1842-1843
RIVELAZIONI DI DIO a Jakob Lorber
libro estratto da “Il Sole spirituale” vol. II
Spiegazione dei Comandamenti nell’aldilà
ai bambini morti
prematuramente
Questo libro-estratto fu stampato in una
edizione a cura della casa editrice “Armenia” nel 1992
Dal 1917 esiste in una nuova edizione a
cura della casa editrice “Gesù, la Nuova Rivelazione”
Riflessioni
sul perché della morte dei bambini
Introduzione
all’Opera “Il Sole spirituale”
(da cui sono stati estratti
questi 60 capitoli)
Cap. 1 L’ingresso nel regno spirituale dei piccoli
fanciulli – Metodi pratici per la loro crescita
Cap. 2 Insegnamento graduale nei primi reparti
Cap. 3 Scuola celeste di geografia e storia della
Terra
Cap. 4 Lezione sull’essenza e sull’origine della
Terra
Cap. 5 La scuola spirituale della vita
Cap. 6 La sala della storia sulla creazione
dell’uomo
Cap. 7 L’insegnamento dei dodici Comandamenti – Prima
sala, spiegazione del primo Comandamento
Cap. 8 Come si deve cercare Dio?
Cap. 9 Ardente desiderio di Dio – Una testimonianza
della Sua esistenza
Cap. 10 Seconda e terza sala: insegnamento sul
secondo e terzo Comandamento
Cap. 11 Il quarto Comandamento nella quarta sala
Cap. 12 Il quinto Comandamento nella quinta sala
Cap. 13 Il sesto Comandamento nella sesta sala – Cos’è
l’impudicizia?
Cap. 14 Sul sesto Comandamento, sulle due specie di
amore
Cap. 15 Cos’è la fornicazione?*
Cap. 16 Settima sala, settimo Comandamento
Cap. 17 Cosa significa ‘rubare’?
Cap. 18 Approfondimenti sulla questione sociale
Cap. 19 Ottava sala, ottavo Comandamento – L’involucro
materiale, il mezzo per la menzogna
Cap. 20 Cos’è una falsa testimonianza?
Cap. 21 Nona sala, nono Comandamento
Cap. 22 Osservazioni sul nono Comandamento
Cap. 23 Riflessioni sul senso interiore del nono
Comandamento
Cap. 24 Sulla benedizione della saggia moderazione
Cap. 25 Chi pecca contro il divino Ordine originario – contenuto nel
nono Comandamento?
Cap. 26 Il senso dell’usura, il peccato più – esecrato
dal Signore
Cap. 27 Decima sala, decimo Comandamento
Cap. 28 Chi è il “tu” nel decimo Comandamento?
Cap. 29 Esempi di interpretazione errata del decimo
Comandamento
Cap. 30 Motivo della velatura del vero significato – del
decimo Comandamento
Cap. 31 Il vero significato interiore del decimo
Comandamento
Cap. 32 Undicesima sala, undicesimo Comandamento – L’amore
per Dio
Cap. 33 L’amore di Dio, la Sostanza originaria di
tutte le creature
Cap. 34 Cosa significa amare Dio sopra ogni altra
cosa?
Cap. 35 In cosa consiste l’amore per Dio?
Cap. 36 Come amare Dio sopra ogni cosa?
Cap. 37 Dodicesima sala, dodicesimo Comandamento – L’amore
per il prossimo
Cap. 38 In cosa consiste il vero amore per il
prossimo?
Cap. 39 Lezione pratica agli allievi ultraterreni – sull’amore
per il prossimo
Cap. 40 Essenza e conseguenze del vizio – Nel primo
inferno
Cap. 41 Nel secondo inferno
Cap. 42 Nell’intera Creazione niente dell’esistente è
distruggibile
Cap. 43 Immagini del primo e del secondo inferno
Cap. 44 Ogni uomo, secondo la sua individualità,
porta in sé il Cielo come l’inferno
Cap. 45 Corpo, spirito e principio vitale
Cap. 46 Immagini terrene dell’inferno fondamentale
Cap. 47 Un’ulteriore immagine dell’inferno più basso
Cap. 48 Avidità di dominio e arroganza, i semi
dell’inferno
Cap. 49 I frutti che maturano per l’inferno
Cap. 50 Tutti i segreti saranno svelati nello stato
spirituale
Cap. 51 Paradiso e inferno, polarità nell’uomo
Cap. 52 Principi celesti e principi infernali
Cap. 53 Lo spirito, creatore del suo stesso mondo
Cap. 54 Il successivo sviluppo degli allievi
dell’aldilà – Il regno intermedio (Ade)
Cap. 55 Ogni vita segue le vie determinate dall’amore
per il Signore
Cap. 56 Ulteriore guida degli allievi attraverso i
pianeti – e le sette sfere del Sole fino alla loro meta celeste
Cap. 57 Dal
Signore – Sguardo retrospettivo sull’osservazione nelle sfere dei dieci spiriti
Cap. 58 Ogni uomo porta in sé un seme diverso per lo
sviluppo – del mondo spirituale
Cap. 59 Il Regno dei Cieli è uguale a questo tempo
attuale
Cap. 60 Un albero come esempio dell’essenza del Regno
degli spiriti
Cap. 61 Un fanciullo come immagine del Regno dei
Cieli e dell’Universo
۞
L’ingresso nel regno
spirituale dei piccoli fanciulli
Metodi pratici per la loro crescita
(Parla Giovanni)
1. Ecco già davanti a noi la porta; entriamo dunque con
coraggio! Ora siamo nel giardino; guardate come tutto è disposto con grazia e
in bellissimo ordine! In questo grande giardino ci sono dei piccoli viali
alberati che s’incrociano, e ad ogni incrocio scopriamo una piccola rotonda
alberata che al centro è abbellita da un piccolo tempio. I viottoli sono
ricoperti di bellissimi tappeti erbosi e, in questo modo, il cammino è
estremamente dolce. Tra i viali scopriamo degli spazi liberi dove crescono una
quantità di bellissimi fiorellini, pressappoco nel modo come accade sui prati
della vostra Terra in una buona primavera.
2. Voi qui chiederete perché mai i fiori non sono
ordinati secondo l’arte del giardinaggio, bensì crescono semplicemente variopinti
mischiati alla rifusa nel terreno? Ciò accade perché qui, essendo un mondo già
perfetto, ogni crescita che avviene in un qualsiasi posto è perfettamente
corrispondente alle spirituali capacità di concetto che sono proprie agli
abitanti di un tale posto.
3. E siccome, appunto, qui dimorano (le anime di) quei
giovanissimi fanciulletti che sulla
Terra sono morti, secondo il corpo, subito dopo la loro nascita, allora è
impossibile che questi fanciulletti abbiano un qualsiasi concetto e idea
ordinata del Signore e della Sua Parola; perciò voi qui vedete anche tutto tenero,
piccolo e in tutti i colori, disposti in maniera disordinata.
4. Guardate lì davanti. Là nel mezzo di questo grande
giardino scopriamo un edificio che ha quasi l’aspetto di una grande serra da
voi sulla Terra. Di che si tratta? Avviciniamoci, e vedremo subito cos’è.
5. Vedete, ci siamo già; entriamo dalla porta che è
aperta davanti a noi, e si mostrerà subito che cosa ci sarà da trovare. Ci siamo;
guardate, si trova una lunga fila di lettini ininterrotta quasi a perdita
d’occhio, come su un ripiano che si eleva a circa tre piedi dal pavimento.
Guardate oltre! Dietro a questa prima fila divisa come da uno stretto corridoio,
se ne scorge già una seconda, poi una terza, una quarta, una quinta e così di
seguito fino a dieci. E guardate, in ognuno di questi piccoli lettini vedete
giacere un fanciulletto, e in ognuno di tali corridoi si aggirano continuamente
parecchie centinaia di sorveglianti maschili e femminili che vanno avanti e
indietro e si accertano con cura se l’uno o l’altro dei piccoli fanciulletti
abbia bisogno di qualcosa.
6. Quanti di questi lettini ci dovrebbero essere qui
in questo spazio? Questo lo possiamo calcolare facilmente: su una fila ce ne
stanno diecimila di tali lettini, e noi abbiamo contato dieci file in questo
reparto. In totale ce ne sarebbero quindi centomila. Ma quanti di tali reparti ci
sono in quest’edificio? Ce ne sono dieci; e così in tutto l’edificio saranno
presenti un milione di lettini. Ogni reparto, però, qui aumenta di giorno in
giorno secondo il vostro calcolo; e i piccoli fanciulli che oggi in questo
reparto e in questi meravigliosi lettini della vita diventano completamente
maturi, sono subito portati nel reparto successivo.
7. Quando in questo modo i fanciulletti sono ben
maturi e passati in tutti i dieci reparti di questo edificio, allora vengono
portati già in un altro edificio, dove non devono più giacere in tali lettini,
ma qui per loro sono state erette certe morbide file di parapetti, nei quali
imparano a stare in piedi e a camminare. Anche questo edificio ha ugualmente
dieci reparti, nei quali il camminare viene continuamente perfezionato. Quando
i fanciulletti sono perfettamente esperti nel camminare, allora passano già in
un altro edificio che ha anch’esso dieci reparti; in questo edificio si
provvede a insegnare il linguaggio ai fanciulletti, il che è disposto in un
modo così avveduto che, in verità, vale davvero la pena andarci ed esaminare
più da vicino questo istituto di istruzione.
9. Guardate, là, più verso mezzogiorno, ce n’è uno già
in forma piuttosto ampia; rechiamoci da quella parte ed entriamo subito dentro!
Ecco che siamo già in un reparto, e precisamente nel primo; non notate
come brulica di piccoli allievi e tra di loro ci sono maestri e maestre amichevoli
e pazienti? E guardate come questi fanciulletti sono provvisti con ogni tipo di
giocattoli diversissimi e assai variopinti. A cosa servono loro questi
giocattoli? Per prima cosa che essi, nella loro anima, accolgano
silenziosamente il concetto che qui c’è realmente la loro essenza. Qui noi non
sentiamo ancora parlare; perciò rechiamoci in un secondo reparto.
10. Guardate, qui i fanciulletti non sono più così mischiati
disordinatamente, ma siedono su delle lunghe e ampie file di banchi bassi e
soffici. Dinanzi a ogni dieci fanciulletti vediamo un insegnante che tiene in
mano un oggetto, ne dice il nome e fa sì che venga ripetuto spontaneamente dai fanciulletti,
e cioè così come riescono a dirlo. Gli oggetti sono sempre scelti in modo che
possano destare l’attenzione dei fanciulli.
11. Inoltre qui voi noterete anche che le lunghe file
di banchi sono separate da pareti trasversali ascendenti ogni dieci fanciulletti.
Ciò è così disposto affinché con la presentazione di un oggetto, l’attenzione
della vicina fila di dieci fanciulletti non sia disturbata nell’attenzione con la
mostra di un oggetto.
13. Nel quinto reparto si passa già a una vera
e propria conversazione. Questa viene effettuata così: gli insegnanti, per
l’insegnamento oggettivo, mostrano ogni specie di oggetti per mezzo di certe
lavagne e mettono in scena un piccolo teatro, e poi si fanno raccontare dai fanciulletti
che cosa hanno visto e che cosa è successo.
14. Nel sesto reparto, questo ramo di
insegnamento viene continuato in misura già un po’ più grande e di più ampio
significato. Qui vengono mostrate lavagne con immagini già un po’ più grandi e messo
in scena un teatro in modo che queste scene abbiano relazioni col Signore; solo
che qui ai fanciulletti non è comunicato altro che la sola immagine esteriore,
ed essi devono poi descrivere con proprie parole al momento stabilito, la
stessa immagine così come l’hanno vista.
15. Nel settimo reparto, nel quale i fanciulletti
possono già parlare con tutte le regole, e la loro capacità di comprensione ha
raggiunto un grado notevolmente elevato, vengono già date rappresentazioni
storiche generali di grande importanza, aventi come riferimento il Signore, non
solo sotto forma di immagini sulla lavagna, ma già di scene drammatiche, e questo
di solito viene fatto in un modo così avvincente per i fanciulli che questi
letteralmente se ne invaghiscono e fanno domande, e proprio per mezzo di tutto
il visto e sentito s’imprime in loro tanto più profondamente.
16. Nell’ottavo reparto gli insegnanti fanno rappresentare
dagli stessi fanciulletti dei piccoli pezzi, e poi si fanno riferire che cosa è
stato rappresentato con tali immagini viventi.
18. Nel nono reparto i fanciulletti devono
cominciare già da soli a inventare nuove rappresentazioni, ovviamente sotto la
guida dei loro saggi insegnanti, e poi, ciò che hanno inventato lo devono anche
rappresentare, prima solo mimando, poi però anche parlando.
19. Nel decimo reparto scorgeremo già una
quantità di attori e drammaturghi, e il loro linguaggio sarà così ben formato
che voi sarete costretti a dire: “In verità, nessuno sulla Terra può esprimersi
così, anche se ha passato l’università”. Qui si dovrà certamente ben dire:
20. “Nello spirito s’impara più velocemente che non
nel corpo materiale, il quale non raramente è gravato con grandi debolezze e goffaggini”.
– Questo è certamente vero. Ma se anche sulla Terra fosse osservato un metodo d’insegnamento
simile a questo, allora i fanciulli là viventi e crescenti raggiungerebbero, altrettanto
in maniera impareggiabilmente più rapida, la meta per lo sviluppo spirituale,
di quanto accade adesso, dove il fanciullo viene prima rimpinzato con ogni specie
di immondizie, così che poi, quando si vuole approfondire la sua formazione,
devono essere dapprima faticosamente estirpate tali immondizie, prima che il
fanciullo possa essere atto a ricevere qualcosa di più puro.
21. Per darvi un’immagine che possa aumentare la
vostra comprensione, voglio rendervi attenti solo su ciò che voi stessi avete
già spesso sperimentato. Prendete un fanciullo che abbia talento per la musica:
quali risultati potrebbe raggiungere se, fin dai primi tempi fosse affidato ad
una vera e qualificata guida? Ma se a un tale fanciullo, invece di un perfetto insegnante
si dà una purissima schiappa che s’intende di tutt’altro meglio di ciò che è
chiamato a insegnare, e in aggiunta dà all’allievo ancora un cattivo strumento,
strumento che è poco o proprio non intonato, ed è continuamente e regolarmente
scordato, e tutto questo sotto la scusante: per il primo inizio è abbastanza
buono! Da un simile talentato allievo di musica verrà ben qualcosa fuori? Vogliamo
vedere.
22. Dopo tre anni inutilmente sprecati, al nostro allievo
viene finalmente dato un maestro un tantino migliore. Questi però ha da fare
per lo meno tre anni per togliere dall’alunno tutto il sudiciume da allora accumulato.
Adesso sono trascorsi sei anni, e il nostro allievo non è ancora capace di far
nulla. Ma se ora si vuol rimediare al primo errore, così che si possa far
qualcosa dal fanciullo, allo stesso si dà subito un eminente maestro. Questo
maestro però non ha pazienza, e l’alunno non ha più alcuna grande gioia [di
studiare]. Passano così di nuovo tre anni, e il nostro allievo, pieno di talento,
è portato appena a un assoluto mediocre guastamestieri, mentre sotto una giusta
guida qualificata, già nei primi tre anni avrebbe potuto eseguire qualcosa d’importante.
23. Vedete, così va con ogni insegnamento sulla
Terra; perciò anche i progressi dell’istruzione procedono così lentamente.
Qui invece tutto è ordinato nel modo più funzionale, perciò anche ogni istruzione
procede a passi giganteschi. – Ancora più splendidi risultati ci mostrerà il
seguito.
[indice]
۞
Insegnamento
graduale nei primi reparti
(Parla Giovanni)
1. Ora voi avete visto come qui [in questo terzo edificio]
i fanciulletti imparano a parlare; ma che cosa viene dopo il parlare? Guardate,
qui davanti a noi c’è già un altro edificio. Noi entreremo in questo e si
mostrerà subito che cosa accade poi con questi fanciulli. Siamo già
nell’edificio che è costruito molto magnificamente, e qui non scopriamo più i
reparti precedenti, bensì l’intero edificio presenta una sala molto grande che
ha spazio sufficiente – come potete convincervi con la vista interiore – a
contenere un milione di tali allievi, e inoltre, pure un insegnante ogni dieci fanciulli.
2. Ma che cosa accade qui? Guardate, qui dinanzi a noi
c’è uno di tali gruppetti, in mezzo vedete un tavolo rotondo intorno al quale
sono alloggiati comodamente dieci piccoli allievi con un insegnante. Che cosa hanno
gli allievi sul tavolo davanti a sé? Noi scorgiamo dei libri le cui pagine sono
un po’ rigide, e sulle pagine ci sono delle file di piccole immaginette, ma
eseguite in modo estremamente magistrale.
3. Che cosa fanno gli allievi con queste immaginette?
Essi le guardano e poi ne parlano, oppure, in certo qual modo, descrivono
all’insegnante l’immagine vista da loro. Questo è il primo inizio per la
lettura; qui vengono lette solo le immagini elaborate.
4. Guardate la quantità di tavoli qui in primo piano che,
in linea retta, attraversano tutta la larghezza della sala; qui, come vedete,
si trovano soltanto principianti nella lettura. Voi di certo a questo punto, direte
e domanderete: “Questo è tutto esatto, giusto e bello, se si tratta di leggere
solo una pura scrittura ideografica([1]);
ma se qui si usa anche la lettura per mezzo di segni muti oppure per mezzo delle
cosiddette lettere, allora non comprendiamo ancora giustamente com’è possibile
che questi segni muti, unifonici, procederanno da queste graziose immaginette!”.
5. Lasciate stare miei cari fratelli e amici! Come
questo procede, vi diventerà chiaro già nelle prossime file di tavoli, e vi
convincerete che qui si può imparare a leggere su una via del tutto naturale in
maniera eccellente senza un precedente leggere stentatamente e senza il sillabare.
6. Guardate, ecco che c’è già la seconda fila; che
cosa scorgete qui? Voi dite: “In fondo nient’altro che gli stessi libri, solo che
le immagini non sono più completamente elaborate, bensì sono date con le
cosiddette linee di contorno”. – Vedete, in questo modo occorre pensare di più
per riscoprire nuovamente, dal congiungimento delle linee, la precedente
immagine che era ben elaborata. Nello stesso tempo, però, voi scorgete che, con
ciò, l’animo interiore viene guidato di più all’attività, quanto più si toglie
via da un’immagine ciò che può essere esteriormente osservato; ovvero l’animo
interiore viene guidato a completare ciò che manca nella stessa immagine
[formata solo da linee di contorno]. Ciò che gli allievi fanno in questa
seconda fila, l’abbiamo già visto.
7. Andiamo alla terza fila; ci siamo già. Che cosa
vedete qui? Voi dite: “Di nuovo, libri come prima; però vediamo solo linee di
base, intorno alle quali le altre linee di contorno sono espresse solo
attraverso dei puntini”. – Vedete, qui è già più difficile rintracciare la vera
e propria immagine; però è evidente che in questo modo si venga già più
ricondotti al vero significato fondamentale, in certo qual modo al fondamento
dell’immagine. Nello stesso tempo, qui il significato delle immagini viene
letto già più profondamente, e le linee cominciano ad acquistare maggior
significato per se stesse.
8. Nello stesso tempo viene anche chiarito che cosa è
una linea retta, una linea curva e una linea circolare.
9. Andiamo alla quarta fila; che cosa scorgete qui?
Ugualmente di nuovo libri, dove in verità si presentano ancora delle linee
fondamentali, ma esse sono abbracciate con più punti di contorno. Ma poiché le
immagini evidenziate rappresentano una quantità di situazioni storiche, aventi
per la maggior parte dei riferimenti al Signore, e poiché in ogni immagine
compaiono una o più figure umane, allora attraverso queste linee di base
vengono rappresentate in modo evidente tutte le parti e le articolazioni
dell’uomo, e da ciò gli allievi possono scorgere con molta facilità come sono
ordinate le parti dell’uomo e quale significato hanno le semplici linee in
riferimento alle differenti parti e articolazioni dello stesso.
10. Che cosa risulta però da ciò? Lo vedremo subito
nella prossima fila.
11. Guardate, siamo già arrivati. Qui vediamo le
stesse linee più piccole in fila una accanto all’altra, e qua e là le parti terminali
delle linee terminanti in determinati punti. Che significa ciò? È ancor sempre
la prima immagine; ma le linee passano già più in una forma di segno muto, e
gli allievi devono riconoscere questi segni muti così come se avessero la
completa immagine dinanzi a sé.
12. Passiamo però di nuovo alla prossima fila. Qui nei
libri voi scorgete soltanto una, due o tre linee principali, e precisamente
date in misura molto più piccola. Queste singole linee principali vengono connesse
qua e là con piccoli archetti, allo scopo di dimostrare che esse appartengono
l’una all’altra. Le linee secondarie vengono segnate solo qua e là con poche
corte lineette e puntini.
13. Vedete, non è già questa una scrittura con tutte
le regole? Certo che lo è; ed essa è del tutto la vera e propria (ovvero
originaria) scrittura che corrisponde all’intera essenza dell’uomo. Voi direte:
“Questo è giusto; ma come stanno le cose poi con i singoli suoni oppure con il
cosiddetto A.B.C.?”. – Io vi dico: “Questo sta già tutto dentro [a questa
scrittura originaria], poiché le cosiddette vocali sono indicate con i punti e
le piccole lineette, le consonanti, invece, sono rappresentate dalle linee
principali e dai loro collegamenti”. Inoltre qui non si legge mai secondo le
singole lettere e neanche le si imparano in anticipo per amor della lettura,
bensì qui si procede totalmente al contrario. Qui prima s’impara a leggere dai
segni generali, come avete visto, e solo successivamente da questi segni
generali s’impara a riconoscere e a mettere insieme i singoli segni fonetici
fondamentali, e da quanto messo assieme si ritrovano di nuovo i segni generali.
14. Vedete, questo è qui il modo e la maniera per insegnare
agli allievi la lettura nella maniera più rapida e più appropriata.
15. Non c’è quasi bisogno di menzionare il fatto che per
l’apprendimento del leggere contribuisca, in modo straordinario, molto il
precedente apprendimento del linguaggio; potendo una cosa del genere essere afferrata
con le mani. Infatti, la differenza tra i due mezzi di apprendimento consiste
solo nel fatto che essi, con l’apprendimento del linguaggio, sono plastici([2])
e drammatici[3], mentre con l’apprendimento
del leggere sono disegnati in modo piatto e rappresentati in misure ridotte.
16. Qui però scorgiamo ancora parecchie file. Che cosa
succede? Si continua ancora ad insegnare a leggere sempre più perfettamente, e questo
avviene in modo che gli allievi, dalla forma di questa scrittura interiore che
è spirituale, imparano a trovare e a riconoscere, attraverso le corrispondenze,
anche tutte le scritture esteriori mondane; e in questo edificio non ci si
occupa d’altro che solo con la lettura. Che in questo modo gli allievi imparino
anche già a scrivere da sé, non c’è quasi bisogno di menzionarlo, poiché con questo
metodo, come voi usate dire, vengono presi due piccioni con una fava.
18. Per il momento lasciate stare; il seguito vi mostrerà
tutto ciò che qui si deve ancora apprendere. Voi certamente non dovete pensare
che nel Regno degli spiriti, quali spiriti stessi, si abbia già, in un certo
qual modo, come voi usate dire, mangiato tutta la sapienza dei Cieli con un cucchiaio,
e questo forse ancora in un sorso solo, perché in verità questa sarebbe una straordinaria
monotonia della vita, se ci si trovasse in una posizione tale da non essere più
capaci di nessun perfezionamento. Se però il Signore stesso, cosa questa
che voi certamente non afferrerete ben giustamente, progredisce sempre nello
sviluppo della Sua forza infinita, cosa che voi potete facilmente scorgere
dalla continua creazione e riproduzione di tutte le cose, come potrebbe esserci
per i Suoi figli una qualunque sosta? Come però avvengano questi progressi, il
seguito lo mostrerà.
[indice]
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Scuola celeste di
geografia e storia della Terra
(Parla Giovanni)
1. Guardate, qui dinanzi a noi c’è già un altro edificio e
di gran lunga più grande; cosa mai si insegnerà qui? Lo scopriremo subito. Voi
sapete che questi fanciulletti non hanno mai potuto conoscere il loro luogo di
nascita, la Terra, per il motivo che, secondo il corpo, sono morti troppo presto,
e precisamente subito dopo la nascita. Considerato però che per il
riconoscimento del Signore è anche necessario conoscere più da vicini il luogo
che Egli ha scelto come luogo principale della Sua Misericordia, allora anche
questi fanciulletti devono conoscere più da vicino proprio questo luogo, per vedere
da questo come e dove il Signore è diventato Uomo per liberare l’intero genere
umano e disporre la Terra per essere una scuola per i figli Suoi. – Quindi qui
viene insegnata la geografia della Terra nel senso vero e proprio, e questo sicuramente
in un modo più adeguato di quanto non sia il caso presso di voi.
2. Come però questa geografia della Terra viene qua esposta,
di questo vogliamo subito convincerci. Nel mezzo della grande sala nella quale ci
troviamo adesso, su un grande, splendido piedistallo si trova un mappamondo,
quasi dello stesso tipo come da voi sulla Terra. Voi non dovete accettare quanto
detto così semplicemente, bensì con la convincente premessa necessaria che
sulla Terra, in nessun campo si trova qualcosa che non fosse stata presente già
da lungo tempo prima nello spirito in misura corrispondente. Quindi anche un
mappamondo sulla Terra non è affatto un’invenzione che non sia esistita prima
nella pura regione dello spirito già da lungo tempo, anzi da un tempo
eternamente lungo.
3. Questo lo potete anche scorgere perfettamente se
domandate a voi stessi: “Che cosa era esistente prima: la Terra, oppure un
globo fabbricato dagli uomini (spiriti) che rappresenti l’attuale forma della Terra,
riproducendola solo in modo assai incompleto e misero?”.
4. Io però penso che la Terra nello Spirito del
Signore sia sicuramente esistita già da moltissimo tempo, allora anche
l’esistenza dell’immagine della Terra avrà ben avuto le sue buone, amplissime
vie. Per conseguenza, questo globo qui, inteso spiritualmente, può certo anche
essere nel suo ordine, ed è, nella pienezza della verità, anche in un ordine
considerevolmente più grande di quanto lo potrà mai essere da voi sulla Terra.
5. Venite solo più vicini e osservatelo. Sulla sua
superficie non è disegnato così come si usa da voi sulla Terra, bensì esso è una
vera e propria tipologia di raggi plastici[4], simili
alle vostre cosiddette fotografie, le quali fanno comparire in scala ridottissima
l’oggetto in modo assolutamente meno appariscente. Infatti, la grande
differenza tra la tipologia dei raggi esteriori terreni e questa interiore
spirituale è incalcolabilmente grande, poiché qui, anche all’esame più accurato
non deve mancare nemmeno un atomo, e l’intera natura della Terra deve essere
rappresentata in maniera perfettamente precisa.
6. Che però questo sia realizzato qui, lo potete
riconoscere al primo sguardo, in piena vicinanza; infatti, guardate, i ruscelletti,
i fiumi, grandi fiumi e mari sono qui del tutto naturali; i ruscelli, i fiumi e
i grandi fiumi scorrono, e il mare li accoglie.
7. Guardate ancora! Le montagne, che rappresentano in
modo del tutto fedele in piccola scala quelle della Terra, sono chiaramente della
stessa sostanza. I ghiacciai hanno la loro neve e il loro ghiaccio, le montagne
calcaree la loro calce, le Alpi più basse i loro pascoli e, scendendo più giù,
i loro boschi. E guardate solo attentamente, ogni città e ogni villaggio è riprodotto
precisamente.
8. Qui per esempio c’è la città in cui voi([5])
abitate. Osservatela, e troverete che non manca la minima cosa. Guardate anche
come perfino le nubi e la nebbia girovagano esattamente nelle direzioni e nelle
stesse forme come si trovano simultaneamente sempre sulla Terra reale. Vedete,
questo è sicuramente un globo perfettissimo; esso è, in verità, ben abbastanza
grande; il suo diametro, secondo la vostra misura, dovrebbe avere circa venti Klafter
(
9. Ma come può essere abbracciato con lo sguardo, da
tutte le parti? Molto facilmente, poiché vedete, per primo [il mappamondo] è
appeso, o piuttosto, poggia su un grande supporto per mezzo di un poderoso asse
(in orizzontale) del tutto parallelo a un loggione circolare tutt’attorno, proprio
all’altezza dei poli. Su questo loggione si trovano i nostri allievi insieme ai
loro insegnanti che esaminano in modo approfondito un intero meridiano. Quando
lo hanno ben conosciuto, il globo viene fatto girare di un meridiano, e così di
seguito, finché in questo modo l’intera Terra (coricata) è studiata da cima a
fondo.
10. Ma è forse questo l’unico globo, e con il suo
studio gli allievi hanno finito con la geografia come materia d’insegnamento? Oh,
no! Guardate là, proprio davanti a noi, c’è già di nuovo una grande sala; in
essa si trova un globo simile che rappresenta la Terra com’era mille anni fa, e
di nuovo in una grande sala attigua ce n’é un altro raffigurante la Terra
ancora altri mille anni prima, e così via fino ad Adamo.
13. Nella prima sala, cioè nella sala che rappresenta
il vostro attuale millennio, voi potete osservare che in quest’ultima fila,
secondo il vostro calcolo, viene aggiunto di giorno in giorno un nuovo globo.
Ma affinché gli allievi non abbiano tanto da affaticarsi con i piccoli globi,
viene loro già accennato in anticipo sul grande globo, dai loro insegnanti,
quali mutamenti sono avvenuti qua e là sulla Terra. In questo modo gli allievi
apprendono già tutto, e dopo, per la propria conferma, possono persuadersi sui
piccoli globi stessi.
14. Alla fine dell’ultima sala, nella quale è rappresentata
la Terra ai tempi di Adamo, si trova anche un’apertura, attraverso la quale i
nostri allievi possono scorgere la Terra reale come attraverso un tubo, per
procurarsi con ciò il completo convincimento di tutto ciò che in queste sale
hanno appreso sulla Terra.
15. Ma quanto a lungo dura, secondo il vostro
conteggio del tempo, un tale corso di apprendimento?Al massimo sei, fino a
sette giorni, poiché voi qui dovete prendere in considerazione l’ampiamente maggiore
e non ostacolata capacità di apprendimento puramente spirituale, in seguito alla
quale un tale fanciullo spiritualmente sveglio, apprende in un minuto di più che
voi sulla Terra in un anno. All’opposto, anche nel Regno degli spiriti ci sono certamente
quelli che sono imperfetti, situazioni in cui uno spirito, in cento anni, fa i
più scarsi progressi di quelli che un uomo fa sulla Terra in un minuto.
16. Così anche sulla vostra Terra corrispondente, e in
particolare anche sulla Luna, ci sono istituti di insegnamento o di miglioramento
per spiriti, nei cui istituti essi fanno progressi tanto miseri da far pietà. Ma
questi non appartengono a questo posto, dove gli spiriti si trovano nella loro perfezione
e nella loro originaria purezza.
17. Ma cosa imparano i fanciulli dopo questo corso?
Guardate, davanti a noi, più oltre verso mezzogiorno, c’è già di nuovo un
edificio enormemente grande. Che cosa si insegna in questo? Io vi dico:
“Nient’altro ciò che naturalmente è il fondamento dell’esteriore essenza della
Terra, quindi la geologia naturale e l’origine della stessa”. Non appena tutto
ciò sarà ben compreso chiaramente e profondamente, si passerà poi alla Terra
storica e, da questa, alla spirituale. Come però tutto questo sarà esposto, ve
ne convincerete sul posto altrettanto bene come vi siete convinti finora di tutto.
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Lezione sull’essenza e sull’origine
della Terra
(Parla Giovanni)
1. Il nuovo edificio è davanti a noi e vi entriamo. Che cosa
vedete qui nella grande sala? Evidentemente non vedete nient’altro che nuovamente
un globo, il quale non differisce per niente da un precedente. Ma come potrebbe
essere studiata la geologia su questo globo? Andiamo solo più vicini, e la cosa
si mostrerà anche subito.
2. Guardate, per prima cosa questo globo può dividersi
in due parti, proprio nel mezzo, da polo a polo. Basta una sola pressione e l’intera
forma interna della Terra è visibile da polo a polo. La struttura e la
costruzione sono rappresentate precisamente secondo la Terra reale; anzi
perfino il minerale come si mostra qui è perfettamente lo stesso! Se voi ora
osservate la sfera divisa, scorgerete come la Terra, in un certo senso, contiene
in sé ancora una Terra in misura più piccola, la quale però è comunque connessa
con la Terra esterna con saldi legami organici.
4. Non è questo il tempo di scomporvi qui l’intera
essenza della Terra, bensì solo per mostrarvi in quale modo e maniera i nostri avanzati
allievi spirituali imparano qui a conoscere l’essenza interiore del corpo
terrestre. Io ritengo che non vi sia quasi più bisogno di dilungarsi su questo,
poiché ognuno di voi potrà scorgere senz’altro, al primo sguardo, che la
geologia o la costruzione dell’intera essenza della Terra non potrebbero essere
insegnate e riconosciute dagli allievi in nessun altro modo e più saggio che proprio
in questo modo.
5. Nel contempo, però, unitamente alla geologia
materiale, qui viene ancora indicato come tutte le materie e gli organi formati
dalle stesse in fondo non sono che forme spiritualmente corrispondenti, nelle
quali una vita spirituale prigioniera viene preparata alla sua liberazione. E
poi viene mostrato loro anche il passaggio graduale di come la vita
prigioniera, partendo dal centro della Terra, sale verso l’alto attraverso
innumerevoli gradini e, sulla superficie della Terra, si rende nuovamente
manifesta e si perfeziona in innumerevoli nuove forme. – Vedete, tutto questo
imparano gli allievi in questa sala.
6. Certamente voi domanderete: “Con tanti allievi
spirituali, non sarà troppo poco un tale globo?”. Oh, guardatevi solo un po’
intorno in questa sala, e scorgerete una gran quantità di simili apparati, in
parte in ugual grande formato e in parte in formati più piccoli. E tutti questi
globi sono così costituiti che possono essere scomposti in tutte le parti
possibili. Dopo che abbiamo visto anche questo, allora possiamo già di nuovo passare
oltre in un’altra sala.
7. Siamo nella seconda sala attigua. Guardate, questa
ha la forma di una sala rotonda estremamente larga e alta che, tutt’intorno, è
divisa in mille colonne a nicchia o, per così dire, cappelle considerevolmente
grandi e abbastanza profonde. Qui voi, nel mezzo di questa rotonda, non vedete
altro su un grande tavolo, che una fuggevole nuvola di colore grigio bianco
luminoso.
8. Che cosa significa questo? Guardate solo in tutte
le direzioni alle finestre rotonde, ognuna delle quali, da ogni cappella, getta
la luce proprio su questo tavolo.
9. Con lo scontrarsi dei raggi viene per l’appunto generata
quest’apparente nuvola. Ma che insegnamento possono trarre da ciò gli allievi? Nient’altro
che l’ordinata formazione di un mondo. Ma in che modo da questo conflitto di
raggi debba formarsi un mondo secondo la Volontà del Signore, lo vedremo in
queste mille cappelle poste qui intorno.
10. Nella prima cappella noi vediamo in scala un po’
più piccola lo stesso fenomeno che abbiamo già visto nel mezzo della sala.
Nella successiva cappella la precedente nuvola ancora non ordinata ha già più una
forma ovale, che però è ancora estremamente vacillante.
12. Da questo punto scorgiamo, nel mezzo della sfera
d’acqua, piccoli cristallini trasparenti, non dissimili da quei piatti fiocchi
di neve gelati che, quando il freddo è considerevole, non di rado svolazzano
come piccole tavolette di diamante.
13. Nelle successive cappelle scorgiamo sempre più di
questi cristalli, intorno ai quali, verso il centro [della sfera] comincia a
formarsi una specie di reticolato bluastro, e in questo modo si uniscono l’un
l’altro i piccoli cristalli che prima erano separati.
14. Procedendo ulteriormente attraverso queste
cappelle, nel mezzo della sfera d’acqua scorgiamo già sempre più un ammasso
grigiastro e non trasparente, intorno al quale si attaccano, come nel freddo
inverno intorno a un ramo d’albero, ancora nuovi chiari cristalli che
scintillano come diamanti attraverso la sfera d’acqua.
15. Andando avanti, vediamo anche già nuovamente
questi nuovi cristalli che si sono appena posati, legati tramite un nuovo
tessuto bluastro, e dall’ammasso che diventa sempre più scuro, scorgiamo salire
da ogni parte già di nuovo una quantità di rotonde bollicine d’aria, attraverso
le quali si comincia a formare, sopra la sfera d’acqua, già una specie di aria
atmosferica. E voi vedete che quest’azione, quanto più andiamo avanti, tanto
più grande e più visibile diventa.
16. Dopo che con questo lento perfezionamento siamo
passati di nuovo attraverso alcune centinaia di cappelle, si presenta qui, nell’attigua,
dinanzi a noi, nel mezzo di una sfera d’acqua abbastanza grande, già una massa potentemente
scrosciante. Considerevoli bolle sorgono continuamente dalla stessa, e qui sono
già portatrici di una specie di sostanze piene di vapori le quali, all’esplodere
delle bolle che salgono, si estendono, come una leggera nebbia, sopra la
superficie della sfera d’acqua. E vedete, queste azioni diventano sempre più impetuose
di cappella in cappella. Nella centesima cappella già scorgiamo qua e là,
attraverso la sfera d’acqua già fortemente cristallizzata, dei punti
incandescenti dai quali salgono continuamente dei vapori come da un’acqua
bollente, e questo accade in innumerevoli bolle e bollicine.
17. Più avanti scopriamo emergere già considerevoli
punte di cristalli sulla superficie dell’acqua, e la sfera d’acqua solo qui e
là è libera dai vapori che si librano al di sopra di essa.
18. Ancora oltre vediamo già considerevoli raggi di
fuoco, provenienti dall’interno, squarciare la superficie dell’acqua, vediamo
l’acqua ondeggiare potentemente, e attraverso queste onde vediamo piccoli
cristallini di nuova formazione affluire nelle connessure interne, e in questo
modo vediamo la sfera interna non trasparente diventare sempre più rotonda e in
sé più solida, come la superficie dell’acqua.
19. Continuando il cammino di cappella in cappella, incontriamo
già lampi, lampi che certamente si formano in piccola dimensione nei vapori, i
quali occupano già tanto la vera e propria sfera, la quale soltanto a fatica la
si può ancora scorgere.
20. Verso la fine di questo museo della formazione del
mondo, vediamo eruzioni di fuoco molto potenti, eruzioni che sollevano
l’interiorissimo più compatto fondo oltre la superficie dell’acqua e, con ciò, formano
montagne e altro solido e asciutto terreno. Proseguendo scopriamo qua e là
della brulla pietra solida già ricoperta di muschio, e nelle regioni più
profonde un terreno più molle che si è formato attraverso il muschio della pietra
e attraverso lo scioglimento della stessa per mezzo del fuoco.
21. Nell’ulteriore procedere scopriamo che l’acqua è
già animata, come voi siete soliti dire, da infusori([6]),
e la formazione del terreno vegetativo procede rapidamente da sé. In una delle successive
cappelle scopriremo già una specie di vermi nell’acqua. Di nuovo più avanti, la
formazione animale nell’acqua viene sempre più potenziata e arricchita; e così
con questo procedere di cappella in cappella voi vedrete finalmente la Terra
progredire fino a quello stato nel quale prende il suo inizio la creazione dell’uomo.
Questo, però, non si può più vedere qui, bensì in una prossima sala.
22. Ma come saranno differenziate queste cappelle
l’una dall’altra rispetto ai periodi di tempo? – Io vi dico: quantunque questi
periodi di tempo, per così dire, non siano assolutamente uguali, tuttavia
potete supporre che, da cappella in cappella, abbraccino ben milioni di anni, e
non vi sbaglierete proprio di molto. Se voi, infatti, osservate la grandezza
della Terra, allora potrete anche comprendere quale moltiplicazione di tempi
sia stata necessaria per ottenere dall’etere di luce, completamente nullo, una
goccia di rugiada, e per vedere questa goccia, attraverso un costante e sempre
più potenziato incremento, estendersi e alla fine solidificarsi fino a
raggiungere l’attuale grandezza della Terra. – Non occorre che io qui vi dica
altro.
21. Si comprende da sé che in questo modo, per lo più
in via pratica, gli allievi attraverso tale istruttiva contemplazione apprendano
l’origine di un mondo, e qui in particolare della Terra. E così, dunque,
possiamo passare nella prossima sala, dove viene rappresentata la creazione
dell’uomo, e quindi prende il suo inizio anche la Terra storica e spirituale.
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La scuola spirituale
della vita
(Parla Giovanni)
1. Qui naturalmente non è il luogo in cui dobbiamo
rappresentare, per così dire punto per punto, l’intera storia della creazione
dell’uomo, come anche la sua storia fino al tempo attuale, bensì in questo
luogo scopriamo soltanto il modo e la maniera di come tutto ciò viene insegnato
ai nostri piccoli allievi spirituali.
2. Voi potete accettare in anticipo, come cosa già abbastanza
nota, che qui nel Regno degli spiriti perfetti, ogni cosa, in maniera
corrispondente, viene impiegata in modo incalcolabilmente molto più saggio e più
intelligente che non sulla Terra, al fine di raggiungere un qualsiasi scopo
buono. Questo avviene già da questa base molto semplice, perché qui si comincia
a contare non dall’uno fino all’infinito, bensì si comincia, per così dire,
dall’infinito e si conta a ritroso da lì fino all’uno, oppure, ciò che è la
stessa cosa, non si va dall’interiore verso l’esteriore, bensì dall’esteriore
all’interiore; cosa che veramente sarebbe la via migliore anche sulla Terra, se
gli uomini non fossero così presuntuosamente stolti e sciocchi.
3. Ma poiché gli uomini sulla Terra tendono solo alle
cose più futili e più vane, allora credono e confidano nel Signore solo finché
(ben inteso in base al miglior criterio di valutazione degli uomini) non manca loro
nulla secondo il corpo. Invece, se viene una minima tentazione, allora ricadono
subito nei loro vecchi dubbi e, anziché gettarsi nelle braccia del Signore, si
gettano solo in quelle di un mondo che giova a poco e che aiuta molto
miseramente. Così sono fatti già gli uomini migliori; ma da ciò risulta
chiaro che il loro senso non è assolutamente rivolto verso l’interiore, bensì
soltanto verso l’esteriore.
4. Dove però la fede, la fiducia e l’amore per il
Signore sono ordinati in modo così estremamente misero, non ci si può certo
aspettare una simile formazione spirituale, nella quale l’uomo farebbe un
progresso molto maggiore in un minuto che non in vent’anni nell’abituale,
altamente misera maniera terrena, anzi talvolta nemmeno in cento anni, se la
vita umana durasse tanto a lungo.
5. Tutti gli uomini, in verità, sono destinati dal
Signore ad accogliere nient’altro che quest’unica istruzione. Essi però
lasciano perdere la santa Scuola della Vita, non sanno assolutamente cosa
farsene, e perciò preferiscono tormentarsi per tutta la loro esistenza con
futili conoscenze della natura morta e dei suoi rapporti, e quando alla fine
della loro vita si domandano: ‘Che cosa
di importante e di grande abbiamo raggiunto ora con il nostro faticoso studio?’,
allora il loro stesso sentimento darà la risposta: ‘Noi siamo arrivati al punto che adesso, nel momento più importante
della nostra vita, non sappiamo sul serio nemmeno se siamo maschi o femmine, e
non sappiamo se adesso dobbiamo attenderci ancora una vita oppure nessuna!
6. Sono il Cielo,
l’inferno e il mondo degli spiriti, fiabe inventate da oziosi rannicchiati in
un monastero, oppure ci dovrebbe ben essere qualcosa in questo? Se non c’è
nulla, che cosa ci sarà poi e che sarà di noi? Se invece c’è qualcosa in
questo, dove andremo allora: in alto oppure in basso?’.
7. Vedete, questi sono i frutti più sicuri
dell’erudizione terrena esteriore. Si domanderà di certo: ‘Se questi sono già i
frutti dell’erudizione, quali frutti avranno poi quegli uomini che, tanto nelle
campagne come anche nelle città, crescono non molto più assennati dell’animale sui
pascoli e nei boschi?’. – Su ciò io non vi dico nient’altro, se non quanto il
Signore stesso ha detto:
8. «Chi non rinascerà nel suo spirito, non entrerà
nel Regno dei Cieli o della Vita eterna!».
9. Per il conseguimento della rinascita dello spirito,
però, è necessaria l’osservanza, in tutte le sue parti, di quella santa
Scuola della Vita, Scuola che il grande e santo Maestro di ogni vita ha
predicato dalla Sua stessa santa bocca agli uomini della Terra, e l’ha suggellata
con il Proprio sangue!
10. Chi quindi non vuol prendere in mano questa Scuola
in modo attivo, com’è indicato nella Scuola, deve ascrivere solo a se stesso se
in questo modo perde per propria colpa la vita del suo spirito.
11. Cosa certa però è che ogni possessore, per quanto
semplice di un bene qualunque, deve sapere e anche saprà che, in primo luogo,
egli è il possessore di un bene, comunque sia fatto, e in secondo luogo, saprà
di che tipo di bene egli possegga e di quale valore.
12. Così, se qualcuno volesse contendergli la sua
proprietà, sicuramente a questi appenderà al collo un duro processo. Perché poi?
Perché egli sa del tutto con certezza di essere un proprietario, e sa che cosa
possiede.
13. Se invece, oltre a ciò, qualcuno è possessore
della vita eterna nello spirito, dite: può questi domandare se la sua anima e
il suo spirito passeranno con la vita del corpo oppure no? Colui che domanda: “Come?”,
“Quando?”, “Cosa?”, “Da dove?”, “Per dove?”, non è certamente possessore della
vita eterna, ma è nient’altro che un venale servo salariato del mondo e teme
più di tutto di perdere la vita del suo corpo; perché poi? Perché non ne
conosce nessun altra.
14. Coloro che sono qui e una volta erano dei veri allievi
provenienti dalla Scuola del Signore per la vita eterna, disprezzavano la morte
del corpo e attendevano con grande gioia e delizia solo il completo
scioglimento dei pesanti legami esteriori della vita del mondo. Essi
testimoniarono la Verità della Scuola della Vita proveniente dal Signore –
quali martiri con il loro sangue.
15. Cercate i martiri nel tempo attuale! Ci sono ben
qua e là dei difensori molto valorosi della santa Scuola della Vita proveniente
da Cristo, il Signore. Questi difensori sono però simili alle galline su un albero,
le quali si beffano della volpe che gira intorno sotto di loro, perché l’istinto
dice loro che, finché stanno lassù, il nemico non può raggiungerle. Ma quando
le galline scendono a terra e la volpe si precipita in mezzo a loro, allora è
del tutto finita con il ‘beffarsi’ del nemico, e l’angoscia mortale costringe i
nostri valorosi eroi pennuti alla fuga assai veloce.
16. Così è oggigiorno anche il caso con la forza della
fede. Finché qualcuno, in qualche angolo della Terra, si sente al sicuro dalle
grinfie dei grandi del mondo avidi di dominio e di beni, allora egli parla anche
come un Mosè sul Sinai. Ma se questi grandi e potenti amici del mondo e nemici
della Verità hanno rintracciato il nostro Mosè e fanno atto di prenderlo in
consegna in un modo mondano estremamente sgradito, allora il nostro predicatore
della Verità si guarda attorno per vedere se ci sia una qualche porticina per svignarsela.
Dovesse questa essere sbarrata, allora il profeta fortemente minacciato, dopo rigoroso
esame terreno, ricorrerà a quelle coraggiose misure alle quali, com’è a vostra
conoscenza, ricorse l’astronomo Copernico quando scorse davanti a sé il rogo per
sua non piccola consolazione; o come fecero anche alcuni uomini realmente pii
in Spagna durante i lodevoli tempi dell’Inquisizione, i quali preferirono
bruciare alcuni insegnamenti comunicati loro dal Signore stesso, piuttosto che far
venire su se stessi un notevole inconveniente.
17. Tuttavia questi furono pur sempre uomini, in sé e
per sé degni di lode e di rispetto, poiché in se stessi furono nondimeno
convinti della Verità, benché solo verso l’esterno non ebbero il coraggio di
riconoscerla.
18. Il Signore però ha ben detto certamente: «Chi
Mi riconoscerà dinanzi al mondo, anch’Io lo riconoscerò dinanzi al Padre Mio!»,
o altrimenti detto: “Chi Mi avrà accolto veramente nel suo spirito, Mi
riconoscerà anche nella pienezza della forza della Verità in lui dinanzi a
tutto il mondo! Io, perciò, per questo lo riconoscerò anche nella pienezza del
Mio Amore come Padre”.
19. Se però le cose stanno in questi termini, allora
da ciò non può certo venir fuori altro che, in primo luogo, come suona nelle parole
del Signore: «Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti!», – oppure espresso
più chiaramente: “In verità, molti nell’aldilà raggiungeranno la vita
eterna, ma solo a pochissimi toccherà la grande gioia di essere accolti come
figli nella vera e propria Casa del Padre, poiché il conseguimento di questa
Grazia richiede violenza, e coloro che non l’attirano a sé con violenza, non la
riceveranno”.
20. Ma da un’altra parte è anche detto: «Il Mio
giogo è dolce e il Mio carico è leggero». Questo passo può valere di
conforto per coloro che hanno in sé la Verità in modo convincente, ma oltre a
ciò hanno anche tanto del mondo che toglie loro il coraggio di riconoscere
apertamente la Verità dinanzi allo stesso. Questi hanno poi realmente nella
Verità della vita eterna che è presente in loro, un giogo dolce e un carico
leggero. Invece quei pochi che hanno bandito da sé tutto il mondano, ricevono
poi lo spirito della forza e del vigore, non temono più il mondo, e riconoscono
in loro apertamente l’eterna Verità vivente, strappando a sé con la violenza
della loro fede e del loro amore per il Signore la Casa del Padre.
21. Nondimeno, questo voi lo potete scorgere anche da
ciò: se qui un qualunque padre di famiglia avesse i suoi beni nel paese e oltre
ai suoi figli avesse anche parecchi servitori molto bravi, e tuttavia, se dei ladri
e dei rapinatori dovessero irrompere nella casa e i servitori per paura e
angoscia corressero a nascondersi, mentre i figli adulti afferrano con tutte le
forze e tutto il coraggio i prepotenti rapinatori e ladri, proteggendo così la
vita del padre e della madre con il loro coraggio e con la loro forza, sarebbero
i servitori cattivi per questo, perché sono corsi a nascondersi?
22. No, proprio non lo sarebbero; però sarebbero degli
esseri deboli, poco pieni di vita e quindi privi di coraggio. I figli invece avrebbero
la vita del padre nel loro fondamento; perciò nulla sarebbe tanto santo che la
stessa. Invece essi, vale a dire i servitori, dovrebbero essere ricompensati
per essersi nascosti? Io ritengo che non occorra essere un giurista per riconoscere
che, in questo caso, non si sono certo meritati una ricompensa per essersi
nascosti dalla paura.
23. Questo, però, sta anche nella Parola di Vita: «Chi
semina molto, raccoglierà anche molto; e chi semina poco, raccoglierà anche
poco».
24. Io ritengo che gli uomini, da quanto è stato detto
finora, non risulterà proprio così difficile riconoscerlo, giacché sulla via
delle loro attuali scuole del mondo non si saranno appropriati molto della vita
eterna; e perciò la semina estremamente magra avrà anche, come conseguenza, un
altrettanto magrissimo raccolto.
25. Per questo, secondo la Volontà del Signore, io vi
mostro anche le viventi scuole dei bambini nel Sole, affinché possiate apprendere
da questo, come si dovrebbe effettivamente amministrare anche sulla Terra la
Scuola della Vita! – Noi ora ci troviamo nella sala dove prossimamente impareremo
a conoscere la storia della creazione dell’uomo e la sua ulteriore
storia sulla Terra, e anche lo stato spirituale della stessa.
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La sala della storia sulla
creazione dell’uomo
(Parla Giovanni)
1. Guardate: anche nel mezzo di questa oltremodo grande sala
si trova un enorme grande globo, intorno al quale è collocato un loggione. E poiché
anche in questa sala c’è una grande rotonda la cui parete circolare è munita di
molte cappelle di grandezza considerevole, allora scorgiamo in queste cappelle pure
una quantità di globi più piccoli che servono allo scopo prestabilito.
2. Andiamo su al loggione ed esaminiamo il grande
globo installato; lì scopriremo la storia della creazione dell’uomo. – Siamo al
loggione; prestate dunque attenzione, come un insegnante qui presente esporrà
la storia a questi suoi allievi.
3. Vedete, si china sulla grande sfera e la tocca. E
guardate, nel punto dove l’ha toccata, esce subito una potente luce, la luce si
afferra, si costituisce in una forma e la forma è uguale a un uomo. – E
guardate ancora: l’insegnante tocca per la seconda volta la sfera e una fine
polvere sorge dal punto toccato, avvolge la precedente figura di luce e la luce
ora non emana più nessuno splendore [fuori] da sé, ed è già avvolta nella
stessa forma con un involucro terreno.
4. E ora, guardate, l’insegnante si china nuovamente
ed alita sulla forma ancora inanimata ed essa diventa vivente, si muove sul
posto da sola e osserva le cose intorno a sé. Guardate di nuovo, la forma si
stanca di osservare, si accascia là sul posto e passa in uno stato di sonno.
5. Ora però l’insegnante si china di nuovo e tocca il fianco
della forma dormiente, e vedete innalzarsi dal fianco di questa forma di nuovo
una luce, la luce si rafferma in una seconda forma umana e resta ferma,
immobile davanti alla prima forma ancora dormiente. L’insegnante tocca di nuovo
la prima forma, e una massa umida un po’ bagnata, come una goccia torbida, si svincola
dalla prima forma, si scioglie in una nebbiolina e avvolge come tale la seconda
forma di luce. – La luce scompare, e la seconda forma è simile alla prima, ma
non è ancora animata; perciò l’insegnante la tocca ancora una volta, e
guardate, essa vive e si muove agile qui e là.
6. Ora però l’insegnante tocca nuovamente anche la
prima figura; guardate, essa si solleva, e poiché ne scorge una seconda che le
è simile, ne ha una gioia visibilmente grande e usa con la stessa già un’espressione
mimica. – L’insegnante qui rappresenta, in un certo qual modo, il Signore, e ora
opera apparentemente con la forza che il Signore gli ha conferito a questo
scopo, opera ciò che il Signore ha operato nella grande realtà. Egli pronuncia
esattamente anche le stesse parole che il Signore ha pronunciato, e gli allievi
notano anche la grande potenza di tali parole.
7. Adesso però guardate come l’insegnante si manifesta
a questa prima coppia umana creata e come la istruisce.
8. Guardate, l’insegnante si tocca il petto. Subito un
raggio luminoso esce dal punto toccato, va verso la neocreata coppia umana e si
mette dinanzi alla stessa altrettanto come un terzo uomo di luce. E ciò che
l’insegnante ora dice davanti agli allievi secondo le parole del Signore a voi
note, lo dice anche il terzo uomo rappresentato dal raggio proveniente dal
petto dell’insegnante alla coppia umana neocreata.
9. Non è ulteriormente necessario farvi assistere a
quello che verrà rappresentato successivamente, poiché ora tutto procede alla
lettera, ciò che voi sapete dal Vecchio e Nuovo Testamento, solo i momenti
della procreazione vengono velati. Per questo, infatti, c’è ancora un altro
tempo, in un certo qual modo, spirituale, in cui i nostri allievi, con la
maggiore maturità del loro essere, potranno essere istruiti in un modo altamente
edificante.
10. Io però vi rendo attenti sul fatto che qui gli insegnanti,
in una maniera adattissima allo scopo, espongono allo stesso modo ai loro allievi
tutta la futura conduzione del genere umano e, alla fine, l’intera superficie
della Terra popolata, e questi popoli sono lasciati a operare da se stessi
sulla superficie terrestre. [In questo modo gli allievi vedono] questi popoli
edificare case e città, addomesticare animali per il loro uso, condurre guerre
e perseguitarsi precisamente così come fu in realtà il caso sulla Terra. E
vedete, tutto questo accade fino al tempo presente.
11. I momenti speciali nella grande storia del mondo,
come qui è in primo luogo la creazione dell’uomo, poi il diluvio universale di
Noè, il patto stretto con Abramo, con Isacco e con Giacobbe, la grande conduzione
del popolo d’Israele sotto Mosè e sotto i suoi successori, la storia sotto
Davide e Salomone, la Nascita del Signore e da lì ai momenti più importanti
della diffusione della Sua Dottrina, formano la parte principale
dell’insegnamento.
12. Quando una di queste parti principali è
completata, gli allievi vengono condotti nelle cappelle dove stanno i globi più
piccoli, e lì devono ripetere ai loro insegnanti in modo auto creativo, ciò che
gli insegnanti hanno mostrato loro sul grande globo. In questo modo l’insieme
dell’istruzione diventa perfino vivente, e gli allievi conoscono poi gli
avvenimenti della Terra punto per punto precisamente in modo così vivente, come
se essi stessi, sulla Terra reale, fossero stati perfino attivi testimoni di
ogni cosa.
13. Se gli allievi hanno acquisito quest’importante
ramo dell’insegnamento, solo allora vengono condotti nuovamente al grande globo,
e poi gli insegnanti mostrano loro, nello stesso tempo, la Terra spirituale e
come questa si forma dal genere umano.
14. Essi mostrano loro le sfere, mostrano come queste
si formano sempre più pure e più chiare sopra la Terra materiale vera e
propria, e mostrano come proprio queste sfere ricevono poi una conformazione
paesaggistica non appena lo spirito di un uomo defunto s’innalza in una
qualsiasi sfera e, della stessa, prende il possesso che gli è confacente.
15. Ma nel contempo gli insegnanti mostrano agli allievi
le sfere sotterranee che diventano sempre più tenebrose, e come delle anime maligne
di uomini defunti sprofondino in tali tenebrose sfere. E là dove esse prendono un
qualche possesso a loro confacente, là si spingono anche presto parecchie anime,
cominciano ad opprimersi e, passando per mezzo di ciò nell’ira, s’infiammano anche,
e una volta che si sono infiammate allora gli allievi scoprono come tali anime tenebrose
passano poi, in misura corrispondente, nelle più disparate forme assai
mostruose e sprofondano in queste sfere sempre più profonde e più tenebrose.
17. Quando gli allievi hanno ben afferrato tutto ciò, allora
vengono condotti fuori da questa sala e guidati in un altro giardino più
grande, dove si trovano già istituti scolastici superiori. Che in questo primo
giardino gli allievi non imparino ovviamente tutto d’un fiato, ma che tra un
insegnamento e l’altro abbiano delle ore di gioco ben ordinate, si comprende da
sé. Poiché anche lo spirito ha regolarmente bisogno di periodi di riposo per il
proprio rafforzamento, cosa che il Signore annunciò già con la prima storia
della creazione, quando Egli ha stabilito, dopo i sei risaputi giorni di lavoro
della creazione, un settimo giorno di riposo.
18. E ai tempi di Cristo il Signore stesso ha mostrato
che Egli, dopo aver fatto un lavoro, ha riposato come ogni altro uomo. Quindi
anche gli spiriti hanno qui bisogno di periodi di riposo, nei quali si
rafforzano di nuovo per affrontare nuove lezioni; e così subentra anche,
specialmente col passaggio da un giardino d’insegnamento all’altro, un
considerevole periodo di riposo. In questo periodo agli allievi con i loro
maestri viene concesso, se ne hanno voglia, perfino di far visita ai loro
congiunti sul vero e proprio corpo terrestre, il che però di solito accade
sempre solo quando i loro congiunti abitanti della Terra sono nel sonno profondo,
cosicché nello stato di veglia solo assai raramente ne sanno qualcosa di
questo; particolarmente poi proprio nulla del tutto se sono disposti più alle
cose terrene che a quelle spirituali.
19. Alcuni di questi allievi, poiché sanno già
moltissimo del Signore, hanno il desiderio di vederLo. Tale desiderio però solo
raramente viene esaudito, e ciò per il motivo che essi, come spiriti, sono
ancora troppo deboli per rimanere stabilmente di fronte all’eterno, onnipotente
Spirito di Dio e sopportare tale vicinanza. Il loro più grande e prediletto ristoro
consiste tuttavia in questo: il poter visitare Maria, quale loro generale direttrice
superiore spirituale e Madre. Maria visita assai spesso tutti questi grandi
istituti scolastici, però non sempre è visibile ai piccoli spiriti, ma ben agli
insegnanti.
20. Voi domanderete se tutti i bambini defunti debbano
passare queste scuole a partire dalla nascita fino al loro dodicesimo anno.
Certamente, ma non nell’uno e nello stesso giardino; per ogni età, infatti, vi
è un proprio giardino d’inizio. Ma per quanto riguarda il secondo giardino,
essi vi giungono già tutti insieme. – Ma come e cosa imparano là i quasi
innumerevoli molti spiriti infanti e in quale stato essi passano [dopo
l’istruzione], ve lo mostrerà il seguito.
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L’insegnamento dei dodici
Comandamenti
Prima sala, spiegazione del primo
Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Non dobbiamo fare da qui un grande e lungo viaggio,
poiché il successivo giardino starà subito davanti ai nostri occhi. Guardate là,
a una distanza moderata ci danno il benvenuto già filari di alberi che si estendono
a perdita d’occhio, al di là dei quali scorgiamo un palazzo oltremodo grande e altrettanto
sontuoso. Questo è già il giardino in cui dobbiamo andare, e finanche in questo
voi troverete anche quei bambini che il Signore vi ha preso sulla Terra.
2. Che voi però possiate riconoscerli subito, questo è
certamente un’altra domanda; infatti, nello spirito, i bambini non somigliano
più nell’aspetto ai loro genitori terreni, ma hanno solo somiglianza, in misura
corrispondente, con il Signore, secondo la capacità di accoglimento per il bene
dell’amore e il vero della fede proveniente dal Signore. – In certe occasioni tuttavia
essi possono anche assumere la somiglianza terrena, la quale rimane attaccata
alla loro anima, e farsi riconoscere secondo tale forma a coloro che giungono qui
dalla Terra e che non sanno ancora proprio molto dei rapporti spirituali.
3. Nel frattempo non vogliamo tuttavia parlare troppo
a lungo di questo, bensì ci recheremo piuttosto subito nel giardino, per convincerci
là con i nostri occhi spirituali di quello che altrimenti qui potremmo
discutere solo con la bocca.
4. Siamo già arrivati ai filari degli alberi, o viali,
nei quali scopriamo le più belle vie fiorite, e qua e là vediamo anche dei bambini
passeggiare allegramente sulle stesse. Ma addentriamoci solo un po’ di più, e
ci troveremo subito presso il palazzo appena scorto.
5. Guardate, questo sta già dinanzi a noi, e ciò in
una lunghezza quasi incalcolabile. Mille volte mille finestre si susseguono in una
fila. Ognuna è alta quasi sette klafter (
6. Voi a questo punto direte e domanderete: ‘Ma, per
l’amor di Dio, tutto questo edificio, questo immenso lungo palazzo, consiste
solo di una singola sala?’. – Io vi dico: assolutamente no, bensì essa è
costituita da dodici sezioni. In alto, però, dove notate la seconda fila di piccole
finestre, corre ininterrottamente intorno a tutta la sala una splendida e larga
balconata, dalla quale, senza disturbare gli allievi che in un certo senso si
trovano al piano terra, si possono abbracciare con lo sguardo tutte le dodici sezioni,
l’una dopo l’altra, e ci si può convincere di tutto quello che avviene in esse.
– Ora però andiamo dentro, affinché tutto vi diventi chiaro.
7. Guardate, siamo già all’ingresso. Non abbiamo però
bisogno di salire sulla balconata, poiché dobbiamo rimanere in ogni caso
invisibili alla maggior parte di questi piccoli spiriti infanti. Siamo
percettibili solo agli insegnanti; questi invece sono già stati istruiti sul
perché noi siamo qui.
8. Ora guardate, qui siamo già nella prima sala. Che
cosa vedete scritto su una lavagna bianca che sta diritta su una colonna
situata nel mezzo di questa grande sala? Voi dite: ‘Nel punto più alto c’è il
ben noto numero uno, che sicuramente sarà il numero della sala, e sotto c’è
scritto: via verso la libertà dello spirito!’. – Io vi riferisco che
il numero uno non significa il numero della sala, bensì indica il primo Comandamento di Dio per
mezzo di Mosè.
9. Voi domanderete: ‘Ma che cosa hanno a che fare
questi molti bambini che noi vediamo qui già abbastanza cresciuti, con il Comandamento
terreno di Mosè? Poiché questo vale ben per dei mortali, uomini terreni
increduli, ma certamente non per dei bambini che qui, come puri spiriti, hanno
già da lungo tempo la vivissima convinzione dell’esistenza dell’unico Dio, avendoLo
mostrato loro in ogni occasione fin dalla prima istruzione elementare, da come
abbiamo visto più che sufficientemente chiaro e in maniera assai vivente!’.
10. Miei cari amici e fratelli, la faccenda è del
tutto diversa da come lo ritenete voi. Qualcosa di simile tuttavia lo trovate
anche sulla Terra, anche colà voi potete interrogare e osservare i bambini dove
voi volete, e dappertutto incontrerete in loro una fede realmente vivente in un
Dio. Infatti, nessuno è più credente di quanto lo siano i bambini, e non si
trova facilmente una qualche coppia di genitori così malintenzionata che voglia
impedire ai suoi figlioletti, per lo meno all’inizio della loro esistenza, di
riconoscere un Dio, poiché lo prescrive ogni religione e ai genitori viene
fatto obbligo, per lo meno per motivi politico-morali, di permettere che i loro
figli imparino e riconoscano questo.
11. Non si dovrebbe proprio neanche credere che tali
bambini, istruiti da Dio, con il tempo non abbiano più bisogno di un’ulteriore
istruzione su Dio. – Voi stessi dovete riconoscere e dire: ‘Certo, una tale
istruzione è necessaria ad ognuno fino alla fine della vita, poiché le prime
impressioni negli anni dell’infanzia vengono cancellate con troppa facilità, e
quando i bambini sono diventati uomini adulti, stanno lì come se non avessero
mai udito qualcosa di Dio’. – Io vi rispondo: una tale cancellazione qui non è
certo facilmente possibile, però dovete tuttavia ammettere che questi bambini,
in seguito al loro precoce arrivo qui, sulla Terra non hanno avuto occasione di
sostenere la prova di libertà per il loro spirito, il che è la vera e
propria prova della vita. Perciò quest’azione estremamente importante per la
vita dello spirito, qui deve essere posta pienissimamente in opera. Finora
questi spiriti infanti erano solo, in un certo qual modo, macchine spirituali
viventi. Qui invece si tratta di diventar viventi da loro stessi, e perciò
devono anche conoscere tutti i Comandamenti, poi provarli attivamente su se
stessi e apprendere come il loro stesso essere spirituale vivente si comporta
sotto un dato Comandamento.
12. E così, infatti, anche qui viene dato il primo Comandamento che suona così: «Tu devi credere in un Dio, e non pensar mai che non vi sia nessun Dio
oppure che vi siano due, tre o più dèi».
14. Infatti, per realizzare ciò presso questi bambini,
non raramente gli insegnanti fanno sorgere, come per caso, delle cose
stranissime davanti agli occhi dei loro allievi, le fanno osservare e poi domandano
se, per far questo era necessario Dio, dato che loro non Lo hanno visto
operare. Se i bambini dicono che Dio può realizzare questo semplicemente con la
Sua Volontà, senza per questo essere per forza presente realmente, allora gli
insegnanti lasciano che gli stessi allievi pensino differenti cose, e quello
che dai fanciulli viene pensato, sta già realizzato dinanzi a loro. Oltre a ciò
gli insegnanti chiedono poi di nuovo: “Chi ha fatto ora queste cose?”.
15. Con questo già parecchi vengono portati nel
crepuscolo([7]). Alcuni dicono che
queste cose le avrebbero fatte essi stessi, mentre altri pensano che le abbiano
fatte gli insegnanti secondo il riconoscimento dei pensieri negli allievi.
Alcuni dicono invece che sono stati loro ad aver pensato tali cose, ma di certo,
un Dio onnipotente lo avrebbe concesso, affinché ciò che avevano pensato
apparisse dinanzi a loro come un’opera compiuta.
16. Se gli allievi rimangono ancora abbastanza fermi
nella fede in un Dio, gli insegnanti domandano allora da dove hanno appreso che
vi fosse un Dio. Solitamente gli allievi rispondono loro: ‘Questo ci è stato insegnato dai primi saggi insegnanti’. – Ora
però questi insegnanti domandano di nuovo e dicono: ‘Che cosa direste poi, se noi, quali insegnanti evidentemente più
saggi, vi dicessimo e vi insegnassimo che non esiste nessun Dio, e che tutto ciò
che vedete è stato fatto e creato da noi? E cosa direste se fosse da noi affermato
che siamo noi i veri e propri dèi?’.
17. Vedete, a questo punto i bambini restano
enormemente sorpresi e chiedono allora agli insegnanti che cosa dovrebbero fare
ora in questo caso.
18. Questi insegnanti però dicono loro: ‘Cercate in voi quello che dovete fare; se esiste un Dio, allora dovete trovarlo in
voi, e se non c’è, allora non Lo troverete neanche in eterno!’.
19. Quando poi i bambini chiedono come devono avviare una
tale ricerca in sé, allora gli insegnanti dicono: ‘Cercate di amare nel vostro cuore il Dio che voi ritenete esistente,
così come se fosse davvero un Dio. Crescete
in tale amore, e se esiste un Dio, allora Egli vi risponderà nel vostro amore.
Se invece non esiste, allora nel vostro cuore non riceverete nessuna risposta’.
20. Vedete, a questo punto gli allievi cominciano ad andare
nel loro interiore e iniziano sul serio ad amare quel Dio che precedentemente hanno
creduto solo in maniera infantile. Poi però succede che Dio, il Signore, non si
annunci tanto presto, e i nostri fanciulli pervengono in non pochi dubbi. Come
però saranno liberati da tali dubbi, lo mostrerà il seguito.
[indice]
۞
Come si deve cercare Dio?
(Parla Giovanni)
1. Guardate, là ci sono già alcuni allievi che in
quest’istante si rivolgono al loro insegnante e gli fanno l’osservazione che
adesso, sul serio, sono costretti a credere che non esista nessun Dio
all’infuori dei loro stessi insegnanti, i quali davanti a loro riescono a fare cose
meravigliose, mentre Dio, nonostante l’impetuosità del loro amore con il quale essi
Lo hanno afferrato nei loro cuori, non si è mostrato a nessuno di loro nemmeno
per una lievissima percezione.
2. Ma cosa fanno gli insegnanti di fronte alla
dichiarazione dei loro allievi? Ascoltate solo colui al quale quest’affermazione
è stata fatta; egli (l’insegnante) parla ai suoi allievi:
3. “Miei amati fanciulli! Può ben essere che Dio non si
sia ancora annunciato a voi; ma può anche essere che si sia annunciato. Voi però
eravate troppo disattenti, e non avete percepito un tale annuncio.
4. Ditemi perciò: ‘Dove eravate quando avete afferrato Dio nei vostri cuori?’.
Eravate fuori sotto gli alberi del giardino, oppure sulle balconate della sala,
oppure eravate sul grande terrazzo della sala dell’edificio o in qualche stanza,
oppure eravate nelle vostre camere di soggiorno costruite in abbondanza al di fuori
di questo grande edificio scolastico? E ditemi anche: che cosa avete visto,
notato e percepito qui e là?”.
5. Dicono i fanciulli: “Noi eravamo fuori, sotto gli
alberi, e contemplavamo là le magnificenze delle creazioni di Dio nel Quale
dobbiamo credere, e Lo lodavamo perché ha fatto cose così magnifiche. Noi ce Lo
rappresentavamo come un Padre molto caro che viene volentieri dai Suoi figli, e
con ciò abbiamo anche provato nel nostro cuore una grande brama di scorgerLo e
correre incontro a Lui con tutto il nostro amor filiale, e poi abbracciarLo e accarezzarLo
con tutta la nostra possibile forza.
6. Solo che da nessuna parte venne un qualche Padre da
noi. Ci siamo anche interrogati con scrupolo, se l’uno o l’altro avesse scorto ancora
niente del Padre. Ma ognuno di noi ammise francamente di non aver scorto
nemmeno da lontano anche solo qualcosa di più sommesso.
7. Allora lasciammo quel posto, andammo in fretta sul terrazzo
della sala dell’edificio scolastico e là facemmo lo stesso. Solo che il
risultato fu esattamente uguale come sotto gli alberi. Da lì ci recammo nelle
nostre camere di soggiorno, nell’opinione che là il Padre ci avrebbe visitato
al più presto, poiché là pregammo molto e Lo invocammo fervidi, affinché si
mostrasse a noi. Ma tutto è stato inutile! E poiché abbiamo seguito inutilmente
il tuo consiglio, ci vediamo ora costretti ad approvare il tuo insegnamento, vale
a dire che non esiste nessun Dio, piuttosto che ne esista uno. E così abbiamo
concluso tra noi: ‘Se esiste già un
qualche Dio, allora non esiste nessun Dio intero, bensì uno diviso in tutti gli
esseri viventi e liberamente attivi, come lo siete voi e noi qui’. – Dio è dunque
solo una totalità della Forza vivente, la Quale però, solo negli esseri come lo
siete voi, si manifesta liberamente attiva, e altri, riconoscendoLo, per mezzo
di ciò operano anche potentemente”.
8. Qui vedete dei piccoli filosofi, e tuttavia nello
stesso tempo riconoscete anche il fondamento o il falso seme di cui tutte
queste scivolose speculazioni intellettuali ne sono il frutto!
9. Ma che cosa dice il nostro insegnante a questi
filosofemi([8]) dei suoi allievi?
Ascoltate, così suonano le sue parole: “Miei
cari fanciulletti! Ora io ho scorto in voi, molto chiaramente, il motivo per
cui Dio non si è mostrato né sotto gli alberi, né sul terrazzo, né nelle camere
di soggiorno (il che significa: né con l’investigare nella natura attraverso
esperienze e analisi della stessa, né sulla via dell’elevata speculazione della
ragione o dell’intelletto, né nel vostro animo non molto migliore di un animo superficiale),
perché voi siete andati fuori già con dei
dubbi.
10. Voi non avete atteso Dio decisi, bensì,
tutt’al più, nell’eventualità. Dio, però, se ce n’è uno, deve certamente essere
in Se stesso la somma, perfetta certezza. Se invece voi cercavate la somma certezza
divina con l’incertezza del vostro pensiero, della vostra fede e della vostra
volontà, come avrebbe potuto manifestarsi a voi? Imprimetevi bene in mente ciò
che adesso vi dirò:
11. Se volete
cercare Dio e Lo volete trovare anche visibilmente, allora dovete andar fuori
con la più grande certezza e anche cercarLo così. Dovete continuare a credere
senza il minimo dubbio che Egli è; e anche se non riuscite a vederLo per lungo
tempo, dovete ugualmente anche afferrarLo
con certezza con il vostro amore, così come con certezza credete in Lui.
– Dopo si mostrerà se avete conseguito la massima certezza possibile nel vostro
pensiero, nella vostra fede, nella vostra volontà e nel vostro amore.
12. Se tale certezza l’avrete conseguita, anche Dio,
se esiste, vi si mostrerà sicuramente. Ma se non l’avrete conseguita, allora
tornerete di nuovo da me con un nulla di fatto, com’è stato il caso questa
volta”.
13. Guardate! I bambini esaminano attentamente l’insegnamento,
e uno di loro, apparentemente il più fragile, si avvicina all’insegnante
e dice: “Ascoltami, caro saggio insegnante, non pensi che se io andassi tutto
solo nella mia cameretta di soggiorno, e unicamente con il mio amore riuscissi
ad afferrare in modo molto determinato, Dio il Signore, quale l’amorevolissimo
Padre? Poiché io non ho comunque ancora mai davvero dubitato se ci fosse o no un
Dio; bensì in me – nonostante tutte le prove contrarie – sono continuamente
rimasto vicino a un Dio! Non pensi tu, dunque, che Egli si mostrerebbe a me se
io volessi solo amarlo? Poiché il molto pensare e credere mi sembra comunque un
po’ faticoso”.
14. Dice l’insegnante al fanciullo: “Va’, mio caro fanciulletto,
e fa ciò che ti sembra buono; chissà se per adesso tu non abbia ragione – Io
non ti posso dare ora né un sì, né un no, bensì ti dico: Va’ lì e sperimenta tutto
ciò che l’amore è in grado di fare”.
15. Ebbene vedete, il fanciulletto corre fuori dalla sala
e si reca nella sua camera di soggiorno, e gli altri allievi chiedono
all’insegnante se egli preferisce l’iniziativa di quel fanciullo che ora si è
allontanato recandosi nella sua camera, oppure preferisce ciò che ora pensano
di fare secondo il suo consiglio, vale a dire andar fuori con ogni certezza, e dopo
cercare Dio.
16. L’insegnante però dice: “Voi avete udito ciò che
io ho detto a uno dei vostri compagni, cioè né un sì né un no; proprio la stessa
cosa dico anche a voi. Andate dentro, oppure fuori; fate ciò che vi sembra
meglio, e l’esperienza mostrerà quale via è la migliore e la più corta, oppure
se l’una è falsa o l’altra giusta, oppure se entrambe siano false o entrambe giuste”.
17. Ebbene guardate, una parte dei fanciulli afferra
la certezza, un’altra invece l’amore soltanto. Quella parte afferrante la
certezza va fuori in giardino colma di profondi pensieri, di volontà e di ferma
fede; invece un altra parte si reca nelle camere di soggiorno per cercare Dio.
18. Ma guardate là, proprio adesso viene il fanciullo
che prima è corso fuori con l’amore per Dio, guidato da un uomo semplice, ed
entra nella sala
dirigendosi direttamente dall’insegnante. Che cosa gli vorrà presentare?
19. Ascoltate, il fanciullo dice: “Caro, saggio
insegnante, guarda un po’ qui! Quando io, nella mia cameretta di soggiorno,
cominciai ad amare molto il caro grande Padre Celeste, venne da me questo
modesto uomo e mi chiese se sul serio io amassi tanto il Padre nel Cielo. Io
però gli risposi: ‘O caro uomo, questo tu lo puoi leggere dalla mia faccia’. – Poi
l’uomo mi domandò come mi rappresentavo nel mio animo il grande Padre Celeste.
Ed io gli dissi: ‘Io me Lo rappresento così come un uomo; solamente, però, Egli
deve essere molto grande e forte, e deve certamente anche avere un grande
splendore intorno a Sé, poiché già questo mondo e il Sole che lo illumina, è oltremodo
meraviglioso e splendente’.
21. E l’insegnante dice in visibile sommo amore e rispetto:
“O super fortunato fanciullo, tu hai già trovato il Giusto; vedi, Questi è Dio, il nostro amorevolissimo
Padre!”. – E il Signore ora si china, prende il fanciullo sulle Sue
braccia e gli domanda: “Sono Io Colui che
ti ha rivelato il tuo insegnante?”. – E il fanciullo dice con grande emozione:
“Oh, sì, Tu lo sei! Io lo riconosco! Nella Tua infinita bontà, infatti, chi
altrimenti è buono come Te che mi prende sulle Sue braccia e mi vuole stringere
al cuore e baciare così come fai Tu? Io ora anche Ti amo inconcepibilmente,
tanto che non mi potrò mai più separare da Te; perciò non mi devi più lasciare
qui, caro Padre Santo! Poiché tale Bontà e Amore non li ho ancora mai provati
come adesso nelle Tue braccia!”. – E il Signore dice: “Non temere fanciulletto Mio! Chi una volta Mi ha trovato come hai
fatto tu, non Mi perderà mai più in eterno! Ora però devi tacere del tutto di
Me, poiché vengono anche gli altri fanciulletti che Mi hanno cercato, ma ancora
non Mi hanno trovato. Questi vogliamo sottoporli a una piccola prova, affinché
anch’essi Mi possano trovare; perciò ora sta quieto, finché non ti farò un
cenno!”.
[indice]
۞
Ardente desiderio di Dio
Una testimonianza della Sua esistenza
(Parla Giovanni)
1. Ebbene guardate, proprio in quest’istante rientrano
anche gli altri fanciulli che Lo cercavano. Dai loro volti si lascia
chiaramente intendere che non hanno trovato, né in uno né nell’altro modo,
Colui che sono andati fuori a cercare. Perciò si avvicinano completamente
impacciati per la seconda volta al loro maestro, e il maestro domanda: “Ebbene,
miei cari fanciulli, com’è andata con la ricerca sotto gli alberi, o sul terrazzo,
o sui loggioni, oppure con la ricerca di quella parte di voi che si era proposta
di cercare il Signore nella cameretta di soggiorno? A quanto vedo, voi tutti
scrollate le spalle; non avete dunque ancora trovato e visto il buon caro
Padre, l’unico Dio di tutti i Cieli e di tutti i mondi? Come sta ora la vostra
fede? Avete ancora dubbi sull’esistenza di Dio?”.
2. Parlano i bambini: “Ahi, caro, eminente maestro,
per quanto concerne i dubbi, ora ne abbiamo più di prima, poiché vedi, né il
nostro fermo volere, né la nostra vivissima fede, né tutti i nostri
fondatissimi pensieri su Dio, il Signore, né la nostra più salda volontà
d’amore sono riusciti a fare qualcosa. Se vi fosse un qualche Dio e Signore,
allora Egli avrebbe dovuto certo manifestarSi a noi in un modo o nell’altro; infatti,
vedi, alla fine ci siamo riuniti tutti ed abbiamo afferrato la ferma fede che
deve esistere un Santo, buono, caro Dio e Padre. Lo abbiamo afferrato con tutto
il nostro amore e Lo abbiamo chiamato con il Suo Nome, Nome che tu ci hai rivelato,
dicendo: ‘O carissimo, Santo Padre Gesù,
vieni, vieni da noi, ascolta la nostra supplica filiale e mostraci che Tu esisti
e anche che ci ami così come noi amiamo Te!’. – E vedi, caro eminente maestro,
così noi abbiamo invocato per un lungo tempo; ma nessuna traccia di un qualche
Padre Celeste si lasciò percepire. Tutto è stato inutile; perciò noi ora siamo
pienamente sicuri della nostra faccenda che, all’infuori di voi, eminenti
maestri, non esista nessun altro superiore maestro, oppure un Dio.
3. Con questo, certamente, non intendiamo ancora
sostenere e dire che i nostri dubbi siano addirittura posti su una solida base.
Tuttavia possiamo sicuramente ammettere questo: dopo una tale inefficace e
faticosa ricerca sull’esistenza di Dio, possono di preferenza sorgere dubbi, piuttosto che una salda fede in questa ricerca.
4. Osserviamo però anche quell’unico compagno che si è
separato da noi per cercare il Signore con il solo amore, ma non ha trovato
nulla neanche lui”.
5. Dice l’insegnante: “Miei cari fanciulletti, in
quanto a ciò, non posso dirvi per intanto né un sì né un no”. – Allora i fanciulli
interrogano ancora l’insegnante: “Caro eminente maestro! Chi è dunque quel
semplice uomo estraneo là, intorno al quale uno di noi si dà da fare intorno e
lo guarda come se fosse molto innamorato? È forse suo padre giunto qui dalla
Terra?”.
6. L’insegnante risponde: “Miei cari fanciulletti,
questo è già di nuovo qualcosa che io non posso rispondervi. Molto però per intanto
potete apprendere sapendo che quell’Uomo semplice è straordinariamente saggio,
perciò dovete concentrarvi molto, qualora si dovesse rivolgere a voi parlando
di questo o di quello”.
7. Rispondono i fanciulli: “Oh, caro eminente maestro,
possono dunque, uomini del tutto semplici, essere anche saggi? Poiché vedi, noi
finora abbiamo appreso che i maestri, fino a te, quanto più saggi diventano,
tanto più eminenti e splendenti diventano anche nel loro aspetto. Quell’uomo, invece,
non sembra avere un aspetto così eminente e splendente, bensì è molto più
semplice e modesto di te. Perciò ci sembra alquanto strano che egli possa
essere tanto straordinariamente saggio”.
8. L’insegnante risponde: “Sì, miei cari fanciulletti,
l’interiore profondissima sapienza non dipende assolutamente dallo splendore
esteriore, bensì qui si dice: ‘Quanto più
splendore dall’esteriore, tanta meno luce dall’interiore. Invece, quanta più
luce dall’interiore, tanto meno splendore verso l’esteriore’. – Andate però
là e domandategli qualcosa, e vi convincerete subito di quanto Egli sia saggio”.
9. Ora i fanciulletti si recano dal Signore e, senza ancora
averLo riconosciuto, Gli chiedono: “Tu, caro, semplice e modesto uomo! Non
vorresti permetterci di poterti chiedere qualcosa?”.
10. Il Signore risponde: “Oh, volentieri, di tutto cuore, Miei amati fanciulletti. Domandate
pure, ed Io già Mi orienterò con la risposta”. – I bambini domandano al
Signore: “Dal momento che tu ci hai permesso di farti delle domande, allora ti
chiediamo subito ciò che a noi sta più di tutto a cuore. Vedi, già da un po’ di
tempo noi qua e là cerchiamo e dimostriamo con prove a favore e contro se esiste
un Dio che nel Cielo sia un Padre oltremodo buono di tutti gli uomini, ovunque
essi vivano. Noi però non troviamo tracce da nessuna parte di questo Padre, e
il nostro stesso maestro non vuole o non può dirci nulla di fondato in questa
faccenda. Egli però ci ha detto che tu dovresti essere oltremodo saggio; perciò
vorremmo ben apprendere da te se un tale Dio e Padre esiste oppure no. Se tu ne
sai qualcosa, allora diccelo. Noi ti ascolteremo molto attentamente, e non dovrà
sfuggire nessuna parola dalla tua bocca che noi non considereremo con la
massima attenzione”.
11. Dice il Signore: “Sì, Miei cari fanciulletti, Mi
avete certo posto una domanda in verità molto difficile, alla quale vi potrò difficilmente
rispondere, poiché se vi dicessi che un tale Dio e Padre esiste, allora voi
direste, questo non ci basta, finché non Lo vediamo. E se poi voi diceste:
‘Facci vedere il Padre!’, che cosa potrei poi dirvi Io? Potrei indicarvi con il
dito questa o quella direzione, e voi non scorgereste nulla; infatti, qualunque
fosse la direzione che Io vi indicassi, mai trovereste l’Iddio e Padre vostro. Se
invece vi dicessi: ‘Bambini, il Padre è qui tra voi!’, lo credereste?
12. Non domandereste voi: ‘Dov’è Egli dunque? È uno
degli insegnanti di questa grande sala?’. E se poi vi dicessi: ‘Oh, no, Miei
amati fanciulli!’. Che cosa fareste poi? Voi mi guardereste del tutto agitati e
direste: ‘Guarda, quest’uomo ci canzona. Se non è uno dei molti insegnanti, chi
è allora? Non lo sarai certo tu! Poiché il sublimissimo Padre Celeste non può
avere un aspetto così semplice, modesto e privo di splendore come tu sei qui!’.
13. E quando voi Mi avreste dato poi una tale risposta,
che cosa potrei ribattervi su questo? Perciò dovrete proprio domandarMi qualcos’altro,
poiché con la risposta a questa vostra domanda non sembra aver molto a che fare”.
14. Rispondono i fanciulli: “O caro, saggio uomo!
Vedi, così non va. Non ci ricaviamo nulla alla risposta con un’altra domanda, ma
tutto il nostro bene sta in questo: se esiste o non esiste un Padre Celeste.
Poiché, se esiste un Padre nel Cielo, allora siamo tutti ultra beati, se invece
non esiste, in questo caso qui noi siamo come se tutti fossimo senza
fondamento, e non sappiamo il perché, come e per cosa. Perciò, se ti è
possibile, metti mano solo alla risposta della prima domanda; per questa, noi
tutti ti preghiamo molto insistentemente.
15. Che tu sia un uomo molto saggio, lo abbiamo già dedotto
dalla tua sfuggente risposta. Perciò guidaci per lo meno solo un paio di passi
più vicino a quell’unico Padre, poiché deve esisterne certamente Uno. Questo lo
comprendiamo dal fatto che noi proviamo un ardente desiderio sempre più grande
proprio verso questo Padre Celeste, quanto più Egli vuole nascondersi dietro ai
nostri dubbi infantili.
16. Se Egli non esistesse del tutto, da dove verrebbe,
infatti, questa brama in noi, brama che è certo anche altrettanto vivente
quanto noi stessi? Con la brama,
quindi, deve certamente anche crescere la certezza sull’esistenza di un Padre Celeste!”.
17. Risponde il Signore: “Ebbene, Miei cari figlioletti,
voi Mi avete proprio tolto la parola di bocca! In verità, nella brama sta
una prova molto grande; ma qual è la
conseguenza della brama? Non è vero, Miei cari figlioletti, che la conseguenza sia
questa, di volersi accertare ciò di cui si sente l’ardente desiderio? Voi
direte che questa è una buona risposta. Io però ora vi domando: ‘Qual è dunque la
causa della brama?’. Voi Mi direte: ‘È l’amore di cui si ha nostalgia!’.
18. Ma se si vuol scorgere qualcosa nel fondamento e
nella pienezza della verità, basta il rimanere alla brama e alla sua
conseguenza? Voi Mi direte: ‘Oh, no, caro uomo di grandissima sapienza!’. –
Allora si dovrà ritornare alla causa stessa. Se la grande Verità non si rivela,
allora è tutto falso! Se invece si rivela, allora si è giunti alla vivente
convinzione che essa è da riconoscere e da scorgere in eterno in nessun altro
luogo che solo nella sua causa stessa.
19. Ora però guardate qui, figlioletti! Quest’unico fratello
vostro ha percorso tale via; ed ha trovato il Padre! Domandate a lui dove
Egli è, e con il dito mostrerà il Padre!”.
20. Adesso gli altri si precipitano su quell’unico e pretendono
questo da lui. E quest’unico dice: “O miei cari fratelli! Allora guardate qui,
Colui che voi consideravate semplice e modesto, Questi stesso è Colui che avete cercato così a lungo inutilmente; Questi
è il buono, il diletto Padre Celeste – santo, ultra santo è il Suo Nome!
Credetemi, poiché io ho già visto la Sua Magnificenza. Non credete perché lo
dico io, bensì avvicinatevi tutti a Lui con i vostri cuori, e Lo troverete vero
e meraviglioso come L’ho trovato io!”.
21. Guardate, questi fanciulli ora emettono tutti un
grido, poiché riconoscono il Padre: “O
Padre, Padre, Padre!!! Sei Tu, sì, sei Tu! Noi, infatti, lo presentivamo potentemente
nella Tua vicinanza. Poiché Ti abbiamo trovato, non nascondeTi mai più dinanzi
a noi, così che non dobbiamo cercarti di nuovo in maniera così difficoltosa!”.
22. E il Signore dice: “Amen! Figlioletti, d’ora in poi i vostri volti non dovranno mai essere
distolti da Me! Anche se non sempre Mi tratterrò tra voi come adesso, sarò
presente nondimeno là in quel Sole che v’illumina! Il resto di Me ve lo
rivelerà il vostro insegnante”.
[indice]
۞
Seconda e terza sala: insegnamento
sul secondo e terzo Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Ora però non è necessario seguire ulteriormente ciò che
questi fanciulli ricevono ancora qui dai loro insegnanti sul Signore, poiché
essi hanno superato l’epoca o quello stato in cui avevano come perduto
completamente il Signore, e quindi hanno superato anche la prima delle dodici classi
che, come avete già visto prima, ci sono in questa sezione. Sarebbe troppo
lungo e complicato assistere, in tutte le classi seguenti, alla crescente
istruzione di questi bambini. Ma affinché possiate sapere che cosa viene
insegnato in queste sale e in quale modo, allora vi dico che voi avete già
potuto apprendere, dalla prima lavagna posta nel centro della prima sala, di
che cosa si tratta in questo grande edificio scolastico – si tratta di nient’altro
che dei dieci Comandamenti di Mosè e alla fine dei due Comandamenti
dell’Amore.
3. Così nella prossima sala viene subito trattato il Comandamento: «Non devi pronunciare il Nome
di Dio invano!». Anche voi([9])
di certo non comprendete bene che cosa significa in fondo questo Comandamento,
perciò voglio trasferire anche voi nel suo giusto significato per mezzo di
piccoli colpetti e spinte.
4. Di conseguenza, qui in questa
seconda sala questo Comandamento non deve eventualmente essere interpretato come
se nessuno in occasioni non importanti dovesse pronunciare il Nome del Signore,
qualunque esso sia, senza la dovuta alta stima e riverenza. Quel divieto non
significherebbe proprio nulla! Infatti, se qualcuno è dell’opinione di dover pronunciare
il Nome del Signore solo in casi di estrema miseria, quantunque sempre con la
massima riverenza e rispetto, questo non potrebbe significare né più né meno che
questo: ‘Non si deve mai pronunciare,
tanto per dire, il Nome di Dio!’, essendo qui presupposte due condizioni
sotto le quali dovrebbe essere pronunciato il Suo Nome. Tuttavia queste condizioni
sono esse stesse in primo luogo basate su ristrettezze tali, per cui
sicuramente nessun uomo potrebbe raggiungere in sé quella convinzione, nella cui
occasione si verifichi un caso di estrema miseria, tale da poter esprimere
degnamente il Santissimo Nome. Per secondo, anche se si manifestasse un tal
caso come per esempio un evidentissimo pericolo di vita che può colpire gli
uomini in diverse circostanze, allora ci si domanda se ben un qualche uomo, in
un tale estremo stato pericoloso, possiederebbe la presenza di spirito e la capacità
nella quale riuscire a pronunciare il Nome del Signore, comunque voglia essere
formato il più degnamente!
5. Se voi, dunque, osservate come viene data di solito
sulla Terra la spiegazione di questo secondo Comandamento, allora dovete
necessariamente giungere a questo giudizio conclusivo: che il Nome del Signore non deve essere pronunciato veramente proprio
mai, e ciò per il semplice motivo, perché è appena pensabile che le due
condizioni date possano mai concordare l’una con l’altra! Io vorrei proprio
conoscere sulla Terra quell’uomo che, nella sua estrema situazione penosa,
riesca a trasferirsi in quella riverente elevatissima quiete e devota
condizione, nella quale possa pronunciare degnamente il Nome del Signore.
6. Se questo fosse giusto, allora nessun uomo dovrebbe
pregare, poiché nella preghiera egli menziona anche il Nome del Signore. Invece
l’uomo deve pregare tutti i giorni e rendere onore a Dio, e la preghiera non
deve essere limitata ad estremi casi di bisogno.
7. Da tutto ciò risulta che questo Comandamento è
stato compreso in modo sbagliato. Nondimeno, allo scopo di metter fine con un
colpo solo ad ogni fantasticheria, io vi dico, in tutta brevità, come questo
Comandamento deve essere compreso in tutta la sua profondità. E così, «Tu
non devi nominare il Nome di Dio invano», significa quanto:
8. Tu non devi
nominare il Nome di Dio solo con la bocca, non devi pronunciare solo il suono
articolato di un paio di sillabe, bensì, poiché Dio è il Fondamento della tua
vita, Lo devi anche pronunciare sempre dal fondamento della tua vita! Questo significa che tu Lo devi
pronunciare non meccanicamente, bensì sempre attivo in maniera vivente in tutte
le tue azioni, poiché tutto quello che fai, lo fai con la forza conferita a te da
Dio. Se tu impieghi questa forza per agire malamente, allora profani
evidentemente il Divino in te; e questo è la tua forza, il vivente Nome di Dio!
9. Vedete, tanto dice questo Comandamento, e cioè che
per prima cosa si deve riconoscere il Nome di Dio, ciò che Egli è, e in che
cosa consiste; e non Lo si deve pronunciare invano con parole esteriori come un
altro nome, bensì sempre energicamente, perché il Nome di Dio è l’energia
dell’uomo. Perciò l’uomo deve anche fare tutto quello che fa in questo Nome. Se
lo fa, allora è uno che non pronuncia il Nome di Dio invano con parole
esteriori, bensì in modo energico e vivente in sé.
10. Guardate, in questo modo, quindi praticamente,
questo secondo Comandamento viene insegnato agli allievi in questa seconda sala,
e a lungo viene esercitato da ognuno, finché abbia acquisito in ciò una giusta
capacità. Acquisita tale capacità, allora passa nella terza sala per il terzo Comandamento che, come voi
sapete, suona così: «Tu devi
santificare il sabato».
*
11. Ma cosa vuol dire questo, specialmente qui, dove nessuna
notte si alterna più con il giorno, e quindi c’è solo continuamente un giorno
eterno? Quando è dunque sabato? Ma se questo Comandamento è di origine divina,
allora deve essere una regola eterna e non solo temporale, e nel Regno degli
spiriti deve avere quel significato pienamente valido come sulla Terra.
12. Presso di voi [sulla Terra] il sabato, come un
giorno di festa comandato, significa che non si deve eseguire nessun lavoro
servile, sotto lavoro servile viene intesa ogni attività lavorativa. Ben però è
permesso eseguire spettacoli, giocare e, come i pagani, ballare. Un giorno
prima del sabato è comandato di digiunare, per poter in questo sabato mangiare tanto
meglio e di più. Così pure agli osti è permesso vendere le loro pietanze e frodare
i loro ospiti in un giorno di festa più che in un altro. Questo, dunque,
significa [da voi sulla Terra] santificare legalmente il sabato; purché non si esegua
più nessun lavoro benedetto nella campagna e nel campo arato, ogni altro lavoro
invece è buono per il sabato.
13. Il Signore invece ha mostrato al mondo che anche
di sabato si può, a ragione, lavorare e fare del bene. Se il Signore stesso
ha lavorato di sabato, allora io ritengo che ogni uomo debba aver prova
sufficiente che, sotto ‘santificazione
del sabato’ deve essere inteso qualcosa del tutto diverso che non lavorare
e prendere nelle mani ciò che è utile e giovevole.
14. Ma che cosa dunque va inteso sotto la
santificazione del sabato? Che cos’è il sabato? – Ve lo voglio dire io molto
brevemente:
15. Il sabato non è il sabato, né la domenica, né la
domenica di Pasqua o di Pentecoste, né qualunque altro giorno della settimana o
dell’anno, bensì esso non è altro che il Giorno dello Spirito nell’uomo,
la Luce divina nello spirito umano, il sorgente Sole della Vita nell’anima
umana. Questo è il vivente Giorno del
Signore nell’uomo, giorno che l’uomo deve riconoscere sempre di più e
santificare attraverso tutte le sue azioni, azioni che deve compiere dall’amore
per Dio e, da questo, dall’amore per il suo prossimo.
16. Ma poiché nel trambusto del mondo l’uomo giammai può
e desidera trovare questo santo Giorno di riposo del Signore, allora egli deve
ritirarsi dal mondo e cercare in sé questo Giorno della Vita del santo riposo
di Dio.
17. Per questo anche al popolo degli Israeliti fu comandato
di stabilire almeno un giorno nella settimana nel quale doveva ritirarsi dalle
faccende terrene e cercare solo in sé questo Giorno della Vita. Questa legge, però,
la si osservava solo esteriormente in modo materiale, e su questa via alla fine
si andò così lontano, che non si riconobbe più nemmeno il Signore del sabato,
il Padre Santo che, spinto dall’Amore più infinito per i Suoi figli, venne
sulla Terra!
18 Io penso che da queste parole vi dovrebbe essere
pienamente comprensibile che cosa si deve intendere con la santificazione del sabato
e come questa santificazione dovrebbe essere gestita.
19. Allo stesso tempo, però, dovrebbe anche esservi
comprensibile la domanda, se la vostra santificazione della domenica si
presenta ben come una santificazione del sabato, e se si può giungere
all’interiore Giorno di riposo del Signore, eternamente vivente, con un’ora trascorsa
assistendo ai servizi religiosi in chiesa, ma poi dedicarsi ai divertimenti
mondani!
20. Se io fossi con voi sulla Terra, metterei ben un premio
molto alto per chi fosse capace di dimostrare che, con il correre in chiesa,
poi con il lauto mangiare, alla fine con il passeggiare, andare in carrozza o
cavalcare, di quando in quando anche con il ballare, giocare e sbevazzare, non raramente
con bugie e inganni, con il solito far visite diffamatorie e siffatte altre
simili imprese, si possa trovare e santificare il vero sabato nello Spirito.
Chissà che non ci siano filosofi in grado di fornire una simile prova; – presso
di noi si presenterebbe di certo come una moneta falsa!
21. Non occorre che qui venga menzionato più da vicino
che ai fanciulli viene solo insegnata e fatta esercitare in maniera pratica la
vivente santificazione del sabato. E voi da ciò potete farvi un concetto radicale,
di come questi Comandamenti del Signore debbano essere, di fatto, compresi nel
fondo dei fondi.
22. Quindi, come abbiamo ripassato questi due
Comandamenti, e poc’anzi il primo, vogliamo ripassare in tutta brevità anche
gli altri, affinché possiate avere un concetto necessario in quale senso tutti
i Comandamenti vengono insegnati qui ai bambini. E così noi, prossimamente
vogliamo subito considerare in tutta brevità il quarto Comandamento nella
quarta sala.
[indice]
۞
Il quarto Comandamento
nella quarta sala
(Parla Giovanni)
1. Il quarto Comandamento, come voi l’avete sulla Terra, suona così: «Onora il padre e la madre, affinché tu viva a lungo e ti vada bene sulla
Terra». – Questo
comandamento è altrettanto di origine divina come i primi tre. Ma che cosa
comanda e che cosa promette? Nient’altro che l’ubbidienza dei figli verso i
loro genitori, e per questa ubbidienza un vantaggio temporale.
2. Può qui qualcuno non domandare, e dire: “Come può un Comandamento divino sanzionarsi
solo con promesse temporali, e non aver niente di evidente all’orizzonte, in
cui vengano offerti eterni vantaggi spirituali? Che cosa può esserci in un tale
vantaggio temporale? Che cosa nel vivere bene, cosa nel vivere a lungo, se dopo
questa vita non segue nulla di più elevato?”.
3. Vero è che vivere bene e a lungo è meglio che
vivere poco e male. Quando però alla fine del periodo della vita si presenta
l’inospitale morte, quale vantaggio ha la buona e lunga vita in confronto a
quella cattiva e breve? Io penso che per questo non ci sia proprio bisogno di essere
un fondamentale matematico, per poter dire: ‘La differenza finisce dappertutto
in un puro nulla, poiché tanto il primo caso che il secondo, ricevono un purissimo
nulla!”. E quindi si domanda poco come era fatta la via per questo ricevimento
[di un purissimo nulla], se buona o cattiva.
4. Considerato quindi secondo questa norma, il quarto
Comandamento sarebbe basato su un fondamento molto sdrucciolevole, e per i
genitori sarebbe sicuramente una cattiva cosa se i loro figli venissero già al
mondo con tale filosofia, e i figli stessi, con questa visione, troverebbero ben
pochi motivi per ubbidire ai loro genitori. – Inoltre si fa ancora la seguente
osservazione critica su questo Comandamento: “Per come il Comandamento suona, allora
ha solo una base temporale, quindi rappresenta solo il dovere dei figli verso i
loro genitori!”.
5. Di conseguenza si domanda: “Che cosa ha da fare allora questo Comandamento, qui nel Regno degli
spiriti, dove i figli sono stati tolti in eterno ai loro genitori [sulla Terra]?”. Inoltre, se sono stati tolti ai loro genitori, allora essi sono
certamente esonerati anche dall’obbligo terreno verso di loro. E tuttavia noi
qui osserviamo, in questa quarta sala, tale Comandamento rappresentato sulla
lavagna. Forse che per questi fanciulli deve essere riferito al Signore? Su
questo si potrebbe certo discutere, se sotto la frase non ci fosse la promessa:
«…affinché tu viva a lungo e ti vada bene
sulla Terra». – Se invece vi fosse scritto: “…affinché tu viva in eterno e
ti vada bene in Cielo”, allora sarebbe molto facile comprendere una tale versione
trasversale del Comandamento, ma una promessa temporale nell’eterno Regno degli
spiriti, suona, infatti, di certo un po’ strana.
6. Cosa ritenete voi che si potrebbe fare qui, per far
ottenere a questo Comandamento un aspetto divino pienamente fondato? Voi di certo
scrollate le spalle e dite del tutto sommessi in voi: ‘Caro amico e fratello, se
qui dipendesse dalla nostra discussione, ci sarebbe una rilevante difficoltà
con la sfera divina puramente spirituale di questo Comandamento; infatti, dopo
la suddetta osservazione non si può trovare in esso proprio molto di spirituale
con una fatica così lieve come si crede.
7. Io però vi dico che proprio questo Comandamento,
come quasi nessun altro, è puramente spirituale. Ora per vero voi spalancate
gli occhi; ma per questo la cosa non cambia. Nondimeno, affinché lo possiate
scorgere in un colpo solo, allora voglio fare nient’altro che esporvi questo
Comandamento con parole un po’ cambiate, come viene esposto anche qui in questa
classe, e voi scorgerete subito la pienezza della Verità. Allora, come suona
qui questa Verità? – Ascoltate!
8. Figlioli, ubbidite all’Ordine di Dio, Ordine che è
emanato dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza (vale a dire Padre e
Madre), affinché viviate a lungo sulla Terra in mezzo alla prosperità. Che cosa
è ‘lunga vita’, e che cos’è invece ‘vita eterna’? La ‘lunga vita’
designa la vita nella sapienza, ed essa diventa ‘lunga’ non come durata, bensì come
estensione e nel diventare sempre più potente, poiché la parola o il concetto ‘Vita’
racchiude già di per sé l’eterna durata. La parola ‘lunga’ non significa
assolutamente nessuna ‘durata’, bensì solo un’estensione della forza vitale con
la quale l’essere vivente giunge sempre più nelle profondità della Vita divina,
e proprio per mezzo di ciò rende la sua stessa vita sempre più perfetta, più salda
e più attiva.
9. Questo lo abbiamo chiarito; ma il “benessere
sulla Terra” – cosa significa? Nient’altro che l’appropriarsi della Vita
divina, poiché per ‘Terra’ qui deve essere inteso il proprio essere, e in
questo essere non c’è altro che la libera esistenza in se stessi secondo l’Ordine
divino di cui ci si è completamente appropriati.
10. Questa breve spiegazione è sufficiente per comprendere
che proprio questo Comandamento è del tutto puramente di tipo spirituale. Se
voi lo volete verificare più precisamente con tutto comodo, allora troverete
sulla [vostra] propria Terra([10])
che è così. Quindi questo comandamento viene qui anche insegnato ai bambini in
modo pratico, e questo con la massima utilità. – Ma poiché ora sappiamo ciò,
allora rechiamoci subito nella quinta sala.
[indice]
۞
Il quinto Comandamento nella quinta sala
(Parla Giovanni)
2. Soprattutto, cosa significa “uccidere”? – Uccidere,
significa rendere solamente il corpo inattivo di vita, oppure significa
derubare lo spirito della sua forza vitale celeste? Se legalmente, l’uccidere è
limitato solo al corpo dell’uomo, allora può essere impossibile che sotto di
questo s’intenda l’uccisione dello spirito, poiché significa proprio che, in un
certo qual modo, ogni uomo deve uccidere la sua carne per ravvivare lo spirito,
come disse anche il Signore stesso: «Chi ama la sua vita…», vale a dire
la vita della carne, «…la perderà; chi invece la fugge per amor Mio, la
conserverà».
3. Allo stesso modo, questo si mostra anche nella
natura delle cose. Se in un frutto la corteccia esteriore o il guscio non è indotto
a morire, il frutto non verrà a nessun germoglio vivente. Quindi da tutto ciò risulta
che un’uccisione della carne non può essere, nello stesso tempo, anche
un’uccisione dello spirito. Ma se sotto questo Comandamento viene inteso solo
l’uccisione dello spirito, chi è allora sicuro della sua vita corporale?
4. All’opposto, però, al tempo stesso è anche noto a
tutti che le animazioni della carne, che specialmente nel tempo attuale avvengono
in modi molteplici, non sono che “uccisioni dello spirito”. Oltre a ciò
osservate ugualmente la storia del popolo israelita, al quale in un certo qual
modo, come siete soliti dire voi, questo Comandamento venne dato sfornato di
fresco, allora troverete il notevole contrasto che lo stesso portatore della Legge,
Mosè, per primo ha fatto uccidere un gran numero di israeliti; e i suoi
successori dovettero fare lo stesso con coloro che si erano resi colpevoli verso
la Legge.
5. “Tu non devi uccidere” – questo Comandamento
stava tanto bene quanto tutti gli altri, nell’arca dell’Alleanza. Che cosa fece
tuttavia l’intero esercito israelitico, quando penetrò nella Terra Promessa,
con i precedenti abitanti di questo paese? Cosa fece lo stesso Davide, l’uomo
secondo il Cuore di Dio? Che cosa fece il grande profeta Elia? Vedete, tutti
uccisero, e questo in molteplici modi e spesso perfino in modo piuttosto
crudele.
6. Chi di voi è di spirito oggettivo e imparziale, non
dovrà esprimere il giudizio in se stesso e dire: “Che specie di Comandamento è
questo, contro il quale, come contro nessun altro, perfino i primi profeti designati
da Dio furono costretti ad agire?”.
7. Avere un tale Comandamento è come non averne
nessuno! Anche ai nostri tempi, l’uccidere dei fratelli in guerra è perfino una
questione d’onore! Anzi, il Signore stesso uccide giorno per giorno legioni di
uomini secondo il corpo, e tuttavia dice: «Tu
non devi uccidere!». E Davide dovette perfino far uccidere un comandante
dell’esercito che si era reso spergiuro, perché verso un luogo che doveva
essere distrutto, si era comportato con indulgenza.
8. Bene, dico io, così stanno le cose con questo
Comandamento sulla Terra. Qui però noi lo vediamo [scritto] nel Regno dei
Cieli, dove nessun essere può più uccidere l’altro, e anche sicuramente mai
nessuno afferrerà in sé il più lieve pensiero di uccidere qualcuno. A che scopo
quindi questo Comandamento sta scritto qui sulla lavagna? È forse scritto per
considerazioni puramente storiche, affinché gli allievi possano imparare quali
Comandamenti ci sono e furono dati sulla Terra? Oppure forse questi buonissimi
spiriti infanti, a causa di questo Comandamento, per un certo tempo devono
essere spinti nella brama di uccidere, per poi combatterla in se stessi di
fronte alla Legge? Questo si potrebbe in verità ammettere; ma a quale
conclusione o a quale risultato finale si potrebbe arrivare con ciò? Io non vi
dico altro che questo: se la brama di uccidere deve alla fine essere di nuovo
tolta ai bambini, pur se essi, stimolandoli a uccidere danno però sufficiente
prova di rispetto nei riguardi della Legge, allora si deve anche ammettere che
essi, con ciò, non guadagnerebbero né perderebbero nulla, non essendo mai stati
irretiti dalla smania di uccidere.
9. Io però vedo che con questa fondamentale esposizione
della cosa, voi stessi ora non sapete del tutto cosa pensare propriamente di
questo Comandamento. Non preoccupatevi, poche parole basteranno per mettervi nella
luce più chiara tutto ciò che finora era dubbioso, e il Comandamento splenderà meritatamente
come un sole nella volta celeste, sia sulla Terra come anche nel Cielo!
10. Ma affinché possiate afferrare facilmente e
profondamente la spiegazione seguente, vi rendo attenti solo su questo: che in
Dio l’eterna conservazione degli spiriti creati è l’immutabile condizione principale
di tutto l’Ordine divino. – Ora che sapete questo, date uno sguardo all’opposto,
vale a dire alla distruzione, e avrete dinanzi a voi il pieno significato
spirituale e materiale di questo Comandamento.
11. Perciò, al posto di: ‘Tu non devi uccidere’ dite:
– Tu non devi distruggere, né te
stesso, né tutto ciò che è di tuo fratello; infatti, la conservazione è
l’eterna Legge fondamentale in Dio stesso, di conseguenza Egli è eterno e
infinito nella Sua Potenza. Ma poiché sulla Terra anche il corpo dell’uomo è
necessario fino al tempo stabilito da Dio, per l’eterna continua formazione
dello spirito, allora senza un esplicito ordine di Dio nessuno ha il diritto di
distruggere di propria volontà, né il suo stesso corpo, né quello di suo
fratello.
12. Se dunque qui si parla della conservazione richiesta,
si comprende anche da sé che ognuno ancor meno è autorizzato a distruggere, con
qualunque mezzo, lo spirito di suo
fratello, come anche quello proprio, e renderli incapaci per il conseguimento
della vita eterna. Certamente Dio uccide tutti i giorni i corpi degli uomini, ma
al tempo giusto, allorquando lo spirito, in un modo o nell’altro, ha già conseguito
una certa maturazione. Anche gli angeli del Cielo, quali costanti servitori di
Dio, spengono continuamente i corpi degli uomini sulla Terra, ma non prima di
aver ricevuto l’incarico dal Signore, e poi soltanto nella specie e modo come
il Signore vuole che sia.
13. Perciò anche i bambini imparano qui, su una
spirituale pratica via, in che cosa consiste la conservazione delle cose create
e come deve essere maneggiata, sempre nel modo più accurato, unita con la
Volontà del Signore. E se ora avete compreso ciò anche solo in una certa
misura, allora sarà certo illuminante scorgere, in primo luogo, la grande
dignità di questo Comandamento stesso, e in secondo luogo il perché viene
presentato anche qui nel Regno dei celesti spiriti infanti. – E poiché sappiamo
questo, allora possiamo recarci anche subito nella sesta sala.
[indice]
۞
Il sesto Comandamento
nella sesta sala
Cos’è l’impudicizia?
(Parla Giovanni)
1. Qui scorgiamo nuovamente una lavagna nel mezzo della
sesta sala. Sulla lavagna, con scrittura chiaramente leggibile, sta scritto: “Tu non devi commettere atti impuri([11])
e non commettere adulterio!”. – Impossibile a confondersi, questo
è il sesto Comandamento che Dio ha dato al popolo israelita per mezzo di Mosè.
Questo Comandamento è di certo uno dei più difficili da comprendere nella sua
condizione principale e poi anche da osservare precisamente nel fondamento della
vita.
2. Che cosa è effettivamente proibito con questo
Comandamento? – E in generale, a chi si riferisce: allo spirito, all’anima o al
corpo? Quale di queste tre potenze vitali non deve commettere atti impuri? Questa
sarebbe una domanda. Ma cos’è effettivamente l’atto impuro e che cosa
l’adulterio? È atto impuro il reciproco atto dell’accoppiamento? Se questo è il
caso, allora con questo Comandamento è messo il divieto a ogni procreazione; infatti,
in questo semplice Comandamento non troviamo affatto posta nessuna eccezione in
modo condizionante, poiché è detto: “Tu non devi commettere atti impuri”.
3. Se dunque l’atto dell’accoppiamento è considerato,
in un certo qual modo, il punto culminante degli atti impuri, allora io stesso
vorrei conoscere colui che, sotto l’attuale aspetto delle cose, sulla Terra fosse
in grado di mettere in atto una procreazione senza questo atto proibito. Se
adesso, nel matrimonio o fuori dal matrimonio, l’atto è ugualmente compiuto con
la reale intenzione di procreare dei bambini oppure no, è lo stesso. Oltre a
ciò, il Comandamento non ha in sé nessuna premessa, con la quale un matrimonio
regolare sarebbe esentato dagli atti impuri.
4. D’altra parte, però, deve apparir chiaro a ciascuno
che al Signore sta a cuore in modo speciale la riproduzione del genere umano e
una saggia educazione dello stesso. Nondimeno, su quale via il genere umano doveva
riprodursi, se l’atto dell’accoppiamento gli fosse stato proibito con il
castigo della morte eterna? Io ritengo che ogni uomo possa afferrare con le
mani che qui c’è un’evidente difficoltà.
6. Noi vediamo palesemente una proibizione del piacere
carnale, piacere che è legato in modo inseparabile all’atto procreativo. Se dunque
il divieto si riferisce soltanto al piacere carnale, e non nel contempo anche
all’atto procreativo, si domanda: allora il piacere carnale deve separarsi dall’atto
procreativo compiuto, conformemente all’ordine? Chi di voi può dimostrare questo,
e sostenere che entrambi i coniugi, legalmente in ordine, nell’atto procreativo
non provino anche il piacere temporaneo? Ovvero: dov’è quella coppia di coniugi
che non siano stati spinti all’atto procreativo, almeno per la metà dal piacere
carnale che si attendevano da questo atto?
7. Da ciò ora vediamo che non riusciamo assolutamente
ad applicare questo Comandamento degli atti impuri all’atto corporale della
procreazione. Oppure, dovrebbe esso essere un puro atto procreativo che non ha
nulla a che fare con il piacere carnale? Inoltre, se un simile atto non è dimostrabile,
allora l’atto carnale della procreazione non deve sottostare a questo Comandamento,
ed esso deve essere considerato come un’arbitraria, libera, impunibile, azione
dell’uomo, poiché si è già osservato che il Comandamento si esprime senza riguardi
e in via eccezionale in modo del tutto privo di ogni condizione.
8. La necessaria esistenza degli uomini, come pure la stessa
natura sempre bramante senza riguardi, si esprime invece fortemente contro la
proibizione di quest’atto. Infatti, chiunque sia, qualunque sia il suo stato,
non viene esonerato da questa brama quando è giunto alla sua maturazione. Egli dovrebbe
farsi mutilare e uccidere la sua natura, altrimenti non si libererebbe in
nessun caso dal suo desiderio, anche se fosse impedito da circostanze esterne a
compiere tale atto.
9. Quindi questo Comandamento, con la carne, non
ha a che fare in nessun caso! – Questo Comandamento riguarda forse esclusivamente
l’anima? Io ritengo che, poiché l’anima è assolutamente il vivente principio
del corpo, e la libera azione di questo dipende puramente dall’anima senza la
quale la carne è morta, difficilmente ci potrebbe essere da qualche parte un
super erudito che possa seriamente sostenere che l’anima non abbia nulla a che
fare con le libere azioni del corpo.
10. Il corpo è certamente solo lo strumento
dell’anima, artisticamente organizzato per l’uso di quest’ultima; di
conseguenza, a che cosa serve un Comandamento solo per il corpo, il quale in sé
e per sé è una macchina morta? Se qualcuno si è dato un colpo con imperizia con
una zappa, colpevole è stata la zappa, oppure la sua mano? Io ritengo che
nessuno vorrà sostenere che, in questo caso, il colpo datosi con imperizia sia da
attribuire alla zappa.
11. Altrettanto poco, anche l’atto procreativo si può
attribuire al corpo come un’azione peccaminosa, bensì esclusivamente al
principio operante, che qui è l’anima vivente. Quindi, anche la nostra chiarificazione
critica di questo Comandamento che è stata data finora, varrebbe solo per l’anima,
la quale nella carne pensa, vuole e opera; ma così, proprio l’anima, secondo il
precedente principio esposto, è necessariamente libera da questo Comandamento. Quindi,
anche con l’anima non va. Allora di certo, andrà con lo spirito? Vogliamo
vedere che cosa potrà guadagnarsi qui lo spirito.
12. Che cos’è
dunque lo spirito? – Lo
spirito è il vero e proprio principio vitale dell’anima, e l’anima senza lo
spirito non è altro che un organo sostanziale eterico, la quale possiede ben
ogni capacità per l’accoglienza della vita, ma senza lo spirito non è che un
polipo sostanziale spirituale eterico, il quale stende continuamente le sue
braccia verso la vita e assorbe tutto ciò che corrisponde alla sua natura.
13. L’anima senza lo spirito è quindi soltanto una
muta forza polare che porta in sé il senso che spinge verso il satollamento, ma
per se stessa, non possiede nessun criterio, da cui le diventi chiaro con che cosa
saziarsi e a cosa le serve il satollamento. Essa è da paragonare con un
arcicretino che non sente in sé nessun’altra brama se non quella di saziarsi.
Con che cosa, e perché? Di ciò egli non ha nessun concetto. Quando sente una
gran fame, allora divora quello che gli capita sottomano, se immondizie o se
pane oppure un purissimo cibo per maiali, questo è per lui indifferente.
14. Vedete, ugualmente è l’anima senza lo spirito;
e questi cretini citati hanno appunto anche solo una vita animica, questo
significa che nella loro anima, o è presente uno spirito troppo debole, oppure
spesso anche proprio nessuno spirito. Ma che questo sia il caso, non avete
bisogno nient’altro che dare solo uno sguardo nel mondo degli spiriti
tenebrosi; che cosa sono questi? Essi sono anime che continuano a vivere dopo
la morte, le quali con la morte del corpo hanno talmente indebolito e oppresso
in sé il loro spirito, nella maniera più sventata e spesso più malevole, che in
un simile stato essa è a malapena in grado di procurar loro il più magro commisurato
stimolo vitale, presso il quale però tutti i vantaggi vitali non di rado devono
rimanere nell’eterno sfondo!
15. Ma come si comportano tali esseri nell’aldilà di
fronte ai viventi spiriti beati? Nient’altro che da autentici scimuniti, quindi
cretini spirituali, in tutti i modi ancora deformati, così che non raramente
non c’è più da scoprire la più lieve traccia di una figura umana. Questi
esseri, nel mondo degli spiriti, nel loro modo di agire sono poco più responsabili
delle proprie azioni di quanto lo siano gli scimuniti da voi sulla Terra. Da
ciò risulta ora che non è l’anima in sé e per sé ad essere responsabile, bensì
lo è soltanto in quanto possiede lo spirito, al quale solo è insito la libera
volontà; mentre il responsabile, in fondo, è solo lo spirito.
16. Ma se ora ciò è stato provato in modo evidente,
allora si domanda: “Come e in quale modo può allora il puro spirito commettere
atti impuri? Può lo spirito aver brame carnali?”. – Io ritengo che non vi
potrebbe essere una contraddizione maggiore, di quella che qualcuno volesse
pensare sul serio all’esistenza di uno ‘spirito carnale’, il quale dovrebbe
essere necessariamente materiale per avere in se stesso delle brame rozzamente
materiali.
17. Ma se già un arrestato non trova sicuramente il
massimo benessere nel suo arresto, allora il puro spirito avrà ancor meno una passione
a congiungersi per sempre con il suo liberissimo essere con la rozza materia e,
nella stessa, trovare il suo piacere. In questo senso è quindi la più grande
insensatezza che un uomo possa mai esprimere, sostenendo che lo spirito possa
commettere atti impuri. Or dunque si domanda: “Che cosa sono gli atti impuri,
e chi non deve commetterli, avendo visto che sia il corpo come anche
l’anima e lo spirito, di per sé, non possono commetterli, così come noi finora
li conosciamo?”.
[indice]
۞
Sul sesto Comandamento,
sulle due specie di amore
(Parla Giovanni)
1. Per vero, alcuni potrebbero dire: Mosè si è più tardi
espresso con maggiori dettagli a questo riguardo, permettendo l’atto procreativo
secondo l’ordine soltanto tra coniugi benedetti. In caso diverso, invece, lo ha
proibito ed ha decretato, riguardo a una procreazione di tipo diverso,
specialmente se un uomo sposato avesse compiuto quest’atto con la moglie di un
altro uomo, che un tale atto dovesse essere considerato come adulterio, e gli
adulteri da ambo le parti considerati colpevoli di morte. Se questo è esatto, tuttavia
ulteriori prescrizioni non conferiscono al semplice Comandamento dato dal
principio, nessun altra immagine. Chi vi si vuole attenere, deve sostenere la
sua causa nella prima Legge; infatti, in essa, né gli atti impuri né
l’adulterio vi sono proibiti in un modo stabilito.
2. Finora abbiamo chiaramente spiegato che cosa
eventualmente si potrebbe comprendere sotto atti impuri. Dopo che tutto ciò si
riferisce all’atto procreativo, allora è impossibile che si possa considerare
come proibito attraverso questa Legge tutto quello che a noi finora era noto
come appartenente alla specie di atti impuri.
3. Ora invece si annuncia un espertissimo nella
faccenda, e questi dice: “Sotto atti impuri, che qui sono proibiti, è inteso
solo il vuoto soddisfacimento dell’impulso dei sensi!”. – “Bene”, dico io; se
però un uomo genera con serietà un figlio con la moglie di un altro uomo che
non può essere fecondata da suo marito, domando: ‘Può essere imputato a lui,
questo, come adulterio peccaminoso?’. Io domando ancora: “Se un giovane, incitato
dalla sua natura, ha generato un figlio con una giovinetta, può essere imputato
questo, per peccato di atti impuri?”.
4. Io domando ancora: “Se un uomo sa per esperienza
che sua moglie non è in grado di essere fecondata e tuttavia si accoppia con
lei perché ha una carne rigogliosa che lo eccita, egli quindi soddisfa palesemente
il suo impulso sensuale a vuoto; può questo atto essergli imputato per peccato
di atti impuri?”.
5. Domando ancora: “Ci sono, particolarmente in questi
tempi, come anche ce ne sono stati in tutti i tempi, una quantità innumerevole
di persone d’ambo i sessi che sono senz’altro in grado di procreare e
possiedono una natura che li stimola potentemente, ma per condizioni politiche e
condizioni misere, non sono in grado di sposarsi. Se ora tali uomini,
doppiamente oppressi, compiono l’atto della procreazione, peccano essi contro
questo sesto Comandamento?”.
6. Si dirà: “Essi dovrebbero sacrificare a Dio il loro
impulso e non accoppiarsi, così non peccherebbero!”. – Io però dico: “Quale
giudice potrebbe dichiarare un tale errore come un vero peccato? Quale merito
ha dunque il ricco per il fatto che si può prendere una moglie legittima,
davanti al povero che deve rinunciare a questa felicità? Deve quindi il
benestante avere un maggior diritto del povero sulla procreazione dei suoi
simili?”. Quindi, il denaro santificherebbe la procreazione, perché il ricco
può disporre del legittimo possesso di una moglie, cosa che è impossibile a
mille uomini privi di mezzi?
8. Chi dovesse considerare giusto un tale ordine,
dovrebbe essere, in tutta serietà, di un mondo del quale nemmeno lo stesso Creatore
del Cielo e della Terra sa nulla; questo significa di un mondo che non esiste
da nessuna parte, oppure dovrebbe essere un delegato di Satana!
9. Da queste considerazioni ora vediamo che con la
spiegazione del nostro sesto Comandamento non va assolutamente. Che cosa intraprenderemo
dunque per ricavare da questo Comandamento un senso pienamente valido? Io vi
dico in anticipo che la cosa non è così facile come qualcuno se lo potrebbe
immaginare.
10. Anzi, io dico: per ottenere il giusto senso di
questo Comandamento, si deve stender la mano del tutto profondamente ed afferrare
la faccenda alla radice fondamentale, altrimenti ci si troverà sempre in quella
dubbia posizione, nel considerare facilmente come peccato ciò che non lo è
nemmeno nel senso più remoto, e ciò che effettivamente è un peccato si penserà
che quasi non valga la pena di considerarlo come un peccato.
11. Ma dove sta questa radice? Questo lo vedremo
subito. – Voi sapete che l’amore è il fondamento originario e la
condizione principale di tutte le cose. Senza l’amore neppure una cosa
sarebbe mai stata creata, e senza l’amore sarebbe tanto poco pensabile una
qualsiasi esistenza, quanto poco il formarsi un mondo secondo la Volontà del
Creatore senza la reciproca forza di attrazione. Chi non dovesse afferrare questo,
s’immagini solo un mondo privo della reciproca forza di attrazione, e vedrà
subito come tutti gli atomi di un mondo si separerebbero di colpo gli uni dagli
altri e svanirebbero come nel nulla.
12. Quindi l’amore è il fondamento di tutto e, nello
stesso tempo, è la chiave di tutti i misteri.
13. Ma come si può portare in un congiungimento
chiarificatore proprio l’amore con il nostro sesto Comandamento? Io vi dico, niente
di più facile di questo, essendo l’amore
intrecciato in nessun atto del mondo così intimamente, come proprio in quello
che noi annoveriamo nel peccato di atti
impuri.
14. Noi però sappiamo che l’uomo è capace di un duplice
amore, vale a dire quello divino, che è contrario a ogni amor
proprio, e quello egoistico, che è
contrario a ogni amore divino.
15. Ora si domanda: “Se uno compie l’atto della
procreazione, quale amore ne è stato il movente: l’amor proprio, sotto il cui
dominio si trova anche ogni avidità di piacere, oppure l’amore divino che vuol
soltanto comunicare ciò che esso ha, dimenticando completamente se stesso?”. –
Vedete, ora siamo già abbastanza sulle tracce del vero e proprio nocciolo
principale.
16. Prendiamo ora due uomini: l’uno compie l’atto per
egoistica avidità di piacere, l’altro invece lo compie in riconoscente
raccoglimento per la capacità di procreare, per trasmettere il suo seme a una
donna e suscitare in lei un frutto. Quale dei due ha dunque peccato? Io credo
che qui non sarà proprio difficile fare il giudice ed emettere un giusto verdetto.
17. Ma affinché la faccenda ci diventi pienamente
chiara, dobbiamo impratichirci più da vicino con il concetto ‘impudicizia’. – Che
cos’è la castità, e che cos’è l’impudicizia? La castità è quello stato
d’animo dell’uomo, nel quale egli è libero da ogni egoismo, oppure nel quale è
puro da ogni macchia di egoismo. L’impudicizia è invece quello stato d’animo nel
quale l’uomo prende in considerazione solo se stesso, opera per se stesso e
dimentica completamente il suo prossimo, specialmente in considerazione della
donna.
18. L’egoismo, però, da nessuna parte è più vergognoso,
quanto proprio nell’atto che riguarda la procreazione di un essere
umano. Perché dunque? Il motivo sta alla luce del giorno. – Com’è la causa,
e com’è il seme, così sarà anche il frutto. Se il seme è l’Amore divino, quindi
è castità, allora spunterà anche un frutto divino; se invece il seme è amore di
se stessi, egoismo e avidità di piacere, quindi uno stato impudico dell’animo,
quale frutto ne verrà fuori?
19. Vedete, in questo si trova ciò che è proibito col sesto
Comandamento. Se questo Comandamento fosse stato osservato, allora la Terra
sarebbe ancora un Cielo, poiché su di essa non ci sarebbe nessun uomo egoista e
avido di dominio! Questo Comandamento però è già stato trasgredito ai primordi degli
uomini, e il frutto di questa trasgressione fu l’egoista ed egocentrico Caino.
20. Da ciò risulta che non solo la cosiddetta,
erroneamente designata ‘lussuria’, lussuria
che si dovrebbe chiamar meglio ‘avidità
di piacere’, appartiene alla serie dei nostri peccati che stiamo trattando,
bensì qualsivoglia avidità di piacere e di qualunque maniera possa essere,
particolarmente però è da considerare come peccato di impudicizia quando un
uomo usa egoisticamente la donna, in ogni caso più debole, per l’avidità di
piacere. – Un breve proseguimento ci porterà la cosa ancora più chiaramente
davanti agli occhi.
[indice]
۞
Cos’è la fornicazione?
(Parla Giovanni)
1. Avendo ordinato nel sesto Comandamento soltanto che non
devono essere commessi atti impuri, qui si potrebbe dire che la fornicazione
non debba essere considerata come proibita, dal momento che in tale
Comandamento da nessuna parte si dice: “Tu non devi esercitare la fornicazione”!
– Io però chiedo: “Che cos’è la fornicazione,
di qualunque specie possa essere, spirituale o carnale?”. – Essa è un
sicuro accomodamento del vizio! Ed è precisamente nel seguente modo: si filosofa
al di sopra della possibilità di peccare, ponendo ogni manifestazione nell’ambito
dei ‘bisogni naturali’. In tal modo,
quando a qualcuno la propria natura manifesta l’esigenza di soddisfarli, allora
l’uomo, in virtù del suo intelletto e della sua facoltà inventiva, fa certo
solo qualcosa di lodevole e di utile se realizza, per tutte le esigenti
necessità della sua natura, dei mezzi attraverso i quali queste possano essere
soddisfatte. L’animale deve certamente soddisfare le sue necessità nel modo più
rozzo secondo l’istinto, poiché non ha nessun intelletto, nessuna ragione e
nessuno spirito inventivo, ma è proprio per mezzo di questo che l’uomo si eleva
oltre la grossolana natura animalesca, potendo soddisfare alla sua maniera tutte
le richieste in un modo abbastanza raffinato. Perciò l’intelletto dell’uomo di
cultura dice:
2. «Chi può imputare a un uomo per peccato, se egli
con l’aiuto del suo intelletto si costruisce una magnifica casa per abitarci, e
quindi permuta un primitivo tugurio terreno o un albero cavo con essa? Chi può mettere
in conto a un uomo per peccato, se egli, nobilitando gli alberi da frutta, produce
mele e pere dolci e di buon sapore dalla frutta acidula? Chi può ascrivere a un
uomo per peccato se si costruisce un carro, addomestica il cavallo e poi fa un
viaggio molto più comodo, piuttosto che con i propri deboli, doloranti piedi? Chi
inoltre può ancora mettere in conto all’uomo per errore, se egli cuoce e
condisce con aromi i frutti della natura per il suo nutrimento, e se li rende più
saporiti? Oppure, nel mondo, per chi altro sono state create le cose se non per
l’uomo, affinché egli se ne serva convenientemente?
3. Quante cose belle e utili ha scoperto l’uomo per la
sua comodità e per la sua ricreazione? Si dovrebbe forse attribuirgli questo
per errore se egli, con il suo ingegno, rende onore al suo Creatore, senza il
quale il corpo mondiale starebbe lì incolto così come un purissimo deserto, sul
quale tutto crescerebbe confusamente nel disordine più caotico, come erba, rape
e ortiche?
4. Se, infatti, la differente coltivazione del suolo è
impossibile possa essere attribuita all’uomo come errore, quantunque contenga in
sé assolutamente nessun altro scopo che il più piacevole e più conveniente
godimento delle cose del mondo, così pure, d’altra parte, non si potrà
attribuire all’uomo assolutamente come errore un raffinato piacere della
procreazione, essendo che, in questo atto, perfino l’uomo più colto si
differenzia pochissimo dall’animale. Quindi anche quest’impulso dell’uomo deve
poter essere soddisfatto nel modo più nobilitato e più raffinato, e questo per il
medesimo motivo per cui si costruiscono comode abitazioni, si confezionano morbide
vesti, si preparano pietanze di buon gusto e più comodità di tal fatta.
5. Si prenda solo il caso di un uomo di condizione
istruita che per il suo soddisfacimento abbia da scegliere tra due donne, di
cui l’una è una sudicia, comune contadina, l’altra invece, quale figlia di un’importante
casata, è una fanciulla ben educata, vestita in una maniera molto graziosa, immacolata
in tutto il corpo e, in quanto al resto, rigogliosa e seducente. Si domanda: “Quale
sceglierà l’uomo colto?”. – La risposta qui non richiederà un rompicapo; sceglierà
sicuramente la seconda, poiché davanti alla prima proverà disgusto. Quindi
anche qui la raffinatezza è di certo nel posto più confacente, perché l’uomo, attraverso
di essa, conferma che egli è un essere superiore che ha in sé pieno potere e
forza per purificare tutto lo sgradevole e sudicio, e presentarlo nel modo più
gradevole.
6. Tuttavia, poiché l’uomo, come la donna, a questo
riguardo sente potentemente in sé abbastanza spesso il bisogno di soddisfarsi, e
realizzandolo non si può certo pretendere di generare sempre un figlio, sarà
forse contrario al dovere, l’esercitare le sue forze intellettive procurandosi
i mezzi attraverso i quali potrà ottenere il soddisfacimento di quest’impulso,
sia esso solo attraverso il cieco coito con le donne, oppure attraverso la
masturbazione, oppure in caso di necessità attraverso la cosiddetta pederastia?
Poiché anche con ciò si distingue l’uomo proprio dall’animale, per il fatto di
poter soddisfare quest’impulso, impulso che è naturale per eccellenza, in altri
modi che non appunto solo in quello che gli fu indicato su altre vie dalla
rozza natura. E quindi sono per lo più da approvare in modo speciale i bordelli
ben ordinati e simili istituzioni, che in nessun modo possono tornare a
disonore all’intelletto dell’uomo, bensì soltanto ad onore!».
7. Vedete, considerato dal punto di vista naturale,
cosa si può obiettare a tutto questo? Poiché è esatto che l’animale non può
realizzare simili raffinatezze e ogni sorta di sfumature nel soddisfacimento
del suo istinto sessuale; e così è innegabile scoprire in ciò una certa maestria
dell’umano intelletto. – Tutto questo è esatto; l’animale in tutto ciò ha il
suo tempo, al di fuori del quale resta indifferente per quanto riguarda il
soddisfacimento di questo istinto.
8. Ma che cos’è tutta questa raffinatezza? Questa è
una breve domanda, ma la sua risposta è grande e di molto peso. Questa
raffinatezza non ha sicuramente altro, per movente fondamentale, che l’orribile
funesta avidità del piacere! L’avidità del piacere, però, noi lo sappiamo, è un’evidente
figlia dell’egoismo, la quale va di pari passo con l’amore per il dominio.
9. Vero è che è più piacevole dimorare in una magnifica
casa, piuttosto che in una misera casupola. Osserviamo però gli abitanti!
Quanto orgoglioso e gonfio vediamo entrare e uscire chi dimora in un palazzo, e
quanto contrito si china il semplice abitante della casupola davanti al padrone
di un tale splendido palazzo!
10. Osserviamo gli abitanti di una grande città e
confrontiamoli con quelli di un piccolo villaggio di contadini. Gli abitanti
della grande città non sanno aiutarsi che per pura e semplice avidità di
piacere; tutti vogliono vivere piacevolmente, tutti vogliono divertirsi, tutti
vogliono splendere e, possibilmente, un pochino dominare. Se un povero campagnolo
viene nella grande città, allora deve rivolgersi a un qualsiasi lustrascarpe,
per lo meno con il titolo di “vostra grazia”, se non vuole esporsi a qualche grossolanità.
11. Andiamo invece nel villaggio: là incontreremo
ancora dei padri di famiglia, non di rado dei pacifici vicini che non si
fregiano con il titolo di “vostra grazia” e di “signore”. Che cosa è da preferire,
un contadino che chiama l’altro “fratello!”, oppure che in città, uno solo poco
agiato, si rivolga a un’altro un po’ più agiato con il titolo di “vostra grazia…”
e, “signore…”, e cose simili?
12. Io ritengo che non sarà necessario procedere ancora
ulteriormente su simili assurdi elementi di raffinatezza dell’ingegno umano,
bensì possiamo subito formulare il verdetto principale: tutte queste raffinatezze, avide del piacere secondo l’osservazione
precedente, sono nient’altro che idolatrie! Esse, infatti, sono immolazioni
dello spirito umano alla morta naturalità esteriore!
13. Se però queste sono idolatrie, allora esse sono anche
la più pura fornicazione! E che esse non possano essere accolte nella sfera
della castità, lo dimostra la loro tendenza.
14. Perché Babele fu chiamata “meretrice”? Perché là
era di casa ogni immaginabile raffinatezza! Quindi, nel suo vero e proprio
“esercitare la fornicazione”, significa anche: servire l’impudicizia secondo
tutta la forza vitale! Così, un marito ricco che si è preso una moglie esuberante
e rigogliosa per amor del solo piacere, non è che un purissimo fornicatore! E
la moglie una purissima fornicatrice. E proprio così anche qui, a questi
bambini viene mostrata l’impudicizia nel suo fondamento, cioè come essa sia un
evidentissimo egoismo e avidità del piacere.
15. Era necessario chiarirvi più a fondo questo
Comandamento, perché su nessun Comandamento l’uomo si svia così facilmente come
su questo. Io perciò ritengo che ora voi comprendiate anche questa esposizione,
e allora possiamo recarci subito nella settima sala.
[indice]
۞
Settima sala, settimo
Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Siamo nella settima sala; guardate nel suo centro. Su una
lavagna sostenuta da una bianca colonna luminosa, sta scritto con scrittura
chiaramente leggibile: «Tu non devi
rubare!». – Qui al primo sguardo di questa tavola della Legge, subito
a ciascuno s’imporrà di certo questa domanda:
2. “Che cosa mai
potrebbe essere rubato qui, dove
nessuno possiede una proprietà, bensì ognuno è solo un usufruttuario di ciò che
il Signore dà?”. – Questa domanda è naturale ed ha il suo buon senso, ma
può anche essere posta con il medesimo diritto sulla Terra, poiché anche lì
tutto quello che c’è viene dato dal Signore, e tuttavia gli uomini possono
derubarsi a vicenda in tutti i modi possibili.
3. Non si potrebbe anche domandare e dire: “Non ha il Signore creato il mondo ugualmente
per tutti gli uomini, e non ha ogni uomo l’uguale diritto su tutto ciò che il
mondo creato offre, per il differente godimento?”. – Quindi, se il Signore
non ha certamente creato il mondo solo per i singoli, bensì per tutti, e perciò
ciascuno possiede il diritto di godere dei prodotti del mondo secondo le
proprie necessità, – a quale scopo serviva dunque questo Comandamento, con il
quale è stato evidentemente accordato agli uomini un certo diritto di proprietà,
tale per cui è diventato possibile un furto? Poiché, dove non esiste un mio e nessun
tuo, bensì tutto è un generale nostro, allora io vorrei proprio vedere colui
che, anche con la migliore volontà, fosse capace di rubare qualcosa al suo
prossimo.
4. Perciò, non sarebbe stato più saggio, invece di
questo Comandamento con il quale viene pericolosamente accordato un distinto diritto
di proprietà, abolire per tutti i tempi ogni diritto di possesso? In tal modo
questo Comandamento diventerebbe perfettamente non necessario, non sarebbero
mai sorti tutti i diritti di proprietà del mondo, e gli uomini avrebbero potuto
vivere nel modo più facile come veri fratelli tra di loro.
6. Per quanto riguarda invece le vesti, esse erano semplicissime
e inoltre così misere che un singolo capo di vestiario, nel vostro tempo
presente, di certo non supererebbe il valore di alcuni semplici grossi([12]).
Oltre a ciò non uno degli israeliti disponeva di vesti di ricambio, bensì quella
veste che indossava era tutto ciò che possedeva.
7. Proprio allora giunse questo Comandamento. Di certo
il popolo israelita dovette chiedersi con grandi occhi l’un l’altro: “Di cosa
possiamo derubarci? Forse dei nostri figli, dato che in questa attuale
situazione oppressa, ognuno è
contento di averne il minor numero possibile!? Dovremmo forse rubarci reciprocamente
le nostre pentole? Ma cosa dovemmo guadagnarci con questo? Infatti, chi non ha
una pentola, ha comunque il diritto, se ha qualcosa da cuocere, di cuocerlo
nella pentola del suo vicino. Se invece ha una pentola, allora non ha necessità
di impossessarsi ancora di una seconda, per avere con questa ancora più cose da
trascinarsi avanti e indietro. Non ci è davvero possibile scorgere che cosa qui
potremmo rubarci l’un l’altro. Forse l’onore? Noi siamo tutti servi e servitori
di uno e dello stesso Signore, il Quale conosce molto bene il valore di ogni
uomo. Se anche volessimo sminuirci l’un l’altro, quale scopo otterremmo con ciò
al cospetto di Colui che sempre ci penetra con lo sguardo? Quindi non sappiamo
proprio cosa dobbiamo farne di questo Comandamento. Deve forse valere per i
tempi futuri, nel caso in cui il Signore volesse un giorno concederci una
separata proprietà? Se questo dovesse essere il caso, allora ci lasci piuttosto
così come siamo, e il Comandamento si annullerà da sé”.
8. Vedete, così ragionava sul serio, qua e là, il
popolo israelita, e questo, nelle sue condizioni nel deserto, non gli era
neanche da disapprovare, poiché lì ognuno era ugualmente ricco e ugualmente
grande nella sua reputazione.
9. Ma ora, ragionando così, non potrebbe anche l’attuale
popolo credente nel Nuovo Testamento insorgere davanti al Signore e dire: “O
Signore, perché un giorno hai dato un tale Comandamento, attraverso il quale con
il tempo fu concesso agli uomini sulla Terra un separato diritto di proprietà
e, proprio in seguito a questo diritto, si è formata un’incalcolabile quantità
di ladri, briganti e assassini? Abolisci perciò questo Comandamento, affinché
l’esercito di ladri, assassini e rapinatori, e ogni genere di ingannatori, e un
secondo esercito di giudici mondani possano cessare la loro attività, la cui attività,
ognuna nel suo genere, è priva di qualsiasi amore per il prossimo!”.
10. Qui io dico: “Quest’appello si può ascoltare, e sotto
questa critica illuminazione appare come perfettamente ragionevole!”. – Dunque:
come, e perché? In primo luogo non ci si può attendere da Dio, quale sublime
Padre affettuosissimo, di certo nient’altro che il Bene supremo. Come si
dovrebbe allora poter pensare che Dio, quale il miglior Padre degli uomini,
abbia voluto dar loro una disposizione tale, da doverli palesemente rendere
infelici, e precisamente nel tempo e nell’eternità?
11. Se però necessariamente si deve attribuire a Dio
la suprema Bontà, la suprema Sapienza e quindi l’Onniscienza, in seguito alla
quale Egli doveva sapere quali frutti un tale Comandamento avrebbe immancabilmente
portato, allora non si può certo fare a meno di domandare: “Signore, perché ci
hai dato un tale Comandamento da renderci con questo, non di rado, indicibilmente
infelici? È stata quindi sul serio la Tua Volontà, oppure non sei stato Tu a
dare questo Comandamento, bensì sono stati gli uomini a introdurlo
successivamente per il loro egoismo, prefiggendosi forse di separarsi dal
comune numero dei loro fratelli, e poi, in tale condizione, accumulare tesori propri
in modo giustificato, per elevarsi tanto più facilmente, con l’aiuto di tali
tesori, a dominatori su tutti i loro poveri fratelli?”. – Vedete, anche tutto
questo va ascoltato, e nessuno lo può contestare. Si deve ancora spargere sull’intelletto
umano alcuni granelli di autentico incenso, perché in questo tempo per lo meno si
trovi che valeva la pena illuminare in questo modo critico le Leggi di Mosè. Tuttavia,
chi ci ha guadagnato qualcosa con questa critica? Gli uomini non hanno guadagnato
niente e di certo neanche il Signore, poiché in questa critica non si esprime palesemente
l’Amore e la Sapienza divina.
12. Ma allora, come deve essere preso e osservato
questo Comandamento, affinché appaia perfettamente santificato dinanzi a
Dio e a tutti gli uomini, tanto da esprimere il massimo Amore e Sapienza divina,
e portare in sé la sapientissima assistenza del Signore per il conseguimento
della beatitudine nel tempo e nell’eternità? Quindi, com’è stato chiarito
finora, specialmente nel tempo attuale, esso ha certamente dovuto diffondere
solo sciagure. Perciò, secondo la Misericordia del Signore, noi vogliamo
rivelare il vero significato di questo Comandamento, affinché d’ora in poi gli
uomini possano trovare in esso la loro salvezza, e non la loro rovina. Ma per realizzare
ciò, dovremo dapprima considerare che cosa si deve intendere con ‘rubare’.
[indice]
۞
Cosa significa ‘rubare’?
(Parla Giovanni)
1. Che all’inizio sotto il concetto ‘rubare’ fosse
impossibile potesse essere inteso l’arbitraria appropriazione dei beni
materiali di un altro, questo risulta chiaro dal fatto che, particolarmente al
tempo di quando è stata data la Legge, nessuno del popolo israelita possedeva
una proprietà. Perfino quando il popolo entrò nella ‘terra promessa’; la sua
costituzione statale era così ordinata che nessuno, in questa terra, poteva
possedere una proprietà pienamente legale. Bensì aveva come scopo il più
possibile la comunanza dei beni, e ogni israelita bisognoso, se del resto viveva
nell’Ordine divino, doveva trovare dappertutto la più cordiale accoglienza e ricovero.
2. Se invece in questo Comandamento sotto ‘il rubare’ fosse
stato inteso l’arbitraria e imperiosa appropriazione del bene di un altro,
allora, com’è stato dimostrato abbastanza chiaramente nel corso di quest’esposizione,
la critica ricadrebbe immancabilmente sul Legislatore, avendo Egli, con ciò, in
un certo qual modo aperto tacitamente la strada al profitto, all’industria e
quindi anche all’usura. Poiché questo deve risultar chiaro al primo sguardo a
ciascuno, se è capace solo di un pensiero un po’ più chiaro, che non appena il
diritto di proprietà viene introdotto come perfettamente sanzionato e confermato,
viene subito data una legge, tramite la quale la proprietà di ognuno deve
apparire come perfettamente assicurata.
3. Ma d’altra parte, come ci si potrebbe aspettare un
simile Comandamento da quel Legislatore che, con la Sua stessa bocca, ha
parlato così ai Suoi discepoli: «Non preoccupatevi
di ciò che mangerete e berrete e con che cosa coprirete il vostro corpo, poiché
tutto questo è cosa dei pagani. Cercate innanzi tutto il Regno di Dio; tutto il
resto vi sarà dato già da sé».
4. Lo stesso Legislatore dice ulteriormente: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi le
loro tane, ma il Figlio dell’uomo non ha una pietra da mettere sotto il Suo
capo!». In un altro passo noi vediamo nuovamente i Suoi discepoli cogliere
delle spighe addirittura nel giorno di sabato; dunque, palesemente, rubare!
Quando però i proprietari del campo se ne lamentarono, dite: “Chi ricevette dal
grande Legislatore il biasimo e una giusta grave ramanzina?”. Basta solo che
consultiate il libro([13])
e tutto vi sarà chiaro.
5. Ulteriormente noi vediamo lo stesso Legislatore una
volta nella situazione di dover pagare un dazio. Ha forse messo le mani nelle
proprie tasche? Oh, no, bensì Egli sapeva che nel vicino lago un pesce aveva
inghiottito uno statere (moneta) perduto. Pietro dovette recarvisi, al cui
pesce tenuto [fermo] con la forza del Signore, si dovette togliere dalla gola
la moneta e con la stessa pagare il dazio.
6. Io però domando: “Secondo i vostri diritti di
proprietà, colui che trova un bene, qualunque ne sia il modo, ha il diritto di
proprietà di poterne disporre? Non doveva sapere il grande Legislatore – oppure
non volle saperlo – che di questo bene trovato nel pesce, aveva il diritto di
proprietà solo su di un terzo, e anche questo solo dopo aver reso noto
pubblicamente o ufficialmente il suo ritrovamento? Egli non lo ha fatto. Quindi
avrebbe palesemente commesso un furto per due terzi del suo valore, oppure, il
che è lo stesso, un’appropriazione indebita!
7. Inoltre, secondo i principi del diritto,– se si premette
che solo pochi ebrei sapevano in pienezza Chi effettivamente fosse il Cristo
– ci sarebbe da chiedere: “Chi
Gli concesse il diritto di far prendere la nota asinella al suo proprietario e
poi usarla a Sua discrezione?”.
8. Qui si dirà: “Egli era certo il Signore di tutta la
natura e a Lui apparteneva lo stesso ogni cosa!”. – Questo è esatto, ma come si
spiega poi, quando Egli afferma, in senso mondano, che il Figlio dell’uomo non possiede
nemmeno una pietra, e in altre parti dice che non è venuto per abolire la
Legge, bensì per adempierla fin nei minimi particolari?
9. Se volessimo seguire la Sua storia, troveremmo
ancora più di un’occasione in cui il grande Legislatore ha palesemente violato
proprio questi principi del diritto, sia in base ai principi del diritto di
proprietà attuali, sia in base all’estesa spiegazione giuridica del settimo
Comandamento. Che cosa accadrebbe qui a colui che distruggesse a un
proprietario un albero oppure annientasse un grande allevamento di porci e altro
ancora? Io ritengo che ora di esempi ne abbiamo abbastanza, dai quali si può scorgere
più che chiaramente che il grande Legislatore ha collegato a questo settimo
Comandamento un significato del tutto diverso da quello che, con il tempo, è
stato escogitato dall’avida ed egoistica umanità.
10. Si dirà: “Questo è ora del tutto chiaro ed
evidente, ma quale senso vi ha collegato, questo sta ancora dietro un fitto
velo!”. – Io però vi dico: “Solo pazienza!”. Finora abbiamo illuminato a dovere
la falsa comprensione di questo Comandamento, così il suo giusto significato si
farà facilmente trovare; infatti, uno che è in grado di penetrare con lo
sguardo la notte, a questi di certo non potrà far paura che di giorno avrà
troppa poca luce.
11. Che cosa significa dunque, nel senso vero e
proprio “Tu non devi rubare”? – Nel senso vero e proprio, significa
quanto:
12. Tu non devi mai lasciare l’Ordine divino, non
ti devi mettere al di fuori dello stesso e volerti impadronire dei diritti di
Dio.
13. Ma cosa sono questi diritti e in che cosa
consistono? Dio solo è santo e a
Lui solo appartiene ogni potere! Colui che Dio stesso santifica e a lui
conferisce il potere, questi lo possiede conformemente alla legge; chi invece si
santifica da sé e strappa a sé il divino potere per dominare per egoismo e cupidigia
nello splendore dello stesso, costui è, nel senso vero e proprio, un ladro, un
rapinatore e un assassino!
14. Chi dunque si eleva al di sopra dei suoi fratelli di
propria autorità e, per egoismo, con qualunque mezzo esteriore apparente e
ingannatore, sia esso di specie terreno o spirituale, costui trasgredisce
questo Comandamento. In questo senso viene insegnato qui anche a questi bambini, e mostrato loro su una via pratica che
qui nessuno spirito deve mai usare di propria autorità la forza e la potenza
insita in lui, bensì sempre solo nell’Ordine divino.
15. Adesso però si dirà: “Se la cosa è così, allora il
noto furto e la rapina è permesso!”. – Io però vi dico: “Solo pazienza, il
prossimo seguito dovrà portare ogni cosa nella chiara luce”. – Per il momento vogliamo
tuttavia accontentarci con questo, sapendo noi una buona volta che cosa si
deve intendere per rubare, e che il Signore, con questo Comandamento,
non ha mai introdotto un diritto di proprietà.
[indice]
۞
Approfondimenti sulla
questione sociale
(Parla Giovanni)
1. Ora viene da chiedersi, poiché il Signore non ha mai
introdotto un diritto di proprietà, perciò è anche impossibile che abbia dato
un Comandamento secondo il quale si deve rispettare in modo del tutto speciale
un patrimonio acquisito con l’usura da molti avari usurai – e questo di fronte a
una quantità innumerevole di uomini poverissimi – quindi, non dovrebbe
essere lecito rubarglielo, cioè togliere quello che tali ‘usurai’ hanno accumulato
in opposizione al Comandamento divino? Infatti, secondo le leggi terrene, non appena
si prende un ladro, gli si toglie quello che ha rubato! Quindi, ancor più, non
si dovrebbe aver quindi il diritto di togliere agli autenticissimi ladri e
briganti, di fronte al Comandamento divino, le loro ricchezze messe insieme con
la rapina, e distribuirle tra i bisognosi?
2. Secondo le argomentazioni dell’intelletto non ci
sarebbe proprio nulla da obiettare a questa pretesa; ma l’uomo giusto ha ancora
delle forze superiori in sé, oltre al suo intelletto. Che cosa direbbero però
queste forze a tale approvazione dell’intelletto?
3. Domandiamolo al nostro ‘amore per il prossimo’ e
al nostro ‘amore per Dio’. Che cosa dice questo amore nel suo intimissimo,
eternamente vivente spirito proveniente da Dio? Esso dice nient’altro se non
quello che ha espresso il Signore stesso, vale a dire: «Il Mio Regno non è
di questo mondo!». – E inoltre: «Chi ama
la sua vita esteriore, perderà quella interiore; chi invece la sfugge e tiene
in poco conto la sua vita esteriore, conserverà quella interiore». Questo
dice quindi lo spirito interiore.
4. Noi non vediamo da nessuna parte un invito secondo
cui dobbiamo gettarci addosso ai beni dei ricchi. Il Signore stesso dice: «Date
a Cesare quello che è di Cesare». Così Egli non ordinò neanche al giovane ricco
di vendere i suoi beni, bensì gli diede solo l’amichevole consiglio, accanto
alla promessa della vita eterna.
5. Quindi considerato che non troviamo nessun
Comandamento del Signore con il quale abbia espressamente ordinato di
impadronirsi in qualche modo delle ricchezze degli usurai, allora risulta anche
sicuramente chiaro come il giorno che un sincero cristiano non ha il diritto
di metter le mani sui beni dei ricchi. – Perfino colui che si trova nel
massimo bisogno non ha [ricevuto] dal Signore un qualche comprovato diritto di
impadronirsi di beni, neppure quelli di un purissimo ladro; ma ben questo
diritto spetta a un intero popolo in caso di grande stato d’emergenza.
6. E perché dunque? Perché allora è il Signore stesso
che agisce nel popolo e opera con ciò un giusto giudizio per gli insaziabili
usurai. – Solamente, nessuno si deve permettere, ad eccezione nel caso urgente di
un estremo bisogno, di assassinare gli usurai e i ricchi duri di cuore, bensì
togliere dai loro tesori altamente abbondati solo quel tanto di cui il popolo
ha più bisogno per il suo sostentamento, per potersi rimettere sui piedi del
pacifico guadagno.
7. Al ricco usuraio, invece, deve sempre essere
lasciato quanto è sufficiente, affinché non debba soffrire nel mondo nessuna
necessità, poiché questa è la sua unica ricompensa per il suo lavoro. Il
Signore invece non vuol punire nessuno, bensì solo ricompensare ciascuno secondo
la specie della sua attività.
8. Poiché il ricco e l’usuraio, dopo questa vita
terrena, non hanno da attendersi più niente, allora è giusto ed equo che essi, per
il loro talento, trovino la loro ricompensa là dove hanno lavorato.
9 Oltre a ciò il Signore non vuol giudicare
completamente nessuno su questo mondo, affinché per ognuno resti ancora disponibile
la possibilità di allontanarsi volontariamente dal mondo e ritornare a
Lui. Se ora a un tale ricco usuraio fosse portato via tutto, allora sarebbe già
come completamente giudicato; infatti, disperazione e un infinito furore s’impadronirebbero
di lui, nella cui condizione gli sarebbe impossibile calcare la via della
salvezza. Se invece gli viene lasciato ancora un patrimonio sufficiente, allora
in primo luogo non sarà esposto a nessuna necessità terrena e non apparirà
nemmeno come non ripagato completamente per il suo talento nel risparmio; in
secondo luogo, però, in tale condizione, come non completamente giudicato, potrà
ancora seguire il consiglio che il Signore ha dato al giovane ricco, e potrà giungere
con ciò alla vita eterna.
10. Ma è durante simili imprese estreme che si devono compiere
il meno possibile delle crudeltà sanguinose da parte di un popolo estremamente
impoverito, poiché non appena ciò avviene, allora il Signore non opera più con
il popolo, e il popolo non vedrà benedetto il suo operato! Perché se oggi
vincerà, domani sarà di nuovo battuto, e sangue scorrerà contro l’altro! Mai
deve l’uomo dimenticare che tutti gli uomini sono fratelli suoi. Ciò
che intraprende, lo deve intraprendere sempre con un cuore colmo d’amore; a
nessuno deve voler fare qualcosa di male, bensì sempre solo qualcosa di bene, specialmente
se opera nella parte spirituale per la vita eterna.
11. Se il suo sentimento è fatto così, allora il
Signore benedirà la sua azione, in caso contrario invece la maledirà! Poiché,
se il Signore stesso non vuol essere per nessuno un eterno Giudice mortale, a Cui
è proprio ogni potere nel Cielo e sulla Terra – e non ha bisogno di chiedere a
nessuno, cosa Egli deve fare o non fare – tanto meno un uomo sulla Terra deve
fare qualcosa secondo la sua cattiva volontà.
12. Guai però a quel popolo che, senza un’estrema
necessità, si solleva contro i ricchi e i potenti! Questo sarà punito assai
amaramente per la sua azione, poiché la povertà è del Signore. Chi ama il Signore, questi ama anche la
povertà; invece la ricchezza e la vita di piaceri appartengono al mondo
e a Satana! Chi aspira a ciò che è del mondo e lo ama, costui si è assimilato a
Satana dalla testa ai piedi!
13. Finché un qualunque popolo può saziarsi così a
metà solo una volta al giorno, e ancora può mantener la vita, non dovrà rivoltarsi.
Quando però i ricchi e gli usurai hanno arraffato a sé quasi tutto, così che
migliaia di uomini poveri sono minacciati dalla più evidente morte per fame,
allora è tempo di rivoltarsi e di suddividersi tra di loro i beni superflui dei
ricchi, poiché allora lo vuole il Signore che i ricchi, fino a una gran
parte, debbano essere puniti per il loro scandaloso egoismo e avidità.
15. Se tale bisognoso, con questo capitale, si è adoperato
al punto tale che adesso si troverà ad essere un borghese benestante nella sua
attività, allora dovrà cercare di restituire al suo amico il capitale prestato.
E se per riconoscenza vuol pagare gli interessi legali, allora il suo amico non
dovrà accettarli, ma ben rammentare al rimborsante di darli ai suoi fratelli
più poveri, secondo le sue forze.
16. Ai completamente poveri, invece, nessuno dovrà
prestare un capitale, bensì quello che si darà a uno di loro, dovrà essere
donato completamente. Questa è, a tale riguardo, la Volontà del Signore. Chi la
seguirà, avrà il Suo Amore. – Dal momento che abbiamo toccato ciò che concerne
questo Comandamento, allora possiamo recarci subito nell’ottava sala, colà impareremo
a conoscere un Comandamento che, per molti riguardi, sarà simile a questo
settimo.
[indice]
۞
Ottava sala, ottavo
Comandamento
L’involucro
materiale, il mezzo per la menzogna
(Parla Giovanni)
1. Siamo nell’ottava sala, e su una delle tonde lavagne
ben note a noi da tutte le sale precedenti, vediamo scritto con chiare lettere:
«Tu non devi dare falsa
testimonianza», – oppure, il che è come dire ‘non mentire!’.
2. Questo Comandamento nel Regno degli spiriti puri
suona ben strano, essendo uno spirito, nella sua pura condizione, incapace di qualsiasi
menzogna. Uno spirito è del tutto improbabile possa parlare in modo diverso da
come pensa, poiché il pensiero è già la sua parola. Perciò lo spirito allo
stato puro non può neanche portare sulle sue labbra nessuna non verità, perché
è un essere semplice e non può avere in sé nessun inganno.
3. Quindi, solo uno spirito impuro è capace di mentire,
se si avvolge con una materia. Ma se uno spirito, anche di indole impura, è
privo del suo più rozzo involucro, allora non può neanche pronunciare nessuna
menzogna.
4. Perciò è pure per questo motivo che gli spiriti
cattivi si avvolgono con ogni specie di rozze figure ingannevoli, per poter
mentire in questo involucro.
5. Quindi anche il noto “Satana”, nel paradiso
[terrestre], si dovette avvolgere con la figura materiale di un serpente
dinanzi alla prima coppia umana, in modo da poter diventare in sé un inganno, e
dopo poté pensare diversamente e parlare diversamente.
6. Solo per questo motivo anche gli uomini sulla Terra
sono in grado di mentire quanto vogliono, perché nel loro corpo hanno un
inganno e, da questo, possono muovere la macchina del corpo proprio nella
direzione opposta a ciò che pensano.
7. Tuttavia, da come abbiamo osservato, questo non è
possibile ai puri spiriti. Essi in verità possono manifestarsi per
corrispondenze, quando si esprimono di fronte agli uomini terreni, e dire
allora, non di rado, qualcosa del tutto diverso da quello che il senso
interiore del loro discorso rappresenta. Questo non significa mentire, bensì mettere
la Verità spirituale in immagini terrene, le quali corrispondono esattamente a
questa Verità.
8. Perciò, da questo noi vediamo che siffatto
Comandamento non si adatta assolutamente agli spiriti, mancando loro del
tutto la capacità di mentire.
9. Ma allora
per chi vale questo Comandamento? – Io so che presto si giungerà alla
risposta e si dirà: “Esso vale per quegli
spiriti avvolti nella materia, imponendo loro di non usare l’involucro in modo diverso
da come, in essi, allo stato puramente spirituale, sono costituiti il pensiero
e la volontà procedente dallo stesso!”.
10. Noi sappiamo però che questo Comandamento, così
come tutti i precedenti, proviene da Dio, quale Fondamento originario di tutto
lo spirituale. In quanto tale, tuttavia è impossibile possa avere solo una
validità materiale e, nello stesso tempo, non anche una spirituale.
11. Per giungere comunque davvero al fondamento della
questione, dobbiamo spiegare che cosa si deve effettivamente comprendere sotto ‘mentire’
o con ‘dare falsa testimonianza’. Che cos’è dunque la menzogna o una
falsa testimonianza in se stessa? Voi direte: “Ogni non verità!”. – Io però domando:
“Che cos’è allora una non verità?”. – Anche qui qualcuno potrebbe venir
presto con la risposta pronta e dire: “Qualunque dichiarazione che l’uomo esprima
allo scopo di ingannare qualcuno, è una non verità, una menzogna, una falsa
testimonianza!”. – Visto da fuori è tutto bene, ma non è così secondo l’interiore.
Per questo vogliamo presentare una piccola prova.
12. Domanda: “Può la volontà pensare?”. Ogni
uomo può rispondere negativamente, dovendo dire apertamente: “La volontà si
comporta per l’uomo, come l’animale da tiro per il carro. Questo tira lo stesso
ben con vigore; ma dove porterà il carro senza il pensante carrettiere?”.
13. Io ancora domando: “Può il pensiero volere?”.
Ritorniamo al carro. Può il carrettiere, con la migliore intelligenza, spostare
il pesante carro dal posto in cui si trova, senza la forza di trazione
dell’animale da soma? – Ciascuno a questo punto dirà: “Qui migliaia di carrettieri
dei più assennati possono, accanto al carro pesantemente caricato, addurre tutti
i principi filosofici possibili, e tuttavia con tutti questi grandiosi pensieri
non sposteranno il carro dal posto, finché nei loro pensieri concorderanno sul
fatto che davanti al carro deve essere applicata un’adeguata forza di trazione”.
14. Da questo esempio abbiamo ora visto che la volontà
non può pensare, e che il pensiero non può volere. Se invece pensiero e volontà
sono uniti, allora la volontà può fare certamente solo quello verso cui il
pensiero la guida.
15. Ora però io domando ancora: “Se le cose stanno
così, chi allora può mentire fuori dall’uomo? La volontà certamente no, poiché questa
è un qualcosa che s’indirizza sempre secondo la luce del pensiero. Può il
pensiero mentire? Certamente no, esso è semplice e non si può dividere. Potrà
forse il corpo mentire nell’uomo? Sarebbe davvero quanto mai straordinario venire
a sapere come potrebbe mentire il corpo, che per se stesso è una macchina morta
indotta all’attività solo attraverso il pensiero e la volontà dello spirito attraverso
l’anima.
17. L’apparenza, considerata dal punto di vista
dell’uomo esteriore, ha dell’esattezza, ma in senso assoluto è tuttavia falsa; infatti,
quale attività spunterebbe se per il trasporto di un carro si attaccassero,
tanto davanti quanto di dietro al medesimo, animali da tiro di ugual numero e
di ugual forza e, accanto a questo, fossero aggiunti anche dei carrettieri per
guidare i cavalli?
18. Come il carro giammai verrebbe spostato dal posto,
altrettanto accadrebbe alla vita di un uomo se essa dovesse basarsi su due viventi
principi contrapposti. Questo sarebbe proprio come se si volesse addizionare
più uno e meno uno, il cui risultato sarà zero.
19. Quindi deve esserci solo un principio vivente; ma come
può, questo, mentire e dare falsa
testimonianza?
20. O quest’unico principio, come provato, non può
affatto mentire e dare falsa testimonianza, oppure sotto il concetto ‘mentire’ e ‘dare falsa testimonianza’, di norma deve essere intenso qualcosa d’altro,
diverso da come è stato compreso finora.
21. Qualcuno qui dirà di certo: “Se la cosa è da prendere
così, allora ogni menzogna a noi nota, ogni falso giuramento, come pure ogni
inganno verbale sono da considerarsi privi di peccato e usati liberamente”. – “Bene”,
dico io, l’obiezione non sarebbe così male, ma secondo il vostro proverbio ‘Ride bene chi ride ultimo’, ci
riserveremo un simile divertimento alla conclusione.
[indice]
۞
Cos’è una falsa
testimonianza?
(Parla Giovanni)
1. Dunque, per poter sbrogliare anche questo nodo
gordiano, per così dire, con un colpo solo, allora in questo ottavo
Comandamento passiamo subito alla trattazione del concetto principale
2. Noi sappiamo dal Signore che ad ogni spirito è
stata data una libera volontà e quindi anche un libero pensiero per l’illuminazione
della libera volontà. Questo pensiero nello spirito è propriamente la vista
e la luce dello spirito, per mezzo dei quali lo spirito può scorgere le
cose nella loro sfera naturale.
3. Accanto a
questa luce, luce che ogni spirito ha specificamente ricevuto come propria da
Dio, esso ha ancora una seconda capacità, quella di accogliere una Luce
interiorissima e santissima di Dio; ma non mediante il suo occhio, bensì
mediante l’orecchio, il che veramente è anche un occhio. Non si tratta di un
occhio per accogliere le apparizioni esteriori che vengono prodotte
dall’onnipotente Volontà del Signore, bensì è un occhio per l’accoglienza della
Luce puramente spirituale proveniente da Dio, vale a dire della Parola
di Dio.
4. Questo voi lo potete già riconoscere dalla vostra
condizione ancora naturale, se solo considerate in un certo qual modo, quanto
differente è ciò che voi scorgete con i vostri occhi e, accanto a questo, cosa
venite a sapere con i vostri orecchi. Con i vostri occhi potete scorgere solo
immagini naturali, invece con i vostri orecchi potete accogliere i raggi
provenienti dalla più interiore profondità divina.
5. Voi potete percepire il linguaggio degli spiriti nell’armonia dei suoni, oppure, detto meglio, potete percepire, in modo
materiale già esteriormente attraverso i vostri orecchi carnali, le forme
segrete della più interiore Creazione spirituale. Quanto profondamente indietro sta l’occhio rispetto all’orecchio!
6. Vedete, così è anche riguardo allo spirito. Esso, in
virtù di tale disposizione, è capace di un duplice accoglimento: vale a dire il figurativo esteriore e quello
interiore essenziale vero.
8. Ogni uomo, sia puramente spirituale oppure ancora avvolto
con la materia, tramite questa facoltà sta sospeso, del tutto naturalmente, tra
un esteriore e un interiore. Egli può quindi scorgere sempre un’innumerevole quantità
di forme esteriori, ma allo stesso tempo può anche accogliere in sé, altrettanto,
dell’interiore Verità puramente divina.
9. Egli, con la luce proveniente dall’esterno, di
quanto scorto non afferra nient’altro che unicamente la forma esteriore in se
stesso, con ciò, proprio con l’accoglienza di queste forme può essere il creatore
dei suoi pensieri.
10. Con questi pensieri può anche mettere in movimento
la sua volontà, liberamente disponibile, come e quando vuole.
11. Se non usa l’altro occhio dell’interiore Luce divina, bensì si
accontenta e si occupa solo delle forme, allora egli è un uomo che inganna evidentemente
se stesso, poiché per lui le forme sono vuote apparenze, finché non le potrà
afferrare nella loro profondità.
12. Se invece nel contempo un uomo ha dal Signore anche
la Luce interiore e, purché lo voglia, scorge l’interiore delle forme, ma così
facendo altera egli stesso ciò che vede, testimoniando delle forme esteriori
diversamente da quello che è il loro alto significato che scorge con l’occhio
spirituale interiore – che è l’orecchio – allora dà evidentemente una falsa
testimonianza riguardo alle forme scorte esteriormente.
13. Qui ora abbiamo già discusso dalla radice che cosa
significa, in senso assoluto, ‘dare una falsa testimonianza’. La
cosa principale consiste però nuovamente nel fatto che l’uomo deve parlare
della divina Verità in sé non diversamente da come lui la scorge in se
stesso.
14. Tuttavia, nel più interiore la cosa è così: l’Amore al pari della Luce di Verità scorta nell’intimissimo
è proveniente direttamente da Dio, e la Sapienza al pari della Luce irradiante è
proveniente da Dio attraverso tutti gli infiniti eterni spazi.
15. Se però qualcuno ha l’amore, ma non lo pratica,
bensì afferra, esclusivamente con la sua luce esteriore e con la sua volontà
guidata da tale luce, i raggi che escono continuamente verso l’esterno
[dirigendosi] sempre più nell’infinito, allora costui diventerà sempre più
debole, ma in seguito a questa sua escursione verso tutte le parti, dal punto
di vista spirituale, diventerà sempre più borioso e anche sempre meno accessibile
alla Luce interiore della Verità d’Amore proveniente da Dio.
16. Se questo è il caso, allora un tale uomo diventerà
sempre meno somigliante a Dio, e così facendo darà con ogni atomo del suo
essere una testimonianza fondamentalmente falsa dell’Essenza divina, della Quale
egli doveva essere la perfetta immagine.
17 Chi dunque ascolta la Parola divina ma non la
segue, bensì segue solo ciò che stimola i suoi occhi esteriori e con ciò eccita
la sua volontà sensuale, costui con ogni passo che fa, con ogni parola che dice,
con ogni movimento della mano che compie, rende una falsa testimonianza. Anche se volesse parlare della più pura Verità
divina, della pura Parola del Vangelo, egli tuttavia mentirebbe e darebbe del Signore
una falsa testimonianza, perché non agirebbe secondo la Parola e secondo la
Verità.
18. Se qualcuno prega e dice le sue preghiere a Dio,
ma non vive secondo la Parola del Signore, è un mentitore, per quanto sia ardente
e vivente, poiché la sua preghiera è solo una formula esteriore, e il suo
valore interiore va interamente perduto perché non viene usata l’interiore Luce
divina, per illuminare e per animare l’interiore di questa forma esteriore.
19. È proprio così, come se qualcuno osservasse una
stella con il più grande entusiasmo. Quale profitto sarà per lui tutto questo entusiasmo
e contemplazione, se non può osservare questa stella nella sua piena vicinanza
quale un mondo pieno di meraviglie? Egli somiglia a un affamato dinanzi a una
dispensa chiusa a chiave. Per quanto egli possa contemplare con ardente desiderio
e venerazione questa dispensa, ne sarà saziato? No di certo! Infatti, finché
non potrà mordere del pane nell’interno e non riuscirà ad accoglierlo nel suo
stomaco, tutta la contemplazione, adorazione ed entusiasmo davanti alla
dispensa, non gli serviranno a niente.
20. Ma come si può aprire in sé la dispensa della vera
somiglianza di Dio e saziarsene? Di sicuro, non in modo diverso, se non quando si
usa quel mezzo interiorissimo in sé e ci s’indirizza in questo modo, secondo la
Verità appresa da Dio. Cosicché dalle forme osservate esteriormente si accolga,
per l’uso attivo, solo quello e nella misura in cui, nella rispondenza, coincide
perfettamente con la Luce interiorissima e quindi divinamente vero secondo la
Parola di Dio. Appena questo non è il caso, tutto ciò che l’uomo fa e
intraprende è una falsa testimonianza sulla divina Verità interiore, e quindi
anche una pura menzogna nei confronti di qualunque prossimo.
21. Perciò il Signore dice: «Chi prega, preghi in
spirito e in verità», e inoltre: «Se pregate, allora andate nella vostra
cameretta», e ancora: «Non pensate a quello che direte, bensì vi verrà
messo in bocca al momento».
22. Qui sono indicati palesemente i pensieri esteriori,
i quali, già in sé e per sé non sono la verità, per il fatto che sono pensieri;
infatti la verità è nell’intimissimo, è il motivo per l’azione secondo la Parola di Dio, e si manifesta
sempre prima di un successivo vuoto flusso di pensieri.
23. Perciò ognuno deve indirizzarsi secondo questa verità
interiore ed essere attivo in conformità. Così facendo congiungerà attivamente
sempre più i suoi pensieri con questa Luce interiore e, con ciò, giungerà in sé
all’unità, e quindi alla somiglianza divina, nella quale gli sarà impossibile
per l’eternità essere un mentitore.
24. Che però ognuno che parli diversamente da come
pensa, e che agisca diversamente da come parla e pensa, sia un mentitore, si
capisce da sé, poiché un tale è già sepolto nella più esteriore, più rozza
materia ed ha tolto al suo spirito ogni forma divina. – Quindi, anche a questi
allievi, tale Comandamento viene spiegato secondo il suo contenuto più intimo.
Dal momento che sappiamo questo, possiamo recarci subito oltre nella nona sala.
[indice]
۞
Nona sala, nono
Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Siamo già nella nona sala e vediamo là di nuovo la
nostra tonda lavagna, sulla quale sta scritto:
2. «Tu non
devi desiderare ciò che è del tuo prossimo, né la sua casa, né il suo bue, né
il suo asino, né il suo terreno e neppure nulla di ciò che vi cresce sopra».
3. Se consideriamo questo Comandamento, allora dobbiamo
evidentemente smarrirci negli stessi giudizi e sostenere la medesima critica
che abbiamo già conosciuto nel settimo Comandamento. Infatti, anche qui si
parla ancora una volta di proprietà, e che non si deve avere nessun desiderio verso
ciò che l’uno o l’altro si è appropriato legittimamente secondo l’esteriore.
4. Chi non dovrebbe a questo punto venir subito di
nuovo con la domanda e dire: “Come
poteva questo Comandamento esser dato al popolo israelita nel deserto, dove nessuno aveva una
casa, né un bue, né un asino, né un terreno, né una semina sullo stesso?”. Presso
il popolo israelita queste proprietà si desiderava averle l’un l’altro solo come
immaginazione e, tutt’al più, poteva significare: ‘Se il tuo vicino s’immagina
di possedere qualcosa, allora tu non devi neanche immaginare di far tuo
qualcosa o di far tua l’immaginazione del tuo vicino come fosse sul serio tua
proprietà o come volessi per lo meno possederla in proprio’.
5. Io ritengo che non saranno necessari molti giudizi
critici per rendersi conto, al primo sguardo, di quanto vi sia sommamente
campato in aria in un tale Comandamento. Un Comandamento deve esistere sempre solo
per qualche sicurezza di una solida realtà, alla cui perdita a ciascuno deve essere
collocato qualcosa. Ma ciò che perde un costruttore di castelli in aria
rispetto a un altro costruttore di castelli in aria, se questi dovesse avere
sul serio l’illegale sfacciataggine di edificare castelli simili a quelli del suo
compagno, io ritengo che per pesare un tale enorme danno, sarebbe necessaria
ben una bilancia estremamente fine in grado di pesare i capelli, o addirittura
un’eterea bilancia simile a un fantasma. Anche se, secondo l’opinione di una
certa setta sulla Terra, l’arcangelo Michael dovesse essere provvisto sul serio
in abbondanza con strumenti di tal fatta, io sono tuttavia fermamente convinto
che un così sensibilissimo strumento che misuri il peso, a lui sicuramente
manca.
6. Io qui vi appunto questo, solo per mettervi davanti
agli occhi il più chiaramente possibile la completa nullità di un
possesso puramente immaginato. Stando però così le cose, a cosa servirebbe un
tale Comandamento che non può avere come fine, assolutamente, la sicurezza
della proprietà di un altro, dove nessuno possiede una simile proprietà, verso
la quale, in seguito a questo Comandamento, non si deve portare nessun
desiderio?
7. Qui però si obietterà e si dirà: “Il Signore ha previsto
che con il tempo gli uomini si sarebbero creati tra di loro un diritto di
proprietà, e per tale occasione a questo riguardo ha emanato già in anticipo un
Comandamento per mezzo del quale doveva essere assicurata una futura proprietà
degli uomini, e nessuno avrebbe avuto un reciproco diritto di potersi
appropriare in un modo qualsiasi della proprietà del suo prossimo”. – Questa
sarebbe una bella conclusione! Io però ritengo che forse non si potrebbe
arrecare una più grande diffamazione all’Amore e alla Sapienza divina, come con
un simile giudizio.
8. Il Signore, che di sicuro sconsiglierà innanzitutto
a ogni uomo sulla Terra di appropriarsi di qualcosa; il Signore, dinanzi al
Quale ogni ricchezza terrena è un abominio, dovrebbe aver emanato un Comandamento
per gli scopi e per la protezione dell’avidità, dell’egoismo, dell’usura e
dell’avarizia, un Comandamento per il sicuro risveglio dell’invidia reciproca?
9. Credo che qui non sarà necessario sprecare ancora
altre parole, poiché l’assurdo di una tale esegesi sta anche troppo evidente davanti
agli occhi di ognuno, perché fosse ancora necessario dilungarsi in lungo e in
largo.
10. Nondimeno, allo scopo di rendere la cosa
afferrabile anche per i più ciechi, io domando a ogni giurista profondamente versato:
“Su che cosa si basa dunque in origine il diritto di proprietà? Chi ha concesso
al primo uomo il diritto di proprietà di una cosa? Prendiamo una dozzina di
emigranti in una zona della Terra ancora disabitata. Essi la trovano e vi si
stabiliscono come coloni. Secondo quale documento di diritto di proprietà e di
possesso si possono impossessare come proprietari di un tale terreno e stabilirsi
là come legittimi possessori?”.
11. Io so già cosa si dirà qui: “Chi arriva prima
degli altri, ha il diritto fondamentale”. – “Bene”, dico io, “Ma chi dei dodici
emigranti ha per conseguenza più o meno diritto su questo territorio trovato?”.
– Si dirà: “A rigor di termini, ha più diritto il primo iniziatore per l’emigrazione,
oppure colui che, tutt’al più, dalla coperta di una nave ha scorto per primo
questa terra”. – Bene, ma che cosa ha di più il promotore dell’emigrazione davanti
agli altri? Se essi non si fossero affiliati a lui, egli sarebbe certamente
rimasto a casa. Che cosa ha dunque di più il primo scopritore rispetto ai
rimanenti emigranti? Forse il fatto che abbia gli occhi più acuti degli altri? Gli
altri allora devono essere danneggiati per questa preferenza che torna a
vantaggio solo a lui? Questo sarebbe un giudizio un po’ troppo ingiusto. Quindi
tutti e dodici devono aver sicuramente un uguale diritto di proprietà su questa
terra che hanno trovato.
12. Che cosa dovranno fare per realizzare il loro
uguale diritto di possesso su questa terra? Essi dovranno dividerlo in dodici
parti uguali. Ma chi non vede già al primo colpo le discordie che sorgeranno con
questa ripartizione? Poiché sicuramente A dirà a B: “Perché proprio io devo
prendere in possesso questa parte di terra che, secondo il mio giudizio, è chiaramente
più scadente della tua?”. – E il B per lo stesso motivo, risponderà: “Io non capisco
perché dovrei scambiare la mia parte di terra con la tua!”. – E così potremmo lasciar
spartire ai nostri coloni la terra per dieci anni e non vedremo mai che la
ripartizione sarà perfettamente giusta per tutti.
13. Tuttavia questi dodici si accorderanno tra di loro
e faranno di questa terra un bene comune. Può in questo caso essere emanato tra
i dodici un Comandamento che assicuri la proprietà? Può uno portare via
qualcosa all’altro se tutta la terra appartiene ugualmente a tutti, e quindi
anche i suoi prodotti, dei quali ognuno può prendere a seconda della sua
necessità, senza renderne conto all’altro?
14. Qui, nel primo caso si scorge che – originariamente
– una creazione di un diritto di proprietà non è facilmente concepibile. Per
vedere che tale sia effettivamente il caso, potete volger lo sguardo solo ai
primi coloni di certe località del vostro stesso territorio, per esempio i
cosiddetti signori ecclesiastici dei monasteri, i quali in un certo qual modo
furono i primi coloni di un paese. Se fossero venuti a capo con la ripartizione
e l’avessero trovata buona, allora non ne avrebbero di certo costituito un bene
comune.
15. Insomma, possiamo fare quello che vogliamo, ma non possiamo trovare da nessuna parte un diritto originario di
proprietà. E se qualcuno viene con il suo diritto fondamentale,
allora io domando se il discendente, al suo apparire nel mondo, lo si deve
uccidere subito oppure lo si deve far morire lentamente di fame. Oppure lo si deve
cacciar fuori da questa terra, oppure affidarlo alla misericordia del
proprietario terriero, ma, oltre a ciò, aggravandolo subito con il
nuovissimo Comandamento verso di questi?
16. Io ritengo che a questo punto ben si potrebbe
domandare: “Per quale motivo un simile discendente verso il possessore del
diritto fondamentale, subito al suo primo apparire, per la qual cosa non ha colpa
alcuna, dovrebbe servire da capro espiatorio, mentre i primi arrivati giammai possono
in questo modo farsi del male reciprocamente? Quale giurista mi potrebbe
dimostrare un tale comportamento come legalmente valido?”. – Io penso che qui
si dovrebbe avere solo un Satana per avvocato che fosse in grado di dimostrare
una cosa simile, poiché, a ogni uomo pensante solo in un certo qual modo
rettamente ed equamente, una simile prova di diritto dovrebbe essere impossibile.
17. Io però vedo già che si dirà: “Alle prime
colonizzazioni di un paese non può certo esserci stato tra i coloni un
reciproco diritto di proprietà, particolarmente quando tra loro si sono accordati
per il bene comune. Invece tra colonizzazioni diventate le prime formazioni di
stati, il diritto di proprietà entra certamente subito in vigore non appena
esse si sono reciprocamente dichiarate come esistenti”.
18. “Bene”, dico io, se questo è il caso, allora ogni
colonia deve legittimarsi con un originario diritto di proprietà! Ma come può
farlo, dopo che dal Signore ha ricevuto soltanto un diritto d’usufrutto, ma nessun
diritto di possesso?
19. Il diritto d’usufrutto ha il suo documento nello
stomaco e sulla pelle. Ma dove si esprime il diritto di possesso, specialmente se
si considera attentamente che ogni uomo, sia nativo o uno straniero, porta con
sé nel suo stomaco e sulla sua pelle lo stesso documento del diritto d’usufrutto
divino pienamente valido, come lo ha il nativo? Se si dicesse: “Il diritto di
possesso ha il suo fondamento originariamente nel diritto d’usufrutto!”, allora
questa frase abolirebbe sicuramente ogni proprietà particolare, perché ognuno avrebbe
lo stesso diritto d’uso. Se invece si invertisse la cosa e si dicesse: “Il
diritto di possesso procura a uno soltanto il diritto d’usufrutto!”, allora per
obiettare non si potrebbe dire altro che il vecchio detto giuridico: «Potiori
jus»[14], il che in altre
parole equivale a dire: ‘Colpisci a morte
molti di coloro che posseggono il diritto d’usufrutto, affinché tu solo ti possa
impossessare completamente di una striscia di terra col potere del tuo pugno!’.
20. Se ancora ad alcuni estranei possessori del
diritto d’usufrutto dovesse venir la voglia di contestarti il tuo possedimento
ottenuto combattendo, secondo il loro diritto d’uso divino, allora colpiscili tutti
a morte, o perlomeno, nel migliore dei casi, impiegali come obbligati a pagar l’imposta,
affinché lavorino per te con il sudore della loro fronte nella tua proprietà
ottenuta combattendo, calcolando a tuo piacimento il loro diritto d’usufrutto.
21. Chi può, considerandolo dal lato divino,
giustificare la guerra? Che cosa essa è? Nient’altro che un crudelissimo atto
di violenza, per prendere agli uomini il diritto d’usufrutto e, al posto di
questo, introdurre un violento diritto di possesso. Questo significa estirpare
il diritto divino e introdurre al suo posto un diritto infernale!
22. Chi potrebbe dunque aspettarsi da Dio una legge tale
da abrogare la divina Legge originaria del diritto d’usufrutto, comprovandosi
chiaramente nell’essere di ognuno e, al suo posto, dover con potenza e autorità
divina introdurre un’infernale legge di possesso legalmente valida? – Io penso che
l’insensatezza di questa affermazione sia, perfino per un arcicieco, evidente e
chiara come il Sole e afferrabile con mani inguantate.
23. Perciò da tutto questo risulta che questo Comandamento
deve avere di sicuro un altro significato da come lo interpretano
gli uomini, dove si salvaguardano solo il possesso. Inoltre, come Comandamento divino,
dalla profondità dell’Ordine divino esso deve essere valido anche in tutti i
Cieli. Ma in Cielo, dov’è qualcuno che possieda case, buoi, asini e campi? In
Cielo hanno tutti il diritto d’usufrutto, e il Signore soltanto ha il diritto
di possesso. – Vogliamo perciò passare subito al giusto significato di questo
Comandamento.
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Osservazioni sul nono
Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Tuttavia, prima di pronunciare la completa soluzione,
sarà necessario far precedere ancora alcune osservazioni con le quali dovrà
essere tappata la bocca a parecchi ghiottoni giuridici e agli ultra eruditi,
proclamatori dei diritti dei popoli, poiché questi potrebbero, per esempio, far
derivare il diritto di possesso dal diritto di raccolta, attraverso il quale essi
potrebbero per lo meno apparentemente batterci; perciò ci vogliamo trincerare
anche su questo punto.
2. Di certo non è da negare che, prima del diritto
d’usufrutto, ciascuno deve avere il diritto di raccolta. Infatti, se uno non
prende e prepara prima qualcosa con le sue mani e con la sua forza, non potrà
far valere il suo diritto d’usufrutto. Questo è ancora giusto, così come, prima
che qualcuno vuol mettere in bocca una mela, la deve cogliere dall’albero o da
terra.
3. Per il ‘diritto di raccolta’ egli ha da esibire
pure parecchi documenti divini. Il primo documento sono gli occhi. Con questi
deve guardare dove c’è qualcosa. Il secondo documento sono i piedi. Con questi
deve muoversi laddove c’è qualcosa. Il terzo documento sono le mani. Con queste
deve afferrare e prendere là, dove c’è qualcosa. Quindi, in conformità di questi
documenti, l’uomo come diritto originario ha dal Signore il diritto di raccolta
per la sua incontestabile proprietà.
4. Qui però non si potrebbe dire: “Allora, il raccolto
non è perfettamente una proprietà di colui che, in conformità al suo divino diritto
di raccolta, lo ha raccolto per il suo godimento? Ha ora un altro, il diritto
di rivolgere le sue mani o il suo desiderio su ciò che il suo vicino ha
raccolto per sé? Infatti, un diritto, evidentemente condiziona l’altro. Se dal
Creatore io ho il naturale diritto d’usufrutto, diritto che è scritto nello
stomaco e sulla pelle, allora devo anche avere il diritto di raccolta, perché
senza il diritto di raccolta non posso soddisfare il diritto d’usufrutto.
5. Ma a cosa mi serve il diritto di raccolta se non mi
si garantisce il boccone che porto alla bocca? Poiché, se chiunque ha il
diritto di prendermi la mela che ho raccattato con la mia mano in conformità al
mio diritto di raccolta, perché chiaramente egli è troppo comodo per raccattarne
una da solo, allora io cesso palesemente di esistere con il mio diritto d’usufrutto
e, bene o male, devo morir di fame.
6. È quindi necessario che il diritto di raccolta
possa perlomeno esigere un diritto di proprietà su ciò che si raccoglie, perché
altrimenti non c’è da pensare onestamente in nessun diritto d’usufrutto.
7. Con il diritto di raccolta si congiunge il diritto
di preparazione e produzione.
Se però non mi è permesso di rendere valido un perfetto diritto di proprietà su
ciò che è stato da me preparato e prodotto, allora tutta la forza dell’attività
è inutile, ed io sarò costretto per primo a consumare crude, di nascosto, tutte
le cose commestibili, e per secondo, ad andare in giro sempre nudo. Infatti, se
mi confeziono una veste, e un altro che è troppo pigro per questa incombenza me
la porta via in conformità al suo diritto d’usufrutto, allora si domanda: “A cosa
doveva servire il mio diritto d’usufrutto?”.
8. Se in una regione piuttosto fredda io mi costruisco
una casa, e nel far questo, in conformità al diritto di raccolta e di produzione,
non ho nessun diritto di proprietà, allora il primo che capita mi può cacciare
dalla casa ed esercitare perfino il suo diritto d’usufrutto al posto mio!
9. Ma da ciò è certamente chiaro che, con il naturale
diritto di acquisizione, deve essere concesso un sicuro diritto di proprietà
prerogativa[15] per l’uomo industrioso, poiché
senza un simile diritto di proprietà, preso e considerato chiaramente, non
sarebbe nemmeno possibile pensare una società umana come esistente.
10. Se invece il diritto di raccolta e il diritto di
preparazione è concesso come perfettamente valido, allora anche un pezzo di
terreno sul quale ho coltivato una semenza, come un albero che ho piantato e
innestato, mi deve essere aggiudicato come proprietà prerogativa.
11. Tuttavia, un’ulteriore domanda: “Chi è colui che,
all’inizio di una colonia, mi deve assegnare una proprietà?”. – La cosa si
lascia spiegare facilmente. I coloni scelgono tra di loro una guida libera da
ogni avidità e nello stesso tempo molto saggia. A questa concedono il diritto
della ripartizione e quindi anche dell’assegnazione, sotto la reciproca
assicurazione giurata di protezione per il mantenimento e l’osservanza delle
sue deliberazioni. In seguito a questa assicurazione, l’uno o l’altro disubbidiente
degli amanti dell’ordine viene ammonito entro i limiti della deliberazione da
parte del capo supremo. Il come e con quali mezzi non è importante, poiché questi
possono e devono essere stabiliti prima, secondo il grado della renitenza, e
poi adattati.
12. Chi non scorge qui, al primo istante, la
sottomissione e la prima fondazione monarchica di uno Stato? Ma chi non vede nel
contempo anche, non appena il diritto di raccolta, di acquisizione e di
preparazione è sistematicamente collegato con una prerogativa di un diritto di
proprietà, che non c’è nessuno che possa limitare, nella sua proprietà a lui
accordata, il diritto di raccolta, di acquisizione e di preparazione? All’opposto,
è al capo guidante che deve prima di tutto stare a cuore di spronare quanto più
possibile i suoi, guidarli diligentemente alla raccolta e alla preparazione delle
proprietà assegnate singolarmente; e quanto più ciascuno guadagna sulla sua
proprietà con il proprio zelo, tanto più viene a trovarsi in una più gradita
posizione, quella di concedere al suo diritto d’usufrutto l’illimitata garanzia.
13. Infatti, una volta che si è stabilito questo
necessario diritto di proprietà per la sicurezza del diritto di raccolta, di
acquisizione e di usufrutto, allora questo diritto porta con sé necessariamente
il diritto di custodia, poiché senza questo diritto nessuno è un possessore che
abbia la prerogativa sulla proprietà assegnatagli dal capo.
14. Questo diritto
di custodia, però, presuppone anzitutto un’esatta misurazione del
possedimento. Una volta che i confini sono saldamente tratti, solo allora ogni
possessore potrà far uso del diritto di custodia o del diritto di protezione
della sua proprietà.
15. Tuttavia questo diritto di custodia non è eseguibile
senza custodi autorizzati. Perciò devono essere stabiliti dei soldati della
milizia territoriale che abbiano il diritto illimitato di assicurare i confini
di ciascuno. Essi devono perciò avere il diritto di esecuzione, quindi un
diritto di punizione o di correzione. Ma chi dovrebbe guidare questi soldati?
Sicuramente nessun altro se non il capo guidante l’intera colonia.
17. Giunti a questo punto, chi può ancora farsi avanti
e dire: “Le attuali costituzioni statali, non sono forse basate su questo
diritto divino?”. – Certamente, a un critico, questo è tutto giusto; solo che
egli non riesce ancora a comprendere il diritto di proprietà superiore del
monarca. Io però dico: “Se si è dimostrato così il precedente, che è stato molto
più difficile, allora dimostrare il diritto di proprietà superiore di un
monarca, in confronto, è facilissimo. – Vogliamo vederlo.
18. Se ora da parte della saggezza del capo guidante è
tutta proprietà legittima, e al capo, per la custodia dei possedimenti dei
coloni gli sono messi a fianco dei soldati della milizia territoriale sempre disponibili,
non ha egli un duplice diritto di chiedere ai coloni, resi felici dalla sua
saggezza, e dire: “Io sto in mezzo a voi, ho provveduto per voi con la mia
saggezza, e proprio per questo mi avete scelto a vostro capo guidante perché mi
avete riconosciuto come l’uomo meno avido tra di voi.
19. Di conseguenza ho distribuito la terra tra di voi
con giustizia, e ora custodisco la vostra proprietà con la mia sapienza e con i
soldati della milizia territoriale guidati saggiamente. Ma con la ripartizione,
in seguito alla mia mancanza di avidità, mi sono del tutto dimenticato di me.
Voi però certamente comprenderete, se vi sta necessariamente un po’ a cuore la
mia ulteriore saggia conduzione, che io non posso vivere d’aria. Che cosa
dovrei dunque avere poi per il mio sostentamento per poter vivere? Tempo per la
raccolta non ne ho, poiché il mio tempo lo devo impiegare costantemente a
riflettere su come i vostri possedimenti possano essere continuamente posti in
sicurezza.
20. Voi comprenderete quindi che un lavoratore fedele
è anche meritevole del suo salario; perciò ordino che vi accordiate tra di voi
per procurarmi un mantenimento dalle vostre provviste assicurate. Io posso pretendere
questo da voi con tanto maggior diritto, poiché il mantenimento del vostro
reciproco diritto di proprietà dipende esclusivamente dal mio mantenimento. Ma
accanto al mio mantenimento è necessario provvedere anche a quello della
milizia che rende sicura la vostra proprietà, poiché anch’essa non ha tempo per
il lavoro, dovendo sorvegliare in buon ordine i vostri confini.
21. La vostra stessa salvezza e benessere devono farvi
comprendere che io e la milizia stiamo qui di fronte a voi privi di ogni
risorsa, e perciò ognuno di voi, per il solido motivo del suo stesso bene, dovrà
condiscendere a versare a me un’imposta stabilita”.
22. Questa pretesa
pronunciata, appare perfettamente legittima ed equa a tutti i coloni, ed essi accondiscendono
al pagamento dell’imposta. In questo modo il capo guidante ha già fatto valere
il suo primo naturale diritto, se non proprio di proprietà superiore, tuttavia
di comproprietà presso tutti i coloni.
23. Tra il diritto di comproprietà e il diritto di
proprietà superiore c’è però una spaccatura così piccola che, attraverso di
essa, perfino il più piccolo fanciullo può toccare all’altro nel sacco. Qui il
capo ha bisogno solo di dire: “Miei cari coloni! Non può esservi sconosciuto
che dirimpetto a noi si sia stabilita, allo stesso modo, ancora un’altra
colonia. Così, per proteggerci dinanzi ad essa, voi mi dovete aggiudicare in tutto
il diritto illimitato, così che io, in caso di bisogno, come vostro capo debba star
lì, per così dire, come proprietario superiore delle vostre proprietà, e in un tal
caso posso rafforzare i confini esterni secondo il mio saggio discernimento. Io
devo avere il diritto, in nome di tutti voi, per il vostro bene, di trattare convenientemente
con una nazione straniera, nel caso dovesse essere più potente di noi.
24. Inoltre voi, quali coloni bisognosi della mia conduzione,
dovete anche riconoscere, per dei motivi facilmente comprensibili, che io, come
vostro capo, devo aver edificata una sede fissa in mezzo a voi, nella quale
possa necessariamente proteggermi e conservarmi innanzi tutto per il vostro mantenimento.
Ma per la mia sicurezza, calcolata per il vostro bene, non basta che mi
edifichiate una casa d’abitazione, bensì intorno alla mia casa devono essere edificate
in giusta quantità pure altre abitazioni per l’accoglienza della milizia e delle
guardie del corpo dipendenti esclusivamente dalla mia direzione. In altre
parole questo significa: Mi dovete edificare in mezzo a voi un solido luogo di
dimora (residenza), nella quale io posso essere completamente al sicuro, tanto
dagli attacchi stranieri come anche forse dai vostri”.
25. Noi qui vediamo con chiara luce degli occhi, come
il monarca si caratterizzi necessariamente come proprietario superiore di un
paese. Ma questo non è sufficiente! Vogliamo apprendere ancora altri motivi, e
precisamente dalla bocca del fondatore stesso, poiché egli continua a parlare:
26. “Miei cari coloni, io ho esposto al vostro
discernimento il più incontestabile motivo per la costruzione, in mezzo a voi,
di un solido luogo di dimora per me. Così voi avreste il primo motivo. Statemi
però ancora a sentire: il paese è esteso, è impossibile che io stesso possa
essere dappertutto. Perciò voglio fare con voi un‘indagine e distribuirò nel
paese i più saggi di voi come miei amministratori e rappresentanti. A questi rappresentanti,
poi, ognuno per il suo stesso bene, dovrà la stessa ubbidienza come a me
stesso.
27. Tuttavia, se all’uno o all’altro suddito della mia
saggia conduzione dovesse essere cagionata una presunta ingiustizia da questi
miei amministratori scelti, allora in tal caso ognuno ha il diritto di
presentare a me la sua lagnanza, dove poi può essere assicurato che otterrà la perfetta
giustizia, secondo lo stato delle cose. In cambio, però, proprio per il vostro
stesso bene, affinché possa essere prevenuta ogni controversia, dovete darmi la
più fedele e più coscienziosa assicurazione, di subordinarvi di buon grado,
senza la minima ulteriore obiezione, alla mia sentenza definitiva. In caso
contrario, per il bene di tutti, mi deve essere assicurato da tutti il diritto
incontestabile di costringere un tale ritroso alla mia sentenza definitiva, all’obbedienza
della mia volontà con potere castigante. Quando tutto ciò sarà stato istituito
e applicato nell’ordine, solo allora voi sarete un popolo veramente felice!”.
28. Noi vediamo qui un secondo passo derivato da tutto
ciò che è preceduto: per primo all’assolutismo,
e per secondo al possesso di proprietà
superiore dell’intero paese. E così avremmo il primo motivo perfettamente fondato
nulla natura delle cose esposto in questo modo inconfutabile. Questo motivo può
essere denominato necessariamente il motivo naturale derivato [dalle esigenze]
della società umana. – Tuttavia a questo punto qualcuno dirà: “Tutto ciò è, in
sé e per sé, altresì naturalmente giusto ed esatto, come è sicuro e certo che
l’uomo ha bisogno degli occhi per vedere e degli orecchi per udire. Noi consideriamo
questi coloni, in sé, ancora completamente rozzi, e li scorgiamo sul serio
attivissimi e pieni di obbedienza nei confronti della loro guida.
29. Ma è proprio da questa ubbidienza che i coloni con
il tempo cominceranno ad aver sempre più paura del loro capo, e in questa paura,
ora uno ora l’altro si chiederanno reciprocamente in cosa consiste il fatto che
tra loro, solo quest’uomo sia così straordinariamente assennato, e tutti loro,
al suo confronto, siano da considerare come veri e propri fresconi!”. – Questa
domanda che all’inizio sembra così insignificante e poco appariscente, è di
straordinaria importanza e, nella sua risposta, imprime l’invulnerabile sigillo
ufficiale allo stato di assolutismo e alla proprietà superiore di un monarca. –
“Questo suona strano”, potrebbe dire in
anticipo qualcuno. Solo una piccola pazienza e scorgeremo subito la faccenda in
un’altra luce!
[indice]
۞
Riflessioni sul senso
interiore del nono Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Vedete, fino adesso abbiamo visto svilupparsi tutto ciò
dal motivo naturale; ma finora a ogni motivo mancava ancora una superiore conferma
divina, unicamente per mezzo della quale l’uomo sulla Terra, specialmente nel
suo semplice stato naturale, viene guidato all’incrollabile osservanza di tutto
ciò che gli è stato imposto come dovere dal suo capo supremo.
2. Quanto più all’inizio un tale monarca primitivo
guida saggiamente il suo popolo, e quanto più il popolo si convince dai
risultati che la guida è realmente saggia, tanto più esso comincerà anche a
domandarsi l’un l’altro: “Da dove gli viene questa sua sapienza”, e “Da dove la
nostra stupidità?”. Il popolo sa ancora straordinariamente poco o nulla di Dio,
mentre la guida ne ha già concetti più o meno buoni.
3. Che cosa ha bisogno di fare ora egli, se il popolo,
dal punto di vista naturale, sta lì il più possibile nell’ordine, specialmente
quando da più parti viene a conoscenza di simili domande? Egli convoca i più abili
di comprendonio, annuncia loro un Essere supremo che ha creato tutto e guida
tutto. In risposta alle loro molteplici domande dice poi che ha ricevuto
direttamente da questo Essere supremo, per il loro bene, la sapienza dirigenziale.
Mostra loro anche, con la più grande facilità, in quanto sono un popolo
oltremodo credente, l’innegabile esistenza di una suprema, tutto creante,
conservante e guidante Divinità, e che proprio da questa Divinità viene dotato
di profonda sapienza solo colui che Essa ha destinato per la conduzione
beatificante dei popoli.
4. Questo vuol dire quanto: “Per Grazia di Dio”, oppure
come presso i Romani: “Favente Jove”[16].
Fatto questo passo, il sovrano assoluto e proprietario superiore è bell’e
pronto, e ora siede perfettamente al sicuro nel centro del suo dominio,
sostenuto dalla potente necessità naturale e dalla necessità spirituale ancora
più potente.
5. Ora ognuno che abbia approfondito tutto questo,
alla fine dovrà dire: “In verità, a tutto ciò non c’è neanche un atomo da
obiettare, poiché tutto è così strettamente connesso con i primi atti dei
diritti naturali di ogni uomo, che non si può tagliare in due nemmeno il più
piccolo filo, per non distruggere una felice società umana fin nelle sue più
interiori fondamenta. Infatti, qualunque cosa si volesse togliere, si farebbe
subito sentire il guasto nei primi principi naturali di ogni uomo”.
6. Se dunque le cose stanno così, allora risulta
chiaro come il Sole che il Signore del Cielo e della Terra, con questo nono
Comandamento, non ha stabilito nient’altro che la perfetta assicurazione della
proprietà, definita per il mantenimento dei primi principi del diritto
naturale. E quindi, dietro il Comandamento non si può nascondere nessun altro
significato se non quello che indicano le sue parole.
7. Poiché se si vuole o se si può attribuire a questo
Comandamento un qualche altro significato, allora gli si revoca con ciò la base
principale della prima società civile di diritto naturale approvata da un
Essere supremo. Se il diritto di proprietà è revocato, si revocano necessariamente
i precedenti documenti originari di ogni uomo, e nessuno qui può più seminare e
fabbricare qualcosa. Se non lo può fare, allora il suo stomaco e la sua pelle andranno
in rovina, e l’uomo, con la sua esistenza, diventerà peggiore di quella di
qualsiasi animale. Con il togliere il senso letterale di questo Comandamento si
porta via già in anticipo ogni guidante capo supremo, e l’umanità si troverebbe
nel suo primitivo stato naturale caotico e assai selvaggio, sprofondata al di sotto
del regno animale.
8. Questo è giusto, miei cari amici e fratelli. Noi finora
abbiamo visto che, con l’esposizione del senso spirituale interiore, il senso
esteriore naturale non è stato leso da nessuna parte nel suo giusto effetto
esteriore. Abbiamo anche visto che, con la non conoscenza del significato
interiore, un Comandamento dato viene osservato o solo molto difficilmente, oppure,
non raramente, appena di un terzo, talvolta però non viene e non veniva
osservato affatto.
9. Se invece un Comandamento viene riconosciuto
secondo il senso interiore, allora l’osservanza si acquisisce naturalmente da
sé, proprio come quando uno mette un buon seme nel terreno. Allora qui si
svilupperà da sé, da questo seme, la pianta fruttifera, senza che l’uomo faccia
uso di una manipolazione che comunque non porta a nessuna conclusione.
10. E così è anche il caso con questo Comandamento. Se
viene riconosciuto e osservato interiormente, allora tutto l’esteriore,
tutto ciò che tocca il senso letterale, viene a mancare da sé in seguito al
buon Ordine divino. Ma se questo non è il caso, ci si attacca solo al senso
esteriore, allora proprio con ciò si aboliscono tutti gli originari, legittimi
documenti dell’uomo. I regnanti diventano tiranni, e i sudditi, tirchi e usurai.
La pelle dei miti viene tesa sui tamburi militari, oppure i bonari sudditi,
quali asini, diventano maliziosi giocattoli dei potenti e degli usurai.
11. Le conseguenze di ciò sono insurrezioni popolari,
rivoluzioni, sconvolgimenti di stati e distruzioni, reciproci rancori popolari,
quindi successive lunghe e complicate guerre sanguinose, carestie, pestilenze e
morte.
12. Dunque, come suona di conseguenza quel senso
attraverso la cui osservanza tutti i popoli devono trovare la loro
indistruttibile temporale ed eterna felicità? Esso, del tutto brevemente, suona
così:
13. Rispettatevi l’un l’altro con vero reciproco
amore fraterno, e nessuno invidi l’altro se egli da Me, dal
Creatore, per il suo amore più grande, ha avuto una Grazia maggiore. Tuttavia il
graziato elargisca il più possibile, come fratello, i vantaggi risultanti da
questa Grazia a tutti i suoi fratelli; in tal modo tra di voi fonderete
un’eterna unione di vita, unione che nessuna potenza sarà in grado di
distruggere in eterno!
14. Chi non scorge, da questa esposizione del
Comandamento, al primo sguardo, che con la sua osservanza non viene storta
neppure una virgoletta del senso letterale? E quanto è facile poi osservare
questo Comandamento dal punto di vista naturale, quando lo si osserva così spiritualmente.
Infatti, chi rispetta suo fratello nel suo cuore, rispetterà anche i suoi
raccolti e i suoi alloggiamenti. Con l’osservanza spirituale di questo
Comandamento viene prevenuta ogni usura e ogni esagerata sete di guadagno, che però,
solo nell’assoluto senso letterale trovano i loro rappresentanti, ovvero avvocati
che li approvano. – Una piccola considerazione aggiuntiva ci servirà a mettere
tutto questo in una luce ancora più chiara.
[indice]
۞
Sulla benedizione della
saggia moderazione
(Parla Giovanni)
2. È ben vero però che in tutto quanto è stato detto,
come nel Comandamento stesso, a ciascuno è data una saggia limitazione nel
diritto di raccolta. Che però sia questo lo scopo del Comandamento perfino nel
senso naturale secondo l’Ordine divino, lo si può dimostrare nel modo più
chiaro dai primi documenti di proprietà originaria insiti in ogni uomo. Ma
come? Lo vedremo subito!
3. Nell’uomo, di quanto ha bisogno il primo a cui spetta
il diritto, vale a dire lo stomaco, secondo la giusta misura? Questo lo può
certamente determinare con precisione ogni moderato mangiatore. Prendiamo un
moderato mangiatore che giornalmente ha bisogno di tre libbre (
4. Se questo venisse osservato in generale, la Terra mai
avrebbe da lamentarsi di una necessità. Il Signore, infatti, ha disposto lo
spazio pianeggiante fruttifero della Terra in modo tale che, con la competente
lavorazione e spartizione del terreno, dodici mila milioni (12 miliardi) di
uomini possono trovare il loro sostentamento sufficiente in assoluto. Invece attualmente([17]) sulla
Terra vivono appena poco più di mille milioni di uomini, e tra questi ci sono
circa settecento milioni di indigenti!
6. Ma andiamo avanti. Quanto è grande un uomo e di
quanto ha bisogno per coprire la sua pelle, anche questo è oltremodo facile da
calcolare. Sia però concesso a ogni uomo di procurarsi, secondo la natura della
stagione, una quadruplice veste per la pelle. Questo è il naturale giusto
regolo per l’accumulo dei tessuti per il vestiario e preparazione degli stessi.
Io però voglio aggiungere ancora una volta, altrettanto per quanto riguarda le
sopravvesti, e quattro volte tanto per quanto riguarda la biancheria intima, e questo
per via del ricambio di pulizia.
7. Se questa misura fosse osservata, allora non ci sarebbe
nessun uomo nudo sull’intera superficie terrestre. Ma se sulla Terra vengono costruite
enormi fabbriche di tessuti per indumenti, la cui materia prima viene
acquistata estorcendola a prezzi irrisori e da ciò poi fabbricano
un’innumerevole quantità di abiti molto più lussuosi che utili, vendendoli alla
misera umanità di solito a prezzi che gridano vendetta il Cielo, e se in
aggiunta anche molti uomini benestanti, specialmente quelli di sesso femminile,
si provvedono, nel corso di dieci anni, di vestiti di ricambio cento volte
maggiore, – allora queste giuste proporzioni secondo natura, vengono turbate
nel modo più violento! Ma andiamo avanti.
8. Quanto grande ha bisogno di essere una casa per alloggiare
una coppia di coniugi con famiglia e la necessaria servitù, onestamente e comodamente?
Andate in campagna e convincetevi, e sicuramente verrete in chiaro che per un giusto
e comodo alloggiamento non sono necessari castelli e palazzi contenenti cento
stanze.
9. Ciò che va oltre questa proporzione, è contro
l’Ordine di Dio e quindi contro il Suo Comandamento.
10. Quanto grande poi deve essere un appezzamento di
terreno? Prendiamo un terreno di rendita media. Su questo, con lavorazione
moderata, e precisamente su uno spazio piano di mille dei vostri klafter quadrati (1900 mq), si
può produrre, in misura pienamente sufficiente, quanto è necessario a un uomo
di mezza età per vivere un anno. Per un terreno buono è sufficiente la metà (950
mq), per un terreno cattivo teniamo valido, per una persona, il doppio (3800
mq) del terreno di rendita media. Di conseguenza, quante persone conta un
gruppo familiare, tante volte, secondo il diritto naturale, può prendere in possesso
questo stabilito spazio piano di terreno. Noi però nella nostra misurazione vogliamo
essere molto generosi e dare alle persone il doppio, e stabiliamo questo anche
perfettamente approvato da Dio come diritto naturale. Se i terreni fossero
ripartiti così, allora oltre settemila milioni (sette miliardi) di
famiglie potrebbero trovare, sulla superficie terrestre, il loro possedimento
terreno perfettamente assicurato.
11 Ma come va adesso con la ripartizione del suolo
sulla Terra? Adesso il possesso terriero appartiene a pochi possidenti! Tutto
il resto del popolo è, o solo in comproprietà, o in mezzadria, oppure in
affitto, e la parte restante ancora ampiamente grande del popolo non ha nemmeno
una pietra su cui poter posare il proprio capo.
12. Chi dunque, sotto qualsiasi aspetto, possiede più
della misura ora indicata, lo possiede illegittimamente contro la divina
(Legge) e contro la legge naturale, e come tale, il proprietario porta in sé la
continua colpa contro questo Comandamento. Egli sarà in grado di cancellare
questa colpa solo se possiede il più alto grado possibile di generosità e, in
certo qual modo, si considererà solo come un mandatario, per poter lavorare il
suo possedimento troppo grande con un giusto numero di nullatenenti. – Ma come questa
cosa stia alla base in questo Comandamento, vogliamo vederlo nel secondo punto
di questa considerazione aggiuntiva.
[indice]
۞
Chi pecca contro il divino Ordine originario
contenuto nel nono Comandamento?
(Parla Giovanni)
1. Come secondo punto il Comandamento stesso esprime in
modo evidente e tangibile la saggia limitazione del diritto di raccolta e di costruzione.
Se per l’osservanza qui accanto mettiamo il relativo possesso fondiario originario
descritto nel primo punto, allora il nono Comandamento
indica esattamente questo, dato che proibisce espressamente di avere un
desiderio verso ciò che è dell’altro.
2. Che cosa è dunque, dell’altro? Dell’altro,
sul terreno creato dal Signore per il mantenimento generale degli uomini, è
esattamente quel tanto che gli dà la sua misura, secondo il diritto naturale,
derivata dalle sue necessità. Per conseguenza, chi raccoglie e costruisce oltre
questa misura, di fatto,
pecca già in primo
grado contro questo Comandamento, essendo nello stesso, perfino la cupidigia presentata già come
punibile.
4. Di conseguenza noi vediamo da ciò che contro questo
Comandamento ci si può rendere insidiosi in un duplice modo, cioè per
primo, con un’esagerata avidità di raccogliere e costruire, per secondo con la
completa omissione di far questo. Per entrambi i casi il Comandamento sta lì comunque
sullo stesso piano con la saggia limitazione. Nel primo caso esso limita
l’eccessiva avidità di raccogliere e costruire, nel secondo caso limita la
pigrizia e, con ciò, si propone la giusta via di mezzo; infatti, non esprime
altro che il rispetto, unito con l’amore, per la necessità legittimamente
naturale del prossimo.
6. Io su questo, dico: “È la stessa cosa, se uno
possiede troppi terreni o troppo denaro oltre le sue necessità!”. Tutto questo
è equivalente. Poiché, se io ho tanto denaro da potermi comperare con questo parecchie
miglia quadrate di terreno in modo legale per lo Stato, allora questo è altrettanto
come se io, con questo denaro, avessi fatto miei realmente tanti terreni. Anzi,
il possedere solo denaro è perfino peggio e, molto più contrario all’Ordine
divino. Infatti, chi possiede tante proprietà terriere dovrà necessariamente
concorrere al sostentamento di alcune migliaia di persone, dato che gli sarebbe
impossibile lavorare personalmente un fondo rurale così grande.
7. Osserviamo invece un uomo che certamente non possiede
nessuna proprietà terriera, però ha tanto denaro, tale da potersi comprare quasi
un regno. Egli può amministrare questo denaro esattamente da solo in modo vantaggioso,
oppure ha bisogno al massimo di alcuni pochi contabili, i quali in rapporto al
suo reddito, ricevono da lui una retribuzione molto modica, retribuzione che
spesso basta a malapena a soddisfare le loro necessità, specialmente se hanno
famiglia.
8. Tuttavia nessuno di tali possessori di denaro potrà
giustificarsi con il modo e la maniera in cui è venuto in possesso di quel
denaro, sia con speculazioni che con una vincita alla lotteria o con un lascito.
In ogni caso egli sta di fronte a Dio, proprio come un ricettatore accanto al
ladro. – “Come mai?”, qualcuno potrebbe domandare.
9. Che cosa significa diventar ricchi attraverso una
fortunata speculazione? Ciò non è e non significa altro che strappare a sé, con
l’usura, un guadagno legittimo di molti, e in tal modo sottrarre a molti il
legittimo guadagno, appropriandosene lui solamente. In questo caso, un uomo che
è diventato ricco con una speculazione fortunata è un purissimo ladro. Con una vincita
alla lotteria egli è nello stesso modo un ladro, perché a lui soltanto torna a
profitto la posta in gioco di molti. Con un lascito, invece, egli è un
ricettatore, poiché prende in possesso per sé, altrettanto i beni illegittimi
dei suoi antenati, i quali hanno potuto appropriarsene nei due modi sopra indicati.
[indice]
۞
Il senso dell’usura, il
peccato più esecrato dal Signore
(Parla Giovanni)
1. Ma si dirà: “Questa disposizione suona strana! Infatti,
che colpa ha l’erede se ha ricevuto legalmente, secondo le leggi dello Stato,
il patrimonio che gli hanno lasciato i genitori o altri parenti ricchi?
Dovrebbe egli, del patrimonio, calcolare per sé la parte legittima secondo il diritto
naturale e trattenere dall’eredità solo quel tanto che corrisponde a questa
quota, e poi regalare il resto agli altri? Oppure dovrebbe prendere in consegna
certamente l’intero patrimonio, ma prendere di questo, come proprietà, solo la
parte a lui spettante secondo il diritto naturale e amministrare invece la
grande eccedenza per mantenere dei fannulloni nei loro bisogni, oppure cedere
subito tale eccedenza nelle mani di amministratori di istituti di beneficenza a
vantaggio proprio di questi istituti?”.
2. Questa domanda è qui così buona, come una di quelle
cui di solito non è dovuta nessuna risposta, o al massimo una sola a monosillabi.
Sono dunque la Legge divina e la legge dello Stato, oppure la divina Sapienza e
la divina Assistenza, e la politica statale mondana e la cosiddetta diplomazia,
una e la stessa cosa? Che cosa dice dunque il Signore? Egli dice: «Tutto ciò che è grande dinanzi al mondo, è un
abominio dinanzi a Dio!».
3. Ma che cosa c’è di più grande al mondo di un potere
di Stato usurpato che, considerato sotto l’aspetto divino, non esiste mai
secondo il Consiglio divino, bensì solo secondo la sua abilità statale mondana
che esiste nella politica e nella diplomazia, tale da sottomettere i popoli e
utilizzare le loro forze per la propria prosperità da sfruttare e consumare in
gozzoviglie?
4. Ma se è già orribile e vergognoso quando un qualche
uomo fa un torto solo a uno, a due o a tre dei suoi fratelli, quanto più
orribile dovrà essere dinanzi a Dio quando degli uomini, con ogni violenza, si
fanno incoronare e ungere, per poi, sotto tale incoronazione e unzione,
ingannare interi popoli in tutti i modi e maniere pensabili, per il loro stesso
gozzovigliante profitto, sia con la cosiddetta acutezza politica, oppure, se con
questa non dovesse bastare, con crudele aperta violenza!
5. Io ritengo che, da queste poche parole, si possa press’a
poco afferrare con le mani, quanto i diritti della maggior parte degli Stati
attuali contrastino direttamente con quelli divini. Inoltre io penso anche che,
quando il Signore disse al giovane ricco: «Vendi
tutti i tuoi beni e distribuiscili tra i poveri; tu invece seguimi, allora ti
preparerai un tesoro in Cielo», quest’espressione, come si spera, sarà
certo sufficiente per dedurre da ciò quale ripartizione dovrebbe fare il ricco
uomo terreno della sua ricchezza, se vuol cogliere il Regno di Dio. Se non lo
fa, allora dovrà attribuire a se stesso se gli toccherà lo stesso giudizio che
il Signore ha pronunciato a carico del giovane diventato triste, vale a dire che
è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che un tale
ricco entrare nel Regno dei Cieli! Dicendo la qual cosa certamente c’è da
prendere in considerare la circostanza, del perché il Signore ha qui espresso
un giudizio così altamente spiacevole su un giovane, quindi sicuramente su un’eredità.
6. Qui si potrebbe a ragione domandare: “Perché in
questo caso doveva presentarsi proprio un ‘giovane
ricco’? E perché non un qualche attempato speculatore, al quale il Signore
avrebbe dimostrato il Suo eterno sdegno per ogni ricchezza terrena?”. La
risposta sta molto vicina: il giovane non era ancora un incallito
amministratore di ricchezze, bensì era ancora in quel punto dal quale tale giovane
di solito non sa ancora valutare convenientemente la ricchezza terrena. E
proprio per questo motivo egli si poté avvicinare al Signore, per lo meno per
breve tempo, per apprendere da Lui la giusta direttiva e il giusto uso della
sua ricchezza. Solo dopo aver conosciuto la Volontà divina, egli poi si allontanò
dal Signore e ritornò a casa dalle sue dovizie.
7. Dunque, il giovane ebbe nondimeno questo privilegio
di avvicinarsi al Signore, proprio in quanto giovane che non era ancora responsabile
delle sue azioni. Invece il ricco oste già incallito, più anziano, lo speculatore
e l’usuraio, stanno come cammelli dietro la cruna dell’ago, attraverso la quale
essi, come il giovane, dovrebbero prima passare per giungere al Signore. Ad un
simile ricco, quindi, non è più concesso né dato di trovarsi vicino al Signore,
come accadde al giovane. Per costoro, invece, il Signore ha purtroppo un altro
esempio da prendere molto in considerazione, indicato nella narrazione del ‘ricco
epulone’. Di più non occorre che io vi dica.
8. Chi tra voi può pensare anche solo un po’, troverà
da tutto questo con grande facilità che al Signore del Cielo e di tutti i mondi,
nessun vizio umano fu tanto orribilmente spregevole quanto la ricchezza da
usurai e le sue usuali conseguenze. Per nessun altro vizio noi vediamo il
Signore della vita e della morte aprire in modo evidente, con tanta chiarezza,
l’abisso dell’inferno, come proprio per questo vizio.
9. Che fosse assassinio, adulterio, prostituzione e
cose di tal fatta, per tutto questo nessuno sulla Terra ha sperimentato, da
parte del Signore, che lo abbia condannato all’inferno per questo. Questo vizio
dell’usura Egli lo ha invece punito dappertutto nel modo più grave, con parole e
azioni, sia presso il ceto sacerdotale come anche presso ogni altro ceto
privato.
10. Chi può, di fronte a tutte le altre trasgressioni
umane, attestare, del Signore, che Egli abbia levato su uno di tali peccatori
la Sua potente mano castigante? Invece i cambiavalute, i venditori di colombe e
siffatta gentaglia speculatrice, dovettero sopportare di essere malmenati dalla
potente mano del Signore stesso con una fune intrecciata, e cacciati fuori dal
Tempio!
11. Ma sapete cosa significa questo? Questo vero
avvenimento evangelico vuol dire né più né meno che il Signore del Cielo e di
tutti i mondi è il più dichiarato nemico di questo vizio. Con ogni altro vizio
il Suo divino Amore parla di pazienza, indulgenza e pietà. Ma per questo vizio
parla la Sua ira e la Sua collera!
12. Qui, infatti, Egli sbarra l’accesso a Se stesso
con la nota cruna dell’ago, apre chiaramente l’abisso dell’inferno e mostra nello stesso un vero dannato, esprimendoSi
di fronte ai farisei avidi di dominio e di possesso in modo così tremendo,
tanto che dà loro da riconoscere con chiarezza che fornicatori, adulteri, ladri
e ancora altri peccatori, entreranno prima di loro nel Regno di Dio.
13. Infine afferra nel Tempio perfino un’arma castigante
e caccia fuori, senza riguardo, tutti gli speculatori di qualunque specie
fossero, additandoli come assassini del Regno divino, avendo loro fatto del
Tempio, che rappresenta proprio il Regno divino, una spelonca di assassini.
14. Potremmo citare ancora parecchi esempi del genere,
da tutti i quali si lascia dedurre come il Signore sia un nemico
dichiaratissimo di questo vizio. Ma per chi è capace di riflettere solo in piccola
misura quanto detto, sarà più che sufficiente. – E proprio in quest’occasione
possiamo dare ancora un breve sguardo al nostro nono Comandamento, e scorgeremo
da tale sguardo che il Signore in nessun’altra circostanza umana, in
nessun’altra occasione e attività proibita, ha limitato, come proprio in quest’occasione, perfino il desiderio dell’usura
per Lui sommamente da disprezzare.
15. Dappertutto Egli vieta espressamente solo
l’attività, qui invece vieta già il desiderio, perché il pericolo che ne deriva
per lo spirito è troppo grande. Il desiderio distoglie completamente lo spirito
da Dio e lo volge completamente all’inferno. Questo lo potete scorgere pure dal
fatto che ogni altro peccatore, dopo un atto peccaminoso, prova un rimorso,
mentre il ricco speculatore, su una speculazione felicemente riuscita, giubila
e trionfa altamente!
16. Questo è il giusto trionfo dell’inferno, e il
principe dell’inferno cerca perciò preferibilmente di riempire in ogni modo
possibile gli uomini con l’amore per la ricchezza del mondo, perché egli sa
benissimo che essi, colmi di questo amore, sono i più detestati davanti al
Signore, ed Egli, per questo, non s’impietosisce di loro minimamente. – Di più,
su questo, non ho bisogno di dirvi altro.
17. Ben per ciascuno che prenderà profondamente a
cuore queste parole, poiché esse sono l’eterna, incontestabile Verità
divina! E voi potete ritenerle e considerarle vere al di sopra di ogni
cosa, poiché in queste non c’è una sillaba di troppo, anzi potete supporre che
qui sia stato detto di gran lunga, ancora troppo poco. Tuttavia a ciascuno gli
si imprima nella mente questo: “In
qualunque altra occasione il Signore impiegherà tutto l’immaginabile, prima di
lasciar andare in rovina qualcuno, ma di fronte a questo vizio Egli non farà
nulla, all’infuori che tenere aperto l’abisso dell’inferno, come lo ha mostrato
nel Vangelo!”. Tutto questo è certo e vero, e con ciò abbiamo imparato a
conoscere il vero senso di questo Comandamento. Ed io dico ancora una volta: “Ognuno
consideri seriamente quanto è stato detto!”. – E ora non più oltre. Qui c’è
la decima sala, e allora entriamo!
[indice]
۞
Decima sala, decimo Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Eccoci all’interno, e sulla lavagna notiamo scritto con
caratteri distinti: «Tu non devi
desiderare la donna del tuo prossimo!».
2. Che questo Comandamento, qui nel puro Regno dello spirito
e in modo particolare nel Regno dei bambini, suoni di certo un po’ strano a ogni
pensatore, non c’è bisogno di menzionarlo. Per primo questi bambini non sanno ancora
per niente cosa sia una donna sposata, e per secondo qui non c’è assolutamente
l’uso di sposarsi tra i due sessi, specialmente nel Regno dei bambini. Nel
Regno degli spiriti questo Comandamento, sotto questo aspetto non trova quindi nessuna
evidente applicazione.
3. Ma si dirà: “Perché il Signore, tra i dieci
Comandamenti, non potrebbe averne dato uno che dovesse corrispondere solo alle
condizioni terrene? Sulla Terra, infatti, è d’uso l’unione tra uomo e donna, e
perciò è un rapporto basato sull’Ordine divino di antico fondamento, il quale
non può rimanere nell’Ordine divino senza un Comandamento. Così in questo caso
si può dunque ammettere che il Signore, tra i dieci Comandamenti, ne abbia dato
uno, solo per il mantenimento dell’Ordine a motivo di una situazione terrena
esteriore, affinché con il mantenimento di quest’Ordine non venga disturbato un
Ordine spirituale interiore stante più in alto”.
4. Bene, se è così, allora io dico che questo Comandamento
non è altro che una ripetizione abbastanza superflua del sesto, prescrivendo del
tutto la stessa cosa. Infatti, anche in questo, nella sua completa espressione,
viene rappresentato come proibito tutto ciò che ha un qualche riferimento solo alla
lussuria, alla prostituzione e all’adulterio, sia sotto l’aspetto materiale
che, in modo del tutto particolare, sotto quello spirituale.
5. Se ora noi esaminiamo un po’ questi due Comandamenti
mettendoli a confronto, allora ne risulterà che questo non è affatto valido per
il Cielo, e accanto al sesto è puramente superfluo.
6. Io però scorgo qualcuno che viene qui e dice: “Eh, caro
amico, ti sbagli! Questo decimo Comandamento, se già in sé e per sé proibisce pressappoco
ciò che è ugualmente proibito dal sesto, tuttavia di per sé è del tutto
particolare e sta più in alto e si estende più profondamente rispetto al sesto.
Nel sesto Comandamento viene proibita palesemente solo la reale grossolana
azione, mentre in questo decimo vengono proibiti il desiderio e la brama come
cause fondamentali di sempre che spingono all’azione. Infatti, si vede molto
facilmente che, soprattutto i mariti giovani, di solito hanno anche delle mogli
giovani e belle. Quanto è facile a un altro uomo dimenticare la propria moglie,
magari non bella, e innamorarsi pazzamente della bella moglie del suo prossimo,
e poi suscitare in sé un impulso sempre più grande e un sempre maggior
desiderio di bramarla ardentemente e coltivare con lei la sua impresa
libidinosa”.
7. “Bene”, dico io, se in un primo momento si osserva
questo Comandamento da questo punto di vista, allora da ciò si rilevano più che
una mezza legione di ridicolaggini e demenze, con le quali il divino di un tale
elevato Comandamento deve essere tirato giù nella polvere più sudicia e nella
cloaca più puzzolente dell’umorismo mondano e raziocinio degli uomini. A scopo
di esempio e spiegazione vogliamo citare di proposito alcune ridicolaggini,
affinché a ciascuno diventi chiaro in che modo poco profondo e puramente
esteriore questo Comandamento fu compreso, spiegato e ordinato di osservare per
più di otto secoli.
8. Dunque, se un uomo non deve avere nessun desiderio verso
la donna del suo prossimo, qui si potrebbe domandare: “Che cosa s’intende per
brama o desiderio?”. Infatti, c’è una quantità di brame e desideri onesti e
leciti che un vicino può rivolgere alla donna del suo prossimo. Nel
Comandamento però è detto in modo assoluto ‘non
avere nessun desiderio’. Con ciò, solo i due vicini potrebbero stare l’un
con l’altro in conversazione; mentre le donne, viceversa, dovrebbero guardarsi sempre
con disprezzo. Questo non è né più né meno che un modo turco di intendere
questo Comandamento mosaico.
9. Inoltre, se si considera la faccenda alla lettera e
materialmente, allora si deve certo prendere tutto alla lettera e non un paio
di parole alla lettera e un paio di parole spiritualmente, cosa che sarebbe proprio
come se qualcuno portasse a una gamba un calzone nero e all’altra un sottile
calzone bianco trasparente. Oppure, come se qualcuno volesse sostenere che un
albero deve crescere in modo che la metà del tronco spunti con la corteccia e
l’altra metà senza corteccia. In seguito a questa considerazione, il decimo
Comandamento proibirebbe il desiderio soltanto verso la donna del ‘prossimo’. Chi può essere, in senso
letterale, questo prossimo? Nessun altro che il vicino più prossimo, oppure
anche dei vicini consanguinei. Letteralmente, quindi, non si dovrebbe avere
nessun desiderio solo verso le donne di questi due vicini, mentre le donne degli
abitanti di un territorio lontano, specialmente le donne degli stranieri, che
sicuramente non sono dei vicini, possono perciò essere senz’altro desiderate. Infatti,
anche senza essere un esperto in matematica e geometria, ciascuno comprenderà
che, in confronto al vicino più prossimo, un altro lontano alcune ore, o
perfino uno straniero, non si può riconoscere per vicino oppure per uno che dovrebbe essere vicino. Vedete, anche questo è turco, infatti, i turchi osservano
questo Comandamento solo verso i turchi, mentre verso le nazioni straniere essi
non hanno nessuna legge. – Ma andiamo oltre.
10. Io domando: “Allora la donna del mio prossimo è
esentata dall’osservanza del Comandamento divino?”. Infatti, nella Legge sta
scritto che solo l’uomo non deve avere nessun desiderio verso la donna del suo
prossimo, mentre non c’è nessuna sillaba nel Comandamento che dica che una donna
libidinosa non debba avere nessun desiderio verso il suo vicino più prossimo! –
In tal modo si dà chiaramente alle donne il privilegio di sedurre senza alcuno scrupolo
tutti gli uomini che stanno loro in vista. E chi proibirà loro di farlo, dal
momento che in tal caso non è esistente nessun Comandamento da parte del
Signore? Anche questo proviene dalla filosofia turca; infatti, i turchi, dal
senso letterale, sanno che le donne sono libere da questo Comandamento. Perciò
le rinchiudono, affinché non si rechino all’aperto e ad altri uomini possano
fare secondo il loro cupido. Se un turco permette a una delle sue mogli di
uscire, allora lei deve coprirsi in modo così inopportuno per le sue attrattive
corporee, che incuterebbe un certo rispetto perfino a un orso se dovesse incontrarla.
Lei può schiudere le sue attrattive unicamente davanti al suo uomo. – Chi può presentarsi
e sostenere il contrario, come se ciò non fosse da riconoscere dal senso
letterale del Comandamento? Evidentemente questa ridicolaggine ha il suo
innegabile fondamento proprio nel Comandamento stesso. Ma andiamo avanti.
11. Non potrebbero i vicini più prossimi avere delle figlie
già cresciute, oppure altre ragazze di servizio abbastanza graziose? Secondo il
decimo Comandamento è permesso o no, perfino da sposati, avere un desiderio verso
le figlie o le altre ragazze del prossimo? Evidentemente questo è permesso, perché
nel sesto Comandamento non si parla di desiderio, bensì soltanto dell’azione. –
Invece il decimo Comandamento proibisce solo il desiderio verso la donna,
quindi il desiderio verso le figlie ed eventualmente verso altre graziose
fanciulle del prossimo, è permesso senza obiezione. – Vedete, qui abbiamo di nuovo
un’interpretazione turca del Comandamento. Tuttavia, per rendere la cosa chiara
come il Sole, vogliamo esporre ancora alcune di simili ridicolaggini.
[indice]
۞
Chi è il “tu” nel decimo
Comandamento?
(Parla Giovanni)
1. Nel Comandamento è detto: «Tu non devi desiderare la
donna del tuo prossimo». – Non sorge qui spontanea la domanda: “Chi è dunque
effettivamente questo tu? È un uomo sposato, un vedovo, un uomo celibe giovane,
oppure un ragazzo, o forse è anche una donna alla quale si può certamente anche
dire: ‘tu non devi fare né questo né quello’?”.
– Qui si dirà: “Questo è stabilito per il sesso maschile, senza distinzione se
scapolo o sposato, e si comprende da sé che occasionalmente anche le donne vi possano
essere comprese senza avere il diritto di sedurre e desiderare altri uomini”.
2. Io però ribatto dicendo: se gli uomini sono già in
grado di stabilire molto sottilmente i loro regolamenti e, proprio nei loro regolamenti,
per ogni possibile caso, fanno sottili e sagge separazioni, allora non si potrà
certo fare il rimprovero al Signore come se Egli avesse, addirittura per
ignoranza, dato dei Comandamenti impressi in maniera imprecisa, oppure avesse,
similmente a uno scaltro avvocato, presentato i Suoi Comandamenti in maniera
così contorta che gli uomini, inevitabilmente, dovessero peccare in un modo o
nell’altro.
3. Io ritengo che sarebbe un po’ troppo grave trarre
una simile conclusione dopo aver esaminato più da vicino questo Comandamento che
sembra essere stato dato in maniera apparentemente impreciso. Si può perciò
concludere molto più facilmente che questo Comandamento – come tutti gli altri
– è altamente definito. È soltanto con il tempo, e del tutto particolarmente al
tempo della nascente gerarchia ecclesiastica, che esso fu talmente distorto e
falsificato, che ora non c’è più nessuno che conosca il vero e proprio senso di
questo Comandamento, e ciò è successo per pura avidità! Nell’effettivo puro senso,
questo Comandamento non avrebbe mai fruttato un centesimo al clero, ma nel suo
senso velato diede motivo a ogni specie di intercessioni, dispense e divorzi
molto redditizi, e naturalmente, questo di gran lunga di più nei tempi passati
che non adesso. Infatti, allora le cose erano così disposte che due o più
vicini non potevano assolutamente preservarsi dal rendersi colpevoli contro questo
Comandamento. Come mai dunque?
4. Essi, per l’enorme paura dell’inferno, dovevano
confessarsi, in maniera scrupolosa, parecchie volte l’anno. Allora a questo proposito
venivano diligentemente esaminati, e nel caso un qualche vicino avesse avuto una
moglie giovane e bella, già perfino un pensiero, uno sguardo, magari perfino
una conversazione da parte degli altri vicini maschi, veniva interpretata come
un peccato di adulterio contro questo Comandamento, peccato che, per lo più, poteva
essere condonato con un’offerta a titolo di penitenza. Se invece era avvenuto un
approccio un po’ più considerevole, allora la piena dannazione era anche già
bell’è pronta, e una volta che uno era già sprofondato nell’inferno su uno dei
piatti della bilancia di San Michele, nell’altro piatto vuoto della stessa doveva
essere messa un’offerta molto considerevole, tanto da poter sollevare e tirar
fuori di nuovo felicemente dall’inferno il povero peccatore condannato. Quei preti
detentori della Potenza di Dio, non appartenevano assolutamente a coloro che pretendevano
solo molto, bensì essi volevano davvero proprio tutto!
6. Io penso che ciò possa essere sufficiente per
scorgere tutto il realmente vergognoso che comparve dalla falsificazione di
questo Comandamento. L’indefinito “tu” del Comandamento, era la fonte
originaria per dispense che di solito fruttavano più di tutto. Se qualcuno
portava una grossa offerta, allora si poteva modificare il “tu”, così che il
peccatore per lo meno non dovesse andare all’inferno. Al contrario, invece,
questo “tu” poteva diventare così dannatamente definito, e ciò in seguito al
potere usurpato di sciogliere e di legare, al punto che solo delle offerte
molto considerevoli da parte del peccatore potevano essergli d’aiuto per la liberazione
dall’inferno.
7. Noi ora abbiamo visto a quali aberrazioni ha dato
occasione l’indefinito “tu”. Ma non vogliamo ancora accontentarci con questo, bensì
vogliamo considerare ancora alcune di queste ridicole interpretazioni, affinché
diventi tanto più chiaro ad ognuno quanto necessaria sia per chiunque la conoscenza
del puro senso del Comandamento, senza il quale nessuno potrà mai
diventar libero, bensì dovrà rimanere schiavo sotto la maledizione della Legge!
– E allora andiamo avanti!
[indice]
۞
Esempi di interpretazione
errata del decimo Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Come suona il Comandamento lo sappiamo: esso vieta un
desiderio o una brama. Ora però si domanda: un uomo è povero mentre il suo
vicino è un uomo ricco. La moglie di questo vicino, quale prossimo del nostro
uomo povero, ha un cuore misericordioso e caritatevole, e il povero è a
conoscenza di questo. Il nostro povero sente ora apertamente un desiderio per
la caritatevole moglie del suo vicino, e brama che lei gli plachi la fame. – Vi
domando: “Quest’uomo ha peccato oppure no?”, poiché egli ha manifestato chiaramente
un desiderio e una brama verso la moglie del suo vicino. Se però è stato
imposto che ‘non si deve avere nessun
desiderio verso la donna del prossimo’, – chi può, in questo caso,
dichiarare in modo fondato che questo ragionevole desiderio del povero sia peccaminoso?
Poiché sotto ‘non avere nessun desiderio,
nessuna brama’, deve essere certamente proibito proprio ogni desiderio e
ogni brama, dato che nella parola ‘nessuno’ non è assolutamente dimostrabile
nessuna eccezione! Allora deve essere vietato un qualunque desiderio, comunque
sia fatto!
2. Non risulta chiaro, da questa spiegazione, come se il
Signore avesse voluto con ciò allontanare apertamente il sesso femminile
dall’attività d’amore, così che poi sicuramente ogni opera buona che una padrona
di casa fa a un povero uomo, debba essere considerata come un perfetto peccato
contro il Comandamento divino?
3. Ma si può pensare un Comandamento così assurdo da
parte del supremo Amore del Signore? A questo punto si dirà di certo: “Il
Comandamento si limita soltanto al desiderio libidinoso carnale”. Io però dico:
va bene, accontentiamoci pure che sia così, solo mi permetto di fare alcune
osservazioni. Se queste osservazioni contrastano con quanto ci siamo appena
accontentati, e cioè che il Comandamento si limita soltanto al desiderio sessuale
carnale, allora ogni contestatore dovrà accettare di seguire un’altra via per
la definizione di questo Comandamento. E così si ascoltino le osservazioni.
4. Il Comandamento dovrebbe dunque proibire soltanto
un desiderio sensuale carnale. “Bene”, dico io, ma nonostante ciò domando: “Nel
Comandamento è indicata una determinata donna, oppure sono comprese tutte le
donne, oppure sono comprese certe eccezioni naturali?”.
5. Prendiamo il caso di parecchi vicini che abitano di
fronte ed hanno tutti delle vecchie mogli non più attraenti. In questo caso noi
possiamo essere sicuri che verso questi vicini non avremo più assolutamente nessun
desiderio carnale riguardo alle loro rispettive mogli. Dunque, dovrebbero
essere comprese solo le donne giovani; e anche allora, solo se sono belle e
attraenti. Sicuramente anche degli uomini vecchi e decrepiti non saranno più
tanto tormentati da sensuali brame carnali nei confronti di qualsiasi donna dei
loro vicini.
6. Da ciò vediamo che questo Comandamento sarebbe valido
solo sotto certe condizioni. Quindi il Comandamento avrebbe delle lacune e, perciò,
non avrebbe nessuna validità generale. Infatti, dove già la natura fa eccezioni
e dove una legge non ha neanche il pieno valore naturale, come la si può
estendere nello spirituale? Chi non riesce a comprendere ciò, questi abbatta un
albero e solo dopo veda se crescerà ancora e porterà frutti.
7. Una Legge
divina, però, deve certamente essere disposta in modo che la sua beatificante
validità sia data per tutte le eternità! Se invece già nel corso della breve
esistenza terrena, sotto certe circostanze in modo naturale viene spinta fuori oltre
i limiti vigenti, allora già nello stato naturale dell’uomo essa cessa di
essere operante. Allora, come dovrà essere per l’eternità? Non è ogni Legge di Dio
fondata sul Suo infinito Amore? Ma che cosa avviene se poi una tale Legge perde
la sua validità? Se è qualcos’altro da come si sostiene, allora per l’uomo
anche l’Amore divino, in certe circostanze, perde la sua validità?
8. Proprio su questo si basa anche l’infelice fede
della vostra parte pagana cristiana, in seguito alla quale l’Amore di Dio durerebbe
solo fino a quando l’uomo vive su questo mondo. Una volta che è morto, secondo
il corpo, e starà lì unicamente come anima e spirito, allora inizierà subito l’immutabile,
terribilmente severa e punitiva iraconda Giustizia di Dio, dinanzi alla quale
non sarà più il caso di parlare, in eterno, di un Amore e di una Misericordia.
9. Se l’uomo con il suo modo di vivere ha meritato il
Cielo, allora non andrà nel Cielo forse grazie all’Amore divino, bensì solo grazie
alla Giustizia divina, e naturalmente per i propri meriti di servizio e
compiacenti a Dio. Se invece l’uomo non ha vissuto così, allora è pronta l’immediata
dannazione eterna, dalla quale non c’è da aspettarsi mai una liberazione!
In altre parole, ciò equivale a dire come se ci fosse un qualche padre stolto che,
nel suo governo della casa, stabilisca una legge, e questa, contro i suoi
figli, legge che suonerebbe così:
10. «Io do a
tutti i miei figli, dalla nascita fino al loro settimo anno, perfetta libertà.
In questo tempo tutti possono godere del mio amore senza differenze, ma dopo il
compimento del settimo anno io ritiro il mio amore da tutti i figli e da quel
momento li voglio giudicare oppure rendere beati. I figli che, come minorenni,
hanno osservato le mie gravose leggi, dopo il settimo anno avranno da
rallegrarsi del mio massimo compiacimento, invece quelli che nel corso dei
sette anni non si saranno migliorati pienamente fino a un atomo secondo la mia
gravosa legge, questi verranno maledetti e gettati fuori dalla mia casa paterna
per tutti i tempi!». – Dite: quale sarebbe la vostra opinione su un così crudele
asino di padre? Non sarebbe ciò enormemente più che la più vergognosa tirannia
di tutti le tirannie?
11. Ma se già in un uomo troverete questo estremamente
folle, mostruoso e maligno, quanto terribilmente insensati devono essere gli
uomini, i quali possono pretendere e attribuire a Dio, che è il supremo Amore e
Sapienza stessa, cose di gran lunga peggiori!
12. Che cosa fece il Signore sulla croce quale la sola Sapienza divina, poiché essa, in un certo qual modo secondo l’esteriore, era
come separata dall’eterno Amore? – Egli, come Sapienza, e
quindi come tale, anche il fondamento di ogni Giustizia, Si rivolse al Padre, ovvero
all’eterno Amore, e in tal modo non pretese vendetta, come in un certo senso
sarebbe stato giusto, bensì pregò l’Amore
di voler perdonare tutti quei malfattori, come anche a tutti i sommi sacerdoti
e farisei tutte le loro azioni, non sapendo essi quello che facevano!
13. Questo fece quindi già qui la divina Giustizia di per
Sé. Dovrebbe allora l’infinito Amore divino cominciare a condannare dove la divina
Giustizia implorò misericordia all’Amore che è infinitamente ancora più
misericordioso?
14. Se non si accetta che il Signore abbia espresso
sul serio la Sua preghiera, e dite che Egli l’abbia espressa a mo’ d’esempio,
non si addita il Signore per un ipocrita, supponendo che Egli dalla croce abbia
invocato il perdono solo in apparenza, mentre in segreto si scorge in Lui l’indelebile
vendetta, in seguito alla quale avrebbe condannato in Sé, nondimeno, tutti
questi malfattori già da lungo tempo nel più intenso fuoco infernale?
15. O mondo! O uomini! O terribilissima assurdità! Assurdità
che mai poteva essere concepita nell’intera infinità ed eternità. Ci si può immaginare
qualcosa di più vergognoso che fare del Signore sulla croce un bugiardo, un
predicatore ingannevole, un traditore e quindi un generico ingannatore del
mondo, e questo per la più falsa, di certo temporale, lucrosa fondazione dell’autorità
dell’inferno? Dalla bocca di chi, se non solo e unicamente da quella
dell’arci-Satana, poteva venire tale insegnamento e potevano uscire tali
parole?
16. Io ritengo che anche qui di nuovo non occorra
altro, per farvi scorgere quali orrori possano derivare da un’interpretazione e
spiegazione assai invertita di una Legge divina. Che le cose presso di voi nel
mondo stiano così, lo potete afferrare già voi stessi con le mani. Ma il perché
è così e quale ne sia la causa, questo non lo sapevate e non potevate nemmeno
saperlo, poiché il nodo del Comandamento era troppo aggrovigliato, e mai
qualcuno avrebbe potuto dare la completa soluzione a questo nodo.
17. Per questo motivo il Signore si è impietosito di
voi e vi fa annunciare nel Sole, il quale è certamente abbastanza luminoso, la
vera soluzione di questo nodo, affinché possiate scorgere la causa generale di
tutta la malignità e di tutte le tenebre.
18. Certamente si dirà: “Sì, ma come può dipendere
tanto male dal fraintendimento dei dieci Comandamenti di Mosè?”.
20. Chi di conseguenza, in uno o nell’altro punto,
esce in un modo qualsiasi dall’Ordine divino, non rimane più nell’Ordine divino
in nessun punto, essendo quest’Ordine uguale a una via diritta. Se qualcuno si allontana
da questa via, qualunque sia il punto, può egli dire: ‘Mi sono allontanato solo
di un quarto, di un quinto, di un settimo, o di un decimo, dalla via?
Certamente no! Poiché basta che abbandoni solo di pochissimo la via, e se n’è già
discostato da tutta. Se non vuol rientrare, allora si potrà certo sostenere che
quel singolo punto della via, in cui il viandante si era discostato, aveva
allontanato il viandante dall’intera via.
21. E proprio così stanno le cose anche con ogni
singolo punto del Comandamento divino. Non può esserci facilmente qualcuno che
abbia peccato di grosso contro l’intero Comandamento, essendo ciò pressoché
impossibile! Invece è sufficiente che qualcuno pecchi in un punto e poi
persista in questo. In tal modo si allontana quindi dall’intero Comandamento, e
se non lo vuole lui e il Signore non l’aiuta, allora non rientrerà mai sulla
via del Comandamento, ovvero dell’Ordine divino. E così potete anche essere
certi che la maggior parte dei mali del mondo in verità deriva in origine ben dall’ostinata
e malevole dissennatezza, o piuttosto dalla malevola falsificazione del significato
di questi due ultimi Comandamenti divini.
22. Noi però abbiamo ora anche dimostrato in maniera
più che sufficiente le ridicolaggini e le false interpretazioni di questo
Comandamento; perciò vogliamo passare anche al giusto significato dello stesso,
nella cui luce voi scorgerete tutte le scempiaggini illuminate impareggiabilmente
nella maniera più chiara.
[indice]
۞
Motivo della velatura del
vero significato del decimo Comandamento
(Parla Giovanni)
2. Ed io in aggiunta dico: “Quindi è stabilito ed è chiaro che, con l’accettazione del puro
significato letterale esteriore, si può
rappresentare solo la più grande insensatezza, mai però una qualche fondata
verità!”.
4. Questa obiezione secondo l’esteriore si può ben
ascoltare ed è valevole come una contrapposizione formulata abbastanza
saggiamente, ma se è esaminata alla luce è così sciocca che non sarebbe facile
immaginare qualcosa di più sciocco. Tuttavia, affinché la straordinaria scempiaggine
di questa obiezione cada subito negli occhi a ciascuno come se si trovasse a
sole poche miglia lontano dal Sole, e scorgesse questo improvvisamente con i
suoi occhi – oppure come a colui se si trovasse in un bosco e non riuscisse a
vedere il bosco a causa degli alberi – allora a tal proposito voglio
presentarvi alcune osservazioni naturali riassunte molto brevemente.
5. Supponiamo che ad un cosiddetto naturalista e
botanico, a motivo della comodità delle sue ricerche, venisse in mente di domandare:
“Ma perché la forza del creante supremo Essere non ha creato gli alberi e le
piante così che il seme fosse all’esterno e la corteccia all’interno, affinché
si potesse osservare precisamente con minor fatica, attraverso il microscopio,
il salire della linfa nei rami e ramoscelli, le sue reazioni e altri effetti? Poiché
non può certo essere stata l’intenzione del Creatore mettere sulla Terra l’uomo
pensante in modo che non debba mai penetrare nel segreto degli effetti meravigliosi
nella Natura!”. – Cosa dite voi di questa pretesa? Non è sciocca in sommo
grado?
6. Supponiamo però che il Signore si lasciasse
conquistare da un simile invito e quindi rovesciasse gli alberi insieme alle
piante, – non si faranno subito di nuovo avanti degli altri naturalisti che direbbero:
“Che utilità è l’osservazione del seme esterno, se con questo non possiamo scoprire
la meravigliosa formazione della corteccia interna?”. – Cosa ne consegue ora? Il
Signore dovrebbe anche adesso, di nuovo, subordinarsi e portare dalla parte
esterna dell’albero, in un modo che a me in verità non è comprensibile, la corteccia
e il seme. Supponiamo però che il Signore avesse fatto questo sul serio e la
parte interna dell’albero consistesse ora solo di legno. Non ci sarà qui subito
un altro naturalista a manifestare una nuova esigenza, dicendo: “Ora tutta la
prodigiosa formazione del legno è coperta da una parte con la corteccia e
dall’altra parte con il seme. – Ma non potrebbe un albero essere costituito in
modo che tutto, seme, legno e corteccia fossero all’esterno o, per lo meno,
trasparenti come l’aria?”.
7. Se si può formare un albero costituito
necessariamente da innumerevoli organi, in modo che sia trasparente come l’aria
o per lo meno come l’acqua pura, devono forse deciderlo gli ottici e i
matematici? Ma quali frutti crescerebbero su alberi fatti completamente di
aria, questo dovrebbe ben saperlo uno che vive press’a poco nelle regioni del polo
nord o del polo sud. Poiché là talvolta accadono fenomeni simili che, in
seguito al gran freddo, così come accade da voi d’inverno sui vetri delle
finestre, nell’aria cristallina crescono come funghi degli alberi di ghiaccio.
Se su questi alberi spuntano anche fichi e datteri, finora non è stato ancora accertato.
8. D’altra parte, però, per quanto riguarda quegli
alberi in cui tutto – seme, legno e corteccia – dovrebbe essere esterno, allora
potete essere pienamente certi che fare un albero simile sarebbe facile altrettanto
come fare una sfera quadrata. Io penso che con questa osservazione, la
stupidità della sopra manifestata obiezione dovrebbe stare già abbastanza chiara
come il Sole davanti agli occhi. Nondimeno, in verità, per rendere la cosa soverchiamente
chiara come al solito, vogliamo aggiungere ancora un paio di considerazioni.
9. Prendiamo il caso di un dottore che deve studiare
moltissimo; quando al pari di un polipo ha già bevuto a sorsate un intero pesante
carro pieno di erudizione e viene chiamato da un paziente gravemente ammalato,
allora non raramente sta al letto dell’infermo come un paio di buoi aggiogati
da poco dinanzi a una ripida montagna, e il dottore viene interrogato dai
presenti: “Come trova l’ammalato? Cosa gli manca, dunque? Lo si potrà ben aiutare?”.
11. Ecco però che qualcuno un po’ laconicamente dice: “Signor
dottore, allora il nostro Signore Iddio avrebbe fatto molto meglio se avesse
creato l’uomo così come il falegname costruisce un armadio, affinché si potesse
aprire e si potesse vedere che cosa c’è dentro!”. Oppure: “Il Creatore avrebbe
dovuto mettere al di fuori dell’uomo le parti più delicate che sono tanto
difficili da raggiungere, come le dita, gli orecchi, gli occhi e il naso, affinché
si potesse venire subito facilmente in aiuto a queste parti o con un medicamento,
o con un unguento, oppure con un impacco! Meglio di tutto, però, sarebbe stato
ovvio se Egli avesse creato l’uomo trasparente come l’acqua, oppure se non lo
avesse messo insieme soprattutto di parti così pericolose per la vita, e lo
avesse formato del tutto molto più come una pietra!”.
13. Io penso che con questa considerazione, l’insensatezza
della suddetta obiezione salterà ancora più chiaramente davanti agli occhi.
14. Ma c’è ancora qualcuno che dice: “Con le cose
naturali e materiali è certamente assurdo pensare che il loro interiore debba allo
stesso tempo costituire anche il loro esteriore, ma la parola, di per sé, non è
tuttavia né un albero né un animale, né un essere umano, bensì essa è già, di
per sé e in sé, spirituale, portando in sé, nulla di materiale. Per quale
motivo dovrebbe aver dietro, come un albero oppure come un essere umano, ancora
un qualche senso interiore
incomprensibile? Oppure: come dovrebbe essere ciò possibile, se si considera la
comunque straordinaria semplicità e piattezza della parola?”.
15. “Bene”, dico io, prendiamo la parola ‘padre’. Che cosa indica essa? È la
parola, già il padre stesso, oppure la parola indica un padre effettivamente reale,
del quale questa parola è appunto soltanto un tipo di contrassegno esteriore?
Si dirà: “Chiaramente qui la parola non è il padre stesso, bensì soltanto una
designazione esteriore di questo!”. – “Bene”, dico io, ma domando ancora: “Allora,
che cosa si deve intendere con questa parola, affinché si riconosca proprio
questa parola come un ‘tipo’ esteriore giustamente indicativo?”. – Risposta: “La
parola deve rappresentare un uomo che abbia un’età corrispondente, che sia
sposato, che con sua moglie abbia generato dei figli viventi e poi, a questi
provvede corporalmente e spiritualmente, in modo davvero paterno!”.
16. Chi può contestare qui, anche solo in minima parte,
che questo significato, piuttosto esteso e quanto mai essenziale, debba
trovarsi nella semplice parola ‘padre’, senza il quale questa parola non
sarebbe proprio nessuna parola?
17. Se però già nei rapporti esteriori ogni semplice
parola deve ammettere una spiegazione e una scomposizione più interiore, quanto
più ogni parola esteriore dovrà avere anche un significato spirituale
interiore, dovendo, tutto ciò che viene indicato con parole esteriori, avere esso
stesso un senso spirituale interiore, quindi energico e operante. Un padre ha sicuramente
anche anima e spirito. Allora la parola indicherebbe giustamente il concetto ‘“padre’, se essa escludesse la sua
parte animica e spirituale? Certamente no, poiché l’essenzialità del padre
consiste di corpo, anima e spirito, quindi di un esteriore, interiore e
interiorissimo. Se quindi l’essenzialità del padre vivente è sostanzialmente così
costituita, non deve ciò stare alla base, come in uno specchio, perfettamente
descritto nella parola, per mezzo della quale il padre viene realmente indicato
come padre?
18. Io penso che non si possa rappresentare in modo
più comprensibile e chiaro un necessario senso interiore della parola. Ma da
ciò può anche essere evidente che il Signore, se annuncia al mondo la Sua
Volontà, può annunciarla per gli uomini esteriori, secondo il Suo eterno Ordine
divino, non altrimenti che proprio solo attraverso rappresentazioni simboliche
esteriori, alla cui base sta chiaramente un senso interiore e un senso interiorissimo.
Con ciò l’intero uomo è poi provvisto dal suo interiorissimo fino al suo
esteriorissimo, secondo l’Amore divino.
19. Ora che abbiamo spiegato la necessità e la
certezza di tale disposizione in modo più che tangibile, sarà anche quanto mai
facile trovare quasi da sé l’interiore, cioè il vero senso del nostro
Comandamento, e in tal modo sarà esposto da me affinché si possa riconoscerlo
perlomeno come incontestabile, unicamente vero e generalmente valido. – E ora passiamo
subito a tale esposizione!
[indice]
۞
Il vero significato interiore
del decimo Comandamento
(Parla Giovanni)
1. Il Comandamento suona così come lo sappiamo già a
memoria: «Tu non devi desiderare la donna del tuo prossimo!» – oppure “Tu
non devi avere nessun desiderio verso la donna del tuo prossimo”, ciò che è
una e la stessa cosa. – Chi è dunque ‘la donna’, e chi è ‘il prossimo’?
2. La donna è l’amore
di ogni uomo, e il prossimo
è chiunque con il quale io vengo in qualche modo in contatto, oppure
lo è colui che ha bisogno del mio aiuto dove può essere possibile e necessario.
Se sappiamo questo, allora fondamentalmente sappiamo già tutto.
3. Perciò, cosa significa questo Comandamento?
Nient’altro che questo: ciascuno non
deve desiderare egoisticamente l’amore del suo prossimo, chiedendolo a proprio
vantaggio; infatti, l’egoismo in sé e per sé non è altro che il procacciarsi
l’amore degli altri per il proprio diletto, senza però restituire agli stessi nessun’altra
scintilla d’amore.
4. Così suona dunque il Comandamento nel suo originario
senso spirituale. Però si dirà:
5. “Qui è palesemente ridato nel senso letterale, il che
si sarebbe potuto esprimere dall’inizio altrettanto bene quanto adesso, per
mezzo del quale sarebbero stati prevenuti molti smarrimenti”. – Io però dico: “Questo
è certamente giusto! Se si divide un albero nel mezzo, allora il midollo viene
anche all’esterno, e lo si può poi osservare altrettanto comodamente come prima
si osservava la corteccia.
6. Il Signore
invece ha velato volutamente il senso interiore in un’immagine naturale
esteriore, affinché questo santo, interiore, vivente senso, non dovesse essere
afferrato e distrutto da uomini malintenzionati, per cui poi tutti i Cieli e
tutti i mondi avrebbero potuto subire i più grossi danni. Per questo
motivo il Signore ha anche detto: “Dinanzi
ai grandi e ai potenti sapienti del mondo, ciò deve restar nascosto e deve essere
rivelato solo ai piccoli, deboli e più bassi”.
7. Proprio così è già con le cose della Natura.
Mettiamo il caso che il Signore avesse creato gli alberi in modo che il loro nocciolo
e i loro principali organi vitali fossero all’esterno del tronco – dite voi
stessi, a quanti pericoli sarebbe esposto un albero in ogni secondo?
8. Voi sapete che se a un albero si traforasse volutamente
o dolosamente il nocciolo interiore, allora per l’albero sarebbe finita. Se un
qualche verme maligno rode la radice principale del tronco che con il nocciolo
dell’albero è in strettissimo collegamento, allora l’albero muore. Chi non
conosce il cosiddetto ‘bostrico([18])
maligno’? Che cosa fa questo agli alberi? Esso prima corrode il legno e poi
corrodendo qua e là penetra negli organi principali dell’albero, e l’albero
muore. Se l’albero in questo modo ben riparato è già esposto a tanti pericoli
di vita, non vi sarebbe esposto tanto di più se i suoi principali organi vitali
stessero all’esterno del tronco?
9. Vedete, proprio così, e in modo ancora
inesprimibilmente più delicato stanno le cose con la Parola del Signore. Se subito
in origine il senso interiore fosse stato dato all’esterno, allora già da molto
tempo non esisterebbe più nessuna religione tra gli uomini. Essi avrebbero
rosicchiato e sgraffiato questo interiore, santo senso nella sua parte vitale,
altrettanto quanto hanno fatto con la corteccia esteriore all’albero della vita,
e già da molto tempo sarebbe stata distrutta l’interiore, santa Città di Dio,
al punto che non sarebbe rimasta una pietra sull’altra, come hanno fatto con l’antica
Gerusalemme e come hanno fatto con la parola esteriore che detiene solo il
significato letterale.
10. Poiché la Parola di Dio, nel suo senso letterale
esteriore, come l’avete dinanzi a voi nella Sacra Scrittura, è tanto diversa
dal testo originario quanto è diversa l’odierna cittadella altamente misera di
Gerusalemme dall’antica metropoli.
11. Tutta questa trasposizione e smembramento e anche riduzione
al solo senso letterale esteriore, è tuttavia non dannoso al senso interiore,
perché il Signore con la Sua saggia provvidenza, già dall’eternità ha colto
l’Ordine, così che l’una e la stessa Verità spirituale può essere conservata e
data senza danno sotto le più disparate immagini esteriori.
12. Del tutto diverso sarebbe stato il caso se invece il
Signore avesse dato subito la nuda Verità spirituale interiore senza un involucro
proteggente esteriore. Gli uomini avrebbero rosicchiato e distrutto, secondo il
loro arbitrio, questa santa, vivente Verità, e con ciò sarebbe stata proprio la
fine per tutta la vita.
13. Ma poiché il senso interiore è così nascosto che il
mondo è impossibile possa scoprirlo, la vita rimane assicurata, anche se la sua
veste esteriore viene lacerata in mille pezzi. E così il senso interiore della
parola, quando viene rivelato, suona come se fosse uguale al senso esteriore e
può essere espresso altrettanto con suoni o parole articolate. Questo però non fuorvia
per niente la faccenda. Perciò rimane tuttavia un interiore, vivente,
spirituale senso, e come tale è riconoscibile per il fatto che abbraccia l’intero
Ordine divino, mentre l’immagine che lo racchiude esprime solo una condizione
particolare, la quale, come abbiamo visto, mai potrà avere una validità
generale.
14. Nondimeno, in che modo il Comandamento or ora trattato
in immagine sia soltanto un involucro esteriore, e come il senso interiore che
vi è stato ora reso noto ne abbia uno veramente interiore, spirituale e
vivente, lo vogliamo mettere immediatamente in una chiara luce con una piccola
considerazione supplementare.
15. L’esteriore simbolico Comandamento vi è noto, e interiormente
significa: «Non aver nessun desiderio
verso l’amore di tuo fratello o di tua sorella!»
16. Perché allora qui questo Comandamento, carico di
contenuto e di vita, viene avvolto nell’immagine della donna che non si deve
desiderare?
18. Che cosa vuole indicare con questo il Signore?
Nient’altro che questo: l’amore più potente dell’uomo su questo mondo è quello
per la sua donna. Infatti, cosa ama nel suo ordine di più al mondo l’uomo che
la sua cara, brava, buona moglie? Nella donna è posto dunque tutto l’amore
dell’uomo, come viceversa la donna nel suo ordine non ama di sicuro nulla di più
potentemente che un uomo corrispondente al suo cuore.
19. Così dunque anche in questo Comandamento sotto
l’immagine della donna viene posto tutto l’amore dell’uomo oppure dell’essere
umano in genere, perché la donna, proprio sul serio, non è altro che un esteriore,
delicato involucro dell’amore dell’uomo.
21. Se voi esaminate questo solo in una certa misura
precisamente, allora afferrerete perfino con le mani che tutte le incertezze
esteriori a noi note dell’esteriore simbolico Comandamento, non sono che pure
certezze interiori universali. Il come, vogliamo vederlo subito.
22. Vedete, ‘il
tu’ è indefinito. E perché? Perché in questo modo nel senso
interiore viene inteso chiunque, indifferentemente se di sesso maschile o
femminile. Altrettanto indefinita è ‘la donna’, infatti, non è detto se è una vecchia o una giovane, se una o
parecchie, se una nubile o una vedova. E perché tale termine è indefinito?
Perché l’amore dell’uomo è uno solo, e non è né una donna vecchia né una
giovane, né una vedova, né una ragazza nubile, bensì, come amore, esso è in ciascuno
solo uno. Verso questo amore il prossimo non deve avere nessun desiderio,
perché esso è la vita propria di ogni uomo. Ognuno che verso questo amore ha un
desiderio avido, invidioso o avaro, appare in un certo qual modo come un avido
di sangue accanto al suo prossimo, volendosi impossessare del suo amore o della
sua vita per il proprio vantaggio. Quindi anche ‘il prossimo’ è indefinito. E perché? Perché sotto
di questo, in senso spirituale, viene inteso ciascuno senza distinzione di
sesso.
23. Io penso che con questo vi dovrebbe essere già
abbastanza chiaro che il senso interiore da me svelato è l’unico giusto, perché
abbraccia tutto.
25. Anche per questo motivo ai primordi i due ultimi
Comandamenti furono dati insieme come unico Comandamento. Essi sono stati
distinti solo per il fatto che nel nono Comandamento è rappresentato di
rispettare più particolarmente l’amore del prossimo, invece nel decimo
Comandamento viene rappresentato, riassunto del tutto in generale, di osservare
rispettosamente proprio la stessa cosa nel senso più interiore.
26. Che quindi sia proibito anche il desiderio per la
moglie e per le figlie del prossimo, ogni uomo lo può sicuramente afferrare con
le mani. Le cose stanno proprio così come se qualcuno, dovendo dare un bue
intero, darà pure le sue estremità, la sua coda, corna, orecchi e piedi ecc.
Oppure, se il Signore dovendo donare a qualcuno un mondo, gli darà certamente tutto
ciò che si trova su di esso, e non gli dirà: ‘Solo l’interno del mondo è tuo; invece
la superficie appartiene a Me!’.
27. Io penso che la faccenda non possa essere data più
chiaramente per la comprensione dell’uomo. Noi ora abbiamo perfettamente
conosciuto il vero senso interiore di questo Comandamento, come è eternamente vigente
in tutti i Cieli e determina la beatitudine di tutti gli angeli, e qui sono
state affrontate tutte le possibili obiezioni. Con ciò siamo quindi giunti
anche alla fine e vogliamo perciò recarci subito nell’undicesima splendente sala che sta dinanzi a noi. In essa troveremo
tutto quanto detto finora nella più chiara luce, come riunito in un punto e
confermato. – Quindi entriamo!
[indice]
۞
Undicesima sala, undicesimo
Comandamento
L’amore per Dio
(Parla Giovanni)
1. Siamo già in questa sala, e anche qui nel mezzo della
sala scorgiamo altrettanto su una grande, bianca, splendente colonna, una
lavagna tonda. Essa splende come il Sole, e nel suo centro sta scritto con
color rosso rubino splendente:
2. «Tu devi
amare Dio, il tuo Signore sopra ogni cosa, con tutto il tuo sentimento e con
tutte le tue forze vitali a te date da Dio».
3. Accanto a questa lavagna solare, magnifica e ricca
di contenuto, scorgiamo anche, più che in nessun’altra sala, un gran numero di
bambini già del tutto cresciuti, i quali, come potete osservare, guardano ora la
lavagna, ora discutono di nuovo con i loro insegnanti e ora, assorti del tutto in
sé, con le mani incrociate posanti sul petto, stanno lì come statue. L’intera vista
già ci dice che qui si tratta di qualcosa straordinariamente importante.
4. Qualcuno potrebbe forse domandare e dire: “È
evidente che questo c’era da aspettarselo”. – Ma se si vuol considerare la cosa
ben alla luce, allora questo Comandamento scritto sulla lavagna solare, di
certo non vuole dire altro ciò che in fondo hanno detto tutti i precedenti
Comandamenti presi insieme. Perché dunque, proprio qui questa lavagna deve
splendere in tal modo, mentre tutte le precedenti dieci lavagne erano semplicemente
bianche ed era scritto, come di solito, con una sostanza scura? – Questa
osservazione non è del tutto priva di contenuto. Ciò nonostante essa perde qui
il suo valore, così come tutti gli altri insegnamenti e affermazioni devono
necessariamente perdere il loro splendore di fronte a una singola Parola uscita
dalla bocca del Signore.
5. La faccenda è proprio così come si conferma
quotidianamente in modo quasi palpabile sul mondo nella grande Natura. Prendiamo
ad esempio le molte migliaia e migliaia di volte mille di piccole e talvolta
anche più forti e un po’ più grandi luci che sfavillano ogni notte dagli alti
cieli giù alla Terra buia, e la stessa Luna non di rado è attiva per la notte
intera. Accanto a queste splendide luci gli uomini accendono per la notte quasi
altrettante luci artificiali.
6. Con quest’abbondanza di luci e luci, si dovrebbe
ritenere che di notte, sulla Terra, non si potrebbe resistere a tanta luce. Solo
l’esperienza ha dimostrato da sempre che sulla Terra, dopo il tramonto del
Sole, nonostante delle luci emergano sempre di più, il cielo diventa tanto più
buio, quanto più profondamente il Sole s’inabissa sotto l’orizzonte.
7. Chi può dire che queste luci non siano splendide?
Sì, un adoratore solo mediocre delle meraviglie di Dio, alla vista del cielo
stellato di notte, deve battersi il petto e dire: “O Signore, io non sono degno
di camminare in questo Tuo Santuario, in questo Tuo infinito Tempio dell’onnipotenza!”.
– Sì, in verità si può esclamare ogni notte con pienissimo diritto: “O Signore,
chi contempla le opere Tue, ne prova un puro
diletto!”.
8. Perché dunque un puro diletto? Perché ogni uomo,
per sé, ha sul serio motivo sufficiente per un autentico diletto e un senso di
gioia di essere devotamente fiero, perché Colui che ha creato tali opere
prodigiose è Padre suo!! – – Ognuno, quindi, secondo la ragione ha un santo
diritto di rallegrarsi quando egli, più assorto in sé in una notte, contempla
le grandi opere prodigiose dell’onnipotente Padre suo. E in verità, la fiamma
di una lampada e quella sul focolare non è inferiore a un’opera prodigiosa del
Padre onnipotente, di quanto lo sia la brillante, splendente luce delle
innumerevoli stelle del cielo!
9. E ora vedete, tutte queste prodigiose meraviglie altamente
da ammirare, sono uguali alla Parola del Vecchio Testamento in tutte le sue
parti.
10. Noi scorgiamo in questo vecchio, ma sempre ancora
notturno cielo, una quantità appena calcolabile di luci più grandi e più
piccole. Esse splendono magnificamente, e chi le osserva viene sempre colmato da
un misterioso, santo rispetto. Perché? Perché il suo spirito sospetta del
grande dietro queste lucine. Esse però sono ancora troppo lontane da lui. Egli
può guardare, afferrare e sentire, ma le piccole luci non vogliono, con il loro
grande contenuto, avvicinarsi al suo spirito indagatore.
11. Ma chi sono queste luci del cielo nel vecchio
Cielo dello Spirito?
12. Vedete, esse sono tutti i patriarchi, i padri, i profeti,
i maestri e le guide del popolo, colmi dello Spirito di Dio a voi ben noti. –
Ma sulla Terra ci sono anche una quantità di luci artificiali; chi dovrebbero
dunque essere queste luci nel Vecchio Testamento? Queste luci sono quegli
uomini degni di stima che hanno vissuto fedelmente secondo la Parola che
proveniva dagli uomini che erano spiritualmente in Dio e che con la loro
condotta di vita hanno illuminato e ristorato i loro vicini.
13. Quindi abbiamo questa magnifica scena notturna
dinanzi a noi. È ovvio che i raggi del cielo vengano nascosti da quelle nubi fuggevoli
che si affrettano rapidamente qui e là, a causa di qualche notturna parziale
tempesta, ma quella stessa tempesta che prima portava una nube nemica della
luce sulla magnifica volta stellata, proprio questa tempesta spinge questa
nuvola al di là dell’orizzonte, e dopo la tempesta il firmamento diventa più
puro di quanto era prima. Tutti diventano angosciati a causa di una tale
tempesta di breve durata e si augurano di nuovo la quiete e la magnifica notte
illuminata da tante migliaia di luci. Ma un esperto della natura dice: “Tali
tempeste non sono che normali precursori del vicino giorno, perciò non si deve essere
angosciati”.
15. Noi procediamo in ordine sparso, come degli innamorati
sotto le molte finestre di una grande casa sfarzosa, e innalziamo lo sguardo
con il petto pieno di fantasia e struggimento verso quelle aperture di luce della
casa, debolmente illuminate da una lampada notturna, dietro alle quali avvertiamo
l’oggetto del nostro amore.
16. Molti presentimenti, migliaia di pensieri ricchi
di contenuto guizzano come stelle cadenti sopra il nostro cielo d’amore, ma
nessuna di tali fugaci ed effimere luci può porgere un sufficiente ristoro alla
sete del nostro amore.
17. Così va agli uomini anche nel vecchio notturno Cielo
stellato dello spirito. – Ma che cosa succede? Con il sorgere del Sole
l’orizzonte comincia ad arrossarsi. Sopra l’orizzonte del sorgere del Sole
diventa sempre più chiaro. Ancora uno sguardo al cielo, prima così magnifico, e
che cosa si scorge? – Nient’altro che la scomparsa di una stella dopo l’altra.
18. Il Sole,
quel magnifico, sorge con il suo primordiale eterno splendore giornaliero, e
non si può più scorgere nemmeno una stellina in cielo, poiché quest’unico Sole con la sua unica luce ha reso ogni atomo del cielo
più chiaro di quanto fossero state in grado di causare nella notte tutte le
innumerevoli stelle messe insieme.
19. All’innamorato in attesa, che invano aveva
proceduto in ordine sparso durante tutta la notte, si apre una sola finestra della casa per lui ricca di contenuto, e da quest’unica
finestra lo saluta l’agognato oggetto del suo cuore, dicendogli con uno sguardo benevolo, più che in
precedenza durante la notte gli abbiano detto le sue innumerevoli fantasie e
pensieri!
20. Così vediamo quotidianamente, nella grande Natura,
una scena che corrisponde perfettamente alla nostra scena spirituale.
21. Noi vediamo la Luna, al par di Mosè, scomparire
con la luce calante e pallida dietro i monti della sera, quando il potente Sole
del mattino si alza all’orizzonte. Ciò che poco fa, nella notte, era avvolto in
un’oscurità ancora così misteriosa, sta ora illuminato chiaramente dinanzi agli
occhi di ciascuno!
22. Tutto questo è l’effetto del Sole. E nel Cielo
spirituale tutto è effetto dell’unico
Signore, dell’unico Gesù, il Quale è l’unico
Dio del Cielo e di tutti i mondi!
23. Ciò che Egli stesso è in sé come il divino Sole di
tutti i soli, lo è anche ogni singola Parola espressa dalla Sua Bocca, di
fronte a tutte le innumerevoli parole provenienti dalla bocca ispirata dei patriarchi,
dei padri e dei profeti. Nel corso del Vecchio Testamento noi scorgiamo innumerevoli
ammonimenti, leggi e prescrizioni. Questi sono stelle ed anche luci artificiali
della notte. Poi però viene il Signore, dice una sola Parola – e
questa Parola compensa l’intero Vecchio Testamento!
24. E vedete, proprio per questo motivo anche quest’unica prima Parola appare qui,
in questa undicesima sala, come un Sole splendente di Luce propria, la cui Luce
illumina ben innumerevoli stelle, ma essa non avrà mai bisogno in eterno di
servirsi del luccichio riflesso delle stelle, poiché essa è la Luce originaria,
dalla quale tutte le innumerevoli stelle hanno preso la loro luce parziale.
25. E così anche qui, in quest’apparizione, sarà
sicuramente afferrabile per quale motivo le dieci lavagne precedenti fossero
solo bianche, emanante così un pallido bagliore, mentre ora qui scorgiamo rappresentata
la primordiale eterna Luce solare che non ha bisogno di nessuna luce né prima né
dopo, bensì racchiude già in sé tutta la luce.
26. Chi prenderà a cuore questo solo in una certa
misura, comprenderà perfettamente perché il Signore ha detto: «In questo Comandamento dell’Amore sono contenuti Mosè e tutti i profeti». Sicuramente
è altrettanto, come se in campo naturale si potesse dire così: “Di giorno, non
si scorgono più le stelle e non si ha neanche più bisogno della loro luce
perché tutta la loro luce viene compensata innumerevoli volte dall’unica luce del Sole!”. – In quale maniera
la piena Verità si presenterà tuttavia tangibile attraverso di ciò, lo vedrete nel
seguito.
[indice]
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L’amore di Dio, la Sostanza
originaria di tutte le creature
(Parla Giovanni)
1. L’Amore di Dio è la sostanza fondamentale originaria di
tutte le creature; infatti, senza di questo, mai qualcosa si sarebbe potuta creare
in eterno. Quest’Amore corrisponde al calore tutto vivificante e generante, e
solo per mezzo del calore voi vedete la Terra verdeggiare sotto i vostri piedi.
2. Attraverso il calore il rigido albero si copre di fronde
e fiorisce, ed è il calore nella sua essenza a far maturare il frutto
sull’albero. In generale sull’intera superficie terrestre non c’è nessun essere
o cosa che abbia potuto trarre la sua origine nella totale mancanza di calore.
3. Qui forse si dirà e obietterà: “Il ghiaccio
tuttavia manca sicuramente di ogni calore, e specialmente il ghiaccio polare.
Con questo il calore non avrà di certo troppo da fare, poiché a quasi quaranta
gradi di freddo sarebbe proprio interessante conoscere quale strumento atto a
misurare la temperatura potrebbe rilevare se là c’è ancora un qualche calore”.
A tal proposito, però, io non dico altro, se non che gli scienziati di questa
Terra non hanno ancora inventato lo strumento con il quale potrebbero separare
e determinare scrupolosamente la vera e propria sostanza calda dall’effettiva
sostanza fredda. Presso di noi che siamo nel puro sapere interiore, è
introdotta e impiegata una misura del tutto diversa.
4. Gli scienziati della Terra cominciano con la
misurazione del freddo quando l’acqua gela. Se il vero e proprio freddo
comincia già al punto di congelamento, allora io vorrei proprio sapere il
motivo, secondo quali leggi o in quale modo e maniera, il freddo può poi
aumentare. – Perché con una temperatura di circa quattro, fino a cinque gradi
sotto il cosiddetto punto di congelamento, voi la percepite ancora abbastanza
sopportabile? Se invece il termometro scende fino a diciotto gradi, allora ognuno
percepirà il freddo già molto dolorosamente. Non si potrebbe qui dire, e questo
con piena ragione: “Diciotto gradi di freddo sono più percepibili che quattro
gradi, perché quando la temperatura è di quattro gradi, evidentemente in essa è
prevalente ancora più calore che non con diciotto gradi!”. – Si possono ora
accettare diciotto gradi, già come freddo completo? – Oh, no, poiché si sono
già sperimentati trenta gradi di freddo, e questa temperatura sarà molto più
dolorosa ancora di quella con diciotto gradi. E perché? Perché di nuovo essa conterrà
in sé molto meno calore di quella con diciotto gradi. Quaranta gradi invece saranno
ancora più dolorosi che trenta. È perciò già giustificato dichiarare i quaranta
gradi come completamente privi di calore?
5. Io però vi voglio dire che questi sono nient’altro
che passaggi dal caldo al freddo, e così anche viceversa. Perciò si può
accettare la seguente scala di misura molto più giusta:
6. Ogni cosa, ogni corpo che è ancora atto a
riscaldarsi, non può essere definito completamente freddo, bensì ha tanto
calore in sé, quanto è grande e denso. Un blocco di ghiaccio dell’estremo nord
può essere sciolto al fuoco e poi l’acqua può essere portata fino all’ebollizione.
Se questo ghiaccio non avesse in sé del calore vincolato, mai potrebbe essere
riscaldato.
7. Il freddo è quindi quella proprietà di un’essenza, in
cui non è più presente assolutamente una capacità di riscaldamento. Così, con
ragione, perfino la formazione del ghiaccio al polo nord si può attribuire solo
e unicamente alla reazione del calore, dove esso, minacciato dal freddo,
afferra, contrae e salda i suoi corpi, così da poter opporre la più salda
resistenza al vero e proprio freddo.
8. Il calore è quindi uguale all’amore; invece il vero
e proprio freddo è uguale alla vera e propria infernale mancanza d’amore. Dove
quest’ultima vuol farsi avanti dominando, allora contro di essa si arma l’amore
che vivifica e conserva tutto, e il vero e proprio freddo che mortifica tutto,
non può riportare nessuna vittoria sull’amore così armato.
9. Che cosa significa dunque: “Ama Dio sopra ogni
cosa?”. – Considerato dal punto di vista naturale, è impossibile che possa significare
qualcos’altro che questo:
10. “Congiungi il tuo calore vitale che ti è stato
dato da Dio, con il Calore originario del tuo Creatore che ti ha creato e ti
conserva, così non perderai mai eternamente la vita”.
11. Se invece vuoi separare spontaneamente il tuo
amore o il tuo calore vitale dal divino Calore vitale originario e, per così
dire, vuoi esistere come un essere indipendente e dominante, allora il tuo
calore non avrà più nessun nutrimento.
12. Con ciò tu passerai in un grado sempre maggiore di
freddo. E quanto più addentro sprofonderai nei gradi di freddo sempre più
intenso, tanto più difficile sarà riscaldarti di nuovo. Se invece sei passato
nel perfetto freddo, allora sei passato del tutto a Satana, dove tu, quale puro
freddo, non sei più idoneo a nessun riscaldamento!
13. Che cosa ti succederà poi, di questo nessun angelo
del Cielo saprà dirti una parola.
15. Io penso che da questo breve preaccenno si potrà cominciare
già abbastanza chiaramente a farsi un concetto del perché questo Comandamento,
quest’unica Parola del Signore, è la quintessenza, anzi un Sole di tutti i soli,
e una Parola di tutte le parole.
18. Nel seguito vogliamo parlare ancora parecchio di
questo.
[indice]
۞
Cosa significa amare Dio
sopra ogni altra cosa?
(Parla Giovanni)
1. Io scorgo uno che viene qua e dice: “Sarebbe già tutto
giusto, ma come si dovrebbe realizzare quest’unica Parola divina in Dio stesso?
Come si dovrebbe amare Dio in modo così del tutto propriamente, e questo sopra
ogni cosa? Si dovrebbe essere innamorati di Dio forse come un giovane sposo è
innamorato della sua bella e ricca sposa? Oppure si dovrebbe essere innamorati
di Dio così come un matematico è innamorato di un calcolo matematico oppure un
astronomo delle sue stelle? Oppure si dovrebbe essere innamorati come uno
speculatore della sua merce o come un capitalista del suo denaro, oppure come
un detentore del potere della sua sovranità, oppure anche come un monarca
regnante del suo trono?”. – Sono queste le uniche misure possibili del serio
amore umano; infatti, l’amore dei figli per i loro genitori non si può presentare,
a ragione, come una seria misura dell’amore, insegnando l’esempio che i figli
possono lasciare i loro genitori per fare un qualche buon matrimonio oppure per
guadagnare molto denaro, oppure per occupare un alto posto d’onore. Dinanzi a
tutto questo, l’amore dei figli per i loro genitori arretra e deve
necessariamente far posto a un amore più potente. Per questo motivo ho
presentato qui solo i criteri di misura più potenti dell’amore umano, e qui si domanda:
‘Secondo quali criteri di misura si deve effettivamente misurare l’amore per
Dio?’.
2. Ma se ora venisse qualcuno e dicesse: ‘Secondo il
criterio di questa o quella misura!’, allora io gli direi obiettando: ‘Amico, ciò
non può essere!’
3. È vero che i potentissimi criteri di misura
dell’amore da me presentati sono ben gli unici secondo cui può essere misurata
la massima forza d’amore dell’uomo, ma se è detto che si deve amare Dio sopra ogni cosa, ciò vuol dire altrettanto:
più di qualsiasi cosa al mondo.
5. Sembra piuttosto che l’amore dei figli per se
stessi, non di rado, sia di gran lunga più potente in confronto all’amore per i
loro genitori. Noi però d’altra parte vediamo che i figli degli uomini mettono spesso
in gioco la loro vita, quasi disprezzandola, ma per altri vantaggi. L’uno naviga
sull’oceano in notti tempestose, un altro si mette di fronte al fuoco
dell’armata nemica, e un terzo si reca non di rado negli abissi malfermi della
Terra per andare a prendersi dei tesori di metallo. E così vediamo che questi
criteri di misure esteriori terrenamente seri dell’amore umano, sono
sicuramente più forti ed hanno un valore più generale dell’amore dei figli per
i loro genitori e dell’amore per la propria vita. Ma a cosa servono tutti questi
criteri di misure se, di gran lunga al di sopra di esse, l’amore per Dio deve
stare a una potenza tale, al cui paragone tutti gli altri criteri di misure dell’amore
devono sprofondare nel puro nulla?”.
6. (Giovanni): Vedete, miei cari amici e fratelli, il
nostro obiettore ci ha attaccato duramente, e noi dovremo mantenerci saldi
sulle gambe per avere il sopravvento su di lui.
7. Io però scorgo proprio adesso un nuovo avversario
dall’aspetto molto serio. Costui si presenta del tutto sicuro della sua
vittoria e dice: “Oh, ce la sbrigheremo presto con quest’obiettore, poiché il
Signore ci ha dato perfino l’esplicito criterio di misura riguardo a come si
deve amare Dio. Perciò io non ho bisogno di dire altro, se non quello che il
Signore stesso ha detto, e cioè: «Chi osserva i Miei Comandamenti, questi è
colui che Mi ama». Questo è dunque il vero e proprio criterio di misura di
come si deve amare Dio! Se l’obiettore ha denti abbastanza acuminati e forti,
allora dovrà provare a presentare ancora una qualche altra insuperabile bilancia
dell’amore”.
8.“Bene”, dico io, “l’obiettore è ancora lì accanto e ci
dà fortemente l’impressione di spezzare un po’ coi denti questa obiezione. Vogliamo
perciò ascoltare e vedere tutto ciò che presenterà. Egli dice”:
9. (parla un immaginario l’obiettore): “Bene, mio
caro, amichevole avversario! Nella presentazione della tua obiezione di fronte
al criterio di misura del massimo amore per Dio, non mi hai mostrato molto più che
una memoria abbastanza buona, per la quale tu devi ringraziare alcuni testi tratti
dalle Sacre Scritture. Però vedi, chi da tutti i testi vuol trarre una vivente utilità,
deve non solo sapere come suonano, bensì deve comprendere in maniera vivente in
sé che cosa essi vogliano dire.
10. Che cosa diresti, infatti, se io ti esponessi non
solo uno, bensì parecchi punti contrastanti espressi proprio dalla bocca del
Signore, in cui il Signore stesso presenta come non sufficiente, l’amore che
deriva dall’osservanza della Legge? Tu adesso fai veramente una faccia come se
volessi dire: ‘Testi di questo genere devono di certo essere alquanto poco
diffusi nelle Scritture’. Io però ti ribatto: ‘Caro amico, proprio per niente! Ascoltami
solamente; se vuoi te ne presenterò subito una mezza dozzina’.
11. Ti è noto il colloquio del Signore con il giovane
ricco? Non chiede costui: «Maestro, che
cosa devo fare per ottenere la vita eterna?». Cosa gli risponde allora il
Signore? Tu rispondi trionfante ciò che il Signore dice: «Osserva i Comandamenti e ama Dio, allora tu vivrai!». – ‘Bene’,
dico io; ma cosa dice il giovane? Egli dice: «Maestro, questo io l’ho fatto fin dalla mia fanciullezza!»
12. Questo è tutto giusto, ma io dico: ‘Perché il
giovane ha dato questa risposta al Signore?’. Ebbene, egli con ciò voleva dirGli
‘Nonostante io abbia osservato tutto questo dalla mia fanciullezza, non sento tuttavia
nulla della meravigliosa vita eterna in me’.
13. Perché dunque, su questo, il Signore non spiegò al
giovane che l’osservanza dei Comandamenti non era sufficiente per il
conseguimento della vita eterna, bensì vi fece subito un’aggiunta molto
potente, dicendo «Allora vendi tutti i
tuoi beni, distribuiscili tra i poveri e seguiMi!»?.
14. Si domanda: ‘Se dunque il Signore stesso fece una
simile aggiunta, allora è forse sufficiente l’osservanza della Legge, quale
massimo amore per Dio?’. Vedi, qui c’è già un ostacolo! Ma andiamo avanti!
15. Cosa disse una volta il Signore ai Suoi apostoli e
discepoli quando presentò ed elogiò l’adempimento dei doveri? Egli non disse altro
che queste semplici parole molto piene di significato: «Ma quando avete fatto tutto, allora riconoscete che siete servitori indolenti
e inutili!».
16. Ora io ti domando: ‘Dichiara qui il Signore
l’osservanza dei Comandamenti come sufficiente, dichiarando Egli chiaramente
che ogni uomo, adempiendo perfettamente la Legge, debba considerarsi come completamente
inutile?’. Vedi, qui sarebbe il secondo ostacolo già un po’ più forte. Ma
andiamo avanti!
17. Conosci tu la parabola del fariseo e del
pubblicano nel Tempio? Il fariseo dà di se stesso, con serena coscienza dinanzi
al Santissimo, perfino la fedele testimonianza del fatto che egli, come
moltissimi non fanno, ha adempiuto la Legge di Mosè nella sua intera ampiezza
sempre assai precisamente, quindi perfettamente alla lettera. Il povero
pubblicano, invece, indietro in un angolo del Tempio, dà a riconoscere fedelmente
a ogni osservatore, con la sua posizione estremamente umile, che proprio con
l’osservanza della Legge mosaica non deve aver avuto molto a che fare, poiché,
ben consapevole interiormente dei suoi peccati, non osa alzare neanche una
volta lo sguardo al Santissimo di Dio, bensì riconosce da sé la sua mancanza di
valore dinanzi a Dio e chiede a Lui grazia e misericordia.
18. Allora, mio caro amico esperto di testi, io vorrei
ben sapere da te: ‘Perché, se basta la Legge, il Signore in questo caso lascia andare
dal Tempio il fariseo osservante rigorosamente l’intera Legge come non
giustificato, mentre il povero pubblicano peccatore lo lascia uscire come
giustificato?’.
19. Vedi, se si osserva ciò giustamente alla luce, sembra come se il Signore stesso con
la sola osservanza della Legge avesse posto già di nuovo un terzo ostacolo molto
rilevante. Ora tu già scrolli le spalle e non sai più come stanno le cose. Ma
non preoccuparti, il meglio deve ancora venire! Quindi, solo avanti.
20. Cosa diresti se ti volessi presentare un testo
dalla Scrittura, e più precisamente proveniente dalla bocca del Signore stesso,
in cui Egli, indirettamente, dichiara l’intera Legge come priva di valore e, al
suo posto, stabilisce un mezzo del tutto diverso, attraverso il quale Egli stesso
garantisce unicamente e solo il raggiungimento della vita eterna?
21. Tu ora dici: ‘Buon amico, io vorrei anche
ascoltare questo testo’. – Dovrai averlo subito, mio caro amico! Cosa disse una
volta il Signore quando trovò per via un fanciullo, lo sollevò, lo abbracciò e lo
accarezzò? Egli disse: «Se voi non
diventerete come questo fanciullo, non entrerete nel Regno dei Cieli!».
22. Domanda: ‘Questo fanciullo, che era appena in
grado di balbettare alcune parole, ha studiato la Legge di Mosè e poi regolato
scrupolosamente la sua vita conformemente a questa Legge?’. In tutto il mondo
non esiste sicuramente un uomo tanto sciocco che possa affermare una cosa
simile. Per conseguenza, domando ancora: ‘Come poteva qui il Signore indicare
un fanciullo che ancora non aveva a che fare uno iota con l’intera Legge di
Mosè, quale massimo movente per il conseguimento della vita eterna?’. Amico,
qui io non dico altro che questo: ‘Se ti fa piacere, allora fammi su questo un’obiettante
discussione!’. Tu taci. Allora io scorgo che con la tua presentazione, in
questo quarto ostacolo, sei già indietreggiato alquanto profondamente.
[indice]
۞
In cosa consiste l’amore
per Dio?
(Parla un immaginario obiettore rivolto a un immaginario avversario contestatore)
2. Ma che diresti se ti volessi citare un paio di
punti dove il Signore si esprime sull’osservanza della Legge perfino con
rimprovero? A questo punto tu diresti: ‘Questo non sarà certo possibile!’. A
tale riguardo io ti posso servire subito non solo con uno, bensì, se vuoi, con
parecchi esempi. Dunque ascolta!
3. Ognuno che ha scorso leggendo solo in una certa
misura la Legge mosaica nella sua ampiezza, a questi deve essere noto quanto
Mosè abbia ordinato l’ospitalità al popolo ebraico. Chi peccava contro
l’ospitalità era dichiarato punibile dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. La
legge dell’ospitalità venne tanto più inculcata al popolo ebraico, il quale era
molto incline all’avidità, allo scopo di serbare questo popolo dall’egoismo e dall’avidità
e guidarlo all’amore per il prossimo.
4. Era quindi di regola accogliere e servire con ogni riguardo
un ospite sconosciuto, specialmente se apparteneva alla nazione giudaica, e
questa legge proveniva da Dio, poiché Dio – e non Mosè – era il Legislatore.
5. Ma quando proprio lo stesso Signore che un giorno aveva dato le Leggi attraverso Mosè, giunse a
Betania nella casa di Lazzaro, allora è Marta la più solerte a seguire la Legge,
e impiegò tutte le sue forze per servire questo degnissimo Ospite nel modo più
conveniente. Maria, sua sorella, per la grande gioia di vedere l’eminente
Ospite, si dimenticò della Legge, si sedette inoperosa ai Suoi piedi e ascoltò con
la massima attenzione le narrazioni e le parabole del Signore. Marta, in tale
occasione un po’ irritata per l’inattività e per la dimenticanza della Legge da
parte di sua sorella, si rivolse perfino in modo fervente al Signore dicendo: «Signore, io ho tanto da fare! Ordina Tu a
mia sorella, affinché mi aiuti un po’!». – Oppure, detto ancora più
chiaramente: ‘Signore, Tu, Fondatore della Legge mosaica, ricorda a mia sorella
l’osservanza della stessa!’.
6. Ma cosa disse a questo punto il Signore? «Marta, Marta», disse Egli, «tu ti dai molto da fare per le cose terrene!
Maria invece si è scelta la parte migliore, parte che non le verrà mai più
tolta in eterno!».
7. Dimmi ora, mio caro amico, se questo non è un
evidentissimo rimprovero del Signore contro l’osservanza in modo del tutto scrupoloso
ed esatto della Legge; così come, al contrario, è un elogio straordinario a
quella persona che, in un certo qual modo, non si cura dell’intera Legge, bensì
con il suo modo di agire dice così:
8. (Maria) «Signore,
se ho Te soltanto, allora per me l’intero mondo è in vendita per la moneta più
scadente!». – Non dimostra qui il Signore, nuovamente, che la sola
osservanza della Legge non dà a nessuno quella parte migliore, anzi quella parte
eccellente che in eterno non gli verrà mai tolta? Vedi, questo è dunque un
quinto ostacolo. Ma andiamo oltre!
9. Che cosa dice il Signore stesso in Mosè, e
precisamente nel terzo Comandamento «Tu
devi santificare il sabato!»? Io domando: ‘Ma cosa fa il Signore stesso in
presenza dei Suoi osservanti letterali della Legge?’. Vedi, se ne va, ed Egli stesso
profana il sabato palesemente secondo il senso letterale della Legge, e
permette perfino ai Suoi discepoli – in un sabato – di raccogliere spighe e
saziarsi con i chicchi. Ti piace questa osservanza della Legge di Mosè, in cui
il Signore stesso, non solo unicamente per Sé, bensì per il più grande scandalo
degli osservanti letterali della Legge, getta per così dire, nel mucchio,
l’intero sabato? Tu dirai che il Signore lo poteva certamente fare poiché Egli
è anche un Signore del sabato.
10. Bene! Tuttavia io domando: ‘Sapevano i farisei
irritati che il Figlio del carpentiere([19])
era un Signore del sabato?’. – Tu ritieni che essi avrebbero dovuto riconoscere
ciò dalle Sue opere miracolose. – Qui però io dico: ‘Presso questo popolo le
opere miracolose non erano sufficienti per riconoscere la perfetta Divinità in
Cristo, poiché delle opere miracolose le hanno compiute in ogni tempo tutti i
profeti, sia i veri come anche talvolta i falsi’. Perciò non si può immaginare
che i miracoli di Cristo sarebbero stati sufficienti a persuadere i farisei
della Sua Divinità e Magnificenza.
11. Nondimeno, tutti i profeti fino a Lui avevano
santificato il sabato! Solamente Lui lo gettò nel mucchio. Non doveva questo
essere uno scandalo per gli osservanti della lettera? Certamente! E tuttavia il
Signore non scese a compromessi.
12. Ma cosa risulta da ciò? Nient’altro che questo: il
Signore pone del tutto in fondo l’osservanza, considerata solo per se stessa,
dei Comandamenti. E perché? Una piccola parabola, tratta dalla tua stessa sfera,
come dalla sfera di ciascuno che ha vissuto nel mondo, ti dovrà dare la
risposta.
13. Un padre ha due figli. Egli a questi due figli ha reso
nota la propria legittima volontà. Indica loro un campo e una vigna e dice: ‘Ormai
siete diventati vigorosi, e così desidero da voi che ora lavoriate
diligentemente il campo e la vigna per me. Dalla vostra diligenza riconoscerò chi
di voi due mi ama più di tutto’. Ebbene, questa è la legge secondo la quale, ovviamente,
a quel figlio che ama il padre più di tutto, toccherà la magnificenza del
padre.
14. Ma cosa fanno i due figli? L’uno prende la vanga e
rivolta diligentemente la terra per tutta la giornata, e coltiva il campo e la
vigna. L’altro invece, come usate dire voi, se la prende piuttosto comoda col
lavoro. E perché? Egli dice: ‘Quando sono nel campo o nella vigna, allora devo
sempre fare a meno del mio caro padre; inoltre, io non sono così smanioso di grandezza
come mio fratello. Io ho solo il mio caro padre. Posso essergli solo vicino. Egli
è tutto per il mio cuore. Che m’importa come sarà assegnata l’una o l’altra magnificenza’.
15. Di quando in quando il padre dice anche a questo
secondo figlio: ‘Ma guarda come tuo fratello lavora diligentemente e cerca di
guadagnarsi il mio amore!’. Il figlio però dice: ‘O caro padre, quando sono nel
campo, sono lontano da te, e il mio cuore non mi dà pace, bensì mi dice sempre
ad alta voce che l’amore non dimora nella mano, bensì nel cuore, e perciò
vuole anche essere guadagnato non con la mano, bensì con il cuore! O padre,
dà a mio fratello, che lavora così solerte, il campo e la vigna. Io invece sono
sufficientemente ricompensato da te, se solo mi permetti di amarti sempre
secondo il desiderio del mio cuore, così come ti devo e ti voglio amare, perché
tu sei il padre mio, il mio tutto’.
16. Cosa dirà ora il padre, e questo dalla più intima profondità
del suo cuore? Sicuramente non altro che questo:
17. ‘Sì, mio amatissimo figlio, il tuo cuore ti ha
svelato il mio; la legge è soltanto una
prova. Però, figlio mio, l’amore non
sta nella legge, poiché ognuno
che osserva soltanto la legge, la osserva per amore di se stesso, per
guadagnarsi con la sua operosità il mio amore e la mia magnificenza. Chi però
osserva in tal modo la legge, è ancora lontano dal mio amore, poiché il suo
amore non è affezionato a me, bensì alla ricompensa.
18. Tu invece hai agito all’opposto, e certamente senza
disdegnare quella legge sol perché te l’ha data tuo padre, ma ti sei elevato oltre la legge, e il tuo amore
ti ha riportato a tuo padre oltre la stessa. Perciò tuo fratello dovrà anche ricevere
il campo e la vigna ed entrare nella mia magnificenza; ma tu, mio amatissimo
figlio, dovrai ricevere quello che hai cercato, vale a dire: il padre stesso
e tutto il suo amore!’.
19. Io penso, mio caro amico, che da questa parabola sarà
di certo tangibilmente chiaro cosa vale di più: la sola arida osservanza della
Legge, oppure la sua inosservanza e l’accoglimento
del solo amore?
20. Se la cosa non ti dovesse ancora essere pienamente
chiara, allora io ti domando: ‘Se tu avessi l’occasione di scegliere una sposa tra
due vergini, delle quali sei di certo convinto che entrambe ti amano, ma non
del tutto certo quale delle due ti ami di più, non desidereresti molto di apprendere
quale ti ama di più, per sceglierti quella che sente maggior amore per te?’. – Tu
dici: ‘Questo è del tutto chiaro; ma come comportarsi per apprenderlo?’. – Lo
vogliamo vedere subito.
21. Ecco, tu vai dalla prima. Lei è diligente e
operosa. Per amore per te non riesce a staccarsi dal tanto lavoro, e precisamente
per tanto lavoro per te. Essa, infatti, cuce per te camice, calzini, corpetti da
notte e ancora molti simili capi di vestiario. Con ciò ha tanto da fare che,
non di rado, dal tanto lavoro si accorge appena di te quando vai da lei. Vedi,
questa è la prima. – La seconda invece lavora molto lentamente. Di certo anche
lei lavora per te, ma il suo cuore è troppo occupato con te perché possa prodigare
la sua attenzione al lavoro. Se tu la visiti e lei ti scorge arrivare da
lontano, allora non si parla più di lavoro, poiché non conosce niente di più
elevato, niente di più meritevole che te soltanto! Tu solo sei per lei tutto in tutto,
e per te lei darebbe l’intero mondo! Dimmi: ‘Quale delle due tu sceglieresti?’.
22. Tu dici: ‘Caro amico! La seconda mi è più cara per
un intero trilione di volte; infatti, cosa m’importa di un paio di camicie e di
calzini? Qui è chiaramente visibile che la prima cerca solo di conquistarmi
obbligandomi al riconoscimento dei suoi meriti. L’altra invece cerca di
conquistarmi con il suo amore. Lei è al di sopra di tutto il meritorio e non
conosce nulla di più alto al di fuori di me e del mio amore. Questa io prenderei
per moglie!’.
23. ‘Bene’, ti dico mio caro amico, non vedi qui chiaramente
l’essenza di Marta e di Maria? Non vedi tu ugualmente ciò che disse il Signore
all’occupata Marta secondo la Legge, e cosa all’inoperosa Maria?
24. Da ciò tu puoi nondimeno scorgere pure che cosa richiede il Signore a ciascuno oltre la
Legge e, nello stesso tempo, ciò che dà a riconoscere in modo tangibile in cosa consiste l’amore dell’uomo per Dio.
– Proprio per questo motivo il Signore, eccitato nel Suo Cuore, maledice perfino
gli osservanti letterali della Legge (vale a dire gli scribi e i farisei), elogia
il doganiere peccatore e rende veramente accessibile il Regno dei Cieli a ladri,
meretrici e adulteri, e non agli aridi trebbiatori della lettera.
25. Perciò io, l’obiettore, domando ora ancora una
volta, con pienissimo diritto: ‘Secondo quale misura si deve amare Dio sopra
ogni cosa?’. Se ho la misura, allora ho tutto, ma se non ce l’ho, allora io amerei
come uno che non sa cosa sia l’amore! Perciò, ancora una volta, ripeto la
domanda: ‘Come si deve amare Dio sopra
ogni cosa?’.
26.Ed io, Giovanni, dico: ‘Amare Dio sopra ogni cosa, significa: ‘Amare Dio al di sopra di
ogni Legge!’.
27.Come questo può essere, lo dovrà mostrare il
seguito!
[indice]
۞
Come amare Dio sopra ogni
cosa?
(Parla Giovanni)
1. Dunque, per venire a sapere e comprendere radicalmente come
si deve amare Dio al di sopra della Legge, si deve sapere che la Legge, in e
per sé, non è altro che l’arida via che porta al vero e proprio amore per Dio.
2. Chi comincia
ad amare Dio nel suo cuore ha già percorso la via, ma chi ama Dio solo con l’osservanza della Legge, questi con il
suo amore è un perenne viandante sulla
via, dove non cresce nessun frutto, e dove, non di rado i briganti e i ladri
sono in attesa del viandante.
3. Chi invece ama Dio in modo puro, Lo ama già sopra
ogni cosa. Infatti, amare Dio sopra ogni cosa significa già: ‘AmarLo al di sopra di ogni Legge!’. Chi
è fuori sulla via deve procedere continuamente passo per passo, nella maniera
più faticosa, per raggiungere la meta prefissata. Chi invece ama subito Dio,
salta oltre l’intera via, quindi oltre l’intera Legge, e in questo modo egli
ama Dio sopra ogni cosa.
5. Io però dico: “Attraverso la Legge che è stata data,
non è stato del tutto descritto come deve comportarsi l’uomo nella sua brama
per le cose terrene?”. Nella Legge sono quindi rappresentate tutte le cose, e
oltre a ciò è data la giusta limitazione per l’amore dell’uomo, secondo la quale
ogni uomo deve comportarsi nei confronti delle cose terrene.
6. Se ora però qualcuno ama Dio al di sopra della Legge, questi Lo ama sicuramente anche oltre
tutte le cose terrene, perché, come detto, proprio attraverso la Legge viene esposto
il giusto impiego delle cose terrene e quale deve essere il comportamento verso
le stesse secondo l’Ordine divino. Una breve aggiunta collocata appositamente renderà
l’intera questione chiara come il Sole.
7. Il Signore dice al giovane ricco: «Vendi tutto, spartiscilo tra i poveri e
seguiMi!». Ma che significa questo? In altre parole nient’altro che questo:
‘Se tu, giovane, hai osservato la Legge,
allora elevati adesso al di sopra della stessa; restituisci al mondo tutte le
leggi e tutte le sue cose, e poi rimani presso di Me, allora avrai la Vita!’.
8. Chi non riconoscerà qui, cosa significa amare Dio
al di sopra della Legge?
9. Ulteriormente il Signore dice ai discepoli: «Se voi non diventerete come questo fanciullo,
non entrerete nel Regno di Dio». Che vuol dire dunque questo? Nient’altro
che:
10. Se non venite a Me come questo fanciullo, senza
stimare alcunché nel mondo, né la Legge, né le cose del mondo, e non Mi
afferrate con tutto l’amore come questo fanciullo, allora non entrerete nel
Regno di Dio! – E perché no? Perché il Signore stesso dice nuovamente: «Io sono la Via, la Verità e la Vita! Chi
dunque vuol venire a Me, che sono
perfettamente una cosa sola con il Padre, deve entrare attraverso di Me
nell’Ovile, ovvero, nel Regno di Dio!».
11. Quindi, fino a che uno non afferra il Signore stesso,
nel frattempo non potrà giungere a Lui, anche se avesse osservato mille leggi in
maniera immutabile come una roccia. Poiché chi è ancora sulla via, non è ancora
presso il Signore. Chi invece è presso il Signore, che cosa dovrebbe avere a
che fare ancora con la via?
12. Qui tra di voi ci sono però degli stolti, e se ne
contano molte centinaia di migliaia che tengono in molta maggior considerazione
la via, che non il Signore. E quando essi sono già presso il Signore, allora si
voltano di nuovo e si allontanano da Lui, solo per stare sulla misera via! Costoro
trovano più gioia nella servitù, nella schiavitù, nel duro giogo, che nel
Signore, il Quale rende libero ciascuno. «Il Suo giogo è oltremodo leggero e
dolce è il Suo carico». Leggero il giogo, affinché nel corso della vita non
opprima alle calcagna dell’amore per il Signore, e molto dolce è il carico poiché
è l’unica legge dell’Amore! – Inoltre, vediamo un esempio.
13. Il giusto fariseo elogia se stesso sulla via; il
pubblicano trova invece l’intera via estremamente gravosa. Egli, infatti, non
riesce mai a scorgere la meta della stessa. Perciò si china assai profondamente
nel suo cuore dinanzi al Signore, riconoscendo la propria debolezza e
incapacità a seguire precisamente la via. Ma proprio per questo afferra Dio, il
Signore, con il suo cuore e fa, per mezzo di ciò, un salto da gigante oltre l’intera
via gravosa, raggiungendo con ciò la sua destinazione!
14. Chi non afferrerà qui, con le mani, cosa significa
‘amare il Signore sopra ogni cosa’? –
Quindi andiamo oltre. Marta è sulla via, Maria è alla meta! Qui non c’è bisogno
quasi più di dire altro su questo, perché si mostra troppo chiaro ed evidente
che cosa significa ‘amare il Signore sopra ogni cosa’.
15. Ma se vogliamo avere ancora più chiara la cosa nel
caso non fosse sufficiente, allora osserviamo la scena in cui il Signore chiede
per tre volte a Pietro se lui Lo ama. – Perché glielo chiede per tre volte? Perché
il Signore sapeva in ogni caso che Pietro Lo amava, e sapeva anche che Pietro alle
tre domande uguali avrebbe dato la risposta equivalente con la stessa bocca e
con lo stesso cuore. Questo il Signore lo sapeva. Quindi non per questo Egli ha
posto questa domanda a Pietro, ma perché Pietro dovesse riconoscere che egli
era libero e che amava il Signore oltre ogni Legge. E così la prima domanda: «Pietro, Mi ami tu?», significa: “Pietro,
Mi hai tu trovato sulla via?”. Pietro lo afferma, e il Signore dice: «Pasci le Mie pecorelle», il che
significa: ‘Insegna dunque anche ai fratelli
a trovarMi!’. – La seconda domanda: «Pietro,
Mi ami tu?», significa: ‘Pietro, sei tu
presso di Me, sei tu alla porta?’. – Pietro lo afferma, e il Signore
dice: «Allora pasci le Mie pecorelle!»,
ovvero: ‘Allora porta anche i fratelli, in
modo che siano presso di Me alla porta della Vita!’. – E per la terza
volta il Signore domanda a Pietro: «Mi
ami tu?», che equivale a dire: ‘Pietro,
sei tu al di sopra di ogni Legge? Sei tu in Me come Io in te?’. Pietro,
timoroso, risponde di sì, e il Signore dice un’altra volta: «Allora pasci le Mie pecorelle e seguiMi!»,
il che equivale a dire: ‘Allora porta anche
i fratelli, affinché siano in Me e dimorino nel Mio Ordine e Amore, al par di
te’.
16. Seguire il Signore, infatti, significa: ‘Dimorare nell’Amore del Signore’. Io
ritengo che dire ancora di più su ciò che significa amare Dio sopra ogni cosa,
sarebbe superfluo. E dato che ora sappiamo questo e abbiamo riconosciuto la
Luce della luce, allora vogliamo recarci subito nella dodicesima e ultima sala.
[indice]
۞
Dodicesima sala,
dodicesimo Comandamento
L’amore per il prossimo
(Parla Giovanni)
1. Ci siamo, e qui nel mezzo di questa grande e
meravigliosa sala scorgiamo ugualmente un’ulteriore lavagna solare, e nel
centro di questa sta scritto con scrittura rosso luminoso: «Questo è uguale al primo, che tu ami il
prossimo tuo come te stesso; in ciò sta la Legge e i profeti». – A
questo punto qualcuno potrebbe subito obiettare e dire: “Come deve essere inteso
tale ‘amare il prossimo come se stessi?’. Se l’amor proprio, o l’egoismo, è un
vizio, di conseguenza anche l’analogo amore per il prossimo non può essere
altro che un vizio, poiché l’amore per il prossimo, presentato in questo modo,
pone evidentemente come base l’amor proprio, o l’egoismo. Se io voglio vivere
da uomo virtuoso, allora non posso amare me stesso. Ma se non posso amare me
stesso, allora non posso neppure amare il prossimo, dovendo la condizione
dell’amore per il prossimo corrispondere, in modo perfettamente conforme, alla
condizione dell’amor proprio. Di conseguenza ‘amare il prossimo come se stessi’,
significa non amare affatto il prossimo, perché non si deve neanche amare se
stessi!”.
2. Vedete, questa sarebbe già un’obiezione talmente
banale, alla quale non dovrebbe essere affatto difficile ribattere, poiché
l’amor proprio di ogni uomo rappresenta tanto quanto la propria stessa vita; allora
si comprende da sé in questo grado il naturale amor proprio, poiché non avere amor
proprio, significherebbe tanto quanto non avere nessuna vita!
3. Qui perciò si tratta di riconoscere la differenza tra
il giusto e l’ingiusto amor proprio.
4. L’amor proprio è ‘giusto’ quando non si ha nessun maggior
desiderio per le cose del mondo, di quello che vi ha assegnato la giusta misura
dell’Ordine divino, misura che è stata sufficientemente indicata nel settimo,
nono e decimo Comandamento. Se l’amor proprio desidera oltre questa misura,
allora oltrepassa i limiti stabiliti dall’Ordine divino e, col primo
superamento, deve essere considerato già come peccato. Di conseguenza anche
l’amore per il prossimo è da ripartire secondo questa misura; infatti, se
qualcuno ama un fratello oppure una sorella oltre questa misura, allora pratica
idolatria con suo fratello o con sua sorella, e con ciò non li rende migliori, bensì
peggiori.
5. I frutti di tale eccessivo amore per il prossimo
sono per lo più tutti i dominatori dei popoli odierni e di ogni tempo. – Come
mai dunque? Ad esempio, un qualche popolo ha amato oltre la giusta misura uno dei
suoi membri per i suoi talenti più brillanti e lo ha reso sovrano su di sé, ma
poi ha dovuto rassegnarsi ad essere gravemente castigato da lui o dai suoi
discendenti per questa cattiva abitudine.
6. Qui si dirà: “Ma re e principi ci devono pur essere,
per guidare i popoli, ed essi sono posti da Dio stesso!”. – Io invece voglio
farmi avanti non proprio negando, ma qui, in quest’occasione, voglio chiarir la
cosa così com’è e come dovrebbe essere.
7. Cosa disse il Signore al popolo israelita quando pretese
un re? Nient’altro che questo: «A tutti i
peccati che questo popolo ha commesso dinanzi a Me, ha aggiunto anche il più
grande, perché è insoddisfatto della Mia conduzione e pretende un re!». Io
ritengo che da questa frase si scorga a sufficienza che i re provenienti dal
popolo vengono dati da Dio, non come benedizione, bensì come un giudizio.
8. Domanda: “Sono necessari i re al fianco di Dio per
la conduzione dell’umanità?”. – A questa domanda può essere data la stessa
risposta che si darebbe a un’altra domanda, la quale suona così: “Il Signore, con
la creazione del mondo e con la creazione dell’uomo, ha forse avuto bisogno di un
qualche aiutante?”.
9. Altra domanda: “Quali re e principi aiutano il
Signore in ogni tempo, come pure nel presente, per mantenere i mondi nel loro
ordine e guidarli nelle loro orbite? Di quale duca ha Egli bisogno per i venti?
Di quale principe, per l’emanazione della luce, e di quale re per la
sorveglianza dello spazio infinito di mondi e di soli?”. Ma se il Signore,
senza il principesco e reale aiuto umano, è in grado di cingere Orione, di dare
al Cane Maggiore il suo nutrimento e mantenere nell’ordine più immutabile il
grande popolo di mondi e soli, dovrebbe aver bisogno di insediare re e principi
presso gli uomini di questa Terra, affinché Lo aiutino nelle Sue faccende?
10. Se riandiamo alla storia primordiale di ogni
popolo, troveremo che ognuno, inizialmente, aveva una forma di governo
puramente teocratica, e questo significa che non avevano su di loro nessun altro
signore che Dio soltanto. Solo con il tempo, quando qua e là i popoli divennero
insoddisfatti con il Governo oltremodo indipendente e quanto mai liberale di
Dio – perché sotto tale Governo le cose andavano per loro troppo bene –
cominciarono ad amarsi l’un l’altro eccessivamente, e di solito un qualche uomo
era generalmente amato a causa di speciali talenti, e lo si richiedeva per
guida. Ma non ci si fermò alla funzione di guida, poiché la guida dovette
emanare leggi, le leggi dovettero essere sanzionate, e così da guida divenne un
signore, un dominatore, un patriarca, poi un principe, un re e un imperatore.
11. Quindi, imperatori, re e principi non sono mai
stati scelti da Dio, bensì solo confermati quale un giudizio per quegli uomini
che, in seguito alla loro libera volontà, hanno voluto scegliere tali
imperatori, re e principi fra il popolo, concedendo loro ogni potere su se
stessi.
12. Io penso che quest’illuminazione basterà per
scorgere che ogni eccesso, tanto
nell’amor proprio quanto in quello per il prossimo, è un orrore dinanzi a Dio.
13. Di conseguenza, amare il prossimo come se stessi
significa ‘amare il prossimo nell’Ordine
divino dato’, quindi in quella giusta misura che è stata assegnata da Dio a
ogni uomo fin dal primo inizio. Chi non riesce ancora a comprendere questo fino
in fondo, a questi voglio aggiungere ancora un paio di esempi, dai quali potrà
scorgere chiaramente quali conseguenze porta con sé un eccesso come l’altro.
14. Supponiamo che in un qualche
villaggio viva un milionario. Questi renderà felice il villaggio, oppure lo
precipiterà nell’infelicità? Vogliamo vederlo. – Il milionario vede che le
banche pubbliche sono traballanti; che fa? Vende le sue obbligazioni e, al
posto di queste, compera proprietà fondiarie. Il sovrano, del quale egli prima
era solo un suddito, si trova come al solito in grande penuria di denaro. Il
nostro milionario è pregato a prestare dei capitali al sovrano. Egli lo fa con buoni
interessi e con la sicura ipoteca del sovrano stesso. I suoi vicini e gli altri
abitanti del villaggio hanno pure bisogno di denaro. Egli lo presta loro senza
esitazione, registrandoli nel libro dei conti. La faccenda continua alcuni anni.
Il sovrano diventa sempre più bisognoso e i suoi vicini del villaggio non diventano
più ricchi. Che succederà? Il nostro milionario colpisce per primo il sovrano,
e questi, non più in possesso di un quattrino, deve arrendersi incondizionatamente,
e per pura magnanimità riceve al massimo un importo occorrente per un viaggio,
e il nostro milionario diventa detentore del potere e, nello stesso tempo, padrone
dei suoi vicini a lui debitori. A questi, poiché non sono in grado di pagare né
capitali né interessi, vengono subito stimati e pignorati i beni.
15. Qui abbiamo le conseguenze del tutto naturali
della fortuna che un milionario, o un possessore di un eccesso di amor proprio,
ha preparato agli abitanti del villaggio. Non c’è bisogno di dire altro su
questo. – Ora però passiamo al secondo caso.
17. Osserviamo però questa famiglia resa felice, solo
circa un anno dopo, e scopriremo in essa tutto quel lusso che è sempre di casa
solo nelle dimore dei ricchi. Questa famiglia diventa nel contempo anche più
dura di cuore e ora si adopereranno a vendicarsi, di nascosto, di tutti coloro
che non hanno voluto guardare nella loro miseria. Il “Dio sia ringraziato” scompare,
ma in compenso vengono introdotte carrozze padronali, servi in livrea[20] e
altro ancora.
18. Si domanda: “Questo grande eccesso di amore per il
prossimo ha giovato o danneggiato questa famiglia povera?”. – Io ritengo che in
questo caso non occorrano molte parole, bensì basta solo allungar le mani verso
tutto quel lusso e si comprenderà fino all’esattezza di un pelo quale utilità
per la vita eterna questa famiglia ha ricavato dall’eccesso d’amore per il
prossimo riversato su di essa. Da ciò risulta evidente che sia l’amore per il prossimo, così come anche l’amor proprio, devono
sempre rimanere nei limiti della
giusta misura stabilita dall’Ordine divino.
19. Se l’uomo ama sua moglie più del dovuto, la guasterà.
Essa diventerà vanitosa, si stimerà moltissimo e diventerà una cosiddetta
civetta. L’uomo avrà a stento mani a sufficienza per allungarle dappertutto così
da soddisfare le pretese di sua moglie.
20. Anche un promesso sposo, se ama troppo la sua promessa
sposa, la renderà sfacciata e, alla fine, infedele.
21. Perciò la giusta misura dell’amore è necessaria
dappertutto. Tuttavia l’amore per il prossimo consiste in qualcosa del tutto
diverso da quello che abbiamo imparato a riconoscere finora. – Ma in che cosa
consista l’amore per il prossimo nella maniera spirituale più interiore,
vogliamo imparare a riconoscerlo chiaramente nel seguito di questa
comunicazione.
[indice]
۞
In cosa consiste il vero
amore per il prossimo?
(Parla Giovanni)
1. Per conoscere radicalmente in cosa consiste il reale
vero ‘amore per il prossimo’, si deve prima sapere e comprendere a fondo chi è
del tutto realmente un prossimo. In ciò sta il nodo principale della questione.
Si dirà: “Da dove si deve apprendere questo? Il Signore stesso, infatti, quale unico
Enunciatore dell’amore per il prossimo, non ha dato da nessuna parte
definizioni più precise. Quando gli scribi Gli domandarono chi fosse il
prossimo, Egli mostrò loro semplicemente in una parabola chi era ‘il prossimo’ con
quel noto samaritano vittima di una disgrazia; in altre parole fu un altro samaritano
che lo portò nella locanda dopo aver prima versato olio e vino sulle sue
ferite.
2. Tuttavia, da ciò risulta che solo sotto certe
circostanze gli uomini vittime di una disgrazia hanno ‘il prossimo’ nei loro
benefattori, e quindi, all’opposto, sono anche ‘il prossimo’ per i loro
benefattori. Se dunque esiste ‘un prossimo’ solo sotto queste circostanze, allora,
cos’hanno per prossimo quegli uomini
comuni che non hanno dovuto subire una disgrazia, né si son trovati una volta nella
situazione di soccorrere una vittima di un incidente? Non esiste dunque nessun
testo di carattere generale che indichi più precisamente ‘il prossimo’? Infatti,
in questa parabola, da una parte c’è soltanto l’estremo bisogno, e dall’altra
parte una grande agiatezza, congiunta con un buon cuore, che si trovano uno di
fronte all’altro a rappresentare il prossimo”.
3. Vogliamo perciò vedere se non si trovano simili
testi più estesi. Qui ce ne sarebbe uno, e questo suona così:
4. «Benedite coloro che vi maledicono, e fate del
bene ai vostri nemici!». – Questo sarebbe un testo dal quale si scorge
chiaramente che il Signore ha esteso molto ampiamente l’amore per il prossimo, non
avendo escluso perfino i nemici e i bestemmiatori.
5. Inoltre, un altro testo suona così: «Fatevi
amici con l’ingiusto mammone». – Cosa vuole indicare con ciò il
Signore? Nient’altro se non che l’uomo non deve lasciarsi sfuggire nessuna
occasione per fare del bene al prossimo. Egli permette perfino, preso sotto l’aspetto
esteriore, un’evidente appropriazione indebita dei beni di un ricco se, con
ciò, certo solo nel caso di estremo bisogno, possono essere aiutati molti o perlomeno
parecchi bisognosi.
6. Ulteriormente troviamo un testo in cui il Signore
dice: «Ciò che di bene voi fate a uno di questi poveri nel Mio Nome, lo
avete fatto a Me». Il Signore convalida questa frase con la descrizione del
‘giorno del giudizio’ o giudizio spirituale; qui Egli dice agli eletti: «Io venni da voi nudo, affamato, assetato,
malato, prigioniero e senza tetto né mestiere, e voi Mi avete accolto, curato,
vestito, sfamato e dissetato» – e ugualmente disse agli abbietti che questo
non lo avevano fatto. I buoni si scusarono come se non lo avessero mai fatto, e
i cattivi come se certamente lo avessero fatto se Egli fosse venuto da loro. E
il Signore indica poi con chiarezza:
7. «Qualsiasi cosa voi avete fatto o non fatto ai
poveri nel Mio Nome, valeva per Me».
8. Da questo testo è rivelato già abbastanza
chiaramente il vero e proprio amore per il prossimo, e viene mostrato chi è, di
conseguenza, propriamente il prossimo.
9. Noi però vogliamo considerare ancora un testo, e questo
suona così: «Se preparate dei banchetti, non invitate coloro che possono ripagarvi
con un altro banchetto. Per questo non avrete alcuna ricompensa in Cielo, poiché
l’avete ricevuta nel mondo. Invitate invece i bisognosi, storpi, infermi,
in ogni riguardo uomini poveri, i quali non vi possono ripagare, allora avrete
la vostra ricompensa in Cielo. Così pure prestate il vostro denaro a coloro che
non ve lo possono restituire, così ne trarrete profitto per il Cielo. Se invece
prestate il vostro denaro a coloro che ve lo possono restituire con gli
interessi, allora è finita con la vostra ricompensa. Quando fate
elemosina, allora fatela in silenzio, e la vostra mano destra non deve sapere
quello che fa la sinistra; e il Padre vostro nel Cielo, che vede di nascosto,
vi benedirà per questo e vi ricompenserà nel Cielo!
10. Io ritengo che da questi testi si dovrebbe afferrare
già quasi con le mani chi è indicato dal Signore come il vero e proprio
prossimo. Vogliamo perciò vedere quale senso sta dietro a tutto questo.
11. Dappertutto noi vediamo, da parte del Signore,
soltanto i poveri posti di fronte ai benestanti. Cosa ne consegue? Nient’altro
che, da parte del Signore, i poveri sono indicati e posti come il vero e
proprio prossimo di fronte ai benestanti, e non i ricchi di fronte ad altri ricchi
e i poveri di fronte ad altri poveri. I ricchi verso i ricchi possono
considerarsi come ‘prossimo’ solo allora, quando si uniscono per gli stessi
scopi buoni e a Dio compiacenti. I poveri invece stanno di fronte ai poveri
altrettanto come prossimo solo allora, quando si uniscono fraternamente tra
loro secondo le possibilità, nella pazienza e nell’amore per il Signore.
12. Il primo grado dell’amore per il prossimo rimane
perciò sempre tra i benestanti e i poveri, e tra i forti e i deboli, e sta
nello stesso rapporto con quello tra genitori e figli.
13. Ma perché i poveri di fronte ai benestanti, i
deboli di fronte ai forti, come i figli di fronte ai genitori, devono essere
considerati e trattati come il prossimo più vicino? Questo è dovuto per nessun
altro motivo che dal seguente del tutto semplice, perché il Signore, quale ‘il prossimo’ più vicino per ogni essere
umano, in questo mondo rappresenta Se stesso, secondo la Sua stessa dichiarazione,
di preferenza nei poveri e nei deboli, come nei figli. Infatti, Egli stesso
dice: «Quello che fate ai poveri, lo avete fatto a Me!». Voi non Mi
avrete sempre personalmente tra di voi, voleva dire il Signore, ma tra di voi avrete
sempre i poveri, per così dire, quali Miei perfetti rappresentanti.
14. Così il Signore parlò anche di un bambino: «Chi
accoglie un tale fanciullo nel Mio Nome, accoglie Me».
15. Da tutto questo risulta però che gli uomini, secondo
il grado maggiore o minore, devono considerarsi l’un l’altro come ‘prossimo’, quanto
maggiore o minore sono ricolmi dello Spirito del Signore. Il Signore tuttavia non
dispensa il Suo Spirito ai ricchi del mondo, bensì sempre soltanto ai poveri,
deboli e minori del mondo. Il povero
è perciò sempre più ricolmo dello Spirito del Signore, perché Egli è un povero,
infatti, la povertà è certo una parte principale dello Spirito del Signore.
16. Chi è povero, nella sua povertà ha somiglianza con il Signore, mentre il
ricco non ne ha nessuna. Costoro il Signore non li conosce. I poveri invece li
conosce. Perciò i poveri devono essere il prossimo dei ricchi, dai quali essi,
i ricchi, devono venire se vogliono avvicinarsi al Signore, poiché è
impossibile che i ricchi si possano considerare il prossimo del Signore. Il
Signore stesso, con la narrazione del ricco epulone, ha mostrato l’infinito
abisso tra Lui e loro. Solo il povero Lazzaro Egli lo pone nel grembo di
Abramo, quindi il più vicino a Lui, al Signore.
17. Anche nell’occasione del giovane ricco il Signore
indicò chi doveva essere il suo prossimo prima che potesse di nuovo venire da
Lui e seguirLo, e dappertutto il Signore rappresenta i poveri, come pure i
bambini, quali i più prossimi a Lui, oppure anche quali Suoi veri e propri rappresentanti.
Sono questi che i benestanti devono amare come se stessi, non però nel contempo
anche i loro pari. Infatti, per questo il Signore disse che questo Comandamento
dell’amore per il prossimo è uguale al primo, tramite il quale Egli voleva dire
nient’altro che questo: «Quello che fate ai poveri, lo fate a Me!».
18. Che però i ricchi non debbano considerarsi l’un
l’altro come prossimo, risulta chiaro esaminando quando il Signore disse che i
ricchi non devono invitare altri ricchi come ospiti, e non devono prestare il
loro denaro ad altri ricchi, e risulta chiaro anche dal fatto che non ha
comandato al giovane ricco di distribuire i suoi beni ai ricchi, bensì ai
poveri.
19. Ma se un qualche ricco volesse dire: “I miei
prossimi più vicini sono tuttavia i miei figli!”, allora io dico: “Assolutamente
no!”. Infatti, il Signore accolse solo un bambino povero che chiedeva
l’elemosina lungo la via e disse: «Chi accoglie un tale fanciullo nel Mio
Nome, accoglie Me». Con i bambini dei ricchi il Signore non ha mai avuto
qualcosa da fare.
20. Per questo motivo, quando il ricco provvede in
modo scrupoloso per i propri figli, commette un rilevante peccato verso l’amore
per il prossimo. Il ricco provvede meglio di tutto ai propri figli quando si
preoccupa per un’educazione compiacente al Signore e non risparmia il suo patrimonio
per loro, bensì quando lo devolve per la maggior parte ai poveri. Se fa questo,
allora il Signore afferrerà i suoi figli e li guiderà sulla via migliore. Se
non lo fa, allora il Signore distoglierà via il Suo volto da loro, ritirerà le
Sue mani e abbandonerà la loro delicatissima giovinezza nelle mani del mondo;
il che significa nelle mani del diavolo, affinché poi diventino figli del
mondo, uomini del mondo, il che equivale a dire: diventare diavoli stessi.
21. Se sapeste quanto sono maledetti da parte del
Signore, nel modo più spaventoso fino al più basso, terzo grado dell’inferno, tutti
i capitali sociali e particolarmente i fedecommessi([21]),
allora voi dallo spavento e dall’angoscia raggelereste fino alla durezza di un
diamante!
22. Perciò tutti i ricchi, dovunque possano essere,
devono prendersi a cuore il più possibile quanto detto: distogliere il loro
cuore il più possibile dalle loro ricchezze e, con tali ricchezze, fare il più
possibile del bene, se vogliono scampare all’eterna fucina annerita, poiché nell’aldilà
c’è un duplice istituto annerito. Uno di lunga durata in luoghi tenebrosi, dai
quali si dipartono solo sentieri inconcepibilmente stretti, dinanzi ai quali ai
viandanti non va molto meglio che ai cammelli dinanzi alle crune degli aghi. C’è
però anche un eterno istituto annerito, dal quale, per quanto ne so finora io,
non si diparte nessun sentiero. – Questo quindi è da prendere in considerazione
per i ricchi, come anche per ciascuno che possiede in qualche modo tanto, da
poter fare ancora qualcosa per i poveri. Da questo, quindi, è ora dimostrato in
che cosa consiste il vero e proprio amore
per il prossimo. Perciò anche qui, nel Sole, esso viene insegnato e continuamente
praticato. – Ma come ciò avvenga, vogliamo osservarlo in seguito più da vicino.
[indice]
۞
Lezione pratica agli allievi
ultraterreni sull’amore per il prossimo
(Parla Giovanni)
1. Voi sapete che con il solo teorico sapere e credere non
si può fare qualcosa da nessuna parte. A che serve a qualcuno se ha imbottito
la testa con mille teorie, sia pure esatte? A che serve a qualcuno se ritiene
in modo assoluto per vero tutto ciò che sta scritto nel libro della Vita? Tutto
ciò serve precisamente tanto quanto se qualcuno avesse appreso alla lettera
tutte le teorie musicali e fosse giunto anche alla convinzione che, se si
servisse della teoria pratica, sul serio riuscirebbe a produrre le più meravigliose
composizioni, o per lo meno diventare un eccellente virtuoso nell’uno o
nell’altro strumento. Si domanda: “Con tutte queste fondamentali conoscenze
teoriche, sarà in grado di comporre un pezzo di qualche valore, senza la
minimissima abilità pratica? Oppure riuscirà a cantare anche solo la battuta
più facile di una composizione, oppure eseguirla su uno strumento musicale?”. Sicuramente
no, poiché senza esercizio pratico, non serve nessuna teoria!
2. È lo stesso come se ci fosse un qualche stolto padre
che curasse certamente suo figlio e formasse il suo intelletto, ma gli tenesse
i piedi sempre legati. Si domanda: “Potrebbe camminare il figlio, sebbene
avesse visto camminare gli altri e avesse imparato da un maestro di ballo
spagnolo, in via teorica, tutti gli aspetti e movimenti dei piedi?”. Il primo
passo che egli oserà fare, riuscirà già così incerto che il figlio, istruito
solo teoricamente, giacerà subito a terra.
3. Con ciò è dimostrato più che chiaramente che il
solo sapere, senza pratica, non serve a nulla! Poiché il sapere è un lampadario
ardente in una sala vuota, la cui luce arde soltanto per se stessa e a nessuno
reca utilità. Perciò, l’effettivo esercizio di ciò che si è riconosciuto e si
sa, è assolutamente la sola cosa principale, e poiché nel Regno degli spiriti
purissimi è sempre preferibile l’azione, e la regola principale di ogni azione
spirituale è l’attività proveniente dall’amore per il prossimo, così proprio
questo Comandamento dell’amore per il prossimo viene pure insegnato qui più
praticamente che teoricamente. Ma come?
4. Questi allievi, come voi vedete, sono già
cresciuti, e in svariate occasioni vengono presi dagli spiriti già più perfetti
e devono imparare a distinguere, specialmente con i nuovi arrivati dalla Terra,
il vero prossimo, il meno prossimo e poi anche il lontano. Essi qui devono
riconoscere come comportarsi con il prossimo, con il meno prossimo e con il
lontano.
5. Com’è noto, il
sentimento di compassione dei giovani è maggiore di quello degli uomini
maturi, perciò succede anche che questi nostri allievi accolgano, con grande
compassione e grande pietà, tutti coloro che incontrano.
6. Essi vorrebbero subito introdurre tutti nel Cielo,
non sapendo ancora, per esperienza, che il Cielo offre una grande beatitudine
solo al vero e proprio prossimo. Invece al meno prossimo e al lontano è un
grande, anche ultragrande tormento! Quindi in queste occasioni essi imparano,
proprio completamente, a riconoscere come il vero e proprio amore per il
prossimo consiste nel fatto che si deve lasciare a ogni essere la sua libertà e
nel dargli il proprio amore.
7. Poiché, se a qualcuno si vuol fare qualcosa di
diverso da quello che il suo amore chiede, non gli si è dimostrato nessun
servizio d’amore. Se uno prega il suo vicino per una giacca, e il vicino gli dà
invece una forma di pane, sarà con ciò soddisfatto il chiedente? Sicuramente
no, poiché egli ha pregato solo per una giacca, e non per il pane.
8. Se qualcuno va in una casa e chiede una sposa, e gli
si dà invece della sposa una cesta piena di sale, sarà egli soddisfatto con
questo? E se qualcuno volesse percorrere una via che porta in un luogo posto a nord,
dove ha da sbrigare una faccenda, un amico invece fa attaccare i cavalli alla
sua carrozza, prende l’uomo d’affari che deve andare a nord e si dirige con lui
verso sud, gli sarà dato aiuto con questo?
9. Perciò gli spiriti, prima di voler mettere in
pratica il loro amore per il prossimo, devono esaminare precisamente la specie
di amore degli spiriti che vengono portati a loro. Come si trova questo amore,
proprio così deve anche essere operato secondo questo amore.
10. Chi vuole andare all’inferno, deve avere là la sua
scorta, poiché così è il suo amore, senza il quale per lui non c’è nessuna vita.
E chi vuole andare in Cielo, a questi deve essere data quella guida, affinché egli,
purificato sulle giuste vie, giunga poi perfettamente idoneo nel Cielo e là
possa esistere come un vero cittadino santificato.
11. Non è però neppure sufficiente portare uno spirito
nell’uno e stesso Cielo, bensì il Cielo
deve corrispondere fino a un atomo all’amore dello spirito, poiché ogni
altro Cielo non sarebbe compatibile con quel cittadino celeste, e gli andrebbe come
ad un pesce fuor dall’acqua.
12. La specie d’amore
di ogni uomo, infatti, è l’elemento
vitale a lui proprio. Se non lo trova, allora la sua vita è presto finita.
Perciò anche l’amore per il prossimo, nel Regno degli spiriti puri, deve essere
purificato e formato in modo estremamente preciso e giusto, prima che questi
spiriti siano in grado veramente di accogliere nell’Ordine divino sia i nuovi
arrivati in modo davvero beatificante e vivificante, come anche quelli già esistenti
da lungo tempo nel Regno degli spiriti.
13. La formazione di questo amore per il prossimo e la
sua purificazione, consiste dunque di indagare e riconoscere la specie di amore
negli spiriti, e poi però riconoscere e comprendere anche le vie dell’Ordine
divino, sulle quali condurre questi spiriti e come guidarli.
15. Solo se gli spiriti arrivano al luogo del loro
amore ad essi conveniente e si presentano là maliziosi, solo allora è giunto il
momento – però di nuovo solo secondo la specie di malignità – di agire contro
di loro, punendoli.
16. E ora vedete come in tutto ciò che concerne
l’amore per il prossimo, i nostri allievi vengono istruiti praticamente con la
massima esattezza. Quando hanno raggiunto in questo un’abilità, essi ricevono
la consacrazione del perfezionamento. Vengono assegnati agli uomini viventi sulla Terra come spiriti protettori
per un tempo stabilito e precisamente proporzionato, più di tutto allo scopo di
esercitarsi, in quest’occasione, nella vera pazienza del Signore. Voi a stento
potete credere quanto sia difficile, per un tale spirito formato
celestialmente, avere a che fare con gli uomini testardi di questa Terra, accondiscendendo
al massimo grado, in modo tale che questi mai comprendono di essere
accompagnati e guidati su tutte le vie, secondo il loro amore, da un tale spirito
protettore.
18. Una balia, rispetto al compito di uno spirito protettore
che sta all’inizio della sua missione, con il bambino più maleducato e
screanzato ha un purissimo cielo. Quante lacrime devono versare questi, e tutto
il loro agire può consistere solo in un sussurrare assai sommesso alla
coscienza, o al massimo, in occasioni straordinarie, nel prevenire certe sciagure
che sono preparate dall’inferno ai mortali della Terra. In tutto il resto essi
non possono operare.
19. Ora invece immaginatevi solo un poco il destino
non raramente amaro di un cosiddetto maestro privato o maestro di corte, quando,
per l’educazione, riceve dei bambini davvero rozzi e maleducati. Non è migliore
la condizione di un taglialegna? Sicuramente, poiché il legno si lascia cadere
e tagliare secondo la volontà del taglialegna, mentre il bambino rozzo si beffeggia
della volontà del suo maestro. Nondimeno questa condizione è appena un’ombra
lievissima in confronto a quella di uno spirito protettore, specialmente se il
suo protetto è un avaraccio, un ladro, un rapinatore, un assassino, un
giocatore, un fornicatore e adultero. Lo spirito protettore deve sempre stare a
guardare passivamente tali atrocità, e non deve neanche minimamente intervenire
contrastandole con tutta la sua forza. E se già in certe occasioni è permesso
un intervento anticipato, allora egli nondimeno deve essere così avveduto che
il protetto non deve essere per niente ostacolato nella sfera di libertà della
sua volontà, bensì, al massimo, solo nell’effettiva attuazione della stessa.
20. Vedete, questo è dunque il secondo compito pratico
in cui i nostri allievi consacrati
devono esercitarsi nell’amore per il prossimo e principalmente nella pazienza del Signore. – Che cosa accade però
con loro dopo questo esercizio di pazienza, lo mostrerà il seguito.
[indice]
۞
Essenza e conseguenze del
vizio
Nel primo inferno
(Parla Giovanni)
1. Quando i nostri allievi, ben esercitati nella pazienza,
ritornano dalla loro missione, di solito dopo il decesso da questo mondo
esteriore di un protetto loro affidato, devono rimanere nella sua vicinanza
ancora tanto a lungo, finché durerà lo stato naturale-spirituale dell’anima di
un uomo seppur morto (fisicamente). Al tempo dello svelamento o segregazione, poiché
ogni spirito deve comunque restare completamente abbandonato a se stesso[22],
essi ritornano nuovamente nel Sole spirituale. Da lì passano in una nuova
destinazione. Dove, però? Questo è molto facile da indovinare, se si considera
che finora i nostri allievi hanno avuto occasioni a sufficienza per scorgere e
riconoscere le illegalità, prima dal punto di vista scientifico-spirituali come
apprendisti, poi praticamente come spiriti
protettori.
2. Che però, dietro queste conoscenze ce ne sia ancora
una terza, e dietro la terza pure una quarta, questo deve essere chiaro a
ciascuno, affinché sappia che ogni vizio ha in sé una certa conseguenza che è la
meta raggiunta, e che solo in questa meta è possibile riconoscerne la causa ovvero
l’origine di quel vizio. Infatti, se qualcuno non ha ancora scorto le
conseguenze di quel vizio e non ha ancora riconosciuto completamente la causa
dello stesso, allora costui non avrà ancora un’avversione sufficientemente
libera e ferma contro il vizio. Invece, una volta che avrà scorto tutto ciò e lo
riconoscerà in modo vivente, come la conseguenza (di quel vizio) sia del tutto
conforme all’ordine e irrevocabile, e come essa racchiuda già in sé tale causa,
solo allora egli diventerà, per suo libero riconoscimento e volere, un
avversario perfettamente fermo di ogni vizio.
3. Ma dove devono andare i nostri allievi
per riconoscere ciò? Essi devono percorrere in lungo e in largo i diversi inferni
al fianco di spiriti potenti e molto esperti, e precisamente dal primo fino
all’ultimo e più basso. Nel primo e nel secondo essi scorgono le conseguenze
del vizio, e specialmente nel secondo intravedono come, nelle conseguenze
ancora ben visibili, si lasci scorgere il motivo del vizio sempre più in
trasparenza, e solo nel terzo e più basso inferno essi imparano a riconoscere il
motivo o la causa principale di ogni vizio.
4. Forse qualcuno potrebbe dire: “La conseguenza e la
causa sono due punti di un cerchio che s’incontrano sull’uno e lo stesso punto,
poiché sicuramente nessuno commette un’azione proveniente da un motivo diverso,
che solo da ciò che egli vuole aver realizzato proprio come conseguenza della
sua azione.
5. Se ad esempio una persona prende la decisione
furtiva di derubare a qualcuno del denaro, a ciò lo spingono l’amore per il
denaro e il guadagno per tale sua azione; questo è sicuramente il motivo del suo
gesto. Una volta impossessatosi del denaro in modo furtivo, allora questa sua
appropriazione sarà sicuramente la conseguenza della sua azione. Questo era ed
è però nient’altro che il realizzato precedente motivo per l’azione stessa”.
6. Io però dico: “Se si considera la cosa da questo punto
di vista, allora non si fa altro che commettere un alto tradimento al proprio
riconoscimento, e con ciò si dimostra che non si è ancora mai avuto qualcosa a
che fare con la sapienza interiore”. – Perciò vogliamo subito esporre un contro
esempio, dal quale si potrà scorgere chiaramente che la conseguenza e la vera e
propria causa dell’azione sono completamente diversi.
7. Prima di esporre l’esempio, dobbiamo però comunicare
alcune frasi che fluiscono dall’Ordine divino, le quali, dall’eternità, indicano
la conseguenza stabilita per ogni azione, nella quale poi, in accordo con
l’azione, si potrà scorgere la causa.
8. Tali frasi suonano così: «Ogni azione ha una determinata corrispondente conseguenza, sanzionata
da Dio! – Tale conseguenza è quel giudizio irrevocabile, al quale ogni azione è
sottoposta!». Perciò è disposto dal Signore che, alla fine, ogni azione si
giudichi da sé.
9. Allo stesso modo di come ogni buona azione è da supporre
solo il Signore come causa, così avviene anche con ogni cattiva azione. Anche
ogni cattiva azione ha quindi sempre una e la stessa causa. Queste sono le verità
indiscusse.
10. Ora vogliamo illuminare queste a mo’ di esempi. Prendiamo
un fornicatore. Costui, finché visse, praticò la lussuria senza riguardo e
senza il minimo rispetto per qualsivoglia persona. Esteriormente nessuno poteva
scorgere in lui le conseguenze di tale vizio, poiché il corpo non sempre è uno
specchio delle conseguenze viziose, tuttavia quest’uomo, con il suo depravato modo
di agire, avendo completamente abbassato il suo spirito nel rozzo amore
materiale-carnale, ha sprecato le sue forze vitali sia dal punto di vista
materiale che spirituale. Che cosa gli rimane alla fine? Nient’altro che una
vita da polipo della sua anima. Questa giunge nell’aldilà con nient’altro che
con la sua brama del piacere sensuale-carnale. La sua premura è come quella di
un polipo, cioè continuare godere ininterrottamente alla sua maniera. Di una
reazione che lo stimoli spiritualmente, non è più il caso di parlarne, essendo
stato lo spirito, già durante la vita fisica, fuso fino all’ultima goccia con
l’anima sensuale.
11. Domanda: “Può una tale anima, nell’aldilà, essere
accessibile o idonea per un ravvivamento superiore?”. Chi vuol comprendere
questo del tutto, si prenda una volta dal mare un polipo e provi se riesce a
fargli fare un salto in alto. Questo lavoro non riuscirà certo a nessuno,
poiché non appena leverà il polipo dal suo elemento melmoso e lo metterà in un
luogo asciutto all’aria pura, il polipo molto presto morirà, si raggrinzerà,
andrà in putrefazione e alla fine si seccherà in un ammasso vischioso.
12. Vedete, proprio lo stesso è il caso con una tale anima
lussuriosa avida di piacere. Essa è come un polipo melmoso che ha una sola brama
eccitante la vita, vale a dire quella del godimento. Tutta la sua intelligenza
è concentrata a procurarsi il piacere. E quale ne sarà la conseguenza?
Nient’altro che questo miserabile e altamente deplorevole stato dell’anima
stessa, e precisamente la sempre più profonda ricaduta nella più grossolana e più
bassa bestialità. E tale stato è proprio quello che è chiamato ‘il primo
inferno’. Questa quindi ne è la conseguenza, e cioè la giusta
conseguenza del tutto naturale secondo l’Ordine, tale per cui l’anima,
attraverso questo modo di agire proibito, ritorna alla fine in quell’infimo
stato animale dal quale precedentemente fu elevata verso l’alto dal Signore
attraverso tanti gradini, fino a diventare un uomo libero.
13. Questo stato, come conseguenza alla brama del
piacere, viene perciò reso così estremamente misero dal Signore, affinché con ciò
lo spirito che si trova ancora nell’anima, desideri sempre più separarsi dalla
sensualità. Quest’operazione è l’unica possibile, attraverso la quale una tale
anima può forse ancora essere salvata, e a volte lo è, insieme al suo spirito. Poiché
se l’anima fosse nutrita continuamente, allora diventerebbe sempre più forte
nella sua brama, e in questo caso non si potrebbe mai parlare in eterno della
salvezza dello spirito.
14. Invece, nel peggiore dei casi, qual è di solito la
seconda conseguenza di questo necessario metodo di cura?
15. Ascoltate: poiché lo spirito di una tale anima era
completamente una cosa sola con lei, allora anche tutto il suo amore è passato
nella brama della sua anima. Ora, in seguito al digiuno dell’anima, lo spirito
diventa più libero, allora si fa poi avanti malevolo e assai profondamente offeso
e mortificato, poiché impedendo il nutrimento alla sua anima corporale, lo si è
lasciato deperire per domarlo.
17. Ebbene: cos’è questo secondo inferno? Nient’altro
che la conseguenza del primo, e in questa conseguenza si può già scorgere la
vera e propria causa originaria del primo modo di agire.
18. L’ira, infatti, non è nient’altro che un frutto
dell’esagerato amor proprio, e questo ha le sue radici nell’avidità di
dominio, il che è il movente di tutti i vizi ed ha per sua sede il terzo o più basso inferno. – Ma in che modo dal
secondo inferno se ne formi alla fine anche un terzo, e come i nostri allievi
devono guardare e apprendere tutto ciò praticamente, vogliamo esaminarlo nel
seguito.
[indice]
۞
Nel secondo inferno
(Parla Giovanni)
1. Sapete voi perché gli uomini sulla
Terra prestano l’ubbidienza? La risposta è molto facile. – Forse per il gran
rispetto davanti alla persona del sovrano? Oh, no, poiché quando si stima
altamente qualcuno, non s’impreca contro di lui in segreto, né tanto meno lo si
maledice e gli si inveisce contro. La stessa cosa succede non di rado da parte
dei sudditi nei confronti del loro monarca. A chi però non si ubbidisce per
rispetto, a questi gli si ubbidisce ancora meno per amore. Di conseguenza qui
possiamo scoprire nessun altro motivo dell’ubbidienza che la paura.
2. Su che cosa si basa la paura? In primo luogo si
basa sulla propria impotenza, in secondo luogo sullo strapotere del sovrano, e
in terzo luogo anche sul fatto che si sa che un monarca, in certe occasioni,
non tratta in modo riguardoso la vita dei suoi sudditi. Di un uomo che non di rado
è munito con più di un milione di strumenti di morte e che per l’uccisione di
uno come di molti uomini a nessuno deve render conto, di costui in nessun caso
c’è da fidarsi oltre misura, poiché l’ira di un sovrano può significare la
morte di molte migliaia di uomini.
3. Se noi consideriamo la cosa com’è, allora si mette
in evidenza sempre più che la paura della
morte è il motivo principale dell’ubbidienza.
4. Ammettiamo che in uno Stato ci siano soltanto
uomini perfettamente rinati, risvegliati nello spirito, allora la paura della
pena di morte non farebbe più presa. Il regnante dovrebbe adottare misure
completamente diverse se vuol rimanere una guida del popolo.
5. Ma su che cosa si basa la paura della morte presso
gli uomini? – Io vi dico: su nient’altro che unicamente sull’incertezza se dopo
la perdita di questa vita ce ne sia ancora un’altra! Chi di voi ha paura di
andare a dormire, quantunque il sonno non sia altro che una periodica morte del
corpo? Perché allora non si ha paura davanti al sonno? – Perché si ha la
sperimentata sicurezza che, dopo il sonno, ci si risveglia proprio alla stessa
vita, anche se, in un certo qual modo, è una nuova vita. Se si potesse eliminare
quest’esperienza, allora ogni uomo avrebbe altrettanta paura davanti al sonno
come davanti alla morte del corpo. Anche sulla Terra ci sono, di fatto, degli uomini
che credono di avere una vita effimera, vita che svanisce ogni giorno, e il
giorno successivo si immette nella loro pelle un giorno del tutto diverso dal
precedente.
6. Questa credenza è un ramo di una particolare classe
di popoli, in una parte dell’Asia, credenti nella trasmigrazione delle anime, questo
popolo è dell’opinione che la loro anima di giorno in giorno vada da un animale
all’altro, e dimora al massimo un giorno nel corpo di un uomo. Se il giorno
successivo un’altra anima nello stesso uomo si ricorda del passato, allora
questo proviene dalla disposizione del corpo. Ogni anima subentrante deve
necessariamente essere posta nella stessa consapevolezza che viene causata
dalla disposizione del corpo. Questa è quindi la loro filosofia in seguito alla
quale un tale uomo ha una paura terribile davanti al sonno, poiché in questo
egli vede solo il mezzo attraverso il quale la vecchia anima viene cacciata fuori
dal corpo per far posto a un’altra. Per questo motivo tali uomini cercano di
scacciare il sonno quanto più possibile con ogni genere di mezzi. Tutto questo
ha molta somiglianza con la paura della morte del corpo presso i comuni uomini della
Terra.
7. Se l’uomo fosse uno spirito risvegliato, allora si affliggerebbe
e temerebbe l’abbandono del corpo altrettanto poco quanto un uomo comune si affligge
e teme il sonno. Poiché l’esperienza dello spirito è la vita eterna, vita
che è indistruttibile, così come è esperienza dell’anima che il corpo dormiente
si svegli di nuovo il giorno dopo, tale per cui essa non ha paura davanti al
sonno.
8. La paura della morte, come di un possibile
annientamento dell’esistenza, sta dunque nell’anima finché lo spirito in essa
non si risveglia, e di conseguenza genera poi anche una consapevolezza del
tutto diversa.
9. Dunque, andiamo ora di nuovo nel nostro primo inferno con questa cognizione
preliminare. In questo, l’anima non è che un polipo avido di godimento o di ingurgitare,
e precisamente per puro e muto egoismo e amor proprio, perché essa, nella
mancata realizzazione della sua avidità del piacere, ha costantemente dinanzi
agli occhi la possibilità dell’annientamento.
10. Nel secondo inferno
è attraverso l’energico trattamento del digiuno a noi noto che l’avida anima
raggrinzisce sempre più, e attraverso questo metodo di segregazione lo spirito,
fuso con essa, ottiene sempre più libertà. Nei casi migliori, che sono rari,
qualche spirito a questo punto si ravvede, si rafforza e poi eleva sempre più
la sua anima. Nei casi peggiori, che sono i più frequenti, lo spirito di certo si
risveglia anche, ma poiché in questo risveglio in tale trascuratezza della sua
anima comincia a sentirsi estremamente umiliato e ferito, e anche perfino
abbandonato insieme all’anima, allora si adira e lascia spuntare sempre più in
sé l’idea che, per questa ingiustizia fattagli da parte della Divinità,
dovrebbe essere beneficiato di una grande soddisfazione a malapena calcolabile.
11. Il fatto è che quanto più lo spirito cresce con
quest’idea, tanto più fortemente innalza il suo conto, e anche tanto più insoddisfatto
diventa di fronte a ogni misura dell’eterna ricompensa propostagli.
12. Da questa pretesa sempre maggiore, che spesso nasce
da una sempre maggiore insoddisfazione, lo spirito che così va sempre più risvegliandosi,
passa poi in un sentimento di auto soddisfazione vendicativa, e in questo
sentimento diventa sempre più ‘dispregiatore di Dio’. Egli scorge sempre più anche
la sua indistruttibilità rafforzandosi con l’idea che lo spirito, attraverso
l’elevazione dei propri concetti e pretese, possa rafforzarsi all’infinito. Da
tale sentimento sorge poi perfino la satanica idea che la Divinità abbia paura davanti
alla potenza continuamente crescente di tali spiriti, e per questo Essa si
nasconderebbe e farebbe sorvegliare di nascosto l’operare di questi Suoi
potenti nemici per mezzo di certi spiriti spioni, timorosi e deboli. Se la
situazione dovesse farsi pericolosa, la Divinità si ritirerebbe ancora più
profondamente e in tutti i modi possibili cercherebbe di premunirsi da un
attacco preponderante di tali potenti spiriti.
13. Con quest’idea la predominante presunzione dello
spirito si rafforza sempre più, e sempre più grande diventa il sentimento di
vendetta contro una presunta astuzia della Divinità. In tal modo Essa diventa evidentemente
sempre più impotente, e tale spirito prova formalmente ribrezzo davanti alla
Divinità, cominciando a disprezzarLa e a odiarLa amaramente, per guardare tuttavia
se stesso come un essere superiore! Se subentra questo stato, allora il terzo inferno è anche già pronto.
14. Come questo si formi, i nostri allievi devono
osservarlo di nascosto sulla via della divina Provvidenza protettrice, e poi nel
più basso inferno imparano a riconoscere tutto sulla via dell’esperienza, fino
alla vera e propria causa del vizio. –
Come però alla fine, in questo più basso e più maligno di tutti gli inferni, si
comprovi la causa del vero e proprio vizio, questo ve lo mostrerà il seguito.
[indice]
۞
Nell’intera Creazione niente
dell’esistente è distruggibile
(Parla Giovanni)
2. Una risposta spirituale è una piena verità. Se però
un’espressione interrogativa non la contiene in sé, allora non può esserle data
neanche una risposta. Il chiedente riceverà di certo ben una risposta, però mai
come direttamente adatta alla sua domanda, bensì soltanto come una verità
indiretta. Quindi lo sarà anche qui. Quando la risposta sarà data, allora la
discutibile obiezione si annullerà da sé.
3. Se dunque una potenza vitale inferiore, oppure,
come in questo caso, una potenza vitale altamente subordinata, possa o no rivoltarsi,
oppure se essa sia completamente distruttibile da parte di quella infinita, lo
dovranno dimostrare subito alcuni piccoli esempi.
4. Se qualcuno ha avuto a che fare anche solo una
volta con il trasporto di alcune piccole pietre, costui non ha bisogno di
un’ulteriore dimostrazione per sapere quanto sia pesante un’intera montagna
rocciosa. Infatti, di cosa consiste una piccola montagna rocciosa? Di sole
piccole particelle atomiche che sono saldamente attaccate le une alle altre
dalla reciproca forza di attrazione. Se noi scavassimo sotto la montagna fino
al punto sopra il quale poggia la vetta più alta, quindi il punto più pesante, allora
con questo scavo scopriremmo dappertutto delle pareti di pietra ben conservate
ed estremamente solide. Se da queste solide pareti di pietra prendiamo solo una
piccolissima particella, la poniamo su una piastra d’acciaio o su di una pietra,
poi con un martello battiamo solo un poco su questa particella, allora il
martello la polverizzerà.
5. Domanda: “Per qual motivo questa particella non ha
potuto reggere alla pressione del martello, mentre in precedenza ha potuto, per
migliaia di anni, far resistenza a una pressione incalcolabilmente potente del
peso di un’intera montagna?”. – Si dirà: “Sotto la montagna tale particella era
una parte concreta dell’intera massa, e poteva così resistere alla pressione
generale con l’aiuto delle altre parti. Invece come singola non aveva nessun
aiuto accanto e perciò ha dovuto cedere già a una minima pressione”. – Bene, ma
questa piccola pressione ha distrutto completamente questa particella?
Assolutamente no, bensì l’ha solo suddivisa in particelle ancora molto più
piccole.
6. Ma allora, non è possibile applicare nessuna
pressione, tale da distruggere completamente queste particelle? – Anche questo
non è possibile, né con la pressione né con qualsiasi altro impiego di forza,
poiché da un lato si può dividerle solo in parti più piccole, mentre dall’altro
possono essere trasformate in un elemento semplice e poi ancor meno
distruttibile.
7. Allo stesso modo anche l’intero peso della Terra
grava sul suo piccolo, microscopico punto centrale. Ma come può questo punto
resistere a tale forza di gravità agente su di esso da tutte le parti? Per il
semplice motivo, perché secondo l’eterno Ordine divino in tutta la Creazione
infinita non c’è esistente nulla di annientabile, e il piccolissimo può attestarsi
continuamente contro il grandissimo, se non in questa forma, allora certamente ancora
in un’altra.
8. Ma se ora attribuiamo a queste piccole particelle
una perfetta consapevolezza, e di conseguenza esse sapranno di essere
indistruttibili in eterno, allora si domanda: “Quale forza può domarle, e quale
vincerle?”. – Oppure: “Perde con ciò qualcosa un’intera montagna, se un suo minimum d’appoggio è indistruttibile?”. – Certamente
no, poiché se un atomo fosse distruttibile, lo dovrebbero essere anche gli
altri, e in questo modo accadrebbe anche con l’intera grande montagna.
9. Ugualmente lo sarebbe con la Terra, e alla fine con
Dio stesso non andrebbe meglio, se in tutta la Sua infinità ci fosse esistente un
qualcosa di distruttibile.
10. Quindi è questo il fissato, eterno Ordine divino, che
il più piccolo possa esistere accanto al più grande! Se però in seguito a
questo, la piccolissima potenza vitale nella sua sfera spirituale si riconosce
come immortale e quindi indistruttibile, allora non ha più nessuna paura davanti
a Quella suprema. Questa consapevolezza eleva poi la potenza vitale inferiore a
un sentimento imperioso, nel quale essa dice: “Io, per la suprema Potenza
vitale che considera Se stessa come la Divinità, sono tanto necessaria e
indispensabile per la Sua esistenza, che Essa non può esistere senza di me. Se
noi, parecchie, anzi innumerevoli potenze inferiori, ci uniamo in una sola,
allora possiamo agire dal centro e fare della presunta suprema Potenza, la più bassa.
Allora Essa ci potrà adorare altrettanto bene come lo pretende ora da noi. Come
forse si può rivoltare verso l’esterno il più interiore di un mondo, così potrebbe
essere anche il caso con noi forze vitali. Uniamoci noi potenze inferiori, mettiamo
in opera verso l’esterno una tempesta e la Divinità starà ai nostri piedi come
potenza vitale inferiore”.
11. Vedete, questa è pura filosofia infernale, e nello stesso tempo è la vera e propria causa di ogni vizio, e
il suo nome è: avidità di dominio!
12. Con questo concetto noi ora abbiamo imparato a
conoscere anche l’intera essenza dell’inferno più basso, e questa essenza
corrisponde all’apparenza esteriore di un corpo mondiale. Sulla superficie [della Terra] c’è chiaramente
da riconoscere il primo grado dell’inferno nell’avidità dei piaceri alla maniera
del polipo; là, infatti, è tutto un divorare, come voi unicamente vedete. Nella
crosta più interna della Terra si confermano
il digiuno e il dimagrimento; da nessuna parte esiste una vegetazione. Qui
tutto sta come in una morte rigida e covante vendetta; al massimo qua e là si
mostrano sorgenti di fuoco e altre sorgenti d’acqua molto calda, quali immagini
corrispondenti dell’ira già
dappertutto trasparente degli spiriti di quest’inferno.
13. Andiamo all’interno della Terra, qui non scopriamo
altro che una continua potentissima ressa disordinata. Un fuoco si desta e soffoca l’altro; ogni goccia d’acqua che qui giunge,
viene immediatamente trasformata in vapore rovente.
14. Ma quanto più si va avanti qui, tanto maggiore si presenta
una reazione sulla superficie della Terra, smorzando sempre con la più grande
facilità tutte queste reazioni interne. E così è sapientemente disposto dal
Signore che anche tutti questi inferni, nonostante la fortissima avversione,
debbano servirLo per l’eterna conservazione delle cose. E quest’obbligo di
servire, che è ben noto agli spiriti infernali, è il loro massimo tormento,
perché essi vedono che ogni loro azione in generale, nonostante la loro
avversione, deve corrispondere
all’Ordine divino nei minimi particolari.
15 Nello stesso tempo, però, questo è anche l’infinito
Amore e Sapienza del Signore, poiché solo su questa via è possibile porre
limiti a questi esseri maligni nel loro avido modo di agire. Poiché essi vedono
che il Signore può far volgere sempre a Suo profitto le loro più maligne
imprese, allora si stizziscono e non fanno più nulla, – finché non avranno escogitato
ancora un nuovo piano per portarlo in esecuzione contro il Signore. Piano che
ovviamente il Signore saprà anche utilizzare come i precedenti. – Questa è,
considerata teoricamente, l’attività e l’essenza del più basso inferno.
16. Ma come tutto questo si manifesti all’apparenza,
vogliamo nel seguito fare alcune considerazioni, e precisamente attraverso
tutti e tre gli inferni!
[indice]
۞
Immagini del primo e del secondo
inferno
(Parla Giovanni)
1. Quale aspetto abbia apparentemente il primo inferno lo
avete già visto una volta nel corso delle comunicazioni fattevi sul Sole, come anche
i vari ingressi nel primo inferno. Io devo appena aggiungere che solo lo zelo vero
e proprio di tali spiriti infernali, spiriti che voi avete scorto nel primo inferno,
è piuttosto solo uno zelo per godere, oppure, come siete soliti dire voi, uno
zelo per divorare. Tale stato è uguale a quello sulla Terra nel quale gli
uomini fanno tutto il possibile, come dite voi di solito, per giungere a una pagnotta.
2. Gli uni intraprendono differenti professioni, gli altri
vanno a caccia di impieghi statali e altri ancora di un qualche buon matrimonio,
ma tutto ciò non lo fanno per amor del bene, ma solo per se stessi e per
via della pagnotta. In questo stato essi si affliggono poco per una
qualche magnificenza, ma tutto ciò che interessa loro è di ottenere un certo sostentamento.
3. Secondo la
maniera celeste non ci si preoccupa assolutamente di nulla, all’infuori dell’amore e del riconoscimento di Dio,
e per tutto il resto provvede il Signore!
Invece secondo la maniera infernale ci si preoccupa esattamente del contrario: si vuole avere una sicura rendita! E nel
migliore dei casi si pensa: ‘Solo quando sarò coperto per tutte le necessità
esteriori, allora voglio vedere se lo spirito è soddisfatto con questo
mantenimento’. – Se poi però qualcuno raggiunge un mantenimento esteriore, il che
di solito è collegato con una qualche piccola magnificenza, allora il mantenuto
passa presto in una superbia corrispondente alla sua magnificenza, magnificenza
che si sforza di innalzare sempre più in un certo splendore. Per questo motivo successivamente
anche dei giovani impiegati, come anche iniziati artigiani – s’intende ognuno
nella sua sfera – cominciano a gonfiarsi sempre di più. Ben presto essi non
sanno più come devono sedersi, o stare in piedi, o camminare, guardare,
ascoltare o parlare, affinché al primo sguardo ci si accorga di loro e, in un
certo qual modo, li si riconosca e si possa leggere dalla loro faccia in quale
magnificenza si trovino e quale significativa carica essi rivestano.
4. Se tali esseri sono provveduti in tal modo, allora
non dovrebbero più preoccuparsi, poiché hanno già ottenuto il loro determinato reddito
e pagnotta, e adesso dovrebbero cominciare a provvedere per lo spirito. Invece –
tutto il contrario – adesso con il loro mantenimento è subentrata la necessità
di splendere e dominare. Perciò ora si preoccupano di più a salire sempre maggiormente
in alto, come gli artigiani, affinché diventino sempre più ricchi. In questa
situazione divengono pieni di invidia e odio interiore contro di coloro che
intralciano in qualche modo il loro cammino.
5. L’amore per il prossimo presso di loro va tanto lontano
che qualche impiegato subalterno non desidera altro fervidamente che la morte
dell’impiegato superiore preposto a lui, per prendere, in tale occasione, il suo
posto. L’artigiano non desidera più ardentemente nient’altro che la rovina
degli affari dei suoi colleghi, affinché possa poi strappare a sé tutti gli
affari. Sì, il suo amore per il prossimo va così lontano che ucciderebbe tutti
i suoi concorrenti con una sola goccia d’acqua, se ciò in qualche modo fosse possibile.
Egli intraprenderà anche tutto l’immaginabile per mandare in rovina, dove e
come è possibile, i suoi vicini concorrenti.
6. Se voi considerate attentamente questa condotta
mondana solo un po’ più chiaramente, allora avrete colto perfettamente fin nei
minimi particolari dinanzi a voi già il primo inferno nello sforzo del divorare,
e anche come trapassano nel secondo inferno, nell’odio, nell’ira, nell’invidia
e nello sforzo di dominare. Voi qui non avete bisogno di nient’altro che
toglier via le esteriori leggi dello Stato, morali e civili, e il primo come il
secondo inferno si configureranno dinanzi a voi nel vero senso della parola.
7. Ciò che nel mondo si presenta
sotto il mantello delle leggi morali e civili sono ancora in una certa decenza,
mentre togliendo queste leggi subentrano immediatamente rapine, guerre, stragi
e incendi. Qui avete dunque la perfetta
immagine del primo inferno.
8. Se invece volete l’immagine del secondo inferno,
allora fate lo stesso. Comincerete subito a scoprire dappertutto una segreta scaltrezza
e da nessuna parte scoprirete uomini o spiriti che, standosi di fronte, non siano
l’un l’altro nemici mortali. Anche se esteriormente s’incontrano amichevolmente
e pieni di gentilezza, come anche pieni di apparente amore reciproco, tuttavia
tutto questo amore non è altro che puro odio. Infatti, tutto questo è politica,
per disporre l’avversario alla pace, per disarmarlo nel modo più raffinato, per
poi poterlo assalire di sorpresa tanto più sicuramente senza resistenza e rovinarlo
fino in fondo.
9. Osservate sulla vostra Terra solo i cosiddetti adulatori
e leccapiedi. Di solito costoro sono i maggiori nemici mortali di coloro
dinanzi ai quali strisciano. Essi li innalzano per lo stesso motivo per cui un
avvoltoio innalza una tartaruga, cosicché quando con essa ha raggiunto la
giusta altezza la lascia cadere assai vergognosamente, e così guadagna ancora
di più con la sua caduta.
10. Vedete, questo è di nuovo, in modo letterale e
figurato, il puro amore infernale del secondo grado. Perciò in quest’inferno
viene anche già maneggiato ogni tipo di arti ingannevoli, per impigliarsi e
rovinarsi reciprocamente nell’assurda opinione di guadagnare in ogni modo
possibile sempre di più dalla caduta degli altri.
[indice]
۞
Ogni uomo, secondo la sua
individualità, porta in sé il Cielo come l’inferno
(Parla Giovanni)
1. Lo pensereste voi, ma ancor più lo penserebbe qualcun
altro che fosse presente a questa comunicazione: “È davvero lodevole e anche
moralmente utile apprendere simili rivelazioni per mezzo delle quali viene
rappresentato, in un certo senso metaforicamente, il male fondamentale, ma ora già
sulla Terra c’è un numero stragrande di descrizioni dell’inferno. Esse sembrano
di avere tutte la medesima origine, ma come sono differenti l’una dall’altra!
Presso gli uni l’inferno è una palude di zolfo infuocato e presso altri è un
verme rovente che tormenta; ancora presso altri è un fuoco furibondo, o un’eterna
tenebra, oppure un’eterna morte. Secondo alcuni i dannati vengono torturati,
bolliti e arrostiti, secondo altri essi sarebbero pessimi baroni. Alcuni scorgono
nell’inferno pure nient’altro che un freddo terribile, altri ancora il più arroventato
zelo dell’ira. Alcuni vi scorgono miserabilissime, storpiate e affamate figure
umane, altri pure un aggregato di stranissime e assai orribili figure che
possono derivare solo da una qualche fantasia. E così sotto il concetto dell’inferno
si ha dinanzi a sé un vero Proteo([23])
tale da non poterlo fissare sotto nessuna forma.
2. Anche se qui fosse data una rappresentazione dell’inferno
perfettamente adatta ai puri concetti umani e ben comprensibile per questo
tempo([24]), chi garantisce
che tale rappresentazione con il tempo non sarà di nuovo soppiantata con
un’altra? Poiché niente esiste di così molteplice tra gli uomini sotto ogni
specie di forma, quanto proprio questo luogo spaventoso indicato sotto il
concetto ‘inferno’”.
3. “Bene”, vi dico io, miei cari amici! La vostra dubbiosa
obiezione ha il suo buon fondamento, poiché si basa perfettamente sulla realtà
dell’esistente concetto dell’inferno. Ma perciò voglio e devo anch’io mostrarvi
qui l’inferno in una tale luce generale, nella quale ogni possibile rappresentazione
dello stesso finora qua e là esistente sulla Terra, dovrà trovare la sua perfetta
giustificazione.
4. Se si osserva l’inferno solo secondo l’esteriorità
superficiale, allora è comprensibile perché esso, come un vero Proteo, si
presenti sempre in differenti apparenze. La cosa assume invece un aspetto del
tutto diverso se la si considera pienamente
dal suo fondamento.
5. Nondimeno, affinché possiate scorgere questo chiaramente,
vogliamo illuminare questa faccenda molto insidiosa mediante piccoli esempi, così
che debba star lì dinanzi agli occhi di ciascuno sotto l’illuminazione del
Sole.
6. Prendiamo uno Stato in cui ci siano molte migliaia
di persone. Tutte queste persone – esclusi i cretini, gli scimuniti e i fanciulli
– si fanno ogni specie di variopinti concetti sulla segreta politica dello stato.
Chi volesse conoscere più a fondo questi concetti, potrà intavolare su questo
una discussione con differenti uomini. Gli uni non vedranno che guerre dinanzi
a sé, gli altri nient’altro che tradimenti segreti; altri ancora vedranno segrete
truffe a danno del popolo e altri, invece, della pura saggezza. Alcuni grideranno
ad alta voce contro l’ingiustizia, altri non troveranno neppure sufficienti
parole adulatrici per elogiare, oltre i suoi meriti, la forma di governo e l’assennata
politica segreta dello stato.
7. Queste sarebbero però ancora delle pure oggettive opinioni
della parte più colta del popolo sull’amministrazione statale della politica
segreta. Chi invece vuol sentire delle ridicolaggini, si rechi in tutte le
tenebrose stanze rurali di alcuni contadini, e là egli potrà convincersi che in
tali postriboli di tutto ciò non sentirà che solo un’incolta, rozza fantasia che
l’uomo è in grado di produrre. Per esempio che l’imperatore ha l’intenzione di
far avvelenare una città, oppure che in un paese voglia inoculare la peste al
popolo, oppure che abbia concluso un patto con un monarca straniero per far
uccidere con la spada, in una notte, un qualche popolo di un paese e strappare
a sé, in tal modo violento, i beni dei sudditi uccisi, senza considerare altre
scempiaggini secondo cui il monarca in una certa occasione ha ceduto al diavolo
in persona la sua stessa anima, oppure le stesse anime dei suoi sudditi per
ottenerne un grande vantaggio terreno! Che in tutto ciò ci si comporti così,
non c’è bisogno di ulteriori prove, poiché ognuno può liberamente convincersi
di questo tutti i giorni.
8. Che le cose stiano così è fuori di dubbio; io però
domando: “Chi, da tutte queste migliaia e migliaia di enunciatori di concetti
politici, ha esposto il giusto concetto, il giusto fondamento della segreta
amministrazione dello Stato?”. – In fondo, nessuno; ma ciascuno di loro, assumendo
un aria misteriosa, considererà il suo concetto per quello giusto. Ma com’è
possibile stabilire dei concetti fondati su qualcosa di cui non si ha alcuna idea?
9. Vedete, la causa di questo sta in parte sia nell’apparenza esteriore, come anche nell’individualità di colui che considera
l’apparenza. Quanto meno fondamento interiore risvegliato ha l’osservatore,
tanto più insensati concetti si forma dell’apparenza. E vedete, proprio così
stanno le cose finora con il concetto dell’inferno.
10. Solamente a pochissimi veggenti fu concesso di
dare uno sguardo più profondo nel fondamento di questo luogo, mentre a moltissimi
fu permesso di scorgere l’una o l’altra apparenza dello stesso. E così la rappresentazione
dell’apparenza, per la sua voluminosa massa, ha sempre superato il vero
fondamento. Per questo motivo l’inferno si è poi moltiplicato sotto forme così
molteplici, e nessuno ha saputo e tuttora sa perfettamente come stanno le cose
con questo luogo.
11. Tuttavia domando ancora: “Chi potrebbe presentare,
dello Stato, il più giusto concetto fondamentale della segreta costituzione dello
stesso? – Sicuramente nessun altro se non lo stesso saggio monarca.
12. Se la faccenda sta incontestabilmente così, allora
questa domanda si adatterà anche per la triste condizione insita nell’aldilà [riferito all’inferno], e la risposta non potrà
essere altra se non che l’unico a poter esporre su questo luogo il concetto
fondamentale più giusto e universalmente valido, è Colui che è un Signore su
tutti i Cieli, così come anche su tutti gli inferni!
13. Nondimeno, così come qualcuno che è iniziato nel
fondamento dell’amministrazione statale segreta scorgerà con lieve fatica il fondamento
di tutti i concetti circolanti tra il popolo, così anche colui che con il
concetto dell’inferno conosce dal Signore il vero fondamento di questo luogo, vi scorgerà il fondamento di tutti
gli altri sciocchi concetti.
14. Infatti, ciascuno, secondo la propria individualità,
porta in sé il Cielo come l’inferno.
15. Se ora egli tramite una certa condizione scorgerà
la sua stessa individualità, allora solamente con ciò può scorgervi il suo stesso
imperfezionato inferno oppure il suo Cielo altamente imperfetto, e poi su questa
via potrà scorgere innumerevoli inferni dall’aspetto più differente.
16. Ma poi, potrà già accettare questo come fondamento?
Sicuramente così poco, come se uno misurasse il mare alla riva poco profonda
con un bastone da passeggio, dove è profondo al massimo un mezzo piede (
17. Come però si possa trovare e osservare molto a
fondo il vero e proprio fondamento,
lo mostrerà il seguito.
[indice]
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Corpo, spirito e principio
vitale
(Parla Giovanni)
1. Se dunque si vuole scorgere fino in fondo questo fondamento principale dell’inferno, allora lo si deve scorgere
dapprima laddove la rispettiva luce dell’occhio è sensibile all’impressione, e
da questo punto di vista poi, anche per mezzo della conversione spirituale, dedurre
coerentemente la misura corrispondente riguardo allo spirituale. Ma se si vuole
questo, allora si deve anzi tutto accettare e riconoscere come irrevocabilmente
stabilito che le condizioni della vita e le manifestazioni della stessa, sono una
e le medesime sotto un unico e lo stesso eternamente immutabile Signore. Detto
con altre parole:
2. L’uomo continua a vivere nello spirito esattamente
così come vive qui sulla Terra con la sua vita del corpo, la quale è solo una
vita coabitante o vita di mezzo.
4. Io però dico: “Chi parla così, ancora non ha di certo
nessuna idea come egli vive naturalmente”.
5. Vi domando: “Con la vita fisica, vive il corpo o lo
spirito? Qual è il principio della vita? È il corpo, oppure lo spirito?”. – Io penso
che chi sia capace di pensare solo un po’ chiaramente, non cercherà le origini
della vita nel corpo, bensì soltanto nello spirito. Infatti, se le origini
della vita fossero nel corpo, allora il corpo sarebbe immortale. Invece il corpo
è mortale, quindi in sé non può neanche avere le fondamenta della vita, bensì
solo lo spirito è immortale. La vita del corpo è perciò solo una vita
condizionata attraverso la vita dello spirito, mentre l’intero corpo si
comporta passivamente e del tutto negativamente per lo spirito. Perciò la vita
del corpo è anche solo una vita coabitante eccitata, proprio così come un
utensile qualunque convive, operando passivamente, nella mano di un artigiano,
finché l’artigiano lo dirige nella sua mano vivente. Se però egli lo lascia
cadere o lo mette da parte, allora anche la vita coabitante dell’utensile e la
sua effettiva attività ha fine.
6. Chi sarà tanto folle e stolto da volersi presentare
e dire: “L’artigiano deve regolarsi secondo le condizioni dell’utensile!”, – invece
di scorgere chiaramente che solo l’artigiano si fabbrica gli utensili adatti
secondo le sue necessità come anche secondo la sua condizione! Se dunque il
capo tecnico stabilisce i requisiti dell’utensile secondo le sue necessità,
allora di certo sarà anche chiaro che le condizioni del corpo convivente
dipendono da quelle dello spirito vivente, ma non il contrario.
7. E così lo spirito vive sempre solo dai suoi stessi principi
di vita e nelle sue stesse condizioni di vita, condizioni che il corpo è in
grado di cambiare tanto poco quanto l’utensile morto può cambiare i requisiti
dell’artigiano.
8. Se però qualcuno osserva come egli usi il suo
utensile, ed esamina nel progetto ciò che l’artigiano vuol produrre con questo,
costui può in modo ragionevole asserire: “Con l’uso dell’utensile, alla fine, dovrà
certo venir fuori qualcosa di completamente diverso, e con il prodotto dovranno
svilupparsi delle condizioni del tutto differenti da quelle che stavano nelle
chiare intenzioni del capo tecnico secondo il presente progetto?”. – Non
sarebbe questa un’asserzione insensata? Sicuramente, poiché ciò che si presenterà
sarà certamente l’effetto del vivente capo tecnico, non dell’utensile.
9. Di conseguenza anche la condizione di vita dello
spirito è costante, con o senza l’uso del corpo quale strumento. E perciò, chi qui
vuol osservare a fondo l’inferno, lo osservi sotto la stessa condizione nella
vita fisica, come in passato lo ha osservato nello spirituale assoluto. Nel mondo,
infatti, l’inferno è per filo e per segno, altrettanto presente, come si conferma
nello stato assolutamente spirituale. Né qui né là c’è niente di più e
niente di meno. E in quest’immagine lo osserveremo anche nella maniera più
chiara e di più grande effetto.
10. Tuttavia, per rendere a ciascuno su questo mondo ancora
più chiara e più evidente la vera e propria immagine dell’inferno, vogliamo
prima dimostrare ancora la piccolissima differenza tra la condizione di vita dal
punto di vista naturale e quella spirituale assoluta dell’umanità, e ciò, per
quanto possibile, in maniera tangibile.
11. Immaginatevi un falegname che debba fabbricare una
cassapanca. Per tale fabbricazione ha bisogno di parecchi utensili a voi noti.
Egli lavora diligentemente e in alcuni giorni la cassapanca è pronta. Alla base
della fabbricazione di questa cassapanca c’è stato particolarmente il suo
impulso che lo spronava ad essere diligente. Ma perché lo era, e perché ha
ubbidito al suo impulso interiore? – Perché voleva finire al più presto la
cassapanca a causa dell’utilità. Ma vi domando ulteriormente: “Da dove è
derivato dunque quest’impulso? Quale ne è stata la sua causa?”. – Quest’impulso
derivava dalla capacità creativa dello spirito. – “Ma in che modo dunque?”. – Perché
lo spirito ha in sé la caratteristica di realizzare oggettivamente anche subito,
ciò che ha creato nella sua idea.
12. Solo nell’assoluto stato spirituale lo può. Infatti,
ciò che lo spirito pensa è anche subito realizzato. Invece nel congiungimento
con il suo corpo fisico che l’ostacola, non può farlo con la materia esteriore.
Perciò, egli deve spronare il suo corpo, come strumento, alla successiva
attività, per realizzar poi in tal modo un po’ alla volta la sua idea. Questa
disposizione è stata stabilita dal Signore affinché lo spirito si eserciti in
questa vita in ogni occasione possibile, particolarmente nella caratteristica più
necessaria di ogni vita. Questa caratteristica, quale madre dell’umiltà, si chiama divina Pazienza. Infatti,
chiunque sia capace di pensare in maniera solo un po’ più matura, comprenderà
che la pazienza per la vita eterna è
tanto più necessaria, perché tale vita non ha nessuna fine. Già per la vita
naturale essa è il fondamento di ogni azione buona e grande, e questa vita è solo
transitoria.
13. Se il nostro falegname avesse potuto crear subito la
sua cassapanca come l’aveva immaginata nella sua idea, gli sarebbe stato
sicuramente più gradito. Ma allora, dove rimarrebbe l’esercizio della pazienza,
importante al di sopra di tutto, e dove la reciproca sicurezza naturale
esteriore, se allo spirito ancora vincolato al suo corpo, in questo mondo
materiale, stesse a disposizione senza limiti la sua originaria caratteristica
creativa?
14. Dopo la deposizione del suo corpo ogni spirito riceve
certamente di nuovo questa caratteristica, solo che per il buono sarà realmente
efficace, per il cattivo sarà invece irreale e chimerica, poiché, com’è la sua
causa, così è il suo effetto.
15. Ebbene vedete, in quest’esempio presentato è stata
dimostrata tangibilmente la differenza tra la vita naturale e quella assoluta
spirituale, la cui differenza consiste in ciò: che nella vita naturale lo
spirito è in grado di realizzare le sue idee solo lentamente e mai
completamente, perché ne è impedito dalla sua grossolana materialità con la
quale è avvolto, mentre nello stato assoluto vuole avere la sua idea realizzata
immediatamente. La volontà è sempre la stessa, altrettanto l’idea, ma solo
l’esecuzione è limitata nella vita naturale. E così questa limitazione è l’unica
differenza tra le due vite, altrimenti non ne è presente alcuna. Che questa
differenza sia attaccata alla materia, non ha bisogno di essere menzionato. – Poiché
ora conosciamo questo in modo tangibile e chiaro come il Sole, allora vogliamo
presentare subito le immagini vere e proprie dell’inferno fondamentale.
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Immagini terrene
dell’inferno fondamentale
(Parla Giovanni)
1. Prima immagine: immaginatevi un ricco speculatore.
Osservate bene quest’uomo eternamente insaziabile. Cos’è il suo amore e cosa il
suo volere? Nient’altro che quello di procacciarsi in ogni modo possibile, in
un certo qual modo permesso solo dalle leggi civili, i beni di un intero paese
e, alla fine, di un intero regno, e se questo gli riesce, anche di parecchi
regni, se non addirittura di impossessarsi dell’intera superficie della Terra.
Certamente questo piano non gli riuscirà affatto, e difficilmente realizzerà
completamente la sua idea. Ciò nonostante essa non svanirà in lui e suonerà segretamente
così: ‘Se avessi solo un’efficienza militare di almeno un paio di milioni di
guerrieri invincibili, allora raccoglierei in un mucchio tutto l’oro e tutto
l’argento, tutte le pietre preziose e tutte le perle del mondo intero!’.
2. Qualcuno ha anche quest’altro desiderio: ‘Se sopra un
intero paese venisse una peste, tale che tutti gli uomini, all’infuori di me, rimanessero
uccisi, allora io resterei il naturale erede universale dell’intero paese. E se
poi venissero degli uomini di qualche altro paese e volessero contestare la mia
eredità universale, allora la peste dovrebbe impacchettarli subito ai confini e
soffocarli!’.
3. Vedete, questa è un’immagine dell’inferno
fondamentale, immagine che voi potete trovare giornalmente tra gli uomini
presso tutte le classi, cominciando dal più comune mercantucolo fino al più
grande speculatore. Ma che cosa impedisce loro di non poter realizzare queste
lodevoli idee? Nient’altro che la fatale materia! Ora però togliamo via questa
materia e poi osserviamo lo spirito assoluto con le medesime caratteristiche, e
abbiamo dinanzi a noi l’inferno fondamentale nella forma migliore.
4. Seconda immagine: qui dinanzi a noi abbiamo un
ufficiale di grado minore. Quale pensiero principale dimora nel suo petto?
Forse quello di rendere servizi utili allo Stato? Oh, no, questa è l’ultima
cosa. “Esser promosso”, questo è il pensiero principale; se fosse possibile,
avanzare ogni ora di un grado superiore, diventare in un anno per lo meno un
generale e, come tale, avanzare il più presto possibile ai gradi di rango
superiori. Mettiamo il caso che costui abbia raggiunto il grado più elevato,
allora il suo piano, o per lo meno il suo pensiero principale, si esprimerà
così: ‘Ora fuori con immense schiere armate per riportare la vittoria su tutti
i popoli. Una volta sconfitti, e avrò il potere nelle mie mani, allora tutti
gli imperatori, re e principi dovranno tremare dinanzi alla mia spada!’.
5. Chi a questo punto non riconosce nel nostro
ufficiale l’avidità di dominio, deve essere colpito da una settupla cecità.
Qual è qui di nuovo la differenza, tale per cui il nostro ufficiale non può
realizzare questo? Come sopra, quelle materiali, naturali, condizioni limitanti:
la materia batte sulle dita al nostro eroe, ed egli, bene o male, deve accontentarsi
del suo posto di ufficiale di basso grado. In compenso invece non raramente
inveisce e cerca di far sentire ai suoi subalterni, nel modo più tangibile
possibile, la sua brama di dominio, e la minima mancanza da parte di un
subalterno viene punita con spietata tirannia. Togliete a quest’ufficiale gli impedimenti
materiali, e voi avrete dinanzi a voi una seconda perfetta immagine dell’inferno
fondamentale in una forma insuperabile.
6. Anche quest’immagine la potete trovare dinanzi a
voi più volte, specialmente in quella classe di uomini che è autorizzata a
portare una spada, come anche presso quella classe che ha il privilegio di
porre un cosiddetto nobile blasone davanti al loro insignificante nome.
Dappertutto voi troverete la brama di dominio, e ciò in una condizione molto rilevante.
E questo è il vero e proprio fondamento più basso di tutti gli inferni, e quale
fondamento è insaziabile e vorrebbe estendere fin nell’infinito la sua avidità
e brama di dominio. – Nel seguito ancora più immagini!
[indice]
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Un’ulteriore immagine
dell’inferno più basso
(Parla Giovanni)
1. Osserviamo un amante molto insaziabile, come anche una somigliante donna sensuale. Dov’è indirizzato
il senso persistente di un tale essere sensuale? Se fosse possibile e se la
natura lo permettesse, di amoreggiare ininterrottamente con le fanciulle più
belle e più rigogliose in tutti i modi immaginabili! Ovunque l’occhio di un
tale uomo coglie un essere femminile solo in un certo qual modo accettabile, ognuno
al primo sguardo potrà leggere dai suoi occhi che egli, per il suo piacere,
vorrebbe usare sul posto l’essere femminile scorto, senza prendere minimamente
in considerazione per quale scopo fu creato e introdotto dal Signore l’atto
della procreazione. Se le civili leggi morali non glielo impedissero, allora
nessun essere femminile, nemmeno sulla pubblica piazza, sarebbe al sicuro dalla
sua bramosia.
2. È pur vero che, in fondo, questo non modifica la
questione, poiché nella sua brama lo rende comunque fallace. Supponiamo invece
che un simile uomo sensuale abbia un patrimonio sufficiente e con questo possa procurarsi,
tranne poche eccezioni, tutti i godimenti corrispondenti ai suoi sensi
assetati. Cosa fa? Nient’altro che viaggiare in tutti i paesi al fine di procurarsi
là i differenti godimenti sopraffini, poiché più nulla lo soddisfa nel suo paese
di residenza, avendo già goduto tutto ciò che per lui era raggiungibile, e dove,
nonostante il suo grande patrimonio, non avrebbe potuto raggiungere alcune cose
di cui avrebbe avuto, per così dire, ancora una passione.
3. Quando il nostro eroe sensuale ha così goduto tutto
da cima a fondo e la sua natura comincia a rifiutargli l’infame servizio,
allora ricorre a mezzi artificiali per ravvivare nuovamente con questi la sua insensibile
natura. Se questi non fruttano più, allora si procura il vergognoso coito con ragazzi
e giovinetti sani. In tal modo la sua natura viene nondimeno di nuovo un po’
aiutata.
4. Con questo la sua natura s’inverte completamente,
egli prova un vero e proprio disgusto per la carne delle donne e cerca di
soddisfarsi solo con la tonica carne della gioventù maschile, finché anche
questa non gli procura disgusto. Poi però la sua incapacità lo rende iracondo sulla
presunta inadeguata disposizione della natura.
5. La sua fede in Dio è già stata immolata da tempo, poiché
il peccato carnale ha in sé, dapprima, l’uccisione di tutto lo spirituale.
Attraverso questo peccato l’uomo è il più rozzo egoista materiale, non ama
nessuno all’infuori di sé e vuole che ogni sua brama debba servire
convenientemente solo a lui. Egli è innamorato di se stesso oltre ogni misura, e
per questo odia tutto ciò che non rende omaggio alla sua brama. Pertanto, poi,
come detto, diventa un purissimo materialista egoista, e in lui non c’è più nessuna
traccia di una Divinità né di un qualcosa di spirituale.
6. Per questo motivo è anche un purissimo ateo, e la
natura, quella esteriore visibile e grossolana, diventa il suo dio. A questo
dio porta le sue offerte, fino a quando nella forza utilizzabile della sua stessa
natura fa l’esperienza che, attraverso tale disposizione, questo dio-natura gli
procura deliziosi e gradevoli godimenti. Guai però a questo dio-natura se
rifiuta, anche una sola volta, il servizio al nostro campione! Ira, vendetta, collera
e furore saranno poi le aggiunte, ovvero gli stemmi gentilizi che egli porta. Voi
potete crederlo: l’ira segreta di un vero schiavo amante del sesso, quando la
capacità per lo stesso si è esaurita, oltrepassa tutti i concetti umani. Un
incendiario, un assassino e un brigante potrebbero avere in sé ancora più
sentimento umano, che un amatore avidissimo di carne, al quale la sua carne
rifiuta il servizio.
7. Ce ne sono pochi di tali uomini gaudenti sulla
Terra? Oh, no! Io vi posso assicurare che per ogni avaro del denaro ce ne sono moltissimi
di tali campioni della carne. Chi è padre ed ha una figlia con una corrispondente
prestanza esteriore, può calcolare che lei, specialmente in una città, suscita ripetutamente
bramosie di lussuria.
9. La carne della figlia può certamente essere
protetta. Ma chi protegge il suo spirito e la sua sfera irradiante, con la
quale questi campioni della carne si mettono in collegamento e la trasformano
nel loro ignobile desiderio morboso? Ritenete voi che questo non procuri nessun
dannoso influsso a vostra figlia? Qui vi sbagliate enormemente!
10. Portate spesso vostra figlia su tali piazze dove sia
osservata da molti occhi sensuali, e vostra figlia in breve tempo diventerà
disposta al sensuale carnale e, in segreto, comincerà a burlarsi e a deridere
le vostre paterne esortazioni morali. Il suo senso sarà sempre più rivolto là,
dove lei fiuta tali uomini sensuali. Qui forse qualcuno dirà: “No…, questa è troppo
grossa, è un’esagerazione. Quale effetto deve avere un innocente desiderio o un
segreto lascivo pensiero, senza un ulteriore contatto con un oggetto estraneo?”.
– Io a ciò non dico altro che questo: “Agli uomini di tale veduta e acutezza di
spirito, questa comunicazione è rivolta altrettanto poco, quanto poco il Sole è
rivolto al punto centrale della Terra!”. – Inoltre, domando a coloro che hanno
fatto esperienza nella sfera del cosiddetto sonnambulismo, e hanno osservato essi
stessi quale effetto disturbante provochi sulle persone magnetiche l’avvicinarsi
di un lussurioso. – Da dove viene questa reazione? Dove ha la sua causa? Anche
se un tale ospite indesiderato non ha sicuramente nemmeno sfiorato la
sonnambula, tuttavia quest’ultima, all’ingresso di un tale ospite percepisce all’istante
una reazione convulsiva e non raramente dolorosa.
11. Vedete, la causa sta nel conseguente immediato
vergognoso abbassamento della sfera spirituale della sonnambula. Tuttavia nella
sonnambula da ciò non sorge nessun danno morale, perché la sua sfera è più
chiusa, e perché ogni sonnambula fa subito tutto il possibile per allontanare
da sé un simile ospite.
12. Domanda: “Accade questo anche nello stato
naturale, dove la sfera di ciascuno è molto più estesa e non percepisce in sé
la percezione del danno?”. – In verità, nello stato naturale l’effetto è ancora
molto più grave che nel sonnambulo; per questo motivo è dato un proprio
Comandamento anche per simili pensieri e brame impudiche, affinché ognuno debba
astenersi e liberarsene.
13. Chi dunque osserva un tale lussurioso così com’è, questi
vede già ancora una perfetta immagine dell’inferno. Lo si spogli solo della
materia e si osservi il suo spirito assoluto, e scorgerà meraviglie dall’A alla
Z. Per prima cosa, vedrà un lussurioso in tutti i modi immaginabili, e accanto
a questo un furibondo che, con ira, vuole vendicarsi nel modo più vergognoso
del Creatore come dell’intera Creazione, a causa della presunta imperfezione
della sua natura. Qui non ho bisogno di dire altro, poiché chi ha occhi può
vedere da se stesso. – Nella prossima immagine femminile avremo la visione di
quest’inferno ancora più chiara dinanzi a noi.
[indice]
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Avidità di dominio e arroganza,
i semi dell’inferno
(Parla Giovanni)
1. Ci vuole un minimo grado di conoscenza psicologica per
scoprire in generale che, nel sesso femminile, l’avidità di dominio è il tratto
caratteristico predominante; infatti, avidità di dominio e vanità sono sorelle
gemelle ed hanno quindi una e la stessa radice genealogica. Ma dov’è quella
donna che non possiede un qualche grado di vanità, sia nel suo vestire o
nell’arredamento delle sue stanze, oppure in qualcos’altro ancora?
2. Esaminate il tratto di questa vanità, e dietro di
questa non troverete che il vivente granellino dell’arroganza e la successiva avidità
di dominio.
4. Si domanda: “Come mai?”. – Io però vi chiedo: “Di chi
è parte l’onore terreno dell’uomo? Esso è una parte della sua umiltà oppure
della sua arroganza?”. L’umile aspira al gradino più basso, dove non c’è più
onore né distinzione, così come il Signore, precedendo con il Suo grande
esempio, ha posto il Suo Onore nella più profonda umiliazione e in ciò
che è effettivamente la più grande infamia del mondo.
5. Un simile onore toccò a tutti i Suoi primi seguaci.
Io però domando: “Che cosa ha a che fare qui il senso del pudore, quando si
viene perseguitati e derisi, e alla fine messi in croce, nudi? Quanto onore può
avere costui ancora in corpo, e quanto senso del pudore può avere chi viene
trascinato al patibolo? Io penso che in una tale circostanza questi due attributi
dell’umanità, così altamente stimati, dovrebbero essere posti in seconda linea.
6. Se però si vuol rappresentare qualcosa come virtù,
allora si dovrebbe per lo meno poterla riferire, in un punto o nell’altro, al Cristo, quale il Punto centrale di ogni
virtù. Ma io domando: “Quando mai ha Egli esaltato il pudore e il senso
dell’onore come una virtù dell’uomo?”. Al contrario, Egli vietò ai Suoi
discepoli e apostoli di aspirare a qualsiasi onore, dicendo loro che non
dovevano farsi salutare né onorare, come lo pretendevano i farisei, ai quali
era ben gradito che li si salutasse per le strade e li si chiamasse ‘rabbi’.
7. Di conseguenza, io non posso assolutamente
comprendere per quale motivo il senso del pudore e la congiunta smania d’onore,
che è del tutto particolarmente predominante nel sesso femminile, possano essere
designate come virtù.
9. Da ciò risulta chiaramente che, con questa specie
di virtù femminile, c’è una difficoltà straordinariamente fatale. Tuttavia, per
mettere questo in una luce sufficientemente intensa, voglio presentarvi dei
piccoli esempi presi dalla vostra vita.
10. Supponiamo che una mattina uno di voi capiti casualmente
in uno spogliatoio femminile, nel quale ci sono raccolte alcune fanciulle
ancora in vestaglia. Si leverà un grido d’aiuto e le donzelle prenderanno la
fuga verso tutti gli angoli e dietro tutte le tende; naturalmente per autentico
‘senso del pudore’. Ma in quest’occasione, che cosa avreste visto di tutte le
loro attrattive femminili? Al massimo una testa spettinata, una faccia
assonnata e non lavata, un braccio nudo appena fin sopra il gomito e, tutt’al
più, ancora un mezzo petto. Ora però queste donzelle si vestono. Il braccio
viene denudato non raramente fin sotto l’ascella, nuca e petto vengono lasciati
scoperti quanto lo permette una certa decenza, o al massimo coperti con un
merletto trasparente, in modo tale da aumentare l’attrattiva delle parti nude. Con
ciò finisce il senso del pudore mattutino.
11. Domanda: “Il senso del pudore si trova qui nella fanciulla
oppure nella vestaglia?”. Ma andiamo avanti! La stessa pudica donzella che alla
visita mattutina era stata quasi colpita da malore per autentico pudore – e che
in quell’ora non si sarebbe lasciata toccare da un uomo per nessun prezzo al
mondo – proprio questa fanciulla super pudica viene portata di sera a un ballo
in uno stato quasi seminudo, e ora si lascia afferrare senza soggezione dal suo
ballerino e, non di rado, si lascia abbracciare, come voi dite, in tutti i
sensi. Vi domando: “Dov’è rimasto qui il mattutino senso del pudore?” –
Sicuramente a casa nell’inopportuna vestaglia! Ma proseguiamo!
12. La stessa pudica fanciulla, al ballo o in un’altra
occasione, durante una visita rispettabile oppure durante una passeggiata ancora
più rispettabile e innocente, un giovanotto ha fatto la sua conveniente conoscenza
visiva. Per questo evento essa dirà addio il più possibile al senso del pudore in
ogni occasione. Presto la nostra pudica fanciulla individuerà le parti a cui sono
rivolti gli sguardi del suo soggetto prescelto, così che tale donzella pudica, metterà
subito tutte le cure per esibire quelle parti quanto il più possibile al suo
sguardo.
13. Se però la nostra pudica fanciulla dovesse incontrare
il suo prescelto in una compagnia nella quale lei si vuol mostrare, per così
dire, dal lato più decoroso, allora il prescelto si dovrà accontentare, ciò non
appena si presenterà un’occasione più favorevole, del lancio di un paio di
sguardi furtivi, adoperandosi però ancor più, a mettergli in chiaro il suo predominio
nella compagnia. Guai a lui se ora, distratto, le venisse troppo vicino! Se
invece avrà l’occasione di un incontro, specialmente in un luogo dove i raggi
del Sole non cadono direttamente, e dove anche le onde sonore del trambusto del
mondo giungono solo attutite o per niente, allora il senso di vergogna sarebbe completamente
vinto, e la nostra verginella, al mattino tanto pudica, si offrirebbe per essere
contemplata dal suo soggetto amato, vorrei dire, da faccia a faccia, ovvero da
capo a piedi. E un libero palpare, in tale occasione, non sarebbe considerato
come un’offesa verso il verginale senso del pudore.
[indice]
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I frutti che maturano per
l’inferno
(Parla Giovanni)
1. Ritorniamo alla nostra ‘pudica’ verginella e seguiamola
ancora una volta in una compagnia, dove lei, in seguito alle sue attrattive
femminili, gioca il ruolo di reginetta. Anche il suo amato si trova in questa
compagnia. Ma cosa farà ora la sua favorita? Si occuperà forse di lui? Oh, no, all’opposto
si occuperà di una quantità di altri partecipanti e si lascerà corteggiare da
loro da capo a collo, come dite voi. E per quale motivo veramente?
2. Ve lo dico io, poiché conosco il mondo molto
precisamente: lei non lo farà per diventare infedele al suo innamorato da lei
scelto, bensì solo per mostrargli quale enorme valore lei abbia. In questo
modo, per così dire, lei vorrebbe dirgli indirettamente: “Riconosci dalle mie
azioni, quale inestimabile tesoro tu hai in me!”.
3. Invece l’innamorato, che non è in possesso dell’onniscienza,
prende la cosa da un altro punto di vista. Presto diventa triste e distoglie i suoi
occhi dal luogo dove la sua amata si fa corteggiare. Se getta ancora delle occhiate
furtive nell’infausta direzione, allora queste sono già piene di bruciante
gelosia.
4. La nostra verginella se ne accorge, ma non si
corregge minimamente. Anzi, ricomincia a fare il suo gioco con maggiore
cattiveria, per vendicarsi del suo innamorato che ha cominciato a disconoscere
il suo alto valore proprio là, dove lei voleva ostentarlo più di tutto davanti
a lui. In quest’occasione l’innamorato cerca di ritirarsi quanto prima
possibile dalla compagnia, con questo proposito nel cuore: “Aspetta, canaglia!
Quando ci ritroveremo solo una volta ancora a quattr’occhi, allora ti renderò
nota la mia disapprovazione in un modo che avrai di che pensare, poiché ora non
desidero altro che vendicarmi di te secondo il merito della tua infedeltà!”.
5. Essi s’incontrano, e il risultato di quest’incontro
sono i più accesi rimproveri. La conseguenza è per lo più una separazione tra i
due innamorati, e solo raramente una riconciliazione che però regge altrettanto
poco come il primo amore. Riconciliazioni, litigi, mirano qui sempre alla
stessa cosa; infatti, se si conciliano di nuovo, allora questa riconciliazione
serve di solito a questo: a rendersi da ambo le parti il reciproco valore il più
tangibile possibile! E così un tale riamare non è altro che una vendetta mascherata,
e se non si riconciliano, allora reciprocamente cercheranno anche ogni
occasione dove uno cercherà di superare l’altro, per far sentire il suo
disprezzo nel modo più spietato.
6. La verginella, per pura vendetta, supererà presto
tutti i limiti del senso del pudore e diventerà una vera civetta. Se il vecchio
innamorato non si umilia, cosa che lei desidera, allora lo stesso sentimento di
vendetta la rende una prostituta, mentre l’innamorato bandisce dal suo cuore
l’ultimo resto del suo vecchio sentimento. E se la nostra verginella, una volta
pudica, ha assaggiato il dolce stimolo della libidine, allora nessun Dio, come
siete soliti dire voi, la riporta più sulla via della virtù. Se con questo lei
diventa infelice, allora nella piena collera del suo cuore getta la colpa per
lo più su quel primo innamorato, il quale ha vergognosamente disconosciuto il
suo proposito e la sua prima virtù.
7. Ma cos’è poi questo? Non è altro che il frutto già
completamente sviluppato del senso del pudore femminile, prima così altamente
esaltato. Il nome del frutto è: il più basso perfetto inferno! Oppure
anche: l’inferno perfettamente maturo,
se si toglie l’involucro esteriore! Che cosa, infatti, non sarebbe capace di
fare una tale donna infelice, a colui che lei considera, anche se in modo
sbagliato, la causa della sua infelicità?
8. Se le fosse possibile, nel momento della sua libera
collera, vorrebbe vederlo smembrato da migliaia di serpenti arroventati. Allora
questa vendetta sarebbe appena una goccia di rugiada rinfrescante sul suo cuore
infiammato d’ira.
9. Chi non dovesse crederlo, visiti una tale infelice
fanciulla e intavoli con lei una discussione sul noto soggetto della sua
infelicità. Nel migliore dei casi vedrà subito scaturire, da questa bocca
femminile, tutti i vulcani della Terra. Nel peggiore dei casi invece vi dirà: “Vi
prego di risparmiarmi quest’argomento!”. Se avete udito ciò, allora potete già immaginare
che tempo è. – Noi avremmo ora illuminato molto ampiamente i frutti, come questi
maturano per l’inferno; prossimamente illumineremo la faccenda in modo più
particolare.
[indice]
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Tutti i segreti saranno
svelati nello stato spirituale
(Parla Giovanni)
1. Non raramente accade che una tale fanciulla offesa, per
pura vendetta verso il suo precedente innamorato, sposi un altro, per il quale
nel suo cuore non porta nessuna scintilla d’amore. Con questo atto lei vorrebbe
castigare nel modo più doloroso il suo ex innamorato che l’ha disconosciuta, anzi,
se fosse possibile, per quest’offesa perfino levarlo dal mondo. – Cosa succede
invece?
2. Il vecchio innamorato non si offende, bensì di buon
animo si cerca un’altra innamorata. Non raramente è una migliore della prima. Ma
quale effetto avrà questo sulla prima innamorata ora maritata? Essa diventa di
cattivo umore e taciturna. Suo marito le chiede la causa, ma inutilmente! Ciò
che l’opprime, ai suoi occhi è troppo grande e grave, e troppo sospetto nei
confronti del suo nuovo consorte perché glielo possa confidare. Lei di certo
non intraprende più nessun passo ulteriore per mettere dei sassi sotto i piedi
del suo vecchio innamorato e attirarlo sull’abisso, ma tanto più profondamente
seppellisce nel suo cuore la causa del suo cruccio. Passano anni e, come al solito,
il tempo è il miglior medicamento per la guarigione di alcune ferite; certamente
è solo un palliativo, così guarisce anche questa ferita. Tali persone non di
rado diventano poi buoni amici.
4. Vedete, in questo noi abbiamo una fedele immagine
per simili amicizie palliative morali, le quali sono una conseguenza del tempo
terreno dimenticato. Lasciamo però venire un cattivo tempo, cioè lasciamo incontrare
gli spiriti assoluti di tali amici nell’aldilà nel momento in cui essi sulla
Terra hanno peccato l’uno contro l’altro, e allora nell’attimo in cui, per
mezzo della chiara visione del loro spirito, scorgeranno i danni risultanti dalle
loro reciproche offese, nonché pure i vantaggi che avrebbero potuto conseguire su
una via senza che ci fosse alcuna offesa, e vedremo i due incontrarsi col più
grande disprezzo e le più orribili imprecazioni. E questo non è certo il Cielo
in misura corrispondente, come si dava a vedere dall’esterno, bensì è il più palese
inferno nella più bassa potenza.
5. Perciò anche nella Scrittura è detto che «ognuno deve esaminarsi del tutto bene»,
e inoltre: «.. non c’è nulla di tanto
nascosto e tanto segreto nell’uomo che un giorno non debba essere annunciato ad
alta voce dai tetti delle case». Il che vuol dire: l’uomo non ha nulla in
sé di così completamente interiore, che nell’assoluto stato spirituale non si
confermi visibilmente nell’esteriore. Per questo motivo è quanto mai
consigliabile ad ogni uomo di esaminare assai precisamente tutti i rapporti
amichevoli e ostili nei quali si è trovato, per vedere quale effetto essi eserciterebbero
sul suo animo se fosse messo di nuovo in questi. Poiché, ogni uomo vivente qui
sulla Terra deve comprendere che nell’aldilà nello stato spirituale assoluto sarà
posto nel modo più vivente in tutte quelle condizioni fatali che hanno
costituito per lui, qui [sulla Terra], le più grandi pietre dello scandalo; – infatti,
il Signore stesso ci ha preceduto con questo esempio:
6. Dapprima nel mondo Egli venne giudicato dai Suoi nemici e crocifisso
tra due malfattori, poi la Sua Anima
essenziale non ascese subito in Cielo, bensì discese all’inferno, dove Lo aspettavano i Suoi più grandi nemici, anche se
tra loro vi erano alcuni vecchi amici come gli antichi padri e molti profeti e
maestri.
7. «Se qualcuno
su questo mondo non ha restituito fino all’ultimo centesimo, non sarà in grado
di entrare nel Regno dei Cieli». Quindi qui significa ripassare diligentemente
tutti questi vecchi registri dei debiti e specialmente quelli che recano, come iscrizione,
la parola ‘amore’. I debiti d’amore per l’aldilà sono i più
ostinati. Un furto di milioni viene cancellato con più facilità dalla cameretta
della memoria spirituale, che un debito d’amore. E perché? Perché un furto di
milioni è solo una grossa colpa esteriore, non riguardante lo spirito. Invece il
debito d’amore riguarda per lo più l’intero spirito, perché tutto ciò che è
amore costituisce la vera e propria essenza dello spirito. Per questo
motivo niente è per l’uomo così pericoloso in questo mondo come il cosiddetto ‘innamorarsi’,
poiché questo stato assorbe l’intero spirito. Se poi subentrano degli ostacoli
esteriori che non lasciano realizzare un simile precoce amore sessuale reciproco,
allora gli spiriti offesi certamente si ritirano, lasciandosi guarire con ogni
tipo di palliativi artifici mondani le loro ferite ricevute; nondimeno non
vengono guarite fino in fondo.
8. Quando poi arriva il brutto tempo spirituale, allora
queste ferite si riaprono. Questo secondo stato sarà poi molto peggiore del
primo, com’è anche il racconto nella Scrittura dei sette spiriti cacciati
fuori. Qui la casa viene di certo purificata anche con dei mezzi esteriori, e
il nemico maligno va vagando per aridi deserti e steppe; ma poiché là non trova
nulla in cui rimanere, allora prende ancora altri sette spiriti che sono peggiori
di lui e si ritira nella sua vecchia, ripulita casa [Luca 11, 24-26].
9. La vecchia casa ripulita è lo spirito, spirito che
su questo mondo viene purificato con mezzi esteriori; lo spirito maligno è invece
il cattivo stato nel quale un uomo si è trovato una volta su questa Terra. Questo
è stato di certo cacciato fuori completamente con mezzi esteriori; egli va ora
vagando per aridi deserti e steppe, cioè lo spirito dell’uomo guarisce e
cicatrizza le sue ferite, in modo che diventino secche e non sanguinino più. Ma
lo spirito maligno ritorna con ancora sette altri, e questo significa che nell’assoluto
stato spirituale tutte le ferite vengono nuovamente messe a nudo, si riaprono a
forza e con molta più violenza; e questo è poi quello stato che è peggiore del
primo.
10. Tuttavia, dappertutto dove voi vedete un essere
che si presenta contro un altro in preda alla massima, dannosissima collera, là
è già anche l’inferno fondamentale compiuto!
11. Per questo motivo io, Giovanni, ora quale eterno
servitore e aiutante espertissimo del Signore, consiglio a tutti gli uomini,
specialmente ai genitori, di mettere in guardia con la massima cura i loro
figli da nient’altro, come dal cosiddetto innamoramento. Quanto soffra lo
spirito lo potete scorgere già naturalmente chiaro in ogni giovane studente che
si è innamorato nel momento non giusto; infatti, un tale giovane è sicuramente
rovinato per tutto l’intero tempo della sua vita e non è capace di alcun
progresso spirituale. Se dovesse avere una qualsiasi altra passione, potreste portagliela
via con una giusta conduzione e fare di lui un uomo ordinato, ma se una certa figura
incantatrice vivente si è annodata una volta con lo spirito, allora è più
difficile smuoverla da un animo giovane, qualunque sia il sesso, che spostare
una montagna dal suo posto.
12. Ed è proprio a tale innamoramento in un tempo non
giusto che sta per base la massima lussuria spirituale, poiché lussuria o fornicazione
è tutto ciò che ha di mira l’inganno dello spirito.
13. Ma poiché l’amore è più di tutto dello spirito,
allora un inganno d’amore o una colpa evidente in questo, è il grado più basso
e più profondo della vera lussuria spirituale, oppure il vero e proprio inferno
più basso.
14. Quanto detto finora, ogni uomo deve prenderlo a
cuore sommamente e in maniera assai vivente. – Prossimamente seguiranno ancor
più di tali considerazioni speciali.
[indice]
۞
Paradiso e inferno,
polarità nell’uomo
(Parla Giovanni)
2. Come può essere questo, per l’uomo, un giudizio sommamente
condannabile, se deve peccare in uno stato estremamente passivo contro un Ordine
divino che, per salvaguardarlo, all’uomo manca in sé del tutto la necessaria
forza delle molteplici esperienze?”.
3. “Bene”, dico io, chi mi fa tale obiezione lo invito
ad esaminare un po’ più a fondo quanto detto prima. Egli troverà qui dimostrato
come io non ho affatto riferito quanti vanno all’inferno e chi, bensì ho
evidenziato a ciascuno unicamente solo cos’è presso tali uomini l’autentico inferno
nella sua forma. Infatti, sull’intera Terra non c’è nessuno così perfetto che
non porti in sé ugualmente bene l’intero inferno dalle fondamenta, così come
porta in sé l’intero Cielo.
4. Tuttavia, come ho dimostrato sufficientemente prima
cos’è il Cielo nell’uomo e come questo viene creato e riprodotto in lui[26], altrettanto
devo mostrare in quale modo l’inferno viene creato e riprodotto nell’uomo.
5. Sarebbe triste e sommamente spietato se un uomo,
per il motivo che porta in sé visibilmente la perfetta immagine dell’inferno,
dovesse anche essere già un abitante dello stesso. Se questo fosse il caso,
allora anche tutti gli angeli dovrebbero essere spiriti infernali, poiché anche
loro portano la perfetta immagine dell’inferno visibilmente in sé. Se questo non fosse il caso, allora a
nessun angelo sarebbe possibile penetrare in questo luogo e qui portare alla
quiete gli spiriti ribelli. Io stesso non potrei mostrarvi e svelarvi l’inferno
se non lo avessi completamente in me. Inoltre, per gli abitanti del Cielo questo
sarebbe anche molto pericoloso, se non avessero in sé la corrispondente
immagine visibile dell’inferno, poiché essi non potrebbero scorgere tutto ciò
che l’inferno intraprende contro di loro.
6. Così invece nessuno spirito, nell’intero inferno,
può intraprendere qualcosa che non viene scorto immediatamente in noi.
7. Inferno e Cielo stanno nel contempo nell’uomo quali
due polarità contrapposte, senza le quali non potrebbe essere pensata esistente
nessuna cosa.
8. E così serva a ciascuno per conoscenza che qui non
si parla assolutamente di chi va all’inferno – poiché questo significherebbe
giudicare l’umanità sulla Terra – bensì solo di ciò che è l’inferno in se
stesso.
9. Ma che simili indebite appropriazioni d’amore siano
in se stesse puro inferno, lo può scorgere ciascuno, poiché queste indebite appropriazioni
hanno per fondamento l’egoismo e l’avidità di dominio.
10. Che altro è, infatti, la gelosia, se non il
risveglio dell’amor proprio, dell’egoismo e dell’ambizione? Il geloso non è geloso
perché forse il suo soggetto scelto avrebbe troppo poco amore, bensì solo
perché egli stesso viene diminuito nella sua pretesa, e ritiene il suo valore svalutato
da quello stesso soggetto da cui si aspettava la massima considerazione.
11. Domanda: “Non è questo il polo completamente
opposto allo stato in cui si dovrebbe dimenticare del tutto se stessi per amore
del prossimo, qualsiasi sia il suo sesso, per tenersi pienamente pronti per il
bene dello stesso?
12. Ma come può ciascuno soggiogare in sé quest’inferno fondamentale, renderlo non attivo,
bensì puramente passivo?”.
13. Questo è estremamente facile: perdonando sia alla
parte offendente, come all’offeso, di tutto cuore, nel Nome del Signore, e benedicendo
all’offendente, come all’offeso, altrettanto nel Nome del Signore (si comprende
da sé che tutto questo deve avvenire in pienissima serietà), – e l’intero inferno
sarà già soggiogato nell’uomo!
14. Io vi dico, in verità, uno sguardo contrito verso
il Padre buono è sufficiente per sfuggire all’inferno per tutta l’eternità!
Osservate il malfattore sulla croce, egli era un ladro e un assassino; però
alzò lo sguardo al Signore e disse con grande, dolorosa contrizione del suo
cuore: «O Signore! Quando giungerai nel
Tuo Regno e trarrai giudizio contro di noi grandi malfattori, ricordaTi di me e
non punirmi troppo duramente per i grandi misfatti che io ho commesso!».
15. E vedete, il grande, onnipotente Giudice così
parlò a lui: «In verità, oggi stesso tu
sarai con Me in paradiso!».
16. Da questo autentico avvenimento si spera che qualunque
cristiano, pur se solo appena credente, possa rilevare quanto estremamente poco
ci vuole in fondo per assoggettare in eterno tutto il più basso e più potente inferno.
17. L’esempio della donna samaritana al pozzo di
Giacobbe, la quale aveva amoreggiato con sette uomini, è uguale all’esempio suddetto,
in cui il Signore le dice: «Donna, damMi
da bere!». E ancora: «Se tu sapessi
chi è Colui che ti dice: ‘Donna, damMi da bere’, allora Gli chiederesti di
darti da bere dell’acqua vivente, affinché tu non abbia mai più sete in eterno!».
Così suonano fedelmente le parole come furono scambiate sul posto.
18. Ma chi non riesce a vedere qui, quale piccolo cambio
esige il Signore da questa peccatrice per il dono del Regno dei Cieli? – Solo un
sorso d’acqua! Allora, a ogni cristiano appena versato nella Scrittura, è anche
noto l’avvenimento dell’adultera e la vita di Maria Maddalena. Il Signore
scrive due volte sulla sabbia le colpe della prima, e Maddalena ebbe il
permesso di ungerGli i piedi, e fu colei alla quale il Signore venne dapprima
dopo la Sua Risurrezione! Altrettanto il Signore con il figliol prodigo e con
la ricerca della centesima pecorella smarrita, mostra quanto poco pretenda dal peccatore
per il conseguimento della Grazia e della Misericordia!
19. Perciò noi qui non vogliamo render noto chi va
all’inferno, bensì solo come l’inferno è fatto in se stesso.
[indice]
۞
Principi celesti e principi
infernali
(Parla Giovanni)
1. Io ho già uno a cui, come voi usate dire, salta la
mosca al naso, il quale dice: “E va bene. Il concetto della visibilità dell’inferno
può anche essere di qualche utilità, ma non prima di sapere quando tale inferno si presenterà visibilmente
nell’uomo o in un’intera società umana con una certezza tale da diventare la polarità
principale, e che coloro presso i quali così si manifesta, appartengano
realmente all’inferno. Detto in breve: chi andrà all’inferno, il come e il quando
si giunge in esso, si deve sapere precisamente, altrimenti la conoscenza dell’aspetto
dell’inferno, per quanto esatta, non servirà a nulla. Chi non sa dove, come e
quando può cadere nelle mani del nemico, è già perduto, poiché dove immaginerà
di essere maggiormente al sicuro, proprio là sarà assalito dal suo nemico, e
sicuramente sarà perduto senza salvezza. Perciò si domanda: quand’è che un
peccatore, di qualsiasi genere, andrà all’inferno e quando no?”.
2. Questa domanda si può porre a ragione, perché nella
Sacra Scrittura si hanno tanti esempi in cui dei peccatori sono andati all’inferno
e altri del tutto simili sono stati salvati. – Ma io, Giovanni, dico: “Questa
domanda suona di certo come se avesse un qualche saggio fondamento, tuttavia
qui non è affatto il caso”. – Nell’esposizione dell’aspetto dell’inferno,
allora io ho anche esposto indirettamente a chi spetta del tutto effettivamente
l’inferno. Spero tuttavia che in questa esposizione, con l’espressione ‘inferno’
non penserete a nessun reale luogo carcerario nel quale sarebbe possibile
andare, bensì soltanto a uno stato nel quale un essere libero vi si
trasferisce in base alla sua specie d’amore e per le sue azioni. Chiunque sia in
grado di pensare anche solo in una certa misura in modo maturo, afferrerà qui
facilmente con le mani che un uomo appartiene all’inferno finché continua ad
agire secondo i suoi principi, e questi sono: avidità di dominio, amor proprio ed egoismo. Questi
tre sono diametralmente opposti ai principi celesti, i quali qui sono: umiltà,
amore per Dio e amore per il prossimo.
3. Quanto è facile distinguere gli uni dagli altri,
anzi è più facile che distinguere la notte dal giorno. Chi vuol sapere di sé
chiaramente se appartiene all’inferno oppure al Cielo, interroghi con scrupolo il
suo animo interiore. Se costui, secondo la sua tendenza di base e amore, risponde
in sé così: “Questo è mio e anche quello è mio! Io vorrei questo e anche quello!
Questo pesce è mio e l’altro lo voglio prendere! Date tutto a me, perché io
vorrei, anzi, voglio tutto!” – Dove l’animo si fa sentire così, qui l’inferno è
ancora il polo positivo.
4. Se invece l’animo dice: “Niente è mio, né questo né
quello! Tutto è dell’Uno ed io non sono meritevole della minima cosa, e se ho oppure
avessi qualcosa, non deve essere mio, bensì del fratello mio!”. – Se questa è
la risposta interiore dell’animo, allora il Cielo è il polo positivo.
5. Se quindi uno ha scelto una fanciulla, e anche un
altro l’ha scelta, e il primo è poi subito colmo della più grossolana gelosia
se anche il secondo riceve accoglienza, allora in lui è predominante già il
polo dell’inferno. Se però il primo dice: “Mia cara, tu sola sei padrona del
tuo cuore. Io ti amo veramente, per questo non voglio da te alcun sacrificio, ben
però sono pronto a portarti ogni sacrificio per il tuo bene; perciò sei
completamente libera da me. Fa’ dunque quello che vuoi e come lo ritieni buono
per te; il mio amore e amicizia sincera mai li perderai per questo. Se ti
costringessi a porgermi la tua mano, allora amerei soltanto me in te, e farei
di te una schiava. Io invece non amo me in te, bensì soltanto te in me. Perciò
tu hai da me la completa libertà di cogliere tutto ciò che ritieni più conveniente
per la tua felicità”.
6. Vedete, da questo discorso splende già il cittadino
del Cielo; infatti, così si parla in Cielo. E chi può esprimersi in tal modo
dal fondamento del suo cuore, in questi non è più esistente alcuna goccia positiva
di un inferno.
7. Chi può rinnegarsi così in questo punto più
delicato di tutti, potrà rinnegarsi tanto più facilmente negli altri punti meno
delicati. Chi invece diventa geloso e rompe subito l’amore con la sua amata, la
maledice con disprezzo, rancore e collera nel suo cuore e altrettanto lo è nei
confronti del suo rivale, costui agisce già dall’inferno, il che presso di lui
costituisce del tutto chiaramente il polo positivo.
8. La regola per l’uomo celeste è questa: – “Chi per
qualsiasi faccenda vede che anche l’amore del suo prossimo è coinvolto nella
stessa cosa, deve immediatamente ritirarsi e non deve porre alcuna barriera al
suo prossimo per la realizzazione del suo amore; infatti, è meglio uscir a mani
vuote in ogni occasione nel mondo, che ottener qualcosa con la lotta, per
quanto irrilevante possa essere”.
9. Poiché quanto più uno sacrifica qui, tanto più
troverà nell’aldilà. Chi qui sacrifica una giacca di pelo, là ne troverà una
d’oro; chi ne sacrifica due, là ne troverà dieci; e chi qui sacrifica una fanciulla
scelta, lì gli verranno incontro cento fanciulle immortali. Chi qui cede anche
solo un magro pezzo di terra, là gli sarà dato là un mondo intero. Chi qui ha
aiutato uno, nell’aldilà cento gli stenderanno le braccia e lo aiuteranno nella
vita eterna! – E così nessuno perderà
qualcosa di ciò che sacrifica qui. Chi semina abbondantemente, raccoglierà
anche abbondantemente, chi invece semina parcamente, raccoglierà anche parcamente.
10. Io penso ora che dovrebbe ben essere sufficiente a
rendere alquanto afferrabile a ciascuno, quand’è che in lui diventa polo positivo
l’inferno oppure quando lo diventa il Cielo. E così nessuno avrà più bisogno di
uscir fuori con la ridicola domanda: “Chi va’ all’inferno oppure in Cielo”, e: “Come
e quando si va’ in questi?”, – poiché nessuno
va’ all’inferno né in Cielo, bensì ognuno li porta entrambi in sé.
11. Se è positivo l’inferno, allora
l’intero uomo costituisce già l’inferno in persona; se invece è positivo il Cielo, allora anche l’intero
l’uomo è il Cielo stesso in persona. E così nessuno avrà bisogno di domandare: “Qual
è l’aspetto del Cielo?”, e: “Quale dell’inferno?”, bensì ognuno osservi la propria
polarità, e vedrà con precisione qual è l’aspetto dell’inferno o del Cielo.
12. Poiché da nessuna parte esiste un luogo che si
chiami Cielo o inferno, bensì tutto questo è ogni uomo stesso, e nessuno
giungerà mai in un altro Cielo o in un altro inferno se non in quello che egli
porta in sé.
13. Voi([27])
vi siete sufficientemente convinti, come quando ci siamo trovati su quel Sole
centrale e là abbiamo visto cose meravigliose. – Dov’era questo Sole? – In voi!
E dove siamo noi adesso? – Secondo l’apparenza certamente sul Sole spirituale; secondo
la realtà, invece, in voi stessi.
14. Come questo sia possibile ve lo dimostra ogni
sogno, di cui voi avete già ricevuto i più convincenti trattati, e proprio così
stanno le cose (solo con l’eccezione del sogno in cui l’esistenza è incerta)
con la massima, chiarissima determinazione nell’assoluto stato spirituale. – Ma
per poter comprendere questo ancora più profondamente, vogliamo considerare
prossimamente alcuni esempi.
[indice]
۞
Lo spirito, creatore del suo
stesso mondo
(Parla Giovanni)
1. Un buon pittore di paesaggi e, nel nello stesso tempo,
un grande amante di belle scampagnate, ritorna a casa da una di queste. Il
paesaggio che ha visto, durante questa scampagnata, a lui piace talmente che
vorrebbe fermarsi per sempre nello stesso, ma i suoi impegni non glielo
permettono. Perciò che cosa gli resta da fare per trovarsi, almeno
all’apparenza, in questo paesaggio per lui tanto meraviglioso? Egli dipinge
questo paesaggio con grande dote artistica su due grandi pareti vuote della sua
stanza di soggiorno, in modo così encomiabile che ogni visitatore,
meravigliandosi altamente, individua subito il meraviglioso paesaggio da tutti
conosciuto.
2. Vi domando: “Dove ha ricavato il nostro pittore il
modello per dipingere questo paesaggio? Ha avuto qualche incisione in rame
davanti a sé? Oppure egli stesso quando stava sul posto ha abbozzato il
paesaggio nei suoi contorni?”. – No, né l’uno né l’altro, bensì ha tenuto saldo
il vivente profilo del paesaggio nella sua fantasia e lo ha riprodotto
fedelmente sulle pareti.
3. Questo è giusto, e ogni uomo ne può scorgere la
possibilità; ma sicuramente non ogni uomo scorge in quale modo il nostro
pittore ha riprodotto sulla parete lo stupendo paesaggio presente nella sua
fantasia. A questo punto si domanda: “Come e in quale modo questo pittore ha
riprodotto sulla parete il paesaggio presente nella sua fantasia?”. Vedete, questo è un processo vitale molto importante e significa davvero molto; perciò
vogliamo illuminarlo anche un po’ più da vicino. – In occasione della
contemplazione del nostro Sole centrale abbiamo conosciuto ed appreso, quanto
più chiaramente possibile, che tutto è esistente nello spirito dell’uomo. Se non esistesse nello spirito umano, dove
potrebbe egli afferrare un’idea e farsi una qualche immagine di ciò che ancor
mai un occhio mortale ha visto?
4. Ora però l’uomo può pervenire in se stesso a
contemplazioni inconcepibilmente elevate e spiritualmente trascendentali, e
così deve avere in sé tutto ciò che una fantasia può produrre.
5. Tuttavia la fantasia di un uomo può essere pura e
impura. Essa è pura quando, sicuramente nei casi più rari, lo spirito immortale
dell’uomo sta lì nel suo corpo già così assoluto che le sue pure immagini non
vengono intorbidite e imbrattate dalle immagini del mondo esteriore. In questo
modo anche la fantasia può essere pura con il solo accoglimento di immagini
esteriori, quando essa, mediante la forza dell’anima, tiene fissate le immagini
viste e poi le restituisce, all’occasione, conformi al vero. Invece è impura
quando lo spirito si comporta ancor troppo passivamente nel suo corpo, sia rispetto
alle sue immagini interiori, sia rispetto a quelle del mondo esteriore, dove
poi tutto, lo spirituale e il naturale, si mescola disordinatamente, e nessuno
può capire da ciò quando esso presenta un’immagine della fantasia e che cosa
rappresenta effettivamente, se qualcosa di spirituale oppure di naturale. A
questa classe di impure immagini della fantasia appartengono tutte quelle
oscenità mistiche medioevali, secondo le quali il Cielo aveva mantenuto il suo
aspetto meraviglioso, mentre l’inferno e il cosiddetto purgatorio diventarono
un forno per l’arrosto e altre simili stoltezze.
6. Da ciò risulta che nello spirito, che stabilisce
l’intera vita della sua anima come del suo corpo, deve innanzitutto essere già
esistente, dal più piccolo fino al più grande, tutto ciò che l’intera infinità
contiene, quindi sia il Cielo che l’inferno, e tra questi due estremi l’intero
mondo naturale. E questa facoltà dello spirito, ricco in modo infinitamente
vivente, è ciò che voi, in senso generale, chiamate ‘fantasia’.
7. Se dunque qualcuno vuol tirar fuori qualcosa da
questa ricca camera, allora deve solo destare il suo amore. Quanto più forte
diventa l’amore, tanto più impetuosa diviene la sua fiamma, e tanto più intenso
sarà il suo calore e la sua luce.
8. Grazie a questa caratteristica dell’amore,
l’immagine stessa afferrata da questo amore diventa vivente, si esprime attraverso
la luce dell’amore sempre più chiaramente, finché alla fine, come il paesaggio
del nostro pittore, avrà raggiunto la piena maturazione. E quest’immagine nell’uomo stesso, maturata attraverso la caratteristica dell’amore, è il vero
e proprio mondo interiore dello spirito.
9. Ora noi sappiamo da dove il pittore ha tratto l’immagine.
Ma questo è il meno! Noi sappiamo ancora qualcosa di più, e questo consiste nel
fatto che in questo modo lo spirito è il creatore del suo stesso mondo.
10. Nondimeno sappiamo anche che ogni cosa nel mondo
può essere corrispondentemente buona o cattiva, e inoltre che viene fatta
dall’amore. Se quest’amore è secondo l’Ordine di Dio, allora tutto diventa
buono per mezzo di esso; se invece è contro l’Ordine di Dio, allora tutto diventa
cattivo. – In questo modo ciascuno sviluppa poi in sé il Cielo oppure l’inferno.
11. Ogni azione e ogni opera devono avere un
fondamento locale e, in sé e per se stesse, una certa forma, o meglio cerimonia,
sotto la quale esse avvengono.
12. Ma come vi apparirà un paesaggio sulla Terra in
cui trovate monumenti che ricordano molte atrocità? Sicuramente alla loro vista
vi assalirà un certo brivido. Vedete, questa è già la forma di ciò che è infernale;
infatti, nello spirito si forma poi altrettanto un simile mondo pieno di
monumenti alle atrocità. In questo mondo lo spirito scorge indietro infinite
profondità e, in esse, il suo incorreggibile cattivo comportamento. Ma del
tutto diverso si comporta quando voi giungete in un paesaggio nel quale, da
sempre, han dimorato uomini dignitosi che fecero molto del bene e del nobile.
Là vi sembrerà del tutto familiare, e un sentimento trasfigurante s’impadronirà
di voi, come se vi trovaste nel grembo di Abramo. Questo è un presentimento del
Cielo. Nell’assoluto stato spirituale è proprio questo sentimento ad esprimersi
poi nel modo più vivente insieme alla forma. Questa forma è il territorio spirituale del Cielo ed è, come
riconoscerete facilmente, altrettanto un’opera dello spirito.
13. Allora da questo risulta chiaro che ogni uomo diventa il creatore del suo stesso
mondo interiore per mezzo della specie del suo amore, e che non potrà mai
giungere in un qualche Cielo o in un qualche inferno, bensì solo nell’opera
del suo amore. Perciò è anche detto: «E le vostre opere vi seguiranno».
– E proprio nel modo come noi abbiamo attraversato adesso l’apparenza dell’inferno,
esattamente in questo modo lo attraverseranno i nostri noti allievi del Sole. –
Cosa poi accadrà di loro, lo vogliamo osservare prossimamente.
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۞
Il successivo sviluppo
degli allievi dell’aldilà
Il regno intermedio (Ade)
(Parla Giovanni)
1. Forse i fanciulli, come voi usate dire, ritornano dall’inferno
al Cielo? Questo sarebbe un parlare molto terrenamente, poiché questi allievi
non vengono mai propriamente all’inferno, bensì solo nello stato in cui
lo contemplano nella loro stessa sfera. Non occorre altro che una giusta
ripugnanza dello stato antipolare o infernale, e i nostri allievi sono
nuovamente nella loro vera e propria positiva sfera celeste. Ma poiché il Cielo
non si lascia raggiungere con le sole conoscenze e apprendimenti, né con un monastico
amore inattivo di preghiera e venerazione, bensì solo con le opere
dell’amore, opere che hanno per fondamento un giovevole operar del bene verso
il prossimo, allora i nostri allievi, per raggiungere il vero Cielo, devono
ora anche accettare di recarsi in uno stato seriamente operoso.
2. Ma in cosa consiste questo stato? Lo diremo con
poche parole. – Guardate la sfera naturale-spirituale della vostra Terra,
ovvero il cosiddetto ‘Regno intermedio’, il quale porta anche il nome di ‘Ade’([28]),
ed è all’incirca quello che voi, quali credenti romani, certo sbagliando di
grosso, intendete col termine ‘purgatorio’. Nel migliore dei casi questo Regno
può essere paragonato ad una grande anticamera dove tutti entrano senza
differenza di stato e di rango, e là, in un certo qual modo, si preparano per il
successivo ingresso nelle vere e proprie stanze degli ospiti.
3. Quindi questo ‘Ade’ è anche quel primo stato naturale-spirituale dell’uomo, nel
quale giunge subito dopo la morte.
4. Nessuno, infatti, giunge subito nel Cielo né all’inferno,
tranne nel primo caso, quando qualcuno, già sulla Terra, dovesse essere
perfettamente rinato dal puro amore per il Signore, oppure nel secondo caso se dovesse
essere uno scellerato assai malevolo contro lo Spirito Santo. Quindi nel primo
caso avrebbe da attendersi il Cielo senza il passaggio nel Regno intermedio; nel
secondo caso, invece, avrebbe da attendersi subito l’inferno più basso. Nel
primo caso il Cielo, perché un tale uomo lo porta già in sé nella massima
completezza; e nel secondo caso l’inferno, perché un tale uomo è diventato mancante
di tutto il celestiale. Tuttavia questa è solo un’osservazione secondaria non pertinente
alla questione; perciò non vogliamo trattenerci oltre su ciò, bensì volgeremo i
nostri sguardi là, dove e su cosa i nostri allievi otterranno da fare.
5. Questo grande Regno
intermedio è il laboratorio
principale per tutti gli spiriti
celesti; qui tutti ottengono da fare in abbondanza. Immaginatevi, infatti, questo luogo che, ogni ora della vostra giornata,
riceve da cinque a settemila nuovi arrivati. Questi devono essere subito
esaminati da cima a fondo e portati nel luogo a loro perfettamente corrispondente,
ovvero: essi devono essere subito condotti in uno stato tale che coincida esattamente
con il loro amore fondamentale. Perciò devono essere scrutati e provati in
tutte le loro inclinazioni. Laddove sono più di tutto tendenti, là deve anche
essere loro aperta la via spirituale.
6. Questo sul mondo non si fa di certo, poiché ciò
sarebbe il purissimo cosiddetto sansimonismo([29]),
il quale in brevissimo tempo potrebbe trasformare l’intera Terra in un covo di
ladri e di assassini. Invece nel Regno degli spiriti viene osservato proprio
questo sansimonismo, e ognuno di conseguenza può seguire la sua inclinazione
senza impedimenti.
8. Solo da qui
l’uomo-spirito giunge poi, se è buono, nel primo Cielo, oppure, se è cattivo, nel primo inferno.
9. Come questo luogo della segregazione si presenti alla
vista, ve lo ha mostrato sufficientemente il mio predecessore[30]
nella regione occidentale,
quando vi siete trovati nella zona tra i ‘mangiatori di muschio’[31] dove
c’è buio pesto. Come questi spiriti possano poi, da questa regione, giungere un
po’ alla volta nel primo Cielo, oppure anche allo stesso modo nel primo inferno,
lo avete visto chiaramente rappresentato in immagini.
10 Perciò ora possiamo subito sciogliere la domanda,
riguardo a cosa hanno da fare propriamente i nostri allievi in tutte queste
occasioni. Il loro incarico è di indagare e di aprire le vie fino al luogo della
segregazione. In questo luogo per il momento non hanno più niente da fare, poiché
per il resto devono occuparsene degli spiriti angelici già più capaci.
11. Ma come avviene questa indagine e apertura delle
vie? Noi abbiamo prima accennato al cosiddetto sansimonismo, e ora, con un
piccolo esempio, vogliamo esporre la questione in tutta brevità e il più chiaramente
possibile. E così ascoltate dunque!
12. Ogni uomo che qui [sulla Terra] è vissuto conforme
ai suoi doveri sociali e con la sua uscita da questo mondo è anche stato provveduto
con tutti i cosiddetti beni spirituali, nell’aldilà chiede subito del Cielo. Egli
viene anche, secondo l’apparenza, elevato subito in uno stato che per lui
costituisce la località del Cielo.
13. Tale Cielo viene tuttavia sempre rappresentato
nella sua verità, la quale davvero è differente in modo elevatissimo da quella
che il nuovo arrivato si è portato con sé nella sua fondata idea. Però, che un
tale Cielo gli piaccia tanto poco, quanto potrebbe piacere qui a parecchi
attuali vescovi, prelati e altri simili dignitari ecclesiastici se dovessero, d’un
tratto, afferrare con la propria mano l’aratro a beneficio dei loro fratelli,
questo si comprende molto facilmente.
14 Perciò un tale ospite celeste, al quale in un tale
(vero) Cielo proprio non gli va bene, chiede subito di uscire dallo stesso. E non
appena ritorna di nuovo nel suo stato abituale, cerca immediatamente in sé ciò che
sulla Terra lo ha deliziato più di tutto. Egli, per esempio, trova che sulla
Terra le belle donne e delle stupende fanciulle erano la sua gioia più grande.
Gli spiriti indaganti e guidanti si accorgono subito di questo e gli fanno
presente che ciò non è adatto per il Cielo, essendo il suo desiderio impuro.
Egli però a questo punto protesta e dice: “Mettetemi solo alla prova;
lasciatemi dalle donne e dalle fanciulle più belle, ed io m’intratterrò con
loro del tutto decorosamente!”. – Dopo tale dichiarazione, l’ospite viene
subito esaudito. Viene condotto esattamente in quegli stati (d’animo) nei quali
si trova gradatamente, del tutto in carne e ossa, in tutte quelle scene che nel
mondo lo avevano tanto deliziato. Ma a questo punto gli spiriti guida
retrocedono e lo lasciano agire da solo, tuttavia sempre sotto la loro
sorveglianza per lui invisibile.
15. Che l’ospite ripeta qui tutte le sue scene, deve
essere appena accennato. Ma cosa accade ulteriormente con lui e qual è poi
l’incarico dei nostri spiriti, questo lo vedremo nel seguito.
[indice]
۞
Ogni vita segue le vie determinate
dall’amore per il Signore
(Parla Giovanni)
1. Se l’ospite è passato attraverso una tale scena di una
delle sue passioni principali, allora di solito diventa poi pieno di nausea verso
un tale fuggevole diletto, essendosi inoltre convinto che in questo non ci sia
nulla di reale. Voi dovete sapere che tali spiriti compiono il coito anche
nell’aldilà; ma invece dello stimolo del piacere, essi provano un dolore molto rilevante,
e questa particolarità fa venir loro tanto prima a nausea questa loro passione.
2. Se però in questo modo una tale passione è vinta,
allora lo spirito cerca in sé qualcos’altro che altrimenti nel mondo gli faceva
piacere, per esempio il gioco. Se questo è il caso, allora desidera ardentemente
una compagnia di giocatori. Anche questo gli viene concesso. Viene tra amici
conosciuti, e il loro primo incontrarsi non pretende nient’altro che
organizzare subito una partita. Ed egli viene immediatamente trasferito nella
condizione nella quale trova tutto ciò che è necessario a tale gioco, come
nella propria casa nel mondo: carte, denaro, eccetera. Il gioco comincia, ma
poi di solito finisce con la perdita totale del suo denaro e della sua casa. Che
con questo subentri in lui un odio per il gioco, si comprende da sé, purtroppo però
anche per i giocatori che gli hanno tolto tutto. Ma qui le nostre guide sono di
nuovo a portata di mano, gli mostrano la futilità della sua passione e come, per
mezzo di ciò, egli si allontani sempre più da Dio, anziché avvicinarsi a Lui.
4. Ma l’uomo, alla fine, tutto questo deve farlo di
sua volontà, poiché nessuno viene mai obbligato a fare qualcosa in un qualche
modo, né in un certo senso è giudicato, bensì da se stesso deve spingersi a
giudicarsi!
5. E proprio questo poi è di preferenza il compito di questi spiriti-guida angelici, cioè di
introdurre a poco a poco ogni nuovo arrivato perfettamente in se stesso, e là fargli
trovare tutto quello che ha sempre accolto in sé durante tutta la sua vita
terrena, e precisamente: prima il più
grezzo, e poi il più raffinato.
6. Così qualcuno, specialmente il credente romano (il
cattolico), troverà questo non molto giusto, poiché per primo non vuol sapere più
niente dei peccati confessati, e per secondo perché crede in un giudizio particolare
che il Signore farà, specialmente con ogni defunto (cattolico) subito dopo la
morte.
7. Egli non accetterà facilmente il fatto che il Signore non giudica mai nessuno, né tanto
meno nel mondo degli spiriti. Ciò sarebbe ancora piuttosto accettabile nel
mondo materiale, se si vuole accettare come un giudizio le molteplici punizioni
agli uomini empi, ma nel mondo degli spiriti tutto questo cessa. Lo spirito è
perfettamente libero e può fare ciò che vuole. Le sue stesse azioni sono poi, però,
in primo luogo, il suo giudice, poiché com’è il suo amore, così sono le
sue opere, e così anche la sua vita.
8. Solamente una cosa è saldamente stabilita dal
Signore fin dall’eternità, e cioè che ogni vita ha le sue vie determinate, dalle quali non se ne potrà mai allontanare
per l’eternità. Queste vie sono però così intimamente intrecciate con la
natura della vita, proprio perché ne costituiscono la vita stessa. Se si
tagliasse a qualcuno una tale via, gli si troncherebbe la sua libertà e quindi
anche la sua vita. Una tale troncatura sarebbe in tal modo propriamente un
giudizio, il che porterebbe la morte a ogni spirito.
9. Nel contempo, inoltre, il Signore stesso non
sarebbe più perfettamente libero se togliesse la piena libertà anche a un solo singolo
spirito; allo stesso modo di come neanche un giudice mondano, sarà già più
libero, non appena condanna un solo uomo al carcere, avendo (pure) giudicato se
stesso. Infatti, anche se egli è notoriamente libero nel suo agire, è però già
limitato per quest’unica azione, poiché, quanto più il prigioniero langue in
prigione, altrettanto vi langue insieme anche il giudizio del giudice, e non potrà
liberarsene prima dell’uscita di prigione dello stesso prigioniero. Nel mondo materiale
una tale prigionia non si presenta certamente molto evidente, ma tanto più
evidente e di maggior effetto diventa nel mondo dello spirito.
10. Certamente il Signore ha posto una meta
perfettamente corrispondente a ogni vita principale e fondamentale, e questo in
seguito al Suo infinito Amore e Misericordia; e questa meta, ancora una volta,
non è proprio un giudizio, bensì solo un punto di raccolta, dove ogni spirito
deve ritrovare completamente la sua vita dissipata e il suo effetto. Tale meta
è sia l’inferno che il Cielo, e il condurre gli spiriti nella loro piena
libertà all’una o l’altra meta, costituisce quindi il compito principale dei
nostri noti spiriti angelici nel Regno intermedio.
11. Come avvenga questa conduzione lo abbiamo già
visto, e sappiamo pure cosa avviene poi con lo spirito guidato. – Così ci resta
solo ancora da apprendere qual è il compito che viene assegnato ai nostri
spiriti guida dopo questo lavoro.
[indice]
۞
Ulteriore guida degli allievi
attraverso i pianeti e le sette sfere del Sole fino alla loro
meta celeste
(Parla Giovanni)
1. Anche questo non ci costerà molta fatica, poiché ci
basta solo riflettere che oltre a questa Terra vi è ancora un numero molto
grande di altri corpi terrestri, sui quali, altrettanto come su questa Terra, vi
dimorano degli esseri liberi. Questo permetterà facilmente di capire quale
prossima occupazione riceveranno i nostri spiriti. Ogni corpo mondiale
appartiene a un qualche completo sistema planetario; e ogni completo sistema
planetario sta l’un sotto l’altro, spiritualmente come naturalmente, in una
relazione e azione scambievole.
2. Il sistema planetario appartenente al vostro Sole
è tuttavia il primo nel quale passano i nostri spiriti operanti. Al primo posto
sta la Luna. Su di essa da questi spiriti viene esercitato, in verità,
più un insegnamento punitivo che uno libero. Così questi spiriti sono qui, all’incirca,
quello che sono da voi [sulla Terra] i maestri elementari, i quali, accanto al
testo scolastico, tengono nello stesso tempo nella loro mano anche una verga
educativa.
3. Perché questo sia necessario qui, voi lo sapete molto
bene. Voi sapete anche come stanno le cose sulla Luna([32]),
quale condizione con i suoi abitanti e anche come vengono istruiti. E così non
ci resta più nulla da aggiungere al riguardo.
4. Da qui questi insegnanti con i loro allievi non passano
subito nel Cielo, bensì nella sfera spirituale del pianeta Mercurio,
dove dimorano già degli insegnanti superiori. Da Mercurio vanno poi su Venere;
da questo, per una maggiore umiliazione, vanno su Marte. Per coloro che su
Marte non hanno ancora fatto proprio il giusto grado di umiliazione, viene
anche fatta, come usate dire voi, una scappatina sui quattro piccoli pianeti.
Invece per coloro che già su Marte hanno fatto proprio un elevato grado
di umiltà, viene subito eseguito un innalzamento su Giove. Da Giove
passano dapprima sull’oltremodo splendido Saturno, da lì su Urano e
infine sull’ultimo pianeta a voi già noto con il nome di Miron (Nettuno)[33], ma si capisce da
sé, dappertutto solo nella sfera spirituale di questi pianeti.
6. “Oh, no!”, dico io. Questa via, sotto la guida
degli spiriti a noi noti, è percorsa solo da quegli uomini che qui [sulla
Terra] erano di natura molto
sensuali e vanitosi. Costoro devono essere guidati, nell’Amore e nella
Sapienza del Signore, per la via scientifica piuttosto lunga e complicata, e
questo perché la naturale sensualità dell’uomo è una conseguenza
dell’accoglimento di quell’effetto che presso gli uomini si chiama planetario.
7. Di certo nessun uomo è passivamente obbligato ad
accogliere in sé questo effetto planetario, ma se attraverso gli stimoli della
carne e altre cose simili si è reso idoneo ai piaceri eccitanti la sensualità,
allora accoglie poi anche tali influssi in sé, per metà passivamente e per metà
attivamente. Ma poiché questi influssi sono per lo più di specie sensuale,
allora essi sono cattivi, e l’uomo, con il suo possesso spiritualmente
corrispondente, non può giungere nel Regno dei Cieli prima, fino a quando non si
sarà liberato da tutte queste infatuazioni.
8. Così ad esempio un’esagerata voglia di viaggiare e
praticare il commercio è un effetto di Mercurio, come era già noto agli
antichissimi sapienti. Da Venere proviene l’essenza amante e innamorata, come
era altrettanto già noto agli antichi sapienti; da Marte la voglia di
combattere e dominare, come lo sapevano anche gli antichi sapienti; da Giove
un’esagerata e pedantesca ambizione conseguente a una profonda erudizione; da
Saturno una lieve eccitabilità delle passioni; da Urano un grande amore del
fasto e da Miron un desiderio esagerato per ogni specie di arte, come musica,
poesia, pittura, meccanica e industria di ogni tipo, ecc.
9. Qui non s’intende dire che l’uomo della Terra
riceva questo magari dai pianeti, bensì l’uomo ha in origine tutto questo in sé
nella giusta misura e lo può anche destare in sé utilizzandolo giustamente. Se
invece si butta troppo sull’uno o sull’altro ramo, allora oltrepassa la
misura dell’effetto di un tale pianeta, perché dà particolare risalto a quel pianeta
che porta in sé, abbandonandosi al suo influsso. Egli, proprio destando le sue
particolari passioni, concede la libera relazione alle polarità che interagiscono
reciprocamente, il che non è difficile da comprendere per colui che si ricorda
qualcosa dalle mie prime spiegazioni sulla causa della vista[34],
secondo cui nessuno può vedere qualcosa che non abbia in sé. Proprio per
questo motivo tali spiriti devono poi passare attraverso questo viaggio
planetario e, in certo qual modo, depositare per la via dell’esperienza
scientifica tutto l’estraneo, là da dove l’hanno assorbito.
10. Una volta fatto questo, allora giungono nel Sole, dove
devono dapprima altrettanto ripercorrere, da cima a fondo, tutte le stesse caratteristiche
planetarie[35]. Solo dopo il compimento
di tale scuola diventano assistenti di grado inferiore dei piccoli bambini.
11. Qui le guide diventano invece insegnanti
principali. E quando tali guide hanno attraversato il ciclo scolastico fino al
compimento, solo allora vengono accolti quali cittadini della santa Città di
Gerusalemme, dove tuttavia dapprima devono essere di gran lunga i più
piccoli, e devono lasciarsi guidare dai primi cittadini per ogni tipo di grandiose
faccende celesti, le quali, per enumerarle non le conterrebbe un mondo pieno di
libri! Infatti, così come le Creazioni del Signore sono infinite, così
infinitamente ramificati sono anche i compiti degli angeli del Cielo superiore.
12. Ora voi conoscete l’intero progresso e la
destinazione finale degli spiriti angelici infanti, e quindi conoscete anche la
disposizione spirituale del Sole. – E di conseguenza è alla fine anche il mio([36])
insegnamento per voi. Ritornate perciò di nuovo là, dove il Signore stesso vi
attende!
[indice]
۞
Dal Signore: Sguardo retrospettivo sull’osservazione nelle sfere
dei dieci spiriti
(Parla
il Signore)
1. Ora siete nuovamente qui([37]);
non vorreste comunicare a Me nel vostro animo tutto quello che avete visto,
sperimentato e quindi imparato, presso il Mio Giovanni? Ora state qui dinanzi a
Me ben pieni di rispetto, e in voi dite: “Che cosa dobbiamo raccontare a Te, o
Signore, a Te, al Quale i nostri pensieri erano già noti prima che li avessimo
pensati, anzi ancor prima che un sole attirasse a sé i raggi dall’estesa infinità,
per poi di nuovo farli irradiare da sé con potenza più volte aumentata?”.
2. Sì, Miei cari figli, avete ragione, il Padre sa
certamente tutto, ma ciononostante Egli si consiglia volentieri con i Suoi
figli, come se non sapesse tutto. Io però scorgo in voi una segreta domanda, e
questa suona così:
3. “O Padre, Tu eterno Amore e Verità, ciò che ora
abbiamo visto, udito, sperimentato e imparato nelle sfere dei Tuoi spiriti
angelici, dal primo fino all’ultimo, è inconcepibilmente grande e meraviglioso
al di sopra di tutti i concetti umani, adesso però in aggiunta vorremmo sentire
da Te ancora una santa Parola che ci annunci se tutto ciò è veramente la piena
verità”.
4. Vedete, Miei cari figli, così suona la vostra
segreta domanda, ed Io vi rispondo perciò di conseguenza. – Proprio all’inizio
quando abbiamo osservato il quadrante esterno del nostro orologio([38]),
o piuttosto la sfera esterna del Sole spirituale, Io vi ho detto come il Cielo
e l’intero mondo dello spirito non si mostrino in qualche luogo visibilmente,
bensì essi sono, come tutto il mondo degli spiriti, negli spiriti stessi. Ovvero
la sfera vitale di uno spirito è il suo mondo che egli abita.
5. Per convincervi di ciò, Io vi mostrai un’immagine nella
quale scorgeste un cosiddetto diorama. A quest’immagine condussi poi dinanzi a
voi, secondo un certo ordine, i dieci spiriti ancora qui presenti, e v’indicai inoltre
come voi avreste trovato lì altrettanto un diorama spirituale, e come nella
sfera di ogni spirito avreste scorto una differente immagine del mondo
spirituale.
6. E questo è stato anche il caso, come finora ve ne siete
convinti per dieci volte, scorgendo nella sfera di ciascuno di questi dieci
spiriti angelici il mondo spirituale sempre in una forma del tutto diversa.
Questo è ora dinanzi a voi più chiaro del Sole; ed Io vi ho inoltre anche detto
che voi potreste ripetutamente rivedere questo diorama spirituale proprio negli
stessi spiriti e scorgere il mondo spirituale ancora in una forma del tutto
diversa.
7. Di conseguenza, se vi fosse pure concesso di
entrare anche nelle sfere di altri spiriti, scorgereste pure in ognuna di tali
sfere una forma del tutto diversa del mondo spirituale, sia nelle sue singole
condizioni come nella sua consistenza complessiva. Tuttavia, considerato
questo, Io non posso dare alla vostra domanda nessuna risposta stabilita in
generale, all’infuori che vi dica che qui le cose stanno in tutto così: come
il seme, così il frutto; come le opere, così la ricompensa; e come l’amore,
quale fondamento delle opere, così la forma del mondo che esso crea in sé spiritualmente.
8. Voi avete certamente scorto forme diverse, tuttavia
dappertutto solo una e la stessa verità, poiché nella forma non sta nulla,
bensì tutto sta soltanto nella verità.
9. E così Io non volevo mostrarvi quale aspetto ha il
Cielo, oppure il mondo spirituale o l’inferno, bensì soltanto come tutto questo
si formi nello spirito di ogni uomo secondo la specie dell’amore.
10. Dal fondamento voi avete scorto, in abbondante misura,
migliaia di forme, e presso ogni forma vi è stata rivelata la verità interiore.
E quindi vi posso dire che nella sfera
della verità avete visto l’intera
dimensione della vita spirituale!
11. Ovviamente, però, per quanto riguarda le forme,
queste vanno così all’infinito che voi, in eternità di eternità, non potreste
scorgerne completamente che in minimissima parte! – E così potete con ciò
essere soddisfatti e di animo perfettamente tranquillo nella pienezza della
Verità; specialmente se vi aggiungo ancora che, da quando questa Terra è
abitata dagli uomini, i rapporti spirituali della vita non sono mai stati
rivelati così estesi e completi come
questa volta.
12. Qualsivoglia cosa uno cerchi, in qualunque
condizione si trovi, può, in questa Rivelazione, trovare fino all’esattezza di
un atomo come stanno le cose con lui.
13. Chi leggerà tutto questo con profonda attenzione e
grande meditazione, troverà la grande convincente Verità non solo in questa Rivelazione del Sole, bensì vivente in se stesso.
14. Ma affinché ognuno possa trovare tutto questo in
se stesso come perfettamente vero, Io voglio, nel breve seguito, aggiungere ancora
alcune immagini e simboli che dovranno illuminare tutti gli angoli segreti di
questa Rivelazione. – Per oggi dunque la Mia Benedizione, e va bene così!
[indice]
۞
Ogni uomo porta in sé un
seme diverso per lo sviluppo del mondo spirituale
(Parla
il Signore)
1. Se rileggete il Vangelo, allora troverete con leggera
fatica sotto quali immagini in generale
Io stesso ho rappresentato il Regno dei
Cieli. Tra le parabole s’incontra quella del granello di senape. Questa
parabola è proprio anche quella che si adatta soprattutto al nostro caso. Piccolo
è questo granello; chi vede in esso la grande pianta erbacea? Nondimeno questo
granello di senape porta in sé un’intera infinità di granelli uguali al suo.
Innumerevoli granelli di senape del tutto uguali possono uscire da quest’unico
granello. Seminate innumerevoli di tali granelli di senape nel terreno, e
otterrete da questi, piante del tutto uguali. Ma per quanto riguarda la certa disposizione
della forma, non un tronco sarà uguale all’altro, tanto meno sarete in grado di
trovare su uno e lo stesso arbusto due foglie perfettamente uguali.
2. Chi afferra quest’esempio da questo punto di vista,
ne trarrà sicuramente la conclusione e dirà: “Non c’è nulla nella forma pur simmetrica
che si possa definire permanente o costante, poiché se una foglia spunta su
questo o su quel punto del tronco o di un ramo o ramoscello, se un po’ più
grande o più piccola, oppure se il tronco stesso cresce più alto o più basso
dal suolo, se spuntano più o meno rami e ramoscelli e questi sempre in un ordine
diverso, tutto ciò non ha importanza, purché la sostanza della pianta e la sua
utilità rimanga una e la stessa”.
3. Vedete, in fondo questo non è diverso dal fatto che
Io vi dica così: nella forma o nell’apparenza del mondo spirituale, in sé e per
sé, ciò non ha nessuna importanza, purché tutte queste forme e apparizioni
infinitamente diverse abbiano per fondamento l’una e la stessa verità e
l’uno e lo stesso scopo.
4. E così ogni uomo porta in sé un differente seme per
lo sviluppo del mondo spirituale, seme che in lui germina e alla fine diventa un albero
che è la forma del mondo interiore.
5. Se disseminate nel terreno dei differenti semi, e questi
nello stesso terreno, pensate forse che spunteranno piante del tutto uguali, oppure
che dall’una e stessa specie di semi crescerà una pianta perfettamente uguale? Oh,
niente affatto! Ovunque spunterà qualcosa di diverso, e nel caso di semi della
stessa specie, per lo meno un’altra sembianza.
6. Ma nonostante tutto questo, la sostanza
fondamentale rimarrà uguale; e voi
potete scomporre per via chimica tutta la materia a vostro piacimento, e
tuttavia con l’ultima scomposizione possibile giungerete a nient’altro che a
due sostanze fondamentali originarie, vale a dire il carbonio assai volatile
a voi ben noto, e il restringente ossigeno.
7. Vedete, questo è di nuovo uguale alla verità
fondamentale e allo scopo principale di ogni apparenza delle forme nel Regno
degli spiriti.
8. Dappertutto c’è solo un Dio, un Padre, un Amore,
una sola Sapienza, e da essi deriva l’Infinito come l’Eterno!
9. Osservate le nuvole che giornalmente avanzano
nell’aria sul suolo della vostra Terra. Avete mai scorto una forma costante nelle
stesse? Se al mattino appaiono in una certa forma, le ritroverete poi, uguali a
quelle della sera o del giorno dopo o nell’anno successivo?
10. Le linee della forma delle nuvole si modificano in
modo infinitamente diverso; mai rivedrete esattamente le stesse forme che voi avete
già visto. E tuttavia, nella vostra esistenza vi mette in imbarazzo questo
fatto? Sicuramente no, poiché la nuvola può librarsi nell’aria in qualsiasi
forma, e tuttavia rimane solo una nuvola, come esiste solo una verità, e il suo scopo è di dare la pioggia, e questo
ugualmente nell’uno e nello stesso modo, quando, conformi all’ordine, sono
presenti tutte le condizioni necessarie per la produzione della pioggia.
11. E così qui di nuovo non sta nella forma, bensì
tutto sta unicamente ed esclusivamente nella causa e nello scopo.
13. L’uomo deve cercare la sua salvezza e la sua
beatitudine non nella forma, bensì nella
realtà e nella concretezza. Per quanto riguarda la forma, Io già dall’eternità ho provveduto
per il suo eterno cambiamento di forme, sempre di nuovo stimolante; anche per
questo vale il testo fondamentale tratto dal Vangelo:
14. «Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua
Giustizia; tutto il resto vi sarà
dato in aggiunta».
15. Perciò non domandate a questo o a quello che aspetto
ha il Cielo e quale il mondo degli spiriti, poiché tutto questo è vano! Bensì
cercate di rendere vivente in voi ogni
parola proveniente da Me con le opere dell’amore, e avrete poi già vivente in
voi il Cielo e tutto ciò che è del mondo degli spiriti.
16. Nessuno, infatti, giungerà mai in un Cielo che apparirà
così come se lo è rappresentato in un modo o nell’altro nella sua memoria e accolto
nell’immaginazione. Ognuno porta in sé il proprio Cielo e il proprio mondo
spirituale, e la sua forma si orienterà sempre secondo la specie dell’amore
che c’è in lui e secondo le opere che sono risultate da questo amore.
17. Mettiamo il caso di qualcuno che vorrebbe far
conoscere perfettamente a uno straniero la figura di un albero di melo,
dicendogli: “Vedi, qui dinanzi a noi sta un albero di melo; tieni bene a mente
l’altezza e lo spessore del tronco, precisamente la posizione dei suoi rami e
ramoscelli e altrettanto le foglie e la corteccia, e così riconoscerai un melo
in ogni albero che corrisponde perfettamente a questa forma”. – Costui così informato,
si annota precisamente la forma dell’albero e con questo va in un grande
frutteto composto quasi esclusivamente di alberi di melo. Egli confronta
dappertutto la sua forma annotata, ma poiché non ritrova assolutamente questa
forma, allora per lui non esiste nessun albero di melo in questo frutteto.
18. Conseguentemente nessuno deve basarsi su una
qualche apparenza, poiché ne uscirà sempre vuoto. Se invece prende la questione
nello spirito della verità, allora sotto ogni forma troverà la Verità,
la Via e la Vita!
19. Questa faccenda è di grande importanza; perciò ognuno deve ben riflettere su tutto
quanto è stato dato, ed esaminarlo precisamente in sé affinché in conseguenza a
questo esame possa trovare la vera pietra
fondamentale della sapienza. Così è e sarà eternamente vero e buono.
– Ma per una più vicina illuminazione di tutto ciò, prossimamente seguiranno altri
esempi!
[indice]
۞
Il Regno dei Cieli è
uguale a questo tempo attuale
(Parla
il Signore)
1. Per quanto riguarda ancora ‘il Regno dei Cieli’, esso è
uguale a questo vostro tempo attuale([39]),
il quale è pure uguale al seminatore nel Vangelo che sparse la buona semente, e
di cui una parte cadde sulla via, una parte tra i cespugli, una parte sul suolo
pietroso e solo una piccola parte su del buon terreno.
2. Guardate al vostro tempo: non somiglia forse al
seminatore e al Regno dei Cieli?
3. La Parola viene seminata dappertutto; ovunque
vivono ancora uomini risvegliati, i quali spiegano la Parola dal fondamento
interiore. Solo che le necessità dell’umanità, nel tempo attuale, sono
diventate uguali alla via sulla quale il seme cade, oppure, esse sono diventate
puramente mondane. Pertanto la Parola produce presso di loro un effetto tale,
proprio come se si gettassero dei piselli alla parete, sulla quale nessuno
resterebbe attaccato e ancor meno metterebbe radici nel duro, ripido e liscio
fondo.
4. Perciò Io dovrei mandare giù [sulla Terra] tutti
gli angeli del Cielo e far annunciar da loro in ogni luogo la Parola della Vita
nel modo più prodigioso. – Oggi, domani e dopodomani gli uomini
l’ascolterebbero emozionati e l’accetterebbero, ma poi comincerebbero a
considerare il prodigio del tutto con indifferenza, e oltre a ciò correrebbero
dietro ai loro affari mondani come prima.
5. Questi sono gli uomini industriali e le loro
necessità mai sazianti. Essi somigliano ai cespugli e ai rovi. Se anche in
principio la Parola germina, tuttavia viene presto soffocata, e gli uomini
diventano poi, verso la stessa, più indifferenti di prima. Poiché prima dicevano:
“Se la ricevessimo per una via veramente prodigiosa, allora vi crederemmo e
agiremmo di conseguenza!”. – Io accondiscendo anche a questo desiderio. Quasi
in tutti i luoghi la elargisco adesso, come in questo caso, prodigiosamente. Ma
quali sono gli effetti? Al massimo qua e là delle scrupolosità politiche;
questo però è anche già il massimo effetto. Ma che qualcuno voglia convertirsi
– questo buon terreno – dov’è?
6. Io dico: dove vivono cento milioni di uomini, qui è
fin troppo se ce ne sono mille che vogliono convertirsi in modo veramente
vivente. A cosa servono tra questi dieci o centomila che l’ascoltano davvero
con fede, se poi, quando si tratta di metterla in pratica, rimandano da un
giorno all’altro? Infatti, essi dicono: “Perché ci si dovrebbe affaticare tanto
per ottenere una vita eterna? Se ce n’è una, come noi crediamo, allora non
dovrebbe essere tanto difficile ottenerla; perciò viviamo allegramente e alla
fine moriremo comunque beati! Cosa occorre di più?”.
7. Nondimeno noi qui abbiamo allo stesso tempo anche
il suolo pietroso e sabbioso. Il
suolo accoglie certamente il seme, e questo germina anche per metà; però il
terreno non ha umidità, e così alla fine anche ciò che è germinato marcisce!
8. Di conseguenza la sola fede non si regge mai se non viene vivificata attraverso
l’azione; così come con la pura teoria senza un esercizio effettivo e
applicazione della stessa, nessuno diventerà un uomo pratico.
9. Così potete trovare adesso anche una legione dopo
l’altra di chiacchieroni morali e religiosi, ma tutti questi chiacchieroni non
vogliono fare nessuna prova su di sé e non vogliono toccare una piccola pietra
con un dito. Ognuno crede di aver già fatto qualcosa di straordinariamente
meritevole se ha solo predicato bene, e con le sue chiacchiere morali e
religiose è riuscito a convincere alcuni sciocchi esaltati e bigotti.
10. Nessuno invece vuol provare sul serio quelle vie
attraverso le quali potrebbe giungere direttamente là, dove entrerebbe in contatto con Me stesso e poi
riceverebbe dalla Mia bocca un insegnamento vivente che lo potrebbe
trasformare in un buon terreno.
11. C’è certamente una quantità di teologi e teosofi, ma
tra di loro a malapena uno che sia effettivamente istruito da Dio secondo il
Vangelo di Giovanni, quel Vangelo che annuncia che tutti devono essere istruiti
da Dio!
13. I teologi del tempo attuale Mi
collocano piuttosto in modo del tutto misterioso oltre tutte le stelle, e Mi lasciano
là seduto in una luce assolutamente inaccessibile. Ma perché fanno questo? Essi
lo fanno per diversi motivi. Per esempio, il primo sarebbe questo: “È bene starne
lontano!”. – Il secondo potrebbe suonare così: “A nessun uomo è di conseguenza
possibile avvicinarsi così tanto a Dio, da essere istruiti da Lui”. – E un altro
motivo basato sui precedenti suona così: “Dio ha dato all’uomo la ragione e l’intelletto;
è questa la Parola vivente di Dio nell’uomo! Chi vi si adegua, vive secondo la
Volontà di Dio, e chi sviluppa il suo intelletto e la sua ragione, è già
istruito da Dio, poiché nessuno può essere istruito direttamente da Lui, bensì
solo indirettamente, dimorando Dio al di sopra di tutte le stelle in una luce
inaccessibile!”.
14. Se poi a dispetto di queste misteriose tesi
teosofiche, Io desto qui e là qualcuno che riceve poi direttamente da Me una
Parola vivente, allora dalla gran parte dell’attuale umanità viene dichiarato come
un folle e un sognatore, talvolta anche un ingannatore e un ciarlatano che intende
sfruttare qualche facoltà del suo intelletto. Dunque, diteMi: non è così?
15. Sicuramente non vi saranno sconosciuti i diversi
uomini che avevano la Parola vivente, e questo dal nuovo tempo, dal
diciottesimo e diciannovesimo secolo, come anche alcuni dal secolo precedente.
Ma qual ne è stata la loro sorte? La muta dimenticanza! Al mondo erudito è
sufficiente conoscere il loro nome. Invece ciò che questi uomini hanno appreso
da Me, non interessa niente.
E se anche qua e là vi è uno o l’altro che legge un tale libro, costui s’imbatte
ben presto in frasi che non concordano con la sua ragione. Egli perciò rigetta
subito il tutto e lascia giacere il nostro uomo istruito da Me.
16. Quando va bene, al massimo riconoscono solo a Me
qualche giustizia; ma i Miei messaggeri sono (per loro) autentici folli e ingannatori.
17. Non è costituito così il vostro tempo? Io penso
che ognuno lo possa afferrare con mano.
18. Ma poiché il Regno dei Cieli non è una località esistente
da qualche parte, bensì soltanto uno stato perfetto della vita, così il
Regno dei Cieli è anche perfettamente uguale al vostro tempo, e precisamente questo
tempo, vale a dire meschino, gretto, piccolo e raro.
19. E dove ancora esiste, non è puro. Ma sarà questo
ben un Regno dei Cieli se non è completamente puro? Io vi dico: il Regno dei
Cieli in questi rapporti è molto relativo, e questo perché la
cosa più gradita a ogni pazzo, è il suo berretto.
20. Ognuno trova, nella sua stupidità, il suo regno
dei cieli; se questo sia il vero proveniente da Me, questa è un’altra domanda.
Questo cielo è diventato davvero unico, meschino e scarso. E perché? Perché presso
gli uomini il buon terreno è esaurito! Perciò Io posso ora anche seminare il
migliore e più puro seme come voglio, esso cade tuttavia sulla pura via, tra i rovi,
sul suolo pietroso e qua e là tra una fenditura sulla via. Così anche tra una crepa
della pietra, da un milione di semi ne germogliano forse mille, e cento
raggiungono la maturazione. E questo è poi l’intero raccolto e l’intero Regno
dei Cieli! Questo è nondimeno sicuramente meschino, raro e scarso!
21. Da ciò potete ancora una volta desumere che quanto
è stato detto finora ha il suo buon fondamento, e cioè che l’apparenza
superficiale dello spirituale conta altrettanto poco quanto le manifestazioni del
tempo. Esse sono sterili e vuote, ma per il saggio sono una scrittura, dai cui
tratti fondamentali trova con lieve fatica la verità interiore; infatti, ad ogni
apparenza precede una causa operante. Se l’apparenza è nobile e buona, allora
nella stessa misura lo sarà anche la causa; se invece l’apparenza è ignobile,
vale a dire mondana, materiale e cattiva, allora nella stessa misura lo sarà
anche la sua causa.
22. Chi dunque
vuol scorgere tutto lo spirituale nel suo vero aspetto, non si leghi
all’apparenza, bensì si serva della stessa solo per l’esplorazione della causa
spirituale. Se l’ha scoperta,
allora ha l’intera essenza di tutto il mondo degli spiriti. – Ma come
questo è da esplorare dall’apparenza, dovrà essere mostrato nel seguito.
[indice]
۞
Un albero come esempio
dell’essenza del Regno degli spiriti
(Parla
il Signore)
1. Nel corso dell’intera comunicazione
fattavi dalla regione del regno del Sole spirituale, vi è stato mostrato ogni
minimo singolo rapporto relativo a come il mondo degli spiriti è connesso con
il naturale; perciò qui si potrebbe dire ragionevolmente: “Per poter concludere
l’argomento riguardo al raggiungimento della causa partendo dalle apparenze, sarebbe
quasi inutile dire ancora qualcos’altro, essendo stato proprio questo argomento
illuminato nella maniera più che sufficiente e in tutte le sue ramificazioni
nel corso dell’intera comunicazione”.
2. Io però dico: “Del
buono, l’uomo non ne ha
mai troppo; ben però del cattivo!”. Infatti, molto del buono può spesso non
migliorare il cattivo; invece un po’ di cattivo può spesso rovinare molto del
buono!
3. E così vogliamo ancora illuminare il più
chiaramente possibile il nostro presente argomento con alcuni esempi espressivi.
4. Guardate un albero. Com’è là la sua essenza, vi rappresenta
nella corrispondente visibilità l’intera essenza del mondo degli spiriti nel rapporto con il mondo naturale.
5. La parte più interiore dell’albero, quindi il primo
elemento, è il celestiale; il tronco, i rami e i ramoscelli sono il vero e
proprio Regno degli spiriti che ha la sua vita dalla sostanza interiore. Sopra
il legno del tronco voi scorgete la corteccia, il che è la visibile esteriorità
dell’albero. La corteccia, in sé e per sé, è morta, ma sotto l’esterna morta
corteccia se ne trova ancora un’altra che voi chiamate ‘quella vivente’. Questa
è simile allo stato di congiungimento in cui lo spirituale passa nel materiale.
6. Osserviamo l’effetto di questa corteccia vivente. Da
essa proviene anzitutto l’esterna corteccia morta, e di nuovo da questa corteccia
vivente proviene tutto il caduco ornamento in forma di foglie, come pure la
forma esteriore del fiore e infine perfino il guscio esterno del frutto.
7. Tuttavia, tutti questi prodotti non sono permanenti,
poiché nel tempo, dopo aver compiuto il loro servizio, cadono.
8. Vedete, così è con il mondo e tutto ciò che gli
appartiene. Tutto è uguale alla corteccia esterna, alle foglie e ai fiori, alla
fine anche ai frutti di un albero: questi cadono. L’albero invece sussiste e
nella sua vita interiore porta innumerevoli volte l’immagine esteriore
dell’apparente e del caduco. Ma come si può dedurre ora dall’apparente la vera
causa interiore? Io dico: “Nel modo più facile del mondo!”. Voi dovete soltanto
immaginarvi l’apparente moltiplicato infinite volte e, nello stesso tempo,
operante del tutto efficacemente,
così avrete già dinanzi a voi il fondamento dello spirituale.
9. La causa principale, invece, è evidentemente da
trovare osservando l’intera azione vegetativa di un albero che dura molti anni.
Essa consiste in nient’altro che nel costante accrescimento e continuo
incrementarsi del rafforzamento della vita.
10. Questa vita viene posta del tutto semplicemente nel
terreno in un piccolo, singolo seme. Quale potenza di vita originaria ci sia in
questo seme, per esempio in una ghianda di quercia, ogni uomo lo può
sperimentare se prende in mano una tale ghianda e può giocare con questa come
con una piuma.
11. Ma quando questa ghianda insignificante viene
posta nel terreno, allora la vita vegetativa comincia in essa a rafforzarsi. Dapprima
diventa visibile una giovane quercia al massimo con due foglioline. In questo
primo stadio la vita vegetativa della quercia in formazione è ancora debole. Essa
supera quasi dieci volte il peso della precedente ghianda liscia. Ma
osserviamola solo trent’anni più tardi. Essa si è appropriata già di una forza
vegetativa di vita così potente che potreste legare saldamente al suo tronco
parecchi cavalli, e con la loro enorme forza non potrebbero strapparla dal
suolo. Ma osserviamola all’età di cento anni. Quale gigantesco, maestoso
albero, e quale forza c’è in esso da resistere a tutte le tempeste! Quante
migliaia di volte questa quercia centenaria ha riprodotto in ghiande uguali la sua
originaria piccola vita vegetativa, e quanto potentemente ha concimato il
terreno intorno a sé con i suoi distacchi e, per mezzo di ciò, in un certo qual
modo con il superfluo della sua forza di vita vegetativa, lo ha fertilizzato
intorno a sé per il costante aumento della propria forza vitale!
13. Vedete, così da Me fu emanata originariamente solo
una piccola scintilla della forza vitale, munita con la facoltà di rafforzarsi e
potenziarsi come una forza vitale fino all’infinito. E quest’apparizione
dell’albero serve qui proprio a questo, per una più chiara visione per ciascuno.
14. Noi prima abbiamo detto: “Dalla corteccia vivente proviene
il fogliame visibile, i fiori esterni e perfino il guscio del frutto. Nel
frutto stesso il germe del seme riceve solo una scintilla estremamente minima
dalla generale vita dell’essenza dell’albero. Il seme diventa maturo insieme al
frutto, e rappresenta l’uomo nella sua comparsa nel mondo. Estremamente semplice
e poco significativa è la sua forma visibile all’esterno e piccola la sua
forza. Egli però è uguale a una ghianda. Se questa viene posta nel buon terreno
della Mia Volontà, allora il suo germe interiore germoglia, e questo stesso
germe, alla fine, diventa un albero possente, la cui forza supera quella di
innumerevoli ghiande precedenti.
15. E vedete,
così ogni uomo ha già in sé il germe del suo stato spirituale, il che è il vero
e proprio mondo degli spiriti. Su questo mondo egli è una piccola scintilla di vita che deve
rafforzarsi fino a diventare un Sole
di vita. Dal suo germe vitale, grande quanto un atomo, dovrà seguire un
gigantesco e possente albero della vita. E così è!
16. Come la ghianda porta in sé innumerevoli boschi
pieni di alberi giganteschi, alberi che possono svilupparsi tutti da un singolo
seme, così pure l’uomo, nella sua vita apparentemente piccola su questo mondo, porta
in sé un infinito rafforzamento e potenziamento della vita stessa.
17. Ma nel Vangelo, dove parla colui che aveva
sotterrato il suo talento, è detto: «Io
so che tu sei un uomo severo e vuoi raccogliere dove non hai seminato. Dove ne metti
uno, vuoi guadagnare mille; perciò ho sotterrato il talento, affinché te lo
potessi dare come lo hai dato tu a me».
18. Ma su questo, il padrone del talento risponde: «O servitore malizioso! Se tu sapevi che io
sono un uomo ingiusto e voglio raccogliere dove non ho seminato, perché dunque
non hai portato il talento da un cambiavalute che mi avrebbe dato un interesse
per questo?».
19. Vedete, da questo passo evangelico appare del
tutto chiaro che Io spargo fuori da Me la Vita, nelle parti più piccole possibili, negli
infiniti campi del Mio Essere tutto governante, per ricevere di ritorno, da
ogni singola di queste piccolissime parti di vita, una massa di Vita
smisuratamente potenziata.
20. Questo è il vero, intimissimo motivo che sta alla
base di tutta la Vita spirituale. Ma forse
Io qui sono realmente un duro, egoista, ingiusto usuraio di Vita? Oh, no! Infatti,
al di fuori di Me non c’è vita da nessuna parte; e questo per il semplice
motivo che in eterno da nessuna parte
c’è un ‘fuori di Me’! Io sono l’eterna Sorgente che nutre ogni
vita!
21. Cosa accadrebbe con la vita nei tempi dei tempi,
se questa Sorgente fondamentale originaria di ogni vita dovesse esaurirsi?
Vedete, allora ogni vita svanirebbe nell’infinito, e alla fine non rimarrebbe
che un’eternamente vuota, tenebrosa, morta infinità!
22. Se invece Io, quale Sorgente fondamentale
originaria che nutre ogni vita, rinvigorisco e rafforzo sempre all’infinito Me stesso
in ogni momento, ritornando in Me stesso infinite volte, così per mezzo di ciò ogni
vita parziale che si esprime in voi uomini creati, viene potenziata, nutrita e
rafforzata ugualmente all’infinito.
23. Quanto più forte è il Padre, tanto più forti lo
sono anche i figli. Dalle formiche provengono le efemeridi([40]),
ma non aquile né leoni. Dappertutto il debole genera di nuovo dei deboli e il
forte dei forti. Come il debole mai potrà generare dei forti, così pure il
forte mai potrà generare dei deboli. Un’aquila non sarà mai genitrice di una
colomba timorosa, e una lepre non si potrà vantare come se il suo genitore fosse
il leone.
24. Se voi siete figli di un Padre onnipotente ed
avete in voi il Suo Germe vitale, allora rafforzate questo Germe nel buon
terreno della Mia Volontà e rendete forte il Padre in voi, così anche
voi in ugual misura, diventerete forti nel Padre. Il Padre, infatti, non richiede
la vostra forza per Sé, bensì la richiede per voi stessi, affinché anche
voi possiate diventare così perfetti, come Lui stesso è perfetto in Sé o nel
Cielo.
25. Vedete, questa è un’immagine di come
dall’apparenza esteriore potete dedurre la causa interiore della vita. –
Prossimamente un’altra immagine per lo stesso scopo!
[indice]
۞
Un fanciullo come
immagine del Regno dei Cieli e dell’Universo
(Parla il Signore)
1. Nella precedente comunicazione abbiamo posto dinanzi
agli occhi di tutti una poderosa immagine, secondo la quale ciascuno molto
facilmente può dedurre dalle apparenze esteriori la causa interiore. Ma poiché
questo campo è molto vasto e le apparenze in sé sono innumerevoli, ne consegue
che l’uomo non avrà mai abbastanza di tali corrette immagini per procurarsi il
giusto consiglio in ogni situazione della sua visibile esistenza. E così noi passeremo
a un’altra immagine, in sé certamente del tutto semplice, ma tanto più carica
di contenuto e, in generale, per illuminare il nostro argomento.
2. Che cosa vi potrebbe essere di più semplice di un’innocente,
povero fanciullo? Esso ha due piedi movibili, poi un corpo pieno di visceri; ha
due braccia movibili e, al di sopra di esse, un collo e una testa movibile. Alla
testa ci sono due orecchi che restano sempre alla stessa distanza l’uno
dall’altro, e ciascuno sente pur sempre lo stesso come l’altro. Quindi ha anche
due occhi che hanno il loro punto di osservazione fisso nella testa e non
possono essere avvicinati l’uno all’altro, anche se di per sé sono capaci di un
movimento. Con questi due occhi ogni singola cosa può essere osservata singolarmente.
Nel mezzo degli occhi c’è il naso con le due narici. Esso respira l’aria vitale
in sé e lascia fuoriuscire le impurità del capo. Ha quindi anche una bocca, di
cui solo la parte inferiore è mobile. Nella bocca ci sono denti certamente
immobili, ma tanto più una lingua mobile. Il resto del corpo consiste di una
pelle, di carne, sangue, nervi, fibre, vene e ossa, nelle quali si trova un
midollo. – Vedete, questa è l’immagine
del nostro fanciullo.
3. Ma chi intravede ciò che si cela dietro questa
semplicissima apparenza? Chi vi scorge un intero Cielo? Chi l’intero infinito
Universo?
4. Chi cerca in questa semplice immagine un conflitto
della Creazione globale, tanto nella sfera spirituale come anche in
quella naturale?
5. Non vorrebbe qui qualcuno dire: “Nel bambino ciò è
certo appena evidente; lasciamo però che diventi uomo, allora nel suo pensiero
e nel suo operare si potrà forse ben trovare qualcosa da cui si potrà in
seguito riconoscere che l’uomo è per lo meno una parte integrante della
Creazione”.
6. Io però dico: “Di questo non c’è bisogno, basta il
solo bambino. I suoi due semplici piedi
testimoniano la Mia paterna portante sollecitudine d’amore, la quale si esprime
nei dieci semplici Comandamenti che vi sono noti. I piedi provenienti da quest’Ordine,
anche a causa del sostegno e della stabilità, sono muniti con dieci dita.
7. Tuttavia nella sfera naturale essi rappresentano il
sistema planetario, il quale è ugualmente il sostegno più basso di un sistema
solare. Sì, l’essenza planetaria, al pari dei piedi, costringe, con il suo
movimento il grande corpo principale del Sole al grande movimento principale.
8. Da questa brevissima descrizione voi potete
desumere che già nei piedi del bambino è presente l’intera essenza amorevolmente
sollecita di tipo spirituale, così come l’intera essenza planetaria di tipo
naturale.
9. Sui piedi poggia il corpo quale laboratorio
principale della vita. Chi qui non scorge subito nella sfera spirituale
l’Essenza dell’Amore vivificante proveniente da Me? E chi non scorge nel corpo subito
il Sole, il quale è il corpo vivificante dell’intero sistema planetario?
10. Nel corpo c’è il cuore, quale sede fondamentale
della vita e quale chiarissima immagine dell’amore. Questo amore è
costantemente attivo e porta il nutrimento a tutte le parti del corpo.
11. Questo amore ha subito vicino a sé lo stomaco. Questo
è la cucina ospitale, nel quale l’amore, con il suo fuoco, cuoce i cibi e, dopo
averli magnificamente cucinati, li conduce in tutte le parti.
12. Il polmone è, in un certo qual modo, un secondo
stomaco, una seconda cucina, per mezzo della quale ai cibi cucinati nella prima
cucina viene aggiunto l’alimento etereo, affinché i cibi della prima cucina
diventino viventi e idonei al sostegno della vita.
13. Quanto magnificamente l’immagine di queste due
cucine, nel cui mezzo domina il cuore attivo, mostra come lo spirituale s’incastri
nel naturale, per spiritualizzarlo e così condurlo a una destinazione più
elevata. E tutto ciò avviene con la mediazione sempre attiva del cuore, questa
fedelissima immagine dell’Amore!
14. Chi può non riconoscere qui il Mio stesso governo dell’Amore,
come da un lato accolgo sempre il perduto, lo stracuocio nella grande cucina
della Creazione naturale, e poi lo vivifico con l’alito della Mia Grazia e
Misericordia dalla seconda grande cucina che qui è il Cielo ed è uguale al
polmone nell’uomo?
15. Ogni respiro è in grado di dire a ciascun uomo
come Io agisco continuamente proprio dai Cieli, affinché la Vita sussista dal
fatto che Io, proprio con questo influire, tendo sempre a tramutare la morte nella
vita!
16. Chi qui è capace di pensare solo un poco
chiaramente, non sarà certo lasciato senza luce dalla meravigliosa corrispondenza
di quest’immagine. – Ma andiamo avanti.
17. Ai due lati del corpo si trovano due mani. Queste rappresentano, nel rapporto
spirituale, l’amore attivo, il quale si può muovere liberamente
dappertutto negli ampi spazi e operare e creare continuamente.
18. Con le mani viene quindi anche rappresentata la
Mia Potenza che agisce libera, non vincolata, la quale tuttavia non opera fuori
dall’eterno Ordine fondamentale stabilito, poiché anche ogni mano porta come diramazione
più esterne le dita, il cui numero è uguale a quelle dei piedi. Solo che le
dita dei piedi sono vincolate allo stesso Ordine giudicato, mentre le dita alle
mani significano la libera attività
in quest’Ordine.
19. Così, come esempio, un uomo non rinato nello
spirito sarebbe uguale all’Ordine vincolato dei piedi, mentre un uomo rinato
nello spirito sarebbe uguale al libero Ordine delle mani.
20. Chi qui di nuovo è capace di pensare, troverà la
Verità corrispondente; specialmente se osserva ancora il Sole naturale, come
anche questo, nell’emanazione dei suoi raggi, rappresenti visibilmente le sue placide
mani operanti nella libertà.
21. Ora avremmo ancora la testa, una parte fissa sopra
il corpo, la quale in se stessa, in forma arrotondata, rappresenta un uomo perfetto
nella sua sfera spirituale. Gli orecchi sono i suoi piedi, sui quali va in giro.
Gli occhi sono le sue braccia, con le quali può afferrare cose del tutto lontane
intorno a sé. Il naso è il polmone, la bocca è lo stomaco. In essa la lingua è
uguale al cuore, la quale aiuta a preparare sia i cibi materiali sia quelli spirituali;
quelli materiali col metterli sotto i denti trituranti e poi con la
deglutizione. Questo è il suo lavoro materiale. Ma la lingua dà anche alla voce
un suono comprensibile e articolato, ed è lei che trasforma i pensieri
interiori in parole comprensibili.
22. La parte interna del capo rappresenta l’insieme
delle corrispondenti viscere dell’uomo, oppure la sua vita raffinata e
spiritualizzata.
23. E così l’uomo, nella sua dimensione complessiva,
nella sua del tutto semplice, contemplativa forma, rappresenta l’uomo attraverso
tutti i suoi tre stadi: nei piedi la sua
naturalità vincolata, nel corpo
la sua sfera spirituale che ha ancora da fare e da lottare con differenti
cose, e con la testa la sua sfera
celeste, dove l’uomo, in sé e per sé sta lì certamente in una fissa, immutabile
condizione, ma proprio per mezzo di ciò nella sua sfera d’azione è tanto più
capace di afferrare lontano, come le parti componenti della testa già nell’uomo
naturale giungono infinitamente più lontano che le parti costituenti il corpo.
24. Ebbene vedete, questa è un’immagine del tutto
semplice ma chiara. In quest’immagine della visibilità esteriore è contenuta la
totalità del Cielo, l’intero mondo degli spiriti che è subordinato al
Cielo, e così anche l’intero mondo
naturale in tutte le sue singole parti è subordinato al Cielo e al mondo degli
spiriti.
25. Io credo che se osservate quest’immagine,
specialmente nella semplicità di un innocente fanciullo, allora troverete con
facilità in questa presentazione tutte le altre, e dappertutto anche proprio
così facilmente sarete in grado di arrivare alla loro causa. – E dunque, ora
abbiamo anche sufficienti immagini, così che non ci resta che aggiungere a tutta
quest’opera, alcune ‘reminiscenze’[41] sul
modo in cui questa deve essere letta vantaggiosamente e poi messa in pratica.
* * *
Cap. 1 (Il Sole spirituale vol.
II – cap. 67 [58])[42]
L’ingresso nel regno
spirituale dei piccoli fanciulli – Metodi pratici per la loro crescita
Jakob Lorber e Hanselm Hüttenbrenner sono
condotti dall’apostolo Giovanni nella sfera spirituale del Sole, facendoli
entrare nella sua sfera dove sono istruite le anime dei bambini morti sulla
Terra subito dopo la nascita. Come avviene nell’aldilà la prima assistenza dei
neonati dal primo edificio dello svezzamento fino al terzo edificio, tutti con
dieci reparti nei quali poi i piccoli fanciulli che ancora non sanno parlare, vengono
gradualmente iniziati all’ordine del Cielo per insegnar loro ad esprimersi.
Sull’importanza di assegnare a ogni dieci infanti un maestro qualificato. Nello
spirito s’impara molto più velocemente che non nel corpo. Il perché sulla Terra
si rovinano perfino i bambini dotati di grande talento.
Cap. 2 (cfr. S.S. vol. II – cap. 68 [59])
Insegnamento graduale nei primi reparti
L’istruzione nel quarto edificio scolastico
consiste nell’imparare a leggere dalle immagini e non dall’alfabeto.
Descrizione di tale rapido e più appropriato metodo della scrittura ideografica
quale base dell’insegnamento, rispetto a quello usato sulla Terra. Il
perfezionamento nell’aldilà dei figli di Dio continua per l’eternità,
altrimenti la vita diventerebbe monotona, così come il Signore stesso – e questo gli uomini non lo comprenderanno mai giustamente – progredisce sempre nello sviluppo della Sua
Forza infinita.
Cap. 3 (cfr. S.S. vol. II – cap. 69 [60])
Scuola celeste di geografia e storia della
Terra
Sul quinto edificio scolastico ai fanciulli
viene insegnata la geografia della Terra, poiché devono conoscere come e in che
luogo il Signore è diventato Uomo per riscattare tutto il genere umano e
predisporre la Terra quale scuola per i Suoi figli. Tutto ciò che esiste sulla
Terra è esistito prima in misura corrispondente nello Spirito del Signore. La
geografia viene spiegata tramite un mappamondo coricato di
Cap. 4 (cfr. S.S. vol. II – cap. 70 [61])
Lezione sull’essenza e sull’origine della
Terra
Sul sesto edificio scolastico viene insegnata
la geologia della Terra e anche la creazione di un nuovo mondo. La rotazione
della Terra è causata dalla violenta espulsione di vapori al polo sud. La
materia non è altro che vita spirituale prigioniera che deve liberarsi.
Dettagliata descrizione sulla nascita di un mondo che inizia con lo scontro di
raggi luminosi nell’etere, fino al suo completamento cui necessita di vari
miliardi di anni.
Cap.
5 (cfr. S.S. vol. II – cap. 71 [62])
La scuola spirituale della vita
Insegnamenti
sulla santa Scuola della Vita predicata da Gesù e suggellata dai martiri con il
loro stesso sangue. Sulla differenza tra i martiri del passato, quali veri
testimoni della Dottrina di Cristo, e i deboli credenti come ai tempi
dell’inquisizione spagnola che la rinnegarono per salvare la pelle.
Cap.
6 (cfr. S.S. vol. II – cap. 72 [63])
La sala della storia sulla creazione
dell’uomo
Nel sesto edificio
scolastico viene insegnata la storia della creazione dell’uomo e della donna e
tutte le fasi principali della storia dei patriarchi fino alla venuta di Gesù e
fino ai nostri giorni, ad esclusione della procreazione. Poi s’insegna la Terra
spirituale, differenziando gli spiriti buoni e i cattivi e le loro differenti
destinazioni. Insegnamenti sul peccato. Necessità di un periodo di riposo.
Concessione di far visita ai congiunti sulla Terra. Il desiderio dei fanciulli
di vedere il Signore viene limitato, invece è concesso di visitare Maria.
Cap.
7 (cfr. S.S. vol. II – cap. 73 [64])
L’insegnamento dei dodici
Comandamenti – Prima sala, spiegazione del primo Comandamento
Nell’aldilà i bambini non
somigliano più nell’aspetto ai loro genitori terreni, ma, in misura
corrispondente, al Signore. Sul settimo edificio scolastico, con dodici
reparti, vengono insegnati i “dodici” Comandamenti. Il primo Comandamento. Sul giusto modo di cercare e trovare Dio in
se stessi.
Cap.
8 (cfr. S.S. vol. II – cap. 74 [65])
Come si deve cercare Dio?
Senza una giusta ricerca i
fanciulli non trovano Dio. Solo uno di loro chiede di andare nella propria
cameretta per cercare Dio in sé, gli altri si recano all’esterno. Da lui il
Signore si lascia trovare.
Cap.
9 (cfr. S.S. vol. II – cap. 75 [66])
Ardente
desiderio di Dio – Una testimonianza della Sua esistenza
Nell’aldilà vale
l’insegnamento: “Quanto più splendore esteriore, tanta minore luce interiore”.
La nostalgia per Dio è una grande prova della Sua esistenza. La causa della
nostalgia è l’amore per quello di cui si sente nostalgia. Il Signore si lascia
trovare temporaneamente dai fanciulli.
Cap. 10 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 76 [67])
Seconda e terza sala: insegnamento sul
secondo e terzo Comandamento
La
forza insita nel pronunciare il Nome di Dio, quale insegnamento del secondo
Comandamento:
il significato del terzo Comandamento
sul Giorno della Vita del santo
riposo di Dio. La differenza tra il modo peccaminoso di santificare il sabato
sulla Terra e quello originario stabilito da Dio.
Cap.
11 (cfr. S.S. vol. II – cap. 77 [68])
Il quarto Comandamento nella quarta sala
L’insegnamento nel senso
spirituale del quarto Comandamento
come viene spiegato
nell’aldilà, poiché ‘padre’ e ‘madre’ significano l’Ordine di Dio che procede
dall’Amore e dalla Sapienza. La ‘lunga vita’ è il crescere nella propria vita
eterna, e la Terra è il proprio sé.
Cap.
12 (cfr. S.S. vol. II – cap. 78 [69])
Il
quinto Comandamento nella quinta sala
Il
quinto Comandamento significa spiritualmente: “Tu non devi distruggere né il tuo stesso spirito, né quello di tuo
fratello, poiché la Legge fondamentale divina è la conservazione eterna
degli spiriti creati.
Cap.
13 (cfr. S.S. vol. II – cap. 79 [70])
Il sesto Comandamento nella sesta sala – Cos’è
l’impudicizia?
Approccio
al senso spirituale del sesto Comandamento: il più difficile da osservare.
Sull’inseparabilità del piacere carnale nell’atto procreativo. Il corpo è uno
strumento dell’anima; l’anima è il principio vivente del corpo; lo spirito è il
vero e proprio principio vitale dell’anima.
Cap.
14 (cfr. S.S. vol. II – cap. 80 [71])
Sul sesto Comandamento, sulle due specie di
amore
Esempio del marito sterile,
dell’adulterio, del concepimento tra i ricchi e tra i poveri. Sui due tipi di
amore: quello divino e quello egoistico. Chiarimento sulla lussuria, ovvero
sull’avidità del piacere preteso egoisticamente dall’uomo sulla donna che è più
debole.
Cap.
15 (cfr. S.S. vol. II – cap. 81 [72])
Cos’è la fornicazione?*
Ancora sul sesto
Comandamento. L’uomo filosofa sulle comodità per giustificare le raffinatezze
ideate per rendere sempre più dilettevole la vita e l’atto sessuale. Tutte le
raffinatezze, perché avide del piacere, sono idolatrie. La fornicazione
significa anche: servire l’impudicizia secondo tutta la forza vitale. Babele fu
chiamata “prostituta”, perché là era di casa ogni raffinatezza del piacere.
Cap.
16 (cfr. S.S. vol. II – cap. 82 [73])
Settima sala, settimo Comandamento
Diversificate supposte
domande critiche preliminari sul concetto del ‘rubare’, che al tempo di Mosè
non poteva essere concepito nella sua espressività letterale come al giorno
d’oggi viene inteso.
Cap.
17 (cfr. S.S. vol. II – cap. 83 [74])
Cosa significa ‘rubare’?
Vari esempi per dimostrare
che il settimo Comandamento ‘non rubare’, non significa ‘rubare le cose
materiali’, ma significa ‘non
abbandonare mai l’Ordine divino’, quantunque, avendone il potere concesso
dall’Alto, ci si volesse impadronire dei diritti di Dio.
Cap.
18 (cfr. S.S. vol. II – cap. 84 [75])
Approfondimenti sulla questione sociale
Indicazioni sul comportamento
verso i ricchi spietati e gli usurai. Solo raramente Dio autorizza il popolo
affamato a rivoltarsi contro i ricchi e gli usurai per limitare i loro beni
arraffati ai poveri. Chi ama Dio, resti povero, poiché la povertà è del
Signore. Sugli interessi nei prestiti.
Cap. 19 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 85 [76])
Ottava sala, ottavo
Comandamento – L’involucro materiale, il
mezzo per la menzogna
Gli spiriti non possono
mentire, a meno che non si avvolgono in un involucro materiale. Gli spiriti
puri comunicano agli uomini per corrispondenze. Può mentire la volontà o il
pensiero? Un esempio col carro trainato.
Cap. 20 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 86 [77])
Cos’è una falsa testimonianza?
L’occhio dell’uomo accoglie
le immagini naturali esteriori, mentre l’orecchio può accogliere la Luce
santissima di Dio, cioè la Sua Parola. Lo spirito è in grado di accogliere il
figurativo esteriore e quello interiore essenzialmente vero. Sulla differenza
tra l’Amore e la Sapienza divina. Chi conosce la Parola di Dio, e pur pregando
con intenso raccoglimento non agisce secondo tale Parola divina, costui è un
mentitore e Gli dà una falsa testimonianza. Invece deve indirizzarsi secondo la
Verità interiore e solo poi essere attivo.
Cap.
21 (cfr. S.S. vol. II – cap. 87 [78])
Nona sala, nono Comandamento
Per
giungere al significato del nono Comandamento, l’apostolo Giovanni
dimostra con vari esempi che l’uomo ha soltanto il ‘diritto d’uso’ ma non il
‘diritto di possesso’. La guerra è un crudelissimo atto di violenza per
togliere agli uomini il divino diritto d’uso e introdurre al suo posto
l’infernale diritto di proprietà.
Cap.
22 (cfr. S.S. vol. II – cap. 88 [79])
Osservazioni sul nono Comandamento
Sulla ripartizione dei
terreni tra gli uomini eseguita alla maniera umana e dei conseguenti diritti di
‘proprietà’, di ‘uso’, di ‘raccolta’, di ‘acquisizione’, di ‘preparazione’ e di
‘costruzione’. Sulla nascita dello stato militare e della monarchia.
Cap. 23 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 89 [80])
Riflessioni sul senso interiore del nono
Comandamento
Un capo, quale giusto
regnante, deve indicare nella Divinità la forza della sua capacità di governo,
e mantenere la proprietà di ciascuno sorretta dalle leggi fraterne che deve far
rispettare, altrimenti l’inosservanza esteriore di questo Comandamento porterà
a rivoluzioni e guerre. Il vero
significato interiore è tendere alla condivisione amorevole dei beni avuti per
grazia.
Cap.
24 (cfr. S.S. vol. II – cap. 90 [81])
Sulla benedizione della saggia moderazione
Il Signore ha dato alla
Terra la capacità di alimentare dodici miliardi di persone. La giusta misura
per alimentarsi, vestirsi e il tipo di casa da possedere che dovrebbe avere
ogni abitante della Terra, per vivere in modo moderato e in base alla Legge
divina e naturale. Chi supera tali quantità è un peccatore.
Cap. 25 (cfr.
S.S. vol. II – cap. 91 [82])
Chi pecca contro il divino Ordine originario
– contenuto nel nono Comandamento?
Il Comandamento dà la
giusta misura, limitando l’eccesso. Se invece si supera la misura, si pecca
contro l’ordine naturale e, in tal modo, lo sono tutti gli avidi, gli
indolenti, i finanziatori e gli speculatori, perfino tutti coloro che vincono
alla lotteria o che ricevono eredità.
Cap.
26 (cfr. S.S. vol. II – cap. 92 [83])
Il senso dell’usura, il peccato più – esecrato
dal Signore
Gli ereditieri dovrebbero
donare tutto ai poveri. Spiegazione del perché fu scelto l’esempio del ‘giovane
ricco’ citato nel Vangelo. Gli usurai, i cambiavalute e gli speculatori sono i
più grandi peccatori davanti agli occhi di Dio, e puniti ancor più degli
assassini, degli adulteri e delle prostitute, e sono essi a rappresentare il
senso del nono Comandamento, nel loro desiderio verso le cose terrene.
Cap.
27 (cfr. S.S. vol. II – cap. 93 [84])
Decima sala, decimo Comandamento
Dopo otto secoli da Mosè,
si è cominciato ad interpretare erroneamente questo Comandamento comprendendolo
solo in senso letterale, come i turchi. Ragionamenti su chi è tale ‘donna di
altri’, se è solo la moglie del vicino o anche la figlia oppure la serva, e se
questo ‘altri’ è uno straniero.
Cap.
28 (cfr. S.S. vol. II – cap. 94 [85])
Chi è il “tu” nel decimo Comandamento?
Apparente imprecisione
nell’espressione del Comandamento di Dio che ha portato in passato la Chiesa ad
abusare del presunto diritto di remissione, proprio distorcendo il senso del
“tu”, e imporre offerte agli additati penitenti, così da appropriarsi di enormi
ricchezze.
Cap.
29 (cfr. S.S. vol. II – cap. 95 [86])
Esempi di interpretazione errata del decimo
Comandamento
Ulteriori esempi su alcune
ridicole interpretazioni che limiterebbero il valore del Comandamento non
esteso all’eternità, perfino vietando la carità se pretesa da una donna giovane
e bella, evidenziando in ciò la pagana fede cristiana dell’eterno inferno e
quindi di un Dio non misericordioso. I Comandamenti dati da Dio portano in sé
tutto l’Ordine infinito di Dio stesso.
Cap.
30 (cfr. S.S. vol. II – cap. 96 [87])
Motivo della velatura del
vero significato – del decimo Comandamento
Il significato letterale
esteriore della Parola non rappresenta mai la verità, perché per evidenti
ragioni dimostrate, essa, oltre al significato esteriore ha un significato
spirituale interiore e uno interiorissimo.
Cap.
31 (cfr. S.S. vol. II – cap. 97 [88])
Il vero significato interiore del decimo
Comandamento
Il
significato spirituale interiore del decimo Comandamento: ‘La donna’ è l’amore
di ciascuno, e ‘il prossimo’ è ogni essere umano con il quale si viene in
contatto. Se
questo profondo significato interiore fosse stato dato chiaramente, sarebbe
stato distrutto dall’umanità malintenzionata, rovinando così la vita in tutti i
Cieli e in tutti i mondi. La Sacra Scrittura com’è oggi, è molto diversa nel
suo significato letterale del testo originario. La parola è un involucro
esteriore contenente la nuda Verità spirituale interiore, per cui può esprimere
solo una condizione particolare, ma non può mai avere una validità generale.
Cap.
32 (cfr. S.S. vol. II – cap. 98 [89])
Undicesima sala, undicesimo
Comandamento – L’amore per Dio
Nell’undicesima sala viene
presentato il paragone tra le innumerevoli stelle del firmamento che scompaiono
al sorgere di un unico Sole, e le innumerevoli parole dei patriarchi, padri e
profeti del Vecchio Testamento, le quali affievoliscono di fronte a un’unica
Parola di Dio; ecco che cosa intendeva dire il Signore con la frase: “In questo
Comandamento dell’Amore sono contenuti Mosè e tutti i profeti”.
Cap.
33 (cfr. S.S. vol. II – cap. 99 [90])
L’amore di Dio, la Sostanza originaria di
tutte le creature
L’Amore di Dio è la
sostanza fondamentale originaria di tutte le creature. Corrispondenza tra
l’amore e il calore, e tra l’infernale mancanza d’amore e il freddo.
Definizione scientifica della parola ‘freddo’. L’unico significato del Comandamento è quello di congiungere il proprio
calore vitale avuto da Dio con il Calore originario del Creatore che ci ha
creato e ci conserva.
Cap.
34 (cfr. S.S. vol. II – cap. 100 [91])
Cosa significa amare Dio sopra ogni altra
cosa?
Interessante scambio di
opinioni tra un obiettore e un contestatore su quattro testi biblici e
parabole, dove si dimostra che il raggiungimento del massimo amore per Dio e
della vita eterna, non si ottiene attraverso l’osservanza dei Comandamenti in
maniera esclusivamente e rigorosamente letterale.
Cap.
35 (cfr. S.S. vol. II – cap. 101 [92])
In cosa consiste l’amore per Dio?
Continua la spiegazione con
altri tre esempi atti a dimostrare che il raggiungimento del massimo amore per
Dio non si ottiene attraverso l’osservanza dei Comandamenti in maniera
esclusivamente e rigorosamente letterale. Giovanni conclude che amare Dio sopra
ogni cosa significa: “Amare Dio al di sopra di ogni Legge”.
Cap.
36 (cfr. S.S. vol. II – cap. 102 [93])
Come amare Dio sopra ogni cosa?
Chi osserva solo la Legge
resta un perenne viandante sulla via. L’amore verso Dio, supera l’intera Legge e lo dimostrano le varie parabole del
giovane ricco, del fanciulletto, del fariseo con il pubblicano e con la
differenza tra Marta e Maria. Spiegazione delle tre domande a Pietro se questi
Lo amava.
Cap.
37 (cfr. S.S. vol. II – cap. 103 [94])
Dodicesima sala, dodicesimo
Comandamento – L’amore per il prossimo
Sul giusto e sull’ingiusto
amor proprio. È anche idolatria amare oltre la misura stabilita dai
Comandamenti. Sull’elezione dei re per governare i popoli e sulle conseguenze
di ciò, mentre un vero governo dovrebbe avere una costituzione teocratica, cioè
governare con le Leggi emanate da Dio e avere solo Lui come sovrano. Ulteriori
tre esempi sulle conseguenze dell’eccessivo amor proprio se riversato al
prossimo oppure alla propria moglie.
Cap. 38 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 104 [95])
In cosa consiste il vero amore per il
prossimo?
Citazioni
di testi evangelici per comprendere che ‘il prossimo’ da amare e aiutare sono
gli incidentati, i poveri, i deboli, i bisognosi e i fanciulli, non escludendo
perfino i nemici o i non credenti. Per i ricchi i loro figli non possono essere
considerati ‘prossimo’. Tutti i ricchi rischiano di andare all’inferno, a meno
che non diventino come il ricco Lazzaro benefattore, senza dare in eredità il
loro patrimonio, soprattutto è da biasimare il fedecommesso.
Cap. 39 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 105 [96])
Lezione pratica agli
allievi ultraterreni – sull’amore per il prossimo
Il solo sapere teorico
senza la pratica non serve a nulla. Il Cielo è una beatitudine per il vero
prossimo, mentre è un tormento per il meno e per il lontano prossimo. Dopo la
‘consacrazione del perfezionamento i bambini un po’ cresciuti che hanno
acquisito i dodici Comandamenti, vengono assegnati come protettori osservanti
la vita degli uomini che vivono sulla Terra, quale esercizio della pazienza.
Prima di aiutare il loro affidato essi devono esaminare la specie del suo amore
e poi assecondarlo in tale suo amore, accompagnandolo pure nei peggiori vizi
senza poter intervenire, per imparare che la specie di amore di ogni uomo è
l’elemento vitale che gli è caratteristico, poiché, se egli non lo trova,
allora la sua vita è finita.
Cap. 40 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 106 [97])
Essenza e conseguenze del vizio – Nel primo
inferno
La necessità di riconoscere
che ogni vizio ha in sé una certa conseguenza che è la meta raggiunta, e solo
in questa meta è possibile riconoscere la causa del vizio, affinché ne abbia
avversione. Ogni azione provoca una corrispondente conseguenza sanzionata da
Dio. Sulla Terra non sempre il corpo fisico rispecchia le conseguenze di un
vizio. L’esempio del lussurioso e le miserevoli condizioni in cui viene tenuto
nel ‘primo inferno’. Non bisogna mai aiutare un vizioso nella sua brama del
piacere. L’ira è il frutto dell’egoismo, il quale ha le sue radici
nell’ambizione che è il movente di tutti i vizi.
Cap. 41 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 107 [98])
Nel secondo inferno
Sul senso dell’obbedienza
ottenuta dai sovrani incutendo la paura della morte ai propri sudditi. Questa
si basa sull’incertezza della continuità della vita dopo il trapasso terreno.
Alcuni popoli asiatici credono nella trasmigrazione giornaliera dell’anima
negli animali e nel corpo umano, e perciò hanno una terrificante paura del
sonno. Un rinato nello spirito invece non ha paura della morte. Mentre nel
primo inferno la paura di tali spiriti lussuriosi era l’annientamento. Nel
secondo inferno il permanere nello stato dell’impossibilità di ottenere il
piacere genera l’ira tra tali spiriti maligni i quali cominciano a odiare la
Divinità dichiarandole guerra.
Cap. 42 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 108 [99])
Nell’intera Creazione niente dell’esistente
è distruggibile
Nell’intera infinità non
c’è nulla di annientabile. Gli spiriti maligni del terzo inferno si ribellano
alla Divinità perché sanno di essere ‘indistruttibili’ e sono convinti che
unendosi tra loro potrebbero sopraffarLa e dominarLa. La vera e propria causa
di ogni vizio è l’avidità di dominio. Corrispondenza tra i tre inferni e i tre
involucri di un corpo mondiale: la superficie, lo strato sottostante e il
nucleo centrale. Il massimo tormento degli spiriti infernali è vedere che ogni
loro impresa malefica si conclude sempre a vantaggio del Signore.
Cap. 43 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 109 [100])
Immagini del primo e del secondo inferno
Comparazioni del
comportamento degli esseri nel secondo inferno con quelli del primo. Se nel
Regno celeste non ci si preoccupa assolutamente di nulla all’infuori dell’amore
e del riconoscimento di Dio, poiché a tutto il resto provvede il Signore, negli
inferni il desiderio degli esseri è quello di accaparrarsi materialmente di
qualcosa per sfamarsi e per possederla. Nel primo inferno per sfamarsi, nel
secondo a scapito degli altri con odio, ira, invidia e con ogni sforzo per
dominare. Quando si eliminano le leggi di Stato morali e civili, subentrano
immediatamente rapine, guerre, stragi e incendi. Come sulla Terra, chi
raggiunge un obiettivo cui aspirava, poi ne persegue uno ancora più grande a
scapito degli altri.
Cap. 44 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 110 [101])
Ogni uomo, secondo la sua
individualità, porta in sé il Cielo come l’inferno
Il motivo per cui l’inferno
viene descritto sotto figure così molteplici è dovuto al fatto che solo a
pochissimi veggenti fu concesso di dare un profondissimo sguardo al suo
fondamento vero e proprio, mentre a moltissimi fu permesso di scorgere l’una o
l’altra apparenza di esso. Il solo che può esporre il giusto concetto fondamentale
sull’inferno è il Signore sopra tutti i Cieli come anche sopra tutti gli
inferni. Ogni essere, secondo la propria individualità, porta in sé il Cielo
come l’inferno.
Cap. 45 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 111 [102])
Corpo, spirito e principio vitale
Le origini della vita in sé
si trovano nello spirito immortale, e non nell’effimero corpo fisico. Lo
stimolo che l’uomo ha per realizzare le sue opere deriva dalla capacità
creativa del suo spirito, affinché possa realizzarle solo un po’ alla volta ed
esercitarsi continuamente nella proprietà indispensabile di ogni vita: la
divina Pazienza. Dopo la deposizione del corpo fisico ogni spirito ottiene di
nuovo la capacità di creare all'istante, ma essa è fattibile per gli spiriti
buoni, mentre per quelli cattivi resta illusoria.
Cap. 46 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 112 [103])
Immagini terrene dell’inferno fondamentale
Tre immagini terrene
dell’inferno fondamentale: il ricco speculatore che ucciderebbe tutta l’umanità
per appropriarsi dei suoi beni, l’ufficiale di grado minore che brama diventare
generale per dominare su tutti, e infine coloro che mettono uno stemma
nobiliare davanti al loro nome poco significativo. La brama di dominio è il
fondamento del più basso di tutti gli inferni, ed è insaziabile e vorrebbe
estendere all’infinito tale brama di dominio e avidità.
Cap. 47 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 113 [104])
Un’ulteriore immagine dell’inferno più basso
L’amatore sessuale che nel
tempo perde di virilità, tenterà di rinvigorirsi prima con le medicine, poi,
sempre più impotente, sarà maggiormente attratto dalla carne della gioventù
maschile, diventando così un depravato pedofilo. Il peccato carnale uccide
tutto ciò che è spirituale. Il lussurioso è egoista, materialista e ateo, e
quando diventa impotente è peggio di un assassino. Per ogni avaro ci sono
proporzionalmente migliaia di lussuriosi. Anche il solo guardare una ragazza
con la brama di possederla sessualmente può influire nella sfera vitale che
ciascuno irradia oltre il proprio corpo fisico. Per questo, Dio ha dato il
Comandamento di “evitare i pensieri e le brame impudiche”.
Cap. 48 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 114 [105])
Avidità di dominio e arroganza, i semi
dell’inferno
Le caratteristiche
prevalenti nel sesso femminile sono l’avidità di dominio e la vanità. La
migliore arma di seduzione della donna è ‘il senso del pudore’, che è il primo
seme dell’inferno più basso, dal quale scaturiscono tutti i possibili vizi
femminili. Un esempio che dimostra come il senso del pudore femminile sia una
maschera.
Cap. 49 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 115 [106])
I frutti che maturano per l’inferno
Un ulteriore esempio dello
sprofondare nell’inferno più basso: manifestare un falso senso del pudore
davanti alla società, ma disattenderlo del tutto nel nascondimento. Oppure far
ingelosire il fidanzato affinché lui riconosca il suo inestimabile valore,
covato nel falso e infernale senso del pudore.
Cap. 50 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 116 [107])
Tutti i segreti saranno svelati nello stato
spirituale
Sul matrimonio con un altro
per vendetta e sue conseguenze nell’aldilà, dove ognuno dovrà affrontare
nuovamente gli stessi contrasti avuti sulla Terra per perdonarsi
reciprocamente, così come il Signore stesso non andò subito in Cielo, ma
discese prima nell’inferno, per riconciliarsi. Bisogna estinguere ogni peccato
commesso sulla Terra, poiché non si entra nel Regno dei Cieli se si ha anche
una minima colpa, soprattutto nel sentimento dell’amore. Tutto ciò che è amore
costituisce la vera e propria essenza dello spirito. Spiegazione della
Scrittura riguardo ai sette spiriti scacciati. Un giovane innamorato
prematuramente è già rovinato e non evolve spiritualmente, poiché alla base
dell’innamoramento precoce c’è la massima lussuria spirituale che mira
all’inganno dello spirito.
Cap. 51 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 117 [108])
Paradiso e inferno, polarità nell’uomo
Ogni uomo e ogni angelo
porta in sé la perfetta immagine apparente sia dell’intero inferno sia
dell’intero Cielo, quali due polarità opposte. La gelosia è il risveglio
dell’amor proprio, dell’egoismo e dell’ambizione. Per soggiogare l’inferno che
è dentro di sé, basta che l’offeso e l’offendente si perdonino a vicenda e si
benedicano entrambi nel Nome del Signore. Per scampare all’inferno è invece
sufficiente uno sguardo di pentimento rivolto al Padre buono, come nell’esempio
del ladrone sulla croce, dell’adultera, di Maria Maddalena, della pecorella
smarrita e del figliol prodigo.
Cap. 52 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 118 [109])
Principi celesti e principi infernali
L’inferno non è un luogo
fisico di detenzione ma solo uno stato interiore dell’anima che ciascuno ha in
sé e nel quale vi accede nell’aldilà in base al suo amore e alle sue azioni. I
principi infernali sono: ambizione, amor proprio ed egoismo; mentre quelli
celestiali sono: umiltà, amore per Dio e amore per il prossimo. Come sapere se
si appartiene all’inferno oppure al Cielo. Il sogno è una dimostrazione che
tutto: – inferno, Cielo, soli, mondi, ecc., è all’interno di ogni essere.
Cap. 53 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 119 [110])
Lo spirito, creatore del suo stesso mondo
Nel
Medioevo il cosiddetto purgatorio e l’inferno furono rappresentati da immagini
indecenti della fantasia. La fantasia non è altro che tutta l’infinità, cioè il
Cielo e l’inferno esistenti che lo spirito ha in sé dall’origine. Ciò che si
osserva esteriormente, essendo qualcosa che si ha interiormente, stimola il
proprio spirito, procurando gioia o ripugnanza a seconda dell’origine da cui le
immagini sono tratte. Anche ai bambini sul Sole spirituale viene data la stessa
istruzione, ugualmente come è stata data a noi.
Cap. 54 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 120 [111])
Il successivo sviluppo degli allievi
dell’aldilà – Il regno intermedio (Ade)
Poiché non basta solo
studiare per essere capaci, anche gli allievi nel Cielo devono dimostrarlo,
accompagnando i nuovi arrivati alla loro destinazione, inizialmente al ‘Regno
intermedio’, ovvero nella sfera naturale-spirituale della Terra, denominato
anche ‘Ade’ o erroneamente ‘purgatorio’. Ogni nuovo arrivato nel Regno
intermedio deve rendere una confessione generale della sua vita affinché si
abbia il completo ‘svelamento o segregazione’, infine ‘la mortificazione’ di tutto ciò che egli
ha portato con sé. Solo poi viene portato nel Cielo o all’inferno secondo la
sua interiorità.
Cap. 55 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 121 [112])
Ogni vita segue le vie determinate
dall’amore per il Signore
La necessità di far
rivivere a ogni defunto terrestre le stesse passioni che lo dilettavano sulla
Terra, affinché, riconoscendole contrarie all’Ordine, vi rinunci. Perfino la
musica, la pittura e la poesia, se erano stimolate dal desiderio di guadagno
oppure per una passione sensuale, devono essere riconosciute come base per la
propria superbia. Sui concetti errati dei credenti cattolici defunti. Il Signore
non giudica nessuno, ma ciascuno giudicherà se stesso in base alle sue stesse
opere.
Cap. 56 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 122 [113])
Ulteriore guida degli
allievi attraverso i pianeti – e le sette sfere del Sole
fino alla loro meta celeste
Anche in altri mondi oltre
alla Terra vivono degli esseri liberi, e questi quando trapassano vengono
guidati dagli allievi infanti quali loro insegnanti, iniziando dalle sfere
spirituali della Luna, poi dei pianeti e infine del Sole, per essere purificati
dalle loro passioni e liberarsi dall’influsso dei pianeti. Solo dopo aver
terminato il ciclo di purificazione terrena, queste anime diventano assistenti
di grado inferiore dei loro piccoli insegnanti, mentre questi, oramai diventati
angeli, vengono accolti quali cittadini della santa Città di Gerusalemme, nella
quale saranno guidati dai cittadini principali assumendo ogni tipo di grandiosi
incarichi celestiali.
Cap. 57 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 123 [114])
Dal Signore – Sguardo retrospettivo sull’osservazione nelle sfere
dei dieci spiriti
Il Padre Celeste conosce
tutto, ma quando colloquia con i Suoi figli simula di non sapere proprio tutto.
La sfera vitale di uno spirito è il suo mondo in cui dimora, che è
completamente diverso da quella di ogni altro spirito, evolvendosi in
continuazione, poiché ognuno forma in se stesso un mondo interiore in base alla
specie del suo amore e alla sua continua crescita. La realtà dell’intera
dimensione della vita spirituale si trova nella sfera della verità che è
composta dalle verità interiori racchiuse nelle infinite forme, nelle quali in
ognuna c’è l’una e la stessa verità.
Cap. 58 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 124 [115])
Ogni uomo porta in sé un
seme diverso per lo sviluppo – del mondo spirituale
Per rappresentare il Regno
dei Cieli il Signore dà degli esempi per dimostrare che la forma delle cose o
le apparizioni del mondo spirituale non hanno nessun valore, vengono create
così per evitare la monotonia, ma ciò che conta è che tutto deve avere per
fondamento l’una e la stessa verità e l’uno e lo stesso scopo. Ogni uomo porta
in sé un diverso seme per lo sviluppo del mondo spirituale. Dappertutto c’è
soltanto un Dio, un Padre, un Amore, una Sapienza! Le due sostanze fondamentali
originarie della materia sono il carbonio e l’ossigeno.
Cap. 59 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 125 [116])
Il Regno dei Cieli è uguale a questo tempo
attuale
Similitudine tra il Regno
dei Cieli e la parabola del seminatore. L’umanità preferisce i divertimenti e
gli affari mondani al punto che nemmeno la Parola divina comunicata in modo
prodigioso produce delle conversioni. La fede deve essere vivificata
dall’azione altrimenti non serve a nulla. La miglior via è quella di entrare in
congiungimento diretto con il Signore stesso. È saggio colui che esamina le
apparenze esteriori per scoprire la verità e la causa interiore.
Cap. 60 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 126 [117])
Un albero come esempio dell’essenza del
Regno degli spiriti
L’esempio
dell’albero per spiegare il rapporto tra il mondo spirituale e quello naturale
e come scoprire la causa interiore esaminando l’apparenza esteriore. L’esempio
del talento per spiegare come il
Signore sparge piccolissime parti di Vita negli infiniti campi del Suo Essere
per ricevere di ritorno una massa di Vita smisuratamente potenziata. Al
di fuori di Dio non c’è vita da nessuna parte, poiché da nessuna parte c’è un
“fuori da Dio”, poiché Dio è la Sorgente originaria che nutre in eterno ogni
vita.
Cap. 61 (cfr. S.S.
vol. II – cap. 127 [118])
Un fanciullo come immagine del Regno dei
Cieli e dell’Universo
La descrizione
dell’immagine di un bambino per spiegare il rapporto tra il mondo celeste, il
mondo spirituale e il mondo naturale. Sulla rotazione del Sole da parte del
sistema planetario. Il cuore è la sede fondamentale della vita e l’immagine
dell’amore. I tre stadi, piedi, tronco e testa, nel loro rapporto con il
vincolato, con lo spirituale e con il celeste. Sull’azione continua del
Signore, già con il nostro respiro, per tramutare la morte in Vita.
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[1] Un
tipo di antichissima scrittura i cui segni rappresentano direttamente il
significato.
[2]
Plastico: che crea, ottiene o suggerisce con i propri mezzi l’idea del rilievo,
della pienezza delle forme, del movimento armonico, ecc.
[3] Drammatici: che ha
l’intensità emotiva propria di un dramma.
[4] Cioè plasmato o modellato
in rilievo.
[5] La
città di Graz.
[6]
Infusori: animali unicellulari microscopici.
[7] Tutti
i bambini hanno innocentemente e indubbiamente creduto all’esistenza di Dio, ma
a causa dei dubbi esternati appositamente dai loro insegnanti, ora passano
dalla chiara Luce iniziale a quella crepuscolare, ovvero penombra interiore,
col risultato che parecchi di essi sono stimolati a cambiare idea.
[8]
Filosofema: sillogismo indirizzato alla dimostrazione della verità filosofica,
come sottile, astrusa affermazione o disquisizione.
[9] Jakob Lorber e Hanselm Hüttenbrenner.
[10] Cioè
nel vostro stesso essere.
[11] È
stato tradotto “atti impuri” per rispettare la tradizione cristiana, mentre la
parola tedesca sarebbe “Unkeuschheit” che significa “impudicizia”.
[12]
Grosso: moneta antica.
[13] Marco
cap.2, v.25-28. «Ma egli rispose loro: “Non avete mai letto che cosa fece Davide
quando si trovò nel bisogno, ed ebbe fame lui e i suoi compagni? Come entrò
nella casa di Dio, al tempo del sommo sacerdote Abiatar, e mangiò i pani
dell'offerta che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche a
quelli che erano con lui?”. Poi soggiunse loro: “Il sabato è stato fatto per
l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche
del sabato”».
[14] Potiori jus: diritto al
più potente
[15] Proprietà prerogativa:
diritto speciale concesso per legge o per consuetudine.
[16] Favente Jove: basta che
parli Giove
[17] Si
riferisce al 1842, anno in cui Lorber ricevette questa Rivelazione dal Signore.
[18]
Bostrico: piccolo coleottero con corpo nero e peloso, testa incassata nel
torace, zampe corte e apparato boccale robustissimo mediante il quale scava numerosissime
gallerie lungo il tronco e nei rami. Dannosissimo alle foreste.
[19]
Nell’opera di Lorber viene specificato che Giuseppe, il padre putativo di Gesù,
oltre a lavori di falegnameria faceva soprattutto lavori di carpenteria,
costruendo grandi strutture, come ad esempio stalle, granai, magazzini di
viveri, ecc.
[20] In livrea: uniforme variamente foggiata e gallonata che
portavano i servitori di una casa signorile.
[21]
Fedecommesso: disposizione testamentaria, oggi abolita o parecchio limitata,
con la quale l’erede o il legatario primi istituiti venivano obbligati a
conservare integro un patrimonio e a trasmetterlo alla loro morte ad un terzo.
[22] Tempo dello svelamento o
segregazione: è il primo tempo in cui lo stato dell’anima del defunto viene a trovarsi con se stessa, isolata o insieme a
spiriti della sua stessa interiorità, finché riconoscerà il suo stato di
esistenza ultraterrena. [n.d.t.]
[23]
Proteo: antica divinità marina che assumeva forme diverse.
[24] Si
riferisce al 1842, anno in cui Lorber ricevette questa Rivelazione.
[25]
Impudicizia: mancanza di pudore, spudoratezza.
[26] Il riferimento è a quei
capitoli del ‘Sole spirituale’, l’opera comunicata a J. Lorber da cui è stata
estratta questa parte relativa
all’istruzione dei bambini nell’aldilà, in cui Giovanni presenta ai suoi due
accompagnatori la sua sfera spirituale interiore, contenente sia il Cielo che
l’inferno spirituale.
[27] Jakob Lorber e Hanselm Hüttenbrenner.
[28] Nel
testo originale tedesco è scritto “Hades”, una parola greca tradotta
dall’ebraico Sheol che significa “Regno dei morti”.
[29]
Sansimonismo: concezione politico-sociale elaborata dal francese C.H. de
Saint-Simon (1760-1825); essa era rivolta a mutare la società mediante riforme
di un socialismo utopistico che s’ispiravano ai principi del cristianesimo.
[30] Il predecessore di
Giovanni che ha accompagnato i due visitatori nella sua sfera era stato Marco,
dal capitolo 17 fino alla fine del primo volume del Sole spirituale.
[31] Mangiatori di muschio:
viene spiegato nel primo volume del Sole spirituale dal nono spirito nei
capitoli dal 28 al 33, come molte categorie di uomini, che si ritrovano
nell’inferno nella regione spirituale della sera quasi completamente al buio,
si cibano di solo muschio.
[32] Il
volume “La Luna” è una piccola Opera dettata dal Signore a Jakob Lorber nel
1841.
[33] Quest’Opera fu rivelata
nel 1842. L’esistenza di questo pianeta non era conosciuta allora, perché fu
scoperto solo nel 1846.
[34] Il riferimento è relativo
alle indicazioni di Giovanni all’inizio dell’incontro con i suoi due ospiti,
per istruirli sul modo attraverso cui avrebbero potuto vedere l’universo
contenuto nella sfera spirituale di ogni spirito. La citazione di Giovanni è
presente nel secondo volume del Sole spirituale che non fa parte di questo
estratto, relativo solo all’istruzione dei bambini nell’aldilà.
[35] Le caratteristiche
planetarie del Sole sotto l’aspetto naturale, possono essere comprese tramite
l’opera “Il Sole naturale”, comunicata a J. Lorber nel 1842.
[36] Si
tratta dell’apostolo Giovanni, il prediletto del Signore, il quale ha
accompagnato e istruito Jakob Lorber e Hanselm Hüttenbrenner per tutto il
viaggio, dopo essere entrati spiritualmente nella sua sfera spirituale, con la
loro stessa sfera vitale, nella quale hanno esplorato Soli e mondi naturali e
spirituali, descrivendo – in questo estratto dall’opera “Il Sole spirituale” –
tutto ciò che hanno visto e udito fino a questo momento.
[37] Jakob
Lorber e Hanselm Hüttenbrenner sono appena usciti dalla sfera spirituale
dell’apostolo Giovanni e ora continuano di nuovo a colloquiare direttamente con
il Signore stesso.
[38] Vedi
“Il Sole Spirituale”, vol. 1, cap. 3.
[39] Il
tempo in cui Lorber scrisse quest’opera: 1842.
[40]
Efemeridi: genere di piccoli insetti efemerotteri, della famiglia degli
efemeridi. (GVG
4,199-2-3) (Cfr. GVG 5, 214-2).
[41]
Queste “reminiscenze” sono apparse in uno speciale piccolo scritto sotto il
titolo: “Schrifttext-Erklarungen”. (Spiegazioni di Testi biblici). [Nota
dell’editore tedesco]
[42] Il riferimento
dell’estratto dal Sole spirituale tra parentesi quadre [ ] è relativo alla
nuova numerazione utilizzata nell’edizione di stampa del 2006 del volume in
lingua italiana edito a cura della casa editrice “La nuova Rivelazione”.