Gottfried Mayerhofer

 

Predica n. 36

 

 

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La parabola del fariseo e del pubblicano

Decima dopo Pentecoste

 ( XVIIa del Tempo Ordinario)

 

[Luca 18, 9-14]: «Egli però disse ad alcuni che presumevano se stessi giusti e disprezzavano gli altri questa parabola: “Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era un fariseo e l'altro un pubblicano. Il fariseo stava in piedi e pregava così tra sé: ‘Ti ringrazio Dio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri o anche come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana e do le decime di tutto ciò che ho’. Il pubblicano stava in piedi da lontano, non osava alzare gli occhi al cielo, ma si batteva al suo petto e diceva: ‘O Dio, sii a me peccatore, misericordioso’. Io vi dico: costui tornò a casa sua giustificato a differenza dell'altro. Poiché chi innalza se stesso, costui sarà abbassato; e chi abbassa se stesso, costui sarà innalzato.»

(Il 14 aprile 1872)

1.         In diversi Vangeli, che Io ho spiegato finora, ci sono parabole i cui avvenimenti, tratti dalla vita ordinaria, spiegano la Mia Dottrina, o propriamente soltanto i Miei due comandamenti d'Amore, da cui derivano tutti gli altri.

2.         Queste spiegazioni hanno innanzi tutto lo scopo di prevenire altre interpretazioni, come anche Mosè quantificò i Miei Comandamenti in dieci altri, perché gli uomini che si attengono troppo spesso solo alla lettera, sono, ed erano anche nell'illusione che ciò che non è espressamente menzionato nelle leggi, non dovrebbe neanche essere proibito.

3.         Poiché durante il Mio cammino terreno, come Maestro, ben conoscevo la ristretta mentalità dei Miei discepoli e degli altri ascoltatori, Io scelsi spesso esempi e parabole di cose materiali esistenti, in similitudine con quelle spirituali invisibili, per non lasciare nessuno in dubbio sul come si dovesse intendere la Mia Dottrina e come comprendere i comandamenti canonici già dati in precedenza.

4.         In questo Vangelo voi vedete di nuovo come, specialmente ai farisei che vivevano nella presunzione di essere migliori del restante popolo, Io diedi una parabola che toccava i loro difetti; essi, infatti, credevano che se si fossero attenuti strettamente alle usanze, avrebbero fatto tutto il necessario, e che Dio si sarebbe potuto accontentare della loro religione.

5.         Io riferii loro di due uomini, di cui l’uno, in apparenza, teneva alle regole religiose e alle loro varie cerimonie, e dall’alto guardava così con superbia e disprezzo un altro ritenuto ben inferiore a sé, a causa della sua professione che in quel tempo non stava nella migliore reputazione di rettitudine.

6.         Ebbene, questo paragone di uno che nella sua arrogante presunzione credeva di non aver mai peccato, o solamente poco, con l’altro che, in pienissima umiltà, era cosciente dei propri trascorsi, spesso troppo facilmente incoraggiati dalla natura umana, questo paragone era assai utile per umiliare l’irrefrenabile presunzione dei farisei. Esso dava anche ai Miei discepoli e agli ascoltatori, un chiarimento su alcune Mie azioni che contravvenivano alle ordinarie usanze dei giudei, affinché tutti dovessero riconoscere quale differenza c’è nell'osservare una legge secondo la parola, o secondo la lettera, oppure comprenderla e seguirla nel senso spirituale.

7.         Come interpretazione di quest'esempio Io dissi ai Miei discepoli: «Chi innalza se stesso, sarà abbassato e chi abbassa se stesso, sarà innalzato!».

8.         Nei versetti seguenti di questo capitolo è riportata l’espressione che nessuno può essere chiamato ‘buono’ all'infuori di Dio, facendo la qual cosa, Io non esclusi Me stesso, quale Figlio dell'Uomo. E agii così di proposito, affinché tutti dovessero udire e comprendere che la parola ‘buono’ come attributo, non è così facile da acquisire e meritare, e che occorre molto, anzi moltissimo merito, per pretendere un tale titolo; la parola ‘buono’, infatti, ha qui anche il significato di ‘libero da peccato’.

9.         Nel seguito di questo capitolo, quando portarono a Me i fanciulli, Io dissi che gli uomini, se vogliono aver pretese sul Mio Regno, dovranno essere uguali a loro, con riferimento alla semplicità del loro cuore, all’innocenza e all’illimitata fiducia nei propri genitori. Poiché solo chi possiede tali caratteristiche del fanciullo, con preghiere e implorazioni potrà ottenere l’ingresso nel Mio Regno, ragion per cui, il primo versetto di questo capitolo dice che si deve pregare sempre, senza mai smettere, cioè che si deve eseguire tutto in riguardo a Me e ai Miei due unici comandamenti. Ma per far questo si deve anche essere capaci di sacrificare, in caso di bisogno, le proprie abitudini preferite, ciò di cui difficilmente si può fare a meno, cosa che in seguito Io spiegai meglio con l'episodio del notabile; da costui, infatti, Io pretesi proprio il sacrificio di ciò che gli stava più a cuore.

10.    La parabola che un cammello (o gomena di nave) passi più facilmente attraverso la cruna di un ago, anziché un ricco giunga in Cielo, vuol significare che la prima cosa è più facile da realizzare – sebbene appartenga alle impossibilità – rispetto al fatto che un uomo, ancora attaccato alle cose del mondo, possa giungere nel Mio Regno dello Spirito; poiché solamente se tutto il mondano è subordinato allo scopo spirituale, diventa possibile un’elevazione dal gradino materiale a quello spirituale.

11.    L'episodio del notabile che persuase Pietro a dedurre che essi erano i Miei discepoli proprio perché avevano abbandonato tutto e Mi avevano seguito, mostra chiaramente con quanta facilità gli uomini sopravvalutino i sacrifici fatti, e attendano già sulla Terra la ricompensa, mentre questa toccherà loro forse solo nell'aldilà, nella consapevolezza di aver compiuto il proprio dovere. Su questo i Miei discepoli avevano un concetto ben diverso, perché essi erano tutti, ancora molto sotto l'influsso della Mia personalità visibile, e perciò non potevano giungere alla propria maturazione. Anzi, quando Io predissi loro la questione delle Mie sofferenze, non la compresero! Essi, infatti, credevano che se già a loro erano state promesse per i loro sacrifici materiali le beatitudini nell'aldiquà e nell'aldilà, tanto più Io, che ai loro occhi procedevo senza peccato e puro, dovevo divenirne partecipe.

12.    Essi erano ciechi, come il cieco sulla via di Gerico; pur se Mi ascoltavano bene, non comprendevano il senso delle Mie parole. E come Io resi vedente quel cieco, perché egli credeva saldamente nella possibilità di guarire mediante la Mia mano, così anche su di loro, con la discesa del Mio Spirito, fu incisa la cateratta spirituale, e solo allora essi compresero completamente e, nella chiarissima luce, videro ciò che Io avevo detto loro in molte parabole e immagini, durante i Miei tre anni d’insegnamento. Solo allora essi compresero chi Io ero, cosa significasse la Mia Dottrina, e quale fosse la loro missione.

13.    Vedete, questo Vangelo vi dice dall'inizio alla fine con poche parole, sempre le stesse cose! Vi dice come nella vita pratica sia così difficile ‘essere buoni’, oppure ‘essere senza peccato’, e come la capacità di sacrificio abbia tante migliaia di diverse varianti. La Parola del Vangelo non esprime, in verità, una sola cosa, bensì ha per mira, nell’insieme, a ridurre la presunzione umana di essere gli uni migliori degli altri. Per questo il rimando all'umiltà, che nel pubblicano simboleggiata come virtù, poi nel notabile come massima esigenza, nel fanciullo come inconsapevole innocenza, ai Miei discepoli è promessa quale futura ricompensa e, da Me, vissuta appieno come uomo terreno sul Mio ultimo cammino di sofferenza, come esempio supremo!

14.    Così vedete i gradi dell'Umiltà davanti a voi, l'abbassarsi della propria natura davanti al supremo punto di vista da raggiungere spiritualmente, che Io, come uomo, vi mostrai come eterno esempio.

15.    Prendete nota di questo Vangelo, nel quale sta dinanzi ai vostri occhi il più profondo insegnamento mediante le Mie parole e il Mio stesso cammino di vita! Non crediate d’essere voi qualcosa di meglio, giacché ricevete la Mia Parola prima di molti altri e, per così dire, apprendete dalla Mia stessa bocca come deve essere interpretata e praticata nella vita!

16.    Anche tra voi ci sono ancora molti, come il notabile. E quando si avvicinerà l’ora in cui dovrete rinunciare anche voi alla cosa più cara a questo mondo, quella che finora avete custodito con tanta meticolosità, allora siate sicuri che molti si rattristeranno, e se ne andranno di soppiatto come ha fatto il notabile. Poi sarà presa come pietra di paragone la vostra natura umana, per vedere quanto di spirituale del Mio Pane celeste, elargitovi così abbondantemente, avete mescolato con il vostro io, e di quanto ve ne siate appropriati. Perciò, anche a voi, va l’invito del primo versetto di questo Vangelo: pregate, e non smettete di farlo, affinché vi rimanga sempre abbastanza forza per non cedere sotto qualsiasi situazione e condizione, e per restare saldamente in piedi presso di Me; poiché solo ai perseveranti saranno indennizzate, nell'aldilà, le loro perdite mondane, ma non ai vacillanti e ai dubitanti!

17.    Pregate ininterrottamente, affinché la superbia, oppure l'arroganza, vi abbandoni in ogni situazione, e voi indossiate l'abito dell'umiltà! Divenite come i fanciulli! Credete, pieni di fiducia, alle Mie promesse, poiché ciò che Io vi dico adesso, non è niente di nuovo! Già da più di mille anni, fu dato da Me ai Miei discepoli e ascoltatori credenti! Già da tanto tempo, sta davanti ai vostri occhi, come voi dite, scritto nero su bianco; ma, ciechi come il mendicante di Gerico, voi non vedete la Luce che s'irradia da queste parole. Nell'impeto del vostro cuore, anche voi, spesso M’invocate: “O Signore, rendimi vedente!”. E allora, a quelli tra voi che, pieni di fiducia, si abbandoneranno alle Mie mani, capiterà come al cieco di Gerico, così come si dice in questo Vangelo: “Chi prega ininterrottamente e implora, Io lo ascolterò!”; anche a loro, infatti, aiuterà la loro fede, come a quel cieco la sua.

18.    In queste prediche domenicali voi, adesso, ricevete tanta Luce proveniente dai Miei Cieli, che sembra impossibile possiate ancora nutrire dubbi sul senso vero e proprio della Mia Parola, così come fu espressa un giorno, e come dovrà essere realizzata, ora che perfino nello sviluppo sociale e politico del vostro intero continente, si va incontro al risultato finale, alla spiritualizzazione finale dell'anima umana.

19.    Io pronosticai ai Miei discepoli le Mie sofferenze e la Mia morte, però non dissi loro che proprio queste sofferenze e questa morte sarebbero state, e sarebbero rimaste, il più grande Trionfo, la più grande Vittoria dello spirituale sulla natura umana. Io tacqui in merito, poiché essi non Mi avrebbero compreso; ma ora svelo apertamente, che tutto preme per portare a maturazione ciò che Io ho sparso in quei tre anni d’insegnamento come seme. La Mia Dottrina alla fine verrà fuori vincente, – nonostante tutte le sanguinose e abominevoli circostanze alle quali essa dovette servire da copertura in molti secoli, quando l'umanità sarà costretta dalle sofferenze e dalle tribolazioni, a sbarazzarsi di tutto il sudiciume che ancora le è appiccicato.

20.    Ciò che accadde a Me in quei tempi – le sofferenze e lotte, e perfino la morte, che però fu coronata dalla vittoria attraverso la Risurrezione e l'Ascensione – accade adesso all'umanità. Ciò che allora Io soffrii come uomo, dovrà adesso soffrirlo l'umanità.

21.    Il mondano dovrà essere schernito, disprezzato, crocefisso, affinché risorga lo spirituale nell'uomo, se deve essere possibile un accostamento con il Mio Regno dello Spirito!

22.    In quel tempo Io camminai davanti con l'esempio, e gli uomini dovranno adesso seguirlo. Beato colui che, già prima, pone mano e si toglie di dosso, come inutile peso mondano, ciò che impedisce il suo innalzamento negli alti gradini spirituali! Egli guadagnerà molto in anticipo, mentre a quelli che sono profondamente ancora immersi nella materia, e che non vogliono sentire il Mio richiamo per il risveglio, andrà come alle mura di Gerico, che crollarono agli scuotimenti delle trombe. Altrettanto, costoro non scamperanno all’annientamento, perché essendo solo materia, non potranno essere accolti nel Regno dello Spirito.

23.    Non per niente sono rese note all'umanità queste cinquantatre prediche. Esse sono date a voi, e a tutti quelli che un giorno, assetati, saranno avidi dell'acqua della Vita. Tutti dovranno vedere quale pienezza d'Amore, Verità e Calore vitale sia celato nei Vangeli scritti dai Miei discepoli, per i quali però fino adesso, presso la maggior parte, ancora mancava la comprensione spirituale.

24.    Per dischiudervi quindi i Vangeli, chiusi con più di sette sigilli, e per aprirvi attraverso questi libri la Via che conduce a Me e ai Miei Cieli, Io v’invio queste spiegazioni. Per portar profitto, non dovranno essere solamente lette, bensì anche praticate nella vita, affinché quelli che si sono prefissi lo scopo di divenire figli Miei, abbiano in pienissima misura, quiete, pace e consolazione. – Amen!

 

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