Leopold
Engel
Comunicazione di un padre defunto al figlio
NELL’ aldilà
Come costruirsi un’altra vita dopo la morte e trovare i propri cari
nell’Aldilà
Traduzione
dall’originale tedesco “IM JENSEITS” dalla 5a edizione tedesca 1981
Casa
Editrice: Lorber-Verlag - Bietigheim - Germania
Copyright ©
by Lorber Verlag
Copyright ©
by Associazione Jakob Lorber
Casa editrice “GESÙ la Nuova
Rivelazione” (BG)
n
Prefazione
Cap. 1 Ospite in un paese straniero
Cap. 2 Escursione e rientro
Cap. 3 Casa propria
Cap. 4 Al cospetto del Signore
Cap. 5 La vera preghiera
Cap. 6 A servizio dell’amore
Cap. 7 Parentela delle anime
Cap. 8 Nelle sfere terrene
Cap. 9 Commiato
* * *
Ospite in un paese straniero
Mio caro
figlio! Sei pronto a scrivere e questo mi fa immensamente piacere, poiché sono
convinto che le mie esperienze saranno di utilità anche a te e ad altri. Perciò
ti prego di ascoltarmi attentamente!
Allorché
io ero in punto di morte e sentivo anche che per me era la fine, chiamai in aiuto,
come sai, il Padre celeste, perché devo confessare che il pensiero di dover
lasciare la Terra non mi era poi tanto gradito. Io sarei stato felice di poter
guarire completamente perché allora non avevo idea di quale grazia in effetti
mi venisse concessa, dato che non c’era più bisogno che io vivessi sulla Terra
quel periodo per voi tanto torbido. Ma il mio richiamo non si perse
inascoltato; infatti mi apparve mio padre, che pure ti fece pervenire precisi
messaggi sulla sua dipartita, e mi consolò, mi parlò del Signore, e
improvvisamente sentii che il mio corpo cadeva staccandosi da me come fosse
stato qualcosa di pesante, ed io mi trovai pieno di vitalità e forza. Mio padre
mi abbracciò; all’improvviso mi colse una stanchezza tale per cui non sapevo
più bene cosa mi stesse succedendo, ma sentivo solo che venivo sollevato e
condotto via.
Quando
ripresi i sensi e vidi dove mi trovavo, mi accorsi di essere in un bel
giardino. Mio padre stava accanto a me e mi salutò con la più grande
cordialità. Egli mi disse che io ora ero separato dal mondo e che ero a casa
sua, dove per il momento potevo rimanere insieme a lui. Naturalmente ero molto
meravigliato di queste parole, ma ancor più del fatto che mio padre aveva
abitato effettivamente in una casa del genere, come ti descrisse una volta,
solo che adesso era molto più grande di come l’aveva descritta un tempo, ben
arredata e circondata da un grande giardino che conteneva alberi fioriti e
carichi di frutta, siepi e ogni tipo di piante. Qui incontrai anche la mia
defunta madre, la prima moglie - non sua sorella, la seconda moglie del babbo -
ed anche mia sorella Guglielmina. Gli altri non vivono con loro, neanche
Federico, mio fratello.
Rimasi là
parecchio tempo in meravigliosa tranquillità ed armonia, ma poi mi resi conto
sempre di più che questo stato non poteva durare così per sempre e che non
dovevo restare inoperoso. Le debolezze dell’età erano scomparse da me; mi
sentivo forte e di spirito attivo, ma non sapevo ancora come si dovesse fare
per diventare indipendente. Ciò ti meraviglia. Avevo pur letto gli scritti
della Nuova Rivelazione, e dunque le diverse condizioni dell’Aldilà non potevano
essermi sconosciute; ma la conoscenza di questi testi reca in sé un grande
ostacolo.
Immagina
di aver scritto molte storie che contengano tutte più o meno dei buoni insegnamenti;
immagina di aver scritto anche testi di eccellente contenuto pieni di sapienza
di vita e di insegnare la conoscenza di se stessi e degli uomini, e nonostante
ciò, tu continui ad agire spesso proprio al contrario, perché teoria e pratica
sono due cose diverse.
Così
accadde anche a me. Tu qualche volta ti sei arrabbiato quando non ero affatto
propenso a collegare i fatti del Vangelo con le attuali cose dello spiritismo,
dato che anche oggi succedono cose molto simili. Non avevi torto, poiché questo
riconoscimento dovetti conquistarmelo solo nell’Aldilà. Dissi però a me stesso
che, se avessi pregato il Signore veramente col cuore di darmi il giusto aiuto
e la giusta luce, li avrei ricevuti certamente. Perciò mi rivolsi pieno di
devozione a questa unica giusta Fonte, e sperai di poter vedere presto il
Signore stesso. Ma ciò non avvenne, nonostante il mio pregare. Eppure il nonno
una volta aveva visto il Signore stesso, come ti comunicò; perché non io?
Questa cosa mi occupò molto la mente; tuttavia non trovai una spiegazione.
Dopo
essermi ritirato in giardino e mentre pregavo proprio col cuore, udii chiamare
il mio nome. Guardai in su e notai a pochi passi da me il mio vecchio amico
Thieme, che tu conoscevi, col quale già a Pietroburgo ero legato da stretta
amicizia. Egli si affrettò verso di me, ci abbracciammo e fummo molto contenti
di rivederci.
Egli mi
chiarì che aveva l’incarico di darmi delle spiegazioni su molte cose di cui
avevo bisogno, e voleva intraprendere con me un piccolo viaggio, nel quale mi
voleva fare da guida.
Dapprima
il viaggio ci portò nella sua propria dimora, che egli disse di aver eretto per
mezzo della sua forza di volontà, con la Grazia del Signore. Era un edificio
dall’aspetto pressappoco come il Greifenburg, ma più bello come costruzione
architettonica, nel quale egli aveva aperto una specie di locanda per viaggiatori
di passaggio. Ciò ti meraviglierà, poiché una locanda, nel paese degli spiriti,
sembra una cosa insensata, e tuttavia è così.
Pensa un
po’ a quante anime arrivano qui piene di inquietudine e di irrequietezza interiori.
Esse non hanno altro pensiero che quello di precipitarsi avanti, di vedere
altre persone ed altri luoghi. Non sono persone cattive; sulla Terra furono
tenute per così dire prigioniere con l’eterna brama nel cuore di uscire dalla
loro cerchia limitata. Ora si sentono libere, si vogliono sfogare, sì esse
sanno per lo più che sono staccate dalla Terra. Di queste persone ce ne sono
tante: giramondo, gente ricca che non si fermava mai a lungo in un posto,
perché in effetti non aveva niente da fare, poi persone erudite, le quali
credevano che tutto il bene consistesse nell’esplorazione di luoghi
sconosciuti. A tutte queste deve essere data la possibilità di dimostrare a se
stesse che da questo girovagare non ne esce nulla; devono sbatterci la testa,
perché ci riflettano e a poco a poco imparino qualcosa di meglio.
Qui le
locande sono uno strumento per invitarle a raccogliersi in se stesse, perché
una volta che esteriormente si sono fermate in queste locande, non se ne
allontanano tanto in fretta. Bene o male esse sono obbligate ad adattarsi alle
esigenze di queste locande. Qui vengono organizzate riunioni, conferenze ed
ogni genere di rappresentazioni che si riferiscono all’io spirituale dell’uomo
e che costringono a riflettere, una volta che la smania si è un po’ calmata.
Altri ricevono delle particolari indicazioni sul cammino da fare, indicazioni
tali da porre un ostacolo alla loro irrequietezza e che a volte li conducono in
situazioni ingarbugliate, ma che alla fin fine vengono sempre aiutati a
superare.
Thieme era
sempre stato un uomo che volentieri, per amore del prossimo, confortava gli
altri con consigli ed azioni (quest’ultima cosa sulla Terra gli riusciva molto
difficile, perché era soltanto un povero maestro di musica); perciò egli era
molto indicato per questa occupazione, e mi mostrò molte cose interessanti
riguardo a come aveva la facoltà di agire e come otteneva dei successi.
Tu sai che
sulla Terra io soffrivo di una goffaggine che spesso mi bloccava quando si
trattava di insegnare ad altri. In questo tu sei sempre stato più in gamba di
me; io invece non ne ero capace, non trovavo le parole giuste, e per lo più
dicevo: «Bisogna leggerlo da soli!».
Soltanto con l’esempio che mi venne da Thieme, che già sulla Terra
possedeva l’arte di parlare in modo eccellente, fui liberato dal mio blocco.
Ciò mi accadde molto più facilmente anche per il fatto che non avevo più
l’impedimento del corpo, e avevo soltanto bisogno di un po’ di esercizio
nell’esternare i miei pensieri per diventare anch’io un buon parlatore. Ebbene,
là lo sono diventato e tale resterò. Ma là appresi anche altre cose. Sulla
Terra non mi piaceva affatto restare in compagnia di qualsiasi persona. Ciò è
comprensibile, in quanto gli uomini non sono fatti in modo tale che l’avere a
che fare con essi sia sempre una cosa desiderabile; tuttavia bisogna sempre
vedere, nell’uomo, l’uomo, il proprio prossimo, e non ritenersi migliore di un
altro dicendo con farisaica presunzione: «Ti
ringrazio, mio Dio, che non sono come quello». Anche se non posso proprio dire
di me che soffrivo di presunzione, tuttavia c’era pure in me qualcosa di simile
ad un senso di superiorità perché ritenevo di avere un io migliore. In tal modo
si diventa duri verso gli altri che sono diversi, e devo confessare che qualche
povero diavolo che mi si avvicinò sulla Terra lo mandai via duramente, ciò che
non avrei dovuto fare. Usavo spesso parole come ‘scansafatiche’, ‘fannullone’ e
‘vagabondo’ nella mia consapevolezza di pensionato benestante, ed oggi me ne
pento sinceramente e profondamente.
Da Thieme
si radunavano i tipi più stravaganti e strani: vagabondi, fannulloni, eruditi,
principi, malati mentali (su questi avrai molti chiarimenti in seguito).
Imparai ad avere a che fare con tutti, a istruirli, a trattarli amorevolmente e
anche ad aiutarli se era necessario. In breve, da Thieme completai un periodo
d’istruzione che fu per me ricco di benedizioni e pieno di gioia.
Un giorno
poi Thieme mi disse: «È tempo ora che tu
conosca qualcos’altro, caro Karl, perché senza ulteriori conoscenze tu resti
fermo e non riesci ad avere una casa tua propria, come invece ogni uomo
spirituale deve cercare di ottenere e possedere. Qui non è come sulla Terra,
dove solo il denaro dà la possibilità di procurarsi una casa; da noi il denaro
consiste nella forza spirituale dell'amore per il Signore. Chi sviluppa questa
forza, possiede tutto; se essa gli manca, è un poveraccio! Dunque ora pensa a
sviluppare le tue forze spirituali, così diventerai in piccolo un creatore e
sarai sulla via per diventare simile a Dio!».
Queste
parole naturalmente io le compresi in pieno, ed ero ben disposto a percorrere
il cammino che Thieme mi avrebbe indicato. Prima però ti devo fare ancora delle
comunicazioni su ciò che non avevo riconosciuto chiaramente in vita, e che
anche a te non è ancora chiaro, ossia in che cosa consiste la sfera.
La sfera è
l’influenza che ogni anima esercita sempre su ciò che le sta attorno, ma questa
influenza è sottoposta a determinate leggi. La prima legge, nel mondo degli
spiriti, è così come già la conosci: “L’uguale con l’uguale!”. Perciò un’anima può
esercitare un’influenza sulle altre anime soltanto se queste per prima cosa
sono in sintonia con lei, e perciò anche in grado di comprendere qual è lo
scopo di questa influenza. Ora però la seconda legge è questa: “Nessuno può
avvicinarsi al perfezionamento se non sale per gradi e in modo tale che la fase
superata lo abbia compenetrato totalmente e sia diventata proprietà spirituale
di quell’anima in tutte le sue parti!”.
Ora, per
accedere a fasi inferiori e anche superiori è necessaria una guida, poiché nessuno
da se stesso può diventare un matematico; per diventarlo gli occorre un
maestro. Questi maestri sorvegliano dei singoli gruppi; in un certo senso li
racchiudono nel loro campo di potenza e formano così una determinata sfera. Ad
una sfera si può naturalmente accedere come si può anche uscirne. Chi è
chiamato a fare il maestro, sottostà però ad un altro maestro, dal quale impara
e al quale anche invia delle anime più progredite nel caso in cui quelle che
gli vengono condotte superino lui stesso. Naturalmente ognuno vuole progredire,
e con ciò può ampliare la sua sfera. Nel proprio progresso e nell’ampliamento
della propria sfera c’è la Grazia del Signore di diventare creatori da se
stessi. Però senza lavoro niente ricompensa! Io ora sono in possesso di una
sfera da me creata, nella quale si trovano come inscatolate un gran numero di
sfere più piccole che io ho assegnato ai miei allievi; le ho dovute assegnare,
poiché io stesso sono progredito e devo dunque guidare il lavoro delle anime
più progredite, così come io stesso l’ho appreso.
Ciò ti
sarà ancora più comprensibile quando ti comunicherò l’ulteriore procedere del
mio sviluppo.
[indice]
Escursione
e rientro
Quando Thieme mi esortò ad andare con lui, mi disse anche che dopo non ci
saremmo più visti per un bel po’ di tempo, poiché egli, una volta che mi avesse
lasciato, non sarebbe potuto ritornare subito da me e avrebbe dovuto continuare
a gestire la sua casa. Queste parole mi sorpresero, perché mi aspettavo di
poter ritornare con lui, e non che mi volesse lasciare solo. Non avevo certo
idea che un tale viaggiare significasse accedere ad un’altra sfera, e che
quindi le sue parole racchiudessero questo senso. Lasciammo dunque la sua casa
e ce ne andammo a fare una passeggiata, sotto una chiara luce solare, in un
posto meravigliosamente bello, come ancora non ne avevo mai visti, e che mi
riempiva il cuore di gioia. Tu sei stato in Norvegia e hai conosciuto là la
natura pura e intatta. Immagina dunque un paese ancora molto più bello, più
grandioso e imponente nella sua struttura, con panorami di una bellezza davvero
incantevole, e avrai così solo una pallida idea dello splendore che riuscii a
vedere. Ero incantato e non potevo proseguire. Mi venivano le lacrime agli
occhi per questa grandiosa Forza creativa di Dio, e dovetti raccogliere in una
muta preghiera le mie sensazioni, che altrimenti mi avrebbero fatto accasciare
a terra.
«È giusto così, Karl», – disse allora Thieme,
– «che la vista di questo luogo magnifico
indirizzi i tuoi pensieri al Signore e che tu riconosca in queste magnifiche
creazioni la Sua Sapienza e il Suo Amore; ma ti rendi effettivamente conto di
che cosa vedi precisamente in queste cime montuose, nei boschi e nelle vette
innevate?».
Lo guardai
con espressione meravigliata ed interrogativa.
Continuò Thieme: «Tutte queste cose
ti rappresentano le meraviglie delle Sue verità rivelate, che all’udirle
senz’altro commuovono profondamente l’uomo, ma che assomigliano per se stesse
soltanto ad un luogo bello e meraviglioso come questo nel caso in cui l’uomo,
solo ed esclusivamente guardando, avverte la bellezza, la meravigliosa
creazione di un potente Spirito Divino, ma non il modo in cui Esso vi agisce
oppure come Esso cura premurosamente ogni piccolo seme, lo coltiva e lo riempie
col vero balsamo di luce della Sua Essenza interiore. Sì, questo è certo molto
affascinante, però non fa progredire l’uomo; egli assomiglia allora a un
viandante che va sempre alla ricerca di altre bellezze, di bei posti nuovi, e
con ciò dimentica totalmente di scegliersi un posto bello che gli piace, di
creare là la sua casa e poi da questa di ispezionare a fondo i dintorni
accessibili e di coltivarli. Vedi dunque, Karl, tu già sulla Terra hai avuto il
magnifico paesaggio, hai letto delle Rivelazioni, le hai divorate; ma che cosa
hai ottenuto in effetti con questo mezzo? Non sei stato anche tu un viandante
che non si preoccupava particolarmente degli altri che venivano per la sua strada,
al quale non piaceva essere disturbato nella contemplazione del magnifico posto
e si nascondeva in qualsiasi luogo possibile quando udiva i passi di qualcuno
che si avvicinava, che mostrava di non essere pratico del posto e avrebbe
desiderato un’indicazione sulla giusta strada? E poi, com’è andata con
l’applicazione pratica? L’osservazione del bel paesaggio ti rese forse più
tenero, partecipe, paziente, riguardoso e soprattutto più amorevole? O
piuttosto non rimanesti il fruitore egoista e non invece colui che gioiosamente
agisce, aiuta e trascina e che non dice mai di sé: “Ho lavorato abbastanza!”? –
Che ne dici?».
Le parole
di Thieme mi caddero come pietre sul cuore. Mi sembrò che il meraviglioso
posto, prima così luminoso, diventasse sempre più buio, che scendesse il
crepuscolo e che sarebbe diventato completamente buio. Un’indicibile angoscia
mi colpì. Abbracciai forte Thieme, che mi stava vicino, e gridai a gran voce: «Amico, fratello, le tue parole mi lasciano
vedere l’oscurità nella quale sono vissuto finora! Tu sei molto più avanti, lo
so da tempo; tu puoi anche mettermi sulla via dell’azione di cui ho un così
urgente bisogno. Non lasciarmi, mostrami prima di tutto la strada che mi porta
al Signore il più presto possibile, perché io ora non sia più soltanto un
ascoltatore, un insegnante delle Sue verità, ma soprattutto uno che le mette
completamente in pratica. Ti prego, per amore del nostro Padre Gesù!».
Thieme mi
strinse forte fra le braccia e, mentre nascondevo il mio volto sulla sua
spalla, lo udii pregare a voce alta il Signore e chiederGli di darmi forza e di
illuminarmi.
Allora
attorno a me tutto ridivenne chiaro e luminoso. Io pregavo con tutto il cuore
insieme a lui, ed ora vedevo le alture e le valli attorno a noi risplendere
ancora più radiose e magnifiche.
Eravamo
sulla cima di una montagna di media altezza. Sotto di noi c’era una valle ridente
attraversata da un limpido ruscello. Là sembrava regnare una pace infinita. La
ricchezza della vegetazione, di alberi e cespugli, alcuni dei quali erano
completamente carichi di frutti, ci destò addirittura il desiderio di scendere
a mangiare e a riposare.
«Scendiamo giù!», – disse Thieme, – «parleremo là del cammino su cui proseguire».
Io ne fui
contento, e scendemmo giù.
Era una valle
sorprendentemente bella, quella dove arrivammo, delle cui bellezze non ci si
poteva rendere conto dall’alto come invece succedeva quando si stava a valle.
Sentii un grande beneficio nello stendermi sull’erba alta e nel lasciare agire
su di me quella meravigliosa calma e tranquillità. Fui preso da una curiosa
sensazione di trovarmi a casa, come se appartenessi proprio a quel posto e se
quel terreno fosse di mia proprietà. Era una sensazione proprio straordinaria
che mi afferrava e mi rendeva silenzioso.
Thieme mi
osservavò sorridendo e alla fine disse, toccandomi lievemente: «Dimmi, Karl, ti piace qui?»
Risposi
io: «Meraviglioso! Ho una sensazione,
come se non dovessi più andar via da qui!»
Disse
Thieme: «Niente ti impedisce di restare.
Nello stato attuale non ti indurranno ad andartene né le stagioni fredde e
pungenti, né le tempeste, né la pioggia. Questo posto rimane così come si trova
ora; perciò non c’è niente che ti obblighi a lasciarlo. Ma alla fine restare
sempre qui ti verrebbe poi terribilmente a noia; non pensi?»
Risposi
io: «Naturalmente voglio lavorare, fare
qualcosa, secondo la Volontà del Signore. Penso che tu mi indicherai qual è la
cosa migliore per incominciare!?»
Disse
Thieme: «Ascolta dunque. Mio caro amico,
penso che non occorra affatto che io te lo dica; lo devi sapere da te! Suonare
il violino qui da solo, senza ascoltatori, non dovrebbe farti troppo piacere;
considera che anche noi apprezziamo molto la musica e le capacità artistiche
nelle libere arti anche le coltiviamo; tuttavia coltivando esclusivamente le
libere arti alla lunga qui non si combina niente. Da noi il motto è: eseguire
un lavoro pratico, come hai visto da me; perciò incomincia così!»
Gli chiesi
io: «Verranno in questo posto, che mi
sembra proprio sconosciuto, anche altre anime?»
Rispose
Thieme: «Da ogni parte le anime arrivano
nel luogo dove esse sperano di ricevere spiegazioni e dove sono attirate
dall’influsso magnetico dell’amore. In effetti tutto dipende da quest’ultimo,
perché senza di esso tu non puoi avvicinarti a loro, né esse a te. Il resto
viene poi guidato da coloro sotto la cui guida stai tu stesso. Se conosci e
segui questa misteriosa legge dell’attività nell’amore, allora hai effettivamente
quasi tutto quello che è condizione per la vita e per l’attività. Anche a Dio
non puoi avvicinarti in nessun’altra maniera, né Egli si manifesterà a te, se
non Lo attrai con il magnetismo del tuo amore. Perciò agisci in conformità a
questo, e presto possederai tutto!»
Allorché
Thieme mi disse così, la mia decisione fu subito presa. «Io rimango qui, mio caro amico», dissi, «e cercherò con tutte le forze
di procurarmi qui la casa di cui parlasti e che io desidero con tutto il cuore
di costruire per me e per altri. Ho ben notato che nel mondo degli spiriti le
cose vanno diversamente da come me le immaginavo sulla Terra, e che occorre
pensare a un proprio attivo lavoro, prima di affrontare l’impegno successivo.
Se sulla Terra ho trascurato certe cose, ora però sarò tanto più attivo.
Parlarne molto, far mostra di buone intenzioni, non ha senso: quello che conta
sono soltanto i fatti! Dimmi dunque ora, prima di tutto, come comincio a
costruirmi intanto una casetta, poiché non ero muratore e carpentiere, però
suppongo che qui si possa essere tutt’e due le cose senza aver mai imparato
questi mestieri»
«Hai proprio ragione, mio
caro Karl!», – esclamò Thieme ridendo. – «Anch’io non ho mai imparato queste due cose, eppure possiedo una casa
meravigliosa; perciò anche tu potrai procurartela. Ascolta ora attentamente, e
non meravigliarti se finora non ho mai parlato con te di queste cose:
“È pure una legge del
mondo degli spiriti - o, per meglio dire, qui nel mondo della vera vita - che a
un’anima venga dato l’insegnamento che le è necessario soltanto nel momento in
cui ne ha bisogno, ed anche quando è lei che lo desidera. Non facciamo
mai pressione su un’anima perché riconosca o apprenda qualcosa, se essa stessa
non ne sente l’esigenza. A questa legge, che trae origine dalla generale
conseguenza della libera volontà, si deve il fatto che certi spiriti restino
spesso fermi immensamente a lungo ad un gradino inferiore, perché essi non
sentono ancora l’esigenza di una conoscenza più elevata. Prima deve sorgere il
desiderio, e soltanto dopo, possibilmente quando questo è diventato cosciente,
la cosa richiesta può essere data”. Così avviene ora anche con te. Ora, mio
caro Karl, io ti chiedo: “Che cos’è la Creazione visibile di Dio nel suo
fondamento originale?”»
Rispondai
io: «Senza dubbio la Volontà
materializzata del nostro Signore e Padre, che si manifestò in Gesù Cristo,
quale unico Creatore del Cielo e della Terra»
Disse
Thieme: «Buona risposta! Se ora il
Signore - soltanto per opera della Sua Volontà - ha questa capacità e ci fece
la promessa che perfino noi stessi avremmo potuto fare le stesse cose, anzi
addirittura di più grandi di quelle che Egli stesso fece sulla Terra, e se
anche Lui compì le Sue azioni straordinarie soltanto per mezzo della Sua
Volontà, allora è chiaro che noi dobbiamo percorrere lo stesso cammino se
vogliamo arrivare a qualche cosa. La sola attività del volere è in grado di
procurare tutto il materiale che ti occorre. Usa dunque la tua volontà, così
otterrai ciò di cui hai bisogno!»
Io rimasi
molto meravigliato di queste parole e risposi: «La mia volontà da sola è però troppo debole; soltanto se il Signore lo
vuole potrò ottenere qualcosa, altrimenti no, vero? Infatti non è forse vero
che noi preghiamo così: “Signore, sia fatta la Tua Volontà e non la mia”?»
Thieme mi
guardò con un’occhiata indescrivibile, che mi diede l’impressione di aver detto
qualcosa di molto sciocco, mentre io credevo proprio di avere enunciato una
verità fondamentale.
Replicò
Thieme dopo una pausa: «Mio caro Karl, è
proprio strano come regnino fra gli uomini, e particolarmente fra i teosofi,
dei concetti totalmente erronei sul motivo fondamentale della rinuncia alla
propria volontà e dell’abbandono alla Volontà del Signore, ed io so anche che
esso non ti è assolutamente chiaro, ma se non ti chiarisci le idee in proposito,
qui non riuscirai a fare proprio nulla, e senza un poderoso sforzo della tua
propria volontà, completamente autonoma da quella del Signore, non sarai mai
neanche in grado di costruirti una cuccia per cani!
È scontato che tutto dipenda dalla Volontà del
Signore, ma è anche certo che il Signore non ha dato all’uomo una volontà
propria soltanto perché egli vi rinunci. Se l’uomo ha ricevuto una libera
volontà, egli deve anche educarla e impiegarla secondo le leggi che il Signore
ci ha prescritto chiaramente, le quali - anche questo è certo - ci sono state
date per guidare fin dal principio la libera volontà in una direzione tale da
non metterci nelle condizioni di fare qualcosa in contrasto con la Volontà del
Signore. Quando però quest’ultima è stata riconosciuta e l’adempimento dei
Comandamenti divini è diventato parte della nostra carne e del nostro sangue, a
quel punto le parole del perenne abbandono della propria volontà in quella del
Signore sono una frase vana, perché è proprio questo che il Signore non vuole!
Ciò che invece Egli vuole è: “Sii un creatore di te stesso come Io stesso lo
sono, perché solo in questo modo tu, o uomo, puoi diventare simile a Me!
Adopera le forze che ti sono concesse e che si trovano nella volontà personale
che regna in te, e fallo fino in fondo e autonomamente da Me, però nella
direzione delle Mie Leggi divine a te note; mostraMi poi la tua creazione,
perché abbia una vera gioia da te e ti possa chiamare un servo fedele che ha
fatto fruttare riccamente la moneta che gli ho affidato! Se tu invece sotterri
la moneta della tua propria volontà creatrice, ti allontanerò da Me”, dice il
Signore, “poiché tu non sei in grado di darMi neanche la più piccola prova
della tua propria volontà!”. Capisci questo, Karl?»
Risposi
io: «Certo, però mi pare che la rinuncia
alla propria volontà sia prova di una grande umiltà»
Replicò
Thieme: «Sì, di una grande pigrizia e
ignoranza, che mira solo a scuotere da se stessi ogni possibile responsabilità
per quello che c’è da fare! Dimmi un po’ chi sarà più gradito al Signore:
quello che viene sempre con la frase "Non faccio nulla se il Signore non
mi dice: ‘Fa questo e questo!’", oppure colui che, quando è il momento
opportuno, si attiva vigorosamente per fare qualcosa e non ha paura di fare qualche
volta, senza volerlo, anche qualcosa di sbagliato? Il primo è uno schiavo,
l’altro un solerte operaio, che correggerà facilmente il suo errore occasionale
non appena esso gli sarà fatto notare. Quello citato nel primo caso il Signore
non l’aiuta, altrimenti rafforzerebbe soltanto la sua pigrizia e la sua
ignoranza, mentre l’altro, con l’esperienza e l’insegnamento avuto, va presto
avanti. Da noi, nella vera vita, è così e non altrimenti»
Risposi
io: «E va bene, allora anch’io agirò
secondo questa legge vigente! Se ti comprendo bene, devo orientare la mia
volontà secondo i Comandamenti esistenti che il Signore ha dato per il bene di
tutti, applicarli e quindi volgerli nella direzione della mia volontà. In
questo modo dunque ci si deve attivare per portare a termine un nuovo lavoro,
il quale mai e poi mai potrà avere una direzione contraria alla Volontà del
Signore, poiché le Sue Leggi, i cui effetti noi possiamo e ci è lecito
utilizzare, sono dentro la Sua Volontà, e noi dobbiamo imparare ad usarle per
diventare in tal modo creatori noi stessi. È così?»
Confermò
Thieme: «Hai colpito perfettamente il
segno; utilizza dunque queste Leggi! E ora io voglio dartene un esempio. Guarda
questo bellissimo posto! Come ti ho già detto, nella sua corrispondenza esso
non è altro che la bellezza delle Rivelazioni del Signore che ora si
rappresenta a te. Da noi ogni pensiero si rappresenta in un qualche involucro
plastico, dalla cui forma esterna noi riconosciamo qual è la sua vera natura;
per cui riconosciamo subito la costituzione interna dell’anima che a noi si
avvicina, la quale, dopo l’abbandono del suo corpo che le faceva da maschera,
ora non ci può più nascondere nulla. Questi pensieri non sono legati ad alcuna
forma fissa, ma la cambiano secondo il progresso che fa il produttore dei
pensieri; tali forme inoltre non sono nulla di reale, ma sono forme fantasma;
perciò possono scomparire ed essere distrutte. Altra cosa invece sono i
pensieri di Dio, i quali si muovono sempre in una realtà indistruttibile,
agiscono ed anche operano per mezzo dell’uomo e nell’uomo, non appena egli li
ha riconosciuti e accettati come verità che scorrono dalla Fonte dell’eternità.
Perciò anche questo posto, che corrisponde perfettamente alla tua conoscenza,
diventa per te una piena realtà; esso cioè è la tua particolarissima sfera, che
ha prodotto in te questa straordinaria sensazione di essere a casa tua e che ti
sopraffece quando lo scorgesti. Che io veda la stessa cosa, ossia possa entrare
nella tua sfera, dipende semplicemente dal fatto che ciò che noi riconosciamo è
uguale e in generale si può sovrapporre, anche se differisce nei particolari.
Se questo non fosse il caso e se i nostri caratteri non mostrassero diversità,
pur nella identica aspirazione, le singole sfere si assomiglierebbero come un uovo
all’altro. Non occorre che io ora parli delle diversità e della loro necessità;
ogni uomo in grado di pensare ne conosce le cause fondamentali!».
[indice]
Casa propria
Continua
Thieme: «Perciò ora stai bene attento!
Immagina nel tuo spirito in modo vivido una casa, in primo luogo immagina come
ti piacerebbe averla, mantieni fissa l’immagine anche in tutti i particolari e
riempiti del desiderio di far sorgere questa immagine nella realtà! L’hai
fatto?»
Risposi
affermativamente a questa domanda, poiché in modo straordinario mi venne in
mente - come si dice, come se potessi toccarla - la piccola casetta di
Oldenburg come potevo ricordarmela, nella quale avevo trascorso la mia prima
giovinezza; il quadro che la raffigura è ancora in tuo possesso. La vidi con
tutti i particolari, come anche tu te la puoi immaginare dal momento che la
conosci e ci sei stato.
Thieme mi
disse ancora: «Ora rivolgiti nell’intimo
del cuore al Signore e pregaLo di darti forza e benedizione per il tuo lavoro e
particolarmente di rafforzare la tua propria volontà!»
Io feci
anche questo.
Proseguì
Thieme: «Ora concentra la tua volontà più
forte che puoi, fatti colmare dalla ferma fiducia di essere in grado di
padroneggiare la materia e desidera che l’immagine che si staglia nella tua
mente si formi plasticamente nel luogo dove tu vuoi che divenga vera!»
Io seguii
queste parole. Un forte impulso mi inondò, nacque in me una consapevolezza di
forza, come talvolta prende l’uomo anche sulla Terra, mi riempì una fiducia
come non l’avevo mai provata prima d’allora, una convinzione solida come una
roccia che la mia impresa sarebbe riuscita; ed ecco, vedi, nel mezzo di un
prato pianeggiante che avevo già scelto, apparve, dapprima come un’immagine
nebbiosa con contorni trasparenti, la casetta proprio come l’avevo pensata;
essa divenne sempre più nitida quanto più sforzavo la mia volontà, e finalmente
fu là sul posto, pronta e completa, tangibile e massiccia come se l’avessero
costruita i migliori artigiani.
Quando
l’edificio si fu completamente formato, Thieme disse: «Bene, ora entriamo e convinciamoci della realtà di questa casa!»
Lo
facemmo, e io posso solo dire che tutto, fin nei minimi particolari, era là
come me lo ricordavo dai tempi della mia prima giovinezza.
Ci recammo
di nuovo all’aperto.
Osservò
Thieme: «Ora, come si dice, sei ben
alloggiato, caro Karl, e d’ora in poi posso lasciarti al tuo proprio
riconoscimento e alla tua propria attività. La ricetta secondo la quale devi agire
la conosci con precisione, e sai anche come puoi attirare a te delle anime care
o meno gradite. Inoltre sei ben consapevole di come puoi avvicinarti al
Signore; dunque non ti manca più nulla per il tuo proprio progredire, ed io
posso ritornarmene tranquillamente verso la mia cerchia d’azione e lasciarti
solo»
Amareggiato,
gli dissi: «Quest’ultima cosa mi dispiace
molto, poiché io resto pur sempre tuo allievo, e mi mancherà il fedele
consigliere; ci vediamo ancora, vero Thieme?»
Rispose
Thieme: «Si intende! Ci possiamo vedere
in qualsiasi momento; devi solo volerlo. La volontà qui è ovunque la leva che
dà via libera in ogni attività, in ogni incontro e in ogni cosa che appare
davanti agli occhi; ora lo sai. Diventa dunque forte nella volontà, nello spirito
del Signore e Creatore di tutte le cose e tale rimani, e così ti riuscirà
tutto!»
Esclamai
io: «Tuttavia mi mancherà il tuo
consiglio!»
Osservò
Thieme: «Oh, no, poiché tu hai un
Consigliere completamente diverso a cui ti devi rivolgere, che tu conosci e al
Quale finora non ti sei affidato proprio completamente, benché tu Lo conosca
molto bene. Se prima non vinci questo timore che non mi è del tutto gradevole,
se prima non ti abbandoni completamente a Lui realmente nel tuo più intimo
essere e non Lo attrai con tutta la tua brama, Egli non si mostrerà a te
visibilmente. Ed è proprio perché conosci le Sue Rivelazioni che è più
difficile per te che per altri a cui esse sono rimaste estranee. A chi è stato
dato molto, viene anche chiesto molto. Ad anime che sono di buon cuore, anche
se sono nell’ignoranza, il Signore si può avvicinare prima, per Grazia e
Misericordia, che non a quelle che già conoscono il Suo Essere, e tuttavia
ancora non riescono ad attrarLo con il loro vero e ardente desiderio.
È una faccenda delicata sapere e mettere
completamente in pratica quello che un’anima sente. Ci sono qui tante diverse
sottigliezze che possono portare ad ostacoli, che anche con la più vasta
esperienza non finisci mai di meravigliartene. Credimi: anche qui ci sono molte
anime che sulla Terra hanno pienamente conosciuto le Nuove Rivelazioni! Come
uomini sulla Terra furono ammirati come pozzi di sapienza dai loro congiunti e
dai compagni di fede, e si cullarono fin troppo nell’illusione della propria
eccellenza, ma ora queste anime devono tutte frequentare una durissima scuola
di abnegazione e sono ancora ben lontane dal vedere il Signore; non parliamo
poi di vivere in Sua compagnia, come sicuramente pensavano. Perché dunque
succede questo? Perché in fondo al loro cuore esse amavano il Signore solo a
causa dell’amore di se stesse, ma non liberandosi veramente di ogni egoismo.
Esse volevano, nella loro qualità di elette del Signore, essere guide
riconosciute del popolo, dei singoli fratelli, per ricavarne una ricca messe di
ammirazioni. Queste anime si ricompensarono da sé con la loro ambizione,
vissero con la testa nel sacco in una specie di delirio di grandezza e
volevano, più o meno inconsciamente, non tanto essere propugnatrici della causa
di Dio, ma soprattutto rappresentanti e devote di una egoistica gloria personale.
Esse sono figlie di Lucifero, non figlie di Dio; esse hanno il cuore macchiato,
vivono - ingannando se stesse - nella superbia, sono pie nell’apparenza
esteriore e non pensano che un animo pio, veramente votato a Dio, non cerca
alcun riconoscimento esteriore, anzi che questo gli è perfino molto fastidioso,
e che per una tale anima pia il fedele compimento del proprio dovere sta più in
alto di tutte le lodi del mondo da parte dei fratelli di fede. Dunque, caro
Karl, pensa soltanto a piacere al Signore e non agire più mosso dall’egoistica
gloria personale, ma agisci nello spontaneo adempimento dei Suoi Comandamenti,
rinunciando fin dall’inizio ad ogni ringraziamento e riconoscimento, anzi non
pensando nemmeno a questa conseguenza!».
Thieme mi
abbracciò, e io abbracciai lui, poi ci stringemmo la mano senza parlare; mi
fece un cenno di commiato, si girò e scomparve subito. Io allora andai nella
casetta da me costruita, nella mia nuova dimora, per sistemarmi là.
Mi piaceva
moltissimo stare nella casetta. Tutti i ricordi della mia infanzia riaffioravano,
e posso dire che in poco tempo vissi di nuovo tutti gli anni della giovinezza,
poiché, come già spiegatomi da Thieme, qui tutti i pensieri vengono
rappresentati plasticamente, pressappoco come in sogno, soltanto sono molto più
essenziali, cosa che invece manca nel sogno. Anche il sogno è una formazione
dell’anima, sebbene senza realtà, ossia senza una rappresentazione tangibile;
invece il pensiero nell’Aldilà ha forza creativa, benché il quadro si scomponga
poi nuovamente nei suoi elementi primordiali. Ora chi si lascia andare ai suoi
pensieri privo di senso critico, vive in un mondo fantasma, che egli ritiene
una realtà e da cui difficilmente trova una via d’uscita, e precisamente questo
è il caso di un’anima che continua a vegetare senza alcuna fede nel Signore.
Dunque,
come dicevo, rivissi in tal modo ancora una volta tutta la mia giovinezza, però
senza cadere nell’errore di ritenere un’attuale realtà queste immagini dei
ricordi, che si presentavano plasticamente. Esse mi servivano soltanto per
riconoscere il mio procedere, i miei errori, e in questo senso mi servivano
esclusivamente come chiarimento per la mia anima.
Ora è del
tutto vero che, passato questo periodo, un’anima inattiva debba essere colpita
infine da una noia invincibile; ma io feci in modo di non arrivare a tanto. Non
cercai neanche di far passare plasticamente in me anche la vita che avevo
vissuto dopo la mia giovinezza, poiché gli errori del periodo successivo li
avevo già pienamente riconosciuti con Thieme, perciò non avevo bisogno di
studiarli un’altra volta, bensì pensai con tutta serietà a come volevo ora
ripartire il mio ulteriore lavoro.
Ero solo,
completamente solo. I miei pensieri s’indirizzarono perciò, com’è naturale, a
quelle persone e a quei parenti che sulla Terra erano già morti prima di me, e
il cui destino ovviamente mi interessava molto.
Che io
prima di ogni altra cosa pensassi a mia moglie, tua madre, è facilmente comprensibile;
ma dove trovarla? Mi sembrava anche necessario, ora che possedevo una casa mia,
conoscere prima di tutto quello che mi stava intorno, ispezionare il posto per
esaminare per prima cosa la mia stessa sfera.
Non fu solo
in quell’occasione, ma anche successivamente qualcosa non mi entrava bene in
testa. Tutta questa zona circostante doveva essere la mia sfera e nello stesso
tempo - almeno in corrispondenza, ma appunto perciò anche in realtà - doveva
somigliare alle bellezze delle Rivelazioni da me conosciute, quindi in un certo
senso era grazie a quelle Rivelazioni che tali bellezze erano sorte. Com’è
dunque possibile che qualcosa di dato fin dall’inizio, da me ben conosciuto
però non di mia proprietà, potesse fornire ora il terreno della mia sfera, per
la cui formazione fino a quel momento non ero assolutamente consapevole di aver
fatto qualcosa?
Mi dissi: «Rompersi la testa non
serve a niente; accetto con gratitudine quello che c’è così com’è, e rimetto la
spiegazione desiderata al futuro, e aspetto quello che il Signore, o da Se
stesso o tramite altri, mi vorrà rivelare su questo fatto. Svelto al lavoro, a
fare un giro di ricognizione!».
Lasciai
dunque la mia casa e percorsi i dintorni in lungo e in largo.
Ben presto
feci una strana scoperta. Volevo salire su una delle alture che facevano da
confine intorno alla valle - con Thieme ero pur disceso da una di queste
alture! - ma non riuscivo ad arrivarne ai piedi. Era sempre come se mi
sbagliassi nella distanza, o come se le alture indietreggiassero davanti a me.
Potevo camminare e camminare, ma le montagne e le alture non potevo toccarle!
«Qui c’è qualcosa che non va!», – pensai io. – «La
Volontà del Signore non deve essere quella di farmi arrampicare su queste
montagne! Finora non ho fatto altro che camminare, senza arrivare alla meta».
Quando mi
guardai indietro, verso la mia casa, osservai con mio grande stupore che essa
era vicinissima dietro di me, come se mi avesse seguito, o come se, nonostante
il mio camminare di ore, avessi percorso tutt’al più circa 200 passi. Questo
dava da pensare. L’ostacolo che mi rendeva pensieroso si era decisamente
ingrandito.
Ma che
fare? Pensai a Thieme, pensai di attrarlo a me come mi aveva detto; poi
respinsi il pensiero e mi dissi: «Già
sulla Terra è un errore appoggiarsi sempre ad altri; qui poi sicuramente molto
più grave, se non si confida in se stessi e nell’aiuto del Signore!». D’un
tratto mi divenne chiaro che, da quando Thieme era andato via, non avevo ancora
affatto occupato la mia mente col pensiero del Signore, e questo mi pesò sul
cuore.
Ora mi
accorsi chiaramente che innanzitutto era un errore voler intraprendere questa
escursione senza affidarmi fermamente al Signore, senza prima averLo pregato di
rafforzarmi, e poi, in secondo luogo, a che mi serviva rivolgermi agli altri,
quando invece tutt’altra forza stava ai miei ordini nella mia volontà se
soltanto l’avessi usata nel modo giusto!
Thieme mi
aveva pure chiaramente esposto che si deve usare la propria volontà nell’ambito
delle leggi conosciute del Signore, e io correvo e correvo, sforzavo sì la mia
volontà per giungere faticosamente lontano, ma non allo scopo di adoperarla per
attrarre quelle montagne, o per meglio dire, per trasportare me stesso su di
esse! Mi dissi: «Ora torna un po’ nella
tua casa, e prima di tutto raccogliti profondamente nell’amore per il Signore!
Quando avrai fatto ciò, il tuo progetto troverà il modo di realizzarsi!».
Ora, non
ero lontano dalla mia casetta; tornai indietro, guardai di nuovo attentamente
tutto quello che c’era e fissai di nuovo la mia volontà per mantenere questa
abitazione. Sentivo che queste quattro mura, come si dice, erano realmente di
mia proprietà.
Ora
guardai, stando sulla porta, gli splendidi dintorni, e improvvisamente la mia anima
fu pervasa da un’illuminazione come un lampo: questi splendidi monti, valli,
panorami, rappresentavano sì le bellezze delle Rivelazioni da me conosciute, ma
mancava ancora molto perché queste divenissero una mia vera proprietà
spirituale, e io non avrei potuto raggiungere la benché minima collina se prima
proprio quella caratteristica che corrispondeva alla collina non mi fosse
entrata anche nella carne e nel sangue, e non fosse perciò diventata una mia
proprietà! Involontariamente mi colse una grande paura. Quale gigantesco lavoro
era necessario per eliminare su tale cammino tutto quello che doveva quindi
esserci in me di sbagliato (ed io che già mi ero immaginato di aver superato
tutti gli errori!), affinché tutti questi monti e quanto cresceva su essi
diventassero in un certo senso di mia proprietà; io, infatti, ormai accettavo
in me pienamente la verità rappresentata da questo posto meraviglioso! Poteva
essere che mi ci sarebbero volute delle eternità per arrivare allo scopo!
Nel
riconoscere questo ero totalmente abbattuto. Presto però mi battei la fronte,
poiché un secondo pensiero mi attraversò la mente come un lampo, chiaro e
luminoso. Che cosa disse infatti il Signore? Qual era il Comandamento
principale? “Ama Dio sopra tutto e il tuo
prossimo come te stesso”; a questo Comandamento si ricollegano Mosè e tutti
i profeti! E poi: “Chi crede in Me e
prega il Padre nel Mio Nome, a quello Egli darà tutto!”. Ora cerca un po’
nel Nuovo Testamento ciò che è detto su queste parole che io accenno solo
brevemente!
Matteo
7,7: «Pregate e
vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto».
Matteo
21,22: «E tutto
ciò che chiedete nella preghiera, se credete, allora lo riceverete».
Marco
11,24: «Perciò
vi dico: "Tutto ciò che chiedete nella vostra preghiera, abbiate solo fede
che lo riceverete, e così avverrà".»
Giovanni
16,23: «In
verità, in verità, Io vi dico: "Quando chiederete qualcosa al Padre nel
Mio Nome, Egli ve la darà".»
Giovanni
16,24: «Finora
non avete chiesto nulla nel Mio Nome. Pregate e prendete, perché la vostra
gioia sia completa».
Tu hai
trovato le parole in modo giusto e preciso. Come hai fatto ora tu, anch’io
allora le trovai fra i pochi libri nella mia casa, ed ora anch’io sapevo quello
che dovevo fare.
Tutto
viene dato a colui che crede ed ha fiducia; e anche se io avessi voluto
impiegare delle eternità per arrampicarmi su ogni singola montagna, avrei forse
potuto ottenere altra cosa se non il raggiungimento del massimo Comandamento?
No, mai.
Dunque,
perché cercare di raggiungere per vie indirette, faticosamente e nell’angoscia
e nel sudore, ciò che secondo la promessa viene dato a ciascuno che abbia un
cuore credente?
[indice]
Al
cospetto del Signore
Dopo che
questo riconoscimento fu passato in me come un lampo, agii subito di conseguenza.
Rimasi nella mia casa, indirizzai costantemente i miei pensieri con tutta la
forza di volontà e con profondo, ardente desiderio al nostro Signore e Maestro
Gesù, e aspettai quello che doveva venire.
Per molto
tempo non accadde nulla. Ero in uno stato di gioiosa aspettativa, senza attendere
qualcosa di particolare, e indirizzavo i miei pensieri accuratamente al
Signore.
Allora
accadde, del tutto inaspettato, qualcosa di speciale.
Ciò che mi
circondava - ed era meraviglioso - rimase sempre uguale come prima; non era
soggetto ad una suddivisione particolare di giorno e notte, e neanche era
possibile che ci fosse, poiché le leggi astronomiche e fisiche della Terra qui
non erano più in causa. Non mi trovavo più infatti su una sfera terrestre
rotante su se stessa, che in conseguenza della sua rotazione faceva sorgere il
giorno e la notte! E nemmeno vedevo il sole splendere in cielo. Era sì sempre
chiaro come prima che sorga il sole, ma in cielo non c’era alcun sole. Anche
questo io lo trovavo naturale, tuttavia finora non avevo pensato più profondamente
al perché, finché non subentrò proprio questa cosa speciale che ho detto. Che
cosa era dunque?
Del tutto
inaspettatamente - nel punto in mezzo a due monti che circondavano una valle,
che poi più avanti si stringeva e dal posto dove mi trovavo era meravigliosa a
vedersi - vidi alzarsi molto lentamente il bordo superiore di un sole, che
splendeva radioso e caldo come da voi il sole di luglio a mezzogiorno. Io mi
stupii; non potevo affatto sostenerne lo splendore e volevo aspettare che si
alzasse più alto, ma questo non accadde. Non avanzò neanche di un millimetro,
restò con il bordo più esterno nella stessa posizione all’orizzonte di prima.
Come
avveniva ciò? Che sole era questo che si mostrava a me, ma il cui splendore non
era minore di quello della Terra?
Mentre
stavo così, sprofondato totalmente nella contemplazione di questo margine del
sole, vidi improvvisamente una figura arrivare come da molto lontano, che si
avvicinava a me. Non potei riconoscerla perché i raggi del sole mi accecavano;
a causa di ciò vedevo solo i contorni della figura che erano come quelli di una
silhouette (gradevole profilo). I
miei occhi si fissavano come incantati sulla figura che si stava avvicinando, e
improvvisamente compresi: "è il Signore là, che Si avvicina a te!", mi
dissi.
Mi sentii
afferrato come da una forza magnetica, tutte le energie della mia anima mi
trascinavano verso Colui che veniva, e con grande sollecitudine mi slanciai
verso il Signore, il quale ora mi era venuto così vicino che potevo riconoscere
il Suo volto. Egli mi tese le mani ed io mi gettai a precipizio verso di Lui,
afferrai le mani rivolte a me e caddi pregando ai piedi del Signore. Non posso
descrivere quello che provai; solo chi ama veramente il Signore può
comprenderlo e sentirsene partecipe.
Il Signore
mi rialzò e mi guardò negli occhi.
Oh, che
occhi, così limpidi e penetranti, eppure così infinitamente pieni d’amore! Nessun
uomo può guardare così! Nessun occhio umano può vedere così profondamente nel
cuore; solo il Suo occhio ha questa infinita Forza, questo radioso Amore e
sublime Potenza!
Non potevo
articolare una parola, ma ero costretto a guardare sempre in quest’occhio, e in
questo guardare mi ritornò alla mente il ricordo dei tempi lontani, mi divenne
chiaro ciò che io ero stato una volta, e quale vita precedente avevo già
superato.
Con un
tono infinitamente benevolo il Signore mi disse: «Non hai provato tu stesso com’è difficile
sulla Terra vivere e restare al Mio servizio? Ti è ora chiaro che anche per gli
spiriti che Mi servono, e sono sempre pronti ad adempire le Mie parole finché
non portano il grande peso terreno, diventa infinitamente difficile
destreggiarsi nel luogo che fu quello della Mia attività e del Mio soffrire?
Vedi, un tempo tu pensavi che Io
dovevo mandarti sulla Terra non soltanto per ottenere il diritto di figlio
seguendo le Mie tracce, ma volevi anche lasciare su di essa una testimonianza
di Me e del Mio Essere! Ma ti è andata bene? Non è accaduto invece che la
pesante materia ti ha imprigionato a tal punto che non sei riuscito, come
speravi, a infrangere la materia e a raggiungere lo scopo che ti eri prefisso?
Ora guarda indietro in tutti i tempi, dove tu vivesti, riconosci la catena
della tua vita che ti ha formato come ora sei, e sii felice nel ricordo del
poco che hai raggiunto. Io non ti rimprovero per il fatto che hai alquanto
fallito i tuoi piani, perché puoi ancora recuperare molto con la Mia Forza, ma
ti esorto a dare un esempio a tutti quelli che pensano che sia facile fare
molto per Me, e alla fine però non riescono a raggiungere ciò che essi, senza
la pesantezza del corpo, speravano e credevano che si sarebbe realizzato.
Io non ti lascio più, poiché il tuo
amore e la tua sincerità verso di Me ti hanno messo in grado di poter guardare
la Sede del Mio Spirito nel margine del sole spirituale; dipenderà da te se
esso salirà più in alto, ed i suoi raggi allora ti attraverseranno tutto. La
vista di questo bordo più esterno ti eleva già sopra molte difficoltà, e dal
suo abbassarsi o salire riconoscerai se progredisci o torni indietro. ChiamaMi
però nel bisogno e Io ti salverò, e attiraMi nel tuo amore, così Mi vedrai e
parlerai con Me sempre, come ora tu Mi vedi e come ora Io ti parlo!».
Il Signore
mi attirò di nuovo al Suo petto, mi invase un senso infinitamente dolce di
protezione e di amore, e poi Egli mi allontanò dolcemente da Sé e… sparì.
Il bordo
del sole però continuai a vederlo splendere, irradiare e riscaldare.
[indice]
La
vera preghiera
Ero di
nuovo solo e riflettevo sull’accaduto, ed ecco che quanto segue mi divenne chiaro
e stava comprensibile e tangibile davanti alla mia anima.
Prima di tutto
mi fu chiaro che dovevo aspettarmi ogni salvezza non dal cosiddetto
approfondimento, non dal pensiero fisso e dalla contemplazione statica del
Signore, non con lunghe frasi di preghiera fatte con le labbra e col cercare
parole e bei discorsi, ma solo ed esclusivamente con la ferma iniziativa, con
il lavoro gioioso e zelante. Lavorare al servizio del Signore è già preghiera;
parlare soltanto per farsi belli agli occhi degli altri, è una perdita di tempo
e di energie completamente inutile. I più alti spiriti non giacciono nella
polvere ai piedi del Signore a pregarLo: ciò sarebbe idolatria. Il Signore
vuole lavoratori allegri, fermamente fiduciosi in Lui, che portano l’umanità e
se stessi più vicini al completamento, e non fannulloni dall’aria pia che cantano
litanie e si perdono in lunghe preghiere, che credono così di servire il
Signore col loro agire distorto, credendo appunto di esserGli graditi e di
guadagnarsi un tesoro in Cielo. Tutti costoro sono servitori pigri, che
sotterrano la moneta loro affidata, anziché farla fruttare. Per questa ragione
anche i conventi, i monasteri, le comunità di preghiera e tutti i circoli, nei
quali più o meno si aspetta pigramente che il Signore dia loro quello che
chiedono, sono strade sbagliate che non portano al Signore, ma portano lontano
da Lui.
Certamente
è necessario che l’anima si elevi e, nella consapevolezza di servire il
Signore, non solo senta in sé disponibilità, ma cocente amore, e tuttavia
proprio questo sentimento si raggiunge con la ferma volontà di adempiere il
dovere, con la gioia interiore per l’opera da praticare e non restando
meditabondi e in attesa della grazia del Signore.
È passato
il tempo in cui si aspettava lo spuntare dei germogli, e il crescere del grano
richiedeva solo attenzione, cure fedeli e protezione dai danni causati dalla
selvaggina; ora siamo all’inizio del raccolto, dobbiamo tagliare il grano,
ammassarlo, portarlo nei granai, e solo dopo si trebbierà, si separerà la pula
dal grano e si cuocerà un pane saporito con la buona farina. Chi comprende
questa immagine, saprà quale ora sta rintoccando e come sarà il mondo nei tempi
futuri.
Tutto
questo ora mi fu chiaro, e quello che avevo da fare mi stava distintamente davanti
agli occhi.
Sì, ci fu
un tempo in cui io già avevo attraversato una precedente vita. Non fu sulla
Terra, bensì su di un pianeta i cui abitanti non sono ancora così avanti nella
libera volontà come quelli della Terra, che però riconoscono e amano il Signore
molto più di quanto Lo amino i figli eletti sulla Terra. Essendo in questo
amore, essi sanno che il Signore può raccogliere attorno a Sé soltanto coloro
che seguono le Sue tracce, che superano la prova più dura della libera volontà
per mezzo del proprio volere consapevole e finalizzato.
Chi sente
in sé l’amore, crede di poter superare tutto al servizio di questo suo amore, e
così anche a me sembrava facile essere un discepolo del Signore.
«Infatti, che cosa può mancare a uno se si
lascia guidare unicamente da questo amore?».
Così
pensavo io, e non avevo idea di quanto infinitamente difficile sia questa prova
della libera volontà, perché sulla Terra si deve cercare di raggiungere tutto
iniziando da capo, e di produrre e lavorare attingendo solo da se stessi;
ebbene, perfino il primitivo e tanto ardente amore per il Signore che già si
aveva in quel precedente pianeta bisogna nuovamente risvegliarlo in sé e
curarlo.
Ci sono
spiriti angelici che sulla Terra non hanno superato questa prova - benché non
l’abbiano fallita completamente - e tali spiriti, imprigionati dalla materia,
non furono in grado di portare a termine il compito che si erano assunti,
perché essi assaggiarono, supponendole dolcezze, le catene delle illusorie
gioie mondane - che prima, nel mondo precedente, a loro erano del tutto ignote
- e vi trovarono molto gusto.
D’altra
parte altri ancora deperirono senza riuscire a riconoscere assolutamente il
loro compito; ciò avvenne perché, nella ripugnanza verso ogni gioia mondana,
essi si esclusero scrupolosamente da queste gioie, credettero che il
superamento della prova fosse la fuga da tali impulsi, e proprio così facendo
non raggiunsero il loro scopo.
Poi ci
sono quelle anime di cui Goethe dice:
“Due anime dimorano, ah, nel mio petto,
l’una dall’altra si vuole separare;
l’una si attiene al mondo con una rozza voglia
di amare,
mi avvince coi sensi;
l’altra si eleva potentemente dalla foschia
verso i campi di più alte intuizioni”.
Qui tutto
dipende da quale anima ha la meglio. In base a questo si profila il destino
dell’uomo: o egli viene elevato ai campi di più alte intuizioni, oppure
sprofonda.
Dico tutto
questo perché ciascuno si esamini se si trova sul binario sbagliato, oppure se
ha speranza di eseguire il compito che si è assunto, il quale come un lume
piccolissimo rischiara il suo agire ed è riposto in lui sotto forma di
intuizione di un compito bello. Sì, questa intuizione spesso si rende palese,
ma il compito vero e proprio non viene riconosciuto. Fin troppo spesso l’uomo
si autoinganna sul vero scopo. Egli crede di avere una giusta idea, una chiara
immagine del compito posto in lui, scambia allora il suo proprio desiderare,
che si trasforma in volere, con il Dovere originario, allora dà la caccia ai
fantasmi e fallisce il suo passaggio sulla Terra, che è tutto meno che
un’emulazione di Cristo.
Vedete, così
anche la mia vita terrena è un chiaro esempio della verità di queste parole.
Che cosa
dovevo fare io sulla Terra? Stando alla mia propria formazione e alla aspirazione
al completamento, dovevo essere un maestro al servizio del Signore; avevo
pregato di poter dare testimonianza sulla Terra dell’insegnamento del Signore,
di risvegliare l’amore per Lui e di toccare tutti gli altri esseri umani nel
più intimo del loro cuore, perché si convertissero al Signore e Maestro di
tutti i mondi. Questo io volevo e dovevo.
Benché
fossi di bassa estrazione, ben presto tuttavia il mondo mi si aprì. Non senza
motivo fui portato in Russia e là entrai in contatto con i bassi sentimenti e
le gioie mondane dell’uomo. Credetti di poter influenzare gli animi con la mia
arte, e in molte cose mi è pure riuscito, ma anche nella mia arte mi faceva più
piacere superare le difficoltà tecniche, la cui padronanza evocava sempre molta
meraviglia, che non suonare con l’anima in modo da influenzare i sentimenti
altrui. Solo a Pietroburgo ricevetti la giusta direttiva tramite la conoscenza
dei libri di Swedenborg e altri. Fu proprio la mia amicizia col mio collega
Thieme a richiamare la mia attenzione su molte cose, che senza di lui non avrei
appreso; e pur tuttavia il mio proprio volere ebbe più peso del Dovere.
Incline
fin da ragazzo ad attirare l’attenzione per mezzo di capacità particolari,
senza dubbio come conseguenza del Dovere che si celava in me e che non ancora
pervenuto alla coscienza, questa inclinazione batté una strada sbagliata. Avevo
una grande predilezione per i giochi di prestigio, per la magia. Ora poiché,
come l’esperienza insegna anche a te, il polo opposto si dà sempre da fare per
confondere il Dovere col volere e sopraffarlo, così io anche a Pietroburgo
trovai delle straordinarie occasioni per dar seguito alla mia passione.
L’acquisto
di molte apparecchiature di magia e l’amicizia con Schreinzer servirono
soltanto a rafforzare la mia inclinazione e a guidare l’intuizione di dover
influenzare gli uomini su una falsa pista.
Presentivo
di dover raccogliere! Che cosa? In ogni caso comunque solo gli uomini di buon
cuore che dovevo istruire; io invece raccoglievo libri di magia, divenni bensì
un’autorità nella letteratura magica, scrissi una quantità di testi e libri su
questo tema e simili, ma raccoglievo solo i libri della letteratura magica e
non anime umane.
Comprendete
la relazione fra Dovere e falsa esecuzione di questo Dovere? Cercate in voi; se
avete fatto qualcosa di simile e ancora lo fate, tornate indietro finché c’è
ancora tempo, approfondite se il vostro Dovere è in accordo col volere della
vostra attività quotidiana, e non abbiate paura di evitare strade sbagliate e,
se è necessario, tornate indietro e cominciate da capo, poiché la Forza del
Signore vi starà sempre accanto nel correggere gli errori riconosciuti e nel
guidare il vostro volere sul binario del Dovere.
[indice]
A
servizio dell’amore
Ritornando
alla vita che ora conduco qui, quando mi fu assolutamente chiaro che anche per
me il lavoro era l’attività necessaria prima di ogni cosa, mi disposi anche a
praticarlo. Per prima cosa volevo andare a trovare i miei amici, volevo vedere
mia moglie e mio fratello; in breve, tutti quelli che avevo conosciuto nella
vita terrena e che forse avevano bisogno del mio aiuto. Infatti, ora sapevo che
nel mio stato attuale si trattava soprattutto di volere, e allora concentrai la
mia volontà in modo speciale per vedere prima mia moglie, cioè tua madre.
Chiamai il
Signore e volli ciò con tutta la forza. Allora mi sentii sollevato e portato
via. Lasciai la mia valle e fui trasportato in tutt’altro posto, che non mi
piacque particolarmente. Là non era luminoso come nella mia bella valle, ma
piuttosto semibuio come dopo il tramonto del sole.
Mi lasciai
trasportare dal mio volere fermamente fondato nel Signore e giunsi in una casa
che assomigliava più o meno ad una casa di contadini come tu ne hai già viste
nel nord. Anche i dintorni alla casa assomigliavano a quel paesaggio nordico.
Non vidi nessuno, né uomini, né esseri viventi, ed entrai nella casa come se
fossi stato costretto da una spinta interiore. Mi si presentò un corridoio
stretto e corto, che conduceva ad una porta. L’aprii. Si mostrò una piccola
camera insignificante, in cui una figura sedeva su di un divano e il suo
sguardo era fisso davanti a sé. Mi afferrò uno sconfinato dolore, poiché
riconobbi mia moglie - tua madre - che guardava apaticamente davanti a sé,
proprio come tu l’hai vista nell’ultimo periodo della sua vita. Tu sai che le
veniva sempre meno la forza di volontà, che era difficile indurla a una seria
decisione, che tendeva ad essere poco autonoma e ad esaltarsi, cioè ad
abbandonarsi, priva di senso critico, ai pensieri che le venivano in mente. Era
passata ad uno stato di forza d’animo intorpidita, e da questo torpore non era
ancora uscita, nonostante il suo cuore fosse buono e puro.
Con
un’occhiata compresi cosa c’era da fare qui. Quest’anima aveva urgentemente
bisogno di una guida che la scuotesse verso un serio volere, che le mostrasse
ciò che il Signore chiede ad ogni essere umano, senza che l’anima incappi in
strade sbagliate.
Le parlai.
Lei non mi riconobbe, mi chiese però chi fossi e che cosa volessi.
Io,
prendendole la mano, le risposi: «Sono venuto
per portarti via da questa casa, in un posto migliore, se hai fiducia in me!»
Lei mi
guardò con lo sguardo ottuso e assente dei suoi ultimi giorni e disse: «Dove devo andare? Sono qui già da così
tanto tempo e non conosco nessun’altra strada. Devo restare qui dalle buone
persone che mi hanno accolta».
Le chiesi:
«Chi sono queste buone persone?»
Lei
rispose: «Non so; vanno e vengono, mi
danno da mangiare e da bere e per il resto mi lasciano qui a riposare!»
Allora le
dissi: «Non hai mai pregato il Signore
che ti salvi da questa solitudine e ti porti via?»
Lei
rispose: «Il Signore - sì - il Signore -
ne ho già sentito parlare prima. Intendi Dio? Sì, l’ho pregato, ma ciò non
serve a niente. Aspetto da così tanto tempo!»
Che cosa produssero
queste parole in me, lo puoi facilmente immaginare. Così dunque succede alle
anime che non sono decise nel loro volere, che non hanno l’energia per
diventare forti nell’amore, benché siano veramente di buona volontà. Sì, lo
spirito è volonteroso, ma la carne è debole! Il Dovere è noto a tutti, ma il
volere… qui è la mancanza! «A chi ha, sarà dato, e a chi non ha, sarà tolto anche quel poco che
ha!». Chi agisce secondo questa regola di vita e dello spirito, è
sicuro nel mondo e nell’Aldilà; questo se lo lascino dire tutti, a qualsiasi
indirizzo spirituale essi appartengano.
Tua madre
sulla Terra conosceva molto bene il Signore; lei dunque aveva un tesoro nella
fede e nella conoscenza della Sua Bontà, e perfino questo le era stato tolto
nuovamente, perché le mancavano l’amore veramente attivo e la ferma volontà.
Bisognava dunque prima ridarle quello che aveva perduto. Ciò che si deve
comprendere qui è che lei lo aveva perso senza colpa! Non aveva commesso nulla
che potesse essere considerato come una colpa qualsiasi, e pur tuttavia fu
costretta a sentire la severità della Legge, fino a quando io, per mezzo della
Grazia del Signore e della volontà che avevo ottenuto, non trovai la strada
fino a lei. Così potei aiutarla, darle qualcosa di ciò che io possedevo. E
ascoltate tutti, voi cari, questa è l’eterna Legge del Signore: “Ottenete molto con forza d’acciaio, con la più seria
volontà, perché possiate dare molto ad altri che sono nel bisogno! Non
dimenticate di fare e di comunicare del bene, perché tale è il Regno dei
Cieli!”. Comprendete bene queste parole, nel senso luminoso del loro
significato trascendentale!
Puoi
facilmente immaginarti quello che feci allora. Risvegliai la consapevolezza di
tua madre sull’esistenza e sull’efficacia del Signore, le insegnai quanto il
Signore voglia bene a tutte le Sue creature, le chiarii che lei si trovava da
lungo tempo nell’Aldilà - perché anche questa consapevolezza le mancava - e
gradualmente io risvegliavo il suo spirito, riuscivo a rafforzare, a scuotere
il suo volere, come pure la sua innaturale fissità, e infine lei mi riconobbe.
Vedete,
questa fu una grande gioia per tutti e due. L’affetto, l’amore che allora si
impadronirono di noi, come sono infinitamente lontani da quello che sulla Terra
si chiama amore! In quale maniera completamente diversa si abbracciano le anime
che si appartengono quando riconoscono di appartenere l’una all’altra, e quale
beatitudine assaporano entrambe nella comune ricerca del completamento!
Ma ora sto
raccontando troppo in fretta e invece voglio informare con più precisione.
In un
tempo più breve di quello che speravo all’inizio, potei raddrizzarle l’anima
turbata e confusa, e naturalmente, destandosi in lei la consapevolezza
dell’insufficienza del suo stato attuale, sorse in lei il desiderio di fuggire
da questo ambiente poco accogliente. Ma questo non avvenne però così presto. Io
inoltre ero penetrato in un’altra sfera! Questo lo sentivo; ma a chi
apparteneva questa sfera? C’erano forse altre anime qui che avevano bisogno di
me? Mia moglie aveva parlato di buone persone che le si erano avvicinate e alle
quali doveva riconoscenza, e in nessun caso volevo e potevo portarla via per
forza dalla cerchia a cui finora era appartenuta senza ringraziarla e senza
conoscerla. Quindi c’era da esaminare questa cerchia, cioè questa sfera nella
quale lei era vissuta finora.
Allora ci
fu una nuova, meravigliosa sorpresa.
Mi misi in
contatto col Signore in una preghiera interiore per avere chiarimenti, e allora
fui condotto fuori, davanti alla casa.
In una
luminosa chiarezza stava lì davanti a me una figura che mi sorrideva, ma che io
non conoscevo. Lei mi parlò e disse: «Tu
non mi conosci, e tuttavia ti sono ben nota. Ora mi mostro a te in una forma
attraverso la quale tu puoi riconoscermi, poiché, vedi, io sono già
strettamente legata allo spirito che mi appartiene, vivo in celeste unione col
principio maschile assegnatomi da Dio e mi posso tuttavia mostrare sia come
uomo, sia come donna. Riconoscimi del tutto!»
All’istante
riconobbi colei che aveva parlato - era infatti una donna colei che ora si trovava
davanti a me - ed assomigliava come una goccia d’acqua, solo con purezza e
bellezza incomparabilmente superiori, al ritratto che tu onori della sorella
morta giovane di tua madre, che né io né tu abbiamo conosciuto sulla Terra. Era
Giulia, il tuo angelo custode, la cui influenza e guida tu hai sentito spesso.
Lei mi
spiegò che questa cerchia, nella quale avevo trovato mia moglie, era la sua
sfera più bassa nella quale agiva e riceveva le anime da portare in alto. Disse
che mi aspettava e che aveva lasciato l’anima di tua madre fino a quel momento
così apatica nello stato di quiete, perché era stabilito che fosse un mio
compito quello di risvegliarla e di conquistarla per il Cielo. Lei si rallegrò
infinitamente di vedere che ero riuscito a trovare quella che era stata la sua
sorella terrena e di affidarmela ora per l’ulteriore guida. Io la ringraziai di
cuore. Si capisce che dopo questa spiegazione pensai ai genitori di Emilia, i
miei suoceri, e chiesi dov’erano, come anche tutti quei parenti che
verosimilmente pur appartenevano alla sua cerchia. Lei mi disse: «Vieni e vedi tu stesso; prima però devi
essere istruito sulle reciproche relazioni delle singole anime che vissero
sulla Terra come parenti, affinché anche sotto questo aspetto tu impari a
intervenire correttamente, in modo da non ottenere dei risultati sbagliati».
[indice]
La parentela
delle anime
(Giulia disse:) «Già sulla Terra
l’uomo ritiene generalmente che i parenti - anche quando non consanguinei ma
acquisiti per matrimonio - siano pervasi da un certo legame di amicizia,
sentito più o meno chiaramente, che si manifesta come senso di reciproca appartenenza.
Non è sempre facile lottare contro questa sensazione una volta che essa si è
sviluppata; sì, spesso essa si manifesta energicamente quando capita
l’occasione di prestare un aiuto che viene effettivamente dato, anche se
malvolentieri. D’altra parte anche fra parenti si fa spesso sentire una
sensazione contraria, e precisamente dopo che si sono fatte cattive esperienze
insieme, tanto che l’una o l’altra parte preferisce avere a che fare con
estranei che non con parenti. Tuttavia, nonostante tutto, a entrambe le parti
risulta impossibile eliminare completamente questo caratteristico senso di
appartenenza; esso riemerge sempre, sia pure nella sola domanda, a volte fatta
esclusivamente per curiosità: “Che cosa faranno mai
questo e quello, che cosa ne è di lui?”. Chi sa ben distinguere e
osserva acutamente, troverà che questo senso di appartenenza scaturisce da una
fonte che racchiude ‘meno’ come amore ma ‘più’ di semplice amicizia, e che non
cela in sé soltanto un blando interesse, ma è una curiosa mescolanza di
sensazioni dell’anima, la cui origine è più profonda di quanto l’uomo ne sia
consapevole. Tutte le cattive e le buone esperienze fra parenti, che suscitano
altrettante sensazioni dell’anima, non sono in questione nella presente
analisi, e si deve fare astrazione da queste.
Ora chi ha la capacità di vedere più
profondamente, intuirà per lo meno che questo “senso di appartenenza”, che
effettivamente esiste e non può essere del tutto cancellato, dipende da
un’influenza dell’Aldilà che rimane ignota sulla Terra. Da dove sono venute
quelle anime che ora si conoscono come parenti? Si crede forse che sia così
tanto indifferente se la sorgente dell’origine delle persone che si trovano
insieme come parenti sia totalmente diversa o invece comune? Ossia: non è molto
più facile supporre che già prima del percorso terreno sussista una parentela
delle anime, che soltanto sulla Terra si fa visibile?
Se due persone di sesso
diverso si sposano, lo fanno perché credono per lo meno di poter vivere insieme
in armonia. Non ci si sposa certo con la speranza e la volontà di diventare
reciprocamente nemici! Se d’altra parte dopo un certo tempo subentra
quest’ultima cosa, in tal caso ciò che prima si sperava e si credeva era uno
sbaglio, un ingannarsi e un erroneo giudicare sorti dai ciechi meccanismi della
vita terrena della materia, che devono essere superati. Questa armonia
desiderata e anche esistente che conduce a un legame matrimoniale è già un
legame di anime di una precedente parentela, ossia la conseguenza di una legge
della vita dell’Aldilà e dell’aldiqua secondo cui ‘il
simile si deve trovare col proprio simile’. Questa legge è concepita in
modo tale da non soffocare con ciò la propria caratteristica individualità,
bensì in modo che la stessa si sviluppi nella maniera migliore, come le foglie
di un albero, le quali anch’esse si assomigliano tutte senza per questo, come
dice il matematico, essere congruenti o perfettamente sovrapponibili, cioè non
come se fossero prodotte da uno stampo con precisione meccanica.
Se dunque c’è la citata armonia, allora anche le
particelle animiche che costituiscono un’anima umana e che si somigliano,
vengono attratte fra di loro. Una madre partorirà sempre figli che appartengono
a questa legge; se poi i figli si mostreranno molto diversi per quanto riguarda
la moralità e le abitudini, occorre qui ricordare che anche un albero produce
foglie molto diverse nella forma, che tuttavia sono dello stesso tipo.
Nell’uomo poi la sua forma animica successiva, corrispondente al suo carattere,
dipende dalle influenze di educazione, ambiente, mentalità, dalla sua diligenza
e volontà, dal suo stato fisico, dai suoi successi e insuccessi nella vita,
così che quello che io voglio far notare non ha proprio niente a che vedere con
questa diversità della futura persona individuale. Qui si vuole soltanto far
notare che il sentimento di appartenenza ha origine dal fatto che entrano in
gioco dei principi più profondi di armonia dell’anima già dalla pre-vita. Dove
esso manca totalmente o si spegne, questa precedente fonte della parentela non
sussiste».
Giulia mi
espose inoltre che la distanza sulla Terra non ha alcuna importanza nel portare
vicine le anime imparentate fra di loro. Subentrano allora le circostanze
terrene, le cosiddette casualità, per far sì che in effetti si avvicinino.
La legge fondamentale
di ogni armonia delle anime è attrazione, mentre la repulsione è la causa della
disarmonia. Non occorre però che si prenda subito coscienza dell’attrazione e
della repulsione: ciò si sviluppa con le esperienze e col tempo, a seconda che
il sentimento di parentela si risvegli o anche si dimostri un errore.
Io dovevo
ora sperimentare in pratica dove si nascondevano i parenti della mia anima e
raccoglierli, ossia riunirli nella mia sfera.
Che mia
moglie fosse quella che mi era più vicina lo sentivo distintamente. Mi divenne
chiaro che noi ci eravamo già conosciuti su quel pianeta che io avevo lasciato
per ottenere di diventare figlio di Dio, e con ciò era sorta una parentela
dell’anima che aveva origine nella pre-vita. Già là io ero stato una guida;
tanto più dovevo esserlo sulla Terra. Che lei fosse nata a Pietroburgo e il
caso mi avesse condotto là era solo una conferma della citata legge
fondamentale, e che a mio fratello Federico andasse nello stesso modo, lo
capirai facilmente.
Giulia mi
affidò mia moglie, che stava evolvendo in modo sorprendentemente veloce dopo
che per prima cosa fu entrata in funzione la forza del volere, e noi volevamo
ora proseguire insieme alla ricerca dei parenti che avevamo avuto nel corso
terreno della nostra vita.
Poiché
avevo già trovato i miei genitori, era desiderio di mia moglie rivedere anche i
suoi. Questo desiderio le fu presto realizzato, poiché quella casa dove si era
trattenuta fino ad allora apparteneva infatti ai suoi genitori, che si
assentavano temporaneamente, ma ritornavano sempre.
Essi si
assentavano perché questa regione della sfera non era più il posto dove abitavano;
ma la figlia non avevano ancora potuto liberarla.
Non è qui
mia intenzione nominare tutti i parenti che visitammo e descrivere il loro stato;
ognuno che conosca i nostri scritti, sa che precisamente il grado di sviluppo
interiore corrisponde anche all’ambiente esterno, e là non ho trovato niente di
straordinario che fosse necessario descrivere.
È
sufficiente dunque se spiego che dopo questa comune passeggiata e più
precisamente dopo il risveglio dello spirito offuscato di mia moglie, noi
ritornammo nel mio piccolo regno e per prima cosa prendemmo possesso della mia
casetta. I dintorni erano sempre gli stessi, il bordo solare splendeva come
prima sopra l’orizzonte. Io spiegai tutto, ed Emilia ricevette tutto nel suo
animo e nel suo cuore, proprio come era desiderabile.
[indice]
Nelle
sfere terrene
Ora però cominciava
il mio lavoro, poiché comprendevo molto bene che la località dove io
soggiornavo non poteva essere quella di tutti gli spiriti che ancora non stanno
nella visione della Verità di Dio, e in ogni caso - se volevo lavorare secondo
la Volontà del Signore - dovevano essermi accessibili anche altre regioni,
simili a quella più bassa da cui avevo portato via Emilia. Perciò riflettei se
non fosse opportuno andare nella cerchia d’azione della Terra, per osservare da
là il salire delle anime decedute e apprendere ciò che a loro accade.
Lo feci,
attrezzato con la Volontà e la Forza del Signore, e allora vidi molte cose
straordinarie che voglio spiegarvi chiaramente.
Una gran
quantità di spiriti progrediti è sempre pronta a prendere in consegna le anime
dei defunti. Pressappoco ogni secondo muore una persona da qualche parte, ossia
al minuto 50 - non 60 - in media in condizioni normali, come quelle che
regnavano all’incirca prima della guerra (prima
guerra mondiale. N.d.t.), che fanno circa 70.000 al giorno e oltre 26
milioni all’anno. C’è quindi abbastanza lavoro da fare, che però viene
suddiviso molto, se si considera la grande schiera totale che, secondo la
Legge, interviene e assume il lavoro che gli spetta, in base al suo grado di
progressione.
Non è solo
sulla Terra che muoiono delle persone: anche su molti, molti altri pianeti dei
diversi sistemi solari. Dagli esseri animici della Terra si sviluppano poi
continuamente delle anime che devono essere rivestite, così come quelle anime
che già possiedono una pre-vita. C’è dunque da fare per colui che ha cognizione
e gioia di lavorare.
Ma ritorno
a quello che imparai. All’inizio non mi piaceva affatto rientrare nelle sfere
terrene. Immagina che un sughero debba immergersi sott’acqua; esso risale
sempre e tende a raggiungere la superficie con tutta la sua forza. Se però deve
immergersi, allora deve riempirsi di materiali che lo appesantiscono,
altrimenti non vi riesce affatto. Così succede a uno spirito etereo che vive in
zone pure. Deve appesantirsi con materiali terreni, o meglio deve procurarsi
uno scafandro che gli rende possibile scendere giù nelle profondità
abbandonate. Questo non solo bisogna impararlo, ma occorre anche superare una
forte riluttanza. Nessuno infatti scende volentieri in una cloaca, e tale è la
sfera terrestre in confronto alle pure sfere spirituali. Chi perciò deve fare
un lavoro diretto, deve vincersi, reindossare nuovamente il pesante abito
terreno e scendere giù in un’aria soffocante come non aveva mai conosciuto
neanche quando era in vita. Ogni uomo emana una cosiddetta “aura”, ossia una
cerchia di vapori vitali attorno a sé, che è sempre più disgustosa quanto più
in basso l’uomo si trova interiormente. Di questa aura i viventi sono poco
consapevoli; lo sono moltissimo invece gli spiriti che lavorano. Perciò alla
fine non è una cosa da poco avvicinarsi a persone di questo genere, in parte
per influenzarle proficuamente, in parte per riceverle dopo il loro decesso.
Anche la loro aura non migliora minimamente con la trasformazione della morte.
Perciò quanto sia necessario che voi miglioriate il più possibile la vostra
aura e la manteniate pura se desiderate che spiriti superiori si avvicinino a
voi, ciò si vede chiaramente da quanto è stato detto.
Se dunque una persona muore, essa viene sempre presa in consegna da un
progredito - cioè coloro che già possiedono una propria sfera -; esso la riceve
e le presta aiuto. Dato che allora ogni anima trapassata riceve molto presto un
aspetto esteriore che corrisponde al suo interiore, così anche lo spirito che
la prende in custodia sa con tutta precisione fino a che punto l’anima è
progredita e in quale regione della sua sfera la può introdurre oppure se non
può affatto riceverla e deve affidarla ai molteplici istituti di correzione
perché venga purificata. Questi istituti di correzione sono dunque attrezzati
con la massima saggezza, e su questo posso comunicare ancora qualche cosa.
Molto vi è
già noto; così sapete per esempio che l’ambiente esterno di un’anima deceduta
può effettivamente formarsi a seconda dei suoi desideri interiori, che però poi
i suoi desideri gli si rivoltano contro e non gli danno appagamento, ma, al
contrario, l’anima è costretta a provare una grande sofferenza, o per lo meno
una desolata noia, per rendersi conto della stoltezza dei suoi desideri ed
essere condotta sulla giusta strada. Voi sapete però - meno da comunicazioni
dirette che da produzioni poetiche, fantasie, in cui però è riposta una buona
parte di Rivelazione - che le anime più indurite si possono infuriare anche tra
di loro, cercare di rovinarsi, e tuttavia non ci riescono perché i loro attuali
corpi astrali non possono essere uccisi come quelli terreni. Qui voi avete
l’Inferno nel vero senso, essendoci abbastanza orrori non per mezzo di demoni o
diavoli tormentatori, bensì da se stessi e dal reciproco tormentarsi delle
anime, in quanto è permesso ad esse di sfogarsi e di sperimentare sul proprio
corpo ciò che si sente per quello che hanno fatto ad altri.
Proprio la
guerra, a causa delle molte atrocità commesse, ha fortemente popolato questo
Inferno, e occorre tutta l’attenzione, spesso il duro intervento degli spiriti
superiori che fungono, per così dire, da sorveglianti dei prigionieri, per
portare alla ragione tali anime rabbiose.
Inoltre
non tutti gli spiriti che si trovano sui gradini più alti sono adatti per tale
lavoro, esattamente come sulla Terra non si potrebbe mettere qualsiasi persona
istruita a ricoprire una carica del genere. Ci vogliono qui particolari
caratteristiche, una grande energia, una fiducia totale e particolarmente
ferma, e se occorre una certa durezza per ricoprire una carica del genere in
modo continuativo, ossia per lungo tempo. Non ogni uomo è adatto a fare
l’agente di custodia, ci vuole per questo, oltre alla particolarità del
carattere, anche amore per questa professione, ciò che non tutti sentono, e
qualcuno non lo sente affatto perché le sue capacità hanno un altro
orientamento. Io per esempio non ne sono capace - anche se non ho paura,
attrezzato con la Forza del Signore, di scendere anche nel più profondo Inferno
per salvare una qualche anima -, ma visitare continuamente queste regioni mi
sarebbe impossibile. Le mie capacità, i miei scopi sono infatti altri.
Da queste indicazioni riconoscete che l’Aldilà in molte cose non è tanto
diverso dall’aldiqua, non può esserlo affatto, poiché il miglioramento delle
anime e il loro completamento non possono essere affatto separati dal terreno
della loro trascorsa attività sulla Terra. Quest’ultima è sempre la pietra
fondamentale sulla quale si costruisce l’ulteriore sviluppo; perciò anche dopo
la trasformazione della morte, il suo “io” può proseguire soltanto così come si
trova formato al momento del suo decesso.
Ma la cosa
tremenda nella trasformazione è che ogni maschera cade, ‘l’uccello si riconosce dalle sue piume’, ed ogni ipocrisia,
auto-inganno, scusa e auto-esaltazione decadono nel nulla, l’anima si presenta
nuda ed esclusivamente nella sua vera forma interiore. Ciò significa anche che ‘le vostre azioni vi seguono’!
[indice]
Commiato
Miei cari,
non ho più molto da dirvi, poiché descrivervi più ampiamente come e in quali
circostanze incontrai allora i miei parenti non è lo scopo di queste mie
comunicazioni; a voi deve solo essere mostrato come sulla Terra si possa
fallire il proprio scopo, e tuttavia raggiungerlo nell’Aldilà se solo uno segue
fedelmente il suo Dio e Signore. Ho ancora soltanto questo da dire.
Presto
trovai la mia casa troppo piccola e dovetti pensare a ingrandirla. Ora sapevo
bene come si faceva, e seguii la ricetta a me nota.
La
costruzione si ingrandì, e presto fui in possesso di una casa che non era da
meno di quella di Thieme. Anche Thieme comparve di nuovo presso la mia sfera,
si rallegrò del mio progresso e mi indicò alcuni errori che mi erano
effettivamente sfuggiti e che erano stati causati dal fatto che non sempre il
mio volere aveva immaginato chiaramente anche i dettagli, per cui la
costruzione in generale non era abbastanza solida. Infatti, voi sapete che ‘l’esteriore non è che una rappresentazione
dell’interiore’, così non mi fu troppo difficile correggere adeguatamente
il mio essere interiore e di conseguenza gli errori esteriormente visibili.
Tali difetti hanno una corrispondenza nell’interiore e vengono poi riconosciuti
come errori della propria volontà.
Non
occorre neppure sottolineare che realizzai i miei intenti, poiché la Volontà
del Signore vive in me, e il mio volere null’altro vuole se non la
realizzazione di essa. Io sono felice nell’esecuzione dei doveri da me assunti,
ora guardo attorno a me quelli che mi erano cari e di cui m’importava
maggiormente sulla Terra e nella mia precedente esistenza, e sono disposto a
servire solo il Signore, a seguirLo e ad adempiere senza riserve i Suoi
Comandamenti.
Così ora
ho raggiunto ciò che siamo chiamati a conseguire con la nostra vita e a cui
deve aspirare ogni uomo che si separi dalla Terra.
Dirvi di
più non mi è ora concesso, poiché se conosceste troppo precisamente la nostra
vita, se poteste solo per un secondo provare la gioia e la delizia dell’Aldilà,
vi sarebbe impossibile trattenervi più a lungo nell’aldiqua.
Nessuno
abbia paura del trapasso, però nessuno lo desideri sospirandolo prima che in
lui si desti la piena convinzione di aver compiuto ed esaurito tutti i suoi
doveri e davvero si è avvicinato il momento di essere richiamato.
Lasciate
il momento giusto solo al Signore, allora potete anche essere certi di
incontrare gioiosamente i vostri cari, per vivere insieme in un modo lieto,
operoso e splendido sotto ogni aspetto.
A questo
scopo vi venga in aiuto l’Amore del nostro Padre santo per l’eternità, che noi
riconosciamo come Gesù Cristo, il Guaritore di tutte le anime, il Consolatore
di tutti i sofferenti, la Guida di tutti i giusti e il Creatore di tutte le
cose. Amen!
[home sito] - [home Engel]