Rivelazioni comunicate da Max Seltmann defunto

 

Autobiografia dal mondo dello spirito

 

 

Libro XXVIII

 

Testi comunicati dallo spirito di Max Seltmann dopo la sua morte terrena, ricevuti in modo sensitivo

da Gertrud Emde e poi da lei stessa revisionati, riassemblati e messi in stampa.

 

 

Titolo originale “Un Dono – vol. 2” – edito da Gertrud Emde

Testo originale in lingua tedesca – 1998 Copyright @ by T. Emde Casa editrice

Traduzione Ingrid Wunderlich e Antonino Izzo

Edizione in lingua italiana a cura del gruppo:

Amici della nuova Luce   -   www.legamedelcielo.it

 

Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione

Via Vittorio Veneto, 167 - 24038 Sant’Omobono Terme  (Bergamo)

Tel./Fax: 035.851163 - Cell.: 347.1041176

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       www.jakoblorber.it

 

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Prefazione

 

Cari lettori, vi potete immaginare come mi son sentita quando appresi che uno scrittore deceduto mi pregava di rivedere e pubblicare i suoi scritti lasciati in eredità? Un mattino, circa dieci anni fa (1998), un buon amico mi chiamò per comunicarmi questa richiesta che aveva avuto.

Io non avevo ancora mai sentito il nome Max Seltmann, perciò la mia reazione fu non proprio piena di entusiasmo, al che risposi: “Non sono certo senza lavoro, … allora potrebbe venire chiunque! Del resto, non ho ancora mai comprato un ‘gatto nel sacco’, soprattutto prima che io non sappia chi è costui, prima che non conosca i suoi scritti e prima che non senta come questo defunto se lo immagina. Perciò da me non c’è da aspettarsi nessuna promessa …”

Dal mio amico, un rispettabile docente universitario, ci fu poi da apprendere quanto segue: “Egli qualche sera prima aveva partecipato ad un incontro di un circolo spiritico che esiste già da 40 anni e viene frequentato da persone molto serie con l’intenzione di assistere il prossimo nel bisogno psichico anche oltre la morte. Questa volta era comparso per la prima volta, attraverso il medium del circolo, un essere spirituale che si è presentato col nome di Max Seltmann. Due partecipanti alla seduta, conoscendolo, lo salutarono con entusiasmo come un vecchio amico. La maggior parte degli altri – anche il mio amico – non conoscevano nemmeno il suo nome.

‘Seltmann’ avrebbe manifestato – così mi ha riferito il mio amico – che già da tempo stava cercando una persona idonea per questo compito; la persona in questione doveva possedere un certo talento medianico e con una ‘vibrazione’ per adattarsi a lui, affinché lui potesse influirlo in modo ispirato. Ora avrebbe trovato in me questa persona, e perciò chiede a me di mettere in pratica la sua richiesta.

Dopo qualche giorno mi giunse un manoscritto anonimo, usurato ma perfettamente leggibile, ed inoltre mi fu comunicato che presso un amico di Seltmann avrei trovato tutta un’intera catasta di scritti inediti che potevo andare di persona a ritirarli. E così è stato. Ma non basta: per posta ricevetti un pacchetto di opuscoli che Seltmann aveva scritto e pubblicato al tempo della sua vita. Essi sono editi dalla casa editrice ‘Turm’ di Bietigheim, e ancora oggi ottenibili richiedendoli.

In poco tempo lessi gli opuscoletti che avevo ricevuto, e ne rimasi entusiasta.

Il mio amico docente mi aveva fatto sapere che potevo entrare in contatto con Max Seltmann in qualsiasi momento tramite il medium a lui noto. Naturalmente accettai volentieri questa offerta, cosicché portai con me due testimoni e un registratore per registrare la conversazione. Le cassette con le registrazioni del primo e delle ulteriori conversazioni con ‘Seltmann’ sono ancora esistenti e in mio possesso.

Interessantissima fu l’esperienza di come Seltmann rispondeva ogni volta già in anticipo alle mie domande preparate, ma non ancora espresse, così come egli previde future situazioni e mi indicò le difficoltà che si sarebbero verificate in relazione a questo progetto. Già queste esperienze varrebbe la pena mettere su carta, essendo molto interessanti e abbastanza appassionanti. – Ma ritorniamo alla sua vera e propria richiesta.

Proprio nel racconto della storia della sua vita, Max Seltmann descrive come si sviluppò la sua medianità, quali esperienze buone e quali le cattive dovette passare per imparare il suo vero e proprio compito e, alla fine, operare beneficamente per il prossimo sofferente, non solo nella sfera terrena, ma anche in quella dell’aldilà.

Una volta ci fu uno che descrisse i suoi scritti come “gialli spirituali”, perché riferiva le sue esperienze in maniera così chiara e appassionata. Nondimeno, da tutte le sue narrazioni si può imparare molto sulla legge della natura, narrazioni che sono valide anche nella sfera spirituale. Egli non esprime mai i suoi pensieri da un gradino superiore, – e questo fa tanto bene!

Le esperienze descritte diventano sorprendenti ed anche istruttive per quel lettore pratico di questo campo. Chi non si è ancora occupato con tali esperienze, difficilmente può credere come un uomo deceduto possa operare nelle sfere terrene, e come d’altra parte Seltmann abbia potuto essere attivo nello spirituale già durante il tempo della sua vita. Quel che è certo, è che i confini tra l’aldiquà e l’aldilà si confondono.

Qui è d’obbligo la massima attenzione; anche Seltmann ha dovuto sperimentare questo su se stesso: senza l’orientamento verso la Forza suprema, senza il collegamento ripetutamente richiesto con il suo amato Gesù, egli si sarebbe perduto.

Qui vorrei aggiungere questo: Seltmann durante una difficile fase della sua vita venne in contatto con la voluminosa opera comunicata a Jakob Lorber, che sicuramente può considerarsi la comunicazione medianica più significativa del suo tempo (1840-1864). Così non sorprende che da ciò furono forgiate a Seltmann le percezioni spirituali di Dio-Padre-Gesù, e questo si manifestò nei suoi modi di esprimersi. Il lettore non dovrebbe attribuire troppo peso al suo particolare modo di esprimersi, ma interiorizzare soprattutto quelle esperienze che lo possano portare vicino in maniera vivente alla realtà terrena e a quella futura.

In questo senso si può certamente considerare l’obiettivo principale di Seltmann: diffondere il discernimento in base alle sue conoscenze ed esperienze, per far comprendere la conformità dell’esistenza terrena che l’uomo è un essere spirituale rivestito transitoriamente di un corpo fisico, al fine di ottenere buoni risultati nella propria vicenda terrena, e così raccogliere delle proprie esperienze e, con ciò, continuare a maturare.

Alla luce di queste sue narrazioni – come anche da una varietà di altra similare letteratura – siamo oggi in grado di comprendere molto meglio la continuazione della vita dopo la morte terrena che è una vita senza interruzione. Dai più non sembra proprio essere così, come spesso si sente ai funerali: “Signore, lasciali riposare in pace! Dà loro il riposo eterno!”. Oppure, come  si sente talvolta alle adunanze teologiche dei pastori evangelici: “Dopo la morte saremo trasformati in un attimo e staremo di fronte al volto di Dio, e in questa Luce del Dio misericordioso le nostre imperfezioni e i nostri peccati si dissolveranno”.

È possibile l’idea che, davvero, secondo queste supposizioni, basta solo far “girare i pollici” per tutta la nostra vita, e quindi, sprecare inutilmente il nostro tempo, magari con bagatelle insensate e contrarie al buon senso, perché tanto, Gesù quasi  2000 anni fa è morto per tutte le scempiaggini o cattiverie di ciascuno, già commesse o non ancora commesse? Perché allora dovremmo fare qualcosa per il nostro sviluppo interiore, se la Grazia di Dio passerà su tutti i nostri peccati e li cancellerà come con una spugna?

Spesso viene anche accentuato da parte dei teologi che l’uomo sarebbe da intendere come un’unità indissolubile di corpo e anima. Ma allora, come può essere presa sul serio la cosiddetta “teoria della totale morte”, la quale prevede che con la morte del corpo si estingue anche l’anima e lo spirito?

Secondo ciò, si potrebbe sperare poi solo in una resurrezione nel Giorno del Giudizio (certo, per chi ci crede veramente ancora oggi), – oppure in una continuazione della vita nei nostri figli, come ricordo e bene ereditario. … Tutto questo, non è deprimente? Non è sconsolante?

Dove ci sarebbe, in questo, da comprendere un’ulteriore senso superiore della nostra vita? Non è triste quando da parte di chi è autorizzato ad indicare la vera formazione della vita, vengono dati all’uomo odierno così pochi convincenti aiuti, vita che in sé è invece piena di significato, essendoci già tante esperienze di altro tipo? Invece: “…guai a toccare i segreti della fede tradizionale!”

Max Seltmann si è liberato da queste costrizioni. Egli nelle sue visioni descrive esperienze che ci portano a capire sia il qui che l’aldilà, così che possiamo già percepire pieni di riverenza l’Amore e la Sapienza di Dio in ogni avvenimento della vita, e anche la Sua Giustizia. Nulla di essenziale accade a caso o per combinazione. Siamo guidati senza costrizione ad una migliore comprensione sul senso della nostra esistenza, e in tal modo possiamo riconoscere tutte le assurdità e mezze verità che spesso ci ha trasmesso la consueta educazione. Sta ora nella nostra responsabilità se, davanti a queste numerose ‘visioni’, accettiamo tali esperienze e li mettiamo in pratica nella vita di tutti i giorni con i suoi compiti.

Adeguarsi ad un simile nuovo modo di vita ha certamente delle conseguenze. All’inizio c’è il riconoscimento, la comprensione migliore delle cose, poi segue lo sforzo per una nuova impostazione nella propria vita. Nell’altra vita non varranno le scuse, là non si accetta nemmeno l’ozio. Dalla mia propria esperienza vorrei dire oggi che questo sforzo, quale risultato, determina che sempre più mani si dimostrano caritatevoli, sia visibili che invisibili, e fanno scomparire molte paure, aumentano la sicurezza, fanno crescere la fiducia nel nostro vivente Cristo risorto, Fratello nostro e di tutti i Suoi e nostri luminosi accompagnatori; cosicché possiamo sperimentare che già qui è possibile essere attivi con loro nella collaborazione, e mai più si resta veramente soli, sia di giorno che di notte e in ogni situazione della vita, sia nel qui che anche nel “dopo”. – Non è fantastico questo?

Certamente la vita non ha solo dei momenti esilaranti – anche Seltmann parla delle sue gravi crisi – ma i punti bassi della vita si possono sopportare meglio se si vede in tutto un’affettuosa superiore Sapienza all’opera. Credo sia appropriata un’ulteriore osservazione per la giusta comprensione delle descrizioni molto precise e ricche di dettagli di Seltmann: quello che egli vive e descrive sulle condizioni nelle ‘sfere dell’aldilà’ sono sguardi nel mondo spirituale su di un piano molto vicino a quello terreno. Là le situazioni sotto molti aspetti sono molto simili alle condizioni della vita terrena. Inoltre, di là, molti defunti non credono di aver abbandonato la loro vita terrena, ma si considerano ancora viventi. È necessario che si comprendano assolutamente le basi di questo pensiero: esistono anche delle sfere superiori di sostanza sottile, nelle quali lo sviluppo avviene in modo naturale andando sempre più avanti; tuttavia, di queste sfere, noi come esseri umani terreni non possiamo farci un’idea adeguata. Quindi innanzitutto è necessario occuparci di quelle condizioni basilari nelle quali arriveremo un giorno anche noi. Anche un bambino comincia con i numeri dall’uno al dieci, e non con l’algebra o le radici quadrate.

E ancora qualcos’altro: Seltmann sperimenta e descrive episodi legati alla situazione del suo tempo, caratterizzato dalla seconda guerra mondiale, così come il periodo precedente e quello successivo. Ma guardiamoci intorno: non c’è quasi sempre, ancora guerra, nei paesi vicini? Non ci sono molte cose, oggi come ieri e l’altro ieri? E le Legislazioni divine, non sono sempre le stesse? Certamente qualcosa è anche cambiato in meglio, per esempio l’intolleranza tra le differenti confessioni negli ultimi decenni ha lasciato il posto ad un maggiore sentimento di appartenenza. Seltmann mette il dito su queste ferite. Egli dimostra inesorabilmente a quale atteggiamento anticristiano può condurre l’intolleranza religiosa, specialmente quando viene aizzata dai rappresentanti della chiesa. Oggi si potrebbe essere tentati di leggere da alcune narrazioni di Seltmann addirittura una ‘ostilità ecclesiastica’.

Prendere posizione davanti a questo, sarebbe un totale malinteso. Per Seltmann non si tratta di abbattere la vita ecclesiastica, ma di purificare, rinnovare, sradicare gli abusi dei poteri di quell’ufficio. La sua critica comincia laddove l’alto intento etico di Gesù viene trasmesso deformato, come se solo l’osservanza formale delle usanze e prescrizioni esteriori della Chiesa siano necessarie per ottenere la salvezza. Egli sottolinea che, in primo luogo, si tratta soprattutto dell’attivo amore per il prossimo e nel seguire Gesù nella vita quotidiana. – Non è questo, veramente, il compito più importante di ogni Chiesa cristiana degna di fede, di fortificare continuamente gli uomini ad una conduzione di vita compiacente a Dio, vale a dire eticamente consapevole e sensata – senza costrizione e senza minacce o perfino ricatti, ma attraverso la fortificazione della coscienza, del collegamento con il “Cristo in noi”?

Certo, un evento come descritto in quella questione di 60 anni fa sul libro “Arno”[1], è così difficile da immaginare oggi. Nel frattempo c’è stato l’undicesimo Concilio Vaticano. Con ciò sono stati posti nuovi accenti, anche se nel periodo successivo non sempre è stato attuato come sarebbe stato necessario. Oggi si mettono in primo piano nuove opportunità e tentazioni per la provvidenza ecclesiastica delle anime: l’intera umanità capita sempre di più in una ripetuta minaccia dei suoi fondamenti di vita, perché le forze formative della nostra società trascurano in modo irresponsabile il bene futuro degli uomini e della natura.

Qui ci sarebbero compiti cruciali da parte di organizzazioni religiose: preparare gli uomini spiritualmente per affrontare le crisi che si profilano sull’umanità, affinché non esplodano in catastrofi, ma vengano superate possibilmente nella pace e nella giustizia per tutti gli uomini. Non importa come l’uomo s’immagina l’Essenza di Dio, o quali dogmi egli si rappresenta nel particolare, oppure dove versa il tributo alla sua Chiesa. Ciò che conta è, se si sente corresponsabile per il benessere di tutti gli uomini e della natura, e che si sforzi di agire nel senso di questa responsabilità. Oggi è tempo di abbattere l’intolleranza tra le religioni dell’umanità orientate eticamente e di operare insieme nell’amore per un buon futuro. Per far questo, ci potrà incoraggiare la memoria critica di Seltmann negli inconvenienti che lui ha passato, affinché sia più facile il superamento dei nostri inconvenienti presenti.

Tanto era da dire per avere delle basi sul contenuto di questa autobiografia. Dunque, cosa c’è ancora da presentare per avere un’idea delle comunicazioni di Seltmann? Alcune espressioni sono state trascritte più chiaramente, vecchi modi di dire sono stati cambiati. Il testo è stato suddiviso in capitoli e capoversi, sono stati aggiunti dei titoli, e doveva essere stabilito anche il titolo , ma nonostante tutto questo, il contenuto non è stato modificato, e anche l’ordine delle singole narrazioni è stato mantenuto. Quindi si possono leggere le esperienze di Seltmann raccontate da lui stesso dal suo punto di vista nel suo avvincente stile.

Una di queste esperienze nel capitolo “Esperienze con Fürchtegott”  raccolte nel libro “Arno”, Seltmann riferisce le esperienze in modo dettagliatamente essenziale ancora una volta in forma di romanzo.   Questo libro “Arno” rappresenta quindi un completamento essenziale di questa parte della biografia.

Nel caso che sia difficile accettare alcune parti di questo ulteriore libro, mi permetto ancora di dire: “Lasciate pure da parte quello che non vi piace oppure che vi sembra troppo incredibile. Accettate solo ciò di cui siete veramente convinti; il resto può aspettare finché nuove esperienze renderanno possibile un giudizio migliore. Tutti noi siamo sempre in cammino, in trasformazione.

Perciò auguro molta gioia. – Anzi, molta attenzione nella lettura, molta riflessione, molta forza per la liberazione da quei pregiudizi che possono eventualmente sorgere, talvolta anche comprensione per ciò che sta scritto tra le righe, e molto guadagno spirituale, affinché le visioni di Seltmann portino frutto anche per la nostra vita e per il nostro mondo; me lo auguro.

 

Gertrud Emdefebbraio 1998

 

 

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Cap. 1

La mia infanzia nella casa paterna

1. Provengo da una famiglia di minatori ed io ero il maggiore di sei fratelli e sorelle. Allora abitavamo a Planitz. Il mio ricordo risale fino al mio decimo anno di vita, e tutto è come impresso a fuoco nella mia anima.

2. A dieci anni vidi per la prima volta un ubriaco come fu tirato giù da un carro e portato in una scuderia per smaltirvi lì la sua sbornia. Guardando più da vicino, nell’ubriaco riconobbi mio padre. A quella vista mi promisi di non ubriacarmi mai. Ho mantenuto fino ad oggi questa promessa solenne. Così ringrazio il Padre mio che in tal modo mi ha preservato dal vizio del bere.

3. Andavo volentieri a scuola ed imparavo facilmente; tuttavia è stata una dura infanzia. I miei fratelli ed io dovevamo sbrigare i lavori domestici, ognuno doveva assolvere anzitutto il suo dovere prima di poter uscire in strada.

4. I miei genitori erano molto credenti e ci educarono rigidamente. Con la disobbedienza non ci punivano con botte, per questo c’erano altri mezzi. Quando il padre fischiava, dovevamo correre subito a casa, poiché chi non era presente a tavola, non riceveva più niente da mangiare.

5. Un giorno mia madre fu colta da una malattia lunga e complicata. Sofferse per quasi due anni di tisi polmonare, come allora si chiamava questa malattia. Una guarigione era impossibile, e nondimeno mia madre guarì. Durante questo tempo, quale figlio maggiore, dovetti sostituire la mamma malata nelle faccende domestiche: dovevo fare il governante per i fratellini, cucinare, fare la spesa; insomma, tutto ciò che lei mi affidava, erano miei lavori. Così imparai eccellentemente a cucinare, a cuocere i cibi nel forno e pulire strofinando, e già da tredicenne sostituii la madre malata nelle faccende domestiche.

6. Mio padre lavorava in miniera. Tutto in tutto fu un tempo duro per me, poiché nonostante questo aggravio non mancai nessuna lezione a scuola.

7. I primi contatti con il mondo degli spiriti avvennero quando due medici si adoperarono intorno a mia madre, e quando un giorno furono di nuovo da lei, io ebbi la mia prima esperienza con il mondo degli spiriti.

8. Durante la terapia mia madre cominciò all’improvviso a parlare con una voce totalmente estranea, in un corrente perfetto tedesco, tanto che i medici non finivano più di stupirsi. Con questa voce a noi estranea lei dava ai medici le direttive per curarla diversamente da quanto avessero fatto fino ad allora. I medici non furono contenti di questo, e ci fu una disputa animata. Dopo, però, essi cambiarono il loro modo di curare, e mia madre guarì.

9. E poi ricominciò qualcosa di nuovo. Lo stato in cui mia madre parlava con questa voce estranea, si ripeté, e così lo si venne a sapere anche nel vicinato. Alcuni di questi vicini frequentavano già piccoli circoli, nei quali si annunciavano gli spiriti. A causa della mia giovane età non si volle raccontarmi nulla di più preciso, sebbene fossi molto curioso ed avrei voluto saperne di più.

10. Finalmente una volta riuscii ad essere presente mentre aveva luogo un ‘circolo’ nella nostra casa. Mio padre, per vero, era decisamente contrario e vietava tali riunioni nella nostra casa, ma i vicini non se ne curavano. Ciò che diceva Gotthold, mio padre, veniva semplicemente ignorato, e Lena, mia madre, doveva mettersi a disposizione proprio come medium. Così già da giovinetto venni in contatto con gli ‘spiriti’, divenni in tal modo ‘iniziato’ ed appresi alcune cose.

11. Tuttavia mio padre non si riusciva a convincere. Egli picchiava mia madre quando veniva a sapere che da noi si era svolta di nuovo ‘un’ora con gli spiriti’ e le portava via i vestiti affinché nessuno potesse farle visita. I vicini tuttavia trovavano sempre una via d’uscita per tenere ‘l’ora’, come essi la chiamavano. Questo avveniva soprattutto quando mio padre aveva il turno di notte.

 

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Cap. 2

Il padre è convertito

1. Una sera vennero alcuni vicini che conducevano con sé anche degli ammalati, e parlò di nuovo quello spirito di un medico nel suo estraneo e imperioso linguaggio. Egli accertava le malattie e indicava i medicamenti. Dopo di ciò i malati stavano meglio e guarivano perfino. A questi fatti nemmeno mio padre poteva rifiutarsi di credere. Alla fine anche lui un giorno prese parte ad una tale ‘ora’ ed ebbe perfino un’esperienza straordinaria: un defunto, presentandosi come maestro Fischer, gli parlò. Costui era stato direttore del gruppo corale al quale mio padre apparteneva.

2. Sei mesi prima il maestro Fischer era stato trasferito a Lipsia, perciò qui nessuno sapeva qualcosa della sua morte. Ora Fischer descrisse quali tormenti aveva dovuto sopportare quando la sua salma era stata cremata. Per la verità, mio padre non fu convinto di questa verità, e nonostante ciò la riferì nel successivo incontro all’ora di canto.

3. Allora fu deriso per bene, e un compagno lo provocò dicendo: “Gotthold, e tu vuoi veramente crederlo?”. – Invece il nuovo dirigente disse: “Amici, io ho il suo indirizzo, e semplicemente gli scriverò”.

4. Così accadde. Dopo alcuni giorni ci fu già la risposta: Fischer era morto da un po’ di tempo e la sua salma era stata cremata. Ora lo stupore fu grande, poiché mio padre aveva appunto riferito dei tormenti che Fischer aveva subito con la cremazione del suo cadavere.

 

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Cap. 3

Le facoltà medianiche di mia madre

1. Pertanto, “Lena di Seltmann” fu sempre più conosciuta come medium. Le sue facoltà medianiche erano: guarire, dipingere con matite colorate, parlare in lingue straniere, così come il vedere gli spiriti e parlare con loro. Mio padre nel frattempo fu convertito e divenne perfino un fervente patrocinatore.

2. A questo punto avvenne qualcosa che doveva elevare il nostro spiritismo su un gradino completamente nuovo. “Padre Landbeck”, come noi lo chiamavamo, venne e parlò nella cerchia dei suoi vecchi e fedeli nella mia casa paterna. Propose anche dei libri, cercava amici e benefattori per la stampa degli stessi. Egli poté riferire di molti amici che avevano già donato ed avevano ricevuto i libri. Cosicché, allora imparai per la prima volta a conoscere gli scritti di Jakob Lorber. In seguito li divorai come romanzi.

3. In mia madre la vita spirituale si faceva sempre più intensa Attraverso di lei non parlavano più tanti defunti, ma si annunciavano sempre più spesso sia dei beati che angeli. Così la sua vita diventò molto più libera e i suoi doni più perfezionati.

4. Tuttavia, anche i suoi avversari aumentarono. Dopo una denuncia del parroco, un giorno mia madre fu perfino messa in gabbia dalla polizia. Allora accadde che la moglie del parroco Runkwitz si ammalò gravemente, e nessun medico fu in grado di aiutarla. E chi venne un giorno da Lena di Seltmann? – La moglie del signor parroco! – Lei disse di aver sentito che, “…chi il medico non può più aiutare, riceve aiuto da Lena di Seltmann!”, e perciò era lì. Lei guarì, e così il suo signor marito dovette riconoscere che qui non si trattava di qualcosa di demoniaco.

5. Un giorno, quando mio padre era di turno al lavoro, vennero due signori e pregarono mia madre di disegnare loro un quadro. Lei preparò tutto: carta e matite, così come un coltello per fare la punta alle matite. Dal momento che cominciava a diventar buio, volevo accendere la lampada. Ma subito fui ripreso da un essere spirituale: “Lascia stare!”

6. Dato che il completamento del quadro richiese un’intera ora, nel frattempo divenne talmente buio che non si poteva riconoscere né i colori né il soggetto che lei stava disegnando. Questo modo di disegnare era un procedimento quasi incredibile. Alla sinistra stavano le matite e il coltello; quando una matita era stata usata, veniva messa alla destra e non usata un’altra volta, poiché tutte le parti dello stesso colore venivano dipinte in un unico processo lavorativo. Un’ulteriore caratteristica era che con l’ultima matita dal colore marrone l’opera veniva terminata con un versetto al di sotto del quadro. Così avvenne anche questa volta.

7. I due signori assistettero interessati e nessuno disse una parola. Mia madre rotolò il quadro e disse con una profonda dura voce, porgendolo ad uno degli uomini: “Ecco, ora faccia il suo dovere!”

8. A me invece disse con voce delicata: “Ora accendi la luce. Amen!”. Ciò che intendeva lo spirito quando intimò ai due uomini di fare il loro dovere, fu subito chiarito. Io accesi la luce e gli uomini guardarono il quadro, Poi guardarono a lungo mia madre, finché uno alla fine si riprese: “Signora Seltmann, il nostro incarico era di arrestarla (di portarla alla stazione di polizia per interrogarla), ma ora non possiamo più farlo. Tuttavia, saremmo lieti se potessimo visitarla ancora quando anche suo marito sarà a casa”. Mia madre accettò. Così furono conquistati altri due amici.

 

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Cap. 4

Il viaggio della madre nell’aldilà

1. Nel frattempo io compii 14 anni e in quell’anno ricevetti la mia confermazione[2].

2. Nel venerdì santo del 1896 accadde un avvenimento del quale se ne parlò a lungo a Planitz: mia madre poté fare il suo primo viaggio nell’aldilà. Mio padre ne fu al corrente, tutti i conoscenti lo seppero e furono informati perfino alcuni increduli. In quella sera mia madre già di buon ora fu perspicace e riferì di esseri spirituali che lei vedeva. Trasmise anche messaggi di parenti deceduti delle persone presenti.

3. Precisamente alle ore 8 divenne molto stanca e si coricò sul divano come le era stato ordinato. Lì cadde in un profondo sonno. Su disposizione di un angelo mio padre prestò attenzione che nessuno potesse toccarla. Presto però non fu più un sonno, il suo braccio cadde giù come senza vita, e cessò di respirare. Sul suo volto era chiaramente visibile un pallore giallo. Come annunciato, questo stato durò precisamente due ore. Poi – un profondo respiro – e mia madre aprì gli occhi, sollevò il suo braccio e disse: “Non vorrei più stare qui!”

4. Si alzò. Tutti la guardarono interessati e così parlò: “Andate tutti a casa, sono tanto stanca del lungo viaggio, verrete a sapere tutto”.

5. Poi vide suo cognato, Gustav Schneider, e gli disse: “Gustav, devo portarti i saluti della tua Gusel. Ah, quanto è bello, lei vive su un sole!”

6. A questo punto mio zio rispose ad alta voce. “Ebbene, ora vedete l’inganno, mia sorella è ancora vivente!”. Mio padre obiettò: “Gustav, questo non è giusto da parte tua. Nei giorni di festa va una buona volta da tua sorella e riferiscile ciò che hai visto qui”.

7. Zio Gustav fu d’accordo e andò a Sosa, un luogo nei monti metalliferi, per far visita a un’altra sua sorella. Quando giunse ed entrò lì in casa, la sorella sobbalzò: “Gustav, adesso mi viene in mente la nostra dimenticanza. La nostra Gusel è già morta da sei mesi ed abbiamo dimenticato di scriverti!”. Zio Gustav tornò da convertito. – Così, attraverso le moltissime esperienze mi appropriai di un ricco sapere sul mondo degli spiriti e sulla continuazione della vita dopo la morte, come raramente un giovinetto poteva fare.

 

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Cap. 5

Vie errate e nuovo inizio

1. Il rigore nella casa paterna comunque non mi piaceva. Volevo essere libero. Così all’età di appena 15 anni andai via. Dal momento che ero amante degli animali, scelsi il mestiere di stalliere. Solo molto raramente tornai a casa. Nonostante la mia conoscenza su Dio e la continuazione della vita dopo la morte, mi persi nel mondo. Caddi sempre più in basso e divenni un uomo rozzo, come ce ne sono solo di rado. La frequentazione con i miei nuovi compagni mi tolse tutto ciò che avevo ricevuto in buona educazione.

2. Mi rimase solo la conoscenza su Dio e sul mondo spirituale. Spesso ne raccontavo qualcosa, ma venivo solo deriso. Comunque, questa conoscenza non me la si poteva più togliere, poiché le esperienze con mia madre erano indelebilmente impresse a fuoco nella mia memoria.

3. Così giunsi ai 20 anni. Con il lavoro sano, il latte e il buon cibo divenni ben forte. Allora mi persi totalmente nelle miei desideri sessuali. Conobbi una fanciulla, la mia Hedwig. Lei riuscì a fare di me nuovamente un uomo per bene. La portai a casa mia e divenne una figlia per mia madre: lei era credente e piena di fiducia in Dio. Avevamo l’intenzione di sposarci, ma a causa della mia chiamata alle armi dovemmo per il momento rimandare le nozze.

4. Hedwig morì nell’anno 1903 di polmonite, e in me crollò un mondo. Ancora una settimana prima della sua morte avevamo trascorso una vacanza nella sua casa paterna. Là lei aveva già parlato della morte, e dovetti prometterle, nel caso della sua morte, di sposare sua sorella Clara. Il 9 gennaio Hedwig fu sepolta. Io non ho mai potuto dimenticarla.

 

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Cap. 6

Una vita vuota

1. Fedele alla mia promessa, sposai Clara, la sorella di Hedwig. Il suo essere era l’opposto di tutto ciò che mi aveva legato con la mia Hedwig. Questa convivenza si mostrò fin dal principio in un matrimonio sbagliato. Verso l’esterno conducevamo un buon matrimonio, ma il mio cuore rimase vuoto, il mio desiderio inappagato.

2. Di nuovo cominciai a perdermi nel mondo. Cercai una compensazione nel gioco delle carte nell’osteria. Questa divenne una vera passione. Mia madre sapeva del mio stato e pregò molto per me, come mi confessò una volta più tardi. Così interiormente vissi vuoto e senza meta fino al 1913. Allora mia madre ebbe di nuovo una lunga e complicata malattia. Attacchi di asma le causarono molta sofferenza e dolore. Per lenire i dolori doveva stare seduta e per oltre un anno non poté quasi coricarsi nel letto. Nel frattempo divenni ferroviere. Il continuo e lungo servizio, ma soprattutto la mia passione del gioco mi portò al fatto che solo raramente riuscivo a visitare mia madre ammalata. Un giorno mi sentii molto spinto ad andare da lei. Quando la vidi giacere sul suo letto e lei non aveva più forza per alzarsi, sentii chiaramente che questa era ben l’ultima volta che ci saremmo visti. Allora mi inginocchiai davanti a mia madre e la supplicai tra le lacrime: “Madre, perdonami se ti ho addolorata. Perché Hedwig non mi ha parlato una sola volta? Io ho tanto bramato una sua parola!” Allora lei mi disse del tutto inaspettatamente e nel modo di parlare della mia Hedwig: “Mio Max, tu mi sei sempre stato il più caro!”. Questo mi scosse talmente, che corsi via senza un’ulteriore parola e lasciai là perfino il mio berretto. Quando un giorno tornai a casa tardi dal servizio, disse mia moglie:  “Oggi si è rotto il manico alla nostra padella, senza motivo”. Allora seppi che mia madre era morta, lei ce l’aveva mostrato. Ed così fu anche. Il padre mi scrisse un biglietto e ci comunicò l’ora e il giorno della sua sepoltura.

 

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Cap. 7

Sepoltura della madre

1. Con mio padre e i miei fratelli presi parte al funerale di mia madre. Era il giorno di san Giovanni. Venne molta gente perché mia madre era proprio conosciuta ed amata. Il corteo funebre si mise in movimento dalla casa del lutto.

2. Quando passai dinanzi alla camera mortuaria, diedi uno sguardo al posto dove prima vi era stata deposta mia madre. Allora mi spaventai enormemente, poiché là, sul ripiano dove prima era stata messa la salma di mia madre, vidi giacere me. Mi fermai dallo spavento e così ostacolai l’intero corteo funebre. Sentii una chiara, ma monotona voce: “Cosa sarebbe se tu fossi morto adesso?”

3. Ne fui talmente spaventato, che non sapevo più cosa dovessi fare. Avrei continuato a bloccare l’intero corteo, ma i molti uomini dietro di me premevano . Allora fui spinto avanti, e finalmente la visione passò oltre. Ma la voce rimase!

4. La cassa da morto di mia madre fu portata nel vestibolo. Non riuscivo a prendere commiato, poiché la voce in me risuonava incessantemente. Non colsi nulla di ciò che succedeva intorno a me, poiché sentivo continuamente solo questa frase: “Cosa sarebbe se tu fossi morto adesso?”

5. Ci sedemmo per le esequie, ma io non udii nessuna parola di ciò che il sacerdote disse, poiché continuamente sentivo solo quelle parole: “Cosa sarebbe se tu fossi morto adesso?”. Mi sentii veramente oppresso! Tanto mi sconvolse questo avvenimento.

6. Poi si andò oltre, vicino alla fossa. Per alcuni momenti non sentii e non vidi più nulla. Quando però la cassa da morto fu calata giù, mi giunse all’improvviso di nuovo quella frase: “Cosa sarebbe se tu fossi morto adesso?”

7. Mi sentivo meschino ed ero vicino a stramazzare. Sentivo ininterrottamente solo questa voce in me. Anche dopo, quando il giorno del funerale era passato, la frase continuava a risuonare. Volevo dimenticare tutto, ma la voce rimase.

 

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Cap. 8

La voce

1. In tutto ciò che finora avevo sperimentato e continuavo a sperimentare, cercai di trovare una risposta a questo avvenimento. Cercai consiglio presso predicatori e vecchi conoscenti di mia madre. Tutto fu inutile, tutto falliva, nessuno mi poteva aiutare. Essi avevano per me ben belle e buone parole, ma la voce rimase. Così vissi come mezzo pazzo fino alla festa del rinnovamento.

2. Alla fine mi rivolse la parola un collega di lavoro che mi chiese che cosa avessi. Costui era uno spiritista. Dopo avergli riferito tutto, mi invitò ad una ‘seduta’. Io seguii l’invito. Un certo Ernst Möckel di Stenn doveva servire da medium. Poiché questi non arrivava, noi passammo la serata con il ‘muovere il tavolino’, ma dal momento che questo mi annoiava, chiesi agli altri di lasciarmi da solo al tavolino. Appena misi prudentemente le mie mani su questo, esso si mosse ben violentemente. Allora domandai: “Tu chi sei?”

3. Dopo questo, gli altri mi spiegarono che dovevo domandare diversamente. Il tavolo poteva rispondere sempre solo con “sì” o “no”. Un movimento significa “si”, due movimenti “no”. E così domandai: “Sei tu Hedwig?”. – “No!”, fu la risposta.

4. Nominai ancora altri nomi, ma ottenni come risposta ogni volta un “no!”. Solo alla domanda: “Sei mio cugino?” venne un “sì”. – “Tu?”, inveii contro, “Tu sei quindi colui che mi tormenta così?”. A questo punto il tavolo tacque. Avevo appreso abbastanza, perché per me si trattava solo della voce dalla quale volevo liberarmi. E così andai a casa.

5. Il giorno seguente avevo il giorno libero. Visitai Ernst Möckel che doveva servire veramente da medium. Là, in effetti, mi parlò mio cugino defunto. Ed io credetti a questo spirito. Egli Mi chiese di andare il giorno dei morti sulla sua tomba, piantare un ciclamino e recitare per lui sette Padrenostro. Io lo promisi. Ciononostante la voce non cessò.

 

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Cap. 9

La mia guarigione

1. Doveva avvenire del tutto diversamente. Scrissi a un amico di mia madre, Robert Gutbrecht in Chemnitz, che avrei voluto volentieri fargli visita. Avevo da svolgere una faccenda il giorno dei morti nella vicinanza di Chemnitz, in Reichenbrand, e così le due cose si potevano far coincidere. Ricevetti la risposta di Gutbrecht con la preghiera di non aspettare così a lungo, ma di andare con mia moglie già per la festa del rinnovamento. Più tardi ci inviarono perfino un telegramma. E così accettammo l’invito.

2. In Chemnitz fui accolto molto affettuosamente. E nonostante ciò sapevo che per loro si trattava solo di onorare il figlio di mia madre, poiché a causa della mia (cattiva) condotta di vita, non si aveva più nessuna considerazione di me.

3. Là ebbe luogo ‘un‘ora’ e la sorella Martha Gröner servì come medium. Dapprima parlò un amico spirituale, poi venne da me mia sorella, e fui trattato. Un indiano mi parlò e mi comunicò tutti i conti che avevo da saldare. Non fui risparmiato. Di una cosa dovetti meravigliarmi molto: che potevo ascoltare tutto così calmo, sebbene fossi in uomo iracondo.

4. Poi fui trattato dalla testa fino ai piedi. Nella stanza c’era un puzzo di catrame e zolfo, inoltre dominava un freddo gelido. Tutti si spostarono da me. Alla fine mi promisi di non fumare più, di non bestemmiare più e di rinunciare al gioco delle carte. Allora la voce in me cessò all’improvviso e non è mai ritornata. Da quel momento divenni un uomo nuovo e mi sforzai di vivere in modo migliore.

 

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Cap. 10

Nuove esperienze e compiti

Visioni di angeli

1. Fino ad oggi ho mantenuto la mia promessa e da allora non ho più fumato, né bestemmiato né giocato mai più a carte. La mia irascibilità fece posto a una quiete interiore e cercai sempre più di stabilire il collegamento interiore con Dio. Cercai aiuto ovunque, dai fratelli di mia madre, anche da mia sorella Camilla, per approfondire il profondo e rinsaldare questo collegamento interiore.

2. Sempre più penetrai in queste profondità interiori. Spesso pregai: “O Signore, lasciami solo una volta vedere un angelo!”

3. Il 18 agosto del 1914 questo desiderio mi fu esaudito. All’improvviso vidi come il soffitto si staccava ed apparve una figura bianca, la quale prendeva da un letto bianco una figura grigia, per poi scomparire di nuovo attraverso il soffitto.

4. Il giorno dopo raccontai di questo sogno, di questa immagine fantasiosa, per quello che io la consideravo. Allora mia cognata gridò: “Questo è Franz, il mio fratello più giovane!”.

5. Per me era penoso perché io davvero ritenevo questa visione per un effetto della mia fantasia. Invece quattro settimane più tardi arrivò la notizia che Franz sarebbe morto il 18 agosto nell’ospedale da campo a S. Quentin. E così ebbi la prova che la mia esperienza non era solo fantasia. Tali circostanze si ripeterono spesso con altre variazioni.

6. Vorrei narrare ancora un’ulteriore esperienza, perché mi fu mostrata in modo così realistico. Mi trovavo da mia sorella in Oelsnitz nei monti metalliferi, dove si svolgeva proprio ‘un’ora’ (una seduta spiritica). Erano presenti molti fratelli e sorelle dello stesso spirito, e una donna a me sconosciuta serviva da medium. Ognuno degli ospiti doveva ricevere alcune parole dallo spirito. E così la medium andava in cerchio dall’uno all’altro.

7. Vidi come davanti a una donna anziana e una ragazza adulta – esse erano madre e figlia – stava un meraviglioso essere con un’arpa. Sentii chiaramente il cantore che suonava e cantava davanti a loro. Dinanzi a me vidi stare anche un cavaliere nella sua armatura.

8. La medium si rivolse alla madre e alla figlia: “Davanti a voi sta un giovinetto. Egli suona sulla sua arpa d’oro e inoltre canta”.

9. Ora lei cantava insieme, ed io sentivo precisamente la stessa canzone che avevo potuto vedere e sentire già prima.

10. Quando fu il mio turno, ottenni il messaggio: “Davanti a te sta un cavaliere nella sua armatura, e ti esorta a rimanere fedele al tuo voto!”. Mi fu detto ancora di più, ma oggi non lo ricordo più.

11. Così divenni sempre più saldo nella fede, e nonostante ciò non avrei mai pensato al fatto che avrei dovuto dedicare la mia vita del tutto al Signore.

 

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Cap. 11

La guarigione spirituale

1. Trascorsi di nuovo le vacanze solo con la mia piccola figlia Erna da mia sorella Maria in Olsnitz nei monti metalliferi. Andavamo a passeggio e raccoglievamo funghi. Erna all’improvviso divenne imbronciata e volle assolutamente ritornare a casa dalla mamma. Dal momento che non ci fu verso di farle cambiare idea, tornammo indietro. Maria ci cucinò i funghi raccolti che noi poi anche mangiammo.

2. Di sera verso le otto mi venne all’improvviso un violento mal di pancia. Pensai ad un avvelenamento da funghi e presi alcuni rimedi. Un’ora più tardi i dolori erano scomparsi, e poiché anche il giorno dopo non sentii più nulla, già presto al mattino, insieme a Erna, tornai di nuovo a casa.

3. Giunti a casa, mi misi subito in viaggio per andare da Georg Riehle a Dresda. Io lo conoscevo già dall’età di dieci anni, poiché egli veniva spesso da mia madre dove si radunavano alcuni amici di sera per ‘l’ora’.

4. Durante questa ‘ora’ cominciarono all’improvviso a tormentarmi di nuovo i miei dolori di pancia con una violenza tale che non si può descrivere. Non sentivo una parola di tutto ciò che si diceva, e mi contorcevo come un verme. Quando i dolori cessarono, si erano fatte le nove di sera. A nessuno raccontai di questo.

5. Il giorno dopo tornai indietro con il treno, ma scesi già a Chemnitz per far visita ai Gutbrecht. Là prevalse grande gioia per la mia visita. Di sera andai poi con Robert dai Grönert, dove doveva tenersi di nuovo ‘un’ora’.

6. Appena quell’ora iniziò, mi venne di nuovo questo mal di pancia ancora molto peggio di quanto l’avevo avuto finora. Bramavo la fine della seduta. Allora subentrò di nuovo nel medium l’indiano che mi aveva già trattato una volta. Egli rivolse le sue parole ad un essere di cui ero posseduto, e lo istruì. Nello stesso istante scomparvero i dolori e fui guarito. – Così sperimentai la prima “guarigione spirituale”.

7. L’indiano diventò il mio spirito protettore e da quel momento entrai con lui in un contatto interiore. Ancora oggi sono ancora in contatto spirituale con lui in maniera fraterna. Egli mi disse che non avrebbe più potuto seguire il mio sviluppo interiore, dal momento che in lui vivevano altri concetti diversi dai miei. Tuttavia anche oggi concedo ancora molta attenzione ai suoi consigli, perché mi aiutano e sono buoni.

8. In quel tempo mi assalì di nuovo una pressione alla ricerca, e quando Georg Riehle mi regalò l’Evangelo tramite Jakob Lorber, il mio fervore si ampliò alla ricerca dello “spirituale-divino”. Attraverso “Il grande Vangelo di Giovanni”[3] ricevuto da Jakob Lorber fui introdotto in nuove verità spirituali e rimasi in costante contatto con Georg Riehle finché iniziò la guerra. Allora purtroppo lui dovette assolvere il suo servizio militare.

9. Così mi unii di più a Otto Hillig[4], e tramite lui ora mi fu posto nel cuore il vero motivo, poiché Otto Hillig divenne ‘una madre del Divino’ in me.

 

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Cap. 12

La mia prima grande esperienza

1. Il desiderio ardente di riconoscere e sperimentare sempre di più profondamente Gesù, mi condusse anche in altri circoli. Ahimè che cosa ho dovuto sperimentare spesso – nel vero e nel falso! Con ciò divenni insicuro e venni in conflitto con me stesso.

2. In quel tempo incontrai un ferroviere, Kurt Münch di Lichtentanne. Costui era chiaroveggente. Quando un giorno ero da lui, mi disse: “Max, tua madre è qui. Almeno così sembra”. Io dubitai, ma dopo alcuni qui e là, dissi: “Kurt, chiedile di ripetermi le ultime parole che ci siamo detti una volta insieme”. E in effetti mi furono comunicate letteralmente.

3. Ora più nulla poteva fermarmi. Il mio impulso di servire in questo spirito, mise tutto il resto in seconda fila. Tuttavia di nuovo mi furono posti ostacoli sulla via. Senza rendermene conto, fui spesso posseduto da esseri inferiori. Emil Scheithauer fu colui che ebbe sempre il potere di liberarmi da loro.

4. Avevo da fare con molti aggravi. In me affioravano apparizioni e visioni. Io vedevo degli esseri spirituali ma credevo che tutto ciò fosse solo fantasia.

5. La mia vita interiore si sviluppò sempre di più, ma sperimentai anche contraccolpi. Mia moglie non riusciva a seguire così bene me e le rivelazioni, perché in lei erano presenti altri concetti, e poiché passava anche del falso e sbagliato, anch’io stesso divenivo di nuovo insicuro.

6. In quel tempo ebbi la mia prima grande esperienza: del tutto inconsapevole, senza un minimo desiderio di sperimentare qualcosa, una mattina andai in servizio (ai treni). Dal momento che la ferrovia in questi tempi di guerra non era regolare, dovevo andare a piedi a Zwickau. Normalmente impiegavo oltre un’ora per percorrere la via.

7. Appena ebbi lasciato la località Lichtentanne, mi trovai all’improvviso in mezzo al teatro di guerra. Un tuonare dell’artiglieria, uno scoppio di granate, un grido dei compagni. Poi in una volta silenzio mortale.

8. Ad un tratto stette davanti a me un giovane soldato: Arno Badstübner di Lichtentanne. Io lo conoscevo bene, era ancora un giovane di appena 17 anni. Lui non mi conosceva. Stava accanto a me con una bomba a mano pronto a lanciarla.

9. Gli rivolsi la parola: “Amico, io non ho con me nessuna arma. Non so nemmeno cosa mi sta succedendo. O sono morto io, oppure lo sei tu”.

10. Allora si avvicinò lentamente e lo incoraggiai: “Posa la tua arma, poiché ora vedo che non sei più un uomo vivente. Io sperimento piuttosto la Grazia di vedere il tuo corpo spirituale”.

Lui non voleva credermi. Dovetti parlare con lui a lungo e molto. – Un luogotenente uscì dalla trincea, disarmato, e gli disse: “Camerata, l’amico ha ragione. Guarda: nemmeno io ho più delle armi in mano. Per te la guerra è finita”. In risposta, il giovane soldato disse: “Signor luogotenente, lei mi vuole solo mettere alla prova. Se non fossi più un uomo, non avrei nemmeno più un corpo, ma io mi vedo ancora”.

11. Il luogotenente rispose: “Camerata, allora cerca tu stesso. Io volevo solo spianarti la via in una libertà per te nuova”.

12. All’improvviso l’esperienza visibile finì e nel frattempo giunsi quasi al mio posto di servizio. Quindi avevo vissuto per un’ora del tutto altrove e nello stesso tempo ero qui sulla Terra come uomo, mentre correvo verso il mio posto di lavoro. Non ho raccontato a nessuno di questo, poiché ero già comunque preso in giro a causa della mia nuova predisposizione di vita.

 

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Cap. 13

Io stesso divento un medium

1. Naturalmente i miei colleghi di lavoro dovevano essersi accorti che ero diventato un altro uomo. Non bestemmiavo più, lasciavo farmi pressoché tutto ed aiutavo ciascuno ben volentieri, anzi avvertivo gli altri perfino delle conseguenze delle loro stesse bestemmie.

2. Per me ora il tempo seguente fu di grande importanza, dal momento che il mio amico Georg Riehle venne a Zwickau con il suo treno ospedale. Insieme a lui sperimentai veri giorni ed ore di festa. In quel tempo ero affamato di verità divine e mi furono anche donate.

3. Io stesso diventai un veggente spirituale e penetravo sempre più profondamente nel modo di vivere degli esseri spirituali. Quante cose avevo già vissuto! E tuttavia ho quasi sempre taciuto durante questo tempo, perché non ero abbastanza consolidato. Da differenti medium mi lasciai spesso irritare, ma alla fine divenni io stesso un medium.

4. Talvolta divenni vittima di spiriti falsi e menzogneri. Mi ricordo di una memorabile “ora” presso i fratelli Dörrer di Weissenbrunn. Vi erano radunati molti ospiti, amici di Lorber vecchi ed esperti, anche spiritisti e naturalmente anche alcuni medium.

5. A quel tempo mi trovai come in un desiderio morboso a non cercare più le Verità, ma a scoprire le non verità. Con ciò mi feci la reputazione di essere un guastafeste e venivo trattato rispettivamente con diffidenza. Durante una seduta posi alla cerchia la seguente domanda: “Chi si assume veramente la responsabilità per ciò che dice il medium?”. Münzner, un vecchio e scrupoloso amico, disse: “Ebbene, naturalmente il medium!”. A ciò la vecchia fedele Marie Baumann che si era messa a disposizione come medium, disse: “Con questo, non dovete venire da me. Come posso assumermi la responsabilità, se spesso non so nemmeno quello che viene detto attraverso di me?”

6. Un altro disse: “Ebbene, allora la responsabilità deve assumersela lo spirito!”. – Io dissi: “Sì, corri dietro allo spirito, che se è un menzognero o un falso spirito, ti canzonerà bellamente!”. Tutti tacquero, e dopo un po’ dichiarai: “Qui non ci sto più, poiché vedo lo zampino del diavolo. Noi abbiamo l’Evangelo di Giovanni di Jakob Lorber, là si possono leggere le Verità, con queste possiamo veramente farci vedere. Io non posso più assumermi la responsabilità davanti a me e davanti al mio Dio di stare con voi, perché posso percepire ed anche vedere che non c’è più la verità di ciò che qui viene detto. Non rifiuto decisamente queste sedute, poiché da mia madre defunta, che voi tutti avete ben conosciuta, ho sperimentato molto di bene. Tuttavia chiedo sempre più forza per poter rivelare veramente la Verità”. A poco a poco si formò un cerchio solido, al quale ero volentieri disposto di servire come medium.

7. Le comunicazioni tramite me però cessarono lentamente. E così questo cerchio con il tempo si trasformò in un’associazione di amici, come l’avevo già sperimentato presso Otto Hillig. Riconoscere Gesù sempre più profondamente divenne la meta del nostro cuore, e la schiera dei partecipanti diventò sempre più grande.

 

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Cap. 14

Presso i metodisti

1. Le lotte con il mondo degli spiriti non cessavano, talvolta soffrivo direttamente di possessione. Allora si annunciavano da me quasi solo dei suicidi. La guerra ancora perdurante e il mio rapporto matrimoniale ci misero il loro per questo stato. Io ebbi ben una vita familiare, e tuttavia non l’ebbi, sebbene fossimo entrambi di buona volontà.

2. Proseguendo, cercavo come prima, la compensazione nel servire. Nonostante ciò, il mio bisogno cresceva sempre più. Scrissi lettere di molte pagine a Otto Hillig, e ricevevo sempre delle risposte che mi aiutavano. Per me fu un tempo difficile.

3. Sebbene avessi molti amici intorno a me, andai ancora dai metodisti e visitai la loro cappella. Là dopo le ore di studi biblici, potevo domandare tutto ciò che non mi era del tutto chiaro. Perciò queste riunioni furono molto importanti per me. Venivano sempre più persone. Loro non avevano ancora mai sperimentato qualcosa di simile nei loro cuori. Sentivo che venivano solo a causa mia. Perciò pensai di diventare io stesso metodista.

4. Una volta ebbe luogo una settimana di preghiera. Alla sera comparve il predicatore con un conoscente vicino di casa. Io ero molto aperto verso i due e riferii loro che ero esperto nella Bibbia solo attraverso gli scritti di Lorber. Misi in rilievo che per me proprio Lorber era la chiave per l’interpretazione della Bibbia. Il predicatore mi chiamò “fratello”, e poi pregammo insieme intimamente e cordialmente.

5. In me maturava quindi il piano per diventare membro della loro comunità. Forse avrei potuto diffondere la nuova Luce anche lì. Nonostante ciò, interiormente ero ancora insicuro. Pregai molto per avere chiarezza. Dal momento che il mio servizio lo permetteva, potei andare ogni giorno alla cappella a Werdau. In una domenica pregai in modo particolarmente intenso per avere un segno da Gesù. Di solito andavo con mia moglie al culto religioso. Quella domenica non avevo ancora finito il lavoro nella scuderia e la mia partenza tirava per le lunghe. Perciò quando finii andai da solo, e la via mi divenne preghiera e supplica per avere un segno, per sapere se fossi veramente sulla giusta via e la mia intenzione fosse anche la Sua Volontà.

6. Così raggiunsi la cappella. All’ingresso incontrai il predicatore e andammo su insieme per la scala che portava alla sala. Mi sedetti al mio posto e cominciò la funzione religiosa.

7. La predica trattava del nuovo tempio che Salomone fece costruire, del vestibolo, del Santissimo e dell’Onnisantissimo. Tra l’altro fu detto che la via per l’Onnisantissimo passava solo attraverso la “Sua Parola”, e non attraverso i sette spiritisti e le nuove Rivelazioni. Fui sconvolto. Il giorno prima il predicatore aveva detto che conosceva l’Opera di Lorber, e oggi, invece, che sarebbe un’opera del diavolo. Ero agitato, e in me sentivo sempre: “Smettila, smettila! Questo te l’avrebbe dovuto dire ieri e non oggi!”

8. Questo fu il segno. Le mie preghiere erano state esaudite. Se il predicatore è un bugiardo, tutto il suo insegnamento non si basa sulla verità di Dio. Così andai via in silenzio.

 

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Cap. 15

Il servizio ai miei fratelli e sorelle

1. Dopo quattro settimane avevamo di nuovo le nostre riunioni nella piccola cucina presso il mio amico Erler. Adesso la mia strada era chiara: essa trovava applicazione solo per ‘i miei fratelli e sorelle’, come noi ci chiamavamo, e per le persone che volevano accompagnarmi sulla via spirituale. La nostra piccola comunità diventò sempre più grande e il servizio come medium pose in me sempre più pretese. Io però servivo volentieri.

2. Nel 1933 fui trasferito a Werdau e non potei più venire regolarmente. Quando però venivo, era per tutti una grande gioia. Nonostante ciò, rimasi strettamente unito con tutti, e insieme sperimentammo molto di edificante.

3. Nel frattempo venne da Berlino un fratello estraneo alla nostra cerchia. Purtroppo non abbiamo potuto lavorare bene insieme, la sua sapienza e il suo talento riuscirono lentamente a “defenestrarmi”[5]. Per questa ragione dovetti sopportare molte e lunghe lotte interiori. Avrei chiesto volentieri consiglio a Georg Riehle, ma era in giro nel treno ospedale.

4. Non vedevo nessuna via d’uscita. Un giorno, quando avevo da fare in stazione ferroviaria, passò il treno ospedale nel quale prestava servizio Georg Riehle. Corsi lungo il treno fino al vagone Nr. 9. Georg Riehle stava già sulla pedana che mi cercava. Percorsi il treno e gridai: “Georg, Georg, vorrei parlare con te solo un paio di minuti!”. In quel momento risuonò il segnale di pericolo della locomotiva e il treno si fermò. Corsi da Georg e potemmo discutere per pieni dieci minuti, il che era assai necessario per me. Quanto ho ringraziato per questo!

5. Quale fu la causa per la breve interruzione del viaggio? Sulla rampa per il bestiame venivano scaricati degli animali d’allevamento. Una locomotiva aveva spaventato una mucca al suo passaggio. Scappando, la mucca era entrata nel meccanismo di molti fili metallici che azionavano il segnale di pericolo. Perciò il treno dovette fermarsi e rimase fermo proprio il tempo necessario per discutere tutto col fratello Riehle. Quella fu una mia bellissima conduzione.

 

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Cap. 16

Lotte con delle entità spirituali

1. Le lotte con i trapassati non cessavano. Fu di nuovo un tempo molto brutto. Mi tormentai per settimane con un suicida, e mi andava sempre peggio. Mi rivolsi ad una giovane sorella con la richiesta: “Aiutami, altrimenti vado ancora a fondo!”

2. Una sera lei venne a prendermi al lavoro. Ci recammo in un posto tranquillo. Là potei raccontarle, anche se solo poco, perché ero molto provato.

3. Le dissi che non avevo più la forza per resistere. Allora la sorella sussurrò: “Max, tu lotti già da sempre. Non sarebbe meglio mettere fine al tuo matrimonio? Il Padre ti perdonerà, ma tu potresti non perdonarti più se trascinassi con te tutti coloro che sono venuti attraverso di te alla Luce e alla Vita, nell’abisso. Max, hai bisogno d’amore, e a casa non lo trovi. Devi vedere come affrontare tutto”.

4. Così fu anche: dovevo passare ancora attraverso molte lotte. Mia figlia più giovane nacque cieca, sebbene non fosse stata generata nella libidine, ma con santa serietà. Anche durante la gravidanza di mia moglie mi ero astenuto. Veramente avevo chiesto un figlio che dovesse diventare un vero Giovanni, invece nacque una figlia. Lei venne al mondo precisamente alle ore 24 il 25 maggio. Solo un’unica doglia ed ecco la figlia. In quel momento vidi degli angeli giganteschi che furono testimoni al parto, e il mio cuore fu stracolmo di gioia.

5. Dopo però vennero le lotte e il mio matrimonio soffrì doppiamente. Se la bambina non fosse stata cieca, l’avrei fatta finita da un pezzo. Fu un brutto tempo. Di sera dovevo spesso prestare servizio notturno. Dal momento che ero ferroviere, andavo sempre sull’alto e lungo ponte. Quando una volta mi trovavo a metà del ponte, vidi che, tanto da Zwickau che anche da Reichenbach, veniva un treno. Allora sentii in me una potente voce: “Adesso è il tempo, tuttavia troverai comunque Grazia davanti al Padre!”. Tremavo, mi voltai e mi misi a correre con le parole: “Gesù! Gesù! Gesù!”, per la mia vita. Non so che cosa accadde poi, ma all’improvviso mi vidi giacere in basso all’argine della ferrovia.

6. Tremavo continuamente. Lavorai faticosamente per risalire e andai molto pensieroso alla stazione di Steinpleis. Quando scesi a Zwickau, venne da me agitato il capo movimento: “Signor Seltmann, non ha notato nulla? Il conducente del treno D ha comunicato di aver travolto un uomo”. Io dissi di no e poi mi resi conto che ero io l’uomo che il conducente aveva immaginato di travolgere. Ancora una volta divenni molto pensieroso sul meraviglioso soccorso. Poco tempo dopo un uomo nel nostro vicinato si uccise con un colpo di pistola. Non potei andare al funerale, ma dopo alcuni giorni incontrai la sua vedova.

7. Le diedi alcune parole di conforto e le chiesi scusa per non essere andato al funerale: “Ma voglio comunicarle qualcosa di buono. Offrirò a suo marito una patria. Dal momento che è vissuto senza Dio, lui adesso è senza patria”. La donna non mi comprese. Io invece sperimentai qualcosa: da quell’ora ero guarito da tutti i pensieri suicidi e dagli influssi dei suicidi.

 

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Cap. 17

Amore per gli smarriti

1. Di nuovo mi passarono profondi pensieri per la testa, poiché volevo fare qualcosa per amore, per il quale non avevo nessuna conferma: posso propriamente offrire una patria ad un suicida? Con questo pensiero che non mi lasciava in pace, mi addormentai, e presto mi risvegliai.

2. Durante la mia pausa di mezzogiorno di due ore incontrai nel pomeriggio a Zwickau una giovane donna profondamente velata. Camminava molto lentamente. Mi sentivo attratto da lei. Per un po’ le camminai accanto ed osservai il suo volto. Lei mi guardò, e dopo un breve saluto le chiesi perdono per il fatto di essere rimasto accanto a lei. Giungemmo al discorso sul lutto per un amato defunto. Le chiesi per chi facesse lutto. Lei disse: “Per mio padre. Lui stesso si è tolto la vita!”

3. Sentii una spina nel cuore e per il momento non riuscii a tirar fuori una parola. Poi risposi: “Cara signora, non chiedo per curiosità, ma cosa pensa di suo padre? È comunque sempre un disonore per i parenti”.

4. Lei però rispose con voce ferma: “Possa dire la gente quello che vuole. Io ho perdonato mio padre, poiché non poteva agire diversamente. Aveva una malattia inguaribile”.

5. Ero impressionato da questa incrollabile fiducia. “Cara Signora, mi ha detto qualcosa di molto bello e molto caro. Ora anch’io voglio dirle qualcosa di molto bello: poiché, chi ha perdonato suo padre, anche Dio nel Suo Amore gli ha perdonato!”. – “Come?”, domandò lei. “Perché Dio, nell’Amore, non si lascia certamente mettere nell’ombra da uno dei Suoi figli”. Ora mi divenne chiaro che nell’amore si può andar lontano, anche oltre le leggi terrene.

6. Dopo questa esperienza donai tutto il mio amore soprattutto ai suicidi, agli smarriti e ai perduti. In ciò ebbi qualche meravigliosa guida. Per me cominciò un amare del tutto nuovo. Ma nessuno mi comprese. Così tacqui sulle mie esperienze.

7. Non trovai nemmeno un amico, un fratello o una sorella che mi volesse comprendere e sostenere, e così rimasi solo. Sempre solo nelle chiese e nelle prigioni, in osterie malfamate e bettole, in breve andavo ovunque dove potevo incontrare persone impantanate nei vizi e stanchi di vivere. Ho lavorato con e senza successo, ho anche dovuto incassare grandi sconfitte, ma questo non m’impedì di continuare il mio ulteriore lavoro spirituale. Fui perfino malamente diffamato, ma mi era indifferente, un piccolo successo compensava di nuovo tutto. Facendo ciò divenni un vero veggente. Non vidi solo magnificenze e bellezze, ma anche sfere inferiori, anzi perfino diretti inferni.

8. Mai mi danneggiava quando mi muovevo in una sfera infernale. Quando però potevo una volta sperimentare delle magnificenze, diventavo per qualche tempo come malato di nostalgia. Nessuno mi poteva comprendere, nemmeno mia moglie. Infine la visione stessa diventò un problema per me. Talvolta non sapevo se erano uomini o spiriti che mi apparivano. Spesso erano animali e poi di nuovo esseri spirituali. Allora pregai il Signore di togliermi questo dono. Esso quindi mi fu tolto quasi del tutto, ma me ne fu lasciato un po’. Tuttavia questo poco era sempre abbastanza.

 

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Cap. 18

Aiuto per un morto

1. Un giorno in un sabato sera dopo le ore 18, mentre ritornavo dal servizio in Zwickau a casa a Werdau, ero già giunto nelle vicinanze di Werdau quando vidi da lontano un auto stare al bordo della strada. Quando mi avvicinai, vidi il proprietario dell’auto. Lui mi fermò. Aveva travolto un ciclista e poi portato al bordo della strada. Io conoscevo l’uomo, si chiamava Brühschwein, un bruttissimo nome[6]. Il ferito muoveva la sua bocca in continuazione, come se volesse parlare. Mi chinai su di lui, ma non riuscivo a comprendere nulla. Con il proprietario della macchina che mi osservava, non era possibile parlare. Il primo uomo che passò era il figlio dell’incidentato. Era venuto con la bicicletta da Werdau. Gli feci cenno di avvicinarsi e gli esclamai: “Qui c’è tuo padre! Va presto a prendere una macchina e chiama la polizia, prima che muoia”. Il giovane Brühschwein si allontanò velocemente. Vennero ancora parecchie persone e anche la macchina della polizia. Registrarono l’incidente e interrogarono me. Poi arrivò l’ambulanza. L’uomo morì durante il trasporto. Alcuni giorni più tardi, era domenica, tornavo di sera dal servizio.

2. Là dove era successo l’incidente, stava all’improvviso Brühschwein. Passai con la mia bicicletta e lo salutai con un “Buona fortuna!”, questo era il nostro saluto nella città mineraria Zwickau. Brühschwein però non mi ringraziò.

3. Io pensai: “Ma che gli ho fatto? Perché fa quella faccia?”, e presto dimenticai l’evento. Passarono alcune settimane, fino a quando rividi Brühschwein che stava di nuovo allo stesso posto. Lo salutai nuovamente e di nuovo non rispose. Questo era troppo per me. Scesi dalla bicicletta e volevo ‘pettinarlo’ come si dice da noi. Quando però mi voltai, era scomparso. Allora mi venne in mente che era deceduto.

4. Presto dimenticai il tutto, ma una domenica lui stava di nuovo nello stesso punto. Pedalai lentamente e lo salutai. Lui mi guardò ed io gli chiesi: “Tu sai che sei morto?”

5. Lui camminava accanto a me, ed io continuai a chiederli se potesse anche pregare. Ma non venne nessuna risposta. “Mi comprendi?”

6. Nessuna risposta, ma rimase al mio fianco. Quando fui in un punto in cui dovevo fare una deviazione, si arrestò. Io rimasi scontento, perché non espresse una sola parola e il suo volto mostrava solo angoscia e miseria. Lo benedissi.

7. Nel periodo successivo potevo aspettarlo direttamente lì. Mi apparve ad intervalli sempre più brevi. Parlai anche con la sua vedova ed imparai così a conoscere la sua vita. Lui aveva trascorso una vita completamente perduta, come anche sua moglie.

8. Gli incontri si ripeterono sempre. Così potei insegnargli innanzitutto a pregare, e lo portai anche a riflettere sulla sua situazione. A poco a poco cominciò a comprendermi meglio e si mostrò sempre più spesso finché alla fine fu liberato. Poi, dopo una lunga pausa, comparve ancora una volta e mi espresse la propria gratitudine per la mia perseveranza.

 

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Cap. 19

Divieto e fuga

1. Nel 1937 le nostre riunioni furono proibite, nonostante ciò rimasi fedele al mio compito. Continuai il mio lavoro senza nominare apertamente il Nome di Gesù. Nel frattempo avevo conquistato molti amici. La maggior parte proveniva dal mondo spirituale. Ancora oggi (nell’aldilà) sono in collegamento con loro. Altrimenti non avrei coltivato più nessun contatto con gli spiriti.

2. Il mio compito consisteva piuttosto nel fatto di liberare gli uomini dalla possessione. Senza aiuto è assai difficile liberarsene.

3. Quando finalmente fu annullato il divieto delle nostre riunioni, avevo dietro di me un buon addestramento. Adesso si trattava di rimuovere le macerie del falso e sbagliato. Mi cercai nuovi fratelli e sorelle e cominciai a lavorare con loro. Della mia missione però essi non erano entusiasti. Solo i vecchissimi amici rimasero fedeli. Con me rimasero solo in sette. Ci radunavamo ogni mese, lavoravamo insieme e ottenemmo bei successi.

4. Dopo però dovetti fuggire dalla mia patria. Ora il mio operare era molto ostacolato. Quando di nuovo cercavo la vicinanza di smarriti e perduti, era difficile aiutarli da solo – senza amici – e liberarli dalla loro situazione.

5. Avevo sempre annotato le mie esperienze, ma a causa della fuga tutte le annotazioni andarono perdute. Esse caddero nelle mani della polizia. Se mettessi giù per iscritto tutto ancora una volta, verrebbe fuori un libro completo. Più tardi riannotai ogni avvenimento. Così si formò qualche “opera”.

6. Ancora oggi affiorano le mie esperienze di quel periodo, ma sono indebolito a causa della mia sofferenza animica e non più in condizione di annotare tutto e riferire giustamente. I miei ricordi diventano di nuovo viventi solo quando scrivo.

7. Chi leggerà ciò che ho scritto, penserà: a lui è andata bene, gli è stato donato tutto. – Errore! Tutto doveva essere guadagnato. Ho dovuto sperimentare cose che mi hanno profondamente oppresso, avvenimenti dolorosi che avevano a che fare con persone che avevo conosciuto ed amato.

8. Ognuno dovrebbe rendersi conto che noi uomini siamo sempre circondati da entità che vedono tutto e partecipano anche a tutto, siano queste, conversazioni o azioni.

9. Una volta per un anno ebbi conoscenza di avvenimenti di cui non dovevo parlare e mi procurarono grandi lotte interiori. Dopo un anno, alla fine divenne tutto evidente, e solo allora potei mirare a un pentimento delle persone colpite, cosa che poi anche subentrò. Prima mi erano state legate le mani.

 

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Cap. 20

Avvenimenti con un diavolo

1. Spesse volte ebbi degli avvenimenti di cui fui reso attento da esseri spirituali impuri su attacchi satanici, attraverso i quali dovevo essere portato alla caduta ed eliminato come lavoratore per gli spiriti. Ebbi a che fare soprattutto con uno di questi diavoli. Lui voleva la mia fine.

2. Una volta un altro smarrito mi ammonì che non dovevo andare più lì dove mi trattenevo così volentieri, vale a dire da mia sorella. Rifiutai, perché allora l’avrei molto addolorata. A questo punto egli disse: “Allora và nella tua disgrazia, io lo so bene!”. Io però non gli diedi ascolto e continuai ad andarci.

3. Una sera stavo andando a casa e questo essere spirituale mi avvertì di nuovo di percorrere perlomeno un’altra via. Non lo ascoltai. Quando venni fuori da Zwickau, vi erano di fatto per strada una quantità di russi ubriachi. Quando mi videro, si precipitarono su di me. Dovetti pedalare in salita per sfuggire. Allora spararono due volte su di me, ma non mi colpirono. Subito si presentò ‘l’amico’: “Perché non mi dai ascolto?”

4. Tutto questo successe ancora una volta, l’essere spirituale mi consigliò di nuovo di percorrere un’altra via. Non lo feci. E cosa successe? L’auto di un russo finì direttamente su di me. Io finii nel fossato lungo la strada. Per la terza volta in questo modo ho dovuto menare per il naso la mia testa. Ma nuovamente fui protetto e preservato dai danni.

 


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Cap. 21

Aiuto per amici e sconosciuti

Visioni di guerra

 

1. Nel periodo successivo sperimentai alcune visioni di grande portata.

2. Una notte dinanzi a me stava il Signore, ma in modo da spaventarmi. Il Suo volto era macilento[7], i Suoi occhi pieni di lacrime. Egli sembrava come uno che era stato malato per molto tempo e ora è lentamente sulla via del miglioramento.

3. “Padre mio”, esclamai spaventato, “che aspetto hai, cosa Ti è successo?”. Allora Egli disse: “Ora ho ancora solo Mio Figlio”. – Io risposi: “Padre, vogliamo cominciare daccapo, visto che ci sono figli che ancora credono in Te?”

4. L’immagine scomparve e non sapevo come interpretarla. Nella mia necessità interiore andai dai fratelli Spitznaß a Mariental. Là incontrai parecchi amici di vecchia data. Era il giorno in cui venne proclamata la Wehrmacht[8]. Alla loro domanda che cosa quel giorno mi avesse portato da loro, descrissi l’immagine che mi cagionava tale preoccupazione.

5. Gertrud Spitznass cercò di tranquillizzarmi. “Oh, Max, gioisci con noi, ora c’è di nuovo lavoro e possiamo guadagnare denaro, abbiamo di nuovo un esercito. Quale grazia”.

6 Gertrud, lo apostrofai, “esistono due tipi di Grazia? Quando nel 1918 abbiamo potuto deporre le armi, secondo le tue parole era una grazia, e oggi che forgiamo di nuovo armi, deve di nuovo essere una grazia?”. Allora intorno a me la vera realtà sprofondò e vidi macerie su macerie, città e villaggi distrutti, uomini caduti e una tristezza su tutti i volti.

7. Sospirai: “Mia povera patria, mia povera patria”, e piansi ininterrottamente.

8. Mi viene in mente un’ulteriore esperienza dall’anno 1933 in Steinpleis, dove dimorava il fratello Georg Riehle. Egli aveva fatto una visita proprio in Berlino presso Sch. D. e fu testimone della “presa del potere” di Adolf Hitler nella chiesa della guarnigione di Potsdam. Egli riferì che il “Führer” aveva tenuto un discorso di consacrazione al sarcofago del Vecchio Fritz. Il tramonto del Sole era stato così magnifico che egli ne era stato completamente impressionato. Allora su di me venne di nuovo la visione delle macerie.

9. “Georg, Georg”, mi lamentai, “il tramonto del Sole, oh, se fosse stato il Sole sorgente, o mia povera, povera patria, come potrai sopportarlo un giorno!”

10. Tutti i fratelli furono scandalizzati per me. Fui bollato comunista. La stessa immagine venne ancora due volte. Dopo la guerra la realtà apparve ancora peggiore di quanto l’avevo vista io. Quando poi un giorno fui da mia sorella in Oberrothenbach, là incontrai una coppia di fratelli che quella volta aveva ascoltato le due visioni. Io dissi: “Fritz, ti ricordi ancora quello che io dissi a Steinpleis e a Mariental? Tutto è successo così, perfino ancora peggio”. Egli non lo voleva ammettere, ma si ricordò sua moglie:

11. “Sì, Fritz, è vero. Tu, Max, quella volta lo hai davvero previsto, ma noi non lo abbiamo creduto”.

 

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Cap. 22

Natale ‘senza compagnia’

1. Ritorniamo tuttavia agli anni prima della guerra. I cari fratelli non mi comprendevano più. Continuavo a lavorare durante tutto il tempo e tacevo le mie esperienze. Divenne anche pericoloso, dal momento che la Gestapo s’interessava di me. Divenni solitario, ma tanto più intimamente unito con Dio. Così feci ogni compleanno del Signore un giorno di festa per me.

2. Una volta tornai a casa presto dal lavoro, allora suonarono le campane della chiesa ed Io dissi ad alta voce: “O mio Gesù, nell’ora della Tua nascita Ti auguro che Tu debba sperimentare grande gioia dei Tuoi figli”.

3. In me si fece completamente caldo e sperimentai una gioia che non si può descrivere. – In me però non cera sempre gioia. Il 25 dicembre del 1931 andai a lavoro molto presto, alle quattro e mezzo. Ero così abbattuto che esclamai: “Mio Gesù, quanto sono triste che oggi, per il Tuo giorno commemorativo, Ti posso offrire così poco, poiché qui nel bosco non vedo altro che un rosso fuoco e un mare di foschia”. E piansi amaramente su di me e sulla mia situazione.

4. Quando però uscii dal bosco e girai verso destra, vidi in alto nel cielo una stella che veniva verso di me e diventava sempre più grande. Veniva sempre più vicina, e la sua luce mi accecava. Quando fu del tutto vicina, scese un uomo da questa stella di luce. Egli aveva nella mano una potente lampada elettrica che splendeva come un riflettore. Venne del tutto vicino a me, si voltò, andò davanti a me e mi illuminò la via. Vidi il mare di fuoco rosso sangue, ma quando guardai più da vicino, questi erano tutti esseri che si contorcevano nel cono di luce della lampada.

5. Sembrava come se il cono di Luce avesse una enorme forza d’attrazione, perché ovunque, dove illuminava, attirava tutto, e le entità venivano risucchiate come nella lampada. Sempre più masse di tali figure si spingevano nella luce. Finché durò la nostra via, ne vennero ancora altri e continuamente attirati e risucchiati.

6. Quando alla fine non si videro più di questi esseri, l’uomo si fermò e rivolse a me il suo viso che risplendeva chiaramente come una luce. Egli sollevò il alto la sua lampada e su di lui cadde come una fontana di luce. Nel centro di questa fontana si formò un calice, poi all’esterno, intorno, un tempio colonnato con forse dieci colonne (non le contai). Il calice stava come su un altare.

7. In questo tempio di luce l’uomo splendente mi parlò : “In te c’è Luce, in te c’è la Parola, lascia diventare in te tutto un pane. E ciò che tu metterai fuori, sarà come se lo avesse messo fuori Dio. Accogli tutto in te, come io l’ho colto in me, e diventerai una benedizione”. – E l’esperienza finì. Mi circondò una fitta oscurità. Dapprima dovetti riabituarmi alla realtà esterna.

8. Su questa esperienza quella volta tacqui a lungo, poiché non sarei stato compreso. Venne di nuovo Natale. Quando suonarono le campane dell’Avvento, salivo stanco ed esausto il monte Schützenberg che dovevo percorrere ogni giorno. Quando ero in cima, dicevo alle campane: “Annunciate la Magnificenza di Gesù. Benedetto sia ogni tono!”. – Ad un tratto mi scomparvero i sensi per l’esteriore, e vidi dinanzi a me un gruppo di magnifiche palme di luce. Esse erano alte come un campanile, e rivestite di tavole bianche. Al centro una fontana a getto con tutti i colori possibili, una vista meravigliosa. Non era però acqua che zampillava, bensì luce, la più chiara luce. E là dove zampillava, stava una moltitudine di uomini – conosciuti e sconosciuti, e tra di loro anche il fratello mio Otto Hillig, che già da 13 anni dimorava nell’aldilà. Vidi il Signore circondato da uomini degni con lunghe barbe, vidi angeli nel più magnifico splendore e molti esseri che non avevo ancora mai visto.

9. Allora si fece avanti un angelo e si chinò profondamente davanti al Signore: “Signore, Signore, sei Tu duro d’orecchio perché non vuoi più ascoltare le richieste dei Tuoi figli? Sei Tu cieco perché non vuoi più vedere? Hai Tu una pietra nel Cuore perché non Ti tocca più la miseria dei Tuoi?”

10. Allora Gesù si avvicinò e disse: “Non vogliamo prima chiedere una volta all’altro?”. Egli levò la Sua destra, e indicò con il dito indice un altro angelo: “Portami qui vostro fratello”. L’angelo si chinò e ritornò dopo pochi attimi con Lucifero. Costui era acconciato nella foggia di una guardia forestale, con giubba, cappello e una barba piena grigia e ispida.

11. Gesù si voltò verso il primo angelo: “Ora ripeti a Me la tua accusa alla presenta del fratello vostro”. L’angelo ripeté del tutto seriamente le sue parole. Poi il Signore si rivolse a Lucifero: “Cosa dici tu di questa accusa?”

12. “Signore, Signore”, rispose costui, “questi non hanno avuto il loro bene? Chi mi vuole accusare dove ho così tanti che mi donano il loro amore? Provvedi Tu ai Tuoi, io provvedo ai miei”. Allora Otto Hillig andò dal Signore: “Padre, a Te sorgeranno figli che diventeranno salvatori per molti milioni. Il Tuo Spirito, infatti, ha tenuto il Suo ingresso sulla Tua Terra”. Gli occhi raggianti del fratello mio Otto furono per me una grande promessa. Poi l’immagine scomparve.

 

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Cap. 23

Incidenti e casi di morte

1. Non sempre erano cose spirituali quelle che contemplavo. Molti episodi riguardavano avvenimenti nell’afferrabile mondo materiale. Se poi agivo in conformità di questo, non avevo nessun danno, ma solo dell’utile; se non agivo in conformità, sorgevano sempre svantaggi per me.

2. Un giorno sperimentai nello spirito un incidente di moto. Per mezzo di ciò fui avvertito, perché veramente, dopo dieci minuti, fui travolto. Tuttavia, in base all’avvertimento ero diventato accorto sulla mia bicicletta, e quando poi sentivo il rumore di una moto, mi accostavo completamente a destra verso una staccionata, – e già era accaduto. Quella volta mi andò ancora bene, avrebbe potuto andarmi peggio se fossi rimasto in mezzo alla strada.

3. Spesso scorgevo sulla strada degli esseri spirituali che aggredivano le auto. Poi vedevo come da ciò avveniva un incidente. In tali casi però ero impotente. Finché una volta un amico mi diede un’indicazione: “Perché non rivolgi la parola agli esseri e li ammonisci, poiché essi forse non sanno di essere criminali nelle Leggi di Dio”.

4. In effetti, mi feci dei rimproveri. Infatti, poco dopo in una grande curva vidi un’intera nuvola di esseri spirituali bassi e, con la bicicletta, di nuovo passai senza rivolger loro la parola. Dieci minuti più tardi udii di un incidente proprio in questa curva. Morirono quattro persone, molti rimasero feriti. Un omnibus era stato urtato. Il colpevole che aveva causato l’incidente, un appartenente della ditta Wismuth, era in stato di ubriachezza. Per molto tempo mi rattristai su questo caso, infatti, avrei potuto mitigarlo, se avessi convinto quegli esseri spirituali della loro malvagità.

5. Molti lettori adesso forse penseranno: “Tutto questo è fantasia, non lo si può proprio dimostrare! Non lo posso credere!”. Perciò voglio menzionare ancora un caso che è successo solo un anno prima: – mi trovavo in un viaggio di più giorni nel villaggio Erdmann e Chemnitz. Avevo parcheggiato la mia bicicletta a Zwickau, ora la presi di nuovo e andai a casa, – lentamente e lieto di poter ritornare e nella consapevolezza di aver servito e causato gioia.

6. Allora vidi il mio vicino Ernst Pecher stare sulla strada. Egli aveva un’espressione triste. Io andavo adagio e lo salutai con le parole: “Ernst, che ti è successo?” – Non mi diede nessuna risposta.

7. A casa mangiai e andai a riposare, senza parlare molto con mia moglie. Il giorno dopo lei disse: “Che tu lo sappia, devi venire da Pecher Ernst con me sulla tomba, perché è stato travolto ed è morto all’ospedale”.

8. “Ebbene, qui tutto ha una fine”, venne fuori da me, “gli ho appena parlato ieri sera. Ieri sera mi ha fatto una triste impressione”. Quindi un caso in cui ho visto un defunto, sebbene non sapessi nulla della sua morte.

9. Ora un altro esempio. Qui io già sapevo dell’avvenuta morte. Era deceduta la madre di un mio parente. Partecipai al funerale, stavo non lontano dalla bara e vidi come dal petto della salma saliva un vapore blu. Il vapore prese forma e quando fummo al commiato, la forma di vapore mi si aggrappò e supplicò: “Max, aiutami, tu sei l’unico che mi può aiutare”. – “Non io, solo Gesù”, cercai di convincerla.

10. Così giungemmo alla fossa. Il sacerdote fece il suo dovere, la defunta però mi era vicina e si teneva stretta a me. Allora con lei mi allontanai dalla fossa, chiamai in aiuto un amico angelo e gli affidai la povera anima bisognosa di redenzione. Vidi ancora come andò con lui e potei solo ringraziare, ringraziare e di nuovo ringraziare.

 

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Cap. 24

Aiuto da Otto Hillig defunto

1. Ora devono seguire ancora ulteriori esperienze. Tutti gli uomini che una volta leggeranno questo, li vorrei introdurre nella meraviglia di questo grande Amore di Dio, nel quale è nascosta una Sapienza della quale l’uomo ordinario non ha nessun sentore.

2. Potei vedere anche avvenimenti provenienti dalla vita del nostro Signore, ma col mettere giù per iscritto queste “Scene deliziose” (il titolo sotto il quale sono pubblicate) non riuscivo quasi a star dietro, poiché le immagini si affrettavano troppo. Dal momento che in questo sentivo intuitivamente, quindi mentalmente, i discorsi e le descrizioni, non potevo evitare che mi sfuggissero alcuni nomi o parole. Sorsero dubbi e rimproveri. Allora ebbi un sostegno dal mio defunto fratello Otto Hillig. Sperimentai il suo aiuto quasi sempre sulla via per o dal servizio del lavoro di ferroviere.

3. Una volta, per esempio, riguardava la parola di Giovanni Battista su Gesù: “Non conosco l’uomo” (Giov. 1,33). Fui sorpreso di questa parola, poiché si dice anche (Luca 1,30) che la Madre di Gesù e la madre di Giovanni fossero parenti.

4. Mentre ero sulla via verso casa proveniente dal servizio, riflettendo su questo, si annunciò il fratello Otto: “Tutti sanno che il mio nome è Otto Hillig, ma non Otto Hillig (santo). Dì a tua sorella Christine che lei non è solo Christine, ma un’ancella di Cristo”. In questo modo venni a sapere che si può ben conoscere un uomo secondo il nome, ma con ciò non si sa nulla della sua destinazione e del suo carattere.

5. Così come in questo caso, fratello Otto venne da me spesso in aiuto. Lo sentivo come una voce che veniva dall’esterno. Attraverso le molte esperienze diventai più sicuro e credetti di più in me. Così adesso voglio descrivere un’esperienza che prima non avrei ritenuto possibile.

 

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Cap. 25

Una fanciulla trova il Salvatore

1. Nell’anno 1927 andai a Bielefeld dai miei amici. Al viaggio di ritorno scesi a Lipsia per mangiare. Erano le sette di sera. Volevo continuare il viaggio alle nove. Andai in piazza e alla finestra di un’osteria vidi l’indicazione di un pranzo a buon mercato. Vi entrai e sarei volentieri tornato di nuovo indietro, poiché nella stanza degli ospiti sedevano solo prostitute in bella forma e ragazze di strada.

2. Mi sedetti ad un tavolo libero e ordinai il pasto al cameriere. Una delle ragazze si sedette al mio tavolo e pretese che ordinassi da mangiare anche per lei, poiché aveva fame. Io le rifiutai di sedersi da me, poiché avevo un’avversione verso tali persone, e lei ritornò dalle altre.

3. Allora vidi una fanciulla che stava seduta un po’ in disparte e da sola. Io le esclamai: “La prego, venga da me per farmi compagnia”.

4. Lei non voleva, ma le altre dissero: “Vai da lui che viene dalla provincia”. Lei si sedette da me e le chiesi se avesse fame. Lei rispose affermativamente, ed io ordinai al cameriere un secondo pasto. In breve tempo avevo finito, e anche la fanciulla doveva aver avuto una gran fame. “Signorina”, ora le rivolsi la parola, “vorrei parlare con lei, ma qui non è il luogo adatto. Mi porti in un buon locale”.

5. Lei fu subito pronta e dopo cinque minuti stavamo seduti in un piccolo caffè in un punto appartato. Dopo essere stati serviti, io le dissi: “Signorina, io non sono un predicatore morale, ma se la guardo così, sento un gran dolore. Dunque, non ha riflettuto che si arreca il più grande torto, facendo del suo corpo, che deve essere un tempio di Dio, una merce in vendita?”

6. Allora cominciò a piangere. “Che cosa devo fare, sono senza lavoro da settimane. Mia madre non può lavorare perché è sempre cagionevole di salute. Sono stata appena rilasciata a causa di furto. Ma io sono innocente! Non ho rubato nulla al mio capo. Se lei sapesse quale ribrezzo provo davanti agli uomini, e tuttavia ho bisogno di denaro e ancora denaro per me e per mia madre”.

7. Ero profondamente imbarazzato e spaventato su questo sfogo di sofferenza e struggimento. Interiormente pregai: “Padre, dammi le giuste parole”, ma percepii solo profonda compassione.

8. Allora presi la sua mano: “Signorina, lei non ha un Salvatore al Quale poter dire tutto? A lei manca il Salvatore”.

9. Lei tacque e mi guardò solo per lunghi ansiosi minuti. E così continuai a parlare: “Signorina, oggi vada subito a casa, ma non dica a nessuno una parola, nemmeno a sua madre. Poi s’immagini che Gesù, il Salvatore, che Lei comunque conosce, stia davanti a lei. Allora Gli dica ciò che ha detto poco fa a me. Tutto, tutta la sua miseria, tutto il suo ribrezzo. E Gli chieda perdono per il fatto che Lo ha tanto spesso rattristato nella sua ignoranza, tanto che voleva perfino gettare via la sua vita. E chieda a Lui aiuto, affinché diventi manifesto il suo torto.

10. Poi vada domani dal suo capo. Sia del tutto aperta e gli racconti del suo bisogno. Poiché, mi creda: il Salvatore mi ha mandato da lei per dirle questo”. Riferii alla fanciulla ancora qualcosa del Suo Amore per i perduti e gli smarriti, così che dentro di me percepii un gran calore .

11. Dovevo partire, il mio treno andava. La fanciulla mi accompagnò pure alla stazione. Lasciandoci mi promise di fare come io le avevo consigliato. Lei voleva sapere il mio nome, ma rifiutai e anch’io non volli sapere il suo. Le augurai solo tutto il bene.

12. In treno, quando a volte riflettevo su tutto questo, mi rimproveravo di averle acceso delle speranze. E se ora fosse delusa? Non sarebbe pensabile! – Per un lungo tempo ancora mi occupai nei pensieri della fanciulla, ma poi la dimenticai.

13. Alcune settimane più tardi ricevetti dal fratello Max Rödel in Lipsia l’invito a venire a Lipsia e di parlare davanti alla sua cerchia riunita. Accettato e andai a Lipsia il sabato pomeriggio. Volevo attraversare la piazza per prendere il tram, quando mi venne incontro una signora e mi salutò piena di gioia. Io risposi: “Lei si sbaglia, io proprio non la conosco!”

14. Lei però non si lasciò smuovere. “Ma sì, lei è l’uomo che mi aveva mandato dal Salvatore. La prego, venga con me in quel caffè, le devo raccontare tutto. Oggi è mio ospite”. veramente, volevo rifiutare, ma il ricordo di allora non me lo permise. Mano nella mano andammo nel signorile caffè e mi raccontò tutto:

15. “Quando andai via da lei, mi promisi di fare tutto ciò che lei mi aveva consigliato. Già sulla via verso la mia abitazione pregai incessantemente e non guardai nessuno. L’intera notte non potei chiudere occhio, volevo piangere e pregare.

16. Il mattino presto mi misi sulla via per andare dal mio capo e, pregando, entrai nell’ufficio. Il capo era lì. Ma prima che io potessi spiegargli qualcosa, egli mi interruppe subito e disse: “Finalmente è venuta. Quanto mi son pentito di averla licenziata. Non lei, ma la direttrice era la ladra. Se vuole, la rimetto di nuovo subito al suo posto”.

17. Piansi di gioia e non riuscivo quasi a parlare. Il capo mi guardò con espressione interrogativa. Allora gli raccontai l’intero incontro con lei e che il Salvatore mi avrebbe mandato da lui. Il mio capo fu sorpreso di sentire tali parole da me e disse: “Vorrei conoscere quest’uomo”.

18. Così ho ripreso il mio lavoro e spesso ho pensato a lei. Oggi si è adempiuto il mio desiderio, perché attraverso la sua persona ho trovato il Salvatore”.

19. Fui stupefatto di questa dichiarazione e la invitai alla nostra adunanza, le diedi anche l’indirizzo del fratello Max Rödel. Lei però non accettò perché doveva andare con il suo fidanzato dai suoi suoceri.

20. Quello che si svolse nel mio interiore, non si può afferrare a parole. Il primo a cui ho potuto raccontare il tutto, è stato il fratello Max Rödel. L’adunanza domenicale stava sotto questa massima della Parola di Gesù: “Vivete l’un con l’altro così che nessuno senta la mancanza di Me!”. Mi sentii particolarmente indirizzata la parola dalla frase: “Tutto quello che fai dal tuo amore più interiore per la salvezza del tuo prossimo, deve essere come se l’avessi fatto Io!”

 

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Cap. 26

Un nuovo amico

1. Ora un’altra profonda esperienza. A Chemnitz dalla mia possessione, a suo tempo, mi aveva guarito un indiano (quale essere spirituale) tramite Martha Grönert. Nel frattempo potevo vederlo io stesso, come si vedono appunto gli spiriti. Il suo modo di superiorità per vero mi disturbava spesso, ma con il tempo lo potevo sentire in me, cioè mentalmente, e seppi che costui era il mio spirito protettivo che presso di me esercitava la funzione di custode o di guardiano. Non riuscivo ad intendermi con lui molto bene, poiché tutto si annunciava così diverso da quanto avevo letto nei libri di Lorber. Spesso ebbi con lui delle vere e proprie discussioni, perché non volevo sottomettermi e non facevo nemmeno ciò che mi consigliava. Quindi spesso mi opponevo a lui.

2. Una volta, mentre mi ritrovavo in un locale di cattiva reputazione (il Burgkeller = la cantina della rocca) lui mi spinse ad abbandonare il locale.

3. Io mi opposi e dissi: “No, mio caro Hasso Castro, rimango fino alle 9; solo dopo vado a casa”.

4. In quel momento entrò nel locale un’anziana madre con due sue figlie e prese posto al mio tavolo. Lei doveva essere ben conosciuta qui, perché in un attimo il tavolo era completamente guarnito, ed io vi stavo nel mezzo e accanto a me pure un altro signore. Per me era poco rassicurante, ma non pensavo di andarmene, sebbene Hasso Castro mi spingesse a farlo. Io rimasi.

5. La conversazione si volgeva intorno solo a cose bassissime e più volgari. La peggiore era l’anziana madre che mi offerse di passare la notte con sua figlia. Allora passai all’offensiva e domandai all’anziana madre davanti a tutti ad alta voce, se avesse educato veramente le sue figlie al buon ordine o al licenzioso, e se non avesse mai pensato al fatto che Dio un giorno gliene avrebbe chiesto conto: “Dove sono rimaste le tue figlie?”

6. Dopo un certo silenzio mi aggredirono tutti, chiedendo il perché ero veramente venuto qui e cosa volessi, ma ora avevo acquisito il terreno sotto i piedi e dissi: “Non volevo venire qui, ma lo dovevo perché nel mio petto vive qualcosa a cui mi sottometto”.

7. La conversazione andò di qui e di là, fin quando la parola di una delle ragazze cadde sulla ‘continuazione della vita’. Io ne afferrai il significato e riferii che esiste una continuazione della vita dopo la morte, e che moltissimi defunti erano lì in modo invisibile perché volevano solo godere a fondo il loro appagamento sessuale. “E tu, madre delle tue figlie, ne sei complice”.

8. Si fece un gran sparlare di me, ma io rimasi tranquillo e rilassato. Quando il mio tempo era scaduto e volevo andarmene, ora ad un tratto dovevo rimanere, tuttavia pagai il conto e lasciai il locale. Ma l’uomo che sedeva accanto a me e che per tutto il tempo era stato in silenzio, mi seguì e mi rivolse la parola: “Ascolti, caro uomo, devo parlare con lei. Confesso che volevo portarmi una ragazza per passare la notte, ma lei mi ha aperto gli occhi. La prego, venga con me in un buon locale, devo parlarle”.

9. “Bene”, dissi io, “ma non voglio farle spendere denaro, posso pagare da me stesso il mio conto”.

10. Andammo nel “Fremdenhof”, ma era tutto occupato. Nondimeno ad un tavolo sedevano solo due signore. Là trovammo posto ed io dissi apertamente al signore: “Non dobbiamo aver timore davanti alle signore, e sia aperto verso di me, ed io lo sarò anche verso di lei”.

11. Iniziammo una conversazione alla quale presero parte anche le due signore. Quello che io dissi, deve aver fatto una profonda impressione. Mi sembrò come se fossimo stati da lungo tempo buoni conoscenti. Sedemmo insieme oltre tre ore. Se non avessi dovuto prendere il treno, avremmo avuto ancora molto da raccontarci.

12. L’uomo era di Plauen nel Vogtland[9]. Il suo treno partiva dieci minuti dopo il mio, e così andammo insieme alla stazione. Lungo la via mi chiese con insistenza: “Mi dica sinceramente, lei dice la verità o gioca solo per far spettacolo? O lei è un vero cristiano, oppure un grande attore. Lei tratta questo problema mistico con una interiorità e sobrietà, come non l’ho ancora sentito da nessuno. Di colpo vedo la mia vita perduta. Ora le domando: che cosa devo fare affinché io diventi un altro uomo?”

13. A ciò risposi: “Caro amico, lei non deve solo credere in Gesù, ma contare su Gesù, contare sul fatto che Egli c’è. Lei non può rimuovere la Sua esistenza dal mondo. Senza di Lui lei è perduto, ma con Lui impara a percorrere altre vie”.

14. Lui disse: “Uomo? Si tratta proprio di questo? Ne ho abbastanza di tutti i bigotti! Tutti emanano solo ipocrisia, quando parlano di moralità!”. – “Purtroppo”, dissi io, “questo è spesso il caso, ma non si deve gettare via anche il bambino con l’acqua del bagno. Gesù non pretende nulla. Lui chiede soltanto questo: ‘LasciaMi prendere dimora presso di te!’. Poiché Lui non è solo Amore e Verità, ma è anche eterna Compassione. Io ero un perduto, ero senza qualsiasi prospettiva di salvezza, inoltre sono stato un consapevole dalla gioventù. E ciononostante, solo le preghiere della mia beata madre hanno mosso Gesù ad aiutarmi. Lui lo ha fatto in modo che per me non c’era più la possibilità di fuggire, e quando mostrai la buona volontà, Lui ha premiato me, il più grande peccatore, guarendomi in un istante dalle mie tre più grandi passioni, cioè dal fumo, dalla bestemmia e dal gioco delle carte. Io ne ebbi già subito un rifiuto tale, che non ho avuto più nessuna voglia di darmi ancora una volta a questi vizi.

15. Io ho riconosciuto l’ineffabile Amore e sono divenuto pieno di gratitudine. Ciò che faccio oggi è meno lavoro e meno dovere, è gratitudine e necessità. Lo devo al mio Salvatore, perché per me Lui è diventato nel frattempo, Dio e Padre, ma anche Amico e Fratello.

16. Questo glielo dovevo dire, mio caro amico. Si ricordi sempre di me, perché anche in lei si deve manifestare l’amore guarente e salvifico di Gesù Cristo. Io faccio servizio là a quello sportello. Se viene ancora una volta a Zwickau, domandi se c’è l’amico Seltmann, e possiamo intrattenerci ulteriormente. Stia bene, e Gesù sia con lei!”

17. L’amico di Plauen venne ancora spesso allo sportello e s’informò di me. Talvolta non c’ero, ma i suoi saluti mi hanno sempre rallegrato. Quando mi trovava, allora discutevamo come tra cari parenti.

 

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Cap. 27

Salvezza di due disperati

1. Ora voglio raccontare ancora una particolare esperienza. Un pomeriggio mi sentii spinto ad andare in uno dei peggiori locali. Era il tempo della grande disoccupazione. In quel locale (Felsenkeller = Cantina della roccia) sedevano circa venti disoccupati ad una grande tavola. Li salutai così: “Salute a tutti”, ma solo uno mi ringraziò. Allora mi sedetti accanto a lui, cioè dapprima mi si dovette fare spazio.

2. Quest’uomo, che aveva circa 30 anni, parlò con me inaspettatamente in modo del tutto aperto. Sulle prime non riuscii a farmene una giusta immagine di ciò che mi voleva raccontare, ma poi mi divenne chiaro:  lui avrebbe dovuto prima, ‘prendere una sbornia’, così da avere poi il coraggio di uccidere sua moglie e i suoi bambini, e poi sbarazzarsi di se stesso.

3. In me sorse di nuovo calma e sicurezza: “Amico, vieni, andiamo in un locale tranquillo dove possiamo stare da soli. Abbiamo molto da raccontarci”.

4. L’uomo non era ubriaco, ma era posseduto dalla sua idea satanica. I suoi occhi sfavillavano. Lui venne volontariamente con me in un altro locale dove potemmo avere più tranquillità. Ordinai due bicchieri di birra e pagai subito. Ora eravamo indisturbati.

5. “Amico”, cominciai, “che cosa ti sta succedendo? Sii del tutto aperto con me. Io penso bene di te”.

6. Lo guardai e presi la sua mano sinistra nella mia destra. Allora cominciò a parlare e a descrivermi la sua vita matrimoniale: che la moglie andava sulla strada e lui non poteva più sopportarlo. Non vedeva nessun’altra via d’uscita, e questa sarebbe stata la cosa migliore per lui. Riferì ancora dei suoi sforzi di ottenere un lavoro e si scusò del suo fare e della sua intenzione.

7. Lo calmai dicendo di avere grande comprensione per lui e gli chiesi: “Hai già provato una volta con il Salvatore, con Gesù?”

8. Lui tacque. Gli esposi così la situazione: se credeva di poter sfuggire in questo modo dalla indigenza, sarebbe incorso in una miseria ancora più grande. “Non credi in una continuazione della vita? Cosa diresti se in tal modo portassi tua madre sull’orlo della disperazione?”

9. A questo punto, lui ne rimase molto impressionato: “Non dirmi nulla di mia madre. Quanto ha già pianto a causa mia …!”, e non ebbe più la forza di parlare. Io tacqui, ma il mio cuore gli parlò ancora più forte. Alla fine, lui domandò: “Cosa devo fare, dunque? Non posso più andare avanti!”.

10. Risposi: “Nondimeno, amico mio, il Salvatore è ancora qui e ti è più vicino di quanto credi, poiché mi manda per aiutarti, e nel mio amore Egli adesso viene a te”.

11. “No, no, non lo posso credere, tutto è perduto!”.

12. “No di certo, caro amico!, Voglio farti una proposta: mi porteresti nella tua abitazione? Tua moglie è a casa e lo sono anche i tuoi bambini?”

13. Fece cenno col capo, ma non voleva acconsentire. Cercai di persuaderlo: “Il Salvatore in me vuole aiutare tutti voi!”

14. Dopo molto tira e molla, andammo. Durante i pochi passi fino alla sua abitazione non dissi una parola. Giungemmo nella piccola vecchia casa, le scale al buio, una debole luce illuminava il corridoio. Sulla porta riconobbi anche il nome: Seidel. Lui aprì la porta, entrammo in una stanza buia. Una donna mi guardò ed arretrò quando volli porgerle la mano per il saluto.

15. Io dissi: “Cara Signora Seidel, non pensi male di me. Non voglio nulla da lei, ma voglio solo donarle qualcosa che dovrà portare la pace ad entrambi”.

16. “Ne avrei proprio bisogno”, disse, e mi porse la mano, altrettanto le due ragazzine, avevano forse dieci e dodici anni.

17. Venni subito al dunque e dissi: “Signora Seidel, suo marito mi ha raccontato tutto. Posso immaginarmi molto bene la sua situazione: a voi due manca il Salvatore, Gesù. Non pensi però che  io voglia convertirla. Voglio solo mostrarle la via dove voi due vi siete smarriti, e dove siete finiti: nella più grande disperazione, dove ogni salvezza è impossibile!”

18. Allora lei disse senza qualsiasi emozione: “Mio marito le ha raccontato anche tutto? Non credo. Sì, vado sulla strada perché non voglio far morir di fame le mie bambine, perché mio marito usa il suo sussidio di disoccupazione per sé e per altre donne. Se non porto da mangiare in tavola, per giunta ricevo pure botte. Stavamo così bene. Io ho contribuito. Adesso però non è possibile trovare lavoro, e Dio ci ha dimenticato. Non mi parli più di un Salvatore! L’odierno salvatore è il denaro e il lavoro. Anch’io vorrei uscire da questa situazione. E lei crede che mi faccia piacere vendermi? La vita mi disgusta, ma le mie bambine sono per me più di quanto posso dire, e lo faccio solo a causa loro. Quanto può durare non lo so, perché anch’io sono quasi alla fine”.

19. Rimasi scioccato e mi rivolsi all’uomo dicendogli:

20. “Dunque, è così? Tu fai questo? Sei troppo scellerato per il Salvatore! Per colpa tua, tua moglie è diventata una prostituta, per amore delle bambine. E per non far morire di fame neanche te, lei fa ciò che crede di dover fare. Sai quanto ti rendi colpevole?

21. Conosco molti disoccupati, ma nessuno deve morire di fame. Qui nella vostra stanza vedo solo pulizia e nettezza e la buona volontà per le tue bambine. Uomo infame! E tu vuoi uccidere questa donna insieme alle tue bambine? Quanto devi essere diavolo, se intendi punire ancora questo angelo. Dammi una risposta in presenza di tua moglie e delle tue bambine!”

22. L’uomo tacque alla mia dura accusa. La donna e le bambine piangevano. Io dissi: “Signora Seidel, che cosa dobbiamo fare adesso? Abbiamo parlato abbastanza, sento che lei rinuncia subito alla sua vita degenerata, non appena suo marito si volgerà al meglio. E tu, a te dico solo una parola: non vorresti diventare di nuovo un uomo più decente?”.

23. Lui stava rannicchiato sullo sgabello e piangeva, ma rimase muto.

24. Allora chiesi alla signora: “Lei perdonerebbe tutto a suo marito, se diventa di nuovo un uomo per bene? Lei lo ha comunque amato. Non è cattivo, si è solo perduto”. ‒ “Perdonare sì, senza nemmeno pensarci, ma ricevere botte perché io amo, questo sarebbe troppo. Devo purtroppo vivere insieme a lui, già per amore delle bambine. Dunque, come posso ancora amare quest’uomo, se le bambine si devono vergognare del loro padre?”

25. “Amico, hai sentito quello che ha detto tua moglie? Cosa non darebbe un marito per la moglie che ha un tale sentimento, che ha fatto di sé una ‘perduta’ solo per amor delle bambine. Ora parla e smettila col tuo piagnucolare!”

26. Si alzò: “Uomo, se posso, sì, lo voglio! Ma come devo cominciare?”.

27. “Questo è facile, se si ha un tale aiuto: il Salvatore e tua moglie. Evita l’osteria, perché là nessuno ti dà lavoro né pane, ma ti vengono ancora tolti dalle tasche i pochi spiccioli. Ama tua moglie di nuovo come il primo giorno, e abbi fiducia in te stesso. Allora tutto andrà nel verso giusto. Tu ami ancora tua moglie? E lei, signora Seidel: ama ancora suo marito?”. Entrambi annuirono col capo.

28. “Allora porgetevi le mani e perdonatevi, e sigillate il nuovo patto con un bacio che però deve venire dal cuore”. Allora le due persone si porsero le mani e la donna disse: “Perdonami, non dovrai mai più aver motivo di lamentarti, ma anche tu devi fare ciò che ti dice quest’uomo”. Piangendo, i due si abbracciarono.

29. Allora io dissi: “Così va bene. Ora vogliamo festeggiare la riconciliazione. Signora Seidel, ha in casa del caffè?”. Lei fece sì col capo.

30. “Voi due, signorine, qui ci sono due marchi, andate e comprate dei dolcetti, poiché la riconciliazione deve essere festeggiata. Ci facciamo un buon caffè e poi vi voglio ancora raccontare qualcosa dell’Amore del Salvatore che voi non avete ancora sentito”.

31. Non toccai più il passato, ma raccontai come il Salvatore segue ogni perduto che ha una buona volontà. Nel bere il caffè divenne tutto gioviale, perché i quattro ascoltarono con orecchio teso le mie parole. Ho raccontato loro della mia vita, come anche la difficoltà con la nostra bambina cieca e malata di mente, che però non ci aveva ostacolato di voler vivere nell’imitare Gesù, il Quale ha sacrificato la Sua Vita anche per noi.

32. Lì riuscii a conquistare la signora Seidel come sorella. Dopo questo incontro non mancò a nessuna riunione. Non si lamentò mai più di suo marito, che presto ottenne anche un lavoro in miniera. Il passato non venne mai più tirato fuori, perché Gesù aveva cancellato la colpa. Il mio cuore era sempre colmo di gratitudine quando vedevo la donna con le sue bambine alle nostre riunioni.

 

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Cap. 28

Amici sulla Terra e nel Cielo

1. Ora devo tornare indietro di alcuni anni. Eravamo nel 1915. Allora un collega di nome Uhlig ebbe un incidente. Capitò tra i respingenti di due vagoni ferroviari è subito morì. La vedova era della Chiesa battista, altrettanto il defunto collega Uhlig. La loro vicina Ida Erler venne con me all’ “ora” (incontri spiritici), ma era una principiante in questo campo, come allora lo ero anch’io .

2. Una sera le feci visita. Suo marito faceva musica in una compagnia, e non era a casa. Ida aveva invitato anche la sua vicina Uhlig e alcuni altri. Il discorso si svolse naturalmente intorno al vicino morto. Allora io lo vidi che era lì presente, del tutto come ai tempi di vita nella sua uniforme, e lo riferii. La vedova Uhlig lo mise in dubbio, poiché egli certo sarebbe “rinato”. La mia visione però non m’ingannava: era sicuramente il mio collega Uhlig!

3. “Ida, vogliamo entrambi pregare per la chiarezza ed imporre le mani al fratello morto nello Spirito di Gesù”.

4. E a lui, alla sua forma spirituale: “Collega, sarai certamente interessato del fatto che tua moglie sperimenti che tu sei qui tra noi. Non sei un perduto, eri appunto credente, ma non puoi nemmeno essere in un Cielo, altrimenti non saresti tra noi. Ti vogliamo fortificare. Dà a tua moglie una prova che sei veramente qui”.

5. Poi mi misi davanti al mio collega come uomo e posi su di lui le mani, e la sorella Ida pose le sue mani sulle mie. Pregai ad alta voce: “Caro Salvatore, se è la Tua Volontà, allora fortifica questo fratello per glorificarTi. – Vidi come l’amico spirituale Uhlig si guardava intorno e si dava da fare ad una porta della cucina. Poi osservammo come un rotolo di carta vetrata che era ficcata dentro in un vasetto, cominciò a muoversi. Tutti trattennero il respiro. La carta vetrata fu tolta dal vasetto senza il nostro contributo e cadde a terra. Ci guardammo. Il mio occhio spirituale si chiuse di nuovo. Io dissi: “Ringraziamo per la dimostrazione di un tale Amore per il fatto che un fratello si possa manifestare, e preghiamo così: «Caro fedele Salvatore, caro Gesù Cristo, abbiamo di nuovo potuto sperimentare il Tuo inconcepibile Amore. Noi siamo troppo deboli e troppo piccoli per poterTi ringraziare abbastanza. Accogli il nostro debole ringraziamento per via del Tuo Amore»”. Tutto questo, però, nella vedova Uhlig suscitò il contrario. Agitata, sosteneva di non poterlo credere. Questo sarebbe un evocare spiriti e voleva considerare di fare una requisitoria per via di gravi eccessi. – Poi però non lo fece, perché il suo predicatore non ne diete l’approvazione, poiché, comunque, tutto era in ordine avendolo fatto con la preghiera. Ida Erler rimase profondamente impressionata da questo avvenimento e lei stessa era chiaroveggente.

6. Dopo due anni la sorella Ida si ammalò. La visitavo quando avevo tempo. Suo marito era morto in guerra e con i suoi figli non se la passava al meglio. Non poteva mangiare eccetto panna, e di questa, tanto poco che una piena tazza di caffè bastava per una settimana. Io però potevo procurarle la panna da una sorella in Steinpleis che aveva una tenuta. Le portavo ogni settimana questa tazza piena di panna. Quando una volta venni di nuovo, lei disse: “Max, hai bisogno di venire solo ancora una volta. Questo mi dice adesso il tuo angelo che ti accompagna sempre. Egli ha una ‘R’ splendente sulla sua testa. Sarà ben il suo nome che comincia con una R. Infatti adesso fa cenno col capo”.

7. Veramente le portai solo una volta ancora il dono d’amore. Quando venni mi accolse con le parole: “Max, l’angelo ti ringrazia per la tua fatica”. Parlò poco. La visita presso questa malata grave era per me sempre una servizio religioso. Ida fu sepolta e i figli portati dai parenti.

8. Vent’anni più tardi mi trovai in ferie con un collega di lavoro al lago Kochel. La moglie del collega era una persona gioviale, sempre di buon umore e si associava volentieri dove si rideva molto e si facevano scherzi. Un giorno ci mettemmo in cammino di buon’ora per salire sul Herzogstand. Presso un chiosco stava una quantità di ragazze, tutte creature gioviali e gioconde. Partecipai ad uno scherzo nella loro sana spensieratezza.

9. Allora una ragazza mi rivolse la parola: “Lei è sassone?”. ‒ “Sì, in più, uno autentico”, l’assicurai, “da Werdau, presso Zwickau. ‒ “Presso Zwickau?”, rimase stupefatta. “Lei conosce Lichtentanne?”. – “Ma sì, signorina mia, vi ho vissuto quasi dodici anni”. ‒ “Lei conosce Robert Erler che è caduto nel 1917, e mia madre Ida Erler?”. – “Sì, molto bene! Allora sei ben la piccola Ida? Dov’è tuo fratello Georg?”. – Allora lei disse alle sue amiche: “Continuate da sole, io ho incontrato un amico di mia madre!”, e di nuovo si rivolse a me. “Acconsente che mi accompagni con lei?”

10. “Ma volentieri, piccola Ida. Adesso ti do nuovamente del tu, come quando mi chiamavi zio. Dillo tranquillamente anche adesso”.

11. Così salimmo ora verso l’alto e la pregai: ”Ida, raccontami com’è andata a te e a tuo fratello. Nel salire faccio fatica a parlare, ma in alto ti racconterò alcune cose”. Appresi molte cose importanti e meno importanti. In alto godemmo dapprima la magnifica vista. Poi ci ritirammo e ci accomodammo sotto un pino selvatico, dove raccontai la storia di sua madre. Qui voglio raccontartela a grandi tappe. “Tua madre Ida era una, chiamata come raramente viene chiamata una donna. Tuo padre era miscredente, ma hanno avuto un buon matrimonio. Tua madre era cattolica, tuo padre evangelico. Tuo fratello andava a scuola, tu non ancora. Quando tuo padre morì in guerra, tua madre divenne una visionaria, come Kurt Münch, allora il più grande chiaroveggente. – Mi sentivo affettuosamente unito a tua madre. Le dovevo molto, poiché io stesso a quel tempo ero un ricercatore e combattente.

12. Dopo la morte di tuo padre, tua madre andò ad abitare da Kurt Münch, dove poi si ammalò e morì.

13. Ora ascolta: attraverso tua madre si rivelarono grandi angeli e mi mostrarono anche cose che accadevano in parte nelle sfere terrene, in parte in quelle spirituali. Per esempio, tuo padre, nel mondo degli spiriti, una volta mi concesse un’immagine della sua vita. Egli si rammaricava di non potersi distaccare dai luoghi nei quali aveva sempre fatto musica. Io potei portargli un po’ di Luce. Da uomo, di questo non volle saperne nulla, dopo però voleva fare di tutto per migliorare la sua nuova vita. Di là sarebbe così duro, poiché la via che porta al Salvatore è infinitamente difficile. Così sperimentai il pentimento e la conversione di tuo padre.

14. Tua madre, invece, purificata attraverso la sua sofferenza, portò meravigliose rivelazioni. Io cominciai quasi a dubitare che una persona potesse vivere soprattutto con un cucchiaino da caffè di panna. Mi pronosticò l’ora della sua morte e mi parlò anche di te e di Georg, dicendomi che non dovevo avere nessuna preoccupazione per voi. Voi foste portati via da Lichtentanne. Ho avuto spesso contatto con tua madre, perché anch’io ho ottenuto il Dono di vedere gli spiriti amici. Così una volta ho sperimentato come lei mi apparve con tuo padre e mi disse: «Fratello, la vita spirituale è solo una continuazione della vita terrena, ma molto più seria. Chi ha compreso una volta la vita e la vive dalla Grazia di Dio, per questi è facile e diventa beatitudine»”.

15. La ragazza rimase a lungo seduta, nei suoi occhi c’erano lacrime, ma anche uno splendore: “Caro zio Max, mi sembra come se adesso ti riconoscessi di nuovo e mia madre fosse seduta qui accanto a me. Quando sono divenuta maggiorenne, venne da me mio fratello Georg e mi voleva costringere di andare in convento, perché anche lui fu educato in quella scuola. Io ero presso una zia che amministrava la casa in Freiburg del mio confessore e reverendo.

16. Io rifiutai il modo come mio fratello si comportava verso di me, soprattutto non come un fratello. Non potevo essere costantemente così seria come era lui, io amavo la mia vita.

17. Avevo imparato a fare la sarta. Quando dissi a mio fratello in tutta serietà che non sarei andata in convento, lui divenne decisamente brutale. In quel momento venne mio zio reverendo nella stanza e chiese giustificazione a Georg, come lui, quale figlio della Chiesa, potesse essere così spietato. A questo punto mio fratello disse: «Io devo vegliare su mia sorella affinché non diventi una perduta come nostra madre».

19. In pochi minuti il reverendo tornò indietro ed aveva in mano due lettere. Quando si sedette, ci lesse ad alta voce le due lettere e ci spiegò: «Prima di accogliervi qui, chiesi informazioni al pastore in Lichtentanne e al prete della Chiesa Cattolica in Werdau. Qui le risposte.

20. Il prete cattolico scrisse: ‘Ida Erler è da considerare una perduta, poiché nonostante le mie ammonizioni e le più serie rimostranze da parte mia, ha sposato il miscredente Robert Erler e non ha mai più fatto uso dei mezzi di grazia della Chiesa’.

21. Il pastore della Chiesa Evangelica invece scrisse: ‘Ida Erler è diventata moglie di un uomo onesto e bravo che amava la sua famiglia e non ha mai dato motivo di lamentela, sebbene trascorresse molto tempo in compagnie non serie, perché lì faceva musica. La sua morte è stata compianta da tutti. Ida Erler ha vissuto una vita religiosa come pochi nella mia comunità. Con i suoi doni spirituali ha potuto aprire la via che porta a Gesù ad alcune persone e, con ciò, si è guadagnata un tesoro e un posto nel Cielo’.

22. Così è il giudizio dei due sacerdoti, figli miei. E tu, Georg, fa che questo sia per te un insegnamento per tutta la tua vita. A te invece, mia Ida, vivi la tua vita come te l’ho insegnato io, nel timore e nell’amore di Dio; allora la beata Vergine avrà gioia di te. Quindi ti consegno le due lettere che sono una salvezza dell’onore di tua madre. Rimani presso di noi, finché io vivo’.

23. Ebbene, caro zio”, continuò lei a raccontare, “ho un fidanzato. Purtroppo anche lui è della Chiesa Evangelica. Ma non lo lascio. In Freiburg lui aveva un buon posto come impiegato di commercio. Ad un tratto è stato licenziato, a causa di mancanza di lavoro, come si disse. Io seppi chi fu veramente l’autore di questo licenziamento: mio fratello Georg! Se mio zio fosse ancora in vita, certamente questo non sarebbe successo. Nondimeno, adesso potremo sposarci presto, perché il mio fidanzato ha trovato di nuovo un posto a Colonia. Cosa mi consigli tu? In queste circostanze, devo ancora rimanere cattolica?”

24. “Ida, cosa credi tu, cosa direbbe tua madre, se fosse qui?”. ‒ “Zio Max, credo che mia madre adesso è qui e dice: ‘Mia Ida, nel Cielo non è stato chiesto ancora a nessuno quale fede egli abbia, ma viene chiesto: figlio, come hai amato?

25. “Ida, pensa che è tua madre che te lo dice. Io la vedo adesso nello spirito stare davanti a noi due”.

26. Con la separazione, la ragazza mi disse: “Zio Max, non immagini quale regalo mi hai fatto con i tuoi racconti. Finalmente ho potuto sapere qualcosa di mia madre, cosa che mi dà gioia. Penserò spesso a questo giorno che Dio mi ha donato e che mi ha portato la conferma che esiste un rivedersi nella vita eterna”.

 

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Cap. 29

Esperienze da ‘sogno’

1. “Ho avuto ulteriori esperienze nelle quali ero ‘come in sogno’. In alcuni casi gli avvenimenti ‘sognati’ venivano percepiti anche da altre persone, quindi non possono essere stati solo sogni.

2. Vorrei riferire ora di un tale caso: io apparvi in un luogo lontano, sebbene il mio corpo giacesse nel letto a casa (bilocazione).

3. Mi ero proposto di visitare ancora una volta gli amici di Bielefeld, ma non era ancora stabilito il giorno. Allora venne da me l’impiegato dei servizi e disse: “Signor Seltmann, lei deve prendere le sue ferie già adesso, altrimenti non ho nessun altro uomo a disposizione. Spero che abbia comprensione per me”.

4. “Signor Sickert, ma questo non mi sta bene!”, obiettai. “Ho promesso di andare a Bielefeld durante le mie ferie. Non so se gli amici sono a casa domani”.

5. Ma Sickert fu irremovibile: “Signor Seltmann, l’ho sempre aiutata quando aveva qualche impegno. Non mi pianti in asso”.

6. Riflettei un po’. Poi accettai. “Va bene, la prego, mi rilasci un biglietto per Bielefeld”. A casa dissi a mia moglie: “Da domani ho le ferie. Devo uscire presto alle quattro e mezzo. Ti prego, prepara le mie cose”. Naturalmente lei non ne fu molto contenta, ma insistetti e andai a dormire presto per essere riposato per il viaggio di nove ore. Mi addormentai e sognai di essere nella camera di soggiorno presso la famiglia Depenbrock in Bielefeld.

7. Maria, la donna che era anche chiaroveggente, ebbe uno spavento: “Heinrich, Max è morto! Lo vedo stare alla porta”.

8. Al che, io dissi: “No, non morto, ma sono qui per dirvi che sarò da voi domani pomeriggio”. Vidi ancora come Heinrich Depenbrock dava da mangiare al suo canarino, come il piccolo uccellino volava sulla sua spalla e come parlava con lui. Poi l’immagine o il sogno scomparve.

9. Il giorno dopo il treno arrivò puntualmente a Bielefeld. Else e Maria erano alla stazione alla sbarra. Le salutai sorpreso: “Dove volete andare?” – “Ma Max”, disse Maria, “tu stesso sei stato da noi ieri sera e ci hai annunciato che saresti venuto con questo treno”.

10. Allora mi venne in mente il sogno. “Dimmi, Marie, in quel momento quando ero da voi nella stanza, Heinrich ha dato da mangiare al canarino?” – “Sì, fu proprio così”, assicurò Maria.

11. Per me questo fu di nuovo una conferma che con i miei sogni si trattava di veri avvenimenti.

12. Un altro “sogno” si svolse in un luogo a me sconosciuto. Andai a dormire come sempre. Nel mezzo della notte ebbi un’esperienza di natura del tutto particolare. Mi ritrovai in una piazza immensa, milioni di uomini stavano in fila, precisamente scaglionati, come tirati con una corda, sempre circa 50 uomini, uno dopo l’altro. Tutti avevano indosso un vestito da festa nero, le donne non c’erano. Al centro c’era montata una tribuna con una scala su ciascun lato. Sopra c’erano delle persone che gestivano una grande fotocamera e un microfono. Io mi trovavo molto distante, nell’uniforme di servizio. Alcuni uomini dissero qualcosa al microfono, che però non riuscii a comprendere.

13. Ad un tratto sentii chiamare due volte il mio nome. Mi spaventai. “Non è qui Max Seltmann?” si chiese ad alta voce. “Egli è stato certamente invitato!”. – Allora esclamai: “Sono qui!”. – Attraverso il microfono si disse: “Venga avanti per favore!”. E come accade nel sogno, in un attimo ero là, e l’uomo che azionava il microfono, disse: “Parli per dieci minuti, tutte le trasmittenti sono sintonizzate sul suo discorso. E quando avrà finito, verrà filmato. Poi parlerà ancora una volta per sette secondi”.

14. Normalmente non ho paura, ma qui l’avevo. L’uomo disse ancora una volta: “Cominci!”. – Io cominciai a parlare. Non so più le parole, ma esse suonavano forti e chiare, affinché tutti mi potessero sentire. All’improvviso fui svegliato e rimproverato da mia moglie, perché “con queste grida” nessuno poteva dormire. Sentii un violento dolore nel mio petto. “Sì? Dunque: che cosa ho detto?”, chiesi agitato.

15. “Ciò che tu hai detto era così bello che non si può ripetere e ricordare. Ma con queste grida nessuno in casa può dormire”. Ora non mi potei più addormentare. Mi sembrò come se continuassi a parlare nel pensiero. Vedevo ancora chiaramente i molti uomini, le tribune, il microfono e la telecamera. Mi divenne anche chiaro che a queste manifestazioni dovevo tenere sette benedizioni. Esse erano rivolte a tutti gli uomini, ogni benedizione ad una determinata classe. Purtroppo questi testi sono stati sequestrati dalla polizia popolare, come anche moltissime rivelazioni. Ebbi questa esperienza impressionante ancora per molto tempo davanti agli occhi. Anche adesso che detto, sta di nuovo del tutto vivente davanti a me.

*

16. Ancora una terza “esperienza da sogno”, di nuovo così imponente che ebbi bisogno di molto tempo per afferrarla completamente.

17. Mi trovai in una grande valle piuttosto lunga. Non si vedeva acqua, solo lunghi tratti di prati, campi e alberi da frutto. Da entrambi i lati il terreno saliva gradualmente. Sporadicamente c’erano piccole casupole di legno. Gli uomini che vi abitavano, facevano una triste impressione. Nessuno lavorava. Vidi solo poche donne che indossavano vesti della quotidianità.

18. Mi avvicinai a loro, che mi guardavano in maniera ostile. Chiesi agli uomini il perché esse mi venissero incontro così ostili, mentre io venivo di certo con intenzione pacifica. Uno di loro divenne subito grossolano e mi urlò dietro dicendo che lui sapeva già che io volevo solo spiare; perciò dovevo lasciare subito la valle, altrimenti mi sarebbe andata molto male.

19. “Ma io sono venuto proprio a causa tua”, risposi. “Tu sei certo il capo di questa comunità, ti rendi conto di quale responsabilità ti sei assunto come guida di una comunità che vive solo di rapina e di furto? Quanto presto qui tutto si può modificare, se una buona volta verrà effettuata una purificazione!”

20. “Perché una purificazione? Dobbiamo dare giustificazione ad altri sul nostro agire? Vorrei vedere quello che ci ostacola nel nostro mestiere!”

21. “Amico”, dissi, “sembra che tu non conosca i pericoli nei quali vivete. Basta il cenno di un angelo e siete perduti. Non sapete di non essere più uomini? Guarda, anch’io sono qui solo nel mio corpo astrale, perciò per voi sono intoccabile e inviolabile. Il mio corpo giace a casa nel letto. Questa non è la mia volontà, ma la Volontà di Dio. Posso vedere tutto intorno a voi, e riconosco chiaramente che non siete più uomini viventi sulla Terra”.

22. Il grossolano s’infuriò ancora di più. Strinse il pugno e mi colpì in faccia. Tuttavia in tal modo attraversò il mio corpo e quasi cadde. Così sperimentai che ero, in effetti, senza corpo. Indietreggiai di un passo. “Amico”, dissi del tutto calmo, “saresti quasi caduto, se non ti avessi tenuto io. Ora considera che per te e per voi tutti sarebbe meglio credere alle mie parole. Dunque, lasciatevi assegnare una nuova patria!”

23. “Mai e poi mai, anche se venissero mille di tali corpi ingannevoli come tu ne sei uno! Noi rimaniamo qui!”. Ancora una volta cercai di convincerli con un tono quieto che essi vivevano in un mondo ingannevole, ma inutilmente. Ogni discorso era inutile, il loro atteggiamento divenne sempre più minaccioso.

24. Allora invocai aiuto e nello stesso istante ci furono migliaia di aiutanti e circondarono gli abitanti della valle.

25. “Che cosa dici ora a questi molti aiutanti? La vostra vita è giunta a un bivio. O cambiate il vostro sentimento, oppure prendiamo altre misure che daranno al vostro fare finora e alla vostra esistenza un’altra direzione. Non sarà piacevole, ve lo posso assicurare!”. ‒ “Possiamo aspettare”, mi fu risposto minaccioso.

26. Allora accadde qualcosa che mi sembrò incomprensibile. All’improvviso c’erano ulteriori migliaia di aiutanti, questi collocarono una piccola ferrovia con molti vagoni e cominciarono a lavorare. Da dove vennero ad un tratto queste masse di terra? Io vidi che la valle veniva riempita sempre di più dai due lati. Ora anche gli abitanti si accorsero che avveniva qualcosa e che la faccenda diventava seria.

27. Uno protestò che non si sarebbe dovuto permettere. Essi però erano intrappolati e impotenti. Le masse di terra a poco a poco minacciavano le loro abitazioni. Alcune case erano già riempite. Gli abitanti urlavano che si dovesse smettere. Ma i movimenti di terra continuavano.

28. Il capo di nuovo si avventò su di me. Urlava come un animale selvaggio. Mi venne paura davanti a quest’uomo, perché la sua faccia era spaventosa. Non potevo tirar fuori una parola e mi rivolsi all’angelo che stava presso di me, e non c’era da fargli perdere la calma. “Aiutami, sono troppo debole per dire qualcosa. Agisci tu al  posto mio”.

29. Egli però mi disse: “Io sono qui solo per la tua sicurezza. Ti devo proteggere da questi diavoli. Agisci dal tuo impulso e non temere. Il Signore ha cercato già spesso attraverso di noi di far di questi diavoli degli esseri migliori. Il semplice cercar di persuadere, qui non aiuta più”.

30. Allora io dissi al capo: “È troppo tardi per revocare ciò che il Signore ha in mente con voi. Solo una cosa potete fare – come primo segno del vostro cambiamento: collaborate a trasformare la valle in un altipiano! Mostrate che volete diventare di nuovo uomini utilizzabili! Se non lo fate, allora questi aiutanti provvederanno affinché siate sepolti sotto queste masse di terra”.

31. “Mai e poi mai!”, gridò. “Mi devo sottomettere a voi? Piuttosto mi faccio seppellire!”. ‒ “Allora fallo! – Ma voi altri, cosa dite voi? Non volete diventare abitanti onesti nel mondo degli spiriti? Lasciate il vostro capo far quello che vuole, lui intende solo dominare! Allontanatevi da lui e andate là dove potrete trovare un’esistenza migliore, e precisamente per sempre!”

32. Uno si fece avanti e domandò: “Da quale potere operi? Nessuno ancora finora ha potuto costringere il nostro capo. Sei tu un messaggero dell’inesorabile Iddio?”

33. “No, esattamente il contrario! Un messaggero di Dio, che è Amore, non ha nessuna gioia nel giudizio sui perduti. Guardami, anch’io ero capitato su vie errate ed ero completamente caduto in basso. Oggi invece sono felice di poter servire Dio, il Quale vuole salvare gli infelici e guidarli sulla via che porta alla salvezza. Quindi ancora una volta la mia preghiera a tutti voi che siete di buona volontà: andate da questi aiutanti che vogliono migliorare la vostra vecchia patria e collaborate con loro. Un giorno mi ringrazierete”.

34. “E cosa sarà di coloro che non vengono con noi?” volevano sapere alcuni. – “Questa non ha bisogno di essere vostra preoccupazione. Dio ha più che abbastanza mezzi e vie. Quanto più volentieri aiutate i fratelli, tanto più felici diventerete. Allora potrete esortare gli altri che sono rimasti indietro. Essi avranno sempre meno spazio intorno a sé. Potete esclamar loro: ‘Venite e seguiteci!’. Se vengono, allora è bene. Se invece non vengono, allora Dio sa quale sarà il loro destino”.

35. Ancora una volta andai dal capo e dissi: “Vedi, oltre due terzi ti sono già diventati infedeli. Anche altri ne verranno ancora, questo te lo posso dire già adesso. Non cercare di trattenere nessuno. Non appena impiegherai violenza, diventerai all’istante muto ed incapace di muovere un dito. Rimarrai paralizzato finché sarai diventato completamente piccolo e umile. Allora chiederai a Dio di essere per te un pietoso Giudice”.

36. A questo punto di nuovo alzò la mano per colpirmi, ma all’istante divenne irrigidito e muto. Un’immagine compassionevole, come il suo volto emanava grande collera e disprezzo. – Gli altri si spaventarono e si allontanarono da lui.

7. Ed io mi trovai di nuovo nel mio stato normale, a casa nel letto. – Spesso mi sono chiesto cosa ne è stato di quegli abitanti e del loro capo. Un giorno ricevetti la risposta: tutti sono stati salvati, eccetto il capo. A lui è stata lasciata una fossa, dove ora si trova nel pantano fino al collo. Ogni istante doveva temere di sprofondarvi.

 

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Cap. 30

L’amico Hermann torna a Casa

1. Ora deve seguire ancora un’esperienza alla quale ero partecipe solo indirettamente. Già dal 1916 ho provato nei circoli spiritici che erano interessati al solo contatto con gli spiriti, di mirare a maggior senso di responsabilità. Mi premeva di portare questi amici ad una predisposizione di vita superiore. A Lichtentanne, dove abitavo allora, ho potuto conquistare molti cuori. Tra loro, un fratello di nome di Hermann Walter.

2. I suoi genitori appartenevano alla comunità Dietel in Niederplanitz. Nella famiglia Walter ho potuto trasmettere impressionanti rivelazioni e conquistato l’intera famiglia per la mia causa, ad eccezione della moglie di Hermann, Liesel. Lei era un fervente membro della “comunità della chiesa regionale”.

3. Non mi era riuscito a convincere Liesel Walter delle Verità rivelate attraverso Lorber. Tanto più fedele e fervente era suo marito Hermann nelle nostre riunioni. Come minatore, Bergmann aveva una posizione di responsabilità. Perciò nel 1914 non fu chiamato sotto le armi.

4. Nel 1916 Hermann si ammalò gravemente. In quel tempo lo visitavo spesso. Purtroppo ogni volta che venivo, la moglie Liesel lasciava la stanza. La malattia era seria. Il rapporto tra Hermann e me divenne sempre più intimo, per il dispiacere di sua moglie. Di per sé i due avevano condotto un buon matrimonio.

5. Il padre di Hermann, Eduard, era morto. Un fratello più grande, Paul, un giorno prima delle sue nozze, si era suicidato per paura del matrimonio. L’anziana madre viveva ancora ed io l’amavo come fosse la mia di madre.

6. La malattia peggiorava sempre di più. Hermann non prendeva nessun medicinale per lenirla. “Voglio portare ciò che Dio mi ha addossato”, era la sua risposta. Quando un pomeriggio, come giornalmente, venne di nuovo il medico, Hermann disse: “Signor dottore, domani lei verrà per l’ultima volta, poi vado a Casa”.

7. Disse la stessa cosa a Liesel e a sua madre. Esse non lo volevano credere. La sera trascorse tranquillamente. Lui pregò sua figlia diciassettenne: “Domani non andare al lavoro. Anche tu dovrai sperimentare il mio Dio nel mio trapasso”.

8. Cominciò il nuovo giorno. Si rivolse a sua moglie: “Liesel, oggi preparami ossa di maiale e gnocchi verdi (la nostra ricetta nazionale) e portami un boccale di birra. Mi devo fortificare”. Tutto avvenne secondo i suoi desideri. La mattina passò, Hermann non ebbe dolori. Tutti si rallegrarono. Verso mezzogiorno il pranzo era pronto, Hermann mangiò un po’ di tutto. Poi disse alla sua Liesel, a sua figlia e a sua madre: “Liesel, alle quattro vado a Casa. Sii intelligente e non spendere troppo per la sepoltura. Non celebrate nessun pasto funebre come al solito, ma rimanete tranquilli per voi stessi”.

9. Liesel rifiutò: “Hermann, stai di nuovo meglio, non parlare adesso di morire!”. ‒ “Non del morire, Liesel”, egli contraddisse, “ma parlo di una nuova Vita che mi viene donata attraverso il morire. Ti prego, lasciami solo, divento stanco”.

10. Così dormì tranquillamente un’ora. I suoi cari non si allontanarono dal suo giaciglio. Poi si svegliò di nuovo, si guardò intorno e disse loro:

11. “Ora la faccenda si fa seria. Papà è venuto con Paul per venirmi a prendere. Liesel, adesso c’è qui anche il Salvatore, Egli sta lì ai piedi del mio letto. Papà e Paul stanno qui, ma il Salvatore guarda solo te, mia Liesel”.

12. Ora Hermann continuò a parlare nel bisbiglio, s’intrattenne con suo padre, non lo si poteva comprendere. Questo durò lunghi, lunghi minuti. Poi rivolse la parola di nuovo alla sua famiglia: “Adesso viene un angelo severo con una spada. Papà e Paul vi mandano a dire: ‘Voi cari tutti, rimanete nella giusta pace!’, ed Io vi prego: rimanete uniti nell’Amore di Gesù che ora mi chiama”.

13. Il suo respiro divenne sempre più debole. Si addormentò come una luce che non ha più olio, senza emettere da sé un suono. Egli giacque lì come un trasfigurato.

14. La sera vennero gli amici di Liesel dalla comunità della chiesa regionale, per tenere un servizio funebre. Liesel era appunto una fedele seguace. Ma lei rifiutò.

15. “Non è necessario pregare per la salvezza dell’anima di Hermann, perché chi muore così come il mio Hermann, non può essere un perduto, come voi mi avete sempre detto solo perché era spiritista e seguace di Lorber. Ora mi pento di non aver seguito il mio Hermann già prima. Lui era l’uomo migliore che Dio mi abbia potuto donare. Quando arrivò la fine, Hermann ha visto ancora il suo Salvatore, ha continuato a guardarmi per un’ora intera. Le sue ultime parole saranno in me sempre come impresse a fuoco. Esse suonano: rimanete uniti nell’Amore di Gesù, che ora mi chiama!”

*

Qui s’interrompono le esperienze e le relazioni.

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Allegato

 di Gertrud Emde

 

Molto è stato scritto, molto è andato perduto. Seltmann stesso ne parla. Ma anche il limitato disponibile è sufficiente per entrare un po’ nella vivacità dell’aldiquà e dell’aldilà. È la storia della vita di Seltmann, sono le sue esperienze. E nonostante ciò, in altre varianti potrebbero essere le nostre.

Qui nella nostra vita terrena sperimentiamo giornalmente il vivente avvenimento nel materiale. Se volessimo prendere ancora più conoscenza anche della vivacità della vita spirituale, essa si unisce all’evento terreno, si inserisce poi ulteriormente in circostanze terrene a situazioni sempre più sottili, più spirituali – dalle tenebre alla Luce, dall’imperfetto al perfetto – a Dio.

È una via lunga e difficile. Quanto più ci orientiamo coscientemente su questa via di sviluppo, tanto più comprendiamo che come uomo, ma anche come essere spirituale che continua a vivere per poter cercare aiuto, tanto più chiaramente possiamo distinguere l’importante dal non importante: chi sono io veramente? Qual è il senso della mia permanenza terrena? Perché sono nato in questa limitazione, in questa ristrettezza del sapere? Non dovrei esaminare proprio da ciò la mia maturazione, il mio stato di sviluppo, e affermarmi nuovamente? Posso comprendere la Terra come scuola, dove ogni avvenimento ha il suo senso come aiuto su questa via di sviluppo e potermi servire per un reale procedere? Fin dove comprendo ciò che significa: “Cerca dapprima il Regno di Dio”, oppure: “Ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso!” Ho riflettuto questa dichiarazione così che la possa mettere in pratica nella mia quotidianità? Quali saranno i frutti della mia vita sui quali più tardi io dipenderò, quando un giorno chiuderò gli occhi terreni? Sono io cosciente di essere un figlio dello Spirito, rivestito con un corpo terreno, che un giorno deporrò per continuare a vivere nel mondo spirituale?

Nel libro “Arno”, Seltmann ha inserito risposte a tutte queste domande dal suo punto di vista. Nell’ambito di un’appassionante storia risplendono le leggi estese alle quali è sottoposto ogni uomo. Non dovremmo cercare già oggi, di diventare cittadini di entrambi i mondi, di questo visibile e quello invisibile?!

È di questa ‘realtà spirituale vissuta’ che Seltmann non si stanca di descrivere e di spiegare ai suoi lettori, dal suo punto di vista, e con l’esortazione ad ognuno, di domandarsi: “Quali conseguenze ha il mio attuale pensiero di operare nel qui e nell’aldilà?”

*

In chiusura lasciamo ancora una volta la parola a Seltmann stesso. Il 12 febbraio 1995 ebbi l’opportunità di porre a lui alcune domande sul nostro medium sconosciuto, il signor H, con il quale ai suoi tempi era venuto in contatto con me. Egli ci descrisse quindi come aveva vissuto il proprio passaggio all’altra parte:

“L’ultima settimana della mia vita non fu facile per me, poiché avevo perduto il mio linguaggio e, come forse sapete già, parlavo volentieri. Per me è stato un grande esercizio della pazienza che talvolta mi è mancata un po’ nel corso della vita. Ma poi, quando venne l’ora in cui ho potuto passare dall’altra parte, la stanza si riempì di una chiara luce. Vidi la mia cara Susi, mia moglie, come stava raggiante davanti a me nella veste di luce. Era venuta per venirmi a prendere. Potei vedere anche Gesù, come mi tese incontro le Sue mani.

Nel mondo dell’aldilà ho avuto ancora bisogno di riposo e di raccoglimento, e la mia cara Susi si prese cura di me. Poi, molto più tardi, ho potuto salutare tutti gli altri. Qui però non ne voglio parlare troppo, perché ha poco a che fare con questo libro che volete pubblicare”.

*

Alla domanda di come oggi il mondo si pone alla presentazione di Jakob Lorber, egli rispose:

“Oggi le cose non sono diverse da allora, al tempo della mia vita. Queste Rivelazioni sono state tutte molto rivelatrici per la mia intera vita, e anch’io poi ho potuto ricevere dei messaggi. Allora li ho potuti mettere giù per iscritto e attraverso la chiaroveggenza interiore ho potuto pienamente sperimentarli e percepirli”.

*

L’ultima domanda riguardò come Seltmann valuta oggi la realtà delle ‘esperienze oniriche’ che sono citate nell’ultimo capitolo:

“Non erano sogni nel senso usuale, ma esperienze animiche. Era la mia anima che annunciava la Parola del Signore nei cosiddetti campi astrali. Io, infatti, potevo operare accanto alla mia esistenza terrena nel contempo anche nel mondo dell’aldilà. Ed ho potuto sperimentare anche Gesù nella Sua vivacità, allora e di nuovo anche oggi. Voi nondimeno sapete che anima, spirito e corpo sono indipendenti l’uno dall’altro [e si possono staccare l’uno dall’altro]. Di questo, però, mi rendevo pienamente conto perlopiù solo nelle ore notturne, quando il corpo riposava”

Egli concluse con le parole:

“Siate avvolti nell’Amore e nella Grazia divini!”


*  *  *

 

 

 

INDICE

 

Prefazione        a cura di Gertrud Emde

Cap. 1              La mia infanzia nella casa paterna

Cap. 2              Il padre è convertito

Cap. 3              Le facoltà medianiche di mia madre

Cap. 4              Il viaggio della madre nell’aldilà

Cap. 5              Vie errate e nuovo inizio

Cap. 6              Una nuova vita

Cap. 7              Sepoltura della madre

Cap. 8              La voce

Cap. 9              La mia guarigione

Cap. 10            Nuove esperienze e compiti – Visioni di angeli

Cap. 11            La guarigione spirituale

Cap. 12            La mia prima grande esperienza

Cap. 13            Io stesso divento un medium

Cap. 14            Presso i metodisti

Cap. 15            Il servizio ai miei fratelli e sorelle

Cap. 16            Lotte con entità spirituali

Cap. 17            Amore per gli smarriti

Cap. 18            Aiuto per un morto

Cap. 19            Divieto e fuga

Cap. 20            Avvenimenti con un diavolo

Cap. 21            Aiuto per amici e sconosciuti – Visioni di guerra

Cap. 22            Natale ‘senza compagnia’

Cap. 23            Incidenti e casi di morte

Cap. 24            Aiuto da Otto Hillig defunto

Cap. 25            Una fanciulla trova il Salvatore

Cap. 26            Un nuovo amico

Cap. 27            Salvezza di due disperati

Cap. 28            Amici sulla Terra e nel Cielo

Cap. 29            Esperienze da ‘sogno’

Cap. 30            L’amico Hermann torna a casa

Allegato            (di gertrud Emde)

 

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[1] Arno: Max Seltmann ha descritto più dettagliatamente le seguenti esperienze in un proprio libro in forma di romanzo, Il libro apparve come volume 3 in questa serie di scritti sotto il titolo “Arno”.

[2] Confermazione: nella Chiesa evangelica corrisponde alla cresima.

[3] Il grande Vangelo di Giovanni, di solito nominato come GVG, è il racconto della vita di Gesù nei Suoi anni di insegnamento, giorno per giorno. Si tratta di 10 volumi (oltre 10.000 pagine) comunicati a Jakob Lorber tra il 1851 e il 1864.

[4] Otto Hillig: il poeta seguace di Georg Riehle, di lui c’è un completo volume di poesie di elevato spirito divino.

[5] Defenestrazione: atto, effetto del defenestrare. La defenestrazione di Praga, quando vennero gettati dalla finestra, nel 1618, i rappresentanti imperiali; ciò fu causa occasionale della guerra dei Trent’Anni (1618-1645).

[6] Significa “gettare acqua bollente sul maiale”

[7] Macilento: estremamente magro e debole per malattia o per gravi stenti.

[8] Wehrmacht: denominazione dell’esercito tedesco del periodo nazista.

[9] Vogtland: regione collinosa, tra la Selva di Franconia, il Fichtelgebirge e le montagne dell’Ester.