Rivelazioni

nel 1846/1847 al mistico e profeta

Jakob lorber

 

 

 

prima parte

 

LA  TERRA  NATURALE

 

 

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In questa prima parte vengono spiegate le caratteristiche fisiche del nostro pianeta Terra, che nessuno scienziato potrà mai neppure ipotizzare senza una guida spirituale. Essa ha un cuore tellurico, un fegato, un polmone, una milza, un rene ecc. come un corpo organico animale ma che implica immense forze ed una la colossale massa. Anche la rotazione del pianeta, così come l’alta e della bassa marea, l’essenza dei vulcani, le cause dei terremoti, degli uragani, delle trombe d’aria, o le aurore boreali, così come le meteore sono spiegate con una sapienza che denotano sempre una perfezione che solo un dio poteva avere nel creare sempre con amore. Tra le curiosità può destare interesse la spiegazione dell’estinzione dei dinosauri, dell’origine dei profumi e del vero significato di maschio e femmina.

 

 

Titolo originale: “ERD UND MOND

 

Casa Editrice del testo originale: LORBER VERLAG - Bietigheim - Germania

Copyright © by Lorber Verlag

 

Testo in italiano - Copyright © by Associazione Jakob Lorber

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber

e.V., D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.

Traduzione di Salvatore Piacentini (1925)

ISBN 978-88-95947-08-2

Il testo in PDF può essere scaricato sul sito: www.jakoblorber.it   in questa pagina: Libri in PDF

 

Questa edizione in *.html è a cura di: “Amici della nuova Luce

 

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Cap. 1

Il centro di gravità e il centro della massa della Terra

Graz, 28 dicembre 1846

Scrivente: Ans. H. (secondo il dettato del Signore a Jakob Lorber)

1. Se voi esaminate con spirito e con un occhio indagatore un corpo, comunque esso sia costituito, non tarderete ad accorgervi con tutta facilità che gli elementi che contribuiscono a caratterizzare il corpo stesso sono tre: in primo luogo il suo aspetto esteriore, vale a dire la sua forma con tutte gli attributi naturali, i quali sarebbero la mole, la superficie in tutta la sua estensione e la colorazione di tutte le superfici; in secondo luogo voi osserverete che il corpo ha necessariamente un certo volume, che ha un qualche diametro misurabile secondo la lunghezza, la larghezza e lo spessore, e inoltre che, a seconda del come esso è costituito, rivela anche l’esistenza di un peso o di una tendenza a gravitare verso una qualche direzione.

2. Se voi, per esempio, osservate una pietra o anche una qualche altra massa, non importa se regolare od irregolare, non vi potrà sfuggire che il suo centro di gravità non si manifesta ugualmente in tutte le sue parti; questo fatto voi potete constatarlo nel modo più facile prendendo un pezzo di legno di forma irregolare e posandolo sull’acqua, ed esso s’immergerà maggiormente laddove si trova il suo centro di gravità. Questo sarebbe dunque il secondo punto facilmente constatabile da chiunque in qualsiasi oggetto.

3. La terza caratteristica principale in un corpo è il suo vero centro, il quale però non va mai scambiato con il centro di gravità di un corpo; e così ciascun corpo ha due centri: quello di gravità e quello della sua massa. Potete esaminare con cura qualsiasi corpo, qualunque possa esserne la forma, il volume e la qualità della materia che lo compone, e non troverete mai che il centro di gravità e quello della massa vengano a cadere perfettamente nel medesimo punto; nemmeno in una sfera di metallo matematicamente perfetta e fusa secondo tutte le regole dell’arte, e ciò per la ragione che assolutamente nessun corpo è composto di parti tanto perfettamente uguali da far sì che il centro di gravità e il vero punto centrale della massa possano coincidere in un unico punto.

4. Prendete ad esempio una verga d’acciaio purissimo, uno dei metalli più compatti, e spezzatela; se poi osservate la frattura, riconoscerete facilmente la struttura cristallina del metallo, che ad occhio nudo apparirà certamente di una uniformità sorprendente, ma se invece viene esaminata al microscopio, essa assumerà l’aspetto che può avere il terreno sottostante per chi si trovi in cima a un’alta montagna, aspetto cioè ricco di gibbosità e disuguaglianze di ogni specie. Se dunque una tale differenza esiste già nella struttura cristallina di un corpo metallico fra i più compatti, quanto maggiore non sarà questa differenza nei corpi di gran lunga meno compatti, nei quali le irregolarità della struttura si rivelano spesso facilmente già ad occhio nudo. Ecco perciò che vi viene ancor più confermato il principio enunciato prima, e cioè: il centro di gravità e il centro della massa in un corpo non possono assolutamente mai coincidere matematicamente!

5. La validità di questo principio può essere facilmente constatata anche da chiunque voglia costruire una bilancia. Si costruisca con un metallo di densità il più uniforme possibile un bilanciere perfetto e matematicamente simmetrico, lo si collochi poi nella rispettiva forchetta, e ci si convincerà che, anche data una simile matematica simmetria, le due braccia, o meglio le due parti del bilanciere, non verranno mai a trovarsi in una posizione perfettamente orizzontale, ma invece l’una sopravanzerà l’altra di un po’, e l’artefice dovrà per l’una o l’altra parte ricorrere all’aiuto della lima o del martello. La causa di ciò va naturalmente ricercata nel principio sopra enunciato.

6. Tuttavia, così come questo rapporto si manifesta in tutti i corpi, così è ugualmente ancora più perfettamente caratteristico a casa in quei corpi che non sono stati forgiati dalla mano dell’uomo, bensì che sono stati formati dalla Mia Potenza nel modo in cui devono esser formati per poter sussistere. Pertanto, il centro di gravità e il centro della massa possono essere considerati coincidenti nello stesso punto tanto poco, quanto difatti è la polarità positiva con la negativa.

7. Voi chiederete certamente: “Come va intesa questa cosa?”. – Ma allora anch’io su questo vi farò anzi un’altra domanda per istruirvi, chiedendovi: “Perché i due poli di un’asta magnetizzata non si trovano nel punto mediano matematico della stessa, bensì per lo più soltanto alle due rispettive estremità?”

8. Perché l’involucro del germe in un seme non si trova nel punto mediano di questo, bensì solitamente è spostato verso uno dei suoi lati, mentre il punto centrale e il suo polo opposto sono situati fuori, per un quarto e fino a tre quarti dell’intera grandezza del seme, dall’involucro del germe?

9. Perché né l’uomo, né alcun animale ha il cuore nel centro della massa del proprio corpo?

10. Vedete, da queste domande illustrative risulta già da sé che il centro di gravità di un corpo è tutt’altra cosa dal centro della sua massa.

11. Se dunque si tratta di svelare il mistero del centro della Terra, allora non s’intende con ciò il centro della sua massa, quanto piuttosto il suo vero centro vitale o di gravità, poiché il voler rivelare qualcosa riguardante il punto centrale della massa terrestre esattamente esaminato, sarebbe assumersi un compito quanto mai ridicolo, cosa della quale ci si può assai facilmente persuadere se si considera il centro di un qualsiasi corpo, e quindi anche quello della Terra, come un puntino ideale che, già giustamente definito secondo i vostri criteri matematici, è una cosa che non ammette né la lunghezza, né l’ampiezza, né lo spessore, neanche il più piccolo diametro possibile, quindi, sicuramente, la cosa più minuscola fra tutte, e voi potete senz’altro credere che già in un microscopico animaluccio, che neppure il più potente microscopio solare è capace di scoprire, dovrebbero sicuramente trovare posto ancora innumerevoli miliardi di simili punti o centri. – Ci si chiede perciò: “Che cosa ci sarebbe da svelare riguardo a questo essere infinitamente piccolo, il quale, ben considerato, scompare nel più assoluto nulla?”. – Ci si dovrebbe limitare a dire: “Il centro della Terra consiste di niente!”, così sarebbe anche già svelato completamente, sia naturalmente che spiritualmente, poiché il nulla, considerato sia dal lato fisico che da quello spirituale, è equivalente; ciò perché, dove non è niente, cessa naturalmente ogni cosa, ed un nulla, tanto dal punto di vista naturale che spirituale, è davvero immaginabile simile soltanto a un punto matematico centrale della massa. È per tale ragione, anche noi non ci occuperemo più oltre di questo punto centrale della Terra, che non ha significato alcuno, e invece dedicheremo la nostra attenzione a quello che ha un’importanza immensa, cioè al centro di gravità della Terra, il quale naturalmente deve essere più voluminoso, e in un corpo così grande come è la Terra deve essere di un’estensione voluminosa significativa, per poter dare alla particolare attività vitale di questa, quale corpo mondiale, il corrispondente effettivo impulso.

12. Io vedo già in voi come nella vostra mente sta sorgendo la domanda: “Che aspetto ha questo Centro di gravità della Terra? Di che cosa è fatto? È un ammasso di diamante, o è forse d’oro puro oppure di ferro, o si tratta addirittura di un’immensa calamita? Oppure, forse è uno spazio colmo nient’altro che di un fuoco inestinguibile ed eterno destinato a servire da dimora ai dannati e che porta l’onorato nome di ‘inferno’, del quale i vulcani sparsi qua e là sulla Terra fungono in certo modo da camini?”

13. Nondimeno, Io vi rispondo che tutto ciò non ha niente a che vedere con il centro di gravità della Terra; esattamente come cose simili, considerate fisicamente, non hanno niente a che fare con il cuore di un essere umano. Il cuore non è diamante, né è oro, né è ferro o calamita, e tanto meno è una cavità colma di fuoco, bensì il cuore, dal punto di vista fisico, è un tessuto cellulare ingegnosissimo dentro il quale l’anima vivente, e in lei lo spirito dell’uomo come un tessitore seduto al suo telaio, svolge la propria attività, e può anche ben svolgerla perché questo telaio, destinato alla formazione della propria vita naturale ed alla temporanea nonché giustamente proporzionata conservazione della stessa, è precisamente così organizzato che, grazie alla sua costruzione perfetta ed opportuna, è atto, tra le mani dell’anima, a produrre tutto quello che è necessario a rappresentare la vita fisica. Se questo telaio è diventato manchevole in qualche punto nella sua costruzione naturale, allora la produzione della vita fisica non procede più in maniera perfetta. Se poi infine esso diventa inadatto ed incapace del tutto al suo lavoro, neanche l’anima può più adoperarlo, e allora è per lei giunto il momento di abbandonare questa macchina resasi ormai inutile.

14. Vedete, la stessa cosa vale per il centro di gravità della Terra. Il ‘come’ sarà l’oggetto delle nostre prossime considerazioni.

 

 

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Cap. 2

Il cuore della Terra

29 dicembre 1846

1. Dunque: “Come si presenta il centro di gravità della Terra?”. – Io vi dissi già sopra che esso ha una costituzione del tutto simile a quella del cuore umano e anche a quella del cuore di qualsiasi altro animale. Questo centro di gravità è quindi ugualmente un grande cuore tellurico proporzionato alla grandezza del corpo terrestre, il quale, esattamente come il cuore dell’uomo, funge da telaio o da officina per la complessa vita organica della Terra.

2. Ma voi domandate: “Quanto potrà essere grande questo cuore?”. – Voi sapete bene che presso di Me, in tutte le cose è fissata la necessaria proporzione, quindi sarà così anche per il cuore della Terra. Com’è grande la Terra, così deve esservi in essa anche un cuore, o centro di gravità, adeguatamente proporzionato, affinché nelle sue innumerevoli celle possa essere generata quella forza sufficiente a spingere tutti i vari umori vitali della Terra nei suoi organi quanto mai estesi e, una volta compiuta la loro funzione nel corpo terrestre, ancora a ri-attrarli a sé per essere nuovamente rafforzati e saturati.

3. Da quanto esposto, risulta dunque che il cuore della Terra deve essere abbastanza grande; tuttavia la sua grandezza non può essere stabilita in misura precisa, per la ragione che questo cuore tellurico, secondo la necessità, ora si amplia notevolmente, ora si restringe anche notevolmente. In tal modo, almeno con un termine medio, si può valutare lo spazio occupato da questo centro di gravità come avente un diametro di cento miglia, il quale, per altro, può dilatarsi fino a duecento miglia, e viceversa, può anche restringersi fino a cinquanta miglia.

4. Ma in che cosa consiste questo cosiddetto ‘cuore della Terra’?

5. Questo cuore tellurico non consiste tanto di una qualche materia com’è il caso del cuore di un animale oppure di un uomo, quanto piuttosto in una forza sostanziale che si muove ed agisce in un organo solido adatto allo scopo, e che mediante questa azione, esercita la sua influenza in tutto il rimanente organismo del corpo terrestre.

6. A questo punto qualcuno penserà e dirà: “Se questo organo è solido e per conseguenza duro, come può esso dilatarsi e come può, nel corso dei secoli, servire da indistruttibile punto d’appoggio a un’altra forza sostanziale, senza risentire esso stesso dei danni nelle sue innumerevoli parti?”

7. Miei cari, a ciò si è già provvisto. Anche le ossa nei corpi animali sono degli organi solidi; i diversi umori e il sangue vengono spinti continuamente attraverso i molti pori di cui sono munite, eppure resistono per lungo tempo a tutte le possibili azioni e reazioni della forza. Tutto dipende unicamente da un certo tipo di materia solida, e questa può esser sempre abbastanza resistente da far fronte a qualsiasi manifestazione di forza che si sviluppa in essa.

8. Considerate un po’, per esempio, la materia componente i visceri animali; con quanta frequenza e con quale violenza viene adoperata questa materia, e tuttavia, quantunque all’apparenza molto debole, essa dura intatta per un determinato tempo, sfidando l’azione di quelle considerevoli forze. Se voi oltre a ciò fate attenzione agli organi molto più delicati degli uccelli, nei quali perfino le pietruzze vengono tritate e digerite, deve pure risultarvi più chiaro come tutto dipenda unicamente da una certa proprietà speciale della materia, che in alcuni casi è costituita con solidità sufficiente da permettere l’azione delle forze che si sviluppano in essa senza che gliene derivi un danno.

9. Ma se già questa materia più delicata viene resa da Me adatta da rappresentare una base sufficientemente solida per le forze in essa agenti, quanto più, e meglio, Mi sarà possibile costruire nella Terra un organo solido composto di una materia talmente resistente, che le forze dell’interno della Terra agenti con estrema violenza non possano per milioni di anni nuocere per niente o pochissimo.

10. Se voi foste dei costruttori, diteMi: “Che solidità dovrebbe avere (la materia), una volta destinata a portare un monte come il Grossglockner[1]?”. – Un’opera simile voi non potreste portarla a compimento; Io, invece, nella Mia qualità di Maestro in tutte le cose, ho già stabilito dappertutto le debite proporzioni in modo che tutti i punti di sostegno siano solidi a sufficienza, durevoli e atti a portare con la massima facilità tutti i carichi che vengono a gravare su di essi; dunque, ciò si verifica pure nell’organo destinato ad essere il campo d’azione della potenza del cuore sostanziale della Terra.

11. Già spesso voi avrete udito parlare di un certo metallo che si trova nelle regioni settentrionali del vostro pianeta, e al quale è stato dato il nome di platino. Ebbene, questo metallo ha già qualche affinità con la materia che funge da organo della forza centrale agente nella Terra, ma non dovete pensare che il metallo in questione sia di una materia identica a quella dell’organo in questione. In generale non dovete raffigurarvi l’interno della Terra dello stesso materiale che essa mostra sulla sua superficie, poiché questa non è che un’epidermide esteriore ed insensibile della Terra, mentre l’interno del corpo terrestre sta alla crosta esteriore ed insensibile, nell’identico rapporto della carne e del sangue rispetto all’epidermide esteriore in un corpo animale, e per conseguenza, riguardo alla materia interiore della Terra, Io non posso dirvi in maniera intelligibile altro che questo:

12. “Questa materia è una specie di carne, di sangue e ossa. Questo materiale dell’animale tellurico che compone il corpo terrestre non va tuttavia considerato come qualcosa di simile o di omogeneo al corrispondente materiale in un corpo animale; quanto invece, esso è caratteristicamente soltanto carne, sangue e ossa terrestri”.

13. Il tentare di fornirvi spiegazioni più precise in proposito, dal punto di vista materiale, sarebbe una fatica vana, poiché non vi è assolutamente possibile recarvi corporeamente sul posto per convincervi della verità di quanto vi dico; riguardo dunque alla qualità della materia costituente l’interno della Terra è bene che vi accontentiate di quello che avete or ora appreso. Del resto, nella rappresentazione spirituale della Terra (nella 2° parte), tutto ciò vi verrà reso ad ogni modo più chiaro.

14. Dunque, ora abbiamo solo un’altra domanda: “In quale parte del corpo terrestre si trova veramente questo centro di gravità?”

15. La risposta importantissima a una tale domanda formerà l’oggetto delle nostre prossime considerazioni.

 

 

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Cap. 3

Posizione e mutabilità del cuore della Terra

31 dicembre 1846

1. Dunque: “Dove si trova questo centro di gravità, ovvero il cuore della Terra?”. – Nel mezzo del corpo terrestre no, come già vi fu indicato in precedenza, dandovi in parte la spiegazione del perché non può essere così; questa spiegazione verrà a tempo e luogo debito ancora maggiormente chiarita. Certamente, a tal proposito, la cosa più semplice e spiccia sarebbe quella di poter indicare quale sede permanente del centro di gravità della Terra il suo punto centrale, vale a dire il centro della sua massa, poiché questo è obbligato a tenere per tutti i tempi un posto ben fisso, dato che, finché la Terra resta quella che è, invariata nella forma, grandezza e costruzione, deve pure rimanere invariato il punto centrale della sua massa.

2. Ma questo non è affatto il caso del centro di gravità terrestre, e di esso non si può affatto dire che si trova qui o là, bensì il suo posto è ora qui ora là. La sua posizione può essere soggetta a cambiamenti molto considerevoli. Di certo la disposizione interna del corpo terrestre è tale che, grazie ad essa, il centro di gravità può situarsi ed essere attivo tanto nell’emisfero settentrionale, quanto all’occorrenza, in quello meridionale, però non si può neppure lontanamente pensare alla stabilizzazione di un punto fisso di questa sostanza agente, attraverso la quale viene condizionato il centro di gravità della Terra.

3. Che un simile centro di gravità, cui incombe la vivificazione di una materia, si renda manifesto non solo nel corpo terrestre, ma anche in altri corpi sulla superficie della Terra a modo suo, voi lo potreste rilevare molto facilmente già in numerosissime piante, ad esempio negli alberi, negli arbusti e in tutti gli altri svariatissimi esseri del regno vegetale.

4. Se osservate un albero, non avrete difficoltà ad accorgervi che il suo sviluppo, come pure la sua produttività, inclina ora da una parte ora dall’altra. Quest’anno si svilupperà rigoglioso dal lato nord, mentre dal lato sud risulterà più debole; invece in un prossimo anno voi riscontrerete nel medesimo albero una notevole inversione della polarità; il suo lato sud sarà prospero, mentre il suo lato nord sarà atrofizzato. Così pure, ora da un lato ora da un altro, potrete constatare la presenza di un maggiore o minor numero di rami secchi, nonché un prematuro o un tardivo avvizzirsi delle foglie nella stagione autunnale.

5. Vedete, questo e una quantità ancora di altri fenomeni simili in un albero, hanno tutti una medesima causa, e cioè la posizione sempre mutevole del centro di gravità vivificante e della vera e propria polarità positiva animatrice. L’identico caso si verifica naturalmente anche in altri vegetali e piante.

6. Voi di certo sarete indotti a domandare: “Perché nei corpi, questo vivificante centro di gravità è soggetto a tali cambiamenti?”

7. La ragione del fenomeno è molto profonda, poiché, se la materia fosse fine a se stessa, questo centro di gravità polare potrebbe anche essere situato in modo che la materia debba restare per sempre identica a come è. L’albero di mele resterebbe un melo per l’eternità, e del pari ogni altra cosa rimarrebbe per sempre tale quale è ora; tuttavia, in questo caso né al melo né a nessun altra pianta in generale andrebbe molto meglio che a un diamante, perché quando in un corpo questa polarità viene continuamente fissata, così da formare con il punto centrale della massa quasi una cosa sola, tanto più solido e durevole diventa certamente il corpo stesso; ma allora esso, appunto a motivo di questa sua fissazione, non è più atto a niente altro che appunto alla propria immutabile continuità di esistenza, e se si verificasse tale fatto per quanto concerne la nutrizione degli esseri viventi su di un corpo terrestre, le prospettive risulterebbero terribilmente magre, poiché essi per nutrirsi sarebbero costretti a raccogliere la frutta unicamente da alberi e da altre simili piante di diamante, per non parlare poi della dimora quanto mai aspra e dura, che certamente offrirebbe un simile pianeta adamantino.

8. Dopo una simile spiegazione, a ciascuno risulterà chiaro per quali ragioni questo centro di gravità vivificante polare non possa essere racchiuso in un posto fisso, ma debba esser suscettibile di spostamento, così come il sangue negli animali, nonché nell’uomo, rappresenta qualcosa di simile a questo centro di gravità. Il dotare un essere vivente qualsiasi di sangue immoto, o peggio ancora di un cuore rigidamente fissato, significherebbe certamente rendergli un pessimo servizio. Tuttavia nei corpi animali che hanno un proprio libero movimento, al cuore, come tale, può già essere concessa una stabilità più precisa, poiché il movimento libero di un corpo animale, come pure dell’uomo, provoca già di per sé ogni tipo di reazioni, ciò che, come è facilmente comprensibile, non si può assolutamente immaginare in quei corpi che non hanno alcuna libertà di movimento. In questi, per conseguenza, le svariate reazioni necessarie devono essere provocate dal continuo cambiamento di posizione del centro di gravità polare.

9. Ne consegue che l’animale, come pure l’uomo, i quali fanno del movimento, hanno in sé un posto più stabile per il loro centro di gravità vitale, cioè il cuore. Mentre nei corpi che non sono capaci di muoversi liberamente, il centro di gravità vitale deve in un certo modo compiere al loro interno dei percorsi, al fine di provocare le opportune reazioni in tutte le parti del corpo stesso.

10. Da questa esposizione facilmente comprensibile, ognuno che sia puro di spirito anche per poco, non avrà difficoltà a convincersi che lo stabilire con precisione dove sia il centro di gravità terrestre sarebbe cosa non solo impossibile, ma addirittura assurda e pazza. Per il momento attuale ed eventualmente per il prossimo anno (1846/1847), si può dire approssimativamente solo questo con una più o meno probabilità di stare nel vero: questo centro di gravità si trova all’incirca nella regione sotto l’Islanda e sotto una parte della Norvegia, della Svezia e della Lapponia! Ciò non di meno la sua attività è così grande, che può estendere in un certo qual modo la sua pulsazione variando fin sotto la Kamtschatka ed anche in direzione sud fin nella regione sotto il mare Mediterraneo.

11. Un fenomeno simile si può constatare osservando, per mezzo di un microscopio, la circolazione degli umori vitali in un animaletto certamente alquanto sudicio, cioè in un pidocchio. È naturale che ciò va considerato solo come una vaga analogia in proporzioni ridottissime, giacché, riguardo all’instabilità del centro di gravità vitale, gli esseri che si trovano sui gradini più bassi della vita animale hanno ancora la massima somiglianza con quei corpi che non sono dotati di libero movimento.

12. Per ora, vi sia sufficiente solo questo riguardo alla posizione del centro di gravità terrestre. In una prossima occasione scruteremo le ulteriori ragioni di un tale mobilità della polarità, in quei corpi che non hanno libertà di movimento.

 

 

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Cap. 4

Dell’essenza della materia e dei suoi spiriti fondamentali

2 gennaio 1847

1. È già stato detto in precedenza che l’immobilità non può essere considerata quale scopo dell’esistenza della materia.

2. Che questa asserzione corrisponda a verità, ciascuno lo può constatare con facilità considerando il continuo prodursi e dissolversi della medesima materia. Il fogliame che a primavera comincia ad ornare l’albero, cade durante l’autunno, e con la nuova primavera sotto gli alberi non resta più che pochi rimasugli delle foglie precedentemente cadute; tutt’al più qualche singolo scheletro di foglie che, come tale, svanirà anch’esso prima che il prossimo autunno sia giunto. Così avviene dell’erba e della frutta degli alberi; cionondimeno, non soltanto questi esseri del regno vegetale sorgono e scompaiono, ma anche i minerali e soprattutto gli animali di ogni specie. Montagne, le cui vette s’innalzavano un paio di migliaia di anni or sono oltre le più alte regioni delle nuvole, si trovano oggigiorno ridotte a meno della metà della loro altezza originale, poiché l’infuriare dei venti e la forza dissolvente del fulmine e dei ghiacci, hanno disperso come polvere quelle superbe cime, e tutt’al più qualche blocco frantumato di roccia rimane ancora a sciogliersi lentamente in un profondo burrone, mentre qualche frana di poco conto deve rassegnarsi al suo destino di essere gradatamente disgregata e annientata per l’influsso della pioggia, del vento e dell’elettricità sui sabbiosi pascoli alpini. Ora, tutto ciò è una conseguenza del cambiamento operatosi nel centro di gravità della materia.

3. Sul corpo terrestre vivevano un tempo animali enormi, e così pure vi erano foreste primitive ricche di alberi giganteschi; dov’è ora tutto ciò? Dove sono i mammut? Dov’è uno di quegli alberi che superavano i mille anni di vita e che da solo avrebbe potuto fornire più legname che non un intero bosco di 100 jugeri al giorno d’oggi? Giunsero i flutti e si riversarono seppellendo profondamente tutti questi esseri dentro la crosta terrestre, annientando così un’intera generazione; anzi, meglio, mille generazioni di piante e di animali, e niente di tutto ciò si affaccia più sulla superficie della Terra.

4. Di questi animali viene trovato qua e là soltanto qualche osso pietrificato che gli uomini raccolgono e conservano nei musei di storia naturale che hanno costruito, in attesa che un incendio, intaccando ancora gli ultimi resti dei punti di gravità in tali residui ossei di animali giganteschi delle epoche primordiali, finisca di ridurli a quella materia polverosa, il cui termine assoluto dell’esistenza viene di solito decretato dalle lavandaie, cioè di quella cenere che rappresenta l’ultimo, quanto mai tenue, rimasuglio di ogni materia.

5. Nulla di particolare occorre dire riguardo al finale annientamento di questi alberi del mondo primitivo, i cui resti s’incontrano molto spesso ancora oggi sotto forma di carbone fossile, giacché tutte le invenzioni del tempo moderno basate sul fuoco e sul vapore, entro un periodo tutt’altro che lungo, li avranno estratti dalla crosta terrestre e consumati fino agli ultimi resti. Così la moderna industria degli uomini manda a compimento, con il fuoco e con il vapore, quest’ultima opera di distruzione degli ultimi rimasugli delle immense foreste che in un’epoca molto lontana coprivano la superficie della Terra. E in questo modo il fuoco modifica ancora l’ultimo centro di gravità di questa materia; ed ecco, di essa non resta più, altro, che un po’ di cenere, la quale, sparsa sui campi e sui prati, finisce, al massimo nel giro di un anno, con l’essere nuovamente e completamente dissolta nell’aria per azione della pioggia e dell’elettricità, e così dunque anche un simile albero che una volta ricopriva più di cento jugeri di terreno, nei suoi ultimi resti trova la fine completa della propria esistenza materiale.

6. Ma qualcuno dirà: “È veramente triste che ogni esistenza debba muovere incontro a un determinato annientamento!”

7. Io invece vi dico che la cosa non è affatto triste, perché la materia è in sé, morte, così come la carne è peccato attraverso la morte.

8. Dovrebbero dunque la morte e il peccato durare per sempre? Io ritengo che sia decisamente meglio lasciar perire ogni materia e ogni carne, e sia meglio liberare dalla materia la vita prigioniera della morte, piuttosto che sostenere la materia e lasciare infine trapassare ogni libera vita nella morte della materia. Ciò che ovviamente non può mai essere nelle Mie intenzioni, poiché Io stesso, quale eterna ed onnipotente Forza e Potenza originaria di ogni forza e potenza, sono appunto la Vita stessa nel più vero ed assoluto senso della parola, e per tale ragione la Mia attività non può mirare mai alla morte, bensì alla Vita soltanto!

9. Considerato dunque che la materia non è che un mezzo per giungere all’organizzazione e alla liberazione della vita libera, è impossibile che fra gli scopi della materia vi sia il suo immutato perdurare. Perciò essa dura il tempo necessario per giungere a un dato scopo, ma quando tramite questa, un grande scopo vitale è stato raggiunto, essa nuovamente svanisce come se non fosse mai esistita.

10. In generale, come voi già sapete, la materia non è altro che una manifestazione opportuna della Mia Volontà fissata fuor da Me stesso.

11. Pertanto, da tutto ciò risulta pure, che nello stesso modo in cui fu fissata, essa può anche essere disciolta.

12. Ora è appunto questa fissazione che costituisce il centro di gravità principale della materia, ovvero il suo principio animatore e conservatore; ma quando questo viene sottratto da un qualche corpo materiale, allora la materia svanisce completamente.

13. Tuttavia, affinché tali apparizioni e sparizioni non avvengano in maniera troppo repentina dinanzi agli occhi degli uomini, Io non realizzo mai che il summenzionato principio della Mia Volontà si ritiri e neppure si affermi in un punto tanto improvvisamente, da chiamare d’un tratto all’esistenza una cosa, oppure, viceversa, tale da farla svanire altrettanto di sorpresa. Certamente, in questo modo ciò che procede più a rilento di tutto è il divenire e lo svanire dei grandi corpi mondiali, ma il perché, voi ormai potete facilmente spiegarvelo. E così è precisamente anche il caso della Terra, nella quale il centro di gravità che l’anima viene gradatamente ristretto, e così procederà sempre oltre fino alla condivisione della sorte di ogni materia.

14. Ecco che ora noi abbiamo conosciuto il più accuratamente possibile lo scopo della variazione del centro di gravità della materia, come pure conosciamo le ragioni della caducità della stessa, e inoltre sappiamo in cosa consiste propriamente il principio fondamentale del suo centro di gravità.

15. Tuttavia, Mi accorgo pure che voi bramereste conoscere come potrebbe essere raffigurata in certo qual modo l’essenza di questo principio; anche questo vi sarà mostrato qui.

16. Se all’occhio materiale gli fosse possibile penetrare in quei misteriosi recessi, questo centro di gravità agente nel corpo della Terra si presenterebbe come un fuoco, il quale con una velocità per voi incredibile si sprigiona come fasci di fulmini negli organi della Terra adatti allo scopo, e con ciò provoca in tutte le parti del corpo terrestre delle reazioni che sono necessarie alla sua conservazione.

17. Nondimeno, se voi poteste contemplare questo fuoco con gli occhi dello spirito, vi scoprireste un innumerevole esercito di spiriti, che proprio la Mia Volontà trattiene ed incita a quella determinata ed opportuna attività.

18. Questi sono gli spiriti primitivi relegati allo scopo di produrre l’attività vivificante della materia che li circonda, attraverso la quale, nella giusta misura del tempo, essi stessi possono finalmente salire sempre più in alto, e poi passare gradatamente, rivestiti di materia più leggera, alla libera e perfetta vita.

19. Questa specie di spiriti, che all’occhio materiale si rivelano come un fuoco, costituiscono quindi il centro di gravità attivo e vivificante di tutta la materia.

20. Come però siano incitati ad un’opportuna attività anche gli innumerevoli centri di gravità secondari della Terra tramite questo centro di gravità attraverso i diversi strati del corpo terrestre, cioè attraverso le sue ossa, le interiora, la carne e il sangue, questa è cosa che noi esamineremo più da vicino alla prossima occasione.

 

 

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Cap. 5

La costituzione interna della Terra

4 gennaio 1847

1. Se osservate il corpo di un animale di qualunque specie, pur senza aver studiato l’anatomia del mondo animale-materiale potrete osservare e capire con facilità che il sangue, ovvero gli umori vitali, scorrono dentro tutte le vene e i vasi di quel corpo, esattamente come scorrono attraverso il reale cuore dell’animale, e che in ogni parte del corpo la spinta, ovvero la pulsazione, si manifesta nell’istante stesso in cui essa avviene nel cuore propriamente detto; ora è facile constatare che, a questo scopo, in un corpo animale non c’è bisogno che ci sia più d’una forza agente, la qual unica forza è sufficiente per innumerevoli vene o vasi.

2. Non diversamente è il caso del cuore tellurico. Per mezzo della sua spinta o pulsazione, che si ripete di sei ore in sei ore, tutti i più svariati succhi che tengono stabile l’interno della Terra vengono fatti affluire in tutte la parti del corpo terrestre, e non c’è bisogno di una seconda, quarta o quinta forza di altro genere; quindi tutti i fenomeni aventi parte nel processo vitale del corpo terrestre, dipendono tutti da quest’unica forza agente.

3. Flusso e riflusso, come pure altri simili fenomeni di dilatazione della crosta terrestre esteriore, e i venti che vengono generati, hanno tutti qui la loro origine, poiché a questo cuore tellurico è contemporaneamente affidato il compito che nei corpi animali è riservato ai polmoni, da cui poi risulta la spiegazione del fatto che il dilatarsi e il successivo contrarsi, sia regolare che irregolare del corpo terrestre, abbiano in ciò la loro sola ed unica causa.

4. Però, allo scopo di comprendere tanto più intimamente quello che in generale è stato detto finora, sarà dunque necessario gettare per quanto possibile un breve sguardo alla costituzione interna della Terra, al fine di giungere, con queste immagini, alla visione di come gli innumerevoli centri di gravità secondari, sia nel corpo terrestre stesso come nei corpi animali, siano soggetti alla medesima forza d’impulso grazie all’unico centro di gravità principale.

5. Dunque: “Che aspetto ha la struttura interna della Terra?”

6. Per farsi un’idea un po’ più profonda della cosa, è necessario anzitutto comprendere bene come non soltanto la Terra, ma perfino ogni pianta e ogni frutto, come pure ogni animale, e finalmente l’uomo stesso, siano costituiti, per quanto riguarda il corpo, in certo modo da tre corpi.

7. Esaminiamo un albero: “Qual è la prima cosa che cade sott’occhio?”. – È la corteccia, la quale in sé, nuovamente, si suddivide nella corteccia esteriore, morta, e in quella interiore, viva, chiamata anche alburno (o durame); tutto ciò costituisce il primo albero. Il secondo albero, del tutto differente dal primo, è quello che si conosce come legno solido, il quale è formato da una serie innumerevole di sottilissimi canali posti l’uno accanto all’altro in ordine perfetto. Questo è il secondo albero. Il terzo albero, il più interiore di tutti, è il midollo, formato di solito da un fascio di canali più larghi, completamente riempito da un tessuto cellulare spugnoso, dove le celle anzitutto succhiano gli umori dal terreno, li depurano, e poi li spingono in tutti gli innumerevoli organi dell’altro albero usando la propria forza di estensione e di compressione.

8. Così voi abbiamo visto come in un albero ne appaiono tre.

9. Osserviamo ora il frutto di un albero. Qual è la cosa che per prima si offre alla vista quando si esamina per esempio una noce, una castagna, una ghianda o in generale un frutto qualunque? La prima è la buccia, che come la corteccia dell’albero si suddivide in due strati; poi segue il guscio di protezione che comunemente è la parte solida del frutto, e proprio dietro a questo guscio si trova la terza e principale parte del frutto nella quale sta e opera veramente il cuore, ovvero l’involucro del germe.

10. E adesso passiamo ad esaminare un animale. Quello che anzitutto in un animale può essere scorto da ognuno è la pelle, che rappresenta per così dire il primo animale, e che, se trattata secondo l’arte degli imbalsamatori, può raffigurare l’animale tutto intero. Internamente alla pelle, che spesso è di molti strati, c’è un complesso di ossa strettamente unito ad una massa muscolosa e in parte cartilaginea, come la crosta dura in una noce o come la scatola cranica in una testa di animale. Dentro questo secondo animale ci sono le interiora, come ad esempio i polmoni, il fegato, la milza, gli intestini e infine dentro questa parte più nobile dell’animale si trova il cuore stesso producente la vita; tutto ciò concorre appunto a formare il terzo animale, mediante il quale i due animali più esteriori ricevono nutrimento e vita per mezzo di innumerevoli organi, canali e vasi, i quali, partendo dall’animale interiore, passano e si diramano nei due animali esteriori.

11. L’identico rapporto voi potete constatarlo nella struttura del vostro corpo stesso. Ma se volete ancora meglio persuadervi della cosa, prendete un uovo e troverete la medesima cosa; a dirla breve, voi potete esaminare una qualsivoglia pianta, oppure i sui frutti e i semi a vostro piacimento, o anche potete esaminare come credete, individuo per individuo, tutto il regno animale, e troverete sempre dappertutto lo stesso rapporto.

12. Ma perché dunque tale rapporto è sempre costante? – La risposta è molto facile, e da essa risulta pure quella ragione visibile per cui i figli somigliano ai genitori, e i frutti ai semi fuor dai quali essi risorgono poi come semi a loro volta; il frumento per esempio è un seme, il quale, sparso nel terreno, riproduce come frutto nuovamente dei grani del tutto simili ad esso. Dunque, tutti gli esseri corporei organici più o meno animati sulla superficie della Terra portano l’impronta tipica del corpo terrestre stesso.

13. Anche nel corpo della Terra la parte esteriore è in certo modo una corteccia morta, sotto la quale si cela un’altra corteccia già viva e sensibile. Ora, vi faccio un paragone: come la corteccia di un albero, quantunque talvolta piena di screpolature, non è tuttavia mai tanto morta da non poter offrire nutrimento bastante alla pianticella di muschio che cresce su di essa, o come l’epidermide esteriore degli animali non è neppure essa mai tanto morta che innumerevoli peli e peluzzi e spesso anche dei piccoli parassiti non vi possano trovare il loro sufficiente alimento, così del pari è anche la crosta esteriore della Terra, la quale solo in certe circostanze appare morta, o meglio insensibile, ma non è tanto morta poiché per mezzo di essa tutte le numerosissime piante e animali possono trovarvi il nutrimento a loro confacente.

14. Internamente a questa crosta terrestre esteriore dello spessore di circa venti miglia tedesche[2], in qualche punto certamente anche meno spessa, comincia la seconda Terra; questa è la parte veramente solida del corpo terrestre, certo non dappertutto ugualmente solida, ma ciò nonostante in ogni suo punto abbastanza robusta e resistente da sostenere con la più grande facilità il peso della crosta terrestre esteriore che su di essa grava.

15. Dentro questa seconda Terra si trova finalmente la vera parte viva del corpo terrestre, ossia le viscere, fra le quali sta propriamente il cuore del corpo terrestre.

16. Come queste tre terre si trovino unite assieme l’una con l’altra e come attraverso di esse agisca l’impulso cardiaco interiore, tutto ciò sarà oggetto delle nostre prossime considerazioni.

 

 

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Cap. 6

Dei punti di gravità e degli umori della Terra

5 gennaio 1847

1. Se i vostri occhi avessero normalmente la potenza visiva che avrebbero se fossero armati di un forte microscopio, e se poteste scrutare internamente un tronco d’albero dal midollo alla corteccia e così pure dalle più basse fibrille della radice fino agli estremi ramoscelli delle gemme, voi vi scoprireste oltre ai canali che salgono dal basso all’alto provvisti di innumerevoli pompe e valvole di chiusura e d’apertura, anche una quantità di organi trasversali più piccoli, i quali, partendo dal midollo, si spingono insinuandosi nelle più svariate volute e sinuosità fino alla corteccia esteriore, e che dove vanno ad intersecare uno dei canali in salita, sono muniti di una apertura elastica a valvola. Tutte queste pompe, chiusure e valvole sono in certo qual modo altrettanti centri di gravità particolari, per mezzo dei quali il principio vitale viene distribuito in tutto l’albero, e tutti i canali principali che salgono, vale a dire i tre alberi a voi già noti, sono congiunti tra di loro mediante i suddetti canali sottili trasversali che si estendono dal midollo fino alla corteccia. È per mezzo di questi che poi, il fondamentale principio vitale dell’albero, o per così dire il suo stesso cuore, opera ed agisce in tutte le parti dell’albero stesso.

2. Già prima abbiamo accennato una volta che accanto al centro di gravità principale esistono nella materia ancora un gran numero di centri di gravità secondari, ma che tuttavia il ‘dove’ sarebbe stato oggetto di una più precisa spiegazione per il futuro. Ed appunto ora è il momento opportuno e buono in cui questo ‘dove’ dei centri di gravità secondari può essere determinato in maniera molto evidente. Questo noi lo sappiamo già da questa comunicazione, cioè che il centro di gravità nella materia organica è il vero centro operante che vivifica la materia stessa. Ma se questo è incontestabile, oltre a ciò c’è anche un piccolo centro di gravità ovvero d’azione secondario in ciascun punto della materia, dove appunto gli organi trasversali summenzionati attraversano in certo qual modo gli organi che salgono, e in questi, precisamente nel punto d’intersezione, esercitano un’azione speciale. Tutto ciò qualcuno potrà raffigurarselo anche ricorrendo ad altri mezzi.

3. Per esempio, si collochi un pezzo di legno trasversalmente su di un altro legno, e allora senza alcun dubbio si potrà constatare nel punto di contatto dei due legni un effetto facilmente percettibile, cioè, che il pezzo che si trova al disotto avrà congiunto nel momento del contatto il proprio peso a quello del legno che gli è di sopra. Se ora qualcuno volesse sollevare il legno che giace disotto, avrà a che fare non solo con il peso di questo, ma anche con quello del legno che gli giace trasversalmente di sopra; da questo esempio risulta chiaro ed evidente che questo nuovo punto di contatto ha palesemente provocato una variazione nel peso del legno sottostante e con ciò ha prodotto un nuovo punto di gravità. Se il legno soprastante e trasversale viene fissato a quello sottostante, sia mediante una funicella sia per mezzo di chiodi, ambedue i pezzi cambieranno la loro particolare gravità, perché allora ognuno dei due pezzi assumerà il peso dell’altro, appunto mediante il contatto stabilito fra loro.

4. Da questo esempio potete già formarvi una piccola idea del come certi punti di contatto nella materia influiscono sulla stessa.

5. Nel nostro caso, certamente, non si è trattato che di un cambiamento di peso, ma che ad ogni modo è un cambiamento importante esso pure, perché con ciò i pesi dei due singoli corpi vengono convertiti in un peso potenziato. – E ora passiamo a un altro esempio.

*

6. Immaginatevi una conduttura d’acqua dove due tubi, nei quali l’acqua da un bacino deve essere condotta in due punti diversi, debbano incrociarsi; in questo caso un getto d’acqua deve, per così dire, attraversare l’altro, ma così al punto d’incrocio uno dei due getti risulta d’impedimento all’altro. Al di là di questo punto d’intersezione che costituisce impedimento, l’acqua scorre poi nuovamente per la sua via regolare così come scorreva prima del suo arrivo al punto d’incrocio.

7. Quali fenomeni si manifesteranno in questo punto d’impedimento? Anzitutto le acque dei due tubi si riuniranno vorticosamente, e poi da questo vortice l’acqua mescolata si spingerà nel prolungamento dei due tubi al di là del punto d’incrocio, la qual cosa riuscirebbe ancora più chiara ed evidente se in uno dei tubi scorresse dell’acqua e nell’altro del vino; fino al punto d’incrocio ciascuno potrebbe certamente trarre dall’uno, vino, e dall’altro acqua, ma oltre al detto punto tutti e due i tubi non darebbero che vino annacquato senza differenza alcuna.

8. Vedete, con questo esempio viene già posto in evidenza un effetto molto notevole dovuto a questo punto d’intersezione dei tubi, il quale per conseguenza risulta essere un centro di gravità secondario. Pertanto, qualcosa di simile viene pure provocato nell’albero in quei punti dove i canaletti trasversali vengono ad intersecare quelli che salgono.

9. E poiché abbiamo considerato tale esempio, il quale è più significativo del primo, passeremo ora ad esaminarne ancora un terzo, simile agli altri ma più complesso.

*

10. Raffiguratevi ancora una conduttura d’acqua nella quale dieci o anche più tubi, convergendo a raggiera, venissero a riunirsi in un punto solo. Se in ciascuno di questi tubi scorresse soltanto dell’acqua, questa, dopo un violento moto vorticoso che dovrà manifestarsi nel punto di congiunzione dei tubi, si mescolerebbe e continuerebbe a defluire entro i tubi oltre al detto punto come un liquido misto, cosicché infine ciascuno dei dieci o più tubi servirebbe da condotta a un’acqua, per così dire, di multipla specie.

11. Tuttavia, per rendere il fenomeno ancora con maggiore evidenza, immaginiamo che questi tubi portino al loro inizio ciascuno un tipo di liquido del tutto differente, per esempio l’uno acqua pura, il secondo acqua minerale, il terzo vino, il quarto birra, e così via: latte, aceto, alcool, olio, lisciva e idromele; fino al punto d’intersezione dei tubi, se si potesse aprirli, ognuno vi troverebbe dentro il liquido originale, ma al di là del punto d’intersezione ciascuno dei tubi condurrebbe senza alcun dubbio in sé un’uguale mescolanza di tutte le dieci qualità di liquido prima accennato, il quale certamente non avrebbe più un aspetto troppo pulito.

12. Vedete, di piccoli acquedotti (conduttori di umori), uguali a quello che abbiamo ora descritto, nel nostro albero ve ne sono un’infinità, e quanto più vicini sono alla corteccia, tanto più essi si complicano, e in tanto maggior numero vanno convergendo in un dato punto; per la qual cosa la corteccia di un albero è di solito il derivato uniforme della secrezione di una miscela di sostanze liquide, e nella corteccia si ritrova l’elemento spugnoso del midollo, quello fibroso del legno, come pure quello di una quantità di altri elementi mescolati fra di loro, i quali, più separati nell’interno dell’albero, salgono e si diffondono entro gli svariati canaletti, tendendo ciascuno all’adempimento del suo particolare compito nella formazione dell’una o dell’altra parte dell’albero.

13. Ecco dunque che noi ci troviamo nuovamente di fronte a un centro di gravità secondario ancora più evidente, per effetto del quale la precedente proprietà dei succhi vitali di un corpo si trova convertita in un’altra del tutto differente e che di nuovo provoca dei fenomeni assolutamente speciali, ciò che non è affatto difficile da constatarsi anche in un albero tagliato trasversalmente.

14. Questi vari anelli che a voi sono noti con il nome di ‘anni’, e l’alburno più molle e bianco che si trova fra gli stessi, come pure i raggi che si dipartono dal centro fino alla corteccia, bastano a comprovare l’azione dei minuscoli centri di gravità secondari sopra descritti, i quali certamente non sono altro che gli effetti di un’azione vivificante principale che ha sede nell’albero all’incirca laddove i midolli di tutte le radici e di tutti i rami sboccano nel midollo principale del tronco. Essi sboccano là dove risiede anche il centro di gravità principale, ovvero il solido cuore dell’albero. Ecco perché ogni lesione inferta a questo cuore ha per conseguenza irrimediabilmente la morte dell’albero stesso.

15. Ma come voi avete potuto constatare come in un albero i tre alberi a voi ormai già noti sono congiunti tra di loro da questi vari canaletti e come i più svariati effetti vi vengono prodotti, altrettanto avviene nel corpo terrestre; soltanto, evidentemente, in misura proporzionalmente più vasta; il che però è facile da spiegarsi poiché la Terra è senza alcun dubbio un corpo più grande di un albero.

16. Nondimeno, nello stesso modo in cui dal cuore di un albero salgono in numero grandissimo i canali, e come dal midollo dell’albero, che in certo qual modo è la continuazione del suo cuore, si diramano di nuovo in grande quantità dei canaletti trasversali più piccoli che specialmente vicino alla corteccia vanno intersecando, in maniera sempre più varia e complicata, salendo, la medesima cosa succede pure nel corpo terrestre. Quanto più vicini al suo cuore si trovano gli organi, tanto più essi sono grandi; quanto più invece ne sono lontani, tanto più piccoli diventano, ma tanto più si diramano e si complicano all’infinito.

17. Da questa esposizione fatta nel modo più chiaro possibile, voi certamente potete comprendere e persuadervi del come le tre terre già rivelatevi siano fra di loro congiunte in una, e come il centro di gravità principale della Terra faccia sentire la sua azione fino alla superficie terrestre mediante gli innumerevoli canali e il loro frequentissimo incrociarsi ed intersecarsi, e come infine sono disposti e organizzati i cosiddetti centri di gravità secondari.

18. Io però Mi accorgo che, dopo aver ben ponderato quanto finora è stato detto, in qualcuno di voi sorge la domanda: “Va tutto bene e non c’è nulla da obiettare; ma dove mai prende il cuore tellurico tutti gli svariati umori che esso da principio convoglia in singoli canali piuttosto grandi, e dopo, nei punti d’incrocio, converte in una seconda sostanza composita che tanto più risulta mista quanto più si avvicina alla superficie?”

19. Ma qui, Miei cari, Io devo dirvi la seguente cosa:

20. “Anche l’albero mediante le fibrille delle radici non succhia altro che gocce di pioggia e di rugiada della Terra; ma nel cuore dell’albero, e contemporaneamente nel suo stomaco, Io ho posto già i Miei chimici espertissimi, i quali sanno perfettamente come esaminare questi succhi assorbiti e come dar loro, per così dire, la giusta direzione, e tutto ciò in un modo che non potrà mai essere indagato né compreso neanche dal più illustre dei vostri chimici”.

21. Appunto l’identico caso si verifica con gli umori interni della Terra: per quanto semplice sia la sostanza da cui sono costituiti quando vengono accolti nel cuore tellurico, vengono comunque scomposti e selezionati dai chimici principali a ciò delegati, e in misura adeguata nonché perfettissima, vengono indirizzati e convogliati nei rispettivi canali con tanta cura, che dell’una o dell’altra sostanza non vi è nemmeno una sola goccia in più o in meno che arrivi a destinazione.

22. Come però questa cosa avvenga, non sarà mai possibile spiegarlo con immagini e concetti naturali, bensì per le vie spirituali che noi ci riserviamo di percorrere un po’ più tardi; e perciò è bene che a nessuno venga in mente di domandare alla leggera: “Che specie di materiale sono queste sostanze primordiali, dal punto di vista naturale?”. E così pure è necessario che nessuno rivolga il pensiero al carbonio e all’ossigeno o ad altri elementi simili, perché quando si tratta di sostanze, poca speranza c’è di trovarvi traccia di materia. Anche l’anima degli animali, come pure quella dell’uomo, è sostanza, ma sia l’una che l’altra contengono poco carbonio e poco ossigeno.

23. Pertanto, visto che abbiamo esaminato la Terra fino al punto di conoscerne, a grandi linee, la costituzione interna, prossimamente ci dedicheremo per quanto è necessario, all’osservazione più particolareggiata appunto di questa struttura interna; ossia, percorreremo per così dire con l’occhio spirituale, le celle interne che si celano nel corpo terrestre, e ci tratterremo alquanto in ciascuna delle tre terre prima menzionate, ovunque ci sarà qualcosa degno di nota.

 

 

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Cap. 7

Nutrizione e rotazione della Terra

11 gennaio 1847

1. Poiché la Terra si può in certo qual modo definire un corpo organico animale di dimensioni colossali, è logico che essa per poter sussistere debba nutrirsi; ma per prendere del nutrimento, ogni animale e anche ogni pianta bisogna che siano provvisti o di bocca oppure di varie proboscidi o trombe assorbenti o divoranti per afferrare ed assorbire l’elemento nutriente. Certi animali, come ad esempio i polipi ed altri, hanno una quantità di simili trombe per mangiare ed assorbire. Una tromba assorbente differisce da una cosiddetta tromba divorante in questo: la prima non attira in sé che sostanze liquide che affluiscono poi agli organi della digestione; una tromba divorante afferra anche corpi, come insetti di tutti i tipi e anche piccole piante; li fa a pezzi grazie ai suoi saldi muscoli, che si sfregano l’uno contro l’altro e, quindi, ridotti in poltiglia, li fa affluire ai successivi organi della digestione.

2. La stessa cosa si verifica più o meno anche in tutte le piante, alberi ed arbusti, perché le loro radici altro non sono se non delle trombe assorbenti alla maniera del polipo; i loro fiori, invece, e particolarmente gli stami, sono da considerarsi per lo più come trombe divoranti, poiché essi, sia pure per poco tempo, accolgono in sé i minuscoli ovuli fecondati dal polline, li schiacciano in un attimo e poi conducono il succo fecondato al posto adeguato, cui spetta il compito di fornire l’elemento vitale e la prima nutrizione al frutto in maturazione. Contemporaneamente, però, ogni corpo animale o planetario dispone ancora di una quantità di altre estremità assorbenti più piccole, le quali per la loro speciale struttura sono adattissime ad assorbire dalla libera atmosfera l’alimento vitale etereo elettrico.

3. Tuttavia, dal momento che tutti questi esseri, sia animali che piante, sono in proporzioni piccolissime dei prodotti tipici del corpo terrestre ed a esso simili, è naturalissimo che si debba riscontrare in abbondanza tali particolari nel corpo terrestre. La Terra dunque, come ogni animale, ha una bocca principale del tutto proporzionata al suo essere, per mezzo della quale essa accoglie in sé anche il suo principale alimento; però, oltre a questa bocca principale, essa ha pure dappertutto una quantità innumerevole di grandi e piccole trombe per assorbire e divorare il nutrimento; mentre viceversa poi essa è provvista di un canale di scarico principale, e oltre a questo ha ancora di un numero grandissimo di tubi di scarico secondari.

4. Noi, frattanto, nell’esame di tale questione, per non perderci in divagazioni inutili, ci dedicheremo anzitutto alla considerazione della bocca principale e del corrispondente canale principale di scarico, perché quest’ultimo esercita la massima influenza sul movimento rotatorio della Terra. Per quello che poi concerne le numerosissime bocche o canali più piccoli di alimentazione e di secrezione, faremo invece solo delle brevi considerazioni generali; dunque, passiamo ora ad esaminare la bocca principale.

5. Il polo nord è la principale bocca di alimentazione del corpo terrestre, mentre il polo sud ne è il corrispondente canale di scarico principale!

6. Che aspetto ha mai questa bocca? Essa è abbastanza grande; il suo diametro laddove comincia l’apertura imbutiforme all’estremo orlo superiore, misura in media dalle trenta alle quaranta miglia, si restringe però in basso fino a un ottavo di miglio, nella cui ampiezza questo esofago si prolunga poi fino allo stomaco del corpo terrestre seguendo una linea piuttosto diritta. Tuttavia le pareti di questo esofago abissale non sono affatto piane, anzi sono ripiene di scanalature e di asperità, e oltre a ciò per lunghi tratti sono munite ininterrottamente di punte rocciose come se fossero foderate con la pelle di un istrice gigantesco.

7. Lo stomaco della Terra è situato sotto il cuore verso il punto mediano del corpo terrestre. Quest’organo è costituito da uno spazio cavo che racchiude circa dieci miglia quadrate, il quale però al suo interno è in parte tenuto teso, e in parte è sorretto da una quantità di grandi e piccole barre trasversali, parecchie di queste aventi 200 tese[3] di diametro, dall’aspetto come di colonne, le quali vanno da un punto all’altro in tutte le direzioni. Lo stomaco e questi sostegni trasversali che si trovano al suo interno dall’aspetto di barre o colonne ovali del diametro già menzionato, non sono costituiti da una massa rigida, bensì hanno le stesse particolarità all’incirca di una grande borsa di gomma elastica, le cui pareti interne fossero in certo qual modo reciprocamente tenute tese allo scopo di non essere compresse una contro l’altra dalla forza di gravità agente dall’esterno.

8. Da questo stomaco si diparte un canale principale contorto a forma di vite, il quale attraversa tutto il restante del corpo terrestre e sbocca poi al polo sud, e che è costituito dall’identica materia dello stomaco; soltanto verso il punto di sbocco esso diventa gradatamente sempre più solido.

9. Che da questo principale stomaco e dal rispettivo principale canale di scarico si stacchino altri canali di nutrizione e vasi in quantità innumerevole, non occorre dirlo perché si comprende da sé. Così noi avremmo ora dato un’occhiata alla bocca, allo stomaco e al canale di scarico della Terra, e ciò nella miglior maniera possibile, data la grandezza dell’oggetto da considerarsi e la brevità che s’impone.

10. Dunque, poiché conosciamo tutto questo, cioè la bocca, lo stomaco e il canale di scarico, si affaccia adesso la domanda: “Con che cosa si alimenta la Terra mediante una tale bocca? E considerato che si tratta della bocca principale, trattandosi del nutrimento principale, in che cosa consiste e da dove viene?”

11. Chi ha avuto occasione di spingersi molto innanzi verso settentrione, e oltre a ciò possiede cognizioni della sfera del regno naturale, avrà osservato in queste estreme regioni polari più di un fenomeno impossibile da riscontrare in qualche altro luogo della superficie terrestre. Anzitutto un’atmosfera freddissima, la quale specialmente nella stagione invernale raggiunge un grado di temperatura appena misurabile con i vostri strumenti. In questa atmosfera pesante e fredda vanno accumulandosi masse di vapori che diventano sempre più densi, i quali, più vicini al polo nord, particolarmente nel periodo invernale, sono continuamente solcati da numerosissimi nodi luminosi come stelle cadenti; per di più verso l’ampio orlo del polo si depositano enormi cumuli di cristalli di neve, nonché interi massi appuntiti di ghiaccio alti parecchie tese.

12. Vedete, l’alimento principale noi lo conosciamo già; tutti questi cumuli e massi sono attratti con grande forza dalla bocca magnetica della Terra, dalla quale scendono nell’ampio stomaco dove si depositano come un cristallino sulle pareti e sui sostegni o puntelli trasversali. Quando lo stomaco è per così dire colmo, allora entra in azione il calore del cuore della Terra; esso imprime alle enormi pareti dello stomaco un movimento vibratorio, mentre le colonne interne di sostegno incominciano successivamente a contrarsi e a dilatarsi. Mediante questo processo meccanico l’alimento viene sfregato con violenza e triturato, e attraverso quest’azione si produce una nuova sostanza elettrica, la quale scompone nello stomaco le parti acquee nutritive e le spinge negli innumerevoli canali della nutrizione, mentre una corrente elettrica negativa, generata a conclusione dell’atto digestivo, afferra nello stomaco ciò che rimane dell’indigeribile e lo espelle con grande violenza giù per il canale di scarico, contorto a forma di vite, durante il cui percorso queste parti nutritive escrementali, in seguito al continuo ed energico sfregamento contro le pareti del canale, sono forzate a cedere fino agli ultimi resti della loro sostanza atta a servire da nutrimento alla Terra. Questa è la ragione per cui la parte settentrionale del vostro pianeta è molto più compatta della meridionale, alla quale toccano di solito le parti nutritive residuali e quindi più povere.

13. Con l’espulsione finale degli ultimi escrementi dal corpo della Terra, viene anche operato il suo movimento rotatorio in questo modo: questi escrementi, certo molto gassosi, uscenti con violenza dopo un percorso a spirale, urtano contro il libero etere, e così imprimono alla Terra un moto di rotazione, come fa un razzo legato intorno a una ruota che, quando viene acceso, mette in moto la ruota, e ciò per la ragione che i gas escono dal razzo con tale veemenza da non rendere possibile all’aria esterna di retrocedere o di far posto con uguale rapidità, perciò fra il gas uscente dal razzo e l’aria esterna si forma un’ininterrotta colonna di pressione, la quale deve necessariamente imprimere un moto alla ruota su cui il razzo è fissato; proprio come un cosiddetto razzo ascendente è portato in alto appunto da una simile colonna d’aria che si va con rapidità formando sotto di essa.

14. Da questo esempio facilmente comprensibile non avrete ormai alcuna difficoltà ad intendere come è causata e tenuta costante la rotazione della Terra mediante il suo naturale meccanismo. Ed ecco che con ciò noi avremmo di nuovo esaminato uno fra i principali punti dell’interno della Terra nel miglior modo che era possibile, data la brevità del tempo. In uguale maniera ci sceglieremo prossimamente un altro posto non meno importante, e vi ci fermeremo un breve tratto per farvi le dovute considerazioni.

 

 

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Fine testo revisionato

 

 

 

Cap. 8

Polmone e respirazione della Terra

12 gennaio 1847

 

1. Voi ben sapete che agli scopi della vita fisica non sono necessari soltanto il cuore e lo stomaco, bensì anche i polmoni. Ogni animale possiede in sé un tale apparato respiratorio; anche gli alberi e tutte le piante in generale devono avere degli organi atti ad inspirare ed espirare entro le 24 ore.

2. Il respiro della Terra ciascuno lo può facilmente percepire dalla riva del mare vedendone l’acqua regolarmente montare e scendere. Ora, una volta constatata l’esistenza di un simile fenomeno esteriore, ciascuno può dedurre con sicurezza che esso va ascritto unicamente a una causa interiore, e mai a una causa esteriore.

3. Se qualcuno non riuscisse a comprendere questa cosa, conducetelo davanti a una vasca piena d’acqua, come io vi ho già indicato in un’altra occasione; appendete al di sopra della vasca, a una distanza dall’acqua di circa cinque tese, una sfera ben grande che sia magari di ferro magnetico, fate poi oscillare la sfera sopra l’acqua ed osservate se nell’acqua della vasca si manifesterà qualche movimento. Voi potete essere più che certi che l’acqua si manterrà perfettamente tranquilla. Ma si sdrai invece qualcuno dentro la vasca e vi respiri come fa comunemente, e chiunque stia in osservazione si persuaderà che ad ogni inspirazione l’acqua della vasca salirà un po’, mentre ad ogni espirazione essa nuovamente scenderà. Ebbene, quello che possiamo constatare in questo caso in piccole proporzioni succede nel corpo terrestre in proporzioni grandi.

4. La Terra attira in sé l’aria, e le parti corrispondenti al ventre tellurico, che sono più molli e di solito ricoperte dal mare, si dilatano e provocano alle rive solide un aumento del livello dell’acqua che si trova su di esse; quando invece la Terra, o meglio ancora il suo polmone, rimanda fuori l’aria, allora il ventre tellurico si restringe, e l’acqua nuovamente si ritira dalle rive più solide delle zone corrispondenti al ventre.

5. Era necessario premettere questo affinché voi sappiate che la Terra respira, e che a tale scopo essa deve naturalmente possedere i suoi organi respiratori, i quali assieme ad alcuni altri organi o visceri terrestri formano dunque la parte interna della Terra.

6. Ora ci si domanda dove si trova questo polmone tellurico, dove inspira l’aria e dove l’espira? E infine, che aspetto ha questo polmone?

7. Questo polmone tellurico, il quale ha un volume di buone 1000 miglia cubiche, si trova subito al disotto della terra dura e massiccia e copre una superficie di più di 5000 miglia quadrate. Questo polmone è un immenso tessuto cellulare consistente di un gran numero di cavità le quali sono in comunicazione l’una con l’altra mediante dei tubi di maggiore o minore dimensione. Questi tubi hanno due proprietà: in primo luogo quella di condurre e poi espellere l’aria dalle cavità, e in secondo luogo, data la loro sensibile elasticità, quella di potersi restringere e dilatare come i muscoli ed i tendini degli animali; restringimento e dilatazione dovuti alla continua inversione polare, ovvero alla trasformazione del polo positivo in negativo. È una trasformazione che ha la sua ragione d’essere unicamente nella sostanza animica; ora, senza questa inversione di polarità, non sarebbe assolutamente immaginabile alcun libero movimento nei corpi.

8. Quando questi tubi si dilatano, le cavità si restringono, o, in certo modo, vengono compresse; in questo modo l’aria viene espulsa. Quando invece i tubi si restringono di nuovo, le cavità naturalmente si dilatano di nuovo, dando luogo così all’inspirazione dell’aria.

9. Per quanto sia possibile dare una spiegazione fisica di questo fenomeno, diremo che l’inversione della polarità viene ottenuta in questo modo: non appena l’anima ha assimilato nella propria sostanza vivificante l’elemento vitale dell’aria inspirata, nel polmone non rimane che l’aria asfissiante, e ciò fa sì che la polarità la quale, all’atto dell’inspirazione, era positiva venga immediatamente trasformata nella negativa, per la ragione che il polo positivo non sta in alcuna corrispondenza con l’aria asfissiante.

10. In questo modo viene provocata una contrazione dei tubi, e allora ha luogo una nuova inspirazione d’aria durante la quale il polo negativo diventa positivo, e così viceversa.

11. Ora dunque noi sapremmo come procede la respirazione della Terra e dove è situato il suo polmone. Ma dove inspira, e dove espira? A questo riguardo la Terra si comporta come l’animale: cioè come l’animale e l’uomo respirano per la bocca e il naso, così avviene per la Terra. Mediante la stessa bocca principale con cui essa introduce il nutrimento essa attira anche l’aria; soltanto che a metà strada da questo sbocco principale si stacca uno sbocco laterale che, come negli animali, può aprirsi e chiudersi a piacimento. Questo grande sbocco laterale conduce nel grande polmone, e ogni sei ore ha luogo un’inspirazione, e dopo sei ore avviene un’espirazione. Durante l’atto inspiratorio il canale del cibo che conduce allo stomaco si chiude; dopo che una congrua porzione d’aria è stata aspirata, il canale del polmone si chiude come mediante una laringe, ma in compenso il canale del cibo si apre nuovamente. Quando l’aria viene espulsa di nuovo dal polmone, il canale del cibo allora si chiude, e questo alternarsi è così sistematico che la Terra per mezzo del polmone viene continuamente nutrita nei periodi di tempo summenzionati, però mediante il vero canale del cibo ciò avviene soltanto di dodici in dodici ore, e la Terra ingurgita il nutrimento durante quel tratto di tempo nel quale il polmone è occupato a scomporre in sé, per così dire chimicamente, l’aria aspirata, ed a ripartire l’elemento vitale; si può dunque accettare come stabilito questo principio: la Terra nel periodo di ventiquattro ore inspira due volte e due volte espira, mentre accoglie il nutrimento nel suo stomaco soltanto due volte.

12. Ora noi sapremmo pure dove e come la Terra respira; resterebbe ancora da chiarire che aspetto abbia il polmone tellurico.

13. Sarà alquanto difficile raffigurare dinanzi agli occhi vostri con una certa esattezza l’aspetto del polmone tellurico, tranne che voi non abbiate avuto occasione di vedere il polmone di un elefante; meglio ancora e più somigliante sarebbe veramente quello di un mammut, però in questi tempi poter vedere uno di tali polmoni sarebbe quasi del tutto impossibile, dato che questa specie animale è completamente estinta. Nelle foreste vergini dell’Asia Centrale vi è, a dire il vero, ancora una specie quasi somigliante, ma essa è degenerata parecchio in confronto alle prime specie giganti, e così il polmone di un elefante, che negli individui adulti ha una capacità di abbondanti cento piedi cubi d’aria, resta pur sempre oggi la cosa che più si avvicina in fatto di struttura al polmone tellurico. Il suo colore è grigio azzurrastro, ed ha all’incirca l’aspetto di una noce di cocco cava, nella quale però devono trovare posto ancora il cuore, lo stomaco, il fegato, la milza ed i reni.

14. Raffiguratevi ora alla mente questo polmone, naturalmente in rapporto alla grandezza della Terra, e potrete formarvene un’idea approssimativa discretamente corrispondente alla realtà. Una descrizione più dettagliata potrebbe giovarvi ben poco, perché voi non potreste mai rappresentarvi, in una volta sola e nella sua integrità, questo immenso apparato respiratorio della Terra. Già una sola cella di questo polmone sarebbe troppo grande perché voi poteste prenderne visione in un’unica volta; per la stessa ragione poi sarebbe inutile anche spiegarvi la costituzione della materia elastica del polmone tellurico. Se voi non potete comprendere di che cosa è composto il polmone animale, quanto meno riuscireste a comprendere di che cosa è fatto il polmone della Terra! Che però la materia di quest’ultimo debba avere una certa analogia con il polmone animale, può trovare la conferma nel fatto che ogni polmone animale deriva da questo enorme polmone tellurico, solo è molto più raffinato nella sostanza. Da dove mai si potrebbe prendere il materiale occorrente alla formazione di tutte le parti del corpo animale, se il materiale stesso non esistesse già prima nella Terra?

15. La Terra per mezzo dei suoi innumerevoli organi deve fornire per traspirazione alla superficie una parte di tutto ciò che essa possiede; il materiale così fornito viene assorbito anzitutto dalle piante, e infine dagli animali, in cui viene riconvertito in ciò che originariamente era. Da dove dovrebbe prendere l’animale il sangue, se questo non ci fosse già disponibile nella Terra? E se nella Terra non esistesse già prima l’acqua, come potrebbe questa apparire alla sua superficie? A dirla breve, la Terra deve avere in sé tutto quello che hanno gli esseri che vivono su di essa; nello stesso modo il pidocchio, per esempio, ha, naturalmente in proporzione cambiata e ridotta, le identiche cose che ci sono nell’animale od anche nell’uomo, che per questo animaletto è un corpo mondiale.

16. Io credo che questo esempio sia tale da potervi rendere discretamente intelligibile la cosa. Così noi avremmo esaminato una seconda grande parte del corpo terrestre, e perciò noi ce ne sceglieremo prossimamente un’altra allo scopo di dedicarvi la nostra attenzione.

 

 

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Cap. 9

La milza della Terra

14 gennaio 1847

 

1. In ogni animale, dopo il polmone, è degna di osservazione la milza, cioè un viscere tra i più importanti, che rappresenta il vero focolare in tutti i corpi animali. Questo viscere è altrettanto necessario per la conservazione della vita animale come il cuore, lo stomaco ed i polmoni; perché senza di essa gli altri tre sarebbero morti in ogni corpo animale.

2. Ho detto che essa è il focolare nel corpo animale. Il focolare è la cosa più necessaria in ogni casa per la cottura dei cibi e per il riscaldamento delle stanze; qualunque aspetto esso possa avere, deve però esserci, e fu anche sempre la primissima necessità degli uomini. Così avvenne che i primi uomini impararono a conoscere il fuoco prima di ogni altra cosa, e, se non l’avessero conosciuto, neppure Caino ed Abele avrebbero potuto offrire sacrifici.

3. Per rendere evidente, con un esempio tratto dai vostri tempi più recenti, l’importanza di un simile focolare e che cosa sia veramente noi daremo un’occhiata a quel meccanismo attualmente in voga che voi chiamate locomotiva.

4. Vedete, una simile locomotiva è, umanamente parlando, costruita con molto ingegno; ma riempiamo ora la caldaia d’acqua senza accendere il fuoco nei forni che si trovano al disotto, per mezzo del quale l’acqua viene scomposta nei vapori che hanno forza motrice, e si vedrà che l’intero meccanismo è una costruzione vana. Il fuoco è dunque la vera forza motrice; esso, dapprima converte l’acqua in vapore e subito dopo il vapore può agire sul meccanismo imprimendo alla locomotiva il noto movimento rapido.

5. I corpi animali sono essi pure dei meccanismi simili alle locomotive, con l’unica differenza che la loro costruzione è infinitamente più ingegnosa; ma tutto il loro meccanismo consistente di numerosissime parti ed organi sarebbe vano se non ci fosse in esso il focolare. Dapprima questo ha il compito di scomporre le parti nutritive che vi affluiscono e per propria forza le spinge poi negli appositi vasi dove si convertono in sangue, per passare poi subito, come tale, al cuore, e da qui infine giungere alla loro vera destinazione in tutto il corpo.

6. Questo focolare, chiamato milza nel corpo animale, è composto a questo scopo di una particolare massa spugnosa, la quale, attraverso un complesso di celle che si susseguono in tutte le direzioni, è perfettamente adatta a produrre ed a conservare in sé il fuoco elettromagnetico. Esso, più precisamente, viene prodotto tramite lo sfregamento continuo della massa cellulare e viene poi conservato nei suoi innumerevoli vasi a forma di borse come in minuscole bottiglie elettriche, in modo che la massa viene tenuta sempre satura di fluido, per poterne, in ciascun istante, fornire la parte negativa allo stomaco e la positiva al cuore.

7. Io so benissimo che molti medici e scienziati tutt’oggi non sanno ancora che farne della milza, cosa questa che effettivamente è quanto mai difficile, perché nessuno è capace di scrutare nell’interno di un animale mentre è ancora vivo per rendersi conto di quel che succede nella milza. Se l’animale è morto, questo fatto presuppone ad ogni modo che la morte della milza sia avvenuta già parecchio tempo prima. Comunque vi verrà detto ora che cos’è la milza ed a quale scopo serve.

8. Noi abbiamo appreso finora che la milza è uno dei visceri più necessari nel corpo animale, perché essa produce, porta e consegna a tutte le altre parti dell’intero meccanismo animale la vera e propria forza motrice.

9. E come questo viscere tanto insignificante all’apparenza è invece uno dei più importanti nel corpo animale, così del pari esiste anche nella Terra un simile viscere, che per uguale ragione si può denominare la milza tellurica. Questa milza tellurica è, come nei corpi animali, situata vicinissima allo stomaco; sta però d’altra parte nella più stretta congiunzione organica anche con il cuore tellurico, perché l’uno, lo stomaco, trae da questo viscere principale il calore necessario alla digestione, l’altro, il cuore, la sua forza pulsante. Così pure l’attività del polmone dipende più o meno da esso, quantunque il polmone abbia per metà anche un movimento del tutto libero che sta in rapporto con la volontà dell’anima, per questo l’uomo, in particolare, può respirare a suo piacimento ora rapidamente, ora lentamente.

10. Visto, però, che la milza rappresenta anche nel nostro corpo terrestre una delle parti più importanti per quanto concerne la potenzialità vitale, è più che giustificato che a questo viscere si dedichi un’attenzione del tutto speciale.

11. Ed allo scopo di persuaderci anche da un altro lato di questa verità, noi passeremo brevemente in rassegna gli effetti che ha la nostra milza tellurica.

12. Vedete, tutti i vulcani della Terra non sono che canali di scarico, certo insignificantissimi, di questa officina principale, ma tuttavia possono fornire una prova abbastanza convincente di quanto succede in questa fucina principale del corpo terrestre. Questo sarebbe uno degli effetti prodotti sulla superficie della Terra.

13. Consideriamo poi le numerosissime sorgenti termali le quali traggono il loro calore ugualmente da questo principale viscere della Terra, se anche non direttamente, pure certo indirettamente attraverso quegli organi del fuoco i quali stanno in intimi rapporti con questo viscere tellurico.

14. Osserviamo ancora le nubi e le nebbie, e così pure i venti che le fanno muovere. Tutto ciò è un prodotto di questo viscere tellurico; perché il suo principale fuoco centrale compenetra tutta la Terra attraverso innumerevoli organi e la riscalda in tutte le sue parti in maniera più che sufficiente. Basterebbe che qualcuno potesse penetrare nell’interno della Terra per poco più di un miglio tedesco, e ben presto si persuaderebbe quanto potente sia già lì l’azione di questo apparato interiore di riscaldamento della Terra. Quando dunque l’acqua penetra a una certa profondità, essa viene in poco tempo sciolta in vapore; questo solleva, gonfiandola, l’epidermide terrestre, e si espande in forma di gas o di vapori attraverso i pori, i crepacci ed altre cavità della crosta terrestre, e riempie così l’atmosfera turbandone l’equilibrio e generando i venti; oppure se questi vapori acquei o gas formatisi internamente, se sono in quantità eccessiva, premono troppo e cercano violentemente un’uscita, allora viene provocato un terremoto più o meno forte, e nelle rispettive zone di sfogo si producono uragani devastatori, trombe d’aria e qualche volta anche di fuoco. Così noi avremmo esaminato un terzo fenomeno constatabile sulla superficie terrestre che deriva dall’azione di questo viscere.

15. Ed appunto in un modo simile trae origine da questo viscere la mobilità del mare (ben inteso non quella del flusso e del riflusso, sebbene soltanto quella ondulatoria e temporalesca) come pure tutte le correnti marine. La medesima provenienza l’ha anche la salsedine marina, la quale può manifestarsi soltanto in quanto certe sostanze vengono prima dissolte per mezzo del fuoco, e poi convogliate come sale attraverso innumerevoli organi per rendere il mare salino. Non altra origine hanno tutte le apparizioni meteoriche nell’ambito dell’atmosfera terrestre, nonché tutto il potere vegetativo della Terra. Accanto a questi, vi sono sulla Terra ed entro ad essa innumerevoli altri fenomeni ancora che hanno tutti il loro fondamento in questo viscere e che, se si volesse enumerarli, non basterebbero cento scrivani, anche se lavorassero per cent’anni; e perciò voler enumerare e scrutare in modo dettagliato tutti questi fenomeni sarebbe una fatica quanto mai ridicola ed inopportuna, anzi tanto più inopportuna, in quanto i fenomeni di cui ora si parla, potranno ad ogni modo venire compresi con facilità più tardi, quando verranno fatte le dovute considerazioni sulla descrizione della parte spirituale del corpo terrestre. Per conseguenza ora è sufficiente toccare tale argomento solo nelle sue linee generali, per quanto d’altro canto a tutti sicuramente interessa ottenere una nozione più profonda su questo punto importante, senza la quale non si giungerebbe a comprendere lo spirituale proprio troppo profondamente.

16. Noi abbiamo frattanto enumerato alcuni dei fenomeni principali dovuti all’azione di questo viscere, e ciò allo scopo di approfondire tanto più degnamente le cognizioni riguardanti quest’organo importantissimo; ma per poterlo osservare in maniera ancora più profonda e degna, noi vedremo di penetrare, per così dire, personalmente, in questo viscere e di farvi entro una breve ed opportuna escursione, concentrando contemporaneamente la nostra attenzione su come esso è costruito e da dove esso tragga il suo fuoco e il materiale per generarlo.

 

 

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Cap. 10

Costituzione della milza e fisiologia del sangue

15 gennaio 1847

 

1. Se voi osservate con l’ausilio di un buon microscopio un pezzetto di milza animale, voi vi scoprirete una quantità di piccole celle, per lo più a sezione quadrangolare, e quindi cubiche, talvolta, però, a sezione triangolare, e perciò piramidali; raramente queste cellette sono a sezione ovale. Queste piccole celle sono organicamente congiunte fra di loro agli angoli mediante sottili cilindri, però le pareti sono libere; questa è anche la ragione per cui la milza animale è assai molle e spugnosa al tatto. Fra le varie serie di cellette così congiunte l’una all’altra corre una massa di vasi sanguigni, i quali non consistono di tubicini a diametro uniforme, bensì di tubicini ora stretti, ora più larghi, e che all’occhio si presenterebbero all’incirca come un filo di ragno dopo che l’animale lo ha munito delle sue perline viscose. Voi avrete già avuto occasione di osservare come il ragno adorni i suoi fili elastici e tenaci con delle speciali perline viscose, le quali servono a trattenere prigioniero l’insetto nel momento stesso in cui questo giunge a contatto con il filo, come succede all’uccello che si posa sulla bacchetta invischiata e non la può più abbandonare con le proprie forze.

2. Similmente è costituito pure il vaso sanguigno nella milza; più comprensibile ancora riuscirà per voi la cosa paragonando questo sottile canaletto a un filo molto tenue di piccolissime perline. Di tali vasi sanguigni ve ne sono dappertutto nella milza in quantità

immensamente grandi, tanto in senso longitudinale che trasversale. Essi hanno inizio da un unico vaso che è congiunto con lo stomaco e finiscono del pari in un unico vaso principale che sta in immediata ed opportuna congiunzione con il cuore; oltre a ciò tutto l’intero tessuto della milza è circondato da una delicata epidermide, attraverso la quale le cellette della milza ed i vasi sanguigni a forma di fili di perle si rivelano come piccolissime gibbosità di colore rosso cupo. Ma, siccome questa milza nei corpi animali è un tessuto di estrema delicatezza, essa è per di più avvolta in una rete di grasso: in primo luogo perché sia più al sicuro ed, in secondo luogo, perché non gliene derivi qualche lesione a causa della sua attività continua, che si va esplicando in uno sfregamento ininterrotto fra le cellule.

3. Ecco che ora noi avremmo fatto nel miglior modo possibile, data la brevità del tempo, una esposizione per così dire anatomica della milza, la quale nello stato di morte presenta certamente una forma decisamente diversa da quella descritta ora. È bene comunque che noi ci rendiamo conto delle funzioni che propriamente essa è chiamata ad esercitare in questa sua costituzione e di come questa sua costituzione risulti appropriata alle funzioni stesse.

4. Noi abbiamo già appreso che la milza con i suoi vasi sanguigni si trova in uno stato d’interdipendenza con lo stomaco e con il cuore; ma perché ciò? Perché essa accoglie in sé dallo stomaco i succhi destinati alla formazione del sangue, li trasforma effettivamente in sangue, e come sangue li conduce al cuore; per tale motivo può accadere molto facilmente in persone di costituzione pletorica che la milza sia sovraccarica di sangue per non poter far affluire al cuore tutto il quantitativo prodotto; la qual cosa fa sì che l’eccesso di sangue accumulatosi nella milza retroceda nello stomaco, e allora si ha il fenomeno degli sbocchi di sangue. Però, se il sangue non trova neanche da questa parte un’uscita, può prodursi con tutta facilità un’infiammazione, e con il tempo, ciò che è peggio ancora, un indurimento di questo viscere principale; dunque gli sbocchi di sangue che sono abbastanza frequenti provengono per lo più dalla milza, e soltanto raramente dai polmoni. In questo modo noi avremmo ora osservato una delle funzioni della milza; si domanda adesso come la milza produca il sangue?

5. Anche questa cosa sarà fatta oggetto di breve esame.

6. Quando l’umore simile all’aspetto dell’albume esce dallo stomaco per passare nella milza, esso indugia invece per determinati periodi nelle vene a forma di filo di perle, e avanza ad ogni pulsazione da una perla alla successiva. Contemporaneamente con ogni pulsazione viene provocato uno sfregamento fra le cellette della milza, a causa del quale le cellette si riempiono di fuoco elettrico che si manifesta come positivo nella regione prossima allo stomaco e negativo dalla parte vicino al cuore; per questa ragione anche le cellette verso lo stomaco sono piuttosto a spigoli acuti, mentre verso il cuore esse assumono la forma ovale.

7. Per effetto di questo fuoco elettrico le cellette naturalmente ora si dilatano molto, ora invece si restringono molto, e siccome esse tanto fra di loro agli spigoli quanto con ciascuno dei noti vasi sanguigni a forma di perlina stanno in comunicazione mediante dei piccoli tubi cilindrici, succede che gli umori che si trovano nei vasi sanguigni vengono sempre più sottoposti ad un lieve processo di fermentazione. In seguito a una tale fermentazione il carbonio presente in essi in modo eccessivo viene separato, ed attraverso le cellette viene trasmesso in parte alla bile e in parte viene impiegato per la formazione del grasso. Contemporaneamente, come conseguenza di questa fermentazione, si formano in numero grandissimo delle piccole bollicine, le quali tendono a schiacciarsi e ad assumere una forma ellittica.

8. In questa forma esse vengono per metà saturate appunto di elettricità negativa; con ciò assumono un colore giallo zafferano e passano già come sangue nelle camere del cuore, poiché il sangue non è un liquido continuo, bensì una poltiglia composta di minuscoli globuli, aventi una superficie quanto mai liscia e scivolosa, i quali distribuiscono per tutto il corpo l’elettricità negativa.

9. Questa elettricità fornisce così il calore nell’intero organismo, e quando i detti globuli vengono spinti attraverso vasi molto stretti,

scoppiano, dopo di che il rispettivo involucro viene reso fluido e passa nei cosiddetti succhi linfatici, mentre la sostanza elettrica, resa libera in seguito allo scoppiare dei globuli, viene impiegata come un etere ferruginoso per conferire vitalità ai nervi.

10. Così noi avremmo dato un’occhiata sommaria alla milza nella sua costituzione e nelle sue funzioni con la maggior brevità ammissibile; e poiché con ciò noi ci siamo posti su di una base che ci consente una visione sufficientemente precisa, noi possiamo ormai di buon animo e ben preparati, almeno per il momento, arrischiare un’escursione in una delle celle del fuoco della nostra milza tellurica un po’ più grande.

11. La struttura è simile a quella della piccola celletta della milza animale e della milza umana pure; sennonché, in quanto a grandezza, essa è di parecchi bilioni di volte maggiore della celletta della milza animale, anzi in più d’una di tali celle della milza tellurica potrebbero, senza esagerare, trovare posto parecchi milioni d’uomini collocati l’uno vicino all’altro; da questo rapporto si può già concludere che la struttura della milza tellurica deve essere qualcosa di grandioso – più grande ancora deve essere quella di un Sole ed enormemente più grande deve essere quella di un Sole centrale principale, il quale, come tutti i soli in genere, si differenzia molto nella costruzione da un corpo terrestre, e come pure, in generale, tra l’uno e l’altro corpo terrestre c’è in fatto di costruzione un tale divario che l’occhio del Creatore soltanto è capace di percepirvi le linee comuni a tutti e due. Per conseguenza, pur conoscendo l’interno della Terra, non dovete affatto immaginare che perciò sareste in grado di conoscere l’interno anche di Giove o di un altro pianeta qualsiasi. E ora dunque noi faremo il nostro ingresso in un cella della milza tellurica e vedremo cosa vi succede.

12. Ecco le immense pareti bruno-grigiastre. Vedete come ad ogni istante sono percosse da innumerevoli fulmini; un fragore terribile come di milioni di tuoni echeggia da ogni parte. Osservate, dalle celle escono ampi canali attraverso cui si precipita con impeto torrenziale un fiotto enorme di umori; le fiamme elettriche, che non hanno mai posa, convertono questo fiotto in vapori a tensione altissima; con una violenza per voi inimmaginabile tali vapori si espandono con un frastuono spaventoso in altri canali. Di nuovo altri torrenti si riversano tumultuosamente nelle celle, e di nuovo tutto ribolle e mugghia e sibila come mai non fu inteso sulla superficie della Terra. Usciamo ora dalla cella e guardate i vasi del sangue che nella forma prima descritta si prolungano fra le serie di celle, ed ascoltate come il fiotto poderoso li attraversi con violenza inaudita. Osservate come questi canali qua e là dove sono più stretti si contorcono orribilmente come fossero dei giganteschi serpenti preistorici, e ora si contraggono, ora si dilatano per far procedere la violenta fiumana che dentro vi scorre. Vedete, qui si svolge, in grandi proporzioni, precisamente quello che in piccole proporzioni avviene nella milza animale.

13. Non occorre più oltre menzionare che questi umori, come nel corpo animale, passano dallo stomaco nella milza, e da qui vengono diretti al cuore allo stato di sangue che tutto vivifica.

14. In questo modo noi avremmo fatto conoscenza di questo viscere per quanto concesso dalla brevità del tempo, e noi per conseguenza dedicheremo prossimamente la nostra attenzione a un altro dei visceri terrestri.

 

 

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Cap. 11

Il fegato della Terra

16 gennaio 1847

 

1. Dopo la milza, è evidentemente il fegato che più s’impone all’attenzione dell’osservatore quale uno dei visceri più importanti. Il fegato è l’organo-filtro degli umori tanto nel corpo animale quanto nel corpo tellurico, e perciò merita al pari della milza una considerazione speciale.

2. L’uomo, come anche l’animale, introduce nel proprio corpo alimenti i quali contengono altrettanta quantità di elementi velenosi e letali quanto di elementi nutrienti e vivificatori; di conseguenza, ciascun uomo, come pure ciascun animale, dopo un pasto andrebbe soggetto alla morte corporale se nel corpo non si trovasse sistemato un organo in grado di attrarre a sé, con grande avidità, tutti questi elementi velenosi, tra i quali sono da annoverarsi specialmente il carbonio ed i composti amari del cianogeno, e di accumularne una parte in appositi serbatoi, eliminando il resto per le vie urinarie. Questo organo è precisamente il già nominato fegato; la sua struttura è in prevalenza simile a quella della milza per quanto concerne la disposizione interna; la sua forma invece assomiglia piuttosto a quella del polmone.

3. Questo viscere dunque è ugualmente costituito da una quantità di cellette disposte in serie l’una vicina all’altra, le quali come nella milza sono congiunte fra di loro, soltanto un po’ più strettamente; oltre a queste cellette vi sono principalmente quattro specie di vasi che attraversano il fegato, i quali però non hanno la struttura di quelli che attraversano la milza, bensì sono vene dall’aspetto continuamente uniforme, a loro volta congiunti insieme mediante vasi ancora più piccoli, per effetto dei quali tutti gli elementi costitutivi di questo viscere stanno fra di loro in comunicazione reciproca.

4. Una parte di tali vasi partono dal cuore e convogliano una discreta quantità di sangue in questo viscere, affinché il sangue stesso assuma un’adeguata gradazione di carbonio, come pure una proporzionatamente più piccola di cianogeno, e, non appena così saturo, divenga atto a produrre la digestione nei vasi a ciò destinati ed a formare più oltre anche i tessuti dell’epidermide esterna, perché un simile sangue non può venire più impiegato per nessuna funzione interna, e ciò spiega pure come le malattie del fegato si manifestino e si rendano molto facilmente riconoscibili esteriormente sull’epidermide. Questa è una specie dei vasi che irrorano il fegato.

5. Una seconda specie di vasi vanno dallo stomaco al fegato. Questo attira tutti gli umori acquei nei quali si trova molto diluito il cianogeno, che poi in giusta proporzione viene ceduto al sangue mediante i piccoli canaletti di comunicazione, mentre il rimanente viene convogliato fuori dal fegato attraverso i reni nella vescica urinaria che poi lo espelle e lo trasporta definitivamente fuori dal corpo come materiale inutile, attraverso il canale urinario. Questa è dunque la seconda specie di vasi che attraversano il fegato.

6. Una terza specie di vasi parte nuovamente dallo stomaco e mette in comunicazione specialmente le mucose dello stomaco con la vescichetta della bile che è presso il fegato. Per mezzo di questi vasi, la sostanza mucosa carbonica o biliare viene separata dagli alimenti nello stomaco, e in grandissima parte conservata nella vescichetta della bile nel caso che, se nell’uomo od animale si sia sviluppato nello stomaco, attraverso i cibi ingeriti, troppo poco di tale sostanza atta alla digestione, si rende necessario far ricorso al fegato perché ne restituisca una parte allo stomaco, giacché qualunque processo di digestione si riassume in una specie di fermentazione alla quale, come è noto, alcune sostanze nutritive vanno soggette più di altre. E così qualche alimento ricco di umore acqueo è invece troppo povero di fermenti, cosa questa che ciascuno può osservare nella natura esteriore. Basta versare in un vaso dell’acqua pura e gettare dentro un po’ di farina di crusca, e si vedrà che ci vorrà molto tempo prima che la mistura cominci a fermentare; ma, se si riempie invece un altro vaso con del mosto e vi si aggiunge per di più un po’ di farina d’orzo o di riso, si avrà in poche ore un fenomeno di fermentazione intensissimo. Se dunque da questi esempi risulta che alcune sostanze usate come alimento tanto dall’uomo quanto dall’animale contengono una più o meno grande quantità di elementi del carbonio o di fermenti, deve essere altresì chiaro che ci debba essere pure nel fegato un serbatoio di tali elementi destinato da un lato a riceverne il superfluo allo scopo di poter supplire dall’altro lato all’eventuale deficienza degli elementi stessi che si dovesse riscontrare in altri alimenti ingeriti. Osservando questi vasi, noi siamo venuti a conoscere ormai la terza specie.

7. Un quarto genere di vasi che attraversano questo viscere è costituito da vene molto sottili le quali, partendo dai polmoni, s’insinuano nel fegato in svariatissime volute e spire. Per mezzo di questi vasi la vescichetta biliare viene in parte formata e in parte mantenuta in una continua ed uguale tensione. Contemporaneamente attraverso questi vasi viene condotta nella bile sempre una quantità adeguata di aria atmosferica, e con essa quel tanto di ossigeno necessario ad impedire che la bile incominci a fermentare troppo, e a causa di tale fenomeno che produrrebbe nel corpo quelle sostanze nocivissime le quali sono la causa principale di ogni tipo d’infiammazioni, reumatismi, gotta ed altri molti malanni simili; per la qual cosa anche gli uomini fanno molto male a trattenersi in luoghi o locali dove invece dell’aria atmosferica pura e vivificante respirano aria viziata, la quale contiene pochissimo ossigeno e molto azoto velenoso, e questo vale particolarmente per quelle abominevoli osterie, nelle quali gli ospiti mediante il disgustosissimo fumo del tabacco vanno preparandosi per i fetori dell’inferno.

8. In questo modo noi abbiamo adesso cognizione delle quattro specie di vasi esistenti nel fegato, la cui azione e reazione sono, come nella milza, provocate dal fluido elettrico generato attraverso lo sfregamento delle cellette tra di loro. Naturalmente, il fuoco elettrico nel fegato non è un fenomeno proprio a quest’organo, ma viene eccitato principalmente da quello generato dalla milza, perché il fegato senza la milza sarebbe del tutto morto e inattivo.

9. Questo viscere è situato tanto nell’uomo quanto in tutti gli animali, intorno allo stomaco, poiché è in quel posto che esso è maggiormente necessario. Esso è situato in quella zona, certamente in proporzioni molto più grandi, anche nel corpo terrestre dove le sue funzioni sono del tutto identiche a quelle del fegato nel corpo animale. Per quanto esso esplichi un’attività soltanto secondaria a quella della milza, ciò nondimeno esercita una potentissima azione vitale in qualsiasi organismo animale, perché dal fegato tellurico trae origine, per così dire, tutto ciò che la crosta terrestre ha in sé e che porta sulla superficie. Così pure l’acqua dei mari proviene tutta da questo viscere, e non è in ultima analisi altro che l’urina espulsa dal corpo terrestre, la quale, però, a sua volta evaporando, si trasforma in nubi e viene per l’azione della luce convertita in acqua dolce e nutriente.

10. Ecco che ormai abbiamo scrutato nella maniera più completa possibile, data la brevità del tempo, anche questo viscere della Terra, e ci riserviamo ad una prossima occasione di esaminare ancora un altro organo.

 

 

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Cap. 12

Il rene della Terra

18 gennaio 1847

 

1. Accanto al fegato merita considerazione ancora il rene. Questo viscere è da un triplice punto di vista uno strumento di vita notevolissimo nell’organismo animale; poiché assolve tre mansioni essenziali e quanto mai importanti, senza le quali la vita animale non potrebbe affatto sussistere né sarebbe immaginabile la riproduzione della specie; e così pure senza questo viscere nessun essere potrebbe mai farsi un’idea di ciò che è una sensazione piacevole, perché un certo senso di serenità fisica proviene dai reni, ed è per questo motivo che questo viscere viene nominato e citato particolarmente spesso nella Sacra Scrittura.

2. Dunque questo viscere ha anzitutto il compito di accogliere l’acqua, inutile per la vita dell’organismo, che viene respinta dal fegato; di trattenere quegli elementi dell’acqua che sono ancora atti a una funzione vitale, e di convogliare nella vescica urinaria quella parte dell’acqua che risulta del tutto inutile.

3. La parte più nobile assorbita costituisce la vera sostanza materiale del seme fecondatore, la quale però viene certamente accolta prima dal sangue, e da questo condotta in vasi del tutto speciali, dove essa, quale potenza polare positiva, viene consolidata e resa atta alla generazione attraverso l’azione della potenza polare negativa dei cosiddetti testicoli. Questa è dunque una seconda importante mansione di questo viscere.

4. La terza funzione di questo viscere, più importante ancora, risulta da ciò: come già esposto prima, esso è in costante ed intima relazione con il cuore, polmoni, stomaco, milza e fegato mediante vasi del tutto speciali, molto sottili e nascosti, e quindi, da un punto di vista più spirituale, finché l’uomo o l’animale vive, esso serve all’anima per così dire da luogo di ritiro o di riposo temporaneo che le è necessario particolarmente durante l’atto della generazione; e poiché questo viscere ha una tale peculiare funzione, esso suscita nella vita naturale un certo senso di benessere e di giocondità, il quale naturalmente non va ascritto al corpo, sebbene all’anima, e più ancora allo spirito che è in lei.

5. Chiunque nell’ambito della legge di natura abbia compiuto l’atto generativo, non potrà non ricordare come questo diffonda in tutto l’organismo una sensazione d’intensa gioia ed un immenso benessere, e non potrà scordarsi nemmeno come, essendosi per lungo tempo astenuto da un non necessario contatto sessuale, venne poi a trovarsi in uno stato di perdurante benessere e di allegrezza, nel quale spesso, senza sapere il perché era così allegro e sereno che trovava una gioia edificante in tutto quello che vedeva.

6. Tutte queste sensazioni vengono fisicamente predisposte nei reni; per questa ragione anche questo viscere ha l’aspetto quasi di un cuscino ben predisposto che invita ad esclamare: “Ecco un posto piacevole e soffice; è bello sedersi sopra e riposarvi!”. E così, per quanto riguarda la felicità fisica, si fa in modo, attraverso questo viscere, che l’anima, di solito attiva solo nel cuore e nella testa, possa trovarvi un luogo di riposo e possa, come si usa dire, spassarsela a suo agio.

7. Anche nei casi del cosiddetto sonnambulismo animale l’anima scende per lo più in questo viscere, il quale, mediante i nervi gangliari, sta in intimo rapporto con la fossa dello stomaco, e tramite questa l’anima nello stato sonnambolico di solito vede, ode o avverte sensazioni, e, quando occorre, si mette pure in comunicazione con il mondo esteriore.

8. Poiché dunque questo viscere ha delle funzioni tanto notevoli, sarà pure necessario esaminarne un po’ la costruzione. La struttura di questo viscere ha nuovamente molta somiglianza con quella della milza e del fegato, con la sola differenza che, come è noto, esso ha l’aspetto di un corpo imbottito; esso ha da ambedue le parti come dei sacchetti fatti a maglia i quali sono divisi l’uno dall’altro da una accentuata depressione e da un tessuto cellulare di colore bianchiccio, e queste due parti costituiscono un tutto solamente perché congiunte nella linea mediana ugualmente da un tessuto cellulare bianchiccio, attraverso il quale passano i canali principali degli umori acquei riversando nei sacchetti a maglia la nobile sostanza seminale che essi, come fu detto sopra, assorbono dall’umore acqueo proveniente dal fegato. Nei sacchetti questa sostanza, per mezzo dell’elettricità che si sviluppa in essi, viene resa più matura, sottile e fluida; come tale viene poi accolta nei delicatissimi vasi sanguigni che si trovano in questo viscere, ed, unita al sangue, viene poi condotta al cuore, dal quale attraverso dei vasi viene condotta nei depositi ad essa destinati, dove riceve continuamente dai cosiddetti testicoli il suo nutrimento ed acquista attitudine a svolgere il compito che le è stato assegnato. Noi avremmo ora in questo modo osservato la struttura di questo viscere, almeno in quanto è a noi necessario, e possiamo quindi dedicarci un po’ all’esame del corrispondente viscere nel corpo terrestre.

9. Questo viscere è situato già più a meridione, dunque un po’ oltre l’equatore, ovvero più vicino al polo sud che al polo nord. Questo rene tellurico ha, per quanto riguarda la forma, una grande somiglianza con lo stesso viscere in una scrofa, e più ancora con quello di un elefante, il quale, veramente, appartiene esso pure alla medesima specie dei suini. Questo viscere ha nella Terra quasi gli identici scopi come negli animali; esso è in primo luogo la sorgente immensa e principale da cui traggono alimento tutti i mari e dalla quale provengono per gradi anche tutte le acque che sono sulla superficie della Terra.

10. Certamente, prima del mare la Terra ha ancora una quantità di vesciche urinarie, le quali sono situate per lo più fra la Terra esteriore, la quale può venir chiamata l’epidermide terrestre, e la seconda Terra rigida, vesciche queste che si presentano come immensi bacini d’acqua, qualcuno grande più di un intero continente della grandezza dell’Europa. Da queste enormi vesciche urinarie telluriche i mari e le altre acque della terraferma ricevono il loro alimento e il loro incremento d’acqua che è costantemente lo stesso. Questa è la prima funzione di questo viscere.

11. La seconda funzione consiste nella separazione della nobile acqua fecondatrice dal greggio umore urinario tellurico. Quest’acqua nobile e fecondatrice non viene convogliata immediatamente verso la superficie terrestre, bensì, come negli animali, ritorna prima al cuore tellurico, e da qui sale attraverso speciali vene e canali fino alla superficie terrestre, dove in parte si presenta come acqua dolce sorgiva e in parte come rugiada che è il principale elemento fecondatore di tutto il mondo vegetale. Questa è la seconda funzione del rene. In una prossima occasione noi c’intratterremo sulla terza che è anche la più notevole.

 

 

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Cap. 13

La Terra come maschio e femmina

19 gennaio 1847

 

1. A ciascuno di voi sarà successo talvolta di trovarsi in condizioni d’animo tali da provare uno straordinario benessere. In un simile stato tutto quello che circonda l’uomo assume un aspetto di particolare letizia; tutto ciò che gli cade sottocchio suscita in lui una sensazione di molteplice voluttà; le nuvole nel firmamento rivelano forme e colori d’insolita bellezza, e l’aria gli accarezza la faccia così dolcemente da sembrare un susseguirsi ininterrotto di baci che le labbra di migliaia d’angeli invisibili vanno deliziosamente deponendo; insomma una gioia insolita pervade tutta l’anima. Vedete, questa sensazione appena descritta che l’uomo prova in certi periodi non è che una sensazione postuma e riflessa prodotta dallo stato particolare di temporanea pace e benessere concesso al corpo terrestre ed è simile alla giocondità suscitata dai reni nell’uomo, di cui si è parlato la volta scorsa e che può essere osservata facilmente anche negli animali.

2. Un tale periodo di letizia sul corpo terrestre si verifica quando la grande anima, o meglio l’anima universale terrestre, si ritira nei propri reni e lì si prende il necessario riposo e ristoro. È in un simile periodo che sulla superficie della Terra tutto s’accorda in armonia; e tutto assume in un certo modo un carattere di morbidezza e di dolcezza. Però ad un tale periodo di letizia fa seguito solitamente un tempo fosco e burrascoso durante il quale nuovamente tutto acquista un aspetto ripugnante e talvolta anche terribile. Ciò avviene quando l’anima universale terrestre riprende la sua normale attività nei vari organi tellurici. Nella Terra per altro non succede mai che l’anima si ritiri completamente nella sua integrità in questo luogo di riposo e di pace, come avviene nell’uomo; bensì una parte soltanto dell’anima universale si prende più o meno riposo, mentre un’altra parte deve essere ininterrottamente ed ugualmente attiva.

3. Questa cosa la si può raffigurare più chiaramente paragonandola al lavoro di un uomo che abbia per qualche tempo compiuto una certa fatica con la mano destra; quando questa è stanca, egli la mette in tasca perché si riposi, e riprende il lavoro con la sinistra finché l’altra non abbia riacquistato vigore. La si può anche paragonare all’attività mentale di un uomo che abbia per un certo tempo lavorato di cervello; quando questo è stanco, l’uomo gli concede riposo e mette in moto invece le gambe; oppure questo parziale riposo dell’anima terrestre è simile al procedimento usato da due uomini incaricati della guardia notturna, dei quali l’uno provvede alla sorveglianza dalla sera alla mezzanotte, mentre il suo compagno riposa; poi quello che prima ha vegliato se ne va a riposare, mentre l’altro che si è ristorato assume la guardia fino al mattino.

4. Così dunque dovete raffigurarvi questo procedimento dell’anima universale terrestre; per conseguenza la Terra non può mai giungere a quello stato di benessere completo e totale al quale può invece pervenire l’uomo od anche l’animale attraverso il riposo notturno, bensì solamente a quello del riposo parziale dell’uomo, che è comunque un benessere per niente insignificante. Ma un simile stato perfetto e generale di riposo e di benessere non può subentrare nella Terra, in primo luogo, a causa del moto giornaliero di rotazione; e in secondo luogo a causa del moto annuo di rivoluzione della Terra intorno al Sole, il quale ha per effetto che ora l’emisfero settentrionale ora il meridionale giace sotto l’influenza del cosiddetto sonno invernale, mentre la parte opposta è costretta alla massima attività.

5. Poiché la Terra ha pure questa proprietà nei suoi reni al pari dell’uomo e dell’animale, come può facilmente venire compreso da ciascuno, s’impone ora la domanda se la Terra non abbia forse anche una capacità generativa. Certamente, anzi la sua capacità generativa è molteplice e molto più varia che non nell’uomo od in qualunque animale o pianta.

6. Ma per questa ragione anche la Terra va considerata in certo modo come un ermafrodita, ovvero come maschio e femmina riuniti contemporaneamente nello stesso essere, e in questo aspetto essa è simile al primo uomo, il quale egli pure era in origine uomo e donna contemporaneamente, e simile altresì agli spiriti perfetti del Cielo nei quali sono pure riuniti completamente ambedue le caratteristiche, la maschile e la femminile.

7. Questo preambolo è necessario per meglio comprendere ciò che seguirà. Dunque, poiché la Terra ha una capacità generativa, si domanda ora come e che cosa genera essa, e quali siano i suoi principali organi della generazione.

8. Il principale organo generativo della Terra è, come negli animali, il polo sud notevolmente rigonfio; per il fatto che quest’organo esiste nella Terra, essa ha la caratteristica femminile, poiché tutto il polo sud è da considerarsi come negativo al pari dell’essere femminile, il quale appunto sta in rapporto polare negativo rispetto alla polarità positiva del maschio. Però la Terra, considerata sotto questo punto di vista come femmina, non è di per se stessa atta alla generazione, bensì soltanto atta ad essere fecondata e ad accogliere il frutto della generazione; e ora si domanderà: “Chi è che genera con la Terra?”. – La risposta è la seguente: “Il Sole mediante la sua potenza polare opposta”. Che cosa produce essa o che cosa ha prodotto?

9. Una creatura della Terra, fra le maggiori, generata appunto in questa forma è la Luna, la quale è precisamente la figlia più vecchia di questa femmina tellurica.

10. Ha essa altri simili figli? Certamente, e questi sono costituiti da un considerevole numero di meteore, le quali, in parte, come esseri partoriti nell’ampio spazio dell’etere, si trovano a circolarvi entro, ma in parte i figli così generati formano le cosiddette stelle cadenti le quali pressoché ogni giorno, ma specialmente nei periodi equinoziali in cui la durata del giorno equivale a quella della notte, appaiono in quantità innumerevole; che essi non siano altro che minuscoli pianeti dall’aspetto meteoritico partoriti di fresco dalla Terra, lo dimostra il loro corso costantemente ellittico e il loro aspetto rotondo, quando si avvicinano tanto alla Terra che gli uomini possono con i loro occhi valutarne il diametro più da vicino. Tuttavia questi piccoli pianeti, come pure tutti gli altri simili frutti della generazione, vengono riassorbiti dalla Terra, come narra l’antica favola su Saturno che si mangiava i figli.

11. Da dove poi partorisce la Terra questi figlioli? La Terra ha una quantità grande di simili canali adatti alla nascita. Tuttavia il principale sulla Terra si trova nel mezzo dell’oceano Pacifico, non distante dall’Equatore, e precisamente nei paraggi dell’arcipelago così detto di Tahiti ed Otahaiti; è da quel punto che un giorno la Luna si separò dalla Terra, e seguendo il suo esempio si separarono anche una discreta quantità di comete ancora esistenti.

12. Questo è dunque uno tra i canali di nascita principali della Terra. Altri canali di questo genere sono rappresentati da un gran numero di laghi, paludi e caverne nelle montagne, dalle quali non di rado questi piccoli pianeti vengono scagliati fuori per effetto di una forza polare. Ma siccome essi hanno troppo poca consistenza, avviene che la superiore potenza polare della Terra annulla lo loro limitata provvista di energia polare opposta, ed essi finiscono con il venire riattratti dalla Terra sulla quale ben presto cadono sotto forma di massi di scoria e talvolta anche sotto forma di pietre. Come pietre però essi cadono soltanto quando essi sono prima scoppiati nello spazio etereo, dopo di che precipitano come le parti di un tutto.

13. Questo è un modo di generazione a cui la Terra partecipa come elemento femminile. Prossimamente noi passeremo a considerare quei modi di generazione di gran lunga più straordinari e molteplici nei quali la Terra funge contemporaneamente da maschio e da femmina.

 

 

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Cap. 14

L’atto generativo della Terra come uomo-donna

(20 gennaio 1847

 

1. Da un simile atto generativo traggono la loro origine materiale tutti i regni naturali, cioè il minerale, il vegetale e l’animale. La Terra, considerata come maschio e femmina in un essere solo, genera e partorisce in maniera molto varia, e precisamente cosicché da una lato essa quasi mette al mondo dei piccoli esseri viventi, poi dall’altro lato depone uova come gli uccelli, quindi come le piante produce sementi, ed infine, per quanto concerne il regno minerale, fa sbocciare certe fioriture, le quali hanno il potere di attrarre tutto quanto è loro affine e di svilupparsi come minerale in vaste zone. Questa è la quadruplice forma generativa della Terra nella sua qualità di essere bisessuale.

2. Ma qui qualcuno potrebbe certamente obiettare e dire: “Se la Terra ha tutte queste attitudini, a che scopo esiste l’energia riproduttrice nel mondo vegetale ed animale? E come si spiega che la pianta, qualunque essa sia, ha bisogno della sua particolare semente, per moltiplicarsi? Perché a questo scopo, l’uccello deve deporre le uova, l’animale deve partorire il proprio simile, e l’anfibio e il pesce devono emettere il loro umore poltiglioso che in ultima analisi è pure un ammasso di uova?”

3. La risposta a una tale domanda non è affatto tanto semplice come qualcuno potrebbe supporre, però nonostante tutto, per chi sia capace di osservare un po’ più profondamente le cose, essa risulta già perfettamente espressa in tutta la natura.

4. Già all’inizio di questo dettato è stato dichiarato che la Terra è contemporaneamente maschio e femmina; quale femmina non genera da sé, ma concepisce e partorisce; quale maschio invece genera soltanto e non partorisce, e quanto è generato deve prima venire maturato e poi partorito nella determinata maniera e forma propria alla figura femminile tellurica nella quale il concepimento è avvenuto per effetto della Terra stessa nella sua figura di maschio.

5. Ed al fine di comprendere tale cosa più chiaramente, noi osserveremo anzitutto l’albero nella sua reciprocità d’azione con il corpo terrestre. Per quanto poco a fondo si consideri questo reciproco rapporto, la questione deve riuscire chiara come il Sole. Ammettiamo che il seme debba evidentemente esistere prima dell’albero sul quale esso poi di nuovo si riproduce; la quale supposizione è giusta già per questa ragione, perché è in ogni caso più facile che un seme possa venire prodotto nella Terra che non un intero albero perfettamente sviluppato. Inoltre i semi leggeri si possono spargere dappertutto, dato che possono essere distribuiti con minimo sforzo in tutte le parti del mondo, anche se spesso appartengono a specie di alberi grandissime; e quando spirano le brezze e trascinano con sé simili granelli leggeri di semente, non arrecano danno neppure a una mosca, per non parlare poi di un animale più grande o addirittura di un uomo. Invece quante difficoltà ci sarebbero e quale immenso impiego di forza ci vorrebbe per effettuare un’operazione simile con alberi già in completo sviluppo, senza neanche tenere conto dei pericoli a cui ci si esporrebbe! Cosa mai direbbero gli uomini quando vedessero un intero bosco di querce trasportato all’improvviso sopra le loro teste dagli uragani e, una volta lasciato cadere a terra, vi mettessero radice? Mentre invece per avere un simile bosco basta farsi portare delle ghiande sane su un unico carro, e collocarle poi pacificamente nel terreno, dopo di che certamente nessuno perderà la testa quando, con il tempo, le ghiande incominceranno a produrre lentamente i loro teneri germogli al di sopra del terreno. Chi mai ha riportato del male quando, attraversando un bosco di abeti, gli è caduto sul cappello una lievissima semenza d’abete? Ma quale faccia farebbe lo stesso individuo se invece di un granello di semente così leggero si vedesse svolazzare dinanzi al naso un gigantesco abete già nel pieno sviluppo?

6. Dunque già da questi pochi esempi è ragionevole supporre che ognuno dovrà facilmente persuadersi come il seme dovette precedere nell’esistenza l’albero.

7. Per gli animali certo il caso è inverso. L’uccello dovette esistere prima dell’uovo, perché la covatura dell’uovo esige già il calore animale; ma ciò nondimeno neanche l’uccello è apparso immediatamente come tale, sebbene, in quel primo periodo delle formazioni, fu sempre la Terra che depose il primo uovo, e così la Terra fu anche il primo uccello universale.

8. Uscito il primo uccello dal primo uovo, allora certamente depose esso un altro uovo che era organizzato un po’ differentemente dal primo, e così ebbe vita un secondo uccello perfettamente simile al primo.

9. Si può dunque anche nel caso dell’uccello, come pure per gli anfibi, considerare il primo uovo come un seme cosicché di nuovo il seme dovette venire prima dell’animale che uscì da esso. Soltanto se si vuol vedere una differenza essenziale fra la qualità dell’uovo terrestre e quella dell’uccello, si dovrà dedurre che l’uccello precedette nell’esistenza l’uovo che esso depose, e mediante il quale riprodusse il proprio simile. Però questo non fu il caso del seme vegetale; questo venne partorito dalla Terra così come fu poi riprodotto dalla pianta stessa. La stessa cosa accade a tutti gli altri animali; ogni specie venne in origine partorita dalla Terra già come un essere completo, ed ottenne la capacità di riprodursi attraverso un particolare potere generativo.

10. Per dimostrare la forza generativa e partoriente della Terra, abbiamo preso come esempio l’albero; era necessario che questa spiegazione precedesse le considerazioni appena fatte, senza le quali la cosa non sarebbe potuta risaltare nella dovuta chiarezza; ora però, siccome tali considerazioni sono state fatte, non potrà non risultare d’un tratto evidente come da un lato la Terra, come essere maschio, generi e dall’altro, quale femmina, partorisca, e come essa di fronte all’albero da noi preso ad esempio assuma funzione ora di femmina ora di maschio.

11. Supponiamo che un seme che si è maturato sull’albero venga deposto nel terreno; allora il rapporto della Terra verso l’albero è quello della femmina quando concepisce e poi matura e partorisce l’oggetto del concepimento per l’energia insita nell’oggetto stesso; ma quando l’albero sia cresciuto, allora è esso che assume rispetto alla Terra il carattere femminile, mentre la Terra riveste figura di maschio di fronte all’albero, generando in questo nuovi semi per renderlo fecondo.

12. Da questo esempio risulterebbe dunque in parte già chiara la funzione maschile e femminile della Terra, e bisognerebbe concludere che essa a tale scopo deve necessariamente avere riunite in sé ambedue le nature. Ma in questo esempio la Terra e l’albero hanno un rapporto di interrelazione; però questo solo non basta, e noi dobbiamo analizzare un po’ questa interrelazione nella Terra stessa. Ora, come ci arriveremo noi? La cosa non sarà poi tanto difficile.

13. Voi sapete che la Terra ha un polo sud ed un polo nord. Questi due poli, rispetto alla funzione tellurica principale, rimangono sempre quello che sono, vale a dire l’uno il polo sud e l’altro il polo nord, ovvero l’uno negativo e l’altro positivo, l’uno attrattivo e l’altro repulsivo; ciò che ha poi per conseguenza che due simili polarità disuguali possono di necessità sussistere l’una accanto all’altra molto bene, poiché un polo è quello che da, e l’altro quello che riceve. Dati questi rapporti di polarità, l’interrelazione emerge già chiaramente. In origine, cioè allo sbocco esteriore, è il polo positivo nord quello che riceve, perché accoglie in sé tutto il nutrimento necessario al corpo terrestre, mentre il polo sud, rispetto all’esterno, non riceve niente ed invece da tutto; ma nell’interno del corpo terrestre è il polo nord ad assumere verso il polo sud la parte del donatore, mentre quest’ultimo altro non fa che ricevere.

14. Vedete, quanto detto serve a mettere in evidenza come l’essere terrestre, grazie alla sua funzione polare interna, assuma nelle sue due polarità alternativamente e reciprocamente la figura in parte maschile e in parte femminile.

15. Ancora più evidente risulta questa interazione polare in costante alternanza, considerando l’avvicendarsi delle estati e degli inverni. Per mezzo anno l’emisfero boreale della Terra è dominato dall’inverno, mentre nello stesso tempo fa estate nell’emisfero australe, e viceversa accade nel prossimo mezzo anno. Ciò va inteso così: l’inverno ha funzione di maschio, e l’estate quella di femmina; l’inverno genera nell’estate femminile, e questa partorisce poi quello che l’inverno ha generato. Per conseguenza d’inverno una metà della Terra ha la caratteristica maschile, mentre l’altra ha interamente quella femminile, e perciò avviene che anche il polo sud, solitamente femminile, viene a trovarsi con caratteristica maschile rispetto al polo nord diventato femminile per il cambio di stagione, e così pure viceversa; soltanto che rimane sempre una notevole differenza, e cioè che i frutti dell’emisfero australe della Terra sono bensì più dolci, teneri e pieni, ma non così sostanziosi come quelli dell’emisfero boreale, perché nella parte meridionale della Terra l’elemento femminile predomina in generale sul maschile, mentre la parte settentrionale è più spiccatamente maschile, cosicché questa cosa si potrebbe etimologicamente definire: a nord la Terra è uomo-donna, ed a sud una donna-uomo.

16. Da questa esposizione la duplice essenza della Terra deve certamente risultare già quasi del tutto chiara; ma per averne una visione ancora più perfetta conviene aggiungere ancora che la Terra va alternativamente mutando di caratteristica anche per effetto del giorno e della notte. La notte ha sempre l’impronta femminile e il giorno quella maschile; ciò che il giorno ha generato viene poi partorito dalla notte nel suo grembo oscuro; per la qual cosa ogni seme viene generato e fecondato dalla Terra nella sua figura maschile, e dalla stessa Terra in figura femminile viene maturato e partorito.

17. Che la Terra produca veramente seme per ogni specie di piante e di animali, lo si può rilevare da molti fenomeni che si verificano sulla superficie terrestre. Fra questi fenomeni va annoverato l’imboschimento originale delle montagne, come pure la crescita di muschi ed erbe su steppe una volta deserte sulle quali per un migliaio d’anni nulla era mai cresciuto; le muffe ed i funghi non hanno fino ad oggi ancora mai avuto semente in altro modo. Ai fenomeni che contribuiscono a chiarire questa cosa appartiene poi anche quel genere di fenomeni certo più rari, ma tuttavia abbastanza frequenti, che si concretano nella caduta dall’atmosfera di biade e di ogni tipo di grani, o del fenomeno che, nel nostro caso, ha valore probativo per eccellenza, della cosiddetta pioggia di pesci, bisce, rane e simili. Nessuno fra i naturalisti, come si usano chiamare, se mai dispone di un grano solo di sano intelletto, potrà mai sostenere che questi animali vengono sollevati da terra tramite qualche vortice d’aria e poi scagliati di nuovo giù; perché, considerato questo, egli dovrebbe essere in grado di dimostrare in qualche modo che vi sia sulla Terra una località tale da poter accogliere un numero di simili esseri che non di rado raggiunge il trilione, e, se anche fosse capace di dimostrare tanto, non farebbe altro che comprovare con evidenza ancora maggiore appunto la speciale potenzialità generativa della Terra; come cioè essa possa da sé procreare simili esseri. Ma quale sia il modo in cui questi fenomeni si svolgono, questa è cosa che noi passeremo a considerare ancor più da vicino in una prossima occasione.

 

 

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Cap. 15

Scala generale di sviluppo degli esseri

22 gennaio 1847

 

1. Questi fenomeni si verificano bensì sotto un aspetto tale da poter far credere a qualcuno che siano gruppi di trombe d’aria che si raccolgono in un groviglio nell’aria e poi ricadono a terra quando la forza del vento diminuisce. Però, per uno spirito indagatore che voglia andare per poco anche a fondo della cosa, questo genere di spiegazione non sarà certo sufficiente; perché, per sollevare un numero così grande di rane, pesci e serpenti, ci vuole un uragano vorticoso di ben vaste proporzioni, o addirittura un ciclone. Ma se questi corpi animali ancora poco consistenti venissero spazzati da terra e sollevati, la furia distruttiva del vento farebbe sì che essi, in primo luogo, sarebbero lacerati in minutissimi pezzi prima di ricadere a terra e in questo caso la possibilità di vita sarebbe certo molto discutibile. In secondo luogo, poi, per ripulire forse interamente un qualche lago o palude larga e lunga talvolta parecchie ore di cammino, una simile tromba d’aria dovrebbe avere essa stessa un diametro enorme, nonché una forza tale da rendere anche ai monti inutile la resistenza, cosa questa che nessun scienziato o naturalista potrà facilmente ammettere. In terzo luogo, infine, un tale vento od una simile violenta tromba d’aria dovrebbe vuotare il lago dell’acqua fino all’ultima goccia, ovvero spazzare un’intera palude in modo tale da non lasciarvi dentro neppure un solo granello di sabbia, in seguito a che, quando si verificasse questa pioggia di animali, dovrebbe con essi cadere anche una massa d’acqua, di fango ed una quantità di altri ingredienti simili, ciò che per altro non è di solito il caso di queste cosiddette piogge di anfibi. Invece questi fenomeni hanno l’origine seguente:

2. La Terra, nella sua qualità di duplice essere, genera in qualche sito fuor dalle sue viscere una quantità di solito enorme di germi ed ovuli. Questi sono piccolissimi, e vengono spinti fuori facilmente attraverso gli innumerevoli pori e canali della Terra. A causa, poi, degli elementi della fermentazione propria a simili germi, questi quanto più salgono tanto più si dilatano, per la qual cosa finiscono con il diventare più leggeri dell’aria, e una volta raggiunta la superficie terrestre, cominciano ad innalzarsi nell’atmosfera sotto forma di una nebbia oscura, come i palloni aerostatici, fino ad una certa altezza, cioè fino a che siano giunti nella zona d’influenza di una qualche forte zona elettrica, ciò che facilmente succede perché questa esercita una particolare attrazione su simili germi. In questa corrente i germi vanno rapidamente maturandosi e gli animaletti vengono, per dir così, partoriti non di rado in numero di molte migliaia di milioni. Ma poiché tali animaletti si sono formati dall’aria un corpo specificamente più pesante di questa per l’azione della corrente elettrica, avviene che essi non possono sostenersi più a lungo nell’aria, e incominciano a scendere verso terra; però, essendo ancora abbastanza leggeri, la discesa non è tanto rapida e tale da provocare il loro schiacciamento per effetto della caduta, e di conseguenza la loro morte immediata, bensì raggiungono terra ancora in discreto stato, e possono vivere per qualche altra ora dopo aver toccato il terreno. Ora, poiché questo modo di sviluppo costituisce un salto di gradini nella graduatoria dell’evoluzione e non sta in consonanza con il regolare progredire stabilito per le intelligenze spirituali che si svincolano dal corpo terrestre, questi esseri animali svaniscono ben presto dall’esistenza visibile, vengono riassorbiti dalla terra e indirizzati al regno vegetale; e qui è da osservare che simili prodotti trapassano poi al gradino animale visibile prima di quando tali ‘classi di animali’ debbano percorrere, secondo l’ordine abituale, tutti i gradi della vita vegetale in una legione di piante. Però, anche se appaiono sulla Terra già nella ‘classe di animali’, devono essi pure retrocedere di un passo ed entrare per qualche tempo nella sfera vitale vegetale prima di poter assumere il carattere intensivo-animale.

3. Sotto tutt’altro aspetto si presentano invece quegli elementi vitali già dall’origine avvinti per i gradi del regno vegetale, nel quale hanno dato le prime manifestazioni della loro esistenza; questi devono percorrere tutti i gradi della scala vegetale situati sulla linea d’evoluzione loro prescritta, prima di poter venire accolti nella sfera della vita animale. Ma siccome c’è una differenza enorme anche fra pianta e pianta, perché ce ne sono di nobili e di non nobili, di buone e di cattive, avviene che particolarmente le nobili sono tanto vicine al regno animale, e le più nobili perfino all’uomo, che possono essere accolte immediatamente, almeno in parte, nell’essere umano e in gran parte in quello degli animali più evoluti. Di tali piante si dice che hanno una breve linea di transizione; però vi è una grande quantità di piante non nobili; prima che i loro elementi vitali possano venire accolti nelle piante nobili, ci vuole molto tempo, e di queste si dice che hanno una linea di transizione lunga.

4. Non diversamente procedono le cose anche nel regno animale. Ma siccome simili animali vengono generati direttamente per effetto del duplice essere della Terra, nella stessa maniera vengono generati liberamente pure i germi o semi delle piante. Questo fenomeno si verifica principalmente nei paesi tropicali, come nella pietrosa Arabia ed alcune regioni dell’Africa e dell’America; in quelle regioni vi sono ancora oggigiorno immensi deserti e steppe. In questi deserti si trovano certi punti di nascita per tali sementi. Ma dove queste fonti di nascita della semente mancano, lì la terra resta deserta e vuota.

5. Così pure le isole di nuova formazione devono la loro vegetazione ai semi generati dalla Terra, e, quando la vegetazione si è evoluta ed innalzata per gradi a un livello sufficiente, allora cominciano a formarsi le classi inferiori degli animali, tuttavia non oltre agli insetti ed agli animali striscianti ancora molto imperfetti; più in là non arriva il libero trapasso naturale. Necessita poi l’intervento di una forza superiore per creare un tipo di animale situato su di un gradino più alto sulla scala della vita animale, nel quale possano trapassare le precedenti classi inferiori, e così di seguito fino all’uomo, il quale però non viene mai creato di nuovo, bensì fa la sua comparsa al momento opportuno tramite l’immigrazione.

6. Io credo che al pensatore non superficiale queste spiegazioni basteranno per dimostrargli la potenza generatrice e riproduttrice della Terra nella sua qualità di duplice essere, e come questi fenomeni esteriori traggono nella maniera anzidetta la loro origine principalmente dai reni terrestri, perché è in questi che viene elaborata la sostanza seminale universale e viene fecondata per l’utilizzazione ulteriore secondo il sistema prescritto.

7. E con ciò l’essenza propria ed attiva dell’interno terrestre sarebbe il più perfettamente possibile scrutato; e se si era trattato di svelare con queste comunicazioni l’interno della Terra, questo ormai risulta rivelato con tutta la possibile concisione ed esattezza, e nel modo più accessibile all’umano intelletto. Tuttavia, siccome la sola cognizione dell’interno terrestre non può equivalere alla conoscenza perfetta di tutta la Terra, noi dovremo passare da questo terrestre interiore ovvero dall’ambiente viscerale tellurico alla seconda Terra, la solida e rigida, per farla oggetto di un breve esame ed al fine di renderci poi possibile una visione più facile e chiara della Terra esteriore; perché su questa Terra esteriore si manifestano una quantità grandissima di fenomeni, riguardo ai quali neppure i più sapienti fra i naturalisti sanno dare una spiegazione. Invece questi fenomeni possono venire giustamente ed interamente valutati solamente qualora se ne conosca la base sulla quale poggiano; è bene dunque che voi non v’immaginiate tali formazioni rigide come qualcosa di estremamente semplice, bensì di estremamente complicato e comprendente la massa di gran lunga più grande della Terra. Esse sono quello che in certo modo è il legno rigido dell’albero che costituisce la massa maggiore dell’albero; e come nel legno dell’albero è fissato il meccanismo più artistico, così succede anche nella Terra. Questa parte solidissima della Terra è da considerarsi dunque pur essa come una specie di scuola, per mezzo della quale gli esseri ancora rozzi e informi, che salgono dalla regione più interna della Terra, acquistano un proprio carattere ed una propria forma. Per tali motivi è opportuno che questa seconda Terra venga scrutata con particolare acutezza d’occhio, e perciò noi cominceremo alla prossima occasione a dedicarle la nostra attenzione.

 

 

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Cap. 16

Materiale e costruzione della seconda Terra

23 gennaio 1847

 

1. Questa seconda Terra rigida consiste in una massa del tutto speciale, la quale, come il legno nell’albero, è quasi in ogni suo punto omogenea; soltanto verso l’interno tellurico essa è un po’ meno compatta. La densità va man mano aumentando verso l’esterno, la qual cosa è anche necessaria; perché laddove si tratta di sostenere pesi gravissimi, è opportuno che la solidità sia proporzionatamente grande. Verso l’interno, invece, dove le forze polari hanno il loro campo d’azione nelle viscere telluriche, la densità deve diminuire e il materiale deve essere più tenero e cedevole, affinché, sotto l’azione violenta delle forze interne, non debba manifestarsi qualche crepa nella massa solida e d’altro canto per evitare che le viscere molto sensibili, nel loro sobbalzare continuo in tutte le direzioni, riportino danni da un eventuale urto contro le pareti troppo rigide dentro le quali si trovano costrette; ma verso l’esterno questa seconda Terra diventa estremamente densa nella sua ingegnosissima costituzione, una densità sempre uguale che si estende per uno spessore di quasi 200 miglia. È questo uno spessore più che sufficiente a sopportare il peso di tutta le terza Terra esteriore con tutti i suoi mari, i continenti e le montagne, con quella facilità con la quale l’elefante porta il drappo che gli adorna la schiena.

2. Di che materiale è fatta dunque questa seconda Terra rigida? Spiegarvi di che materiale veramente si tratta, sarà alquanto difficile, perché sulla superficie terrestre non esiste in nessun luogo qualcosa di simile, ne vi può esistere perché i componenti di ciascuna di queste Terre giacenti l’una dentro l’altra sono del tutto differenti, il che lo potete constatare con facilità anche osservando una noce, nella quale il mallo verde esteriore non contiene niente del guscio duro, come niente non ne contiene il gheriglio interiore, e ciascuna parte invece, benché congiunta alle altre, sta come indipendente a sé. La stessa cosa si può dire della massa di questa seconda Terra. Essa non è roccia né metallo; non è affatto un blocco di diamante e meno ancora di oro o di platino, poiché se questa massa fosse qualcosa di simile, non sopporterebbe il fuoco interno che scaturisce dalle viscere. Essa verrebbe presto fusa e infine trasformata in scoria e ceneri. Altrettanto male sopporterebbe il passaggio violento di innumerevoli sorgenti di fuoco e di altre sostanze distruttrici, si logorerebbe in poco tempo e oltre a ciò si disgregherebbe in questi punti di passaggio riducendosi in uno stato in cui sarebbe inadatta a ulteriori funzioni.

3. Si tratta forse di una particolare massa ossea? Questo certamente no, anzi meno ancora di qualsiasi altra cosa. Quello che più di tutto le somiglia è il cosiddetto asbesto o lana minerale quando si trova in una massa compatta, perché questa lana minerale è quasi indistruttibile al fuoco ed inattaccabile dagli acidi, anche se essa può essere scomposta chimicamente, e questa è appunto la differenza che limita la perfetta somiglianza della massa tellurica rigida con la nostra lana minerale. Però, se in qualche punto della superficie terrestre esiste qualche cosa di più somigliante ancora dell’asbesto, non può trattarsi che di una certa qualità di pietra pomice, la quale non si trova in nessun altro luogo se non unicamente in vicinanza del polo sud. Ma questa specie di pietra fino ad oggi non fa mostra di sé in nessun ben fornito gabinetto di storia naturale, e ciò per la ragione anzitutto che finora nessun naturalista è pervenuto tanto vicino al polo sud, e se anche qualcuno riuscisse ad avvicinarsi a questo punto della Terra estremamente pericoloso, egli dovrebbe scavare molto profondamente nel ghiaccio per tentare di raccogliere un qualche pezzo di questo minerale, e poi egli dovrebbe necessariamente conoscere prima dove si trovano all’incirca dei pezzi di questa pomice, altrimenti farebbe scoppiare invano le sue mine nel ghiaccio. Certamente, un grano solo di questa pietra avrebbe maggior valore di una perla che pesasse anche qualche quintale, e ciò a motivo dell’incredibile magnificenza dei suoi smaglianti colori e della sua assoluta indistruttibilità; ma questo preziosissimo fango della Terra è tenuto con tanta cura nascosto appunto perché il mondo avido di metalli e di minerali non ne venga accecato peggio ancora che per effetto dell’oro e dei diamanti. Questo minerale, come detto, è quello che veramente più di tutto assomiglia alla massa della seconda Terra, quella compatta e rigida.

4. Per quanto concerne il colore di questo materiale compatto e durissimo, esso è verso l’esterno piuttosto bianco-grigiastro, e alla luce del Sole apparirebbe all’incirca come il colore della perla; più sotto invece diventa sempre più cupo ed assume una colorazione meravigliosa, cangiante, quasi come una cosiddetta madreperla dorata. Oltre a ciò, questo materiale è oltremodo pesante, e deve anche esserlo, perché è in esso che si trova il principale elemento d’impulso al movimento rotatorio della Terra, al cui scopo non può servire la crosta esteriore terrestre troppo molle e spugnosa.

5. Così noi avremmo esplorato alcuni punti al fine di riconoscere la massa di questa Terra mediana, e possiamo volgerci a considerare un po’ la sua costruzione. L’immagine più chiara di questa seconda Terra rigida, per quanto riguarda la sua struttura, può venirvi fornita, nel modo migliore e più corrispondente allo scopo, da un attento esame delle ossa di una scatola cranica, oppure di quelle di una comunissima noce, e vi può venir fornita perché questi oggetti si presentano di fronte a voi per così dire da maestri, i quali, come accennando con il dito o con uno stiletto, dirigono i vostri occhi verso la struttura, nella quale, come del resto anche nel complesso organico, voi potete formarvi facilmente quel concetto che voi dovete poi anzitutto ampliare enormemente perché attraverso questo ampliamento vi è possibile formarvi un’idea precisa di come questa seconda Terra, compatta e rigida, sia artisticamente ed opportunamente costruita. A questo riguardo è necessario che voi teniate presente in ogni cosa che sarebbe in torto chiunque volesse sostenere di essersi già formato un concetto di una cosa, avendola semplicemente confrontata con un’altra simile; egli deve prima trovare l’idea attraverso l’osservazione e il confronto tra le due cose, e, solo quando l’ha trovata, deve anatomicamente analizzarla ed ampliarla; così soltanto potrà dire di essersi fatto veramente un concetto della cosa osservata.

6. Ora, dunque, noi vogliamo farci un’idea della struttura artistica e ingegnosissima della Terra mediana rigida; ma come faremo? La cosa ormai non sarà troppo difficile. A quello che nelle ossa sono i pori visibili corrispondono in questa seconda Terra dei lunghissimi canali aventi talvolta il diametro di molte tese, i quali in diversi punti sono provvisti dalle più svariate valvole di chiusura. In più d’un luogo diversi canali convergono in un punto solo; ciascuno fa convogliare fino a questo punto un liquido particolare cosicché in un simile centro di riunione, o centro di gravità secondario, i vari liquidi vanno a comporre una miscela del tutto nuova, e da qui questo liquido di nuovo tipo viene convogliato più oltre attraverso molti altri canali che si diramano in tutte le direzioni. Tutti i canali però sono muniti, in tutta la loro lunghezza, di un numero grandissimo di valvole di chiusura, le quali si aprono verso l’esterno e si chiudono verso l’interno.

7. Ma che scopo hanno queste valvole applicate agli innumerevoli canali? Queste valvole servono ad impedire che gli umori nutritivi e vitali di svariatissima specie, spinti dalle viscere terrestri, retrocedano cadendo nelle viscere stesse per effetto del loro peso; giacché ogni pulsazione dell’immenso cuore tellurico spinge dentro agli innumerevoli organi gli umori più svariati. Se dunque tali organi non fossero muniti di una valvola di chiusura laddove gli umori vi fanno ingresso, questi ultimi si riverserebbero all’interno in conseguenza del loro peso; invece, quando gli umori sotto la spinta della pulsazione salgono con la pressione dal disotto, aprono queste valvole e penetrano nei canali. Quando poi la spinta rallenta in attesa di nuovo materiale da sollevare con un nuovo sforzo, la massa degli umori già penetrata negli organi preme su queste valvole dall’alto in basso e in questo modo si preclude con il proprio peso la via del ritorno.

8. Va da sé che una tale immensa vena tellurica deve essere fornita di molte valvole di chiusura di tal genere lungo il suo percorso che non di rado raggiunge parecchie centinaia di miglia, perché altrimenti, senza un numero sufficiente di questi punti di appoggio, la massa non interrotta di liquido in un canale così lungo diverrebbe troppo pesante per poter venire sollevata ad ogni pulsazione, e, a causa dell’eccessivo peso, finirebbe con lo sfondare e distruggere l’unica valvola esistente. Quando i canali o le vene sono molto grandi, hanno, oltre a tali valvole di chiusura, anche delle enormi interruzioni a spirale, e delle pompe separate, a pressione, mediante le quali viene prestato valido aiuto alla spinta della pulsazione. Simili valvole le trovate pure in ogni vena dei corpi animali; basta che osserviate un preparato anatomico, oppure, avvalendovi del microscopio, una fibra legnosa, e non vi potrà sfuggire la grande quantità di tali valvole di chiusura disseminata in tutta la lunghezza dei canaletti.

9. Meditate un po’ su quanto finora vi fu esposto riguardo al meccanismo di questa Terra compatta e rigida, e ricaverete delle cognizioni veramente utili concernenti i fatti naturali, e quando vi sarete trovati un po’ a vostro agio in questa dimostrazione della meccanica terrestre, voi potrete con maggiore facilità comprendere le ulteriori prossime rivelazioni su questo meccanismo, rivelazioni di gran lunga più interessanti delle precedenti.

 

 

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Cap. 17

Il rinforzamento degli umori

25 gennaio 1847

 

1. Nella comunicazione precedente noi abbiamo visto come gli umori vengono spinti dall’interno della Terra attraverso la Terra mediana o rigida. Il meccanismo è fondamentalmente semplice, ma tuttavia, così com’è disposto, risulta perfettamente efficace. Per altro gli umori che per mezzo di questo semplice meccanismo vengono convogliati dal basso in alto perderebbero quella forza originaria che si trova sostanzialmente commista alla loro essenza, specialmente durante un percorso che non di rado ammonta a parecchie centinaia di miglia. Per ovviare a questo inconveniente che facilmente potrebbe verificarsi, si rese necessario ricorrere d’altra parte a un altro meccanismo ingegnosissimo fra tutti e, per essere precisi, nella maniera seguente: in direzione nord-sud corrono, in quantità innumerevoli, dei fili minerali sottilissimi, dei quali quelli nord-sud contengono per lo più unicamente ferro, e quelli sud-nord contengono invece platino e talvolta anche rame. Come abbiamo già detto, questi fili sono estremamente sottili, tanto anzi che un filo di ragno tagliato longitudinalmente darebbe circa diecimila di tali fili metallici; ora il filo del ragno è da per se stesso certamente un lavoro già finissimo. Questi fili non corrono, come si potrebbe credere, uniformemente in linea retta, bensì in una linea sinuosa, o meglio ancora seghettata, ed oltre a ciò con molte spirali, specialmente in quei punti dove passano vicino alle vene ed ai canali che salgono dall’interno del corpo terrestre. Questa cosa è però necessaria, perché appunto in quelle posizioni simili fili conduttori sono chiamati a prestare l’opera loro fattiva.

2. Questi fili non sono affatto dei sottilissimi tubetti, ma sono costituiti semplicemente da una serie di cristalli disposti in fila uno sopra l’altro ed uniti assieme come gli anelli di una catena. La loro disposizione è tale come se voi metteste parecchie piramidi a facce triangolari una sopra l’altra, in modo che il vertice dell’una venisse a poggiare esattamente nel mezzo della base della piramide seguente, e precisamente così che quelle contenenti ferro hanno il vertice rivolto verso nord e quelle contenenti platino o rame l’hanno rivolto verso sud. Se voi forzate un po’ la vostra capacità rappresentativa, potrete farvi una giusta idea del come questi fili conduttori siano costruiti. Queste condutture devono essere così meccanicamente ordinate, per la ragione che qualunque altro sistema di conduttura liscia, come ad esempio un filo metallico, su di un percorso che non di rado raggiunge le tremila miglia provocherebbe una dispersione completa del fluido elettromagnetico agente.

3. Che le condutture lisce vadano con il tempo sempre più perdendo il fluido, un naturalista più esperto in questo campo può rilevarlo già da ciò: una scintilla o una corrente elettrica trasportata a distanza non ha mai maggiore potenza d’azione di quando si trova vicino a un conduttore saturo di fluido elettromagnetico mediante un disco di vetro ben strofinato o mediante parecchie piastre di rame e di zinco bagnate nell’acido cloridrico o solforico. Questa linea di struttura cristallino-piramidica, però, non sarebbe ancora perfettamente adatta a fungere da conduttore su di un percorso di qualche migliaio di miglia se essa non corresse dentro a dei particolari tubi composti da una materia isolante tale da non poter essere attraversata da nessuna scintilla elettrica.

4. Da tutto ciò voi potete già farvi una discreta idea di come questo meccanismo sia quanto mai ingegnosamente costruito; ma a poco esso servirebbe se questi filamenti non conducessero in modo alternato l’elemento elettromagnetico. Perciò ci devono essere in certi punti, particolarmente in vicinanza dei canali ascendenti, degli ambienti di raccolta dell’elemento stesso; quando poi una simile camera di immagazzinamento è completamente caricata, allora esercita la sua azione sul liquido che scorre nel canale e gli infonde nuova energia. Questo è uno dei compiti che spetta a queste innumerevoli camere di raccolta, le quali sono qui grandi, là piccole e così pure ora negative ora positive, affinché, se l’elemento sostanziale in un liquido salente è stato eccessivamente irrobustito e riscaldato per effetto dell’elettricità positiva, allora entra automaticamente in azione la negativa che assimila l’eccesso dell’energia positiva convertendola nella propria polarità, ovvero per parlare più chiaramente ancora: quello che l’elettricità positiva riscalda eccessivamente viene raffreddato di nuovo dalla negativa.

5. Un altro compito affidato a questi fili conduttori è quello di azionare le numerose pompe di spinta situate nei canali, le quali hanno funzione sussidiaria in appoggio alla forza motrice fondamentale che è quella della pulsazione del cuore tellurico; senza un tale aiuto, questa forza dovrebbe necessariamente venire in breve paralizzata, dovendo superare ad ogni spinta la pressione di moltissimi trilioni di quintali, peso questo certamente fra i minimi che può venire attribuito agli umori fatti affluire nei canali ad ogni pulsazione. Invece, per l’azione delle pompe a pressione summenzionate che sono appositamente sistemate nei canali, la forza pulsante del cuore tellurico riceve l’aiuto che le consente di affrontare solo un peso considerevolmente più piccolo. Ma esporvi ora nei suoi dettagli il meccanismo di una simile pompa a pressione sarebbe vana fatica, e, anche con la spiegazione più chiara possibile, non riuscireste mai a farvi una idea esatta della cosa, trattandosi di un’opera troppo complicata nella quale può penetrare soltanto l’occhio scrutatore dello spirito, ma mai quello della carne; per questa ragione simili apparati sommamente ingegnosi verranno compresi molto facilmente quando si tratterà della rappresentazione spirituale del corpo terrestre che non ora che siamo limitati a quella puramente materiale.

6. Ecco dunque che noi abbiamo imparato a conoscere un meccanismo quanto mai artistico di questa Terra mediana. Alla conoscenza completa di questa parte del corpo terrestre ci manca ormai poca cosa ancora, e poi avremo concluso. Questa poca cosa consiste nei detti canali di retrocessione o di riassorbimento, per mezzo dei quali, come nei corpi animali avviene per mezzo del sangue attraverso le arterie, gli umori superflui, che non sono ancora perfettamente atti alla nutrizione della Terra, vengono fatti nuovamente retrocedere fino al cuore della stessa per prendervi nuovo vigore e nuova energia. Questi canali di retrocessione sono essi pure provvisti di valvole di ritenzione le quali si aprono soltanto allora quando il cuore tellurico si contrae. Quando il cuore si dilata, le valvole si chiudono ed impediscono agli umori retrocedenti di continuare la discesa; una lieve differenza però c’è, ed è che tali valvole non si chiudono così completamente come quelle sistemate nei canali in salita, ciò che del resto non è neppure necessario; in primo luogo questi canali di retrocessione sono tutti più stretti di quelli in salita, e per conseguenza la colonna del liquido che si trova dentro non ha un peso eccessivo; in secondo luogo il liquido stesso è sostanzialmente molto più fiacco e tardo in confronto a quello dei canali in salita, e in terzo luogo le summenzionate valvole hanno lo scopo solamente di diminuire il deflusso degli umori ad ogni spinta, e non d’interromperlo del tutto. Questa disposizione meccanica voi la potete osservare anche nelle vene dei corpi animali, nonché nei canaletti del legno che voi già conoscete, dove per altro i canali di retrocessione sono situati fra la corteccia esteriore e il legno.

7. Questo or ora esposto è tutto quello che restava da dire del lato materiale-meccanico della Terra mediana; e poiché a questo modo noi siamo giunti al termine delle nostre considerazioni in tale argomento, passeremo la prossima volta all’esame della terza Terra, cioè di quella esteriore.

 

 

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Cap. 18

La crosta terrestre

26 gennaio 1847

 

1. Dopo aver esplorato la Terra mediana, vediamo adesso di occuparci un po’, come prima detto, della Terra esteriore, la quale in certo modo viene a formare l’epidermide ovvero la crosta terrestre.

2. Questa parte esterna della Terra è dal lato della costruzione meccanica la meno ingegnosamente disposta; però quello che in questa sfera manca, viene compensato da altre innumerevoli formazioni e prodotti, e in essa vi è per così dire una varietà ed una miscela di cose tanto diverse che alla mente umana non sarebbe affatto possibile concepire il come e il perché di tutto quello che avviene e che si produce in questa crosta terrestre.

3. Nelle due altre Terre di cui si è trattato in precedenza noi abbiamo riscontrato che tutto era più semplice, ed abbiamo constatato che l’azione che vi si svolge e gli effetti che ne risultano sono in certo qual modo molto semplici. L’attività interiore della Terra si potrebbe paragonare a una semplicissima ruota motrice della quale null’altro si può scorgere se non che si gira, vigorosamente e diligentemente, intorno al proprio asse; ma se si entra poi nell’officina, dove un meccanismo complicatissimo riceve da questa sola ruota impulso ai movimenti più svariati e dove mediante la stessa le molte leve, ruote ed ingranaggi producono i più mirabili effetti, allora si resta meravigliati se si pensa che tutto ciò viene ottenuto per l’azione della semplice ruota motrice che gira al di fuori.

4. In questo stesso modo anche la semplice attività dell’interno terrestre può venire considerata come una ruota dal moto uniforme, per mezzo della quale innumerevoli effetti fra i più svariati vengono prodotti appunto su questa terza terra, la più esteriore di tutte. Soltanto che voi non dovete immaginarvi questa Terra esteriore come separata dall’altra da qualche spazio vuoto o da qualche mare sotterraneo, bensì queste due Terre sono così intimamente e solidamente congiunte come lo è la crosta rispetto al legno dell’albero.

5. Prima di tutto, immediatamente sopra la Terra mediana rigida, è stesa una pelle tellurica sensibile, sulla quale posa l’epidermide (pelle superiore), ovvero la pelle tellurica insensibile propriamente detta, ed è in questa appunto che si manifesta in tutta la sua grandiosità la molteplicità di effetti della vita organica interiore del corpo terrestre; è proprio qui che tutto viene formato in se stesso e fuori da se stesso; il seme, ad esempio, viene formato di fresco sia come in se stesso è costituito, sia anche viene inserita in esso la raffigurazione di quella che dovrà essere un giorno la sua forma esteriore finita la germogliatura; ovvero qui viene preparata l’energia vitale per il seme e separata secondo il tipo per la vivificazione del seme già esistente tanto per le piante che per gli animali; da detto seme l’energia viene poi assimilata ed impiegata in maniera intelligente e per gradi attraverso il regno vegetale, come pure attraverso l’acqua ed un numero infinito di piccolissimi animali.

6. Per ottenere una simile preparazione dell’energia si esige certamente anche una molteplicità ed una complicazione infinita anzitutto nella costituzione meccanico-organica di questa parte della Terra. Solo che ciò non servirebbe a molto, perché tutta questa meccanica non produrrebbe che poco o addirittura alcun effetto; invece questa parte della Terra deve essere così predisposta che, accanto alla meravigliosa e complicatissima disposizione meccanica per la separazione e distribuzione dei succhi e delle energie salenti dall’interno del corpo terrestre, vi sia ancora una seconda disposizione, infinitamente più complicata, per mezzo della quale possano venire accolte ed assegnate alla loro giusta destinazione le influenze estremamente sottili dallo spazio universo esteriore ed infinito.

7. Che ad ottenere un tale scopo non sia sufficiente una disposizione semplice voi lo potete rilevare facilmente considerando con la dovuta attenzione anche una sola pianticella. Quante parti del tutto diverse tra di loro non possiede essa, e di ogni singola parte quante innumerevoli sottoparti devono esserci: spine, peli, gibbosità, angoli, fibre, fili, umori, grassi e moltissime altre ancora; il tutto congiunto strettamente per mezzo di un meccanismo ingegnosissimo e ciò per rappresentare una sola e singola pianta. Ma se tante cose sono già necessarie per una pianticella, quante svariatissime non dovranno essere le disposizioni in questa terza Terra, laddove si tratta della formazione quanto mai molteplice ed abbondante dei minerali esterni in primo luogo, poi di tutto il mondo vegetale ed infine di quello animale le cui varietà quasi non hanno numero?

8. Un granello di sabbia, che certamente è il più semplice fra tutti i minerali, è costruito con tanta arte da farvi restare assolutamente sbalorditi se vi fosse possibile vedere quanto immensamente ingegnosa è la sua struttura. Vi scoprireste una quantità di cristalli dalle forme più svariate, i quali sono tanto esattamente connessi tra di loro, come non potrebbe essere calcolato dal più abile fra i matematici; ma questa è ancora la parte meno importante. Se voi poteste poi esaminare minuziosamente questi singoli cristalli, scoprireste che essi altro non sono che dei complessi di cadaveri animali, e precisamente di una specie d’infusori che però sono molto più piccoli di quelli già di gran lunga più progrediti che popolano la goccia d’acqua in stato di fermentazione putrida. Se, oltre a ciò, vi fosse possibile osservare ancora più da vicino a loro volta questi cadaveri d’infusori, voi trovereste in ciascuno di tali cadaveri una quantità innumerevole di animaletti atomici, i quali sono serviti da nutrimento appunto a questi infusori, ora raggruppati in una comune forma cristallina, quando essi erano in vita. Ma se infine riusciste di scrutare un simile animaletto atomico, certamente più con gli occhi dello spirito che con quelli del corpo per quanto poderosamente armati, vi scoprireste dentro un minuscolo universo nel quale, nelle proporzioni più piccole immaginabili, è come riprodotto tutto l’Universo. Figuratevene dei milioni in un solo cristallo risultato dal raggruppamento di mille infusori, e il granello di sabbia composto da cento di simili cristalli, e voi potrete press’a poco farvi una piccola idea di come e con quale suprema arte sia costituito già questo semplicissimo fra i minerali.

9. Quante cose si richiedono dunque per costruire già un simile ultra semplice pezzettino di minerale, e con quanto incredibile ingegno deve essere disposto il meccanismo già nell’officina dove sono prodotti questi miseri grani di sabbia, considerato che un tale granello è composto già da due generazioni di animali, dove ogni singolo animaluccio ha un organismo così perfetto, che voi non giungereste mai a formarvene nemmeno un’idea, poiché un simile animaluccio possiede occhi, orecchi e ancora altri organi dei sensi, e può, oltre a ciò, muoversi liberamente. Converrete dunque anche voi che il produrre qualcosa di simile va molto al di là di ogni comprensione umana! Tanto più favolosa ancora appare la riproduzione dell’Universo in un animaluccio atomico di forma ovale; il costruire poi subito dopo con questo materiale un granello di sabbia esige dunque che nella nostra Terra esteriore ci sia un meccanismo riproduttore disposto con arte ben grande. Ma quanto poi ci vuole per dar forma agli altri minerali e per conferire a ciascuno le speciali sue particolarità, quanto per dare esistenza alle molte e svariatissime specie di piante, e quanto, infine, per formare le numerosissime specie di animali, per le quali il numero ‘un milione’ è troppo poco!

10. Da questi chiarimenti che toccano, a dire il vero, soltanto molto superficialmente l’argomento, voi comprenderete facilmente che una descrizione particolareggiata di questo organo di formazione complicatissimo fra tutti gli altri sarebbe qui una cosa del tutto impossibile; e, se anche volessimo andare a fondo dell’argomento in ogni suo dettaglio, ci vorrebbero mille scrivani che lavorassero senza interruzione per un intero bilione di anni. E chi volesse poi appropriarsi del contenuto di una simile opera, dovrebbe per conseguenza vivere almeno un bilione di anni per poterla leggere rapidissimamente almeno una volta durante il corso di questa sua lunghissima vita; a dirla breve l’idea di una simile impresa non può non risultare quanto mai ridicola già di primo acchito. Perciò, nell’esame di questa parte esteriore della Terra, noi ci limiteremo a mettere in rilievo, del tutto superficialmente e in generale, soltanto quello che può fornire occasione e spiegare più da vicino qualche fenomeno che si manifesta sulla superficie del corpo terrestre; tutto il resto, come già detto più di una volta, potrà venire facilmente compreso nella parte spirituale di quest’opera, e allora un minuto sarà più fecondo di un intero milione di anni terrestri. Dunque la prossima volta noi toccheremo ancora qualche singolo punto riguardante la speciale disposizione di questa Terra esteriore.

 

 

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Cap. 19

La pelle sensibile della Terra

27 gennaio 1847

 

1. Per quel che concerne la pelle sensibile della Terra, essa è attraversata in tutte le direzioni da innumerevoli canali, e fra questi canali c’è di nuovo una quantità di luoghi di raccolta o bacini più o meno di grande dimensione nei quali affluiscono le varie specie di liquidi ascendenti dall’interno del corpo terrestre. Oltre a ciò vi sono altri bacini destinati ad accogliere gli umori retrocedenti ed a farli nuovamente scendere nell’interno della Terra per mezzo degli ormai noti canali di ritorno. Questi bacini, come i laghi sulla superficie terrestre, hanno svariate forme; tuttavia per lo più sono ovali. Essi servono principalmente a far sì che gli umori che vi giungono siano sottoposti a una specie di fermentazione tramite la quale gli stessi vengono di nuovo come chimicamente divisi, e in questo stato vengono poi convogliati alla loro particolare destinazione. Però questi serbatoi non sono da confondersi con quegli immensi bacini sotterranei dai quali proviene l’acqua potabile sulla superficie terrestre e che in parecchi punti possono essere raggiunti mediante i cosiddetti pozzi artesiani. Questi grandi bacini acquei si trovano tutti già nella crosta insensibile della Terra, mentre i serbatoi dei succhi terrestri prima menzionati si trovano tutti, senza eccezione, ancora nell’epidermide sensibile terrestre; ma a quali scopi ancora servano questi serbatoi noi lo potremo esaminare a fondo quando si tratterà della Terra spirituale.

2. Questa sarebbe dunque una delle particolarità di questa crosta terrestre; un’altra particolarità consiste in un sistema di puntellature o di sostegni che somigliano a dei colonnati sui quali poggia tutta intera la pelle insensibile della Terra con tutti i suoi mari, laghi e montagne. Queste colonne poggiano immediatamente sulla Terra mediana rigida e si ergono come parti di un’ossatura fino alla superficie terrestre; non sono però di un materiale così duro come le pietre che si riscontrano sulla superficie, ma hanno piuttosto una consistenza cartilaginea congiunta con un notevole grado di elasticità; ciò che è anche necessario, perché fra l’epidermide sensibile e quella insensibile della Terra si formano non di rado quei gas di cui abbiamo già parlato, i quali riempiono a forte pressione immensi spazi cavi e sollevano spesso la crosta terrestre esteriore, provocandovi molte volte in un luogo o nell’altro delle larghe crepe, ciò che causa poi terremoti e violenti uragani. Se le colonne in questione fossero molto solide e rigide, sarebbe presto la fine della superficie terrestre e più ancora dei suoi abitanti; ma, siccome sono invece cedevoli, altro non può accadere se non che, in qualche singolo luogo sulla superficie della Terra, qualche grano di sabbia o talvolta qualche tana di talpa ne riceva danno e che una piccola falla si manifesti in uno o nell’altro dei gusci di chiocciola abitati dall’uomo.

3. Queste colonne elastiche di sostegno, laddove si congiungono con la crosta terrestre insensibile, diventano gradatamente sempre più solide così come negli animali le ossa rigide finiscono nelle cartilagini e così pure, nel caso inverso, le cartilagini vanno man mano sempre più irrigidendosi fino a diventare ossa durissime. Queste ossa rigide della Terra si rendono poi già qua e là visibili sulla superficie terrestre sotto forma di rocce primitive denominate calcare paleolitico, granito, quarzo ecc. Queste qualità di pietra però, quanto più s’avvicinano alla superficie, tanto più sono frammiste e quindi tanto più diventano impure, grezze, e dure; le loro masse terminali sono di solito costituite dalle alte catene di montagne che dappertutto sulla superficie terrestre si distinguono molto bene per forma, altezza e qualità di roccia dalle altre montagne di formazione posteriore. Queste altre montagne sono sorte più tardi, e come sono sorte voi già lo sapete, come pure vi è noto che sotto queste montagne oltre che terra si trovino anche dei bacini d’acqua sotterranei, le cui volte di protezione sostenute, come ugualmente vi sarà già noto, da speciali colonne affinché esse, per una qualche causa naturale, non abbiano a crollare ed a ridurre per conseguenza qualche bel pezzo di terreno fertile in un lago, la qual cosa è già accaduta qua e là sulla Terra.

4. E ora ci resterebbe da menzionare solo da dove il mare tragga in primo luogo il suo principale alimento. In primo luogo esso trae il contributo principale dai molti serbatoi di umori situati nell’epidermide sensibile, i quali in certo modo sono la vera vescica urinaria nel corpo tellurico; poi il mare riceve alimento molto abbondante anche dai grandi bacini d’acqua già menzionati per mezzo degli ampi fiumi, torrenti e ruscelli, alimento questo che è supremamente necessario perché il liquido salente dalla vescica urinaria tellurica ha un contenuto salino troppo elevato e, senza l’aggiunta dell’acqua dolce, si convertirebbe ben presto in una massa solida così da ridurre il mare ad una successione di montagne altissime di sale, le quali con il tempo inacidirebbero tanto l’aria che nessun essere vivente vi potrebbe reggere. Contemporaneamente verrebbe provocata nel corpo terrestre stesso la pericolosa malattia dell’occlusione delle vie urinarie, causa questa per cui in brevissimo tempo la Terra sarebbe dominata da un’arsura e da un’infiammazione generale che la condurrebbero a morte completa; ora in tale stato la Terra non sarebbe più atta a portare alcun essere vivente, nello stesso modo come i ghiacci polari non saranno atti a generare né a sostentare mai una creatura vivente.

5. E adesso noi sapremmo anche questo. Del regno dei fossili noi abbiamo già fatto cenno da poco, così, per completare l’osservazione della Terra naturale, non ci resta altro che l’aria, la quale circonda la Terra dappertutto fino all’altezza di dieci miglia tedesche, ed è divisa in tre sfere principali differenti; dunque la prossima volta noi andremo peregrinando ancora per quest’ultimissima parte della Terra fisica, ed una volta raggiunto l’etere saliremo su per le sue vibrazioni di luce nel mondo spirituale.

 

 

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Cap. 20

Essenza e componenti dell’aria

29 gennaio 1847

 

1. L’acqua del mare, come pure quella dei laghi e dei fiumi del continente, costituisce anch’essa una specie di aria condensata nella quale possono vivere degli esseri animali. Però quest’aria fa veramente parte del corpo terrestre stesso, o meglio della sua crosta più esterna; perciò la suddetta acqua non può venire classificata appartenente all’aria atmosferica, mentre come tale si può considerare soltanto quella parte dell’acqua che si trova nelle nebbie e nelle nuvole, nonché l’idrogeno libero nell’aria stessa ancorché non si renda visibile sotto forma di nebbia o di nubi.

2. Di che cosa consiste allora l’aria atmosferica in tutte le sue parti?

3. L’aria atmosferica, ovvero l’aria atta alla respirazione, è costituita da un complesso d’innumerevoli specie d’aria, le quali vengono tutte denominate gas o meglio elementi aeriformi.

4. Certamente i naturalisti fan troppo presto quando si tratta di enumerare i gas che compongono l’aria atmosferica; secondo loro l’aria consiste di una miscela in debite proporzioni di ossigeno, idrogeno, acido carbonico e di vero e proprio azoto. Sennonché con queste quattro specie la vera e propria aria atmosferica sarebbe terribilmente presa male, se essa, invece, non contenesse anche altre qualità di gas, perché, se non possedesse in sé tali altre qualità di gas sconosciuti ai naturalisti, ci sarebbero ben magre prospettive per lo sviluppo delle piante, per la formazione dei minerali, e ancora peggio per il mondo animale.

5. Ogni pianta assorbe dall’atmosfera quell’elemento semplice dell’aria che ad essa sola si confà, mentre elimina e respinge tutti gli altri. Se non fosse così, ciascuna pianta nella sua specie non potrebbe avere una forma del tutto propria, come non potrebbe avere un proprio sapore ed un proprio odore. Ma se ciascuna pianta secondo la sua specie assorbe solo un tipo d’aria corrispondente alla propria natura ne consegue che veramente devono esistervi tante qualità d’aria o di semplici elementi aeriformi quanti sono i diversi tipi di consumatori.

6. Però, che questo sia ed effettivamente debba essere così, lo dimostra già chiarissimamente l’odore di ogni singola pianta e più ancora la sua sostanza interiore; si provi a fiutare una rosa, un garofano, un giglio, una violetta, e poi un fiore di giusquiamo, e ci si domandi se l’un fiore odori come l’altro.

7. Il profumo della rosa avrà un effetto più intenso sugli organi dell’odorato ed acuirà la vista; quello del garofano agirà da astringente sull’odorato ed indebolirà la vista; il giglio infiacchirà l’olfatto e ad azione prolungata influirà malamente sulle viscere della digestione, provocando non di rado dolori al capo. La violetta susciterà una sensazione esilarante sull’olfatto ed avrà perfino azione fortificante sul cervello, mentre il piccolo fiore color giallo sporco del giusquiamo provocherà immediatamente schifo e, se fiutato prolungatamente, sarà causa di vertigine e di dilatazione della pupilla.

8. Domanda: “Tali e tanti diversi fenomeni possono venire attribuiti unicamente alle quattro qualità di elementi gaseiformi semplici conosciuti oppure forse la loro causa è da ricercarsi soltanto nella differente miscela delle stesse quattro qualità?”. Oh, ma se questi quattro gas fossero davvero le quattro sostanze semplici fondamentali, in base alle quali dovrebbero in fondo essere costituite tutte le cose, allora sarebbe una vera vergogna per i sapientissimi dottori della chimica i quali già da lungo tempo avrebbero dovuto poter trarne oro, argento e diamanti in grandissima copia; giacché tra le quattro specie di elementi semplici vi è posto per un numero molto rilevante di tutti i tipi di miscele quantitative, e da ciascuna miscela dovrebbe pur essere possibile far saltare fuori, se non proprio l’oro, almeno qualche nuova razza di buoi, asini e vitelli in miniatura, oppure qualcosa di simile. Ma ecco che invece di tutto questo non succede niente, malgrado i più sapienti sberleffi di tali eroi della scienza, e dagli, dagli, finisce che salta fuori al massimo un po’ di polvere bianchiccia la quale, esaminata al microscopio, rivela la presenza di minutissimi cristalli, il che, dopo tutto, non vuol dire gran cosa, perché simile polvere cristallina la libera natura ne produce di molto più bella e di svariate qualità anche senza ricorrere alle cucinature della chimica. Basta che d’autunno voi osserviate una prugna od un grappolo d’uva matura, oppure anche diverse foglie d’albero, e scoprirete sui frutti e sulle foglie un’abbondanza di questo pulviscolo. Armate il vostro occhio di un microscopio e vi vedrete un pullulare di cristallini fra i più belli.

9. Da tutto ciò risulta nuovamente confermato che ci devono essere parecchie specie di gas semplici oltre alle sole quattro qualità conosciute. D’altro canto vi sono pure piante le quali esalano un alito tanto grandemente pericoloso da uccidere immediatamente ogni animale od altra pianta che venga a trovarsi nella zona d’influenza, mentre invece ce ne sono altre, miracolose, in virtù delle quali potrebbero venire rianimati perfino i morti purché non siano tali da troppo tempo; ambedue queste specie di piante, l’una immensamente micidiale, l’altra oltremodo vivificante, è chiaro che devono, secondo la loro specie, assorbire dall’atmosfera terrestre ciascuna un elemento fondamentale assolutamente loro proprio, altrimenti non potrebbero essere quello che sono.

10. Ora, se questo è un fatto innegabile, deve risultare nuovamente chiarissimo che l’aria atmosferica non può essere che una miscela quanto mai varia, considerato che deve essere atta a fornire energia nutriente alle svariatissime cose create ed a ciascuna secondo la sua specie. Ma, se già le piante esigono per la loro esistenza che nell’aria atmosferica siano presenti tanti elementi fondamentali, in quanto maggior numero e con quanta diversità devono trovarsi nell’atmosfera questi elementi riguardo agli animali, affinché ogni specie vi possa trovare quella sostanza aspirabile che si confà al proprio organismo?

11. È bensì vero che ciascun animale inspira, in un determinato volume d’aria, tutte le sostanze che vi sono contenute, però, della quantità d’aria inspirata non assimila che quella parte che è affine alla sua natura; tutto il rimanente viene di nuovo espirato.

12. Io credo che a chi è capace di seguire questa esposizione sia pure con un po’ soltanto di maturità d’intelletto potrà bastare quanto è stato detto finora per convincersi quanto complicata debba essere l’aria atmosferica perché innumerevoli e svariatissimi esseri possano tutti trovare in essa quello che è corrispondente alla loro natura. Dato dunque che ora noi abbiamo appreso certo facilmente questo, non sarà nemmeno tanto difficile comprendere, nella loro innumerevole quantità e varietà, i fenomeni che si manifestano nell’aria atmosferica, afferrandoli per lo meno nella misura in cui ciascuno, secondo la propria percezione sensoriale, riscontra un divario nella qualità del fenomeno, ciò che lo induce a dire: “Questo fenomeno ha bensì somiglianza con un altro prima osservato, tuttavia la formazione è certo differente, ma se questo è il caso, ci deve essere pure una nuova causa che prima non c’era”.

13. E voi osserverete poi dei fenomeni che rimangono sempre invariati; questi allora vanno riferiti ad una causa sempre uguale.

14. Ci fu un tempo nel quale sulla Terra esistevano piante ed animali che notoriamente ora non vivono più su questo pianeta; ma al loro posto sono sorte altre specie di piante e di animali che allora non esistevano. Vedete, questi sono fenomeni che sotto certi aspetti sono certo simili tra di loro, mentre sotto certi altri non lo sono affatto. Il mammut era affine all’elefante ora vivente, come il bue gigante di una volta lo era alla specie più piccola odierna. Questi due animali hanno sotto certi aspetti una somiglianza tra di loro perché appartengono a una medesima specie; però, in quanto a grandezza e inoltre ad altre particolarità della forma, sono invece molto dissimili. Così pure una volta c’erano degli alberi giganteschi, come è già stato menzionato al principio di questa comunicazione; anche attualmente ci sono, particolarmente nelle regioni tropicali, una specie di alberi dai rami abbondantissimi, la quale ha una certa analogia con il più gigantesco degli alberi una volta esistenti, tuttavia essa non è più quello che era l’enorme albero di allora. Vi è, cioè, una grande differenza tanto riguardo alla grandezza quanto riguardo alla forma.

15. Tutti questi fenomeni hanno la loro spiegazione in ciò: le specie colossali di un tempo non hanno più potuto trovare nell’aria atmosferica un alimento che fosse corrispondente alla loro natura, per la qual cosa han dovuto finire con l’estinguersi. Vale a dire che uno degli elementi fondamentali dell’aria, che prima esisteva, un bel giorno scomparve; al suo posto un altro elemento, che prima non c’era, fece la sua apparizione. Ad una simile causa sono pure da attribuirsi la maggior parte delle nuove malattie che si manifestano tanto nelle piante quanto negli animali, al comparire delle quali i medici fanno una faccia uguale a quella dei chimici quando si affannano a fabbricare dell’oro e che finiscono con il trovarsi fra le mani, invece di una pepita d’oro, un pezzo di qualche puzzolente escremento. Si possono bensì verificare delle analogie; quindi qualcuna delle nuove malattie può somigliare ad un’altra già conosciuta prima, ma se invece si confronta l’oro naturale con quello artificiale si troverà che la differenza è come tra 1000 ed 1. Così succede pure che, volendo curare una nuova malattia con la stessa medicina impiegata per curarne un’altra somigliante e già esistente, si termina con il fare un gran buco nell’acqua, perché questa nuova malattia è la conseguenza della mancanza del rispettivo elemento specifico nell’aria, quando, cioè, per un motivo qualunque, esso venga consumato e non immediatamente riprodotto. In un simile caso è certo ben difficile trovare una medicina che contenga in sé lo specifico venuto a mancare, mediante il quale però la nuova malattia verrebbe, senza dubbio alcuno, immediatamente eliminata. Ora, siccome l’addentrarsi in tale questione può essere d’inapprezzabile vantaggio per l’umanità, poiché si tratta di guidarla sulle vie di una miglior conoscenza delle cose, noi prossimamente ci intratterremo ancora più particolarmente e considereremo le cause che concorrono a far scomparire in parte o del tutto certi elementi fondamentali nell’aria atmosferica ed a far talvolta apparire altri nuovi al loro posto.

 

 

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Cap. 21

L’azione della luce sull’aria

30 gennaio 1847

 

1. Per vedere, come già detto, in modo più profondo che nell’aria atmosferica esiste una quantità innumerevole di elementi semplici gassosi, ovvero, come gli scienziati del vostro mondo li denominano specifici, è bene rivolgersi da quella parte dove si può giungere alla conoscenza e si può acquisire l’inconfutabile persuasione del come tali specifici abbiano origine, e quale sia la causa del loro apparire, del loro esistere ed anche del loro cessare d’essere.

2. Il vedere tutto ciò, lo ripeto, non è affatto difficile per chi ha anche soltanto un po’ di buona volontà e non ha veli dinanzi agli occhi, ed un tale troverà evidentissimo che questi innumerevoli elementi specifici nell’aria atmosferica non sono punto fantasie e invenzioni, ma esistono realmente e, come ogni altra cosa, hanno la loro causa ben fondata e precisa.

3. Ammirate, in alto, come brillano le stelle innumerevoli nella profondità degli spazi dell’etere infinito che non ha in nessun luogo né principio né fine! L’uomo rimane estatico quando lo scintillio di tutti quei milioni di stelle colpisce gli occhi suoi; e come invece si rattrista, allorché qualche notte torbida gli vieta il sublime spettacolo del cielo costellato.

4. Non è reale effetto questa sensazione di benefico entusiasmo che pervade l’animo umano? Certamente, tutto ciò è dovuto all’azione della luce che viene da quelle lontane regioni del cielo; ed è la luce che forma l’aria atmosferica, quest’occhio immenso che circonda tutti i corpi mondiali, come pure è la luce soltanto che forma l’occhio umano e se lo rende affine, perché, se l’occhio umano non fosse luce, esso non potrebbe mai vedere la luce.

5. Quando l’uomo contempla con il suo occhio – questo piccolo sole posto nel suo corpo – il cielo stellato, l’occhio stesso diventa un piccolo universo contenente miliardi di soli roteanti e di soli centrali che lanciano, attraverso gli spazi senza fine, la loro luce primordiale. L’occhio umano in quei momenti è il portatore di un’intera infinita Creazione, e l’irradiarsi e il riflettersi dei soli nell’occhio, ad essi affine, suscita nell’anima la sensazione dovuta al prodigio dell’immenso che si ritrova nel minutissimo, e vi si riconosce per quello che in se stesso veramente è.

6. Chi può negare ciò? Tutt’al più qualcuno che sia davvero cieco, oppure un tale, come ora molti ce ne sono, che abbia molto più caro il fetente mozzicone di sigaro sporgente fuor dalla bocca puzzolente che non tutto un cielo trapunto di stelle. Cielo che egli forse, senza volerlo, vede qualche volta nello specchio mentre sta contemplando la propria persona, per constatare se ben gli si adatti il vestito attillatissimo non ancora pagato, e se accanto a questo non sfiguri l’abominevole mozzicone che sta masticando. Se non che qui non si tratta affatto di simili larve umane; questi tali sono a questo mondo propriamente per la stessa ragione per cui sul letame ci sono i mosconi; lo sterco è il loro tesoro, perché essi stessi altro non sono che sterco. Simile gente non contempla certo le stelle né hanno occhi per le Mie opere!

7. Io invece intendo parlare di quegli altri uomini, dei quali ce n’è più d’uno che spesso volgono il loro sguardo in alto e in segreto esclamano: “O Padre, quanto è ricco il Tuo immenso Regno d’infinite dimore!”. In questi uomini i summenzionati effetti della contemplazione del cielo stellato non mancheranno certamente di manifestarsi ed essi non potranno mai negare che la luce stellare influisce, per mezzo degli occhi, potentemente sulla loro anima.

8. Ma se il fulgore delle stelle ottiene per mezzo dell’occhio umano, per quanto in proporzioni ridottissime, una decisa influenza, quanto più intensa non sarà l’influenza della luce stellare sulla Terra stessa per mezzo dell’enorme occhio terrestre! Infatti l’aria atmosferica sulla sua superficie, laddove confina con l’etere, è uno specchio immenso e tersissimo nel quale ogni astro si riflette già in proporzioni considerevoli. Da lì l’immagine scende fino alla superficie solida della Terra, e precisamente in una potenzialità di luce sempre più concentrata secondo le note leggi dell’ottica. L’influenza di questa luce più concentrata, ovvero questa luce concentrata stessa, costituisce già di per sé un tale semplicissimo elemento o specifico nell’aria atmosferica, perché essa sulle parti a lei corrispondenti nella Terra o sulla superficie di questa agisce o da dissolvente oppure da concentrante. Ora è sufficiente che voi enumeriate, se lo potete, la quantità infinita delle stelle, per conoscere contemporaneamente anche il numero sconfinato degli specifici semplici nella vostra aria atmosferica. Tutto quello che sulla Terra e nella Terra corporeamente esiste, tutto è dovuto all’azione reciproca degli astri, e ciò per la ragione che Io, il Creatore, così ho costruito il grande meccanismo dell’Universo.

9. Qualche astronomo di questa Terra ha già fatto due osservazioni molto importanti: la prima consiste nella constatazione che alcuni astri che prima esistevano sono ora del tutto scomparsi; ma con questo devono essere spariti dalla Terra anche i particolari specifici generati dal loro influsso, e con gli specifici pure quegli esseri che agli specifici stessi dovevano la loro esistenza.

10. L’altra osservazione degli astronomi è quella che la luce di sistemi stellari molto lontani, arriva alla Terra o solo adesso, oppure che vi arriverà per la prima volta solo dopo molti anni; ma come conseguenza di questo fenomeno devono sorgere sulla Terra anche dei nuovi specifici, e con questi altresì delle nuove formazioni destinate ad avere influenza favorevole o sfavorevole sugli esseri già prima esistenti, a seconda che la stella generatrice dello specifico sia di natura buona o maligna; infatti vi sono stelle buone e cattive e per conseguenza anche piante ed animali buoni e cattivi.

11. Così ci sono pure stelle doppie, le quali, in certi periodi, si coprono a vicenda; di solito delle due l’una è di natura buona e l’altra di natura maligna. Se la buona sta dinanzi alla cattiva, l’influenza della seconda non ha più efficacia; se splendono ambedue contemporaneamente l’una accanto all’altra, il cattivo influsso dell’una viene mitigato dall’influsso benigno dell’altra; se infine la stella maligna si trova a coprire la buona, allora l’influenza della buona viene interamente eliminata, e in questo caso su quella parte della Terra dove un simile astro viene a trovarsi allo zenit, non mancherà di prodursi ben presto un qualche cattivo effetto che si tradurrà sia in manifestazioni temporalesche, sia in un cattivo raccolto di qualche genere di piante oppure in malattie fra gli animali e gli uomini.

12. Nello stesso modo lo stato di congiunzione di un pianeta con una stella determina un’influenza maligna sulla Terra, talvolta però anche benigna; ed è pertanto da queste considerazioni che i sapienti del tempo antico stabilirono anche il ‘Governo dei pianeti’, il quale oggigiorno è relegato bensì nel regno delle favole, ma che tuttavia non è proprio tanto vuoto come se lo immaginano i nuovi scienziati abituati a maneggiare soltanto delle cifre.

13. Anche il vecchio sistema delle previsioni meteorologiche aveva in ciò il suo fondamento, e ciò non toglie che oggi se ne rida; ma, nonostante tutto, la sapienza antica resta ancora quello che è.

14. Nella stessa maniera anche le comete ed altre meteore luminose, per quanto di breve durata siano, esercitano una notevole influenza sulla Terra; così pure non minore influenza esercitano le fasi lunari, e in modo particolarmente sensibile poi si manifesta questa influenza durante il cambiamento nella durata della luce solare; perché chi non percepisce la differenza fra l’estate e l’inverno è davvero sommamente da compiangere. Ma che la luce, anche se è di brevissima durata, eserciti senza dubbio alcuno un influsso potente su di una o l’altra cosa sulla Terra, è provato dalla luce sicuramente istantanea del lampo, la quale, com’è noto, ha il potere di uccidere il granchio, se questo non ha avuto la cautela di rifugiarsi nella sua tana di fango. Da quanto dunque abbiamo detto finora, a chiunque abbia sia pure una limitata ma sana capacità di comprensione, sarà evidente da dove provengono i molti specifici nell’aria, come vengano prodotti e che cosa essi stessi necessariamente debbano produrre.

15. E ora, considerato che abbiamo appreso tutto ciò, e che per conseguenza abbiamo conosciuto questa prima sfera aeriforme, la più bassa, noi possiamo ormai abbandonarla e possiamo innalzarci alla seconda, dalla quale ci sarà dato di passare in rassegna gli speciali fenomeni che giornalmente vi si verificano con la formazione quanto mai multiforme delle nuvole, nonché, restando in essa, potremo renderci conto anche del perché nelle alte regioni l’aria sia più pura e sana che non nelle regioni basse.

 

 

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Cap. 22

I dodici segni dello Zodiaco e il loro influsso

1 febbraio 1847

 

1. Fra le tante cose che voi avete letto, non vi sarà sfuggito che in qualche vecchio calendario è fatta menzione dei cosiddetti dodici segni dello Zodiaco e della eventuale influenza che questi esercitano sulla forza vegetativa della Terra, e vi è qua e là inserito, in una certa forma mistico-profetica, che questi segni dello Zodiaco, come pure i pianeti, hanno una influenza sulla nascita degli animali e degli uomini e che trattandosi di uomini vi si può trovare scritto addirittura il futuro.

2. La gente di campagna vi attribuisce qua e là oggigiorno ancora grande importanza; particolarmente poi vi fanno attenzione all’epoca della semina e del raccolto.

3. Così viene detto: “In Cancro, Scorpione, Bilancia ed Acquario non è bene seminare, perché il frutto va facilmente guasto già prima che cominci a svilupparsi”. Come questa ci sono altre regole in quantità, dalle quali traggono origine anche quelle certe giornate climateriche che voi conoscete. Che tutto ciò sia in voga fra la gente ancora nell’epoca attuale, sebbene in forma molto deformato, è cosa della quale non è lecito dubitare; i calendari per contadini fungono sempre ancora da profeti del tempo, e indicano ogni giorno sotto l’influsso di quale segno zodiacale detto giorno si trova, e precisamente ciascun mese in una doppia maniera: prima di tutto viene detto come la Luna percorra lo Zodiaco, e poi in qual segno zodiacale viene a trovarsi il Sole e verso qual segno va progredendo.

4. Vedete, un certo significato c’è veramente nella cosa, ma sicuramente non nel modo molto deformato a voi noto, bensì nel modo che vi è stato spiegato con grande evidenza nel corso della precedente comunicazione.

5. La Luna percorre la propria orbita, la quale è contenuta in un circolo certamente molto ristretto entro i cosiddetti dodici segni dello Zodiaco, esattamente in 29 giorni; e deve per conseguenza accadere che essa in questo modo, nel tempo che impiega a compiere il suo giro intorno alla Terra, venga, com’è naturale, a trovarsi successivamente in ciascuno dei 12 segni.

6. Appunto l’identico caso si verifica apparentemente con il Sole, quantunque sia la Terra veramente il corpo in movimento e sia essa a passare per i dodici segni zodiacali. Tuttavia all’apparenza è il Sole che gira e che progredisce ogni mese all’incirca di un segno sulla fascia dello Zodiaco; da ciò deriva il fatto che nei calendari ogni mese è contraddistinto da un differente segno zodiacale. Da questo progredire da uno all’altro gruppo principale di stelle avviene naturalmente che, tanto per effetto della Luna quanto per effetto del Sole, alcune stelle di questi gruppi vengono continuamente a trovarsi coperte dai due astri della Terra. Mediante questa eclisse, l’influenza che dette stelle dei segni zodiacali esercitano sulla Terra viene altrettanto naturalmente interrotta per breve tempo; in seguito però a questo fenomeno deve, secondo i principi prima enunciati, rendersi percettibile sul corpo terrestre un qualche cambiamento, e cioè principalmente in quegli esseri o cose che per l’influsso di tali stelle, hanno appunto con queste stesse stelle qualche affinità nella loro costituzione, perché, per esistere, queste cose hanno bisogno di uno specifico che è loro fornito dalla luce di queste stelle.

7. Ma questo effetto non può mai essere di lunga durata, perché tali stelle vengono eclissate dai due astri terrestri solo per breve tempo soltanto; invece viene a crearsi un’altra situazione, la quale ha certo una influenza molto sensibile sulla Terra.

8. Questa situazione, con riflesso sui dodici segni dello Zodiaco, deriva dalle variazioni meno note nel moto tanto della Terra nel suo giro intorno al Sole, quanto particolarmente da quelle nel moto della Luna, la quale in molte centinaia di anni percorre forse una volta esattamente l’identica orbita già percorsa prima una volta. Da tali variazioni nel piano dell’orbita deriva naturalmente anche uno spostamento nello zenit dei dodici gruppi stellari zodiacali, e questo spostamento provoca poi sulla Terra delle variazioni sensibilissime.

9. A questi cambiamenti di posizione si aggiungono ancora le continue variazioni nella posizione dei pianeti, i quali a mala pena in mille anni vengono a trovarsi perfettamente in quella posizione nella quale hanno già una volta esercitato la loro influenza sul corpo terrestre.

10. Accanto a queste situazioni particolarmente notevoli sono altresì da prendersi in speciale considerazione le eruzioni sul corpo solare; per effetto delle quali la luce del Sole viene indebolita e non può influenzare la Terra con quella potenza scompositrice che il Sole ha, quando in assenza di tali macchie eruttive può largire alla Terra la sua piena luce.

11. Tuttavia gli effetti derivati dai summenzionati fenomeni non si percepiscono tanto nella regione atmosferica dell’aria più bassa, quanto piuttosto nella seconda soltanto, la quale però ha il suo limite inferiore appena a un’altezza di 5000-6000 fino a 7000 piedi sopra il livello del mare.

12. E qui qualcuno potrà domandare: “Questa seconda regione atmosferica dell’aria dovrebbe pure anch’essa percepire quegli effetti che si manifestano con infinita varietà nella regione più bassa?”

13. A ciò sia risposto che una tale asserzione sarebbe inesatta perfino da un punto di vista matematico; perché i raggi di quelle stelle innumerevoli ed immensamente lontane sono a tale altezza ancora troppo poco condensanti, né possono a tale altezza produrre ancora quegli specifici che certamente producono circa mille tese più in basso, ciò che può essere dedotto facilmente dalla circostanza che a una simile altitudine non possono più essere scorte di notte ad occhio nudo stelle della 4a, 5a e 6a grandezza, né meno ancora quelle della 7a, 8a e così via, mentre chiunque abbia gli occhi sani può vedere, dalle rive del mare in una notte serena e ad occhio nudo, anche stelle di 7a e 8a grandezza.

14. Ma perché invece non può farlo su un monte alto settemila piedi, e ancora meno su un monte più alto? Per la ragione che i raggi che discendono da tali stelle molto lontane non sono ancora sufficientemente condensati; l’angolo d’incidenza (angolo visivo) è ancora troppo acuto perché l’occhio lo possa percepire; oltre a ciò i raggi hanno troppo poca intensità luminosa per produrre un qualche effetto, e quanto più si sale nell’atmosfera tanto più trova conferma questa teoria. Questa è anche la causa per cui a tali altezze la vegetazione si fa più scarsa e cessa infine del tutto; però non bisogna credere che ciò derivi unicamente dai raggi solari, i quali certamente anch’essi sono tanto meno intensi quanto più considerevole è l’altitudine. Il Sole non ha che un’azione mediata; esso è di sussidio ai raggi che provengono direttamente dalle stelle, e precisamente per riflessione, con quella medesima luce che esso riceve da quelle stelle stesse; dunque il Sole non è che un sussidiatore e non un dispensatore indipendente della luce.

 

 

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Cap. 23

L’atmosfera terrestre e le sue precipitazioni

3 febbraio 1847

 

1. Che il Sole, com’è facilmente comprensibile, sia solamente un sussidiatore, e non già il vero elargitore della luce, risulta evidente dal fatto che esso accoglie prima sulla sua tersa superficie atmosferica la luce degli innumerevoli altri soli, e poi la riverbera negli spazi immensi dell’etere come una luce riunita. Questa luce, costituita dalle innumerevoli luci stellari riunite e riflessa dal Sole, incrocia dappertutto anche quei raggi che vanno a cadere direttamente dalle stelle su questa Terra; si unisce anche con questi raggi e viene a colpire, per così dire come un fascio solo, il corpo terrestre. È da ciò che emerge l’azione sussidiatrice del Sole, la cui sola luce propria sarebbe molto pallida se non ci fosse la luce stellare ad agire in comune con essa; e così del pari la sola luce propria della Luna sarebbe quanto mai debole se essa non fosse sostenuta dalla luce solare, e questa, a sua volta, dalla luce stellare.

2. Che però una luce possa soccorrere l’altra ve lo dimostra un certo numero di lumi accesi in una stanza, i quali senza dubbio diffondono una luce maggiore di un lume solo.

3. Ma all’altezza di quelle montagne di cui si è già parlato, quest’aiuto della luce non può avere tanto effetto quanto ne ha in regioni più basse, perché, come già detto, i raggi nelle zone alte non arrivano ancora alla densità voluta, e ciò è dovuto al fatto che la sfera atmosferica intorno alla Terra è un corpo trasparente rotondo a forma di lente, simile ad un’immensa lente focale, dove il raggio solare, se fatto passare attraverso, non acquista la potenza focale immediatamente dietro il vetro della lente, bensì solo a quella distanza che uguaglia il mezzo diametro della sfera corrispondente in curvatura alla superficie della lente; però dietro la lente il raggio va sempre più concentrandosi e diventa per conseguenza sempre più ricco di effetto fino a raggiungere il massimo della potenza laddove si trova il fuoco della lente. In questo modo il fuoco dell’immensa lente atmosferica terrestre verrebbe certamente a coincidere con il centro della massa terrestre, dove non arriva mai nessun raggio di Sole, ma, nonostante ciò, il raggio di luce che cade sulla superficie di questa enorme lente terrestre man mano che – internamente ad essa – va avvicinandosi alla Terra, e così al fuoco della lente atmosferica, va anche sempre più aumentando d’intensità e d’effetto. Le parti più esteriori dunque della Terra solida, come sarebbero le montagne, vengono perciò a trovarsi più nelle zone dove i raggi luminosi sono meno condensati in confronto di quanto lo siano nelle regioni basse delle valli e particolarmente delle rive del mare; ne consegue che in queste alte regioni i raggi provenienti da stelle lontanissime non possono raggiungere un grado di concentrazione sensibile, né possono perciò esercitare ancora alcuna influenza sulla vegetazione, ovvero, detto con altre parole: questi raggi di luce non formano a tali altezze ancora alcun specifico; dunque tutte quelle svariate qualità di piante, che per esistere hanno bisogno di uno o dell’altro di tali specifici, non possono più prosperare a tali altezze.

4. Ma per questa ragione a tali altezze l’aria diventa sempre più pura, ciò che in fondo è cosa logica quanto mai, poiché, quanto meno mescolanze si trovano in un fluido, tanto più puro deve essere il fluido in sé, ciò che accade anche all’uomo il quale nel suo cuore diventa sempre più puro, sano e vigoroso, man mano che riesce a bandire da sé la multiforme miscela delle passioni, dei desideri e dei bisogni.

5. Ma appunto perché a tali altezze, o meglio in tali regioni, i raggi delle piccole stelle come pure quelli del Sole, a motivo della loro minima condensazione, non possono produrre ancora che scarsissimi effetti in confronto di quanti ne producono più al basso, così una simile alta regione viene in certo modo a formare una linea di transizione fra la precedente mancanza d’azione e l’azione sempre più accentuata; ovvero a tali altezze i raggi incominciano a condensarsi, in parte per effetto loro proprio e in parte per l’azione della riflessione, ovvero sia di quegli altri raggi che vengono rimandati dalla superficie terrestre. Mediante questa azione concomitante dei raggi diretti e dei raggi riflessi vengono provocati poi nella luce certi movimenti che risultano essere veramente una specie di ondeggiamento. Se questo ondeggiamento perdura qualche tempo, esso finisce con il produrre a sua volta uno specifico, per la ragione che questo ondeggiamento è, per parlare secondo la vostra maniera scientifica, esso pure un processo chimico della luce; e questo specifico, il quale in sé naturalmente è una miscela di svariatissimi principi, si rende poi materialmente visibile anzitutto come una nebbia di alta montagna; e, se un tale processo chimico di luce non viene per qualche causa interrotto, dalle nebbie andranno ben presto formandosi in queste alte regioni dei cumuli di nubi, le quali gradatamente sempre più diventeranno fitte, e finalmente cadranno sulla superficie terrestre sotto forma di gocce di pioggia, oppure, se d’inverno, addirittura come fiocchi di neve.

6. Che la pioggia e tutto ciò che cade dall’atmosfera tragga origine dalla luce, è dimostrato da più di un fenomeno che si manifesta sulla superficie della Terra, particolarmente nelle zone tropicali, dove non di rado cade un specie di pioggia che ricopre ogni cosa di una certa luminosità fosforescente; perfino la superficie del mare brilla spesso con tanta potenza da sembrare infuocata; così del pari qualunque oggetto che venga bagnato da una simile acqua di mare acquista una luminosità come il legno fradicio nei boschi.

7. Non meno di altra cosa anche la neve ha una sua propria luce e testimonia ampiamente che essa è un prodotto della luce.

8. In questo modo vanno formandosi con un procedimento naturale le nebbie e le nubi in questa seconda sfera atmosferica; però, in tutte queste vicende non deve andar dimenticata l’influenza polare reciproca del polo nord e del polo sud, la quale, particolarmente in questa regione, rende manifesta la propria attività, poiché, per mezzo di tale azione polare, queste neoformazioni vengono saturate di elettricità tellurica e, non appena saturate, acquistano quel grado di condensazione che le rendono atte a servire da nutrimento al corpo terrestre, e, indirettamente, anche al mondo delle piante e degli animali che su di esso prosperano.

9. Le nubi saturate, che si sono impregnate cioè di fluido tellurico, assumono di solito una colorazione cupa, mentre le non sature, più pure, si mantengono molto più bianche e così pure leggere.

Questo duplice tipo di nubi viene allora a trovarsi l’uno di fronte all’altro in rapporto polare contrario, in cui le nubi sature ed oscure sono elettricamente negative, e le non sature e chiare positive.

10. Ma va da sé che nel contrasto chi ha la peggio è sempre l’elemento negativo, perché quello che è pesante, e sempre più pesante diventa, deve finire con il cadere. E per questa ragione anche gli uomini che vanno continuamente saturando i loro cuori esageratamente con sciocchezze troppo telluriche e negative che li rendono con ciò sempre più pesanti e di conseguenza più densi, opachi e inaccessibili alla luce, tali uomini non sono atti a salire nel Regno della Luce, ma acquistano invece sempre maggiore capacità a precipitare nel Regno delle tenebre.

11. Un fenomeno molto comune che si manifesta a tali altezze è quello per cui se qualcuno si prende la briga di salire su di un’alta montagna, di solito si sente pervadere da un senso di serenità e di letizia, e dimentica facilmente tutte le noie e le difficoltà con le quali si trova a dover combattere quando è a valle.

12. Conseguentemente il più delle volte si desta in lui una brama grande di mangiare e di bere, e può a tali altezze permettersi di usare, senza paura di buscarsi qualche male di stomaco, dei cibi che egli, se si trovasse a valle, non sarebbe capace neanche di guardare. La causa di tale fenomeno è da ricercarsi unicamente nella maggiore purezza dell’aria, e il fenomeno stesso ha una grande somiglianza con lo stato dei beati, i quali pure possono usare tutto senza che gliene derivi loro danno, perché in un ambiente puro tutto deve sempre più purificarsi, e il dannoso là non può diventare più dannoso ancora, perché in mancanza degli specifici necessari non gli è possibile trovare gli elementi atti ad alimentare se stesso.

13. E con ciò saremo al termine di questa sufficiente rappresentazione della seconda regione aerea, la quale raggiunge l’altezza di oltre 10.000 klafter[4] sul livello del mare, e che, naturalmente, quanto più alta è, tanto più è pura. Prossimamente dunque noi visiteremo la terza regione aerea, vedremo cosa vi succede e quali ne sono gli scopi.

 

 

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Cap. 24

L’occhio della Terra

5 febbraio 1847

 

1. La terza regione atmosferica è adagiata sulla seconda all’incirca così come se qualcuno avesse versato uno strato di purissimo olio etereo sopra a dell’acqua pura; in questo caso l’olio non si mescola mai con l’acqua, bensì, quantunque si trovi immediatamente sulla superficie dell’acqua, non ne pregiudica affatto la limpidezza; anzi, raddoppia lo splendore dello specchio acqueo. Questa terza regione atmosferica è anch’essa simile a un olio etereo; essa è in certo modo il condimento con il quale vengono aromatizzati i due strati atmosferici inferiori, ed è anche il sale etereo che conferisce sapore alle stesse due regioni inferiori dell’atmosfera e che le rendono gradevoli agli animali ed alle piante.

2. Tutti i profumi che esistono sulla Terra provengono da questa terza regione atmosferica, da dove essi discendono in virtù della luce come un sale (sale etereo s’intende) per essere indirizzati alle piante nelle quali vengono introdotti per mezzo dell’elettricità che va raccogliendosi in vicinanza delle piante stesse; in tal modo viene fornito a quest’ultime l’olio etereo nonché contemporaneamente il profumo più vario. Quest’olio lo si può scorgere in più d’una pianta già ad occhio nudo, sotto forma di minutissime perline resinose trasparenti; molto bene poi queste si possono distinguere adoperando un microscopio.

3. Per dirla breve, il profumo, in gran parte anche il sapore ed i magnifici, svariatissimi colori particolarmente dei fiori come pure della frutta, derivano principalmente da questa terza sfera atmosferica; perché tanto il sapore quanto l’odore e in grandissima parte anche il bel colore sono puramente delle sostanze eteree e quindi non possono avere la loro origine che laddove è più vicino quell’etere dal quale provengono tutte queste innumerevoli sostanze specificali eteree.

4. Queste sostanze specificali eteree si afferrano tra di loro in questa terza regione atmosferica e formano per così dire un fluido, il quale però negli svariatissimi raggi che attraversano l’atmosfera e provengono dall’infinito numero delle stelle trova in certo qual modo la sua analogia chimica, si unisce per conseguenza ad essi, scende sulla Terra e riempie della propria potenza sostanziale quelle piante o quegli animali che, secondo la loro specie, hanno una corrispondente affinità con l’una o l’altra delle varie sostanze fondamentali specifici della luce.

5. Questa terza regione atmosferica trova la sua rispondenza in ogni pianta e precisamente nella parte esteriore della pianta stessa; questa parte esteriore nelle piante è costituita sempre dalle gemme, dai fiori ed anche dal frutto, come pure dalle foglie e dai peli di queste destinati ad assorbire l’elettricità. Tutte queste parti delle piante hanno un aspetto puro ed etereo, e trovano la loro rispondenza nella terza regione atmosferica; perché normalmente tutte queste parti della pianta sono estremamente delicate, finissime e saporite; certo, in qualche pianta l’odore è ripugnante, ma ciò è spiegato dalla eccezionale preponderanza in una data pianta degli umori interiori tellurici, la cui influenza non può in certo modo venire superata da quella di tali sostanze celestiali pure.

6. Negli animali l’accumularsi delle sostanze provenienti da questa terza regione atmosferica è ancora più evidente; però certamente qui c’entrano per così dire solo di seconda mano, e quindi non hanno quell’aspetto etereo-puro come in molte piante; tuttavia è bene accennare alla massa cerebrospinale nel capo, la quale di solito assorbe gli specifici dell’aria attraverso i capelli, e particolarmente gli umori di una purezza assoluta che si trovano nell’occhio – con speciale riguardo a quelli sotto la prima cornea, nonché alla cornea stessa –, vengono assorbiti dalle sopracciglia e dalle ciglia e condotti poi nell’occhio. Per conseguenza questa terza regione atmosferica è, sotto un certo punto di vista, anche affine all’occhio e lo è esattamente per il motivo che essa, oltre agli scopi menzionati già prima, ha ancora uno scopo concernente tutto il complesso terrestre, e cioè quello stesso che ha l’occhio nel corpo animale e in quello umano.

7. Questa terza sfera atmosferica è dunque pure il vero e proprio occhio del corpo terrestre, poiché, se la Terra non possedesse una tale facoltà visiva, non potrebbe averne una particolare nessuna delle creature che su di essa vivono. Ora, la cosa è del tutto naturale, perché quello che qualcuno non ha, questo qualcosa non lo può donare; ma, se ha invece qualche cosa, certo la può anche donare. Per concludere: dove non c’è niente, imperatore e morte vi rimettono i loro diritti.

8. Però non soltanto la Terra ha in questa terza regione atmosferica il suo organo visivo che si estende tutto intorno al suo corpo, bensì anche ciascuna pianta possiede nelle sue parti corrispondenti a questa terza regione un potere visivo ovvero in certo qual modo un occhio mediante il quale essa accoglie in sé la luce. Ma che anche la pianta abbia, senza alcun dubbio, essa pure il suo occhio, o per meglio dire una sua speciale facoltà visiva, risulta evidente già dal fatto che la gran maggioranza delle piante, quasi tutte anzi, rivolgono il calice dei loro fiori verso il Sole per assorbirne la luce; questa verità la si può rilevare inoltre da ciò: una pianta messa a germogliare in una cantina buia, cresce sempre in quella direzione dove si trova una qualsiasi apertura dalla quale possa aver accesso la luce, e quando l’ha trovata, non piega mai più il suo capo da un’altra parte, ma invece sempre più lo spinge continuamente verso il punto dove c’è il massimo della luce.

9. E qui qualcuno potrebbe domandare: “Ma a che cosa giova alla Terra l’avere un simile enorme occhio universale? Che cosa guarda essa e può farsi davvero un’idea di quello che vede?”

10. Però Io rispondo: “Ogni cosa deve essere considerata secondo la sua specie”. La Terra contempla ininterrottamente intorno a sé tutto lo spazio che non ha confini, e questa visione universale suscita nella Terra stessa, cioè in tutti gli spiriti che vi hanno dimora, una rappresentazione universale corrispondente, dalla quale ogni singolo essere spirituale trae la propria intelligenza, e precisamente quella per il mondo esteriore. Questa cosa però non sarebbe possibile senza l’immensa facoltà visiva della Terra. Certamente la Terra quale entità corporea complessiva nulla sa di quanto essa vede nella sua essenza totale, ma non sarebbe neppure necessario concedere alla Terra un corredo cosciente di nozioni, perché essa, come vedremo più tardi nella parte spirituale di quest’opera, non è un singolo essere a sé e indipendente, ma è invece un essere infinitamente multiplo, ed è costituita da un numero sterminato di intelligenze singole. Ora sono appunto queste singole intelligenze ad aver bisogno dell’immenso occhio tellurico universale, come pure ne ha bisogno ciascun animale e ciascun uomo, perché senza di esso nessuna creatura sulla Terra non potrebbe vedere niente con i propri occhi; giacché appunto per mezzo di quest’occhio l’uomo vede il Sole, la Luna e le stelle, e credo dovrà riuscire evidente che l’uomo con il suo minuscolo occhio non potrebbe mai guardare l’enormità del Sole, se il grande occhio terrestre non riducesse prima il Sole alla dimensione di una piccola immagine, e non conducesse questa subito dopo all’occhio umano. Dunque nessuno creda di poter vedere il Sole, la Luna e le stelle così come veramente sono e alla loro reale immensa distanza, ma quello che tutti vedono non è che la loro immagine sulla superficie del grande occhio terrestre universale, la cui superficie, come già detto un’altra volta, è più splendente del più puro specchio d’acqua, ed è perciò quanto mai adatta ad assumere le immagini degli immensi corpi celesti che le stanno d’intorno.

11. Questa proprietà della Terra ha veramente talvolta fatto sì che degli astronomi pazzi abbiano reputato che il Sole sia distante tutt’al più dieci miglia dalla Terra e lo hanno considerato come una meteora circolante con tutta facilità nel tempo di 24 ore intorno al vostro pianeta. Tuttavia essi furono indotti a tale insensata opinione dalle apparenze, soltanto stando alle quali l’immagine del Sole, come voi la vedete, non dista dalla Terra davvero molto di più. Ma questa immagine non ha nulla a che fare con la realtà, e rende possibile soltanto vedere in proporzioni ridottissime come è fatto quell’enorme Sole che è distante dalla Terra oltre 20 milioni di miglia. Nondimeno, contemporaneamente quest’occhio accoglie anche immagini dalla superficie del corpo terrestre e le trasmette agli altri corpi celesti, come viceversa questi ultimi accolgono nel loro occhio universale le immagini della loro superficie per trasmetterle poi all’occhio universale di questa Terra. In questa particolarità trova la sua spiegazione il cosiddetto fenomeno della Fata Morgana che si manifesta specialmente nei paesi tropicali e proprio in essi, per il fatto che là questa terza regione atmosferica si abbassa talvolta al disotto della cima di montagne che non hanno nemmeno un’altezza molto considerevole. Un altro effetto del sensibile abbassamento di questa terza regione atmosferica, che qualche volta si verifica, consiste nell’abbondanza di effluvi balsamici che non di rado si possono percepire nei paesi tropicali, soprattutto sulle montagne, ed Io vi dico anzi che se voi vi trovaste in quei luoghi, non potreste reggere all’intensità di quegli effluvi balsamici.

12. Quali altre proprietà abbia ancora questa terza regione atmosferica, quali altri fenomeni vi si manifestino e come essa talvolta possa essere vista dalla superficie terrestre, su tutto ciò noi ci riserviamo di fare la prossima volta ancora alcune osservazioni.

 

 

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Cap. 25

L’essenza del fuoco

6 febbraio 1847

 

1. Questa terza regione atmosferica, la quale, come già prima accennato, per essere la più pura e conseguentemente la più trasparente riposa sulla seconda regione come uno strato d’olio etereo, ha oltre alle già menzionate proprietà anche quella del tutto particolare di accendersi con estrema facilità al minimo avvenimento che ne venga a turbare l’equilibrio; ed è accendibile con particolare facilità in quei punti dove un qualche corpo, come per esempio una meteorite, viene in contatto con essa e per così dire l’attraversa per un tratto considerevole. Una tale accensione è per altro di natura del tutto particolare, e questo perché in questo caso non ha luogo una combustione. Si tratta di un rilucere e non di un ardere; lo spiegare questo rilucere e questa maniera di accendersi del tutto particolare sarà certamente alquanto difficile dati i vostri concetti; tuttavia noi tenteremo di rendere la cosa più chiara che sarà possibile.

2. Per comprendere questo speciale fenomeno è necessario anzitutto esporre qualcosa di più dettagliato riguardo all’atto dell’accensione, ovvero in generale riguardo alla natura dell’accensione.

3. Cosa vuol dire veramente accendersi? Qualcuno sarebbe indotto a rispondere qui: “Quando si mette nel fuoco delle cose infiammabili, ovvero le si espone comunque sia a un grande calore, allora si accendono e poi bruciano”. Con questa spiegazione, però, non si saranno fatti grandi progressi, poiché lo sa anche la più ingenua domestica che legno ed altre sostanze infiammabili gettate nel fuoco incominciano ad ardere.

4. Ma che cos’è il fuoco, il quale in se stesso costituisce già l’accensione?. – Ecco, questo non può più essere chiarito fisicamente in nessuna maniera, perché tutto ciò che è propriamente fuoco, entra già nel campo del puramente spirituale, sia che il fuoco sia buono o cattivo.

5. In ogni materia ci sono degli spiriti; se questi vengono in qualche modo eccitati, si accendono, ovvero entrano in uno stato di sempre crescente fervore nel quale la loro attività e la manifestazione di forza vanno intensificandosi. In tale potenziarsi del fervore e della forza si accentua poi anche un’attività di moto che si traduce in una serie di vibrazioni che si succedono con rapidità estrema. Per effetto di queste vibrazioni la materia viene distrutta, perché l’eccessivo fervore scompone tutto in minutissimi atomi. Infine gli spiriti, dopo aver completamente vinto la materia, si sentono svincolati e cercano sotto la materiale apparizione di una colonna ascendente di fumo la via verso la libertà, mentre la materia rimane sotto forma di cenere.

6. Dunque l’accensione corrisponde a un eccitamento dello spirituale nella materia, e il perdurare, nonché il sempre crescente potenziarsi dell’eccitamento, costituiscono l’atto dell’ardere. La luminosità che accompagna il fuoco è un effetto dell’intensa energia e rapidità di moto provocate nell’elemento spirituale, e il propagarsi della luce del fuoco è ugualmente un’eccitazione degli spiriti affini in tutta la materia e in tutta la massa atmosferica circostante. In questo consiste l’atto dell’accensione e della combustione.

7. Ben inteso, qui sulla Terra questo succede di solito per effetto dell’eccitazione di spiriti ancora impuri; perciò il fuoco appare comunemente sudicio e rossastro, in un certo qual modo come sprizzante ancora ira e furore.

8. Però può manifestarsi anche un altro genere di accensione e cioè quella suscitata dal fuoco dell’amore; ora questo incendio, a differenza dall’altro, non guasta né distrugge niente.

9. Qualcosa di simile a una tale accensione è il riflesso della luce solare che si diffonde dalla superficie dell’acqua; per effetto della luce dell’amore del Sole, gli spiriti pacifici dell’acqua vengono anch’essi molto eccitati, però in questa loro eccitazione non distruggono nulla. Tutta la superficie dell’acqua ne risulta bensì accesa, ed i raggi riflessi sprizzano in tutte le direzioni; eppure non c’è niente che bruci.

10. Ugualmente anche nello specchio avviene un’accensione quando i raggi vi cadano sopra, però neanche in questo caso il fenomeno è accompagnato da combustione, perché il fervore è limitato all’elemento spirituale buono. Ma, se un raggio solare d’amore, che è un prodotto dello spirituale buono, viene direttamente potenziato su corpi costituiti ancora da elementi spirituali impuri, allora certo provoca un’accensione accompagnata da combustione.

11. E ora, considerato che abbiamo sviscerato nel modo più chiaro possibile per voi questo argomento dell’accensione, sarà facilissimo spiegare pure l’accensione del componente aeriforme-etereo nella nostra terza regione atmosferica che avviene quando la rispettiva massa viene turbata nella sua solita quiete dalla presenza di un qualche corpo. Un corpo o meteora cadente o volante attraverso questa terza sfera atmosferica causa naturalmente uno strappo violento nella massa d’aria, e, data la velocità di solito grandissima con la quale si muovono tali corpi, nell’aria si forma uno spazio vuoto. Questo spazio vuoto però viene a formare a sua volta una superficie liscia di specchio nella quale si concentrano immediatamente i raggi luminosi di innumerevoli stelle come in uno specchio cavo, o meglio ancora come in uno specchio cilindrico, ed è questa riflessione di raggi stellari che assume l’aspetto di un fuoco se vista dalla Terra, solo che non si tratta affatto di un fuoco, bensì soltanto dell’azione della luce stellare riflessa nello specchio d’aria cilindrico neoformatosi come detto sopra.

12. Questo fenomeno che s’inizia nella terza regione atmosferica è dunque una proprietà del tutto speciale e ciò perché un fenomeno simile non può manifestarsi nelle zone atmosferiche inferiori, essendo in queste l’aria troppo pesante e troppo rapido il riversarsi della stessa per colmare lo spazio vuoto lasciatosi dietro dal corpo che l’attraversa, mentre l’aria molto leggera della terza regione non si muove che lentamente ed è questo il motivo per cui, dietro a una simile meteora volante, si rende visibile ancora come una coda lunga simile a quella di un drago.

 

 

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Cap. 26

Fenomeni nella terza regione atmosferica

8 febbraio 1847

 

1. Certamente non tutti i fenomeni di simile genere devono venire considerati completamente alla stessa stregua, perché fra le meteore luminose ce ne sono veramente talune che si accendono in modo da dar luogo di fatto anche a una combustione; ma, ciononostante, l’accensione di questi corpi meteorici ha tuttavia origine nella terza regione atmosferica, l’atto della combustione, però, succede solo quando una tale meteorite di diametro più grande arriva nella seconda regione atmosferica e qualche volta addirittura nella prima e quando è animata da un moto molto più rapido. Perché con una velocità media e tanto meno con una tendente al ritardo, la combustione contemporanea all’accensione non si verifica. Una meteorite deve percorrere almeno da uno a cinque miglia tedesche in un secondo perché possa accendersi così da bruciare; se la velocità è inferiore, non ha luogo un’accensione tale da innescare la combustione.

2. Nell’accensione, o meglio ancora nella luminosità delle meteore che attraversano la terza regione atmosferica, è da notarsi come fenomeno particolare il fatto che è specialmente la testa od il nucleo di una tale meteora quello che riluce soprattutto. Questa luminosità del nucleo durante il suo percorso nell’ambito della terza regione atmosferica è perfettamente omogenea alla luminosità della sua coda; si tratta sempre di una condensazione di raggi riflessi, la quale si spiega così: il nucleo solido, per giunta comunemente rotondo, nella sua corsa naturalmente s’incunea nella lieve massa eterea dell’aria e la separa, formando intorno a sé, specialmente nella parte anteriore del nucleo, un involucro d’aria il quale funge come uno specchio concavo tersissimo che accoglie la luce dei mondi luminosi lontani e la riflette poi sulla Terra. Se qualcuno si desse la briga di scagliare con forza una pietra rotonda in un’acqua limpida, potrebbe farsi una piccola idea di un simile fenomeno; anche se la pietra fosse di colore nero, la si vedrebbe avanzare sott’acqua con la parte anteriore di un bianco lucente. Questa lucentezza è dovuta al formarsi di una specie di specchio concavo d’acqua intorno alla pietra a causa del suo rapido cammino, specchio che accoglie e concentra i raggi luminosi che cadono nell’acqua rimandandoli poi per riflessione. Appunto per questo stesso motivo anche la schiuma che si forma sull’acqua appare bianca, perché le bollicine dell’acqua non sono in certo modo altro che dei minuscoli specchi concavi i quali accolgono in sé una quantità di raggi, li concentrano ed infine li riflettono. Quello che si vede nell’acqua in questo caso, lo si vede anche nell’altro, cioè nella luminosità delle meteore, perché si tratta sempre di una concentrazione e di una riflessione della luce.

3. Quando però una meteorite di maggior volume si abbassa fino alla seconda regione atmosferica, allora qualche volta si accende veramente a causa dello sfregamento contro gli strati più pesanti dell’aria. Se il movimento di cui la meteorite è animata è molto rapido, può anche avvenire che essa cada realmente infuocata sulla Terra; il caso per altro è estremamente raro. Se invece il moto della meteorite è più lento, ciò che è facilmente spiegabile considerata la maggior densità dell’aria nei bassi strati dell’atmosfera, in questo caso la massa ben presto si spegne, e il corpo cade giù oscuro in qualche punto della Terra. Tuttavia neanche una meteorite di grandi dimensioni si accenderebbe, pure essendo animata da un moto rapidissimo, qualora non fosse prima stata saturata dall’aria eterea molto facilmente infiammabile della terza regione atmosferica. Dunque quest’aria eterea è quello che propriamente costituisce l’elemento infiammabile di una tale meteorite, quando la stessa penetra negli strati inferiori più densi dell’atmosfera.

4. E questo è tutto quanto può essere detto riguardo ai particolari fenomeni in questa terza regione atmosferica, compreso pure quanto vi è di specialmente proprio alla regione stessa; ora si tratta ancora di chiarire soltanto quale aspetto abbia quest’alta zona atmosferica nonché i fenomeni che vi si manifestano, quando siano guardati dalla superficie della Terra. Per quanto concerne come vengano viste le meteore, non c’è bisogno di ulteriore spiegazione, però ci sono ancora altre apparizioni che hanno la loro origine in questa regione atmosferica, e necessitano di un accenno affinché noi sappiamo poi tutto ciò che ha relazione con la materialità del corpo terrestre.

5. Voi avrete visto spesso quei cosiddetti cirri bianchissimi, chiamati anche nubi a pecorelle. Queste nubi sono estremamente tenui e così trasparenti da lasciar trapelare quasi indisturbati perfino i raggi delle stelle. Questi cirri sono le formazioni più alte che si possono riscontrare nell’atmosfera terrestre; esse risultano da una specie di connubio dell’etere puro con la terza regione atmosferica, le quali si manifestano quando attraverso l’etere immenso cominciano ad avvicinarsi alla Terra certi esseri specifici della luce, esseri che nella maniera a voi già nota provengono dai corpi solari. Ora, siccome queste essenzialità sostanziali hanno già una certa ponderabilità, nella loro caduta sulla superficie molto facilmente eccitabile della terza regione atmosferica producono sulla stessa un movimento ondulatorio il quale non permette più che i raggi del Sole attraversino l’aria in linea retta, bensì con molte deviazioni; ma questa svariata deviazione dei raggi di luce provocata dall’ondulazione della terza regione atmosferica fa appunto sì che si renda visibile il fenomeno conosciuto dei cirri come le bianche nubi a pecorelle.

6. Che tali apparizioni siano di solito facilmente seguite da temporali, ciò dipende, com’è chiaro, dall’arrivo di ospiti stranieri, i quali da parte degli abitanti spirituali della Terra vengono in certo qual modo interrogati per sentire da dove vengono e cosa intendono fare nella sfera terrestre. Nell’occasione di tale interrogatorio si hanno poi sempre degli attriti, e vengono prese disposizioni per vedere come trovare posto ai nuovi arrivati, in maniera che la Terra non abbia a risentirne danno. Se i nuovi arrivati si adattano pazientemente, ciò che avviene di rado, l’apparizione delle nubi a pecorelle non ha nessun seguito temporalesco; ma, se questo non è il caso, allora si deve ricorrere alla forza secondo l’ordine prestabilito, per cui quello che avrebbe dovuto prima adattarsi volonterosamente è poi costretto ad adattarsi per forza. Questo sarebbe dunque un altro fenomeno del tutto proprio alla terza regione atmosferica, e verrebbe così spiegato quale aspetto abbia se visto dalla superficie terrestre.

7. Però infine esiste ancora un altro fenomeno il quale può essere visto più raramente, ma che d’altro canto è quanto mai notevole, essendo per così dire un’apparizione di carattere puramente spirituale, la quale tuttavia può venire percepita dall’occhio materiale. Questo fenomeno si rende visibile soltanto in giornate estremamente calde ed appare all’occhio umano sotto forma di certe strisce bianco-azzurrastre; queste strisce denotano uno stato particolare degli spiriti beati, nel quale essi si radunano per dir così in società e si ricreano nel riposo, per poi tenere consiglio sulle ulteriori opere da svolgere, nonché sulla distribuzione del futuro lavoro e sulla ripartizione degli incarichi tra i nuovi spiriti. In tali giornate regna anche sulla superficie terrestre una calma assoluta; non una foglia si muove, non una nuvola delle solite, per quanto piccola, si rende visibile e sulla Terra fa un caldo opprimente. Ma questo stato di cose non dura mai a lungo. Quando questa specie di consiglio volge al suo termine, subito ricomincia l’animazione, e particolarmente se il governo dell’aria, delle montagne, dei mari ecc. viene affidato alle cure di spiriti nuovi, succede spesso che le nuove scope spazzano meglio e più energicamente delle vecchie; la conseguenza è che dopo simili fenomeni non passa molto tempo che si sviluppano venti in tutte le direzioni, i barometri si mettono insistentemente sul ‘variabile’, e per un certo periodo non c’è più da far conto sulla stabilità della situazione meteorologica.

8. Queste strisce bianco-azzurrastre ora descritte non sono dunque altro, in certo modo, che schiere di spiriti che si trovano pacificamente radunate, e precisamente sulla superficie della terza regione atmosferica che è la più pura e limpida, schiere di spiriti che possono venire percepite nella maniera prima indicata perfino all’occhio materiale umano.

9. Uomini spiritualmente più sviluppati e che godono della facoltà della doppia vista vedrebbero qui qualcosa di più di semplici strisce bianco-azzurrastre; solo che in questi tempi nei quali si comincia a modellare tutto con il ferro, gli uomini di questo tipo sono diventati più rari ancora dei diamanti nelle regioni settentrionali della Terra, dove certo se ne trovano ancora, ma, come detto, in modo estremamente raro, e quando se ne trovano, sono piccoli, di misera apparenza e quindi di nessun valore particolarmente grande, – ovvero: ci sono ora del tutto tremendamente pochi Paoli e Pietri.

10. Ma con ciò siamo anche arrivati al termine della nostra rappresentazione naturale o materiale della Terra, e per conseguenza noi prossimamente ci dedicheremo alla contemplazione della Terra spirituale.

 

 

* *  * 

 

Il testo prosegue con la seconda parte:  La Terra spirituale

 

 

INDICE

 

 

Prima parte – La Terra naturale

 

Cap. 1

Il centro di gravità e il centro della massa della Terra

28.12.1846

Cap. 2

Il cuore della Terra

29.12.1846

Cap. 3

Posizione e mutabilità del cuore della Terra

31.12.1846

Cap. 4

Dell’essenza della materia e dei suoi spiriti fondamentali

2.01.1847

Cap. 5

La costituzione interna della Terra

4.01.1847

Cap. 6

Dei punti di gravità e degli umori della Terra

5.01.1847

Cap. 7

Nutrizione e rotazione della Terra

11.01.1847

Cap. 8

Polmone e respirazione della Terra

12.12.1847

Cap. 9

La milza della Terra

14.01.1847

Cap. 10

Costituzione della milza e fisiologia del sangue

15.01.1847

Cap. 11

Il fegato della Terra

16.01.1847

Cap. 12

Il rene della Terra

18.01.1847

Cap. 13

La Terra come maschio e femmina

19.01.1847

Cap. 14

L’atto generativo della Terra come uomo-donna

20.01.1847

Cap. 15

Scala generale di sviluppo degli esseri

22.01.1847

Cap. 16

Materiale e costruzione della seconda Terra

23.01.1847

Cap. 17

Il rinforzamento degli umori

25.01.1847

Cap. 18

La crosta terrestre

26.01.1847

Cap. 19

La pelle sensibile della Terra

27.01.1847

Cap. 20

Essenza e componenti dell’aria

29.01.1847

Cap. 21

L’azione della luce sull’aria

30.01.1847

Cap. 22

I dodici segni dello Zodiaco e il loro influsso

1.02.1847

Cap. 23

L’atmosfera terrestre e le sue precipitazioni

3.02.1847

Cap. 24

L’occhio della Terra

5.02.1847

Cap. 25

L’essenza del fuoco

6.02.1847

Cap. 26

Fenomeni nella terza regione atmosferica

8.02.1847

              

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[1] Il Glossglockner è il monte più alto delle alpi austriache. Una delle prime rivelazioni già date a Lorber nel 1842.

[2] 1 miglio tedesco = 7,42 km.

[3] Tesa o Klafter = 1,9 m.

[4] Klafter: antica misura tedesca. Un klafter = 1,9 metri.