro è là dove è il Signore!”.

28 maggio 1844

1. Ma quando tutti si furono saziati con i pesci freddi, essi si alzarono, ringraziarono Giuseppe per questo buon pasto e si recarono poi all’aperto; infatti il sole non era ancora completamente tramontato.

2. Quando la maggior parte degli ospiti del seguito di Cirenio furono di fuori, allora il Piccino disse a lui:

3. “Cirenio! Non ti ricordi più quello che Mi hai chiesto di fuori sul luogo dell’incendio, quando ho lodato i pesci del Mar Mediterraneo per come sono buoni e squisiti?”

4. Cirenio qui rifletté un po’, ma non ritrovò la domanda nella sua mente;

5. egli disse perciò al Piccino: “O Tu mio Signore, Tu Vita mia! Perdonami, devo confessare davanti a Te che l’ho proprio completamente scordato!”

6. Qui il Piccino sorrise di nuovo e disse con grande dolcezza all’alquanto imbarazzato Cirenio:

7. “Non Mi hai chiesto se il Mar Mediterraneo fosse realmente al centro della Terra?

8. Io però ti rimandai al piccolo globo terrestre, sul quale dovevi guardare per convincerti se questo mare si trova poi realmente al centro della Terra.

9. Ora vedi, adesso avremmo proprio tempo benissimo per stabilire questa cosa!

10. Prendi perciò in mano la piccola Terra e cercati la risposta alla tua domanda!”

11. E Cirenio disse: “Sì, per la mia povera anima, questo di sicuro l’avrei proprio completamente scordato, se Tu, o Signore, non me l’avessi ora ricordato!”

12. Qui subito Giacomo fece un salto nella stanza accanto e portò a Cirenio la piccola Terra.

13. Ma questi poi cercò subito il Mar Mediterraneo e lo trovò anche presto.

14. Ma come ora mostrò col dito il Mar Mediterraneo, il Piccino gli chiese:

15. “Cirenio, è questo dunque il centro della Terra? Oppure come trovi la faccenda?”

16. E Cirenio disse: “Io sono sì un abile calcolatore secondo Euclide e Tolomeo (re di Lagos in Egitto)[4],

17. e so quindi dalla planimetria che su una superficie sferica, qualsiasi punto stabilito a piacere è al centro della superficie, e ciò perché in primo luogo esso sta in esattissima corrispondenza col punto centrale della sfera,

18. e perché tutte le linee tracciate a partire da esso fino al suo punto opposto, sono di uguale curvatura e dimensione.

19. Secondo questo principio questo mare può comunque chiamarsi ‘Mediterraneo’.

20. Però allora trovo anche, ovviamente, che qualsiasi mare è nelle stesse condizioni e può essere altrettanto bene un Mare Mediterraneo”.

21 -E il Piccino disse: “Qua hai ben ragione; tuttavia i rapporti euclidei non si adattano però a questo caso;

22. e questo mare può dunque chiamarsi in esclusiva un Mare Mediterraneo,

23. perché il vero centro è là dov’è il Signore!

24. Vedi, ma il Signore è ora qua a questo mare, e così qua è anche il centro del mare!

25. Vedi, questo è un calcolo diverso, di cui Euclide non si è mai sognato, ed è più giusto del suo!”.

26. Questa spiegazione scosse enormemente Cirenio, ed egli continuò poi ad indagare tra sé.

 

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218° Capitolo

Tutto ha un tempo e un ordine stabiliti da Dio. Tempo ed eternità.

Il vano indagare nelle profondità divine e l’infantile semplicità come via per la vera sapienza.

29 maggio 1844

1. Ma il Piccino, notando che questi cominciava a inoltrarsi in ulteriori indagini, osservò a Cirenio:

2. “Cirenio, invano tu continui a indagare, e vorresti avere subito la mano intera, dove Io ti ho mostrato un dito!

3. Vedi, questo non va; ogni cosa infatti ha bisogno del suo tempo e del suo ordine fisso e immutabile!

4. Quando vedi fiorire un albero, vorresti ovviamente avere già anche il frutto maturo.

5. Ma vedi, questo non va; poiché ciascun albero ha il suo tempo e il suo ordine!

6. Il tempo e l’ordine però sono da Me dall’eternità, e così Io non posso andare contro di Me;

7. perciò anche nulla può essere eliminato del tempo e dell’ordine.

8. Io ti amo bensì con tutta la pienezza della Mia divina Forza; e pur tuttavia neanche un minuto del fugace tempo posso regalare a te;

9. esso infatti deve continuare a scorrere come un fiume, ed è intrattenibile e non ha quiete, finché non abbia raggiunto la grande riva dell’immutabile eternità.

10. Perciò il continuare a indagare nelle Mie profondità è un po’ vano.

11. Infatti per tale via non ti avvicinerai neanche di un filo alle Mie profondità, prima che ne sia giunto il tempo.

12. Perciò desisti da tali indagini e non affaticare inutilmente il tuo spirito; poiché al tempo opportuno tutto ti verrà liberamente da Me!

13. Tu ora vorresti comprendere in profondità, perché il centro è là dove Io sono?!

14. Io però ti dico: una tal cosa ora non la puoi ancora comprendere; perciò devi prima di tutto credere, e nella fede dimostrare la vera umiltà del tuo spirito.

15. Quando il tuo spirito per mezzo della vera umiltà avrà raggiunto in sé la giusta profondità, soltanto allora da questa profondità potrai anche gettare lucidi sguardi nella Mia profondità.

16. Ma se indagando innalzerai il tuo spirito, allora questo abbandonerà sempre più la sua profondità vivente, e tu così ti allontanerai dalle Mie profondità e non ti avvicinerai più ad esse.

17. Sì, Io ti aggiungo ancora: d’ora in poi ogni sapienza profonda dovrà restare nascosta ai sapienti del mondo;

18. ma ai semplici, ai deboli bambini e agli orfani dovrà essere posta nel cuore!

19. Perciò diventa un bambino nel tuo animo, e allora sarà per te il tempo opportuno per ricevere la vera sapienza!”

20. Cirenio si stupì enormemente per questo insegnamento e interrogò poi il Piccino, dicendo precisamente:

21. “Sì - se è così, allora nessun uomo può più imparare a leggere la Scrittura, né a scrivere lui stesso una scrittura!?

22. Se infatti Tu dai liberamente tutto questo a chi ne è degno, a che pro’ il faticoso apprendere?”

23. E il Piccino disse: “Con un apprendimento corretto ed umile viene concimato il campo per la sapienza, e anche questo è nel Mio Ordine.

24. Però tu non devi considerare l’apprendimento come scopo, o come la sapienza stessa, bensì devi ritenerlo solo un mezzo!

25. Ma quando il campo sarà concimato, allora spargerò già Io il seme, dal quale soltanto germoglierà allora la vera sapienza! Comprendi questo?”. – Qui Cirenio tacque e non continuò più ad indagare.

 

 

219° Capitolo

La Croce esprime l’Amore di Dio per gli uomini.

30 maggio 1844

1. Ma dopo questo colloquio altamente istruttivo del Piccino con Cirenio, anche Giuseppe si rivolse al Piccino, e Gli domandò che cosa si dovesse fare ora della croce portata a casa.

2. E il Piccino disse: “Giuseppe! - Io ti dico, questa ha già trovato il suo uomo e il suo posto!

3. Non dite anche voi a un mercante: ‘Tu hai una buona merce, non resterà a lungo di tua proprietà;

4. per essa infatti si troverà ben presto in qualche luogo uno che desidera comprarla!’

5. E vedi, un simile mercante sono anch’Io! - Ho portato una buona merce perché sia liberamente venduta.

6. E si è anche già trovato un compratore, e se l'è comprata col suo amore per Me;

7. e il compratore è Gionata, il vigoroso pescatore.

8. Non deve dunque avere nulla in cambio dei suoi molti pesci, dei quali già così spesso ci ha abbondantemente provvisti?!

9. Una mano lava l’altra. Chi porge acqua, a quello si deve porgere di nuovo acqua.

10. Chi porge olio, per lui ci sarà anche di nuovo olio in abbondanza.

11. Chi consola, per lui ci sarà anche consolazione in eterno.

12. Ma chi porge amore, per lui ci sarà anche di nuovo amore.

13. Gionata però Mi ha dato tutto il Suo amore; così dunque nella croce Io gli ho anche dato il Mio Amore!

14. È vero che anche voi Mi avete dato amore, nell’acqua e nell’olio;

15. ma, Io ti dico, puro amore lo preferisco tuttavia a quello con l’acqua e con l’olio!

16. La croce però è diventata ora il Mio puro Amore!

17. Perciò la diedi a Gionata, perché questi ha un puro amore per Me;

18. poiché soltanto lui Mi ama per Me stesso, e questo è puro amore!

19. Egli Mi amò senza sapere chi Io sono; voi invece Mi amaste di meno, in quanto sapevate chi Io sono in realtà.

20. E vedi, questo fu un amore con moltissima acqua! - Perciò non patirete mai una mancanza d’acqua - e precisamente nei vostri occhi, a questo mondo.

21. Cirenio Mi amò con olio; perciò un giorno sarà anche unto con l’olio della Vita, come voi sarete dissetati con l’acqua della Vita.

22. Ma totalmente nella Mia stanza abiteranno un giorno solo coloro che Mi amano di amore puro!”

23. Questo discorso del Piccino incusse a Giuseppe una bella paura, e Cirenio stesso fece tanto d’occhi.

24. Ma il Piccino disse: “Per questo però non dovete affatto credere che Io vi rifiuti la croce, - qui infatti chi avrà un cuore libero, costui riceverà anche la libera croce!”. – Questa notizia tranquillizzò di nuovo l’animo di Giuseppe e di Cirenio.

 

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220° Capitolo

Le lacrime di Gionata e il suo santo amore per il Signore.

Ciascun essere umano viene santificato e nasce tutto nuovo mediante l'amore a Dio nel suo cuore.

Infatti: “L'amore per Me non è di per sé santo, come Io stesso Lo sono nella Mia divinità?”

1 giugno 1844

1. Ma a questo discorso del Piccino, Gionata spinto dal suo ardente sentimento d’amore, cadde a terra davanti al Piccino e pianse per la troppo grande gioia e gratitudine.

2. Ma il Piccino disse agli altri: “Vedete com’è possente l’amore di Gionata per Me? -

3. In verità vi dico: da ogni lacrima che ora sgorga dai suoi occhi, un giorno sorgerà un mondo per lui nel Mio Regno!

 4. Vi ho bensì già mostrato il valore e la differenza delle lacrime; ma qui vi dico ancora in aggiunta:

5. Nessuna lacrima è più grande davanti a Me, se non soltanto quella che assomiglia alla lacrima di Gionata!”

6. A queste parole del Piccino, il grande Gionata si fece coraggio e disse:

7. “O Tu onnipotente Signore della mia vita! Come mai io - un grande peccatore - sono degno davanti a Te di una simile infinita grazia e misericordia?!”

8. Ma il Piccino disse: “Gionata, chiedi a te stesso, come mai puoi amarMi dunque così possentemente nel tuo cuore, se sei un così grande peccatore?

9. Non è l’amore per Me santo in se stesso, come Io stesso Lo sono nella Mia Divinità?!

10. Come mai tu, un così grande peccatore, puoi sopportare dunque un tale santo amore nel tuo cuore?

11. Non è dunque ciascun uomo santificato e totalmente rinato mediante l’amore a Dio nel suo cuore?!

12. Ma se tu sei colmo di questo amore, di’: che cosa c’è dunque in te che tu chiami peccato?

13. Vedi, la carne di ciascun uomo è bensì un peccato in se stessa; è per questo che la carne di ciascun uomo deve anche morire!

14. Sì, Io ti dico, perfino questa carne del Mio corpo è sotto il soldo del peccato, e dovrà perciò anche morire così come la tua!

15. Però questo peccato non è certo volontario, ma si riferisce solo al giudizio, e non è messo in conto al tuo libero spirito.

16. Perciò il tuo valore non viene determinato dalla tua carne, ma solo ed esclusivamente dal tuo libero amore.

17. E un giorno non sarà detto: «Come fu il tuo corpo?» bensì: «Come fu il tuo amore?»!

18. Vedi, se tu getti in alto una pietra, essa pur tuttavia non rimane in alto, ma presto ricade a terra.

19. Perché dunque? – Perché l’attrae la materia della Terra, la quale è un amore giudicato, di cui la pietra stessa è piena.

20. Perché invece le nuvole e le stelle non cadono dal cielo? Vedi, è perché le attrae l’amore del cielo!

21. Ora, ma se il tuo cuore è pieno d’amore a Dio, l’eterno Vivente, dove mai ti attrarrà questo amore, l’unico libero e vivente di per se stesso?”.

22. Quest’ultima domanda colmò tutti i presenti del più grande gaudio, e tutti ora seppero come stavano le cose.

 

 

221° Capitolo

Un rimedio contro la piaga degli insetti. Una cometa.

1 giugno 1844

1. Dopo questa precisazione a Gionata, così come agli altri che erano qui presenti, disse Giuseppe:

2. “Amici!, la sera è bella; come sarebbe se prima del riposo notturno ci volessimo recare per un’altra ora fuori all’aperto?

3. Poiché qui nelle stanze c’è ora un caldo molto soffocante;

4. e se si va a letto con un’afa simile, non si può né dormire né riposare!”

5. E il Piccino disse: “Giuseppe, di questa opinione sono anch’Io; se soltanto però di fuori non dovessero ronzare così tanti insetti molesti, allora sarebbe ancora più piacevole essere fuori di sera!”

6. E Giuseppe disse: “Sì, Vita mia, qui hai proprio ragione!

7. Se almeno ci fosse un mezzo con il quale poter dire addio a questi fastidiosi piccoli ospiti, senza agire contro il Tuo Ordine, ciò sarebbe non di rado estremamente auspicabile!”

8. E il Piccolo disse: “Oh un mezzo simile si lascerà trovare ben presto!

9. Va’ a prendere una scodella piena di latte caldo di mucca e mettila fuori, e vedrai come tutte queste migliaia e migliaia di piccoli fastidiosi ospiti assedieranno la scodella – e ci lasceranno in pace!”

10. Giuseppe ordinò subito ai suoi figli di mettere fuori una scodella di latte caldo.

11. E i figli di Giuseppe fecero subito ciò che Giuseppe aveva loro ordinato.

12. E come la scodella col latte caldo fu all’aperto, presto si scorse alla pallida luce del crepuscolo sopra la scodella del latte un enorme sciame di vari tipi d’insetti col pungiglione.

13. E tutti quanti si meravigliarono di questa trovata con la quale milioni di zanzare e di moscerini si radunavano in un punto, e là conducevano fra di loro una vera e propria guerra del latte.

14. E Cirenio disse: “Vedi, com’è pur semplice ed efficace questo dispositivo!

15. Una scodella piena di latte caldo, degna appena di attenzione, ci libera dalla fastidiosa piaga degli insetti!

16. Per davvero, questo si deve subito mettere in pratica anche a Tiro!

17. Poiché anche là milioni di questi animali nelle ore serali infastidiscono gli uomini”.

18. E il Piccino disse: “Il mezzo è sì molto buono, ma non potrà essere impiegato con successo dappertutto;

19. poiché non dappertutto ci sono le medesime condizioni, -

20. e condizioni come quelle che si verificano ora qui, non potranno facilmente esserci da nessun’altra parte!

21. Perciò è anche solo qui che questo mezzo ha un’efficacia così eccellente. Dove invece non si verificano queste condizioni, anche il mezzo non sarà così efficace.

22. Ora però guarda su in cielo e scoprirai una cometa!”. – Qui Cirenio guardò in alto e scorse presto una grande cometa.

 

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222° Capitolo

Colloquio sulle comete considerate dai romani come portatrici di sventura e di guerre.

Davanti all’Infinito tutte le grandezze svaniscono.

3 giugno 1844

1. Ma quando Cirenio ebbe osservato per bene l’intensa cometa, disse:

2. “Per davvero, una stella singolare! - È la prima che vedo;

3. udito però l’ho già di frequente, di questi mitici messaggeri di sventura del cielo”.

4. A questa osservazione di Cirenio si avvicinò anche Maronio Pilla e disse:

5. “Guarda un po’! Il tempio di Giano è chiuso da quasi sette anni, e tutti quanti dicevano:

6. ‘Ora Roma avrà una pace eterna!’. Così a lungo, infatti, questo tempio non è mai stato chiuso!

7. Ma ecco che ora abbiamo già, davanti ai nostri, occhi il terribile segno che il tempio di Giano sarà riaperto molto presto,

8. e che sui grandi campi di Marte comincerà una grande animazione!”

9. Ma Giuseppe chiese a Maronio Pilla se credesse poi sul serio, che una simile stella caudata fosse un messaggero di guerra.

10. E Maronio disse in tutta serietà: “O amico, questa è una verità ferrea! - Io ti dico: guerra su guerra!”

11. E Cirenio soggiunse: “Ora ci sono due Leggi insieme!

12. Giuseppe tiene sempre molto al suo Mosè, e Maronio Pilla non riesce a liberarsi della sua antica superstizione pagana!”

13. Ma Giuseppe disse: “Stimabilissimo fratello e amico Cirenio! Io ritengo però che Mosè sia pur sempre meglio del tempio di Giano a Roma!”

14. E Cirenio disse: “Certamente! - Ma quando si ha il Signore stesso, Jehova stesso nella Sua pienezza, allora ritengo che tanto Mosè quanto lo sciocco Giano dovrebbero passare garbatamente in seconda linea, e ciò una volta per tutte!

15. La cometa sembra sì essere messaggera di sventura, secondo antiche, infondate leggende;

16. però io credo che il nostro Signore e amatissimo Gesù, nella pienezza della Sua Divinità, sarà un Signore anche di questo astro, ipotetico signore di sventura! Non sei del mio parere?”

17. E Giuseppe disse: “Sicuramente; ma non per questo si può paragonare Mosè al Giano di Roma, tanto meno in questa presenza del Signore!”

18. E Cirenio disse: “Questo non lo voglio neppure io; ma se io ho il Signore, allora almeno per me Mosè e Giano sono uguali!”

19. Qui disse il Piccino a Cirenio: “Attieniti a questo!

20. Poiché in verità, dove si tratta dell’infinito, tutte le grandezze svaniscono e lo zero conta quanto un milione!”.

21. Questa risposta del Piccino diede a Giuseppe una piccola scrollata, ed egli non disse più parola a difesa di Mosè davanti a Cirenio.

 

223° Capitolo

Lezione dimostrativa del Piccino che fa trasformare lo sciame di insetti in una piccola cometa.

4 giugno 1844

1. Poi però si avvicinò a Giuseppe anche Gionata, che sempre in tali occasioni indagava intensamente sulle cause, e disse:

2. “Fratello, qua ci sarebbe già di nuovo qualcosa dove il Signore, come ultimamente nell’eclissi di luna, potrebbe aiutarci a uscire dai sogni!

3. Che ne pensi, se noi Lo interrogassimo, ce ne darebbe una spiegazione?”

4. E Giuseppe disse: “Mio caro fratello Gionata, basta solo fare la prova!

5. Chi confida fermamente nel Signore, ha costruito su un buon terreno.

6. Va’ dal Piccino, che ora si trova sulle ginocchia di Maria, e interrogaLo,

7. e si vedrà quale risposta otterrai alla tua domanda!”

8. A questa risposta di Giuseppe, Gionata si recò subito con ogni amore e umiltà dal Piccino, e voleva interrogarLo.

9. Ma il Piccino prevenne Gionata e disse:

10. “Gionata, so già quello che vuoi; ma non è affatto cosa per te!

11. Va’ però in casa e prendi una piccola fiaccola,

12. accendila, e avvicinati poi con la fiaccola accesa alla scodella del latte che è stata messa per le zanzare e gli insetti molesti,

13. e Io ti dico che anche là tu vedrai una cometa e la sua natura elementare!”

14. Qui Gionata fece subito ciò che il Piccino gli aveva consigliato.

15. E vedi, quando con la fiaccola accesa giunse vicino alla scodella di latte, sopra la quale svolazzavano roteando milioni di moschini, moscerini e zanzare,

16. allora scoprì anche sul serio una coda scintillante lunga parecchi klafter (parecchi metri), che naturalmente era costituita da quegli insetti volanti,

17. coda di cui la scodella del latte formava la testa.

18. Questo fenomeno fu osservato anche da molte altre persone,

19. e tutti si stupirono per la somiglianza di questo fenomeno artificiale con la cometa del cielo.

20. E Gionata si avvicinò al Piccino e Gli chiese come dovesse ora interpretare questa cosa.

21. E il Piccino disse: “Per adesso così come l’hai vista! Il segreto però non devono apprenderlo tutti;

22. perciò per il momento accontentati di questo! Domani sarà pure un altro giorno!”.

 

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224° Capitolo

Cenni sulla natura della cometa e corrispondenza con quella del latte.

5 giugno 1844

1. Qui Gionata cominciò a riflettere molto intensamente e non riusciva assolutamente a formulare un’idea sensata.

2. Ma il Piccino si accorse naturalmente subito che Gionata non riusciva a far combaciare la cometa della scodella di latte con la cometa del cielo.

3. Perciò Egli si rizzò e disse a Gionata:

4. “Mio caro Gionata! Vedi, adesso in te avviene precisamente come la cometa della scodella di latte ti ha mostrato in immagine!

5. Una grande scodella piena di latte rappresenta il tuo cuore, in cui il tuo amore è il latte.

6. Ma sopra il latte si trova ora anche un enorme sciame di mosche, zanzare e moscerini, simile a quello della scodella di latte.

7. E questo sciame è formato dai tuoi pensieri, che rasentano un po’ fortemente il ridicolo, circa l’analoga natura delle due comete.

8. Ma - amico Gionata - chi mai riterrà sul serio il nucleo della cometa celeste una scodella di latte, e la sua coda uno sciame di zanzare?!

9. Queste sono soltanto corrispondenze, non già perfette somiglianze naturali!

10. Ma lo sai che cos’è una corrispondenza? – Che cos’è una scodella, che cosa il latte in essa e che cosa lo sciame di moscerini e zanzare?

11. Vedi, non lo comprendi; ascolta dunque, voglio dirtene qualcosa!

12. La scodella rappresenta un recipiente per accogliere delle sostanze, alle quali è legata l’energia vitale nutritiva che proviene da Me.

13. Ma una tale sostanza è il latte, il quale contiene in sé in misura abbondantissima l’energia vitale nutritiva proveniente da Me.

14. In mosche, moscerini e zanzare l’energia vitale è già liberamente attiva;

15. ma se non viene alimentata con un’adeguata energia vitale nutritiva, s’indebolisce presto e non può perfezionarsi a un grado più alto e completo.

16. Ora vedi, la cometa del cielo non è nient’altro che un mondo in formazione appena creato!

17. Il nucleo è il recipiente per accogliere l’energia vitale nutritiva che proviene da Me.

18. Questa energia vitale viene molto possentemente riscaldata mediante un particolare fuoco, da Me dato appunto a questa energia vitale, ed essa si scioglie così in vapori nutritivi.

19. Ma affinché questi vapori, che già portano in sé un’energia vitale più evoluta, non si rendano volatili e non vengano sottratti al nuovo corpo celeste,

20. essi vengono assorbiti da una quantità innumerevole di monadi (animaletti eterei), e tramite queste restituiti al corpo celeste in formazione, per un suo più perfetto sviluppo.

21. Vedi, questa è la somiglianza corrispondente tra la cometa del cielo e la nostra cometa della scodella di latte!

22. Ma ora non continuare più a indagare, affinché il tuo amore non si indebolisca a causa delle indagini!”.

23. Questa spiegazione l’avevano ascoltata anche moltissimi altri, ma nessuno la capì; però molti credettero che così fosse.

 

 

225° Capitolo

Romanzina a Cireneo sul perché il troppo indagare nelle profondità delle

opere divine è svantaggioso per i figli di Dio.

7 giugno 1844

1. Ma Cirenio interrogò il Piccino e disse: “O Tu Vita mia! - Perché dunque non si può e non si deve indagare più profondamente nelle Tue opere?

2. Perché mai un tale indagare, secondo la Tua affermazione, è dannoso all’amore per Te?

3. Io penso invece proprio il contrario: solo se si conoscono le Tue opere sempre più profondamente e sempre più chiaramente, si è certo obbligati evidentemente a crescere nell’amore per Te, e non a indebolirsi in esso!

4. Infatti così avviene perfino fra noi uomini: anche a noi una persona diventa sempre più cara, quante più sono le perfezioni che scopriamo in essa.

5. Quanto più avverrà così proprio verso di Te, il Signore e Creatore di ogni grandezza, perfezione e gloria, se noi Ti conosciamo sempre più profondamente!

6. Perciò io stesso vorrei pregarTi, Tu Vita mia, di volermi dare qualche spiegazione più dettagliata su questa strana stella!

7. Poiché il mio cuore mi dice che Ti potrò amare del tutto perfettamente, proprio soltanto quando Ti conoscerò sempre più profondamente nel Tuo onnipotente, sapientissimo, prodigioso agire.

8. Nessuno dunque può certo amarTi quale unico Dio e Signore, se prima non Ti conosce, -

9. dunque il conoscerTi della nostra anima è certo la ragione principale dell’amore per Te.

10. Come anch’io dovetti conoscere mia moglie, prima di poterla accogliere nel mio cuore! Se non l’avessi conosciuta, sicuramente non sarebbe neanche mai diventata mia moglie!”

11. Qui il Piccino sorrise e disse: “O Mio caro Cirenio! Se dunque tu Mi dessi più spesso insegnamenti così saggi, alla fine sarei anche costretto a diventare una persona quanto mai intelligente!

12. Vedi, Mi hai pur detto tutte cose nuove;

13. ma ora pensa un po’: Mi facesti ora da maestro, volendoMi dimostrare che contrariamente al Mio mettere in guardia dal troppo indagare nelle Mie opere, una tal cosa non è già non confacente all’anima dell’uomo per la sfera del suo amore per Me, anzi piuttosto le è proprio confacente.

14. Come posso perciò ora Io, un tuo scolaro, istruirti su cose a te sconosciute?!

15. Se a te sono note ragioni migliori per l’amore, di quelle che ti da il tuo Dio e tuo Creatore, come puoi allora invocare da Lui un’istruzione più profonda?

16. Oppure tu pensi che Dio si lascerà indurre a qualche cosa per le motivazioni ragionevoli concepite ed esposte dagli uomini, come se Egli fosse un giudice secondo le leggi del mondo?

17. O Cirenio, sei certo ancora in grandissimo errore!

18. Vedi, Io soltanto lo conosco il Mio eterno Ordine, il quale è la madre di tutte le cose!

19. Da questo Ordine anche tu sei sorto! - L’amore del tuo spirito per Me è la tua vera e propria vita.

20. Se tu ora questo amore per Me lo vuoi distogliere da Me per volgerlo alle Mie creature, per amarMi poi più intensamente, sebbene tu Mi abbia visibilmente vivo davanti a te,

21. dimMi, un così stolto rafforzamento dell’amore avrà dunque la sua ragion d’essere?

22. Sì - chi non Mi conosce e non Mi ha, costui può bensì elevarsi a Me per le tue vie;

23. ma se uno ha già Me stesso sulle sue ginocchia, a che possono allora servire i tuoi scalini?”.

24. Qui Cirenio rimase enormemente sorpreso, si sentì molto colpito, e nessuno fece più domande sulla cometa.

 

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FINE DEI MIRACOLI PUBBLICI DI GESÙ IN EGITTO

 

226° Capitolo

Ciò che è divino nel Bambino si ritira dentro di Lui.

Ultime disposizioni del Piccino per Giuseppe e Cirenio.

La particolare grazia di Gesù Bambino a Giacomo.

8 giugno 1844

1. Ma come fu appianata la questione della cometa, subito il Piccino disse a Giuseppe:

2. “Giuseppe, in questi due giorni ho fatto letteralmente da padrone di casa, e voi tutti Mi avete ubbidito;

3. ma d’ora in poi riconsegno a te questo ruolo di capofamiglia, e come tu disporrai, così dovrà anche tutto avvenire!

4. Ma adesso Io sono di nuovo come un qualsiasi bambino degli uomini - e devo esserlo; poiché anche la Mia carne deve crescere per la Salvezza di voi tutti.

5. Perciò per adesso, come per il prossimo tempo a venire in questo Paese, non aspettatevi più pubblici miracoli da Me!

6. Tuttavia non lasciatevi turbare nella vostra fede e fiducia nella Mia Potenza e Autorità;

7. poiché ciò che Io ero dall’eternità, Lo sono sempre e Lo sarò per l’eternità!

8. Non temete dunque mai il mondo, che non è nulla davanti a Me; temete invece di confondervi su di Me, - poiché ciò sarebbe la morte della vostra anima!

9. Con ciò tu, Giuseppe, riprendi il timone della casa, e reggilo con rettitudine e giustizia nel Nome del Padre Dio, Amen.

10. Così anche tu, Cirenio, domani riprendi felicemente il viaggio per Tiro, dove già ti attendono importanti faccende.

11. Il Mio Amore e la Mia Grazia sono con te, e così puoi essere tranquillo. Tutto il resto però concordalo con Giuseppe; poiché ora è lui il padrone di casa!”

12. Poi il Piccino chiamò a Sé Giacomo e gli disse:

13. “Giacomo! Tra di noi valga la prima condizione, che ti è già nota!

14. E così ha da rimanere in tutto, in questo Paese, Amen!”

15. Ma Giuseppe divenne molto triste per questo, e pregò il Piccino con grande insistenza di voler restare permanentemente così, nella Sua Divinità.

16. Ma il Piccino parlava ora del tutto infantilmente, e nel Suo linguaggio ora non c’era più alcuna traccia di un qualche cosa di divino.

17. Egli divenne anche presto assonnato, e Giacomo dovette portarlo a letto.

18. La compagnia s’intrattenne ancora fino a tarda notte consultandosi in vario modo sulla ragione di tale cambiamento nel Piccino;

19. ma nessuno disse qualcosa di giusto, bensì piuttosto l’uno interrogava l’altro, -

20. ma da nessuna parte venne una qualche valida risposta.

21. E Giuseppe disse infine: “Sappiamo quello che ci occorre, e quello che abbiamo da fare, e con ciò possiamo anche essere contenti!

22. Ma già è tarda notte; perciò ritengo che ora la cosa migliore sarà di andare a riposare”.

23. Su questo tutti furono d’accordo con Giuseppe e andarono anche subito in casa per un buon riposo.

 

 

227° Capitolo

Giuseppe preoccupato per la prima colazione. La dispensa vuota.

Aiuto di Gionata con un abbondante quantitativo di pesci affumicati.

10 giugno 1844

1. Il giorno seguente, come al solito, Giuseppe fu in piedi molto prima di chiunque altro, e uscì a vedere come sarebbe stato il giorno.

2. Trovò tutti gli indizi di una bella giornata e ritornò poi in casa, e svegliò i suoi figli perché potessero preparare una buona colazione per gli ospiti.

3. E i figli presto si alzarono e andarono a controllare quale provvista potesse ancora offrire la dispensa.

4. E quando ebbero ispezionato la dispensa, andarono subito da Giuseppe e dissero:

5. “Ascolta, caro padre, il tuo incarico sarebbe certo molto giusto e buono;

6. ma la nostra dispensa in questi pochi giorni si è talmente svuotata, che ci è assolutamente impossibile ricavarne un pasto anche solo per dieci persone.

7. Consigliaci perciò dove dobbiamo prendere le vivande, e il pasto sarà pronto in un’ora!”

8. Qui Giuseppe si grattò un po’ dietro le orecchie e andò lui stesso nella dispensa, e vi trovò confermate le affermazioni dei suoi figli, il che lo mise allora in un imbarazzo ancora più grande.

9. Egli ponderò a lungo e non riuscì a trovare nulla che potesse trarlo d’impaccio.

10. Ma mentre Giuseppe se ne stava così riflettendo nell’atrio della casa, venne Gionata dalla sua camera da letto, salutò e baciò il suo vecchio amico, e gli chiese perché mai se ne stesse lì così triste e pensoso.

11. E Giuseppe mostrò subito a Gionata la ragione del suo imbarazzo, cioè la dispensa vuota.

12. Quando Gionata vide questo, disse a Giuseppe:

13. “O mio amatissimo amico, non devi certo aver paura per questo!

14. Vedi, le mie dispense sono ancora molto piene; io possiedo ancora circa duemila centinaia di libbre (1120 quintali) di pesce affumicato!

15. Perciò fa’ venire ora subito con me i tuoi figli, e in un’ora e mezza la tua dispensa potrà subito avere un altro aspetto!”

16. Questa proposta fu un vero balsamo per il cuore di Giuseppe ed egli l’accettò anche subito.

17. Ma non era passata neanche un’ora e mezza, che già arrivarono Gionata e i quattro figli con un grosso carico di pesci.

18. I figli portavano circa quattro centinaia di libbre (224 kg) di pesci affumicati, e Gionata portava tre grandi bariletti pieni di pesci freschi e dieci grandi forme di pane di frumento.

19. Quando Giuseppe li vide arrivare così carichi, divenne pieno di gioia e ringraziò e glorificò Dio per tali doni, e abbracciò e baciò poi Gionata.

20. Poi ci fu presto grande animazione in cucina.

21. I figli erano allegramente affaccendati; Maria ed Eudokia presto vennero loro stesse dalla camera da letto e andarono a mungere le mucche.

22. E così in una mezz’ora fu preparata un’abbondante colazione per più di cento ospiti.

 

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228° Capitolo

Amorosa gara tra Giuseppe e Cirenio. Altruismo di Giuseppe.

Come si riconoscono i veri e i falsi servitori di Dio.

11 giugno 1844

1. Quando in tal modo fu preparata la prima colazione e tutti gli ospiti si furono alzati, Giuseppe andò subito da Cirenio, e gli domandò se fosse già pronto a far colazione.

2. E Cirenio disse a Giuseppe: “O mio nobilissimo amico e fratello! Certo che sono pronto con tutto il mio seguito;

3. ma so anche che tu non hai nella tua dispensa tante provviste, da ospitare più di cento persone per parecchi giorni di seguito.

4. Dunque per questa mattina manderò la mia servitù in città, dove essi acquisteranno viveri per me e per te!”

5. Quando Giuseppe ebbe sentito questo, allora disse:

6. “O caro amico e fratello, questo puoi comunque farlo per la tua nave;

7. ma per me una tale fatica sarebbe proprio puramente inutile.

8. Poiché vedi, primo, la colazione è già preparata e, secondo, nella mia dispensa c’è ancora così tanto, che voi tutti non riuscireste facilmente a consumarlo nemmeno in otto giorni.

9. Dunque per me non ti preoccupare proprio; poiché in verità, io sono ottimamente rifornito!”

10. E Cirenio disse: “In verità, in verità, se non ci fosse nient’altro a darmi testimonianza della tua sublime missione, me la darebbe in pienissima misura il tuo disinteresse totalmente inconcepibile!

11. Sì, da questo si distingueranno sempre esattamente gli uni dagli altri i veri e i falsi servitori di Dio:

12. i veri saranno disinteressati in sommo grado, e i falsi saranno precisamente il contrario;

13. poiché i veri servono Dio nel cuore e quivi hanno anche la suprema eterna ricompensa,

14. i falsi invece servono nel mondo un dio modellato secondo la loro cattiva indole - a motivo del mondo;

15. perciò cercano anche la ricompensa del mondo e si fanno pagare in modo esorbitante per ogni passo che compiono.

16. Infatti io, quale pagano di nascita, so benissimo come i sacerdoti romani si facciano pagare fino all'indefinibile per ogni passo che compiono.

17. In verità, io stesso una volta ho dovuto pagare al sommo sacerdote, per un consiglio, cento libbre d’oro!

18. Domanda: era costui un giusto servitore di un vero Dio?

19. Tu invece ora mi hai già ospitato per tre giorni, e quali insegnamenti ho ricevuto nella tua casa, - e ancora non accetti nulla!

20. Nemmeno per i miei otto bambini accetti qualche cosa! Da ciò sarà dunque evidente, come sono fatti gli autentici e giusti servitori di Dio!?”

21. Ma Giuseppe disse: “Fratello, non ne parlare più ora, poiché anche questo discorso è troppo per me,

22. ma siedi a tavola, e la colazione ci sarà subito!”. - E Cirenio assecondò subito il desiderio di Giuseppe e sedette a tavola.

229° Capitolo

La lieta colazione. Discorso di Giuseppe sulla bontà del Signore.

Il Piccino a tavola. Scena idilliaca tra il piccolo Gesù nudo e Cirenio.

12 giugno 1844

1. Quando ora tutti quanti si trovarono a tavola, vennero anche subito portati in tavola dei pesci preparati in modo molto gustoso,

2. e Cirenio si meravigliò altamente per come Giuseppe avesse potuto avere, così di buon mattino, una tale quantità di freschissimi pesci.

3. E qui Giuseppe indicò il grande Gionata e disse un po’ scherzosamente:

4. “Vedi, quando si ha per amico un così grande capo-pesca, non occorre andar lontano - ed ecco qua i pesci!”

5. Qui Cirenio sorrise e disse: “Sì, qua hai proprio ragione.

6. In verità, in tali circostanze si possono sempre avere pesci freschi, e specialmente poi se si ha in casa anche Qualcuno!”

7. E Giuseppe alzò qui le mani e disse col cuore più commosso:

8. “Sì, fratello Cirenio, - e anche Qualcuno, di cui tutti noi non saremo mai degni in eterno!

9. Questi benedica a noi tutti questa buona colazione, perché essa possa veramente rinvigorirci nelle nostre membra e nel nostro amore per Lui - il Santo dei santi!”

10. Questa esclamazione di Giuseppe indusse tutti al pianto, e tutti lodarono il grande Dio nel Piccino ancora addormentato.

11. Ma quando gli ospiti, dopo che fu terminata la preghiera di lode, si accinsero a mangiare i pesci, si svegliò anche il Piccino;

12. e il buon odore dei pesci Gli disse subito che cosa si trovasse in tavola.

13. Perciò Egli fu anche fuori di volata dal suo basso lettino, corse subito tutto nudo a tavola dove si trovava la Madre, e chiese da mangiare.

14. Maria però Lo prese subito in grembo e disse a Giacomo:

15. “Va’ a prendermi presto una camicina pulita dalla camera!”

16. E Giacomo fece subito come Maria desiderava e portò una camicina pulita.

17. Il Piccino però stavolta non voleva lasciarsi mettere la camicina.

18. Allora Maria s’inquietò un po’ e disse: “Vedi, Piccino mio, non sta certo bene essere nudi a tavola;

19. perciò io sarò molto cattiva, se non Ti lasci vestire!”

20. Cirenio, totalmente commosso fino alle lacrime alla vista del tenero Fanciullino, disse a Maria:

21. “O cara, soavissima Madre, dammi il Piccino così, perché ancora una volta Lo coccoli e Lo accarezzi così tutto nudo!

22. Chi lo sa, se in questo mondo Mi toccherà un’altra volta questa immensa fortuna?”

23. E il Piccino sorrise a Cirenio e volle subito andare da lui.

24. E Maria Lo affidò anche subito a Cirenio, ed egli pianse per la gioia e la beatitudine, quando il sano Piccino sgambettò tutto vispo sulle sue ginocchia.

25. E Cirenio Gli chiese subito quale pezzo di pesce volesse mangiare.

26. E il Piccino disse in maniera tutta infantile: “Dammi quel pezzetto bianco, dove non ci sono dentro le spine!”

27. E Cirenio mise subito in mano al Piccino il pezzo migliore e più pulito, che Egli mangiò con gioia, completamente a proprio agio.

28. Dopo che si fu saziato, Egli disse: “Era buono! - Adesso vestiMi tu!

29. Poiché quando ho fame, voglio prima mangiare, e soltanto dopo metterMi un vestito!”. - Poi il Piccino non disse più nulla e si lasciò mettere tutto tranquillo la camicina da Cirenio.

 

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230° Capitolo

Proseguimento della scena infantile a tavola.

“Solo per il suo grande amore Maria è cattiva con Me!”.

13 giugno 1844

1. Quando il Piccino fu vestito, Cirenio Gli chiese nuovamente se non volesse forse gustare un altro buon pezzetto di pesce.

2. Ma il Piccino disse a Suo modo: “Un altro pezzettino certo che lo vorrei;

3. ma non oso prenderMelo, perché la Madre allora vorrebbe di nuovo subito sgridarMi”.

4. E Cirenio disse: “O Piccino mio infinitamente amato, se te lo offro io, allora la Madre non dirà niente”.

5. Ma il Piccino disse con tutta ingenuità a Cirenio: “Sì, finché sei qua, allora certo non dirà nulla;

6. ma quando sarai andato via, allora ne prendo il doppio [di parole].

7. Oh, tu non lo crederai come può essere cattiva Mia Madre, quando faccio qualcosa che lei non vuole!”

8. Cirenio ne sorrise e disse poi al Piccino: “Che te ne pare: se io volessi sgridare per questo la tua Madre cattivella, non agirebbe poi con più riguardo verso di Te?”

9. E il Piccino disse: “Ti prego, proprio questo non fare; poiché allora sì che riceverei una strapazzata che non avrebbe uguali, quando tu fossi via!”

10. Qui Cirenio interrogò ancora il Piccino e disse:

11. “O Tu Vita mia, Tu mio celestissimo Piccino! - Se però Tua Madre è così cattiva, come puoi allora ciò nonostante volerle così tanto bene?”

12. E il Piccino rispose: “Perché è per il grande amore per Me che è cattiva; ella infatti ha sempre una grandissima paura che Mi possa succedere qualcosa di male.

13. E vedi, è perciò allora che devo volerLe tanto bene! Anche se talvolta è cattiva senza ragione, la sua intenzione però è buona, ed è per questo che merita anche il Mio Amore.

14. Vedi, proprio per questo ora sarebbe anche cattiva, se mangiassi adesso un altro pezzetto di pesce: perché lei pensa che potrebbe farMi male.

15. Certo che non Mi farebbe male; però Io stesso ora non voglio commettere un peccato contro la premurosa buona intenzione di Mia Madre.

16. Oh - anch’Io posso mortificarMi e posso osservare il comandamento di Mia Madre, se così deve proprio essere;

17. ma se non deve necessariamente essere così, allora posso fare anche ciò che voglio.

18. E allora non Mi fa nulla, se la Madre anche se la prende un po’.

19. Così però non deve essere necessariamente anche adesso, che Io mangi un altro pezzetto di pesce; perciò voglio anche mortificarMi, così che poi la Madre non abbia nulla da rimproverarMi quando sarai via”.

20. Qui Cirenio interrogò di nuovo il Piccino e disse con tutto amore:

21. “Sì, Vita mia, ma se Tu hai tanto rispetto per la Tua Madre terrena, perché allora prima non Ti sei lasciato vestire da lei?

22. Non se la prenderà poi con Te per questo, quando io sarò via?”

23. E il Piccino disse: “Sicuramente; ma appunto non ci farò gran caso!

24. Te l’ho già detto prima infatti, che Io talvolta faccio ciò che voglio e non chiedo se a Mia Madre stia bene o no.

25. Ma allora Mia Madre può poi anche prendersela con Me, perché lo fa con buona intenzione e buona volontà”.

26. Qui Maria sorrise e disse scherzosamente: “Sì, aspetta un po’ quando saremo soli,

27. e allora di nuovo Ti sgriderò molto, poiché adesso Mi hai accusata così con Cirenio!”

28. E il Piccino sorrise e disse: “Oh - non lo dici seriamente! Io Me ne accorgo benissimo, quando sei proprio seriamente cattiva, - poiché allora diventi tutta rossa in faccia; adesso però sei bella bianca come Me, e quand’è così non sei mai cattiva”.

29. A questa osservazione tutti risero, e anche il Piccino rise con loro. Maria però dal tanto fervore prese il Piccino e Lo abbracciò con smisurato affetto.

 

 

231° Capitolo

Gratitudine di Cirenio, suo regalo e discorso d’addio.

Cirenio si ferma ancora un giorno.

14 giugno 1844

1. Ma dopo questa scena infantile ebbe anche termine la colazione.

2. E quando Giuseppe ebbe terminato la preghiera di ringraziamento, subito Cirenio si avvicinò a Giuseppe e disse:

3. “Mio amatissimo amico! I servigi che hai reso a me, come allo stesso mio fratello a Roma, Giulio Augusto Quirino Cesare, sono di natura così importante che non potrò mai ricompensartene a sufficienza.

4. Ma lasciarti del tutto senza ricompensa - vedi, questo mi è assolutamente impossibile!

5. Io so però che tu non accetteresti da me alcuna ricompensa regale;

6. perciò ho riflettuto così: quest’anno, a quanto pare, non puoi aspettarti che un magro raccolto di grano;

7. e tuttavia la tua casa è piuttosto intensamente popolata.

8. Nove persone appartengono comunque a me, e voi pure siete già in otto; quindi in tutto diciassette persone.

9. E mi dice ora il mio spirito, che le tue casse di farina sono vuote e così pure la tua dispensa,

10. che anche riguardo al foraggio per le tue mucche, per le capre e gli asini, già ti va male. -

11. Vedi, tutto questo lo so con molta precisione, come so anche che voi non avete quasi più nulla da indossare.

12. Perciò - mio amatissimo fratello, devi accettare da me almeno quanto ti è necessario per adesso.

13. So pur bene che è in sommo grado ridicolo, per un uomo della Terra, proporsi di soccorrere il Signore dell’Infinità, a Cui è facile creare con una parola miriadi di mondi.

14. Ora però so anche che proprio questo santo Signore dell’Eternità, non sempre vuole operare prodigi contro il Suo eterno prodigioso Ordine, perché ad essi è sempre congiunto un giudizio, per noi esseri creati.

15. Per questa ragione tu devi accettare da me almeno stavolta quanto ti è necessario,

16. e stavolta non mi opporrai un rifiuto come al tuo solito!”

17. E Giuseppe disse: “Sì, fratello, stavolta potresti quasi aver ragione!

18. Ma - prima che io accetti tuttavia qualcosa da te, devo però chiedere al Signore”.

19. Qui il Piccino, che già si trovava accanto a Giacomo, si avvicinò lesto e disse a Giuseppe:

20. “Giuseppe, accetta pure quello che Cirenio vuol darti, perché tu possa poi rifornire la casa di viveri!”

21. Allora Giuseppe accettò l’offerta di Cirenio.

22. E questi consegnò subito a Giuseppe una somma di mille libbre d’argento e settanta libbre d’oro.

23. Giuseppe ne ringraziò Cirenio e prese la pesante somma.

24. Ma Cirenio ne fu arcicontento e disse: “Fratello! - Ora il mio cuore è di mille quintali più leggero! Oggi però non voglio andarmene ancora da qui, bensì domani; poiché il mio troppo grande amore non mi lascia partire da qui!”. - E Giuseppe se ne rallegrò molto.

 

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232° Capitolo

La cassaforte di Giuseppe e le sue preoccupazioni per gli

eventuali ladri. Buon consiglio del Piccino a Giuseppe.

15 giugno 1844

1. Ma Giuseppe non aveva una cassaforte in cui riporre il molto denaro.

2. Allora Cirenio ordinò alla sua servitù di recarsi subito in città a comprarvi una cassa, costasse quel che costasse!

3. E la servitù andò immediatamente, e già entro due ore portò una cassa veramente bella in legno di cedro, che era costata dieci libbre d’argento.

4. Questa cassa fu subito messa nella camera da letto di Giuseppe, e i figli di Giuseppe misero la grossa e pesante somma di denaro in questa bella e robusta cassa.

5. Quando in questo modo il denaro fu riposto, Giuseppe disse:

6. “Adesso per la prima volta in tutta la mia vita sono ricco secondo i criteri del mondo;

7. infatti mai ho visto così tanto denaro, e ancora meno poi ne ho posseduto così tanto!

8. Però finora la mia casa non ha mai saputo che cosa sia un ladro, e meno ancora un brigante;

9. d’ora in poi noi tutti non avremo né occhi né tempo abbastanza per proteggere questo denaro dai ladri e dai briganti!”

10. Ma Gionata disse: “Fratello, sta’ pur tranquillo!

11. Io so fin troppo bene, chi assalgono i briganti e i ladri.

12. Vedi, essi assalgono solo gli avidi e gretti spilorci!

13. Questo però tu non lo sei, - perciò puoi anche star tranquillo; poiché da te chiunque riceve ad ogni modo tre volte più di quanto ti chiede!

14. Perciò ritengo che avrai bensì a che fare con una quantità di mendicanti, ma con briganti e ladri sicuramente no!”

15. Qui si avvicinò anche Maria e disse a Giuseppe:

16. “Ascolta, caro padre, tu sai bene che nella città del nostro padre Davide abbiamo pure ricevuto, dai tre saggi orientali che venivano dalla Persia, un grosso peso di oro;

17. e vedi, ora non ne abbiamo più neanche tanto quanto un granellino di sabbia, sebbene non ne siamo mai stati derubati.

18. Così io penso che ci andrà anche qui: non passerà un anno, e anche senza ladri e briganti non ne possederemo più nulla.

19. Perciò sta’ pure totalmente tranquillo! - Infatti in una casa dove abita il Signore, l’oro non ha stabilità, e anche i briganti e i ladri non vogliono avere gran che da fare in casa del Signore!

20. Infatti essi lo sanno quanto me e te, che non è prudente mettere le mani sui tesori, che qui si trovano come se fossero nella cassa di Dio”.

21. Quando Maria ebbe finito di dire questo, si avvicinò anche il Piccino e disse:

22. “Giuseppe, tu fedele! Non devi guardare così timoroso a quella cassa in cui i miei fratelli hanno messo il denaro!

23. Poiché allora Io penso che tu sia ammalato, se hai un aspetto così timoroso.

24. E vedi, questo non lo voglio, che tu debba essere ammalato!

25. Questo denaro non ti peserà affatto a lungo. Compra ora moltissima farina e altri viveri e un po’ di abbigliamento, e distribuisci il resto,

26. e la cassa sarà subito di nuovo vuota!”. - Queste parole infantili tranquillizzarono Giuseppe così tanto, che divenne poi tutto allegro.

 

233° Capitolo

Giuseppe e i suoi. Cure e lavori domestici.

Eccezionale aiuto di Gionata e sua fiducia in Dio.

17 giugno 1844

1. Ma dopo tutto questo, Giuseppe chiamò a sé i quattro figli e disse loro:

2. “Prendete questa libbra d’argento e andate in città, e compratevi farina, e quant’altro è necessario per la cucina,

3. e poi venite a preparare un buon pranzo, poiché oggi Cirenio mi fa ancora l’onore!”

4. E i figli andarono a fare ciò che il padre aveva loro comandato.

5. Ma arrivò anche Maria e fece notare segretamente a Giuseppe, che anche la provvista di legna da ardere era tanto calata, che con la piccola rimanenza ancora esistente difficilmente si sarebbe potuto preparare un pasto.

6. Allora Giuseppe chiamò Gionata e gli mostrò tale inconveniente.

7. E Gionata disse: “Fratello, dammi la tua grande e robusta ascia, e andrò nel bosco là sul monte;

8. per davvero, in tre ore dovrai avere legna in quantità!”

9. E Giuseppe diede a Gionata una robusta ascia, e questi andò nel bosco del vicino monte, che apparteneva alla villa, e subito vi tagliò un robusto cedro, fissò attorno al tronco una robusta corda, e trascinò così l’intero possente albero davanti alla casa di Giuseppe.

10. Quando egli Vi giunse col suo albero abbattuto, tutti si meravigliarono per l’enorme forza di Gionata.

11. E molti servitori di Cirenio tentarono contemporaneamente di trascinare avanti l’albero, ma i loro sforzi furono vani;

12. poiché essi, trenta di numero, non riuscirono a muovere l’albero dal suo posto nemmeno di un filo, pesando questo in totale circa cinquanta quintali[5].

13. Ma Gionata disse ai servitori di Cirenio:

14. “Invece di questo inutile tentativo, prendete piuttosto in mano delle asce grandi e piccole, e aiutatemi a ridurre rapidamente l’albero in pezzi!

15. Questo lavoro sarà più gradito al padrone di casa, che non il vostro vano affaticarvi a voler misurare da quest’albero la mia forza gigantesca”.

16. E subito tutti i servitori di Cirenio si misero al lavoro e, con la vigorosa cooperazione di Gionata, l’intero albero in una mezz’ora fu tutto ridotto in pezzi.

17. Giuseppe ne fu pieno di gioia e disse: “Oh, questo è eccellente!

18. Per davvero, mi ci sarebbero voluti tre giorni di lavoro, a spaccare un albero così,

19. e tu vi hai impiegato appena tre ore in tutto!”

20. E Gionata disse allora: “O fratello! Un grande vigore del corpo è bensì una cosa utile,

21. ma che cos’è in confronto al vigore di Colui che abita da te, e al cui soffio trema l’intera Infinità?!”

22. Qui venne il Piccino da Gionata e gli disse: “Sta’ zitto, Gionata, e non Mi tradire; poiché so Io quando ho da mostrarMi!

23. Se però la Mia Forza non fosse stata con te ora, neanche tu saresti venuto a capo di quest’albero. - Ma sta’ zitto e non dire nulla di questo!”. - Allora Gionata non disse nient’altro, e soltanto ora comprese come egli avesse padroneggiato così facilmente quell’albero.

 

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UNA DEPUTAZIONE DI OSTRACINE A CASA DI GIUSEPPE

 

234° Capitolo

Imbarazzo del governatore davanti a una deputazione dei più eminenti cittadini

Cirenio invita la deputazione a pranzo. Sulla maledizione del denaro

18 giugno 1844

1. Ma quando in tal modo la casa di Giuseppe fu provvista anche di legna, e i figli di Giuseppe si furono messi alacremente a preparare un pranzo,

2. ecco arrivare una deputazione molto sfarzosa dalla città, per salutare il massimo governatore.

3. Questa volta infatti nessuno in città era stato messo a conoscenza della presenza di Cirenio, volendo egli starvi rigorosamente in incognito.

4. Però al mattino fu vista in città la nota servitù, così come i figli di Giuseppe, e si presunse quindi la presenza del governatore.

5. Allora in città si radunarono in parecchi ed uscirono in gran pompa, la qual cosa però stavolta a Cirenio tornò molto a sproposito.

6. Il comandante e il già noto capitano erano naturalmente alla testa di una numerosa compagnia dei più ragguardevoli abitanti della città di Ostracine.

7. Il comandante si scusò oltre misura per aver appreso così tardi, e solo per un caso fortunato, che sua altezza imperiale e consolare onorasse quei luoghi con la sua eccelsa presenza.

8. Ma Cirenio fu quasi sconvolto per la collera repressa, a causa di quella visita fattagli in un momento così sommamente inopportuno.

9. Però per motivi politici dovette tuttavia far buon viso a cattivo gioco, e a colui che lo salutava rispose perciò anche con uguale cortesia.

10. Infine però disse anche al comandante: “Caro amico, noi grandi signori del mondo, talvolta ci troviamo proprio in cattive condizioni!

11. Un uomo comune può andare dovunque vuole, e rimane comodamente in incognito;

12 – noi, invece, basta che superiamo un poco la soglia di casa, e l’incognito è già buttato.

13. Accetto bensì molto cordialmente il vostro cortese saluto in nome di mio fratello;

14. resta però inteso che io ora sono qui rigorosamente in incognito!

15. Ossia, detto in altre parole: la mia presenza qui non è ufficiale e non deve essere riferita a Roma a nessuna condizione!

16. Se io venissi a sapere che qualcuno abbia osato fare un rapporto simile a Roma, in verità, quello non la passerebbe liscia! – Poiché, nota bene, per il mondo io sono qui in rigoroso incognito!

17. Perché? Questo lo so io, e nessuno ha da farmi domande in proposito.

18. Ora però andate a casa a cambiarvi, e poi ritornatevene di nuovo per il pranzo, che avrà luogo circa tre ore prima del tramonto!”

19. Qui la deputazione s’inchinò davanti al governatore e se ne andò.

20. Poi Giuseppe si avvicinò a Cirenio e disse:

21. “Vedi, questo è già il primo effetto del denaro che tu mi hai fatto avere in così larga misura!

22. Per esso la tua servitù dovette comprarmi una cassa, fu riconosciuta - e la tua presenza qui fu tradita.

23. Come io dico pur sempre: sull’oro e sull’argento grava ancor sempre l’antica maledizione di Dio!”

24. Ma il Piccino, che si trovava vicinissimo a Giuseppe, aggiunse sorridendo:

25. “Perciò non si può fare maggior oltraggio all’orgoglioso oro e al superbo argento, se non distribuendoli in equa misura fra i mendicanti.

26. Tu però, Mio caro Giuseppe, questo lo fai sempre; perciò l’antica maledizione ti nuocerà poco, e così pure a Cirenio.

27. Oh, Io non ho affatto paura a motivo di quest’oro; qui infatti si trova certo al posto giusto!”.

28. Queste parole tranquillizzarono di nuovo tanto Giuseppe quanto Cirenio, ed essi attesero poi di lietissimo umore gli ospiti invitati.

 

 

235° Capitolo

La deputazione al pranzo. Consiglio di Giuseppe nell'assegnazione dei posti a tavola.

Indignazione del Piccino alla tavola accanto, male imbandita. Una profezia.

19 giugno 1844

1. All’ora stabilita, la deputazione con gli abiti cambiati venne di nuovo dalla città, salutò tutti in casa di Giuseppe e si recò poi con Cirenio al pranzo già preparato.

2. Ma poiché inaspettatamente ora arrivavano più ospiti di quanti ci s’aspettava, il tavolo di Giuseppe divenne troppo piccolo, perché anche la famiglia di Giuseppe potesse prendervi posto.

3. Perciò il Piccino disse segretamente a Giuseppe: “Padre Giuseppe, fa’ preparare per noi un piccolo tavolo nella stanza accanto!

4. E dì a Cirenio che non si deve affliggere per questo,

5. e digli che dopo il pranzo ritornerò senz’altro da lui!”

6. E Giuseppe fece così, come il Piccino gli aveva consigliato.

7. Ma Cirenio disse a Giuseppe: “Così non va! - Dato che il Signore dell’Infinità è fra noi, non lo metteremo certo in un tavolo in disparte!

8. Oh, sarebbe proprio il più singolare di tutti gli ordini del mondo!

9. Io ti dico che soprattutto Lui e tu dovete sedere ai primi posti!”

10. E Giuseppe disse: “Fratello carissimo, eppure non andrà così questa volta;

11. poiché vedi, ci sono qui ora molti pagani della città, e a costoro l’eccessiva vicinanza del Signore potrebbe costare molto cara; perciò la Volontà del Piccino, qui come dappertutto e sempre, va rispettata.”.

12. E il Piccino sopraggiunse e disse: “Cirenio! Giuseppe ha ben ragione, segui dunque le sue parole!”

13. Allora Cirenio non ebbe più obiezioni e si recò subito a pranzare col suo seguito e con la deputazione dalla città.

14. E Giuseppe fece subito preparare nella stanza attigua un tavolo pure molto capace, al quale presero posto lui, Maria, il Piccino col Suo Giacomo,

15. Gionata, Eudokia e gli otto bambini di Cirenio.

16. Ma naturalmente al tavolo degli ospiti venivano portate più vivande e le migliori, e al tavolo [di quelli] di casa meno [vivande] e le meno buone.

17. E il Piccino disse: “O vergogna di un suolo terreno, devi dunque produrre proprio per il tuo Unico Signore le cose peggiori?!

18. O paese ora fertile tra l’Asia e l’Africa, per questo sarai colpito per tutti i tempi con grande infertilità!

19. Proprio per davvero, se la nostra tavola non avesse qualche pesce, non ci sarebbe puramente nulla di mangiabile per Me!

20. Qui una pappa di latte con un po’ di miele, una cosa che non Mi piace, e là una scilla marina arrostita, e là un piccolo melone, e là un pane raffermo, e accanto un po’ di burro e miele,

21. questo è tutto il nostro pasto; tutti cibi che non Mi piacciono, eccetto i pochi pesci!

22. Non è ch’Io voglia che gli ospiti debbano magari esser trattati peggio di noi;

23. però non è poi neanche giusto, che noi dobbiamo essere trattati molto peggio degli ospiti!”

24. Ma Giuseppe disse: “O caro Gesù, non t’imbronciare, poiché vedi, è lo stesso anche per tutti noi!”

25. E il Piccino disse: “Dammi un po’ di pesce e allora va bene per adesso. Ma un’altra volta deve andare diversamente; poiché non in tutti i tempi posso accontentarMi di questo cibo di tutti i giorni!”. - Giuseppe tenne a mente questo e diede da mangiare al Piccino un po’ di pesce.

 

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236° Capitolo

Il cattivo pesce servito dai cuochi poi puniti da Giuseppe.

Il fondamento evangelico dell’Incarnazione.

20 giugno 1844

1. Ma mentre mangiava il pesce, il Piccino interrogò Gionata, dicendo: “Gionata, è dunque questa la migliore qualità di pesce?

2. Poiché Io ti dico che questo pesce non Mi piace affatto!

3. Per prima cosa è duro, e per seconda è asciutto come paglia.

4. Per davvero, non deve essere una buona qualità di pesce, e ciò si può anche capire dal fatto che ha così tante fastidiose spine!”

5. E Gionata rispose: “Sì, o mio Signore e mio Dio! È per davvero la qualità di pesce meno pregiata!

6. Oh, se dunque Giuseppe mi avesse detto qualcosa prima, volentieri allora sarei corso su e giù dieci volte tanto, e sarei andato a prendere per Te il pesce migliore di tutti!”

7. Qui Giuseppe stesso fu un po’ in collera con i suoi figli, per il fatto che avevano imbandito così male la sua tavola.

8. Ma il Piccino disse: “Giuseppe, proprio arrabbiarci non dobbiamo, per questo;

9. però resta sempre singolare da parte dei Miei fratelli, che in cucina essi trattengano per loro il meglio, a noi invece proprio di tutto portino in tavola la parte peggiore.

10. Sia pur loro tutto benedetto; ma bello e lodevole non è da parte loro! -

11. Vedi, tu mi hai bensì dato il pezzo migliore del pesce; e pur tuttavia non riesco a mangiarlo tutto, sebbene Io sia ancora molto affamato, -

12. e questo è certo un segno sicuro che il pesce è cattivo!

13. Ecco - assaggia questo pezzettino, e ti convincerai che ho ragione!”

14. Qui Giuseppe assaggiò il pesce, e trovò l’affermazione del Piccino perfettamente confermata.

15. Ma allora si alzò anche subito e andò in cucina, e là trovò che i quattro figli si appagavano con un pregiato tonno.

16. Allora Giuseppe non ne poté più, e cominciò a sgridare con grande impeto i quattro cuochi.

17. Costoro però dissero: “Padre, vedi, noi dobbiamo sbrigare tutto il lavoro pesante, perché allora qualche volta non possiamo mangiare anche un pezzettino migliore che quelli che non lavorano?!

18. Inoltre anche il pesce che abbiamo messo sulla tua tavola, non è cattivo;

19. ma il Piccino, dato che da voi è troppo viziato, talvolta è solo troppo pieno di capricci, e allora non c’è niente che sia abbastanza buono e giusto per Lui!”

20. Allora Giuseppe si arrabbiò e disse: “Bene; poiché mi siete venuti con questo discorso, d’ora in avanti non preparerete mai più cibi per la mia tavola!

21. Maria da adesso sarà la mia cuoca, voi invece potete preparare per voi quello che volete; ma alla mia tavola nessuno di voi dovrà mai farsi vedere!”

22. Qui Giuseppe lasciò i quattro cuochi, e tutto eccitato ritornò attraverso una piccola porta laterale dai suoi commensali.

23. Allora il Piccino divenne triste, e cominciò del tutto a piangere e singhiozzava molto violentemente.

24. Allora subito Maria, Giuseppe e Giacomo ansiosamente Gli domandarono che cos’avesse, se sentisse un qualche dolore -

25. o che cosa fosse mai, che ora l’aveva fatto diventare così improvvisamente tanto triste e sofferente!

26. Ma il Piccino trasse un profondo sospiro e disse a Giuseppe in tono molto triste:

27. “Giuseppe! - È dunque così tanto dolce, mostrare ai poveri e ai deboli la propria gloria, e per una piccola mancanza condannarli del tutto?!

28. Guarda un po’ Me dunque, quanti cuochi terribilmente cattivi ho nel mondo, che già da tempo avrebbero lasciato del tutto morir di fame Me, che sono un Padre di tutti i padri, se una cosa simile con Me fosse possibile!

29. Io ti dico, cuochi che non sanno più niente di Me, e non vogliono sapere e sentire più niente di Me!

30. E vedi, ciò nonostante Io non vado fuori a condannarli nella Mia giusta Ira!

31. È dunque così tanto dolce essere un signore? - Vedi, Io sono l’unico Signore dell’Infinità, e fuori di Me non ce n’è più alcuno in eterno!

32. E vedi, Io, il Creatore e Padre di voi tutti, volli diventare davanti a voi un debole figlio d’uomo, comprimendo del tutto la Mia eterna e infinita divina Gloria,

33. affinché voi per questo esempio umile sopra ogni cosa, abbiate a sentire ribrezzo per il vostro antico spirito di dominio!

34. E invece no, proprio in questo Tempo di tutti i tempi, in cui il Signore di ogni gloria si è abbassato sotto tutti gli uomini, per guadagnarli tutti in questo Suo abbassamento, più che mai gli uomini vogliono essere signori e dominare!

35. Lo so bene che tu è soprattutto per Me che hai condannato i quattro cuochi;

36. ma se Mi riconosci come Dio, perché allora sei passato davanti a Me?

37. Vedi, noi tutti ancora non siamo infelici, per essere stati serviti con un pesce magro; infatti possiamo pur farcene preparare subito uno migliore!

38. I quattro fratelli invece sono ora le creature più infelici del mondo perché tu, il padre, li hai condannati;

39. e vedi, questa non è una punizione giusta per una mancanza così piccola!

40. Che cosa sareste mai voi uomini, se Io facessi con voi come fate tra di voi, se fossi intollerante e impaziente come siete voi?!

41. Tu non sai il perché questa volta siamo stati serviti così parcamente; Io però lo so.

42. Perciò ti dico: va di là e ritira il tuo giudizio, e Giacomo poi ti farà sapere la ragione di questo cattivo pasto!”

43. Qui Giuseppe andò a chiamare i quattro figli, perché ammettessero davanti a lui il loro sbaglio ed egli poi li perdonasse.

 

 

237° Capitolo

Umile e affettuoso discorso dei quattro fratelli al Piccino che

prima avevano offeso. La Sua divina risposta ai fratelli.

21 giugno 1844

1. E i quattro figli di Giuseppe vennero subito nella sala da pranzo di Giuseppe, là caddero anche subito in ginocchio, ammisero la loro colpa e poi chiesero perdono al vecchio padre Giuseppe.

2. Giuseppe allora li perdonò e ritirò la sua condanna.

3. Poi però egli disse ai quattro: “Io vi ho bensì perdonato;

4. però fui anche quello meno offeso da voi nella questione.

5. Ma qui c’è il Piccino del quale mi diceste, con mia somma indignazione,

6. che era tutto viziato e che perciò talvolta era pieno di capricci, e allora niente era buono e giusto abbastanza per Lui.

7. Con ciò L’avete oltraggiato molto gravemente!

8. Andate e chiedete perdono principalmente a Lui, se no potrebbe andarvi male!”

9. Allora i quattro andarono davanti al Piccino e dissero davanti a Lui:

10. “O caro Fratellino nostro! Vedi, Ti abbiamo oltraggiato ingiustamente davanti a nostro padre,

11. e così lo abbiamo fatto adirare molto gravemente, tanto che fu costretto quasi a maledirci.

12. Abbiamo peccato assai gravemente verso di Te e il buon padre Giuseppe.

13. O caro Fratellino, potrai mai perdonarci un tale nostro grave peccato? - Ci eleverai di nuovo a Tuoi fratelli?”

14. Qui il Piccino sorrise ai quattro supplicanti in modo davvero molto amichevole, spalancò le sue tenere braccia e disse con le lacrime nei Suoi divini occhi:

15. “Oh, alzatevi, Miei cari fratelli, e venite qui, affinché Io vi baci e benedica!

16. Poiché in verità, chi viene a Me così come voi, deve essere perdonato, anche se di peccati ne avesse più di quanta è la sabbia nel mare e l’erba sulla terra!

17. In verità, in verità! Prima ancora che questa Terra fosse formata, avevo già visto in voi questo peccato, e ve l’ho già anche perdonato, molto, molto prima che voi ancora foste!

18. O miei cari fratelli, non siate dunque impauriti per causa Mia; infatti a voi tutti Io voglio così tanto bene, che proprio per amor vostro un giorno morirò nel corpo!

19. Perciò non abbiate dunque paura di Me; poiché in verità, se anche Mi aveste maledetto, tuttavia Io non vi avrei condannati, ma avrei pianto per la durezza dei vostri cuori!

20. Venite qui dunque, Miei cari fratelli, affinché Io vi benedica perché Mi avete un po’ oltraggiato!”

21. Questa infinita bontà del Piccino spezzò il cuore ai quattro, tanto che piansero come bambini piccoli.

22. Anche gli altri commensali furono tanto commossi che non poterono trattenersi dal piangere.

23. Ma il Piccino si alzò, andò Egli stesso dai quattro, e li benedisse e li baciò, e disse poi a loro:

24. “Ora, cari fratelli, lo comprenderete bene dunque, che vi ho tutto perdonato!?

25. Però vi prego: andate ora in cucina e portate a noi tutti un pesce migliore!

26. Poiché davvero, ho ancora molta fame, e pur tuttavia non posso mangiare il pesce che prima avete preparato per noi!”.

27. Qui i quattro subito si alzarono, baciarono il buonissimo Piccino, e poi più che commossi si affrettarono in cucina, e prepararono in brevissimo tempo un pesce eccellente per la tavola di Giuseppe.

 

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238° Capitolo

Il pranzo nella sua corrispondenza simbolica.

Le fasi delle condizioni spirituali sulla Terra:

1° in generale; 2° l’Ebraismo; 3° la Chiesa greca; 4° la Chiesa romana; 5° le sette cristiane.

22 giugno 1844

1. Quando il pesce ben preparato arrivò sulla tavola di Giuseppe e tutti se ne appagarono,

2. e quando anche il pranzo fu terminato, Giuseppe chiese a Giacomo se non sapesse dunque indicargli una ragione forse molto profetica di questo pasto, prima magro e cattivo, ed ora alla fine davvero molto gustoso.

3. E Giacomo disse, con la più grande umiltà e modestia:

4. “Oh sì, caro padre Giuseppe, per quanto il Signore me lo darà, altrettanto voglio annunciartelo fedelmente, ciò che significa questo pasto.

5. E così ti prego dunque che tu mi voglia molto fedelmente ascoltare!”

6. Tutti ora rivolsero la loro attenzione alla bocca di Giacomo, e questi cominciò a parlare così:

7. “Il pasto magro e cattivo indica quel tempo futuro in cui la Parola del Signore sarà deformata.

8. Allora i Suoi servi tratterranno per sé la parte migliore, e alle loro comunità daranno in pasto le vinacce, come i pagani ai loro maiali.

9. Gli ebrei saranno simili alle scille marine arrostite;

10. infatti sebbene esse siano una radice che cresce rigogliosamente nel mare della divina Grazia, ed ora viene completamente arrostita al fuoco del divino Amore,

11. pur tuttavia si troverà come un cibo scadente e una pietanza sommamente magra alla tavola del Signore, e nessuno stenderà la mano per prenderla.

12. L’insipida pappa di latte saranno i greci. Questi manterranno maggiormente ancora autentica la Parola del Signore!

13. Ma poiché solo esternamente vi conformeranno la loro vita, e non interiormente, così saranno tiepidi e insipidi e senza gusto come questa pappa, la quale è ben vero che contiene pure in sé i migliori succhi vitali, ma poiché è fredda e non è stata sufficientemente ben cotta, così fa anche una brutta figura sulla tavola del Signore! -

14. Infatti non ha un buon profumo e perciò, essendo ancora completamente cruda, neanche un buon sapore per il palato del Signore.

15. Il melone è Roma. Questo frutto cresce su uno stelo strisciante e che si attorciglia da tutte le parti,

16. e sul quale spuntano molti fiori infecondi; solo a pochi invece segue un frutto.

17. E quando il frutto è già comparso e giunge a maturazione, avrebbe bensì un profumo molto intenso,

18. se però lo si taglia e si assaggia la polpa interna, subito ci si accorge che il sapore è di molto inferiore al profumo.

19. Se uno non vi aggiunge del miele saporito, dopo aver assaggiato un tal frutto sta male da vomitare,

20. sì, con un frutto simile si può ingoiare molto facilmente la propria morte!

21. Così andranno anche le cose riguardo a Roma per molto tempo, e molti con questo cibo ingoieranno la propria morte! - E pure questo frutto si troverà come cattiva pietanza sulla tavola del Signore, e non sarà toccato da Lui!

22. Quindi ci sono qui ancora burro, pane e un po’ di miele e alcuni magri pesci.

23. Questi cibi sono sì un po’ migliori, e sono molto separati dagli altri, e certo hanno ancora un buon aspetto;

24. però non c’è neanche calore in essi, e non tutti li ha ancora toccati il condimento principale del fuoco, perciò stanno anche qui sulla tavola del Signore e non vengono lodati.

25. I pesci furono sì al fuoco; ma avevano poco grasso, perciò sono secchi come paglia, e il Signore non può gustare nemmeno questi.

26. Con questi cibi sono da intendersi certe sette che si staccheranno dalle prime ed avranno sì fede;

27. ma non si troverà amore in esse, o solo molto poco, e perciò anch’esse non saranno gradevoli davanti al Signore! --

28. Questo è in breve il significato del pasto. Tutto quello che ho ricevuto, l’ho fatto sapere; ma di più non ricevo, perciò ora taccio”. - Questa spiegazione fece sì molta impressione, però nessuno la comprese.

 

 

239° Capitolo

L’ultimo buon pesce significa l’Amore del Signore e la Sua grande Grazia in questo ultimo tempo.

Giacomo conclude citando Isaia.

25 giugno 1844

1. Ma Giuseppe disse poi a Giacomo: “Tu hai parlato molto sapientemente nel senso più pieno del termine, in nome del Signore, sebbene io, anzi tutti noi non siamo ancora in grado di capire quello che hai detto.

2. Ma poiché nonostante ciò riconosco in te la Sapienza di Dio,

3. e noi tutti alla fine abbiamo avuto sulla nostra tavola un pesce magnifico e assolutamente squisito,

4. vorrei dunque che mi venisse spiegato da te anche questo: ciò che alla fine questo nobile buon pesce stia a significare.

5. Sicuramente il Signore ti rivelerà anche qui quello che è bene,

6. dato che prima ti ha rivelato ciò che è e sarà male per il mondo intero!”

7. E Giacomo disse allora: “Caro padre Giuseppe, questo non dipende certo da Me, bensì solamente dal Signore.

8. Io sono solo un inetto strumento del Signore, e posso parlare soltanto quando il Signore mi scioglie la lingua.

9. Perciò non pretendere da me quello che non ho e perciò neppure posso darti,

10. bensì rivolgiti per questa cosa al Signore; se Egli me la darà, allora anche tu la riceverai anche subito, così completamente integra!”

11. Qui Giuseppe si rivolse subito segretamente al Piccino e disse:

12. “Mio Gesù, fammi sapere anche il significato del buon pesce!”

13. Ma il Piccino disse: “Giuseppe, vedi pure che non ho ancora finito del tutto il Mio pesce; aspetta dunque ancora solo un poco!

14. Anche a Cirenio manca ancora molto, prima di finire il suo pranzo; perciò abbiamo ancora una mezz’ora di tempo,

15. e in questo tempo si possono ancora concludere, consigliare e stabilire moltissime cose”.

16. Poi però il Piccino si rivolse a Giacomo e gli disse:

17. “Giacomo, intanto che Io mangerò questo Mio pezzetto di pesce, puoi dire ugualmente bene quello che ti viene sulla bocca”.

18. Poi il Piccino riprese a mangiare il Suo pesce e Giacomo cominciò subito a dire così:

19. “Quest’ultimo buon pesce significa l’Amore del Signore e la Sua grande Grazia, che Egli farà pervenire agli uomini nei tempi in cui tutto si troverà sopra gli abissi dell’eterna morte.

20. Ma prima i cuochi avranno da passare un notevole giudizio!

21. Solo dopo un tale giudizio arriverà quel tempo di cui già aveva profetizzato il profeta Isaia[6].

22. E questo tempo rimarrà poi sulla Terra e non le sarà tolto in seguito, e allora la Terra diverrà una cosa sola col sole,

23. e i suoi abitanti abiteranno i grandi campi di luce del sole, e come quello essi splenderanno.

24. E il Signore soltanto sarà Signore, e sarà Egli stesso un Pastore, e tutti gli splendenti abitanti saranno un solo gregge!

25. E così la Terra sussisterà eternamente, e i suoi abitanti eternamente, e il Signore sarà eternamente fra loro - un Padre per i Suoi figli dall’eternità!

26. Allora non ci sarà più la morte; chi vivrà allora, vivrà eternamente, e non vedrà mai la morte! Amen”.

27. Qui Giacomo tace di nuovo. Ma l’intera compagnia ammutolì completamente per l’ammirazione della grande sapienza di Giacomo; solo il Piccino disse alla fine: “E così anch’Io ho finito il pesce; perciò anche qua: amen!”.

 

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240° Capitolo

Gli ospiti prestano attenzione al Piccino e domandano di Lui a  Cirenio.

Giudizio degli ostracini su Giuseppe e la sua famiglia.

26 giugno 1844

1. Poco dopo la compagnia si alzò da tavola e ringraziò Dio tanto per il nutrimento materiale, quanto per quello spirituale, e la maggior parte si recò poi fuori all’aperto.

2. Solo Giuseppe, Maria e il Piccino con Giacomo si recarono nella grande sala da pranzo, dove Cirenio si trovava ancora a tavola con i suoi ospiti.

3. Egli diede il più cordiale benvenuto ai suoi carissimi amici, e voleva subito alzarsi e far loro posto.

4. Ma il Piccino disse: “Oh, rimani, Mio carissimo Cirenio, rimani dove sei!

5. Io sono già contento se ho il giusto posto solo nel tuo cuore!

6. Per quanto riguarda questo posto a tavola, non Me ne importa nulla!

7. Ora però Io vado all’aperto con i Miei; quando avrai finito il pranzo, allora seguiMi!”

8. Poi il Piccino corse fuori velocemente col Suo Giacomo, e là si divertì con lui e con gli altri bambini.

9. Ma alcuni fra gli ospiti dalla città si accorsero di questo discorrere molto giudizioso e tutto confidenziale del Piccino con Cirenio,

10. e domandarono che età potesse mai avere questo Piccino,

11. dato che parlava già come una persona adulta e sembrava essere molto in confidenza con il governatore.

12. Ma Cirenio disse: “Che ve ne importa, se io sono un grande amico dei bambini?

13. Che questo Piccino è molto ricco d’ingegno, lo avete visto tutti!

14. Come però sia giunto a una tale chiarezza d’intelletto, ad appena due anni e mezzo di età,

15. di ciò informatevi dai Suoi genitori, essi saranno certo in grado di darvene la migliore spiegazione!

16. Mi sorprende dopo tutto che voi, i vicini più prossimi di questa casa, ancora non conosciate di più i suoi abitanti!”

17. Allora alcuni dissero: “Già, ma come possiamo anche conoscere di più questa famiglia?

18. Prima cosa, non va da nessuna parte, e seconda, abbiamo anche troppo poco tempo, per visitare questa strana famiglia ebrea, che dopo tutto non conosciamo affatto bene;

19. essa infatti ha un’apparenza così stranamente mistica, che non si sa proprio che cosa pensarne.

20. Per quanto ne abbiamo saputo da altre persone di bassissima condizione, questa famiglia è sì molto pacifica e fa molto del bene ai poveri;

21. ma ci sono alcuni che dicono di aver visto già di sovente questa casa come in vivissime fiamme, le quali però si spensero di nuovo tra un ‘sì’ e un ‘no’, - e parecchie altre cose del genere.

22. Perciò noi non abbiamo nemmeno il coraggio di visitare questa famiglia;

23. poiché il vecchio è e rimane un primario incantatore ebreo,

24. e con persone del genere non è bene entrare in una qualche società!”

25. Qui Cirenio rise e disse: “Ebbene - se è così - restate pure del vostro parere; poiché allora questa casa è al sicuro da voi!”. - Ma gli ospiti guardarono Cirenio con tanto d’occhi e non sapevano che pensare.

 

 

241° Capitolo

La malevola decisione degli ospiti gelosi.

Il grande incendio a Ostracine.

24 giugno 1844

1. Ma un notabile della città di Ostracine domandò che cosa intendesse con questo il governatore:

2. “Perché mai questa casa dovrebbe essere al sicuro, per il fatto che, forse erroneamente, si ritiene questo vecchio ebreo un provetto incantatore?”

3. E Cirenio disse: “Perché il debole uomo non può nulla, là dove la Forza della originaria eterna Divinità stende la Sua mano protettrice.

4. Ma questa casa sta, come nessun’altra sulla vasta Terra, sotto la potentissima protezione di tale Divinità, - dunque essa è anche invincibile!

5. Mettete le mani su questa casa con cattiva intenzione, e saprete subito che tempo è per lei!”

6. Qui tutti gli ospiti dalla città rimasero sorpresi e dissero fra di loro:

7. “Il governatore vuol solo spaventarci perché non ha con sé la milizia armata.

8. Se noi però mettessimo sul serio le mani su questa casa e sul suo corpo, di sicuro parlerebbe presto diversamente!

9. Alziamoci dunque da tavola e andiamo in città, e ritorniamocene poi qui verso sera con una forte milizia armata,

10. e allora vedremo subito se il governatore parlerà ancora così!”

11. Poi l’intera compagnia si alzò presto da tavola e si recò all’aperto.

12. Qui giunti, i cittadini e il comandante e il capitano cominciarono ad accomiatarsi da Cirenio, e si misero poi in cammino per la città.

13. Ma Giuseppe si avvicinò a quelli che volevano andarsene e disse loro:

14. “Perché volete già andarvene ora, mentre il sole splenderà ancora per un’ora buona?

15. Restate qui fino a sera, e poi accompagneremo tutti Cirenio fino alla sua nave, come si conviene;

16. poiché egli parte questa notte stessa per Tiro, e perciò oggi stesso allestirà anche la sua nave e vi s’imbarcherà”.

17. Ma gli interpellati si scusarono e dissero: “Abbiamo da sbrigare un affare importantissimo oggi stesso, perciò scusaci tu col tuo intimissimo amico!”

18. Qui arrivò il Piccino di corsa e disse a Giuseppe:

19. “Lasciali pur andare in città, poiché il loro affare è di un genere che servirà alla Mia glorificazione!”

20. Qui Giuseppe lasciò dunque partire gli ospiti cittadini e andò col Piccino da Cirenio, e gli raccontò come questi si fossero scusati, e ciò che il Piccino aveva detto.

21. E Cirenio disse: “O mio eccellentissimo fratello, conosco questa gente!

22. Essi sono gelosi e non sanno più contenersi dal tanto fiele, perché io ho visitato la tua casa e ho lasciato loro in disparte;

23. tuttavia sono molto tranquillo per te; so bene infatti, sotto la protezione di Chi ti trovi!”

24. E il Piccino disse: “Oh, l’arida via dovrà diventare cocente per loro!


25. Essi vogliono distruggere oggi stesso la nostra casa, e col fuoco!

26. Ma non dovranno trovarne il tempo, poiché avranno subito abbastanza da fare a casa loro!”.

27- Il Piccino quasi non aveva ancora terminato di dire tali parole, che già mezza città era in fiamme, - e nessuno pensò più a distruggere la casa di Giuseppe.

 

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242° Capitolo

Cirenio preoccupato per le vittime dell’incendio.

“Chi scava una fossa agli altri vi cade dentro”.

Dio è per tutti “il Giudice più giusto”.

28 giugno 1844

1. Ma tutti si spaventarono quando, d’un tratto, videro innalzarsi nell’aria l’enorme massa di fumo e fiamme.

2. E Cirenio domandò a Giuseppe se non si dovesse correre in aiuto di quelle persone tanto gravemente colpite.

3. Ma Giuseppe disse: “Ritengo che faremo bene a lasciar stare!

4. Poiché il fuoco non possiamo comunque arrestarlo con le nostre forze umane naturali;

5. ma per quanto riguarda quelli che così sono caduti in miseria, ci troveranno anche abbastanza presto e al momento giusto.

6. Perciò ora stiamocene pure qui in tutta tranquillità; chi ha bisogno, costui verrà pure lui!”

7. E il Piccino lì accanto disse a Giuseppe: “Caro Giuseppe! Vedi, questo renderà anche notevolmente più leggera la tua cassa di oro e di argento!

8. Anche tu, Cirenio, oggi stesso prima della tua partenza sarai più leggero di alcune libbre di oro e di argento;

9. poiché quelli che erano qui e che in segreto hanno minacciato di distruggere la nostra casa, ritorneranno presto da amici davvero molto sottomessi e ti chiederanno un aiuto.

10. Perciò ora preparati pure a questo! Non pensare però che sia stato magari Io con la Mia Potenza, ad appiccare il fuoco alle loro case;

11. poiché cose simili Io non le faccio; e qualsiasi vendetta è lontana da Me!

12. A te però lo dico: questo lo ha fatto la loro servitù;

13. essa aveva già infatti un vecchio rancore verso i padroni, perché era trattata con troppa avarizia e durezza.

14. Oggi la servitù trovò il momento propizio per vendicarsi dei suoi padroni,

15. appiccando il fuoco a tutti i loro palazzi.

16. E così, senza il Mio intervento, questi signori del mondo sono caduti ora proprio in quella fossa che avevano in mente di aver fatto per noi!”

17. Quando Cirenio ebbe sentito questo dal Piccino, Gli domandò prontamente se non si dovesse inseguire quella malvagia servitù.

18. E il Piccino disse: “Oh, lascia stare! Infatti in primo luogo hanno fatto un’opera utile per i loro padroni duri di cuore,

19. in secondo luogo sono già da molto tempo col tesoro rubato oltre monti e valli, -

20. e in terzo luogo non sfuggiranno alla meritata punizione, avendo fatto questo di loro propria iniziativa per malvagia vendetta!

21. Perciò la nostra preoccupazione sia prima rivolta a coloro che avranno bisogno qua del nostro aiuto!

22. Ma per quanto concerne gli incendiari, per loro è già stato provveduto.

23. Poiché vedi, Dio li vede dappertutto e conosce esattamente la loro via!

24. Egli perciò può anche afferrarli dappertutto, ovunque si possano trovare.

25. Dio è per tutti anche un giustissimo Giudice, perciò saprà dar loro anche la giusta paga per la loro azione!”

26. Qui sopraggiunse Maria tutta impaurita, e mostrò a Giuseppe una grande schiera di guerrieri armati, che si muovevano a passi veloci verso la villa.

27. Ma il Piccino disse: “Oh, non abbiate paura; questa è la scorta per Cirenio, che ora il comandante manda dalla città a vostra protezione!

28. Presto però le farà anche seguito una quantità di cittadini.

29. Perciò ora qui sia provveduto solamente per la loro sistemazione; tutto il resto verrà da sé!”.

30. E come il Piccino ebbe detto questo, così anche fu: Cirenio ebbe la scorta, e ad essa seguirono presto una quantità di reduci dall’incendio.

 

 

243° Capitolo

Prima della caduta viene la superbia. Giuseppe tratta nobilmente gli scampati.

Magnanimità di Cirenio verso le vittime. Cirenio va da Gionata.

1 luglio 1844

1. Quando i danneggiati giunsero presso la casa di Giuseppe, fu proprio Giuseppe a riconoscerli presto come gli stessi signori, che prima erano stati suoi ospiti, e domandò loro:

2. “Ebbene - miei rispettabilissimi signori, che ne è del vostro importante affare, per cui prima siete corsi via così in fretta?

3. Consisteva nel fatto, che avete incendiato la vostra città?

4. O consisteva forse in tutt’altra cosa, che per me deve restare un segreto?”

5. Ma i danneggiati dissero: “Caro amico dell’umanità! Non tentare noi miseri; poiché vedi bene che ora noi siamo i più sciagurati mendicanti!

6. Se invece puoi soccorrerci in qualche modo, fallo, e per tutta la nostra vita vogliamo essere i tuoi servi personali!”

7. Ma Giuseppe disse: “Soltanto i potenti patrizi di Roma s’intendono di schiavi e di servi personali;

8. io invece m’intendo solo di fratelli, che sono sempre uguali ai miei fratelli - come da signori, così anche da mendicanti.

9. Perciò vi soccorrerò anche secondo le mie forze.

10. Ma quando starete di nuovo stabilmente sul vostro suolo, allora non prefiggetevi più una faccenda simile a quella che sarebbe dovuta essere la vostra di oggi!

11. Poiché come ora fa male a voi, che i vostri servitori e schiavi vi abbiano così vergognosamente derubati e abbiano incendiato le vostre case,

12. altrettanto e ancora di più ciò avrebbe fatto male a me, se mi aveste fatto una cosa del genere!”

13. Qui Giuseppe andò da Cirenio e gli chiese che cosa si dovesse dare intanto a quegli infelici.

14. E Cirenio disse: “Aspetta solo un po’! I miei portatori, che ho mandato sulla nave per la mia cassa, saranno presto qua!

15. Solo quando sarò in possesso della mia cassa più grande, allora vedremo bene quanto dovrà toccare a ciascuno di quelli che sono già qui e che ancora verranno!”

16. In meno di un’ora i messi portarono mille sacchetti di oro e argento.

17. Ogni sacchetto, contenente dieci libbre, era però un misto di due libbre d’oro e otto libbre d’argento.

18. Qui Cirenio disse a Giuseppe: “Questi sacchetti distribuiscili tu fra i danneggiati, così che a ciascuno tocchi un sacchetto!

19. Quelli che rimangono però serbali per gli altri, che ancora verranno!

20. Io però non voglio essere presente alla distribuzione, per non essere riconosciuto da tutto il popolo che arriverà qui!

21. Mi recherò ora invece con Gionata nella sua abitazione, e spero di vederti stasera”.

22. Giuseppe lo trovò giusto e s’incaricò subito con i suoi figli della distribuzione; e Cirenio s’allontanò di nascosto con tutto il suo seguito e con Gionata.

 

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PARTENZA DI CIRENIO E VISITA A GIONATA

 

244° Capitolo

Giuseppe mette in pratica l’amore verso il prossimo. Chi ha il Signore con sé ha tutto.

Visita serale a Gionata e cena da lui.

2 luglio 1844

1. Fino a due ore dopo il completo tramonto del sole, Giuseppe fu occupato nella distribuzione,

2. e intanto indicava anche ai senza tetto e senza nulla, dove potevano pernottare.

3. Infatti solo pochi osarono pernottare in città, in parte per il forte puzzo di bruciato,

4. in parte però anche per insicurezza, in quanto c’era sempre ancora da temere che il fuoco si propagasse velocemente a questa o quell’altra casa ancora intatta.

5. Quando Giuseppe ebbe dunque terminato il suo compito, chiese in tutta segretezza al Piccino, se lasciare ora la casa e recarsi da Gionata sarebbe stata una cosa sicura.

6. E il Piccino disse: “Che t’importa della casa e del suo contenuto?

7. Non appartiene poi a noi, ma a colui che l’ha comprata, così come il suo contenuto, che è pure del compratore.

8. Perciò andiamo pure da Gionata, che sicuramente tiene pronto per noi un buon pesce!”

9. E Giuseppe disse: “Tu hai ben ragione indubbiamente;

10. ma rifletti che noi abbiamo una cassa piena d’oro e d’argento, e abbiamo mucche, capre ed asini!

11. Non potrebbe ciò diventare bottino di questi ormai moltissimi ospiti?”

12. E il Piccino disse: “Giuseppe, questo adesso è troppo difficile per Me;

13. Parlane con Giacomo, egli capisce queste cose ora meglio di Me!” -

14. E Giuseppe fece subito a Giacomo la stessa domanda.

15. E Giacomo disse: “Padre! - Quand’anche perdessimo tutto, ma ci rimanesse il Signore, che cosa mai avremmo perduto? -

16. Il Signore però viene con noi da Gionata; che dobbiamo temere di perdere allora qui, in casa del governatore?!

17. Lasciati rubare la Terra intera e tieni il Signore, allora hai più che se tutti i Cieli e tutte le Terre fossero di tua pienissima proprietà e a tua disposizione!

18. E così, uomo onestissimo, va’ senza timore e preoccupazione da Gionata col Signore, e ti convincerai che non perderemo nulla!”

19. Queste parole del Signore per bocca di Giacomo tranquillizzarono Giuseppe così tanto, che egli partì all’istante con tutto il suo parentado e si recò da Gionata.

20. Là tutti già aspettavano nella più nostalgica attesa l’arrivo di Giuseppe.

21. E quando lo scorsero, gli corsero incontro come i figli al proprio padre, e fra questi si trovava anche Cirenio.

22. E quando Giuseppe con tale scorta entrò con i suoi in casa di Gionata, questi fece subito portare in tavola i pesci ben preparati, e tutti fecero la loro cena.

 

 

245° Capitolo

Cirenio fa allestire la nave per la partenza. Giacomo gli ricorda il mappamondo.

Consiglio di Giuseppe a Cirenio: agisci liberamente - secondo la Volontà del Signore!

Cirenio prende con sé i suoi tre ragazzi.

3 luglio 1844

1. Dopo questa cena, Cirenio ordinò ai suoi marinai di allestire la nave.

2. E questi andarono, e in breve tempo misero tutto in perfetto ordine sulla nave.

3. Ma anche Giacomo si avvicinò a Cirenio e gli chiese se nella fretta non avesse dimenticato il meraviglioso globo terrestre, di cui il Piccino gli aveva fatto dono un paio di giorni prima.

4. A questa domanda Cirenio si prese letteralmente per i capelli, e voleva correre subito lui stesso a rimediare.

5. Ma Giacomo disse: “O Cirenio, non te ne affliggere;

6. perché a quello che hai dimenticato, ho già pensato io!

7. Vedi, qui in quest’angolo, in un panno, si trova il globo terrestre, e perciò non hai più bisogno di correre alla nostra abitazione!”

8. Allora Cirenio fu pieno di gioia; egli stesso prese il prezioso oggetto e lo portò sulla nave, e lì lo consegnò al capitano della nave perché fosse ben custodito.

9. Quando anche questa faccenda fu conclusa, Cirenio andò da Giuseppe e gli disse:

10. “Mio eccellentissimo amico e fratello, ascoltami ora benignamente; poiché mi è venuta ora una buona idea, e deve essere realizzata!

11. Vedi, tu hai ora in casa tua una quantità di persone, e alcune rimarranno con te!

12. I miei figli tuttavia ti danno più o meno delle preoccupazioni e qualche fastidio e, come ho notato io stesso, specialmente poi i tre ragazzi.

13. Perciò ho deciso ora tra me di prendermi per lo meno appunto i tre ragazzi e di lasciare a te solo le cinque bambine”.

14. E Giuseppe disse: “Carissimo fratello, fa’ ciò che ti sembra meglio, e a me andrà tutto bene!

15. Però fa’ tutto questo secondo il consiglio del Signore, così sarà fatto per il meglio!

16. Perciò anche qui interroga il Signore, e quello che Egli ti dirà, fallo!”

17. Qui Cirenio si rivolse subito al Piccino col più grande amore e la più grande venerazione, e Lo interrogò secondo il consiglio di Giuseppe.

18. E il Piccino disse: “Sì, sì, prendi pure con te i tre ragazzi veramente discoli; questo Mi va bene!

19. Sisto sì Mi andrebbe ancora bene, ma anch’egli non è sempre lo stesso e non vuole esserMi accondiscendente in nulla.

20. Perciò prendi pure con te anche lui e sii davvero molto severo con loro, altrimenti diventeranno veri figli del mondo!

21. Le bambine invece lasciale pure qui; a loro infatti voglio molto più bene, perché anch’esse Mi vogliono più bene dei ragazzi!

22. Però non è perché sono bambine che voglio loro più bene, bensì solo per il loro più grande amore per Me”.

23. A questa asserzione del Piccino, Cirenio prese i tre ragazzi e ringraziò il Piccino per questo eccellente consiglio, e li fece poi anche subito condurre sulla nave.

 

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246° Capitolo

Cirenio chiede la benedizione. Divina risposta del Piccino. Preghiera di congedo di Cirenio.

Il Piccino benedice i partenti e li tranquillizza con le parole: “Dov’è il vostro cuore, là è anche il vostro tesoro”.

4 luglio 1844

1. Quando la nave fu completamente pronta per la partenza, Cirenio si avvicinò al Piccino, s’inginocchiò davanti a Lui e Lo pregò di dargli la benedizione con le seguenti parole:

2. “O Signore, Tu mio grande Dio, mio Creatore, mio Padre dall’eternità,

3. Tu che per Tua eterna deliberazione cammini ora qui, su questa polvere che noi chiamiamo Terra e mondo, nelle nostre sembianze come un debole figlio degli uomini,

4. Tu Signore mio onnipotente, al Cui più lieve cenno tremano tutte le potenze dell’immensità,

5. Oh, guarda benigno a me, miserrimo verme, nella polvere della mia totale nullità davanti a Te,

6. e degna me, indegnissimo verme nella polvere davanti a Te, Tu Santo di ogni santità, della Tua benedizione infinitamente santa!

7. O Tu Vita mia, fa’ che il Tuo Nome santissimo sia tutta la mia forza, potenza e vigore!

8. O Tu mio Gesù amato più che ogni altra cosa, Tu originario Re del mio cuore, guarda benigno e misericordioso a me povero, debole peccatore, e concedi che io cresca sempre più nell’amore per Te!

9. Accetta, o mio Gesù amatissimo in eterno, il mio amore, quale piccolo debole ringraziamento per le infinite grazie e misericordie, che mi concedi ad ogni respiro!”

10. Qui a Cirenio si strinse il cuore per l’amore, ed egli non poté più parlare per il tanto piangere.

11. Ma il Piccino saltò al collo di Cirenio, lo abbracciò e lo baciò molte volte e poi gli disse:

12. “Oh, non piangere, Mio carissimo Cirenio; lo vedi pure infatti, come ti voglio bene!

13. Ma in questo Mio Amore per te e a te, è già anche la Mia più grande benedizione!

14. Io ti dico: se tu rimani come sei, allora resti eternamente Mio, e la tua anima non dovrà mai sentire né assaggiare la morte!

15. Ma come tu ora Mi hai pregato di darti questa benedizione, così anch’Io ti prego di non tradire la Mia presenza a nessuno.

16. E ti prego non per Me ma per il mondo;

17. poiché esso cadrebbe subito nella morte, se Mi riconoscesse prima del tempo!”

18. Dopo queste parole il Piccino abbracciò ancora una volta Cirenio e gli diede tanti bacetti.

19. Allora Cirenio spalancò le braccia e disse con la voce più commossa:

20. “O Dio! O Tu mio Dio! O Tu mio grande Dio! Che cosa sono io mai, che Tu mi baci con la Tua bocca, dalla quale scaturì tutto il Creato?

21. O voi cieli splendenti e tu Terra, e voi forze dei cieli! Vedete, vedete qua!

22. Colui che ha creato voi e me, è qui davanti a me e mi benedice con la Sua mano onnipotente!

23. Quando, quando lo comprenderai, o Terra, - comprenderai tale grandezza della Grazia di questo tempo, in cui i piedi del tuo eterno Creatore e Signore calcano il tuo suolo?!

24. O tu suolo santissimo che porti il Signore, riconoscerai mai un giorno con somma gratitudine, la grandezza di una Grazia simile, mortificando te stessa nell’umiltà?

25. O luogo santo, quanto mi è difficile lasciarti!”

26. Qui il Piccino rialzò letteralmente Cirenio e non lasciò che s’inginocchiasse di nuovo.

27. Poi però vennero anche Tullia e Maronio Pilla, e il Piccino li benedisse tutti, e tutti piangevano per dover ora di nuovo separarsi.

28. Ma il Piccino disse: “Oh, Oh, eppure non ci separiamo! - Poiché dov’è il vostro cuore, là sarà anche il suo tesoro!”.

29. Con questo essi si tranquillizzarono e si alzarono dal suolo.

 

 

247° Capitolo

Giuseppe benedice Cirenio. Parole di Gesù a Cirenio: “Noi che siamo diventati una cosa sola nell'amore ci saremo sempre presenti, nello Spirito in eterno!”.

Partenza di Cirenio. Giuseppe pernotta da Gionata.

5 luglio 1844

1. Poi Giuseppe si avvicinò a Cirenio e benedisse lui e tutta la sua casa.

2. Anche Maria si avvicinò ugualmente a Cirenio e benedisse Tullia e le sue compagne.

3. E Giuseppe disse poi a Cirenio: “Fratello, con questa mia benedizione ti esprimo anche il desiderio del mio cuore, che consiste in questo:

4. lascia del tutto a me le cinque bambine, perché in me abbiano a trovare pienamente il loro padre!

5. Tu infatti avrai comunque altri figli tuoi, che più tardi difficilmente andrebbero d’accordo con queste.

6. Presso di me invece non ne sorgerà mai una disarmonia; la ragione ora la conosci bene quanto me”.

7. E Cirenio acconsentì volentieri al desiderio di Giuseppe, e gli affidò le cinque bambine come sue a pieno titolo, per cui Giuseppe ne ebbe una grande gioia;

8. egli infatti voleva bene alle bambine, perché erano così studiose e molto ubbidienti, e crescevano bene ed erano di leggiadro aspetto.

9. Dopo questo accordo, Cirenio abbracciò Giuseppe e disse:

10. “Fratello, se sarà la Volontà del Signore, spero di rivederti presto”.

11. E il Piccino, che stava lì accanto a Giuseppe, disse: “Amen, dico Io! - Se non qui, certamente nel Mio Regno!

12. Poiché Io ti dico: non ci tratterremo più molto tempo in questo Paese, perché siamo già troppo noti.

13. Ma quando partiremo da qui, ci ritireremo in un luogo appartato, perché nessun uomo venga giudicato!

14. Tuttavia - noi divenuti uno nell’amore, ci saremo sempre presenti, in spirito eternamente!

15. Dove sarà il tuo tesoro, là sarai anche tu col tuo cuore, nel quale dimora il tesoro principale.

16. Se Io sono diventato per te un tesoro prezioso nel tuo cuore, - in verità, non dovrai mai più essere privato di Me in eterno;

17. poiché dove Io dimoro nell’amore, là sono proprio veramente a casa Mia, e non Me ne vado mai più in eterno - da tale dimora!

18. Perciò lasciami dimorare continuamente nel tuo cuore, ed Io per te non dimorerò nel nascondimento!

19. Poiché solo ed esclusivamente l’amore può sopportare la Mia presenza, come un fuoco l’altro.

20. Tutto ciò che invece non è fuoco, dal fuoco viene distrutto e consumato.

21. Per questo anch’Io Mi ritiro davanti al mondo, perché il Mio Fuoco non lo afferri e non lo distrugga!

22. Non domandare però mai: ‘Signore, dove sei?’ - Allora non ti dirò: ‘Sono qui!’; -

23. bensì chiedi coscienziosamente al tuo cuore se Mi ama, ed Io nel tuo cuore che Mi ama, ti griderò:

24. Qui Io sono a casa in tutta la pienezza del Mio Amore, della Grazia e della Misericordia!

25. Ora sali tranquillamente sulla tua nave, e un buon vento ti porterà a Tiro! Amen”.

26. Qui il governatore Cirenio si congedò da Giuseppe per l’ultima volta in Egitto, e salì sulla sua nave.

27. E subito venne un buon vento, che trasportò via velocemente la nave.

28. Ma Giuseppe poi si recò con la sua famiglia a casa di Gionata e quella notte restò da lui.

 

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248° Capitolo

Giuseppe e Gionata usciti per la pesca

scorgono una nave romana in pericolo e la salvano.

8 luglio 1844

1. La mattina del giorno seguente, Giuseppe come al solito fu in piedi per primo e svegliò poco dopo anche la sua famiglia.

2. Ma Gionata, il quale pure usciva allora dalla sua stanza, per vedere che giornata sarebbe stata per il suo lavoro, disse a Giuseppe:

3. “Ma caro amico e fratello! Che fai dunque alzato già così presto, e costringi anche i tuoi ad alzarsi?

4. Non devi dunque aspettare piuttosto il Signore, finché Questi si desti dal sonno?

5. Non sarebbe quello appunto il momento migliore per alzarsi al mattino di un giorno?!

6. Perciò ti prego, lascia riposare per lo meno la tua famiglia ancora per un paio d’ore!

7. Tu invece vieni con me e con la mia gente su una navicella, e faremo una pescata mattutina!”

8. Questa proposta piacque al vecchio Giuseppe, ed egli lasciò riposare ancora la sua famiglia, e salì subito con Gionata su una grande barca da pesca.

9. Gli aiutanti di Gionata nella pesca sistemarono le reti e si misero poi vigorosamente ai remi,

10. e in un’ora i pescatori mattutini si trovarono già sul posto dove c’era più abbondanza di pesci.

11. Ma quando ebbero raggiunto questa posizione sempre favorevole per la pesca, e il sole era prossimo a spuntare,

12. Gionata notò che a circa un’ora di distanza si trovava una nave romana, e non sapeva che cosa dovesse esattamente farne!

13. Egli disse perciò a Giuseppe: “Fratello, conosco il mare là;

14. è poco profondo e pieno di banchi di sabbia, ed è molto facile che un navigatore di Roma vi si possa essere incagliato.

15. Dovremmo perciò corrergli urgentemente in aiuto!?”

16. E Giuseppe fu d’accordo; e subito si remò in quella direzione, e in una mezz’ora la nave fu raggiunta.

17. E vedi, era realmente una grande nave romana, che portava un inviato a Cirenio.

18. Questi fu subito accolto, ed egli pregò Gionata di fare ogni sforzo possibile perché la nave fosse salvata.

19. Allora Gionata afferrò subito la corda di rimorchio della grande nave, e fece poi remare vigorosamente sul suo grande battello.

20. E in meno di mezz’ora la grande nave fu disincagliata.

21. Dopo di che l’inviato romano ricompensò riccamente Gionata e veleggiò poi di nuovo verso oriente.

22. Ma Gionata ritornò poi a casa con oro e argento anziché i pesci, e per quella mattina lasciò stare la pesca.

 

 

249° Capitolo

Il Piccino si informa sul risultato della pesca.

Risposta al rimprovero di Giuseppe del Piccino affamato: “Io sono a casa Mia dappertutto, dove Mi si ama!”.

Ricca pesca a richiesta del Piccino.

9 luglio 1844

1. Quando, dopo circa tre ore, Gionata ritornò indietro con Giuseppe e con la sua pesca di oro e di argento, tutti quanti a casa sua erano già in piedi e guardavano verso la città ancora molto avvolta nel fumo.

2. Soltanto il Piccino corse con Giacomo incontro a Giuseppe e a Gionata, che si stavano avvicinando a riva.

3. E quando questi giunsero a riva, Egli salutò e baciò entrambi, e domandò a Gionata se avesse già preso tantissimi pesci.

4. Questi però, abbracciando lui pure il Piccino con grandissimo amore, disse:

5. “O Vita mia, Tu mio Amore! - Quanto ai pesci, è andata male oggi!

6. Però, di sicuro col Tuo onnipotente aiuto, ho salvato una nave romana arenata, che portava un inviato a Cirenio.

7. Allora caddero molti pesci d’oro e d’argento nella mia rete, e così per oggi ho lasciato stare la vera e propria pesca”.

8. E il Piccino disse: “Questo è giusto e va benissimo;

9. ma poiché oggi già Mi ero rallegrato per un pesce fresco, avrei preferito che tu, invece dei tuoi pesci d’oro e d’argento, avessi portato quelli veri!”

10. Ma Gionata disse: “O Vita mia, vedi, lungo la riva sono pur immerse una quantità di gabbie piene dei pesci migliori, ne tireremo fuori certo dei freschissimi!”

11. E il Piccino sorrise allora e disse: “Sì, se è così, allora puoi ovviamente tenere la tua pesca odierna d’oro e d’argento!

12. Ma Io ho già molta fame; ci vorrà molto tempo per preparare un pesce?”

13. E Gionata disse: “Oh no, Tu Vita mia, entro mezz’ora siamo già seduti a tavola!”

14. Ma Giuseppe disse al Piccino: “Ma sei proprio un vero mendicante!

15. Vedi, qui non siamo a casa; perciò neanche dobbiamo fare come se fossimo a casa!

16. Abbi solo pazienza, qualcosa arriverà pure; ma elemosinare così non sta certo bene in casa d’altri!”

17. Ma il Piccino disse: “Ehi, che c’è! Io sono a casa dappertutto, dove Mi si ama.

18. Ma dove Io sono a casa, là posso e Mi è lecito dire anche quello che vorrei!

19. Ma perché Gionata non debba svuotare le sue gabbie senza risarcimento,

20. getti una rete in mare, e dovrà fare subito una pesca sufficiente per noi tutti! - Gionata, fallo!”

21. Gionata gettò subito una grande rete in mare, e prese una quantità inaudita dei pesci più pregiati.

22. Poi il Piccino disse a Giuseppe: “Vedi, se questo è in Mio potere, Mi sarà pur lecito di pregare Gionata che Mi dia un buon pesce?”. - Qui Giuseppe tacque; Gionata però non stava più in sé dalla tanta gratitudine.

 

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LA SACRA FAMIGLIA NELLA CASA SVALIGIATA

 

250° Capitolo

Gionata accompagna Giuseppe che ritorna a casa. La casa viene trovata vuota e svaligiata.

Grande sdegno di Giuseppe. Memorabile senso del perdono spiegato dal Piccino.

10 luglio 1844

1. Gionata prese subito dieci dei pesci più belli e li consegnò al suo cuoco, perché li preparasse subito.

2. Egli invece aiutò i suoi inservienti a portare gli altri pesci in parte nei bariletti, e in parte nell’affumicatoio.

3. In un quarto d’ora i pesci furono pronti, e tutti i famigliari di Giuseppe si recarono a colazione.

4. Dopo che fu preso il pasto, era già anche quasi mezzogiorno, e Giuseppe disse:

5. “Ora però è proprio tempo di andare a casa!

6. E tu, fratello Gionata, mi accompagnerai e passerai questa giornata ancora da me!”

7. E Gionata disse pieno di gioia nel suo cuore:

8. “O fratello! - Questa è la cosa che faccio più volentieri di tutte; sai pure infatti che ti voglio bene infinitamente e sconfinatamente!”

9. Poi Gionata prese di nuovo tre grandi bariletti pieni dei pesci più pregiati, e con animo ultralieto si diresse alla villa con Giuseppe e la sua famiglia.

10. Quando giunsero di nuovo là, con non poco stupore non trovarono più nessuno dei danneggiati dall’incendio,

11. ma la casa era tutta vuota e aperta in tutte le sue stanze.

12. Giuseppe disse a quella vista della sua casa: “Questo non è un buon segno;

13. poiché sembra che qui abbiano agito i ladri! - Solo questo genere di persone fugge come ha derubato una casa; la persona onesta invece rimane!

14. Entrate voi, figli miei, e controllate se c’è ancora qualcosa in casa, e venite poi a dirmelo!”

15. E i quattro figli andarono a controllare la casa, e la trovarono totalmente svaligiata, eccetto il bestiame nella stalla.

16. Così pure la dispensa era vuota, e nella cassaforte non si poteva trovare più neanche un centesimo.

17. Come i quattro figli trovarono tutto questo così, ne furono molto rattristati e ritornarono ed esposero tutto questo a Giuseppe.

18. Allora Giuseppe divenne adirato per la cattiveria degli uomini, che per le buone azioni compensano i loro benefattori con un simile ringraziamento!

19. Ed egli disse tutto incollerito: “In verità, se fosse in mio potere di castigare nel modo più severo una simile vergognosa gentaglia, farei subito piovere fuoco dal cielo sulla testa di questi ladri!”

20. Qui si avvicinò il Piccino a Giuseppe e disse: “Ehi, ehi, - padre Giuseppe, sei molto arrabbiato oggi!

21. Eppure i ladri ti hanno lasciato Me; come puoi allora essere così in collera con loro?

22. Vedi, i ladri hanno reso solo un grandissimo favore alla tua casa, avendola ripulita così!

23. Poiché in verità, dove in futuro una casa (il cuore dell’uomo) non sarà pulita così, là Io non entrerò!

24. Questa casa è però ora pulita da qualsiasi scoria mondana, e così Mi piace moltissimo!

25. Poiché in primo luogo essa è aperta in tutte le sue parti e le sue stanze,

26. e in secondo luogo è tutta ripulita, e così ora è totalmente adatta al Mio ingresso! - Perciò non adirarti con i ladri, affinché il loro peccato non diventi più grande!”

27. Giuseppe e tutti si presero a cuore queste parole, e il Piccino disse alla fine:

28. “Vedete, così agiscono tutti gli uomini con Me: come questi danneggiati dall’incendio verso questa casa; e tuttavia Io non faccio piovere fuoco dal cielo!

29. Dunque anche voi non maledite quelli che rendono male per bene, così sarete veri figli dell’Unico Padre in Cielo!”. - Queste parole tranquillizzarono pienamente Giuseppe, ed egli allora andò con animo tutto sereno nella sua casa.

 

 

251° Capitolo

Maria piange per il furto di tutti gli abiti compresa la biancheria.

Parole di conforto e nobile gesto di Gionata. "O madre, accettali dal mio cuore e dalla mia mano!”.

Il Piccino benedice Gionata.

11 luglio 1844

1. Quando tutti quanti si trovarono ora in casa, e Maria si fu anche convinta che perfino il suo armadio dei vestiti e quello di Eudokia erano stati completamente svaligiati,

2. le vennero allora le lacrime agli occhi, così come a Eudokia, ed ella disse a Giuseppe:

3. “Guarda un po’ qua, anche il vestito che avevo nel Tempio è diventato bottino di persone cattive!

4. In verità, questo è proprio duro e doloroso per il mio cuore!

5. Siamo già così scarsi di vestiti, come mai ci si può immaginare, e tuttavia abbiamo dovuto perdere perfino lo stretto necessario!

6. Sia bensì tutto offerto al Signore, tuttavia [questo furto] mi addolora, perché erano le uniche cose che possedevo per cambiarmi quanto è necessario!

7. Ora ho solamente questo vestito di tutti i giorni già logoro, e non un centesimo per procurarmi un cambio più che necessario!

8. In verità, mi fa proprio male! Ancora più però mi addolora che i perfidi ladri abbiano preso anche la biancheria del Piccino!

9. Egli ora non ha che l’unica camicina che indossa; come potrò ora procurargliene una seconda?

10. O Tu, mio povero Piccino, vedi, vedi, adesso non potrò più metterTi tutti i giorni una camicina pulita, che ti faceva sentire così bene!”

11. Qui si avvicinò Gionata, profondamente commosso, e disse: “O nobilissima, santissima Madre del mio Signore, non affliggerti; poiché ora ho pur anch’io oro e argento!

12. Con la più grande gioia te li do fino all’ultimo statere, e tu puoi usarli poi secondo la tua necessità!

13. So benissimo che il Signore di ogni gloria non dipende dal mio oro e argento; poiché Egli, che riveste così splendidamente tutti gli animali e tutti gli alberi e le erbe, e tutto il mondo, non lascerà neanche nuda la Madre del Suo corpo!

14. Ora tuttavia, per mia beatitudine, vorrei portarti tanto volentieri come offerta tutti i miei tesori!

15. O Madre, accettali dal mio cuore e dalla mia mano!”

16. Qui Maria guardò Gionata con grande cordialità e disse:

17. “O Gionata, come sei grande e nobile! La tua volontà vale per me come opera fatta!

18. Se però fosse gradito al Signore, vorrei certo pregarti del tuo soccorso per il Piccino.

19. Se tuttavia al Signore ciò non fosse gradito, ho già anche tutto ricevuto dal tuo cuore, per cui non cesserò mai di essertene grata!”

20. Qui sopraggiunse il Piccino e disse a Gionata: “Caro Gionata, fa' quello che la Madre desidera da te, e un giorno te ne verrà una grande ricompensa!

21. Poiché vedi, noi siamo ora realmente poveri, e ciò tanto più che Io, a causa della salvezza degli uomini, non posso operare alcun miracolo!”

22. Qui Gionata pieno di gioia corse a casa, e in brevissimo tempo portò tutto il suo oro e argento e lo mise ai piedi di Maria.

23. Quando Maria e Giuseppe videro questo, piansero entrambi dalla gioia.

24. Gionata piangeva anche lui e non riusciva a ringraziare Dio abbastanza per essere fatto degno di tale grazia, di soccorrere Maria.

25. Ma il Piccino benedisse Gionata e disse a Maria: “Vedi, questo ci procurerà già di nuovo una camicina pulita; perciò ora sii pure di nuovo serena!”. - E tutti divennero di nuovo sereni e lieti.

 

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252° Capitolo

La benedizione del Signore nella casa di Giuseppe.

Stupore e gratitudine della Famiglia per il doppio rendimento dopo la macinatura del frumento.

Giacomo ricorda il miracolo del chicco di grano.

12 luglio 1844

1. Ma durante questi fatti i figli di Giuseppe accudirono il bestiame, munsero le mucche e le capre, e ottennero quella volta un'insolita quantità del più grasso latte.

2. Quando ebbero finito di fare questo, due di loro andarono ad un campo di frumento già maturo e ne tagliarono parecchi covoni, dai covoni tagliati sgranarono presto una cesta molto capiente piena del più puro frutto.

3. E gli altri due fratelli invece presero poi subito la cesta col frutto del frumento, la portarono ai due mulini a mano che Giuseppe stesso aveva fabbricato, e macinarono in breve tempo il grano.

4. Con la benedizione del Signore essi ottennero, in farina, il doppio della quantità di grano che si trovava prima nella cesta.

5. E tutto questo lavoro fu terminato in tre ore. E quando la farina in due ceste stava esposta al sole,

6. venne fuori Giuseppe, e chiese ai figli da dove avessero ottenuto quella bella farina.

7. E quando i figli gli dissero come avevano ottenuto quella farina, egli osservò i covoni sgranati e disse:

8. “Com’è possibile questo? - Vedo solo dieci covoni. Questi dovrebbero aver colmato di farina queste due grandi ceste?”

9. E i figli dissero: “Sì padre, è così! Con la grazia di Dio abbiamo proprio ottenuto in breve tempo questa farina dai dieci covoni;

10. e la benedizione di Dio era sui covoni e sul nostro lavoro, - perciò questo ricco risultato!”

11. Allora Giuseppe ringraziò Dio col cuore più commosso e ritornò in casa e lo raccontò a tutti in casa.

12. E tutti andarono fuori a vedere la farina, e l’uno e l’altro dicevano:

13. “Questo è impossibile, assolutamente impossibile per via naturale!”

14. Allora Giacomo per intimo impulso prese un chicco di grano che si trovava a terra e disse:

15. “Siete tutti meravigliati di questo, che dai dieci covoni sia derivata così tanta farina!

16. Ma dov’è che qualcuno di noi si è ancora mai meravigliato così, quando gettava un granello simile nella terra, e vedeva poi presto spuntare dall’unico chicco una spiga di cento chicchi?

17. E tuttavia qui il primo miracolo, che avviene tutti i giorni, è più grande di questo doppio rendimento della farina, poiché un unico chicco viene centuplicato!

18. Se i dieci ricchi covoni avessero dato solo una cesta piena di farina, nessuno se ne sarebbe meravigliato, sebbene una cesta sarebbe stata un meraviglioso dono di Dio altrettanto quanto lo sono due ceste.

19. Così pure nessuno si meraviglia per una spiga di cento chicchi, perché a questo miracolo si è già abituati.

20. Io però domando se sia giusto, ammirare Dio solo dove Egli fa accadere qualcosa di inconsueto, mentre l’ordinata consuetudine è di gran lunga superiore, poiché attesta continuamente in ogni tempo la stessa infinita Bontà, l’Onnipotenza, l’Amore e la Sapienza di Dio?!”.

21. Questo discorso di Giacomo fece una grande sensazione. Tutti perciò lodarono il Signore, per aver dato all’essere umano una tale sapienza. - Ma i figli presero la farina e si accinsero a preparare un buon pranzo.

 

 

253° Capitolo

Pranzo a base di pesce e focacce al miele.

Malvagità del furto di arnesi per la cucina, compresa la scodellina del Piccino.

Inflessibilità del Piccino verso chi agisce per pura cattiveria.

13 luglio 1844

1. In un’ora fu allestito un buon pranzo, che consisteva in cinque pesci ben preparati e in quattordici focacce al miele;

2. poiché il miele era l’unica cosa nella dispensa che era stata risparmiata dai ladri.

3. Quindi si provvide anche a una buona bevanda, che Giuseppe e Maria stessi prepararono con acqua e succo di limone, mescolandovi un po’ di miele.

4. Quando il pranzo fu così preparato e servito a tavola, soltanto allora i figli pensarono alle posate: cucchiai, forchette e coltelli, che in casa di Giuseppe ovviamente erano per la maggior parte di legno.

5. Ma anche questi utensili senza valore non erano stati risparmiati dai ladri!

6. E così Giuseppe ora aveva bensì le vivande sulla tavola, ma neanche il più piccolo arnese per mangiarle.

7. Qui Giuseppe andò in cucina e domandò ai figli, che modo fosse mai quello, di preparare la tavola;

8. come si potessero e si volessero mettere in tavola le vivande, senza però le posate!

9. Ma i figli dissero: “Padre, guarda un po’ qui: una graticola e due pentole e un unico mestolo in pessimo stato, un coltello e una forchetta di legno ci hanno lasciato,

10. tutto il resto ce l’hanno preso; così dobbiamo lasciare anche il latte in un unico recipiente, perché anche le pentole per il latte sono tutte sparite!”

11. Quando Giuseppe si fu persuaso di tutto ciò, andò in sala da pranzo con il solo e unico mestolo e con l’unico coltello e con l’unica forchetta, e disse a Gionata:

12. “Qua, fratello! Vedi, queste sono ora tutte le nostre posate! - In verità, questa è cattiveria, e dovrebbe essere punita!

13. Posso capire il rubare le cose preziose e il rubare per necessità!

14. Ma questo furto non è né l’uno, né l’altro caso;

15. qui invece risulta evidente una colpevole cattiveria, e questa anche il Signore non dovrebbe lasciare che passi impunita!”

16. Dopo questa argomentazione tutti sedettero a tavola, e Giuseppe divise il pesce con l’unico coltello, e ne servì a ciascuno una porzione con l’unica forchetta, e distribuì così anche le focacce al miele.

17. Ma poiché il Piccino non aveva davanti a Sé la Sua scodellina, chiese a Giuseppe se poi anche la scodellina fosse stata rubata.

18. E Maria disse: “Ma sicuro, amatissimo Divin Figlioletto del mio cuore; poiché altrimenti sarebbe sicuramente davanti a Te!”

19. E il Piccino disse allora: “In verità, Giuseppe ha ragione; questa fu cattiveria, ed essa deve anche essere punita sempre e in eterno!

20. Chi fa del male e non lo sa, deve essere istruito; e così pure colui che lo fa per necessità!

21. Ma chi conosce il bene, e pur tuttavia fa il male per pura satanica cattiveria, costui è un diavolo dalle fondamenta dell’inferno, e deve essere castigato col fuoco!”

22. Dopo di che ciascuno consumò la sua porzione con la nuda mano.

23. Ma i commensali. non erano ancora al termine del pranzo, che già si sentì da fuori un terribilissimo urlo.

24. Che cos’era dunque? - Erano i ladri, che con cattiveria avevano rubato i necessari utensili domestici di Giuseppe, per distruggerli.

25. Ognuno era avvolto da un serpente di fuoco e gridava aiuto; ma il Piccino non li ascoltò; con la Sua Onnipotenza li spinse invece tutti, in numero di circa cento, nel mare, dove tutti perirono. - Questa fu l’unica volta in cui il Piccino si era mostrato inesorabile.

 

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254° Capitolo

I ladri dei vestiti accorrono piangendo alla porta di Giuseppe.

Energico discorso del Piccino ai ladri. La restituzione degli abiti.

15 luglio 1844

1. Poco tempo dopo si udirono di nuovo anche gemiti in lontananza, come se provenissero dalla città, e si vide una quantità di gente correre verso la villa di Giuseppe.

2. “Che sarà mai di nuovo?” domandò Giuseppe allo stupito Gionata.

3. E questi disse: “Fratello! Questo, come del resto ogni altra cosa, lo saprà sicuramente il Signore meglio di noi due!”

4. E Giacomo disse ai due: “Non datevene pensiero; poiché quelli sono i ladri dei vestiti!

5. La Potenza del Signore li ha raggiunti, essi scontano ora la profanazione dei sacri vestiti;

6. infatti chi li indossa oppure soltanto li tocca, viene subito invaso da un fuoco interno e ridotto in cenere.

7. Perciò ora essi corrono qui con grida e lamenti e ci pregheranno di andare noi stessi in città, a prendere quei vestiti nelle loro case semibruciate,

8. cosa che vogliamo anche fare; però il Signore farà la Sua parte con questi sacrileghi!”

9. Giacomo non aveva neanche finito di pronunciare queste parole, che i ladri dei vestiti, urlanti, erano già anche arrivati davanti alla porta di Giuseppe.

10. Lì gridavano fortemente per avere aiuto e salvezza. E Giuseppe andò fuori con Gionata.

11. Quando fu di fuori, trenta uomini disperati gridarono verso di lui:

12. “Tu onnipotente dio Giove, aiutaci, e salvaci; poiché abbiamo peccato contro di te, non avendoti riconosciuto!

13. Ora però ti abbiamo riconosciuto; perciò ti preghiamo, uccidici, oppure togli dalle nostre case i vestiti della tua casa!”

14. Allora venne fuori il Piccino e disse: “Udite, voi ladri malvagi!

15. Come avete preso i vestiti, così riportateli anche qui!

16. Se non lo farete, la vostra sorte sarà la morte!”

17. Quando i ladri ebbero udito questo, allora dissero:

18. “Questo è il giovane Dio, dobbiamo ubbidirgli, altrimenti siamo perduti!”.

19. E tutti corsero via immediatamente, e riportarono sopra aste di ferro tutti i vestiti rubati.

20. Infatti nessuno poteva toccare questi vestiti a mano nuda.

21. Quando i vestiti furono portati, allora il Piccino lasciò andare i ladri e non li punì ulteriormente. - Ma Giuseppe riprese i vestiti tutto lieto e li portò in casa.

 

255° Capitolo

Nobiltà interiore e bellezza interiore di Maria. La sua compassione verso i ladri.

Fare del bene ai nemici e benedirli è puramente divino.

"Poiché tu (Maria) hai fatto questo, come lo fa Dio, perciò ora sei così bella.

Dio infatti è la suprema Bellezza perché è il sommo Amore!”.

16 luglio 1844

1. Quando Maria vide di nuovo i suoi vestiti, ne fu bensì lieta, ma in pari tempo ebbe anche di nuovo compassione di coloro che le avevano rubato i vestiti.

2. Ella infatti pensò tra sé: “Costoro certamente non hanno ricevuto nulla dell’oro, ed è per questo allora che, per bisogno, hanno posto le mani sui poveri vestiti.

3. Ora saranno certo esposti a una grande indigenza.

4. Oh, ma se fossero qui, darei certo loro volentieri i vestiti, oppure tanto denaro da potersi procurare un vestito!”

5. Qui venne il Piccino dalla Madre e disse:

6. “Ma madre, come sei bella oggi! - Se tu sapessi come sei bella, potresti diventare addirittura vanitosa!”

7. Maria sorrise qui e disse al Piccolo che l’accarezzava:

8. “O mio carissimo Gesù! - Non sono dunque bella allo stesso modo tutti i giorni?”

9. E il Piccino disse: “Oh sì, sei bensì sempre molto bella, e tuttavia talvolta sei un po’ più bella.

10. Ma oggi sei bella in modo eccezionale! - In verità, da mille arcangeli sei ora circondata, e ognuno vuol essere il più vicino a te!”

11. Maria però non comprese il discorso del Piccino, e si guardò intorno, caso mai fosse visibile qualche arcangelo.

12. Ma non vide nulla, all’infuori di ciò che la stanza conteneva, e domandò quindi al Piccino:

13. “Ebbene, dove sono poi i mille arcangeli, dato che non riesco a scorgerne alcuno?”

14. Allora il Piccino disse: “Non ti è concesso di vederne alcuno, altrimenti potresti diventare vanitosa!

15. Ma sei ora così bella davanti a tutti gli angeli dei Cieli, perché nel tuo cuore è sorta una misericordia così grande, che è quasi pari alla Mia!

16. Poiché vedi, imporre ai propri nemici una penitenza in modo giusto e umano, è precisamente anche questa una cosa giusta e ben accetta a Dio, e deve essere sempre così sulla Terra;

17. ma perdonare ai propri nemici di tutto cuore la loro colpa, e in aggiunta far loro del bene e benedirli, - vedi, ciò è puramente divino!

18. Ciò solo la Forza infinita dell’Amore divino riesce a farlo;

19. poiché quella umana è troppo debole per questo!

20. Ma poiché tu hai fatto proprio una tal cosa, come fa Dio, perciò sei ora così bella; Dio infatti è la più sublime Bellezza, così come il supremo Amore.

21. Ma fa’ ora anche ciò che il tuo cuore richiede, così il Mio Regno d’Amore ti spetterà come un reame, e in esso tu sarai regina eternamente!”

22. Qui Maria mandò subito Gionata a cercare i ladri, egli li portò indietro, e Maria regalò a tutti molto abbondantemente parte del denaro che Gionata aveva dato a lei così come a Giuseppe.

 

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256° Capitolo

La potenza dell’amore. La casa di Giuseppe diventa famosa.

Le amorevoli indicazioni di Giuseppe fanno vergognare i grandi e i ricchi della città che non li disturberanno piò.

17 luglio 1844

1. Ma i ladri così beneficati caddero con la faccia a terra e letteralmente gridarono:

2. “Tanta bontà, tanta generosità non possono appartenere ad esseri umani; solo gli dèi, che non muoiono, possono giungere a ricompensare i nemici!

3. Noi qui abbiamo meritato solo punizione, avendo peccato tanto gravemente contro di voi, alti dèi;

4. eppure anziché punirci come ben ci eravamo meritati, ci date compenso e anche benedizione, in cambio delle nostre cattive azioni!

5. Non siete allora dèi? - Sì, voi siete con tutta certezza e sicurezza i supremi signori dei cieli; questo infatti ce lo rivelano le vostre azioni da noi uomini mai ancora vedute!

6. Perciò onore, lode e gloria siano a voi da tutti gli uomini della Terra!

7. E i troni dei prìncipi e tutte le loro corone dovranno chinarsi eternamente, dinanzi alla vostra grande gloria!” -

8. Qui i ladri si alzarono e poi se ne andarono pieni di gratitudine e di venerazione -

9. e resero poi note queste cose in tutta la città; e tutti gli abitanti trepidavano per una tale vicinanza degli dèi, e andavano in giro di nascosto, e non ardivano lavorare per la tanta venerazione.

10. Ma presto andarono da Giuseppe i notabili della città, e gli domandarono se la cosa stesse proprio così, come il popolino andava ora vociando nella città semibruciata.

11. E Giuseppe disse: “Per quanto concerne la buona azione verso di loro, il loro vociare è giusto;

12. poiché è vero alla lettera che mia moglie agì così verso di loro!

13. Ma che essi ci ritengano degli dèi, questo rende a voi - voi grandi e ricchi, una cattiva testimonianza;

14. infatti il povero popolino indica così la vostra grande durezza di cuore, non scorgendo nulla in voi che vi rassomigli agli dèi!

15. Fate la stessa cosa che fece mia moglie, e che fa tutta la mia casa, e il popolino cesserà presto di ritenere dèi gli abitanti della mia casa!”

16. Quando i grandi e ricchi della città ebbero sentito da Giuseppe un tale discorso, che li toccò molto nel vivo, rimasero molto imbarazzati e se ne andarono.

17. Ed essi furono convinti che Giuseppe era soltanto un uomo estremamente savio e buono, ma non per questo era un dio.

18. D’allora in poi la casa di Giuseppe ebbe quiete.

19. E la sua famiglia visse qui poi ancora mezzo anno indisturbata, e fu rispettata e altamente stimata da tutti.

20. Così anche il Piccino in questo tempo non fece più alcun miracolo, e tutti vissero qui in modo del tutto naturale. E Gionata però era più da Giuseppe che a casa sua; poiché qui era per lui un beatissimo esistere.

 

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RITORNO DELLA SACRA FAMIGLIA A NAZARETH

 

257° Capitolo

Morte di Erode: Archelao diventa re. L’angelo del Signore esorta Giuseppe a ritornare nel Paese d’Israele.

Il prodigioso equipaggiamento da viaggio.

Giuseppe consegna tutto a Gionata e lo prega di seguirlo entro un anno.

18 luglio 1844

1. Proprio in questo periodo morì anche Erode, l’infanticida, e gli succedette al trono suo figlio Archelao.

2. Giacomo lo disse in quel tempo a Giuseppe e a Maria.

3. Ma Giuseppe disse a Giacomo: “Voglio bensì crederti; questo però, quali cambiamenti potrà comportarmi?”

4. E Giacomo disse: “Padre, il Signore non mi ha dato di annunciarti questo!

5. Ma come il Signore ti ha sempre detto per bocca di un angelo ciò che devi fare, così Egli farà anche adesso.

6. Non sarebbe infatti nell’Ordine divino, che un figlio debba prescrivere al proprio padre le vie da seguire!”

7. Allora Giuseppe disse: “Ritieni dunque che il Signore farà questo con me?”

8. E Giacomo disse: “Padre, così io ho percepito in me ora:

9. ‘Oggi stesso nella notte in un sogno lucido manderò a te il Mio angelo, il quale ti annuncerà la Mia Volontà!

10. E come te l’annuncerà, così dovrai subito agire secondo la sua parola!’”

11. Quando Giuseppe ebbe sentito questo da Giacomo, uscì fuori e pregò Dio, e Lo ringraziò per un tale preavviso per bocca di suo figlio Giacomo.

12. Lungamente si trattenne Giuseppe in preghiera, e solo tre ore dopo si recò a casa a riposare.

13. Ma mentre così dormiva sul suo giaciglio, concedendo riposo alle sue membra affaticate dal lavoro, L’angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse:

14. “Alzati, prendi con te il Piccino e Sua Madre, e va’ nella terra d’Israele; infatti sono morti coloro che insidiavano la vita del Piccino!”

15. Quando Giuseppe ebbe sentito questo, si alzò subito e lo annunciò a Maria.

16. Ed ella disse: “Sia fatta la Volontà del Signore sempre e in eterno!

17. Ma come mai parli solo di noi tre? I tuoi figli devono dunque restare qui?”

18. E Giuseppe disse: “Oh, niente affatto; poiché ciò che l’angelo ha detto a me, vale certo per tutta la mia casa!

19. Infatti è così che il Signore parlò spesso anche ai profeti, come se avesse a che fare solo con loro;

20. e tuttavia il discorso del Signore riguardava sempre l’intera casa di Giacobbe”.

21. Questo discorso lo compresero tutti, e i figli andarono subito fuori a sistemare tutto per la partenza.

22. Ma essi tornarono indietro pieni di stupore; infatti tutto era già pronto per la partenza, e per ogni persona era preparato un asino, carico di tutte le cose più necessarie per il viaggio.

23. Giuseppe affidò tutto quello che rimaneva là a Gionata che quella notte era lì presente, lo benedisse e lo invitò a seguirlo a Nazareth entro un anno.

24. Così lo benedisse anche il Piccino e lo baciò. Gionata pianse a causa di tale improvvisa partenza.

25. E Giuseppe, ancora molto prima dello spuntar del sole, montò sui somarelli, ed ora se ne andò via di là per l’entroterra.

 

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258° Capitolo

La santa Famiglia ritorna in patria dopo un viaggio faticoso.

Timore di Giuseppe e incoraggiamento di Maria.

L’ordine del Signore di recarsi a Nazareth. Arrivo a Nazareth.

19 luglio 1844

1. Dopo dieci giorni di viaggio molto faticoso, Giuseppe arrivò felicemente con i suoi nella terra d’Israele, e fece sosta sopra un monte, presso alcuni uomini che là dimoravano e vivevano dell’allevamento del bestiame.

2. Qui Giuseppe si informò accuratamente su tutta la situazione della sua patria.

3. Ma sentendo da queste persone che ora Archelao, un figlio di Erode, era succeduto al padre nella reggenza

4. e che egli era ancora più crudele di suo padre, un grande timore sopraffece Giuseppe e tutti i suoi.

5. Ed egli pensò di tornare di nuovo indietro e di recarsi un’altra volta in Egitto, o se no, a Tiro.

6. Infatti sebbene già in Egitto egli avesse saputo, per bocca di Giacomo, che Archelao regnava ora in Gerusalemme,

7. tuttavia non sapeva che questo re superasse perfino il proprio padre in crudeltà.

8. E qui questa notizia rese proprio Giuseppe così pauroso, che ora voleva tornare di nuovo indietro.

9. Gli parlò bensì Maria e disse:

10. “Giuseppe, se ci ha pur ordinato il Signore di spostarci così, perché temiamo, al di là del Signore([7]), il re umano Archelao più che il Signore?”

11. E Giuseppe disse: “O Maria, mia amata sposa, hai bensì posto una giustissima domanda;

12. ma vedi, io so che le vie del Signore sono spesso le più incomprensibili, e so che il Signore guida i Suoi per lo più attraverso la morte, – cominciando da Abele.

13. È per questo che ora anche temo che il Signore non guidi anche me attraverso la morte!

14. E questa mia ipotesi guadagna sempre più in verosimiglianza, quanto più ripenso alla crudeltà del nuovo re di Gerusalemme.

15. Per questo però ora mi sono anche deciso di ritornare indietro domani mattina.

16. In verità, se al Signore preme la nostra morte, mandi su di noi leoni, tigri e iene piuttosto che Archelao!”

17. Così Giuseppe decise fermamente di ritornare indietro.

18. Ma nella notte lo Spirito stesso del Signore venne su Giuseppe in un sogno lucido.

19. E da Dio stesso Giuseppe ricevette l’ordine di andare a Nazareth.

20. Allora Giuseppe subito si alzò e se ne andò di buon mattino.

21. E in quello stesso giorno arrivò nelle località del territorio di Galilea.

22. E così nella notte di quello stesso giorno giunse alla città di Nazareth, vi prese stabile dimora, perché si adempisse ciò che dice il Profeta: “Sarà chiamato Nazareno!”.

 

 

259° Capitolo

Dolce scena serale sulla terrazza di Salomè.

Cornelio scopre la piccola carovana.

20 luglio 1844

1. Ma dove Giuseppe prese alloggio a Nazareth? - Dove scese e dove si fermò?

2. È stato detto nei primi capitoli, in cui si parlava della partenza di Giuseppe da Betlemme per l’Egitto, che Giuseppe aveva pregato la ricca Salomè di Betlemme, di voler prendere in affitto per lui la sua fattoria presso Nazareth.

3. Ha fatto questo Salomè? - Sì - non solo lo fece, ciò che Giuseppe aveva desiderato, bensì si è letteralmente comprata la fattoria, e precisamente con una duplice intenzione:

4. nel caso Giuseppe o un suo figlio fossero ritornati, per consegnare questo podere come loro assoluta proprietà;

5. in caso contrario invece, per tenere per sé questo podere a lei tanto sacro, a ricordo della nobilissima Famiglia.

6. Ella considerava questo podere una cosa talmente sacra, che lei stessa non osava abitarvi; tanto meno vi introdusse dei fittavoli.

7. Ma per poter vivere tuttavia in vicinanza di questa proprietà, si comprò in più un campo vicino, e vi costruì una casetta veramente graziosa, e in essa abitava con la sua servitù, e là veniva anche spesso a farle visita Cornelio.

8. E avvenne che quel giorno Cornelio, di ritorno da un affare d’ufficio, era a parlare da Salomè proprio mentre Giuseppe ritornava a Nazareth.

9. Era una sera splendida, la luna era piena, e neppure una nuvoletta offuscava qualche stella in cielo.

10. Questa bella serata spinse Salomè, insieme a Cornelio, sulla terrazza della sua bella casetta, che era situata abbastanza vicino alla strada principale e aveva di fronte, a una distanza di circa settanta klafter (133 m) proprio verso oriente, il podere di Giuseppe.

11. Entrambi guardavano spesso verso l’ex-abitazione della nobile Famiglia, e Cornelio diceva di frequente a Salomè:

12. “Vedo ancor sempre davanti a me, vivi, i fatti di Betlemme, come in un bellissimo, nobilissimo sogno, e questo podere ora me lo ricorda continuamente.

13. Ma i fatti di Betlemme erano anche di una tale stupenda sublimità, che mi risultano sempre più inspiegabili, quanto più ci penso”.

14. E Salomè disse a sua volta: “Sì - amico Cornelio! - Anch'io non riesco a comprendere, come io sia potuta rimanere ancora in vita, alla grandezza di quell’avvenimento.

15. Ma questa è anche la differenza fra me e te, che ora io, come sai, non so adattarmi e nel mio cuore devo sempre adorare il Bambino,

16. mentre tu consideri l’intera faccenda piuttosto come una nobilissima storia.

17. Perciò io mi sono anche già spesso immaginata così nello spirito: se questa Famiglia dovesse mai ritornare qui, per la beatitudine non potrei più vivere!

18. Se abitasse così di là nel podere – o Dio! - che emozione sarebbe mai per me!

19. In verità, allora tutti i Cieli dei cieli sarebbero riuniti insieme su questa terrazza!”

20. E Cornelio disse: “Sì, hai ragione, anche per me questa sarebbe la cosa più sublime!

21. Ma che cosa faremmo ora se – poniamo il caso – questa nobilissima divina Famiglia si trasferisse qui, e noi la riconoscessimo già in lontananza?!”

22. E Salomè disse: “O amico! Non parlarne, ciò mi ucciderebbe dalla troppa gioia!”

23. Mentre i due s’intrattenevano sulla terrazza in questa maniera a Dio graditissima, e così s’era anche fatto già piuttosto tardi,

24. ecco che Cornelio scorse a una distanza di circa duecento klafter (380 m) una comitiva, come una piccola carovana, e disse a Salomè:

25. “Guarda un po’ là, una passeggiata così tardi di notte! - Sono greci o ebrei?

26. Salomè, che faresti dunque ora, se fosse proprio la nobilissima Famiglia?!”

27. E Salomè si spaventò letteralmente e disse: “Ma ti prego, non parlarne sempre, e non svegliare sempre da capo in me nuovi desideri che non possono essere esauditi!

28. Che cosa faresti tu in una tale beatitudine di tutte le beatitudini?”

29. E Cornelio disse: “In verità, anche a me allora andrebbe male! - Vedi però, la carovana si ferma, e vedo un uomo correre da questa direttamente verso di noi! - Vieni, andiamo a vedere chi è!?”.

30. Ed essi andarono incontro all’uomo. Ma l’uomo era un figlio di Giuseppe e veniva con una brocca a prendere acqua nella casa.

31. I due però non lo riconobbero; poiché così volle il Signore, per la salute di entrambi.

 

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260° Capitolo

Gioele, mandato a informarsi, comunica che la patria è vicina.

Giuseppe vuol pernottare con i suoi all’aperto. I figli di Giuseppe vanno da Salomè a chiedere legna e fuoco.

22 luglio 1844

1. Quando Gioele ebbe attinto l’acqua, domandò ai due quanto fosse ancora distante Nazareth.

2. E Cornelio disse: “Amico mio, guarda là, e scorgerai facilmente le mura della città!

3. Un bambino la raggiunge facilmente in un quarto d’ora, e così ora sei già anche come tu fossi in Nazareth stessa”.

4. Gioele ringraziò per questa informazione e portò l’acqua alla sua compagnia.

5. Quando giunse con questa alla sua compagnia, Giuseppe gli chiese subito quali informazioni nel complesso avesse raccolto in quella casetta.

6. E Gioele disse: “Una donna e un uomo mi vennero incontro con molta affabilità, mi diedero acqua e mi dissero che qui è già la città di Nazareth!

7. Io però pensai che se questa è la città, allora sicuramente non siamo più molto distanti dalla nostra azienda affittata”.

8. E Giuseppe disse: “Mio caro figlio, hai perfettamente ragione;

9. ma sai anche a chi appartiene ora, dopo tre anni?

10. Possiamo noi entrare nella nostra abitazione di un tempo?

11. Vedi, questo significa dunque pernottare di nuovo all’aperto, e soltanto domani guardare dove si potrà trovare per noi un’abitazione stabile!

12. Ora però va’ con i tuoi fratelli e vedi di trovare da qualche parte un po’ di legna e fuoco!

13. Poiché qui in alto in questa valle montana fa un po’ fresco; perciò qui si deve accendere un po’ il fuoco, perché ci riscaldiamo un poco accanto ad esso!”

14. Allora i quattro figli andarono proprio in quella casetta e trovarono i due ancora alzati.

15. Ed essi esposero a Salomè il loro desiderio, e le chiesero gentilmente un po’ di legna e fuoco.

16. Qui Salomè, insieme a Cornelio, chiese chi fosse mai la compagnia, se ci si potesse fidare di loro.

17. E i figli dissero: “Veniamo dall’Egitto e siamo la gente più onesta del mondo.

18. È nostro intendimento di comprarci qualcosa qui a Nazareth;

19. poiché noi stessi in fondo siamo nazareni, solo che una certa necessità ci ha esiliati per tre anni in Egitto.

20. Ma dato che questo nostro esilio è cessato, ora siamo di nuovo qua, per cercarci qui una dimora”.

21. Quando i due ebbero sentito questo dai quattro, diedero loro subito legna e fuoco in giusta quantità, ed essi li portarono a Giuseppe.

22. Ma Giuseppe fece accendere subito la legna, e tutti quanti si riscaldarono al fuoco. -

 

 

261° Capitolo

Presentimenti di Salomè e di Cornelio sulla piccola carovana.

Salomè e Cornelio scrutano la compagnia e riconoscono la sacra Famiglia.

23 luglio 1844

1. Ma Salomè e Cornelio pensarono molto su chi potesse mai essere questa compagnia dall’Egitto.

2. Cornelio disse: “Questi quattro uomini, che non sembrano affatto vecchi, da quanto ho osservato avevano una forte somiglianza con i figli di quell’uomo meraviglioso, con cui noi due abbiamo avuto a che fare a Betlemme.

3. Anche il loro linguaggio aveva un inconfondibile accento nazareno.

4. Tu - amica mia stimatissima! - Quell’uomo prodigioso che si chiamava Giuseppe, è emigrato lui pure molto probabilmente in Egitto, come ho appreso dalla lettera di mio fratello da Tiro.

5. Ebbene – e se fosse lo stesso Giuseppe?

6. Non dovremmo andare verso questa compagnia e osservarla? E se fosse quella giusta,

7. non dovremmo allora subito fare di tutto, per ospitare subito in modo eccellente questa più che sublime compagnia?"

8. Quando Salomè ebbe sentito questo, svenne quasi dal rapimento e disse:

9. “Ah, amico! – hai sicuramente ragione, sarà proprio così; questa è sicuramente la santa Famiglia!

10. Perciò fammi svegliare subito la servitù perché venga con noi, dove sosta questa famiglia!”

11. Poi Salomè andò a svegliare tutta la sua servitù.

12. E in una mezz’ora tutti quanti furono in piedi in casa di Salomè.

13. Ma quando tutti quanti furono pronti, Cornelio disse a Salomè:

14. “Ora andiamo a vedere chi si cela dietro questa famiglia!”

15. Poi Salomè convocò subito in casa tutti quanti, e l’intera compagnia si recò dove Giuseppe sostava accanto a un modesto fuoco.

16. Quando vi giunsero, Cornelio disse a Salomè:

17. “Guarda un po’! Là vicino al fuoco, – non è la giovane Maria, la sposa di Giuseppe, col suo Bambino?

18. E quell’uomo anziano, - dì, non è Giuseppe, quell’uomo meraviglioso che abbiamo conosciuto a Betlemme?”

19. Allora Salomè aprì bene gli occhi e fissò lo sguardo, e riconobbe man mano ciò che Cornelio le indicava.

20. Ora però Salomè era completamente fuori di sé, si afflosciò a terra e svenne, e Cornelio ebbe da fare per rimettere in piedi la sua compagna.

 

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262° Capitolo

Cornelio e Salomè salutano la santa Famiglia.

Ingresso degli stanchi viaggiatori nella loro vecchia abitazione.

24 luglio 1844

1. Quando Salomè si fu riavuta dal suo deliquio di gioia, disse a Cornelio: “O amico, questo è troppo in una volta sola per un debole essere umano!

2. Concedimi solo un momento di riposo, poi andrò là e annuncerò a questa santa Famiglia che ho conservato loro il podere!”

3. E Cornelio disse: “Sai una cosa, se ti senti troppo debole, lascia che vada io a tuo nome, e informi la Famiglia di quanto hai fatto per loro!

4. Poiché vedi, qui non c’è tempo da perdere! Questi nobili viandanti saranno molto stanchi, e necessitano al più presto possibile di un buon alloggio; perciò voglio andarvi subito al posto tuo”.

5. Quando Salomè ebbe sentito questo da Cornelio, disse:

6. “O amico, tu hai ragione; però ora mi sono già ripresa, e così voglio venire anche subito là con te”.

7. Dopo questa risoluzione i due si avvicinarono alla compagnia.

8. E Cornelio prese la parola e disse: “Dio, il Signore d’Israele, è con voi, così come con me e con la mia compagna Salomè!

9. Sono riuscito a riconoscervi, ed ora non vi è più alcun dubbio che tu, vecchio e onesto uomo, sei lo stesso Giuseppe con la giovane sposa Maria, che tre anni fa andò in Egitto, per sfuggire alla persecuzione di Erode.

10. Io sono accorso qui per accoglierti immediatamente e per condurti nella tua proprietà”.

11. Quando Giuseppe sentì questo da Cornelio, si alzò e gli domandò:

12. “Buon uomo, chi sei dunque, per potermi annunciare questo?

13. Dimmi il tuo nome, e io ti vorrò subito seguire!”

14. E Cornelio disse: “Nobilissimo vegliardo! Vedi, sono il governatore di Gerusalemme,

15. e il mio nome è Cornelio, e sono quello stesso che a Betlemme ti fece qualche piccolo favore.

16. Perciò non ti preoccupare di nient’altro ora; poiché vedi, questa mia amica, Salomè di Betlemme, ha eseguito esattamente le tue istruzioni!”

17. Qui Salomè si precipitò ai piedi di Giuseppe e disse con voce tremante:

18. “Quale gioia per me povera peccatrice, che i miei indegnissimi occhi ti rivedano!

19. Oh, vieni, vieni nella tua casa! Poiché la mia casa non è degna di tale grazia!”

20. Giuseppe qui si commosse fino alle lacrime e disse:

21. “O grande Dio, Padre! - Come sei buono! Tu sempre guidi lo stanco viandante alla meta migliore!”.

22. Poi egli abbracciò Cornelio e Salomè, e quindi andò subito con loro nel suo podere.

 

 

263° Capitolo

Salomè consegna a Giuseppe la casa e il terreno in ottime condizioni.

Imbarazzo di Giuseppe. Umiltà e amore di Salomè. Splendida testimonianza sul Signore.

parola del Signore sull’amore.

25 luglio 1844

1. La servitù di Salomè e il seguito di Cornelio, e Salomè e Cornelio stessi, aiutarono a sistemare tutto il bagaglio di Giuseppe.

2. E Salomè condusse la compagnia nelle stanze ben arredate della casa di abitazione.

3. E Giuseppe si meravigliò molto per la grande pulizia che era stata fatta nella sua casa.

4. Tutti i letti erano nuovi e i vecchi ripuliti; così pure la stalla era sistemata nel modo più conveniente.

5. E Giuseppe si accertò di tutto, di come Salomè avesse provveduto per lui in modo eccellente.

6. Ed egli domandò a Salomè: “O cara amica, vedi bene che io sono povero e ora non possiedo cosa alcuna! Come potrò mai ripagarti di questo?”

7. Quando Salomè ebbe sentito tale domanda da Giuseppe, disse allora piangendo:

8. “O mio nobilissimo amico! Che cosa ho mai a questo mondo, che io non l’abbia ricevuto da Colui che ora riposa fra le braccia della tenera Madre?!

9. Ma se è eternamente vero che l’ho ricevuto, da Colui che è accanto a te in modo così eternamente meraviglioso; come potrei chiamare mio, ciò che dall’eternità era di Colui che è con te? -

10. Oh - il Signore, il Santo dall’eternità, non venne certo in paese straniero da noi poveri peccatori,

11. bensì Egli venne nella Sua eterna proprietà; perciò a Lui non possiamo certo dare nulla come se noi possedessimo qualche cosa,

12. ma Gli porgiamo solo ciò che è Suo, con la forza che Lui ci ha dato.

13. E così qualunque accenno a un debito verso di me da parte tua, è eternamente non valido; poiché io sono già stata ricompensata per tutta l'eternità, mediante la grazia di questa missione infinitamente sublime, di provvedere per te,

14. e ciò tanto più, in quanto sento in tutta la profondità della mia vita, di essere sicuramente la più indegna per questa santa missione!”

15. Qui Salomè non poté parlare oltre; ella perciò tacque e pianse per l’amore e la somma gioia.

16. Ma il Piccino qui si svegliò e si rallegrò.

17. Dopo essersi drizzato così tutto allegro sulle ginocchia di Maria, guardò molto amorevolmente Salomè e Cornelio e disse:

18. “O Salomè, e anche tu, Mio Cornelio! - Vedete, Io dormivo; ma il vostro grande amore mi ha destato!

19. In verità, ciò è dolce e piacevole; così deve rimanere in eterno!

20. D’ora in poi Io voglio dormire per chiunque nella Mia Entità primordiale; ma chi verrà a Me col vostro amore, costui Mi desterà per sé per l’eternità!

21. Salomè, ora recati a riposare; domani però portaMi una buona colazione!”.

22. Salomè fu sommamente estasiata, perché per la prima volta aveva udito così parlare il Signore. Tutti quanti lodarono e glorificarono Dio e si recarono poi a riposare.

 

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264° Capitolo

Salomè invita la famiglia di Giuseppe per la prima colazione. Il cibo prediletto di Gesù Bambino.

Amorosa gioia del Piccino e di Salomè. “O Signore! - Chi mai può guardarTi senza lacrime agli occhi?”.

26 luglio 1844

1. La mattina tutti quanti furono in piedi molto presto nelle due case, e Salomè era molto affaccendata nella sua cucina, e preparava una buona prima colazione consistente in focacce al miele, un buon brodetto di pesce e parecchi pesci pregiati,

2. fra cui i primi[8] erano certo le trote, che là si pescavano spesso nei ruscelli di montagna.

3. Quando la colazione fu pronta, Salomè andò in fretta in casa di Giuseppe, e invitò a colazione Giuseppe e tutti i suoi.

4. E Giuseppe disse: “Ma vedi, tu mia cara amica, perché ti assumi delle spese così grandi a causa mia?

5. Vedi, anche i miei figli sono già affaccendati in cucina a preparare una prima colazione;

6. perciò non avresti dovuto darti tanto pensiero per ospitarci!”

7. Ma Salomè disse: “O mio nobilissimo amico! Non disprezzare il lavoro della tua ancella, e vieni!”

8. Giuseppe ne fu molto commosso, chiamò tutti quelli di casa sua e si recò con Salomè nella sua casa per la colazione.

9. Sulla soglia di casa li aspettava Cornelio, e diede a tutti il più cordiale benvenuto.

10. E Giuseppe provò una grande gioia, mentre ora alla luce del sole riconosceva pienamente il suo amico Cornelio.

11. Poi si recarono tutti nella bella sala da pranzo, dove la colazione attendeva gli ospiti.

12. Ma quando il Piccino scorse i pesci sulla tavola, sorrise e corse da Salomè e le disse:

13. “Ma chi dunque ti ha detto che Io mangio volentieri quei pesci?

14. Mi hai fatto proprio un vero piacere; poiché vedi, è questo anzitutto il Mio cibo corporale!

15. Mangio altresì volentieri le focacce al miele, così come il brodetto di pesce con pane di frumento;

16. però i pesci li preferisco tuttavia a tutti gli altri cibi.

17. Perciò ora sei stata bravissima, perché così bene hai pensato a Me, ed ora Io Mi sono molto affezionato a te per questo!”

18. A una simile infantile lode, Salomè fu di nuovo fuori di sé dalla gioia - e pianse.

19. Ma il Piccino disse: “Salomè, vedi tu piangi pur sempre, quando provi una grande gioia per qualche cosa!

20. Ma vedi, Io non sono amico dei pianti; perciò non devi sempre piangere se qualcosa ti rallegra, e allora ti vorrò ancora più bene!

21. Vedi, ben volentieri vorrei mangiare il pesce sulle tue ginocchia,

22. ma non Mi azzardo, perché tu dalla tanta gioia piangeresti veramente troppo!”

23. Allora Salomè si fece animo per quanto le fosse possibile, e disse al Piccino:

24. “O Signore! - Chi mai può guardarti senza lacrime agli occhi?”

25. E il Piccino disse: “Guarda dunque i Miei fratelli, essi pure Mi vedono ogni giorno, e tuttavia non piangono quando Mi vedono!”.

26. Allora Salomè si tranquillizzò nuovamente, e tutti si misero a tavola, e il Piccino prese posto in braccio a Salomè.

 

 

265° Capitolo

Cirenio tranquillizza Giuseppe alle domande angosciose sul nuovo e crudele re Archelao.

Cornelio riceve notizie da Giuseppe sul fratello Cirenio. Gioia e riconoscenza di Cornelio.

27 luglio 1844

1. Quando la colazione fu consumata, Giuseppe si consultò poi con Cornelio sul re Archelao, e chiese precisamente che uomo fosse e come regnasse.

2. E Cornelio disse a Giuseppe: “Eccellentissimo uomo e amico! Se io e mio fratello Cirenio non lo tenessimo a freno, sarebbe ancora dieci volte più crudele di quanto lo fu suo padre.

3. Ma così, per delle buone ragioni, abbiamo molto limitato il suo potere, e così non gli è concesso nient’altro che di riscuotere le sue imposte, e ciò secondo il nostro criterio.

4. E caso mai i soggetti ad imposta si rifiutassero di pagare le tasse, egli deve rivolgersi a noi,

5. altrimenti possiamo consegnargli in qualunque giorno la notifica di destituzione dell’imperatore, che ho sempre nelle mie mani, e dichiararlo poi decaduto davanti a tutto il popolo.

6. Per cui da questo re non hai minimamente da temere;

7. infatti non gli è certo consigliabile di agire anche solo minimamente contro le vigenti prescrizioni,

8. altrimenti da domani egli non è più un re, ma un proscritto, decaduto e schiavo di Roma!

9. Amico, ritengo che di più non ti occorra per la tua tranquillità.

10. Io sono ora il governatore di Gerusalemme, e mio fratello Cirenio è quasi vice imperatore di Asia ed Africa, e noi siamo tuoi amici.

11. Credo che, parlando in senso mondano, non ci possa essere in un Paese una garanzia migliore per un uomo.

12. E la garanzia maggiore di tutte per la tua sicurezza e tranquillità abita proprio in casa tua!

13. Perciò sii totalmente tranquillo ora, ed esercita la tua arte, a me già nota, senza timore e paura!

14. Io però nell’applicare le tasse per te, scoverò bene una tale clausola, che non ti darà dispiaceri!”

15. Quando Giuseppe ebbe sentito questo da Cornelio, diventò di nuovo tutto sereno, lieto e tranquillo.

16. Ma Cornelio scorse le cinque bambine di Cirenio ed Eudokia, che gli parve essergli molto conosciuta, e tuttavia qui non la riconobbe.

17. Egli chiese perciò a Giuseppe chi fossero precisamente quelle persone.

18. E Giuseppe lo informò perfettamente di tutto secondo verità, senza una qualche mistica riserva.

19. Quando Cornelio apprese, in questo modo, quanto filantropicamente Giuseppe si comportasse nei confronti di suo fratello Cirenio, e come fosse sommamente disinteressato, allora però fu proprio il colmo per Cornelio.

20. La sua gioia fu immensa, e per questo egli baciò Giuseppe cento volte, e chiamò a sé le bambine di suo fratello, e abbracciò e baciò anche loro.

21. Ma a Giuseppe egli disse: “Poiché stai in questi rapporti con mio fratello, devi anche essere esente dalle tasse per tutti i tempi, come ogni cittadino di Roma; e oggi attacco io stesso la lettera di franchigia dell’imperatore sulla tua casa!”. - Giuseppe ne fu commosso fino alle lacrime, e tutti quanti piangevano con lui dalla gioia.

 

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266° Capitolo

Cornelio si informa se Cirenio sia a conoscenza della partenza di Giuseppe.

Risposta di Giuseppe. Cornelio spiega a Giuseppe come viene scritta una lettera segreta.

29 luglio 1844

1. Poi però anche Cornelio domandò a Giuseppe se Cirenio ne fosse a conoscenza, cioè che Giuseppe aveva lasciato l’Egitto.

2. E nel caso Cirenio non lo sapesse, se per motivi di Stato non lo si dovesse mettere subito perfettamente a conoscenza di questo.

3. E Giuseppe disse: “Amico, fa’ ciò che vuoi nei confronti di tuo fratello;

4. ma di questo ti prego: che tu voglia dirgli di non venire da me troppo presto!

5. E quando volesse proprio venire, venga col favore della notte, perché della sua presenza da me, nessuno se ne accorga,

6. e la mia casa non attiri su di sé per questo un’attenzione molto spiacevole, che potrebbe essere dannosa a me e al Bambino e di disturbo alla divina tranquillità della mia casa!”

7. Come Cornelio ebbe sentito questo da Giuseppe, disse allora:

8. “O tu mio eccellentissimo amico, sta’ tranquillo per questo! - Infatti per quanto concerne l’«andare da qualcuno strettamente in incognito», noi Romani siamo maestri!

9. E così non appena domani arriverò a Gerusalemme, la mia prima cura sarà di informare di nascosto mio fratello, con una lettera segreta, che tu sei qui.

10. Con una simile lettera potrei mandare da mio fratello, se occorresse, lo stesso Archelao, ed egli non saprebbe che cosa c’è scritto, anche se la lettera si trovasse nelle sue mani senza sigilli!”

11. Ma Giuseppe chiese a Cornelio come fosse mai possibile una tale lettera segreta.

12. E Cornelio disse: “O eccellentissimo amico! Niente di più facile.

13. Vedi, si prende una lunga striscia di pergamena larga circa un dito.

14. Questa striscia la si avvolge a spirale con molta precisione attorno a un bastone rotondo, così che i bordi si tocchino esattamente.

15. Quando la striscia è così avvolta attorno al bastone rotondo, si scrive poi sul bastone, nel senso della lunghezza, il proprio segreto sopra tutte le spire della striscia di pergamena.

16. Ora Cirenio ha però un bastone esattamente dello stesso spessore del mio.

17. Quando ho terminato la lettera, essa viene poi srotolata dal bastone e in sicurezza inviata completamente aperta a mio fratello tramite chiunque, -

18. e nessun uomo, senza un bastone uguale, è poi neanche lontanamente in grado di decifrare il contenuto di una simile lettera;

19. infatti uno non scopre sulla striscia nient’altro, se non per lo più singole lettere o tutt’al più delle sillabe, dalle quali certo non può comprendere in eterno ciò che sta sulla striscia! - Giuseppe, mi hai capito?”

20. E Giuseppe disse: “Del tutto perfettamente, carissimo fratello!

21. Così puoi comunque scrivere a tuo fratello; poiché così nessuno certo decifrerà il segreto!”.

22. Poi Cornelio si rivolse a Eudokia e si consultò con lei su diverse cose.

 

267° Capitolo

Cornelio si informa su quanto è rimasto di prodigioso nel Bambino.

Giuseppe accenna ai Suoi discorsi. Grandi parole del Piccino a Cornelio.

30 luglio 1844

1. Quando Cornelio si fu consultato a sufficienza anche con Eudokia su tutto ciò che trovava necessario conoscere,

2. e vedendo che le affermazioni di lei erano in perfetta sintonia con la lettera di suo fratello,

3. egli si rivolse allora di nuovo a Giuseppe e gli disse:

4. “Uomo eccellentissimo! - Ora mi è tutto perfettamente chiaro.

5. Non voglio più domandarti come e perché tu hai di nuovo lasciato l’Egitto, sebbene là tu fossi ottimamente provveduto di ogni cosa;

6. io so infatti che tu non fai nulla se non quello che ti viene comandato dal tuo Dio.

7. E poiché dunque agisci esattamente secondo la Volontà del tuo Dio, così anche il tuo agire è sempre buono e giusto, davanti a Dio e davanti a tutto il mondo, per chi, come me, pensa, vuole e agisce rettamente.

8. Ma una cosa vorrei ancora domandarti prima della mia partenza per Gerusalemme,

9. e quest’unica cosa consiste in ciò: vedi, ho ancora davanti agli occhi, come perfettamente presenti, tutti i fatti prodigiosi del tuo Bambino, che ebbero luogo alla Sua nascita!

10. Ora però vedo davanti a me proprio questo Bambino nato così prodigiosamente, e tutto il prodigioso sembra essersi in Lui come puramente perduto! - Dimmi, come si deve intendere ciò?”

11. E Giuseppe disse: “O amico, quale strana domanda è la tua?!

12. Non hai udito dunque prima il Bambino parlare con Salomè?

13. Parlano dunque così tutti i figli degli uomini a questa età, con tale profondità di sapienza?

14. Non trovi dunque un tale linguaggio, dalla bocca di un bimbo di tre anni, altrettanto prodigioso di ogni fatto della nascita a Betlemme?”

15. E Cornelio disse: “Qui hai ben ragione; ma appunto questo prodigio non è nulla di nuovo per me.

16. Poiché vedi, già a Roma non di rado ho udito bambini di un anno di età parlare in modo assennato da stupire, e tuttavia in precedenza la loro nascita era stata del tutto naturale!

17. Per questo motivo ora il tuo straordinario Bambino non ha colmato le mie grandi aspettative”.

18. Qui il Piccino stesso venne da Cornelio e gli disse:

19. “Cornelio, accontentati del fardello che ho caricato sulle tue spalle;

20. poiché vedi, dovresti diventare solo una montagna di granito, se tu volessi caricare sulle tue spalle un peso maggiore della Mia Volontà!

21. Perciò non esigere di più da Me prima del tempo!

22. Ma al tempo giusto, Io farò già abbastanza per te e per tutto il mondo!”.

23. Quando Cornelio sentì questo, non indagò oltre, e fece poi subito preparare il suo bagaglio per la partenza.

 

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268° Capitolo

Cornelio affigge la lettera di franchigia romana sulla casa di Giuseppe.

Disposizioni romane per le tasse. Promessa del Piccino a Cornelio.

31 luglio 1844

                                                                                                                                                              1. In un paio d’ore Cornelio fu pronto per il viaggio, ancora prima però si recò con Giuseppe nell’abitazione di lui e, come aveva promesso, vi affisse alla porta una tavoletta di bronzo con l’effigie e le iniziali dell’imperatore.

2. E questa tavoletta era un contrassegno imperiale di esenzione, o per così dire una lettera di franchigia, secondo cui il re che aveva in appalto il Paese non poteva esercitare alcun diritto di qualunque genere su una tale casa.

3. Quando Cornelio ebbe finito questo lavoro, prese il suo stilo e scrisse sulla porta, sotto la tavoletta, in lingua romana:

4. Tabulam hanc libertatis romanae secundum judicium Caesaris Augusti suamque voluntatem affigit Cornelius archidux Hierosolymae in plena potestate urbis Romae. (Questa lettera di esenzione romana, secondo la sentenza e la volontà di Cesare Augusto, affisse Cornelio, comandante supremo di Gerusalemme, in piena potestà della città di Roma)

5. Quando Cornelio ebbe finito anche questa iscrizione, disse allora a Giuseppe:

6. “Ora, eccellentissimo amico, la tua casa e la tua professione sono libere da qualsiasi tassa che Archelao volesse importi.

7. Hai solo da versare ogni anno a Roma la moneta del tributo, che spero tu risparmierai molto facilmente!

8. Questa moneta del tributo la puoi pagare o in Gerusalemme stessa, oppure anche qui a Nazareth presso l’ufficio imperiale, dietro ricevuta.

9. E così ora sei al riparo da ogni insidia da parte del re mercenario; copri però la targa con una piccola grata, affinché nessuno te la rubi e rovini la mia firma!”

10. Giuseppe ringraziò nel suo cuore il Signore Dio per così tanta grazia e benedisse più volte Cornelio.

11. E anche il Piccino si avvicinò a Cornelio e gli disse:

12. “Ascolta un po’ anche Me ora! Anch’Io voglio dirti qualche cosa a grande ricompensa!

13. Vedi, ora tu hai reso un grande beneficio alla casa di Giuseppe;

14. lo stesso farò anch’Io un giorno a tutta la tua casa!

15. Sebbene questa casa non sia di proprietà del Mio padre adottivo, ma solo proprietà di Salomè, poiché lei l’ha comprata,

16. pur tuttavia voglio in futuro ricompensare molte volte la tua vera e propria casa, per quello che hai fatto a questa casa di Salomè.

17. Il contrassegno imperiale di esenzione l’hai affisso di tua propria mano alla porta della casa, e vi hai aggiunto la tua firma.

18. Così anch’Io un giorno effonderò Io stesso su tutta la tua casa il Mio Spirito, per mezzo del quale tu riceverai l’eterna libertà dei Cieli di Dio, e in essa l’eterna imperitura Vita nel Mio Regno!”

19. Cornelio sollevò qui il Piccino e Lo baciò, e sorrise a quella singolare promessa del Piccino;

20. infatti come l’avrebbe potuto capire, ciò che il Piccino gli aveva detto in tale profondità di Sapienza divina!

21. E il Piccino disse: “Questo lo capirai soltanto quando il Mio Spirito verrà su di te!” - Dopo di che il Piccino corse di nuovo dal Suo Giacomo. Cornelio si preparò per la partenza, e Giuseppe cominciò a sistemare tutto in casa, secondo le proprie necessità.

 

 

269° Capitolo

Giuseppe organizza la casa e discorre con Maria sulla visita a parenti e conoscenti.

Singolare comportamento del Piccino e Sue straordinarie parole.

1 agosto 1844

1. Quando Giuseppe, con il validissimo aiuto di Salomè, quel giorno ebbe messo tutto opportunamente in ordine in casa sua, ringraziò Dio e fu pieno di gioia, per essere stato accolto così bene di nuovo nella Terra dei suoi padri.

2. Il giorno seguente però, dopo aver affidato ai suoi quattro figli più grandi la cura delle attività domestiche per quella giornata, egli disse a Maria:

3. “Maria, mia fedelissima sposa! - Vedi, abbiamo qui nelle vicinanze diversi parenti e altri buoni amici e conoscenti,

4. va’ a prendere il Piccino, Giacomo e, se vuoi, anche Eudokia con le cinque bambine,

5. e vogliamo dunque visitare in questa giornata tutti quelli che abitano qui a Nazareth e nei vicini dintorni - parenti, amici e conoscenti,

6. perché anche loro, che sicuramente sono stati a lungo in pena per me, possano di nuovo rallegrarsi per la nostra presenza!

7. E forse in questa occasione otterrò anche di nuovo qualche buon lavoro, per guadagnare per voi tutti il pane necessario”.

8. Maria approvò con grandissima gioia questa proposta, e predispose tutto a questo scopo.

9. Solo che il Piccino inizialmente non voleva andare con loro. Ma quando la Madre lo vezzeggiò, Si lasciò tuttavia vestire e persuadere ad accompagnarli.

10. Egli però disse: “Vengo sì con voi; però nessuno Mi deve portare in braccio!

11. Bensì - se cammino, voglio camminare tra voi ovunque vogliate andare.

12. Non domandateMi però perché voglio così; poiché Io non lo svelo precisamente tutto, il perché faccio qualcosa in un modo oppure nell’altro!”

13. E Maria disse al Piccino: “Oh, eppure Ti farai portare in braccio ben volentieri, quando sarai proprio stanco!”

14. E il Piccino disse: “Oh, di questo non ti preoccupare affatto! Io non Mi stanco mai, se non voglio;

15. quando però lo voglio, allora divento anche stanco, - ma allora la Mia stanchezza è un giudizio per gli uomini!

16. poiché solo il peccato degli uomini può indurMi a un punto tale, che Io debba poi volerMi stancare a causa del peccato degli uomini!

17. Io però dico a voi prima di tutto, che nessuno di voi abbia a tradirMi!

18. Poiché è sufficiente che lo sappiate voi, che Io sono il Signore.

19. Voi lo sapete senza [incombere in un] giudizio; poiché i vostri cuori sono dai Cieli.

20. Se però gli uomini della Terra lo apprendessero prima del tempo, ne sarebbero giudicati e dovrebbero morire!

21. È per questo però che non volevo venire subito con voi.

22. Dovevo prima annunciarvi queste cose; e poiché ora le sapete, voglio venire anch’Io con voi.

23. Ma comprendete, solo camminare voglio, e non essere portato in braccio, affinché la Terra apprenda dai Miei passi, Chi calca ora il suo suolo!”.

24. Tutti si tennero bene in mente queste parole, e si misero poi subito in cammino verso i loro parenti, amici e conoscenti.

                                                        

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MIRACOLI DEL FANCIULLO GESÙ A NAZARETH

 

270° Capitolo

Il terremoto sotto i piedi di Gesù impaurisce Giuseppe e Maria.

I fuggiaschi dalla città mettono in guardia Giuseppe dal proseguire.

Giuseppe, tranquillizzato da Giacomo, entra senza timore in città.

2 agosto 1844

1. Quando poi Giuseppe si mise in cammino con i suoi, e il Piccino procedeva tra Giuseppe e Maria, tutta la compagnia sentì ad ogni passo del Piccino una notevolissima scossa tellurica.

2. Giuseppe percepì egli pure questo fenomeno, a momenti molto intenso, e disse a Maria:

3. “Donna! Non senti come il suolo vacilla e trema?”

4. E Maria disse: “Oh, lo sento molto forte;

5. purché strada facendo oppure in città non ci sorprenda qualche violento temporale, che facilmente si presenta dopo un terremoto!

6. E vedi, il terremoto persiste, ciò che finora non avevo mai sperimentato!

7. Oh - a questo seguirà certo sicuramente una terribile tempesta!”

8. E Giuseppe disse: “Veramente non scorgo ancora neppure una nuvoletta in qualche parte del cielo;

9. ma ciò nonostante potresti anche benissimo aver ragione!

10. Se questo terremoto non ha presto termine, non sarà affatto sicuro il recarsi in città!”

11. Ma mentre la famiglia si avvicinava così alla città, vennero loro incontro un gran numero di fuggiaschi dalla città, e li avvertirono di non recarsi in città.

12. Essi infatti dicevano: “Amici, di qualunque posto possiate essere, non andate certo in città!

13. Poiché una mezz’oretta fa è insorto un possente terremoto, e non si è sicuri neanche per un minuto dal crollo delle case!”

14. Qui Giuseppe era egli stesso piuttosto in dubbio su ciò che doveva esattamente fare. Doveva proseguire o doveva tornare indietro?

15. Ma Giacomo si avvicinò a Giuseppe e gli disse in segreto:

16. “Padre, non devi temere; questo terremoto non recherà a nessuno neanche il minimo danno, né in città e nemmeno nei suoi dintorni!”

17. Giuseppe ora comprese subito da dove venisse il terremoto.

18. Egli perciò incoraggiò anche subito tutti i suoi ad andare in città.

19. Ma quando i fuggiaschi dalla città videro il vecchio canuto recarsi tuttavia in città,

20. dissero allora tra sé: “Chi sarà mai dunque quest’uomo, per non aver paura del terremoto?!”

21. E facevano varie congetture; ma nessuno lo riconobbe.

22. Anch’essi però volevano ritornare in città;

23. ma poiché al procedere del Piccino la Terra di nuovo cominciò a tremare, essi allora continuarono la fuga. Giuseppe però andò in città senza alcuna paura con la sua famiglia.

 

 

271° Capitolo

La gente disposta a far penitenza dà inconsapevolmente una giusta testimonianza.

Parole di Giuseppe alla gente: “Il Signore non guarda a un vestito stracciato,

 da penitente, bensì solamente al cuore, come esso è fatto!”.

Giuseppe viene ricevuto cordialmente dal suo amico medico.

3 agosto 1844

1. Ma quando Giuseppe arrivò in città, vide la gente correre di qua e di là in grande angoscia e confusione.

2. E tutti quanti gridavano: “Dio, il Signore di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ci ha duramente visitati!

3. Stracciate gli abiti, cospargete di cenere il vostro capo, e fate penitenza, affinché il Signore voglia di nuovo aver pietà di noi!”

4. Così dunque alcuni si affollarono anche intorno a Giuseppe e gli domandarono eccitati, se anche lui si sarebbe stracciato gli abiti.

5. Ma Giuseppe disse: “O fratelli! Se volete pur fare penitenza, fatela nei vostri cuori piuttosto che nei vostri abiti!

6. Poiché il Signore non guarda né al colore dell’abito, né - se esso è intero o stracciato;

7. bensì soltanto al cuore guarda il Signore, in quale stato si trovi!

8. Poiché nel cuore possono nascondersi cose cattive come: pensieri malvagi, concupiscenze, una volontà cattiva;

9. lussuria, prostituzione, adulterio e altre cose simili.

10. Queste cose togliete dai vostri cuori, se vi sono dentro, e farete meglio che non stracciando i vostri abiti e cospargendo di cenere il vostro capo!”

11. Quando gli scoraggiati Nazareni sentirono un tale discorso da Giuseppe, indietreggiarono, e molti di loro dissero tra sé:

12. “Guarda qua, chi è l’uomo che fa discorsi simili con la sua bocca, come fosse un grande profeta?!”

13. Ma il Piccino toccò Giuseppe e disse sorridendo:

14. “Ora hai parlato bene; era necessario per questi ciechi!

15. Però adesso il suolo dovrà avere di nuovo quiete, perché possiamo proseguire il cammino indisturbati!”

16. Poi la Famiglia si recò da un amico di Giuseppe, che era un medico di Nazareth.

17. Quando costui scorse il vecchio Giuseppe, gli corse incontro con tutti i suoi e gli gettò le braccia al collo e gridò:

18. “O Giuseppe, Giuseppe, mio carissimo amico e fratello! Come - sì - come mai arrivi qua adesso in quest’ora penosa?!

19. Dove mai sei stato per tre lunghi anni?

20. Da dove vieni ora? Quale angelo di Dio ti ha condotto ora qui?”

21. Ma Giuseppe disse: “Fratello, portaci prima in casa e dacci acqua per lavare i piedi,

22. dopo dovrai sapere tutto, dove sono stato e da dove ora sono venuto!”. - E il medico esaudì subito il desiderio di Giuseppe.

 

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272° Capitolo

Giuseppe racconta all’amico medico le sue avventure.

Affettuosa partecipazione del medico e racconto delle sue proprie esperienze.

Sdegno di Giuseppe verso Archelao. Giuseppe addolcito dal Piccino.

5 agosto 1844

1. Quando Giuseppe con la sua famiglia si fu lavato i piedi ed entrò nella sala del medico, dove si trovavano in cura parecchi ammalati, egli si mise a sedere con i suoi, e lì raccontò al medico molto brevemente i momenti principali della sua fuga e la ragione di essa.

2. Quando il medico ebbe sentito questo, divenne pieno di collera contro Erode, e ancora più però contro suo figlio Archelao, ancora vivente.

3. Egli descrisse questo sanguinario come un essere molto più abietto ancora, di quanto lo fosse stato suo padre.

4. E Giuseppe gli disse: “Amico! Quello che mi hai raccontato ora di Archelao, l’ho già sentito anche durante il mio viaggio fin qui.

5. Ma vedi, il Signore ha già provveduto per me anche in questo!

6. Poiché vedi, io vivo ora in una casa esentata, e sono pari a un cittadino di Roma, e perciò non ho nulla a che fare con quel sanguinario!”

7. E il medico disse: “O amico, vedi questa mia casa, anch’essa aveva la lettera di franchigia imperiale;

8. ma solo poco tempo fa vennero di notte gli sgherri, esattori di Archelao, strapparono la tavoletta dalla porta, e il giorno successivo pignorarono i miei averi nel modo più vergognoso.

9. Una cosa simile può accadere anche a te; perciò sta’ ben in guardia!

10. Poiché io ti dico: per questo diavolo di un re nulla è sacro; quello che lui non rapina, lo rapinano poi i suoi subappaltatori e gli infamissimi esattori di strada!”

11. Quando Giuseppe ebbe sentito questo dal medico, divenne egli stesso pieno di collera verso Archelao e disse:

12. “Questo sanguinario deve solo provarci, e io ti dico che allora gli andrà male!

13. Poiché ho la parola del governatore, che Archelao verrebbe trattato immediatamente come un traditore dello Stato, qualora non dovesse rispettare i privilegi di Roma!”

14. E il medico disse: “O fratello! Conta pure su tutto, ma non su tali privilegi;

15. poiché non c’è volpe che sappia trarsi d’impaccio, dopo un misfatto, più astutamente di questa belva greca.

16. Vedi, che cosa fece con me, quando protestai in tal merito presso il distretto romano?

17. Egli accusò subito il suo funzionario di aver agito arbitrariamente, e lo fece gettare in carcere.

18. Ma quando poi presentai al distretto una richiesta di risarcimento dei danni, fui mandato via con la risposta:

19. ‘Poiché è dimostrato che il re non è compartecipe di questo misfatto, così non è dunque lui che ha l’obbligo di risarcire il danno, bensì unicamente colui che ha agito di proprio arbitrio.

20. Da costui però non si è trovato nulla; quindi il danno, come per una comune rapina, cade sul proprietario!’. E vedi, così fui liquidato!

21. La tavoletta mi fu bensì nuovamente affissa al portone di casa; ma per quanto tempo, lo saprà meglio di tutti Archelao!”

22. Quando Giuseppe ebbe sentito questo, fu molto sdegnato, e non sapeva che aggiungere. Ma il Piccino disse:

23. “Oh non arrabbiarti a causa di quell’impotente; poiché vedi, c’è ancora un Signore che può più di Roma!”. - Giuseppe allora si calmò. Ma il medico vi fece tanto d’occhi, poiché egli non conosceva ancora il Bambino.

 

 

273° Capitolo

Stupore del medico e predizione sulla saggezza del Bambino. Risposta del Piccino a Giuseppe.

La speranza del medico nel Messia e rettifica da parte del Piccino.

6 agosto 1844

1. Solo dopo un certo tempo il medico riprese a parlare e disse a Giuseppe:

2. “Ma amico e fratello! In nome del Signore, che bambino hai dunque, che parla già così saggiamente come un sommo sacerdote nel Tempio del Signore, quando vestito di tummim e urim sta davanti al Santo dei santi?

3. In verità, egli disse solo poche parole, e queste mi penetrarono fino al midollo delle ossa!

4. Mi hai bensì detto, nel tuo racconto, che il bambino fu la causa della tua fuga in Egitto, e mi hai accennato fuggevolmente a parecchie singolarità della sua nascita,

5. dal che ipotizzai che da questo bambino, col tempo, se avesse frequentato la scuola di profeti degli esseni, sarebbe potuto uscire un grande profeta.

6. Ma da come l’ho udito ora parlare, non ha bisogno della scuola degli esseni;

7. poiché già così è un profeta di prima classe, simile a un Samuele e simile a un Elia ed un Isaia!”

8. Giuseppe divenne qui un po’ imbarazzato, e non sapeva quale risposta dovesse dare lì per lì al suo amico.

9. Allora il Piccino ritornò da Giuseppe e gli disse:

10. “Lascia pure il medico a ciò che crede; poiché anch’egli è chiamato al Regno di Dio, ma non deve apprendere troppo in una volta!”

11. Ma quando il medico sentì anche queste parole, disse allora tutto stupito:

12. “Sì, sì, fratello Giuseppe, ti ho detto giusto!

13. Questo è già un profeta, che ci annuncerà il vicino Messia che ci è promesso;

14. egli infatti ha parlato ora appunto del Regno di Dio, al quale anch’io sarei chiamato!

15. Ma ora scorgo anche il perché questo piccolo Samuele, poco fa, ti aveva confortato con un Signore che è più potente di Roma!

16. Sì, quando verrà il Messia, allora ovviamente accadrà a Roma ciò che è accaduto un tempo alla città di Gerico, ai tempi di Giosuè!”

17. Ma il Piccino disse: “Oh-oh, amico, che cosa dici? Non sai dunque come è scritto: «Dalla Galilea non viene alcun profeta!»?

18. Ma se è così, Chi può essere allora, Colui che viene dalla stirpe di Davide?!

19. Io però ti dico: quando il Messia verrà, non trarrà la spada contro Roma,

20. ma farà solo annunciare il Suo Regno spirituale sulla Terra dai Suoi messaggeri!”

21. Qui il medico restò stupefatto e disse dopo una pausa: “In verità, in te Dio ha visitato il Suo popolo!”.

22. E Giuseppe diede ragione al medico, tuttavia non aggiunse alcun’altra spiegazione.

 

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274° Capitolo

Il Piccino sottopone i malati a una prova di fiducia e guarisce la bambina paralitica

 che aveva fermamente creduto in Lui

7 agosto 1844

1. Ma dopo questa conversazione il Piccino corse vispo in giro per la stanza, e chiese agli ammalati che erano lì, afflitti da svariate infermità, di che cosa soffrissero, e come fossero capitati loro quei mali.

2. Ma gli ammalati dissero: “Piccolo, vispo fanciullino, questo l’abbiamo già detto al medico, il quale poi ci guarirà.

3. Adesso però, davanti agli ospiti, non starebbe certo bene che noi avessimo a confessare i nostri peccati, che sicuramente sono la causa delle nostre infermità fisiche;

4. perciò va’ tu dal medico, egli te lo dirà, qualora lo ritenga conveniente per te!”

5. Il Piccino qui sorrise e disse agli ammalati:

6. “Non Mi fareste sapere la ragione delle vostre infermità, neanche se Io con tutta sicurezza potessi aiutarvi?”

7. E gli ammalati dissero: “Oh sì, allora certamente;

8. ma per questo dovrai ancora imparare moltissime cose! Trascorrerà ancora un bel po’ di tempo, prima che tu divenga un medico”.

9. E il Piccino disse: “Oh, niente affatto! Poiché Io sono già del tutto un medico provetto, e sono arrivato al punto di poter guarire anche istantaneamente.

10. E Io vi dico: chi fra voi si affiderà per primo a Me, guarirà anche per primo e subito”.

11. C’era lì una fanciulla paralitica di dodici anni, a cui piacque il Bambino, e Gli disse:

12. “Vieni qui dunque, piccolo medico, voglio farmi guarire da te!”

13. Qui il Piccino corse dalla fanciulla e le disse:

14. “Poiché per prima Mi hai chiamato, per prima dovrai anche guarire!

15. Vedi, Io conosco la ragione della tua infermità, dipende da coloro che ti hanno generata;

16. tu però sei senza peccato, perciò Io ti dico:

17. Alzati e cammina liberamente, e ricordati di Me!

18. Solo però non dire a nessuno che Io ti ho guarita!”

19. E vedi, la fanciulla dodicenne guarì all’istante, si alzò, e camminò liberamente.

20. Ma gli altri ammalati, vedendo questo, chiesero anch’essi di essere guariti.

21. Ma il Piccino non andò ai loro letti, perché non l’avevano chiesto prima.

 

 

275° Capitolo

Stupore del medico, suo umile presentimento e professione di fede.

Il Piccino tranquillizza il medico e gli insegna il miglior metodo di guarigione.

Il medico crede e diventa famoso per le sue guarigioni.

Giuseppe accoglie nella propria casa la ragazza guarita.

8 agosto 1844

1. Ma quando il medico vide questa guarigione miracolosa della fanciulla, giudicata da lui assolutamente inguaribile, fu però anche il colmo per lui.

2. Quasi gli mancava il respiro per il tanto stupore, e disse a Giuseppe:

3. “O fratello, ti prego, va’ via da qui;

4. poiché ora un’enorme paura m’invade il cuore!

5. Poiché vedi, io sono un uomo peccatore, e nel tuo Bambino spira palesemente lo Spirito del Signore!

6. Ma come può sussistere un povero peccatore davanti all’onniveggente e onnipotente Spirito dell’Altissimo?!”

7. Allora il Piccino corse dal medico e gli disse:

8. “Uomo! Perché mai ora diventi sciocco e Mi temi?

9. Che ti ho fatto dunque di male, per aver così paura di Me ora?

10. Ritieni forse che la guarigione della fanciulla sia stata un miracolo?

11. Oh, Io ti dico: niente affatto; prova ora tu infatti a curare così anche gli altri ammalati, e staranno meglio!

12. Va’, desta in loro la fede, poi imponi loro le mani, ed essi guariranno all’istante!

13. Però prima devi tu stesso credere fermamente che così puoi aiutarli, e sicuramente e infallibilmente anche li aiuterai!”

14. Quando il medico ebbe sentito questo dal Piccino, concepì una ferma fede, si avvicinò agli ammalati e fece loro come il Piccino gli aveva consigliato.

15. E vedi, tutti gli ammalati subito guarirono e pagarono al medico il suo onorario, e lodarono e glorificarono Dio per aver concesso all’uomo un tale potere!

16. Ma in tal modo l’aspetto prodigioso del Bambino svanì anche opportunamente davanti agli occhi del mondo.

17. Il medico però si fece così un nome di grande celebrità,

18. e molti ammalati vennero poi da lui da ogni dove e vi trovarono la guarigione.

19. Ma la fanciulla dodicenne, vedendo che anche il medico guariva così prodigiosamente, pensò allora «che il Bambino l’avesse fatto tramite il medico», e anche lei glorificò quindi la sapienza del medico.

20. Ma il Piccino non se ne lamentò, infatti Egli aveva conferito tale forza al medico, proprio per allontanare i sospetti da Lui.

21. Solo Giuseppe disse alla fanciulla: “Fanciulla, ricorda che ogni forza viene dall’Alto!

22. Ma poiché tu ora non hai un servizio, vieni in casa mia e si provvederà per te!”. - E la fanciulla si associò subito a Giuseppe e andò poi con lui.

 

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276° Capitolo

La sacra Famiglia dal maestro Dumas. Giuseppe

si fa riconoscere. Il Piccino fra gli scolari.

9 agosto 1844

1. Quando Giuseppe, dopo alcuni colloqui privati col medico per eventuali lavori di carpenteria, si mise in cammino, il medico lo accompagnò fino ad un prossimo amico, che era maestro di scuola a Nazareth e si chiamava Dumas.

2. Qui il medico ritornò a casa, Giuseppe invece entrò da Dumas.

3. Ma questi non lo riconobbe tanto presto; poiché si era totalmente disabituato al suo vecchio amico.

4. Giuseppe allora gli chiese se proprio sul serio non lo conoscesse più.

5. Ma Dumas si grattò la fronte e disse:

6. “Tu hai bensì una spiccata somiglianza con un certo Giuseppe, che tre anni fa ebbe qui delle difficoltà a causa di una certa ragazza del Tempio;

7. quell’uomo, d’altronde così onesto, dovette però anche lui a suo tempo recarsi a Betlemme per il censimento, e con tutte le sue cose.

8. Che cosa è successo poi di lui, non so.

9. E vedi, tu hai sì una grandissima somiglianza con quell’uomo a me molto caro, - ma lui non sarai di certo?”

10. E Giuseppe disse: “E se tuttavia fossi proprio quello, allora non vorresti procurarmi del lavoro nel campo della carpenteria?

11. Poiché vedi, io abito ora di nuovo la mia vecchia fattoria!”

12. Quando Dumas ebbe sentito questo da Giuseppe, disse:

13. “Sì, adesso è chiaro, sei tu, tu sei veramente il mio vecchio amico e fratello Giuseppe!

14. Ma da dove vieni mai, per amor del Signore?”

15. E Giuseppe disse a lui: “Fratello, dammi prima un cencio bagnato, perché io pulisca i miei piedi dalla polvere, poi saprai tutto quello che occorre!”

16. E Dumas fece subito portare un cencio bagnato e un’anfora d’acqua, e l’intera compagnia di Giuseppe si pulì i piedi e andò poi nella scuola di Dumas.

17. Giuseppe raccontò qui molto brevemente la sua storia degli ultimi tre anni.

18. Nel frattempo però il Piccino s’intratteneva con alcuni scolari, che erano appunto lì presenti e imparavano a leggere e un po’ a scrivere.

19. Uno degli scolari lesse subito al Piccino qualcosa, ma intanto faceva degli errori.

20. Allora il Piccino sempre sorrideva e correggeva gli errori diligentemente al lettore.

21. Ciò colpì presto tutti gli scolari, ed essi Gli domandarono quando e dove Egli avesse dunque imparato a leggere così bene.

22. E il Piccino disse: “Oh, Io sono così dalla nascita!”.

23. Allora tutti i bambini risero e andarono a raccontare tutto a Dumas; e questi fece dunque attenzione al Bambino, e cominciò a interrogare Giuseppe su una simile facoltà nel Bambino.

 

 

277° Capitolo

Dumas si stupisce del Bambino. Saggia risposta filosofico-socratica di Giuseppe.

Dumas loda i filosofi. Discorso del Piccino a Dumas su profeti e filosofi.

10 agosto 1844

1. Ma Giuseppe, vedendo come Dumas si dava moltissima premura per sapere donde il Piccino avesse quella prodigiosa peculiarità, gli disse:

2. “Fratello! Lo so ancora molto bene, che tu studiavi la sapienza dei Greci, e molto spesso mi hai ripetuto le massime del saggio Socrate.

3. E dicevano: ‘L’uomo non ha bisogno di imparare nulla, ma venga solo risvegliato il suo spirito per la via del ricordo,

4. e l’uomo ha poi tutto ciò che gli serve per tutta l’eternità’.

5. Vedi, questo, tu quale saggio maestro della gioventù, me l’hai detto molto spesso.

6. Ora vedi, se questo tuo principio è indubbiamente giusto, che occorre di più?

7. Qui dunque tu non vedi certamente altro che una conferma vivente della tua massima socratica.

8. In questo mio Bambino il suo spirito è stato destato molto precocemente nella sua natura per un processo suo proprio, e così questo uomo-bambino ora ne ha già anche abbastanza per l’eternità.

9. E quindi non occorre che noi Gli diamo nulla di più, di quanto Egli ha da Se stesso!

10. Non trovi questo altrettanto giusto, com’è giusto che uno più uno fa due?”

11. Qui Dumas si prese la fronte fra le mani e disse con un certo pathos:

12. “Sì, è così! Infatti fui io appunto a far sentire agli allocchi ebrei qualche profumo di tale sapienza!

13. Non comprendo però anche te fra costoro; tu infatti sei appunto quasi l’unico con cui ho potuto parlare, così da poterci intendere, del divino Socrate, di Aristotele, Platone ed altri ancora.

14. Abbiamo bensì anche noi dei grandissimi uomini, quali sono i profeti e i primi grandi re di questo popolo;

15. ma nella pratica non si possono utilizzare altrettanto bene quanto gli antichi saggi dei Greci.

16. Infatti i nostri profeti usano sempre un linguaggio, che essi stessi forse hanno compreso altrettanto poco quanto noi ora.

17. Ma tutt’altra cosa sono invece gli antichi greci;

18. questi esprimono chiaramente e distintamente ciò che vogliono, e sono dunque di grandissima utilità anche per le persone pratiche.

19. Ma ciò deriva anche certamente dal fatto, che essi furono come me maestri del popolo”.

20. Qui Giuseppe sorrise in questa circostanza; poiché egli scorse ancora del tutto immutato il suo vecchio ammiratore dei Greci, ma intanto anche il vecchio esaltatore di se stesso.

21. Gli diede perciò ragione, per non compromettere il proprio Bambino.

22. Ma il Piccino stesso corse da Dumas e gli disse:

23. “Ma amico! Tu sei ancora molto annebbiato e sciocco, se posponi i sapienti degli Ebrei ai filosofi dei Greci;

24. infatti i primi parlavano ispirati da Dio, - gli altri invece parlano ispirati dal mondo!

25. E poiché tu sei ancora pieno dello spirito del mondo e vuoto dello Spirito di Dio, così tu comprendi anche ciò che è mondano meglio di ciò che è divino!”

26. Questo fu per Dumas un duro colpo nei fianchi. Egli dovette fare un erudito sbadiglio e non disse nulla a Giuseppe, se non in latino: “Dixit - puer ille! Ergo autem intelligo eius ironiam quam acerbam. Dixi!” (Non ha detto male il ragazzo! A me però la sua ironia pare in verità molto pungente! Ho detto!).

Poi egli si allontanò e piantò in asso Giuseppe; questi però proseguì egli pure il suo cammino.

 

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278° Capitolo

Giuseppe pensa di tornare a casa. Nobile risposta femminile di Maria.

Consiglio del Piccino e ritorno a casa. Lite con i servitori di Archelao.

12 agosto 1844

1. Ma quando Giuseppe si fu allontanato da Dumas, disse alla propria compagnia:

2. “Sapete una cosa, c’è da aspettarsi che troveremo ovunque un’accoglienza simile,

3. perciò non stiamo più tanto a visitare i nostri amici e conoscenti e parenti di un tempo;

4. poiché ho già visto ora da Dumas, che cosa sanno fare gli uomini, se li si tocca solo un po’ troppo da vicino.

5. La mia idea è dunque di ritornarcene a casa. - Che ne dici tu, mia fedelissima sposa?”

6. E Maria disse: “Giuseppe, mio amatissimo consorte, sai pure che davanti a te non ho alcuna volontà, poiché la tua volontà è anche sempre la mia, e deve anche esserlo secondo il santo Ordine del Signore;

7. ma questo sì penso: dato che il Signore stesso cammina corporeamente in mezzo a noi, anche a Lui dovremmo chiedere consiglio!”

8. E Giuseppe disse: “Maria, mia fedelissima sposa, qua hai perfettamente ragione;

9. voglio farlo anche subito, e sapremo con precisione quale potrà essere la cosa migliore!”

10. E il Piccino disse qui del tutto spontaneamente: “Se anche ci trovassimo bene dappertutto, pur tuttavia sarebbe meglio essere a casa.

11. Poiché vedete, manca ancora molto prima che sia giunto il Mio tempo; - ma se Io ora vengo già con voi in qualunque luogo, non posso tuttavia velare talmente la pienezza della Mia Divinità, che essa non abbia ad essere percepita dagli astanti.

12. Perciò ora per Me stare a casa è la cosa migliore; poiché là risalta meno ciò che dimora in Me.

13. Quando tu, Giuseppe, in futuro dovrai recarti in qualche luogo per lavoro, va’ solo tu con gli altri tuoi figli;

14. Me, invece, lasciaMi tranquillamente a casa, così incontrerai meno difficoltà a causa Mia!”

15. Giuseppe si recò quindi di nuovo a casa. E quando vi giunse, con non poco stupore vi trovò già anche i quattro figli rimasti, che disputavano molto violentemente con alcuni emissari di Archelao.

16. Questi mosconi avevano subito fiutato che qualcuno si era stabilito lì;

17. perciò erano anche subito all’opera per estorcere il tributo.

18. Ma poiché i figli di Giuseppe avevano mostrato loro sulla porta la lettera di franchigia di Roma, allora s’infuriarono e volevano strapparla dalla porta.

19. E proprio durante questa operazione arrivò Giuseppe, e fece subito la domanda a questi ladroni, con quale diritto essi lo facessero.

20. Ma costoro dissero: “Noi siamo servitori del re e lo facciamo col diritto del re!”

21. Ma Giuseppe disse: “E io sono un servitore del Dio onnipotente, e vi scaccio da qui col Suo diritto!” Qui un’enorme paura colse gli scellerati, ed essi se ne corsero via in gran fretta. Ma poi la casa fu lasciata in pace da simili scellerati.

 

 

279° Capitolo

Interruzione dei miracoli del Piccino per due anni. Arrivo di Gionata dall’Egitto.

Grande gioia a casa di Giuseppe per il suo arrivo e consiglio del Piccino a Gionata.

Gionata pescatore nel Mar di Galilea.

13 agosto 1844

1. Così trascorsero due anni, e non accadde più nulla di sorprendente in casa di Giuseppe.

2. Cirenio ricevette bensì subito la notizia del trasferimento di Giuseppe, tuttavia non poté fargli visita perché proprio in quel periodo era sovraccarico di affari di Stato per conto di Roma.

3. E non molto meglio andò pure a Cornelio;

4. anch’egli infatti riceveva gli incarichi più urgenti, ogni qual volta voleva farsi una vacanza per visitare la sua Salomè e l’amico Giuseppe.

5. Tutto questo l’aveva già previsto così il Signore, perché il Piccino potesse crescere a Nazareth tanto più inosservato.

6. Anche a Nazareth dunque si ignorava completamente la vera identità del Bambino.

7. Soltanto il già noto medico attirava su di sé l’attenzione generale in seguito alle sue prodigiose cure;

8. ed è diventato letteralmente un proverbio, il dire agli ammalati:

9. “Se non ti guarisce Nazareth, non ti guarisce neanche il mondo intero - e nemmeno Siloe!”

10. Ma Salomè era tuttavia sempre molto premurosa nel servire, per quanto le fosse possibile, la casa di Giuseppe, e il Piccino si tratteneva molto a casa di Salomè.

11. Ma dopo due anni finalmente Gionata seguì Giuseppe dall’Egitto e fece visita a Giuseppe.

12. E Giuseppe provò un’immensa gioia nel rivedere il suo amico, e anche il Piccino saltava dalla gioia attorno al Suo grande pescatore.

13. Dopo che Gionata ebbe trascorso circa tre settimane in casa di Giuseppe, tutto solo, poiché tutti i suoi gli erano morti in Egitto per lo scoppio di un’epidemia (febbre gialla),

14. egli chiese a Giuseppe se non potesse aiutarlo a trovare qualche lavoro come pescatore, lì vicino a Nazareth.

15. Allora si alzò quella volta di nuovo il Piccino e disse a Gionata:

16. “Sai, caro Gionata, qui le persone sono cattive, per lo più, e molto egoiste,

17. quindi non ci sarà molto da fare per te. Va’ però sul Mar di Galilea, che giusto non è lontano da qui, là la pesca è ancora libera!

18. Vi troverai presto un buon posticino e piglierai sempre con facilità i pesci migliori.

19. Con quei pesci vieni poi spesso al mercato a Nazareth, e vi troverai un buono smercio!”

20. Gionata seguì subito questo consiglio, e vedi, là trovò presto una vedova che aveva una casetta sul Mar di Galilea.

21. E questa vedova provò subito grande simpatia per Gionata, lo accolse in casa sua, e presto gli concesse anche la mano[9].

22. E così ora Gionata divenne nuovamente un eccellente pescatore nel Mar di Galilea, e per i modestissimi prezzi dei suoi pesci, faceva dappertutto i migliori affari.

23. Frattanto però si premurava anche con grandissimo zelo, di regalare in abbondanza ogni settimana a Giuseppe e a Salomè un’ottima provvista dei pesci più pregiati.

24. E questo avvenimento fu l’unico degno di rilievo nei due anni, per il resto però fino a quel momento non era accaduto nulla che meritasse di essere scritto.

 

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280° Capitolo

Il Piccino a cinque anni gioca presso il ruscello.

Le dodici buche e i dodici passerotti di fango. Spiegazione dell’immagine.

Scandalo dell’ebreo strettamente osservante e miracolo del Piccino.

14 agosto 1844

1. Quando il Bambino ebbe compiuto cinque anni e qualche settimana, andò una volta di sabato presso un ruscelletto che scorreva non lontano dal podere di Giuseppe.

2. Era una giornata molto serena, e parecchi bambini vi accompagnarono il piccolo vispo Gesù;

3. infatti tutti i bambini del vicinato volevano molto bene a Gesù, perché era sempre vispo e sapeva organizzare una quantità di innocenti giochi infantili.

4. Per tale ragione anche questa volta i bambini del vicinato Lo seguirono con molta gioia.

5. Quando la piccola compagnia arrivò al ruscello, il Piccino domandò ai suoi compagni se sarebbe stato permesso di giocare in un sabato.

6. Ma i bambini dissero: “I bambini sotto i sei anni non sono sotto la Legge, e noi tutti singolarmente abbiamo ancora a stento sei anni;

7. perciò possiamo ben giocare anche di sabato; i nostri genitori infatti finora non ce l’hanno mai proibito”.

8. E il Bambino Gesù disse allora: “Ben detto! Facciamo dunque un gioco!

9. Ma affinché ciò nonostante non diamo scandalo a nessuno, Io da solo vi mostrerò qualcosa di molto notevole.

10. Voi però intanto dovete stare tutti molto quieti!”

11. Allora gli altri bambini si misero a sedere per terra sull’erba abbondante, e stettero tutti tranquilli e zitti zitti.

12. Il Piccino invece prese un coltellino tascabile e, sulla via spianata accanto al ruscelletto, scavò dodici piccole buche rotonde, e poi le riempì con l’acqua del ruscelletto.

13. Dopo di che prese del fango morbido che si trovava spesso presso il ruscelletto e formò in un attimo altrettanti dodici uccellini dall’aspetto di passeri, e pose un passero ad ogni fossetta d’acqua.

14. Dopo che i passerotti di fango furono così collocati, il Piccino domandò ai compagni se essi sapessero ciò che questo significava.

15. E quelli dissero: “Che altro, se non ciò che sono? Dodici buche piene d’acqua e accanto dodici passerotti di fango!”

16. Ma il Piccino disse: “Sicuro; ma questa immagine significa anche qualcos’altro di molto diverso!

17. Udite, ve lo voglio spiegare! Le dodici buche indicano le dodici tribù d’Israele.

18. L’acqua pura in esse è la Parola di Dio, che è uguale dappertutto.

19. I passeri di fango inanimati rappresentano invece gli uomini, come sono adesso in generale.

20. Anche costoro stanno accanto all’acqua viva della Parola di Dio, ma poiché sono troppo terreni, come questi passeri, così anch’essi, come questi qui, se ne stanno morti ai bacini della Vita, che sono pieni di Vita;

21. ma non vogliono e non possono badarci, perché essi sono morti mediante i loro peccati.

22. Ma è per questo che ora viene il Signore Dio Zebaoth, e nella grandissima tribolazione rianimerà di nuovo questi uomini morti, ed essi potranno di nuovo levarsi in volo fino alle nuvole del cielo!”

23. Ma notò questo gioco infantile un ebreo di passaggio, molto osservante, il quale conosceva Giuseppe. Egli corse subito in casa e fece un gran clamore davanti a Giuseppe, poiché questi violava il sabato, permettendo di giocare così ai suoi figli!

24. Giuseppe però andò subito con lui dai bambini e fece ovviamente solo un finto clamore, a causa dell’estraneo.

25. Disse allora il Piccino: “Anche questa è una grande tribolazione! E così Io do a voi, passerotti di fango, la vita!- E ora volatevene via!”.

26. E improvvisamente i passerotti di fango si alzarono e volarono via. Ma a causa di ciò tutti furono presi da un febbrile stupore, e l’ebreo osservante non disse poi più nulla. - E questa fu la prima azione miracolosa del Piccino quando aveva cinque anni.

 

 

281° Capitolo

L’accorrere dei curiosi di miracoli. Il figlio viziato e litigioso dei vicini punito da Gesù.

Il giudice superiore viene a giudicare Giuseppe,

ma è minacciato dal Piccino e se ne torna indietro improvvisamente.

16 agosto 1844

1. In quell’occasione però erano venuti anche per quella strada parecchi altri ebrei sul luogo dove accadde questo miracolo,

2. ed essi interrogarono Giuseppe con grande curiosità, su quello che vi era successo.

3. Vi si erano recati anche dei vicini di casa, genitori di un certo ragazzo molto attaccabrighe, il quale, figlio unico, era molto viziato dai suoi genitori.

4. Il Fanciullino Gesù già di frequente aveva rimproverato a questo ragazzo di sette anni la sua litigiosità, -

5. ma ciò non aveva giovato molto; infatti ogni qual volta si presentava una nuova occasione, egli litigava subito di nuovo e distruggeva subito i giocattoli.

6. Questo ragazzo, che anche quella volta si trovava fra la compagnia dei bambini, subito dopo questo miracolo divenne agitato, prese un ramo di salice e disse:

7. “Gran cosa, se questi passeri di fango sono volati via;

8. io farò volar via subito con questo ramo anche l’acqua!”

9. Dopo queste parole il ragazzo, che si chiamava Annas, cominciò a sferzare l’acqua nelle buche, e a spingerla fuori dalle buche.

10. Allora al divin Bambino scappò la pazienza, ed Egli disse in tono molto serio:

11. “O sfrontato insensato cattivo individuo, tu - un diavolo a mala pena ricoperto di carne, vuoi distruggere quello che Io ho costruito?!

12. O tu misero, che Io posso annientare col più lieve soffio, vuoi provocarMi e sfidarMi sempre?!

13. Vedi, affinché divenga chiara la tua insensatezza e la tua cattiveria, inaridisci per tre anni come il ramo con cui hai scacciato la Mia acqua!”

14. A questa Parola del divin Bambino il ragazzo malvagio subito si accasciò e inaridì così tanto, che di lui non si potevano più vedere che pelle e ossa -

15. e divenne così debole che non poteva più reggersi in piedi, e meno ancora camminare.

16. Allora i genitori col cuore triste presero il loro bambino inaridito e piangendo lo portarono a casa.

17. Poco dopo essi andarono da Giuseppe a casa sua, e poi lo citarono davanti al giudice superiore, a causa di tale azione del suo Piccino -

18. e questo perché Giuseppe non permise loro di punire il suo divin Bambino per quell’azione.

19. Quando arrivò il giudice superiore, il Piccino gli corse incontro e gli domandò:

20. “Perché vieni qui? Vuoi giudicarMi?!”

21. E il giudice disse: “Non te, ma tuo padre!”

22. E il Piccino disse: “Torna indietro in fretta, altrimenti il tuo giudizio ricadrà su di te!”.

23. Ma con ciò il giudice si spaventò cosi tanto, che tornò indietro immediatamente, e poi non volle più sentir parlare di quella faccenda.

24. E questo fu il secondo miracolo che il Piccino operò in quello stesso periodo.

 

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282° Capitolo

Giuseppe prende il Bambino con sé lungo i campi.

Il piccolo Gesù viene urtato con intenzioni malvagie. La cattiva paga del pastorello.

17 agosto 1844

1. Quando dunque la casa di Giuseppe fu in tal modo di nuovo a posto, dato che il giudice superiore non accettò più alcun reclamo su Giuseppe,

2. avvenne, otto giorni dopo, che Giuseppe dovette andare in un vicino villaggio per prendere visione di un lavoro.

3. Allora il Piccino volle andare con Giuseppe, e Giuseppe Lo prese anche con sé più che volentieri.

4. I genitori del ragazzo inaridito erano però fortemente adirati con Giuseppe e col suo Bambino.

5. Ma Giuseppe, per giungere al villaggio, doveva passare davanti alla casa dei genitori di questo ragazzo.

6. Mentre Giuseppe col Piccino si stava dirigendo verso la casa, venne osservato,

7. e il vicino adirato disse a uno dei suoi garzoni, essi pure per l’appunto molto sfrontati, a quello che di solito gli custodiva le pecore:

8. “Vedi, ecco che viene proprio il carpentiere con la sua pestifera prole su per il sentiero!

9. Va’ e scendi a tutta forza giù per il sentiero!

10. E come arrivi al ragazzo a fianco del carpentiere, urtalo con ogni violenza, così che debba restarne morto!

11. Che venga poi ad accusarmi il vecchio briccone, - e allora gli mostrerò la legge, che i ragazzi sotto i dodici anni non sono responsabili in questioni del mondo!”

12. Quando il pastorello ebbe sentito questo dal suo signore, e costui gli promise anche una buona ricompensa nel caso avesse ucciso il Bambino,

13. il ragazzo corse immediatamente fuori dalla stanza e con grande precipitazione incontro a Giuseppe.

14. In quel momento Annas, il figlio inaridito, disse dal letto a suo padre:

15. “Oh, vedi, come corre veloce il pastorello incontro alla sua morte! E quale dolore ciò sarà per i suoi genitori!?

16. O padre! Questo non avresti dovuto farlo, poiché ti dico, come lo vedo adesso: Giuseppe è giusto, e santo il suo Bambino!”

17. Dopo di ché il ragazzo consunto tacque, e il padre rifletté alle sue parole.

18. Ma in quell’istante il pastorello raggiunse in tutto furore il Piccino e Lo urtò fortemente alla spalla.

19. Il Piccino però non cadde e disse tutto eccitato al pastorello:

20. “Questo l’hai fatto per la paga! Dunque ogni lavoratore è degno della sua paga, e - come il lavoro, così la paga!

21. Il tuo lavoro era - di ucciderMi! - Ora sia dunque la morte la tua paga!”.

22. Qui il pastorello si accasciò improvvisamente e giacque morto.

23. Giuseppe però se ne spaventò molto; ma il Piccino disse: “Giuseppe, non temere per Me, poiché quello che è successo qui a un ragazzo, succederà col mondo intero se ci vuole colpire!”. - Dopo di che Giuseppe proseguì, e secondo la Volontà del Bambino lasciò il ragazzo morto lì a giacere.

 

 

283° Capitolo

Guai per Giuseppe. Il vicino arrabbiato ridotto al silenzio.

Preghiera del padre del pastorello e risposta del Piccino.

19 agosto 1844

1. Ma quando Giuseppe arrivò al villaggio e vi ispezionò il lavoro,

2. lo seguì nel villaggio anche già il chiasso [della gente], e specialmente poi da parte del padre del ragazzo inaridito.

3. E costui cercò subito nel villaggio i genitori del ragazzo ucciso e li aizzò contro Giuseppe.

4. E costoro corsero precipitosamente e disperati da Giuseppe e gridarono:

5. “Vattene da qui col tuo terribile bambino, in cui ogni parola è un fatto compiuto!

6. Poiché i bambini devono sempre essere per gli uomini una benedizione dall’Alto;

7. ma il tuo bambino ci è venuto solo per la maledizione!

8. Perciò vattene da qui, tu iettatore!”

9. Qui disse il Piccino: “Se è così, che cosa siete mai voi dunque per Me?

10. Non hai detto tu, padre di Annas, al pastorello di ucciderMi?!

11. Non gli hai perfino promesso un buon compenso, se Mi avesse ucciso, dal momento che agiva al sicuro non trovandosi ancora sotto la Legge?

12. E vedi, così pensai dunque anch’Io dal Mio Spirito precocemente destato:

13. anch’Io per molto tempo ancora non sono sotto la Legge; perciò voglio dare anche subito al ragazzo il ben meritato compenso!

14. E se citerai Me o il padre Giuseppe in tribunale a causa Mia, allora sapremo anche noi spiegarti la Legge!

15. Vedi, così Io ho pensato come te - e così ho anche agito! Dunque come puoi ora trovare ingiusto in noi il tuo stesso modo di agire?”

16. A questo discorso del Piccino il padre del ragazzo inaridito si spaventò enormemente;

17. poiché egli comprese ora molto chiaramente, che quel Piccino sapeva anche i pensieri e le decisioni segrete delle persone,

18. e che bisognava dunque guardarsi bene da Lui.

19. Tutti quelli che gridavano abbandonarono quindi Giuseppe e il Piccino.

20. Solo il padre del ragazzo ucciso restò davanti a Giuseppe e pianse per il suo ragazzo e disse: “Non è l’uccidere un’abilità; ma il rendere vivi!

21. Perciò nessuno deve uccidere, se non sa rendere vivi!”

22. E il Piccino disse: “Questo potrei farlo, se lo volessi; ma il tuo ragazzo era cattivo, perciò non lo voglio!”. Ma il padre a queste parole pregò il Piccino. E il Piccino disse: “Domani, ma oggi no!”.

 

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284° Capitolo

Consiglio di Giuseppe al padre del ragazzo morto. Giuseppe e il Piccino tornano a casa.

Meravigliosa promessa del Bambino: “Coloro che, in futuro, come te Mi accoglieranno

spiritualmente nel loro cuore, quelli saranno anche come mia madre, i Miei fratelli e le Mie sorelle!”.

20 agosto 1844

1. Ma il padre del ragazzo morto ora non voleva allontanarsi dal Bambino, avendo sentito che Egli avrebbe potuto rianimare suo figlio.

2. Allora Giuseppe gli disse: “Amico! Io ti dico, non essere invadente; poiché il Bambino ha il Suo [proprio] Ordine secondo il quale Egli agisce,

3. e tu non Lo costringerai a far nulla, neppure se tu volessi gridare ancora di più!

4. Ma va’ e porta il ragazzo nella tua abitazione, e coricalo in un buon letto come un ammalato, e domani poi starà certo meglio!”

5. A queste parole il padre del ragazzo morto lasciò allora finalmente Giuseppe e andò a fare come Giuseppe gli aveva consigliato.

6. Soltanto allora Giuseppe fu lasciato in pace ed ebbe poi tempo per concludere l’accordo di lavoro col proprietario della costruzione.

7. Poi Giuseppe si recò di nuovo a casa e raccontò a Maria, venutagli incontro, a Eudokia e a Salomè, tutto quello che gli era capitato in quel breve tragitto.

8. Tutte e tre si meravigliarono per tale malvagità delle persone.

9. Ma il Piccino disse: “Oh, non meravigliatevi per le persone malvagie; poiché se voleste farlo, ci sarebbe molto ma molto da meravigliarsi nel mondo!”

10. Allora Salomè disse a Maria: “Ma tu, mia nobilissima sorella! Non si riesce proprio a comprendere!

11. Al divin Piccino basta solo aprire la santa bocca, e da Lui zampilla direttamente la Sapienza!

12. Come furono di nuovo terribilmente sapienti e lungimiranti le parole!

13. O tu felicissima Madre di un tale Bambino!”

14. E il Piccino disse: “E - o tu felicissima Salomè, che hai comprato una casa per il tuo Signore -

15. e sei ora testimone di come Lui abita corporeamente in essa!

16. Che differenza è mai tra colei che Mi custodì per breve tempo nel suo corpo,

17. e la Mia vera padrona di casa, che Mi custodisce nella sua casa per sempre!

18. Ma se una madre porta un bimbo nel corpo, che cosa aggiunge lei perché egli diventi vivo, si accresca e poi venga al mondo?

19. Non è tutto ciò opera di Dio, in cui la volontà dell’uomo non può nulla?

20. Ma se qualcuno allora accoglie un bambino nella sua casa e gli dà abitazione, cure e cibo per sempre - di’, non è questo di più?!

21. In verità Io ti dico: coloro che in futuro, come te Mi accoglieranno spiritualmente nel loro cuore, quelli saranno anche come mia madre, i Miei fratelli e le Mie sorelle!”.

22. Queste parole tutti se le scolpirono nel profondo del cuore, e si recarono poi silenziosi e meditabondi a casa.

 

 

285° Capitolo

Il pastorello morto viene risuscitato ed ha paura del santo Piccino.

Il padre gli fa cambiare idea e dà una giusta testimonianza su Giuseppe e sul Piccino.

L’Amore del Piccino: “Il Mio Amore è la tua vita per l’eternità!”.

21 agosto 1844

1. Ma il giorno successivo, circa alla stessa ora in cui il ragazzo aveva urtato il Piccino, egli ritornò di nuovo in vita nel letto, si alzò e domandò, come chi si desta da un sogno, che cosa fosse successo, e come mai si trovasse in quel letto.

2. E suo padre lo informò di tutto quello che era accaduto, e come egli si trovasse lì.

3. Allora il ragazzo divenne pieno di paura e disse: “O padre, quello è un bambino terribile;

4. lo deve assolutamente evitare qualunque persona abbia cara la propria vita!

5. Oh, mettimi a servizio lontano da qui, perché io non mi scontri mai più da qualche parte col terribile bambino in una circostanza sfavorevole;

6. poiché allora potrebbe di nuovo uccidermi all’istante!

7. Però dal precedente padrone non ritorno più; poiché lui mi ha indotto al male!”

8. Ma il Padre disse: “Figlio mio, io ringrazio Dio che ora ti ho di nuovo!

9. Perciò non mi andrai più a servizio,

10. ti terrò invece con me finché vivrò!

11. Il Bambino di Giuseppe, però, non dobbiamo temerLo così tanto come tu pensi;

12. poiché vedi, proprio questo Bambino ti ha palesemente ridato la vita al tempo predetto!

13. Ma se è così, come potrebbe, il Bambino di Giuseppe, essere tanto terribile come tu te lo immagini?

14. Vedi, figlio mio, colui che uccide e non può rendere di nuovo vivi, costui è terribile;

15. ma chi può uccidere senza sangue, e poi di nuovo rendere vivi, costui non è così terribile come te lo immagini tu.

16. Ora però vogliamo fare qualcosa di meglio, - andare là vogliamo, e vogliamo ringraziare il carpentiere per il tuo risveglio!

17. Infatti lo so già da molto tempo, che il carpentiere è un uomo più che giusto e timorato di Dio”.

18. A queste parole del padre il ragazzo abbandonò la sua paura e andò con lui da Giuseppe.

19. Questi però lo incontrò già nel villaggio, insieme ai suoi quattro figli maggiori e al Piccino, il Quale andava anch’Egli di nuovo con Giuseppe al villaggio.

20. Quando il ragazzo scorse il Piccino, si sentì venir meno totalmente;

21. poiché pensava che ora dovesse già di nuovo morire.

22. Ma il Piccino andò subito Lui stesso dal ragazzo impaurito e gli disse:

23. “Joras! - Non aver paura di Me; poiché Io amo te più che il mondo intero!

24. Se infatti Io non ti amassi così possentemente, allora non avresti riottenuto la vita.

25. Poiché vedi, il mio amore è la tua vita per l’eternità!”.

26. Quando il ragazzo ebbe udito parlare così il Piccino, fu presto meglio disposto, e restò poi per tutto il giorno, e giocò col Piccino.

27. E il Piccino mostrò poi anche al ragazzo una quantità di giochi molto assennati, e il ragazzo ne ebbe grandissima gioia.

 

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286° Capitolo

La falsa sentenza del giudice menzognero del villaggio su Gesù. Energica replica di Giuseppe.

I falsi testimoni. Giuseppe fa una ramanzina a Gesù a motivo della gente.

Il giudice corrotto diventa cieco all’istante.

Il Bambino si irrita per Giuseppe, ma poi Giuseppe si pente.

22 agosto 1844

1. Ma quando Giuseppe, il giorno seguente, andò di nuovo a lavorare nel villaggio con i suoi quattro figli, e il Piccino con lui,

2. venne allora da lui un giudice del villaggio e disse:

3. “Ascolta, tu carpentiere! - Non è cosa lodevole, che porti il tuo fanciullino sempre con te;

4. poiché in primo luogo egli ha un’emanazione venefica, e in secondo luogo i bambini che tocca, presto si ammalano,

5. oppure muoiono presto, o presto diventano ciechi o sordi!”

6. Quando Giuseppe sentì tale menzogna, mise da parte l’ascia e disse al giudice:

7. “Porta qui i testimoni che subirono questo male tramite il mio innocentissimo ragazzo Gesù,

8. e voglio andare con loro al Tempio, e appianare con loro la faccenda davanti al sommo sacerdote di Dio!”

9. Ma questo giudice era corrotto dal padre del ragazzo inaridito

10. e cercava perciò il modo di rendere sospetto quanto più possibile il ragazzo di Giuseppe.

11. Il giudice però, a queste parole di Giuseppe andò via, e radunò in breve tempo nel villaggio una quantità di bambini affetti da gravissime infermità, e li condusse da Giuseppe.

12. E arrivato lì, gli disse: “Ecco, vedi un po’ qua, di tutto questo dobbiamo ringraziare il tuo venefico bambino!

13. Vedi, questi bambini hanno visitato spesso il tuo bambino e hanno giocato con lui;

14. e vedi, eccone gli splendidi frutti! - Risparmia perciò il nostro villaggio e tieni nondimeno la tua peste a casa!”

15. Quando Giuseppe ebbe sentito questo dal giudice, andò in collera, prese da parte il Piccino, Gli parlò come in coscienza e disse:

16. “Perché dunque fai queste cose? Vedi, costoro ne soffrono e ci odiano e ci perseguitano per questo!”

17. Ma il Piccino disse invece a Giuseppe: “Le parole che hai detto adesso, non vengono da Me, ma da te;

18. poiché tu ora hai detto le parole del giudice, che è un mentitore, e non le Mie parole, che sono eternamente vere!

19. Ma Io voglio tuttavia tacere di fronte a te e non farti un rimprovero per le parole prese a prestito;

20. però questo giudice corrotto può sopportare la giusta punizione per questa sua accusa!”

21. E subito il Giudice fu completamente cieco. - Ma tutti coloro che erano col giudice, si presero un fortissimo spavento per tale azione.

22. Parecchi di loro ne furono sconvolti e gridavano:

23. “Fuggiamo al più presto da qui! Poiché ogni parola dalla bocca di questo bambino è un fatto compiuto!”

24. Ma poiché ora Giuseppe vide anche che il giudice era cieco, e per questo gli avrebbe causato sicuramente molte angherie,

25. allora si accalorò egli stesso col Piccino, Lo prese un poco per un orecchio e Glielo tirò per punirLo, a causa della gente.

26. Ma il Piccino ne fu irritato e disse molto seriamente a Giuseppe:

27. “Ti sia sufficiente che loro cerchino, e tuttavia non trovino ciò che cercano!

28. Tu però stavolta non hai agito saggiamente! - Non sai dunque che Io sono tuo?!

29. Ma perché vuoi turbarMi se sono tuo? - Oh, non continuare più a turbarMi, poiché sono tuo!”.

30. Ma Giuseppe scorse presto il suo errore, prese il Piccino e Lo strinse al cuore. – Ma tutti i presenti presto si dispersero per la grandissima paura del Bambino.

 

 

287° Capitolo

Il maestro Piras Zaccheo desidera avere il prodigioso Bambino nella sua scuola per acquistare fama.

Giuseppe consiglia al maestro di fare una prova. Gesù svergogna il maestro ipocrita.

23 agosto 1844

1. Dopo un periodo di circa tre lune, quando Giuseppe ebbe finito il lavoro nel villaggio, un certo Piras Zaccheo venne dalla città in visita a Giuseppe, e così fece anche per la prima volta personale conoscenza col Bambino, del Quale aveva già sentito parecchie cose.

2. Egli però segretamente veniva apposta per il Piccino.

3. Infatti questo Piras Zaccheo era in città un secondo maestro, che aveva poco da fare, e tuttavia aveva una grandissima opinione della propria sapienza.

4. Ma perché dunque egli veniva segretamente da Giuseppe a causa del Piccino?

5. Perché pensava: “Quello deve essere un ragazzo pieno di talento;

6. voglio portarlo a scuola da me perché, con i suoi rapidi progressi, la mia scuola acquisti fama più di quella del mio rivale!”

7. Egli si occupò dunque principalmente del ragazzo Gesù, Lo interrogò su parecchie cose ed ottenne sempre la più valida risposta, del che si meravigliò altamente.

8. Quando ebbe così esaminato il Fanciullino, egli (Piras Zaccheo) si rivolse a Giuseppe e gli disse:

9. “Fratello, il piccolo ha certo un’intelligenza straordinaria per la sua età. In verità, tu hai davvero un fanciullino molto savio!

10. Peccato però che ancora non sappia leggere, né scrivere le lettere dell’alfabeto!

11. Non vorresti dunque mandarlo a scuola da me, perché con me impari a leggere le lettere dell’alfabeto e a scrivere?

12. E poi voglio insegnargli anche ogni altra scienza, che impari a salutare gli anziani e li onori come nonni e padri!

13. E - sai, che impari anche ad amare i suoi compagni di gioco, con i quali sarebbe stato già spesse volte molto impietoso!

14. E che apprenda infine anche la Legge di Mosè, a conoscere la storia del Popolo di Dio e la Sapienza di Dio nei profeti!”

15. E Giuseppe disse al maestro: “Bene, amico e fratello mio! Ma prima ancora che tu prenda questo mio Ragazzo nella tua scuola, fai una piccola prova qui, in presenza dei diversi testimoni che oggi sono da me!

16. Recitagli tutte le lettere e spiegaGliele chiaramente; poi interrogaLo,

17. e poi, da quanto il Ragazzo avrà tenuto a mente della spiegazione, potrai giudicare nel modo più sicuro quale talento abbia!”

18. E il maestro fece subito così. Egli recitò al Ragazzo chiaramente le lettere dall’alfa all’omega, e ne spiegò anche i segni come meglio gli fu possibile.

19. Ma Gesù guardava il maestro con tanto d’occhi, e quando questi Lo interrogò, gli disse:

20. “O tu ipocrita di un maestro! - Come vuoi insegnare agli scolari la beta, tu che ancora non hai mai conosciuto l’alfa nel suo significato?!

21. Spiegami l’alfa secondo la vera sapienza, e allora vorrò crederti su quello che dirai della beta!

22. Ma perché tu sappia che Io non ho bisogno di imparare da te le lettere e la loro forma e il loro significato, voglio spiegarlo Io a te, e mostrarti il vero significato delle lettere!”

23. Qui il piccolo Gesù cominciò ad esporre dettagliatamente al maestro tutto stupefatto l’intero alfabeto, e intanto lo interrogava anche diligentemente su quanto avesse compreso.

24. Ma ogni risposta del maestro risultava così sciocca e sommamente incompleta, che tutti i presenti scoppiavano per questo in alte risate.

25. Ma scoprendo il maestro una tale stupefacente sapienza nel Bambino, e come egli ne fosse stato svergognato, allora si alzò e disse ai presenti:

26. “O guai a me povero, ora sono tutto confuso! - Da me stesso mi sono procurato vergogna, derisione e danno, volendo portare questo fanciullino nella mia scuola.

27. O fratello Giuseppe, togli via da me il ragazzo; poiché non posso più sopportare la severità del suo sguardo e l’acutezza del suo linguaggio!

28. In verità, questo fanciullino non è nativo della Terra! Con la sua sapienza deve certo saper domare il fuoco e l’acqua!

29. Che io divenga pazzo per sempre, se non è nato molto prima della creazione del mondo! - Lo saprà Jehova quale corpo materno lo ha portato e quale grembo lo ha nutrito!

30. Guai a me! - Io sono già un pazzo; venni qui per procurarmi uno scolaro, e vedi, ho trovato un maestro, il cui spirito non sarò mai in grado di emulare! - O amici, provate vergogna con me! - Un vegliardo fu preso in giro da un fanciullino, – questa è proprio la mia morte!

31. Perciò, o Giuseppe, togli via da me il ragazzo; poiché egli deve essere qualcosa di potente, o un Dio o un angelo!”.

32. Ma tutti i presenti cominciarono ora a consolare il maestro; poiché egli faceva loro pena a causa del suo grande imbarazzo. -

 

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288° Capitolo

Gesù fa intravedere a Piras Zaccheo la Sua missione.

Effetto salutare delle parole di Gesù e meditazione di Piras Zaccheo.

Gesù ‘professore di storia naturale’: “Dov’è l’alto e dov’è il basso?”.

24 agosto 1844

1. Ma quando Gesù ebbe sentito tali lamenti di Piras Zaccheo, sorrise e disse:

2. “Ora le tue stoltezze devono portare frutto, e devono diventare vedenti coloro che erano di cuore cieco!

3. E così odi dunque, tu stolto, tu per cui Dumas è come una spina nell’occhio!

4. Vedi, Io sono dall’Alto, per maledire gli uomini in quanto di mondo è in loro,

5. poi però richiamo ciò che è in Alto, secondo l’incarico di Colui che è in Me, sopra di Me e sopra di voi,

6. il Quale Mi ha mandato da Sé in Me, affinché voi siate liberati!”

7. Dopo questo discorso del Bambino Gesù, guarirono nell’intera zona circostante tutti coloro che erano affetti da qualsiasi infermità.

8. Così pure furono liberati tutti coloro in cui il lato mondano era stato colpito, di quando in quando, dalla maledizione del piccolo Gesù, eccetto il ragazzo inaridito.

9. Questi, a motivo del proprio padre, dovette trascorrere i tre anni prestabiliti sotto la maledizione del Fanciullino. -

10. Ma Piras Zaccheo si alzò e andò fuori all’aperto con Giuseppe, e là gli disse:

11. “Fratello, ora siamo all’aperto e nessuno ci ascolta!

12. Ti prego, carissimo fratello, di farmi sapere come stanno le cose riguardo al ragazzo;

13. poiché egli, come ho già osservato, non è assolutamente un bambino naturale!”

14. Ma Giuseppe disse a Piras Zaccheo: “Amico, vedi, se volessi parlare della natura del mio Fanciullino, non finirei neanche in molti giorni.

15. Inoltre poi il Bambino non permette neppure a me di spiattellare i segreti altrui, se anche così mi piacesse.

16. Vedi, ecco appunto il Fanciullino che viene verso di noi!

17. Abbi coraggio e amore per Lui, ed Egli ti farà sapere tutto quello che ti è salutare!”

18. E il maestro trovò presto coraggio e amore per il Piccino. E quando Egli gli fu proprio accanto, allora Lo interrogò, dicendo:

19. “Tu meraviglioso, amatissimo ragazzino del mio cuore! Non vorresti dunque spiegarmi meglio, secondo quale Potenza in te tu fai tutte queste cose, che io ora ho visto di te e anche udito?”

20. E il Fanciullino sorrise e disse: “Sai tu, uomo dotto, dov’è l’alto e dove il basso?

21. Poiché vedi, la Terra è rotonda come una sfera, e tutt’intorno abitano uomini e creature.

22. Quali sono che abitano in basso, e quali in alto? E la Terra gira giornalmente attorno al proprio centro, e tu giornalmente vieni portato in giro per circa quattromila miglia, - dì, quando sei in alto, e quando in basso?”

23. Qui il maestro fece una faccia completamente sbalordita per tali cose inaudite, e non sapeva che cosa dire.

24. Ma il Piccino rise per la sciocca faccia di Piras Zaccheo e gli disse:

25. “O tu dotto! Che cosa mai vuoi insegnare allora, se non sai che soltanto la luce qua è determinante!?

26. Dov’è luce – là è l’alto; dove invece è notte – là è il basso!

27. Anche da te però è ancora notte, perciò tu sei in basso. Io invece sono sempre stato all’apice della Luce; perciò tu nella tua notte potrai comprendere la Mia natura di Luce altrettanto poco, quanto poco ci possono vedere gli antipodi, che adesso hanno la notte”. - Poi il Piccino corse via.

28. Ma Piras Zaccheo disse allora a Giuseppe: “Eccoci serviti! Adesso ne so quanto prima. Strano discorso del ragazzo! - Lasciami solo ora, ci voglio riflettere!”. E Giuseppe lasciò il maestro solo nel giardino.

 

 

289° Capitolo

Pensieri del maestro sul Ragazzo. Gesù mette in guardia il maestro.

Gesù Luce dei pagani e Giudizio degli Ebrei. Il maestro in fuga.

26 agosto 1844

1. Un’ora intera Piras Zaccheo rifletté sulle parole del Piccino, ma da nessuna parte trovò un argomento risolutivo.

2. “Che cosa mai può essere questo ragazzo?” diceva di frequente tra sé.

3. “È forse addirittura Elia, che deve venire ancora una volta?

4. Oppure è Samuele, o un qualche altro grande profeta riapparso?

5. Egli nacque a Betlemme, da lì non viene alcun profeta!

6. Da lì invece deve bensì venire il Messia!

7. È forse questo ragazzo addirittura il Messia stesso?!

8. Della stirpe di Davide deve essere! - Giuseppe deve certo essere un vero discendente di Davide,

9. ovviamente senza una rigorosa prova credibile.

10. La cosa all’apparenza è molto plausibile;

11. ma senza documentazione storica, chi può accettarla come sicuramente fondata e crederla?!

12. E tuttavia si è quasi costretti ad accettarla così, a causa del ragazzo.

13. Però la lettera di franchigia romana dice di nuovo tutto il contrario;

14. poiché il Messia dovrà pur essere un acerrimo nemico dei Romani!

15. Ma come potrà esserlo, con una tale amicizia con i Romani, i quali lo hanno fatto loro cittadino?! -

16. Potrà diventare col tempo un grande generale di Roma, un Messia per i pagani;

17. ma per noi una spada a doppio taglio, che ci manderà in rovina!

18. Se io ne informassi i sommi sacerdoti, - in verità, ciò potrebbe portarmi grandi vantaggi!?”

19. Qui il Piccino ritornò nel giardino con Giacomo e si avvicinò al maestro e gli disse:

20. “Piras Zaccheo! - Fatti passare la voglia di rivelarMi prima del tempo ai sommi sacerdoti;

21. poiché in tal caso già al terzo passo ti sorprenderà la morte!

22. La Mia potenza l’hai sperimentata; fa’ dunque che ciò ti sia di buon monito!

23. Quello però che hai detto a te stesso su un Messia per i pagani, dovrà avere un fondamento!

24. Poiché così anche sarà: una Luce ai pagani e un Giudizio ai giudei e a tutti i figli d’Israele!”

25. Qui il maestro si sdegnò e disse: “Se è così, allora vattene da noi e va’ dai pagani!”

26. Ma il Piccino disse: “Io sono un Signore e faccio quello che voglio; e tu non sei uno che qua abbia da comandare qualche cosa!

27. Perciò taci e vattene da qui, altrimenti Mi costringerai ancora a colpirti!”.

28. Quando Piras Zaccheo ebbe sentito questo dal Fanciullino, si alzò in fretta e fuggì da lì in città.

29. E Giuseppe si liberò così di un ospite importuno e attese poi di nuovo alle proprie occupazioni.

 

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290° Capitolo

I vicini di casa e i loro figlioli stanno volentieri in casa di Giuseppe. I bambini sulla terrazza.

Zenone si rompe l’osso del collo. La resurrezione del morto.

Testimonianza di Zenone su Gesù. Ammonimento di Gesù a Zenone.

27 agosto 1844

1. Ma dopo qualche tempo l’amore attirò tuttavia di nuovo da Giuseppe i bambini del vicinato, così come i loro genitori,

2. e ciò particolarmente nelle vigilie di sabato (venerdì), in cui, specialmente di pomeriggio, si lavorava poco o nulla.

3. In una di queste vigilie del sabato arrivarono lì parecchi vicini con i loro figli.

4. Le bambine trovavano la più amabile compagnia nelle cinque bambine di Cirenio, che erano molto affabili e belle e laboriose, e possedevano davvero molte conoscenze in tutte le cose.

5. Ma per i ragazzi il piccolo, vispo Gesù era comunque superiore a tutto;

6. infatti in primo luogo Egli insegnava loro parecchi giochi estremamente assennati, che divertivano molto i ragazzi;

7. e in secondo luogo Egli raccontava loro spesso come parabole delle storielle così commoventi, che i piccoli fanciulli stavano lì tutt’occhi e tutt’orecchi.

8. Ma questa volta, poiché in seguito a una precedente pioggia torrenziale il suolo era un po’ umido, fu scelto come posto per giocare la terrazza (solaio della casa privo del tetto e cinto da parapetti).

9. Per un certo tempo ci fu molta quiete; infatti il piccolo Gesù raccontava parecchie storielle molto avvincenti.

10. Ma più verso sera ci fu maggior vivacità sulla terrazza; Gesù infatti aveva sistemato un piccolo gioco di dadi, e così c’era spesso da saltare un po’.

11. Ma fra i dodici ragazzi presenti si trovava un certo Zenone; questi era un accanito scommettitore e voleva togliere ai suoi compagni di gioco, con ogni sorta di pantomime da rompicollo, gli spiccioli di risparmio che essi avevano con sé.


12. Una tale pantomima egli la inscenò anche qui, e consisteva nello scommettere undici monete, e cioè contro la Volontà del Signore Gesù,

13. e precisamente sul fatto che sarebbe riuscito a fare tre giri sulla balaustra della terrazza senza perdere l’equilibrio.

14. Se avesse compiuto felicemente il giro per tre volte, gli altri undici bambini che stavano a vedere, alle undici monete ne avrebbero dovuto aggiungere altre undici;

15. se egli invece avesse perso l’equilibrio e fosse caduto, avrebbe perso le sue undici monete.

16. Gli altri ragazzi acconsentirono, e Zenone saltò subito sulla balaustra, ebbe subito un piccolo capogiro, perse l’equilibrio, cadde subito a terra dall’altra parte, si ruppe l’osso del collo e restò così anche morto all’istante.

17. Allora i genitori del ragazzo morto, pieni di dolore e d’ira, salirono di corsa sulla terrazza, afferrarono Gesù e lo volevano malmenare.

18. Ma Gesù si svincolò da loro, corse giù dal ragazzo morto e là gridò forte:

19. “Zenone! Alzati e testimonia di Me davanti ai tuoi ciechi genitori, se Io ti ho gettato giù e ucciso!?”

20. Qui il ragazzo morto subito si alzò e disse:

21. “O Signore! Mai Tu mi hai gettato giù e ucciso,

22. bensì la colpa fu della mia avidità di lucro e della mia infame fretta!

23. Ma avendomi ucciso tale mio peccato, allora sì o Signore, Tu venisti da me, e mi ridonasti la vita!”.

24. Quando i genitori di Zenone sentirono tale testimonianza, subito caddero in ginocchio davanti a Gesù e adorarono la Forza di Dio nel Bambino Gesù.

25. Ma Gesù disse a Zenone: “Fa’ però che ciò ti serva di lezione, e in avvenire astieniti da simili giochi che portano in sé la morte, e rifletti a come Io te l’abbia sconsigliato!”

26. I genitori di Zenone piansero per la grande riconoscenza, e si recarono poi a casa.

27. (D’altronde però questa fu un’allusione profetica al futuro Giuda Iscariota, com’è facile riconoscere).

 

 

291° Capitolo

I vicini chiedono consiglio a Giuseppe in quanto amico di Cornelio.

Gesù ammonisce Giuseppe a non essere imprudente.

Sguardo nel divino Governo del mondo: “Come il popolo, così il suo governo!”.

Gesù mostra Chi è il Signore!

28 agosto 1844

1. Un’altra volta, giusto di nuovo in una vigilia di sabato, vennero nuovamente da Giuseppe parecchi vicini con i loro figli, per consigliarsi con lui su certe questioni che li opprimevano;

2. questi vicini infatti sapevano che Giuseppe era in ottimi rapporti col governatore.

3. Ma in questo periodo Giuseppe ricevette anche una lettera da Tiro, e cioè da Cirenio. Questi, non appena rientrato a Tiro da Roma, si informava della salute di Giuseppe e soprattutto del piccolo Gesù.

4. I vicini però non sapevano di questa lettera,

5. e neppure che Giuseppe fosse un così grande amico del governatore Cirenio.

6. Giuseppe voleva tirar fuori la lettera, e voleva in tal modo dare ai vicini un sicuro conforto,

7. volendo mostrare loro con questo, che egli stesso si sarebbe adoperato vigorosamente per loro presso il governatore, contro il re mercenario, -

8. e ciò con l’esito migliore e tanto più sicuramente, in quanto Eudokia, così come le cinque bambine, appartenevano interamente a Cirenio.

9. Ma allora il Piccino parlò svelto a Giuseppe e disse con grande impeto:

10. “Giuseppe, Giuseppe! Non farlo mai, poiché Io sono il Signore!

11. Se mostrerai la lettera, Io percuoterò la Terra; poiché sono Io il Signore anche su Roma - e non Cirenio! - e non Augusto Cesare! -

12. Io ti dico: se il popolo fosse migliore del re mercenario, saprei ben Io dove trovare Archelao!

13. Ma poiché il popolo non è neppure minimamente migliore di lui, deve dunque sopportare il suo proprio peso nel re mercenario, il quale è un avaro come l’intero popolo!

14. Non fu detto: ‘Occhio per occhio, dente per dente’, eccetera? Così è anche detto: ‘Avarizia per avarizia e invidia per invidia!’

15. Per cui Archelao è certo un vero medico per questo popolo duro di cuore; e dovrà rimanere, così com’è, sino alla propria fine!”

16. Questo discorso indispettì i vicini, ed essi dissero:

17. “Questo sarebbe per noi un bel patrono di un Messia!

18. Noi ci rimprovera, e loda invece il pagano Archelao!”

19. Ma il Piccino batté il suolo col calcagno e disse:

20. “Terra, trema, perché i tuoi ciechi figli sappiano che sono Io il tuo Signore!”

21. E improvvisamente dal punto battuto scaturì fuoco, e il terreno tremò violentemente.

22. Allora tutti i presenti si spaventarono e dissero: “Ma che cos’è mai il bambino?! Poiché trema la Terra davanti a lui!

23. Andiamocene da qui; perché non è bene stare accanto a questo bambino!”. - E tutti quanti presto lasciarono Giuseppe e se ne fuggirono. - E così Giuseppe fu di nuovo salvato da un grande pericolo.

 

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292° Capitolo

Gesù a sei anni resuscita dalla morte il servo di Salomè dopo un incidente.

Gesù istruisce il giovanotto. Gesù si sottrae alla lode degli uomini.

29 agosto 1844

1. Quando Gesù aveva già compiuto i sei anni di età, una volta Salomè aveva fatto abbattere un albero già guasto, e lo fece poi tagliare in pezzi e spaccare dai suoi domestici, per ricavarne legna da ardere.

2. In quell’occasione un giovane domestico puntò molto sulla propria diligenza, e disse agli altri suoi tre compagni:

3. “Lasciate solo a me questo lavoro di spaccare la legna, e riuscirò a sbrigarmela con l’intero albero, così presto come voi tre assieme!”

4. E gli altri domestici gli lasciarono volentieri quest’onore.

5. Egli allora prese la sua scure affilata e si diede a menar colpi con grande zelo.

6. Ma in tale suo zelo diede anche un colpo sbagliato, e anziché il legno, colpì il suo piede destro e lo spaccò in due dalle dita al tallone.

7. Allora si accasciò a terra e gridò aiuto, e tutti quanti si affollarono intorno a lui, e nessuno aveva qualche cosa per bendargli il piede.

8. E così il giovanotto si dissanguò presto e poi morì.

9. Allora anche la casa di Giuseppe se ne accorse, per i lamenti e le grida nella vicina casa di Salomè.

10. E Gesù corse là in fretta e penetrò fino al domestico già morto, attraversando la folla che gli era attorno.

11. Quando giunse accanto al morto, gli afferrò prontamente il piede spaccato, lo compresse saldamente e lo guarì all’istante.

12. Quando il piede fu guarito in questa maniera, Egli gli prese la mano e disse:

13. “Ascolta, tu vanitoso giovanotto! - Io ti dico: alzati e continua a spaccare la tua legna!

14. Ma per il futuro lascia da parte la tua vanità e non voler mai fare più di quanta forza possiedi,

15. così per il futuro ti preserverai facilmente da simili incidenti!

16. Poiché anche i tuoi compagni hanno la loro forza per lavorare da Dio, e tu non devi svergognarli in nessuna occasione!

17. Se invece un qualche tuo compagno fosse intenzionalmente pigro e svogliato, sarà il Signore a trovarlo, -

18. a te però non deve mai più succedere, che per uno zelo esagerato e vano, tu ne divenga così il giudice!”

19. Qui il giovane domestico si rialzò in piene forze e continuò a spaccare la sua legna.

20. Ma tutti i presenti caddero in ginocchio davanti al ragazzo Gesù e dissero:

21. “Lode e onore in Te alla forza di Dio; poiché il Signore T’ha colmato già precocemente di tutta la Forza divina!”.

22. Ma Gesù corse lesto di nuovo a casa, poiché Egli non voleva la lode degli uomini.

 

 

293° Capitolo

Gesù rompe la sacra anfora di Maria. Preoccupazioni di una fanciulla.

Gesù porta l’acqua alla madre nel Suo mantello. La reliquia di Maria era per Gesù una spina nell’occhio.

La fanciulla riceve una correzione.

31 agosto 1844

1. Ma Maria aveva ancora l’anfora con la quale era andata a prendere l’acqua, quando l’angelo le portò il santissimo annuncio.

2. Ella teneva moltissimo a quest’anfora, anzi era per lei un vero e proprio oggetto sacro.

3. Addirittura non vedeva volentieri che qualcuno prendesse da bere da quest’anfora.

4. Una volta, però, circa otto giorni dopo che fu operato il miracolo presso Salomè, Maria era sola in casa con Gesù.

5. Ella era occupata a pulire alcuni capi di biancheria e per questo ebbe bisogno di acqua fresca.

6. Andò quindi da Gesù e Gli disse: “Andresti volentieri a prendermi un’anfora piena d’acqua fresca?

7. Eccoti perfino l’anfora da Te santificata!”

8. Gesù prese l’anfora e con essa corse al pozzo, dove Giuseppe stava appunto lavorando a qualcosa con gli altri figli.

9. Ma Gesù al pozzo urtò un po’ duramente con l’anfora contro una pietra, e l’anfora fu a terra in molti cocci.

10. Vide ciò una fanciulla e disse: “Ahimè, ahi, ahi! Se ne vedranno delle belle; ora la sacra anfora della padrona di casa è andata! - Ma Tu, caro Gesù, perché non sei stato più attento?

11. No, - qua però la Madre se la prenderà; neh, neh, hai da stare allegro Tu!”

12. Questo però apparentemente fece un po’ arrabbiare Gesù, ed Egli disse alla fanciulla:

13. “Che ti importa di quello che faccio?! - Vedi, invece, di finire la tua filatura!

14. Malgrado l’anfora rotta, Io porterò tuttavia a Maria acqua fresca nella giusta quantità”.

15. E la fanciulla disse: “Vorrei proprio vedere come si può portare in casa dell’acqua fresca senza un’anfora!”

16. Qui Gesù subito prese il suo piccolo mantello rosso, ne riunì i bordi e ci versò dentro l’acqua e la portò, senza perderne una goccia, in casa da Maria!

17. Tutti però gli andarono dietro fino a casa, a motivo del miracolo.

18. Quando Maria vide questo, si turbò e disse: “Ma Bambino, che è successo dunque all’anfora?”

19. E Gesù disse: “Vedi, già da molto tempo essa era per Me come una spina in un occhio! Per questo misi alla prova la sua forza miracolosa con una pietra, -

20. e vedi, non ve n’era alcuna in essa e per essa; perciò si ruppe anche subito in pezzettini!

21. Io però ritengo che dove Io sono, dovrei pur valere di più che una così sciocca anfora, che non è minimamente migliore di qualsiasi altra!”

22. A queste parole Maria non disse più nulla, e se le scrisse profondamente nel cuore.

23. Ma anche la ragazza allora non disse più nulla; infatti voleva bene a Gesù.

24. E Gesù disse a lei: “Vedi, così mi piaci di più di quando muovesti la lingua senza necessità!”. E la fanciulla fu contenta di questo piccolo rimprovero, e continuò poi con diligenza a dipanare il suo filo.

 

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294° Capitolo

I miracoli cessano per due anni. Carestia in Palestina. Giuseppe semina nel settimo mese.

Gesù, che ha otto anni, mette Lui stesso il seme nel terreno.

La miracolosa benedizione. Giuseppe distribuisce il raccolto ai vicini.

È meglio l’amore che la lode. Guarigione del ragazzo inaridito.

31 agosto 1844

 

296.                       Dopo questo fatto prodigioso Gesù si mantenne tranquillo per due anni, e ubbidiva in tutto a Giuseppe e a Maria.

2. Ma nel Suo ottavo anno si registrò un’annata pessima per il raccolto; infatti sopravvenne una grande siccità e tutta la semente si disseccò.

3. Era già il settimo mese, e da nessuna parte appariva qualcosa di verde; più volte si dovette macellare il bestiame, oppure si dovette far venire a caro prezzo fieno e cereali dall’Egitto e dall’Asia Minore.

4. Lo stesso Giuseppe viveva per lo più dei pesci che Gionata gli faceva pervenire tutte le settimane, e foraggiava i suoi animali domestici con foglie di giunco, che pure gli mandava lo stesso Gionata.

5. Soltanto nel settimo mese comparvero delle nubi, e cominciò a cadere periodicamente una scarsa pioggia.

6. Allora Giuseppe disse ai suoi quattro figli maggiori: “Attaccate i buoi all’aratro, e nel Nome del Signore vogliamo seminare nella terra un po’ di grano.

7. Chissà, forse il Signore nondimeno lo benedice, dato che ci è pur lecito considerare nostro Figlio e Fratello Colui che Egli ha mandato nel mondo!

8. È vero che Egli ora già da due anni non ha più fatto alcun segno attraverso di Lui, così che per questo già ci siamo letteralmente dimenticati della Sua Sublimità!

9. Ma chissà anche, che questo cattivo anno non sia una conseguenza della nostra dimenticanza, verso Colui che così santo venne a noi dall’Alto?”

10. Qui Gesù, che ora aveva 8 anni, si avvicinò a Giuseppe e disse: “Bene, padre Giuseppe! – Finora non Mi avete mai dimenticato; ma perciò voglio venire con te a mettere il grano nei solchi!”

11. Giuseppe se ne rallegrò moltissimo, e Maria e tutti in casa dissero:

12. “Sì, sì, dove il caro Gesù seminerà, là sicuramente si avrà un ricco raccolto!”

13. E Gesù disse, sorridendo: “Di questa opinione sono anch’Io. In verità, nemmeno un seme dovrà cadere invano da Me nel terreno!”

14. Dopo di che andarono ad arare e a seminare. Giuseppe seminava dietro l’aratro a sinistra, e Gesù a destra.

15. E così il campo in una mezza giornata fu lavorato nel modo migliore.

16. Poco dopo cadde un’abbondante pioggia, e il grano gettò un robusto germoglio e, quale frutto estivo, in tre mesi giunse alla molto desiderata maturazione.

17. Ma allora si evidenziò che le spighe che il ragazzo Gesù aveva seminato dalla parte destra, avevano addirittura cinquecento chicchi, mentre quelle di Giuseppe avevano solo da trenta a quaranta chicchi.

18. Di questo tutti si erano molto meravigliati, ma quando il frumento venne poi trebbiato sull’aia, soltanto allora si mostrò davvero nella sua piena misura la benedizione di Dio;

19. infatti da un moggio (settanta misure) che era stato seminato, vennero esattamente mille moggi di raccolto: un raccolto che nessuno mai aveva ancora sperimentato!

20. Ma poiché Giuseppe aveva ora una tale sovrabbondanza, ne tenne per sé settanta moggi, e novecentotrenta moggi li suddivise tra i vicini.

21. E così con questa prodigiosa mietitura fu dato aiuto a tutti i dintorni.

22. E vennero allora molti vicini e lodarono e glorificarono la Forza di Dio nel Ragazzo Gesù.

23. Questi però li esortò all’amore verso Dio e verso il loro prossimo, e disse a ciascuno: “L’amore è meglio che la lode, e un retto timor di Dio ha più valore dell’olocausto!”. – In questo tempo anche il ragazzo inaridito ritornò sano.

 

 

295° Capitolo

Giuseppe e Maria decidono di mandare Gesù, che ha quasi dieci anni, da un maestro.

Difficoltà nella lezione. Il maestro colpisce il Ragazzo, ma diventa muto e folle.

Il Fanciullo Gesù ritorna a casa.

2 settembre 1844

1. Da quel momento in poi il Fanciullino Gesù non fece di nuovo più alcun segno, ma era come tutti gli altri figliuoli degli uomini!

2. Soltanto stava volentieri accanto a Giuseppe, quando questi costruiva degli attrezzi come: aratri, gioghi, sedie, tavoli, letti e altre cose simili, e allora a Giuseppe mai nessuna cosa riusciva male.

3. Ma poiché il Fanciullino andava già per i dieci anni e non voleva più affatto distinguerSi dagli altri bambini,

4. allora Giuseppe disse una volta a Maria: “Vedi, la gente qui intorno parla male di noi, dicendo che lasciamo crescere Gesù così completamente senza istruzione scolastica, mentre possiede tuttavia dei talenti e delle attitudini così splendidi!

5. Io so bene che Gesù non ha necessità di istruirsi alle scuole del mondo;

6. ma per chiudere la bocca ai vicini, vorrei tuttavia mandarLo da un maestro.

7. E poiché adesso in città sono state aperte due nuove scuole, ed entrambi i maestri devono essere molto bravi, così vorrei provare con l’uno o con l’altro!

8. Maria vi acconsentì; anch’ella infatti ne vedeva l’apparente necessità.

9. E Giuseppe prese con sé Gesù e lo condusse dal primo maestro.

10. Questi prese subito in consegna il Fanciullino e disse a Giuseppe: “Per prima cosa, essendoci fra noi molti greci, egli deve imparare il greco, e solo dopo l’ebraico.

11. Conosco bene le singolari peculiarità di questo bambino e ho un poco paura di lui.

12. Voglio fare tuttavia ciò che sarà giusto; solo devi affidarmi completamente il ragazzo!”

13. Giuseppe vi acconsentì e lasciò Gesù completamente in casa del maestro.

14. Per tre giorni Gesù godette qui della consueta libertà; solo al quarto giorno il maestro Lo prese in classe.

15. Là egli Lo condusse alla lavagna, scrisse davanti a Lui l’intero alfabeto e cominciò a spiegarlo.

16. Dopo averlo spiegato tutto alcune volte, domandò a Gesù che cosa se ne ricordasse.

17. Ma Gesù fece come se non sapesse nulla di quanto era stato spiegato, e non diede al maestro alcuna risposta.

18. E il maestro afflisse il Ragazzo e se stesso per tre giorni, e non ottenne mai una risposta.

19. Ma al quarto giorno s’irritò, e ingiunse al Ragazzo Gesù di rispondergli, sotto minaccia di una provetta punizione.

20. Allora il Ragazzo disse a lui: “Se tu in verità sei un maestro, e se conosci realmente le lettere dell’alfabeto, indicaMi il vero significato fondamentale di Alfa, e Io ti farò sapere quello di Beta!”

21. Al che il maestro si arrabbiò e colpì Gesù sulla testa con la bacchetta.

22. Questo fece male al Ragazzo, ed Egli disse al maestro: “È questo il saggio modo di disfarti della tua stupidità?

23. In verità, non è per le percosse che Io sono da te, e questo non è il modo di istruire e di educare le persone!

24. Ma tu dovrai diventarMi muto e demente, perché anziché darMi una giusta spiegazione, Mi hai colpito!”

25. E all’istante il maestro si accasciò e, come fuori di sé, fu portato legato in un’altra stanza.

26. Ma Gesù ritornò subito a casa da Giuseppe, e là disse:

27. “Un’altra volta pretendo un maestro diverso, che non venga a scuola col bastone in mano; quello però sconta ora il suo sacrilegio verso di Me!”

28. Allora Giuseppe seppe ciò che sicuramente era di nuovo accaduto, e disse a Maria: “Dunque non ci è più consentito di lasciare Gesù in mani altrui; poiché Egli castiga chiunque non sia del Suo sentire!’’.

29. E Maria fu d’accordo; e nessuno osò fare un rimprovero a Gesù.

 

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296° Capitolo

Il secondo maestro da Giuseppe. Mite approccio del maestro.

Gesù dà una prova al maestro: legge e spiega Daniele. Buona testimonianza del maestro su Gesù.

Come ringraziamento per l’onestà del maestro, Gesù guarisce il primo maestro.

 

1. Ma dopo un periodo di qualche settimana venne da Giuseppe il secondo maestro nuovo, a fargli una visita amichevole;

2. poiché Giuseppe gli aveva fatto in precedenza, nella sua classe, parecchi nuovi banchi e sedie e un tavolo, e in tale occasione si era fatto anche amico di quel maestro, un uomo veramente retto.

3. Questo maestro ora fece anche conoscenza col Ragazzo Gesù, e provò molto piacere per il Suo contegno serio, e tuttavia modesto e sveglio.

4. Egli domandò quindi a Giuseppe, se il Ragazzo avesse già imparato a leggere in una qualche scuola.

5. Ma Giuseppe disse: “Fratello! Ci ho già provato con un paio di maestri, ma entrambi non hanno concluso nulla con Lui;

6. poiché in questo Ragazzo è riposta una Forza singolare!

7. Come dunque un maestro Lo tratta un po’ aspramente, può già dirsi perduto;

8. basta infatti che una sola parola dalla bocca del Ragazzo colpisca il maestro, e questi è punito nel modo più terribile!

9. Questo fu il caso, solo poco fa, del primo maestro, il quale fino a questo momento è ancora pazzo”.

10. E il maestro disse: “Sì, sì, lo so bene; quello però era anche un tiranno con tutti i suoi scolari!

11. Se istruissi io il ragazzo, in verità - non avrei paura di essere punito da lui!”

12. Allora il Ragazzo Gesù, che era presente, disse: “E che cosa vorresti insegnarMi?”

13. E il maestro attirò a sé molto amorevolmente il Ragazzo, Lo accarezzò e Gli disse poi:

14. “Vorrei insegnarti in una maniera molto amichevole a leggere e a scrivere, e poi a comprendere la Scrittura”.

15. E il Ragazzo disse: “Bene, se hai con te qualcosa della Scrittura, dammela, e voglio darti una prova!”

16. Qui il maestro tirò subito fuori un rotolo - era Daniele - e lo diede al Ragazzo.

17. Ma il Ragazzo cominciò subito a leggere il rotolo, e a spiegarlo in modo tale che tutti gli astanti, compreso il colpitissimo maestro, cominciarono a meravigliarsi oltre misura.

18. Ma quando il Maestro ebbe conosciuto questo del Ragazzo, allora disse:

19. “O Signore! Sii clemente e misericordioso con me povero peccatore; poiché questo ragazzo non è una persona terrena!

20. O fratello Giuseppe, adesso comprendo chiaramente perché nessun maestro può resistere con questo ragazzo!

21. Il ragazzo ne sa comunque più che tutti i maestri assieme su tutta la Terra! - Oh, tienilo quindi pure a casa!”

22. Questa testimonianza piacque al Ragazzo, ed Egli disse: “Poiché sei così onesto, per amor tuo anche l’altro maestro dovrà essere di nuovo guarito; sia! -

23. Tu però resta così onesto nel tuo cuore come lo sei ora, così sarai un giusto maestro sempre, Amen!”.

24. Dopo di che il Ragazzo Gesù si allontanò; anche il maestro si congedò presto da Giuseppe e andò a casa molto pensieroso. - E in quel momento il primo maestro stette meglio. - -

 

 

297° Capitolo

Gesù undicenne e Giacomo vanno a far legna. Giacomo è morso da una vipera e muore.

Gesù resuscita Giacomo dalla morte. Un Vangelo del lavoro: sii zelante dei beni spirituali!

Resurrezione del ragazzo morto e del giovane carpentiere Mallas.

Il buon insegnamento: “Nell’invidia si cela sempre la morte!”.

4 settembre 1844

1. Da quel momento il Bambino Gesù rimase a casa, ebbe un comportamento tranquillo e ubbidiente, eseguiva anche piccoli lavori.

2. Non compì segni per un intero anno, - dunque fino a undici anni compiuti.

3. Nell’undicesimo anno però compì di nuovo tre notevoli azioni miracolose, che seguiranno qui in breve.

4. In primavera a Giuseppe venne a mancare per alcuni giorni la provvista di legna da ardere.

5. Egli inviò perciò Giacomo e Gesù, - poiché erano quelli che avevano più tempo - in un bosco vicino, perché avessero a raccogliervi rami secchi.

6. I due andarono e fecero alacremente ciò che Giuseppe aveva loro comandato.

7. Giacomo però si dava moltissimo da fare, e restava poco per Gesù da raccogliere; infatti Giacomo preveniva Gesù dappertutto.

8. Ma in tale suo zelo accadde che egli mettesse la mano in un cespuglio di rami secchi, sotto il quale si trovava una serpe velenosa.

9. La serpe morse Giacomo alla mano, allora Giacomo cadde pieno di dolore e spavento. La mano si gonfiò improvvisamente e Giacomo si accasciò supino e diede segni di morte.

10. Allora Gesù balzò verso di lui, soffiò nella ferita, e istantaneamente Giacomo si sentì meglio.

11. Il serpente invece si gonfiò terribilmente e scoppiò in mille pezzi!

12. Dopo però Gesù disse a Giacomo: “Chi ha fretta si prenda tempo![10]. -In ogni lavoro mondano, se effettuato con troppo zelo, c’è la morte!

13. Perciò è meglio essere pigri per il mondo, ma tanto più zelanti per lo Spirito, in ogni occasione!

14. Ma così gli zelanti per il mondo avranno sempre da trovare la morte dell’anima, nel loro zelo per le cose terrene!

15. Io invece andrò a trovare gli sfaccendati rispetto al mondo e li prenderò al Mio servizio per l’eternità; e a coloro che avranno lavorato solo per un’ora del giorno, darò la stessa paga come a coloro che hanno lavorato col massimo zelo per tutto il giorno!

16. Beato ogni fannullone per il mondo; guai invece a ogni zelante nelle faccende del mondo! Il primo sarà amico Mio - e il secondo Mio nemico!” - -

17. Giacomo si tenne a mente queste parole e visse di conseguenza, e non gli importava nulla se anche di frequente veniva chiamato “il pigro e fiacco”;

18. però da quel momento fu tanto più zelantemente occupato con Gesù nel suo cuore, e ne guadagnò infinitamente tanto. -

19. Poco tempo dopo, in due giorni, morì a una vicina che era una vedova l’unico figlioletto, ed ella piangeva molto.

20. Allora anche Gesù andò col Suo Giacomo a vedere il ragazzo morto.

21. Ma vedendo la vedova piangere violentemente, ne ebbe compassione, e prese il ragazzo morto per mano e disse: “Kephas! - Io ti dico, alzati, e non rattristare mai più il cuore di tua madre!”

22. Qui il ragazzo improvvisamente si alzò in piedi e salutò sorridendo tutti i presenti.

23. Allora la vedova al colmo della commozione disse: “Oh, chi è dunque questo figlio di Giuseppe, che è capace con una parola di risvegliare i morti?! - È un Dio, oppure un angelo?!”

24. Ma Gesù disse alla vedova: “Non domandare oltre, ma dà a Kephas del latte, perché si rimetta completamente!”

25. E la vedova subito andò, e portò al ragazzo del latte riscaldato, - e questi divenne poi completamente sano.

26. Allora tutti volevano cominciare ad adorare Gesù; Egli però se ne andò in fretta, incontrò altri bambini e giocò con loro in una maniera molto saggia.

27. Ma mentre così giocava, ecco che in un’altra casa, che veniva riparata da alcuni carpentieri cittadini, un uomo cadde, si ruppe l’osso del collo e fu subito morto.

28. Allora si radunò subito un mucchio di gente e piangevano l’infelice, e c’era un grande frastuono.

29. Quando Gesù udì questo frastuono, anch’Egli andò là con Giacomo, si spinse fino al morto e disse a lui:

30. “Mallas! - Io ti dico: rialzati in piedi e lavora! - Però inchioda meglio le tue assicelle, altrimenti cadi ancora!

31. Infatti l’importante non è quanto tu hai lavorato, bensì come tu hai lavorato! - Nell’invidia però, c’è sempre la morte!”

32. Poi Gesù si allontanò di nuovo velocemente, e il morto si rialzò così sano e continuò a lavorare così vigorosamente, come se non gli fosse successo nulla. - Ma le parole di Gesù egli le conservò nel suo cuore. - -

33. Questi tre miracoli accaddero uno dietro l’altro in poco tempo, e per questo tutti i vicini volevano cominciare ad adorare Gesù.

34. Ma Gesù proibì loro una tal cosa, e poi non si fece vedere nel villaggio per qualche settimana.

35. Ma nella casa di Giuseppe le tre azioni furono ben notate, e se ne è molto parlato.

 

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GESÙ DODICENNE NEL TEMPIO

 

298° Capitolo

Breve illustrazione della scena del Tempio, quando Gesù aveva dodici anni, da parte di suo fratello Giacomo.

Ora Gesù si ritira completamente in Se stesso fino alle nozze di Cana.

 

1. Da allora Gesù visse ritirato e non compì più alcun miracolo in pubblico, fino al tempo delle nozze di Cana in Galilea.

2. Soltanto nel dodicesimo anno, quando andò per la prima volta a Gerusalemme per la festa, come è noto dal Vangelo, il ragazzo Gesù compì un miracolo con la Sua Sapienza nel Tempio, fra i dottori della Legge, -

3. questo miracolo io, Giacomo, non essendo stato presente, me lo sono fatto raccontare solo più tardi dal Signore stesso, e descritto brevemente esso consistette in questo:

4. nella grande calca Giuseppe e Maria smarrirono Gesù nel Tempio e ritennero che, non essendo con loro, Egli fosse già sicuramente tornato a casa con Salomè o qualcun altro dei parenti e conoscenti.

5. E così i due seguirono la carovana dei Nazareni e la raggiunsero solo di sera, nell’albergo tra Nazareth e Gerusalemme.

6. Ma poiché non vi trovarono Gesù, ne furono molto addolorati, presero alcuni accompagnatori e di notte ritornarono a Gerusalemme.

7. Là giunti, Giuseppe andò subito dal governatore Cornelio, che in quel tempo in Gerusalemme governava ancora la regione.

8. Giuseppe riferì immediatamente a Cornelio, il quale gli era venuto incontro con grandissima cordialità, quello che gli era accaduto,

9. e questi diede subito a Giuseppe una guardia romana, con la quale Giuseppe era autorizzato a ispezionare tutte le case.

10. Così Giuseppe passò in rassegna quasi tutta Gerusalemme, e tuttavia, dopo aver cercato lungamente per tre giorni, da nessuna parte trovò Gesù.

11. Allora i due si allarmarono molto; tutti tristi restituirono a Cornelio la guardia e non si lasciarono consolare da lui.

12. Ma poiché la sera era già piuttosto inoltrata, Cornelio voleva trattenerli presso di sé.

13. Ma Giuseppe disse: “O nobile amico, voglio rimanere sì con te questa notte, ma prima devo salire al Tempio, e voglio offrire al Signore Dio, dal mio triste cuore e nel mio cuore, ciò che abbiamo perduto!”.

14. Allora Cornelio lasciò andare Giuseppe con Maria su nel Tempio.

15. E vedi, essi vi trovarono Gesù a sedere fra i dottori; Egli li interrogava, li istruiva, e dava risposta alle loro domande, tanto che essi ne rimanevano tutti sommamente stupiti;

16. poiché Egli spiegava loro i brani più misteriosi dei Profeti, li istruiva sulle stelle, sulle loro orbite, sulla loro luce fondamentale, sulla loro seconda, terza quarta, quinta, sesta e settima luce.

17. Così pure descriveva loro la costituzione delle Terre[11] e mostrava loro la relazione fisica, psichica e spirituale fra le cose -

18. e dimostrava a tutti l’immortalità dell’anima in maniera mai ancora udita, così che tutti dicevano:

19. “In verità, non si è mai udito qualcosa di simile! Un ragazzo di dodici anni è più sapiente in un suo dito, che noi tutti presi assieme!”

20. Allora Giuseppe e Maria si avvicinarono a Gesù e Gli dissero:

21. “Ma perché dunque ci hai fatto questo?! - Vedi, Ti abbiamo cercato con grande dolore per tre giorni e non abbiamo potuto trovarTi!”

22. Ma Gesù disse: “Perché l’avete fatto? (Ossia di fuori con l’aiuto dei soldati).

23. Non sapevate da tempo della Casa del Padre Mio, e che in essa Io dovevo fare ciò che è del Padre Mio?!”

24. I due però non compresero queste parole, e Gesù li seguì subito docilmente a casa, dopo aver pernottato con loro presso Cornelio.

25. Ma i dottori stimarono Maria ultrafelice per avere un figlio simile.

26. Da allora in poi Gesù si ritirò poi completamente, e davanti agli uomini non operò più alcun miracolo fino al Suo trentesimo anno, e visse e lavorò poi come qualsiasi altro uomo.

 

 

LA VITA DI GESÙ DAI DOCICI AI TRENT’ANNI

 

299° Capitolo

Importantissime spiegazioni sulla natura di Gesù, sulla relazione tra il divino e l’umano in Lui.

Cenni sulla rinascita spirituale, condizione per una vita eterna e beata.

9 settembre 1844

1. Ma dopo questo è detto nella Scrittura: ‘Ed Egli crebbe in Grazia e Sapienza davanti a Dio e agli uomini, e rimase sottomesso e ubbidiente ai Suoi genitori, fino a quando non intraprese il Suo Magistero’.

2. Domanda: come poteva dunque Gesù, l’unico eterno Essere divino, crescere in Sapienza e in Grazia davanti a Dio e agli uomini, essendo tuttavia Dio dall’eternità?

3. E come particolarmente davanti agli uomini, essendo tuttavia dall’eternità l’Essere infinitamente più perfetto di tutti?

4. Per comprendere questo correttamente, non si deve considerare Gesù esclusivamente quale l’unico Dio;

5. ma bisogna rappresentarseLo come un Uomo, in cui l’unica eterna Divinità si incarcerò, apparentemente inattiva, proprio come nell’essere di ogni singolo uomo si trova incarcerato lo spirito.

6. Ma quello che ciascun uomo deve fare secondo l’Ordine divino, per liberare in sé il proprio spirito,

7. dovette farlo anche l’uomo Gesù con la massima serietà, per liberare l’Essere divino in Lui, per diventare con Esso una cosa sola.

8. Ma ciascun uomo è costretto a portare in sé certe debolezze, che sono le abituali catene dello spirito, mediante le quali questo è rinchiuso come in un guscio duro.

9. Ma le catene possono essere spezzate soltanto quando l’anima, frammista alla carne, per mezzo della giusta abnegazione si è così rafforzata, da essere salda a sufficienza per contenere e trattenere in sé il libero spirito.

10. È anche proprio per tale ragione, che l’uomo soltanto con ogni sorta di tentazioni può rendersi conto delle sue debolezze, ed apprendere come e da che cosa il suo spirito è incatenato.

11. Se poi egli si mortifica nella sua anima proprio in questi punti, allora così facendo scioglie i lacci allo spirito e ne avvince l’anima.

12. Quando poi con l’opportuno trascorrere del tempo l’anima è rinsaldata con tutti i legami che prima avvolgevano lo spirito, allora ovviamente è del tutto naturale che lo spirito, completamente sciolto, trapassi nell’intera, forte anima,

13. e questa perviene così a tutta la celeste perfezione di potenza dello spirito, e diventa così in eterno perfettamente una sola cosa con esso.

14. Ma è nello sciogliersi di una catena dopo l’altra che consiste la crescita dell’anima in forza spirituale, che qui sono la sapienza e la grazia.

15. La sapienza è la chiara visione in sé dell’eterno Ordine di Dio, e la grazia è l’eterna luce d’amore, con cui vengono illuminate tutte le infinite e innumerevoli cose, le loro relazioni e le loro vie.

16. Ma come così è per l’uomo, così fu anche per l’Uomo divino Gesù.

17. La Sua Anima era simile a quella di ogni altro uomo, e tanto più era gravata di debolezze, in quanto il potentissimo Spirito divino dovette mettere Se stesso nelle più possenti catene, per poter essere trattenuto nella Sua Anima.

18. Perciò dunque l’Anima di Gesù dovette anche affrontare le più grandi tentazioni, mortificando se stessa, per togliere al proprio Spirito divino le catene, e in tal modo rafforzarsi per l’infinitissima libertà dello Spirito di tutti gli spiriti, e diventare così pienamente una cosa sola con Esso.

19. E proprio in ciò consistette dunque anche la crescita in Sapienza e Grazia dell’anima di Gesù davanti a Dio e agli uomini, e precisamente nella misura in cui lo Spirito divino a poco a poco sempre più si unificava con la propria Anima, ovviamente divina, la quale era dunque il vero e proprio Figlio.

 

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300° Capitolo

La vita di Gesù e le lotte della Sua Anima dai dodici ai trent’anni.

Cenni ed esempi sul raggiungimento della rinascita spirituale, condizione per una vita eterna e beata.

Conclusione e benedizione del Signore.

9 settembre 1844

1. Or dunque: come visse Gesù, il Signore, dal Suo dodicesimo anno fino al Suo trentesimo?

2. Egli percepiva in Sé continuamente e nel modo più vivo l’onnipotente Divinità; Egli sapeva nell’Anima Sua, che tutto quanto l’Infinito abbraccia, è e deve essere eternamente sottoposto ad ogni Suo più lieve cenno.

3. Inoltre aveva nella Sua Anima il massimo impulso a regnare sopra ogni cosa.

4. Orgoglio, voglia di dominare, estrema libertà, inclinazione alla vita piacevole, desiderio delle donne e altre cose simili, dunque anche l’ira, erano le principali debolezze della Sua Anima.

5. Ma Egli combatté con la volontà dell’Anima contro tutte queste spinte potentissime, mortalissime, che premevano enormemente l’Anima Sua.

6. L’orgoglio lo umiliò mediante la povertà; ma quale duro mezzo fu questo, per Colui a Cui tutto apparteneva, e pur tuttavia non poté chiamare nulla “Mio”!

7. La voglia di dominare la domò mediante la sottomissione e mediante la più volonterosa ubbidienza a coloro che, al pari di tutti gli uomini, al Suo confronto erano - e di quanto! - come il puro nulla!

8. La Sua eterna, suprema libertà l’assalì, sebbene con difficoltà infinita, mettendosi a servizio degli uomini come uno che serve in schiavitù, per compiere i lavori più infimi.

9. Il fortissimo impulso a una vita piacevole lo combatté con frequentissimi digiuni - per necessità, e anche per libera volontà della Sua Anima.

10. Il desiderio delle donne lo combatté con il lavoro non di rado pesante, con una parca alimentazione, con la preghiera e frequentando uomini savi.

11. Sì - su questo punto Egli ebbe da lottare in modo terribilmente intenso, dato che il Suo aspetto esteriore e il suono della Sua Parola erano estremamente avvincenti,

12. ragion per cui le cinque bellissime fanciulle di Cirenio erano innamorate a morte di Lui, e gareggiavano fra di loro su come piacergli di più.

13. A Lui piaceva bensì questo amore; ma dovette tuttavia sempre dire a ciascuna: “Noli Me tangere!”[12]

14. Dato che, inoltre, con uno sguardo penetrava la cattiveria degli uomini, - e vedeva di loro la perfidia e l’ipocrisia, la malizia e il loro egoismo,

15. così è anche comprensibile che Egli fosse molto eccitabile, e poteva facilmente venir offeso e incitato all’ira;

16. ma allora Egli moderava il Suo animo divino con il Suo Amore e con la conseguente Misericordia.

17. E così Gesù non esercitò altro per tutta la Sua Vita che mortificazioni durissime, per ricostituire in tal modo l’eterno Ordine che era stato distrutto!

18. Ma da ciò si può facilmente capire in che modo Gesù come Uomo abbia trascorso quei diciotto anni, fra continue dure tentazioni e lotte contro le stesse.

19. Ed ora che ciò è stato esposto utilmente per ciascuno, non rimane più niente da dire, eccetto la disputa di tre giorni con i saggi e dotti nel Tempio[13], che però, come certe altre cose, non può seguire adesso.

20. Perciò accontentatevi per il momento di questo, e l’altro seguirà, quando direte al servitore:

21. “Vieni, fratello, da noi nel Nome del Signore, e rimani ad abitare da noi!”.

22. Con ciò sia anche conclusa quest’opera, e la Mia Benedizione e la Mia Grazia siano con voi perennemente! Amen. Amen. Amen.

 

[inizio]

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INDICE

Cap. 201 - 300

 

201

Serie parole di Gesù a Maria. Predizione del disprezzo che riceveranno il Signore e i Suoi seguaci nel mondo.

202

Giacomo a colloquio col piccolo Gesù. Lamentela di Gesù per la poca attenzione che Gli prestano i genitori e gli altri di casa.

203

Confessione di Giuseppe dinanzi al Piccino. Differenza tra maschera e accortezza. Il Signore si è nascosto perché il mondo non venga giudicato. Esortazione del Piccino a Maria.

204

Amorevole domanda di Maria al Piccino. La differenza tra l’amore degli uomini e l’amore di Dio. “La Mia Ira stessa è più amore che il tuo più grande amore!”. Parabola del re in cerca di una moglie. Riferimento della parabola a Tullia e a Gesù Bambino.

205

Lamentela di Tullia. Parole di conforto di Maria. Tullia esamina se stessa, si pente e si addolora. Il cibo preferito di Gesù. La vecchia e la nuova Tullia.

206

Tullia piange. Un Vangelo delle lacrime. Tre lacrime ha messo il Signore nell'occhio degli uomini: la lacrima di gioia, la lacrima di compassione e la lacrima di dolore.

207

Parole tranquillizzanti del Piccino che preannuncia una tempesta nella notte. La grande paura di Eudokia.Le consolanti parole del Piccino.

208

L’uragano notturno porta il terrore. Gli animali feroci. Giuseppe maledice la tempesta. Intervento del Piccino. prima della fine della tempesta.

209

Vantaggio e scopo della tempesta notturna: lo sterminio degli assalitori.

210

Il Piccino gira tre volte attorno al rogo. Parole profetiche a Cirenio: «Ma il Signore passerà tre volte attorno al rogo del mondo, e nessuno Lo interrogherà né dirà: “Signore! Che cosa fai?”. E solamente al terzo giro l'ultimo raggio dell’Ira sarà tolto dalla Terra!».

211

La domanda di Giuseppe e la consolante risposta del Piccino. La grande fame del Piccino. I pesci del pranzo. Domanda di Cirenio sul Mar Mediterraneo.

212

Giacomo e il Piccino sono puniti col digiuno per aver tralasciato la preghiera prima di mangiare. Il Piccino chiede a Giuseppe perché deve pregare e a chi. Gesù Bambino esce fuori col Suo Giacomo e non si lascia trattenere.

213

Giuseppe si prende molto a cuore i rimproveri di Maria e di Cirenio. Egli esce a chiamare il Piccino.

214

I figli di Giuseppe alla ricerca del Piccino. La Voce segreta e le sue parole di conforto a Giuseppe. Il Piccino viene incontro a Giuseppe ed egli Lo segue in cima al monte. Una trave con traversa in legno di cedro come tavola per il Signore, apparecchiata con agnello, vino e pane. Il pasto alla tavola del Signore. “La vera preghiera è l'amore per Me!”.

215

Giuseppe porta la croce. Il Piccino insegna il Vangelo della croce.

216

Pesce freddo con olio e succo di limone. La ragione delle prescrizioni alimentari mosaiche. “Ora però il detto è, e sempre sarà in avvenire: Il Signore è il miglior cuoco!”.

217

Perché il Mar Mediterraneo può essere considerato con diritto un mare centrale. “…infatti il vero centro è là dove è il Signore!”.

218

Tutto ha un tempo e un ordine stabiliti da Dio. Tempo ed eternità. Il vano indagare nelle profondità divine e l’infantile semplicità come via per la vera sapienza.

219

La Croce esprime l’Amore di Dio per gli uomini.

220

Le lacrime di Gionata e il suo santo amore per il Signore. Ciascun essere umano viene santificato e nasce tutto nuovo mediante l'amore a Dio nel suo cuore. Infatti: “L'amore per Me non è di per sé santo, come Io stesso Lo sono nella Mia divinità?”.

221

Un rimedio contro la piaga degli insetti. Una cometa.

222

Colloquio sulle comete considerate dai romani come portatrici di sventura e di guerre. Davanti all’Infinito tutte le grandezze svaniscono.

223

Lezione dimostrativa del Piccino che fa trasformare lo sciame di insetti in una piccola cometa..

224

Cenni sulla natura della cometa e corrispondenza con quella del latte.

225

Romanzina a Cireneo sul perché il troppo indagare nelle profondità delle opere divine è svantaggioso per i figli di Dio.

226

FINE DEI MIRACOLI PUBBLICI DI GESÙ IN EGITTO

Ciò che è divino nel Bambino si ritira dentro di Lui. Ultime disposizioni del Piccino per Giuseppe e Cirenio. Il riposo notturno. La particolare grazia di Gesù Bambino a Giacomo.

227

Giuseppe preoccupato per la prima colazione. La dispensa vuota. Aiuto di Gionata con un abbondante quantitativo di pesci affumicati.

228

Amorosa gara tra Giuseppe e Cirenio. Altruismo di Giuseppe. Come si riconoscono i veri e i falsi servitori di Dio.

229

La lieta colazione. Discorso di Giuseppe sulla bontà del Signore. Il Piccino a tavola. Scena idilliaca tra il piccolo Gesù nudo e Cirenio.

230

Proseguimento della scena infantile a tavola. “Solo per il suo grande amore Maria è cattiva con Me!”.

231

Gratitudine di Cirenio, suo regalo e discorso d’addio. Cirenio si ferma ancora un giorno.

232

La cassaforte di Giuseppe e le sue preoccupazioni per gli eventuali ladri. Buon consiglio del Piccino a Giuseppe.

233

Giuseppe e i suoi. Cure e lavori domestici. Eccezionale aiuto di Gionata e sua fiducia in Dio.

234

UNA DEPUTAZIONE DI OSTRACINE A CASA DI GIUSEPPE

Imbarazzo del governatore davanti a una deputazione dei più eminenti cittadini. Cirenio invita la deputazione a pranzo. Sulla maledizione del denaro.

235.

La deputazione al pranzo. Consiglio di Giuseppe nell'assegnazione dei posti a tavola. Indignazione del Piccino alla tavola accanto, male imbandita. Una profezia.

236

Il cattivo pesce servito dai cuochi poi puniti da Giuseppe. Il fondamento evangelico dell’Incarnazione.

237

Umile e affettuoso discorso dei quattro fratelli al Piccino che prima avevano offeso. La Sua divina risposta ai fratelli.

238

Il pranzo nella sua corrispondenza simbolica. Le fasi delle condizioni spirituali sulla Terra: 1° in generale; 2° l’Ebraismo; 3° la Chiesa greca; 4° la Chiesa romana; 5° le sette cristiane.

239

L’ultimo buon pesce significa l’Amore del Signore e la Sua grande Grazia in questo ultimo tempo. Giacomo conclude citando Isaia.

240

Gli ospiti prestano attenzione al Piccino e domandano di Lui aCirenio. Giudizio degli ostracini su Giuseppe e la sua famiglia.

241

La malevola decisione degli ospiti gelosi. Il grande incendio a Ostracine.

242

Cirenio preoccupato per le vittime dell’incendio. “Chi scava una fossa agli altri vi cade dentro”. Dio è per tutti “il Giudice più giusto”.

243

Prima della caduta viene la superbia. Giuseppe tratta nobilmente gli scampati. Magnanimità di Cirenio verso le vittime. Cirenio va da Gionata.

244

PARTENZA DI CIRENIO E VISITA A GIONATA

Giuseppe mette in pratica l’amore verso il prossimo. Chi ha il Signore con sé ha tutto. Visita serale a Gionata e cena da lui.

245

Cirenio fa allestire la nave per la partenza. Giacomo gli ricorda il mappamondo. Consiglio di Giuseppe a Cirenio: agisci liberamente - secondo la Volontà del Signore! Cirenio prende con sé i suoi tre ragazzi.

246

Cirenio chiede la benedizione. Divina risposta del Piccino. Preghiera di congedo di Cirenio. Il Piccino benedice i partenti e li tranquillizza con le parole: “Dov’è il vostro cuore, là è anche il vostro tesoro”.

247

Giuseppe benedice Cirenio. Parole di Gesù a Cirenio: “Noi che siamo diventati una cosa sola nell'amore ci saremo sempre presenti, nello Spirito in eterno!”. Partenza di Cirenio. Giuseppe pernotta da Gionata.

248

Giuseppe e Gionata usciti per la pesca scorgono una nave romana in pericolo e la salvano.

249

Il Piccino si informa sul risultato della pesca. Risposta al rimprovero di Giuseppe del Piccino affamato: “Io sono a casa Mia dappertutto, dove Mi si ama!”. Ricca pesca a richiesta del Piccino.

250

LA SACRA FAMIGLIA NELLA CASA SVALIGIATA

Gionata accompagna Giuseppe che ritorna a casa. La casa viene trovata vuota e svaligiata. Grande sdegno di Giuseppe. Memorabile del senso del perdono spiegato dal Piccino.

251

Maria piange per il furto di tutti gli abiti compresa la biancheria. Parole di conforto e nobile gesto di Gionata. "O madre, accettali dal mio cuore e dalla mia mano!”. Il Piccino benedice Gionata.

252

La benedizione del Signore nella casa di Giuseppe. Stupore e gratitudine della Famiglia per il doppio rendimento dopo la macinatura del frumento. Giacomo ricorda il miracolo del chicco di grano.

253

Pranzo a base di pesce e focacce al miele. Malvagità del furto di arnesi per la cucina, compresa la scodellina del Piccino. Inflessibilità del Piccino verso chi agisce per pura cattiveria.

254

I ladri dei vestiti accorrono piangendo alla porta di Giuseppe. Energico discorso del Piccino ai ladri. La restituzione degli abiti.

255

Nobiltà interiore e bellezza interiore di Maria. La sua compassione verso i ladri. Fare del bene ai nemici e benedirli è puramente divino. "Poiché tu (Maria) hai fatto questo, come lo fa Dio, perciò ora sei così bella. Dio infatti è la suprema Bellezza perché è il sommo Amore!”.

256

La potenza dell’amore. La casa di Giuseppe diventa famosa. Le amorevoli indicazioni di Giuseppe fanno vergognare i grandi e i ricchi della città che non li disturberanno più.

257

RITORNO DELLA SACRA FAMIGLIA A NAZARETH

Morte di Erode: Archelao diventa re. L’angelo del Signore esorta Giuseppe a ritornare nel Paese d’Israele. Il prodigioso equipaggiamento da viaggio. Giuseppe consegna tutto a Gionata e lo prega di seguirlo entro un anno.

258

La santa Famiglia ritorna in patria dopo un viaggio faticoso. Timore di Giuseppe e incoraggiamento di Maria. L’ordine del Signore di recarsi a Nazareth. Arrivo a Nazareth.

259

Dolce scena serale sulla terrazza di Salomè. Cornelio scopre la piccola carovana.

260

Gioele, mandato a informarsi, comunica che la patria è vicina. Giuseppe vuol pernottare con i suoi all’aperto. I figli di Giuseppe vanno da Salomè a chiedere legna e fuoco.

261

Presentimenti di Salomè e di Cornelio sulla piccola carovana. Salomè e Cornelio scrutano la compagnia e riconoscono la sacra Famiglia.

262

Cornelio e Salomè salutano la santa Famiglia. Ingresso degli stanchi viaggiatori nella loro vecchia abitazione.

263

Salomè consegna a Giuseppe la casa e il terreno in ottime condizioni. Imbarazzo di Giuseppe. Umiltà e amore di Salomè. Splendida testimonianza sul Signore. Una parola del Signore sull’amore.

264

Salomè invita la famiglia di Giuseppe per la prima colazione. Il cibo prediletto di Gesù Bambino. Amorosa gioia del Piccino e di Salomè. “O Signore! - Chi mai può guardarTi senza lacrime agli occhi?”.

265

Cirenio tranquillizza Giuseppe alle domande angosciose sul nuovo e crudele re Archelao. Cornelio riceve notizie da Giuseppe sul fratello Cirenio. Gioia e riconoscenza di Cornelio.

266

Cornelio si informa se Cirenio sia a conoscenza della partenza di Giuseppe. Risposta di Giuseppe. Cornelio spiega a Giuseppe come viene scritta una lettera segreta.

267

Cornelio si informa su quanto è rimasto di prodigioso nel Bambino. Giuseppe accenna ai Suoi discorsi. Grandi parole del Piccino a Cornelio.

268

Cornelio affigge la lettera di franchigia romana sulla casa di Giuseppe. Disposizioni romane per le tasse. Promessa del Piccino a Cornelio.

269

Giuseppe organizza la casa e discorre con Maria sulla visita a parenti e conoscenti. Singolare comportamento del Piccino e Sue straordinarie parole.

270

MIRACOLI DEL FANCIULLO GESÙ A NAZARETH

Il terremoto sotto i piedi di Gesù impaurisce Giuseppe e Maria. I fuggiaschi dalla città mettono in guardia Giuseppe dal proseguire. Giuseppe, tranquillizzato da Giacomo, entra senza timore in città.

271

La gente disposta a far penitenza dà inconsapevolmente una giusta testimonianza. Parole di Giuseppe alla gente: “Il Signore non guarda a un vestito stracciato, da penitente, bensì solamente al cuore, come esso è fatto!”. Giuseppe viene ricevuto cordialmente dal suo amico medico.

272

Giuseppe racconta all’amico medico le sue avventure. Affettuosa partecipazione del medico e racconto delle sue proprie esperienze. Sdegno di Giuseppe verso Archelao. Giuseppe addolcito dal Piccino.

273

Stupore del medico e predizione sulla saggezza del Bambino. Risposta del Piccino a Giuseppe. La speranza del medico nel Messia e rettifica da parte del Piccino.

274

Il Piccino sottopone i malati a una prova di fiducia e guarisce la bambina paralitica che aveva fermamente creduto in Lui.

275

Stupore del medico, suo umile presentimento e professione di fede. Il Piccino tranquillizza il medico e gli insegna il miglior metodo di guarigione. Il medico crede e diventa famoso per le sue guarigioni. Giuseppe accoglie nella propria casa la ragazza guarita.

276

La sacra Famiglia dal maestro Dumas. Giuseppe si fa riconoscere. Il Piccino fra gli scolari.

277

Dumas si stupisce del Bambino. Saggia risposta filosofico-socratica di Giuseppe. Dumas loda i filosofi. Discorso del Piccino a Dumas su profeti e filosofi.

278

Giuseppe pensa di tornare a casa. Nobile risposta femminile di Maria. Consiglio del Piccino e ritorno a casa. Lite con i servitori di Archelao.

279

Interruzione dei miracoli del Piccino per due anni. Arrivo di Gionata dall’Egitto. Grande gioia a casa di Giuseppe per il suo arrivo e consiglio del Piccino a Gionata. Gionata pescatore nel Mar di Galilea.

280

Il Piccino a cinque anni gioca presso il ruscello. Le dodici buche e i dodici passerotti di fango. Spiegazione dell’immagine. Scandalo dell’ebreo strettamente osservante e miracolo del Piccino.

281

L’accorrere dei curiosi di miracoli. Il figlio viziato e litigioso dei vicini punito da Gesù. Il giudice superiore viene a giudicare Giuseppe, ma è minacciato dal Piccino e se ne torna indietro improvvisamente.

282

Giuseppe prende il Bambino con sé lungo i campi. Il piccolo Gesù viene urtato con intenzioni malvagie. La cattiva paga del pastorello.

283

Guai per Giuseppe. Il vicino arrabbiato ridotto al silenzio. Preghiera del padre del pastorello e risposta del Piccino.

284

Consiglio di Giuseppe al padre del ragazzo morto. Giuseppe e il Piccino tornano a casa. Meravigliosa promessa del Bambino: “Coloro che, in futuro, come te Mi accoglieranno spiritualmente nel loro cuore, quelli saranno anche come mia madre, i Miei fratelli e le Mie sorelle!”.

285

Il pastorello morto viene risuscitato ed ha paura del santo Piccino. Il padre gli fa cambiare idea e dà una giusta testimonianza su Giuseppe e sul Piccino. L’Amore del Piccino. “Il Mio Amore è la tua vita per l’eternità!”.

286

La falsa sentenza del giudice menzognero del villaggio su Gesù. Energica replica di Giuseppe. I falsi testimoni. Giuseppe fa una ramanzina a Gesù a motivo della gente.Il giudice corrotto diventa cieco all’istante. Il Bambino si irrita per Giuseppe, ma poi Giuseppe si pente.

287

Il maestro Piras Zaccheo desidera avere il prodigioso Bambino nella sua scuola per acquistare fama. Giuseppe consiglia al maestro di fare una prova. Gesù svergogna il maestro ipocrita.

288

Gesù fa intravedere a Piras Zaccheo la Sua missione. Effetto salutare delle parole di Gesù e meditazione di Piras Zaccheo. Gesù “professore di storia naturale”: “Dov’è l’alto e dov’è il basso?”.

289

Pensieri del maestro sul Ragazzo. Gesù mette in guardia il maestro. Gesù Luce dei pagani e Giudizio degli Ebrei. Il maestro in fuga.

290

I vicini di casa e i loro figlioli stanno volentieri in casa di Giuseppe. I bambini sulla terrazza. Zenone si rompe l’osso del collo. La resurrezione del morto. Testimonianza di Zenone su Gesù. Ammonimento di Gesù a Zenone.

291

I vicini chiedono consiglio a Giuseppe in quanto amico di Cornelio. Gesù ammonisce Giuseppe a non essere imprudente. Sguardo nel divino Governo del mondo: “Come il popolo, così il suo governo!”. Gesù mostra Chi è il Signore!

292

Gesù a sei anni resuscita dalla morte il servo di Salomè dopo un incidente. Gesù istruisce il giovanotto. Gesù si sottrae alla lode degli uomini.

293

Gesù rompe la sacra anfora di Maria. Preoccupazioni di una fanciulla. Gesù porta l’acqua alla madre nel Suo mantello. La reliquia di Maria era per Gesù una spina nell’occhio. La fanciulla riceve una correzione.

294

I miracoli cessano per due anni. Carestia in Palestina. Giuseppe semina nel settimo mese. Gesù, che ha otto anni, mette Lui stesso il seme nel terreno. La miracolosa benedizione. Giuseppe distribuisce il raccolto ai vicini. È meglio l’amore che la lode. Guarigione del ragazzo inaridito.

295

Giuseppe e Maria decidono di mandare Gesù, che ha quasi dieci anni, da un maestro. Difficoltà nella lezione. Il maestro colpisce il Ragazzo, ma diventa muto e folle. Il Fanciullo Gesù ritorna a casa.

296

Il secondo maestro da Giuseppe. Mite approccio del maestro. Gesù dà una prova al maestro: legge e spiega Daniele. Buona testimonianza del maestro su Gesù. Come ringraziamento per l’onestà del maestro, Gesù guarisce il primo maestro.

297

Gesù undicenne e Giacomo vanno a far legna. Giacomo è morso da una vipera e muore. Gesù resuscita Giacomo dalla morte. Un Vangelo del lavoro: sii zelante dei beni spirituali! Resurrezione del ragazzo morto e del giovane carpentiere Mallas. Il buon insegnamento: “Nell’invidia si cela sempre la morte!”.

298

GESÙ DODICENNE NEL TEMPIO

Breve illustrazione della scena del Tempio, quando Gesù aveva dodici anni, da parte di suo fratello Giacomo. Ora Gesù si ritira completamente in Se stesso fino alle nozze di Cana.

299

LA VITA DI GESÙ DAI DOCICI AI TRENT’ANNI

Importantissime spiegazioni sulla natura di Gesù, sulla relazione tra il divino e l’umano in Lui. Cenni sulla rinascita spirituale, condizione per una vita eterna e beata.

300

La vita di Gesù e le lotte della Sua Anima dai dodici ai trent’anni. Cenni ed esempi sul raggiungimento della rinascita spirituale, condizione per una vita eterna e beata. Conclusione e benedizione del Signore.

 

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[1] abitanti di Ninive, che fu per secoli la capitale dell’Assiria e del regno Assiro.

[2] in latino nel testo originale, significa “mare in mezzo alle terre”

[3] dozzinante: Persona che vive presso una famiglia pagando una somma per vitto e alloggio. [N.d.T.]

[4] (Lagos re d’Egitto) è stato aggiunto da Lorber nel manoscritto.

[5] letteralmente: cento centinaia di libbre. [N.d.T.]

[6] Vedi cap. 19 e 66 di Isaia; il primo descrive il giudizio precedente, il secondo l’amore e il tempo di Grazia della Nuova Gerusalemme, che è il buon pesce. [Annotazione nell’originale per mano di J. Lorber]

[7] nel senso di “senza tener conto del Signore”. [Nota dell’editore tedesco]

[8] i migliori. [N.d.E. tedesco]

[9] lo sposò. [N.d.T.]

[10] Si tratta di un proverbio corrispondente al nostro “Chi va piano va sano e va lontano!”. [N.d.T.]

[11] dei pianeti

[12] Non toccarmi! Letteralmente: “Non volermi toccare”. [N.d.E. tedesco]

[13] Vedi “I tre giorni nel Tempio” di Gerusalemme. Inoltre nel “Grande Vangelo di Giovanni” sono contenuti alcuni altri episodi della vita di Gesù giovanetto.