Panoramica riassuntiva
sulla vita di
Georg
( I )
«Così si saranno svolte le riunioni dei primi
cristiani», riferiva l’8 giugno 1937 l’Elbe-Zeitung,
un autorevole quotidiano della Boemia su una meditazione domenicale che Georg Riehle di Dresda, chiamato "fratello Georg",
aveva tenuto a cielo aperto a Politz sull’Elba, su
invito dei suoi amici. «A Politz», così continuava la pagina, «si sono ritrovati nuovamente più di cento
fedeli. Accanto ad anziane sedevano giovani donne e fanciulle,
anche uomini di tutte le età, ed hanno ascoltato con orecchio teso le parole
del fratello Georg. (…) I credenti si sono schierati intorno a un uomo che non ha voluto far
altro che fissare profondamente in ogni cuore il vecchio insegnamento di 2000
anni fa: “Ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso”».
Chi è questo ‘fratello Georg’? – Nato il 30 dicembre
Il ragazzo fu
educato in maniera rigorosa secondo i dettami della fede protestante, e
profonde esperienze di vita improntarono il suo sviluppo religioso. Un giorno
nella libreria di sua nonna il dodicenne trovò il libro "L’infanzia di
Gesù" dell’uomo di Dio Jakob Lorber di Graz, che chiamava se stesso "un servitore scrivano
di Dio". Il libro lo colpì talmente che cominciò a leggerlo continuamente,
poiché colmava il suo cuore con il più intimo amore per il fanciullo
Gesù.
Dalla
sua peregrinazione in giro per il paese come falegname apprendista, ritornò
nella casa paterna da diciannovenne, ma mortalmente malato. Per giorni soffrì
dolori insopportabili, alla fine peggiorò e si mandò a chiamare il sacerdote
poiché sembrava prossimo alla sua fine. Lui dopo riferì di
quei momenti: "In quello stato
sperimentai l’eternità.
Compresi che ero stato un semplice cristiano, e così pregai intimamente il mio
Dio di donarmi ancora una volta la mia vita ancora per tre giorni. Allora successe il miracolo: mi svegliai ed ero guarito!". E da allora il riacquistante la salute promise solennemente, in santa
serietà, di consacrare questa sua vita ridonata, completamente a Lui, al suo
Salvatore. Riuscì a trovare il suo stesso bisogno di approfondimento della ‘parola’,
proprio nella famiglia che possedeva l’intera opera di Jakob Lorber. Dai suoi ricordi riferì spesso: "C’incontravamo quasi ogni ora libera,
leggevamo, discutevamo, pregavamo e ci sforzavamo di vivere quanto si leggeva".
A quel tempo la sua vita si svolse nel silenzio e nel ritiro, ma molto della
sua vita doveva cambiare, come riferì più tardi.
( II )
"Capitò
diversamente;
la nuova vita che si agitava in me
attrasse il mio prossimo, e il mio compito non consistette più nel leggere ma divenne un altro, vale a dire: mostrare al
mio prossimo la via".
A Georg fu
data una particolare preparazione per questo nuovo compito: cominciò a sentire
in sé una chiara voce che lo
fortificava nell’approfondimento del suo amore per Dio e per tutto il suo
prossimo, ma innanzitutto a lui stava a cuore il necessario comportamento nell’umiltà.
Così una volta, in lui, sentì: «Sii valoroso! Non preoccuparti di nient’altro che del Mio Amore.
Alleggerisciti la tua esistenza terrena, retrocedendo ovunque. Lascia che in
tutte le situazioni della vita rimanga per te la parte più modesta; solo l’umiltà
ti nobiliterà come figlio del Padre tuo Celeste».
In un primo
momento furono solo dei singoli che andavano da lui: prima un giovane amico,
poi i suoi colleghi di lavoro. Presto però la stretta
cameretta non poté più accogliere la cerchia degli amici. Ci si riuniva
a turno nelle famiglie amiche, poi non bastò più nemmeno questo. Si dovette
cercare una sala. La città ne mise a disposizione una per le regolari riunioni,
poiché i motivi per cui si riunivano furono trovati ineccepibili,
in quanto riguardavano ciò che insegnava la Chiesa.
Il servizio
bellico della prima guerra mondiale del 1914/1918 interruppe l’attività di
Georg Riehle in patria, ma dopo la guerra fu subito
ripresa. Egli, per gli incontri, riuscì ad affittare – di regola ogni primo
martedì del mese – la sala delle adunanze nella casa comunale di Dresda-Löbtau che poteva accogliere cinquecento persone, e
spesso era piena. Specialmente la domenica, sempre più frequentemente Georg veniva chiamato anche fuori città, a Erzgebirg,
dove la gente era molto aperta sulle questioni religiose, ma anche a Chemnitz, a Zwickau, a Lipsia, a Liegnitz e a Berlino. Dalla fine degli anni venti si
formarono gruppi di amici anche a Reutlingen, a Esslingen e a Monaco di Baviera, che fratello Georg
visitava regolarmente ogni anno. In tali occasioni andava personalmente anche a
Bietigheim presso la casa editrice Lorber, la culla degli scritti di Jakob Lorber.
Poi vennero i tempi della prova.
Nell’estate
del
Anche gli
stravolgenti cambiamenti politici dopo la seconda guerra mondiale non misero
fine al suo operare. Nella sua patria non poterono più effettivamente aver
luogo gli incontri con centinaia di ascoltatori, ma nella cerchia fidata restò
curata ulteriormente la vita interiore. Fu durante i suoi viaggi annuali che l’ultra
ottantenne parlò ai suoi amici a Berlino, a Reutlingen
e a Esslingen, in un caduco e spesso sovraccarico
corpo, ma con il fuoco di un giovane con una dominante sovranità del suo
spirito.
( III )
Che cosa
comunicò allora questo ‘fratello Georg’ alle migliaia di uomini che, nel corso
di un operare di quasi settant’anni, furono suoi ascoltatori, in particolare
della vita religiosa? A dire il vero, ciò che fuoriusciva da lui, di cui non
faceva mai annotazioni di suo, non è facile riferirlo con le parole.
Un motivo
predominante è che Dio, quale Amore tutto abbracciante, ha creato l’uomo per
diventare un figlio di Dio. Egli diceva: "Dio
non vuole essere solo il Creatore, ma il Padre, anzi, amante e amato da coloro
che Egli ha creato". La connessione tra noi e Lui è la parola di Gesù
del Regno di Dio che è dentro l’uomo stesso, dentro l’uomo
poiché si presuppone che Dio abbia posto nel petto dell’uomo un germoglio della
Sua stessa Essenza divina più interiore: la Scintilla di Dio! Da questa,
tramite sviluppo, crescita e maturazione, deve venir fuori un figlio di Dio.
Questo non avviene senza lotta di vita, poiché l’uomo non è solo ‘Scintilla di
Dio’ ma, come parte della Creazione materiale, porta in sé anche ‘le forze negative’, che però queste ultime, opponendosi,
non vogliono essere liberate. Così l’uomo è posto nel conflitto, conflitto che da se stesso non può risolvere con la propria
forza. Georg insegnava così: "Nessun uomo ha trovato la misura dell’abnegazione attraverso la
quale la Scintilla di Dio potrebbe raggiungere una piena parte nell’uomo,
perciò Dio stesso doveva diventare Uomo. Egli è venuto nell’abisso della più grande
lontananza dell’uomo da Dio!". – E anche: "Con santa abnegazione del Suo grande
nome, Egli si mette al pari del figlio, per trovarlo e guidarlo poi fuori dai
luoghi del carcere in cui si trova, con la Sua umiltà e col Suo Amore,
obbediente fino alla morte sulla croce".
Era però
desiderio di Georg che l’uomo, affinché potesse maturare a figlio di Dio, non dovesse
restare inattivo di fronte al Suo Atto redentivo. Diceva pure questo: "Anche
Gesù nella Sua divina chiarezza era la Via e chiamava Se stesso ‘la Via’. Ogni uomo può trovare
tale via attraverso la vita di Gesù, ma solo vivendo quella Sua vita, fino in
fondo, nella propria". – E anche: “Se gli effetti dovessero uscire solo da
quest’Uomo Gesù senza la nostra stessa crescita interiore, noi perderemmo la
figliolanza ed Egli la caratteristica di Padre. Perciò l’Opera redentiva è compiuta tramite
Lui solo in linea di principio. Il Suo principio deve a sua
volta diventare carne su questa Terra". Su quale via deve accadere
questo, diventò già visibile nella sua vita fino in fondo.
Georg, oltre
alla semplice fede, chiede di imitare Gesù. "Non
con la mia vita posso accogliere il Divino, no, solo se rinnego la mia vita
come lo ha fatto Gesù Cristo, quando la sottometto all’Amore".
Perciò l’uomo viene curato da Dio: "Da Amore a amore, dall’amore per l’ambiente
più vicino, al padre e alla madre, fino in ultimo, all’amore per il
nemico". – Oppure, diceva anche: "Se vediamo un uomo che ci respinge, allora vogliamo vederlo con gli occhi
di Gesù. Egli porta la forma che ha portato Dio come
Gesù". – E anche: "Un uomo veramente amorevole non conosce nemici. Un uomo amorevole sa che
l’unico nemico è il proprio corso di vita nella sua anima che non si può ancora unire con la vita del
suo Salvatore". – Come pure: "La premessa per tale vita, la più difficile, è l’umiltà".
In quale modo
l’uomo può raggiungere tale meta, Georg lo esprimeva così: "Se l’uomo sottomette tutta la sua vita all’amore, se con questo
egli diventa una cosa sola con il sentimento di Gesù, allora la Scintilla di
Dio nell’uomo non resta più una piccola Scintilla, ma
tale Scintilla di Dio diventa un uomo nuovo, l’uomo-dio". Allora la
sua missione non è più una beatitudine riferita a se stesso. Per
lui deve valere il motto: "Non
esiste un Regno dei Cieli più meraviglioso che impiegare le proprie forze
vitali al servizio dell’amore per il prossimo. E non esiste un Cielo più alto che aver vissuto per l’amore. Questo sazia completamente l’anima!".
Se nella vita
divengono questi gli obiettivi, per Georg ‘la via’ e ‘la
meta’ dell’esistenza umana confluiscono in una cosa
sola: "Qui sulla Terra è eretta la
scala del Cielo. I suoi gradini si estendono dal gradino più
basso della vita creata fino all’ultimo gradino della fusione con la vita del
nostro Creatore". Nonostante questa
alta destinazione, Georg distoglie i suoi ascoltatori da ogni presunzione: "Ci avvolge ancora la veste terrena. A
noi non si può ancora dischiudere tutto il Cielo. Qui siamo
eternamente ricercatori". Il suo sguardo va
anche in un futuro che si estende molto lontano: "La nostra crescita si svolge negli sviluppi dell’eternità",
poiché: "L’uomo che ci avvolge deve
anche essere portato con sé con tutta la sua vita". E nell’ultimo
orientamento verso la meta, Georg non intende sempre il perfezionamento dell’uomo,
bensì la glorificazione dell’Amore di Dio. Si tratta quindi che l’uomo riporti
al suo Creatore e Padre una parte, per quanto piccola possa anche essere, dell’amore
con il quale Dio ama l’uomo e lo ha amato da sempre.
Egli non ha
dato l’Amore senza un fine, ma ce lo ha dato perché
siamo figli Suoi. E il figlio deve usare questo amore
per abbracciare ogni vita, per santificarla, come ci ha santificato il Suo
Amore, così che diventiamo maturi per ritornare al cuore del Padre".
Ancora due
massime riconosciute nelle sue conferenze: "Ciò
che l’intera Creazione dell’eterno Amore non può portare, lo porta
un amorevole uomo di Dio". – "L’uomo
simile a Dio è poi l’ardente desiderio adempiuto dall’eterno Amore, ovvero: la sposa per l’eterno Amore".
( IV )
La convinzione
di fede di Georg Riehle, che l’uomo è chiamato alla
figliolanza di Dio, è chiamato a partecipare all’Amore
di Dio, determina la sua condizione in tutti i campi della vita.
Il
suo rapporto verso la Chiesa lo riferì egli stesso durante l’interrogatorio
davanti alla Gestapo come segue: "Io
paragono la Chiesa a un seminatore che semina della buona semenza. La semenza è la parola di Dio; il frutto è la
vita di Dio. Dove germoglia la semenza, là cresce un salvatore. Perciò la cosa più alta è curare le semenze della Chiesa".
Nel frattempo,
il figlio di Dio porta la responsabilità non solo verso il suo prossimo, ma verso tutto ciò che è creato: "Non è forse l’uomo, il sunto dell’intera
Creazione? Perciò egli per la Creazione è anche la via al
cuore del Padre, così come il nostro caro Salvatore Gesù Cristo era la Via per
noi al cuore del Padre". – "Se
l’uomo come microcosmo è in ordine, anche il macrocosmo orbiterà nell’eterno
Ordine". Le prospettive da lui sviluppate – estese fino al
convincimento del riporto di ogni vita creata – sono poderose, ma non possono
essere presentate nei particolari in questa breve panoramica riassuntiva.
( V )
Attraverso la
citazione di ripetute asserzioni verbali delle interpretazioni di Georg, qui sopra si è tentato di rendere chiaramente
visibile il suo particolare desiderio religioso. In tali riferimenti verbali
vale certamente la riserva che Georg stesso ha sempre sostenuto con grande
insistenza, quando si trattava di rivestire la Verità divina con parole umane. "Non trattenete le parole, ma lo
Spirito", esclamava a coloro che volevano
scrivere sotto dettatura le sue parole. Egli disse a un amico: "Come uomo, spesso è difficile trovare
le parole per esprimere il contenuto spirituale, per questo la parola umana è
troppo imperfetta".
Georg Riehle non entrò mai nella medianità (in trance). Da questa
egli si distanziò energicamente: "Nella
medianità può essere posta pure una trappola ai figli di Dio". Per se
stesso riferì: "Io non sto sotto l’influenza
di una vita estranea, poiché ciò che comunico è la mia stessa vita".
Questo vale anche per la ‘Parola interiore’ che a lui affluiva spesso nei suoi
discorsi, nella quale si esprimeva lo Spirito nella
forma dell’Io con un elevato
linguaggio.
Così riferiva:
"Le parole che io dico
sono parole mie, sono parole provenienti da me, ma nello spirito sono di
Lui". – È in questa forma elevata, come nei suoi colloqui e nei
discorsi semplici, che ‘fratello Georg’ ci comunicò un’abbondanza di visioni
nei rapporti divino-umani e nei doveri di un’attiva
vita cristiana proveniente dal suo sguardo d’insieme. Accanto a questi, egli
possedeva un’eccezionale forza d’irradiazione. Di questa ce
lo riferirono sempre quei suoi amici che l’hanno sperimentata personalmente.
Essa risultava dall’esperienza dell’impressione
generale: "In quest’uomo, parlare e
vivere sono una cosa sola. Qui è cresciuta, conquistata
lottando, un’intima unione con Dio di un uomo semplice, attraverso la fedele
obbedienza nell’adempimento dei Comandamenti di Gesù". Egli non
tollerò mai che si ponesse in primo piano la sua persona, infatti, riferì che
fin dalla casa paterna era stato un uomo timido, dotato di povere facoltà. A
volte stava così abbattuto e senza forza da ottenere conforto solo guardando la
Croce. Lui ci assicurava, già ottantaquattrenne: "Ogni qual volta sono chiamato, brucia così tanto nel mio cuore che mi
afferra lo spirito".
( VI )
Quale eredità
ci ha lasciato oggi colui che nel 1962 è stato
richiamato dalla sua vita terrena? Una nuova setta? Un movimento? – Un uomo con
la sua predisposizione di vita e la sua profondità religiosa non avrebbe potuto servire una setta, meno ancora fondarne una.
Certamente la forza delle rivelazioni lorberiane possono aver agito fortemente nella vita di Riehle, ma non lo si può associare semplicemente come
membro del movimento religioso che si è formato nell’ambito degli scritti di
Jakob Lorber e che, già da parte loro, respingono con
buoni motivi di essere una setta. Intorno a Riehle,
come conseguenza del suo operare al tempo della sua vita, sorse un movimento
religioso autonomo che aveva un forte carattere ecumenico. In questo si
ritrovavano cristiani di tutte le confessioni, ma egli non ebbe mai la volontà
di organizzare questo movimento, ben sapendo che il meglio che aveva da dare
non si poteva ottenere né curare oltre sulla via dell’organizzazione. Perciò lo
spirito di Georg Riehle continua a vivere ancora oggi
soltanto in piccoli gruppi e circoli spirituali, nel rispettivo silenzio. Essi
si trovano tuttavia prevalentemente in tutti i paesi di lingua tedesca, e si
estendono fin negli Stati Uniti.
Ciò che di lui
rimane vivente, inconfondibile e, nello stesso tempo, scuote, è l’immagine di
un seguace di Cristo che, annunciando la Parola e donando se stesso, ha vissuto
d’esempio ed ha chiamato a questa i suoi fratelli e
sorelle.
Ciò
che rimane è la stessa impressione che nell’anno 1937 costrinse il corrispondente
dell’Elbe-Zeitung a paragonare le ore di
raccoglimento in Politz a un’assemblea dei primi cristiani.
Chi si approfondisce nel tesoro spirituale che Georg ci ha lasciato, comprende
inoltre che la sua completa dedizione della vita lo ha
anche introdotto ad intendimenti straordinariamente profondi e ad una grande
visione complessiva della vita. Non volle certamente mai essere un maestro di
sapienza; egli ammoniva a tendere ad aver più sapienza di quanto ognuno
necessiti per il proprio servizio verso il prossimo. Spesso ripeteva: "Lo Spirito può essere compreso solo
dallo spirito, e la vita solo da quella vita che sta
sullo stesso gradino".
K. Lillich
* * *
Ancora oggi, a distanza di più di mezzo secolo, è molto
facile comprendere il calore e l’amore di Georg per il Signore, così come si deduce
dal suo appello: "Questo Gesù,
questo meraviglioso Uomo, questo sommo Amore, non ci abbandona mai, e noi, nel nostro
tempo attuale dove è rigettato da tanti, possiamo essere un baluardo per il Suo
santo Amore!"
L’editore
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