Rivelazioni
INFANZIA DI GESÙ
Parte III
(cap. 201 – 300)
[Infanzia parte II] – [indice]
Serie parole di Gesù a
Maria.
Predizione del disprezzo che
riceveranno il Signore e i Suoi seguaci nel mondo.
6 maggio 1844
1. Ma fra coloro che erano stati
mandati indietro c’erano anche Maria, Eudokia e Giacomo.
2. Ma ciò nonostante Maria entrò, ed
Eudokia e Giacomo la seguirono.
3. Maria però si chinò
verso il Piccino e disse:
4.
“Ascolta, Figliolino mio! Sei proprio terribilmente cattivo!
5. Se mi indichi la porta già
adesso, che cosa farai poi di me, quando sarai un uomo?!
6. Vedi, non devi essere così
cattivo verso colei che Ti ha portato sotto il suo cuore con grande angoscia e
molteplice pena!”
7. Ma il Piccino guardò Maria
con grande amorevole serietà e disse:
8. “Perché Mi chiami Figliolino
tuo?! Dunque non sai più ciò che ti ha detto l’angelo?
9. Come devi chiamare Quello che è
nato da te?
10. Vedi, l’angelo disse: ‘E ciò che
nascerà da te, si chiamerà Figlio di Dio, - Figlio dell’Altissimo!’
11. Se sicuramente è così e non
altrimenti, come mai Mi chiami poi tuo Figliolino?!
12. Se Io fossi tuo Figlio, ti
occuperesti più di Me che di Tullia!
13. Ma poiché non sono tuo Figlio,
così dunque Tullia ti sta più a cuore di Me!
14. Quando Io vado fuori a saltare
da qualche parte, e poi entro di nuovo dalla porta, nessuno Mi viene incontro
col cuore ardente,
15. e ormai sono qua come un pane di
tutti i giorni per servi e domestiche, e nessuno spalanca le braccia verso di
Me!
16. Ma se arriva qui una
chiacchierona di città, è subito ricevuta con tutti gli onori.
17. E così è anche adesso con la
sciocca Tullia che ricevette da Me la vita; per la tanta attenzione quasi le
scivolate fin nel sedere.
18. A Me invece, il Datore della
vita, fate appena attenzione!
19. Di’ tu stessa, se ciò possa
dirsi in ordine?!
20. Non sono Io più che una qualsiasi sciocca chiacchierona di città, e più che questa Tullia?
21. Oh, state allegri voi tutti,
Miei futuri seguaci-servi! Come ora succede a Me, così succederà anche a voi!
22. I vostri protettori vi
metteranno in un angolo di letamaio, quando riceveranno visite dai loro
fratelli di chiacchiere e sorelle di chiacchiere!” Queste parole penetrarono
profondamente nel cuore a Maria, ed ella poi ne tenne gran conto.
[indice]
Giacomo
a colloquio col piccolo Gesù.
Lamentela
di Gesù per la poca attenzione che Gli prestano i genitori e gli altri di casa.
7 maggio 1844
1. A queste parole anche Giacomo si chinò verso il Piccino e Gli
disse:
2. “Ascolta! Tu mio amato Gesù! Mio
dolce Fratellino! Una volta che diventi cattivo, la cosa si fa quasi
insopportabile con Te!
3. Non vorresti fare anche a me un
rimprovero come quello che hai fatto alla madre Maria?
4. Puoi pur farlo; ma dopo anch’io
me la prenderò con Te perché non mi hai invitato al gioco, mentre vi avrei
partecipato volentieri con tutto il cuore!”
5. Ma il Piccino disse: “Oh, non ti preoccupare, Giacomo, che Io ti dica
qualcosa;
6. poiché la tua costante attenzione
per Me la conosco già!
7. Inoltre molto spesso condividiamo
la stessa sorte, e a te succede allora come a Me.
8. Vedi, quando tu di frequente esci
con Me e poi Mi riporti a casa, da un luogo qualunque, talvolta perfino dalla
città quando vi hai da fare qualche cosa, e Mi prendi allora con te,
9. nessuno ci viene incontro!
Andiamo via senza altro accompagnamento, e quando ritorniamo di nuovo a casa
non un’anima ci viene incontro!
10. Come siamo usciti soli, così
ritorniamo indietro anche soli.
11. E quando ogni tanto arriviamo
con un quarto d’ora di ritardo, per di più veniamo anche sgridati ben bene.
12. E se siamo a casa non possiamo
nemmeno muoverci, se non vogliamo ricevere una lavata di capo.
13. E per quanto si conversi
talvolta di svariate cose, dillo, se anche noi facciamo parte delle cose
interessanti, che possano meritare qualche parola nella giornata?
14. Ma se un qualche conoscente
dalla città si fa annunciare e dice: ‘Ti farò visita lunedì!’,
15. allora la nostra casa se ne
rallegra già tre giorni prima, e ne parla ancora tre giorni dopo.
16. E quando arriva l’amico, tutti
quanti gli corrono incontro, e quando di nuovo se ne va, viene accompagnato
fino alla porta della sua casa.
17. Se invece noi andiamo e veniamo, in casa non si muove
neanche un gatto!
18. Mentre invece se arriva qui un
eloquente chiacchierone di città, si dice: ‘Giacomo, adesso va’ da bravo fuori
col Piccolo!’,
19. e noi allora usciamo subito
senza accompagnamento, e non possiamo rientrare fino a che non sia piaciuto al
chiacchierone di ripartire nuovamente, accompagnato da tutta la casa.
20. Solo quando vengono Cirenio o
Gionata, allora anche noi contiamo qualche cosa, se non lo impediscono
importanti considerazioni!
21. Non temere perciò, che Io ti
dica qualcosa che possa addolorarti; poiché entrambi siamo messi sullo stesso
piano, per quanto riguarda la stima e l’amore!
22. Se per tutto il giorno non ci
muoviamo e non fiatiamo, allora siamo «bravi»! - E questo «bravi» è però anche
tutta la nostra ricompensa! - Ne sei soddisfatto tu? - Io non lo sono!”
23. Quando Giuseppe e Maria
sentirono tali cose, s’impaurirono entrambi. - Ma il Piccino li tranquillizzò e disse: “Solo un po’ diversamente in
futuro! Il passato è andato!”.
– E Giacomo pianse per la grande
gioia nel suo cuore.
Confessione di Giuseppe
dinanzi al Piccino. Differenza tra maschera e accortezza.
Il Signore si è
nascosto perché il mondo non venga giudicato.
Esortazione del Piccino
a Maria.
8 maggio 1844
1. Poi Giuseppe chiamò a sé il Piccino e Gli disse:
2. “Ora ascoltami; quello che dirò
ora, non lo dico per Te, ma per coloro che sono qui!
3. Infatti io so che Tu penetri
sempre i miei più segreti pensieri, e perciò non occorre che dica niente a Te;
ma anche quelli che sono qui devono sapere ciò che provo per Te!
4. Vedi, è vero che noi spesso
esternamente siamo stati come tiepidi verso di Te;
5. ma questa tiepidezza era solo una
maschera della nostra stima interiore e dell’amore per Te, affinché Tu non
diventassi noto al mondo crudele!
6. Chi dunque conosce il mondo
meglio di Te? - E così proprio Tu comprenderai meglio di chiunque altro, che il
comportamento da noi tenuto finora in pubblico verso di Te doveva essere così,
perché noi fossimo sicuri con Te.
7. E così Ti prego di perdonarci
tante apparenti freddezze dei nostri cuori, che però sempre alla tua vista
s’infiammavano tuttavia come un’aurora!
8. In futuro però vogliamo certo
comportarci verso di Te, anche apertamente, come il nostro impulso interiore ce
lo comanderà”.
9. Dopo questo discorso il Piccino disse: “Giuseppe! Tu hai
detto il vero; ma ciò nonostante c’è sempre una grossa differenza tra maschera
e accortezza.
10. La maschera rende l’animo
freddo; ma l’accortezza lo riscalda.
11. Ma a che pro’ la maschera, dove
basta l’accortezza? A che pro’ la finzione, dove la naturale saggezza offre
mille mezzi sicuri?
12. Non sono Io il Signore, a Cui
l’intera infinità deve ubbidire ad un cenno, poiché essa non è altro che un
Pensiero uscito da Me e fissato, ed è come una Parola proferita dalla Mia
bocca?!
13. Ma se Io sono l’unico, vero
Signore, come potrebbe il camuffamento del tuo animo di fronte al mondo essere
più efficace, per la Mia sicurezza, che un intero mondo pieno della Mia eterna
Potenza?!
14. Vedi, un soffio dalla Mia bocca,
– e l’intera Creazione visibile non è più!
15. Ritieni dunque che Mi sia
necessaria la maschera del tuo animo, per preservare Me e te dalle insidie del
mondo?
16. Oh no, di questo non ho bisogno!
Infatti non è già per paura del mondo che Mi tengo nascosto,
17. bensì solo a motivo del
giudizio, affinché il mondo non venga giudicato, qualora dovesse riconoscerMi
nella sua malizia.
18. Perciò voi tutti in futuro siate
pur accorti, a motivo della salvezza del mondo;
19. ma con la maschera restateMi lontani, poiché essa anche
nel suo miglior impiego è un parto dell’inferno!
20. E tu, Maria, ritorna al tuo
primitivo amore, altrimenti un giorno avrai da sostenere molta tristezza, per
averMi trattato adesso freddamente a causa del mondo, con la maschera del tuo
cuore!”.
21. Questa parola spezzò il cuore a
Maria, ed ella afferrò il Piccino con tutta la potenza del suo amore, e se Lo
strinse al cuore, e Lo accarezzò con l’ardore più grande del suo amore materno.
[indice]
Amorevole domanda di Maria al Piccino. La
differenza tra l’amore degli uomini e l’amore di Dio.
“La Mia Ira stessa è più amore che il tuo
più grande amore!”
Parabola del re in cerca di una moglie.
Riferimento della parabola a Tullia e a Gesù
Bambino.
9 maggio 1844
1. Dopo che Maria ebbe abbracciato il Piccino per un po’, Gli chiese con molto
timore:
2. “Mio Gesù, dunque amerai di nuovo
la tua ancella, come l’ancella Ti amerà eternamente?”
3. E il Piccino sorrise con tutta amabilità a Maria e disse:
4. “Ma che fragile domanda hai di
nuovo fatto!
5. Se Io non ti amassi più di quanto tu ami Me - in verità, in
verità! - che saresti tu dunque?
6. Vedi, se tu Mi amassi con
l’ardore di tutti i soli, ciò nonostante questo tuo amore non sarebbe nulla in
confronto al Mio Amore, col quale Io amo perfino il più malvagio degli uomini,
anche nella Mia ira!
7. E la Mia ira stessa è più amore
che l’amore tuo più grande!
8. Che sarà mai dunque il vero e proprio
Amore che Io ho per te?!
9. Come dunque ti avrei mai scelta
quale Mia genitrice, se non ti avessi amata – più di quanto l’eternità potrà
mai comprendere?!
10. Vedi quanto è fragile allora la tua domanda! Io però ti dico:
ora va’ e conduci qui Tullia;
11.
poiché ho cose importantissime di cui parlare con lei!”
12. Qui Maria ubbidì immediatamente
e andò a prendere la moglie di Cirenio.
13. Quando Tullia entrò tutta
timorosa nella piccola stanza dove si trovava il Piccino, allora il Piccino si eresse e disse a Tullia:
14. “Tullia, tu risuscitata,
ascolta! - C’era una volta un grande re, ed era scapolo e pieno di virile
bellezza, e pieno di autentica divina sapienza.
15. Questo re disse a se stesso:
«Voglio andare a cercarmi una moglie in un luogo straniero, dove nessuno mi
conosce;
16. infatti voglio prendere una
moglie per me stesso, e la moglie deve amarmi perché sono uomo saggio - e non
perché sono un grande re!»
17. E così lasciò il suo regno per
un lontano paese straniero, e giunse in una città, e là fece presto conoscenza
con una famiglia.
18. La figlia di quella casa fu la
prescelta, e costei ne ebbe una grande gioia; ella infatti riconobbe presto nel
suo pretendente una grande sapienza.
19. Ma il re pensò: «Ora certo mi
ami, perché mi vedi e la mia figura e la mia sapienza ti avvincono;
20. ma io voglio vedere se tu mi ami
veramente! Perciò mi travestirò da mendicante e così ti infastidirò di
frequente.
21. Tu però non dovrai sapere né
apprendere minimamente che io mi celo nel mendicante.
22. Il mendicante dovrà bensì avere
un segno di me, come fosse mio intimo amico, del resto però povero in questo
paese straniero come l’amico stesso.
23. E allora si vedrà se questa
figlia mi ama veramente!»
24. E come il grande re aveva ideato
la cosa, così fu anche subito eseguita.
25. Dopo qualche tempo da quando il
re apparentemente si era messo in viaggio, il mendicante si presentò alla
figlia e le disse:
26. «Cara figlia di questa ricca
casa, vedi, io sono molto povero e so che tu possiedi grandi ricchezze!
27. Io sedevo alla porta della città
quando il tuo magnifico fidanzato si allontanò da te, e lo pregai di
un’elemosina.
28. Egli allora
si fermò e disse: ‘Amico! Non ho nulla qui che ti potrei offrire, eccetto
questo ricordo della mia fidanzata, che è molto ricca!
29. Vai quanto
prima da lei e mostrale questo a mio nome, ed ella ti darà sicuramente, così
come lo darebbe a me, ciò di cui hai bisogno!
30. Ma quando
al più presto ritornerò, la risarcirò di tutto mille volte!’
31. Quando la
figlia ebbe sentito questo, ne fu piena di gioia e fece doni al mendicante.
32. Allora il
mendicante se ne andò e ritornò dopo pochi giorni, e si fece annunciare alla
figlia.
33. La figlia
gli fece dire di passare un’altra volta, poiché ora aveva visite.
34. Il
mendicante venne un’altra volta e si fece annunciare.
35. Allora
[gli] fu detto: «La figlia è uscita con alcuni amici!» E il mendicante tornò
indietro triste.
36. Quando
arrivò alla porta di quella casa, incontrò la figlia in mezzo ai suoi amici, ed
ella a mala pena fece attenzione al mendicante.
37. Questi
disse bensì: «Cara fidanzata del mio amico, come lo ami dunque, se non dai
ascolto al suo amico?»
38. Ma la
figlia disse: «Io voglio distrarmi; quando l’amico verrà, allora l’amerò di
nuovo!»
39. Il giorno
seguente poi il mendicante si recò di nuovo dalla figlia e la trovò piena di
contentezza; aveva infatti una compagnia proprio allegra.
40. E il
mendicante le chiese: «Ami davvero il tuo fidanzato – e sei così contenta
mentre egli si allontanò per affari che ti riguardano?»
41. Allora la
figlia mise alla porta il mendicante e disse: «Che pretesa sarebbe! - Non è
abbastanza se lo amo quando è qui? Che cosa, devo amarlo anche in sua assenza?
- Chi lo sa, se egli mi ama!?»
42. Qui il
mendicante gettò via il suo mantello lacero e disse alla figlia stupefatta:
43. «Vedi,
colui che è in viaggio, è sempre stato qui, a osservare il tuo amore!
44. Tu però ben poco pensasti a lui,
e colui che ti mostrò il segno del tuo giuramento, fu scacciato e dileggiato,
dato che la compagnia mondana ti andava più a genio.
45. Ma vedi,
proprio questi è colui che ora sta davanti a te, ed è quel grande re a cui
appartiene il mondo intero!
46. E questi
ora ti restituisce tutto quello che tu gli hai dato, mille volte tanto; ma a te
volge in eterno le spalle, e tu non vedrai mai più il suo volto!»
47. Tullia! -
Conosci questo re e questo mendicante? - Vedi, sono Io Costui, e tu sei
la figlia! - Al mondo sarai felice,
48. ma quel che
sarà dopo, te lo dice questa parabola.
49. Io ti ho
dato vita e una grande fortuna, e a te non va di ricordarti di Me!
50. O tu romana
nata cieca! - Io ti ho dato luce, ma tu non Mi hai riconosciuto!
51. Io ti ho
dato un marito dai Cieli, e tu volevi prendergli per te stessa la parte d’amore
che spetta a Me.
52. Allora
fosti morta; Io ti ho di nuovo risvegliata, e tu in cambio prendesti l’omaggio
del mondo e non badasti a Me.
53. E adesso,
che ti ho fatta chiamare, tremi davanti a Me come un’adultera.
54. Dimmi, che
cosa mai posso fare con te?
55. Devo
continuare ancora a elemosinare davanti alla tua porta?
56. No, questo
non lo farò, ma ti darò la tua parte, e allora saremo pari!”.
57. Queste
parole riempirono di sgomento tutta la casa di Giuseppe.
58. Ma il Piccino chiese di uscire
fuori all’aperto solo col suo Giacomo, e non ritornò indietro fino a tarda
sera.
Lamentela di Tullia. Parole di conforto di
Maria.
Tullia esamina se stessa, si pente e si
addolora. Il cibo preferito di Gesù.
La vecchia e la nuova Tullia.
11 maggio 1844
1. Solo dopo un certo tempo Tullia si riprese e cominciò a piangere
molto amaramente e disse:
2. “O Signore, perché divenni
vedente un giorno in questa casa, perché la moglie di Cirenio, se ora nella mia
presunta felicità ho da soffrire così tanto?!
3. Perché risvegliasti la morta? Perché
dovette di nuovo ritornare la vita nel mio petto?!
4. Sono dunque nata per patire?
Perché proprio io, mentre invece a migliaia e migliaia vivono tranquilli e
felici, e ben poco sanno di una lacrima che il dolore spreme dall’occhio! - ?”
5. Maria però, mossa a compassione, consolò Tullia con le seguenti
parole:
6. “Tullia, non devi contendere col
Signore, tuo e mio Dio!
7. Poiché vedi, questo è il modo e
la maniera Sua: che proprio coloro che Egli ama, li sottopone a prove davvero
forti!
8. Questo riconoscilo nel tuo cuore,
e risveglia nuovamente il tuo amore per Lui, ed Egli dimenticherà subito la Sua
minaccia e ti accoglierà nuovamente nella Sua Grazia!
9. Infatti già molto spesso ha
minacciato gli operatori di iniquità, e ha fatto annunciare loro dai profeti la
rovina per il giorno seguente, e ha fatto indicare il posto in cui i cani
avrebbero leccato il loro sangue.
10. Come però gli operatori
d’iniquità ricorsero alla penitenza, ecco che Egli disse subito al profeta:
‘Non vedi che egli fa penitenza? Perciò non lo voglio neanche punire!’
11. Quando Giona fu chiamato da Dio
ad annunciare la rovina ai Niniviti[1]
che erano caduti in tutti i peccati,
12. ecco che costui non voleva
andare, poiché diceva: «Signore, so che Tu solo assai raramente fai seguire quello
che il profeta deve minacciare;
13. per cui io non voglio andare,
affinché io non venga svergognato come profeta davanti ai Niniviti, quando Tu
sicuramente avrai di nuovo pietà di loro!»
14. Vedi, perfino questo profeta
ebbe un fondato dubbio sull’Ira di Dio!
15. Ma io ti consiglio: fa’ quello
che fecero i Niniviti, e sarai di nuovo accolta nella Grazia”.
16. Queste parole infusero di nuovo
coraggio a Tullia, ed ella cominciò a
riflettere su di sé, e presto trovò una quantità di errori in sé e disse:
17. “O Maria, adesso soltanto lo
scorgo e mi diviene chiaro, perché il Signore mi castiga così!
18. Vedi, il mio cuore è pieno di
peccati e pieno di impurità! – Oh, in che modo riuscirò mai a pulirlo?!
19. Come posso dunque ardire - di
amare, con un cuore così sommamente impuro, il Santo di ogni santità?!”
20. E Maria disse: “Proprio perciò devi amarLo nel pentimento e nel
riconoscimento dei tuoi peccati; poiché proprio soltanto un tale amore
purificherà il tuo cuore davanti a Lui - il Santo di ogni santità!”
21. Quando, a tarda sera, il Piccino
ritornò a casa col suo Giacomo, andò subito da Maria e chiese qualcosa da
mangiare, e Maria gli diede subito un po’ di burro, pane e miele.
22. Poi Egli disse: “Vedo ancora un
altro cibo, dammi anche di quello da mangiare! - Vedi, è il cuore di Tullia; dammelo, perché tu già lo hai preparato per
Me!” – Qui Tullia cadde in ginocchio davanti al Signore e pianse.
23. Ma Maria disse: “O Signore, abbi pietà della poverina, che qui soffre
molto!”
24. E il Piccino disse: “Già da moltissimo tempo ho avuto pietà di lei,
altrimenti non l’avrei mai resuscitata!
25. Era solo lei che voleva ignorare la Mia Misericordia, e voleva piuttosto
contendere con Me nel suo cuore, che accoglierMi in esso.
26. Ma poiché ora ella ha rivolto il
suo cuore a Me, così le ho fatto come ai Niniviti”.
27. Dopo queste parole il Piccino si avvicinò a Tullia e disse
a lei:
28. “Tullia, vedi, ora sono
diventato proprio stanco; tu una volta Mi hai già preso fra le braccia, e Mi
fece bene; poiché avevi delle braccia molto morbide.
29. Dunque alzati anche adesso e
prendiMi fra le tue braccia, e senti com’è dolce avere fra le braccia il
Signore della Vita!”
30. Questa richiesta del Piccino
spezzò a Tullia completamente il
cuore.
31. Con l’amore più alto possibile
al suo cuore, ella prese il Piccino sulle sue morbide braccia e disse
piangendo:
32. “O Signore! Com’è mai possibile
che Tu ora, contrariamente alla Tua terribile minaccia, sei così benigno con
me?!”
33. E il Piccino disse: “Perché tu ti sei spogliata della vecchia Tullia, che mi era sgradita, e ti sei
rivestita di una [Tullia] nuova, a Me cara! Adesso però sta’ tranquilla; poiché
ora ti voglio di nuovo bene!”. – A questa scena tutti furono commossi fino alle
lacrime.
[indice]
Tullia piange: un Vangelo
delle lacrime.
Tre lacrime ha messo il
Signore nell'occhio degli uomini:
la lacrima di gioia, la lacrima di
compassione e la lacrima di dolore.
13 maggio 1844
1. Ma quanto più a lungo ora Tullia teneva il Piccolo fra le
braccia, tanto più riconosceva in sé gli errori della sua vita, e per questo a
tratti piangeva molto.
2. Allora il Piccino si rizzò e disse a Tullia: “Mia cara Tullia! Questo di
nuovo non Mi piace in te, che tu ora pianga di continuo, mentre Mi hai dunque
fra le braccia.
3. Sii ora serena e allegra; poiché
Io non Mi compiaccio delle lacrime degli uomini, quando scendono dove non sono
necessarie!
4. Ritieni forse che le tue lacrime
purificheranno il tuo cuore da ogni peccato davanti a Me?
5. Oh, vedi, ciò è assurdo! Le
lacrime scorrono sì sulle tue guance e offuscano i tuoi occhi, ciò che ti è
perfino dannoso, -
6. ma sul cuore le lacrime non
scorrono e neanche lo purificano; anzi lo rendono spesso chiuso, così che poi
non vi può entrare né qualcosa di buono, né qualcosa di cattivo!
7 – E vedi, ciò porta poi anche la
morte allo spirito che abita nel cuore!
8. infatti un uomo triste è sempre
un essere offeso, e questo essere non è più atto ad accogliere nulla in sé.
9. Solo tre lacrime ho messo Io nell’occhio dell’uomo, e queste sono: la
lacrima di gioia, la lacrima di compassione, e la lacrima strappata dal dolore.
10. Queste soltanto Mi va di vedere;
ma la lacrima di tristezza, la lacrima di pentimento e la lacrima d’ira, che
derivano dalla compassione verso se stessi, sono frutti del proprio terreno e
presso di Me hanno uno scarso valore.
11. La lacrima di tristezza infatti ha origine da un animo
offeso e chiede riparazione; se questa non viene, facilmente un tale animo si
tramuta in una segreta ira e infine in un sentimento di vendetta.
12. La lacrima di pentimento è di origine simile e fa la
sua apparizione dopo il peccato, soltanto quando proprio il peccato ha avuto
come conseguenza una benefica punizione.
13. Ma allora essa non è una lacrima
per il peccato, bensì solo una lacrima a causa della punizione, e perciò anche
per il peccato, ma perché esso ebbe come conseguenza la punizione.
14. Anche questa lacrima non rende
migliore il cuore; poiché allora l’uomo non fugge il peccato per amore di Me,
ma per timore della punizione, e vedi, ciò è peggio del peccato stesso!
15. Ma per quanto riguarda la
lacrima d’ira, non è degna che Io ne
dica una parola; essa infatti è un’acqua che sgorga dalle fondamenta
dell’inferno.
16. Certo non è questa lacrima che
bagna il tuo occhio, bensì solo la lacrima di pentimento.
17. Io però ti dico: asciuga anche
questa dai tuoi occhi; poiché vedi bene che non Mi fa piacere!”
18. Qui Tullia si asciugò le lacrime dagli occhi e disse: “O Signore! -
Quanto infinitamente saggio e buono sei dunque Tu!
19. Oh, come potrei essere serena e
allegra, se non fossi una peccatrice!
20. Ma a Roma, per ordine
dell’imperatore, ho sacrificato a un idolo a causa del popolo, e questa azione
mi rode il cuore come un verme maligno!”
21. E il Piccino disse: “Questo peccato te l’ho già perdonato prima che
tu lo commettessi.
22. Ma tu fosti invidiosa di Me per
l’amore di Cirenio; - vedi, questo fu un grande peccato! - Io però ora ti ho
tutto perdonato, e tu non hai più peccati perché Mi ami di nuovo; perciò sii
dunque allegra e serena!”.
23. Dopo di che Tullia, come tutti
in casa di Giuseppe, divenne nuovamente colma di allegria, e tutti si recarono
poi a cena.
Parole tranquillizzanti
del Piccino che preannuncia una tempesta nella notte.
La grande paura di
Eudokia. Le consolanti parole del Piccino.
14 maggio 1844
1. Dopo cena Giuseppe benedisse tutti gli ospiti, e li
benedisse anche il Piccino, e disse:
2. “Ora recatevi tutti a riposare;
però non abbiate timore se durante la notte una piccola tempesta investirà la
nostra casa;
3. poiché a nessuno qua verrà torto
un solo capello!
4. Pensate, Colui che dimora qui tra
voi, è anche un Signore delle tempeste!”
5. Dopo queste parole, che fra i
marinai di Cirenio destarono qualche apprensione per la nave, disse un marinaio:
6. “Questo Bambino è un vero
profeta, poiché profetizza cose spiacevoli!
7. Perciò - dobbiamo portarci subito
dove si trova la nave di Cirenio debolmente ancorata, e dobbiamo tirarla a riva
quanto più possibile e là ormeggiarla!?”
8. Allora si alzò Gionata e disse: “Lasciate andare questa
preoccupazione!
9. Poiché in primo luogo il Signore
saprà ben Lui proteggere anche la nave;
10. ma in secondo luogo anch’io a
casa ho persone che sanno cavarsela anche meglio di voi a mettere le navi al
sicuro, e sapranno certo mettere al sicuro la nave del governatore. Perciò,
come me, potete pur stare totalmente tranquilli!”
11. Con ciò tutti quanti furono
tranquillizzati e tutti si recarono a riposare.
12. Ma Maria preparò anche subito
per il Piccino un letto molto morbido e pulito, poi ve Lo adagiò e pose il
piccolo lettuccio accanto al suo giaciglio.
13. Ma di solito Maria ed Eudokia
dormivano assieme in un unico letto,
e quindi anche adesso.
14. Eudokia però, avendo una considerevole paura della preannunciata
tempesta, disse a Maria:
15. “Maria, vedi, ho una grande
paura della tempesta che sicuramente verrà!
16. Come
sarebbe, se oggi prendessimo il Piccino in mezzo fra noi?
17. Allora sì che nel modo più certo
saremmo al sicuro da qualsiasi pericolo!”
18. Ma quando il Piccino ebbe sentito una tale apprensione espressa da Eudokia,
sorrise e disse poi:
19. “O Eudokia! Talvolta sei proprio
intelligente, ma talvolta invece più sciocca del lampo!
20. Ritieni dunque che Io ti possa
proteggere soltanto se Mi trovo sulle tue ginocchia?!
21. O qua sei in grande errore! -
Vedi, il Mio braccio è più lungo di quello che pensi!
22. E anche se tu fossi alla fine di
tutti i mondi, potrei proteggerti altrettanto bene come qui!
23. Perciò sta’ tranquilla e va’ a
riposare come al solito, e domani ti alzerai di nuovo in buona salute!”. –
Questo tranquillizzò Eudokia, ed ella si mise subito a riposare con Maria.
[indice]
L’uragano notturno portail terrore. Gli
animali feroci.
Giuseppe maledice la tempesta.
Intervento del Piccino prima della fine
della tempesta.
15 maggio 1844
1. Dopo due ore, quando tutti quanti
si trovavano già a riposare, scoppiò un violentissimo uragano, e investì con
tanta veemenza la casa, che la casa intera tremava.
2. Tutti quelli che dormivano furono
svegliati da questa scossa fragorosa.
3. E poiché l’uragano continuava a
infuriare, ed era accompagnato da mille fulmini e dai più violenti tuoni,
4. così quelli che si trovavano in
casa di Giuseppe cominciarono tutti quanti a tremare e a trepidare.
5. Alla furia e al fragore
dell’uragano si aggiunse per di più l’ululare di una quantità di feroci animali
selvatici, ciò che accrebbe la paura degli ospiti in casa di Giuseppe.
6. Tutti quanti cominciarono ad
affollarsi nella stanza dove si trovavano Giuseppe, Cirenio e Gionata, e vi
cercavano protezione.
7. Ma Giuseppe si alzò e fece luce e consolò i trepidanti come meglio gli fu
possibile.
8. Lo stesso fecero anche il gigante
Gionata e Cirenio.
9. Ma poiché la tempesta diventava
sempre più violenta, il consolare dei tre non fu molto proficuo; e i più
caddero in preda ad una paura mortale specialmente quando alcune tigri
cominciarono a spingere le loro zampe dentro alle finestre, ovviamente ben
munite di inferriate, con raccapriccianti ululati.
10. Quando allo stesso Giuseppe la cosa sembrò un po’ troppo
esagerata, egli si inquietò e disse alla tempesta:
11. “Taci, mostro, in nome di Colui
che abita qui, Signore dell’Infinità,
12. e non inquietare mai più in
avvenire coloro che necessitano di riposo nelle ore notturne! Avvenga!”
13. Tali parole Giuseppe le esclamò
con grande forza, così che tutti se ne spaventarono ancor più che per
l’infuriare dell’uragano.
14. Ma ciò nonostante esse non
vollero avere alcun effetto, per cui Giuseppe divenne poi ancora più eccitato,
e con veemenza anche maggiore rivolse alla tempesta una seconda minaccia.
15. Ma anche questa rimase senza
frutto, e l’uragano si burlava di Giuseppe.
16. Allora Giuseppe si adirò con
l’uragano disubbidiente e lo maledisse.
17. In quel momento si svegliò il Piccino e disse a Giacomo, che si
trovava accanto al piccolo lettuccio:
18. “Giacomo, entra da Giuseppe e
digli che deve ritirare la sua maledizione; poiché ha maledetto ciò che non
conosce!
19. Soltanto domani però capirà il
perché di questa tempesta e ne riconoscerà le buone ragioni; ma fra pochi
minuti essa comunque avrà termine”.
20. Poi Giacomo andò subito da Giuseppe e gli disse ciò che il Piccino gli
aveva indicato.
21. Allora Giuseppe si rinfrancò,
fece come Giacomo gli aveva riferito, e poco dopo la tempesta si placò; le
belve si dispersero e tutti quanti in casa di Giuseppe si recarono di nuovo a
riposare.
Vantaggio e scopo della
tempesta notturna: lo sterminio degli assalitori.
17 maggio 1844
1. Il mattino seguente, come di
consueto, Giuseppe si alzò assai di
buon’ora e distribuì i lavori della giornata ai suoi quattro figli.
2. Il primo lavoro consisteva nel
provvedere a una buona prima colazione e a ciò che poi la giornata avrebbe
portato.
3. Dopo tali disposizioni, egli andò
fuori a vedere quali eventuali danni avesse mai arrecato la tempesta notturna.
4. Ma mentre andava di qua e di là,
ben presto trovò una quantità di ossa umane rosicchiate
5. e s’imbatté in una quantità di
posti che erano imbrattati di sangue umano.
6. A tale vista egli si spaventò
enormemente e non riusciva a spiegarsi questo enigma.
7. Ma quando avanzò ancora, trovò anche una quantità di pugnali e
piccole lance, che spesso erano macchiate di sangue.
8. A quella
vista cominciò a sorgere in lui una luce tutta particolare, ed egli cominciò
pian piano a intravedere la ragione benefica dell’uragano, e degli animali che
questo aveva spinto fin lì.
9. In fretta
Giuseppe si recò poi dai suoi quattro
figli ed espose loro questo, e ordinò a tre di loro di raccogliere le ossa e le
armi.
10. In un’ora e mezza un gran
mucchio di ossa si trovarono accatastate sotto un albero, e accanto ad esse un
secondo mucchio di armi insanguinate.
11. Soltanto dopo colazione Giuseppe
condusse fuori Cirenio e Gionata, e mostrò loro questa singolare scoperta della
mattina.
12. Quando Cirenio scorse ciò, si mise le mani nei
capelli e disse:
13. “Ma, per
amore del Signore onnipotente, - che è mai questo?!
14. Da dove vengono queste ossa di
morti, da dove queste armi ancora grondanti di sangue fresco?
15. Giuseppe, fratello, amico! Non
hai una minima idea che ti suggerisca la ragione di quest’orrore?”
16. E Giuseppe disse: “Amico e fratello, questi sono o pirati, oppure
quei rivoltosi che inseguivano la tua nave!
17. Ma lascia che prima distruggiamo
tutto col fuoco;
18. soltanto dopo cercheremo di
indagare più a fondo la cosa!”.
19. Cirenio si accontentò di questo,
e tutta la sua gente dovette trascinare lì la legna da ogni parte.
20. E quando
verso mezzogiorno fu eretta, su uno spiazzo libero, una catasta di legna di
grandezza adeguata, allora le ossa insieme con le armi furono messe sulla
grande catasta di legna e così bruciate.
[indice]
Il Piccino gira tre
volte attorno al rogo.
Parole
profetiche a Cirenio: «Ma il Signore passerà tre volte attorno al rogo del
mondo, e nessuno Lo interrogherà né dirà: “Signore! Che cosa fai?”. E solamente
al terzo giro l'ultimo raggio dell’Ira sarà tolto dalla Terra!».
18 maggio 1844
1. Dopo che, nel trascorrere di
qualche ora, tutto fu bruciato e, ad eccezione della servitù di Cirenio,
nessuno fra tutti gli altri ospiti aveva notato qualcosa di questa scena –
avendo così voluto il Signore –
2. soltanto allora uscirono di casa
all’aperto, per la prima volta in quel giorno, Maronio Pilla e i comandanti e i
capitani, con Maria e Giacomo che conduceva il Piccino.
3. E Maronio Pilla, avendo un naso molto fine, percepì subito un odore
di bruciato,
4. andò subito da Giuseppe e disse:
“Nobilissimo amico, non senti nulla nelle tue narici di questo terribile odore
di bruciato?”
5. E Giuseppe lo condusse un po’ dietro la casa e gli indicò col dito il
luogo del rogo.
6. E Maronio domandò che cosa mai fosse stato dato alle fiamme.
7. E Giuseppe disse: “Amico! Proprio per questo la cosa fu data alle
fiamme: perché non avesse a cadere sotto gli occhi di tutti!
8. Cirenio però sa tutto; perciò
rivolgiti a lui! Egli te lo dirà, che cosa c’era; poiché egli fu testimone di
tutto!”
9. Con questo fu sbrigato Maronio e
con lui qualche altro curioso indagatore.
10. Poi però il Piccino volle andare con Giuseppe, Cirenio, Gionata e col Suo
Giacomo sul luogo del rogo, che ancora qua e là fumava un poco.
11. Quando vi arrivarono, il Piccino corse tre volte attorno
all’area notevolmente grande del rogo, prese un pugnale mezzo bruciato e lo
diede a Cirenio, e disse:
12. “Cirenio, guarda, ora i tuoi
nemici sono vinti e la loro forza è ridotta in cenere!
13. Qui nella Mia mano è l’ultimo
resto nemico, ed esso è diventato inservibile!
14. Io te lo do come segno che tu in
futuro non devi più far vendetta di coloro che erano contro di te – e di altri
pochi che ancora lo sono!
15. Poiché come qui è inservibile e
consunto questo pugnale, così deve essere anche ogni ira in te e nei tuoi pochi
nemici!
16. Ma questi tuoi nemici
provenivano da Tiro, e qui volevano distruggerti.
17. Io però sapevo il giorno e l’ora
e l’istante in cui tu correvi pericolo.
18. Perciò questa notte al tempo
opportuno feci venire una tempesta, che cacciò dalla montagna le bestie feroci
19. e dovetti incutere nei ribelli
grande paura e angoscia per renderli inermi, quando sono stati assaliti dalle
bestie.
20. E vedi, così sarà in futuro: un
possente fuoco dall’alto verrà sulle ossa dei malfattori e li ridurrà in
polvere e cenere!
21. Ma il Signore girerà tre volte
attorno al rogo del mondo, e nessuno Gli domanderà e Gli dirà: ‘Signore, che
cosa fai?’
22. E soltanto al terzo giro dovrà
essere tolta dalla Terra l’ultima vampata d’ira!”.
23. Ma tutti a questo discorso
sgranarono gli occhi; poiché nessuno comprese il suo significato.
La domanda di Giuseppe e la consolante
risposta del Piccino.
La grande fame del Piccino. I pesci del
pranzo.
Domanda di Cirenio sul Mar Mediterraneo.
20 maggio 1844
1. Ma poco dopo Giuseppe andò dal Piccino e Gli chiese come si dovesse intendere
una tal cosa.
2. E il Piccino disse: “Giuseppe, qua tu indaghi invano!
3. Poiché ci sono moltissime cose
che non si rivelano a voi finché vivete sulla Terra.
4. Ma chi dopo questa vita verrà
spiritualmente nel Mio Regno, a lui sarà tutto mostrato nella luce!
5. Perciò non interrogare qui su
cose che ora non ti riguardano per nulla!
6. Ma fa’ portare ora della terra e
fa’ ricoprire con essa l’area del rogo!”
7. E Giuseppe si rivolse qui a Cirenio,
e questi tramite la sua gente fece subito portare della terra e con questa
ricoprire il posto.
8. Dopo questo lavoro era arrivato
mezzogiorno, e i figli di Giuseppe erano anche pronti col loro pranzo, e lo
tenevano a disposizione per i molti ospiti.
9. E il Piccino disse Egli stesso a Giuseppe: “Caro Giuseppe! Mi è già
venuta molta fame; tre grandi pesci sono arrostiti, perciò andiamo a mangiare!”
10. Ma Giuseppe disse: “Questo è molto lodevole; ma - i pesci basteranno
poi per più di cento persone?!”
11. E il Piccino rispose: “Eccome! Hai pur visto quei grandi animali;
come puoi chiedere questo?
12. Ogni pesce è di cento libbre
buone; in verità non ne occorre di più ed è sufficiente per duecento persone!
13. Perciò ora andiamo pure a casa;
perché Io ho già molta fame – e specialmente di quei buoni pesci del Mar
Mediterraneo!”
14. E Giuseppe chiamò subito tutti a pranzo e si recò nella villa.
15. Ma strada facendo Cirenio domandò all’adorabile Piccino, se questo
mare (Mare Mediterraneum[2])
fosse poi esattamente un mare centrale.
16. E il Piccino disse: “Giusto o no - Io devo pur parlare con voi a
vostro modo, se voglio essere capito da voi!
17. Dopo mangiato però puoi
controllare sul piccolo globo terrestre, e là troverai certo se questa
espressione è adatta”.
18. Poi il Piccino corse avanti col suo Giacomo per essere al più presto a
tavola.
19. E quando arrivò Giuseppe il Piccino gli sorrise già dalla tavola,
mentre teneva già in mano un pezzetto di pesce.
20. Ma Giuseppe in segreto si rallegrò molto di questo; mentre solo per
buona creanza disse:
21. “Ma - mio carissimo Piccino, un
pezzo così grosso! -Riuscirai poi a mangiarlo tutto?”
22. E il Piccino sorrise ancora di più e disse: “Non dartene pensiero;
poiché hanno già provveduto i tuoi Padri, che niente nuoccia tanto facilmente
al Mio stomaco! Essi infatti Mi hanno servito molto spesso i bocconi più
cattivi e più grossi”. – Qui Giuseppe comprese bene ciò che il Piccino voleva
dire.
[indice]
Giacomo e il Piccino sono puniti col digiuno
per aver tralasciato la preghiera prima di mangiare.
Il Piccino chiede a Giuseppe perché deve
pregare e a chi.
Gesù Bambino esce fuori col Suo Giacomo e
non si lascia trattenere.
21 maggio 1844
1. Poi però Giuseppe iniziò la sua solita preghiera a tavola e benedisse le
vivande -
2. e poi chiese al Piccino se anche
Lui avesse già pregato.
3. Ma il Piccino sorrise di nuovo e disse a Giacomo:
4. “Tu, adesso sì che ci andrà bene!
Abbiamo tutt’e due scordato la preghiera e il ringraziamento, e tuttavia
abbiamo anche già mangiato del pesce!
5. Parla tu adesso, come meglio
puoi, se no è chiaro che siamo di nuovo in castigo e dovremo digiunare un po’!”
6. E Giacomo, un po’ imbarazzato, disse: “Caro padre Giuseppe, ti chiedo
perdono, poiché stavolta insieme al mio Gesù ho realmente scordato di pregare!”
7. Quando Giuseppe ebbe sentito questo da Giacomo, fece un viso un po’ scuro
e disse:
8. “Se avete scordato di pregare,
allora scordate anche di mangiare fino
a sera, e frattanto andate ora a passeggiare un po’ all’aperto!”
9. E il Piccino sorrise qui a Giacomo e disse: “Ora, ecco che ci siamo!
Non ho detto prima che si arriverà a digiunare?!
10. Ma aspetta tuttavia ancora un
poco; anch’Io voglio dire però a Giuseppe un paio di paroline!
11. Forse allora si potrà un po’
trattare con lui sul digiuno fino a sera”.
12. E Giacomo disse in segreto: “Signore, fa’ quello che Ti pare meglio;
e io seguirò poi il Tuo esempio.”
13. E il Piccino interrogò Giuseppe, dicendo precisamente: “Giuseppe!
Dici questo proprio sul serio?!”
14. E Giuseppe disse: “Sì certo, naturalmente; poiché chi non prega, non
deve neanche mangiare!”
15. E il Piccino sorrise
nuovamente e disse: “Ma questo Io lo chiamo essere severi!
16. Vedi, se Io fossi severo come lo
sei tu ora, allora sarebbero in castigo a digiuno moltissimi che oggi invece
mangiano, sebbene non abbiano pregato!
17. Vorrei tuttavia sentire un po’
da te, perché e chi Io devo esattamente pregare?!
18. E poi vorrei anche sapere da te,
chi preghi tu esattamente nella tua preghiera, e chi il povero Giacomo avrebbe
dovuto pregare? -!”
19. E Giuseppe disse: “Dio, Il Signore, il Tuo santo Padre devi pregare,
perché Egli è santo, santissimo!”
20. E il Piccino disse: “Qua ovviamente hai ben ragione;
21. ma lo spiacevole della faccenda
è solo questo: che tu appunto non conosci il Padre di ogni gloria, che tu
preghi!
22. E questo Padre non Lo conoscerai
ancora per molto tempo, perché te lo impedisce la vecchia benda
dell’abitudine!”
23. Poi il Piccino disse a Giacomo:
“Andiamo pur fuori, e vedrai che fuori all’aperto anche senza preghiera si può
avere qualcosa da mangiare!”.
24. Poi il Piccino corse fuori col Suo Giacomo e non si lasciò trattenere.
Giuseppe
si prende molto a cuore i rimproveri di
Maria e
di Cirenio. Egli esce a chiamare il Piccino.
22 maggio 1844
1. Quando però il Piccino e Giacomo
furono di fuori, Maria disse a
Giuseppe:
2. “Ascolta, mio caro consorte e
padre Giuseppe! Qualche volta sei però un po’ troppo severo verso il divin
Bambino!
3. Che cosa ci si potrebbe attendere
poi, del resto, da una creatura umana naturale di due anni e un terzo?
4. Chi mai la sottoporrebbe già (a
questa età) a una disciplina così rigorosa?
5. Tu però verso questo Bambino di
tutti i bambini sei così rigoroso nella disciplina, come se fosse in Dio sa
quale età matura!
6. Vedi, questo mi sembra molto
ingiusto! Sebbene di quando in quando tu sia straordinariamente amorevole con
Lui, talvolta però sei tuttavia di nuovo così rigoroso verso di Lui, come se
per Lui non avessi amore!”
7. A questo tono di Maria si
accordarono anche subito Cirenio, Gionata, Tullia, Eudokia e Maronio Pilla.
8. E Cirenio per giunta disse ancora a Giuseppe: “Amico! Non so
realmente come comprenderti talvolta!
9. Una volta mi insegni a
riconoscere nel Piccino stesso il supremo Essere divino,
10. subito dopo pretendi di nuovo
dal Piccino, che debba adorare un Dio!
11. Dimmi come si accorda questo!? -
Se il Piccino è l’Essere divino stesso, come può allora pregare un Dio? –
Questa tua pretesa non ti pare un poco assurda?
12. E poniamo il caso che il Piccino
non fosse Quello che io ora senza alcun dubbio riconosco e sempre adoro,
13. allora io, vero amico dei
bambini, ritengo che la tua pretesa da un bambino in culla sarebbe poi anche un
po’ insensata!
14. Chi infatti pretenderà da un
bambino in età di nove trimestri una rigorosa preghiera?!
15. Perciò ora non devi avertene a
male se ti dico da pagano:
16. Amico, devi essere affetto da
triplice cecità, se non sei in grado di apprezzare il Piccino sempre allo
stesso modo!
17. Per davvero, stavolta anch’io
non mangio neanche un boccone, se il Piccino col Suo Giacomo non si troverà qui
al mio fianco!
18. Non è perfino ridicolo che tu
implori Dio, il Signore, di benedire le vivande, e poi allontani dalla tavola
proprio Lo stesso unico Dio e
Signore, perché non ha pregato alla tua maniera abituale?!
19. Sicuramente anche per questo il
Piccino ti domandò chi esattamente dovesse pregare, e chi preghi tu, e chi
avrebbe dovuto pregare anche Giacomo.
20. Tu però a mio parere non hai
notato ciò che il Piccino ti ha voluto dire con questo!’’
21. Queste validissime osservazioni
toccarono profondamente il cuore di Giuseppe, ed egli uscì per andare a
prendere il Piccino e anche Giacomo.
22. Ma invano chiamò Giacomo e il
Piccino, poiché i due si erano rapidamente allontanati; dove però - nessuno lo
sapeva.
[indice]
I figli di Giuseppe alla ricerca del
Piccino. La Voce segreta e le sue parole di conforto a Giuseppe.
Il Piccino viene incontro a Giuseppe ed egli
Lo segue in cima al monte.
Una trave con traversa in legno di cedro
come tavola per il Signore, apparecchiata con agnello, vino e pane.
Il pasto alla tavola del Signore. “La vera
preghiera è l'amore per Me!”.
23 maggio 1844
1. Ma allora Giuseppe, colto
da inquietudine, chiamò subito i quattro figli maggiori e disse loro:
2. “Andate e
aiutatemi a cercare il Piccino e Giacomo; poiché io ho peccato contro il Bambino e ho un’enorme
inquietudine nel cuore!”
3. E i quattro figli andarono in
fretta da tutte le parti e cercarono il Piccino per un’ora, ma non Lo trovarono
in nessun luogo e ritornarono a casa senza aver concluso nulla.
4. Ma quando Giuseppe vide che i
quattro figli venivano a casa da soli, allora una grande inquietudine gli prese
il cuore, tanto che se ne andò molto lontano dalla villa e là pianse assai
amaramente per la presunta sua mancanza contro il Bambino.
5. Ma mentre egli così piangeva,
sentì una Voce che gli disse:
6. “Giuseppe, tu giusto, non
piangere, e non lasciarti turbare dagli uomini nel tuo animo!
7. Poiché Io, che tu ora cerchi
pauroso e con l’animo tutto inquieto, ti sono più vicino di quanto tu non
creda.
8. Ma va’ avanti in direzione del
tuo volto, e i tuoi occhi guarderanno Colui che ora ti parla e che tu cerchi!”
9. A queste prodigiose parole
Giuseppe si alzò consolato e andò avanti in fretta nella direzione del proprio
volto, per circa mezz’ora, sul viottolo di campagna.
10. E mentre così andava, arrivò a una
grande collina, che aveva un’altezza di centosettanta klafter (323 m).
11. Allora pensò e disse tra sé:
“Devo salire anche su questa collina con questa intensa calura?”
12. E la Voce disse di nuovo:
“Sì, anche su questa collina devi andare, poiché soltanto sulla vetta i tuoi
occhi potranno guardare il Signore, che tu non hai visto quando sedeva a tavola
accanto a te!”
13. Quando Giuseppe ebbe sentito
questo, non badò più alla grande calura e salì lestamente sulla collina.
14. Quando giunse quasi sulla cima,
la trovò avvolta in fitta nebbia, e si meravigliò molto che una montagna così
piccola avesse nebbia in questa stagione; infatti era circa il tempo della
Pasqua.
15. Ma mentre così si meravigliava,
ecco comparire ben presto dalla nebbia Giacomo e il Piccino, e il Piccino disse:
16. “Giuseppe, non temere, e vieni
con Me di lieto animo sulla cima di questa collina,
17. e lassù convinciti che ancora
non è giunto il tempo in cui il Signore deve digiunare per non aver pregato!
18. Verrà bensì un tempo in cui il
Signore digiunerà, ma adesso non c’è ancora. – E così seguiMi!”
19. E Giuseppe seguì il Piccino e
giunse presto sulla vetta.
20. Quando si trovò sulla vetta, le
nebbie si dileguarono, e sopra una trave in legno di cedro ben levigata, a
forma di croce, si trovavano un agnello arrostito, un boccale pieno di vino
squisito e una pagnotta di finissimo pane di frumento.
21. Qui Giuseppe restò oltremodo stupito e disse: “Ma dove mai avete preso
tutto questo? - Ve l’hanno portato gli angeli, oppure l'hai creato Tu, o
Signore?”
22. E il Piccino guardò verso il sole e disse: “Giuseppe, vedi, anche
questa lucerna della Terra mangia alla Mia tavola!
23. E Io ti dico: le occorre in
un’ora più di quanto è grande questa Terra che ti sostiene, e vedi, ancora non
ha mai patito la fame e la sete! - E di tali dozzinanti[3]
Io ne ho molti, innumerevoli, e anche di infinitamente più grandi!
24. Ritieni dunque che Io digiunerò,
se tu Mi allontani dalla tavola, non volendo Io adorare Me stesso al tempo
inopportuno?
25. O vedi, di ciò il Signore non ha
bisogno! - Ma vieni ora tu alla Mia tavola e mangia con Me; però stavolta senza
la tua abituale preghiera!
26. Poiché la vera preghiera è
l’amore per Me; se hai questo, allora puoi sempre risparmiare la fatica alle
tue labbra!”. – E Giuseppe si avvicinò e mangiò e bevve alla vera tavola del
Signore, e trovò i cibi di un sapore davvero celestiale.
Giuseppe porta la croce. Il
Piccino insegna il Vangelo della croce.
24 maggio 1844
1. Dopo questo pasto celestiale sul
piccolo monte, Giuseppe disse al
Piccino:
2. “Mio Signore e mio Dio! Io, un
povero vecchio, Ti prego: perdonami se, come sicuramente è, Ti ho offeso, e
ritorna di nuovo a casa con me!
3. Poiché ora senza di Te non posso
mai più ritornare; ma se ritorno senza di Te, allora tutti si rivolgeranno
contro di me con grande amarezza e mi puniranno con dure parole!”
4. E il Piccino disse: “Sì, sì, vengo certamente con te; qui infatti non
erigerò una dimora per rimanervi!
5. Ma una cosa pretendo da te, e
consiste in questo: che tu prenda sulle tue spalle questa Mia tavola e la porti
a casa davanti a Me!
6. Non sfuggire però il suo peso;
esso infatti ti schiaccerà sì un poco, ma non ti piegherà, né tanto meno ti
indebolirà!”
7. A queste parole Giuseppe prese la
bella croce, e Giacomo gli avanzi del pasto, e iniziarono così la via del
ritorno col Piccino in mezzo.
8. Dopo qualche tempo Giuseppe disse al Piccino: “Ascolta, mio
amatissimo Gesù, la croce però è davvero pesante! - Non possiamo sostare un
po’?”
9. E il Piccino disse: “Giuseppe, come carpentiere hai già portato pesi
maggiori, che non Io ti ho addossato;
10. e vedi, allora non volevi
concederti alcuna sosta prima di aver portato il peso a destinazione!
11. Ora per la prima volta porti per
Me solo un piccolo peso, e già dopo mille passi vuoi fare una sosta!?
12. O Giuseppe, porta, porta il mio
piccolo peso senza sostare, così un giorno nel Mio Regno troverai la giusta
mercede!
13. Vedi, con questa croce ti
accorgi del Mio carico, ed essa con la sua piccola pressione ti dirà che cosa
sono Io al mondo per te!
14. Ma quando tu fra le Mie braccia
lascerai questo mondo, allora questa croce diventerà per te un infuocato carro
di Elia, nel quale salirai beatissimo davanti a Me!”
15. Dopo queste parole il vecchio
Giuseppe baciò la croce piuttosto pesante, e continuò a portarla senza sostare;
16. e non gli sembrò più così
pesante, tanto che la portò poi facilmente fin proprio alla villa.
17. Ma presso la villa erano tutti
in tesissima attesa e pieni anche di grande ansietà, scrutando da quale parte
mai Giuseppe sarebbe potuto ritornare col Piccino e con Giacomo.
18. Ma quando ora Maria, Cirenio e
gli altri stavolta furono finalmente in vista dei tre che arrivavano, allora fu
il colmo!
19. Tutti corsero loro incontro a
braccia aperte, e Maria afferrò subito il Piccino e Lo strinse al petto con
struggente amore.
20. Ma Cirenio si meravigliò di
Giuseppe, come questi potesse portare a casa con fatica sulle sue spalle un
patibolo, un simbolo di massimo disonore e infamia.
21. E il Piccino, fra le braccia della Madre, si eresse e disse a
Cirenio:
22. “In verità, in verità - questo
segno di massima infamia diventerà segno del massimo onore!
23. Se tu non lo porterai dopo di
Me, così come lo porta ora Giuseppe, non verrai un giorno nel Mio Regno!”. –
Queste parole indussero Cirenio al silenzio, ed egli poi non fece altre domande
sul carico di Giuseppe.
[indice]
Pesce
freddo con olio e succo di limone. La ragione delle prescrizioni alimentari
mosaiche.
“Ora però il detto è, e
sempre sarà in avvenire: Il Signore è il miglior cuoco!”.
25 maggio 1844
1. Poi tutti andarono in casa e qui,
per volontà del Piccino, a tavola.
2. Infatti nessuno degli ospiti
principali aveva ancora messo in bocca qualcosa del cibo; i tre grossi pesci
giacevano ancora lì quasi completamente intatti.
3. Ma poiché mentre si cercava il
Piccino erano trascorse parecchie ore, e il giorno era prossimo alla sera,
4. allora naturalmente anche i pesci
erano diventati freddi, e in tale stato di solito non potevano essere consumati
dagli Ebrei.
5. Ma dato che il sole tuttavia non
era tramontato, i pesci si potevano bensì ancora mangiare, però bisognava
rimetterli di nuovo sul fuoco e riscaldarli.
6. Perciò Giuseppe chiamò subito i suoi quattro cuochi e
ordinò loro di arrostire ancora una volta i pesci.
7. Ma il Piccino disse: “Giuseppe, lascia stare questo lavoro; poiché
d’ora in poi anche i pesci si mangeranno freddi, purché prima siano stati
arrostiti!
8. Perciò invece di arrostirli nuovamente,
fa’ portare dei limoni e un buon olio,
9. e questi pesci saranno così più
saporiti che non se fossero di nuovo arrostiti!”
10. Giuseppe seguì subito il consiglio del Piccino e fece portare un
intero cesto di limoni e un capace vaso pieno di olio di fresca spremitura.
11. E tutti gli ospiti erano
desiderosi di provare quale sapore avesse mai questa nuova vivanda.
12. Cirenio fu il primo a prendersi un bel pezzo di pesce e a versarvi
sopra olio e il succo di un limone.
13. E quando egli cominciò a mangiare,
non finiva più di elogiare la bontà del pesce così preparato.
14. A tale esperienza del
governatore, si servirono poi anche gli altri ospiti, e a tutti questa vivanda
piacque così tanto, che non finivano più di meravigliarsene.
15. Quando lo stesso Giuseppe ne ebbe fatto un ragguardevole
assaggio, disse allora:
16. “Per
davvero! Se mai Mosè avesse gustato un pesce preparato così, avrebbe
sicuramente incluso questo cibo anche nella sua dieta!
17. Ma non deve essere stato proprio
così esperto di cucina come Te, mio amatissimo Gesù!”
18. Qui il Piccino sorrise con grande amabilità e disse molto cordialmente:
19. “Mio caro padre Giuseppe, la
ragione è questa:
20. sotto Mosè, nel deserto, valeva
il detto: «La fame è il miglior cuoco!», - e il popolo per la fame spesso
avrebbe mangiato della carne cruda a sua rovina; -
21. per questo Mosè dovette
prescrivere una tale dieta, e i cibi dovevano essere gustati appena cotti e
caldi.
22. Ora però vale il detto, e varrà
sempre in avvenire: «Il Signore è il
miglior cuoco». E allora si può già anche gustare un pesce freddo con
limoni ed olio.
23. E questo perché il pesce freddo,
se tuttavia ben arrostito, è simile allo stato dei pagani, il succo di limone
simile alla Forza da Me emanata, che li unifica e li concentra, e l’olio simile
alla Mia Parola ad essi. Comprendi ora perché il pesce così è più buono?”. –
Tutti quanti furono commossi di ciò fino alle lacrime e si meravigliarono
altamente per la Sapienza del Bambino.
Perché il Mar Mediterraneo può essere
considerato con diritto un mare centrale.
“…infatti il vero centro è là dove è il
Signore!”.
28 maggio 1844
1. Ma quando tutti si furono saziati con i pesci
freddi, essi si alzarono, ringraziarono Giuseppe per questo buon pasto e si
recarono poi all’aperto; infatti il sole non era ancora completamente
tramontato.
2. Quando la maggior parte degli
ospiti del seguito di Cirenio furono di fuori, allora il Piccino disse a lui:
3. “Cirenio! Non ti ricordi più
quello che Mi hai chiesto di fuori sul luogo dell’incendio, quando ho lodato i
pesci del Mar Mediterraneo per come sono buoni e squisiti?”
4. Cirenio qui rifletté un po’, ma non ritrovò la domanda nella sua
mente;
5. egli disse perciò al Piccino: “O
Tu mio Signore, Tu Vita mia! Perdonami, devo confessare davanti a Te che l’ho
proprio completamente scordato!”
6. Qui il Piccino sorrise di nuovo e disse con grande dolcezza
all’alquanto imbarazzato Cirenio:
7. “Non Mi hai chiesto se il Mar
Mediterraneo fosse realmente al centro della Terra?
8. Io però ti rimandai al piccolo
globo terrestre, sul quale dovevi guardare per convincerti se questo mare si
trova poi realmente al centro della Terra.
9. Ora vedi, adesso avremmo proprio
tempo benissimo per stabilire questa cosa!
10. Prendi perciò in mano la piccola
Terra e cercati la risposta alla tua domanda!”
11. E Cirenio disse: “Sì, per la mia povera anima, questo di sicuro
l’avrei proprio completamente scordato, se Tu, o Signore, non me l’avessi ora
ricordato!”
12. Qui subito Giacomo fece un salto
nella stanza accanto e portò a Cirenio la piccola Terra.
13. Ma questi poi cercò subito il
Mar Mediterraneo e lo trovò anche presto.
14. Ma come ora mostrò col dito il
Mar Mediterraneo, il Piccino gli
chiese:
15. “Cirenio, è questo dunque il
centro della Terra? Oppure come trovi la faccenda?”
16. E Cirenio disse: “Io sono sì un abile calcolatore secondo Euclide e
Tolomeo (re di Lagos in Egitto)[4],
17. e so quindi dalla planimetria
che su una superficie sferica, qualsiasi punto stabilito a piacere è al centro
della superficie, e ciò perché in primo luogo esso sta in esattissima
corrispondenza col punto centrale della sfera,
18. e perché tutte le linee
tracciate a partire da esso fino al suo punto opposto, sono di uguale curvatura
e dimensione.
19. Secondo questo principio questo
mare può comunque chiamarsi ‘Mediterraneo’.
20. Però allora trovo anche,
ovviamente, che qualsiasi mare è nelle stesse condizioni e può essere
altrettanto bene un Mare Mediterraneo”.
21 -E il Piccino disse: “Qua hai ben ragione; tuttavia i rapporti euclidei
non si adattano però a questo caso;
22. e questo mare può dunque
chiamarsi in esclusiva un Mare Mediterraneo,
23. perché il vero centro è là dov’è
il Signore!
24. Vedi, ma il Signore è ora qua a
questo mare, e così qua è anche il centro del mare!
25. Vedi, questo è un calcolo
diverso, di cui Euclide non si è mai sognato, ed è più giusto del suo!”.
26. Questa spiegazione scosse
enormemente Cirenio, ed egli continuò poi ad indagare tra sé.
[indice]
Tutto ha un tempo e un ordine stabiliti da
Dio. Tempo ed eternità.
Il vano indagare nelle profondità divine e
l’infantile semplicità come via per la vera sapienza.
29 maggio 1844
1. Ma il Piccino, notando che questi cominciava a inoltrarsi in ulteriori
indagini, osservò a Cirenio:
2. “Cirenio, invano tu continui a
indagare, e vorresti avere subito la mano intera, dove Io ti ho mostrato un
dito!
3. Vedi, questo non va; ogni cosa
infatti ha bisogno del suo tempo e del suo ordine fisso e immutabile!
4. Quando vedi fiorire un albero,
vorresti ovviamente avere già anche il frutto maturo.
5. Ma vedi, questo non va; poiché
ciascun albero ha il suo tempo e il suo ordine!
6. Il tempo e l’ordine però sono da
Me dall’eternità, e così Io non posso andare contro di Me;
7. perciò anche nulla può essere
eliminato del tempo e dell’ordine.
8. Io ti amo bensì con tutta la
pienezza della Mia divina Forza; e pur tuttavia neanche un minuto del fugace
tempo posso regalare a te;
9. esso infatti deve continuare a
scorrere come un fiume, ed è intrattenibile e non ha quiete, finché non abbia
raggiunto la grande riva dell’immutabile eternità.
10. Perciò il continuare a indagare
nelle Mie profondità è un po’ vano.
11. Infatti per tale via non ti
avvicinerai neanche di un filo alle Mie profondità, prima che ne sia giunto il
tempo.
12. Perciò desisti da tali indagini
e non affaticare inutilmente il tuo spirito; poiché al tempo opportuno tutto ti
verrà liberamente da Me!
13. Tu ora vorresti comprendere in
profondità, perché il centro è là dove Io sono?!
14. Io però ti dico: una tal cosa
ora non la puoi ancora comprendere; perciò devi prima di tutto credere, e nella
fede dimostrare la vera umiltà del tuo spirito.
15. Quando il tuo spirito per mezzo
della vera umiltà avrà raggiunto in sé la giusta profondità, soltanto allora da
questa profondità potrai anche gettare lucidi sguardi nella Mia profondità.
16. Ma se indagando innalzerai il
tuo spirito, allora questo abbandonerà sempre più la sua profondità vivente, e
tu così ti allontanerai dalle Mie profondità e non ti avvicinerai più ad esse.
17. Sì, Io ti aggiungo ancora: d’ora
in poi ogni sapienza profonda dovrà restare nascosta ai sapienti del mondo;
18. ma ai semplici, ai deboli
bambini e agli orfani dovrà essere posta nel cuore!
19. Perciò diventa un bambino nel tuo animo, e allora sarà per te il
tempo opportuno per ricevere la vera sapienza!”
20. Cirenio si stupì enormemente per questo insegnamento e interrogò
poi il Piccino, dicendo precisamente:
21. “Sì - se è così, allora nessun
uomo può più imparare a leggere la Scrittura, né a scrivere lui stesso una
scrittura!?
22. Se infatti Tu dai liberamente
tutto questo a chi ne è degno, a che pro’ il faticoso apprendere?”
23. E il Piccino disse: “Con un apprendimento corretto ed umile viene
concimato il campo per la sapienza, e anche questo è nel Mio Ordine.
24. Però tu non devi considerare
l’apprendimento come scopo, o come la sapienza stessa, bensì devi ritenerlo
solo un mezzo!
25. Ma quando
il campo sarà concimato, allora spargerò già Io il seme, dal quale soltanto
germoglierà allora la vera sapienza! Comprendi questo?”. – Qui Cirenio tacque e
non continuò più ad indagare.
La Croce esprime l’Amore di Dio per gli uomini.
30 maggio 1844
1. Ma dopo questo colloquio
altamente istruttivo del Piccino con Cirenio, anche Giuseppe si rivolse al Piccino, e Gli domandò che cosa si dovesse
fare ora della croce portata a casa.
2. E il Piccino disse: “Giuseppe! - Io ti dico, questa ha già trovato il suo uomo e il suo posto!
3. Non dite anche voi a un mercante:
‘Tu hai una buona merce, non resterà a lungo di tua proprietà;
4. per essa infatti si troverà ben
presto in qualche luogo uno che desidera comprarla!’
5. E vedi, un simile mercante sono
anch’Io! - Ho portato una buona merce perché sia liberamente venduta.
6. E si è anche già trovato un
compratore, e se l'è comprata col suo amore per Me;
7. e il compratore è Gionata, il
vigoroso pescatore.
8. Non deve dunque avere nulla in
cambio dei suoi molti pesci, dei quali già così spesso ci ha abbondantemente
provvisti?!
9. Una mano lava l’altra. Chi porge
acqua, a quello si deve porgere di nuovo acqua.
10. Chi porge olio, per lui ci sarà
anche di nuovo olio in abbondanza.
11. Chi consola, per lui ci sarà
anche consolazione in eterno.
12. Ma chi porge amore, per lui ci
sarà anche di nuovo amore.
13. Gionata però Mi ha dato tutto il
Suo amore; così dunque nella croce Io gli ho anche dato il Mio Amore!
14. È vero che anche voi Mi avete
dato amore, nell’acqua e nell’olio;
15. ma, Io ti dico, puro amore lo
preferisco tuttavia a quello con l’acqua e con l’olio!
16. La croce però è diventata ora il
Mio puro Amore!
17. Perciò la diedi a Gionata,
perché questi ha un puro amore per Me;
18. poiché soltanto lui Mi ama per
Me stesso, e questo è puro amore!
19. Egli Mi amò senza sapere chi Io
sono; voi invece Mi amaste di meno, in quanto sapevate chi Io sono in realtà.
20. E vedi, questo fu un amore con
moltissima acqua! - Perciò non patirete mai una mancanza d’acqua - e
precisamente nei vostri occhi, a questo mondo.
21. Cirenio Mi amò con olio; perciò
un giorno sarà anche unto con l’olio della Vita, come voi sarete dissetati con
l’acqua della Vita.
22. Ma totalmente nella Mia stanza
abiteranno un giorno solo coloro che Mi amano di amore puro!”
23. Questo discorso del Piccino
incusse a Giuseppe una bella paura, e Cirenio stesso fece tanto d’occhi.
24. Ma il Piccino disse: “Per questo però non dovete affatto credere che
Io vi rifiuti la croce, - qui infatti chi avrà un cuore libero, costui riceverà
anche la libera croce!”. – Questa notizia tranquillizzò di nuovo l’animo di
Giuseppe e di Cirenio.
[indice]
Le lacrime di Gionata e
il suo santo amore per il Signore.
Ciascun essere umano
viene santificato e nasce tutto nuovo mediante l'amore a Dio nel suo cuore.
Infatti:
“L'amore per Me non è di per sé santo, come Io stesso Lo sono nella Mia
divinità?”
1 giugno 1844
1. Ma a questo discorso del Piccino,
Gionata spinto dal suo ardente sentimento d’amore, cadde a terra davanti al
Piccino e pianse per la troppo grande gioia e gratitudine.
2. Ma il Piccino disse agli altri: “Vedete com’è possente l’amore di
Gionata per Me? -
3. In verità vi dico: da ogni
lacrima che ora sgorga dai suoi occhi, un giorno sorgerà un mondo per lui nel
Mio Regno!
4. Vi ho bensì già mostrato il valore e la differenza delle
lacrime; ma qui vi dico ancora in aggiunta:
5. Nessuna lacrima è più grande
davanti a Me, se non soltanto quella che assomiglia alla lacrima di Gionata!”
6. A queste parole del Piccino, il
grande Gionata si fece coraggio e
disse:
7. “O Tu onnipotente Signore della
mia vita! Come mai io - un grande peccatore - sono degno davanti a Te di una
simile infinita grazia e misericordia?!”
8. Ma il Piccino disse: “Gionata, chiedi a te stesso, come mai puoi
amarMi dunque così possentemente nel tuo cuore, se sei un così grande
peccatore?
9. Non è l’amore per Me santo in se stesso, come Io stesso Lo
sono nella Mia Divinità?!
10. Come mai tu, un così grande
peccatore, puoi sopportare dunque un tale santo
amore nel tuo cuore?
11. Non è dunque ciascun uomo
santificato e totalmente rinato mediante l’amore a Dio nel suo cuore?!
12. Ma se tu sei colmo di questo
amore, di’: che cosa c’è dunque in te che tu chiami peccato?
13. Vedi, la carne di ciascun uomo è
bensì un peccato in se stessa; è per questo che la carne di ciascun uomo deve
anche morire!
14. Sì, Io ti dico, perfino questa
carne del Mio corpo è sotto il soldo del peccato, e dovrà perciò anche morire
così come la tua!
15. Però questo peccato non è certo
volontario, ma si riferisce solo al giudizio, e non è messo in conto al tuo
libero spirito.
16. Perciò il tuo valore non viene
determinato dalla tua carne, ma solo ed esclusivamente dal tuo libero amore.
17. E un giorno non sarà detto:
«Come fu il tuo corpo?» bensì: «Come fu il tuo amore?»!
18. Vedi, se tu getti in alto una
pietra, essa pur tuttavia non rimane in alto, ma presto ricade a terra.
19. Perché dunque? – Perché l’attrae
la materia della Terra, la quale è un amore giudicato, di cui la pietra stessa
è piena.
20. Perché invece le nuvole e le
stelle non cadono dal cielo? Vedi, è perché le attrae l’amore del cielo!
21. Ora, ma se il tuo cuore è pieno
d’amore a Dio, l’eterno Vivente, dove mai ti attrarrà questo amore, l’unico
libero e vivente di per se stesso?”.
22. Quest’ultima domanda colmò tutti
i presenti del più grande gaudio, e tutti ora seppero come stavano le cose.
Un rimedio contro la piaga
degli insetti. Una cometa.
1 giugno 1844
1. Dopo questa precisazione a Gionata, così come agli altri che erano
qui presenti, disse Giuseppe:
2. “Amici!, la sera è bella; come
sarebbe se prima del riposo notturno ci volessimo recare per un’altra ora fuori
all’aperto?
3. Poiché qui nelle stanze c’è ora
un caldo molto soffocante;
4. e se si va a letto con un’afa simile,
non si può né dormire né riposare!”
5. E il Piccino disse: “Giuseppe, di questa
opinione sono anch’Io; se soltanto però di fuori non dovessero ronzare così
tanti insetti molesti, allora sarebbe ancora più piacevole essere fuori di
sera!”
6. E Giuseppe disse: “Sì, Vita mia, qui hai proprio ragione!
7. Se almeno ci fosse un mezzo con
il quale poter dire addio a questi fastidiosi piccoli ospiti, senza agire
contro il Tuo Ordine, ciò sarebbe non di rado estremamente auspicabile!”
8. E il Piccolo disse: “Oh un mezzo simile si lascerà trovare ben
presto!
9. Va’ a prendere una scodella piena
di latte caldo di mucca e mettila fuori, e vedrai come tutte queste migliaia e
migliaia di piccoli fastidiosi ospiti assedieranno la scodella – e ci
lasceranno in pace!”
10. Giuseppe ordinò subito ai suoi figli di mettere fuori una scodella di latte
caldo.
11. E i figli di Giuseppe fecero
subito ciò che Giuseppe aveva loro ordinato.
12. E come la scodella col latte
caldo fu all’aperto, presto si scorse alla pallida luce del crepuscolo sopra la
scodella del latte un enorme sciame di vari tipi d’insetti col pungiglione.
13. E tutti quanti si meravigliarono
di questa trovata con la quale milioni di zanzare e di moscerini si radunavano
in un punto, e là conducevano fra di loro una vera e propria guerra del latte.
14. E Cirenio disse: “Vedi, com’è pur semplice ed efficace questo
dispositivo!
15. Una scodella piena di latte
caldo, degna appena di attenzione, ci libera dalla fastidiosa piaga degli
insetti!
16. Per davvero, questo si deve
subito mettere in pratica anche a Tiro!
17. Poiché anche là milioni di
questi animali nelle ore serali infastidiscono gli uomini”.
18. E il Piccino disse: “Il mezzo è sì molto buono, ma non potrà essere
impiegato con successo dappertutto;
19. poiché non dappertutto ci sono
le medesime condizioni, -
20. e condizioni come quelle che si
verificano ora qui, non potranno facilmente esserci da nessun’altra parte!
21. Perciò è anche solo qui che questo mezzo ha un’efficacia così
eccellente. Dove invece non si verificano queste condizioni, anche il mezzo non
sarà così efficace.
22. Ora però guarda su in cielo e
scoprirai una cometa!”. – Qui Cirenio guardò in alto e scorse presto una grande
cometa.
[indice]
Colloquio sulle comete
considerate dai romani come portatrici di sventura e di guerre.
Davanti all’Infinito tutte
le grandezze svaniscono.
3 giugno 1844
1. Ma quando Cirenio ebbe osservato per bene l’intensa cometa, disse:
2. “Per davvero, una stella
singolare! - È la prima che vedo;
3. udito però l’ho già di frequente,
di questi mitici messaggeri di sventura del cielo”.
4. A questa osservazione di Cirenio
si avvicinò anche Maronio Pilla e
disse:
5. “Guarda un po’! Il tempio di
Giano è chiuso da quasi sette anni, e tutti quanti dicevano:
6. ‘Ora Roma avrà una pace eterna!’.
Così a lungo, infatti, questo tempio non è mai stato chiuso!
7. Ma ecco che ora abbiamo già,
davanti ai nostri, occhi il terribile segno che il tempio di Giano sarà
riaperto molto presto,
8. e che sui grandi campi di Marte
comincerà una grande animazione!”
9. Ma Giuseppe chiese a Maronio Pilla se credesse poi sul serio, che una simile
stella caudata fosse un messaggero di guerra.
10. E Maronio disse in tutta serietà: “O amico, questa è una verità
ferrea! - Io ti dico: guerra su guerra!”
11. E Cirenio soggiunse: “Ora ci sono due Leggi insieme!
12. Giuseppe tiene sempre molto al
suo Mosè, e Maronio Pilla non riesce a liberarsi della sua antica superstizione
pagana!”
13. Ma Giuseppe disse: “Stimabilissimo fratello e amico Cirenio! Io
ritengo però che Mosè sia pur sempre meglio del tempio di Giano a Roma!”
14. E Cirenio disse: “Certamente! - Ma quando si ha il Signore stesso,
Jehova stesso nella Sua pienezza, allora ritengo che tanto Mosè quanto lo sciocco
Giano dovrebbero passare garbatamente in seconda linea, e ciò una volta per
tutte!
15. La cometa sembra sì essere
messaggera di sventura, secondo antiche, infondate leggende;
16. però io credo che il nostro
Signore e amatissimo Gesù, nella pienezza della Sua Divinità, sarà un Signore
anche di questo astro, ipotetico signore di sventura! Non sei del mio parere?”
17. E Giuseppe disse: “Sicuramente; ma non per questo si può paragonare
Mosè al Giano di Roma, tanto meno in questa presenza del Signore!”
18. E Cirenio disse: “Questo non lo voglio neppure io; ma se io ho il
Signore, allora almeno per me Mosè e Giano sono uguali!”
19. Qui disse il Piccino a Cirenio: “Attieniti a questo!
20. Poiché in verità, dove si tratta
dell’infinito, tutte le grandezze svaniscono e lo zero conta quanto un
milione!”.
21. Questa risposta del Piccino
diede a Giuseppe una piccola scrollata, ed egli non disse più parola a difesa
di Mosè davanti a Cirenio.
Lezione dimostrativa del
Piccino che fa trasformare lo sciame di insetti in una piccola cometa.
4 giugno 1844
1. Poi però si avvicinò a Giuseppe
anche Gionata, che sempre in tali
occasioni indagava intensamente sulle cause, e disse:
2. “Fratello,
qua ci sarebbe già di nuovo qualcosa dove il Signore, come ultimamente
nell’eclissi di luna, potrebbe aiutarci a uscire dai sogni!
3. Che ne pensi, se noi Lo
interrogassimo, ce ne darebbe una spiegazione?”
4. E Giuseppe disse: “Mio caro fratello Gionata, basta solo fare la
prova!
5. Chi confida fermamente nel
Signore, ha costruito su un buon terreno.
6. Va’ dal Piccino, che ora si trova
sulle ginocchia di Maria, e interrogaLo,
7. e si vedrà quale risposta
otterrai alla tua domanda!”
8. A questa risposta di Giuseppe,
Gionata si recò subito con ogni amore
e umiltà dal Piccino, e voleva interrogarLo.
9. Ma il Piccino prevenne Gionata e disse:
10. “Gionata, so già quello che
vuoi; ma non è affatto cosa per te!
11. Va’ però in casa e prendi una
piccola fiaccola,
12. accendila, e avvicinati poi con
la fiaccola accesa alla scodella del latte che è stata messa per le zanzare e
gli insetti molesti,
13. e Io ti dico che anche là tu
vedrai una cometa e la sua natura elementare!”
14. Qui Gionata fece subito ciò che
il Piccino gli aveva consigliato.
15. E vedi, quando con la fiaccola
accesa giunse vicino alla scodella di latte, sopra la quale svolazzavano
roteando milioni di moschini, moscerini e zanzare,
16. allora scoprì anche sul serio
una coda scintillante lunga parecchi klafter (parecchi metri), che naturalmente era costituita da quegli insetti
volanti,
17. coda di cui la scodella del
latte formava la testa.
18. Questo fenomeno fu osservato
anche da molte altre persone,
19. e tutti si stupirono per la
somiglianza di questo fenomeno artificiale con la cometa del cielo.
20. E Gionata si avvicinò al Piccino e Gli chiese come dovesse ora interpretare
questa cosa.
21. E il Piccino disse: “Per adesso così come l’hai vista! Il segreto
però non devono apprenderlo tutti;
22. perciò per il momento
accontentati di questo! Domani sarà pure un altro giorno!”.
[indice]
Cenni sulla natura della
cometa e corrispondenza con quella del latte.
5 giugno
1844
1. Qui Gionata cominciò a riflettere molto intensamente e non riusciva
assolutamente a formulare un’idea sensata.
2. Ma il Piccino si accorse naturalmente subito che Gionata non riusciva
a far combaciare la cometa della scodella di latte con la cometa del cielo.
3. Perciò Egli si rizzò e disse a
Gionata:
4. “Mio caro Gionata! Vedi, adesso
in te avviene precisamente come la cometa della scodella di latte ti ha
mostrato in immagine!
5. Una grande scodella piena di
latte rappresenta il tuo cuore, in cui il tuo amore è il latte.
6. Ma sopra il latte si trova ora
anche un enorme sciame di mosche, zanzare e moscerini, simile a quello della
scodella di latte.
7. E questo sciame è formato dai
tuoi pensieri, che rasentano un po’ fortemente il ridicolo, circa l’analoga
natura delle due comete.
8. Ma - amico Gionata - chi mai
riterrà sul serio il nucleo della cometa celeste una scodella di latte, e la
sua coda uno sciame di zanzare?!
9. Queste sono soltanto corrispondenze, non già perfette
somiglianze naturali!
10. Ma lo sai che cos’è una
corrispondenza? – Che cos’è una scodella, che cosa il latte in essa e che cosa
lo sciame di moscerini e zanzare?
11. Vedi, non lo comprendi; ascolta
dunque, voglio dirtene qualcosa!
12. La scodella rappresenta un recipiente per accogliere delle sostanze,
alle quali è legata l’energia vitale nutritiva che proviene da Me.
13. Ma una tale sostanza è il latte, il quale contiene in sé in misura
abbondantissima l’energia vitale nutritiva proveniente da Me.
14. In mosche, moscerini e zanzare l’energia
vitale è già liberamente attiva;
15. ma se non viene alimentata con
un’adeguata energia vitale nutritiva, s’indebolisce presto e non può
perfezionarsi a un grado più alto e completo.
16. Ora vedi, la cometa del cielo
non è nient’altro che un mondo in formazione appena creato!
17. Il nucleo è il recipiente per
accogliere l’energia vitale nutritiva che proviene da Me.
18. Questa energia vitale viene
molto possentemente riscaldata mediante un particolare fuoco, da Me dato
appunto a questa energia vitale, ed essa si scioglie così in vapori nutritivi.
19. Ma affinché questi vapori, che
già portano in sé un’energia vitale più evoluta, non si rendano volatili e non
vengano sottratti al nuovo corpo celeste,
20. essi vengono assorbiti da una
quantità innumerevole di monadi (animaletti eterei), e tramite queste
restituiti al corpo celeste in formazione, per un suo più perfetto sviluppo.
21. Vedi, questa è la somiglianza
corrispondente tra la cometa del cielo e la nostra cometa della scodella di
latte!
22. Ma ora non continuare più a
indagare, affinché il tuo amore non si indebolisca a causa delle indagini!”.
23. Questa spiegazione l’avevano
ascoltata anche moltissimi altri, ma nessuno la capì; però molti credettero che
così fosse.
Romanzina a Cireneo sul
perché il troppo indagare nelle profondità delle
opere divine è svantaggioso
per i figli di Dio.
7 giugno
1844
1. Ma Cirenio interrogò il Piccino e disse: “O Tu Vita mia! - Perché
dunque non si può e non si deve indagare più profondamente nelle Tue opere?
2. Perché mai un tale indagare,
secondo la Tua affermazione, è dannoso all’amore per Te?
3. Io penso invece proprio il
contrario: solo se si conoscono le Tue opere sempre più profondamente e sempre
più chiaramente, si è certo obbligati evidentemente a crescere nell’amore per
Te, e non a indebolirsi in esso!
4. Infatti così avviene perfino fra
noi uomini: anche a noi una persona diventa sempre più cara, quante più sono le
perfezioni che scopriamo in essa.
5. Quanto più avverrà così proprio
verso di Te, il Signore e Creatore di ogni grandezza, perfezione e gloria, se
noi Ti conosciamo sempre più profondamente!
6. Perciò io stesso vorrei pregarTi,
Tu Vita mia, di volermi dare qualche spiegazione più dettagliata su questa
strana stella!
7. Poiché il mio cuore mi dice che
Ti potrò amare del tutto perfettamente, proprio soltanto quando Ti conoscerò
sempre più profondamente nel Tuo onnipotente, sapientissimo, prodigioso agire.
8. Nessuno dunque può certo amarTi
quale unico Dio e Signore, se prima non Ti conosce, -
9. dunque il conoscerTi della nostra
anima è certo la ragione principale dell’amore per Te.
10. Come anch’io dovetti conoscere
mia moglie, prima di poterla accogliere nel mio cuore! Se non l’avessi
conosciuta, sicuramente non sarebbe neanche mai diventata mia moglie!”
11. Qui il Piccino sorrise e disse: “O Mio caro Cirenio! Se dunque tu Mi
dessi più spesso insegnamenti così saggi, alla fine sarei anche costretto a
diventare una persona quanto mai intelligente!
12. Vedi, Mi hai pur detto tutte
cose nuove;
13. ma ora pensa un po’: Mi facesti
ora da maestro, volendoMi dimostrare che contrariamente al Mio mettere in
guardia dal troppo indagare nelle Mie opere, una tal cosa non è già non
confacente all’anima dell’uomo per la sfera del suo amore per Me, anzi
piuttosto le è proprio confacente.
14. Come posso perciò ora Io, un tuo
scolaro, istruirti su cose a te sconosciute?!
15. Se a te sono note ragioni
migliori per l’amore, di quelle che ti da il tuo Dio e tuo Creatore, come puoi
allora invocare da Lui un’istruzione più profonda?
16. Oppure tu pensi che Dio si
lascerà indurre a qualche cosa per le motivazioni ragionevoli concepite ed
esposte dagli uomini, come se Egli fosse un giudice secondo le leggi del mondo?
17. O Cirenio, sei certo ancora in
grandissimo errore!
18. Vedi, Io soltanto lo conosco il
Mio eterno Ordine, il quale è la madre di tutte le cose!
19. Da questo Ordine anche tu sei
sorto! - L’amore del tuo spirito per Me è la tua vera e propria vita.
20. Se tu ora questo amore per Me lo
vuoi distogliere da Me per volgerlo alle Mie creature, per amarMi poi più
intensamente, sebbene tu Mi abbia visibilmente vivo davanti a te,
21. dimMi, un così stolto
rafforzamento dell’amore avrà dunque la sua ragion d’essere?
22. Sì - chi non Mi conosce e non Mi
ha, costui può bensì elevarsi a Me per le tue vie;
23. ma se uno ha già Me stesso sulle
sue ginocchia, a che possono allora servire i tuoi scalini?”.
24. Qui Cirenio rimase enormemente
sorpreso, si sentì molto colpito, e nessuno fece più domande sulla cometa.
[indice]
FINE DEI MIRACOLI PUBBLICI DI GESÙ IN EGITTO
Ciò
che è divino nel Bambino si ritira dentro di Lui.
Ultime
disposizioni del Piccino per Giuseppe e Cirenio.
La
particolare grazia di Gesù Bambino a Giacomo.
8 giugno
1844
1. Ma come fu appianata la questione
della cometa, subito il Piccino disse
a Giuseppe:
2. “Giuseppe, in questi due giorni
ho fatto letteralmente da padrone di casa, e voi tutti Mi avete ubbidito;
3. ma d’ora in poi riconsegno a te
questo ruolo di capofamiglia, e come tu disporrai,
così dovrà anche tutto avvenire!
4. Ma adesso Io sono di nuovo come
un qualsiasi bambino degli uomini - e devo esserlo; poiché anche la Mia carne
deve crescere per la Salvezza di voi tutti.
5. Perciò per adesso, come per il
prossimo tempo a venire in questo Paese, non aspettatevi più pubblici miracoli
da Me!
6. Tuttavia non lasciatevi turbare
nella vostra fede e fiducia nella Mia Potenza e Autorità;
7. poiché ciò che Io ero
dall’eternità, Lo sono sempre e Lo sarò per l’eternità!
8. Non temete dunque mai il mondo,
che non è nulla davanti a Me; temete invece di confondervi su di Me, - poiché
ciò sarebbe la morte della vostra anima!
9. Con ciò tu, Giuseppe, riprendi il
timone della casa, e reggilo con rettitudine e giustizia nel Nome del Padre
Dio, Amen.
10. Così anche tu, Cirenio, domani
riprendi felicemente il viaggio per Tiro, dove già ti attendono importanti
faccende.
11. Il Mio Amore e la Mia Grazia
sono con te, e così puoi essere tranquillo. Tutto il resto però concordalo con
Giuseppe; poiché ora è lui il padrone di casa!”
12. Poi il Piccino chiamò a Sé
Giacomo e gli disse:
13. “Giacomo! Tra di noi valga la
prima condizione, che ti è già nota!
14. E così ha da rimanere in tutto,
in questo Paese, Amen!”
15. Ma Giuseppe divenne molto triste
per questo, e pregò il Piccino con grande insistenza di voler restare
permanentemente così, nella Sua Divinità.
16. Ma il Piccino parlava ora del
tutto infantilmente, e nel Suo linguaggio ora non c’era più alcuna traccia di
un qualche cosa di divino.
17. Egli divenne anche presto
assonnato, e Giacomo dovette portarlo a letto.
18. La compagnia s’intrattenne
ancora fino a tarda notte consultandosi in vario modo sulla ragione di tale
cambiamento nel Piccino;
19. ma nessuno disse qualcosa di
giusto, bensì piuttosto l’uno interrogava l’altro, -
20. ma da nessuna parte venne una
qualche valida risposta.
21. E Giuseppe disse infine: “Sappiamo quello
che ci occorre, e quello che abbiamo da fare, e con ciò possiamo anche essere
contenti!
22. Ma già è tarda notte; perciò
ritengo che ora la cosa migliore sarà di andare a riposare”.
23. Su questo tutti furono d’accordo con Giuseppe e
andarono anche subito in casa per un buon riposo.
Giuseppe preoccupato per la
prima colazione. La dispensa vuota.
Aiuto di Gionata con un
abbondante quantitativo di pesci affumicati.
10 giugno
1844
1.
Il giorno seguente, come al solito, Giuseppe fu in piedi molto prima di
chiunque altro, e uscì a vedere come sarebbe stato il giorno.
2. Trovò tutti gli indizi di una
bella giornata e ritornò poi in casa, e svegliò i suoi figli perché potessero
preparare una buona colazione per gli ospiti.
3. E i figli presto si alzarono e andarono a controllare quale provvista
potesse ancora offrire la dispensa.
4. E quando ebbero ispezionato la
dispensa, andarono subito da Giuseppe e dissero:
5. “Ascolta, caro padre, il tuo incarico
sarebbe certo molto giusto e buono;
6. ma la nostra dispensa in questi
pochi giorni si è talmente svuotata, che ci è assolutamente impossibile
ricavarne un pasto anche solo per dieci persone.
7. Consigliaci perciò dove dobbiamo
prendere le vivande, e il pasto sarà pronto in un’ora!”
8. Qui Giuseppe si grattò un po’
dietro le orecchie e andò lui stesso nella dispensa, e vi trovò confermate le
affermazioni dei suoi figli, il che lo mise allora in un imbarazzo ancora più
grande.
9. Egli ponderò a lungo e non riuscì a trovare nulla che potesse
trarlo d’impaccio.
10. Ma mentre Giuseppe se ne stava
così riflettendo nell’atrio della casa, venne Gionata dalla sua camera da letto, salutò e baciò il suo vecchio amico, e
gli chiese perché mai se ne stesse lì così triste e pensoso.
11. E Giuseppe mostrò subito a
Gionata la ragione del suo imbarazzo, cioè la dispensa vuota.
12. Quando Gionata vide questo, disse a Giuseppe:
13. “O mio amatissimo amico, non
devi certo aver paura per questo!
14. Vedi, le mie dispense sono
ancora molto piene; io possiedo ancora circa duemila
centinaia di libbre (1120 quintali) di pesce affumicato!
15. Perciò fa’ venire ora subito con
me i tuoi figli, e in un’ora e mezza la tua dispensa potrà subito avere un
altro aspetto!”
16. Questa proposta fu un vero
balsamo per il cuore di Giuseppe ed egli l’accettò anche subito.
17. Ma non era passata neanche
un’ora e mezza, che già arrivarono Gionata e i quattro figli con un grosso
carico di pesci.
18. I figli portavano circa quattro
centinaia di libbre (224 kg) di pesci affumicati, e Gionata portava tre grandi
bariletti pieni di pesci freschi e dieci grandi forme di pane di frumento.
19. Quando Giuseppe li vide arrivare così carichi, divenne pieno di gioia e
ringraziò e glorificò Dio per tali doni, e abbracciò e baciò poi Gionata.
20. Poi ci fu presto grande
animazione in cucina.
21. I figli erano allegramente
affaccendati; Maria ed Eudokia presto vennero loro stesse dalla camera da letto
e andarono a mungere le mucche.
22. E così in una mezz’ora fu
preparata un’abbondante colazione per più di cento ospiti.
[indice]
Amorosa gara tra Giuseppe e
Cirenio. Altruismo di Giuseppe.
Come si riconoscono i veri e
i falsi servitori di Dio.
11 giugno
1844
1. Quando in tal modo fu preparata
la prima colazione e tutti gli ospiti si furono alzati, Giuseppe andò subito da
Cirenio, e gli domandò se fosse già pronto a far colazione.
2. E Cirenio disse a Giuseppe: “O mio nobilissimo amico e fratello!
Certo che sono pronto con tutto il mio seguito;
3. ma so anche che tu non hai nella
tua dispensa tante provviste, da ospitare più di cento persone per parecchi
giorni di seguito.
4. Dunque per questa mattina manderò
la mia servitù in città, dove essi acquisteranno viveri per me e per te!”
5. Quando Giuseppe ebbe sentito questo, allora disse:
6. “O caro amico e fratello, questo
puoi comunque farlo per la tua nave;
7. ma per me una tale fatica sarebbe
proprio puramente inutile.
8. Poiché vedi, primo, la colazione
è già preparata e, secondo, nella mia dispensa c’è ancora così tanto, che voi
tutti non riuscireste facilmente a consumarlo nemmeno in otto giorni.
9. Dunque per me non ti preoccupare
proprio; poiché in verità, io sono ottimamente rifornito!”
10. E Cirenio disse: “In verità, in verità, se non ci fosse nient’altro a
darmi testimonianza della tua sublime missione, me la darebbe in pienissima
misura il tuo disinteresse totalmente inconcepibile!
11. Sì, da questo si distingueranno
sempre esattamente gli uni dagli altri i veri e i falsi servitori di Dio:
12. i veri saranno disinteressati in
sommo grado, e i falsi saranno precisamente il contrario;
13. poiché i veri servono Dio nel
cuore e quivi hanno anche la suprema eterna ricompensa,
14. i falsi invece servono nel mondo
un dio modellato secondo la loro cattiva indole - a motivo del mondo;
15. perciò cercano anche la
ricompensa del mondo e si fanno pagare in modo esorbitante per ogni passo che
compiono.
16. Infatti io, quale pagano di
nascita, so benissimo come i sacerdoti romani si facciano pagare fino
all'indefinibile per ogni passo che compiono.
17. In verità, io stesso una volta
ho dovuto pagare al sommo sacerdote, per un consiglio, cento libbre d’oro!
18. Domanda: era costui un giusto
servitore di un vero Dio?
19. Tu invece ora mi hai già
ospitato per tre giorni, e quali insegnamenti ho ricevuto nella tua casa, - e
ancora non accetti nulla!
20. Nemmeno per i miei otto bambini
accetti qualche cosa! Da ciò sarà dunque evidente, come sono fatti gli
autentici e giusti servitori di Dio!?”
21. Ma Giuseppe disse: “Fratello, non ne parlare più ora, poiché anche
questo discorso è troppo per me,
22. ma siedi a tavola, e la
colazione ci sarà subito!”. - E Cirenio assecondò subito il desiderio di
Giuseppe e sedette a tavola.
La lieta colazione. Discorso
di Giuseppe sulla bontà del Signore.
Il Piccino a tavola. Scena
idilliaca tra il piccolo Gesù nudo e Cirenio.
12 giugno
1844
1. Quando ora tutti quanti si
trovarono a tavola, vennero anche subito portati in tavola dei pesci preparati
in modo molto gustoso,
2. e Cirenio si meravigliò altamente
per come Giuseppe avesse potuto avere, così di buon mattino, una tale quantità
di freschissimi pesci.
3. E qui Giuseppe indicò il grande Gionata e disse un po’ scherzosamente:
4. “Vedi, quando si ha per amico un
così grande capo-pesca, non occorre andar lontano - ed ecco qua i pesci!”
5. Qui Cirenio sorrise e disse: “Sì, qua hai proprio ragione.
6. In verità, in tali circostanze si
possono sempre avere pesci freschi, e specialmente poi se si ha in casa anche Qualcuno!”
7. E Giuseppe alzò qui le mani e disse col cuore più commosso:
8. “Sì, fratello Cirenio, - e anche Qualcuno, di cui tutti noi non saremo
mai degni in eterno!
9. Questi benedica a noi tutti
questa buona colazione, perché essa possa veramente rinvigorirci nelle nostre
membra e nel nostro amore per Lui - il Santo dei santi!”
10. Questa esclamazione di Giuseppe
indusse tutti al pianto, e tutti lodarono il grande Dio nel Piccino ancora
addormentato.
11. Ma quando gli ospiti, dopo che
fu terminata la preghiera di lode, si accinsero a mangiare i pesci, si svegliò
anche il Piccino;
12. e il buon odore dei pesci Gli
disse subito che cosa si trovasse in tavola.
13. Perciò Egli fu anche fuori di
volata dal suo basso lettino, corse subito tutto nudo a tavola dove si trovava
la Madre, e chiese da mangiare.
14. Maria però Lo prese subito in grembo e disse a Giacomo:
15. “Va’ a prendermi presto una
camicina pulita dalla camera!”
16. E Giacomo fece subito come Maria
desiderava e portò una camicina pulita.
17. Il Piccino però stavolta non
voleva lasciarsi mettere la camicina.
18. Allora Maria s’inquietò un po’ e disse: “Vedi, Piccino mio, non sta certo
bene essere nudi a tavola;
19. perciò io sarò molto cattiva, se
non Ti lasci vestire!”
20. Cirenio, totalmente commosso fino alle lacrime alla vista del
tenero Fanciullino, disse a Maria:
21. “O cara, soavissima Madre, dammi
il Piccino così, perché ancora una volta Lo coccoli e Lo accarezzi così tutto
nudo!
22. Chi lo sa, se in questo mondo Mi
toccherà un’altra volta questa immensa fortuna?”
23. E il Piccino sorrise a Cirenio e
volle subito andare da lui.
24. E Maria Lo affidò anche subito a
Cirenio, ed egli pianse per la gioia e la beatitudine, quando il sano Piccino
sgambettò tutto vispo sulle sue ginocchia.
25. E Cirenio Gli chiese subito
quale pezzo di pesce volesse mangiare.
26. E il Piccino disse in maniera tutta infantile: “Dammi quel pezzetto
bianco, dove non ci sono dentro le spine!”
27. E Cirenio mise subito in mano al
Piccino il pezzo migliore e più pulito, che Egli mangiò con gioia,
completamente a proprio agio.
28. Dopo che si fu saziato, Egli disse: “Era buono! - Adesso vestiMi
tu!
29. Poiché quando ho fame, voglio
prima mangiare, e soltanto dopo metterMi un vestito!”. - Poi il Piccino non
disse più nulla e si lasciò mettere tutto tranquillo la camicina da Cirenio.
[indice]
Proseguimento
della scena infantile a tavola.
“Solo
per il suo grande amore Maria è cattiva con Me!”.
13 giugno
1844
1. Quando il Piccino fu vestito,
Cirenio Gli chiese nuovamente se non volesse forse gustare un altro buon
pezzetto di pesce.
2. Ma il Piccino disse a Suo modo: “Un altro pezzettino certo che lo
vorrei;
3. ma non oso prenderMelo, perché la
Madre allora vorrebbe di nuovo subito sgridarMi”.
4. E Cirenio disse: “O Piccino mio infinitamente amato, se te lo offro
io, allora la Madre non dirà niente”.
5. Ma il Piccino disse con tutta ingenuità a Cirenio: “Sì, finché sei
qua, allora certo non dirà nulla;
6. ma quando sarai andato via,
allora ne prendo il doppio [di parole].
7. Oh, tu non lo crederai come può
essere cattiva Mia Madre, quando faccio qualcosa che lei non vuole!”
8. Cirenio ne sorrise e disse poi al Piccino: “Che te ne pare: se io
volessi sgridare per questo la tua Madre cattivella, non agirebbe poi con più
riguardo verso di Te?”
9. E il Piccino disse: “Ti prego, proprio questo non fare; poiché allora
sì che riceverei una strapazzata che non avrebbe uguali, quando tu fossi via!”
10. Qui Cirenio
interrogò ancora il Piccino e disse:
11. “O Tu Vita mia, Tu mio
celestissimo Piccino! - Se però Tua Madre è così cattiva, come puoi allora ciò
nonostante volerle così tanto bene?”
12. E il Piccino rispose: “Perché è per il grande amore per Me che è
cattiva; ella infatti ha sempre una grandissima paura che Mi possa succedere
qualcosa di male.
13. E vedi, è perciò allora che devo
volerLe tanto bene! Anche se talvolta è cattiva senza ragione, la sua
intenzione però è buona, ed è per questo che merita anche il Mio Amore.
14. Vedi, proprio per questo ora
sarebbe anche cattiva, se mangiassi adesso un altro pezzetto di pesce: perché
lei pensa che potrebbe farMi male.
15. Certo che non Mi farebbe male;
però Io stesso ora non voglio commettere un peccato contro la premurosa buona intenzione
di Mia Madre.
16. Oh - anch’Io posso mortificarMi
e posso osservare il comandamento di Mia Madre, se così deve proprio essere;
17. ma se non deve necessariamente
essere così, allora posso fare anche ciò che voglio.
18. E allora
non Mi fa nulla, se la Madre anche se la prende un po’.
19. Così però non deve essere
necessariamente anche adesso, che Io mangi un altro pezzetto di pesce; perciò
voglio anche mortificarMi, così che poi la Madre non abbia nulla da
rimproverarMi quando sarai via”.
20. Qui Cirenio interrogò di nuovo il Piccino e disse con tutto amore:
21. “Sì, Vita mia, ma se Tu hai
tanto rispetto per la Tua Madre terrena, perché allora prima non Ti sei
lasciato vestire da lei?
22. Non se la prenderà poi con Te
per questo, quando io sarò via?”
23. E il Piccino disse: “Sicuramente; ma appunto non ci farò gran caso!
24. Te l’ho già detto prima infatti,
che Io talvolta faccio ciò che voglio e non chiedo se a Mia Madre stia bene o
no.
25. Ma allora Mia Madre può poi
anche prendersela con Me, perché lo fa con buona intenzione e buona volontà”.
26. Qui Maria sorrise e disse scherzosamente: “Sì, aspetta un po’ quando
saremo soli,
27. e allora di nuovo Ti sgriderò
molto, poiché adesso Mi hai accusata così con Cirenio!”
28. E il Piccino sorrise e disse: “Oh - non lo dici seriamente! Io Me ne
accorgo benissimo, quando sei proprio seriamente cattiva, - poiché allora
diventi tutta rossa in faccia; adesso però sei bella bianca come Me, e quand’è
così non sei mai cattiva”.
29. A questa osservazione tutti risero,
e anche il Piccino rise con loro. Maria però dal tanto fervore prese il Piccino
e Lo abbracciò con smisurato affetto.
Gratitudine di Cirenio, suo
regalo e discorso d’addio.
Cirenio si ferma ancora un
giorno.
14 giugno
1844
1. Ma dopo questa scena infantile
ebbe anche termine la colazione.
2. E quando Giuseppe ebbe terminato
la preghiera di ringraziamento, subito Cirenio
si avvicinò a Giuseppe e disse:
3. “Mio amatissimo amico! I servigi
che hai reso a me, come allo stesso mio fratello a Roma, Giulio Augusto Quirino
Cesare, sono di natura così importante che non potrò mai ricompensartene a
sufficienza.
4. Ma lasciarti del tutto senza
ricompensa - vedi, questo mi è assolutamente impossibile!
5. Io so però che tu non
accetteresti da me alcuna ricompensa regale;
6. perciò ho riflettuto così:
quest’anno, a quanto pare, non puoi aspettarti che un magro raccolto di grano;
7. e tuttavia la tua casa è
piuttosto intensamente popolata.
8. Nove persone appartengono
comunque a me, e voi pure siete già in otto; quindi in tutto diciassette
persone.
9. E mi dice ora il mio spirito, che
le tue casse di farina sono vuote e così pure la tua dispensa,
10. che anche riguardo al foraggio
per le tue mucche, per le capre e gli asini, già ti va male. -
11. Vedi, tutto questo lo so con
molta precisione, come so anche che voi non avete quasi più nulla da indossare.
12. Perciò - mio amatissimo
fratello, devi accettare da me almeno quanto ti è necessario per adesso.
13. So pur bene che è in sommo grado
ridicolo, per un uomo della Terra, proporsi di soccorrere il Signore
dell’Infinità, a Cui è facile creare con una parola miriadi di mondi.
14. Ora però so anche che proprio
questo santo Signore dell’Eternità, non sempre vuole operare prodigi contro il
Suo eterno prodigioso Ordine, perché ad essi è sempre congiunto un giudizio,
per noi esseri creati.
15. Per questa ragione tu devi
accettare da me almeno stavolta quanto ti è necessario,
16. e stavolta non mi opporrai un
rifiuto come al tuo solito!”
17. E Giuseppe disse: “Sì, fratello, stavolta potresti quasi aver
ragione!
18. Ma - prima che io accetti
tuttavia qualcosa da te, devo però chiedere al Signore”.
19. Qui il Piccino, che già si trovava accanto a Giacomo, si avvicinò lesto
e disse a Giuseppe:
20. “Giuseppe, accetta pure quello
che Cirenio vuol darti, perché tu possa poi rifornire la casa di viveri!”
21. Allora Giuseppe accettò
l’offerta di Cirenio.
22. E questi consegnò subito a
Giuseppe una somma di mille libbre d’argento e settanta libbre d’oro.
23. Giuseppe ne ringraziò Cirenio e
prese la pesante somma.
24. Ma Cirenio ne fu arcicontento e disse:
“Fratello! - Ora il mio cuore è di mille quintali più leggero! Oggi però non
voglio andarmene ancora da qui, bensì domani; poiché il mio troppo grande amore
non mi lascia partire da qui!”. - E Giuseppe se ne rallegrò molto.
[indice]
La
cassaforte di Giuseppe e le sue preoccupazioni per gli
eventuali
ladri. Buon consiglio del Piccino a Giuseppe.
15 giugno
1844
1. Ma Giuseppe non aveva una
cassaforte in cui riporre il molto denaro.
2. Allora Cirenio ordinò alla sua
servitù di recarsi subito in città a comprarvi una cassa, costasse quel che
costasse!
3. E la servitù andò immediatamente,
e già entro due ore portò una cassa veramente bella in legno di cedro, che era
costata dieci libbre d’argento.
4. Questa cassa fu subito messa
nella camera da letto di Giuseppe, e i figli di Giuseppe misero la grossa e
pesante somma di denaro in questa bella e robusta cassa.
5. Quando in questo modo il denaro
fu riposto, Giuseppe disse:
6. “Adesso per la prima volta in
tutta la mia vita sono ricco secondo i criteri del mondo;
7. infatti mai ho visto così tanto
denaro, e ancora meno poi ne ho posseduto così tanto!
8. Però finora la mia casa non ha
mai saputo che cosa sia un ladro, e meno ancora un brigante;
9. d’ora in poi noi tutti non avremo
né occhi né tempo abbastanza per proteggere questo denaro dai ladri e dai
briganti!”
10. Ma Gionata disse: “Fratello, sta’ pur tranquillo!
11. Io so fin troppo bene, chi
assalgono i briganti e i ladri.
12. Vedi, essi assalgono solo gli
avidi e gretti spilorci!
13. Questo però tu non lo sei, -
perciò puoi anche star tranquillo; poiché da te chiunque riceve ad ogni modo
tre volte più di quanto ti chiede!
14. Perciò ritengo che avrai bensì a
che fare con una quantità di mendicanti, ma con briganti e ladri sicuramente
no!”
15. Qui si avvicinò anche Maria e disse a Giuseppe:
16. “Ascolta, caro padre, tu sai
bene che nella città del nostro padre Davide abbiamo pure ricevuto, dai tre
saggi orientali che venivano dalla Persia, un grosso peso di oro;
17. e vedi, ora non ne abbiamo più
neanche tanto quanto un granellino di sabbia, sebbene non ne siamo mai stati
derubati.
18. Così io penso che ci andrà anche
qui: non passerà un anno, e anche senza ladri e briganti non ne possederemo più
nulla.
19. Perciò sta’ pure totalmente
tranquillo! - Infatti in una casa dove abita il Signore, l’oro non ha
stabilità, e anche i briganti e i ladri non vogliono avere gran che da fare in
casa del Signore!
20. Infatti essi lo sanno quanto me
e te, che non è prudente mettere le mani sui tesori, che qui si trovano come se
fossero nella cassa di Dio”.
21. Quando Maria ebbe finito di dire
questo, si avvicinò anche il Piccino
e disse:
22. “Giuseppe, tu fedele! Non devi
guardare così timoroso a quella cassa in cui i miei fratelli hanno messo il
denaro!
23. Poiché allora Io penso che tu
sia ammalato, se hai un aspetto così timoroso.
24. E vedi, questo non lo voglio,
che tu debba essere ammalato!
25. Questo denaro non ti peserà
affatto a lungo. Compra ora moltissima farina e altri viveri e un po’ di
abbigliamento, e distribuisci il resto,
26. e la cassa sarà subito di nuovo
vuota!”. - Queste parole infantili tranquillizzarono Giuseppe così tanto, che
divenne poi tutto allegro.
Giuseppe
e i suoi. Cure e lavori domestici.
Eccezionale
aiuto di Gionata e sua fiducia in Dio.
17 giugno
1844
1. Ma dopo tutto questo, Giuseppe chiamò a sé i quattro figli e
disse loro:
2. “Prendete questa libbra d’argento
e andate in città, e compratevi farina, e quant’altro è necessario per la
cucina,
3. e poi venite a preparare un buon
pranzo, poiché oggi Cirenio mi fa ancora l’onore!”
4. E i figli andarono a fare ciò che il padre aveva loro
comandato.
5. Ma arrivò anche Maria e fece notare segretamente a
Giuseppe, che anche la provvista di legna da ardere era tanto calata, che con
la piccola rimanenza ancora esistente difficilmente si sarebbe potuto preparare
un pasto.
6. Allora
Giuseppe chiamò Gionata e gli mostrò tale inconveniente.
7. E Gionata disse: “Fratello, dammi
la tua grande e robusta ascia, e andrò nel bosco là sul monte;
8. per davvero, in tre ore dovrai
avere legna in quantità!”
9. E Giuseppe diede a Gionata una
robusta ascia, e questi andò nel bosco del vicino monte, che apparteneva alla
villa, e subito vi tagliò un robusto cedro, fissò attorno al tronco una robusta
corda, e trascinò così l’intero possente albero davanti alla casa di Giuseppe.
10. Quando egli Vi giunse col suo
albero abbattuto, tutti si meravigliarono per l’enorme forza di Gionata.
11. E molti servitori di Cirenio
tentarono contemporaneamente di trascinare avanti l’albero, ma i loro sforzi
furono vani;
12. poiché essi, trenta di numero,
non riuscirono a muovere l’albero dal suo posto nemmeno di un filo, pesando
questo in totale circa cinquanta quintali[5].
13. Ma Gionata disse ai servitori di Cirenio:
14. “Invece di questo inutile
tentativo, prendete piuttosto in mano delle asce grandi e piccole, e aiutatemi
a ridurre rapidamente l’albero in pezzi!
15. Questo lavoro sarà più gradito
al padrone di casa, che non il vostro vano affaticarvi a voler misurare da
quest’albero la mia forza gigantesca”.
16. E subito tutti i servitori di
Cirenio si misero al lavoro e, con la vigorosa cooperazione di Gionata,
l’intero albero in una mezz’ora fu tutto ridotto in pezzi.
17. Giuseppe ne fu pieno di gioia e disse: “Oh, questo è eccellente!
18. Per davvero, mi ci sarebbero
voluti tre giorni di lavoro, a spaccare un albero così,
19. e tu vi hai impiegato appena tre
ore in tutto!”
20. E Gionata disse allora: “O fratello! Un grande vigore del corpo è
bensì una cosa utile,
21. ma che cos’è in confronto al
vigore di Colui che abita da te, e al cui soffio trema l’intera Infinità?!”
22. Qui venne il Piccino da Gionata e gli disse: “Sta’ zitto, Gionata, e non Mi
tradire; poiché so Io quando ho da mostrarMi!
23. Se però la Mia Forza non fosse
stata con te ora, neanche tu saresti venuto a capo di quest’albero. - Ma sta’
zitto e non dire nulla di questo!”. - Allora Gionata non disse nient’altro, e
soltanto ora comprese come egli
avesse padroneggiato così facilmente quell’albero.
[indice]
Imbarazzo del
governatore davanti a una deputazione dei più eminenti cittadini
Cirenio
invita la deputazione a pranzo. Sulla maledizione del denaro
18 giugno
1844
1. Ma quando in tal modo la casa di
Giuseppe fu provvista anche di legna, e i figli di Giuseppe si furono messi
alacremente a preparare un pranzo,
2. ecco arrivare una deputazione
molto sfarzosa dalla città, per salutare il massimo governatore.
3. Questa volta infatti nessuno in
città era stato messo a conoscenza della presenza di Cirenio, volendo egli
starvi rigorosamente in incognito.
4. Però al mattino fu vista in città
la nota servitù, così come i figli di Giuseppe, e si presunse quindi la
presenza del governatore.
5. Allora in città si radunarono in
parecchi ed uscirono in gran pompa, la qual cosa però stavolta a Cirenio tornò
molto a sproposito.
6. Il comandante e il già noto
capitano erano naturalmente alla testa di una numerosa compagnia dei più
ragguardevoli abitanti della città di Ostracine.
7. Il comandante si scusò oltre
misura per aver appreso così tardi, e solo per un caso fortunato, che sua
altezza imperiale e consolare onorasse quei luoghi con la sua eccelsa presenza.
8. Ma Cirenio fu quasi sconvolto per la collera repressa, a causa di
quella visita fattagli in un momento così sommamente inopportuno.
9. Però per motivi politici dovette
tuttavia far buon viso a cattivo gioco, e a colui che lo salutava rispose
perciò anche con uguale cortesia.
10. Infine però disse anche al
comandante: “Caro amico, noi grandi signori del mondo, talvolta ci troviamo
proprio in cattive condizioni!
11. Un uomo comune può andare
dovunque vuole, e rimane comodamente in incognito;
12 – noi, invece, basta che
superiamo un poco la soglia di casa, e l’incognito è già buttato.
13. Accetto bensì molto cordialmente
il vostro cortese saluto in nome di mio fratello;
14. resta però inteso che io ora
sono qui rigorosamente in incognito!
15. Ossia, detto in altre parole: la
mia presenza qui non è ufficiale e non deve essere riferita a Roma a nessuna
condizione!
16. Se io venissi a sapere che
qualcuno abbia osato fare un rapporto simile a Roma, in verità, quello non la
passerebbe liscia! – Poiché, nota bene, per il mondo io sono qui in rigoroso
incognito!
17. Perché? Questo lo so io, e
nessuno ha da farmi domande in proposito.
18. Ora però andate a casa a
cambiarvi, e poi ritornatevene di nuovo per il pranzo, che avrà luogo circa tre
ore prima del tramonto!”
19. Qui la deputazione s’inchinò
davanti al governatore e se ne andò.
20. Poi Giuseppe si avvicinò a Cirenio e disse:
21. “Vedi, questo è già il primo
effetto del denaro che tu mi hai fatto avere in così larga misura!
22. Per esso la tua servitù dovette
comprarmi una cassa, fu riconosciuta - e la tua presenza qui fu tradita.
23. Come io dico pur sempre:
sull’oro e sull’argento grava ancor sempre l’antica maledizione di Dio!”
24. Ma il Piccino, che si trovava vicinissimo a Giuseppe, aggiunse
sorridendo:
25. “Perciò non si può fare maggior
oltraggio all’orgoglioso oro e al superbo argento, se non distribuendoli in
equa misura fra i mendicanti.
26. Tu però, Mio caro Giuseppe,
questo lo fai sempre; perciò l’antica maledizione ti nuocerà poco, e così pure
a Cirenio.
27. Oh, Io non ho affatto paura a
motivo di quest’oro; qui infatti si trova certo al posto giusto!”.
28. Queste
parole tranquillizzarono di nuovo tanto Giuseppe quanto Cirenio, ed essi
attesero poi di lietissimo umore gli ospiti invitati.
La deputazione al pranzo. Consiglio di
Giuseppe nell'assegnazione dei posti a tavola.
Indignazione del Piccino alla tavola
accanto, male imbandita. Una profezia.
19 giugno
1844
1. All’ora stabilita, la deputazione
con gli abiti cambiati venne di nuovo dalla città, salutò tutti in casa di
Giuseppe e si recò poi con Cirenio al pranzo già preparato.
2. Ma poiché inaspettatamente ora
arrivavano più ospiti di quanti ci s’aspettava, il tavolo di Giuseppe divenne
troppo piccolo, perché anche la famiglia di Giuseppe potesse prendervi posto.
3. Perciò il Piccino disse segretamente a Giuseppe: “Padre Giuseppe, fa’
preparare per noi un piccolo tavolo nella stanza accanto!
4. E dì a Cirenio che non si deve
affliggere per questo,
5. e digli che dopo il pranzo
ritornerò senz’altro da lui!”
6. E Giuseppe fece così, come il
Piccino gli aveva consigliato.
7. Ma Cirenio disse a Giuseppe: “Così non va! - Dato che il Signore
dell’Infinità è fra noi, non lo metteremo certo in un tavolo in disparte!
8. Oh, sarebbe proprio il più
singolare di tutti gli ordini del mondo!
9. Io ti dico che soprattutto Lui e
tu dovete sedere ai primi posti!”
10. E Giuseppe disse: “Fratello carissimo, eppure non andrà così questa
volta;
11. poiché vedi, ci sono qui ora
molti pagani della città, e a costoro l’eccessiva vicinanza del Signore
potrebbe costare molto cara; perciò la Volontà del Piccino, qui come
dappertutto e sempre, va rispettata.”.
12. E il Piccino sopraggiunse e disse: “Cirenio! Giuseppe ha ben ragione,
segui dunque le sue parole!”
13. Allora Cirenio non ebbe più
obiezioni e si recò subito a pranzare col suo seguito e con la deputazione
dalla città.
14. E Giuseppe fece subito preparare
nella stanza attigua un tavolo pure molto capace, al quale presero posto lui,
Maria, il Piccino col Suo Giacomo,
15. Gionata, Eudokia e gli otto
bambini di Cirenio.
16. Ma naturalmente al tavolo degli
ospiti venivano portate più vivande e le migliori, e al tavolo [di quelli] di
casa meno [vivande] e le meno buone.
17. E il Piccino disse: “O vergogna di un suolo terreno, devi dunque
produrre proprio per il tuo Unico Signore le cose peggiori?!
18. O paese ora fertile tra l’Asia e
l’Africa, per questo sarai colpito per tutti i tempi con grande infertilità!
19. Proprio per davvero, se la
nostra tavola non avesse qualche pesce, non ci sarebbe puramente nulla di
mangiabile per Me!
20. Qui una pappa di latte con un
po’ di miele, una cosa che non Mi piace, e là una scilla marina arrostita, e là
un piccolo melone, e là un pane raffermo, e accanto un po’ di burro e miele,
21. questo è tutto il nostro pasto;
tutti cibi che non Mi piacciono, eccetto i pochi pesci!
22. Non è ch’Io voglia che gli
ospiti debbano magari esser trattati peggio di noi;
23. però non è poi neanche giusto,
che noi dobbiamo essere trattati molto peggio degli ospiti!”
24. Ma Giuseppe disse: “O caro Gesù, non t’imbronciare, poiché vedi, è lo
stesso anche per tutti noi!”
25. E il Piccino disse: “Dammi un po’ di pesce e allora va bene per
adesso. Ma un’altra volta deve andare diversamente; poiché non in tutti i tempi
posso accontentarMi di questo cibo di tutti i giorni!”. - Giuseppe tenne a
mente questo e diede da mangiare al Piccino un po’ di pesce.
[indice]
Il cattivo pesce servito dai
cuochi poi puniti da Giuseppe.
Il
fondamento evangelico dell’Incarnazione.
20 giugno 1844
1. Ma mentre mangiava il pesce, il Piccino interrogò Gionata, dicendo: “Gionata, è dunque questa la
migliore qualità di pesce?
2. Poiché Io ti dico che questo
pesce non Mi piace affatto!
3. Per prima cosa è duro, e per
seconda è asciutto come paglia.
4. Per davvero, non deve essere una
buona qualità di pesce, e ciò si può anche capire dal fatto che ha così tante
fastidiose spine!”
5. E Gionata rispose: “Sì, o mio Signore e mio Dio! È per davvero la
qualità di pesce meno pregiata!
6. Oh, se dunque Giuseppe mi avesse
detto qualcosa prima, volentieri allora sarei corso su e giù dieci volte tanto,
e sarei andato a prendere per Te il pesce migliore di tutti!”
7. Qui Giuseppe stesso fu un po’ in
collera con i suoi figli, per il fatto che avevano imbandito così male la sua
tavola.
8. Ma il Piccino disse: “Giuseppe, proprio arrabbiarci non dobbiamo, per
questo;
9. però resta sempre singolare da
parte dei Miei fratelli, che in cucina essi trattengano per loro il meglio, a
noi invece proprio di tutto portino in tavola la parte peggiore.
10. Sia pur loro tutto benedetto; ma
bello e lodevole non è da parte loro! -
11. Vedi, tu mi hai bensì dato il
pezzo migliore del pesce; e pur tuttavia non riesco a mangiarlo tutto, sebbene
Io sia ancora molto affamato, -
12. e questo è certo un segno sicuro
che il pesce è cattivo!
13. Ecco - assaggia questo
pezzettino, e ti convincerai che ho ragione!”
14. Qui Giuseppe assaggiò il pesce,
e trovò l’affermazione del Piccino perfettamente confermata.
15. Ma allora si alzò anche subito e
andò in cucina, e là trovò che i quattro figli si appagavano con un pregiato
tonno.
16. Allora Giuseppe non ne poté più,
e cominciò a sgridare con grande impeto i
quattro cuochi.
17. Costoro però dissero: “Padre,
vedi, noi dobbiamo sbrigare tutto il lavoro pesante, perché allora qualche
volta non possiamo mangiare anche un pezzettino migliore che quelli che non
lavorano?!
18. Inoltre anche il pesce che
abbiamo messo sulla tua tavola, non è cattivo;
19. ma il Piccino, dato che da voi è
troppo viziato, talvolta è solo troppo pieno di capricci, e allora non c’è
niente che sia abbastanza buono e giusto per Lui!”
20. Allora Giuseppe si arrabbiò e
disse: “Bene; poiché mi siete venuti con questo discorso, d’ora in avanti non
preparerete mai più cibi per la mia tavola!
21. Maria da adesso sarà la mia
cuoca, voi invece potete preparare per voi quello che volete; ma alla mia
tavola nessuno di voi dovrà mai farsi vedere!”
22. Qui Giuseppe lasciò i quattro
cuochi, e tutto eccitato ritornò attraverso una piccola porta laterale dai suoi
commensali.
23. Allora il Piccino divenne triste, e cominciò del tutto a piangere e
singhiozzava molto violentemente.
24. Allora subito Maria, Giuseppe e
Giacomo ansiosamente Gli domandarono che cos’avesse, se sentisse un qualche
dolore -
25. o che cosa fosse mai, che ora
l’aveva fatto diventare così improvvisamente tanto triste e sofferente!
26. Ma il Piccino trasse un profondo sospiro e disse a Giuseppe in tono
molto triste:
27. “Giuseppe! - È dunque così tanto
dolce, mostrare ai poveri e ai deboli la propria gloria, e per una piccola
mancanza condannarli del tutto?!
28. Guarda un po’ Me dunque, quanti
cuochi terribilmente cattivi ho nel mondo, che già da tempo avrebbero lasciato
del tutto morir di fame Me, che sono un Padre di tutti i padri, se una cosa
simile con Me fosse possibile!
29. Io ti dico, cuochi che non sanno
più niente di Me, e non vogliono sapere
e sentire più niente di Me!
30. E vedi, ciò nonostante Io non
vado fuori a condannarli nella Mia giusta Ira!
31. È dunque così tanto dolce essere
un signore? - Vedi, Io sono l’unico Signore dell’Infinità, e fuori di Me non ce
n’è più alcuno in eterno!
32. E vedi, Io, il Creatore e Padre
di voi tutti, volli diventare davanti a voi un debole figlio d’uomo,
comprimendo del tutto la Mia eterna e infinita divina Gloria,
33. affinché voi per questo esempio umile sopra ogni cosa, abbiate a
sentire ribrezzo per il vostro antico spirito di dominio!
34. E invece no, proprio in questo
Tempo di tutti i tempi, in cui il Signore di ogni gloria si è abbassato sotto
tutti gli uomini, per guadagnarli tutti in questo Suo abbassamento, più che mai
gli uomini vogliono essere signori e dominare!
35. Lo so bene che tu è soprattutto
per Me che hai condannato i quattro cuochi;
36. ma se Mi riconosci come Dio,
perché allora sei passato davanti a Me?
37. Vedi, noi tutti ancora non siamo
infelici, per essere stati serviti con un pesce magro; infatti possiamo pur
farcene preparare subito uno migliore!
38. I quattro fratelli invece sono
ora le creature più infelici del mondo perché tu, il padre, li hai condannati;
39. e vedi, questa non è una
punizione giusta per una mancanza così piccola!
40. Che cosa sareste mai voi uomini,
se Io facessi con voi come fate tra di voi, se fossi intollerante e impaziente
come siete voi?!
41. Tu non sai il perché questa
volta siamo stati serviti così parcamente; Io però lo so.
42. Perciò ti dico: va di là e
ritira il tuo giudizio, e Giacomo poi ti farà sapere la ragione di questo
cattivo pasto!”
43. Qui Giuseppe andò a chiamare i
quattro figli, perché ammettessero davanti a lui il loro sbaglio ed egli poi li
perdonasse.
Umile e affettuoso discorso
dei quattro fratelli al Piccino che
prima avevano offeso. La Sua
divina risposta ai fratelli.
21 giugno
1844
1. E i quattro figli di Giuseppe
vennero subito nella sala da pranzo di Giuseppe, là caddero anche subito in
ginocchio, ammisero la loro colpa e poi chiesero perdono al vecchio padre
Giuseppe.
2. Giuseppe allora li perdonò e ritirò la sua condanna.
3. Poi però egli disse ai quattro:
“Io vi ho bensì perdonato;
4. però fui anche quello meno offeso
da voi nella questione.
5. Ma qui c’è il Piccino del quale
mi diceste, con mia somma indignazione,
6. che era tutto viziato e che
perciò talvolta era pieno di capricci, e allora niente era buono e giusto
abbastanza per Lui.
7. Con ciò L’avete oltraggiato molto
gravemente!
8. Andate e chiedete perdono
principalmente a Lui, se no potrebbe andarvi male!”
9. Allora i quattro andarono davanti al Piccino e dissero davanti a Lui:
10. “O caro Fratellino nostro! Vedi,
Ti abbiamo oltraggiato ingiustamente davanti a nostro padre,
11. e così lo abbiamo fatto adirare
molto gravemente, tanto che fu costretto quasi a maledirci.
12. Abbiamo peccato assai gravemente
verso di Te e il buon padre Giuseppe.
13. O caro Fratellino, potrai mai
perdonarci un tale nostro grave peccato? - Ci eleverai di nuovo a Tuoi
fratelli?”
14. Qui il Piccino sorrise ai quattro supplicanti in modo davvero molto
amichevole, spalancò le sue tenere braccia e disse con le lacrime nei Suoi
divini occhi:
15. “Oh, alzatevi, Miei cari
fratelli, e venite qui, affinché Io vi baci e benedica!
16. Poiché in verità, chi viene a Me
così come voi, deve essere perdonato, anche se di peccati ne avesse più di
quanta è la sabbia nel mare e l’erba sulla terra!
17. In verità, in verità! Prima
ancora che questa Terra fosse formata, avevo già visto in voi questo peccato, e
ve l’ho già anche perdonato, molto, molto prima che voi ancora foste!
18. O miei cari fratelli, non siate
dunque impauriti per causa Mia; infatti a voi tutti Io voglio così tanto bene,
che proprio per amor vostro un giorno morirò nel corpo!
19. Perciò non abbiate dunque paura
di Me; poiché in verità, se anche Mi aveste maledetto, tuttavia Io non vi avrei
condannati, ma avrei pianto per la durezza dei vostri cuori!
20. Venite qui dunque, Miei cari
fratelli, affinché Io vi benedica perché Mi avete un po’ oltraggiato!”
21. Questa infinita bontà del
Piccino spezzò il cuore ai quattro, tanto che piansero come bambini piccoli.
22. Anche gli altri commensali
furono tanto commossi che non poterono trattenersi dal piangere.
23. Ma il Piccino si alzò, andò Egli stesso dai quattro, e li benedisse e
li baciò, e disse poi a loro:
24. “Ora, cari fratelli, lo
comprenderete bene dunque, che vi ho tutto perdonato!?
25. Però vi prego: andate ora in
cucina e portate a noi tutti un pesce migliore!
26. Poiché davvero, ho ancora molta
fame, e pur tuttavia non posso mangiare il pesce che prima avete preparato per
noi!”.
27. Qui i quattro subito si
alzarono, baciarono il buonissimo Piccino, e poi più che commossi si
affrettarono in cucina, e prepararono in brevissimo tempo un pesce eccellente
per la tavola di Giuseppe.
[indice]
Il pranzo nella sua
corrispondenza simbolica.
Le fasi
delle condizioni spirituali sulla Terra:
1° in
generale; 2° l’Ebraismo; 3° la Chiesa greca; 4° la Chiesa romana; 5° le sette
cristiane.
22 giugno
1844
1. Quando il pesce ben preparato
arrivò sulla tavola di Giuseppe e tutti se ne appagarono,
2. e quando anche il pranzo fu
terminato, Giuseppe chiese a Giacomo se non sapesse dunque indicargli una
ragione forse molto profetica di questo pasto, prima magro e cattivo, ed ora
alla fine davvero molto gustoso.
3. E Giacomo disse, con la più grande umiltà e modestia:
4. “Oh sì, caro padre Giuseppe, per
quanto il Signore me lo darà, altrettanto voglio annunciartelo fedelmente, ciò
che significa questo pasto.
5. E così ti prego dunque che tu mi
voglia molto fedelmente ascoltare!”
6. Tutti ora rivolsero la loro
attenzione alla bocca di Giacomo, e questi cominciò a parlare così:
7. “Il pasto magro e cattivo indica
quel tempo futuro in cui la Parola
del Signore sarà deformata.
8. Allora i
Suoi servi tratterranno per sé la parte migliore, e alle loro comunità daranno
in pasto le vinacce, come i pagani ai loro maiali.
9. Gli ebrei saranno simili alle scille marine arrostite;
10. infatti sebbene esse siano una
radice che cresce rigogliosamente nel mare della divina Grazia, ed ora viene
completamente arrostita al fuoco del divino Amore,
11. pur tuttavia si troverà come un
cibo scadente e una pietanza sommamente magra alla tavola del Signore, e
nessuno stenderà la mano per prenderla.
12. L’insipida pappa di latte
saranno i greci. Questi manterranno
maggiormente ancora autentica la Parola del Signore!
13. Ma poiché
solo esternamente vi conformeranno la loro vita, e non interiormente, così
saranno tiepidi e insipidi e senza gusto come questa pappa, la quale è ben vero
che contiene pure in sé i migliori succhi vitali, ma poiché è fredda e non è
stata sufficientemente ben cotta, così fa anche una brutta figura sulla tavola
del Signore! -
14. Infatti non ha un buon profumo e
perciò, essendo ancora completamente cruda, neanche un buon sapore per il
palato del Signore.
15. Il melone è Roma. Questo frutto cresce su uno stelo strisciante e che si
attorciglia da tutte le parti,
16. e sul quale spuntano molti fiori
infecondi; solo a pochi invece segue un frutto.
17. E quando il frutto è già
comparso e giunge a maturazione, avrebbe bensì un profumo molto intenso,
18. se però lo si taglia e si
assaggia la polpa interna, subito ci si accorge che il sapore è di molto
inferiore al profumo.
19. Se uno non vi aggiunge del miele
saporito, dopo aver assaggiato un tal frutto sta male da vomitare,
20. sì, con un frutto simile si può
ingoiare molto facilmente la propria morte!
21. Così andranno anche le cose
riguardo a Roma per molto tempo, e molti con questo cibo ingoieranno la propria
morte! - E pure questo frutto si troverà come cattiva pietanza sulla tavola del
Signore, e non sarà toccato da Lui!
22. Quindi ci sono qui ancora burro,
pane e un po’ di miele e alcuni magri pesci.
23. Questi cibi sono sì un po’
migliori, e sono molto separati dagli altri, e certo hanno ancora un buon
aspetto;
24. però non c’è neanche calore in
essi, e non tutti li ha ancora toccati il condimento principale del fuoco,
perciò stanno anche qui sulla tavola del Signore e non vengono lodati.
25. I pesci furono sì al fuoco; ma
avevano poco grasso, perciò sono secchi come paglia, e il Signore non può
gustare nemmeno questi.
26. Con questi cibi sono da intendersi
certe sette che si staccheranno dalle
prime ed avranno sì fede;
27. ma non si troverà amore in
esse, o solo molto poco, e perciò
anch’esse non saranno gradevoli davanti al Signore! --
28. Questo è in breve il significato
del pasto. Tutto quello che ho ricevuto, l’ho fatto sapere; ma di più non
ricevo, perciò ora taccio”. - Questa spiegazione fece sì molta impressione,
però nessuno la comprese.
L’ultimo buon pesce
significa l’Amore del Signore e la Sua grande Grazia in questo ultimo tempo.
Giacomo
conclude citando Isaia.
25 giugno
1844
1. Ma Giuseppe disse poi a Giacomo: “Tu hai parlato molto sapientemente
nel senso più pieno del termine, in nome del Signore, sebbene io, anzi tutti
noi non siamo ancora in grado di capire quello che hai detto.
2. Ma poiché nonostante ciò
riconosco in te la Sapienza di Dio,
3. e noi tutti alla fine abbiamo
avuto sulla nostra tavola un pesce magnifico e assolutamente squisito,
4. vorrei dunque che mi venisse
spiegato da te anche questo: ciò che alla fine questo nobile buon pesce stia a
significare.
5. Sicuramente il Signore ti
rivelerà anche qui quello che è bene,
6. dato che prima ti ha rivelato ciò
che è e sarà male per il mondo intero!”
7. E Giacomo disse allora: “Caro padre Giuseppe, questo non dipende
certo da Me, bensì solamente dal Signore.
8. Io sono solo un inetto strumento
del Signore, e posso parlare soltanto quando il Signore mi scioglie la lingua.
9. Perciò non pretendere da me
quello che non ho e perciò neppure posso darti,
10. bensì rivolgiti per questa cosa
al Signore; se Egli me la darà, allora anche tu la riceverai anche subito, così
completamente integra!”
11. Qui Giuseppe si rivolse subito segretamente al Piccino e disse:
12. “Mio Gesù, fammi sapere anche il
significato del buon pesce!”
13. Ma il Piccino disse: “Giuseppe, vedi pure che non ho ancora finito del
tutto il Mio pesce; aspetta dunque ancora solo un poco!
14. Anche a Cirenio manca ancora
molto, prima di finire il suo pranzo; perciò abbiamo ancora una mezz’ora di
tempo,
15. e in questo tempo si possono
ancora concludere, consigliare e stabilire moltissime cose”.
16. Poi però il Piccino si rivolse a Giacomo e gli disse:
17. “Giacomo, intanto che Io mangerò
questo Mio pezzetto di pesce, puoi dire ugualmente bene quello che ti viene sulla
bocca”.
18. Poi il Piccino riprese a
mangiare il Suo pesce e Giacomo
cominciò subito a dire così:
19. “Quest’ultimo buon pesce
significa l’Amore del Signore e la Sua
grande Grazia, che Egli farà pervenire agli uomini nei tempi in cui tutto
si troverà sopra gli abissi dell’eterna morte.
20. Ma prima i cuochi avranno da
passare un notevole giudizio!
21. Solo dopo un tale giudizio
arriverà quel tempo di cui già aveva profetizzato il profeta Isaia[6].
22. E questo tempo rimarrà poi sulla
Terra e non le sarà tolto in seguito, e allora la Terra diverrà una cosa sola
col sole,
23. e i suoi abitanti abiteranno i
grandi campi di luce del sole, e come quello essi splenderanno.
24. E il Signore soltanto sarà Signore, e sarà Egli stesso un Pastore, e
tutti gli splendenti abitanti saranno un solo gregge!
25. E così la Terra sussisterà eternamente, e i suoi abitanti eternamente,
e il Signore sarà eternamente fra loro - un Padre per i Suoi figli
dall’eternità!
26. Allora non ci sarà più la morte; chi vivrà allora, vivrà eternamente, e
non vedrà mai la morte! Amen”.
27. Qui Giacomo
tace di nuovo. Ma l’intera compagnia ammutolì completamente per l’ammirazione
della grande sapienza di Giacomo; solo il
Piccino disse alla fine: “E così anch’Io ho finito il pesce; perciò anche
qua: amen!”.
[indice]
Gli ospiti prestano
attenzione al Piccino e domandano di Lui a
Cirenio.
Giudizio degli ostracini su
Giuseppe e la sua famiglia.
26 giugno
1844
1. Poco dopo la compagnia si alzò da
tavola e ringraziò Dio tanto per il nutrimento materiale, quanto per quello
spirituale, e la maggior parte si recò poi fuori all’aperto.
2. Solo Giuseppe, Maria e il Piccino
con Giacomo si recarono nella grande sala da pranzo, dove Cirenio si trovava
ancora a tavola con i suoi ospiti.
3. Egli diede il più cordiale
benvenuto ai suoi carissimi amici, e voleva subito alzarsi e far loro posto.
4. Ma il Piccino disse: “Oh, rimani, Mio carissimo Cirenio, rimani dove
sei!
5. Io sono già contento se ho il
giusto posto solo nel tuo cuore!
6. Per quanto riguarda questo posto
a tavola, non Me ne importa nulla!
7. Ora però Io vado all’aperto con i
Miei; quando avrai finito il pranzo, allora seguiMi!”
8. Poi il Piccino corse fuori
velocemente col Suo Giacomo, e là si divertì con lui e con gli altri bambini.
9. Ma alcuni fra gli ospiti dalla
città si accorsero di questo discorrere molto giudizioso e tutto confidenziale
del Piccino con Cirenio,
10. e domandarono che età potesse
mai avere questo Piccino,
11. dato che parlava già come una
persona adulta e sembrava essere molto in confidenza con il governatore.
12. Ma Cirenio disse: “Che ve ne importa, se io sono un grande amico dei
bambini?
13. Che questo Piccino è molto ricco
d’ingegno, lo avete visto tutti!
14. Come però sia giunto a una tale
chiarezza d’intelletto, ad appena due anni e mezzo di età,
15. di ciò informatevi dai Suoi
genitori, essi saranno certo in grado di darvene la migliore spiegazione!
16. Mi sorprende dopo tutto che voi,
i vicini più prossimi di questa casa, ancora non conosciate di più i suoi
abitanti!”
17. Allora alcuni dissero: “Già, ma come possiamo anche conoscere di più
questa famiglia?
18. Prima cosa, non va da nessuna
parte, e seconda, abbiamo anche troppo poco tempo, per visitare questa strana
famiglia ebrea, che dopo tutto non conosciamo affatto bene;
19. essa infatti ha un’apparenza
così stranamente mistica, che non si sa proprio che cosa pensarne.
20. Per quanto ne abbiamo saputo da
altre persone di bassissima condizione, questa famiglia è sì molto pacifica e
fa molto del bene ai poveri;
21. ma ci sono alcuni che dicono di
aver visto già di sovente questa casa come in vivissime fiamme, le quali però
si spensero di nuovo tra un ‘sì’ e un ‘no’, - e parecchie altre cose del
genere.
22. Perciò noi non abbiamo nemmeno
il coraggio di visitare questa famiglia;
23. poiché il vecchio è e rimane un
primario incantatore ebreo,
24. e con persone del genere non è
bene entrare in una qualche società!”
25. Qui Cirenio rise e disse: “Ebbene - se è così - restate pure del vostro
parere; poiché allora questa casa è al sicuro da voi!”. - Ma gli ospiti
guardarono Cirenio con tanto d’occhi e non sapevano che pensare.
La malevola decisione degli
ospiti gelosi.
Il
grande incendio a Ostracine.
24 giugno
1844
1. Ma un notabile della città di Ostracine domandò che cosa intendesse
con questo il governatore:
2. “Perché mai questa casa dovrebbe
essere al sicuro, per il fatto che, forse erroneamente, si ritiene questo
vecchio ebreo un provetto incantatore?”
3. E Cirenio disse: “Perché il debole uomo non può nulla, là dove la
Forza della originaria eterna Divinità stende la Sua mano protettrice.
4. Ma questa casa sta, come
nessun’altra sulla vasta Terra, sotto la potentissima protezione di tale
Divinità, - dunque essa è anche invincibile!
5. Mettete le mani su questa casa
con cattiva intenzione, e saprete subito che tempo è per lei!”
6. Qui tutti gli ospiti dalla
città rimasero sorpresi e dissero fra di loro:
7. “Il governatore vuol solo
spaventarci perché non ha con sé la milizia armata.
8. Se noi però mettessimo sul serio
le mani su questa casa e sul suo corpo, di sicuro parlerebbe presto
diversamente!
9. Alziamoci dunque da tavola e
andiamo in città, e ritorniamocene poi qui verso sera con una forte milizia
armata,
10. e allora vedremo subito se il
governatore parlerà ancora così!”
11. Poi l’intera compagnia si alzò
presto da tavola e si recò all’aperto.
12. Qui giunti, i cittadini e il
comandante e il capitano cominciarono ad accomiatarsi da Cirenio, e si misero
poi in cammino per la città.
13. Ma Giuseppe si avvicinò a quelli che volevano andarsene e disse loro:
14. “Perché volete già andarvene
ora, mentre il sole splenderà ancora per un’ora buona?
15. Restate qui fino a sera, e poi
accompagneremo tutti Cirenio fino alla sua nave, come si conviene;
16. poiché egli parte questa notte
stessa per Tiro, e perciò oggi stesso allestirà anche la sua nave e vi
s’imbarcherà”.
17. Ma gli interpellati si scusarono e dissero: “Abbiamo da sbrigare un
affare importantissimo oggi stesso, perciò scusaci tu col tuo intimissimo
amico!”
18. Qui arrivò il Piccino di corsa e disse a Giuseppe:
19. “Lasciali pur andare in città,
poiché il loro affare è di un genere che servirà alla Mia glorificazione!”
20. Qui Giuseppe lasciò dunque
partire gli ospiti cittadini e andò col Piccino da Cirenio, e gli raccontò come
questi si fossero scusati, e ciò che il Piccino aveva detto.
21. E Cirenio disse: “O mio eccellentissimo fratello, conosco questa
gente!
22. Essi sono gelosi e non sanno più
contenersi dal tanto fiele, perché io ho visitato la tua casa e ho lasciato
loro in disparte;
23. tuttavia sono molto tranquillo
per te; so bene infatti, sotto la protezione di Chi ti trovi!”
24. E il Piccino disse: “Oh, l’arida via dovrà diventare cocente per
loro!
25. Essi vogliono distruggere oggi
stesso la nostra casa, e col fuoco!
26. Ma non dovranno trovarne il
tempo, poiché avranno subito abbastanza da fare a casa loro!”.
27- Il Piccino quasi non aveva
ancora terminato di dire tali parole, che già mezza città era in fiamme, - e
nessuno pensò più a distruggere la casa di Giuseppe.
[indice]
Cirenio
preoccupato per le vittime dell’incendio.
“Chi
scava una fossa agli altri vi cade dentro”.
Dio è
per tutti “il Giudice più giusto”.
28 giugno
1844
1. Ma tutti si spaventarono quando,
d’un tratto, videro innalzarsi nell’aria l’enorme massa di fumo e fiamme.
2. E Cirenio domandò a Giuseppe se
non si dovesse correre in aiuto di quelle persone tanto gravemente colpite.
3. Ma Giuseppe disse: “Ritengo che faremo bene a lasciar stare!
4. Poiché il fuoco non possiamo
comunque arrestarlo con le nostre forze umane naturali;
5. ma per quanto riguarda quelli che
così sono caduti in miseria, ci troveranno anche abbastanza presto e al momento
giusto.
6. Perciò ora stiamocene pure qui in
tutta tranquillità; chi ha bisogno, costui verrà pure lui!”
7. E il Piccino lì accanto disse a Giuseppe: “Caro Giuseppe! Vedi,
questo renderà anche notevolmente più leggera la tua cassa di oro e di argento!
8. Anche tu, Cirenio, oggi stesso
prima della tua partenza sarai più leggero di alcune libbre di oro e di
argento;
9. poiché quelli che erano qui e che
in segreto hanno minacciato di distruggere la nostra casa, ritorneranno presto
da amici davvero molto sottomessi e ti chiederanno un aiuto.
10. Perciò ora preparati pure a
questo! Non pensare però che sia stato magari Io con la Mia Potenza, ad
appiccare il fuoco alle loro case;
11. poiché cose simili Io non le
faccio; e qualsiasi vendetta è lontana da
Me!
12. A te però lo dico: questo lo ha
fatto la loro servitù;
13. essa aveva già infatti un
vecchio rancore verso i padroni, perché era trattata con troppa avarizia e
durezza.
14. Oggi la servitù trovò il momento
propizio per vendicarsi dei suoi padroni,
15. appiccando il fuoco a tutti i
loro palazzi.
16. E così, senza il Mio intervento,
questi signori del mondo sono caduti ora proprio in quella fossa che avevano in mente di aver fatto per noi!”
17. Quando Cirenio ebbe sentito questo dal Piccino, Gli domandò prontamente se
non si dovesse inseguire quella malvagia servitù.
18. E il Piccino disse: “Oh, lascia stare! Infatti in primo luogo hanno
fatto un’opera utile per i loro padroni duri di cuore,
19. in secondo luogo sono già da
molto tempo col tesoro rubato oltre monti e valli, -
20. e in terzo
luogo non sfuggiranno alla meritata punizione, avendo fatto questo di loro
propria iniziativa per malvagia vendetta!
21. Perciò la nostra preoccupazione
sia prima rivolta a coloro che avranno bisogno qua del nostro aiuto!
22. Ma per quanto concerne gli
incendiari, per loro è già stato provveduto.
23. Poiché vedi, Dio li vede
dappertutto e conosce esattamente la loro via!
24. Egli perciò può anche afferrarli
dappertutto, ovunque si possano trovare.
25. Dio è per tutti anche un giustissimo
Giudice, perciò saprà dar loro anche la giusta paga per la loro azione!”
26. Qui sopraggiunse Maria tutta
impaurita, e mostrò a Giuseppe una grande schiera di guerrieri armati, che si
muovevano a passi veloci verso la villa.
27. Ma il Piccino disse: “Oh, non abbiate paura; questa è la scorta per
Cirenio, che ora il comandante manda dalla città a vostra protezione!
28. Presto però le farà anche
seguito una quantità di cittadini.
29. Perciò ora qui sia provveduto
solamente per la loro sistemazione; tutto il resto verrà da sé!”.
30. E come il Piccino ebbe detto
questo, così anche fu: Cirenio ebbe la scorta, e ad essa seguirono presto una
quantità di reduci dall’incendio.
Prima della caduta viene
la superbia. Giuseppe tratta nobilmente gli scampati.
Magnanimità
di Cirenio verso le vittime. Cirenio va da Gionata.
1 luglio
1844
1. Quando i danneggiati giunsero
presso la casa di Giuseppe, fu proprio Giuseppe
a riconoscerli presto come gli stessi signori, che prima erano stati suoi
ospiti, e domandò loro:
2. “Ebbene - miei rispettabilissimi
signori, che ne è del vostro importante affare, per cui prima siete corsi via
così in fretta?
3. Consisteva nel fatto, che avete
incendiato la vostra città?
4. O consisteva forse in tutt’altra
cosa, che per me deve restare un segreto?”
5. Ma i danneggiati dissero: “Caro amico dell’umanità! Non tentare noi
miseri; poiché vedi bene che ora noi siamo i più sciagurati mendicanti!
6. Se invece puoi soccorrerci in
qualche modo, fallo, e per tutta la nostra vita vogliamo essere i tuoi servi
personali!”
7. Ma Giuseppe disse: “Soltanto i potenti patrizi di Roma s’intendono di
schiavi e di servi personali;
8. io invece m’intendo solo di
fratelli, che sono sempre uguali ai miei fratelli - come da signori, così anche
da mendicanti.
9. Perciò vi soccorrerò anche
secondo le mie forze.
10. Ma quando starete di nuovo
stabilmente sul vostro suolo, allora non prefiggetevi più una faccenda simile a
quella che sarebbe dovuta essere la vostra di oggi!
11. Poiché come ora fa male a voi,
che i vostri servitori e schiavi vi abbiano così vergognosamente derubati e
abbiano incendiato le vostre case,
12. altrettanto e ancora di più ciò
avrebbe fatto male a me, se mi aveste fatto una cosa del genere!”
13. Qui Giuseppe andò da Cirenio e
gli chiese che cosa si dovesse dare intanto a quegli infelici.
14. E Cirenio disse: “Aspetta solo un po’! I miei portatori, che ho
mandato sulla nave per la mia cassa, saranno presto qua!
15. Solo quando sarò in possesso
della mia cassa più grande, allora vedremo bene quanto dovrà toccare a ciascuno
di quelli che sono già qui e che ancora verranno!”
16. In meno di un’ora i messi
portarono mille sacchetti di oro e argento.
17. Ogni sacchetto, contenente dieci
libbre, era però un misto di due libbre d’oro e otto libbre d’argento.
18. Qui Cirenio disse a Giuseppe: “Questi sacchetti distribuiscili tu fra i
danneggiati, così che a ciascuno tocchi un sacchetto!
19. Quelli che rimangono però
serbali per gli altri, che ancora verranno!
20. Io però non voglio essere
presente alla distribuzione, per non essere riconosciuto da tutto il popolo che
arriverà qui!
21. Mi recherò ora invece con
Gionata nella sua abitazione, e spero di vederti stasera”.
22. Giuseppe lo trovò giusto e
s’incaricò subito con i suoi figli della distribuzione; e Cirenio s’allontanò
di nascosto con tutto il suo seguito e con Gionata.
Giuseppe mette in pratica l’amore verso il
prossimo. Chi ha il Signore con sé ha tutto.
Visita serale a Gionata e
cena da lui.
2 luglio
1844
1. Fino a due ore dopo il completo
tramonto del sole, Giuseppe fu occupato nella distribuzione,
2. e intanto indicava anche ai senza
tetto e senza nulla, dove potevano pernottare.
3. Infatti solo pochi osarono
pernottare in città, in parte per il forte puzzo di bruciato,
4. in parte però anche per
insicurezza, in quanto c’era sempre ancora da temere che il fuoco si propagasse
velocemente a questa o quell’altra casa ancora intatta.
5. Quando Giuseppe ebbe dunque
terminato il suo compito, chiese in tutta segretezza al Piccino, se lasciare
ora la casa e recarsi da Gionata sarebbe stata una cosa sicura.
6. E il Piccino disse: “Che t’importa della
casa e del suo contenuto?
7. Non appartiene poi a noi, ma a
colui che l’ha comprata, così come il suo contenuto, che è pure del compratore.
8. Perciò andiamo pure da Gionata,
che sicuramente tiene pronto per noi un buon pesce!”
9. E Giuseppe disse: “Tu hai ben ragione indubbiamente;
10. ma rifletti che noi abbiamo una
cassa piena d’oro e d’argento, e abbiamo mucche, capre ed asini!
11. Non potrebbe ciò diventare
bottino di questi ormai moltissimi ospiti?”
12. E il Piccino disse: “Giuseppe, questo adesso è troppo difficile per
Me;
13. Parlane con Giacomo, egli
capisce queste cose ora meglio di Me!” -
14. E Giuseppe fece subito a Giacomo
la stessa domanda.
15. E Giacomo disse: “Padre! -
Quand’anche perdessimo tutto, ma ci rimanesse il Signore, che cosa mai avremmo
perduto? -
16. Il Signore però viene con noi da
Gionata; che dobbiamo temere di perdere allora qui, in casa del governatore?!
17. Lasciati rubare la Terra intera
e tieni il Signore, allora hai più che se tutti i Cieli e tutte le Terre
fossero di tua pienissima proprietà e a tua disposizione!
18. E così, uomo onestissimo, va’
senza timore e preoccupazione da Gionata col Signore, e ti convincerai che non
perderemo nulla!”
19. Queste parole del Signore per
bocca di Giacomo tranquillizzarono Giuseppe così tanto, che egli partì
all’istante con tutto il suo parentado e si recò da Gionata.
20. Là tutti già aspettavano nella
più nostalgica attesa l’arrivo di Giuseppe.
21. E quando lo scorsero, gli
corsero incontro come i figli al proprio padre, e fra questi si trovava anche
Cirenio.
22. E quando Giuseppe con tale
scorta entrò con i suoi in casa di Gionata, questi fece subito portare in
tavola i pesci ben preparati, e tutti fecero la loro cena.
Cirenio fa allestire la nave per la
partenza. Giacomo gli ricorda il mappamondo.
Consiglio di Giuseppe a
Cirenio: agisci liberamente - secondo la Volontà del Signore!
Cirenio prende con sé i suoi
tre ragazzi.
3 luglio
1844
1. Dopo questa cena, Cirenio ordinò
ai suoi marinai di allestire la nave.
2. E questi andarono, e in breve
tempo misero tutto in perfetto ordine sulla nave.
3. Ma anche Giacomo si avvicinò a
Cirenio e gli chiese se nella fretta non avesse dimenticato il meraviglioso
globo terrestre, di cui il Piccino gli aveva fatto dono un paio di giorni
prima.
4. A questa domanda Cirenio si prese
letteralmente per i capelli, e voleva correre subito lui stesso a rimediare.
5. Ma Giacomo disse: “O Cirenio, non te ne affliggere;
6. perché a quello che hai
dimenticato, ho già pensato io!
7. Vedi, qui in
quest’angolo, in un panno, si trova il globo terrestre, e perciò non hai più
bisogno di correre alla nostra abitazione!”
8. Allora Cirenio fu pieno di gioia;
egli stesso prese il prezioso oggetto e lo portò sulla nave, e lì lo consegnò
al capitano della nave perché fosse ben custodito.
9. Quando anche questa faccenda fu
conclusa, Cirenio andò da Giuseppe e
gli disse:
10. “Mio eccellentissimo amico e
fratello, ascoltami ora benignamente; poiché mi è venuta ora una buona idea, e
deve essere realizzata!
11. Vedi, tu hai ora in casa tua una
quantità di persone, e alcune rimarranno con te!
12. I miei figli tuttavia ti danno
più o meno delle preoccupazioni e qualche fastidio e, come ho notato io stesso,
specialmente poi i tre ragazzi.
13. Perciò ho deciso ora tra me di
prendermi per lo meno appunto i tre ragazzi e di lasciare a te solo le cinque
bambine”.
14. E Giuseppe disse: “Carissimo fratello, fa’ ciò che ti sembra meglio,
e a me andrà tutto bene!
15. Però fa’ tutto questo secondo il
consiglio del Signore, così sarà fatto per il meglio!
16. Perciò anche qui interroga il
Signore, e quello che Egli ti dirà,
fallo!”
17. Qui Cirenio si rivolse subito al
Piccino col più grande amore e la più grande venerazione, e Lo interrogò
secondo il consiglio di Giuseppe.
18. E il Piccino disse: “Sì, sì, prendi pure con te i tre ragazzi
veramente discoli; questo Mi va bene!
19. Sisto sì Mi andrebbe ancora
bene, ma anch’egli non è sempre lo stesso e non vuole esserMi accondiscendente
in nulla.
20. Perciò prendi pure con te anche
lui e sii davvero molto severo con loro, altrimenti diventeranno veri figli del
mondo!
21. Le bambine invece lasciale pure
qui; a loro infatti voglio molto più bene, perché anch’esse Mi vogliono più
bene dei ragazzi!
22. Però non è perché sono bambine
che voglio loro più bene, bensì solo per il loro più grande amore per Me”.
23. A questa
asserzione del Piccino, Cirenio prese i tre ragazzi e ringraziò il Piccino per
questo eccellente consiglio, e li fece poi anche subito condurre sulla nave.
[indice]
Cirenio chiede la benedizione. Divina risposta del Piccino. Preghiera di congedo di Cirenio.
Il Piccino benedice i partenti e li tranquillizza
con le parole: “Dov’è il vostro cuore, là è anche il vostro
tesoro”.
4 luglio
1844
1. Quando la nave fu completamente
pronta per la partenza, Cirenio si
avvicinò al Piccino, s’inginocchiò davanti a Lui e Lo pregò di dargli la
benedizione con le seguenti parole:
2. “O Signore, Tu mio grande Dio,
mio Creatore, mio Padre dall’eternità,
3. Tu che per Tua eterna
deliberazione cammini ora qui, su questa polvere che noi chiamiamo Terra e
mondo, nelle nostre sembianze come un debole figlio degli uomini,
4. Tu Signore mio onnipotente, al
Cui più lieve cenno tremano tutte le potenze dell’immensità,
5. Oh, guarda benigno a me,
miserrimo verme, nella polvere della mia totale nullità davanti a Te,
6. e degna me, indegnissimo verme
nella polvere davanti a Te, Tu Santo di ogni santità, della Tua benedizione
infinitamente santa!
7. O Tu Vita mia, fa’ che il Tuo
Nome santissimo sia tutta la mia forza, potenza e vigore!
8. O Tu mio Gesù amato più che ogni
altra cosa, Tu originario Re del mio cuore, guarda benigno e misericordioso a
me povero, debole peccatore, e concedi che io cresca sempre più nell’amore per
Te!
9. Accetta, o mio Gesù amatissimo in
eterno, il mio amore, quale piccolo debole ringraziamento per le infinite
grazie e misericordie, che mi concedi ad ogni respiro!”
10. Qui a Cirenio si strinse il
cuore per l’amore, ed egli non poté più parlare per il tanto piangere.
11. Ma il Piccino saltò al collo di Cirenio, lo abbracciò e lo baciò molte
volte e poi gli disse:
12. “Oh, non piangere, Mio carissimo
Cirenio; lo vedi pure infatti, come ti voglio bene!
13. Ma in questo Mio Amore per te e
a te, è già anche la Mia più grande benedizione!
14. Io ti dico: se tu rimani come
sei, allora resti eternamente Mio, e la tua anima non dovrà mai sentire né
assaggiare la morte!
15. Ma come tu ora Mi hai pregato di
darti questa benedizione, così anch’Io ti prego di non tradire la Mia presenza
a nessuno.
16. E ti prego non per Me ma per il
mondo;
17. poiché esso cadrebbe subito
nella morte, se Mi riconoscesse prima del tempo!”
18. Dopo queste parole il Piccino
abbracciò ancora una volta Cirenio e gli diede tanti bacetti.
19. Allora Cirenio spalancò le braccia e disse con la voce più commossa:
20. “O Dio! O Tu mio Dio! O Tu mio
grande Dio! Che cosa sono io mai, che Tu mi
baci con la Tua bocca, dalla quale scaturì tutto il Creato?
21. O voi cieli splendenti e tu
Terra, e voi forze dei cieli! Vedete, vedete qua!
22. Colui che ha creato voi e me, è
qui davanti a me e mi benedice con la Sua mano onnipotente!
23. Quando, quando lo comprenderai,
o Terra, - comprenderai tale grandezza della Grazia di questo tempo, in cui i
piedi del tuo eterno Creatore e Signore calcano il tuo suolo?!
24. O tu suolo santissimo che porti
il Signore, riconoscerai mai un giorno con somma gratitudine, la grandezza di
una Grazia simile, mortificando te stessa nell’umiltà?
25. O luogo santo, quanto mi è
difficile lasciarti!”
26. Qui il Piccino rialzò
letteralmente Cirenio e non lasciò che s’inginocchiasse di nuovo.
27. Poi però vennero anche Tullia e
Maronio Pilla, e il Piccino li benedisse tutti, e tutti piangevano per dover
ora di nuovo separarsi.
28. Ma il Piccino disse: “Oh, Oh, eppure non ci separiamo! - Poiché dov’è
il vostro cuore, là sarà anche il suo tesoro!”.
29. Con questo essi si
tranquillizzarono e si alzarono dal suolo.
Giuseppe benedice Cirenio. Parole di Gesù a
Cirenio: “Noi che siamo diventati una cosa sola nell'amore ci saremo sempre
presenti, nello Spirito in eterno!”.
Partenza di Cirenio.
Giuseppe pernotta da Gionata.
5 luglio
1844
1. Poi Giuseppe si avvicinò a
Cirenio e benedisse lui e tutta la sua casa.
2. Anche Maria si avvicinò
ugualmente a Cirenio e benedisse Tullia e le sue compagne.
3. E Giuseppe disse poi a Cirenio: “Fratello, con questa mia benedizione
ti esprimo anche il desiderio del mio cuore, che consiste in questo:
4. lascia del tutto a me le cinque
bambine, perché in me abbiano a trovare pienamente il loro padre!
5. Tu infatti avrai comunque altri
figli tuoi, che più tardi difficilmente andrebbero d’accordo con queste.
6. Presso di me invece non ne
sorgerà mai una disarmonia; la ragione ora la conosci bene quanto me”.
7. E Cirenio acconsentì volentieri al desiderio di Giuseppe, e gli
affidò le cinque bambine come sue a pieno titolo, per cui Giuseppe ne ebbe una
grande gioia;
8. egli infatti voleva bene alle
bambine, perché erano così studiose e molto ubbidienti, e crescevano bene ed
erano di leggiadro aspetto.
9. Dopo questo accordo, Cirenio abbracciò Giuseppe e disse:
10. “Fratello, se sarà la Volontà
del Signore, spero di rivederti presto”.
11. E il Piccino, che stava lì accanto a Giuseppe, disse: “Amen, dico Io!
- Se non qui, certamente nel Mio Regno!
12. Poiché Io ti dico: non ci
tratterremo più molto tempo in questo Paese, perché siamo già troppo noti.
13. Ma quando partiremo da qui, ci
ritireremo in un luogo appartato, perché nessun uomo venga giudicato!
14. Tuttavia - noi divenuti uno
nell’amore, ci saremo sempre presenti, in
spirito eternamente!
15. Dove sarà il tuo tesoro, là
sarai anche tu col tuo cuore, nel quale dimora il tesoro principale.
16. Se Io sono diventato per te un
tesoro prezioso nel tuo cuore, - in verità, non dovrai mai più essere privato
di Me in eterno;
17. poiché dove Io dimoro
nell’amore, là sono proprio veramente a casa Mia, e non Me ne vado mai più in
eterno - da tale dimora!
18. Perciò lasciami dimorare
continuamente nel tuo cuore, ed Io per te non dimorerò nel nascondimento!
19. Poiché solo ed esclusivamente l’amore può sopportare la Mia presenza,
come un fuoco l’altro.
20. Tutto ciò che invece non è
fuoco, dal fuoco viene distrutto e consumato.
21. Per questo anch’Io Mi ritiro
davanti al mondo, perché il Mio Fuoco non lo afferri e non lo distrugga!
22. Non domandare però mai:
‘Signore, dove sei?’ - Allora non ti dirò: ‘Sono qui!’; -
23. bensì chiedi coscienziosamente
al tuo cuore se Mi ama, ed Io nel tuo cuore che Mi ama, ti griderò:
24. Qui Io sono a casa in tutta la pienezza del Mio Amore, della Grazia
e della Misericordia!
25. Ora sali tranquillamente sulla
tua nave, e un buon vento ti porterà a Tiro! Amen”.
26. Qui il governatore Cirenio si
congedò da Giuseppe per l’ultima volta in Egitto, e salì sulla sua nave.
27. E subito venne un buon vento,
che trasportò via velocemente la nave.
28. Ma Giuseppe poi si recò con la
sua famiglia a casa di Gionata e quella notte restò da lui.
[indice]
Giuseppe
e Gionata usciti per la pesca
scorgono
una nave romana in pericolo e la salvano.
8 luglio
1844
1. La mattina del giorno seguente,
Giuseppe come al solito fu in piedi per primo e svegliò poco dopo anche la sua
famiglia.
2. Ma Gionata, il quale pure usciva allora dalla sua stanza, per vedere
che giornata sarebbe stata per il suo lavoro, disse a Giuseppe:
3. “Ma caro amico e fratello! Che
fai dunque alzato già così presto, e costringi anche i tuoi ad alzarsi?
4. Non devi dunque aspettare
piuttosto il Signore, finché Questi si desti dal sonno?
5. Non sarebbe quello appunto il
momento migliore per alzarsi al mattino di un giorno?!
6. Perciò ti prego, lascia riposare
per lo meno la tua famiglia ancora per un paio d’ore!
7. Tu invece vieni con me e con la
mia gente su una navicella, e faremo una pescata mattutina!”
8. Questa proposta piacque al
vecchio Giuseppe, ed egli lasciò riposare ancora la sua famiglia, e salì subito
con Gionata su una grande barca da pesca.
9. Gli aiutanti di Gionata nella
pesca sistemarono le reti e si misero poi vigorosamente ai remi,
10. e in un’ora i pescatori
mattutini si trovarono già sul posto dove c’era più abbondanza di pesci.
11. Ma quando ebbero raggiunto
questa posizione sempre favorevole per la pesca, e il sole era prossimo a
spuntare,
12. Gionata notò che a circa un’ora di distanza si trovava una nave
romana, e non sapeva che cosa dovesse esattamente farne!
13. Egli disse perciò a Giuseppe:
“Fratello, conosco il mare là;
14. è poco profondo e pieno di
banchi di sabbia, ed è molto facile che un navigatore di Roma vi si possa
essere incagliato.
15. Dovremmo perciò corrergli
urgentemente in aiuto!?”
16. E Giuseppe fu d’accordo; e
subito si remò in quella direzione, e in una mezz’ora la nave fu raggiunta.
17. E vedi, era realmente una grande
nave romana, che portava un inviato a Cirenio.
18. Questi fu subito accolto, ed
egli pregò Gionata di fare ogni sforzo possibile perché la nave fosse salvata.
19. Allora
Gionata afferrò subito la corda di rimorchio della grande nave, e fece poi
remare vigorosamente sul suo grande battello.
20. E in meno di mezz’ora la grande
nave fu disincagliata.
21. Dopo di che l’inviato romano
ricompensò riccamente Gionata e veleggiò poi di nuovo verso oriente.
22. Ma Gionata ritornò poi a casa
con oro e argento anziché i pesci, e per quella mattina lasciò stare la pesca.
Il Piccino si informa sul risultato della
pesca.
Risposta al rimprovero di
Giuseppe del Piccino affamato: “Io sono a casa Mia dappertutto, dove Mi si
ama!”.
Ricca pesca a richiesta del
Piccino.
9 luglio 1844
1. Quando, dopo circa tre ore,
Gionata ritornò indietro con Giuseppe e con la sua pesca di oro e di argento,
tutti quanti a casa sua erano già in piedi e guardavano verso la città ancora
molto avvolta nel fumo.
2. Soltanto il Piccino corse con
Giacomo incontro a Giuseppe e a Gionata, che si stavano avvicinando a riva.
3. E quando questi giunsero a riva,
Egli salutò e baciò entrambi, e domandò a Gionata
se avesse già preso tantissimi pesci.
4. Questi però, abbracciando lui
pure il Piccino con grandissimo amore, disse:
5. “O Vita mia, Tu mio Amore! -
Quanto ai pesci, è andata male oggi!
6. Però, di sicuro col Tuo
onnipotente aiuto, ho salvato una nave romana arenata, che portava un inviato a
Cirenio.
7. Allora caddero molti pesci d’oro
e d’argento nella mia rete, e così per oggi ho lasciato stare la vera e propria
pesca”.
8. E il Piccino disse: “Questo è giusto e va benissimo;
9. ma poiché oggi già Mi ero
rallegrato per un pesce fresco, avrei preferito che tu, invece dei tuoi pesci
d’oro e d’argento, avessi portato quelli veri!”
10. Ma Gionata disse: “O Vita mia, vedi, lungo la riva sono pur immerse
una quantità di gabbie piene dei pesci migliori, ne tireremo fuori certo dei
freschissimi!”
11. E il Piccino sorrise allora e disse: “Sì, se è così, allora puoi ovviamente
tenere la tua pesca odierna d’oro e d’argento!
12. Ma Io ho già molta fame; ci
vorrà molto tempo per preparare un pesce?”
13. E Gionata disse: “Oh no, Tu Vita mia, entro mezz’ora siamo già seduti
a tavola!”
14. Ma Giuseppe disse al Piccino: “Ma sei proprio un vero mendicante!
15. Vedi, qui non siamo a casa;
perciò neanche dobbiamo fare come se fossimo a casa!
16. Abbi solo pazienza, qualcosa
arriverà pure; ma elemosinare così non sta certo bene in casa d’altri!”
17. Ma il Piccino disse: “Ehi, che c’è! Io sono a casa dappertutto, dove
Mi si ama.
18. Ma dove Io sono a casa, là posso
e Mi è lecito dire anche quello che vorrei!
19. Ma perché Gionata non debba
svuotare le sue gabbie senza risarcimento,
20. getti una rete in mare, e dovrà
fare subito una pesca sufficiente per noi tutti! - Gionata, fallo!”
21. Gionata gettò subito una grande
rete in mare, e prese una quantità inaudita dei pesci più pregiati.
22. Poi il Piccino disse a Giuseppe: “Vedi, se questo è in Mio potere, Mi
sarà pur lecito di pregare Gionata che Mi dia un buon pesce?”. - Qui Giuseppe
tacque; Gionata però non stava più in sé dalla tanta gratitudine.
[indice]
Gionata accompagna Giuseppe che
ritorna a casa. La casa viene trovata vuota e svaligiata.
Grande sdegno di Giuseppe. Memorabile
senso del perdono spiegato dal Piccino.
10 luglio
1844
1. Gionata prese subito dieci dei
pesci più belli e li consegnò al suo cuoco, perché li preparasse subito.
2. Egli invece aiutò i suoi
inservienti a portare gli altri pesci in parte nei bariletti, e in parte
nell’affumicatoio.
3. In un quarto d’ora i pesci furono
pronti, e tutti i famigliari di Giuseppe si recarono a colazione.
4. Dopo che fu preso il pasto, era
già anche quasi mezzogiorno, e Giuseppe disse:
5. “Ora però è proprio tempo di
andare a casa!
6. E tu, fratello Gionata, mi
accompagnerai e passerai questa giornata ancora da me!”
7. E Gionata disse pieno di gioia nel suo cuore:
8. “O fratello! - Questa è la cosa
che faccio più volentieri di tutte; sai pure infatti che ti voglio bene
infinitamente e sconfinatamente!”
9. Poi Gionata prese di nuovo tre
grandi bariletti pieni dei pesci più pregiati, e con animo ultralieto si
diresse alla villa con Giuseppe e la sua famiglia.
10. Quando giunsero di nuovo là, con
non poco stupore non trovarono più nessuno dei danneggiati dall’incendio,
11.
ma la casa era tutta vuota e aperta in tutte le sue stanze.
12. Giuseppe disse a quella vista della sua casa: “Questo non è un buon
segno;
13. poiché sembra che qui abbiano
agito i ladri! - Solo questo genere di persone fugge come ha derubato una casa;
la persona onesta invece rimane!
14. Entrate voi, figli miei, e
controllate se c’è ancora qualcosa in casa, e venite poi a dirmelo!”
15. E i quattro figli andarono a
controllare la casa, e la trovarono totalmente svaligiata, eccetto il bestiame
nella stalla.
16. Così pure la dispensa era vuota,
e nella cassaforte non si poteva trovare più neanche un centesimo.
17. Come i quattro figli trovarono
tutto questo così, ne furono molto rattristati e ritornarono ed esposero tutto
questo a Giuseppe.
18. Allora Giuseppe divenne adirato per la cattiveria degli uomini, che per le
buone azioni compensano i loro benefattori con un simile ringraziamento!
19. Ed egli disse tutto incollerito:
“In verità, se fosse in mio potere di castigare nel modo più severo una simile
vergognosa gentaglia, farei subito piovere fuoco dal cielo sulla testa di
questi ladri!”
20. Qui si avvicinò il Piccino a Giuseppe e disse: “Ehi,
ehi, - padre Giuseppe, sei molto arrabbiato oggi!
21. Eppure i ladri ti hanno lasciato
Me; come puoi allora essere così in collera con loro?
22. Vedi, i ladri hanno reso solo un
grandissimo favore alla tua casa, avendola ripulita così!
23. Poiché in verità, dove in futuro
una casa (il cuore dell’uomo) non sarà pulita così, là Io non entrerò!
24. Questa casa è però ora pulita da
qualsiasi scoria mondana, e così Mi piace moltissimo!
25. Poiché in primo luogo essa è
aperta in tutte le sue parti e le sue stanze,
26. e in secondo luogo è tutta
ripulita, e così ora è totalmente adatta al Mio ingresso! - Perciò non adirarti
con i ladri, affinché il loro peccato non diventi più grande!”
27. Giuseppe e tutti si presero a
cuore queste parole, e il Piccino disse alla fine:
28. “Vedete, così agiscono tutti gli
uomini con Me: come questi danneggiati dall’incendio verso questa casa; e
tuttavia Io non faccio piovere fuoco dal cielo!
29. Dunque anche voi non maledite
quelli che rendono male per bene, così sarete veri figli dell’Unico Padre in
Cielo!”. - Queste parole tranquillizzarono pienamente Giuseppe, ed egli allora
andò con animo tutto sereno nella sua casa.
Maria piange per il furto di tutti gli abiti
compresa la biancheria.
Parole di conforto e nobile
gesto di Gionata. "O madre, accettali dal mio cuore e dalla mia mano!”.
Il Piccino benedice Gionata.
11 luglio
1844
1. Quando tutti quanti si trovarono
ora in casa, e Maria si fu anche
convinta che perfino il suo armadio dei vestiti e quello di Eudokia erano stati
completamente svaligiati,
2. le vennero allora le lacrime agli
occhi, così come a Eudokia, ed ella disse a Giuseppe:
3. “Guarda un po’ qua, anche il
vestito che avevo nel Tempio è diventato bottino di persone cattive!
4. In verità, questo è proprio duro
e doloroso per il mio cuore!
5. Siamo già
così scarsi di vestiti, come mai ci si può immaginare, e tuttavia abbiamo
dovuto perdere perfino lo stretto necessario!
6. Sia bensì tutto offerto al
Signore, tuttavia [questo furto] mi addolora, perché erano le uniche cose che
possedevo per cambiarmi quanto è necessario!
7. Ora ho
solamente questo vestito di tutti i giorni già logoro, e non un centesimo per
procurarmi un cambio più che necessario!
8. In verità, mi fa proprio male!
Ancora più però mi addolora che i perfidi ladri abbiano preso anche la
biancheria del Piccino!
9. Egli ora non ha che l’unica
camicina che indossa; come potrò ora procurargliene una seconda?
10. O Tu, mio povero Piccino, vedi,
vedi, adesso non potrò più metterTi tutti i giorni una camicina pulita, che ti
faceva sentire così bene!”
11. Qui si avvicinò Gionata, profondamente commosso, e
disse: “O nobilissima, santissima Madre del mio Signore, non affliggerti;
poiché ora ho pur anch’io oro e argento!
12. Con la più grande gioia te li do
fino all’ultimo statere, e tu puoi usarli poi secondo la tua necessità!
13. So benissimo che il Signore di
ogni gloria non dipende dal mio oro e argento; poiché Egli, che riveste così
splendidamente tutti gli animali e tutti gli alberi e le erbe, e tutto il
mondo, non lascerà neanche nuda la Madre del Suo corpo!
14. Ora tuttavia, per mia
beatitudine, vorrei portarti tanto volentieri come offerta tutti i miei tesori!
15. O Madre, accettali dal mio cuore
e dalla mia mano!”
16. Qui Maria guardò Gionata
con grande cordialità e disse:
17. “O Gionata, come sei grande e nobile! La tua volontà vale per
me come opera fatta!
18. Se però fosse gradito al Signore, vorrei certo pregarti del
tuo soccorso per il Piccino.
19. Se tuttavia al Signore ciò non fosse gradito, ho già anche
tutto ricevuto dal tuo cuore, per cui non cesserò mai di essertene grata!”
20. Qui sopraggiunse il
Piccino e disse a Gionata: “Caro Gionata, fa' quello che la Madre desidera
da te, e un giorno te ne verrà una grande ricompensa!
21. Poiché vedi, noi siamo ora realmente poveri, e ciò tanto più
che Io, a causa della salvezza degli uomini, non posso operare alcun miracolo!”
22. Qui Gionata pieno di gioia corse a casa, e in brevissimo tempo
portò tutto il suo oro e argento e lo mise ai piedi di Maria.
23. Quando Maria e Giuseppe videro questo, piansero entrambi dalla
gioia.
24. Gionata piangeva
anche lui e non riusciva a ringraziare Dio abbastanza per essere fatto degno di
tale grazia, di soccorrere Maria.
25. Ma il Piccino
benedisse Gionata e disse a Maria: “Vedi, questo ci procurerà già di nuovo una
camicina pulita; perciò ora sii pure di nuovo serena!”. - E tutti divennero di
nuovo sereni e lieti.
[indice]
La benedizione del
Signore nella casa di Giuseppe.
Stupore
e gratitudine della Famiglia per il doppio rendimento dopo la macinatura del
frumento.
Giacomo
ricorda il miracolo del chicco di grano.
12 luglio 1844
1. Ma durante questi fatti i figli di Giuseppe accudirono il
bestiame, munsero le mucche e le capre, e ottennero quella volta un'insolita
quantità del più grasso latte.
2. Quando ebbero finito di fare questo, due di loro andarono ad un
campo di frumento già maturo e ne tagliarono parecchi covoni, dai covoni
tagliati sgranarono presto una cesta molto capiente piena del più puro frutto.
3. E gli altri due fratelli invece presero poi subito la cesta col
frutto del frumento, la portarono ai due mulini a mano che Giuseppe stesso
aveva fabbricato, e macinarono in breve tempo il grano.
4. Con la benedizione del Signore essi ottennero, in farina, il
doppio della quantità di grano che si trovava prima nella cesta.
5. E tutto questo lavoro fu
terminato in tre ore. E quando la farina in due ceste stava esposta al sole,
6. venne fuori Giuseppe, e chiese ai figli da dove avessero ottenuto quella bella
farina.
7. E quando i figli gli dissero come
avevano ottenuto quella farina, egli osservò i covoni sgranati e disse:
8. “Com’è possibile questo? - Vedo
solo dieci covoni. Questi dovrebbero aver colmato di farina queste due grandi
ceste?”
9. E i figli dissero: “Sì padre, è così! Con la grazia di Dio abbiamo
proprio ottenuto in breve tempo questa farina dai dieci covoni;
10. e la benedizione di Dio era sui
covoni e sul nostro lavoro, - perciò questo ricco risultato!”
11. Allora Giuseppe ringraziò Dio
col cuore più commosso e ritornò in casa e lo raccontò a tutti in casa.
12. E tutti andarono fuori a vedere la farina, e l’uno e l’altro
dicevano:
13. “Questo è impossibile,
assolutamente impossibile per via naturale!”
14. Allora Giacomo per intimo impulso prese un chicco di grano che si trovava
a terra e disse:
15. “Siete tutti meravigliati di
questo, che dai dieci covoni sia derivata così tanta farina!
16. Ma dov’è che qualcuno di noi si
è ancora mai meravigliato così, quando gettava un granello simile nella terra,
e vedeva poi presto spuntare dall’unico
chicco una spiga di cento chicchi?
17. E tuttavia qui il primo
miracolo, che avviene tutti i giorni, è più grande di questo doppio rendimento
della farina, poiché un unico chicco viene centuplicato!
18. Se i dieci
ricchi covoni avessero dato solo una cesta piena di farina, nessuno se ne
sarebbe meravigliato, sebbene una
cesta sarebbe stata un meraviglioso dono di Dio altrettanto quanto lo sono due ceste.
19. Così pure nessuno si meraviglia
per una spiga di cento chicchi, perché a questo miracolo si è già abituati.
20. Io però
domando se sia giusto, ammirare Dio solo dove Egli fa accadere qualcosa di
inconsueto, mentre l’ordinata consuetudine è di gran lunga superiore, poiché
attesta continuamente in ogni tempo la stessa infinita Bontà, l’Onnipotenza,
l’Amore e la Sapienza di Dio?!”.
21. Questo discorso di Giacomo fece
una grande sensazione. Tutti perciò lodarono il Signore, per aver dato
all’essere umano una tale sapienza. - Ma i figli presero la farina e si
accinsero a preparare un buon pranzo.
Pranzo a base di pesce
e focacce al miele.
Malvagità del furto di
arnesi per la cucina, compresa la scodellina del Piccino.
Inflessibilità del
Piccino verso chi agisce per pura cattiveria.
13 luglio
1844
1. In un’ora fu allestito un buon
pranzo, che consisteva in cinque pesci ben preparati e in quattordici focacce
al miele;
2. poiché il miele era l’unica cosa
nella dispensa che era stata risparmiata dai ladri.
3. Quindi si provvide anche a una
buona bevanda, che Giuseppe e Maria stessi prepararono con acqua e succo di
limone, mescolandovi un po’ di miele.
4. Quando il pranzo fu così
preparato e servito a tavola, soltanto allora i figli pensarono alle posate: cucchiai,
forchette e coltelli, che in casa di Giuseppe ovviamente erano per la maggior
parte di legno.
5. Ma anche questi utensili senza
valore non erano stati risparmiati dai ladri!
6. E così Giuseppe ora aveva bensì
le vivande sulla tavola, ma neanche il più piccolo arnese per mangiarle.
7. Qui Giuseppe andò in cucina e
domandò ai figli, che modo fosse mai quello, di preparare la tavola;
8. come si potessero e si volessero
mettere in tavola le vivande, senza però le posate!
9. Ma i figli dissero: “Padre, guarda un po’ qui: una graticola e due
pentole e un unico mestolo in pessimo stato, un coltello e una forchetta di
legno ci hanno lasciato,
10. tutto il resto ce l’hanno preso;
così dobbiamo lasciare anche il latte in un unico recipiente, perché anche le pentole
per il latte sono tutte sparite!”
11. Quando Giuseppe si fu persuaso di tutto ciò, andò in sala da pranzo con il
solo e unico mestolo e con l’unico coltello e con l’unica forchetta, e disse a
Gionata:
12. “Qua, fratello! Vedi, queste
sono ora tutte le nostre posate! - In verità, questa è cattiveria, e dovrebbe
essere punita!
13. Posso capire il rubare le cose preziose e il rubare per
necessità!
14. Ma questo furto non è né l’uno,
né l’altro caso;
15. qui invece risulta evidente una
colpevole cattiveria, e questa anche il Signore non dovrebbe lasciare che passi
impunita!”
16. Dopo questa
argomentazione tutti sedettero a tavola, e Giuseppe divise il pesce con l’unico
coltello, e ne servì a ciascuno una porzione con l’unica forchetta, e distribuì
così anche le focacce al miele.
17. Ma poiché il Piccino non aveva
davanti a Sé la Sua scodellina, chiese a Giuseppe se poi anche la scodellina
fosse stata rubata.
18. E Maria disse: “Ma sicuro, amatissimo Divin Figlioletto del mio
cuore; poiché altrimenti sarebbe sicuramente davanti a Te!”
19. E il Piccino disse allora: “In verità,
Giuseppe ha ragione; questa fu cattiveria, ed essa deve anche essere punita
sempre e in eterno!
20. Chi fa del male e non lo sa,
deve essere istruito; e così pure colui che lo fa per necessità!
21. Ma chi conosce il bene, e pur
tuttavia fa il male per pura satanica cattiveria, costui è un diavolo dalle
fondamenta dell’inferno, e deve essere castigato col fuoco!”
22. Dopo di che ciascuno consumò la
sua porzione con la nuda mano.
23. Ma i commensali. non erano
ancora al termine del pranzo, che già si sentì da fuori un terribilissimo urlo.
24. Che cos’era dunque? - Erano i
ladri, che con cattiveria avevano rubato i necessari utensili domestici di
Giuseppe, per distruggerli.
25. Ognuno era avvolto da un
serpente di fuoco e gridava aiuto; ma il Piccino non li ascoltò; con la Sua
Onnipotenza li spinse invece tutti, in numero di circa cento, nel mare, dove
tutti perirono. - Questa fu l’unica volta in cui il Piccino si era mostrato
inesorabile.
[indice]
I ladri dei vestiti accorrono piangendo alla
porta di Giuseppe.
Energico discorso del
Piccino ai ladri. La restituzione degli abiti.
15 luglio
1844
1. Poco tempo dopo si udirono di
nuovo anche gemiti in lontananza, come se provenissero dalla città, e si vide
una quantità di gente correre verso la villa di Giuseppe.
2. “Che sarà mai di nuovo?” domandò Giuseppe allo stupito Gionata.
3. E questi disse: “Fratello!
Questo, come del resto ogni altra cosa, lo saprà sicuramente il Signore meglio
di noi due!”
4. E Giacomo disse ai due: “Non datevene pensiero; poiché quelli sono i
ladri dei vestiti!
5. La Potenza del Signore li ha
raggiunti, essi scontano ora la profanazione dei sacri vestiti;
6. infatti chi li indossa oppure
soltanto li tocca, viene subito invaso da un fuoco interno e ridotto in cenere.
7. Perciò ora essi corrono qui con
grida e lamenti e ci pregheranno di andare noi stessi in città, a prendere quei
vestiti nelle loro case semibruciate,
8. cosa che vogliamo anche fare;
però il Signore farà la Sua parte con questi sacrileghi!”
9. Giacomo non aveva neanche finito
di pronunciare queste parole, che i ladri dei vestiti, urlanti, erano già anche
arrivati davanti alla porta di Giuseppe.
10. Lì gridavano fortemente per
avere aiuto e salvezza. E Giuseppe andò fuori con Gionata.
11. Quando fu di fuori, trenta uomini disperati gridarono verso
di lui:
12. “Tu onnipotente dio Giove,
aiutaci, e salvaci; poiché abbiamo peccato contro di te, non avendoti riconosciuto!
13. Ora però ti abbiamo
riconosciuto; perciò ti preghiamo, uccidici, oppure togli dalle nostre case i
vestiti della tua casa!”
14. Allora venne fuori il Piccino e disse: “Udite, voi ladri
malvagi!
15. Come avete preso i vestiti, così
riportateli anche qui!
16. Se non lo farete, la vostra
sorte sarà la morte!”
17. Quando i ladri ebbero udito questo, allora dissero:
18. “Questo è il giovane Dio,
dobbiamo ubbidirgli, altrimenti siamo perduti!”.
19. E tutti corsero via
immediatamente, e riportarono sopra aste di ferro tutti i vestiti rubati.
20. Infatti nessuno poteva toccare
questi vestiti a mano nuda.
21. Quando i
vestiti furono portati, allora il Piccino lasciò andare i ladri e non li punì
ulteriormente. - Ma Giuseppe riprese i vestiti tutto lieto e li portò in casa.
Nobiltà interiore e bellezza interiore di
Maria. La sua compassione verso i ladri.
Fare del bene ai nemici e
benedirli è puramente divino.
"Poiché tu (Maria) hai
fatto questo, come lo fa Dio, perciò ora sei così bella.
Dio infatti è la suprema
Bellezza perché è il sommo Amore!”.
16 luglio
1844
1. Quando Maria vide di nuovo i suoi vestiti, ne fu bensì lieta, ma in pari
tempo ebbe anche di nuovo compassione di coloro che le avevano rubato i
vestiti.
2. Ella infatti pensò tra sé:
“Costoro certamente non hanno ricevuto nulla dell’oro, ed è per questo allora
che, per bisogno, hanno posto le mani sui poveri vestiti.
3. Ora saranno certo esposti a una
grande indigenza.
4. Oh, ma se fossero qui, darei
certo loro volentieri i vestiti, oppure tanto denaro da potersi procurare un
vestito!”
5. Qui venne il Piccino dalla Madre e disse:
6. “Ma madre, come sei bella oggi! -
Se tu sapessi come sei bella, potresti diventare addirittura vanitosa!”
7. Maria sorrise qui e disse al Piccolo che l’accarezzava:
8. “O mio carissimo Gesù! - Non sono
dunque bella allo stesso modo tutti i giorni?”
9. E il Piccino disse: “Oh sì, sei bensì sempre molto bella, e tuttavia
talvolta sei un po’ più bella.
10. Ma oggi sei bella in modo
eccezionale! - In verità, da mille arcangeli sei ora circondata, e ognuno vuol
essere il più vicino a te!”
11. Maria però non comprese il discorso del Piccino, e si guardò
intorno, caso mai fosse visibile qualche arcangelo.
12. Ma non vide nulla, all’infuori
di ciò che la stanza conteneva, e domandò quindi al Piccino:
13. “Ebbene, dove sono poi i mille
arcangeli, dato che non riesco a scorgerne alcuno?”
14. Allora il Piccino disse: “Non ti è concesso di vederne alcuno, altrimenti
potresti diventare vanitosa!
15. Ma sei ora così bella davanti a
tutti gli angeli dei Cieli, perché nel tuo cuore è sorta una misericordia così grande, che è quasi
pari alla Mia!
16. Poiché vedi, imporre ai propri
nemici una penitenza in modo giusto e umano, è precisamente anche questa una
cosa giusta e ben accetta a Dio, e deve essere sempre così sulla Terra;
17. ma perdonare ai propri nemici di tutto
cuore la loro colpa, e in aggiunta far loro del bene e benedirli, - vedi, ciò è puramente divino!
18. Ciò solo la Forza infinita
dell’Amore divino riesce a farlo;
19. poiché quella umana è troppo
debole per questo!
20. Ma poiché tu hai fatto proprio
una tal cosa, come fa Dio, perciò sei ora così bella; Dio infatti è la più sublime
Bellezza, così come il supremo Amore.
21. Ma fa’ ora anche ciò che il tuo
cuore richiede, così il Mio Regno d’Amore ti spetterà come un reame, e in esso
tu sarai regina eternamente!”
22. Qui Maria mandò subito Gionata a
cercare i ladri, egli li portò indietro, e Maria regalò a tutti molto
abbondantemente parte del denaro che Gionata aveva dato a lei così come a
Giuseppe.
[indice]
La potenza dell’amore.
La casa di Giuseppe diventa famosa.
Le
amorevoli indicazioni di Giuseppe fanno vergognare i grandi e i ricchi della
città che non li disturberanno piò.
17 luglio
1844
1. Ma i ladri così beneficati caddero con la faccia a terra e
letteralmente gridarono:
2. “Tanta bontà, tanta generosità
non possono appartenere ad esseri umani; solo gli dèi, che non muoiono, possono
giungere a ricompensare i nemici!
3. Noi qui abbiamo meritato solo
punizione, avendo peccato tanto gravemente contro di voi, alti dèi;
4. eppure
anziché punirci come ben ci eravamo meritati, ci date compenso e anche
benedizione, in cambio delle nostre cattive azioni!
5. Non siete allora dèi? - Sì, voi
siete con tutta certezza e sicurezza i supremi signori dei cieli; questo
infatti ce lo rivelano le vostre azioni da noi uomini mai ancora vedute!
6. Perciò onore, lode e gloria siano
a voi da tutti gli uomini della Terra!
7. E i troni dei prìncipi e tutte le
loro corone dovranno chinarsi eternamente, dinanzi alla vostra grande gloria!”
-
8. Qui i ladri si alzarono e poi se
ne andarono pieni di gratitudine e di venerazione -
9. e resero poi note queste cose in
tutta la città; e tutti gli abitanti trepidavano per una tale vicinanza degli
dèi, e andavano in giro di nascosto, e non ardivano lavorare per la tanta
venerazione.
10. Ma presto andarono da Giuseppe i
notabili della città, e gli domandarono se la cosa stesse proprio così, come il
popolino andava ora vociando nella città semibruciata.
11. E Giuseppe disse: “Per quanto concerne la buona azione verso di loro,
il loro vociare è giusto;
12. poiché è vero alla lettera che
mia moglie agì così verso di loro!
13. Ma che essi ci ritengano degli
dèi, questo rende a voi - voi grandi e ricchi, una cattiva testimonianza;
14. infatti il povero popolino
indica così la vostra grande durezza di cuore, non scorgendo nulla in voi che
vi rassomigli agli dèi!
15. Fate la stessa cosa che fece mia
moglie, e che fa tutta la mia casa, e il popolino cesserà presto di ritenere
dèi gli abitanti della mia casa!”
16. Quando i grandi e ricchi della
città ebbero sentito da Giuseppe un tale discorso, che li toccò molto nel vivo,
rimasero molto imbarazzati e se ne andarono.
17. Ed essi furono convinti che
Giuseppe era soltanto un uomo estremamente savio e buono, ma non per questo era
un dio.
18. D’allora in poi la casa di Giuseppe ebbe quiete.
19. E la sua famiglia visse qui poi
ancora mezzo anno indisturbata, e fu rispettata e altamente stimata da tutti.
20. Così anche il Piccino in questo
tempo non fece più alcun miracolo, e tutti vissero qui in modo del tutto
naturale. E Gionata però era più da Giuseppe che a casa sua; poiché qui era per
lui un beatissimo esistere.
Morte di Erode:
Archelao diventa re. L’angelo del Signore esorta Giuseppe a ritornare nel Paese
d’Israele.
Il prodigioso
equipaggiamento da viaggio.
Giuseppe consegna
tutto a Gionata e lo prega di seguirlo entro un anno.
18 luglio
1844
1. Proprio in questo periodo morì
anche Erode, l’infanticida, e gli succedette al trono suo figlio Archelao.
2. Giacomo lo disse in quel tempo a
Giuseppe e a Maria.
3. Ma Giuseppe disse a Giacomo:
“Voglio bensì crederti; questo però, quali cambiamenti potrà comportarmi?”
4. E Giacomo disse: “Padre, il Signore non mi ha dato di annunciarti
questo!
5. Ma come il Signore ti ha sempre
detto per bocca di un angelo ciò che devi fare, così Egli farà anche adesso.
6. Non sarebbe infatti nell’Ordine
divino, che un figlio debba prescrivere al proprio padre le vie da seguire!”
7. Allora Giuseppe disse: “Ritieni dunque che il Signore farà questo con me?”
8. E Giacomo disse: “Padre, così io ho percepito in me ora:
9. ‘Oggi stesso nella notte in un
sogno lucido manderò a te il Mio angelo, il quale ti annuncerà la Mia Volontà!
10. E come te l’annuncerà, così
dovrai subito agire secondo la sua parola!’”
11. Quando Giuseppe ebbe sentito
questo da Giacomo, uscì fuori e pregò Dio, e Lo ringraziò per un tale preavviso
per bocca di suo figlio Giacomo.
12. Lungamente si trattenne Giuseppe
in preghiera, e solo tre ore dopo si recò a casa a riposare.
13. Ma mentre così dormiva sul suo
giaciglio, concedendo riposo alle sue membra affaticate dal lavoro, L’angelo del Signore gli apparve in
sogno e gli disse:
14. “Alzati, prendi con te il
Piccino e Sua Madre, e va’ nella terra d’Israele; infatti sono morti coloro che
insidiavano la vita del Piccino!”
15. Quando Giuseppe ebbe sentito
questo, si alzò subito e lo annunciò a Maria.
16. Ed ella disse: “Sia fatta la
Volontà del Signore sempre e in eterno!
17. Ma come mai parli solo di noi
tre? I tuoi figli devono dunque restare qui?”
18. E Giuseppe disse: “Oh, niente affatto; poiché ciò che l’angelo ha
detto a me, vale certo per tutta la mia casa!
19. Infatti è così che il Signore
parlò spesso anche ai profeti, come se avesse a che fare solo con loro;
20. e tuttavia il discorso del
Signore riguardava sempre l’intera casa di Giacobbe”.
21. Questo discorso lo compresero
tutti, e i figli andarono subito fuori a sistemare tutto per la partenza.
22. Ma essi tornarono indietro pieni
di stupore; infatti tutto era già pronto per la partenza, e per ogni persona
era preparato un asino, carico di tutte le cose più necessarie per il viaggio.
23. Giuseppe affidò tutto quello che
rimaneva là a Gionata che quella notte era lì presente, lo benedisse e lo
invitò a seguirlo a Nazareth entro un anno.
24. Così lo benedisse anche il
Piccino e lo baciò. Gionata pianse a causa di tale improvvisa partenza.
25. E Giuseppe, ancora molto prima
dello spuntar del sole, montò sui somarelli, ed ora se ne andò via di là per
l’entroterra.
[indice]
La santa Famiglia ritorna
in patria dopo un viaggio faticoso.
Timore
di Giuseppe e incoraggiamento di Maria.
L’ordine
del Signore di recarsi a Nazareth. Arrivo a Nazareth.
19 luglio
1844
1. Dopo dieci giorni di viaggio
molto faticoso, Giuseppe arrivò felicemente con i suoi nella terra d’Israele, e
fece sosta sopra un monte, presso alcuni uomini che là dimoravano e vivevano
dell’allevamento del bestiame.
2. Qui Giuseppe si informò
accuratamente su tutta la situazione della sua patria.
3. Ma sentendo da queste persone che
ora Archelao, un figlio di Erode, era succeduto al padre nella reggenza
4. e che egli era ancora più crudele
di suo padre, un grande timore sopraffece Giuseppe e tutti i suoi.
5. Ed egli pensò di tornare di nuovo
indietro e di recarsi un’altra volta in Egitto, o se no, a Tiro.
6. Infatti sebbene già in Egitto
egli avesse saputo, per bocca di Giacomo, che Archelao regnava ora in
Gerusalemme,
7. tuttavia non sapeva che questo re
superasse perfino il proprio padre in crudeltà.
8. E qui questa notizia rese proprio
Giuseppe così pauroso, che ora voleva tornare di nuovo indietro.
9. Gli parlò bensì Maria e disse:
10. “Giuseppe, se ci ha pur ordinato
il Signore di spostarci così, perché temiamo, al di là del Signore([7]),
il re umano Archelao più che il Signore?”
11. E Giuseppe disse: “O Maria, mia amata sposa, hai bensì posto una
giustissima domanda;
12. ma vedi, io so che le vie del
Signore sono spesso le più incomprensibili, e so che il Signore guida i Suoi
per lo più attraverso la morte, – cominciando da Abele.
13. È per questo che ora anche temo
che il Signore non guidi anche me attraverso la morte!
14. E questa mia ipotesi guadagna
sempre più in verosimiglianza, quanto più ripenso alla crudeltà del nuovo re di
Gerusalemme.
15. Per questo però ora mi sono
anche deciso di ritornare indietro domani mattina.
16. In verità, se al Signore preme
la nostra morte, mandi su di noi leoni, tigri e iene piuttosto che Archelao!”
17. Così Giuseppe decise fermamente
di ritornare indietro.
18. Ma nella notte lo Spirito stesso
del Signore venne su Giuseppe in un sogno lucido.
19. E da Dio stesso Giuseppe ricevette l’ordine di andare a Nazareth.
20. Allora Giuseppe subito si alzò e
se ne andò di buon mattino.
21. E in quello stesso giorno arrivò
nelle località del territorio di Galilea.
22. E così nella notte di quello
stesso giorno giunse alla città di Nazareth, vi prese stabile dimora, perché si
adempisse ciò che dice il Profeta:
“Sarà chiamato Nazareno!”.
Dolce scena serale sulla
terrazza di Salomè.
Cornelio scopre la piccola
carovana.
20 luglio 1844
1. Ma dove Giuseppe prese alloggio a
Nazareth? - Dove scese e dove si fermò?
2. È stato detto nei primi capitoli,
in cui si parlava della partenza di Giuseppe da Betlemme per l’Egitto, che
Giuseppe aveva pregato la ricca Salomè di Betlemme, di voler prendere in
affitto per lui la sua fattoria presso Nazareth.
3. Ha fatto questo Salomè? - Sì -
non solo lo fece, ciò che Giuseppe aveva desiderato, bensì si è letteralmente
comprata la fattoria, e precisamente con una duplice intenzione:
4. nel caso Giuseppe o un suo figlio
fossero ritornati, per consegnare questo podere come loro assoluta proprietà;
5. in caso contrario invece, per
tenere per sé questo podere a lei tanto sacro, a ricordo della nobilissima
Famiglia.
6. Ella considerava questo podere
una cosa talmente sacra, che lei stessa non osava abitarvi; tanto meno vi
introdusse dei fittavoli.
7. Ma per poter vivere tuttavia in
vicinanza di questa proprietà, si comprò in più un campo vicino, e vi costruì
una casetta veramente graziosa, e in essa abitava con la sua servitù, e là
veniva anche spesso a farle visita Cornelio.
8. E avvenne che quel giorno
Cornelio, di ritorno da un affare d’ufficio, era a parlare da Salomè proprio
mentre Giuseppe ritornava a Nazareth.
9. Era una sera splendida, la luna
era piena, e neppure una nuvoletta offuscava qualche stella in cielo.
10. Questa bella serata spinse
Salomè, insieme a Cornelio, sulla terrazza della sua bella casetta, che era
situata abbastanza vicino alla strada principale e aveva di fronte, a una
distanza di circa settanta klafter (133
m) proprio verso oriente, il podere di Giuseppe.
11. Entrambi guardavano spesso verso
l’ex-abitazione della nobile Famiglia, e Cornelio
diceva di frequente a Salomè:
12. “Vedo ancor sempre davanti a me,
vivi, i fatti di Betlemme, come in un bellissimo, nobilissimo sogno, e questo
podere ora me lo ricorda continuamente.
13. Ma i fatti di Betlemme erano
anche di una tale stupenda sublimità, che mi risultano sempre più inspiegabili,
quanto più ci penso”.
14. E Salomè disse a sua volta: “Sì - amico Cornelio! - Anch'io non
riesco a comprendere, come io sia potuta rimanere ancora in vita, alla
grandezza di quell’avvenimento.
15. Ma questa è
anche la differenza fra me e te, che ora io, come sai, non so adattarmi e nel
mio cuore devo sempre adorare il Bambino,
16. mentre tu consideri l’intera
faccenda piuttosto come una nobilissima storia.
17. Perciò io mi sono anche già
spesso immaginata così nello spirito: se questa Famiglia dovesse mai ritornare
qui, per la beatitudine non potrei più vivere!
18. Se abitasse così di là nel
podere – o Dio! - che emozione sarebbe mai per me!
19. In verità, allora tutti i Cieli
dei cieli sarebbero riuniti insieme su questa terrazza!”
20. E Cornelio disse: “Sì, hai ragione, anche per me questa sarebbe la
cosa più sublime!
21. Ma che cosa faremmo ora se – poniamo il caso – questa
nobilissima divina Famiglia si trasferisse qui, e noi la riconoscessimo già in
lontananza?!”
22. E Salomè disse: “O amico! Non parlarne, ciò mi ucciderebbe dalla
troppa gioia!”
23. Mentre i due s’intrattenevano
sulla terrazza in questa maniera a Dio graditissima, e così s’era anche fatto
già piuttosto tardi,
24. ecco che Cornelio scorse a una distanza di circa
duecento klafter (380 m) una
comitiva, come una piccola carovana, e disse a Salomè:
25. “Guarda un po’ là, una
passeggiata così tardi di notte! - Sono greci o ebrei?
26. Salomè, che faresti dunque ora,
se fosse proprio la nobilissima Famiglia?!”
27. E Salomè si spaventò letteralmente e disse: “Ma ti prego, non
parlarne sempre, e non svegliare sempre da capo in me nuovi desideri che non
possono essere esauditi!
28. Che cosa
faresti tu in una tale beatitudine di tutte le beatitudini?”
29. E Cornelio disse: “In verità, anche a me allora andrebbe male! - Vedi
però, la carovana si ferma, e vedo un uomo correre da questa direttamente verso
di noi! - Vieni, andiamo a vedere chi è!?”.
30. Ed essi andarono incontro
all’uomo. Ma l’uomo era un figlio di Giuseppe e veniva con una brocca a
prendere acqua nella casa.
31. I due però non lo riconobbero;
poiché così volle il Signore, per la salute di entrambi.
[indice]
Gioele, mandato a
informarsi, comunica che la patria è vicina.
Giuseppe
vuol pernottare con i suoi all’aperto. I figli di Giuseppe vanno da Salomè a
chiedere legna e fuoco.
22 luglio
1844
1. Quando Gioele ebbe attinto l’acqua, domandò ai due quanto fosse ancora
distante Nazareth.
2. E Cornelio disse: “Amico mio, guarda là, e scorgerai facilmente le
mura della città!
3. Un bambino la raggiunge
facilmente in un quarto d’ora, e così ora sei già anche come tu fossi in
Nazareth stessa”.
4. Gioele ringraziò per questa informazione e portò l’acqua alla sua
compagnia.
5. Quando giunse con questa alla sua
compagnia, Giuseppe gli chiese subito
quali informazioni nel complesso avesse raccolto in quella casetta.
6. E Gioele disse: “Una donna e un uomo mi vennero incontro con molta
affabilità, mi diedero acqua e mi dissero che qui è già la città di Nazareth!
7. Io però pensai che se questa è la
città, allora sicuramente non siamo più molto distanti dalla nostra azienda
affittata”.
8. E Giuseppe disse: “Mio caro figlio, hai perfettamente ragione;
9. ma sai anche a chi appartiene
ora, dopo tre anni?
10. Possiamo noi entrare nella nostra
abitazione di un tempo?
11. Vedi, questo significa dunque
pernottare di nuovo all’aperto, e soltanto domani guardare dove si potrà
trovare per noi un’abitazione stabile!
12. Ora però va’ con i tuoi fratelli
e vedi di trovare da qualche parte un po’ di legna e fuoco!
13. Poiché qui in alto in questa
valle montana fa un po’ fresco; perciò qui si deve accendere un po’ il fuoco,
perché ci riscaldiamo un poco accanto ad esso!”
14. Allora i quattro figli andarono
proprio in quella casetta e trovarono i due ancora alzati.
15. Ed essi esposero a Salomè il
loro desiderio, e le chiesero gentilmente un po’ di legna e fuoco.
16. Qui Salomè, insieme a Cornelio,
chiese chi fosse mai la compagnia, se ci si potesse fidare di loro.
17. E i figli dissero: “Veniamo dall’Egitto e siamo la gente più onesta
del mondo.
18. È nostro intendimento di
comprarci qualcosa qui a Nazareth;
19. poiché noi stessi in fondo siamo
nazareni, solo che una certa necessità ci ha esiliati per tre anni in Egitto.
20. Ma dato che questo nostro esilio
è cessato, ora siamo di nuovo qua, per cercarci qui una dimora”.
21. Quando i
due ebbero sentito questo dai quattro, diedero loro subito legna e fuoco in
giusta quantità, ed essi li portarono a Giuseppe.
22. Ma Giuseppe fece accendere
subito la legna, e tutti quanti si riscaldarono al fuoco. -
Presentimenti di Salomè
e di Cornelio sulla piccola carovana.
Salomè
e Cornelio scrutano la compagnia e riconoscono la sacra Famiglia.
23 luglio
1844
1. Ma Salomè e Cornelio pensarono
molto su chi potesse mai essere questa compagnia dall’Egitto.
2. Cornelio disse: “Questi quattro uomini, che non sembrano affatto
vecchi, da quanto ho osservato avevano una forte somiglianza con i figli di
quell’uomo meraviglioso, con cui noi due abbiamo avuto a che fare a Betlemme.
3. Anche il loro linguaggio aveva un
inconfondibile accento nazareno.
4. Tu - amica mia stimatissima! -
Quell’uomo prodigioso che si chiamava Giuseppe, è emigrato lui pure molto
probabilmente in Egitto, come ho appreso dalla lettera di mio fratello da Tiro.
5. Ebbene – e se fosse lo stesso
Giuseppe?
6. Non dovremmo andare verso questa
compagnia e osservarla? E se fosse quella giusta,
7. non dovremmo allora subito fare
di tutto, per ospitare subito in modo eccellente questa più che sublime compagnia?"
8. Quando Salomè ebbe sentito questo, svenne quasi dal rapimento e disse:
9. “Ah, amico! – hai sicuramente
ragione, sarà proprio così; questa è sicuramente la santa Famiglia!
10. Perciò fammi svegliare subito la
servitù perché venga con noi, dove sosta questa famiglia!”
11. Poi Salomè andò a svegliare
tutta la sua servitù.
12. E in una
mezz’ora tutti quanti furono in piedi in casa di Salomè.
13. Ma quando tutti quanti furono
pronti, Cornelio disse a Salomè:
14. “Ora andiamo a vedere chi si
cela dietro questa famiglia!”
15. Poi Salomè convocò subito in
casa tutti quanti, e l’intera compagnia si recò dove Giuseppe sostava accanto a
un modesto fuoco.
16. Quando vi giunsero, Cornelio disse a Salomè:
17. “Guarda un po’! Là vicino al
fuoco, – non è la giovane Maria, la sposa di Giuseppe, col suo Bambino?
18. E quell’uomo anziano, - dì, non
è Giuseppe, quell’uomo meraviglioso che abbiamo conosciuto a Betlemme?”
19. Allora Salomè aprì bene gli
occhi e fissò lo sguardo, e riconobbe man mano ciò che Cornelio le indicava.
20. Ora però
Salomè era completamente fuori di sé, si afflosciò a terra e svenne, e Cornelio
ebbe da fare per rimettere in piedi la sua compagna.
[indice]
Cornelio e Salomè salutano
la santa Famiglia.
Ingresso degli stanchi
viaggiatori nella loro vecchia abitazione.
24 luglio
1844
1. Quando Salomè si fu riavuta dal suo deliquio di gioia, disse a Cornelio:
“O amico, questo è troppo in una volta sola per un debole essere umano!
2. Concedimi solo un momento di
riposo, poi andrò là e annuncerò a questa santa Famiglia che ho conservato loro
il podere!”
3. E Cornelio disse: “Sai una cosa, se ti senti troppo debole, lascia
che vada io a tuo nome, e informi la Famiglia di quanto hai fatto per loro!
4. Poiché vedi, qui non c’è tempo da
perdere! Questi nobili viandanti saranno molto stanchi, e necessitano al più
presto possibile di un buon alloggio; perciò voglio andarvi subito al posto
tuo”.
5. Quando Salomè ebbe sentito questo da Cornelio, disse:
6. “O amico, tu hai ragione; però
ora mi sono già ripresa, e così voglio venire anche subito là con te”.
7. Dopo questa risoluzione i due si
avvicinarono alla compagnia.
8. E Cornelio prese la parola e disse: “Dio, il Signore d’Israele, è con
voi, così come con me e con la mia compagna Salomè!
9. Sono riuscito a riconoscervi, ed
ora non vi è più alcun dubbio che tu, vecchio e onesto uomo, sei lo stesso
Giuseppe con la giovane sposa Maria, che tre anni fa andò in Egitto, per
sfuggire alla persecuzione di Erode.
10. Io sono accorso qui per
accoglierti immediatamente e per condurti nella tua proprietà”.
11. Quando Giuseppe sentì questo da Cornelio, si alzò e gli domandò:
12. “Buon uomo, chi sei dunque, per
potermi annunciare questo?
13. Dimmi il tuo nome, e io ti vorrò
subito seguire!”
14. E Cornelio disse: “Nobilissimo vegliardo! Vedi, sono il governatore
di Gerusalemme,
15. e il mio nome è Cornelio, e sono
quello stesso che a Betlemme ti fece qualche piccolo favore.
16. Perciò non ti preoccupare di
nient’altro ora; poiché vedi, questa mia amica, Salomè di Betlemme, ha eseguito
esattamente le tue istruzioni!”
17. Qui Salomè si precipitò ai piedi
di Giuseppe e disse con voce tremante:
18. “Quale gioia per me povera
peccatrice, che i miei indegnissimi occhi ti rivedano!
19. Oh, vieni, vieni nella tua casa!
Poiché la mia casa non è degna di tale grazia!”
20. Giuseppe qui si commosse fino alle lacrime e disse:
21. “O grande Dio, Padre! - Come sei buono! Tu sempre guidi lo
stanco viandante alla meta migliore!”.
22. Poi egli abbracciò Cornelio e
Salomè, e quindi andò subito con loro nel suo podere.
Salomè consegna a
Giuseppe la casa e il terreno in ottime condizioni.
Imbarazzo
di Giuseppe. Umiltà e amore di Salomè. Splendida testimonianza sul Signore.
parola
del Signore sull’amore.
25 luglio
1844
1. La servitù di Salomè e il seguito
di Cornelio, e Salomè e Cornelio stessi, aiutarono a sistemare tutto il
bagaglio di Giuseppe.
2. E Salomè condusse la compagnia
nelle stanze ben arredate della casa di abitazione.
3. E Giuseppe si meravigliò molto
per la grande pulizia che era stata fatta nella sua casa.
4. Tutti i letti erano nuovi e i
vecchi ripuliti; così pure la stalla era sistemata nel modo più conveniente.
5. E Giuseppe si accertò di tutto, di come Salomè avesse provveduto per
lui in modo eccellente.
6. Ed egli domandò a Salomè: “O cara
amica, vedi bene che io sono povero e ora non possiedo cosa alcuna! Come potrò
mai ripagarti di questo?”
7. Quando Salomè ebbe sentito tale domanda da Giuseppe, disse allora
piangendo:
8. “O mio nobilissimo amico! Che
cosa ho mai a questo mondo, che io non l’abbia ricevuto da Colui che ora riposa
fra le braccia della tenera Madre?!
9. Ma se è eternamente vero che l’ho
ricevuto, da Colui che è accanto a te in modo così eternamente meraviglioso;
come potrei chiamare mio, ciò che dall’eternità era di Colui che è con te? -
10. Oh - il Signore, il Santo
dall’eternità, non venne certo in paese straniero da noi poveri peccatori,
11. bensì Egli venne nella Sua
eterna proprietà; perciò a Lui non possiamo certo dare nulla come se noi
possedessimo qualche cosa,
12. ma Gli porgiamo solo ciò che è
Suo, con la forza che Lui ci ha dato.
13. E così qualunque accenno a un
debito verso di me da parte tua, è eternamente non valido; poiché io sono già
stata ricompensata per tutta l'eternità, mediante la grazia di questa missione
infinitamente sublime, di provvedere per te,
14. e ciò tanto
più, in quanto sento in tutta la profondità della mia vita, di essere
sicuramente la più indegna per questa santa missione!”
15. Qui Salomè non poté parlare
oltre; ella perciò tacque e pianse per l’amore e la somma gioia.
16. Ma il Piccino qui si svegliò e si rallegrò.
17. Dopo essersi drizzato così tutto
allegro sulle ginocchia di Maria, guardò molto amorevolmente Salomè e Cornelio
e disse:
18. “O Salomè, e anche tu, Mio
Cornelio! - Vedete, Io dormivo; ma il vostro grande amore mi ha destato!
19. In verità, ciò è dolce e
piacevole; così deve rimanere in eterno!
20. D’ora in poi Io voglio dormire
per chiunque nella Mia Entità primordiale; ma chi verrà a Me col vostro amore,
costui Mi desterà per sé per l’eternità!
21. Salomè, ora recati a riposare;
domani però portaMi una buona colazione!”.
22. Salomè fu sommamente estasiata,
perché per la prima volta aveva udito così parlare il Signore. Tutti quanti
lodarono e glorificarono Dio e si recarono poi a riposare.
[indice]
Salomè invita la
famiglia di Giuseppe per la prima colazione. Il cibo prediletto di Gesù
Bambino.
Amorosa gioia del Piccino
e di Salomè. “O Signore! - Chi mai può guardarTi senza lacrime agli occhi?”.
26 luglio
1844
1. La mattina tutti quanti furono in
piedi molto presto nelle due case, e Salomè era molto affaccendata nella sua
cucina, e preparava una buona prima colazione consistente in focacce al miele,
un buon brodetto di pesce e parecchi pesci pregiati,
2. fra cui i primi[8]
erano certo le trote, che là si pescavano spesso nei ruscelli di montagna.
3. Quando la colazione fu pronta,
Salomè andò in fretta in casa di Giuseppe, e invitò a colazione Giuseppe e
tutti i suoi.
4. E Giuseppe disse: “Ma vedi, tu mia cara amica, perché ti assumi delle
spese così grandi a causa mia?
5. Vedi, anche i miei figli sono già
affaccendati in cucina a preparare una prima colazione;
6. perciò non avresti dovuto darti
tanto pensiero per ospitarci!”
7. Ma Salomè disse: “O mio nobilissimo amico! Non disprezzare il lavoro
della tua ancella, e vieni!”
8. Giuseppe ne fu molto commosso,
chiamò tutti quelli di casa sua e si recò con Salomè nella sua casa per la
colazione.
9. Sulla soglia di casa li aspettava
Cornelio, e diede a tutti il più cordiale benvenuto.
10. E Giuseppe provò una grande
gioia, mentre ora alla luce del sole riconosceva pienamente il suo amico
Cornelio.
11. Poi si recarono tutti nella
bella sala da pranzo, dove la colazione attendeva gli ospiti.
12. Ma quando il Piccino scorse i pesci sulla tavola, sorrise e corse da Salomè e
le disse:
13. “Ma chi
dunque ti ha detto che Io mangio volentieri quei pesci?
14. Mi hai fatto proprio un vero
piacere; poiché vedi, è questo anzitutto il Mio cibo corporale!
15. Mangio altresì volentieri le
focacce al miele, così come il brodetto di pesce con pane di frumento;
16. però i pesci li preferisco
tuttavia a tutti gli altri cibi.
17. Perciò ora sei stata bravissima,
perché così bene hai pensato a Me, ed ora Io Mi sono molto affezionato a te per
questo!”
18. A una simile infantile lode,
Salomè fu di nuovo fuori di sé dalla gioia - e pianse.
19. Ma il Piccino disse: “Salomè, vedi tu piangi pur sempre, quando provi
una grande gioia per qualche cosa!
20. Ma vedi, Io non sono amico dei
pianti; perciò non devi sempre piangere se qualcosa ti rallegra, e allora ti
vorrò ancora più bene!
21. Vedi, ben
volentieri vorrei mangiare il pesce sulle tue ginocchia,
22. ma non Mi azzardo, perché tu
dalla tanta gioia piangeresti veramente troppo!”
23. Allora Salomè si fece animo per quanto le fosse possibile, e disse al
Piccino:
24. “O Signore! - Chi mai può guardarti senza
lacrime agli occhi?”
25. E il Piccino disse: “Guarda dunque i Miei fratelli, essi pure Mi
vedono ogni giorno, e tuttavia non piangono quando Mi vedono!”.
26. Allora Salomè si tranquillizzò
nuovamente, e tutti si misero a tavola, e il Piccino prese posto in braccio a
Salomè.
Cirenio tranquillizza
Giuseppe alle domande angosciose sul nuovo e crudele re Archelao.
Cornelio
riceve notizie da Giuseppe sul fratello Cirenio. Gioia e riconoscenza di
Cornelio.
27 luglio
1844
1. Quando la colazione fu consumata,
Giuseppe si consultò poi con Cornelio
sul re Archelao, e chiese precisamente che uomo fosse e come regnasse.
2. E Cornelio disse a Giuseppe: “Eccellentissimo uomo e amico! Se io e
mio fratello Cirenio non lo tenessimo a freno, sarebbe ancora dieci volte più
crudele di quanto lo fu suo padre.
3. Ma così, per delle buone ragioni,
abbiamo molto limitato il suo potere, e così non gli è concesso nient’altro che
di riscuotere le sue imposte, e ciò secondo il nostro criterio.
4. E caso mai i soggetti ad imposta
si rifiutassero di pagare le tasse, egli deve rivolgersi a noi,
5. altrimenti possiamo consegnargli
in qualunque giorno la notifica di destituzione dell’imperatore, che ho sempre
nelle mie mani, e dichiararlo poi decaduto davanti a tutto il popolo.
6. Per cui da questo re non hai
minimamente da temere;
7. infatti non gli è certo
consigliabile di agire anche solo minimamente contro le vigenti prescrizioni,
8. altrimenti da domani egli non è
più un re, ma un proscritto, decaduto e schiavo di Roma!
9. Amico, ritengo che di più non ti
occorra per la tua tranquillità.
10. Io sono ora il governatore di
Gerusalemme, e mio fratello Cirenio è quasi vice imperatore di Asia ed Africa,
e noi siamo tuoi amici.
11. Credo che, parlando in senso
mondano, non ci possa essere in un Paese una garanzia migliore per un uomo.
12. E la garanzia maggiore di tutte
per la tua sicurezza e tranquillità abita proprio in casa tua!
13. Perciò sii totalmente tranquillo
ora, ed esercita la tua arte, a me già nota, senza timore e paura!
14. Io però nell’applicare le tasse
per te, scoverò bene una tale clausola, che non ti darà dispiaceri!”
15. Quando Giuseppe ebbe sentito
questo da Cornelio, diventò di nuovo tutto sereno, lieto e tranquillo.
16. Ma Cornelio scorse le cinque
bambine di Cirenio ed Eudokia, che gli parve essergli molto conosciuta, e
tuttavia qui non la riconobbe.
17. Egli chiese perciò a Giuseppe
chi fossero precisamente quelle persone.
18. E Giuseppe lo informò
perfettamente di tutto secondo verità, senza una qualche mistica riserva.
19. Quando Cornelio apprese, in questo modo, quanto filantropicamente Giuseppe
si comportasse nei confronti di suo fratello Cirenio, e come fosse sommamente
disinteressato, allora però fu proprio il colmo per Cornelio.
20. La sua gioia fu immensa, e per
questo egli baciò Giuseppe cento volte, e chiamò a sé le bambine di suo
fratello, e abbracciò e baciò anche loro.
21. Ma a
Giuseppe egli disse: “Poiché stai in questi rapporti con mio fratello, devi
anche essere esente dalle tasse per tutti i tempi, come ogni cittadino di Roma;
e oggi attacco io stesso la lettera di franchigia dell’imperatore sulla tua
casa!”. - Giuseppe ne fu commosso fino alle lacrime, e tutti quanti piangevano
con lui dalla gioia.
[indice]
Cornelio si informa se
Cirenio sia a conoscenza della partenza di Giuseppe.
Risposta
di Giuseppe. Cornelio spiega a Giuseppe come viene scritta una lettera segreta.
29 luglio
1844
1. Poi però anche Cornelio domandò a
Giuseppe se Cirenio ne fosse a conoscenza, cioè che Giuseppe aveva lasciato l’Egitto.
2. E nel caso Cirenio non lo
sapesse, se per motivi di Stato non lo si dovesse mettere subito perfettamente
a conoscenza di questo.
3. E Giuseppe disse: “Amico, fa’ ciò che vuoi nei confronti di tuo
fratello;
4. ma di questo ti prego: che tu
voglia dirgli di non venire da me troppo presto!
5. E quando volesse proprio venire,
venga col favore della notte, perché della sua presenza da me, nessuno se ne
accorga,
6. e la mia casa non attiri su di sé
per questo un’attenzione molto spiacevole, che potrebbe essere dannosa a me e
al Bambino e di disturbo alla divina tranquillità della mia casa!”
7. Come Cornelio ebbe sentito questo da Giuseppe, disse allora:
8. “O tu mio eccellentissimo amico,
sta’ tranquillo per questo! - Infatti per quanto concerne l’«andare da qualcuno
strettamente in incognito», noi Romani siamo maestri!
9. E così non appena domani arriverò
a Gerusalemme, la mia prima cura sarà di informare di nascosto mio fratello,
con una lettera segreta, che tu sei qui.
10. Con una simile lettera potrei
mandare da mio fratello, se occorresse, lo stesso Archelao, ed egli non
saprebbe che cosa c’è scritto, anche se la lettera si trovasse nelle sue mani
senza sigilli!”
11. Ma Giuseppe chiese a Cornelio
come fosse mai possibile una tale lettera segreta.
12. E Cornelio disse: “O eccellentissimo amico! Niente di più facile.
13. Vedi, si prende una lunga
striscia di pergamena larga circa un dito.
14. Questa
striscia la si avvolge a spirale con molta precisione attorno a un bastone
rotondo, così che i bordi si tocchino esattamente.
15. Quando la striscia è così
avvolta attorno al bastone rotondo, si scrive poi sul bastone, nel senso della
lunghezza, il proprio segreto sopra tutte le spire della striscia di pergamena.
16. Ora Cirenio ha però un bastone
esattamente dello stesso spessore del mio.
17. Quando ho terminato la lettera,
essa viene poi srotolata dal bastone e in sicurezza inviata completamente
aperta a mio fratello tramite chiunque, -
18. e nessun uomo, senza un bastone
uguale, è poi neanche lontanamente in grado di decifrare il contenuto di una
simile lettera;
19. infatti uno non scopre sulla
striscia nient’altro, se non per lo più singole lettere o tutt’al più delle
sillabe, dalle quali certo non può comprendere in eterno ciò che sta sulla
striscia! - Giuseppe, mi hai capito?”
20. E Giuseppe disse: “Del tutto perfettamente, carissimo fratello!
21. Così puoi comunque scrivere a
tuo fratello; poiché così nessuno certo decifrerà il segreto!”.
22. Poi Cornelio si rivolse a
Eudokia e si consultò con lei su diverse cose.
Cornelio si informa su
quanto è rimasto di prodigioso nel Bambino.
Giuseppe
accenna ai Suoi discorsi. Grandi parole del Piccino a Cornelio.
30 luglio
1844
1. Quando Cornelio si fu consultato a sufficienza anche con Eudokia su tutto
ciò che trovava necessario conoscere,
2. e vedendo che le affermazioni di
lei erano in perfetta sintonia con la lettera di suo fratello,
3. egli si rivolse allora di nuovo a
Giuseppe e gli disse:
4. “Uomo eccellentissimo! - Ora mi è
tutto perfettamente chiaro.
5. Non voglio
più domandarti come e perché tu hai di nuovo lasciato l’Egitto, sebbene là tu
fossi ottimamente provveduto di ogni cosa;
6. io so infatti che tu non fai
nulla se non quello che ti viene comandato dal tuo Dio.
7. E poiché dunque agisci
esattamente secondo la Volontà del tuo Dio, così anche il tuo agire è sempre
buono e giusto, davanti a Dio e davanti a tutto il mondo, per chi, come me,
pensa, vuole e agisce rettamente.
8. Ma una cosa vorrei ancora
domandarti prima della mia partenza per Gerusalemme,
9. e quest’unica cosa consiste in
ciò: vedi, ho ancora davanti agli occhi, come perfettamente presenti, tutti i
fatti prodigiosi del tuo Bambino, che ebbero luogo alla Sua nascita!
10. Ora però vedo davanti a me
proprio questo Bambino nato così prodigiosamente, e tutto il prodigioso sembra
essersi in Lui come puramente perduto! - Dimmi, come si deve intendere ciò?”
11. E Giuseppe disse: “O amico, quale strana domanda è la tua?!
12. Non hai udito dunque prima il
Bambino parlare con Salomè?
13. Parlano dunque così tutti i
figli degli uomini a questa età, con tale profondità di sapienza?
14. Non trovi dunque un tale
linguaggio, dalla bocca di un bimbo di tre anni, altrettanto prodigioso di ogni
fatto della nascita a Betlemme?”
15. E Cornelio disse: “Qui hai ben ragione; ma appunto questo prodigio
non è nulla di nuovo per me.
16. Poiché vedi, già a Roma non di
rado ho udito bambini di un anno di età parlare in modo assennato da stupire, e
tuttavia in precedenza la loro nascita era stata del tutto naturale!
17. Per questo motivo ora il tuo
straordinario Bambino non ha colmato le mie grandi aspettative”.
18. Qui il Piccino stesso venne da Cornelio e gli disse:
19. “Cornelio, accontentati del
fardello che ho caricato sulle tue spalle;
20. poiché vedi, dovresti diventare
solo una montagna di granito, se tu volessi caricare sulle tue spalle un peso
maggiore della Mia Volontà!
21. Perciò non esigere di più da Me
prima del tempo!
22. Ma al tempo giusto, Io farò già
abbastanza per te e per tutto il mondo!”.
23. Quando Cornelio sentì questo,
non indagò oltre, e fece poi subito preparare il suo bagaglio per la partenza.
[indice]
Cornelio affigge la
lettera di franchigia romana sulla casa di Giuseppe.
Disposizioni
romane per le tasse. Promessa del Piccino a Cornelio.
31 luglio
1844
1.
In un paio d’ore Cornelio fu pronto per il viaggio, ancora prima però si recò
con Giuseppe nell’abitazione di lui e, come aveva promesso, vi affisse alla
porta una tavoletta di bronzo con l’effigie e le iniziali dell’imperatore.
2. E questa tavoletta era un
contrassegno imperiale di esenzione, o per così dire una lettera di franchigia,
secondo cui il re che aveva in appalto il Paese non poteva esercitare alcun
diritto di qualunque genere su una tale casa.
3. Quando Cornelio ebbe finito
questo lavoro, prese il suo stilo e scrisse sulla porta, sotto la tavoletta, in
lingua romana:
4. Tabulam hanc libertatis romanae secundum judicium Caesaris Augusti
suamque voluntatem affigit Cornelius archidux Hierosolymae in plena potestate
urbis Romae. (Questa lettera di esenzione romana, secondo la sentenza e la
volontà di Cesare Augusto, affisse Cornelio, comandante supremo di Gerusalemme,
in piena potestà della città di Roma)
5. Quando Cornelio ebbe finito anche questa iscrizione, disse allora a
Giuseppe:
6. “Ora, eccellentissimo amico, la
tua casa e la tua professione sono libere da qualsiasi tassa che Archelao
volesse importi.
7. Hai solo da versare ogni anno a
Roma la moneta del tributo, che spero tu risparmierai molto facilmente!
8. Questa moneta del tributo la puoi
pagare o in Gerusalemme stessa, oppure anche qui a Nazareth presso l’ufficio
imperiale, dietro ricevuta.
9. E così ora sei al riparo da ogni
insidia da parte del re mercenario; copri però la targa con una piccola grata,
affinché nessuno te la rubi e rovini la mia firma!”
10. Giuseppe ringraziò nel suo cuore
il Signore Dio per così tanta grazia e benedisse più volte Cornelio.
11. E anche il Piccino si avvicinò a Cornelio e gli disse:
12. “Ascolta un po’ anche Me ora!
Anch’Io voglio dirti qualche cosa a grande ricompensa!
13. Vedi, ora tu hai reso un grande
beneficio alla casa di Giuseppe;
14. lo stesso farò anch’Io un giorno
a tutta la tua casa!
15. Sebbene questa casa non sia di
proprietà del Mio padre adottivo, ma solo proprietà di Salomè, poiché lei l’ha
comprata,
16. pur tuttavia voglio in futuro
ricompensare molte volte la tua vera e propria casa, per quello che hai fatto a
questa casa di Salomè.
17. Il contrassegno imperiale di esenzione
l’hai affisso di tua propria mano alla porta della casa, e vi hai aggiunto la
tua firma.
18. Così anch’Io un giorno effonderò
Io stesso su tutta la tua casa il Mio Spirito, per mezzo del quale tu riceverai
l’eterna libertà dei Cieli di Dio, e in essa l’eterna imperitura Vita nel Mio
Regno!”
19. Cornelio sollevò qui il Piccino
e Lo baciò, e sorrise a quella singolare promessa del Piccino;
20. infatti come l’avrebbe potuto
capire, ciò che il Piccino gli aveva detto in tale profondità di Sapienza divina!
21. E il Piccino disse: “Questo lo capirai soltanto quando il Mio Spirito
verrà su di te!” - Dopo di che il Piccino corse di nuovo dal Suo Giacomo.
Cornelio si preparò per la partenza, e Giuseppe cominciò a sistemare tutto in
casa, secondo le proprie necessità.
Giuseppe organizza la casa e discorre con
Maria sulla visita a parenti e conoscenti.
Singolare comportamento del
Piccino e Sue straordinarie parole.
1 agosto
1844
1. Quando Giuseppe, con il validissimo aiuto di Salomè, quel giorno ebbe
messo tutto opportunamente in ordine in casa sua, ringraziò Dio e fu pieno di
gioia, per essere stato accolto così bene di nuovo nella Terra dei suoi padri.
2. Il giorno seguente però, dopo
aver affidato ai suoi quattro figli più grandi la cura delle attività
domestiche per quella giornata, egli disse a Maria:
3. “Maria, mia fedelissima sposa! -
Vedi, abbiamo qui nelle vicinanze diversi parenti e altri buoni amici e
conoscenti,
4. va’ a prendere il Piccino,
Giacomo e, se vuoi, anche Eudokia con le cinque bambine,
5. e vogliamo dunque visitare in
questa giornata tutti quelli che abitano qui a Nazareth e nei vicini dintorni -
parenti, amici e conoscenti,
6. perché anche loro, che
sicuramente sono stati a lungo in pena per me, possano di nuovo rallegrarsi per
la nostra presenza!
7. E forse in questa occasione
otterrò anche di nuovo qualche buon lavoro, per guadagnare per voi tutti il
pane necessario”.
8. Maria approvò con grandissima
gioia questa proposta, e predispose tutto a questo scopo.
9. Solo che il Piccino inizialmente non voleva andare con loro. Ma quando la
Madre lo vezzeggiò, Si lasciò tuttavia vestire e persuadere ad accompagnarli.
10. Egli però disse: “Vengo sì con
voi; però nessuno Mi deve portare in braccio!
11. Bensì - se cammino, voglio camminare
tra voi ovunque vogliate andare.
12. Non domandateMi però perché
voglio così; poiché Io non lo svelo precisamente tutto, il perché faccio
qualcosa in un modo oppure nell’altro!”
13. E Maria disse al Piccino: “Oh, eppure Ti farai portare in braccio ben
volentieri, quando sarai proprio stanco!”
14. E il Piccino disse: “Oh, di questo non ti preoccupare affatto! Io non
Mi stanco mai, se non voglio;
15. quando però lo voglio, allora
divento anche stanco, - ma allora la Mia stanchezza è un giudizio per gli
uomini!
16. poiché solo
il peccato degli uomini può indurMi a un punto tale, che Io debba poi volerMi
stancare a causa del peccato degli uomini!
17. Io però dico a voi prima di
tutto, che nessuno di voi abbia a tradirMi!
18. Poiché è sufficiente che lo sappiate
voi, che Io sono il Signore.
19. Voi lo sapete senza [incombere
in un] giudizio; poiché i vostri cuori sono dai Cieli.
20. Se però gli uomini della Terra
lo apprendessero prima del tempo, ne sarebbero giudicati e dovrebbero morire!
21. È per questo però che non volevo
venire subito con voi.
22. Dovevo prima annunciarvi queste
cose; e poiché ora le sapete, voglio venire anch’Io con voi.
23. Ma comprendete, solo camminare voglio, e non essere portato
in braccio, affinché la Terra apprenda dai Miei passi, Chi calca ora il suo
suolo!”.
24. Tutti si tennero bene in mente
queste parole, e si misero poi subito in cammino verso i loro parenti, amici e
conoscenti.
[indice]
Il terremoto sotto i piedi di Gesù
impaurisce Giuseppe e Maria.
I fuggiaschi dalla città mettono in
guardia Giuseppe dal proseguire.
Giuseppe, tranquillizzato da Giacomo,
entra senza timore in città.
2 agosto
1844
1. Quando poi Giuseppe si mise in
cammino con i suoi, e il Piccino procedeva tra Giuseppe e Maria, tutta la
compagnia sentì ad ogni passo del Piccino una notevolissima scossa tellurica.
2. Giuseppe percepì egli pure questo fenomeno, a momenti molto
intenso, e disse a Maria:
3. “Donna! Non senti come il suolo
vacilla e trema?”
4. E Maria disse: “Oh, lo sento molto forte;
5. purché strada facendo oppure in
città non ci sorprenda qualche violento temporale, che facilmente si presenta
dopo un terremoto!
6. E vedi, il terremoto persiste,
ciò che finora non avevo mai sperimentato!
7. Oh - a questo seguirà certo
sicuramente una terribile tempesta!”
8. E Giuseppe disse: “Veramente non scorgo ancora neppure una nuvoletta
in qualche parte del cielo;
9. ma ciò nonostante potresti anche
benissimo aver ragione!
10. Se questo terremoto non ha
presto termine, non sarà affatto sicuro il recarsi in città!”
11. Ma mentre la famiglia si
avvicinava così alla città, vennero loro incontro un gran numero di fuggiaschi dalla città, e li avvertirono
di non recarsi in città.
12. Essi infatti dicevano: “Amici,
di qualunque posto possiate essere, non andate certo in città!
13. Poiché una mezz’oretta fa è
insorto un possente terremoto, e non si è sicuri neanche per un minuto dal
crollo delle case!”
14. Qui Giuseppe era egli stesso
piuttosto in dubbio su ciò che doveva esattamente fare. Doveva proseguire o
doveva tornare indietro?
15. Ma Giacomo si avvicinò a Giuseppe e gli disse in segreto:
16. “Padre, non
devi temere; questo terremoto non recherà a nessuno neanche il minimo danno, né
in città e nemmeno nei suoi dintorni!”
17. Giuseppe ora comprese subito da
dove venisse il terremoto.
18. Egli perciò
incoraggiò anche subito tutti i suoi ad andare in città.
19. Ma quando i fuggiaschi dalla città videro il vecchio canuto recarsi tuttavia
in città,
20. dissero allora tra sé: “Chi sarà
mai dunque quest’uomo, per non aver paura del terremoto?!”
21. E facevano varie congetture; ma
nessuno lo riconobbe.
22. Anch’essi però volevano
ritornare in città;
23. ma poiché al procedere del Piccino
la Terra di nuovo cominciò a tremare, essi allora continuarono la fuga.
Giuseppe però andò in città senza alcuna paura con la sua famiglia.
La gente disposta a far
penitenza dà inconsapevolmente una giusta testimonianza.
Parole
di Giuseppe alla gente: “Il Signore non guarda a un vestito stracciato,
da penitente, bensì solamente al cuore, come
esso è fatto!”.
Giuseppe
viene ricevuto cordialmente dal suo amico medico.
3 agosto
1844
1. Ma quando Giuseppe arrivò in
città, vide la gente correre di qua e di là in grande angoscia e confusione.
2. E tutti quanti gridavano: “Dio, il Signore di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe, ci ha duramente visitati!
3. Stracciate gli abiti, cospargete
di cenere il vostro capo, e fate penitenza, affinché il Signore voglia di nuovo
aver pietà di noi!”
4. Così dunque alcuni si affollarono
anche intorno a Giuseppe e gli domandarono eccitati, se anche lui si sarebbe
stracciato gli abiti.
5. Ma Giuseppe disse: “O fratelli! Se volete pur fare penitenza, fatela
nei vostri cuori piuttosto che nei vostri abiti!
6. Poiché il Signore non guarda né
al colore dell’abito, né - se esso è intero o stracciato;
7. bensì soltanto al cuore guarda il
Signore, in quale stato si trovi!
8. Poiché nel cuore possono
nascondersi cose cattive come: pensieri malvagi, concupiscenze, una volontà
cattiva;
9. lussuria, prostituzione,
adulterio e altre cose simili.
10. Queste cose togliete dai vostri
cuori, se vi sono dentro, e farete meglio che non stracciando i vostri abiti e
cospargendo di cenere il vostro capo!”
11. Quando gli scoraggiati Nazareni
sentirono un tale discorso da Giuseppe, indietreggiarono, e molti di loro dissero tra sé:
12. “Guarda qua, chi è l’uomo che fa
discorsi simili con la sua bocca, come fosse un grande profeta?!”
13. Ma il Piccino toccò Giuseppe e disse sorridendo:
14. “Ora hai parlato bene; era
necessario per questi ciechi!
15. Però adesso il suolo dovrà avere
di nuovo quiete, perché possiamo proseguire il cammino indisturbati!”
16. Poi la Famiglia si recò da un
amico di Giuseppe, che era un medico
di Nazareth.
17. Quando costui scorse il vecchio
Giuseppe, gli corse incontro con tutti i suoi e gli gettò le braccia al collo e
gridò:
18. “O Giuseppe, Giuseppe, mio
carissimo amico e fratello! Come - sì - come mai arrivi qua adesso in quest’ora
penosa?!
19. Dove mai sei stato per tre
lunghi anni?
20. Da dove
vieni ora? Quale angelo di Dio ti ha condotto ora qui?”
21. Ma Giuseppe disse: “Fratello, portaci prima in casa e dacci acqua per
lavare i piedi,
22. dopo dovrai sapere tutto, dove
sono stato e da dove ora sono venuto!”. - E il medico esaudì subito il
desiderio di Giuseppe.
[indice]
Giuseppe racconta
all’amico medico le sue avventure.
Affettuosa
partecipazione del medico e racconto delle sue proprie esperienze.
Sdegno
di Giuseppe verso Archelao. Giuseppe addolcito dal Piccino.
5 agosto
1844
1. Quando
Giuseppe con la sua famiglia si fu lavato i piedi ed entrò nella sala del
medico, dove si trovavano in cura parecchi ammalati, egli si mise a sedere con
i suoi, e lì raccontò al medico molto brevemente i momenti principali della sua
fuga e la ragione di essa.
2. Quando il medico ebbe sentito
questo, divenne pieno di collera contro Erode, e ancora più però contro suo
figlio Archelao, ancora vivente.
3. Egli descrisse questo sanguinario
come un essere molto più abietto ancora, di quanto lo fosse stato suo padre.
4. E Giuseppe
gli disse: “Amico! Quello che mi hai raccontato ora di Archelao, l’ho già
sentito anche durante il mio viaggio fin qui.
5. Ma vedi, il Signore ha già
provveduto per me anche in questo!
6. Poiché vedi, io vivo ora in una
casa esentata, e sono pari a un cittadino di Roma, e perciò non ho nulla a che
fare con quel sanguinario!”
7. E il medico disse: “O amico, vedi questa mia casa, anch’essa aveva la
lettera di franchigia imperiale;
8. ma solo poco tempo fa vennero di
notte gli sgherri, esattori di Archelao, strapparono la tavoletta dalla porta,
e il giorno successivo pignorarono i miei averi nel modo più vergognoso.
9. Una cosa simile può accadere
anche a te; perciò sta’ ben in guardia!
10. Poiché io ti dico: per questo
diavolo di un re nulla è sacro; quello che lui non rapina, lo rapinano poi i
suoi subappaltatori e gli infamissimi esattori di strada!”
11. Quando Giuseppe ebbe sentito questo dal medico, divenne egli stesso pieno
di collera verso Archelao e disse:
12. “Questo sanguinario deve solo
provarci, e io ti dico che allora gli andrà male!
13. Poiché ho la parola del
governatore, che Archelao verrebbe trattato immediatamente come un traditore
dello Stato, qualora non dovesse rispettare i privilegi di Roma!”
14. E il medico disse: “O fratello! Conta pure su tutto, ma non su tali
privilegi;
15. poiché non c’è volpe che sappia
trarsi d’impaccio, dopo un misfatto, più astutamente di questa belva greca.
16. Vedi, che cosa fece con me,
quando protestai in tal merito presso il distretto romano?
17. Egli accusò subito il suo
funzionario di aver agito arbitrariamente, e lo fece gettare in carcere.
18. Ma quando poi presentai al
distretto una richiesta di risarcimento dei danni, fui mandato via con la
risposta:
19. ‘Poiché è dimostrato che il re
non è compartecipe di questo misfatto, così non è dunque lui che ha l’obbligo
di risarcire il danno, bensì unicamente colui che ha agito di proprio arbitrio.
20. Da costui però non si è trovato
nulla; quindi il danno, come per una comune rapina, cade sul proprietario!’. E
vedi, così fui liquidato!
21. La tavoletta mi fu bensì
nuovamente affissa al portone di casa; ma per quanto tempo, lo saprà meglio di
tutti Archelao!”
22. Quando Giuseppe ebbe sentito
questo, fu molto sdegnato, e non sapeva che aggiungere. Ma il Piccino disse:
23. “Oh non arrabbiarti a causa di
quell’impotente; poiché vedi, c’è ancora un Signore che può più di Roma!”. -
Giuseppe allora si calmò. Ma il medico vi fece tanto d’occhi, poiché egli non
conosceva ancora il Bambino.
Stupore
del medico e predizione sulla saggezza del Bambino. Risposta del Piccino a
Giuseppe.
La
speranza del medico nel Messia e rettifica da parte del Piccino.
6 agosto
1844
1. Solo dopo un certo tempo il medico riprese a parlare e disse a
Giuseppe:
2. “Ma amico e fratello! In nome del
Signore, che bambino hai dunque, che parla già così saggiamente come un sommo
sacerdote nel Tempio del Signore, quando vestito di tummim e urim sta davanti
al Santo dei santi?
3. In verità, egli disse solo poche
parole, e queste mi penetrarono fino al midollo delle ossa!
4. Mi hai bensì detto, nel tuo
racconto, che il bambino fu la causa della tua fuga in Egitto, e mi hai
accennato fuggevolmente a parecchie singolarità della sua nascita,
5. dal che ipotizzai che da questo
bambino, col tempo, se avesse frequentato la scuola di profeti degli esseni,
sarebbe potuto uscire un grande profeta.
6. Ma da come l’ho udito ora
parlare, non ha bisogno della scuola degli esseni;
7. poiché già così è un profeta di
prima classe, simile a un Samuele e simile a un Elia ed un Isaia!”
8. Giuseppe divenne qui un po’
imbarazzato, e non sapeva quale risposta dovesse dare lì per lì al suo amico.
9. Allora il Piccino ritornò da Giuseppe e gli disse:
10. “Lascia pure il medico a ciò che
crede; poiché anch’egli è chiamato al Regno di Dio, ma non deve apprendere
troppo in una volta!”
11. Ma quando il medico sentì anche queste parole, disse allora tutto stupito:
12. “Sì, sì, fratello Giuseppe, ti
ho detto giusto!
13. Questo è già un profeta, che ci
annuncerà il vicino Messia che ci è promesso;
14. egli infatti ha parlato ora
appunto del Regno di Dio, al quale anch’io sarei chiamato!
15. Ma ora scorgo anche il perché
questo piccolo Samuele, poco fa, ti aveva confortato con un Signore che è più
potente di Roma!
16. Sì, quando verrà il Messia,
allora ovviamente accadrà a Roma ciò che è accaduto un tempo alla città di
Gerico, ai tempi di Giosuè!”
17. Ma il Piccino disse: “Oh-oh, amico, che cosa dici? Non sai dunque come
è scritto: «Dalla Galilea non viene alcun profeta!»?
18. Ma se è così, Chi può essere
allora, Colui che viene dalla stirpe
di Davide?!
19. Io però ti dico: quando il Messia
verrà, non trarrà la spada contro Roma,
20. ma farà solo annunciare il Suo
Regno spirituale sulla Terra dai Suoi messaggeri!”
21. Qui il medico restò stupefatto e disse dopo una pausa: “In verità, in
te Dio ha visitato il Suo popolo!”.
22. E Giuseppe diede ragione al
medico, tuttavia non aggiunse alcun’altra spiegazione.
[indice]
Il Piccino sottopone i
malati a una prova di fiducia e guarisce la bambina paralitica
che aveva fermamente creduto in Lui
7 agosto 1844
1. Ma dopo questa conversazione il
Piccino corse vispo in giro per la stanza, e chiese agli ammalati che erano lì,
afflitti da svariate infermità, di che cosa soffrissero, e come fossero
capitati loro quei mali.
2. Ma gli ammalati dissero: “Piccolo, vispo fanciullino, questo l’abbiamo
già detto al medico, il quale poi ci guarirà.
3. Adesso però, davanti agli ospiti,
non starebbe certo bene che noi avessimo a confessare i nostri peccati, che
sicuramente sono la causa delle nostre infermità fisiche;
4. perciò va’ tu dal medico, egli te
lo dirà, qualora lo ritenga conveniente per te!”
5. Il Piccino qui sorrise e disse agli ammalati:
6. “Non Mi fareste sapere la ragione
delle vostre infermità, neanche se Io con tutta sicurezza potessi aiutarvi?”
7. E gli ammalati dissero: “Oh sì, allora certamente;
8. ma per questo dovrai ancora
imparare moltissime cose! Trascorrerà ancora un bel po’ di tempo, prima che tu
divenga un medico”.
9. E il Piccino disse: “Oh, niente affatto! Poiché Io sono già del tutto
un medico provetto, e sono arrivato al punto di poter guarire anche
istantaneamente.
10. E Io vi dico: chi fra voi si
affiderà per primo a Me, guarirà anche per primo e subito”.
11. C’era lì una fanciulla paralitica di dodici anni, a cui piacque il Bambino,
e Gli disse:
12. “Vieni qui
dunque, piccolo medico, voglio farmi guarire da te!”
13. Qui il Piccino corse dalla fanciulla e le disse:
14. “Poiché per prima Mi hai
chiamato, per prima dovrai anche guarire!
15. Vedi, Io conosco la ragione
della tua infermità, dipende da coloro che ti hanno generata;
16. tu però sei senza peccato,
perciò Io ti dico:
17. Alzati e cammina liberamente, e
ricordati di Me!
18. Solo però non dire a nessuno che
Io ti ho guarita!”
19. E vedi, la fanciulla dodicenne
guarì all’istante, si alzò, e camminò liberamente.
20. Ma gli altri ammalati, vedendo
questo, chiesero anch’essi di essere guariti.
21. Ma il Piccino non andò ai loro
letti, perché non l’avevano chiesto prima.
Stupore del medico, suo umile presentimento
e professione di fede.
Il Piccino tranquillizza il
medico e gli insegna il miglior metodo di guarigione.
Il medico crede e diventa
famoso per le sue guarigioni.
Giuseppe accoglie nella
propria casa la ragazza guarita.
8 agosto
1844
1. Ma quando il medico vide questa guarigione miracolosa della fanciulla,
giudicata da lui assolutamente inguaribile, fu però anche il colmo per lui.
2. Quasi gli mancava il respiro per
il tanto stupore, e disse a Giuseppe:
3. “O fratello, ti prego, va’ via da
qui;
4. poiché ora un’enorme paura
m’invade il cuore!
5. Poiché vedi, io sono un uomo
peccatore, e nel tuo Bambino spira palesemente lo Spirito del Signore!
6. Ma come può sussistere un povero
peccatore davanti all’onniveggente e onnipotente Spirito dell’Altissimo?!”
7. Allora il Piccino corse dal medico e gli disse:
8. “Uomo! Perché mai ora diventi
sciocco e Mi temi?
9. Che ti ho fatto dunque di male,
per aver così paura di Me ora?
10. Ritieni forse che la guarigione
della fanciulla sia stata un miracolo?
11. Oh, Io ti dico: niente affatto;
prova ora tu infatti a curare così anche gli altri ammalati, e staranno meglio!
12. Va’, desta in loro la fede,
poi imponi loro le mani, ed essi guariranno all’istante!
13. Però prima devi tu stesso credere fermamente che così
puoi aiutarli, e sicuramente e infallibilmente anche li aiuterai!”
14. Quando il medico ebbe sentito questo dal Piccino, concepì una
ferma fede, si avvicinò agli ammalati e fece loro come il Piccino gli aveva
consigliato.
15. E vedi, tutti gli ammalati
subito guarirono e pagarono al medico il suo onorario, e lodarono e
glorificarono Dio per aver concesso all’uomo un tale potere!
16. Ma in tal modo l’aspetto
prodigioso del Bambino svanì anche opportunamente davanti agli occhi del mondo.
17. Il medico però si fece così un
nome di grande celebrità,
18. e molti ammalati vennero poi da
lui da ogni dove e vi trovarono la guarigione.
19. Ma la
fanciulla dodicenne, vedendo che anche il medico guariva così prodigiosamente,
pensò allora «che il Bambino l’avesse fatto tramite il medico», e anche lei
glorificò quindi la sapienza del medico.
20. Ma il Piccino non se ne lamentò,
infatti Egli aveva conferito tale forza al medico, proprio per allontanare i
sospetti da Lui.
21. Solo Giuseppe disse alla fanciulla: “Fanciulla, ricorda che ogni forza viene
dall’Alto!
22. Ma poiché tu ora non hai un
servizio, vieni in casa mia e si provvederà per te!”. - E la fanciulla si
associò subito a Giuseppe e andò poi con lui.
[indice]
La sacra
Famiglia dal maestro Dumas. Giuseppe
si fa
riconoscere. Il Piccino fra gli scolari.
9 agosto
1844
1. Quando Giuseppe, dopo alcuni
colloqui privati col medico per eventuali lavori di carpenteria, si mise in
cammino, il medico lo accompagnò fino ad un prossimo amico, che era maestro di
scuola a Nazareth e si chiamava Dumas.
2. Qui il medico ritornò a casa,
Giuseppe invece entrò da Dumas.
3. Ma questi non lo riconobbe tanto
presto; poiché si era totalmente disabituato al suo vecchio amico.
4. Giuseppe allora gli chiese se
proprio sul serio non lo conoscesse più.
5. Ma Dumas si grattò la fronte e disse:
6. “Tu hai bensì una spiccata
somiglianza con un certo Giuseppe, che tre anni fa ebbe qui delle difficoltà a
causa di una certa ragazza del Tempio;
7. quell’uomo,
d’altronde così onesto, dovette però anche lui a suo tempo recarsi a Betlemme
per il censimento, e con tutte le sue cose.
8. Che cosa è successo poi di lui,
non so.
9. E vedi, tu hai sì una grandissima
somiglianza con quell’uomo a me molto caro, - ma lui non sarai di certo?”
10. E Giuseppe disse: “E se tuttavia fossi proprio quello, allora non
vorresti procurarmi del lavoro nel campo della carpenteria?
11. Poiché vedi, io abito ora di
nuovo la mia vecchia fattoria!”
12. Quando Dumas ebbe sentito questo da Giuseppe, disse:
13. “Sì, adesso è chiaro, sei tu, tu
sei veramente il mio vecchio amico e fratello Giuseppe!
14. Ma da dove vieni mai, per amor del Signore?”
15. E Giuseppe disse a lui: “Fratello, dammi prima un cencio bagnato,
perché io pulisca i miei piedi dalla polvere, poi saprai tutto quello che
occorre!”
16. E Dumas fece subito portare un
cencio bagnato e un’anfora d’acqua, e l’intera compagnia di Giuseppe si pulì i
piedi e andò poi nella scuola di Dumas.
17. Giuseppe raccontò qui molto
brevemente la sua storia degli ultimi tre anni.
18. Nel frattempo però il Piccino
s’intratteneva con alcuni scolari, che erano appunto lì presenti e imparavano a
leggere e un po’ a scrivere.
19. Uno degli scolari lesse subito
al Piccino qualcosa, ma intanto faceva degli errori.
20. Allora il Piccino sempre
sorrideva e correggeva gli errori diligentemente al lettore.
21. Ciò colpì presto tutti gli
scolari, ed essi Gli domandarono quando
e dove Egli avesse dunque imparato a
leggere così bene.
22. E il Piccino disse: “Oh, Io sono così dalla nascita!”.
23. Allora tutti i bambini risero e
andarono a raccontare tutto a Dumas; e questi fece dunque attenzione al
Bambino, e cominciò a interrogare Giuseppe su una simile facoltà nel Bambino.
Dumas si stupisce del
Bambino. Saggia risposta filosofico-socratica di Giuseppe.
Dumas loda i filosofi. Discorso del Piccino
a Dumas su profeti e filosofi.
10 agosto
1844
1. Ma Giuseppe, vedendo come Dumas si dava moltissima premura per sapere
donde il Piccino avesse quella prodigiosa peculiarità, gli disse:
2. “Fratello!
Lo so ancora molto bene, che tu studiavi la sapienza dei Greci, e molto spesso
mi hai ripetuto le massime del saggio Socrate.
3. E dicevano: ‘L’uomo non ha
bisogno di imparare nulla, ma venga solo risvegliato il suo spirito per la via
del ricordo,
4. e l’uomo ha poi tutto ciò che gli
serve per tutta l’eternità’.
5. Vedi, questo, tu quale saggio
maestro della gioventù, me l’hai detto molto spesso.
6. Ora vedi, se questo tuo principio
è indubbiamente giusto, che occorre di più?
7. Qui dunque tu non vedi certamente
altro che una conferma vivente della tua massima socratica.
8. In questo mio Bambino il suo
spirito è stato destato molto precocemente nella sua natura per un processo suo
proprio, e così questo uomo-bambino ora ne ha già anche abbastanza per
l’eternità.
9. E quindi non occorre che noi Gli
diamo nulla di più, di quanto Egli ha da Se stesso!
10. Non trovi questo altrettanto
giusto, com’è giusto che uno più uno fa due?”
11. Qui Dumas si prese la fronte fra le mani e disse con un certo pathos:
12. “Sì, è così! Infatti fui io
appunto a far sentire agli allocchi ebrei qualche profumo di tale sapienza!
13. Non comprendo però anche te fra
costoro; tu infatti sei appunto quasi l’unico con cui ho potuto parlare, così
da poterci intendere, del divino Socrate, di Aristotele, Platone ed altri
ancora.
14. Abbiamo bensì anche noi dei
grandissimi uomini, quali sono i profeti e i primi grandi re di questo popolo;
15. ma nella pratica non si possono
utilizzare altrettanto bene quanto gli antichi saggi dei Greci.
16. Infatti i nostri profeti usano
sempre un linguaggio, che essi stessi forse hanno compreso altrettanto poco
quanto noi ora.
17. Ma tutt’altra cosa sono invece
gli antichi greci;
18. questi esprimono chiaramente e
distintamente ciò che vogliono, e sono dunque di grandissima utilità anche per
le persone pratiche.
19. Ma ciò deriva anche certamente
dal fatto, che essi furono come me maestri del popolo”.
20. Qui Giuseppe sorrise in questa
circostanza; poiché egli scorse ancora del tutto immutato il suo vecchio
ammiratore dei Greci, ma intanto anche il vecchio esaltatore di se stesso.
21. Gli diede perciò ragione, per
non compromettere il proprio Bambino.
22. Ma il Piccino stesso corse da Dumas e gli disse:
23. “Ma amico! Tu sei ancora molto
annebbiato e sciocco, se posponi i sapienti degli Ebrei ai filosofi dei Greci;
24. infatti i primi parlavano
ispirati da Dio, - gli altri invece
parlano ispirati dal mondo!
25. E poiché tu sei ancora pieno
dello spirito del mondo e vuoto dello Spirito di Dio, così tu comprendi anche
ciò che è mondano meglio di ciò che è divino!”
26. Questo fu per Dumas un duro
colpo nei fianchi. Egli dovette fare un erudito sbadiglio e non disse nulla a
Giuseppe, se non in latino: “Dixit - puer ille! Ergo autem intelligo eius ironiam
quam acerbam. Dixi!” (Non ha detto male il
ragazzo! A me però la sua ironia pare in verità molto pungente! Ho detto!).
Poi egli si allontanò e piantò in
asso Giuseppe; questi però proseguì egli pure il suo cammino.
[indice]
Giuseppe pensa di
tornare a casa. Nobile risposta femminile di Maria.
Consiglio del Piccino e
ritorno a casa. Lite con i servitori di Archelao.
12 agosto
1844
1. Ma quando Giuseppe si fu allontanato da Dumas, disse alla propria compagnia:
2. “Sapete una cosa, c’è da
aspettarsi che troveremo ovunque un’accoglienza simile,
3. perciò non stiamo più tanto a
visitare i nostri amici e conoscenti e parenti di un tempo;
4. poiché ho già visto ora da Dumas,
che cosa sanno fare gli uomini, se li si tocca solo un po’ troppo da vicino.
5. La mia idea è dunque di
ritornarcene a casa. - Che ne dici tu, mia fedelissima sposa?”
6. E Maria disse: “Giuseppe, mio amatissimo consorte, sai pure che
davanti a te non ho alcuna volontà, poiché la tua volontà è anche sempre la
mia, e deve anche esserlo secondo il santo Ordine del Signore;
7. ma questo sì penso: dato che il
Signore stesso cammina corporeamente in mezzo a noi, anche a Lui dovremmo
chiedere consiglio!”
8. E Giuseppe disse: “Maria, mia fedelissima sposa, qua hai
perfettamente ragione;
9. voglio farlo anche subito, e
sapremo con precisione quale potrà essere la cosa migliore!”
10. E il Piccino disse qui del tutto
spontaneamente: “Se anche ci trovassimo bene dappertutto, pur tuttavia sarebbe
meglio essere a casa.
11. Poiché vedete, manca ancora
molto prima che sia giunto il Mio tempo; - ma se Io ora vengo già con voi in
qualunque luogo, non posso tuttavia velare talmente la pienezza della Mia
Divinità, che essa non abbia ad essere percepita dagli astanti.
12. Perciò ora per Me stare a casa è
la cosa migliore; poiché là risalta meno ciò che dimora in Me.
13. Quando tu, Giuseppe, in futuro
dovrai recarti in qualche luogo per lavoro, va’ solo tu con gli altri tuoi
figli;
14. Me, invece, lasciaMi tranquillamente
a casa, così incontrerai meno difficoltà a causa Mia!”
15. Giuseppe si recò quindi di nuovo
a casa. E quando vi giunse, con non poco stupore vi trovò già anche i quattro
figli rimasti, che disputavano molto violentemente con alcuni emissari di
Archelao.
16. Questi mosconi avevano subito
fiutato che qualcuno si era stabilito lì;
17. perciò erano anche subito
all’opera per estorcere il tributo.
18. Ma poiché i figli di Giuseppe
avevano mostrato loro sulla porta la lettera di franchigia di Roma, allora s’infuriarono
e volevano strapparla dalla porta.
19. E proprio
durante questa operazione arrivò Giuseppe, e fece subito la domanda a questi
ladroni, con quale diritto essi lo facessero.
20. Ma costoro dissero: “Noi siamo servitori del re e lo facciamo col diritto
del re!”
21. Ma Giuseppe disse: “E io sono un servitore del Dio onnipotente, e vi
scaccio da qui col Suo diritto!” Qui un’enorme paura colse gli scellerati, ed
essi se ne corsero via in gran fretta. Ma poi la casa fu lasciata in pace da
simili scellerati.
Interruzione dei miracoli del Piccino per
due anni. Arrivo di Gionata dall’Egitto.
Grande gioia a casa di
Giuseppe per il suo arrivo e consiglio del Piccino a Gionata.
Gionata pescatore nel Mar di
Galilea.
13 agosto
1844
1. Così trascorsero due anni, e non
accadde più nulla di sorprendente in casa di Giuseppe.
2. Cirenio ricevette bensì subito la
notizia del trasferimento di Giuseppe, tuttavia non poté fargli visita perché
proprio in quel periodo era sovraccarico di affari di Stato per conto di Roma.
3. E non molto meglio andò pure a
Cornelio;
4. anch’egli infatti riceveva gli
incarichi più urgenti, ogni qual volta voleva farsi una vacanza per visitare la
sua Salomè e l’amico Giuseppe.
5. Tutto questo l’aveva già previsto
così il Signore, perché il Piccino potesse crescere a Nazareth tanto più
inosservato.
6. Anche a Nazareth dunque si
ignorava completamente la vera identità del Bambino.
7. Soltanto il già noto medico
attirava su di sé l’attenzione generale in seguito alle sue prodigiose cure;
8. ed è diventato letteralmente un
proverbio, il dire agli ammalati:
9. “Se non ti guarisce Nazareth, non
ti guarisce neanche il mondo intero - e nemmeno Siloe!”
10. Ma Salomè era tuttavia sempre
molto premurosa nel servire, per quanto le fosse possibile, la casa di
Giuseppe, e il Piccino si tratteneva molto a casa di Salomè.
11. Ma dopo due anni finalmente
Gionata seguì Giuseppe dall’Egitto e fece visita a Giuseppe.
12. E Giuseppe provò un’immensa
gioia nel rivedere il suo amico, e anche il Piccino saltava dalla gioia attorno
al Suo grande pescatore.
13. Dopo che Gionata ebbe trascorso
circa tre settimane in casa di Giuseppe, tutto solo, poiché tutti i suoi gli
erano morti in Egitto per lo scoppio di un’epidemia (febbre gialla),
14. egli chiese a Giuseppe se non
potesse aiutarlo a trovare qualche lavoro come pescatore, lì vicino a Nazareth.
15. Allora si alzò quella volta di
nuovo il Piccino e disse a Gionata:
16. “Sai, caro Gionata, qui le
persone sono cattive, per lo più, e molto egoiste,
17. quindi non
ci sarà molto da fare per te. Va’ però sul Mar di Galilea, che giusto non è
lontano da qui, là la pesca è ancora libera!
18. Vi troverai presto un buon
posticino e piglierai sempre con facilità i pesci migliori.
19. Con quei pesci vieni poi spesso
al mercato a Nazareth, e vi troverai un buono smercio!”
20. Gionata seguì subito questo
consiglio, e vedi, là trovò presto una vedova che aveva una casetta sul Mar di
Galilea.
21. E questa vedova provò subito
grande simpatia per Gionata, lo accolse in casa sua, e presto gli concesse
anche la mano[9].
22. E così ora Gionata divenne
nuovamente un eccellente pescatore nel Mar di Galilea, e per i modestissimi
prezzi dei suoi pesci, faceva dappertutto i migliori affari.
23. Frattanto però si premurava
anche con grandissimo zelo, di regalare in abbondanza ogni settimana a Giuseppe
e a Salomè un’ottima provvista dei pesci più pregiati.
24. E questo avvenimento fu l’unico
degno di rilievo nei due anni, per il resto però fino a quel momento non era
accaduto nulla che meritasse di essere scritto.
[indice]
Il Piccino a cinque anni gioca presso il
ruscello.
Le dodici buche e i dodici passerotti di
fango. Spiegazione dell’immagine.
Scandalo dell’ebreo strettamente osservante
e miracolo del Piccino.
14 agosto
1844
1. Quando il Bambino ebbe compiuto
cinque anni e qualche settimana, andò una volta di sabato presso un ruscelletto
che scorreva non lontano dal podere di Giuseppe.
2. Era una giornata molto serena, e
parecchi bambini vi accompagnarono il piccolo vispo Gesù;
3. infatti tutti i bambini del
vicinato volevano molto bene a Gesù, perché era sempre vispo e sapeva
organizzare una quantità di innocenti giochi infantili.
4. Per tale ragione anche questa
volta i bambini del vicinato Lo seguirono con molta gioia.
5. Quando la piccola compagnia
arrivò al ruscello, il Piccino domandò ai suoi compagni se sarebbe stato
permesso di giocare in un sabato.
6. Ma i bambini dissero: “I bambini sotto i sei anni non sono sotto la
Legge, e noi tutti singolarmente abbiamo ancora a stento sei anni;
7. perciò possiamo ben giocare anche
di sabato; i nostri genitori infatti finora non ce l’hanno mai proibito”.
8. E il Bambino Gesù disse
allora: “Ben detto! Facciamo dunque un gioco!
9. Ma affinché ciò nonostante non
diamo scandalo a nessuno, Io da solo vi mostrerò qualcosa di molto notevole.
10. Voi però intanto dovete stare
tutti molto quieti!”
11. Allora gli altri bambini si
misero a sedere per terra sull’erba abbondante, e stettero tutti tranquilli e
zitti zitti.
12. Il Piccino invece prese un
coltellino tascabile e, sulla via spianata accanto al ruscelletto, scavò dodici
piccole buche rotonde, e poi le riempì con l’acqua del ruscelletto.
13. Dopo di che prese del fango
morbido che si trovava spesso presso il ruscelletto e formò in un attimo
altrettanti dodici uccellini dall’aspetto di passeri, e pose un passero ad ogni
fossetta d’acqua.
14. Dopo che i
passerotti di fango furono così collocati, il Piccino domandò ai compagni se essi sapessero ciò che questo
significava.
15. E quelli dissero: “Che altro, se
non ciò che sono? Dodici buche piene d’acqua e accanto dodici passerotti di
fango!”
16. Ma il Piccino disse: “Sicuro; ma questa immagine significa anche
qualcos’altro di molto diverso!
17. Udite, ve lo voglio spiegare! Le
dodici buche indicano le dodici tribù d’Israele.
18. L’acqua pura in esse è la Parola
di Dio, che è uguale dappertutto.
19. I passeri di fango inanimati
rappresentano invece gli uomini, come sono adesso in generale.
20. Anche costoro stanno accanto
all’acqua viva della Parola di Dio, ma poiché sono troppo terreni, come questi
passeri, così anch’essi, come questi qui, se ne stanno morti ai bacini della
Vita, che sono pieni di Vita;
21. ma non vogliono e non possono
badarci, perché essi sono morti mediante i loro peccati.
22. Ma è per questo che ora viene il
Signore Dio Zebaoth, e nella grandissima tribolazione rianimerà di nuovo questi
uomini morti, ed essi potranno di nuovo levarsi in volo fino alle nuvole del
cielo!”
23. Ma notò questo gioco infantile
un ebreo di passaggio, molto osservante, il quale conosceva Giuseppe. Egli
corse subito in casa e fece un gran clamore davanti a Giuseppe, poiché questi
violava il sabato, permettendo di giocare così ai suoi figli!
24. Giuseppe però andò subito con
lui dai bambini e fece ovviamente solo un finto clamore, a causa dell’estraneo.
25. Disse allora il Piccino: “Anche questa è una grande
tribolazione! E così Io do a voi, passerotti di fango, la vita!- E ora
volatevene via!”.
26. E improvvisamente i passerotti
di fango si alzarono e volarono via. Ma a causa di ciò tutti furono presi da un
febbrile stupore, e l’ebreo osservante non disse poi più nulla. - E questa fu
la prima azione miracolosa del Piccino quando aveva cinque anni.
L’accorrere dei curiosi
di miracoli. Il figlio viziato e litigioso dei vicini punito da Gesù.
Il giudice superiore
viene a giudicare Giuseppe,
ma è minacciato dal
Piccino e se ne torna indietro improvvisamente.
16 agosto
1844
1. In quell’occasione però erano venuti
anche per quella strada parecchi altri ebrei sul luogo dove accadde questo
miracolo,
2. ed essi interrogarono Giuseppe
con grande curiosità, su quello che vi era successo.
3. Vi si erano recati anche dei
vicini di casa, genitori di un certo ragazzo molto attaccabrighe, il quale,
figlio unico, era molto viziato dai suoi genitori.
4. Il Fanciullino Gesù già di
frequente aveva rimproverato a questo ragazzo di sette anni la sua litigiosità,
-
5. ma ciò non aveva giovato molto;
infatti ogni qual volta si presentava una nuova occasione, egli litigava subito
di nuovo e distruggeva subito i giocattoli.
6. Questo ragazzo, che anche quella
volta si trovava fra la compagnia dei bambini, subito dopo questo miracolo
divenne agitato, prese un ramo di salice e disse:
7. “Gran cosa, se questi passeri di
fango sono volati via;
8. io farò volar via subito con
questo ramo anche l’acqua!”
9. Dopo queste parole il ragazzo,
che si chiamava Annas, cominciò a sferzare l’acqua nelle buche, e a spingerla
fuori dalle buche.
10. Allora al divin Bambino scappò la pazienza, ed Egli disse in tono molto
serio:
11. “O sfrontato
insensato cattivo individuo, tu - un diavolo a mala pena ricoperto di carne,
vuoi distruggere quello che Io ho costruito?!
12. O tu misero, che Io posso annientare
col più lieve soffio, vuoi provocarMi e sfidarMi sempre?!
13. Vedi, affinché divenga chiara la
tua insensatezza e la tua cattiveria, inaridisci per tre anni come il ramo con
cui hai scacciato la Mia acqua!”
14. A questa Parola del divin
Bambino il ragazzo malvagio subito si accasciò e inaridì così tanto, che di lui
non si potevano più vedere che pelle e ossa -
15. e divenne così debole che non
poteva più reggersi in piedi, e meno ancora camminare.
16. Allora i genitori col cuore
triste presero il loro bambino inaridito e piangendo lo portarono a casa.
17. Poco dopo essi andarono da
Giuseppe a casa sua, e poi lo citarono davanti al giudice superiore, a causa di
tale azione del suo Piccino -
18. e questo perché Giuseppe non
permise loro di punire il suo divin Bambino per quell’azione.
19. Quando arrivò il giudice
superiore, il Piccino gli corse
incontro e gli domandò:
20. “Perché vieni qui? Vuoi
giudicarMi?!”
21. E il giudice disse: “Non te, ma tuo padre!”
22. E il Piccino disse: “Torna indietro in fretta, altrimenti il tuo
giudizio ricadrà su di te!”.
23. Ma con ciò il giudice si
spaventò cosi tanto, che tornò indietro immediatamente, e poi non volle più
sentir parlare di quella faccenda.
24. E questo fu il secondo miracolo
che il Piccino operò in quello stesso periodo.
[indice]
Giuseppe prende il Bambino con sé lungo i
campi.
Il piccolo Gesù viene urtato con intenzioni
malvagie. La cattiva paga del pastorello.
17 agosto
1844
1. Quando dunque la casa di Giuseppe
fu in tal modo di nuovo a posto, dato che il giudice superiore non accettò più
alcun reclamo su Giuseppe,
2. avvenne, otto giorni dopo, che
Giuseppe dovette andare in un vicino villaggio per prendere visione di un
lavoro.
3. Allora il Piccino volle andare
con Giuseppe, e Giuseppe Lo prese anche con sé più che volentieri.
4. I genitori del ragazzo inaridito
erano però fortemente adirati con Giuseppe e col suo Bambino.
5. Ma Giuseppe, per giungere al
villaggio, doveva passare davanti alla casa dei genitori di questo ragazzo.
6. Mentre Giuseppe col Piccino si
stava dirigendo verso la casa, venne osservato,
7. e il vicino adirato disse a uno dei suoi garzoni, essi pure per
l’appunto molto sfrontati, a quello che di solito gli custodiva le pecore:
8. “Vedi, ecco che viene proprio il
carpentiere con la sua pestifera prole su per il sentiero!
9. Va’ e scendi a tutta forza giù
per il sentiero!
10. E come arrivi al ragazzo a
fianco del carpentiere, urtalo con ogni violenza, così che debba restarne
morto!
11. Che venga poi ad accusarmi il
vecchio briccone, - e allora gli mostrerò la legge, che i ragazzi sotto i
dodici anni non sono responsabili in questioni del mondo!”
12. Quando il pastorello ebbe
sentito questo dal suo signore, e costui gli promise anche una buona ricompensa
nel caso avesse ucciso il Bambino,
13. il ragazzo corse immediatamente
fuori dalla stanza e con grande precipitazione incontro a Giuseppe.
14. In quel momento Annas, il figlio inaridito, disse dal
letto a suo padre:
15. “Oh, vedi, come corre veloce il
pastorello incontro alla sua morte! E quale dolore ciò sarà per i suoi
genitori!?
16. O padre! Questo non avresti
dovuto farlo, poiché ti dico, come lo vedo adesso: Giuseppe è giusto, e santo
il suo Bambino!”
17. Dopo di ché il ragazzo consunto
tacque, e il padre rifletté alle sue parole.
18. Ma in quell’istante il
pastorello raggiunse in tutto furore il Piccino e Lo urtò fortemente alla
spalla.
19. Il Piccino però non cadde e disse tutto eccitato al pastorello:
20. “Questo l’hai fatto per la paga!
Dunque ogni lavoratore è degno della sua paga, e - come il lavoro, così la
paga!
21. Il tuo lavoro era - di
ucciderMi! - Ora sia dunque la morte la tua paga!”.
22. Qui il pastorello si accasciò
improvvisamente e giacque morto.
23. Giuseppe però se ne spaventò
molto; ma il Piccino disse:
“Giuseppe, non temere per Me, poiché quello che è successo qui a un ragazzo,
succederà col mondo intero se ci vuole colpire!”. - Dopo di che Giuseppe
proseguì, e secondo la Volontà del Bambino lasciò il ragazzo morto lì a giacere.
Guai per Giuseppe. Il vicino
arrabbiato ridotto al silenzio.
Preghiera del padre del
pastorello e risposta del Piccino.
19 agosto
1844
1. Ma
quando Giuseppe arrivò al villaggio e vi ispezionò il lavoro,
2. lo seguì nel villaggio anche già
il chiasso [della gente], e specialmente poi da parte del padre del ragazzo
inaridito.
3. E costui cercò subito nel
villaggio i genitori del ragazzo ucciso
e li aizzò contro Giuseppe.
4. E costoro corsero
precipitosamente e disperati da Giuseppe e gridarono:
5. “Vattene da qui col tuo terribile
bambino, in cui ogni parola è un fatto compiuto!
6. Poiché i bambini devono sempre
essere per gli uomini una benedizione dall’Alto;
7. ma il tuo bambino ci è venuto
solo per la maledizione!
8. Perciò vattene da qui, tu
iettatore!”
9. Qui disse il Piccino: “Se è così, che cosa siete mai voi dunque per Me?
10. Non hai detto tu, padre di
Annas, al pastorello di ucciderMi?!
11. Non gli hai perfino promesso un
buon compenso, se Mi avesse ucciso, dal momento che agiva al sicuro non
trovandosi ancora sotto la Legge?
12. E vedi, così pensai dunque
anch’Io dal Mio Spirito precocemente destato:
13. anch’Io per molto tempo ancora
non sono sotto la Legge; perciò voglio dare anche subito al ragazzo il ben
meritato compenso!
14. E se citerai Me o il padre
Giuseppe in tribunale a causa Mia, allora sapremo anche noi spiegarti la Legge!
15. Vedi, così Io ho pensato come te
- e così ho anche agito! Dunque come puoi ora trovare ingiusto in noi il tuo
stesso modo di agire?”
16. A questo discorso del Piccino il
padre del ragazzo inaridito si spaventò enormemente;
17. poiché egli comprese ora molto
chiaramente, che quel Piccino sapeva anche i pensieri e le decisioni segrete
delle persone,
18. e che bisognava dunque guardarsi
bene da Lui.
19. Tutti quelli che gridavano
abbandonarono quindi Giuseppe e il Piccino.
20. Solo il padre del ragazzo ucciso restò davanti a Giuseppe e pianse
per il suo ragazzo e disse: “Non è l’uccidere un’abilità; ma il rendere vivi!
21. Perciò nessuno deve uccidere, se
non sa rendere vivi!”
22. E il Piccino disse: “Questo potrei farlo,
se lo volessi; ma il tuo ragazzo era cattivo, perciò non lo voglio!”. Ma il
padre a queste parole pregò il Piccino. E il Piccino disse: “Domani, ma oggi
no!”.
[indice]
Consiglio di Giuseppe
al padre del ragazzo morto. Giuseppe e il Piccino tornano a casa.
Meravigliosa promessa
del Bambino: “Coloro che, in futuro, come te Mi accoglieranno
spiritualmente nel loro
cuore, quelli saranno anche come mia madre, i Miei fratelli e le Mie sorelle!”.
20 agosto
1844
1. Ma il padre del ragazzo morto ora
non voleva allontanarsi dal Bambino, avendo sentito che Egli avrebbe potuto
rianimare suo figlio.
2. Allora Giuseppe gli disse: “Amico! Io ti dico, non essere invadente;
poiché il Bambino ha il Suo [proprio] Ordine secondo il quale Egli agisce,
3. e tu non Lo costringerai a far
nulla, neppure se tu volessi gridare ancora di più!
4. Ma va’ e porta il ragazzo nella
tua abitazione, e coricalo in un buon letto come un ammalato, e domani poi
starà certo meglio!”
5. A queste parole il padre del
ragazzo morto lasciò allora finalmente Giuseppe e andò a fare come Giuseppe gli
aveva consigliato.
6. Soltanto allora Giuseppe fu
lasciato in pace ed ebbe poi tempo per concludere l’accordo di lavoro col
proprietario della costruzione.
7. Poi Giuseppe si recò di nuovo a
casa e raccontò a Maria, venutagli incontro, a Eudokia e a Salomè, tutto quello
che gli era capitato in quel breve tragitto.
8. Tutte e tre si meravigliarono per
tale malvagità delle persone.
9. Ma il Piccino disse: “Oh, non meravigliatevi per le persone malvagie;
poiché se voleste farlo, ci sarebbe molto ma molto da meravigliarsi nel mondo!”
10. Allora Salomè disse a Maria: “Ma tu, mia nobilissima sorella! Non si
riesce proprio a comprendere!
11. Al divin Piccino basta solo
aprire la santa bocca, e da Lui zampilla direttamente la Sapienza!
12. Come furono di nuovo
terribilmente sapienti e lungimiranti le parole!
13. O tu felicissima Madre di un
tale Bambino!”
14. E il Piccino disse: “E - o tu felicissima Salomè, che hai comprato
una casa per il tuo Signore -
15. e sei ora testimone di come Lui
abita corporeamente in essa!
16. Che differenza è mai tra colei
che Mi custodì per breve tempo nel suo corpo,
17. e la Mia vera padrona di casa,
che Mi custodisce nella sua casa per sempre!
18. Ma se una madre porta un bimbo
nel corpo, che cosa aggiunge lei perché egli diventi vivo, si accresca e poi
venga al mondo?
19. Non è tutto ciò opera di Dio, in
cui la volontà dell’uomo non può nulla?
20. Ma se qualcuno allora accoglie
un bambino nella sua casa e gli dà abitazione, cure e cibo per sempre - di’,
non è questo di più?!
21. In verità Io ti dico: coloro che
in futuro, come te Mi accoglieranno spiritualmente nel loro cuore, quelli
saranno anche come mia madre, i Miei fratelli e le Mie sorelle!”.
22. Queste parole tutti se le
scolpirono nel profondo del cuore, e si recarono poi silenziosi e meditabondi a
casa.
Il pastorello morto
viene risuscitato ed ha paura del santo Piccino.
Il padre gli fa cambiare
idea e dà una giusta testimonianza su Giuseppe e sul Piccino.
L’Amore del Piccino: “Il
Mio Amore è la tua vita per l’eternità!”.
21 agosto
1844
1. Ma il giorno successivo, circa
alla stessa ora in cui il ragazzo aveva urtato il Piccino, egli ritornò di
nuovo in vita nel letto, si alzò e domandò, come chi si desta da un sogno, che
cosa fosse successo, e come mai si trovasse in quel letto.
2. E suo padre lo informò di tutto
quello che era accaduto, e come egli si trovasse lì.
3. Allora il ragazzo divenne pieno di paura e disse: “O padre, quello è un
bambino terribile;
4. lo deve assolutamente evitare
qualunque persona abbia cara la propria vita!
5. Oh, mettimi a servizio lontano da
qui, perché io non mi scontri mai più da qualche parte col terribile bambino in
una circostanza sfavorevole;
6. poiché allora potrebbe di nuovo uccidermi all’istante!
7. Però dal precedente padrone non
ritorno più; poiché lui mi ha indotto al male!”
8. Ma il Padre disse: “Figlio mio, io ringrazio Dio che ora ti ho di
nuovo!
9. Perciò non mi andrai più a
servizio,
10. ti terrò invece con me finché
vivrò!
11. Il Bambino di Giuseppe, però,
non dobbiamo temerLo così tanto come tu pensi;
12. poiché vedi, proprio questo
Bambino ti ha palesemente ridato la vita al tempo predetto!
13. Ma se è così, come potrebbe, il
Bambino di Giuseppe, essere tanto terribile come tu te lo immagini?
14. Vedi, figlio mio, colui che
uccide e non può rendere di nuovo vivi, costui è terribile;
15. ma chi può uccidere senza
sangue, e poi di nuovo rendere vivi, costui non è così terribile come te lo
immagini tu.
16. Ora però vogliamo fare qualcosa
di meglio, - andare là vogliamo, e vogliamo ringraziare il carpentiere per il
tuo risveglio!
17. Infatti lo so già da molto tempo,
che il carpentiere è un uomo più che giusto e timorato di Dio”.
18. A queste parole del padre il
ragazzo abbandonò la sua paura e andò con lui da Giuseppe.
19. Questi però lo incontrò già nel
villaggio, insieme ai suoi quattro figli maggiori e al Piccino, il Quale andava
anch’Egli di nuovo con Giuseppe al villaggio.
20. Quando il ragazzo scorse il
Piccino, si sentì venir meno totalmente;
21. poiché pensava che ora dovesse
già di nuovo morire.
22. Ma il Piccino andò subito Lui stesso dal ragazzo impaurito e gli
disse:
23. “Joras! - Non aver paura di Me;
poiché Io amo te più che il mondo intero!
24. Se infatti Io non ti amassi così
possentemente, allora non avresti riottenuto la vita.
25. Poiché vedi, il mio amore è la tua vita per l’eternità!”.
26. Quando il
ragazzo ebbe udito parlare così il Piccino, fu presto meglio disposto, e restò
poi per tutto il giorno, e giocò col Piccino.
27. E il Piccino mostrò poi anche al
ragazzo una quantità di giochi molto assennati, e il ragazzo ne ebbe
grandissima gioia.
[indice]
La falsa sentenza del
giudice menzognero del villaggio su Gesù. Energica replica di Giuseppe.
I falsi testimoni.
Giuseppe fa una ramanzina a Gesù a motivo della gente.
Il giudice corrotto
diventa cieco all’istante.
Il Bambino si irrita
per Giuseppe, ma poi Giuseppe si pente.
22 agosto
1844
1. Ma quando Giuseppe, il giorno
seguente, andò di nuovo a lavorare nel villaggio con i suoi quattro figli, e il
Piccino con lui,
2. venne allora da lui un giudice del villaggio e disse:
3. “Ascolta, tu carpentiere! - Non è
cosa lodevole, che porti il tuo fanciullino sempre con te;
4. poiché in primo luogo egli ha
un’emanazione venefica, e in secondo luogo i bambini che tocca, presto si
ammalano,
5. oppure muoiono presto, o presto
diventano ciechi o sordi!”
6. Quando Giuseppe sentì tale menzogna, mise da parte l’ascia e disse al
giudice:
7. “Porta qui i testimoni che
subirono questo male tramite il mio innocentissimo ragazzo Gesù,
8. e voglio andare con loro al
Tempio, e appianare con loro la faccenda davanti al sommo sacerdote di Dio!”
9. Ma questo giudice era corrotto
dal padre del ragazzo inaridito
10. e cercava perciò il modo di
rendere sospetto quanto più possibile il ragazzo di Giuseppe.
11. Il giudice però, a queste parole di Giuseppe andò via, e radunò in
breve tempo nel villaggio una quantità di bambini affetti da gravissime
infermità, e li condusse da Giuseppe.
12. E arrivato lì, gli disse: “Ecco,
vedi un po’ qua, di tutto questo dobbiamo ringraziare il tuo venefico bambino!
13. Vedi, questi bambini hanno
visitato spesso il tuo bambino e hanno giocato con lui;
14. e vedi, eccone gli splendidi
frutti! - Risparmia perciò il nostro villaggio e tieni nondimeno la tua peste a
casa!”
15. Quando Giuseppe ebbe sentito questo dal
giudice, andò in collera, prese da parte il Piccino, Gli parlò come in
coscienza e disse:
16. “Perché dunque fai queste cose?
Vedi, costoro ne soffrono e ci odiano e ci perseguitano per questo!”
17. Ma il Piccino disse invece a Giuseppe: “Le parole che hai detto
adesso, non vengono da Me, ma da te;
18. poiché tu ora hai detto le
parole del giudice, che è un mentitore, e non le Mie parole, che sono
eternamente vere!
19. Ma Io voglio tuttavia tacere di
fronte a te e non farti un rimprovero per le parole prese a prestito;
20. però questo giudice corrotto può
sopportare la giusta punizione per questa sua accusa!”
21. E subito il Giudice fu
completamente cieco. - Ma tutti coloro che erano col giudice, si presero un
fortissimo spavento per tale azione.
22. Parecchi di loro ne furono sconvolti e gridavano:
23. “Fuggiamo al più presto da qui!
Poiché ogni parola dalla bocca di questo bambino è un fatto compiuto!”
24. Ma poiché ora Giuseppe vide
anche che il giudice era cieco, e per questo gli avrebbe causato sicuramente
molte angherie,
25. allora si accalorò egli stesso
col Piccino, Lo prese un poco per un orecchio e Glielo tirò per punirLo, a
causa della gente.
26. Ma il Piccino ne fu irritato
e disse molto seriamente a Giuseppe:
27. “Ti sia sufficiente che loro
cerchino, e tuttavia non trovino ciò che cercano!
28. Tu però stavolta non hai agito
saggiamente! - Non sai dunque che Io sono tuo?!
29. Ma perché vuoi turbarMi se sono
tuo? - Oh, non continuare più a turbarMi, poiché sono tuo!”.
30. Ma Giuseppe scorse presto il suo
errore, prese il Piccino e Lo strinse al cuore. – Ma tutti i presenti presto si
dispersero per la grandissima paura del Bambino.
Il maestro Piras Zaccheo desidera avere il
prodigioso Bambino nella sua scuola per acquistare fama.
Giuseppe consiglia al maestro di fare una
prova. Gesù svergogna il maestro ipocrita.
23 agosto
1844
1. Dopo un
periodo di circa tre lune, quando Giuseppe ebbe finito il lavoro nel villaggio,
un certo Piras Zaccheo venne dalla città in visita a Giuseppe, e così fece anche
per la prima volta personale conoscenza col Bambino, del Quale aveva già
sentito parecchie cose.
2. Egli però segretamente veniva
apposta per il Piccino.
3. Infatti questo Piras Zaccheo era
in città un secondo maestro, che aveva poco da fare, e tuttavia aveva una
grandissima opinione della propria sapienza.
4. Ma perché dunque egli veniva
segretamente da Giuseppe a causa del Piccino?
5. Perché pensava: “Quello deve
essere un ragazzo pieno di talento;
6. voglio portarlo a scuola da me perché,
con i suoi rapidi progressi, la mia scuola acquisti fama più di quella del mio
rivale!”
7. Egli si occupò dunque
principalmente del ragazzo Gesù, Lo interrogò su parecchie cose ed ottenne
sempre la più valida risposta, del che si meravigliò altamente.
8. Quando ebbe così esaminato il
Fanciullino, egli (Piras Zaccheo) si
rivolse a Giuseppe e gli disse:
9. “Fratello, il piccolo ha certo
un’intelligenza straordinaria per la sua età. In verità, tu hai davvero un
fanciullino molto savio!
10. Peccato però che ancora non
sappia leggere, né scrivere le lettere dell’alfabeto!
11. Non vorresti dunque mandarlo a
scuola da me, perché con me impari a leggere le lettere dell’alfabeto e a
scrivere?
12. E poi voglio insegnargli anche
ogni altra scienza, che impari a salutare gli anziani e li onori come nonni e
padri!
13. E - sai, che impari anche ad
amare i suoi compagni di gioco, con i quali sarebbe stato già spesse volte
molto impietoso!
14. E che apprenda infine anche la
Legge di Mosè, a conoscere la storia del Popolo di Dio e la Sapienza di Dio nei
profeti!”
15. E Giuseppe disse al maestro: “Bene, amico e fratello mio! Ma prima
ancora che tu prenda questo mio Ragazzo nella tua scuola, fai una piccola prova
qui, in presenza dei diversi testimoni che oggi sono da me!
16. Recitagli tutte le lettere e
spiegaGliele chiaramente; poi interrogaLo,
17. e poi, da
quanto il Ragazzo avrà tenuto a mente della spiegazione, potrai giudicare nel
modo più sicuro quale talento abbia!”
18. E il maestro fece subito così.
Egli recitò al Ragazzo chiaramente le lettere dall’alfa all’omega, e ne spiegò
anche i segni come meglio gli fu possibile.
19. Ma Gesù guardava il maestro con tanto d’occhi, e quando questi Lo
interrogò, gli disse:
20. “O tu ipocrita di un maestro! -
Come vuoi insegnare agli scolari la beta, tu che ancora non hai mai conosciuto
l’alfa nel suo significato?!
21. Spiegami l’alfa secondo la vera
sapienza, e allora vorrò crederti su quello che dirai della beta!
22. Ma perché tu sappia che Io non
ho bisogno di imparare da te le lettere e la loro forma e il loro significato,
voglio spiegarlo Io a te, e mostrarti il vero significato delle lettere!”
23. Qui il piccolo Gesù cominciò ad
esporre dettagliatamente al maestro tutto stupefatto l’intero alfabeto, e
intanto lo interrogava anche diligentemente su quanto avesse compreso.
24. Ma ogni risposta del maestro
risultava così sciocca e sommamente incompleta, che tutti i presenti
scoppiavano per questo in alte risate.
25. Ma scoprendo il maestro una tale stupefacente
sapienza nel Bambino, e come egli ne fosse stato svergognato, allora si alzò e
disse ai presenti:
26. “O guai a me povero, ora sono
tutto confuso! - Da me stesso mi sono procurato vergogna, derisione e danno,
volendo portare questo fanciullino nella mia scuola.
27. O fratello Giuseppe, togli via
da me il ragazzo; poiché non posso più sopportare la severità del suo sguardo e
l’acutezza del suo linguaggio!
28. In verità, questo fanciullino
non è nativo della Terra! Con la sua sapienza deve certo saper domare il fuoco
e l’acqua!
29. Che io divenga pazzo per sempre,
se non è nato molto prima della creazione del mondo! - Lo saprà Jehova quale
corpo materno lo ha portato e quale grembo lo ha nutrito!
30. Guai a me!
- Io sono già un pazzo; venni qui per procurarmi uno scolaro, e vedi, ho
trovato un maestro, il cui spirito non sarò mai in grado di emulare! - O amici,
provate vergogna con me! - Un vegliardo fu preso in giro da un fanciullino, –
questa è proprio la mia morte!
31. Perciò, o Giuseppe, togli via da
me il ragazzo; poiché egli deve essere qualcosa di potente, o un Dio o un
angelo!”.
32. Ma tutti i presenti cominciarono
ora a consolare il maestro; poiché egli faceva loro pena a causa del suo grande
imbarazzo. -
[indice]
Gesù fa intravedere a Piras Zaccheo la Sua
missione.
Effetto salutare delle parole di Gesù e
meditazione di Piras Zaccheo.
Gesù ‘professore di storia naturale’: “Dov’è
l’alto e dov’è il basso?”.
24 agosto
1844
1. Ma quando Gesù ebbe sentito tali lamenti di Piras Zaccheo, sorrise e disse:
2. “Ora le tue stoltezze devono
portare frutto, e devono diventare vedenti coloro che erano di cuore cieco!
3. E così odi dunque, tu stolto, tu
per cui Dumas è come una spina nell’occhio!
4. Vedi, Io sono dall’Alto, per maledire gli uomini in quanto di mondo è in
loro,
5. poi però richiamo ciò che è in
Alto, secondo l’incarico di Colui che è in Me, sopra di Me e sopra di voi,
6. il Quale Mi ha mandato da Sé in
Me, affinché voi siate liberati!”
7. Dopo questo
discorso del Bambino Gesù, guarirono nell’intera zona circostante tutti coloro
che erano affetti da qualsiasi infermità.
8. Così pure furono liberati tutti
coloro in cui il lato mondano era stato colpito, di quando in quando, dalla
maledizione del piccolo Gesù, eccetto il ragazzo inaridito.
9. Questi, a motivo del proprio
padre, dovette trascorrere i tre anni prestabiliti sotto la maledizione del
Fanciullino. -
10. Ma Piras Zaccheo si alzò e
andò fuori all’aperto con Giuseppe, e là gli disse:
11. “Fratello, ora siamo all’aperto
e nessuno ci ascolta!
12. Ti prego, carissimo fratello, di
farmi sapere come stanno le cose riguardo al ragazzo;
13. poiché egli, come ho già
osservato, non è assolutamente un bambino naturale!”
14. Ma Giuseppe disse a Piras Zaccheo: “Amico, vedi, se volessi parlare
della natura del mio Fanciullino, non finirei neanche in molti giorni.
15. Inoltre poi il Bambino non
permette neppure a me di spiattellare i segreti altrui, se anche così mi
piacesse.
16. Vedi, ecco appunto il
Fanciullino che viene verso di noi!
17. Abbi coraggio e amore per Lui,
ed Egli ti farà sapere tutto quello che ti è salutare!”
18. E il maestro trovò presto coraggio e amore per il Piccino. E quando
Egli gli fu proprio accanto, allora Lo interrogò, dicendo:
19. “Tu meraviglioso, amatissimo ragazzino
del mio cuore! Non vorresti dunque spiegarmi meglio, secondo quale Potenza in
te tu fai tutte queste cose, che io ora ho visto di te e anche udito?”
20. E il Fanciullino sorrise e disse: “Sai tu, uomo dotto, dov’è l’alto e dove il basso?
21. Poiché vedi, la Terra è rotonda
come una sfera, e tutt’intorno abitano uomini e creature.
22. Quali sono che abitano in basso, e quali in alto? E la Terra gira giornalmente attorno al proprio centro, e tu
giornalmente vieni portato in giro per circa quattromila miglia, - dì, quando
sei in alto, e quando in basso?”
23. Qui il maestro fece una faccia
completamente sbalordita per tali cose inaudite, e non sapeva che cosa dire.
24. Ma il Piccino rise per la sciocca faccia di Piras Zaccheo e gli disse:
25. “O tu dotto! Che cosa mai vuoi
insegnare allora, se non sai che soltanto la
luce qua è determinante!?
26. Dov’è luce – là è l’alto; dove invece è notte – là è il basso!
27. Anche da te però è ancora notte,
perciò tu sei in basso. Io invece sono sempre stato all’apice della Luce; perciò tu nella tua notte potrai comprendere
la Mia natura di Luce altrettanto poco, quanto poco ci possono vedere gli
antipodi, che adesso hanno la notte”. - Poi il Piccino corse via.
28. Ma Piras Zaccheo disse allora a Giuseppe: “Eccoci serviti! Adesso ne so
quanto prima. Strano discorso del ragazzo! - Lasciami solo ora, ci voglio
riflettere!”. E Giuseppe lasciò il maestro solo nel giardino.
Pensieri del maestro sul Ragazzo. Gesù mette
in guardia il maestro.
Gesù Luce dei pagani e Giudizio degli Ebrei.
Il maestro in fuga.
26 agosto
1844
1. Un’ora intera Piras Zaccheo rifletté sulle parole del Piccino, ma da nessuna parte
trovò un argomento risolutivo.
2. “Che cosa mai può essere questo
ragazzo?” diceva di frequente tra sé.
3. “È forse addirittura Elia, che
deve venire ancora una volta?
4. Oppure è Samuele, o un qualche
altro grande profeta riapparso?
5. Egli nacque a Betlemme, da lì non
viene alcun profeta!
6. Da lì invece deve bensì venire il
Messia!
7. È forse questo ragazzo addirittura
il Messia stesso?!
8. Della stirpe di Davide deve
essere! - Giuseppe deve certo essere un vero discendente di Davide,
9. ovviamente senza una rigorosa
prova credibile.
10. La cosa all’apparenza è molto
plausibile;
11. ma senza documentazione storica,
chi può accettarla come sicuramente fondata e crederla?!
12. E tuttavia si è quasi costretti
ad accettarla così, a causa del ragazzo.
13. Però la lettera di franchigia
romana dice di nuovo tutto il contrario;
14. poiché il Messia dovrà pur
essere un acerrimo nemico dei Romani!
15. Ma come potrà esserlo, con una
tale amicizia con i Romani, i quali lo hanno fatto loro cittadino?! -
16. Potrà diventare col tempo un
grande generale di Roma, un Messia per i pagani;
17. ma per noi una spada a doppio
taglio, che ci manderà in rovina!
18. Se io ne informassi i sommi
sacerdoti, - in verità, ciò potrebbe portarmi grandi vantaggi!?”
19. Qui il Piccino ritornò nel giardino con Giacomo e si avvicinò al
maestro e gli disse:
20. “Piras Zaccheo! - Fatti
passare la voglia di rivelarMi prima del tempo ai sommi sacerdoti;
21. poiché in tal caso già al terzo
passo ti sorprenderà la morte!
22. La Mia potenza l’hai
sperimentata; fa’ dunque che ciò ti sia di buon monito!
23. Quello però che hai detto a te
stesso su un Messia per i pagani, dovrà avere un fondamento!
24. Poiché così anche sarà: una Luce
ai pagani e un Giudizio ai giudei e a
tutti i figli d’Israele!”
25. Qui il maestro si sdegnò e disse: “Se è così, allora vattene da noi e
va’ dai pagani!”
26. Ma il Piccino disse: “Io sono un Signore e faccio quello che voglio; e
tu non sei uno che qua abbia da comandare qualche cosa!
27. Perciò taci e vattene da qui,
altrimenti Mi costringerai ancora a colpirti!”.
28. Quando Piras Zaccheo ebbe
sentito questo dal Fanciullino, si alzò in fretta e fuggì da lì in città.
29. E Giuseppe si liberò così di un
ospite importuno e attese poi di nuovo alle proprie occupazioni.
[indice]
I vicini di casa e i loro figlioli stanno
volentieri in casa di Giuseppe. I bambini sulla terrazza.
Zenone si rompe l’osso del collo. La
resurrezione del morto.
Testimonianza di Zenone su Gesù. Ammonimento
di Gesù a Zenone.
27 agosto
1844
1. Ma dopo qualche tempo l’amore
attirò tuttavia di nuovo da Giuseppe i bambini del vicinato, così come i loro
genitori,
2. e ciò particolarmente nelle
vigilie di sabato (venerdì), in cui, specialmente di pomeriggio, si lavorava
poco o nulla.
3. In una di queste vigilie del
sabato arrivarono lì parecchi vicini con i loro figli.
4. Le bambine trovavano la più
amabile compagnia nelle cinque bambine di Cirenio, che erano molto affabili e
belle e laboriose, e possedevano davvero molte conoscenze in tutte le cose.
5. Ma per i ragazzi il piccolo,
vispo Gesù era comunque superiore a tutto;
6. infatti in primo luogo Egli
insegnava loro parecchi giochi estremamente assennati, che divertivano molto i
ragazzi;
7. e in secondo luogo Egli
raccontava loro spesso come parabole delle storielle così commoventi, che i
piccoli fanciulli stavano lì tutt’occhi e tutt’orecchi.
8. Ma questa volta, poiché in
seguito a una precedente pioggia torrenziale il suolo era un po’ umido, fu
scelto come posto per giocare la terrazza (solaio della casa privo del tetto e
cinto da parapetti).
9. Per un certo tempo ci fu molta
quiete; infatti il piccolo Gesù raccontava parecchie storielle molto
avvincenti.
10. Ma più verso sera ci fu maggior
vivacità sulla terrazza; Gesù infatti aveva sistemato un piccolo gioco di dadi,
e così c’era spesso da saltare un po’.
11. Ma fra i dodici ragazzi presenti
si trovava un certo Zenone; questi
era un accanito scommettitore e voleva togliere ai suoi compagni di gioco, con
ogni sorta di pantomime da rompicollo, gli spiccioli di risparmio che essi
avevano con sé.
12. Una tale pantomima egli la
inscenò anche qui, e consisteva nello scommettere undici monete, e cioè contro
la Volontà del Signore Gesù,
13. e precisamente sul fatto che
sarebbe riuscito a fare tre giri sulla balaustra della terrazza senza perdere
l’equilibrio.
14. Se avesse compiuto felicemente
il giro per tre volte, gli altri undici bambini che stavano a vedere, alle
undici monete ne avrebbero dovuto aggiungere altre undici;
15. se egli invece avesse perso
l’equilibrio e fosse caduto, avrebbe perso le sue undici monete.
16. Gli altri ragazzi
acconsentirono, e Zenone saltò subito sulla balaustra, ebbe subito un piccolo
capogiro, perse l’equilibrio, cadde subito a terra dall’altra parte, si ruppe
l’osso del collo e restò così anche morto all’istante.
17. Allora i genitori del ragazzo
morto, pieni di dolore e d’ira, salirono di corsa sulla terrazza, afferrarono
Gesù e lo volevano malmenare.
18. Ma Gesù si svincolò da loro, corse giù dal ragazzo morto e là gridò
forte:
19. “Zenone! Alzati e testimonia di
Me davanti ai tuoi ciechi genitori, se Io ti ho gettato giù e ucciso!?”
20. Qui il ragazzo morto subito
si alzò e disse:
21. “O Signore! Mai Tu mi hai gettato giù e ucciso,
22. bensì la colpa fu della mia
avidità di lucro e della mia infame fretta!
23. Ma avendomi ucciso tale mio
peccato, allora sì o Signore, Tu venisti da me, e mi ridonasti la vita!”.
24. Quando i genitori di Zenone
sentirono tale testimonianza, subito caddero in ginocchio davanti a Gesù e
adorarono la Forza di Dio nel Bambino Gesù.
25. Ma Gesù disse a Zenone: “Fa’ però che ciò ti serva di lezione, e in
avvenire astieniti da simili giochi che portano in sé la morte, e rifletti a
come Io te l’abbia sconsigliato!”
26. I genitori di Zenone piansero
per la grande riconoscenza, e si recarono poi a casa.
27.
(D’altronde però questa fu un’allusione profetica al futuro Giuda Iscariota,
com’è facile riconoscere).
I vicini chiedono consiglio a Giuseppe in
quanto amico di Cornelio.
Gesù
ammonisce Giuseppe a non essere imprudente.
Sguardo nel divino Governo del mondo: “Come
il popolo, così il suo governo!”.
Gesù mostra Chi è il
Signore!
28 agosto
1844
1. Un’altra volta, giusto di nuovo
in una vigilia di sabato, vennero nuovamente da Giuseppe parecchi vicini con i
loro figli, per consigliarsi con lui su certe questioni che li opprimevano;
2. questi vicini infatti sapevano
che Giuseppe era in ottimi rapporti col governatore.
3. Ma in questo periodo Giuseppe
ricevette anche una lettera da Tiro, e cioè da Cirenio. Questi, non appena
rientrato a Tiro da Roma, si informava della salute di Giuseppe e soprattutto
del piccolo Gesù.
4. I vicini però non sapevano di
questa lettera,
5. e neppure che Giuseppe fosse un
così grande amico del governatore Cirenio.
6. Giuseppe voleva tirar fuori la
lettera, e voleva in tal modo dare ai vicini un sicuro conforto,
7. volendo mostrare loro con questo,
che egli stesso si sarebbe adoperato vigorosamente per loro presso il
governatore, contro il re mercenario, -
8. e ciò con l’esito migliore e
tanto più sicuramente, in quanto Eudokia, così come le cinque bambine,
appartenevano interamente a Cirenio.
9. Ma allora il Piccino parlò svelto a Giuseppe e disse con grande impeto:
10. “Giuseppe, Giuseppe! Non farlo
mai, poiché Io sono il Signore!
11. Se mostrerai la lettera, Io
percuoterò la Terra; poiché sono Io il Signore anche su Roma - e non Cirenio! -
e non Augusto Cesare! -
12. Io ti dico: se il popolo fosse
migliore del re mercenario, saprei ben Io dove trovare Archelao!
13. Ma poiché il popolo non è
neppure minimamente migliore di lui, deve dunque sopportare il suo proprio peso
nel re mercenario, il quale è un avaro come l’intero popolo!
14. Non fu detto: ‘Occhio per
occhio, dente per dente’, eccetera? Così è anche detto: ‘Avarizia per avarizia
e invidia per invidia!’
15. Per cui
Archelao è certo un vero medico per questo popolo duro di cuore; e dovrà
rimanere, così com’è, sino alla propria fine!”
16. Questo discorso indispettì i vicini, ed essi dissero:
17. “Questo sarebbe per noi un bel
patrono di un Messia!
18. Noi ci rimprovera, e loda invece
il pagano Archelao!”
19. Ma il Piccino batté il suolo col calcagno e disse:
20. “Terra, trema, perché i tuoi
ciechi figli sappiano che sono Io il
tuo Signore!”
21. E improvvisamente dal punto
battuto scaturì fuoco, e il terreno tremò violentemente.
22. Allora tutti i presenti si
spaventarono e dissero: “Ma che cos’è mai il bambino?! Poiché trema la Terra
davanti a lui!
23. Andiamocene da qui; perché non è
bene stare accanto a questo bambino!”. - E tutti quanti presto lasciarono
Giuseppe e se ne fuggirono. - E così Giuseppe fu di nuovo salvato da un grande
pericolo.
[indice]
Gesù a sei anni
resuscita dalla morte il servo di Salomè dopo un incidente.
Gesù istruisce il
giovanotto. Gesù si sottrae alla lode degli uomini.
29 agosto
1844
1. Quando Gesù aveva già compiuto i
sei anni di età, una volta Salomè aveva fatto abbattere un albero già guasto, e
lo fece poi tagliare in pezzi e spaccare dai suoi domestici, per ricavarne
legna da ardere.
2. In quell’occasione un giovane domestico puntò molto sulla
propria diligenza, e disse agli altri suoi tre compagni:
3. “Lasciate solo a me questo lavoro
di spaccare la legna, e riuscirò a sbrigarmela con l’intero albero, così presto
come voi tre assieme!”
4. E gli altri domestici gli
lasciarono volentieri quest’onore.
5. Egli allora prese la sua scure
affilata e si diede a menar colpi con grande zelo.
6. Ma in tale suo zelo diede anche
un colpo sbagliato, e anziché il legno, colpì il suo piede destro e lo spaccò
in due dalle dita al tallone.
7. Allora si accasciò a terra e
gridò aiuto, e tutti quanti si affollarono intorno a lui, e nessuno aveva
qualche cosa per bendargli il piede.
8. E così il giovanotto si dissanguò
presto e poi morì.
9. Allora anche la casa di Giuseppe
se ne accorse, per i lamenti e le grida nella vicina casa di Salomè.
10. E Gesù corse là in fretta e penetrò fino al domestico già morto,
attraversando la folla che gli era attorno.
11. Quando giunse accanto al morto,
gli afferrò prontamente il piede spaccato, lo compresse saldamente e lo guarì
all’istante.
12. Quando il piede fu guarito in
questa maniera, Egli gli prese la mano e disse:
13. “Ascolta, tu vanitoso
giovanotto! - Io ti dico: alzati e continua a spaccare la tua legna!
14. Ma per il futuro lascia da parte
la tua vanità e non voler mai fare più di quanta forza possiedi,
15. così per il futuro ti
preserverai facilmente da simili incidenti!
16. Poiché anche i tuoi compagni
hanno la loro forza per lavorare da Dio, e tu non devi svergognarli in nessuna
occasione!
17. Se invece un qualche tuo
compagno fosse intenzionalmente pigro e svogliato, sarà il Signore a trovarlo,
-
18. a te però non deve mai più
succedere, che per uno zelo esagerato e vano, tu ne divenga così il giudice!”
19. Qui il giovane domestico si rialzò
in piene forze e continuò a spaccare la sua legna.
20. Ma tutti i presenti caddero
in ginocchio davanti al ragazzo Gesù e dissero:
21. “Lode e onore in Te alla forza
di Dio; poiché il Signore T’ha colmato già precocemente di tutta la Forza
divina!”.
22. Ma Gesù corse lesto di nuovo a
casa, poiché Egli non voleva la lode degli uomini.
Gesù rompe la sacra anfora di Maria.
Preoccupazioni di una fanciulla.
Gesù porta l’acqua alla
madre nel Suo mantello. La reliquia di Maria era per Gesù una spina
nell’occhio.
La fanciulla riceve una
correzione.
31 agosto
1844
1. Ma Maria aveva ancora l’anfora
con la quale era andata a prendere l’acqua, quando l’angelo le portò il
santissimo annuncio.
2. Ella teneva moltissimo a
quest’anfora, anzi era per lei un vero e proprio oggetto sacro.
3. Addirittura non vedeva volentieri
che qualcuno prendesse da bere da quest’anfora.
4. Una volta, però, circa otto
giorni dopo che fu operato il miracolo presso Salomè, Maria era sola in casa con Gesù.
5. Ella era occupata a pulire alcuni
capi di biancheria e per questo ebbe bisogno di acqua fresca.
6. Andò quindi da Gesù e Gli disse:
“Andresti volentieri a prendermi un’anfora piena d’acqua fresca?
7. Eccoti perfino l’anfora da Te
santificata!”
8. Gesù prese l’anfora e con essa
corse al pozzo, dove Giuseppe stava appunto lavorando a qualcosa con gli altri
figli.
9. Ma Gesù al pozzo urtò un po’
duramente con l’anfora contro una pietra, e l’anfora fu a terra in molti cocci.
10. Vide ciò una fanciulla e disse: “Ahimè, ahi, ahi! Se ne vedranno delle
belle; ora la sacra anfora della padrona di casa è andata! - Ma Tu, caro Gesù,
perché non sei stato più attento?
11. No, - qua però la Madre se la
prenderà; neh, neh, hai da stare allegro Tu!”
12. Questo però apparentemente fece
un po’ arrabbiare Gesù, ed Egli disse
alla fanciulla:
13. “Che ti importa di quello che
faccio?! - Vedi, invece, di finire la tua filatura!
14. Malgrado l’anfora rotta, Io
porterò tuttavia a Maria acqua fresca nella giusta quantità”.
15. E la fanciulla disse: “Vorrei proprio vedere come si può portare in
casa dell’acqua fresca senza un’anfora!”
16. Qui Gesù subito prese il suo
piccolo mantello rosso, ne riunì i bordi e ci versò dentro l’acqua e la portò,
senza perderne una goccia, in casa da Maria!
17. Tutti però gli andarono dietro
fino a casa, a motivo del miracolo.
18. Quando Maria vide questo, si turbò e disse: “Ma Bambino, che è successo
dunque all’anfora?”
19. E Gesù disse: “Vedi, già da molto tempo essa era per Me come una
spina in un occhio! Per questo misi alla prova la sua forza miracolosa con una
pietra, -
20. e vedi, non ve n’era alcuna in
essa e per essa; perciò si ruppe anche subito in pezzettini!
21. Io però ritengo che dove Io sono, dovrei pur valere di più che
una così sciocca anfora, che non è minimamente migliore di qualsiasi altra!”
22. A queste parole Maria non disse più nulla, e se le scrisse
profondamente nel cuore.
23. Ma anche la ragazza allora non
disse più nulla; infatti voleva bene a Gesù.
24. E Gesù disse a lei: “Vedi, così mi piaci
di più di quando muovesti la lingua senza necessità!”. E la fanciulla fu
contenta di questo piccolo rimprovero, e continuò poi con diligenza a dipanare
il suo filo.
[indice]
I miracoli cessano per
due anni. Carestia in Palestina. Giuseppe semina nel settimo mese.
Gesù,
che ha otto anni, mette Lui stesso il seme nel terreno.
La
miracolosa benedizione. Giuseppe distribuisce il raccolto ai vicini.
È
meglio l’amore che la lode. Guarigione del ragazzo inaridito.
31 agosto
1844
296.
Dopo questo fatto prodigioso
Gesù si mantenne tranquillo per due anni, e ubbidiva in tutto a Giuseppe e a
Maria.
2. Ma nel Suo ottavo anno si
registrò un’annata pessima per il raccolto; infatti sopravvenne una grande
siccità e tutta la semente si disseccò.
3. Era già il
settimo mese, e da nessuna parte appariva qualcosa di verde; più volte si
dovette macellare il bestiame, oppure si dovette far venire a caro prezzo fieno
e cereali dall’Egitto e dall’Asia Minore.
4. Lo stesso Giuseppe viveva per lo
più dei pesci che Gionata gli faceva pervenire tutte le settimane, e foraggiava
i suoi animali domestici con foglie di giunco, che pure gli mandava lo stesso
Gionata.
5. Soltanto nel settimo mese
comparvero delle nubi, e cominciò a cadere periodicamente una scarsa pioggia.
6. Allora Giuseppe disse ai suoi quattro figli maggiori: “Attaccate i buoi
all’aratro, e nel Nome del Signore vogliamo seminare nella terra un po’ di
grano.
7. Chissà, forse il Signore
nondimeno lo benedice, dato che ci è pur lecito considerare nostro Figlio e
Fratello Colui che Egli ha mandato nel mondo!
8. È vero che Egli ora già da due
anni non ha più fatto alcun segno attraverso di Lui, così che per questo già ci
siamo letteralmente dimenticati della Sua Sublimità!
9. Ma chissà anche, che questo
cattivo anno non sia una conseguenza della nostra dimenticanza, verso Colui che
così santo venne a noi dall’Alto?”
10. Qui Gesù, che ora aveva 8 anni, si avvicinò a Giuseppe e disse: “Bene,
padre Giuseppe! – Finora non Mi avete mai dimenticato; ma perciò voglio venire
con te a mettere il grano nei solchi!”
11. Giuseppe se ne rallegrò
moltissimo, e Maria e tutti in casa
dissero:
12. “Sì, sì, dove il caro Gesù
seminerà, là sicuramente si avrà un ricco raccolto!”
13. E Gesù disse, sorridendo: “Di questa opinione sono anch’Io. In
verità, nemmeno un seme dovrà cadere invano da Me nel terreno!”
14. Dopo di che andarono ad arare e
a seminare. Giuseppe seminava dietro l’aratro a sinistra, e Gesù a destra.
15. E così il campo in una mezza
giornata fu lavorato nel modo migliore.
16. Poco dopo cadde un’abbondante
pioggia, e il grano gettò un robusto germoglio e, quale frutto estivo, in tre
mesi giunse alla molto desiderata maturazione.
17. Ma allora si evidenziò che le
spighe che il ragazzo Gesù aveva seminato dalla parte destra, avevano
addirittura cinquecento chicchi, mentre quelle di Giuseppe avevano solo da
trenta a quaranta chicchi.
18. Di questo tutti si erano molto
meravigliati, ma quando il frumento venne poi trebbiato sull’aia, soltanto
allora si mostrò davvero nella sua piena misura la benedizione di Dio;
19. infatti da un moggio (settanta
misure) che era stato seminato, vennero esattamente mille moggi di raccolto: un
raccolto che nessuno mai aveva ancora sperimentato!
20. Ma poiché Giuseppe aveva ora una
tale sovrabbondanza, ne tenne per sé settanta moggi, e novecentotrenta moggi li
suddivise tra i vicini.
21. E così con questa prodigiosa
mietitura fu dato aiuto a tutti i dintorni.
22. E vennero allora molti vicini e
lodarono e glorificarono la Forza di Dio nel Ragazzo Gesù.
23. Questi però li esortò all’amore
verso Dio e verso il loro prossimo, e disse a ciascuno: “L’amore è meglio che
la lode, e un retto timor di Dio ha
più valore dell’olocausto!”. – In questo tempo anche il ragazzo inaridito
ritornò sano.
Giuseppe e Maria decidono di mandare Gesù,
che ha quasi dieci anni, da un maestro.
Difficoltà nella lezione. Il maestro
colpisce il Ragazzo, ma diventa muto e folle.
Il Fanciullo Gesù ritorna a casa.
2 settembre
1844
1. Da quel momento in poi il
Fanciullino Gesù non fece di nuovo più alcun segno, ma era come tutti gli altri
figliuoli degli uomini!
2. Soltanto
stava volentieri accanto a Giuseppe, quando questi costruiva degli attrezzi
come: aratri, gioghi, sedie, tavoli, letti e altre cose simili, e allora a
Giuseppe mai nessuna cosa riusciva male.
3. Ma poiché il Fanciullino andava
già per i dieci anni e non voleva più affatto distinguerSi dagli altri bambini,
4. allora Giuseppe disse una volta a Maria: “Vedi, la gente qui intorno parla
male di noi, dicendo che lasciamo crescere Gesù così completamente senza
istruzione scolastica, mentre possiede tuttavia dei talenti e delle attitudini
così splendidi!
5. Io so bene che Gesù non ha
necessità di istruirsi alle scuole del mondo;
6. ma per chiudere la bocca ai
vicini, vorrei tuttavia mandarLo da un maestro.
7. E poiché adesso in città sono
state aperte due nuove scuole, ed entrambi i maestri devono essere molto bravi,
così vorrei provare con l’uno o con l’altro!
8. Maria vi acconsentì; anch’ella
infatti ne vedeva l’apparente necessità.
9. E Giuseppe prese con sé Gesù e lo
condusse dal primo maestro.
10. Questi prese subito in consegna
il Fanciullino e disse a Giuseppe: “Per prima cosa, essendoci fra noi molti
greci, egli deve imparare il greco, e solo dopo l’ebraico.
11. Conosco bene le singolari
peculiarità di questo bambino e ho un poco paura di lui.
12. Voglio fare tuttavia ciò che
sarà giusto; solo devi affidarmi completamente il ragazzo!”
13. Giuseppe vi acconsentì e lasciò
Gesù completamente in casa del maestro.
14. Per tre giorni Gesù godette qui
della consueta libertà; solo al quarto giorno il maestro Lo prese in classe.
15. Là egli Lo condusse alla
lavagna, scrisse davanti a Lui l’intero alfabeto e cominciò a spiegarlo.
16. Dopo averlo spiegato tutto
alcune volte, domandò a Gesù che cosa se ne ricordasse.
17. Ma Gesù fece come se non sapesse
nulla di quanto era stato spiegato, e non diede al maestro alcuna risposta.
18. E il maestro afflisse il Ragazzo
e se stesso per tre giorni, e non ottenne mai una risposta.
19. Ma al quarto giorno s’irritò, e
ingiunse al Ragazzo Gesù di rispondergli, sotto minaccia di una provetta
punizione.
20. Allora il Ragazzo disse a lui: “Se tu in verità sei un maestro, e se conosci
realmente le lettere dell’alfabeto, indicaMi il vero significato fondamentale
di Alfa, e Io ti farò sapere quello di Beta!”
21. Al che il maestro si arrabbiò e
colpì Gesù sulla testa con la bacchetta.
22. Questo fece male al Ragazzo, ed Egli disse al maestro: “È questo il saggio
modo di disfarti della tua stupidità?
23. In verità, non è per le percosse
che Io sono da te, e questo non è il modo di istruire e di educare le persone!
24. Ma tu dovrai diventarMi muto e
demente, perché anziché darMi una giusta spiegazione, Mi hai colpito!”
25. E all’istante il maestro si
accasciò e, come fuori di sé, fu portato legato in un’altra stanza.
26. Ma Gesù ritornò subito a casa da Giuseppe, e là disse:
27. “Un’altra volta pretendo un
maestro diverso, che non venga a scuola col bastone in mano; quello però sconta
ora il suo sacrilegio verso di Me!”
28. Allora Giuseppe seppe ciò che sicuramente era di nuovo accaduto, e disse a
Maria: “Dunque non ci è più consentito di lasciare Gesù in mani altrui; poiché
Egli castiga chiunque non sia del Suo sentire!’’.
29. E Maria fu d’accordo; e nessuno
osò fare un rimprovero a Gesù.
[indice]
Il secondo maestro da Giuseppe. Mite
approccio del maestro.
Gesù dà una prova al maestro: legge e spiega
Daniele. Buona testimonianza del maestro su Gesù.
Come ringraziamento per l’onestà del
maestro, Gesù guarisce il primo maestro.
1. Ma dopo un periodo di qualche
settimana venne da Giuseppe il secondo
maestro nuovo, a fargli una visita amichevole;
2. poiché Giuseppe gli aveva fatto
in precedenza, nella sua classe, parecchi nuovi banchi e sedie e un tavolo, e
in tale occasione si era fatto anche amico di quel maestro, un uomo veramente
retto.
3. Questo maestro ora fece anche
conoscenza col Ragazzo Gesù, e provò molto piacere per il Suo contegno serio, e
tuttavia modesto e sveglio.
4. Egli domandò quindi a Giuseppe,
se il Ragazzo avesse già imparato a leggere in una qualche scuola.
5. Ma Giuseppe disse: “Fratello! Ci
ho già provato con un paio di maestri, ma entrambi non hanno concluso nulla con
Lui;
6. poiché in questo Ragazzo è
riposta una Forza singolare!
7. Come dunque un maestro Lo tratta
un po’ aspramente, può già dirsi perduto;
8. basta infatti che una sola parola
dalla bocca del Ragazzo colpisca il maestro, e questi è punito nel modo più
terribile!
9. Questo fu il caso, solo poco fa,
del primo maestro, il quale fino a questo momento è ancora pazzo”.
10. E il maestro disse: “Sì, sì, lo so bene; quello però era anche un
tiranno con tutti i suoi scolari!
11. Se istruissi io il ragazzo, in
verità - non avrei paura di essere punito da lui!”
12. Allora il Ragazzo Gesù, che era presente, disse: “E che
cosa vorresti insegnarMi?”
13. E il maestro attirò a sé molto amorevolmente il Ragazzo, Lo accarezzò
e Gli disse poi:
14. “Vorrei insegnarti in una
maniera molto amichevole a leggere e a scrivere, e poi a comprendere la
Scrittura”.
15. E il Ragazzo disse: “Bene, se hai con te qualcosa della Scrittura,
dammela, e voglio darti una prova!”
16. Qui il maestro tirò subito fuori
un rotolo - era Daniele - e lo diede al Ragazzo.
17. Ma il Ragazzo cominciò subito a
leggere il rotolo, e a spiegarlo in modo tale che tutti gli astanti, compreso
il colpitissimo maestro, cominciarono a meravigliarsi oltre misura.
18. Ma quando il Maestro ebbe conosciuto questo del Ragazzo, allora disse:
19. “O Signore! Sii clemente e misericordioso con me povero
peccatore; poiché questo ragazzo non è una persona terrena!
20. O fratello Giuseppe, adesso
comprendo chiaramente perché nessun maestro può resistere con questo ragazzo!
21. Il ragazzo ne sa comunque più
che tutti i maestri assieme su tutta la Terra! - Oh, tienilo quindi pure a
casa!”
22. Questa testimonianza piacque al Ragazzo, ed Egli disse: “Poiché sei così
onesto, per amor tuo anche l’altro maestro dovrà essere di nuovo guarito; sia!
-
23. Tu però resta così onesto nel
tuo cuore come lo sei ora, così sarai un giusto maestro sempre, Amen!”.
24. Dopo di che il Ragazzo Gesù si allontanò; anche il maestro si
congedò presto da Giuseppe e andò a casa molto pensieroso. - E in quel momento
il primo maestro stette meglio. - -
Gesù undicenne e Giacomo
vanno a far legna. Giacomo è morso da una vipera e muore.
Gesù resuscita Giacomo
dalla morte. Un Vangelo del lavoro: sii zelante dei beni spirituali!
Resurrezione del ragazzo
morto e del giovane carpentiere Mallas.
Il buon insegnamento:
“Nell’invidia si cela sempre la morte!”.
4 settembre
1844
1. Da quel
momento il Bambino Gesù rimase a casa, ebbe un comportamento tranquillo e
ubbidiente, eseguiva anche piccoli lavori.
2. Non compì segni per un intero
anno, - dunque fino a undici anni compiuti.
3. Nell’undicesimo anno però compì
di nuovo tre notevoli azioni
miracolose, che seguiranno qui in breve.
4. In primavera a Giuseppe venne a
mancare per alcuni giorni la provvista di legna da ardere.
5. Egli inviò perciò Giacomo e Gesù,
- poiché erano quelli che avevano più tempo - in un bosco vicino, perché
avessero a raccogliervi rami secchi.
6. I due andarono e fecero
alacremente ciò che Giuseppe aveva loro comandato.
7. Giacomo però si dava moltissimo
da fare, e restava poco per Gesù da raccogliere; infatti Giacomo preveniva Gesù
dappertutto.
8. Ma in tale suo zelo accadde che
egli mettesse la mano in un cespuglio di rami secchi, sotto il quale si trovava
una serpe velenosa.
9. La serpe morse Giacomo alla mano,
allora Giacomo cadde pieno di dolore e spavento. La mano si gonfiò
improvvisamente e Giacomo si accasciò supino e diede segni di morte.
10. Allora Gesù balzò verso di lui,
soffiò nella ferita, e istantaneamente Giacomo si sentì meglio.
11. Il serpente invece si gonfiò
terribilmente e scoppiò in mille pezzi!
12. Dopo però Gesù disse a Giacomo: “Chi ha
fretta si prenda tempo!”[10].
-In ogni lavoro mondano, se effettuato con troppo zelo, c’è la morte!
13. Perciò è meglio essere pigri per
il mondo, ma tanto più zelanti per lo Spirito, in ogni occasione!
14. Ma così gli zelanti per il mondo
avranno sempre da trovare la morte dell’anima, nel loro zelo per le cose
terrene!
15. Io invece andrò a trovare gli sfaccendati rispetto al mondo e li prenderò al Mio servizio per
l’eternità; e a coloro che avranno lavorato solo per un’ora del giorno, darò la
stessa paga come a coloro che hanno lavorato col massimo zelo per tutto il
giorno!
16. Beato ogni fannullone per il
mondo; guai invece a ogni zelante nelle faccende del mondo! Il primo sarà amico
Mio - e il secondo Mio nemico!” - -
17. Giacomo si tenne a mente queste
parole e visse di conseguenza, e non gli importava nulla se anche di frequente
veniva chiamato “il pigro e fiacco”;
18. però da quel momento fu tanto
più zelantemente occupato con Gesù nel suo cuore, e ne guadagnò infinitamente
tanto. -
19. Poco tempo dopo, in due giorni,
morì a una vicina che era una vedova l’unico figlioletto, ed ella piangeva
molto.
20. Allora anche Gesù andò col Suo Giacomo a vedere il
ragazzo morto.
21. Ma vedendo la vedova piangere
violentemente, ne ebbe compassione, e prese il ragazzo morto per mano e disse:
“Kephas! - Io ti dico, alzati, e non rattristare mai più il cuore di tua
madre!”
22. Qui il ragazzo improvvisamente
si alzò in piedi e salutò sorridendo tutti i presenti.
23. Allora la vedova al colmo della
commozione disse: “Oh, chi è dunque questo figlio di Giuseppe, che è capace con
una parola di risvegliare i morti?! - È un Dio, oppure un angelo?!”
24. Ma Gesù disse alla vedova: “Non
domandare oltre, ma dà a Kephas del latte, perché si rimetta completamente!”
25. E la vedova subito andò, e portò
al ragazzo del latte riscaldato, - e questi divenne poi completamente sano.
26. Allora tutti volevano cominciare
ad adorare Gesù; Egli però se ne andò in fretta, incontrò altri bambini e giocò
con loro in una maniera molto saggia.
27. Ma mentre così giocava, ecco che
in un’altra casa, che veniva riparata da alcuni carpentieri cittadini, un uomo
cadde, si ruppe l’osso del collo e fu subito morto.
28. Allora si radunò subito un
mucchio di gente e piangevano l’infelice, e c’era un grande frastuono.
29. Quando Gesù udì questo
frastuono, anch’Egli andò là con Giacomo, si spinse fino al morto e disse a
lui:
30. “Mallas! - Io ti dico: rialzati
in piedi e lavora! - Però inchioda meglio le tue assicelle, altrimenti cadi
ancora!
31. Infatti l’importante non è
quanto tu hai lavorato, bensì come tu hai lavorato! - Nell’invidia però, c’è
sempre la morte!”
32. Poi Gesù si allontanò di nuovo
velocemente, e il morto si rialzò così sano e continuò a lavorare così
vigorosamente, come se non gli fosse successo nulla. - Ma le parole di Gesù
egli le conservò nel suo cuore. - -
33. Questi tre miracoli accaddero
uno dietro l’altro in poco tempo, e per questo tutti i vicini volevano
cominciare ad adorare Gesù.
34. Ma Gesù proibì loro una tal
cosa, e poi non si fece vedere nel villaggio per qualche settimana.
35. Ma nella casa di Giuseppe le tre
azioni furono ben notate, e se ne è molto parlato.
GESÙ DODICENNE NEL TEMPIO
Breve illustrazione
della scena del Tempio, quando Gesù aveva dodici anni, da parte di suo fratello
Giacomo.
Ora Gesù si ritira
completamente in Se stesso fino alle nozze di Cana.
1. Da allora Gesù visse ritirato e
non compì più alcun miracolo in pubblico, fino al tempo delle nozze di Cana in
Galilea.
2. Soltanto nel dodicesimo anno, quando andò per la
prima volta a Gerusalemme per la festa, come è noto dal Vangelo, il ragazzo Gesù compì un miracolo con la Sua
Sapienza nel Tempio, fra i dottori della Legge, -
3. questo
miracolo io, Giacomo, non essendo stato presente, me lo sono fatto raccontare
solo più tardi dal Signore stesso, e descritto brevemente esso consistette in
questo:
4. nella grande
calca Giuseppe e Maria smarrirono Gesù nel Tempio e ritennero che, non essendo
con loro, Egli fosse già sicuramente tornato a casa con Salomè o qualcun altro
dei parenti e conoscenti.
5. E così i due
seguirono la carovana dei Nazareni e la raggiunsero solo di sera, nell’albergo
tra Nazareth e Gerusalemme.
6. Ma poiché non
vi trovarono Gesù, ne furono molto addolorati, presero alcuni accompagnatori e
di notte ritornarono a Gerusalemme.
7. Là giunti,
Giuseppe andò subito dal governatore Cornelio, che in quel tempo in Gerusalemme
governava ancora la regione.
8. Giuseppe
riferì immediatamente a Cornelio, il quale gli era venuto incontro con
grandissima cordialità, quello che gli era accaduto,
9. e questi
diede subito a Giuseppe una guardia romana, con la quale Giuseppe era
autorizzato a ispezionare tutte le case.
10. Così
Giuseppe passò in rassegna quasi tutta Gerusalemme, e tuttavia, dopo aver
cercato lungamente per tre giorni, da nessuna parte trovò Gesù.
11. Allora i due
si allarmarono molto; tutti tristi restituirono a Cornelio la guardia e non si
lasciarono consolare da lui.
12. Ma poiché la
sera era già piuttosto inoltrata, Cornelio voleva trattenerli presso di sé.
13. Ma Giuseppe disse: “O nobile amico, voglio rimanere
sì con te questa notte, ma prima devo salire al Tempio, e voglio offrire al
Signore Dio, dal mio triste cuore e nel mio cuore, ciò che abbiamo perduto!”.
14. Allora
Cornelio lasciò andare Giuseppe con Maria su nel Tempio.
15. E vedi, essi
vi trovarono Gesù a sedere fra i
dottori; Egli li interrogava, li istruiva, e dava risposta alle loro domande,
tanto che essi ne rimanevano tutti sommamente stupiti;
16. poiché Egli
spiegava loro i brani più misteriosi dei Profeti, li istruiva sulle stelle,
sulle loro orbite, sulla loro luce fondamentale, sulla loro seconda, terza
quarta, quinta, sesta e settima luce.
17. Così pure
descriveva loro la costituzione delle Terre[11]
e mostrava loro la relazione fisica, psichica e spirituale fra le cose -
18. e dimostrava
a tutti l’immortalità dell’anima in maniera mai ancora udita, così che tutti dicevano:
19. “In verità,
non si è mai udito qualcosa di simile! Un ragazzo di dodici anni è più sapiente
in un suo dito, che noi tutti presi assieme!”
20. Allora Giuseppe e Maria si avvicinarono a Gesù e Gli dissero:
21. “Ma perché
dunque ci hai fatto questo?! - Vedi, Ti abbiamo cercato con grande dolore per
tre giorni e non abbiamo potuto trovarTi!”
22. Ma Gesù disse: “Perché l’avete fatto?
(Ossia di fuori con l’aiuto dei soldati).
23. Non sapevate
da tempo della Casa del Padre Mio, e che in essa Io dovevo fare ciò che è del
Padre Mio?!”
24. I due però
non compresero queste parole, e Gesù li seguì subito docilmente a casa, dopo
aver pernottato con loro presso Cornelio.
25. Ma i dottori
stimarono Maria ultrafelice per avere un figlio simile.
26. Da allora in
poi Gesù si ritirò poi completamente, e davanti agli uomini non operò più alcun
miracolo fino al Suo trentesimo anno, e visse e lavorò poi come qualsiasi altro
uomo.
LA VITA DI GESÙ DAI DOCICI AI TRENT’ANNI
Importantissime
spiegazioni sulla natura di Gesù, sulla relazione tra il divino e l’umano in
Lui.
Cenni sulla rinascita
spirituale, condizione per una vita eterna e beata.
9 settembre
1844
1. Ma dopo questo è detto nella
Scrittura: ‘Ed Egli crebbe in Grazia e Sapienza davanti a Dio e agli uomini, e
rimase sottomesso e ubbidiente ai Suoi genitori, fino a quando non intraprese
il Suo Magistero’.
2. Domanda: come poteva dunque Gesù,
l’unico eterno Essere divino, crescere in Sapienza e in Grazia davanti a Dio e
agli uomini, essendo tuttavia Dio dall’eternità?
3. E come particolarmente davanti
agli uomini, essendo tuttavia dall’eternità l’Essere infinitamente più perfetto
di tutti?
4. Per comprendere questo correttamente,
non si deve considerare Gesù esclusivamente quale l’unico Dio;
5. ma bisogna rappresentarseLo come
un Uomo, in cui l’unica eterna Divinità
si incarcerò, apparentemente inattiva, proprio come nell’essere di ogni singolo
uomo si trova incarcerato lo spirito.
6. Ma quello che ciascun uomo deve
fare secondo l’Ordine divino, per liberare in sé il proprio spirito,
7. dovette farlo anche l’uomo Gesù con la massima serietà, per
liberare l’Essere divino in Lui, per diventare con Esso una cosa sola.
8. Ma ciascun uomo è costretto a
portare in sé certe debolezze, che sono le abituali catene dello spirito,
mediante le quali questo è rinchiuso come in un guscio duro.
9. Ma le catene possono essere
spezzate soltanto quando l’anima, frammista alla carne, per mezzo della giusta
abnegazione si è così rafforzata, da essere salda a sufficienza per contenere e
trattenere in sé il libero spirito.
10. È anche proprio per tale
ragione, che l’uomo soltanto con ogni sorta di tentazioni può rendersi conto
delle sue debolezze, ed apprendere
come e da che cosa il suo spirito è incatenato.
11. Se poi egli si mortifica nella
sua anima proprio in questi punti,
allora così facendo scioglie i lacci allo spirito e ne avvince l’anima.
12. Quando poi con l’opportuno
trascorrere del tempo l’anima è rinsaldata con tutti i legami che prima
avvolgevano lo spirito, allora ovviamente è del tutto naturale che lo spirito,
completamente sciolto, trapassi nell’intera, forte anima,
13. e questa perviene così a tutta
la celeste perfezione di potenza dello spirito, e diventa così in eterno
perfettamente una sola cosa con esso.
14. Ma è nello sciogliersi di una
catena dopo l’altra che consiste la crescita dell’anima in forza spirituale,
che qui sono la sapienza e la grazia.
15. La sapienza è la chiara visione in sé dell’eterno Ordine di Dio, e la grazia è l’eterna luce d’amore, con
cui vengono illuminate tutte le infinite e innumerevoli cose, le loro relazioni
e le loro vie.
16. Ma come così è per l’uomo, così
fu anche per l’Uomo divino Gesù.
17. La Sua Anima era simile a quella
di ogni altro uomo, e tanto più era gravata di debolezze, in quanto il
potentissimo Spirito divino dovette mettere Se stesso nelle più possenti
catene, per poter essere trattenuto nella Sua Anima.
18. Perciò dunque l’Anima di Gesù
dovette anche affrontare le più grandi tentazioni, mortificando se stessa, per
togliere al proprio Spirito divino le catene, e in tal modo rafforzarsi per
l’infinitissima libertà dello Spirito di tutti gli spiriti, e diventare così
pienamente una cosa sola con Esso.
19. E proprio in ciò consistette
dunque anche la crescita in Sapienza e Grazia dell’anima di Gesù davanti a Dio
e agli uomini, e precisamente nella misura in cui lo Spirito divino a poco a poco sempre più si unificava con la propria
Anima, ovviamente divina, la quale era dunque il vero e proprio Figlio.
[indice]
La vita di Gesù e le
lotte della Sua Anima dai dodici ai trent’anni.
Cenni
ed esempi sul raggiungimento della rinascita spirituale, condizione per una
vita eterna e beata.
Conclusione
e benedizione del Signore.
9 settembre
1844
1. Or dunque: come visse Gesù, il
Signore, dal Suo dodicesimo anno fino al Suo trentesimo?
2. Egli percepiva in Sé
continuamente e nel modo più vivo l’onnipotente Divinità; Egli sapeva
nell’Anima Sua, che tutto quanto l’Infinito abbraccia, è e deve essere
eternamente sottoposto ad ogni Suo più lieve cenno.
3. Inoltre aveva nella Sua Anima il
massimo impulso a regnare sopra ogni cosa.
4. Orgoglio,
voglia di dominare, estrema libertà, inclinazione alla vita piacevole,
desiderio delle donne e altre cose simili, dunque anche l’ira, erano le
principali debolezze della Sua Anima.
5. Ma Egli combatté con la volontà
dell’Anima contro tutte queste spinte potentissime, mortalissime, che premevano
enormemente l’Anima Sua.
6. L’orgoglio lo umiliò mediante la povertà; ma quale duro mezzo fu
questo, per Colui a Cui tutto apparteneva, e pur tuttavia non poté chiamare
nulla “Mio”!
7. La voglia di dominare la domò mediante la sottomissione e mediante la
più volonterosa ubbidienza a coloro che, al pari di tutti gli uomini, al Suo
confronto erano - e di quanto! - come il puro nulla!
8. La Sua eterna, suprema libertà l’assalì, sebbene con difficoltà
infinita, mettendosi a servizio degli uomini come uno che serve in schiavitù,
per compiere i lavori più infimi.
9. Il fortissimo impulso a una vita piacevole lo combatté con
frequentissimi digiuni - per necessità, e anche per libera volontà della Sua
Anima.
10. Il desiderio delle donne lo combatté con il lavoro non di rado
pesante, con una parca alimentazione, con la preghiera e frequentando uomini
savi.
11. Sì - su questo punto Egli ebbe
da lottare in modo terribilmente intenso, dato che il Suo aspetto esteriore e
il suono della Sua Parola erano estremamente avvincenti,
12. ragion per cui le cinque
bellissime fanciulle di Cirenio erano innamorate a morte di Lui, e gareggiavano
fra di loro su come piacergli di più.
13. A Lui piaceva bensì questo
amore; ma dovette tuttavia sempre dire a ciascuna: “Noli Me tangere!”[12]
14. Dato che, inoltre, con uno
sguardo penetrava la cattiveria degli uomini, - e vedeva di loro la perfidia e
l’ipocrisia, la malizia e il loro egoismo,
15. così è anche comprensibile che
Egli fosse molto eccitabile, e poteva
facilmente venir offeso e incitato all’ira;
16. ma allora Egli moderava il Suo
animo divino con il Suo Amore e con
la conseguente Misericordia.
17. E così Gesù non esercitò altro
per tutta la Sua Vita che mortificazioni
durissime, per ricostituire in tal modo l’eterno Ordine che era stato
distrutto!
18. Ma da ciò si può facilmente
capire in che modo Gesù come Uomo abbia trascorso quei diciotto anni, fra
continue dure tentazioni e lotte contro le stesse.
19. Ed ora che ciò è stato esposto
utilmente per ciascuno, non rimane più niente da dire, eccetto la disputa di
tre giorni con i saggi e dotti nel Tempio[13],
che però, come certe altre cose, non può seguire adesso.
20. Perciò accontentatevi per il
momento di questo, e l’altro seguirà, quando direte al servitore:
21. “Vieni, fratello, da noi nel
Nome del Signore, e rimani ad abitare da noi!”.
22. Con ciò sia anche conclusa
quest’opera, e la Mia Benedizione e
la Mia Grazia siano con voi perennemente! Amen. Amen. Amen.
[inizio]
[vai
alla parte I] - [vai alla parte
II]
----------------- O -----------------
Cap.
201 - 300
201 |
Serie
parole di Gesù a Maria. Predizione del disprezzo che riceveranno il Signore e
i Suoi seguaci nel mondo. |
Giacomo a
colloquio col piccolo Gesù. Lamentela di Gesù per la poca attenzione che Gli
prestano i genitori e gli altri di casa. |
|
203 |
Confessione
di Giuseppe dinanzi al Piccino. Differenza tra maschera e accortezza. Il
Signore si è nascosto perché il mondo non venga giudicato. Esortazione del
Piccino a Maria. |
Amorevole
domanda di Maria al Piccino. La differenza tra l’amore degli uomini e l’amore
di Dio. “La Mia Ira stessa è più amore che il tuo più grande amore!”.
Parabola del re in cerca di una moglie. Riferimento della parabola a Tullia e
a Gesù Bambino. |
|
205 |
Lamentela
di Tullia. Parole di conforto di Maria. Tullia esamina se stessa, si pente e
si addolora. Il cibo preferito di Gesù. La vecchia e la nuova Tullia. |
Tullia
piange. Un Vangelo delle lacrime. Tre lacrime ha messo il Signore nell'occhio
degli uomini: la lacrima di gioia, la lacrima di compassione e la lacrima di
dolore. |
|
207 |
Parole
tranquillizzanti del Piccino che preannuncia una tempesta nella notte. La
grande paura di Eudokia.Le consolanti parole del Piccino. |
L’uragano
notturno porta il terrore. Gli animali feroci. Giuseppe maledice la tempesta.
Intervento del Piccino. prima della fine della tempesta. |
|
209 |
Vantaggio e
scopo della tempesta notturna: lo sterminio degli assalitori. |
Il Piccino
gira tre volte attorno al rogo. Parole profetiche a Cirenio: «Ma il Signore
passerà tre volte attorno al rogo del mondo, e nessuno Lo interrogherà né
dirà: “Signore! Che cosa fai?”. E solamente al terzo giro l'ultimo raggio
dell’Ira sarà tolto dalla Terra!». |
|
211 |
La domanda di
Giuseppe e la consolante risposta del Piccino. La grande fame del Piccino. I
pesci del pranzo. Domanda di Cirenio sul Mar Mediterraneo. |
Giacomo e
il Piccino sono puniti col digiuno per aver tralasciato la preghiera prima di
mangiare. Il Piccino chiede a Giuseppe perché deve pregare e a chi. Gesù
Bambino esce fuori col Suo Giacomo e non si lascia trattenere. |
|
213 |
Giuseppe si
prende molto a cuore i rimproveri di Maria e di Cirenio. Egli esce a chiamare
il Piccino. |
I figli di
Giuseppe alla ricerca del Piccino. La Voce segreta e le sue parole di
conforto a Giuseppe. Il Piccino viene incontro a Giuseppe ed egli Lo segue in
cima al monte. Una trave con traversa in legno di cedro come tavola per il
Signore, apparecchiata con agnello, vino e pane. Il pasto alla tavola del
Signore. “La vera preghiera è l'amore per Me!”. |
|
215 |
Giuseppe
porta la croce. Il Piccino insegna il Vangelo della croce. |
Pesce
freddo con olio e succo di limone. La ragione delle prescrizioni alimentari
mosaiche. “Ora però il detto è, e sempre sarà in avvenire: Il Signore è il
miglior cuoco!”. |
|
217 |
Perché il Mar
Mediterraneo può essere considerato con diritto un mare centrale. “…infatti
il vero centro è là dove è il Signore!”. |
Tutto ha un
tempo e un ordine stabiliti da Dio. Tempo ed eternità. Il vano indagare nelle
profondità divine e l’infantile semplicità come via per la vera sapienza. |
|
219 |
La Croce
esprime l’Amore di Dio per gli uomini. |
Le lacrime
di Gionata e il suo santo amore per il Signore. Ciascun essere umano viene santificato
e nasce tutto nuovo mediante l'amore a Dio nel suo cuore. Infatti: “L'amore
per Me non è di per sé santo, come Io stesso Lo sono nella Mia divinità?”. |
|
221 |
Un rimedio
contro la piaga degli insetti. Una cometa. |
Colloquio
sulle comete considerate dai romani come portatrici di sventura e di guerre. Davanti all’Infinito tutte
le grandezze svaniscono. |
|
223 |
Lezione
dimostrativa
del Piccino che fa trasformare lo sciame di insetti in una piccola cometa.. |
Cenni sulla
natura della cometa e corrispondenza con quella del latte. |
|
225 |
Romanzina a
Cireneo sul perché il troppo indagare nelle profondità delle opere divine è
svantaggioso per i figli di Dio. |
FINE DEI MIRACOLI PUBBLICI
DI GESÙ IN EGITTO Ciò che è
divino nel Bambino si ritira dentro di Lui. Ultime disposizioni del Piccino
per Giuseppe e Cirenio. Il riposo notturno. La particolare grazia di Gesù
Bambino a Giacomo. |
|
227 |
Giuseppe
preoccupato per la prima colazione. La dispensa vuota. Aiuto di Gionata con
un abbondante quantitativo di pesci affumicati. |
Amorosa
gara tra Giuseppe e Cirenio. Altruismo di Giuseppe. Come si riconoscono i veri
e i falsi servitori di Dio. |
|
229 |
La lieta
colazione. Discorso di Giuseppe sulla bontà del Signore. Il Piccino a tavola.
Scena idilliaca tra il piccolo Gesù nudo e Cirenio. |
Proseguimento
della scena infantile a tavola. “Solo per il suo grande amore Maria è cattiva
con Me!”. |
|
231 |
Gratitudine
di Cirenio, suo regalo e discorso d’addio. Cirenio si ferma ancora un giorno. |
La cassaforte
di Giuseppe e le sue preoccupazioni per gli eventuali ladri. Buon consiglio
del Piccino a Giuseppe. |
|
233 |
Giuseppe e
i suoi. Cure e lavori domestici. Eccezionale aiuto di Gionata e sua fiducia
in Dio. |
UNA
DEPUTAZIONE DI OSTRACINE A CASA DI GIUSEPPE
Imbarazzo
del governatore davanti a una deputazione dei più eminenti cittadini. Cirenio
invita la deputazione a pranzo. Sulla maledizione del denaro. |
|
235. |
La deputazione
al pranzo. Consiglio di Giuseppe nell'assegnazione dei posti a tavola.
Indignazione del Piccino alla tavola accanto, male imbandita. Una profezia. |
Il cattivo
pesce servito dai cuochi poi puniti da Giuseppe. Il fondamento evangelico
dell’Incarnazione. |
|
237 |
Umile e
affettuoso discorso dei quattro fratelli al Piccino che prima avevano offeso.
La Sua divina risposta ai fratelli. |
Il pranzo nella
sua corrispondenza simbolica. Le fasi delle condizioni spirituali sulla
Terra: 1° in generale; 2° l’Ebraismo; 3° la Chiesa greca; 4° la Chiesa
romana; 5° le sette cristiane. |
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239 |
L’ultimo
buon pesce significa l’Amore del Signore e la Sua grande Grazia in questo
ultimo tempo. Giacomo conclude citando
Isaia. |
Gli ospiti
prestano attenzione al Piccino e domandano di Lui aCirenio. Giudizio degli
ostracini su Giuseppe e la sua famiglia. |
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241 |
La malevola
decisione degli ospiti gelosi. Il grande incendio a Ostracine. |
Cirenio
preoccupato per le vittime dell’incendio. “Chi scava una fossa agli altri vi
cade dentro”. Dio è per tutti “il Giudice più giusto”. |
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243 |
Prima della
caduta viene la superbia. Giuseppe tratta nobilmente gli scampati.
Magnanimità di Cirenio verso le vittime. Cirenio va da Gionata. |
PARTENZA DI CIRENIO E VISITA A GIONATA
Giuseppe mette
in pratica l’amore verso il prossimo. Chi ha il Signore con sé ha tutto.
Visita serale a Gionata e cena da lui. |
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245 |
Cirenio fa
allestire la nave per la partenza. Giacomo gli ricorda il mappamondo.
Consiglio di Giuseppe a Cirenio: agisci liberamente - secondo la Volontà del
Signore! Cirenio prende con sé i suoi tre ragazzi. |
Cirenio
chiede la benedizione. Divina risposta del Piccino. Preghiera di congedo di
Cirenio. Il Piccino benedice i partenti e li tranquillizza con le parole:
“Dov’è il vostro cuore, là è anche il vostro tesoro”. |
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247 |
Giuseppe
benedice Cirenio. Parole di Gesù a Cirenio: “Noi che siamo diventati una cosa
sola nell'amore ci saremo sempre presenti, nello Spirito in eterno!”. Partenza
di Cirenio. Giuseppe pernotta da Gionata. |
Giuseppe e
Gionata usciti per la pesca scorgono una nave romana in pericolo e la
salvano. |
|
249 |
Il Piccino
si informa sul risultato della pesca. Risposta al rimprovero di Giuseppe del
Piccino affamato: “Io sono a casa Mia dappertutto, dove Mi si ama!”. Ricca
pesca a richiesta del Piccino. |
LA SACRA FAMIGLIA NELLA CASA SVALIGIATA
Gionata accompagna
Giuseppe che ritorna a casa. La casa viene trovata vuota e svaligiata. Grande
sdegno di Giuseppe. Memorabile del senso del perdono spiegato dal Piccino. |
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251 |
Maria
piange per il furto di tutti gli abiti compresa la biancheria. Parole di conforto
e nobile gesto di Gionata. "O madre, accettali dal mio cuore e dalla mia
mano!”. Il Piccino benedice Gionata. |
La
benedizione del Signore nella casa di Giuseppe. Stupore e gratitudine della
Famiglia per il doppio rendimento dopo la macinatura del
frumento.
Giacomo ricorda il miracolo del chicco di grano. |
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253 |
Pranzo a
base di pesce e focacce al miele. Malvagità del furto di arnesi per la
cucina, compresa la scodellina del Piccino. Inflessibilità del Piccino verso
chi agisce per pura cattiveria. |
I ladri dei
vestiti accorrono piangendo alla porta di Giuseppe. Energico discorso del
Piccino ai ladri. La restituzione degli abiti. |
|
255 |
Nobiltà interiore
e bellezza interiore di Maria. La sua compassione verso i ladri. Fare del
bene ai nemici e benedirli è puramente divino. "Poiché tu (Maria) hai
fatto questo, come lo fa Dio, perciò ora sei così bella. Dio infatti è la
suprema Bellezza perché è il sommo Amore!”. |
La potenza
dell’amore. La casa di Giuseppe diventa famosa. Le amorevoli indicazioni di
Giuseppe fanno vergognare i grandi e i ricchi della città che non li
disturberanno più. |
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257 |
RITORNO DELLA SACRA FAMIGLIA A NAZARETH
Morte di
Erode: Archelao diventa re. L’angelo del Signore esorta Giuseppe a ritornare
nel Paese d’Israele. Il prodigioso equipaggiamento da viaggio. Giuseppe
consegna tutto a Gionata e lo prega di seguirlo entro un anno. |
La santa
Famiglia ritorna in patria dopo un viaggio faticoso. Timore di Giuseppe e
incoraggiamento di Maria. L’ordine del Signore di recarsi a Nazareth. Arrivo
a Nazareth. |
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259 |
Dolce scena
serale sulla terrazza di Salomè. Cornelio scopre la piccola carovana. |
Gioele,
mandato a informarsi, comunica che la patria è vicina. Giuseppe vuol
pernottare con i suoi all’aperto. I figli di Giuseppe vanno da Salomè a
chiedere legna e fuoco. |
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261 |
Presentimenti
di Salomè e di Cornelio sulla piccola carovana. Salomè e Cornelio scrutano la
compagnia e riconoscono la sacra Famiglia. |
Cornelio e Salomè
salutano la santa Famiglia. Ingresso degli stanchi viaggiatori nella loro
vecchia abitazione. |
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263 |
Salomè
consegna a Giuseppe la casa e il terreno in ottime condizioni. Imbarazzo di
Giuseppe. Umiltà e amore di Salomè. Splendida testimonianza sul Signore. Una
parola del Signore sull’amore. |
Salomè
invita la famiglia di Giuseppe per la prima colazione. Il cibo prediletto di
Gesù Bambino. Amorosa gioia del Piccino e di Salomè. “O Signore! - Chi mai
può guardarTi senza lacrime agli occhi?”. |
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265 |
Cirenio
tranquillizza Giuseppe alle domande angosciose sul nuovo e crudele re
Archelao. Cornelio riceve notizie da Giuseppe sul fratello Cirenio. Gioia e
riconoscenza di Cornelio. |
Cornelio si
informa se Cirenio sia a conoscenza della partenza di Giuseppe. Risposta di
Giuseppe. Cornelio spiega a Giuseppe come viene scritta una lettera segreta. |
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267 |
Cornelio si
informa su quanto è rimasto di prodigioso nel Bambino. Giuseppe accenna ai
Suoi discorsi. Grandi parole del Piccino a Cornelio. |
Cornelio
affigge la lettera di franchigia romana sulla casa di Giuseppe. Disposizioni
romane per le tasse. Promessa del Piccino a Cornelio. |
|
269 |
Giuseppe
organizza la casa e discorre con Maria sulla visita a parenti e conoscenti.
Singolare comportamento del Piccino e Sue straordinarie parole. |
MIRACOLI DEL FANCIULLO GESÙ A NAZARETH
Il
terremoto sotto i piedi di Gesù impaurisce Giuseppe e Maria. I fuggiaschi
dalla città mettono in guardia Giuseppe dal proseguire. Giuseppe,
tranquillizzato da Giacomo, entra senza timore in città. |
|
271 |
La gente
disposta a far penitenza dà inconsapevolmente una giusta testimonianza.
Parole di Giuseppe alla gente: “Il Signore non guarda a un vestito
stracciato, da penitente, bensì solamente al cuore, come esso è fatto!”.
Giuseppe viene ricevuto cordialmente dal suo amico medico. |
Giuseppe
racconta all’amico medico le sue avventure. Affettuosa partecipazione del
medico e racconto delle sue proprie esperienze. Sdegno di Giuseppe verso
Archelao. Giuseppe addolcito dal Piccino. |
|
273 |
Stupore del
medico e predizione sulla saggezza del Bambino. Risposta del Piccino a
Giuseppe. La speranza del medico nel Messia e rettifica da parte del Piccino. |
Il Piccino sottopone
i malati a una prova di fiducia e guarisce la bambina paralitica che aveva
fermamente creduto in Lui. |
|
275 |
Stupore del
medico, suo umile presentimento e professione di fede. Il Piccino
tranquillizza il medico e gli insegna il miglior metodo di guarigione. Il
medico crede e diventa famoso per le sue guarigioni. Giuseppe accoglie nella
propria casa la ragazza guarita. |
La sacra
Famiglia dal maestro Dumas. Giuseppe si fa riconoscere. Il Piccino fra gli
scolari. |
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277 |
Dumas si
stupisce del Bambino. Saggia risposta filosofico-socratica di Giuseppe. Dumas
loda i filosofi. Discorso del Piccino a Dumas su profeti e filosofi. |
Giuseppe
pensa di tornare a casa. Nobile risposta femminile di Maria. Consiglio del
Piccino e ritorno a casa. Lite con i servitori di Archelao. |
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279 |
Interruzione
dei miracoli del Piccino per due anni. Arrivo di Gionata dall’Egitto. Grande
gioia a casa di Giuseppe per il suo arrivo e consiglio del Piccino a Gionata.
Gionata pescatore nel Mar di Galilea. |
Il Piccino
a cinque anni gioca presso il ruscello. Le dodici buche e i dodici passerotti
di fango. Spiegazione dell’immagine. Scandalo dell’ebreo strettamente
osservante e miracolo del Piccino. |
|
281 |
L’accorrere
dei curiosi di miracoli. Il figlio viziato e litigioso dei vicini punito da
Gesù. Il giudice superiore viene a giudicare Giuseppe, ma è minacciato dal
Piccino e se ne torna indietro improvvisamente. |
Giuseppe prende
il Bambino con sé lungo i campi. Il piccolo Gesù viene urtato con intenzioni
malvagie. La cattiva paga del pastorello. |
|
283 |
Guai per
Giuseppe. Il vicino arrabbiato ridotto al silenzio. Preghiera del padre del
pastorello e risposta del Piccino. |
Consiglio
di Giuseppe al padre del ragazzo morto. Giuseppe e il Piccino tornano a casa.
Meravigliosa promessa del Bambino: “Coloro che, in futuro, come te Mi
accoglieranno spiritualmente nel loro cuore, quelli saranno anche come mia
madre, i Miei fratelli e le Mie sorelle!”. |
|
285 |
Il
pastorello morto viene risuscitato ed ha paura del santo Piccino. Il padre
gli fa cambiare idea e dà una giusta testimonianza su Giuseppe e sul Piccino.
L’Amore del Piccino. “Il Mio Amore è la tua vita per l’eternità!”. |
La falsa
sentenza del giudice menzognero del villaggio su Gesù. Energica replica di
Giuseppe. I falsi testimoni. Giuseppe fa una ramanzina a Gesù a motivo della
gente.Il giudice corrotto diventa cieco all’istante. Il Bambino si irrita per
Giuseppe, ma poi Giuseppe si pente. |
|
287 |
Il maestro
Piras Zaccheo desidera avere il prodigioso Bambino nella sua scuola per
acquistare fama. Giuseppe consiglia al maestro di fare una prova. Gesù
svergogna il maestro ipocrita. |
Gesù fa
intravedere a Piras Zaccheo la Sua missione. Effetto salutare delle parole di
Gesù e meditazione di Piras Zaccheo. Gesù “professore di storia naturale”:
“Dov’è l’alto e dov’è il basso?”. |
|
289 |
Pensieri
del maestro sul Ragazzo. Gesù mette in guardia il maestro. Gesù Luce dei
pagani e Giudizio degli Ebrei. Il maestro in fuga. |
I vicini di
casa e i loro figlioli stanno volentieri in casa di Giuseppe. I bambini sulla
terrazza. Zenone si rompe l’osso del collo. La resurrezione del morto.
Testimonianza di Zenone su Gesù. Ammonimento di Gesù a Zenone. |
|
291 |
I vicini
chiedono consiglio a Giuseppe in quanto amico di Cornelio. Gesù ammonisce
Giuseppe a non essere imprudente. Sguardo nel divino Governo del mondo: “Come
il popolo, così il suo governo!”. Gesù mostra Chi è il Signore! |
Gesù a sei anni
resuscita dalla morte il servo di Salomè dopo un incidente. Gesù istruisce il
giovanotto. Gesù si sottrae alla lode degli uomini. |
|
293 |
Gesù rompe
la sacra anfora di Maria. Preoccupazioni di una fanciulla. Gesù porta l’acqua
alla madre nel Suo mantello. La reliquia di Maria era per Gesù una spina
nell’occhio. La fanciulla riceve una correzione. |
I miracoli
cessano per due anni. Carestia in Palestina. Giuseppe semina nel settimo
mese. Gesù, che ha otto anni, mette Lui stesso il seme nel terreno. La
miracolosa benedizione. Giuseppe distribuisce il raccolto ai vicini. È meglio
l’amore che la lode. Guarigione del ragazzo inaridito. |
|
295 |
Giuseppe e Maria
decidono di mandare Gesù, che ha quasi dieci anni, da un maestro. Difficoltà
nella lezione. Il maestro colpisce il Ragazzo, ma diventa muto e folle. Il
Fanciullo Gesù ritorna a casa. |
Il secondo
maestro da Giuseppe. Mite approccio del maestro. Gesù dà una prova al
maestro: legge e spiega Daniele. Buona testimonianza del maestro su Gesù.
Come ringraziamento per l’onestà del maestro, Gesù guarisce il primo maestro. |
|
297 |
Gesù
undicenne e Giacomo vanno a far legna. Giacomo è morso da una vipera e muore.
Gesù resuscita Giacomo dalla morte. Un Vangelo del lavoro: sii zelante dei
beni spirituali! Resurrezione del ragazzo morto e del giovane carpentiere
Mallas. Il buon insegnamento: “Nell’invidia si cela sempre la morte!”. |
GESÙ DODICENNE NEL TEMPIO Breve
illustrazione della scena del Tempio, quando Gesù aveva dodici anni, da parte
di suo fratello Giacomo. Ora Gesù si ritira completamente in Se stesso fino
alle nozze di Cana. |
|
299 |
LA VITA DI GESÙ DAI DOCICI
AI TRENT’ANNI Importantissime
spiegazioni sulla natura di Gesù, sulla relazione tra il divino e l’umano in
Lui. Cenni sulla rinascita spirituale, condizione per una vita eterna e
beata. |
La vita di
Gesù e le lotte della Sua Anima dai dodici ai trent’anni. Cenni ed esempi sul
raggiungimento della rinascita spirituale, condizione per una vita eterna e
beata. Conclusione e benedizione del Signore. |
* * * * * * *
[Infanzia
di Gesù - parte I] - [Infanzia di Gesù - Parte II] -
[Home
Jakob Lorber]
[1]
abitanti di Ninive, che fu per secoli la capitale dell’Assiria e del regno
Assiro.
[2]
in latino nel testo originale, significa “mare in mezzo alle terre”
[3]
dozzinante: Persona che vive presso una famiglia pagando una somma per vitto e
alloggio. [N.d.T.]
[4]
(Lagos re d’Egitto) è stato aggiunto
da Lorber nel manoscritto.
[5]
letteralmente: cento centinaia di libbre. [N.d.T.]
[6]
Vedi cap. 19 e 66 di Isaia; il primo descrive il giudizio precedente, il
secondo l’amore e il tempo di Grazia della Nuova Gerusalemme, che è il buon
pesce. [Annotazione nell’originale per mano di J. Lorber]
[7]
nel senso di “senza tener conto del Signore”. [Nota dell’editore tedesco]
[8]
i migliori. [N.d.E. tedesco]
[9]
lo sposò. [N.d.T.]
[10]
Si tratta di un proverbio corrispondente al nostro “Chi va piano va sano e va lontano!”.
[N.d.T.]
[11]
dei pianeti
[12]
Non toccarmi! Letteralmente: “Non volermi toccare”. [N.d.E. tedesco]
[13] Vedi “I tre giorni nel Tempio” di Gerusalemme. Inoltre nel “Grande Vangelo di Giovanni” sono contenuti alcuni altri episodi della vita di Gesù giovanetto.