1904 - 1905
Rivelazioni
a
Franz Schumi
Cristo e la Chiesa
Scritto teosofico cristiano
n. 58 / 1
Parte I
Dimostrazione
storica tramite le S. Scritture sul falso seggio di Pietro a Roma
Titolo originale: “Christus
und Kirche Band I“
Per l’edizione in lingua originale (1904):
Casa Editrice di Franz Schumi a
Zurigo;
Editore su commissione: Cécil Bägel, Altona (Elbe) Holstenstraße
191
Stampa di Otto Bucholz in Amburgo (Germania)
Traduzione e revisione a cura del gruppo “Amici della nuova Luce”
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(domanda): Il papa, è il successore e il
rappresentante di Pietro? |
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La spiegazione del
Padre per i dubbiosi sulle indicazioni delle fonti |
22.07.1900 |
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(domanda): Era possibile la presenza contemporanea
dei due maggiori apostoli a Roma? |
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Chiarimento del
Padre sul seggio di Pietro che non andò mai a Roma |
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Una parola paterna sulle guide spirituali |
4.02.1898 |
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“Dei Filius” del
24.04.1824 |
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Date storiche citate nel testo
anno 34 d.C. = conversione di Saul/Paolo
anno 37 d.C. = persecuzione di Paolo
(At. 9,23-24)
anno 42 d.C. = Luca già discepolo degli
apostoli
anni 43-44 d.C. = Pietro guarisce alcuni
credenti a Lidda e a Joppe
anno 44 d.C. = uccisione di Giacomo il
vecchio (fratello di Giovanni l’evangelista) e Pietro in prigione
anno 44 d.C. = morte di Erode Antipa
anno 48 d.C. = ad Arimatea Pietro scrive
la “Lettera agli Ebrei”
anno 51 d.C. = Paolo e Giacomo di Alfeo
sono presenti al secondo Sinodo degli Apostoli
anno 51 d.C. = estate - Cefa/Pietro è ad Antiochia
anno 57 d.C. = 6 luglio Pietro scrive la
‘1° Lettera di Pietro’
anno 57 d.C. = autunno - Paolo dalla
Macedonia scrive la ‘2° Lettera ai Corinzi’
anno 57 d.C. = Paolo, da Corinto scrive
la ‘Lettera ai Romani’
anno 58 d.C. = 28 maggio Pentecoste -
Paolo a Gerusalemme
anno 58 d.C. = 1 giugno - cattura di
Paolo a Gerusalemme
anno 59 d.C. = 9 ottobre morte di Pietro
a Babilonia a 76 anni
anno 61 d.C. = Paolo da Roma scrive ai
filippesi
anno 63 d.C. = Luca a Gerusalemme scrive
gli ‘Atti degli Apostoli’
anno 65 d.C. = dopo 4 anni in carcere,
Paolo a 66 anni fu assassinato a Roma con la persecuzione ai cristiani
anno 160 d.C. = Dionisio di Corinto
asserisce (il falso) Pietro e Paolo fondatori della loro comunità di cristiani
anno 200 d.C. = Cajus
racconta (falso) delle tombe di Pietro e Paolo a Roma
anno 420 d.C. = Hieronymus
asserisce nel suo catalogo la morte di Pietro nel 67 d.C.
۞
(Domanda): “Il papa, è
il successore e il rappresentante di Pietro?”
Premessa: – Due articoli di fede della bolla
pontificia sull’infallibilità del papa recitano così[1]:
14) Se qualcuno afferma che il santo apostolo
Pietro non è stato nominato dal Signore, il Cristo, come primo apostolo e capo
visibile dell’intera Chiesa combattente, ovvero che della stessa ha ricevuto
solo il primato dell'onore, ma non il primato del vero e proprio potere, sia
maledetto!
15) Se qualcuno afferma che non è secondo
l’istituzione del Signore, il Cristo, che San Pietro abbia
avuto continui successori nel primato sull'intera Chiesa, – ovvero che il papa
romano non sia, in forza del Diritto divino, il successore di Pietro proprio in
questo primato, sia maledetto!)
*
(parla
Schumi)
La Chiesa
romana fin dall'inizio sapeva come muoversi per procurarsi il prestigio di
essere la prima Chiesa cristiana al mondo. Per arrivare a questo, il suo
(primo) vescovo doveva essere ritenuto come il vero rappresentante di Cristo, e
quindi anche il vero successore e rappresentante dell'apostolo Pietro. – E, per
vero, ogni autorità, ogni potere, ogni pretesa della Cattedra romana nella
Chiesa cattolica fino al giorno d’oggi, si basa
unicamente sul fatto che ciò è sostenuto con fermezza, come se questa sia una
verità fondata e provata su fonti originali, nei quali si affermerebbe che il
vescovo di Roma è il successore sul Seggio dell'apostolo Pietro.
Questa
supposizione è diventata perfino un articolo di fede, poiché chi non dovesse credere che Pietro è stato stabilito da Cristo
stesso come capo visibile dell’intera ‘Chiesa
militante’[2], e
che S. Pietro in questo primato sull’intera Chiesa ha continui successori, e
quindi il papa romano, proprio in virtù del diritto ‘divino’ è il successore di
Pietro, “…sia maledetto”[3] (si
verifichi: Canoni XIV e XV dell'infallibilità del papa)[4]. Essi prendono in
prestito la parola ‘Chiesa militante’
dalle parole di Cristo: «Io non son venuto a portarvi la pace, ma la spada»
(Mt. 10,34). Solo che qui, Cristo intendeva la lotta
contro ‘la brama della carne’; e in un altro passo si parla della spada da
guerra: «Chi
uccide con la spada, perirà di spada» (Ap. 13,10).
La seconda
espressione, ‘…in forza della Parola divina’[5]
è infondata, e si regge sul titolo papale: “Santo
Padre”[6] che
Gesù, come Dio nel Cielo (Gv. 17,11) e il papa,
porterebbero sulla Terra come se ci fossero due di uguali dignità!
Il “…che sia maledetto”. – Gesù disse: «Non maledite, ma
benedite» (Rom. 12,14 / Mt.
5,44) il papa invece maledice con ognuno dei 21 canoni dell'infallibilità e con
tutti gli altri canoni, dove qualcosa è comandato di credere. Di solito, il
clero cattolico romano dice: “Ascolta le
mie parole dottrinali, e non guardare le mie azioni”, invece in questo
(dogma) si afferma: «…noi malediciamo
tutti coloro che non ci credono, ma non consideriamo
l’effetto della maledizione (su di noi),
poiché non tutte le voci vanno nel Cielo».
Per
esaminare i dogmi romani sulle loro verità interiori, al popolo mancano le
necessarie conoscenze della lingua latina con le quali sono scritti
i vecchi libri di storia della Chiesa, per rendersi chiare tutte le parole
delle norme. Per questo, nella loro indifferenza e tradizionale abitudine nella
fede inculcata, essi non provano neanche il minimo interesse a comprendere quei
dogmi, perciò non possono immaginarsi l'importanza di questi e le conseguenze, che
essi accettano come verità di fede.
Gli altri
religiosi, da parte loro lasciano la faccenda così com'è, dal
momento che vedono benissimo che la voce del singolo non conclude nulla;
e d'altra parte essi lasciano volentieri tutto immutato, poiché con questa fede
vengono mantenuti nel buon sostentamento e nella spensierata esistenza senza
dover lavorare, – e comunque, anche per schivare tutte le conseguenze che
seguirebbero da una tale indagine e pubblicazione. Anzi, essi prudentemente
tralasciano tutto volentieri, per non essere privati della loro esistenza senza
pensieri. Quindi questi sono i motivi essenziali,
perché non esiste quasi nessuna luce nei circoli cattolici romani, per capire
se Pietro è stato a Roma o meno.
Tuttavia, se
è degno di lode lasciarsi raccontare ogni fiaba come una verità, come a un
bambino piccolo, ognuno può rispondere a se stesso secondo la propria
conoscenza della questione. Da parte mia vi darò la risposta come storicamente
è dimostrata e come il Signore, su mia preghiera, me l'ha fatta conoscere, e
sono entrato in questa verità storica finora non ancora completamente spiegata.
Questa
domanda si divide in due, e cioè:
“Pietro, è mai stato a Roma?”
E ancora: “Se è stato a Roma, è stato anche (primo) vescovo della comunità cristiana di quel
luogo?”
Gli Atti
degli Apostoli, che potrebbero darci informazioni su
questo, furono presentati solo nell'anno 63 dopo la nascita di Cristo, e
secondo la relazione degli storici papali (vedi di Patuzzi:
“Storia dei papi”, p. 22), Pietro venne a Roma nell’anno 42; ma gli Atti degli
Apostoli, che all'inizio parlano tanto e così dettagliatamente di Pietro, non
dicono nulla di questo viaggio così importante!
È invece
assolutamente certo che Paolo è stato a Roma e qui subì la morte del martirio
sotto l'imperatore Nerone; nel contempo, “con Pietro”,
aggiungono gli storici papali, e precisamente, secondo la cronaca romana,
nell’anno 67. Secondo gli Atti degli Apostoli (Atti 28,30-31), Paolo rimase a
Roma per tre anni[7]
e da lì scrisse lettere a differenti comunità e a
uomini spirituali, nelle quali nomina parecchi dei suoi amici e discepoli; ma
di Pietro non scrive una sola parola. Se Pietro fosse stato a Roma come
‘vescovo’, Paolo non avrebbe potuto evitare affatto di
parlare di lui, sia anche solo per lamentarsi del fatto che non lo aveva
sostenuto nella sua opera, poiché disse espressamente che coloro che lui chiama
aiutanti «Di
quelli venuti dalla circoncisione, questi soli hanno collaborato con me per il
Regno di Dio, e sono diventati per me una consolazione»[8] (Col.
4,11). Quindi Paolo non
scrive nulla che Pietro sia mai stato a Roma, e precisamente durante il suo
tempo. Paolo non dice neanche nessuna parola di una preferenza di Pietro,
piuttosto egli si ritiene uguale agli altri apostoli (2° Cor. 11,5 / 12,11-12).
Gli storici
romano-papali hanno ignorato inoltre che Pietro, come discepolo di Gesù, lasciò
moglie, figli e casa (Mt. 8,14-15), e più tardi però
prese con sé di nuovo sua moglie (1° Cor. 9,5) e
anche il figlio Marco (1° Pt. 5,13), perché come
vescovo doveva avere la propria famiglia, moglie e figli, che avrebbe dovuto
essere il modello della comunità, altrimenti la dottrina di Cristo, secondo la
spiegazione di Paolo (1° Tim. 3,1-7), gli proibiva di
essere vescovo, cioè un sorvegliante sulla comunità. Paolo racconta che gli
apostoli, i fratelli del Signore e Pietro, erano accompagnati dalle loro mogli
(1° Cor.
9,5). Dove hanno le mogli e i figli i nostri vescovi
cattolici romani e l'intero sacerdozio, perché secondo l'insegnamento di Gesù
attraverso Paolo, nessun sacerdote, anzi nemmeno il diacono, poteva essere
senza moglie e figli (Tito 1,5-6; Tim.3,1-13)? Sono i successori degli
apostoli, questi che proibiscono ciò che Cristo ha comandato tramite gli
apostoli!
Gli
intransigenti pontifici avanzano la loro affermazione della presenza di Pietro
a Roma dalla prima lettera di Pietro (1° Pt. 5,13). In questa lettera si dice: «La Chiesa in Babilonia eletta insieme a voi vi saluta, come pure mio figlio Marco».
Questi signori vogliono che qui, sotto Babilonia, venga
compresa la città di Roma. Si può conceder loro questa
gioia senza danno, ma se questo ridonda loro a onore, indagare non è faccenda
nostra, e tuttavia io indico le fonti secondo le quali Roma significa veramente
Babilonia, ma in termini spirituali, e questi sono:
Nel 17°
capitolo dell'Apocalisse di Giovanni viene menzionata
la ‘grande meretrice’ (Ap. 17,2: ‘meretrice’
significa spiritualmente = tutti gli amori illeciti con il mondo, così ogni
desiderio, concupiscenza, opulenza, lusso e ogni mondanità). Questa grande
meretrice risiede nella città che si trova su sette colli (Ap.17,9), il che
significa la grande città di Roma (tanto in epoca romana, quanto anche sotto il
dominio del mondo dei papi) poiché questi avevano l’impero sui re della Terra
(Ap.17-18) e questa città è chiamata Babilonia, cioè ‘confusione’, una dimora
dei demoni e covo di ogni spirito impuro (Ap. 18,2-10).
Tuttavia,
sotto ‘Babilonia’ nella prima lettera di Pietro non è intesa Roma, bensì
Baghdad in Siria, cosa che vedremo più avanti. Quindi,
dai diretti contemporanei, dai testimoni oculari e auricolari, non abbiamo
assolutamente nessuna vera e valida testimonianza sulla presenza e la funzione
vescovile di Pietro a Roma. Guardiamoci perciò verso altri, verso dei testimoni
più lontani.
Clemente I,
vescovo di Roma (eletto nel 91, morto nel 100 d.C.), un discepolo dell'apostolo
Pietro (questo, secondo la storia pontificia; ma il Padre Gesù nega la verità
di questa informazione) scrive in una delle sue due Lettere ai Corinzi e riferisce
di Paolo e Pietro e del martirio di entrambi. Egli dice (1° Cor. 5,3-7)[9]: «Per l'ingiusto zelo
dei suoi nemici, Pietro ha sofferto la persecuzione, non una, non due, ma
parecchie volte, e attraverso questo martirio è entrato nell’eterna
magnificenza».
Delle
sofferenze di Pietro in questa lettera si parla solo in generale, ma da nessuna
parte viene indicato anche con una sola parola che
Pietro sia stato a Roma e che era un vescovo romano, ma che subì il suo
martirio, né viene detto in cosa era consistito questo martirio, né dove Pietro
lo abbia sopportato[10].
Pressappoco
intorno all'anno 160, appare come testimone il vescovo Dionisio di Corinto, il
quale morì nel 200 d.C. Questi racconta che Pietro e
Paolo fondarono insieme la comunità di Corinto e da lì andarono a Roma, lì
operarono insieme e lì trovarono la morte. La falsità di questa testimonianza è
chiaramente evidente. Per primo, Paolo stesso ci
assicura che lui soltanto è stato il fondatore della comunità di Corinto, e per
vero specialmente nel I, II, III, IV e V capitolo della sua 1° lettera ai
Corinzi, e nel I capitolo versetto 19 della sua 2° lettera,
dove nomina coloro che hanno predicato il Vangelo ai Corinzi. Lì si dice: «Infatti, il Figlio
di Dio Gesù Cristo, che vi è stato predicato da noi, cioè da me, da Silvano e
da Timoteo», ecc.
Inoltre,
Paolo si mostra come l'unica guida della comunità di Corinto proprio in quelle
due lettere, nelle quali scomunica e accoglie di nuovo, dà comandamenti sul
matrimonio, consigli sulla verginità, disposizioni sulla celebrazione della
Cena del Signore, sulla predicazione, sulla preghiera, sulla profezia, ecc. nelle riunioni di quella città si esprime totalmente dalla
propria autorità assoluta, e non fa nessun accenno a Pietro. Altrettanto, il
resto di ciò che Dionigi dice su Pietro, della sua presenza in Roma e della
seguente morte, è falso, come comprovato dalle fonti finora menzionate e quelle
che seguiranno.
Intorno
all'anno 200 d.C. sorse un vecchio a Roma di nome Cajus
come testimone. Questi raccontò che a Roma si mostravano perfino i luoghi dove
Pietro e Paolo avevano trovato la morte e dove erano stati sepolti, e
precisamente Pietro avrebbe riposato presso il Vaticano[11], Paolo invece
sulla strada per Ostia. Così si cominciò precocemente a fare propaganda per una
storia che non ha mai avuto luogo, ma che con il tempo è stata carpita come
verità.
*
La tunica di
Cristo senza cuciture, per la quale i soldati se la tirarono a sorte, si è
moltiplicata da uno a cinque esemplari, perché ce n'è una di questa ad
Argenteuil[12], poi una a
Santiago, una a Roma, una in Friuli e una a Treviri, e tutte provviste con la
bolla papale di autenticità! Qual è dunque l’autentica
tra queste? – Tali tuniche che si sono moltiplicate in questo modo, …certamente
nessuna!
Non si sa
come sia stato possibile che a Pietro, che doveva essere stato condannato da un
tribunale pagano come criminale, lo stesso tribunale avrebbe potuto assegnare
poi una tomba così distinta e così vicina ai giardini imperiali, presso il
grande circo dove venivano tenuti i solenni giochi dei
romani. Alla fine, com'è possibile che tutti gli scrittori e testimoni che hanno
preceduto Cajus per 200 anni, non
dicono una parolina, e solo dopo quasi 200 anni è Cajus
il primo a darcene notizia e ad essere sicuro di notizie così specifiche? Da
quali fonti, da quali informatori ha avuto le sue informazioni?
Origene[13] ed Eusebio di
Cesarea[14] ci riferiscono
entrambi che Pietro fu crocifisso a testa in giù a
Roma su proprio desiderio, e precisamente per il fatto che nella sua umiltà
disdegnava essere troppo simile al suo Signore e Maestro. Questi due scrittori
sono il fondamento, come vedremo ulteriormente più avanti, di ciò che la Chiesa
romana ha fatto della sua storia di Pietro. – Da ciò si può concludere
che dell’assassinio di Pietro circolava tra la tradizione popolare, ma solo il
luogo dove avvenne non fu mai noto.
Papa Liberio[15] compilò un
catalogo papale e fece governare Pietro per 25 anni, 1
mese e 9 giorni (dal 42 al 67). Questo è vero: poiché Liberio, secondo il suo
modo di agire, era contrario, e per l'arianesimo fu un ‘eretico
infallibile’, sebbene più tardi venne dichiarato ‘santo’ dalla Chiesa
ortodossa.
Hieronymus[16], morto nel
420, nel catalogo Scriptor Explesiast,
fa morire Pietro sulla croce nel 14° anno del regno dell'imperatore Nerone,
cioè nel 67 d.C.
La citazione
dei vecchi eruditi ecclesiastici, i cosiddetti padri della Chiesa, avvenne in
verità per amore della conoscenza. Ma si domanda: “Come possono, uomini che hanno vissuto 50,
100, 150, 200, 300, 350 anni più tardi e molto lontano dal luogo dell’operare
dell'apostolo, sapere qualcosa di sicuro e testimoniarlo, dal momento che dai
nostri tempi noi sappiamo che tutte le notizie provenienti da lontano, quando
vanno di bocca in bocca, vengono completamente alterate e guarnite con
abbellimenti favolosi?”
Restiamo con
le Sacre Scritture, poiché nonostante i piccoli deturpamenti dei papi, ecc.,
oltre alla nuova Parola del Padre, è l'unica fonte sicura che, secondo Tommaso
d'Aquino: “Solo questa è la prima fonte
della fede, da cui ogni dogma deve essere dimostrato, se vuol rivendicare la
validità”.
Il primo
vescovo romano, secondo un’antica documentata tradizione unanime di Ireneo
morto nel 202, di Eusebio morto nel 340, di Rufino e delle costituzioni
apostoliche del IV secolo, fu Lino, nominato nella 2° lettera a Timoteo 4,21,
un discepolo di Paolo (ma il Padre Gesù me lo ha lo
negato, come non lo si scorge da nessuna parte dagli Atti degli apostoli).
*
Le
testimonianze e le prove che Pietro sia stato a Roma, sono deboli e misere, ma
non va meglio se ci si domanda se Pietro avesse un episcopato a Roma. Le
testimonianze e le prove invece sono solo contraddittorie, negative, mentre le
controprove diffondono la luce della verità, davanti alla
quale la tenebrosa menzogna deve retrocedere.
*
Dopo queste
discussioni, veniamo alle fonti determinanti che per
noi sono autorevoli perché sicure, poiché in ogni fatto storico entrano in
azione principalmente le testimonianze dei contemporanei. Infatti, i testimoni
oculari e auricolari sono sempre i migliori per quanto riguarda soprattutto la
verità dei fatti, e per lo più sono gli unici informatori sicuri; a meno che non siano in qualche modo prevenuti e lavorino
per i propri scopi, come hanno fatto qui e là gli storici clericali romani
(Schumi: - Si confronti le decretali isidoriane[17], cioè quelle
falsificazioni di documenti iniziate in un monastero nel IX secolo, ecc.). Tra
le nostre fonti, la seguente:
La più
vicina, e certamente l'unica testimonianza valida alle nostre due domande, ce
la danno gli Atti degli Apostoli. Tuttavia caro lettore, prendi solo una volta
in mano il Nuovo Testamento – latino, tedesco o greco è la stessa cosa – apri
gli Atti degli Apostoli, sfoglialo dalla mattina presto fino a tarda notte e
sillaba tutti i 28 capitoli dello stesso con i suoi
1005 versetti con la massima diligenza, allora dalla prima all'ultima parola
non troverai il più lieve riferimento ad una presenza di Pietro a Roma, in
quanto si parla di Pietro solo fino al 12° capitolo, e precisamente fino alla
storia della sua liberazione dalla prigione (anno 44). Tutto il resto della
seconda parte degli Atti degli Apostoli, dal capitolo 13
fino alla fine, tratta esclusivamente di Paolo e termina proprio con il suo
arrivo a Roma.
Tuttavia,
attingendo e confrontando diverse fonti, è possibile ottenere una luce e un
discernimento nei fatti affinché, alla fine, tutti i dubbi scompaiano e la
verità emerga chiara ed è dimostrata, come mettono in
evidenza questo ulteriore studio delle fonti:
L'anno 34
d.C. non molto tempo dopo la lapidazione del diacono (o elemosiniero)
Stefano che, secondo la Bibbia, avvenne nel 34 d.C. e precisamente alla festa
di Pasqua (tra il 22 e il 28 aprile), seguì la conversione del ‘giovane’ (di Paolo, cioè un giovane uomo ancora non
sposato, che di professione era un fabbricante di tappeti o tende [Atti 18,3]).
Il termine giovane qui non significa un ragazzo sbarbato, né tanto poco
discepolo o seguace di Gesù; significa = un ragazzo di scuola, il ‘discepolo’. Pietro allora nel 33 aveva
cinquant'anni e ciononostante era ‘“discepolo’ o ‘seguace’. Saul di
Tarso aveva 35 anni, secondo una comunicazione del
Padre celeste a me fatta, e la sua conversione davanti e a Damasco avvenne il
26 agosto dell'anno 34.
[indice]
۞
La spiegazione
del Padre per chiarire i dubbi con l’indicazione delle fonti attendibili
22 luglio 1900
(parla il Signore)
1. Oggigiorno gli uomini credono solo a ciò che leggono da antiche scritture,
come per esempio dalla Bibbia, e rifiutano qualsiasi rivelazione che non
provenga dalle Sacre Scritture.
2. Questo tipo di cristianesimo
scettico dimostra che tali scettici non vivono secondo il Mio Insegnamento che
i Miei apostoli e discepoli hanno tramandato ai posteri attraverso il Nuovo
Testamento. Non è certamente bravura di sapienza prendere
posizione contro le Mie parole che Io do attraverso i Miei media, una
volta chiamati profeti e profetesse, e dichiararli come prodotti propri di tali
uomini.
3. Una volta parlavo
tramite i profeti, ma anche tramite persone semplici, come mettono in evidenza
le prove di Simeone e Anna nel Tempio (Lc.
2,25-36) e le quattro figlie del discepolo Filippo (Atti 21,9).
4. Un giorno dissi ai Miei
discepoli: «Io sono con voi tutti i
giorni fino alla fine del mondo» (Mt. 28,20). Se sotto questo fosse stato inteso solo i Miei
apostoli, allora avrei dovuto dire: ‘Io sono con voi finché vivete nel mondo’; infatti, i Miei apostoli non aspettavano la fine
del mondo, ma morirono come tutti gli altri uomini dopo il corso del loro
periodo di prova terrena e di insegnamento. Da ciò, ognuno può apprendere che
ho parlato in generale per tutti i Miei figli che vivono secondo i Miei
insegnamenti, poiché solo con questi Io parlo, e questi ascoltano la Mia voce
profetica (2° Pt. 1,19 ; Gal. 1,11-12).
5. Io sono il Padre spirituale di
tutti gli uomini del mondo, e nessuno viene preferito
presso di Me, perché il Mio Spirito dimora in ogni singolo uomo (1° Cor. 3,16 / 6,19; 2° Cor. 6,16 ; Rom. 8,11) e quindi non posso amare gli uomini in modo
differente, perché provengono tutti da Me e sono guidati da Me. Pertanto, se
alcuni sono favoriti per il fatto che Io, attraverso
la parola interiore, parlo con loro, con questo non è detto che presso di Me
valgano più degli altri, ma che tali uomini adempiono le condizioni poste su di
loro per il conseguimento del Regno di Dio, mentre altri con i quali non posso
aver relazioni come ‘Padre’, vivono ancora troppo mondanamente e fanno aderire
troppo potentemente la loro anima alla materia.
6. Non dovete dubitare che Io non
abbia relazioni con i Miei figli che Mi amano, ma dovete comprendere che voi
non adempite ancora queste condizioni di vita tramite le quali potrei aver
relazioni con voi. Solo col seguire i Miei insegnamenti e calcare le Mie orme
riuscirete ad aver relazioni con Me, poiché Io ero, sono e sarò in eterno lo
stesso Padre al Quale potete giungere attraverso le virtù di Gesù (Gv.14,6 / anche Atti 2,17-18, poiché questo grande
tempo è già iniziato, e le virtù di Gesù si trovano nel “Libro delle preghiere
cristiano-teosofiche”). Amen!
7. L'anno 37 d.C. – Dopo la sua
conversione avvenuta nel 34 d.C., Saul rimase a Damasco quasi tre anni e
predicò l’Insegnamento cristiano in modo così potente, che gli ebrei miscredenti
lo perseguitarono nel 37 d.C. per ucciderlo (Atti
9,23-24) ed Areta,
il governatore del re, fece sorvegliare le porte della città in modo da
catturarlo. Ma Saul venne calato giù in una cesta da
una finestra lungo le mura della città, e così scampò (2° Cor. 11,32) e andò a Gerusalemme per vedere Pietro (Gal. 1,18). E rimase
presso Pietro quindici giorni e si consultò con lui e con Giacomo, figlio di
Alfeo; non vide però gli altri apostoli (Gal. 1,19). E mentre Saul pregava nel Tempio, il Signore lo esortò a lasciare
Gerusalemme e lo scelse come “Apostolo dei pagani”, come racconta lo stesso
Saul (Atti 22,17-21). Iniziò anche a contendere con gli ebrei greci, ma poiché questi volevano
ucciderlo, i discepoli lo mandarono nella sua città natale, Tarso in Cilicia, nel 37 d.C. (Atti
9,30).
8. Anno 43 e 44 d.C. La storia
dell'apostolo Pietro dal 43 fino al 44 è la seguente:
Pietro andava spesso da Gerusalemme alle città e alle comunità limitrofe,
guariva gli ammalati e convertiva gli ebrei. Così anche nell'anno 43 andò fuori nella stagione invernale e precisamente alla
costiera e venne a Lidda[18].
Lì guarì Enea, il gottoso, in Joppe risvegliò Tabita dalla morte e dimorò in Joppe
presso Simon Gerber fino alla fine di febbraio del 44
(Atti 9,32-43).
9. A Cesarea c'era un capitano
timorato di Dio della coorte[19]
italica di nome Cornelio, a questi venne manifestato
su sua richiesta attraverso un angelo che la sua preghiera sarebbe stata
ascoltata. Cornelio invia ora tre messaggeri a Pietro su ordine di Dio e lo prega
di venire da lui; allo stesso tempo, in un rapimento, Pietro ricevette tre
volte l’ordine di non rendere impuro ciò che Dio aveva purificato, perciò
all'inizio di marzo del 44 andò con i messaggeri da Cornelio, predicò a lui e
ai suoi compagni la salvezza, ed ecco, lo Spirito Santo scese su tutti gli
ascoltatori, e ora Pietro non poté rifiutarsi di battezzarli (Atti 10,1-48). I giudei
cristiani a Gerusalemme, a causa di questo fatto, fecero dei rimproveri a
Pietro, ma questi furono convinti dalla stesso Pietro
che anche i pagani sono chiamati al Regno di Dio (Atti 11,1-18).
10. Anno 44 d.C. Nella festa di
Pasqua di quell’anno, che durò dal 22 al 28 marzo, il re giudeo Erode Agrippa I
fece uccidere il fratello dell'evangelista Giovanni, Giacomo il Vecchio, Pietro
invece fu imprigionato. Un angelo però liberò Pietro, che si mostrò alla
comunità e poi lasciò subito Gerusalemme per evitare la persecuzione di Erode.
11. Erode allora andò a Cesarea, ma
qui, quando il popolo gli dimostrò onore divino, e lui non diede l'onore a Dio,
venne punito da Dio con una malattia che lo rosero i
vermi, e morì subito dopo quella Pasqua del 44 d.C. (Atti 12,1-25).
12. Sorge
allora la domanda: “Se Pietro (secondo i canoni romani) si trattenne a Roma ininterrottamente
dall'anno 42 fino al 67, come poteva essere stato
catturato in Gerusalemme nell'anno 44 e gettato in prigione?”
13. Questa è
la prima prova della falsità dell’affermazione storica romana.
14. Anno 48 d.C. = Gli anni 44 e 51 mostrano che Pietro in quel periodo si trattenne a
Gerusalemme.
15. Nell'aprile del 48 Pietro si
fermò in Arimatea presso il ben noto Giuseppe di Arimatea, e questi lo spinse a scrivere la famosa lettera agli Ebrei, scritta da
suo figlio Marco, da cui derivò anche il Vangelo di Marco.
[indice]
۞
(domanda): Era
possibile la presenza contemporanea dei due maggiori apostoli a Roma?
(parla Schumi)
Nel 51 d.C., 14 anni dopo il primo viaggio dell'apostolo Paolo a
Gerusalemme (Gal.2,1), Paolo viaggiò con Barnaba e Tito per il grande Sinodo
degli Apostoli a Gerusalemme, e lì s’incontrò con le tre colonne della Chiesa:
Giacomo, figlio di Alfeo, Simon Pietro e Giovanni, che allora guidavano la
comunità in Gerusalemme. Giacomo in questa assemblea
emerse già come il vero e proprio capo della comunità di Gerusalemme (Atti
15,1-29 ; Gal. 2,1-10).
In questo
sinodo degli apostoli, Pietro esordisce per primo, tiene un discorso sulle sue
esperienze a Cesarea, dopo la relazione di Paolo e Barnaba prende la parola
Giacomo, figlio di Alfeo, e quindi gli apostoli e la comunità prendono una
decisione, la mettono giù per iscritto e la mandano ad
Antiochia per mezzo di Giuda Barsaba e Sila, secondo
cui i pagani che diventano cristiani non devono essere circoncisi. Con questo
la questione in quale modo i Gentili diventano cristiani è
stata finalmente risolta, e Paolo ora poteva iniziare i suoi grandi viaggi
missionari come Apostolo dei Gentili.
Qui viene determinante alla luce del giorno che Pietro non è mai stato
a Roma: ‒ Primo:
Paolo riferisce nella sua ‘Lettera ai Galati’ (1,18) che tre anni dopo la sua
conversione andò a Gerusalemme dagli apostoli e vi rimase per 15 giorni, cioè,
questo fu nell'anno 37 d.C. ‒ Secondo:
Paolo scrisse ai ‘Galati’ (2,1) che dopo altri 14 anni tornò per la seconda
volta al Sinodo degli apostoli a Gerusalemme. Poiché questo sinodo, come
riferisce Graßmann nella sua storia del Regno di Dio
II vol., pag. 109, ebbe luogo nella prima metà dell'anno 51,
quindi la conversione di Paolo era avvenuta 17 anni prima del 51, cioè nella
seconda metà dell'anno 34 d.C (un’ulteriore
conferma). Qui a questo Sinodo troviamo presente Pietro, che invece di parlare
di Roma o di un viaggio da Roma a Gerusalemme, riferisce le sue esperienze nel
suo viaggio missionario a Cesarea, quindi Pietro viveva ancor sempre nella sua
patria d’origine e non a Roma, e qui faceva i suoi viaggi missionari, tra cui
l’ultimo fu a Cesarea.
Che Pietro
non avesse nessuna preferenza davanti agli altri apostoli, lo dimostra il passo
negli Atti 8,14, secondo il quale gli apostoli
mandarono Pietro e Giovanni in Samaria come assistenti di Filippo, sul cui
sforzo gli abitanti di Samaria accolsero la Parola di Dio per farsi battezzare.
Essi pregarono per i battezzati affinché ricevessero anch’essi lo Spirito
Santo.
La comunità
di Gerusalemme chiamò certamente Pietro, Giovanni e Giacomo, tre colonne della
comunità, ma non come tre papi (Gal.
2,9).
Alla seconda
metà del 51 d.C., Cefa (’Pietro’ secondo la lingua
greca) venne ad Antiochia e mangiò con i pagani, ma quando arrivarono alcuni
inviati di Giacomo, si ritrasse standosene da parte per timore dei circoncisi (ovvero ebrei). In tal modo Pietro indusse
ancora altri, e Paolo lo prese di sbieco e lo rimproverò alla presenza di
tutti: «Se tu,
che sei giudeo, vivi da pagano e non da giudeo, perché costringi i pagani a
vivere da giudei?» (Gal. 2,11-14).
A questo
punto sorge la domanda: cosa avrebbe avuto da fare Pietro ad Antiochia, la
capitale della Siria, se fosse stato vescovo di Roma? Quindi vediamo che ogni
notizia su Pietro porta il contrario di ciò che sostengono i papali
storici romani.
Prima della
sua cattura il 1° giugno del 58 d.C. a Gerusalemme, quindi tre anni prima del
suo arrivo a Roma (vedi anno 61), Paolo ha già scritto nell'anno 57 d.C. da
Corinto alla comunità di Roma, una lettera lunga piena di contenuto, e sebbene
in questa lettera menzioni da 30 fino a 40 persone che
vengono salutate da lui, da nessuna parte tra queste viene menzionato Pietro.
Questa è dunque certamente una buona ragione per presumere che Pietro
semplicemente non fosse a Roma e non era il vescovo di Roma, perché Paolo si
vedeva costretto ad istruire i romani, cui Pietro non
lo aveva fatto.
Per la
Pentecoste del 58 d.C., che cadde il 28 maggio, Paolo venne a Gerusalemme. Il
primo giorno (martedì 28 maggio) visitò Giacomo, figlio di Alfeo, che trovò al
vertice della comunità a Gerusalemme, mentre Pietro, Giovanni e gli altri
apostoli operavano al di fuori di Gerusalemme. ‒ Il 4°
giorno (sabato 1° giugno) Paolo fu fatto prigioniero dai romani a causa di una
controversia religiosa con i giudei (Atti 21,27), attraverso la
quale egli, poiché pretendeva dall'imperatore la sua risposta, dopo
quasi 3 anni di carcere arrivò a Roma nella primavera del 61 d.C. per
l’interrogatorio davanti all'imperatore.
In questo avvenimento cosi importante ci accorgiamo della
mancanza di Pietro a Gerusalemme; e le altre fonti per gli anni dal 61 fino al
63 non sanno nulla di un Pietro a Roma. ‒ Questa è
tuttavia una contraddizione imbarazzante che tutte le fonti contemporanee
rifiutino l'asserzione (dei cattolici), ormai così fermamente asserita, che
Pietro era a Roma quale primo vescovo di Roma.
Nella
primavera del 61 d.C., Paolo venne a Roma (Atti 28,14) e vi rimase per oltre 2 anni (Atti 28,30), cioè fino al 63 nel proprio alloggio,
solo un soldato di guardia lo proteggeva (Atti 28,16). Accoglieva tutti coloro che venivano da lui, predicando il Regno di Dio ed
insegnava con tutta libertà e senza ostacoli quanto riguardava il Signore Gesù
(Atti 28,30-31).
Se fosse
vero che Pietro, come si sostiene (si veda Patuzzi,
“Storia dei papi”, p. 22), avrebbe trascorso 25 anni
interi a Roma dal 42 fino al 67 d.C., dove avrebbe dovuto necessariamente
incontrarsi con Paolo, lì Paolo avrebbe certamente sentito parlare di Pietro,
tanto più che non era soggetto a custodia rigorosa dei romani e stava in attivo
collegamento con la comunità cristiana di Roma, come è stato dimostrato sopra
negli Atti degli Apostoli.
Un eventuale
incontro a Roma dei due più illustri apostoli, sarebbe stato troppo importante
per non menzionarlo negli Atti degli Apostoli. Ora però Paolo da Roma scrive ai
Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi e ai
Tessalonicesi, a Timoteo e a Filemone, e non fa la più piccola menzione di
Pietro in tutte queste lettere; anzi, manda i saluti a tutti i cristiani più
distinti nella comunità di Roma, e a Pietro non manda alcun saluto? Questo
sarebbe stato possibile solo se Pietro fosse stato a Roma, anzi perfino se
addirittura fosse stato il vescovo della comunità romana.
*
(Atti degli Apostoli 28,15): «Dal momento che lì i fratelli (a Roma) avevano sentito
parlare di noi (che eravamo arrivati), ci vennero incontro
fino al Foro di Appio e alle tre taverne. Quando Paolo vide questo, rese grazie
a Dio e prese di nuovo coraggio».
Si cita
questo perché se in quel tempo Pietro fosse stato a Roma e, allo stesso tempo,
vescovo, allora sarebbe stato certamente riferito il grande avvenimento, tanto
che Pietro con i fratelli sarebbero andati incontro a
Paolo per salutarlo ed accoglierlo come il grande compagno nella funzione di
apostolato. Ma non c’è il minimo accenno di questo,
sebbene Pietro e Paolo fossero in rapporti amichevoli, poiché Pietro nella sua
seconda lettera dice:
- (2° Pt. 3,15-16) ‒ «Paolo da Pietro è
definito come «fratello molto amato» e raccomanda i suoi scritti ai fedeli».
Nell'inverno
del 61 d.C. Paolo da Roma scrisse ai filippesi che la sua attività nell’annunciazione
del Vangelo per lo sviluppo della comunità romana era accompagnata da buoni
risultati:
- (Fil.
1,12-14): «Voglio poi che voi
sappiate, o fratelli! che tutto quanto mi è accaduto
ha maggiormente contribuito ai progressi del Vangelo; Al punto che a tutti quelli del pretorio e
al corpo di guardia dell’imperatore e tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per amor di Cristo; Le mie
catene hanno reso molti fratelli nel Signore coraggiosi, tanto che hanno preso
più ardire nell’annunciare senza timore la Parola di Dio».
Questa
relazione discredita la presenza e un'attività di insegnamento
di Pietro a Roma come vescovo, poiché solo attraverso Paolo la comunità a Roma
iniziò ad espandersi, e solo attraverso la fermezza di Paolo anche altri osarono
predicare pubblicamente il Vangelo. Dov'era Pietro a Roma dal 42 fino al 61, cioè per ben 19 anni, dal momento che nessuno seppe
niente di lui, né è rimasta alcuna traccia della sua attività di insegnamento?
Noi conosciamo Pietro come un temerario oratore e divulgatore del Vangelo dagli
Atti degli Apostoli. Non si sarebbe dovuto vedere a Roma per 19
anni, né parlare con lui? Qui la verità e la menzogna vengono
portate alla luce del giorno. È la stessa Sacra Scrittura a punire gli storici
romani.
Paolo ha detto nella sua ‘Lettera ai Romani’ nel 58 (Rom.
1,11-15): «Desidero molto vedervi per rafforzarvi
attraverso la comunicazione di doni spirituali. Questo è per incoraggiarci a
vicenda in mezzo a voi attraverso la vostra e la mia fede». Questo linguaggio di Paolo mostra chiaramente che né
un insegnante di religione né tanto meno un vescovo ‘Pietro’ era a Roma, poiché
altrimenti Paolo non avrebbe potuto parlare così, come a una comunità che non
aveva una propria guida. E che a quel tempo a Roma non c'era nessun
sovraintendente della comunità (vescovo) o un insegnante religioso, me lo ha comunicato il Padre Gesù. ‒ Paolo disse
inoltre: «14 Sono debitore ai Greci e ai non Greci (romani) istruiti e non
istruiti. 15 Per quanto mi
riguarda, sono pronto ad annunciare il Vangelo anche a
voi che siete a Roma».
Questa
promessa ed annuncio di Paolo che egli era disposto ad
annunciare il Vangelo ai romani, conferma la spiegazione del Padre di cui sopra
(cap. 2,12), che né
Pietro né un altro annunciatore del Vangelo era a Roma, altrimenti Paolo
sarebbe stato di troppo. Secondo la spiegazione del Padre, i cristiani di Roma
pregarono Paolo di venire a predicar loro il Vangelo, da qui la sua ‘Lettera ai
Romani’, nella quale (versetto 15, come sopra) egli fa
loro la promessa che è disposto ad andare a predicar loro il Vangelo. ‒ Dopo la sua
cattura, avvenuta poi a Gerusalemme a causa della disputa religiosa, il Signore
gli apparve di notte e gli disse: «Sii di buon animo, perché come hai testimoniato di Me a
Gerusalemme, dovrai testimoniare anche a Roma» (Atti 23,11)
Paolo
manifestò il suo punto di vista, che menziona nelle due ‘La 2° lettera ai
Corinzi’ e nella ‘Lettera ai Romani’, che egli non interferisce nell’attività
dove già altri sono attivi.
Nella 2°
lettera ai Corinzi, nell'autunno del 57 d.C., inviata dalla Macedonia (la
lettera era terminata il 5 novembre 57 e immediatamente
inviata, secondo l’indicazione del Padre Gesù). Egli scrisse:
- (2° Cor. 10,16): «In modo da portare il Vangelo anche nei paesi che sono
aldilà del vostro, senza doverci gloriare nel campo d’azione riservato ad altri
e di ciò che da essi è già stato fatto».
Ovvero, come
si dice oggigiorno: “Adornarsi con piume
estranee”. La ‘Lettera ai Romani’ fu inviata da Corinto nell'autunno del 57
d.C. e qui egli dice la stessa cosa secondo il suo carattere:
- (Rom. 15:20): «Ho avuto così l’onore di annunciare il Vangelo, non lì dove Cristo
era già conosciuto, affinché io non avessi a costruire sul fondamento posto da
altri».
*
Secondo
queste due sicure affermazioni, Paolo non avrebbe neanche debuttato a Roma se
Pietro o un altro avesse pubblicamente annunciato la dottrina di Cristo prima
di lui.
In verità,
Pietro viveva ancora quando in Roma esisteva già una comunità cristiana,
tuttavia egli non ha mai fatto qualcosa o contribuito alla fondazione della
Chiesa romana. La comunità romana iniziò a formarsi dopo la morte di Cristo,
quando a Roma si venne a sapere della Sua resurrezione, poiché in città c'erano
molti uomini che al tempo di Cristo si erano trattenuti in Giudea e nelle
regioni circostanti per differenti affari e occupazioni e questi, avendo
partecipato alle esposizioni di Gesù e molti erano stati convertiti dal loro
paganesimo[20], ritornati a Roma
condivisero ciò che avevano vissuto e sentito, e così la fede cristiana
cominciò a diffondersi. Singoli uomini e intere famiglie divennero cristiani.
Alla fine
giunse a Roma la notizia della crocifissione e della resurrezione di Cristo e
questo provocò un gran parlare nella città. Molti riferirono pubblicamente che
erano stati personalmente presenti a quelle esposizioni ed
avevano parlato con Gesù, e in tal modo i credenti si riconobbero e si
compresero l'un l'altro diventando una nuova comunità di fedeli.
Da
Gerusalemme a Roma giungevano ripetutamente notizie di ciò che gli apostoli e i
discepoli facevano e di come si era formata una comunità cristiana a
Gerusalemme, così anche a Roma gli amici e seguaci del cristianesimo si unirono
insieme più strettamente. Tuttavia non stabilirono una guida, perché nessuno
era abbastanza formato nella nuova Dottrina. Si radunavano, tenevano
l’Eucarestia, pregavano e cantavano, ma per molto tempo non si venne
all’istituzione di una solida comunità.
Quando Paolo
venne a Roma nel 61, c'erano ben già molti cristiani, ma
ancora nessun vescovo della comunità di Roma. Ecco perché nelle sue lettere
egli parla dei nomi di parecchi cristiani romani, ma mai di un vescovo, perché
non ce n'era ancora nessuno. E Paolo, come prigioniero e messo in catene, non
poteva essere sovrintendente di alcuna comunità (vescovo).
Da ciò è
chiaro che durante il tempo di Paolo a Roma (61-65), per i seguaci di Cristo non
presiedeva né un pubblico insegnante religioso né un vescovo.
Se Pietro
fosse stato a Roma già dall'anno 42, allora come
apostolo sarebbe stato a capo della comunità e allo stesso tempo come vescovo,
e in tal caso avrebbe proibito a Paolo di insegnare senza il suo permesso nella
sua comunità da lui fondata; così anche un altro vescovo o sovrintendente di
comunità avrebbe fatto lo stesso; e Paolo, a prescindere dalla sua missione
divina (Atti 23,11), sarebbe stato senza carattere e le lettere di cui sopra sarebbero
state contraddittorie, se lì avesse esordito come usurpatore verso Pietro o
verso un altro vescovo di comunità già esistente.
Queste due
lettere sono troppo convincenti per definire Paolo
come un uomo senza carattere a favore della storiografia romana.
*
Luca il
medico (Col. 4,14), nato in un villaggio non più
esistente nei dintorni di Gerusalemme, era un discepolo degli apostoli
dall'anno 42. Egli viaggiò con la stessa nave che
portò Paolo a Roma come prigioniero, e a Roma fu suo collaboratore (Fil., 24).
Luca lasciò
Roma nel gennaio 63 e ritornò a Gerusalemme dove
scrisse le notizie per il suo Vangelo e dei suoi Atti degli Apostoli, che
completò nel 63. Secondo il rapporto del Padre, Luca fu lapidato a Capernaum nell’anno 63; quindi i
suoi Atti degli Apostoli arrivano solo fino all’anno 63. Di questo egli lo
riferisce al suo amico Teofilo, il quale insegnò il Vangelo nella sua città
natale, Atene, (secondo quanto mi riferisce il Padre) come segue:
- (Lc. 1,1-4): «Dopo che molti si sono già impegnati ad
ordinare e compilare una narrazione degli eventi che si sono verificati in
mezzo a noi, come ce li hanno tramandati quelli che da principio furono testimoni
oculari e servitori della parola (cioè apostoli), così è parso bene anche a me, eccellentissimo Teofilo, descriverlo
secondo l'ordine, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dalla sua
origine, affinché tu possa convincerti della veridicità delle parole che hai sentito (dalla
bocca di Paolo)».
Dal momento
che Luca era
stato testimone oculare dell'arrivo di Paolo a Roma, come anche suo
collaboratore nell'opera di Dio per quasi 2 anni, allora avrebbe dovuto
riferire nei suoi Atti degli Apostoli, sotto ogni circostanza, l'arrivo di
Pietro a Roma, un fatto così straordinariamente importante per la Chiesa
(romana!)! Luca invece tace completamente su Pietro, e questa è una ulteriore prova pienamente valida che Pietro non è mai
stato a Roma, né lì è stato papa.
Già
nell’anno 51 d.C., al Sinodo degli Apostoli a Gerusalemme, tra Giacomo, Pietro
e Giovanni, che erano visti come colonne della
comunità da un lato, e Paolo e Barnaba dall'altro, si misero d’accordo con una
stretta di mano, che i primi tre dovevano predicare il Vangelo tra i
circoncisi, cioè tra i giudei, mentre gli ultimi due tra i gentili (Gal. 2,7-9).
Con l'intesa
missionaria fatta nell’anno 51, Pietro non avrebbe
avuto nulla da cercare e da fare tra i pagani di Roma.
Ciò che ce lo fa capire più chiaramente è il fatto che Pietro – dopo
che, secondo gli storici romani sarebbe stato vescovo a Roma già per 9 anni,–
non si trovasse più a Roma bensì a Gerusalemme, e qui avrebbe concluso un
accordo che egli, come vescovo di Roma tra i pagani, non avrebbe avuto bisogno
di concludere, né avrebbe potuto accedervi, poiché Paolo e Barnaba non sarebbero
venuti a predicare nel territorio della città di Roma, e Pietro, come apostolo
o vescovo di Roma, se non gli fosse stato permesso, non sarebbe andato a
convertire nessun pagano, né da allora in poi si sarebbe perfino privato e
annullato di ogni attività precedente. Questo non si può accettare, perché
presupporrebbe una stoltezza di Pietro che non ha un suo pari negli ‘Atti degli
Apostoli’, e che presenterebbe la peggiore testimonianza della qualifica di
Pietro come insegnante. D'altra parte, se Pietro fosse stato vescovo di Roma,
un tale accordo sarebbe stato un palese tradimento da parte di Paolo e Barnaba
e spogliazione di Pietro della sua attività di
servizio a Roma.
Qualcuno
potrebbe rispondere e dire: “Pietro in
tal modo aveva rinunciato alla conversione dei pagani e voleva convertire in
giudea solo gli ebrei di Roma!”. Solo, che con questa
obiezione si sarebbe solo fondamentalmente sconfitto, e il perché lo do nella
risposta qui in anticipo.
Cito dagli
‘Atti degli Apostoli’ (Atti 28,17-29): «Tre giorni dopo il suo arrivo a Roma, Paolo fece radunare
presso di sé i sovrintendenti degli ebrei» e riferì loro il perché
era stato portato a Roma. Su questo essi gli risposero: «Non abbiamo
ricevuto dalla Giudea nessuno scritto per cagion tua,
né è venuto alcun fratello a riferirci o dir qualcosa di male. Sappiamo che
questa setta (dei cristiani) incontra ovunque dell’opposizione». Essi dubitarono delle affermazioni di Paolo, e quando
Paolo li rese attenti attraverso i profeti, lo lasciarono pieni di collera e
disputarono tra loro sulle sue parole.
Ora io
(Schumi) domando: “Pietro, dal 42 fino al
61, quindi per 19 anni interi, avrebbe dormito invece
di insegnare, tanto che gli ebrei in Roma non conoscevano nemmeno i cristiani e
i loro insegnamenti così da definirli una setta della quale dissero che
incontrava ovunque, opposizione? – Può
esserci una prova maggiore sull’insostenibilità dell’affermazione che Pietro
fosse stato a Roma e, come vescovo, dal 42 al 67? Dal
51 non poteva più convertire i pagani senza essere chiamato un uomo sleale e
senza carattere, e gli ebrei di Roma, che non sapessero nulla di lui e del suo
insegnamento di Cristo! Dove c’è ancora una prova della presenza, dell'attività
e della funzione di vescovo di Pietro a Roma?”
Questo fatto
è così decisivo sulla questione del seggio di Pietro a Roma, che ogni obiezione
davanti a questa luce centrale della verità deve ammutolire.
*
Ora
ascoltiamo la chiarificazione che lo stesso Padre Gesù ci ha dato spesso su
questa oscura e molto contestata questione, poiché questa chiarificazione è
genuina e rimane schietta, anche se tutte le forze tenebrose si precipitano
contro, dal momento che Gesù stesso ha dato la
testimonianza su Se stesso: «Cielo e Terra passeranno, ma le Mie parole non passeranno»
(Mt.. 24,35 ; Mc. 13,31 ; Lc. 21,33). Le parole di Gesù qui di seguito, ci
chiariscono il passo della 1° Lettera di Pietro nella quale l’apostolo alla
fine indica che scriveva da Babilonia:
[indice]
۞
Chiarimento del
Padre sul seggio di Pietro che non andò mai a Roma
1. Dall’anno 33 fino all’anno 57 Pietro si trattenne
in parte a Gerusalemme, in parte nelle province della Giudea e della Galilea,
dove insegnò e convertì gli ebrei. Di quando in quando andava anche oltre i
confini della sua piccola patria e operava in differenti città e comunità
dell’Asia, convertendo gli ebrei al cristianesimo, rafforzando i convertiti ed incoraggiandoli alla perseveranza.
2. L’attuale città di Baghdad nella
Turchia asiatica, ai Miei tempi era una residenza regale. Alcuni anni dopo la Mia morte (cioè
nell'anno 50) giunse lì l'apostolo Matteo con il suo compagno, in
occasione del suo viaggio in India, e fu molto ben accolto dal re di quel
tempo, trattenendosi presso di lui per un anno intero.
3. Quando volle proseguire il suo
viaggio verso l’India con il suo compagno, allora il re gli diede una scorta
sicura fino ai confini del suo regno, e così questo
apostolo fu uno dei primi testimoni di Me presso questo re e volle andare nella
città che a quel tempo si chiamava ancora Babilonia – sebbene l'antica
Babilonia formasse un gran mucchio di macerie molto lontano da questa città –
per fare conversioni tra i pagani che, per lo più, erano servitori di Baal. Il re però lo dissuase e disse: “È sufficiente che io e la mia corte sappiamo e vediamo cosa dobbiamo
credere e come stiamo con questa fede, per il resto ci occuperemo io e mio
figlio, poiché non vi voglio abbandonare alla furia sconfinata dei miei
sacerdoti, ma quando questi (i sacerdoti)
a poco a poco saranno scomparsi ed io provvederò che nessun sostituto venga più
dopo di loro, allora si potrà trattare più facilmente col popolo”. Con
questa dichiarazione del re i due apostoli furono soddisfatti e non si
preoccuparono più di diffondere il Mio insegnamento tra i popoli del re.
4. Sette anni più tardi (all'inizio di giugno del 57), Pietro e suo figlio Marco andarono da questo stesso re, furono anche
assai ben accolti e fecero anche rimostranza al re di far
conoscere per lo meno un po’ alla volta alla città la Mia dottrina; ma il re,
che amava moltissimo Pietro come anche Marco, lo sconsigliò, ben sapendo di
quale spirito erano animati i suoi sacerdoti di Baal,
e disse proprio a Pietro: “Vedi, noi
viviamo qui in una regione che, particolarmente lontano verso est fino al
grande fiume Gange, è pieno di tutti i tipi di selvagge e laceranti bestie, e
non meno di ogni specie di erbacce velenose; ma dove Dio, il Signore, fa
crescere tali animali e piante velenose in grande quantità, allora sicuramente,
tanto il terreno e soprattutto l'aria, è traboccante di spiriti e diavoli
maligni, e questi corrono intorno come affamati e ruggenti leoni, come tigri,
pantere e iene, e così vanno alla ricerca di uomini per divorarli. Le su
indicate bestie sono feroci e molto maligne, e si può dar loro la caccia solo
con grande pericolo; nondimeno, i miei sacerdoti di Baal
sono mille volte più maligni. Di cui ognuno ha per lo
meno mille diavoli dentro, e nessun altro si può opporre a loro facilmente ed
efficacemente che solo io con il mio massimo rigore e
i miei soldati, che per la maggior parte sono ebrei, greci e romani, mentre io
stesso, come re, sono solo un vassallo di Roma, cosa che sarà noto ad entrambi,
poiché l'Impero Romano si estende fino al Gange, dopodiché inizia il grande
impero indiano, i cui confini da noi non sono conosciuti”.
5. A Pietro per vero piacque questo
consiglio del re, ma sentì comunque in segreto un impulso di tenere
conversazioni con alcuni cittadini di questa città sulla Mia dottrina e sul Mio
Regno, di cui i sacerdoti ricevettero ovviamente anche presto notizie, e
proposero a Pietro, tramite i loro messaggeri, di far conoscere anche a loro un
tale beatificante discorso.
6. Pietro non si lasciò certamente
sedurre per lungo tempo, soprattutto perché suo figlio e assistente Marco lo metteva in guardia seriamente e gli diceva sempre: “Lascia al re disporre qui per la nostra
causa, e non agiremo contro la volontà del Signore; allora seguiamo il
consiglio del re”, e così la cosa rimasse immutata per lungo tempo.
7. Subito dopo l’arrivo a Babilonia
(Baghdad), Pietro
scrisse da lì ‘La 1° Lettera’ il 26 luglio del 57 – (egli aveva già scritto diverse
lettere prima, ma sono andate perdute) – agli
ebrei cristiani che dimoravano sparpagliati nel Ponto, Galazia,
Cappadocia, Asia e Bitinia (1° Pt 1,1), e che precedentemente nei suoi
viaggi dall'anno 35 aveva visitato, convertito e di nuovo visitato.
8. Silvano, menzionato in questa
lettera (1° Pt 5,12) è un ebreo convertito della Cappadocia, il quale copiò la lettera e la
portò alle suddette comunità, di questa furono fatte molte copie perché fu diffusa in ogni comunità tra gli ebrei credenti. In
questa lettera viene menzionato Marco, il figlio di
Pietro, il quale dimorava a Babilonia col padre, con il quale saluta le
comunità nominate.
9. Da questa lettera scorgiamo i paesi in cui fu attivo Pietro dal 35 fino al 57,
quindi per 22 anni. Le province menzionate in questa lettera dall’est
all’ovest, nell'ordine citato, si trovano tutte nell’Asia Minore dal Mar Nero
alla Cilicia-Cipro.
10. Se Pietro fosse stato vescovo a
Roma dall'anno 42, come avrebbe potuto indirizzare i
suoi scritti dalla Babilonia romana (a
Roma nel Medioevo sotto il dominio dei papi le cose andavano molto alla maniera
di Babilonia e i capitoli 17 e 18 nell'Apocalisse di Giovanni sono diretti a
questa Babilonia-romana) alle comunità delle suddette
province dell'Asia Minore, se non le avesse fondate e continuamente visitate e
rafforzate? Certamente, dopo una lontananza di 15
anni, dal 42 al 57, le comunità si sarebbero dimenticate di lui già da lungo
tempo, se soprattutto le avesse fondate lui. Il fatto che Paolo scrisse ai
romani, era certo conforme alla sua intenzione, dopo che aveva già fondato in
lungo e in largo le comunità, e non esisteva più nessuna sfera d’azione che
viaggiare a Roma e da lì in Spagna (Rom. 15,23-24). Un altro punto d’appoggio per smentire la presenza di
Pietro a Roma è fornito non solo con questa lettera, ma perfino completamente
confermato dal fatto che i luoghi della missione non sarebbero stati nella
lontana Asia Minore, bensì a Roma e in Italia, se Pietro fosse risieduto a
Roma.
11. Pietro aveva in Siria, dove si
trovava la capitale (Nuova)
Babilonia, già da principio le sue tappe di fedeli, e
le visitava come riferiscono gli Atti degli Apostoli, dove Pietro poteva essere
incontrato in Lidia, in Galilea, Samaria, Joppe,
Cesarea, Antiochia, Tiro e Sidone, ecc., quindi in Giudea, in Galizia, Fenicia,
Siria, Samaria, e al Mar Nero, a quel tempo luoghi chiamati Ponto, Galazia, Cappadocia, Bitinia, e sotto il nome generico
‘Asia’ dalla lettera di Pietro, da queste sono da intendere anche molti luoghi
presso e intorno alle nominate regioni, perché gli apostoli visitavano tutte le
comunità dove dimoravano gli ebrei, per convertirli al cristianesimo, quindi vi
sarà certamente chiaro che Pietro doveva occuparsi di una diocesi molto grande,
se si dovesse indicare questo concetto con un termine odierno, e che questa non
era in Italia, bensì in Asia. Perciò da questa chiarificazione scorgiamo la
terza grande falsità della Chiesa romana, secondo cui Pietro, nonostante tutto
questo, sia stato visto a Roma e da nessun’altra parte, ma piuttosto si sostiene ostinatamente il vuoto, il fatto che per 25 anni
fosse vescovo a Roma.
12. Dopo un paio di anni in cui
Pietro era alla corte del re in Babilonia, uscì tuttavia ancora una volta fuori
in città, come se andasse a passeggiare, lì trovò parecchi mendicanti e malati;
i poveri li consolò, i malati li guarì mediante la
forza del Mio Spirito insita in lui. Anche parecchi sacerdoti di Baal vennero a quest'opera miracolosa, riconobbero Pietro e
lo pregarono molto fervorosi di recarsi un po’ con loro oltre e verso l’interno
del paese, ed egli diede ascolto alle loro molte preghiere e fedeli
assicurazioni, perché gli dissero che in un luogo conveniente e molto vicino,
si trovava una moltitudine di malati che nessun medico era in grado di guarire,
e se lui avesse guarito anche questi, allora anche
loro e tutti gli altri sacerdoti avrebbero accolto il suo insegnamento e
distrutto i loro templi con le proprie mani.
13. A questo discorso, Pietro andò
con questi sacerdoti e, dopo un'ora di cammino, giunse con loro davvero in un luogo dove c'era una quantità di malati di febbre e ossessi,
che egli guarì, e resuscitò in vita perfino un morto.
14. I guariti tuttavia cominciarono
a lodare Pietro e dicevano: “Questi deve
essere mandato dal vero Dio, altrimenti non sarebbe possibile a lui causare
cose simili in noi semplicemente attraverso la sua parola, cosa che tutti i
nostri molti déi non sono mai stati in grado di
causare!”
15. Questo rese rabbiosi oltre ogni misura i sacerdoti che accompagnavano Pietro;
essi lo costrinsero cortesemente, ma solo secondo l’esteriore, a visitare con
loro ancora un posticino, al quale si poteva giungere attraverso un bosco di
mirti e rose; in questo bosco afferrarono Pietro, gli strapparono le vesti e lo
uccisero, poi lo appesero per i piedi a un albero di mirto secco, al quale
fissarono sotto di questo una sbarra e le sue mani legate alla stessa con
corde, lasciandolo lì così appeso e poi si allontanarono per tornare in città
per un'altra via.
16. Dal momento
che Pietro mancò troppo a lungo al re in quei giorni, lo mandò a cercare
dappertutto, tanto dentro quanto fuori la città; e fu solo il secondo giorno
che a lui riuscì di trovare Pietro nel bosco di mirti, ovviamente del tutto
morto e ridotto molto male.
17. In tal modo fu anche informato dai guariti che i sacerdoti della città lo
avevano portato via da loro in tutta gentilezza, e che Pietro li aveva resi
magnificamente sani ed aveva anche riportato in vita
un morto, a
cui però si aggiunse che egli era andato ancora avanti con i sacerdoti e verso
l'interno del paese.
18. Il re ne fu molto rattristato,
fece seppellire Pietro nel sepolcro regale e fece portare anche l'albero di
mirto nella sua tomba; ma agli oltre duemila sacerdoti di quella città andò
molto male. Il re non ne risparmiò nemmeno uno, li fece uccidere tutti dai suoi
soldati e poi da morti li fece portare lontano nel deserto in più di
quattrocento carri, dove furono gettati e lì servirono come pasto alle bestie
selvagge.
19. Tuttavia il discepolo Marco, con
l'aiuto del re e di due procuratori regali, iniziò poi a convertire gli uomini
dell’intera città col Mio Insegnamento, e non durò un anno che l'intera città
fu convertita alla Mia Dottrina con la più grande benedizione e, tramite di
essa, anche subito l'intero paese.
20. E con la presente vi do, Miei
giovani seguaci, in questa occasione, la conoscenza di
dove e come ha cessato di vivere il primo apostolo per questo mondo; quindi non
a Roma, né tanto meno a Gerusalemme, bensì nella città Nuova Babilonia, a cui
più tardi ottenne il nome saraceno di Baghdad.
*
(parla Schumi):
Secondo la
comunicazione del caro Padre, questa notizia di cui sopra era contenuta negli
Atti degli Apostoli, che però fu eliminata dal
sacerdozio romano già nel III secolo, e così non comparve tra gli scritti che
furono portati al Concilio di Nicea nel IV secolo (325); perciò non la contiene
neanche la Bibbia greca. Secondo quanto rivelato dal Padre Gesù, l'assassinio
di Pietro avvenne nell’anno 59, il 9 ottobre all’età
di 76 anni. Con ciò la profezia di Gesù in Giovanni 21,18-19 andò in
adempimento.
La cosa che
colpisce in questa storia è che proprio da ciò che si è tramandato nel
sacerdozio romano che si conosce il tipo di morte di Pietro, cosa che nessuno
di loro avrebbe potuto conoscere se non fosse stato riportato originariamente
dagli Atti degli Apostoli, e tuttavia non fu riferito in questi Atti, da dove è
chiara la storia del Seggio di Pietro a Roma. Ciò denota come a Roma abbiano
lavorato per tempo per acquisire il primato apostolico per primeggiare con
questo.
La domanda: “Ha Pietro fondato la Chiesa romana?”, è
stata discussa dal Signore nel “Grande Vangelo di Giovanni” (GVG
vol.8/162) dove è
anche stato mostrato come ciò fu inventato.
La seconda
lettera di Pietro è anche stata scritta da Babilonia (Baghdad) nell'agosto del
58, nella quale egli scrive che Gesù gli ha rivelato che presto sarebbe morto
(2° Pt.
1,14).
Su Paolo, il
Padre mi ha dato la seguente notizia: «Paolo venne a Roma nella primavera del 61 e
vi rimase imprigionato per quattro anni;
fu assassinato nella persecuzione dei cristiani sotto Nerone nell'anno
65, quando aveva 66 anni». Interessante notare che il Nuovo Testamento – Att.
28,30 – parla solo di 2 anni che Paolo rimase nella sua abitazione, quindi è
dimostrato che gli Atti degli Apostoli arrivano solo fino all'anno 63, il che
anche il Padre me lo conferma.
Da ciò
scorgiamo che l'intero papato romano fu un inganno storico perseguito nei
secoli, allevato per la dominazione del sacerdozio romano, perché rendeva molto
denaro e un onore straordinario, e produsse il potere papale
del dominio del mondo fondato su statuti umani ingiustificati; infatti, chi non
credeva veniva maledetto, scomunicato, perseguitato, torturato e bruciato sul
rogo. Perciò nei secoli passati, la fede nella verità dei dogmi papali, anche se si sapeva che erano bugie – almeno per
questo mondo – rendeva beati. Finché si stava sotto la sferza del sacerdozio,
era una necessità di prudenza tacere cheti cheti sulle diverse convinzioni acquisite, per
godersi una vita tranquilla.
[indice]
۞
Una parola paterna sulle guide spirituali
Graz, 4 febbraio 1898
(parla il
Signore):
Miei cari figli! Io, vostro Padre Gesù, vi dico che non dovete eleggere
sulla Terra nessun uomo che porti dei titoli altisonanti, come vostra guida
spirituale, poiché portare un titolo, dimostra quale spirito predomina in un tale guida per la vita spirituale. Solo
quelle guide che umilmente e disinteressatamente Mi riconoscono come la suprema e unica Guida del cuore dell’uomo, vi possono
tornare a benedizione. Chi invece si circonda di una grande aureola e
splendore, questi non è nessuna guida spirituale secondo le Mie parole: «Il maggiore deve
essere il vostro servitore di tutti» (Mt,
23,11; Mc. 10,43; Lc. 22,26-27). E quindi anche il papa non è secondo il Mio Cuore e le Mie parole, ma
secondo i desideri di coloro che lo hanno eletto e
stabilito. Tuttavia la fine delle condizioni anormali è vicina, ed Io
ristabilirò un ordine cristiano delle origini. Questo lo dice a tutti voi che
siete interessati, il Padre vostro Gesù, Jehova Zebaoth, il Signore del mondo. Amen!
[indice]
Di seguito si riportano i ventuno codici (falsi), che furono
presentati a Graz e al popolo della Carinzia al tempo di Schumi, e spacciati
per i diciotto originali contenuti nella Bolla del papa Pio IX, “Dei Filius” del 24/04/1870, i quali
trattavano dell’infallibilità della Chiesa, e non dell‘infallibilità del
papa/successore di Pietro come in questa falsa a Graz. Il documento
sull’infallibilità fu redatto in un'altra bolla papale alcuni mesi dopo, nella “Pastor Aeternus” del
18/07/1870
1°) Se qualcuno afferma che la religione di Cristo non esiste e non è espressa
in una specifica comunità fondata da Cristo stesso, bensì che può essere tenuta
ed esercitata individualmente, da sé, senza riguardare una specifica comunità,
ed essere questa la vera chiesa di Cristo, costui sia maledetto!
2°) Se qualcuno afferma che la Chiesa non ha ricevuto dal Signore, il Cristo,
nessuna determinata ed immutabile forma di
costituzione, bensì, proprio come le altre comunità degli uomini, è sottoposta,
oppure potrebbe essere sottoposta a seconda della diversità dei tempi, a
cambiamenti e trasformazioni, costui sia maledetto!
3°) Se
qualcuno afferma che la Chiesa delle divine Promesse non è una comunità
esteriore e visibile, bensì è una completamente interiore e invisibile, sia
maledetto!
4°) Se
qualcuno afferma che la vera Chiesa, in sé, non è un corpo unito, bensì è
costituita da differenti, diverse comunità cristiane disperse, denominate
cristiane, ma questo corpo è diffuso nelle stesse, ovvero
che le differenti comunità pur differenziandosi l'una dall'altra nel loro credo
e vivendo separate, formino, per così dire, come membra o parti, l'unica e
universale Chiesa di Cristo, sia maledetto!
5°) Se
qualcuno afferma che la Chiesa non è una comunità assolutamente necessaria per
il raggiungimento della beatitudine eterna, – ovvero che gli uomini possono diventare beati attraverso l'esercizio di qualunque
religione, sia maledetto!
6°) Se
qualcuno afferma che l'intolleranza con la quale la Chiesa cattolica bandisce e
condanna tutte le sette religiose separatesi dalla propria comunità, non è
prescritto dal Diritto divino, – ovvero che sulla verità della religione
possano esserci opinioni, ma non certezze, e quindi tutte le sette religiose
della Chiesa sarebbero da tollerare, sia maledetto!
7°) Se
qualcuno afferma che proprio questa stessa Chiesa di Cristo può sprofondare nelle
tenebre oppure essere infettata da abusi, attraverso i quali essa si smarrisce
dalla beata verità della fede e della morale, discostandosi dalla sua
istituzione originaria, ovvero ‒ degenerata e
corrotta ‒ alla fine cesserà di essere, sia maledetto!
8°) Se
qualcuno afferma che l'attuale Chiesa di Cristo non è l'ultima e la più alta
istituzione per il conseguimento della salvezza, bensì c’è da aspettarsene
un'altra attraverso una nuova e più piena effusione dello Spirito Santo, sia
maledetto!
9°) Se qualcuno
afferma che l'infallibilità della Chiesa si limita solo a ciò che è contenuto
nella Rivelazione divina e non si estende anche ad altre verità, che sarebbero
necessarie affinché il tesoro della rivelazione sia completamente conservato,
sia maledetto!
10) Se
qualcuno afferma che la Chiesa non è una perfetta comunità, bensì un’unione (un
collegio), ovvero che sta nella società borghese o
nello Stato cosicché è soggetta al dominio mondano, sia maledetto!
11°) Se
qualcuno afferma che la Chiesa istituita da Dio è, in certo qual modo, una
comunità di simili, ma i vescovi deterrebbero certamente una funzione e un servizio, ma non una propria autorità di governo che
spetta agli stessi per incarico divino, e che da loro dovrebbe essere
esercitata liberamente, sia maledetto!
12°) Se
qualcuno afferma che dal nostro Signore e Salvatore, il Cristo, è stato dato
alla Sua Chiesa solo il potere di guidare mediante consiglio e persuasione, ma
non anche di ordinare mediante leggi, né punire o costringere i perduti e gli
ostinati mediante sentenze esteriori e salutari punizioni, sia maledetto!
13°) Se qualcuno afferma che la vera Chiesa di Cristo, al di fuori
della quale nessuno può diventar beato, non è l'unica Chiesa santa, cattolica e
apostolica romana, sia maledetto!
14°) Se
qualcuno afferma che il santo apostolo Pietro non è
stato nominato dal Signore, il Cristo come primo apostolo e capo visibile
dell’intera Chiesa combattente, ovvero che della stessa ha ricevuto solo il
primato dell'onore, ma non il primato del vero e proprio potere, sia maledetto!
15°) Se
qualcuno afferma che non è secondo l’istituzione del Signore, il Cristo, che
San Pietro ha avuto continui successori nel primato
sull'intera Chiesa, – ovvero che il papa romano non sia, in forza del Diritto divino,
il successore di Pietro proprio in questo primato, sia maledetto!
16°) Se
qualcuno afferma che il papa romano ha solo la carica di sorvegliare o guidare,
ma non il pieno e supremo potere di giurisdizione sull’intera Chiesa, ovvero che questo suo potere non è secondo le regole e
diretto su tutte le chiese, sia maledetto!
17°) Se
qualcuno afferma che il potere ecclesiastico indipendente, come
è stato conferito da Cristo secondo l’insegnamento della Chiesa
Cattolica, e il potere civico supremo non possono esistere uno accanto
all’altro, così che rimangano tutelati i diritti di entrambi, sia maledetto!
18°) Se qualcuno afferma che il potere che è
necessario per il governo di uno Stato civile, non provenga da Dio, ovvero, che lo stesso (governo) non deve essere debitore di
nessuna sottomissione secondo la stessa legge di Dio, – ovvero che lo stesso
deve opporsi alla naturale libertà dell’uomo, sia maledetto!
19°) Se
qualcuno afferma che tutti i diritti esistenti tra gli uomini derivino dallo
Stato politico, – ovvero, che non esiste nessuna autorità, all’infuori di
quella comunicata, sia maledetto!
20°) Se
qualcuno afferma che nelle leggi dello Stato politico o nell'opinione pubblica
degli uomini c’è la norma suprema della coscienza per gli atti pubblici e
sociali, – ovvero, che su questi atti non si devono estendere le pretese della
Chiesa, attraverso le quali essa esprime ciò che è permesso e non permesso –
ovvero qualcosa che, pur permessa in forza della legge civile, in virtù della
legge divina o ecclesiastica è proibita, sia
maledetto!
21°) Se
qualcuno afferma che le leggi della Chiesa non hanno forza vincolante, a meno che non siano convalidate mediante la sanzione del
potere civile, – ovvero che spetta a questo potere civile, in virtù della sua
autorità suprema, di dare un giudizio e una sentenza nelle faccende della
religione, sia maledetto!
[indice]
[Home Schumi] [home sito]
[1] Al tempo di
Franz Schumi nella città di Graz e per tutta la Carinzia circolò una
fantomatica Bolla pontificia, in cui erano stati annotati 21
canoni spacciati per i diciotto originali “DEI FILIUS” del 24.04.1870 (vedi in allegato), nei quali al n. 14° e al 15° è contenuto il
concetto dell’infallibilità del papa, e tutti i ventuno falsi canoni finivano
con la nota “…sia maledetto”, mentre gli originali riportano “…sia anatema”. In
realtà, Il dogma dell’infallibilità del papa fu stabilito circa tre mesi dopo
la Dei Filius, in un altra bolla pontificia molto più
conosciuta, la “PASTOR AETERNUS”. del 18 Luglio 1870 nella quale un unico ‘comma’ - suddiviso
in quattro parti - avrebbe dovuto rappresentare una integrazione della
precedente Bolla. [n.d.r.]
[2] Nel testo “DEI FILIUS” originale approvato da Pio IX il 24.04.1870, non esiste
il termine ‘Chiesa combattente’, ma
una sola volta viene citata come “Chiesa
militante”. [n.d.r.]
[3] Nei diciotto
articoli di fede nel documento papale “DEI FILIUS”, tutti
i diciotto articoli terminano con la parola ‘anatema’, e non: “maledetto”.
[n.d.r.]
[4] Il
riferimento tra parentesi di Schumi in cui viene
citata l’infallibilità del papa, ci fa comprendere la validità del disguido tra
l’originarle bolla papale “DEI FILIUS”, che tratta dell’infallibilità della
Chiesa cattolica, la falsa Bolla pontificia “PASTOR AETERNUS”. [n.d.r.]
[5] Qui è un
errore di memoria di Schumi, perché sulla (falsa) bolla papale
in possesso di Schumi al n° 15 sull’infallibilità del papa, la frase è: ‘…in forza del Diritto divino’.
[n.d.r.]
[6] Santo Padre: – In effetti, sia nelle due bolle pontificie
originali, che in quella falsa, non si indica mai il pontefice ‘santo’, il cui
aggettivo viene usato per lo Spirito Santo e per Pietro quale santo. Solo successivamente e verbalmente, per rafforzare il concetto
dell’infallibilità, al papa fu accreditato ed indicato verbalmente con il
termine di ‘Santo Padre’. [n.d.r.]
[7] Il Vangelo in
nostro possesso dice due anni. [n.d.r.]
[8] Tali fratelli
nella fede elencati in Colossesi 4,10-14, sono
citati: Aristarco, Marco, Barnaba, Epafra, Luca e Dema.
[9] Clemente
scrisse due lettere ai corinti, per cui non bisogna confondere con le lettere
scritte da Paolo nelle 1° e 2° lettera ai corinzi!
[10] Il testo esatto
della ‘1° Lettera ai Corinzi’ di papa Clemente I tradotta dal greco al punto V,3-7 – che Schumi evidentemente non aveva, ma solo per
sentito dire – è questo: «3. Prendiamo i buoni apostoli. 4. Pietro per l'ingiusta invidia non una o due, ma
molte fatiche sopportò, e così col martirio raggiunse il posto della gloria. 5.
Per invidia e discordia, Paolo
mostrò il premio della pazienza. 6. Per sette volte portando catene,
esiliato, lapidato, fattosi araldo nell'oriente e nell'occidente, ebbe la
nobile fama della fede. 7. Dopo aver predicato la giustizia a tutto
il mondo, giunto al confine dell'occidente e resa testimonianza davanti alle
autorità, lasciò il mondo e raggiunse il luogo santo, divenendo il più grande
modello di pazienza». [n.d.r.]
[11] Come Pietro
morì si legga la spiegazione del Signore dettata a Schumi nel capitolo 1/7. [n.d.r.]
[12] La tunica di Argenteul è una tunica datata in un periodo compreso tra il
VI e IX secolo che, secondo la tradizione sarebbe l’abito indossato da Gesù
nelle ultime ore dalla Sua vita; è detta “incosutile”
in quanto è stata confezionata senza cuciture. Dal IX
secolo è custodita nella basilica di Saint-Denys (Dionigi) ad Argenteul,
nella Francia settentrionale. [n.d.r.]
[13] Origene:
(Alessandria 185-Tiro 254) teologo e filosofo.
[14] Eusebio di Cesarea (265-340) prelato e scrittore greco, vescovo di
Cesarea di Palestina.
[15] Liberio: 36°
papa dal 352 al 366: romano, successore di S. Giulio difensore di s. Atanasio,
fu esiliato dall’imperatore
Costanzo II; iniziò la costruzione della basilica di S. Maria Maggiore, detta
Liberiana.
[16] Girolamo,
santo (Stridone 347-Betlemme 420). Dottore della
Chiesa; letterato e filosofo pagano, convertitosi durante un soggiorno ad
Antiochia (374) si ritirò nel deserto attendendo allo
studio e all’asegesi biblica.
[17] Decretali isidoriane: sono una quantità di testi completamente falsi
o copie contraffatte, di documenti papali dei primi
papi (circa 150), accreditati all’opera di un certo Isidoro Mercator negli anni
847-852 nella diocesi di Reims, e stampate solo nel 1886 col titolo “Pseudo-Isidorian Forgeries”.
[18] Lidda è la mitica città di Lod
della tribù di Beniamino, i cui abitanti furono
deportati in cattività a Babilonia. Si trova a 4 km. a
nord della cittadina di Ramla.
[19] Coorte: unità
tattica dell’esercito romano divisa in manipoli e rappresentante la decima
parte della legione.
[20] Vedi nella
rivelazione a Max Seltmann
il libro XIX “La ridestante vita nell’uomo”,
in cui un romano di nome Ursus torna a Roma dalla Palestina. [n.d.r.]