Rivelazioni
«Queste cose vi ho detto in
similitudini;
ma verrà l'ora in cui non vi
parlerò
più in similitudini,
ma apertamente vi parlerò del
Padre»
(Giovanni
16, 25)
copy©right: Lorber verlag – Bietingheimen – D
testo dalla II
edizione del marzo 2007
Cap. 1 Il peccato di Adamo
ed Eva e l’incarnazione della Sapienza
Cap. 2 Il bambino Gesù, con
lo Spirito e l’Anima da Dio, e il corpo dalla Terra
Cap. 3 La Missione di Gesù e
la lotta a tutte le tentazioni della vita terrena
Cap. 4 Gesù comincia la sua
Missione di evangelizzazione
Cap. 5 La pazienza di Gesù
nei rapporti con il popolo e con i discepoli
Cap. 6 L’arresto di Gesù e
le prime sofferenze
Cap. 7 Gesù viene condotto
da Caifa, da Pilato e da Erode
Cap. 8 Flagellazione e
oltraggi subiti in silenzio per redimere l’umanità a causa del peccato
originale
Cap. 10 Le ultime parole sulla
croce
Cap. 11 Deposizione dalla croce
e sepoltura
Cap. 12 Il perché della
crocifissione di Gesù
Incarnazione o re-incarnazione?
Il peccato di Adamo ed Eva e l’incarnazione della Sapienza
1.
Oggi daremo inizio di nuovo ad una nuova opera, e precisamente Io
intendo esporre in maniera concisa, e per quanto è necessario, le vicende della
Mia vita terrena fino alla Mia morte, e ciò affinché i Miei figlioli sappiano
quali e quante sofferenze Io, il Signore e Dio, abbia tollerato e sopportato
nell’Uomo Gesù.
2.
Già dopo il peccato di Adamo era stato, da Jehova stesso, promesso
all’umanità un Salvatore dalla colpa e dalla pena, ed era già stato destinato
che un Uomo interamente puro avrebbe preso su di Sé la colpa e la pena per la
disubbidienza commessa da Adamo ed Eva, con la prematura generazione del loro
primo figlio Caino, non avendo essi atteso, come convenuto fra Jehova ed Adamo
ed Eva, la benedizione del Signore e Creatore, anzi essendosi arbitrariamente
azzardati d’intraprender cosa, della quale essi anticipatamente non conoscevano
quali sarebbero state le conseguenze.
3.
O Miei cari figli, ecco: così è accaduto ad Adamo, perché egli non
conosceva le conseguenze della sua stolta azione, e quindi non poteva giudicare
quale e quanto male ne sarebbe sorto in seguito a ciò, in primo luogo per lui,
il primo padre, e poi appena per tutti i suoi discendenti, fino al tempo
attuale. Ma ciò sia anche a voi di esempio, cosicché vi convinciate come ben
spesso una piccola imprudenza, una piccola presunzione, possa essere fonte di
immense sciagure.
4.
Ormai però il malanno era accaduto, e Jehova chiamò Adamo fuori dal suo
nascondiglio, e così pure Eva.
5.
Essi certo riconobbero di aver gravemente peccato, e piansero e fecero
cordoglio; essi riconobbero altresì di aver offeso Jehova, il Santo ed il
migliore dei padri, e di aver suscitato in Lui l’ira, dato che essi avevano
fatto precisamente il contrario di quanto avrebbero dovuto fare, pregiudicando,
così, i vantaggi che sarebbero derivati loro se si fossero mantenuti ligi alla
volontà di Jehova[1].
6.
Allora, però, quando videro ed udirono come su tutta
7.
L’Amore, però, ebbe pietà di loro, e perciò disse alla Sapienza:
«Questa cosa prendila Tu stessa a Tuo carico, poiché Io ho compassione dei Miei
figlioli!». Allo scopo però di placare la Divinità irata, venne, per il futuro,
presa la ferma decisione che la Sapienza avrebbe assunto la funzione di
mediatrice fra l’Amore e la Divinità offesa, e che, quando il tempo fosse stato
maturo, Essa sarebbe discesa sulla Terra.
Il bambino Gesù, con lo Spirito e l’Anima da Dio,
e il corpo dalla Terra
1.
E quando Io, all’epoca di Giulio Augusto Quirino Cesare, venni sulla
Terra nell’uomo Gesù, fu la divina Sapienza che prese corpo nella Mia Persona,
ed Io crebbi e Mi sviluppai molto rapidamente, tanto spiritualmente quanto
fisicamente, dato che anche l’equilibrio fra spirito e corpo era certamente
normale, ciò che assai spesso non è il caso nei soliti figli degli uomini,
perché la maggior parte dei bambini, particolarmente nel tempo presente, è di
solito malata, e più o meno è in uno stato di degenerazione già quando vede la
luce del mondo, e ciò in conseguenza del peccato originale che, sempre più, va
sviluppandosi.
2.
Durante la Mia prima infanzia, Io Mi trastullavo come ogni altro
fanciullo. Tuttavia anche allora Mi era noto Chi dimorava nel cuore della Mia
Anima, e Mi dava dei comandamenti, cosicché Io, quale Gesù-bambino, dovetti
istintivamente già fare attenzione ai Miei sentimenti, e già da piccolo
fanciullo dovetti imporMi molta abnegazione, specialmente per quanto concerne
il dominio, poiché in alcuni momentanei lampi di luce, anche troppo chiaramente
il Mio Io si rendeva manifesto, e in tali momenti Mi sentivo interamente
Signore e Creatore e Mi presentavo e parlavo come Tale a coloro che si
trovavano nelle Mie immediate vicinanze, come appunto lo si può chiaramente
leggere nella ‘Storia della Mia infanzia
e giovinezza’[2].
3.
Così procedettero sempre avanti le cose, e, con l’approssimarsi
dell’adolescenza, sempre più andarono accrescendosi per Me le contrarietà
terrene, come vi è noto dalla storia
della Mia giovinezza, ed Io molte volte dovetti, con la violenza, imporMi
dei freni, e circoscriverMi di pazienza e di umiltà, per non apportare
all’umanità, con un agire precipitoso, anziché salute, sventura, poiché la Mia
Parola e la Mia Volontà divenivano anche allora, all’istante, Azione, come
anche più volte Io l’ho dimostrato.
4.
Dunque, o Miei cari figli, potete ben immaginarvi quanto, già da
piccolo fanciullo, Io sia stato molto più avanti di voi nell’abnegazione del
proprio essere. Dove è l’odierna umanità, per quanto concerne i bambini e la
loro educazione, in fatto di abnegazione, rispetto a Me! Eppure, a tal
riguardo, anche nei confronti dell’umanità deve e dovrà essere di nuovo così.
Riandate un po’ con la memoria alla vostra propria infanzia e fanciullezza, voi
che ormai siete già discretamente iniziati nella Mia Dottrina, e dite poi se
sarebbe stato buono per voi, ancora quali piccoli fanciulli, il poter fare
sempre secondo i vostri desideri e la vostra volontà.
5.
Spesse volte, anche coercitivamente voi dovevate esercitarvi
nell’abnegazione, in forza del comando e del divieto dei genitori. Ed è bene
che sia così, perché altrimenti, a questo mondo non vi sarebbero più che degli
esseri privi di volontà, e simili agli animali.
6.
Fino al Mio dodicesimo anno di vita Io fui soggetto a Maria, la madre
Mia, ed a Giuseppe il Mio padre nutrizio, e corrispondentemente – nonostante
fossi il Figlio di Dio e mi fosse permesso spesso qualcosa - di fronte al loro
divieto dovetti fare delle rinunce, appunto per rispettare il comandamento dei
genitori, e dovetti così, esercitarMi nell’abnegazione, tanto più che anche il
Mio padre nutrizio, da autentico e giusto Israelita, era un rigido maestro
nell’abnegazione, e per questa ragione egli era anche stato eletto da Me a tale
funzione.
7.
Con il dodicesimo anno di vita cominciò per Me anche l’epoca della vita
esteriore e del lavoro, come del resto avviene pure oggigiorno, che cioè a
quest’età i figli vengono già addestrati ai vari altri lavori. Quella volta,
specialmente per i ragazzi, le possibilità di esercitarsi erano molte; c’era
molto da imparare per l’anima, e l’intelletto carnale si destava e spesso protestava
facendo opposizione, e conveniva quindi che l’abnegazione venisse sempre di più
tenuta in esercizio quanto più resistenza andava facendo l’intelletto della
ragione. D’altro canto, però, anche l’interiore Spirito non desisteva dal
mantenere il Suo punto, cosicché ogni giorno che passava si moltiplicavano
anche le tentazioni, ma conseguentemente pure le esigenze del sentimento
dell’abnegazione verso il Mio giovane animo e la Mia giovane Anima di
Sapienza, che era stata posta in Me dal Mio Dio-Padre, quale Amore, quando
venni chiamato a compiere l’Opera di Redenzione.
8.
Miei cari figli! Pensate voi stessi a quanti attacchi è esposta una
giovane anima nella vostra persona, ed appena poi considerate quali e quante
lotte abbia dovuto sostenere Io, Io che di quante passioni ci sono e possono
esserci mai sopra la Terra, ne celavo nel Mio corpo in misura decupla, dato che
Io portavo nel Mio corpo pure il più possente Spirito di Sapienza quale Anima!
E questi elementi, la Sapienza come intelletto e l’Amore come dominante Spirito
di Dio, erano di continuo in conflitto con tutti questi impulsi materiali dei
quali Io dovevo, senza stregua, affrontare e respingerne gli attacchi, onde non
cadere in disgrazia e in peccato agli occhi del Mio Signore e Dio, che dimorava
nel cuore dell’Anima Mia, e che, come un Giudice, scrutava ogni moto del Mio
cuore. Oh, figlioli Miei, quelle furono gravi lotte, che Io dovetti combattere
fino alla Mia morte sulla croce.
1.
Immaginatevi un poco, cari figlioli Miei, cosa succederebbe se Io
facessi conoscere anticipatamente all’uomo, quando e di che morte egli dovrà
morire. Egli si trascinerebbe in preda ad una tristezza mortale durante tutto
il tempo della sua vita, né potrebbe trovar mai un’ora di letizia, qualora
sempre, ad ogni occasione, gli venisse suscitata dinanzi la visione della più
cruenta morte che gli sarebbe stata riservata; ma premesso questo, considerate
ora anche con quanto amore e con quanta sapienza Io Mi comporto verso di voi, e
tuttavia voi non riuscite a raccoglier le vostre forze, per offrire al vostro
Signore e Salvatore almeno un piccolo sacrificio, con il deporre le vostre
passioni che ancora vi tengono lontani da Me e che non permettono alle vostre
anime d’innalzarsi. Oh figlioli Miei, ricordatevi bene di questa mancanza di
riguardo verso di Me, vostro Signore e Creatore, e pensate alla vostra
situazione quando, d’improvviso, vi sentirete chiamati dal Padre! Quale
spavento non provereste, non sentendovi preparati!
2.
Quanto più Io, Gesù-uomo, Mi avanzavo negli anni, con tanta maggiore
energia venivano annunziandosi in Me anche le influenze delle umane passioni,
poiché Io, quale Gesù, ero interamente uomo come tutti gli altri, soltanto, Io
avevo la conoscenza chiara del bene e del male; cosa questa, che e posseduta
bensì anche da altri uomini, i quali però, pur non di meno, non operano in
conformità ai dettami del bene riconosciuto.
3.
Da tutto ciò voi potrete rilevare che Io dovetti incessantemente
lottare contro tutti i possibili influssi e le possibili passioni che
affioravano nel Mio cuore; e la lotta risultava, per Me, tanto più aspra, in
quanto Io sapevo Chi era che dimorava in Me. Quindi dovevo, senza posa,
combattere tutti i pensieri impuri e sensuali, e le brame che continuamente Mi
sospingevano da tutte le parti; ma poiché Io ero conscio delle loro conseguenze
e della Mia Missione, non Mi era lecito desistere un solo momento dalla Mia
lotta, e dovevo continuamente respingere gli assalti, al fine di non cadere,
sia pure in un minutissimo peccato. Questo spiega pure il perché Io fossi
esteriormente assai poco loquace durante il lavoro, persino con il Mio padre
nutrizio o con i Miei fratelli e meno ancora poi con gente estranea, tanto,
anzi, che nei circoli della parentela del padre Mio nutrizio, si diceva che suo
figlio più giovane era una specie di scemo, e perciò non pienamente
responsabile; con ciò si voleva designar Me, dato che in primo luogo, parlavo
molto poco, e quando poi venivo interrogato, rispondevo tutt’al più con di
monosillabi. Anche la madre Mia ed il padre Mio nutrizio non sapevano spiegarsi
un tale cambiamento operatosi in Me, considerato che, durante la Mia fanciullezza,
Mi ero sempre dimostrato di carattere sereno e vivace.
4.
Le figlie di Cirenio, che il padre Mio nutrizio aveva adottato[3],
e che dimoravano anch’esse in casa di Giuseppe, erano tutte perdutamente
innamorate di Me; ma Io dovetti sempre e dappertutto evitarle, e dir loro
spesse volte: «Non Mi toccate!». Così Io dovetti dunque senza posa
combattere e respingere ogni sorta di influenze e di passioni che Mi si
stringevano intorno, onde rimanere sulla via della virtù e della purezza.
Gesù comincia la sua Missione di evangelizzazione
1.
Anch’Io dovetti incessantemente combattere contro tutti i pensieri che
si manifestavano in Me, ed eliminare tutto ciò che con il tempo avrebbe potuto
portarMi danno. Così Io, quale Gesù-uomo, in quel periodo della Mia età vissi
pregando e lavorando con il padre Mio nutrizio e con i Miei fratelli,
rispettivamente figli della prima moglie di Giuseppe[4],
finché egli morì.
2.
Di lì a poco giunse per Me il tempo in cui dovevo iniziare la Mia missione
di Maestro, e così avvenne che Io andai in un luogo solitario poco conosciuto e
che veniva chiamato ‘al deserto’, posto in riva al fiume Giordano, dove
Giovanni predicava e battezzava i fedeli con l’acqua. E dopo trascorsi i quaranta
giorni della preparazione, anch’Io Mi recai da lui, precisamente in un giorno
nel quale si trovavano lì presenti diversi uomini del ceto dei pescatori ed
altri ancora e Mi feci battezzare nel Giordano, nella cui occasione accadde
anche che essi udirono quella Voce che disse: «Questo è il Mio Figlio prediletto, nel quale Mi sono compiaciuto; Lui
ascoltate».
3.
In quel luogo alcuni si unirono presto a Me, ed Io li condussi
anzitutto alla capanna che Mi ero edificato soltanto per quel breve tempo; ma
essendo il tempo della Mia preparazione al ministero di Maestro ormai già
trascorso, ritornai con loro a casa di Maria, Mia madre, e ai Miei fratelli.
Ora, siccome Mia madre ed Io stesso avevamo ricevuto un invito a nozze, vi
andammo, e precisamente a Cana di Galilea, dove un albergatore del luogo aveva
preso moglie. Da Cana, dove già Mi presentai come Maestro e operatore di
prodigi, varcammo il confine per passare ai Samaritani, tanto odiati dai Giudei
di Gerusalemme, e la nostra prima sosta la facemmo al pozzo di Giacobbe.
Fu là che noi facemmo la prima conoscenza con una donna di nome Iraele che era
in mala fama presso tutti gli abitanti di quella località e con un medico, e le
cose andarono sempre avanti così. Io ammaestrai le genti, risanai gli ammalati
e gli storpi, ed inculcai a tutti, in ogni campo, dei sentimenti migliori;
spiegai loro in maniera chiara ed intelligibile i Dieci Comandamenti dati e
scritti a mezzo di Mosè ed insegnai loro a conoscere Jehova, il Signore e Dio
loro, ed a fare orazione a Lui in spirito e in verità[5].
4.
Al momento in cui diedi inizio alla Mia Missione, Io avevo già
combattuto e vinto il Mio proprio ‘Io’, fino al punto di aver raggiunto già un
alto grado nella seconda rinascita. Se non ché, c’era ancora una terza
rinascita avente per meta la completa unificazione con il Mio Dio Padre, il
Quale dimorava certamente nel Mio cuore ma, per raggiunger questa Meta,
conveniva che assolvessi il compito che era stato affidato a Me, quale
Gesù-uomo, esattissimamente secondo la Volontà del Padre, e quindi Io dovevo
sempre stare attento, ed ascoltare quello che il Padre andava dicendo nel Mio
petto, né Mi era lecito agire conformemente alla volontà umana.
5.
Proprio così anche voi, o cari figli Miei, dovete prestare ascolto
sempre alla Mia Voce, e non a quella dell’uomo carnale, la quale non fa che
sedurvi e indurvi in errore.
La pazienza di Gesù nei rapporti con il popolo e con i discepoli
1.
Ascoltate sempre la voce che parla nel più profondo dell’intimo
vostro, e saprete sempre come dovete agire. Io, quale il Rappresentante della
Divinità e dell’Amore del Padre verso l’umanità, durante i Miei viaggi dovetti,
come Maestro, ben spesso tollerare molte cose da parte degli uomini materiali.
Essi Mi facevano talvolta i più gravi rimproveri rispetto a varie questioni che
essi concepivano esclusivamente sotto la loro visuale materiale, che si
ostinavano a considerare con la critica dell’intelletto e che volevano
rettificare secondo il loro conoscimento.
2.
Se Io non avessi fatto sempre predominare in Me la divina Pazienza, la
Longanimità e la Mansuetudine, e se avessi invece voluto comportarmi così, per
le spicce, secondo il criterio umano come per lo più avete l’abitudine di fare
voi, Io avrei dovuto molte volte punire gli uomini e turare, in maniera assai
energica, le loro sfacciate bocche. Invece Io lasciavo sempre che ciascuno
desse sfogo alle storpie sofisticherie del suo intelletto, e quando egli non
aveva più nulla da dire, allora Io già sapevo esattamente quale era il suo lato
più debole, e Mi davo poi a spiegargli la Mia Dottrina in maniera talmente
intelligibile che egli, se di sano intelletto, non poteva fare a meno di
riconoscerne immediatamente la fondatezza, né avrebbe potuto più muovere
obiezione o critica alcuna.
3.
E allo stesso modo dovete fare anche voi, Miei cari figli, e non dovete
nutrire risentimento verso un fratello che non riesce ad intendervi forse con
quella rapidità come vorreste voi. Fu dunque così che gli anni del Mio
insegnamento trascorsero più veloci di quanto fosse il Mio desiderio; perché
anch’Io, Gesù, amavo la Mia vita sulla Terra. Io amavo pure coloro che erano di
solito con Me: i Miei apostoli e discepoli, nonché Mia madre Maria e tutti i
Miei fratelli e tutta la gente di casa loro.
4.
Anzi, Io amavo tutta l’umanità, a causa della quale Io avevo propriamente
lasciato il Cielo ed ero disceso sulla Terra allo scopo di redimere tutti e
salvare tutti dall’esilio dal loro Dio-Padre.
5.
Così venne avvicinandosi l’ultimo inverno e subito dopo la primavera, ma
con questa, anche il tempo in cui Io dovevo dimostrare con i fatti, quello che
avevo insegnato e mostrato agli uomini ed agli spiriti, come cioè essi
avrebbero dovuto vivere e operare, onde pervenire alla meta da Me promessa a
tutti coloro che Mi amano e che intendono osservare la Mia Parola in qualunque
circostanza della loro vita, sempre con lo sguardo rivolto a Me, in piena fede
e confidenza anche nei giorni della tribolazione e della persecuzione.
6.
Tuttavia, durante l’ultimo inverno, Io Mi ero ritirato quasi del tutto
in compagnia dei Miei apostoli e discepoli, per rafforzarci e perfezionarci
nella contemplazione interiore; poiché anch’Io abbisognavo di una maggiore
tranquillità, onde, in vista del grande e grave Compito che a Me, Gesù, si
affacciava, non dimenticassi e non precipitassi nulla, bensì, sotto ogni
riguardo, corrispondessi alla santa Volontà del Mio Iddio-Padre.
7.
Soltanto una volta ancora durante la Mia vita terrena Io volli visitare
e rivedere i Miei amici più fidati, per fortificarli e consolarli di ciò che
ormai era irrevocabilmente stabilito e che doveva accadere, onde riconciliare
la Divinità offesa con l’umanità peccatrice. Io visitai dunque di nuovo il Mio
amico Lazzaro e le sue sorelle, e gli diedi ancora ogni sorta di buoni consigli,
nel caso la gente del Tempio avesse voluto mostrarsi troppo insistente.
8.
Così venne approssimandosi la Pasqua e, con questa, pure il tempo in
cui Io dovevo offrire il Mio corpo, di Gesù, in sacrificio, a riscattare i
peccati dell’intera umanità. I Miei apostoli Mi chiesero se non avrei voluto
anche quella volta, come negli anni precedenti, mangiare con loro l’agnello
pasquale, come del resto era costume fra gli Israeliti nell’occasione della
solennità della Pasqua.
9.
Io mangiai dunque con loro anche quella volta l’agnello, e li
ammaestrai, ripetendo loro i punti principali della Dottrina, dato che alcuni
di loro erano in età già avanzata e quindi anche un po’ più o meno deboli
d’intendimento; perciò dovevo anche più volte ripeterMi.
L’arresto di Gesù e le prime sofferenze
1.
Io qui non ripeterò quello che dissi durante l’ultima Cena, ma
accennerò soltanto che, profondamente turbato nell’anima Mia, Mi alzai e andai all’orto
di Getsemani, dove lasciai da parte alcuni fra i Miei discepoli che erano un
po’ timidi d’animo.
2.
Invece i Miei discepoli prediletti, che si tenevano sempre più degli
altri vicini a Me, Io li condussi con Me anche quella volta, dicendo loro di
pregare, mentre lo Mi portai ancora alcuni passi più innanzi, per fare
orazione, e pregare il Mio santo Padre-Spirito.
3.
«O Padre, se è possibile, fa che questo calice amaro trapassi da Me; ma
sia fatta non la Mia, bensì la Tua Volontà!». - Ed il Padre Mi rispose: «Meglio
è che soffra uno solo, piuttosto che abbiano a soffrire tutti».
4.
E così bisognava che Io offrissi il Mio corpo umano, di Gesù, in
sacrificio, se volevo assolvere
il Compito secondo la Volontà del Padre e redimere l’umanità in tutto
l’Universo, poiché gli esseri umani sugli altri soli, soli centrali e mondi
stellari in generale, appartengono anch’essi al grande Uomo cosmico[6]
e costituiscono una parte del grande primo spirito creato. Cosi dovevo dunque
prepararMi alla sofferenza ed alla morte, poiché la schiera degli sgherri e
carnefici romani veniva già avanzandosi, guidata dal dodicesimo apostolo che si
era lasciato sedurre dal danaro di Satana, e si era reso reo di tradimento
verso il suo Signore e Dio e verso l’Amico suo e Redentore.
5.
Allora il Mio corpo, di Gesù, alla visione di tanta sofferenza e di
tanto martirio che si affacciava in anticipazione con grande chiarezza alla Mia
Anima, di Gesù, fu colto da una sì immensa angoscia, che Io, alla prospettiva
di tanti maltrattamenti, incominciai a sudar sangue; ma allora si annunziò in
Me, quale angelo consolatore, la Mia divina Sapienza, la quale, prima, insieme
all’Iddio-Padre, s’era del tutto ritirata; allora Io Mi alzai e andai incontro
alla schiera degli sgherri e carnefici che si era nel frattempo avvicinata, e
domandai loro chi cercassero, dopo aver detto a Giuda Iscariota, nel momento in
cui avrebbe voluto abbracciarMi e baciarMi: «Giuda, con un bacio tu Mi tradisci?!».
6.
E gli sgherri risposero che cercavano Gesù di Nazaret; cosicché lo
dissi: «Sono Io quello che cercate».
Ed essendosi essi, poiché colti da spavento, arretrati di qualche passo,
ripetei la domanda. -
7.
Finalmente si rinfrancarono e si disposero a compiere il loro ufficio,
preparandoMi a metterMi in mezzo a loro essendo essi provvisti di funi e di
pertiche, allo scopo di condurMi ben legato e fra le pertiche, come in quel
tempo era in uso fare con i briganti e con i ladroni. Così incominciarono a
trascinarMi via, ma in modo tale che le funi penetrarono profondamente nella
carne delle mani, cagionandoMi atroci dolori.
8.
Camminando, essi davano di quando in quando degli strattoni alle funi
di qua e di là, in maniera che sembrava avessero da fare con qualche ubriaco
sfatto. Così noi giungemmo ad un sito, dove, prima di arrivare alla porta della
città, era gettato un piccolo ponte sul torrente Chedron, che si trovava
allora quasi all’asciutto; e mentre passavamo sul ponte, essi, con uno
spintone, Mi gettarono giù nel torrente, onde - essi dissero - farMi prendere
un bagno. Considerato però che allora scorreva appunto pochissima acqua sul
letto del torrente, il cui fondo era roccioso, avvenne che Io, cadendo, battei
con le ginocchia con tanta violenza sulle pietre, da scorticarMele tutte,
cosicché quando Mi risollevai, sanguinavano già abbondantemente.
9.
Tuttavia Io non Mi lamentai, e sopportai tutto pazientemente, come
anche lo esigeva la condizione posta dal Mio polo contrario, e cioè che egli Mi
avrebbe abbandonato ai Miei propri figli soltanto qualora Io fossi stato
disposto di riscattarli a qualsiasi prezzo, anche al costo di qualsiasi
sofferenza e tormento e sfidando tutto: oltraggi, disprezzo, dolori e martiri.
Gesù viene condotto da Caifa, da Pilato e da Erode
1.
O Miei cari figli, così era convenuto che Io non dovevo dolerMi, né
lagnarMi, né meno ancora difenderMi. Io dovevo lasciare che su di Me si
rovesciassero tutte le più amare coppe dei mali, dalle più tormentose alle più
ignominiose, e dovevo sopportare tutto con la massima pazienza e rassegnazione.
Così quegli sgherri e carnefici Mi condussero via quella notte stessa, affinché
la cosa rimanesse più nascosta al popolo. Poiché il popolo Mi conosceva come
il suo benefattore e vi si sarebbe opposto, in quanto fra di essi ce n’erano
molti che Io avevo risanato dall’una o dall’altra malattia, od ai quali avevo
raddrizzate le membra.
2.
Essi Mi condussero dunque dinanzi al tribunale del Tempio presieduto
dall’allora sommo sacerdote Caifa, dottore della Legge; anche il cognato di Anna
era presente ed essi M’interrogarono, e Mi avrebbero anche volentieri
condannato. - Però essi non si azzardarono a far questo, a motivo della
sovranità dei Romani, e quindi Mi condussero via di là, dopo averMi, durante la
notte, oltraggiato e schernito in tutti i modi, anzi, perfino battuto e insozzato
di sputi, come un cane rognoso; eppure Io ero innocente del tutto!
3.
Neppure i falsi testimoni prezzolati andavano tra di loro d’accordo, e
perciò non poterono fornire alcuna prova a conferma delle accuse calunniose
delle quali ero stato fatto oggetto. Allora essi Mi tradussero dinanzi al
tribunale di Ponzio Pilato, governatore della provincia.
4.
Là Io venni sottoposto nuovamente ad un minuzioso interrogatorio, e
quando Pilato intese che Io ero galileo, se ne rallegrò, perché intendeva
lasciare che tutta la questione venisse sbrigata da Erode, il tetrarca, il
quale aveva giurisdizione sulla Galilea. Ma siccome tra quei due potentati
regnava allora inimicizia, Erode, il re feudatario, rimase doppiamente soddisfatto
che Pilato Mi avesse rinviato a lui, riconoscendo anche in quel riguardo la sua
autorità. Cosicché egli se ne rallegrò, poiché egli Mi riteneva per quel
potente operatore di prodigi che avevo dimostrato di essere e pensava di
guadagnarMi a sé e di adoperarMi per i suoi ambiziosi piani. Egli Mi fece
perciò chiamare a sé del tutto solo senza i testimoni né gli sgherri, e Mi
rivolse anche delle domande a ciò relative, che Io però lasciai senza
risposta.. E quando vide che i suoi tentativi non approdavano a nulla, egli Mi
si scagliò contro e Mi schernì. Io però non gli rivolsi che uno sguardo penetrante,
ed egli ne tremò fin nel suo intimo; allora richiamò la sua gente e, in segno
della sua sottomissione, Mi rimandò a Ponzio Pilato.
Flagellazione e oltraggi subiti in silenzio per redimere l’umanità
a causa del peccato originale
1.
Nel frattempo la moglie di Pilato aveva fatto avvertire suo marito che essa
aveva visto in sogno la Mia figura tutta splendente e con la faccia raggiante;
egli dunque doveva evitare d’immischiarsi in quella faccenda nella quale si era
voluto coinvolgere il Santo. Essa aveva visto la Mia faccia splendere come un
Sole. Dal canto suo, Pilato, anch’egli non era rimasto affatto edificato che
Erode Mi avesse rimandato a lui, e disse al popolo che egli non trovava in Me
alcuna colpa. Considerato poi che presso gli israeliti era costume, venuta che
fosse la solennità della Pasqua, di ridonare la libertà ad uno tra i
malfattori che si trovavano in carcere, Pilato ritenne per certo che, qualora
Mi avesse fatto flagellare e poi presentare al popolo, questo avrebbe
sicuramente richiesto che Io fossi rimesso in libertà, poiché a lui erano noti
i grandi benefici che Io avevo, continuamente, reso a tutto il popolo. E così
egli ordinò che venissi flagellato.
2.
Allora fui condotto fuori nel cortile dove sorgeva già una robusta
colonna alla quale venivano legati i delinquenti. Mi vennero strappate in
fretta le vesti di dosso e Mi si legò alla colonna con delle solide funi; e
subito i carnefici Mi flagellarono senza pietà con delle verghe taglienti, fino
a tanto che il Mio corpo si trovò tutto ricoperto di piaghe, con brandelli di
pelle che penzolavano qua e là, mentre il sangue scorreva copioso a terra. Ma
questo, a quegli spietati carnefici parve che non fosse abbastanza, anzi,
avendo essi risaputo che Io ero stato acclamato re dei Giudei, animati da odio
contro di questi, com’erano, intrecciarono con dei vinchi d’acacia una corona
di spine e Me la posero rudemente sul capo, cosicché delle 72 spine di cui era
composta la corona, 30 Mi penetrarono nel capo, delle quali 3 erano mortali[7].
Queste cose, però, non erano proprio volute da Me nei loro particolari,
sebbene era Mia volontà che fossero adempiute tutte le profezie che Mi
riguardavano. Poi essi Mi avvolsero intorno un vecchio mantello di porpora, per
scherno, come se fossi un re, e gettarono ai Miei piedi le vesti, vi
s’inginocchiarono su e, con parole di dileggio, Mi salutarono come re dei
Giudei, oltraggiandoMi nella maniera più volgare, dopo averMi inflitto tante
sofferenze e tanti dolori.
3.
Ecco, o Miei cari figli, tutti questi dolori e tutte queste sofferenze
dovetti sopportare Io, che ero del tutto innocente, per la ragione che ero
eletto a riconciliare l’intero genere umano con il suo Iddio, Jehova-Zebaot, e
a riacquistare la figliolanza di Dio che era andata perduta a causa del peccato
originale.
4.
O Miei cari figli, meditate spesso e devotamente sulle Mie amarissime
sofferenze e sulla Mia morte! Quello che Io ho acquistato per voi e per
l’umanità intera, v’infonderà vigore e coraggio nelle vostre proprie
sofferenze, e così vi verrà, più d’una volta, mostrato qualcosa di cui voi non
sareste mai stati degni, e tale cosa, nella vita spirituale v’innalzerà e vi
aiuterà a proseguire sulla via della Croce, che è stata imposta all’uomo a
causa dei peccati da lui stesso commessi.
I momenti della Passione: l’interrogatorio, la condanna, ancora
da Caifa, l’ascesa al Calvario, la crocifissione
1.
Miei cari figli! Voi potete ora immaginarvi quali terribili, indicibili
dolori Io abbia dovuto sopportare in seguito alla flagellazione ed alla successiva
imposizione della corona di spine e, oltre a ciò, quali sofferenze morali abbia
dovuto tollerare in seguito agli scherni ed ai volgarissimi oltraggi che Mi
furono inflitti.
2.
Oh, Miei cari figli! Ma voi non potete nemmeno raffigurarvi le
sofferenze ed i Miei martiri, nel grado come Io li ho sentiti e sopportati! Non
appena Mi riportarono dinanzi al governatore Pilato, egli al vederMi fu colto
da spavento e gettò un grido di orrore, perché Io non avevo più l’aspetto di un
essere umano. Il sangue, che scorreva dalle ferite provocate dalla corona di
spine in molti punti del capo, Mi scendeva sul viso, e la febbre pareva voler,
come un fuoco, consumare il Mio corpo. Io assorbivo il sangue, per quel tanto
che esso giungeva fino alle labbra, per calmare la febbre che Mi divorava.
3.
Allora il governatore Mi rivolse la parola e Mi fece delle domande, ma
Io, a motivo degli atroci dolori, non potei dargli alcuna risposta, perché la
grave perdita di sangue ed il tormento Mi avevano talmente indebolito, che di
momento in momento ci si sarebbe dovuto aspettare che Mi accasciassi sfinito a
terra, qualora non fosse stata la Mia natura divina a mantenerMi in piedi.
4.
E Pilato, poi, rivoltosi al popolo, dichiarò che egli non trovava
alcuna colpa in Me e che Io ero punito abbastanza. Egli quindi intendeva
rimetterMi in libertà; dunque, era il popolo stesso che doveva esprimersi e
dire a quale dei due esso voleva che egli ridonasse la libertà, poiché assieme
a Me era stato condotto dinanzi al popolo anche un ladrone e assassino di nome
Barabba. E allora quella moltitudine si diede ad urlare: «Lascia libero Barabba!».
5.
E Pilato replicò: «Ma che cosa
devo fare di Gesù di Nazaret?». - La folla gridò: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». - E Pilato: «E se venisse versato del sangue innocente, chi ne risponderà?». -
La folla rispose urlando: «Ricada il suo
sangue su di noi e sui nostri figli!». - Qui conviene menzionare che
proprio dinanzi al tribunale era stipata una folla composta esclusivamente di
elementi del Tempio, i quali non permettevano al rimanente del popolo di
avvicinarsi. Ora, quelli del Tempio erano tutti dei prezzolati dai farisei e
dagli scribi, ed erano stati questi a radunarli in massa davanti al tribunale,
e per conseguenza tutti reclamarono la libertà di Barabba. Va inoltre
osservato che quest’ultimo, in segreto, era stato sempre in buoni rapporti con
i farisei e con gli scribi, e del prodotto delle sue rapine egli aveva
corrisposto sempre una congrua parte al Tempio. Questa fu la ragione per cui
gli accoliti del Tempio preferirono aver libero Barabba.
6.
Pilato, dunque, non poteva ormai far più niente per Me, e quando egli
si fu convinto di ciò, montò di nuovo sul suo seggio - dopo essersi lavate le
mani in presenza di tutto il popolo in segno che egli non poteva condannarMi -
e dichiarò al popolo: «Prendetevi dunque
il vostro delinquente, il quale però è più giusto di voi, e giudicatelo secondo
la vostra legge, perché secondo la nostra egli è innocente!».
7.
Allora essi, fatteMi di nuovo indossare le vesti, Mi condussero
dinanzi al tribunale del Tempio. Caifa non fece molti preamboli, Mi chiese
solamente: «Gesù da Nazaret, sei Tu il
Figlio di Dio?». - Ed Io gli risposi: «Si,
tu lo dici, Io lo sono!». - E udito questo, Caifa gridò: «Che bisogno abbiamo noi di testimoni
ancora? Egli ha bestemmiato Iddio, ed è perciò reo di morte!».
8.
Dopo di che egli spezzò la verga contro di Me e contro la Mia vita, e
Mi condannò, come era usanza allora, a portare Io stesso lo strumento del
supplizio fin sulla collina del Golgota, dove dovevo soffrire la morte sulla
croce.
9.
Così, nemmeno questo tormento Mi fu risparmiato. Essi Mi trascinarono
via dando degli strattoni alle funi con le quali ero legato e scagliando le più
tremende maledizioni contro di Me, pensando di acquistarsi in questo modo dei
meriti presso il loro signore. Io fui costretto a camminare a piedi nudi
proprio là dove la strada era più sassosa, per rendere - se fosse stato possibile
- ancora più amara la Mia sorte e per accrescere le Mie sofferenze.
10.
Estenuato a causa del dolore e della debolezza, caddi a terra; tuttavia
quegli spietati carnefici non si commossero affatto, anzi continuarono a
trascinarMi di qua e di là, finché caddi per la seconda volta a terra.
11.
Di nuovo essi Mi sollevarono con degli strattoni alle corde e Mi
cacciarono avanti a forza di spintoni e di calci, fino a tanto che Mi accasciai
nuovamente a terra, e questa fu la terza volta.
12.
Ma essi videro che ormai soltanto poco Io potevo durare ancora, e che
era in dubbio se avrebbero potuto condurMi vivo sul luogo del supplizio;
perciò Mi lasciarono per un breve tempo giacere a terra là dove ero caduto.
Ora, avvenne che proprio in quello stesso momento passò per quella strada un
amico di nome Simone, il cireneo. Essi allora lo apostrofarono malamente e gli
dissero accennando a Me: «Eccolo qua il
tuo Maestro!». - Ma egli rispose: «Tempo
verrà in cui maledirete l’ora nella quale avete fatto questo! Il mio
desiderio, però, è di servirLo». - Ed essi gli dissero: «Anzi,
tu lo devi fare!». - Egli allora si avvicinò a Me, collocò la croce sulle
sue robuste spalle, Mi prese sotto braccio, e così, tra sofferenze indicibili e
sfinito a morte, Io giunsi finalmente sul Golgota.
13.
Arrivati là, quei carnefici Mi strapparono con tanta brutalità di dosso
le vesti, le quali a causa del peso della croce portata erano penetrate nelle
piaghe, che tutte queste incominciarono di nuovo abbondantemente a sanguinare,
traendoMi anche l’ultimo sangue fuor dalle vene. Sopraffatto dall’atroce
dolore, Io caddi al suolo mezzo morto, ed i carnefici si affrettarono a
portarMi ancora vivente sulla croce. Essi Mi sollevarono, e poi, quasi Mi
gettarono sul legno della croce, e in fretta e furia si diedero a configgerMi
alle mani ed ai piedi con degli acuti chiodi.
14.
O figlioli Miei! Considerate, considerate quali orribili tormenti
dovetti sopportare! Prima, per esserMi state strappate di dosso le vesti già
penetrate nelle carni e rimastevi appiccicate in seguito al coagulamento del
sangue, e poi per la trafittura dei chiodi che Mi avevano straziato le mani ed
i piedi! Finalmente essi rizzarono la croce e la sospinsero nella buca
appositamente scavata, cosicché il Mio corpo ne subì una scossa talmente violenta,
da essere posto nel più grave pericolo di precipitare dalla croce con il capo all’ingiù,
quando le ferite alle mani vennero a lacerarsi. Involontariamente, allora,
esclamai ad alta voce: «Elì, Elì, lamà
sabactanì!?». Le cui parole, interpretate, significano: «Mio Dio, Mio Dio, perché Mi hai
abbandonato!?», e ciò mentre il Mio corpo, lasciato al suo destino, doveva
morire.
Le ultime parole sulla croce
1.
Quando i farisei e gli scribi udirono questa esclamazione dalla Mia
bocca, essi credettero che Io avessi chiamato Elia, il grande profeta; ma
poiché non videro venire nessuno, incominciarono a schernirMi e a bestemmiare,
dicendo: «Adesso è lui che chiama Elia,
perché gli venga in aiuto! Ma che invochi adesso il suo Jehova, se Questi ha
tanto compiacimento in lui! Agli altri ha saputo recare aiuto, sé stesso,
invece, egli non è in grado di aiutare!».
2.
Miei cari figli, anche tutte queste bestemmie Io le dovetti ascoltare
mentre ero appeso alla croce fra i più atroci tormenti, e mentre essi, rivolti a
Me, continuavano a gridare: «Se tu sei il
Figlio di Dio, scendi giù, e noi allora ti crederemo!».
3.
E vedete, Miei cari figli, Io invece supplicai il Mio Iddio-Padre, e
dissi: «Padre, perdona loro, perché non
sanno quello che fanno!». Se davvero Io fossi disceso come se niente fosse
accaduto, Io avrei, così, afferrato il mondo intero fin nelle sue fondamenta, e
nel medesimo istante tutta la Terra, anzi tutta la Creazione sarebbe stata
ridotta in atomi e disciolta.
4.
Io invece Mi votai a tutto il Mio Amore, alla Mia Umiltà e alla Mia
Misericordia, e resistetti anche ai più grandi dolori, e dissi: «Ho sete!», e volevano porgerMi una
spugna imbevuta di un po’ di aceto e fiele; ma la respinsi, perché avevo sete
soltanto di amore e di cuori umani infiammati di amore.
5.
Allora uno dei due delinquenti, e precisamente quello che era stato
legato alla croce alla Mia sinistra, si diede egli pure a schernirMi, mentre
quello che si trovava appeso alla Mia destra gli rinfacciò le sue parole,
dicendo: «Noi giustaménte soffriamo a
causa dei nostri peccati, mentre Egli è innocente!». - Ed Io gli rivolsi
uno sguardo mite e misericordioso, ed egli, allora, Mi supplicò: «Signore, ricordaTi di me, quando sarai
giunto nel Tuo Regno». - Ed Io gli dissi: «Già oggi tu sarai con Me in Paradiso».
6.
Ormai, però, sentivo che gli ultimi minuti della Mia vita terrena
erano giunti. Io rivolsi una volta lo sguardo a Maria, la madre Mia, e a
Giovanni, il Mio discepolo prediletto, i quali si trovavano ai piedi della
croce, e dissi alla madre Mia: «O donna,
ecco tuo figlio», e poi a Giovanni: «Ecco
tua madre». E da quel momento il Mio discepolo prediletto ebbe cura di
Maria, la madre Mia, poiché Io conoscevo la sua fedeltà, il suo amore e la sua
rettitudine. La madre Mia curò per lui le faccende domestiche, e così essi
vissero assieme fino a quando la chiamai a Me.
7.
Ormai ogni cosa era stata posta in ordine, ed allora, con voce forte e
chiara, esclamai ancora: «E’ compiuto!»,
e con l’ultimo respiro innalzai al Mio celeste Padre-Spirito anche l’ultima
invocazione: «Padre, nelle Tue Mani,
raccomando il Mio Spirito!». Dopo di ché chinai il capo, e morii: morto
quale Uomo del dolore sul Golgota, per i peccati dell’intera umanità.
8.
E fui levato dalla croce dai Miei amici e posto in un sepolcro nuovo, fatto
scavare nella roccia, vicino al monte Calvario.
Deposizione dalla croce e sepoltura
1.
Ecco, figlioli Miei, tale fu il decorso della Mia vita e delle Mie
sofferenze sulla Terra, per la salute di tutta l’umanità.
2.
I Miei amici, dietro loro preghiera avevano ottenuto dal governatore
Pilato la licenza di togliere dalla croce il Mio corpo un po’ prima del tempo
consueto, e ciò in considerazione che la vigilia del Sabato era imminente e
dopo che un milite pietoso, armato di lancia, si fu convinto che Io ero
veramente morto, trafiggendoMi il cuore; mentre ai due che erano stati
crocifissi con Me, secondo l’usanza di allora, dovevano prima venir fiaccate le
ossa, perché talvolta accadeva che non fossero ancora morti ma soltanto caduti
in un profondo deliquio.
3.
I Miei amici, Giuseppe di Arimatea e Nicodemo, che era un preposto dei
cittadini di Gerusalemme nonché dottore della Legge, tolsero il Mio corpo
dalla croce, lo pulirono dal sangue e dalla polvere, e lo ravvolsero in candidi
lini. Ora, Giuseppe di Arimatea possedeva, proprio confinante con il monte
Calvario, una villa con qualche appezzamento di terreno intorno, che però in
parte era sassoso e roccioso. Là, già da vari anni prima, egli si era fatto
scavare nella roccia una nicchia destinata a sua propria sepoltura; e fu
precisamente là che essi deposero il Mio corpo. E poiché i farisei e gli scribi
avevano avuto sentore di esserMi espresso dicendo che il terzo giorno sarei risuscitato,
richiesero ed ottennero che dei militi sorvegliassero il sepolcro fino al
quinto giorno, e ciò ad evitare la possibilità che i Miei discepoli venissero
di notte e trafugassero la Mia Spoglia mortale.
4.
A impedire un inganno di questa specie vennero apposti anche dei
sigilli alla pesante pietra che copriva il sepolcro, perché anche Pilato era
curioso di sapere dove e come tutta la questione si sarebbe risolta, dato che
anche ai suoi orecchi era giunta la notizia dei molti avvenimenti verificatisi
al momento della Mia morte, e così non ignorava che la nuova cortina del
tempio si era lacerata da cima a fondo, che la Terra aveva tremato, e che il
Sole aveva perduto il suo splendore. Parimenti, dei trapassati erano apparsi in
spirito ai loro parenti già da lungo tempo[8],
e il popolo discusse molto tra sé intorno alla Mia morte. Inoltre, i farisei e
gli scribi non sapevano spiegarsi il perché essi, ora, non potevano
rallegrarsene come se n’erano rallegrati precedentemente allorquando poterono
averMi in loro potere.
5.
O Miei cari figli! Nessuna gioia può appunto più provare l’uomo nella
sua vita, quando la Scintilla dello Spirito di Dio nel petto di un peccatore
sia stata risospinta tanto indietro. Allora l’uomo non può che accedere
soltanto che all’influenza dei bassi elementi della sua propria carne, e
soltanto da questa egli si lascia guidare, di modo ché lo Spirito di Dio,
nell’uomo, non riesce proprio più a far sentire la Sua voce. Queste parole, o
Miei cari figli, vedete di prendervele molto profondamente a cuore.
Il perché della crocifissione di Gesù
1.
Miei cari figli! Voi avete ora inteso di tutte le Mie sofferenze e di
tutti i martiri che Io, quale uomo Gesù di Nazaret, come dappertutto Mi si chiamava,
dovetti sopportare durante il tempo in cui pellegrinai sulla Terra, quale
Maestro e Redentore del mondo.
2.
Certo, non fu affatto un destino piacevole per la Mia natura umana,
eppure quello era il compito che il Mio Iddio-Padre Mi aveva destinato e che Io
dovevo compiere, perché già allora - quando cioè venne pronunciata la sentenza
contro Adamo ed Eva ed i loro discendenti - l’Anima Mia di Sapienza era in ciò
concorde. Ma che cosa sarebbe accaduto, Miei cari figli, se Io non Mi fossi
lasciato indurre a divenire il Salvatore dell’umanità?
3.
Voi non avete a tal riguardo la ben che minima idea, poiché ciascun
essere umano che fosse nato, avrebbe dovuto morire d’una morte violenta sulla
croce.
4.
Cosa credete voi? Quanti esseri umani avrebbero in tal caso raggiunto
la felicità di trovarsi riconciliati con il loro Dio-Padre? Riflettete anche
una sola volta su questo problema, ma in modo maturo! Se ciascuno avesse dovuto
venir crocifisso, quanti si sarebbero lasciati crocifiggere?
5.
Eppure, senza questa penitenza nessuna anima sarebbe potuta apparire
del tutto senza peccato, anche se, ugualmente, non fosse stata cattiva, per la
ragione che su di essa sarebbe pur sempre rimasta la macchia del peccato
originale. E chi di voi può ricordarsi di aver compartecipato al peccato
originale? Voi tutti dite: “Noi non ne
sappiamo nulla”, ed Io convengo che infatti è così, perché voi il peccato
originale l’avete commesso soltanto quale conspirito nello spirito di Adamo e
di Eva; ora questo peccato voi lo percepirete soltanto quando sarete rigenerati
nella vostra anima, e vi sarete unificati con lo Spirito che è in voi[9],
vale a dire, solamente quando il vostro spirito umano, avente origine dallo
spirito dei vostri generatori terreni, padre e madre, e quando infine tutte le
particelle animiche dalle quali l’anima umana viene generalmente ricavata,
saranno finalmente pervenute alla percezione chiarissima.
6.
Tuttavia, o Miei cari figli, prima ancora che voi foste giunti a un tal
grado di lucidità di spirito, il breve tempo della vostra vita terrena sarebbe
ben che trascorso, e voi dovreste cadere in braccio alla morte sulla croce.
Dite, dunque, quale sarebbe allora lo stato dell’animo vostro? Ben pochi
sarebbero coloro che aspirerebbero a questa riconciliazione! Ognuno
preferirebbe un genere di morte più rapido, a suo piacimento. E quale ne sarebbe
la conclusione? Ecco: Nell’al di là non perverrebbero che dei suicidi,
doppiamente gravati di colpa, e nessuna reincarnazione[10]
potrebbe render migliore l’anima.
7.
O figlioli Miei cari! Meditate dunque spesso su quanto Io, quale Gesù
di Nazaret, ho fatto e creato per voi e per l’umanità tutta; forse allora
potrete sentire e impiegare più amore per Me. Questo sia detto a conclusione di
questo breve trattato sulle Mie sofferenze e sulla Mia morte, e sulla Mia Opera
di Redenzione, la quale, in un tempo ormai prossimo, dovrà avere il suo
coronamento con il Mio ritorno su questa Terra. -
Amen.
---------------- O ----------------
Incarnazione o Re-incarnazione?
[2] La prima edizione italiana di tale opera del
mistico Jakob Lorber (1800-1864) fu intitolata: «L’Evangelo di Giacomo»,
contenente la Storia dell’Infanzia e
della Fanciullezza del nostro amato
Salvatore Gesù Cristo, fu pubblicata a Trieste, nel 1925; - dal
1997 è pubblicata dalle Case Editrici ‘Armenia’ e ‘Nuova Rivelazione’ col
titolo: «L’infanzia di Gesù».
[3] Vedasi «L’infanzia di Gesù» cap. 245, 13-22
e cap. 247, 4-7.
[4] Cfr. «Matteo» cap.13, 55-56. - «Galati» cap.1, 19 - Vedasi anche
«L’infanzia di Gesù» cap. 13, 7-8 dove vengono citati i nomi dei 5 fratelli
acquisiti: Gioele, Joses, Samuele, Simeone e Giacomo.
[5] Cfr. «Vangelo
di Giovanni» cap. 4, 23-24.
[6] Vedere nell’Opera di Jakob Lorber «Le dodici
Ore» tutto il cap. 12 nel quale è spiegato il significato e le caratteristiche
dell’essenza del grande Uomo cosmico universale, nonché la sua essenza.
[7] Profondo e’ il significato spirituale che,
con riferimento alla vita terrena del divino Maestro di Galilea, acquistano qui
i tre numeri: 3, 30 e 72. Il numero 3 è
l’espressione perfetta della Legge trinitaria; - Il numero 30 sta qui in
relazione con gli anni vissuti sulla Terra dal divino Maestro, prima che Egli
desse inizio ai tre anni messianici; - Il numero 72, infine, sta qui a
rappresentare un valore intrinseco spirituale. Tenuto conto che le ore nel
giorno sono dodici (cfr. «Vangelo di
Giovanni» cap. 11, 9) e che il 6 è il numero della incompletezza
dell’uomo-creatura in rapporto alla perfezione del numero 7 che rappresenta la
perfezione in Dio, il prodotto 12 x 6 da’ 72.
[8] Cfr. il Vangelo di Matteo, 27, 53.
[9] Cfr. «Vangelo
di Giovanni» cap. 3, 3-8 – (il dialogo con Nicodemo).
[10] Se i sacri testi non accennano
che indirettamente o incidentalmente alla supposta legge universale della
reincarnazione, la ragione di ciò è ben giustificata, perché altrimenti l’uomo,
vivendo la sua vita in costrizione sul piano fisico, opererebbe
condizionatamente, e così facendo egli perderebbe la propria libertà di azione.
Infatti, se l’uomo avesse la conferma di una rinascita corporale, egli non
opererebbe più per Amore, ma soltanto in subordinazione di quel timore karmico
che gli si manifesterebbe, ed ogni espressione di vita perderebbe in tal caso
il suo effetto. – (Sul concetto della incarnazione/reincarnazione abbiamo
ritenuto di allegare a questa IIa edizione italiana un breve
allegato alle ultime pagine di questa edizione).