Riflessioni sulla morte dei bambini

 

“Cos’è la vita? Cos’è la morte? Perché devono morire i bambini?”, queste domande se le pongono non solo tutti coloro che assistono un bambino morente o che si trovano di fronte alla morte improvvisa di un bambino o di un giovane, queste tre domande, così toccanti, le ha fatte un bimbo di nove anni, malato di cancro, in una lettera alla dottoressa Elisabeth Kübler-Ross, famosa per i suoi studi sulla morte. Lei, nel suo celebre libro Kinder und Tod (Kreuz–Verlag) «I bambini e la morte», racconta: «Presi i pennarelli a colori di mia figlia e gli scrissi una letterina con lettere chiare e con espressioni semplici, la illustrai e la imbucai. Non solo la sua reazione fu estremamente positiva, ma egli fu anche, ovviamente, molto fiero di quel suo piccolo libro illustrato da Elizabeth». Lo fece leggere non solo ai suoi genitori, ma anche ai genitori di altri bambini che stavano morendo. Una riproduzione a colori della lettera illustrata da questa meravigliosa dottoressa dal cuore grande e pieno d’amore contenuta nel suo libro, che volle aiutare anche altri bambini a comprendere queste importantissime domande.

Ecco alcune delle chiare, semplici e amorevoli frasi dalle scritte, rivolte al ragazzino che sapeva di dover morire:

«Non esiste il caso nella vita. Dio non fa differenza tra gli uomini. Siamo tutti figli suoi. Il Suo amore non conosce condizioni. Egli comprende tutto, non condanna mai. Egli è amore incondizionato. Tu ed io abbiamo scelto insieme i due genitori fra un miliardo di persone. Tu li hai scelti per aiutarli a crescere e a imparare, ed essi a loro volta sono i tuoi insegnanti. La vita è una scuola in cui possiamo imparare tante cose; ad andare d’accordo con le altre persone, a comprendere i loro sentimenti, ad essere giusti con noi e con gli altri, e a dare e a ricevere amore. Quando abbiamo superato gli esami, allora possiamo lasciare la scuola; e ciò vuol dire che possiamo tornare a casa, nella nostra vera casa, la casa di Dio, dal Quale noi siamo venuti. Là rivedremo tutti quelli che abbiamo amato nella nostra vita. È come una riunione di famiglia dopo una prova (...).».

Una delle osservazioni che la dottoressa Kübler-Ross ha fatto proprio sul letto di morte dei bambini è che questi, poco prima di morire, spesso hanno un ‘momento di chiarezza’ che li trasforma in saggi insegnanti per noi adulti. Per lo più loro hanno una conoscenza interiore di ciò che li aspetta e una visione intuitiva del segreto della vita e della morte.

Per tutti coloro che devono assistere un bambino morente è un’esperienza importante, perché, se chi li circonda riesce a mostrarsi comprensivo e a immedesimarvisi, i bambini riescono a dire addio alla vita più facilmente e senza paura. Nel suo libro la dottoressa E. Kübler-Ross parla del giovane Mike, affetto da un male incurabile, che il giorno della sua morte lasciò sul comodino queste note.

 

“E venuto il momento,

la mia opera è compiuta.

Ora arriva qualcos’altro

fra poco le porte si apriranno.

Ora vado, arrivederci!

Il tempo, il tempo non finisce mai,

questo tempo infinito.

L’amore, l’amore è eternità!

Addio, con amore.

Vi amerò per sempre!”

 

«Queste righe confermano la mia convinzione» – scrive la dottoressa Kübler-Ross, – «che le cose vadano meglio per i bambini che possono parlare apertamente e onestamente con la famiglia, come era fortunatamente successo a questo giovane».

Osservando come la dottoressa Kübler-Ross sia riuscita a far superare sia ai bambini che agli adulti la paura della morte, si può essere certi che essa sia dotata di un carisma, e ciò proprio in un’epoca in cui molti hanno perduto la fede in un’altra vita dopo la morte, in un altro mondo, in un’altra dimensione. Concordando con tutti i principali esperti e studiosi dell’aldilà, essa afferma:

(…) «la morte è semplicemente l’uscita dal corpo fisico allo stesso modo di come la farfalla esce dal bozzolo. La morte è un passaggio allo stato di una nuova conoscenza, in cui si continua a sentire, a vedere, a udire, a comprendere, a ridere, e in cui è possibile continuare a crescere. E in questo passaggio perdiamo solo ciò che non ci serve più: il nostro corpo fisico».

Per secoli, e specialmente con l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino, si credeva che dopo la morte, l’uomo, dopo aver perduto il proprio corpo fisico, non avesse più alcun corpo. Era anche per questo che la maggior parte delle persone non riuscissero a immaginare un’altra esistenza dell’uomo dopo la morte. – Com’è possibile per un uomo continuare a esistere senza il corpo? – Perciò è una grossa sorpresa per chi si accinge a studiare l’aldilà, scoprire che possiederà ancora un corpo con le stesse membra di un corpo fisico. Secondo Jakob Lorber (Groβes Evangelium Johannes – [Grande Vangelo di Giovanni vol. IV cap. 51,3]) noi scopriamo che «… l’anima ha un corpo etereo, che è pur sempre un corpo, come lo è il corpo fisico». Proprio in questo corpo etereo (che Lorber chiama anche ‘Nervengeist’, spirito nerveo), è un elemento tra il fisico e l’imponderabile, il quale durante la vita terrena funge da legame tra corpo fisico e anima, cosicché dopo la morte l’uomo va oltre ed entra nella realtà ultraterrena.

I genitori che hanno perso un figlio in tenera età possono chiedersi come il loro fanciullo possa continuare a vivere nell’aldilà, dal momento che sulla Terra era un esserino indifeso, che dipendeva in tutto dagli altri per le sue necessità. La dottoressa Kübler-Ross ricorda nel suo libro che la capacità di ‘continuare a crescere’ esiste anche nell’aldilà. Perciò richiama l’attenzione su una situazione che ha un’importanza fondamentale nell’altro mondo. Lo sviluppo interiore ed esteriore continua, non finisce con la morte. Dopo la morte un bambino non resta per sempre bambino, ma cresce nell’aspetto esteriore e sviluppa le sue capacità interiori. Il mistico indiano Sadhu Sundar Singh, che viveva in relazione costante con Gesù e aveva molte visioni del mondo spirituale simili ai racconti sull’aldilà di J. Lorber, riferisce:

«Un bambino piccolo morì di polmonite. Quindi arrivò una schiera di angeli per accompagnare la sua anima nell’aldilà. Come avrei voluto che sua madre avesse potuto assistere a questo spettacolo meraviglioso! Allora non avrebbe pianto, avrebbe invece cantato di gioia, perché gli angeli si occupano dei piccoli con una cura e un amore tale che una madre non potrebbe mai avere. Sentii un angelo dire a un altro: ‘Guarda come piange la madre di questo fanciullo per questa breve e temporanea separazione! Fra pochi anni sarà di nuovo con suo figlio’. Poi gli angeli portarono l’anima del fanciullo in una parte del Cielo molto bella e luminosa, riservata ai bambini (che Jakob Lorber ubica nella sfera spirituale del Sole). Là gli angeli si occupano di loro e insegnano loro tutta la sapienza celeste, finché alla fine i fanciulli crescono e gradualmente diventano essi stessi uguali agli angeli.

Poco tempo dopo morì anche la madre del fanciullo, e il figlio, che intanto era diventato uguale a un angelo, venne con gli altri angeli per dare il benvenuto all’anima della madre. Quando le disse: ‘Mamma, non mi riconosci? Sono tuo figlio Teodoro!’. Il cuore della madre fu sopraffatto dalla gioia e i due si abbracciarono. Fu un momento commovente. Mentre se ne andavano insieme, il figlio le mostrò e le spiegò tutto ciò che le stava intorno. Rimase con lei anche nel tempo che le era stato assegnato per passare nello stato intermedio (Regno intermedio). Quando alla fine il periodo di lezioni sull’aldilà ebbe termine, egli la portò con sé in uno stato superiore, in cui si trovava anche lui. Là c’era un paesaggio meraviglioso. E il figlio disse alla madre: Sulla Terra, che è solo lo specchio opaco di questo mondo reale, i nostri cari soffrono per noi. Ma ora dimmi: è questa la morte, o non è forse la vita molto più vera, quella che il nostro cuore desidera da sempre?’. La madre rispose:Figlio mio, questa è realmente la vera vita! Se sulla Terra io avessi saputo tutta la verità sull’aldilà, non avrei mai pianto per la tua morte’ (...)».

 

Se l’uomo imparerà a comprendere da dove viene e dove va, arriverà alla convinzione interiore che il corpo terreno è solo un veicolo temporaneo della sua essenza spirituale e della sua anima, e che il vero uomo immortale è l’uomo interiore racchiuso nell’involucro corporeo. E se noi riconosceremo Dio, quale nostro Creatore e Padre che non crea nulla per poi distruggerlo nuovamente, ma solo per condurlo nel modo più adatto a uno stato superiore e più felice, allora con la fiducia nel Suo amore e nella Sua sapienza impareremo a comprendere che Lui soltanto può sapere il perché la vita terrena di una persona duri tanto a lungo e perché quella di un’altra passi come un soffio. Lui soltanto è in grado di sapere se per un’anima sia utile portare l’abito materiale per un tempo più o meno lungo o se invece sia meglio rendere al più presto possibile un suo sviluppo completo. Invece chiunque, indipendentemente se la sua vita terrena sarà più o meno lunga, porta nel proprio cuore il sigillo dell’indistruttibilità eterna della vita in una scintilla dello spirito divino.

Affinché l’uomo non giunga a dubitare della bontà infinita di Dio, Egli offre all’uomo visioni della Sua provvidenza eterna, della Sua volontà e dei Suoi desideri, della Sua guida e delle Sue vie e intenzioni riguardo a noi uomini, perché noi non dobbiamo solo credere che esse abbiano un loro significato ricco di sapienza divina, ma dobbiamo anche comprenderle con il nostro intelletto. Dio lo ha sempre fatto e continua a farlo. In misura straordinaria lo ha fatto nelle sue apparizioni a Jakob Lorber, tramite le quali, rappresentate espressivamente dal mistico, troviamo insegnamenti e spiegazioni per tutte quelle domande che tormentano e agitano noi uomini. Un grosso spazio è occupato dalle rivelazioni sull’aldilà che sono una parte importante di tutto l’insegnamento. Oltre al Groβes Evangelium, in cui ci vengono descritte dettagliatamente tutti gli avvenimenti della vita di Gesù negli anni del Suo insegnamento e della Sua predicazione, sono soprattutto le grandi opere sull’aldilà, quali Bischof Martin [Il vescovo Martino], Von der Hölle bis zum Himmel – Robert Blum [Dall’inferno al Cielo], i due volumi Geistige Sonne [Il Sole spirituale] due volumi che ci danno descrizioni chiare dell’aldilà: racconti su quei mondi eterei invisibili in cui l’uomo ha la sua vera origine e a cui tornerà, certamente alla conclusione dalla sua vita terrena, per vivere in eterna comunione con Dio dopo avere completato la propria maturità spirituale.

«Nella casa del Padre Mio ci sono molte dimore», ci ha promesso Gesù. – Si può dunque credere che nella casa del Padre non ci siano dimore, cioè sfere celesti, per accogliere e prendersi cura delle anime che fanno ritorno in anticipo? E inoltre: i mondi spirituali, non legati alla materia, non hanno forse molte più possibilità di guidare le anime dei bambini nel loro sviluppo superiore, rispetto alle possibilità molto minori del solo mondo terreno?

Ciò che noi possiamo imparare nel ‘Geistige Sonne’ (i capitoli di questo libro sono tratti da quest’opera sull’aldilà) sulle amorevoli cure prestate a queste anime di bambini terreni defunti, sulla loro formazione e sui saggi insegnamenti della sapienza e dell’amore divino e celeste, fino alla pienezza di un cittadino del Cielo, va al di là dell’umana immaginazione. E se il Signore sulla Terra disse ai Suoi discepoli: «Lasciate che i piccoli vengano a me», nel mondo spirituale il Suo amorevole dono sarà diretto per prima cosa proprio a queste anime di piccoli fanciulli. Un’idea di ciò la possiamo scorgere in modo commovente leggendo una scena in cui il Signore si china su un bimbo, lo prende tra le braccia e gli chiede: «Sono come quello di cui ti ha parlato il tuo insegnante (celeste)?». – E il fanciullo risponde: «Oh, sì, sei Tu! Ti riconosco dalla Tua infinita bontà, perché chi può essere buono come Te, Tu che mi prendi tra le braccia, e mi abbracci e mi accarezzi? Ti amo talmente che non mi vorrei mai separare da Te (...) caro Padre Santo!» – E il Signore, alla richiesta timorosa del bambino che non vuol separarsi da Lui, risponde con queste parole di conforto: «Non temere, piccolo Mio! Chi Mi ha trovato, come hai fatto tu, non Mi perderà mai più (...)».

Possa questo estratto ‘I bambini nell’aldilà’ portare luce e consolazione, pace e gioia interiori a chi piange un bambino defunto o assiste un bambino morente, e possa rafforzare e consolidare in tutti i lettori la fede nelle vie del Signore.

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[cifr. “Il vescovo Martino” cap. 73,4]: (Parla Borem): «Io ti assicuro che le vie del Signore sono straordinarie; il loro numero significa infinità, e ogni via che il Signore intraprende con un uomo è una nuova meraviglia, inesplorabile perfino per il più saggio cherubino, e santa, sotto ogni manifestazione, è ancora più straordinaria!»

[cifr. “Dall’inferno al Cielo” vol. 1, cap. 79,10]: (Parla Abramo): «Tutte le Sue vie si chiamano misericordia e sono guidate dalla giustizia del Suo cuore!»

 

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