Gottfried Mayerhofer

 

Predica n. 42

 

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La vera solennità sabatica 

Nella sedicesima domenica dopo Pentecoste

 ( XXIIIa del Tempo Ordinario)

 

[Luca 14, 1-6]: «E accadde che Gesù venne un sabato a convito nella casa di un capo dei farisei e i presenti Lo osservavano attentamente, e vide che gli stava dinanzi un uomo, che era idropico. E Gesù replicò e disse agli scribi e farisei: “È anche giusto guarire di Sabato?”. Essi però tacquero. Ed egli lo prese e lo guarì e lo lasciò andare. Poi disse: “Chi è tra voi, al quale il suo asino o bue cade nel pozzo e non lo tirerà subito fuori in giorno di Sabato?”. Ed essi non poterono dargli nessuna risposta.»

(Il 23 aprile 1872)

1.         L'inizio di questo capitolo parla della guarigione di un idropico, e precisamente nella casa di un capo dei farisei, e di Sabato, giorno in cui, secondo le rigorose prescrizioni giudaiche, non doveva essere fatto altro, al di là delle usanze e delle cerimonie religiose.

2.         Che questa guarigione si fosse compiuta sotto le circostanze menzionate, ha la sua buona ragione. Questo capo, infatti, pur certamente seguace della Mia Dottrina, tuttavia concepiva gli ordinamenti del tempio solo in senso letterale; egli Mi ascoltava anche volentieri, se non intraprendevo qualcosa che contravvenisse alle sue vedute e alla sua dignità di fariseo. Per questo Io permisi che, mentre mangiavo con lui a tavola, entrasse nella stanza un uomo affetto da idropisia e Mi implorasse di guarirlo dalla sua malattia.

3.         Che Io lo guarii, lo testimonia il Vangelo. Ma poiché lo guarii proprio nel Sabato giudaico, questa fu la pietra dello scandalo. Proprio con ciò Io volevo mostrare chiaramente ai farisei, quanto male essi comprendessero i loro ordinamenti, e quanto falsamente li spiegassero al popolo. Per questo osservai, dicendo: «Se vi cadesse un bue oppure un asino nel pozzo di sabato, non lo tirereste subito fuori, proprio perché ve lo richiedono i vostri interessi? Però compiere di Sabato una buona opera agli altri, o per altri, lo ritenete peccato!».

4.         Con ciò Io volevo dimostrar loro che atti di carità e buone azioni non profanano il giorno festivo prescritto, o il Sabato, bensì lo santificano molto più che molte inutili usanze e cerimonie, le quali vengono compiute distrattamente.

5.         Presso il popolo ebreo esistevano siffatti, deplorevoli stati, in quantità. Sebbene essi avessero le leggi di Mosè e i profeti, non sapevano tuttavia interpretarne i testi in senso spirituale. Erano anzi sostenuti dagli scribi e dai farisei nell’illusione dell’interpretazione letterale, poiché una tale traduzione delle leggi, rendeva assai meno faticoso il professarsi ebrei.

6.         Perciò, la Mia venuta avvenne proprio in mezzo a questo popolo che già da lungo tempo aveva una religione fondamentalmente idonea, meglio di qualunque altra, alla Mia Dottrina. Si trattava solo di non abolire le vecchie leggi, ma di restituirle purificate, di spiegarle spiritualmente, e in questo modo, salvare la dignità umana che era prossima a decadere nelle pure usanze cerimoniali del tempio e in egoistici piaceri mondani.

7.         Durante i Miei tre anni d’insegnamenti, Io perseguii sempre questo scopo. Ricercai ogni occasione, o lo permisi, che desse l'opportunità di combattere contro le false opinioni e i pregiudizi dei giudei.

8.         Così anche la solennità del Sabato fu una questione che Io, quale Fondatore della Mia divina e unica vera Religione, non potei lasciar passare indifferentemente. Per estirpare questi pregiudizi, cominciai proprio nella casa di un capo dei farisei, a procedere contro, affinché ciò offrisse un motivo di discussione. Poiché i farisei volevano essere i primi e pretendevano di sapere tutto e meglio, allora anch'essi dovevano essere dapprima purificati dai loro errati concetti, se si doveva poi versare al popolo del vino più puro. Per questo Io operai una tale guarigione proprio davanti ai loro occhi, e risposi in modo tale che essi dovettero ammutolire, come testimoniano i versetti 5 e 6.

9.         I sommi capi del tempio avevano un’opinione completamente diversa degli atti di carità, così che Io fui spesse volte costretto a spiegar loro più da vicino le parole dell'amore per il prossimo mediante esempi e parabole; secondo le loro opinioni, infatti, solo il tempio e le sue persone dovevano beneficiare degli atti di carità. Tutto il resto che poteva esser fatto agli uomini, non era per loro degno di considerazione.

10.    Già in quel tempo la solennità del giorno di riposo settimanale era compresa falsamente, e anche oggi questo giorno è altrettanto poco giustamente celebrato o, – detto in altre parole – l’educazione spirituale vi è dedicata come allora. Perciò anche adesso non è sbagliato, se Io, in seguito a questa guarigione compiuta di Sabato, aggiungo alcune osservazioni sulla solennità di tal giorno, per dimostrarvi che anche voi siete ancora ben lontani dal celebrarlo così come l'aveva inteso Mosè, e come Io stesso vorrei fosse compreso!

11.    Nel mondo com’esso era, e ancora è, ci furono sempre uomini imperanti e uomini ubbidienti. E fu da sempre il caso che gl’imperanti, tenendo dinanzi agli occhi solamente i loro propri vantaggi, abusassero spesso della forza lavoro degli ubbidienti, concedendo loro poco riposo e poco tempo, per metter da parte almeno una volta la settimana le cose temporali e apprendere una parola spirituale, oppure poter fare una riflessione più elevata sulla vera ragione della loro stessa esistenza riguardo a ciò che fossero come uomini, oppure a ciò che dovessero divenire, quali esseri dotati dello Spirito divino.

12.    Questo fu il motivo per cui Mosè, nelle sue leggi, stabilì come un comando proveniente da Dio, ciò che i potenti non vollero accettare volontariamente. Nella Genesi, rappresentata simbolicamente, egli, Mosè, ha lasciato disporre al supremo Signore e Creatore stesso il settimo giorno come giorno di riposo, dopo sei giorni di lavoro.

13.    Quest’ordinamento, che era necessario per conservare la dignità morale dell'uomo, fu accettato anche da altri popoli, ed esiste adesso quasi dappertutto. Anche se la settimana di allora era suddivisa diversamente dal vostro attuale computo del tempo, pur tuttavia ne fu stabilito un giorno per il riposo dalle fatiche fisiche, per la contemplazione interiore e per la meditazione sulla missione spirituale dell'uomo.

14.    Ciò che gli ebrei facevano di troppo, esagerando con l'interpretazione letterale dei loro ordinamenti, è presso i popoli cristiani già da lungo tempo il caso opposto. Mentre, infatti, presso costoro veniva rigorosamente comandato di santificare l’intera giornata, presso i cristiani diventò sufficiente andare in chiesa solo di tanto in tanto, occupando il tempo rimanente con divertimenti, gozzoviglie e stravizi. Sicché, nei giorni di domenica e festivi, viene fatto nel complesso più male che durante l’intera settimana, dove a causa di occupazioni e mancanza di mezzi non ve ne è il tempo, né l'occasione necessaria.

15.    Ciò che fu attuato dai farisei presso gli ebrei, lo seguirono più tardi i sacerdoti cristiani. Essi pensavano soltanto alla propria reputazione e al proprio potere. I farisei, mettendo il tempio al primo posto, e i sacerdoti dei cristiani, le loro chiese. Presso i primi, la solennità del giorno festivo si estendeva a 24 ore, – anche al di fuori del tempio si doveva essere memori della solennità del giorno, – presso i cristiani, invece, essa si limita solamente a dover trascorrere alcune ore in chiesa. Molti uomini credono di essersi accordati con Me sedendo un paio d’ore in una chiesa, stando trasognati, o recitando come pappagalli preghiere insignificanti, oppure tranquillamente come addormentati, opponendo un semplice silenzio alle prediche dei sacerdoti. Con ciò è certamente lusingata l'ambizione di questi ultimi, che vedono le chiese piene di corpi umani; ma le anime degli stessi sono in verità occupate in qualcosa di assolutamente insignificante, e di completamente diverso da quello che richiede la Chiesa, o la Mia religione da Me fondata.

16.    Così l'abuso si propaga sempre di più, e ora si comincia perfino a considerare anche questo giorno non più come giorno di riposo, riuscendo ad acquietare con i soldi la coscienza degli ubbidienti, e mettendo in dubbio quel poco in cui essi ancora credono, senza dar loro in cambio qualcosa di meglio.

17.    Così procede gradualmente la decadenza. Gli imperanti credono con ciò di aver raggiunto un vantaggio, giacché il loro interesse è sostenuto ora volontariamente dalla classe lavoratrice, che altrettanto lavora di nuovo per interesse. Essi però s'ingannano enormemente! E si accorgeranno dove si arriverà, se si continuerà a sottrarre ai meno abbienti, quei pochi elementi spirituali divenuti del tutto estranei anche ai potenti, accrescendo i vizi con l’aumentato guadagno, disprezzando tutto ciò che si riferisce a Me e alla Mia Dottrina! E quest’esempio sarà seguito anche dai dipendenti coscienziosi. Così, alla fine, il materiale trionferà sullo spirituale, finché Io disporrò le circostanze così che i potentati dovranno raccogliere i frutti del loro egoismo, i quali saranno completamente diversi da quelli che essi immaginavano.

18.    Il giorno domenicale e festivo deve rappresentare un certo freno, deve essere il giorno in cui i potenti devono dare ai subalterni un riconoscimento per la loro prestazione, e le occupazioni devono riposare. E per gli ubbidienti, il giorno in cui potersi dedicare alla riflessione sulla propria destinazione spirituale, il che, una volta la settimana, non è di troppo

19.    In questo giorno la Mia natura dice a tutti i cuori nel suo linguaggio eternamente uguale: “Non dimenticate su tutti i vostri lavori, il Creatore, che ha creato tanto di portentoso e di meraviglioso su questa Terra, per ricordarvi sempre che voi non siete destinati a questo mondo soltanto, e che il vostro lavoro non deve essere sempre materiale, bensì anche spirituale! Riconoscete Colui che guida con tanto Amore e tanta Pazienza voi deboli figli, e che vi pose nel mezzo delle magnificenze proprio per farvi dimenticare, perlomeno un giorno alla settimana, il vostro pesante lavoro!”.

20.    Io stesso, quale Creatore, istituii il giorno di riposo­ – secondo la Genesi di Mosè – al settimo giorno. Esso, per così dire, stava a indicare che Io, dopo esserMi occupato della materia, al settimo giorno volli far entrare lo Spirito nell'involucro, fino a quel tempo rigido. E questo giorno, nel quale innalzai la materia a qualcosa di spirituale, fu giorno di festa o di consacrazione. Perciò deve essere celebrato come tale anche dall'uomo, quando egli – come Me – ha operato per sei giorni.

21.    L’uomo al settimo giorno deve contemplare la sua opera, per cogliere in essa l'idea spirituale che lo ha guidato nel realizzarla. In questo giorno di festa, nel senso spirituale, egli deve riconoscere che il suo operato settimanale e la sua stessa esistenza non hanno un fondamento materiale, bensì uno spirituale, del quale ricordarsi proprio in tale giorno, più che in altri. Un giorno in cui nessun dovere, nessuna ora lavorativa lo costringe al mestiere materiale, così che egli possa magnificare la Mia Creazione, la Mia Dottrina, il Mio Amore e il Mio Spirito di sacrificio per lui, come singolo, e anche per l'intera umanità.

22.    Questo giorno diventerà perciò il giorno della consacrazione, perché, togliendo da sé il materiale, potrà avvicinarsi di più alla sublime ed elevata meta spirituale, cui dovrà giungere, insieme con lui, anche l'intera Creazione.

23.    Allora ogni uomo dovrà celebrare la domenica come un giorno di commemorazione del Mio Amore, e per la rimembranza di tutto ciò che Io ho fatto per lui. E questo giorno lascerà su tutti gli altri giorni di lavoro un dolce, religioso sentimento, attraverso il quale sarà santificato anche il lavoro più materiale. E ciascuno potrà imprimere, a tutto ciò che egli fa e compie, l'impronta della propria divinità.

24.    Così deve essere da voi compreso e celebrato il giorno domenicale, o di riposo. Dovete rammentarvi sempre che un tempo ci fu un tale giorno di festa per Me, e che ognuno lo sperimenterà a sua volta quando, libero dall’involucro materiale, giungerà nell'altro, eterno mondo come uomo animico spiritualizzato, e porterà con sé, come reminiscenza, la consapevolezza di aver impresso a tutte le sue occupazioni materiali, l'impronta di un grande spirito umano che lo nobilitò, e di cui egli fu degno.

25.    Perciò anche voi considerate questi giorni di riposo in un più elevato senso spirituale! Guardate come risplende lo spirituale attraverso la dura corteccia della lettera! Questo è ciò che beatifica. Spiritualizzate tutto, il vostro ambiente, voi stessi, le vostre azioni e le vostre parole!

26.    E allora non soltanto il settimo giorno, bensì ogni giorno, nel quale voi progredirete spiritualmente, sarà un giorno domenicale e di festa che, come il Sole, emanerà luce, calore e vita su di voi e sul vostro ambiente. Ogni giorno diventerà un giorno di festa o di delizia, se voi – degni del vostro Creatore, e riconoscendo chiaramente la vostra meta – progredirete di gradino in gradino, finché vi toccherà l'eterno, mai terminante giorno di festa, il giorno di festa dell'eterna beatitudine, in quegli spazi in cui ogni giorno è un giorno di consacrazione e di pace, che già da tempi immemorabili un Padre affezionato ha preparato ai figli Suoi. – Amen!

 

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