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Scene deliziose della
Vita Terrena di Gesù
Ricevute in visione da Max
Seltmann
Libretto XVII
Conduzioni divine presso i primi
cristiani
Cristiani salvati
Stefano nell’aldilà
Teofilo viene rapito ma è liberato da Giona
Nella grande tenuta di Lazzaro in Betania, Gesù benedice
Cap. 1 Nuovi piani per realizzare il
soggiorno dei nuovi fratelli di fede
Cap. 2 Tutti
gli ospiti in casa di Bernhart – Uno dei salvati ricorda Gesù
Cap. 3 La
prova di Achibald, con l’aiuto di un angelo
Cap. 4 Ursus
nella sua fiducia in Dio guarisce sette ammalati
Cap. 5 Conduzioni
divine – Achibald salva un gruppo di cristiani
Cap. 6 Festa
nuziale di Achibald, Giuseppe e Joram
Cap. 7 Nella
sfera di Stefano nell’aldilà – Gesù parla attraverso Giovanni
Cap. 8 Teofilo
e Lazzaro vanno a Gerusalemme
Cap. 9 Teofilo
incontra Giona, poi è rapito – Ricerca infruttuosa di Lazzaro – Giona a
Betania, poi in cerca dello scomparso
Cap. 10 Il
suonatore d’arpa e i forestieri venuti dalla Galilea
Cap. 11 Giona
al bivio, trova Teofilo prigioniero e lo fa liberare dai romani
Cap. 12 Pranzo
nella locanda di Lazzaro – Ritorno a Betania per il banchetto d’amore
Cap. 13 Giona
si riscatta dal tempio – Visita nella grande colonia di Betania
Cap. 14 Giovanni
giustifica le conduzioni divine e Gesù si rivela attraverso di lui
Eusebio un
cristiano benestante
Cornelio comandante romano
Achibald sottoufficiale della guardia
di Cornelio e suo amico convertito a Gesù
Ruth figlia di Eusebio, promessa sposa
ad Achibald
Elim vecchio giudeo convertito a Gesù
Giuseppe figlio maggiore di Eusebio
Joram figlio di Eusebio
Bernhart un grande uomo corpulento ed
amico vicino di casa di Eusebio
Asa guardia e servitore del tempio convertito
a Gesù
Ursus un romano convertito a Gesù figlio
di Demetrio
Assir sacerdote del tempio condannato a
10 anni di prigione
Elisa moglie di Bernhart
Teofilo ex sacerdote del tempio di nome Ruben, figlio del
sacerdote Enos convertito a Gesù
David suonatore d’arpa
Salomè figlia di David
Efraim un forestiero, quale guida di una comunità a nord
della Galilea
Lidia moglie di Efraim
Giona sacerdote del
tempio amico di Teofilo
Pura moglie di Giona
Abia un sacerdote del tempio
Benno comandande romano
in Gerusalemme
Verona moglie di Benno
Miriam moglie di Enos e
madre di Ruben/Teofilo
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Nuovi piani per realizzare il soggiorno dei nuovi fratelli di fede
1. Il mattino seguente è ordinato un comune giorno di riposo, per fare in intima gioia conoscenza con gli ospiti più da vicino. Ma poiché il vecchio padre Eusebio sembra un po’ triste, Cornelio gli domanda con partecipazione se egli porta in sé un silenzioso dispiacere. Il vecchio dice: “Sì, temo che presto sarò solo, quando mia figlia Ruth con il suo matrimonio mi lascerà. Lei per me era sostegno e luce del Sole, quando in me era torbido e senza luce”.
2. Cornelio lo interrompe: “Ma, vecchio amico, credi davvero di perdere tua figlia? Oh, no! Si aggiunge ancora un figlio di cui ti rallegrerai appena lo avrai conosciuto meglio. Vedi, Achibald venne da noi da ragazzo e si conquistò il rispetto e l’amore di tutti con il suo carattere sincero. Da 15 anni viviamo insieme, ed avrei motivo di sentire dispiacere, io, infatti, perdo un fedele amico ed uno dei miei migliori sottufficiali. La sua felicità però è anche la mia felicità! Perciò mi rallegro di avervi contribuito!”.
3. Cornelio poi come ricordandosi continua: “Ma ora non mi esce dalla mente l’incarico dell’angelo di ieri: «Comprate quanta terra è possibile!»[1]. Perciò oggi stesso vorrei ispezionare con i tuoi due figli, con il vecchio Elim ed Achibald il terreno adiacente ai tuoi possedimenti». E così avviene.
4. Dopo una lunga cavalcata tornano indietro soddisfatti, e Cornelio discute con loro i suoi nuovi piani: fondare qui una colonia. – Egli conclude: “Ed ora, caro Elim, esprimi intanto la tua opinione; durante i tuoi lunghi viaggi hai certamente accumulato diverse esperienze”.
5. Elim risponde: “Sì, amico mio, in questo terreno fertile c’è ancora molto da ottenere in cereali, in ulivi e frutti, ma costerà molta fatica e parecchio denaro”.
6. “Di operai non ci sarà nessuna mancanza”, – ribatte Cornelio, – “e la questione dei costi lascia che sia affar mio”. –
7. Allora Elim abbozza una graziosa immagine del futuro e dà anche le necessarie spiegazioni su come un tale piano si potrebbe qui realizzare.
8. Cornelio dichiara ora molto seriamente: “Sappiamo che i templari per sete di vendetta contro la Dottrina di Gesù catturano in segreto molti dei nostri compagni di fede, espongono i vecchi alla morte per fame, cercano però di vendere gli uomini e donne più giovani come schiavi. A questi crimini noi romani purtroppo non possiamo opporre nessun potere, ma come uomini e cristiani è nostro santo dovere aiutare questi infelici. Perciò io penso: finché questo terreno è ancora senza proprietario lo consegno a te, perché come rappresentante dell’imperatore romano ho il pieno diritto; e con i miei mezzi, caro Achibald, ti farò costruire le necessarie strutture e stalle.
9. Ma a te, Elim, che sei il più attento e più esperto, vorrei affidare la funzione di amministratore come ringraziamento per i tuoi servizi a noi prestati. Se qui sorgerà una colonia sotto la protezione romana, i templari non avranno nulla da dire. Poi trasferiremo qui ancora una guarnigione militare che avrà da volgere la sua attenzione al commercio passante e soprattutto alle carovane provenienti da Gerusalemme. Sono certo che il governatore della città accetterà con gioia queste iniziative, perché esse elevano la dignità e la reputazione dell’imperatore!”.
10. E tutti gli ascoltatori sono subito conquistati da questo piano. Dopo il pasto in comune Cornelio parla con il vecchio Eusebio e dice: “Ora vogliamo tener consiglio per il tuo futuro e dei tuoi figli. Vedi, la vecchiaia ha indebolito le tue forze, ora ti riposerai dal lavoro terreno e ti rivolgerai di più alla tua vita interiore.
11. Tuo figlio maggiore Giuseppe prenderà in consegna la tua eredità e vorrebbe portare a casa la figlia di Bernhart come moglie sua.
12. Tuo figlio Joram andrà ad abitare con gioia da Bernhart e sposare la figlia più giovane di questi, e sarà così un fedele sostegno per suo suocero.
13. Provvedere per la tua Ruth, mi prendo io il diritto, affidando, come rappresentante del governo, ad Achibald tutto il terreno confinante, fin dove non ha ancora nessun proprietario. Con mezzi miei e dello Stato sarà costruita qui una nuova colonia che deve innanzi tutto diventare una nuova patria per i nostri fratelli di fede perseguitati. Non preoccuparti dei costi o altre cose, ciò che noi facciamo qui come romani, deve essere una faccenda nostra”.
14. Nel frattempo nel cortile è giunta una carovana, ed il capo Asa saluta lieto gli uomini da lui conosciuti: “Salute e benedizione e la Pace di Dio sia con voi!”.
15. Poi si rivolge ad Elim: “Sono venuto da voi su incarico del vostro amico Ursus per riconsegnare a te i tuoi beni, quale proprietario legittimo di tutti questi carri ed animali. In questa lettera del mio padrone, caro Elim, trovi tutto ciò che devi sapere”.
16. Elim ringrazia Asa e dice commosso: “Oh, amico mio, quale differenza in queste poche settimane! Da tutto un mondo di odio siamo entrati in un mondo di pace, e quale pienezza di vita si rivela qui!”.
17. Ed Asa conferma: “Sì, Elim, anch’io mi sento felice, dacché sono amico e confidente del magnifico Ursus, il quale anche presto verrà qui”.
18. Elim prende la lettera e la porge ad Achibald con la preghiera: “Prendi tu, caro amico, questi miei ex beni, tu potrai usarli ancora nel modo migliore per i tuoi protetti. Ti prego, non rifiutare questo mio dono, infatti, senza il tuo aiuto e la Grazia del Signore non vivrei più. Ma ora la mia vita mi rallegra di nuovo e volentieri voglio essere il tuo amico a te utile per tutti i grandi compiti. Ma non tu devi essere colui che riceve il dono, tu devi essere soltanto l’amministratore che è stato eletto dall’Amore divino, per operare e lavorare con gioia nel vero intendimento del Salvatore!”.
19. Profondamente commosso dice Achibald: “Oh, fratello Elim, se senti così, non posso deluderti; così vi prego tutti: cooperate, affinché ci riusciamo!”.
20. Poi Asa prega Achibald: “Signore ed amico del mio padrone! Dà l’ordine di scaricare i carri; un elenco della merce sarà presente nella lettera”.
21. Ora Achibald scioglie il sigillo dello scritto, lo porge però al comandante Cornelio e costui legge ad alta voce: “Elim, divenuto a me nuovo fratello nel Signore! L’amore mi spinge a ringraziarti ancora una volta per il tuo energico aiuto nei confronti dei nostri fratelli di fede, i quali erano condannati ad essere schiavi vita natural durante. Il mio cuore è ancora pieno di giubilo per la riuscita dell’opera di liberazione, ed è pieno di gioia per il fatto che ti sei annoverato nelle file dei soccorritori. Con questa mia ti è ridata la tua proprietà; la proprietà dello smarrito Assir non può più essergli riconsegnata, poiché nel frattempo è condannato. Perciò l’ho convertita nel senso della vera Sapienza proveniente da Dio in ogni tipo di oggetti utili per i salvati. Saluta anche il caro padre Eusebio e digli che non ho dimenticato la mia promessa. Così ti mando, caro Elim, il vero saluto di Dio e rimango unito in te nello spirito. – Ursus !”.
22. A questo, Cornelio aggiunge ancora: “Elim, puoi rallegrarti di questa fiducia donata. In verità, anch’io sono felice di questa soluzione!”.
23. Nello scaricare i carri si comincia l’ispezione dei molti tesori, tesori che Ursus manda, ed anche Eusebio osserva meravigliato questa ricchezza.
24. Bernhart non vuole accettare tutto l’oro e l’argento che Ursus gli ha mandato, ma Cornelio dice: “Amici, non pensate alla maniera umana, ma tenete dinanzi agli occhi lo scopo sublime, infatti, tutto questo bene effimero può essere certo un aiuto per rendere felice, ed Ursus ha già ripartito tutto nel giusto ordine”.
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Tutti gli ospiti in casa di Bernhart
Uno dei salvati ricorda Gesù
1. La mattina seguente tutti accompagnano Bernhart ai suoi possedimenti; solo Elim è rimasto indietro, per assumere il controllo nella casa di Eusebio, per il quale è una gioia provare come ci si sente ad essere liberato da tutte le preoccupazioni terrene.
2. Anche qui Cornelio, con gli altri, ispeziona i campi e le vicine grandi proprietà terriere per i nuovi insediamenti e dice inoltre a Bernhart: “Tu sei un romano e hai qui mano libera, ed io ti concedo ancora i pieni poteri per la nuova proprietà terriera! Vedi, se il nemico si fa grande per agire distruggendo, noi dobbiamo innalzare il nostro cuore per andare con volontà d’amore ancora più grande nell’opera di salvezza.
3. Sappi: l’Onnipotente non può darci per questo il volere, – perché questa volontà d’azione deve sorgere in noi stessi! Ma ognuno che vuole aiutare davvero il suo povero prossimo, è provveduto con forza e sapienza dall’Alto. Quello che tu vuoi portare in aiuto ai bisognosi, può donartelo veramente soltanto Iddio. Ciò che però ci è dato da Dio, porta mille volte benedizione! Questa conoscenza, mio caro Bernhart, diventi per te Stella polare, adesso e per sempre!”.
4. Immersi nel silenzio ora cavalcano di ritorno, e Bernhart rimuove le parole dell’amico profondamente nel cuore. In casa, nonostante l’aumentata attività, interiormente lo circonda ancora una solennità così beatificante che dice a sua moglie: “Elisa, con gli amici deve essere entrato da noi anche il Signore! In me c’è una così grande gioia che imparo a vedere intorno a me tutto completamente diverso. Donna, da noi possono trovar rifugio ancora molti infelici, ieri, infatti, il Signore stesso mi ha dato per questo in mano dei ricchi mezzi! Sì, immagino che cosa Iddio vuole veramente da noi uomini! È ancora soltanto un presentimento, ma Cornelio mi ha aperto per questo gli occhi, ora c’è solo bisogno che io sia pronto per ciò anche con tutto il mio cuore”.
5. Allora sua moglie dice: “Bernhart, tu hai i tuoi santi compiti e la tua libera volontà di eseguirli, ma lascia anche a me le mie cure e fatiche, l’amore, infatti, è impensabile senza premure. E se tu ci porti ancora cento persone come inquilini, vorrei proprio volentieri provvedere per il loro benessere fisico!”. – Bernhart si rallegra per la sua comprensione che riguarda i suoi nuovi compiti.
6. Alla sera quando tutti sono radunati per la preghiera, Cornelio dice: “Amici miei! In questi giorni a noi è capitata una grande fortuna, poiché non soltanto presso il padre Eusebio, ma anche qui presso di voi è sorto un nuovo vivente spirito, spirito che vuol ripercuotersi in ogni cosa rendendo così felici! Dalla Bocca del nostro Maestro e dei Suoi servitori noi sappiamo che là, dove la Sua Dottrina e la Sua Vita viene realizzata, Egli stesso è già presente invisibilmente. Perciò Ti preghiamo, o Signore e Padre che ci circondi qui benedicendoci, fortifica la nostra fede e dona alle nostre fatiche la possibilità di soccorrere ancora molti poveri, così da raggiungere una felice riuscita! Amen”.
7. Segue un profondo silenzio, – ed un santo soffio attraversa scorrendo tutti i cuori. Poi uno dei salvati chiede di poter raccontare ancora qualcosa delle sue esperienze vissute con Gesù; e Bernhart lo conduce volentieri da Cornelio, dove egli comincia:
8. “Quando Gesù un giorno passò con i Suoi dal nostro piccolo villaggio e molti curiosi si affollarono per vederLo, venne anche a me il desiderio di stare a guardarLo come Salvatore. Non davo mai tanto valore alle Parole che dovevano operare soltanto come insegnamento, e così nemmeno mai cercai la vicinanza di Gesù per ascoltarLo, bensì stavo in disparte. Ma ciò che provai lì, fu così potente che potei riconoscerLo, senza aver sentito le Sue Parole, come il grande Salvatore.
9. Una madre aveva per mano il suo figlioletto ammalato, stava modesta in disparte, ed essendo il Salvatore circondato da molti, non poteva vedere come la madre, implorando, tendeva le mani verso di Lui. Egli passò oltre, e la madre si accasciò a Terra piangendo. Allora Gesù si voltò e disse: «Non tristezza, ma gioia voglio lasciarvi! Perciò rallegrati, tu povera donna, la tua silenziosa preghiera sia esaudita, tuo figlio è guarito!».
10. Amici, le parole non possono descrivere che cosa provocò in me questa guarigione. Egli ritornò! – Egli sentì nel proprio interiore la sofferenza della povera madre! – Il Suo Amore soccorritore divenne per me una dimostrazione vivente della Sua vera Divinità. E da allora in poi ho creduto alle Sue meravigliose Parole.
11. Quante volte passiamo davanti alla miseria altrui e forse proprio allora siamo immersi nell’adorazione del grande Iddio. Nella nostra prigionia attraverso l’ignominia dei templari abbiamo sperimentato la dimostrazione che qualcuno può predicare molto bene di Dio – e servire comunque l’avversario.
12. Gesù non voleva solo insegnarci la fede in Dio, non soltanto descriverci la magnificenza del Regno Suo e ciò che di grande può essere raggiunto da noi, ma Egli vorrebbe far di noi stessi una Parola vivente, dove ogni azione, ogni sguardo, ogni pensiero parla già della Maestosità dell’eterna Verità e della Santità del divino Amore! Perciò – dove Gesù vive veramente – c’è gioia! E dove operano i figli di Dio, non deve esserci meno gioia!”.
13. Dopo un profondo silenzio, in cui l’Essenza di Gesù ancora echeggia vivente in ogni cuore, tutti si recano a riposare.
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La prova di Achibald, con l’aiuto di un angelo
1.
Soltanto Achibald
non riesce a trovare la quiete interiore. Immagini raccapriccianti
del suo passato si muovono improvvisamente dinanzi a lui e casolari in fiamme
ed uomini morenti gli diventano viventi. Bestie orribili s’impennano dinanzi ai
suoi occhi spirituali e mettono sempre più in subbuglio tutto il suo interiore.
Dove sono le meravigliose impressioni dei giorni passati? Dov’è la Mano
benedicente del misericordioso Amore? ‘Oh
Gesù, aiutami da questi tormenti che vogliono distruggere il mio amore per Te!’.
2.
Allora si avvicina una
grande figura bestiale con poderose zampe ed artigli, e la faccia è quella di
Assir; gli occhi brillano cangiando in colore rosso e blu, e sembra come se si
volessero precipitare su di lui. ‘Mio
Gesù, adesso aiutami oppure soccombo! Non permetterlo, perché appartengo a
Te!’. Prega egli ardentemente.
3.
All’improvviso vicino a
lui sta un uomo luminoso, tiene alzata la destra e dice alla bestia orrenda: ‘Nel Nome di Gesù, dell’Iddio Onnipotente,
sciogliti immagine fallace e mostra il tuo vero io, altrimenti accadrà a te,
ciò che volevi fare a lui! –
4.
Tu però, amico mio, guarda come Dio giudica colui che
voleva essere molte volte un giudice sugli altri! Non temere! Dio ha potenti
servitori, e dei figli ancora più potenti per respingere tutti i nemici! Sappi:
un pensiero, nato dal più puro amore, è una Forza spirituale e può respingere
potentemente tutto l’apparente male! Ora però guarda come questo mostro, tutto
furia ed odio, accende in se stesso un fuoco infernale, con il quale voleva
distruggere la vita di Dio crescente in te.
5.
Non pensare però di essere ora libero dai tuoi avversari
ma sarai libero soltanto quando sarai tu diventato il loro soccorritore e
salvatore! Come comincerai ciò, è una tua faccenda, poiché questo può renderlo
possibile soltanto il tuo libero impulso d’amore!
6. E ricordati: tutto ciò che entra nel tuo mondo, diventa appartenenza tua; perciò abbi cura affinché ti serva a diventare sempre più vivente e non diventi un peso insopportabile! Se formi la tua vita avvenire nel vero Spirito d’Amore di Gesù, il giudice non può dimorare a lungo in te![2] Come operava Gesù quale Salvatore perdonando e liberando, così il Suo meraviglioso Esempio ti sia quintessenza di tutto il buono e vero!’. – Un segno con la mano sul cuore, – e l’essere luminoso è scomparso, e sono passate però anche le immagini che lo avevano spaventato.
7. L’aurora del Sole nascente riempie il suo cuore di gioia; ora Achibald può pregare sospirando liberamente: “Oh, mio Salvatore! Dio mio e Padre! Quanto appaio piccolo al Cospetto della Tua grande Grazia che mi viene adesso rivelata. Il principio di un giorno spirituale mi mostra quanto devi essere Tu colmo di Misericordia, dal momento che mi mostri sempre Paziente, ciò di cui non è degno di Tuo figlio! Perciò fortificami, affinché io rimanga fedele al mio proponimento e Tu possa aver gioia in me! Amen”.
8. Allora si leva dal giaciglio e va alle stalle, dove la gente già provvede agli animali. In tutti gli occhi vede un brillare, uno splendore di pace, ed un’ondata di felicità attraversa il cuor suo.
9. Ruth lo guarda e chiede perché ha lasciato la casa già così presto. Achibald risponde meditativo: “Questa notte ho dovuto sostenere una prova molto grave, perché il Signore aveva da rivelarmi ancora molto del mio interiore. Adesso riconosco: manca a me molto ancora per essere un vero cristiano e temo che difficilmente ci riuscirò, perché in me sono ammassate ancora troppe vecchie rappresentazioni pagane”.
10. Ribatte Ruth: “Perché non rimetti ciò che grava ancora su di te al Salvatore Gesù? Che cosa t’importa ancora del passato? O mio Achibald, scuoti via ciò che vuol mettersi ancora tra te e l’Amore del Salvatore, ed occupati di ciò che ti è stato nuovamente donato! Egli è meritevole e ti ha reso degno per l’Opera Sua. CrediGli – e sii forte! Vorrei sempre stare al tuo fianco per aiutarti in tutte le prove, infatti, dove c’è fede nel Suo Aiuto, il Signore darà anche la riuscita”.
11. Nel frattempo compaiono anche gli altri ospiti nella sala per prender parte alla prima colazione. Per ultimo viene Bernhart; solenne e pieno di rispetto dà la precedenza al vecchio Eusebio, e dopo un breve silenzio dice: “Amici e fratelli! Il Signore è venuto da noi, perché i nostri cuori sono aperti a Lui. Possa essere vissuto anche questo nuovo giorno così che ogni ora adempia il suo santo scopo, infatti, ogni occasione che si perde, non ritorna più! Allora ognuno di noi può dire la sera: ‘Signore, solo con la Tua pietosa assistenza mi è stato possibile adempiere i miei doveri nello Spirito Tuo!’. – Ora vogliamo fortificarci con i Doni che il Tuo Amore e Provvidenza ci ha donato, ma soltanto con la Tua benedizione essi ci ridondano a salute! Perciò, o Signore, bramiamo la Tua benedizione, – quindi esaudisci la nostra preghiera per amor della Tua grande Opera! Noi vogliamo glorificare la Tua Bontà e lodare la Tua Sapienza, ma vogliamo far nostro il Tuo Amore! Amen! Ora però sento in me una nuova forza. Con questa benedico tutti voi e questo cibo, affinché venga glorificato il Suo santo Nome! Amen!”.
12. Cornelio ha poi ancora da fare varie proposte per il nuovo insediamento e conclude grave: “Secondo le ultime notizie, le cose in Giudea sono molto terribili; un certo Saul infierirebbe giorno e notte, per consegnare i seguaci della Dottrina di Gesù alle prigioni del tempio. Perciò qui tutto deve essere pronto il più presto possibile per dare ad alcuni di questi infelici una patria nuova”.
13. Bernhart ancora una volta fa notare gli alti costi, ma Cornelio dice: “Se soltanto abbiamo la ferma volontà di aiutare i fratelli di fede che soffrono innocentemente e non temiamo tutto il lavoro e fatica, il Signore ci spianerà la via. Perciò al mio ritorno predisporrò che a te, mio caro Bernhart, sia messo a disposizione quanto più terreno possibile e tu possa fondare una colonia romana con mezzi ed operai che ti saranno forniti dal governo.
14. Bernhart risponde lieto: “O Cornelio, io ammiro i tuoi grandi piani e sono completamente a tua disposizione”.
15. “Sì!”, – conferma Cornelio. – “La possibilità, di fondar qui un nuovo Eden per uomini felici, è diventato per me un santo compito di vita, ed il nostro Maestro dirà: ‘I Miei figli Mi hanno preparato una vera Gioia! La Mia benedizione deve diventare visibile in tutti coloro che mettono mano all’Opera e contribuiscono al successo’.”
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Ursus nella sua fiducia in Dio guarisce sette ammalati
1. Del tutto inaspettato, Ursus con i suoi compagni arriva a galoppo nel cortile ed è salutato con giubilo dai suoi amici.
2. Cornelio guarda con compiacimento il giovane romano a lui ancora sconosciuto, il quale deve essere un così lieto combattente per Gesù e le Sue alte Mete.
3. Eusebio abbraccia Ursus in maniera molto affettuosa e dice: “Figlio mio! L’amore mi dà il diritto di chiamarti così, infatti, la tua grande azione soccorritrice sarà per noi indimenticabile!”
4. Dopo che tutti si sono scambiati i saluti, Ursus consegna alla madre Elisa, quale dono speciale, un grande involto di tessuto con le parole: “Affinché tu non debba preoccuparti, cara madre di famiglia, quando verranno da te poveri fanciulli ignudi, di cui ora molti sono orfani ed hanno bisogno di una madre vera. A Gerusalemme attualmente è come l’afa prima di un temporale. Quasi nessuno osa più andare in strada, perché ovunque i templari spiano i poveri cristiani per gettarli nelle loro prigioni”.
5. “O mio Dio!”, – esclama sconvolta la madre. – “Che cosa hanno dunque fatto?”.
6. “Nulla!”, – risponde Ursus. – “Solo che credere in Gesù, il grande Salvatore ed hanno riconosciuto che Egli è stato messo a morte innocente, che la Sua sofferenza e morte è stata raggiunta con tutti i mezzi dal tempio – e la Sua Resurrezione viene da loro negata! A questo si aggiungono adesso le grandi opere degli apostoli, i quali con l’imposizione delle mani e la preghiera guariscono molti ammalati, così d’aver l’impressione che ogni due uomini ci sia già un cristiano.
7. È triste che noi romani dobbiamo stare a guardare inerti come si riempiono le prigioni, e nessuno può dire: ‘Dove sono andati ora i cristiani?’. Quando chiesi informazioni presso il capitano della città, ed espressi quanto ho appena detto a voi, mi toccò la risposta che essi non avrebbero nessuna possibilità di intervenire, infatti, secondo la legge giudaica, ogni traditore del suo Dio è colpevole di morte.
8. «Portami delle prove», disse il capitano della città, «che i templari oltraggiano l’imperatore oppure che violano i nostri accordi, ed essi saranno nostri prigionieri! Ma così ho le mani legate, anzi devo ancora proteggere le loro leggi e le loro azioni»”.
9. Cornelio fa cenno col capo e dice: “Sì, è così! La più grande mossa dei templari è stata quella di aver strappato a noi romani la promessa di proteggere la loro religione e quelli che agiscono contro la stessa, e doverli ancora consegnare ai loro tribunali. Perciò da parte nostra deve essere usata la massima prudenza per intendersi con l’alto Consiglio”.
10. Domanda Elisa: “Allora nessuno può aiutare i cristiani a Gerusalemme?”.
11. “Purtroppo no! I cittadini sarebbero dovuti prima diventare sudditi romani, ma essi non hanno nessuna fiducia in noi e ci considerano ancora loro nemici, dai quali il Messia doveva liberarli. L’Amore compassionevole di Gesù ci mostra però adesso vie completamente diverse per lenire queste sofferenze, ed inconsapevolmente tu, caro Ursus, mi hai rivelato un nuovo pensiero d’amore, avendo scelta la madre Elisa già mamma di molti bambini forestieri. Là presso la montagna costruiremo anche una bella casa per i bambini orfani, così che possiamo riparare la colpa che ha causato falsa conoscenza o zelo infernale. – Sempre più vivente sorge in me il grande piano per soccorrere. Sempre più insistentemente ci sollecita la vita di non indugiare con ciò, affinché sia eretto un argine ed un baluardo in mezzo ai nemici di Dio. Farò in modo che giorno e notte siano sorvegliate le grandi strade militari ed ogni carovana mercantile deve mostrare quali beni trasporta. E guai poi a coloro che ci vogliono deliberatamente ingannare!”
12. “Fatelo!”, – dice Ursus animatamente. – “Anch’io strada facendo mi son lasciato dietro una carovana che certamente trasportava uomini come prigionieri. La scaltrezza dei sacerdoti del tempio che li accompagnava è stata per me una prova sufficiente, ma non avevo nessun pretesto e nemmeno uomini per oppormi alla loro resistenza”.
13. In Cornelio matura una nuova idea. – All’improvviso salta su e dice: “Andiamo fuori! Stare qui mi diventa troppo stretto!”. – Fuori egli dice ad Achibald: “Vuoi provare ad aiutare questi prigionieri? Sei ancora un soldato e potresti operare su ordine del tuo comandante!”.
14. “Volentieri, – se fosse possibile!”, – risponde Achibald. – “Ma qui ho soltanto alcuni compagni a disposizione!”.
15. “Questo basta!”, – dice Cornelio. – “Devi solo cercare di portar loro aiuto, dal momento che il successo dipende sempre da Dio. Disponi di poter partire subito, ma non dare nell’occhio. Ursus ti potrà indicare il luogo dove ha incontrato questa carovana, ma cerca di evitare ogni controversia!”.
16. Presto Achibald ha pronta la sua gente per la partenza; su due cavalli da carico sono sistemate delle provviste, un breve congedo ed ora ‘con Dio’ fuori, nel pomeriggio.
17. Cornelio ed Ursus rimangono in silenzio fino a sera, per non sottrarre le forze benefiche che tutto il loro pensare necessitano, con inutili discorsi.
18. Dopo cena Ursus racconta le sue vicissitudini da quando era andato via da Eusebio: “Ho vissuto una grande gioia nelle guardie e nel sacerdote che sono entrati al nostro servizio. Ora che essi sanno che il loro ulteriore futuro è assicurato e non hanno da temere nulla dal tempio, sviluppano facoltà delle quali mi stupisco! Ma non riescono ancora a credere nell’Insegnamento di Gesù; non superano gli scogli che il grande Iddio – non abbia concesso la necessaria protezione al Figlio Suo per risparmiarGli la morte sulla Croce! Tali dubbi però ora sono per me, come anche per voi tutti, degli ammonimenti alla giusta pazienza con le anime loro, dal momento che l’innato e l’assimilato non si lascia cambiare così facilmente.
19. Anche altri che forse una volta hanno avuto la fortuna di vedere ed udire Gesù come Uomo, da quando la notizia ha percorso il paese che Egli sarebbe morto sulla Croce, sono adesso difficilmente da convincere della Sua alta Missione; ed i Suoi fedeli apostoli hanno il difficile compito di portare fiducia e chiarimento, là dove il tempio intraprende la persecuzione della nuova Dottrina.
20. Quando passai attraverso la Samaria per visitare le nostre colonie, sperimentai quanto segue: una piccola comunità della Dottrina di Gesù che si trovava insieme regolarmente ogni vigilia del Sabato, veniva accompagnata da un fratello anziano, in quale però non era all’altezza di affrontare il nuovo sacerdote ed in quel momento doveva sperimentare come il lupo nella pelle di pecora dovette preparare grande danno alle anime dei suoi credenti. L’oste della mia locanda mi raccontò che l’anziana, ed in esperienze interiori così ricca guida, quasi perse il fondamento della sua sicurezza di fede e pregava e supplicava soltanto che Dio volesse soccorrerlo, mentre il suo avversario, il nuovo sacerdote, levava la testa sempre più in alto.
21. Poco dopo quest’anziano venne da noi nella locanda e mi feci raccontare ancora una volta le sue sofferenze e delusioni. A questo punto sperimentai l’amore fedele di una guida per la sua comunità, il quale però, nella sua preoccupazione, dimenticò per le anime a lui affidate l’alto dovere: rimanere d’esempio per i suoi fedeli!
22. Per porre riparo alla sua miseria, chiesi degli ammalati nel luogo, ce n’erano molti, ma mancava un guaritore e soccorritore, dal momento che nessuno osava esercitare questo santo servizio d’amore con l’imposizione delle mani e la preghiera, perché questo sarebbe stato un compito dell’apostolo!
23. Io domandai: «Puoi predisporre che i tuoi credenti vangano domattina nella sinagoga con i loro ammalati? Vorrei volentieri conoscere il vostro sacerdote per dimostrargli che Gesù vive ancora oggi e che Egli vuole aiutare anche adesso i Suoi fedeli!»
24. L’anziano divenne insicuro, ma poi, quando gli dissi chiaramente che il Salvatore, sempre soccorrente, pretende da noi tali servizi, egli promise di fare del proprio meglio.
25. Il mattino seguente il nuovo sacerdote ebbe una bella sorpresa per i molti ascoltatori; egli scelse il salmo 74 per suo testo[3] e lo interpretò così: «…che ora finalmente Dio punirà i Suoi avversari, i Nazareni, per passare alla riedificazione del Suo Regno», e mostrò con prove quanto sarebbe stato stolto credere ancora ad un menzognero e seduttore del popolo.
26. Coloro che credevano nel Salvatore, divennero irrequieti, gli altri però gozzovigliavano nella gioia, perché il loro sacerdote aveva finalmente trovato il giusto linguaggio contro i nemici del tempio. Ma un dolore mi attraversò; nella mia mano dolorava il segno, pregai per ricevere forza, per ricevere illuminazione e, come portato da forze celesti, mi alzai e chiesi di parlare. Il sacerdote stesso mi chiamò al suo fianco, con ragione suppose in me un romano e mi permise di parlare.
27. Io cominciai: «Amici miei, parlo qui a voi, perché mi sento spinto a questo interiormente. Abbiamo appena sentito una testimonianza della potenza e magnificenza del vostro eterno Iddio, il Quale sa liberarSi dei Suoi nemici e vengono castigati con la verga quelli che mettono le mani addosso al Suo Santuario. Anche se esteriormente sono per voi un forestiero, interiormente però sono un amico. Ho provato ben molta sofferenza, ma anche molta più gioia, la cosa più bella però e stata che io ho imparato a conoscere il vostro Dio, un Dio che è santo, ma anche giusto e saggio! Conosco il vostro Mosè ed i vostri profeti! Conosco le vostre Leggi divine, – ma anche la vostra tiepidezza interiore! Il vostro Dio, che è santa Misericordia con tutti i peccatori, ha inviato Suo Figlio, il Messia, a tutti gli smarriti, per rafforzare nuovamente la fede in Lui e per vivificare di nuovo la fiducia nella Sua Assistenza. Molti erano felici della Sua Dottrina: dell’Amore per Dio e per il prossimo, ed hanno riconosciuto in Lui l’adempimento di tutte le Promesse. Ma chi non poteva o non voleva credere, erano i vostri sacerdoti e servitori di Dio».
28. A questo punto il giovane sacerdote m’interruppe agitato: «Sei tu venuto per turbare la pace di questa casa? Oppure quali intenzioni hai, dal momento che mi ferisci nella mia dignità? Io sto qui nel luogo santo, in vece di Dio, ed ho il diritto ed il dovere di preservare l’onore di questa casa!».
29. Io risposi: «Va bene il fatto che mi ricordi che sei sacerdote, la pace di questa casa è anche per me santa. Ma poiché ho scelto il vostro Dio anche per mio Dio, non posso capire che voi consideriate come nemico colui che Lo vuol servire, e volete distruggere il grande Salvatore Gesù che predicava soltanto Amore per Dio e per tutti gli uomini, insieme alla Sua Dottrina. Perciò aiutatemi, amici! Aiutami tu che sei chiamato a questo, come devo trovare la via d’uscita da questa contraddizione, affinché non debba dubitare del vostro Dio? Ma soltanto i fatti possono essermi delle prove!».
30. Seguì un silenzio. – Poi dissi ad alta voce: «Come un giorno Elia non potette difendersi diversamente dai nemici che pregare il suo Dio, affinché rivelasse apertamente a tutti il suo Potere, così possiamo anche noi pregare il nostro Dio di rivelarSi qui visibilmente nella Sua grande Potenza e Bontà, per proteggere i Suoi! – Se il vostro Dio trova compiacimento nella distruzione dei Suoi nemici, come questo salmo ci ha insegnato oggi, deve Egli avere grande gioia, se può dimostrarSi come Soccorritore dei Suoi fedeli. Qui ci sono parecchi ammalati! Perciò – al Cospetto della Santità di Dio – ed alla presenza della Sua comunità io ti invito, tu che stai qui come sostituto di Dio, di indurre il tuo Dio ad aiutare questi ammalati! Dio, che si è confermato in migliaia di prove al vostro popolo come l’eterno Fedele, non ti rifiuterà la giusta Assistenza e la Forza ed Illuminazione per questo, se vuoi affermarti come Suo servitore!». –
31. Il sacerdote esclamò completamente in collera: «Signore! Ritira la tua parola! Noi non dobbiamo tentare Iddio! Io non ci sto a questo gioco oltraggioso! Quando Dio dà della sofferenza, darà anche la forza per sopportarla!». –
32. «Oh, tu lo chiami oltraggio se difendo l’Onore del mio Dio ed aspetto da Lui un segno visibile contro i Suoi avversari? Allora conosci ancora male il grande Iddio, ed osi pure lottare contro la santa fede nei Suoi inviati?». – Io sapevo che soltanto perché ero romano non poteva accadermi niente, perciò continuai: «Guarda! Come il mio Dio adesso aiuterà questi ammalati, in questo modo Egli potrebbe punire te. Ma l’Onnipotente è paziente e di grande Bontà, e la Sua Longanimità con tutti gli smarriti non conosce limiti. Mediante Gesù ci è stato rivelato il Suo Amore di Padre per noi, Suoi figli. Egli voleva guarire tutte le nostre malattie e ci comandò di fare lo stesso. Perciò vi prego di portare ora qui i vostri ammalati, affinché il nostro Dio si possa dimostrare come il grande Soccorritore e come buon Padre verso i Suoi figli sofferenti».
33. Esitanti vennero sette affetti con mali di ogni specie, ed in ginocchio aspettavano il veniente. –
34. Allora andai davanti a questi ammalati e domandai ad alta voce: «Credete voi che Dio soltanto vi può guarire veramente? Allora rispondetemi!». – «Sì, lo crediamo!». risposero essi seriamente.
35. Allora dissi commosso: «Voi sapete che un uomo non vi può guarire, ma la Bontà di Dio vuole oggi rivelarsi a voi – e così io vi dico: nel Nome di Dio, dell’eterno Padre e del Suo Figlio Gesù Cristo – siate guariti! – Egli solamente vi ha aiutato! Ora lodate e glorificate il Suo santo Nome! – Amen!».
36. Gli ammalati si alzarono; – essi erano sani, guariti mediante la forza della fede! Sani, perché Egli voleva magnificarSi come Colui che viene glorificato in tutti i Cieli! – I credenti giubilarono ad alta voce. Ringraziando e lodando, i guariti lasciarono la sala.
37. Io però mi avvicinai ancora una volta al sacerdote e dissi: «Chi è ora un amico di Dio – tu – oppure io? Non possiamo esserlo entrambi, altrimenti saremmo dello stesso sentimento. Dio, i Suoi angeli ed i Suoi amici vogliono soltanto il bene, non vogliono soltanto essere amati, ma condurre anche altri con amore perdonante al grande Iddio dell’Amore e della Misericordia. Questo lo ha fatto Gesù di Nazareth! – Che cosa avete fatto voi? Badate che la Sua mano non vi punisca». Così lasciammo la sala, ma più tardi c’incontrammo di nuovo nella locanda”.
38. Tesi e col cuore mosso tutti i presenti ascoltano le parole di Ursus, ed egli continua: “Vedete, cari amici, i tempi in cui Gesù aiuta visibilmente non sono passati, bensì Egli vorrebbe darci delle vere occasioni di testimoniare per Lui in ogni tempo dalla Sua Forza del Suo soccorrente Amore, Sapienza e Misericordia. Perciò nemmeno voi evitate il lavoro per Gesù, ma cercatelo! Egli, infatti, pone adesso sulle spalle dei Suoi figli il compito che era posto ai Suoi angeli dall’Eternità. Conquistate il cuore del vostro prossimo, affinché anche loro credano nel grande Gesù, allora Gli avrete preparato un luogo dal quale Egli può agire visibilmente! La Sua benedizione e la Forza del Suo Amore sia la vostra parte! – Amen”.
39. Dopo un prolungato silenzio, dice Elisa: “Caro Ursus! Vorrei possedere anch’io la tua fede! Questa chiara consapevolezza: ‘Dio è la mia parte!’, deve certo essere un sapere diverso dal nostro, perché nelle nostre preghiere spesso non sperimentiamo nessuna realizzazione. Non oserei dire davanti a gente radunata: «Il Signore ora ti guarirà!» Se questi sette fossero rimasti ammalati, e Dio avesse soltanto voluto mettere alla prova il tuo coraggio, che cosa avresti fatto?”.
40. Risponde Ursus: “Madre Elisa, adesso non hai dato un grande onore al tuo Dio dimorante in te! Poiché o ti fidi della grande Bontà del tuo Dio e puoi abbandonarti saldamente a Lui, oppure conosci Dio solamente – come forse conosci me. Vedi, anch’io ho dovuto lottare, affinché il mio stesso io tacesse, solo allora la Voce di Dio divenne chiaramente udibile per me. Tutto il discutere e predicare, tutto lo sperare e pregare, per udire in sé questa chiara Voce, è per lo più infruttuoso, finché questo proprio io, facendosi sempre innanzi con tutti i suoi desideri, non impara a tacere!
41. Tu puoi amare il Salvatore Gesù e pregarLo intimamente, puoi prestar fede a tutte le Sue Parole, ma così le condizioni per rendere effettivo il divino potere curativo sono adempiute solamente a metà. Ma se puoi entrare nelle Sue alte Intenzioni d’Amore, nello Spirito che ci viene rivelato in tutte le Sue Parole, allora verrai afferrata dalla Sua santa Vita e puoi lasciarLo operare attraverso di te. Rifletti: non io volevo parlare e testimoniare lì, ma il Suo Spirito mi spinse a testimoniare per Lui! È stato lo Spirito Santo che è stato promesso a tutti attraverso il Maestro, prima che Egli lasciasse visibilmente la Terra e, cara Elisa, queste sono le Sue Parole: «Quando Io qui non sarò più, verrà a voi lo Spirito della Verità e v’insegnerà la vera Sapienza!» – sicuramente queste parole vanno in adempimento! Io vivo nell’interiore la Sua Parola! La Sua Parola però mi fa libero da tutti gli impedimenti. Mi rende forte e vivente. Fa di me il servitore del Suo Amore misericordioso.
42. Quando i miei pensieri volano in alto ai meravigliosi mondi stellari oppure dentro la profondità del mare ondeggiante oppure nella disordinata agitata vita e faccende degli uomini, allora dico a me le parole: ‘Tu meraviglioso Padre, tutto questo mi dice poco della loro vita interiore, ma ora che Ti ho trovato in me, tutte queste cose visibili mi raccontano tanto delle Meraviglie della Tua Grandezza e Sapienza, infatti tutto si rivela adesso al mio spirito come santissima Via proveniente da Dio’. Questo me lo insegnano le mie esperienze. Questa vita però può essere riconosciuta solamente dallo spirito totalmente nuovo che Gesù ci ha donato. – Se tu ed altri non avete ancora vissuto queste esperienze, allora sta solamente nel fatto che questo vostro stesso io, facendosi sempre innanzi, può ancora nascondere questa vita più interiore proveniente da Dio. Dio vive in ognuno, ma Egli si rivela a noi secondo la fede e desiderio nostro”.
43. Replica la madre Elisa: “Ma, fratello mio, io non comprendo che deve dipendere da me se Dio non mi dà ciò che chiedo. Posso in ogni caso solo pregare, come preghi tu ed altri, e nonostante ciò – quante volte le nostre preghiere rimangono inesaudite”.
44. “Mia cara madre e sorella Elisa! Qui c’è ancora nascosto un mistero, la cui oscurità deve essere illuminata prima che tu possa comprendere il mio modo di pregare. L’eterno Iddio è solamente Uno in potenza e magnificenza, ma in te Egli può essere soltanto ciò che la tua anima fa di Lui. – La tua fede è forse maggiore della mia, ma se il tuo Dio in te è così magnifico, così ultrapieno d’Amore e di Misericordia come il Dio in me, non può essere valutato, perché questo mio sta chiuso nella cameretta del cuore. Solo nella conseguenza della Sua divina Pienezza attraverso di noi questo Dio diventa manifesto! – Perciò rallegrati del tuo Dio, come mi rallegro io sempre di Lui! Ad uno è dato di provvedere per dieci, all’altro per mille. Ma per questo, nessuna invidia tra di voi, poiché tutto ciò che diamo, deve dapprima essere accolto da Lui. Quanto più magnificamente il mio Dio vive in me, tanto più è magnifica l’esternazione della Sua Vita attraverso di me! Quanto più limitato è Dio nell’uomo, tanto più misera l’esternazione. Quanto più è magnifica la comprensione del Suo Spirito d’Amore, tanto maggiore è la Sua sfera di Potere nel petto del figlio Suo”.
45. “Fratello Ursus, basta!”, – invoca agitata Elisa. – “La magnificenza del Padre nostro mi sovrasta! In paragone i nostri concetti sono certo solo ben piccoli. Ma tu mi hai insegnato la Grandezza del tuo Dio nell’uomo, e per questo ti ringrazio!”.
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Conduzioni divine
Achibald salva un gruppo di cristiani
1. Nel frattempo Achibald cavalca con i suoi compagni su difficoltosi sabbiosi sentieri verso Est e dice al più anziano della sua gente: “Questo è il mio ultimo servizio, e così già oggi ti lascio il comando!”. – Egli vuole raccogliere i suoi pensieri per essere in sé desto ed attento alle conduzioni divine. Dopo alcune ore di serrata cavalcata, una piccola locanda invita alla sosta. Achibald chiede un po’ di pane e vino, e poiché l’oste stesso serve gli ospiti, gli domanda quanto fosse ancora distante il più vicino abitato, e conclude: “…suppongo che abbiamo preso una strada sbagliata”.
2. Risponde l’oste: “Qui nel circondario, non esistono località più grandi, solo piccoli insediamenti, perché prima quasi non esisteva un traffico verso la Siria. Solo da alcuni mesi vengono spesso delle carovane di mercanti dall’interno del paese; ma non ho mai saputo quali merci veramente erano caricate”.
3. Achibald tende l’orecchio, riflette e poi domanda: “Quando all’incirca sono passati di qui gli ultimi carri?”.
4. “Proprio oggi è passata una carovana, ma soltanto la guida, che era un templare, è entrata da noi”.
5. Achibald si alza all’improvviso, un presentimento dice ai suoi desti sensi che è sulla strada cercata, e cavalca in fretta con i suoi compagni verso i carri. Già un’ora dopo notano in lontananza un gruppo di uomini in questa regione solitaria, e col rapido avvicinamento vedono come due giovani prigionieri sono frustati crudelmente a sangue da altri due uomini.
6. “Fermi! Che cosa succede qui? Chi vi ha dato l’ordine per questo?”, esclama Achibald indignato.
7. Segue un silenzio arrogante, poi uno dei prigionieri dice: “Signore, vi deve aver inviato un Dio! Noi siamo prigionieri, e si voleva stuprare mia moglie, allora abbiamo opposto resistenza, e perciò questa punizione!”.
8. Domanda brusco Achibald: “È vostro diritto, questo, di punire così duramente due indifesi? Presto, legate questi aguzzini!”, ordina ai suoi compagni che sono già in attesa. E rivolgendosi ai colpiti, egli viene a sapere che la loro carovana è già proseguita avanti con altri prigionieri per accamparsi. Così i soldati a cavallo la inseguono con i catturati e presto anche la raggiungono.
9. “Sei tu il responsabile di questa carovana?”, – domanda Achibald ad un templare dall’aspetto tenebroso. – “Hai dato tu l’ordine di frustare a sangue questi due?”.
10. Costui è spaventato alla vista dei romani, poi però dice con arroganza: “Sì, sono io, ed è mio diritto punirli così come lo ritengo necessario. Questi criminali non meritano nessun’indulgenza, perché si sono ribellati ai miei ordini”.
11. Dice Achibald: “Secondo quanto ne so io, chiunque ha l’incarico di portare beni o uomini da un posto all’altro non può infliggere arbitrariamente punizioni, ma solo alla meta ha da notificare alle sue autorità la trasgressione. Io però ho l’incarico di intervenire contro tali guide che deliberatamente infrangono le nostre leggi romane! Poiché arbitrariamente hai fatto eseguire questa crudele punizione sui due prigionieri, ti dichiaro sospeso dal tuo incarico!”.
12. Ed ordina ai suoi compagni: “Svelti, legategli mani e piedi, lo consegnerò al mio comandante!”. L’ordine è subito eseguito. Ci sono però in disparte ancora dieci guardie, le quali hanno paura dei romani. A costoro Achibald ordina: “Portate qui le vostre armi! Non vi accadrà nulla se avete la coscienza pulita, ma per ora siete anche voi nostri prigionieri”.
13. Ora si rivolge ai prigionieri innocenti e domanda: “Perché siete legati? Che cosa avete fatto?”.
14. Risponde uno: “Caro Signore, perché i templari ci hanno sorpreso durante la nostra adunanza serale, dove cantavamo inni di lode al grande Salvatore Gesù e volevamo fortificare la nostra fede in Lui e nelle Sue Parole, essi hanno preso prigionieri molti di noi senz’altro motivo ed hanno legato noi ed altri e caricati su questo carro; tuttavia ignoto ci è il nostro futuro”.
15. Achibald li fa subito liberare tutti e dice: “Voi siete liberi! Secondo la nostra legge, infatti, non siete colpevoli di niente che vi bandisca dalla patria!”. – Lacrime sorgono negli occhi suoi, quando dà il benvenuto agli uomini esultanti di gioia come amici suoi; poi dice ancora: “Ma ora riflettete, dove volete andare?”
16. Ed uno dice: “La nostra patria ci è preclusa, perciò sarebbe per noi indifferente dove andare, soltanto non indietro di nuovo in Giudea!”.
17. A questo punto dice Achibald: “Allora provvederò io per voi”.
18. Poi va dai due colpiti che sono curati dagli altri e chiede: “Dov’è tua moglie? Perché non sono venute da noi le donne?”.
19. Egli riceve per risposta: “Signore, devi perdonarle, le donne sono quasi tutte prive delle loro vesti e si vergognano di presentarsi davanti agli occhi di uomini estranei”.
20. “Allora provvedete alle loro vesti”, ordina Achibald, e ritorna dai suoi compagni. – Fa portare sui carri il templare ed i guardiani legati e fa mettere i ceppi ai loro piedi, come loro avevano tenuto prima i prigionieri. Nel frattempo le donne sono coperte con panni leggeri, e ringraziano con lacrime di gioia per la loro liberazione dalla grave emergenza.
21. Achibald dice alla sua gente: “Vedete qui – quando è colta l’occasione di rendere felici dei sofferenti – quanto bella può essere allora la vita! Ora ho riflettuto, è meglio che rimaniamo qui questa notte, e domattina presto portiamo tutta la carovana da Bernhart; allora il nostro Cornelio potrà decidere su tutto il resto”. – Poi tratta con il proprietario dei carri e degli animali, e si mettono d’accordo sul ritorno a casa di Bernhart. Presto i fuochi per la cucina divampano, gli animali pascolano, e tutti cercano poi la quiete dopo questo giorno così ricco di avvenimenti.
22. Già verso il mattino si mettono in marcia; è un ritorno difficoltoso, ma alla fine, quando il Sole è già al tramonto, giungono stanchi ma lieti sul terreno di Bernhart.
23. Cornelio è sconvolto dalla miseria dei giovani cristiani, ed Ursus ed Elisa provvedono con partecipazione alla loro sistemazione. Tutti, dopo i giorni di sofferenza sopportati, sono immensamente grati per il loro amore dimostrato, infatti, essi non hanno ancora provato tali premure.
24. Per dare ancora una solenne conclusione a tutti gli avvenimenti di questo giorno, Ursus fa la proposta di trovarsi insieme all’aperto, affinché le anime potessero ristorarsi nel grande Amore di Gesù; e così racconta loro del suo primo incontro con Gesù risorto[4].
25. Profondamente impressionati di questo dono speciale, tutti concludono questa bella serata in raccoglimento e lode per tutte le sagge conduzioni divine.
26. Il nuovo giorno porta diverse decisioni. Eusebio ritorna a casa con i suoi figli. Cornelio ed Ursus si congedano dagli amici e tutti si rallegrano del rivedersi in occasione delle nozze.
27. I prigionieri vengono portati sotto stretta sorveglianza romana a Capernaum per essere giudicati.
28. I salvati dalla grave emergenza per il momento sono inseriti nella comunità della casa di Bernhart, per stabilirsi più tardi nella nuova colonia romana, e con ciò possono guardare ad un futuro di pace.
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Festa nuziale di Achibald, Giuseppe e Joram
1. Nella casa di Eusebio domina grande gioia di lavorare. Secondo le indicazioni di Elim vengono costruite subito strade e vie sul nuovo terreno acquistato. Sono occupati molti operai ed artigiani ed edificano una casa dopo l’altra, e la Benedizione di Dio sta visibilmente su tale gioiosa attività.
2. In casa di Bernhart abita ora Achibald, per sorvegliare i lavori per la nuova colonia romana. Cornelio ha mandato con mezzi dello Stato grandi carovane con costruttori e tutto il materiale necessario, e dopo tre mesi già può essere annunciato che la grande opera si avvia al suo compimento.
3. Il giorno delle nozze può essere fissato. Cornelio ed Ursus ricevono l’invito. E poi madre Elisa con le sue figlie si prepararono alla partenza per andare dal padre Eusebio ed Achibald le accompagna.
4. Un giorno prima della festa viene il comandante Cornelio con diversi ufficiali romani, i quali sono bensì suoi amici, ma non ancora seguaci di Gesù, accompagnati da un sacerdote romano che ha abbracciato la fede cristiana e che deve celebrare i tre matrimoni.
5. Cornelio ispeziona attentamente i nuovi insediamenti e stringe grato la mano di Elim per tutti i suoi sforzi, la sua fatica ed accortezza per questo.
6. Nel frattempo sono arrivati nuovi ospiti, e precisamente Ursus con una carovana da Betania, poiché molti fratelli e sorelle si vogliono fondare una propria casa nel nuovo insediamento di Achibald.
7. Come sorpresa speciale è venuta anche Maria, la madre di Gesù, così pure Lazzaro con sua sorella Maria e per la più grande gioia di tutti anche i due discepoli Giovanni e Pietro. Ruth è molto felice di conoscere la madre di Gesù; gli uomini si schierano intorno ai due apostoli ed ascoltano devoti le loro testimonianze sulla vita terrena di Gesù, testimonianze che anche sul sacerdote romano fanno una profonda impressione.
8. Per la nuova casa del suo Achibald, Cornelio si è incaricato lui stesso di tutto l’arredamento, deve essere il suo dono di nozze e perciò nessuno di loro deve vederlo prima.
9. Quando il mattino seguente, dopo colazione, tutti gli invitati alle nozze si sono radunati, vanno con lieti canti di lode verso la nuova casa di Achibald, dove devono svolgersi tutti i festeggiamenti. In testa al corteo va Eusebio tra Cornelio e Bernhat; a loro seguono i tre giovani Achibald, Giuseppe e Joram. Tra le due Marie procede la madre Elisa e dietro di loro le tre spose in vesti adornate a festa, dietro Ursus con i due apostoli e poi gli altri ospiti.
10. Al limite dell’insediamento fino alla nuova casa si sono schierati dei soldati romani, le armi scintillano al Sole, e col braccio alzato salutano il corteo nuziale. All’ingresso della casa Elim aspetta l’arrivo con due araldi romani; e ad un suo segnale escono da destra e da sinistra cinque suonatori di fanfare e salutano gli ospiti.
11. Elim chiede il permesso di poter aprire adesso la nuova casa, e poi vi entrano come primi i tre padri. Sorpresi, gli ospiti ammirano la bellezza di una grande sala con un’alta croce d’avorio decorata con fiori, dietro alla quale stanno sette candelieri ardenti. – Gli araldi pregano di prender posto.
12. Tutti gli occhi sono ora rivolti al funzionario imperiale, il quale consegna ai giovani sposi l’attestato romano con ampi pieni poteri sui loro insediamenti; e la madre Elisa è nominata sovrintendente del nuovo orfanotrofio.
13. Dopo, il sacerdote celebra i tre matrimoni secondo il rito romano, e con preghiera ed una benedizione dai salmi termina questa semplice cerimonia.
14. Il sacerdote prega ora l’apostolo Giovanni di dare a questa cerimonia ancora la vera consacrazione, e Giovanni con Pietro va all’altare e comincia: “Miei amati amici, fratelli e sorelle! Con questa semplice solennità che ci ha donato l’Amore divino, siamo qui riuniti ed abbiamo ricevuto come comunità nuziale la Benedizione del nostro grande Iddio, del nostro vero Padre dall’Eternità. Noi, quali eletti testimoni di Suo Figlio, del nostro Maestro Gesù Cristo, abbiamo da portarvi in quest’ora consacrata una testimonianza ancora più grande del Suo Amore per i Suoi figli, e così vi prego: datevi l’un l’altro la mano, uniamoci in un’intima unione, affinché la santa energia della Sua Potenza d’Amore possa compenetrarci tutti!” (Tutti si porgono le mani, formano così tra di loro una catena ed ascoltano pieni di aspettativa ciò che ora deve seguire).
15. “Gesù, il buon Salvatore di tutti gli uomini, ci ama così intimamente che Egli stesso in quest’ora con la Sua visibile Presenza vuole consacrare questa vostra solennità, per rinnovare il santo legame del cuore con voi tutti e consolidarvi per le prove della vita!”.
16. Poi Pietro si sposta di un passo verso sinistra, e tra i due apostoli a tutti diviene visibile la splendente bianca Figura di Gesù! –
17. Afferrati in profonda devozione tutti gli occhi guardano a Lui! Nessuno può sottrarsi alla santità di questo momento. Dopo un silenzio pieno di solennità, Giovanni continua: “Sebbene la Sua bocca tace, sebbene ognuno desideri intendere volentieri Parole da lui, al magnifico-presente, allora pure la Sua Volontà ci sia Legge! – Ma la Sua Volontà è: comunicare con i Suoi veri figli soltanto nel loro cuore! Quanto volentieri Egli vuole, quale il più puro Amore, parlare con ogni figlio, appena si decide ad entrare nella Verità in un intimo legame di cuore con Lui!”.
18. Ora il Signore alza le Sue mani benedicendo. – In quell’istante tutti sono afferrati da una potente energia di Forza e Chiarezza divina. Ognuno sente la Mano benedicente del grande Salvatore posare su di sé, ma dopo un momento di silenziosa quiete, – la Sua visibile Figura è scomparsa.
19. Passano minuti, – poi Giovanni continua: “Come Dono pieno di Grazia del nostro buon Maestro, posso ora annunciarvi: mai potrete dimenticare durante la vostra vita questo santo momento! E se mai qualche difficoltà dovesse venir su di voi per la prova della vostra fiducia in Dio, allora pensate a quest’ora in cui Gesù ha rinfrancato visibilmente un legame con voi in dimostrazione della Sua costante Presenza, che vuole riversarsi in noi con la Forza divina, se rimaniamo consapevoli del Suo Amore soccorritore!
20. Ed ora ascoltate ancora: tu, Achibald, Giuseppe e Joram – lungi sia da voi d’ora in poi ogni timore! Compenetrati dal creativo Spirito di Vittoria la Sua meravigliosa Assistenza vuole cooperare in tutto il vostro lavoro, invisibile per il mondo, ma evidente deve diventare la Sua benedizione per tutti i credenti.
21. A voi tre giovani donne sia il Dono di portare aiuto agli ammalati ed oppressi nell’anima. La Sua santa Volontà d’Amore possa sempre rendere evidente al vostro cuore, fin dove l’aiuto è consigliabile. Ciò che le vostre mani benedicono, deve essere benedetto! –
22. A voi, cara comunità in festa, io dico: non passi giorno in cui non distribuiate qualcosa di questo Amore benedicente che Gesù vi ha donato oggi. – Ora il fratello Pietro può continuare a parlare quale fedele testimone dell’Amore liberatore di Gesù”.
23. E Pietro comincia: “Cari fratelli, cari amici! Quest’ora è per tutti noi un nuovo anello nella catena delle Dimostrazioni della Grazia Sua. Gesù, che si è sacrificato sul Golgota per l’umanità decaduta da Dio ed è Risorto come Vincitore sulla morte, ha fatto di noi, Suoi discepoli, portatori del Suo Spirito Redentore, per ricondurre tutti gli smarriti e perduti alla vera Esistenza e Vita divina. – Nessuno dica: ‘Io non posso e non devo avvicinarmi a Lui, poiché ero troppo sprofondato nel mondano’, ma ognuno sia consapevole: questa conoscenza della Sua intenzione di redenzione ci sia da incitamento per risvegliare anche in noi qualcosa di questo Spirito Redentore! Ma non per possederLo solamente, bensì per realizzarlo nel prossimo e con ciò glorificare Gesù.
24. La Luce raggiante nella Sua Dottrina ci deve indicare nuove, luminose vie per l’attività del nostro amore per il prossimo, ed il Suo aiuto ci darà la chiarezza e la forza per ogni riuscita. Quello che il vero, disinteressato amore vuole attraverso di voi, è come se lo volesse Dio, e porta già in sé l’impronta della Benedizione divina. – Così accogliete ora il Dono di questa grande Gioia per l’attivazione del vostro amore per il prossimo, e contribuite affinché anche negli altri si risvegli una tale gioia del cuore al volontario soccorso. – Amen”.
25. Dopo di ché Cornelio prega i presenti a prender parte al banchetto e li conduce di sopra, dove è preparata una tavola nuziale, come non l’ha vista mai nessuno. Servitori vestiti di bianco attendono gli ospiti ed assegnano loro i posti. Su un palchetto siedono due suonatori d’arpa ed accompagnano l’atmosfera festosa con delicati canti.
26. Cornelio si alza, congiunge le mani e dice: “Figli miei, amici e fratelli! Davanti al mio occhio interiore la figura di Gesù diventa di nuovo vivente. Nel Suo intendimento del servizio d’amore ho fatto preparare questo banchetto, ed ora vogliamo ringraziarLo per il fatto che Si è rivelato a noi tanto amorevolmente, e così unitevi a me nella preghiera: Signore! Tu hai nuovamente riversato in ricca misura il Tuo Amore e vuoi renderci felici con i Tuoi Doni ed hai rifornito riccamente anche questa tavola! Perciò Ti ringraziamo dal profondo del nostro cuore e Ti preghiamo: sii presente! – Sii nostro Ospite! E benedici anche questi Doni, come hai benedetto noi! – Amen!”.
27. I suonatori d’arpe fanno sentire le loro melodie, e per tutti diventa un gioioso banchetto.
28. Alla fine Elisa prega la madre Maria di raccontare ancora qualcosa dell’infanzia di Gesù, e così si svolgono davanti a loro scene della vita quotidiana presso i Suoi genitori, come ancora nessuno le conosceva. Maria conclude: “Non esiste giorno nella vita di Gesù, nel quale Egli avesse dimenticato il Suo santo compito, la Sua grande meta!
29. Ciò che io allora non potevo riconoscere, mi viene oggi incontro luminoso, come il Suo serio sforzo per l’unificazione con Dio. Che cosa erano tutte le nostre preoccupazioni, lotte e paure per Lui? Nient’altro che troppa poca fede e fiducia. Mentre Gesù lottava con tentazioni interiori e bramava ardentemente di avere amore e comprensione, noi ci attenevamo di più a ciò che il tempio insegnava come giusto e Lo volevamo istruire.
30. Mai però abbiamo sentito un rimprovero da parte Sua sulla nostra incomprensione delle Sue alte intenzioni. E se io soffrivo sotto i conflitti interiori delle nostre differenti opinioni, Egli trovava sempre la giusta Parola consolante, e come balsamo era la Sua delicata comprensione per la nostra insufficienza. Elevatamente alto Egli stava sulle nostre debolezze umane, ma per tutti Egli era il Soccorritore e Liberatore! Per tutti, Colui che ci voleva rendere felici per l’eternità!
31. Non sono beata perché ero Sua madre, oh, no, beati sono tutti coloro che con amore Gli preparano il loro cuore come luogo di dimora, e che hanno soltanto una preoccupazione: non rattristarLo mai, bensì sono gioiosamente pronti a vivere per Lui e, se necessario, anche morire per Lui! Quale immenso Amore aveva Egli per i Suoi fratelli, risulta dalle Sue parole, quando morente mi disse: «Vedi, questi è ora tuo figlio!». Soltanto quest’eredità mi ha portato chiaro alla coscienza il compito mio! In ogni figlio, infatti, vedo ora il desiderio verso il vero, comprensivo amore materno!
32. Cari amici! Il mondo ancora oppone resistenza a questo Spirito disinteressato, anziché sacrificarsi allo Spirito dell’Amore comprensivo. Ma ancora verrà un giorno il tempo in cui questo Spirito ordinerà un arresto a tutte le potenze distruttive, per realizzare totalmente il Suo Regno della Pace. Rallegratevi, voi cari, che siete tutti chiamati a collaborare a questa Sua grande Opera! D’ora in poi, infatti, non esiste più un servizio d’amore più alto e nessuna più grande gioia, come aiutare il proprio prossimo e riconoscere Gesù come l’Altissimo”.
33. Maria tace. – Con santo sentimento è stata accolta ognuna delle sue parole, – ma ora vogliono sapere di più proprio coloro che Lo cercavano di meno. Maria però spiega loro: “Nell’Amore servente per il prossimo vostro, il Suo Spirito già vi verrà incontro. Sperimentate questo soltanto una volta, ed anche i vostri concetti della Sua Essenza si allargheranno”.
34. Cornelio dispone ora una pausa per tutti, ma la sera vogliono concludere questa giornata di festa con una preghiera in comune. Gli uomini visitano volentieri casa, cortile e giardino; ed Elim, quale amministratore competente, ha molto da spiegare.
35. Lazzaro promette di inviare ancora parecchia gente utilizzabile per aiuto, gente che egli ha così in abbondanza, perché Betania è diventato un luogo di rifugio per così tanti perseguitati.
36. La madre Maria si è unita alle donne. Elisa si sente come una figlioletta nella sua benedicente silenziosa vicinanza.
37. Il padre Eusebio non ha ancora mai sperimentato così tanto amore come oggi, e dice in tono lieto al suo amico Bernhart: “Fratello mio, quanto il buon Dio ha trasformato quella notte degli orrori nella più grande Benedizione! Possiamo rallegrarci di questo ben eternamente!”
38. Quando viene la sera, i servitori invitano di nuovo gli ospiti nella grande sala da pranzo. Giovanni impartisce la benedizione e conclude: “Tu guardi nel nostro cuore, nei nostri pensieri, e questi Ti rivelano la nostra gratitudine, gratitudine che ora Ti vogliamo offrire come figli Tuoi. La Tua Volontà sia fatta in eterno! Perché Tuo è il Regno e la potenza ed ogni magnificenza! – Amen”.
39. I cantori d’arpe intonano delicate solenni melodie e dopo il pasto Cornelio invita gli ospiti sul terrazzo della casa per un raccoglimento serale. Elim ha preparato per tutti dei comodi posti, l’altare della sala inferiore adesso sta qui sopra, ed i sette candelieri già bruciano.
40. I suonatori d’arpa ad ogni lato dell’altare introducono ora con dolci accordi la benedizione della sera, e Ruth vuole cantare un salmo della sofferenza e della grande gioia sulla salvezza. Essa comincia con voce bellissima, accompagnata dalle due arpe il salmo 126.
41. Quando Ruth si è nuovamente seduta al suo posto accanto ad Achibald, si alza Giovanni, va all’altare e dice: “I suoni sono andati perdendosi, e perdendosi è andato il nostro canto di lode, ma suoni e lode continuano a vivere operando come vibrazioni nel nostro cuore. Un grande giorno, un giorno di gioia e di adempimento di molti desideri è dietro di noi, ma ancora più importante perché è un giorno che ci ha uniti intimamente con il Signore!
42. Amici miei, noi, quali Suoi discepoli, abbiamo il compito di testimoniare di tutto ciò che il nostro Signore e Maestro Cristo Gesù può magnificare Egli, infatti, è l’Unico Signore di tutti i mondi! Per Amore delle Sue creature smarrite l’onnipotente Creatore stesso è divenuto Uomo in Gesù. Egli voleva liberare la Terra ed i suoi abitanti da tutte le catene dell’egoismo e della lontananza da Dio, cose che causano ogni sofferenza. Gesù ci ha sempre mostrato il grande Creatore come Padre, e le Sue meravigliose intenzioni con la conduzione delle anime umane fino alla loro perfezione. Gli abitanti di questa Terra però hanno spesso dimenticato il loro Creatore e Conservatore e volevano organizzarsi la loro convivenza secondo le proprie leggi.
43. Quanto chiaramente Gesù ci ha rivelato la vera essenza della Divinità e le Sue intenzioni con la creazione di questa Terra. Sarebbe stato dovere di ogni uomo esaminare almeno le Sue rivelazioni e poi accogliere la loro Verità, – oppure no! Solo pochi però si sono presi la fatica di comprendere la Sua alta Missione, per afferrare qualcosa dell’Essenza di Dio, e questi sono diventati amici Suoi. Tutti gli altri però hanno rifiutato senza riflettere quest’Uomo veramente raro, – e sono diventati i Suoi acerrimi nemici. Come aumentò la grandezza di Gesù, la potenza e magnificenza della Sua Dottrina, crebbe anche la volontà distruttiva dei Suoi nemici.
44. E questo vero Amico e Salvatore di tutti i poveri ed ammalati lasciò apparentemente trionfare su di Sé questi nemici. Ma con ciò Egli ci volle mostrare una nuova via, come ogni uomo impari attraverso lotta e sofferenza a superare il suo egoismo, per poter benedire ancora perfino i nemici suoi e diventare con ciò simile a Dio. – Così Egli ci ha rivelato la magnificenza del Regno di Dio nel nostro mondo interiore. E perciò oggi dovete per un momento guardar dentro in un tale Uomo, nel Quale altrimenti non possiamo penetrare, che però nella nostra esistenza terrena esteriore pur si erge dentro. Perciò dico ora secondo la Volontà del Signore – “Hephata! – apriti!”.
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Nella sfera di Stefano nell’aldilà
Gesù parla attraverso Giovanni
(scene nel mondo dello spirito)
1.
Nuvole di luce circondano gli ascoltatori,
– un’altra Luce comincia a risplendere, ed in questa luminosità all’improvviso
sta dinanzi agli occhi di tutti un bellissimo paesaggio. In lontananza diviene visibile un tempio ed è come se
venisse vicino a loro. Le cupole dorate splendono, e adesso la porta aperta è
già così vicina che essi guardano nel vestibolo interno e subito anche entrano.
La loro meta è raggiunta, tutti sono ora visitatori di questo tempio.
Attraverso un altro ingresso entrano molti uomini gioiosi bianco vestiti, ma
costoro non vedono ancora gli uomini terreni. Essi occupano posto completamente
davanti, a sinistra le donne, a destra gli uomini spettatori. Su un loggione si
trova un coro di fanciulli accanto all’organo, sul quale suona un giovane, e
con chiare, gioiose voci cominciano essi a cantare un inno di lode, di
ringraziamento e di adorazione.
2.
Ora viene un sacerdote,
è Stefano, il quale è stato lapidato dagli sgherri del tempio. Il
suo primo sguardo di saluto appartiene ai visitatori della Terra, e così dice a
loro: «Fratelli
e sorelle, che per Grazia di Dio potete oggi essere in questo mio attuale
mondo, vi saluto! Ciò che come uomo non immaginavo, non avrei potuto afferrare,
qui è realtà! È stato difficile per me abituarmi a vivere in queste bellezze,
in questa grandiosità inesprimibile, gravando sulla mia anima ancora un incubo
dal terreno, ma il mio stesso Gesù m’introdusse in questo mondo quale Patria mia.
3. Quando domandai: ‘Quanti di questi cieli così belli esistono?’, allora Egli disse: “Di questi ne esistono senza numero! – Ma il tuo mondo esiste una volta sola, perché tutto ciò che trovi qui, lo hai formato tu stesso così bello attraverso il tuo Amore per Me e per il tuo prossimo. È per me una grande gioia che vuoi condividere il tuo mondo con coloro che per Amore del Mio Nome hanno dovuto lasciare anche la loro vita terrena, e procuri loro una Patria che è degna dei Miei veri figli”.
4. Così io penso soltanto con malinconia ai miei fratelli terreni, i quali ancora sospirano sotto il peso della preoccupazione e della sofferenza e non immaginano che cosa li attende un giorno. La più grande delizia è appunto la spensieratezza nella quale viviamo noi tutti qui, perché adesso riconosciamo le savie intenzioni di Dio con tutti i nostri comportamenti. Qui il minimo pensiero o desiderio trova già in brevissimo tempo il suo adempimento.
5. Certo, anche qui noi lavoriamo ed operiamo, ma non ci stanca, bensì ci rende lieti e pieni di forze. In questo mio mondo ci sentiamo tutti liberi e felici, perché non più il minimo impulso verso il basso opprime la propria vita interiore. Guardatevi intorno, ovunque c’è ordine ed armonia, ed in questo splendore raggiante si rivela a noi il grande Iddio come la Sorgente di ogni Luce e di ogni Vita.
6. Per amor vostro, – ora sorge nel mio cuore il desiderio di darvi una prova di quest’esperienza da portare nel vostro mondo. Perciò voglio porgere ad ognuno di voi una bevanda che renderà più forte il vostro spirito interiore, e dovrete sempre risentirne il delizioso gusto, quando ci penseremo l’un l’altro e c’incontreremo sul piano spirituale».
7. Stefano pronuncia un nome, viene un giovane con una brocca e delle coppe d’oro trasparente. Stefano prende entrambi e porge ad ognuno, prima alla madre Maria, la coppa riempita. Per ognuno esprime brevi parole di benedizione, ma tutti vedono che la brocca non si svuota. «È un Dono di Grazia dell’Eterno Amore», dice egli alla fine, «posso distribuirne quanto ne voglio, nell’attimo stesso è risarcito, sia esso pane, sia esso vino, siano essi frutti, le dispense sono sempre piene.
8. Oh, fratelli miei! Mai dimenticate questa santa ora che avete potuto trovarvi nel Cielo del fratello vostro. Io vedo ancora domande in voi, così vi dico per consolazione: non soltanto nel Cielo l’eterno Padre è di Casa, bensì tale e quale presso i Suoi figli ancora lottanti sulla vostra Terra; e Lo rende felice, se essi non temono la lotta per il Sommo. Lo troverete in voi, se il vostro cuore s’infiamma nell’Amore. Lasciatevi ancora benedire da me. Il Suo Spirito venga su di voi! Egli sia la vostra Guida interiore e dia al vostro spirito la testimonianza che siete figli Suoi! – Amen!».
9. Con queste parole di Stefano ai suoi fratelli terreni gli altri presenti nel tempio ne sono informati e così anche loro adesso vedono questi visitatori, i quali, sebbene nel loro corpo astrale, hanno lo stesso aspetto di quelli viventi nella carne. Ci sono anche loro conoscenti tra questi, così quelli della madre Maria, Lazzaro, Giovanni e Pietro, e sorge il desiderio nei dipartiti di parlare con loro.
10. Allora dice Stefano: «È anche desiderio del nostro Padre santo che scambiate alcune parole con i vostri fratelli terreni, perciò è tutto preparato davanti al Tempio. Ogni impulso dell’Amore reciproco deve trovare il suo adempimento». E così la cerimonia è finita.
11. Stefano si è unito ad Eusebio e dice: «Fratello, solamente chi entra qui nell’aldilà impara a conoscere l’infinito Amore del Signore. Ma è difficile parlar di questo a voi, poiché le nostre parole provengono dalla vita dello spirito e sono anche comprensibili soltanto al vostro spirito. Appena esso è infiammato della vita spirituale qui regnante, allora giunge l’impulso alla creazione e da ciò si giunge a sempre maggiori magnificenze. Perciò usate bene i vostri giorni terreni, infatti, ogni pensiero dell’Amore messo in atto lo trovi qui come frutto delizioso; e da questo sorge una nuova creazione nel tuo stesso eterno mondo.
12. Saluta ora lì tua moglie, la quale s’intrattiene con i tuoi figli, ma ricorda che quest’ora è un meraviglioso Dono della grande Grazia di Dio!».
13. Eusebio corre là dove i suoi figli ed Achibald s’intrattengono con un essere amabile. Gli costa fatica dire anche soltanto una parola, ma sua moglie lo saluta: «Eusebio! Gioisci di quest’ora di Grazia che ho bramato spesso, per dimostrarti come Dio ricompensa. La nostra vita in comune non è finita, ma soltanto interrotta, per passare in un’esistenza superiore. Mi rallegro già, quando potremo nuovamente servire insieme alla Sua grande Opera». – E ad Achibald essa dice: «Ma a te, figlio mio, che ti sei dichiarato oggi a tua moglie data a te da Dio, dico: vogliatevi bene nello Spirito di Gesù che vuole soltanto rendere felice, allora la benedizione sta sulla vostra vita. Ma anche voi, Giuseppe e Joram, accogliete queste parole, che esse vi siano indicazioni per quell’amore, per il quale si può anche morire per Gesù!».
14. Ora Giovanni prende Stefano per mano e dice: «Fratello, il tempo qui è finito, il Signore ci chiama di nuovo indietro sulla Terra. Ma il tuo Amore non lo dimenticheremo».
15. Lentamente le bellezze di questo mondo svaniscono, i pensieri ritornano lentamente nella realtà terrena e, come se si strappasse un velo, tutti si vedono nuovamente riuniti sul terrazzo.
16. Dopo un lungo silenzio, quando gli occhi di tutti sono rivolti a Giovanni, questi dice: “Se afferriamo l’importanza di questo giorno e di quest’ora completamente, soltanto allora ci renderemo interiormente conto come un Padre divino cerca di educarci a figli Suoi. Siamo stati, secondo l’anima e lo spirito, nella sfera del nostro fratello deceduto ed abbiamo contemplato un mondo e vissuto la forza e l’amore che ci ha potuto far sperimentare questo, per realizzare lieti tutti i compiti a noi spettanti”.
17. E
Giovanni continua: “Ora io vedo venire il
Signore verso noi! Nei Suoi occhi c’è uno Splendore, ed ora Egli vi parla attraverso di me: «Non senza motivo ho scelto Io questa Terra e vissuto
qui come Uomo, e non senza motivo Mi trattengo ancora cercando, soccorrendo e
salvando, come quest’ora dà a tutti voi la dimostrazione. Sono ben rapito al
terreno per i vostri occhi, e qualcuno implora: “Se potessi vederTi una volta
soltanto!
18. Il Mio Cuore paterno vorrebbe ben volentieri esaudire ogni desiderio, ma i Miei figli si devono sviluppare liberamente nella loro fede e nel loro amore. Dal loro proprio volere si devono edificare il loro mondo interiore. I Miei figli devono portare in sé la Mia Vita, intessere il Mio Io con il proprio io, per essere per tutto il mondo già sulla Terra un prototipo cittadino del Cielo.
19. Perciò
santificatevi ancora di più, per essere consolidati, quando il nemico di ogni
vita interiore cercherà ancor sempre di profanare Me e voi!
20. Figlioletti! Il mondo pretende il vostro servizio, pretende l’ultima cosa, per derubarvi della cosa più magnifica! Ma vi fa maturare con ciò per la Grazia Mia. Perciò liberatevi del vecchio amore per tutto il passeggero, per sviluppare il più sublime della Mia Vita in voi! Di questa però vi può essere data soltanto quanto voi sacrificate agli altri. Vivete però nel Mio Amore e nel giusto Ordine, allora la Mia benedizione diventerà visibile ed attraverso di voi verrà rivelata a tutto il mondo. – Amen!»”.
21. Poi Giovanni alza le sue mani e dice: “Così accogliete secondo la Sua santa Volontà la Sua benedizione, affinché diventiate viventi nell’Amore per Lui e per il vostro prossimo! Rimanete in Lui, affinché anch’Egli possa rimanere in voi! Amen. Amen”.
22. La celebrazione è terminata, e profondamente commossi tutti gli ospiti si incamminano diretti alla casa di Eusebio.
*
23. Il mattino successivo Cornelio, Ursus e Bernhart accompagnano la giovane coppia nella loro nuova casa e quindi alla loro nuova vita.
24. Elim ed il sacerdote aspettano Achibald come il nuovo padrone e proprietario, ed Elim dice: “L’Ordine proveniente da Dio m’impone di consegnarti ora le chiavi della tua casa. Io sarò sempre un fedele amico e giusto amministratore. La Grazia del Signore e la Sua benedizione siano con voi!”.
25. Poi compaiono i nuovi operai appartenenti al nuovo insediamento con i loro congiunti, ed anche a questi vengono, per amor dell’Ordine, solennemente consegnate le chiavi per le loro nuove dimore, sebbene essi vi abitino già.
26. Achibald saluta ognuno e poi dice loro: “Amici miei e compagni di casa! Vi prego tutti, aiutatemi in quest’iniziante opera dell’Amore per il prossimo, per costruire a molti infelici una nuova patria. Il pensiero conduttore della nostra convivenza sia: ‘Fedeltà per fedeltà!’. Nessuno abbandoni l’altro né nella gioia né nella sofferenza, allora Gesù, quale Signore del Cielo e della Terra, benedirà il nostro legame visibilmente”.
27. Ruth guarda piena d’amore al suo Achibald, poi dice a tutti: “Il governo pieno d’Amore del nostro Dio mi ha messo al fianco del vostro signore, il quale vuole essere per voi tutti, fratello e padre. Vi prego: fate in modo che stiamo nella giusta fiducia reciproca, come ci ha insegnato il Salvatore. Venite tranquilli da me quando vi spinge l’amore, io vorrei essere tanto volentieri per tutti voi, sorella e madre!”.
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Teofilo e Lazzaro vanno a Gerusalemme
1. Betania è ancor sempre l’unico luogo di rifugio dove a tutti i perseguitati è dato vero conforto e giusto aiuto. Lazzaro è compenetrato della forza del santo Amore per tutti gli uomini e si sente interiormente unito a Colui che lo rende così ricco e lo innalza al di sopra di ogni piccolezza, infatti, non passa giorno nel quale non gli vengano rivelate nuove dimostrazioni del divino Amore e meravigliose conduzioni.
2. Un mattino, quando Lazzaro intende andare a Gerusalemme con alcuni servitori, per comprare lì olio e frutta, viene Teofilo e li prega di poter andare con loro, per stare alcune ore presso i discepoli.
3. Cammin facendo Lazzaro dice: “Caro Teofilo, mi rallegro di poter parlare una volta con te da solo. Tu sai che mediante Ursus poco tempo fa ho conosciuto nuovi amici nel nord della Galilea. Il modo del loro operare somiglia al nostro, soltanto manca loro ancora l’ulteriore insegnamento nella nostra Dottrina di fede. Avresti tu voglia di lavorar lì con alcuni di uguale sentimento nostro, come insegnante e sacerdote? Io so che da parte degli amici romani è fatto molto di materiale, ma l’importante è, in ogni modo, che alla fine la comunità sia iniziata nella più profonda comprensione della Dottrina di Gesù. E così io penso che tu saresti la giusta personalità per questo”.
4. Teofilo riflette, – poi dice grave: “Caro Lazzaro, ciò che qui tu mi consigli, è come se mi parlasse il Signore. Perciò ti ringrazio di cuore e voglio pregare il Signore di rendermi capace e degno di questo servizio nel Nome Suo. Disponi tu stesso tutto il necessario per questo e decidi i fratelli che devono venire con me, infatti, la cosa più importante è che tutti siamo compenetrati dal vero Spirito di Gesù, affinché la santa Parola di Dio incida vivificante sul loro cuore ed i concetti della Sua Dottrina possano influire nel mondano sempre più concretamente e magnificamente”.
5. Lazzaro è lieto di questa rapida accettazione, e dichiara ancora: “Io sperimento spesso nei nuovi arrivati, che essi, sebbene non abbiano conosciuto Gesù nella Sua Vita terrena, danno di Lui ancora spazio ad immaginazioni del tutto umane, cose che possono portare un giorno a grandi errori.
6. Oggi, in cui dalla Sua visibile scomparsa da noi il Signore e Maestro è puramente divinizzato, il Suo lato umano non si deve spingere nel primo piano dei nostri concetti, perché con questo il Suo eterno Spirito-Padre sarebbe celato. Perciò, mio Teofilo, questa mia previdenza per i nuovi insediamenti dei nostri amici”.
7. “Ti comprendo perfettamente, caro Lazzaro”, – risponde Teofilo, – “e se tu sei convinto che io sia la persona giusta per questo, allora l’andare via da te non può più essermi difficile. In ciò io sento una dimostrazione della Grazia divina, poter essere utile in questo modo ai miei fratelli ed anche al nostro Gesù”.
8. Da lontano vedono Gerusalemme. Il movimento da queste parti è particolarmente animato e Lazzaro nota che si vedono soldati del tempio molto più di prima, dice perciò a Teofilo: “Questo non è senza significato, il tempio fa fatica a preservare la sua considerazione! Si deve badare a tutto ciò che succede nel nostro limitato come più lontano mondo circostante. Secondo l’esteriore ci protegge bensì il diritto romano, ma quando interiormente in noi si scosta qualcosa dalla giusta vita, sempre si fortifica l’avversario.
9. È sicuramente giusto di essere compenetrati del tutto dalla consapevolezza: ‘Io sto sotto la protezione del Supremo!’, ma questo sapere presuppone la massima prudenza. Quanto più il tempio si arma, tanto più chiari dobbiamo essere nell’interiore! Solo allora sono adempiute le condizioni, dove Dio, il Padre di noi tutti, può mantenere la Sua Parola e la Sua Promessa: Egli non ci vuole abbandonare né perdere. Quante cose abbiamo visto nell’ultimo anno, e tu sai, mio Teofilo che ogni sofferenza ha sempre trovato una meravigliosa soluzione”.
10. “Hai ragione, caro Lazzaro. Ma se pensiamo a tutti coloro che per amor di Gesù soffrono e da qualche parte languono nelle prigioni, che cosa dobbiamo veramente fare? Non si conclude niente con la violenza, e nemmeno le nostre preghiere portano loro la bramata libertà”. –
11. “Mio caro Teofilo”, dice grave Lazzaro, “non abbandonare il terreno sul quale ti ha posto l’eterno Amore! Non hai sperimentato su te stesso, che Dio ha molti mezzi e vie per salvare i Suoi fedeli. Certo, le nostre preghiere non salvano nessun fratello dalle prigioni dei templari, ma diamo loro la forza, affinché diventino tranquilli e pieni di fiducia, e poi Dio può aiutare come vero Amore che porta Redenzione. È così doloroso sapere che dei fratelli di fede sono nelle prigioni, ma per coloro che vivono nella tribolazione ogni buon pensiero è Luce, un raggio di Sole. Quanto più il cuore è colmato con Forza, tanto più so: io non sono abbandonato, Dio è con me!
12. Ricordati sempre di questo, tutto ha il suo saggio motivo e deve servire allo sviluppo verso l’Alto e verso l’interiore. Quanto più ti dedichi del tutto in questo senso al tuo santo compito della vita, tanto più chiaro diventa anche il tuo sguardo e compenetri le cose in una luce del tutto diversa di prima. Il tempo in cui Gesù, come uomo, era ancora preoccupato per il nostro benessere, per la nostra quiete e sicurezza, è passato. Ora, in cui conosciamo i mezzi che Egli ci ha donato, e possiamo portare dentro di noi il Suo Spirito come vero Consolatore e Guida interiore, dobbiamo noi stessi formare il nostro destino e la futura esistenza mediante il nostro comportamento interiore.
13. È proprio la gioia più grande per il nostro Signore ed eterno Padre, quando un figlio del Suo Amore fa pieno uso di tutti i Doni, Doni che ci rendono liberi, lieti e forti. Tutte le potenze dell’abisso si sciolgono con ciò in nulla, e tutte le ostilità diventano infruttuose. Questa è la mia fede ed il mio sapere, il mio conforto e la mia sicurezza”.
14. Teofilo guarda a lungo Lazzaro, poi dice: “Fratello, chi ti sente parlare, è anche convinto della Verità delle tue parole; esse sono vita e ci danno vita”.
15. A
ciò risponde Lazzaro: “Caro Teofilo, mi sono
abituato a parlare il meno possibile. Ma quando parlo, perseguo sempre un
determinato scopo, e questo può essere raggiunto solamente se parlo col cuore
convinto. Rifletti sempre in futuro quali meravigliosi compiti ti sono dati!
Ogni cuore umano, infatti, è chiamato ad essere una dimora per il Signore ed un
rifugio per povere anime cercanti. I discepoli ti riveleranno oggi ancora
parecchio su ciò, affinché il tuo spirito impari a muoversi più liberamente,
per percepire la magnificenza della vita interiore. E vedi, questo non ti può
essere rivelato come dall’esterno, poiché la tua vita interiore ti può essere
dischiusa solamente attraverso la partecipazione del tuo amore!”.
16. Entrambi tacciono – poi arrivarono nella città dove Lazzaro è conosciuto da giovani e vecchi e contraccambia molti saluti.
17. Teofilo scende dal carro e corre in casa di Maria, casa che era una volta la sua casa paterna. Sono presenti soltanto la madre di Gesù e Giovanni. Dopo l’affettuoso saluto, Maria lo prega preoccupata: “Caro Teofilo, se possibile, non venire più così spesso a Gerusalemme! Qui è pericoloso per tutti coloro che sono conosciuti come seguaci della nuova Dottrina. Soltanto quando lo richiede la necessità, e poi non da solo, possibilmente andare sempre in tre per strada, infatti, la prudenza unita alla necessaria intelligenza, è necessità di vita. Di sera i discepoli non escono più, per non mettere a rischio la loro vita!”.
18. “Ma, cara madre”, – replica incredulo Teofilo, – “non può essere così grave, il tempio si avvolge volentieri nell’apparenza della religiosità”.
19. Maria però gli spiega: “Credi ad una madre che ha sperimentato la cosa più grave da parte del tempio, ora è terribile nella Città di Dio! Gli uomini scompaiono, nessuno sa dove; i congiunti si possono rivolgere a tutte le autorità, ma non vengono a sapere nulla.
20. Solo pochi giorni fa sono state qui da me due giovani donne per cercare conforto per il loro dolore, i loro uomini da un’uscita non sono più tornati. Tutte le domande sono state inutili, il tempio stesso voleva fare tutto il possibile per portare luce nel buio. Ma io lo so, è soltanto un modo ipocrita di parlare. Nicodemo è stato qui, egli ha deposto tutte le sue cariche, perché si deve sentire complice in queste brutte situazioni”.
21. Ora Teofilo chiede a Maria ed a Giovanni di diversi conoscenti che avrebbe volentieri visitato, ma gli viene risposto che essi non possono più coltivare nessuna specie di relazione.
22. Dice Giovanni: “Fratello, sarebbe irresponsabile se volessimo usare la nostra casa come luogo d’incontro. È vero che siamo sotto la protezione romana, ma siamo strettamente sorvegliati come ladri e briganti, perciò può venire soltanto colui che è spinto dall’amore o dalla necessità. – Quante volte ci domandano: ‘Sì, ma come può il Signore permettere tutto questo?’. Allora posso sempre soltanto dire che il Signore è sempre con noi e prende parte al nostro destino, ma per il fatto che Egli ci ha messo con la Sua Dottrina su un gradino più elevato della conoscenza e della libertà, Egli non può impedire o favorire visibilmente tutti gli sviluppi. Solo chi è unito in sé con il Suo Spirito Santo e può da ciò già afferrare tutti i vantaggi che si manifestano, può anche proteggere se stesso, dal momento che ogni persecuzione, ogni danneggiamento riservatogli gli viene rivelato prima attraverso la Voce interiore.
23. Camminare sulle vie del Signore non significa soltanto condurre una vita devota e giusta nel senso esteriore, ma anche badare molto alla Scintilla divina in noi stessi, Scintilla che ci dà luce e chiarezza, che è ammonitrice e giudice, anzi ci diventa perfino guida e cerca sempre di favorire la nostra libera indipendenza. Chi considera la sua vita come un Dono della Grazia di Dio, porterà un senso di responsabilità molto maggiore di uno che vive soltanto perché è appunto un uomo. Vedi, da quando consideriamo la nostra vita terrena come Grazia proveniente dall’Essere supremo, il nostro spirito è già diventato molto attivo ed è occupato a procurarsi una vita interiore sempre più ricca. Perciò guardo con cuore tranquillo ed occhi chiari al tempo attuale, che è destinato a far si che ogni seguace del Signore deve dapprima affermare nelle prove il suo valore interiore!
24. Il fratello Pietro era prigioniero, attaccato con catene al muro, ma il giorno dopo predicava della Potenza del Signore che si rivelava in lui, per lo spavento dei suoi aguzzini i quali non sapevano come fosse fuggito dalla prigione [Atti 5,22]. Con quest’avvenimento è stata portata la dimostrazione che i nemici temono di più tutti coloro che sono diventati una sola cosa col Signore, che viceversa. – Perciò il mio consiglio, caro Teofilo: agisci coscientemente soltanto secondo i suggerimenti del tuo spirito vivente in te! Rallegrati della grande Grazia e rallegrati ancora di più del meraviglioso compito che ti è stato proposto attraverso Lazzaro!”.
25. Dice Teofilo: “Fratello Giovanni, sono sorpreso, come già così spesso, sulla tua conoscenza di tutte le cose e temo quasi di non poter sussistere davanti a tutti coloro per i quali io devo essere qualcosa. Certo, secondo le tue parole ogni timore è inutile, poiché lo Spirito del Signore dà ad ognuno ciò di cui ha bisogno”.
26. “Caro Teofilo, non preoccuparti di niente, nemmeno del fatto che devi dare alle tue sorelle e fratelli qualcosa di straordinario; bensì tutte le tue esperienze, le tue stesse vicissitudini, sono più che sufficienti. In più sperimenterai giornalmente di nuovo la Grazia e l’Amore di Dio. Con il solo pensiero di servire e di allietare, dai spazio al vero Spirito proveniente da Dio e Gli procuri possibilità di dar cose sempre Maggiori e Meravigliose dalla Sorgente che è ancora il Suo più Interiore. – Ma non vogliamo parlare di questo, perché la Verità di tutto ciò la troverai in te stesso. Io tengo all’Amore che vuole soltanto rendere liberi e felici, ed in questo Amore il Signore è a me il più vicino. Se porti in te lo Spirito del Signore come il Sublime e Prezioso, allora l’eterno Amore ha anche meravigliosi mezzi di conservare qui la tua vita!”
27. “O caro Giovanni”, – esclama entusiasmato Teofilo, – “vorrei poter essere come te, così forte, così chiaro e buono! Vicino a te si è sommamente felici. Ma come ti va, quando sei da solo?”.
28. “Io non sono mai solo, poiché nella mia anima sono unito con così tanti attraverso l’Amore per il prossimo. Ogni buon pensiero è certo il vero pane della vita per uno che vive nella mia anima, oppure come diceva sempre il Signore, nel nostro stesso mondo, e ce ne sono veramente molti. Quanto più lo Spirito della Luce riceve in noi spazio vitale, tanto più viene spiritualizzato il vivente nell’anima tua. Meno vive in te qualcosa di basso, tanto più il tuo spirito entra nella libera attività. Così tu vedi che sono sempre unito con il Cielo, sebbene vivo ancora qui sulla Terra. È così bella questa doppia vita ed il sapere: sono amato e posso amare”.
29. La madre Maria porta alcuni rinfreschi, poi Teofilo si congeda per incontrarsi nella locanda con Lazzaro.
30. Giovanni dice profeticamente: “Caro Teofilo, mi sembra come se dovessi dirti – rimani qui! Lazzaro non conta sul tuo arrivo”.
31. Teofilo però dice: “Mi sembra come se dovessi andare da lui, come se qualcuno mi aspettasse”.
32. “Allora va nel Nome del Padre, e la Sua Grazia e la Sua benedizione siano con te!”.
33. Anche Maria lo benedice nello spirito, – e con un “La pace sia con voi!”, egli lascia la casa con sentimento lieto.
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Teofilo incontra Giona, poi è rapito
Ricerca infruttuosa di Lazzaro
Giona a Betania, poi in cerca dello scomparso
1. A passo veloce Teofilo va per le strade, riconosciuto da parecchi con stupore. All’improvviso un uomo in veste di sacerdote gli porge amichevolmente la mano e domanda: “Sei veramente tu Ruben? – O mi sbaglio?”.
2. “Sì, sono io”, – risponde Teofilo, lieto di riconoscere Giona, l’amico di un tempo. – “Ma come già vedi nel mio abbigliamento non appartengo più al tempio, ma per la grande Grazia di Dio sono ora un uomo libero. Sto bene oltre ogni attesa ed altrettanto i miei genitori”.
3. “Ruben! Da cinque anni non ti ho più visto, perché dovetti lavorare in Persia. Che cosa può esserti accaduto per poterti separare dal tempio? Sei stato uno dei suoi servitori più obbedienti”.
4. “Mio caro Giona, questo non si può discutere in mezzo alla strada. Ma se vuoi venire con me nella locanda di Lazzaro, là possiamo finir di parlare indisturbati”.
5. “Volentieri, Ruben, il tempio lascia ai suoi servitori la libera programmazione del tempo”. E presto siedono entrambi in una stanza da soli. – Teofilo racconta: “Non sono un altro soltanto nella veste, ma anche nel sentimento”, e descrive all’attento amico ascoltante il riconoscimento della sua morta fede, le sue pesanti sofferenze e la sua liberazione da tutti i pericoli attraverso l’Amore prodigioso del Salvatore.
6. Passano le ore; alla fine Giona afferra la sua mano: “Quindi adesso il tuo nome è Teofilo! Ti ringrazio della tua chiara esposizione su Gesù, ma non riesco ancora a comprendere tutto questo. Che cosa abbiamo noi a che fare con il Nazareno? Egli per noi è morto, e per il tempio Egli rimane morto! Io dipendo completamente dal tempio, il mio sostentamento è garantito per moglie e figlio, ed anche questo è certo importante”.
7. “Caro Giona, questa è la tua concezione della vita esteriore; ma ti dico: io conosco una vita felice soltanto da quando mi sono potuto staccare dal tempio. Il mio campo d’azione ora è certo più ricco in responsabilità e doveri interiori, ma anche tanto più ricco in pace e gioia. Caro Giona! Tu non hai conosciuto Gesù di Nazareth, forse hai solo sentito parlare di Lui, della Sua Dottrina e delle Sue Opere ed avrai pensato dubitando: ‘Finché non Lo vedo, io stesso non ci credo’.
8. Sappi: da quando Gesù, che è risorto dalla morte, è intervenuto operando nella mia orgogliosa, fredda vita, ho guardato fin nel più profondo fondamento dell’anima mia, e mi ha portato soltanto amore, aiuto, forza e pace; io mi sento intimamente unito con Lui! Questo Gesù, dopo la Sua morte ha portato, come spirituale indistruttibile Sostanza-Luce a tutti i Suoi discepoli e seguaci, la dimostrazione che non soltanto Lui, ma anche il Suo grande Amore e Misericordia continueranno ad operare fino nell’Eternità. Perciò ti prego di voler esaminare una volta lo spirito in Betania e la vita di tutti coloro che credono in Gesù il Risorto e Gli affidano la loro intera vita”.
9. “Ruben, ascoltami, io vorrei crederti, ma oggi posso soltanto dire: seguirò le tue proposte. Ho sentito qualcosa di Gesù di Nazareth anche in Persia, ma per il mio giuramento ero legato alla fede del tempio, e noi giudei là non avevamo nessun diritto di giudicare quelli di un'altra religione. Ma ti ringrazio di cuore, per oggi è già abbastanza. Saluta tuo padre Enos, ma noi due facciamo silenzio su questo colloquio verso chiunque”. – E con una poderosa stretta di mano i due amici si separano.
10. Giona va via a passo veloce, senza entrare nella stanza degli ospiti, Teofilo aspetta meditativo ancora un momento, poi va dal gestore e chiede di Lazzaro. Per risposta però gli è detto che Lazzaro è partito già da qualche tempo; egli deve pernottare presso la madre Maria, ma non andare per nessuna ragione da solo a Betania. Lazzaro ha ricevuto cattive notizie e consiglia alla massima prudenza.
1. Teofilo va nella sala degli ospiti, una donna di servizio gli porta un piatto di verdura ed un pezzo di pane con una coppa di vino. Mentre mangia osserva gli ospiti, quasi tutti forestieri, ma nessun templare. È lieto e ringrazia intimamente il Signore per questa Grazia. Poiché Teofilo comprende anche altre lingue, sente dire che ha luogo ancora una grande istigazione contro i Nazareni e molti sono stati sorpresi in una segreta adunanza, fatti prigionieri e messi in prigione. Teofilo avrebbe voluto volentieri saperne di più, ma le insistenti parole del gestore: “Lazzaro sollecita alla grande prudenza”, gli fanno presto lasciare la locanda per andare a casa della madre Maria. Ancora immerso nei discorsi dei forestieri, non si accorge come a poca distanza lo seguono due uomini. E quando va attraverso un vicolo per comprare qualcosa per Maria, senza sospettare niente entra in una bottega per avere più assortimento. Ma all’improvviso ha la sensazione che un pericolo lo minacci, e quando si volta riceve da due uomini, duri colpi sulla testa, cosicché crolla privo di sensi.
2. “Questa è fatta, nessuno ha notato qualcosa!”, – dice l’uno al venditore. – “Svelto! Nel sotterraneo con lui, così da non avere seccature!”. – In pochi minuti Teofilo giace su un mucchio di vecchi stracci nel sotterraneo, – e viene lasciato al suo destino.
3. Quando dopo un lungo tempo si risveglia, gli duole la testa, stende le mani intorno e si rammenta che cosa gli è capitato. Si vuole alzare, ma si sente troppo debole; così giace di nuovo e si addormenta.
*
4. Viene la notte. In casa di Maria si spera che Teofilo sia a Betania, ed a Betania si crede Teofilo presso Maria ed i fratelli in buona protezione.
5. Ma Ruth interiormente è molto inquieta; da tempo è notte, allora si reca dalle sorelle Marta e Maria e confida la sua preoccupazione per Teofilo. Maria va a cercare suo fratello e prega: “Lazzaro, vieni un momento da noi. Non riusciamo a quietare Ruth, lei crede che a Teofilo sia accaduta una disgrazia”.
6. Senza sprecar parola, Lazzaro segue sua sorella e come vede Ruth, è subito convinto che a Teofilo deve essere accaduto qualcosa. Ma rassicurante dice: “Cara Ruth, serba la tua preoccupazione per te in silenzio, affinché i tuoi genitori e gli altri non si allarmino, puoi soltanto affidarti al Signore. Domattina presto però andrò in città per avere la certezza. La nostra vita sta nelle mani di Dio, senza la Sua Volontà non può essere a noi tutti torto un capello e nemmeno a Teofilo. Ma se tu dovesti sentir giusto, allora testa in alto, ed unire tutte le forze per neutralizzare il male”.
7. “Caro Lazzaro”, – replica Ruth, – “le tue parole sono ben pensate, ma esse non penetrano nel cuore mio, perché il dolore per Teofilo vi dimora”.
8. “Cara Ruth”, – risponde fiducioso Lazzaro, – “credi nell’Amore, Potenza e Magnificenza del Salvatore, allora tutto andrà bene. Il Signore non mette nessuno alla prova senza motivo ed ha soccorritori in sovrabbondanza che sono al Suo servizio. Ma se stai dubitando davanti alla Potenza del Signore, allora naturalmente l’avversario ha gioco facile, poiché noi come figli umani, siamo portatori della Volontà del nostro Dio e Padre. Non deviare con nessun pensiero dal sapere: il Signore è nello Spirito con noi e con tutti coloro che Lo amano e guardano a Lui credenti! Va ora a riposare, domani ci verrà chiarimento”.
9. Lazzaro se ne va e, giunto nella sua camera, guarda ancora a lungo nel cielo stellato e prega: “O mio Gesù, Tu mio Amore! Quando avrà la sofferenza una fine? L’odio diventa sempre più grande, e grandi diventano i tuoi avversari e Tu non vuoi respingere dove vengono colpiti i Tuoi. Quando potrai veramente trionfare sui Tuoi nemici?”.
10. «Fratello mio», – risuona in lui, – «per Me non esistono più nemici, poiché nel Mio Amore sono andato così lontano ed ho provveduto in modo tale che tutti si presenteranno da Me. Gli uomini sono nemici di se stessi, ma Io voglio soltanto il loro bene! Voglialo anche tu! Questo Ti dice l’eterno Amore, Amore che non conosce nessun nemico, ma soltanto degli smarriti».
11. Già al mattino presto Lazzaro è per strada con due servitori verso Gerusalemme, il suo presentimento è giusto: Teofilo non è in casa di Maria, e l’oste della locanda gli dice che il giovane sarebbe andato via nel pomeriggio verso la terza ora per andare a casa di Maria.
12. “Poteva Giona, che era nella stanza di sopra insieme a Teofilo, aver fatto qualcosa di male?”, domanda Lazzaro dubitando.
13. “Io non penso!”, – risponde fiducioso l’oste. – “Teofilo, infatti, ha mostrato vera soddisfazione sulla conversazione con il suo ex amico. Anch’io conosco Giona da prima e so che ha un buon carattere”.
14. Lazzaro si congeda; in lui preme la preoccupazione per Teofilo. Così corre verso il comando romano ed incontra anche il comandante della città, con il quale è già da lungo tempo in amicizia. Costui promette di cercare lo scomparso, ma dubita del successo, poiché la casta del tempio e l’amministrazione della città si sostengono in segreto.
15. Oppresso Lazzaro alla fine ritorna a casa, perché non può portare buone notizie. Miriam e Ruth interiormente sono spezzate, mentre il Padre Enos dice con tono placido: “Perché scoraggiarsi, Dio non ci ha tolto il Suo aiuto. Sappiamo bene che il mio Teofilo non è ancora ritornato, ma questo è anche tutto. Ho ricevuto la Parola del Signore: «Io sono Redenzione – e Salvezza!». E ciò che Egli mi ha detto, vale anche per gli altri. Perciò aspetto tranquillo, finché verrà il tempo dell’adempimento”.
16. Lazzaro si stupisce di questa grandezza di fede e dice lodando: “Enos, rimani nella tua fede! Il Signore te la ricompenserà, e potrai ancora rallegrarti”.
17. Così passano alcuni giorni, anche gli altri soffrono per la scomparsa di Teofilo, una dimostrazione di quanto è diventato caro a tutti. Ruth si è calmata, cura sua madre che per l’agitazione si è ammalata, ma questa calma è qualcosa di intollerante.
18. È alla vigilia del Sabato, quando Giona viene a Betania senza sospettare niente e vuole visitare Teofilo ed Enos; egli sa che a quell’ora nessuno lavora più nei campi o nei giardini. Lazzaro lo vede venir da lontano, gli va incontro e lo saluta amichevolmente.
19. ”Grazie di cuore per il tuo saluto di benvenuto!”, – dice Giona. – “Lo so, sono templare e non sono ben visto in Betania, ma voglio far visita al mio ex amico Enos, ed a suo figlio Ruben, ora Teofilo, perché cerco consiglio e chiarimento presso di loro”.
20. “Allora sei il benvenuto”, – risponde Lazzaro, – “ma Teofilo fin dall’ultima volta che è stato con te non è ritornato, ti avevo perfino sospettato di essere complice della sua scomparsa”.
21. Giona è profondamente spaventato e dice: “O amico Lazzaro, con grande speranza ho diretto i miei passi verso Betania, infatti, qui la vita mi diventa all’improvviso insopportabile. Da quando Teofilo mi ha aperto gli occhi e mi ha detto alcune cose alle quali prima non avrei mai pensato, ho sinceramente lottato con me, ho messo fuori di me tutti i pregiudizi ed ho osservato da uomo interiormente libero la vita e il movimento nel tempio. Grida al Cielo quali cose sono ora intraprese! Saulo di Tarso è pieno di odio profondissimo verso tutti i nazareni e li perseguita crudelmente [Atti 1, 1-3.] Egli ha ottenuto per questo i diritti dal tempio e tutti lodano il suo fervore. Io cerco consiglio ed aiuto presso di voi, ma ora la sofferenza ha preso dimora anche qui”. –
22. “Caro Giona”, – risponde Lazzaro, – “nonostante ciò, Betania rimane un luogo di rifugio per cuori che cercano, ed anche tu ci sei benvenuto, come se da noi non fosse capitata nessuna disgrazia. Enos sarà subito a tua disposizione, ma ti prego di preservarlo da nuove emozioni; la sua anima finora è calma e piena di fiducia”. Entrambi vanno in casa per avvertire Enos che è venuto un caro amico.
23. Giona parla ancora, sorpreso della cordiale accoglienza. “Caro amico Lazzaro, la tua accoglienza ha fatto tanto bene al mio cuore! Sebbene io vengo come sacerdote, mi hai salutato come un amico, ma in verità, il tempio non ha davvero buone intenzioni con te”.
24. “Proprio per questo tutti coloro che vengono da me dal tempio mi sono così cari, perché con questo ricevo sempre nuove dimostrazioni della grande Grazia di Dio. Se tu fossi venuto con cattive intenzioni, non saresti qui, i miei cani non ti avrebbero per nulla lasciato passare”.
25. “Cani? – Io non ne ho visti”, – risponde Giona, – “vorresti riferirmi qualcosa su questo? Strano, nel tempio non hanno ancora detto una parola di ciò”.
26. Risponde Lazzaro: “Li vedrai, ma tacerai anche! – Perché sono un Dono del Signore Gesù quando venne qui in visita”[5].
27. Enos viene, saluta amichevolmente l’ex amico di Rubens e dice: “Giona, che cosa ti spinge, come sacerdote, dal traditore? Vuoi farci degli appunti, oppure ti spinge l’amore per l’amico?”.
28. “Mio vecchio, fedele Enos”, – risponde Giona, – “nessuno dei due, ma la miseria del mio cuore. Tuo figlio mi ha strappato la benda dagli occhi, ed ora mi trovo davanti a decisioni importanti. O rimango quello che sono ed ho di che vivere, oppure faccio come te, volto le spalle al tempio e divento un uomo libero”.
29. “Giona, con tutta l’amicizia posso solo consigliarti di deciderti per l’ultima possibilità!”, – dice Enos. – “Noi abbiamo molti amici romani che volentieri ti spianeranno la via per una nuova professione”.
30. Racconta Giona: “Gli ultimi giorni, sono stati per me pesanti prove interiori. E dove dovevo rivolgermi per un chiaro consiglio? Gesù, il vostro Salvatore, da solo, infatti, non riesco ancora a trovarLo”.
31. Risponde Lazzaro: “Anche noi, possiamo indicarti soltanto la via interiore che porta a Lui e questa esige: ama il prossimo tuo ed aiutalo in tutte le sue necessità!
32. Solo quando tu, attraverso la messa in azione di tale amore, vieni alla chiara comprensione di cosa Dio vuole da noi uomini, allora il Signore e Salvatore ti verrà incontro! Naturalmente non come Uomo visibile, ma nel sentimento del tuo cuore come gioia, pace e insospettata delizia. Ogni inizio è difficile, ma non è possibile senza la libera e seria volontà. Per noi, Gesù è la vita più perfetta. Noi siamo Suoi amici e seguaci della Sua Dottrina d’Amore. Pensa alle mie parole – e ritorna volentieri. Il Maestro però può venire soltanto da coloro che Lo cercano in piena serietà!”.
33. “Questo basta, caro amico”, – dice Giona, – “il vostro amore è noto a tutti in città e provincia, e quello che voi mi consigliate, io lo voglio adempiere”.
34. La sorella Marta porta fichi maturi, pane e vino, affinché l’ospite si fortifichi, poi però Giona vuole di nuovo ritornare a Gerusalemme e dice: “Vicino a voi mi sento molto più in pace, ma se vuoi, mostrami ancora i tuoi cani, essi m’interessano”.
35. Quando Lazzaro ed Enos accompagnano il loro ospite fuori del cortile, Lazzaro fischia ai suoi fedeli guardiani, i quali accorrono subito scodinzolando. Con i loro occhi fedeli guardano il loro padrone come se volessero domandare: ‘Anche il forestiero appartiene a noi?’. – Giona però si arresta spaventato e dice: “Non ho ancora mai visto animali simili, non vorrei fare conoscenza con i loro denti”.
36. “Questi animali non fanno male a nessuno!”, – dice Lazzaro. – “Solo chi viene con cattive intenzioni non può entrare. Dal loro abbaiare sappiamo che non sono amici, e siamo subito avvertiti, e questo è del massimo valore. Ma per ora taci che sei stato a Betania. Dio sia con te! La Sua benedizione sia sul tuo operato!”.
37. I due tornano indietro con i cani, ma Giona riprende a camminare. In lui c’è la speranza che presto anche in ed intorno a lui diventi chiaro e limpido, ma la scomparsa di Teofilo gli dà adesso grande preoccupazione. Strada facendo incontra una schiera di uomini e donne che vanno anche a Gerusalemme. Egli chiede: “Dove state andando? Il Sole è già al tramonto, e per Gerusalemme c’è ancora un’ora di strada”.
38. Dice uno: “Signore, vogliamo andare in città e domani nel tempio, perché i nostri sacerdoti ci hanno detto di pregare in luoghi sacri”.
39. “Allora fate bene”, – risponde Giona, – “ma la vostra sinagoga non è così sacra come il tempio nella città di Dio? Jehova vi vede volentieri pure nel vostro piccolo luogo consacrato a Lui, così come in Gerusalemme. I vostri sacerdoti non vi hanno dato il giusto chiarimento su questo, oppure che cosa vi aspettate in Gerusalemme?”. –
40. Dice un altro: “Signore, abbiamo molti malati nella nostra comunità, i nostri sacerdoti sono sgomenti e credono che se non viene soccorso da Gerusalemme, andiamo tutti in rovina”.
41. “Comprendo! Ebbene, è giusto che siate venuti, e sarete anche soccorsi. Andate nella locanda che si chiama Betania, là v’incontrerò di nuovo, e parlerò volentieri con voi di tutto il resto. Devo però affrettarmi, ho ancora delle cose importanti da sbrigare”.
42. Riflessivo va a passo veloce per la sua strada, la miseria di questi uomini e donne occupa l’anima sua. ‘Con quale credente aspettativa speranzosa vengono nella città santa e che cosa vedranno? O Dio, Jehova! Non c’è dunque nessuna via d’uscita per risparmiare queste delusioni a coloro che cercano? O Dio, dammi occasione di aiutare questi uomini!’. Con questi pensieri corre in casa sua, dove allegra lo saluta sua moglie, ma egli dice: “Devo andar via di nuovo! Ho un’importante via da percorrere, da questo dipende molto”. – E dopo un piccolo rinfresco va nella locanda Betania.
43. Egli prega l’oste di parlare con lui. Costui riconosce di nuovo Giona ed è sorpreso di avere dinanzi a sé un sacerdote il quale però sembra essere l’opposto degli altri templari, ma non si fida ancora di lui e dice a motivo degli ospiti annunciati: “Giona, soccorriamo dove possiamo, ma non ti meravigliare se esito. Noi siamo romani ed indipendenti dal tempio, ma non vorrei averlo certo per nemico diretto. Voglio mandare un servitore alla porta, lui potrà portare la gente da noi”.
44. “Ascolta, caro oste”, – spiega Giona – “non ti urtare se esteriormente sono ancora un servitore del tempio, interiormente non lo sono più! E così ti domando: hai sentito nel frattempo qualcosa del mio amico Teofilo?”.
45. “No, non ho avuto modo di sentire nulla. Qui i templari sono parchi di parole, perché vogliono soltanto spiare, ma forse potresti apprendere qualcosa in una locanda puramente templare”.
46. “Tu mi dai un buon consiglio che seguirò subito, quindi grazie e fidati delle mie parole”.
47. Giona si reca in una locanda di sacerdoti nelle vicinanze del tempio, dove è già conosciuto. Ci sono discorsi e domande, ed al tavolo vicino si parla delle azioni di Saulo di Tarso. Giona ascolta solamente e domanda al seduto vicino a lui dove vengono portati i prigionieri, infatti, egli nel tempio non li avrebbe ancora visti.
48. Rispose l’interrogato: “Sì, il Consiglio del tempio è diventato prudente da quando i romani gli vietano il potere della polizia. Perciò questo è fatto completamente in segreto, ma tanto più in maniera sinistra. Anzi, ha perfino stanziato una ricompensa per gli arresti maggiori, purché rimangano segreti. Quando hai voglia, puoi unirti una volta con una di quelle spedizioni che intraprende la milizia del tempio”.
49. “Questo per me è il meno interessante, ma per ottenere uno sguardo nella Vita del Nazareno, vorrei volentieri partecipare una volta, cioè non dovrebbe essere pericoloso, dal momento che non amo nessuna lotta”.
50. “Pericoloso, caro amico, non lo è mai, i nazareni, infatti, sono apertamente vili; non oppongono la minima resistenza ed aspettano tutto l’aiuto dal loro invisibile Salvatore”.
51. “Quando potrei venirci anch’io?”, – domanda Giona. – “E quale veste si deve portare?”.
52. “Soltanto nella veste sacerdotale, perché questa è rispettata più di tutte. Vieni qua domani intorno alla prima guardia di notte, allora parleremo ancora, perché dobbiamo fare affidamento sulle nostre spie, le quali sono diventate cristiane per apparenza”.
53. “Bene, verrò, perché voglio essere un vero servitore di Dio”.
54. Ritorna a casa, ma nel suo cuore brucia un dolore sempre più grande. Sua moglie lo guarda preoccupata, egli dice brevemente: “Devo riflettere su qualcosa d’importante – mi sembra come se vivessi tra puri criminali”.
55. “Giona, fammi partecipare alla tua preoccupazione!”, – dice sua moglie. – “La benedizione di tuo padre a me è stata: dove vai tu, voglio andare anch’io, ed il tuo Dio deve essere anche il mio Dio. A questo io mi attengo in ogni situazione”.
56. “Sì, è giusto che tu la pensi così, mia Pura, ma lasciami per alcuni giorni da solo, affinché mi esamini e poi possa anche decidere sul nostro futuro”.
57. “Io sento cosa passa in te!”, – dice Pura – “Ti tormenta il tuo mestiere di sacerdote. Tu cerchi la Verità divina e non la puoi trovare nel tempio. Il savio padre tuo un giorno mi disse: quando verrà l’ora in cui Giona non troverà più soddisfazione nel suo mestiere di sacerdote, allora cerca di comprenderlo. Il tempio, infatti, si è allontanato dai sentieri di Dio, e la Sua Parola è oramai solo apparenza vuota. Soltanto un Messia potrebbe fare della santa Parola di nuovo un pane nutriente per i nostri compiti della vita!”.
58. “Pura, la tua parola cade come rugiada sul mio cuore ferito! Vedi, già oggi ti voglio dire: sono al punto di diventare cristiano, ma ho ancora da adempiere un difficile compito, ma su ciò devo tacere, poiché ho dato ai miei amici la mia parola”.
59. Giona rimane da solo – ancora una volta pondera le parole di Lazzaro, pro e contro, ma verso il comportamento dei templari si ribella tutto il suo interiore. “Se soltanto avessi la più piccola dimostrazione dell’esistenza del Risorto, allora la mia decisione sarebbe facile!”, – dice a se stesso, e vuol stendere le mani verso i rotoli di Isaia, ma li lascia stare. – “A che mi servono delle parole scritte, ho bisogno di quelle viventi! – Ma dove le trovo?”.
60. Ora va sul terrazzo e guarda a lungo il raggiante cielo stellato; – poi prega interiormente così come ancora mai finora nella sua vita: “Signore, Dio Zebaot! Non puoi nasconderTi più a lungo davanti alla miseria che sento in me! Sono più povero di Giacobbe che dovette fuggire davanti a suo fratello, – ed a lui Tu ti sei mostrato. Fammi diventare cosciente per un solo unico istante che Ci sei, altrimenti devo morire! Signore: come hai aiutato altri, aiuta anche me!”.
61. Egli tace ed attende. Niente però si muove in lui, né intorno a lui. – Allora si domanda: “Ebbene, che cosa aspetto? Dio è pur Dio e non un uomo o un essere visibile. È follia attendere qualcosa che non è visibile. Ma come disse Ruben-Teofilo? Egli vive! E diventa visibile a coloro che credono in Lui. Non è presunzione pretendere delle prove da Colui nel quale Io non credo? – Come disse Lazzaro? Quando sarò giunto alla migliore comprensione, il Salvatore mi verrà incontro. Sì, – ma come posso arrivare al più presto a questa comprensione? Non con lo stillarsi il cervello su parole! Perciò cercherò il giaciglio ed aspetterò tranquillamente il resto”.
[indice]
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Il suonatore d’arpa e i forestieri venuti dalla Galilea
1. Nel frattempo l’oste ha inviato un messo alla porta per guidare i forestieri annunciati alla locanda. Quando costui incontra lì una schiera di uomini e donne, li saluta amichevolmente e chiede della loro meta. “Noi vogliamo pregare nel tempio e quietare il nostro ardente desiderio nel luogo santo, dove dimora Iddio; ma vorremmo prendere alloggio nella locanda Betania”.
1. “Allora vi voglio guidare io e risparmiarvi domande inutili, infatti, il giorno prima del Sabato ognuno ama la quiete”, risponde il messo.
2. Lieti essi vanno con lui. L’oste offre loro vivande e vino. È gente tranquilla e serie, piena di profondo anelito e santo desiderio della Grazia divina. Dopo aver visitato le loro camere, l’oste può chiedere apertamente: “Dunque voi domani volete pregare nel tempio, – e vorreste che un sacerdote fosse attivo al tavolo dei sacrifici solo per voi a causa dei vostri ammalati; voi credete dunque ancora in un aiuto e guarigione da parte del tempio?”
3. “Buon amico, per un uomo che dimora nella città di Dio, questo è un discorso strano. Se non avessimo creduto, non saremmo certo venuti. Purtroppo i tempi in cui un Salvatore guariva gli ammalati sono passati”.
4. “Niente affatto, cari amici!”, – risponde l’oste. – “La Forza guaritrice del buon Salvatore Gesù vive ancor sempre nei Suoi discepoli, ma questi apostoli possono andare soltanto là dove c’è un vero bisogno del loro aiuto. Se avete già vissuto i tempi in cui il grande Salvatore vi rese felici con il Suo aiuto, perché oggi non credete più nella Sua Forza guaritrice?”.
5. “Caro amico, perché lo domandi?”, – replica l’interrogato. – “Tu certo saprai che un Salvatore morto non può più aiutare! E dei Suoi discepoli non c’è ancora stato nessuno da noi, ma non ne abbiamo nemmeno richiesto nessuno, perché i nostri due sacerdoti ci hanno dato ciò di cui avevamo bisogno”.
6. Dice l’oste: “Amici, dai vostri discorsi sento che non conoscete bene il Salvatore Gesù! Poiché tutti coloro che hanno chiuso dentro nel loro cuore questo meraviglioso Salvatore, ancora oggi sono attaccati a Lui con lo stesso amore, come se Egli fosse ancora tra noi. Che Egli non potesse rimanere presso di noi, lo sapevamo tutti dalla Sua Bocca, ma non sentiamo la Sua mancanza, poiché Egli è tra di noi nello Spirito vivente. Certo, chi si lascia distogliere da Lui dai sacerdoti, non deve nemmeno stupirsi se gli ammalati non guariscono. I veri seguaci di Gesù si lasciano piuttosto prendere prigionieri che distogliersi da Lui e rendere omaggio al tempio”.
7. Dice uno dei forestieri: “Caro oste, ciò che tu ci dici di Gesù, suona grande e potente. Nessuno ci ha ancora mai parlato così! Vedi, noi credevamo ai nostri sacerdoti, veramente senza riflettere molto, ed ora tutto questo non deve essere giusto? Dacci conferma delle tue parole! Puoi tu portare aiuto ai nostri ammalati? Oppure conosci qualcuno che potrebbe guarirli nel nome di Gesù? Andiamo immediatamente da lui e siamo pronti a grandi offerte”.
8. “Amici, donate ai poveri della vostra abbondanza, allora agirete nel sentimento del divin Maestro. Ma credere in Lui significa: adempiere la Volontà di Dio da Lui rivelataci! Allora ognuno Lo troverà nello spirito e nella verità, ed anche a voi sarà come se Egli fosse ancora tra noi. Se sentite il desiderio, potreste qui incontrarvi ben con un discepolo del Signore. Ricordate però: non va bene aspettarsi da una parte aiuto dai templari e, se non riesce, da un discepolo. Poiché sia chiaro: chi è amico del Salvatore, costui viene trattato dal tempio come nemico senza nessun riguardo. Ora vi lascio soli; domani è Sabato, allora avremo abbastanza tempo di parlare ancora della faccenda vostra”.
9. Quando l’oste si è allontanato, si mettono a discutere con fervore tra loro su ciò che hanno sentito, ma non riescono a mettersi d’accordo e, pensosi, fanno visita al loro giaciglio.
10. Il mattino presto essi sono svegliati da meravigliosi Salmi di lode e ringraziamento, Salmi che la famiglia dell’oste offre ogni mattino al Signore. I forestieri ascoltano profondamente commossi; non hanno ancora mai sentito dei canti così belli. Da alcuni giorni si trova un suonatore d’arpa con la sua giovane figlia nella locanda, e questi ha accompagnato il canto mattutino.
11. Quando tutti sono radunati nella sala della locanda, il suonatore d’arpa David invita: “Preghiamo e lodiamo il Suo Amore, affinché veniamo completamente colmati dello Spirito Suo!”. Egli suona alcuni accordi e poi cantano entrambi:
12. “Santo, santo, santo, ci sei Tu diventato,
Tu, fedele
Dio e Padre, dei figli Tuoi.
il mio
spirito mi spinge in ogni luogo a lodarTi
e sempre
l’Amore e la Bontà Tua a glorificarTi.
Quando nella
notte tenebrosa noi ancor vivevamo,
nessun raggio di gioia ci rianimava,
allora Tu,
Gesù, a noi la Luce hai portato,
così che
profondamente il cuor mio di gioia ha tremato.
Nella Tua
Luce posso le Tue Meraviglie dell’Amor contemplare,
ed attraverso la Grazia Tua – a Te confidare!
Tutto il mio
fare, testimonianza sola dev’essere:
io son figlio
Tuo, ed in eterno – eterno – eterno lo voglio essere!
Attraverso il Tuo Amor soltanto Tu a me sei
diventato Padre!
Tu vuoi esser
– per tutti, solamente Padre!” – –
Risuona a me
nel cuor giubilante:
“Tutto ciò che è: è Tuo! – Tuo
eternamente!”.
13. Dolcemente si spengono gli accordi. – Tutti sono nel più intimo commossi, poi l’oste dice al suonatore d’arpa: “Vorremmo trattenerti qui ancora a lungo, caro David, affinché la gioia della tua anima passi ai molti cuori ancora profondamente afflitti”.
14. Quando la semplice prima colazione è terminata, David va con sua figlia Salomè nel fresco mattino; ma uno dei forestieri con sua moglie li segue e domandano: “Sei tu il suonatore e cantore che stamattina ha già dato l’onore a Dio ed ha ridestato nel nostro cuore un desiderio così grande per Lui?”.
15. “Lo sono, ma io restituisco soltanto ciò che mi ha dato prima l’eterno Amore e Misericordia. È necessità di noi due non lesinare con la lode, perché chi possiede un Dio come noi, può cantare lieto dal cuore: ' È un Dio! – E’ un Dio al Quale mi attengo, e solamente Egli mi guida fuori di ogni notte alla vera gioia. Egli è il mio Dio che renderà la mia vita libera dalla miseria!’, – e perciò voglio sempre attenermi soltanto al Suo Amore”.
16. Allora il forestiero gli dice: “Il mio nome è Efraim, e questa è mia moglie Lidia. Sono il superiore di una comunità nel nord della Galilea. Siamo in grande angoscia e cerchiamo aiuto qui. Abbiamo bensì visto un giorno dei tempi felici, ma sono svaniti, molti di noi, infatti, sono ammalati e la vita dinanzi a noi è desolata e senza speranza. Se non viene presto aiuto, saremo tutti afferrati dalla maligna epidemia. Caro David, vorremmo pregarti di rimanere tutto il giorno con noi e di innalzare i nostri cuori a Dio con il tuo meraviglioso suono di arpa e di scacciare tutte le preoccupazioni”.
17. “Oh Efraim”, – risponde David, – “non aspettarti troppo da noi, io sono soltanto un cantore errante, ma nessun medico. Ho bensì un Salvatore che mi esaudisce ogni preghiera, se è per la benedizione nostra e se il nostro amore e la nostra vita Lo vogliono aiutare nell’azione spirituale qui nell’esistenza terrena. Poiché se sei afferrato nel più profondo dal Suo Spirito, allora vorrai anche goderti la Sua Vita di Salvatore!”.
18. Nel frattempo Salomè parla dolcemente a Lidia che piange: “Ma perché dunque piangi, se sei già sulla via per la più grande felicità? Quello che vogliamo e facciamo è lavoro per il Signore. Anche voi siete proprietà del Signore, ed Egli non vi ha ancora mai dimenticato, perciò lascia la tua tristezza, perché gioia e sulla via che porta a te!”.
19. “O figlia, tu devi essere felice, dal momento che la tua bocca esprime queste parole!”, risponde Lidia. – Ora entrano di nuovo dagli altri che già sono completamente nell’attesa e salutano gioiosi i due cantori, il suono delle corde, infatti, ha toccato il loro cuore!
20. “Amici, cari fratelli e sorelle, abbiate pazienza”, – dice il cantore, – “prima vogliamo calmarci e dare al nostro cuore la piena quiete, affinché sia percepito e sentito l’Amore del Signore. Così vogliamo pregare!”. E prende la sua arpa, dà con dolci accordi a sua figlia un cenno, ed essa canta con fervida voce:
21. “O Signore, con passi lievi ci avviciniamo a Te e vogliamo glorificar la Tua Bontà, Bontà che tu in quest’ora hai promesso con il Tuo Amore. Quando ci commuove il dolore dei fratelli e la miseria loro ci tocca il cuore, Tu sei pronto a soccorrere, volentieri vuoi lenire ogni dolore. Con ardente gratitudine e sentimento gioioso imploriamo in quest’ora: oh, vieni nel Tuo Spirito e lieto Annuncio dacci. Ti aspettiamo, Signore Gesù Cristo, infatti, Tu dai ali al Tuo Amore, perché Tu sei il Padre fedele e vuoi la pace ai figli Tuoi portare. Santa Pace – vieni da noi, santa Pace – la casa riempi! Santa Pace – compenetra tutti noi e, santa Pace – prendi le mosse sempre da noi! Amen!.
22. Ora i nostri pensieri sono giunti alla giusta quiete, dove in noi tutto tace, – e davanti a noi la nuova Vita si vuole rivelare. Voi cercate aiuto da Colui che può aiutare tutti, e Questi soltanto è nostro Dio! Ma dove cercate questo Dio, cari fratelli? Lo trovate nel tempio oppure nella natura oppure presso gli uomini? È difficile rispondere a questa domanda per coloro che passano ciechi o indifferenti davanti alle dimostrazioni di Grazia del divino Amore. Dio non si lascia trovare con gli occhi! A noi sono visibili soltanto le tracce della Sua Onnipotenza e Grandezza degli Ordinamenti Suoi – e dell’Amore Suo!
23. Abbiamo bensì tutte le Sue Parole attraverso Mosé ed i profeti, ma che cosa hanno fatto gli uomini di queste Sue Parole? Perciò la Parola divenne …Carne, e c’insegnò …come Uomo, – e mostrò il Padre …come l’Amore misericordioso, affinché la Sua Vita potesse diventare anche la nostra vita. A che cosa serve però la Venuta di Gesù a voi, se accettate soltanto i Suoi benefici ma non volete adempiere le condizioni per una nuova Vita, su cui dovrete riflettere, affinché la Parola di Dio – divenuta Carne – possa produrre i suoi effetti anche su di voi?”.
24. A questo punto David continua a suonare, e mentre i suoni giubilano in purezza piena, dice Salomè: “Voi uomini e donne, io sono bensì la più giovane di tutti, ma non posso resistere all’impulso dello spirito in me e vi devo dire: quando un giorno iniziò il grande Evento e noi due potevamo vedere e sentire Gesù di Nazareth e venimmo dotati del Suo Amore, per noi non ci furono più dubbi su di Lui. Dio ci ha dato l’occasione di esaminare e riconoscere il Bene e Vero divino in Lui. La Sua sofferenza e morte e la Sua Resurrezione dalla notte della tomba ci diede poi ancora la più sublime certezza della grande Grazia che era data a tutto il mondo nell’Uomo Gesù che, a dir il vero velata, ma ora viene sempre di più rivelata a tutti coloro i quali credono che Egli è il vero Redentore e Figlio di Dio.
25. Ascoltate ancora, cari uomini e donne! Gesù, il Superiore, il Puro che ama tutti gli uomini, il Soccorritore di tutti i sofferenti, è andato dalla Terra nel Suo Regno della vera perfezione di tutta l’esistenza. Ma il Suo Spirito – Lo ha lasciato qui! Il Suo Spirito alita intorno a noi come il profumo dei fiori più belli, io però devo credere in Lui e nella Sua Missione. Senza fede questo purissimo Spirito non può essere riconosciuto ed afferrato da noi. Andate nel tempio, ascoltate le loro belle parole, ma esaminate lo spirito, per quale intenzione vi sono date, e soltanto allora decidetevi – ed agite!”.
26. Dice Efraim commosso: “Oh, tu, figlia di Sion! Le tue parole sono pane per l’anima mia. Ma non ci libereremo così facilmente dal tempio e dai nostri sacerdoti, nella cui servitù noi stiamo. Potreste forse predisporre di incontrarci con un discepolo del Signore?”.
27. “Lo potremmo, certo!”, risponde Salomè. “Ma se non portate loro la giusta fede, anch’essi non vi potranno aiutare”.
28. Allora Lidia, sua moglie, prende la testa di Salomè fra le mani e dice profondamente commossa: “Figlia, ti voglio ringraziare per queste parole! Ora ho la certezza, tutto andrà ancora bene; perché guardo dentro nelle conduzioni di Grazia del nostro eterno saggio Iddio”.
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Giona al bivio, trova Teofilo prigioniero e lo fa liberare dai romani
1. Giona nel frattempo è giunto nella locanda e da una stanza attigua ha ascoltato tutte queste parole che gli illuminano sempre più chiaramente la sua decisione. Avrebbe voluto giubilare, tanto si muove già la nuova vita in lui. E senza essere visto lascia di nuovo la locanda, perché ora ha il giusto coraggio di andare a testa alta nel tempio. La sua anima prega il Salvatore Gesù per aiuto e perdono, perché la sua complicità gli diviene più chiara in tutto ciò che ora sente dai templari. Oggi, di Sabato, i vestiboli del tempio sono strapieni, sono sacrificate ricche offerte e perciò ricche sono le promesse.
2. Giona come sacerdote passa in silenzio in mezzo agli oranti, ma poi tende l’orecchio, quando un anziano sacerdote racconta al popolo in ascolto che al tempio è corsa voce del ritorno del Crocifisso. Ora esso intima ad ogni credente di portare subito notizia al tempio su chi diffondesse tale diceria, affinché tali seduttori del popolo non sfuggano al loro giusto castigo.
3. Giona è toccato dolorosamente da questa rivelazione del loro spietato pensiero, evita i sacerdoti, si mescola al popolo, ed infine va nella nota locanda del tempio, dove il sacerdote Abia lo invita anche presto a prender parte alla concordata spedizione segreta. Vanno insieme ancora tre sacerdoti ed alcuni servitori armati del tempio, ed arrivati ad una grande, vecchia casa, bussano forte alla pesante porta. Ma sembra come se nessuno sentisse, perciò bussano più forte finché s’avvicinano lentamente dei passi, la porta è aperta ed Abia rimprovera gridando al vecchio uomo che tiene in mano un lume: “Dove sono i partecipanti dell’adunanza?”.
4. “Io non so niente di partecipanti!”, – gli viene risposto. – “Cercateli voi stessi se supponete che ve ne siano”.
5. “Come sempre, nessuno sa cosa succede in casa! Presto! Perquisite le stanze, ma guai a te se troviamo qualcuno!”. Gli abitanti non sembrano essere impauriti, quando i templari perquisiscono le stanze, ma non trovano nessun’adunanza.
6. “Nel giardino!”, – ordina Abia. – “Devono essere lì! Ho ricevuto la spiata!”. Anche qui però non si trova nessuno.
7. Furente Abia vuole vendicarsi sul padrone di casa, ma costui dice severo: “Sembri aver dimenticato che sei nella casa di un romano. Se non lasci all’istante la casa con la tua gente, faccio annunciare fuoco, affinché la milizia mi venga in aiuto. Ma mi ricorderò della tua faccia e avrai da rispondere per la tua perturbazione della quiete notturna!”.
8. Costretto, Abia deve ordinare il dietro front, il fatto che il padrone di casa si appelli all’aiuto romano è per lui visibilmente sgradevole. Non sospettava che gli amici di Gesù già alla prima bussata sarebbero corsi nella casa vicina e quindi si sarebbero messi in salvo.
9. “So ancora di un altro luogo dove troviamo nazareni, vi stupirete!”, dice fiero Abia.
10. Nel centro della città raggiungono una grande casa, bussano tre volte come segnale prestabilito e sentono anche subito dei passi strascicati finché la porta viene aperta. “Che cosa fanno i nostri protetti?”, domanda Abia brusco.
11. Il vecchio sorride nella sua barba e dice beffardo: “A loro sembra piacevole! – strana gente, i tuoi protetti”.
12. Percorrono un lungo corridoio semibuio, poi scendono una scala e viene aperto un cancello di ferro. Nel sotterraneo male illuminato sale loro incontro un’aria di muffa. Giona vede giacere sulla paglia ed in vecchi stracci circa venti uomini, come se dormissero. Abia passa sopra i primi, si ferma davanti ad un prigioniero e domanda in tono provocante: “Ebbene, Ruben, sei contento dello scambio? A Betania avrai sognato di meglio della magnificenza del tuo Nazareno, – che qui!”.
13. Giona è profondamente spaventato, egli sa che costui può essere soltanto Teofilo. Volta dall’altra parte il suo volto per non essere riconosciuto, egli, infatti, si vergogna per amor di Teofilo. Abia parla anche con gli altri in questa maniera, poi lasciano il vano sotterraneo, e tutti vanno a casa senza proferir parola. Quando Giona vede che gli altri si sono allontanati, torna indietro ed osserva ancora una volta la casa, per riconoscerla precisamente.
14. Giunto a casa, lo accoglie sua moglie: “Oh, Dio sia lodato che sei tornato, Giona! Oggi ho sofferto molta paura per te. Non potevi mandare un messo, come hai sempre fatto altre volte?”.
15. “Sì, Pura, Iddio sia lodato e ringraziato! È stata una giornata terribile, ma ben necessaria per il mio sviluppo. Ho vissuto armonie celesti, ma ho dovuto anche attraversare inferni – ma fammi tacere, finché la mia opera d’amore non sarà terminata.
16. Devo ancora preparare uno scritto per il comandante della città, e ti prego, perché già al mattino tu gliela consegni, poiché di mattina io stesso devo andare a Betania”.
17. Giona prepara un rapporto su quanto vissuto nella notte, ed evidenzia che sudditi romani sono tenuti prigionieri dai templari con brutale violenza in bui sotterranei. Egli chiede aiuto – e conclude: «..che con il giorno odierno mette se stesso e la sua casa sotto la protezione imperiale romana». Poi Giona ordina le sue cose. Deve lasciare Gerusalemme. E quando diviene calmo nel suo interiore, dice seriamente ma colmo d’amore a sua moglie: “Pura, con questo sorgente giorno comincia anche per noi una vita tutta nuova. Così vogliamo pregare insieme Iddio per la riuscita dell’opera intrapresa. Io non lo sapevo, malgrado sono sacerdote, che vivevo senza Dio, solo adesso mi diventa chiaro che cosa significa: vivere con Dio!”.
18. Quando Giona ha lasciato la casa in veste civile, Pura s’inginocchia ancora una volta e prega, lei, infatti, è figlia di un devoto sacerdote, e raccomanda Giona alla grande Grazia di Dio. Lei parla sempre con Dio e loda la Grazia Sua, per la qual ragione nel suo cuore tutto diventa di umore gioioso e solare.
19. Nel frattempo Giona corre fuori della porta della città e, quando si fa giorno, anche Betania è già in vista. Ora deve rallentare il suo passo per calmarsi, e prega ancora una volta Iddio per la piena riuscita.
20. Lazzaro attende Giona già alla porta d’ingresso, egli ha sentito interiormente che il giorno odierno avrebbe portato un avvenimento. “Giona, tu porti buone notizie”, egli lo saluta.
21. “Sì, le porto, ma chissà se tu puoi aiutarmi?”.
22. “Vogliamo provarci nel Nome di Gesù!”, – dice Lazzaro rallegrato. – “Ma vieni in casa e raccontaci!”. E Giona racconta come ha trovato Teofilo, come con uno scritto al comandante della città avesse chiesto aiuto, e che da oggi si sarebbe messo sotto la protezione romana.
23. Lazzaro elogia: “Stai facendo una grande opera per il Signore, volendo aiutare i nostri fratelli prigionieri. Prendi con noi la semplice colazione, mentre preparo tutto il resto, ma taci ancora, affinché non siano risvegliate speranze inutili! Noi però sappiamo che il nostro Iddio si manifesta soccorrendo tutti coloro che si affidano completamente a Lui”.
24. Poi entrambi vanno a Gerusalemme, dove Lazzaro è subito salutato dal comandante della città Benno: “Vieni sicuramente per un qualche problema, caro Lazzaro, ma qualunque cosa possa essere, io ti aiuterò volentieri”.
25. “Ti ringrazio, amico mio Benno”, – dice Lazzaro, – “ma è meglio che Giona, quale testimone oculare, sebbene romano soltanto da stamattina, ti racconti tutto”.
26. Il comandante è balzato alla relazione di tutti gli avvenimenti notturni, e dice amaramente: “Non si può quasi credere a tutto questo! I miei uomini sono in giro giorno e notte e non sanno niente di questo? Ma non mi basta salvare soltanto i miei amici, devo prendere anche coloro che commettono tali crimini! Quante persone sono semplicemente scomparse negli ultimi tempi, e nessuno sa dove! Ma ora ho per lo meno un punto d’appoggio”.
27. Un soldato porta dentro all’improvviso una giovane donna, poiché non vuole farsi rifiutare per nessun motivo. È Pura, la quale vuole consegnare l’importante scritto, ma ora è molto sorpresa di trovare suo marito già qui.
28. Giona spiega: “Sì, signore, è mia moglie. Nella lettera c’è quasi la stessa cosa che ho raccontato io or ora, doveva essere soltanto una misura precauzionale, nel caso che anche a me minacciasse un pericolo”.
29. “Ebbene, poiché sei già qui, puoi rimanere con mia moglie, finché torniamo indietro”, dice amichevolmente il comandante a Pura, e lui stesso la conduce di sopra, dicendo: “Verona, occupati per alcune ore di questa sorella, poiché suo marito deve venire con noi per una questione importante”.
30. Poi il comandante impartisce al suo sottufficiale ancora alcuni ordini particolari e, senza dare nell’occhio, si fa accompagnare da Giona alla nota casa, dove si trovano i prigionieri.
31. Giona bussa, ma nessuno apre; bussa sempre più forte, finché si sentono finalmente dei passi, ed un uomo chiede: “Che cosa cercate qui all’ora mattutina? Io sono solo in questa grande casa”.
32. “Apri! Oppure faccio sfondare la porta! Ho poco tempo!”, – ordina il sottufficiale con asprezza. – La porta è aperta con difficoltà, ma quando il vecchio la vuole nuovamente chiudere, il romano ordina: “La porta rimane aperta finché mi trovo io in questa casa”.
33. “Che cosa volete qui e perché disturbate la mia quiete?”, chiede il vecchio.
34. Il sottufficiale gli dichiara: “Ascolta, noi sospettiamo che in questa tua casa ci sia della gente che è stata denunciata come scomparsa. È mio dovere chiederti: si trovano prigionieri in questa casa?”.
35. Il vecchio nega. Nel frattempo però entrano tre soldati, e quando egli vede questi soldati, dice impaurito: “Signore, voglio confessarvi: sì, qui ci sono dei prigionieri, ma sono uomini che hanno mancato a Jehova ed ai Suoi servitori. Io però sono innocente, questa casa, infatti, appartiene al tempio ed io sono soltanto il guardiano”.
36. “Questo facilita il nostro compito”, – dice il romano, –“facci entrare nella tua stanza!”.
37. Dice il vecchio pieno di paura: “Signore, ad ogni momento possono venire i servitori del tempio ed i sacerdoti che provvedono ai prigionieri e portano loro da mangiare, dopo di ché i prigionieri possono andare per un’ora in cortile. Puoi accettartene tu stesso che tutto è nel giusto ordine, finché sarà pronunciato il giudizio del tempio”.
38. “Dici la verità tu?”, – chiede severo il sottufficiale.
39. “Sì, signore, è vero quanto è vero che credo nell’eterno Iddio!”.
40. “Puoi nasconderci così che non veniamo visti e possiamo osservare tutto? Non deve essere a tuo danno!”.
41. “Rimanete tranquillamente in questa stanza con me. Io non ho un buon rapporto con i templari e vedo malvolentieri quando vengono, ma non posso farci niente”.
42. Il romano si guarda intorno, egli può vedere in un cortile che confina con un giardino, ma a causa di un alto steccato è impraticabile. Una vera prigione! Il tempio qui non ha davvero nulla da temere, nessuno vede ciò che qui accade. Dopo pochi minuti già bussano alla porta. Il vecchio vuole andare, ma il romano lo trattiene: “La porta è aperta, perciò rimani qui! Gridagli che è aperto!”.
43. Prima che il vecchio possa gridare, i templari sono già entrati in casa e vanno, senza occuparsi del vecchio, lungo il corridoio, giù per le scale.
44. “Il sotterraneo ha ancora un’altra uscita?”, domanda il romano.
45. “No, solo quest’unica entrata; il cancello è stato messo solo un anno fa”.
46. Senza dire una parola, il romano esce dalla stanza, mette due soldati alla scala ed ordina loro: “Non fate uscire nessuno! …Adesso chiamo gli altri”.
47. Dopo un breve fischio arrivano ancora dieci soldati nella casa e tutti vanno nel sotterraneo che è illuminato soltanto debolmente da una piccola lanterna. Un templare però si accorge dei soldati e grida: “Tradimento! …i romani sono qui!”. –
48. I templari vanno al cancello, allora il romano esclama duro: “Aprite – e venite fuori uno per volta! Ho l’incarico di mettere luce nel vostro tenebroso operare”.
49. Abia viene per primo, – egli vuole difendersi, ma in un attimo è incatenato; gli altri si rannicchiano, ma si devono anche arrendere. Il romano ordina ai suoi uomini: “Dentro il locale dove si trovano i prigionieri!”. – Ed i cristiani sanno: adesso viene la liberazione!
50. Giona cerca Teofilo, – e con ardore abbraccia il suo amico: “Teofilo, sono felice di rivederti! Da giorni ti cerco, ma soltanto con l’aiuto di Dio ti ho trovato qui!”.
51. “Giona! …devo a te la liberazione? Allora hai rotto con il tempio?” –
52. “Sì, mio Teofilo, adesso appartengo a voi! – Ho terrore del tempio e dei suoi servitori”. Nel frattempo i prigionieri sono andati in cortile, ed è un’immagine commovente quando arriva il comandante della città con Lazzaro, …e tutti loro vogliono ringraziare.
53. “Ascoltate, cara gente”, – dice il comandante, – “a causa della vostra fede nel Nazareno siete stati trattati come criminali dai templari. Noi romani però possiamo dare aiuto soltanto a coloro che si mettono sotto la nostra sicura protezione! Suppongo che siate d’accordo di essere accolti come sudditi romani a partire da quest’ora. Ora seguitemi nel palazzo della città, affinché possa essere fatto tutto il necessario per la vostra ulteriore protezione. Ma sui vostri aguzzini noi romani terremo il giudizio!”. Per ultimo impartisce ancora altri ordini al suo sottufficiale per i templari catturati, – ed i liberati vanno via sospirando profondamente.
54. Verona e Pura, che hanno fatto presto amicizia, piangono alla triste visione, quando i cristiani spossati, accompagnati dai soldati romani, barcollano per la strada. Sono subito fortificati con pane e vino, ed i loro visi divengono più lieti quando Lazzaro offre loro, come nuova patria, Betania.
55. Una giovane donna dice piangendo: “Lazzaro, nobile amico! Tu ci rendi eterni debitori! Noi però possiamo soltanto pregare: il Signore ti ricompensi, e la Sua benedizione tocchi visibilmente le tue orme!”.
56. “Sorella mia”, –dice Lazzaro, – “e voi tutti, ascoltate: non ringraziate me, infatti, io sono soltanto l’amministratore dell’eterno Amore e Bontà. Tutto ciò che sono e che ho, proviene da Lui, dall’eterno Iddio, che mi ha istruito quale Gesù, quale fratello-Uomo, a vivere nel Suo Spirito, a servire e ad aiutare nel Suo Spirito, e farmi guidare dal Suo Spirito. Perciò non siate anche voi tiepidi nell’amore, nel servire e nel soccorrere! Poiché solo queste tre cose aprono il cuore, affinché Gesù possa entrarvi e ci annunci la Sua Volontà, la Sua Gioia e la Sua Potenza! Allora portiamo la Sua Pace in noi ed ovunque intorno a noi – per la salvezza di tutti”.
57. Giona è commosso e dice a sua moglie: “Pura, siamo giunti alla vera sorgente!”.
58. Risponde Pura: “Giona, il tuo Dio sia anche il mio Dio! Vogliamo agire insieme così come il signore di Betania ci ha consigliato, allora accoglierà anche noi nella sua casa”.
59. Lazzaro che ha sentito questa confessione, dice subito: “Anche voi siete benvenuti nella nostra casa così riccamente benedetta, essa porterà anche a voi pace e benedizione. Non avete più nulla da fare a Gerusalemme, il tempio, infatti, non vi perdonerà mai questa vostra azione”.
60. Poiché i liberati ora devono andare a Betania, Lazzaro chiede la scorta militare; ma tutti vanno prima nella sua locanda, per consumare lì un fortificante desinare.
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Pranzo nella locanda di Lazzaro
Ritorno a Betania per il banchetto d’amore
1. I nuovi forestieri arrivati il Sabato non sono riusciti ad andare nel tempio, com’era previsto, ma sono stati ad ascoltare con il massimo interesse i racconti di David e di sua figlia, i quali possono raccontare così tante cose convincenti della Dottrina d’Amore di Gesù.
2. Il giorno dopo fanno in tempo a vedere l’arrivo di tutti quei miseri che sono stati liberati dalla prigione con Teofilo, ed hanno trovato in questa locanda una così affettuosa accoglienza. Lazzaro viene solo più tardi, poiché è corso dalla madre Maria per raccontarle della liberazione di Teofilo. Come padre della casa egli si siede con tutti gli altri ai tavoli apparecchiati e, come inizio, David e Salomè cantano il salmo 118 in gioiosa disposizione d’animo: ringraziate il Signore! – Perché Egli è amorevole, e la Sua Bontà dura eternamente!
3. Tutti i cuori sono pieni di slancio, e Lazzaro dice a David: “Caro amico, una lode più bella non avrei potuto nemmeno io portarla al Signore! I nostri cuori erano pieni di tristezza per nostro fratello Teofilo, allora il buon Padre ha comunque ricompensato tanto meravigliosamente la nostra piena fiducia nel Suo aiuto, che ancora venti fratelli di fede potevano essere salvati con lui dalla prigionia. In verità, le conduzioni di Dio si sono di nuovo rivelate meravigliosamente davanti agli occhi nostri!”.
4. Dopo il pranzo Lazzaro impartisce la benedizione ed aggiunge ancora: “Cari amici ed anche voi cari ospiti forestieri, ora siamo fortificati nel corpo e nell’anima e adesso sotto la protezione romana vogliamo andare a Betania. Io vorrei che questo nostro ritorno a casa prendesse la piena giusta consacrazione, e così ti chiedo, caro David: vuoi tu accompagnarci con tua figlia? La tua arpa troverebbe ancora posto sul mio carro”.
5. E rivolgendosi ai liberati: “Una volta a casa e di nuovo in piene forze, il Signore ci mostrerà il giusto per il vostro futuro, ora, infatti, non potete ancora ritornare dai vostri congiunti”.
6. “Caro Lazzaro, veniamo tanto volentieri con te”, – gli viene risposto, – “perché per noi Gerusalemme significa morte certa”.
7. Ora Efraim, la guida dei forestieri, viene da Lazzaro e chiede se anch’essi al loro ritorno possono visitare Betania. Ma Lazzaro cordialmente li invita a venire anche subito, per conoscere la nuova vita nello Spirito di Gesù anche nella realtà pratica; e con gioia viene accettato anche questo.
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8. Lazzaro va avanti con il suo carro leggero per ordinare il necessario per tutti i venienti. Le sue sorelle gli corrono incontro con Ruth. Egli esclama gioioso: “Il Maestro ha guidato tutto magnificamente! Ogni tristezza è tramutata in gioia. Ruth, corri da tua madre, Teofilo è già per strada con nuovi amici!”.
9. Lazzaro cerca ora il vecchio Enos e gli porta la buona notizia del ritorno a casa di suo figlio e dell’arrivo di Giona e di sua moglie. “Enos”, dice egli ancora, “ti metto particolarmente a cuore questo Giona, poiché siete usciti dalla stessa scuola sacerdotale; tu sarai per lui la guida migliore per arrivare al nostro Maestro. Ora però noi due andiamo incontro ai venienti. Purtroppo non ho potuto mandar loro nessun carro, poiché siamo in fase di raccolto, ma io spero che accettino volentieri la fatica di questa camminata per arrivare fin qui”.
10. “Caro Lazzaro”, – dice Enos, – “confido fermamente sul fatto che il Padre santo volga tutto questo male al meglio per tutti. Soltanto, non mi è chiaro il perché ha permesso questo? Teofilo è abbastanza smaliziato e conosce gli intrighi del tempio”.
11. Caro Enos, solo con il tempo tutto questo ci sarà rivelato! Ma siamo nuovamente più ricchi della dimostrazione che Dio stesso conduce la cosa disperata a buon fine, e spesso si serve perfino dei Suoi avversari, se soltanto confidiamo silenziosi e fermamente in Lui e Gli mettiamo tutte le preoccupazioni ai Piedi”.
12. Da lontano già scorgono i venienti. Ruth corre incontro a suo fratello, la grande gioia li rende muti. Teofilo la prende nelle sue braccia, ed i vicini gioiscono con loro. Nel frattempo Lazzaro ed Enos salutano i nuovi ospiti e, senza fermarsi oltre, vanno incontro alla nuova patria. Martha e Maria attendono con cuore gioioso Teofilo con tutti gli altri, Miriam rimane nella sua cameretta, vuole essere da sola con suo figlio in questo rivedersi. Teofilo corre da lei: “Sono qui di nuovo, madre! Sono stati giorni duri per noi, ma Iddio nella Sua grande Misericordia ha condotto tutto così meravigliosamente alla fine, così che possiamo soltanto lodare e ringraziare”.
13. “Mio Ruben! Ancora una volta Iddio ti ha donato a me, e perciò sono felice! Pesante è stata quest’incertezza, ma più pesante ancora è stato non disperarsi. Ruth ha combattuto una lotta gigantesca ed è stata lo stesso calma. Lei ha sofferto doppiamente, in parte per te, in parte per me. Quanto deve aver lottato con il Signore a causa tua, e quanto ha ringraziato Gesù, lo dimostra quando è giunta la notizia che tu eri già per via a venir da noi. Ma ora va dagli altri, vorrei rimaner da sola per poter ringraziare giustamente il mio Salvatore!”.
14. “Madre, ho visto sì il padre, ma non ho ancora parlato con lui. Vieni dopo nella grande sala da pranzo. Con me c’erano ancora venti cristiani nella prigione che adesso troveranno accoglienza a Betania; e vengono ancora altri forestieri invitati da Lazzaro. Ci sono anche delle donne tra di loro, che probabilmente devi prendere nelle tue cure, infatti in Betania manca veramente una madre”.
15. “Ebbene va, figlio mio, io vengo presto. Il mio cuore ha bisogno di calma per poter ringraziare per tutto il nostro amato Gesù”. Miriam lo prende nelle sue braccia e dice ancora: “Ruben mio, quest’ora ha già di nuovo appianato ogni disagio! Dio è buono! Egli sa guidare e dirigere tutto così che ogni cuore diventi di nuovo libero e lieto”.
16. Lazzaro nel frattempo ha condotto tutti nella sala da pranzo, dove viene loro offerta una zuppa con pane e frutta come prima merenda. Enos si intrattiene con Giona e sua moglie e si fa spiegare come ha trovato Teofilo. Gli altri stanno ad ascoltare in silenzio. Quando il suo racconto è terminato, dice il vecchio Enos: “Fratelli, ho fatto parte di quest’istituto-tempio per tutta una vita ed oggi ancora non comprendo, come non mi siano mai venuti dei dubbi in tale servizio di Dio, nonostante tutto ciò che succedeva intorno a me. Vivevo nella tranquilla coscienza di aver fatto tutto ciò che i chiamati da Jehova pretendevano da me. Oggi, in cui mi trovo alla soglia dell’Eternità, mi viene rivelato il vero servizio di Dio solo attraverso l’Amore, Grazia e Misericordia di Dio. Quanto ho esitato a venire a Betania, per conoscere qui una vita completamente nuova; io credo che l’uomo talvolta deve essere colpito da cecità. Oh, quanto posso essere grato ogni giorno al Signore, di poter godere qui così tante ore liete!”.
17. Ora entra Teofilo, va da suo padre e dice: “Padre, grazie alle Conduzioni meravigliose del grande e santo Amore, sono di nuovo tornato a casa. Giona è servito al Signore come strumento, ed il Signore ci ha aggiunto ancora gli altri prigionieri. Ieri alcuni erano quasi scoraggiati, allora ho avuto la forza di dir loro: «Io spero solo, ancora nel Signore! Egli solo sa al meglio, quanto un figlio è capace di sopportare. Solo quando il bisogno è salito al massimo, Egli sarà sempre pronto con il Suo soccorso! Sento le Energie di Forze che procedono da coloro che pregano per noi, e questo mi mantiene in piedi. Così ora siamo qui e possiamo rallegrarci della Grazia e dell’Amore di Dio»”.
18. Ora dice Enos: “Teofilo mio, nello spirito ero sempre al tuo fianco. Per quanto è stato doloroso sapere che eri separato da noi, ma certa era anche la sicurezza: tu saresti tornato nuovamente! Sei ritornato, ed una schiera di infelici sono stati liberati con te e possono diventare qui nuovamente felici. E guarda, così la tua sofferenza è stata una portentosa benedizione per molti. Noi sappiamo dal Signore che, quando pulsa in noi la Sua Vita, usciamo sani e salvi da tutte le miserie, ma soltanto uomini provati sono degni di sperimentare in sé questa cosa assai sublime! Perciò voi tutti, ascoltate le mie parole con il cuore e conservatele fino al tempo anche della vostra prova!”.
19. Alcuni domandano se ci sarebbe anche abbastanza lavoro per tutti. Lazzaro risponde: “Nessuno deve temere di essere un peso per noi; il possedimento che Dio mi ha dato, non è piccolo. Quanto più ci lavoriamo e l’ordiniamo, tanto più amore possiamo dare. Perciò siate tranquilli, qui potrete rendervi utili tutti voi”.
20. Dopo, ai salvati sono assegnate le loro abitazioni nelle quali entrano assai pieni di gratitudine. Per il riposo della sera suona il richiamo della campana come segnale di recarsi nella sala da pranzo, ed altamente stupiti i nuovi ospiti mettono piede nella sala addobbata. Sui tavoli, che sono stati uniti così che formano una croce, stanno delle candele ardenti. In cima alla croce è stato eretto un altare con sette ceri ardenti. In fondo a sinistra c’è l’arpa, come posto per David e Salomè. In fondo a destra, davanti ai posti per Marta e Maria, si trova un grande calice rosso. Quando tutti sono seduti, Lazzaro dà il segnale per il raccoglimento interiore, così da essere preparati per ricevere la benedizione.
21. Dopo egli dice: “Amici miei, fratelli e sorelle! Quando le fatiche ed i pesi del giorno sono alle nostre spalle, abbiamo bisogno di un po’ di quiete, affinché lo Spirito d’Amore del Salvatore aliti intorno a noi e percepiamo di essere uniti con l’Eterno. Così vogliamo prima fortificarci con un cibo terreno, per la qual cosa il nostro Padre santo ci ha donato tutto, e preghiamo: “Grande Iddio! Padre Nostro! Tu purissimo Amore misericordioso! Noi che siamo stati chiamati ad essere figli Tuoi, Ti ringraziamo, e come tali ora possiamo pregare: benedici questo cibo! Sii tra di noi nello Spirito del Tuo Amore universale e fortifica i nostri cuori affinché possiamo riconoscerTi e percepire in mezzo a noi! Amen»”.
22. Dopo il pasto, David prende la sua arpa e suona delicati accordi; tutto ciò che agita il suo cuore, lo mette in queste melodie e, quando i tavoli sono sparecchiati, Salomè canta un Salmo. Dolcemente i suoni vanno perdendosi – tutti i cuori si sono quietati – e allora Lazzaro dice a Teofilo: “Fratello, dacci ora notizia di ciò che si forma nella tua vita interiore – come ringraziamento per il Padre”.
23. Teofilo va all’altare, prega in silenzio e poi comincia: “Cari amici! Seriamente santo è il silenzio di quest’ora in cui l’Amore misericordioso del Padre diviene tangibile nel nostro cuore. Sì, attraverso la Sua mano miracolosa siamo stati riccamente benedetti, tanto che ci fa rabbrividire! Ancora ieri, quanto erano pesanti le nostre sofferenze, quanto intimamente abbiamo invocato Iddio, quanto abbiamo supplicato: Oh vieni e stacci vicino! Ed oggi – sta a noi aperto il Cielo, perché Dio ci ha soccorso! Possiamo nuovamente vivere con voi liberi e gioiosi, ed immergerci ancora più profondamente nel Suo santo Amore liberatore. Possa anche apparire la vita spesso come una dura lotta, possa essere piena di sofferenza in questo tempo per il singolo, ma chi si trova sulle vie, dove s’incontra Dio, tutto ciò che è grave viene superato facilmente. Oh, Tu, santa Vita con Dio! Tu ci doni gioie senza numero! Quanto è triste che non tutti vogliono procedere sulle Tue Vie!
24. Fratelli miei! Ho visto il Signore nel Suo più grande Sacrificio d’Amore, Sacrificio che Egli ha portato per abilitare gli uomini alla meravigliosa Vita con Lui! Nei Suoi occhi ho vissuto questo miracolo! Il mio freddo, arrogante cuore era scosso davanti alla grandezza del Suo Amore, Amore che voleva ancora proteggere perfino l’aguzzino. Il mio orgoglioso, presuntuoso essere andò in frantumi. Ma mi furono rivelati ancor sempre nuovi miracoli, e così io sono diventato un giubilante seguace di Gesù che ama tutti gli uomini e vuole renderci felici lavoratori per il Suo Regno.
25. Quando pochi giorni fa ero vittima dell’odio orrendo, non sapevo ancora che anche questa era una conduzione divina. Ma anche quei templari accecati non potevano sospettare che nonostante il loro odio dovevano essere strumenti di Dio. La mia anima, infatti, non si sarebbe mai trovata nella situazione di sperimentare tutta questa meraviglia nello spirito, quando giacqui privo di sensi nei bui sotterranei. Io potevo contemplare, come Dio nel Suo eterno grande Amore tiene pronte soltanto delizie e beatitudini per i suoi provati dalla sofferenza, ma a Lui fedeli.
26. Ma voi, cari ospiti forestieri, che oggi vi trovate qui, decidetevi per la vera Vita con Dio! Dio non ci può donare questa santa-nuova Vita dello Spirito, bensì dobbiamo riconoscere che questa Vita del nostro spirito può risvegliasi in noi soltanto nella vivente fede e fiducia in Lui e nella libera, disinteressata attività della Sua Volontà d’Amore per tutti i bisognosi d’aiuto e conseguire spazio per lo sviluppo. Se accogli in te la Vita della Divinità, Vita che ti avvolge come la luce raggiante del Sole, allora soltanto puoi rivelare qualcosa di questa santa-nuova vita anche agli altri! Perciò, o Padre, lascia che io Ti ringrazi perché la mia bocca ha potuto riconoscere ciò che Tu mi hai abbondantemente rivelato! Fa che porti frutto in onore a Te, ma per tutti noi vera benedizione! Amen”.
27. Lazzaro si alza, i suoi occhi sono raggianti, e così dice: “Miei cari fratelli e sorelle! In ricordo di questo ricco giorno di Grazia per tutti noi, vogliamo unirci ancora più strettamente l’un l’altro nello Spirito del vero Amore di Gesù. In questa nuova vita ci circondano ora i legami celesti. E voi, che partite da Betania, dovete portare via un ricordo di quest’ora solenne. Adesso risuona il richiamo del Padre santo in voi e v’invita al nostro banchetto d’Amore!
28. Madre Miriam e padre Enos, vi prego, porgeteci in quest’ora della sera in vece mia il vino ed il pane in fedele ricordo del nostro Maestro Gesù, il quale benedicendo in Spirito tiene le Sue mani su tutti noi.
29. Egli ci esclama: «Rimanete in Me, affinché Io possa rimanere in voi! Ciò che è passato, lo prendo sotto la custodia del Mio Amore liberatore, ma ciò che sta dinanzi a voi, lo metto pieno di Fiducia in custodia del vostro amore. Ciò che un giorno era Mio, lo do a voi, se voi date a Me ciò che vi appartiene! Questa sia la mia preghiera a voi! Se potete fare questo, non ci separiamo mai più, infatti, per la nuova vita dei figli Miei Io ho messo la Mia Vita nella coppa del Sacrificio. Gustate ora uniti a Me il Mio banchetto d’Amore, esso deve rinnovare il legame del nostro cuore»”.
30. Lazzaro leva benedicendo le mani verso il calice ed il pane, poi Enos prende il vino e Miriam il pane, e Ruth segue con la brocca piena.
31. Un santo silenzio riempie la grande sala. – Tutti i cuori sono aperti, pieni di speranza per uonano delle delicate e pure melodie che elevano questo silenzio solenne così che in tutti i cuori viene percepita quest’unione con la magnificenza dello Spirito di Gesù.
32. Quando questo banchetto d’amore è terminato, Lazzaro dice: “Amici miei, è abbastanza quanto abbiamo vissuto nella comunità; andiamo con questo santo sentimento in tutta quiete a riposare, affinché ogni anima rimanga ancora unita con il suo Dio e Padre. Riposate nella consapevolezza che Dio stesso veglia su tutti noi. E la Pace di Dio sia con tutti voi! – Amen”.
33. Pieni di gratitudine nel cuore si separano silenziosamente, soltanto Giona va con la sua Pura da Enos, dicendo: “In me tutto è ancora troppo agitato, io devo giungere alla completa chiarezza interiore, aiutami per questo!”.
34. “Caro Giona”, – dice Enos, – “intanto rimaniamo qui ancora a lungo insieme. Tutto deve prima crescere, finché sarà consolidato in te, e tu potrai ricevere un nuovo compito. Ma quest’unica parola dono a voi due in quest’ora, parola che mi ha dato già così tanta chiarezza e benedizione: Gesù, l’Onni-Misericordioso, è Salvezza – Redenzione – e Pace vera!”.
35. Teofilo si reca da Ruth, egli, infatti, non ha potuto ancora scambiare una parola con lei. “Mia Ruth”, dice, quando la prende fra le sue braccia, “quest’ultimo avvenimento è stato per me nuovamente una grande lotta di fede, ma io sapevo: anche tu pregavi per me, ed il tuo amore mi ha dato la forza di perseverare. Ora siamo di nuovo uniti, finché verremo messi davanti a compiti nuovi secondo la Volontà del Signore. Interiormente sono tornato diverso e voglio cercare di portare a Gesù il mio ringraziamento in più grande misura. Nessun dolore ci deve mai separare da Lui, perché noi Gli apparteniamo per sempre!”.
36. Dice Ruth: “Ruben, io sapevo che tu dovevi ancora sostenere questa prova del fuoco. Il Signore ha stabilito per te qualcosa di più grande! E così voglio stare tranquilla ed attendere, finché il Signore chiamerà anche me a compiti nuovi. Ma andiamo ancora per alcuni minuti dai genitori”.
37. Quando giungono da loro, Giona e Pura vogliono congedarsi, ma Teofilo dice: “Fratello Giona, ora siamo a casa e ben protetti, il braccio dei templari non arriva fino a Betania!”.
38. “Oh, Ruben, posso confessarti: soltanto da oggi vivo coscientemente. Oh, che grande follia la nostra vita precedente! Credo in Gesù, il Crocifisso, il quale da Risorto aiuterà anche me ad andare avanti nella mia difficile situazione”. Con ciò egli se ne va.
39. I fratelli vivono ancora un’ora solenne con i genitori, poi Teofilo dice: “Padre e madre, ora non rimarrò più a lungo a Betania, l’Amore e la Bontà del Signore mi obbliga ad un lavoro più zelante per Lui e per il mio prossimo. Sento l’impulso dello spirito in me, devo avere un maggior campo d’azione, e Lazzaro veramente me lo ha già offerto. Dopo di ciò che sta alle mie spalle, ora appartengo completamente al Signore”.
40. “Figlio mio”, – dice Enos, – “se Dio ha bisogno di te, allora siamo volentieri d’accordo con questo, noi, infatti, conosciamo le Sue conduzioni, esse vanno sempre ben oltre la preghiera e la comprensione! Ma ora vogliamo riposare nella Sua benedizione. Amen”.
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Giona si riscatta dal tempio
Visita nella grande colonia di Betania
1. Quando il mattino dopo risuona la campana per la prima colazione, i nuovi ospiti si radunano nella sala da pranzo. Gli abitanti però sono già al raccolto dal mattino presto e sono attesi soltanto la sera per il comune raccoglimento. David con sua figlia canta un salmo mattutino e crea con ciò la giusta solennità per la preghiera del mattino. Lazzaro ricorda con poche parole tutti coloro che lottano e supplicano per aiuto e forza, pensa a coloro che sono prigionieri e separati dai loro cari ed hanno bisogno di afflusso di forze; ricorda però anche i molti nemici, ai quali egli augura comprensione dell’Amore misericordioso di Dio e benedice poi la colazione ed i presenti tutti.
2. Dopo il termine della colazione Lazzaro dice agli ospiti: “Oggi vi affido tutti alla guida del fratello Enos con Teofilo, per conoscere più da vicino la nostra Betania. E voi amici, che volete ritornare nella vostra patria, io vi prego di rimanere qui ancora per oggi, affinché prendiate confidenza con lo spirito di Betania! Un tale giorno porta varie conoscenze per il nuovo lavoro, e così considerate la mia preghiera come un invito di Dio. Io però vado col fratello Giona, vostro liberatore, a Gerusalemme, per ordinare lì le sue cose, infatti, finché quel luogo è una fortezza del nemico di ogni Verità, quivi ogni ora deve essere utilizzata”.
3. Lazzaro e Giona con due carri vanno a Gerusalemme dal comandante della città e chiedono protezione ed assistenza a causa dei templari. Il comandante romano consegna a Giona il certificato di suddito imperiale, poi con Giona sotto scorta militare va lui stesso nella sua casa, perché forse avrebbe avuto ancora qualche difficoltà. E, in effetti, si trovano già lì alcuni sacerdoti per svuotare la ricca casa. Giona però chiede energico: “Che cosa cercate qui nella mia proprietà?”.
4. Se non fossero venuti insieme i romani, Giona se la sarebbe vista brutta, ma così il comandante fa arrestare i sacerdoti, perché sono penetrati senza permesso nella proprietà di un suddito romano.
5. Giona fa caricare sul carro soltanto il più necessario e lo fa portare a Betania con la donna di servizio. Con quattro soldati, i quali portano oro persiano, argento, ed oggetti preziosi, il comandante e Giona si recano nel tempio, per indurre con questo l’alto Consiglio allo scioglimento del suo giuramento.
6. Più presto di quanto si pensava si svolge tutto questo, e così in due ore Giona è un uomo libero. Lazzaro è gioiosamente sorpreso, quando i due si trovano nella locanda Betania, dove Giona consegna la sua casa al comandante per l’utilizzo nel senso del vero amore per il prossimo. Lazzaro ed il gestore sottoscrivono il certificato di donazione. Così con il comandante viene concluso un patto, – e la moglie del comandante, secondo la misura del suo attivo amore, opererà piena di benedizione ancora per molti anni nella casa di Giona.
7. Al calar del Sole, i carri entrano in Betatnia; i soldati vengono ristorati ed intraprendono la marcia di ritorno. Degli ospiti non c’è traccia, perché Enos e suo figlio li portano in giro nelle piantagioni e giardini molto ramificati. I forestieri sono sorpresi del grande ordine e come tutto è così ben organizzato; a ciò Enos dice: “Amici, se non fosse tutto saggiamente ordinato, e quest’ordine non fosse rigorosamente osservato, smetteremmo di essere una comunità vivente. Ognuno ha da inserirsi in quest’ordine così che diventi da se stesso ogni biasimo superfluo!”.
8. Efraim, il capo dei forestieri replica: “Fratello Enos, vedo tutto questo con grande interesse, ma gli uomini sono differenti nel carattere, non succede che alcuni non riescono ad inserirsi?”
9. “Certo!”, – risponde Enos. – “Anche questo avviene! Lazzaro però, che non si considera come proprietario, ma solo come amministratore, spiega a tutti molto chiaramente che una così grande famiglia, come è qui il caso, può rimanere nella giusta unione soltanto attraverso l’ordine. Ognuno deve adeguarsi all’ordine, allora c’è metà lavoro, – e doppia benedizione. La maggior parte s’inserisce anche presto ben disposto e volentieri, gli altri però devono continuare la loro strada; ma quest’ultimo caso è capitato solo raramente. Qui non esiste nessun salario, ma la vita di tutti si regola senza preoccupazione. Le preoccupazioni le ha soltanto Lazzaro, e lui supera queste con la sua ferma fiducia nel Signore. – Quello che voi oggi avete visto, è solo una piccola parte, a Betania appartengono ancora molti terreni e grande moltitudine di bestiame”.
10. Efraim domanda stupito: “Ma come può Lazzaro occuparsi di tutto questo?”.
11. “Vedi fratello”, – risponde Enos, – “proprio perché tutto procede nel suo percorso ordinato. Qui non c’è nessun padrone e nessun servo, ognuno è collaboratore e porta in sé il suo senso di responsabilità. Io ti dico che Lazzaro si occupa di ogni singolo e si prende molto a cuore che lo stesso sia totalmente soddisfatto, non soltanto secondo il corpo, ma anche secondo l’anima. Quello che è possibile nell’orbita dell’amore, qui viene fatto, e questo è reciproco”.
12. Dice Efraim: “Fratello, con ciò mi dai un grande sapere del tutto nuovo. Quindi, è la Dottrina del Salvatore Gesù nella realizzazione pratica! – Oh, quanto ancora stiamo indietro nella nostra comunità! Mi costa molta fatica soltanto conquistare la fiducia della mia gente, affinché regni per lo meno lealtà. Sai, fratello Enos, questo giorno odierno mi dà molto più incitamento che tutte le prediche e canti. Sin da bambini sentiamo sempre soltanto ciò che dobbiamo fare, oppure ciò che vieta la legge. Qui però vedo una vita in comune del tutto naturale, vita che è da designare ancora troppo poco con amore. Ora vorrei ancora sapere: dove sono i vostri anziani? Le persone, infatti, non sono certo sempre idonee al lavoro!”.
13. ”Allora vieni”, – dice Enos, – “ora ti voglio mostrare la cosa più bella di Betania!”. Arrivano in una grande, aperta piazza, dove molti bambini giocano allegramente. Questi corrono loro incontro inaspettatamente e salutano gli ospiti, soprattutto il padre Enos, che spiega: “Questa è la nostra colonia infantile, qui c’è sole, gioia e nuova vita! – Ci sono anche molti orfani qui, ma non mancano del padre e della madre, perché lo Spirito provvidente si occupa anche per questi nel vero amore”.
14. Sono visitate le spazialità, poi Enos va verso destra, dove in mezzo ad alberi molto alti si vede una casa a pianterreno. All’ombra siedono anziani padri e madri su comode panche, amorevolmente assistiti da giovani ragazze. “Venite e salutate i nostri anziani e quelli piegati dall’età e chiedete voi stessi della loro condizione e dei loro desideri!”. Gli anziani sono visibilmente contenti di questa visita, ed Efraim è profondamente commosso del modo di come Lazzaro si preoccupa anche per questi.
15. Ma Enos gli spiega: “Qui io vivo le mie ore solenni più belle. Essi tutti hanno superato il mondano ed hanno soltanto un anelito: e cioè quello di sperimentare che il Signore possa adempiere anche con loro la Sua Parola: «Vedi – presto Io vengo!»”.
16. “Ora andiamo avanti, voglio mostrarvi ancora il luogo dove i nostri cari defunti sono affidati alla Terra”. Commossi stanno davanti al grande cancello ad arco che porta l’iscrizione: ‘Io vivo – ed anche voi dovete vivere! – Gesù’.
17. Si comincia a vedere un piccolo gruppo di tombe adornate, ed una croce con un semplice nome rivela di chi era l’involucro sepolto qui. Efraim dice sorpreso: “Fratello Enos, il fatto di abbellire anche delle tombe però è del tutto contro il nostro costume! Questo lo fanno i pagani”.
18. “Fratello, questo lo fa soltanto l’amore!”, – replica Enos. – “Noi non domandiamo: ‘Chi fa questo all’infuori di noi?’, bensì per noi è un bisogno configurare anche questo luogo solennemente. È edificante sapere che anche quel pezzetto di terra dove la nostra caduca dimora viene di nuovo consegnata alla madre terra, è ancora consacrato. È un’ora solenne e benedizione per tutti coloro che qui dimostrano loro quest’ultimo servizio d’amore. Dà forza anche a me, quando Lazzaro è assente da Betania per giorni e settimane, nella necessità io posso dare la benedizione”.
19. Efraim si scusa: “Fratello, non essere indignato se esprimo la mia opinione che non è la vostra. Riconosco bene: Betania si è conquistata la Grazia di Dio ed è modello per tutte le comunità. Ma dimmi: da dove prende Lazzaro i mezzi? Senza denaro tutto questo non è possibile!”.
20. Ed Enos spiega: “Vengono venduti molti animali, frutti ed olio, in parte come scambio di beni che dovremmo acquistare, oppure per denaro. Lazzaro fornisce la Persia e Damasco; carovane di mercanti vengono volentieri da noi e portano o ricevono merci al giusto prezzo senza mercanteggiare e trattare. Naturalmente per questo Lazzaro ha persone prestabilite che sono esperte di commercio e possiedono abbastanza conoscenza delle merci”.
21. Poi tornano lentamente indietro alla casa padronale, e quando incontrano Lazzaro, Efraim prende la sua mano e dice pieno di ammirazione: “Caro amico, tu grande fratello degli uomini! Ti ringrazio per l’amore che mi ha fatto vivere in questo giorno la tua Betania! Gerusalemme è sbiadita per noi! Tutto ciò che abbiamo sentito del tempio appartiene già al passato. In futuro deve rimanere soltanto il vissuto qui in Betania! Domani proseguiremo il nostro viaggio, abbiamo visto più che abbastanza ed appreso ancora di più! Ci sarebbe ancora da desiderare soltanto che presto anche da noi avvenga la stessa cosa!”.
22. Replica Lazzaro: “Fratello, se risvegliate la giusta volontà in voi, verrà anche l’adempimento! Certo, non dall’oggi al domani, perché per questo ci vuole pazienza, sapienza e di nuovo pazienza. – Ho già parlato con l’oste della locanda e con David e conosco a sufficienza i vostri bisogni. Così vi posso dare la migliore consolazione e la buona speranza che il Salvatore e Maestro Gesù possa venire incontro ai vostri desideri e venga provveduto ai vostri ammalati. Appena possibile vi manderemo un discepolo del Signore che vi istruisca ulteriormente e secondo la Grazia del Signore aiuterà anche i vostri ammalati”.
23. “Fratello, possiamo ancora sperare in questa Grazia? Il Signore stesso, infatti, guariva i nostri malati ed eliminava tutti i bisogni, ma ci andava forse troppo bene, perciò abbiamo abbandonato l’alto gradino della fede, sul quale ci mise il Salvatore Gesù, ed oggi abbiamo più malati che mai e grandi difficoltà con i sacerdoti”.
24. Dice Lazzaro: “Certo che potete sperare nella Grazia Sua, il Signore, infatti, non opera come gli uomini che ricambiano pari col pari, ma cerca di andare a riprendere coloro che si sono allontanati da Lui, affinché la felicità e la Sua benedizione crescano ed il Suo eterno Regno metta radici nei Suoi figli in divenire. – Se in seguito osservi con chiaro riconoscimento tutto ciò che hai vissuto qui, allora comprenderai con quanta Sapienza siete stati guidati tutti voi. Il Signore però pretende anche una chiara decisione! E soltanto là dove da parte nostra ci s’impegna concretamente per la Sua grande Verità di salvezza, sono la Sua benedizione e la Sua santa Pace. Noi da soli non siamo niente, ma con Lui un enorme fattore, con il quale il mondo e tutti gli avversari della Sua Luce devono fare i conti! Perciò io consiglio a te ed a tutti, decidetevi: per Lui, – o contro di Lui! – non esiste nulla nel mezzo. Con Lui – adempimento della vita, senza di Lui – lento, ma sicuro declino!”.
25. “Fratello Lazzaro, ti ringrazio per le tue ben intenzionate parole. Sarà mia seria premura vivere con Lui! Se soltanto avessi la certezza che il Signore perdoni la nostra tiepidezza, io, infatti, mi sento dolorosamente corresponsabile in questo”.
26. Lazzaro poggia le due mani sulle spalle di Efraim e dice: “Fratello, nel Suo santo Nome io ti dico: rallegrati! Chi come te riconosce i suoi errori e confessa e spera nella Grazia del Signore, a questi verrà pieno perdono! Ti verranno dati in mano abbastanza mezzi per riparare! Ma se il Signore ti è vicino elargendoti l’aiuto, credi tu che Egli potrebbe ancora portarti rancore? Oh, no! Con compiacimento guarderà l’opera delle tue mani e del tuo amore! Finché ti opprime ancora la colpa, fino allora sarai ostacolato. Ma se hai la ferma fede: ‘il mio Redentore è Misericordioso, il mio Gesù quale Salvatore ha messo di nuovo a posto ciò che io non potevo’, allora ogni lavoro ti sarà leggero e si svolgerà come per gioco, e tu cercherai volentieri nuovi compiti più grandi, compiti che sono nell’Essere e nello Spirito dell’Amore di Gesù”.
27. “Guarda là il nostro amico Giona che si intrattiene con Enos, lui ancora ieri era un templare, oggi ne è già libero ed è uno sul cui operato il Signore certamente conta ancora. Credi che lui potrebbe lanciarsi a tali compiti, se tirasse sempre nel presente gli errori passati? Vedi, se il Signore ha messo in ordine qualcosa del nostro errore, allora noi abbiamo solo il dovere: adempiere coscienti i compiti del presente con gratitudine, gioia e fervore. Non volere nulla da te stesso, vuoi tutto dal soccorrente amore per il prossimo, allora agirai nell’Ordine divino ed i tuoi fratelli troveranno in ordine anche te! Ai nemici ed avversari però non potrai mai fare in ogni caso niente nel verso giusto. Quello che tu sperimenti come Guida superiore, come Grazia speciale, sia per te l’assoluzione del nostro Padre santo! Ma ciò che ora sta dinanzi a te ancora come santo compito, ti conferma la Fiducia che l’eterno Dio ti dimostra. Renditi degno di questo compito e della Sua Fiducia: preservare preziose anime umane da grandi errori! Riconosci questo come tuo lavoro particolare! – Il Signore ti fortifichi per questo con raddoppiata Forza dell’Amore! Amen”.
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Giovanni giustifica le conduzioni divine e Gesù si rivela attraverso di lui
1. Nel frattempo gli ospiti si radunano nella grande sala da pranzo, dove a tutti tocca una grande sorpresa, dalla porta entrano la madre Maria, Giovanni e Giacomo. La gioia che Teofilo è stato salvato con molti prigionieri, li ha attirati a Betania.
2. Lazzaro prega nel suo cuore: “Ti ringrazio, Padre, che esaudisci anche i nostri più segreti desideri così magnificamente”. Tutti circondano gioiosi gli arrivati, poi si siedono intorno alla tavola apparecchiata, e Lazzaro prega Giovanni di benedire il pasto.
3. A questa richiesta segue un solenne silenzio, poiché anche gli ospiti sanno: costui è l’apostolo che il Signore aveva amato di più – e gli occhi di tutti sono rivolti a lui.
4. Giovanni si alza, solleva le mani e dice: “Caro Padre! Per Grazia Tua siamo qui in questo luogo a Te così caro, e gli occhi di tutti sono rivolti a Te, a Te che nel Tuo Amore ci hai di nuovo benedetto così abbondantemente con gioia dell’anima. Ci mancherebbe il Meglio, se Tu non fossi in mezzo a noi! Perciò Ti preghiamo, Sii nello Spirito della Tua santa Essenza tra noi, e colma ogni cuore con la consapevolezza che Tu sei presso, intorno ed in questo cuore! La gratitudine di noi tutti appartiene soltanto a Te e così pure il nostro debole ed ancor piccolo amore. Benedici anche questo cibo e bevanda, affinché il nostro cuore si allarghi e diventi sempre più vivente per la salvezza e la benedizione di tutti gli uomini. Amen”.
5. Dopo, David prende la sua arpa, e risuonano dolci le delicate melodie. Ma quando la sua anima si sente più libera, suona e canta a piacere, mentre gli altri si ristorano al banchetto.
6. Quando si fa buio, Lazzaro invita gli ospiti ad andare sull’altura illuminata, dove gli abitanti di Betania attendono già con brama questa celebrazione serale.
7. In Teofilo si è destata una grande gioia e gratitudine, perché può essere di nuovo insieme a tutti gli amici, ed amorevolmente provvede per loro comodi posti.
8. David nel frattempo suona e poi con Salomè canta in grande interiorità il salmo [Salmo 23]: “Il Signore è il mio Pastore, nulla mi mancherà! Egli mi pasce su verdeggianti prati e mi conduce a fresche acque! Egli ristora la mia anima con la Sua Parola eterna, e mi conduce sulle Sue Vie alla Sua Verità ed alla conoscenza di tutto il Suo sapiente Operare dell’Amore!”. – Ancora una volta l’arpa esulta – ma poi le dolci vibrazioni vanno perdendosi.
9. Lazzaro ancor mai ha sentito così intimo e bello il salmo, che pur è stato cantato tanto spesso, e grato fa cenno con la testa a David e Salomè.
10. Poi Giovanni va al piccolo altare, sul quale ardono sette candelieri, e comincia: “Cari fratelli e sorelle! Nel Nome dell’eterno Amore vi saluto e vi trasmetto la Grazia e la Pace del Signore! In questa solenne ora serale mi muove profonda gioia, poiché vi posso portare la Parola del Signore che rende vivente. Dal momento che solo da poco abbiamo superato, vittoriose, differenti difficili prove, il Maestro della vera Vita vuole indicare oggi ad ogni singolo tra noi lo scopo delle molteplici Conduzioni delle Sue Vie di Grazia.
11. Il Suo Spirito in me mi spinge a giustificare dinanzi a voi, tutte le disposizioni che erano necessarie per educarci a figli Suoi ed a fedeli testimoni del Suo Amore paterno per tutti gli uomini, così che noi tutti abbiamo potuto ottenere di ritornare nuovamente in questa casa, nella quale il Signore come Uomo così volentieri si tratteneva – e può ancora trattenersi – nello Spirito del Suo Amore imperituro!
12. E così ascoltate questo Suo annuncio – come Rivelazione proveniente da tempi lontani: su vostra preghiera voi siete venuti come uomini su questa Terra. Non volevate mancare quando l’eterno vero Signore e Dio, come Figlio dell’uomo, avrebbe schiacciato la testa al serpente, e volevate partecipare al giubilo che da tutti i Cieli e mondi sarebbe ritornato come eco, quando il Figlio di Dio avrebbe esclamato – il Suo «è compiuto!». Allora voleste stare nelle file di coloro che, quali veri eredi dei Suoi incommensurabili Tesori dello Spirito, conoscono soltanto l’unico volere: vivere, operare ed agire proprio come Colui al Quale essi devono questa ricca eredità.
13. Come uomini di questa Terra avevate dimenticato tutto e vivevate qui del tutto secondo i vostri propri piccoli concetti e brame terrene. Dio però non dimentica niente, ed il Suo Amore sempre vegliante su di voi ordinava le vostre vie cosìcché dovevate capitare in miseria e tribolazioni e dovevate ricordarvi della Sua Misericordia, l’unica soccorrente.
14. Vedete, ora è riuscito al sapiente Amore del Signore che – come da voi stessi – leviate le mani a Lui pregando e facciate sorgere dal vostro cuore la preghiera: «Signore, non ci lasciare, perché senza di Te ci sentiamo completamente abbandonati!». Ma soltanto se comprendete quanto poco eravate abbandonati da Lui, allora si risveglierà un ringraziamento che farà di voi nuovamente veri figli!
15. Così
viviamo quest’ora santa, in cui tutto lo splendore del Cielo impallidisce
rispetto alla Bellezza che rivela il vostro amore per il Signore ora nuovamente
risvegliato. Ed in tutti i Cieli, i beati sono colmi di gioia, poiché le
irradiazioni del vostro giovane amore giungono fin lì. Ma tutto ciò, – lo
dobbiamo al Signore che in quest’istante vi sarà visibile al mio fianco così
come l’amore del vostro cuore Lo immagina, e che attraverso di me vi manda a
dire: «Vedete, Io sono con voi tutti i giorni, e
non passa ora in cui non cammini accanto a voi sperando ed attendendo, e
sorveglio perfino il vostro sonno della notte!
16. Figlioletti, è difficile per un amorevole Cuore paterno
sapere i Suoi nella tana del drago! Al nemico di ogni Vita e Luce è bensì
spezzata la sua potenza e forza, e per i Miei veri figli sarebbe facile
troncare a lui ogni afflusso di vita. Ma così voi stessi nutrite, in parte per ignoranza,
in parte per tiepidezza e pigrizia, il Mio avversario e date a lui i diritti
che appartengono soltanto a Me.
17. Ma dalla Mia amara lotta con lui e dalle Mie ferite
ricevete lo Spirito che fa di voi lieti combattenti. Io mantengo la Mia
Promessa, – e sono là, quando un Mio figlio Mi chiama! – Ma anche voi siate
coscienti che siete pure legati alla vostra promessa, se volete che vi tocchi
la Mia benedizione, la Mia Forza ed il Mio Aiuto!
18. Se grande è il giubilo nel Mio eterno Regno per la
felicità dei Miei figlioletti, – ancor più grande è la tristezza se essi
dimenticano Me, il loro Padre pieno d’Amore e di Misericordia.
19. Attenetevi al Mio Amore dimostratovi! La Mia Parola vi sia Segnavia e Guida, e la Mia santa Vita in voi sia il salario vostro nel tempo e nell’eternità. Amen!».
20. Solo
dopo una pausa Giovanni continua: «Voi, Efraim e Lidia, diventate vere guide dei fratelli
vostri! Quello che chiederete per loro, nel Nome Mio, sia accordato. Indossate
però la veste dell’umiltà, affinché Io vi possa rivelare ancor più chiaramente
il Mio Amore e Grazia e la Mia Pace. Io sono con voi tutti i giorni! Così
andate per la vostra strada, ma non lasciatevi mai più derubare della Mia Pace!
21. Ma voi che rimanete qui, voi che mangiate al tavolo il vostro
pane che ho benedetto in modo particolare, non dimenticate: dove qualcuno
rimane in Me, – Io posso rimanere anche in lui.
22. La Mia Vita che ora è risorta in voi, vi sia santa! Proteggetela come vero personale Santuario, allora nessun nemico vi potrà più danneggiare. Perché dove Io giungo al Dominio, cresce la pace, la gioia e la celestiale convivenza. La Mia benedizione sia con tutti voi! La Mia Pace diventi la vostra pace, ed il Mio Amore produca l’amore per i fratelli vostri. Amen! – Amen!».
23. “Amen!”. Ringraziano gli ascoltatori molto commossi e, piano, poi sempre più forti, si diffondono i suoni dell’arpa attraverso i cuori di tutti, andando perdendosi fino al cantico di lode della beatitudine di David commosso:
24. “Alleluja! – Amen! Amen! – Alleluja! –
Lodate il
Signore nel Suo Santuario!
LodateLo –
nella Fortezza della Sua Potenza!
LodateLo
nelle Sue Azioni!
LodateLo –
nella Sua grande magnificenza!
LodateLo dal
cuore colmo!
LodateLo con
salmi e con arpa!
LodateLo in
tutto il vostro amore!
LodateLo di
giorno – ed anche di notte!
Tutto ciò che
ha respiro – lodi il Signore! –
Alleluja! – Alleluja! – Amen.
Amen!
– Amen!”
25. E lungamente echeggianti i suoni delle corde vanno perdendosi. –
26. Quando tutto tace, – dice Lazzaro: “Fratelli e sorelle Mie! L’Amore del Signore ci è stato di nuovo rivelato in quest’ora così magnificamente. Ora credete a queste sante Parole che il Signore vi ha dato attraverso la bocca del Suo discepolo! Esse vi siano la dimostrazione: il Signore vi ama, e non vi è più nulla tra Lui e voi! E quello che la sua bocca vi ha potuto esprimere, lo potete leggere in ogni tempo nei suoi occhi.
27. Ora andate in pace verso casa, sostenuti dalla consapevolezza: il Signore ci ha fatto veramente vivere delle Meraviglie! Allora continuerà a risuonare in voi: il Signore ama anche noi! – Ed ora, padre Enos, impartisci a tutti noi ancora la benedizione!”.
28. Enos si alza, i suoi occhi splendono come di luce soprannaturale, leva le sue mani al Cielo e prega: “Santo Iddio e Padre fedelissimo! Nella consapevolezza del Tuo Amore che ci rende così beati, noi ti ringraziamo per la nuova dimostrazione della Tua grande bontà e misericordia. Tutto ciò che ancora gravava sulla nostra anima come ansietà e preoccupazione o impotenza, Tu ce l’hai tolto ed hai fortificato nuovamente la nostra fede. Perciò Ti prego, fortificaci anche in avvenire! Sì, compenetrami con le Tue forze di vita, affinché io possa benedire quale figlio Tuo i miei fratelli e sorelle. – Così siate benedetti dall’Amore, Grazia e Forza di Gesù, affinché diventiate più liberi e colmati dello Spirito Suo! La Sua vita sia in voi! La Sua benedizione vi sorregga e vi renda felici nei buoni come nei giorni difficili! Amen”.
29. La cerimonia è terminata. – Gli appartenenti a Betania si recano in silenzio nelle loro dimore, gli ospiti però s’intrattengono ancora a lungo con i discepoli e Maria.
30. Anche il festeggiamento dell’addio è emozionante durante la prima colazione, ed Efraim riceve l’assicurazione che Giovanni e Giacomo sarebbero venuti presto da loro. Fra lodi e ringraziamenti poi i fortunati lasciano il luogo ospitale di Lazzaro.
31. Nessun occhio rimane asciutto, quando Giovanni invoca ancora: “Figlioletti, rimanete nel Suo Amore, allora quest’Amore diventerà la salvezza per voi ed anche per il vostro prossimo! Ma la cosa più grande vi attende ancora – quando la forza del vostro amore diventerà la meraviglia per tutti gli altri! Amen!”.
* * *
Così vogliamo
dunque anche noi sforzarci di comprendere sempre più tutte le conduzioni divine
nel nostro stesso destino, affinché si risvegli anche in noi qualcosa di questa
nuova vita spirituale attraverso il nostro pensare ed operare, e conquisti
spazio per lo sviluppo delle Sue benedicenti forze miracolose!Amen!
[inizio]
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[1] Libretto 16 – cap. 16,41
[2] Non giudicare – Matteo 7,
1– 2
[3] Salmo 74,4: « I tuoi
avversari hanno ruggito dentro al luogo delle tue adunanze, vi hanno posto le
loro insegne per emblemi». - Salmo 74,18: «Ricordati questo: che il nemico ha
oltraggiato l’Eterno, e che un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome. Non dare
alle fiere la vita della tua tortora, non per sempre il gregge dei tuoi poveri
afflitti».
[4] Vedi libretto XI, cap.9
[5] Il dono dei cani: Rif: vedi di Jacob Lorber “Il grande Vangelo di Giovanni” vol. 6 cap. 160