Jakob Lorber

1851 - 1864

 

 

 

IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI

 

Volume 6

 

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La vita e gli insegnamenti di Gesù nei tre anni della Sua predicazione

 

 

 

Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” (vol. 6)

Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob Lorber

 

Casa Editrice: Lorber Verlag - Bietigheim - Germania

Copyright © by Lorber Verlag

Copyright © by Associazione Jakob Lorber 

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber

 e V.  D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.

 

Traduzione di Salvatore Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982

Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob Lorber

 

Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione

Via Vittorio Veneto, 167, 

24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)

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www.gesu-lanuovarivelazione.com

 

 

Unità di misura austriache del 18°/19° secolo usate nel testo:

1 Braccio

= 77,8

1 Eone          

= 10120 (1 con 120 zeri)

1 Iugero o Joch 

= 5754,664 mq

1 Libbra        

= 560 g

1 Linea          

= 2,2 mm

1 Piede

= 31,6

1 Maȕ           

= 1,4 litri

1 Miglio austriaco

= 7,586 km

1 Miglio tedesco 

= 7,42 km

1 Spanna     

= 20 cm

 

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IL SIGNORE E I SACERDOTI DEL TEMPIO

(Vangelo di Giovanni – Capitolo 5)

 

 

Cap. 1

La guarigione di un malato vicino alla piscina di Bethesda

(Giov. 5,1-13)

 

1. (Il Signore:) Io però durante questa giornata Mi spinsi con i Miei discepoli vicino a Gerusalemme, dove pernottammo in un albergo molto ben noto a Me ed ai discepoli. L'albergatore fu immensamente lieto di vederci e ci raccontò molte cose riguardo alle malvagità che accadevano allora in Gerusalemme, e ci fece preparare un'eccellente cena.

2. Ma Io gli dissi: «Sali domani con noi al Tempio ed avrai occasione di vedere come si metteranno le cose tra Me e i farisei! Domani converrà che essi vengano a sapere, con tutta esattezza e senza che venga loro nascosto niente, con Chi essi hanno a che fare in Me!».

3. L'albergatore rimase molto soddisfatto per questo avvertimento e ci portò ancora del pane e del vino in quantità sufficiente. Egli aveva udito raccontare molte cose sul Mio conto, però nemmeno lui sapeva Chi Io fossi in realtà, anche se i Miei discepoli gli avevano fatto qualche cenno a Mio riguardo che egli aveva accolto bene. Poco dopo ci recammo a riposare.

4. Il mattino seguente, giornata di Sabato, “salimmo” a Gerusalemme (Giov.5,1)[1]. Perché si parla di “salire”? Il motivo è questo: perché la grande città e soprattutto il Tempio erano costruiti sul dosso discretamente ampio di una montagna rocciosa, e quasi sulla sommità sorgeva appunto il Tempio con i suoi vasti atri, le mura di cinta e i giardini elevati. Si intende da sé che l’albergatore, il quale aveva la sua dimora in una valle, ci accompagnò nella salita.

5. Giunti in vicinanza del Tempio, era necessario che passassimo davanti alla piscina di Bethesda (VEDES DA = egli dà il risveglio o la guarigione) che si trovava in prossimità delle stalle delle pecore appartenenti al Tempio e che aveva tutto intorno cinque portici. (Giov. 5,2). Sotto questi portici giacevano sempre molti infermi - ciechi, zoppi, storpi e molti altri affetti da svariatissimi mali - i quali erano in attesa che l'acqua si agitasse. (Giov. 5,3). Infatti, secondo una leggenda antichissima conosciuta già dai tempi di Melchisedec e secondo la credenza solidamente radicata specialmente nel misero popolino, ogni tanto un angelo scendeva dal Cielo e agitava l'acqua; la gente naturalmente non vedeva l'angelo e intuiva la sua presenza solo dal caratteristico movimento dell'acqua.

6. I dotti farisei dal canto loro non credevano affatto alla discesa dell'angelo, ma consideravano la piscina come una sorgente dotata di particolari qualità curative, com’era anche opinione dei romani e dei greci; però essi ben sapevano volgere a loro vantaggio la situazione mantenendo il popolo nella sua antica e pia credenza.

7. Quando l'acqua si muoveva - ciò che succedeva da una a due volte la settimana - essa aveva in verità un potere curativo straordinario tale per cui chiunque fosse afflitto da qualsiasi grave infermità e che avesse avuto la possibilità di scendere per primo nell'acqua, riacquistava senz'altro la salute. (Giov. 5,4). Si comprende da sé che anche in queste occasioni la preferenza era riservata solo ai malati ricchi ed abbienti, mentre i poveri, che non avevano di che pagare, aspettavano spesso molti anni prima che qualche guardiano un po' più misericordioso si prendesse a cuore la loro sorte e aiutasse uno di loro a scendere nell'acqua, dopodiché questo ne usciva risanato.

8. L'albergatore che ci accompagnava non fu certo avaro di critiche a questo riguardo, e dichiarò apertamente che quel modo di procedere era quanto mai iniquo. Egli, fra l'altro, indicò un povero vecchio che da ben trentotto anni veniva sempre lì in attesa della guarigione (Giov. 5,5); però in tutto questo tempo non si era trovato nemmeno uno di quei loschi figuri cui fosse venuto in mente di permettere che il misero, dopo tanti anni di attesa, scendesse per primo nell'acqua della piscina.

9. Questo, com’è naturale, Mi commosse profondamente, ed Io dissi all'albergatore: «Quantunque oggi sia giornata di Sabato, a quest'uomo verrà immediatamente dato aiuto!».

10. E considerato che Io già comunque ero a conoscenza delle condizioni di quell'uomo, oltre che per averle apprese dalla bocca dell'onesto albergatore, subito Mi avvicinai a lui e gli dissi: «Vuoi essere guarito?» (Giov. 5,6)

11. E l'ammalato in tono triste rispose: «O buon signore! Io non ho nessuno che mi aiuti a scendere per primo nella piscina quando l’acqua viene mossa; ed anche se volessi entrarvi da solo, c'è sempre qualcuno più fortunato che mi precede. (Giov. 5,7). Com'è dunque possibile che io riacquisti la salute?»

12. Allora Io gli dissi: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina; ritorna là da dove sei venuto!» (Giov. 5,8)

13. Ed immediatamente l'ammalato fu guarito; egli sollevò il misero lettuccio su cui prima era giaciuto e, secondo l'usanza, se ne andò a presentarsi come guarito a qualche sacerdote. Ora questo fatto era accaduto di Sabato, giorno nel quale, a quanto l'esperienza insegnava, l'acqua non veniva quasi mai mossa. (Giov. 5,9). Per conseguenza la cosa diede molto nell'occhio agli ebrei, i quali non potevano spiegarsi come quell'uomo fosse stato guarito nel giorno di Sabato.

14. Essi però non avrebbero fatto molto caso alla guarigione in sé e per sé; sennonché, avendo l'ammalato preso il proprio lettuccio per portarselo via in giorno di Sabato, questa era una cosa che essi non potevano digerire, e perciò gli dissero: «Oggi è Sabato e non sta bene che tu ti porti dietro il lettuccio!» (Giov. 5,10)

15. E il guarito rispose: «Ascoltate! Fu colui che mi ha ridonato la salute a dirmi: “Togli il tuo lettuccio e cammina!” (Giov. 5,11). Ma a chi dispone di tanta potenza e a chi mi ha reso un tale beneficio, è ben giusto che io obbedisca anche in questa giornata di Sabato! Infatti io ho aspettato per ben trentotto anni e mai nessuno mi ha reso un beneficio di questo genere all'infuori di quell'uomo; perché dunque non avrei dovuto obbedirgli pur essendo in giorno di Sabato?»

16. Allora gli ebrei gli domandarono: «Chi è dunque colui che ti ha detto oggi, che è il giorno di Sabato: “Prendi il tuo lettuccio e cammina?”». (Giov. 5,12)

17. Ma il risanato, a cui la domanda era rivolta, non sapeva affatto Chi Io fossi e come Mi chiamassi, né egli avrebbe potuto indicarMi con il dito, perché Io avevo rapidamente abbandonato quel luogo a causa della moltitudine che vi si era radunata. (Giov. 5,13)

 

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Cap. 2

Il Signore testimonia di Sé e della Sua missione quale Messia.

(Giov. 5, 14-27)

 

1. Dopo un'ora circa Mi recai assieme ai discepoli nel Tempio dopo esserMi incontrato con la famiglia di Lazzaro di Betania, che conoscevo da quando avevo dodici anni, e che ero solito visitare ogni anno in occasione dei nostri pellegrinaggi a Gerusalemme, durante i quali i ragionamenti riguardo alla Mia Missione erano molti. La famiglia, come pure l'albergatore di nostra conoscenza, ci accompagnò al Tempio; quando fummo arrivati, trovai là appunto il guarito, il quale, non appena Mi vide, si precipitò verso di Me riprendendo a lodarMi e a glorificarMi.

2. E Io gli dissi: «Ora che hai riacquistato la salute, vedi di non peccare più, affinché non ti succeda di peggio!». (Giov. 5,14)

3. Egli promise solennemente che lo avrebbe fatto e in tale occasione apprese anche il Mio Nome, ciò che del resto non era cosa difficile, dato che c'erano lì molti che già da tempo Mi conoscevano. Allora quell'uomo ci lasciò, se ne andò presso i rigidi ebrei del Tempio e riferì loro che ero Io, Gesù, Colui che lo aveva guarito. (Giov. 5,15)

4. Allora quegli ebrei del Tempio fremettero d'ira e cominciarono a sospingersi, con intenzioni ostili, verso di Me per impadronirsi di Me ed ucciderMi, perché avevo fatto una cosa simile in una giornata di Sabato tanto particolarmente solenne! (Giov. 5,16)

5. L'albergatore si accorse dei movimenti insidiosi di quegli ebrei furibondi che egli aveva quanto mai in odio e Mi consigliò di allontanarMi al più presto possibile, altrimenti poteva accaderMi facilmente qualcosa di grave!

6. Io però lo consolai dicendogli: «Non temere, perché finché Io stesso non lo voglia, essi non potranno nulla contro di Me! Anzi, quando cominceranno ad interrogarMi, sarò appunto Io che dirò loro, senza alcun riguardo, Chi sono Io! E solo allora ti si renderà davvero evidente il loro furore, del quale però bisogna che nessuno abbia assolutamente alcun timore!».

7. Mentre parlavo così a tu per tu con l'albergatore, quei furibondi erano già arrivati vicino a Me e Mi apostrofarono subito rudemente dicendo: «Perché hai osato fare una cosa simile nell'occasione di un Sabato solenne, profanandolo così al cospetto di tutto il popolo? Non avresti potuto aspettare fino a domani e l'ammalato sarebbe stato guarito sempre abbastanza in tempo, evitando così la profanazione di questo Sabato solenne?»

8. Ma Io fissai molto seriamente in faccia quei furibondi, e dissi semplicemente loro: «Il Padre Mio (nel Cielo) opera ininterrottamente, e anch’Io faccio così» (Giov. 5,17)

9. Allora l'ira degli ebrei del Tempio si accrebbe e cercarono di farMi catturare per ucciderMi sul posto, perché essi, gridando, incitavano il popolo dicendo: «Non gli basta aver profanato questo Sabato solenne, ma bestemmia anche Dio, chiamandoLo Padre e mettendosi sullo stesso piano! Afferratelo dunque e strangolatelo come si merita!». (Giov. 5,18)

10. Allora sorse un vero e proprio tumulto nel Tempio e alcuni fecero l’atto di catturarMi. Io però Mi eccitai ed imposi silenzio.

11. Immediatamente tutti si quietarono ed Io dissi a quegli ebrei invasi dall'ira: «In verità, in verità vi dico che Io, quale Figlio, non posso far nulla da Me stesso, all'infuori di ciò che vedo fare dal Padre! Ma quello che fa il Padre Mio, lo stesso lo faccio Io pure! (Giov. 5,19). Ma il Padre ama il Figlio e Gli mostra tutte le cose che Egli fa; e Gli mostrerà opere ancora maggiori di queste, tanto che voi stessi ve ne meraviglierete in sommo grado! (Giov. 5,20). Infatti, come il Padre resuscita i morti e li rende viventi, così anche il Figlio rende vivente chi Egli vuole. (Giov. 5,21). Ed Io dico a voi, ciechi, che il Padre nel Cielo non giudica ora nessuno, poiché ogni giudizio Egli l'ha ora dato a Me, Suo Figlio (Giov. 5,22) affinché tutti gli uomini - ebrei e pagani - onorino il Figlio come onorano il Padre. Ma chi non onora il Figlio, non onora nemmeno il Padre che L'ha mandato». (Giov. 5,23)

12. E mentre così parlavo, regnava il massimo silenzio, e gli ebrei, rosi dalla rabbia, tacevano essi pure perché tale era la Mia Volontà!

13. Ed Io continuai il Mio discorso in questo modo: «In verità, in verità vi dico che chi ascolta la Mia Parola e crede veramente a Colui che Mi ha mandato a voi, uomini di questa Terra, costui ha la vita eterna e la sua anima non verrà mai più chiamata in giudizio, che è la morte della materia, anzi, grazie a tale fede reale e vivente, egli è passato dalla morte alla vita vera ed eterna! (Giov. 5,24)

14. E di nuovo Io vi dico: “In verità, in verità, giunge l’ora, anzi è già adesso, in cui i morti nel corpo e nell'anima udranno la voce del Figlio di Dio, e coloro che l’udranno con fede, costoro grazie ad essa vivranno in eterno!” (Giov. 5,25). Infatti, come il Padre ha la vita in Se stesso, così pure fin dall'eternità Egli ha dato anche al Figlio di avere la vita in Se stesso. (Giov. 5,26). Inoltre Gli ha dato il potere di giudicare tutti gli uomini, e ciò per la ragione che l'eterno Figlio di Dio è ora, in questo tempo, pure un Figlio dell’uomo». (Giov. 5,27)

 

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Cap. 3

Il Signore parla della testimonianza delle Sue opere.

(Giov. 5, 28-39)

 

1. A queste Mie parole molti spalancarono gli occhi e cominciarono a meravigliarsi molto. Alcuni pensavano che esse costituissero un sacrilegio che non aveva uguali!

2. Altri invece dicevano: «No, in verità, qui sotto deve celarsi qualcosa, perché mai un uomo ha asserito una cosa simile di sé!» (Giov. 5, v.28)

3. Ma Io continuai dicendo loro: «Perché viene l'ora nella quale tutti, perfino coloro che giacciono nelle tombe (con ciò intendevo riferirMi ai pagani, cosa che certo gli ebrei non comprendevano) udranno la Mia Voce, e ne usciranno coloro che, conformemente alla Mia Voce, avranno operato il bene per la vera resurrezione della vita; coloro invece che avranno fatto il male, ne usciranno per la resurrezione del giudizio che è la vera morte dell'anima» (Giov. 5,29)

4. Allora alcuni cominciarono nuovamente a mormorare ed altri ancora dissero: «Quest'uomo si pone assai in alto e pare che cominci davvero a vaneggiare! Egli parla di sé precisamente come se egli e Dio fossero una cosa sola! Chi mai ha udito un'asserzione di questo genere?»

5. Ed Io dissi: «Voi siete in grave errore se Mi giudicate in tal modo, perché da Me stesso, quale uomo, Io non posso fare nulla. Io però sento sempre la Voce del Padre in Me, e come Io la sento, così anche opero, parlo e giudico, e il Mio giudizio quindi è giusto, poiché Io non adempio la Mia volontà d’uomo, ma unicamente la Volontà del Padre Mio che Mi ha mandato su questo mondo. (Giov. 5,30). Se Io, come uomo, testimoniassi di Me stesso, allora la Mia testimonianza non sarebbe vera (Giov. 5,31); ma invece è un Altro, che voi non conoscete e non avete mai riconosciuto, che - mediante le Mie opere, già dappertutto note rende testimonianza di Me ed Io so con assoluta precisione che la testimonianza da Lui sempre resa di Me è pienamente vera. (Giov. 5,32)

6. Voi andaste da Giovanni, il Battista, e constataste come egli stava testimoniando la Verità. (Giov. 5,33). Ora, come vedete, Io non ricevo testimonianza da nessun uomo, poiché Io testimonio di Me stesso fuori dal Padre, e questo Io lo faccio, affinché voi tutti possiate diventare veramente beati. (Giov. 5,34). Come dunque può questa cosa non incontrare il vostro gradimento?»

7. Alcuni osservarono: «Se Giovanni, secondo la Tua Parola, ha testimoniato la Verità, la sua testimonianza è già stata ad ogni modo buona e sufficiente; a che dunque può giovarci una Tua ulteriore testimonianza particolare? Infatti, in base alla testimonianza di Giovanni, possiamo certo già divenire beati!»

8. Ed Io risposi: «Giovanni fu certo una lampada ardente di luce ben chiara, ma voi vi siete avvicinati a lui soltanto per potervi allietare per poco tempo alla sua luce. (Giov. 5,35). Io però ho una testimonianza di Me più grande di quella di Giovanni, poiché le opere che Mio Padre Mi ha dato da compiere, affinché sia evidente che Io solo posso portarle a compimento e Io solo compio davanti agli occhi di tutto il mondo, testimoniano conformemente a piena verità che è stato il Padre a mandarMi a voi quale Suo Figlio. (Giov. 5,36)

9. Ed appunto questo Padre, che ora Mi ha mandato a voi, già da molto tempo ha testimoniato di Me per bocca dei profeti, quantunque nessuno di voi abbia mai udito la Sua Voce, né visto le Sue sembianze. (Giov. 5,37). Voi avete certo percepito la Sua Parola attraverso la scrittura dei profeti, ma voi tale Parola non l'avete in voi, poiché ora non credete a Colui che Egli vi ha mandato! (Giov. 5,38)

10. Cercate voi stessi nella Scrittura di cui voi pensate che in essa si trovi la vostra vita eterna! Vedete, è proprio la Scrittura che testimonia di Me in cento e mille maniere! (Giov. 5,39)

11. Ma che cosa avete contro di Me? Non va forse bene che Io venga a voi senza un qualche apparato di solennità esteriore per non suscitare in voi paura, avvilimento e timore? Quando Elia ricevette nel suo spirito la profezia della Mia venuta, dunque anche spiritualmente[2], ha forse visto Jehova passare nel turbine oppure nel fuoco? No, Jehova passò in un dolce alitare di vento! E vedete, questa cosa si verifica anche ora, qui dinanzi ai vostri occhi! Perché dunque non volete credere? Le Mie opere, che ho già attuato al cospetto di migliaia e migliaia di persone, non rendono forse la più vera testimonianza di Me? Ha mai qualcuno in questo mondo compiuto delle opere da poter paragonare alle Mie?».

 

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Cap. 4

Della caparbietà degli ebrei del Tempio.

(Giov. 5, 40-47)

 

1. Dissero alcuni fra gli ebrei: «Quello che tu stai facendo è certamente qualcosa di straordinario; sennonché tu stesso non hai nemmeno alla lontana l'aspetto di essere quello che dici. Del resto gli esseni compiono le stesse cose, quantunque siano nostri nemici e vadano sostenendo di fronte agli ebrei che il Messia sorgerà in mezzo a loro!»

2. Ed Io dissi loro: «Oh, Io vi conosco anche troppo bene! Non da adesso, ma già da molto tempo voi sapete come gli esseni compiono i loro prodigi - e giustamente vi siete anche scagliati in varie occasioni contro simili pratiche, e già molte volte avete con buon successo dimostrato al popolo le manipolazioni illusorie degli esseni, perché di simili artifici e giochi di prestigio voi ve ne intendete altrettanto bene quanto loro -, e così pure sapete che la vostra considerazione nei Miei riguardi non si trova affatto sull’ultimo gradino! Dunque, non in ciò va ricercata la ragione per la quale voi non volete accoglierMi e riconoscerMi per Quello che in tutta verità Io sono, ma, per dirla schiettamente, voi non volete venire a Me per ottenere la vita eterna da Me e attraverso di Me. (Giov. 5,40)

3. Io certo non ricevo gloria dagli uomini per ottenere maggiore considerazione esteriore (Giov. 5,41), dato che essi ad ogni modo non possono in eterno mai renderMi gloria maggiore di quella che dimora in Me, però Io vi conosco molto bene da tutto un altro lato! In voi, a causa del vostro orgoglio, del vostro amore per il mondo e del vostro egoismo, già da lungo tempo non avete più l'amore per Dio, e per conseguenza non volete nemmeno accoglierMi!» (Giov. 5,42)

4. Qualcuno fra gli ebrei ribatté: «Queste sono parole belle e avvedute, le quali però non provano affatto che sei proprio tu il promesso Messia! Noi potremmo, volendo, ammettere che tu sia eventualmente un profeta venuto in Suo Nome, quantunque sia scritto che dalla Galilea non sorgerà nessun profeta; ma di un Messia nel caso tuo non c'è proprio da parlare! Abbiamo ragione o no?»

5. Risposi Io: «Niente affatto! Vi esporrò in tutta verità come invece stanno le cose! AscoltateMi dunque: “Io non sono venuto a voi come un profeta nel Nome del Messia futuro, ma come lo stesso Messia promesso nel Nome del Padre Mio, con il Quale Io sono pienamente una cosa sola, ciò di cui rendono verissima testimonianza le opere che Io faccio, e tuttavia voi non volete accoglierMi! Ma quando con grande sfarzo verrà qualche altro nel suo stesso nome che egli userà con mire quanto mai interessate, allora certo voi lo accoglierete senza pensarci tanto su! (Giov. 5,43). Ma come potreste crederMi voi che ricevete gloria gli uni dagli altri e che andate altresì in cerca di onori da parte di tutto il mondo, mentre non avete mai cercato, e neppure ora cercate, quel modesto onore che viene da Dio!» (Giov. 5,44)

6. Dissero allora gli ebrei: «Ebbene, tu dici apertamente che il Dio onnipotente è tuo Padre! Se dunque facciamo male non credendoti, accusaci presso di Lui, e poi si vedrà quali conseguenze ci saranno per noi!»

7. Ma Io dissi: «Oh, non pensate che Io voglia accusarvi presso il Padre Mio! C'è un altro che vi accuserà, e questi è Mosè, del quale sperate che verrà, ancora una volta, assieme ad Elia. (Giov. 5,45). Sennonché egli è già venuto, ma voi non lo avete riconosciuto come ora non riconoscete Me stesso». (NB: Lo spirito di Mosè era in Zaccaria, e quello di Elia in Giovanni, il Battista.)

8. Se nel vostro senso mondano aveste creduto a Mosè, voi credereste anche in Me, dal momento che egli ha testimoniato di Me. (Giov. 5,46). Ma poiché non avete mai creduto a quello che egli scrisse, come potreste credere adesso alle Mie parole?» (Giov. 5,47)

9. Dissero gli ebrei: «Come puoi sostenere che noi, che occupiamo il suo seggio, non abbiamo mai creduto a Mosè?»

10. Ed Io risposi loro: «È necessario che l'uomo prima conosca quello in cui deve credere, ma Io vi dico che voi siete diventati sacerdoti unicamente grazie al denaro, e che fin dalla vostra fanciullezza avete reputato che non valeva la pena di leggere nemmeno una volta gli scritti di Mosè, per la ragione che per voi le cose sono sempre andate molto bene anche senza una simile fatica! Sapete chi è stato in ogni tempo il vostro Mosè ed i vostri profeti? Ve lo dico Io: “È stata la vostra pancia a rappresentare per voi tutto ciò!”»

11. Quei sacerdoti ebrei rimasero alquanto sconcertati nel sentire queste parole, ed uno di loro disse: «Non ci viene forse letta la Scrittura ogni settimana in determinate ore del giorno? Noi ne possediamo cinque esemplari, oltre allo scritto originale che, all'infuori del sommo sacerdote, nessuno può toccare pena la vita, dato che è cosa sacra. Dunque, come puoi asserire che noi non sappiamo quello che Mosè ed i profeti hanno scritto? Noi stessi non possiamo leggerlo, ma l'ascoltiamo sempre quando ci viene letto»

12. Ed Io risposi: «Con i vostri orecchi, certo che udite, sempre che, avendo la pancia piena, non vi addormentiate durante la lettura; ma con il cuore voi la Scrittura non l'avete mai ascoltata, perché il vostro cuore è continuamente distratto perché è pieno di brame che sono del mondo! In quanto ai Comandamenti, voi li osservate soltanto apparentemente agli occhi del mondo, poiché incedete avvolti in vesti sacerdotali, ma dentro di voi non attribuite loro alcuna importanza; queste cose ve le dico perché Io vi conosco molto meglio di qualsiasi altro al mondo».

13. Allora molti fra il popolo presente alla scena cominciarono a mormorare e ad inveire contro quei sacerdoti ebrei, i quali, vista la mala parata, si ritirarono subito nei loro appartamenti. Dal canto Mio uscii pure dal Tempio assieme ai Miei e Mi recai, accompagnato dai discepoli e dall’albergatore, accogliendo l’invito di Lazzaro, a Betania, che era una borgata distante circa quindici stadi[3] da Gerusalemme. Si intende da sé che là ci fu riservata un'accoglienza eccellente.

 

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Cap. 5

I farisei a Betania.

 

1. Stavolta però non potei trattenerMi molto tempo, dato che là convenivano sempre troppi ebrei ragguardevoli da Gerusalemme, fra i quali anche alcuni di quelli che non credevano in Me. Perciò accettai l'amichevole ospitalità di Lazzaro soltanto per tre giorni, ma non insegnai, né feci nulla di particolare a causa degli ebrei increduli.

2. Alcuni tuttavia Mi avvicinarono e tentarono di interrogarMi su varie cose, ma Io Mi limitai a rispondere loro semplicemente: «Qui non è il luogo, né c'è il tempo per tali cose! Ad ogni modo quello che vi è necessario sapere, Io l'ho detto a tutti nel Tempio e di più per il momento non vi occorre!».

3. Poi volsi loro le spalle e, assieme a Lazzaro e all’albergatore, Me ne uscii all'aperto, dove molti furono i ragionamenti riguardo agli scandali del Tempio e al comportamento dei suoi rappresentanti di fronte al popolo; e l'albergatore, nel cui animo la fede in Me era andata accrescendosi molto, non poté trattenersi dal lodarMi assai per aver gettato in faccia a quegli ipocriti ministri del Tempio la verità più nuda e cruda senza alcun riguardo. Ed anche Lazzaro, il quale già da lungo tempo sapeva Chi era celato in Me, non nascose la sua soddisfazione per quanto era accaduto.

4. Mentre passeggiavamo così all'aperto, discorrendo dell'una e dell'altra cosa, fummo avvicinati da Giovanni, il Mio prediletto, il quale disse: «Signore, che cosa dobbiamo fare ora? Quegli ebrei, che Tu prima congedasti in casa così seccamente e a cui volgesti immediatamente le spalle, si sono gravemente offesi e vanno covando propositi di vendetta. Essi così si esprimono: “Oh, aspetta un po’! Te la faremo passare noi la tua superba smania di fare il Messia!”. Noi cercammo di acquietarli, ma le nostre parole ottennero precisamente l'effetto contrario, tanto che essi giunsero perfino a minacciare di chiedere a Gerusalemme l'intervento delle guardie!»

5. Ed Io gli dissi: «Va e dì loro che il Mio tempo, come predetto già varie volte in Galilea, non è ancora venuto. Essi possono quindi ricorrere alla forza a loro piacimento; così avranno anzi occasione di imparare a conoscere in modo ancora maggiore la Potenza e la Gloria del Figlio di Dio! Va dunque e sistema questa faccenda!».

6. Allora Giovanni tutto contento ritornò in fretta da quegli orgogliosi e prepotenti ebrei e riferì loro esattamente le Mie parole. Ma gli ebrei, ancora più furiosi, gridarono: «Fin dove arrivi la potenza del Nazareno, questo lo constateremo adesso!».

7. Ed immediatamente una ventina di loro uscì di casa e si avviò in fretta verso Gerusalemme per chiedere l’intervento delle guardie.

8. Io però non volevo che quello che doveva accadere si svolgesse tra le mura ospitali di Lazzaro; perciò lasciai che quegli infuriati giungessero esattamente a cento passi dalla sua casa e poi provocai l'irrigidimento delle loro gambe. Essi fecero ogni sforzo possibile per allontanarsi dal posto dove erano immobilizzati; sennonché una cosa simile era assolutamente impossibile, data la Mia Volontà contraria. Allora cominciarono a gridare, a urlare e a chiedere aiuto. E quando i migliori della comitiva, i quali già nel Tempio avevano accennato a schierarsi dalla Mia parte, si accorsero del fatto, andarono loro vicino e domandarono che cosa fosse successo per essersi fermati così all'improvviso, e il perché dei loro lamenti e delle invocazioni di aiuto.

9. E quegli immobilizzati gridarono, digrignando i denti: «Noi siamo come inchiodati al suolo sul posto dove ci troviamo, e le nostre gambe si sono fatte d’un tratto pesanti come il ferro! Oh, quale spirito maligno può averci giocato questo brutto tiro? Aiutateci almeno voi a liberarci da questa miseranda condizione!»

10. Ma quei migliori dissero: «Colui che oggi, nella giornata di Sabato, ha guarito l'ammalato, voi l'avete ingiuriato come un profanatore del Sabato stesso ed un bestemmiatore di Dio, ciò che Egli non ha affatto meritato! Ma non è forse vero che voi sareste diventati dei profanatori del Sabato mille volte peggiori se a causa del vostro perfido orgoglio, voi stessi che siete dei sacerdoti, foste ricorsi a Gerusalemme per far intervenire le guardie allo scopo di mettere le mani addosso a questo innocente e con ciò gettare il discredito sulla casa rispettabilissima di Lazzaro? Ma noi, cittadini e non sacerdoti di Gerusalemme, diciamo a voi, pessimi sacerdoti: “In compenso della vostra malvagia intenzione il castigo di Dio è venuto veramente e visibilmente sopra di voi a proposito!”. Solo ora noi crediamo fermamente che il nobile Galileo è in tutta verità Colui che nel Tempio ha sostenuto di essere! Egli soltanto può aiutarvi, quale il Figlio di Colui che ora vi ha punito e nessun altro all’infuori di Lui a questo mondo! InvocateLo e convertitevi una buona volta al buono e al vero, altrimenti è probabile che dobbiate restare fermi qui come la moglie di Lot fino all’ultimo[4] giorno!»

11. Tali parole ottennero qualche effetto e gli immobilizzati gridarono: «Fatelo venire qui e noi faremo quanto egli ci chiederà!».

12. Allora i cittadini rientrarono in casa di Lazzaro dove Mi trovarono e Mi esposero in poche parole la situazione.

13. Io però dissi loro: «È bene che quegli individui, che volevano correre in città a chiamare le guardie per causa Mia, facciano loro stessi la guardia per qualche tempo là dove sono; così in futuro passerà loro la voglia di assecondare in tal modo la loro ostinata superbia. Prima ancora del tramontare del Sole ci ristoreremo con cibo e bevande, e solo poi vedremo quello che si potrà fare da parte di Dio per quegli immobilizzati! Infatti, è opportuno che l'uomo mangi anche nel giorno di Sabato se ha fame, e non solo dopo il tramonto del Sole; perché, cosa ha a che fare il Sole con il Sabato? E cosa lo stolto Sabato degli ebrei, con il Sole? Nel giorno di Sabato il Sole è forse migliore e più rispettabile che non in una qualsiasi altra giornata? Eppure non è forse ciascun giorno un giorno del Signore e non soltanto il Sabato? Andiamocene dunque a mensa e non lasciamoci turbare per nulla!».

14. Lazzaro e le sue due sorelle a queste Mie parole apparvero come fuori di sé per la gioia. Immediatamente venne dato l'ordine di servire e noi iniziammo a mangiare e a bere, tutti di lietissimo umore.

15. Solo dopo un paio d'ore, quando terminammo il pasto, dissi a Lazzaro: «Fratello Mio! Ora andremo da quegli immobilizzati e vedremo che cosa si potrà fare di loro! In verità, se vorranno insistere nella loro ribellione, allora bisognerà che rimangano fermi là dove sono fino a domattina all'alba, affinché possano imparare che per il Figlio di Dio non vi è necessità di avere testimonianza e onore dagli uomini! Per conseguenza adesso andremo subito là».

16. Detto questo, ci alzammo dalle mense e uscimmo fuori per fare secondo il Mio proponimento.

 

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Cap. 6

La confessione dei farisei.

 

1.Quando gli immobilizzati Mi videro venire, cominciarono subito a gridare: «Signore, aiutaci tu in questa nostra miseria nella quale siamo precipitati a causa di un prodigio, e noi crederemo pienamente nel tuo nome e nella tua missione divina! Noi abbiamo peccato contro Dio avendo voluto mettere le mani addosso al Suo Consacrato; confessiamo apertamente di aver peccato nella nostra grande cecità; perciò tu, o signore, liberaci da questo male!»

2. Ed Io dissi: «Le vostre parole esteriormente suonano certo bene, tuttavia non c'è alcuna armonia fra queste e quelle espresse dal vostro cuore!»

3. Allora gli immobilizzati chiesero: «E cosa leggi tu nei nostri cuori?»

4. Ed Io risposi: «Se voi confesserete tutta la verità, vi sarà dato immediatamente aiuto, purché la confessione sia vera e ampia; ma se continuate a mentire, allora voi dovrete aspettare fino a domani!»

5. Disse uno di loro: «Ma come possiamo sapere quello che ciascuno di noi pensa in cuor suo?»

6. Ed Io risposi: «Non c’è nessuna differenza nel modo di pensare di ciascuno di voi; per conseguenza, se volete, parlate!»

7. Allora uno di loro cominciò a dire: «Signore, tu sai che a questo mondo molte volte, per prudenza, ci si trova indotti a parlare in maniera diversa da come si pensa, perché si può parlare in un modo o nell'altro, mentre i pensieri restano nascosti e sono per così dire esenti da dazio; ma se è in tuo potere leggere anche nei nostri cuori, allora certamente non ci resta altro che parlare proprio conformemente ai nostri pensieri. Tu vorrai perdonarci se nel nostro pensiero ci siamo limitati a considerarti come un mago di specie straordinaria, e se abbiamo anche scagliato contro di te le più atroci maledizioni, dato che ritenevamo che fossi stato tu a far venire sopra di noi questo male che ci ha ora paralizzato; tanto più che dieci anni fa abbiamo effettivamente avuto occasione di vedere a Damasco un mago indiano, il quale immobilizzava sul terreno non soltanto gli uomini, ma anche gli animali! Dunque, considerate le molte esperienze che abbiamo già fatto nella nostra vita, riesce davvero difficile distinguere un prodigio autentico da uno falso, e quindi non è esagerato chiederti un po' di indulgenza se per considerazioni di vario genere non abbiamo potuto riconoscerti immediatamente per quello che dinanzi a noi, nel Tempio, asseristi di essere.

8. Oltre a ciò anche nella Scrittura è detto che si deve credere in un unico Dio e che accanto a Lui non si deve avere altri dèi estranei. Ora tu, dinanzi a noi, ti presentasti come un vero Dio pari in tutto al Dio antico, poiché dichiarasti apertamente che tu sei Suo Figlio dotato di Potenza uguale alla Sua, e con il potere, per di più, del Giudizio! Ma considerato il tuo aspetto, che in fondo è di semplice uomo, e oltre a ciò proveniente dalla Galilea dove dimorano notoriamente più pagani che ebrei, chi potrebbe credere, malgrado le più sottili e adorne parole, che tu sia in realtà colui che hai sostenuto di essere presentandoti a noi? Inoltre non abbiamo potuto crederlo, malgrado il notevole prodigio da te compiuto, proprio perché hai operato il miracolo oggi, cioè in un giorno di Sabato solenne, cosa questa che non poteva fare a meno di rendere maggiormente sospetta ancora ai nostri occhi la tua pretesa Divinità; ora certo vediamo le cose in un'altra luce, e meglio ancora ci muoveremo all’interno di questa luce nuova se tu, come è sperabile, vorrai liberarci da questo grande tormento. Questo ti preghiamo che tu faccia!»

9. Ed Io allora esclamai: «Ebbene, vi sia ridonata la libertà!».

10. Nel medesimo istante essi recuperarono l'uso completo delle loro membra e Mi ringraziarono.

11. Io però dissi loro: «Siete liberi ormai; ma voi tutti fate bene attenzione a non rivelare a nessuno nemmeno una parola di quanto è avvenuto qui! Infatti, Io compio dei segni che ciascuno può vedere e dei quali a chiunque è lecito essere a conoscenza, d'altro canto però ne compio di tali che sono adatti a pochi soltanto e che conviene rimangano per ora celati agli occhi della maggioranza. L’importante motivo lo conosco Io. E devo dirvi ancora che oggi non dovete fare ritorno a Gerusalemme, poiché appunto oggi intendo intrattenerMi con voi riguardo a varie cose ancora.

12. Colui che un giorno sul Sinai diede le leggi a Mosè fra tuoni e fulmini e il Cui Spirito si librava sulle acque prima di Adamo, Quello stesso vi sta dinanzi in questa Mia semplice Persona; che voi ora lo crediate pienamente o non lo crediate, l'avvenire porterà luce anche riguardo a ciò. Adesso rientriamo in casa; voi venti, che siete ancora digiuni, prendete prima qualche ristoro».

13. A queste parole tutti ammutolirono e nessuno si azzardò a scambiare nemmeno una parola.

14. Ma quando fummo giunti a casa di Lazzaro, Pietro Mi disse: «O Signore, a noi, Tuoi discepoli che siamo continuamente vicini a Te, una cosa simile non l'hai mai detta!»

15. Io risposi: «Oh, Io ve l’ho già detta abbastanza spesso, anzi in maniera da potersi afferrare con mano; sennonché il vostro intelletto è stato finora sempre troppo limitato, e certo tale rimarrà ancora per qualche tempo. Ma ora voi occupatevi d'altro; Io devo parlare ancora parecchio con questi ebrei».

16. I discepoli si accontentarono di ciò e se ne andarono subito fuori all’aperto.

17. Frattanto era già stata servita la cena per i venti, ma, dato che il Sole non era ancora tramontato, nessuno di loro si azzardava a toccare cibo, e tutti davano ogni tanto un'occhiata al Sole per vedere se fosse già prossimo al tramonto!

18. Allora Io, accortoMi di tale loro ansia, dissi: «Ascoltate! Chi è da più: il Sole, il Sabato, oppure Io che nel Mio Spirito sono il Signore di entrambi come Lo ero già dall'eternità?»

19. Ed essi risposero: «Ah, se Tu sul serio sei Colui che al nostro cospetto sostieni di essere, allora sicuramente sei in grado, infinitamente più del Sole e del Sabato!»

20. Dissi Io: «Ebbene, sedetevi, mangiate e bevete di lieto animo! Una volta si diceva: “Nessuno può vedere Dio e conservare nello stesso tempo la vita, perché Dio è un fuoco che tutto divora”. Ora invece voi potete vedere Dio e nello stesso tempo mangiare e bere, oltre alla possibilità di ottenere addirittura la vita eterna!»

21. Essi allora osservarono: «Sarebbe tutto giusto se non ci fosse la legge di Mosè!»

22. Ma Io ribattei: «Là dove sono Io, là c'è pure Mosè nonché tutti gli altri profeti; fate dunque anche voi secondo la Volontà del Signore!».

23. Finalmente la loro riluttanza fu vinta e, preso posto alla mensa, mangiarono e bevvero prima ancora del tramontare del Sole. E dopo che ebbero mangiato e bevuto, li condussi tutti su una collinetta che sorgeva dietro alla dimora di Lazzaro, dove noi ragionammo di svariatissime cose, come in parte spiegherà il seguito di questa narrazione.

 

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Cap. 7

Il Signore con i Suoi su una collina presso Betania.

 

1. Quando ci trovammo tutti radunati sulla collina che, come detto, si innalzava dietro alla casa di Lazzaro e che terminava con un bellissimo spiazzo ben provvisto di comode panche, vi prendemmo posto al mite chiarore della Luna piena e, pur essendovi spazio sufficiente per tutti nonostante fossimo complessivamente in cinquantacinque persone, alcuni degli ebrei non poterono trattenersi dal muovere qualche critica per il fatto che i posti non erano stati assegnati in maniera del tutto conforme al rango!

2. Ma Lazzaro replicò: «Amici miei, dopo tutto quello che abbiamo visto, udito e appreso, il primissimo posto spetterebbe incontestabilmente ad Uno fra di noi, il Quale però si è da Se stesso scelto invece l'ultimo posto! Come potremmo dunque ambire preferenze di rango noi, che in fondo, quali semplici mortali, non rappresentiamo nulla al Suo cospetto?».

3. Queste parole di Lazzaro, cioè del padrone di casa stimato da tutti, ottennero il loro effetto e troncarono immediatamente quella discussione noiosa e perfettamente inutile.

4. Ristabiliti così la tranquillità e l'ordine, Io dissi: «Prima di tutto Io impongo formalmente a tutti voi, che siete qui radunati, di tenere per sempre rigorosamente per voi quello che ora avrete occasione di udire e di vedere, affinché a causa di questo nessuno si senta costretto, nella propria volontà e nella propria coscienza, a credere in Me e nella Mia missione, ma vi creda grazie alla nuova Dottrina che a tale scopo viene data ed ai segni che la Mia Sapienza ha scelto!

5. Ogni costrizione morale interiore costituisce già di per sé un giudizio, poiché quello che l'uomo non accoglie e non fa di sua liberissima volontà in base ad un riconoscimento e ad una convinzione assolutamente suoi propri, non torna a suo vantaggio per la vita, ma torna unicamente a suo giudizio. Se l'uomo è destinato a diventare del tutto buono e ricco di vera vita spirituale, non è lecito che egli vi venga costretto con nessun altro mezzo coercitivo se non con quello costituito esclusivamente dalla sua ferma volontà completamente libera.

6. Né leggi, né ricompense oppure punizioni devono influire su di lui in questo senso, ma unicamente la sua libera fede, la sua convinzione interiore, il suo puro riconoscimento, poi l’obbedienza dimostrata attraverso il suo comportamento esteriore e la sua libera volontà che devono sorgere dal puro amore per Dio e per ogni cosa buona e vera.

7. Io vi dico, e quanto vi dico è una verità chiarissima: con altrettanta facilità, anzi con maggiore facilità ancora, Io sarei potuto discendere sulla Terra sotto figura umana di proporzioni gigantesche, accompagnato da schiere innumerevoli di angeli, tra fuoco, fulmini e tuoni e imperversare di tempeste, ed avrei potuto annunciarvi la nuova Parola di Grazia con voce di tuono tale che i monti ne sarebbero stati ridotti in macerie! Allora certo non uno tra voi si sarebbe trovato in condizione di nutrire il benché minimo dubbio; perché l'immenso spavento e l'angoscia tremenda lo avrebbe istantaneamente stretto in ceppi in maniera tale che egli non sarebbe stato capace nemmeno del minimo e più limitato pensiero proprio. Ma questo avrebbe forse giovato un po’ a qualcuno dal punto di vista del suo interiore e vero diventare libero? Oh, per nulla! Questo sarebbe stato un giudizio per ciascuna anima umana ed un incarceramento di tutti gli animi tale che essi si sarebbero veramente ridotti a durissime pietre!

8. Vedete, è anche perciò che Io sono venuto al mondo in questa Mia umile condizione e del tutto inosservato, come anche Mi sono fatto annunciare per bocca dei profeti, affinché nessun cuore umano venisse ridotto in schiavitù, e perché invece i cuori di tutti potessero, solamente amandoMi, riconoscerMi unicamente per la benedicente Potenza della verità delle Mie parole e dei Miei insegnamenti, uniformando del tutto liberamente ad essi il proprio modo di vivere!

9. I segni che sto compiendo devono servire soltanto a confermare che Io sono veramente Colui quale Mi presento agli uomini. Perciò vi ammonisco di nuovo a non raccontare niente a nessuno di tutto ciò che udrete e vedrete durante questa notte, affinché assolutamente nessun cuore umano, nel suo animo, ne rimanga prigioniero. Né voi stessi dovete subire una costrizione nei vostri cuori a causa di ciò, ma solo la Mia Parola e la Sua Verità devono essere le vostre guide.

10. Infatti, anche se criticaste liberamente tutti i Miei prodigi, ma nello stesso tempo vi adeguaste liberamente alla verità delle Mie parole, voi tuttavia avreste in voi la vita eterna e la perfettissima libertà di questa vita. Se invece lasciate che il fondamento della vostra convinzione sorga unicamente dai prodigi e non badate alla verità delle Mie parole, allora voi siete stretti nei ceppi del giudizio e non rappresentate altro che delle macchine umane senza alcuna vita spirituale interiore, e quindi morte come è morta la pietra.

11. Ma affinché possiate adeguare i vostri animi in maniera conforme, Io, l'unico Signore e Maestro di ogni vita e di ogni essere, ho detto a voi tutti anticipatamente come stanno queste cose. Attenetevi a queste, e voi vivrete».

12. Questo Mio discorso aveva profondamente scosso tutti i presenti, e molti furono colti da un senso d'angoscia nell'attesa di tutto ciò che sarebbe accaduto.

13. Io però dissi loro: «Oh, figli Miei cari, se già adesso vi sentite angosciati e se già adesso il vostro animo si lascia pervadere da ogni tipo di timore, ben poche cose potrò operare dinanzi ai vostri occhi!»

14. Disse Lazzaro: «O Signore, io non temo nulla e altrettanto vale per i Tuoi discepoli; chi però avrà motivo di temere, che tema pure, né ciò gli sarà senz’altro di danno!»

15. Ed Io conclusi: «Ebbene, allora vedremo e udremo!».

 

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Cap. 8

Mosè ed Elia appaiono su comando del Signore.

L’accusa di Mosè contro gli ebrei del Tempio.

 

1. Poi, rivoltoMi a quegli ebrei, dissi loro: «Voi non volete credere che Mosè ed Elia siano stati già su questa Terra poco prima di Me, perciò essi stessi si presenteranno qui in maniera ben riconoscibile, ed essi stessi vi dichiareranno da quale spirito sono animati».

2. In quel medesimo istante ambedue i profeti apparirono in mezzo a noi, e la prima cosa che fecero fu di inchinarsi profondamente dinanzi a Me.

3. Poi Elia disse ad alta voce: «Al Tuo cospetto e dinanzi al Tuo Nome ogni ginocchio ed ogni cuore si devono piegare nel Cielo, sulla Terra e sotto la Terra!»

4. Allora Mosè parlò agli ebrei: «O scellerati del Tempio di Salomone, o figli del serpente, quale demonio vi ha generati perché possiate asserire: “Abramo è nostro padre e noi sediamo sul seggio di Mosè e di Aronne?”. Ma se voi, non chiamati affatto a ciò, avete usurpato quel seggio per annunciare ai popoli la legge datami da Dio, come potete adesso non riconoscere l'Altissimo il Quale mi ha dato la Legge su due tavole di pietra appunto sul Sinai?

5. Voi dite che io, Mosè, e questo mio fratello Elia avremmo dovuto precedere la venuta del Signore. Ebbene, noi effettivamente fummo ambedue qui, sulla Terra, ma chi di voi ci ha riconosciuto e ci ha creduto? E non è stato il vostro contegno verso di noi perfettamente identico a quello da voi tenuto verso quasi tutti i profeti ed i santi del Signore? Ma come si può qualificare il fatto che voi, ipocriti e perfidi, continuate ad inchinarvi fino a terra davanti al mio nome, ed invece mi perseguitaste ed infine mi strangolaste fra l'altare e il Santissimo? Parlate e datemi risposta!»

6. Allora uno fra gli ebrei disse balbettando: «O grande profeta! Colui che venne strangolato si chiamava semplicemente Zaccaria!»

7. E Mosè esclamò: «Tu, o pessimo soggetto avvolto nella tua vecchia carcassa di carne, tu stesso fosti testimone con i tuoi occhi e con i tuoi orecchi di quanto io, appena ritornato dal Santissimo, dichiarai a tutta l’adunanza dei sacerdoti! Ebbene, allora le mie parole furono queste: “Ascoltate, o fratelli, Dio, il Signore, nella Sua Grazia immensa e nella Sua Misericordia, ha aperto il mio intimo e lo spirito di Mosè è entrato in me, tanto che la mia anima e lo spirito di Mosè costituiscono ormai un uomo solo, il quale vi sta dinanzi come egli si trovò un giorno dinanzi al Faraone ed al cospetto di Dio sul monte Sinai! Io fui il primo che salii su questo seggio, e mi ci sono seduto perché fui chiamato da Dio a fare ciò, ed attualmente vi siedo per decisione divina come ultimo, perché in avvenire il Signore soltanto, il Quale su questo mondo ha già assunto in maniera prodigiosa corpo umano di carne, farà di questo seggio quanto a Lui piacerà, secondo il Suo imperscrutabile consiglio!”. Allora voi vi infuriaste per tale mia verissima predizione, mi strappaste giù dal seggio e strangolaste il mio corpo. Non è forse accaduto così?»

8. Allora un altro fra gli ebrei, egli pure vecchio, disse tutto tremante ed a voce più bassa ancora: «Sì - in verità - è stato proprio così! Ma chi avrebbe potuto credere una cosa simile?»

9. E Mosè replicò: «E come hanno fatto a credere quei pochi onesti che voi per tale causa avete espulso dal Tempio, esiliandoli in paesi lontani e fra genti pagane? Alcuni di loro vivono ancora nel loro corpo e possono testimoniare contro di voi!»

10. Disse allora un terzo vecchio ebreo: «Certo, può darsi che sia così, ma è necessario ammettere che quei tali abbiano avuto qualche visione; noi invece di visioni non ne abbiamo mai avute!»

11. E Mosè nuovamente: «Oh, tu dici il falso e stai mentendo a te stesso! Infatti, questa cosa è stata rivelata chiaramente ed in modo intelligibile in spirito a tutti, fino all'ultimissimo servitore del Tempio, per sette volte consecutive per mezzo di lucidissimi sogni, e durante il tempo in cui fui privato della parola, questi sogni voi tutti li commentaste per delle settimane; come puoi dunque ora sostenere che voi non avete avuto nessuna visione a questo riguardo?»

12. Rispose lo stesso ebreo: «Ma quel sogno era proprio una visione? Oh, ma guarda un po'! Chi avrebbe mai potuto sospettare una cosa simile!»

13. Disse Mosè: «O vecchie e astutissime volpi del mondo! Voi sapete molto bene, sulla scorta di molti esempi citati nella Scrittura, quale significato hanno i sogni lucidi! Per esempio: il sogno di Giacobbe, quello di Giuseppe, quello del Faraone e moltissimi altri ancora. Questi non hanno mancato di ronzarvi negli orecchi quando stavate meditando sulla visione da voi avuta per sette volte! Sennonché il vostro senso mondano, il vostro orgoglio sacerdotale, la vostra smania di vivere il più possibile comodamente e la vostra inclinazione all'ozio più pestilenziale, nonché alla fornicazione di ogni specie, tutto ciò vi ha accecati e storditi, ed in seguito al mio vaticinio sorse nei vostri animi il fantasma, per voi tremendo, della perdita di tutti questi vantaggi terreni che costituiscono la vostra delizia. Ed invece di rassegnarvi al Volere divino, voi preferiste schierarvi con ogni mezzo contro tale Volere, e fino a quest'ora, anzi fino a questo istante, avete persistito nel vostro ostinato proposito di ribellione completa contro Dio. O voi, vermi nella polvere, cosa ne dite di questa storia più che vera?

14. Ecco: il Sublime e l'Altissimo, la Cui faccia io, Mosè, non sarò mai degno di contemplare, vi ha parlato nel Tempio, dicendo: “Non Io, ma Mosè, il quale è la vostra speranza, vi accuserà al cospetto del Padre!”. E vedete, non è trascorsa ancora una giornata e già la predizione dell'Altissimo, il Signore, sta trovando adempimento; ed io, Mosè, profeta principale di voi tutti nel Nome del Signore, vi accuso ora, al Suo santissimo cospetto, di tutti i crimini che gridano vendetta al Cielo dei quali vi siete resi colpevoli! Parlate, cosa potete dire a vostra giustificazione?»

15. Di fronte a questa schiacciante accusa, gli ebrei messi completamente alle strette, pieni d'orrore e spavento, parvero come ammutoliti ed assolutamente incapaci di far salire una parola un po' intelligibile sulle loro miserande labbra tremanti.

16. Soltanto uno dei più giovani fra gli ebrei disse con voce molto balbettante: «Mio Signore e Dio, dunque lo spaventoso ultimo giudizio comincia già oggi?»

17. Disse Mosè: «La mia accusa sta certo ad ogni istante nelle mie mani; ma l'ira e la vendetta giacciono nelle mani del Signore onnipotente! Il vostro ultimo giorno però si è già considerevolmente avvicinato alla sua meta finale; tuttavia ogni cosa ormai dipende unicamente dal Signore. E adesso parlate e dite come avete compreso tutte queste cose!»

18. Disse uno fra i vecchi ebrei a cui battevano i denti per lo spavento: «O Mosè, o grande profeta, dicci se noi siamo proprio irrevocabilmente destinati a finire all'inferno e se ciascun uomo ha il suo proprio giorno imminente[5]

19. Rispose Mosè: «Per quanto concerne l'inferno, dato il vostro attuale modo di vivere, è superfluo che facciate delle domande riguardo al fatto se siete destinati ad esservi precipitati dentro, perché il vostro modo di pensare e di agire è da molto tempo tale per cui l'inferno era ed è tuttora la vostra dimora abituale, e voi avete sempre fatto ciò che è dell'inferno; perciò dunque, è vero che l'inferno non vi attende, perché in realtà ci siete dentro già da molto tempo.

20. Riguardo poi al giorno imminente, dopo la deposizione del vostro corpo avrete, nell'aldilà, un giorno imminente, così come anche in questo mondo avrete un ultimo giorno[6] e più avanzato. Tuttavia finché vivete in questo mondo, voi potete ancora, se volete, sottrarvi facilmente al vostro inferno, perché qui fra voi siede la grande Guida e il Redentore! AscoltateLo e agite conformemente alla Sua Parola! Ecco, o Signore, io ho parlato dinanzi a Te, ed ora Elia può parlare a sua volta!».

 

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Cap. 9

L’accusa di Elia.

 

1. Io allora dissi: «Elia, o Mio precursore ed appianatore delle Mie vie! Cosa puoi dire contro questi servitori del Tempio?»

2. Ed Elia così parlò: «O Signore, Mosè ha già detto tutto! Dopo di lui il Tempio ha cessato di essere una casa di Dio, ed ora esso non è altro che un covo di ladri e di assassini. Mentre predicavo in riva al Giordano, io lo dimostrai a costoro per filo e per segno chiarissimamente scendendo nei minimi particolari, ma quando si accorsero che non erano in grado di opporre nemmeno una minima cosa di una certa importanza ai miei ragionamenti e quando capirono che i loro imbrogli erano ormai stati svelati in maniera inconfutabilissima al cospetto del popolo, e si videro accusati di ogni possibile ingiustizia contro di Te, o Signore, e contro il popolo stesso, allora tentarono di gettare su di me il ridicolo e mi dichiararono persona innocua, ma pazza, cui si poteva certo prestare ascolto per qualche ora allo scopo di divertirsi. Ad ogni modo, però, non mancarono di minacciare segretamente il popolo ammonendolo a non attribuire alla mia dottrina un valore maggiore di quello spettante al parto di una qualunque ridicola fantasia delirante.

3. Nel segreto dei loro cuori, però, essi erano colmi di furore, essendosi accorti che, nonostante tutto, il popolo mi riteneva un profeta e come tale mi onorava e che esso faceva penitenza e chiedeva il battesimo. Questi perversi del Santuario di Dio ben presto si avvidero che per mezzo mio veniva posta l'ascia alla radice e che ciò preludeva alla fine del loro ignominioso dominio. Allora cominciarono a circuire Erode, e con ogni tipo di motivazioni quanto mai false e pessimi sotterfugi gli dimostrarono che per opera mia la sua signoria correva il più grave pericolo. Erode però un pericolo di questo genere non poteva vederlo, dato che in base ai patti che lo tenevano rigidamente legato a Roma, ed ai quali era del tutto ossequiente, gli era assicurata la tutela da parte delle autorità romane in caso di eventi ostili! Sennonché tutto questo non servì a nulla, ed essi insistettero così tanto presso di lui che finì col farmi gettare in carcere.

4. Una volta che fui prigioniero, pur essendo stato concesso ai miei discepoli il permesso di visitarmi, essi non poterono più molestare Erode; ma non sfuggì loro che la mia dottrina andava ciononostante diffondendosi per opera dei miei discepoli. Il loro rancore e la loro ira andarono allora accrescendosi di ora in ora, perciò decisero di fare della madre perversa della bella Erodiade uno strumento della loro vendetta, suggerendole che, qualora Erode volesse concedere ad Erodiade una grazia impegnando la sua principesca parola d'onore, lei gli chiedesse niente meno che la mia testa. In compenso la madre avrebbe ricevuto di nascosto diecimila libbre d'oro dal tesoro del Tempio. Alla bella Erodiade una simile pretesa apparve troppo ignobile, dato che essa ben sapeva che Erode in segreto mi amava; sennonché uno spirito maligno si impossessò della vecchia e le rivelò che io avevo rinfacciato ad Erode l'impura relazione con sua figlia, e che volevo distoglierlo da essa! Questo fatto ebbe il potere di suscitare anche in Erodiade tanta ira contro di me, che durante una festa, dopo essere stata nuovamente incitata dalla madre segretamente corrotta dalla gente del Tempio, chiese che in grazia le venisse consegnato il mio capo, cosa questa che certo turbò moltissimo Erode, ma egli aveva ormai giurato e doveva mantenere la promessa fatta, e fu così che io venni decapitato in prigione.

5. Quando la gente del Tempio ebbe notizia della cosa, la loro gioia fu assai grande, ed essi poi cominciarono a perseguitare in tutte le maniere possibili il popolo che credeva in me. Questa, o Signore, è la ragione semplicissima della loro abominevole scelleratezza, e tralascio di menzionare tutti i particolari, che ad ogni modo sono a Tua perfetta conoscenza; questa è l'accusa che io muovo contro di loro al Tuo cospetto! Ma Tu solo sei il Signore dall'eternità; giudicali Tu secondo la Tua infinita Potenza, Sapienza e Giustizia! Sia fatta solo la Tua santa Volontà!»

6. Ed Io dissi: «Sì, così è infatti! Ci sono state anche altre circostanze, ed Io ho avuto già occasione di menzionarle, come del resto anche degli altri testimoni che hanno visto con i loro occhi ed udito con i loro orecchi e ne hanno parlato in Mia presenza; sennonché il vero intimo germe della loro più che infernale perfidia è stato proprio questo! Ma ora Io domando a voi, Miei profeti fedelissimi, ed ora angeli dei Miei Cieli, se potete perdonare a questi scellerati del Mio Santuario i gravi torti di cui si sono resi colpevoli verso di voi»

7. Risposero i due profeti: «Sì, o Signore, perché Tu solo sei la nostra conciliazione! Soltanto piaccia a Te, nella Tua grande Misericordia, di illuminarli affinché possano avere la chiara visione di tutta la loro grande malvagità!».

8. E dette queste parole, i due profeti ad un Mio cenno segreto scomparvero, e noi rimanemmo di nuovo soli.

 

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Cap. 10

L’autoaccusa dei sacerdoti.

 

1. Trascorse qualche tempo prima che qualcuno osasse pronunciare sia pure una sola parola, perché l'apparizione dei due profeti aveva commosso profondamente tutti e particolarmente gli ebrei presenti ne erano rimasti scossi oltre ogni dire.

2. Soltanto l'albergatore il quale, seduto accanto a Me, era in preda a vivissima emozione, Mi disse, così, a bassa voce: «O Signore, Signore, quanto abbiamo visto, ci prova più di ogni altra cosa che Tu sei veramente Quello per cui Ti desti a riconoscere nel Tempio al cospetto di tutto il popolo!

3. Ora non ci può essere alcun dubbio che il “Grande Tempo dei tempi” un giorno promesso è in realtà venuto con tutte le grazie, ma nello stesso tempo anche con tutti i giudizi dai Cieli! Oh, se io fossi degno di partecipare almeno in minimissima parte a tali grazie!»

4. Ed Io gli dissi: «Non soltanto in minimissima parte, anzi in grandissima parte; tutto dipende unicamente dalla tua volontà di incamminarti in letizia per la via tracciata dalla Mia Dottrina che tra breve avrai occasione di conoscere nella sua interezza. Ma ora domandiamo a questi ebrei cosa ne pensano di questa autentica apparizione».

5. E rivoltoMi ai venti sacerdoti di Gerusalemme, chiesi loro cosa pensassero dell'apparizione.

6. Allora uno di loro si alzò dalla sua panca e così si espresse: «Che l'apparizione non sia stata una qualche illusione dovuta all'arte magica, di ciò noi siamo tutti perfettamente convinti, perché un'apparizione semplicemente illusoria, come ne ho viste varie volte a Damasco, non ha parola e non sa nulla dei particolari più segreti di certi avvenimenti che si sono in qualche modo verificati in un tempo recente o remoto. Ma appunto perché l'apparizione non è stata un’illusione, essa ha certamente dovuto fare su di noi tutti un'impressione quanto mai funesta, e ciò per la ragione che da tutto ciò abbiamo rilevato, in maniera anche troppo chiara, che è impossibile che noi, a causa del nostro malvagio operare, possiamo sperare da Dio il perdono dei nostri grandi peccati!

7. Essere un uomo a questo mondo è certo un compito supremamente difficile! L'uomo è esposto a tutte le seduzioni del mondo e dei demoni, i due nemici della vita umana; l’uomo vede il meno pericoloso dei due, mentre l’altro nemico, rappresentato dai demoni, il quale attira con tutta potenza l'uomo verso il mondo, non lo vede nessuno, né per conseguenza è facile che qualcuno possa difendersene!

8. Che noi siamo divenuti dei peccatori troppo grandi, ora lo vediamo anche troppo chiaramente; ma come siamo potuti arrivare gradatamente fino a questo punto, questa cosa ci riesce assolutamente incomprensibile! Quindi non possiamo dire altro che: “O Signore, se vi è in Te ancora una traccia di pietà per noi, mostraci misericordia e giudicaci almeno con asprezza non eccessiva!”.

9. Se noi avessimo potuto convincerci prima di ciò, Zaccaria e più tardi Giovanni non sarebbero stati trattati così. Sennonché noi eravamo tutti completamente ciechi, perché accecati dal mondo e dal demonio, e conseguentemente le nostre opere corrispondono esse pure alla nostra cecità davvero genuinamente satanica ed alla volontà assolutamente perversa che ne derivava.

10. Ma come Mosè ed Elia ci hanno giustamente accusato proprio ora al Tuo cospetto, o Signore, così anche noi adesso accusiamo, pure al Tuo cospetto, il demonio, questo perfidissimo nemico dell'uomo, e Ti piaccia citare lui pure dinanzi al Tuo tribunale!»

11. Dico Io allora: «Quanto vi è in voi che costituisce proprietà del demonio, questo già da lungo tempo sta scritto sul suo conto; tuttavia vi dico che attualmente nel Tempio vi sono alcuni che già da molto tempo hanno superato il demonio in malvagità, e che si comportano verso l'umanità in maniera tale da fare invidia al demonio.

12. Ed ancora Io vi dico che alle seduzioni da parte dei demoni non va data di gran lunga quell'importanza che voi le attribuite nella vostra stolta credenza! Il demonio vero e proprio è costituito dall'uomo stesso con le sue brame mondane, ed è da questo che scaturisce l'egoismo, che è un demonio, la vita dedita ai piaceri mondani, che è un secondo demonio, l'ambizione, l'orgoglio, la brama di dominio, l'ira, la vendetta, l'invidia, l'avarizia, la superbia, la fornicazione e il disprezzo del prossimo che sono altrettanti demoni prodotti sul proprio terreno! Voi quindi non dovete affatto aver paura del demonio, né sta a voi accusarlo, ma è voi stessi che dovete accusare nella vostra coscienza e pentirvene molto, facendo nello stesso tempo il fermo proponimento di diventare completamente degli altri uomini ed anche attuando un simile proponimento!

13. Amate in tutta verità Dio sopra ogni cosa e il vostro misero prossimo come voi stessi, ed allora anche i vostri numerosi e gravi peccati vi saranno perdonati! Infatti, finché un uomo non si è interamente liberato dal peccato, questo non gli può venire condonato, visto che il peccato è certo opera assolutamente propria dell'uomo, dato che esso sorge dalla sua carne e dalla volontà della sua anima.

14. Ma le opere buone secondo la Volontà e la Parola di Dio, benché l’uomo le faccia per propria libera decisione, sono e restano veramente una Grazia dall'Alto ed un merito dello Spirito di Dio nel cuore dell'uomo, e l'uomo ne viene reso partecipe appunto tramite la Grazia di Dio. Ed ora sapete come stanno le cose. Voi siete completamente liberi e potete fare come volete!».

 

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Cap. 11

I buoni propositi dei sacerdoti ebrei neo-convertiti.

 

1. Disse allora l’ebreo: «O Signore, purché Tu non ci abbandoni mai a questo mondo, noi siamo tutti salvi! Certo, nel Tempio ce ne sono ancora settecento che ci somigliano; sennonché quelli sono ancora più induriti di noi. Dunque se la sbrighino da loro stessi come potranno cavarsela! In quanto a noi, già domani andremo a prendere le nostre cose, e la nostra sovrabbondanza la distribuiremo fra i poveri; poi ci cambieremo di veste e Ti seguiremo anche se Tu volessi respingerci con fulmini e tuoni! Quando avremo conosciuto completamente la Tua Volontà, allora noi, pure nella nostra qualità di vecchi ebrei, forniremo la prova che anche degli alberi antichi si lasciano ancora piegare benissimo! Noi abbiamo ormai constatato che all'infuori di Te, o Signore, non vi può essere né salvezza, né vita; perciò mai più in eterno vi potrà essere qualcosa capace di distoglierci da Te!

2. Vedi, o Signore, da principio il male non era veramente tanto radicato in noi, perché, quando ci affiliammo al Tempio, stavamo cercando la verità primordiale. Ma cosa trovammo invece? Nient’altro che misteri, e poi misteri ancora più profondi! Quando noi chiedevamo luce, la risposta era questa: “A voi non occorre altro che la fede! Quello che il Tempio vi dice di credere, credetelo senza ombra di dubbio, per quanto possa apparirvi assurdo, irragionevole e innaturale, perché solo il sommo sacerdote possiede la chiave dei misteri di Dio, e questo deve bastarvi! Egli solo sacrifica per voi e per tutto il popolo!”. Ora queste erano parole in un certo qual modo molto allettanti, però il nostro animo subì una scossa tremenda al tempo delle tristi vicende del sommo sacerdote Zaccaria, perché soltanto dopo quegli avvenimenti cominciammo a vederci chiaro e a convincerci che tutta la storia di Mosè, dei profeti e della Scrittura in generale non poteva essere che un cumulo di fandonie; infatti, se vi fosse stato qualcosa di vero, i nostri superiori non avrebbero potuto agire così, senza scrupoli!

3. Ma quando in seguito a ciò si fece strada in noi la persuasione che nella Scrittura non c'era proprio nemmeno una minima parola di vero, solo allora anche noi allentammo i freni a tutte le nostre perverse passioni e finimmo col diventare ancora più malvagi di un'intera legione di perfidissimi demoni; infatti questi fuggono dinanzi al Nome dell'Altissimo, mentre invece noi non arretrammo per niente, anzi divenimmo ancora più arrabbiati e maligni. Ecco dunque, o sapientissimo, buonissimo e giustissimo Signore e Maestro, considerato che lo stato nel quale ci troviamo ora lo dobbiamo in grandissima parte ai cattivi esempi dei nostri superiori, speriamo che vorrai perdonarci i nostri peccati, tanto più che abbiamo fatto il fermo proponimento di aborrire ogni peccato e di vivere rigidamente secondo la Tua Dottrina, anche a prezzo della nostra vita terrena!»

4. Ed Io dissi: «Sta bene, ora i vostri peccati vi sono tutti perdonati, ma solo finché nessuno di voi commette di nuovo peccato! Qualora però sia vostra seria intenzione seguirMi come discepoli, badate bene di comportarvi nel Tempio con assoluta prudenza, affinché quelle volpi astute non si accorgano delle vostre intenzioni! Il Mio tempo, nel quale concederò a quelle volpi maligne che possano perseguitarMi a causa dei peccati del mondo, non è ancora venuto, perché converrà che questo pure succeda affinché la loro misura sia colma. Ed ora fate attenzione a quanto vi sarà dato di assistere, voi tutti guardate bene e prendetene a cuore il significato!».

 

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Cap. 12

Il temporale notturno.

 

1. In quello stesso momento si levò un vento impetuoso e da levante cominciarono ad innalzarsi delle nuvole dense che sembravano roventi. Questo fenomeno colpì tutti tanto più straordinariamente, in quanto in quelle regioni rappresentava una rarità. Ben presto si videro lampi guizzare in gran numero dentro a quella fosca massa, e l'orecchio percepì pure un lontano ma violento rombare di tuono.

2. La cosa non mancò di incutere in tutti un po’ di apprensione, e Lazzaro Mi disse: «O Signore, vedi, arriva un violento temporale! Pare proprio che voglia dirigersi verso di noi! Sarebbe forse meglio che ci ritirassimo in casa, perché simili tempeste notturne a volte sono particolarmente furiose!»

3. Ma Io gli dissi: «Non inquietarti, Lazzaro, perché nemmeno questa bufera si manifesta contro la Mia Volontà; ma la ragione per la quale l'ho fatta venire, ti sarà chiarita senz'altro più tardi».

4. A queste Mie parole Lazzaro ritrovò la sua calma; gli ebrei invece, man mano che il temporale avanzava, cominciarono a sentirsi molto a disagio e domandarono sottovoce ai discepoli se Io non avessi proprio alcun timore dell'uragano che andava rapidamente addensandosi sui nostri capi.

5. I discepoli però risposero loro: «Egli è Signore anche delle tempeste e degli uragani, e tutti gli elementi devono obbedire alla Sua Volontà! Dunque, quando Lui è presente, non c'è alcun motivo per noi di temere gli uragani».

6. Gli ebrei accolsero di buon grado tali consolanti parole e si fecero più tranquilli; i venti sacerdoti, invece, furono colti da grandissimo spavento, specialmente quando i tuoni cominciarono a scoppiare l'uno dopo l'altro con immenso fragore! Essi si alzarono terrorizzati dai loro posti e, venutiMi vicino, esclamarono: «O Signore, Tu, a cui sono possibili tutte le cose, imponi a questa furia di cessare, altrimenti siamo perduti, perché si tratta davvero di un temporale molto pericoloso! In tutta la nostra vita non abbiamo assistito che a tre di questi uragani, e pure allora a tarda sera; perirono molte persone e molti animali! Allora, come adesso, c'era un balenare continuo ed una vera pioggia di fulmini, e chi ne era colpito ci rimetteva la vita all'istante! Si salvarono soltanto coloro che riuscivano a rifugiarsi in qualche casa solidamente costruita. Con particolare violenza si scatenò un uragano a Damasco venti anni fa; chi allora si trovò all'aperto, difficilmente poté restare in vita! Per conseguenza anche qui non sarebbe forse meglio che ci ritirassimo in casa, poiché, quando la tempesta che infuria arriverà sopra di noi, non è escluso che vada a finire male per tutti; anche il vento va facendosi ormai tanto violento che a mala pena si può resistergli!»

7. Io dissi loro: «Non vi affannate, poiché anche in questa bufera voi imparerete a conoscere la Forza e la Potenza di Dio nel Figlio dell’uomo».

8. E non appena ebbi finito di parlare, l'uragano si trovò esteso ampiamente già da tutte le parti proprio sopra di noi, e ad ogni istante migliaia di fulmini scoccavano da quelle dense nuvole. Varie folgori piombarono anche tutt'intorno alla nostra collina con fragore assordante.

9. Allora gli ebrei cominciarono ad urlare: «O Signore, aiutaci, altrimenti siamo tutti perduti!»

10. Ma Io dissi: «È forse già stato colpito qualcuno dal fulmine, che gridate tanto? Coloro che si trovano presso di Me non sono minacciati da nessun pericolo! Ma ora invece imparate a conoscere la Potenza del Padre nel Figlio, poiché questa tempesta è essa pure un giudizio ed è soggetta alla Mia Potenza! Sono Io che l'ho fatta sorgere e posso anche farla svanire quando e come voglio. Ma per voi venti sacerdoti, essa è un simbolo del vostro animo, perché del tutto simile era lo stato del vostro cuore solo tre ore fa, anzi la tempesta nei vostri cuori era peggiore di quella che ora infuria al disopra dei nostri capi.

11. Eppure, potete veramente credere che per Me è molto più facile comandare a questa tempesta di ammutolire con tutto il suo seguito di venti impetuosi che non comandare ai vostri cuori con il loro seguito di perverse passioni! Ci sono volute molte parole e molti grandi prodigi per dominare la vostra tempesta interiore, ma per far svanire questo pazzo e violentissimo infuriare degli elementi basterà una sola parola e non di più!

12. Ma come dopo aver placato la vostra tempesta interiore, quanto mai maligna, ricominciò a splendere per voi la Mia Grazia, lo stesso fenomeno sarà simbolicamente visibile sul firmamento non appena sarà annientata questa maligna tempesta naturale. Vedete, già un numero grandissimo di fulmini si sono scatenati fuori dalla grossa ed estesa massa di nubi al di sopra di noi, eppure questo numero non raggiunge di gran lunga ancora quello dei vostri peccati! Da ciò potete ora arguire in quali condizioni vi trovavate fino a poco fa! Io dovrei lasciar infuriare la tempesta per un’ora buona ancora se volessi indicare con un fulmine ciascuno dei vostri peccati; sennonché questa cosa non avrebbe nessun valore per il vostro intimo. Per conseguenza facciamo in modo che questa tempesta, la quale ormai vi causa tanto spavento, svanisca! Tu dunque, o mostro, dissolviti e scompari! Amen!».

13. Nello stesso istante il temporale svanì e il vento cessò completamente, le nubi si diradarono, le stelle riapparvero in tutto il loro precedente splendore, ed esattamente sopra di noi ne vedemmo brillare una di insolita grandezza la quale era sconosciuta a tutti».

 

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Cap. 13

La nuova stella con la Nuova Gerusalemme.

La condizione per la vita eterna.

 

1. Lazzaro allora chiese immediatamente: «O Signore, questa è una stella strana che non ho mai visto finora; che stella è e che cosa può significare?»

2. Io gli risposi: «Datti pace, perché ben presto avrete occasione di conoscere questa stella più da vicino!».

3. E detto ciò, Io aprii a tutti per qualche istante la loro vista interiore e la stella divenne ai loro occhi un mondo splendente di luce, e in mezzo sorgeva una Nuova Gerusalemme che aveva dodici porte, e la cinta quadrangolare di mura, che la rinchiudeva, era fatta precisamente di altrettanti tipi di pietre preziose quante erano le porte della città stessa. Da tutte le porte uscivano ed entravano continuamente degli angeli, e di nuovo si mostrarono anche Mosè ed Elia nonché molti altri profeti. Gli ebrei allora si stupirono al sommo grado e cominciarono a lodarMi e glorificarMi per aver concesso loro tante grazie e per aver mostrato loro tali cose meravigliose. Io però li richiamai subito al loro stato naturale, ed essi rividero solo la brillante stella che andò man mano rimpicciolendosi e finì con lo svanire del tutto.

4. E quando tale scena ebbe fine, quasi tutti i presenti ad una voce Mi domandarono di che cosa effettivamente si fosse trattato.

5. Ed Io dissi loro: «Quello che avete visto corrisponde a questa nuova Dottrina che Io do dai Cieli! Essa è la vera, Nuova Gerusalemme dai Cieli, poiché l'antica, cioè quella terrena, non vi serve più a niente. Le dodici porte denotano le vere dodici tribù d’Israele, e i dodici tipi di pietre preziose delle mura di cinta significano i dieci Comandamenti di Mosè; le due superiori, cioè, il diamante e il rubino, i Miei due Comandamenti dell'amore per Dio e per il prossimo. Gli angeli che escono ed entrano dalle porte simboleggiano le molte verità che vengono rivelate agli uomini mediante la fedele osservanza della Mia Dottrina; quelli che si muovono fuori dalla città denotano inoltre la sapienza immensa di questa Mia Dottrina, e quelli che si muovono verso l'interno della città significano che gli uomini devono lasciare entrare anche nei loro cuori questa Mia Dottrina che è puro amore, e devono operare conformemente; così essi perverranno alla vera rinascita nello spirito, e verranno pure guidati in ogni verità e sapienza.

6. Questo è il significato dell'apparizione, e questo è pure il vero Sole di Grazia per chiunque oda la Mia Parola e viva secondo questa, ed in questa Nuova Gerusalemme vivranno e dimoreranno per l'eternità presso di Me tutti coloro che credono e che crederanno in Me, ed assieme a Me guideranno e governeranno tutto quanto vi è di creato nell'eternità dello spazio.

7. Tali cose voi non le comprendete ancora, né le potete comprendere; ma se restate fermi nella fede in Me e conformate le vostre opere a questa Mia Dottrina, giunti a maturità nella vostra fede e nel vostro amore, verrete battezzati dallo Spirito Santo che Io manderò a tutti coloro che in Me credono in maniera vivente e che credono in Colui che Mi ha inviato fuori da Sé nella carne di questo mondo come un Figlio dell'uomo, perché questa è la vera vita eterna: che voi cioè crediate in Me come nel verissimo Figlio del Padre che è nel Cielo e che viviate secondo la Sua Dottrina.

8. Però, quando lo Spirito del Quale vi ho appena parlato sarà venuto su di voi e vi avrà compenetrati, allora comprenderete voi stessi tutto ciò che adesso vedete e udite, ma che nel vostro stato puramente naturale non riuscite a comprendere, poiché la carne non può comprendere lo spirito, ed è in sé morta, e non ha altra vita all'infuori della compartecipazione temporanea alla vita che proviene dalla forza vitale dell'anima. Quest’ultima è affine allo spirito e a questo può rendersi perfettamente simile e può diventare una cosa sola con esso, qualora si estranei completamente dal mondo e volga invece i propri sensi esclusivamente a quanto esiste di interiore e di spirituale nella maniera e nell'ordine indicativi dalla Mia Dottrina nonché dal Mio esempio supremamente personale.

9. Cerchi dunque ciascuno di voi di salvare la sua anima con le proprie forze, perché, se essa precipita nel giudizio, potrà poi salvarsi senza avere a disposizione dei mezzi adeguati quando qui non vuole salvarsi con i tanti mezzi di cui dispone, senza riflettere per altro che essa dovrebbe essere per se stessa un bene inestimabile che, una volta perduto, non può venire riacquistato di per sé in nessun modo?

10. Veda quindi ciascuno anzitutto di salvare la propria anima! Infatti, Io dico a tutti che nell'aldilà le cose staranno così: chi ha in sé l'amore, la verità e perciò il giusto ordine di Dio, a costui nell'aldilà verranno aggiunte molte cose ancora; ma chi non ha queste cose, o ne ha in misura troppo scarsa, a costui anche ciò che eventualmente ancora ha, gli verrà tolto, in modo che non avrà più nulla, ed egli resterà misero, nudo e senza alcun aiuto! Chi allora avrà pietà di lui e chi potrà riscattarlo? In verità Io vi dico che qui, un'ora conta più di mille anni nell'aldilà! Queste parole imprimetevele bene nel cuore, ma per il momento ciascuno le tenga per sé».

 

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Cap. 14

Confessione di uno dei sacerdoti ebrei.

 

1. Allora un sacerdote, fra gli ebrei, disse: «O Signore, Tu sei sempre meraviglioso, colmo d'Amore, di Misericordia, di Giustizia e di Sapienza, e quello che dici o anche semplicemente pensi, questo è, per l'eternità, irrevocabilmente un'azione compiuta; quindi ad un uomo riesce difficile parlare con Te, ma nonostante ciò io vorrei dirti qualcosa per amore dei fratelli; Ti piaccia dunque ascoltarmi in grazia! Vedi, o Signore, chi conosce esattamente la via che con chiarezza conduce ad una meta sicura, meta che può e deve assicurare al viandante il massimo vantaggio per la vita purché tale meta egli la raggiunga, costui senza dubbio alcuno non farà altro che perseguire la meta incamminandosi per la via a lui ben nota, ed infine certo la raggiungerà; soltanto uno che fosse cieco e del tutto pazzo potrebbe, in seguito alla propria stoltezza ed assoluta ignoranza, percorrere una via diversa.

2. Ebbene, ora noi conosciamo la via e la meta, e perciò possiamo voltare facilmente le spalle a tutto il mondo e alle sue seduzioni, e possiamo aspirare alla vera e sicura meta della vita incamminandoci per questa via da veri eroi, anche trovandola disseminata di spine e infestata da serpenti; sì, noi saremmo disposti ad affrontare ora perfino delle legioni intere di demoni, incessantemente intenti a raggiungere la meta che ora abbiamo conosciuto! Certo, per noi tutti la cosa è ormai facile, perché non soltanto abbiamo udito, ma abbiamo pure visto e percepito con tutti i nostri sensi che è veramente così ed in eterno non può essere altrimenti. Ma quanti siamo noi qui a cui è capitata tanta incomprensibile Grazia da parte Tua?

3. E come si mettono le cose per il numero quasi infinito degli altri uomini i quali dai tempi di Adamo sono vissuti, vivono attualmente e ancora vivranno sul suolo smisuratamente ampio di questa Terra in una condizione di assoluta tenebra spirituale? Chi aprirà loro gli occhi e chi redimerà le loro anime nell'aldilà?”. Perfino noi ebrei, e per di più sacerdoti, quindi maestri e guide del popolo, abbiamo bensì Mosè ed i profeti, ma a che cosa ci giovano? Dov'erano le prove che essi fossero davvero esistiti un tempo? Ebbene, le prove erano soltanto nella cieca fede! Infatti, anche la gente più scrupolosamente pia noi la vedemmo morire non di rado di morte amarissima e ignominiosa, né mai l’anima di un defunto, per quanto pia, ritornò da noi per darci qualche notizia dell'aldilà. Tutto quello che era a nostra conoscenza consisteva esclusivamente in un mito oscuro, incomprensibile e terribilmente contrastante con i principi migliori della ragione, per mezzo del quale si poteva stentatamente tenere a freno soltanto la parte più incolta della plebe.

4. Quale meraviglia dunque se noi e molti altri ancora ci siamo trovati indotti ad accostarci ai saggi della Grecia e abbiamo continuato a predicare il Giudaismo pur conformando la nostra vita alle massime di Epicuro! Infatti è fuori discussione che l'uomo sia animato da un inestinguibile impulso verso una qualche felicità e almeno una contentezza a metà; di una beatitudine eterna nell’aldilà non potevamo in nessun modo pensare che fosse possibile nemmeno in minima parte, figurarsi poi se potevamo pensare di avere una prova certa e solida! Noi eravamo gente sana e robusta, e il mondo ci stava evidentemente dinanzi con tutte le sue gioie e le sue attrattive; ora non sarà difficile comprendere perché non abbiamo esitato ad approfittare con bramosia dell'occasione! Infatti, per quale ragione non avremmo dovuto cercare di assicurarci nell'aldiquà una felicità in compenso delle nostre fatiche di mantenere, con ogni mezzo ingannatore e menzognero, il popolo nella cieca fede in Dio e nell'immortalità, noi che, come già detto, non potevamo in nessun luogo e in nessun modo avere la prova di una beatitudine in un altro mondo!

5. Vedi, o Signore, questa era la dottrina per nostro uso, quasi del tutto simile a quella degli Esseni, nonostante noi non mantenessimo nessun rapporto con loro per le ben note ragioni! Noi perseguitammo pure i Sadducei a causa del loro cinismo, ma non già per conto nostro, ma per il popolo credulone, perché, se questo fosse passato alla setta dei Sadducei, sarebbe ben presto finita la nostra beatitudine terrena. Ora invece, che per la Tua pura Grazia abbiamo finalmente avuto la prova convincentissima dell'esistenza dell’aldilà, ogni cosa terrena ha certamente assunto per noi un aspetto addirittura nauseante! Ma cosa sarà di tutti gli altri uomini che non hanno ottenuto questa Grazia e che difficilmente la potranno ottenere?»

6. Rispondo Io: «Non occorre che vi curiate di ciò! Per il momento avete abbastanza da pensare a voi stessi, e per gli altri ci sarà bene Chi penserà più che a sufficienza! Chi come voi vorrà, sarà salvato come voi; ma chi non vorrà, converrà che ascriva a se stesso la colpa se egli andrà in perdizione.

7. Infatti, ciascuna anima anche nell'aldilà continuerà a vivere in base al proprio amore e alla propria fede, conformemente alla libertà piena del proprio volere. Se l'amore è buono e puro, anche la vita nell'aldilà sarà buona, pura e beata, ma se l'amore è cattivo ed impuro, nonché incapace a preparare una qualche felicità al proprio prossimo, anche la vita nell'aldilà risulterà impura, cattiva e senza nessuna beatitudine!

8. Togliere ad un'anima il suo amore e sostituirlo con un altro, sarebbe come annientarla e come creare un'anima del tutto nuova al suo posto. Ma questo sarebbe un atto contrario all'Ordine eterno di Dio, poiché una volta che Dio ha creato qualcosa, questa non può più svanire, e non può che passare ad uno stato sempre più nobile e migliore. Dunque, nell'aldilà ci si prenderà cura pure di queste anime perdute; ma qui devo ripetere quanto vi ho detto in precedenza: qui un'ora vale più che non mille anni nell'aldilà!

9. Tuttavia, non per questo viene fatto un torto a qualche anima, poiché quando ad un'anima si lascia intatto il suo amore ed illesa la sua volontà – e la si tiene separata dalle altre solo in quanto essa non deve essere di danno alle buone, e quanto al resto viene lasciata libera di fare ciò che vuole all’interno della sfera del suo mondo spirituale perfettamente corrispondente al suo stato che è corrispondente cioè al suo amore vitale e alla sua intelligenza – è chiaro che ad un'anima simile non viene arrecato in nessun modo un torto nemmeno apparente.

10. Come voi siete vissuti finora qui, ugualmente vivono anche tutte le malvagie anime demoniache nell’inferno, il cui fuoco atroce è costituito appunto dal loro egoismo e dalla loro brama di dominio sempre insaziabili, e voi stessi qui testimoniaste che in simili condizioni vi trovavate molto a vostro agio. Tuttavia ogni giorno di più il germe della morte vi rodeva e vi amareggiava indicibilmente l'esistenza! Cosa vi restava dunque, alla fine, di tutta la vostra vita di delizie?

11. E similmente succederà a moltissimi nell'aldilà: di questo però essi soltanto avranno la colpa, perché essi là, non una, ma moltissime volte dovranno soffrire le angosce della morte, cosa questa che deve anche essere, perché altrimenti una simile anima sarebbe davvero perduta per tutta l'eternità.

12. Ma ecco che per oggi ne sapete abbastanza, e considerato che ormai la mezzanotte è vicina, ora andremo in casa per avere il necessario riposo. Vedremo poi quello che ci porterà il domani; dunque andiamo!».

13. Allora abbandonammo tutti la collina e andammo in casa dove tutto era già disposto nel migliore dei modi per il nostro riposo. Invece gli ebrei che avevano a loro disposizione un'apposita stanza molto vasta, si sedettero intorno ai tavoli e discussero quasi tutta la notte per vedere come avrebbero dovuto fare per sfuggire al Tempio. E il mezzo da loro reputato migliore fu quello del riscatto per denari. Poi anche fra di loro subentrò la quiete.

 

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Cap. 15

I sacerdoti ebrei diventano discepoli del Signore.

 

1. Il mattino seguente, prima ancora del levar del Sole, noi, vale a dire Io, i discepoli, il nostro albergatore e Lazzaro eravamo già in piedi come del resto anche tutti gli abitanti della casa. Marta, una delle sorelle di Lazzaro, era intenta, assieme alle sue aiutanti, a preparare con tutto zelo un'abbondante e buona colazione per noi; Maria invece, l'altra sorella, uscì fuori con noi restando come sempre tutt'occhi e tutt’orecchi pur di ricavare qualcosa da Me a profitto del suo cuore e della sua anima.

2. Noi ci trovavamo già da circa un'ora all'aperto quando gli ebrei si destarono. Essi si lavarono secondo il loro costume, e poi si informarono ansiosamente se Io dormissi ancora.

3. Marta però rispose loro: «Oh, il Signore è uscito all’aperto già da un'ora assieme ai Suoi discepoli, a mio fratello, mia sorella e l'albergatore, e probabilmente sarà presto di ritorno perché anche la colazione sarà pronta fra poco!»

4. Disse uno dei sacerdoti: «Da che parte è andato? Noi vorremmo affrettarci da Lui per avvisarLo!»

5. E Marta rispose: «Oh, trattandosi del Signore, questa cosa è assolutamente superflua, perché Egli conosce assai bene il momento in cui la colazione sarà pronta!»

6. Avendo appreso ciò, uno di loro domandò a Marta: «Dunque tu devi conoscerLo già da molto tempo se ti sono così tanto note le Sue evidenti caratteristiche»

7. E Marta rispose: «Certo che Lo conosco già da diverso tempo; però non torna affatto a vostra particolare lode il fatto che voi finora non Lo abbiate riconosciuto!»

8. Dicono gli ebrei: «È vero, verissimo, questo tuo rimprovero è perfettamente giusto, ed ora noi stessi deploriamo assai il fatto che, presi come eravamo entro il vortice del mondo, non abbiamo mai pensato di prendere informazioni più precise sul Suo conto, pur avendo già appreso in Galilea varie cose riguardo alle Sue azioni; oltre a ciò ci pare di ricordare che fu Lui, in occasione della Pasqua qui a Gerusalemme, a cacciare in maniera prodigiosa tutti i mercanti fuori dal Tempio ed a rovesciare i banchi dei cambiavalute!»

9. E Marta disse: «Sì, sì appunto, fu Lui a fare queste cose; sennonché allora i vostri occhi erano ancora molto ciechi e i vostri orecchi ed i vostri cuori molto ottusi, per questa ragione voi allora non Lo riconosceste!»

10. Dicono gli ebrei: «Oh, certo, tu hai pienamente ragione, ma poiché ormai Lo abbiamo riconosciuto, almeno noi venti, non ci scosteremo più dal Suo fianco, e abbiamo fatto il fermo proponimento di rimanere presso di Lui sotto altre vesti quali Suoi discepoli, affinché la gente del Tempio, nonché tutti gli altri sacerdoti, farisei e scribi sparsi un po' dappertutto, non possano rimproverarci di esserci lasciati anche noi, sacerdoti del Tempio, sedurre da Lui, il fondatore di nuove sette e sovvertitore del popolo. Noi perciò intendiamo andare senz'altro a Gerusalemme e riscattarci prendendo a pretesto l'intenzione di fare un viaggio in Persia e nell'India; cosa questa che ci verrà concessa volentieri, anzi molto volentieri. Concluso in poche ore questo affare, ritorneremo oggi stesso qui e Lo seguiremo quali Suoi allievi e tutto a nostre spese ovunque Egli vorrà condurci»

11. E Marta disse: «Questo è certo un proponimento quanto mai lodevole da parte vostra, e non potrà fare a meno di apportarvi le Sue benedizioni! Ma guardate un po' fuori: Egli viene già verso di noi proprio nel momento in cui ho finito di preparare la colazione. Noi dunque Lo accoglieremo con tutto l'altissimo onore e il grandissimo amore che spetta solo a Lui, Lo ringrazieremo una volta ancora dal più profondo del nostro cuore per le Sue grandi consolazioni di ieri e Lo pregheremo di volere in grazia benedire la colazione e poi mangiarla assieme a noi!»

12. E mentre Marta parlava con quegli ebrei che l'ascoltavano con gran devozione, comparvi Io nella stanza e dissi: «O Marta Mia diletta, di queste cose non necessita che si faccia interprete la bocca: chi parla così nel proprio cuore, fa già molto bene; quindi tutti si possono astenere del saluto delle labbra, poiché Io guardo soltanto il cuore e i suoi pensieri più intimi. Ad ogni modo, nel tuo caso, anche le parole delle labbra hanno vero valore al Mio cospetto, dato che esse salgono direttamente e puramente fuori dal tuo cuore».

13. Queste Mie parole colmarono Marta di pace e di letizia immensa.

14. Io però Mi rivolsi a quegli ebrei e dissi loro: «Dunque, voi intendete seriamente diventare Miei discepoli?»

15. E tutti, anche coloro che non erano sacerdoti ma semplicemente dei cittadini benestanti di Gerusalemme, risposero ad una sola voce: «Sì, o Signore, purché Tu ci reputi degni di essere Tuoi discepoli! Noi anzi intendiamo fare tutto il possibile per poterTi seguire con tanta maggiore tranquillità e sicurezza per tutte le Tue vie, o Signore!»

16. Ed Io dissi loro: «Se volete fare così, fate bene; di una cosa però devo avvertirvi, e questa consiste in ciò: “Vedete, gli uccelli dell'aria hanno i loro nidi e le volpi le loro tane, ma Io, quale semplice Figlio dell'uomo secondo il Mio corpo, non possiedo come Mia proprietà terrena neanche una pietra su cui posare il capo!”»

17. Dissero gli ebrei: «Oh, ma in compenso è Tua proprietà il Cielo e tutta questa Terra! Per questo mondo però noi possediamo già per Te, per i Tuoi discepoli e per noi tutti quel tanto da poter bastare per dieci anni ed anche più! Permettici solo di venire con Te per sentire le Tue parole di Vita; di tutto il resto avremo cura noi a seconda della Tua Volontà»

18. Ed allora Io conclusi: «Allora sta bene! Dopo la colazione, fate ritorno alle vostre case e mettete in ordine ogni vostra faccenda! Poi venite nuovamente qui ed Io vi dirò quello che faremo e che intraprenderemo! Ma ora andiamo a fare colazione».

19. Allora tutti presero posto alle mense, espressero i loro ringraziamenti e mangiarono e bevvero imitando il Mio esempio.

 

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Cap. 16

I sacerdoti convertiti si dichiarano liberi dal Tempio.

 

1. Consumata la colazione, tutti ringraziarono di nuovo, e poi gli ebrei se ne andarono a Gerusalemme. La gente del Tempio, compreso il sommo sacerdote, certamente rimase stupita non poco quando i venti sacerdoti, in età già parecchio avanzata, manifestarono l'intenzione di voler intraprendere un lungo viaggio; ma dato che essi in cambio di un simile permesso offrirono molto oro ed argento, la gente del Tempio finì con l'accondiscendere augurando loro buon viaggio. I venti allora li salutarono alla svelta e si dispersero poi nella grande città, affinché non si potesse spiare così facilmente per quale strada si sarebbero incamminati. Essi però conoscevano un greco il quale dimorava fuori città e che teneva sempre in deposito una gran quantità di vesti alla foggia greca di cui faceva commercio. Si recarono dunque da lui, comprarono queste vesti alla greca abbandonando le loro vesti di prima al mercante, ciò che non mancò di suscitare grande meraviglia nel greco il quale, incuriosito, cominciò a informarsi con circospezione su che cosa volesse significare quel travestimento.

2. Ma questi, ormai liberi, gli risposero: «O amico, con queste vesti è più facile dedicarsi ad ogni genere di commercio, e considerato che le entrate del Tempio, una volta cospicue, si stanno assottigliando di anno in anno, è necessario supplirvi prudentemente mediante qualche affare con i popoli pagani di altri paesi».

3. Questa spiegazione soddisfece perfettamente il nostro greco il quale, intascato il denaro e prese in consegna le eccellenti e costose vesti sacerdotali che gli erano state lasciate, tutto contento non aggiunse una parola di più. L’unica cosa che i venti gli ordinarono con severità di fare fu di non menzionare a nessuno l'accaduto, altrimenti le conseguenze per lui sarebbero state quanto mai spiacevoli! E infatti, a questo riguardo il greco si mantenne muto come un pesce.

4. I venti ebrei, facendo una grande deviazione, ritornarono vestiti alla greca da noi ed arrivarono intorno alle due dopo mezzogiorno. Essi ci trovarono ancora seduti a mensa mentre avevamo appena terminato il pranzo, e Lazzaro, l'albergatore ed anche i Miei discepoli si meravigliarono molto constatando il breve tempo da loro impiegato per sbrigare la faccenda.

5. Ed uno fra i venti così parlò: «Sì, o stimatissimi e cari amici, là con il denaro si sbriga tutto assai presto; invece senza denaro o soltanto con poco non resta che aspettare parecchio, ed infine i risultati sono anch'essi scarsissimi! Sennonché noi ci alleggerimmo di parecchio oro e argento, e perciò fu facile concludere sollecitamente l'affare. Le somme che attualmente entrano nelle casse del Tempio non raggiungono di gran lunga quelle che vi entravano un tempo, quando cioè i samaritani, i sadducei ed una gran parte degli esseni, a cui da principio non avevamo per nulla fatto caso, non si erano ancora separati da noi; per conseguenza i capi principali del Tempio non vedono affatto di malocchio che ogni tanto il numero di coloro che vivono a spese del Tempio vada diminuendo.

6. Noi quindi ce la cavammo con tutta facilità; certo però, così facendo, il nostro pensiero ricorreva insistentemente anche al fatto che il Signore, il Quale ieri sciolse i lacci che ci tenevano avvinti, secondo la Sua santa Volontà, ci sarebbe stato di aiuto nell’attuare la nostra intenzione il più prontamente possibile, e vedete, le cose si svolsero precisamente così come avevamo pensato; vadano perciò a Te, o Signore, i nostri più fervidi ringraziamenti! Ma che cosa aspettano gli altri cittadini per far ritorno essi pure qui? Ce n'erano ben dodici o tredici! È accaduto forse che non siano riusciti a congedarsi dalle loro famiglie così facilmente come ci siamo congedati noi dai colleghi del Tempio?»

7. Ed Io dissi: «Tanto facilmente no, considerato che sono tutti dei padri di famiglia! Però non si faranno attendere ancora molto a lungo; si tratta di persone veramente oneste, come a Gerusalemme ce ne sono ancora poche. E adesso sedete qui con noi e, da greci quali sembrate, essere ora, mangiate, bevete e siate di animo lieto!».

8. Allora i venti pseudo-greci ringraziarono, presero posto alla mensa dove eravamo seduti noi e cominciarono a mangiare ed a bere di eccellente appetito; poi ci raccontarono delle storielle esilaranti riguardo alle condizioni del Tempio in quell'epoca ed alla nuova e falsa arca dell'alleanza, dato che l'antica aveva completamente perduto la sua forza prodigiosa in maniera stranissima dopo la crudele uccisione di Zaccaria, il sommo sacerdote di allora. La nuova aveva quindi già quasi trent'anni, e pur non essendosi mai verificato assolutamente alcun prodigio per effetto dell'arca stessa, tuttavia il popolo stolto adorava la nuova credendola la vecchia.

9. Si parlò molto anche dell’evidente soppressione delle massime di Mosè e della loro sostituzione con nuove disposizioni di leggi, punizioni e penitenze, l'una più insensata dell'altra, e come al posto dei precedenti ed autentici prodigi di Dio andassero ormai facendosi strada quelli della magia indiana, persiana ed egiziana, però con scarso successo, dato che gli esseni travestiti erano, ad ogni occasione, pronti dappertutto a spiegare al popolo in maniera naturalissima tutti quei prodigi, così che infine anche la persona più scimunita non poteva fare a meno di rendersi conto che tutto il prodigio non si riduceva che ad un imbroglio, per di più goffamente architettato ed eseguito. La conseguenza di tutto questo, però, era che la considerazione di cui godeva il Tempio stava cadendo ogni giorno di più, cosa questa di cui essi stessi si erano accorti fin troppo bene; infatti, continuando così, dove si sarebbe potuti arrivare? Ad esempio bastava che un giorno un principale fra i sacerdoti ridonasse, al cospetto del popolo, la vista ad un presunto cieco, ingaggiato a caro prezzo, il quale in realtà vedeva altrettanto bene quanto uno di loro, e due giorni dopo i monelli di simili miracoli ne andavano compiendo a dozzine sulla pubblica strada.

10. Essi a questo riguardo avevano sottoposto in sede di alto consiglio del Tempio la petizione che, viste le continue profanazioni a cui erano esposte simili esibizioni, queste dovessero venire sospese per un tempo piuttosto lungo; a motivare tale sospensione si sarebbe sempre potuto trovare una qualche ragionevole e plausibile motivazione. Sennonché era come predicare ad orecchi sordi! Miracoli bisognava farne ad ogni costo, almeno per il popolino ignorante; era indifferente poi venire spesso derisi addirittura nel Tempio stesso. Ma che cosa può giovare al prestigio sacerdotale l'atteggiamento anche più serio e la falsa verga di Aronne, quando il miracolo è in se stesso così sciocco da venir fatto oggetto di derisione perfino da parte dei monelli di strada?

11. E così i nostri “greci” narrarono molti altri particolari, e finì che Lazzaro, le sue due sorelle e perfino il nostro albergatore, che già da lungo aveva perduto ogni fede nel Tempio, non poterono celare la loro meraviglia; e Lazzaro, il quale al Tempio ci teneva ancora parecchio, esclamò: «In verità, simili cose non le avrei mai credute! Io devo apertamente confessare che, da buon ebreo, ho sempre frequentato il Tempio, e d'altro canto che i signori del Tempio hanno anch'essi spesso visitato la mia casa; in queste occasioni non ho trovato mai nulla da ridire rispetto alle loro buone parole e ai loro insegnamenti, e spesso confessavo a me stesso che sarebbe stato molto desiderabile che gli uomini avessero acconsentito a vivere conformemente a tali dottrine.

12. Ma ormai anch'io comincio a vedere la cosa da un punto di vista del tutto differente! A che cosa serve la Parola, a che cosa serve la Dottrina se queste sono ispirate unicamente all'ipocrisia e se il maestro, pio all'apparenza, non è in se stesso altro che uno spregevole cialtrone? Maestri di questa specie mi fanno precisamente l'impressione dei lupi avvolti in pelli di pecora di cui parla una favola del buon tempo antico, i quali, poiché con il loro reale aspetto di lupi avrebbero potuto raggiungere solo a fatica le pecore dalle veloci gambe, si erano travestiti con delle pelli di pecora per poterle avvicinare e sbranare con poca fatica. Oh, di questa cosa, almeno in segreto, io prenderò senz'altro buona nota! Ma che ne dici Tu, o Signore?».

 

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Cap. 17

L'avido operare dei sacerdoti nel Tempio.

 

1. Dissi Io: «Credi forse che questi qui ci abbiano raccontato qualcosa di nuovo? Oh, no di certo! Tali cose a Me, quale Figlio dell'uomo, erano già note da lungo tempo! Ti ricordi quando Io, da ragazzo dodicenne, Mi trattenni per tre giorni nel Tempio discutendo con i farisei, con gli scribi e con gli anziani? Vedi, già allora il Tempio aveva il medesimo aspetto di come ce l'ha ora e come, del resto, ce l'aveva già prima; tuttavia allora, sul seggio di Mosè e di suo fratello Aronne, sedevano almeno alcuni loro veri e degni successori, discendenti davvero dalla stirpe di Levi; Zaccaria però fu l'ultimo sacerdote di questa specie, ed ormai nel Tempio sono rappresentate tutte le tribù, dato che ciascuno può comprarsi a suo piacere un incarico per denari.

2. A dirla breve, la Mia Casa, come dice il profeta, essi l'hanno trasformata in una spelonca di assassini, e quindi non è più il caso di cercare là la salvezza! Tuttavia Io dico a voi tutti che potete sempre ascoltare gli insegnamenti di coloro che siedono sui seggi di Mosè e di Aronne quando predicano la Parola di Dio, però guardatevi dalle loro perverse opere, ed evitate ancora di più di imitarle; perché esse sono un abominevolissimo inganno!

3. Ma il fatto che essi ora sono quello che sono, questo costituisce il giudizio di Dio su di loro, dato che essi si sono allontanati da Lui e si sono rivolti a mammona che attualmente è il loro dio. Chi non sa che nei tempi passati i primogeniti nati da ciascun matrimonio venivano offerti a Dio, il Signore, nel Tempio, dove venivano educati liberamente e nel migliore dei modi, e dove essi, molto spesso in modo visibile, venivano serviti ed ammaestrati dagli angeli del Cielo?»

4. Tutti allora rispondono: «Sì, questo corrisponde assolutamente a verità!»

5. Ed Io proseguendo: «Dove c'è ormai anche una sola traccia di ciò?»

6. Ed uno fra gli ebrei disse: «Oh, questo succede senz'altro ancora oggi, però in una maniera del tutto differente. Al posto dei primogeniti in sacrificio a Dio, il Signore, il Tempio accoglie piuttosto il denaro; chi non ha denaro può tenersi per sé il primogenito senza alcuna difficoltà, e per pochi denari viene biascicata nell'arca di Dio qualche preghiera per il benessere futuro del piccino, oppure, se i genitori del primogenito da veri credenti si adeguano a voler seguire l'antica usanza, il primogenito viene bensì accolto con il cerimoniale prescritto, ma poi viene immediatamente affidato a qualche balia dietro un magro compenso. Se il fanciullo resta in vita, egli viene effettivamente ceduto come domestico a qualche contadino presso il quale poi continua a crescere nell'ignoranza come un animale, e quando, dopo che ha compiuto il quattordicesimo anno d'età, i genitori lo reclamano, non è certo poco il loro stupore constatando che il loro primogenito ha trovato tanta poca grazia nel Tempio e che il tempo dei pensieri e delle preoccupazioni a suo riguardo è appena cominciato!

7. Per conseguenza i poveri ormai non affidano più i loro primogeniti al Tempio, ma preferiscono attenersi alla nuova prescrizione di cui abbiamo parlato prima. Certamente, trattandosi di figli di genitori ricchi, la cosa si presenta altrimenti, perché, naturalmente per denari, vengono trattati con ogni cura nel Tempio; poi, con il tempo, essi vengono talvolta visitati e serviti da pseudoangeli i quali anche li ammaestrano facendo loro imparare a memoria qualche passo della Scrittura, che però quegli angeli comprendono altrettanto poco quanto i loro pii allievi»

8. Ed Io allora: «Ora è venuto il momento di mettere fine a queste rivelazioni purtroppo verissime, perché tra poco arriveranno i nostri cittadini di Gerusalemme e non deve essere nostro proposito scandalizzarli oltre misura! Essi sono già a conoscenza di varie cose, ma naturalmente tra quelle che abbiamo udite ce ne sono alcune che essi ignorano; perciò eviteremo di iniziarli in anticipo troppo profondamente in tali ignominiosi misteri. Ed anche voi astenetevi dal parlarne troppo, perché altrimenti la cosa potrebbe causarvi gravi imbarazzi dal punto di vista terreno non senza danno anche per le vostre anime! Pensate invece così: “Nel nostro cuore noi siamo liberi ed abbiamo trovato la vera luce e la vera via che conduce alla vita!”. E perciò, finché Io li tollero, affinché la loro perversa misura si faccia colma, tollerateli anche voi ed attenetevi ai loro buoni insegnamenti; distogliete i vostri occhi e i vostri orecchi dai cattivi ammaestramenti. Ed ora abbiamo parlato a sufficienza di questo argomento. I nostri cittadini sono già nel vestibolo, ed essi non hanno ancora preso nessun ristoro; converrà dunque che venga loro offerto qui qualcosa da mangiare e da bere».

 

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Cap. 18

Un Vangelo di gioia.

 

1. A queste Mie parole, Marta e Maria si affrettarono subito alla dispensa e ritornarono portando pane, vino e del castrato arrosto; esse deposero il tutto su una mensa accanto perché la nostra era già occupata al completo.

2. Quando i cittadini, in atteggiamento del massimo rispetto, si presentarono nella stanza dove eravamo radunati, Io dissi subito in tono molto amichevole: «Liberatevi ora dal vostro esagerato senso di venerazione! Voi avete fame e sete; dunque mangiate e bevete di animo lieto. Non è forse vero che i figli della notte, del giudizio e della morte, sono lieti quando siedono ai loro banchetti? Perché allora non dovrebbero sedere in letizia a mensa i figli della luce e della vita in presenza del loro Padre celeste? Io vi dico, infatti, che là dove sono Io, c’è anche il Padre. Dunque, siate tutti lieti e sereni, mangiate e bevete a vostro piacimento!».

3. Allora i cittadini ringraziarono e cominciarono a mangiare ed a bere di gusto; poi ci raccontarono come erano riusciti ad eliminare ogni difficoltà riguardo alle loro famiglie, in modo che si trovavano liberi da qualsiasi impegno per vari mesi. Allora Io li lodai e raccomandai loro di armarsi di coraggio e della debita costanza, perché, se ne fossero stati sprovvisti, avrebbero potuto trarre ben poco vantaggio dal seguirMi. Essi allora lo promisero ed anche mantennero la loro promessa come si avrà occasione di apprendere più tardi.

4. Mentre Io Mi intrattenevo così con quei cittadini di Gerusalemme, Marta ne approfittò per dire a quattr'occhi a Lazzaro: «Figurati, fratello, che è accaduto un nuovo prodigio! Fra ieri ed oggi non c'è dubbio che noi abbiamo consumato una bella quantità di provviste, considerato il grande numero degli ospiti; ebbene, nella nostra dispensa non soltanto non è diminuito niente, ma anzi c'è di tutto dieci volte di più di quanto c'era prima, e tanto nella nostra grande cantina, quanto nella piccola, tutti gli otri sono colmi di vino! Questa cosa non può essere che opera del Signore nella Sua immensa Bontà e nel Suo Amore; ma la conclusione a cui dobbiamo arrivare è questa: non è Lui che ha mangiato e bevuto alla nostra mensa, bensì noi tutti alla Sua!»

5. A queste parole della sorella, Lazzaro rimase molto imbarazzato, e lì per lì non seppe cosa rispondere.

6. Io però Mi accorsi del suo imbarazzo, e sottovoce gli dissi: «Non dare eccessiva importanza a queste cose, perché, vedi, noi ci tratterremo vivendo nascostamente pressoché la metà dell'inverno da queste parti, e così non ci mancherà l'occasione di venire a chiedere ospitalità ora a te, ora a questo Mio albergatore! Durante questo inverno gli ammalati saranno moltissimi qui nei dintorni di Gerusalemme, e in tali occasioni Io li guarirò affinché sappiano che il Messia, ormai venuto, ha portato loro aiuto, così che allora essi crederanno nel Suo Nome.

7. Trascorsa la metà dell'inverno, Io Me ne andrò per breve tempo a far visita a Kisjonah, l’onesto galileo, poi ritornerò qui pochi giorni prima della Pasqua per andare quindi nuovamente in Galilea, però prima ancora della festa. Vedi dunque che noi avremo occasione di dimorare ancora a lungo in casa tua, ed è per questo motivo che Io ho tanto benedetto le tue dispense e le tue cantine! Voi però conservate il silenzio a questo riguardo e non dite niente a nessuno!».

8. Lazzaro Mi ringraziò nel segreto del suo cuore e poi tranquillizzò le sorelle le quali, apprese tali notizie, sarebbero quasi scoppiate in lacrime dalla gioia alla presenza di tutti se non si fossero per il momento trattenute e non fossero uscite subito all'aperto per un po’, per dar libero sfogo alle loro lacrime di gioia senza essere viste da nessuno; poi ritornarono e si rallegrarono con noi. Quando anche i cittadini furono sazi, ringraziarono e si alzarono dai loro posti.

9. Io però dissi loro: «Se non avete altro da fare, rimettetevi a sedere, resteremo qui tutti assieme radunati in letizia, dato che il tempo della temporanea tristezza si annuncerà sempre troppo presto!

10. I Miei discepoli non devono aggirarsi con il capo chino e un’espressione cupa, né devono presentarsi con una faccia ipocritamente bigotta quasi a far credere al prossimo che essi calpestano bensì ancora con i piedi il suolo della Terra, ma che con tutto il resto del corpo si trovano già completamente nei Cieli e che sono interamente ricolmi dello Spirito di Dio! Invece voi dovete camminare con un’espressione aperta e serena in volto, affinché ciascuno possa avere sinceramente fiducia in voi, e così vi farete dispensatori di abbondante benedizione dai Cieli fra gli uomini.

11. Vedete, in Me dimora tutta la Pienezza del verissimo Spirito di Dio, ma non Mi avete mai visto aggirarMi con il capo chino e in atteggiamento da bigotto ipocrita: anzi il Mio incedere è aperto e naturale. La Mia via è una via sempre diritta, con gli onesti e sereni Io sono sereno e amichevole, mentre agli afflitti ed ai timorosi infondo letizia e coraggio; e come Me dovete essere voi pure, che siete Miei discepoli, di vostra liberissima volontà.

12. Io dico quindi a tutti una volta ancora che voi, assolutamente liberi nello spirito, dovete procedere lieti e sereni dinanzi al mondo, pur evitando di essere attratti da questo. Infatti, come Io stesso sono venuto a questo mondo unicamente per portare a tutti gli uomini un messaggio lietissimo e supremamente beatificante dal più alto dei Cieli, atto ad arrecare a ciascuno la massima consolazione in maniera tale che neppure la morte più tormentosa deve poterlo distogliere dalla sua allegrezza - dato che egli vede e deve vedere che per lui non vi è, né vi può essere più morte, e che per lui nel Mio Regno eterno non possono mai andare perduti né questa Terra, né tutto il cielo visibile, ma che anzi a lui sarà concessa la signoria su molte cose - similmente anche voi, quando vi sarete fortificati nello spirito e nella forza della Mia Dottrina, verrete inviati da Me nel Mio Nome a tutti i popoli della Terra per portare loro questa lieta novella dai Cieli.

13. Ora chi è che vorrà o potrà portare una novella tanto lieta presentandosi con la faccia afflitta, sbigottita, angosciata e titubante? Siano dunque bandite per sempre tutte queste cose, nonché qualunque dimostrazione di esagerato rispetto perfino nei Miei riguardi, perché, con un simile corredo, non sarete mai atti a venire chiamati ed eletti a qualcosa di grande, né, meno ancora, vi rendereste capaci di compiere qualcosa di importante e di veramente grandioso!

14. Se voi Mi amate dal più profondo del vostro cuore, questo a Me basta perfettamente; tutto ciò che va oltre è cosa sciocca, non serve assolutamente a nulla e non fa che rendere l'uomo, il quale è la Mia immagine, una creatura vile e del tutto inetta a qualcosa di buono, di bello e di grande».

 

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Cap. 19

La purificazione dal peccato.

 

1. Disse uno dei cittadini: «O Signore, questo sarebbe certo tutto giusto, qualora non avessimo mai peccato in vita nostra! Invece i nostri cuori sentono ora il morso dei peccati dinanzi a Te che scruti i nostri cuori e le nostre reni, e che sei santo in tutto e per tutto, mentre noi siamo precisamente il contrario; quindi ci riesce difficile essere così lieti e sereni!»

2. Io allora osservai: «Credete forse che questa cosa Io non l'abbia saputa quando vi ho accolto? Ma Io vi ho ormai condonato pienamente i vostri peccati, considerato che voi stessi vi siete allontanati da ogni peccato e che avete fatto il proponimento di non peccare più, come certo anche farete; per conseguenza voi non siete più dei peccatori, ma siete assolutamente liberi da ogni peccato, e quindi Io penso che vi deve essere per voi tanta maggior ragione di essere lieti di tutto cuore!»

3. Disse uno dei cittadini: «Signore, ma cosa si deve pensare della macchia del peccato che rimane impressa sull'anima? Noi infatti abbiamo udito che una volta che qualcuno abbia peccato, quantunque il peccato gli venga perdonato dopo essersi migliorato e fatta penitenza, tuttavia sulla sua anima resta impressa una fosca macchia, e questa macchia ottiene l'effetto che poi, nell'altra vita, l’anima viene evitata da ogni altra anima perfettamente pura la quale non vuole avere nulla a che fare con lei, e che una simile anima macchiata non può arrivare alla contemplazione di Dio finché essa non abbia cancellato interamente la macchia dentro l'ardore del fuoco dell’Ade (Scheol-inferno)»

4. Ed Io gli risposi: «Oh, certo, la macchia resta sull'anima finché l'uomo non abbia completamente rinunciato al peccato; ma chi con assoluta serietà ha ripudiato il peccato avendo riconosciuto che esso è un male, che corrompe l'uomo e che lo fa allontanare da Dio e da ogni cosa buona e vera, costui non ha più nessuna traccia di una macchia sull'anima e non ha quindi niente più da temere dal perverso ardore dello “Scheol”! Se voi temete tanto le macchie del peccato sulle vostre anime, come potete guardare il Mio Volto pur sapendo ormai Chi si cela dietro di Me, anzi in effetti in Me? Considerate dunque la cosa, e vi accorgerete quanto siete ancora deboli e superficiali!

5. Ma Io vi dico: “Se volete essere Miei discepoli, conviene che deponiate il vostro uomo antico come si fa di una veste vecchia e che ne indossiate uno del tutto nuovo, poiché Io e le dottrine quanto mai sbrindellate ed arrugginite del Tempio di questo periodo non siamo fatti assolutamente l'Uno per le altre. Queste cose imprimetevele bene nella mente, e siate ragionevoli, nobili, sereni e di animo lieto!».

6. Queste Mie consolantissime parole di ammaestramento ebbero sui nostri cittadini un eccellente effetto, ed essi, lasciati da parte gli inutili riguardi, cominciarono a far onore ai bicchieri colmi che avevano dinanzi e raccontarono una quantità di storielle molto esilaranti, né i greci là presenti vollero in proposito essere da meno, cosicché quasi senza accorgersene si arrivò al tramonto.

7. Anche in questa occasione Lazzaro poté apprendere varie cose che lo colpirono enormemente e che contribuirono a spegnere quanto ancora restava in lui di stima per il Tempio; egli anzi Mi disse sottovoce: «O Signore, ormai mi sento perfettamente guarito anch'io, e penso di rendere sempre meno frequenti le mie visite al Tempio!»

8. Ed Io gli risposi: «Se farai così, farai molto bene; però vedi di ritrarti dal Tempio più nel cuore che non nel tuo comportamento esteriore, per non rendere sospettose quelle volpi, dato che tu godi ancora grande considerazione nel Tempio! Un tuo improvviso totale ritiro non sarebbe di vantaggio né a te, né alla Mia causa, mentre d'altro canto Io non ho riguardo che all'uomo interiore, considerato che l'esteriore non serve a niente».

 

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Cap. 20

La caducità della materia.

 

1. (Il Signore:) «Ma adesso portaMi qui una pietra, la più grande e dura che ti capiti sottomano e che tu possa portare qui dentro, e poi mostrerò a tutti qualcosa!»

2. Allora Lazzaro si alzò subito dal suo posto, e poco dopo ritornò portando un pezzo di quarzo durissimo pesante dieci libbre buone, lo pose sul tavolo davanti a Me dicendo: «Signore, questa è una pietra assai dura!»

3. Ed Io confermai: «Questa fa proprio a proposito, perché è appunto dura quanto i cuori della gente del Tempio a Gerusalemme e quanto le mura antiche del Tempio stesso; di questa Mi posso servire benissimo!».

4. Tutti allora seguirono ogni Mio atto con la più ansiosa attenzione, in attesa di vedere quello che avrei fatto con la pietra.

5. Io però dissi: «Udite! Oggi, che è trascorso il Sabato, ci troviamo radunati qui in perfetta serenità e letizia, e perché non dovrebbe essere così? Infatti, voi Mi avete compreso e riconosciuto, nonostante qualche fatica e qualche sacrificio; in seguito a ciò a Mia volta vi ho riconosciuti anch’Io! Voi vi siete redenti da ogni giudizio per il fatto che voi stessi, di vostro assolutamente libero volere, vi siete rivolti ad ogni cosa vera e buona. Per conseguenza Io ora posso fornirvi un segno della Mia Divinità interiore senza alcun pregiudizio per il vostro libero conoscimento e per la vostra libera volontà; fate dunque bene attenzione a quanto accadrà! Qual è la vostra opinione su cosa sarebbe più facile: annientare questa pietra con un semplice atto della Mia Volontà, oppure annientare nella stessa maniera il Tempio assieme a tutto quanto in esso vi è di morto e di vivente? Esaminate prima la pietra, affinché nessuno possa dire che essa sia stata già in precedenza preparata in qualche modo!»

6. E tutti esclamarono: «O Signore, ciò non occorre affatto, perché è già da tempo che noi conosciamo questa pietra! Essa è stata tirata fuori dal Giordano e portata qui da un pescatore a causa la sua bella forma rotonda»

7. Dissi Io: «Ebbene, dite dunque ciò che secondo voi sarebbe più facile per Me: annientare questa pietra oppure il Tempio?»

8. Rispose uno di coloro che si era vestito da greco: «O Signore, a nostro parere dovrebbe essere la stessa cosa per Te, perché ambedue non possono fare a meno di apparirci ugualmente impossibili per una forza puramente umana! Noi abbiamo visto varie volte dei maghi egiziani far scomparire anche delle pietre; sennonché ben presto ci accorgemmo come avveniva la cosa quando vedemmo un’altra volta sempre la stessa pietra, e non passò molto che riuscimmo anche noi ad imitare perfettamente il giochetto con molta abilità, dopodiché noi, ridendo, ci domandammo l'un l'altro come era stato possibile che da principio avessimo creduto noi stessi che si fosse sul serio trattato di un miracolo.

9. Ma qui le cose stanno in maniera immensamente diversa! Questa è una vera pietra, anzi una fra le più dure che abbiamo potuto incontrare dalle nostre parti; i greci conoscono sì l'arte di fondere questa pietra nel fuoco e di trarne il prezioso cristallo, arte che, a quanto si dice, già al tempo dei faraoni, i Fenici dovrebbero avere conosciuto prima di loro. In questo modo però non si ha che la trasformazione della pietra in un'altra materia. Invece annientare una pietra di questa specie mediante un semplice atto della volontà, è una cosa che richiede l'intervento di una Forza divina, Forza della quale noi, deboli uomini, non saremmo mai capaci di farci nemmeno un minimo chiaro e vero concetto!»

10. Ed Io allora dissi: «Dunque, fate tutti adesso bene attenzione, e persuadetevi che Io non tocco affatto la pietra, ma Mi limito ad imporle: “Tu, o antico giudizio, svanisci!”».

11. E non appena ebbi terminato di proferire queste parole, della pietra non si vide più traccia.

12. Allora lo sbalordimento fu generale e tutti addirittura gridarono: «Oh, una cosa simile non la può compiere che una Forza puramente divina! Si tratta veramente di qualcosa di inaudito!»

13. Ed Io dissi: «Dunque, vedete come questa pietra è stata ora dissolta nei suoi elementi originari per la sola forza della Mia Volontà; altrettanto Io potrei fare del Tempio, di tutte le montagne, della Terra, del Sole e della Luna e di tutte le stelle, e potrei dissolverle tutte nel loro originario, vero e proprio nulla, vale a dire che potrei nuovamente ridurle a semplici Pensieri di Dio, i quali essi pure non hanno realtà finché, tramite l'Amore e l'onnipotente Volontà di Dio, non ottengono forma e consistenza reali. Sennonché in Dio non domina il principio della distruzione e dell'annientamento, ma nel Suo Ordine eterno è prevista la conservazione di qualsiasi cosa una volta che sia creata, però beninteso non nel permanente giudizio della materia, ma fuori da ogni giudizio, libera nello spirito e nella vita, e per questa ragione anche in questo mondo del giudizio non vi è materia che abbia o che possa avere una durata continua; in questo mondo invece tutto dura soltanto per un certo tempo, poi gradatamente si dissolve e, conformemente all'Ordine, trapassa nello spirituale, nel durevole e nell'imperituro.

14. La materia è una tomba del giudizio e della morte temporanea, e gli spiriti morti giacenti in queste tombe devono essi pure udire la Mia Voce ed obbedire alla Mia Volontà come l'avete visto proprio ora. E proprio come questa pietra è stata adesso improvvisamente dissolta, altrettanto accadrà gradatamente a tutta la Terra, e da questa poi sorgerà una nuova Terra, una Terra spirituale, indistruttibile e colma di vita e di beatitudine per i suoi abitanti spirituali, e né il giudizio, né la morte regneranno più sui suoi ampi campi celestiali, perché essa sorgerà dalla vita di tutti coloro che sono sorti da essa e che sono vissuti su di essa.

15. Voi ora avete visto la potenza della Volontà divina in Me; e Gerusalemme e il Tempio avrebbero meritato già da lungo tempo che Io facessi del Tempio ciò che ora ho fatto di questa pietra. Invece conviene che il Tempio duri e che continui nella sua opera finché sarà giunto il suo tempo, perché in seguito al suo operare si distruggerà da se stesso, però non nel modo come Io ho annientato questa pietra, la quale è trapassata dal suo antico giudizio ad una esistenza animico-spirituale specifica più libera, ma come si annienta un suicida, in seguito a che poi la sua anima trapassa ad un giudizio più duro ancora e ad una morte molteplice. Lasciamoli perciò sussistere finché la loro misura sia colma, affinché un giorno non possano dire: “Voi non ci avete dato nessun annuncio, eppure ci avete annientati!”. Comprendete questo segno che ora ho operato dinanzi ai vostri occhi?»

16. Risposero i sacerdoti ebrei vestiti alla greca: «O Signore, questo è stato un segno denso di significato che in parte certo comprendiamo; in quanto poi a penetrare tale significato fin nelle più profonde radici, questa è una cosa possibile solamente a Te, mentre a noi sarà forse possibile solo nell'aldilà con l'aiuto della Tua Grazia! In verità questo è stato un prodigio di carattere quanto mai serio, per quanto all'apparenza possa essere sembrato insignificante! Ma poiché Tu, o Signore, sembri oggi proprio tanto particolarmente ben disposto, noi, non già per curiosità di assistere a degli esperimenti, ma così in tutta amicizia, vorremmo pregarTi di dirci come fai a chiamare qualcosa all’esistenza in un certo senso fuori dal nulla».

 

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Cap. 21

Un miracolo con il vino. Il lavoro nella vigna del Signore.

 

1. Ed Io risposi: «Voi certo ammirate questi Miei prodigi e vorreste che Io continuassi! Sennonché, vedete, Io non sono come un mago qualunque che compie i suoi segni ed i falsi miracoli per il divertimento più o meno grande degli uomini del mondo ciechi e stolti, ma i Miei prodigi li compio unicamente secondo la Volontà di Colui che Mi ha inviato a questo mondo quale un uomo di carne e di sangue e che adesso dimora anche in Me. Per conseguenza quando Io opero un prodigio, questo deve servire al profondo ammaestramento interiore spirituale delle anime oltre che giovare in svariatissimi altri modi all’uomo. Ora il prodigio da voi desiderato, certo senza nessuna intenzione impura, qui non ha nessuno scopo reale, né sarebbe di giovamento o di utilità a qualcuno; quindi è meglio che Io non lo faccia; del resto potrete bene immaginarvi che a Dio sono possibili tutte le cose!»

2. Dice allora quello stesso di prima: «O Signore, bisogna che Tu ci perdoni la nostra cecità ancora assai grande, che sola ha potuto indurci a chiederTi degli altri segni! O Signore, perdonaci se ci siamo mostrati eccessivamente arditi e impertinenti!»

3. Ma Io dissi loro: «Oh, no, amici Miei, la cosa non va considerata in questo modo! La vostra richiesta era perfettamente fondata nell'ordine naturale, perché Colui che può far rientrare qualcosa nel nulla materiale, deve avere anche il potere di operare il contrario! Questo è il pensiero che è sorto nella vostra mente, e così avete anche parlato, e ciò è stato buono e giusto! Anzi non sarebbe stato buono e giusto se voi aveste pensato e parlato diversamente. Ma che il prodigio chiesto immediatamente dopo quello già compiuto non sarebbe stato conforme all'ordine, questo non lo potevate sapere voi, ma solamente Io! Dunque voi, esprimendo un simile desiderio, non avete per niente errato, né d'altro canto ho errato Io non accondiscendendo subito al vostro desiderio. Ma poiché ora nei vostri cuori avete pienamente rinunciato alla vostra richiesta, e tuttavia anche senza un ulteriore prodigio credete che sia in Mio potere operare un secondo prodigio di specie contraria a quella del primo, voglio compiere un tale controprodigio. Guardate un po' se nei vostri boccali c'è ancora del vino!»

4. Essi allora esaminarono i boccali e li trovarono tutti vuoti.

5. E l'oratore disse: «O Signore, sono tutti completamente vuoti!»

6. Allora dissi Io: «Ebbene, che siano immediatamente tutti ricolmi!»

7. E nello stesso istante i boccali furono colmi fino all'orlo del vino migliore!

8. E gli ebrei-greci, una volta constatato questo, si stupirono enormemente ed esclamarono: «Oh, la prodigiosa Potenza del Signore! Non appena proferita la Parola, già tutti questi boccali ci stanno dinanzi colmi di vino dall’aroma delizioso! Oh, se potessimo noi pure renderci altrettanto colmi della Tua Luce e della Tua Grazia tramite le Tue parole di Vita! O Signore, sii paziente e indulgente con la nostra estrema debolezza!»

9. Ed Io così dissi loro: «Vedete, Io non posso, né a Me è lecito fare con l'uomo così come ho fatto con questi boccali di vino, poiché tale cosa è rimessa esclusivamente al vostro zelo e alla vostra volontà assolutamente libera; tuttavia non vi verrà mai a mancare il Mio aiuto. Quello che potete fare voi secondo la misura della vostra forza, spetta a voi farlo, mentre di quanto va oltre, sarò Io ad aver cura. E perciò in verità vi dico che tutto quello che chiederete al Padre nel Mio Nome ed entro i limiti del Mio Ordine a voi noto, Egli ve lo concederà in quella misura che potrà essere di giovamento alle vostre anime. Ma ora bevete, considerato che è già di nuovo sera».

10. Allora gli ebrei-greci presero in mano i boccali, ringraziarono e poi dissero: «Beviamo al prosperare generale - per tutto Israele e per tutti i popoli della Terra - di quella felicità immensa che noi abbiamo trovato ieri. Possa la Tua Parola, la Tua Dottrina e la Tua Grazia compenetrarli e vivificarli tutti, come appunto questo vino squisitissimo, spiritualissimo e dolcissimo che è stato creato da poco e del tutto liberamente compenetrerà e vivificherà le nostre viscere e le nostre membra! O Signore, che la Tua Volontà sia fatta!».

11. Dopo che tutti ebbero pronunciato l'Amen, Io Mi alzai dal Mio posto e dissi: «Vero e buono è stato il vostro augurio; perciò brindiamo tutti con questo dono di Dio al compimento certo di questo voto, ed Io pure vi aggiungo il Mio Amen! Ci vorranno però ancora molta fatica e molto lavoro, perché grande è la vigna del Signore e le viti sono ancora poco numerose; conviene dunque iniziare a dissodare il terreno e a piantarvi senza tregua delle viti nuove e di nobile qualità, affinché la vigna si faccia ricca di viti nobili e feconde, e poi, venuto il tempo della grande vendemmia, noi vedremo ricompensati mille volte il nostro lavoro e le nostre fatiche!

12. Noi certo, sobbarcandoci di un tale lavoro, incontreremo difficoltà di ogni tipo: verremo perseguitati, spregiati e scherniti all'estremo dai grandi e dai piccoli. Ma poiché sappiamo benissimo ciò che abbiamo e ciò che diamo, sopporteremo con pazienza, umiltà e mansuetudine la perfidia cieca del mondo. Infatti, è Volontà del Padre che i Suoi a questo mondo siano umiliati fino all'ultimo estremo prima di venir innalzati all’onore imperituro che nessuno in eterno avrà mai più potere di togliere loro.

13. Nemmeno questa Mia persona di carne sarà esentata, come già in precedenza annunciato e indicato ai Miei discepoli. Ma nonostante tutto ciò noi raggiungeremo certamente il sublime scopo, e trionferemo su ogni giudizio, su ogni morte e su ogni inferno. Ed ottenuta questa vittoria, le porte dei Cieli, sbarrate da così lungo tempo, saranno aperte per l'eternità ai nuovi figli di Dio e la vittoria rimarrà per sempre.

14. Vero è che anche gli avversari si moltiplicheranno ancora sotto svariatissimi aspetti e forme e tra il grano continuerà a prosperare la zizzania e nella vigna germineranno e cresceranno anche delle piante selvatiche, però sempre soltanto fino ad un certo tempo, perché poi queste ultime verranno separate e gettate nel fuoco del giudizio dove grande sarà il pianto e lo stridore dei denti»

15. Alcuni allora domandarono: «O Signore, che cosa hai voluto dire con ciò?»

16. Ma Io risposi loro: «Come la dottrina pura di Mosè con l'andar del tempo fu contaminata dall’avidità degli uomini e dal loro senso mondano, altrettanto accadrà anche di questa Mia purissima Dottrina, perché gli uomini del mondo costruiranno di nuovo dei templi e li metteranno a profitto per acquisire denaro ed altri tesori mondani, e così facendo non penseranno affatto all'acquisizione del Mio Regno, bensì, con maggiore alterigia dei più grandi principi della Terra, essi incederanno ricoperti d'oro e di pietre preziose. E vedete, è appunto questo che costituirà la zizzania fra il grano e le piante selvatiche nella Mia vigna».

 

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Cap. 22

I falsi maestri del Vangelo.

 

1. Chiesero allora i discepoli: «Ma, o Signore, come sarà possibile che una cosa simile avvenga? Infatti, la Dottrina noi l'annunceremo precisamente così come l'abbiamo ricevuta, e coloro che la riceveranno da noi, non saranno loro a profanarla. Sarà il Tuo divino aiuto dai Cieli a contribuire maggiormente perché tutto vada a buon fine!»

2. Risposi Io: «Queste cose voi non le comprendete ancora! Dentro la Terra e su di essa, nonché nell'aria, ci sono degli spiriti di natura malvagia che non hanno ancora subito alcun processo di fermentazione, e che vanno sempre in cerca di impossessarsi della carne umana. Essi sono necessariamente dei prodotti del giudizio antico della Terra; vanno in cerca del loro simile tra i figli di questo mondo per solleticarne i sensi, ed i figli del mondo ne risentono un diletto e finiscono con il cedere agli adescamenti segreti di simili spiriti.

3. I figli del mondo di questa specie ricorrono poi a qualsiasi mezzo pur di raggiungere ciò che desta ammirazione a questo mondo. Ma poiché essi non sono in possesso del vero spirito, essendo figli di questo mondo, si mettono su quella via per la quale ritengono di potersi acquistare molti beni terreni ispirandosi, nella loro cecità spirituale, all'esperienza del mondo acquisita, presentando tutto con grande sfarzo esteriore e adescando a loro volta entro la loro sfera d'influenza altri spiriti anche di carattere migliore.

4. Vedete dunque, questa è già una grave e rozza profanazione di una dottrina, per quanto pura possa essere! E dato che la Dottrina pura offre ben pochi vantaggi terreni, ma unicamente dei vantaggi spirituali, mentre l'impura, oltre ai pretesi beni spirituali, offre soprattutto grandi vantaggi terreni per chi la professa, non vi sarà allora difficile comprendere almeno così, alla lontana, che con il tempo si possa arrivare alla profanazione anche della dottrina più pura.

5. Siate perciò molto avveduti! Infatti con il tempo, anzi in parte già mentre sarete ancora presenti corporalmente su questa Terra, sorgeranno molti falsi profeti e maestri che andranno affermando sfacciatamente e ad alta voce: “Ecco! Cristo (la verità proveniente da Dio) è qui, e Cristo è là!”. Ed essi alla maniera degli esseni opereranno addirittura grandi segni, alcuni anzi di carattere tale che, se Io lo concedessi, potrebbero sedurre perfino voi, Miei primi eletti discepoli. Voi però non date loro ascolto, ma puniteli per mezzo del Mio Nome a causa della loro menzogna, ed esortateli all'umiltà e all'accoglimento della verità da Dio; così facendo, voi e i vostri veri discepoli procederete per la giusta via!

6. I segni con cui non avrete difficoltà a riconoscerli sono i seguenti: grande spacconeria, sfrenato e rozzo vanto di avere facoltà divine mai possedute e che essi mai possederanno a questo mondo; poi un grande splendore, un grande sfarzo e un mistico sfoggio di grandezza come quello in voga tra i pagani, l'ambizione più sfrenata possibile, come pure una brama insaziabile dei massimi beni e tesori di questo mondo. Per questi indizi abbastanza evidenti, non vi riuscirà proprio difficile riconoscerli»

7. Dicono allora tutti, compresi i discepoli: «Oh, certo che li distingueremo per quello che realmente sono finché vivremo su questo mondo; ma poi è bene che i discepoli che ci succederanno a loro volta li giudichino e li riconoscano nella stessa maniera; e Tu non abbandonerai mai i Tuoi veri discepoli!»

8. Io dissi: «Io sarò con loro in spirito fino alla fine di questo mondo! Ma per oggi basta con i segni e con gli insegnamenti.

9. Da questo momento in poi, all'infuori delle guarigioni degli ammalati, Io non opererò alcun prodigio, né darò altri insegnamenti durante tutto l'inverno, perché ora, con quello che avete già ricevuto, possedete già abbastanza, e qualora non dovesse esservi chiara qualcosa, Io sono qui con voi. E voi, Miei vecchi discepoli, durante questo tempo dedicatevi, quando se ne presenta l’occasione, ad istruire questi Miei nuovi discepoli!

10. Domani ed i giorni successivi fino a Sabato ci riposeremo qui in questa casa; Sabato invece ce ne andremo verso Betlemme, dove guariremo degli ammalati; poi ci fermeremo alcuni giorni presso il nostro albergatore, ed infine anche in casa del Mio Lazzaro, e così alternativamente un po' qua e un po' là trascorreremo la metà dell'inverno. Poi renderemo visita a Kisjonah, e prima delle feste pasquali ritorneremo qui; e soltanto dopo con molti compagni e nuovi discepoli andremo in Galilea dove Io riprenderò ad insegnare e a operare dei segni.

11. E adesso portate dei lumi; ci intratterremo qui lietamente con il pane e il vino, e poi su queste stesse mense concederemo alle nostre membra il riposo che la notte richiede».

12. Tutti furono d'accordo con questa proposta; nessuno però si sentiva oppresso dal sonno, e quindi la conversazione riguardo a svariatissimi argomenti si protrasse fino ad oltre la mezzanotte; sennonché ciò non ha né può avere un valore pubblico per l’umanità in generale, perché Io stesso ho discusso spesso di molte cose con persone che Mi erano care e ho dato loro consiglio riguardo ad ogni tipo di questioni concernenti la gestione della casa, cose queste che, naturalmente, non hanno nulla a che fare con il Vangelo. Ugualmente fecero pure i Miei discepoli, e ciò contribuì spesso a far acquistare loro molta considerazione e a renderli benvoluti presso gli uomini, perché aiutare a compiere molte cose utili e buone con un consiglio disinteressato chi è oppresso ed inesperto, questa è pure un'opera d'amore del prossimo.

13. Il mattino seguente fummo in piedi già mezz'ora prima del levare del Sole; poco dopo ci ristorammo con una piccola colazione, poi uscimmo all'aperto dove si parlò di varie cose, ed in questo modo si andò innanzi fino al Sabato.

14. Visitammo pure alcuni vicini di Lazzaro che furono molto lieti di vederMi e di conversare con Me; è da notarsi però che tra quei vicini non ne trovammo neppure uno che avesse della simpatia per il Tempio.

15. I venti ebrei-greci non vennero riconosciuti quantunque andassero raccontando molte cose riguardo agli intrighi del Tempio, cosa questa che valse ad acquistare la stima dei vicini nei loro riguardi.

 

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Cap. 23

Il Signore e i Suoi a Betlemme.

Guarigione di molti ammalati ai quali viene dato anche un lavoro.

 

1. Giunto il Sabato, di buon mattino partimmo e ci avviammo verso Betlemme. Là si celebrava una festa locale, ed una quantità di gente misera ed in vari modi inferma era accampata fuori dalle porte della città in attesa dell'elemosina.

2. A quella vista Lazzaro, che era venuto con noi, esclamò: «O Signore! Vedi quanti poveri ci sono qui! Com’è miserabile il loro aspetto!»

3. Ed Io gli dissi: «Tra questi, ce ne sono molti il cui misero stato ed indigenza sono dovuti all'opera dei farisei! In compenso però ora è lecito loro mendicare. Le punizioni, l'afflizione, il rancore ed un'ira e un furore nascosti hanno finito col ridurli storpi e miseri come li vedi. Sennonché Io sono venuto qui appunto per aiutarli fisicamente, affinché in avvenire si possano guadagnare il pane con il loro lavoro»

4. Allora alcuni ci chiesero l'elemosina.

5. Io però dissi loro: «Non preferireste guadagnarvi la vita con il lavoro delle vostre braccia anziché mendicare qui così miseramente?»

6. Allora risposero tutti: «O signore, chiunque tu sia, certo noi lo preferiremmo mille volte qualora fossimo sani come eravamo una volta! Ma guarda un po' i nostri piedi e le nostre mani, e giudica tu stesso se ci è possibile fare un qualche lavoro!»

7. Ed Io dissi loro: «Io vedo infatti che è così; tuttavia con le Mie parole ho voluto unicamente domandarvi se non preferireste riacquistare completamente la salute per poi dedicarvi al lavoro, invece di tirare avanti così miseramente mendicando!»

8. Tutti risposero: «Amico, se questa cosa fosse possibile, noi ci alzeremmo all'istante e ce ne andremmo via in cerca di lavoro e di pane!»

9. Ed Io: «Ma vedete, oggi è Sabato; quindi non sarebbe proprio tanto indicato guarirvi oggi dai vostri molti vecchi mali!»

10. I poveri allora dissero: «Signore, noi non siamo affatto degli ebrei ignoranti, e sappiamo che Mosè o qualche altro profeta non ha mai proibito a nessuno di fare un’opera buona nel giorno di Sabato; ma se di Sabato si può dare aiuto perfino ad un animale ammalato senza con ciò profanare il giorno sacro, perché non dovrebbe essere lecito, purché sia possibile, soccorrere una creatura umana che soffre? E perché i farisei, quando sono anche medici, si affrettano a visitare i loro ammalati ricchi anche nel giorno di Sabato? Ora essi dovrebbero ben essere i primi a sapere se così facendo il Sabato ne risulti o no profanato!»

11. Ed Io dissi loro: «La vostra risposta è molto buona e giusta, e adesso Io voglio e dico: “Siate tutti completamente risanati!”».

12. E nello stesso istante tutti videro le loro membra storpie ridiventare diritte e perfettamente sane, ed uno di loro a cui mancava addirittura la mano e l'avambraccio destri, li ottenne di nuovo in maniera prodigiosa. Tale constatazione fece naturalmente un’enorme impressione sui guariti e, cessato un po' lo sbalordimento, uno di loro Mi domandò Chi veramente Io fossi perché la Mia Parola avesse quel potere che era assolutamente negato alla comune arte medica.

13. Ed Io risposi: «Questa cosa voi avrete occasione di apprenderla in avvenire; per ora alzatevi e andate a cercarvi lavoro e pane!»

14. E Lazzaro a sua volta disse loro: «Se non trovate lavoro da qualche parte, andate a Betania; il padrone dei vasti possedimenti presso quella città ha lavoro anche per centinaia di persone!».

15. Allora essi si alzarono tutti, ringraziarono e se ne andarono.

16. Lo stesso prodigio della guarigione venne compiuto anche alle altre sei porte della città, perché l'antica città di Davide aveva sette porte, di cui tre grandi e quattro piccole. Presso l'ultima grande porta però venimmo trattenuti da tre farisei che passavano da quella parte e che ci fecero osservare che era disdicevole operare simili cose in giorno di Sabato.

17. Sennonché i guariti si alzarono in fretta e così apostrofarono quei farisei in tono minaccioso: «Sono dieci anni che ci troviamo qui a mendicare miseramente davanti alle porte della città, e finora nessuno di voi si è mai informato dei nostri malanni, né, meno ancora, nessuno di voi si è mai sognato di farci l'elemosina, ed ora vorreste attaccar briga con questo guaritore davvero miracoloso che ha raddrizzato le nostre membra storpie e ci ha addirittura ridonato quelle che in parte mancavano?

18. Non ha perfino Mosè comandato di assistere sia pure un semplice animale ammalato anche nel giorno di Sabato? Ma quanto più non sarà dunque comandato di dare aiuto nel giorno di Sabato ad una creatura umana che soffre? E adesso vedete di andarvene alla svelta per i fatti vostri, altrimenti ci incaricheremo noi di insegnarvi a comprendere meglio Mosè!».

19. Ed i tre, vedendo che affrontare una discussione con quei guariti non era proprio molto consigliabile, si allontanarono più in fretta possibile; i guariti però, dopo aver ringraziato, si incamminarono anch'essi di buon passo verso Betania dove Lazzaro li aveva indirizzati; in questo modo Lazzaro, a cui già da lungo tempo mancava la mano d'opera necessaria per i suoi possedimenti molto vasti, ottenne circa centoventi lavoratori che poté benissimo impiegare tutti, tanto più che con quelli non c'era il pericolo, come si era prima verificato molte volte, che venissero convinti con le lusinghe dalla gente del Tempio ad abbandonare il lavoro.

20. Noi però ci allontanammo senza indugio e ci dirigemmo verso un'altra località distante due ore circa da Betlemme, abitata per lo più da greci e da romani. Giunti là, andammo in cerca di un buon albergo e vi entrammo.

 

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Cap. 24

Le guarigioni del Signore in un luogo presso Betlemme.

 

1. Il padrone di casa, un onesto romano il quale conosceva molto bene anche la lingua ebraica, disse: «O miei cari ospiti, la visita della vostra numerosa compagnia mi onora e mi rallegra quanto mai; devo però confessarvi che in questo mio albergo provvisto di ogni cosa possibile si è manifestato un vero e proprio MALUM OMEN (cattivo presagio, nel senso di disavventura), intendo dire cioè che mia moglie, brava donna ed espertissima in cucina, nonché le due mie figlie maggiori che di solito sono di efficace aiuto, già da otto giorni sono costrette a letto da una febbre maligna. Ho fatto ricorso all'opera di medici greci ed ebrei, ma non è servito a nulla, e la conseguenza è che per il momento la mia cucina è in condizioni davvero pietose; del pane e del vino ne ho senz'altro, ma in quanto al resto, io stesso sono imbarazzatissimo!»

2. E Lazzaro, che già da lungo tempo conosceva l'albergatore, disse: «Non darti ormai più alcun pensiero a causa di questa tua disavventura domestica, perché oggi una grande salvezza è entrata in casa tua! Vedi, il Grande Guaritore prodigioso è qui in nostra compagnia; ora io certo ritengo che ne avrai udito parlare molto dai viaggiatori provenienti dalla Galilea e qui di passaggio! Va da Lui, pregaLo, e vedrai che i tuoi ammalati guariranno all'istante!»

3. Allora l'albergatore chiese: «Qual è? Già molte volte ho udito raccontare di Lui cose addirittura incredibili!»

4. E Lazzaro rispose: «È Questo qui vicino a me!».

5. Ed avendo appreso ciò da Lazzaro, l'albergatore si prostrò dinanzi a Me e Mi supplicò di venire in aiuto alle sue tre ammalate, perché egli credeva fermamente a quanto gli aveva detto Lazzaro.

6. Io però gli dissi: «Alzati e va pure, perché le tue ammalate sono perfettamente guarite; e perciò dì loro che ci preparino un buon pasto!»

7. Allora l'albergatore si alzò e si affrettò dalle sue ammalate le quali lo accolsero con esclamazioni di contentezza, aggiungendo: «Vedi, all’improvviso ci siamo sentite tanto sane come davvero non ci siamo mai sentite prima. Se vuoi, ci alziamo e riprendiamo il nostro lavoro in cucina»

8. E l'albergatore rispose: «Sì, fate pure come avete detto, perché vedo che siete perfettamente guarite; il resto lo saprete più tardi!».

9. Tuttavia le donne pregarono l'albergatore che dicesse loro in poche parole chi fosse stato il grande benefattore, per poter presentarsi a lui ed esprimergli, come era doveroso, la loro gratitudine già prima di accingersi al lavoro.

10. L'albergatore però chiarì la situazione e disse: «Egli è arrivato assieme ad una cinquantina di altri ospiti, e tutti desidererebbero anzitutto un buon pranzo; ormai è già l'ora quinta dopo il mezzogiorno e, per come stanno adesso le cose, non posso offrir loro altro che pane, vino e sale; cominciate dunque a dimostrare la vostra gratitudine verso il grande benefattore in primo luogo lavorando di buona lena in cucina; per il resto ci sarà tempo più che sufficiente anche dopo il pasto!».

11. Queste parole ottennero immediatamente il loro effetto; le cuoche se ne andarono in cucina alla velocità del vento, e i molti servitori chiamati in fretta dovettero mettersi in moto e darsi da fare per aiutare con tutto zelo le tre cuoche nelle loro mansioni culinarie. Dopo di che l'albergatore venne tutto contento nella gran sala degli ospiti, e con le lacrime agli occhi Mi ringraziò per quella “immensa grazia” concessagli; così lui definì quanto gli era successo.

12. Ma Io gli osservai: «Non farci caso; l’aiuto ti è stato dato, e di più per ora non occorre!»

13. E l'albergatore obiettò: «Oh, maestro ed amico mio, veramente ci vorrebbe molto ancora! In primo luogo io sono evidentemente tuo grandissimo debitore, e in secondo luogo non posso fare a meno di confessare senza dubbio che io ti ritengo essere molto di più di un semplice uomo! Ora mi sembra che, date queste premesse, sarebbe certamente più che conforme al buon ordine offrire un sacrificio ad un simile verissimo uomo divino!»

14. Ma Io gli dissi: «Lascia stare adesso queste cose! Per ora Io sono semplicemente un uomo di carne e di sangue come qualsiasi altro! Più tardi arriverai a saperne di più, ma sempre abbastanza in tempo! Ora però mantieniti tranquillo e sii lieto come lo siamo tutti noi».

15. Le Mie parole ridonarono piena tranquillità all'albergatore, ed egli tutto contento scese in cantina con dei boccali che poi ci riportò colmi del miglior vino che aveva e che egli era solito offrire soltanto alle più alte personalità romane quando si fermavano da lui passando per quella località, ciò che non era affatto un avvenimento raro, dato che la località stessa era situata su una strada militare principale.

16. E qui successe che il nostro Giuda, visto arrivare il vino, allungò subito la mano e, preso uno dei boccali, lo vuotò completamente bevendo a lunghe sorsate. La cosa non sfuggì all'attenzione degli altri discepoli i quali gli domandarono a Chi veramente fra tutti loro sarebbe spettato il diritto di bere per primo di quel vino eccellente che era stato loro offerto.

17. Ma egli rispose: «Sentivo gran sete, e il vino bevuto prima non era sufficiente per me; ad ogni modo se la cosa non va bene, l'eventuale rimprovero mi verrà da parte di Colui a cui avete accennato; a voi invece non spetta muovermi alcun rimprovero!»

18. Ed Io volsi intorno il Mio sguardo e dissi ai discepoli: «Lasciatelo stare! Infatti voler migliorare costui sarebbe come voler lavare per forza un negro fino a farlo diventare bianco!».

19. Giuda, udite queste parole, si vergognò, uscì subito di casa e non si fece più vedere per tre giorni di seguito. Infatti egli si era scelto un altro albergo dove dormì e mangiò a proprie spese; perché anche durante le sue peregrinazioni con noi egli sapeva sempre come fare per guadagnarsi di nascosto qualche denaro.

20. In verità, tutti furono lieti che egli si fosse allontanato, e noi in quell’albergo, trattati molto bene, ci fermammo otto giorni ancora, ed Io guarii vari altri ammalati.

21. Ma quando poi l'affluenza della gente si fece eccessiva, di buon mattino prendemmo congedo e ce ne andammo in un'altra località dove pure venimmo bene accolti e dove molti ammalati vennero risanati. In quel luogo anche i discepoli, ad eccezione di Giuda, furono chiamati ad imporre le mani agli infermi, e tutti coloro a cui i discepoli imposero le mani, migliorarono; in quanto a Me stesso, Mi limitai a fare là soltanto pochi prodigi, invece Mi intrattenni con Lazzaro e l'altro albergatore che erano sempre rimasti in nostra compagnia.

22. Quindi andammo nuovamente a Betania da Lazzaro e da quel nostro albergatore. Ambedue però, quantunque fossero venuti con Me per circa quattro settimane, trovarono le loro case nell'ordine più perfetto. Presso l'albergatore noi trascorremmo altri otto giorni, e poi di nuovo passammo da Lazzaro il quale fu molto lieto di incontrarsi con i lavoratori che aveva ingaggiati a Betlemme, i quali al suo servizio erano trattati in maniera eccellente.

23. E quando quei risanati Mi videro, mossi da un sentimento di gratitudine, caddero dinanzi a Me addirittura sulle loro ginocchia e volevano proprio adorarMi perché avevano saputo da Marta e Maria Chi Io ero in effetti.

24. Sennonché Io parlai loro così: «Per il momento tacete! Tra non molto verrà il tempo nel quale voi pure potrete parlare!».

25. Allora essi si alzarono subito, promisero il silenzio e ritornarono immediatamente al loro lavoro.

 

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Cap. 25

Il viaggio del Signore da Kisjonah.

 

1. Marta, dal canto suo, ci raccontò che nel frattempo degli affiliati al Tempio erano venuti a renderle visita già varie volte, e si erano informati con molta premura dove fosse andato Lazzaro e da dove fossero capitati là all'improvviso tutti quegli abili lavoratori. Marta però così disse loro: «Mio fratello Lazzaro è partito, ed è probabile che sia diretto addirittura in Egitto per affari molto importanti; dopo la sua partenza ha ingaggiato in qualche luogo questi operai che ci occorrevano, e li ha mandati qui a Betania!»

2. Ed uno dei farisei le aveva domandato: «Non potresti cederci venti di questi lavoratori?»

3. Ma lei aveva risposto: «Trattate voi con loro, perché io davvero non so se siano ebrei, greci o romani; infatti tra di loro parlano tutti gli idiomi!»

4. Allora quel fariseo era uscito ed aveva cominciato a parlare con alcuni fra i lavoratori. Sembrava però che essi lo conoscessero, e gli dissero: «Prima di tutto noi non siamo più ebrei, ma anche se lo fossimo ancora, potresti essere sicuro che per un fariseo noi non lavoreremo più».

5. Allora la gente del Tempio se n’era andata per i fatti suoi, e da quella volta nessuno di loro si era fatto più vedere a Betania, forse perché aspettavano il ritorno di Lazzaro.

6.  Lazzaro allora Mi chiese che cosa si sarebbe dovuto fare in quest'ultimo caso.

7. Ed Io gli risposi: «Comportati così come ha fatto tua sorella! Con gli operai non concluderanno nulla, ed essi non potranno attribuirne la colpa a te!».

8. E così fu anche bene, e Lazzaro ebbe in seguito più pace per ciò che riguardava l'amministrazione della sua casa.

9. In quanto a noi, poiché era già inverno abbastanza inoltrato, ed Io avevo da guarire pochi ammalati, ci fermammo, come già detto, fino circa alla metà dell'inverno alternativamente ora in casa di Lazzaro, ora in quella del nostro albergatore. Durante questo tempo i nuovi discepoli vennero ulteriormente ammaestrati dai vecchi nella Dottrina, per loro del tutto nuova, che essi accolsero con grande amore e ferma fede e chiesero perfino il nuovo battesimo.

10. Sennonché Io dissi loro: «È sufficiente per ora che abbiate accolto il battesimo della verità; ma verrà il tempo in cui, qualora rimaniate fedeli alla Dottrina e conformiate la vostra vita e le vostre opere in base ad essa, su di voi scenderà il vero battesimo vivente: allora potrete ricevere pure il battesimo di Giovanni. Tuttavia fra non molto verrà un tempo nel quale molti otterranno il vero battesimo del fuoco vitale dello Spirito Santo prima del battesimo con l'acqua».

11. I nuovi discepoli rimasero perfettamente soddisfatti di questa decisione.

12. Giunta l'ora predestinata di un lunedì, lasciammo Betania benedicendola insieme al nostro albergatore, e ci incamminammo molto ben disposti verso il Mare di Galilea, dove trovammo una buona barca che noleggiammo perché ci trasportasse fino a Chis. Siccome però si era fatta già sera, i barcaioli si dimostrarono restii a prendere il mare con la prospettiva di dover viaggiare di notte, perché asserivano che verso la mezzanotte il mare si sarebbe fatto molto burrascoso.

13. Ma i discepoli dissero loro: «Come mai, voi che siete di Genezaret, non conoscete la Potenza del Signore Gesù di Nazaret?»

14. Esclamarono i barcaioli: «Davvero Gesù di Nazaret sarebbe proprio qui?»

15. Allora Io Mi presentai e dissi: «Sì appunto, Io sono qui»

16. I barcaioli allora dissero: «Oh, se Tu sei qui, allora le onde possono salire anche fino alle nuvole, noi partiremo ugualmente! Salite dunque sulla nostra barca che è abbastanza grande, tanto che a bordo c'è posto comodamente per duecento persone».

17. Noi dunque salimmo sulla barca e partimmo con un buon vento, e, quantunque in direzione di Chis il mare fosse parecchio mosso, l'equipaggio non si dette alcun pensiero, e noi giungemmo senza alcun inconveniente alla tranquilla baia di Chis illuminata da un discreto chiarore di Luna.

18. Non appena entrati nel porticciolo di Kisjonah, ci si fecero incontro immediatamente i suoi servitori e i doganieri i quali con solerzia e con tono ufficiale ci interrogarono per conoscere lo scopo del nostro viaggio, quali intenzioni avessimo, dove fossimo eventualmente diretti e se avessimo qualcosa da dichiarare per il dazio.

19. Io però troncai l'interrogatorio dicendo: «Andate a chiamare Kisjonah, e poi saprete subito quello che siamo venuti a fare qui!».

20. Kisjonah fu mandato a chiamare immediatamente.

21. Egli comparve ben presto accompagnato da portatori di fiaccole, e quando si accorse della Mia presenza, esclamò quasi fuori di sé per la gioia: «Oh, Signore, come mai Ti degni di venire a visitare me, misero peccatore, a un’ora così tarda della notte? Oh, sii mille volte il benvenuto assieme a tutti coloro che sono con Te! Venite, venite tutti in casa mia dove il posto non manca, e voi pure barcaioli, perché per oggi non occorrerà più che riprendiate il mare! Tutto quello che di meglio c'è in casa mia ve l'offrirò! Oh, quale gioia inesprimibile è per me questa, tanto più che mi giunge del tutto inaspettata! Oh, venite, venite, venite!».

22. Noi allora scendemmo rapidamente a terra, e ci recammo subito in casa di Kisjonah, dove la grande sala era ben riscaldata da quattro ampi camini nei quale ardeva un fuoco vivace. Tutte le mani disponibili furono chiamate a raccolta, e prima ancora che fosse trascorsa mezz'ora sulle mense furono serviti dei pesci di qualità sceltissima e preparati in maniera eccellente, nonché del pane e del vino, il migliore che c'era in cantina, di tutto in abbondanza, ciò che per noi venne molto a proposito, dato che, dopo aver lasciata la casa di Lazzaro di buon mattino, non avevamo preso nulla durante tutta la giornata.

23. Io stesso, dopo un viaggio così lungo, sentivo il bisogno di un ristoro per il corpo dal punto di vista naturale, tanto più poi i discepoli; e tale ristoro lo trovammo là in misura abbondante. Dunque mangiammo e bevemmo lietamente, e il racconto dei nostri viaggi e delle nostre avventure durò quasi tutta la notte, ciò che suscitò moltissimo interesse in Kisjonah e nei suoi familiari, e le sue lodi al Mio indirizzo e le sue meraviglie non furono poche. L’unico suo rincrescimento fu il fatto che la Mia Maria, la quale aveva passato quasi tutta l'estate presso di lui, se ne fosse andata per qualche giorno a Nazaret; ma ad ogni modo sarebbe presto ritornata. Lei aveva udito raccontare molte cose riguardo ai Miei viaggi e alle Mie opere, e non poteva assolutamente comprendere come Dio l'avesse reputata degna di tanta grazia. Lei era certamente a conoscenza di tutti i prodigiosi avvenimenti del passato; però non avrebbe mai potuto raffigurarsi in modo così chiaro quelli che sarebbero accaduti in seguito.

24. E così Kisjonah raccontò moltissime cose ancora in relazione alla vita di Maria e del suo comportamento durante la Mia assenza, nonché riguardo ai due figli di Giuseppe, cioè Gioele e Jose i quali erano rimasti nella casa paterna continuando a dedicarsi alla professione di Giuseppe. Sennonché il ripetere qui tali cose non sarebbe di alcun giovamento per nessuno, e di conseguenza le passeremo sotto silenzio.

25. Nemmeno quella notte ci riposammo su un vero giaciglio, ma restammo seduti là dove eravamo, su quei soffici sedili, e così concedemmo il dovuto riposo alle nostre membra nel tepore di quella sala, tanto più che il nostro riposo si protrasse oltre le prime ore del mattino. Per questo motivo rinunciammo a far colazione, ed in compenso tanto più abbondante fu il pranzo, al quale era stato invitato pure una nostra vecchia conoscenza, cioè Filopoldo da Cana, ai confini della Samaria, ed alcuni altri amici Miei e di Kisjonah.

26. Queste cose, di per se stesse, hanno certo secondaria importanza, ma tale convitto diede occasione, su sollecitazione di Filopoldo, per una chiarissima dissertazione di capitale importanza da parte Mia riguardo all'essenza primordiale dello Spirito di Dio in contrapposizione al complesso delle creature, riguardo al tempo e allo spazio, all'infinito e all'eternità, nonché riguardo all'Esistenza e all’Essere divino da un lato, e all’esistenza e all'essere di ogni creatura nel tempo e nello spazio dall'altro, dissertazione che si protrasse fino a tarda notte, cosicché in quel giorno la cena non fu che il seguito del pranzo, ed è buona cosa inserirla in questo punto della nostra narrazione, dato che essa fornisce, come anche deve fornire, a ciascun pensatore una spiegazione esauriente sull'essere materiale e spirituale dell'uomo e sull'Essenza primordiale purissimamente spirituale di Dio.

 

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Cap. 26

Le domande filosofiche di Filopoldo.

 

1. Il nostro Filopoldo, che in compagnia di Kisjonah Mi aveva fatto visita al tempo in cui Mi trovavo presso il vecchio Marco, aveva avuto occasione di apprendere molte e svariate cose riguardo ad un simile argomento, ed effettivamente credeva che fosse così come Io avevo spiegato; sennonché egli era un filosofo della specie migliore e più pura, e come tale non si accontentava della semplice fede, ma voleva avere una dimostrazione, per così dire matematica, di tutto.

2. Filopoldo dunque espose le lacune che c’erano nella sua comprensione, e subito dopo, terminato il pranzo, disse: «O Signore, tutto ciò che ho appreso, visto e udito, lo credo fermamente; ma in quanto a vederci proprio chiaro fino in fondo a queste cose ed al comprenderle, nonostante tutta l’acutezza del mio intelletto, i risultati rimangono sempre quanto mai scarsi, e ciò spesso opprime molto la mia anima! Io dunque mi ero fermamente proposto di approfittare della prossima felice combinazione che mi avrebbe reso possibile trovarmi con Te, combinazione che si è presentata appunto ora, allo scopo di sviscerare più profondamente la questione; dunque qualora non dovesse esserTi proprio sgradito, io desidererei molto venire ora ammaestrato da Te più diffusamente in proposito e in maniera più accessibile al mio intelletto»

3. Ed Io gli dissi: «Io ho già promesso a voi tutti di mandare tra non molto il Mio Spirito e di riversarLo su di voi. Esso vi guiderà in ogni verità ed in ogni sapienza, e vi ho detto inoltre che avreste dovuto pazientare fino a quel tempo; ma ad una onesta aspirazione come è la tua, intendo venire in aiuto anche con la Mia bocca, e ciò potrà avvenire appunto ora in questa fredda stagione tanto più che, come promesso, Mi tratterrò qui ad ogni modo quasi fino alle feste pasquali per il riposo invernale. Per conseguenza tu puoi già espormi i tuoi dubbi, e quello che non si arriverà a discutere oggi, troveremo tempo in quantità per sbrigarlo più tardi. Terminato il pasto, considerato che continueremo a restare seduti a mensa, potrai esporre le questioni che ti tengono in ansia.

4. Domani, se i Miei discepoli lo vogliono, possono fare ritorno per qualche giorno alle loro case; coloro però che non hanno famiglia, che rimangano qui, particolarmente Giovanni e Matteo, perché essi debbono scrivere in bella forma ancora varie cose».

5. Allora anche Giuda domandò se sarebbe dovuto andare o rimanere.

6. Ed Io gli risposi: «Fra tutti i discepoli tu sei quello che possiede più beni. Tu hai moglie, figli e vari servitori; quindi hai bisogno più degli altri di rivedere la tua casa, e puoi, volendo, fare ritorno qui verso Pasqua!».

7. Giuda non fu proprio particolarmente soddisfatto di una tale decisione, ma poiché nessuno gli disse di rimanere, il giorno seguente egli si uniformò al Mio invito! Gli altri discepoli si congedarono essi pure, ma dopo pochi giorni furono di ritorno e restarono poi con Me, salvo qualche breve intervallo.

8. Terminato il pranzo, Kisjonah portò ancora del vino di qualità specialissima, che egli chiamava il prediletto di Noè e ne offrì a tutti; questo vino ebbe il potere di entusiasmare talmente Filopoldo, che egli cominciò ben presto ad esternare i suoi scrupoli, però tutto nel massimo e discreto ordine possibile.

9. Ma che cosa disse e che cosa veramente domandò? Qui è bene esporre le sue domande una alla volta!

10. Disse Filopoldo: «O Signore! Se io rifletto bene agli insegnamenti da Te impartiti in casa del vecchio Marco, devo concludere che il tempo e lo spazio qui sulla Terra, in seguito a certi periodi e a certi fatti e nelle forme quali si presentano nello spazio, appaiono limitati e misurabili, mentre in sé e di per sé sono eterni ed infiniti, ciò che è in fondo in fondo la stessa cosa.

11. Ma se tempo e spazio sono davvero quello che ho detto, non riesco a comprendere gli scritti degli antichi teosofi e sapienti, i quali sostengono fermamente che Dio, quale l'Essenza primordiale di ogni essere e di ogni esistenza, si trova all’infuori del tempo e dello spazio.

12. Com’è possibile questa cosa, ammettendo una durata eterna del tempo che è senza principio e senza fine, e ammettendo pure l'esistenza di uno spazio infinito che non ha neppure esso né principio né fine?

13. Quindi se Dio in Se stesso sussiste completamente fuori del tempo e dallo spazio, anche la più pura ragione umana non può farsi altro concetto di Dio che questo: o un Dio non esiste affatto, dato che fuori del tempo eterno e fuori dallo spazio eternamente infinito non può esistere alcuna cosa, oppure Dio esiste, come noi tutti, nel tempo e nello spazio, ed allora gli antichi teosofi con la loro definizione hanno commesso la più grande pazzia!

14. Ed a confermare questa mia tesi c’è addirittura la Tua stessa presenza qui, perché che in Te dimori la Pienezza della Divinità, questo non lo può contestare nessuno che Ti abbia udito parlare e visto operare. Ma quale teosofo potrebbe sostenere ora di Te che Tu non esisti assieme a noi nel tempo e nello spazio?

15. E se egli sostiene questo, Tu stesso ne risulti sdivinizzato! Allora Tu non sei più Dio, ma semplicemente un uomo quanto mai straordinario il quale, per effetto di nascita, di genio e di talento assolutamente non comuni, nell'esercizio del rafforzamento della volontà ed infine per avere appreso ogni tipo di arti e di scienze misteriose, è arrivato al punto che perfino la gente più equilibrata deve necessariamente considerarTi un Dio!

16. Sennonché le Tue caratteristiche, particolarmente nelle Tue azioni, sono di natura tale per cui al loro possesso è impossibile si possa pervenire, anche sussistendo le premesse di cui ho detto. Per conseguenza io ora vorrei apprendere dalla Tua bocca che cosa è veramente giusto».

 

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Cap. 27

Lo sviluppo dell’uomo fino a raggiungere la maturità.

 

1. Dissi Io allora: «Tu hai esposto la tua domanda in modo perfettamente giusto e vero, tanto quanto può farlo un uomo dotato di pensiero sottile; eppure Io ti dico che gli antichi sapienti hanno ragione altrettanto, anzi, più di te!

2. Non credi forse che si possa sussistere ed essere perfettamente nel tempo e nello spazio, ma contemporaneamente anche senza spazio e senza tempo?»

3. Risponde Filopoldo: «Certo si può senz'altro credere questo, particolarmente qualora lo si apprenda dalla Tua bocca! Sennonché io ho detto già al principio del mio preambolo e della mia preghiera che quanto è stato detto e mostrato da Te non suscita in me alcuna obiezione, considerato che qui si tratta puramente di comprendere. Infatti una fede semplice cosiddetta pia a me appare come una derisione ad ogni umana ragione e ad ogni umano intelletto e pensiero che vennero certamente conferiti da Dio all'uomo quale una luce spirituale, affinché soltanto attraverso di essi egli potesse riconoscere se stesso, tutte le cose esistenti fuori di lui ed infine riconoscere perfino Dio.

4. Ed io quindi sono della ferma opinione che, ad uno che voglia essere effettivamente un uomo, non possa bastare il solo credere ciecamente tutto quello che va esponendogli qualche sapiente o qualche altro uomo dotato di facoltà straordinarie e realmente versato in tutti i rami dello scibile, ma invece che egli debba pure, anzi in primissimo luogo, tendere con tutto zelo alla giusta comprensione di quanto ha accolto con la sua fede!»

5. Dico Io: «Qui hai ragione di nuovo! Tuttavia c'è nella tua esposizione qualcosa che non va tanto bene come potrebbe sembrare di primo acchito, e questo è necessario che venga preso nella dovuta considerazione!

6. Vedi, ogni cosa a questo mondo, e perfino anche nel mondo degli spiriti, ha bisogno di una certa maturità, e la maturità a sua volta esige un certo tempo!

7. Considera ad esempio un albero di mele durante l'inverno, oppure una vite! Dov'è il frutto maturo e dolce? Poi però segue la primavera; la luce e il calore del Sole scendono con maggiore abbondanza, le gemme si gonfiano e si ricolmano di succhi, poi appaiono dei teneri germogli, ed infine le foglie ed i fiori. Dopo non molto tempo i fiori, per il fatto che non sono più necessari al raggiungimento dello scopo superiore, cadono, e subito dopo si rende visibile il frutto in formazione.

8. Ti domanderai: “Che razza di paragone è mai questo?”. Vedi: le gemme, il loro colmarsi di succhi, i loro primi germogli, le foglie, i fiori e il primo mostrarsi del frutto, tutto ciò corrispondono alla fede filiale e pia dell'uomo; ma di una maturità non si può ancora parlare, poiché Dio è l'Ordine supremo stesso e qualsiasi cosa avvenga in tutto il mondo, deve avere il suo tempo, che corrisponde all’Ordine divino.

9. Il bambino comincia con il balbettare, e dopo il balbettare sorge gradatamente il linguaggio; quando questo è già un po' avviato verso la formazione, si incomincia a dirgli qualche parolina, ed egli si fissa ben presto nella memoria le brevi frasi, ed a quanto poi ulteriormente gli si dice egli crede quasi incondizionatamente, né chiede il come e il perché. Sulla base poi della semplice fede egli impara una quantità di cose fino alla sua compiuta giovinezza, ed in questa età egli spesso comincia a pensare con molta acutezza e a cercare le ragioni delle varie cose apprese; sennonché egli ha in sé ancora troppo poco calore vitale interiore, e in tale condizione è perfettamente simile al frutto all'inizio della sua formazione.

10. Ma quando, una volta che l'estate è giunta al suo apice, la luce e il calore del Sole manifestano intera la loro potenza, allora anche la forma embrionale del frutto risente l'influenza interiore del calore che tutto vivifica; questo fa sviluppare sempre più il giovane frutto e fa maturare i succhi che in esso affluiscono. In seguito a questo processo il frutto si ingrandisce sempre più e si riempie di succhi sempre più puri; allora anche la luce può maggiormente penetrare nel frutto, e solo così si verifica la maturazione del frutto.

11. Ebbene, non diversamente avviene dell'uomo! Finché il calore interiore della sua vita d'amore non abbia raggiunto il più alto grado possibile, e la luce di questo calore non l'abbia completamente compenetrato, egli, nonostante la più chiara spiegazione esteriore, difficilmente comprenderà o, tirate le somme, non avrà compreso per nulla le verità spirituali interiori. Ma quando invece egli, come un'uva matura, viene compenetrato a dovere dal crescente calore vitale interiore e dalla luce che ne deriva, allora egli è maturo, ed ha già in sé la migliore spiegazione di tutti i suoi dubbi di prima.

12. Tuttavia, considerato che tu ti stai già discretamente avvicinando alla maturità, può venirti fornito un po' più di luce e di calore dal grande Sole di Grazia, fuori dal quale traggono la loro vita e la loro esistenza tutti i Cieli ed i loro abitanti, nonché tutti i mondi materiali e tutto ciò che in questi, su di questi ed al di sopra di questi esiste, vive e respira. PrestaMi dunque attenzione!».

 

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Cap. 28

Tempo e spazio.

 

1. (Il Signore:) «Vedi, circa sei mesi fa per opera Mia tu fosti, nella tua anima, posto in una condizione tale per cui fu possibile trasferirti da qui ad un mondo solare immensamente lontano, prodigio questo che Io più tardi operai anche in altri luoghi ed in altre occasioni come tutti i Miei discepoli possono qui fedelissimamente testimoniare. Oltre a ciò durante la nostra visita in casa di Marco tu stesso eri presente quando l'angelo andò a prendere nel lontano centro dell'Africa la nota preziosa palla luminosa.

2. Vedi, qualora una freccia partisse alla massima velocità da questa Terra, tu, che sei un buon calcolatore, non potresti assolutamente trovare la cifra talmente grande capace di esprimere il numero di anni terrestri che occorrerebbero alla freccia per raggiungere quel corpo solare, eppure il tuo trasferimento da qui fino là non durò nemmeno un attimo! Per te, dunque, in quelle condizioni lo spazio, secondo il concetto terreno, non è esistito affatto, e quindi nei riguardi della tua anima vivente ti sei trovato sicuramente fuori del tempo e dello spazio!

3. Dalla casa di Marco, in direzione dell'Africa, avresti dovuto camminare addirittura oltre due anni su di una strada ben piana e diritta per arrivare sul posto dove l'angelo raccolse la pietra luminosa; ma nel suo caso l'andata e il ritorno furono una cosa sola. Chi dunque potrebbe affermare che tempo e spazio abbiano avuto qualche significato per lui?

4. Ed ancora! Pensa ad esempio al moto più veloce immaginabile di un oggetto terreno, capace di percorrere in un istante solo la distanza intercorrente fra questa Terra e il corpo solare menzionato prima; ebbene uno spirito potrebbe in quello stesso istante percorrere una distanza anche mille volte maggiore e per una quantità di volte che tu non riusciresti a calcolare! Io Mi esprimo così per il fatto che non puoi conoscere un numero così grande per poterti indicare l'immensa molteplicità di queste andate e ritorni!

5. Ma da ciò risulta che anche la massima rapidità del moto su questa Terra non può in eterno mai reggere al paragone con la rapidità dello spirito; per conseguenza il materiale-terreno è una cosa a sé, e tutto lo spirituale è, a sua volta, un'altra cosa a sé. Un rapporto tra di loro esiste unicamente in via di rispondenza, però, nella loro essenza, essi si diversificano in maniera infinita l'uno dall'altro.

6. Ora, dato che ormai avrai percepito in maniera chiara tale divario esistente fra tutto ciò che è terreno e ciò che è spirituale, sappi che l'identico divario esiste anche fra tutto quello che su questa Terra ti si presenta come comprensibile, percettibile, sensibile, udibile e visibile.

7. Rispetto al moto spirituale, che non considera lo spazio, Io posso citarti ancora, come eccellente esempio, la velocità del volo del pensiero della tua anima. Ecco: il tuo pensiero corre ora a Roma dove sei già stato, e tu conosci la distanza che la separa da qui nonché l'aspetto di quella grande capitale pagana! Con il pensiero tu sei in meno di un attimo già a Roma, ed in certo modo vedi la città, le sue piazze, le sue vie, le sue strade ed i suoi dintorni! Il tuo pensiero dunque non ha avuto bisogno di tempo per portarsi a Roma, per la ragione che per esso lo spazio non rappresenta nulla!

8. Ma da ciò tu puoi nuovamente dedurre con sicurezza che la tua anima, quale un essere spirituale, si trova assieme alla sua attività al di fuori del tempo e dello spazio, e che con il tuo pensiero puoi con l'identica rapidità trasportarti fin sulla stella che tu conosci e ritornare qui, e l'andata e il ritorno non richiederanno per nulla un tempo maggiore di quello che abbiamo detto per percorrere tale immensa distanza.

9. Ti deve essere dunque chiaro che per lo spirito puro non vi può essere né tempo né spazio!

10. Lo Spirito di Dio e tutti gli angeli sussistono certo anche nello spazio infinito, e continuano ad esistere attraverso tutte le eternità dei tempi, perché senza di questi non ci sarebbe nessuna creatura, né ci sarebbe uno spazio od un tempo terreni. Ma ad ogni modo queste potenze puramente spirituali e queste supreme intelligenze stanno sotto ogni riguardo in maniera infinita al di là ed al di sopra del tempo e dello spazio».

 

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Cap. 29

La misura della forza.

 

1. (Il Signore:) «Ed ora consideriamo ancora la misura di una forza puramente spirituale in rapporto a quella della massima forza terrena; a che conclusione si arriverà? Vedi, nello spazio infinito della Creazione vi sono dei corpi solari talmente enormi che, per quanto concerne la grandezza materiale, tutta questa non piccola Terra farebbe al loro confronto precisamente la figura che fa un minimissimo granello di sabbia in rapporto a tutto l’intero globo terrestre! Ora, quando qui sul deserto spira un vento, esso solleva e trascina con sé la sabbia con tutta facilità, e questo fenomeno si produce in maggiore misura quando si scatena un uragano! Immagina adesso che su un corpo solare enorme, del genere appena accennato, cominci a soffiare un vento violento in proporzione! Esso evidentemente dovrebbe sollevare con la massima facilità un numero non ben definibile di corpi della grandezza di questa Terra come qui il vento del deserto solleva e trascina i granelli di sabbia! Ma allora, ragionando secondo la tua sapienza mondana, tu diresti: “Se là spirano dei venti tanto violenti, le conseguenze dovrebbero essere percettibili in una certa misura addirittura perfino su questa Terra!”. Ed Io posso dirti che questo non di rado è effettivamente anche il caso, anzi che le conseguenze di cui hai parlato vanno molto al di là di quanto l'uomo possa immaginare!

2. Infatti, tu avrai già avuto occasione di vedere delle cosiddette stelle cadenti! Ebbene, talvolta qualcuna fra queste è così grande che a ragione si potrebbe chiamarla una piccola Terra; esse sono in un certo modo del pulviscolo cosmico sollevato dagli uragani sotterranei che si sviluppano in varie maniere nei corpi solari e viene trascinato fuori nell'ampio spazio eterico; pulviscolo cosmico che poi gradatamente, in seguito all'enorme forza di attrazione di un simile corpo solare, ricade là da dove, per così dire, era stato soffiato via, sempre che non si sia avvicinato troppo a qualche altro corpo mondiale e non sia stato attratto da questo, ciò che tuttavia non è un caso frequente.

3. Puoi constatare, sotto il punto di vista di questo mondo, la potenzialità smisurata delle cosiddette forze naturali agenti entro l'infinità dello spazio; ora queste ed anche altre forze naturali a te conosciute puoi potenziarle senza interruzione per delle migliaia e per dei milioni di anni, e tuttavia il massimo, il supremo grado di potenza da te trovato sarà sempre di fronte all'onnipotente Forza divina nell'identico rapporto di un assoluto nulla di fronte a qualcosa di reale, ossia come la menzogna di fronte alla verità!

4. Ma come ogni forza naturale, per quanto potenziata all'estremo, non può in nessun modo essere paragonata alla Forza divina, similmente anche la forza naturale non può reggere al paragone di fronte a quella di un qualunque puro spirito angelico.

5. Considerato dunque che nello spazio e nel tempo non è mai esistita, né mai esisterà una forza capace di misurarsi con quella anche di un semplice angelo, quest'ultima, quale una forza spirituale, deve trovarsi fuori, oltre o al di sopra di ogni spazio e di ogni tempo, quantunque esistente - in maniera autonoma a sé nello spazio e nel tempo nella sua entità particolare e definita, ma tuttavia in ogni luogo perfettamente libera e indipendente dallo spazio e dal tempo, e guidando tutto e mantenendo con questi un rapporto unicamente per mezzo di una rispondenza interiore e vivente.

6. A dimostrarti però più chiaramente ancora la prevalenza infinita della Forza divina spirituale su qualsiasi forza naturale, per quanto smisurata, basta che Io ti dica questo: “Se anche tutte le più poderose forze terrestri imperversassero negli immensi spazi della creazione per delle miriadi di eoni (10120) di anni terrestri, esse, in tutta intera la Creazione, non potrebbero annientare nemmeno un solo atomo qualora vi si opponesse la Potenza della Volontà di Dio; ma, con il permesso della Volontà di Dio, l'opera di annientamento la potrebbe compiere uno spirito angelico in un attimo solo in maniera tale che gli basterebbe semplicemente volere, e tutto lo spazio infinito sarebbe interamente privo di qualsiasi creatura materiale, né in esso esisterebbe più né un Sole, né una Terra.

7. Ed ora, o Filopoldo, cominci già ad intravedere come Dio e tutto quanto vi è di celestiale e di spiritualmente puro è e deve essere perfettamente fuori del tempo e dello spazio, pure esistendo in sé, dato che altrimenti nessuna creatura della materia sarebbe potuta mai sorgere in eterno?».

 

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Cap. 30

La forza della luce

 

1. Dice Filopoldo: «O Signore, certo ora percepisco in me un lieve albeggiare, ma nello stesso tempo comincio a sentirmi come colto proprio da vertigini dinanzi alla Tua Sapienza davvero immensa! Tuttavia Ti prego di voler continuare!»

2. Dico Io: «Io continuerò senz'altro; tu però concentrati bene affinché, quanto dirò, tu possa intenderlo ed imprimertelo profondamente nell'anima!

3. Ora passiamo alla luce! Osserva la luce chiara e pura, diffusa da questa lampada a nafta! Essa illumina questa grande sala in misura sufficiente in modo che tutti possiamo vederci e riconoscerci l'un l'altro. Che te ne pare: cento di queste lampade che diffondono una simile luce chiara, non illuminerebbero la sala con intensità cento volte maggiore? Tu rispondi di sì, perché di ciò ci si può convincere in maniera più che sufficiente già nelle occasioni di grandi illuminazioni a festa. Sta bene, dico Io. Però immaginati adesso mille volte mille luci di questa specie collocate da qualche parte all'aperto sulla cima di una montagna! Non illuminerebbero esse tutte assieme benissimo un bel tratto della regione circostante? Senza alcun dubbio! Ma pur illuminando un buon tratto della regione, la loro luce riunita non sarebbe minimamente paragonabile a quella della Luna piena la quale, quantunque all'occhio non appaia proprio eccessivamente intensa, tuttavia è atta ad illuminare molto bene una metà intera della Terra. Ma che cos'è la luce lunare paragonata a quella del Sole?

4. Ma ora immagina tutto il firmamento intero che diffonda in ogni suo punto tanta luce quanta ne diffonde il piccolo disco solare! Potrebbe un mortale sopportare, sia pure per un istante solo, una luce di simile potenza, senza venire immediatamente distrutto e disciolto come una goccia d'acqua caduta sul metallo rovente? Certo che no, anzi Io ti dico che l'effetto di una simile luce e del suo indescrivibile calore sarebbe già tale che perfino a tutta questa Terra, in pochi istanti, non sarebbe certo riservata una sorte migliore, e così a molte centinaia di migliaia di terre come questa.

5. Comprendi il divario immenso fra la luce di questa lampada e quella solare diffusa da tutto il firmamento?

6. Sennonché, entro l'ampio spazio della Creazione vi sono dei Soli-centrali-primordiali che sono delle miriadi di volte più grandi di questo Sole che dona il giorno a questa Terra, nonostante il nostro Sole sia, già di per sé, mille volte mille più grande di tutta la Terra. Simili soli-centrali-primordiali hanno in proporzione anche una luce tanto maggiore e più intensa, e se un Sole come è il nostro venisse fatto avvicinare ad uno di questi soli-centrali, esso dovrebbe in un istante subire la sorte della goccia d'acqua della quale ho parlato prima.

7. Prova ora a potenziare questa intensità di luce terrena quanto vuoi, sia pure quasi all'infinito, e troverai che fra tutta questa luce potenziata dei soli esistenti nello spazio e nel tempo, e la Luce di Dio, esiste l'identico rapporto da te constatato quando si parlò del moto e della forza.

8. E poiché la Luce divina non può essere in eterno mai raggiunta nello spazio e nel tempo, ne consegue chiaramente che la Luce di Dio, puramente spirituale – così come il suo incommensurabile calore vitale d'Amore che proviene da questa Luce – non può essere contenuta nel tempo e nello spazio, ma soltanto al di là e al di fuori di essi.

9. Ma che tuttavia esista una rispondenza vera e vitale e sempre agente tra la Luce originaria di Dio e la luce del Sole creata solo parzialmente, di ciò puoi facilmente convincerti considerando che anche la luce del Sole possiede in sé la potenza vivificante rispetto alle creature sui corpi mondiali, cosa questa della quale ogni primavera che si rinnova ti può fornire in maniera evidente la prova. Puoi ora già orientarti meglio come tutto lo spirituale puro sia e debba necessariamente essere contenuto fuori del tempo e dello spazio?».

 

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Cap. 31

L’Essenza divina e umana del Signore.

 

1. Risponde Filopoldo: «L'esempio della luce ha illuminato parecchio la mia anima a questo riguardo; sennonché ci sono pur sempre delle cose che per me appaiono avvolte ancora dentro un velo assai fitto, e tra queste cose fittamente velate va annoverata anzitutto la Tua attuale presenza qui in tutta la sua Perfezione divina, rispetto alla quale io evidentemente non posso dire altro che: “Se Tu, prima della Tua incarnazione, hai dimorato quale Jehova in qualche luogo assieme ai Tuoi puri angeli in un Cielo supremo al di fuori del tempo e dello spazio, questo Cielo deve almeno per ora essere completamente privo della Tua attuale presenza, per così dire, personale-umana, dato che adesso Tu dimori fra noi, su questa Terra, cioè entro lo spazio e il tempo!”. Come mai Tu puoi ora sussistere qui nel tempo e nello spazio, e contemporaneamente al di fuori del tempo e dello spazio, quale Dio? O Signore, questo costituisce per il mio intelletto ancora un abisso immenso assolutamente invalicabile; perciò Ti prego, o Signore, di fornirmi una giusta luce anche a questo proposito»

2. Dico Io: «Considerato che tu sei un vero filosofo secondo Platone, Socrate e Aristotele, vedo che in parte dovrò parlare con te alla loro maniera, affinché tu possa comprenderMi più facilmente.

3. Vedi, fra il “fin dall'eternità”, il “prima” e “l'adesso” non c'è proprio alcuna differenza nel Mio Sussistere come nel Mio Essere e nella Mia Esistenza per quanto concerne il Mio Io puramente divino. E se non fosse così, in verità, Io in questo Mio corpo umano non avrei né forza, né alcun potere sul complesso della Creazione naturale, perché tutto il Creato, assieme al suo tempo e al suo spazio, sta unicamente in rapporto soggettivo di fronte a Me che sono il suo Oggetto; infatti tutto è proveniente da Me e non Io dal tutto.

4. Per conseguenza, Io sono sempre il solo ed unico Oggetto precedente e preesistente, dunque eterno, e non posso mai, in nessun luogo, trovarMi in un rapporto di soggettività di fronte alla creatura.

5. Tuttavia, poiché tutto, appunto, esiste fuori da Me, e poiché grazie alla Mia Volontà Io costituisco la parte più intima di tutte le cose quale Principio che conserva, guida, conduce, ordina ed anima ogni cosa creata, ne consegue che Io rappresento pure dal punto di vista della Mia Volontà e della Mia Sapienza anche un Soggetto, e sono quindi l'Alfa e l’Omega, ovvero il Principio e la Fine, come pure il Primo e l'Ultimo in ogni creatura. Ed in seguito a tale Mia Proprietà oggettiva e contemporaneamente soggettiva in tutto quanto è creato, Io posso benissimo sussistere qui tra di voi quale uomo secondo la Potenza della Mia Volontà e della Mia Sapienza, e nel tempo stesso essere e rimanere l'Oggetto eterno, unico vivente e creante di fronte a tutte le creature.

6. Tuttavia, come presente Soggetto in forma umana di carne, Io stesso sono inferiore e sottoposto al proprio, vero ed eterno Oggetto in Me, quantunque appunto, per effetto della Mia rigida sottomissione alLo stesso, Io sia assolutamente e pienamente una cosa sola con l'eterno Oggetto, poiché senza una simile rigida soggettività di questa Mia Personalità ora esteriore, un’unione tanto assolutamente intima non sarebbe mai possibile.

7. E questo lo produce il Mio incommensurabile Amore per l'Oggetto, e il Suo Amore altrettanto incommensurabile per Me, e così Io e il Padre siamo un solo Amore, una sola Sapienza, una sola Volontà, una sola Vita ed una sola Potenza, ed altre all'infuori di queste non ce ne sono, né ci possono essere in tutta intera l'infinità eterna.

8. Dunque, Io Mi trovo presente qui, così, come sono nel tempo e nello spazio, e contemporaneamente anche al di fuori del tempo e dello spazio.

9. Che Io sussista ora qui con voi nello spazio e nel tempo, lo potete constatare con i vostri sensi; ma che Io contemporaneamente sussista, dal punto di vista del Mio intimo, anche al di fuori del tempo e dello spazio, questo ve lo provano le Mie opere che Io non potrei compiere qualora Mi trovassi con il Mio elemento divino soltanto nel tempo e nello spazio. Infatti, quanto esiste nel tempo e nello spazio è e resta eternamente e continuamente limitato, e conseguentemente non è perfetto, mentre soltanto ciò che sussiste al di fuori del tempo e dello spazio è in tutto e per tutto illimitato e quindi perfetto. Ora, che sia veramente così, né mai possa essere altrimenti, Io te lo esporrò e spiegherò ricorrendo a vari esempi ancora; fa quindi bene attenzione».

 

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Cap. 32

Lo spirituale nel naturale.

 

1. (Il Signore:) «Ecco qui un chicco di frumento nel suo stato di perfetta unità e semplicità! La sua destinazione è evidentemente duplice; anzitutto esso serve da nutrimento all'uomo, e poi come grano di semente serve a se stesso per la propria riproduzione. Come nutrimento esso fornisce i suoi molteplici elementi specifici al corpo umano, e mediante questo poi anche al corpo formale-sostanziale-animico, e così va vegetando in una condizione dell'essere superiore e più libera. Come questo sia e si svolga, lo apprenderete con esattezza solo quando sarete rinati nello spirito; qui invece non è possibile apprendere tale procedimento in maniera perfetta, dato che sotto l'influenza di questo Sole non può esistere nulla di pienamente perfetto, ed ogni sapere ed ogni conoscenza sono più o meno sempre qualcosa di incompleto, ma tanto più questi saranno un giorno perfetti nell'aldilà, dove voi pure con il vostro spirito vi troverete fuori dall'influsso del tempo e dello spazio, e dove il vostro vedere, riconoscere e sapere non saranno più una cosa incompleta.

2. Sennonché adesso noi considereremo questo chicco di frumento solamente nella sua realtà qualitativa di semente, lo esamineremo un po' più da vicino e finiremo con il constatare come lo spirituale-divino, quantunque apparentemente in certo modo soggettivo, si trovi pure appunto anche in questo granello sempre veramente in funzione oggettiva al di fuori del tempo e dello spazio.

3. Vedi, questo è un grano di frumento, che su di uno stelo produce comunemente all’incirca tre spighe da trenta grani ciascuna! Tu ora deponi questo granello in un buon terreno, e al tempo della raccolta esso ti renderà certamente già cento grani dell'identica specie come premio delle tue fatiche. Prendi poi questi cento grani così ottenuti e deponili nuovamente entro un buon terreno, e al prossimo raccolto è chiaro che otterrai già diecimila grani della stessa specie. L'annata seguente ti porterà cento volte diecimila, vale a dire un milione di grani, ciò che costituirà già una bella quantità di questo cereale.

4. Per poter poi affidare alla terra tutti questi grani per una prossima annata, ti occorrerà già un campo ben vasto, e, venuto il tempo del nuovo raccolto, otterrai certo una quantità di grano cento volte maggiore all'anno precedente. Ma per poter seminare per un ulteriore anno ancora tutta questa rilevante quantità di grano, in modo che dia frutto, ti sarà necessario anzitutto avere a disposizione un campo già cento volte maggiore, e poi il raccolto che potrai fare sarà già di un intero miliardo di simili grani, e se continuerai così per dieci anni di seguito, otterrai già una massa di grano talmente enorme che per seminarlo tutto ti sarebbe necessario disporre di un campo grande già come la metà di questa Terra.

5. La moltiplicazione dei grani, che continua nelle medesime proporzioni fino all'infinito, tu stesso puoi pensarla estesa ad altri cento, mille ed anche più anni, e facendo infine il conto, troverai che già dopo solo poche centinaia di anni, mille volte mille superfici terrestri sarebbero troppo poche per potervi seminare tutta quell’immensa quantità di grani di frumento. Ebbene, una tale progressione può continuare fino all'infinito! Ma sarebbe possibile una cosa simile qualora nel primo grano e similmente anche in tutti gli altri, non esistesse già questa possibilità infinita in seguito all'immanenza in essi dell'elemento spirituale-divino esistente al di fuori del tempo e dello spazio? Certo che no.

6. Ma quello che c'è in questo grano di frumento, lo si trova pure in qualsiasi altra specie di semente e in ciascuna pianta, in tutti gli animali e, con particolarissima somiglianza al divino, poi nell'uomo; ecco perché egli può diventare anche ragionevole ed intelligente, ha la facoltà del linguaggio, ed in un primo tempo è in grado di intuire Dio quale suo Creatore, nonché più tardi di riconoscerLo con sempre maggiore purezza, ed in seguito di amarLo e di subordinare completamente la propria volontà alla riconosciuta Volontà di Dio.

7. E questo poi, quale elemento puramente spirituale e somigliante al divino nell'uomo, giace ugualmente al di fuori del tempo e dello spazio; perché se esso fosse limitato entro lo spazio e il tempo, l'uomo non potrebbe mai conoscere né se stesso, né Dio, ed egli sarebbe del tutto inaccessibile ad una qualche cultura, non potrebbe mai farsi strada in lui il benché minimo presentimento di un Dio, né tanto meno gli sarebbe possibile riconoscerLo, amarLo e subordinare la propria volontà alla Sua! Insomma in tali condizioni l'uomo sarebbe semplicemente come il guscio morto di un uovo, non avrebbe nessuna vita in sé, né, meno di tutto poi, una vita eterna al di fuori del tempo e dello spazio.

8. Con ciò Io credo di avere sviscerato con sufficiente chiarezza questo argomento che teneva tanto occupata la tua mente, in quanto almeno esso è intelligibile al puro intelletto. Resta ora da vedere se tu ritieni di aver afferrato proprio nella loro vera luce tutte queste cose, oppure se ti pare di vederci qualche lato oscuro. Qualora fosse vera quest'ultima ipotesi, puoi parlare; ma se invece hai compreso bene tutto, tralasciamo di occuparci ulteriormente della questione e gustiamo ancora un po' di vino e di pane».

 

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Cap. 33

Cielo e inferno.

 

1. Allora Filopoldo disse: «O Signore, io e certamente tutti noi Ti ringraziamo dal più profondo del nostro cuore per questa spiegazione delle dottrine degli antichi sapienti, spiegazione quanto mai grandiosa, sublime, che mi è ormai perfettamente chiara! Sì, ora la cosa mi si è resa evidente, chiara e comprensibile, mentre prima mi doveva apparire senz'altro come un’assurdità colossale! Certamente, tutto ciò io lo potrò vedere e comprendere con chiarezza assoluta soltanto quando mi sarò spogliato di ogni elemento materiale.

2. Per ora mi è sufficiente aver la visione del come, pure esistendo nel tempo e nello spazio, ci si possa tuttavia trovare benissimo e davvero, conformemente a pienissima verità, completamente fuori del tempo e dello spazio. Però vi è ancora una cosa che desidererei Tu mi spiegassi in poche parole, e cioè che ubicazione veramente va assegnata al Cielo e quale al misero inferno dei quali ho già udito tanto parlare e ho letto tante cose. Infatti sta scritto: “Questi saranno assunti su nel Cielo, e quelli verranno gettati giù nell'inferno!”. Che cosa e dove è il su, e cosa è e dove è il tanto terribile giù?»

3. Dico Io: «Ecco, sulla sedia dove tu ora siedi, dal punto di vista terreno, possono benissimo trovarsi strettamente l'uno accanto all'altro Cielo e inferno, e tuttavia nel regno dello spirito questi sono separati da un abisso tale che non si può vederne il fondo! Ma ti dirò ancora di più.

4. Qui, dove Io Mi trovo vicino a voi, è il supremo dei Cieli, e questo si denomina l'Alto; e sempre qui, dove Io Mi trovo vicino a voi, c'è anche il più profondo e perfidissimo inferno, e ciò si denomina il Basso!

5. Le condizioni spaziali non fanno alcuna differenza a questo riguardo, ma la fa unicamente lo stato spirituale che, come hai visto, non ha assolutamente nulla di comune con la condizione materiale, perché nel regno degli spiriti solamente la condizione della vita costituisce un giusto e vero divario, dato che le condizioni spaziali nel senso terreno non possono avere qui nessun significato, ma allo scopo di rendervi la cosa ancora più chiara e comprensibile, farò seguire alcuni esempi.

6. Ammettiamo che qui, sulla stessa panca, sedessero due persone l'una vicino all'altra; una è un devoto sapiente dallo spirito illuminato ed iniziato in moltissimi misteri dell'agire delle forze divine nel mondo naturale; mentre l'altra è invece un malfattore indurito il quale su quella stessa panca riposa le sue membra e, come un qualsiasi altro galantuomo, si fa servire vino e pane per ristorarsi soltanto allo scopo di poter poi all'aperto dedicarsi con tanta maggiore facilità al suo perverso mestiere. Ebbene, quanto vicine sono dunque queste due persone dal punto di vista dello spazio terreno, e quanto invece sono infinitamente lontane l'una dall'altra dal punto di vista dello spirito!

7. Ed ora supponiamo che il nostro sapiente si trovasse seduto qui con noi su questa panca e che circa nelle identiche condizioni, ammettiamo a mille giornate di cammino da qui, si trovasse seduto un altro sapiente. Questi due esseri simili tra di loro si troverebbero, dal punto di vista dello spazio terreno, molto distanti l'uno dall'altro, mentre nel regno dello spirito sarebbero invece vicinissimi, come è anche letteralmente il caso nel Mio Regno.

8. Ma da tutto ciò risulta di nuovo chiarissimo che per ogni uomo buono il Cielo si trova appunto là dove egli si trova, e che tutti i buoni e puri simili a lui si troveranno essi pure nella sua immediata vicinanza. Infatti, la cosa non è affatto così come se qualcuno dicesse: “Vedi, il Cielo è qui, oppure è là, oppure è al di sopra di tutte le stelle; l'inferno invece si trova in qualche luogo profondissimo sotto la Terra!”. Tutto ciò non dipende dal tempo e dallo spazio terreno, e non si presenta neppure in qualche modo con grande pomposità e sfarzo esteriori come una vana cerimonia nel Tempio, ma è celato nel più intimo dell’uomo.

9. Dunque, quale sarà lo stato interiore dell'uomo, tale sarà pure nell'aldilà la condizione del mondo che egli fuori da se stesso si creerà e nel quale e sul quale egli poi vivrà, buono o cattivo che potrà essere.

10. Per tutti coloro che sono nella verità e così pure nella vera luce fuori dalla Mia Parola per effetto della fede vivente e della conseguente azione secondo la Parola, per loro anche il mondo, nella misura più perfetta simile a questa Terra, sarà nel Mio Regno luce e verità per tempi eterni e in proporzioni che aumenteranno sempre; coloro invece che permarranno per proprio volere nel falso e quindi nel male, pure il loro mondo si troverà costituito così come sarà costituito l'intimo del loro cuore, in proporzioni che sempre si accrescono! Infatti, come un uomo veramente buono diventa sempre migliore, altrettanto succede del cattivo il quale diventa sempre più perverso, e quindi, per quanto riguarda il suo stato, si distanzia sempre più dal buono, cosa questa che si può chiarissimamente constatare già su questo mondo.

11. Considerate un po' quegli individui nei quali l'orgoglio va accendendosi sempre di più fino a diventare ardente avidità di dominio! Quando essi, grazie al loro potere tirannico, hanno ridotto a schiavi miserabilissimi molte migliaia di uomini, allora raccolgono delle orde ancora maggiori di guerrieri, invadono i paesi degli altri re, li conquistano e depredano i re della loro terra, dei loro popoli e dei loro tesori. E quando, così continuando, hanno conquistato e reso infelice mezzo mondo, allora essi si ritengono già simili a Dio, si innalzano addirittura al di sopra di Lui, si fanno adorare e minacciano le pene più orribili contro chiunque osi sacrificare ad un altro Dio che non sia esclusivamente lo zar di questo genere. A questo riguardo noi abbiamo un esempio lampante nel re di Babilonia Ne bouch Kadne zcar (“All'infuori di me, il re, non c'è altro dio”), ed attualmente pure nei sommi sacerdoti, negli scribi e nei farisei, i quali pure si ritengono le uniche autentiche divinità e vanno attentando alla Mia vita, tanto anzi che verrà un tempo nel quale sarà concesso loro di raggiungere lo scopo, uccidendo questo Mio corpo, certamente per tre giorni soltanto, trascorsi i quali Io per Potenza Mia propria risorgerò, e solo allora precipiterà su di loro il giudizio e sarà giunta la loro fine.

12. Ma da ciò voi tutti potete afferrare quasi con mano che il perverso si fa anche sempre più perverso, come altresì il buono si rende sempre migliore, con la differenza soltanto che al male è posta una misura, e nei suoi riguardi è stabilito: “Fino a qui soltanto, e non un passo di più!”. Infatti, poi deve seguire sempre un grande giudizio punitore mediante il quale i malvagi possono venire indotti a meditare sui loro casi, e non è escluso che l'uno o l'altro possano incamminarsi per una via migliore.

13. Io ora vi ho mostrato come procedono le cose su questo mondo, ma altrettanto avviene nell'inferno; con la sola differenza soltanto che là - intendo parlare di tutto il regno degli spiriti - i buoni, gli umili, i pazienti e coloro che si affidano a Dio sono per l'eternità separati da ogni altro; e per conseguenza unicamente i malvagi esplicano completamente nell'inferno la loro attività falsa e maligna per quanto del tutto inutile e vana! Inutile e vana perché la loro luce è falsità ed inganno, una parvenza assolutamente vuota come il sogno di un ricco crapulone ubriaco e rimpinzato di cibo!

14. Io credo che ormai voi tutti ci vedete ben chiaro nella cosa! Noi dunque vogliamo trascorrere quello che resta di questa notte in perfetta serenità e letizia. Se a qualcuno occorrerà ancora qualcosa, avremo tempo di occuparcene quasi fino al tempo della Pasqua, perché, fino ad allora Io Mi tratterrò qui presso l'amico Kisjonah. E tu, o Filopoldo, dimMi se ormai ti è tutto chiaro»

15. Risponde Filopoldo: «Adesso sì, perché anche le cose più incomprensibili Tu ce le hai rese chiare ed accessibili in modo tale che, almeno per me, non ci sono più domande da poter fare a questo riguardo, ed io credo che tutti i qui presenti avranno compreso benissimo essi pure. Però, bisogna convenire che unicamente Tu, o Signore, sei stato in grado di spiegarci tanto chiaramente simili cose! Infatti, tutti i saggi di questo mondo ci avrebbero rimesso certamente i loro denti del giudizio a voler mordere questo durissimo pane. Comunque il nostro ringraziamento Tu lo puoi leggere nel nostro cuore»

16. Ed i nostri ebrei-greci a loro volta dissero: «In verità, simili chiarimenti li può dare soltanto Colui che nel proprio Spirito compenetra l'Universo intero, e che veramente è Egli stesso il Tutto nel tutto! Questa è per noi la massima e più irrefutabile prova della Tua missione puramente divina. I prodigi hanno certo un effetto possente quando vengono compiuti nella maniera in cui li vai compiendo Tu, però soltanto per persone che hanno già molta esperienza, e nonostante ciò anch’essi subiscono una certa costrizione. La Parola invece vivifica l'anima e la rende libera, e perciò ha valore maggiore di mille prodigi i quali non vivificano, ma non fanno che tenere prigioniero l’animo che ne viene colmato d'angoscia. Dunque, noi pure Ti rendiamo grazie per questi insegnamenti quanto mai saggi!»

17. Ed Io conclusi: «Avete giudicato molto bene! Il domani però ci porterà varie altre cose ancora. Ora bevete dunque e siate di animo lieto fino all'alba; per stanotte non avremo alcun bisogno di sonno».

 

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Cap. 34

Una grande pesca.

 

1. La conversazione continuò poi molto animata fra i discepoli che erano rimasti, gli ebrei-greci e Filopoldo; anche fra Me e Kisjonah vennero scambiate idee e pareri riguardo al sacerdozio dei tempi passati e sulle antiche forme di governo patriarcali che erano migliori di tutte al paragone di quelle vigenti allora durante il tempo della Mia vita terrena. Così ragionando venimmo sorpresi dal mattino, e non ci fu nessuno, di tutta la compagnia, cui fosse sembrato di aver riposato troppo poco. In poche parole, il mattino trovò tutti lietissimi e sereni, e noi uscimmo fuori sulla riva per assistere al lavoro dei robusti pescatori di Kisjonah i quali, saliti sui loro battelli, erano zelantemente intenti alla pesca che, per altro, prometteva di riuscire piuttosto magra.

2. Due di loro, vedendoci, vennero a riva e dissero a Kisjonah: «Signore, oggi la pesca non sarà molto abbondante; è già dalla mezzanotte che lavoriamo con molto impegno, ma questo fatale vento da levante caccia il pesce a fondo, ed a questo male non c'è quasi rimedio!».

3. Allora Kisjonah domandò quanto pesce avessero preso fino a quel momento.

4. I pescatori risposero: «Due bariletti pieni ce ne saranno senz'altro; ma che cosa rappresenta questo per venti barche da pesca e per altrettanti battelli più piccoli?»

5. Allora Io Mi intromisi e dissi ai due pescatori: «Andate ancora una volta al largo e gettate le vostre reti, perché il tempo del levar del Sole è il più indicato per la pesca!»

6. Ed i pescatori, i quali non Mi conoscevano, risposero: «O amico, questa cosa la sappiamo anche noi, ma, data la forte brezza da levante, le prospettive restano ugualmente assai meschine! È ben vero che qualunque vento ostacola il nostro lavoro, ma quando soffia da levante è peggio che mai, particolarmente d'inverno»

7. Però Io replicai: «Lasciate stare queste cose; fate come vi ho detto, e vi persuaderete che il risultato sarà molto buono!».

8. Allora essi diedero mano ai remi e, raggiunti i compagni, riferirono loro quanto da Me detto. Essi scrollarono le spalle, ma avendo inteso che Kisjonah voleva che fosse fatto così, gettarono nuovamente in acqua le loro reti e poco dopo le ritrassero colme di tanto pesce della migliore e più nobile specie che quasi minacciavano di lacerarsi, ed essi ebbero un bel da fare per portare tutta quella straordinaria quantità di pesce nei grandi contenitori. È naturale che i pescatori si mostrassero estremamente meravigliati, perché nessuno si ricordava di aver mai fatto una pesca tanto abbondante; più tardi si intende che Kisjonah non mancò di rivelare loro Chi fosse stato la Causa prodigiosa di quella insolita pesca! E loro tutti credettero nel Mio Nome, nonostante alcuni di loro Mi avessero poi riconosciuto per il figlio di Giuseppe, il carpentiere.

9. Così trascorse metà dell'inverno fra ogni tipo di utili insegnamenti e di piccoli fatti, la cui menzione non sarebbe di importanza speciale per nessuno, dato che tutto si limitò a promuovere il benessere terreno di quella gente.

10. Così pure anche l'arrivo di Maria, la madre del Mio corpo, seguito dopo qualche giorno, non è un avvenimento tale da giustificare una menzione particolare; basterà dire che lei fu immensamente lieta di rivederMi personalmente e che si fece raccontare dai Miei discepoli molte cose in relazione alle prediche da Me tenute ed i prodigi da Me operati, cose queste che lei conservò gelosamente nel proprio cuore, vi meditò profondamente e nutrì anche la seria volontà di operarvi conformemente lei stessa. Anche i Miei due fratelli maggiori, figli di Giuseppe, vennero a Chis dove avevano da sbrigare un lavoro, durante il quale, naturalmente, Io stesso li assistetti con il consiglio e con i fatti.

11. Così si avvicinò il tempo della Pasqua, e molti cominciarono a fare i preparativi per recarsi a Gerusalemme, alla festa.

12. Kisjonah anzi Mi domandò se anch’Io Mi sarei recato a Gerusalemme per l'occasione.

13. Ma Io gli risposi: «Come ho promesso, Io certo Me ne andrò là, però stavolta alla festa non Mi farò vedere, e meno ancora nel Tempio; invece farò presto ritorno in Galilea, dove Mi dedicherò di nuovo al Mio compito»

14. Dissero allora gli ebrei-greci: «Ma, o Signore, se Tu Ti facessi tuttavia vedere nel Tempio forse ne rimarrebbero molto colpiti e finirebbero con il credere in Te come noi!»

15. Ed Io risposi: «Oh, di ciò non datevi pensiero, perché molte volte ancora Io insegnerò nel Tempio, però posso dirvi che di coloro che ora vi dimorano, siano essi farisei, anziani o scribi, nessuno rimarrà eccessivamente colpito nell'udire i Miei insegnamenti e nessuno si convertirà per poter divenire beato egli pure; anzi tutti saranno animati da uno stesso proposito: quello cioè di impossessarsi della Mia Persona e di ucciderMi! Sennonché per tutto ciò non è ancora venuto il Mio tempo! Perciò, di conseguenza, so già ben Io quello che farò».

16. Tutti si mostrarono soddisfatti di questa decisione, e perciò a questo riguardo nessuno Mi rivolse più nessuna domanda.

17. Tuttavia qui conviene ricordare ancora un episodio verificatosi prima della nostra partenza per Gerusalemme, e cioè il ritorno di Giuda Iscariota.

 

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Cap. 35

Giuda Iscariota nella casa di Kisjonah.

 

1. Tutti si erano già abituati alla piacevole idea che questo discepolo non sarebbe più ritornato, considerato che durante tutta quella metà dell'inverno non si era più fatto vedere in nessun luogo, almeno non presso qualche conoscente. Ma ecco invece che egli, un giorno, ci fece d'improvviso la sorpresa della sua ricomparsa proprio mentre sedevamo molto lietamente a tavola per il pranzo. Egli ci salutò tutti con grande cordialità e Kisjonah lo invitò subito a prendere posto alla mensa, ciò che il discepolo accettò immediatamente tra grande profusione di ringraziamenti e attestazioni di amicizia.

2. Kisjonah, che era uomo estremamente cortese e sincero con chiunque, domandò a questo nostro discepolo che cosa avesse fatto a casa sua durante quel tempo e come si fosse trovato lui e la sua famiglia.

3. Allora il discepolo cominciò a raccontare descrivendo in lungo e in largo tutti i vantaggi che durante quel breve tempo erano derivati alla sua casa mediante il diligente esercizio della sua professione, come egli avesse avuto incarico di fabbricare per questo o per quell’altro ragguardevole personaggio del vasellame pregevolissimo da cucina e da tavola in gran quantità, e come i suoi prodotti gli fossero stati pagati assai bene, tanto anzi che la sua casa e la sua famiglia erano economicamente provviste a dovizia almeno per alcuni anni. E di simili cose oltre i limiti dell'incredibile egli ne raccontò ancora parecchie.

4. Allora gli altri discepoli persero la pazienza, e perfino il nostro Pietro, il quale raramente apriva bocca, non poté frenarsi e finì col dirgli: «Ascolta un po', anche se la metà soltanto di quanto ci hai raccontato è vera, ciò di cui fortemente dubito, tu sei ormai senz’altro già altrettanto benestante quanto l'amico Kisjonah; ma allora io proprio non vedo come tu abbia potuto deciderti a ritornare qui da noi, e a continuare a seguirci! Non sarebbe stata una cosa molto più saggia per te continuare invece a dedicarti alla tua arte per moltiplicare così ancora di più le tue ricchezze?»

5. E Giuda Iscariota rispose: «Tu queste cose non le comprendi! Quando mi ci metto, il lavoro rappresenta per me un piacere ed io vi accudisco con tutta diligenza; ma quando, pure immerso nel mio lavoro, non posso evitare che il ricordo di tutto quello che ho udito e visto si affacci alla mia mente, allora mi sento irresistibilmente spinto ad abbandonare anche il lavoro per ritornare qui con voi, per vedere e apprendere ancora di più. Infatti non mi sento affatto così privo di spirito come voi, fratelli miei, supponete che io sia! E se davvero io fossi così, allora non mi troverei certo in vostra compagnia! Sennonché la mia brama di essere presso di voi ed in particolare, naturalmente, presso il nostro Signore si era fatta così acuta che dovetti venire come attratto da una potenza invisibile, ed ora sono qui! Però se la mia presenza vi è sgradita e se vi sono di ostacolo in qualche cosa, non avete che da dirlo, specialmente il Signore; in questo caso ritornerò là da dove sono venuto, ma non perciò cesseremo di essere buoni amici!»

6. Disse Pietro: «No, una cosa simile non la faremo mai, e tu fra noi puoi essere quello che eri e quello che vuoi; quello che ho da rimproverarti è che, data l'Onniscienza del Signore tante volte dimostrata, tu possa avere così poco riguardo di Lui da mentire con tanta sfacciataggine spiattellandoci in faccia le frottole dei tuoi guadagni, mentre tu, come noi, dovresti sapere benissimo, per averlo appreso dalla bocca del Signore, che sulle nostre labbra non deve mai salire una parola non vera! Ma se questo non lo puoi ignorare, perché dunque lasci che tante menzogne escano dalla tua bocca, tu che come noi sei stato eletto apostolo dal Signore?»

7. Giuda Iscariota domandò: «Oh, come puoi provarmi che abbia mentito?»

8. Risponde Pietro: «Con la massima facilità! Infatti, in primo luogo, tramite la Grazia del Signore, il mio animo è talmente illuminato che so e posso sapere esattamente se uno mente o se dice la verità; oltre a ciò, come appunto ora percepisco in me sempre per la Grazia del Signore, ben presto ci verrà fornita un'altra prova ancora più evidente, dalla quale tutti coloro che hanno adesso udito le tue parole rileveranno con troppa chiarezza quali grosse frottole tu ci hai raccontato, ciò che davvero non ti fa assolutamente onore! Tutti i tuoi vanti inutili non ci procurano né un danno, né un vantaggio; ma pensa un po' tu stesso se una cosa simile possa essere conveniente tra di noi, e particolarmente in presenza del Signore, nel Quale anche tu, al pari di noi, dicesti altre volte di aver riposto la tua fede e la tua speranza!».

9. A queste parole il nostro discepolo rimase molto imbarazzato, e non seppe cosa ribattere a Pietro, confuso com'era.

10. Non trascorse molto che alcuni individui si presentarono in casa di Kisjonah a chiedere l'elemosina, e Kisjonah, come era sua abitudine, li fece entrare in sala; quando vi furono entrati, vedemmo che si trattava di quattro giovinetti, non più proprio fanciulli, coperti di miserrimi stracci; e non appena Giuda li vide, volse la faccia dall'altra parte per non venire riconosciuto dai quattro nuovi arrivati, perché questi erano appunto i suoi quattro figli maggiori, cioè una ragazza e tre giovinetti.

11. Kisjonah, però, li prese da parte e domandò loro chi fossero, da dove venissero, chi fosse il loro padre e come si chiamassero.

12. I ragazzi allora dichiararono ogni cosa apertamente, rendendo così una testimonianza non eccessivamente buona sul conto del loro padre.

13. Kisjonah però fece notare loro che egli aveva saputo che il loro padre aveva guadagnato molto denaro con la sua arte durante la metà dell'inverno già trascorsa.

14. Sennonché i ragazzi smentirono tale versione e dissero che il loro padre aveva sì preparato qualcosa da portare al mercato; ma quando vi arrivò, erano sorte delle discussioni tra mercanti ebrei e greci, e nel corso della zuffa che ne era seguita tutte le pentole e i vasellami del loro padre erano stati ridotti in frantumi, cosicché tutti loro erano ritornati a casa in condizioni davvero da mendicanti, e il loro padre, tutto rattristato, li aveva abbandonati dicendo: “Figli miei, ora non posso fare più niente per voi! Provate a rivolgervi a della gente pietosa, e non dubito che troverete soccorso; io intanto me ne andrò dal Maestro prodigioso del quale vi ho raccontato tante cose, forse mi riuscirà di indurLo a venire in soccorso a voi e alla vostra misera madre, se proprio non sarà possibile che venga in aiuto a me!». Poi egli se ne andò tristemente, e anche loro se ne andarono, così come li vedevamo qui, per cercare qualcosa per loro, per la loro madre e per i loro fratelli e sorelle più giovani, ma purtroppo con risultati ben magri fino ad ora! Supplicarono allora Kisjonah di avere compassione di loro!

15. E Kisjonah domandò loro ancora: «Da quanto tempo vostro padre vi ha lasciato?»

16. Risposero allora i ragazzi: «Saranno già otto giorni che non l'abbiamo più visto».

17. Allora Kisjonah condusse i ragazzi in un'altra stanza, fece dar loro delle vesti, li fece lavare e diede loro da mangiare e da bere. Quando i quattro furono così provvisoriamente sistemati, non nascosero come fossero in apprensione e dolenti per la sorte del loro misero padre, a causa del quale anche la loro madre era rimasta a casa in preda a grande tristezza, visto che nessuno sapeva dove egli se ne fosse andato.

18. Ma Kisjonah li consolò e li assicurò che non c’era motivo di apprensione, dato che il loro padre si trovava nel frattempo ben provvisto di tutto presso di lui; anzi essi ben presto avrebbero avuto occasione di vederlo.

19. Allora i ragazzi furono quanto mai lieti e rimasero tranquilli nella loro stanza.

20. Frattanto Kisjonah ritornò in sala. Egli si avvicinò a Giuda Iscariota dicendo: «Amico, sia lontano da me voler muovere a te, che sei un discepolo eletto del Signore, un rimprovero a causa della tua millanteria; ma poiché tu - almeno lo spero - mi conosci altrettanto bene quanto mi conoscono tutti coloro che sono poveri in questo paese, perché non ti sei rivolto immediatamente a me e non hai confidato le tue deplorevolissime condizioni? Vedi, i tuoi figli sono molto più sinceri di te e sono in grave apprensione per causa tua; ed ecco che invece tu, quando essi entrarono qui, distogliesti il volto da loro perché non ti riconoscessero, loro che ti stanno ansiosamente cercando! Per quello che mi riguarda, non posso fare a meno di trovare alquanto strano il tuo contegno! Ma che cosa ne dici tu stesso?»

21. E Giuda, traendo un profondo sospiro, rispose: «Ah, amico mio, con le mie parolone, certo assai inopportune, non volevo che stordire il mio cuore spezzato! Sennonché questa semente mi ha portato dei pessimi frutti; perché la punizione è immediatamente seguita alla mia malvagità contro me stesso come un serpente velenoso, ed ora la mia vergogna è rivelata dinanzi agli occhi di tutti. Lascia dunque che ora vada dai miei figli per consolarli e per piangere vicino a loro tutto il mio dolore!»

22. Intervenni in quel momento Io, e dissi: «Non andarci ancora; adesso mangia e bevi, e in avvenire non mentire più, altrimenti devi aspettarti ben di peggio!».

23. Allora Giuda Iscariota non si mosse e riprese a mangiare e a bere, e poi tutti si comportarono e gli parlarono con grande amorevolezza, e Kisjonah gli promise dal canto suo che avrebbe avuto cura di quei miseri, dato che essi non avevano affatto colpa della sua disgrazia, mentre, semmai, era lui che ne aveva colpa come padre.

24. Così questa faccenda venne tranquillamente appianata e non se ne parlò più; e qui viene fatta menzione unicamente allo scopo di mettere di nuovo un po' più in luce la natura di questo discepolo.

 

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Cap. 36

Partenza da Chis e arrivo all'albergo di Lazzaro.

 

1. Anche la madre del Mio corpo, Maria, poco dopo fece osservare a Giuda Iscariota: «Se proseguirai così e non vorrai cambiare il tuo animo, la tua fine sarà un orrore per molti, e sarà ricordata dagli uomini fino alla fine di questo mondo. Guarda dunque bene che in avvenire tu possa reggere dinanzi agli occhi del Signore! Io non ho mai avuto un buon sogno a tuo riguardo, ma ora ne vedo anche il motivo. Perciò ancora una volta io dico: “Bada bene che tu possa reggere dinanzi agli occhi del Signore!”».

2. Queste parole si impressero profondamente nel cuore di tutti i discepoli.

3. Terminato il pranzo, visitammo ancora la casa di Maria e la proprietà che Kisjonah le aveva donato, e trovammo tutto in bellissimo ordine; là era stata edificata pure una piccola scuola nella quale la madre istruiva i fanciulli bisognosi in ogni tipo di cose utili. In questo modo lei impiegava il suo tempo in maniera vantaggiosissima sotto molteplici aspetti, e perciò si meritava l'amore e la stima degli abitanti del luogo e di tutto quel circondario; guariva anche molti ammalati imponendo loro le mani nel Mio Nome o pregava per loro, e quindi rappresentava una benedizione per quei luoghi ed era un vero gioiello agli occhi di Kisjonah.

4. Il giorno seguente, un giovedì cioè, tre settimane prima di Pasqua, prendemmo congedo da Kisjonah con la promessa di ritornare presto da lui; egli allora fece allestire immediatamente una delle sue migliori navi sulla quale salimmo subito dopo colazione e partimmo favoriti da un buon vento. Kisjonah, Filopoldo e Maria ci accompagnarono essi pure per mare fino a quel punto della riva del Mare di Galilea dove il Giordano lo lascia per deviare a sinistra, verso il Mar Morto, attraverso una lunga valle fortemente piegata a levante. Da qui, per una strada buona e ben tenuta, si andava a Gerusalemme; di questa strada fra l’altro oggi non esiste più la benché minima traccia, e altrettanto si dica di tutte le località sul Mare di Galilea che a sua volta attualmente si trova ridotto di un buon terzo in ampiezza al paragone di come era allora.

5. Al punto di sbarco non c'era che un ufficio del dazio dove veniva riscosso un lieve dazio soltanto nel caso in cui qualcuno avesse portato con sé in qualche modo della merce con l'intenzione di farne commercio. Noi dunque scendemmo in quel punto dalla nave, benedicemmo coloro che ci avevano accompagnato e ci mettemmo rapidamente in cammino senza fare sosta in nessun luogo, cosicché ad ora abbastanza tarda di notte arrivammo alla dimora del nostro albergatore il quale era ancora alzato, dato che in casa c’erano degli ospiti.

6. Non appena l'albergatore ci vide e ci riconobbe, la sua gioia fu grande ed egli mise in moto tutta la casa per provvederci del necessario; infatti era dal primo mattino che non avevamo preso nulla, e le nostre membra erano molto stanche per il lungo viaggio compiuto a piedi, e perciò il bisogno di riposare si era fatto molto sensibile. Mentre veniva preparata la cena per noi dai suoi servitori, egli ci mise al corrente di tutti i vari avvenimenti verificatisi là durante la Mia assenza. Fra l’altro ci raccontò che il buon Lazzaro aveva avuto delle serie questioni con i rappresentanti del Tempio a causa degli operai che Io gli avevo procurato a Betlemme.

7. Essi cioè erano andati ripetutamente in casa sua e si erano dati da fare per attirare dalla loro parte i suoi operai; sennonché questi li avevano accolti male e li avevano minacciati nel caso in cui non avessero voluto lasciarli in pace. Questa accoglienza aveva stupito e fatto molto arrabbiare la gente del Tempio, la quale incolpò Lazzaro di avere aizzato in segreto i suoi lavoratori contro di loro, e in questo senso avanzarono anche formale querela presso l'autorità provinciale romana. Il prefetto, in seguito a ciò, aveva citato Lazzaro, l’aveva interrogato per sentire come fossero andate le cose e poi aveva chiamato a deporre anche tutti i lavoratori, ciascuno per sé. Ma il risultato di tali interrogatori fu che Lazzaro assieme a tutti i suoi operai fu prosciolto da ogni accusa, e al Tempio fu fatto comprendere, sia pure velatamente, che Lazzaro, ormai cittadino onorario di Roma, doveva essere lasciato in pace assieme alla sua gente; in caso contrario il prefetto sarebbe stato costretto a mettere a disposizione di Lazzaro, a sua tutela, un adeguato numero di soldati. Una tale decisione aveva ottenuto il suo effetto, ed erano trascorse già circa sei settimane senza che Lazzaro avesse avuto noie da parte del Tempio. Se poi, dopo questo fatto, la gente del Tempio nell'intimo del suo cuore lo vedesse di buon occhio, di ciò l'albergatore dubitava parecchio, malgrado essi esteriormente tenessero nei suoi confronti un contegno quanto mai amichevole e andassero sostenendo di aver avanzato la querela, pericolosa per loro, davanti al prefetto contro i suoi lavoratori e non contro di lui. Così Lazzaro, almeno all’apparenza, restava ancora in buoni rapporti con la gente del Tempio.

8. Dissi Io: «Sapevo bene che le cose sarebbero andate così; però sarebbero potute andare anche altrimenti se avessero continuato ancora per un paio di settimane, perché in questo caso si sarebbe davvero giunti a vie di fatto fra i lavoratori e la gente del Tempio. Ora questi avvenimenti li avevo previsti, e quindi, con la Mia Volontà, li ho guidati a risolversi appunto come effettivamente si sono risolti, e ciò è stato buono. I templari certo nutrono ora segretamente rancore contro Lazzaro, ma ciò non vuol dire nulla; perché essi nutrono rancore anche contro tutti i romani ed i greci, nonché contro gli esseni, i sadducei e i samaritani. Sennonché tutto questo rancore è simile a quello di un tale, quanto mai stolto, che era diventato furente dall'ira contro un grande fiume, perché non riusciva a trovare nessun ponte sopra di esso che gli rendesse possibile il passaggio all'altra riva molto bella. Però il fiume rimase come era, malgrado l'immensa ira di quello stolto. E, in verità, non altrimenti stanno le cose rispetto al rancore e all'ira di quei templari! Tutto si riduce al contorcersi e all’inutile dibattersi di un verme nella polvere contro il passo del cammello che avanza sulla strada. Lasciamo dunque stare adesso questa faccenda, e tu, amico caro, va a vedere se c'è qualche buona prospettiva per la nostra cena».

 

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Cap. 37

I savi dalla Persia.

 

1. L'albergatore allora si affrettò in cucina e trovò che tutto era già pronto. La cena fu immediatamente servita e noi mangiammo e bevemmo in perfetto buon umore.

2. Ora avvenne che gli altri ospiti, cioè dei viaggiatori provenienti in parte dalla Galilea e in parte dalla Grecia, dalla Samaria e da vari altri paesi, i quali alloggiavano là perché l'albergatore era conosciuto come persona molto modica nei prezzi e perché disponeva di numerosi locali nel suo albergo, essi pure vennero a conoscenza del fatto che nell'albergo stesso Mi trovavo appunto anch'Io, di Cui avevano inteso raccontare già tante cose. Domandarono perciò ai servi di casa se avrebbero potuto vederMi. Allora uno dei servitori entrò nella stanza dove eravamo seduti ed espose la cosa sottovoce all'albergatore, il quale discorreva di vari argomenti con noi.

3. L'albergatore però disse al servitore: «Davvero, io non posso dire né sì, né no, perché questo Signore è un Signore assoluto, e deve venir fatto solamente così come Egli vuole!»

4. Allora Io dissi all'albergatore: «Fra i viaggiatori ci sono anche quattro magi dall'Egitto, nativi della Persia quasi vicino ai confini di questo paese con l'India. Tre di questi sono dei magi principali già avanti negli anni, mentre il quarto è solo un discepolo. Essi viaggiano in grande compagnia, ma questa in gran parte ha preso alloggio altrove; qui con loro non hanno che i servi indispensabili alle loro persone. Orbene, questi quattro magi che da diversi anni si sono esibiti in Egitto, puoi farli entrare qui, e noi li metteremo alla prova per constatare quale natura essi abbiano!».

5. L'albergatore allora si allontanò e andò nella stanza dove si trovavano i quattro magi e disse loro che Io avevo acconsentito a riceverli.

6. Essi, a questa notizia, si rallegrarono molto, dato che sul Mio conto avevano udito raccontare già moltissime cose perfino oltre i confini di Canaan. Essi perciò si alzarono senza indugio e si affrettarono a venire da Me guidati dall'albergatore. Quando i venerandi vegliardi si trovarono in nostra presenza, fecero un profondo inchino, e salutarono cerimoniosamente secondo il loro costume. Essi parlavano correntemente l'ebraico così che anche tutti i discepoli erano in grado di comprenderli.

7. Io dunque iniziai la conversazione e dissi loro: «Colui che bramereste conoscere più da vicino sono appunto Io stesso; ma ora prendete posto qui con noi e vedremo di intenderci un po’ meglio!»

8. I magi allora si sedettero alla nostra mensa, ed Io domandai: «Ebbene, diteMi francamente che specie di arti e di magie siete soliti praticare, poi sarà dato anche a voi conoscere tutto quello che faccio Io! Forse possiamo esserci molto utili reciprocamente!»

9. Intese queste Mie parole, i magi si inchinarono e uno di loro rispose: «Maestro, questo qui è il più anziano e il più saggio tra noi; il suo nome è Hahasvar[7] (“custode delle stelle”) e sarà il nostro oratore! Egli ormai conta tre volte trent'anni. Io che ora parlo non ne conto che ottanta, e questo vicino a me settanta; ora nelle stelle sta scritto che ciascuno di noi deve vivere ancora trent'anni a partire dal tempo attuale. Io mi chiamo Meilizechiori[8] (“Possiedo la visione, ovvero la scienza di misurare il tempo”), e il nome di questo mio vicino Ou-li-tesar[9] (“il forzatore o costrittore della volontà”). Il quarto di noi è giovane ed appunto per questa ragione non ha ancora un nome preciso. Ed ora la parola spetta al nostro anziano!»

10. E l'anziano così iniziò a dire: «Noi tre fummo già altre volte da queste parti, e precisamente trent'anni fa. Allora noi partimmo dal lontanissimo Oriente per venire fin qui, dato che ad intraprendere un simile viaggio fummo indotti dall'apparizione di una stella speciale, mentre nelle stelle ci venne dato di poter leggere quanto segue: “Nel lontano Occidente, al degenerato popolo di Dio, è nato un nuovo re. La madre del Suo corpo è una vergine mai venuta in contatto con un uomo, poiché il bambino è stato generato in lei dalla Potenza immensa del grande Dio, e il Suo Nome si farà grande fra tutti i popoli della Terra. Egli fonderà un Regno e vi dominerà in perpetuo quale un Re potentissimo, e beati tutti coloro che vivranno in un tale Regno, perché la morte non avrà più alcun potere su di loro!”.

11. E avendo noi letto ciò, ci mettemmo in viaggio seguendo la via indicataci dalla stella; e infatti a Betlemme, e precisamente in una vecchia stalla di pecore, trovammo in maniera assolutamente meravigliosa un neonato bambino al quale offrimmo i doni che avevamo portato con noi. Era nostra intenzione, conformemente alla promessa fatta, ritornare al nostro paese passando per Gerusalemme; sennonché per mezzo di uno spirito luminoso fummo ammoniti in sogno ad incamminarci per un'altra via per ritornare in patria, e a non svelare al principe malvagio il re neonato. Così facemmo. Cosa poi fosse accaduto di quel meraviglioso bambino, non lo potemmo più sapere nonostante tutte le indagini fatte.

12. Da parte di gente anziana venimmo a sapere che il vecchio e crudele principe Erode aveva comandato a Betlemme una strage di bambini a causa di quel re neonato, in cui tutti i fanciulli da uno a dodici[10] anni erano stati passati a fil di spada. Sembra però che i genitori assieme al bambino abbiano potuto rifugiarsi per tempo in Egitto, fuggendo così dinanzi alla pazzia furiosa di quel principe. Noi, dopo vari anni, facemmo delle indagini in Egitto per rintracciare quel re bambino, ma non ci fu possibile sapere più niente.

13. Poco tempo fa, a Menfi, in Egitto, apprendemmo che nella Galilea era sorto un uomo meraviglioso il quale andava operando prodigi tali quali sulla Terra non erano mai stati visti, e che oltre a ciò teneva sermoni improntati a tanta sapienza che al suo paragone tutti i maggiori sapienti di questo mondo avrebbero dovuto nascondersi addirittura sotto la polvere. C’erano molti che credevano in lui e gli erano fedeli, considerato che egli doveva essere Dio in Persona per fare opere tali che altrimenti non sarebbero state assolutamente spiegabili.

14. Nell’apprendere tali notizie, decidemmo di ritornare appositamente qui a Canaan, od in generale nel paese degli ebrei, allo scopo di incontrarci in qualche luogo con quest'uomo straordinario e ciò per due motivi, il primo dei quali era quello di convincerci da soli se fosse eventualmente proprio colui che avevamo visto come bambino neonato a Betlemme.

15. Certamente quest'uomo prodigioso pare che non sia assurto ancora alla dignità di re; tuttavia ai nostri occhi questo fatto non ha proprio alcuna importanza, dato che noi siamo soltanto dei savi e degli astrologi, nonché dei magi di classe straordinaria al cospetto dell'umanità cieca, in seguito alla conoscenza che abbiamo delle forze naturali. Siamo però, in verità, anche dei re in paesi molto ben popolati situati sugli altipiani della Persia citeriore, né abbiamo nemici da temere, considerato che ciascun principe, nostro vicino, ci stima molto ed ha il massimo rispetto della nostra potenza occulta. Eppure tale nostra potenza si basa su fatti prettamente naturali soltanto e può essere acquisita da chiunque; quanto più dunque non deve poter essere un re questo uomo tanto famoso del paese d’Israele che con la sola potenza della sua volontà può annientare rupi e montagne, risuscitare i morti e comandare agli elementi!

16. Già stamani quando siamo arrivati in questi luoghi, ci siamo subito informati sul conto di quest'uomo. Ci fu detto che ancora non molto tempo fa egli si trovava da queste parti e che tra breve sarebbe anche ritornato! Ed oggi stesso, a sera già alquanto inoltrata, cominciò a correre di bocca in bocca la voce che quell’uomo famoso aveva davvero fatto ritorno assieme ai suoi discepoli.

17. Tu dunque, o maestro, puoi ben immaginarti quale brama ansiosa abbia cominciato ad ardere nei nostri petti, la brama cioè di vedere in te l'uomo sul conto del quale tante cose sbalorditive erano giunte ai nostri orecchi, e di chiederti poi in tutta modestia se sei forse tu stesso quel prodigioso bambino fattosi uomo, che venne a questo mondo a Betlemme».

 

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Cap. 38

Il potere e l’operato dei tre saggi.

 

1. Dissi Io allora: «Tutto questo è molto bello e lodevole da parte vostra; però aveva trovato credito la voce secondo cui quei tre saggi, i quali avevano reso omaggio al neonato prodigioso a Betlemme, fossero già morti quindici anni fa. Come mai voi invece, quali le stesse persone, vivete ancora ed esercitate le vostre arti in tutte le parti del mondo?»

2. E l'anziano rispose: «O nobile amico, laggiù nel nostro paese tu puoi morire cinque ed anche sette volte e poi continuare a vivere di una nuova vita; tutto ciò è l’effetto dell'aria di quelle regioni, della terra e dei suoi spiriti, delle erbe meravigliose e delle nostre forze attinte alle forze misteriose della natura.

3. Sennonché quando allora ci trovammo a Betlemme, in noi c'erano ancora tre spiriti[11]  che erano originari dai tempi primordiali dell’umanità di questa Terra; attualmente però questi spiriti non sono più in noi e congiunti a noi, ma noi siamo qui da soli.

4. Quando quegli spiriti ci abbandonarono, certo esteriormente avemmo l'aspetto come se fossimo morti, tuttavia i nostri spiriti ci rianimarono di nuovo ed ora viviamo benissimo da soli e continueremo a vivere per un certo tempo ancora. Quando poi questo corpo sarà del tutto inutilizzabile, neanche allora morremo della morte quanto mai miseranda della povera umanità di questi paesi; ed invece con la piena coscienza di noi stessi deporremo volontariamente queste spoglie di carne per poi continuare a vivere e ad operare quali spiriti fra i nostri pari. Vedi, o grande e nobile maestro, così stanno le cose nei nostri riguardi, dato che noi apparteniamo ad un popolo primordiale incorrotto e ancora allo stato naturale»

5. Dissi Io: «Io sono a conoscenza di queste cose, e so pure che su questa Terra esiste ancora qualche popolo del genere; per parte Mia a questo proposito non ho nulla da obiettare, e perciò ritengo conforme a verità la vostra asserzione che siete appunto voi quei tre saggi dal lontano Oriente che vennero a visitare il meraviglioso bambino neonato in una stalla di pecore a Betlemme, e che siate ritornati adesso a ricercare il prodigioso re che dovrebbe essere sorto dal bambino stesso, allo scopo di rendergli nuovamente omaggio, cosa questa indiscutibilmente degna di lode da parte vostra.

6. Tuttavia Io prima vi ho interrogato anche riguardo alle vostre esibizioni e all'esercizio delle vostre arti durante i lunghi viaggi intrapresi, e così pure riguardo all'utile che ne avete ricavato. Anche a questo proposito bisogna che Mi diciate qualcosa, affinché almeno questi Miei discepoli possano trarre qualche profitto da voi! A Mia volta poi Mi riservo di esporvi qualcosa riguardo a Me stesso.»

7. Risponde l’anziano: «Oh, grande maestro, se tu davvero sei in grado di compiere tutte le opere delle quali abbiamo udito parlare, i tuoi discepoli non possono davvero ripromettersi proprio un particolare vantaggio da quello che siamo in grado di fare e di dire noi; ma considerato che lo desideri, io posso senz’altro esporti l’aspetto più importante del nostro compito. Il nostro primo e principale compito è quello di predire agli uomini l'una o l'altra cosa utile per loro consultando le stelle, e quello che profetizziamo, di solito si avvera. Certo, per parlare sinceramente, la cosa dipende più dalla disposizione artificiosa delle parole che non dalla posizione delle stelle la quale, ad eccezione dei pochi pianeti, rimane comunque sempre la stessa.

8. Soltanto al tempo della nascita di quel bambino prodigioso nel paese d'Israele, quando cioè in noi dimoravano con maggiore o minore frequenza ancora quei certi spiriti di cui ho parlato, soltanto allora abbiamo potuto constatare ad Occidente una posizione stranissima delle stelle, nonché la presenza di un'altra stella di particolare grandezza munita di una lunga coda rivolta ad Occidente, ed essendoci accorti che essa si muoveva appunto in quella direzione con velocità maggiore delle altre stelle, arguimmo che qualcosa di grande e di straordinario doveva essere accaduto da quelle parti. E ben presto potemmo leggere nelle stelle anche una scritta che diceva: “Agli ebrei è nato un nuovo re, il quale fonderà un regno che non avrà in eterno mai più fine, ed egli regnerà su tutti i popoli della Terra!”.

9. Ebbene, noi ci mettemmo in viaggio nella precisa direzione in cui si muoveva la stella, la quale a noi parve fermarsi al posto giusto; infatti là noi ci trovammo nella possibilità di persuaderci dell'avvenuta nascita accompagnata da tutti i possibili prodigi, in maniera che in noi non poteva più sussistere il benché minimo dubbio che fossimo giunti là dove intendevamo arrivare. Dunque, allora la nostra astrologia corrispose a piena verità; se poi anche le nostre successive interpretazioni della posizione delle stelle siano più o meno state corrispondenti a verità, di ciò noi, per dirla schietta, non potremmo davvero renderci pienamente garanti. Questo è dunque quanto noi potremmo dire riguardo alla nostra astrologia.

10. Per quello poi che concerne la nostra scienza magica, questa si divide in tre parti. La prima parte, la principale, si fonda sulle nostre cognizioni e sulla dimestichezza con le forze misteriose della natura, cognizioni e dimestichezza acquisite attraverso molte prove, tentativi ed esperienze, tramite le quali siamo in grado di produrre ed inscenare una quantità svariatissima di cose che nell'umanità cieca ed ignorante non possono fare a meno di suscitare il più grande stupore, e che sono fonte per noi di grande fama e di cospicui guadagni.

11. Noi possediamo, ad esempio, il segreto di produrre una specie di grani che si accendono con estrema facilità, e che con la loro rapida accensione entro uno spazio chiuso sviluppano una potenza tale da mandare con un tremendo scoppio in mille pezzi anche la roccia più solida e resistente qualora vi si abbia prima praticato un'apertura e la si sia riempita con un paio di libbre di quei grani cui viene dato fuoco per mezzo di una miccia invisibile. Apparentemente, a causa del popolo, noi ci comportiamo così come se comandassimo alla roccia di dissolversi; in realtà però l'effetto viene ottenuto mediante i nostri grani esplosivi, e noi già vari giorni prima sappiamo come fare per collocarli, del tutto inosservati, in un posto adatto.

12. E così conosciamo una quantità ancora di esperimenti di questo genere i quali, prodotti al cospetto del popolo, sono tali da farlo strabiliare. A questa classe appartiene pure la nostra arte pirotecnica e quella di imitare fino all'illusione perfetta il lampo ed i suoi effetti. In ciò consiste dunque la prima parte della nostra magia.

13. La seconda parte è puramente meccanica, e così noi riusciamo ad ottenere certi effetti che anch'essi devono suscitare la massima meraviglia in ogni profano, perché la causa che li produce è sconosciuta, e all'infuori di noi non c'è nessuno che possa spiegarla.

14. La terza parte della nostra magia è veramente la più insignificante, poiché le rispettive esibizioni sono basate unicamente su certi accordi segreti preventivi. Tuttavia è questo che provoca quasi la maggiore sensazione fra il popolo cieco, nonostante dietro non si celi proprio niente se non degli effetti ottenuti mediante una particolare abilità acquisita con l'esercizio. Queste dunque sarebbero le nostre tre specie di magia.

15. Infine però noi siamo anche dei medici, e dato che disponiamo di medicamenti segreti, possiamo con la coscienza più tranquilla di questo mondo guarire molte malattie e distruggere gli insetti nocivi di ogni specie; oltre a ciò tutte le specie di animali nocivi devono darsi alla fuga dinanzi a noi, oppure devono lasciarsi domare, e in seguito a tale nostra particolare capacità noi abbiamo già reso alla gente più di un buon servizio. Ed ora tu, grande maestro, hai svelata dinanzi a te, in breve, tutta la nostra arte. Ma ora vorremmo pregarti di raccontarci qualcosa di dettagliato su di te».

 

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Cap. 39

Uno scopo buono non giustifica dei mezzi cattivi.

 

1. Io allora dissi: «La vostra arte, in quanto si serve della meccanica e della medicina nello sperimentare le forze naturali, è in sé assolutamente buona, e da ciò con il tempo ne può derivare all'umanità più di un vantaggio terreno. Tutto quello invece che al cospetto degli uomini, i quali dinanzi a Dio hanno tutti l’identico valore, appare quale una produzione illusoria tendente a procacciare dei guadagni, tutto ciò è cattivo e spregevole dinanzi a Dio, il Signore di tutti i mondi e di tutte le creature, come già ebbi a spiegare in una precedente occasione anche agli esseni i quali vanno facendo cose simili. Infatti, per quanto anche lo scopo fosse buono in sé, ma non lo si potesse raggiungere che ricorrendo ad un mezzo menzognero e per conseguenza cattivo in se stesso, questo non risulterebbe tuttavia mai giustificato dallo scopo in se stesso, né quindi potrebbe mai dirsi buono.

2. Vi citerò un esempio: ammettiamo che vi sia una persona sofferente di atroci dolori, e che i migliori medici abbiano invano fatto ricorso a tutta la loro scienza per liberare l'ammalato dal suo tormento. Ad un tratto ad uno di loro viene un'idea e dice agli altri medici: “Considerato che non c'è più alcun mezzo per alleviare le sofferenze di quest'uomo, diamogli un potente veleno, e così lo libereremo da ogni suo male”. Detto e fatto, gli altri medici seguono il suo consiglio e il sofferente dopo qualche istante ci rimette la vita. Eh sì, questi medici hanno certo liberato l'ammalato da ogni dolore, però essi lo hanno ucciso, senza riflettere perché Dio avesse concesso che su di lui venisse un simile male, e senza pensare alle conseguenze per la sua anima nell'aldilà. Quindi in questo caso il mezzo è stato cattivo, e tale da non permettere mai più il raggiungimento di uno scopo prettamente buono.

3. Ora vedete, così succede di tutti i falsi prodigi di questo genere. E quantunque questi vengano accompagnati perfino da buoni insegnamenti morali a promuovere questo o quel vantaggio per l'umanità, e dichiarati come opera divina, essi non raggiungono in realtà alcuno scopo buono, perché suscitano negli animi del popolo una credulità forzata e, come conseguenza di questa, anche una quantità di pessime superstizioni ed infine un odio fanatico contro chiunque professi un'altra fede. Ma quando infine viene il giorno in cui qualcuno dotato di spirito lucido li rende consapevoli dell'inganno, ed essi si persuadono che il presunto prodigio divino nel quale avevano creduto non è stato altro che una produzione naturale del tutto goffa, essi volgono immediatamente le spalle anche agli insegnamenti buoni in se stessi, ma fondati su tali illusori prodigi, poi non credono più a niente e si scagliano come tigri e iene contro i loro maestri e operatori di miracoli.

4. Dunque da tutto ciò non è difficile rilevare come ricorrendo ad un mezzo cattivo non si possa veramente mai raggiungere uno scopo buono, poiché, se le fondamenta sono cattive e difettose, come potranno reggere un edificio perfettamente solido?

5. Su un terreno molle e friabile non si potrà mai costruire un castello solido, e similmente avvalendosi di mezzi falsi ed illusori, non si potrà mai arrivare ad un’educazione vera dell’umanità, e tale da migliorarla e vivificarla.

6. Anche i massimi governi, davanti ai quali un giorno tremava metà del globo, finirono col disperdersi come una vuota pula, per la ragione che le fondamenta sulle quali erano stati edificati, non erano altro che un'opera illusoria e vana altrettanto quanto la pula del grano che si disperde per l'aria.

7. Ma per questo sono sceso Io stesso dall'Alto su questa Terra, per portare cioè e mostrare agli uomini la piena Verità. E colui che resterà e vivrà in questa Verità, sarà veramente libero, ed avrà in sé la vita eterna la quale non può mai venire raggiunta con dei mezzi illusori, ma unicamente procedendo per le vie della più pura e schietta Verità.

8. Ed è appunto in ciò che consiste il Regno del quale Io sto gettando le fondamenta; esso è un Regno dell'Amore, della Luce e della Verità purissima generata appunto dalla Luce e dall'Amore. Certo il Suo Re non siederà mai su un trono di questa Terra, non terrà alcuno scettro d'oro nella Sua mano, né impugnerà altra spada all'infuori di quella della Verità; e tuttavia questa spada Gli farà riportare la vittoria più splendida sopra tutti i popoli della Terra e sopra tutte le creature della Terra, vittoria che avrà valore per l'eternità, e beato colui che si lascerà vincere da questa purissima arma del Cielo!

9. E soltanto ora vi dichiaro che Io sono appunto assolutamente Quello stesso che voi andate cercando, ed al Quale voi già come neonato bambino un giorno tributaste omaggio.

10. Ma Io vi dico altresì che né ora, né mai Io prenderò onore dagli uomini, perché vi è già Uno, il Quale è una cosa sola con Me, che unicamente Mi onora, e il Suo Nome è: “Amore, Luce, Verità e Vita”. Egli è la Causa prima di tutte le cose ed Egli stesso è l'Essere eterno e l'eterna Esistenza, e tutto ciò che è ed esiste procede da Lui. Ed ora diteMi, se avete un'idea precisa di come stiano le cose».

 

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Cap. 40

L'influsso degli spiriti della luce.

 

1. E l'anziano, tutto compenetrato dalla verità di queste Mie parole, rispose: «O grande Maestro! Da queste Tue espressioni ricolme di luce noi abbiamo attinto la convinzione più che piena che Tu devi essere più di un semplice uomo, perché in una maniera tanto acutamente vera non abbiamo ancora mai udito parlare nessuno, e in verità simili Parole operano ben più di mille prodigi fra i più strabilianti, i quali seducono per un certo tempo gli uomini, ma d'altra parte ne induriscono e ne ottenebrano ancora di più il cuore! Perciò anche noi non chiediamo da Te alcun altro segno, perché questa Tua Parola ci è garanzia più che sufficiente, ed ormai sappiamo quello che in avvenire dovremo credere e fare. Il popolo nella nostra patria non dovrà d'ora innanzi vagare più nelle tenebre!»

2. Dissi Io allora: «Questo sarà molto ben fatto da parte vostra; tuttavia ad ogni cosa buona e vera occorre il suo tempo. Per conseguenza anche voi, accingendovi in qualsiasi modo a ben operare, siete tenuti a chiamare a consiglio la prudenza. Infatti, un popolo, una volta che sia immerso nelle tenebre, non può sopportare, senza pericolo per la sua facoltà visiva, una luce troppo intensa che si manifesti d'improvviso; esso poi diviene come pazzo, fugge allora la luce e va in cerca dell'ombra e della notte. Per conseguenza conviene che da principio la luce venga offerta agli uomini con molta moderazione, affinché vi si abituino gradatamente. Con il tempo poi saranno in grado di tollerare la luce anche più intensa senza provarne alcun fastidio. Voi dunque, da veri saggi dal lontano Oriente, siete tenuti ad osservare fedelmente anche questa norma della sapienza se volete essere davvero una benedizione per i vostri popoli»

3. Disse l’anziano: «Noi e i nostri discepoli osserveremo con tutta fedeltà anche questa norma, poiché vediamo che hai sempre ragione in tutto, e che sei sicuramente veritiero. Ora però desidereremmo apprendere ancora da Te cosa dobbiamo pensare di quegli spiriti che ci furono di guida al tempo della Tua nascita prodigiosa, perché allora noi avevamo la percezione esatta che essi non erano noi e noi non eravamo loro. Quando essi dominavano in noi, noi non potevamo fare quello che volevamo ma solo quello che essi volevano, e c'era in noi l'impressione come se fossero il nostro io migliore! Allora, infatti, anche noi eravamo molto sapienti, e solo così imparammo a conoscere le forze interiori della natura e il modo di trarne vantaggio. Ma quando essi, per così dire, ci abbandonarono, ci trovammo di nuovo del tutto nella nostra debolezza di intelletto, e non potevamo assolutamente comprendere come avessimo appreso i grandi misteri delle forze insite nella natura! Tutto ciò che ora conosciamo di meglio, ci è stato rivelato per mezzo di quegli spiriti che ci fu dato anche di vedere in lucidi sogni! Ebbene, secondo la Tua Sapienza, che cosa si può o si deve pensare di tutto ciò?»

4. Rispondo Io: «La cosa non ha e non aveva in voi niente di particolare, poiché tutti gli uomini migliori per natura vengono ammaestrati dagli spiriti in ogni specie di scienza spirituale e naturale in maniera talvolta più o meno percettibile; tale fu pure il caso vostro, soltanto che la maniera fu alquanto più percettibile.

5. E quanto più conformemente alla natura, quanto più semplicemente e raccolti in sé vivono gli uomini nel mondo, tanto più e con tanta maggiore intensità essi stanno in comunicazione con gli spiriti buoni dell'aldilà. E questo fu anche il vostro caso.

6. Ma quando poi, in seguito ai vostri numerosi viaggi diveniste più esperti del mondo, allora anche i vostri spiriti guida della luce vi lasciarono a voi stessi e foste affidati al vostro intelletto, alla vostra ragione e alla vostra libera volontà. Ad ogni modo però essi suscitarono in voi la brama di cercarMi e fecero inoltre in modo che doveste trovarMi; ma da parte dei tre spiriti fu molto ben provvisto per voi e per i vostri figli e per i vostri popoli.

7. Però quegli spiriti furono un giorno pure essi degli uomini su questa Terra, e tali anzi da avere un significato grandissimo per questa Terra, per tutta l'umanità attualmente vivente; sennonché nell'aldilà tutte le differenziazioni, come “primo”, “grande”, “piccolo” cessano interamente, e l'uomo che è apparso per ultimo sulla Terra non sarà secondo a quello che è apparso per primo, purché abbia riconosciuto la Volontà di Dio ed abbia operato conformemente alle Sue Prescrizioni e al Suo Ordine.

8. Però, la Volontà di Dio rispetto agli uomini suona brevemente così: “Riconosci Dio ed amaLo sopra ogni cosa, nonché ama il prossimo tuo, ovvero colui che ti sta accanto, come te stesso. Sii vero e fedele verso chiunque, e quello che ragionevolmente vuoi che sia fatto a te, fallo tu pure al prossimo, così tra di voi regneranno pace e concordia, e il compiacimento di Dio si irradierà sui vostri capi come una vera luce della vita!”.

9. E questo vi basti; da ciò vi verrà poi data ogni altra ed ulteriore sapienza. Ma adesso potete andare a riposare, considerato che siamo già arrivati a mezzanotte».

10. Allora i savi Mi ringraziarono e Mi pregarono che Io concedessi loro di rimanere anche il giorno seguente presso di Me, ed Io accondiscesi volentieri al loro desiderio. Dopodiché tutti ci recammo a riposare.

11. E quando il mattino seguente ci destammo, trovammo già pronta per noi un'eccellente colazione, ed i nostri savi stavano anch'essi ansiosamente in attesa di rivederMi ed eventualmente anche di udirMi parlare, dato che avevano preso molto a cuore le Mie parole.

12. E mentre Io, assieme a tutti i Miei discepoli, sedevo a mensa mangiando, bevendo e intrattenendoMi riguardo a questo e a quell'altro argomento con l'albergatore, i savi stavano già sulla soglia origliando; ma avendoMi udito parlare di cose piuttosto indifferenti e terrene, essi dissero tra di loro: «Oh, vedete, oggi egli non parla così sapientemente come questa notte! Ci deve essere una grande molteplicità di aspetti nel suo sapere! Tuttavia oggi nel suo discorso non si rivelano eccessive tracce di sapienza divina!».

13. Ma mentre essi ragionavano così tra di loro, nell’anticamera si presentò d'improvviso un misero e debole infermo il quale era precisamente un vicino dell'albergatore che aveva appreso dai suoi servi che Io ero venuto a visitarlo e che Mi trovavo appunto a casa sua. E quando, trovandosi già oltre la porta, si accorse della Mia presenza, si mise a gridare: «O Gesù di Nazaret, o vero salvatore; abbi misericordia e guarisci anche me, Tu che ne hai già guariti tanti altri!»

14. Allora Io Mi alzai, uscii fuori e dissi: «Da quando tempo questa tua artrite ti tormenta?»

15. Ed egli rispose: «Oh, signore, già da sette anni! Però io sopportai sempre con pazienza i dolori finché erano tollerabili, ma adesso vanno facendosi troppo atroci, perciò mi sono fatto portare qui da te»

16. Ed Io, rivoltoMi ai savi, chiesi loro: «Ebbene, voi pure siete dei medici! Non potreste dunque aiutare quest'uomo con la vostra arte?»

17. Ma l'anziano rispose: «Maestro, gli infermi di questa specie vengono dichiarati inguaribili da noi, e non vi è più medicina che possa giovare loro! Se il Sole non è più capace di guarire un simile paralitico, non esiste altra cosa al mondo in grado di giovargli»

18. Osservai Io: «Ebbene, vedrò allora Io se sia possibile o no di guarirlo!»

19. Dopodiché, rivoltoMi all'infermo, gli dissi: «Sii risanato e cammina; bada però di non peccare più, affinché non ti accada di peggio!».

20. E l'ammalato, in quel medesimo istante, riebbe perfettamente diritte le sue membra e si trovò del tutto risanato, Mi ringraziò fervidamente e tutto lieto se ne andò.

21. Vedendo ciò, i savi furono colti da grande spavento e volevano addirittura cominciare ad adorarMi. Sennonché Io glielo vietai, e poi insieme ai discepoli partii per Betania per visitare Lazzaro, mentre i savi a loro volta si incamminarono quel giorno stesso per far ritorno alla loro patria lontana.

 

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PRESSO IL MARE DI GALILEA

(Giovanni Cap. 6)

 

 

Cap. 41

Cinquemila persone saziate

(Giov. 6, 1-15)

 

1. È superfluo narrare quale gioia suscitò il Mio arrivo in casa di Lazzaro. Però Io Mi trovavo presso di lui appena da tre giorni che già in tutto quel vasto circondario si sparse, per mezzo dei lavoratori di Lazzaro, la voce della Mia presenza in quei luoghi e per conseguenza giornalmente cominciarono ad affluire là delle masse di popolo che conducevano un gran numero di ammalati di ogni specie, che vennero tutti guariti. La cosa, naturalmente, non mancò di suscitare gran scalpore tutto intorno a Gerusalemme, cosicché la notizia giunse pure agli orecchi dei farisei, i quali ben presto cominciarono a tenere consiglio tra di loro per vedere come avrebbero potuto impadronirsi di Me per sbarazzarsi della Mia Persona.

2. Sennonché Io non ignoravo la cosa, e perciò, dopo aver soggiornato dieci giorni a Betania in casa di Lazzaro, dissi a lui e ai discepoli: «Andremo di nuovo in Galilea, perché i farisei tengono consiglio tramando contro la Mia Vita. Io però voglio evitare ogni ulteriore chiasso riguardo alla Mia Persona, affinché anche la tua casa abbia pace nel periodo della festa che si sta avvicinando; quindi Me ne andrò da qui oggi stesso!»

3. E Lazzaro, tutto rattristato così parlò: «O Signore, la Tua Potenza non ha limiti, e con un solo pensiero puoi annientare tutta quella perversa gentaglia, ciò che sarebbe un beneficio immenso per tutti gli ebrei che sono di buona volontà!»

4. Ed Io risposi: «Certo che potrei fare così; tuttavia non è questa la Volontà del Padre, ma conviene che essi proseguano nel loro operare fino a che la loro misura sia del tutto colma, e solo dopo su di loro si rovescerà il grande giudizio, poiché la loro avidità di dominio arriverà al punto da superare ogni limite, e così si trafiggeranno con la spada da soli. Nel loro orgoglio essi si solleveranno contro i romani, e questa sarà la loro morte completa. In verità Io ti dico: “Non una pietra di Gerusalemme verrà lasciata sull'altra, ed i posteri non troveranno più il luogo dove sorgeva Gerusalemme, e quando troveranno qualcosa, questo qualcosa non potrà essere loro da guida per determinare con qualche precisione il luogo”. Questo accadrà da parte del mondo a causa del mondo. Tuttavia ora non è ancora giunto questo tempo, né Io sono venuto per distruggere qualcosa, ma soltanto per ricostruire quello che è rotto, e per cercare e trovare ciò che è perduto. Per conseguenza è meglio che Io Mi allontani da qui per qualche tempo per avere pace entrambi, perché essi ben presto verranno qui a cercarMi, ma non Mi troveranno, e ciò sarà bene».

5. Noi allora facemmo colazione e poi ci mettemmo in cammino. Lazzaro però ci accompagnò quasi fino al Mare di Galilea, ed una grande quantità di popolo ci venne dietro. Arrivati in prossimità del mare, che era già sera inoltrata, Io Mi fermai e pernottai in un albergo. Il giorno seguente Lazzaro prese congedo e con la sua gente fece ritorno a casa sua.

6. Io invece, unitamente ai Miei discepoli, il cui numero aveva ormai di nuovo oltrepassato i settanta, salii su una grossa barca e, attraversando il mare, Mi diressi dalla parte di Tiberiade. (Giov. 6,1). Ma il popolo, visto che Mi disponevo a partire, noleggiò immediatamente una quantità di barche e Mi seguì senza sostare un momento, perché aveva assistito ai miracoli da Me operati sui molti ammalati. (Giov. 6,2). Noi però sbarcammo a circa un'ora di cammino da Tiberiade, e il popolo che ci aveva seguiti sulle numerose barche fece altrettanto. Il posto dove scendemmo a terra era completamente disabitato e nelle immediate vicinanze sorgeva un'alta montagna.

7. Allora dissi ai discepoli: «Saliamo su quel monte! Giunti a metà della sua altezza, intendo far sosta senza essere scorto dagli abitanti della città che passano per questa strada, dato che quella gente non ha buoni sentimenti e ancora meno fede, perché si tratta di una popolazione di mercanti per i quali tutto si concreta nel denaro e nel guadagno».

8. Noi dunque iniziammo la salita e giungemmo subito al posto prestabilito che era molto bello, e l'erba folta che ricopriva il terreno ci tornò molto utile, dato il bisogno che avevamo di riposo. Mi sedetti là a terra assieme ai discepoli. (Giov. 6,3). Anche la numerosa gente che ci aveva accompagnato sulla montagna si accampò vicino a noi con le ceste del pane che aveva portato con sé, poiché la Pasqua - la festa principale degli ebrei - era ormai vicina, ed era costume in quella occasione portare nei panieri del pane azzimo fresco, nonché del pesce arrostito, uova e carni d'agnello.

9. Ma poiché Io Mi trattenni in quel luogo per cinque giorni, e per quattro giorni avevamo comunque avuto di che mangiare e bere, nessuno aveva pensato al quinto giorno, tanto più che là, dove ci eravamo accampati, si trovava anche una sorgente d'acqua molto buona e fresca. Quando però, arrivato il quinto giorno, tutte le provviste risultarono esaurite, Pietro Mi fece notare che la moltitudine del popolo andava aumentando ogni giorno di più e che non c’era più niente da dar loro da mangiare.

10. Allora Io alzai gli occhi, guardai intorno e vidi che una grande moltitudine era venuta da Me. E rivoltoMi a Filippo, il quale solitamente fungeva da nostro tesoriere e che, essendo un greco convertito al giudaismo, era talvolta ancora un po' debole nella fede, gli dissi: «Ebbene, come compreremo del pane per tanta gente affinché abbiano qualcosa da mangiare?» (Giov. 6,5). Questa domanda però Io la rivolsi al discepolo debole di fede soltanto per metterlo un po' alla prova, mentre sapevo molto bene quello che intendevo fare. (Giov. 6,6)

11. E il nostro discepolo, alzatosi immediatamente in piedi, Mi rispose: «Tutto il nostro gruzzolo è ridotto ora a duecento denari, e questo importo non sarà sufficiente ad acquistare tanto pane quanto occorre perché ciascuno ne riceva almeno un po'» (Giov. 6,7)

12. E un altro discepolo, nemmeno questo un eroe validissimo della fede, quantunque fratello di Simon Pietro (Giov. 6,8), si intromise e disse: «O Signore, c'è qui un fanciullo che ha nella sua cesta ancora cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cosa può essere questo per tanta gente?» (Giov. 6,9)

13. Dissi Io allora: «Fate venire da Me il fanciullo, e disponete le cose in modo che il popolo si accampi in buon ordine!».

14. E siccome in quel luogo l'erba era abbondante, ben presto vi si trovarono accampati comodamente circa cinquemila uomini senza contare le donne e i fanciulli. (Giov. 6,10). Allora Io presi i pani e, dopo aver reso grazie al Padre, li benedissi; dopodiché consegnai i pani e i pesci ai discepoli perché li distribuissero fra coloro che si trovavano là accampati, e raccomandai loro di dare a ciascuno tanto pane e pesce quanto occorreva perché fosse saziato. (Giov. 6,11). Dunque tutti mangiarono e furono saziati.

15. Ma poiché non tutto era stato consumato, dissi di nuovo ai discepoli: «Andate e raccogliete ciò che è avanzato, affinché nulla vada perduto». (Giov. 6,12)

16. E i discepoli, prese le ceste più grandi, andarono a raccogliere i pezzi che erano avanzati da tutti coloro che erano stati saziati, e riempirono dodici grandi ceste con ciò che avanzava – diciamo – dei cinque piccoli pani d'orzo! (Giov. 6,13)

17. Terminato di raccogliere il pane, i discepoli esclamarono: «In verità, questo prodigio supera gli altri due operati in passato! Ma ora cosa ne facciamo delle dodici ceste piene di pane?»

18. Ed Io risposi: «Esse appartengono a questa gente che saprà bene cosa dovrà farne; noi non ne abbiamo bisogno, considerato che, in primo luogo, siamo ormai sazi anche noi e che, in secondo luogo, partiremo oggi da qui per andare a Cafarnao».

19. Allora i discepoli consegnarono le ceste al popolo, e ciascuno si prese la sua parte, cosicché nessuno poté lamentarsi di averne avuto troppo poco.

20. Ma avendo quella gente visto il miracolo che era stato compiuto da Me, disse: «Certo, costui è il profeta che deve venire al mondo! (Giov. 6,14). Perché dunque aspettare più a lungo? Se egli è così potente come nessun altro a questo mondo e tanto sapiente come lo fu Salomone, è tempo che noi lo proclamiamo nostro re con la forza!»

21. Ma Io, essendoMi accorto che essi meditavano seriamente di innalzarMi a loro re anche ricorrendo alla violenza, dissi in segreto a Giovanni: «Tu hai sentito quali sono i propositi del popolo, perciò ora Mi ritirerò velocemente e, inosservato, salirò più in alto su questa montagna. (Giov. 6,15). Voi invece fermatevi qui fino a sera. Se il popolo si disperderà, Io ritornerò da voi, ma qualora ciò non dovesse accadere, allora scendete giù e ritornate a riva dove una buona barca vi attenderà. Salite su e dirigetevi a Cafarnao dove non mancherò di raggiungervi!».

 

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Cap. 42

I discepoli si dirigono verso Cafarnao via mare.

(Giov. 6, 16-21)

 

1. Giovanni annotò tutto ciò che era accaduto, ma poiché egli più di ogni altro si interessava delle rispondenze spirituali e voleva sempre rendersi conto delle cause, degli effetti e dello scopo finale delle cose, Mi domandò quali fossero state le ragioni di quel prodigio.

2. Ed Io gli dissi: «Tu devi anzitutto comprendere molto profondamente il segreto del Regno di Dio, dunque vedi di afferrare rapidamente quello che ti dirò: questa gente rappresenta il mondo, che ha già consumato tutta la propria provvista di cibo spirituale. Soltanto in un semplice fanciullo c'era ancora un animo puro ed incorrotto e un po' di fede infantile; per questo presso di lui si trovò una piccola provvista di cinque pani d'orzo e due pesci.

3. I cinque pani d'orzo indicavano che i suoi cinque sensi sono ancora puri e incorrotti, e quindi lo sono anche il suo animo e la sua anima; questo trovò conferma nel fatto che egli accondiscese con la massima gioia al Mio desiderio. I due pesci però, che stanno tra di loro in rapporto come il buono dell'amore e il vero della fede, che insieme costituiscono il calore vitale dell'amore, e anche come un fuoco e una luce di sapienza della vita, significavano la sua fede infantile, la sua fiducia e il suo amore. Contemporaneamente, però, il fatto che lui era uno solo e la poca importanza della sua persona stanno a significare in quale scarsa e debole misura ormai sono attualmente rappresentati nel mondo il bene e il vero dai Cieli, fra gli uomini mondani.

4. I cinque pani hanno anche un altro significato: essi raffigurano la Mia Dottrina agli uomini. Essa sembra essere troppo poca cosa per gli uomini della Terra; sennonché essa si moltiplicherà come questi pani, e tuttavia perfino per i più sapienti che vengono ammaestrati e saziati da Me in spirito rimarrà - per tutta l'eternità - in quantità infinita di che riconoscere ed indagare nei campi sempre nuovi e più vasti della sapienza, perché i dodici panieri corrispondono alle dodici tribù d'Israele, ed esse corrispondono al complesso della Perfezione divina in tutto, Perfezione che non è mai raggiungibile.

5. Ecco, o Mio caro Giovanni, questa è l'interpretazione di tale prodigio, e l'intenzione di questa gente di fare di Me un re del mondo indica il suo tenebroso e corrottissimo senso mondano, perché essi vorrebbero essere un popolo oltremodo potente e temuto di questo mondo, per sconfiggere tutti i loro supposti nemici, cosa questa che sarebbe diametralmente opposta alla Mia Dottrina, e perciò anch'Io ora fuggirò da loro rapidamente. In quanto a voi, fate come vi ho detto!».

6. Dopodiché Io Mi nascosi in un cespuglio dietro la schiera dei Miei discepoli, e, passandoci attraverso, Mi avviai di buon passo fino a raggiungere la sommità del monte; per Me infatti si trovò subito una via spianata, ma non così per coloro che intendevano seguirMi. Allora il popolo se la prese con i discepoli e voleva addirittura che rendessero formalmente conto del fatto di averMi lasciato andare.

7. Allora Giovanni si fece avanti ed esclamò: «Voi certo siete più numerosi di noi! Perché non Lo avete trattenuto voi? Provate voi ad arrestare l'uragano e il fulmine! Comandate alle onde infuriate del mare quando minacciano di inghiottirvi! Ma io, un semplice discepolo, ho in me il potere di dichiararvi che è più facile per voi comandare la pace agli elementi infuriati che non piegare la Volontà dell'Uomo divino! Lasciatevi dunque ammaestrare, e non nutrite dei sentimenti così stolti! Come potete pensare di fare di Lui un inutile re degli ebrei, Lui, il Cui Spirito è nelle eternità un Signore di tutto, tanto nel Cielo, quanto sulla Terra? Eppure, che sia così, voi avete dovuto comprenderlo chiaramente dai molti segni che Egli ha operato dinanzi ai vostri occhi. Basta che Egli voglia, e tutto avviene conformemente alla Sua Volontà. Ma la Sua Onniveggenza e la Sua Volontà arrivano fino qui ed infinitamente più oltre ancora; siate dunque ragionevoli e mantenetevi tranquilli affinché non vi succeda qualcosa di sgradito».

8. A queste parole di Giovanni molti si quietarono e si ritirarono; alcuni invece cominciarono a mormorare e vollero ad ogni costo cercarMi sulla montagna, ma non tardarono ad imbattersi in ostacoli talmente insormontabili che sarebbe stato per loro un’impossibilità assoluta superarli. Dunque, ben presto essi ritornarono esausti dalla loro impresa infruttuosa, e non seppero capacitarsi di come Io avessi potuto arrampicarMi su per quelle terribilissime pareti rocciose. D'altro canto essi pensavano che giù dalla montagna Io non ero potuto scendere in nessun modo, dato che tutti i possibili sbocchi di quello spiazzo erboso erano occupati da loro, e perciò avrebbero dovuto vederMi in qualche punto. In breve, essi si convinsero di non poter fare nulla, e quindi tennero consiglio su ciò che avrebbero dovuto fare. Alcuni allora interrogarono i discepoli per sentire che cosa avrebbero fatto senza il Maestro, oppure se Quest’ultimo sarebbe ritornato più tardi.

9. Ma i discepoli risposero: «Che cos’altro potremo fare se non andarcene a casa nostra, dalle parti di Cafarnao! Là Egli farà ritorno da noi come e quando Gli piacerà!».

10. Allora i più accaniti cominciarono a prendere il largo; molti altri invece aspettarono ancora per vedere anzitutto cosa avrebbero fatto i numerosi discepoli. Ma quando il giorno cominciò a declinare, i discepoli si alzarono e discesero in fretta verso la riva (Giov. 6,16) dove una grossa barca li attendeva, proprio come Io avevo annunciato loro già in precedenza. Salirono velocemente a bordo e partirono prima che la moltitudine fosse potuta giungere alla riva scendendo dal monte; infatti il sentiero era discretamente faticoso, e le persone poco abituate a camminare in montagna dovevano avere molta prudenza e fare più di uno sforzo per percorrerlo. Però tutti finirono con l'arrivare a Tiberiade dove molti noleggiarono delle barche per Cafarnao, ma non tutti partirono subito, anzi alcuni vollero aspettare ancora per vedere se non avrei finito anch'Io con lo scendere giù per partire assieme a loro alla volta di Cafarnao. Ma poiché non Mi videro venire da nessuna parte, essi presero il mare solo la mattina dopo.

11. Nel frattempo i discepoli, favoriti da un buon vento, veleggiavano velocemente in direzione di Cafarnao. (Giov. 6,17). Essi però ritenevano che Io li avrei seguiti su di un’altra barca e che li avrei facilmente raggiunti, poiché il percorso era discretamente lungo. Infatti, si era fatta già oscurità perfetta quando, per arrivare a Cafarnao, restava loro da veleggiare e remare per un bel tratto ancora, dato che per qualche tempo avevano dovuto lottare con un vento contrario. Essi continuavano a scrutare con lo sguardo tutto intorno per vedere se e da che parte eventualmente Io sarei venuto; tuttavia Io non apparivo ancora in nessun luogo e da nessuna parte, e nonostante il loro desiderio ardente Io non Mi facevo vedere. Essi ne rimasero rattristati e tra di loro dissero che li avrei raggiunti certo l'indomani!

12. E mentre stavano pensando così, si levò d'improvviso un vento violento che cominciò a sconvolgere il mare. (Giov. 6,18)

13. I barcaioli allora gridarono: «Ammainare le vele, e mano ai remi, altrimenti ce la vedremo brutta se non riusciamo ad entrare fra breve in porto!»

14. Tutti diedero mano ai remi, e quando ebbero così vogato per un tratto di venticinque o trenta stadi all'incirca, Mi videro camminare sul mare molto mosso, fino alla loro barca; e quantunque già un'altra volta fossero stati testimoni di un fatto simile, furono ciononostante colti da grande spavento. (Giov. 6,19)

15. Ed Io, essendoMi accorto di ciò, dissi loro: «Perché temete? Non vedete che sono Io?». (Giov. 6,20)

16. Allora i discepoli volevano accoglierMi nella barca, considerato che c'era ancora un buon tratto da percorrere prima di toccare terra; sennonché avevano a mala pena manifestato tale volontà che già la barca si trovò nel medesimo istante completamente a riva! (Giov. 6,21)

17. La cosa non mancò, naturalmente, di suscitare un grande sbalordimento nei nuovi discepoli che non avevano avuto ancora occasione di assistere a qualcosa di simile. I barcaioli dal canto loro erano fuori di sé per lo stupore, e andavano pensando che Io fossi morto in qualche luogo e che ora andassi vagando visibilmente intorno come uno spirito, forse sotto il peso della maledizione di qualche mago, oppure che fossi Io stesso un mago e che avessi ordinato agli spiriti delle acque di portarMi sulla superficie del mare. Infatti, quei barcaioli erano greci e quindi pagani, e non potevano naturalmente farsi nessun altro concetto della cosa, dato che del vero giudaismo spirituale essi ne sapevano pochissimo, e qualcuno niente addirittura; per conseguenza essi vennero anche lasciati nella loro opinione fino ad una occasione migliore.

18. Noi però ci recammo ad un albergo che ci era già ben noto, e dove una volta Io avevo guarito un paralitico che era stato calato con il suo letto, per venire risanato, nella stanza dove Mi trovavo, attraverso un'apertura praticata nel tetto. Trovammo là un'accoglienza assai buona e fummo trattati nel migliore dei modi.

 

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Cap. 43

Il Pane della Vita.

(Giov. 6, 22-35)

 

1. Il giorno seguente, quando dopo colazione ci recammo all'aperto per vedere cosa ci fosse di nuovo, ci imbattemmo sulla riva in una grande moltitudine venuta da Tiberiade per mare dopo aver viaggiato la notte non senza grande disagio. Si trattava di quella stessa gente che la sera prima si era trovata radunata sulla riva, e che aveva visto benissimo come i discepoli si fossero imbarcati soli, senza di Me. E quella gente poteva nuovamente constatare come, all'infuori delle loro barche ben riconoscibili, non ci fosse là altro che quella barca sulla quale avevano visto imbarcarsi e partire soli i discepoli, poiché erano certissimi che, al momento della partenza, Io non ero stato presente, e perciò i Miei discepoli erano partiti assolutamente soli. (Giov. 6,22)

2. Dunque, mentre noi gironzolavamo sulla riva, arrivarono ancora delle altre barche, che erano partite solo quella mattina stessa di buon’ora da Tiberiade. I nuovi arrivati però si diressero dapprima ancora verso quel luogo, scesero dalle barche e visitarono ancora il posto dove, per il Mio rendimento di grazie, essi avevano mangiato il pane, e ciò per sincerarsi se Io Mi trovassi ancora là. (Giov. 6,23). Ma non avendo trovato né Me, né i discepoli, quella gente era ritornata frettolosamente alle barche che erano in attesa, e favorita da un buon vento si era diretta alla volta di Cafarnao, ben sapendo che i discepoli erano partiti per quella città. E quando verso mezzogiorno essi ebbero raggiunto Cafarnao, si misero immediatamente alla ricerca dei discepoli e soprattutto di Me, nel caso in cui Io Mi fossi trovato proprio là. (Giov. 6,24)

3. E quando, dopo un lungo cercare, Mi ebbero trovato, precisamente in una sinagoga di Cafarnao, come si menzionerà anche più tardi, e quando risultò loro evidente che anch’Io dovevo essere venuto da Tiberiade a Cafarnao per mare, dato che per la via di terra, molto più lunga, avrei dovuto impiegare due buone giornate di cammino passando per monti e valli, essi Mi domandarono: «Rabbi, Maestro, come hai fatto ad arrivare qui per mare?» (Giov. 6,25)

4. Io allora feci rapidamente cenno ai discepoli di non rivelare a nessuno come ciò era avvenuto, considerato che era Mio proposito impartire, a quegli eroi dei regni terreni, un insegnamento assolutamente adatto a spazzare via la pula dal grano puro.

5. Perciò anch'Io risposi a coloro che Mi interrogavano: «In verità, in verità vi dico che voi non Mi cercate a causa dei molti miracoli da Me operati e che avete visto, ma unicamente perché voi, affamati, avete mangiato quel pane sul monte e ne siete stati completamente saziati! (Giov. 6,26). Per gratitudine Mi avete chiamato grande profeta, e volevate infine addirittura proclamarMi vostro re, dato che andavate coltivando in voi il pensiero: “Ecco, costui ha potenza sufficiente contro i nostri nemici a causa dei quali per lo più noi siamo costretti a lavorare; oltre a ciò egli può sempre procurarci il pane in questa maniera, così che non avremo più bisogno di lavorare”.

6. Io però vi dico che il cibo materiale non alimenta la vita spirituale dell'anima, ma solo quella passeggera del corpo di carne; ma Io, ora quale Figlio dell’uomo, intendo indicarvi e darvi, e anche vi darò, un altro cibo, il quale rimane ed agisce eternamente nell'anima! Infatti a ciò Mi ha chiamato e perciò Mi ha mandato il Padre che è nel Cielo. (Giov. 6,27). E questo cibo consiste nel fatto che voi compiate veramente la Volontà di Dio facendo le opere di Dio»

7. E gli interroganti Mi dissero: «Ebbene, dicci allora cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio secondo la tua parola. (Giov. 6,28). Noi non siamo che uomini, e non dei profeti, quindi non possiamo fare altro che vivere secondo la legge di Mosè!»

8. Dissi Io: «Oh, sì, se voi osservaste la legge di Mosè, già da lungo tempo Mi avreste riconosciuto! Ma voi osservate i precetti del mondo con nascosta rabbia e solo per paura delle punizioni mondane, e perciò non Mi riconoscete nonostante Io abbia compiuto dinanzi ai vostri occhi segni tali che prima di Me non sono mai stati compiuti da uomo.

9. Ma vi dirò ciò che d'ora innanzi sarà da ritenersi opera di Dio. Questa sarà dunque, d'ora innanzi, l’opera di Dio che potrà venire compiuta da voi: “Che voi crediate in Me come in Colui che Dio ha promesso per mezzo dei profeti e che ha mandato ora a voi su questo mondo”» (Giov. 6,29)

10. Tutti allora rimasero sconcertati e, facendo una faccia da scimuniti, dissero: «Che segni puoi fare ancora oltre a quelli già visti da noi? Parla e mostraci quanto è in tuo potere compiere ancora, affinché lo vediamo anche noi e poi possiamo credere a quanto vai dicendo di te! Dunque quali altri segni puoi farci vedere? (Giov. 6,30). Finora sappiamo soltanto che tu hai guarito ogni tipo di infermi e che sul monte ci hai saziati in maniera davvero prodigiosa con molto pane sorto fuori da pochissimi pani; sennonché miracoli simili e talvolta anche maggiori sono stati compiuti, a partire da Mosè, pure da altri profeti. Non hanno i nostri padri mangiato la manna nel deserto secondo quanto è scritto: “Egli diede loro a mangiare del pane celeste?”» (Giov. 6,31)

11. Allora Io dissi loro: «In verità, in verità! Mosè non vi ha dato il vero Pane dal Cielo, ma soltanto il pane dal cielo visibile e terreno ottenuto dall’aria (Giov. 6,32); mentre soltanto il Padre Mio nel vero Cielo spirituale vi porge ora, per mezzo Mio, il vero Pane del Cielo! Infatti, questo è il vero Pane del Cielo in Me, il Quale dona vita al mondo!». (Giov. 6,33)

12. Tuttavia essi non compresero che, parlando del vero Pane che dona vita eterna all'anima, Io avevo voluto dire unicamente della Mia Parola e della Mia Dottrina, la Quale, avendo origine dall'eternamente viventissimo Amore e dalla Sapienza di Dio, è di per se stessa vita e sapienza, ed è elargitrice della vera vita dell'anima.

13. Per conseguenza essi, sempre ritenendo che Io intendessi parlare di un pane materiale come quello mangiato sul monte, dissero: «Signore, dacci sempre da mangiare un simile pane, e noi non chiediamo altro!» (Giov. 6,34)

14. Ed Io dissi loro: «Di cosa parlate e cosa chiedete? Non avete dunque compreso quello che ho detto? Io stesso sono il vero Pane della Vita! Chi viene a Me non avrà fame, e chi crede in Me non avrà mai sete!» (Giov. 6,35)

15. Essi ripresero a parlare e dissero: «Signore, vedi bene che noi siamo ora qui presso di te; ma siccome non abbiamo preso nulla da stamani, cominciamo a sentire fame e sete, anche se crediamo che tu sia un grande profeta, forse anche più grande di Mosè, del quale non si può ormai nemmeno dire con assoluta certezza che sia un giorno veramente esistito. Ad ogni modo Mosè non l'abbiamo mai visto; invece abbiamo visto te e ti vediamo ancora, e quindi tu sei per noi evidentemente più di Mosè e di tutti i vecchi profeti! Nonostante ciò adesso abbiamo già molta fame e sete. Come sono dunque da intendersi le tue parole?»

16. Ed Io, rivoltoMi a Giovanni, gli dissi sottovoce: «Vedi? Non era forse vero quello che ieri ti dissi in segreto sul monte? Questa gente si trova ancora del tutto sul gradino degli animali; Io dunque parlo così velatamente affinché vadano interamente fuori di senno e si allontanino poi da Me, perché il loro tempo non è ancora venuto».

 

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Cap. 44

La Missione del Signore sulla Terra.

La carne e il sangue del Signore.

(Giov. 6, 36-58)

 

1. Dopodiché Io Mi rivolsi di nuovo a quella gente e dissi: «Ma che cosa andate dicendo? Ho mai detto che voi non Mi avete visto? Io stesso so, vi dico e vi ho detto che voi avete visto Me e i segni da Me operati, ma tuttavia non credete. (Giov. 6,36). Tutto quello che il Padre Mio nel Cielo Mi dà, viene a Me, e colui che viene a Me, Io certo non lo caccerò. (Giov. 6,37)

2. Fate bene attenzione a quello che ora vi dirò: “Io non sono, come voi, di questo mondo, ma sono disceso dal Cielo; però non sono venuto per fare, come voi, la Mia propria Volontà, ma unicamente la Volontà di Colui che Mi ha mandato qui, in questo mondo”» (Giov. 6,38)

3. Allora essi domandarono: «Ebbene, qual è dunque la volontà di colui che ti ha mandato a noi in questo mondo dal Cielo?»

4. Ed Io risposi: «È duro predicare ad orecchi sordi, ed è difficile scrivere per i ciechi. Ebbene, la Volontà del Padre che Mi ha mandato è questa: che Io non perda nulla di tutto ciò che Egli Mi ha dato, anzi, che Io riporti tutto e lo risusciti alla vita nell'ultimo giorno» (Giov. 6,39)

5. Ed alcuni osservarono: «Le parole di quest'uomo suonano quanto mai strane! A noi sembra che egli abbia smarrito il buon senso!»

6. Altri invece, parlando a Me, dissero: «Parla chiaro e spiegati in modo che possiamo comprenderti! Che cos’è quest'ultimo giorno?»

7. Dissi Io: «Quando voi Mi riconoscerete e crederete in Me, allora nella vostra anima sorgerà un ultimo, vero giorno, nel quale Io, tramite la Potenza di verità della Mia Dottrina, vi risusciterò. Ma se voi non credete in Me e non Mi riconoscete, difficilmente sorgerà mai un ultimo giorno nella vostra anima»

8. Ed essi riprendendo l'argomento di prima domandarono di nuovo: «Dicci dunque chiaramente qual è la Volontà del Padre!»

9. Ed Io dissi: «Ascoltate dunque! La Volontà del Padre che Mi ha mandato è questa: che colui che vede il Figlio, che crede in Lui e che Lo riconosce quale il vero Messia del mondo, abbia la vita eterna; ed Io lo risusciterò nell'ultimo giorno! (Giov. 6,40). Ciò che però sia l'ultimo giorno, Io ve l'ho già mostrato!»

10. Allora gli ebrei cominciarono a mormorare particolarmente per il fatto che avevo detto: “Io sono il Pane della Vita disceso dal Cielo”. (Giov. 6,41)

11. Ed essi continuarono dicendo: «Non è costui il carpentiere Gesù, figlio del carpentiere Giuseppe? Conosciamo anche troppo bene lui, suo padre e sua madre! Come mai dunque può dire di essere disceso dal Cielo? (Giov. 6,42). La sua intelligenza e le altre sue rarissime facoltà possono sì essergli state donate dal Cielo, perché senza un’ispirazione divina non è sorto né è mai esistito in qualche luogo un uomo veramente grande e famoso; ma egli, dinanzi noi, della sua persona non può così, con sicurezza assoluta, asserire di essere disceso a noi dal Cielo addirittura come un verissimo pane nutriente per la vita eterna!»

12. Io dissi loro: «Non mormorate tra di voi! (Giov. 6,43). Io vi dico di nuovo: “Nessuno può venire a Me (riconoscerMi), a meno che non sia attirato dal Padre (l'Amore da Dio e per Dio) il Quale Mi ha mandato, ed Io soltanto (la Mia Parola e la Mia Dottrina) lo risusciterò nell'ultimo giorno”. (Giov. 6,44)

13. Perfino nei profeti sta scritto: “In quel tempo che deve venire - e che ora è giunto - tutti verranno ammaestrati da Dio!”. Perciò appunto adesso vi dico: “Chi ora lo impara dal Padre (l'Amore di Dio), costui viene a Me, (costui certo Mi riconoscerà)”. (Giov. 6,45)

14. Queste cose però ora non ve le dico partendo dalla premessa che qualcuno di voi abbia visto qualche volta il Padre, ma appunto soltanto Io, che procedo da Lui, ho in ogni tempo visto il Padre! (Giov. 6,46). Perciò, nonostante il vostro mormorare, Io vi dico: “In verità, in verità! Chi crede in Me, ha già in sé la vita eterna (dunque la Mia piena resurrezione nell'ultimo giorno) (Giov. 6,47). E sono Io stesso il verissimo Pane della vita! (Giov. 6,48)

15. I vostri padri certo mangiarono la manna nel deserto (la vita sensuale della carne), ma essi morirono; moltissimi anzi pure nelle loro anime! (Giov. 6,49). Questo Pane invece, che Io rappresento in Me stesso e che veramente è disceso dal Cielo stesso di ogni esistenza e di ogni vita, ha la proprietà per cui chiunque ne mangia (che accetta con fede la Dottrina e vi conforma le opere), non morirà mai più. (Giov. 6,50)

16. In verità! Io sono disceso dal Cielo come il Pane Vivente; chi mangerà di questo Pane (accetterà la Dottrina anche nelle opere), costui vivrà in eterno. Ora vedete, il Pane che Io darò, è la Mia Carne che Io darò per la vita degli uomini di questo mondo! (Giov. 6,51) (Con queste parole è da intendersi l'involucro esteriore-materiale della Mia Parola, entro cui si trova la Parola spirituale vivente, come il germe vivente si trova nel suo guscio morto)».

17. Questo fu troppo per quegli ebrei i quali non avevano la benché minima idea di che cosa fosse un senso spirituale, ed essi cominciarono addirittura a contendere fra di loro.

18. Alcuni dissero: «Lasciamolo parlare, ed infine vedremo bene cosa ne salterà fuori!»

19. Altri invece, meno moderati, scattarono e dissero: «Eh, che dice mai! È evidente che quest'uomo è impazzito! Poco fa egli era ancora un Pane dai Cieli che noi avremmo dovuto mangiare per ottenere la vita eterna; ma adesso invece pretende che si debba addirittura mangiare la sua carne! Pazzie! Come può darci costui da mangiare la sua carne? (Giov. 6,52). E quand'anche ciò fosse possibile, quanti potrebbero saziarsi della sua carne per la vita eterna? Se questa è la condizione per ottenere la vita eterna dell'anima, ben pochi saranno coloro che ci arriveranno!»

20. Io dissi allora: «Voi potete contendere e litigare quanto volete, ma le cose ad ogni modo restano così come vi ho detto! Adesso però vi dirò molto di più ancora, e cioè che se voi non mangerete la Carne del Figlio dell’uomo e non berrete il Suo Sangue, non vi sarà alcuna vita in voi». (Giov. 6,53) (Ciò che significa la carne, è stato già detto; il sangue, quale il proprio fluido fisico-vitale che dà vita al corpo, lo conserva, lo nutre e gli fornisce il germe vitale atto alla riproduzione, è il vero elemento vitale-interiore contenuto nella lettera esteriore)

21. Queste parole finirono con il mandare ancora di più fuori dai gangheri parecchi fra gli ebrei.

22. Alcuni si misero addirittura a ridere, alcuni altri invece, più moderati, dissero: «Ma lasciatelo finire! Chi sa cosa ancora può venirne fuori? Non bisogna dimenticare che egli spesso ha avuto parole quanto mai savie». E, rivoltisi a Me, dissero: «O maestro! Ti preghiamo di esprimerti in maniera ragionevole!»

23. Ed Io dissi: «E come potrei farlo? Io parlo come quello per il quale voi sul monte Mi avete conosciuto, vale a dire come un grande profeta! Ma ora indicateMi un profeta il quale si sia espresso qualche volta in modo diverso al cospetto del popolo! Perciò ancora una volta vi dico: “Chi mangia la Mia Carne e beve il Mio sangue, ha vita eterna, ed Io lo risusciterò nell'ultimo giorno. (Giov. 6,54). Perché la Mia Carne è il giusto cibo, e il Mio Sangue è la pienamente giusta bevanda vivificante!”. (Giov. 6,55)

24. Ed aggiungo ancora e dico a voi tutti che chi mangia la Mia Carne e beve il Mio Sangue, costui dimora in Me ed Io dimoro in lui. (Giov. 6,56). Ma come il Padre, vivente in eterno, Mi ha veramente mandato, ed Io continuamente qui vivo per il Padre, così chi Mi mangia, vivrà egli pure per amore di Me. (Giov. 6,57). Ed appunto questo è il Pane che, come detto prima, è disceso dal Cielo, il quale però non ha la proprietà della manna nel deserto che i vostri padri mangiarono e poi però morirono, come già prima ebbi ad esporvi, ma chi mangerà di questo Pane vivrà in eterno!». (Giov. 6,58)

 

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Cap. 45

Giudizi del popolo sul discorso del Signore.

(Giov. 6,59-64)

 

1. Avendo parlato di tali cose in una sinagoga di Cafarnao (Giov. 6,59), naturalmente erano presenti là, oltre ai Miei discepoli ormai numerosi e oltre alla grande moltitudine che Mi aveva seguito da Gerusalemme, una quantità di altri ebrei ancora. Questi Miei insegnamenti, non compresi nemmeno dai Miei primi discepoli, fecero grande impressione e diedero luogo a molte dispute.

2. Alcuni dicevano: «Non è possibile che egli abbia voluto parlare della carne e del sangue del suo corpo!»

3. Altri invece obiettavano: «E quale altro significato si potrebbe attribuire alle sue parole? Se egli è davvero un sapiente e intende ammaestrare il popolo, e per di più in una pubblica sinagoga, che parli alla gente in modo che questa possa comprenderlo, perché noi uomini non siamo infine che uomini e non degli spiriti, ed un vero sapiente deve ben sapere e vedere chiaramente con che specie di ascoltatori ha a che fare! Sennonché questa è stata una dottrina talmente dura e insensata, che davvero non vale la pena che nessun uomo ragionevole vi faccia attenzione! (Giov. 6,60). Anzi siamo quanto mai meravigliati nel constatare come molti abbiano potuto perdere tanto tempo ad ascoltarlo! Se egli questa storia ce l'avesse narrata parlando indiano anziché ebraico ne avremmo avuto l'identico vantaggio!»

4. Ci furono degli altri infine che dissero: «Questo è vero da come si presentano le cose per il momento; tuttavia noi siamo del parere che sotto le sue parole sia celato ben altro, e forse ha parlato così appositamente per incitare le nostre anime a un pensare più profondo e attivo. Forse se noi lo pregassimo di darci qualche spiegazione più precisa, non ce la rifiuterebbe!»

5. Dissero gli oppositori: «E non l'abbiamo già fatto? Ma quando egli avrebbe dovuto spiegarci più chiaramente come si deve intendere il fatto che egli è un vero pane disceso dal Cielo, ha cominciato a parlare addirittura della sua carne e del suo sangue che si dovrebbero rispettivamente mangiare e bere per ottenere la vita eterna! Allora si deve concludere o che questi sono degli insegnamenti dati appositamente sotto forma di indovinelli destinati a non essere compresi da nessuno, oppure costui, che del resto sarà anche un galantuomo, si è permesso stavolta di scherzare con noi. Ad ogni modo, comunque sia, né così, né altrimenti la cosa può avere un valore per noi. E chi ha il cervello a posto come l'abbiamo noi, che faccia come noi e venga via!».

6. Allora molti uscirono dalla sinagoga, e non rimasero che i discepoli in buon numero, come pure, naturalmente, i dodici apostoli eletti, perché questi erano ancora in attesa di una spiegazione più precisa. Tuttavia, anche questi mormoravano tra di loro e dicevano: «È molto strano anche Lui! Oggi, con qualche insegnamento chiaro ed accessibile alla ragione umana, avrebbe potuto conquistare migliaia di convinti fautori alla Sua Dottrina! Così invece ha pregiudicato chissà per quanto tempo la Sua causa. Infatti, chi vorrà d'ora innanzi ascoltarLo e chi potrà abituarsi al Suo difficile parlare?»

7. Anche gli ebrei-greci andavano così ragionando tra di loro: «Non si può negare che c'è una differenza enorme fra il modo in cui Egli si è espresso a Betania e come ha parlato qui! Gli ebrei che se ne sono andati hanno giudicato molto bene la cosa per come essa si presenta in questo momento. Ma forse più tardi Egli vorrà chiarire meglio la questione! Ormai coloro che laggiù volevano acclamarLo re, se ne sono già andati tutti; quindi crediamo che per Lui non vi sarà più alcun ostacolo ad esprimerSi in maniera più chiara con noi».

8. Ma essendoMi accorto benissimo che pure molti fra i discepoli avevano ricavato da ciò motivo di scandalo e che mormoravano tra di loro, Io dissi: «Come può scandalizzarvi quanto è successo? (Giov. 6,61). Non ho detto forse già prima ad uno dei Miei discepoli che quella gente non è ancora matura per accogliere interiormente il Regno di Dio? Io però ho dato a tutti loro un buon scossone che terrà le loro menti molto occupate e che concorrerà a renderli più maturi per l'avvenire, poiché evidentemente conviene che Io prima Mi prepari gli uomini affinché possano, in seguito, essere in grado di comprendere, con tanta maggiore facilità, i misteri più profondi del Regno di Dio. Ma adesso vi domando: “Cosa direte quando Mi vedrete, quale il Figlio dell’uomo che si trova ora dinanzi a voi, salire di nuovo là dove Egli era già prima dall'eternità?”» (Giov. 6,62)

9. Dicono i discepoli: «Sì, sì, tutto questo può essere e sarà anche così, perché a confermare le Tue parole ci sono i Tuoi segni assolutamente prodigiosi; ma, o Signore e Maestro, che per acquistare la vita eterna sia necessario mangiare la Tua Carne e bere il Tuo Sangue, questo è senz'altro qualcosa di assolutamente impossibile nel modo in cui Tu lo hai esposto! A noi tutti sta certamente moltissimo a cuore sfuggire alla morte, anche trattandosi unicamente e semplicemente della liberazione dell'anima, dato che ad ogni modo il corpo non è che terra e polvere che difficilmente può venire di nuovo rianimata. Ma se tutto ciò può verificarsi soltanto a spese della carne e del sangue del Tuo corpo che in ogni caso possono bastare solamente per pochissimi di noi, allora rinunciamo anche alla vita eterna dell'anima, e ci accontenteremo di concludere da galantuomini la nostra vita su questa Terra per l'eternità. Ma qualora sotto le Tue parole si celasse qualcos'altro, faresti cosa davvero gradita chiarendoci un po' più da vicino l'argomento. Infatti, quando in un tempo non lontano, secondo quanto Tu stesso dicesti, sarai nuovamente salito là da dove sei venuto, dove e come si potrà poi avere la Tua Carne e il Tuo Sangue? Dunque, senza un qualche ulteriore chiarimento, questa Tua Dottrina di oggi non può servire assolutamente a nulla!»

10. Ed Io dissi: «Non ho già detto una volta che è cosa dura predicare ai sordi e difficilissima quella di scrivere per i ciechi? Non è forse vero che soltanto lo spirito vivifica, mentre la carne non giova a nulla? Ora le parole che Io vi ho detto sono Spirito e Vita, e non una carne ed un sangue terreni. (Giov. 6,63)

11. Però ora devo dirvi apertamente che tra di voi vi sono alcuni che non hanno fede, o ne hanno assai poca soltanto, e perfino fra i Miei discepoli più anziani c'è qualcuno del quale già da principio sapevo che aveva pochissima fede, e ce n'è uno che è addirittura un avaro, un ladro e un traditore!» (Giov. 6,64).

 

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Cap. 46

Una prova per i discepoli del Signore.

(Giov. 6, 65-70)

 

1. Queste parole furono come un colpo di fulmine, tanto che molti se ne spaventarono ed alcuni esclamarono: «O Signore, perché di questa cosa non ci hai avvertito molto tempo prima? In verità, già da lungo tempo un simile indegno tra noi lo avremmo scoperto e fatto allontanare per sempre, qualora nella Tua immensa Pazienza non avessi voluto allontanarlo di Tua propria mano!»

2. Ma Io dissi loro: «Già ripetutamente vi dissi che a questo mondo ogni cosa ha il suo tempo e la sua misura. Venuto il tempo della raccolta, però, nessun saggio padrone raccoglierà la zizzania assieme al grano puro, ma soltanto le spighe del grano puro, mentre la zizzania cresciuta rigogliosa fra il grano la farà raccogliere dai propri servitori, e poi a fasci la farà bruciare per concimare il campo.

3. Ma appunto per questo vi dissi prima che veramente nessuno può venire a Me se ciò non gli è concesso dal Padre (Giov. 6,65), il Quale è l'Amore, la Verità e la Vita in sé così come lo sono Io stesso in quanto sono proceduto dal Padre, e ugualmente anche da Me, dato che Io sono nel Padre e il Padre è in Me.

4. Nessuno di voi creda che qualcuno si trovi veramente già presso di Me per il fatto che Mi accompagna materialmente, che ascolta le Mie parole e che ammira i Miei prodigi, ma presso di Me, in tutta verità, si trova soltanto colui che verso di Me è spinto da un amore interiore e purissimo, e che senza riserve crede pienamente a quello che vado insegnando, e crede inoltre che Io, ora transitoriamente un Figlio dell’uomo, sono proceduto dal Padre e sono in Spirito una cosa sola con Lui!»

5. I discepoli allora, ad eccezione degli ebrei-greci e i dodici apostoli, dissero: «Oh, se è così, il nostro andare con lui non ha alcuno scopo! Noi non comprendiamo ciò che è duro e inverosimile, per conseguenza non possiamo crederlo. Amarlo poi in una maniera assolutamente pura, anche questa è una cosa alquanto difficile, considerato che il suo contegno verso di noi non è proprio tale da ispirarci eccessiva simpatia per lui. Facciamo dunque ritorno al nostro Mosè, considerato che quest’ultimo ci è più chiaro e più comprensibile. Ad ogni modo amare Dio vuol dire osservare semplicemente i Suoi Comandamenti; per conseguenza speriamo di farci un giorno beati anche senza la fede in questi enigmatici insegnamenti».

6. Dopodiché molti si ritirarono e non Mi seguirono più, quantunque più tardi rifletterono molto su queste Mie parole. (Giov. 6,66). Ma non avendo detto a nessuno di coloro che si erano allontanati di rimanere e di avere pazienza, anche i rimasti cominciarono a fare delle facce molto turbate, e anch’essi non sapevano cosa fare, se andarsene anch'essi oppure restare.

7. Allora parlai loro così, in tono amichevole, quasi interrogandoli: «Ebbene, volete forse andarvene anche voi? (Giov. 6,67). Da parte Mia voi pure siete altrettanto liberi quanto qualsiasi essere umano su questa Terra»

8. E Simon Pietro allora Mi rispose: «O Signore, e dove dovremmo andarcene ora? Tu solo hai parole di Vita, anche se noi non siamo ancora in grado di comprenderle in tutta la loro profondità. (Giov. 6,68). A tempo debito certo non mancherai di rendercele più chiare, quando cioè più di oggi saremo degni della Tua Luce superiore. Oltre a ciò noi già da principio abbiamo creduto e riconosciuto che Tu sei il Cristo e il Figlio vivente di Dio, quindi non è più possibile che noi Ti lasciamo! (Giov. 6,69). Ma Tu, o Signore, non respingerci da Te, e abbi pazienza con le nostre debolezze sempre grandi!»

9. Ed Io concludendo dissi: «Così va bene e così continui ad essere! Ma poiché ci troviamo tuttora in questa pubblica sinagoga di Cafarnao, è bene che vi riveli ancora qualcosa! Vi ricorderete come lo scorso anno, trovandoMi da queste parti, fra i molti discepoli Io abbia eletto voi dodici; eppure uno di voi è un demonio!». (Giov. 6,70)

 

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Cap. 47

Giuda Iscariota.

(Giov. 6,71)

 

1. Qui evidentemente Io intendevo parlare di Giuda Iscariota del quale già da principio avevo riconosciuto benissimo da quale spirito fosse animato; tuttavia egli aveva molto zelo ed era quanto mai attivo. Oltre a ciò era un buon oratore e sapeva esporre bene la Dottrina; per conseguenza egli era stato scelto da Me con gli undici come annunciatore della nuova Parola, ma bene inteso per la buona e non per la cattiva causa, poiché, essendo tale, egli per effetto del suo serio zelo e della sua eloquenza aveva, a parità di tempo, ottenuto maggiore successo che non gli altri undici presi assieme, ma aveva anche cominciato a diventare molto presuntuoso a causa di questo.

2. Quando però si vide contrastato in vari modi nel suo orgoglio, un segreto rancore cominciò a roderlo e andò accrescendosi sempre di più; egli perciò si fece di giorno in giorno più cupo e taciturno e andava osservando attentamente ogni mossa e pesando ogni parola degli altri undici discepoli per poter trovare in loro qualche errore ed avere così motivo di chiamarli a rispondere dinanzi a Me. Ma poiché una simile occasione non voleva presentarsi, ciò che avrebbe potuto placare il suo rancore, il suo animo andò segretamente sempre più inasprendosi, e con maggiore accanimento ancora provò a cogliere l’occasione propizia per sorprendere almeno una volta i suoi fratelli in qualche situazione imbarazzante, e varie volte tentò di escogitare un mezzo adatto.

3. Egli era una persona avara ed avida, e non si faceva alcun riguardo di impiegare tutta la sua eloquenza per convincere gli altri che il possesso del denaro era qualcosa di supremamente necessario per la vita terrena, tanto che i reggenti dei popoli l'avevano adottato appunto allo scopo di facilitare le transazioni commerciali, che altrimenti sarebbero state molto penose perché sarebbero avvenute per mezzo del puro e semplice scambio.

4. Giuda anzi ebbe a dire una volta al savio Natanaele, con il quale più che con altri amava conversare, che il fatto che Io per questa vita terrena evidentemente non avessi bisogno di denaro, era una cosa quanto mai chiara e facile da comprendere, perché armati dell'Onnipotenza divina si poteva certo vivere benissimo dappertutto senza denaro! Ma la gente comune invece, non dotata di simile potenza e non avendo la fortuna di essere Miei discepoli, doveva per forza di cose avere del denaro per vivere, né più né meno dell'imperatore stesso, al quale il denaro serviva per pagare lo stipendio alle milizie e ai funzionari dello stato.

5. Natanaele era sempre pronto a dimostrargli che, nonostante tutto, il denaro era un male assai grave per gli uomini, quantunque esso, come qualsiasi altro bene terreno, potesse essere motivo di fare molto del bene nelle mani di un giusto. Sennonché al denaro sarebbe rimasto sempre appiccicato il male di suscitare fortemente l’avidità nell'uomo e di essere, più di qualsiasi cosa, il promotore di vizi e di crimini di ogni specie sia nel piccolo che nel grande.

6. Il nostro Giuda Iscariota non poteva fare a meno di convenire che questo era giusto, però insisteva sempre nel dichiarare che il denaro era ad ogni modo un male necessario, così come il corpo, asseriva lui, era un male necessario per l’anima. Ma se l'anima adopera saggiamente il corpo, questo diventa per essa un tempio della salvezza per mezzo del quale soltanto essa può giungere a vita eterna e alla vera figliolanza di Dio.

7. Egli dunque, tramite la sua eloquenza, riusciva sempre e dappertutto a trovare un cosiddetto cavillo, e discutere con lui era cosa difficilissima. Tuttavia a forza di cavilli e di sofismi arrivava al punto di trovare giustificato, in caso di necessità, perfino il furto come avveniva presso gli spartani e i cretesi, e di tacciare Mosè di scarsità d’intelletto per aver qualificato qualsiasi furto come un assoluto peccato. Egli però non pensava che se fosse permesso il furto in caso di estrema necessità, ciò avrebbe con il tempo condotto l'umanità alla massima pigrizia, e nessuno si sarebbe più preoccupato di lavorare e di risparmiare, avendo la certezza che, se avesse messo qualcosa da parte, lo si sarebbe saputo, ed i bisognosi glielo avrebbero ben presto rubato. Ma se un simile costume fosse stato dichiarato lecito fra gli uomini, come si sarebbero messe le cose riguardo all'amore del prossimo e alla conoscenza di Dio?

8. Natanaele cercava da parte sua di dimostrare a Giuda che la sua giustificazione del diritto del furto si armonizzava male con le sue tendenze quanto mai econome, e che il furto permesso troncava ogni possibilità di un risparmio, per quanto giusto, ma Giuda finiva sempre con il tirare fuori la sua sapienza sorniona, e così con lui non si arrivava a concludere mai nulla. Soltanto quando Io gli muovevo qualche rimprovero, solo allora egli desisteva per qualche tempo dalle sue idee e di nascosto si immergeva in meditazioni un po' migliori. E fu anche per questa ragione che nella sinagoga gli diedi ancora quello scossone che egli tra sé e sé comprese bene a chi era diretto, mentre gli altri discepoli questa cosa la sospettavano certo, ma tuttavia non potevano puntargli con sicurezza il dito contro, perché ero appunto Io a non volerlo, quantunque sapessi tutto quello che avrebbe fatto ancora. Per la sua caduta era necessario che anche la sua misura si facesse colma, ed egli stesso doveva finire col convincersi in maniera vivente in sé, come esempio terrificante per l'umanità intera, che tutte le sue tendenze mercantili terrene erano fondamentalmente pessime, altrimenti nemmeno nell'aldilà vi sarebbe stata la possibilità di miglioramento per la sua anima.

9. Ora le caratteristiche morali di questo discepolo sono qui descritte appunto per chiarire maggiormente le ragioni che Mi avevano indotto quella volta a chiamarlo demonio, perché era proprio lui che più di ogni altro aveva trovato inopportuno che nella sinagoga Io avessi tenuto un simile sermone dal quale tanti avevano tratto motivo di scandalo, e si erano perciò allontanati da Me. Infatti egli, tra sé, aveva già architettato ogni tipo di speculazione con quella gente, e quindi si era segretamente arrabbiato più degli altri. Anzi confidenzialmente egli fece a Natanaele l'osservazione che, mentre in casa di Pietro Io Mi ero espresso in termini quanto mai severi contro il male causato dagli scandali, ora Mi facevo Io stesso causa di scandalo per migliaia di persone; ma come si sarebbe potuto far andare d'accordo questo modo di procedere con la Mia Dottrina?

10. Natanaele certo non mancò di fargli notare che Io allora avevo parlato per lo più solo degli scandali a danno dei piccoli fanciulli.

11. Sennonché il nostro sofista trovò anche in questo caso qualcosa da obiettare, e quando Io, intorno all'ora quarta del pomeriggio, abbandonai la sinagoga assieme ai discepoli per far ritorno al nostro albergo, Giuda Iscariota non venne con noi, ma sgattaiolò in città presso alcuni conoscenti, dove si facevano molte discussioni riguardo al Mio sermone rimasto incompreso. Però in tale occasione egli si dimostrò nuovamente Mio discepolo e buon parlatore, e ricorrendo a svariati artifici oratori rese loro più sopportabili le Mie parole, pur non avendo potuto metterle nella loro vera luce. Per sette giorni non lo vedemmo più, e durante quel tempo ci trattenemmo a Cafarnao e nei dintorni di questa città. Ma poi egli ritornò.

 

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Cap. 48

Nella dimora dell'albergatore di Cafarnao.

 

1. Quando arrivammo dalla sinagoga al nostro albergo, trovammo già una mensa molto ben preparata, sulla quale facevano bella mostra del vino, del pane e dei pesci, e l'albergatore si dimostrò assai lieto di avere per ospiti Me ed i Miei discepoli ridotti ormai molto di numero.

2. Solo quando avemmo finito di mangiare e di bere, l'albergatore ci domandò: «Signore, questa volta sembra che i Tuoi misteriosissimi insegnamenti nella grande sinagoga pubblica non siano proprio piaciuti eccessivamente ai molti ascoltatori di qui e di fuori, perché essi uscirono tutti scandalizzati e si dispersero chi di qua e chi di là. Alcuni brontolavano di più, altri di meno, ed i forestieri, nonché molti che ieri Ti stavano ancora vicini come discepoli, dissero che Tu, parlando quel linguaggio per loro incomprensibile, avevi semplicemente voluto sbarazzarti con dei bei modi di loro, ciò che non era stato molto lodevole da parte Tua, considerato che essi avevano provveduto ai loro bisogni con i loro soldi!

3. Anche presso di me si radunarono molti che non mancarono di criticare aspramente la cosa, dicendo fra l’altro che essi avevano riposto in Te le più grandi speranze, ma che erano ormai molto spiacevolmente delusi ed aggiunsero pure che Tu, nonostante i Tuoi prodigi davvero meravigliosi, in questa maniera e con queste Tue dottrine avresti potuto raccogliere ben pochi proseliti. Io li lasciai dire senza obiettare nulla. Essi pagarono poi il conto, salirono sulle barche che li aspettavano e se ne andarono per i fatti loro.

4. Io invece fui quanto mai lieto di apprendere che a questi sedicenti grandi eroi della sapienza era toccato, almeno una volta, di restare a secco con il loro intelletto per opera Tua, Signore, perché già ieri notte, quando Tu dopo cena Ti ritirasti per riposare, furono molti qui i dibattiti pro e contro sulla moltiplicazione dei pani da Te operata e sulla Tua venuta più o meno meravigliosa qui per mare. L'uno faceva sfoggio della propria sapienza in un modo, e un secondo in un altro. Ma io intanto pensavo tra di me: “Aspettate un po', ebrei sapienti! Il Signore saprà certo porre a tempo debito dei limiti alla vostra sapienza, oltre ai quali nemmeno il vostro illuminatissimo intelletto potrà spiccare dei salti!”. Ed ecco che già oggi il mio segreto desiderio è stato più che pienamente soddisfatto!

5. Io stesso sono stato presente nella sinagoga, ed ho inteso molto bene la parte principale del Tuo discorso, ma in tutto quello che hai detto io non ho trovato nulla che avesse assolutamente potuto apparirmi strano, poiché quantunque Tu ora, entro una perfetta forma umana, debba essere il Signore del Cielo e della Terra e di tutto il mondo sensibile e spirituale, questa cosa mi è già da lungo tempo assai chiara. Chi altro all'infuori di Te può creare il nutrimento occorrente a tutti gli uomini e a tutti gli animali? E chi all'infuori di Te può dare agli spiriti, come ora pure alle nostre anime, la vita eterna, il loro amore e la loro sapienza, ciò che io considero appunto il vero pane vivente proveniente dai Cieli? Io provai, seguendo questa traccia, a rendere la cosa più chiara ad alcuni fra i migliori, ma il loro arrogante e stolto intelletto non riuscì ad afferrarla.

6. Tentai di fare lo stesso quando cominciasti in forma evidente a parlare della Tua Carne e del Tuo Sangue, avendomi essi domandato come avessi interpretato le Tue parole. Allora io risposi: “Questa cosa per me è ancora più chiara della prima; anzi essa spiega e conferma il mio modo di vedere! Terrenamente parlando, non è appunto la Terra in un certo modo un vero Corpo di Dio, e tutte le sue acque fertilizzanti non rappresentano esse in un certo senso il Suo Sangue? Da quale altra fonte proviene dunque ogni alimento materiale? E, dal punto di vista spirituale, l’Amore di Dio per noi, uomini indegni, non è forse un verissimo suolo terrestre che ci porta corporalmente e spiritualmente, che ci sopporta e che ci nutre? E il dono della ragione e dell'intelletto, ed ora in aggiunta la Sua Dottrina, non è tutto ciò il più vero e vivente Sangue di Dio che ci ristora, rafforza e veramente vivifica le nostre anime assetate di sapienza?”

7. Allora alcuni risposero: “Va bene, tutto questo sarà bello e buono, ma perché poi non fa seguire Egli stesso una spiegazione di questo genere ai Suoi sermoni?”

8. Ed io osservai: “Oh, Egli avrà le Sue buone ragioni per fare così! Probabilmente il Suo pensiero sarà questo: ‘Chi davvero crede in Me, Mi comprenderà senz’altro; ma chi invece, malgrado tutti i numerosi prodigi e la sapienza che si rivela nei Miei insegnamenti, non crede ancora che Io sia il Signore Jehova Zebaot, deve continuare a grufolare nel letame come fanno gli stupidi maiali!’”.

9. Sentendomi parlare con questo tono, essi allora furiosi si ritirarono. O Signore, ho agito ingiustamente comportandomi così?»

10. Ed Io gli dissi: «Oh, niente affatto! Infatti, in primo luogo tu hai compreso proprio a fondo le Mie parole e le hai anche spiegate benissimo a quei ciechi; in secondo luogo poi la tua osservazione conclusiva è stata perfettamente adeguata! Gli individui di quella specie si possono davvero paragonare ai maiali, i quali, quanto più chiaro e ricco di colore comincia a splendere il vero Sole dei Cieli, con tanta maggiore ansia e zelo si affollano intorno alle più luride cloache del mondo, e si sentono completamente beati quando possono rotolarsi nella loro antica e putrida melma. E non è forse vero che in conclusione ho detto loro che la carne e il sangue come li intendevano essi non servono a nulla, mentre le Mie parole sono invece spirito e vita? Ma quella mandria di buoi e di maiali neanche così capì assolutamente nulla, e per conseguenza la tua osservazione, che li fece battere in ritirata, è stata perfetta; perciò voglio fermarMi vari giorni presso di te.

11. Ma ora fa portare ancora del vino, poiché oggi e anche i giorni che seguiranno intendiamo trascorrerli qui in letizia! Io sono veramente contento di te, perché Mi hai compreso meglio ancora di qualsiasi altro dei Miei discepoli. Verso sera ci dedicheremo alla pesca, affinché tu possa avere una certa provvista di pesce per te e per noi. Vedete però di non divulgare in città la notizia della Mia presenza qui, altrimenti avremmo poca pace; e adesso portaci pure del pane e del vino».

 

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Cap. 49

La tolleranza del Signore nei confronti di Giuda Iscariota.

 

1. Continuammo allora a gustare ancora del vino e a mangiare del pane; la nostra compagnia comprendeva trentadue persone, e quel ristoro aggiuntivo veniva a proposito.

2. Mentre sedevamo ancora a tavola, uno degli ebrei-greci venne fuori a dire: «O Signore e Maestro! Questo nostro gentilissimo albergatore sarebbe certo molto adatto a sostituire il discepolo che è per Te sempre causa di inquietudine, ed a quest'ultimo, qualora si presentasse di nuovo, si potrebbe bene impartire il CONSILIUM ABEUNDI (il consiglio di andarsene) secondo l'uso romano! Infatti, come abbiamo osservato, egli va a caccia del denaro peggio di qualsiasi funzionario del Tempio, e tutto il suo sentire è rivolto al mondo e alla vita comoda; oltre a ciò egli nutre un’insana passione, e questa si chiama vana millanteria e menzogna! Ci pare che un discepolo di questo tipo possa rendere pessimi servizi a Te e all'umanità! Questo albergatore invece è dotato di uno spirito davvero particolarmente chiaro, e comprende perfino le Tue più velate parole evidentemente meglio ancora dei Tuoi vecchi discepoli; a nostro parere dunque egli sarebbe un eccellente sostituto di colui che ora è assente!»

3. Ma Io risposi: «A cominciare da oggi Io Mi tratterrò in Galilea fino al tempo della festa dei Tabernacoli, ed anche dopo ci penserò su molto se andare o no a Gerusalemme, alla festa. E così anche il nostro albergatore Mattia (Mai o Moi Diaz = “il mio lavoratore” o “il mio servitore”) avrà tempo sufficiente di accompagnarci dappertutto, come anche farà; nell’occasione egli potrà apprendere moltissime cose a vantaggio del suo orecchio e del suo occhio, del suo cuore e della sua anima. Ma poi sarà appunto in questa località un eccellente divulgatore della Mia Dottrina, poiché anche questi abitanti Mi sono stati affidati affinché vivano e non perché muoiano.

4. Riguardo poi all'assente Giuda, egli può venire quando vuole, ma se proprio vuole, può anche restare lontano, poiché ciascun uomo, buono o cattivo, sta di fronte a Me, per quanto concerne lo spirito, nel medesimo rapporto in cui egli si trova di fronte al Sole per quanto concerne il suo corpo. Se vuol lasciarsi illuminare e riscaldare dai raggi del Sole, lo può fare senz'altro e a lui - buono o cattivo che sia - ciò non gli sarà affatto impedito; ma se proprio non vuole, da parte di Dio non verrà certo costretto; perciò sta scritto: “Dio fa splendere il Suo Sole sui buoni e sui cattivi”. E vedete, nello stesso modo procedono le cose presso di Me sotto l’aspetto spirituale-vivente; chi vuole seguirMi, lo può fare, né sarò Io a cacciarlo via da Me per quanto grande peccatore possa essere! Infatti, Io sono venuto a questo mondo unicamente a causa di coloro che si sono smarriti e degli ammalati nell'anima, dato che i sani non hanno bisogno del medico.

5. Per conseguenza anche l'assente può venire con Me come e quando vuole, del resto non sono stato Io oggi a mandare via gli ebrei, ma poiché essi hanno voluto andarsene, Io non li ho trattenuti, né ho detto loro di restare. Io non ho parlato affatto in una maniera tanto incomprensibile per loro con la precisa intenzione di indurli ad abbandonarMi, ma Io ho dovuto parlare così perché indotto dal Padre! Essi però trovarono nelle Mie parole argomento di scandalo e se ne andarono, e la colpa di ciò va ascritta a loro e non a Me; per conseguenza è stato bene che se ne siano andati. Se vogliono, possono ritornare e restare; ma se non vogliono, non per questo la Mia Missione e la Mia Dottrina saranno meno genuine e vere, come nemmeno c’è da temere che la luce e il calore del Sole si affievoliscano per il fatto che un certo numero di stolti non intende lasciarsi illuminare e riscaldare da essi. Comprendete queste cose?»

6. Risposero gli ebrei-greci: «Sì, o Signore, abbiamo compreso tutto benissimo! Quello che Tu dici, o Signore, ha davvero in sé ogni Verità, Potenza e Vita! Oh, se tutti gli uomini potessero convincersene!»

7. Ed Io dissi: «A questo mondo ciò non accadrà mai interamente; tuttavia vi saranno molti che si convinceranno di tali verità, vi conformeranno le opere e perciò avranno come ricompensa la vita eterna».

 

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Cap. 50

La ricca pesca. I prelibati pesci pregiati.

 

1. (Il Signore:) «Ma adesso è tempo che ci prepariamo per la pesca, dato che proprio adesso è l'ora più conveniente!»

2. Disse allora l'albergatore: «Considerato che sei Tu, o Signore, a dirlo, certo questa sarà l'ora più conveniente; in condizioni normali, secondo la nostra esperienza, questo sarebbe invece proprio il momento meno indicato, perché, come tramonta il Sole, anche i pesci calano a fondo, in modo che ne restano pochi alla superficie»

3. Ed Io osservai: «Appunto perciò noi ci dedicheremo ora alla pesca, per fornire cioè la prova che, nell'arte del pescare, noi siamo più abili di tutti gli altri pescatori. Di giorno e con calma di vento chiunque può pescare; di sera invece e con mare molto mosso, certo all'infuori di Me non esiste pescatore che possa a quest'ora ripromettersi successo. Andiamo dunque e prepariamo gli attrezzi necessari!»

4. Detto questo, abbandonammo la sala, prendemmo con noi gli arnesi da pesca che consistevano in varie reti molto grandi, slegammo i battelli, vi salimmo su e ci allontanammo dalla riva per circa tre stadi.

5. Allora dissi: «Adesso gettate le reti e tendetele bene; i rematori manovrino comodamente puntando verso terra, e quando saremo giunti a riva si vedrà se il tramonto del Sole ci sarà stato di impedimento nel nostro lavoro!».

6. La cosa fu subito eseguita secondo i Miei ordini, e, arrivati a riva, si trovò che le reti erano talmente colme di pesce della specie più pregiata che quasi minacciavano di lacerarsi. Quando i pescatori si accinsero a raccogliere il pesce per deporlo nei contenitori, quest’ultimi non furono sufficienti per accoglierlo tutto, e un buon terzo del pesce preso dovette venir lasciato dentro le reti legate a mo' di sacco e lasciate così nell'acqua, agganciate fra un battello e l'altro.

7. E l'albergatore a quella vista esclamò: «No, davvero! Retate di questa quantità, a quest'ora, rientrano nel campo dell'inverosimile! O Maestro, anche se Tu con dieci volte tanti discepoli volessi dimorare e mangiare in casa mia per dieci anni interi, io non arriverei a pareggiare il guadagno che Tu mi hai procurato oggi mediante queste prodigiose retate! Vedi, la mia casa che è grande e ben costruita, assieme ai molti altri edifici adibiti ai vari servizi, con tutto ciò che vi è contenuto, ed assieme anche ai campi, prati, boschi, pascoli e vigne che possiedo, tutto ciò non ha di gran lunga il valore rappresentato da questo numero quasi sterminato di pesci grossi e della specie più pregevole, dei quali comunemente si riesce a prendere qua e là qualche singolo esemplare soltanto durante l'inverno. Dato il caso fortunatissimo che qualcuno arrivi a pigliarne dieci, egli può già vantarsi di essere ricco, perché questa qualità di pesce presso i romani e i greci va addirittura a ruba, e la si paga anche cento denari d'argento il pezzo; i pesci poi vengono salati e spediti alle corti dei re dove certamente vengono venduti almeno a trecento denari l'uno. Se a Te, o Maestro, non fosse sgradito, vorrei mandare i miei servitori in città con alcuni di questi pesci per offrirli ai romani e ai greci, e tutti poi qui potrebbero persuadersi con quanto denaro i miei incaricati farebbero ben presto ritorno!»

8. Ed Io gli dissi: «Fa pure come dici; soltanto raccomanda a tutta la tua gente di non rivelare la Mia presenza, perché altrimenti in poco tempo ci troveremmo ad avere alle costole tutta la parte ragguardevole dei romani e dei greci. Ma anche per la nostra cena bisogna che vengano cucinati questi pesci di qualità eccezionale, e converrà che tu stesso ne mangi a sazietà, perché finora hai udito sì vantarne lo squisito sapore, ma tu stesso non hai mai gustato la carne. Solo quando l'avrai gustata comprenderai perché questi pesci vengono pagati a così caro prezzo. Ed ora puoi mandare i tuoi servitori in città a vendere i pesci; però che prendano quelli che sono ancora nelle reti, ed anche per la nostra cena se ne prenda quanto occorre dalle stesse, mentre gli altri che sono nei contenitori vengano lasciati stare».

9. Allora l'albergatore andò dare le necessarie disposizioni ai suoi numerosi servitori i quali, preso ciascuno due pesci - visto che un terzo non lo avrebbero potuto portare - in numero di cinquanta si avviarono in comitiva verso la città. Una volta arrivati, i servitori andarono ad offrire la loro merce ai romani e ai greci i quali, non appena visto quei pesci di cui ben conoscevano la rarità, fecero a gara per venirne in possesso, tanto che si improvvisò una specie d'asta, in cui per un pesce di sole quaranta o cinquanta libbre le offerte salirono fino a duecento denari d'argento.

10. I romani e i greci, come pure alcuni ricchi ebrei, non mancarono di informarsi su come i servitori avessero potuto ottenere quella specie prelibata di pesce in quella stagione assolutamente insolita.

11. Ma i servitori risposero che per mezzo di un pescatore forestiero erano venuti a conoscenza di un segreto, grazie a cui si poteva ottenere quel pesce anche in stagione che non fosse proprio l'inverno, e la prova che il nuovo sistema fosse buono la si aveva appunto nella merce che avevano messo in vendita. La curiosità degli acquirenti però non andò più oltre, ed i servitori ben presto furono di ritorno portando una grossa somma di denaro quale ricavato della vendita, e l'albergatore fu alquanto imbarazzato a trovare cassetti a sufficienza per custodirvi tutta quella moneta.

12. Nel frattempo anche la nostra cena era stata preparata, e noi ci sedemmo tutti alla grande mensa.

13. Quando gli ebrei-greci videro quei pesci ben preparati, dissero: «Di questa qualità specialissima abbiamo avuto occasione di gustarne una sola volta, ed ora ce ne troviamo dinanzi una grande quantità! Oh, del buono ce n'è anche troppo! O Maestro! In base alla spiegazione dell'albergatore, questo è pure Tua carne e Tuo sangue, perché senza la Tua Parola e la Tua Volontà certo noi non avremmo mai potuto partecipare ad una cena di questa specie! Oh, sì, qui si vede chiaramente quanto possano l'Amore, la Sapienza e l'Onnipotenza di Dio! Oh, come l'uomo appare assolutamente un nulla di fronte a Te, o Signore e Maestro!»

14. Ed Io dissi: «Veramente le cose non stanno proprio così, poiché è appunto Volontà del Padre che ciascun uomo divenga così perfetto com'è perfetto Egli stesso in Cielo! E il tempo dimostrerà che i Miei veri discepoli faranno cose più grandi ancora di quello che Io faccio ora! Tuttavia tale tempo non è ancora venuto, però ormai non si farà attendere più a lungo. Ma adesso lasciamo stare questo argomento e mangiamo invece e beviamo di buon animo secondo il nostro bisogno!

15. Finché lo Sposo si trova fra gli invitati alle nozze, conviene che a questi non manchi nulla, perché quando lo Sposo sarà salito là da dove è venuto, essi dovranno soffrire alquanto la mancanza di molte cose. Ora il vero Sposo sono Io, e coloro che credono in Me sono le vere spose e contemporaneamente gli invitati alle nozze. Dunque restiamo adesso tutti di animo lieto e sereno».

16. Dopodiché ciascuno cominciò a mangiare e a bere con molto gusto, e non vi fu affatto mancanza di buon umore.

17. Uno degli ebrei-greci, mentre stava gustando la pietanza principale, disse: «Anche a Chis, da Kisjonah, abbiamo mangiato del pesce pregiato e che era davvero eccellente, ma non c'è affatto paragone con questo qui; eppure esso è stato pescato nello stesso mare e nella stessa acqua!»

18. Io osservai: «Questo è vero, però il fondo del mare non è lo stesso! Ora la specie di pesce che ci sta dinanzi è rara e prospera naturalmente soltanto in questi paraggi. Sennonché tali pesci dimorano per lo più nel fondo del mare dove trovano anche il loro nutrimento consistente in un tipo di piante che crescono sott'acqua. Queste piante non crescono che qui per un'ampiezza di mille campi; oltre a questo tratto il fondo del mare è spoglio, e questi pesci non vi possono prosperare. Ma adesso mangiamo e beviamo!».

 

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Cap. 51

Del digiuno e della penitenza.

La parabola del fariseo e del pubblicano[12].

(Luca 18, 9-14)

 

1. Il pesce era davvero squisitissimo e il vino non da meno. Io stesso mangiai e bevvi di buona lena, così anzi da dare alquanto nell'occhio ad alcuni fra gli ebrei-greci i quali non sapevano capacitarsi di come Io, da uomo del tutto compenetrato dallo Spirito di Dio, potessi mangiare e bere altrettanto quanto un comune altro individuo!

2. Ma essendoMi accorto di ciò, dissi: «Il corpo ha bisogno di quanto ad esso spetta, e lo stesso vale per lo spirito; per il momento noi siamo tenuti a concedere alle nostre membra un adeguato ristoro, ma poi nemmeno lo spirito verrà dimenticato.

3. Nessuno creda di rendere un servizio gradito a Dio digiunando e facendo penitenza per i propri peccati, andando vestito di crine al cospetto di tutto il mondo! Invece a Dio è gradito soltanto colui che, riconoscente, mangia e beve quanto Dio gli concede, per conservare ed accrescere le sue forze terrene allo scopo di fare un lavoro utile, con il quale può giovare molto a sé e al prossimo e che, avendo commesso un qualche peccato, lo riconosce per tale, se ne pente, lo sfugge, cerca di non commetterlo più e così si migliora veramente.

4. Purtroppo vi sono molti che trascorrono la loro vita soltanto mangiando e bevendo; essi non pensano che al loro ventre e alla loro pelle. L’amore del prossimo è una cosa estranea per questi tali, ed essi sputano davanti ai poveri e non permettono che si presentino sulla soglia delle loro dimore. La loro pancia sempre piena rende loro perfettamente sconosciuti il morso della fame e il tormento della sete. Questi sono i veri crapuloni e beoni che facendo così preparano il corpo ad ogni tipo di libidine, di fornicazione e di adulterio, e questa gola e crapula saranno sempre un impedimento a chiunque per l'accesso al Regno di Dio.

5. Non molto dissimili da questi sono però anche tutti quegli ipocriti i quali digiunano, fanno penitenza vestiti di crine e fanno offerte cospicue al Tempio in riscatto dei loro peccati allo scopo di venire lodati e ritenuti giustificati dal popolo, ma essi stessi poi guardano dall'alto in basso il loro simile mostrando di averlo in spregio come un presunto peccatore, e già da lontano lo schivano perché non l'hanno visto digiunare, far penitenza in vesti di crine e portare offerte al Tempio.

6. Ma Io vi dico che la gente di questa specie è essa pure un abominio al cospetto di Dio, perché il loro cuore, il loro sentimento e il loro intelletto sono induriti. Essi giudicano il prossimo senza indulgenza, né pietà, vanno spazzando davanti alla porta dei vicini e non si accorgono dell'immondizia accumulata in gran quantità dinanzi alla loro porta. Oh, in verità vi dico: “Come questi uomini del Tempio che si mostrano giusti e santi misurano qui, nella stessa misura verranno misurati nell'aldilà!”

7. E ancora vi dico: “Chi qui giudica, verrà anch’egli giudicato nell'aldilà, ma chi qui non giudica altri che se stesso, costui nell'aldilà non verrà giudicato, e verrà anzi immediatamente accolto nel Mio Regno!”.

8. E adesso vi citerò una parabola per mostrarvi come deve essere la giustificazione umana di se stessi affinché sia pura e, come tale, la sola valida dinanzi a Dio; dunque ascoltate! (Lc.18,9)

9. Un giorno salirono al Tempio due uomini, l’uno era un ricco ebreo ma, in quanto al resto, conduceva una vita rigorosamente secondo la legge, e l'altro un pubblicano. (Lc.18,10). Quando l'ebreo si trovò nel Tempio, si presentò addirittura davanti all'altare ed esclamò ad alta voce: “O Dio mio, Ti ringrazio qui davanti al Tuo altare che io non sono come molti altri! (Lc.18,11). Infatti, Tu, o Signore, mi hai concesso la ferma e buona volontà, nonché tutti gli altri beni terreni, tramite i quali mi è stato possibile osservare pienamente tutti i Tuoi Comandamenti. Ora, quanto bene fa alla mia anima trovarsi, sul declinare dei miei giorni, pienamente giustificata al Tuo cospetto!” (Lc.18,12). E dopo che egli ebbe così esposto a Dio ancora un gran numero delle sue opere giuste e perciò buone secondo la legge, depose una ricca offerta sull'altare e se ne andò fuori dal Tempio contento in sommo grado di se stesso e con la coscienza migliore di questo mondo, dirigendosi verso casa sua, dove tutti i suoi non avevano certo particolari ragioni di essere lieti nel vederlo, considerati i rigidi sistemi da lui adottati nel governare la casa, perché la sua pura coscienza, il suo meticoloso senso dell'ordine e la sua giustizia fondate sulla legge non facevano che scoprire continuamente deficienze e peccati in loro.

10. Il pubblicano peccatore invece entrò tutto afflitto nel Tempio, non osò avvicinarsi all'altare, ma si tenne indietro, e con gli occhi bassi formulò nel segreto del suo cuore la seguente invocazione: “O Signore, o Dio giustissimo, santissimo e onnipotente, io sono un peccatore troppo grande e non sono affatto degno di innalzare il mio sguardo al Tuo Santuario; ma mostrami tuttavia grazia e misericordia!”. (Lc.18,13)

11. Ebbene, secondo il vostro parere, quale dei due se ne andò fuori dal Tempio giustificato?»

12. Gli ebrei-greci allora si guardarono l'un l'altro e non seppero veramente quale risposta darMi, perché ai loro occhi nessuno poteva essere più giusto dell'ebreo che aveva adempiuto la legge fino alla sua ultima e minima prescrizione. Secondo il loro giudizio dunque il pubblicano non avrebbe potuto abbandonare il Tempio più giustificato dell'ebreo di cui abbiamo parlato!

13. Sennonché Io dissi loro: «Vi sbagliate giudicando così! L’ebreo non uscì affatto giustificato dal Tempio, perché egli non fece che lodare se stesso al cospetto di tutto il popolo, attirò su di sé gli occhi, gli orecchi, la lode e l'ammirazione di tutti, e così fu egli a dare a se stesso una ricompensa. Ma una simile presunzione non è forse una specie molto maligna di orgoglio? I suoi frutti finiscono con il concretarsi nell'odio, nel disprezzo e nella persecuzione continua di chi non la pensa e non agisce così, perché non è reputato e giudicato suo pari! Ma un uomo simile può risultare giustificato al cospetto di Dio? Oh, no, affatto, anzi una simile persona è ben lontana dalla giustificazione!

14. Il pubblicano invece sì che è giustificato al cospetto di Dio, perché egli è colmo di umiltà, si reputa molto peggiore di tutto il suo prossimo; egli non odia, né disprezza nessuno, ed è già lieto se non lo si disprezza e non lo si fugge più di quanto già non succeda! Ebbene, cosa ne dite voi? È giusta la Mia sentenza?» (Lc.18,14)

15. Tutti allora risposero: «O Signore, Tu solo hai ragione in tutto, mentre tutti noi non siamo che uomini tenebrosi e peccatori! Il nostro giudizio quindi non può essere diverso da quello che siamo noi. Oh, questo che ci hai prospettato è stato un quadro quanto mai corrispondente al vero, perché molte volte abbiamo avuto occasione di osservare dei giustificati di questa specie che sapevano mostrarsi puri come il Sole, e dei quali non si avrebbe potuto nemmeno dire che essi avessero tenuto un contegno ipocrita nel Tempio, dato che osservavano tutte le leggi anche con troppa coscienza. Ma appunto perciò questi tali erano tuttavia quanto mai indigesti, perché essi non osservavano la legge per il fatto che nella stessa avevano riconosciuto la Volontà e l'Ordine di Dio, ma la osservavano come se la legge fosse stata opera loro, e per godere, nella loro qualità di persone rigidamente ossequenti alla legge, di maggiore prestigio presso i loro familiari e servitori, e per poter con tanto maggiore successo rimproverare loro i loro errori e i loro difetti. Ma considerato che di tali esperienze abbiamo potuto farne molte, adesso ci accorgiamo ancora di più della pienissima verità della parabola che hai voluto esporci, e Ti ringraziamo, o Signore, per tale verissimo insegnamento»

16. Ed Io conclusi: «Dunque, non c’è nessuna ragione di scoraggiarsi per questo motivo, e chi ha voglia, che mangi e beva pure a piacimento! Io stesso prenderò ancora un po’ di questo pesce».

17. Dopodiché tutti presero ancora del pesce, né mancarono di far onore pure al vino.

 

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Cap. 52

Della tentazione e delle debolezze. Esercita il pensiero!

 

1. Quando tutti avemmo mangiato e bevuto a sufficienza, l'albergatore Mi domandò se volevamo andare a coricarci, dato che la notte era già discretamente inoltrata.

2. Io però gli risposi: «Chi sente bisogno di riposare, vada; dal canto Mio un tale bisogno non lo sento, e quindi non andrò ancora a riposare. Oltre a ciò non è assolutamente indicato per il corpo coricarsi subito dopo il pasto; per conseguenza vogliamo tenerci desti per un paio d'ore ancora; ma se proprio a qualcuno necessita il riposo, che si ritiri pure!»

3. Tutti allora dissero: «Oh, no, no, o Signore, noi veglieremo con Te anche fino al mattino, se lo desideri! Infatti sappiamo fin troppo bene che presso di Te ogni cosa ha un imperscrutabile significato interiorissimo; qui sotto deve esserci celato qualcosa, e perciò preferiamo rimanere desti!»

4. Ed Io dissi: «Avete ragione; vegliate e abbiate cura che qualcuno di voi non cada in tentazione!»

5. Udito questo, i Miei vecchi discepoli Mi chiesero: «O Signore, che cosa mai potrebbe indurci in tentazione trovandoci al Tuo fianco? Noi infatti abbiamo già visto e provato più di una cosa accanto a Te, ma finora ben poco c'è stato che avesse potuto così, all'istante, farci cadere in qualche modo in tentazione!»

6. Dissi Io: «Oh, a questo riguardo lasciate pure da parte ogni vanto! Infatti lo spirito della tentazione si aggira sempre come un leone affamato e ruggente e cerca di inghiottire gli uomini! Voi non potrete mai essere abbastanza desti, né fare mai abbastanza attenzione a ciascun alito di brezza anche solo lievemente incitante! Quando un simile impulso abbia attirato, sia pure soltanto quant'è grosso un capello, dalla sua parte l’animo dell’uomo, quest’ultimo dovrà usare molta forza di volontà per ritornare allo stato precedente. Questa cosa ricordatevela tutti assai bene, poiché finché l'uomo vive, pensa, vuole ed agisce su questo mondo, la sua carne pesa di più della sua anima!»

7. E Filippo osservò: «Questo è senz'altro verissimo, e ne ho fatto anzi molta esperienza su me stesso. Tuttavia ormai nella mia età già avanzata non c'è più gran pericolo che una qualche tentazione possa far presa su di me! Io ho soltanto un difetto, e questo consiste in ciò: ogni tanto subentra in me una specie di debolezza di fede, vale a dire che io credo veramente a tutto quello che esce dalla Tua bocca, o Signore; ma se talvolta il mio intelletto non riesce ad afferrare immediatamente tutto, allora anche la mia fede si affievolisce, e subito divento esitante e vedo che si affacciano ogni tipo di problemi la cui chiara risoluzione il mio animo attende invano da qualche parte, e sento poi dei piccoli dubbi sorgere in me! Questa è l'unica tentazione che sento ancora avvicinarsi a me di soppiatto! Ma Tu, o Signore, certo potresti liberarmi anche di questa, e così faresti di me il più felice degli uomini!»

8. Ed Io gli risposi: «Se Io facessi come vuoi usando la Potenza che è in Me, tu non saresti più un uomo libero, cadresti in uno stato di grande pigrizia, e nei tuoi riguardi non si potrebbe più parlare di un temprarsi con l'esercizio allo scopo di acquisire, in grado sempre maggiore, la vera energia vitale per la tua anima.

9. Porti perciò ciascuno volonterosamente il proprio fardello, e si eserciti continuamente in tutte le cose buone della vita interiore! Con ciò, al tempo giusto, anche la misura della sua vita si farà colma, e solo allora egli proverà una vera e indistruttibile gioia a causa del pane che egli stesso si sarà procacciato con il sudore della propria fronte.

10. Immaginati un uomo rammollito che già fin dalla culla non abbia mai avuto bisogno di esercitare qualche attività. Egli ha mangiato le migliori vivande e bevuto i migliori vini, ha imparato per necessità soltanto a parlare e all'infuori delle sue vesti non ha mai portato un peso. Se poi un individuo di questa specie deve portare per un certo tratto di strada un peso anche di solo poche libbre, sarà ben difficile che vi riesca, considerato che a questo scopo egli non ha mai minimamente esercitato la propria forza fisica. Ma se poi, malgrado ciò, egli comincerà ad esercitare le forze del suo corpo con un'attività gradualmente crescente, dopo qualche anno egli pure arriverà al punto di poter sollevare e portare con facilità dei pesi più grandi. Ma perverrebbe egli ad una simile forza fisica se continuasse a far sollevare e a far portare dagli altri i pesi che dovrebbe portare lui?

11. Ora vedi, così è successo precisamente anche a te per quanto riguarda la forza del tuo pensiero! Dal tempo della tua gioventù, tu l'hai esercitata troppo poco, e solo ora nella tua età avanzata l’hai spinta ad un'attività un po' maggiore; non devi dunque meravigliarti se tu varie cose non le puoi afferrare e comprendere con la rapidità che invece è propria a qualcun altro.

12. Ma Io sono un vero Maestro e una vera Guida, e quando si presenta una via o un sentiero, per quanto scabrosi siano, non porto mai in braccio i Miei discepoli, ma lascio che procedano con le loro gambe, affinché in seguito possano percorrere qualche strada, anche la più aspra e più irta di ostacoli, senza inciampare.

13. Infatti se qualcuno procedendo per qualche via venisse a trovarsi davanti ad un impedimento eccessivamente grande, saprò ben Io procurargli una luce ed una forza sufficienti per affrontare con certezza di vittoria anche un simile gravissimo ostacolo. Anzitutto però ciascuno deve fare egli stesso quel tanto che gli concedono le proprie forze; tutto quello che va oltre a ciò gli verrà dato al momento opportuno. Hai ben compreso questa cosa?»

14. E Filippo rispose: «Sì, o Signore, ormai ho compreso tutto bene, e d'ora innanzi farò tutto quello che posso per rendermi il più possibile forte nel mio pensiero e nella mia fede!».

 

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Cap. 53

La destinazione delle creature.

 

1. Poi l'albergatore disse: «Una persona simile io la riconosco anche in me stesso, e ormai so cosa mi resta da fare. Io non intendo parlare di quanto fu scritto da tutti i profeti e dal Cantico dei cantici di Salomone, tutte cose queste che finora ho compreso assai poco o forse niente affatto; ma, leggendo le opere di questi sapienti dell’antichità, mi è venuto molte volte il pensiero che essi appunto, mediante il loro linguaggio veramente mistico, costringono l'uomo ad esercitarsi molto a pensare e con ciò a concentrarsi sempre più profondamente in se stessi, e perciò devo dire che questa cosa la trovo molto buona. Quando poi ci si è così profondamente raccolti in sé, allora comincia a brillare un bagliore dopo l'altro e si chiariscono infine varie questioni che prima sembravano degli enigmi assolutamente indecifrabili. Ma, come detto, io non parlo qui dell'incomprensibilità delle scritture degli antichi sapienti e veggenti, ma parlo dell’incomprensibilità di cose del tutto naturali.

2. Così, ad esempio, della reale destinazione di qualche creatura su questa Terra; e qui vengono subito a proposito i nostri pesci prelibati. Essi sono degli esemplari rari, belli e perfino vivacissimi della fauna marina! Fu appunto l'uomo che, spinto dalla fame, pensò di catturarli e di farne suo cibo. Ed ora ci si chiede: “La loro destinazione è proprio quella di venire presi, uccisi e poi mangiati come una vera leccornia da noi uomini?”. Se tale è però la loro vera destinazione, io non capisco poi quale essa potesse essere nel tempo in cui l'uomo non aveva ancora trovato il modo di pigliare i pesci, di ucciderli e poi di prepararli opportunamente per essere mangiati.

3. Di domande di questa specie io ne avrei a migliaia, e quanto più ci penso, tanta più confusione sento regnare in me, e sento che tali domande mi allontanano continuamente dalla luce invece di venirle più vicino; ed appunto così indagando e rimuginando non posso mai capire proprio bene l'intenzione certo supremamente saggia del Creatore rispetto a queste e ad innumerevoli altre creature. Del resto ciò non sarebbe nemmeno necessario per noi uomini, poiché, esistendo le creature, il Creatore buono ed infinitamente saggio saprà ben Lui perché le ha create.

4. Sennonché l'uomo è e resta un essere pensante, e non può più ritrovare in sé la pace una volta che si sia risvegliato nei suoi pensieri, e così capita a me. Quantunque io sappia che tutto questo vano pensare non mi giova a nulla, tuttavia continuo sempre a pensare; e contro questa - chiamiamola così - malattia, bramerei che Tu mi indicassi un buon rimedio! Infatti un simile lambiccarmi il cervello comincia a diventarmi davvero pesante e noioso, e io darei volentieri qualcosa per venirne definitivamente liberato»

5. Ed Io gli dissi: «Eh, Mio caro amico, aiutarti a tale riguardo è un po' difficile, perché dovrei dedicarti un tempo lunghissimo per chiarirti per bene il vero scopo dell'esistenza di tutte le numerose specie di creature. Posso quindi dirti che, in generale, tutto quanto esiste di creato in maniera percettibile ai sensi dell'uomo è costituito da elementi spirituali sottoposti a giudizio, e che la sua destinazione ultima è trapassare ad una vita libera ed indipendente attraverso una lunga serie di forme di svariatissima specie.

6. Ora le forme, già a cominciare dalla pietra, trapassano al regno vegetale, ma non prima di aver trapassato lentamente tutti i regni minerali, poi attraverso tutti gli stadi del regno vegetale trapassano al regno animale, e attraverso questo finalmente, anche qui attraverso i vari stadi, trapassano fino all'uomo, che è, in realtà, il vero vaso ricettore della vita proveniente da Dio.

7. Ciascuna forma corrisponde ad una certa intelligenza. Quanto più semplice è la forma, tanto più semplice e insignificante è pure l'intelligenza contenuta in essa; ma quanto più invece complicata e sviluppata ti appare una forma, tanto maggiore intelligenza potrai constatare che esiste in essa.

8. Prendi ad esempio un misero e nudo verme, e non ti sarà difficile riconoscere dalla sua attività che la sua intelligenza vitale estremamente meschina sta in perfetta consonanza con la sua forma; considera invece la forma già molto più complicata di un'ape, e così potrai anche dedurre che nella forma vitale di questo animaletto c’è una intelligenza di molto superiore! E così tale potenziamento va crescendo fino all'uomo.

9. Ma poiché queste forme non sono altro se non dei temporanei raccoglitori e portatori di una vita che va sempre più consolidandosi e aumentando di intelligenza, e dato che questa vita è continuamente intenta a salire ed abbandona le forme precedenti secondo la misura e il rapporto della associazione piuttosto grande di precedenti intelligenze vitali più semplici, è evidente che può interessare ben poco cosa succede poi della forma priva di vita che non rappresenta altro che un involucro organico-meccanico molto ben sistemato ad uso e agli scopi dell'intelligenza in essa dimorante. Per conseguenza, che questi pesci vengano adesso mangiati da noi uomini o divorati da altri animali, ciò non può avere la benché minima influenza sulla grande intenzione e sullo scopo finale della vita che viene ad ogni modo inevitabilmente raggiunto.

10. D'altro canto è noto che negli involucri privi di vita si trovano ancora delle parti nutritive, e così col reciproco divorare delle forme prive di vita, anche l'elemento più nobile trapassa in un'altra vita; perciò qui su questa Terra tu puoi constatare che - entro tutta la grande cerchia delle creature - va svolgendosi una continua lotta ed uno scambio di vita fino ad arrivare all'uomo.

11. Ma perfino la forma esteriore dell'uomo, vale a dire il suo corpo fisico, ha un valore solamente finché in essa dimora l'anima che sola è vivente. Quando l'anima è divenuta matura, abbandona per sempre questo corpo, il quale poi si dissolve. È del tutto indifferente come o per mezzo di che cosa. Quanto vi è ancora nel corpo di sostanziale e di appartenente all'anima, viene restituito a quest'ultima, mentre tutto il resto trapassa come sostanza nutriente in mille altre forme vitali create. Così tu hai qui brevemente raffigurato nelle sue linee fondamentali tutto ciò che ti procurò inutilmente tanti pensieri. E adesso comprendi meglio la questione dell'essere e del divenire?».

 

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Cap. 54

La resurrezione della carne.

 

1. Dice l'albergatore: «Sì, ora comprendo discretamente, quantunque debba apertamente confessare che per me questo rappresenta qualcosa di assolutamente nuovo e in un certo modo di inaudito. Allora viene a cadere la resurrezione finale di questa carne nella quale tutti gli ebrei credono fermamente, e a motivo della quale seppelliscono i cadaveri in determinati luoghi chiamati cimiteri, considerato che sono dell'opinione che gli angeli verranno nel giorno del giudizio a ridestarli e a ricongiungerli con le rispettive anime. Sarà dunque ben difficile che gli ebrei credano a quanto hai insegnato adesso! Io certo ci credo, perché Tu, o Signore, ce l'hai detto adesso e ce l’hai spiegato a fondo; però se me lo avesse detto qualcun altro, difficilmente avrei potuto credergli. Ciò infatti si scosta in modo troppo forte dalla fede attuale. E tuttavia devo ampiamente confessare che, secondo le esperienze fatte, le cose non possono essere altrimenti da come hai detto Tu. E voi, vecchi e nuovi discepoli del Signore, che cosa ne dite?»

2. Rispose allora uno degli ebrei-greci: «Per quello che ci riguarda, siamo perfettamente della tua opinione! Noi pure vediamo la verità di quanto è stato detto, ma vediamo altresì la difficoltà di esporre in maniera comprensibilmente chiara alla gente questa Dottrina del tutto nuova nel tempo in cui viviamo!»

3. Ed Io dissi: «Questa Dottrina non ve l'ho esposta affinché la insegnate a vostra volta agli ebrei. Se però voi volete insegnarla a qualcun altro, lo potete fare senz'altro; che egli lo creda o no, è per ora indifferente; più tardi coloro che veramente Mi seguiranno verranno ad ogni modo guidati in ogni verità e sapienza per mezzo del Mio Spirito che scenderà su di loro.

4. Del resto si comprende con tutta facilità da sé che il corpo terreno, una volta privato della sua anima, non potrà mai più risorgere, né venire mai più rivivificato in tutte le sue parti. Infatti, se accadesse questo, in quel certo giorno del giudizio dovrebbero venire ridestate e rivivificate anche tutte le parti deposte dal corpo durante il corso della sua vita terrena a volte lunga parecchio, come ad esempio i capelli, le unghie, i denti perduti e tutte le parti grezze della pelle allontanate mediante le abluzioni del corpo, come pure le gocce di sangue versate in qualche dolorosa occasione, le gocce di sudore e varie altre cose ancora staccatesi con il tempo dal corpo. Immaginatevi ora una figura umana di questa specie rianimata nel giorno del giudizio, e dite voi se non dovrebbe assumere un aspetto quanto mai ridicolo.

5. Ed ancora: l'uomo in differenti periodi della sua vita ha anche un differente corpo; così ad esempio il corpo di un bambino è diverso da quello di un ragazzo; altra specie di corpo è quella di un uomo adulto, ed infine un'altra ancora del tutto differente è quella di un anziano. Ebbene, data una perfetta rivivificazione dei corpi morti degli uomini, in un determinato giorno del giudizio, sarebbe necessariamente da porsi la domanda: “Dovrebbero venire fatte rivivere contemporaneamente tutte le forme corporali avute da una persona dal tempo della fanciullezza fino a quello della senilità, oppure solo un’unica forma?”.

6. Poi sorge ancora una questione molto importante, e cioè: presso i romani, i greci, gli egiziani e molti altri popoli di questa Terra i cadaveri vengono bruciati fino ad essere ridotti in cenere. In altri luoghi vengono gettati in mare ed i mostri che dimorano in questo elemento li divorano e ne traggono alimento per il loro corpo; e quando un simile mostro marino muore, viene a sua volta divorato da altri abitanti del mare. Cosa potrebbe venire risuscitato di questi corpi il giorno del giudizio? Mediante il fuoco la maggior parte del corpo è stata dissolta in fumo e in vapore e si è congiunta con l’aria, e dei corpi gettati in mare la carne e tutto il resto sono diventati parte integrante degli abitanti del mare e così è trapassata ad uno stato del tutto differente. In tali condizioni chi potrebbe poi cercare le parti che componevano il corpo umano di prima raccogliendole dagli innumerevoli corpi di animali, dall'acqua, dall'aria, dai minerali, dalle piante e dai vermi, per riconnetterle assieme?

7. E, malgrado per Dio ciò non rappresenti affatto una cosa impossibile, bisogna pur sempre domandare: “Che giovamento potrebbe ricavare una libera anima da una ricostruzione del corpo di questo genere?”. In verità, ciascuna anima già liberata dal suo greve corpo non potrebbe sentirsi che supremamente infelice qualora dovesse nuovamente entrare in un corpo greve, e oltre a ciò addirittura per l'eternità!

8. Senza contare poi che un tale procedimento non sarebbe mai compatibile con l'Ordine eterno di Dio, considerato che Dio stesso è uno Spirito supremamente perfetto e puro e che la meta finale esclusiva degli uomini è di diventare per l'eternità degli spiriti perfetti e puri a somiglianza di Dio. Ma a che cosa potrebbero loro servire in questo caso i corpi?

9. Certo, gli uomini anche nell’aldilà saranno rivestiti di un corpo, ma non con questi corpi terreni materiali e rozzi, ma con degli altri del tutto nuovi e spirituali, composti dalle loro opere buone compiute qui sulla Terra secondo la Dottrina che vi sto insegnando ora.

10. Ma se le cose stanno in questi termini, come può qualcuno credere che per la resurrezione della carne sia da intendersi la vivificazione di questi corpi terreni che avverrà un giorno? La resurrezione della carne è costituita unicamente dalle buone opere che da sole donano all'anima la vera vita eterna, opere che l'anima, in questa carne, va compiendo su questa Terra a vantaggio dei propri simili.

11. Chi dunque ascolta la Mia Dottrina, crede in Me e opera conformemente alla Dottrina, Io stesso lo risusciterò nel giorno del suo giudizio, che avverrà immediatamente dopo che la sua anima avrà abbandonato questo corpo terreno, e precisamente in modo che nessuno potrà nemmeno accorgersene, perché la trasformazione durerà un solo istante rapidissimo.

12. Ed ora Io penso che voi tutti avrete perfettamente capito anche questo punto. Se però qualcuno ha qualche obiezione o qualche dubbio ancora, che parli e che chieda!».

 

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Cap. 55

Delle malattie e della morte prematura.

 

1. Disse uno degli ebrei-greci: «O Signore e Maestro, la cosa è ormai chiara a tutti noi; tuttavia c'è una cosa ancora della quale non riesco a farmi un giusto criterio. Perché devono morire anche tanti fanciulli ancora in tenerissima età e senza aver raggiunto alcuno sviluppo? E perché quasi sempre la morte del corpo è preceduta da una maligna infermità che indebolisce e infine uccide il corpo? Una volta che l’uomo è maturo, egli - quale anima dal corpo - dovrebbe poter uscire facilmente senza soffrire; ed i piccoli dal canto loro non dovrebbero mai morire prima di aver raggiunto un determinato grado di maturità. Invece dei fatti di questa specie si verificano continuamente; ogni anno muoiono molti fanciulli, e le malattie di ogni specie non cessano, anzi sono un continuo tormento per l'umanità. O Signore e Maestro, perché deve essere così su questa Terra?»

2. Ed Io risposi: «Questo non dovrebbe affatto accadere, e infatti nei primi tempi dell'umanità non era così. Hai mai letto in qualche Cronaca di malattie gravi che avessero colpito quegli uomini che erano devoti a Dio e che vivevano secondo i Suoi Comandamenti? No, la storia non registra niente di simile, anzi essi vissero tutti fino ad un'età tardissima, e la loro morte fu simile ad un dolce addormentarsi senza alcuna sofferenza. In quel tempo non moriva nemmeno nessun fanciullo, perché i fanciulli venivano generati da genitori perfettamente sani e venivano nutriti e allevati secondo la sana e semplice natura.

3. Ma quando più tardi si insinuò tra gli uomini il fasto in tutte le sue più svariate manifestazioni, e con questo tutto un esercito di vizi e di sfrenati peccati contro i Comandamenti di Dio e le leggi di natura, solo allora ogni tipo di gravi infermità cominciò a dilagare fra gli uomini per loro colpa. Ma essi, così debilitati, non poterono più generare dei figli sani; per conseguenza tale progenie deforme già nel corpo materno, si trovò gradatamente sempre più ad essere esposta agli attacchi di ogni specie di malattia, e la morte cominciò a mietere anche fra i piccoli, sia appena nati, sia già grandicelli.

4. Ma il fatto che sia avvenuto così ed avvenga tuttora, non deve indurvi a pensare che Dio abbia voluto che tra gli uomini le cose andassero in questo modo per un Suo scopo imperscrutabilmente segreto; tuttavia Egli ha permesso che fosse così affinché, in primo luogo, agli uomini per effetto delle malattie venisse impedito di peccare eccessivamente, e in secondo luogo affinché essi, a causa delle malattie aspramente dolorose, si ritirassero di più dal mondo, si concentrassero in sé, riconoscessero i loro peccati, ne provassero orrore e così, esercitandosi nella pazienza e nella rassegnazione alla Volontà divina, potessero incamminarsi sulla via della beatitudine.

5. Ora non altrimenti è il caso dei fanciulli. Che cosa si può sperare su questa Terra da un bimbo fisicamente del tutto deforme, particolarmente se generato da genitori nati essi stessi in ogni peccato? Chi li alleverà e chi li guarirà dai loro mali? Non è invece meglio che essi vengano tolti da questo mondo e vengano affidati agli angeli nell’aldilà, per essere allevati ed educati nel regno dei piccoli appositamente esistente per loro?

6. Io vi dico che Dio sa tutto ed ha cura di tutto! Ma poiché la maggior parte degli uomini nel tempo attuale non conoscono più Dio, né sanno niente di Lui, come potrebbero sapere cosa Egli fa e cosa dispone per la loro possibile salvezza?

7. Se Dio, contro i peccati degli uomini, non avesse lasciato libero il passo alle corrispondenti malattie, più di mezza umanità ne sarebbe totalmente rovinata; la Terra diverrebbe un completo inferno e finirebbe col dover venire distrutta e ridotta in morte macerie che vagano nello spazio infinito dei mondi! Degli esempi del genere se ne sono già avuti nel campo sterminato delle stelle e dei mondi, ed i Miei discepoli sarebbero già in grado di fornirvi qualche particolare in proposito. Ora vi domando se avete ben compreso queste cose»

8. Rispondono gli ebrei-greci: «Si, o Signore e Maestro, anche questa cosa ci è ormai del tutto chiara, e non può più apparirci affatto strano se anche noi siamo stati colpiti già varie volte da gravi malattie, e se molto probabilmente finiremo anche noi col dover trapassare da questo mondo nell'altro in seguito a qualche grave malattia, perché durante la nostra vita anche noi abbiamo peccato parecchie volte e molto gravemente! Ma ora noi vorremmo sapere ancora da Te quali sono i peccati tramite cui si manifestano a questo mondo le malattie più frequenti e quelle più maligne; infatti un divario ci deve essere anche in questo campo».

 

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Cap. 56

Le cause principali delle malattie.

 

1. Dissi Io: «Fra tutti i vizi, i peggiori sono la fornicazione, la lussuria e la libidine di ogni natura e specie.  Ma a questi vizi gli uomini vengono spinti dall'ozio, dalla superbia e dalla presunzione. Infatti per il superbo non vi è più niente di sacro, ed egli si avvale di tutti i mezzi che stanno a sua disposizione pur di soddisfare le proprie passioni mondano-sensuali.

2. Ora quando un individuo di questa specie genera dei figli, ci si può immaginare quali esseri miseri e affetti da molte malattie vengano al mondo! Per conseguenza, questo peccato è una delle fonti principali da cui le peggiori malattie si riversano su questo mondo.

3. Poi seguono ancora i cibi cattivi e la gozzoviglia, l'ira e ogni specie di risentimento, vizi in seguito ai quali, fra gli uomini, si sviluppa ogni genere di malattie che li va poi tormentando in una maniera atroce.

4. E non è forse vero che Io dissi a quell'infermo a Gerusalemme, il quale per trentott’anni aveva atteso la guarigione alla piscina di Betsaida, quando l'ebbi risanato: “Va e non peccare più, affinché non ti succeda ancora di peggio?”. La sua ostinata paralisi era essa pure una conseguenza dei molti peccati da lui commessi prima; e così è stato il caso di quasi tutti coloro che furono guariti da Me. Se però non si fossero ammalati a causa dei loro peccati, sarebbe stata la fine anche per le loro anime. Soltanto una malattia molto grave e dolorosa li ha fatti rinsavire e ha mostrato loro come il mondo ricompensa i suoi adoratori; la malattia fece in modo che essi perdessero il loro amore per il mondo e bramassero ardentemente di venirne liberati. Con ciò la loro anima fu resa più libera, e poi, al tempo opportuno, anche i loro corpi furono risanati.

5. Accanto a queste cause principali della maggior parte delle malattie che affliggono gli individui deboli già dalla nascita, ve ne sono certamente delle altre, in seguito alle quali l'individuo debole può ammalarsi anche molto gravemente; però Io dico espressamente ancora una volta che soltanto ai debilitati già fin dalla nascita può accadere ciò! Tali cause ve le esporrò in poche parole.

6. Innanzitutto va annoverato tra di esse nutrirsi di cibi cattivi, impuri nonché andati a male e non preparati di fresco, e bere bevande cattive, poi mangiare ogni tipo di frutti immaturi. Oltre a ciò molti hanno la pessima abitudine di rinfrescarsi con eccessiva sollecitudine quando sono accaldati. Altri poi, assolutamente inconsci della loro innata debolezza, si espongono ad ogni specie di pericoli, così che o essi si rovinano completamente, oppure finiscono con il riceverne un danno che dura tutto il tempo della loro vita.

7. Dio di ciò non ha colpa, tanto meno in quanto Egli ha dato all'uomo l’intelletto, la libera volontà e le migliori leggi della vita!

8. Per combattere la pigrizia dell'uomo però non c'è altro mezzo che permettere che egli venga colpito da ogni tipo di mali, i quali devono manifestarsi quale necessaria conseguenza dell'inosservanza della Volontà divina. Questi mali destano l'anima dell'uomo immersa in un sonno profondo dentro la sua carne, e le mostrano le tristi conseguenze della sua pigrizia, e allora essa si fa più prudente, assennata, zelante e remissiva nella riconosciuta Volontà di Dio; quindi le svariate malattie che attualmente affliggono l'umanità hanno decisamente anche il loro lato buono.

9. Certamente, esse pure costituiscono una specie di giudizio per il fatto che obbligano l'anima ad operare il bene; tuttavia non per questo l'anima viene del tutto privata della sua libera volontà ed essa può migliorarsi molto bene tanto durante la malattia, quanto anche dopo, quantunque debba riservarsi il suo ulteriore perfezionamento solo nell'aldilà.

10. Ci sono però senza dubbio degli individui ammalati i quali sono venuti a questo mondo già ammalati a causa dei peccati dei loro genitori ed anche progenitori; le anime di questi ammalati hanno origine in grandissima parte dall'Alto e compiono soltanto una temporanea prova nella carne su questa Terra; per tali anime è comunque già provveduto nel migliore dei modi nell'aldilà, nel regno degli spiriti, e chiunque si interessa di loro e ne ha cura con amore e pazienza, sarà egli pure accolto da esse nelle loro celesti dimore con lo stesso amore e pazienza.

11. E con ciò Io vi ho fatto piena luce anche a questo riguardo; quando poi lo spirito si sarà pienamente destato in voi, esso vi sarà di guida in ogni sapienza anche in questo campo. Comprendete anche questo?»

12. Rispondono tutti: «O Signore e Maestro, ormai lo comprendiamo perfettamente, e ancora una volta Ti ringraziamo per questa gran luce che ci hai concesso! Infatti, dato che, dovendo diventare maestri, dovremo trattare con ammalati di ogni specie, si rende quanto mai necessario infondere in loro fede, coraggio e molta pazienza fornendo loro appunto le spiegazioni che Tu ci hai benevolmente dato, allo scopo di ottenere, qualora sia necessario e possibile, pure un sollievo alle loro sofferenze, perché è chiaro che chi soffre pazientemente, soffre già meno di colui che, oltre che dalla sofferenza, è tormentato dall’impazienza. Perciò, questi Tuoi insegnamenti di adesso non possiamo considerarli che eccellentissimi, perché nessuno ha bisogno di una vera consolazione in misura maggiore di colui che in un modo qualsiasi soffre, e noi riteniamo che sia pure opera quanto mai buona assistere e porgere aiuto spirituale e materiale a chi soffre. Abbiamo o no ragione?»

13. Dissi Io: «Senza alcun dubbio; perché l'amore per il prossimo deve correre in aiuto soltanto di colui che ne ha bisogno, ed è questo che ha valore al cospetto di Dio. Perciò vi dico ancora in aggiunta: “Se qualcuno offre un banchetto, e invita i suoi ricchi vicini ed amici, egli con ciò non commette affatto peccato, ma non potrà attendersi una ricompensa nel Cielo, per la ragione che i suoi amici possono dargliela già qui. Invitate invece quali ospiti i poveri, e la vostra opera troverà ricompensa in Cielo, dato che qui sulla Terra i poveri di certo non possono ricambiarvi la cortesia!

14. Lo stesso vale anche per coloro che prestano i loro molti denari per interesse, e dopo un tempo stabilito ricevono il capitale di ritorno. Neanche questi, qualora non pratichino l'usura, commettono peccato; però non possono ripromettersi di percepire degli interessi in Cielo per questo. Li incasseranno invece di certo coloro che presteranno denaro anche ai poveri nella loro miseria, senza interessi e senza esigere il capitale di ritorno”. Dunque, aiutare in ogni maniera possibile i poveri di qualsiasi specie, questa è una vera opera di amore per il prossimo.

15. Ma ecco che per questa sera abbiamo fatto abbastanza del bene, e quindi ora ce ne andremo a riposare; la giornata di domani già ci porterà il suo bene da compiere».

16. A queste Mie parole tutti si ritirarono a riposare non senza prima averMi ringraziato per i nuovi insegnamenti ricevuti.

 

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Cap. 57

La mareggiata.

 

1. Il mattino seguente, il giorno successivo al Sabato, ci alzammo di buon'ora, ed Io assieme a qualche discepolo uscii fuori all'aperto come ero solito fare quasi dappertutto. Era una giornata primaverile, serena e bellissima, e ci si stupiva nel constatare come il mare fosse agitato con tanta veemenza nonostante regnasse una calma quasi completa di vento.

2. L'albergatore, che poco dopo ci aveva raggiunti, Mi domandò tutto stupito quale fosse la causa di quel poderoso ondeggiare dell'acqua, mentre non c'era quasi traccia di un vento che soffiasse da qualche direzione.

3. Io però gli dissi: «Puoi crederMi: a Me è data ogni potenza tanto nel Cielo, quanto sulla Terra, e quindi anche qui un tale violento ondeggiare si manifesta ora perché sono Io a volere così. In quanto al motivo che Mi ha indotto a provocarlo, ti convincerai più tardi di quale esso sia»

4. Osserva allora l'albergatore ancora più stupito: «O Signore, io so in maniera chiara e precisa che tutte le forze e le potenze della natura Ti sono soggette; ma che questa agitazione del mare Tu la ritenga congiunta ad uno scopo segreto, una cosa simile mi riesce nuova, tanto più poi in quest'ora mattutina tanto serena e bella. Ma ecco, le onde si stanno sollevando diventando sempre più alte e violente! Sarà probabilmente necessario che faccia ormeggiare meglio le barche ed assicurare i contenitori del pesce, altrimenti davvero potrebbe risultarne qualche danno!»

5. Ma Io gli dissi: «Lascia andare, perché né alle tue barche, né ai tuoi pesci accadrà niente di male. Però altri che hanno preso il mare con malvagie intenzioni e le cui barche sono ora in balia delle onde, non si troveranno in una situazione tanto piacevole. Le onde non li inghiottiranno, ma converrà che il loro perverso ardore venga parecchio mitigato, dopo che essi avranno raggiunto con moltissime fatiche qualche sponda».

6. Domandò l’albergatore: «Chi mai possono essere questi malvagi, e con che intenzioni sono venuti da queste parti?»

7. Gli dico Io: «Tu sai che lo scorso anno andai a Gerusalemme in occasione della festa dei Tabernacoli; allora, nel Tempio, parlai al popolo della Mia Missione, dopo aver guarito un uomo ammalato da trentotto anni che trovai nella piscina di Betsaida, nonché una quantità di altri infermi in Gerusalemme stessa e a Betlemme. Molti fra il popolo, in conseguenza di ciò, credettero in Me, cosa della quale la gente del Tempio venne naturalmente a conoscenza, come pure seppe che una moltitudine di folla Mi seguiva. Per questo motivo essi, infuriati, deliberarono nuovamente di tenderMi insidie, di metterMi le mani addosso e di ucciderMi. È dunque la Mia morte che essi vogliono. Sennonché il Mio tempo non è ancora venuto, e perciò impedisco loro di perseguitarMi, di impossessarsi di Me e di ucciderMi. E questa appunto è la ragione dell’attuale violento ondeggiare del mare. Ti spieghi adesso il fenomeno?»

8. Risponde l'albergatore: «Oh, se è così, sarebbe meglio che il mare si infuriasse ancora di più! E converrebbe che al mare si unisse pure un grosso uragano di vento, in modo che quei malvagi cominciassero ad accorgersi come si deve di come Dio sa ricompensare la loro malvagia fatica!»

9. Ed Io osservai: «Oh, no, considerato che si trovano su una barca solida e garantita contro gli uragani, una bufera di vento sarebbe per loro invece la benvenuta, perché questa li spingerebbe ben presto verso qualche riva sicura. Invece è questa mareggiata senza traccia di vento che li fa completamente disperare, perché ciascuna onda riporta la nave al posto dove era prima, nonostante il più vigoroso manovrare di remi per imprimerle una qualche direzione. La loro situazione somiglia a quella di un viandante che vuole raggiungere la cima di un monte salendo per un pendio franoso, dove ad ogni passo che fa i ciottoli cedono sotto la pressione del piede, ed egli ritorna sempre al posto di prima. Questa specie di mareggiata è senz'altro la migliore e più opportuna per i Miei inseguitori. Ma adesso lasciamo stare questa cosa, e andiamo invece a vedere a che punto siamo con la colazione!»

10. Disse l'albergatore: «O Signore, questa sarà ormai già pronta; però ho incaricato i miei servitori di avvertirci quando tutto sarà in ordine, ed ecco appunto uno di loro che viene da casa verso di noi per chiamarci a colazione; andiamo dunque!»

11. Ed Io gli dissi: «Tu ti inganni! Egli ci porta solo la notizia che i discepoli si sono informati di Me, perché vorrebbero sapere dove sono andato. Fra di loro è sorta una piccola divergenza d’opinione, e dovrei essere Io a fungere da arbitro in questa vertenza. Noi lasceremo invece che discutano ancora un po' tra di loro; ci sarà sempre tempo sufficiente per rimetterli tutti sulla buona via»

12. Disse l'albergatore: «Cosa mai può aver suscitato fra di loro un conflitto d'opinioni?»

13. Ed Io gli risposi: «Si tratta assolutamente di un'inezia. I Miei pochi vecchi discepoli rimasti in casa sono stati interpellati dai venti nuovi sulla causa di questo violento agitarsi del mare, ed i Miei vecchi discepoli hanno risposto che un tale ondeggiare con calma assoluta di vento deve essere stato certo suscitato in maniera prodigiosa unicamente da Me per una qualche segreta ragione. Tuttavia i nuovi discepoli non vogliono accettare questa versione proprio del tutto per buona ed obiettano: “Noi sappiamo che ogni accadere ed ogni divenire dipendono esclusivamente da Dio, il Signore; ma ciononostante fuori dal Suo Ordine, dalla Sua Giustizia e dalla Sua Sapienza Egli ha posto nella natura delle forze misteriose le quali agiscono conformemente alla Sua Volontà. Non c'è dubbio che anzitutto è Egli ad incitare all'azione le forze mediante la Sua Volontà, ma le forze, così comandate ad agire, agiscono direttamente, e Dio, per mezzo loro, soltanto in modo indiretto. Che ogni cosa pesante debba tendere all'ingiù, è stato Dio ad ordinarlo già nel principio, ma ormai la forza disposta in questo modo porta da sé all'ingiù tutto ciò che è greve. Ugualmente Dio in origine ha fatto l'acqua pesante e liquida; ma appunto questa proprietà da Lui conferita all'acqua costituisce in essa la sua forza segreta che la spinge a riversarsi incessantemente dall'altura alla pianura, senza che Dio abbia bisogno di agire sempre Egli stesso con la Sua Volontà a spingere l'acqua nei ruscelli, nei torrenti e nei fiumi. Ed allora il caso deve essere identico pure rispetto a questo ondeggiare del mare non accompagnato da vento; soltanto, data la totale mancanza di vento, il fenomeno risulta più sorprendente che non se fosse provocato da un violento uragano; e per questo hanno domandato ai vecchi discepoli molto più esperti per mezzo di quale misteriosa forza Dio abbia potuto provocare tutto questo ondeggiamento.

14. I vecchi discepoli sostengono fermamente che questo moto del mare non è suscitato in modo indiretto per effetto della potenza della Mia Volontà! Succede però che i nuovi discepoli, dal loro punto di vista, hanno ragione, come pure i vecchi dal loro, ed è perciò che desiderano averMi per arbitro. Noi dunque adesso andremo da loro per ristabilire la concordia in giustizia e verità!».

15. Detto questo, ci avviammo verso casa dalla quale, del resto, non si era distanti più di mille passi.

16. Una volta entrati, tutti i discepoli Mi salutarono e poi Mi esposero subito le ragioni del loro dissidio.

17. Ma Io, rivolto a tutti uno sguardo amorevole, dissi: «State disputando per una cosa da nulla! Voi, discepoli nuovi, avete ragione, ma ora ce l’hanno anche i discepoli vecchi, perché se voi, nuovi discepoli, avete ragione nelle circostanze generali, ora, in questo caso particolare, hanno ragione i vecchi discepoli! Infatti questo ondeggiamento del mare che vi appare tanto strano non deriva da alcuna forza agente come un mezzo, ma è dovuto all'azione diretta della Mia Volontà.

18. Ma affinché ciò possa risultarvi ancora più evidente, guardate il mare che appare fortemente sconvolto in ogni suo punto! Io adesso comanderò che su un piccolo tratto qui, vicino alla riva, venga ristabilita la quiete assoluta, e poi potrete convincervi del fatto che la Volontà di Dio può ottenere anche in modo diretto qualsiasi effetto».

19. In quello stesso istante, agendo con la Mia Volontà, ricondussi la quiete su una superficie vasta duecento acri in maniera tale che in quel punto il mare divenne limpido come uno specchio, mentre tutta la rimanente distesa liquida apparve sconvolta peggio ancora di prima. E avendo visto ciò, i nuovi discepoli si prostrarono dinanzi a Me e volevano adorarMi.

20. Ma Io dissi loro: «Evitate di fare ciò! Infatti, Io non sono venuto a questo mondo allo scopo di farMi venerare e adorare dagli uomini, ma unicamente per mostrare loro le vie della Verità e della Vita, per portare aiuto a tutti coloro che languono nella miseria, e a coloro che sono affaticati e gravati da ogni tipo di terribili pesi.

21. Ma se voi volete veramente amare Dio, il Quale è in Sé uno Spirito purissimo, dovete adorarLo in spirito e verità con l'amore dei vostri cuori, e certo nei fatti con ogni tipo di opere buone! Infatti, in verità, il bene che fate ai poveri per amore di Dio, è come se fosse fatto a Dio stesso! E nel fatto che voi crediate che Io sono stato mandato a voi da Dio, solo in questo sta la vera adorazione di Dio. Ogni vuota preghiera delle labbra invece è un abominio al cospetto di Dio, e non ha assolutamente alcun valore; chi onora Dio con le labbra mentre il suo cuore rimane freddo e inattivo, costui fa un idolo di Dio e commette una vera prostituzione spirituale. Ora di questo argomento si è già occupato un profeta, il quale così ebbe a dire: “Ecco, questo popolo Mi onora con le labbra, ma il suo cuore è ben lontano da Me”.

22. In verità vi dico! Quando il cuore non adora Dio nei fatti con il vero e puro, disinteressato amore, ogni preghiera non è che una risonanza vuota e priva di significato che si diffonde nell'aria e poi svanisce completamente. Io ora sono il vostro Maestro e voi siete i Miei discepoli. Quello che vi dico, credetelo, e ciò che Io vi suggerisco di fare, fatelo e seguiteMi! Tra di noi non occorre altro».

23. Allora i nuovi discepoli smisero la loro adorazione, e poi andammo a prendere la colazione che fu molto apprezzata da tutti.

 

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Cap. 58

Pietro e il ricco cittadino di Cafarnao.

 

1. Durante la colazione le parole scambiate furono poche, in compenso però la conversazione fu tanto più animata dopo, perché ben presto si videro arrivare molti ospiti dalla città, in parte per ammirare lo spettacolo del mare in burrasca e in parte anche per fare una buona colazione. Infatti, il nostro albergatore godeva, a questo riguardo, di una fama eccellente nell'intera città. Dunque era alquanto difficile evitare di venire in contatto con questi ospiti, e così molti si informarono se Io pure fossi presente. Costoro infatti avevano visto alcuni dei Miei discepoli che essi conoscevano molto bene, e avevano concluso che nemmeno Io dovevo trovarMi molto lontano.

2. Una persona molto ragguardevole di Cafarnao, che conosceva assai bene Simon Pietro, lo chiamò a sé e gli disse: «Mio caro amico! Tu sai che ho sempre comperato il pesce che mi occorreva da te e che ho sempre offerto appoggio a te e alla tua casa per quanto era possibile, ma ecco che ormai è già più di un anno che tu assieme a dell'altra brava gente girovagate senza nessuno scopo in compagnia del profeta di Nazaret, e così facendo vi attirate una quantità di nemici fra gli ebrei; nello stesso tempo trascurate le vostre case e le vostre famiglie. Ora queste cose, secondo la legge di Mosè, non possono evidentemente essere gradite a Dio! È certo vero che il Nazareno compie talvolta dei segni assolutamente straordinari in seguito ai quali si sarebbe quasi tentati di considerarlo un profeta consacrato da Dio, ma quando poi lo si sente parlare, non si sa più se abbia o meno il cervello sano o se voglia appositamente sciorinare un cumulo di insensatezze, alle quali nessuna persona sana di mente può prestare ascolto, come ad esempio è stato il caso di ieri nella sinagoga. Tutti erano in ansiosa attesa di quello che egli avrebbe detto, considerato che delle sue capacità davvero straordinarie ci si è potuti già varie volte sincerare da soli, ed altre cose di lui si sono udite raccontare da testimoni assolutamente degni di fede; sennonché il suo sermone di ieri fu qualcosa di tanto insensato che tutti non poterono fare a meno di scandalizzarsene gravemente! Davvero, se non avete niente di meglio da imparare da lui, siete molto da compiangere, e più ancora le vostre brave famiglie! Ho ragione oppure no?»

3. E Pietro, un po' concitato, gli rispose: «O amico, se tu vuoi giudicare validamente il nostro Maestro, conviene che tu Lo conosca, come me, più da vicino! Ormai è già più di un anno che sono sempre in Sua compagnia, e per conseguenza io so sul Suo conto parecchio di più di quanto possa saperne tu. Neppure io sono uno scemo, conosco la Scrittura e posso quindi giudicare con cognizione di causa più d'una cosa. Io da Lui non ho udito mai una parola che non portasse l'impronta chiarissima di una Sapienza divina quanto mai profonda; perfino le Sue parole di ieri si sono rivelate colme di Vita interiorissima e di Spirito; che esse però siano state comprese soltanto da pochi, questa è una cosa della quale Egli davvero non ha colpa! Se Lui si esprime in maniera chiara e precisa su chi Egli è veramente, e nessuno Gli crede, come potrebbe mai una simile ostinata mancanza di fede comprendere quanto Egli ha detto ieri?

4. Guarda là fuori come il mare è terribilmente sconvolto e guarda poi lo stesso mare lungo quel considerevole tratto di spiaggia come è invece limpido e tranquillo come uno specchio, e nessuna delle onde violente che si innalzano ai margini di quello specchio è capace di turbarne la tranquillità! E vedi: se è così e se così accade, ciò è dovuto alla Volontà del Nazareno! Ancora meno di mezz'ora fa la mareggiata infuriava su quel tratto di mare con uguale veemenza come sul mare aperto, ma Egli comandò che quel tratto di mare si calmasse, ed esso infatti passò nel medesimo istante allo stato di quiete nel quale si trova tuttora! Ora, chi può essere Colui al quale perfino i muti elementi obbediscono immediatamente?

5. Lui ieri vi ha pur detto francamente e senza sottintesi Chi Egli è; perché dunque non Gli avete creduto e non avete piegato le vostre ginocchia e i vostri cuori dinanzi a Lui? Voi avete ritenuto cosa più saggia dichiararLo pazzo che non avvicinarvi a Lui e dire: “O Signore, Tu che, quale Vita e Potenza illimitata fuori da Dio stesso, vai annunciandoci parole di Vita, usa Grazia e Misericordia a noi, poveri e ciechi peccatori!”. Ecco, io so e vedo Chi Egli è, e perciò resto presso di Lui, e soltanto da Lui mi attendo la vita eterna, della quale sono già ora più che sicuro di quanto non lo sia di vivere e di parlare in questo momento! Se non fosse così, credimi, da lungo tempo non sarei più Suo discepolo, perché io pure ho almeno tanto intelletto quanto più d'uno degli abitanti di questa città!

6. Ma io, sulla scorta anche di quanto detto da tutti i profeti nella Scrittura, ho riconosciuto che Egli soltanto può essere, ed effettivamente anche è, il promesso Messia, il grande Unto di Dio dall'eternità, e per conseguenza rimango con Lui, anzi reputo massimo onore a questo mondo il fatto che Egli stesso mi ha chiamato ad essere Suo discepolo! Va a trovare la mia famiglia e chiedi a coloro che la compongono se durante la mia assenza è venuto loro a mancare qualcosa! Ma chi allora all'infuori di Lui ne ha cura, così che i miei hanno sempre pane e vino a sufficienza? Naturalmente Egli non va là, di Persona, a coltivare i loro campi e a gettare le reti in mare, ma tutto ciò lo fa la Sua Volontà onnipotente, la quale è la sola che coltiva anche tutto il suolo della Terra! E tu mi dici che non è bello abbandonare casa e famiglia per seguire il Nazareno!

7. Oh, come sei cieco, amico! Vedi, io davvero non ho bisogno dei tuoi insegnamenti, né di quelli di nessun altro, perché gli Insegnamenti di quell'Uno mi sono più che sufficienti per l'eternità! Se tu però non fossi tanto stolto come sei in verità, ci domanderesti piuttosto che cosa va insegnando e facendo il Nazareno, e così agiresti molto più saggiamente che non con il tuo parlare ispirato all’egoismo e alla pratica mondana! Io so quello che so e gli altri discepoli lo sanno pure, e con me sono testimoni del grande Amore e Verità di Dio, il Padre, Amore e Verità che ora sono venuti a noi su questo mondo nella Persona del nostro Signore Gesù, l'Unto di Dio, per la salvezza di tutti coloro che credono in Lui, e per il giudizio di coloro che non Lo vogliono accogliere, e che con le parole e con i fatti si schierano sempre contro di Lui e si danno ogni pena pur di rendere una testimonianza sfavorevole su di Lui.

8. Noi non abbiamo mai preteso il diritto di dare del cieco, dello sventato e dello stolto a qualcuno di voi, ma siete invece voi che vi esprimete così verso di noi e ci reputate degli oziosi e amanti della vita libera e avventurosa, senza che vi si abbia mai fornito neanche il più lieve pretesto per giudicare in questa maniera! Dimmi tu adesso, francamente, se questa è una cosa giusta al cospetto di Dio e di ogni galantuomo!»

9. Rispose allora il ricco borghese: «Suvvia, o mio caro Simon Giuda, io non ho assolutamente voluto dare alle mie parole un significato tale da giustificare questa tua sfuriata contro di me! Se tu conosci il prodigioso Nazareno meglio di me, la colpa non è mia, perché io non ho avuto, come te, l'occasione di restarmene continuamente al suo fianco, di assistere a tutte le sue opere e di udire tutte le sue parole. Io mi sono limitato a giudicarlo sulla scorta di quello che io stesso ho visto e da quanto ho potuto sentire sul suo conto da altre persone. Da semplice uomo che sono, nonostante la migliore buona volontà, non posso giudicare che alla maniera umana un altro uomo, e considerato che io, quale tuo vecchio amico, ho fatto così dinanzi a te, non sarebbe stato forse sconveniente che tu, da persona molto più esperta e saggia, mi avessi reso evidente il mio errore con parole un po' più moderate! Io però non ti porto affatto rancore, considerato che ti ho avuto sempre caro.

10. D'altro canto perfino la Sapienza divina deve apertamente darmi ragione se sostengo che nessuno può pretendere da qualcuno più di quanto egli può dare. Vorrei conoscere il Dio che, in tono di comando e sotto minaccia di punizione, mi dicesse: “O miserabile verme della terra, solleva questa montagna e portala da qui fino al capo del mondo, altrimenti ti maledico e ti condanno alla miseria eterna!”. Considereresti forse saggia una simile pretesa da parte di un qualche Dio? Potrebbe un Dio sapiente, che deve conoscere le mie forze, esigere un lavoro di questa specie da me? Perciò adesso ti domando: “È stato proprio del tutto saggio da parte tua chiedere da me una conoscenza, una comprensione ed una fede che vanno al di là delle mie forze spirituali, e mettermi nello stesso tempo dinanzi alla prospettiva certa addirittura del giudizio, a causa della mia fede vacillante e del mio scarso discernimento?”

11. Ora la forza spirituale sta più in alto di qualsiasi forza naturale; sennonché è chiaro che chi non la possiede, non la possiede, ed allora se questa forza spirituale superiore non la si possiede, sarà altrettanto difficile comprendere le verità più profonde e più segrete e riconoscerle con fede come tali, quanto lo è, non disponendo di forza naturale sufficiente, sollevare una montagna e trasportarla in un altro luogo. Io credo, da parte mia, che con l'amore e la pazienza si possa arrivare a risultati migliori con gli uomini che non usando quella severità della quale, senza bisogno, hai voluto far sfoggio verso di me. Ho ragione oppure torto?»

12. Disse Pietro un po' imbarazzato: «E sia pure, alla tua maniera puoi avere ragione anche tu, né io posso obiettare qualcosa a questo tuo modo di vedere. D'altro canto però bisogna che anche tu ti convinca che non è stato affatto bello da parte tua classificarmi in certo modo fra le teste sventate per aver abbandonato la mia casa, il mio mestiere e la mia famiglia per seguire il Santo di Dio da Nazaret!

13. Io so benissimo che a te, come ora a molti altri, manca la forza spirituale richiesta per comprendere di primo acchito i profondi misteri di Dio; tuttavia, a questo riguardo c'è ancora una eccellente via di mezzo, la quale a mio parere si può raffigurare all'incirca così: “Se io sento parlare di cose straordinarie o se addirittura ne sono testimone, mi accontento di starmene modestamente zitto e mi trattengo dal formulare qualche giudizio finché non abbia da qualche parte, se possibile, ottenuto una luce più chiara in proposito. E se anche così non riesco a comprendere la cosa perfettamente, allora soltanto mi sento autorizzato a dichiarare: ‘Questa cosa non la comprendo e lascio per conseguenza a qualcun altro più capace di me il compito di emettere su di essa un giudizio!’. Ma voler dare una sentenza perfino riguardo a una cosa che non si comprende, mi pare che questo sia senz'altro meno saggio ancora del mio accalorarmi contro di te!”

14. Tu certamente avrai letto il Cantico dei cantici di Salomone ed altrettanto certamente non ne avrai, come me, compreso nemmeno una parola! Ma sarebbe da saggi rigettarlo per la sola ragione che non si arriva a comprenderlo? Sta però il fatto che noi ci comportiamo con la massima riverenza dinanzi a questo Cantico, quantunque non lo comprendiamo, come probabilmente non si riuscirà mai a comprenderlo perfettamente a questo mondo. Se noi fossimo vissuti, con il nostro attuale intelletto molto limitato, al tempo di quel re dotato di così alta sapienza, probabilmente di quel Cantico famoso non ci saremmo fatti un giudizio migliore di quello che vi siete fatti ieri voi del sermone tenuto dal Signore e Maestro, ma considerato che il Cantico di quel re è già molto antico, lo si apprezza per la sua antichità, benché non lo si comprenda affatto.

15. Il nostro Signore e Maestro compie delle opere di cui Salomone non si è mai nemmeno sognato, e la Sua Sapienza e la Sua assoluta Onniscienza si trovano di fronte alla sapienza di Salomone nello stesso rapporto in cui l'infinito sta ad un minimissimo punto dell'infinito stesso; ma poiché la Sua Sapienza non è vecchia ancora di almeno mille anni, e sta qui, agisce e risplende davanti ai vostri occhi ed orecchi, allora per voi essa è una stoltezza. Riflettici su tu stesso con un po' di attenzione e poi dimmi se un simile agire sia saggio da parte di chi pur dovrebbe avere una certa dose di intelletto!

16. Di fronte a te io mi sono certo un po' accalorato, ma giustamente, perché dovevo cercare di dimostrarti che io e gli altri fratelli non siamo degli stolti e dei poltroni per aver abbandonato tutto e per essere andati con Lui; gli stolti invece siete voi che non volete, non riconoscete e non fate quello che vediamo, riconosciamo e facciamo noi. Infatti, adesso è dinanzi ai nostri occhi il tempo in cui chiunque voglia può venire ammaestrato ed educato direttamente da Dio; perciò io, da tuo vecchio amico, ti dico in verità: “In Questo, che voi chiamate profeta di Nazaret, non dimora soltanto lo spirito suscitato di un profeta, ma la Pienezza assoluta della Divinità, corporalmente, e quindi tanto più in Spirito!”. Sennonché voi siete tutti ciechi e non volete riconoscere ciò, e meno ancora volete credere: ciò a vostro immenso danno! Parlare con voi è dunque una cosa difficilissima»

17. Ribatte il ricco borghese: «Ma, mio caro e vecchio amico, tu stai dicendo sempre le stesse cose! Rifletti un po' a mente fredda sul fatto che, in primo luogo, mai ancora qualcuno è disceso dal Cielo su questa Terra in stato di assoluta sapienza, meno ancora poi trattandosi di un uomo come noi! Da dove avremmo dovuto attingere la conoscenza che in questo figlio di un carpentiere, da noi conosciuto personalmente e che più volte ha lavorato da noi assieme a suo padre Giuseppe ed ai suoi fratelli, sia di punto in bianco venuta a dimorare tutta la Pienezza della Divinità?

18. Sì, se egli fosse venuto qui eventualmente dall'Egitto o dalla Persia con i suoi prodigi, tutto il suo essere avrebbe per noi, gente dalla vista corta, evidentemente un interesse maggiore e di sicuro anche più facilmente una maggiore attrattiva; ma così invece egli ci è noto fin dalla fanciullezza, senza aver mai, finché suo padre visse, lasciato minimamente trapelare di essere sotto qualche aspetto qualcosa di più di un comunissimo uomo quieto, diligente e di ottima moralità! Ma ecco che ora egli si è innalzato a maestro e ad eccezionale salvatore per gli ammalati e perfino per i morti, cosa questa che è e deve anche essere tanto più sorprendente, in quanto prima non aveva mai in qualche modo mostrato di essere in possesso di simili facoltà, e d'altro canto noi sappiamo molto bene che egli prima non ha mai frequentato una scuola, né ha mai dimorato in qualche paese straniero dove eventualmente avrebbe potuto acquisire tali facoltà.

19. E adesso, improvvisamente, ce lo troviamo dinanzi dotato di capacità così straordinarie che ciascuno se ne deve stupire a buon diritto! Ma che cos’altro possiamo dedurne con il nostro naturale intelletto se non che egli una notte, essendo un uomo pio, è stato destato dallo Spirito di Dio per diventare un profeta? E non credo che diamo di lui un giudizio non equo qualificandolo come un profeta da Nazaret, similmente a quanto fanno gli abitanti stessi di quella città. Solo adesso sento da parte tua suonare tutta un'altra campana, suono questo che non può fare a meno di sembrarmi strano; ma anche questo non fa nulla, perché ciascuno, prima di emettere un'opinione riguardo ad una cosa, prima di esaminarla e poi soltanto accoglierla con fede come una piena verità, deve evidentemente sentir dire qualcosa.

20. Oggi è la prima volta che sento, perché me l’hai detto tu, che cosa dovrebbe tenersi effettivamente celato dietro a questo nostro Nazareno! Ebbene, per quanto strabiliante possa apparire la tua asserzione a suo riguardo, tuttavia io non trovo che sia assolutamente da condannare, anzi essa è addirittura degna di venire seriamente considerata, esaminata ed infine anche accolta, purché si sia arrivati alla convinzione che tutte le condizioni necessarie a questo siano in perfetto ordine! Per conto mio non trovo niente di impossibile nella cosa, anzi a favore di questa versione depone la circostanza che noi tutti sappiamo anche troppo bene che il Nazareno non ha potuto mai acquisire tali straordinarie facoltà in qualche segreta scuola di profeti, considerato che di scuole egli non ne ha frequentate; anzi, stando alle asserzioni di suo padre, egli non ha mai imparato nemmeno a leggere e a scrivere così da poter affermare di possedere appieno queste cognizioni elementari. E così le sue capacità, rivelatesi tanto improvvisamente, sono ancora più sorprendenti, e ancora più ammirevole è la potenza incomprensibile della sua volontà dinanzi alla quale, come mi è stato riferito, devono letteralmente cedere anche le pietre più dure. Io queste cose le ritengo tutte vere, anche perché l'anno scorso sono stato io stesso testimone di un simile prodigio compiuto evidentemente soltanto grazie alla sua volontà. Ma tu, o mio vecchio amico, non devi avercela con me se io, uomo semplice e schietto, ti parlo solo[13] come uomo!»

21. Disse allora Pietro: «Per quanto mi riguarda, non è nemmeno il caso di pensare che io possa avercela con te, tuttavia io non mancherò mai di dire la piena verità ad un vecchio amico. Intanto divertiti pure nel Nome del mio Signore e divino Maestro; io però devo ritornare da Lui, perché ho inteso in me la Sua chiamata!».

22. E detto questo, Pietro lasciò il suo vecchio amico e ritornò nella stanza dove eravamo raccolti noi tutti.

 

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Cap. 59

L’essenza degli uomini del mondo.

 

1. Quando Pietro Mi fu di nuovo vicino, disse: «O Signore, ho udito in me il Tuo richiamo! Qual è dunque la Tua Volontà che per me è sempre santa sopra ogni cosa?»

2. Ed Io gli risposi: «Oh, volevo semplicemente farti sapere che quel vecchio tipo dai molti denari ne ha sentite abbastanza da te! Se quanto gli hai detto non servirà a chiarirgli un po' la mente, qualcos’altro gli servirà ancora meno. Ad ogni modo di chiacchiere ne avete fatte abbastanza. È davvero quanto mai difficile guidare la gente verso la pura verità nella propria patria! Infatti, salta sempre fuori la vecchia domanda: “Come ha fatto costui ad arrivare a questo punto? Eppure lo conosciamo dalla sua infanzia!”. E così resta sbarrata la via a qualsiasi insegnamento, perché là dove la Persona del Maestro suscita dei dubbi, anche la Sua Dottrina ne resta più o meno pregiudicata dinanzi agli ascoltatori; d'altro canto voler costringere ad una fede gli individui di questa specie, i quali in fondo non sono cattivi, a forza di miracoli e di segni straordinari, sarebbe come voler spogliare di colpo da ogni libertà le loro anime e la loro volontà; per conseguenza è meglio lasciarli andare per la loro strada finché non vengano da se stessi e preghino che si voglia dare loro ulteriori spiegazioni.

3. Qualora però, durante i pochi giorni che ancora ci fermeremo qui, capitasse qualcuno con lo scopo di informarsi sul Mio conto in modo più particolareggiato, non raccontategli molte cose dei Miei prodigi, specialmente di quelli che devono restare segreti, ma fatene cenno soltanto un po' alla lontana; ma prima di ogni altra cosa annunciate cosa deve fare per ottenere la vita eterna. Se non sono contenti così, lasciateli andare, perché non è bello gettare perle preziose in pasto ai porci. Chi non apprezza un dono piccolo, in verità non è degno di doni grandi!

4. Ci sono qui delle persone le quali, ogni tanto, amano ragionare per delle ore intere di cose e di rapporti spirituali, restandone spesso edificati al massimo, pieni di eccellenti idee e dei migliori propositi; ma ritornati alle loro case e ai loro abituali affari del mondo, è come se non avessero udito niente! Se qualche cosa va loro storta, nonostante tutte le consolazioni spirituali avute prima, essi si sentono immensamente oppressi dalle preoccupazioni del mondo, e non pensano più alle parole consolatrici puramente spirituali udite! A che cosa hanno giovato in questo caso le parole stesse?

5. E vedi, o Mio Simon Giuda (Pietro), così è andata la discussione fra te e il tuo vecchio amico. Sappi che già in questo momento egli non ci pensa già più, perché ha incontrato un mercante di Cana, e stanno ora combinando un vantaggiosissimo acquisto di merci di vario genere! Egli sa molto bene che Io Mi trovo qui, per conseguenza avrebbe potuto venire da Me e intrattenersi con Me riguardo alle Mie facoltà da lui dichiarate tanto straordinarie; Io certo non lo avrei messo alla porta! Ma invece non ha fatto così, perché il mercante di Cana gli sta molto più a cuore! Ed ormai puoi allontanare da te ogni timore che egli venga ancora una volta a scambiare con te qualche parola sul Mio conto!

6. Gli individui di questa specie non sono dunque di gran lunga ancora idonei per il Regno di Dio. Essi somigliano a quei coltivatori che, arando, non rivolgono il loro sguardo in avanti, ma all'indietro, e perciò non possono vedere come i buoi tirano l'aratro e se questo funziona bene e produce dei solchi regolari e profondi quanto ci vuole. Dunque ripeto: questa gente non è di gran lunga ancora adatta per il Regno di Dio. Ed è meglio lasciarla là dove si trova, perché per quanti prodigi si voglia operare in loro presenza e per quante parole luminosissime si voglia far loro udire, non si arriverà mai a distogliere la loro mente dalle preoccupazioni mondane.

7. Ma considerato tutto ciò, Io vi dico che quando un giorno da perfetti discepoli comincerete a predicare alle genti la Mia Dottrina, tenete allora in conto quanto ora vi dirò: “Se in un qualche luogo o in una qualche casa vi accoglieranno bene, là fermatevi ed ammaestrate per bene la gente; battezzatela poi nel Mio Nome con l'acqua come ha fatto Giovanni, verrà poi il tempo nel quale anch’Io li battezzerò con il Mio Spirito che scenderà dall'Alto!

8. Ma là dove non vi accoglieranno, o vi accoglieranno solamente così come il tuo vecchio amico ha accolto poco fa le tue parole, scuotete addirittura la polvere che sarà rimasta attaccata ai vostri calzari in un simile luogo o in una simile casa, affinché su di voi non resti attaccata nessuna traccia del mondo che potete avere raccolto presso di loro. Infatti, voi sapete che il Mio Regno non è di questo mondo, ma questo deve venire creato mediante il riconoscimento e l'osservanza della Mia Parola nell'interiorità dell'uomo. Però la creazione di questo mondo celeste della vita spirituale è sempre una cosa molto difficile finché l'uomo non si sia spogliato di tutto ciò che appartiene al senso e al mondo.

9. Ma Io per polvere sui vostri calzari non intendo la polvere naturale che si trova nelle stanze e sulla strada; la polvere di cui intendo parlare è costituita dai ragionamenti ispirati a sapienza mondana quali sono stati quelli del tuo vecchio amico. Essi suonano molto cortesi ed amabili, e sono del tutto corrispondenti alla conoscenza umana; tuttavia non sono che una vuota polvere, perché rivendicano esclusivamente ciò che è mondano, e in essi non c’è più una seria traccia di qualcosa di vero. E come la polvere vuota e vana della strada non può giovare in nessun modo al viandante, ugualmente così avviene della polvere dei ragionamenti che escono dalla bocca di simili cittadini ricchi ed esperti del mondo.

10. Però, quantunque questa polvere non possa essere di utilità a nessuno, può essere invece sicuramente più o meno dannosa a qualche viandante. Se ad esempio si alza un vento che solleva la polvere, bisogna chiudere gli occhi e tenere chiusa la bocca, altrimenti si rischia di rimanere accecati e di soffocare. Oltre a ciò è bene talvolta fermarsi, oppure addirittura sdraiarsi con la faccia a terra finché il vento non abbia portato lontano la polvere noiosa; ma questo fa sicuramente perdere del tempo al viandante, cosicché egli deve giungere necessariamente alla sua destinazione più tardi che non se gli fosse stato risparmiato il regalo della polvere di certo non ambito.

11. Ora quello che la polvere della strada rappresenta per il viandante terreno, la stessa cosa rappresenta il vano polverio dell’esperienza del mondo per il pellegrino della vita incamminatosi sulle Mie vie che vi ho già mostrato. Questa polvere offusca facilmente la vista interiore e può avere perfino un’azione quanto mai soffocante sulla vita vera spirituale-interiore dell’anima! Il meno che gli possa toccare è di dover indugiare sul cammino del progresso spirituale nonostante tutta la prudenza usata! Questa è la ragione per la quale vi ho detto di scuotere perfino la polvere rimasta attaccata ai vostri piedi, perché su di voi non rimanga niente che sia del mondo, poiché in verità Io vi dico: “Finché ad un'anima resta ancora appiccicato anche un solo atomo di quello che è del mondo, essa non può completamente entrare nel Mio Regno”. Infatti, tutto ciò che appartiene al mondo è per l'anima quello che il veleno è per il corpo. Come una piccolissima goccia, appena visibile, di un potente veleno è capace di uccidere il corpo di un uomo, similmente anche un atomo di elemento mondano può corrompere totalmente un'anima umana, od almeno può arrecarle un danno tale, per cui essa dovrà faticare molto e per lungo tempo per arrivare alla guarigione perfetta e per poter risorgere alla vita eterna. L'esperienza saprà darvi una piena conferma in proposito»

12. E Pietro disse: «O Signore! Ma allora non sarà certo compito facile per noi annunciare la Tua Parola al prossimo! Infatti, come faremo a conoscere se una persona è atta ad accogliere o no il Tuo Vangelo? Il vecchio amico che ho lasciato fuori, io lo avrei già ritenuto una persona perfettamente idonea a ciò, considerato che sotto qualsiasi altro aspetto egli è di animo assolutamente buono, e nelle sue ore libere si occupa volentieri di cose superiori e spirituali; inoltre, a quanto mi risulta, fa volentieri del bene ai poveri. Ebbene, se anche questa specie di gente va classificata fra i sospetti con i quali è meglio avere poco a che fare, allora non saprei proprio chi si dovrebbe reputare idoneo ad ascoltare il Tuo Vangelo»

13. Ed Io gli dissi: «Siete anche voi ancora ciechi e non scorgete niente in quanto vi dico? Non ricordi il giovane ricco che incontrammo l'anno scorso? Egli Mi domandò cosa avrebbe dovuto fare per ottenere la vita eterna, ed Io allora gli risposi che doveva osservare i Comandamenti ed amare Dio sopra ogni cosa nonché il prossimo suo come se stesso. E il giovane disse e assicurò che queste cose egli le aveva osservate già dalla sua fanciullezza. Ed Io aggiunsi: “Ebbene, se vuoi di più, vendi tutto ciò che possiedi, distribuisci il ricavato fra i poveri, e poi vieni e seguiMi; così ti preparerai un tesoro nel Regno dei Cieli”. Ma ecco che, appena udite queste parole, il giovane rimase turbato, ci voltò le spalle e proseguì per la sua via. Io poi vi dissi che è più facile ad un cammello passare per la cruna dell’ago[14] che non ad un ricco entrare in Cielo! Allora voi ve ne stupiste molto e pensaste che ben pochi avrebbero potuto pervenire al Regno dei Cieli. Ma Io vi obiettai che effettivamente molte cose sembrano impossibili all'uomo, che invece sono sempre possibili a Dio.

14. Allora quel discorso non vi riuscì perfettamente chiaro, ma ora credo che dovrebbe esservi già molto più comprensibile. Cosa avremmo guadagnato noi se allora per esempio avessimo voluto insistere presso quel giovane con le parole, allo scopo di tentare di convincerlo che avrebbe dovuto fare quello che Io gli avevo consigliato? Non avremmo guadagnato niente! Anche per dei giorni interi egli avrebbe continuato ad accampare le sue sagge ragioni mondane, in conseguenza delle quali, nonostante la migliore buona volontà, non gli sarebbe stato possibile per il momento seguire il Mio consiglio! E dopo vari giorni, rispetto a lui, ci saremmo trovati allo stesso punto del nostro primo incontro; invece preferimmo andarcene rapidamente per i fatti nostri e non ci mancò ben presto l'occasione di poter fare del bene. Vedete, anche in quel caso non abbiamo fatto altro che scuotere sollecitamente la polvere che il giovane ci avrebbe senz'altro preparato, ed invece abbiamo proseguito senza alcun impiccio per la nostra strada!

15. Coloro che stanno di là, nell'anticamera, sono tutti di questo stampo: ciascuno preso a sé è un galantuomo ed ha molta saggezza mondana, caratteristica questa che li ha resi ricchi nel senso del mondo; tuttavia per il Mio Vangelo essi non sono ancora maturi, né è facile che un giorno divengano tali in questo mondo. Quindi in avvenire voi non dovete predicare a questa specie di gente la Mia Parola, perché essa non metterà radice in loro né potrà mai far maturare un frutto.

16. Tu, o Pietro, hai detto a quel ricco borghese proprio delle eccellenti verità, anzi quasi come se tu avessi parlato con la Mia stessa bocca, ma che effetto hanno ottenuto le tue parole presso di lui? Vedi, assolutamente nessun effetto! Egli sta ora trattando di affari con il suo collega, liberamente senza un barlume di turbamento, proprio come se non avesse scambiato una sola parola con te! Egli non ignora affatto che Io sono qui; sarebbe dunque legittimo aspettarsi che fosse almeno la curiosità a guidarlo qui per ragionare con Me in Persona di ciò che tu gli hai detto sul Mio conto! Sennonché tutto questo è per quest’uomo ricco niente di più di un moscerino che egli, camminando, schiaccia con totale indifferenza sotto il suo tallone. A noi e al nostro aiuto, per lui così insignificante e meschino, egli non ci tiene affatto, essendo davvero una persona molto ricca e saggia dal punto di vista del mondo, e di individui di questo stampo ce ne sono ancora moltissimi.

17. Vedete, questi sono proprio i veri porci grufolanti del mondo ai quali non dovete gettare in pasto le Mie perle; infatti, questi tali non si preoccupano d'altro se non di vedere se e cosa c'è da guadagnare materialmente in ogni circostanza. E questa è anche la ragione per la quale l’uomo ricco ti ha rimproverato di aver abbandonato il tuo lucroso mestiere e di esserti fatto Mio seguace in certo modo senza alcuno scopo.

18. Sotto ogni altro aspetto questi tali traboccano di gentilezza e tengono un contegno ineccepibile verso chiunque; sennonché tutto ciò è simile all'intonaco fine ed artistico che ricopre una tomba che così riesce esteriormente piacevole a vedersi, ma interiormente invece è piena di putredine e di esalazioni pestilenziali. Finché un individuo di questa specie può tranquillamente intascare il proprio guadagno e non gli capita nessun tracollo negli affari, si troverà sempre nelle migliori condizioni d'animo e talvolta si dimostrerà perfino generoso; ma mettiamo che, sia pure una sola volta, una qualche speculazione abbia per lui esito infelice, allora prova ad avvicinare il tuo cortese cittadino e a fargli ragionamenti riguardo a delle verità spirituali interiori, ed Io ti garantisco che prima ancora che tu abbia aperto bocca, ti vedrai cacciato via in fretta e furia! E vedi, questo è anche il motivo principale che prima Mi ha indotto a richiamarti: quello cioè di risparmiare il tuo zelo, sotto ogni altro aspetto lodevolissimo, perché con gente simile ogni parola che ha un senso spirituale e interiore è quasi perfettamente sprecata.

19. Tu gli hai spiegato che questo violento ondeggiare del mare lo si deve unicamente alla Mia onnipotente Volontà e che basta che Io lo voglia e tutti gli elementi Mi obbediscono. Questa è certamente una cosa non da poco! Ma dà un'occhiata fuori, e potrai convincerti da te stesso che impressione assolutamente insignificante abbia fatto su di lui la tua rivelazione; non gli è passata nemmeno lontanamente per la mente l'idea di andare a vedere se il mare è ancora tanto sconvolto e se in qualche cantuccio vi regna invece la quiete perfetta!

20. Tu gli hai posto altresì sotto gli occhi la sorte che attende tutti gli increduli, quella cioè di venire colpiti dal Mio giudizio! Questo ha ottenuto tutt'al più l'effetto di fargli abbozzare un sorriso, mentre fra di sé andava pensando: “Oh, povero candidato alla fame! Mi pare che dovresti tu piuttosto badare che il giudizio dello stomaco vuoto e della pelle nuda non ti raggiunga quanto prima!”. E adesso dimmi un po' tu se credi ancora che valga la pena predicare a simile gente la Mia Parola!»

21. E Pietro, tutto sdegnato, rispose: «Ah, se è così, certo preferirei diventare guardiano dei porci di un greco che non predicare davanti a individui di questa risma! Soltanto adesso comprendo bene lo zelo che dimostrasTi l'anno scorso nel Tempio! Conviene predicare un'altra specie di Vangelo a quella gente, e cioè a suon di corde nodose e di bastoni come hai fatto nel Tempio! Quella brutta razza di mercanti è, in fondo, peggiore ancora del più geloso fariseo del Tempio! Infatti, costui ha almeno nell'apparenza qualcosa di spirituale, ciò che pure non serve veramente a nulla, mentre quegli altri invece non hanno proprio nient'altro all'infuori del mondo, in tutta la sua nuda e cruda materialità! Oh, questo, o Signore, è stata davvero una cosa buona che Tu abbia voluto imprimercelo bene nella mente! In verità, bisognerà fare in modo che una polvere di questa specie non venga mai più a insudiciare i nostri piedi! Ma ora come impiegheremo il nostro tempo?»

22. Ed Io gli dissi: «Ora ce ne andremo un po' all'aperto, affinché voi tutti possiate convincervi della indifferenza che questa gente va dimostrando, poi ritorneremo qui. Più tardi però Io farò venire un buon scroscio di pioggia che avrà la virtù di liberarci presto dalla presenza di questi ospiti importuni. Dunque, come ho detto, andiamocene fuori all'aperto, ma vedete di fare bene attenzione a tutti coloro che incontreremo! Qui poi ci intratterremo ulteriormente sull'argomento e prenderemo le nostre disposizioni».

 

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Cap. 60

L’indifferenza dei mercanti per l’ambito spirituale.

 

1. Mancavano ancora quasi tre ore a mezzogiorno, quando, dopo questa Mia decisione, lasciammo la nostra stanza e, attraversando una sala piena di ospiti, uscimmo all'aperto. L'albergatore, che aveva molto da fare per servire gli ospiti e rispondere alle loro richieste, si scusò presso di Me per averMi potuto dedicare così poco la sua attenzione a causa dei molti ospiti.

2. Io però gli dissi: «Non preoccuparti assolutamente di questo! Chi è presso di Me con il suo cuore può, senza timore alcuno di spiacerMi, occupare le sue membra nel disbrigo delle necessarie faccende giornaliere come può e come vuole, secondo le esigenze della propria professione, quando dedica a Me la sua più piena e più vera attenzione, mentre ogni altro genere di attenzione non ha senza dubbio alcun valore al Mio cospetto.

3. Noi adesso usciremo e rimarremo all'aperto fino a mezzogiorno per osservare lungo la riva l’attività del mare. Prima però che noi stessi ritorneremo, verrà giù per Mio comando un buon acquazzone che spingerà questi mercanti, assai fastidiosi per Me, a ritirarsi in fretta alle loro case, come ho detto prima, perché non c’è niente che questi uomini del mondo temono di più se non un temporale. Quando lo vedranno avanzare, non avranno altro in mente che ritirarsi in fretta e furia in città. Bada soltanto che qualcuno non ne approfitti per dimenticarsi di pagare il conto!»

4. Disse l'albergatore: «O Signore, io Ti ringrazio del consiglio e particolarmente poi del temporale promesso, perché confesso che anch'io questa specie di ospiti la vedo molto malvolentieri!»

5. Dopodiché ce ne andammo, poiché l'albergatore era stato chiamato da uno degli ospiti, e ciò all’albergatore dispiacque.

6. Quando fummo all'aperto, domandai a Pietro: «Ebbene, hai osservato il tuo vecchio amico? Come ti è parso?»

7. E Pietro, al colmo dello sdegno, rispose: «Ah, ma questo è addirittura incredibile! Se questa gente ci avesse degnati di un solo sguardo, od almeno se si fossero chiesti l'un l'altro chi fossimo! Ma no, non ci hanno degnato nemmeno una volta di un'occhiata, quantunque Ti conoscano e abbiano udito raccontare già molte cose su di Te! In verità, non mi è mai ancora toccato di avere a che fare con simile gente perfettamente muta e del tutto indifferente! Se capitassimo oggi fra una mandria di porci, questi animali certo ci guarderebbero e comincerebbero a grugnire verso di noi, mentre per questa gente invece non rappresentiamo assolutamente nulla, come se sul serio noi non fossimo là. O mondo perfido, sordo e cieco! O Signore, fa venire pure una tempesta su di loro, ma che sia ben violenta e accompagnata da moltissimi fulmini, affinché si scuotano dalla loro ultra stoica[15] indifferenza! Sì, davvero, questi sono effettivamente i porci ai quali non si deve gettare in pasto le Tue perle di vita»

8. Dissi Io: «Te l'ho già detto come stanno le cose rispetto a quei mercanti! Essi non conoscono altro all'infuori della loro merce e del loro denaro: chi di fronte a loro non possiede né merce, né denaro, costui è come se non fosse un essere umano, e quello che un tipo di questa specie si degna ancora di fare trovandosi dinanzi ad uno di noi, sprovvisto di denaro, è di dedicarsi ancora ad un piccolo calcolo e di dire fra sé: “Vedi, che valore potrebbe rappresentare questo sciocco come schiavo?”. Noi potremmo avere un certo valore per loro soltanto come merce scadente, perché fra questi tali ce ne sono molti che sottobanco esercitano il commercio degli schiavi, ed appunto il tuo vecchio amico è uno di questi, anzi fra i maggiori, e ogni anno fa affari cospicui in Egitto, a Roma, in Grecia e anche in Persia. Che cosa ne dici se un ebreo si dedica ad un simile mestiere?»

9. Rispose Pietro: «Costui è senz'altro meritevole di venire lapidato! Ma io, e veramente tutti noi, non riusciamo ancora proprio bene a comprendere come Tu, o Signore, possa assistere con tanta pazienza e indulgenza alle malefatte di questi rozzi e vili individui! Infatti queste cose vanno già oltre a quanto venne un giorno perpetrato a Sodoma e Gomorra. Finché lo fanno i pagani, si possono ancora scusare, ma un ebreo mai!».

 

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Cap. 61

Sulla reincarnazione. La Terra come scuola per i figli di Dio.

 

1. Ed Io gli feci osservare: «Non lasciarti trasportare tanto dalla passione, perché tu non conosci ancora con sufficiente chiarezza quante e quali specie di ospiti accolga questa Terra, né cosa sia necessario per portarli gradatamente nella sfera dei figli di Dio! Ma quando sarete pienamente fortificati per mezzo del Mio Spirito, che farò scendere su di voi dopo la Mia ascensione, allora anche queste cose le vedrete in tutta la loro chiarezza, e voi Mi renderete onore e gloria appunto in considerazione della Mia Pazienza e della Mia Indulgenza.

2. Chi di voi però è in grado di comprendere qualcosa, sappia che su questa Terra hanno assunto corpo di carne anche le anime provenienti da altri mondi; e così pure i figli del serpente su questa Terra. Essi sono morti una volta, e qualcuno anzi già varie volte, e per il loro perfezionamento sono però rientrati nuovamente nella carne.

3. Voi avete spesso udito parlare di una trasmigrazione delle anime. Il lontano Oriente ci crede oggi ancora fermamente. Tuttavia questa credenza in loro è molto impura per la ragione che essi fanno ritornare le anime umane nella carne degli animali. Ora questa è una supposizione ben lontana dal vero.

4. Che un'anima umana di questo mondo si raccolga e si plasmi a partire dai regni minerale, vegetale ed animale fino a raggiungere l'anima umana, questo vi è stato già in gran parte spiegato, nonché come tutto ciò si svolga entro i limiti di un ordine ben determinato. Nessun'anima umana però, per quanto imperfetta, trasmigra retrocedendo, tranne che nel regno spirituale di mezzo, sempre soltanto nell'apparenza esteriore, allo scopo dell'avviamento all'umiltà e del possibile miglioramento che ne risulta. Se un tale caso si è verificato fino ad un certo grado, oltre al quale una simile anima per mancanza di attitudini superiori non può andare, essa può trapassare poi ad uno stato di semplice beatitudine di creatura su un altro mondo, cioè nella sfera spirituale del mondo stesso, oppure, qualora lo voglia, può ancora una volta entrare nella carne degli uomini di questa Terra, per poter acquisire per questa via delle capacità superiori e, con il sussidio di queste, pervenire perfino alla figliolanza di Dio.

5. Ugualmente anche da altri mondi trasmigrano delle anime nella carne degli uomini di questa Terra per acquisire nella carne tutte quelle innumerevoli proprietà spirituali che sono necessarie al raggiungimento della vera figliolanza di Dio.

6. Ma appunto perché questa Terra è una simile scuola, essa viene da parte Mia trattata con tanta pazienza, clemenza ed indulgenza. Chi di voi può comprendere queste cose, le comprenda, però se le tenga per sé, poiché non a tutti deve essere dato di conoscere tutti i misteri del Regno di Dio. Ad ogni modo se voi proprio trovate qualcuno che ha lo spirito più corretto possibile, a costui potete anche rivelare un po' alla volta l'uno e l'altro mistero, sempre tuttavia soltanto per lui stesso, poiché Io voglio che un vero uomo debba conquistarsi tutto ciò attraverso la propria diligenza secondo la Mia Dottrina.

7. Quando un uomo sa cosa deve fare per pervenire alla vita eterna ed ai suoi tesori, che lo faccia e che vi viva conformemente, e poi ben vedrà, udrà e percepirà in se stesso, in maniera del tutto vivente, l'adempimento perfetto della Mia promessa.

8. Il comunicare a voce all'uomo tali straordinari misteri non ha affatto od eventualmente ha soltanto scarsissimo valore, né è di una certa utilità per la ragione che in primo luogo non li comprende, ed in secondo luogo una cosa simile, troppo incomprensibile per lui, può facilmente turbare la fede che egli ha già stentatamente accolto. Infatti, per comprendere ciò nella sua vera profondità di vita spirituale e interiore ci vuole evidentemente qualcosa di più della morta lettera della Legge e dei profeti».

 

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Cap. 62

Il grande serpente marino.

 

1. Il Signore: «Ma ecco che ormai, andandocene lungo la riva, siamo arrivati al punto da cui si scorge a mala pena qualcosa della città; vedete con che violenza le onde percuotono le pietre della riva! Qui davanti a noi c'è una capanna da pescatore! Ci rifugeremo là ed aspetteremo lo scatenarsi della tempesta promessa! Guardate là verso Mezzogiorno! Da quella parte essa avanzerà con tutta veemenza, e non ci sarà nemmeno scarsezza di fulmini. Si levi essa dunque, e si volga rapidamente verso Cafarnao!».

2. Avevo appena terminato di parlare, che all'improvviso si videro delle nubi temporalesche fosche e grevi sollevarsi dal mare e sopra tutte le montagne, e gli ospiti raccolti nella casa del nostro albergatore vicino a Cafarnao se ne accorsero ben presto. Ma quando il temporale, che prometteva poco di buono, cominciò ad avanzare sempre più veloce verso la città accompagnato da un violento mugghiare e da un fragore di tuoni, gli ospiti si affrettarono a pagare il conto e ciascuno scappò per conto suo a gambe levate; tutte le discussioni d'affari erano cessate d'un tratto, e la casa del nostro albergatore si trovò di colpo liberata da tutti i suoi noiosi ospiti. Quando però il temporale nella sua corsa arrivò al di sopra di noi, anche i nostri ebrei-greci furono colti da spavento, perché in essi pure, da vecchi ebrei che erano, la paura di simili fenomeni era, si può dire, innata.

3. Ma Io li esortai ad avere coraggio e a bandire ogni timore, e dissi loro: «Non vedete dunque che gli spiriti di questa tempesta sono essi pure soggetti alla Mia Volontà? Non temete, perché a nessuno verrà torto un capello! Io non l'ho fatta venire tanto a causa di quella gente di Cafarnao, quanto piuttosto a causa di quegli altri emissari da Gerusalemme, affinché debbano tanto più sincerarsi di come Dio sia solito premiare e tutelare i servitori di mammona!».

4. E non appena ebbi finito di parlare, un fulmine cadde proprio davanti a noi con uno scoppio formidabile.

5. Gli ebrei-greci arretrarono tutti spaventati, e uno di loro Mi disse: «O Signore, allontana da qui questa furia, altrimenti periremo tutti!».

6. Io allora minacciai la tempesta; ed essa continuò il suo corso lasciando sopra di noi sgombro il più bel cielo azzurro, cosa questa che colmò di gioia gli ebrei-greci i quali si profusero in calde espressioni di lode a Mio riguardo.

7. Quando poi, usciti dalla capanna, ci avvicinammo alla riva, uno degli ebrei scorse sull'acqua, ad una distanza di circa duecento passi, un mostro marino che si contorceva in una maniera terribile, mentre una quantità di uccelli di mare scendevano a precipizio su di lui. Egli Mi chiese di che animale si trattasse.

8. Ed Io gli risposi: «Questo è un grande serpente di mare, il quale di solito soltanto durante i tempi tempestosi esce fuori in cerca di preda; comunemente invece esso vive nelle profondità del mare. Una volta che si è saziato, esso scende verso il fondo e là giace quieto talvolta per varie settimane; quando poi la fame si fa sentire di nuovo, risale la superficie e ricomincia la caccia. Se nell'acqua non trova a sufficienza di che saziarsi pienamente, esso viene anche a terra, e strisciando nei luoghi lungo le rive cattura qualche agnello o qualche capra, né risparmia, se gli capitano a tiro, i maiali, i vitelli e i puledri d'asino. Se ad una nave tocca la mala sorte di incontrarsi con uno di questi animali, ha un bel da fare per evitarlo, perché se è affamato assale ed inghiotte anche uomini. E con ciò conoscete ormai di che specie è l'animale che avete avuto la rara occasione di vedere»

9. E Pietro allora domandò: «O Signore, un mostro di questa specie io l'ho già visto una volta mentre ero intento a pescare. Io allora pensai: “Ecco un'anguilla gigante! Non si potrebbe catturarla adoperando qualche buona esca?”. Preparai allora assieme ai miei aiutanti un'esca simile e la calai nell'acqua; ma l'animale se ne tenne lontano e dopo scomparve, né fino ad ora si è fatto più vedere. In che maniera sarebbe possibile impadronirsi di un animale del genere?»

10. Io gli risposi: «Per gente come è quella attuale e con i mezzi di cui può ora disporre, questa cosa sarebbe pressoché impossibile! Infatti, anzitutto un simile serpente è molto astuto e sa schivare tutti i pericoli che lo minacciano; esso poi si muove con estrema velocità e agilità, così che anche il migliore veliero non potrebbe raggiungerlo in corsa, ed infine esso dispone di una forza per voi a stento credibile. Se anche a qualcuno riuscisse a metterlo alle strette, vistosi in pericolo esso si scaglierebbe contro il nemico e lo stritolerebbe in un istante. Per conseguenza non sarebbe assolutamente consigliabile volerlo ad ogni costo inseguire per catturarlo. In questo mare non si trovano che due di questi esemplari, e quando essi avranno terminato di vivere, queste acque saranno completamente libere da simili mostri. Questi due che sono ancora in vita sono molto vecchi e appartengono ancora alla fauna prediluviale, quantunque abbiano appena l'età di Noè, da intendersi cioè dalla sua nascita fino al tempo presente.

11. Questi animali sono veramente degli abitanti del gran mare, ma al tempo dell’inondazione catastrofica di Noè furono sospinti in questo mare interno, e da quell'epoca vivono qui dove potranno sussistere ancora un paio di centinaia d'anni.

12. In questi animali giganteschi si raccoglie la più grezza sostanza animico-vitale del mondo la quale viene mitigata in essi e in un certo modo viene resa più matura al trapasso ad una condizione migliore. Quando l'animale alla fine muore, il complesso della sua vita trapassa a molte migliaia di migliaia di forme vitali superiori nelle quali la sua vita arriva già in un tempo più breve ad un grado vitale più alto, nell'acqua, oppure nell'aria o sulla terraferma, ed attraversa poi tutte le forme della vita fino a giungere all'uomo. Tuttavia le anime umane che si sono sviluppate per questa via si trovano su un gradino molto basso, e dagli antichi sapienti tali uomini vennero denominati “figli dei serpenti e dei draghi”; perché questi sapienti nella loro semplicità ne sapevano in fatto di generazioni animiche parecchio di più dei sapienti d'oggigiorno.

13. Questi tali sono dunque i figli del mondo i quali, nella loro specie, sono molto astuti, e sono ricchi e potenti dal punto di vista terreno; però non sono ancora di gran lunga atti ad accogliere la vita spirituale superiore.

14. Ora una derivazione animica del tutto simile l'hanno pure i nostri mercanti di Cafarnao; essi vanno sempre a caccia di affari e la loro massima gioia l'hanno quando riescono a realizzare qualche gigantesco guadagno! Essi dunque conservano ancora molto accentuatamente la natura vorace di un simile serpente, e vanno continuamente accumulando tesori nella stessa maniera come questo animale va accumulando in sé ogni tipo di sostanze vitali unicamente per soddisfare la sua brama insaziabile del divorare.

15. Però, come a questo animale, quando è giunto al termine di questa vita viene tolto tutto per venire distribuito tra le forme vitali superiori, così pure, dopo la morte del corpo, simili individui ricchi ed egoisti vengono privati di tutto, e nell’aldilà devono venire purificati dalla loro antica natura serpentina mediante una estrema povertà, e mediante la fame e la sete. Certamente è doloroso ed aspro che debba essere così, eppure non si può fare altrimenti con simili bassissime forme vitali».

 

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Cap. 63

La ragione dell'incarnazione di Dio.

 

1. (Il Signore:) «Creare è facile, ma guidare la creatura posta fuori da sé verso un'esistenza libera, non sottoposta a giudizio e indipendente, questa perfino per l'Onnipotenza divina non è affatto una cosa facile; tuttavia con la pazienza e l’indulgenza si può infine raggiungere tutto, e quando si ha condotto una cosa a buon porto, così che si vede di avere ottenuto perfettamente lo scopo prefissato, allora non si pensa più al tempo che è stato necessario a raggiungere la meta.

2. Chi dunque crea viene a trovarsi nelle stesse condizioni di una donna gravida, la quale durante la gravidanza va soggetta a molti timori e a molte angosce e dolori, ma una volta che entro il tempo determinato il bambino sia stato messo al mondo dalla donna, lei poi si trova libera da ogni angustia e da ogni timore, e non si ricorda delle sue sofferenze, perché vede dinanzi a sé il frutto vivente che fuori da lei è sorto a vita libera e indipendente.

3. Così, se il portare una creatura ad un grado perfetto di libertà e di indipendenza fosse una cosa facilmente ottenibile, in verità, Io, che sono il Creatore di tutte le cose e di tutti gli esseri, non avrei visto la necessità di assumere ora Io stesso forma umana su questo mondo per promuovere con gli insegnamenti e con le opere l'avviamento dell'uomo allo stato di libertà il più perfetto possibile.

4. Se fosse stato qualcun altro a parlarvi così, voi gli avreste detto: “Amico, cosa mai vai vaneggiando e che razza di assurdità stai dicendo che non hanno né capo né coda?”. Ma queste cose sono invece Io stesso a dirvele, e perciò potete ben crederMi che effettivamente è così, poiché per una minuzia Io certo non Mi sarei mai rivestito della carne di questo mondo e, per di più, perfino della sua morte, né ora Mi intratterrei con voi, Mie creature, come un vero padre con i suoi figli.

5. Però adesso tra di voi dite che questa cosa è senz'altro supremamente vera, ma vi state chiedendo pure perché ciò avvenga proprio in questa epoca, e che cosa si debba pensare di tutta l’intera eternità dei tempi già trascorsa, durante la quale Dio esisteva altrettanto infinitamente perfetto quanto lo è appunto ora, ed inoltre che cosa possa essere successo di quelle creature che non hanno potuto raggiungere l'attuale stato di perfezione della vita, considerato che prima d'ora Io non ho mai assunto corpo di carne come un uomo creato.

6. Certo, Miei cari, questa è una questione quanto mai importante; sennonché in parte Io già l’affrontai dinanzi a voi, Miei vecchi discepoli, quando ci trovavamo presso il vecchio Marco a Cesarea di Filippo, e a questo riguardo siete già a conoscenza di più di una cosa; tuttavia non sapete ancora del tutto perché tra gli infiniti periodi di tempo fu scelto proprio questo per portare alle creature umane la piena somiglianza a Dio, affinché essi l'abbiano a possedere d'ora innanzi per l'eternità.

7. Vedete, nei riguardi di tutta intera la Creazione infinitamente grande, tanto rispetto al tempo quanto allo spazio, Dio osserva sempre lo stesso sapientissimo Ordine. Dovrebbe forse essere impossibile a Dio chiamare ad esistere una creatura umana dotata di ogni sapienza e forza, senza bisogno di un atto generativo e di un corpo materno, come gli è possibile provocare in un istante il fulmine fuori dall'atmosfera? Certissimamente no, ed Io stesso vi ho fornito prove più che sufficienti in proposito.

8. Ma se una cosa simile è possibile a Dio, perché dunque Egli lascia che l'uomo venga prima generato in un corpo di donna e che là debba crescere e formarsi di periodo in periodo in tutte le sue parti? Una volta che si è maturato dentro al corpo materno in un tempo discretamente lungo, viene per lui il faticoso momento della nascita, ma anche in questa fase gli mancano ancora molte cose nelle varie parti del suo corpo. Gradatamente poi queste si completano sempre di più: la lingua si rende più flessibile e incomincia a balbettare delle parole, gli organi si dispongono in un ordine sempre maggiore e l'anima, che sempre più si fortifica e si emancipa, ne fa un uso sempre più vario e frequente, e così questo processo dello sviluppo va svolgendosi per gradi sempre progredendo, finché l'uomo, dopo circa trenta-quarant'anni, viene a trovarsi su questo mondo come un essere colmo di energie e ricco di esperienze e di intelligenza. Tutte le nozioni e tutte le esperienze egli ha dovuto acquistarsele tramite le proprie fatiche e la propria attività, per poter essere stimato e apprezzato dal suo prossimo quale un cittadino utile. Ma perché, si domanderà, questo lungo e complicato procedimento riguardo all'uomo se Dio è onnipotente e se anche senza nascita e senza le fatiche di una lunga educazione Egli può trarre fuori dall'aria o addirittura fuori dal nulla in un solo istante degli uomini già ben sapienti e robusti?

9. Questa cosa Dio senza dubbio la può fare; ma che cosa sarebbero degli uomini di questa specie? Io ve lo dico: nient’altro che delle macchine le quali non potrebbero mai avere una propria libera volontà, mai una piena coscienza del proprio essere, e mai potrebbero svolgere un'attività libera e indipendente, né con il pensiero, né con il sentimento, né con l'azione, ma l’onnipotente Volontà di Dio dovrebbe - fuori da sé - infondere loro vita ad ogni istante, e dovrebbe Egli stesso pensare e volere in loro, nonché incitare le loro membra ad una qualche attività; infatti, se Dio non facesse così è chiaro che un uomo di questa specie sarebbe completamente morto, e dovrebbe per conseguenza svanire immediatamente del tutto dall'esistenza.

10. Invece, affinché l'uomo una volta creato sussista libero come per forza propria, si formi e si consolidi da sé e poi come per propria energia si renda libero nel pensare, nel volere e nell'operare, a questo scopo da parte di Dio già dall'eternità venne stabilito un Ordine, in conseguenza del quale le Idee poste da Dio fuori da Sé devono da se stesse, gradatamente, sempre più isolarsi da Dio e devono, infine, in un certo modo trovarsi e sentirsi come un essere ed una vita separati da Dio, chiamati a volere e ad agire liberamente secondo i loro propri pensieri, affinché poi, consolidatisi così perfettamente per la vita, possano, tramite l'ammaestramento esteriore e quali essi stessi dèi in formazione, venire guidati da Dio e fatti assurgere alla perfezione della vita come su di un terreno loro proprio!

11. Sennonché per raggiungere una simile meta si esige un tempo assai lungo, che da parte di Dio è calcolato minuziosamente e che è suddiviso in moltissimi periodi durante i quali può venire realizzato questo e quel progresso.

12. Ora, come per ciascun singolo uomo, che progressivamente e ordinatamente si sviluppa, deve venire una buona volta il momento in cui egli è atto ad accogliere una verità superiore, così attualmente è venuto per l'intera Creazione, e sta dinanzi ai vostri occhi, il momento esattamente calcolato da Dio nel quale a tutte le creature mature è offerta l’occasione di sorgere dalle loro antiche tombe del giudizio per trapassare alla piena somiglianza a Dio. E perciò anche nella Scrittura è detto che tutti coloro che giacevano ed ancora giacciono nelle tombe udranno la voce del Figlio dell’uomo e, se si sono resi di per sé maturi, risorgeranno per forza propria a vita eterna, cioè alla vita vera e perfettamente simile a quella di Dio.

13. E poiché questo momento, calcolato molto bene e con tutta esattezza da Dio, è venuto appunto adesso, momento cioè nel quale tutte le creature hanno raggiunto quel certo grado di maturità assolutamente indipendente che, in verità, si dà a riconoscere più di tutto nel fatto che la maggior parte delle creature non sanno quasi più niente di Dio e sono in questo modo completamente separate da Lui, così dunque Io, quale Dio, sono qui ora per guidare l'umanità non più con la Mia Onnipotenza, ma unicamente per mezzo della Dottrina che Io ora sto esponendo loro come se Io stesso non fossi nulla di più, né nulla di diverso da loro.

14. Io ora, come Persona, posso trattare e comunicare con gli uomini come uno straniero di fronte ad altri stranieri, e il motivo antico per cui “nessuno poteva vedere Dio e conservare nello stesso tempo la vita” è ormai interamente cessato. Ora voi Mi potete vedere come e quanto vi piace, e ciononostante mantenere intatta la vostra vita!».

 

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Cap. 64

La mancanza di fede quale testimonianza della maturità dei tempi per una nuova Rivelazione.

Confronto tra gli uomini ai tempi di Noè e ai tempi di Gesù.

Lo stato spirituale degli uomini.

 

1. (Il Signore:) «Io però adesso Mi accorgo che in voi, Miei nuovi discepoli, si cela ancora una stranissima domanda. Voi cioè andate pensando: “Ma se è proprio la quasi totale mancanza di fede in un vero Dio a costituire l’effettiva ragione della maturità degli uomini di fronte a Dio, noi non comprendiamo perché ai tempi di Noè, quando cioè la fede in un vero Dio era pure completamente svanita negli uomini, Dio non sia venuto a loro come ora è venuto a noi, e perché non abbia dato anche a loro una Dottrina tramite la quale poter ottenere liberamente con le loro proprie forze la vita eterna! Perché Dio concesse che piuttosto si riversasse il tremendo diluvio per distruggere l'umanità dimentica di Lui?”.

2. Io vi dico che questa domanda non è affatto priva di senso, e la risposta che seguirà dovrà apportare grande luce sui rapporti intercorrenti fra Dio e le Sue creature. Fate dunque bene attenzione!

3. L'umanità ai tempi di Noè non era tanto atea come ritenete voi; essa invece era diventata molto superba ed orgogliosa di fronte al Dio che essa conosceva anzi benissimo, e voleva sul serio ribellarsi contro di Lui e tentare di privarLo della Sua Potenza. Essa faceva tutto quello che le piaceva, e per quanto savie fossero le leggi che le venivano date perfino dal Cielo, essa le calpestava tutte e faceva esattamente il contrario.

4. Quella gente odiava il Dio ben conosciuto ed osteggiava qualsiasi cosa provenisse dalla Sua Onnipotenza e dalla Sua Sapienza. Essi maledicevano tutto ciò che aveva origine da Dio, perfino l'intera Creazione visibile ed infine addirittura la Terra, e davvero decisero anche di distruggere tutta la Terra mediante i loro grani esplosivi. Varie volte essi vennero ammoniti e puniti a causa dei loro delitti dagli uomini dell’altura.

5. Interi popoli vennero allontanati dalla loro vicinanza e condotti in paesi lontani, ed i loro successori vivono tuttora e sono ancora in possesso dell'antica Dottrina, certo purtroppo non più nello stato della purezza originaria. Sennonché tutto ciò non servì a nulla. Essi divennero potenti, particolarmente gli anociti, la cui città finì con l’essere molto più grande di tutta l’intera terra promessa, che era già grande di per sé. E alla fine essi soggiogarono anche i figli dell’altura, ad eccezione della famiglia di Noè, la sola che restava ancora del tutto fedele a Dio.

6. Al tempo di Noè, puramente per sfogare la loro prepotenza essi cominciarono a distruggere le montagne, quantunque i savi delle popolazioni montanare li avessero avvisati del fatto che sotto le montagne si trovavano degli immensi bacini d'acqua, e che qualora avessero spinto la loro audacia fino a scardinare le basi sia pure di una sola grande montagna provocando così l'inabissarsi della sua massa nelle acque del mare, essi in questo modo avrebbero aperto il varco alle acque di vari bacini sotterranei in maniera tale che, in breve tempo, ne sarebbe uscita dalle viscere della Terra una quantità così enorme da salire oltre alle montagne più alte e li avrebbe affogati tutti! Sennonché tutte le ammonizioni di questo genere, anziché giovare a qualcosa, li stimolarono anzi maggiormente ad insistere nella loro opera di distruzione delle montagne con un’energia quasi incredibile.

7. Noè ormai vide che ogni ammonizione e ogni insegnamento era cosa vana, e perciò pregò Dio di concedergli qualche mezzo per poter salvare almeno i pochi buoni rimasti, nonché degli animali e delle vettovaglie, perché gli risultava chiarissimo quali sarebbero state le tristi conseguenze dello stolto e malvagio operare degli uomini del mondo di quell’epoca. Solo allora gli venne suggerito dallo Spirito di Dio di costruirsi un'arca, il cui piano e le cui misure gli vennero forniti dai Cieli.

8. Quando quei perversi nella loro stoltezza ebbero intaccato con fatiche indicibili una montagna di proporzioni considerevoli in gran parte soltanto alla base, il premio del loro lavoro non tardò a mostrarsi; l'immenso peso dell'alta montagna vera e propria, della quale erano stati distrutti gli appoggi, cominciò ad inabissarsi e spinse delle masse spaventose d'acqua, sotto forma di zampilli colossali, sulla superficie terrestre. Naturalmente, per effetto soprattutto dei molti torrenti d'acqua caldissima che salivano dal terreno, anche l'atmosfera doveva farsi satura di vapori e di nubi; perciò anche la pioggia cominciò a riversarsi giù a cataratte e ad incrementare il salire delle acque che si innalzarono fin oltre alle cime dei monti. Più di un terzo di tutta l'Asia venne sommersa dai flutti, e tutti gli anociti, i quali ritenevano di rappresentare da soli tutta l'umanità della Terra, perirono, e la loro città pure sprofondò negli abissi terrestri.

9. Da questa Mia breve ma fedelissima descrizione di questa umanità prediluviale risulta dunque che essa non ignorava l'esistenza di un Dio, ma soltanto che essa voleva innalzarsi al di sopra di Lui, e questa circostanza dimostra appunto che essa non ne ignorava l’esistenza.

10. Ma il loro odio per la Divinità derivava semplicemente dal fatto che essi dovevano morire, spesso anzi già dopo trenta o quarant’anni d'età, mentre gli abitanti delle montagne arrivavano ad età molto avanzate, tanto che essi ritenevano fossero addirittura immortali. Per questo motivo dunque la loro ira contro la Divinità era così grande, e in loro si stava seriamente maturando il proposito, per il fatto appunto che essi dovevano morire, che tutto dovesse venir tratto in rovina assieme a loro, e ciò per fare in un certo modo dispetto a Dio.

11. Ora, se le cose stanno effettivamente così, come altrimenti non possono essere, potreste voi sostenere che l'umanità di allora fosse anch'essa già tanto matura quanto lo è oggi? Considerate come sono attualmente gli uomini! Perfino fra gli ebrei: quanti ce ne sono che veramente credono in un Dio e che confidano in maniera vera e vivente in Lui? Quasi tutti conservano una fede solo per abitudine, mentre nei loro cuori sono assolutamente degli atei, e non pensano affatto che possa veramente esserci un qualche Dio, oppure, anche ammettendo che possa esservene uno, ritengono che Egli non si curi per niente degli uomini mortali, né meno ancora delle loro preghiere e delle loro offerte. Essi ritengono che forse Egli ha creato gli uomini unicamente perché essi lavorino e coltivino la Sua Terra. Questa è effettivamente la fede perfino dei migliori fra gli ebrei, mentre gli altri poi non credono assolutamente a nulla.

12. Altri ancora, che appartengono alla classe dei vecchi ebrei come se ne trovano nella Samaria, dicono così: “Le massime di Mosè sono buone e si deve osservarle, provengano esse da Dio o semplicemente da Mosè; chi osserva tali massime, non sbaglia mai, sia che ci sia un Dio oppure che non ci sia. Il bene lo si deve fare soltanto perché è bene, e si deve altresì fuggire il male per la sola ragione che è male”.

13. Ma da una simile sapienza, senza alcun dubbio si capisce di nuovo chiaramente come si sia ben lontani da una fede vivente in Dio. Come poi la fede in un Dio si presenti ora nel Tempio, lo sapete voi stessi anche fin troppo bene perché meriti di spendervi ancora del fiato. Infatti, quando non ci si fa più scrupolo di cancellare i Comandamenti di Dio per sostituirvi delle massime mondane spacciandole per sante e come date da Dio, è il segno della fine della fede in un Dio vero! Ecco dunque che cos'è per gli ebrei la fede in un Dio! E del resto domandate infine a voi stessi che grado di forza aveva la vostra stessa fede in un Dio! Prima che venissi Io, voi certo cercavate qualcosa di divino ancora nel Tempio e di questo osservavate le massime per quanto vi era possibile; tuttavia voi stessi dubitavate della vera esistenza di un Dio, e la vostra fede era appunto soltanto un’abitudine acquisita già fin dalla culla, il deporre la quale sarebbe stato sicuramente per voi una cosa difficilissima dato che non sapevate con che sostituirla e, d'altro canto, la vostra vecchia fede abitudinaria era divenuta parte della vostra natura. Quindi anche la vostra fede era come se non fosse esistita.

14. E se presso gli ebrei, il popolo eletto da Dio, non c'è più fede del tutto, e se già qui è inutile cercare ed è impossibile trovare una fede, come si dovrà cercarla e come si potrà trovarla presso i pagani delle varie specie? In tempi precedenti essi credevano pur sempre nei loro idoli e nei loro oracoli. Oggigiorno invece anch'essi non credono più a nulla; certo prendono parte alle usanze e alle cerimonie esteriori, ma di fede non c’è nemmeno da parlare già da molto tempo.

15. Solo in Egitto ci sono ancora alcuni discepoli di Platone, di Socrate e di Aristotele, i quali ammettono la possibilità dell'esistenza di un supremo Essere divino che però nessuno conosce; essi sono anche dell'opinione che l'uomo, vivendo secondo norme estremamente rigide, può arrivare al punto di percepire in certi momenti sacri lo Spirito divino, e che può, mentre dura questo stato, gettare qualche lucido sguardo nell'avvenire, ma oltre questo limite non può andare nessun mortale. Quello poi che avviene dell'uomo dopo la morte del suo corpo, rimane un nodo gordiano per sempre inestricabile. A tale riguardo non mancano affatto le leggende e i pareri che mantengono viva una lieve speranza nell'uomo; di una certezza però non c'è assolutamente da parlare!

16. Ecco, così pensa attualmente la parte migliore fra i pagani. Ma se è così, come ormai potete facilmente vedere e comprendere, deve risultare chiaro che proprio ora è subentrato quel rapporto di maturità fra Creatore e creatura che effettivamente si esige perché gli uomini vengano a trovarsi completamente nella condizione di poter venire ammaestrati da Dio senza alcun danno per l'indipendenza della loro vita e venire guidati e portati alla loro perfezione della vita simile a quella di Dio. Ed ora comprendete bene?».

 

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Cap. 65

Come vengono guidate nell'aldilà le anime che erano uomini prima di Gesù.

Del Regno dei Cieli.

 

1. Disse Pietro: «Oh, Signore, queste cose ora le comprendiamo benissimo; però adesso ci domandiamo che cosa accadrà di coloro che sono vissuti prima della Tua attuale discesa sulla Terra, cioè dai tempi di Adamo fino alla Tua nascita. Possono anch'essi pervenire ancora ad una reale perfezione della vita e come?»

2. Ed Io risposi: «Ma questa è una cosa del tutto naturale! Le porte che danno accesso alla vita Io le ho aperte ora non solo per coloro che attualmente vivono sulla Terra, ma pure per tutti coloro che già da molto tempo sono trapassati nell’aldilà. E molti fra gli antichi peccatori dovranno sottoporsi nuovamente ad una qualche breve prova nella carne di questa Terra, come vi ho già indicato.

3. Nell'aldilà per altro c’è una quantità innumerevole di scuole, nelle quali le anime possono venire istruite secondo dei metodi quanto mai pratici; certamente però le cose nell'aldilà non procedono così sollecite come qui, perché là ciascuna anima non ha altro mondo, né altro ambiente all'infuori di quelli che sono creati dal suo pensiero, dal suo sentimento e dalla sua volontà, e che offrono all'anima tutto ciò che essa ama e vuole.

4. È dunque evidente che influire favorevolmente su un'anima colma di pregiudizi e di superstizione riesce più difficile là che non qui, dove si trova su un terreno estraneo e solido e dove il suo numerosissimo e svariatissimo ambiente è pure perfettamente estraneo al suo essere. Tuttavia, nonostante ciò, là ci sono sempre mezzi a sufficienza con i quali si può influire efficacemente su un'anima. Ad ogni modo maggiori particolari a questo riguardo vi saranno forniti in un’altra occasione.

5. Questo tuttavia non serve da particolare consolazione a nessuno, perché se nell'aldilà un'anima in sé, e quindi nel proprio mondo, anziché migliorare peggiora sempre più, è ovvio che in uguale misura andrà peggiorando anche il suo mondo immaginario, e così pure le cose e coloro che le stanno intorno; ugualmente, poi, come l'anima va in sé rendendosi sempre più spoglia di verità e di luce, altrettanto avviene pure al suo mondo e al suo ambiente, cosa questa che si risolve in un'oppressione e in un tormento sempre maggiore per l'anima stessa. Con l'accrescersi del tormento si accresce poi anche la sua ira e la sua sete di vendetta, e ciò costituisce già l'ingresso nell'inferno, ed è una vera seconda morte dell'anima, morte da cui è poi estremamente difficile uscirne fuori.

6. Certamente ci sono dei mezzi usando i quali anche una simile anima può venire salvata dopo lunghissimi periodi di tempo, ma questi mezzi hanno in verità un aspetto molto triste! Infatti, a più di un'anima di questa specie, indurita nella sua perfidia, possono talvolta occorrere anche milioni di anni terrestri di tempo prima che incominci a migliorarsi per sua propria virtù, quando viene fatto uso di simili mezzi tormentosi. Ed è perciò che qui, un giorno, ha maggior valore di cento anni nell'aldilà, calcolati secondo la misura terrestre del tempo. Comprendete voi ciò?»

7. Rispondono nuovamente tutti: «Sì, o Signore, noi comprendiamo. Però sentiamo che ancora una domanda sorge in noi, e sarebbe all'incirca questa: se un'anima, dipartitasi da qui in stato di immaturità e quindi di imperfezione, si trova a dimorare in un mondo semplicemente illusorio creato dal suo proprio pensare, sentire e volere, ciò che con altre parole si potrebbe definire come un mondo della fantasia, in che consiste invece il mondo delle anime perfette? Com'è che si presenta il Regno dei Cieli, e a che cosa può venire veramente paragonato?»

8. Ed Io risposi: «Veramente ora è già tempo di ritornare all'albergo; ma considerato che questa non è affatto una domanda trascurabile, ve ne darò la risposta strada facendo. Andiamo dunque ed ascoltateMi!

9. Vedete, riguardo al vero e proprio Regno dei Cieli che è un Regno della Verità, della Luce e dell'Amore, come già in varie occasioni vi ho spiegato, le cose stanno in tutta realtà nei seguenti termini: questo Regno non si annuncia con fasto esteriore, né si esprime nell'uomo con dei segni ed attributi esteriori, ma si sviluppa del tutto nel vostro intimo, perché esso si trova in voi, e cresce in voi, vi compenetra e così diventa la vostra dimora e il vostro beatissimo mondo.

10. Il Regno dei Cieli somiglia ad un seminatore il quale uscì fuori a seminare una buona semente. Un po’ ne cadde su una strada: una parte di essa venne mangiata dagli uccelli dell'aria e una parte venne calpestata dai viandanti, per conseguenza la semente non germogliò, né portò frutto. Una parte cadde su un terreno sassoso: all’inizio cominciò a crescere finché ci fu dell’umidità nei sassi, ma non riuscì a mettere radice in essi; l’umidità non fu sufficiente per fornire il nutrimento che deve essere piuttosto abbondante al gambo e così si seccò, e neppure questa portò frutto. Una parte cadde fra pruni e rovi: all’inizio tutto funzionò bene, ma quando si sarebbe dovuta sviluppare pienamente, fu soffocata dalla crescita dei pruni e dei rovi selvatici, allora si rattrappì e non portò nessun frutto. Una parte soltanto cadde su un buon terreno, si sviluppò e produsse frutto abbondante!

11. Vedete, ugualmente avviene anche del Regno dei Cieli su questa Terra! Io stesso sono il seminatore, e la Mia Parola è la buona semente fuori dalla quale deve svilupparsi per ciascuno come frutto il Regno dei Cieli. Là dove essa cadrà su un buon terreno, là essa anche renderà cento volte il frutto; ma se avverrà che cada sulle strade di questo mondo o tra i sassi, oppure tra i pruni e i rovi, non porterà certo frutto. Ora, per quegli uomini che Io ho paragonato alle strade, sono da intendersi gli uomini del tutto mondani, quali ne abbiamo visti parecchi oggi in casa del nostro albergatore; i viandanti delle strade che calpestano la semente rappresentano il loro affannarsi dietro alle loro mercanzie e ai loro guadagni, mentre i loro pensieri che, sempre rivolti agli affari, vagano in tutte le direzioni costituiscono ciò che Io ho designato con la parola uccelli, i quali pure divorano la semente non ancora calpestata, col fine che essa non possa produrre alcun frutto. E come ho già detto, la gente di questa specie rappresenta i veri e propri porci ai quali non è lecito gettare in pasto le Mie perle.

12. Per sassi invece sono da intendersi quei sapienti del mondo i quali accolgono tutto con una certa bramosia, ma poiché le loro fondamenta interiori poggiano su ogni tipo di errori del mondo e sono altresì in un certo modo come pietrificati nel loro animo, avviene che la nuova semente non trova in loro quantità sufficiente di umidità vivificante, né un terreno molle a sufficienza e adatto ad accogliere le radici, cioè l'organo che ha la funzione di nutrire. Se poi viene il vento e la siccità, il piccolo stelo inaridisce ben presto e, non avendo sufficiente radice, in un istante viene trascinato via dal vento; ovvero, se un tale viene tentato, cioè sottoposto ad una qualche prova, egli immediatamente esclama: “Già da principio mi sono accorto che nella cosa non può esservi niente! Ecco com’è andata a finire con la promessa che doveva trovare adempimento: ora, al posto dell'adempimento, mi tocca la sofferenza! Alla larga dunque da tutte le nuove dottrine di questo genere!”. Questo dunque è il sasso.

13. Ma che cosa rappresentano poi i pruni e i rovi selvatici? Questi sono quei cittadini del mondo di indole buona i quali accolgono con gioia la Parola e per qualche tempo anche la coltivano in loro zelantemente. Sennonché più tardi sopravvengono ogni tipo di ansie e oltre a ciò ogni specie di vane preoccupazioni, timori e angosce; queste soffocano la Parola vivente nei loro cuori, in maniera che essa neanche allora può rendere frutto.

14. E così non resta che una piccola parte dell'umanità da potersi paragonare al terreno veramente buono e prosperoso; questi sì che accolgono la Parola e, animati da fede, la mettono subito in pratica. Allora certo la semente porta frutto abbondante, e questo frutto costituisce poi il vero Regno dei Cieli nell'uomo, ed è del tutto spoglio di fasto e manifestazioni esteriori; ma questo Regno poi si allargherà su colui che l'avrà creato in sé fuori dalla Mia Parola, e gli donerà ogni beatitudine, luce e verità, nonché ogni sapienza e potenza su tutte le creature.

15. Da quanto ho detto ora, potrete anche rilevare dove voi dovrete spargere la semente della Mia Parola, perché là dove seminate, conviene pure che si maturi il frutto! Anzitutto bisogna aver cura che cada su un buon terreno; quando poi avrà reso dei buoni frutti, anche i mercanti, i sapienti del mondo e gli affannati cittadini del mondo non mancheranno di venire spontaneamente per acquistare da voi della semente per i loro campi. E adesso diteMi se avete ben compreso anche questo»

16. Risposero tutti: «O Signore, anche queste cose le abbiamo comprese tutte benissimo, e seguiremo di certo il Tuo consiglio, perché sulle strade, tra i sassi e tra le spine sicuramente noi non andremo a spargere questa nobilissima semente della vita. Ma ecco adesso che l'albergatore ci viene incontro in tutta fretta! Che cosa mai può essergli accaduto per correre tanto?».

 

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Cap. 66

L’avido capo della sinagoga di Cafarnao.

 

1. Dissi Io: «Proprio niente che abbia una speciale importanza! Ad ogni modo che venga e che ci esponga egli stesso la cosa!»

2. Nel frattempo l’albergatore ci era giunto vicino, ed egli ci fece il seguente racconto: «Il capo della sinagoga di Cafarnao ha mandato a ritirare la decima del pesce, avendo sentito che io ne avevo fatto delle abbondanti retate e che non avevo pensato di dargliene la notizia; per conseguenza, come ammenda ben meritata, adesso dovrei consegnargli la tripla quantità del nobile pesce che gli spetta a titolo di decima. Buon per me che egli non sa che io ho preso quel pesce la sera di un Sabato; se qualcuno glielo dicesse, sarebbe capace di portarmelo via tutto! Peccato che il capo che era in carica prima di lui se ne sia andato: quello era in verità una persona eccellente; questo qui invece è per noi una vera calamità e tratta la gente quasi come se fossero tutti davvero suoi schiavi! O Signore, come si potrebbe rimediare a questo malanno?»

3. Ed Io gli dissi: «Oh, certo, anzi in una maniera assolutamente speciale! Basta che tu mandi un messo dal capo della sinagoga con l'incarico di dirgli che prima deve far contare i pesci che si trovano nel tuo vivaio, affinché tu possa poi consegnargli il quantitativo esatto preteso a titolo di ammenda, vale a dire né un pesce di più, né uno di meno. Vedrai chi di lì a poco ti capiterà qui assieme ai suoi funzionari per contare i pesci, ma invece troverà il vivaio vuoto di pesci! Infatti i pesci li ho creati Io, ma posso anche farli sparire e poi crearli di nuovo. Se egli vorrà querelarti per questo, ed eventualmente incolparti di aver portato via i pesci quando venisti a conoscenza della sua pretesa, allora richiedi a tua volta delle testimonianze, oppure mettiti sotto la tutela dei romani. Quando vedrà come si mettono le cose, egli se ne andrà e non ti prescriverà mai più altre ammende. Fai così come ti dico, e vedrai che tutto finirà bene!»

4. Disse l'albergatore: «Ma ormai il pranzo è già pronto! Non è forse meglio che lo consumiamo in pace senza che il capo venga a disturbarci?»

5. Io gli risposi: «Faremo onore al pranzo perfettamente indisturbati anche se fuori ci saranno cento capi di sinagoga intenti a contare i pesci! Se vuole, può addirittura venire qui a trovarci, e vedrai che si affretterà al più presto a ritornare a casa propria ritenendosi fortunato di aver messo in salvo la pelle».

6. Quando l'albergatore ebbe sentito tali parole da Me, ne fu molto contento, mandò all'istante un messo dal capo della sinagoga e noi poi ce ne andammo a pranzo tutti di lietissimo umore. La conversazione fu animata e trattò vari argomenti, particolarmente quello della fuga dei numerosi ospiti mattutini provocata dal maltempo.

7. Terminato il pranzo, dissi all'albergatore: «Eccolo che viene; dà però tu prima un'occhiata al vivaio, e vedrai che razza di pesce il capo della sinagoga vi troverà dentro».

8. Egli uscì velocemente e inorridì constatando che, al posto dei pesci pregiati, nel vivaio si aggirava l'enorme serpente di mare venuto a galla durante la tempesta.

9. Il capo dal canto suo, visto il mostro, non volle più saperne di contare i pesci. Che in seguito a tale circostanza l'albergatore se la sbrigasse presto e facilmente con il capo, è cosa che si comprende da sé; egli infatti rinunciò del tutto a prendersi una decima del mostro a titolo di ammenda, rinunciò sia ad una decima che meno ancora ad una triplice.

10. Quando il capo della sinagoga vide la bestiaccia, arretrò in tutta fretta ed esclamò: «Questo mostro si è già preso lui la decima al posto mio! Io avrei visto molto volentieri sulla mia mensa un paio di quegli eccellenti pesci, ma naturalmente, poiché non ce ne sono più, le cose devono andare bene lo stesso, perché dove non c'è niente, né legge, né diritti hanno più qualche significato, per conseguenza restiamo buoni amici come prima. Se però tu avrai occasione di catturare una prossima volta dei pesci della specie che sappiamo, mandamene qualcuno ed io te li pagherò! Infatti, se non ne catturi dieci, di decima comunque non si parla. Ma adesso vediamo di tenerci ben lontani dalla riva, altrimenti al mostro potrebbe venir la voglia di venire a terra per acchiapparci tutti come tante mosche, perché ha delle fauci capaci di inghiottire una casa!».

11. E detto questo, riprese in fretta il cammino verso casa sua, né poi si fece vedere in prossimità del mare per molto tempo, dato che la vista del serpente marino gli aveva ispirato troppo timore.

12. E non appena il capo della sinagoga se ne fu andato, anche il mostro, mentre l'albergatore era ancora presente, si allontanò rapidamente tra grandi contorcimenti verso l'alto mare, dove si rese ben presto invisibile a causa del violento ondeggiare dell'acqua.

13. L’albergatore allora, rimasto solo, volle dare un'occhiata al suo ampio vivaio, ma ecco che lo trovò colmo di bellissimi pesci pregiati come prima. Egli ritornò da noi al colmo della gioia, mangiò e bevette alla nostra mensa e poi ci raccontò quello che era successo, nonché come aveva potuto cavarsela benissimo con il capo della sinagoga. Ma nello stesso tempo egli domandò anche quali zone del mare fossero frequentate di preferenza da quei mostri, e ciò allo scopo di poterli evitare, perché non sarebbe certo stato piacevole imbattersi con un simile esemplare in qualche luogo!

14. Ma Io gli dissi: «Non darti nessun pensiero per questo! Questo animale mostruoso dimora soltanto là dove l'acqua è profonda al massimo, e viene a galla forse una volta ogni cent'anni nell'occasione di qualche tempesta di violenza eccezionale che ha le proprie origini sott'acqua, cosa questa che nei mari interni si verifica soltanto rarissime volte. Ogni tanto, se questi mostri sono proprio spinti dalla fame non trovando in fondo al mare sufficiente nutrimento, vengono a terra strisciando e predando pecore, agnelli e vitelli, così pure dei puledri d'asino e dei maiali; rarissimamente invece, anzi quasi mai, attaccano gli animali più grandi o addirittura le persone. Del resto da questo giorno in poi esso non farà mai più la sua apparizione, perché il tempo della sua vita si avvicina alla fine; quindi non vi è più nessuna ragione per te di temerlo. In quanto al capo della sinagoga, aspetta un paio di giorni e poi mandagli uno dei tuoi pesci, e vedrai che ne sarà completamente soddisfatto. Ed ora ciascuno di voi, se qualcosa non gli è ancora chiara, può di nuovo fare delle domande, perché a cominciare da domani ci prenderemo qui alcuni giorni di riposo e ragioneremo poco di cose spirituali!»

15. Allora tutti risposero: «O Signore, crediamo per il momento che non ci sia proprio quasi più nulla che Ti possiamo chiedere di spiegarci, perché ormai abbiamo già ottenuto da Te gli insegnamenti più saggi riguardo ad ogni cosa!»

16. Ed Io dissi: «Ebbene, allora riposatevi e ponderate sugli insegnamenti avuti!».

 

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Cap. 67

L'immortalità dell'anima umana.

 

1. Disse l'albergatore: «Su molte cose sono già riuscito ad avere degli insegnamenti dalla Tua bocca divina; tuttavia sento che in me si affaccia ancora più di una domanda importante; una soprattutto è, a mio parere, di importanza estrema per la vita, e qualora a Te fosse accetto, gradirei molto che mi rispondessi Tu!»

2. Dissi Io: «Esponi pure la tua domanda»

3. E l'albergatore: «Ebbene, o Signore e Maestro! Ecco, l'uomo sa molto bene, sempre per via dell'insegnamento, che la sua anima, della quale egli stesso non ha proprio un concetto ben chiaro, è immortale; eppure malgrado la saldezza anche grande della propria fede, a questa si trova sempre associato il sentimento amaro della morte totale e della scomparsa dal regno degli esseri viventi e coscienti della propria esistenza.

4. Nonostante la maggiore buona volontà non è possibile arrivare al punto di avere una certa dimestichezza con il pensiero dell'esistenza nella tomba ed oltre a questa, in maniera tale che il cuore possa provarne gioia; invece un brivido coglie sempre di nuovo l'uomo quando ci pensa, perché precisamente riguardo a questo punto importantissimo, malgrado ogni fatica anche la più strenua, non gli riesce di vedere una luce da nessuna parte.

5. Ma poiché appunto la morte e la tomba costituiscono i pensieri più amari dell'uomo, e considerato che a tale riguardo non si può ottenere da qualche parte un chiarimento accettabile, non credo proprio che sia del tutto giustificato criticare qualcuno se, per distrarre la mente da simili foschi pensieri, si getta a capofitto nei vortici del mondo. Dunque riguardo a questo punto importantissimo e vitale, un vero ammaestramento dalla Tua bocca, o Signore, sarebbe in verità qualcosa di molto necessario! Infatti, a che cosa possono servire all'uomo gli insegnamenti anche più saggi se non ha, assolutamente chiara dentro di sé, la consapevolezza vitale interiore della vita dell’anima dopo la morte? Si osservano, è vero, leggi e dottrine; ma più a causa dell'ordine civile esteriore che non a causa di una qualche conquista certa della vita eterna.

6. Io ad esempio sono, nel limite della possibilità, ancora uno dei più fedeli osservatori dei precetti di Mosè, e in vita mia sono venuto in contatto con gente dotata di chiaro intelletto appartenente a tutte le nazioni, con la quale di preferenza e più spesso mi sono intrattenuto riguardo alle questioni spirituali; ma ho dovuto infine constatare che rispetto a quell’argomento scabroso nessuno riusciva a saperne più di me. I romani e con loro i greci dicono: “Questo è appunto il fatalissimo velo d'Iside che finora nessun mortale ha potuto sollevare!”. Certo, queste sono delle parole molto belle, e contengono anche molta verità, la quale però così come sta non ci serve purtroppo a nulla! Infatti la morte non percepisce, non sente e non vede più nulla, e noi, che stiamo ancora rodendo questa vita come fanno i vermi con un pezzo di legno fradicio, di chi è morto non vediamo, non udiamo e non percepiamo più nient’altro che un cadavere che si decompone e che puzza, e che in pochi anni si riduce in polvere e cenere. Dunque, o Signore e Maestro, Tu, che secondo la Tua Dottrina sei Tu stesso la Vita, dà a me, e in effetti a tutti noi, un chiarimento tale che non lasci più spazio a nessun dubbio; di questo Ti prego molto! Infatti, in verità, con il tenebroso pensiero della morte, della tomba e dell'annientamento non vorrei vivere in compagnia nemmeno un anno di più»

7. Ed Io gli risposi: «Eh sì, Mio caro amico, la tua domanda l'hai posta molto bene, anzi da essa traspare una necessità umana di primo grado; sennonché dartene una spiegazione tale da metterti in grado di suscitare in te, in maniera assolutamente chiara, la coscienza della vita eterna della tua anima, questa è una cosa immensamente difficile! Infatti, vedi, Io sono venuto a questo mondo appunto per procurare agli uomini la consapevolezza perfetta della vita eterna, qualora essi vivano ed operino perfettamente in conformità alla Mia Dottrina! Ma se qualcuno non conosce la Mia Dottrina, o pur conoscendoLa non vive secondo la stessa, a questa intima coscienza della vita egli non può pervenire, dato che Io solo sono la Via e la Porta che vi conduce.

8. Quand'è arrivata la stagione, tu vedi sull'albero i fiori; ma del frutto che si maturerà, durante la fioritura non vedi che poco o niente. Solo quando i fiori sono caduti, si può osservare un minimo di fruttificazione. Ora nel frutto deve evidentemente crescere anche il seme con il rispettivo germe vitale; ma dov’è visibile tutto ciò nella prima piccolissima fruttificazione? Tutto sembra essere una sola cosa. La capacità di produrlo è sì già dentro, ma ci vorrà parecchio prima che tu riesca a distinguerla da tutte le altre parti senza vita nelle quali non matura nessun germe vitale. Quando però il frutto sarà divenuto pienamente maturo, allora certo potrai scoprirvi con ogni facilità il nucleo della semente.

9. Ecco, in maniera quasi del tutto identica stanno le cose rispetto alla consapevolezza piena e chiara della vita dell'anima nell’uomo. Finché l'uomo non l'ha in se stesso, allora anche l'anima nel proprio corpo non è ancora matura per la vita perché non è distinguibile dalla carne. Essendo essa ancora troppo strettamente legata alla carne, per conseguenza in sé non può percepire e sentire molto oltre a quello che è appunto il destino del proprio corpo; quindi le spiegazioni anche più chiare e convincenti non possono procurare all'anima ancora immatura per la vita la consapevolezza interiore pienamente matura della vita.

10. Ma una volta che un'anima abbia raggiunto il grado voluto di maturità della vita mediante la propria operosità secondo la Mia Dottrina, allora un'ulteriore prova a questo riguardo non è più necessaria. Ed infatti ti occorre forse una prova che, dal punto di vista naturale, tu ora vivi nel tuo corpo? Evidentemente no! E tu non potresti che ridere in faccia a chiunque si proponesse di dimostrarti che tu ora vivi nel corpo, che ti muovi e che puoi essere attivo in ogni direzione. Ma se tu ti trovassi invece immerso in un sonno profondo, potrebbe una prova atta a dimostrarti che tu ancora vivi, per quanto convincente fosse, giovarti in qualche modo se tu non fossi in grado di percepirla in nessun modo?

11. Vedi, anche ciascun animale ha un'anima, il cui essere deve appunto essere qualcosa di spirituale-sostanziale e per conseguenza di indistruttibile, dato che altrimenti non potrebbe imprimere alcun moto alle membra del suo corpo! Ma prova tu a spiegare ad un animale ciò che è la sua anima, e come esso viva unicamente tramite questa! Comprenderebbe forse l'animale quello che gli avresti detto? Senza dubbio esso ti comprenderebbe altrettanto poco quanto una pietra qualora le avessi dato le stesse spiegazioni! Ma perché l'animale non comprende ciò e perché non ha parole per comunicare le proprie impressioni ad un'altra creatura?

12. Ecco, un'anima animale è necessariamente ancora troppo profondamente sepolta nella sua carne, e all'infuori delle necessità del proprio corpo non sente quasi nulla! Se qualcuno vuole ammaestrare un animale ad un lavoro sia pure semplicissimo, deve fare molta fatica per destarne l'anima fuori dalla sua carne di quel tanto che occorre perché l'animale poi comprenda che cosa è che l'uomo vuole da lui.

13. Ci credi che ci sono degli uomini le cui anime non stanno affatto su di un gradino molto più alto di quello delle anime animali, anzi che talvolta vengono addirittura superate da queste in modo evidente? È chiaro dunque che voler cercare di portare mediante le parole già nell'aldiquà simili anime ad una consapevolezza interiore della vita sarebbe tutta fatica sprecata! Per tali individui dunque è sufficiente qui una fede cieca e muta, e dire loro che le loro anime continuano a vivere dopo la morte del corpo e che le stesse devono attendersi nell'aldilà un premio o una punizione, affinché essi con ciò si attengano ad un qualche ordine legale come il bue al suo giogo. Tutto il resto deve essere rinviato a quando essi si troveranno in un altro stato di vita.

14. Un animale può essere avviato verso un’intelligenza operosa che si può utilizzare unicamente grazie ad un addestramento che comporta l’uso di mezzi dolorosi, ed altrettanto dicasi di un comunissimo uomo del mondo la cui anima aspira unicamente al soddisfacimento dei bisogni del proprio corpo, ma che all'infuori della capacità della parola non si differenzia quasi in nulla da un'anima di un animale».

 

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Cap. 68

La causa del timore della morte.

 

1. (Il Signore:) «Le ragioni per cui la gente della tua specie non sia potuta arrivare finora ad una consapevolezza precisa della sopravvivenza dell'anima dopo la morte del corpo, te le ho già dette, e tu certo le avrai anche comprese; ad ogni modo il timore della morte del corpo non si fonda veramente tanto sull’imprecisa consapevolezza della vita dell'anima dopo la separazione dal corpo, quanto piuttosto sull'amore per mondo e sull'amore per se stessi. Per mezzo di queste due specie d'amore, l'anima si confonde sempre più con la propria carne, con la conseguenza che essa fa sempre più suo il sentimento del morire, dello svanire e del cessare di essere, e deve per conseguenza trapassare ad uno stato di sempre maggiore angoscia e timore.

2. Vedi, i padri primordiali dell'umanità di questa Terra non temevano affatto la morte del corpo, anzi spesso la bramavano per venire così liberati dal corpo pieno di acciacchi! In seguito al loro modo di vita gradito a Dio essi potevano gettare ogni tanto uno sguardo nell'aldilà ed avere delle chiare visioni di esso, e ottenevano così una chiara e vera consapevolezza della vita dell'anima dopo la deposizione del corpo.

3. Nel tempo attuale invece quasi ogni fede in Dio si è spenta negli uomini! Ma allora da che parte potrebbe venir loro la chiara consapevolezza della vita dell'anima dopo la morte del corpo?

4. Ed Io aggiungo: “Là dove quasi tutti dubitano dell'esistenza del fondamento di ogni vita, non c’è affatto da meravigliarsi se appunto là ci sono dei dubbi fortissimi circa la sopravvivenza della propria anima dopo la morte del corpo!”

5. Va un po' dai sadducei, e potrai constatare che essi in primo luogo sono degli individui estremamente materialisti, i quali amano sopra ogni cosa il mondo e se stessi; poi, in secondo luogo, non credono a nessun Dio e infine negano pure completamente l'immortalità dell'anima umana dando del pazzo a chiunque creda eventualmente in questa immortalità, dicendo: “Tutto ciò non è che la fantasticheria assurda di qualche cervello debole e malato che vuole farla passare per vera con prove basate su vuote chiacchiere!”

6. Considera poi i cinici autentici, allievi del filosofo greco Diogene! Questi tali sono addirittura dei veri nemici della vita e non fanno che maledire quella forza imprecisata che senza il loro consenso li ha chiamati a vivere. Certo, essi vivono in modo misurato e modesto, e disprezzano qualsiasi lusso, anzi perfino la minima comodità della vita; per loro il massimo beneficio è la morte, al di là della quale essi non si attendono più nessuna vita, ma unicamente il completo nulla da loro ardentemente desiderato.

7. Al contrario se vai nell'India troverai ancora oggi degli individui che comunicano con le anime dei defunti precisamente così come comunicano con i vivi e si intrattengono con loro riguardo a mille svariate e segrete cose. Nemmeno questi hanno la benché minima traccia di un timore della morte del corpo; anzi presso di loro il giorno della morte di un uomo è un vero giorno di giubilo, e invece quello della nascita di un bambino a questo mondo viene da loro considerato un vero giorno di lutto.

8. Vedi dunque come, riguardo alla questione da te sollevata, gli uomini sono immensamente diversi l'uno dall'altro! Quello che un popolo teme, non provoca neanche il minimo timore né la più lieve angoscia in un altro popolo, per effetto anche delle più differenti dottrine e delle più svariate aspirazioni. Più di tutti però sono gli ebrei ad avere paura della morte del corpo, e la causa di ciò è appunto il loro grande amore per il mondo e le brame dei loro sensi. Chi cura tale amore con tanta premura come fanno gli ebrei, non può fare a meno con il tempo di restare privo di ogni luce superiore, perché nessuna passione è tanto nociva alla fede vera e vivente quanto appunto la lussuria, ogni specie di libidine e la fornicazione carnale che già da lungo tempo viene praticata fra gli ebrei con molto più perverso ardore che non perfino fra i più tenebrosi pagani. Questo peccato soffoca propriamente l'anima nel fango della carne, e uccide addirittura la carne stessa. Ma se le cose stanno così, da dove può pervenire ad una simile anima la chiara consapevolezza della vita?

9. Ora certo tu sei un uomo a Me molto gradito, e al tempo opportuno Io farò anche sorgere di nuovo nella tua anima la consapevolezza della vita; tuttavia nei tuoi anni giovanili tu pure sciogliesti non poco i freni alle brame della tua carne, e vedi, questa è stata appunto la causa principale per la quale nonostante tutto il tuo intenso indagare non sei finora mai potuto pervenire ancora ad una luce pienamente vera e totalmente sgombra da dubbi! Dato però il tuo attuale modo di vita più casto, tu giungerai ben presto anche ad una maggiore luce interiore della vita, e allora non avrai la necessità di fare domande come quella che hai fatto proprio ora. Mi hai ben compreso?»

10. E l'albergatore rispose: «Oh, sì, Ti ho compreso perfettamente bene, e non posso fare altro che esclamare con i romani: “HINC ERGO ILLAE LACRIMAE!” (“Perciò dunque tali lacrime!”, cioè “Questo è dunque il motivo!”). È vero, o Signore, Tu onnisciente: i miei peccati di gioventù hanno consumato molta parte dell'energia vitale della mia anima, ed ora negli anni della mia vecchiaia risento moltissimo della sua mancanza. Ma qui si affaccia logicamente la domanda come sarà possibile risarcire in qualche modo il perduto»

11. Gli risposi Io: «Finché l'uomo vive su questa Terra ed è animato da una volontà seria e assolutamente vivente, tutto ciò è benissimo possibile, e tu hai in Davide un esempio evidente e palpabile. Anche lui, in un’epoca che voi non ignorate, peccò molto in fatto di concupiscenza carnale; però a tempo debito egli si ravvide, non peccò più per amore a Dio e divenne perciò un uomo secondo il Suo Cuore. Infatti, in verità Io ti dico che vi è più gioia in Cielo per un peccatore che riconosce i propri peccati, che li deplora veramente, che ne prova orrore, che fa una giusta e ragionevole penitenza, che si converte radicalmente e non pecca più, che non per novantanove giusti i quali non hanno mai avuto bisogno di penitenza! O non si verifica forse la stessa cosa anche tra gli uomini, i quali per una cosa di insignificante valore, perduta e poi felicemente ritrovata, gioiscono maggiormente che non per i grandi tesori posseduti i quali non sono mai andati perduti? Ma vedi, precisamente così avviene anche presso Dio, e se così non fosse, tu non Mi avresti come tuo ospite qui in questo tuo albergo!

12. È senz'altro verissimo che i tuoi peccati negli anni giovanili hanno arrecato più di un danno tanto alla tua carne, quanto - in seguito a ciò - anche alla tua anima; ma avendo riconosciuto il tuo peccato ed essendoti del tutto allontanato da esso, sono venuto Io in casa tua per guarirti completamente da tutti i tuoi mali.

13. Ma là dove sono entrato Io, là è entrata pure la pienissima remissione di ogni peccato, e la Luce e la Vita eterna stessa! Io quindi posso assicurarti che alla tua casa e a te stesso è capitata ora una grande fortuna; quanto accadrà in seguito ti fornirà in proposito chiarimenti più dettagliati di quanti te ne abbia dati ora Io stesso, perché adesso Io non ho fatto che darti degli ammaestramenti e farti delle promesse, ma solo nel loro adempimento tu percepirai in te la pienezza della verità».

 

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Cap. 69

L’Amore divino, la sua sollecitudine e sapienza.

 

1. (Il Signore:) «In verità Io ti dico: “Chi ascolta la Mia Parola, l'accoglie come verità e opera e vive fedelmente in base ad essa, non sentirà né assaporerà mai più la morte! Chi invece Mi vuol portare in giro come un ottimo bottino, di pari passo col mondo, costui fino alla fine dei suoi giorni terreni potrà percepire in sé ben poca consolazione spirituale della vita; e solo nell'aldilà comprenderà cosa avrà avuto il peso maggiore in lui! Infatti colui la cui bilancia sarà trovata traboccante dalla parte del mondo, avrà molto da fare innanzitutto per ristabilirvi l'equilibrio, e poi ci vorrà molto fino a che Io potrò sedere ospite a casa sua per prendervi il Mio riposo.

2. Ma tu che ora conosci queste cose, sta di buon animo, e pensa che un albero già adulto non lo si abbatte con un solo colpo d'ascia, e così troverai pace nel tuo animo. Basta che tu d'ora in poi operi secondo la Mia Parola, e tutto il resto che stai cercando ti verrà dato in aggiunta al momento opportuno.

3. Così pure non affannarti tanto per la tua casa, né per ciò che mangeranno e berranno i tuoi, perché in questo modo si comportano solamente gli uomini del mondo e i pagani, i quali non sanno nulla di Dio e rispettivamente di Me! Cerca, secondo la Mia Parola, unicamente il Regno di Dio e la Sua luminosissima Giustizia che anzitutto consiste nell'amore per Dio e per il prossimo, tutto il resto ti verrà liberamente concesso in aggiunta!

4. Considera i fiori del prato, i quali non lavorano e neppure mietono, e ciononostante il Padre in Cielo ha cura di loro, li nutre ed infine appaiono tanto splendidamente adorni come non lo fu mai Salomone in tutta la sua suprema gloria reale.

5. Ma se Dio ha cura già dell'erba che oggi cresce e domani viene tagliata per venire poi, secondo un vecchio costume, asciugata e gettata sul fuoco dove si riduce in cenere, quante più cure non rivolgerà Egli a quegli uomini che Lo amano e che osservano i Suoi Comandamenti!

6. E se si considera che gli uomini, i quali per lo più sono maligni e perversi, amano i loro figli e cercano di far loro il maggior bene possibile, quanto più non farà del bene il buonissimo Padre in Cielo a coloro che Egli avrà trovato degni di esserGli figli? Oppure hai forse udito di qualcuno, dotato di molta e vera sapienza, che è stato crudele ed inesorabilmente duro verso il suo prossimo o addirittura verso i propri figli?

7. Da quando l'uomo esiste è noto che una persona saggia è anche una persona buona e che desidera il bene di tutti; fu soltanto la sapienza a dare agli uomini delle leggi, mediante l'osservanza non gravosa delle quali tutti avrebbero potuto divenire felici, e sanzionò tali leggi soltanto a causa dei malvagi, caparbi e disobbedienti, affinché i buoni avessero a loro disposizione un mezzo con il quale indurre con la forza a mantenersi nel bene i perversi ed i pazzi qualora le dolci ammonizioni non fossero servite a nulla; dunque anche la sanzione delle leggi dell'ordine è un atto d'amore e di misericordia che procede dalla sapienza!

8. Ma se già una completa sapienza umana non fa che del bene e guida la gente non saggia alla vera felicità della vita, quanto più non otterrà un tale effetto la Sapienza suprema e profondissima di Dio?

9. Che essa non possa agire, come nemmeno mai in eterno agirà, contro il suo proprio ordine dal quale dipende l'esistenza di ogni creatura, chiunque abbia soltanto un briciolo di sapienza lo deve comprendere benissimo, perché altrimenti sarebbero compromesse l'esistenza e la felicità di tutti gli esseri buoni e beati. Sennonché la Sapienza suprema vuole avviare anche gli spiriti e gli esseri ribelli verso il buono e il vero, e a tale scopo ha escogitato i mezzi più adatti, i quali certo non si riveleranno come latte e miele al palato del peccatore indurito; tuttavia dipenderà sempre dalla sua volontà mutare simili condizioni quando lo vorrà.

10. E così succede pure rispetto alla questione da te sollevata: tutto dipende dalla seria buona volontà dell’uomo; se egli si ravvede sul serio e con piena fiducia prega Dio nel Mio Nome di concedergli ciò che è buono e giusto, allora questo gli verrà anche dato nella misura del suo vero ravvedimento, della sua fede e della sua fiducia. E adesso credo che tu possa essere perfettamente contento di tale Mia verissima promessa.

11. Chi terrà presente tutto ciò e opererà conformemente, costui sarà completamente felice in ogni campo, e non avrà più alcuna angoscia e timore della morte del corpo, anche se sarà stato prima un grande peccatore macchiatosi di gravi peccati! Infatti Dio, il Padre in Cielo, Mi ha mandato a questo mondo unicamente per amore dei peccatori e non dei giusti, e come il Padre ha mandato Me, così pure Io manderò voi ai peccatori, poiché solo gli infermi hanno bisogno del medico e non i sani. Ti è tutto chiaro ora?»

12. Rispose l'albergatore: «Oh, e chi potrebbe ancora non comprendere quanto hai detto? Ma ecco che ormai il giorno comincia a declinare; che cosa faremo dunque adesso?»

13. Ed Io gli dissi: «Questo per il momento dipende da te, poiché per oggi, domani e dopodomani Io non farò alcun progetto; se dunque hai qualcosa da proporre o da dire, esprimiti, ed Io vedrò cosa ci sarà da fare!».

 

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Cap. 70

Il terreno sprofondato.

 

1. Disse l'albergatore: «Veramente avrei da dire qualcosa, ma si tratta di una cosa che mi sembra quasi troppo insignificante per disturbarTi, o Signore!»

2. Ed Io osservai: «Parla pure, dato che per Me non c'è niente di troppo insignificante a questo mondo!»

3. Proseguì allora l'albergatore: «Ebbene, Ti piaccia in grazia di ascoltarmi! Oltre a questi terreni qui io ho ancora un podere situato non lontano, dove sono solito tenere i miei migliori bovini e pecore sotto la custodia di parecchi fedeli servitori e serve! Ora in quel vasto pascolo assai ricco di erba rigogliosissima si è prodotto un paio di mesi fa uno sprofondamento del terreno per l'estensione di quasi un quarto di iugero in modo tale che in quel punto esiste adesso una buca di cui non è affatto possibile misurare la profondità, mentre d'altro canto non si può nemmeno sapere se eventualmente non sprofonderà in un prossimo tempo dell'altro terreno ancora.

4. Un vecchio abbastanza esperto in simili cose mi domandò un giorno se gli animali si accostavano alla buca. Ed io gli dissi in piena verità come stavano le cose. Feci condurre alcune pecore e bovini vicino alla buca, ma quanto questi si avvicinarono a quella larga apertura, tanto più si dimostravano restii ad avanzare, e quando si trovarono a soli dieci passi all'incirca dalla buca, diedero uno strappo e fuggirono via all'impazzata. Perfino le capre, le quali di solito si arrampicano con tutta indifferenza e facilità sulle rupi anche più alte e scoscese, non si può condurle vicino a quell’apertura del terreno. E avendo visto ciò, quell'esperto concluse che quello era un segno sicuro che sarebbe sprofondato ancora dell'altro terreno! Ed è per tale questione, in ogni caso parecchio spiacevole per me che possiedo dei terreni, che vorrei ora chiederTi che cosa si deve pensarne, cosa si deve aspettare ancora, e se sarebbe forse possibile ovviare in qualche modo un simile malanno»

5. Gli risposi Io: «Avanti, usciamo e vediamo un po' le conseguenze della spavalderia degli spiriti rozzi della Terra che hanno provocato quel fenomeno per incitamento di altri spiriti, e cioè degli spiriti di quegli uomini defunti che sono trapassati nell'aldilà come tuoi nemici per aver tu acquistato il podere che era stato pignorato dal tribunale a causa dei grossi debiti che vi gravavano e che essi non poterono pagare! Andiamo dunque e prendiamo visione della cosa!».

6. Allora ci alzammo sollecitamente e ci avviammo verso la misteriosa buca che era situata ad una scarsa mezz'ora di cammino dall'albergo, perciò non tardammo ad arrivare a quell'apertura verificatasi nel terreno che aveva davvero un aspetto quanto mai sinistro. All'infuori di Me e dell'albergatore nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi fino sull'orlo di quel precipizio. I venti nuovi discepoli si erano ritratti inorriditi già parecchio prima, perché la voragine era infatti tale che al vederla suscitava raccapriccio. L'albergatore disse che egli stesso non vi si era mai ancora avvicinato tanto, e che solo in quel momento poteva rendersi conto della sua profondità che l'occhio non poteva valutare affatto.

7. Io però gli dissi: «Va e prendiMi una pietra che sia ben grossa, poi vedrò se sarà possibile colmare la buca!».

8. Egli allora andò e Mi portò una pietra che pesava almeno dieci libbre. Io la presi tra le mani e la scagliai con veemenza dentro la buca. Ben presto una polverosa colonna di fumo si vide salire dal fondo di quell'abisso diffondendo un tanfo sulfureo.

9. Ma Io minacciai quella massa di fumo e dissi: «O voi tutti spiriti perversi, Io, il Signore, vi impongo di colmare immediatamente questa voragine per ora e per tutti i tempi!»

10. Allora dalla massa di fumo si udirono uscire delle voci, le quali esclamarono: «O Gesù di Nazaret, o Figlio del Dio vivente, noi Ti conosciamo! Perché dunque sei venuto a tormentarci prima del tempo? Noi qui siamo oppressi, e abbiamo cercato di trovare un po’ di sollievo; perché non ci lasci questa libertà? A noi qui è stato fatto un grave torto che ha ucciso il nostro corpo; noi abbiamo perduto tutto, ma non è forse giusto che il compratore perda anch'egli qualcosa? A noi occorre questo tratto di terreno nella nostra orrida profondità; perché deve esserci vietato possederlo?»

11. Ma Io a Mia volta esclamai: «Fate come vi ho comandato, altrimenti vi accadrà ben di peggio!».

12. Allora il fumo si abbassò, e nell'interno della buca si senti un rumoreggiare violento che ebbe una durata molto breve; dopodiché si poté già scorgere come il terreno sprofondato stava gradatamente risalendo. Trascorsa un'oretta appena, la buca si trovò di nuovo perfettamente ricolma, così che nessuno avrebbe potuto più sospettare che la stessa fosse mai esistita una volta in quel posto.

13. Ed Io, chiamati a Me i vecchi ed i nuovi discepoli, dissi loro: «O paurosi che siete! Venite qui adesso, posate i vostri piedi su questo terreno sprofondato ed ormai risalito al suo livello, e riconoscete come non c’è nulla che possa resistere alla Potenza della Volontà divina!».

14. E i discepoli vennero tutti e furono pienamente convinti del fatto che niente e nessuno può essere capace di sfidare la Mia potente Volontà.

 

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Cap. 71

L’essenza degli spiriti maligni.

 

1. L'albergatore però Mi domandò quale significato era da attribuirsi alle parole degli spiriti dentro la massa visibile di fumo quando avevano detto che Io non li tormentassi prima del tempo.

2. Ed Io gli risposi: «Vedi, tutti gli spiriti ribelli considerano un tormento quando vengono esortati all'obbedienza verso Dio, poiché non vi è orgoglio che voglia da parte sua riconoscere che cos’è l'obbedienza, dato che esso solo vuole dominare e comandare. Essi però hanno voluto far capire che si trovano da troppo poco tempo ancora nel mondo degli spiriti per poter ora mostrarsi obbedienti alla Mia divina Volontà. Ecco, essi più di ogni altra cosa preferirebbero adesso essere lasciati, fosse pure per tutta l’eternità, alla loro gioia malvagia e vendicativa, e ciascuno spirito che venga ad esortarli almeno ad un certo ordine ed a qualche obbedienza, o che intenda cacciarli via spesso addirittura con la forza, essi lo considerano sempre come il loro nemico e tormentatore!

3. Ed è perciò che Io li minacciai immediatamente, ed essi dovettero adattarsi alla Mia Volontà, quantunque col loro massimo risentimento; sennonché tutto ciò non ha nessuna importanza trattandosi di spiriti di questa specie che sono finiti dentro il giudizio e quindi anche nella morte. Infatti la loro cocciuta libertà non è una libertà, ma unicamente un carcere ed un asprissimo giudizio, dal quale essi possono venire liberati gradatamente sempre più soltanto qualora una volontà più potente della loro li afferri e li costringa a una buona azione.

4. Essi assomigliano a quei dormiglioni i quali, come principi e re, si cullano in ogni tipo di dolci sogni, che poi vanno blaterando in sogno un mare di sciocchezze e che spesso si affaticano molto. Ora ciascuno sa che simili sogni non sono affatto troppo confacenti alla salute naturale umana, e perciò è buona cosa svegliare questi dormiglioni e interrompere i loro dolci sogni. Quando un dormiglione di questo genere viene svegliato da uno che è desto, egli si arrabbia fino ad infuriarsi! Ma quando poi con il tempo si desta anche lui completamente, egli si rallegra moltissimo di essere stato destato dal suo sonno stordente. Senza dubbio, col destarsi egli si trova ad essere spoglio di tutti i suoi principati e ad essere disceso di nuovo al grado di un comunissimo mortale dalla potestà di re che aveva avuto l'illusione di detenere; ma appunto come semplice mortale egli può pervenire al chiaro conoscimento che il suo reame non era altro che un vano sogno da malato febbricitante.

5. E vedete, altrettanto avviene di questi spiriti, con la sola differenza che essi trascorrono spesso dei tempi lunghissimi sognando in questo modo, e poi è estremamente difficile che qualcuno riesca a svegliarli!

6. Però in un simile sogno si trovano anche tutti gli avventurieri di questo mondo, i quali sono rappresentati in misura quanto mai abbondante in tutti i settori della sfera dell’esistenza umana su questa Terra; essi vi si sentono felicissimi, e guai a colui che osasse destarli con parole e con fatti alla serietà di questa vita! Tuttavia qualora si riesca ogni tanto a destarne qualcuno, allora senz'altro il destato si troverà molto contento, perché solo nel suo stato non più di sognatore egli comincerà a rendersi conto sempre più del pericolo al quale è stato esposto durante il suo cieco sonno dei sensi.

7. Perciò anche voi potete provare se è possibile ricondurre alla realtà e destare dall'ebbrezza dei sensi un individuo di questa specie! Se è atto ad essere svegliato, svegliatelo, e vi sarà di grande utilità, perché poi a sua volta potrà agire con maggiore facilità ed efficacia di voi su coloro che avranno la mentalità uguale a quella che lui aveva prima; ma se non si lascia destare, ebbene, allora abbandonate quel pigro asino al suo sonno! Ben altri mezzi è bene impiegare per svegliare quella specie di dormenti. E questi mezzi portano il nome di infermità, guerre, carestie e pestilenze. Avete compreso?»

8. Risponde l'albergatore: «Oh, certo, o Signore e Maestro, è' precisamente così, e così deve anche essere! Resta il fatto però che la cosa è pur sempre un po' triste con questi dormenti, perché quando Dio decide di versare sull'umanità la coppa dei mali, allora spesso anche l'innocente deve soffrire assieme ai molti colpevoli»

9. Ed Io dissi: «Ma egli comunque soffre, considerato che è un desto fra tanti dormenti, e per conseguenza può perdere che poco o niente! O credi forse che sia molto piacevole trovarsi desto in una stanza dove tutti gli altri dormono, senza poter scambiare una parola?»

10. E l'albergatore esclamò: «Oh, sì, questo è verissimo, e per una persona saggia deve essere un vero tormento quello di trovarsi in compagnia di soli pazzi, di muti e di ciechi, quindi senza poter scambiare con nessuno neanche un'idea ragionevole! Ma stando così le cose, evidentemente una sofferenza che conduca ad un miglioramento è in sé da preferirsi ad un'altra che non può far pervenire ad un tale risultato. Oh, Signore, io stesso non potrei dire quanto indicibile sia la mia felicità di trovarmi ora alla Tua Presenza assolutamente divina! Io non potrò permettere che Tu lasci la mia casa da solo, senza di me, perché senza di Te mi sembra che tutto dovrebbe apparirmi completamente estraneo e immensamente tetro! Ma adesso vorrei sapere che profondità abbia veramente avuto quella buca secondo le misure di questa Terra»

11. Ed Io gli risposi: «Era molto profonda, precisamente un migliaio di braccia all'incirca».

 

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Cap. 72

Influssi degli spiriti nei fenomeni naturali come concessioni della Provvidenza.

 

1. Riprese a dire l'albergatore: «Ma quegli spiriti maligni e rozzi hanno davvero una forza così grande da poter comprimere fino ad una simile profondità un tratto di terreno così vasto e costituito per di più da materiali solidissimi?»

2. Dissi Io: «In realtà essi dispongono di altrettanto poca forza quanto ne può avere un qualche eroe immerso nel sonno; tuttavia, agli scopi del loro proprio risveglio, viene talvolta concesso che, secondo la volontà di una potenza spirituale superiore perfettamente desta, si verifichi qualcosa di ciò che simili spiriti maligni nella vuota fantasia del loro sogno vogliono compiere; per ottenere questo risultato essi continuano a fare progetti che in sé sono quanto mai vani. Se avviene qualcosa di simile, allora essi d'improvviso si destano e devono constatare poi la loro miseria; così più di uno, in seguito alla sua propria volontà, viene tratto fuori dalla sua mala vita di sogno e trasferito ad una vita più desta, ed egli dopo ciò sta già più attento a non ricadere più in simili male fantasie, affinché non succeda che qualcosa di nuovo e di inaspettato gli crolli addosso e lo conci malamente nel suo supposto libero stato.

3. Quanto però è successo qui, fu dovuto ad una coincidenza di circostanze per il raggiungimento di uno scopo buono, circostanze molto ben calcolate già da lungo tempo. Qui sotto questo tratto di terreno si trovava già dai tempi più remoti, per voi inimmaginabili, di questa Terra, una grande cavità, che formava una prosecuzione sotterranea del mare. Sennonché con l'andar del tempo la fanghiglia che si accumulava sempre più ostruì la comunicazione già in origine alquanto stretta tra il mare aperto e il bacino sotterraneo che veniva alimentato dal primo. Una volta che con il trascorrere degli anni l'afflusso dell'acqua fu completamente bloccato, anche il resto del liquido che era ancora nel bacino sotterraneo venne assorbito dal terreno, e così venne a formarsi una cavità ancora più grande. In seguito poi ai frequenti terremoti, sotto questo tratto di terra le parti più friabili si staccarono l'una dopo l'altra e precipitarono verso il fondo della cavità. Ma in tal modo la volta della cavità stessa, che esternamente costituiva il tuo pascolo, si fece sempre più sottile e meno resistente.

4. Quando poi, in tempi recentissimi, per l’azione dei rozzi spiriti della terra venne provocato un lieve scuotimento del terreno dovuto in prima linea alla muta agitazione da parte delle anime maligne le quali a causa della loro materialità si trattengono, per quanto concerne lo spazio occupato dall'essere, per lo più nelle cavità sotterranee, allora anche tutto questo tratto di terreno, impossibilitato a resistere alla scossa, crollò e cadde sul fondo. Questa fu dunque effettivamente la causa del tutto naturale del fenomeno; tuttavia tale causa non è esclusivamente naturale, ma anche spirituale, perché il fenomeno già da tempi inimmaginabilmente lunghi era stato previsto e permesso da Dio agli scopi del risveglio di questi maligni spiriti sonnolenti.

5. Così sulla Terra non vi è nulla che accada di esclusivamente naturale, ma pienamente in connessione con un qualche scopo spirituale, poiché in tutto il mondo lo spirituale sta costantemente in strettissima relazione e in un reciproco avvicendarsi di rapporti col naturale, cosa questa però che vi sarà perfettamente chiara solo quando, tramite l'operare secondo la Mia Dottrina, sarete rinati nel vostro spirito. Ma ora, considerato che abbiamo compiuto qui il nostro lavoro, possiamo ritornare a casa, perché anche là ci attende qualcosa di nuovo»

6. Disse l'albergatore: «O Signore, non devo prima far venire qui i miei servitori e le mie serve, affinché siano messi essi pure al corrente dell'inaudito prodigio che è accaduto qui?»

7. Ed Io gli dissi: «Lascia stare per oggi questa cosa, perché per questo ci sarà tempo a sufficienza anche domani! Che la tua servitù ne rimarrà molto stupita, questo è più che certo; essi però da tale stupore non potranno trarre che un vantaggio piccolissimo per le loro anime ancora molto sensuali, dato che essi sono per lo più dei greci, e quindi gente davvero tenebrosa e molto superstiziosa, e non mancheranno di attribuire senz'altro questo fenomeno a qualche cosiddetto semidio. Vedrai che saranno essi a cominciare a spiegarne la causa prima che tu arrivi a darne la spiegazione a loro; e se vorrai sostenere di fronte a loro che la causa è dovuta a Me, il carpentiere di Nazaret, o ti rideranno in faccia, oppure diranno che Io stesso sono in qualche modo in relazione con un semidio, e che così dunque sono certamente in grado di ottenere dei risultati di questa specie.

8. Gli uomini di questo tipo non sono ancora di gran lunga atti all'accoglimento del Regno di Dio; essi devono prima venire preparati in modo adatto e messi in grado di pensare e di giudicare i fenomeni che si verificano nel mondo naturale in una forma più chiara. Simili individui fanno invece risalire tutto alla volontà degli dèi invisibili, dei quali, secondo loro, essi fiutano addirittura la presenza, e quindi per molto tempo ancora non c'è niente da fare riguardo alla piena verità di Dio dai Cieli; lasciamoli dunque stare così, e adesso ritorniamo piuttosto a casa».

9. Dopodiché ci allontanammo avviandoci verso l'albergo.

 

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Cap. 73

La figlia dell'albergatore, annegata, viene richiamata in vita.

 

1. Quando vi fummo giunti, che era proprio il tramonto, l'albergatore fece l'osservazione che il mare era ancora più agitato di prima, e che ad una distanza di circa cento stadi egli scorgeva una nave la quale, dato lo stato eccezionalmente furioso del mare, era quasi escluso che non finisse con l’essere in pericolo. E domandò se non sarebbe stato doveroso andare in suo aiuto.

2. Ma Io gli risposi: «Se si trattasse di un'altra nave sì, ma questa qui no! È stato il vento di stamani a spingerla tanto innanzi, ma un altro vento la respingerà ben presto indietro. Si tratta appunto della nave che porta quei perversi da Gerusalemme incaricati di metterMi le mani addosso e di ucciderMi; sennonché ora si trovano invece essi in Mia prigionia e dovranno rimanervi ancora per un paio di giorni e di notti; poi verrà un vento che li getterà sulla costa dietro Tiberiade e che metterà fine alla loro pena. Una volta raggiunta la terra essi faranno ritorno mogi mogi alle loro case e abbandoneranno completamente l'idea di tenderMi altre insidie e di attentare ancora alla Mia vita. Vedi, il vento li ha raggiunti e va spingendo la nave lontano da queste rive! Ma ora lasciamo stare queste cose, perché in casa tua ci aspetta qualcosa del tutto di differente. Dunque ritorniamo al nostro albergo!»

3. L'albergatore e anche tutti gli altri erano estremamente curiosi di conoscere cosa avremmo trovato di nuovo in casa. Perciò ci dirigemmo là affrettando il passo, ed ecco che trovammo una delle figlie più anziane dell'albergatore distesa su di un letto, completamente morta e con il corpo tutto grondante d'acqua. Era andata sola al grande vivaio per prendervi alcuni pesci di eccellente qualità per la nostra cena; sennonché la resistenza opposta da quei grossi pesci a lasciarsi prendere era stata così energica che non aveva potuto dominarla, e, nel dibattersi, uno dei pesci le aveva inferto uno scossone tale da farla cadere in acqua. Alle sue grida era accorsa della gente in aiuto, ma nonostante tutta la migliore buona volontà, non aveva potuto venir tirata fuori dall'acqua con sufficiente sveltezza, e la conseguenza fu che, deposta a terra, non aveva dato più segno di vita. È superfluo menzionare qui come il fatto avesse messo in subbuglio tutta la casa e come fosse immediatamente stato chiamato un medico dalla città, il quale era anche venuto subito ed aveva tentato ogni mezzo a sua conoscenza per richiamare in vita l'annegata; sennonché, malgrado le lacrime della madre e degli altri parenti e nonostante tutte le cure del medico, la poveretta non aveva più dato alcun segno di vita.

4. A quella vista anche il nostro albergatore fu pervaso d'angoscia, e supplichevole si rivolse a Me, e disse: «O Signore, ora io so che a Te sono possibili tutte le cose!»

5. Allora Io l'interruppi dicendo: «Taci adesso e sta tranquillo! Io qui voglio evitare che venga fatto del chiasso! Il medico, che è pure un fariseo, ben presto rinuncerà ai suoi tentativi e dirà: “Tutte le mie fatiche sono in questo caso assolutamente inutili, perché è definitivamente morta!”. Tu allora sbrigati a dargli il compenso dovuto, dopodiché egli se ne andrà via in fretta; Io poi farò quanto attendi da Me, ma a quattr'occhi. Quando imporrò le mani all'annegata, è necessario che all'infuori di noi nella stanza non ci sia nessuno, nemmeno tua moglie e neanche i tuoi altri figli».

6. Di lì a poco il medico infatti dichiarò che purtroppo la figlia era morta senza rimedio. Aggiunse che era opportuno che provassero ancora ad avvolgerne il corpo dentro a dei panni, e così forse sarebbe rinvenuta in un paio d'ore; ma queste cose egli le disse soltanto per lasciare ai genitori almeno un barlume di speranza e di conforto. L'albergatore allora pagò il medico, il quale si congedò subito e si allontanò di buon umore non senza aver promesso di mandare egli stesso al più presto le donne incaricate, secondo l'usanza, di fare le lamentazioni. L'albergatore però gli disse di attendere fino a domani, e che per tale occorrenza sarebbe venuto egli stesso da lui il mattino seguente. Quindi il medico se ne andò.

7. Dopo che dalla stanza si furono allontanati quanti erano di troppo, Io Mi avvicinai all'annegata e le imposi la Mia mano dicendo: «O figlia, destati dal tuo sonno!»

8. Nello stesso istante si tirò su sul suo letto e subito domandò cosa le fosse accaduto. Si ricordava di essere caduta nell'acqua, ma non poteva rendersi assolutamente conto di come fosse capitata su quel letto.

9. Io però le dissi: «Vedi, nel tuo corpo eri del tutto morta, ma Io, che sono la Vita proveniente da Me stesso, ti ho ridonato la vita. Però in seguito bada di essere più cauta e di compiere solo quei lavori per cui possiedi la forza necessaria, altrimenti potrebbe accaderti di nuovo qualcosa di simile. La diligenza di una persona è certo sempre degna di lode, tuttavia quando essa oltrepassa le proprie forze, allora non si può più dire lodevole, ma anzi molto stolta! Prendi ben nota di ciò e dillo pure a tua madre e ai tuoi fratelli del resto molto bravi. Ed ora alzati, fatti vedere da tua madre e dagli altri tuoi congiunti ancora molto affranti dal dolore per causa tua, e tutti abbiate cura che ci venga preparata la cena».

10. La fanciulla allora si alzò prontamente dal letto, Mi ringraziò per tale immensa grazia ed uscì subito dalla stanza per andare dalla madre e dai suoi fratelli e sorelle; tutti sbalorditi l'accolsero con grandi manifestazioni di gioia.

11. La figlia però professò ad alta voce: «Il grande Maestro di Nazaret mi ha fatto questo, ma egli mi ha detto anche che in compenso chiede che gli prepariamo una buona cena; dunque prima di ogni altra cosa facciamo quanto egli desidera!»

12. In un attimo tutti si misero all'opera, e ben presto ci fu servita una abbondante cena. L'albergatore era tutto confuso e non poteva trovare parole per esprimere la sua gratitudine.

13. Dal canto loro i nuovi discepoli non potevano cessare di meravigliarsi per il prodigio a cui avevano assistito, ed esclamarono: «Un fatto simile dovrebbe assolutamente convertire tutto il Tempio!»

14. Ma Io dissi loro: «Un prodigio ancora più grande di questo genere avrà l'effetto di suscitare nella gente del Tempio un furore tale contro di Me che essi cercheranno ogni via e si appiglieranno ad ogni mezzo pur di ucciderMi! Non occorre davvero che Io vi dica di più! Ma ora non parliamone più! Riprendiamo invece il nostro lieto umore, e mangiamo e beviamo quanto ci è stato offerto».

15. Allora i discepoli fecero onore ai cibi e alle bevande, e la conversazione divenne animata, avendo ciascuno da narrare questo o quello riguardo alle proprie vicende ed esperienze.

 

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Cap. 74

La nave dei farisei sul mare mosso.

 

1. Anche la figlia risuscitata, sua madre e gli altri figli vennero a raggiungerci ed ascoltarono quanto stavano raccontando i discepoli, i quali stavolta parlarono più particolarmente riguardo ai perfidi spettri e ai demoni, sostennero perfino che fra gli uomini ce n'erano parecchi ai quali non era assolutamente possibile difendersi contro le persecuzioni di tali invisibili entità maligne! Continuarono affermando che non si poteva chiaramente capire perché una cosa simile potesse venire concessa da Dio, erano comunque da tenere molto in considerazione i casi di possessione da parte di demoni, specialmente là dove la possessione si manifestava già nella più tenera infanzia.

2. Anche il nostro albergatore si intromise dicendo: «Certo, questa è una cosa molto strana e che non si può comprendere affatto! Io stesso sono stato testimone di fenomeni di questo genere, e molto spesso ho avuto occasione di vedere dei bambini, che avranno avuto a mala pena cinque anni, i quali venivano maltrattati fino ad essere ridotti in uno stato pietoso dagli spiriti da cui erano posseduti! Ma la cosa più strana in tutto questo è che non ci sia più nessuno capace di combattere questi mali»

3. Io allora dissi: «I Miei vecchi discepoli sono già bene iniziati a tale riguardo e possono fornirvi le necessarie spiegazioni; particolarmente Simone Giuda, ora chiamato Pietro, Giacomo e Giovanni; essi in questi casi possono recare aiuto immediato, come Me. Io però non intendo addentrarMi più oltre in tale argomento, perché già prima ho detto che per qualche giorno riposerò e Mi asterrò dall'insegnare e anche dall'operare. Voi tutti però potete parlare e fare ciò che volete! Soltanto vedete di non far circolare voci riguardo alla Mia Presenza qui nei dintorni, né meno ancora in città!».

4. I discepoli allora ripresero la conversazione, e Giovanni spiegò ai nuovi discepoli il fenomeno della possessione, e quando verso la mezzanotte ebbe finito, tutti ci recammo a riposare.

5. Tuttavia il giorno seguente ci alzammo molto di buon'ora, ed Io, assieme ai tre discepoli menzionati prima, uscii un po' fuori all'aperto ancora prima di colazione. Di lì a poco anche l'albergatore ci venne a raggiungere; gli altri discepoli invece rimasero in casa e si dedicarono ad annotare alcuni eventi. Noi frattanto parlavamo della sorte della nave che portava i farisei, la quale si trovava sempre in alto mare sballottata dalle onde; l’albergatore aveva espresso l’opinione che il vento l'avrebbe forse già sospinta fin dietro alla città di Tiberiade.

6. Ma Io gli dissi: «Finora no, ciò sarà loro concesso solo fra un paio di giorni, cioè quando avranno un po' modificato i loro sentimenti; altrimenti farò in modo che debbano restare proprio in mezzo al mare e che remino inutilmente per vari giorni ancora!».

7. L'albergatore allora comprese che con Me non c'era assolutamente da scherzare, e Mi diede piena ragione per aver inflitto un tale castigo a quei malvagi persecutori della Mia Persona. Egli era appunto un nemico giurato della gente del Tempio, e perciò gioiva di sentire in che difficile situazione si trovavano i templari sulla nave.

8. Ma poi lasciammo stare anche questo argomento e ci limitammo ad osservare il violento ondeggiare del mare e le molte schiere di uccelli acquatici che quando il mare è sconvolto sono sempre presenti alla ricerca di prede. L'albergatore allora domandò dove si fermassero quegli uccelli quando il mare era tranquillo.

9. E Pietro che, come vecchio pescatore, era un ottimo conoscitore di quanto aveva attinenza con il mare, gli disse: «Vedi, questi sono in fondo una specie di animali rapaci delle acque, i quali si fanno vedere con tanta frequenza e in così gran numero soltanto quando c'è per loro qualcosa da predare; altrimenti essi dimorano in quei luoghi delle spiagge che non sono accessibili né dalla parte di terra, né dalla parte del mare. In quei posti c'è una quantità di insetti e di vermi che servono da nutrimento a quegli animali; però quando si annunciano delle forti tempeste, simili insetti e vermi si nascondono, e allora gli uccelli, sotto lo stimolo della fame, fanno scorrerie sul mare alla ricerca di piccoli pesci, e quando la tempesta si è calmata, essi ritornano alla loro sede abituale dove hanno i loro nidi in luoghi ben custoditi. Eccoti dunque quanto non sapevi ancora; la cosa non ha in sé davvero grande importanza, ma ad ogni modo è bene conoscere anche questo in maniera precisa».

10. Il nostro albergatore fu molto soddisfatto della spiegazione, e poi osservò che saremmo ormai potuti ritornare a casa per la colazione.

 

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Cap. 75

Della giusta contemplazione della natura.

 

1. Io però dissi: «Abbiamo ancora un'ora di tempo per la colazione; d'altro canto è bello stare qui su questa collina ed osservare come i Pensieri di Dio vanno assumendo corpo dinanzi ai nostri occhi»

2. Esclamò l'albergatore: «O Signore! Come e dove mai si può vedere una cosa simile?»

3. Ed Io risposi: «Qui tutto intorno a noi! Tutte le cose che vedi con i tuoi occhi, che odi con i tuoi orecchi e che percepisci con un qualche altro dei sensi, sono i Pensieri di Dio che prendono corpo. Tu vedi il possente agitarsi del mare; ma chi è che spinge tanto in alto le acque e non concede che riacquistino la quiete? Vedi, è il Pensiero di Dio animato dalla Sua Volontà! Guarda i numerosi uccelli che volano liberi sulle onde! Anche questi, cosa altro sono se non esclusivamente dei Pensieri di Dio che prendono corpo? Tutto il mare, tutte le montagne, tutti gli animali, le erbe, gli arbusti, gli alberi, tutti gli uomini, il Sole, la Luna e le innumerevoli stelle cosa sono se non altro che i Pensieri di Dio? E la loro esistenza dipende unicamente dalla invariabilità della Volontà di Dio, invariabilità certo per te ancora perfettamente inconcepibile.

4. Ammettiamo il caso, sempre possibile - e ciò si spiega con la libertà infinitissima del Volere divino - che Dio ritraesse la Sua Volontà da uno di questi Pensieri che hanno preso corpo e che ci stanno dinanzi, in questo caso nel medesimo istante anche lo stato corporeo del rispettivo Pensiero cesserebbe completamente; il Pensiero spirituale in Dio certo rimarrebbe, però il corpo si dissolverebbe in un certo modo nel nulla assoluto! Noi dunque abbiamo qui dinanzi l'essere, il sussistere, il divenire ed anche lo svanire dei Pensieri di Dio, ciò che è di importanza estrema per il vero amico di Dio! Ma non costituisce forse una vera gioia osservare e considerare con attenzione tali fenomeni, e fare ciascun giorno di più, tramite questo, una conoscenza più intima con l'Amore, la Sapienza e l'Onnipotenza di Jehova?

5. Guardate un po' là verso levante quelle nuvolette, come esse vanno ora ingrandendosi, ora di nuovo rimpicciolendosi per svanire infine del tutto! Anche quelle sono dei Pensieri di Dio, le quali, dalla Sua Volontà, sono soltanto lievemente raccolte assieme fuori dall'aria, e così trapassano ad una fuggevole corporeità manifestandosi ai nostri occhi sotto forme sempre mutevoli. Tali forme sono evidentemente più vicine all’elemento originario spirituale che non le montagne solidissime e tutte le altre formazioni che qui ci circondano da ogni parte; tuttavia il loro essere è sempre ben lontano dalla perfezione, ed esse devono con un frequente affiorare in altre forme, ad esempio nella goccia di pioggia, trapassare, e poi, come sostanza nutriente, assumere una forma più precisa e più costante nell'una o nell'altra pianta, e così via salendo per la scala degli esseri fino all'uomo, dal quale infine possono trapassare ed anche trapasseranno allo stato puramente spirituale e simile al divino quali esseri perfettamente indipendenti, dal pensiero e dalla volontà assolutamente liberi e in una esistenza immutabile e imperitura per l'eternità.

6. Vedi, chi osserva le creature di Dio da questo punto di vista, costui certo ne ritrae un grande diletto e una grande gioia! Ed Io ti dico che una simile contemplazione infonde nell'uomo maggiore energia di una colazione consumata troppo presto. Non trovi tu pure che debba essere così?»

7. Rispose l'albergatore: «Oh, senz'altro, o Signore e Maestro! Sennonché per una contemplazione vivificante di questo genere ci vuole anche la Tua Sapienza; io, per esempio, avrei potuto guardare per dei secoli senza tuttavia poter nemmeno lontanamente rendermi conto di quanto adesso ci hai rivelato Tu! Comunque d'ora innanzi farò in modo di guardare con altro occhio le cose, perché a me piacciono le manifestazioni della natura, e mi diletto a contemplare le svariatissime forme che continuamente essa costituisce; me ne tengo lontano soltanto quando tale natura degenera nelle sue manifestazioni. Quando, ad esempio, infuriano gli uragani e le nubi minacciano di rovinarci a forza di tuoni e fulmini, allora confesso che il mio amore per la natura si raffredda molto, ma nel suo manifestarsi placido e normale, la natura ha in me un amico straordinariamente affezionato. Questo attuale ondeggiare molto violento non va davvero annoverato tra i fenomeni naturali pacifici, però per noi, che dimoriamo sulla terraferma, non è pericoloso, e per conseguenza lo si può ancora contemplare con una certa pacatezza d'animo; ma se invece fosse un uragano violento a provocare questo sconvolgimento del mare, non sarebbe tanto piacevole stare ad osservare l'attività della natura per riconoscervi i grandi Pensieri di Dio animati dalla Sua Volontà!»

8. Dissi Io: «Quanto dici è certamente esatto; però quello che ora ti ho detto, non è un comandamento, ma soltanto un buon consiglio, perché, volendolo proprio interpretare alla lettera, bisognerebbe che l'uomo scendesse nelle profondità marine per ammirare anche là dappertutto le forme corporee dei grandi Pensieri di Dio. In ogni caso là dove l'uomo lo può fare senza danno o pericolo per la sua vita, che lo faccia ogni tanto, e ne trarrà un vantaggio non da poco per la sua anima e per il suo corpo, e desterà sempre più in sé lo spirito del vero amore per Dio e con ciò per il suo prossimo.

9. Infatti per poter veramente amare Dio, conviene sforzarsi di conoscerLo sempre più; ma chi non aspira principalmente a questo, bisogna bene che finisca con l'attribuire a se stesso la colpa se il sentimento interiore e la consapevolezza della sopravvivenza eterna dell'anima dopo la morte del corpo sono e rimangono in lui una cosa vaga e quanto mai incerta, dato che questo vero sentimento vitale è appunto esclusivamente la conseguenza del vero e vivente amore per Dio e per il prossimo, che scaturisce dall’amore per Dio.

10. Dio in Sé, quale Padre, è nella Sua Essenza fondamentale-originaria appunto l'Amore, e con ciò la Vita stessa, dato che l'Amore e la Vita sono la stessa cosa. Chi dunque ha in sé l'amore per Dio, il quale solo costituisce l'elemento vitale, costui ha pure in sé la vita vera, divina ed eterna; chi invece non ha un simile amore, è in sé morto. La sua vita non è che una vita apparente, e per conseguenza un giudizio finché egli non abbia destato spontaneamente in sé l'amore per Dio e non l’abbia vivificato mediante una propria attività. E vedi, precisamente per queste ragioni un vero uomo fa bene se ogni tanto si dedica a delle considerazioni più profonde riguardo a quello che percepisce con i suoi sensi! Comprendi adesso quanto ti ho detto?»

11. E l'albergatore rispose: «Si, o Signore e Maestro, ora anche questa cosa mi è chiara, e altro non potrei dire se non che il mondo è attualmente quanto mai da compiangere per il fatto che la maggior parte degli uomini non hanno neanche un’idea di queste importantissime dottrine di vita! Tuttavia io farò in modo che non mi manchi un giusto zelo per comunicare almeno quanto ora conosco a chi sarà di animo più accessibile, qualora si presenti una buona occasione. Ma quale può essere la causa principale delle condizioni così terribilmente stolte nelle quali si trova l'umanità del tempo attuale?».

 

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Cap. 76

Le cause della decadenza degli uomini. Teocrazia e regno.

Tempo finale e giudizio.

 

1. Dissi Io: «Basta che tu rifletta un po’ su quanto dissi a questo riguardo: anzitutto però sono l'orgoglio, la pigrizia, l'egoismo e la conseguente ambizione sempre crescente la causa di una simile decadenza dell'umanità.

2. Già ai tempi di Samuele la gente si era fatta più pigra e più schiva del lavoro; essa cominciò a vergognarsi di accudire a certi lavori ed allora li fece eseguire da servitori salariati di entrambi i sessi. I ricchi possidenti cominciarono a starsene con le mani in mano e fecero lavorare gli altri per loro. Chi più lavorava per loro, riceveva la ricompensa migliore, ciò che del resto era giusto; sennonché, date simili condizioni, i possidenti gradatamente si trasformarono in una specie di piccoli dominatori, i quali non si adattavano più a sbrigare neppure il minimo lavoro servile, ma ordinavano un dato lavoro ai loro servitori d'ambo i sessi, mentre essi stessi non muovevano nemmeno un dito.

3. Come erano i genitori, così crebbero anche i loro figli, vale a dire pigri, egoisti e ambiziosi; essi impararono a comandare ai servi, ma non vollero mai saperne di insudiciarsi le mani delicate con un volgare lavoro servile. Questo andazzo di cose andò accentuandosi di anno in anno presso gli uomini, ed anche fin troppo presto giunse su quel gradino dove l'orgoglio, già comunque ben nutrito, non trovò più sostanza sufficiente per saziarsi; l’ebreo guardava malinconicamente lo splendore da cui erano circondati i grandi dignitari dei popoli pagani, e nella figura di un re vedeva l'esponente del massimo onore e della suprema dignità umana! Per farla breve, egli, il popolo israelita, voleva avere un re di questo mondo, e non si accontentava più della dominazione purissima di Dio per mezzo di veggenti e di giudici!

4. Quando dunque il popolo, opponendosi a tutte le buone ammonizioni dei veggenti, insistette presso Samuele perché gli venisse dato un re, il pio servo di Dio presentò la richiesta del popolo stolto al Signore, perché da solo non sapeva cosa dovesse fare!

5. E allora Jehova così gli parlò: “Ecco, di tutti i peccati dei quali questo popolo si è già reso colpevole al Mio cospetto, questo che ora commette chiedendo un re è il più grande. Tuttavia va’ ed ungi re l'uomo più grande che troverai fra il popolo! Sarà costui a punire il popolo per il crimine perpetrato contro di Me!”.

6. Vedi, queste furono, esposte succintamente, le parole di Jehova in risposta alla perversa richiesta del popolo! Le conseguenze dell'orgoglio a cui in questo modo venne fornito sempre maggiore alimento, tu le puoi in parte leggere nel “Libro dei re” e nelle “Cronache”, dove sono brevemente enumerate le più belle storielle; la parte maggiore però ti sta dinanzi agli occhi appunto ora.

7. O amico Mio, Io ti dico che soltanto nella vera umiltà sta la via che conduce alla vita interiore dell'anima; ma attualmente in che cuore dimora una simile umiltà? Vedi, nemmeno in quello di un servitore del proprio signore, poiché anch’egli fa un paragone tra sé e i servi di un altro signore in base all'onore e alla considerazione goduti dal proprio signore; se questi sono anche di un solo grado maggiori di quelli del signore di un altro servitore, allora il servitore che ha minor considerazione viene già guardato con disprezzo da lui, e tra i due vengono scambiate poche parole.

8. Ed ancora ti dico: “Finché l'amore vero e puro e l'umiltà ad esso corrispondente non reggeranno i popoli, le tenebre regneranno, in generale, sulla Terra. Che ci saranno dei singoli i quali si troveranno nella luce, questo è cosa certa, ma di questi ce ne saranno sempre pochi. Infatti, finché al mondo ci saranno dei reggenti grandi e possenti secondo i concetti umano-terreni, superbi oltre ogni dire e avidi di gloria, fino ad allora in tutte le classi dell'umanità crescerà rigogliosa la mala semente dell'orgoglio e la brama di compartecipazione al dominio, e la notte, la tenebra, l'egoismo, l'invidia, l'avarizia, la persecuzione e il tradimento, tutti genuini elementi infernali, non svaniranno dalla faccia della Terra fino al tempo del grande giudizio nel quale Io purificherò la Terra con il fuoco, mettendola a nuovo. Dopo quel tempo nessun re regnerà più su qualche popolo della Terra, ma chi regnerà sarà solo la Luce di Dio. Quell'epoca voi certo non la vedrete nella vostra carne, ma la vedrete in modo lucido e ultrachiaro invece in spirito nel Mio Regno»

9. E l'albergatore domandò: «O Signore! Ma quando, calcolando secondo gli anni di questo mondo, si annuncerà quell'epoca beata?»

10. Gli risposi Io: «Questa cosa la conosce soltanto il Padre e, dopo di Lui, soltanto colui al quale il Padre vorrà rivelarla; a Me il Padre Mio non l'ha ancora rivelata, ma Mi ha rivelato unicamente il fatto che essa si verificherà. Tuttavia voi tutti potete ritenere come perfettamente vero che sulla Terra un grande cambiamento si produce quasi ogni duemila anni. E così altrettanto accadrà partendo con il calcolo dall'epoca attuale. Ma ora non trattiamo più oltre questo argomento!»

11. Disse l'albergatore: «O Signore! Se sei d’accordo, possiamo ora andare a prendere la colazione che deve essere pronta a quest'ora!»

12. Dissi Io: «Ebbene, andiamo pure!».

13. Dopodiché rientrammo in casa dove la colazione già ci attendeva. I discepoli che non erano usciti con noi domandarono dove fossimo stati, dato che non erano riusciti a trovarci!

14. Ma Io risposi a loro: «Siamo stati precisamente là dove siamo stati; voi però ci avete cercato là dove non eravamo, e questa è la ragione semplicissima per la quale non ci avete trovato! Ma ora sediamoci, mangiamo e beviamo!».

15. Tutti allora presero posto a mensa, e durante la colazione uno degli ebrei-greci fece l'osservazione che la risposta da Me data alla loro domanda era suonata in ogni caso un po' strana, e che essi non sapevano come avrebbero dovuto interpretarla.

16. Ed Io risposi: «Voi dovete interpretarla esattamente così come Io ve l'ho data! Se volete meditarvi su profondamente, dentro vi troverete anche una grande verità spirituale»

17. Dissero i discepoli: «La cosa sarà alquanto difficile, perché davvero noi non potremmo vederci che un eccellente rimprovero alla nostra indiscreta domanda»

18. Ma Io risposi: «Oh, per nulla affatto! Ora però voglio spiegarvi cosa c'è dentro, e cosa Io ho voluto dirvi con quelle parole; ascoltateMi dunque!

19. In verità, coloro che non Mi cercano là dove Io sono, non possono, né potranno mai trovarMi. Con il tempo si farà grande il numero di coloro che Mi cercheranno e non Mi troveranno. Verranno delle epoche nelle quali sorgeranno moltissimi falsi profeti e messia, i quali vi diranno: “Ecco, qui c’è l’Unto” oppure “Eccolo, è là!”. Ma non credete a tutti costoro, perché là dove essi diranno che Mi si può trovare, precisamente là Io Mi troverò meno che in qualsiasi altro luogo, od anzi non Mi si potrà trovare affatto! Chi vorrà cercarMi in qualcosa che abbia sia pure una minimissima traccia del mondo, costui non Mi troverà, ma solo colui che Mi cercherà nel vero amore, nell'umiltà e nell'abnegazione, Mi troverà certo sempre e dappertutto.

20. Ora voi siete andati a cercarMi con l’animo un po’ irritato per il fatto che non vi avevo detto dove Mi sarei recato prima di colazione; e, in primo luogo, non era questo il vero posto dove cercarMi spiritualmente nel vostro animo, e, per conseguenza, in secondo luogo, non si è potuto trovare il giusto luogo esteriore dove Io Mi trovavo!

21. Tutto ciò però non si riferisce alla vostra attuale situazione nei Miei confronti, ma ho voluto semplicemente mostrarvi per via di immagini come un giorno si presenterà la cosa. Quindi ciascun vero maestro deve, come Me, disporre le proprie parole, anche trattandosi di questioni di scarso significato, in maniera tale che possano servire da fondamento ad un ulteriore insegnamento più importante! Infatti, in verità Io vi dico: “Nel Regno degli spiriti che sono puri al cospetto di Dio, voi dovrete rendere conto anche di ciascuna parola vana proferita, e ve ne vergognerete dinanzi alla luce pura della Verità proveniente da Dio”».

22. Queste parole non furono proprio troppo gradite ai discepoli; tuttavia essi se le impressero molto profondamente nell'animo.

 

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Cap. 77

Su un monte presso Cafarnao.

 

1. Terminata in breve tempo la colazione, tutti intraprendemmo la salita di un monte abbastanza alto situato vicino a Cafarnao. Anche l'albergatore e la figlia risuscitata si associarono all’escursione, e il primo ordinò ad uno dei suoi servitori di seguire la compagnia con una certa provvista di pane e di vino, poiché Io prima lo avevo avvertito in segreto che saremmo rimasti sulla vetta del monte fino a sera. Contemporaneamente diede ad un altro servitore l'incarico di portare in regalo al capo della sinagoga di Cafarnao due fra i più grandi pesci pregiati del suo vivaio. Così fu fatto; allora ci mettemmo subito in cammino, e in un paio d'ore arrivammo con tutta facilità in cima al monte. Dalla vetta del monte, situato in posizione particolarmente favorevole, si abbracciava con lo sguardo una grande parte del Mare di Galilea e si poteva scorgere perfino la nave dei farisei che le onde andavano sballottando di qua e di là.

2. E l'albergatore disse: «Quella gente pazza che è a bordo probabilmente sarà anche a corto di provviste, e ben presto si vedrà ridotta alla fame!»

3. Gli osservai Io: «Un po' di pane bagnato ce l'hanno ancora, e questo basta per quei perversi! Mentre parliamo però essi hanno già rinunciato al loro malvagio progetto; ora si accingeranno a tentare di far ritorno, e la cosa riuscirà perché presto si leverà un vento favorevole. Ad ogni modo dovranno passare parecchi brutti momenti ancora prima di giungere alla riva, perché conviene che non passino troppo a buon mercato dal mare tumultuoso alla terraferma!».

4. Aggiunse l'albergatore: «Se devo esprimermi sinceramente, o Signore, quella genia del Tempio non mi fa per nulla pietà, però penso a quei disgraziati marinai, che per tutte le loro gravi fatiche e per lo spavento provato non solo non otterranno alcuna ricompensa, ma corrono altresì il rischio di venir puniti, poiché i farisei non mancheranno di gettare su di loro tutta la colpa per non aver saputo far avanzare la nave su questo mare!»

5. Ed Io gli dissi: «Oh, non darti alcun pensiero per questo! Sono dei greci ben piantati e robusti dai dintorni di Tiberiade: essi certo non ne usciranno a mani vuote! Dispongono ancora di una discreta quantità di provviste consistente in pesce affumicato, carne di maiale pure affumicata e del pane di frumento biscottato. A poppa della nave essi hanno in serbo anche due otri di vino, e considerato che i farisei si adatteranno male a mangiare il loro pane azzimo tutto bagnato, si rassegneranno a comperare a caro prezzo dai marinai qualche provvista, e così all'infuori della paura di un possibile naufragio nessuno avrà granché da soffrire. Non occupiamocene quindi più; già comunque verso sera, sia pure dopo molti sforzi e fatiche, riusciranno a mettere piede sulla terra asciutta! Così dunque sia!»

6. Queste parole furono accolte con generale soddisfazione, e nessuno volle più pensare alla nave.

7. Però l'albergatore venne fuori con una nuova domanda, e disse: «O Signore, considerato che Tu sai proprio tutto ciò che succede ovunque, Ti sarà certo anche noto dove in questo momento si trova e che cosa fa il discepolo Giuda Iscariota che Ti ha lasciato ieri l'altro»

8. Ed Io risposi: «Lasciamo stare anche lui! Dopodomani egli ritornerà certamente da noi, dato che Io non glielo impedirò. Ma adesso godiamoci un po' questo panorama che è davvero assai bello, e voi mettete in pratica la Dottrina che vi ho dato stamani; che uno di voi dunque istruisca coloro che non sanno, e così vi procurerete un genuino e vero diletto!».

9. Il Mio consiglio venne immediatamente seguito, e tutti si intrattennero poi fino a sera molto piacevolmente, tanto anzi che si sarebbero quasi dimenticati del pane e del vino che era stato portato lassù, se non se ne fosse ricordata la figlia dell'albergatore alla quale erano venute in mente le provviste per il solo fatto che un po’ di appetito e un po' di sete ve l'avevano indotta.

 

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Cap. 78

Un colloquio tra l’albergatore e il capo della sinagoga sul Signore.

 

1. Venuta la sera facemmo ritorno, e quindi rientrammo in casa e trovammo preparata per noi un'abbondante e squisita cena. Il capo della sinagoga però, che aveva avuto in dono i due pesci pregiati, aveva mandato un suo messo per portare all'albergatore, assieme con molti ringraziamenti, anche una cesta d'uova freschissime, prodotte dal pollaio ben fornito. L'albergatore a sua volta ringraziò del dono e disse:

2. «Se riuscirò nuovamente a prendere del pesce simile, non mi dimenticherò del capo!»

3. L'inviato allora disse: «Il capo della sinagoga ne sarà certo molto lieto; ma adesso c'è un'altra cosa ancora: egli è venuto a conoscenza che qui si trattiene temporaneamente il famigerato profeta da Nazaret; ora il capo desidererebbe avere un colloquio con te in proposito, e quindi gli faresti un gran piacere se tu volessi venire da lui per dargli le giuste informazioni. Quando potresti venire dunque? Decidi tu il giorno e l'ora!»

4. E l'albergatore rispose: «Mio caro amico, pazienta qualche momento soltanto! Prima devo consultarmi con un amico, dato che a cominciare da domani dovrò trattare con lui un affare che ho in vista, e per portarlo a buon fine ci vorrà qualche giorno; dopo mi recherò senz'altro dal capo della sinagoga per dargli le giuste informazioni sul conto di quell'uomo raro e meraviglioso da Nazaret, che io conosco molto bene, almeno così credo».

5. E lasciato il messo, l'albergatore venne da Me nella nostra stanza da pranzo e Mi domandò cosa avrebbe dovuto fare.

6. Io però gli risposi: «Va da lui oggi stesso, quantunque la sera sia già abbastanza inoltrata, e digli che Io Mi trovo qui e che qui dimorerò finché Mi piacerà! Ma se qualcuno ha qualcosa in contrario, che venga qui e che esponga direttamente a Me le sue ragioni, perché sono solo Io a rendere conto di Me stesso e nessun altro al mondo. Va dunque e riferisci quanto ora Io ho detto; vedrai che questa informazione lo lascerà soddisfatto! In quanto al resto vedi di non parlare molto di Me in sua presenza!».

7. Udito questo, l'albergatore uscì sollecito per raggiungere il messo con cui si mise in cammino verso la dimora del capo della sinagoga, situata non proprio molto distante dall'albergo, ma che comunque si trovava già dentro le mura della città.

8. E quando il nostro albergatore fu arrivato dal capo, costui ne fu molto lieto, dato che lo stimolo della curiosità di sapere qualcosa di preciso riguardo ai fatti Miei, si era già fatto molto grande in lui. Dopo i soliti reciproci convenevoli, il capo della sinagoga, entrando subito in argomento, domandò cosa ci fosse di vero nella diceria secondo cui il famigerato profeta avrebbe eletto temporaneamente il suo domicilio presso di lui, nel suo albergo, per accudire là alle sue misteriose faccende sospette.

9. L'interpellato allora rispose nel modo che Io gli avevo suggerito.

10. Ma avendo sentito la risposta, il capo della sinagoga si oscurò in volto e disse: «Ma come puoi tu, che sei una persona e un albergatore tanto ben conosciuto, accogliere in casa tua un uomo che è ormai perseguitato da tutti?»

11. E l'albergatore disse: «È appunto nella mia qualità di ristoratore e di albergatore che devo fare così, poiché non mi è lecito chiudere la porta in faccia a nessuno, chiunque egli sia e da dove mai possa essere venuto. Io non ho nemmeno il diritto di mandare via un ladro o un brigante, né quello di chiedergli cosa voglia, purché si comporti con il dovuto rispetto nella casa che lo ospita. Oltre a ciò il mio albergo è uno di quelli che godono di franchigia; in esso, secondo le leggi di Roma, per la durata di sette giorni nemmeno un delinquente può essere arrestato ed essere portato in giudizio. Ma stando così le cose, perché non avrei dovuto accogliere nel mio albergo l'Uomo più famoso che sia mai venuto a questo mondo, considerato per di più che Egli, in primo luogo, non è debitore di niente a nessuno, ed in secondo luogo che Egli è la persona più buona ed amorevole nella quale io mi sia mai imbattuto?

12. Del resto, lo scorso sabato Egli ha predicato nella sinagoga; dunque se tu avevi qualcosa contro di Lui, sarebbe stato appunto quello il luogo più opportuno per trattenerLo e chiamarLo a rispondere! Ma io, come albergatore, un simile diritto non ce l'ho. Egli però abita ancora in casa mia; se tu hai qualcosa da obiettarGli riguardo al Suo parlare e al Suo agire, sei del tutto libero come chiunque altro di venire in casa mia e di discutere con Lui. Infatti, Egli mi ha espressamente dichiarato che nessuno a questo mondo è chiamato a rendere conto per Lui, perché Egli risponde per Sé, e per quanto so di mia esperienza, non evita nessuno, e non teme proprio nessuno. Ma sono gli altri che devono temerLo, perché la Potenza della Sua Volontà non conosce assolutamente confini; basta che Egli voglia una cosa, e quella determinata cosa accade ed esiste!

13. Non è forse vero che l’anno scorso ha richiamato in vita la figlia morta di Giairo, il tuo predecessore, cosa questa che certamente non ignorerai? Egli è quindi un verissimo benefattore dell'umanità, per quanto in Sé e di per Sé sia imperscrutabile; come dunque potrei rifiutare di dare asilo ad un simile Uomo finché vuole restare in casa mia?»

14. Allora il capo della sinagoga rispose: «Tu sei nel tuo diritto, questo lo so molto bene, e nessuno ti può impedire di fare così. Sta però attento a non lasciarti abbindolare, così che non finisca tu pure con il credere che egli sia il Messia promesso degli ebrei! Infatti egli va divulgando fra il popolo una simile dottrina che è bestemmia contro Dio, ed io so anche troppo bene che c'è già molta gente che crede in lui, dato che egli rafforza sempre la sua dottrina con ogni specie di sortilegi che egli certo realizza con l'aiuto di Belzebù. E questo è anche quanto volevo dirti; per conseguenza mi è andato più che bene che tu sia venuto da me già oggi»

15. Disse l'albergatore: «Oh, per questa sola ragione non sarebbe stato necessario che tu mi facessi chiamare! Perché già io stesso ho troppa esperienza del mondo e possiedo senz'altro quel tanto di capacità di giudizio che occorre per distinguere il vero dal falso! Noi tutti conosciamo quell'Uomo meraviglioso già quasi fin dalla nascita, e conosciamo i Suoi genitori, persone sempre vissute e che hanno sempre agito rigidamente secondo le leggi e quindi dei veri modelli di obbedienza a Dio e a tutte le Sue istituzioni; ma se tali sono ed erano i genitori, come potrebbe trovarsi in relazione con Belzebù e realizzare con il suo aiuto di nessun valore le Sue opere prodigiose e di autentico carattere divino, Lui, che secondo la testimonianza di Giuseppe, il pio carpentiere, è stato un figlio devotissimo, educatissimo ed obbedientissimo?

16. Chi vuol farsi un giudizio valido sul conto Suo, bisogna che si dia la briga di conoscerLoda tutti i Suoi lati e di vagliare assai bene quanto ha rapporto con Lui; allora soltanto può dire ed affermare con pieno diritto: “Le cose nei riguardi di quell'uomo stanno così e così!”. Questa è almeno la mia opinione; ma condannare addirittura un uomo senza averlo conosciuto personalmente un po’ più da vicino, questo mi pare che non si addica troppo alla saggezza che si può pretendere da un giudice e tanto meno mi sembra si addica alla saggezza di un sacerdote. Mi stupisce anzi sentirti giudicare qualcuno senza averlo mai visto e senza avergli mai parlato, così, sulla scorta di semplici dicerie, come fanno le vecchie donnicciole maldicenti. Va dunque tu e parla tu stesso con Lui, solo dopo potrai giudicarLo».

17. Il capo della sinagoga allora non seppe cosa rispondere, e stava pensando tra sé e sé a quello che avrebbe dovuto fare.

18. E solo dopo che ebbe meditato un po’ disse: «Non posso negare che tu abbia ragione, e se non fossi, come sono, capo di una sinagoga, la penserei probabilmente come te; ma qui invece ricopro questa carica, e devo fare quanto mi prescrive il dovere. Se dunque mi trovo davanti ad una persona del tuo stampo, allora non parlo più e non agisco neppure come capo di una sinagoga, ma come uomo. Ora, se fossi più funzionario del Tempio di quanto effettivamente sono, io, per incarico del Tempio, avrei dovuto fare arrestare quell'uomo e farlo condurre a Gerusalemme; ma, essendo io più uomo che capo di sinagoga, lasciai addirittura che predicasse nella sinagoga, ed io stesso non volli essere presente affinché sembrasse che io ignorassi quanto accadeva là. Sennonché pare che il Nazareno, che si dice sia solitamente molto prudente e savio, abbia invece tenuto un sermone quanto mai mistico ed incomprensibile, e pare che poi abbia finito col restare quasi solo nella sinagoga. Ad ogni modo vedrò cosa fare, e se mai mi sarà possibile, verrò domani o dopodomani da te, perché vorrei almeno vederlo»

19. Allora l'albergatore gli disse: «Fallo, io ti garantisco che non te ne pentirai mai!».

20. Dopodiché l'albergatore si congedò, e ben presto fu di ritorno da noi e Mi raccontò del dibattito avuto con il capo della sinagoga.

21. Io però gli dissi: «Tu hai parlato benissimo, visto che sono stato Io stesso a metterti quelle parole in bocca; ma ciononostante il capo rimane ancora ligio al Tempio, e qualora ricevesse da Gerusalemme una nuova istigazione a perseguitarMi, egli lo farebbe con il massimo zelo. Ma così, senza un’istigazione da alcuna parte, egli è troppo amante della beata comodità per intraprendere qualcosa di sua iniziativa, e perciò ci lascia dire e fare in un certo modo quello che vogliamo. Se per altro egli verrà qui per causa Mia, questa è una domanda che difficilmente otterrà risposta, perché quando il capo della sinagoga si sveglierà domattina, si ricorderà a mala pena di quello di cui hai parlato con lui. Ma ora andiamo a riposare, considerato che l'escursione sul monte ha stancato le nostre membra!».

22. Allora tutti si alzarono dalle loro sedie e si recarono nelle loro stanze, le quali presso il nostro albergatore erano molto ben disposte.

23. A cominciare da quella sera Io Mi trattenni là ancora due giorni interi, durante i quali però non si verificò niente di particolarmente interessante. Soltanto il terzo giorno di mattina Io uscii fuori con i discepoli e con l'albergatore ed imposi al mare di calmarsi; l'ondeggiare dell'acqua allora cessò immediatamente, e ben presto si videro i pescatori accorrere per accingersi al loro lavoro, considerato che per loro erano ormai trascorsi già cinque giorni di forzato riposo, cosa che del resto non li aveva minimamente danneggiati.

 

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IL SIGNORE NEL NORD DELLA GALILEA

(Giov. Cap. 7)

 

 

Cap. 79

Il congedo dall'albergatore di Cafarnao.

La parola interiore come mistero di Dio nel cuore dell'uomo.

(Giov. 7,1)

 

1. Quella stessa mattina anche Giuda Iscariota fece ritorno, ed avrebbe voluto cominciare subito a narrare tutto quello che aveva fatto e predicato nel Mio Nome.

2. Io però gli dissi: «Lascia stare, perché Io non ignoro niente. Tu però bada a non mentire! Ma affinché tu possa evitare la menzogna, ti conviene tacere; altrimenti se parli, buona metà di quanto dici non corrisponde al vero!».

3. Allora egli se ne stette zitto e non si preoccupò più d'altro che di vedere se ci fosse qualcosa da mangiare.

4. Ed Io, rivoltoMi all'albergatore, gli dissi: «Ascolta, amico, qui non c'è più nulla da fare, e quindi dopo il pranzo Me ne andrò altrove! Infatti oggi, verso sera, una quantità di forestieri arriveranno qui, fra i quali molti da Gerusalemme; ora per delle ragioni molto sagge Io voglio evitare di venire a contatto con quella gente. Fa dunque preparare un buon pranzo; poi sarai libero di farci il conto, se non per Me ed i Miei vecchi discepoli, almeno per i venti discepoli che si sono uniti a Me di recente e che sono provvisti abbondantemente d'oro e d'argento»

5. Esclamò allora l'albergatore: «O Signore e Maestro, anche se i Tuoi discepoli fossero in numero molto maggiore, e volessero dimorare anche per dieci anni in questo mio albergo, non mi sentirei di chiedere a nessuno nemmeno un misero statere! (piccola moneta antica). Infatti, o Signore, io Ti sono ormai debitore di così tanto, che con delle intere montagne tutte d'oro non potrei compensarTi di quanto Ti devo. Basta pensare alla pesca prodigiosa che ho potuto fare, al meraviglioso riempimento della grande voragine e infine al richiamo in vita addirittura della mia diletta figlia! Quali tesori di questo mondo potrebbero essere compenso adeguato a simili doni della Tua Grazia?»

6. Ed Io conclusi: «Ebbene, sia come tu vuoi; ed ora va e facci apparecchiare un buon pranzo».

7. L'albergatore allora andò e diede le necessarie disposizioni.

8. A quel punto però i discepoli Mi vennero vicino e chiesero: «O Signore! Dove Te ne andrai ora? La Galilea l'abbiamo girata ormai in ogni senso e l'abbiamo visitata si può dire quasi luogo per luogo e casa per casa. Soltanto la Giudea, la Samaria e la Mesopotamia Minore, come pure la Siria e le regioni intorno a Damasco non le abbiamo visitate che poco o niente; che ne dici se andassimo in uno o nell'altro di quei paesi?»

9. Ed Io risposi loro: «Che i paesi da voi nominati abbiano bisogno di luce, soprattutto poi la Giudea, degenerata più che altre regioni, questo lo so già; tuttavia Io non intendo andarci, perché là più che in altri luoghi si cerca di ucciderMi! (Giov. 7,1). È vero che prima del tempo determinato nessuno potrà impadronirsi della Mia Persona, ciò di cui vi ho fornito molte volte la prova; sennonché Io non voglio con la Mia presenza rendere il popolo della Giudea più maligno ancora di quanto è già. D'altro canto i rimanenti paesi da voi menzionati sono tuttavia troppo poco maturi per Me; quindi nonostante tutto ci fermeremo ancora in Galilea e vi intensificheremo la luce!».

10. Tale decisione fu veramente accolta con piacere anche dai discepoli, perché essi pure non avevano affatto un desiderio particolarmente grande di avere a che fare con gli autentici ebrei. Infatti, questi ultimi disprezzavano quasi tutto ciò che proveniva dalla Galilea. I nuovi discepoli soltanto trovarono da obiettare qualcosa, ed espressero l'opinione che la Mesopotamia Minore, la Siria e la Celesiria potessero eventualmente essere ancora i paesi maggiormente adatti per diffondervi con molto vantaggio la luce dei Cieli.

11. Ma Io dissi: «Oh, non siate voi a volerMi insegnare quali sono le condizioni di quei paesi! Là, per ogni cattivo ebreo, ci sono almeno dieci fra greci e romani che sono veri pagani ancora immersi nella più nera superstizione! Come potrebbero costoro comprendere la vera luce spirituale di vita? Nella Samaria la luce l'abbiamo già diffusa e vi prospera molto bene. Damasco invece è una grande città commerciale, i cui abitanti non pensano ad altro se non a come vendere nel modo migliore i loro prodotti, e quindi lì per il momento ci si può ripromettere ben poco da un nostro tentativo di diffondere la luce; più tardi la luce arriverà anche in quei luoghi; restiamo dunque in Galilea, visitiamo gli amici nella luce che abbiamo già diffusa e vediamo di rafforzarveli ancora di più!

12. Se un signore vuole dominare su un popolo, conviene che egli si edifichi prima una solida fortezza che non possa venire espugnata dai suoi nemici, e quando il suo popolo si persuade che il signore è invincibile, esso anche gli si assoggetta e osserva i suoi ordini. E ugualmente qui conviene che la Galilea divenga per noi una fortezza solida che il nemico della luce non farà cadere facilmente. Io stesso, che sono Galileo, costituisco il fondamento, e la vostra fede è la roccia sulla quale Io vado edificando la fortezza di Dio. Ma ecco che ora il nostro albergatore già viene per avvertirci che il pranzo è pronto, e allora andiamo!».

13. In quel momento infatti l'albergatore comparve e ci invitò a venire a pranzo, quantunque non fosse ancora mezzogiorno, e noi andammo a fare onore al pranzo che era davvero molto bene allestito, e durante il quale si discusse parecchio riguardo all’imminente viaggio.

14. Dopo aver consumato il pranzo, ci alzammo rapidamente e ci preparammo a partire. L'albergatore Mi domandò se gli sarebbe stato lecito accompagnarci fino ad una qualche località.

15. Ma Io gli risposi: «Ormai tu pure appartieni al numero dei Miei discepoli, perché tu Mi hai ben riconosciuto. Rimani per il momento a casa tua, dove Mi sarai di maggiore utilità che non venendo con noi! Anche oggi saranno molti coloro che si fermeranno in questo tuo albergo, ed avrai occasione di perorare la Mia Causa, cosa questa che in questo periodo si verificherà spesso. Ad ogni modo entro alcune settimane Io ritornerò da te e Mi tratterò qui nuovamente per qualche giorno; allora ti sarà data ancora occasione di ricevere maggiori informazioni sulla Mia nuova Dottrina. Quando però d'ora innanzi parlerai nel Mio Nome, non avrai bisogno di pensare a quello che devi dire, perché sarò Io a porre sulla tua lingua le parole che dovrai dire!»

16. E l’albergatore chiese: «O Signore, come farò a riconoscere che saranno Tue le parole?»

17. Gli risposi Io: «Nel tuo cuore percepirai dei pensieri che saranno così distinti e chiari come delle parole nettamente pronunciate, e potrai poi facilmente enunciarle con la tua bocca. Ed è qui che si cela il mistero di Dio nel cuore umano. Ma per concludere ti dico ancora una cosa:

18. “Quando troverai qualche ammalato, imponigli le mani nel Mio Nome, e il suo stato migliorerà! Ma quando avrai guarito qualcuno in questa maniera, non farti assolutamente ricompensare per la guarigione, ma parla così al guarito: ‘Ringrazia Dio, l’Onnipotente, in Gesù, Suo Figlio! Va’ e non peccare più! Osserva i Comandamenti e fa del bene!’”. Facendo così tu desterai in molti la fede in Me».

19. E detto questo gli imposi le mani, e così gli impartii la forza necessaria per operare nel Mio Nome.

 

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Cap. 80

Visita a Cana all'albergatore di quella città. La guarigione del fanciullo ammalato.

Un Vangelo per le mamme che allattano.

 

1. Poi partimmo di buon passo, e verso sera giungemmo a Cana di Galilea, dove avevo trasformato l'acqua in vino. Una volta arrivati, entrammo in quella stessa casa che era anche adibita ad albergo di una certa importanza, ed è superfluo dire che l'accoglienza che vi trovammo fu quanto mai cordiale.

2. La giovane coppia di sposi aveva già un figlio, e precisamente un maschietto; il bambino però, che aveva appena qualche settimana di età, soffriva di uno spasmo maligno, e ciò in conseguenza di uno spavento avuto dalla giovane madre durante il puerperio[16], essendo scoppiato un incendio in una casa vicina che era però stato subito spento. I giovani genitori, come pure i loro vecchi, i quali erano ancora in vita, avevano provato di tutto per guarire il bimbo da quel malanno, ma ogni cura si era dimostrata inefficace.

3. Ora quando Io fui entrato in casa e Mi ebbero subito riconosciuto, essi si gettarono ai Miei piedi esclamando: «Oh, Maestro, davvero è Dio che Ti manda per aiutare il nostro unico figlioletto! Oh, Te ne preghiamo con tutte le forze del cuore! Che ogni cosa Ti sia possibile, questo lo sappiamo già da lungo tempo»

4. Ed Io dissi loro: «Alzatevi! Perché non sta bene che degli uomini rimangano prostrati dinanzi a degli altri uomini!»

5. Ma i due sposi replicarono: «O Maestro, ma noi sappiamo bene che Tu sei molto più di un semplice uomo, e quindi è certo giusto rimanere prostrati dinanzi a Te! Oh, aiuta di grazia il nostro figlioletto!»

6. Allora Io dissi: «Ebbene, alzatevi e portateMi qui il bambino malato!».

7. I genitori si alzarono in fretta, ritornarono con il bambino e lo presentarono a Me. Io gli imposi le mani benedicendolo, e nello stesso istante il bimbo riapparve vispo e sano come se non avesse mai avuto alcun male.

8. Poi Io dissi alla giovane madre: «In seguito vedi di essere più prudente! Qualora accada che tu abbia un bimbo che si nutre ancora al tuo seno, e per qualche motivo il tuo animo venga all’improvviso straordinariamente turbato, non allattare il bambino finché nel tuo animo non sia ritornata completa pace! Infatti, con il latte materno possono insinuarsi ogni tipo di mali nel corpo e perfino nell'anima del bambino. Queste cose tenetele bene presenti! Ed ora abbiate cura che ci venga preparato qualcosa per cena».

9. I genitori allora si profusero in ringraziamenti per il beneficio ricevuto e si affrettarono a fare secondo il Mio desiderio.

10. In un'oretta tutto fu pronto, e noi fummo fatti accomodare in una grande sala costruita di recente, dove ci venne servita la cena che era stata molto bene allestita; terminato il pasto, Io domandai al giovane albergatore quando, come e da chi fosse stata costruita quella sala da pranzo che era davvero molto bella e spaziosa.

11. E l'albergatore rispose: «Mah, o Signore! Devo davvero confessare che, a mio parere, le cose non hanno avuto uno svolgimento proprio del tutto naturale! A costruirla sono stati Josoe e Gioele, figli di Giuseppe e quindi Tuoi fratellastri. Ma tutto è avvenuto in modo molto strano. Essi non avevano che due aiutanti, e quando si misero a squadrare il legname di cedro, questo lavoro, che in condizioni normali avrebbe richiesto almeno dieci giorni, fu invece compiuto in una giornata scarsa; il congiungimento delle travi, la costruzione del tetto e la posa del pavimento, nonché di tutto quanto si trova nella sala, fu ultimata in un tempo non maggiore di quanto ne occorse a Dio, il Signore, per creare l’Universo, secondo quanto raccontò Mosè.

12. A farla breve, secondo l'opinione degli esperti, la costruzione di una sala come questa richiederebbe senz'altro quasi mezzo anno, e con il lavoro anche di parecchi operai molto diligenti; ed invece con solo quattro persone che vi lavoravano, essa fu completata come si vede ora in sei giorni. È dunque errato ammettere che qui si sia evidentemente trattato di un prodigio?

13. Furono gli stessi due fratelli a dire: “Qui certo è lo Spirito del nostro divino Fratello che ci aiuta!”. E senza alcun dubbio fu così, tanto più che anche la Tua cara madre, Maria, la quale viene spesso a visitarci, mi assicurò di questo con la più assoluta certezza. Non è forse così, o Signore e Maestro di ogni vita e di ogni essere?»

14. Ed Io gli risposi: «Ebbene, sarà certo così. Ma ora vedete di procurarci anche un giaciglio per questa notte, poiché le nostre membra sono parecchio stanche. Domani avremo tempo di parlarne più a lungo».

15. Il Mio desiderio fu immediatamente esaudito, e noi ce ne andammo tutti a riposare.

 

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Cap. 81

Il Signore a nord della Galilea.

 

1. A Cana di Galilea Mi fermai sette giorni durante i quali i Miei discepoli andarono predicando il Vangelo al popolo. Trascorso però il settimo giorno, riprendemmo il viaggio dopo aver fatto là molto del bene. Partendo da Cana, una quantità di popolo volle accompagnarci per un buon tratto di strada, e poi fece ritorno, pieno di conforto, alle proprie case.

2. Ci dirigemmo verso gli estremi confini settentrionali della Galilea, dove non eravamo mai stati prima. Là però trovammo una quantità di pagani che erano molto superstiziosi e che attribuivano ancora un’importanza immensa ad ogni tipo di amuleti. Essi ci guardarono con aria molto stupita, perché non comprendevano affatto come noi ci azzardassimo a viaggiare così senza alcun mezzo di difesa. Ma quando cominciammo a fornire loro altre prove della nostra forza interiore, essi si prostrarono sulle loro facce, dato che ritennero che noi fossimo degli dèi discesi dall'Olimpo, e quindi non osavano levare lo sguardo su di noi. Solo dopo lunghi discorsi e prove essi cominciarono di nuovo a vedere in noi semplicemente degli uomini, e da quel momento avemmo la possibilità di rivelarci a loro con maggiore precisione.

3. Là rimanemmo addirittura per tre settimane, e un grande numero di pagani fu convertito all’ebraismo puro. Del resto quella gente era di animo molto buono, ed ebbe ogni cura di noi e ci offri tutto quanto era nella loro possibilità offrirci. Quando li lasciammo, la loro commozione e il loro dolore nel vederci partire li indussero a piangere per noi; Io però li confortai, ed essi rasserenati ci lasciarono poi andare tranquillamente.

4. Ed ora, affinché il lettore di questi scritti possa con maggiore facilità orientarsi circa la regione dove dimoravano propriamente questi pagani e adoratori di amuleti, che egli consulti qualche vecchia carta geografica di quei paesi, e nell'Asia Minore troverà una provincia che ha nome CAPPADOCIA (Cai pa dou ceio? = cosa vogliono questi qui?). Là, al confine meridionale della provincia stessa, vi era una città chiamata MELITE (Mei liete! = abbi, oppure conta gli anni!). Questo nome la città lo ricevette da un giovane re che era molto saggio e valoroso. Quando il vecchio re morì, il giovane intendeva succedergli immediatamente sul trono; sennonché, radunatosi il consiglio degli anziani del popolo, risultò che il figlio del re defunto non aveva ancora l'età richiesta, e quindi gli fu detto: “Mei liete!” (“Abbi gli anni!”). Allora il figlio si adirò, andò con alcuni valorosi combattenti verso Oriente, conquistò appunto la regione di CAPPADOCIA menzionata prima che andò aggiunta a quella già posseduta prima, cioè la CILICIA (Ci lei cia! = se lei solo vuole!) e là edificò una città cui diede in segno di trionfo il nome di MEI LIETE NEI (in greco: “MELITENE” = non ho gli anni). Intendendo dichiarare così al consiglio degli anziani: “Guardate qui se non ho gli anni!”.

5. Questi cenni storici non c'entrano veramente granché col nostro Vangelo; ad ogni modo non nuoce a nessuno conoscere anche questo genere di cose, perché sotto vari punti di vista esse sono utili per l'ulteriore orientamento durante la narrazione.

6. Ad occidente dunque di questa città antica sorgeva un gruppo considerevole di montagne ai confini della Siria, e là appunto abitavano quei greci degli amuleti. Come Io avessi accomodato le cose con loro e presso di loro, è già stato brevemente narrato, e non è necessario narrare altro a tale riguardo.

7. Da questa regione abitata da pacifiche genti, noi ci volgemmo verso sudovest e pervenimmo ad una cittadina che aveva nome CHOTINODORA (Choti no dora = nell’angolo non si lavora d'aratro). In questa cittadina vivevano molti ebrei provenienti da Betlemme, i quali si dedicavano ad ogni specie di commercio, ed anche, anzi con spiccatissimo zelo, a quello dei cambiavalute. Contemporaneamente però là vivevano pure dei greci dall'Armenia, i quali esercitavano il commercio dei legnami sul fiume Eufrate e fino nell'India, dato che questa cittadina, assieme ad un'altra di pari grandezza che aveva il nome di SAMOSATA, sorgeva precisamente sulla riva al fiume di cui abbiamo parlato.

8. «Ebbene, mercanti anche qui e non altro! Qui ci saranno ben pochi affari per noi!», così dissero i discepoli tra di loro quando arrivammo in quella città; ed essendo giunti in riva al fiume, potemmo assistere al tramestio di quella gente occupata nelle loro faccende. Fu allora che uno fra i più anziani dei nuovi discepoli Mi domandò: «O Signore, ma questi luoghi non sono inclusi nel territorio della Galilea, eppure ci sei venuto malgrado Tu abbia detto di voler ulteriormente visitare soltanto la Galilea; come mai si spiega questo fatto, o come dobbiamo intenderlo?»

9. Ed Io gli risposi: «La cosa è del tutto naturale, e ciò per il motivo che, secondo la suddivisione attuale delle province stabilita dai romani, tutta questa regione fino ai confini dell'Asia Minore appartiene alla Galilea; per conseguenza noi ci troviamo ancora in Galilea, e non ci curiamo più dei vecchi nomi, ma unicamente di quelli che ci sono ora! Questo paese, che ai tempi di Giacobbe, nonché più tardi all'epoca dei Giudici, era il paese dell'afflizione e dell'esilio, è diventato ormai un paese di letizia, e se prima era piccolo, adesso si è fatto più grande di tutti i paesi della grande “Terra Promessa”. Noi ci troviamo sì nella vecchia Siria, ma contemporaneamente anche nella nuova Galilea (G = pronunciato come Sc, trasforma il nome in SCHALILIA = un luogo di afflizione) che però non è più una terra di afflizione, ma è invece un luogo di gioia e di resurrezione spirituale. Comprendete voi?»

10. Risposero tutti: «O Signore, ora comprendiamo benissimo, perché ciò corrisponde perfettamente al vero! Ma adesso ci si chiede che cosa faremo qui. Il giorno va declinando, non abbiamo ancora un ricovero ed anche le nostre provviste sono completamente esaurite; dunque Ti preghiamo, o Signore, che ci consigli riguardo al da fare! Dovremo forse pernottare qui all'aperto oppure dovremo andare in città per vedere se vi si può acquistare un po' di pane?»

11. Ed Io esclamai: «O paurosi che siete! Andate, e mettete in pratica la seconda parte del vostro progetto! Ma del ricovero non occorre che vi occupiate, perché esso verrà da sé quando vorrà venire. Se non viene, restiamo qui, e nessuno ne avrà qualche danno. Solo domani vedremo cosa ci sarà da fare».

 

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Cap. 82

I discepoli e il severo pubblicano.

 

1. A queste parole, alcuni dei vecchi discepoli si alzarono, andarono in città, trovarono presto un fornaio e comperarono con dieci soldi del pane e con quattro soldi del pesce arrostito. E mentre uscivano fuori dalla città per ritornarsene con le provviste acquistate, si imbatterono in un gabelliere che li fermò e domandò loro chi avesse bisogno di tanto pane e pesce.

2. Essi però risposero: «Il nostro Signore e Maestro ha voluto così, e così anche facciamo!»

3. Domandò ancora il gabelliere: «Ebbene, chi è il vostro signore e maestro, e che professione è la sua?»

4. Dissero i discepoli: «Va da Lui, e chiedi a Lui stesso; Egli te lo dirà, se lo vorrà! Ti avvertiamo però che Egli non è sempre disposto a rendere conto dei fatti Suoi! Ad ogni modo Egli si trova là sulla riva del fiume a qualche centinaio di passi da qui assieme agli altri discepoli. Se vuoi dunque, va là e parla tu con Lui stesso!»

5. Osservò il gabelliere: «Ma perché non prendete alloggio qui? Infatti nella nostra città, che non è poi proprio tanto piccola, ci sono diversi alberghi»

6. Ma i discepoli ripeterono: «Va da Lui, ed Egli te lo dirà, perché noi stessi non sappiamo cosa Egli abbia intenzione di intraprendere da queste parti!»

7. E il gabelliere allora disse: «Vedo proprio che devo andare là di persona per informarmi presso di Lui qual buon vento vi ha portati qui! Da noi infatti viene osservato scrupolosamente il massimo ordine, e bisogna che sappiamo chi sono gli eventuali stranieri che si tengono vicini alla nostra città».

8. E detto questo il gabelliere, accompagnato dai discepoli, venne sul posto dove ci eravamo accampati, e quando ci fu vicino ci interpellò subito con tono inquisitore e disse: «Chi di voi è dunque il maestro e il padrone?»

9. Ed Io risposi: «Sono Io! Cosa vuoi da Me e dai Miei discepoli?»

10. Disse il gabelliere: «Voi siete dei forestieri, e non possiamo tollerare degli stranieri in vicinanza della nostra ricca città se prima non dichiarano chi sono e da dove vengono!»

11. Ribattei Io: «Io conosco le vostre leggi e i vostri diritti meglio di te che, per essere un semplice gabelliere, non hai affatto il diritto di chiederci chi siamo e da dove veniamo! Ecco: noi qui siamo lontani ancora più di settecento passi dalla porta della città, e il posto dove ora noi ci troviamo, secondo le vostre leggi civiche, già da tempi antichissimi è destinato per i forestieri, e quindi, conformemente alle vostre leggi, noi, dove ci troviamo adesso, siamo liberi, e per conseguenza non siamo obbligati a rendere conto dei fatti nostri a nessuno! Tu però faresti meglio a ritornare a casa tua, altrimenti tuo figlio più grande, che langue infermo già da sette anni, morrà prima che tu arrivi a casa!»

12. Udendo ciò, il gabelliere rimase estremamente impressionato, e facendo tanto d'occhi Mi chiese come potessi essere a conoscenza di quei particolari. E se sapevo tante cose, forse avrei potuto sapere se al mondo esisteva qualche rimedio per salvare suo figlio.

13. Gli dissi Io: «Oh, certo, Io conosco questo rimedio, e potrei anzi Io stesso salvare tuo figlio, perfino anche se fosse già morto; ma per ottenere ciò converrebbe che tu, unitamente a tutti i tuoi di casa, avessi una fede nell'unico e vero Dio, e che tale fede fosse più forte di quanto sia stata finora!»

14. Allora il gabelliere Mi guardò con espressione amichevole e allo stesso tempo assai triste, e disse: «O maestro e signore, per chiamarti come ti chiamano costoro che sono con te! Vedi, io stesso sono il padrone di un grande albergo; vieni dunque da me assieme ai tuoi compagni e dimora nella mia casa; vi assicuro che non vi mancherà niente anche se vi piacesse restare da me un anno intero. E se tu guarisci mio figlio, vi darò pure dell'oro e dell'argento nella quantità che chiederete, perché io sono molto ricco di ogni specie di beni terreni e sarei volentieri disposto a sacrificarne anche più della metà pur di veder guarito il mio carissimo figlio! Non vorresti accettare il mio invito?»

15. Ed Io gli risposi: «Se tu credessi, allora certo potresti percepire qualcosa dell’immensa Potenza e Gloria di Dio! Ma ora va tu solo a casa, ed Io più tardi verrò da te con i Miei! Infatti vogliamo prima prendere la nostra moderata cena, dato che oggi, durante tutto il nostro faticoso cammino, non abbiamo mangiato ancora nulla»

16. E il gabelliere replicò: «Ma, o signore e maestro! In casa mia a voi tutti certo io potrei offrire qualcosa di meglio di questo poco pane e di questo pesce; quello che vi sono costati questi pani, sono pronto ad indennizzarvelo mille volte!»

17. Dissi allora Io: «Va tu intanto a casa, perché voglio che sia così, e tuo figlio allora vivrà! Noi verremo, ma tra un'ora».

 

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Cap. 83

Il Signore risuscita il figlio morto del gabelliere.

 

1. A queste Mie parole il gabelliere si avviò di buon passo verso casa e, giuntovi, chiese subito notizie del figlio che amava molto.

2. Ma i tre medici gli dissero: «Signore, tuo figlio sta molto male! Ormai non c'è cosa al mondo che possa giovargli! Abbiamo fatto ogni tentativo possibile suggeritoci dalla nostra scienza ed esperienza; tutti i nostri sforzi però sono stati vani. Sarà un vero miracolo se potremo tenerlo in vita ancora per un'ora!»

3. Allora il gabelliere si avvicinò al figlio moribondo che giaceva sul suo letto e, nonostante tutto, gli disse: «Figlio mio, questi tre medici non ti potranno aiutare, ma tra poco giungerà qui un altro medico il quale invece ti guarirà, perché in lui io ho riposto tutta la mia fiducia e la più completa fede»

4. L'ammalato allora sollevò il capo, e parlando a stento disse con voce debole: «Si, la morte verrà in mio soccorso, ma un medico no di certo!»

5. Udendo ciò, al padre vennero le lacrime agli occhi, ma pure replicò: «No, no, non la morte, ma la vita verrà in tuo soccorso! Infatti, quel medico forestiero con il quale ho parlato e che prima non avevo mai visto, sapeva che sei ammalato già da sette anni, e mi ha detto che potrebbe aiutarti anche se tu fossi già morto; ora io credo fermamente in ogni sua parola»

6. Il figlio non ribatté più nulla, ed i medici osservarono: «Lasciamolo stare in pace, perché il minimo sforzo potrebbe ucciderlo all'istante! Guardalo, la sua faccia porta già tutte le impronte della morte!».

7. Così passò ancora mezz'ora, trascorsa la quale l'infermo trasse un profondo respiro e morì.

8. Ed i medici dissero: «Ebbene, dov'è il tuo medico del quale dici che potrebbe guarire tuo figlio anche se fosse morto?»

9. In quello stesso istante entrai Io nella stanza dell'infermo ed esclamai: «EccoMi! E non sono affatto un ciarlatano come voi, ma quello che dico è perfetta ed inoppugnabile verità dai Cieli di Dio!»

10. E quei tre medici in tono iroso dissero: «O forestiero ciarlatano, qui dinanzi a te hai il morto! Aiutalo se ti è possibile, e poi non mancheremo di inchinarci dinanzi a te fino a terra, e saremo noi stessi a confessare ampiamente di essere nient’altro che dei volgari ciarlatani!»

11. Risposi Io: «Non ho bisogno né dei vostri inchini, né delle vostre confessioni; anzi Io faccio quello che faccio perché lo posso fare ed anche lo voglio fare. Ma se dico che posso fare così, non pecco assolutamente di ciarlataneria, considerato che lo faccio per la Potenza assolutamente propria che è in Me, né a questo scopo Mi servo di qualche altro mezzo che non sia esclusivamente la Mia Volontà perfettamente propria e liberissima; voi invece andate strombazzando per tutto il mondo che siete i primi maestri della vostra arte; ma qual è il successo della vostra ciarlataneria?

12. Eccolo qui: esso vi sta davanti agli occhi! Questo giovane, un brutto giorno, venne colpito da una leggera febbre; un cucchiaio pieno di sale fuso in sette cucchiai di vino, l’avrebbe guarito per sempre, e voi questo rimedio lo conoscevate; sennonché voi pensaste e diceste: “Oh, questo è figlio di un ricco, e questa piccola febbre se la può tenere addosso anche per qualche anno! Noi non abbiamo che da guadagnarci lasciandogliela. Con il tempo la febbre svanirà ad ogni modo da sé!”. Ma a voi, medici perversi, Io dico di più ancora: “La febbre infatti sarebbe già da lungo tempo scomparsa se non foste stati voi stessi ad alimentarla per continuare a percepire i vostri oneri, in modo che la febbricciattola finì col diventare una febbre da tisi che non foste più capaci di guarire, e per conseguenza la vostra immonda avidità ha fatto di voi dei veri assassini di questo povero giovane!”

13. Voi Mi avete chiamato ciarlatano senza averMi mai visto, né conosciuto prima, invece è da molto tempo che Io vi conosco e, da ciarlatano quale voi Mi ritenete, ho detto ora la piena verità sul conto vostro, e così vi ho esonerati dalla ammissione di colpa che Mi avevate promesso! Che però Io abbia pronunciato parole assolutamente vere sul vostro conto, di ciò renderà chiarissima testimonianza il perfetto ritorno alla vita di questa persona morta!»

14. Allora i tre medici, con un sorriso di scherno, osservarono: «Oh, oh, allora siamo scagionati da qualsiasi accusa!»

15. Ed Io risposi: «Questa è una cosa che si vedrà subito!»

16. E dopo esserMi avvicinato al morto, esclamai: «Giorabe, destati dal tuo sonno e rendi testimonianza della grande falsità di questi tre che Mi hanno prima tacciato di cialtroneria!».

17. Nello stesso istante il morto si alzò dal suo giaciglio ed apparve fresco e sano come se non avesse avuto mai nulla. La gioia del padre fu tale che egli al primo momento non seppe se abbracciare prima Me per esprimere il suo amore e la sua gratitudine, oppure suo figlio restituito alla vita.

18. Io però gli dissi: «Lascia stare per ora queste cose, provvedi invece affinché a Giorabe, tuo figlio, venga dato qualcosa da mangiare, e poi un po' di vino da bere».

19. Così venne fatto immediatamente, ed anche per noi si allestì una sontuosa cena.

 

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Cap. 84

Il licenziamento dei tre medici.

 

1. I tre medici erano rimasti come pietrificati, e nessuno di loro fu capace di dire nemmeno una parola.

2. Il gabelliere allora chiese a suo figlio, che era tutto vispo e lieto, quale testimonianza egli avrebbe potuto rendere dei tre.

3. E il figlio rispose: «Precisamente quella stessa che di loro ha già reso questo prodigioso Medico straniero! A questi qui non interessa affatto che il malato guarisca, ma che egli ingurgiti molte delle loro pozioni per cui essi possano intascare molto denaro. Ma che essi non abbiano guarito veramente mai nessuno, è cosa più che nota in tutta la città e anche nei dintorni. Ora come essi hanno aiutato me, hanno aiutato anche molti altri, cioè ad andare da questo mondo all'altro! Io credo di aver così detto abbastanza.

4. Ad ogni modo una cosa ancora merita di venir rilevata, e cioè che essi sono degli ebrei, come ebbero a dire, da Gerusalemme, e come tali si sono sempre vantati molto del loro Jehova, assicurando che un aiuto certo l'avrebbero potuto dare soltanto a colui che avesse creduto al loro Dio e che fosse stato disposto a fare una cospicua offerta d'oro, d'argento e pietre preziose da depositare nelle loro mani, ed essi ne avrebbero curato poi l'invio a Gerusalemme, dove un certo sommo sacerdote nel silenzio di una stanza ultra sacra del Tempio si incarica di innalzare preghiere a Jehova a vantaggio dell’ammalato, il quale poi in conseguenza di ciò ha prospettive certe di miglioramento. Ma che cosa dobbiamo dire di tutto questo noi, greci, che abbiamo l'Olimpo già pieno zeppo di divinità? Dobbiamo prenderci ancora un dio in aggiunta, affinché anch'egli ci aiuti altrettanto poco, quanto poco ci hanno aiutato tutti gli altri, ad eccezione dei loro astuti sacerdoti che, con espressione sempre solenne e mistica, prendono in consegna le più ricche offerte che poi essi, in segreto, scialacquano in ogni tipo di cose ed azioni pessime?

5. Io però mi sento in dovere di dichiarare francamente: “Questo prodigioso straniero è per me il solo vero Dio, ora e in tutti i tempi a venire! Egli è il Jehova degli ebrei e il Jehova dei greci, dei romani e degli egiziani! In Lui devono trovarsi riuniti tutti gli dèi! Già molte volte noi abbiamo udito raccontare ogni tipo di favole, e come questo o quel dio abbia nei tempi antichi fatto una cosa o l'altra facendo esclusivamente uso della propria onnipotente volontà; ma noi greci, che pure siamo degli uomini, non abbiamo mai avuto ancora la fortuna di assistere con i nostri occhi ad una simile cosa. Qui invece ci troviamo dinanzi ad un Uomo che una cosa simile la può fare, e per me dunque Egli è un vero Dio, ciò che ormai fermamente credo, e in questa fede rimango e rimarrò fino a che avrò vita”. Ma voi cosa ne dite in proposito?»

6. Rispose il gabelliere: «O figlio mio, io e tutta la mia casa non potremo certo che associarci con tutta sincerità a questa tua nuova fede! Infatti soltanto un Dio può richiamare in vita chi è completamente morto. Ma ora, o Maestro a me ancora poco noto ma degno di ogni adorazione, nonché - dico - Dio, decidi come devo comportarmi verso questi tre medici! Infatti il loro modo di curare i sofferenti è evidentemente troppo perfido per poter lasciarli andare del tutto impuniti!»

7. Gli dissi Io: «Lasciali andare, perché essi avranno tempo di trovare ancora una grande quantità di giuste punizioni! Prima di tutto, dopo che si saprà quello che è accaduto qui, certo nessuno ricorrerà più a loro per farsi curare, e poi saranno costretti a prendere il largo da soli al più presto. Adesso comunque, prima che se ne vadano, è necessario che ti restituiscano ogni denaro che tu hai pagato loro per le finte cure prestate a tuo figlio!».

8. A queste parole tutti e tre assunsero un’espressione quanto mai aspra, perché la restituzione delle varie centinaia di denari che avevano già ricevuto in anticipo dal gabelliere non la potevano affatto digerire.

9. Sennonché il gabelliere insistette e disse: «In verità, io non ho affatto bisogno di questa somma; intendo però usarla per soccorrere i poveri della città, che non sono pochi! Credo che sarà senz'altro meglio del lasciarla a voi che non l'avete meritata! Andate dunque e portatemi immediatamente il denaro, altrimenti vi denuncio alla giustizia, miserabili furfanti!».

10. Allora i tre medici si alzarono e si disposero ad uscire.

11. Ma Io intervenni e dissi: «È sufficiente che uno di voi vada a prendere il denaro, gli altri due rimangano invece qui quali garanti, perché, qualora se ne andassero tutti e tre assieme, è indubbio che noi li avremmo visti adesso per l'ultima volta! Anzi che vada il più giovane, perché egli è ancora il più onesto dei tre; se lasciassimo andare uno dei più anziani, pianterebbe i compagni rimasti qui e prenderebbe il largo con il denaro. Così dunque sia fatto!».

12. Il più giovane dei tre medici si alzò, uscì e di lì a poco fu di ritorno con il denaro.

13. Quando il gabelliere ebbe ricevuto il denaro e l'ebbe messo sotto custodia, egli disse al giovane medico: «Ascolta! Poiché, secondo la testimonianza di questo Maestro veramente divino, sei ancora il più onesto dei tre, puoi restare anche qui; ma gli altri due se ne devono andare all'istante! Se tu preferisci andare con loro, non ti sarà minimamente impedito»

14. E il medico più giovane rispose: «Se mi è lecito restare, io resto, e so quello che farò. Non sarà mai detto che io faccia ulteriormente causa comune con loro, perché essi erano i padroni, ed io semplicemente, per così dire, il loro servitore, e dovevo assecondarli esaudendo la loro volontà, anche se questo significava andare contro la mia volontà e la mia migliore capacità di discernimento. O signore, in simili condizioni ho dovuto passare ore e giornate ben tristi! Ma che cos'altro avrei potuto fare? Infatti, litigare con i due avrebbe significato inimicarsi tutto il Tempio di Gerusalemme; ora questa inimicizia è notoriamente la peggiore che possa esservi al mondo. Ma se rimango solo, e per di più invitato da te che sei la persona più in vista di tutta la città, io posso ridermela dell'inimicizia del Tempio»

15. Gli disse il gabelliere: «Sta bene, tu allora rimani, e gli altri due che se ne vadano invece!».

16. Non ci volle nessuna fatica per far prendere il largo agli altri due, dato che se l'erano già svignata abbandonando quasi di corsa la città, perché si erano convinti che per loro non c'era più nulla da fare qualora Io Mi fossi eventualmente stabilito in quella città.

 

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Cap. 85

L’arte della vita.

 

1. Ultimata anche questa faccenda, venimmo invitati a cena e fummo fatti entrare in una sala che non aveva uguali in tutta Gerusalemme, e dove, proprio nel mezzo, era disposta una grande mensa di legno di cedro sulla quale erano imbandite ogni tipo di vivande ed i vini più prelibati. Noi vi prendemmo posto e mangiammo e bevemmo dato che i pani che avevamo acquistato prima non erano buoni, oltre che ad essere piccoli, ed anche i pochi pesci lasciavano essi pure alquanto a desiderare; per conseguenza ne avevamo mangiato pochissimo.

2. Durante il pasto le parole scambiate non furono molte; ma quando il vino eccellente ebbe sciolto la lingua ai convitati, vi fu ben presto molta animazione a tavola. Tuttavia Io rimanevo silenzioso, dato che sedevo fra il figlio risuscitato e suo padre, i quali, per il grande rispetto che provavano verso la Mia Persona, non si azzardavano a disturbarMi mentre ero ancora intento a mangiare ed a bere.

3. Ma quando annunciai che anch'Io ormai avevo mangiato e bevuto a sufficienza, solo allora il gabelliere Mi domandò come Mi era possibile ridonare la vita perfino ad un morto, cosa questa che a memoria d'uomo non si era mai verificata sulla Terra.

4. Ma Io gli risposi: «Amico Mio, lo spirito dell'uomo, una volta che è stato destato conformemente al buon ordine, viene a conoscenza di svariatissimi misteri; anzi, qualora sia destato completamente e nella piena luce, riesce a penetrare anche il grande mistero della vita e a riconoscere che egli stesso è l'autore di ogni vita. Ora l'arte somma della vita è appunto l'arte di ritrovare se stessa come vita e di riconoscersi come tale!

5. Tu vivi, pensi, desideri e operi conformemente al tuo pensiero e alla tua volontà; però non sai cosa sia la vita, come essa pensi e voglia, né come faccia ad imprimere un corrispondente moto a tutte le membra! Ma qualora qualcuno abbia trovato e ben riconosciuto tutto ciò, allora egli è divenuto veramente padrone della propria vita, come pure della vita del proprio prossimo, e può allora fare egli pure quello che Io ho fatto a tuo figlio; anzi egli può andare ancora più lontano: vedi, egli può rendere se stesso assolutamente immortale!

6. Anche se, dato il presente stato di cecità, egoismo, avidità, invidia, gelosia e sete di potere regnante fra gli uomini, si finirà col catturarMi e perfino con l'ucciderMi, ciò non gioverà affatto all’umanità perversa, perché prima che saranno trascorsi tre giorni Io risusciterò Me stesso dalla morte, per poi continuare a vivere in eterno ed operare cose ancora maggiori delle attuali. Questo che ora ti ho detto è altrettanto vero e certo, quanto è vero che Giorabe, tuo figlio, era morto ed ora è di nuovo perfettamente in vita! Credi a questo?»

7. Risponde il gabelliere: «Che tu non mi abbia annunciato nessuna menzogna, di ciò io sono assolutamente convinto, poiché, in primo luogo, mio figlio vive certo unicamente per la potenza della tua misteriosa arte della vita che sarà una conseguenza della tua sapienza, e in secondo luogo tali dottrine sono state prospettate già dai saggi dell'antica Grecia; se però essi siano riusciti, come te, a penetrare il grande mistero della vita con il loro spirito, questo non lo so, né mi ricordo di aver mai letto o udito parlare di qualcosa di simile.

8. È vero che le favole, che concernono i nostri dèi e semidei, narrano di questo o di quell’altro piccolo miracolo da essi compiuto; ma chi mai, disponendo almeno di un po' di ragione, vi può credere? Così pure negli scritti mistici vengono narrate molte cose di un Dio Onnipotente, il Quale però sarebbe circondato da una quantità innumerevole di spiriti molto possenti di ogni specie, che danno sempre puntualissima esecuzione ai Suoi ordini in tutto l'Universo. Essi non sarebbero visibili agli uomini, come nemmeno Dio, tuttavia dovrebbero essere dotati di intelletto perfettissimo e di una onnipotente volontà. Molti secoli fa pare che essi si siano mostrati alla gente pia nella stessa maniera come, secondo la leggenda, agli antichi greci si sono mostrati i loro dèi e particolarmente i semidei.

9. Dunque, chi ci pensa un po' su con calma e senza pregiudizi, deve arrivare alla conclusione che, a conti fatti, le religioni tanto dei greci, quanto degli ebrei sfociano esattamente nello stesso punto; tutto è avvolto dentro un velo impenetrabile, e per quante gravi fatiche vi abbiano dedicato anche i più grandi sapienti di tutte le epoche e di tutti i popoli, essi tuttavia non sono mai riusciti a sollevare il fatalissimo velo d'Iside, e noi mortali veniamo a trovarci sempre dinanzi a quello stesso inestricato nodo gordiano che già i nostri predecessori di molte migliaia di anni fa hanno invano tentato di sciogliere.

10. Tu perciò saresti davvero l'unico e il solo ad aver districato tale nodo, e per conseguenza vorrei pregare te, che sei ormai un verissimo maestro della vita, di insegnare a me, o meglio a noi tutti, la grande arte di penetrare sicuramente il mistero della vita, di riconoscerla e di innalzare infine se stessi a padroni della vita stessa. Tu evidentemente sei già pervenuto a tal punto, ma allora certo devono esserti noti anche i mezzi e le vie per arrivarvi. Ma poiché li devi conoscere, sarebbe senz'altro un atto di immensa grazia da parte tua verso di noi se tu volessi chiarirci più da vicino tali mezzi e tali vie.

11. Questa preghiera che io rivolgo a te, maestro così grande nella tua arte, è senza dubbio molto impertinente, perché ciascun vero artista reputa la propria arte come il bene più prezioso, come anche deve fare, ed io so pure benissimo che un'arte, per quanto grande, perde una parte considerevole del suo valore qualora sia conosciuta generalmente fra gli uomini. Dato però che questa tua arte, almeno per la parte migliore dell'umanità, costituisce una questione di vita assolutamente fondamentale, la soluzione sicura di tale questione verrebbe a garantire agli uomini la massima felicità inestimabile della vita. Io davvero sarei disposto ad offrirti tre quarti dei miei grandi tesori per alcuni cenni riguardo a come procedere per scoprire un simile mistero a profitto dell'umanità; è chiaro che tu non perderesti nulla, mentre noi ne avremmo un vantaggio di valore infinito! Cosa ne dici tu, o grande maestro, della proposta che ti ho fatto ora?».

 

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Cap. 86

Il Signore come Maestro nell'arte della vita.

 

1. Dissi Io: «Io non ti dico altro se non che Io stesso sono venuto come Uomo agli uomini di questo mondo appositamente per insegnare loro del tutto gratuitamente quest'arte massima e dall'importanza suprema, e quindi la insegnerò gratuitamente anche a voi. E del fatto che Io stia facendo questo con gli uomini in molti paesi e città, sempre in piena verità, corroborando la Mia Dottrina con degli opportuni e giusti segni, di ciò rendono testimonianza con le parole e con i fatti questi che sono venuti qui con Me e che sono Miei discepoli. Essi sono già profondamente iniziati in tale mistero e possono indicarti la via e i mezzi per arrivare a scoprirlo.

2. Chi accoglie queste cose, vi crede e vive, e si comporta ed agisce conformemente ad esse con estrema determinazione, costui arriverà immancabilmente a scoprire il mistero della vita, e una volta giunto alla reale rinascita del proprio spirito vitale, si sarà fatto così in se stesso padrone della propria vita e con ciò pure maestro di vita dei suoi simili, poiché egli potrà allora indicare loro le vie che conducono alla vita e, data la padronanza della propria vita, potrà anche spiegare gli innumerevoli vantaggi che una simile padronanza offre per la vita.

3. Ma Io devo dirti pure che nessuno può diventare maestro così, dall'oggi al domani, e che le sole e semplici cognizioni, per quanto profonde, dei mezzi e delle vie per appropriarsi di quest'arte somma della vita non giovano affatto qualora l'interessato non le abbia accolte tutte nella propria vita interamente con i fatti. In questo caso la teoria di per sé non ha alcun valore, ma tutto il valore lo ha esclusivamente la pratica.

4. Non è forse vero che avviene così anche trattandosi di imparare una qualsiasi altra arte? Se tu volessi ad esempio imparare a suonare magistralmente uno strumento musicale come la perfetta lira dei greci, oppure l'arpa degli ebrei dal suono ancora più bello, non dovresti forse prenderti un maestro di questi strumenti, il quale anzitutto dovrebbe inculcarti con tutta esattezza le nozioni indispensabili per suonare quel determinato strumento, in maniera da farti conoscere con precisione cosa dovresti fare e come esercitarti per poter, con il tempo, diventare tu stesso un artista? Credi che la semplice cognizione, per quanto esatta, di tutte le regole, dei mezzi e delle vie sarebbe sufficiente per fare di te un artista nel suonare l’arpa o la lira? Oh, no certamente! Tu dovresti, per diventare tu stesso un maestro, acquisire prima faticosamente la necessaria capacità mediante un esercizio molto diligente delle dita e dell'orecchio secondo le note regole musicali, e così pure avviene precisamente quando si tratta di diventare maestri dell'arte della vita.

5. Solo con l'esercizio si diventa maestri, e il grado più o meno perfetto della maestria dipende appunto assolutamente dal maggiore o minor esercizio compiuto secondo le norme riconosciute. Quanto più esercizio, tanta maggiore maestria! Dunque non credere che, conoscendo le regole dell'arte della vita, tu sarai già in grado di produrre qualcosa, ovvero che con ciò sarà per te già sollevato il velo della tua Iside! Io ti dico che con tale semplice conoscenza non arriverai neppure a comprendere, sia pure soltanto alla lontana, che esiste la possibilità che mediante l'esercizio secondo le regole dell'arte ti possa venire sollevato il tuo velo di Iside! Ebbene, soltanto mediante un costante e diligente esercizio tu perverrai ad una convinzione sempre più chiara che le regole sono giuste e vere e che sono atte a condurre alla meta; e quando, tramite l'esercizio, sarai diventato un maestro, solo allora vedrai completamente sollevato dinanzi a te e in te il velo di Iside. Ecco, questa è l'introduzione alle regole che eventualmente seguiranno, tramite il cui esercizio l'uomo può acquisire la vera maestria nell'arte della vita; qual è il tuo giudizio in proposito?»

6. Risponde il gabelliere: «Io trovo che quanto hai detto corrisponde in tutto al vero, e che con l'imparare semplicemente le regole di un'arte non si diventa maestri, ma tutt'al più discepoli, e questa è una verità confermata innumerevoli volte dall'esperienza; ma il vantaggio ottenuto è già da ritenersi infinitamente grande qualora si abbiano i mezzi sicuri e si conoscano le vie infallibili per arrivare ad un simile scopo; il resto è naturale che concerna esclusivamente l'aspirante al grado di maestro in una determinata arte! Che poi, del resto, anche il discepolo già a conoscenza delle regole sia ancora ben lungi dal pervenire in sé alla visione chiarissima dei segreti dell'arte propria al maestro, ma che vi possa pervenire soltanto quando, tramite un prolungato esercizio, sia diventato egli stesso un maestro, queste sono tutte cose chiare come il Sole; tuttavia, che senza di te e prima di te nessun uomo sia stato capace nemmeno di intravedere in qualche modo simili regole quanto mai importanti, questo è qualcosa di assolutamente inaccessibile al mio intelletto. Né l'antico Egitto, né Canaan, né la Grecia o Roma, né la Persia o l'India può vantarsi di aver posseduto un sapiente capace di trovare le regole giuste di quest'arte; è dunque evidente che tu sei l'unico che quest'arte non l'abbia in qualche modo imparata, ma che l'abbia addirittura creata da sé! Dì dunque: “Come è stata possibile una cosa simile a te, che sei un uomo?”.

7. Che tu sia in grado supremo un maestro della vita, noi abbiamo qui vicino la prova più vera e convincente; ma anche tu certamente sei potuto pervenire a tanta maestria soltanto mediante l'esercizio delle regole a ciò necessarie, regole che però tu stesso pure hai dovuto prima inventare! Ebbene, questo è appunto quello che io posso comprendere meno di tutto, perché in gioventù mi sono anch'io aggirato molto qua e là per il mondo, ed ho cercato con cura di arricchire le mie conoscenze; conosco assai bene le manipolazioni degli esseni con i loro miracoli posticci, come pure tutte le arti magiche e divinatorie, avendole io stesso imparate nelle rispettive scuole. Ma qui non si tratta affatto di accordi preventivi con dei compari, né di pozioni magiche, né di scongiuri infernali, qui c'è invece la verità semplice ed immediata! Tu parli e vuoi, ed immediatamente si ha il tangibile effetto della tua parola e della tua volontà! Oh, ma questa è una cosa che sta ad altezze infinite al disopra dell'orizzonte di ogni mia conoscenza! Il produrre riesce sicuramente facile quando si è diventati maestri, ma arrivare alla perfetta maestria in un’arte e specialmente lo scoprire le regole necessarie per arrivarci, e ciò senza un maestro e una guida, questa è una cosa ben differente! Dimmi dunque un po' come ci sei arrivato tu, o chi fu ad indicarti le rispettive regole?».

 

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Cap. 87

Lo sviluppo interiore di un uomo spirituale.

 

1. Gli risposi Io: «Amico, questa cosa per il momento ha poca importanza, anzi non ne ha affatto! È sufficiente che siano state trovate le regole, la cui autenticità e pienissima verità tu non puoi mettere in discussione. Chi le conoscerà e le seguirà, desterà in sé la forza della vita, e poi potrà vivere ed operare fuori da questa forza, e il primo giorno della sua rinascita interiore spirituale, Io lo risusciterò attraverso la Potenza dello Spirito della Mia Parola.

2. In verità, in verità ti dico: “Io stesso, qui come dappertutto, sono la Verità e la Vita; chi crede in Me ed opera secondo la Mia Dottrina, costui per sé ed in sé non vedrà in eterno mai più la morte!”»

3. Esclama il pubblicano: «Maestro, queste tue parole suonano ben strane! Io ho la precisa impressione come se tu fossi, per così dire, come una specie di Essere superiore divino che si trova certo in un corpo di carne e di sangue per essere visibile esteriormente, ma in realtà in te stesso sei un puro spirito che può, quando e come a lui piace, circondarsi di materia! Ho giudicato bene oppure male?»

4. Dissi Io: «Sì e no, a seconda di come si vuole considerare la cosa! Qualcosa c'è di vero in quanto hai detto; tuttavia quello che appunto c'è, tu non lo comprendi, d'altro canto quello che credi di comprendere invece non c'è, perché io non posso uscire da questo Mio corpo come non puoi uscire tu dal tuo; ma se Io voglio uscirne quale Spirito, è necessario che questo corpo venga prima ucciso. Lo Spirito invece che ora, pienamente desto, vive ed agisce in Me, non può in eterno venire ucciso, ma continuerà a vivere e ad agire per l'eternità.

5. Tu certamente avrai osservato molte volte la Creazione già nel suo essere e nella sua funzione operante, e non ti può essere sfuggito che in essa vi è un certo ordine, e che in tutte le forme si rivela un certo carattere di stabilità sotto tutti gli aspetti, in base al quale tu puoi sempre conoscere con facilità cosa sia questo o quello. Così altrettanto tu puoi riconoscere quali effetti vengono prodotti dall'una o dall'altra cosa e, sulla base degli effetti riconosciuti, puoi giudicare il grado di bontà e di utilità della cosa stessa.

6. Ora, se tutta intera la Creazione non fosse che un'opera cieca del caso, come sostiene la vostra nuova filosofia, le cose in natura conserverebbero forse la presente stabilità del loro essere in tutte le direzioni? Oh, no affatto! Vedi, il vento è appunto una forza piuttosto cieca, quantunque solo parzialmente! Ma hai potuto forse constatare qualche volta che esso abbia prodotto in qualche luogo una forma determinata che avesse una qualche stabilità? Il vento scava nella polvere e la solleva e la trascina per l'aria in forme che variano ad ogni momento, né mai una forma apparsa una volta si presenta perfettamente uguale una seconda volta. Puoi forse fissarti nella memoria la forma di una nuvola in maniera tale da poter affermare dopo un paio di giorni: “Ecco, questa è proprio la stessa nuvola che ho visto già due giorni fa?”. Oppure puoi asserire altrettanto trattandosi di un'onda del mare?

7. Ma, considerato tutto ciò, non avrai grande difficoltà a dedurre che una forza cieca non ha mai prodotto neanche una minima pianticella di muschio, la quale nel corso di molti millenni sia riapparsa con una forma assolutamente uguale a quelle precedenti!

8. Però se le cose stanno in questo modo, non deve forse ad un intelletto umano un po' migliore risultare chiarissimo da sé che ogni divenire, essere e sussistere - in cui anzitutto si può riconoscere ben distintamente una forma, una struttura, delle caratteristiche, una funzione ed una meta finale che sono precise ed immutabili devono essere il prodotto di una forza che possiede in sé una intelligenza ed una sapienza sconfinate ed immutabili, sebbene abbraccino tutto, senza le quali non avresti mai avuto la possibilità di vedere un oggetto di una forma determinata, sia esso una pietra, un metallo, una pianta o un animale? Una simile forza deve essere certo unitaria e perfettissimamente conscia di se stessa, dato che senza di ciò non potrebbe esservi una cosa atta ad assumere una forma precisa e in sé unitaria.

9. Ed ora logicamente si affaccia un secondo punto: se tu necessariamente devi ammettere l'esistenza di una simile forza che, in quanto è essa stessa l'Essere primordiale, costituisce il fondamento di ogni esistenza, questa Forza fondamentale-primordiale deve evidentemente avere anche un Nome che le corrisponde, mediante il quale Essa può fin dagli inizi mantenersi nel ricordo e nella memoria degli uomini che esistono allo scopo di riconoscere questa Forza. E infatti, chi vorrà conoscere più da vicino una cosa della quale non ha mai udito dire nemmeno come si chiama? Ebbene, noi vogliamo intanto chiamare questa Forza primordiale con il Nome: “Dio”. Ma una volta che noi abbiamo scoperto il Nome Dio, noi continueremo l'inchiesta e domanderemo: “Dov'è questo Dio e che aspetto ha? Come crea Egli le cose e come può Egli, che è purissimo Spirito, produrre fuori da Sé la rozza materia?”

10. E vedi, quando un uomo comincia con questi interrogativi, egli si trova già su una via migliore. Egli allora dedicherà a tutte le creature una maggiore attenzione, e le scruterà per scoprire quanta Sapienza primordiale-divina si trovi in ciascuna di loro. E quanto più a lungo egli indagherà in questo modo, tanta Sapienza divina, tanto più Ordine divino egli ben presto vi troverà facilmente dentro.

11. Ma una volta che li ha trovati, egli ben presto nel proprio cuore si sentirà portato anche verso l'amore per Dio, e in tale amore dovrà giungere con sempre maggiore chiarezza alla constatazione che Dio in Se stesso deve essere animato dal più possente Amore per provare così tanto diletto e gioia nel creare in maniera così meravigliosa una quantità innumerevole di cose e di esseri, i quali non testimoniano soltanto la Sua esistenza, ma sono piuttosto molto di più testimoni della Sua Sapienza, della Sua Potenza e del Suo Amore.

12. Ora, se l'uomo progredisce in simili considerazioni e percezioni, è evidente che in lui si deve accrescere anche l'amore per Dio e che deve sempre di più avvicinarsi a Lui; quanto più poi si accentua tale avvicinamento di un uomo a Dio, tanto maggiormente lo Spirito di Dio si raccoglie anche nel suo cuore, nel quale il suo proprio spirito riceve con ciò alimento e sempre di più viene destato al vero riconoscimento della propria vita interiore e della propria forza in unione alla Forza dello Spirito divino in lui.

13. Una volta che un uomo è giunto a questo punto, egli si è già innalzato quasi a maestro della vita, e gli manca solo la completa unione con lo Spirito d'Amore e di Volontà. Quando ha compiuto anche questa unione, allora egli è, in tutto il senso della parola, un perfetto maestro della vita, ed a lui è possibile tutto quello che ora è possibile a Me, anzi di più ancora».

 

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Cap. 88

I fondamenti della perfezione spirituale. La natura di Dio.

 

1. (Il Signore:) «Da ciò tu puoi arguire che, senza la vera e vivente fede in un Dio unico ed eternamente vero, nessun uomo può acquisire la maestria perfetta nell'arte della vita. Dunque anzitutto è necessario credere in un vero Dio, poiché finché non credi che esista un unico vero Dio, tu non puoi nemmeno destare nel tuo cuore qualche amore per Lui; ma senza un simile amore non è possibile avvicinarsi a Dio, né infine divenire pienamente una cosa sola con Lui.

2. Ma senza di ciò, di una vera maestria nell'arte della vita si può altrettanto poco parlare, quanto poca probabilità avrebbe qualcuno di diventare un artista nel suonare l'arpa senza avere udito mai neanche parlare di questo strumento e senza mai averne visto uno.

3. Se tu volessi insistere ancora nel domandare: “Ma dov'è dunque questo Dio e che aspetto ha?”, allora Io ti dico che il vero e proprio Essere divino nessuno Lo può vedere e contemporaneamente vivere, perché il Suo Essere è infinito, e per conseguenza anche onnipresente, e dunque, essendo la più pura parte spirituale, è anche la parte più intima di ciascuna cosa e di ciascun essere, vale a dire nella Luce conseguente alla potenza della Sua Volontà; però in Sé, e per Se stesso, Dio è un Uomo come sono Io e come sei tu pure, e dimora in una Luce inaccessibile la quale nel mondo degli spiriti viene chiamata il “Sole di Grazia”. Questo Sole di Grazia però non è Dio stesso, bensì è solo l’operare del Suo Amore e della Sua Sapienza.

4. Ora, come tu vedi agire il Sole di questo mondo in modo che esso è presente dappertutto mediante l’efflusso continuo della sua luce in tutte le direzioni, ugualmente così si comporta pure la Forza, che agisce dappertutto, del Sole di Grazia, quale una luce torrenziale proveniente da esso e presente in modo creante e vivificante in tutti gli esseri.

5. Chi dunque ha in sé il potere di catturare nel cuore della propria anima molta della luce emanante dal Sole di Grazia dei Cieli, di accoglierla e di conservarla poi mediante la potenza dell'amore per Dio, costui va formando in se stesso un Sole di Grazia il quale è in tutto e per tutto simile al Sole di Grazia originario, e il possesso pieno di un simile Sole di Grazia ha allora l'identico valore come il possesso dell’unica vera maestria della vita.

6. Tuttavia della chiarezza e della perfezione assoluta di questa verissima Dottrina tu potrai renderti conto solo quando su questa via tu stesso sarai pervenuto al grado di maestro della vita, poiché ora non la puoi ancora comprendere nella sua integrità, quantunque tu abbia accolto molto bene tutto quanto ti ho detto»

7. Disse il gabelliere: «O caro maestro, certo tu hai ragione, ed io le tue parole le ho comprese per bene; ma io non so ancora come debbo comportarmi a questo riguardo. Quello che intanto è sicuro è che il pervenire completamente al grado di maestro della vita non è affatto un'impresa facile. Infatti, a tale scopo ci vuole molta riflessione, molta esperienza, molto spirito di osservazione, molta volontà e molta azione conforme allo scopo! Ma adesso ancora una domanda, caro maestro!»

8. Io l'interruppi dicendo: «Parla pure, benché Io sappia già esattamente quello che Mi domanderai!»

9. E il gabelliere: «Oh, ma allora, caro maestro, esprimiti tu; perché io non metto affatto in dubbio la verità delle tue parole»

10. Ed Io gli dissi: «È vero che tu non dubiti, però ad ogni modo desidereresti convincerti un pochino del fatto che Io conosco davvero già in anticipo la domanda che vorresti rivolgerMi! Questo comunque non è un ostacolo, e quindi ti suggerirò senz'altro la domanda, la quale suona così: “Maestro, hai tu pure acquisito per questa via la tua dignità di maestro della vita, e chi è stato ad insegnarti gli elementi di quest'arte come tu li hai insegnati a me?”.

11. Ecco, così suona parola per parola la tua domanda! Sennonché Io posso dare altrettanto poco una risposta soddisfacente a questa domanda, quanto poco in maniera soddisfacente ho potuto rispondere alle tue domande di prima che erano simili a queste. Vedi, in qualità di semplice uomo ho dovuto fare davvero lo stesso che hai fatto tu; considerato però che, parlando con franchezza, riguardo al Mio Essere spirituale interiore sono qualcosa di più di un semplice uomo, ciò di cui domani ti convincerai abbastanza presto, per Me il compito risultò in realtà più difficile, dato che, per quanto concerne Me quale uomo di questa Terra, non fu mai lecito che in Me prevalesse una propria volontà, ma Io dovetti compiere sempre nella maniera più scrupolosa la Volontà di Colui che per mezzo Mio volle venire a questo mondo allo scopo di portare e dare all'uomo la vita eterna. Ad ogni modo a questo riguardo apprenderai domani qualcosa di più dai Miei discepoli; per oggi intanto considereremo chiusa la nostra riunione e ce ne andremo a riposare!»

12. Disse il gabelliere: «O maestro, se non ti fosse sgradito, potreste riposarvi tutti addirittura in questa stessa sala, perché tutto intorno alle pareti sono disposti dei posti comodissimi!»

13. Io acconsentii dicendo: «Sta bene, allora restiamo qui, tanto più che i sedili di questa specie li preferisco ai malsani giacigli che sono buoni tutt'al più per gli ammalati. Alziamoci dunque e dedichiamoci al riposo!».

 

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Cap. 89

Un colloquio fra il medico e l'albergatore sul Signore.

 

1. Dopo aver preso posto sui nostri sedili a spalliera, fummo lasciati immediatamente soli; il gabelliere, suo figlio, i suoi altri figli e le sue mogli di cui, secondo il costume orientale, egli ne aveva sette, nonché tutti i suoi numerosi aiutanti e servitori uscirono dalla sala, noi ci addormentammo placidamente ben presto, poiché il lungo viaggio aveva reso molto stanche le nostre membra. La gente di casa invece, ritiratasi nelle altre stanze, rimase ancora desta per parecchio tempo, e molti furono i ragionamenti riguardo alla nostra comparsa nella loro cittadina.

2. E il medico, il quale si era pure trattenuto là, disse per ultimo al gabelliere: «O amico, se fosse possibile acquisire una simile padronanza della vita, in poco tempo si potrebbe accumulare tutto il denaro che esiste sulla Terra! Certo, molti re donerebbero volentieri metà dei loro regni a colui che potesse così assicurargli la vita! Oh, cosa mai ci tocca vedere a questo benedetto mondo!

3. Ben poco tempo è trascorso da quando alcuni maghi dall’Egitto, essendo qui di passaggio per andare a Melite, ci sorpresero con le loro strane esibizioni magiche; tuttavia tutti i loro esperimenti risultarono fino all'evidenza dei falsi miracoli, e all'infuori di loro stessi nessuno poté trarne vantaggio. Il conversare con loro non era affatto sgradevole, ma ad ogni modo non c’era niente di buono da imparare per nessuno. Essi portavano con loro anche ogni tipo di apparecchi, e oltre a ciò serpenti, scimmie, cani, cammelli e muli, e infine dei vasi colmi di unguenti e di oli. Questi qui invece sono venuti a piedi e senza apparecchi di nessun tipo, eppure fanno delle cose che davvero possono indurre facilmente qualcuno a considerarli delle vere divinità! Dei fatti più grandiosi di questi non si possono assolutamente immaginare!

4. Anche i loro insegnamenti sono stati eccellenti sotto ogni rapporto e del tutto in armonia con le loro opere; soltanto che è emerso molto accentuatamente l'antico Giudaismo, come pure le massime dottrinali della vecchia scuola ebraica dei profeti che a me non sono ignote, scuola dalla quale si dice che siano anche usciti degli uomini dotati di sapienza addirittura straordinaria che venivano chiamati profeti. Ma se con l'osservanza la più possibile scrupolosa delle norme enunciateci molto concisamente si possa davvero far pervenire se stessi alla prodigiosa maestria della vita, qui ci sarà probabilmente parecchio da dire e da discutere ancora!

5. L'amare in certo modo sopra ogni cosa e nella massima pienezza di serietà della vita una qualche unica e sola Divinità, è un compito arduo, dato che per un individuo dotato di maturità di pensiero è già una cosa difficile credere che esista un qualche Dio di questa specie di cui si possa dimostrare l’esistenza. La sua dimostrazione dell'esistenza di un unico vero Dio è molto buona, e la si ascolta con piacere; però a questo scopo si esige un'applicazione quanto mai diligente da parte dell'allievo già a cominciare dalla culla, e per di più sotto la costante guida di un espertissimo teosofo, altrimenti credo che per questa via ben difficilmente qualcuno potrà giungere al riconoscimento pieno di un vero e unico Dio!

6. Comunque sia, a prescindere anche dalla spiegazione fornitaci dal capo di quella gente prodigiosa, sta di fatto che si tratta di un avvenimento assolutamente straordinario! Prima di tutto richiamare in vita un morto per virtù della sola parola e oltre a ciò in ottime condizioni fisiche, questa è una cosa che in un simile grado di perfezione non si è ancora mai verificata, e in secondo luogo poi il conoscere esattissimamente ciò che un altro pensa nell'intimità del proprio cuore e il chiamare subito per nome una persona mai vista prima, o amici, queste sono cose che l'intelletto umano non può assolutamente comprendere! In verità, nonostante io non attribuisca proprio grande importanza agli dèi o alle divinità in genere, io sarei senz'altro disposto a considerare quest'uomo piuttosto come un Dio che come un semplice uomo!»

7. E il gabelliere a sua volta osservò: «Anch'io sarei di questa opinione, e penso che con questa fede si dovrebbe poter giungere alla meta molto prima che non mediante l'osservanza, per quanto rigida, delle regole da lui indicateci. Del resto egli, parlando, ha lasciato trapelare un paio di volte abbastanza chiaramente che dietro di lui si cela qualcosa di più di un semplice abitante di questa Terra. Comunque, domani forse si potranno apprendere ancora varie cose sul conto di quest'uomo eccellente. Il suo carattere sembra essere quello di un perfetto galantuomo ed è molto piacevole parlare con lui; senza dubbio non ci mancherà l'occasione di chiarire ancora molte questioni che lo riguardano! Ma per oggi vediamo anche noi di prenderci qualche riposo, perché domani ci sarà molto da fare!».

8. E detto ciò, un po’ alla volta tutti andarono a coricarsi e dormirono profondamente fino all'alba.

 

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Cap. 90

L'umano e il divino nel Signore.

 

1. Io però già prima del levare del Sole ero in piedi assieme a qualcuno fra i Miei discepoli, e secondo la Mia abitudine uscii subito all'aperto e Mi recai in riva all'Eufrate che in quel punto aveva già una larghezza considerevole. Ci trovavamo là da poco tempo, quando scorgemmo in mezzo al fiume una grande zattera carica di legname che la corrente stava trascinando. In quello stesso momento venne a raggiungerci pure il gabelliere in compagnia di Giorabe, suo figlio, e del medico, per portarci l'invito ad andare a far colazione.

2. Sulla zattera però non c'era nessuno che la guidasse, perché, essendo stata ormeggiata troppo poco solidamente alla riva, era stata strappata e trascinata dalla corrente. Il gabelliere allora esclamò: «Peccato davvero per tutto quel bel legname che, per la negligenza dei proprietari, è ormai alla mercé dell'acqua! Se non si trovasse a tanta distanza dalla riva e se si potesse ancora recuperarlo, non è escluso che da qui a qualche giorno si vedrebbe capitare il legittimo proprietario, e in questo caso si potrebbe restituirglielo riscuotendo in cambio un piccolo indennizzo per il recupero. Ma così invece, essendo in balia delle acque, esso andrà naturalmente perduto! Del resto chissà, forse riusciranno a pigliarselo quelli di Samosata!».

3. Quando la zattera venne a trovarsi proprio quasi di fronte a noi in mezzo al fiume, Io dissi: «Ti interessa avere quel legname?»

4. Rispose il gabelliere: «Oh, certo che lo recupererei volentieri, ma come si fa ad andarlo a prendere?»

5. Ed Io risposi: «In maniera facilissima: quando si è maestri della vita, bisogna pure che tutti gli elementi obbediscano, e così ora comando alla corrente di condurre il legname qui a riva proprio dove ci troviamo noi. Così voglio, e così anche avvenga!».

6. Non appena ebbi pronunciato queste parole, la corrente in quel punto deviò trascinando la zattera rapidamente verso di noi, salì per sette spanne ancora al di sopra del livello della riva, depose il legname con tutta la zattera definitivamente a terra e poi riprese subito la sua direzione naturale.

7. Nel vedere ciò, i tre rimasero spaventati e poi il medico disse: «Amico, Tu non sei affatto un uomo del nostro stampo e della nostra natura comune, ma invece Tu sei un Dio! Mai un uomo di questa Terra può averTi generato in un corpo di donna! Io sono pronto perfino a sostenere che Tu non sei mai nato e che per conseguenza sei evidentemente un Dio!»

8. Dissi Io: «Lascia andare queste cose; chi porta un corpo di carne, non può averlo avuto che da un corpo materno! Soltanto la prima coppia umana ottenne il corpo fuori dalla mano della Volontà di Dio, mentre tutte le altre creature umane fuori dal corpo materno. E così anche questo Mio corpo è stato partorito da una madre terrena, benché non generato nella usuale maniera da un padre terreno, ma unicamente attraverso l’onnipotente Volontà dello Spirito di Dio, ciò che è benissimo possibile trattandosi di uomini che siano del tutto puri e devoti a Dio. Nei tempi antichi in cui degli uomini vivevano ancora perfettamente incorrotti, semplici e molto devoti a Dio, questi casi non erano proprio una rarità e, del resto, si verificano ogni tanto anche nei tempi attuali.

9. Che tali uomini generati per una via puramente spirituale siano anche più spirituali degli altri, generati nella maniera comune, è cosa chiara, perché i figli di genitori molto robusti e perfettamente sani diventano certo anch'essi robusti e sani, mentre quelli di genitori deboli e malati crescono essi pure solitamente malaticci e deboli. Io, come uomo tale quale voi ora Mi vedete, non sono Dio, ma un figlio di Dio, ciò che, in effetti, dovrebbe essere propriamente ciascun uomo, poiché gli uomini di questa Terra sono chiamati a diventare e ad essere dei figli di Dio, purché vogliano vivere secondo la Sua Volontà riconosciuta.

10. Uno di costoro però fu dalle eternità destinato da Dio ad essere il primo ad avere in Sé la Vita e a donarla a chiunque creda in Lui e viva secondo la Sua Dottrina! Ora questo primo uomo sono Io!

11. Sennonché questa Vita da Dio non l'ho portata con Me a questo mondo prendendola dal corpo materno! Il germe c'era sicuramente in Me, però esso dovette prima venire sviluppato, ciò che Mi è costato quasi trent'anni di tempo e di fatiche. Ora certo Mi trovo in stato di perfezione al vostro cospetto, e posso dirvi che a Me è data ogni autorità e potere tanto nel Cielo, quanto sulla Terra, e che lo Spirito in Me è pienamente una cosa sola con lo Spirito di Dio, e perciò anche a Me è dato di fare segni tali, quali prima di Me non sono mai stati fatti da un uomo. Tuttavia in futuro questa non sarà affatto una prerogativa esclusivamente Mia, ma pure di chiunque creda che Io sono stato mandato da Dio a questo mondo per portare agli uomini, i quali ora procedono tutti nelle tenebre, la Luce della Vita, affinché poi adeguino le loro opere alla Mia Dottrina, Dottrina che indica nella più chiara luce agli uomini qual è la Volontà dello Spirito di Dio che certo in Me dimora in tutta la Sua pienezza.

12. Questo Spirito è certamente Dio, ma Io, unicamente come un Figlio d’uomo, non lo sono, poiché, come già detto, come tale Io dovetti, al pari di un qualsiasi altro uomo, acquistarMi la dignità di un Dio al prezzo di incessante esercizio e di gravi fatiche, e soltanto così potei poi unificarMi con lo Spirito di Dio. Ora Io sono sì pienamente una cosa sola con Lui in Spirito, non però ancora nel corpo; tuttavia Io Mi farò una cosa sola con Lui anche per quanto riguarda il corpo, ma soltanto dopo gravi sofferenze e un'assoluta abnegazione della Mia anima che dovrà scendere fino al gradino più basso dell'umiliazione.

13. E così, o amico Mio e medico dalla volontà migliore di quella dei tuoi compagni d'una volta, puoi ormai già farti un'idea di Chi Io sono veramente e di quello che devi pensare di Me! Credi a queste cose e vivi secondo la Dottrina che ben presto avrai occasione di apprendere per bocca dei Miei discepoli; così facendo avrai vita, e in tutto il tuo parlare ed agire camminerai nella luce e non più nella notte del peccato della tua carne e del tuo sangue! Comprendi queste Mie parole?»

14. Rispose il medico: «Sì, o grande Maestro, io le comprendo, nonostante esse suonino in maniera del tutto differente da quelle dei sacerdoti del Tempio di Gerusalemme dal quale io stesso provengo, e nel quale ho imparato anche il poco che so della mia arte! In Te si celano nella maniera più evidente gli elementi della Divinità, e tuttavia dinanzi a noi non vuoi essere più di un Figlio dell’uomo, mentre i farisei nel Tempio si comportano precisamente così come se fossero stati essi ad aiutare Dio nell'opera della creazione del mondo e degli altri esseri, e come se dipendesse unicamente da loro il bene e il male dell'umanità di questa Terra. Certo, o grande Maestro, le Tue parole suonano veramente come parole di Dio, perché esse sono dotate di una Forza e di una Potenza del tutto proprie le quali sono come un balsamo per l'anima, che la innalzano, le infondono nuova vita e la illuminano, mentre la presunta parola divina dei farisei offende in altissimo grado l'animo umano, lo turba, l'ottenebra e addirittura l'uccide! Infatti, chi vive ed opera conformemente ai loro insegnamenti, diventa con il tempo tanto ottuso, sensuale, orgoglioso, egoista ed avido di dominio, da finire col dimenticarsi completamente di essere egli pure semplicemente una creatura umana. Egli reputa soltanto se stesso una suprema potenza umana, mentre tutto il resto è situato immensamente più in basso di lui. Invece secondo le Tue parole, o grande Maestro, sembra che le cose siano per ora e per il futuro proprio precisamente al polo opposto a quello nel quale dovrebbero trovarsi secondo quanto vanno insegnando i farisei, a giudicare dalla via per la quale essi veramente vorrebbero che l'umanità si incamminasse! Ho ragione oppure torto?»

15. Ed Io gli dissi: «Si, è probabile tu abbia ragione; ma adesso lasciamo stare questo argomento! La zattera con il legname è qui in salvo, perfettamente all'asciutto sulla riva, e tu, o amico Giored, puoi farne l'uso che vuoi, perché il proprietario non verrà più a cercarlo, dato che egli dimora troppo lontano da qui, né la perdita di questo legname potrà avere grande importanza per lui, essendo egli molto ricco. Fa quindi un'offerta a vantaggio dei poveri e disponi del legname secondo il tuo gradimento»

16. Disse allora Giored, il gabelliere: «O Maestro, io Te ne rendo molte grazie, ed i poveri non staranno certo senza il necessario presso di me! Ma ora andiamo tutti a fare colazione perché deve essere ormai completamente pronta!».

 

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Cap. 91

Il medico riceve dal Signore il potere di guarire i malati con l’imposizione delle mani.

 

1. Allora rientrammo in casa di Giored, dove nella sala che già conosciamo una abbondantissima colazione era stata preparata per noi e per i discepoli che quella mattina non erano usciti. Noi ci sedemmo a tavola e mangiammo e bevemmo. La colazione consisteva di pesce, pane con il miele e carni d'agnello; il vino, che era particolarmente squisito, proveniva da Roma. Poi venne servito del vino greco, specialmente di Cipro, assieme a del pane di frumento bianchissimo e a burro, cose queste deliziosissime soprattutto al palato degli ebrei. Ci fermammo a mensa due orette all'incirca, e la conversazione fu molto animata, ma si aggirò prevalentemente su varie questioni dell'agricoltura.

2. Appena terminata la colazione, Giovanni, il Mio discepolo, cominciò ad esporre a tutti coloro che dimoravano in quella casa la Mia Dottrina dell'amore per Dio e per il prossimo.

3. Dopo l’esposizione, tutti Mi promisero che avrebbero scrupolosamente osservato questa Dottrina e che vi avrebbero conformato le loro opere, e Io dissi: «Credete e fate così; in questo modo potrete anche voi giungere presto e facilmente alla maestria della vita»

4. Poi Io imposi a tutti le mani e li rafforzai nel loro serio e buon proposito.

5. Il medico però disse: «O Maestro, vedi, ormai io sono l'unico medico in questa città, dove c'è sempre un gran numero di infermi, come pure in tutti questi vasti dintorni! Ora, considerato che per Te non vi è niente di impossibile, non potresti concedermi un po' soltanto della Tua forza prodigiosa? Io potrei allora impiegarla a vantaggio dei miei ammalati, particolarmente dei poveri che sono nell'impossibilità di acquistare una medicina costosa»

6. Ed Io gli risposi: «Gesù è il Mio Nome; in questo Nome imponi le tue mani agli ammalati, e vedrai che il loro stato migliorerà qualora ciò risultasse giovevole per la salute della loro anima; ai ricchi però prescrivi delle medicine come prima, perché questo potere Io te lo conferisco unicamente a vantaggio dei poveri».

7. E non appena ebbi terminato di parlare al medico, costui Mi ringraziò ed uscì immediatamente, perché aveva in cura vari infermi poveri cui avrebbe voluto subito giovare, e così anche avvenne, e ciascuno a cui egli impose le mani nel Mio Nome si trovò guarito all’istante. Dopo circa un'ora egli ritornò, Mi ringraziò ancora una volta per il potere conferitogli, e ci raccontò della meraviglia immensa dei guariti, che pure erano prima stati tormentati dalle più svariate infermità.

8. Il medico raccontò: «Essi non potevano affatto spiegarsi come avvenisse che prima nessun rimedio, di qualunque specie fosse stato, avesse giovato a nulla, mentre ora d'improvviso con la semplice imposizione delle mani si trovavano in perfette condizioni fisiche come prima d'allora non si erano mai trovati! Essi mi domandarono come, così d'un tratto, fossi venuto a conoscenza di un simile inaudito metodo di cura e perché non l'avessi impiegato già prima. Però io risposi loro: “Questo nuovo metodo di cura mi è stato insegnato poco tempo fa da un grande Medico straniero; ad ogni modo io guarisco gli infermi soltanto indirettamente, invocando cioè il Suo Nome, allora è Egli stesso a volere assieme a me che l'infermo guarisca!”. Ma udito questo, tutti si informarono esclusivamente di Te, ed espressero il vivo desiderio di conoscerTi personalmente, perché essi erano del parere che Tu devi evidentemente essere dotato di forze divine, senza le quali una cosa di questo genere non dovrebbe esserTi affatto possibile. Io non aggiunsi nulla e li lasciai nella loro opinione.

9. Adesso però rischio di avere delle grandi noie con i miei ammalati ricchi, perché la fama di questo nuovo metodo di cura si diffonderà rapidamente in tutta la città, ed i ricchi pretenderanno da me di venire essi pure curati nella stessa maniera! Cosa potrò dire loro se essi pretenderanno da me quello che Tu, o Maestro, mi hai in certo modo proibito di fare?»

10. Gli risposi Io: «Ebbene, imponi loro delle condizioni che dovranno impegnarsi, una volta guariti, ad adempiere verso di te e verso i poveri! Se accettano lieti e volonterosi le condizioni da te imposte loro, imponi anche a loro le mani; ma se non le accettano, lasciali nel loro male e prescrivi loro delle medicine, purché le vogliano comperare e farne uso. Sei contento così?»

11. Disse il medico: «Oh, Maestro caro, non solo contento, ma contentissimo! Ma ora un'altra domanda si presenta: “Come e con che cosa posso dimostrarTi la mia gratitudine per tale dono?”. Io non sono certo ricco e in questo momento davvero meno che meno, perché i miei colleghi che se la sono svignata ieri non mi avranno certo lasciato gran cosa; e tuttavia io vorrei fare proprio tutto quanto sta nelle mie forze per sdebitarmi in qualche modo! O Signore e Maestro, io Ti prego di chiedermi dunque un qualche compenso oppure una offerta!»

12. Ma Io gli risposi: «Non ti curare di ciò, perché a questo mondo nessuno può darMi niente che egli non l'abbia già prima ricevuto da Dio, e dunque nemmeno tu! Basta che tu osservi la Dottrina che è stata insegnata qui a voi tutti, ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso, osserva i Comandamenti di Mosè che tu ben conosci, e vedi di insegnarli pure ai greci; così facendo tu Mi presenterai la migliore e più preziosa delle offerte! E ugualmente facciano pure tutti gli altri; comportandosi in questo modo essi vivranno nella Verità e nella Grazia di Dio, il Creatore e Padre di tutti gli uomini.

13. Se Io dagli uomini, a cui faccio del bene, volessi accettare del denaro, addirittura testimonierei contro Me stesso e non sarei Quello che sono, perché se Io vi porto e vi dono dei tesori dai Cieli, ciò che è in Mio potere di fare, non posso farMi pagare con della morta materia. Tuttavia voi uomini potete giovarvi anche del denaro nella debita misura e a buoni fini, poiché anche Mosè ha ordinato che i sacerdoti e i giudici vengano nutriti e mantenuti dal popolo, e che venga loro data la decima parte di tutto ciò che viene raccolto sui campi e nelle vigne, come pure del bestiame domestico. Noi però, cioè Io ed i Miei discepoli, ora non avremo bisogno di tali cose, perché a chi come Me è un Maestro della vita, non necessitano più simili mezzi di sostentamento; dovunque andrà, dall’Alto gli verrà dato tutto quello che gli occorrerà. Infatti, tutto ciò che chiederete che il Padre in Cielo vi dia nel Mio Nome, Egli ve lo darà senza riserva».

 

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Cap. 92

Il Cristo come uomo d’affari. Dei dazi e del tenere schiavi.

Il comportamento verso i sacerdoti degli idoli.

 

1. (Il Signore:) «Ma quando nei tempi futuri i Miei successori si faranno pagare con denaro ed altre cose i loro insegnamenti e le loro preghiere, come ora stanno facendo i farisei, allora il Padre nel Cielo non esaudirà più le loro preghiere, e lascerà che si immergano in ogni tipo di peccati e di gravi mali. Io vi offro ogni tipo di doni gratuitamente, e così voi pure dovete offrirli gratuitamente al vostro prossimo. Tu, nella tua qualità di medico, puoi farti sì pagare dai ricchi, ma mai dai poveri!

2. Ma quando tu, occasionalmente, dai a qualcuno la Mia Dottrina, ti sia come pagamento il fatto che egli accolga la Dottrina di lieto cuore e che viva conformemente ad essa. Infatti se qualcuno ha accolto la Dottrina, egli comunque diverrà talmente tuo amico che dirà: “Ciò che è e che era mio, adesso è anche tuo, e non sarai nel bisogno!”.

3. Io vi dico: “Quello che la gente vi farà e vi darà di lieto cuore a causa della Mia Dottrina, accettatelo e adoperatelo a vantaggio vostro e del vostro prossimo, e la Grazia di Dio, in qualunque forma possa esservi concessa, non vi sarà perciò tolta! Ma qualora pretendeste qualcosa in cambio da qualcuno, allora anche la Grazia di Dio si allontanerebbe immediatamente da voi come attualmente viene tolta ai farisei e agli ebrei ostinati e viene invece concessa ai pagani. Dunque queste cose tenetele bene in mente, e così operate; in tal modo voi accumulerete immensi tesori di ogni tipo di Grazia dai Cieli, i quali vi saranno di vantaggio molto maggiore che non tutti i tesori di questo mondo! Lo capite?»

4. Interviene Giored: «O Maestro, noi ora comprendiamo benissimo, ma sotto questo punto di vista che aspetto assume la mia azienda dei dazi per via acqua e per via terra? Mi pare che qui all'amore del prossimo non sia assegnata proprio nessuna parte! D'altro canto non si può abolirla così d'un tratto, trattandosi di una cosa pubblica che concerne lo Stato, perché se io vi rinuncio, si troverà sempre un altro che l'assumerà, il quale probabilmente opprimerà i mercanti, e particolarmente gli stranieri, di più ancora di quanto faccia io che ho lasciato passare gratuitamente più di uno che non aveva nulla. Quale sarebbe dunque la Tua Volontà a tale riguardo?»

5. Ed Io gli dissi: «Tu resta quello che sei! Vedi ad ogni modo di essere modesto nelle tue pretese verso i poveri, e in compenso invece i ricchi possono pagare alquanto di più.

6. Le gabelle [tasse] sono buone per il paese, perché altrimenti esso verrebbe invaso da grandi carovane con ogni tipo di merci che lo spoglierebbero in poco tempo dei propri viveri. Perciò appunto ti conviene tassare ancora di più i numerosi mercanti stranieri, affinché passi loro la voglia di venire troppo di frequente in questo paese; sii invece tanto più moderato nelle tue pretese verso la gente della regione.

7. Ecco dunque che ora sai come comportarti anche a questo riguardo. Anche il tuo albergo va bene; però anche qui attieniti alla norma che ti ho esposta: sii moderato con la gente del tuo paese e giusto con gli stranieri! Dalla gente del luogo richiedi quello che la roba vale, e riservati un equo guadagno su quanto fornisci agli stranieri!

8. Ma se viene uno straniero e non possiede nulla con cui pagarti, condonagli il conto, e qualora accolga eventualmente la Mia Dottrina, donagli per di più di che poter continuare il viaggio, e il Padre che è nel Cielo te ne ricompenserà abbondantemente! Ugualmente così si comporti pure ciascun mercante, e sia giusto nella misura e nel peso, perché nello stesso modo in cui l'uomo misura, nella identica misura anch'egli verrà rimunerato»

9. Disse allora il gabelliere: «E adesso, o Signore e Maestro, una domanda ancora! Tu sai che qui gli abitanti sono in grandissima parte greci che esercitano ogni specie di commercio, purtroppo, fra l’altro, anche quello degli uomini, come fra noi, pagani, era già in uso dai tempi antichi. Anzi io stesso le mie mogli ho dovuto comperarmele tutte; da principio loro non erano che le mie schiave, ma considerato che si dimostrarono diligenti e premurose per il mio vantaggio, ridonai loro la libertà e le accolsi come mogli. La metà dei miei servitori e dei miei lavoratori sono tuttora degli schiavi. Questo sistema deve perdurare oppure anche a questo riguardo bisognerà apportare qualche cambiamento?»

10. Gli risposi Io: «Quello che sussiste per effetto di una legge statale, tu non lo puoi cambiare; per conseguenza che il sistema rimanga finché lo stesso Stato non vi apporti un cambiamento; tu però sii buono, onesto e giusto anche verso gli schiavi, perché anch'essi sono uomini e figli dello stesso Padre nel Cielo. Se ti accadrà di visitare nuovamente qualche mercato di schiavi, comperane pure quanti ne vuoi e tienili con te, e fanne degli uomini liberi devoti a Dio; così facendo ti accumulerai nel Cielo un tesoro immenso! Però tu non devi a tua volta venderli mai più, perché vendere il proprio simile è un abominio agli occhi di Dio! Ma il giorno in cui la Mia Dottrina avrà messo radice in qualche luogo, là anche un simile ignominioso commercio cesserà da sé. Ecco dunque ancora una cosa che dovrai osservare!

11. Ma Io scorgo che nella tua anima si cela ancora una domanda, e questa riguarda come dovrai comportarti di fronte ai sacerdoti pagani degli idoli, i quali pure sono per lo più tuoi ospiti e che vengono volentieri presso di te. Ed Io a tale proposito ti dico: “Lasciali per il momento così come sono”. Essi stessi in realtà credono ai loro idoli meno ancora di quanto vi abbia creduto tu in precedenza; sennonché essi occupano la loro carica e si guadagnano da vivere in virtù del loro sacerdozio, quindi non si adatteranno così facilmente a cessare di essere dei sacerdoti; ad ogni modo, con il tempo, puoi confidare con molta tranquillità all'uno o all'altro qualcosa della Mia Dottrina, e da parte loro non vi verranno fatte che poche difficoltà, oppure niente del tutto. Pian piano anche i templi degli idoli decadranno; tuttavia Io non vi do alcun preciso comandamento di distruggerli, perché è già più che sufficiente che tali templi siano demoliti nei vostri cuori.

12. Ma se uno di questi sacerdoti volesse costringere con la forza qualcuno a credere ai suoi idoli e ad offrire loro il sacrificio richiesto, allora ditegli la piena verità! Se però non vuole arrendersi alle parole, invocateMi in spirito ed operate nel Mio Nome un prodigio dinanzi a lui. Quando vedrà il prodigio, allora crederà nel caso abbia conservato nel suo animo un qualche senso di verità; se però malgrado ciò non vorrà credere, lasciatelo andare e voi continuate a restare fedeli alla verità della Mia Dottrina! Infatti, visto come attualmente la pensano ed anche agiscono i governatori di Roma, gli uomini sono perfettamente liberi per quanto concerne scienza, pensiero e fede.

13. Qualora un simile sacerdote pagano accolga la vostra fede di luce, aiutatelo nella sua qualità di membro della nuova comunità di Dio sulla Terra, e se ha bisogno del vostro aiuto, allora prendetevi a cuore la sua sorte terrena; qualora invece non abbia bisogno della vostra assistenza, fate in modo che egli vi sia amico.

14. Ecco dunque che si è provvisto anche per questo caso, e così ormai saprete bene come regolarvi facilmente e sicuramente, qualunque cosa potrà esservi eventualmente di impedimento all'annuncio della Mia Dottrina! Ed ora, visto che non abbiamo più nulla da discutere o da trattare, ritorniamo fuori all'aperto. Chissà che non ci venga dato di imbatterci in una o nell'altra cosa adatta ad indurci ad ulteriori e più profonde considerazioni a tale riguardo!».

15. La Mia proposta incontrò l’approvazione generale, e noi tutti ci recammo all'aperto.

 

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Cap. 93

La visita al bosco sacro. L'annientamento degli idoli.

 

1. Mentre passavamo per le vie della città, non mancarono naturalmente una quantità di curiosi che ci guardavano con tanto d'occhi e si davano un gran da fare per informarsi su chi mai fossimo. Perciò il medico, il gabelliere e i figli che lo accompagnavano, specialmente Giorabe che era stato risuscitato da morte, dovettero rassegnarsi alle domande che venivano fatte da tutte le parti, perché quella gente non riusciva a capire come quel giovane, che era stato infermo per interi sette anni e che, a quanto era corsa voce il giorno prima, aveva finito addirittura col morire, fosse invece completamente sano. Sennonché gli interroganti vennero per il momento tacitati amichevolmente con la promessa che nei prossimi giorni avrebbero avuto la spiegazione di tutto, ed essi così furono accontentati.

2. Ora avvenne che, giunti al termine di una lunga via, incontrammo tre sacerdoti del dio Apollo, poi uno di Giove ed uno di Minerva avvolti nei loro strani paramenti sacerdotali che conferivano loro un aspetto addirittura magico.

3. Giunti vicino a noi, essi si fermarono, ed uno dei sacerdoti di Apollo ci domandò se noi, che eravamo stranieri, volevamo visitare il bosco sacro nel quale sorgeva un tempio dedicato in comune alle tre supreme divinità. Qualora fosse questa la nostra intenzione, essi ci avrebbero fatto da guide, e, dietro esborso di una piccola offerta per propiziarsi le tre divinità, ci avrebbero mostrato tutto quanto vi era là di notevole e di bello.

4. Allora Giared, il gabelliere che quei cinque sacerdoti conoscevano molto bene, disse: «Questi sono miei ospiti, ed io rispondo senz'altro per loro; fateci pure vedere il tempio nonché le vostre altre meraviglie».

5. Queste parole soddisfecero appieno i sacerdoti i quali subito, cortesemente, ci condussero nel boschetto nel cui mezzo, su di una piccola collina, era edificato un tempio che occupava una superficie discretamente grande. La metà del tempio era aperta, e il tetto poggiava su dieci colonne; l'altra metà invece era delimitata da un muro e formava un semicerchio solido. Su questo muro erano collocate le statue marmoree delle tre divinità menzionate prima; nel mezzo, seduto su di un trono, spiccava Giove; alla sua destra Minerva vestita della sua armatura e alla sua sinistra Apollo, quest'ultimo però solamente con la sua lira, visto che un Apollo con il suo carro del Sole ed i rispettivi cavalli avrebbe costituito un lusso troppo grande per quella piccola città.

6. Giunti vicini al Tempio, il sacerdote di Giove disse: «Desiderano forse questi signori che una delle tre divinità dica loro qualcosa? In questo caso mi faccia la cortesia di confidarmi una domanda!»

7. Ed Io risposi: «Amico, per quanto riguarda noi, una cosa simile non è davvero necessaria, perché noi, che siamo uomini molto esperti, conosciamo tutti questi artifici e sappiamo anche troppo bene come fanno queste statue a parlare; lasciamo dunque andare, e tu risparmiati la fatica! Però, dato che oggi non verrà qui più nessuno a chiedere consiglio a queste divinità, lasciate in libertà i tre uomini che, nascosti dietro ai tre idoli, parlano in modo da far sembrare che siano gli idoli a parlare, e che vengano, da perfetti galantuomini come del resto sono, essi pure qui da noi!»

8. Il sacerdote rimase alquanto sconcertato e poi disse con una certa enfasi magico-sacerdotale: «Amico, tu sei uno straniero, quindi ti consiglio in amicizia di non commettere peccato al cospetto delle serie divinità, dato che potrebbe facilmente capitarti qualche malanno! Infatti, io ti dico che dietro agli dèi non sono appostati dei mortali che rispondono alle domande rivolte agli dèi»

9. Ed Io ribattei: «Considerato che tu non Mi conosci, Io ti perdono la tua menzogna; tuttavia devo fornirti la prova che soltanto a Me e non a te spetta tutto il diritto alla piena verità! Ecco, Io voglio ora che questi tre idoli rientrino all'istante nel loro nulla, e che i tre poveri parlatori, nascosti dietro ai tre idoli, appaiano qui liberi dinanzi a noi!»

10. A queste parole il sacerdote esclamò: «Se tu sei capace di ciò, noi siamo pronti a gettarci ai tuoi piedi e ad adorarti come il Dio di tutti gli dèi e di tutti gli uomini!»

11. Dissi Io: «Di questo non ho affatto bisogno, e tuttavia è bene che voi impariate a conoscere un altro genere di Gloria della Potenza del vero Dio congiunta alla potenza dello spirito nell'uomo; Io dunque dico solamente: “Io voglio così, e così sia!”».

12. Non appena ebbi terminato di pronunciare queste parole, dei tre idoli non fu possibile trovare nemmeno la più piccola traccia, ed i tre poveri parlatori, che stavano accovacciati dentro a delle nicchie assai strette, apparvero alla vista di tutti e si affrettarono ad uscire dai loro oscuri nascondigli, tutti spaventati e sbalorditi.

13. E i cinque sacerdoti, avendo visto questo, rimasero assai turbati, ed uno di loro che era il più coraggioso disse agli altri: «Fratelli, contro l’onnipotenza della volontà di un Uomo-Dio non si può affatto andare; dunque il miglior consiglio è quello di arrendersi alla sua volontà! Noi certamente ci troviamo d'un tratto privati del nostro guadagno e per conseguenza del nostro pane; ma che cosa possiamo farci? Del resto possiamo dire che a questa nostra carica abbiamo sempre accudito con piena dignità, e mediante il piccolo inganno, non suggerito proprio da cattive intenzioni, non abbiamo fatto del male a nessuno, né abbiamo preteso da nessuno delle offerte esagerate. Abbiamo inoltre sempre cercato di insegnare alla gente questa e quella cosa, e siamo stati sempre noi a dare il buon esempio; per conseguenza sono assolutamente fiducioso che questo Uomo-Dio davvero Onnipotente non ci respingerà del tutto se lo pregheremo!»

14. Dissero gli altri: «Tutto questo sarebbe bello e buono; ma che faccia farà adesso il popolo che ci teneva ancora molto ai nostri tre dèi, quando verrà qui e non troverà più le sue antiche divinità a cui era devoto? Cosa diremo al popolo?»

15. Rispose il primo: «Ebbene, questo problema lo sottoporremo a questo onnipotente Uomo-Dio, e poi si potrà ben trovare tanto più facilmente qualche buona scusa, e la cosa sarà anche più facile farla andare a posto considerato che di questo straordinario avvenimento è stato testimone Giored, il cittadino più autorevole del paese. A mio avviso la questione principale per il momento è cosa dobbiamo fare adesso»

16. Intervenni allora Io dicendo: «Prima di tutto deponete le vostre ridicole vesti e indossatene delle altre più degne di veri uomini. Poi ritornate da noi e potremo ragionare sul problema che vi assilla».

17. I cinque si ritirarono subito nella loro dimora che era situata immediatamente dietro il tempio, si cambiarono la veste e poco dopo riapparvero in compagnia delle loro mogli e dei loro figli. Ma quando le donne ed i figli videro il tempio spoglio delle divinità, i loro lamenti furono assai grandi e chiesero di Me, perché ai loro occhi ero Io la causa della loro sventura.

18. Allora Io avanzai verso di loro e dissi: «Sono Io colui che cercate! Non preferite vivere grazie alle opere della verità invece che con il frutto di queste opere dell'inganno e della più grossolana menzogna?»

19. E le donne risposero: «Certo che lo preferiremmo; ma chi ci darà qualcosa per le nostre opere di verità? È già da molto tempo che sappiamo che in tutti i nostri dèi non c’è niente di vero, ma a che giova ciò? Dove possiamo prenderne di migliori e di più veri? Questi dèi falsi ci hanno pur sempre procurato il nutrimento; e come potranno nutrirci quelli veri che non abbiamo ancora?»

20. Dissi Io: «Non occorre che voi, donne, vi curiate e affanniate per questo; ciò spetterà ai vostri mariti quando, invece di essere sacerdoti degli idoli, diverranno sacerdoti e servitori della vivente Parola di Dio!»

21. E le donne replicarono: «E chi darà loro queste cose?»

22. Risposi Io: «Non serve che vi diate pensiero nemmeno di questo! Io però devo ora dire a voi, o sciocche donne, di ritornare tranquillamente là da dove siete venute portando i vostri figli con voi, altrimenti dovrei costringervi ad andarvene, perché voi avete ancora abbastanza da mangiare e da bere; quando non avrete più niente, qualcuno avrà cura affinché voi ed i vostri figli non dobbiate soffrire la fame! Andatevene ai vostri campi e ai vostri giardini e prati, e lavorate anche voi un po'! Ciò vi gioverà molto di più del vostro pulire gli dèi e fabbricare degli dèi di creta e di cera».

23. A questo punto si intromisero anche i cinque sacerdoti i quali indussero le donne a rientrare in casa con i loro figli, mentre loro ritornarono subito da noi molto ben disposti.

 

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Cap. 94

La preghiera del sacerdote che vengano ripristinati gli idoli. Il lago sacro.

 

1. E il sacerdote di Minerva, che era il più coraggioso ed anche il più colto dei cinque, si avvicinò a Me e disse: «O signore e Uomo-Dio, o cosa altro mai tu possa essere, dalle poche parole che tu hai rivolto alle nostre indocili donne mi sono convinto che sei un uomo molto buono, saggio e quanto mai onesto nel tuo pensiero, con cui sarà probabilmente lecito scambiare anche qualche onesta parola! Ora, data questa premessa che io ritengo senz’altro fondata, ti prego di voler porgermi ascolto con un po' di pazienza! Vedi, io so certo che quello che vorrai darci in cambio di questo vecchio ciarpame pagano sarà infinitamente migliore di quanto anche di più buono possa esservi nella sfera del nostro riconoscimento; qui non si tratta certo di ciò, ma di qualcosa del tutto differente, e questo è anche ciò per cui io ti ho pregato di volermi benevolmente ascoltare!

2. Ecco, qui si tratta anzitutto del mantenimento, se mai possibile, delle leggi statali con l'aiuto di ogni specie di buoni insegnamenti riguardo all'esistenza, in natura, di forze e di potenze soprannaturali, che noi in generale chiamiamo divinità! E allo scopo di renderle tangibili ai sensi del popolo, noi le abbiamo presentate ad esso mediante delle immagini corrispondenti con una forma pura ed artistica. Il popolo si è abituato a vederle già fin dalla culla e, contemplandole, ne ha sempre ricevuto un'impressione edificante, facendo sempre tra di sé anche buone e devote considerazioni. E per noi, sacerdoti, è stato facile inculcare al popolo, riferendoci a quelle nobili immagini, più di un insegnamento buono e utile, ciò che sarebbe stato molto più difficile in mancanza delle immagini stesse.

3. Ora, quando il popolo in un determinato giorno si radunerà qui e non vedrà più le immagini delle tre divinità, io non so davvero come la cosa andrà a finire. Noi certo potremmo tirare in ballo la tua persona e, riferendoci a questa, giustificarci con parole accalorate e improntate alla massima convinzione; ma tu, viaggiatore straniero, dove sarai allora? Per nostra grande fortuna noi potremo senza dubbio avere a nostro favore la testimonianza di persone ragguardevolissime del luogo, ma anche l’aiuto di queste testimonianze non ci gioverebbe infine gran che di fronte ad un popolo divenuto furioso e selvaggio, e perciò vorrei supplicarti ardentemente, per amore della pace, di ricostituire le tre statue ancora per breve tempo soltanto, cosa per te certo facilissima! Noi però ad ogni modo accoglieremo interamente la tua dottrina con animo gratissimo per annunciarla poi al popolo e per rendere in questo modo superflue qui le tre divinità; di ciò tu puoi essere assolutamente certo; ma per il momento, così d'un tratto e con un colpo solo, la cosa sarà molto difficile o addirittura impossibile da sistemarsi!

4. Dunque, ti piaccia, o buon Uomo-Dio, esaudire questa mia sincera preghiera, cosa questa che sicuramente è per te altrettanto facile, quanto lo è stato prima far scomparire le tre immagini degli idoli! Io so che ti abbiamo offeso poco fa smentendo quanto dicesti riguardo alla presenza qui dei finti oracoli; tuttavia non avevamo assolutamente nessuna intenzione perversa, perché noi ignoravamo del tutto chi potessi essere tu. Il tuo prodigio ci ha insegnato una lezione diversa che abbiamo imparato subito, però a quel punto era già troppo tardi. Ma considerato che sei ancora qui, perdonaci la nostra avventatezza ed esaudisci in grazia la preghiera che proprio ora ti ho rivolto a nome di tutti noi!»

5. Ed Io gli risposi: «Mah, che cosa devo fare Io di voi ciechi? Se preferite la notte al giorno della vita, avrete di nuovo i vostri idoli morti! Però in questo caso conviene che siate preparati al tempo che ben presto si annuncerà, nel quale il popolo accorrerà qui, ed esso stesso si scaglierà contro i vostri idoli e anche contro di voi! Se voi, con l’aiuto anzitutto di questi testimoni di provata affidabilità, e poi con il Mio invisibile aiuto, vi foste attenuti a quello che nel frattempo vi ho esposto in brevi parole, vi sareste salvati; ma se voi, nonostante ciò, preferite riavere i vostri dèi, essi ricompariranno immediatamente ai posti che occupavano prima!»

6. Esclamò allora l'oratore: «O signore e Uomo-Dio! Concedici ancora un breve tempo per consultarci tra di noi, e poi ti faremo conoscere con tutta fedeltà la nostra decisione!»

7. A questo punto intervenne il gabelliere e disse: «Miei cari amici, consultatevi dunque fra di voi, e poi venite a casa mia dove definiremo la questione, perché davvero qui tutto ci appare così vuoto e deserto come se ci trovassimo in una catacomba egiziana!».

8. I sacerdoti si dichiararono d'accordo con tale proposta, e noi ce ne andammo più lontano, dove c'era un piccolo lago che aveva una grande profondità, caratteristica questa che si riscontra in quasi tutti i laghi dell'Asia.

9. Giunti presso questo lago, Giored disse: «O Signore, qui vedi una vera piccola meraviglia di questo nostro paese! Di notte, particolarmente quando l'estate è al suo culmine, si può sempre vedere una immensa quantità di luci minuscole che quasi nuotano su tutta la superficie dell'acqua; qualcuna si muove più lentamente, altre invece più rapidamente. Ora, constatare più da vicino di che cosa veramente si tratti, non è affatto facile, dato che non ci si può accostare al lago a causa delle sue rive molto paludose. Va da sé che i sacerdoti sanno bene come sfruttare questo fenomeno, considerato che il lago si trova ancora dentro i limiti del loro sacro territorio boscoso; perché quando viene il tempo stabilito, che ora non è molto lontano, si fanno grandi discorsi riguardo all'arrivo dei geni dall'Elisio, i quali fanno la loro comparsa per distribuire grazie alla gente. Si dice che i geni abbiano eletto a tale scopo solo questo lago per la ragione che è il più puro di tutto il mondo.

10. Che il lago abbia un'acqua assolutamente pura, è certo comprensibile, perché non può arrivarvi niente che possa intorbidirla; ma per quanto riguarda i geni dall’Elisio, è senz'altro legittimo il dubbio che siano proprio tali. Il fenomeno non dovrebbe avere un carattere tanto straordinario, anzi sarà di certo un fenomeno del tutto naturale; ma i sacerdoti, che sono abili oratori, sanno probabilmente presentare la cosa in modo tale che alla fine, almeno momentaneamente, si resta assolutamente sbalorditi, in particolar modo durante la notte che predispone sempre più del giorno l'animo dell'uomo a scorgere il soprannaturale in ogni cosa. Comunque, la robusta barriera che circonda tutto il lago ha decisamente il suo lato buono, perché non sarebbe consigliabile per nessuno azzardarsi ad oltrepassare anche solo di poco i pali piantati in terra che sono congiunti tra di loro con solide sbarre, poiché chi cominciasse ad affondare nella melma sarebbe irrimediabilmente perduto.

11. Ebbene, o Signore e Maestro, anche a questo riguardo sarebbe necessaria una spiegazione, e precisamente in primo luogo riguardo al motivo per cui sul suolo della Terra debba esistere un lago tanto pericoloso e, se vogliamo, anche del tutto inutile! Esso infatti non è affatto navigabile, né è stato mai possibile scorgere qualche pesce nelle sue acque; non ha in nessun punto un luogo di afflusso, e tanto meno uno di deflusso dell'acqua, né si presta quindi in qualche modo all'irrigazione dei terreni circostanti. In secondo luogo poi esso, secondo la Dottrina santamente vera che ci hai dato, non può che promuovere l'idolatria a motivo dei suoi fenomeni luminosi davvero magici, che dal punto di vista fisico-naturale non giustificherebbero delle critiche, ma ne presuppongono invece moltissime dal punto di vista morale! Infatti, quantunque le tre pesanti statue siano state spazzate via dalla Tua prodigiosa Forza dominatrice della vita, l'idolatria permane certo come prima. Non Ti sarebbe dunque possibile riservare con altrettanta facilità a questo lago, fatto oggetto di idolatria, lo stesso destino toccato alle tre statue?»

12. Dissi Io: «Oh, senza alcun dubbio, e così anche farò, visto che il tuo desiderio ha un buon fondamento. Però, ad ogni modo devo dirti che tale lago su questa Terra non ha affatto una funzione tanto meschina quanto te la immagini tu, perché esso sta in comunicazione con l'organismo interno del corpo terrestre, e dalla superficie fino al fondo l'acqua ha una profondità corrispondente ad una distanza lineare di più di trecento ore di cammino; esso funge da apparato refrigeratore, collocato com'è su di una caldissima vena cardiaca terrestre, e per questo motivo le sue acque sono freddissime.

13. Il lago ha un afflusso sotterraneo, mentre invece non ne ha uno di scarico, dato che l'eccesso dell'acqua viene sempre consumato dall'intenso calore interno per via di una continua evaporazione, la quale per azionare il meccanismo interno è appunto tanto necessaria quanto lo è l'evaporazione dei succhi derivati dagli alimenti nello stomaco umano. Per conseguenza questo lago non è di alcuna utilità sotto l’aspetto esteriore della Terra, ma tanto maggiore è invece la sua importanza sotto l’aspetto interno terrestre.

14. Certamente qui tu potresti chiedere: “Ma perché esso deve esistere proprio qui in questa pianura che per il resto è così bella e fertile? Non potrebbe esso stare bene anche in qualche altro luogo, in un deserto per esempio?”. Eh sì, non hai del tutto torto a tale riguardo; sennonché questa regione, a mala pena duemila anni fa, era effettivamente essa pure un deserto, che però solo più tardi venne in gran parte trasformata in terreno fertile tramite il diligente lavoro di gente che era stata esiliata in questi grandi spazi.

15. È chiaro dunque che la stessa cosa può avvenire di moltissimi altri deserti di questa Terra dove spesso di simili laghi ce ne sono venti ed anche trenta! Se un giorno anche quei deserti verranno trasformati in zone fertili, anche quegli abitanti cominceranno certo a domandarsi: “Ma perché deve esistere proprio qui questo o quel lago pericoloso?”. Io però non posso dirti altro che questo: “Poiché un simile lago è supremamente necessario per promuovere la vita meccanica del corpo terrestre, bisogna pure che esso esista in qualche luogo della Terra, e così per combinazione, secondo l'Ordine fondato nella Sapienza di Dio, questo lago si trova qui, e varie migliaia di altri ne esistono nella stessa maniera in altri luoghi, in grandissima parte però sotto i mari e sotto le alte montagne.

16. Ed ora, per passare ai suoi fenomeni luminosi che si verificano per lo più durante il mese di “Giulio Cesare”[17], non si tratta che di una gran massa di insetti luminosi i quali di notte assorbono le leggere esalazioni emanate dall'acqua e così si saziano. Va in India, e vi riscontrerai fenomeni luminosi notturni completamente diversi!

17. Ma tutte queste cose, anche considerate insieme, non hanno grande importanza, perché il lago può venire solidamente recintato, così da escludere qualsiasi pericolo per chiunque, ed inoltre anche quel fenomeno luminoso potrebbe venire spiegato alla gente in maniera assai chiara e convincente. Considerato però che intendiamo, per amore di questi sacerdoti, sgombrare i loro sentieri da qualsiasi cosa con la quale essi potrebbero, senza gravi fatiche, ingannare i loro simili e indurli ulteriormente in ogni tipo di errori, così copriremo anche questo lago di terra solida per una profondità di mille altezze d'uomo, mentre il suo necessario sbocco glielo procureremo mettendolo in comunicazione con un altro grande lago situato in qualche altro luogo, e in questo modo avremo ottenuto un vantaggio per voi senza causare alcun danno alla vita meccanica della Terra. Così dunque sia fatto e così avvenga».

18. Nello stesso istante non vi fu la benché minima traccia di un lago; tutto era diventato terreno solido e la circonferenza del lago la si poté valutare unicamente in base al recinto che era rimasto al suo posto.

19. È facile immaginare l’immensa sensazione suscitata da questo avvenimento in tutti i presenti. Ma mentre noi ormai ci accingevamo a prendere la via del ritorno, pur trovandoci ancora sempre in prossimità del lago dove alcuni stavano provando con i loro piedi la solidità del terreno appena sorto, anche i cinque sacerdoti ci raggiunsero, essendosi già accorti, quand'erano ancora nel tempio, che saremmo andati probabilmente a visitare pure il lago sacro.

20. E quando, con passo affrettato, furono arrivati sul posto, si presero il capo tra le mani e gridarono: «Ma per amore di tutti gli dèi! Cos'è mai successo qui? Prima la scomparsa delle tre divinità principali, ed ora anche quella del nostro purissimo lago sacro! Guai a noi, perché adesso siamo perduti! La causa di ciò non può essere altro che i grandi dèi sono stati in qualche modo gravemente offesi, e perciò hanno permesso che un mago di primo ordine ci facesse questo mediante la loro forza della quale essi l'avranno dotato a tale scopo. Oh, almeno che ci fosse rimasto il lago! Oh, chi ci aiuterà ora e come faremo a nutrirci»

21. Ed Io dissi loro: «Venite con noi in casa di Giored; là esamineremo la vostra questione e discuteremo sul da farsi, perché qui non è il luogo, né il tempo adatti!».

22. I cinque sacerdoti si dimostrarono molto soddisfatti di tale decisione, e ci seguirono fino in casa di Giored dove un ricco pranzo ci attendeva.

 

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Cap. 95

A pranzo nella casa del gabelliere Giored.

La Dottrina di Vita del Signore.

 

1. Il gabelliere Giored invitò naturalmente a pranzo anche i cinque sacerdoti i quali accettarono con gioia l’invito e presero posto alla nostra mensa. Durante il pranzo, secondo il costume dei greci, si parlò poco o niente, però a pasto terminato, e quando il vino ebbe sciolto le lingue, iniziò la conversazione e l'animazione si fece quasi generale alla nostra mensa.

2. I cinque sacerdoti invece parlarono poco limitandosi ad ascoltare, perché essi volevano carpire, ascoltando di nascosto, chi veramente Io fossi e da dove venissi dai discorsi dei discepoli e degli altri ospiti! Sennonché niente di simile pareva voler emergere dai vari discorsi dei commensali.

3. Dopo qualche tempo però i cinque persero la pazienza e cominciarono a domandare se sarebbe stato loro lecito dire qualcosa, e precisamente in merito a come si sarebbero dovuti comportare in futuro in qualità di sacerdoti per appianare le cose con il popolo.

4. Allora dissi loro così: «Dite soltanto la pura verità e null'altro; spiegate come è successo veramente e come si sono svolti gli avvenimenti, e appellatevi ai testimoni dei quali qui ce ne sono in discreto numero; vedrete che così non vi verrà torto nemmeno un capello! Ma poi fate in modo di comprendere la Mia Dottrina ed annunciatela agli uomini a cui insegnate; di certo tutti se ne rallegreranno notevolmente, e gioiranno nel trovarsi dinanzi ad uomini e a maestri del tutto differenti da quelli di prima! Ma credete forse che fra la gente dipendente per questioni di religione dal vostro tempio ve ne sia ormai ancora molta ad avere fede in voi? Io posso dirvelo: “Fra cento non ve ne sono più nemmeno due a credere!”. Essi accorrevano a voi per una vecchia abitudine e per dilettarsi alla vista degli spettacoli che inscenavate, ma è già molto tempo che quasi nessuno crede più nemmeno ad una delle vostre parole! Dunque dopo quello che è avvenuto, non solo non avete perso niente, ma anzi avete fatto un immenso guadagno.

5. Che cosa insegni poi la Mia Dottrina, i Miei discepoli fino questa sera avranno ampiamente l’opportunità di esporvela con tutta facilità, ed anche di ammaestrarvi riguardo a come dovrete procedere per annunciarla a vostra volta al popolo. Ma innanzitutto anche voi dovete fare quanto la Mia Dottrina richiede, perché solo così potrete giungere alla perfezione della vita, e in tale stato potrete anche fare quello che Io faccio ora, anzi potrete fare delle cose più grandi e più numerose ancora quando sarete arrivati al grado massimo della perfezione.

6. Infatti il vero, grande ed unico Dio non ha affatto creato degli uomini affinché svolgano, come gli animali, un'attività tendente a soddisfare esclusivamente le loro necessità naturali, ma quelle interiori-spirituali; e colui che si rende attivo nello spirito e che mediante la scienza, la fede e l'azione esercita le proprie forze spirituali, costui si farà anche forte e possente nello spirito.

7. Ora chi ha cura di esercitare anzitutto le energie dello spirito, costui va edificando in sé il Regno di Dio, e questo costituisce nell'uomo la vera vita eterna, ed egli si rende così affine a Dio, il Creatore, e simile a Lui in tutti i Suoi attributi.

8. Ma una volta che l’uomo sia pervenuto in sé a un tale beatissimo stato della vita, e che abbia unificata la propria volontà con la riconosciuta Volontà di Dio, allora egli può anche fare tutto quello che Dio fa, e si rende così in sé signore della vita e possente dominatore di tutte le forze della natura. Che voi però queste cose non le comprendiate ancora nella loro integrità, lo so benissimo; ad ogni modo quando i Miei discepoli vi avranno spiegato le cose con maggiori dettagli, anche a voi riuscirà più chiaro di adesso quello che vi ho detto proprio ora».

 

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Cap. 96

Dell’astrologia.

 

1. A questo punto il sacerdote di Minerva disse: «Ascolta, o Uomo-Dio, fra i nostri principali compiti c'è pure quello della suddivisione giornaliera del tempo, inoltre quello dell'ordinamento e del conteggio dei giorni, delle settimane, dei mesi e degli anni; poi è nostro compito ancora scrutare e determinare i pianeti dominanti dell’anno, nonché i dodici segni dello Zodiaco! Ora questa è un’occupazione che esige molte conoscenze, molte esperienze e un assiduo lavoro, perché tutto ciò è supremamente necessario per l'intera umanità, dato che senza questa nostra vigilanza e senza le nostre cure costanti essa sarebbe in breve tempo esposta al pericolo di un disordine grandissimo in tutti i suoi svariati campi di attività.

2. A questo scopo fabbrichiamo anche le clessidre e le meridiane secondo la posizione dei dodici segni zodiacali. Ora, se noi stessi osserviamo la tua nuova Dottrina di Dio e di vita, e ci assumiamo l'incarico di annunciarla al popolo, dovremo anche rinunciare a dedicarci a questa attività?»

3. Ed Io gli risposi: «Oh, sì, questa attività è perfettamente conforme all'ordine ed è buona; perciò potete anche praticarla, escludendo però la vostra astrologia e il leggere nelle stelle e voler stabilire i destini degli uomini in base ad esse, nonché escludendo anche il vedere nei segni zodiacali altrettante divinità, l’adorarle e ad offrire loro sacrifici. Queste cose banditele da voi, e in quanto al resto potete calcolare a vostro piacimento e contare i giorni, le settimane, i mesi e gli anni, e potete anche costruire quanti orologi volete, purché vi asteniate da qualsiasi idolatria e predizione. Soltanto la mansione di misurare il tempo non vi viene sconsigliata da parte Mia, sebbene Io debba francamente dirvi che, nella vostra attività volta a stabilire il tempo, lo stabilire un pianeta dominante dell’anno è assolutamente una cosa vana e sciocca; per convincervene basta che facciate attenzione a quanto vi dirò adesso:

4. Voi, tra i vostri pianeti dominanti, annoverate anche il Sole e la Luna; della Luna non voglio dire ancora nulla, dato che essa, quale una costante accompagnatrice di questa Terra, che è certo un pianeta, è dunque essa pure un piccolo pianeta. Ma il Sole invece non è affatto un pianeta, ma una stella fissa come ce ne sono in quantità innumerevole nello sconfinato spazio della Creazione. Esso è almeno mille migliaia di volte più grande di questa Terra, e per i pianeti che gli girano intorno costituisce un mondo di luce fisso ed immutabile, cosa questa che avrete occasione di apprendere in maniera più dettagliata dai Miei discepoli.

5. Ma se le cose stanno irrefutabilmente così, come potete fare dei vostri pianeti in certo modo i reggenti dell'uno o dell'altro anno? Vedete, qui dentro si nasconde un'idolatria sottilissima ed abilmente calcolata da parte dei sacerdoti pagani dell'antichità! Infatti, se ad esempio quest'anno per voi il pianeta dominante è Giove - o il vostro Zeus -, costui, essendo un Dio, devono essere offerti quest’anno dei sacrifici particolarmente abbondanti per mantenerlo in una benevola disposizione d’animo e propiziarselo agli scopi di un buon raccolto. Ecco, questa è idolatria bella e buona e va assolutamente eliminata; invece è bene che gli uomini riconoscano il vero, unico e vivente Dio e che vivano ed operino secondo la Sua Volontà fedelmente rivelata, poiché nell'antico Libro della Sapienza sta scritto: “Io solo sono il vostro Dio e Signore; quindi accanto a Me non dovete avere, né dovete onorare alcun Dio vano ed estraneo!”

6. Dio dunque è UNO solo, ed Egli solo ha creato fuori da Sé tutto ciò che esiste. In Lui solo dovete credere, e dovete osservare i Suoi Comandamenti che Io vi faccio conoscere, e Lui solo infine dovete amare sopra ogni cosa al mondo!

7. Ma se voi fate così per ottenere quanto Io vi ho promesso, allora non c'è più ragione che esistano i pianeti dominanti, perché Dio solo è il Reggente di tutte le cose, di tutti gli elementi e di tutti i tempi.

8. Chi crede questo fermamente e senza dubitare e accoglie in sé e conforma la propria vita fedelmente alla riconosciuta Volontà di Dio, costui avrà ben presto in sé anche la percezione chiarissima che le parole che Io vi ho detto e che ancora vi dico sono davvero parole di Dio, e che esse conducono al raggiungimento delle mete che vi ho promesso con altrettanta certezza, quanta ce n’è nel fatto che Io, mediante il semplice uso della Mia Volontà, posso ottenere tutto quello che voglio! Avete ben compreso voi queste cose?»

9. Risposero i cinque sacerdoti: «Signore e maestro, e Uomo-Dio completamente vero! Questo noi ora lo abbiamo compreso bene, e diciamo e professiamo apertamente che tu hai assoluta ragione in tutto, e dici la purissima verità. Tuttavia riguardo alla nostra attività, noi siamo del parere che si potrebbero lasciare i pianeti dominanti, nei nostri calcoli del tempo e dell’anno, unicamente per quanto riguarda il mantenimento dei soli nomi, in uso da tempi antichissimi; sarebbe in ogni caso nostra cura spiegare al popolo che si tratta semplicemente di nomi con i quali intendiamo distinguere quelle certe stelle non fisse. Tutto ciò è elaborato puramente allo scopo della determinazione ordinata del ciclo di sette in sette anni secondo il sistema adottato dagli antichi egizi. Questo, crediamo, non potrebbe essere certo di danno al fiorire della tua dottrina!»

10. Ed Io osservai: «Eh, secondo i casi! Ad ogni modo se anche proprio non di danno, sicuramente non ne potrebbe derivare nemmeno un vantaggio, perché, a che cosa serve anzitutto il ciclo di sette anni? Se già quello di sette settimane e di sette mesi non ha in sé assolutamente nessun significato, quanto meno potrà averne un ciclo di sette anni! Sennonché voi avete finito col fare del numero sette un numero magico e quindi estremamente importante, gli avete attribuito ogni tipo di strabilianti effetti incantando così il popolo, ed è questa la ragione per la quale siete restii a liberarvi di tale teoria perfettamente vuota e quindi di tale stoltezza. Ma se proprio vi pare di essere obbligati a mantenere tutte queste cose, allora vedete almeno di inculcare seriamente al popolo l’idea che gli antichi nomi delle divinità non sono altro che dei nomi vani e dei vuoti attributi a quelle certe stelle non fisse!

11. Io vi dico: “Tutti i calcoli che voi fate là, sul cielo stellato, sono puramente menzogna e inganno; i Miei discepoli ve ne possono rendere testimonianza perfettamente valida. Io ho fornito loro molte spiegazioni a questo riguardo, ed essi ormai sanno che cosa sono il Sole, la Luna e tutte le altre stelle; voi non avrete che da interpellarli più tardi, ed essi vi chiariranno molto bene la questione! Ma da ciò vedrete come tutti i vostri calcoli e determinazioni siano estremamente falsi e ridicolmente sciocchi.

12. Come già detto, c’è qualcosa di vero e di giusto nel vostro modo di calcolare il tempo astronomico solo nelle fasi lunari che variano costantemente da sette a sette giorni, il sistema che ne deriva per il calcolo della settimana, la durata del mese e quella dell'anno; tutto il resto invece non è che un vuoto vaneggiamento. Ecco che ormai sapete quanto vi è di serio nei vostri calcoli; sta adesso assolutamente in voi fare quello che volete!»

13. Quando i cinque ebbero udito simili parole sulla scienza del calcolo del tempo e delle stelle da loro reputata tanto importante, essi fecero tutti un’espressione meravigliatissima e si consultarono tra di loro sotto voce dicendo: «È certo che costui non ha acquisito la sua sapienza e la sua magica potenza di volontà in Egitto, perché, se fosse così, egli dovrebbe esprimersi ben diversamente sul conto dell'antica ed eccellente scienza astronomica degli egiziani! Egli però ripudia già tutto, ad eccezione solamente di quello che ciascuno, per quanto semplice di intelletto sia, può senz'altro calcolare e contare con tutta facilità sulle dita delle mani. Ma egli deve pur avere le sue buone ragioni per esprimersi così! Ci chiariremo le idee su questo parlando con i suoi discepoli!»

14. Disse poi il primo fra i sacerdoti di Apollo che era propriamente l'astronomo principale: «Eppure io a Diathira, nell'Egitto superiore, ho studiato con la massima diligenza sotto il grande Zodiaco nel tempio di Crono il calcolo del tempo, l'astronomia e la meravigliosa scienza dell'astrologia, e ciò secondo il nuovo sistema del gran Tolomeo[18], ed ecco che adesso, d’un tratto, tutto questo non dovrebbe valere più niente! Ma che cosa si deve dunque pensare contemplando il prodigioso spettacolo delle costellazioni celesti? Che non abbiano gli astri proprio nessun altro scopo maggiore all'infuori di quello di donare, con il loro scintillio, un fiochissimo barlume nelle notti di questa Terra? Ma perché allora esistono tutti quei raggruppamenti così molteplici che rimangono costantemente uguali? In verità, questa è una prova ben dura per noi! Ma ormai, comunque sia, vedremo cosa i suoi discepoli ci diranno di nuovo!».

 

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Cap. 97

Il Signore guarisce malati in un paesetto di pescatori.

 

1. Poi, visto che era ormai già l'ora quarta del pomeriggio, ci alzammo dalla mensa ed Io, dopo aver incaricato Andrea e Natanaele di impartire a quei sacerdoti il necessario insegnamento, uscii fuori all'aperto con gli altri discepoli e con i servitori.

2. Però ben presto anche il sacerdote di Giove si aggiunse alla nostra compagnia, poiché egli aveva detto agli altri quattro: «Prendete ben nota di quanto vi diranno questi due; io intanto seguirò il maestro, perché voglio vedere ed ascoltare quello che egli eventualmente farà e dirà ancora».

3. E così anch’egli ci raggiunse mentre camminavamo lungo l'Eufrate, sulla cui riva destra - lungo la quale si trovava quella località - cresceva pure una grande quantità di erbe medicinali rare. Scendemmo per un'ora di cammino lungo la riva del fiume fino a raggiungere un piccolo villaggio di pescatori i cui abitanti si nutrivano esclusivamente di pesce, perché il terreno all'intorno era pietroso e sabbioso, e soltanto qua e là vi cresceva un'erba magrissima che a mala pena era sufficiente a foraggiare poche capre, e non era quindi proprio possibile rendere quel terreno coltivabile.

4. Quando vi arrivammo, quegli abitanti ci vennero incontro in gran numero, salutarono Giored, il gabelliere, che essi conoscevano molto bene, e lo pregarono di avere pazienza e indulgenza poiché essi erano rimasti in debito verso di lui di una parte del canone d'appalto della pesca.

5. Il gabelliere però condonò loro del tutto il debito ed aggiunse: «Non soltanto vi esonero dal pagamento del canone di appalto che mi dovete, ma anche vi esonero per sempre da qualsiasi ulteriore pagamento a titolo di affitto; soltanto il denaro del tributo imperiale sarà a carico vostro, quali soli e liberi proprietari di questo villaggio e detentori del diritto di pesca, e questo denaro lo potrete ben guadagnare IN COMMUNE (in modo collettivo) con la vendita del pesce! Siete soddisfatti di questo?»

6. Allora tutti, uomini e donne, si prostrarono sulle loro facce per la grande gratitudine che provavano, si profusero in lodi all'indirizzo di Giored esaltandone la grande bontà. Giored però disse loro di alzarsi e di non fare tanto chiasso per un beneficio così meschino.

7. E quando si furono alzati, egli presentò loro suo figlio che era stato risuscitato e raccontò come era avvenuta la cosa. Allora essi si affollarono intorno a Me che stavo assieme al medico proprio vicino alla riva, e cominciarono a lodarMi e a glorificarMi molto per aver risuscitato dalla morte il figlio di Giored, dato che essi ritenevano per certo che appunto era questa la ragione per cui egli aveva dimostrato una benevolenza tanto grande che altrimenti non avrebbe sicuramente dimostrata verso di loro, nonostante fosse sempre stato una persona molto buona e giusta.

8. Poi essi, nella loro semplicità e schiettezza, Mi domandarono chi Io fossi per riuscire a compiere delle cose così inaudite.

9. Ma Io li tranquillizzai dicendo: «Chi e che Cosa Io sia, voi lo apprenderete sempre abbastanza per tempo. Ciò che però potete sentire per il momento attraverso la Mia bocca, è che Io solo sono un vero Salvatore del mondo per tutti gli uomini e che non soltanto è in Mio potere ridonare a chiunque la salute del corpo unicamente grazie alla Mia Volontà e alla Mia Parola, ma anche redimere le anime umane dal lungo brancolare nella tenebra dell'errore e donare loro la vita eterna. Se nel vostro piccolo villaggio avete degli ammalati, conduceteMeli qui ed Io li risanerò tutti!».

10. Quei poveretti allora si profusero anticipatamente in ringraziamenti ed esclamarono: «O caro salvatore nostro, di ammalati ne abbiamo purtroppo parecchi, e noi stessi non siamo davvero proprio tanto sani come, in parte, si potrebbe giudicare dal nostro aspetto; sennonché i nostri infermi sono in gran maggioranza afflitti da malanni tali che sarà ben difficile poter giovare loro gran che!»

11. Ed Io replicai: «Andate e conduceteli tutti qui, e per la prima volta in vita vostra vi sarà dato di conoscere la Forza e la Gloria che Dio ha conferito all'uomo».

12. A queste parole essi si affrettarono verso le loro misere dimore, e ritornarono di lì a poco accompagnando una ventina di infermi tra i quali c'erano degli zoppi, degli storpi, dei paralitici, e poi dei ciechi, dei sordi e dei lebbrosi, nonché perfino un uomo a cui mancavano entrambe le braccia. Costui era del resto sano e robusto, dato però che egli già da bambino aveva perso le braccia a causa della negligenza della donna a cui era stato affidato, era così cresciuto incapace di qualsiasi lavoro vero e proprio, all'infuori del poco che poteva disagiatamente compiere con i propri piedi.

13. E quando gli infermi furono fatti sedere tutti su quella poca erba che c'era là a disposizione, Io Mi avvicinai a loro e dissi: «Vorreste voi tutti venire liberati dai vostri mali e potete credere che Io possa guarirvi?»

14. Ed un vecchio, che era paralitico, rispose: «O caro e buon salvatore del mondo, se ti fu possibile risuscitare dalla morte il figlio di Giared, crediamo anche che tu sarai capace di guarire noi pure! Ma che noi, che soffriamo atrocemente, vorremmo tutti riavere sane e robuste le nostre membra, questa è una cosa che si comprende senz'altro da sé. Dunque, se tu, o buon e caro salvatore, vuoi ridonarci la salute, ti piaccia dimostrare in tal modo il tuo amore e la tua grazia verso di noi! Noi non possiamo davvero offrirti nulla in compenso, perché tu vedi già la nostra grande povertà. Noi abbiamo certo già invocato tutte le divinità, ma esse non hanno voluto esaudire le nostre preghiere certo per la ragione che non abbiamo potuto portare loro delle offerte. Ma se tu ci guarisci, devi essere ben di più e di meglio di tutti gli dèi del cielo!»

15. Udito questo, il sacerdote di Giove, che era anch'egli presente, disse al medico: «Se egli è capace di tanto, allora non è più un uomo, ma un Dio nel vero senso della parola! Ma sono proprio curiosissimo di vedere come andrà a finire con quest'uomo privo delle braccia! Se egli può ridonargli le due braccia perdute, noi potremo dire di trovarci assolutamente dinanzi a un Dio, e sarà poi nostro dovere prostrarci adorarlo!»

16. Allora Io alzai gli occhi al Cielo e dissi ad alta voce: «O Padre, Io Ti ringrazio perché ancora una volta Mi hai esaudito! Io so bene che Tu Mi esaudisci sempre; però Io dico e faccio così affinché anche questi pagani Ti riconoscano e credano in Te ed in Me e poi glorifichino soltanto il Tuo santo Nome!»

17. Mi rivolsi poi verso gli ammalati, ed esclamai: «Alzatevi e camminate!»

18. Allora tutti si alzarono da terra, poiché tutti nel medesimo istante erano ridiventati perfettamente sani.

19. Soltanto l'uomo privo delle braccia non le aveva ricuperate, e perciò egli si avvicinò a Me e, supplicando, disse: «O buon salvatore, poiché ti è stato possibile ridonare la salute a tutti gli infermi mediante la tua volontà prodigiosamente potente, dovrebbe esserti certo possibile anche ridonarmi le mie due braccia, affinché io possa poi guadagnarmi il pane con il mio lavoro! Oh, fa che anch'io non debba allontanarmi da qui a mani vuote e che possa invece associarmi con tutto il mio cuore alla gioia riconoscente degli altri risanati!»

20. Gli dissi Io: «E perché dubitasti nel momento in cui risanai gli altri? Vedi, tutti gli altri crederono e furono guariti; ma se in te non fosse sorto un dubbio, allora anche tu saresti ormai già in possesso delle tue braccia!»

21. E l’uomo senza braccia rispose: «O buon salvatore del mondo, non imputarmi a peccato il mio errore, perché ora io ho piena fede nel fatto che tu puoi aiutare anche me!»

22. A questo punto il sacerdote di Giove che si trovava dietro di Me fece, sottovoce, al medico l’osservazione: «Io già da principio mi sono immaginato che la guarigione di quest'uomo privo di braccia non sarebbe stata tanto facile! Infatti, una cosa è guarire, mediante la potenza magica di una parola e della volontà, degli individui in possesso ancora di tutte le loro membra, per quanto rattrappite, ma una cosa ben diversa è ridonare ad una creatura umana delle membra che mancano completamente e che bisogna creare di sana pianta!»

23. Rispose il medico: «Io non condivido affatto la tua opinione, perché Chi ha il potere di trasformare in un solo istante in un nulla assoluto tre colossali statue di pietra e di colmare un lago con della solida terra fino ad una grande profondità, Costui deve avere senz'altro il potere di ridonare ad una persona come questa le braccia, purché lo voglia!»

24. A queste parole del medico il sacerdote di Giove non replicò più nulla; allora Giored Mi venne vicino e disse: «O Signore, se tale è la Tua Volontà, ridona anche a quest'uomo le sue braccia, ed io intendo poi assumerlo al mio servizio dove sarà trattato bene!»

25. Ed Io gli risposi: «Sta pur tranquillo che egli riavrà le sue braccia; tuttavia Io devo indugiare ancora un po' a causa del sacerdote di Giove, che ha espresso il parere secondo cui questa cosa non Mi sarebbe riuscita, ed Io perciò dovrò prima scambiare qualche parola con lui»

26. Allora Io Mi volsi e dissi al sacerdote: «Ascolta, o uomo dallo scarso intelletto, come ti permetti di giudicare la Sapienza, la Forza e la Potenza divine? Chi ha posto nel mondo il primo uomo senza bisogno di un atto generativo e di un corpo materno, e Chi ha dato a colui che prima non esisteva, tutte le membra nella maggiore perfezione possibile? Vedi, Egli era Colui il Quale ora agisce in Me, come hai potuto convincertene in base ai vari segni da Me già operati! Non vedi dunque che un semplice uomo non può operare da solo quello che Io opero, ma che tali cose può compierle unicamente lo Spirito di Dio che in Me risiede e che è una cosa sola con la Mia Volontà? Essere sacerdote e non comprendere a prima vista come siano possibili le cose che Io ora sto facendo, non è davvero eccessivamente lodevole per un sacerdote di Giove che ha frequentato tutte le scuole possibili e che ha studiato a fondo Platone, Socrate ed altri filosofi ancora! DimMi dunque se tu proprio sul serio ritieni che Io non possa ridonare al corpo di quest'uomo le braccia che gli mancano?»

27. Rispose il sacerdote: «Questo, o amico mio davvero onnipotente, non è stato effettivamente il mio pensiero, quantunque la mia prima impressione sia stata che tu, trattandosi di infermi, avresti potuto risanare soltanto quelle parti del corpo che già esistono effettivamente, ma non più quelle andate perdute in seguito a un disgraziato incidente! Infatti, io facevo il seguente ragionamento: tu certamente puoi con facilità fare quello che vuoi con la materia grezza e morta che trova le sostanze a sé affini nell'aria e nell'acqua, considerato che tu sei profondissimamente iniziato nei misteri di tutte le forze invisibili della natura le quali devono evidentemente obbedirti. Ma un paio di braccia umane, da lungo tempo perdute, rappresentano invece una cosa ben differente, perché le loro sostanze fondamentali sono senza dubbio già molto lontane da quelle elementari primordiali, né dovrebbe essere possibile raccoglierle assieme con tanta facilità traendole fuori dall'aria e dall'acqua! Sennonché potrà anche non essere così, ed a te sarà invece possibile tanto un prodigio quanto l'altro! È vero che prima io ho esposto al medico la mia opinione ispirata a qualche dubbio; sennonché egli stesso con poche parole mi ha convinto del contrario, ed ormai io pure credo che tu potresti ridonare le sue braccia a quest’uomo, anche se per una qualche segreta ragione tu non volessi ridonargliele!»

28. Dissi Io allora: «Ecco, questo tuo linguaggio di adesso è ben differente, ed Io non ho più nessun motivo di non ridonare a quest'uomo le sue braccia; perciò Io dico e voglio che egli in questo stesso istante le riabbia!»

29. Non appena ebbi proferito tali parole, quell'uomo si ritrovò già in possesso di ambedue le braccia molto robuste delle quali poté immediatamente servirsi come se non gli fossero mai mancate.

30. Lo sbalordimento causato da questo prodigio fra tutti i presenti fu così enorme che tutti cominciarono a gridare: «Costui non è un uomo ma un vero Dio! Bisogna che noi Gli edifichiamo un Tempio, e là a Lui soltanto offriremo i migliori, i più preziosi e più puri sacrifici!».

31. Io però li calmai e, come avevo fatto con Giored qualche giorno prima, spiegai loro il mistero della forza vitale nell'uomo congiunta con quella dello Spirito tramite la fede e poi tramite il supremo amore per Dio che in eterno era, è e sarà. Quella gente semplice credette e comprese con rapidità e facilità quanto Io avevo detto.

 

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Cap. 98

L'abile difesa del sacerdote dei pagani.

 

1. Io poi incaricai i discepoli di esporre a quegli abitanti le linee principali della Mia Dottrina. Quando anche questo fu fatto con rapidità, tutti Mi ringraziarono con grande fervore per tale grande beneficio, ma dichiararono poi subito al sacerdote di Giove che essi non intendevano avere più niente a che fare con le sue divinità morte e assolutamente inutili, e che da allora in poi non avrebbero più visitato il tempio.

2. Ma il sacerdote disse: «In quanto a questo, io vi ho già preceduti. Noi d'ora in poi avremo occasione molto frequentemente di incontrarci per ragionare su questa nuova Dottrina e per edificarci reciprocamente nel Nome di questo Dio vivente! Infatti i nostri vecchi dèi di pietra non esistono più già da moltissimo tempo! Vale a dire che, riguardo al tempo e secondo verità, noi sacerdoti già da moltissimo tempo non ci tenevamo più a tali dèi, e per noi quindi essi già da moltissimo tempo era come se non esistessero, ma ora non esistono proprio più, perché questo Onnipotente li ha annientati con la Sua Volontà, ed ha pure colmato per tutti i tempi dei tempi il lago sacro con del solido terreno. Noi stessi siamo diventati Suoi discepoli, e al posto dell'antica menzogna vi spiegheremo la nuova e solidissima verità e cercheremo di giovarvi mediante ogni tipo di insegnamenti utili; spero dunque che noi continueremo ad essere i buoni amici di una volta!»

3. A questo punto intervenne il capo della piccola comunità, il quale disse: «La cosa sarebbe perfettamente in regola a questo riguardo; sennonché c'è qualcosa che non mi piace da parte tua, specialmente in questi momenti ricchi di fatti prodigiosi! Tu hai detto che voi sacerdoti, riguardo al tempo e secondo verità, non tenevate più agli dèi da molto tempo. Questa è stata certamente una cosa molto buona e saggia per voi e per le vostre tasche, perché, dato che appunto non avevate alcuna fede negli antichi dèi, potevate attribuire loro qualsiasi cosa preferivate. Voi vi presentavate quali mediatori fra le divinità e noi, miseri stolti e ciechi mortali, dicendo: “Gli dèi richiedono questo e quello in sacrificio espiatorio per risparmiarci questa e quella dura calamità!”. Noi allora, da pazzi che eravamo, vi portavamo spontaneamente le nostre offerte spesso molto abbondanti destinate agli dèi, che non sono mai esistiti in nessun luogo, le quali offerte venivano invece inghiottite da voi! Ma se voi stessi non credevate più negli dèi già da molto tempo, perché continuavate così scandalosamente ad abusare della nostra buona fede ed a mantenerci nell'inganno? Come farete ora a risarcirci per questo?

4. Quello che io stesso, povero pescatore e capo di questa piccola comunità dico qui, non lo dico per me, ma per tutta intera la comunità, e tu, che io conosco come il primo tra i cinque sacerdoti, bisognerà che ti giustifichi di fronte a noi e che ci dica per quale ragione voi avete agito in questa maniera con noi come se foste diventati voi stessi addirittura degli dèi onnipotenti, e perché infliggevate pene durissime a chi, da uomo ragionevole, avesse osato obiettarvi qualcosa. Se voi non ci darete delle spiegazioni sufficienti a questo riguardo, non dovrete aspettarvi grandi cose dalla nostra amicizia!»

5. Rispose il sacerdote: «Mio caro amico, in primo luogo la religione degli dèi non ve l'abbiamo data noi, perché siete nati e siete stati educati in essa! E in secondo luogo io ti domando adesso che cosa avreste fatto di noi qualora un bel giorno fossimo venuti da voi e con belle parole avessimo dichiarato che i vostri antichi dèi non sono mai esistiti e che essi non hanno detto né fatto mai nulla? Dunque, quello che noi abbiamo fatto, abbiamo dovuto farlo per causa vostra, e abbiamo dovuto tentare di fare il possibile per mantenervi nella vostra antica superstizione che vi induceva a credere negli dèi, perché voi in caso contrario non ci avreste certamente fatto un'accoglienza troppo amichevole. Finché dunque continuava ad esistere l'antica fede nei molti dèi, noi eravamo costretti a servirvi da buffoni, e perciò noi, che sotto ogni altro aspetto eravamo persone esperte in ogni scienza, meritavamo doppiamente la vostra ricompensa.

6. Oltre a ciò quello che abbiamo fatto, l'abbiamo dovuto fare anche per considerazioni politico-statali: se noi avessimo agito contrariamente a quanto abbiamo fatto, i tribunali di Roma ci avrebbero chiamati a rispondere perché saremmo andati minando la fede negli antichi dèi predicando al popolo una dottrina d'altro genere non autorizzata in nessun modo dallo Stato. Noi saremmo stati dichiarati decaduti dal nostro ufficio, e a voi sarebbero stati assegnati degli altri sacerdoti i quali sicuramente non vi avrebbero trattati così benevolmente come noi. E chi può garantire che, se noi ci ritiriamo dal nostro ufficio, non vengano ben presto inviati qui, per iniziativa statale, dei nuovi sacerdoti i quali poi vi tormenteranno in maniera chissà quanto mai aspra?

7. Certamente, la cosa ora si presenta per noi tutti più facile, dato che abbiamo tanti testimoni che possono attestare quello che è stato compiuto qui da un verissimo Dio vivente, e se noi d'ora innanzi crederemo con fermezza incrollabile a quanto ci rivelerà la nuova Dottrina e vi conformeremo il nostro operare - così che a noi stessi sarà consentito di fare qualcosa di speciale grazie alla nostra volontà purificata -, potremo, richiamandoci appunto a questi fatti, giustificarci con maggiore facilità dinanzi a quel tribunale che si fosse eventualmente interessato al nostro operare, e la giustizia finirà poi col rinfoderare la sua spada.

8. Per conseguenza io dico a te, che sei il capo di questo luogo: se restiamo amici come lo eravamo prima, di certo potremo esercitarci indisturbati per un certo tempo nella nuova Dottrina, finché tramite la Grazia di questo vero nuovo Dio, la quale sicuramente non ci mancherà, avremo raggiunto in noi un grado di consistenza tale da renderci possibile il compimento di più di una cosa, della quale finora nessun giudice romano ha avuto, né può avere un'idea, ed egli allora, come dissi già prima, ci lascerà in pace. E adesso parla tu, e dimmi se ho ragione o se ho torto!»

9. Rispose il capo del villaggio: «Ora hai parlato bene; ma ad ogni modo quelli che fanno la figura degli stolti in questa storia siamo noi, perché voi sapevate che l'antica religione degli dèi non è che un guscio di noce vuoto, ma noi invece ignoravamo questa circostanza, ed agli dèi ci tenevamo moltissimo, considerato che voi sapevate sfruttare la vostra arte oratoria per darcela ad intendere. Ormai però lasciamo stare tali cose, visto che per virtù di questo Salvatore del mondo fu concesso a tutti noi un beneficio tanto grande quanto inaspettato, e visto che per di più i Suoi discepoli si impegnano ad ammaestrarci riguardo a come un uomo possa pervenire a simili capacità della vita tanto straordinarie e finora mai viste! Ma ora è necessario che io stesso senta qualcosa di quanto viene spiegato in proposito».

10. Allora anche il sacerdote si avvicinò ai discepoli che stavano insegnando, e ascoltò per due buone ore con la massima attenzione quanto essi stavano insegnando con energia, e solo dalle parole dei discepoli, che si esprimevano con tutta franchezza, egli apprese Chi veramente Io fossi e cosa volessi dagli uomini.

11. In quanto a Me, Io Mi intrattenevo nel frattempo con Giored, con il medico, con il figlio Giorab e con l'uomo che aveva recuperato le braccia e che Giored ormai, conformemente alla sua promessa, aveva preso con sé, e spiegai loro molte cose che altrimenti essi difficilmente avrebbero potuto comprendere.

 

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Cap. 99

Il povero paesetto di pescatori di Giored viene benedetto prodigiosamente dal Signore.

 

1. E quando i discepoli ebbero assolto il loro compito di insegnanti, tutti ritornarono da Me e, con le mani alzate in alto, Mi ringraziarono per la guarigione degli infermi, e in modo del tutto particolare per la Dottrina, tramite la quale essi per la prima volta erano arrivati a comprendere che cosa è veramente l'uomo ed a quali destini egli è chiamato.

2. Io però dissi loro: «Miei cari, conformate le vostre opere secondo questa Dottrina, solo allora vi risulterà con assoluta chiarezza come la Dottrina che vi è stata annunciata non provenga dalla bocca di un semplice uomo, ma in piena verità dalla bocca di Dio, e come essa contenga in sé la suprema e purissima Verità e quindi la Vita stessa»

3. Tutti allora promisero solennemente che avrebbero osservato scrupolosamente ogni cosa; ma una cosa sola però Mi pregarono ancora di fare, e cioè che, dato che Mi sarebbe stato certo possibile, volessi benedire soltanto un po’ il loro piccolo villaggio, in modo che riguardo alle loro necessità materiali avessero potuto cavarsela in maniera un pochino migliore di quanto era successo fino ad allora visto le condizioni miserabili in cui si trovavano! Se essi avessero dovuto anche in avvenire, come fino a quel momento, lavorare continuamente ed affannosamente, sarebbe rimasto loro troppo poco tempo disponibile per dedicarsi allo studio della nuova questione della vita tanto seria, ciò che sarebbe stato ormai molto doloroso per loro!

4. Io dissi allora: «Ebbene, che cosa desiderereste avere? Desiderereste dei pascoli ben grassi per le vostre pecore e le vostre capre? Dei frutteti e dei campi di grano nonché la possibilità di pescagioni più abbondanti, e oltre a ciò delle abitazioni e delle fattorie un po' migliori?»

5. Rispose il capo del villaggio: «Oh, Signore e Maestro della vita e di tutte le cose, tutto ciò sarebbe eccellente e quanto mai desiderabile, ma noi siamo ben lungi dall’essere degni di tutti questi doni, e perciò saremmo perfettamente contenti se potessimo avere un pascolo un po' meno magro dell'attuale per le nostre non troppo prospere capre e pecore. Se ogni tanto ci fosse concesso fare qualche pesca più abbondante, saremmo già la gente più felice di questa Terra!»

6. Dissi Io: «Ascoltate! Qui da voi può sul serio trovare applicazione l'antico proverbio che dice così: “Chi non apprezza il poco, non è nemmeno degno del molto!”, ma poiché voi avete apprezzato anche il poco, siete senz'altro degni anche del molto! E così vi sia dato tutto ciò che ho detto prima!».

7. Nello stesso istante al posto dei miseri tuguri apparvero, come per incanto, delle graziose casette con i rispettivi edifici accessori; e tutta quell'ampia steppa di ciottoli e di sabbie si trovò trasformata in prati lussureggianti e, inseriti fra questi, dei ricchissimi campi di grano; le case facevano bella mostra, recintate com'erano e contornate da alberi fruttiferi di nobile e svariata specie, e non vi mancava nemmeno la vite. Per quanto poi concerneva le acque del fiume, la Mia benedizione si era resa talmente visibile, che già alla riva si potevano scorgere i più bei pesci guizzare in grandi frotte alla superficie, mentre d'altro canto sulle vaste praterie pascolavano numerosissime pecore e capre; ma oltre a ciò anche dentro ai nuovi recinti, che si delineavano intorno alle abitazioni con i rispettivi edifici adibiti ai vari servizi, quegli abitanti constatarono la presenza di numerosi volatili domestici, quali soltanto i greci ricchi erano soliti tenere nei loro cortili.

8. Quando quei poveretti si trovarono così, all’improvviso, dinanzi a quella straordinaria ricchezza, rimasero completamente attoniti, non sapendo se fosse proprio realtà o se si trattasse soltanto di un bel sogno. E ci volle parecchio prima che si convincessero di essere desti, ma poi fu una vera frenesia e un’esplosione di gioia e di gratitudine.

9. Io però li calmai e li esortai in primo luogo a non insuperbirsi mai a causa di ciò, altrimenti tutto sarebbe stato ritolto loro da un’improvvisa inondazione. In secondo luogo li ammonii a non rivelare, con parole troppo chiare, alla gente che sarebbe potuta passare da quelle parti come erano venuti in possesso di tutta quella abbondanza, perché il mondo non avrebbe potuto comprenderlo e la gente li avrebbe tutt'al più derisi non tralasciando inoltre di arrecare loro danno. Bastava che dicessero semplicemente che questo era un premio per il loro aumentato zelo per la vita; in terzo luogo poi raccomandai di essere amorevoli e tolleranti fra di loro, e che nessuno dovesse invidiare i vicini a causa di un’eventuale maggiore fortuna toccata a loro, ma che fossero tutti colmi d'amore e sempre pronti ad assistersi reciprocamente in qualsiasi evenienza, che conducessero infine una vita pura e casta, e perciò gradita a Dio; in questo modo la benedizione presente non si sarebbe allontanata mai più da loro!

10. Fra abbondanti lacrime e singhiozzi di gioia essi promisero solennemente che avrebbero osservato tutti i Miei Comandamenti.

11. Dopodiché Io aggiunsi: «Andate adesso alle vostre nuove dimore e prendete possesso di tutto ciò che vi troverete!».

12. Essi però Mi pregarono che Io facessi loro la grazia di precisare quale delle nuove dimore appartenesse all'uno e quale all'altro, perché, così cambiate com’erano, non si sarebbero mai raccapezzati nel decidere chi fosse il proprietario dell'una e chi dell'altra.

13. Allora Io incaricai i discepoli di assegnare a ciascuno la sua nuova dimora, compito questo a cui essi si dedicarono immediatamente e che venne ben presto compiuto in buonissimo ordine.

14. Ora avvenne che, avendo quegli abitanti trovato nelle nuove dimore anche un'abbondante quantità di provviste, si sentirono tutti spinti a correre nuovamente fuori per rinnovare dinanzi a Me le loro dimostrazioni di gratitudine; sennonché i discepoli dissero loro che era sufficiente che i loro ringraziamenti Me li rivolgessero semplicemente nel segreto dei loro cuori, e che Io ugualmente li avrei percepiti benissimo, dato che a Me non era, né poteva essere ignoto nemmeno il più lieve pensiero di chiunque si fosse trovato anche a grandissima distanza! Per conseguenza essi avrebbero dovuto badare bene che nessun cattivo pensiero venisse ad insinuarsi in loro, perché nello stesso istante Io Me ne sarei accorto!

15. Allora quella gente si quietò, e tutta contenta cominciò a prendere visione dei numerosi doni elargiti loro per mezzo di quel prodigio.

 

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Cap. 100

Il ritorno a Chotinodora.

 

1. Poi i discepoli ritornarono da noi, ad eccezione di Giuda Iscariota il quale volle assumersi ancora per conto suo la briga di insegnare a quegli abitanti l'uso dei vari utensili; ne approfittò peraltro per mangiare e bere in ciascuna casa in cui entrava, poiché gli sarebbe sembrato di fare un cattivo affare impartendo le sue lezioni del tutto gratuitamente. Noi però lo lasciammo a questa sua gioia, e ritornammo a Chotinodora discorrendo dell'una e dell'altra buona cosa. Il Sole era andato abbassandosi già parecchio all'orizzonte quando vi giungemmo, e noi ci sentivamo in verità un po' stanchi. Appena entrati in casa di Giored, ci recammo nella nota sala dove trovammo i due discepoli rimasti con gli altri quattro sacerdoti, i quali avevano ascoltato con attenzione quanto i due avevano loro esposto e spiegato. Ma ben presto giunse una grande quantità di gente, sia della casa che della città, chiedendo ansiosamente informazioni sugli avvenimenti che avevano potuto verificarsi eventualmente durante la nostra escursione al piccolo villaggio di pescatori.

2. Le reciproche spiegazioni e le numerose esclamazioni di meraviglia si protrassero quasi fino al calare della notte. Soltanto la cena che venne allora servita ebbe il potere di indurre le lingue a calmarsi alquanto; anche i cittadini se ne andarono a poco a poco, così che potemmo gustare la cena in relativa pace.

3. Appena finita la cena, però, ecco presentarsi Giuda Iscariota, il quale, appena entrato, volse all'intorno uno sguardo indagatore per capire se la cena fosse appena incominciata oppure se era già terminata. Ma visto che eravamo già alla fine, egli si rassegnò alla sua sorte. Giored si offrì di fargli preparare qualcosa, ma Giuda Iscariota non volle saperne e si limitò a pregarlo di fargli dare del pane e del vino, ciò che gli fu recato sollecitamente.

4. Tuttavia il nostro Tommaso non trovò giusto lasciar correre, dato che per mezzo Mio egli aveva saputo, in segreto, che Giuda Iscariota aveva fatto, nel nuovo villaggio, numerosi e copiosi assaggi del vino prodigiosamente fornito a quegli abitanti. Sennonché questa volta Giuda Iscariota fece finta di non aver capito le osservazioni di Tommaso, e, dopo che ebbe vuotato la coppa ben grande di vino che gli era stata offerta, uscì e per quella notte non lo rivedemmo più. Egli aveva trovato un cittadino che si intrattenne con lui riguardo agli avvenimenti di quella giornata, e che poi lo invitò anche a casa sua dove ebbe occasione di fare un ricco pasto notturno.

5. Mentre però noi eravamo ancora a mensa, arrivarono le mogli, i figli ed anche qualche servitore dei cinque sacerdoti, per informarsi cosa fosse accaduto di loro, visto che durante tutto il pomeriggio essi non si erano fatti vedere in nessuno dei luoghi che erano soliti frequentare.

6. Le mogli a voce alta cominciarono a chiedere in tono un po' aspro come si sarebbero presentate le cose in avvenire per loro, dato che ormai era distrutto tutto quello che fino ad allora era servito per il servizio degli dèi.

7. Ma i sacerdoti rimproverarono le donne con serie parole a causa di tali domande inopportune, e dissero: «Noi e non voi eravamo i sacerdoti dell'antica e incorreggibile cecità e della stoltezza mostruosa degli uomini! Ma ora siamo a conoscenza di qualcosa di meglio, ed a questo noi resteremo fedeli con ogni nostra energia! Se però già gli dèi antichi, del tutto vani e falsi, ci hanno nutriti e mantenuti per il nostro vuoto servizio, quest'unico Dio, pienamente vero ed onnipotente, saprà bene anch'Egli come fare per sostentarci, qualora noi veramente serviamo soltanto Lui! Ed ora non fate più altre domande! Domani sarà un giorno in cui la vostra vana curiosità femminile potrà trovare soddisfazione!».

8. Questo efficacissimo, serio ed opportuno rimprovero rivolto dai cinque sacerdoti alle loro famiglie ottenne un buon effetto; infatti le donne tacquero e ritornarono armate di pazienza alle loro case.

9. Dopo ciò vari furono ancora i buoni argomenti di conversazione, ed i venti discepoli neoacquisiti osservarono tra di loro: «Oh, se questo posto fosse Gerusalemme, come vi si potrebbe vivere beati! Ma se invece a Gerusalemme accadesse tutto quello che è accaduto oggi qui, l'ira del Tempio ne sarebbe così accresciuta che nessuno di noi sarebbe più sicuro della propria vita nemmeno per un'ora. E dire che là dovrebbe essere la dimora dei figli di Dio, mentre qui dovrebbe essere soltanto quella dei più tenebrosi pagani! Oh, che non si venga più fuori con i figli di Dio a Gerusalemme! I veri figli di Dio ormai si trovano qui, mentre Gerusalemme è diventata la dimora dei figli di Satana!»

10. Dissi allora Io: «Suvvia, suvvia, non accaloratevi troppo! Voi avete rettamente giudicato; tuttavia qui non è il vero luogo per tali discorsi, perciò ragionate piuttosto di qualche altra cosa!».

 

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Cap. 101

Il Signore spiega le visioni di Daniele.

 

1. Ed uno fra i venti che era stato uno scriba del Tempio disse: «O Signore, considerato che Tu conosci tutte le cose e che tutto Ti è possibile, non potresti darci qualche spiegazione riguardo alle profezie di Daniele, particolarmente per quanto riguarda il suo settimo capitolo? Questo singolare veggente fornisce certo una spiegazione tutta personale della sua visione dei quattro animali, sennonché la spiegazione è in sé altrettanto imprecisa e oscura quanto lo erano le immagini della visione che fece inorridire il veggente. Non potremmo dunque avere da Te una spiegazione più dettagliata della visione stessa?»

2. Ed Io risposi: «Oh, certamente, però questo non è proprio il luogo più adatto, perché qui la gente conosce poco o niente la nostra Scrittura; e poi voi stessi siete penetrati ancora troppo poco nel vostro spirito, per dir così, dell'aldilà, e vi siete ancora troppo poco unificati con esso per poter vederci chiaro nella visione del profeta Daniele e per comprenderla a fondo. Infatti, anche se riusciste a comprendere stentatamente il significato dei due primi animali, non potreste assolutamente comprendere quello dei due ultimi animali, per la ragione che il loro essere ed agire sono riservati per i tempi futuri. Come dunque potrebbe rappresentare qualcosa di chiaro e di evidente al vostro attuale intelletto ancora puramente naturale, quello che finora non c’è ancora stato sulla Terra e che accadrà solo dopo molti secoli da questa nostra epoca?

3. L'unica cosa che posso dirvi è questa: i quattro strani animali non rappresentano quattro regni esistenti l'uno accanto all'altro, fuori dall'ultimo dei quali sorgono poi altri dieci regni conformemente al numero delle dieci corna nel cui mezzo appare un undicesimo corno sulla testa dell'animale, e a causa del quale infine tre delle dieci corna di prima sono state divelte, ma tutto ciò non raffigura altro che 4 grandi periodi di esistenza dei popoli che si succedono l'uno all'altro a cominciare dalla prima comparsa dell'umanità su questa Terra. Ora, per scrutare nel passato di questo complesso di periodi ci vogliono delle cognizioni cronologiche molto profonde della storia, mentre per la visione del loro futuro svolgersi si esige un occhio dello spirito molto bene aperto e capace di scandagliare gli avvenimenti oltre al tempo e allo spazio, nella luce della luce e nella vita della vita.

4. Vedete, similmente anche il quarto animale nella visione di Daniele aveva dei denti di ferro con i quali divorava tutto intorno a sé, e l'undicesimo corno aveva degli occhi come occhi d'uomo ed una bocca con la quale proferiva grandi cose!

5. Certo, vi dico Io, è inevitabile che così avvenga; sennonché qualora adesso volessi spiegarvi queste cose anche solo un po’, potreste comprendere la Mia spiegazione altrettanto poco quanto poco lo stesso Daniele poté in verità comprendere qualcosa di quello che poi gli spiegò lo spirito.

6. L'anima pia di Daniele era senz'altro perfettamente atta a contemplare simili visioni come in un vivido sogno, però anch’essa non poteva comprendere perché il suo spirito dell'aldilà, proveniente da Dio, non poteva diventare, né essere una cosa sola con essa, dato che Io non ero ancora disceso quaggiù nella carne per rendere possibile una tale unione perfetta. Ma questa unione perfetta anche nel tempo attuale sarà possibile soltanto quando Io sarò salito alla Mia Patria antica che, dopo tale fatto, sarà anche la Mia nuova Patria.

7. Ora, da quanto vi ho detto non potrà non risultarvi chiarissimo che una Mia spiegazione anche di tutto il settimo capitolo di Daniele non potrebbe proprio giovarvi a nulla!»

8. Disse allora Pietro: «Ma, o Signore, quando un giorno esclusivamente noi apostoli ci troveremo nuovamente con Te, potrai ben dirci qualche piccola cosa riguardo a questo! Infatti io stesso non posso fare a meno di dire che i profeti, particolarmente i quattro grandi, hanno scritto una quantità di cose, come pure hanno fatto Mosè, Elia, Davide e Salomone; ma per chi hanno scritto alla fin fine? Fino al nostro tempo non c'è stato nessun sapiente, per quanto acuto d'ingegno, capace di comprenderli; noi stessi li comprendiamo pochissimo, né credo che ai nostri successori andrà meglio. Eppure tutti quei libri sono stati scritti per gli uomini e non per qualsiasi altra creatura. Ma di che utilità sono essi all'uomo se egli non li comprende, né potrà mai comprenderli proprio come andrebbero compresi?»

9. Ed Io dissi: «Oh, tu commetti un grave errore se credi che le cose stiano così! Se quei libri della Sapienza spirituale interiore fossero scritti in maniera da essere comprensibili da capo a fondo già a prima vista a qualsiasi intelletto mondano, l'uomo li metterebbe ben presto da parte e non ci darebbe più nemmeno un'occhiata; ma allora che vantaggio ne avrebbe?

10. Così invece essi contengono integralmente ciò che è spirituale, dalla creatura più semplice fino a ciò che è più profondamente celestiale-divino, e per conseguenza non possono mai venire compresi completamente da un intelletto naturale del mondo, ma unicamente dallo spirito puro, completamente ultraterreno, dell'uomo.

11. È appunto l'incomprensione di tali scritti che mantiene desto lo spirito dell'uomo, e che gli indica cosa e quanto gli manchi ancora fino alla perfezione vera della vita. Perciò l'uomo prenderà di frequente in mano tali scritti e farà delle considerazioni, ed allora, insistendo, gli si renderà un po' più chiara l'una e l'altra cosa. Ma quando, tramite le sue fatiche e il suo zelo, sarà riuscito a scorgere qualche lieve bagliore dello spirito, egli diverrà già più zelante nello scrutare le verità interiori e spirituali, e così perverrà ad una luce sempre maggiore e ad un'unione sempre più intima con il suo spirito interiore proveniente dall'aldilà, e sarà poi in grado di fornire una luce chiara anche ai propri fratelli, i quali certo ne avranno grande vantaggio.

12. Una tale cosa invece non potrebbe mai accadere se gli scritti di questa specie venissero dati soltanto in una maniera assolutamente naturale, e, anche se venissero dati in questo modo, le loro parole non potrebbero mai venir poste a base di qualcosa di spirituale e di celestiale-divino, come Io spesso vi spiegai in modo molto ben chiaro.

13. Che cosa direste voi adesso se Io vi annunciassi che, in un'epoca che verrà circa duemila anni dopo di questa nostra attuale, in primo luogo questa Mia Dottrina avrà, in generale, un aspetto molto peggiore di quello del più fosco paganesimo del nostro tempo, e si presenterà in una veste ancora più maligna di quella del più cieco fariseismo di Gerusalemme, il quale non si conserverà neanche per altri cinquant'anni?! Cosa direste voi se Io vi rivelassi che in quell'epoca lontana gli uomini inventeranno e si costruiranno dei grandi occhi artificiali, mediante i quali essi scruteranno nelle profondità del cielo stellato e stabiliranno un sistema di calcolo del tutto differente da quello degli egiziani? Sì, gli uomini faranno delle strade di ferro e, in carrozze di ferro, viaggeranno per mezzo del fuoco e del vapore con una velocità simile a quella di una freccia lanciata con l'arco attraverso l'aria! Essi si combatteranno con delle armi da fuoco fatte di ferro, e faranno inoltrare le loro lettere per mezzo del lampo in tutto il mondo, e le loro navi si muoveranno, senza vele né remi, per forza del fuoco sul grande Oceano con la stessa rapidità e facilità con le quali l’aquila fende l’aria e faranno mille e mille altre cose ancora, delle quali voi ora non potete affatto avere un'idea.

14. E vedete, tutto ciò è simboleggiato dal quarto animale, che ora non può venir compreso da voi, dato che non potete comprendere quello che proprio ora vi ho detto! Tuttavia queste cose voi tra breve le comprenderete bene in spirito, ma non sarete in grado di darne a nessuno una spiegazione differente da quella che vi ho dato ora Io in questa occasione. Ad ogni modo più tardi, in un'altra occasione più propizia, Mi riservo di esporvi ancora qualche maggiore dettaglio a tale proposito. Per oggi intanto abbiamo fatto abbastanza cose belle e buone, e per conseguenza noi ora ci dedicheremo al riposo del corpo».

15. In tal modo fu conclusa la serata e tutti si ritirarono per riposare, visto che l'ora si era fatta parecchio tarda. Solamente i cinque sacerdoti e Giored, raccoltisi in un'altra stanza, si intrattennero ancora a lungo riguardo a tutto ciò che avevano udito e visto e riguardo agli avvenimenti a cui avevano assistito.

 

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Cap. 102

Le mogli astute dei sacerdoti dei pagani.

 

1. La mattina successiva una moltitudine di popolo si era radunata dinanzi alla casa di Giored in attesa di vederMi; sennonché Io rimasi con i Miei discepoli nella gran sala, e non Me ne andai all'aperto prima di aver fatto colazione.

2. Intanto era venuto a raggiungerci nella sala Giored per vedere se dormissimo ancora. Ma avendoci trovati tutti già ben desti, egli Mi disse: «O Signore e Maestro. La colazione è pronta; se dunque Ti è gradito, la faccio servire immediatamente. Anche i cinque sacerdoti e il nostro medico sono già qui, e desidererebbero vederTi e salutarTi. Devo poi aggiungere che la mia casa è praticamente assediata da una massa di popolo la quale non ha altro desiderio che vederTi una sola volta! O Signore, qual è la Tua Volontà?»

3. Ed Io gli risposi: «Fai senz'altro portare qui la colazione e dì ai sacerdoti e al medico che entrino, e naturalmente anche la tua famiglia che Mi è molto cara! In quanto al popolo curioso, che aspetti, perché, per come stanno finora le cose, esso non ha proprio niente da perdere, né da guadagnare dalla contemplazione della Mia persona. Fa dunque in questo modo e dopo colazione vedremo cosa ci sarà da fare!».

4. Allora tutto fu sollecitamente eseguito come Io avevo ordinato. Il medico ed i sacerdoti entrarono, e prendemmo tutti posto a mensa; vennero subito servite le vivande molto bene allestite, poiché le sette mogli di Giored erano delle cuoche eccellenti, e noi mangiammo e bevemmo nuovamente di gusto, bevendo il vino dopo aver mangiato il pesce.

5. Dopo mezz'ora la colazione fu terminata, ed allora uno dei sacerdoti Mi chiese il permesso di parlare.

6. Ma Io gli dissi: «Amico Mio! Se ti piace, puoi parlare quanto vuoi; tuttavia devo farti sapere che Io conosco esattamente, parola per parola, quello che vorresti dire e quanto vorresti chiederMi, e per conseguenza puoi risparmiarti senz'altro la fatica di aprire la bocca rispetto ad un argomento che è quanto mai insignificante!

7. AscoltaMi un po'! Quando arrivaste alle vostre dimore, stanotte, mentre già si annunciava l'alba, nel vostro boschetto udiste delle urla e dei lamenti; voi, un po' impauriti, vi inoltraste alquanto nel boschetto, e allora ai vostri orecchi giunsero perfino delle parole minacciose, che dichiaravano che gli dèi non avrebbero mancato di vendicarsi per il fatto che voi, spergiuri, li avevate abbandonati! Voi poi, non poco spaventati, vi affrettaste ad andare dalle vostre mogli, alle quali raccontaste tutto quello che avevate udito, e in questo modo, senza rendervene conto, avete portato acqua al loro mulino! (Già ai tempi di Giacobbe c’erano dei mulini di questo tipo.)

8. Sapete perché le vostre astute donne, i vostri figli e i vostri servitori sono venuti a prendervi ieri sera? Ecco: esse avevano già preparato e inscenato per voi uno spettacolo di sinistre apparizioni, ed avrebbero voluto intimidirvi già prima! Esse dunque erano irritate appunto perché indugiavate troppo a cadere nella trappola e relativo spavento da loro preparata.

9. Quantunque Io sapessi già ieri, altrettanto bene quanto adesso, quali intenzioni avessero le vostre donne, permisi che la cosa si svolgesse precisamente come da loro ideata, non certo allo scopo di lasciarvi in preda all'angoscia per un paio d'ore, ma appunto per aiutarvi oggi a mettere sulla buona strada le vostre mogli, i vostri figli e i vostri servitori.

10. Io però ho disposto in modo che gli strumenti escogitati dall'astuzia delle vostre donne rimangano immobilizzati ai loro posti finché noi ben presto ci troveremo là, per dichiarare in faccia appunto alle vostre donne e per convincerle di quale sia la natura dei prodigi che esse hanno saputo compiere di notte a vostro danno legando dei gatti per le code ai cespugli e facendo salire sui grossi rami di alcuni alberi dei servitori prezzolati con il compito di fare del chiasso.

11. Quando, giunto il mattino, voi veniste qui da Me, le vostre donne, i vostri figli ed i vostri servitori se ne andarono in fretta e furia al boschetto, ed anche in questo stesso momento in cui stiamo parlando tutti si stanno affaticando laggiù allo stremo per vedere di liberare quegli strumenti spettrali. Ma la cosa non riuscirà loro finché non arriveremo sul posto; quando poi avremo detto in faccia a quelle inscenatrici di spettacoli soprannaturali posticci alcune parole molto energiche e chiaramente percettibili, solo allora gli strumenti della loro magia saranno messi in libertà. Ed ora, o amico, parla pure tu e dì se le cose non sono andate così, e se non è questo che volevi dirMi!»

12. Rispose il sacerdote: «Sì, o Signore e grande Maestro, è andata appunto così! Io ti ringrazio dal più profondo del cuore per la spiegazione che ci hai data, perché, in verità, dobbiamo dire che ieri il nostro spavento non fu proprio da poco, e nelle nostre menti finì con lo stabilirsi il seguente pensiero: “Oh, se va avanti così, ci toccherà fra breve assistere di persona ad una nuova guerra degli dèi uguale a quelle che ci hanno tramandato le antiche leggende, alle quale noi DE FACTO (oggettivamente) non abbiamo certo mai creduto, ma eravamo portati a credere piuttosto che in quelle epoche primordiali abbiano potuto verificarsi sul nostro pianeta delle tremende rivoluzioni della Terra e degli elementi, avvenimenti questi che gli uomini di allora, molto legati alla natura e di certo molto semplici, hanno tramandato ai posteri sotto la veste di immagini di ogni specie e di leggende meravigliose! Tuttavia ieri ci mancò poco che cominciassimo davvero a credere veramente a quelle favole, e ciò è tanto più spiegabile in quanto ieri stesso avevamo visto e udito di che cosa sia capace una Potenza divina, anche solo dimorando entro la semplice forma umana. Noi vedevamo Te ed i Tuoi discepoli scagliare contro il Cielo con violenza spaventosa addirittura delle montagne ardenti e delle querce gigantesche; ora però i nostri animi si sono liberati da una simile stoltezza, ed io, che parlo anche per gli altri, mi rallegro in modo del tutto particolare di ciò che Tu, o Signore e Maestro, farai per ricondurre ad un ordine migliore le nostre mogli assai istupidite»

13. Dissi allora Io: «Hai ragione di dire che le vostre donne sono assai istupidite; non dimenticare però che, se esse sono tali, la colpa dovete attribuirla a voi stessi. Siete stati voi a ridurle in quello stato, e per conseguenza la responsabilità ricade su di voi se le vostre mogli ed i vostri figli sono ora così come sono, e spetta a voi, però sempre soltanto per le vie dell'amore e della pazienza, rimediare a quello che voi avete rovinato in loro! Io certo assumerò la Mia parte del compito, ma poi converrà che anche voi vi assumiate la vostra. Con l'amore e la pazienza potrete ottenere molto, non così invece usando la severità radicata in voi da molto tempo per abitudine!»

14. Osservò il sacerdote di Giove: «O Signore e Maestro, non è possibile che abbiamo potuto arrecare molti danni all'animo delle nostre donne; esse già dalla fanciullezza erano quasi, per così dire, cresciute con i loro dèi, tanto anzi da assumersi di fronte a noi la parte di censore qualora avessimo tralasciato qualcosa del nostro cerimoniale che si poteva ritenere in certo qual modo del tutto secondario e che si sarebbe senz'altro potuto tralasciare!»

15. Dissi Io: «È vero che quello che dici corrisponde a verità, ma voi dovete benissimo ricordarvi anche di quel tempo nel quale le chiedeste in spose. Voi infatti le conosceste quando esse, figlie di un sacerdote di Sidone, si dedicavano a leggere la Scrittura degli ebrei, tenuta da loro in grande considerazione, ed in ciò esse erano imitate pure dal loro padre, quantunque solo per conto suo e in tutta segretezza. Voi allora, allo scopo di guadagnarvi il loro affetto, giudicaste lodevolissimo il loro interessamento; ma una volta diventate vostre mogli, cominciaste a screditare sempre più di giorno in giorno dinanzi a loro la religione degli ebrei, vi esibiste in loro presenza con ogni tipo di falsi prodigi ed asseriste che tutto ciò era opera degli dèi. Poi cercaste con ogni tipo di mezzi di eccitare al massimo grado la fantasia delle vostre mogli, così che queste cominciarono ad avere sogni e visioni di varia specie in grande quantità, sogni e visioni che voi, abusando della vostra arte oratoria, vi deste sempre ogni cura di interpretare, e a cui sapeste sempre attribuire precisamente quel significato che meglio corrispondeva ai vostri fini! Considerate bene questa cosa, e poi dite chi è principalmente responsabile dell'istupidimento delle vostre donne!

16. Ma adesso vi dico ancora qualcosa, e precisamente questo: “Per conto loro le vostre mogli, nel segreto del loro animo, non sono affatto tanto sciocche come pensate voi, perché se lo fossero, e se dentro di sé tenessero in qualche considerazione l'aiuto degli dèi, non si sarebbero mai azzardate a prepararvi una messinscena assolutamente naturale nel nome degli dèi, che con ciò avrebbero dovuto adirarsi! Ma appunto perché nel segreto del loro animo non hanno mai avuto in particolare considerazione nessuna delle divinità pagane meno che meno poi adesso, visto che voi in certe buone occasioni le avete iniziate nei misteri delle vostre svariate arti magiche facendo così di loro le vostre più fidate collaboratrici -, appunto perciò esse evidentemente devono aver imparato a conoscere come e in che maniera i vostri dèi compiono i loro miracoli! Vedete dunque e riflettete su chi ha la colpa del supposto istupidimento delle vostre mogli!”.

17. Tuttavia la cosa non ha ormai importanza, perché in avvenire le vostre mogli, i vostri figli e i vostri servitori vi supereranno di gran lunga anche nella verità che ora per mezzo Mio è sorta sul vostro orizzonte. E adesso affrettiamoci ad andare nel boschetto, dove Io intendo liberare le vostre mogli, i vostri figli e i vostri servitori dal loro grave imbarazzo che tra breve potrebbe diventare addirittura disperazione, perché là tutti cominciano davvero a credere che siano stati gli dèi a punirli per aver essi, privi di ogni fede, commesso un grave peccato nel sacro bosco! Dunque alziamoci e dirigiamoci là».

18. Noi allora abbandonammo immediatamente la sala e ci avviammo verso il boschetto sacro; però per andarvi scegliemmo un viottolo che passava dietro la casa, perché il popolo numeroso, che ancora sostava davanti alla facciata principale della dimora di Giored in attesa di Me, non ci si affollasse intorno e non ci seguisse.

19. Tra la folla però si trovava anche il nostro Giuda il quale per qualche denaro si era incaricato di indicare quale della nostra compagnia fossi proprio Io, dato che quella gente non poteva conoscerMi di persona. Sennonché il piano del discepolo traditore ed avido di guadagno fu mandato completamente all'aria appunto perché eravamo usciti dalla parte posteriore per prendere il viottolo di cui abbiamo detto prima.

 

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Cap. 103

La buona testimonianza delle mogli dei sacerdoti sul Signore.

 

1. Raggiunta ben presto la nostra meta, trovammo le donne, i figli e i servitori tutti affaccendati nei loro tentativi di liberare sia i piagnucoloni prezzolati sui rami degli alberi che i gatti legati dentro ai cespugli; sennonché ogni sforzo per liberarli era vano, perché i primi parevano come inchiodati sui loro rami, mentre nessuno poteva andare vicino ai gatti, dato che essi, resi furenti dal dolore, mordevano e graffiavano chiunque si fosse loro avvicinato.

2. Quando i cinque sacerdoti ebbero visto le loro mogli in quella situazione disperata, domandarono loro che cosa stessero facendo là.

3. Ora una delle donne, e precisamente la moglie del sacerdote di Minerva che aveva ancora conservato un po' di sangue freddo, così si espresse rivolta al proprio marito: «Ascolta, marito mio, ieri abbiamo pensato di giocarvi un tiro astuto allo scopo di condurvi nuovamente all'antico culto degli dèi che ci procurava dei lauti guadagni! Vedi, qui accoccolati sui rami degli alberi ci sono alcuni uomini incaricati di lamentarsi e di urlare, e fra i cespugli ci sono alcuni gatti. Tutti questi ieri notte dovevano fare un gran chiasso al vostro arrivo allo scopo di spaventarvi perché, a causa delle incredibili magie compiute dal mago forestiero giunto qui ieri l'altro, voi avete abbandonato gli dèi, pregiudicando così d'un tratto e completamente la nostra professione quanto mai buona e proficua!

4. Sennonché la nostra astuzia è finita col concludersi ignominiosamente e in maniera disastrosissima. Anzi, ecco, con questo sacrilegio, commesso nel bosco sacro, o noi abbiamo offeso gravemente gli dèi antichi, oppure colui che è stato gravemente offeso è il grande maestro della magia, perché la punizione per il nostro atto malvagio ci sta dinanzi agli occhi anche con troppa evidenza! Gli urlatori e lamentatori sono come inchiodati sui loro rami da una potenza invisibile e, nonostante tutti gli sforzi, non se ne possono staccare, mentre ai gatti legati nei cespugli nessuno si può avvicinare, perché si potrebbe dire che non sono più degli animali domestici, ma piuttosto delle furie al colmo della loro rabbia: essi mordono e graffiano tutto intorno a sé, e quindi non possono venire slegati a nessun costo! Noi non sappiamo più cosa fare, né da chi avere un consiglio! Quale partito dobbiamo prendere adesso? Oh, la sciagurata idea che abbiamo avuto di lasciarsi sedurre da quello sconsiderato impulso!

5. Ma ora che ci penso, qui c'è il grande uomo prodigioso! Non potrebbe aiutarci, considerato che, alla fin fine, la vera colpa di tutto l'ha proprio lui visto che per mezzo della sua inconcepibile potenza di volontà ci ha annientato le immagini degli dèi ed ha trasformato il lago sacro in solido terreno? Oh, va da lui e scongiuralo a nome di tutti noi di liberarci da questa situazione disperata!»

6. Rispose il sacerdote: «Questo gioverà a poco; voi tutte dovete presentarvi personalmente da Lui; Egli si trova là, in mezzo ai Suoi discepoli. Egli è perfettamente al corrente di tutte queste cose, e ce le ha anzi narrate Egli stesso per filo e per segno in casa di Giored, altrimenti non saremmo venuti qui. Egli vuole aiutarvi ed anche vi aiuterà, ma è necessario che prima andiate voi stesse da Lui e che Gli chiediate perdono.

7. Con questo spettacolo che avete voluto inscenare qui, voi non avete affatto peccato contro gli dèi antichi i quali non sono mai esistiti in nessun luogo se non nella fantasia dell'umanità cieca, ma avete peccato unicamente contro quell'Uomo-Dio, grande ed onnipotente, che nel Suo immenso Amore per tutta l'umanità è venuto anche qui da noi appositamente per indicarci e donarci la luce della vita, l'unica assolutamente vera. Per mezzo Suo ed in Lui opera l'unico Dio eternamente vero ed imperscrutabilmente sapiente ed onnipotente; questa ormai è una verità che non può più venire negata da nessuno il quale sia stato, anche solo alla lontana, testimone delle opere da Lui compiute. E quand'anche qualcuno non abbia assistito di persona alle Sue opere quali soltanto ad un Dio sono possibili, ma abbia semplicemente udito la Sua Dottrina tale quale essa sgorga limpida e pura dalla Sua bocca, non potrà fare a meno di convincersi del fatto che, in breve tempo e con la massima facilità, questa Dottrina non può assolutamente provenire da un uomo, ma unicamente da quell'unico ed eterno Dio, perché soltanto la Bocca di un Dio è capace di esprimere parole tali da penetrare come fiamme viventi nel cuore degli uomini e da creare in esso una coscienza della quale prima d'ora nessun uomo può aver avuto mai nemmeno un vago presentimento. Andate dunque voi stesse da Lui in tutto amore e umiltà, supplicateLo, ed Egli certo non permetterà che vi allontaniate da Lui senza avervi esaudito!».

8. A queste parole davvero molto buone e vere per un sacerdote di Minerva, la moglie ritornò in fretta dalle altre sue compagne e riferì loro quanto aveva appreso dal marito; l'effetto di quella notizia fu buono, e le donne assieme ai figli ed ai servitori si avvicinarono a Me e, prostrate ai Miei piedi, Mi pregarono di perdonarle e di concedere che agli uomini sui rami degli alberi e a quegli animali legati nei cespugli venisse ridonata la libertà.

9. Ed Io dissi loro: «Chi non sa quello che fa, costui non ha peccato, e per conseguenza nemmeno voi avete commesso peccato; in avvenire però, considerato che ormai sapete Chi sono Io, con un'azione del genere commettereste grave peccato contro ogni Ordine divino che vi prescrive quanto di migliore vi possa essere per il vostro bene non tanto nel tempo, quanto e molto di più nell'eternità.

10. Ma come l'uomo possa pervenire a tutto ciò durante questa vita terrena, questo ve lo annunceranno i vostri mariti! Ed ora andate e vedete se i vostri prigionieri sono già liberi!».

11. Le donne, i figli e i servitori allora Mi ringraziarono e ritornarono al bosco e, quando vi furono giunti, trovarono che uomini ed animali erano perfettamente liberi, ciò che fu per loro causa di grande gioia.

12. Esse ritornarono da Me e, inginocchiatesi, Mi ringraziarono nuovamente per averle liberate da quella terribile angoscia.

13. Ma Io dissi loro di alzarsi da terra e così parlai: «Quanto voi avete ora appreso, e quanto apprenderete ancora dai vostri mariti, insegnatelo con tutta pazienza e dolcezza pure ai vostri figli e ai vostri servitori, e più tardi anche ai figli di altri genitori, e fondate così una vera scuola della vita nel Mio Nome che pure apprenderete dai vostri mariti. Così operando sarete circondate dalla benedizione dai Cieli, proprio come un'isola situata in mezzo al fiume che è irrorata dalle acque del fiume stesso e che perciò per nutrire le sue erbe, i suoi cespugli e i suoi alberi non ha bisogno della pioggia scrosciante dalle nubi tenebrose che offuscano la luce del Sole. Prendetevi a cuore queste cose e operate conformemente; così dalla morte di questo mondo penetrerete nella vita dello Spirito nella identica maniera come Io stesso, per quanto concerne quello che vi è in Me di umano-terreno, è compenetrato dallo Spirito di Dio! E se voi crederete nel Mio Nome, l'assistenza di Dio vi sarà assicurata in qualsiasi evenienza, poiché sono Io il legame vivente fra Dio e gli uomini».

14. Quando le donne, i figli e anche i servitori ebbero percepito in loro l'effetto salutare di queste Mie parole, esclamarono: «Oh, in verità, in verità, nessun uomo può parlare come parli Tu, o grande Maestro colmo della Divinità! Chi anche solo Ti ascolta non ha più bisogno di nessun altro prodigio, perché già le parole gli forniscono la prova più evidente di Chi deve essere celato in Colui che è capace di proferire tali parole! Tu certo sembri semplicemente un uomo, ma ai nostri occhi sei effettivamente un uomo soltanto per quanto riguarda il Tuo corpo santificato, mentre per quanto riguarda quello che vi è di vitale in Te, è tutto Dio, e gli orecchi, che sono destinati a percepire quanto di interiore c'è nell'uomo - cioè i suoi pensieri, i suoi desideri e le sue decisioni, che noi sentiamo espressi per mezzo di chiare parole - percepiscono dalla Tua bocca esclusivamente il puramente divino, e quindi Tu, o grande Signore e Maestro, sei e resti l'unico Dio per noi! Ed i nostri più tardi successori narreranno certamente, ancora animati dal massimo fervore di vita, come noi, i loro progenitori, abbiamo avuto l'inesprimibile grazia di vedere veramente Dio, di parlare con Lui e di venire ammaestrati da Lui stesso, e come noi Lo abbiamo ben riconosciuto dalle Sue parole e dai Suoi prodigi compiuti dinanzi ai nostri occhi»

15. Ed Io conclusi: «Così sta bene! Restate ferme e fedeli a questi propositi, ed Io in spirito sarò e rimarrò sempre con voi già in questo mondo, e poi eternamente nell'aldilà, nel Mio Regno che ora vado appositamente preparando e sistemando per i Miei amici dell'aldiquà nell'intimo di chiunque sia animato da buona volontà, in maniera tale che la nostra beatissima comunione di vita puramente spirituale non avrà mai più fine in eterno!».

 

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Cap. 104

I dubbi delle donne colte sull’aldilà.

 

1. Le donne allora ed anche i loro figli già grandi dissero: «O grande signore e divino maestro, magari ci fosse davvero per noi, gente mortale, in un qualche aldilà un'altra vita, una vita eterna, dopo la morte del corpo! Certamente ciascuno, giovane o vecchio che sia, se lo augura senz'altro; ma dove, dove sono le prove sicure ed inoppugnabili che avvalorano una simile tesi? I saggi di tutti i popoli e di tutti i tempi hanno già molto parlato e scritto PRO E CONTRA (pro e contro) sull’argomento; sennonché il tempo li ha tutti inghiottiti, e di loro non è rimasto altro che qualcuna delle loro opere, anche queste arrivate fino a noi molto mutilate, e nelle quali i popoli dei tempi presenti non riescono a scoprire che degli enigmi insolubili e sconnessi.

2. In verità, o grande signore e maestro, colmissimo di Dio, il nostro greco sapiente, il ben noto uomo della botte[19], è stato colui che finora più di altri è penetrato nella verità pienissima ed ha dimostrato, anche con troppi esempi, come la cosa migliore sia il “non essere” dell'uomo prima della nascita e dopo la morte, e finora tra di noi eravamo perfettamente della sua opinione, quantunque la nostra mente ricorresse spesso a Platone, a Socrate e perfino Mosè, l'antico sapiente egiziano, i cui scritti avemmo occasione di leggere in parte quando eravamo ancora a Sidone. Anzi, noi leggemmo anche le scritture degli indiani, dei birmani, dei parsi e dei gebri, ma tutto invano, perché il nostro maestro a Sidone, persona assolutamente esperta in tutte le scritture, ci dimostrava - con mille e mille argomentazioni molto convincenti e con molti esempi tratti dalla storia di altri popoli - come quella certa cosa che viene chiamata “anima umana” continua a vivere essa sola di una vita indistruttibile anche dopo la morte del corpo in un mondo migliore od eventualmente anche peggiore, ed egli anzi ci giurò, per quello che aveva di più sacro, che qualora fosse morto prima di noi egli, quale spirito, sarebbe venuto a trovarci per fornirci in questo modo appunto la prova massima ed inoppugnabile della verità della sua dottrina.

3. Ebbene, egli morì, ma la prova promessaci da lui noi la stiamo ancora aspettando. È vero che noi ci siamo sognate molte volte di lui, e allora gli domandammo quando egli sarebbe venuto per mantenere la sua promessa. Ma lui ci rispondeva sempre e ci assicurava, con tanta vivacità quanta ne aveva dimostrata da vivo, che egli non poteva venire da noi se non in quella maniera, cioè in sogno! Poi noi ci risvegliavamo e finivamo col constatare che la sua immagine che ci aveva parlato durante il sogno non era stato altro che un prodotto della nostra fantasia sempre desta e attiva, immagine che davvero non era costituita da altro se non dal pensiero intenso rivolto a lui! Infatti, i sogni non sono altro che i pensieri visibili del cervello, i quali hanno una qualche fuggevole esistenza solamente finché le palpebre dell'uomo sono chiuse; ma quando l'uomo è definitivamente morto e il suo cuore non batte più, allora anche per i suoi pensieri e per i suoi sogni è giunta la fine per tutti i tempi dei tempi.

4. Per conseguenza sarà possibile consolarci con tutto ma non con il pensiero della vita dell'anima dopo la morte del corpo! Comunque tutto è possibile; però riguardo a questo non abbiamo finora davvero nessun'altra prova all'infuori di quella, dataci a parole, di gente che ancora vive su questa Terra!

5. Nessuno ancora fra gli innumerevoli trapassati è in qualche modo venuto per dimostrare che egli continua a vivere in un aldilà e in quale modo! Ma finché non si verificherà un fatto simile, anche la fede in una sopravvivenza nell'aldilà non potrà che essere assolutamente minima e quasi inesistente. Certamente, a memoria d'uomo non ci fu mai nessuno sulla Terra da potersi paragonare a te, o maestro colmissimo di Dio, e se tu ci dici qualcosa, allora avremo tutte le ragioni per prestare pienissima fede alle Tue parole; tuttavia è pur strano che dall'altro mondo nessun essere abbia più voluto o potuto ritornare da noi per dirci: “O amici, voi che qui state ancora trascinando il vostro greve corpo di carne come una bestia da soma stanca porta il suo pesante carico, vedete, io ormai vivo felice; là dove io vivo non esiste più la morte, e noi in grande numero viviamo in questo o quell'altro mondo!”. Questo dovrebbe essere una cosa facilissima; ed invece ciò non succede mai e poi mai in maniera tale da potere convincere facilmente noi, uomini, che la questione sta precisamente in questi e non in altri termini!

6. O grande maestro colmissimo di Dio, se la sopravvivenza dell'anima nell'aldilà è un fatto reale - fondandosi sul quale tutte le tendenze morali degli uomini su questa Terra potrebbero venire ordinate tra di loro al più presto e nel modo più sicuro - perché non viene fatto proprio nulla da parte di un mondo degli spiriti eventualmente esistente allo scopo di agire su di noi, uomini ancora mortali? Eppure a nessuno può venire attribuita la colpa di essere nato a questo mondo! Ma poiché egli esiste qui e deve esistere quale essere ragionevole, allora quella Potenza supremamente saggia, che l'ha chiamato ad esistere contro la sua volontà, dovrebbe ben avere anch’essa un'adeguata cura affinché egli potesse venire ammaestrato dal mondo degli spiriti - qualora questo realmente esistesse in qualche luogo - riguardo al motivo dell'esistenza dell'individuo e a che tipo di aspettative deve avere!

7. Vedi, o maestro colmissimo di Dio, noi non siamo proprio senza intelletto, avendo sempre imparato molte cose; quindi parlare con noi dovrebbe essere un po’ difficile! Noi siamo buone e abbiamo stima di chiunque, perché compiangiamo di cuore tutti coloro che, come noi, si trovano a questo mondo per finire preda e miserabile pasto del tempo vorace e insaziabile. Ma non è certo bello che una eventuale Potenza divina superiore, eterna e ovunque agente non si curi affatto degli uomini e di tutte le creature di questa Terra di più di quanto ci curiamo noi uomini dell'immondizia di cui si liberava il nostro corpo quando eravamo ancora fanciulli! Ma cosa possiamo fare noi, deboli esseri? La Potenza di Dio si esplica, al di là delle stelle, nell'infinitamente grande, e non si cura dei poveri vermi di questo mondo che piangono e si lamentano! Per conseguenza la misera umanità deve cercare di consolarsi da sola finché la morte non venga a cancellarne le tracce sulla Terra; poi segue la pace nell'eterno nulla, che per il misero uomo costituisce sempre perennemente la massima fortuna finale.

8. Tu ora sei un uomo e un maestro quanto mai dotato di Potenza divina, e tuttavia da qui a qualche centinaio d'anni molto probabilmente il mondo non saprà sul tuo conto molto di più del fatto che tu un tempo sei esistito. Almeno i nostri discendenti serberanno, come abbiamo già detto, questo ricordo in maniera vivissima, quantunque nelle tue parole più ancora che nelle tue opere prodigiose aliti uno spirito che rende precisa testimonianza della presenza in te di una entità spirituale-divina. Però a questo mondo ci sono già stati dei grandi spiriti in buon numero dentro una forma umana, ed anche le loro opere prodigiose e incredibilmente grandi testimoniarono il fatto che essi erano qualcosa di più dei soliti uomini; ecco, anch'essi finirono tutti col morire, e nessuno si fece più vedere come uno spirito che continuava a vivere oltre la morte, in modo da poter confermare con ciò, molte volte fra un rombare di tuoni ed uno scrosciare di fulmini, la piena verità della dottrina da lui annunciata alla misera umanità.

9. E adesso tu pure sei venuto a noi, miseri mortali, e ci hai promesso una vita eterna nell'aldilà! Noi non dubitiamo che tu questa cosa ce la dimostrerai in una maniera comprensibilissima, ma certamente tale dimostrazione avrà valore solamente finché avremo vita su questo mondo! Una volta morti, ebbene, allora non abbiamo più bisogno di una prova, perché se continuiamo a vivere ogni altra prova è superflua, ma se questo non è il caso, allora la prova è più superflua ancora! La questione principale è che noi, poveri uomini, attraverso la fede veniamo almeno mantenuti, durante il tempo di questa nostra vita terrena, in un'idea fissa per quanto cieca sia, perché ciò dà un po' di sapore alla vita almeno di una parte dell'umanità, vita lunga quanto una spanna, e rende più sopportabili le sofferenze. Ad ogni modo chi si trova in condizioni migliori sono sempre i pazzi e coloro che credono ciecamente, così che in base ad un'esperienza molto profonda si può concludere che gli dèi devono odiare molto un uomo quando è dotato di molta sapienza.

10. Forse a conti fatti a te, che sei dotato al massimo grado di ogni massima sapienza e potenza, andrà meglio di quanto non sia andata ai tuoi numerosi e grandi predecessori, cosa di cui è lecito dubitare assai! Tuttavia noi comunque non vogliamo ritenere la cosa proprio impossibile, e quindi desideriamo ascoltare qualcosa di più preciso appunto da te invece che dai nostri mariti. Se ti piacesse fare così, noi saremmo pronte ad ascoltarti!».

 

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Cap. 105

La disapprovazione del Signore delle donne orgogliose e critiche.

 

1. Io allora risposi: «Donne Mie davvero dotate di molto intelletto! Io non parlerò qui dove ci troviamo ora, ma lo farò in casa di Giored, dove potete recarvi purché lo vogliate. Ad ogni modo posso dirvi già ora che sarà difficile per voi arrivare a comprendere in voi il fatto che di mortale non c'è che la vostra carne, ma non la vostra anima, per la ragione che voi già dalla vostra giovinezza avete messo come fondamento della vostra vita la materia della carne, tanto che poi non poteste più né vedere, né sentire, né percepire nulla all'infuori esclusivamente di ciò che la materia più rozza andava presentando agli occhi materiali del vostro corpo. Ma per il momento lasciamo stare questo argomento!».

2. Allora le donne, i loro figli ed i servitori Mi ringraziarono di nuovo per quanto avevo fatto in loro favore, e poi si ritirarono nelle loro dimore che erano molto sontuose!

3. Giored però Mi chiese se avrebbe dovuto invitarle a pranzo.

4. Ed Io gli dissi: «Questo veramente no, perché in nessuna occasione Mi è meno gradita la compagnia di simili donne super sapienti quanto appunto in quella durante i pasti; perché quando le loro lingue hanno preso il via, non si curano affatto del mangiare e del bere, e allora uno di noi non arriverebbe certamente a dire nemmeno una parola qualora non si volesse proprio legare loro le lingue per qualche tempo. Io ti dico che precisamente queste cinque donne sono davvero più che in grado di soffocare addirittura un eventuale interlocutore con le loro chiacchiere sapienti.

5. Anzitutto esse sono figlie di un greco molto istruito, e gran sacerdote degli dèi Apollo e Mercurio, naturalmente secondo i loro concetti pagani.

6. In secondo luogo hanno avuto un precettore molto esperto di ogni scienza. Fu proprio lui a sconvolgere completamente il loro cervello, poiché egli si era messo in testa di insegnare loro da cima a fondo le dottrine di tutti gli antichi filosofi, senza pensare che tutti questi antichi sapienti del mondo, di ogni popolo e di ogni nazione conosciuta, si contraddicono l'un l'altro al massimo grado, e senza poi considerare che, conoscendo le idee di tutti questi filosofi e propendendo per tutti, non è possibile giungere ad un sistema unitario di vita, e che, conseguentemente, da simili individui imbottiti di tante scienze non può saltare fuori che una specie di saccenti orgogliosi i quali infine non sentono in sé altro bisogno, eccetto quello di mostrare all'occasione la loro superiorità in ogni scienza ed esperienza rispetto ad ogni altro individuo. Ora questo è appunto il caso delle cinque donne e perfino dei loro figli e servitori; basta che tu ti metta a ragionare con qualcuno dei loro servitori, e vedrai a che scioltezza di lingua ti troverai di fronte!

7. Infine, in terzo luogo, esse sono le mogli dei sacerdoti, e quindi sono, per così dire, esse stesse delle sacerdotesse alle quali incombe già EX OFFICIO (per dovere d’ufficio) il compito, in certo modo, di apparire così giudiziose e savie che nessun’altra creatura umana possa sentirsi degna di andare vicino a loro. Per questo motivo anche i loro figli e i loro servitori, come insegne della loro sapienza, le precedono sempre come tanti araldi splendenti, così che la gente infine deve rendersene conto ed essere indotta a dire: “Ma se già costoro sono tanto sapienti, quanta sapienza non ci sarà nei sacerdoti e nelle sacerdotesse?”. Vedi dunque, o amico Mio, che, data una simile costituzione della vita interiore, lo spirito del loro precettore ben difficilmente potrà essere indotto a mantenere la promessa fatta loro.

8. Hai osservato come, non appena Mi ebbero ringraziato ed Io ebbi fatto a loro la promessa che, qualora fossero rimaste fedeli alla Mia Dottrina, Io le avrei sempre assistite e che, se avessero invocato il Mio Nome - e sarebbe stato compito dei loro mariti farglielo conoscere assieme alla Dottrina - Io le avrei consolate e fortificate, queste donne cominciarono subito a esporre tutti quei loro dubbi circa l'immortalità dell'anima? Credi che fossero mosse proprio dalla brama vivente di avere da Me una dimostrazione del contrario? Oh, no certamente; ma a loro interessava invece mostrarMi quanto sono immensamente sagge e quanto siano adatte ad edificare una nuova scuola di vita nel Mio Nome! Ebbene, da tutto ciò puoi ben comprendere come Io non sia disposto a vedere alla mensa delle creature di questa specie. Dopo il pranzo però che vengano pure; puoi farle avvisare per mezzo dei loro mariti»

9. Disse Giored: «È vero, o Signore e Maestro, queste donne io me le sono sempre raffigurate proprio così, e confesso che non le ho mai tanto sopportate appunto per la loro smania di voler sempre essere con la loro scienza almeno di mille anni in anticipo sugli altri, perché, quando si parlava di una cosa che anche uno di noi può avere imparato e sperimentato bene, c’era da attendersi in ogni occasione una risposta la quale, benché perfettamente cortese nella forma, pure in sostanza suonava così: “Noi a questo riguardo ti preghiamo di tacere, altrimenti non potremmo far altro che andarcene, perché queste cose non le comprendi, né potrai mai comprenderle!”. Anzi, perfino i loro mariti dovevano stare molto bene attenti nei loro discorsi a non attirarsi qualche osservazione o qualche critica dalle loro mogli. Questa però è stata certo una mia impressione in più di una occasione, ma solo adesso mi accorgo chiaramente che tale mia impressione non era affatto illusoria; considerato dunque ciò, io penso di chiedere loro di venire qui circa tre ore dopo il pranzo»

10. Ed Io gli risposi: «Siamo d'accordo! Ma adesso va là e riferisci ai sacerdoti che Io desidero dire qualche parola all'uno o all'altro di loro!».

11. Giored allora andò a chiamare il sacerdote di Minerva. Questi si presentò immediatamente a Me e chiese cosa desiderassi da lui.

12. Ed Io dissi: «Amico, oggi per il pranzo restate con le vostre mogli a casa vostra, perché altrimenti durante il pranzo Mi inonderebbero con la loro stereotipa[20] sapienza mondana, cosa questa che Io non desidero affatto, dato che, mentre sto seduto a mangiare a mensa, desidero stare in pace; tuttavia verso la terza ora del pomeriggio potrete venire di nuovo qui, accompagnati però soltanto dalle vostre erudite consorti. Ma fate in modo di istruirle un po' sul Mio conto riferendo loro quanto voi già sapete, affinché quando parlerò non vengano subito fuori con interruzioni e obiezioni! Infatti, le vostre mogli sono seguaci delle dottrine di Diogene, e, in quanto tali, è difficile approfondire un argomento con loro; ma esse sono per di più delle scettiche, e questo è ancora peggio; fate dunque così come ora vi ho detto! Esse ci daranno un bel da fare già nel pomeriggio!».

13. Il sacerdote allora Mi ringraziò per il consiglio datogli, e Mi promise che non avrebbe omesso di prospettare a dovere tutto ciò alle cinque donne, garantendo che esse si sarebbero comportate con tutta modestia in casa di Giored!

14. Dopodiché egli se ne andò e riferì tali cose ai suoi colleghi i quali si dichiararono perfettamente d'accordo, quantunque avrebbero di gran lunga preferito tutti ritornare con noi in casa di Giored, tanto più che era quasi mezzogiorno.

15. Così fu appianata anche questa questione non da poco, e la parte peggiore del paganesimo in quella località si trovò posta su di una via migliore e un po' più chiara.

 

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Cap. 106

Uno scriba sostiene le opinioni delle mogli dei sacerdoti.

 

1. Infatti, quella località aveva un'importanza non da poco appunto perché per moltissimi pagani, i quali in certe epoche vi andavano in pellegrinaggio, quel tempio rappresentava un secondo oracolo di Delfi, e quei sacerdoti e quelle sacerdotesse avevano già accumulato dei grandi tesori. Dunque, da quel luogo poteva venir diffusa una luce migliore su una buona parte dei greci e dei romani dell'Asia; e questo fu appunto il motivo per il quale Mi trattenni un po' più a lungo che non nei luoghi visitati prima della piccola Galilea vera e propria, come pure della grande Galilea così denominata in modo improprio.

2. Rientrammo in casa di Giored passando per lo stesso viottolo che avevamo preso uscendo e che conduceva alla parte posteriore della casa, con lo scopo di vanificare la speculazione di Giuda Iscariota il quale si era ripromesso il noto guadagno, perché, passato il mezzogiorno, la moltitudine raccolta davanti alla casa non aveva voluto più saperne di aspettare, ed alcuni rivolsero anzi parole aspre al discepolo per averli trattenuti là senza che fosse stato loro possibile vederMi. Il discepolo però si era affrettato a nascondersi in casa, poiché temeva che, al posto del denaro sperato, avrebbe potuto capitargli assai facilmente in sorte una ricompensa di ben altro genere.

3. Entrammo nella gran sala mentre il pranzo era già pronto; questo venne immediatamente servito.

4. Prima però di prendere posto dissi a tutti: «Quando il discepolo verrà, lasciatelo stare e fate come se fosse stato sempre presente!».

5. Avevo appena finito di parlare, che egli fece la sua comparsa nella sala, salutò tutti cortesemente e si comportò come se durante la mattinata non si fosse affatto allontanato da noi. Dal canto nostro facemmo altrettanto e mangiammo e bevemmo di lietissimo animo.

6. Durante il pranzo le parole scambiate furono poche; soltanto i nostri venti nuovi discepoli esposero qualche idea riguardo al discorso tenuto dalle mogli dei sacerdoti, perché essi non avevano avuto ancora occasione di imbattersi in gente tanto ostinatamente stoica; per conseguenza ognuno faceva questa o quell'altra osservazione.

7. E colui che tra di loro era uno scriba - il quale era pure un cabalista[21] nonché un conoscitore del contenuto del libro intitolato “Le guerre di Jehova” poi completamente perduto ma che tuttavia all'epoca attuale si trova in possesso degli indiani antichi sotto il nome di SEN SCRIT (“Io sono nascosto”) - disse: «Ad ogni modo bisogna inchinarsi dinanzi a quelle cinque donne, perché, se non altro, hanno imparato di gran lunga più di molti eruditissimi ebri, e dal punto di vista del nostro stato naturale di vita non si può assolutamente criticare il loro modo di giudicare particolarmente razionale.

8. L’evidente morte a cui è esposta ogni creatura costituisce agli occhi di un acuto pensatore appunto qualcosa capace di sminuire di molto la grande Gloria e la Maestà del Creatore! Se tramite la Sua Onnipotenza Egli è capace di conservare la Terra con i suoi mari e i suoi monti, nonché la Luna, il Sole e tutte le stelle, perché allora non conserva anche l'uomo come egli è, con il suo corpo e la sua anima?

9. Ed anche ammesso che l'uomo sia proprio destinato a deporre un giorno il proprio corpo per trapassare ad una vita sempre più spirituale e più pura, data l'Onnipotenza del Creatore, ciò allora potrebbe accadere in modo che il corpo si facesse gradatamente sempre più spirituale per finire poi col trapassare allo stato puramente spirituale senza alcuna interruzione nell'essere coscienti di se stessi, oppure in modo che l'uomo, giunto ad una certa età matura, potesse almeno venire visibilmente in comunicazione con le anime umane già completamente trapassate, per avere con ciò una piena assicurazione, per sé e per i propri simili, della vita dopo la morte! Ma invece nelle condizioni attuali, a questo mondo non si può trovare quasi nessuna traccia di qualcosa di simile.

10. In primo luogo l'uomo nasce in questo mondo in uno stato di incoscienza e di inettitudine peggio di qualsiasi animale, e per lunghi anni deve venire curato e nutrito dai propri genitori prima di acquistare la forza e la capacità di mantenersi da sé; e in secondo luogo, quando è chiamato a muoversi liberamente, viene, per così dire, rinchiuso dentro un recinto fittissimo di leggi di ogni specie, e viene tanto inceppato fisicamente e spiritualmente, che è già molto se egli è poi capace di trarre un respiro in libertà! Ma io domando: “Che indennità gli è poi riservata per i tanti disagi ai quali è continuamente esposto?”. Ecco, nient'altro all'infuori di quella benedetta fede in base a cui, se tutte le condizioni della vita impostegli dalle leggi molto difficili da osservare saranno adempiute, dopo la morte egli si troverà meglio o addirittura anche immensamente bene. Eh, tutto sarebbe bello e buono se l'uomo potesse avere una garanzia sicura in proposito! Ma è appunto in questo, molto più che in ogni altro riguardo, che la cosa non sta in piedi.

11. Certo, nelle Scritture si legge sì che i primi uomini, dalla vita semplice e onesta, una simile garanzia l'abbiano avuta; ebbene, questo sarà certo vero, ed è lecito congratularsi sinceramente con loro che sia stato così! Ma invece con noi uomini che viviamo nell'epoca attuale, non c'è proprio da congratularsi, perché a noi tali garanzie mancano assolutamente, eppure noi siamo degli uomini come lo erano i nostri predecessori! Ci viene spiegato che una prova simile non può venire fornita nei nostri riguardi per la ragione che siamo diventati troppo rozzamente sensuali e materialisti! Ma io penso che appunto nel caso in cui l'uomo si sia incamminato per una falsa via, sia in seguito alla propria debolezza oppure in seguito alla tentazione di un qualche demonio invisibile, appunto in questo caso sarebbe necessario che dal mondo degli spiriti venisse fornita una garanzia di questa specie, con la quale si potrebbe ricondurre sulla retta via gli uomini smarriti! Ma ecco invece che precisamente in questi casi non avviene generalmente niente di simile.

12. Che noi pochi abbiamo appunto ora l’eccezionale fortuna di avere Te, o Signore e Maestro, in nostra compagnia, che vai mostrandoci con le parole e con i fatti che l'uomo è destinato e chiamato ad una vita eterna puramente spirituale e come ciò avvenga, questo ha valore per noi solamente in quanto abbiamo creduto e dobbiamo credere che è così, dato che la nostra fede trova un appoggio solidissimo nelle Tue opere e nei Tuoi prodigi puramente divini! Sennonché anche le opere di Mosè furono grandiose e costrinsero la gente, particolarmente quella del suo tempo, a credere incondizionatamente; però in seguito tutti i segni straordinari cessarono, e nell'uomo la fede andò sempre più indebolendosi, ed è perciò che egli, sotto molti aspetti, si trova ora sul punto di considerare e di percepire veramente già in anticipo il non esistere eterno come la massima felicità! Infatti egli ha giornalmente delle prove in quantità innumerevole del totale svanire delle cose, mentre non ne ha nemmeno una della continuazione dell'esistenza nell’eternità!

13. Che però le cose a questo mondo stiano proprio in questi termini, spero che non ci sarà nessuno che non voglia riconoscerlo; ed in verità, date le attuali condizioni, non si può attribuire la colpa a quelle sacerdotesse se giudicano in questo modo e se esprimono apertamente la loro opinione fondata sul risultato di zelanti ricerche nel campo del naturale. Infatti, perché lo spirito del loro precettore defunto non si fece vedere come ne aveva fatto solenne promessa mentre era ancora in vita a questo mondo? E perché allora lo spirito di Samuele obbedì alle parole evocatrici della strega di Endor, e predisse a Saul la sua fine? Ecco, nessuno potrà negare che simili cose sono così strane che un uomo, per quanto voglia riflettervi su, non riuscirà mai a venirne a capo in maniera ragionevole e naturale!

14. Mediante la parola e gli insegnamenti si può certo procurare molta luce e molta tranquillità all'uomo, e si può rafforzarle per mezzo di meravigliosi prodigi, ma ce ne vuole ancora molto per parlare di una convinzione fondata sulla propria vivente coscienza! Cosa ne dici Tu, o Signore e Maestro, di questo mio parere che giustificherebbe le colpe degli uomini?».

 

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Cap. 107

La comunicazione con l’aldilà.

Prove sulla continuazione della vita dopo la morte.

 

1. Ed Io risposi: «Per il momento posso dire poco, se non proprio niente del tutto, poiché tu non sei di gran lunga ancora capace di farti un concetto vero, chiaro e giusto di tutto ciò che è spirituale!

2. Credi davvero che da parte di Dio gli uomini siano abbandonati in modo tale da non poter avere più assolutamente nessuna notizia del mondo degli spiriti? Oh, se la pensi così, t'inganni enormemente! Sono invece gli uomini che si sono volontariamente allontanati da Dio; sono essi che hanno cominciato a cercare tutto nella materia e ad essere attivi soltanto per questa; ma così facendo si sono allontanati completamente dallo spirituale. C'è forse da meravigliarsi se ora essi non vogliono più saperne delle garanzie spirituali fornite loro riguardo alla vita dopo la completa morte del corpo?

3. Quante volte ebrei e farisei hanno lapidato, come colpevoli di sfrontata menzogna, degli individui che avevano avuto rapporti con spiriti e con angeli di Dio, non volendo né sentire né sapere nulla da uno spirito che li ammoniva! Ma se ciò si è verificato parecchie centinaia di volte, c’è forse da meravigliarsi se degli innocui veggenti hanno esitato a parlare e se hanno preferito tenere per sé le loro visioni e le loro convinzioni?

4. Il vecchio Simeone e la vecchia Anna nel Tempio non costituivano una grande luce dal mondo degli spiriti, dato che in ambedue vi era la facoltà di intrattenersi quotidianamente per delle ore con gli angeli di Dio? Ma chi credeva loro? La gente voleva essa stessa comunicare con i propri occhi, con i propri orecchi e con la propria bocca in un giorno determinato con gli spiriti del Cielo, e grazie alla preghiera di Simeone anche questo venne concesso; ma che cosa si disse poi nel Tempio di quella grandiosa apparizione? Semplicemente questo: Simeone ed Anna, segretamente d’accordo con gli esseni e con dei magi egiziani, avevano offerto un pio spettacolo dell'apparizione di spiriti! Eppure quella volta delle centinaia di addetti al Tempio furono con i loro occhi, con i loro orecchi e con le loro bocche testimoni di un simile fatto; perché dunque non hanno creduto?

5. Zaccaria, che più tardi ricoprì la carica di sommo sacerdote, ebbe anch'egli delle visioni; chi mai gli credette? Ma quando si rese evidente che le visioni di Zaccaria erano assoluta verità, che cosa si fece di lui?

6. Quando suo figlio[22], compenetrato dallo Spirito di Dio, predicava nel deserto e mediante ogni tipo di prodigi persuadeva gli ebrei della perfetta verità delle sue parole, non avrebbero essi potuto fare secondo i suoi insegnamenti? Oh, certo che l'avrebbero potuto, ma non l'hanno voluto fare; ed essi ricolmi soltanto d'ira e di rabbia velenosa lo afferrarono, lo gettarono in una prigione e, quello che accadde poi, lo sapete anche voi!

7. Ora sono Io qui con il supremo Spirito di Dio, e vado dimostrandovi con parole e con fatti che è così; tuttavia voi dubitate della verità delle Mie parole! Dite voi stessi: quale garanzia più grande e più solida ancora dovrei darvi riguardo alla vita nell'aldilà?

8. Oppure pensate forse che gli uomini, i quali grazie allo sconfinato Amore del Padre sono destinati a diventare completamente Suoi figli, non devono nascere a questo mondo del tutto liberi da ogni giudizio per quanto concerne quella parte del loro essere che si chiama anima, e senza una capacità vitale superiore già sviluppata? E non devono essi acquistarsi, secondo la loro volontà liberissima, ogni tipo di cognizioni e di capacità solo mediante l'istruzione e l'esercizio nei vari campi dell’attività, e con ciò lavorare essi stessi alla perfezione della loro vita come dei giovani creatori in erba; è per questo scopo che il Padre nel Cielo ha sempre concesso loro e continua a concedere sempre ogni mezzo di aiuto!

9. Ma perché Io continuo a dirvi: “Operate secondo la Mia Dottrina, e allora la vita eterna si rivelerà in voi stessi in modo chiarissimo”? Se dunque le cose stanno così, come potete essere tanto ciechi da dire: “Eppure le mogli ultra stoiche di questi sacerdoti dovrebbero aver ragione di esprimersi così!”? O stolti e ciechi che siete! Se Io volessi e se potesse esservi di qualche aiuto, sarei certo in grado di aprire all'istante la vostra vista interiore, e voi vi vedreste circondati da tutte le parti da un esercito di spiriti! Ma che cosa direste poi? Posso assicurarvelo: niente di differente da quello che hanno detto le donne stoiche! Voi giudichereste in questo modo, almeno dentro di voi: “Eh sì, finché siamo vivi e sentiamo e vediamo, non è difficile farci vedere lucciole per lanterne; ma si vada invece là dove ci sono le sepolture, e si cerchi di darla ad intendere ai morti; certo questi non potranno né udire, né vedere, né percepire nulla!”. Ed Io vi dico che riguardo a questo avete perfettamente ragione, perché i cadaveri non sono affatto destinati a vivere ulteriormente, quantunque anche in essi esistano ancora degli specifici animico-vitali giudicati i quali, giunti a completa maturazione, saranno essi pure ridestati a vita libera per un altro individuo.

10. Ad una possibile sopravvivenza eterna è destinata unicamente l'anima umana; la materia invece, come materia, non può essere chiamata a continuare ad esistere in eterno, dato che essa non rappresenta che un elemento spirituale giudicato, ed è dunque soltanto una Volontà di Dio fissata per un determinato tempo la quale non può restare fissata per sempre, dato che in Dio, accanto a tutto il resto, è libera in modo particolare la Volontà; ed un Pensiero di Dio rimane rigidamente fissato solamente fino a quando esso non è necessario per il raggiungimento di uno scopo superiore.

11. Senza Dio e al di là di Dio non può mai in eterno ed in nessun luogo esistere qualcosa; tutto quello che l'Infinito contiene in Sé proviene da Dio, e quindi è fondamentalmente del tutto spirituale. Che esso appaia in un mondo quale solida materia, ciò è dovuto alla tenace fermezza della Volontà divina; se questa cessasse di tenere fermo un determinato pensiero, nel medesimo istante non sarebbe più possibile ad alcun occhio materiale scoprirne una qualsiasi traccia, quantunque il Pensiero di Dio in tal modo dissolto dovrebbe continuare ad esistere spiritualmente in Dio per l'eternità.

12. Dite un po’: “Dove ho preso la terra con la quale ho coperto il lago, oppure quel materiale mediante il quale ho migliorato ieri sera le proprietà terrene dei poveri pescatori, e dove se n'è andata la materia che costituiva le tre divinità pagane?”. Ecco: nel caso del lago e delle dimore dei pescatori il Mio Pensiero è stato fissato dalla Mia Volontà; invece nel caso delle statue la Mia Volontà ha desistito dal tenere fissato quel determinato Pensiero, così che questo Mio Pensiero primordiale fu di nuovo reso libero e di nuovo spirituale. Ed è qui che sta anche la spiegazione dei prodigi da Me compiuti dinanzi a voi; e che Io sia veramente un Signore degli spiriti e di ogni vita, di ciò rende ben valida testimonianza questo figlio, Giorab, che era assolutamente morto e che Io ho richiamato in vita! Devo dunque darvi delle altre prove ancora riguardo la continuazione della vita dell'anima dopo la morte del corpo?»

13. Lo scriba allora esclamò: «No, o mio Dio, mio Signore e Maestro! Ormai ho capito tutto perfettamente! Certamente è così, e non può essere diversamente da così in eterno! Ma, o Signore, se le mogli dei sacerdoti dovessero presentarsi qui fra poco, permetti di grazia che ragioni un po’ con loro, e mi riprometto di spazzare via Diogene dalle loro menti in maniera tale che esse poi certamente non avranno più nessuna voglia di pensare a quel loro filosofo!»

14. Ed Io gli dissi: «Sì, fa pure così, perché in ogni caso Mi disgusta molto avere a che fare con tutte queste specie di stoici! Tu però fa bene attenzione, affinché non finisca con l'avere la peggio durante la discussione, perché quelle donne, a modo loro, sono quanto mai abili e sanno bene patrocinare la loro causa»

15. Rispose lo scriba: «O Signore, ad ogni modo spero di cavarmela con il Tuo aiuto!».

16. Egli aveva appena terminato di parlare, che già si videro comparire i cinque sacerdoti accompagnati dalle rispettive mogli.

 

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Cap. 108

Il discorso ateo della moglie del sacerdote dalla lingua sciolta.

 

1. I sacerdoti e le loro mogli ci salutarono e si inchinarono profondamente dinanzi a Me. Giored assegnò loro immediatamente dei posti alla nostra mensa ed offri loro pane e vino; e quando essi ne ebbero preso un po’ per rispetto, le donne cominciarono subito a farsi sentire, particolarmente la moglie del sacerdote di Minerva, molto saccente e molto esperta del mondo. Precisamente di fronte a questa sedeva lo scriba ebreo-greco, il quale nella sua impazienza quasi non vedeva l'ora che gli si offrisse l'occasione di attaccare discorso con la donna, perché questa parlava intanto di altre cose senza importanza.

2. Solo dopo un'ora circa la conversazione cadde su un argomento di qualche importanza, e precisamente sull'oracolo di Delfi e su quello di Dodona che era esistito in tempi antichissimi e che aveva goduto una fama mondiale. Fu questa l'occasione di cui approfittò il nostro scriba per entrare in discorso con la donna, ciò che però egli fece mentre era già arrabbiato per il fatto di aver dovuto aspettare tanto a lungo appunto questo momento.

3. Per questo con tanta maggior passione si iniziò la discussione. La donna infatti era intenta a sostenere la tesi secondo la quale le istituzioni di quella specie rappresentavano per il popolino ancora un rilevante beneficio, perché appunto mediante le stesse esso, più che con altro, era stato mantenuto nella cieca fede in una continuazione della vita delle anime dopo la morte del corpo. Infatti la gente cieca e debole di intelletto poteva, in quei luoghi, mediante una piccola offerta, parlare con i loro amici defunti, pratica questa sempre ancora eccellente nonché autorizzata dall'antica fede, e che sarebbe anche rimasta eccellente finché non si fosse potuto offrire all'umanità qualcosa di migliore.

4. Ci sarebbe stato da ripromettersi poco dalla verità stoica a vantaggio del popolo ignorante, verità che essa ormai considerava come l'unica confermata da tutte le esperienze, e perciò era anche bene che tale verità restasse patrimonio esclusivamente dei sacerdoti, affinché questi si mantenessero saggi e tanto più atti ad inventare sempre qualche pia illusione allo scopo di poter rendere il più possibile felice il popolo durante il breve tempo di questa vita terrena. Una simile felicità non era certo riservata ai sacerdoti, e per questa ragione essi avevano bisogno delle offerte per poter sopportare un po' più facilmente una vita del resto quanto mai triste e misera, restando a loro consolazione soltanto il pensiero di una più o meno prossima non-esistenza priva di sensazioni, di dolori e di preoccupazioni.

5. «Io non dico», proseguì la sacerdotessa, «che sia proprio impossibile sostituire il bene che c’è adesso con qualche cosa di migliore; ma finché ciò non si verifica, quello che esiste è sempre di gran lunga il migliore di tutto. La vera sapienza insegna a noi, creature umane, a condurre l'umanità in generale verso una condizione di vita il più possibile felice od almeno tollerabile, e di mantenervela, avvalendosi di qualsiasi mezzo reputato opportuno, che però venga tenuto gelosamente segreto; solo in questo modo l'uomo acquista il suo valore morale, e diventa capace di essere un membro utile della società umana. Ma per questa ragione poi anche tutti i profani non rispetteranno mai abbastanza la casta sacerdotale che invece è quanto mai infelice, visto che si trova a contemplare la pura verità, la quale però è una verità molto triste! Ecco perché solo dalla casta sacerdotale, che si sacrifica per l'umanità, dipende ogni bene degli uomini.

6. Io però ammetto pure il seguente caso possibile: un bel giorno tutti i sacerdoti e le sacerdotesse si mettono d’accordo tra di loro e deliberano di esporre tutta la pura verità al popolo e di rivelargli da cima a fondo la composizione del pio pasticcio di illusioni! Non è evidente che un simile fatto causerebbe il più terribile disordine fra gli uomini di questo mondo? Per l'uomo non esisterebbe più niente di sacro; il più forte assalirebbe il più debole come una bestia feroce e lo dilanierebbe, anzi perfino i bimbi appena nati verrebbero sgozzati e gettati in pasto ai cani. A farla breve, l'uomo ben presto diventerebbe nemico di se stesso e un temibile nemico di ogni vita, come in ultima analisi lo siamo in tutta verità, in noi e fra di noi, pure noi stessi.

7. Noi infatti non conosciamo nessun Dio all'infuori di quello che ha tratto origine dalla nostra fantasia; certo sappiamo qualcosa, e questo qualcosa è che nella grande natura dominano delle forze misteriose, alle quali per un concorso di molte e svariate circostanze casuali deve la sua triste esistenza anche l'uomo. Ma queste forze sono altrettanto poco delle divinità in qualche modo intelligenti e coscienti di se stesse, quanto poco è una divinità l'acqua per il fatto che, in seguito alla forza muta e cieca della gravità che le è propria, tende sempre verso il basso, ciò che ben si sa in base all'antica esperienza, dato che in nessun luogo mai si è visto ancora un ruscello risalire nel suo letto il pendio di una montagna! Dunque anche mille divinità congiunte anche alla superstizione più nera sono per le creature umane indicibilmente più salutari e più utili di qualsiasi verità per quanto pura. Parliamoci chiaro: cosa importa che un uomo abbia avuto dalla culla fino alla tomba una fede piuttosto che un'altra, quando la fede sia stata tale da dargli un’assicurazione ben precisa intorno ad una vita dell'anima sopportabile e durevole dopo la morte del corpo?

8. Cosa potrà dire per farci delle obiezioni un eventuale scimunito fanatico della verità se gli diremo: “Qualsiasi religione è buona per l'uomo, purché lo conduca alla fede in un qualche Essere divino superiore e gli dia la piena garanzia di una vita eterna dell'anima dopo la morte!”. In fondo, ogni religione è falsa, mentre buone sono soltanto le leggi morali che possono derivarne; per questo, se esiste una vita dopo la morte, nessuno è mai ritornato per fare in modo che noi sacerdoti rendessimo conto delle nostre responsabilità a questo riguardo o per eventualmente apostrofarci con le parole: “O pessime birbe che siete! Perché ci avete ingannati così ignominiosamente con delle bugie tanto colossali e delle dottrine tanto false?”.

9. In verità, se realmente ci fosse una vita dopo la morte del corpo, quelle anime da noi così atrocemente ingannate si sarebbero già da lungo tempo vendicate visibilmente e in maniera incontestabile di noi, oppure, constatando la nostra miseria, ci avrebbero dato dei chiarimenti più precisi riguardo a Dio e alla vita dell'anima dopo la morte del corpo! Ma poiché dopo la morte dell'uomo come pure di qualsiasi animale non c'è e non può esserci altra vita, così nemmeno uno spirito si fa più vedere, né si vendica di noi per il fatto che a questo mondo lo abbiamo ingannato e gli abbiamo snocciolato tante menzogne; a questo riguardo dunque non occorre affatto che noi ci facciamo delle inutili preoccupazioni.

10. Qui su questa Terra gli uomini hanno, a seconda delle condizioni del clima e del suolo, talenti vari e varie caratteristiche; l'uno ha una forza da gigante, l'altro è debole come una mosca; l'uno è di intelletto acutissimo, l'altro è idiota come la notte! L'uno ha la vista d'aquila, il suo vicino è invece cieco; e così altrettanto uno possiede, grazie al suo acuto senso di penetrazione in ogni campo, una facoltà di osservazione e di penetrazione quasi incredibile, può scrutare con facilità e profondità nei misteri delle forze naturali agenti e trova ben presto il modo di imitarle in minore o maggiore misura, mentre altri, che non hanno assolutamente tali facoltà, ne rimangono quanto mai stupiti e sono propensi a crederlo quasi un Dio. Altri ancora possono osservare continuamente il lavorio perpetuo della natura anche per mille anni, senza riuscire a trovare o ad inventare nulla, quantunque siano essi pure degli esseri umani!

11. Però, nonostante tutte le loro facoltà molto spesso davvero prodigiose, con cui e tra cui gli uomini non di rado sono vissuti su questa Terra, hanno dovuto essi pure finire col morire, e nessun occhio mortale ha più visto nulla di loro. Dunque, malgrado noi abbiamo la più grande ammirazione per le vostre prodigiosissime capacità, superiori in potenza a quante altre mai abbiamo avuto occasione di constatare nell'uomo, dobbiamo concludere che voi tutti pure, al pari di noi, svanirete un giorno da questa Terra, come è toccato a tutti i vostri grandi predecessori. Soltanto i loro molteplici insegnamenti nonché le loro gesta e opere sono ricordate ancora dai loro successori, e ciò sarà con l'andar dei tempi anche il caso vostro, cosa questa che certamente non vi gioverà più di tanto, dato che, non esistendo più, non vi occorrerà nemmeno niente.

12. Questa è pressappoco la nostra opinione ben fondata sulle esperienze di tutti i popoli della Terra e fino al giorno d'oggi considerata la sola propriamente vera riguardo all’essere e al destino dell’uomo. Certamente noi non ignoriamo che, oltre a questa nozione assolutamente vera della vita, esiste presso tutti i popoli una quantità di concezioni fantastiche e bellissime relative a una destinazione eterna della vita delle anime umane dopo la morte del corpo; ma chi ci può garantire la verità di simili asserzioni? Forse le immagini che appaiono in sogno all'uomo, o forse i fantasmi suscitati da una fantasia riscaldata dalla febbre? Ma tutto ciò non è che un complesso di effetti di cui la causa va attribuita ai differenti stadi della vita umana, finché il cuore dell'uomo pulsa; quando questo ha cessato di essere attivo, hanno cessato pure i sogni e i fantasmi della febbre, e insieme ad essi sono quindi cessati l'esistenza dell'uomo e le sue speranze a volte così belle! Per conto mio ho finito, ed ora parlate voi che siete maestri del regno degli dèi, ed offriteci, se lo avete, qualcosa di meglio!».

13. Durante questo discorso discretamente esteso e prettamente ateistico della sacerdotessa, lo scriba si era sentito ribollire il sangue, perché, data la loquela scorrevolissima e le argomentazioni categoriche della donna, non era riuscito mai ad interromperla e a tapparle la bocca. Ed ecco che ora egli vedeva giunto il momento tanto augurato; perciò tirò il fiato quanto più poteva per tuonare, con tutta energia e concisione, dei contro-argomenti ben solidi e seri in faccia alla sacerdotessa.

14. E quando ebbe felicemente terminato di far provvista di fiato, l'ex scriba disse con espressione eloquente: «Ascolta, o Minerva fra le sacerdotesse, che neghi la vita e Dio! Da pagana dotata di tanta sapienza che sei, non hai mai sentito parlare di un certo proverbio romano che suona: “QUOD LICET JOVI, NON LICET BOVI!”. (Ciò che è lecito a Giove, non è permesso al bue!)

15. E la sacerdotessa, prontamente, rispose: «Mio caro amico! Queste parole intendi riferirle a me oppure a te? Ad ogni modo, data la situazione presente, sembrano davvero adattarsi a te piuttosto che a me, perché, per quanto mi riguarda, non vi è mai stata né vi è la benché minima intenzione di offendere qualcuno con parole scorrette o non ponderate, ciò che pare invece sia stato appunto il caso tuo! Se proprio esiste un Giove, avrà lui stesso cura che il bove non venga ad invadere il suo campo d'azione; ma se un Giove non esiste, allora anche il bue, che evidentemente almeno esiste, rappresenta ad ogni modo qualche cosa di più del Dio non esistente. In verità, amico mio, se tutta la tua sapienza consiste di proverbi di questo genere, assolutamente fuori posto nel nostro caso, vorrei sentire cosa dicono i tuoi insegnamenti! Questi, alla luce del Sole, non devono aver brillato proprio eccessivamente in fatto di finezza! Puoi forse citarmi ancora altri proverbi dello stesso genere?».

 

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Cap. 109

Scambio di opinioni tra lo scriba e la moglie del sacerdote.

 

1. Queste osservazioni discretamente pungenti della sacerdotessa ricondussero lo scriba ad una migliore valutazione, ed egli vide quale goffaggine aveva commesso citando a sproposito il suo proverbio romano.

2. Egli rifletté un po’ e poi disse: «Suvvia, mia cara amica! Io non ho voluto affatto intenderla così, ma è stata mia intenzione unicamente far emergere come, dato che tu non sai niente di un'anima né di una sopravvivenza della stessa anche dopo la morte del corpo, nonché di un solo e vero Dio, e vai predicandoci esclusivamente la morte eterna, non ti si addice parlare così come se soltanto in te fosse concentrata tutta la sapienza del mondo e come se tu volessi insegnare a noi tutti, che sappiamo cose che sono diecimila volte migliori, le tue vecchie teorie di Diogene, come se noi non ne avessimo mai udito parlare. Invece è nostra intenzione offrire a voi, poveri ciechi, qualcosa di migliore, e soltanto sotto questo punto di vista non ti si addice quello che invece si addice a noi di fronte a voi! Perciò sta soltanto a voi prestare ascolto a noi e non noi ascoltare voi, considerato che noi comunque sappiamo anche troppo bene in quali condizioni vi trovate e in che cosa veramente consiste la vostra sapienza interiore derivata dalle idee di Diogene che è appunto nostro compito spazzare via dalle vostre menti! E in questo sta, in via approssimativa, proprio il significato del proverbio da me citato!»

3. Disse la sacerdotessa: «Qualunque sia il significato del tuo proverbio, ad ogni modo tu l'hai applicato qui non da greco come sembri essere, il quale dovrebbe tenerci alla cultura, ai modi, alla buona educazione e al senso di umanità, ma da ebreo ben rozzo; tuttavia ti parlo così semplicemente perché tu possa convincerti che noi qui ci muoviamo su un terreno più civile e morale di quello sul quale forse si muove da voi a Gerusalemme il popolo di Dio.

4. Varrebbe davvero la pena fare una conoscenza più intima con il Dio che ha fatto di questo popolino il Suo popolo! In verità, non esito a dichiararti che questo Dio sarebbe un Essere quanto mai da compiangere! Se tu vuoi ammaestrarci e spazzare via Diogene dalle nostre menti conviene che tu cominci a tenere con noi un linguaggio del tutto differente, altrimenti tu che sei soltanto un discepolo del grande Maestro, e certo non proprio il preferito, rischi di non fare affatto i migliori affari con noi! Vedi dunque di presentarti un po' meglio!»

5. Rispose lo scriba: «Adesso lasciamo stare queste cose, e passiamo subito alla questione principale. Ma non vedi tu dunque che noi, discepoli, crediamo tutti in un Dio e nell'immortalità dell'anima umana? Perché dunque anche voi non credete a tutto ciò? La nostra è una convinzione assoluta, eppure anche noi siamo degli esseri umani! Come può essere allora che in voi non siete per niente convinti da tutto ciò che chiunque, pur disponendo anche di una minima profondità di pensiero, considera come una cosa già stabilita?

6. Vedete, la ragione di questo posso dirvela io: si tratta di una punizione inflittavi dal vero Dio d'Israele, affinché voi dobbiate farvi continuamente tormentare dal tremendo sentimento della morte eterna, per aver nascosta ai popoli la superiore verità della vita posseduta una volta, e per aver fatto ingoiare agli stessi, invece della luminosa verità, un'accozzaglia di menzogne e di inganni, e questo per saziare la vostra brama esagerata della vita comoda e del non far niente.

7. Voi vi siete presentati al popolo come veri servitori ed amici immortali degli dèi, e avete spesso richiesto ingenti offerte talvolta perfino estremamente cruenti al povero popolo che voi avete pienamente ingannato e a cui avete mentito; perciò Dio vi ha tolto la convincente sensazione interiore della vita dell’anima ed ha posto in voi la sensazione della morte eterna; e la vostra attuale grande sapienza consiste appunto nel fatto che voi sentite e percepite chiaramente che la morte eterna dimora in voi!

8. Proprio per questo motivo voi non potete più scoprire in qualche modo dov’è che i rapporti tuttora sussistenti tra gli uomini che vivono qui e le anime trapassate continuano ancora ad esistere, proprio così come sono sempre esistiti fra gli uomini rimasti all'antica Verità.

9. E adesso lasciate che vi si dica ancora questo: il paganesimo quanto mai ridicolo e sciocco è ormai spazzato via da voi stesse, e si spera che voi non cercherete mai più di ripristinarlo; accogliete dunque nei vostri cuori la Dottrina che i vostri bravi mariti non mancheranno di farvi conoscere, e vivete ed operate in conformità ad essa; così la convincente sensazione della vita dell'anima dopo la morte del corpo, ritornata nuovamente in voi, si farà di nuovo sentire e vi farà riconoscere l'unico vero Dio e Signore, il Quale non vi ha creato per la morte eterna, ma unicamente per la vita eterna, purché vogliate rendervene degne sulla via di una sapienza ben differente da quella del vostro stupidissimo Diogene! Mi hai compreso?»

10. Rispose la sacerdotessa: «Oh, sì, benissimo anzi! Ora hai parlato con molta accortezza; sennonché fra le tue parole ce ne sono molte che noi abbiamo già avuto occasione di apprendere molto spesso dalla bocca del nostro defunto precettore! Le parole di per se stesse sono senz'altro eccellenti; peccato soltanto che esse non abbiano per noi una qualche forza e potere di persuasione!

11. Se un giorno, forse qualche decina di secoli fa, i nostri progenitori si sono allontanati da un qualche vero Dio, non è possibile che la colpa venga attribuita pure a noi, in seguito alla quale lo stesso unico vero Dio debba nutrire sempre ancora verso di noi, innocenti successori di quei supposti peccatori contro di Lui, un odio tale da tormentare continuamente i nostri animi con il pensiero della morte eterna! Ebbene, se proprio è così, allora tante grazie per il vostro unico e vero Dio; ma noi ci atteniamo al nostro Diogene con la sua dottrina dell'annientamento eterno che ci attende, perché ci dà una consolazione molto maggiore che non tu adesso con la prospettiva del riottenimento del sentimento della vita eterna nelle nostre anime! No, in verità, sarebbe proprio un bel Dio sommamente sapiente e potente questo, capace di serbare contro una creatura un'ira tanto indomabile, al punto che le molte migliaia di inverni già trascorsi non siano stati capaci di raffreddare tale ira una buona volta! Un vero Dio io potrei raffigurarmelo tutt'al più sotto il concetto di un supremo e purissimo amore, dato che appunto l'amore è l'elemento vero e proprio che genera e vivifica tutto; mentre raffigurarmi un Dio sotto il concetto dell'ira più tremenda, questa sarebbe per me una cosa assolutamente impossibile ed inimmaginabile! Anche noi pagani abbiamo i nostri dèi dell'ira, ma questi, quali immagini simboliche, hanno la loro sede nel mondo sotterraneo, dato che da quella parte ben di rado sale alla superficie qualcosa di buono. Nelle buche e nelle caverne sotterranee dimorano di solito serpenti, draghi ed altri animali selvaggi e rapaci, e ugualmente sotto terra c'è lo zolfo, la pece e il fuoco tremendo che distrugge e divora tutto. Appunto perché là dimorano tante cose malvagie, noi abbiamo posto nel mondo sotterraneo tutte le perverse e cattive passioni simbolicamente raffigurate in una veste tenebrosa e mostruosa.

12. Invece tutti i nostri concetti delle divinità buone sono tali che la loro origine va fatta risalire esclusivamente all'amore puro. Potenza, serietà e sapienza congiunte ad amore: in ciò si riassume per noi il concetto valido di un Dio dimorante in qualche luogo nelle stelle o al di sopra di esse; mentre per simboleggiare l'ira terribile e l'esecrabile sentimento della vendetta, noi abbiamo le Furie! E così, come vedi, o amico mio, noi che siamo pagani abbiamo ancora, riguardo ad un vero Essere divino, le idee migliori e le più valide per ogni puro intelletto umano. E tu, cosa ne dici adesso?».

 

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Cap. 110

Il discorso dello scriba sulla Natura di Dio.

 

1. Rispose il discepolo: «O mia cara e sapiente sacerdotessa pagana! Alla tua maniera, tu parli certo saviamente, né il concetto che ti fai della Divinità buona è affatto da rifiutare; ciononostante però tu non conosci la vera Natura di Dio, e se tu la conoscessi, dovresti tu pure esclamare con i savi dei tempi andati: “Terribile cosa è per il peccatore cadere nelle mani del Dio onnipotente!”. Dio è certo colmo del più sublime amore per coloro che Lo riconoscono, Lo amano ed osservano i Suoi Comandamenti, ma mille volte guai a coloro che non Lo vogliono riconoscere, oppure che, pur riconoscendoLo e conoscendo anche i Suoi Comandamenti, nei loro cuori si allontanano da Lui e non osservano i Suoi Comandamenti!

2. Vedi, la storia è ricca di stupefacenti esempi dei giudizi ardenti dell'ira rovesciatisi su intere popolazioni che non volevano più saperne di riconoscere Dio, mentre invece facevano soltanto quello che corrispondeva alle brame dei loro sensi! Ma poiché Dio fece sempre scendere in maniera inesorabile le più terribili punizioni sopra i peccatori di questa specie completamente induriti, e così pure agli avversari della Sua santa Volontà, estendendo non di rado la punizione fino ai figli ed ai figli dei figli, ebbene, noi non possiamo fare a meno di dedurne con perfetta certezza che nell'unico Dio, il solo vero, deve dimorare anche l'ira e la vendetta, e ciò tanto più sicuramente, in quanto tali caratteristiche si riscontrano in grado anche troppo predominante in tutte le Sue creature!

3. Per quanto riguarda noi, Sue creature, si tratta dunque di vedere verso quale delle caratteristiche in noi esistenti abbiamo prevalentemente indirizzato la nostra vita e le nostre opere, perché anche Dio si comporterà verso di noi con le stesse caratteristiche. Dunque, se noi siamo buoni, saggi e pieni d'amore verso Dio e verso il nostro prossimo, nonché misericordiosi, umili e pazienti, Dio pure sarà precisamente tale verso di noi in ogni tempo; Egli desterà in noi la coscienza della vita eterna e noi saremo stracolmi di ogni benedizione. Però, vedi, se noi invece facciamo il contrario, allora pure l’atteggiamento di Dio verso di noi lo sarà e le Sue punizioni non avranno tregua finché non ci saremo pienamente ravveduti e migliorati secondo la Sua Volontà; ora vedi, qui sta anche la suprema giustizia di Dio, senza la quale non Gli sarebbe possibile essere un Dio perfettamente vero!

4. Infatti Dio, l'Essere onniveggente, onnisciente e che tutto percepisce, deve senz'altro essere in grado di giudicare cosa è buono e cosa è cattivo, vale a dire cosa è conforme al Suo Ordine eterno e cosa è contrario all'Ordine stesso, e secondo il Suo Giudizio deve poi anche, mediante una giusta educazione, o ammaestrare, oppure castigare la creatura che Egli ha dotato di ragione e di libera volontà e che vuole innalzare su questa Terra ad un superiore scopo della vita.

5. Il nostro unico vero Dio è quindi il tutto nel tutto; Egli è il supremo e purissimo Amore, ma anche la suprema ed inesorabilissima Giustizia in persona. O mia cara, se tu vivessi anche innumerevoli anni, ma agissi continuamente contro la riconosciuta Volontà di Dio, Egli non ti esaudirebbe assolutamente anche se tu, prostrata dinanzi a Lui, Lo pregassi per delle migliaia di anni di liberarti dalla tua miseria. Ma non appena tu formassi il fermo proponimento, corroborandolo con le opere, di far tuo il Suo Volere in tutta serietà, allora Dio certo ti esaudirebbe e ti darebbe aiuto nella stessa misura nella quale tu hai accolto la Sua Volontà. Vedi, questo è un vero e giusto concetto dell'unico vero Dio che ha creato il Cielo e questa Terra e tutto ciò che esiste traendolo fuori da Sé! Ed ora dimmi cosa ne pensi»

6. Disse la sacerdotessa: «È certo che adesso la cosa suona un po' meglio, ed ha per sé molte cose che hanno il loro fondamento nella natura! Ma io sono pur sempre un essere dotato di pensiero indipendente, di ragione e di intelletto, e vado cercando un Dio, ma non riesco a trovarLo. Ma dov’è questo Dio, che possa indicarmi qual è la Sua Volontà dimostratamente vera allo scopo che io abbia poi ad agire secondo la stessa? Oppure, prima della mia esistenza presente ho forse concluso un qualche contratto con il Dio fedelissimamente vero, nel quale sarebbero stabilite le condizioni per la mia nascita a questo mondo e cosa avrei dovuto fare?

7. No, su questo non si possono ricavare informazioni da nessuna parte, invece l'uomo viene a questo mondo senza saperlo e senza volerlo; egli, debole e maldestro, deve lasciarsi imporre molte cose dai genitori più forti di lui; ciò che del resto è anche un bene, perché altrimenti il debolissimo uomo-bambino senza il loro aiuto dovrebbe andare certo in brevissimo tempo alla completa rovina. Però il bambino con il tempo diventa un uomo robusto, e per conseguenza la rigida obbedienza alla volontà dei genitori dovrebbe venire in questo stadio considerevolmente mitigata; sennonché sul più bello ecco imporsi un'altra obbedienza ad una superiore Volontà divina la quale viene ad inceppare in tutte le direzioni la libera attività della sua vita, e ciò fino alla morte. Ebbene, questo sarebbe ancora tutto in regola qualora si avesse preso anticipatamente in qualche modo un obbligo verso un Dio; ma di ciò non si riesce a saperne proprio niente da nessuna parte, né c'è modo di destare in proposito nella nostra coscienza un ricordo vivente!

8. È chiaro invece che noi, uomini, siamo stati chiamati ad esistere da una potenza e da una forza immense, e questo ce lo insegna la coscienza di noi stessi; chi o cosa però sia questa forza e come sia costituita, questo è un problema di tutt'altro genere! Noi possiamo tutt'al più arrivare a pensare che essa deve essere in qualche luogo, per la ragione che a ciascun effetto deve corrispondere una causa; ma dov'è questa causa, cosa è essa, che aspetto ha e come agisce ed opera? Chi mai la può cercare, chi può trovarla, chi può udirne la voce e comprenderne la volontà e chi infine può vedere la sua faccia?

9. Quanto noi sappiamo riguardo a questa forza e a questa potenza, finora l'abbiamo saputo per bocca e dalla pia fantasia degli uomini, e per lo più di quelli che per effetto delle loro particolari capacità avevano anche una maggiore familiarità con le forze misteriose della grande Natura e potevano rendersele soggette talvolta in maniera sbalorditiva addirittura per tutto il tempo della loro vita. Gli uomini di questa specie, certamente molto rari, che noi chiamavamo in certo modo semidei, mettevano di solito a profitto tale loro dote naturale dando agli uomini, nel nome di una o anche di più divinità, degli insegnamenti e delle leggi, ed i popoli creduloni e ciechi credevano loro escludendo qualsiasi dubbio, ed aiutavano addirittura quei taumaturghi ad emanare a carico loro e dei loro discendenti delle leggi dure e spesso insopportabili, nonché sanzionate con punizioni fra le più crudeli tanto nell'aldiquà, quanto nell'aldilà! Quando poi degli individui altrettanto sapienti e dotati di molte capacità straordinarie si proposero un giorno, con la migliore buona volontà di questo mondo, di spazzare via tutte quelle assurdità vecchie ed arrugginite, essi non di rado caddero ben presto tristemente vittime delle leggi antiche e crudeli. Così è sempre stato su questa Terra, e così anche resterà in avvenire, perché la natura e il carattere di questo mondo è tale, per cui qualcosa di buono non dura mai a lungo, ed invece vi resta radicata tanto più tenacemente la perfidia e il male.

10. Prova a spargere della semente buonissima su un terreno anche coltivato alla perfezione, e vedrai che fra le nobili piante si svilupperà sempre come da sé una grande quantità di mala erbaccia! Ma spargi invece del seme di zizzania sul terreno, ed è certo che in mezzo ad essa non si svilupperà da sola nemmeno una spiga di grano! L’uomo dunque deve sempre coltivare il bene con cura particolare, ed ha il suo bel da fare se vuole preservarlo dalle insidie che da ogni parte tendono a portarlo in rovina; e tuttavia, malgrado tutta la diligenza e tutto lo zelo di più di una rispettabilissima persona, tutte le fatiche si frantumano come succede di una grande e bella città, che sia stata un giorno vanto della Terra, di cui poi non si sa quasi più dove essa sia esistita.

11. Queste cose le dico a te che prima mi hai dato davvero una definizione del tutto accettabile del concetto di Dio; sennonché tu, che prima hai parlato, sei infine un essere umano, né io che ti ho ascoltato sono qualcosa di differente; per conseguenza non posso dirti altro che la tua dissertazione non è stata proprio contraria alla ragione più pura, tuttavia essa è risultata mancante dell'elemento più importante, vale a dire della necessaria, chiara prova che sul serio esiste un simile Dio, del Quale hai detto delle cose assolutamente buone e accettabili. Se tu puoi fornirci questa prova, avrai compiuto verso di noi tutti una buona azione della quale sapremo lodarti!»

12. Disse lo scriba: «Questa prova che tu chiedi, non te la può dare nessuno all'infuori di te a te stessa; nemmeno Dio te la può dare, perché questa prova deve sorgere e rivelarsi in te stessa solo come effetto dell'attività conforme alla genuina e rivelata Volontà di Dio! È appunto in ciò che sta il contrassegno per il raggiungimento della vita eterna quale una vera e vivente prova che la Volontà di Dio rivelata all'uomo non è parola d'uomo, ma è Parola vivente ed eternamente vera di Dio, la quale è in se stessa Vita, Amore, Forza e Sapienza! Di più non ti posso dire, perché quanto ho già detto è di per sé sufficiente a chiunque voglia vivere ed operare conformemente; in quanto al resto, col criticare e far giudizi in questo e in quell'altro senso, non si ricava mai niente per la vita dell'anima. Se però brami sapere ancora dell'altro, è bene che ti rivolga al nostro Signore e Maestro; Egli certo sarà in grado di dirti molto di più ancora a questo proposito!»

13. Osservò la sacerdotessa: «O amico, fare questo sarei stata capace anche senza il tuo consiglio perfettamente superfluo in questo caso! Ma siccome sei stato tu il primo a rivolgermi la parola, le convenienze imponevano che noi ragionassimo proprio con te; ora però sembra che la tua sapienza sia esaurita, e perciò mi indirizzi al grande e sapientissimo Maestro! Ora questo è bene, ma se tu il consiglio me lo avessi dato già dall’inizio, sarebbe stato ancora meglio per me e per tutti».

 

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Cap. 111

La via per il riconoscimento di Dio e per l’amore verso Dio.

 

1. A queste parole lo scriba non replicò niente; ma alla sacerdotessa risposi Io, dicendole: «AscoltaMi, o sacerdotessa che tanto ti compiaci della tua sapienza mondana, devi sapere che non ha fatto nessuna differenza che con te abbia parlato questo discepolo invece di Me, perché quando ciascuno dei Miei discepoli apre bocca parlando a Nome Mio, non può dire altro se non le parole che gli vengono messe in bocca da Me stesso! Ed egli ti ha detto precisamente quello che ti avrei detto Io! Del fatto che voi, stoici pazzi, non percepite in voi altro che la morte e la completa distruzione finale della vostra esistenza, non ne ha colpa nessun altro se non voi stessi!

2. DiteMi: “Perché ci sono molti pagani i quali, come i migliori ebrei, non soltanto credono fermamente in modo indubitabile alla continuazione della vita dell'anima dopo la morte del corpo, ma ne sono fermamente consapevoli in se stessi in maniera vivente? E perché invece in tali condizioni non vi trovate anche voi?”

3. Ma ora Io vi dirò a che cosa va attribuita la colpa in voi: “Ecco! La colpa di ciò va attribuita al vostro orgoglio, al vostro egoismo e alla vostra smania di brillare al cospetto del prossimo quali altezzosi scienziati dalle molteplici conoscenze se non addirittura onniscienti, e alla vostra smania di abbassare nella polvere chiunque altro possieda conoscenze frammentarie dell’antica scienza del mondo!”. Ma nelle condizioni in cui vi trovate, chi mai può dirvi o consigliarvi qualcosa se vi tenete ostinatamente fermi al principio che tutti possono venire ammaestrati solo da voi, mentre viceversa non c'è al mondo persona capace di insegnare qualcosa a voi? Ora è questo appunto quello che costituisce l'orgoglio più pericoloso nei riguardi del quale ha assoluto valore il detto: “Chi non si lascia consigliare, non lo si può più nemmeno aiutare”.

4. Finché dunque voi persisterete in questo orgoglio, continuerete a percepire in voi unicamente la morte eterna al posto della vita, perché l'orgoglio spinge con tutta violenza l'anima dentro la carne del suo corpo, e l'anima, insuperbendo sempre più in sé, finisce davvero con l'unificarsi alla propria carne e, in tali condizioni, non può sentire e percepire altro che la morte della carne stessa.

5. Qualora però avvenga che l'anima desista dal proprio orgoglio e si umilii, essa va allora sempre più isolandosi dalla carne grezza del proprio corpo, e rimane in congiunzione con essa solamente per mezzo del proprio spirito nerveo a lei affine. Una volta che in un'anima è subentrato questo stadio, allora questa incomincia già a percepire la vita in sé e si fa sempre più zelante nell'esercitarsi nell'amore del prossimo, e così anche nel puro amore per Dio, il Quale poi essa nella propria umiltà non avrà più difficoltà a trovare presto; e così essa desta pure in sé il proprio spirito dell'aldilà, proveniente da Dio, e comincia ad unificarsi con questo. Ma una volta che tale processo abbia avuto inizio, allora l'anima è già avviata verso la vita eterna perfetta, e con ciò può farsi pure simile a Dio sotto ogni riguardo; a questo punto, poi, la vita eterna in lei è già un fatto compiuto.

6. Ma finché invece l'anima persiste nel suo orgoglio mondano e non si fa che incensare a tutto spiano dal suo prossimo, essa sprofonda sempre più nella propria rozza carne, e così necessariamente sempre di più nella morte della carne. Ma quali parole, quali fatti e quali prodigi possono poi fornire ad un'anima ricolma della morte la prova che essa continua a vivere anche dopo la morte del corpo e così pure l'altra prova che un unico e verissimo Dio esiste veramente?

7. Tu certo pensi fra te che un Dio supremamente sapiente, onnisciente ed onnipotente potrebbe ben rendere chiara la cosa alla mente di un simile individuo, in maniera che egli fosse in grado di accorgersi che si trova appunto in tali condizioni. Ebbene, Io ti dico che da parte di Dio viene fatto sempre effettivamente così; sennonché l'orgoglio umano non concede che l'individuo in questione riesca ad accorgersi di tutto questo.

8. Però Io vi dico: “Chiunque cominci una buona volta a pensare che c'è un Dio il Quale ha creato tutto quello che esiste e che mantiene e governa tutto, costui potrà constatare ben presto che tutto ciò che esiste è buono e che è fatto in modo perfettamente corrispondente allo scopo. Constatata la saggia disposizione e costituzione di ogni cosa, egli non potrà tardare a trarre la conclusione che il Creatore di tutto ciò che esiste deve essere sommamente buono. Se l'uomo riflette di frequente su simili cose, e giudica così il Creatore e le creature, egli comincerà ad amare il Creatore, e l'amore per Dio nel cuore dell'uomo andrà di giorno in giorno sempre più accrescendosi e irrobustendosi, e questo amore è poi appunto lo spirito dell'aldilà nell'uomo, dalla cui luce l'anima viene compenetrata e dal cui calore vitale essa viene vivificata. E una volta che l'uomo è arrivato ad un simile punto, non è più possibile che in lui sorga in qualche modo un pensiero di morte.

9. Che però ciascun uomo possa operare in sé con facilità una svolta di questa specie, voi lo potete rilevare dal fatto che ogni uomo ha occhi per vedere, orecchie per udire, e l'olfatto, il gusto e il tatto, e oltre a tutto questo l’intelligenza, la ragione, e mani e piedi ed una volontà libera, mediante la quale può mettere in moto a suo piacimento le proprie membra e dare ordine al proprio amore. Così dotato egli vede sorgere e tramontare il Sole e la Luna, scorge le stelle ed un numero infinito di ogni specie di creature che egli può contemplare, trovando sempre più in esse motivo di riconoscere Dio, il Signore.

10. Ogni montagna, ogni pianura con i suoi numerosi frutti, ogni fiume, tutte le erbe, le piante, gli arbusti, gli alberi adorni di ogni bellezza nonché l'intero regno animale, tutto ciò gli fornisce materiale a sufficienza per indurlo a ponderare sul sorgere e sul sussistere di queste cose.

11. Ora, se l'uomo si sarà dato la briga a rifletterci seriamente su, allora ben presto una voce interna gli dirà che tutto ciò non è potuto sorgere in qualche modo da se stesso e per forza propria, ma che deve essere stato un Creatore supremamente sapiente, amorosissimo ed onnipotente a creare e ad ordinare tutte queste cose, il Quale le mantiene tuttora e le manterrà anche in eterno in una forma sempre più nobile e più perfetta, dato che Egli le ha mantenute fino ad oggi già da tempi immemorabili per la mente umana.

12. Chi dunque si raffigura un Dio e Creatore a questo modo, in costui non può fare a meno di destarsi sempre più anche una grande reverenza per Lui e un grande amore; ma quando tali sentimenti si sono destati nell'uomo, ciò corrisponde già all'inizio del vivificarsi interiore dell'anima nel proprio spirito, e tale vivificarsi va poi accentuandosi man mano che si accresce l'amore per Dio; questo accrescimento si compie con tanta maggiore facilità, dato che lo spirito d'amore illumina l'anima sempre di più e questa perviene ad una chiarezza sempre maggiore riguardo all'Essere divino.

13. Una volta che l'uomo abbia così trovato la via che conduce a Dio e quindi anche alla vera vita eterna, egli, per vero amore per il prossimo, può istruire in questa scienza anche i suoi simili, assumendosi in questo modo il compito di far loro da guida, e Dio gli faciliterà tale compito concedendogli luce e sapienza ancora maggiori, e i suoi discepoli lo ameranno e lo sosterranno in tutto il necessario.

14. Se voi aveste fatto così già in passato, quando cioè eravate incamminate per una buona via in seguito agli ammaestramenti appunto del vostro precettore il quale era un seguace di Platone, voi ora non avreste insistito tanto nel volerci asfissiare con il vostro Diogene, perché in tal caso ci sarebbe ora in voi una pienezza già grande della vita. Invece il vostro Diogene e il vostro orgoglio nascosto che è molto grande hanno del tutto corrotto le vostre anime, e voi dovrete ricominciare proprio dall’inizio a formare la vostra vita interiore seguendo la Dottrina che vi è qui stata data da Me. Ciononostante, se ora vi dedicherete con molto zelo e amore riuscirete ben presto a fare dei progressi considerevoli; ma se persisterete nella vostra ostinazione, allora inevitabilmente continuerete a restare nel vostro stato di morte interiore! Avete voi ben compreso tutto ciò?»

15. E la sacerdotessa rispose: «Sì, o Signore e Maestro, tu hai parlato assai chiaramente, ed ormai mi sono convinta della verità di quanto hai detto; però da parte di un vero ed onnipotente Dio sarebbe pur stata cosa facilissima farci apparire lo spirito del nostro defunto precettore, dato che tale apparizione egli ce l'aveva ripetutamente promessa in maniera solenne sotto giuramento allo scopo di darci la definitiva conferma dei suoi insegnamenti riguardanti la continuazione della vita dell'anima! Se egli ci fosse apparso, noi ne saremmo uscite rafforzate nella fede nella sua dottrina ed avremmo regolato anche tutta la nostra vita in base ad essa; siccome però tale impegno assunto verso di noi egli non lo ha mantenuto fino ad oggi, è ben comprensibile che noi abbiamo cominciato a dubitare della verità dei suoi insegnamenti. Perché non ci è apparso?»

16. Ed Io risposi: «Ben sette volte egli vi è apparso in sogno, e sempre vi ha indicato la medesima ragione per la quale non poteva mostrarsi a voi altrimenti se non in sogno; perché non gli avete mai creduto? Ebbene, non gli avete mai creduto perché voi, quali belle figlie di un gran sacerdote, vi eravate fatte già troppo vanitose e superbe, e per quanto riguarda il vostro bravo precettore, già mentre era ancora in vita su questo mondo voi lo avete più deriso che non ascoltato con lieto zelo vitale! Le vostre anime si erano già troppo profondamente nascoste dentro alla vostra carne; così andò perduta per voi la sfera etereo-vitale esteriore necessaria alla visione degli spiriti, e quindi allo spirito fu impossibile mostrarsi a voi in via diretta e visibile.

17. Chi però, per effetto della pienezza della vita interiore, è circondato anche al di fuori del proprio corpo da un'atmosfera vitale, può, quando e quanto spesso vuole, vedere le anime dei defunti e può ragionare con loro di cose anche importantissime riguardanti la vita; certamente, per arrivare a tanto, ci vuole una perfezione pressoché assoluta della vita interiore.

18. Ecco, Io ho parlato; rifletteteci su ora, intrattenetevi con i vostri mariti ai quali è stata fatta conoscere la Mia Dottrina, e poi sarete già in grado di pervenire ad una giusta opinione in voi stesse. Ottenuto questo risultato, questa sera potremo aggiungervi ancora qualcosa che vi fornirà un po’ di luce più intensa.

19. Gli uomini di questa Terra hanno il grande destino di diventare dei figli di Dio autonomamente potenti, ma per diventarlo essi devono venire educati ed esercitati in ogni attività assolutamente autonoma. Ed ora di tali cose non se ne parli più fino a questa sera!».

20. Allora le donne tacquero, ed Io Mi recai fuori all'aperto assieme ai discepoli e all'altra gente di casa.

 

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Cap. 112

Il superstizioso mastro-pescatore sull’Eufrate.

 

1. Noi ci avviammo verso il fiume, e precisamente verso quel luogo della riva dove si trovava la zattera di legno fatta prodigiosamente arenare, la quale giaceva ancora là completamente intatta, ed arrivammo proprio mentre i pescatori di Giored si preparavano a tendere le loro reti per fare pesca grossa. Noi rimanemmo a guardare come essi erano intenti a calare giù le reti e a tirarle su, e questo per varie volte, ma sempre senza pescare nessun pesce.

2. E visto questo, Giored domandò al suo mastro-pescatore: “Ebbene, cosa mai succede oggi? Non ci sono più pesci nel nostro fiume, che di solito ne è molto ricco?

3. E il vecchio mastro-pescatore rispose: “Signore, questo è un vero enigma anche per me! Sotto ogni aspetto il tempo dovrebbe essere quanto mai propizio, e si vedono comparire continuamente sulla superficie dell'acqua una quantità di bollicine, il che di solito è uno dei segni migliori di condizioni favorevoli alla pesca. Non c’è vento, e il Sole sta precisamente nella giusta posizione; oltre a ciò la Luna è in crescere ed è entrata nella costellazione dei pesci, ciò che contribuisce ad aumentare straordinariamente le prospettive di una buona pesca. Altre volte, con circostanze così eccezionalmente favorevoli quali sono queste di oggi, io ho fatto sempre delle retate ricchissime con poca fatica; oggi invece pare proprio che il malocchio sia venuto a stregare tutto! Ormai abbiamo calato giù le reti per cinque volte, anzi per quasi tutta la larghezza del fiume, e non ho mancato di invocare Nettuno, Tritone nonché tutte le Ninfe di questo fiume, ma è stata tutta fatica sprecata! Non un solo pesce vuole oggi impigliarsi nelle nostre buone reti; c'è davvero di che disperarsi!

4. Laggiù invece, sembra che la gente di Malaves abbia preso ieri una enorme quantità di pesce, e pare che siano stati assistiti da un mago. Ma anch'io me ne intendo abbastanza di scongiuri per incantare il pesce, e li ho messi in azione ormai già tutti, ma non sono serviti assolutamente a nulla! Le premesse sono tutte buone, eppure il successo manca completamente! E adesso che venga qui qualcuno e che mi spieghi, per tutti gli dèi, cosa possa tenersi nascosto qua sotto! Che gli dèi si siano proprio arrabbiati contro di noi perché, a quanto si va raccontando, il mago straniero ha annientato con un solo cenno le loro effigi di marmo che noi veneravamo? Io questa cosa l’ho udita narrare, ma non l’ho ancora potuta costatare con i miei occhi. Se il fatto fosse vero, o mio buon signore, potrebbe essere il caso che la questione si mettesse assai male per noi, perché gli dèi, una volta adiratisi, non si lasciano ammansire di nuovo così facilmente! Chi sa che gran sacrificio ci vorrebbe! Ad ogni modo io voglio tentare di gettare ancora un paio di volte le reti; se anche questi tentativi non danno risultato, allora per oggi mi pare che sia inutile insistere!

5. Disse Giored: «Orbene, prova a fare come dici, e forse questa volta qualcosa si potrà pur pigliare!».

6. Il mastro-pescatore allora dispose sollecitamente ogni cosa per il nuovo tentativo; tutto procedette nel più perfetto ordine, ma quando la rete fu tirata a riva, venne trovata vuota come le altre volte, e ciò fece arrabbiare al massimo grado il mastro-pescatore il quale esclamò: «Ripeto quello che ho detto prima, cioè che la giornata di oggi è assolutamente stregata, ed ogni lavoro ed ogni fatica sono assolutamente inutili! Se io do l’ordine di calare le reti ancora una volta, il risultato sarà lo stesso di adesso, ed io credo che questo lavoro lo si possa senz'altro sospendere per oggi! Se proprio oggi hai bisogno di pesce, lo si può andare a prendere a Malaves, perché sembra che quei pescatori ne abbiano preso ieri una quantità assai grande; si va dicendo pure che un mago, mettendo in opera qualche suo segreto artificio magico, abbia restaurato in un solo istante le loro case in maniera tale che le nostre abitazioni cittadine possono andare addirittura a nascondersi! Oh, quante cose mai si possono vedere in questo mondo! Insomma, finisce che un galantuomo non ci capisce proprio più niente! E tu, o signore, che cosa pensi? Dobbiamo darci ancora una volta una pena certamente quanto mai inutile, oppure è meglio che per oggi si sospenda questo lavoro?»

7. Allora intervenni Io e dissi: «Ascolta, tu Mio vecchio pescatore estremamente superstizioso, finché alla superficie dell'acqua salgono quelle bollicine, questo non è mai un buon segno per la pesca, ma invece è un pessimo segno, perché la presenza delle bollicine si spiega in maniera del tutto naturale per il fatto che il pesce riposa sul fondo! Per produrre un simile fenomeno i pesci, guidati dal loro istinto, devono liberare dall'aria le apposite vescichette che hanno nel loro corpo, e questo in un'acqua ricca di pesci produce appunto sempre il fenomeno di quelle certe bollicine che tu vedi apparire alla superficie. Quando tali bollicine mancano, solo allora getta le tue reti, e vedrai che il pesce vi si impiglierà in abbondanza! Infatti, quando il pesce non manda più fuori aria dalle sue vescichette, è segno che la sta utilizzando, perché soltanto per mezzo suo esso può salire alla superficie!

8. Ecco, ormai le bollicine non si vedono più, ed i gabbiani e gli aironi cominciano ad abbassarsi per beccare nell'acqua; prova adesso a calare le reti, e vedrai che, senza bisogno di magie, piglierai del pesce in abbondanza!».

9. La cosa stentava alquanto ad entrare in testa al mastro-pescatore, ma visto che anche Giored, il suo padrone, glielo comandava, egli calò le reti, e l'abbondanza del pesce preso fu tale che a mala pena riuscì a far tirare le reti a riva. Naturalmente i pescatori ebbero un bel da fare per mettere nei vivai tutti quei pesci che erano per lo più di dimensioni notevoli.

10. Entro un'ora il lavoro fu condotto a termine, e il mastro-pescatore, non potendo celare la sua immensa meraviglia per quell'abbondantissimo ed insperato bottino, finì con l'esclamare: «Mi si vuol far credere che qui la magia non c'entri per niente, ma tuttavia io dico che questa retata è stata il massimo della magia, quale anzi una simile non si è mai vista! Mi sembra che l'uomo che mi ha consigliato di gettare ancora una volta la rete sappia e conosca molto di più di quanto potrebbe far supporre l'insegnamento che egli ha dato ad un vecchio mastro-pescatore sull'indizio precursore di una buona pesca consistente nel cessare delle bollicine e nell’abbassarsi sull'acqua di quei certi uccelli. E non potrebbe forse trattarsi di quello stesso che, grazie alla magia, ha spazzato via le statue dal tempio e che ha procurato, come con un soffio, delle abitazioni comode alla gente di Malaves? Ma adesso lasciamo stare queste cose, e mi limito a domandare se possiamo approfittare ancora una volta della buona sorte!»

11. Ed Io gli risposi: “Sì, fate pure; così sarete provvisti per parecchie settimane!».

12. Allora i pescatori si affrettarono a gettare di nuovo le reti che furono poi tirate a riva colme come la prima volta.

13. Quando il pesce fu messo nei grandi vivai rimasti ancora vuoti, il mastro-pescatore ordinò ai suoi aiutanti di rimettere in ordine i suoi battelli e gli arnesi da pesca, e poi, venutoMi vicino, disse: «Io veramente non ho mai ancora avuto occasione di conoscerti; però devo confessare che tu puoi fare e comprendi di più di quanto possa fare e comprendere un uomo comune, per quanto ricco di accortezza e di esperienza! Tu devi aver studiato la gran magia in qualche luogo lontano dell'India orientale, perché qui fra i greci, ed in parte anche fra i romani e gli ebrei, una cosa simile è assolutamente inaudita! Solo tu sei stato ad attirare con la tua potenza magica tutto quel pesce nelle nostre reti! Io sono un vecchio pescatore, ma io stesso, anche nelle condizioni più favorevoli di tempo, non ho mai fatto delle retate tanto abbondanti e per di più di pesce della specie più nobile. Oh, con te io desidererei molto parlare di svariatissime cose, perché tu devi avere imparato molto e fatto molte esperienze; oltre a ciò già dalla nascita devi essere stato dotato di grande talento. Davvero, tutti gli dèi devono essersi radunati intorno alla tua culla per colmarti dei loro doni, altrimenti la tua volontà non avrebbe potuto assurgere a tanta potenza!»

14. Disse allora Giored: «Hai parlato bene, o mio vecchio e fedele servitore, e non ci mancherà l'occasione di ragionare di molte cose ancora. Ma adesso abbi cura che venga fornito alla mia mensa ancora qualche bell’esemplare di pesce eccellente che hai pigliato poco fa, perché intendiamo gustarlo già oggi. Ma fa in modo che non vi sia penuria nemmeno per voi!».

15. Il vecchio esegui immediatamente l’ordine, ma fu ben presto di ritorno e si riunì a noi che ci eravamo posti a sedere sui tronchi che componevano la zattera. Noi stavamo guardando gli stormi di grossi gabbiani e di aironi che avevano cominciato dei voli di esplorazione al di sopra dei grandi vivai non coperti, e che in certo modo tenevano consiglio per vedere come avrebbero potuto procurarsi qualche pesce con il becco.

16. E il mastro-pescatore Mi interrogò dicendo: “O caro il mio uomo, come ci si potrebbe difendere da questi pennuti ladri di pesce, affinché essi non arrechino danno ai nostri vivai? Perché vedi, nonostante questi animali non siano capaci di sollevare in aria nessuno di questi grossi pesci, eppure, dato che si precipitano giù con la velocità di una freccia, feriscono ad ogni modo i pesci con i loro lunghi becchi acuminati; i pesci così si ammalano e perdono parecchio della loro proprietà nutritiva, oppure, se le ferite sono più gravi, periscono addirittura, e poi, quando, una volta morti, galleggiano sulla superficie dell'acqua, questi uccelli dilaniano i loro corpi in maniera tale che i resti finiscono col calare a fondo e, putrefacendosi, appestano l'acqua dentro ai vivai, ciò che poi riesce nocivo agli altri pesci che sono sani! Tu senza dubbio conoscerai qualche mezzo atto a portare rimedio ad un simile inconveniente. Abbi dunque la bontà di insegnarmelo!»

17. Gli dissi Io: “Tu continui a pensare che Io sia un mago! Ma Io ti dico in tutta verità che, trattandosi di Me, questo non è minimamente il caso, né certamente lo è mai stato. Per conseguenza, da uomo che semplicemente è a conoscenza dei fatti naturali, ti suggerirò anche un mezzo perfettamente naturale, il quale consiste in quanto ti dirò! Basta che tu copra i vivai con qualche vecchia rete delle quali dovete averne parecchie in riserva, ed allora questi uccelli non potranno più fare del male ai pesci attraverso le maglie della rete! Ecco, questo è qualcosa di assolutamente naturale e che si può compiere facilmente e senza ricorrere in nessun modo a magie, e se si fa bene e con diligenza ciò che ho detto, i risultati non possono mancare di essere eccellenti!».

18. Allora il vecchio, visto che il consiglio era buono, se ne andò, chiamò la sua gente e fece fare sollecitamente secondo quanto Io avevo detto. È inutile aggiungere che egli per il primo rimase molto soddisfatto nel vedere come in quel modo era stato messo un lucchetto agli avidi becchi di quei voraci uccelli.

 

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Cap. 113

Il giusto modo dell’ammaestramento religioso.

 

1. Ma i Miei discepoli stavano interrogandosi su una cosa che essi Mi comunicarono chiedendoMi perché Io non Mi fossi rivelato di più al pescatore.

2. Io dissi loro: «Io so meglio di tutti perché Mi sono comportato così! È meglio che costui sappia solo più tardi, dagli insegnanti del posto che glielo diranno sempre per tempo, con Chi egli abbia avuto a che fare nella Mia Persona! In lui è ancora troppo radicata l'idea che Io sia un mago, e con gli individui di questo stampo non è possibile agire in modo sufficientemente efficace entro un breve tempo. Una volta che noi saremo andati via, non gli mancherà occasione di venire istruito su di noi, e particolarmente su di Me, da questa gente di casa. In gran parte un tale compito verrà assunto dal medico, che ha compreso ogni cosa più degli altri, ed al quale Io ho impartito anche la facoltà di guarire ogni specie di infermità mediante l'imposizione delle mani; e così, in seguito, anche il pescatore bandirà da sé le sue idee di maghi e di magie e si farà un concetto giusto di Me.

3. Io dico a voi tutti: “Quando vi accingete ad evangelizzare un pagano, non dovete mai agire precipitosamente, ma dovete anzitutto scrutare esattamente l'individuo per assicurarvi da che parte egli sia accessibile, perché, qualora insisteste a prenderlo da un lato inaccessibile, non fareste che crearvi da soli gravi ostacoli nello svolgimento della vostra opera, e dovreste poi sobbarcarvi un'aspra fatica per condurre un simile uomo sulla retta via”. Per conseguenza non si potrà mai raccomandarvi abbastanza: “Siate accorti come i serpenti e mansueti come le colombe!”

4. Voi non sapete quale potere esercita sull’animo di un uomo un concetto erroneo; invece, quando riuscite a scoprire in che cosa esso consista, non dovete mai affrontare l'uomo direttamente dal lato che a voi risulta essere il più fortemente corazzato, ma bisogna prenderlo unicamente da quello che è il suo lato più debole, ciò che non vi sarà difficile scoprire. Quando avrete superato questo suo lato debole, allora non avrete più gravi difficoltà ad espugnare anche il suo lato forte. In conclusione voi dovete comportarvi ed agire come fa un abile capitano prima di dar battaglia: non invierà egli i suoi fidati spioni ad esplorare le posizioni del nemico per accertarsi quale di queste sia la più debole? Accertato ciò, egli farà dalla parte più fortificata del nemico soltanto delle azioni dimostrative per ingannarlo, mentre lo prenderà alle spalle combattendolo a fondo dalla parte più debole, e finirà senz'altro col batterlo.

5. Inoltre dovete comportarvi anche come un abilissimo medico il quale abbia riconosciuto il genere e la sede di un male che affligge una persona; come procede egli in questo caso? Ecco, là dove risiede il male, direttamente non intraprende nulla, né di solito può nemmeno intraprendere qualcosa! Invece egli somministra all'ammalato dei rimedi i quali hanno il potere di deviare il male verso le parti sane del corpo, e da qui, in parte per effetto del sudore e in parte per la via dello stomaco e degli intestini, il male stesso viene eliminato e l'ammalato guarisce. Nel punto dove il male si è insediato e fortificato come un nemico, non c'è niente da fare; invece si cerchi di suddividerlo impiegando dei mezzi buoni ed opportuni, ed allora si potrà vincerlo facilmente nel suo stato di debolezza.

6. Ma ascoltate ancora! Quel pescatore - che ora non è più qui, motivo per cui Io ora posso parlarvi così apertamente - ha il suo lato più forte fondato solidamente sulla magia. Egli crede a certi scongiuri, agli amuleti, agli unguenti, all'influenza delle posizioni lunari e dei quarti di Luna e della posizione del Sole rispetto allo zodiaco, della direzione delle nubi e dei venti, nonché a quella del volo degli uccelli, senza contare mille altre cose ancora alle quali egli crede con tanta sicurezza che se la prenderebbe a morte con colui che volesse dimostrargli il contrario. Con una persona del genere egli certo eviterebbe in qualunque modo di venire in contatto per il futuro, perché lui lo reputerebbe troppo stupido e indegno della sua sapienza.

7. Ma in quanto al resto, questo vecchio pescatore è un uomo eccellente, onesto e fedele, ed è molto lieto quando può apprendere da qualcuno qualcosa di nuovo e di speciale, e vedete, questo è appunto il suo lato debole! È da qui che bisogna prenderlo, e gli si deve esporre e spiegare le cose da un punto di vista vero e del tutto naturale, e vedrete che poi egli comincerà in segreto a bandire da se stesso la magia, perché dall'altro lato andrà sempre più convincendosi che tutta la sua magia si basa su un terreno estremamente vuoto.

8. Perciò è cosa buona, quando si vuole conquistare gli uomini alla causa della verità, lasciare che essi si rivelino completamente e che espongano fino alle radici le false ragioni della loro fede; una volta che così si siano rivelati con tutta la loro energia come hanno fatto le mogli dei sacerdoti, allora essi non dispongono più di una ulteriore forza capitale, e soltanto dopo ciò cominciano a prestare attentamente ascolto all'avversario e a penetrare man mano nei concetti della verità superiore che costui va esponendo, rigettano infine spontaneamente le loro false ragioni, e così essi sono senz'altro conquistati per la buona causa.

9. Non meravigliatevi dunque se Io di fronte a gente di questa specie Mi comporto del tutto come un comune uomo naturale, perché il Mio sguardo penetra all'istante in ciascun individuo, riconosco con chiarezza assoluta qual è il suo lato forte e quale il debole, e quindi so anche cosa devo dirgli e come devo comportarMi con lui! Chiunque dunque può venire conquistato alla causa della verità, a condizione però che il suo animo non sia dominato dall’orgoglio e dall'avarizia in modo eccessivo; certamente, l'orgoglio e l'avarizia sono sempre nell'uomo le passioni più restie a venire debellate. Di queste cose prendete ben nota, e quando agirete in tale modo, allora il vostro compito sarà facile e voi potrete rallegrarvi dei migliori successi!».

 

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Cap. 114

Il serpente come esempio.

 

1. Osservò Pietro: «O Signore, come mai hai detto che noi dobbiamo essere accorti come i serpenti? Eppure il serpente è l’animale che suggerisce l'idea di ogni malvagità e di ogni perfidia, ed è il simbolo di Satana il quale con la sua maligna astuzia sedusse la prima coppia umana proprio sotto forma di un serpente! Il serpente può certo essere a modo suo molto astuto nei suoi perfidi trucchi, ma quale sarà l'uomo onesto e buono desideroso di imitarlo nella sua astuzia perfida a danno del proprio simile? Insomma, questo Tuo paragone non riesco ancora a comprenderlo proprio bene; spiegaci dunque com’è da considerare questa cosa!»

2. Dissi Io: «Oh, fino a quando dovrò sopportarvi così? Ma come fate a non vedere quello che pure vi sta dinanzi agli occhi tanto chiaramente? Non ho forse detto che dovete fare vostra l’accorta astuzia del serpente - ma non i suoi scopi perversi ad essa congiunti - in maniera che, pure in possesso di tale accortezza, dobbiate rimanere buoni e miti come le colombe?

3. Osservate però in natura un serpente, e potrete convincervi che appunto questo animale è il più accorto fra tutti gli animali della Terra. I naturalisti sostengono che il leone è il re degli animali; Io invece vi dico che tale rango spetta al serpente. Infatti, quantunque il leone in seguito alla sua forza fisica riesca vincitore di ogni altro animale, egli tuttavia fugge dinanzi al serpente, e se questo, dopo avergli teso un agguato, si lancia su di esso e lo avvince tra le sue spire, il leone è perduto e finisce col diventare sua miseranda preda. In breve, il serpente possiede la massima facoltà di riflessione tra gli animali, si sceglie il posto per le sue cacce con la maggior cautela possibile e in base ad un vero calcolo, e la preda a cui esso ha teso il suo agguato non gli sfugge mai. Solo l'uomo è il suo signore, ma nessun'altra creatura di questo mondo, particolarmente quando è adulto e nel pieno sviluppo della sua forza. Io naturalmente qui parlo dei veri serpenti e non delle sottospecie più piccole, le quali sono esse pure più accorte di molti altri animali più grandi.

4. Nell'India e anche nell'Africa dove c'è una quantità grande e svariata di animali feroci, come leoni, pantere, tigri e iene, nonché molte scimmie maligne e altri animali malvagi, i serpenti vengono addestrati dagli uomini perché diventino i loro guardiani più sicuri e fidati. Dove un'abitazione dell'uomo, comunque essa sia costruita, è guardata e custodita da serpenti, là certamente non si avvicina alcun animale da preda. Perfino l'elefante e il poderoso rinoceronte hanno un grande rispetto di questi custodi delle dimore. Essi non fanno del male agli animali domestici se gli uomini forniscono loro il necessario nutrimento. Qualora però gli uomini li lascino senza cibo, essi allora abbandonano le loro dimore e se ne vanno in cerca di preda.

5. Nello stesso tempo i serpenti, per chi si vuol dare un po' da fare, possono venire addomesticati e addestrati in maniera tale che, a un dato segnale, essi fanno tutto ciò che si possa chiedere da loro nell'ambito delle loro capacità; ora questo è certo un indizio dell'intelligenza del tutto particolare di simili animali! Ma quanta più intelligenza risiede in un qualche animale, tanto più facile è addestrarlo perché renda qualche buon servizio, e tanto più accorto esso è in sé e di per se stesso.

6. Io vi ho dato ora una vera lezione di scienza naturale, e quindi rifletteteci su, affinché non abbiate bisogno di chiederMi di nuovo una spiegazione caso mai dovessi ricordarvi questa similitudine in un'altra occasione! DiteMi dunque se avete proprio compreso bene quello che ho voluto dirvi con ciò»

7. E Pietro rispose: «Sì, o Signore, e sia altamente lodato il Tuo Nome, perché per Te non vi è niente di ignoto, e quando spieghi qualcosa, nell'uomo si fa luce; quindi per me, tutto quello che hai detto risulta chiarissimo, e noi in avvenire sapremo certo come comportarci in qualsiasi occasione».

 

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Cap. 115

I ladri di zattere.

 

1. Quando Pietro ebbe terminato di parlare, si poté scorgere in lontananza alcune zattere scendere con la corrente; anzi coloro che le guidavano lavoravano di remi per accelerare ancora di più la corsa.

2. E Pietro, visto questo, chiese a Giored: «Amico, perché si affaticano tanto quelli là a vogare con la corrente a favore su di un fiume che comunque ha un corso rapido, per cui tutta questa fatica diventa inutile?»

3. Rispose Giored: «Si tratta di conduttori di zattere i quali probabilmente vogliono arrivare in giornata a Samosata. Qui da noi c'è un'antica usanza secondo la quale di giorno, vale a dire finché il Sole non è ancora tramontato, i conduttori di zattere possono passare qui, proprio in questo punto, la linea senza pagare il dazio; ma se invece arrivano dopo il tramonto del Sole, devono approdare qui e pagare il dazio, altrimenti sono soggetti al pagamento della penale. Vedi, questo spiega perché quelli là si affannano ad imprimere alle loro zattere una velocità maggiore di quella della corrente; se vanno avanti così, raggiungeranno facilmente Samosata entro due ore; in tempo dunque per evitare là il pagamento della penale; se arrivassero mezz'ora più tardi, la penale invece dovrebbero sborsarla. Vedi, così stanno le cose!»

4. Disse Pietro: «Ma, perché la penale? Da noi, sul Mare di Galilea, una nave può venire quando vuole e non è tenuta a pagare niente! Infatti, nessuno può venire chiamato a rispondere per eventuali ostacoli e difficoltà che molto spesso si incontrano navigando e per la possibilità di dover cambiare rotta con grave perdita di tempo. Ma perché allora la penale?»

5. E Giored rispose: «Amico mio, dal tuo punto di vista hai ragione, però anche questa penale non è ingiustificata, perché i naviganti su questo grande fiume, dal punto in cui esso è accessibile alle navi o zattere che siano, sanno benissimo, qualunque sia lo stato dell'acqua, quando devono partire per arrivare a tempo debito in una determinata località vicina. Non conformandosi a quest'ordine, dato il caso di un viaggio eccessivamente lungo durante la notte, i naviganti rischiano facilmente qualche brutta avventura, perché in primo luogo questo fiume ha molti punti parecchio pericolosi, dove perfino dei conduttori di zattere molto esperti devono anche di giorno usare ogni cautela per passare oltre senza danni; va da sé poi che di notte deve essere tanto più difficile oltrepassare impunemente quei luoghi pericolosi. Allo scopo dunque di evitare per quanto possibile delle disgrazie che si possono verificare facilmente in seguito alla non osservanza di questa legge sulla navigazione fluviale nota a ciascuno, con l’autorizzazione dell'imperatore, la legge stessa è stata sanzionata, ed i contravventori sono stati resi passibili di una adeguata penale sia in denaro, sia in merci. Il ricavato da queste penali viene poi impiegato per il mantenimento di buoni punti di approdo nonché per allontanare gli eventuali ingombri formatisi casualmente sul fiume; a questo scopo viene parzialmente devoluto pure l'introito del dazio fluviale e dei diritti di approdo! Dunque, amico mio, da tutto ciò puoi rilevare che la questione ha dei lati assai buoni!»

6. Mi intromisi allora Io, e dissi: «O Giored, amico Mio, che cosa succede se, come questo è appunto il caso, dei ladri, sapendo che delle zattere già ben costruite e legate sono a riva pronte per la partenza in una determinata ora, si avvicinano di notte alle zattere, si sbarazzano dei guardiani, sciolgono gli ormeggi e prendono il largo in fretta, ciò che è molto facilmente possibile dato l'alto livello dell'acqua?»

7. Giored esclamò: «O Signore! Che dici mai? Ma in questo caso dovremmo immediatamente tentare di fermarli e di tenerli prigionieri! Ecco che precisamente vengono avvicinandosi a questo punto della riva!»

8. Ed Io gli dissi: «Lascia stare tutto questo, poiché già da molto tempo essi sarebbero passati oltre se Io, malgrado ogni loro sforzo, non avessi impedito loro di proseguire il viaggio! Ormai ecco che, lentamente ma sicuramente, essi sono spinti dalla nostra parte, e noi sapremo ben come fare poi per trattenerli»

9. Disse Giored: «Ah, razza di bricconi! Aspettate un po' e vedrete come vi faremo abbandonare il vostro bel mestiere! O Signore, hanno forse ammazzato i guardiani delle zattere?»

10. Dissi Io: «Sicuramente, però si trattava semplicemente di cani da guardia; gli animali difesero disperatamente le zattere, ed anzi due dei ladri furono anche morsi; ma alla fine i cani dovettero soccombere ai colpi terribili che venivano inferti dai ladri i quali ne gettarono i corpi nel fiume. Sbarazzatisi così dei custodi, i ladri sciolsero alla svelta gli ormeggi e partirono prima che la gente, destata dall'abbaiare dei cani, potesse accorrere. Molta gente si è data subito ad inseguirli sia con delle barche, sia via terra, ma finora non hanno potuto raggiungerli. Quelli che li seguono per la via d'acqua non si faranno ormai attendere molto più a lungo, mentre quelli che si sono incamminati lungo la riva arriveranno qui solo verso la mezzanotte, completamente estenuati. Questi conduttori di zattere che vengono spinti verso di noi, li attireremo qui a riva non appena il Sole sarà tramontato, ciò che accadrà fra breve, e tu, Giored, esigi subito da loro mediante i tuoi addetti i diritti di approdo. Frattanto arriveranno i proprietari di queste zattere che si sono messi ad inseguirli, dopodiché vedremo svolgersi qui una scena di carattere assolutamente speciale! Disponi dunque perché i tuoi addetti si radunino qui alla riva, poiché essi ben presto dovranno arrivare in secca in questo posto perché è appunto Mia Volontà che così succeda!».

11. Giored fece immediatamente impartire ai suoi addetti gli ordini necessari, ed essi vennero e stettero in attesa che le zattere approdassero, senza tuttavia sapere con che razza di guidatori avrebbero avuto a che fare. La prima zattera approdò proprio sulla riva e uno degli addetti richiese dai quattro componenti dell'equipaggio il pagamento della tassa.

12. Però questi risposero: «Tutta la nostra intenzione era continuare il viaggio, sennonché una forza invisibile ce lo ha impedito e ci ha spinti qui a questa riva. Perciò noi non paghiamo niente, perché noi ci troviamo in questo luogo contro la nostra volontà. Del resto non abbiamo con noi nessun denaro, e per conseguenza pagheremo la nostra tassa quando ritorneremo!»

13. Ma l'addetto osservò: «Da noi la cosa non va! Se non potete o non volete pagare, le zattere devono restare qui in pegno finché i diritti d'approdo non saranno stati pagati!».

14. Allora i guidatori delle zattere si dichiararono disposti a pagare purché li si lasciasse subito liberi di proseguire il viaggio, perché dissero di essere dei buoni ed esperti navigatori anche di notte.

15. L'addetto però si oppose a tale proposta e disse: «Per adesso pagate, e partite domani all'ora indicata dalla legge! Se non pagate ora pur avendo il denaro, domattina dovrete pagare il triplo»!

16. Sentito questo, i ladri delle zattere si decisero a pagare la tassa e legarono la zattera alla riva, ma non vollero saperne di scendere a terra. La stessa cosa fecero anche gli equipaggi delle altre cinque zattere che seguivano, e quando così la tassa di approdo fu regolata, già si scorse sul fiume la zattera inseguitrice con otto uomini a bordo, e quali essi pure per accelerare la corsa vogavano a tutta forza; dopo pochi istanti anche quella zattera cozzò contro la riva.

17. Gli otto vogatori riconobbero subito le loro zattere rubate, e con occhi accesi d'ira gridarono: «Ah, questa volta vi abbiamo acciuffati, razza di birbanti! È già da lungo tempo che sappiamo di che pasta siete fatti! Oh, aspettate un po' e vedrete che d'ora innanzi vi passerà per sempre ogni voglia di rubare zattere! Questo legname è destinato a Serrhe per una costruzione importante, e noi stessi, sobbarcandoci gravi spese, lo abbiamo ritirato addirittura dalla Cappadocia, e precisamente ad Arasaxa, Tonosa e Zaona conducendolo fino a Lacotena nella Mesopotamia dove abitiamo, e voi birbanti senza coscienza avete voluto rubarcelo in maniera tanto abominevole, senza nemmeno pensare per la vostra sicurezza che non vi sarebbe stato possibile sfuggirci con questo legname pesante e che noi abbiamo mezzi a disposizione per inseguirvi anche fino in fondo all'India! Questa volta non eviterete certo il giusto castigo che vi siete meritati!».

18. Dopo questo sfogo essi si accorsero della presenza di Giored, il gabelliere che essi conoscevano bene; gli andarono perciò vicino e denunciarono il fatto a lui.

 

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Cap. 116

I padroni delle zattere e il Signore.

 

1. Ma Giored disse loro: «Siate anzitutto contenti di avere recuperato il legname; il fatto che mi avete appena denunciato, era a mia conoscenza già quasi un'ora fa per opera di uno Straniero che già da un paio di giorni dimora in casa mia con i Suoi discepoli. A Lui solo dovete se siete potuti rientrare in possesso del vostro prezioso legname, perché senza di Lui esso si troverebbe probabilmente già al di là di Samosata. Infatti, qui avrebbero proseguito il viaggio giorno e notte fino giù in Persia o addirittura nell'India, ed ammesso pure che avreste potuto raggiungerli, non vi sarebbe servito ugualmente a nulla, per la ragione che vi sareste trovati in otto a lottare contro ventiquattro uomini. Siate dunque anzitutto contenti di avere recuperato il vostro legname, e ringraziate solo quell'Uomo, perché senza di Lui avreste dovuto rinunciarvi per sempre!»

2. Dissero i padroni delle zattere: «Non dubitare, o amico, che così faremo senz'altro, e quel buon uomo sarà certo molto contento di noi, ma prima conviene pure che questi miserabili ladroni vengano assicurati alla giustizia!»

3. Obiettò allora Giored: «Ma guardateli un po', e vedete in che condizioni si trovano sulle zattere! Nessuno di loro può allontanarsi, né meno ancora prendere la fuga! Chi è che li tiene fermi là dove sono? Ve lo dico io: solo quell’Uomo; perché se Egli non li tenesse fermi, essi non avrebbero esitato un istante a gettarsi in acqua e, da buoni nuotatori come certamente devono essere, a quest'ora sarebbero già sulla riva opposta e noi non avremmo potuto seguirli per quella via! Ma invece tale è la Volontà di quell'unico Uomo, e le cose non possono accadere diversamente da come Egli vuole. Io vi consiglio di non mettere le mani addosso ai ladri, ma di rimettervi invece per ogni giudizio riguardo alle loro persone unicamente a quell'Uno, e siate certi che così farete la cosa migliore!»

4. Dissero i padroni delle zattere: «Se è così, noi ci dichiariamo perfettamente d'accordo; ma ora presentateci a quell'uomo meraviglioso: noi vogliamo parlare con lui!»

5. Rispose Giored: «Ebbene, è Costui che sta immediatamente al mio fianco!»

6. Sentendo queste parole, i ladri volsero la faccia verso di Me digrignando i denti per l'ira e il furore, ed avrebbero certo cominciato a maledirMi ad alta voce se non avessi già prima legato le loro lingue in modo che non potessero pronunciare una parola, e così somigliavano a dei muti i quali pure non possono farsi intendere con la voce.

7. I padroni delle zattere allora si inchinarono profondamente dinanzi a Me e dissero: «O amico, che in te risiedano delle forze e delle capacità immense, ciò lo abbiamo rilevato da quello che il nostro amico Giored ci ha detto di te. Chi tu sia e come tu possa avere acquisito tali prodigiosissime facoltà, questo a noi, cittadini di Lacotena, non interessa; dato però che il caro gabelliere capo Giored ci ha cortesemente informati che solo a te noi dobbiamo tutto ciò e ci ha consigliato di rimettere esclusivamente in te ogni giudizio per quanto riguarda quei birbanti che dovrebbero venir puniti in maniera esemplare, noi, cittadini di Lacotena sempre stati onesti, ti preghiamo di voler stabilire tu stesso di grazia come possiamo pagare il nostro debito per la tua inestimabile opera a nostro grande vantaggio, nonché di voler giudicare questi maligni individui secondo il tuo criterio che è in ogni caso certamente giustissimo»

8. Ed Io risposi loro: «State tranquilli, quello che Io faccio, lo faccio senza chiedere una ricompensa! Voi però avete dei poveri nella vostra città; fate del bene a costoro, e pensate che anche i poveri sono degli uomini e sono vostri fratelli terreni! Non siate avari verso di loro ed aiutateli volonterosamente con quanto possedete in grande sovrabbondanza; così facendo voi libererete nella maniera più efficace e sicura il vostro paese da ladri e rapinatori; ma prima di tutto sappiate che appunto anche questi ladri sono della gente assai misera, e che non tanto una perfida volontà, quanto esclusivamente la loro povertà li ha costretti a questo, come anche in precedenza ad altri più piccoli furti ancora.

9. Se questi uomini, che potrebbero essere robustissimi lavoratori, trovassero dei padroni onesti e di buon cuore disposti ad assumerli al loro servizio e ad assegnare loro un lavoro compatibile con le loro capacità e la loro forza dietro un’adeguata ricompensa, essi certo rinuncerebbero molto volentieri al loro attuale mestiere vergognoso! Ma considerato che questo non è purtroppo il caso, non resta loro davvero altro che continuare ad essere quello che ora necessariamente sono.

10. Essi non possono lavorare dei campi, perché non ne hanno; infatti tutti i terreni, i boschi e i monti appartengono a voi, e voi li lasciate incolti per estensioni grandissime perché voi stessi non potete lavorarli. Perché non concedete ai poveri dei pezzi di terreno affinché li lavorino con profitto? In questo modo anche questi miseri avrebbero qualcosa; e oltre a ciò, quando i campi e i monti ora deserti fossero coltivati, potrebbero versarvi un modesto tributo. Ma dite voi stessi se così non andrebbe meglio, invece di voler voi soli, poca gente ricca, possedere infine tutto, cosa questa che non solo non vi arreca nessun vantaggio, ma vi causa un danno il quale non si può nemmeno così, su due piedi, valutare!

11. Io non voglio dire che questo è proprio il caso di questi ventiquattro ladri, i quali si sono già troppo connaturati con l'idea del furto; ma nella vostra città con i suoi vasti dintorni voi avete una quantità ancora di miseri di questa specie. Fate loro come vi ho consigliato ora, e vedrete che ben presto non avrete più dei furti di cui lamentarvi.

12. In caso diverso, assoldate pure quanti guardiani volete, e raggiungerete malamente il vostro scopo, o non lo raggiungerete affatto, perché con ciò non farete che accentuare maggiormente l'ira dei poveri, i quali studieranno giorno e notte come fare per arrecarvi il maggior danno possibile! Ma se seguite il Mio consiglio, appunto i poveri stessi ai quali avrete provvisto saranno i migliori custodi delle vostre proprietà».

 

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Cap. 117

La storia dell’uomo ricco e dei suoi lavoratori.

 

1. (Continua il Signore:) «Ascoltate, nei tempi antichi c’era un uomo il quale emigrò con la sua famiglia in un luogo isolato e non ancora abitato da nessuno, di cui egli poté un giorno dire: “Fin dove l'occhio d'uomo arriva, è ora mia proprietà!”. Egli si edificò ben presto una dimora molto comoda, si nutrì del latte delle capre selvatiche che in gran numero aveva trovato in quel luogo e che non erano affatto paurose, perché non erano state ancora mai cacciate da nessun cacciatore. Con l'andar degli anni anche la sua famiglia era andata moltiplicandosi; in seguito a questo la dimora molto semplice di prima venne trasformata in una roccaforte solidissima. Ora ciò accadde perché in quella regione egli aveva trovato una grande quantità d'oro puro ed una più grande ancora di pietre preziosissime, tesori che egli non si fidò più di custodire nella sua dimora di prima.

2. E quando, tramite il suo diligente ammassare, i suoi tesori d'oro e di pietre preziose furono aumentati ancora di più, egli inviò dei messi in altri paesi già abitati per scambiare i tesori con altre cose da lui reputate necessarie alla gestione della sua casa. Egli da principio fece affari eccellenti, e fece venire nel suo paese pure dell'altra gente che era destinata a servirlo.

3. Ma siccome egli dava loro una ricompensa insufficiente ed essi erano costretti a lavorare per lui e per la sua famiglia quasi giorno e notte, i nuovi servitori ne rimasero sdegnati e richiesero una maggiore ricompensa ed un trattamento migliore; e l'uomo ormai ricco disse: “Pazientate un po' finché io abbia dato un migliore ordinamento alla mia casa, e poi vi darò quanto vi occorre, così che ne sarete soddisfatti!”. Allora i lavoratori, che speravano in queste parole, ritornarono alle loro mansioni.

4. Il ricco però pensava tra di sé: “È vero che adesso io ho timore di loro; ma io manderò di nuovo fuori i miei messi fidati affinché mi conducano qui dei guardiani e degli armati; questi io li tratterò un po’ meglio, ed essi poi sapranno ben presto come fare per mettere freno all’arroganza dei miei lavoratori!”. E così egli fece; ma quando i lavoratori videro ciò, ne rimasero assai turbati e giurarono vendetta a quel ricco padrone dal cuore duro.

5. Allora essi mandarono di nascosto a cercare nei loro paesi gente che venisse loro in aiuto, e questa venne ben presto perché si riprometteva un grosso bottino. Quando poi i lavoratori videro che erano forti a sufficienza, si presentarono di nuovo all’uomo divenuto ricco il quale ormai era proprietario di un intero paese, e pretesero seriamente da lui un equo miglioramento tanto della ricompensa quanto del trattamento che spettava loro da tanto tempo.

6. Sennonché l’uomo divenuto ricco fece chiamare le guardie che avrebbero dovuto punire i lavoratori per la loro ribellione e impose loro delle restrizioni ancora più grandi; ma allora ai lavoratori venne meno la pazienza, e così parlarono: “O signore, se sei tanto ricco, lo sei per effetto della nostra diligente fatica! Siamo noi che con le nostre mani ti abbiamo edificato questa solida residenza degna di un re, nonché ogni tipo di officine, che abbiamo coltivato il terreno con i cereali e che abbiamo piantato vigneti. Siamo noi che abbiamo raccolto per te oro, argento e pietre preziose portando tali tesori per te al mercato; e dopo tutto ciò ora tu intendi compensarci rendendoci la vita ancora più dura e trattandoci peggio di prima? Ebbene, aspetta un po', e vedrai che queste idee te le faremo passare senz'altro!

7. Ogni creatura umana su questa Terra deve avere per sé il diritto di raccolta; ma se essa è al servizio di un suo simile, è dovere di quest'ultimo fornire quanto le occorre e trattarla umanamente, dato che essa gli ha ceduto il proprio diritto di raccolta. Noi, in molti che siamo, abbiamo fatto precisamente così verso di te, rinunciando a tuo vantaggio ai nostri giusti diritti, ed ora è questa la ricompensa che ci hai riservato? Ma lo sai tu, o uomo duro di cuore, che per tutte le nostre fatiche e il nostro zelo non solo non ci hai corrisposto quasi nessuna ricompensa, ma ci hai riservato per di più un pessimo trattamento, il quale negli ultimi tempi è arrivato perfino al punto di fare sfrontatamente perquisire le nostre capanne dai tuoi sgherri per constatare se noi avessimo eventualmente messo in serbo una qualche piccola cosa anche per noi? E avendo trovato qualcosa presso qualcuno, non solo gli hai fatto portare via tutto, ma lo hai anche fatto punire crudelmente dai tuoi sgherri, ed infine ti sei arrogato perfino il diritto di emanare una legge secondo la quale chiunque avesse occultato qualcosa dei tesori raccolti sarebbe stato punito con la morte.

8. Se tu, vecchio miserabile, fosti capace di fare anche questo verso di noi, senza minimamente pensare che noi siamo delle creature umane come te e che da parte di Dio abbiamo esattamente su questa Terra gli stessi diritti come te, noi pretendiamo da te che tu ci restituisca tutti i tesori che a costo di gravi fatiche abbiamo raccolto per te, perché, visto che sono stati ottenuti con le nostre fatiche, divengono perciò anche nostra proprietà! La Terra ce li ha dati, non c'è stato in nessun luogo né un Dio, né un uomo che ci abbia impedito di raccoglierli; perciò sono anche nostra legittima proprietà; tu invece di fronte a noi sei solo un ladro, anzi un rapinatore se te li vuoi tenere! Noi in fondo non ti togliamo altro che quello e quanto noi stessi abbiamo raccolto, mentre rinunciamo a pretendere qualcosa per le gravi fatiche da noi dedicate alla costruzione di questa roccaforte e per i sette anni di tormento che abbiamo sopportato per costruirla. Dacci dunque con le buone quello che è nostro, altrimenti ce lo prenderemo con la forza, e manderemo per di più in rovina questa tua solida residenza!”.

9. Quando il ricco si accorse che contro quella moltitudine di lavoratori non gli sarebbe giovato a nulla ricorrere alla violenza, cominciò a pensare tra sé e sé e finì col dire: “Calmatevi! Io riconosco i miei torti verso di voi, e d'ora innanzi vi tratterò del tutto come se foste figli miei; io vi concedo il pieno diritto di raccolta, ed a me, che con grandi fatiche e cure ed esponendomi a grandi spaventi ho scoperto questo paese, non sarete tenuti a corrispondere che la decima parte di tutto quanto avrete raccolto, ed in cambio mi impegnerò con tutte le mie forze ad assicurarvi ogni protezione e tutela!”

10. Ma allora i lavoratori risposero: “Se tu fossi un uomo di parola, noi avremmo anche potuto crederti; ma poiché la tua parola non l'hai mai mantenuta, né ci hai mai dato quanto avevi promesso, questa volta non possiamo crederti, perché la tua immensa avarizia non ti permette mai di essere fedele alla parola data. Noi saremmo stati anche volentieri disposti a crederti se non sapessimo fin troppo bene che, una volta che ce ne fossimo andati via in buon ordine, tu rafforzeresti immediatamente di dieci volte le tue guardie per questo nostro atto di forza commesso nel tuo castello e ci faresti punire aspramente dalle tue guardie divenute ben presto e con facilità superiori a noi di numero! Restituiscici dunque le proprietà che noi ti abbiamo cedute, e noi poi ce ne andremo per sempre via da qui”. Il ricco però tergiversava e non voleva saperne di fare come gli veniva chiesto; allora i lavoratori si presero da sé quello che reputarono di loro spettanza ed abbandonarono il paese».

 

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Cap. 118

La colpa dei padroni delle zattere.

 

1. (Continua il Signore:) «Ed ora Io vi domando, amici Miei, date simili circostanze, hanno i lavoratori agito giustamente od ingiustamente con il loro padrone?»

2. Rispondono gli otto proprietari delle zattere: «Sì, date tali circostanze, i lavoratori hanno avuto dalla loro parte un diritto assolutamente fondato in natura! Infatti, anche noi vediamo che ciascun uomo dotato di qualche ragione e di qualche intelletto deve avere senz'altro il diritto di raccogliere e di mettere da parte, considerato che egli è stato posto sul suolo di questo mondo e deve poter avere del nutrimento e disporre di un tetto, sia pure misero; ma oltre a ciò un altro uomo non dovrebbe avere più il diritto di togliere al primo quanto questo ha raccolto e messo da parte!»

3. Ed Io aggiunsi: «Forse che anche il ricco ha raccolto e messo da parte? Certo che no! La fatica l'hanno fatta i lavoratori che erano uomini quanto lui! Ma se essi hanno lavorato, raccolto e messo da parte per lui ed hanno ceduto a lui il loro buon diritto personale in cambio della ricompensa promessa, ma dal canto suo il padrone ha trattenuto tale ricompensa e per di più tiranneggiandoli, ebbene, essi erano perfettamente nel loro pieno diritto di reclamare il proprio e di prenderlo da colui a vantaggio del quale essi avevano lavorato, raccolto e messo da parte!

4. È evidente che se per esempio A ha lavorato, raccolto e messo da parte alacremente per crearsi delle scorte, il pigro B invece non ha nessun diritto di mettere le mani sulla scorta del diligente A. Ora, nella Mia parabola il ricco rappresenta precisamente il pigro B, mentre i lavoratori rappresentano il diligente A. Ma, stando così le cose, essi hanno certo il diritto di reclamare la loro proprietà dall'illegittimo detentore, qualora non venga offerto loro altro indennizzo per le loro fatiche e il loro lavoro!»

5. Risposero allora i ricchi padroni delle zattere: «In questo caso, senz'altro; ma, parlando in generale, nessun monarca dovrebbe avere il diritto di pretendere da noi ogni tipo di tasse e di contributi! Infatti, neppure lui lavora, né raccoglie, né mette da parte, e se noi, suoi sudditi, fossimo più forti delle sue guardie, allora saremmo anche noi autorizzati a togliergli quello che secondo il diritto naturale è nostra proprietà!»

6. Dissi Io: «Oh, a questo riguardo siete enormemente in errore! Trattandosi di un reggente, la cosa ha tutto un altro aspetto, perché egli non è altro che un supremo capo di tutto il complesso delle comunità, ed ha da parte delle comunità stesse il sacrosanto diritto di curare attentamente l'ordine e la loro sicurezza interna, nonché, per conseguenza, di detenere lo scettro del potere e la spada della legge a tutela del diritto generale. Egli deve reclutare non solo per sé, ma piuttosto per le numerose comunità, moltissime guardie che devono necessariamente venire mantenute, e per le quali non può egli da solo raccogliere e mettere da parte con le sue mani.

7. Considerato però che le leggi, i giudici e le numerose guardie devono venire mantenute principalmente soltanto a vantaggio delle comunità, anche le comunità stesse sono tenute a contribuire volontariamente al fatto che il monarca abbia sempre a disposizione un corrispondente patrimonio affinché egli possa ordinare ed istituire tutto ciò che torna a generale vantaggio delle comunità. Le tasse e i contributi che vi vengono richiesti a tali scopi sono dunque assolutamente giusti.

8. Solamente nel caso in cui un reggente tirannico volesse estorcere di proposito dalle comunità dei contributi troppo onerosi, allora anche tali comunità avrebbero il diritto di cacciare dal trono un simile tiranno. Infatti, le comunità hanno già fin dalle origini il diritto di scegliersi un re e di conferirgli tutta la potenziale forza e l’autorità necessarie! Ma quello che esse avevano fin dalle origini, ce l'hanno anche tuttora.

9. Tuttavia ciascuna comunità fa meglio se, benché dominata da un tiranno, porta pazienza per qualche tempo e se evita di fargli guerra, perché i tiranni sono di solito dei flagelli che Dio permette che infurino per qualche breve tempo, mediante i quali alle comunità, che già da lungo tempo si sono completamente dimenticate dell'esistenza di un Dio, viene ricordato che un Dio sapientissimo ed onnipotente invece esiste, e che Egli solo può sempre venire in aiuto di qualsiasi popolo oppresso se questo si rivolge a Lui con serietà e piena fede invocando soccorso. Vedete, così stanno le cose! E adesso che avete appreso ciò da Me, giudicate voi stessi cosa dobbiamo fare di questi vostri ventiquattro ladri!»

10. Risposero gli otto proprietari delle zattere: «Ma è chiaro che essi devono venire esemplarmente puniti a rigore di legge!»

11. Ed Io osservai: «Molto ben detto; ma cosa si dovrà poi fare di loro quando avranno scontato la pena?»

12. Dissero i padroni delle zattere: «Ebbene, che li si bandisca dal paese, o che li si venda come schiavi in Africa oppure in Europa!»

13. Dissi allora Io: «Ah, così? Io vi dico davvero che come uomini non pensate male! Ma considerato che il vostro pensiero è questo, conviene che vi comunichi ancora qualcosa di assolutamente speciale.

14. Vedete, questi ladri i quali fanno ormai il loro poco onorevole mestiere già da parecchio tempo, cinque anni fa erano ancora vostri lavoratori, e vi servivano perfettamente bene nella misura delle loro forze e capacità! Ma in che modo avete voi mantenuto le vostre promesse rispetto a loro? Ecco, voi non avete trovato niente di meglio da fare durante gli anni che vi servirono che di indagare meticolosamente, dopo ciascun lavoro eseguito, per scoprirvi delle mancanze. Quando non ne trovaste, ve le inventaste voi stessi per poter decurtare in misura abbondante ai lavoratori la loro ricompensa ben meritata, o addirittura per trattenerla completamente.

15. Chi vi diede allora il diritto di obbligare questi uomini a lavorare per voi nonché a raccogliere e mettere da parte sempre per voi, derubandoli così del loro personale e libero diritto umano?

16. Quando essi videro che il vostro contegno verso di loro era supremamente ingiusto, essi dovettero evidentemente pensare di ricorrere a qualche altro mezzo, e precisamente a un mezzo atto a risarcirli del diritto rubato loro da parte vostra, nonché da parte di qualcun altro che aveva fatto lo stesso verso di loro! Con la forza non avrebbero potuto ottenere nulla, dato che voi eravate di gran lunga i più forti; quindi a loro non rimase altro che dedicarsi al furto con l'astuzia. La cosa riuscì finora anche perfettamente, e, senza il Mio intervento, sarebbe riuscita altrettanto perfettamente anche questa volta.

17. Io però vi dico ancora una cosa: “Questi ladri avevano dunque un diritto naturale di prendersi da se stessi una indennità di fronte a voi; tuttavia, così operando, hanno ad ogni modo errato, perché essi avrebbero potuto costringervi a versagliela facendo ricorso alle vie giudiziarie, e ciò tanto più facilmente in quanto il giudice romano è persona rigorosamente giusta, che nessuno può corrompere dato che si attiene esclusivamente alla lettera della legge; ma nonostante tutto voi non avete il diritto di giudicarli, dato che voi stessi siete dei grandi debitori verso di loro! Le ricompense loro promesse ammontano a parecchie centinaia di volte il valore che hanno a Serrhe queste zattere; pagate loro prima questa ricompensa e solo poi giudicateli qualora dovessero un'altra volta mettere le mani sui vostri beni!”.

18. Per il momento a questi ladri non do altra punizione all'infuori del seguente comandamento: “In avvenire non rubate più niente a nessuno, e siate uomini liberi, leali ed attivi! Però non fate ritorno a Lacotena, ed invece restate qui, dove troverete quanto lavoro vorrete assieme alle vostre mogli e ai vostri figli! A voi, proprietari delle zattere, incomberà l'obbligo di sborsare in modo retroattivo a questi vostri servitori la ricompensa loro dovuta, nonché di far condurre qui in buone condizioni le loro mogli e i loro figli; ed ora potete prendere nuovamente possesso delle vostre zattere! Badate però che Io esigo che venga data esattissima esecuzione a questa Mia sentenza, altrimenti vi potrebbero capitare delle cose molto spiacevoli da parte Mia!».

19. Quando i padroni delle zattere ebbero sentito tali Mie parole, ne rimasero profondamente scossi e promisero che avrebbero puntualmente obbedito alla Mia sentenza.

20. Dopodiché Io dissi a Giored di ospitare i ventiquattro ladri e di trattarli bene; in quanto poi agli otto, che si facesse pagare da loro senza riguardi di tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno. Fatte anche queste raccomandazioni, rientrammo tutti in casa, dove già ci attendevano sulla mensa i bei pesci presi in quella giornata.

 

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Cap. 119

Il timore reverenziale delle mogli dei sacerdoti di fronte al Signore.

 

1. Quando noi entrammo nella sala, le cinque sacerdotesse Mi vennero incontro in un atteggiamento del più profondo rispetto, e Mi chiesero perdono per l'ostinazione con la quale prima esse avevano fatto delle obiezioni a Me e ai Miei discepoli, perché esse non avrebbero mai potuto sospettare che Io fossi Quello che ero.

2. Infatti, i sacerdoti avevano dichiarato loro con franchezza che Io, nella Mia parte spirituale, ero Dio stesso, unico e solo, e che Io portavo ed avevo un corpo esteriore unicamente per renderMi più visibile e accessibile agli uomini. Essi avevano riferito che il Mio corpo era certo limitato come quello di qualsiasi altro uomo, ma il Mio Spirito compenetrava tutto, tanto il vicino quanto il lontano, e perciò bastava che Io volessi, e tutto, sia vicino sia lontano, doveva accadere secondo la Mia Volontà. Se Io avessi voluto qualcosa, questa avrebbe dovuto esistere nel medesimo istante, e durare finché Io avessi voluto che esistesse, ma qualora avessi cessato di volere la sua esistenza, allora nello stesso istante la cosa stessa avrebbe cessato di esistere, e sarebbe stato come se effettivamente non fosse mai esistita! Inoltre il Mio interiore Spirito divino era pure a conoscenza di qualsiasi cosa e di qualunque fatto, per quanto nascosti fossero; anzi, Io non ignoravo nemmeno i più riposti pensieri di tutti gli uomini su tutta la Terra né una qualsiasi altra cosa per quanto tenuta segreta.

3. E tutte queste asserzioni erano state corroborate con prove di fatto, in modo che le donne non potevano più fare a meno di prestare piena e assoluta fede a tutto quanto i loro mariti avevano detto sul Mio conto, e questa era appunto la ragione per la quale esse Mi erano venute incontro con tali segni di uno sconfinato timore reverenziale.

4. Ma allora Io dissi loro tranquillamente: «Se voi, Mie care figlie, sapete ormai tutto ciò per averlo appreso dai vostri mariti, e se credete che Io sia Quello che essi hanno detto, in questo caso il vostro modo di venirMi incontro non corrisponde affatto al buon ordine, perché l’eccessivo ed illimitato timore reverenziale al cospetto di un Essere divino, tale da opprimere quasi completamente l'animo umano, è altrettanto svantaggioso quanto uno troppo meschino, poiché se voi vi sentite spinte a guardare qualcuno tutte tremanti e soggiogate da uno straordinario timore, allora rivolgetevi al vostro cuore e chiedetegli se colui che temete lo potete anche amare! D'altro canto se voi non avete nessuna stima di qualcuno, non lo potrete neanche amare. Ma se invece qualcuno lo riconoscerete nelle sue molteplici eccellenti qualità e capacità, voi nei vostri cuori ne resterete notevolmente ammirate, e comincerete a farlo oggetto del più intenso amore; e vedete, questo è appunto il timore reverenziale assolutamente giusto che voi dovete tributare ad un Essere divino, altrettanto quanto a ciascun uomo che costituisce il vostro prossimo, in qualsiasi luogo lo possiate incontrare!

5. Lasciate dunque stare le vostre attuali dimostrazioni di rispetto che sono esagerate, prendete posto a mensa e mangiate e bevete con Me di lieto cuore e con animo sereno! Infatti, se già tante volte avete potuto essere liete prendendo parte ai vostri banchetti, quando cioè nei vostri cuori albergava ancora la morte, potrete ben essere tanto più liete ancora in questa giornata che ha visto allontanarsi dai vostri petti la morte per far posto alla vita! E allora, che ne pensate?»

6. Risposero le sacerdotesse: “Oh, è vero, è vero! Sennonché noi siamo ancora troppo commosse al pensiero della grandiosità e della potenza del Tuo Spirito! Noi però ci sforzeremo in ogni modo per esercitarci anche in questo campo della vita e non dover quindi più tremare dinanzi a Te, ma invece per tributarTi una stima verissima e certo anche per amarTi sopra ogni cosa. A Te solo dunque da parte nostra ogni onore e tutto il nostro amore!»

7. Ed Io osservai: «Ecco, così va bene! Ma ora prendiamo tutti posto a mensa e mangiamo e beviamo in letizia! Terminata la cena, ragioneremo lietamente di varie cose a nostra edificazione!».

8. Allora tutti si sedettero e mangiarono e bevvero con grande gusto. A cena finita iniziò la conversazione che toccò svariatissimi argomenti. Le sacerdotesse raccontarono una sfilza di cose ben strane, e ad un certo momento si venne a parlare della Luna e della sua influenza, spesso poco salutare, sulla Terra e su molti uomini.

9. Una sacerdotessa raccontò di aver conosciuto una volta un sonnambulo il quale, particolarmente durante il plenilunio, usciva di notte dalla propria stanza ad occhi perfettamente chiusi e, con le mani tese verso la Luna, saliva con una sicurezza sbalorditiva e con tanta scioltezza su per le pareti più ripide dei monti come se si fosse trovato a passeggiare sul terreno più pianeggiante. Ad una cosa sola doveva però badare lo spettatore meravigliato, e cioè a mantenersi il più possibile silenzioso e tranquillo, altrimenti anche la più insignificante esclamazione avrebbe potuto costare la vita al sonnambulo!

10. (Chiede la sacerdotessa:) «Dunque, cosa era veramente questa particolarità, così strana della Luna, di esercitare un'influenza di tale specie su certe persone, e come arrivavano queste al punto di doverla subire?».

 

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Cap. 120

Il Signore fornisce delle spiegazioni sul mondo lunare e sull’essenza del sonnambulismo.

 

1. Io allora dissi: «Che la Luna, quale astro più vicino alla Terra, eserciti un influsso su di essa, è cosa più che certa; tuttavia in generale essa non influisce sulle persone, sugli animali, piante e minerali, ma soltanto particolarmente su di ciò che su questa Terra ha origine dalla Luna. A questa cosa fate attenzione specialmente voi, compilatori di calendari!

2. Vedete, la Luna è pressappoco un mondo come questa Terra, ed è la costante accompagnatrice appunto di questo vostro pianeta durante il suo viaggio annuale intorno al Sole; attorno a quest’ultimo orbitano pure tutti gli altri pianeti in tempi differenti l'uno dall'altro; quelli più vicini al Sole impiegano meno tempo della Terra, mentre a quelli che sono più lontani dal Sole rispetto alla Terra occorre naturalmente un tempo più lungo. Giove e Saturno hanno essi pure le loro lune, però, essendo dei pianeti molto più grandi, ne hanno molte di più della Terra; mentre invece i pianeti più piccoli della Terra non hanno affatto lune. Per quanto riguarda la Terra, il suo moto di rotazione produce l'avvicendarsi del giorno e della notte, mentre il giro che compie intorno al Sole determina la durata dell'anno»

3. Udendo questo, i pagani rimasero stupefatti, perché la Mia spiegazione andava troppo al di là dell'orizzonte della loro scienza, e perciò uno dei sacerdoti disse: «O Signore, noi Ti ringraziamo di tutto quanto hai voluto esporci, però sarà meglio che Tu non ci dia altre spiegazioni del genere, dato che noi non potremmo comprenderle per la ragione che per noi è impossibile raffigurarci con i nostri sensi queste cose!»

4. Dissi Io allora: «Ebbene, se volete una raffigurazione percepibile ai vostri sensi questa deve comparire all'istante!»

5. In un momento al di sopra del tavolo, nello spazio libero dell’alta sala, tutti poterono scorgere il Sole, la Luna con la Terra e così pure tutti gli altri pianeti con le loro lune, ed ogni cosa si muoveva in maniera perfettamente corrispondente al naturale. A tale spettacolo la meraviglia dei commensali parve non voler più finire; ed Io per due ore continuai a spiegare loro esattamente ogni cosa, in maniera che alla fine tutti ebbero compreso chiaramente e ne furono molto lieti. Oltre alle spiegazioni di carattere matematico Io mostrai loro l'abitabilità del Sole, di tutti i pianeti e delle loro lune, e in modo molto particolareggiato l’abitabilità della nostra Luna terrestre, ed infine aggiunsi le seguenti particolari osservazioni.

6. (Il Signore:) «Considerato che voi in queste cose ci vedete ormai abbastanza chiaro, Io posso esporvi ancora varie cose riguardo all'origine del male che affligge i sonnambuli. Gli abitanti della Luna, poiché sono degli uomini di estrema semplicità e sono rivolti verso la loro interiorità, possiedono, in grado elevato, il dono della chiaroveggenza, ciò che accade particolarmente durante le loro notti che si protraggono per interi 14 giorni della Terra, notti che essi trascorrono per lo più dormendo dentro alle caverne sotterranee che servono loro di abitazione. Tuttavia mentre i loro corpi dormono, le loro anime rimangono completamente deste, ed esse vedono a grande distanza tutto intorno a sé, e per conseguenza vedono anche questa Terra alla quale del resto più o meno appartengono, che però, data la naturale posizione della Luna, non possono assolutamente vedere durante il tempo di veglia, cioè durante il tempo del loro lungo giorno. [Infatti gli uomini della Luna abitano solo la parte della Luna non rivolta alla Terra, mentre invece non possono abitare nella parte rivolta alla Terra][23] poiché la Luna, come vi ho già spiegato, per ragioni molto naturali, non ha aria né acqua sul lato rivolto alla Terra, sebbene qua e là dentro alle numerose buche di cui è disseminata la sua superficie si trovi una specie di aria, questa non è sufficiente alla respirazione di esseri che vivono in un corpo di carne, perché vi manca completamente l'elemento salino. (l’ossigeno)

7. Gli uomini della Luna, nel loro stato naturale, non sentono del resto nessuna brama di avventurarsi nell'altro emisfero, considerato che nella loro vita di sogno che riesce loro la più gradita, essi vedono ed apprendono tutto ciò che è atto a promuovere la salvezza delle loro anime. Per conseguenza essi anche hanno per lo più la brama di diventare al più presto cittadini di questa Terra, ciò che in effetti è anche la loro vera destinazione; e quando hanno abbandonato la loro spoglia mortale nel loro mondo, le loro anime, qualora durante il corso della loro vita corporale sul satellite se ne siano rese degne, emigrano immediatamente sulla Terra, dove all'occasione opportuna vengono inserite in un corpo di donna e quindi rinascono come figli di questa Terra; poi crescono e fruiscono dell'educazione e della scuola degli uomini terrestri, ottenendo per lo meno la capacità di venire avviate sul sentiero dei figli di Dio sia già qui sulla Terra, oppure nell’aldilà.

8. Ebbene, le anime di queste persone sono formate con la sostanza del corpo lunare, e perciò, particolarmente quando dormono e sognano, si sentono fortemente attratte verso il luogo da dove sono pervenute, influenza questa che si fa sentire in maniera più accentuata al tempo del plenilunio, perché per mezzo della luce lunare gli specifici sostanziali-animici scendono in quantità maggiore sulla Terra e maggiormente eccitano ed attraggono le anime di origine lunare di cui abbiamo parlato.

9. Tuttavia anche a questo male si può facilmente e rapidamente ovviare mediante l'imposizione delle mani da parte di chi crede fermamente e mediante l'uso di bagni freddi».

 

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Cap. 121

Caratteristiche delle anime lunari incarnate sulla Terra.

 

1. (Il Signore:) Del resto una tale proprietà non è affatto di danno all'uomo, né meno ancora alla sua anima, perché solitamente gli individui di questa specie sono di animo molto buono e mansueto, e con loro è molto facile andare d'accordo. Tuttavia, trattandosi di simili persone, talvolta succede che del loro corpo si impossessi anche un'altra anima che ancora vaga liberamente nell'atmosfera terrestre, la quale vi si insinua per la via dei visceri meno nobili; anzi tali ospiti sono spesso più di uno e sono costituiti nella maggioranza dei casi da anime che si sono già sottoposte ad una prova della vita nella carne di questa Terra, ma che a causa della loro grande inclinazione alla sensualità e all'egoismo non soltanto non ne hanno tratto vantaggio per la salvezza della loro vita nell’aldilà, ma in più ci hanno rimesso molto.

2. A tali anime, qualora avvenga che si manifesti in loro qualche disposizione ad un miglioramento, viene di solito concesso di sottostare ad una nuova prova della vita in una giusta occasione adatta. Ma fra tali anime alle volte ce ne sono alcune le quali non hanno la pazienza di aspettare il momento adatto per venire concepite da un corpo materno, e che dicono: “Che mai! A che pro aspettare? La carne è carne! Noi ci impossesseremo della carne del primo che ci capiterà sotto mano e la mortificheremo quanto più ci sarà possibile! E quando la carne a forza di macerazioni non potrà più servire a niente, allora, come anime pienamente purificate, noi potremo abbandonarla e giungere alla beatitudine!”.

3. Le anime di questa specie si ingannano certo enormemente perché un simile possesso anale della carne non solo non giova loro niente, ma non fa che danneggiarle, perché poi devono aspettare per un tempo a volte molto lungo fino a che possano venire ammesse di nuovo all'autentico concepimento in un qualche corpo materno. Tali possessi anali della carne di altri uomini vengono tuttavia concessi per la ragione che ciascuna anima, essendo destinata a conquistare un giorno la perfetta libertà della vita, non può infine venire migliorata e consolidata che sotto gli auspici della sua volontà assolutamente propria e libera. Però è solo per mezzo di ogni tipo di amarissime esperienze che la libera volontà può venire portata a quel grado di modesta assennatezza che si esige affinché essa possa infine obbedire al volere della chiara volontà di uno spirito migliore, solo in questo modo l'anima può migliorarsi veramente da se stessa.

4. E, vedete, appunto questi uomini dall'anima lunare, sotto questo punto di vista, stanno temporaneamente un po' peggio di altri, per il fatto che delle anime che vagano liberamente ed ancora sempre maligne, le quali a ragione possono ancora venire chiamate “diavoli” (OUVRACI = coloro che stanno migliorando), prima e più facilmente riescono ad impossessarsi temporaneamente del loro corpo che non di quello di altri uomini; cosa questa però che non torna mai a danno dell'anima che effettivamente dimora nel corpo posseduto, anzi, tale stato le è di vantaggio nel senso che con ciò essa viene incitata a grande umiltà e a non trovare che poco o nessun piacere affatto alla vita della propria carne, ciò che è un bene per gli uomini dalle anime lunari. Infatti, in primo luogo, nonostante la loro chiaroveggenza, essi sono per lo più molto caparbi e profondamente sepolti nell'amore sessuale, e in secondo luogo sono spiccatamente inclini alla prepotenza e al litigio, e sono altresì chiusi in se stessi e maliziosi, anche se non sono mai completamente cattivi.

5. Tuttavia anche questa possessione la si può guarire mediante la preghiera, l'invocazione del Mio Nome, il digiuno e l'imposizione delle mani nel Mio Nome. E così voi, a questo riguardo, avete ora anche tutto quello che vi occorre sapere per il momento; tutto ciò che va oltre e al di sopra di quanto vi ho detto, ve lo insegnerà il vostro spirito che Io colmerò con il Mio Spirito a tempo opportuno».

 

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Cap. 122

L'ammonimento del Signore dalle ricadute nel materiale.

L’essenza della materia. L’Infinità del Signore.

 

1. (Il Signore:) «Ora Io vi ho indicato cosa e chi è l'uomo, e cosa egli deve fare per ottenere la vita eterna; d'ora innanzi dipende esclusivamente da voi operare conformemente ai Miei insegnamenti. Fate bene attenzione però a non ricadere, a causa del mondo, nella vostra antica follia e conseguentemente nella vostra antica morte, perché allora sarebbe molto più difficile di ora ricondurvi sulla retta via! Personalmente Io non posso rimanere molto più a lungo con voi; ma se voi vi manterrete attivi secondo la Mia Dottrina, anch'Io rimarrò operante in spirito presso di voi e con voi, e qualsiasi cosa voi, pregando, invocherete da questo Mio Spirito divino nel Mio Nome, essa vi sarà anche concessa.

2. Ma non venite mai a chiederMi cose che siano puramente del mondo, perché questo veleno micidiale per l'anima non sarò Io a darvelo anche se lo chiedeste per anni! Infatti il Mio intendimento è rendervi perfettamente liberi da ogni cosa del mondo nelle vostre anime, e non di avvincervene più solidamente ancora. Ecco che ormai sapete cosa dovete fare e cosa dovete credere e, per il momento, di più non vi occorre.

3. Ma ora passiamo ad altro! Vedi, Giored, amico Mio, ormai sono tre giorni che noi dimoriamo presso di te ed abbiamo consumato molte delle tue provviste; a quanto ammonterebbe dunque, secondo il tuo pensiero, il nostro debito verso di te?»

4. E Giored, profondamente commosso, rispose: «O Signore! Tutto quello che possiedo è veramente solo Tuo; non solo, ma a me spetterebbe soltanto chiederTi: “O Signore! Il mio debito verso di Te è immensamente grande; quando e come potrò io mai sdebitarmi con Te?”. Anche se Tu volessi dimorare presso di me mille anni interi con mille volte tanti discepoli quanti sono quelli che Ti seguono ora, e volessi mangiare e bere giorno e notte, ebbene, anche dopo che sono trascorsi i mille anni io sarei ancora così tanto in debito con Te quanto lo sono ora; perciò mi basta che la Tua Grazia e la Tua Misericordia non mi abbandonino; tutto il resto per me non ha alcuna importanza! Tuttavia avrei ancora da rivolgerTi una preghiera, o Signore!»

5. Ed Io gli dissi: «Oh, risparmiati le parole, perché comunque Io già so cosa tu vorresti che venisse conservato per qualche tempo in questa sala! Vedi, sono queste stelle che tu vorresti che fossero mantenute come sono! Ebbene, Io ti rispondo di sì; esse rimarranno qui allo scopo del vostro ulteriore ammaestramento per un anno ancora! Durante questo tempo vedete di costruirvene di simili artificialmente, ma poi, trascorso il termine, queste qui, sorte in maniera prodigiosa, svaniranno come un giorno svanirà pure tutto il cielo visibile nonché questa Terra, e questo accadrà quando essi avranno restituito assolutamente tutto ciò che vi è tenuto prigioniero dentro.

6. Ed ora ascoltate! Tutto ciò che di materiale in questo tempo abbraccia l'intero spazio infinito, non è che lo spirituale giudicato e tenuto prigioniero! Si tratta dunque di spiriti sottoposti al giudizio dalla Forza e Potenza della Volontà divina fino ad un tempo determinato, nel quale, secondo il discernimento perfetto della divina Onniscienza, abbiano raggiunto quel grado di durevole consistenza per se stessi, sulla base della quale può venire spianata la via allo sviluppo della vita spiritualmente indipendente. Queste cose voi adesso non le comprendete, né potrete comprenderle, ma verrà certo il giorno in cui voi pure le comprenderete.

7. Io però queste cose ve le ho dette unicamente allo scopo che voi, pur essendo pagani, possiate convincervi che sono proprio Io il vero eterno IO SONO, e che in ultimissima analisi questo IO costituisce tutto ciò che l'infinità abbraccia. Tuttavia simili cose tenetele intanto per voi, finché l'eterno Spirito di Verità non venga a fornirvi dei chiarimenti più dettagliati in proposito.

8. Ed ora per questa notte vi concedo ancora un po' di tempo; e chi ha qualcosa da chiedere, che chieda! Domani, prima del levar del Sole, Io Me ne andrò, avendo moltissimi altri figlioletti che Io, quale un vero Padre della Vita, voglio visitare ancora, per portare anche a loro la lietissima novella della vita eterna»

9. Allora si alzò uno dei sacerdoti e disse: «O Signore, non ci devi lasciare già domani! Infatti, solo adesso il nostro fervore per Te si è accresciuto immensamente, e noi avremo molti problemi ancora da sottoporre allo scopo di averne il Tuo santo consiglio!»

10. Ed Io risposi: «Sono dunque Io l’IO, o lo è il Mio Spirito interiore? Vi ho pur detto che Esso rimane con voi, e se avete bisogno di qualche cosa ve la darà senza riserve. Per il futuro non vi serve la Mia Persona [terrena], ma unicamente lo Spirito, che non vi abbandonerà mai più se voi non Lo abbandonate!»

11. Disse il sacerdote: «O Signore, questa cosa noi tutti adesso la crediamo con fermezza incrollabile; solamente resta il fatto che ora noi tutti abbiamo concepito un grande amore per Te avendoTi completamente riconosciuto, e proprio ora vorresti lasciarci! O Signore, rimani qui almeno una giornata ancora, e per noi tutti questa sarà una felicità immensa!»

12. E Giored e suo figlio aggiunsero essi pure: «Sì, sì, o Signore, questo è davvero il sentimento di tutti quanti siamo qui! Resta con noi almeno una mezza giornata ancora, e noi poi Ti accompagneremo qualunque possa essere la direzione che Tu vorrai prendere!»

13. Ed Io dissi: «Ebbene, allora Io prenderò ancora la colazione con voi domattina, ma poi bisognerà assolutamente che Io parta da qui il più presto possibile!»

14. Giorab però, il figlio risuscitato da morte, esclamò: «Ascoltate, o miei cari! Quest'unico ed eternamente verissimo Dio, l'amore soltanto è capace di trattenerLo! Questa è l'unica Potenza alla quale perfino Egli in Se stesso obbedisce! Oh, ma allora concepiamo un vero sentimento d'amore per Lui, ed Egli resterà con noi anche fino a mezzogiorno!»

15. Ed Io osservai: «Hai parlato molto bene, perché queste cose non te le ha suggerite il tuo sangue, ma lo spirito che è in te. Tuttavia Io non posso fare diversamente da come ho detto prima; comunque per accontentarvi tutti in qualche modo, Io Me ne andrò da qui solo dopo che si sarà levato il Sole, ma in Spirito Io rimarrò con voi. Ora però si tratta di sapere se voi avete compreso tutto quello che ho detto, e se c'è fra di voi qualcuno che deve fare qualche domanda ancora sull'uno o sull'altro argomento».

 

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Cap. 123

Della preghiera e del servizio divino.

 

1. Disse la sacerdotessa di Minerva: «O Signore, di domande ce ne sarebbero da fare per un'eternità senza interruzione; ma a che cosa ci servirebbe questo se nelle attuali condizioni noi non possiamo comprendere le Tue risposte? Mandaci dunque quanto prima il Tuo Spirito come ci hai promesso, il Quale ci sarà di guida in ogni verità, e così saremo più che pienamente contenti di ciò che finora abbiamo ricevuto in dono da Te. Varrebbe la pena di citare ancora una sola cosa, e sarebbe bene che anche a tale riguardo noi avessimo una giusta indicazione dalla Tua bocca.

2. Vedi, è vero che in tutte le dottrine religiose viene richiesto agli uomini molto giustamente di adorare un Essere divino! Ora, per i nostri falsi dèi noi abbiamo avuto una legione addirittura di preghiere, fra autorizzate ed anche non autorizzate; le preghiere autorizzate e quindi anche efficaci venivano fatte dai sacerdoti, naturalmente di grado superiore, e soltanto ai sacerdoti era lecito invocare in questo modo le divinità durante il corso di una certa cerimonia ed unicamente a certe ore del giorno, e tutto ciò faceva parte del cosiddetto misterioso servizio divino. Un profano e non iniziato non poteva mai innalzare da se stesso agli dèi una preghiera di questo genere senza venire severissimamente punito, ma doveva invece rivolgersi ad un sacerdote il quale, previo esborso di una certa offerta stabilmente fissata per tutti i casi, si incaricava di innalzare per conto suo a qualche divinità una simile preghiera autorizzata in un tempio, con l'osservanza del cerimoniale prescritto, preghiera che veniva biascicata in tono monotono mentre il pensiero del sacerdote andava vagando chissà da quale altra parte. Le preghiere invece non autorizzate, e quindi inefficaci, potevano essere fatte anche dal profano, e ciò gli era lecito esclusivamente affinché si esercitasse nella contemplazione degli dèi e affinché così imparasse a conoscere gli effetti delle sacre preghiere autorizzate dei sacerdoti.

3. Ebbene, che tutto ciò non costituisca dinanzi ai Tuoi occhi e ai Tuoi orecchi altro che un abominio, questo non occorre che nessuno me lo venga a spiegare e dimostrare; ma ciononostante l’uomo dovrebbe tanto più adorare e invocare un vero Dio in una forma scelta e con parole più degne di Lui che non siano quelle che normalmente rivolge ai suoi simili. Ed è appunto a questo riguardo che noi vorremmo sentire da Te direttamente qualche parola per nostra norma»

4. Risposi Io: «I Miei discepoli vi hanno ad ogni modo già insegnato la preghiera che essi hanno imparato da Me e che ogni uomo può innalzare a Dio nel proprio cuore sempre con la medesima efficacia; ogni altra preghiera fatta con le labbra è un abominio al Mio cospetto.

5. In Spirito Io sono dall’eternità sempre assolutamente uguale a Me stesso, non ho mai cambiato, né mai in eterno cambierò nel Mio Essere, nel Mio Operare e nel Mio Volere. Sono ormai tre giorni che Mi trovo fra di voi, e vi ho insegnato quello che dovete sapere, credere e fare, ciascuno per sé, per pervenire alla vita eterna dell’anima. Ma durante questo tempo vi ho forse detto qualcosa in relazione a certe determinate preghiere o a un qualche servizio divino avvolto in un efficace mistero a Me gradito soltanto in quella forma? Ho forse qualche volta accennato a certi giorni festivi, come eventualmente il Sabato degli ebrei che essi chiamano “il giorno dì Jehova, il Signore”, durante il quale essi proibiscono alla gente ogni lavoro mentre essi stessi, pur essendo sacerdoti, appunto nel giorno del Signore si dedicano alle più gravi e ignominiose truffe, e per di più, così facendo e lasciando da parte ogni coscienza, sono del pessimo parere di rendere a Dio un buon servizio? No davvero, di tutto ciò voi non avete appreso affatto nulla dalla Mia bocca, ed ora Io vi confermo in tutta verità:

6. “Via tutte le preghiere, via i giorni di festa, perché ciascun giorno è un vero giorno del Signore, e via infine tutta la casta sacerdotale!”. Infatti, ciascun uomo che riconosce Dio, che Lo ama sopra ogni cosa e che opera conformemente alla Sua Volontà, è un vero e genuino sacerdote, ed è per conseguenza anche un vero maestro qualora vada annunciando al suo prossimo appunto questa Dottrina che egli ha ricevuto da Me.

7. Chi dunque opera secondo la Mia Volontà, così dice ora il Signore, costui prega veramente, e prega sempre senza interruzione, e inoltre un vero giorno del Signore a Me assai gradito è soltanto ciascun giorno nel quale un uomo fa del bene al suo prossimo nel Mio Nome.

8. Ma quando qualcuno vuole rendere un beneficio al proprio prossimo, che lo renda in segreto, e non faccia del chiasso per questo, né vada vantandosi al cospetto della gente, perché chi fa così, si è già preso presso di Me la sua ricompensa spirituale ottenendo la considerazione del mondo per la sua nobile azione; questa però non fortifica mai l'anima, anzi la guasta, poiché la rende vanitosa e compiaciuta di se stessa.

9. La stessa cosa vale riguardo all'invocazione di una grazia da parte Mia; chi si propone di ottenere qualcosa rivolgendoMene preghiera, che preghi nell'assoluto segreto del suo cuore colmo d'amore per Me, e gli sarà certo concesso quanto avrà chiesto, purché ciò sia stato trovato compatibile con la salvezza della vita della sua anima.

10. Ugualmente anche due, tre o eventualmente più persone possono radunarsi e pregare del tutto in segreto per sé e per l'intera comunità, ma non in modo che quanto chiedono venga subito fatto sapere alla comunità, ed Io di sicuro esaudirò tali preghiere. Ma qualora invece due, tre o anche più divulgassero fra la comunità la notizia che essi in questo o in quel giorno e in questa o in quell'ora hanno fatto così, affinché poi la comunità si trovi indotta a tributare a loro onore e lode, o peggio ancora a pagare un simile pio inscenamento, in verità, una tale preghiera non verrà mai più esaudita, e quindi non sarà stata di nessun vantaggio né per la comunità, né per coloro che avranno pregato! Infatti, queste ed altre simili cose le hanno già fatte i pagani, e lo fanno tuttora quando, ad esempio, di fronte alla minaccia di un grave pericolo, vanno pellegrinando a grandi schiere da un tempio degli idoli all'altro portando con loro ogni tipo di sciocche sculture, di vessilli, di vasi ed una quantità di altre cose ancora, facendo nello stesso tempo un clamore assordante con urla, suonare di corni, pestare di cembali e scuotimento di scudi; né mancano i pellegrinaggi in paesi lontani dove ci sono delle immagini idolatre dotate, come essi credono, di poteri straordinari e speciali in fatto di concedere grazie, ed arrivati là cominciano a fare ogni tipo di stupidissime opere di penitenza, e fanno al rispettivo idolo delle offerte molte volte assai cospicue; con ciò certamente si procura un vantaggio considerevole ai sacerdoti degli idoli, mentre non sono che gli stolti pellegrini a restarsene a mani vuote. Dunque, le preghiere e le suppliche collettive di questa specie non vengono mai esaudite da parte Mia!

11. Perciò chi desidera che una buona preghiera venga esaudita da Me, che intraprenda un pellegrinaggio nel proprio cuore, e Mi presenti del tutto in silenzio la sua supplica usando parole assolutamente naturali e semplici, ed allora Io accoglierò la sua preghiera. Ma Io dico ancora a chiunque voglia pregarMi, di non presentarsi a Me in un atteggiamento e con una faccia apparentemente devoti, perché, trattandosi di supplicanti con le facce deformate da un'ipocrita devozione, nessuna loro preghiera verrà da Me esaudita; infatti, chi non verrà a Me così naturalmente come egli è, e non Mi invocherà secondo il giusto spirito della più assoluta verità, costui non verrà esaudito, ma sarà esaudito soltanto colui che Mi ama veramente, che opera conformemente alla Mia Volontà e che si presenta a Me senza nessun fasto e senza artifici, e tale e quale egli veramente è; ebbene, costui sarà certo esaudito in ogni tempo.

12. Così pure è una usanza antica perfino presso gli ebrei che gli uomini ciechi e stolti indossino, quando pregano, delle particolari vesti più lussuose, ritenendo che l'uomo non possa fare mai abbastanza per la cosiddetta maggior gloria di Dio. Ma un simile pazzo non pensa affatto che ci sono moltissimi poveri che a mala pena possiedono qualche misero cencio con il quale coprire la loro nudità. Quali sentimenti dunque possono agitare l'animo del povero quando, in un tempio, vede il ricco nelle sue vesti adorne rendere a Dio un onore che egli, da misero com’è, non può renderGli, e nel pensare che, avvolto nei i suoi cenci, non può che offendere il suo Dio?

13. In verità vi dico: “Chiunque si proponga di chiederMi qualcosa indossando quelle certe vesti chiamate di lusso, non verrà mai esaudito, e meno ancora lo sarà un qualche sacerdote avvolto nelle sue sciocche vesti e nei suoi mantelli ornati!

14. Inoltre è ancora in voga un’altra antica pessima abitudine, quella cioè di usare, pregando Dio, esclusivamente una determinata lingua straniera, reputando questo il modo più degno per rendere onore a un Dio. Là dove in futuro sussisterà un’insensatezza di questa specie, nemmeno là le preghiere verranno esaudite!

15. Quando l'uomo si presenta a Me, che si adorni unicamente nel suo cuore, e si esprima nel linguaggio che gli è abituale e parli la lingua che a Me è più comprensibile di qualsiasi altra, vale a dire quella del cuore, ed Io esaudirò la sua preghiera!

16. Io voglio che tutte le antiche pazzie scompaiano completamente e che gli uomini debbano diventare degli esseri perfettamente nuovi, veri e puri; e là dove essi saranno diventati tali, là sarò sempre anch'Io in mezzo a loro; ma è bene che i ciechi pazzi del mondo d'ora innanzi vengano puniti non esaudendo le loro preghiere!

17. Dio creò l'uomo senza vesti, a perfetta Sua immagine, ed a Lui la figura dell'uomo piacque così, poiché appunto era la Sua immagine; Dio poi insegnò all'uomo a farsi anche delle vesti per proteggere il suo corpo dal freddo, ma non insegnò affatto ai primi uomini a confezionarsi delle vesti per portarle come un vanaglorioso ornamento delle proprie membra, né meno ancora insegnò all’uomo a farsi un mantello adornato perché solo avvolto in esso egli poteva pregare Dio in maniera degna.

18. Dunque, ciascuno usi delle vesti confacenti al proprio stato, ma sempre semplici, e non attribuisca alla veste o al mantello nessun altro valore all'infuori di quello che spetta a tali indumenti, cioè quello di coprire il corpo; qualsiasi cosa superi questo limite costituisce già un germe del male, e non è destinata a portare alcun buon frutto.

19. Ecco dunque che ora anche a questo riguardo sapete come dovete comportarvi, ed Io ritengo che noi possiamo ormai dedicarci al riposo, visto che siamo arrivati quasi a mezzanotte!».

 

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Cap. 124

Della cultura degli uomini.

 

1. Il sacerdote di Minerva allora disse: «Certo, o Signore, Tu hai perfettamente ragione in ogni cosa; ma considerato che purtroppo questa è l'ultima notte che Tu passi con noi, io avrei da esporTi a nome di tutti una importantissima preghiera, e cioè che a Te piacesse concederci di mettere per iscritto parola per parola la Dottrina che ora ci hai dato, affinché questa, quale il massimo bene per l'intera umanità, non possa mai più andare perduta, perché altrimenti qualunque dottrina tramandata semplicemente per via orale finisce con il tempo col venire deformata e profanata. Infatti gli uomini sono sempre portati, con il tempo, ad aggiungervi qualcosa di proprio, mentre facilmente omettono questa o quella cosa essenziale che vi è contenuta; ma una volta che tutto fosse messo per iscritto e firmato da tutti i testimoni qui presenti a conferma della piena verità ed autenticità dello scritto stesso, io credo che una profanazione della Tua Dottrina non dovrebbe essere più tanto facilmente possibile. Ma affinché noi non scriviamo qualcosa di falso, piaccia a Te, o Signore, di guidarci con il Tuo Spirito onnisciente ed onnipotente!»

2. Ed Io gli risposi: «Questa cosa voi la potete fare senz'altro; però se tale è proprio la vostra intenzione, abbiate cura che gli scritti vengano stilati sempre in più esemplari, affinché possano avere ampia diffusione, ed inoltre perché ad un unico libro scritto in originale - particolarmente presso i pagani molto superstiziosi - non venga attribuito un qualche magico potere, cosa che deformerebbe il valore del suo contenuto interiore e gli uomini poi al cospetto di un simile libro si sentirebbero pervasi da un sacro terrore vero e proprio, non oserebbero più leggerlo affatto per l'immenso timore reverenziale che esso ispirerebbe loro, e finirebbero addirittura col credere che la sola adorazione di un simile testo sacro sia sufficiente ad assicurare all'uomo il Cielo! Se invece esistono varie copie autentiche dello stesso libro, una simile degenerazione non è più tanto facilmente possibile.

3. Io non dico che gli uomini non debbano onorare i libri di questa specie; però non devono considerarli di più di quanto sono realmente, né devono farne assolutamente uso differente da quello per il quale sono stati scritti.

4. Ma Io aggiungo ancora che sarà bene che voi dedichiate le vostre cure anche alla comune istruzione, in modo che tutti - e non soltanto i ricchi - già dalla fanciullezza imparino per bene a leggere, scrivere e far di conto, altrimenti i libri che intendete scrivere vi serviranno a ben poco. Cercate anzitutto di promuovere negli uomini una giusta cultura del sapere, e con ciò del cuore; così andrete accumulando nel Mio Regno un prezioso tesoro, ed inoltre vi saranno resi molto facili i rapporti con i vostri simili qui sulla Terra, perché con la gente dotata di vera cultura è facile ragionare e trattare. Vedete però che la cultura da diffondere fra gli uomini sia giusta e completa, dato che una mezza cultura è spesso peggio che non avere nessuna cultura!

5. Non tenete nascosta nessuna verità ai vostri discepoli, così come Io non vi ho tenuto nascosto nulla; poiché soltanto la verità rende l'uomo veramente uomo. Dove questa manca, è chiaro che al suo posto deve subentrare la menzogna; ebbene, la menzogna è la generatrice di qualsiasi sventura che possa mai rovesciarsi sull'umanità di questa Terra. Questo vi serva anche da norma per la vita di voi tutti! Se voi seguirete questi consigli, sarete in grado ben presto già su questa Terra di percepire chiarissimamente i benefici effetti. Avete ancora qualcosa che vi pesa sul cuore?».

 

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Cap. 125

Appare lo spirito del precettore delle mogli dei sacerdoti.

 

1. Disse allora la sacerdotessa di Minerva: «O Signore, in quanto può concedercelo il nostro grado di intendimento, dovrebbero esserci ben poche cose ancora riguardo a cui noi possiamo interpellarTi allo scopo di ampliare la cerchia della nostra conoscenza, dato che Tu ci hai ad ogni modo mostrato e insegnato già quasi troppo; tuttavia potresti fare ancora una cosa per noi donne, e cioè quella di mostrarci l'anima del nostro precettore, affinché noi possiamo così anticipatamente convincerci di più ancora e più profondamente della continuazione della vita dell'anima nell'aldilà»

2. Ed Io risposi: «Questa, in effetti, è una domanda alquanto imprudente da parte vostra; perché anzitutto voi non possedete di gran lunga ancora la facoltà di vedere gli spiriti, perché uno spirito non può essere visto che con gli occhi dello spirito, mai però con gli occhi della carne; e in secondo luogo per la ragione che l'anima del vostro precettore di una volta non si trova di gran lunga ancora in quello stadio della vita che sarebbe richiesto perché la sua apparizione potesse tornare in qualche modo a vostro vantaggio! Considerata però la vostra insistenza, e poiché siete dell'opinione che ciò contribuirà a rafforzare molto la vostra fede, può certo infine venirvi concesso anche questo. “ISMA KORE!”. “Vieni e parla!”.

3. Con queste parole Io chiamai l'anima del precettore, e nello stesso istante si sentì un gran fracasso nella sala; un fumo salì dal pavimento come se al di sotto fosse scoppiato un incendio, e fra il fumo apparve lo spirito con il volto adirato, il quale, rivolto alle donne, esclamò: “O donne incredule, perché mi disturbate nel mio stato di pace nel quale sto lavorando al mio perfezionamento, e dove mi trovo in dolce compagnia di quegli spiriti che sono simili a me, ben lontano da qualsiasi pensiero di litigi e di contese?

4. Da molto tempo io ho mantenuto la promessa fattavi, e vi ho chiaramente spiegato come la filosofia di Diogene è assolutamente vuota e non può che tornare a grande disonore di colui che l'accoglie, perché essa non è che un complesso di miserabilissime bugie che deridono la suprema Sapienza di un Dio eterno e onnipotente! Sennonché voi riteneste che ciò fosse semplicemente un sogno ed uno scherzo della vostra fantasia!

5. Il vostro intelletto non vi ha forse rivelato che l'uomo è un'opera prodigiosissima di un Creatore immensamente grande e meravigliosamente onnipotente, e che dentro all'uomo non può succedere nulla che non abbia la sua buona ragione e il suo savissimo scopo? Queste cose io ve le dissi varie volte già durante la mia vita terrena, ma voi non vi prestaste attenzione, perché quello che vi interessava era invece farvi ammirare da tutto il mondo per la vostra stoica sapienza! Ma, nonostante tutto, il verme del dubbio andava continuamente rodendovi il cuore, dubbio che io avrei dovuto far svanire mediante evidentissime riapparizioni.

6. Con voi ora si trova uno Spirito superiore, il Quale vi ha ammaestrati; perché non Gli avete prestato incondizionata fede? Perché avete preteso da me che rendessi testimonianza di Colui il cui Nome io non sono degno di proferire? O donne stoltissime! In verità, se ora non fosse qui quel grande Spirito, avrei saputo ben io impartirvi qualche dura lezione! Fate bene attenzione, però, perché se voi voleste turbare ancora una volta la mia quiete, le cose si metterebbero molto male per voi!”.

7. E detto questo lo spirito scomparve improvvisamente; le donne così non riuscirono a dire nemmeno una parola, né d'altro canto avrebbero potuto trovare il coraggio di farlo».

8. Io però domandai loro: «Ebbene, vi è piaciuto il vostro precettore?»

9. E le sacerdotesse risposero: «Oh, Signore! In verità, egli avrebbe potuto restare senz'altro nella sua sciocca tranquillità! Se nell'aldilà i suoi compagni sono del tutto simili a lui, ce ne vorrà del tempo prima che raggiungano la perfezione della vita! Egli si è comportato in maniera terribilmente rozza e villana! È strano però! Mentre era ancora vivo, in casa dei nostri genitori, lo si sarebbe detto l'uomo più modesto e mansueto di questo mondo, e adesso, da spirito com'è, appare addirittura infuocato dall'ira! Come si spiega una simile cosa? Aveva egli forse su questo mondo un'altra anima?»

10. Dissi Io: «Ah, questo no certamente; però su questo mondo la sua anima per ragioni di astuzia esteriore nascondeva il suo proprio io, e con l'aiuto del suo corpo presentava una personalità che si mostrava esteriormente del tutto differente da ciò che essa era interiormente; cosa questa che ora, nel suo stato di nudità, non è assolutamente più possibile. Infatti, nell'aldilà non c'è anima che possa mostrarsi diversamente da come essa è veramente, sia dentro che fuori. Per questo il vostro precettore non si è potuto mostrare a voi in altro modo se non come egli è disposto e come è stato sempre disposto nei vostri confronti. La sua modestia e la sua mansuetudine non erano dunque che un artificio della sua espressione esteriore, mentre interiormente era del tutto diverso.

11. Perciò in avvenire non chiedete mai più di vedere un qualche spirito per averne degli ammaestramenti, ma vivete secondo la Mia Dottrina, affinché in questo modo vi rendiate idonee ad accedere alla piena unione vitale con il Mio Spirito; allora potrete fare facilmente a meno dei duri insegnamenti di simili spiriti!».

12. Allora le donne rimasero perfettamente soddisfatte, e in loro svanì ogni brama di venire a contatto in futuro con qualche spirito simile a quello del loro precettore.

13. Dopodiché Io consigliai a tutti di andare a riposare, ciò che essi fecero anche immediatamente, ed Io con i Miei discepoli facemmo lo stesso adagiandoci sulle nostre sedie da riposo.

14. La notte trascorse rapidamente, e di buon'ora fummo già in piedi. Mentre stavamo per abbandonare la sala, Giored ci venne incontro e Mi pregò di attendere la colazione che sarebbe stata presto pronta!

15. Io però gli dissi: «Dacci soltanto un po' di pane e vino; poi ce ne andremo subito affinché i sacerdoti, che saranno tra poco di ritorno con le loro mogli, non ci trovino ancora qui!».

16. Tutto venne immediatamente fatto secondo il Mio desiderio; poi prendemmo il pane e del vino e ci congedammo subito dopo che Io ebbi benedetto la casa e i familiari di Giored.

 

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Cap. 126

Il significato che ha il popolo ebreo rispetto ai pagani.

 

1. Giored e suo figlio Giorab Mi accompagnarono fino a Malaves dove la popolazione, con il cuore colmo di gratitudine, ci si affrettò incontro e voleva ospitarci. Noi però non accettammo nulla, e ci limitammo a raccomandarle ancora una volta di perseverare nell'osservanza della Dottrina che avevo dato loro. Essi promisero solennemente che avrebbero fatto così, e poi Mi domandarono qual era il prossimo luogo che Io pensavo di visitare.

2. Ed Io risposi loro: «Samosata! Se avete un battello pronto, potete condurMi là!»

3. E quei malavesani, gente molto pacifica e servizievole, dissero subito: «O grande Signore e Maestro! Noi abbiamo bensì due battelli sui quali Tu e coloro che sono con Te potreste raggiungere comodamente Samosata in poche ore, ma quello invece che è piuttosto difficile è ricondurre i battelli di nuovo qui. Essi devono venire tirati contro corrente per mezzo di buoi o muli, e ciò si può fare solo quando si presenta l'occasione che da Serrhe, con condizioni dell'acqua favorevoli, vengono effettuati dei trasporti di merci fino a Melitene; i battelli più piccoli di questa specie vengono allora presi a rimorchio da quelli grossi adibiti al trasporto di merci, i quali li riportano al luogo indicato dal capo dei battellieri. Ad ogni modo questo non è un ostacolo; faremo semplicemente venire con voi un paio di battellieri fidati, e questi una volta arrivati a Samosata disporranno le cose in modo che i battelli possano venire quanto prima ricondotti qui. Qualora a Te, o Signore e Maestro, piacesse, voi potreste salire immediatamente sui battelli e partire!»

4. Ed Io dissi: «Molto bene, Mia buona gente; però invece di due soli battellieri datecene quattro, ed Io vi garantisco che essi saranno di ritorno assieme ai due battelli molto prima del tramonto!»

5. Osservarono i malavesani: «Nel solito modo naturale ciò non sarebbe assolutamente possibile; ma per Te, o Signore, l'impossibile non esiste! Infatti noi stessi abbiamo già sperimentato che la Tua Parola e la Tua Volontà sono opera già compiuta e perfetta».

6. Allora vennero subito con noi cinque battellieri invece di quattro; tre assunsero la guida del battello più grande, e due salirono sul più piccolo, sul quale presi posto Io con i dodici vecchi discepoli. Del resto è da notare che i battelli in questione erano piuttosto delle zattere che non dei battelli veri e propri; soltanto che erano muniti di parapetti e di sedili, e ciascuno aveva una specie di tetto fatto con della tela grezza da vele.

7. Mentre Io Mi accingevo a salire con i vecchi discepoli sul battello più piccolo, Giored e suo figlio Mi salutarono con immensa cordialità e Mi pregarono che Io volessi almeno una volta ancora visitarli personalmente e, nello stesso tempo, qualora tale grazia fosse loro concessa, che Io volessi fermarMi presso di loro più a lungo di questa volta!

8. Ed Io contraccambiando i saluti, dissi loro: «Restate fedeli con le opere alla Mia Dottrina, ed Io non soltanto molto spesso, ma infine anche per sempre eleggerò la Mia dimora in mezzo a voi. I nostri saluti e la nostra benedizione a tutti coloro che sono di buona volontà!».

9. Dopodiché, sciolti gli ormeggi, i due battelli presi dalla corrente cominciarono a muoversi, e precisamente prima il più piccolo, e dopo pochi istanti il più grande che navigava dietro di noi.

10. Quando fummo soli, Pietro disse: «Signore, io credo che quasi sarebbe meglio che noi ci aggirassimo sempre fra i pagani, lasciando che gli ebrei restino come vogliono essere, perché è una vera gioia vedere come queste genti accolgono in loro con vera avidità le parole di vita. L'annientamento dei loro tre idoli non ebbe, si può dire, conseguenze, e nessuno ne fece gran caso all'infuori delle cinque donne, e alla fine non costò eccessiva fatica convertire pure loro! E se si considera la cosa nella sua vera luce, bisogna concludere che in uno di questi pagani del tipo di Giored e della sua famiglia vi è del sano intelletto umano in quantità cento volte maggiore che non in un anziano o in uno scriba ebreo! Che cosa sarebbe stato di noi se Tu avessi ripulito ai farisei il loro Tempio nello stesso modo come facesti in quello dei sacerdoti di Chotinodora tre giorni fa? Io sento che in me va sempre di più radicandosi la seguente convinzione: fra tutti i popoli della Terra gli ebrei sono i meno degni della Tua immensa Misericordia, Pazienza e Indulgenza! Cosa ne dici Tu di questa mia opinione?»

11. Ed Io gli dissi: «Vedi, tu parli delle cose come le vedi e come le comprendi tu! Quando scorgi un campo fittamente ricoperto dalla zizzania, il tuo sano intelletto umano deve anche in questo caso dirti: “Ecco, questo deve essere un terreno molto buono e fertile! Varrebbe davvero la pena mondarlo da tutte le erbacce e seminarvi poi del grano che senz'altro potrebbe rendere cento volte frutto!”. Ma quando invece vedi un campo che appare quasi completamente mondo, dato che soltanto qua e là vi spunta qualche magro filo d'erba, pensi davvero che valga la pena di accingersi a trasformare un simile terreno in un fertile campo di grano? No, certamente, perché là dove un terreno non offre nutrimento alla zizzania, non ne potrà offrire nemmeno al grano. Su un simile campo dovrai gettare un buon strato di concime molto concentrato per rendere il magro terreno atto ad accogliere la semina del grano.

12. Vedi infatti quanti prodigi dovettero essere prodotti qui affinché questi pagani accogliessero la fede; ebbene, appunto i prodigi furono un concime concentrato affinché la Dottrina, quale il grano della vita, potesse prosperare sul campo del loro animo; ma quando invece un anno e mezzo fa Io venni da voi ebrei, allora bastò solo la Parola, e voi Mi seguiste senza tuttavia avere le idee del tutto chiare riguardo a Chi era colui con il quale stavate andando. Sul terreno dei vostri animi cresceva della zizzania in discreta quantità, e intorno ai vostri cuori c'erano degli sterpi e delle spine; ma c'erano pure dei bei tratti liberi che però erano buoni per la semina del grano.

13. Con questi pagani, invece, noi avremmo potuto predicare per dieci anni interi, e nonostante ciò non saremmo riusciti a convertirli alla luce della vita proveniente da Dio, dato che malgrado i molti e grandi segni a cui hanno assistito, ci opponevano ancora una dura resistenza. Ora essi sono certamente dalla nostra parte più di molti ebrei, e perciò a quest’ultimi, a causa della loro caparbietà, la luce sarà tolta e sarà data ai pagani; tuttavia, nonostante tutto questo, non dovete mai dimenticare che la salvezza dell'umanità procede unicamente da Gerusalemme e che tutte le predizioni fatte agli ebrei troveranno là il loro adempimento per tutti gli uomini della Terra! Tuttavia ora noi continueremo a visitare anche i pagani e li prepareremo a quello che essi devono aspettarsi dopo la Mia ascensione, cioè alla discesa del Santo Spirito di Dio anche su di loro.

14. Ma ora fate tutti un po' di attenzione, perché adesso noi arriveremo ad un punto di questo fiume, dove l'acqua tende più a stagnare che a scorrere via. Qui di solito conviene lavorare energicamente di remi, altrimenti si può venire raggiunti con tutta facilità e assaliti da una banda di predoni che è attiva sul fiume. Tuttavia questa volta i nostri due battellieri possono lasciare che il battello se ne vada lasciandogli libero corso, perché Io intendo parlare con questi predoni allo scopo di distoglierli dai loro loschi traffici».

 

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Cap. 127

Il Signore ha ragione dei predoni del fiume.

 

1. Io avevo appena terminato di parlare, che già il nostro battello si trovò nella zona tranquilla del fiume che in quel punto era molto largo e anche molto profondo. Ci eravamo a mala pena inoltrati per due iugeri in questa zona calma del fiume, quando vedemmo i nostri due battellieri mettere mano ai remi e cominciare a vogare per rientrare nella corrente, ma Io dissi loro di non farlo!

2. Essi però osservarono: «Signore, questa è una zona mal sicura, dove è facile venire trattenuti da qualche banda di predoni, i quali esigono un riscatto esorbitante per ciascuna zattera che riescono a raggiungere! Ma se imprimiamo un po' più di velocità al nostro battello così da arrivare tra breve alla prossima rapida del fiume, essi non potranno raggiungerci, e allora potremo dirci al sicuro, dato che essi non si azzardano ad oltrepassare questa zona calma dell'acqua»

3. Io però dissi loro: «È vero, voi avete ragione; tuttavia Io appunto intendo incontrarMi con questi predoni e renderli per l'avvenire del tutto innocui per questo luogo! Smettete dunque di remare per qualche istante!».

4. A tali Mie parole i battellieri cessarono di vogare, e non passarono dieci istanti che si vide avanzare un largo barcone con a bordo degli uomini dall’aspetto molto sospetto, i quali raggiunsero in breve il nostro battello e ci intimarono di consegnare loro immediatamente tutto quanto noi avessimo avuto.

5. Ma Io, alzandoMi dal Mio sedile, così apostrofai i predoni con voce tonante: «Con che diritto pretendete una cosa simile da noi e da chiunque voi possiate raggiungere?»

6. Rispose uno dei predoni che era di statura gigantesca: «Noi siamo gente di ventura e non conosciamo altro diritto all'infuori di quello del più forte!»

7. Dissi Io: «E che ne direste se invece ora fossimo noi qui i più forti e vi chiedessimo i vostri beni o la vita?»

8. Rispose il predone: «Allora dovremmo noi adeguarci alle vostre pretese! Ma siccome questo non è il caso, non fate storie e dateci quanto vi abbiamo domandato, altrimenti ci costringerete a darvi le prove della nostra forza in maniera poco piacevole per voi!»

9. Ed Io gli dissi: «Noi non possediamo niente, e perciò non vi diamo niente; ma se voi non Mi credete, fate pure uso all'istante della vostra forza da giganti!».

10. Allora i predoni impugnarono delle enormi clave per scagliarle su di noi. Ma in quello stesso istante feci in modo che le loro membra si irrigidissero, così che rimasero immobili come altrettante statue, urlando tutti assieme per il dolore tanto da far pietà.

11. Allora Io domandai al predone gigantesco: «Ebbene, da che parte è ora il diritto?»

12. E il predone gridò: «O potentissimo, tu sei un Dio! Aiutaci tu, e noi rinunceremo per sempre a questi traffici, e faremo tutto quello che ci chiederai!»

13. Dissi Io: «Va bene, siate liberi! Però è necessario che l'oro che avete rubato finora lo consegnate ai Miei battellieri, altrimenti vi capiterebbe qualcosa di brutto!»

14. Disse il predone gigantesco: «O signore, ti diamo non solo l'oro, ma anche tutto l'argento; soltanto concedi a noi dieci la possibilità di accompagnarti là dove sei diretto, perché intuisco che tu possiedi ben altri tesori che hanno molto maggior valore dei nostri, e noi desidereremmo appropriarci sia pure anche solo di una minimissima parte di questi tuoi tesori!»

15. Dissi Io: «Ebbene, andate e prendete il vostro oro e argento!».

16. Allora essi diressero la prua del loro barcone verso la riva sinistra del fiume che era disseminata di rocce e dove essi dimoravano dentro a delle caverne, e nel giro di un quarto d'ora furono di ritorno e Mi consegnarono circa cento libbre d'oro e trecento d'argento puro, oltre a delle perle e pietre preziose.

17. Nel frattempo anche il secondo battello più grande ci raggiunse con i venti discepoli a bordo che si erano affrettati a venirci dietro perché i loro battellieri avevano espresso il timore che noi fossimo stati fermati dai famigerati predoni. Sennonché, quando ci vennero vicino, non poterono celare la loro meraviglia vedendoci in possesso di tutti quei tesori, e domandarono come noi ne fossimo venuti in possesso.

18. Io però risposi: «Andate pure, tutto il resto lo saprete sempre abbastanza per tempo! In quanto a questi tesori, essi sono ormai proprietà dei nostri cinque battellieri, mentre questi dieci che prima detenevano i tesori in questione sono venuti per seguirMi. Ed ora vedete di continuare il viaggio!»

19. I venti allora procedettero innanzi con il loro battello, ma tra di loro andavano dicendo: «È pur strano il modo in cui si comporta il nostro Signore! Adesso Egli accoglie quali Suoi discepoli addirittura dei pagani, dei pubblicani, dei ladri e dei predoni! Invece a Cafarnao Egli lasciò che i molti discepoli di Gerusalemme se ne andassero senza dir loro una parola! Eh, non è escluso che noi Lo vedremo accogliere tra i Suoi discepoli anche delle prostitute e delle adultere! In verità, la cosa è assai strana! Ma cosa possiamo farci? Egli è e resta nonostante tutto un profeta colmo di tutta la Potenza di Dio, a cui nulla e nessuno può resistere! E noi dobbiamo lasciare che faccia secondo il Suo diritto, perché volerLo contrariare non servirebbe a niente!»

20. E mentre stavano ragionando così tra di loro, noi li avevamo già raggiunti con i dieci predoni che ci seguivano velocemente sul loro grande barcone, ed Io dissi ai venti: «Voi trovate strano che Io faccia così; Io invece trovo dieci volte più strano da parte vostra che troviate strano appunto questo Mio modo di agire. Gli uomini sono opera Mia, e quest'opera Io la conosco meglio di tutti, conosco le capacità di ciascuno, e perciò so benissimo quello che faccio! Dunque in avvenire non vi sembri strano più niente di quello che Io intraprendo, altrimenti dovrebbe finire con l'apparirvi molto strano che Io abbia accolto anche voi, che pure eravate mille volte peggiori di questi dieci predoni i quali, in fondo, non hanno mai ucciso nessuno, e si sono limitati soltanto ad alleggerire un po' le zattere stracariche di ricche merci».

21. Allora i venti si ricredettero e Mi chiesero perdono. Io però passai con il Mio battello dinanzi a loro, indicando così la via sicura lungo la rapida del fiume. Una volta oltrepassata anche questa, scorgemmo a una certa distanza Samosata dove arrivammo dopo circa un'ora.

 

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Cap. 128

Il Signore a Samosata.

 

1. Quando approdammo, ci si fecero incontro subito i gabellieri i quali chiesero il pagamento della rispettiva tassa.

2. Io allora dissi a Pietro: «Prendi un’intera libbra d'argento e dalla loro per noi tutti»

3. E Pietro lo fece; però il capo dei pubblicani osservò: «O signore, questa somma rappresenta dieci volte l'ammontare della tassa; dovrò dunque darti di ritorno la grossa eccedenza!»

4. Ma Io gli dissi: «Ebbene, l'eccedenza impiegala per soccorrere i poveri; tieniti dunque pure tutto e indicaci dove si può trovare un buon albergo, perché noi ci fermeremo qui oggi e domani»

5. Osservò il pubblicano: «Allora prendete alloggio presso di me, considerato che io stesso sono il padrone del migliore e del più grande albergo!»

6. Dissi Io: «Sta bene; portaci dunque là».

7. Noi scendemmo a terra, e non appena abbandonammo i battelli, questi iniziarono il viaggio di ritorno contro corrente a grandissima velocità portando i tesori che vi avevamo lasciati dentro, cosa questa che suscitò uno stupore immenso nel pubblicano, tanto più che anche il barcone dei predoni, vuoto e senza nessuno a bordo, aveva seguito da solo gli altri due battelli.

8. E dopo che il pubblicano ebbe esaurito le sue esclamazioni di meraviglia, egli ci condusse al suo albergo. La casa di questo pubblicano qui a Samosata, che era adibita anche ad albergo, somigliava molto a quella di Giored a Chotinodora, e aveva una disposizione quasi del tutto uguale ad essa; solamente la sala da pranzo non era così spaziosa, comoda ed elegantemente arredata, particolarmente il solaio non era molto piacevole a vedersi, perché non era fatto di tavole ma, secondo un'usanza piuttosto orientale, consisteva semplicemente in una copertura di tela da vele alquanto sudicia. Tuttavia ciò non era importante, trattandosi in ogni caso della migliore sala che ci fosse in tutta Samosata, e così noi prendemmo là alloggio nonostante uno dei predoni Mi avesse fatto notare che quell'albergo era certo uno dei migliori di tutta la località, ma era anche uno fra i più cari, perché nessuno avrebbe potuto cavarsela con meno di dieci soldi al giorno, e l'albergatore godeva fama di essere molto avido di denaro.

9. Io però osservai: «Non occupiamoci adesso di queste cose; già domani si vedrà cosa ci metterà in conto!».

10. Quando prendemmo posto intorno alla mensa grande e lunga, l'albergatore Mi domandò che cosa noi avremmo voluto mangiare e bere a pranzo.

11. Ed Io gli risposi: «Tu hai del pane e del vino, ed altro non ci occorre; del resto non hai altro di pronto; penseremo noi a provvedere per questa sera»

12. Disse l'albergatore allora in tono cortesissimo: «O stimatissimo amico mio, io possiedo ancora ogni genere di altre provviste, come carni, latte, burro, formaggio, uova, miele e frutta di tutte le specie, né manca dell'eccellente pesce nei miei vivai! Tu non hai che da ordinare, e in poco tempo tutto sarà pronto!»

13. Ma Io gli risposi: «Lasciamo stare ciò per il momento, e restiamo fermi alla Mia prima richiesta; soltanto Io desidero che tu ci faccia servire il vino migliore che hai!».

14. L'albergatore allora chiamò la sua gente di servizio e fece portare del pane e del vino in quantità sufficiente. Io benedissi tanto l'uno come l'altro e poi dissi a tutti di mangiare e bere a piacimento.

15. I dieci ex predoni però dissero: «O Signore, noi non siamo degni di sedere alla vostra mensa; oltre a ciò le nostre vesti sono troppo misere e sudice per stare in compagnia con voi che siete dei signori ben vestiti!»

16. Ed Io dissi loro: «Questo non c'entra per niente! Adesso fate come voglio Io, e poi anche le vostre vesti miglioreranno ben presto. L’uomo, purché sia come deve essere nel suo intimo, è e resta uomo anche se coperto delle vesti più misere».

17. Noi cominciammo a mangiare e a bere di animo lieto, e nel frattempo non parlammo molto. Dopo che avemmo terminato il pranzo, ristorando così le nostre membra, ci alzammo immediatamente dai nostri posti ed Io chiesi il conto all'albergatore.

18. Egli rispose: «Tutto questo è già pagato con la grande eccedenza che viene dalla libbra d'argento, e con quanto ancora rimane voi potete fermarvi nel mio albergo per tre giorni interi!»

19. Io dissi: «Va bene. Allora possiamo andare tranquillamente all'aperto per vedere un po' la città»

20. Rispose l'albergatore: «Senz'altro, soltanto per vostra maggiore sicurezza vi accompagnerò io, perché qui ha sede un tribunale romano e qui c'è pure un piccolo presidio di militi romani, e loro non sono molto amichevoli con i viaggiatori stranieri quando capita loro di incontrarli. Ma se io, che sono il capo dei gabellieri e contemporaneamente il capo di tutta questa località, vengo con voi, allora potrete andare dappertutto senza avere noie. Ma affinché io pure sia tanto più sicuro e coperto contro ogni eventualità, sarebbe bene se voi voleste confidare solo a me, con tutta sincerità, chi siete, da dove venite e qual è il vero motivo per cui siete venuti qui»

21. Ed Io gli risposi: «Considerato che tu sei un'anima onesta di questo mondo, e che a modo tuo nutri delle buone intenzioni a nostro riguardo, Io, il Signore e Maestro, te lo dirò per Me e per tutti costoro; dunque ascolta: Io sono un Guaritore di tutti i guaritori della Terra, e questi sono i Miei discepoli. Siamo in maggioranza galilei. Ed ora tu sai quanto ti occorre sapere per il momento!»

22. Disse l'albergatore: «Ah così! Sei dunque un figlio di Esculapio, e questi sono i tuoi discepoli! Bene, benissimo! Veramente già al primo vedervi mi ero immaginato qualcosa di simile! Ma adesso dimmi un po' con che razza di strane imbarcazioni siete arrivati fin qui! Come è stato possibile che queste se ne siano andate con tanta velocità contro corrente? Questa è davvero una cosa che non ho mai visto; e a chi poi apparteneva tutto quel molto oro ed argento che c'era sul battello con cui tu, o maestro, sei arrivato qui, e tutte quelle pietre preziose e le perle?»

23. Gli risposi Io: «Tutto ciò apparteneva certo a Me, però Io ne ho fatto dono a quei poveri battellieri come ricompensa per averci condotti fin qui in eccellenti condizioni. Che poi i battelli abbiano potuto risalire la corrente con tanta velocità, questo è un mistero che ora non posso spiegarti per la semplice ragione che una simile cosa non potresti assolutamente comprenderla. Ma ora andiamocene all'aperto!».

24. L'albergatore non fece nessuna obiezione e ci precedette per mostrarci la via e per guidarci verso quei punti della cittadina che, secondo lui, erano i più degni di considerazione. Così noi ci trovammo pure dinanzi all'edificio ragguardevole dove risiedeva il comandante del presidio romano, il quale era appunto nel cortile intento ad impartire degli ordini ai suoi soldati sul modo in cui doveva venire stabilita la guardia per quella notte, dato che gli era stato preannunciato l'arrivo di una grossa carovana persiana. Questa doveva venire fermata e visitata per constatare che specie di merci e di tesori portasse con sé, e poter quindi fare la stima dell'importo dovuto a titolo di gabella (tassa) legale.

 

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Cap. 129

La guarigione del figlio del comandante romano, ammalato di febbre maligna.

 

1. Quando il comandante ebbe sbrigato tale incombenza, e dopo che i soldati e i sorveglianti si furono allontanati, egli si accorse della nostra presenza e si affrettò a venirci incontro. Arrivato da noi, egli s'informò subito presso il pubblicano su chi fossimo, da dove fossimo venuti e cosa dovessimo fare da quelle parti.

2. Il pubblicano allora gli spiegò ogni cosa, e quando il comandante dall'aspetto rigido e serio ebbe appreso che Io ero un Guaritore di tutti i guaritori del mondo intero, Mi si avvicinò all'istante e disse: «Se tu sei quello che di te ha asserito il capo di questa località, allora guarisci mio figlio! Egli è tormentato da una febbre maligna e già da quattro anni interi è confinato nel suo letto, tanto che ormai ha più l'aspetto di un cadavere che di una persona viva. Ho già provato a far venire da tutte le parti i migliori medici, ma nessuno è riuscito a giovargli finora! Se tu lo puoi aiutare, io ti prometto una ricompensa davvero regale!»

3. Ed Io gli dissi: «ConduciMi da tuo figlio ammalato, e vedremo qual è il suo stato!».

4. Il comandante allora ci condusse subito nella stanza dell'ammalato. Quando Io vi entrai, scorsi collocate intorno al suo letto diverse statue di divinità pagane le quali, a detta dei sacerdoti, avrebbero dovuto influire favorevolmente sulla salute del figlio.

5. Io però, visto questo, dissi al comandante: «Eppure tu sei una persona ragionevole e di molta esperienza; dovevi quindi essere convinto tu stesso che simili statue scolpite da mani d'uomo non avrebbero mai potuto giovare all’infermo, e tuttavia tu le hai comperate a questo scopo, o meglio le hai prese a nolo a caro prezzo da quegli imbroglioni di sacerdoti! Ed Io adesso ti dico: fa venire qui quei sacerdoti disonesti, e in loro presenza Io annienterò queste statue, dopodiché aiuterò tuo figlio con assoluta certezza di successo!».

6. Il comandante, che del resto non teneva in nessun conto i sacerdoti e ancora meno le statue degli idoli, mandò a chiamare immediatamente i sacerdoti che in quella città erano sette. Questi vennero poco dopo, e il comandante Mi presentò a loro come un medico di particolare abilità.

7. I sacerdoti però, rivoltisi a Me, dissero: «O amico, tu, da uomo che sei, presumi molto dalle tue capacità se credi di poter ancora giovare ad un ammalato cui nemmeno gli dèi onnipotenti possono giovare, considerato che essi sanno che per ciascun uomo è stabilito il tempo nel quale egli deve morire!»

8. Ed Io dissi loro: «Ma dite un po' voi, stoici che non siete altro da quando nasceste, come pensate di poter dare ad intendere al vostro prossimo quello in cui voi stessi non avete mai creduto neanche minimamente?»

9. Risposero i sacerdoti: «Chi può sostenere che noi non crediamo in ciò che andiamo insegnando?»

10. Allora Io ribattei: «Io lo sostengo, perché in Me dimora il potere di dirlo!»

11. Esclamarono i sacerdoti: «Che potere? Come osi parlare del tuo potere? Qui nessuno detiene il potere ad eccezione del comandante e di noi, e meno che meno poi lo può detenere un estraneo il quale deve essere contento se lo lasciamo vivere qui!»

12. Ed Io dissi: «Che anch’Io qui abbia un potere, bisognerà che ve ne convinciate appieno entro pochi istanti! Vedete, questi vostri idoli di metallo e di pietra perfettamente morti e senza forza né potenza alcuna, Io li annienterò mediante la Mia sola Parola, perché altrimenti non dovrei né vorrei guarire l'ammalato! Dunque Io dico: “Voi, idoli morti, svanite!”».

13. Nello stesso istante tutte le statue furono completamente annientate, né di esse rimase più nessuna traccia nella stanza. Vennero subito fatte ricerche in tutta la casa, e si trovò che anche in tutte le altre stanze ogni e qualsiasi immagine rappresentante un idolo era del tutto scomparsa!

14. I sacerdoti allora, che si erano convinti, gridarono: «O mago temerario, noi riconosciamo la tua incomprensibile potenza; vedi un po’ ora come potrai sbrigartela con i veri dèi del cielo!»

15. Risposi Io: «Io sono un ebreo della Galilea, e come tale non ho mai avuto alcun timore dei vostri idoli morti, né mai l'avrò. Là dove Io vado, guarisco veramente gli uomini tanto nel fisico, quanto spiritualmente; ma gli idoli devono cedere il posto all'unico vero Dio vivente ed eterno, perché senza di Lui non vi è alcuna salvezza per gli uomini di questa Terra! Ma ora che i vostri idoli se ne sono andati, Io anche guarirò questo ammalato! Io dunque dico a te: “Sorgi e cammina!”».

16. Nello stesso istante svanì la febbre maligna che costringeva a letto l'infermo, ed egli si alzò perfettamente sano e chiese da mangiare, perché sentiva fame.

17. Ed Io dissi al comandante: «Fagli dare del pane e del vino, ma non troppo in una volta, ed egli fra breve si sentirà come se non fosse mai stato ammalato!».

18. Così fu anche fatto, e il figlio apparve poi completamente sano.

19. Allora il comandante, al colmo della gioia, venne vicino a Me e Mi disse: «O guaritore nobilissimo più che non tutti i nostri dèi, e dalla potenza indefinibile! Qual è il mio dovere nei tuoi confronti? Come posso darti una giusta ricompensa per questo? Cosa vuoi da me?»

20. Ed Io gli risposi: «Tu non potrai ricompensarMi con nessuna cosa terrena, perché Io non accetto da nessuno un pagamento in qualsiasi forma. Però Io, per mezzo di questi Miei discepoli, ti farò annunciare una nuova Dottrina di Dio e della vita dell'anima anche dopo la morte; secondo questa Dottrina tu sarai chiamato a vivere assieme a tutta la tua casa. Se tu vuoi saperne di più riguardo alla Mia Persona, basta che tu vada prossimamente a Chotinodora, e là potrai ottenere delle altre informazioni in proposito. Ad ogni modo Io Mi tratterrò qui fino a tutto domani, e non ci mancherà quindi anche l'occasione di fare una conoscenza reciproca più intima»

21. Il comandante rimase addirittura incantato di questa Mia decisione, ed esclamò: «O signore e maestro di tutti i maestri, e verissimo guaritore di tutti i guaritori! Tutto, tutto sarà fatto secondo i tuoi desideri; soltanto io ti prego di rimanere mio ospite per quest’oggi assieme a tutti i tuoi discepoli, perché, vedi, la mia casa è spaziosa, e le stanze di cui dispongo sono molte! Infatti da parte mia sarebbe un atto di ingratitudine troppo grande lasciarti alloggiare nell'albergo del pubblicano, il quale con molta probabilità verrà oggi interamente occupato dalla numerosa carovana di persiani di cui è annunciato l'arrivo»

22. E il pubblicano, che era lì pure presente, disse: «Al tuo desiderio, o comandante, io non posso obiettare nulla, quantunque anch'io mi sarei prodigato per servire gratuitamente nel miglior modo possibile un ospite tanto ragguardevole; permettimi soltanto di restare in compagnia qui con voi!»

23. E il comandante rispose: «Anzi, questo sarà un immenso piacere per me. Mi rincresce però molto che i miei di famiglia non si trovino qui, ma a Serrhe, da dove essi ritorneranno entro qualche giorno. Ad ogni modo io ho dell'altra gente qui in buon numero, e così a voi non verrà a mancare nulla»

24. Allora anche uno dei sacerdoti prese la parola e disse: «O signore, sarà lecito a noi pure trattenerci in vostra compagnia?»

25. Rispose il comandante: «A questo riguardo chi può decidere è il nostro grande guaritore, dato che voi non lo avete accolto in maniera che egli possa esserne rimasto soddisfatto!».

 

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Cap. 130

La conversione dei sacerdoti degli idoli.

 

1. Dissi Io: «È bene che questi sacerdoti si rechino a Chotinodora e che si presentino al loro superiore di quella città, il quale prescriverà ad essi le direttive riguardo a cosa dovranno fare in avvenire! Il tempo dell'antica vana idolatria, della superstizione più cieca da un lato e del completo ateismo dall'altro, è ormai passato; d'ora innanzi l'umanità comincerà a credere in piena ed assoluta verità nell'unico Dio, il solo vero, vivente, che chiunque può trovare e comprendere, ed in questa fede gli uomini ritroveranno se stessi e riconosceranno l’immortalità della loro anima e la sua destinazione, eterna e beatissima! Ma una volta giunta una tale epoca della luce e della vita interiori, allora non c'è più niente da fare con il vostro cieco e fantasioso politeismo!

2. Ora si presenta il Dio, al Quale pure gli Ateniesi avevano consacrato, dedicandolo al loro Dio ignoto, un Tempio, dove però non sorgeva nessuna immagine di un qualche idolo, ma su di un altare erano collocati i libri dei saggi dell'antico Egitto, e quando una volta all'anno il popolo si radunava in quel Tempio, gli venivano letti dei brani dell'antica sapienza tratti da quei libri, e allora la gente rimaneva edificata là molto più che non altrove, mentre dimostrava di avere ben poca stima degli altri idoli. Ma quando si fa vedere questo Dio unicamente vero, è bene che dinanzi al Suo Spirito scompaiano tutti i falsi dèi della menzogna e dell'inganno che non valgono nulla! Se andate ora ai vostri templi, vedrete che gli stessi non ospitano più nessuna immagine di un qualche dio!»

3. Al sentire queste parole, i sacerdoti si presero la testa fra le mani ed esclamarono angosciati: «O signore, se è proprio così, noi siamo perduti! Cosa dirà il popolo?»

4. E il comandante allora intervenne e disse: «Il popolo si trova sotto la mia potestà, e so molto bene qual è il mio dovere nel caso di una eventuale insurrezione. Il popolo verrà istruito con tutta tranquillità e moderazione riguardo al significato di tali avvenimenti. Se esso, come è probabilissimo, ne rimarrà più che soddisfatto - dato che della vostra amministrazione attuale esso non è per nulla soddisfatto - allora le cose si saranno messe addirittura in maniera eccellente. Ma qualora l'uno o l'altro, magari sobillato da voi, dovesse manifestare troppo apertamente il suo malcontento, io ho sempre in mano dei mezzi sufficienti per ricondurlo alla tranquillità e dargli soddisfazione. Voi però guardatevi bene dal sobillare chicchessia, perché voi sapete che non tollero scherzi!

5. Se il Tempio, che qui in verità non significa quasi nulla, è ormai privo dei suoi falsi dèi, ebbene, consacratelo al Dio sconosciuto magari in base ad una mia ordinanza per il vostro stesso bene, e convertite il popolo il quale sarà mille volte più contento di quanto lo sia ora, quando cioè quasi tre volte alla settimana lo chiamate a raccolta picchiando sui vostri cembali per annunciargli la volontà di un qualche dio, che voi avete inventata, con una messa in scena di cerimonie di ogni specie, l'una più sciocca e senza significato dell'altra, e nello stesso tempo reclamando un'offerta da tutti.

6. E nel caso in cui qualcuno, il quale ci vede più chiaro, non dia questa offerta, egli viene minacciato di tutte le punizioni possibili da parte degli dèi, sia nell'aldiquà che nell'aldilà, e viene escluso per un certo tempo dalla comunità dei pazzi creduloni; e purtroppo noi dobbiamo prestare man forte al vostro gioco, affinché sia salva la vostra reputazione di fronte al popolo. Se noi ci ritirassimo, vedreste bene che specie di altra musica il popolo comincerebbe a suonarvi! Ma se voi, unicamente tramite il nostro appoggio, continuate a godere qualche considerazione presso il popolo nonostante tutti i vostri imbrogli, ebbene, sappiate che facendovi messaggeri di verità potrete tanto più appoggiarvi al nostro braccio! Non risulta questa cosa evidente pure a voi? Se il popolo vi ha fatto volentieri delle offerte per le vostre menzogne, tanto più volentieri senz'altro esso vi porgerà un'adeguata offerta quando gli insegnamenti saranno basati sulla verità. Questa cosa la vedo chiaramente io che sono un profano; com'è dunque che non la vedete voi, da sacerdoti degli dèi colmi di sapienza come dovreste essere?»

7. Rispose uno dei sacerdoti di carattere più moderato: «Questo è tutto molto buono e vero; sarebbe certamente una bella cosa predicare la verità al popolo qualora chi volesse predicare conoscesse questa verità; ma dove mai prenderla? Ecco una questione del tutto differente!»

8. Disse il comandante: «A questo proposito, il grande guaritore qui vi ha già dato un buon consiglio. Andate a Chotinodora, e là i capi di quel sacerdozio vi daranno gli opportuni chiarimenti nonché le direttive del caso; conformate le vostre azioni a quanto avrete appreso, e senz'altro le cose saranno poi in piena regola. Dunque andateci oggi stesso e fatevi insegnare là cosa dovrete fare; poi ritornate qui ed insegnate a vostra volta la verità al popolo!»

9. Io però dissi al comandante: «Per oggi che rimangano qui, e domani che seguano pure il tuo consiglio, perché non è escluso che si presenti oggi qui qualche occasione di fare loro aprire alquanto gli occhi!»

10. Allora il comandante disse rivolto ai sacerdoti: «Restate qui dunque per oggi in nostra compagnia, ciò di cui siete degni soltanto per il fatto che siete uomini pure voi, e non perché siete dei sacerdoti!»

11. Dissi poi Io in segreto al comandante: «Poiché tu, dopo tutto questo, sei un uomo di cui Mi compiaccio veramente, prenditi dunque un po' a cuore la sorte di quei dieci che vedi là a mala pena coperti da miserrimi stracci, e procura loro qualche veste un po’ migliore; essi sono stati accolti da Me, ed ora Mi seguono come discepoli»

12. Esclamò il comandante: «O signore, sia fatta la tua volontà, perché la tua volontà per me è ormai superiore anche a quella del mio imperatore, perché fin troppo bene vedo che anche la volontà dell'imperatore è e deve essere soggetta alla tua. È facile far manovre con degli eserciti che obbediscono ciecamente al condottiero e che vanno conquistando paesi e popoli, ma tutti gli eserciti di questo mondo non possono annientare delle statue di metallo unicamente mediante la loro volontà, né possono guarire in un istante una febbre cronica! Io stesso ho la facoltà di comandare ad un grande numero di guerrieri, ma nonostante i miei poteri dovetti stare a guardare impotente per quattro lunghi anni le sofferenze di mio figlio. Dunque, o mio buono e prodigioso guaritore, la potenza della tua volontà sta al di sopra certo infinitamente di quella di tutti gli imperatori e dei re di tutta la Terra, per quanto grande e vasta questa possa essere!».

13. Dopodiché egli chiamò i suoi servitori e ordinò loro di procurare ai dieci dei vestiti migliori, ciò che fu fatto in brevissimo tempo; oltre a ciò il comandante donò a ciascuno una bella somma in moneta romana.

14. I dieci ci raggiunsero di lì a poco completamente vestiti alla foggia romana. Il gigante, in particolare, si presentava con tanta imponenza che al comandante quasi involontariamente sfuggì l'esclamazione: «Oh, che magnifica figura d'uomo! Se la tua anima è essa pure così grande e ben costituita come il tuo corpo, potrai farne ancora di grandi cose sulla Terra!»

15. Ed Io aggiunsi: «Senza dubbio, questo può accadere facilmente; tutto dipende soltanto dalla giusta serietà della vita! Infatti gli uomini per i quali non è mai sorto ancora un giorno felice, hanno temprato la loro serietà nelle lotte della tenebra, e per conseguenza non bandiranno da loro la serietà della vita nemmeno quando per loro sarà spuntato il giorno felice della vita».

 

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Cap. 131

Il comandante romano trova i suoi fratelli.

 

1. Disse il gigante, estremamente commosso: «O nobilissimo, divino amico dell'umanità! Tutti noi dieci siamo figli di un ricco principe che reggeva un paese situato sulle rive del Mar Caspio. Noi vivevamo in piena pace, e il nostro popolo era forse uno dei più felici di tutto questo mondo. Ma venne il giorno in cui delle orde selvagge calate da lontane regioni settentrionali si diedero a depredare, a incendiare e ad uccidere tutto ciò che incontravano. Allora nostro padre disse: “Figli miei! Qui non c'è da pensare a opporre resistenza; non ci resta dunque altro che fuggire, altrimenti siamo perduti!”. La volontà di nostro padre era sacra per noi; perciò cercammo riparo sulle montagne, e così sfuggimmo a quelle orde selvagge. Procedemmo oltre ai monti e pervenimmo finalmente al di qua della grande ed alta catena. Nostro padre morì cinque anni fa, e l'Eufrate fu la sua tomba, perché non potemmo preparargliene un'altra.

2. Complessivamente per dieci lunghi anni abbiamo avuto come nostra dimora esclusivamente le grotte sotterranee lungo il fiume e, spinti dalla necessità, siamo vissuti assai miseramente nutrendoci di erbe e purtroppo ricorrendo anche ad una specie di rapina per lo più innocua. L'oro e l'argento che possedevamo, nonché le perle e le pietre preziose, rappresentavano in gran parte tutto ciò che del nostro tesoro reale eravamo riusciti a portare con noi nella fretta, quantunque negli ultimi tempi non sdegnassimo affatto più di togliere ad altri che erano ricchi ciò che loro sovrabbondava. Ad ogni modo quello che tenevamo nascosto nelle nostre grotte noi l'abbiamo consegnato a te, o signore e maestro, quando fummo convinti dell'invincibile potenza della tua parola e della tua volontà.

3. Noi ti chiedemmo unicamente la grazia di poterti seguire e, quali zelantissimi discepoli, di poter imparare qualcosa da te, così da ottenere un sicuro risarcimento per la grave perdita da noi subita. Noi per conseguenza possiamo dire che di esperienze terribilmente amare della vita ne abbiamo fatte in grande numero, e conosciamo dunque la grande miseria di questa vita e la sua amarissima serietà. Oramai può accaderci qualsiasi cosa, e noi non tremeremo dinanzi a nulla, meno che meno poi dinanzi a chi per la prima volta in vita nostra promette di concederci una vera luce che illumini quanto ancora ci resta da percorrere del sentiero di questa nostra vita terrena, e la cui promessa va corroborando con prodigi talmente indubitabili che di simili nessun occhio mortale non ha ancora mai avuto la possibilità di vederne.

4. Sì, o signore, in noi tu avrai dei discepoli di inflessibile volontà e serietà! Oh, facci al più presto conoscere come dobbiamo comportarci, e noi cominceremo ad operare secondo il tuo comandamento con coraggio incrollabile e tale quale ci si può aspettare soltanto da gente abituata a guardare sempre la morte in faccia con la massima tranquillità!»

5. Ed Io allora dissi: «Restate fedeli a questo vostro principio, e voi guadagnerete infinitamente di più di quanto possiate mai aver perduto»

6. Ma quando il comandante ebbe sentito la storia di quei dieci, gli vennero le lacrime agli occhi ed esclamò: «O fratelli miei! Tutti questi avvenimenti è stato certo il Dio ignoto a predisporli. Non vi ricordate di aver perduto un fratello, un ragazzetto di appena dieci anni? Vedete, vostro padre era anche mio padre! Io venni rapito un giorno mentre stavo pacificamente cogliendo dei fiori in un boschetto. Le mie preghiere non servirono a nulla; i ladri di fanciulli mi trascinarono con loro oltre le montagne, e a Sidone venni venduto come schiavo su una nave romana. Giunto a Roma, un patrizio mi comperò, sempre come schiavo; tuttavia ebbi la fortuna di piacergli e, poiché non aveva figli, mi adottò ridonandomi piena libertà e mi fece educare ed avviare alla carriera militare. Così io diventai gradatamente quello che sono ora, certo più per effetto delle mie ricchezze che dei miei meriti, e due anni fa venni destinato a comandare il presidio militare in questa città.

7. Oh, io sono addirittura portato a credere che questo nostro prodigioso guaritore sia stato, nel suo animo divinamente chiaroveggente, segretamente a conoscenza di tutti questi fatti, e che abbia guidato gli avvenimenti con tanta saggezza da farci ora incontrare tutti qui. Sì, a lui si deve il mio buon destino di aver dovuto venire qui come comandante, dato che voi, infelici fratelli miei, conducevate la vostra esistenza, purtroppo miseranda, nel paese dove mi trovavo appunto io, perché, anche se foste stati fatti prigionieri dai miei soldati come predoni e condotti dinanzi a me per giudicarvi, noi di sicuro ci saremmo reciprocamente riconosciuti come è avvenuto adesso, ed io avrei poi senz'altro escogitato mezzi e vie per redimervi da ogni male. E tutto ciò noi lo dobbiamo a quell'unico vero Dio che noi non conosciamo ancora, il Quale con tutta probabilità ci ha mandato in questo guaritore un apostolo per liberarci dagli dèi morti e mostrarci Chi e dove è l'unico e vero Dio! Non è così, o miei cari e nobili fratelli?»

8. E il gigante rispose: «Sì, o nobilissimo fratello, è proprio così! Oh, quante furono le nostre lacrime il giorno in cui non ti vedemmo più, e quante ricerche facemmo nel nostro vasto paese scrutando ogni cantuccio sulle rive del grande mare, ma tutto invano! Fino a questo momento non ci fu mai dato di sapere cosa fosse stato di te. Soltanto la nostra unica sorella, la quale faceva spesso dei sogni ben strani, sognò una volta di averti visto in una grande e bellissima città e di averti perfino parlato; anzi tu l'avresti incaricata espressamente di comunicarci che noi non dovevamo essere così tristi per te, dato che tu eri ben provvisto e tutelato! Quante volte lei ci ha raccontato questo sogno! E che gioia sarebbe per lei poterti vedere, se fosse ancora in vita! Ma purtroppo è ben difficile che lei viva ancora, perché in occasione della fuga di cui ti ho detto prima, data la fretta nella quale fuggimmo, lei si smarrì assieme alla nostra madre, e con tutta probabilità saranno state fatte prigioniere da quelle orde selvagge. Forse solo il grande Dio che noi ancora non conosciamo saprà qual è stato il destino delle due poverette! E d'altro canto chissà se loro non vivano ancora in qualche luogo in condizioni forse assai miserande!»

9. Ed Io dissi: «Oh, no, affatto, amici Miei; il Dio a voi ancora sconosciuto ebbe cura anche di loro! Oltre ai monti esse pure giunsero felicemente nella regione dell'Eufrate, e con l'aiuto di una carovana mercantile arrivarono fino a Chotinodora. Vostra sorella è ora la brava moglie del capo gabelliere Giored che voi ben conoscete. In realtà egli ne aveva già due di mogli, tuttavia accolse in moglie pure quella giovane, allora povera, a causa della sua bellezza; lei ora è la sua prediletta, quantunque non gli abbia dato finora nessun figlio. Però egli ha dei figli con le altre due mogli, e vostra sorella li ama come se fossero i propri. Io dimorai più di tre giorni casa sua, e tutta la famiglia ha accolto la Mia Dottrina; tuttavia non ho voluto dire a nessuno di loro tutto quello che li attende qui. Tanto maggiore sarà la gioia di Giored quando tra breve apprenderà tutte queste cose per bocca tua, mio comandante. Finora egli non sa niente di chi sia la sua dilettissima moglie e quali siano le sue origini, perché né lei, né vostra madre che si trova già in età avanzata e che vive quasi nascosta presso di loro, non gli hanno mai in nessun modo rivelato le loro origini per timore di qualche tradimento.

10. Dunque, quando tu andrai là, esponi prima di tutto soltanto a Giored, a quattr'occhi, tutti questi avvenimenti, e narragli pure come sia stato Io a disporre così! Allora sarà grande il giubilo suo e di suo figlio Giorab, e più grande ancora quello di tua sorella e di tua madre. A dirla breve, una volta arrivato tra di loro, potrai renderti conto dei molti prodigi che sono accaduti là durante la Mia permanenza in quei luoghi. Ma ora lasciamo stare queste cose, perché qui dobbiamo ancora occuparci di molte altre questioni più importanti.

11. Prima di tutto rechiamoci ora un po' all'aperto, e noi troveremo ben presto qualcosa, approfittando della quale Mi sarà possibile farvi fare una conoscenza più intima con il Dio a voi ancora ignoto; e ciò è senz'altro di maggior valore che non mille simili romanzesche vicende della vita umana delle quali su questa Terra non c'è penuria davvero.

12. Tutto ciò era a Mia conoscenza già da molto tempo, ed Io sapevo di voi e di tutti gli avvenimenti terreni in cui foste coinvolti; ma io sapevo anche che la Mia Parola avrebbe trovato un buon terreno presso di voi, e perciò venni a voi tutti per recarvi consolazione. La consolazione suprema sia però per voi il fatto che in Me è venuto a voi il Regno del Dio a voi ancora sconosciuto, e con ciò pure la vita eterna delle vostre anime!

13. Infatti, vedete, a che giovano all'uomo anche tutti i tesori di questa Terra se egli ben presto dovrà comunque abbandonarli per sempre e in eterno? Non è incomparabilmente più saggio da parte dell'uomo raccogliere invece dei tesori che sussistano in eterno ed assicurino per sempre all'anima umana la vita più deliziosa e beata, e precisamente in modo che l'uomo già durante questa vita terrena possa raggiungere la convinzione più chiara e più piena del fatto che per lui la vita vera, perfettissima e liberissima avrà veramente ed assolutamente inizio solo dopo la morte della sua carne?»

14. Esclamarono allora tutti, perfino i sacerdoti: «Oh, Signore, questo sarebbe senza dubbio la cosa più elevata e migliore alla quale l’uomo potrebbe pervenire su questa Terra! Ma questo è un muro che finora nessuno ha potuto spezzare, ed è ugualmente il fatalissimo velo di Iside che finora nessun mortale è stato in grado di sollevare completamente. Certo ci sono stati qua e là degli uomini molto saggi, i quali a forza di studiare il problema sono arrivati a dedurre che qualche cosa ci deve essere nascosta sotto; sennonché le molte migliaia di migliaia di domande riguardo al dove, al quando e al come sono rimaste ancora del tutto senza risposta! Se tu sei così fortunato da poter risolvere tale problema in maniera ben chiara per l'intelletto umano, a te spetta ogni gloria da parte dell'umanità e la sua massima gratitudine»

15. Ed Io dissi: «Se Io non fossi capace di ciò, non ne sarebbe capace mai in eterno nessun altro essere, e senza questa Mia capacità, non sarebbe nemmeno immaginabile alcuna vita in tutto l’intero ed infinito spazio della Creazione; ma poiché Io sono invece benissimo capace di tutto ciò, allora tutto esiste e vive nello spazio infinito della Creazione e si trasforma attraverso molteplici e svariati mutamenti dell'essere, dal moscerino fino all'uomo, e dal granello di pulviscolo solare fino al Sole. Ma ora andiamo all'aperto per vedere cosa eventualmente potrà offrirci di bello!».

16. Allora tutti si alzarono ed uscirono con Me all'aperto.

 

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Cap. 132

Il comandante deplora lo stato di guerra nel regno animale.

 

1. Il comandante ci condusse lungo la riva del fiume, fino ad una piccola collina sulla quale crescevano poche palme e che offriva una splendida vista panoramica quasi fino ai dintorni di Serrhe, rendendo possibile seguire con l'occhio tutto il corso del fiume con le sue ampie sinuosità fino alla regione summenzionata. Giunti alla sommità, ci mettemmo a sedere sull'erba e ci deliziammo per qualche tempo alla vista del panorama davvero molto bello; il comandante andava raccontando di vari fatti e avvenimenti verificatisi qua e là, e tutti lo ascoltavano con grande attenzione, perché egli era un buon oratore e parlava con padronanza l'idioma greco che ciascun componente della compagnia comprendeva benissimo, dato che esso era il più diffuso in tutta l'Asia anteriore.

2. Mentre però il comandante era ancora tutto infervorato nei suoi racconti, accadde che un'aquila davvero gigantesca fu vista venire volando verso di noi e passare oltre molto bassa al di sopra dei nostri capi, portando tra i suoi formidabili artigli un coniglio che aveva predato.

3. A quella vista il comandante, rivoltosi a Me, disse: «O nobilissimo e prodigiosissimo guaritore, ecco che abbiamo appena visto un piccolo episodio di quella triste storia che è la storia naturale, dalla quale si impara che a questo mondo non c'è che inimicizia e sempre inimicizia. Un animale è nemico dell'altro, e questo stato di cose si trapianta da un grado all'altro, per arrivare fino all'uomo che infine è poi egli stesso il maggior nemico di tutte le altre cose e degli altri esseri, anzi nella sua ira e nel suo furore non risparmia nemmeno il proprio simile! Soltanto negli animali della stessa specie sembra esistere un certo amore privo di inimicizia; ma le specie differenti sono invece nemiche giurate l'una dell'altra in perpetuo. Ora è chiaro che tutto ciò è una cattiva testimonianza per un Dio supremamente sapiente e buono.

4. L'onnisciente e onnipotente Dio non avrebbe potuto preparare e donare agli animali della Terra un nutrimento differente da quello che procura loro il reciproco uccidersi per poi saziarsi del cadavere del nemico ucciso? Che male può aver fatto il misero coniglio all'aquila per meritare di venire afferrato dai suoi terribili artigli e trasportato chissà dove, per venire poi dilaniato e divorato mentre è ancora in vita? E così c'è ancora una quantità di animali da preda che si nutrono esclusivamente della carne e del sangue di altri animali più deboli e mansueti; ma non potrebbero anch'essi nutrirsi di erba come i buoi, gli asini, le capre e le pecore?

5. La Terra è meravigliosamente bella ed è adorna di tutto ciò che può deliziare i sensi dell’uomo; ma non appena qualcuno si è scelto in qualche luogo un posticino sicuro e tranquillo per deliziare il proprio animo con delle nobili considerazioni, ecco che un destino maligno e invidioso provoca proprio davanti al suo naso lo svolgersi di una scena che per diverso tempo gli fa passare la voglia di pensare a qualcosa di nobile e di bello.

6. Io sono un soldato, un guerriero, e davvero non mi si addice essere tanto tenero di cuore; eppure sono fatto così, e quindi non riesco a comprendere come un Dio, dotato di ogni Sapienza, Bontà e Potenza, ammesso che un tale Dio esista, possa compiacersi del reciproco continuo ammazzarsi e divorarsi delle creature che dovrebbero, in fondo, essere Sue. Bisogna convenire che Egli deve avere l'animo costituito come quello di certa gente a Roma, alla quale nessuna cosa di questo mondo procura maggior diletto dell'assistere a selvaggi combattimenti di tori e ancora ad altri spettacoli di animali aizzati ferocemente gli uni contro gli altri, cose orribili che fanno rizzare i capelli.

7. Se dunque il grande Dio, l'unico vero, del Quale tu, o amico caro, vorresti che noi facessimo una conoscenza più intima, è un patrono di questo stampo, allora noi tutti ti preghiamo di risparmiarci tale conoscenza più intima, e più ancora di esonerarci da una vita eterna sotto il Suo dominio, perché davvero questo sarebbe il mio ultimo e disperatissimo desiderio! Io preferirei eoni (10120) di volte che fossi tu stesso il mio Dio! Tutto sommato, io sono anzi dell'opinione che siano state appunto le esperienze di questo genere ad indurre Diogene, il savio di un tempo, a fuggire e a disprezzare tutto ciò che, anche alla lontana, faceva pensare a un Dio onnipotente.

8. A questo proposito si narra che Diogene, in una qualche scuola dove con enfasi oratoria si stavano portando alle stelle la grandezza e la dignità dell'uomo secondo Platone, abbia lasciato in libertà un'oca del tutto spennata ma ancora viva esclamando: “Eccola qui la dignità dell'uomo di Platone!”. L'uomo vero e proprio non ha di fronte a questo animale nessun altro privilegio all'infuori della sua misera ragione che gli serve a percepire ancora più profondamente il dolore quando da tutte le parti gli vengono strappate le penne della vita!

9. O signore, e maestro prodigiosamente grande nella tua arte misteriosa! Se puoi darci una spiegazione sufficiente riguardo a questi fatti, ci renderai un beneficio immenso! Ma adesso io preferirei ritornare nella nostra casa, perché qui potrebbe verificarsi facilmente un secondo caso ancora di crudeltà naturale, ed io ne rimarrei turbato ed infelice per vari giorni».

 

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Cap. 133

Della dottrina delle anime. Essenza e scopo della materia.

Lo sviluppo libero, spontaneo dell’uomo fino a divenire figlio di Dio.

 

1. Ed Io gli dissi: «O amico Mio, se non c'è proprio altra cosa che ti induca ad abbandonare questo grazioso luogo, puoi rimanere qui, ed Io in poche parole ti spiegherò quello che ha turbato così tanto il tuo animo! Vedi, Io già conoscevo questo tuo punto debole, ed appunto perciò è stato concesso da parte Mia che quell'aquila gigantesca dovesse passare con la sua preda proprio davanti al tuo naso!

2. È perfettamente vero che su questa Terra ogni vita è continuamente esposta agli attacchi di ogni tipo di nemici, e deve essere sempre pronta alla lotta per affermarsi come vita. Sennonché questa lotta è certamente riservata in via esclusiva alla materia di questa Terra, materia giudicata dall’onnipotente Volontà di Dio la quale deve soffrire tantissimo in continuazione affinché la sua essenza spirituale interiore, che noi chiamiamo anima, si separi dalla materia allentata e ascenda ad un più perfetto grado di vita.

3. Vedi, tutta la materia di questa Terra - dalla pietra più dura fino all'etere che sta molto al di sopra delle nuvole - è sostanza animica, però si trova necessariamente allo stato giudicato, e quindi consolidato. Ma la sua destinazione è di ritornare all'esistenza libera, puramente spirituale, non appena, appunto tramite questo isolamento, sia arrivata all'indipendenza della vita. Però, per poter giungere a questa libera esistenza mediante un'attività autonoma sempre più intensa, l'anima - per rendersi libera dai lacci della materia - deve peregrinare, salendo, attraverso tutti i possibili gradini della vita, e a ciascun nuovo gradino deve rinchiudersi sempre come una crisalide dentro un corpo materiale con il quale poi essa attrae a sé e si appropria di nuove sostanze vitali per aumentare la propria attività.

4. Quando un'anima in un determinato corpo, sia quello di una pianta o di un animale, è giunta dopo opportuna maturazione al punto di essere atta a salire su di un gradino superiore della vita - ciò che il suo spirito ultraterreno, proveniente da Dio, distingue in modo chiarissimo - allora il suo spirito ultraterreno, che continua costantemente l'opera della sua formazione, dispone perché le venga tolto il corpo ormai non più utilizzabile, affinché essa, già dotata di intelligenze superiori, possa formarsi un nuovo corpo nel quale l’anima stessa possa salire in un tempo più o meno lungo attraverso l’attività, raggiungendo di nuovo una maggiore intelligenza vitale ed attiva. Questo procedimento segue il suo corso fino al gradino uomo, dove poi, come già perfettamente libera, l'anima giungerà - nel suo ultimo corpo alla piena consapevolezza di se stessa, alla conoscenza di Dio, all'amore per Lui e con ciò alla completa unione con il proprio spirito ultraterreno, questa unione noi la chiamiamo la “nuova nascita” o la “rinascita nello spirito”.

5. Una volta che un'anima abbia raggiunto questo grado di vita, allora essa è perfetta, e così, rappresentando un essere ed una vita perfettamente autonomi, non può più venire distrutta ed inghiottita dall'Essere e dalla Vita generale e universale di Dio.

6. L'indizio più sicuro che la vita di un'anima umana ha raggiunto l’autonomia di vita è e consiste nel fatto che essa riconosce Dio e perfino Lo ama con tutte le sue forze. Infatti finché un'anima non riconosce Dio quale Essere esistente come fuori da lei, essa, come cieca e muta non è ancora libera dall’Onnipotenza divina; allora essa deve ancora affrontare delle violenti lotte per liberarsi da questi ceppi. Ma non appena un'anima comincia a riconoscere il vero Dio come esistente fuori da lei e, per il sentimento d'amore verso di Lui, a percepirLo in modo veramente reale, allora essa è già sciolta dai vincoli dell'Onnipotenza divina e poi va sempre più appartenendo a se stessa, ed è così creatrice autonoma del proprio essere e della propria vita, e con ciò un’autonoma amica di Dio per tutte le eternità delle eternità.

7. Ma se è così, il vero e proprio essere non perde davvero nulla quando gli viene tolto il corpo divenuto ormai inadoperabile, affinché esso possa poi arrivare più rapidamente alla sua destinazione finale.

8. Che importanza può avere il corpo di quel coniglio, con il quale l'aquila sazia la sua stessa fame, se essa rende con ciò libera l'anima della bestiola, cosicché questa poi si trova nella piena capacità di salire un gradino superiore della vita? Ma, dal canto suo, anche l’aquila ha un'anima, che sta andando incontro alla stessa meta. Ebbene, nella carne e nel sangue del coniglio si trovano ancora delle sostanze animiche più grossolane, e queste vengono congiunte con le sostanze animiche dell'aquila, affinché l'anima dell'aquila divenga un po’ più mansueta e intelligente, e affinché dopo la perdita del proprio corpo possa venire eventualmente chiamata a contribuire alla formazione addirittura di un’anima umana, dotata di grande levatura e di molta luce, coraggio e forza.

9. Tale è dunque ormai l'Ordine vigente su questa Terra per coloro che devono essere educati per divenire di figli di Dio. La vita è e resta una lotta contro ogni tipo di nemici finché essa non si sia innalzata al di sopra di ogni materia come vincitrice per virtù della propria forza, e per conseguenza tu non ti devi meravigliare affatto constatando l'esistenza di nemici materiali della vita. Questi infatti non sono nemici della vita vera e propria, ma unicamente nemici della vita materiale apparente, la quale propriamente non è vita, ma è soltanto uno strumento della vera vita interiore spirituale dell'anima, mediante il quale essa può gradatamente innalzarsi sempre di più alla libertà della vita assolutamente vera e propria, ciò che senza questa vita intermedia limitata nel tempo non sarebbe affatto immaginabile.

10. Certo che Dio, in virtù della Sua Onnipotenza, potrebbe costituire o creare fuori da Sé anche uno spirito già dotato di perfetta sapienza e potenza, anzi potrebbe crearne molti in un solo istante; sennonché tali spiriti non avrebbero nessuna indipendenza, perché la loro volontà e le loro azioni non sarebbero altro che quelle della Divinità stessa, la Quale dovrebbe influire incessantemente su di loro affinché esistessero, si muovessero ed agissero conformemente all'incitamento della Volontà divina. Ma in questo caso in sé e per sé essi non sarebbero assolutamente nulla, ma rappresenterebbero unicamente dei Pensieri e delle Idee momentanee di Dio.

11. Ma se degli esseri di questa specie devono avere la possibilità di rendersi indipendenti con il tempo, è bene che essi percorrano la via della materia, ovvero della Volontà di Dio giudicata e quindi consolidata, nella maniera come voi l’avete vista davanti ai vostri occhi su questa Terra. Una volta percorsa questa via, soltanto allora essi assurgono per virtù propria a figli di Dio indipendenti, che pensano liberamente e che operano di propria volontà, i quali certo compiono sempre la Volontà di Dio, ma non perché vi sono costretti dall'Onnipotenza divina, bensì perché hanno riconosciuto la Volontà di Dio come supremamente saggia, decidono di operare in conformità ad essa, ciò che torna poi a vantaggio della loro stessa vita, e questo è proprio ciò che costituisce la delizia e la beatitudine supreme della vita per loro.

12. Vedi dunque, o amico Mio caro, così stanno le cose, e appunto per il fatto che stanno così tu puoi riconoscere ed ammirare sempre più la Sapienza suprema dell'unico vero Dio, perché appunto da ciò ti è dato di constatare come Dio, nel Suo supremo Amore e nella Sua infinita Sapienza, vada formando ed educando i Suoi propri Pensieri e le Sue proprie Idee in modo che diventino figli indipendenti e perfettamente simili a Lui! Se tu hai compreso abbastanza quanto ora ho detto, dimMi qual è il tuo giudizio rispetto a tutto ciò che si chiama vita naturale!».

 

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Cap. 134

Il racconto sul sapiente dell’Illiria fatto dal comandante.

 

1. Il comandante rispose: «Ascoltami, o immenso maestro guaritore di tutti i maestri! Io non so davvero cosa ammirare di più in te: se la tua prodigiosissima potenza di parola e di volontà, oppure le tue sbalorditive cognizioni in fatto di teosofia!

2. Una volta ho avuto occasione a Roma di parlare con un uomo originario dell'Illiria, il quale era una persona del tutto speciale; si poteva interrogarlo riguardo alle questioni più strane e alle cose più misteriose, ed egli aveva una risposta esatta per tutto. Se gli si chiedeva quale sarebbe stato il destino di qualcuno, egli diceva: “Se tu fai così, questa sarà la tua sorte, ma se farai in questo altro modo, ti accadrà inevitabilmente così e così!”. A me egli predisse con esattezza meticolosa che io sarei stato trasferito verso gli estremi confini orientali del grande impero e che avrei assistito a fatti meravigliosi, ciò che ora si è pienamente verificato.

3. A quell'uomo, che esteriormente non aveva assolutamente niente di notevole, io chiesi in confidenza cosa pensasse degli dèi. Ed egli mi rispose: “Per come vengono considerati ed onorati da voi ora, non hanno assolutamente nessuna importanza per me, perché essi non esistono in nessun luogo, né in natura, né meno ancora in qualche regno delle anime e degli spiriti. Le loro immagini non sono che opera dell’uomo, e la forma è stata data loro dalla fantasia umana. Nei tempi antichi esse non costituivano che le corrispondenti raffigurazioni dei particolari attributi dell'unico vero ed eterno Dio riconosciuti in base all'agire delle forze naturali, ma questo Dio però l'umanità di oggi non Lo conosce più.

4. Tuttavia questi attributi non sono da considerarsi così come se fra di essi esistesse l'unico vero Dio, ma vanno considerati unicamente partendo dall’idea che Egli, mediante la Sua suprema Sapienza e Potenza di Volontà, va plasmando a Sua somiglianza - con la materia della Terra attraverso moltissimi gradi della vita naturale - l'uomo quale prodotto finale. La Terra consisterebbe di un numero infinito di anime, e l'anima dell'uomo, quale l'uomo vero e proprio, sarebbe appunto anch'essa, sotto una forma e una epidermide, un complesso animico tanto variato, quanto variato è il numero delle sue intelligenze, delle sue idee e percezioni tanto interiori che esteriori. Queste cose però non le vede ormai più nessuno, e nemmeno può vederle, perché l'uomo, in seguito alle sue brame carnali, se ne è allontanato da solo. L'egoismo e la fornicazione hanno fatto precipitare l'umanità in una profonda notte della vita, da cui unicamente Dio stesso ha il potere di tirarla fuori e - come quest’uomo sapiente dall’Illiria ebbe a dire - forse ben presto anche la tirerà! La Sua opera però Egli non la inizierà a Roma, ma non la inizierà neppure fuori dai confini del grande impero”.

5. Ecco, o maestro, così si espresse allora quello strano sapiente dell'Illiria! Se egli, oltre a possedere una simile solida sapienza, fosse stato in grado di operare qualche prodigio, lo si sarebbe potuto considerare quasi come un Dio. Per mezzo mio egli aveva trovato molti ascoltatori e protettori; tuttavia dopo un anno egli si congedò da me dicendo: “Qui ho trovato moltissimi amici, però più numerosi ancora sono ormai i miei nemici fra la casta dei sacerdoti. In segreto questi stanno attentando alla mia vita, perciò anch'io farò ritorno in patria del tutto segretamente”. Io allora lo ricompensai riccamente e gli diedi una scorta fidata fino alla costa del Mare Adriatico. Giunto là egli salì su una nave e, favorito da un buon vento, si diresse verso il suo paese.

6. Io ho menzionato quell'uomo soltanto per farti sapere che io avevo già qualche idea preliminare di quanto tu ora ci hai spiegato con tanta sapienza, e che per conseguenza ho potuto comprendere le tue parole con maggiore facilità. Sennonché quello che tu adesso hai esposto in proposito si trova collocato ad altezze infinitamente superiori, oltre che essere molto chiaro e ben comprensibile quasi a chiunque. Ma se io ora pongo attenzione ai tuoi prodigi, alla tua, si può dire, onniscienza e alla tua sapienza, la mia mente non può fare a meno di ricorrere alla stranissima predizione di quell’uomo dell’Illiria secondo cui solamente il grande ed unico vero Dio sarà in grado di tirare fuori, e lo farà ben presto, l'umanità dalla sua notte, e precisamente dentro i confini del grande impero. Infine, non potresti essere tu stesso un inviato del grande, unico vero Dio, o addirittura essere tu stesso assolutamente identico a Lui?

7. Ma se tale, in un modo o nell'altro, è il caso, dillo a noi, affinché poi tutti sappiamo come regolarci!».

 

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Cap. 135

La Personalità di Dio. La Volontà di Dio e la volontà dell’uomo.

La forza di volontà.

 

1. Ed Io gli risposi: «Che la cosa stia in questo o in quell'altro modo, per il momento non ha importanza, perché solo il vostro cuore è chiamato a risolvere tale problema. Se Io stesso vi dicessi: “Io sono questo o quello”, le vostre anime non ne avrebbero nessun vantaggio spirituale. Che Io non sia altro che un uomo come voi, lo potete vedere con i vostri occhi e potete convincervene con le vostre mani; che però anche Dio sia un uomo al massimo della perfezione, perché altrimenti gli uomini non sarebbero a Sua immagine, questo potete pure immaginarvelo.

2. Ma anche ciascun uomo può rendersi pienamente simile a Dio in tutto, purché faccia completamente propria la riconosciuta Volontà di Dio. Però questa cosa voi non la sapevate ancora, ma ora sono appunto Io che ve la dimostro non soltanto con le parole, ma piuttosto con le opere che compio dinanzi ai vostri occhi.

3. Sennonché tu, fra te e te, vai pensando che Io parlo così come se anche un altro fosse in grado di compiere altrettanto; Io però non posso darti altra prova in proposito se non invitando uno dei Miei vecchi discepoli a compiere egli pure un prodigio!»

4. Disse il comandante: «Oh, no, io certo non dubito affatto che ciascuno dei tuoi discepoli potrà compiere per i nostri occhi quelle stesse cose che compi tu stesso; ma in questo caso il discepolo imporrà con la sua parola il compimento della cosa, e sarai tu a volere che si compia, ed allora sicuramente accadrà come egli avrà comandato»

5. Ed Io gli dissi: «No davvero, tu commetti un grave errore se pensi così! Egli invece non farà che congiungere la propria volontà con la Volontà di Dio nello stesso modo in cui faccio Io stesso, e poi da questa Volontà riunita sorgerà l'azione compiuta.

6. Io davvero ti dico che se tu riconosci pienamente l'unico vero Dio, se Lo ami sopra ogni cosa e se fai tua la Sua Volontà ben riconosciuta, e se oltre a ciò sei animato da pienissima fede e non dubiti affatto della riuscita, allora tu puoi comandare a quei monti che sono là e dire: “Alzatevi e scagliatevi nel mare!”, e all'istante accadrà quello che tu avrai voluto in unione a Dio!»

7. Osservò il comandante: «Eh, anche questo può essere, anzi certamente sarà così; soltanto che adesso si tratta di vedere se Dio permetterà e vorrà quello che in questo momento voglio io. Infatti, se adesso io voglio che succeda qualcosa di insensato, per quanto io mi sforzi di sottomettere la mia volontà alla Sua, difficilmente accadrà perché evidentemente Dio non può in eterno volere una cosa che sia stolta! Ebbene, l'annientamento di quella montagna, se proprio lo volessi, sarebbe certo in ogni caso qualcosa di stolto e di immensamente maligno, e Dio non mi permetterebbe sicuramente di unire la Sua Volontà alla mia per il compimento di un'azione simile! Ho ragione o no?»

8. Ed Io gli risposi: «Questa volta hai un po’ di ragione, ma non di più, perché questa cosa Io te l’ho detta unicamente per citarti un esempio, mentre si comprende da sé che colui il quale è arrivato al punto di poter unire perfettamente la propria volontà alla Volontà di Dio, deve certo aver fatto propria almeno in parte anche la Sapienza di Dio. Un simile uomo dovrà poi essere anche in grado di giudicare se quello che egli vuole sia nel tempo stesso buono e saggio. Ma se è capace di questo, allora egli in unione a Dio vorrà certo solo qualcosa di giusto, e quello che egli vorrà, anche accadrà, purché non dubiti della riuscita, perché, se un uomo dubita, tale dubbio è una conseguenza della non avvenuta perfetta unione della sua volontà con quella di Dio. Ma adesso chiedi pure ad uno dei Miei discepoli che compia un segno a tuo piacimento, soltanto conviene che il segno stesso sia logicamente possibile e ragionevole!»

9. Disse il comandante: «Ebbene, scegline uno tu, dato che tu più di qualsiasi altro conosci la loro capacità!»

10. Ed Io allora dissi: «Pietro vieni qui se hai fede sufficiente, e senti quello che il nostro amico vuole!»

11. Pietro si fece subito avanti e, presentatosi al comandante, gli chiese: «O amico, cosa vuoi che ti faccia?»

12. E il comandante rispose: «Se tu pure puoi fare qualcosa, vedi là, sull'altra riva del fiume, quella roccia tozza circondata da una sterpaglia selvaggia! La sono annidate una quantità di serpi maligne e molto velenose le quali talvolta, anche per un’ampia estensione, vanno molestando uomini e animali; fammi dunque il favore, grazie alla tua volontà congiunta a quella di Dio, di cacciare via quelle bestiacce e di distruggere nello stesso tempo le loro uova!».

13. Il discepolo allora stese le sue mani in direzione del luogo indicato, e nello stesso istante serpenti e uova scomparvero dall'esistenza.

14. E non appena il comandante ebbe visto ciò, esclamò: «O signore e maestro, se i tuoi discepoli possono imparare simili cose da te, vorrei seguirti anch’io e diventare io pure tuo discepolo, perché questo è mille migliaia di volte più che diecimila volte diecimila legioni di soldati romani!  Dotato di un simile potere tutto il mondo apparterebbe a me, ed io lo migliorerei per mezzo di sagge leggi!»

15. Dissi Io: «Questa cosa la potrei fare Io stesso qualora in questo momento fosse utile per l'intera umanità! Sennonché la Sapienza di Dio così parla: “Dappertutto gli uomini non sono ancora maturi per questo, e perciò anche qui Io Mi limito a visitare solo quei luoghi dei quali Io so che gli abitanti sono maturi per accogliere una rivelazione superiore. Ma ecco che ora il Sole si sta avvicinando al tramonto, e faremo bene se ci ritireremo in casa»

16. E l'albergatore, il quale naturalmente era egli pure venuto con noi, disse: «O signore e maestro, mi rincresce molto di non poter avere la grazia di ospitarvi tutti in casa mia, ma che almeno sia mio ospite qualcuno fra i tuoi discepoli!»

17. Osservò allora il comandante: «O amico, non oggi, te ne prego; perché oggi sei tu pure mio ospite; domani invece saremo tutti tuoi ospiti, e dopodomani, se proprio non sarà possibile trattenere più a lungo qui con noi questa meravigliosa compagnia, l'accompagneremo a Serrhe! Ma ora andiamo, perché spero che la cena ordinata da me sia già pronta!».

18. Dopodiché ci alzammo e ritornammo in casa del comandante, dove la cena già ci aspettava. L'albergatore però fece prima ancora una corsa a casa sua, e poco dopo venne a raggiungerci.

19. La cena era stata preparata del tutto secondo il gusto romano, ed alcuni fra i discepoli esitavano alquanto a fare onore ai cibi.

20. Io Me ne accorsi subito e dissi: «Quello che Io mangio, lo potete mangiare pure voi senza nessun timore!».

21. Allora essi, incoraggiati, cominciarono a mangiare i cibi alla romana ed anche a bere il vino romano. Ben presto l'allegria si diffuse tra i commensali, e noi rimanemmo svegli tutta quella notte durante la quale vennero fatte conoscere a tutti i presenti le linee principali della Mia Dottrina.

 

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Cap. 136

Il senso della bellezza, un fiore della verità.

 

1. Come già detto, tutta quella notte noi restammo svegli, come era Mio desiderio, come pure di tutti; soltanto un'ora prima del levar del Sole noi uscimmo fuori, e precisamente nel giardino del comandante che era magnificamente sistemato. Là c'erano dei grandiosi pergolati, e qua e là dei sedili fatti di zolle erbose, una quantità di fiori di ogni qualità e specie, un boschetto di rose, cespugli di gelsomini, nonché delle piante di nardo in grande quantità, oltre a ciò c'era una quantità di alberi da frutto di tutte le specie più nobili che crescono a questo mondo. Tutti rimasero immensamente ammirati constatando il senso artistico, bello e di utilità nel quale era sistemato quel giardino.

2. Ed Io dissi: «Vedete! Come è disposto questo giardino modello, ugualmente deve essere disposto anche un vero uomo secondo la Volontà di Dio! Conviene che egli riunisca in sé il vero e il buono con il bello e il sublime; se egli fa così, rende testimonianza di essere in tutto simile a Dio, suo Creatore e Padre.

3. Guardate un po' la grande grazia di tutti questi fiori! Come sono splendidamente adorni, e pare che l'uno superi l'altro in magnificenza! Ma perché è così? Eppure al fiore della rosa anche la più bella segue una semente semplicissima e mai particolarmente bella, che però era stata preceduta appunto dalla splendidissima rosa, che veramente non avrebbe avuto bisogno di essere tanto bella per produrre una semente così semplice. Sennonché Dio nel formare tutte le Sue opere si ispirò in altissimo grado all'estetica, per destare così anche nell'uomo il senso della bellezza necessario alla completa beatitudine. Quando questo senso si è perfettamente destato nell'uomo, allora l'uomo è anche accessibile ad ogni verità e ad ogni sentimento buono che appunto ha le sue radici nella verità!

4. Vedete, il nostro caro amico qui, il comandante, ha molto sviluppato il senso per ogni cosa bella, e perciò anche per il buono e l'utile! Se tale senso non fosse così sviluppato in lui, egli sarebbe rimasto del tutto indifferente all'enunciazione di queste Mie verità che guidano verso il riconoscimento dell'unico e solo vero Dio e di se stessi, ed egli non avrebbe accettato tali verità. Ma poiché egli invece possiede in alto grado il senso della bellezza, ciò che è comprovato più che a sufficienza da come ha sistemato questo meraviglioso giardino, così avvenne che egli fu anche uno dei primi ad interessarsi molto della Mia nuova Dottrina di vita e ad accoglierla con il proposito di osservarla esattamente e rigorosamente. Ciascuno dunque faccia lo stesso, e sia convinto che Dio ne terrà il massimo conto!

5. Quando entrate in una casa e la trovate molto pulita, nonché, nella misura permessa dalle circostanze, graziosamente sistemata, voi già potete essere certi del fatto che il padrone sarà egli pure costituito interiormente all'incirca così. Ma se entrando in una casa di un altro la trovate invece tutta colma di immondizie ed in generale del tutto carente in fatto di ordine, allora voi potete senz'altro volgerle le spalle, osservando la massima già annunciatavi secondo la quale conviene che da parte vostra le perle del Mio Vangelo non vengano mai gettate in pasto ai porci! Infatti questa sarebbe una cosa perfettamente inutile, perché, come già detto, là dove nell'uomo manca il senso della bellezza, che veramente è un fiore della verità, là manca pure il senso della verità stessa, il quale segue il fiore come una semente dell'utilità e della vita.

6. Tuttavia con ciò Io non voglio affatto dire che l'uomo non debba occuparsi solo ed esclusivamente di curare affannosamente la sua casa, i suoi giardini, i campi ed i prati ricorrendo ad ogni costoso mezzo terreno allo scopo di abbellirli con tanto sfarzo da far restare a bocca aperta per lo stupore chiunque venga a vederli. Infatti un tale senso smisurato dello sfarzo non mancherebbe ben presto di degenerare nella più crassa presunzione, nell'egoismo, nell'orgoglio e nell'ambizione. Ciò renderebbe dinanzi alla gente più povera una testimonianza anche troppo evidente del fatto che il proprietario di simili cose straordinariamente sfarzose deve essere una persona straordinariamente ricca! Probabilmente, per cercare di ottenere qualcosa da lui, si comincerebbe col rendere eccessivo omaggio a tali manifestazioni del suo sfarzo, allora il padrone sarebbe indotto presto e facilmente a considerarsi superiore, e aumenterebbe poi i suoi sforzi per rendere ancora più servili i suoi ammiratori ed ottenere infine addirittura un diritto di signoria su di loro.

7. Dunque un senso della bellezza di questa specie, che degenera nello sfarzo, è assolutamente da evitare, perché alla fin fine esso risulta peggiore della pigra tendenza alla sporcizia; un simile senso si chiama superbia ed è un peccato della natura umana che non promuove mai la vita eterna dell'anima. Invece il senso della bellezza e dell'ordine che crea qualcosa come ad esempio questo giardino, esclusivamente tramite la propria diligenza e il vero zelo per tutto ciò che è bello, vero e buono, un tale senso è una virtù che va senz'altro raccomandata caldamente a chiunque.

8. Ma ora passiamo ad altro, perché ecco che viene verso di noi il comandante accompagnato dal pubblicano, ed Io non voglio fare lodi eccessive del giardino in loro presenza. Comunque il comandante verrà più tardi a sapere cosa Io ho voluto dire con ciò».

 

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Cap. 137

La visita nel tempio della sapienza.

 

1. Il comandante infatti si trovò ben presto presso di Me assieme al pubblicano e si scusò della sua breve assenza, avendo dovuto accudire ai compiti che gli erano imposti necessariamente dal suo ufficio di stato; altrettanto fece il pubblicano, il quale poi ci invitò a colazione in casa sua, e dato che pure il comandante voleva essere suo ospite per quella giornata, Io accondiscesi, e noi ci avviammo verso la dimora del pubblicano che era molto spaziosa e dalla quale la carovana mercantile, giunta la sera precedente, era partita proprio un'ora prima. Appena arrivati, noi consumammo l'eccellente colazione che era stata preparata per noi, dopodiché i discepoli istruirono i sacerdoti nella Mia Dottrina, e annunciarono loro il vero motivo per il quale Io ero venuto a questo mondo.

2. In quanto al comandante e a suo figlio, li istruii Io stesso, ed essi accolsero con grandissima gioia e con la più solida fede tutte le Mie parole. Così tra buoni ragionamenti e buone opere trascorse anche quel giorno, ed Io raccomandai nuovamente ai sacerdoti di recarsi a Chotinodora, ciò che essi promisero solennemente di fare. Assolti questi compiti, ci ritirammo a riposare, e il giorno seguente di buon mattino ci imbarcammo e, scendendo il fiume, partimmo per l'antica e notevole città di Serrhe in compagnia del comandante e di suo figlio che era stato guarito, e calorosamente salutati dal pubblicano.

3. Una volta arrivati a Serrhe, il comandante ci condusse immediatamente dalla sua famiglia che si trovava in visita presso il centurione al comando del presidio militare della città e che era anche suo stretto parente. Con quale immensa gioia la moglie del comandante accogliesse suo figlio creduto moribondo ed ora in perfetta salute, ognuno può facilmente immaginarselo da sé, e quindi non c'è bisogno di diffondersi in particolari

4. Considerato che noi eravamo arrivati in città a sera già abbastanza inoltrata, la presenza della nostra compagnia piuttosto numerosa non era stata quasi notata affatto in città. Noi accettammo l'amichevolissima offerta fattaci dal centurione di ospitarci, e dimorammo presso di lui, ben provvisti di tutto, per la durata di cinque giorni.

5. Non lontano da quella città, su una collina di modesta altezza, sorgeva un tempio il quale era consacrato esclusivamente alla sapienza. In quel tempio non c'era nessuna immagine di idoli, ma su un altare giacevano libri di ogni tipo e degli scritti antichissimi contenenti molte savie sentenze e varie profezie delle età più remote dell'umanità.

6. Il quarto giorno noi ci recammo a visitare quel tempio ed i suoi tre vecchi sacerdoti. Eravamo in circa quattrocento, perché molti fra i cittadini avevano voluto venire con noi, avendo assistito a molte guarigioni, così che molti ciechi avevano recuperato la vista e molti sordi l'udito, per non parlare di ogni tipo di altre infermità completamente eliminate. La conseguenza, naturalmente, era stata che molti avevano accolto la Mia Dottrina alla quale rimasero fedeli anche in seguito.

7. Quando fummo arrivati in prossimità del tempio, e i tre sacerdoti ebbero scorto il centurione romano, allora uscirono dal tempio, che per lo più era chiuso, e con i segni del più profondo rispetto domandarono al centurione che cosa desiderasse in quell'epoca dell'anno alquanto insolita.

8. Il centurione però, accennando a Me, disse: «Questo primo ed altissimo fra i primissimi ed altissimi è venuto qui per visitare il nostro tempio della sapienza e per prendere visione delle scritture che vi sono custodite. Aprite dunque la porta e lasciateci entrare nelle sue stanze consacrate!»

9. Ed i sacerdoti risposero: «Non possiamo nasconderti che questa tua richiesta risulta molto intempestiva per noi, ma poiché ce lo comandi, noi lo faremo; tu solo però devi assumerti la piena responsabilità anche di fronte agli dèi severi e inesorabili!»

10. Disse il centurione: «Sì, certo, questa responsabilità me l'assumo senz'altro, perché io stesso devo accertarmi se nel vostro più antico libro della sapienza esiste un passo quale mi è stato citato da quest'uomo sapientissimo e dotato di tutta la potenza degli dèi».

11. Solo allora i tre sacerdoti acconsentirono senza alcuna riserva, e dopo aver fatto qualche inchino davanti al tempio aprirono il portone che non aveva proprio granché di maestoso. Noi entrammo, ed i sacerdoti trassero da sotto all'altare un libro assai vecchio scritto in lingua indiana antica, libro che soltanto uno di loro era capace di leggere e di comprendere mediocremente.

12. Io stesso gli indicai il punto che egli avrebbe dovuto leggere e poi tradurre.

13. Egli allora considerò bene il brano indicatogli, lo lesse e poi lo tradusse così: «Dalle montagne dove a grandi schiere nidificano i corvi (KAUKA) sorge un grande fiume che scorre possente; sulle sue rive io vedevo città grandi e piccole, e molti carichi gravano sul suo ampio dosso. Quand'ecco, vidi un carico galleggiare sul suo dosso ed una notte profonda gravava su tutta la vasta regione compresa fra le sorgenti del fiume e là dove esso si riversa nel grande oceano; ora quel carico lo portava un uomo la cui faccia era più splendente del Sole, e dalla sua bocca uscivano strali e spade di fiamma. Lungo le rive però giacevano morti in quantità, e coloro che erano colpiti dagli strali provenienti dalla sua bocca, cominciavano a muoversi, ritornavano in vita e piena luce si faceva intorno a loro. Ma quel carico lo portavano ancora vari uomini; costoro erano vivi, ed essi pure avevano una luce in loro e splendevano come la Luna piena. Anche dalla loro bocca usciva una luce simile a quella della stella mattutina, e coloro che venivano illuminati da questa luce, quantunque fossero stati morti prima, riacquistavano vita e procedevano poi in pieno giorno. Ma in seguito a ciò tutto il fiume divenne luce. E quando la luce si fu estesa su tutto il fiume, letizia si diffuse sulle sue rive, e molti si affrettarono là per lavare la loro faccia; ed ecco, tutti coloro che scendevano nel fiume e si purificavano nelle sue acque luminose, risplendevano essi pure!

14. Io poi vidi nuovamente il fiume, ma non vidi più la luce; invece la tenebra più profonda gravava sul dosso del fiume, ed io rimasi a lungo a guardare, ma non si annunciava più nessuna luce! Ed io udii una voce come di rumore di molti venti mugghianti attraverso un bosco secco, la quale diceva: “Guai a te, o portatore della tenebra, quando Io ritornerò! Il Mio giudizio ti colpirà in duplice maniera e duramente; perché tu eri luce e di nuovo ti sei fatto tenebra. Così Io dico a te, e tu nuovamente dillo ai tuoi vermi! Tale è la Volontà del Primo e dell'Ultimo, dell'Alfa e dell'Omega!”.

15. Allora il sacerdote si inchinò profondamente ancora una volta dinanzi al suo libro e, dopo averlo avvolto in finissimi lini, lo ricollocò al suo posto.

16. Allora il centurione gli domandò: «Ma quello che hai letto lo comprendi benissimo?»

17. Il sacerdote rispose: «O signore, se lo comprendessi, io ora starei seduto sul tripode della Pizia a Delfo!»

18. Dice il centurione: «Vedi, quello che tu non comprendi, lo comprendo assai bene io, che sono un semplice soldato, e te lo posso spiegare. Ecco, qui c’è l'Uomo che è venuto dai Cieli a noi uomini, e che va diffondendo la Luce da Melitene fino qui a Serrhe! Ascoltatelo, e voi, che ora siete morti, vi farete viventi e contemplerete la vostra salvezza in pienissima luce! E questi altri uomini che sono venuti con Lui, sono appunto coloro la cui faccia splendeva come la Luna piena e le loro parole sono come una vera stella mattutina della vita, e coloro che le accolgono splendono poi negli loro animi colmi di vita precisamente come le parole stesse che sono raffigurate dalla stella mattutina nel vostro libro della sapienza. Comprendete che ora è suonata?»

19. I sacerdoti rimasero stupiti per la sapienza del centurione, e con grande reverenza gli domandarono chi veramente Io fossi e da dove venissi.

20. E il centurione rispose: «Da dove venga quest'Uomo divino, io ve l'ho già detto; ma se sapete questo, dovete sapere senz'altro anche ciò che vi resta da fare! Perciò sia vostra prima cura farvi voi pure rendere viventi da Lui, affinché possiate poi risplendere anche voi al cospetto di tutti gli uomini che verranno a voi per attingere la vera sapienza della vita dell'anima presso di voi!»

21. Allora uno dei sacerdoti si avvicinò a Me, e disse: «O Altissimo dalle luminose altezze dei Cieli! Donaci la vera sapienza!»

22. Ed Io gli dissi: «Ecco qui i Miei discepoli; rivolgetevi a loro, ed essi vi indicheranno la via; se voi procederete su di essa ed opererete secondo i loro suggerimenti voi potrete pervenire alla giusta e vera Sapienza, ma ciò non deve avvenire in questo tempio, bensì in città, nella dimora del centurione; andate laggiù e fatevi istruire!»

23. Disse il sacerdote: «O Altissimo, questo per noi è un problema molto grave, poiché, volendo propriamente restare fedeli alle nostre regole, non dobbiamo mai scendere da questa altura della sapienza per scendere giù in pianura! Infatti la sapienza dimora simbolicamente e costantemente soltanto nelle pure altezze e non si abbassa mai fino a scendere nella pianura immonda, similmente all'intelletto di ciascun uomo che dimora nel suo capo, che è la parte più elevata del suo corpo»

24. Ed Io gli ribattei: «Se fosse proprio così, nemmeno Io avrei mai dovuto abbandonare le supreme e risplendenti altezze della Sapienza dei Cieli! Ma se l’ho fatto per amore di voi uomini, anche voi allora potrete abbandonare per una volta in vita vostra questa insignificante altezza della sapienza per acquisire una sapienza superiore, poiché, allo scopo di raggiungere il massimo, credo che meriti la pena di lasciare una simile collina. Ormai è giunta l’ora in cui ciascuno deve scendere nel profondo della propria umiltà se vuole pervenire alla vera sapienza della vita».

25. Quando quel sacerdote ebbe percepito queste Mie parole, egli ritornò dai suoi due colleghi, ed espose loro quanto Io gli avevo detto; i due rimasero da principio alquanto perplessi, ma tuttavia, dopo più matura riflessione, acconsentirono, e tutti e tre poi si avvicinarono al centurione e lo pregarono di permettere loro di entrare in casa sua, considerato che tale era la Mia Volontà.

26. E il centurione rispose: «Anzi, io ne sarò assai lieto! Venite subito con noi, perché prenderemo immediatamente la via del ritorno, e voi siate miei ospiti per oggi e per domani, dato che quest'Altissimo fra tutti gli uomini di questo mondo ha stabilito di fermarsi in grazia anche domani presso di me!».

27. Allora i sacerdoti ringraziarono e si disposero subito a seguirci; soltanto impartirono prima alle loro mogli e ai loro figli le necessarie istruzioni su cosa avrebbero dovuto fare e dire qualora durante la loro assenza qualche indagatore della sapienza si fosse presentato nel periodo in cui loro sarebbero stati assenti.

 

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Cap. 138

Il pranzo prodigioso in casa del centurione.

Essenza ed effetto dell’amore.

 

1. Non appena la nostra numerosa compagnia fu arrivata in città, una grande moltitudine di popolo ci venne incontro da tutte le parti salutandoci e gridando: «Gloria a te o grande guaritore, e grazie eterne, perché tu ci hai liberato da una grave tribolazione grazie alla tua prodigiosissima onnipotenza».

2. All’udire tali acclamazioni i tre sacerdoti della sapienza rimasero non poco sorpresi, tanto più che essi tra la folla avevano scorto anche gli altri sacerdoti.

3. Noi giungemmo ben presto alla vasta dimora del centurione; i molti che ci accompagnavano si congedarono allora e ritornarono alle loro case, mentre Io con tutti i Miei discepoli, nonché con il centurione stesso e suo cognato, il comandante di Samosata e gli altri familiari entrammo in casa per consumare il pranzo. Sennonché a questo riguardo sembrava che le cose si mettessero male, perché tanto la moglie del comandante quanto quella del centurione che era una buona cuoca si erano dimenticate nella fretta di dare ordine alla servitù di preparare qualcosa per il pranzo, e per conseguenza non c'era ancora niente di pronto.

4. Il centurione se ne risentì un po’ e si sarebbe volentieri sfogato brontolando; tuttavia si riprese ben presto e disse: «Orbene, vedete di darvi da fare adesso con impegno, affinché noi tutti non dobbiamo rimandare il pranzo a questa sera!»

5. Ma in quel punto intervenni Io e dissi al centurione: «Non preoccuparti per questo; basta che tu apra la porta della grande sala da pranzo, e là noi troveremo già pronto tutto quello che può occorrerci!».

6. Il centurione fece così, ma quale non fu la sua meraviglia quando vide che tutte le mense erano guarnite e provviste dei cibi migliori e più raffinati! Egli certamente non mancò di domandare alle donne perché non lo avessero avvertito subito di ciò la prima volta che le aveva interpellate.

7. Le donne però si scusarono di nuovo ed assicurarono che anche loro erano stupite non meno di lui, non potendo, come lui, rendersi assolutamente conto di come e da chi fosse stato preparato quel pranzo; doveva quindi evidentemente trattarsi di un altro prodigio!

8. Allora il centurione esaminò più attentamente le vivande, il vasellame e le posate, e constatò che tutti i piatti, i cucchiai, i coltelli e i calici erano di lucentissimo oro. A questo punto il centurione si volse con impeto verso di Me, ed esclamò: «Signore, Signore! Questa è opera Tua! Ma come può essere che io, povero peccatore e pagano tenebroso come sono, sia stato trovato degno di tanta grazia da parte Tua? Io non sono degno nemmeno che i Tuoi santissimi piedi varchino la soglia della mia dimora piena di immondizia, tanto meno sono degno di un tale onore assolutamente inaudito, che perfino per un imperatore di Roma sarebbe troppo nobile!»

9. Ed Io dissi: «Quello che c'è c’è; noi intanto sediamoci a mensa e mangiamo e beviamo in piena serenità quanto essa ci offre! Infatti se volete diventare figli Miei, non vi nuocerà se una volta in vita vostra apprenderete come un figlio mangia e beve alla mensa del Padre!».

10. Dopodiché tutti presero posto di animo lieto e cominciarono a mangiare e a bere. Ma quello fu anche il momento più sbalorditivo per il centurione, il comandante, suo figlio e le mogli dei due ufficiali, nonché per le loro figlie e i dieci fratelli del comandante, come anche per gli altri convitati, perché tutti assicurarono di non aver mai gustato in vita loro delle vivande di una squisitezza tanto celestiale, né del vino dal gusto impareggiabile come quello, e le donne Mi si affollarono intorno e Mi domandarono ansiosamente come era possibile preparare dei cibi dal sapore tanto delizioso.

11. Ed Io risposi loro: «Eh, Mie care figlie, di vivande simili non ce ne sono su questa Terra; ma quando quaggiù, tramite la nota Parola di Dio, il vero fuoco dell'amore per Dio e per il prossimo si sarà intensificato per bene, allora gli uomini con questo fuoco potranno prepararsi dei cibi che avranno un sapore pari e talvolta anche migliore del sapore di questi cibi. In verità Io vi dico: “Il vero e puro Amore è il Fuoco sacro e nobilissimo e questo può tutto. Esso è il migliore cuoco, il migliore albergatore, il migliore condimento di tutti i cibi ed infine il miglior cibo esso stesso. In verità, chi è nutrito dall'Amore, costui è veramente ben nutrito, e chi viene saziato dall'Amore, non avrà mai fame per tutta l'eternità! Quando sarete animati da un tale Amore, non sentirete, né assaporerete la morte mai più in eterno. Esercitatevi quindi diligentemente in questo puro amore per Dio e per il prossimo, poiché questo amore vi donerà tutto quello che è atto a rendervi supremamente felici! Come però sia fatto questo amore, voi l'avete già appreso nei tre giorni passati, e per conseguenza altro non Mi resta da aggiungere a questo riguardo!»

12. Allora tutti Mi ringraziarono per questo insegnamento e Mi promisero solennemente che avrebbero fatto il possibile per divenire grandi in tale amore.

13. Uno dei tre sacerdoti della sapienza però, rivoltosi a Me, chiese: «Ma come può un uomo fatto di materia e mortale amare un Dio spirituale ed immortale in eterno? Un simile ardire da parte di un uomo non dovrebbe suscitare al massimo grado lo sdegno di Dio? Pensa anche solo cosa direbbe un re di questo mondo se uno di noi gli dichiarasse il suo amore! E cosa poi è un re al paragone di un Dio?»

14. Gli dissi Io: «Di certo un re stolto e quanto mai superbo, il quale però non ha creato i suoi sudditi, non si comporterebbe in modo eccessivamente amichevole se una persona sciocca e volgarissima si presentasse a lui e gli dicesse: “O grande re, io sento per te un immenso amore; scendi dunque dal tuo alto trono e permetti che io ti baci ed abbracci!”. Il re sicuramente riterrà di avere a che fare con un pazzo e lo farà mandare via dai suoi servitori; e se non vorrà andarsene con le buone, bisognerà bene che gli si faccia subire una punizione. Se però ad un simile re i sudditi dimostreranno un vero amore con i fatti, egli quanto prima li accoglierà certamente molto bene e li ricambierà, e non caccerà nessuno fuori dalla porta.

15. Ma Dio, l'eterno Vero, non è come uno stolto pagano di questa Terra; Egli stesso è unicamente Amore e nello stesso tempo la suprema Sapienza stessa; in quanto tale, e proprio perché è tale, Egli ha creato tutti i mondi e tutti gli esseri.

16. Ma poiché Egli è puramente Amore, Egli vuole anche che gli uomini innanzi a tutto amino Lui sopra ogni cosa, e quindi, dato che tutti gli uomini sono opera Sua, vuole che essi pure si amino tra di loro come ciascuno di loro ama se stesso. Infatti, se Dio ama tutti gli uomini più di quanto il migliore dei padri possa amare i propri figli, perché non dovrebbero anche gli uomini riamarLo sopra ogni cosa non appena Lo abbiano veramente riconosciuto?

17. In verità vi dico: “Senza il vero amore voi non troverete Dio, non Lo potrete mai giustamente riconoscere, e per conseguenza non potrete neppure mai avvicinarvi a Lui!”. È soltanto l'Amore che può indicarvi la via sicura che conduce a Lui, mai però in eterno il vostro intelletto! Ora chi non trova la via che conduce a Dio, costui non trova nemmeno la via alla sua vita supremamente propria, e perciò procede nelle tenebre e sulle vie del giudizio e della morte eterna. Prendete nota per il momento di quanto vi ho detto Io; il resto l'apprenderete poi dai Miei discepoli».

18. Udite queste parole i tre sapienti tacquero, e continuarono a mangiare e a bere di buon animo.

19. Uno di loro però, che era di intelletto discretamente chiaro, disse un po' dopo agli altri due: «Quello che dice questo meraviglioso Uomo è pienissima verità; limitiamoci dunque ad ascoltarLo, e ciò sarà il meglio che si possa fare, perché per quanto riguarda la sapienza genuina e positiva Egli è mille volte mille volte superiore!».

20. Sennonché, mentre durò il pranzo, Io non dissi altro; terminato il pranzo, i tre si avvicinarono ai discepoli, e questi li ammaestrarono riguardo alle linee fondamentali della Mia Dottrina, cosicché i tre finirono col rimanere assai compiaciuti.

21. Io invece uscii di casa con la famiglia del centurione e del comandante, e lasciai che i discepoli sbrigassero da soli la faccenda. Si intende però da sé che tutti i nuovi discepoli erano sempre presenti quando i vecchi discepoli insegnavano, ed ascoltavano tutto con la massima attenzione prendendo anche ciascuno per sé nota delle cose principali. E non appena si fece sera, noi andammo a raggiungerli.

 

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Cap. 139

Gli ebrei dediti ai traffici illeciti.

 

1. In quel pomeriggio Io, assieme al centurione, al comandante e ai loro familiari, andai a visitare alcuni poveri ebrei che in quei dintorni esercitavano un piccolo commercio con ogni tipo di mercanzia, traendo però un ben meschino profitto, perché i greci più astuti li prevenivano dappertutto. Il centurione e il comandante regalarono loro qualcosa ed Io, dal canto Mio, diedi loro il consiglio di ritornare in patria per guadagnarsi là il pane dedicandosi a qualche lavoro più adatto alle loro capacità. Infatti, quando uno nasce dotato di pochi talenti, è meglio che rimanga nel paese dove è nato e che si guadagni onestamente il pane per sé e per i suoi! Soltanto gli individui provvisti di numerosi e grandi talenti appartengono, come il Sole, a tutta la Terra, perché la loro luce spirituale è chiamata ad illuminare le vie della vita a tutti gli altri uomini.

2. Domandò allora uno degli ebrei: «O Maestro, perché Jehova ci ha dotati di così pochi talenti per il viaggio che dobbiamo intraprendere attraverso questo misero mondo? Non avrebbe potuto donare molti talenti anche a noi?»

3. Allora Io risposi: «Oh, certamente; sennonché Egli sa meglio di qualsiasi altro ciò che si adatta a ciascun uomo, e così Egli ha provvisto anche voi appunto di tanti talenti, quanti ve ne sono necessari. Infatti non è grazie a numerosi talenti che si perviene alla beatitudine, dato che essi non sono un merito dell'uomo, ma opera e merito soltanto di Dio. Colui a cui è stato dato molto, dovrà anche rendere conto di molto, invece a colui a cui è stato dato poco dovrà anche rendere conto di poco. Ma l'identico peccato, per chi è dotato di molti talenti, graverà un giorno molto di più sul piatto della bilancia della Giustizia divina, perché se è il legislatore stesso a contravvenire alle proprie leggi, il fatto è evidentemente più grave che non se a contravvenire alla legge è colui a cui la legge fu data. Quindi nessuno invidi colui il quale è stato dotato da Dio di numerosi e grandi talenti; perché egli avrà sempre molto da sopportare su questa Terra. Siate dunque lieti se da parte di Dio avete avuto in dono solo pochi talenti»

4. E lo stesso ebreo, avendo udito queste parole, disse: «Tu, o Maestro, hai parlato in maniera molto saggia e vera, ed infatti è così. Tuttavia io penso che sia più facile cadere in un burrone per qualcuno che cammina di notte con poca luce di quanto lo sia per un altro la cui via sia illuminata da un autentico sole! Ma una volta che ci si trovi schiacciati e morti nel burrone, mi pare che poi faccia ben poca differenza averci trovato la morte con poca luce o con molta luce! Comunque io sono del parere che chi è provvisto di maggior luce si trova sempre in condizioni migliori di colui che ha meno luce, perché il primo già da lontano può accorgersi della presenza del burrone, e può quindi evitarlo, mentre chi ha soltanto poca luce, talvolta non se ne accorge anche se vi si trova già sull'orlo»

5. Dissi Io: «Qui hai nuovamente ragione tu; ma appunto perciò chi è dotato di poca luce deve restarsene in pace nella propria patria, là dove cioè il terreno sul quale posa i piedi gli è perfettamente noto anche di notte e vi può camminare di passo sicuro. Nella propria casa ciascuno saprà meglio che in altri luoghi come camminare per non fare un passo falso; in un'altra grande casa straniera invece, della quale egli non conosce affatto la disposizione interna, egli potrà orientarsi con grande difficoltà data la sua debole luce. Coloro dunque ai quali Dio, il Signore, ha concesso meno luce, Gli sono certamente molto cari quali Suoi figlioletti, perché Egli con ciò ha reso loro, il più possibile, facile il compito durante la vita terrena di prova, mentre sulle vie dei grandi spiriti Egli ha sparso molte spine; ora queste non rendono affatto eccessivamente facile il cammino. Dunque voi, piccoli spiriti ebrei, mettete assieme le vostre cose e ritornatevene al vostro paese; là troverete in grande abbondanza occupazione adeguata alla vostra luce, mentre qui non prospera nessun grano per voi»

6. E il centurione disse: «Sì, certo, miei cari, il Signore ha perfettamente ragione; e per quanto io ne sappia, le vostre condizioni qui sono molto misere e davvero non è in mio potere migliorarle. Ritornate dunque al vostro paese, e là di sicuro troverete un'accoglienza migliore di qui. Il vostro piccolo commercio non vi rende quasi niente, e d'altro canto non potete fare uno dei nostri lavori, dato che vi manca la pratica necessaria; per conseguenza nella vostra patria vi troverete senza dubbio molto meglio. Ma affinché vi sia più facile raggiungere il vostro paese, io, per amore di questo Maestro, il Quale Egli pure è un ebreo, vi farò avere una certa somma per il viaggio».

7. Quando quei poveri ebrei ebbero sentito le parole del centurione, si affrettarono alle loro dimore e ritornarono conducendo i loro figli, e dissero che per loro sarebbe stato difficile mettersi in viaggio fino oltre a Betlemme con quei piccoli, dato che non disponevano più di alcuna bestia da soma!

8. E il centurione disse: «Io mi impegno a farvi avere anche un adeguato numero di animali da soma; ma dopo vedete di partire senza esitazione, perché, qualora vi ostinaste a rimanere qui, mi vedrei costretto a farvi allontanare con la forza!».

9. Tutti allora acconsentirono dicendo che sarebbero partiti volentieri quel giorno stesso piuttosto che attendere domani. Vennero subito prese le disposizioni necessarie e, dopo aver avuto nel giro di un'ora tutto ciò di cui avevano bisogno, presero immediatamente la via del ritorno in patria.

10. Essi erano circa in settanta, e quindi erano divenuti un vero peso per quella città che già comunque possedeva una grande quantità di poveri. Al loro paese, i più tra di loro possedevano dei terreni che avevano lasciato in balia di pessimi servitori, perché avevano ritenuto di poter guadagnare di più dedicandosi ai traffici illeciti. Essi invece si erano ridotti alla miseria, e quindi con il Mio intervento poterono venire tirati fuori dalle loro desolanti condizioni.

11. Ora questa fu certamente anch'essa un'opera molto buona. Chiunque perciò voglia essere un vero seguace della Mia Dottrina, faccia in modo di liberare simili prigionieri dalla loro miseria, purché disponga dei mezzi necessari, ed Io lo ricompenserò già in questa vita, e di più ancora nell'altra, come feci anche in quell'occasione nella quale per opera Mia il centurione venne in possesso di mille libbre d'oro purissimo, anzi anticipatamente, perché Io già prima ero a conoscenza di ciò che egli avrebbe fatto!

12. Oltre a quanto già narrato, nulla di notevole accadde in quella località. I discepoli nel frattempo avevano finito di ammaestrare i tre sacerdoti, ed Io benedissi anche in quella località un medico credente in maniera che, mediante l'imposizione delle mani nel Mio Nome, avrebbe potuto guarire completamente un grande numero di ammalati. E così anche il giorno successivo trascorse molto presto.

 

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Cap. 140

Il viaggio di ritorno a Cafarnao.

Il gigante e le sue prediche agli ebrei.

 

1. Tutta quella notte ci fermammo ancora a Serrhe, e il giorno seguente, fra moltissime dimostrazioni d'affetto, riprendemmo il nostro viaggio a piedi risalendo la riva del fiume, e ci dirigemmo verso Zeugma, pure una vecchia cittadina situata lungo l'Eufrate. Partendo da Samosata non potevamo passare per quella città, perché la via presa dal comandante per condurci alla sua famiglia a Serrhe era stata un'altra; perciò abbandonando Serrhe dovemmo prendere la direzione opposta a quella seguita fino ad allora. Da Samosata a Serrhe il percorso è certo ancora lungo più del doppio che non da Samosata a Zeugma, però Zeugma era d'altro canto più vicina a Deba di quanto lo fosse Samosata o addirittura Serrhe; quest’ultima città, secondo il computo attuale, distava ben trenta miglia da Samosata. Ciò sia detto a titolo di chiarimento, considerato che al giorno d'oggi di quelle località non resta che qualche minimissima traccia.

2. Anche a Zeugma ottenemmo gli stessi buoni risultati come nelle altre città. I pagani lungo l'Eufrate venivano spesse volte in contatto con gli ebrei, e perciò avevano anche qualche conoscenza della loro religione; quindi non era affatto molto difficile andare d'accordo con loro.

3. Per maggiore esattezza e comprensione si può aggiungere come ulteriore notizia che i luoghi da noi visitati in quell'epoca, i quali circa ottocento anni prima di Me erano appartenuti alla Siria, al Mio tempo facevano parte della Cappadocia; tuttavia Deba, dove Io andai con i Miei discepoli due giorni dopo, apparteneva già alla Siria, la quale al Mio tempo confinava con la Galilea vera e propria, o meglio costituiva la parte settentrionale della Galilea.

4. A Deba non ci fermammo a lungo, perché, essendo gli abitanti dediti al commercio dei maiali, non c'era molto da fare là.

5. Da Deba proseguimmo per Cirro, una importante città commerciale abitata da greci; là rimanemmo per ben sette giorni, e facemmo un grande numero proseliti, quasi come a Chotinodora.

6. Da Cirro ci dirigemmo verso la grande città di Antiochia dove ci trattenemmo quasi un mese intero. Antiochia era già allora una città molto antica e manteneva vaste relazioni commerciali con tutta l'Asia Minore e perfino con l'Europa. Da Antiochia la Mia fama si sparse nelle province occidentali dell'Asia Minore, e il re di una piccola regione della Lidia, che si chiamava Abgaro, venne appositamente ad Antiochia per fare la Mia conoscenza. Egli accolse pienamente la Mia Dottrina, si fece perfino battezzare e, ritornato in patria, convertì il suo popolo, e da lì Mi indirizzò varie epistole alle quali Io diedi sempre risposta; tuttavia per ragioni supremamente savie non potei accettare il suo cordiale invito ad andarlo a visitare.

7. Da Antiochia facemmo ritorno nella nostra Galilea vera e propria, visitammo ancora un bel numero di villaggi e borgate, ottenendo ovunque eccellenti risultati con la nuova Dottrina.

8. Questo viaggio, del quale si può veramente dire che fu molto fruttuoso, ci portò via l'intera estate, e quando fummo nuovamente di ritorno presso il nostro albergatore Mattia, a Cafarnao, si era già all'inizio dell'autunno, vale a dire prossimi alla festa dei Tabernacoli.

9. L'albergatore rimase molto stupito vedendo i dieci nuovi discepoli, dei quali particolarmente quello dalla statura veramente gigantesca che era alto buone nove spanne, dunque circa nove piedi (2,8 mt) secondo la misura d'oggigiorno, si meritò la sua più rispettosa ammirazione. Egli non poteva smettere di guardare con meraviglia quell'uomo, dato che non aveva mai avuto occasione di vedere un gigante di quella specie; sennonché il gigante in fatto di statura era pure un gigante della parola, e con la sua voce veramente tonante faceva un'impressione assai grande. Vestito così, alla foggia romana, si presentava con maggiore imponenza, e tutto ciò contribuiva a rendere il suo discorso quanto mai poderoso. Egli non tollerava in nessun caso di essere contraddetto, perché, in primo luogo, era fermissimamente convinto della bontà della Mia Dottrina, e si era già molto addentrato in essa, e in secondo luogo perché, frequentando con assiduità i discepoli, specialmente negli ultimi tempi i nostri cosiddetti ebrei-greci, aveva imparato molte delle cose contenute nei libri degli antichi profeti, e così, con l’aiuto delle sue particolari facoltà oratorie, con la sua voce tonante sapeva ribattere a qualsiasi obiezione riguardo alla Divinità del Mio Essere, mettendo così alle strette qualsiasi avversario al punto che a quest’ultimo passava ogni voglia di prolungare l'eventuale discussione ingaggiata con lui.

10. Nello spazio di circa dieci giorni da Me dedicati al riposo in casa del nostro Mattia, si fecero avanti molti cittadini e mercanti, e cominciarono a informarsi del suo stato, e gli domandarono che cosa avrebbe fatto ora a Cafarnao.

11. Allora il gigante li guardò con espressione terribilmente seria e rispose loro: «Da pagano e romano che sono, io terrò giudizio contro di voi, miserabili e increduli ebrei! Bisogna proprio che siate stati generati da Belzebù per essere tanto ciechi al punto da non vedere e da non accorgervi che Colui il Quale è dalle eternità dei tempi lo Spirito Supremo che ha creato il Cielo e la Terra unicamente fuori della Sua Volontà e che ha creato tutto ciò che esiste, vive, respira e pensa sulla Terra, è l'unico ed esclusivo portatore appunto di quello stesso Spirito!

12. Noi, ciechi pagani, abbiamo riconosciuto ciò di primo acchito, quantunque non avessimo mai saputo niente del fatto che la Sua discesa su questa magrissima Terra, che sarebbe avvenuta un giorno, era già stata da vari secoli predetta all’unisono da molti profeti, e che erano già stati indicati con assoluta precisione perfino l'epoca e il luogo, e una grande quantità di altre circostanze; era stato predetto quando, dove e come Egli, l'Onnipotente in Persona, sarebbe disceso dai Suoi Cieli supremi su questa Terra sotto forma umana! Qui in mezzo a noi dimora l'Altissimo! Ma perché voi non credete a queste cose? Io ve lo dirò subito: “Perché siete figli di Belzebù, e non siete assolutamente figli di Dio!”. Andatevene dunque, e presto; altrimenti la mia ira vi stritolerà!».

13. Ma quando egli cominciò a parlare così, ciascuno badò bene a prendere il largo, dato che nessuno se la sentiva di irritarlo maggiormente.

 

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Cap. 141

L’attacco non riuscito del capo della sinagoga.

 

1. Un giorno, in casa di Mattia, si presentò il capo della sinagoga che già conosciamo assieme ai suoi farisei e scribi e chiese di parlare con Me, avendo sentito che Io con i Miei discepoli ero ritornato là e vi avevo preso dimora. Infatti egli da parte di Gerusalemme aveva ricevuto ordini perentori di prendere informazioni il più possibile esatte sul conto del noto Nazareno, per sapere cioè cosa stesse facendo in quel tempo e di che cosa si occupasse. Anzi, se fosse stato il caso, egli avrebbe dovuto perfino farLo arrestare e condurre vivo o morto a Gerusalemme.

2. E Mattia rispose: «Signore, Egli dimora bensì qui da me, però io ti sconsiglio di intraprendere qualsiasi cosa contro la Sua Persona, perché altrimenti tu assieme a tutti i tuoi aiutanti andreste incontro alla vostra completa rovina»

3. Ribatté il capo della sinagoga: «Non devi dimenticare mai che la sua magia non può affatto toccare le sacre persone dei sacerdoti!»

4. E Mattia allora disse: «E va bene! Egli si trova là in quella grande stanza con tutti i Suoi discepoli, e sta appunto pranzando. Entra se vuoi e parla tu stesso con Lui»

5. Il capo della sinagoga si avvicinò alla porta che era chiusa, e bussò violentemente!

6. Ed Io in quello stesso momento dissi al gigante: «Fallo entrare e parla tu solo con lui, perché egli non è degno di udire nemmeno una parola dalla Mia bocca!»

7. Il gigante allora aprì la porta, e con la sua voce tonante così apostrofò il capo della comitiva: «Entrate pure, razza miserabile di birbanti e codardi! È già da tempo che conosciamo le vostre “oneste” intenzioni, e noi siamo venuti qui appunto per sentirle fuori dalle vostre sconce bocche da draghi. Entrate dunque, bestie selvagge amanti della notte e del fetore di palude! Entrate e parlate, affinché venga dato libero e veloce corso al giudizio che vi schiaccerà secondo i vostri meriti!»

8. Questa accoglienza fece sul capo della sinagoga e sui suoi accoliti un'impressione tale che si misero tutti a tremare, e non ce ne fu neppure uno che riuscisse a balbettare una parola sola. Essi infatti credettero di vedere nel gigante un qualche vice dittatore di Roma inviato dall'imperatore con pieni poteri allo scopo di passare a fil di spada tutti gli ebrei. E mentre quei visitatori se ne stavano davanti alla porta aperta così raggruppati e tutti spaventati, quelli che erano più indietro cominciarono a fare certe facce che tradivano una grande voglia di sfuggire alla tempesta che vedevano addensarsi sui loro capi.

9. Ma il gigante, accortosene, fece risuonare di nuovo la sua voce tonante e comandò all'albergatore: «Chiudi bene tutte le porte, affinché nessuna di queste bestiacce travestite da uomini possa prendere la fuga!».

10. Ma per quanto sollecito fosse stato l'albergatore nel muoversi per eseguire l'ordine, il tempo non gli bastò, perché la sentenza emessa con voce tonante dal gigante aveva messo addirittura le ali ai piedi di quegli esploratori, i quali scapparono a gambe levate.

11. Sennonché il gigante rincorse il capo della sinagoga e in pochi passi lo raggiunse, lo afferrò per il vestito e lo sollevò in aria come una piuma domandandogli cosa era che voleva in realtà!

12. E il capo, tremando ed agitandosi, rispose: «O signore, signore, per incarico di Gerusalemme io volevo semplicemente parlare con quel certo profeta, ed invece fosti tu, o terribilissimo, a venire in maniera così spaventosa incontro a me, il capo della sinagoga locale, e perciò non ho potuto raggiungere il mio scopo!»

13. Disse il gigante: «Miserabile furfante, tu in eterno non sarai mai degno di avvicinarti nemmeno a diecimila passi da questo autenticissimo Uomo-Dio, tanto meno poi di parlarGli! Io conosco perfettamente tutto ciò che quei miserabilissimi briganti di Gerusalemme e tu con tutta la tua pessima combriccola andate tramando contro il nobilissimo Uomo-Dio! Ma guai a voi se mai vi venisse la cattiva idea di tradurre nei fatti le vostre perverse intenzioni tentando di agguantarLo con i vostri artigli da Belzebù! Sarebbe quello il momento nel quale dovreste davvero fare la conoscenza con il gigante romano!». Detto questo, egli depose nuovamente a terra il capo della sinagoga e gli domandò: «Questo purissimo Uomo-Dio non ha operato qui da voi ancora nessun segno che vi inducesse a credere che Egli stesso è appunto quel Messia del Quale tutti i vostri profeti hanno annunciato che Egli, all’incirca in questo tempo ed in questo paese, sarebbe venuto al mondo per redimere l'umanità dalla morte eterna? Rispondi, miserabile!»

14. Il capo della sinagoga rispose: «Certo che di segni ne ha fatti, e anche troppi; e per questo motivo anche tutto il popolo gli corre dietro e volta le spalle a noi, appartenenti all’antico sacerdozio istituito da Dio, ed è a questo che va attribuito il fatto che gli alti sacerdoti di Gerusalemme gli sono tanto ostili! Noi però dipendiamo tutti da Gerusalemme, e dobbiamo eseguire gli ordini che ci vengono impartiti dal Tempio!»

15. Disse il gigante: «Ma allora come si spiega che tutti i pagani delle città lungo l'Eufrate si sono schierati dalla Sua parte per effetto quasi esclusivo della Sua mirabile Dottrina, e che chi l'accolse si trovò ben presto dotato di una qualche forza puramente divina? Un medico a Serrhe ottenne la facoltà prodigiosa di guarire tutti i suoi ammalati semplicemente tramite la fede nel Nome onnipotente di questo Uomo-Dio, e ciò in un istante solo e con perfezione tale che nell'ammalato non resta più la benché minima traccia del male che lo aveva tormentato prima. Anzi perfino i morti risorgono a nuova vita e si ritrovano in perfetta salute come le vispe gazzelle dell'alta montagna! Ma se i pagani possono fare questo e rendersene conto, perché allora non potete farlo voi, che siete ebrei, di cui sta scritto che siete un popolo eletto da Dio? Ebbene, il motivo ve lo dirò io in Nome dell'altissimo Uomo-Dio: “Voi non potete arrivare a tanto perché fin dalla nascita il vostro patrono è stato Belzebù, e per conseguenza siete dei nemici giurati di Dio!”. Ma se voi negate di essere tali, allora non meritate altro che di essere fatti scomparire completamente dalla faccia di questa Terra!».

16. E quando il capo della sinagoga ebbe sentito la sfuriata del gigante, cominciò a pregare ed a promettere che in seguito si sarebbe comportato bene. Allora il gigante lo lasciò libero aggiungendo però ancora altre gravi minacce, e poi rientrò in casa.

17. L'albergatore però non nascondeva il suo grande timore, perché conosceva il carattere estremamente vendicativo del capo della sinagoga.

18. Il gigante però gli disse: «Non preoccuparti e confida nella Potenza di Colui che risuscita i morti, che sposta le montagne e che distrugge con la propria Volontà gli idoli di metallo! Io ti dico che da solo non temo nemmeno cento legioni di cialtroni di quella specie; figurati se posso temere quest'unico cialtrone!»

19. L'albergatore, un po' più tranquillo, rispose: «Sì, certo, hai ragione! Nemmeno io li temo per quanto concerne la mia persona, ed ho la massima fiducia nel Signore che conosco già dal tempo della Sua prima giovinezza, come conosco pure i Suoi genitori terreni, e so che Egli già da tenero fanciullo ha fatto cose che sono possibili soltanto a Dio; però io non posso nascondervi che temo un po' per voi, miei carissimi ospiti, e precisamente temo che qui a Cafarnao possano accadervi delle cose spiacevoli per opera di quei brutti figuri, perché conosco fin troppo bene quella razza di farabutti!»

20. Osservò il gigante: «Oh, lascia pure che vengano; basto io solo sbrigarmela assai presto con loro! Infatti quei miserabili non saranno in eterno mai degni che il Signore, il Santissimo dall'eternità, abbia a tenerli lontani ed a punirli con la Sua onnipotente Volontà!»

21. Poi il gigante ritornò da noi alla mensa, riprese il suo posto a tavola e raccontò in quale modo lui aveva cercato di ricondurre alla ragione quella vera locusta[24] di Babele.

22. Ed Io allora dissi: «Così è stato bene, ed Io ho concesso che tu potessi comportarti così di fronte a quell'ambizioso fariseo; tuttavia anche l'albergatore ha ragione, poiché non ci occorrerà aspettare molto che lo vedremo capitare di nuovo qui con una quantità di sgherri armati allo scopo di arrestarci tutti, di legarci e di farci poi gettare in prigione. DimMi adesso cosa farai in un caso simile?»

23. E il gigante e con lui i suoi nove fratelli non meno robusti di lui dissero: «O Signore, basta che Tu ci conferisca solo un po’ della Tua Grazia onnipotente e noi li faremo smettere per sempre il loro perverso mestiere»

24. Ed Io dissi: «Ebbene, provateci; guardate soltanto di non togliere la vita a nessuno!».

25. I dieci allora vuotarono i loro calici e poi uscirono disponendosi sulla strada, armati ciascuno di una clava che pareva quella del leggendario Ercole. Non passò molto che già si vide avanzare una schiera forte di quaranta uomini tra lancieri e sgherri; dietro a loro veniva il comandante della truppa, nonché il capo della sinagoga con i suoi aiutanti.

26. A quella vista il gigante si infuriò e disse ai suoi fratelli: «Lasciamoli avvicinare fino a dieci passi, e poi io griderò loro di fermarsi! Se ci daranno ascolto, parleremo; se invece non vorranno ascoltarci, allora parleranno le clave»

27. Non appena i quaranta si trovarono a circa dieci passi, il gigante intimò loro con voce che faceva spavento: «Fermatevi, o siete tutti morti!».

28. I soldati romani, sorpresi, si arrestarono.

29. Il gigante domandò allora: «Cosa volete e chi vi ha fatti venire qui?»

30. Ed i soldati che ritennero di trovarsi di fronte a delle alte personalità romane, risposero ai dieci: «O signore, il capo della sinagoga denunciò al nostro comandante che qui erano raccolti dei sobillatori del popolo e che dovevamo arrestarli tutti per renderli innocui!»

31. Il gigante allora con la sua voce tonante esclamò: «O miserabile furfante d'un capo! Aspetta un po', ed imparerai a conoscere il figlio del re del Caucaso che ora è romano! Voi, soldati, intanto ritiratevi e deponete le vostre lance, altrimenti ve la passerete male!»

32. I soldati però risposero: «Questo non lo possiamo fare, perché qui dietro di noi c'è il comandante al quale soltanto spetta di darci ordini».

33. Allora il gigante ordinò a cinque dei suoi fratelli di catturare rapidamente il capo della sinagoga, i suoi aiutanti e il comandante, mentre con i soldati se la sarebbe vista lui!

34. La cosa si svolse con la velocità del lampo. I soldati vennero spazzati via nel mare come spinti da un uragano, ed ebbero un bel da fare per salvarsi a nuoto dall’annegamento.

35. Poi il gigante si occupò del capo della sinagoga catturato dai suoi fratelli, lo afferrò, lo sollevò e disse: «Briccone matricolato, è così che mantieni la tua parola? Questa volta non te la caverai a così buon mercato, mentitore infame! Dove sono qui i sobillatori del popolo e i traditori del paese? Noi stiamo qui pacifici in casa dell'albergatore, dove ci prendiamo qualche giorno di riposo perché siamo un po’ stanchi per il lungo viaggio fatto, e questa nera bestiaccia ci denuncia come sobillatori del popolo e traditori del paese! O comandante, dov'è qui il mare più profondo in cui si possa scagliare dentro questo lurido essere affinché vi trovi la sua fine sicura?»

36. E il comandante rispose: «Amico mio, lascialo stare; perché ormai so già di che cosa si tratta in realtà. Questo cane aveva l'intenzione di servirsi di me per arrestare il Salvatore di Nazaret che mi è caro sopra ogni cosa! Oh, se avessi potuto almeno intuirlo, egli avrebbe appreso ben altre cose da me! Ora però lascialo andare; saprò fare io i conti con lui e mostrargli cosa vuol dire tentare di indurre un romano ad un'azione d'ufficio indegna ricorrendo a false accuse e a fatti immaginari! E adesso conducetemi invece dal Signore della mia vita!».

37. Allora il gigante sollevò ancora una volta in aria il capo della sinagoga, tanto che egli perse letteralmente i sensi dell’udito e della vista, e poi lo depose piuttosto bruscamente a terra. Quando sentì che i suoi piedi erano appoggiati per terra, egli, con tutti i suoi accoliti, se ne andò in fretta e furia giurando tra di sé che mai più in vita sua avrebbe intrapreso qualcosa contro di Me. Dopodiché i dieci rientrarono in casa, dove Mi trovavo Io, accompagnati dal comandante, il quale prima aveva impartito ai soldati risaliti sulla riva l'ordine di ritirarsi nella loro caserma.

 

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Cap. 142

Il comandante propone di inviare a Roma il gigante e i suoi fratelli.

Le opere d’amore sono il vero merito al cospetto di Dio.

 

1. Non appena il comandante Mi ebbe scorto, gli occhi gli si riempirono di lacrime di gioia e, sopraffatto dall'emozione, poté a stento balbettare qualche parola per chiederMi perdono di aver intrapreso quell’azione contro di Me.

2. Io però lo tranquillizzai dicendogli: «Chi fa una cosa e non sa di peccare, costui non ha peccato; quindi pure in te non vi è peccato! Quel capo della sinagoga, però, lui sì che è davvero un essere miserabile! Ad ogni modo d'ora innanzi egli si manterrà certo tranquillo. Evita dunque tu pure di intraprendere ulteriori passi ostili contro di lui!».

3. Il comandante allora promise che lo avrebbe fatto, poi mangiò e bevve con noi, ed Io stesso gli raccontai quali erano le origini dei dieci ed egli fu assai lieto di apprendere tali cose. Poi egli si intrattenne direttamente con i dieci fratelli, ed accennò loro al fatto che essi per intervento suo, del centurione Cornelio e del governatore generale Cirenio avrebbero potuto recarsi a Roma dove sarebbero stati bene accolti e assunti subito ad alte cariche, e in questo modo avrebbero avuto così occasione di fare molto del bene.

4. Sennonché i dieci gli risposero: «O nobile amico e collega del nostro fratello a Samosata! Questa tua proposta è certo lodevole e quanto mai buona; però, vedi, noi siamo ormai discepoli del supremo Signore e Maestro, e questo vale quanto mille ragioni per giustificarci dinanzi a te se per il momento non ci è proprio possibile accettare la tua cordiale proposta. Certamente, quando avremo terminato i nostri studi alla scuola della vita, allora anche la tua cortese proposta potrà forse essere accolta»

5. Al comandante fece ottima impressione la sincerità dei dieci, tuttavia egli aggiunse: «Che voi abbiate perfettamente ragione di pensare così, è cosa più che evidente, però se voi, come credo di essermi accorto, siete perfettamente a conoscenza delle massime principali della Dottrina e sapete con tutta esattezza ciò che dovete fare e ciò che dovete evitare, sarebbe a mio parere opportuno che voi andaste fra i pagani e che all'occasione li rendeste partecipi della grande Luce della Grazia di Dio che vi è stata donata! Cosa ne dite?»

6. Rispose il gigante: «O amico, da soli noi non abbiamo affatto un'opinione; noi facciamo soltanto ciò che vuole il Maestro e Signore. Se noi, accogliendo la tua proposta, dovessimo dedicarci a quello di cui hai parlato tu, allora noi vorremmo farlo il più presto possibile a vantaggio del nostro misero paese natale, portando a quelle popolazioni ancora molto rozze e selvagge questa Dottrina della Luce, dell'Amore, dello Spirito e della Vita»

7. Dissi infine Io: «Si, avete pienamente ragione, e potete perciò anche accettare la proposta del comandante. Infatti, anche se restate un tempo più o meno lungo al Mio fianco, non otterreste per questo più luce, né più amore, né più spirito, né più potenza e vita; tutto ciò invece l'otterrete mediante la fedele osservanza della Mia Dottrina. E se all'occasione sentirete la necessità di una forza superiore che testimoni la verità della vostra sapienza attinta in Me, basterà che voi Me ne preghiate nei vostri cuori e vi sarà dato immediatamente quello per cui vi sarete rivolti a Me in preghiera!

8. Ma quando Io stesso, da qui a non molto, avrò abbandonato personalmente questa Terra, allora Io effonderò il Santo Spirito di ogni verità su tutti i Miei fedeli discepoli e fratelli. Questo poi li guiderà, condurrà e innalzerà ad ogni verità, sapienza, potenza e forza, ed unificherà le vostre anime con lo spirito ultraterreno dell’Amore proveniente da Dio, e così attuerà la rinascita dello spirito in voi, senza la quale non vi può essere vera e libera, eterna vita in voi, ma solamente una vita vincolata e giudicata, la quale, a paragone della vita vera e liberissima dello spirito, è una vera morte!

9. Infatti se l'uomo non vive liberamente grazie alle sue forze, ma unicamente come una macchina tramite l'Onnipotenza della Volontà divina, egli in sé e per sé è come morto, né viene a trovarsi affatto in condizioni migliori di una pietra, di una pianta e di un qualsiasi animale privo di ragione. Invece chi vive ed opera scrupolosamente secondo la Mia Dottrina, costui può attendersi con assoluta certezza quello che Io - non soltanto adesso qui ma dappertutto e molto spesso - ho già annunciato e promesso. Che poi egli si trovi fisicamente vicino a Me o che si trovi lontano, questo è del tutto indifferente; al contrario, Dio guarderà con maggiore compiacimento ancora colui il quale procederà con tutta fedeltà in Mia compagnia semplicemente in spirito senza bisogno della Mia personale Presenza!

10. Cornelio e Cirenio Mi conoscono molto bene fino dal tempo della Mia nascita. Avrete buona accoglienza da parte loro, e potete essere sicuri del loro aiuto in qualsiasi evenienza».

11. Di ciò i dieci si dichiararono soddisfatti e accettarono l’offerta del comandante. Soltanto espressero il desiderio di poter restare presso di Me finché Io Mi fossi trattenuto a Cafarnao.

12. Ed Io dissi loro: «Non c’è nulla che ostacoli tale vostro desiderio, quantunque ciò non possa venirvi computato in qualche modo come un merito speciale, poiché un vero merito al Mio cospetto ce l’ha solamente colui che nel Mio Nome compie le opere dell'amore conformemente alla Mia Dottrina. A Me infatti non è possibile che voi facciate qualcosa di bene, considerato che Io non ho bisogno dei servizi di nessun uomo, e quand'anche qualcuno possa farMi qualcosa di bene, Io dal canto Mio posso rendergliene mille volte di più, né qualcuno può darMi una cosa che egli non l’abbia già prima ricevuta da Me.

13. Ma chi, per amor Mio, fa del bene al proprio prossimo nel Mio Nome, costui ha al Mio cospetto il merito genuino di un lavoratore dei Miei campi, e non mancherà di averne adeguato compenso. Infatti quello che voi farete a vantaggio dei poveri nel Mio Nome, Io lo considererò sempre come se l’aveste fatto a Me stesso. Quindi, anche se ve ne andrete da qui oggi o domani, non vi troverete più lontani da Me, né più vicini a Me di quanto lo siate adesso; quando però nel Mio Nome renderete del bene agli uomini di questa Terra, voi vi troverete in spirito molto più vicini a Me che non ora.

14. La Mia carne non è affatto il Mio Io, ma unicamente il Mio Spirito è il Mio Io verissimo; ebbene, con il Mio Spirito Io sono presente dappertutto, e con Esso opero ininterrottamente in tutta l’intera infinità.

15. Ciò che vuole soltanto la Mia carne, non avviene mai, ma unicamente in eterno avviene ciò che vuole il Mio Spirito. Ovunque possiate trovarvi, anch'Io Mi trovo in mezzo a voi, e quando operate nel Mio Nome, sono Io ad operare con voi ed in voi, e quando parlate nel Mio Nome, sono Io che creo i pensieri nei vostri cuori e che pongo le parole sulle vostre lingue.

16. Per conseguenza se restate operosi secondo la Mia Dottrina, è impossibile che vi allontaniate da Me; invece vi allontanereste da Me soltanto nel caso in cui abbandonaste la Mia Parola e diveniste, come molti altri, unicamente servitori del mondo. Sennonché questo voi non lo farete mai, e quindi potete abbandonare quando volete la Mia Personalità visibile senza il benché minimo danno per le vostre anime!».

17. Tale Mia dichiarazione soddisfece completamente i dieci fratelli, ed essi si dissero pronti a seguire subito il comandante.

18. Il comandante dal canto suo fu sommamente lieto di aver ottenuto per Roma degli uomini di quella specie, i quali sarebbero piaciuti all'imperatore come guerrieri, mentre come fedeli seguaci della Mia Dottrina sarebbero stati molto bene in grado di diffonderla in vari modi anche fra i pagani. Il comandante si profuse ancora in ringraziamenti particolarmente per questa causa e Mi promise che anzitutto avrebbe usato la sua influenza a favore del gigante, affinché questo venisse fatto presentare a Roma all'imperatore assieme ai suoi fratelli già con il grado di comandante.

 

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Cap. 143

Dovere e onore. Tutto è grazia; solo la buona volontà è merito.

Della consapevolezza del proprio non valore.

(Luca 17,10)

 

1. Io poi proseguii e dissi: «Quello che è del mondo, non ha nessuna importanza per Me, perché tutto ciò concerne soltanto l'intelletto mondano dell'uomo. Gli uomini divengano pure nei riguardi del mondo quello che anche onestamente possono diventare, ma non per questo essi otterranno considerazione al Mio cospetto, ma otterranno considerazione unicamente in base a quanto essi avranno operato conformemente alla Mia Dottrina, e quindi conformemente alla Volontà di Dio.

2. La considerazione esteriore della persona non ha il benché minimo valore dinanzi a Me, valore ce l’ha invece la considerazione derivante dal cuore illuminato dalla Parola di Dio, che è invece colmo di vita tramite l'amore per Dio e l’amore per il prossimo. Ma se qualcuno riveste un alto incarico nel mondo, egli è pure posto in grado di fare tanto più del bene, e se lo fa, anche il suo incarico ha al Mio cospetto un merito ed un valore, mentre invece non ce l’ha l’incarico in sé e per sé.

3. L’imperatore e il mendicante sono del tutto uguali al Mio cospetto e non hanno nessuna considerazione dinanzi a Me per il fatto di essere quello che sono; invece valore dinanzi a Me ce l’ha solamente come essi lo sono nel Mio Nome, perché dinanzi a Me la considerazione del mondo non ha in sé e per sé nessunissimo valore. Quanto ho detto sia per voi tutti un tesoro molto grande e prezioso!

4. Sventurato è colui che si stima superiore al suo prossimo perché copre egli stesso un alto incarico del mondo. L’incarico certo deve godere il dovuto rispetto, e chi ne è investito pure, ma solo nella misura in cui rappresenta l’incarico; il detentore dell’incarico non ascriva dunque nessun merito a se stesso, perché egli non è che il servitore dell’incarico e non l’incarico stesso!

5. Queste cose Io ve le dico soltanto affinché nessuno diventi presuntuoso a causa di una qualche carica del mondo, perché chi fa così, non è più nel Mio Amore, e la sua carica non gli serve più per la sua vita, ma bensì per la sua rovina!»

6. Ed i Miei vecchi discepoli osservarono: «Ma, Signore, se le cose stanno così, allora non è bene assumere un incarico! A noi pure è stato affidato un incarico da parte Tua; ma in verità noi non avremo nessuna colpa se un giorno la gente ci onorerà a causa di tale incarico e se ci considererà in qualche modo meglio di quanto ci consideri ora!»

7. Dissi Io: «In nessun luogo Io vi ho mai dato un comandamento nel senso che a causa di ciò la gente non debba onorarvi, ma se a causa di ciò dovesse sorgere in voi l'idea di essere qualcosa di più di coloro che vi rendono onore, in questo caso avreste già ottenuto la vostra ricompensa, e il vostro lavoro apparirebbe assolutamente nullo dinanzi a Me, e quindi anche del tutto privo di merito.

8. Invece se voi, quali Miei lavoratori, volete apparire degni di merito e di considerazione dinanzi a Me, allora, quando avrete compiuto tutto coscienziosamente nel Mio Nome, è bene che diciate nei vostri cuori: “O Signore! Noi siamo stati dei servitori pigri ed inutili al Tuo cospetto!”. Se poi sentirete in maniera vivente in voi la verità di tale confessione e sarete convinti di essere stati semplicemente dei servitori volontari del Mio Spirito, che è l’unico a operare, allora Io avrò considerazione del vostro lavoro come se avessi operato Io stesso, e vi darò la giusta ricompensa per il lavoro svolto»

9. E alcuni fra i discepoli dissero: «O Signore! Ma se le cose stanno così, Tu puoi fare assolutamente a meno di noi, perché Tu hai ad ogni modo il potere di fare Tu stesso tutto senza bisogno del nostro aiuto! Se noi non possiamo fare niente da soli, e dobbiamo avere sempre in mente che tutto quello che facciamo nel Tuo Nome - con sacrificio perfino della nostra vita - sei Tu solo a farlo, e per conseguenza non siamo che dei ciechi strumenti in mano Tua, risulta evidentemente impossibile il fatto che possiamo vantare dei meriti dinanzi a Te e pretendere delle ricompense! Quale merito può avere il telaio morto di fronte al tessitore il quale lo ha semplicemente adoperato per tesservi la sua tela con maggiore comodità?»

10. Dissi Io: «Il telaio non ha una propria libera volontà; voi invece una tale volontà l'avete e potete liberamente fare quello che volete. Dunque, se voi vi assoggettate liberamente alla Mia Volontà riconosciuta, e agite in conformità alla stessa, che è la sola buona, allora non voi stessi, ma la Mia Volontà agisce in voi! Come dunque potrebbe l'agire venire reputato un vostro merito? Vedete, in ciò non avete alcun merito, ma ne avete invece nel fatto che voi avete assoggettato il vostro malvagio volere mondano al Dio che è l'unico Buono, diventando così una cosa sola con Me, tramite l'aiuto della vostra fede.

11. In verità vi dico: “Senza di Me voi non potete fare nulla di meritorio per la vita eterna!”. Se voi riconoscete ciò nei vostri cuori, soltanto allora siete Miei veri discepoli, anzi di più ancora, perché così siete Miei veri fratelli nello Spirito di Dio!»

12. E qualcuno fra i discepoli replicò: «Tutto questo è certo molto bello e detto con molta saggezza; tuttavia non possiamo non confessare apertamente che tutto ciò è pure alquanto duro e non suona in maniera troppo intelligibile, perché rispetto alla reale libertà del proprio volere la cosa non si presenta eccessivamente favorevole! Se qualcuno ha fatto qualcosa di buono, la cosa non concerne affatto il volonteroso operatore del bene; egli non deve attendersi alcuna ricompensa per l'azione compiuta, ma unicamente per il fatto che egli si è volontariamente prestato a fungere da strumento nelle mani della riconosciuta Volontà divina! Questo è ben strano! L'uomo dunque è e resta niente altro che uno strumento dell'Onnipotenza divina, ed in sé e per sé non costituisce in eterno che un nulla assoluto! In verità, data una simile dottrina, si potrebbe arrivare al punto di vedere vacillare nella fede anche noi, che pure abbiamo visto e udito tante cose da Te!»

13. A questo punto intervenne il gigante, il quale disse: «Miei cari amici, io, che sono uno fra i più recenti discepoli di questo Maestro ed Uomo divino, non condivido il vostro parere! Che cosa succede ad esempio di un fanciulletto, nel quale, come di frequente avviene, già comincia a manifestarsi una perversa volontà? Non deve egli obbedire alla saggia volontà dei propri genitori, ed infine adoperare la propria volontà esclusivamente a fare soltanto quello che vogliono i genitori? Ma quando con il tempo è giunto sempre più ad orientarsi secondo la volontà dei genitori, egli pure diventa saggio, conosce bene ciò che è giusto e buono, e aborre di proprio volere ciò che è malvagio, falso ed ingiusto! Solo così egli perviene alla vera coscienza di se stesso e alla vera indipendenza raggiunta usando la ragione. Ma avrebbe il fanciulletto potuto mai pervenire a tanto se non avesse fatto propria la volontà dei suoi saggi genitori?

14. E appunto così anche noi, esseri umani, possiamo pervenire alla vera coscienza di noi stessi e alla reale indipendenza della vita, quando abbiamo fatto del tutto nostra, mediante la volonterosa obbedienza, la Volontà divina che ci viene rivelata, perché nella Volontà divina deve evidentemente dominare pure la suprema Libertà, dato che Dio stesso è l'Essere più saggio e per conseguenza anche più libero. E se noi vogliamo aspirare in qualche modo alla libertà della vita, l'unico modo di pervenirvi è quello di unificarsi interamente nel pensiero, nel sentimento e nella volontà con Lui, ed infine anche nell'operare pienamente in conformità. Ho ragione o no?»

15. Risposero i discepoli: «Sì, sotto questo punto di vista hai certo ragione e noi non possiamo che rendertene lode! Tuttavia non si può dire che sia proprio errata neanche l’idea che alla fine è un destino per l'uomo doversi dichiarare contento della faccia che ha avuto, perché anche mostrandosene del tutto insoddisfatto, non gli è possibile farsela cambiare! Dunque sia pure reso ogni onore e lode all'immensa Sapienza, Potenza e Benevolenza del nostro Signore e Maestro, ma non perciò un uomo potrà mai divenire un libero Dio, né mai Dio un uomo limitato! E con ciò abbiamo detto molto, anzi tutto; infatti, che un uomo con le sue forze, comunque quanto mai limitate, debba fare tutto, e ciò addirittura avendo la convinzione interiore e vivente di non aver fatto nulla, anzi di essere un servitore pigro e inetto, quasi degno di punizione, è una pretesa talmente strana che una simile su questa Terra non la si è mai udita!

16. Un padre saggio non potrà che lodare i suoi figli quando essi avranno lavorato con diligenza i suoi campi; qui invece non solo non c'è nemmeno da parlare di lodi, ma viene in aggiunta richiesto che, quando si abbia fatto tutto bene con il massimo zelo, si debba per di più avere se stessi in spregio peggio che non un'immonda carogna. Ah, ma questa è davvero una cosa che non va affatto! Come può l'uomo sentirsi animato da qualche zelo per compiere una buona azione se poi deve disprezzare se stesso a causa del bene che ha fatto? L'uomo deve sì disprezzarsi ed aborrirsi a causa di un peccato commesso in un momento di leggerezza, ma non a causa di una buona azione! Egli non deve che gioire di ciò, e nel silenzio del proprio cuore deve innalzare una lode al suo animo, ed essere tranquillo nel proprio animo anche se tutto il mondo lo disprezzasse a causa del bene fatto! Ma avere per di più se stesso in spregio ed essere scontento al massimo grado qualora, con il maggior zelo possibile, si sia fatto tutto ciò che è stato riconosciuto per buono e giusto perché conforme alla Volontà divina, questo è davvero pretendere un po' troppo da un uomo comunque debole!

17. O Signore, noi dunque Ti preghiamo di darci una spiegazione più precisa a tale riguardo, altrimenti finiremo con l'andarcene anche noi seguendo gli altri che se ne sono andati già prima! Tu sei venuto a noi e Ti abbiamo seguito obbedendo alla Tua chiamata e abbiamo sempre creduto ad ogni Tua parola; ma questo, come a noi è dato di vedere ed intendere, non possiamo crederlo! E ciò per la ragione che non è facile considerarlo e comprenderlo diversamente!».

 

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Cap. 144

La dipendenza dell’agire umano dalla Grazia di Dio.

 

1. Io allora in tono pacato, ma serio, dissi: «Non è veramente troppo lodevole da parte vostra arrabbiarvi in tal modo a questo proposito! All'infuori di Dio, c'è forse una qualche vita, una forza o una potenza? Certo che no, eppure Dio vuole rendervi viventi per l'eternità nella maniera più libera e indipendente possibile, e vi sta mostrando la via sulla quale dovete incamminarvi per far vostra una vita simile a quella divina liberissima e del tutto indipendente; perché dunque vi arrabbiate a causa di questo amore che Dio vi dimostra?

2. La vita individuale intermedia naturale è forse qualcosa di differente da un semplice braccio mediante il quale vi è possibile attrarre a voi la vera Vita divina? Ma se è così, essa in sé e di per sé non ha evidentemente nessun altro valore all'infuori di quello che gliene deriva per essere stata destinata a ciò da Dio.

3. Ora se voi, uomini che vivete ancora semplicemente di una vita naturale, agite così, e così agendo cercate il vostro proprio onore rendendo buona testimonianza di voi stessi, allora siete simili al fariseo che si giustificava da solo al cospetto di Dio nel Tempio, perché anche voi dite: “O Signore, io Ti ringrazio che non sono proprio come molti altri, poiché ho sempre osservato la legge dalla prima all'ultima lettera, ed ho sempre adempiuto esattamente quanto è stato prescritto da Mosè e dai profeti!”. Io questa parabola ve l'ho già detta una volta, però l’avete dimenticata! Se la ricordaste, sapreste anche che non il fariseo, ma soltanto il pubblicano, che si era molto umiliato dinanzi a Dio, uscì giustificato fuori dal Tempio.

4. Quando voi dite: “Noi abbiamo fatto questo e quell'altro di buono!”, in primo luogo mentite a voi stessi, poi a Dio e così pure al vostro prossimo, perché nessun uomo è capace di fare qualcosa di buono per virtù sua propria e ciò per la ragione che, in primo luogo, già la sua vita naturale non è altro che un dono di Dio e, in secondo luogo, un altro dono è la Dottrina, secondo la quale egli è chiamato a vivere e ad operare. Se l'uomo non vede e non comprende neppure ciò, allora egli in sé e per sé non rappresenta che un nulla, ed egli è ben lontano dall’essere indipendente, considerato che non fa nessuna distinzione fra il proprio agire e l'Agire di Dio in lui e per mezzo di lui. Egli percepisce e ritiene entrambe le cose come un unico e identico agire; l'uomo però penetra entro la cerchia dell'indipendenza della vita solo quando egli si accorge che il suo proprio agire nella vita è perfettamente vano e nullo e che unicamente l'Agire divino in lui è buono.

5. Quando l'uomo si accorge di ciò, egli farà certamente ogni sforzo per congiungere il proprio operare a quello divino che ha ben riconosciuto ed egli farà certamente ogni sforzo per unirsi gradatamente in maniera perfetta alla Forza vitale di Dio in lui, unione tramite la quale l'uomo poi perviene alla vera indipendenza della vita, perché solo allora egli sa e vede chiaramente che l'Agire divino, che prima gli era estraneo, sia ormai diventato l'agire suo proprio per effetto dell'umiltà dinanzi a Dio e grazie al vero amore per Lui! E qui sta propriamente il motivo per cui Io prima vi dissi: “E quando avete fatto anche tutto ciò che era possibile, tuttavia dite e ammettete: ‘O Signore, soltanto Tu hai fatto tutto questo, noi invece, da soli, non siamo stati che dei servitori pigri ed inetti!’”.

6. Se voi allora, ben consci in voi stessi di tale verità, direte così, la Forza di Dio verrà in vostro aiuto e vi avvierà verso la perfezione; ma se in piena coscienza non ammettete questo in voi stessi, ed innalzate invece soltanto voi stessi sull'altare della gloria ritenendovi forti da voi stessi, allora la Forza di Dio non vi verrà in aiuto, ma lascerà a voi soli il compito estremamente faticoso del perfezionamento della vita, e poi si vedrà ben presto fino a quale punto si dimostreranno sufficienti le vostre proprie forze. Perciò anche vi dissi che senza di Me non potete fare niente di meritorio e che sia atto a raggiungere lo scopo finale! Ma se Io non vi trattengo proprio nulla di quanto è incessantemente necessario al conseguimento della Vita vera, liberissima e pienamente indipendente della vostra anima, perché vi adirate a causa di questa Mia sollecita e saggia fatica a vostro vantaggio?»

7. E Andrea rispose: «Davvero noi non ci adiriamo a causa di ciò; soltanto non ci è proprio troppo gradito il fatto che Tu, ogni tanto, quando capita l’occasione, Ti esprima dinanzi a noi riguardo a qualcosa di nuovo in modo che sembra essere in contraddizione con quello che hai detto in precedenza, e in tali occasioni non ci fornisci mai spontaneamente una qualche spiegazione, ma il più delle volte fai in modo che siamo obbligati noi a pregarTi di darcele! Eppure, data la Tua assoluta Onniscienza, devi ben conoscere quello che noi possiamo vedere e comprendere! Infatti, non è proprio per niente gradevole chiederTi delle spiegazioni più precise, perché poi ci si deve sempre aspettare un rimprovero da Te che non fa eccessivamente piacere. Quando Tu in seguito vorrai insegnarci ancora qualcosa di nuovo, concedici subito la giusta luce che ci chiarisca la cosa stessa, affinché poi non siamo costretti ad importunarTi con ogni genere di domande! Di solito Tu sei immensamente buono, cosa che noi tutti vediamo con assoluta chiarezza; tuttavia nell'insegnare Tu sei talvolta estremamente difficile!

8. Io e noi tutti sappiamo e crediamo fermamente che Tu sia il Figlio del Dio vivente e che la Divinità dimori, per così dire, corporalmente in Te in tutta la Sua Pienezza; ma tutto ciò non può impedirci di esporTi, apertamente, quando ne sentiamo la necessità, dove è eventualmente il punto che ci duole, nonostante Tu qualche volta non Te ne voglia accorgere. Infatti, in fondo, finché abbiamo vita, noi non siamo che degli uomini, e siamo sensibili ad ogni tipo di oppressioni, e poiché questo è certo il caso, deve ben esserci pure concesso di esprimerci anche di fronte a Dio e di dirGli dov’è il punto che ci opprime. Se Dio vuole aiutarci, farà bene a farlo, ma se non vuole, bisogna bene che Si rassegni a sentirci lamentare finché a Lui piacerà di lasciarci in questa valle di lacrime. Le cose che ci hai dette ora, tutti noi le comprendiamo benissimo ed anche vi ci atterremo fedelmente; ma in avvenire vedi di non darci più degli insegnamenti senza la relativa spiegazione!»

9. Dissi allora Io: «Fratelli, conosco bene la ragione di quanto Io faccio e so perfettamente perché faccio questo e quello in un certo modo. Invece voi non vedete neanche lontanissimamente la ragione di quanto fate e dite. Ad ogni modo verrà il giorno nel quale voi pure penetrerete la ragione di tutti i Miei insegnamenti e di tutte le Mie opere.

10. Ma adesso lasciamo stare queste cose, perché si avvicina l'ora in cui i dieci nuovi discepoli ci lasceranno, ed è quindi necessario fornirli di forza perché possano procedere con coraggio sul cammino per il quale si sono messi ed affinché siano in grado di preparare a voi le vie anche in un'altra parte del mondo. A tale eccellente scopo, essi nella Mia nuova Dottrina della vita possiedono già sufficienti conoscenze»

11. Dopodiché, rivoltoMi ai dieci, così parlai: «Affinché voi, che siete di origine pagana, possiate rendere piena e vera testimonianza di Me dinanzi agli altri pagani, testimoniando cioè del fatto che Io che vi mando a loro sono veramente Colui per il Quale Mi avete riconosciuto, Io vi impartisco il potere di guarire tutti gli ammalati, così come l'ho conferito al medico di Chotinodora e a quello di Serrhe.

12. Imponete agli infermi le mani nel Mio Nome, ed immediatamente essi riacquisteranno la salute, ed allora essi crederanno alle vostre parole! Ed ora non vi occorre altro; quando però Io sarò salito là da dove sono venuto, lo Spirito che Io farò scendere su voi vi sarà di guida in ogni altra verità e sapienza. Così dunque sia e così avvenga!».

13. I dieci allora Mi ringraziarono con il massimo fervore; anche il comandante ne fu quanto mai lieto, ed infine Mi domandò quanto tempo ancora Mi sarei trattenuto in quel luogo.

14. E Io gli risposi: «Questo, amico, dipende dalle circostanze e dalla Volontà di Colui che Mi ha mandato in questo mondo, poiché Io pure, per Me stesso semplicemente un uomo, devo regolarMi rigorosamente secondo quanto viene disposto dal Padre nel Cielo! Certo, tutto quello che è del Padre è anche Mio, ed Io e il Padre siamo alla fin fine una cosa sola; malgrado tutto, però, l'Amore in Me stesso è collocato più alto della sua Luce, vale a dire della Sapienza. Perciò anche la Mia Sapienza non può dettare legge al Mio Amore, mentre invece è l'inverso che avviene. Tu però verrai comunque a conoscenza di quanto a lungo Io Mi tratterrò ancora qui»

15. Dopodiché il comandante Mi ringraziò, si alzò da mensa e se ne andò assieme ai dieci alla sua dimora dove aveva ancora qualche faccenda da sbrigare.

16. Quel pomeriggio essi rimasero con lui, ma il mattino seguente egli diede disposizioni per la loro partenza affidandoli a delle buone guide, e così, muniti di speciali raccomandazioni per Cirenio, essi si avviarono verso Sidone. Quando questi dieci si presentarono a Cirenio, costui non stava più in sé dalla gioia apprendendo che essi erano stati accolti da Me e che ormai professavano la Mia Dottrina. Egli li trattenne con sé oltre un mese, e quando si presentò una buona e sicura occasione li inviò a Roma dove a sua volta l’imperatore li accolse benevolmente e conferì loro delle alte cariche militari. Il gigante poi rimase per lungo tempo addirittura alla residenza imperiale in qualità di guardia del corpo dell'imperatore, dove poté svolgere una eccellente attività, dato che più volte e volentieri l'imperatore fece ricorso a lui per ottenere consiglio riguardo a questioni di carattere segretissimo.

 

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Cap. 145

I rimproveri e i dubbi dei discepoli.

 

1. Tutta quella giornata Io la trascorsi con i Miei discepoli in casa di Mattia, al quale raccontai molto di quanto Mi era accaduto durante l'ultimo viaggio durato parecchie settimane, e l’albergatore se ne interessò moltissimo. I discepoli poi uscirono fuori all'aperto, ad eccezione di Giovanni e di Matteo i quali fino a sera si occuparono di dare un ordine e di collegare maggiormente tra di loro le loro annotazioni; anche gli ebrei-greci se ne andarono per conto loro fin sulla riva, dove rimasero in contemplazione del mare che era molto animato e mosso.

2. Solo sul tardi rientrarono tutti i discepoli, quando la cena era già pronta da qualche tempo. Noi cenammo in perfetto silenzio, e poco dopo ci ritirammo per riposare. Là ci fermammo ancora per qualche giorno occupandoci di ogni tipo di cose utili e buone.

3. Anche il comandante veniva a trovarMi ogni giorno, ed Io guarii grazie alla Mia sola Parola molti ammalati indicatiMi da lui, cosa questa a causa della quale alcuni dei Miei vecchi discepoli si arrabbiarono. Infatti Io facevo tutto da solo e non incaricavo loro di farlo nel Mio Nome; secondo loro, se li avessi incaricati di farlo, ciò avrebbe reso una testimonianza ben più valida della Mia Dottrina che non il Mio continuo operare prodigi, i quali erano certo per Me stesso una testimonianza del fatto che Io ero un Maestro divino, ma che invece non costituivano affatto alcuna testimonianza speciale dell'effetto della Mia Dottrina anche nei Miei discepoli, perché la gente avrebbe detto: «Ecco, questi qui se ne stanno con Lui da così tanto tempo, eppure hanno imparato ben poco, visto che non sono capaci di fare quasi nulla!»

4. Io però dissi loro: «Miei amici e fratelli! Verrà anche per voi il giorno nel quale compierete dei prodigi nel Mio Nome, ma questo tempo non è ancora venuto. Ad ogni modo, alla maggior parte di voi Io ho pure conferito il potere di risanare qualsiasi specie di infermi, e voi li avete anche guariti, e tale facoltà è ancora propria a voi, eccetto che ad uno il quale la perse perché se la fece pagare. Ora quando siete con Me, non è certo necessario che compiate dei prodigi in Mia presenza, ma quando è necessario Io vi lascio compiere dei prodigi anche notevoli; cosa dunque volete di più? Io non sono ancora asceso là da dove sono venuto, al Mio Dio ed al vostro Dio, e non ho ancora effuso su di voi il santo Spirito di Dio il quale vi guiderà in ogni verità e sapienza. Abbiate dunque pazienza fino a che sia giunto quel tempo, e poi voi pure farete quello che ora faccio Io! Non siete soddisfatti così?»

5. Rispose allora Tommaso: «O Signore, certo che siamo soddisfatti. Tuttavia, in Te c'è ancora una cosa che noi non comprendiamo! Ecco: presso i pagani si può dire che, in fatto di prodigi, hai in verità quasi superato Te stesso. I templi e gli idoli dei pagani Tu li hai annientati con un solo cenno, ed i più fanatici tra i loro sacerdoti si sono uniti a Te come agnelli; ma perché non fai altrettanto anche nella Giudea? Già da molto tempo la gente del Tempio si sarebbe aggiunta al numero dei Tuoi discepoli qualora avessi spazzato via con un soffio il loro Tempio con la stessa facilità con la quale facesti svanire gli idoli dei pagani nelle città sull'Eufrate. Fa lo stesso anche in Giudea, ed allora la Tua Dottrina sarà al sicuro!»

6. Ma Io dissi: «Voi parlate di una cosa per come vi è possibile comprenderla, mentre Io dico quello che il Padre Mi fa conoscere, e per conseguenza lo comprendo perciò anche molto bene! Voi non sapete niente della ragione per la quale questo o quello deve accadere per raggiungere con certezza assoluta questo o quello scopo. Dunque non è davvero bello da parte vostra voler prescriverMi in un certo modo ciò che Io devo fare! Già in varie occasioni vi ho spiegato in maniera molto chiara perché Io faccio questa o quell’altra cosa e perché i rapporti dell'umanità con Dio posano attualmente su di un terreno tanto cattivo e tenebroso, e così pure vi ho spiegato i motivi per i quali accadrà addirittura che questo Mio corpo un giorno verrà messo a morte a Gerusalemme!

7. Sennonché voi non prendete nota di nulla, né vi dedicate mai a delle meditazioni più profonde su tali cose, e così avviene che la Mia Parola non può mai mettere radici salde e vere in voi! Ed appunto in seguito a ciò la vostra fede in Me è ancora ben lontana dall'essere una fede vivente, ed è questa precisamente la ragione per la quale voi non siete atti e capaci di compiere dei prodigi tali da fornire alla gente la prova irrefutabile che voi siete veramente Miei discepoli! Ma perché fate così poca attenzione a quello che Io vi dico, e perché non ci riflettete su almeno un po'?»

8. Disse nuovamente Tommaso: «O Signore, rafforza Tu la nostra memoria, e poi certamente non ci sfuggirà più nulla e rifletteremo bene su ciascuna Tua Parola!»

9. Ed Io replicai: «Per quanto è stato possibile, anche questo Io l'ho già fatto; tuttavia non si può andare al di là di quanto lo possa sopportare la vostra natura; ma quando lo Spirito verrà su di voi, esso ad ogni modo vi guiderà in ogni sapienza, e poi non avrete più alcun bisogno della vostra memoria terrena. Però, a causa dell'educazione dell'anima, all'uomo è data pure una memoria terrena la quale, se c’è una volontà ben ferma, è abbastanza forte per registrare una innumerevole quantità di parole, verità e fatti; soltanto qualora una persona passi con assoluta indifferenza oltre a qualsiasi cosa o avvenimento, allora certo di tutto ciò non resta nessuna traccia nel suo cervello, e le rispettive ragioni Io ve le ho già chiaramente indicate a Cesarea di Filippo. Pensateci un po' su, e non mancherete certo di trovarle!».

10. A queste Mie parole nessuno fra i discepoli obiettò più qualcosa, perciò Mi misi a parlare con il comandante che veniva ogni giorno a trovarci, e gli comunicai varie cose che servirono ad illuminarlo riguardo alle vicende del mondo nell'epoca a lui contemporanea.

11. I discepoli invece si intrattenevano a modo loro, e facevano reciprocamente ogni genere di considerazioni. Alcuni sostenevano che Dio nella Sua Potenza doveva pur essere anch'Egli limitato, considerato che in tutto ciò che voleva creare era anche costretto a vincolarsi, sia riguardo al tempo che alla costituzione delle cose, a certe condizioni, senza le quali parecchie cose non avrebbe potuto affatto effettuare. Altri invece dicevano che Dio procedeva così non per Se stesso, ma a causa delle creature, per dare loro quella consistenza tramite la quale esse giungevano a consolidarsi ed a perpetuarsi per l'eternità. Sostenevano inoltre che per Lui era fonte di vera e propria beatitudine vedere le Sue opere maturarsi, elevandosi verso di Lui così, grado per grado, in un Ordine determinato e stabilito da Lui stesso. Che però Dio potesse attuare qualcosa anche istantaneamente, tramite l'Onnipotenza della Sua Volontà, di ciò Io avevo fornito loro moltissime prove.

12. A questo punto furono fatte di nuovo delle contro-osservazioni; per dirla in breve, il frutto di tali discussioni fu che perfino nella maggior parte dei Miei discepoli la fede cominciò un po' a vacillare, ed alcuni asserirono che Io forse non ero niente di più di un grande profeta, simile ad esempio a Mosè od Elia, poiché anche presso quest’ultimi non sono mai scarseggiati i più straordinari prodigi. Fra simili considerazioni e paragoni si era intanto fatta sera, e noi, dopo aver cenato, ce ne andammo di nuovo a riposare.

 

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Cap. 146

I discepoli scontenti vanno da soli verso Gerusalemme alla festa dei Tabernacoli;

il Signore ci va da solo di nascosto.

(Giov.7, 2-13)

 

1. Già il mattino seguente, da tutte le regioni situate dietro a Cafarnao, si vide arrivare una quantità di ebrei che volevano imbarcarsi per andare a Gerusalemme, dato che la festa dei Tabernacoli degli ebrei era prossima. (Giov.7,2). A questo scopo erano anche affluite da tutte le località poste sul mare delle imbarcazioni che si tenevano a disposizione dei molti pellegrini desiderosi di attraversarlo.

2. Finita la colazione, Io pure uscii fuori con tutti i discepoli fin sulla riva, e là restammo a contemplare il viavai delle imbarcazioni e dei numerosi pellegrini.

3. E ben presto venne a raggiungerci anche il capitano, il quale Mi disse: «Signore, che ne dici Tu di questa moltitudine di ciechi e pazzi? Eccoli sobbarcarsi gravi spese e fatiche per andare in cerca di Colui che sarebbe qui così vicino a loro!»

4. Dissi Io: «Lascia andare, verrà bene anche per loro il giorno del riconoscimento! Però ce ne sono anche parecchi che salgono[25] a Gerusalemme per causa Mia, perché sono dell'opinione che Mi incontreranno là»

5. Quando i discepoli, nei quali si era ridestata l'antica brama dei viaggi, ebbero inteso questo da Me, Mi dissero a voce molto alta: «Ebbene, parti da qui e va’ a Gerusalemme, e poi visita di nuovo la Giudea, qua e là, affinché anche i Tuoi numerosi discepoli che dimorano là vedano le opere che Tu fai. (Giov.7,3). Nessuno però fa di nascosto qualcosa che invece vuole sia rivelato al cospetto di tutto il mondo; ma poiché Tu pure vuoi così, e anche operi in tal senso, rivelaTi dunque al cospetto del mondo!» (Giov.7,4)

6. I fratelli, però, parlavano ora in questo modo perché la loro fede in Me si era molto affievolita. (Giov.7,5)

7. A questo punto più di uno si domanderà come fu possibile questo dopo i molti prodigi e dopo i molti insegnamenti. Oh, questa cosa può verificarsi con estrema facilità in ogni uomo! Basta soltanto che egli in qualche modo si insuperbisca un po’ e che cominci a diventare presuntuoso per le sue capacità, e la sua anima viene poi a trovarsi immediatamente in una tenebra di dubbi, da cui la può tirare fuori solamente una qualche piccola mortificazione.

8. Ora, questo fu il caso appunto anche presso i fratelli, per il quale motivo Io non mossi loro nessun rimprovero, ma Mi limitai a dire: «Per voi è facile parlare così! Il Mio Tempo non è ancora venuto, mentre il vostro è sempre pronto! (Giov.7,6). Il mondo non può odiarvi, perché finora non avete mai testimoniato in nessun modo contro di esso pubblicamente che le sue opere sono malvagie; per conseguenza voi avete sempre ancora dappertutto un tempo libero ed una via senza pericoli. Io invece sono odiato dappertutto dal mondo, perché Io rendo pubblicamente testimonianza che le sue opere sono cattive. (Giov.7,7)

9. Ma se voi tutti desiderate così tanto andare alla festa, salite voi soli a questa festa! Io però non voglio ancora salire a questa festa, perché il Mio Tempo non è ancora compiuto. (Giov.7,8)

10. Allora i fratelli si guardarono l'un altro, e non sapevano cosa fare.

11. Uno disse: «Saliamo! Anche se non ci saremo qui noi per quattro cinque giorni, il mondo non crollerà!».

12. Alcuni a loro volta espressero l'opinione che Io avrei forse potuto sentirMi offeso a motivo di ciò e che nel frattempo avrei potuto decidere di andarMene in qualche luogo dove non sarebbe stato facile ritrovarMi, perché non era loro intenzione quella di abbandonarMi. Degli altri ancora pensarono che tuttavia sarebbe stato consigliabile salire, dato che là in questa occasione avrebbero potuto apprendere molto di quello che la gente ora andava dicendo di Me. Questa opinione fu ben presto condivisa da tutti, ed essi decisero di salire alla festa completamente da soli.

13. Ora la barca di Simon Giuda (Pietro) era appunto arrivata, ed egli Mi venne vicino e disse: «Signore, concedici dunque che noi vi andiamo da soli! Male che vada, saremo nuovamente qui fra cinque giorni!»

14. Dissi Io allora: «Vi ho già detto quello che dovete fare, e così salite dunque tutti!

15. Quando ebbi detto questo, essi salirono subito sulla barca e partirono. Io però rimasi ancora qui in Galilea. (Giov.7,9)

16. Ma quando tutti i fratelli si trovarono già oltre a metà della navigazione, li colse improvvisamente un sentimento di grande tristezza e di rimorso, tanto che essi avrebbero voluto nuovamente ritornare per chiedere perdono per il loro meschino comportamento verso di Me.

17. E Pietro ad alta voce disse: «Signore, Signore, che demonio ha potuto questa volta renderci addirittura così folli da volerTi abbandonare? Oh, concedici che possiamo ritrovarTi ancora una volta, Tu eterno Figlio e Padre in - una - Persona, e noi di conseguenza non Ti lasceremo mai più!».

18. Giovanni e Matteo piangevano e premevano insistentemente per il ritorno; sennonché in quel momento si alzò proprio dietro le loro schiene un forte vento che spinse a grande velocità la barca fino alla riva superiore dietro Tiberiade, là dove il Giordano lascia il mare. Quando sbarcarono, si sentirono tanto abbandonati che avevano appena il coraggio di proseguire il cammino alla volta di Gerusalemme.

19. Giacomo allora disse: «Che noi tutti abbiamo gravemente mancato non c'è alcun dubbio, perché forte il vento che ci spinse così velocemente fin qui e che si levò proprio nel momento quando noi, pentiti, volevamo fare ritorno a Lui, era una prova eloquente che Egli ci ha respinto da Sé per sempre. Noi somari, ciechi e sciocchi, abbiamo voluto cominciare a prescriverGli ciò che Egli, l'Onnisciente e l'Onnipotente, deve fare! O noi ora miserabilissimi stolti! Dov'è quel miserabilissimo di Satana che ci ha traviati a tal punto? Che venga qui, dinanzi a noi, quella miserabile bestia fra le bestie e qui dovrà imparare cosa vuol dire mettere le mani addosso agli amici del Signore!»

20. Immediatamente apparve dinanzi a loro una figura di luce, la quale con un tono molto serio disse a loro: «Voi incolpate ingiustamente il “figlio perduto”, perché è stata la vostra stessa presunzione a farvi questo. L'accusa dunque rivolgetela a voi stessi, voi supremamente beneficati, e lasciate in pace colui che questa volta non ha alcuna parte nella vostra stoltezza!»

21. Dopodiché la figura disparve, e i discepoli esclamarono: «Signore, sii indulgente e misericordioso con noi poveri peccatori!».

22. Poi essi si incamminarono quieti e silenziosi per la via, finché arrivarono dall'albergatore già noto, nella valle presso Gerusalemme, che era sera già molto inoltrata. Quando egli li vide e li ebbe riconosciuti, ne fu molto lieto; ma quando si accorse che Io non Mi trovavo tra i fratelli, si mostrò molto preoccupato e chiese ad essi perché non fossi anch'Io venuto questa volta con loro.

23. Allora Pietro disse: «Vedi, amico, noi volevamo salire a questa festa affinché nessuno fra gli ebrei potesse muoverci qualche rimprovero come se noi fossimo dei samaritani. Sennonché il Signore non ha voluto questa volta venire su, e ci ha lasciato venire soli, perché il nostro tempo è sempre pronto, ma per Lui invece il giusto Tempo non è ancora venuto; e per conseguenza eccoci ora qui. Il Signore stesso invece è rimasto in Galilea, precisamente non lontano da Cafarnao, dove Egli ci aspetterà sicuramente»

24. Disse l'albergatore: «Questo stento a crederlo, poiché Egli è veramente in eterno imperscrutabile nelle Sue segrete decisioni! Dopo domani è il grande Sabato; chi lo sa che Egli non arrivi nel Tempio ancora prima di quando noi entreremo nel suo atrio!»

25. Disse Pietro: «Presso Dio sono ben possibili tutte le cose, ma questo stento davvero a crederlo! Ma ora innanzitutto, caro amico, possiamo avere oggi ospitalità presso di te?»

26. Disse l'albergatore: «O certamente, poiché presso di me vi è ancora spazio abbastanza! Per l'immenso amore e la considerazione verso il vostro ed anche mio Maestro e Signore vi do tutto gratuitamente, per quanto a lungo voi vogliate permanere presso di me!».

27. Dopodiché si provvide subito a preparare una buona cena; ma nessuno dei fratelli aveva un particolare piacere di mangiare e bere; infatti il ricordo del loro comportamento verso di Me a Cafarnao era sempre ancora come un rimorso rovente della coscienza che attanagliava loro il cuore.

28. Dopo cena essi raccontarono all'albergatore molte cose riguardo ai Miei viaggi, e così vegliarono quasi tutta la notte; e si sentirono in certo modo alleggeriti quando parlavano di Me. Solo verso mattina essi presero sonno, ma ben presto si ritrovarono desti. Quella giornata essi la trascorsero per metà ancora presso l'albergatore, mentre l'altra metà la trascorsero da Lazzaro a Betania, il quale pure si dolse molto della Mia assenza; tuttavia i molti racconti che gli vennero fatti riguardo alle Mie opere e ai Miei insegnamenti in occasione dei Miei viaggi nella grande Galilea compensò in parte la Mia assenza.

29. Visto dunque, come fu già detto, che i Miei fratelli erano saliti alla festa, Io pure un giorno più tardi Mi misi in cammino verso Gerusalemme, però non dissi a nessuno dove Mi sarei diretto, nonostante l'albergatore e il capitano Me ne avessero molto pregato, perché Io stesso volevo che non si diffondesse la voce che anch’Io sarei andato del tutto segretamente a Gerusalemme per la festa. (Giov.7,10). Io perciò Me ne andai solo soletto, seguendo dei sentieri fuori mano e, come è facile comprendere, il tempo che impiegai per compiere questo viaggio fu assai breve.

30. Il giorno della festa però, mentre tutti i Miei discepoli e fratelli si erano radunati già molto di buon mattino sul piazzale del Tempio e la loro presenza era già stata notata dagli ebrei che Mi conoscevano molto bene, gli ebrei appunto pensarono: «Ah, quelli sono i discepoli del Nazareno! Ma allora deve esserci pure Egli stesso qui!».

31. Ed essi Mi cercarono quindi in lungo e in largo e domandarono all'uno e all'altro dei discepoli dove Io fossi. (Giov.7,11)

32. E i discepoli dissero: «Questa volta non sappiamo dove sia, perché siamo venuti soli alla festa, ed Egli è rimasto da qualche parte in Galilea».

33. Allora sorse un grande mormorio fra gli ebrei, e molte e diverse furono le opinioni e le domande venute alla luce riguardo alla Mia Persona. (Giov.7,12)

34. Molti dicevano: «Quest'uomo è una persona molto pia, e da parte di Dio è dotato di tutte le facoltà speciali dei profeti, come un tempo Mosè, ed egli solo è atto a redimerci dal giogo dei pagani!»

35. Altri ancora dicevano: «Se egli fosse davvero tale, non occorrerebbe che avesse tanto timore dei farisei e degli scribi, e sarebbe venuto a questa festa e ci avrebbe dichiarato una buona volta cosa vuole veramente! Ma, come si sa, egli preferisce l'amicizia dei romani e dei greci, e perciò non può nemmeno trovare particolare seguito fra noi ebrei»

36. Ed altri ancora intervennero poi e dissero naturalmente a voce non troppo alta: «Macché, egli non è altro che un esseno camuffato, dotato di tutte le arti magiche e seduce sottilmente ed abilmente il popolo!».

37. Tuttavia nessuno si azzardava ad esprimersi troppo apertamente e ad alta voce in senso a Me ostile, per timore di quei molti ebrei che credevano e speravano fermamente in Me. (Giov.7,13)

38. Io però, non riconosciuto e osservato da nessuno, andai su nel Tempio, in mezzo alla pazza confusione della festa e in mezzo al popolo ebbro ed insensato.

 

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Cap. 147

Il Signore nel Tempio. L’aggressione non riuscita dei templari.

(Giov.7, 14-36)

 

1. Quando, nel Tempio, Io fui salito su di una cattedra, imposi il silenzio, e allora gli ebrei Mi riconobbero e si domandarono l'un l'altro a bassa voce come fosse stato possibile che Io fossi comparso alla festa così d’improvviso considerato che i Miei discepoli, da loro interpellati, avevano dichiarato che non sapevano niente di Me. Allora, in primo luogo, Io cominciai a spiegare al popolo, parola per parola, i capitoli quarto e quinto del profeta Isaia, capitoli facilmente comprensibili e nello stesso tempo densi di significato, e in secondo luogo accennai in maniera stringente, marcatissima e quanto mai chiara a cose e a fatti che si adattavano perfettamente a quel tempo nonché agli ostinati e orgogliosi ebrei. (Giov.7,14)

2. Mai gli ebrei si meravigliarono e dissero: «Com’è che costui conosce così bene la Scrittura? Eppure, a quanto noi sappiamo, egli non l'ha mai imparata! (Giov.7,15). Dunque, la sua dottrina non è falsa, considerato che essa è del tutto conforme alla Scrittura!»

3. Allora Io risposi loro dicendo: «Questa Dottrina - che è conforme alla Scrittura e che voi chiamate la Mia Dottrina - non è affatto Mia, ma di Colui che Mi ha mandato! (Giov.7,16). Se qualcuno vuole osservare questa Dottrina e vuole operare secondo la Volontà di Dio che vi è espressa, costui si renderà certo conto se questa Dottrina proviene da Dio oppure se Io parlo da Me stesso! (Giov.7,17). Chi parla da se stesso, costui cerca sicuramente soltanto la sua propria gloria; ma chi invece, come Me, cerca unicamente la gloria di Colui che l'ha mandato, costui è veritiero, ed in lui non vi è nessuna ingiustizia!» (Giov.7,18)

4. A questo punto alcuni tra i farisei cominciarono a mormorare e dissero tra di loro: «Questo sarebbe proprio il momento opportuno per mettere le mani su quest'uomo e per sbarazzarsi di lui una volta per sempre; così non occorrerebbe più stargli continuamente alle calcagna con grave dispendio, e andarlo a scovare nei nascondigli che egli sa trovare con grande abilità, perché evidentemente i suoi insegnamenti finiscono sempre col rivolgersi contro di noi, ed egli non fa che renderci sospetti di tutte le ignominie al cospetto del popolo! Coraggio dunque, e schiacciamolo una buona volta!»

5. Ma Io Mi accorsi subito della loro intenzione e dissi loro: «Mosè non vi ha forse dato la legge? Voi certo rispondete di sì, ma perché dunque nessuno di voi opera più secondo la legge?»

6. Gli ebrei mormorarono e poi dissero: «Come puoi sostenere che noi non osserviamo la legge di Mosè?»

7. Solo allora Io dissi loro: «Ebbene, se voi osservate la legge di Mosè, perché cercate di ucciderMi?» (Giov.7,19)

8. E il popolo rispose e disse: «Hai dunque il diavolo? Chi è che cerca di ucciderti?» (Giov.7,20)

9. Ed in tono severissimo dissi: «Non voi, ma quelli che sono là e che occupano gli alti seggi! Vedete! Io qui alcuni mesi fa ho compiuto una sola opera a vantaggio di uno che da trentotto anni languiva infermo, e quell'opera vi stupì tutti e nello stesso tempo suscitò la vostra ira! Quella volta Mi si condannò come profanatore del Sabato. (Giov.7,21)

10. Mosè vi ha dato da compiere l'opera della circoncisione non come se questa fosse originata da lui, ma dai primi padri, e voi tuttora circoncidete l'uomo anche nel giorno del Sabato. (Giov.7,22). Ma se voi circoncidete l'uomo anche nel giorno del Sabato senza timore che con ciò venga violata la legge di Mosè, perché allora vi adirate contro di Me perché Io ho sanato un uomo infermo nel giorno del Sabato? (Giov.7,23). Ora Io vi dico che se proprio volete giudicare, non fatelo secondo la vuota apparenza, ma emettete un giusto giudizio secondo la piena verità!» (Giov.7,24)

11. Allora alcune persone ragguardevoli di Gerusalemme, che erano pure là radunate, osservarono fra di loro: «Non è costui quello che i capi dei farisei cercavano di uccidere a Pasqua? (Giov.7,25). Ma ecco che egli ora parla liberamente, ed essi siedono là tranquilli senza ribattergli nemmeno una sillaba! Allora i nostri rettori hanno riconosciuto con assoluta certezza che egli è veramente il Cristo! (Giov.7,26). Eppure così non può essere, perché noi tutti sappiamo da dove viene costui, mentre quando il Cristo verrà, nessuno saprà da dove Egli sarà venuto!» (Giov.7,27)

12. Allora Io levai alta la voce nel Tempio e continuai ad insegnare dicendo: «Sì, la Mia Persona voi la conoscete bene, e sapete pure molto bene da dove vengo; ma quello che non sapete è che Io, come uomo, non sono venuto da Me stesso, ma c'è un Vero il Quale Mi ha mandato, ed è Costui che voi non conoscete, e non conoscete quindi nemmeno da dove Io sia veramente venuto. (Giov.7,28). Ma Io invece conosco molto bene Colui che Mi ha mandato a questo mondo! (Giov.7,29). E appunto perché voi non Lo conoscete, non potete conoscere neppure Me! Mi avete compreso?».

13. Queste Mie parole colmarono d'ira i superbi di Gerusalemme, ed essi tentarono di farMi arrestare e punire per la Mia audacia; ma siccome il Mio tempo non era ancora venuto, nessuno poté metterMi le mani addosso. (Giov.7,30)

14. Ma molti fra il popolo invece credettero in Me, e andavano dicendo tra di loro: «Eh, quando il Cristo sarà venuto, sarà forse in grado di fare segni maggiori e più numerosi di costui?» (Giov.7,31)

15. Ma ben presto venne agli orecchi dei farisei che il popolo andava bisbigliando tali cose di Me.

16. Allora si misero a gridare: «Ecco, vedete come egli seduce il popolo?»

17. Ed essi comandarono subito ai loro servitori di prenderMi e di legarMi con delle funi. (Giov.7,32)

18. Ma Io dissi a quest’ultimi: «Lasciate stare per ora quello che volete fare! Io resterò per poco tempo ancora con voi, e poi Me ne andrò da Colui che Mi ha mandato a questo mondo. (Giov.7,33)

19. In verità, allora Mi cercherete, e davvero non Mi troverete! E dove Io andrò, voi non potrete seguirMi. (Giov.7,34). Allora i servitori desistettero dal loro proposito, e nessuno Mi mise le mani addosso.

20. Gli ebrei però andavano borbottando fra di loro e dicevano: «Dove vuole andarsene che noi non possiamo trovarlo? Che intenda forse andarsene fra i greci che dimorano dispersi qua e là, per tentare di convertirli? (Giov.7,35). Che discorso strano fa quando dice: “Voi mi cercherete e non mi troverete” e “Dove io sarò voi non potrete venire!”. (Giov.7,36). Oh, ma costui parla da insensato! Egli teme di certo i capi dei sacerdoti e parla così per non dare loro motivo di fargli mettere le mani addosso!»

21. Ed Io dissi: «Prima che non sia giunto il Mio tempo, nessuno potrà metterMi le mani addosso!»

22. Allora alcuni fra gli ebrei, gli scribi ed i farisei urlarono: «Vedremo subito se potremo o no appunto ora impadronirci di te!»

23. E detto questo, si slanciarono furiosi contro di Me; ma proprio nel momento in cui volevano afferrarMi, Io scomparvi all’improvviso dal Tempio, e gli ebrei ed i farisei si guardarono l'un l'altro sbalorditi, e dissero: «Dov'è mai svanito così d'un tratto? Questo è un evidente miracolo!»

24. Ma i farisei, al colmo dell'ira, esclamarono: «Ma che miracolo e miracolo! Non avete osservato come Belzebù se l’è portato via quando lo ha visto in pericolo? Così è ben sicuro che potremo cercarlo quanto vorremo e che non lo troveremo finché sarà nascosto in qualche angolo dell'inferno!»

25. Queste espressioni però suscitarono una violenta reazione fra quei numerosi ebrei che credevano in Me e delle voci energiche si levarono, così che tutti le poterono udire: «Questa miserabile genia dei farisei non vede più in là del suo naso! Essi stessi sono altrettanti Belzebù fra i peggiori, e stanno con carne ed ossa nel bel mezzo dell'inferno; ma per fare apparire passabile la loro rozza perfidia agli occhi del popolo cieco, vanno sostenendo che questo Uomo di Dio, innegabilmente dotato di ogni Potenza divina, è un servitore di Belzebù! Oh, aspettate un po' voi che siete degli autentici Belzebù! La vostra falsa aureola di santità ve la faremo sparire noi come si conviene, e vi strapperemo giù la maschera affinché tutti possano persuadersi di quello che siete secondo piena verità! Aspettate, aspettate un po', vere canaglie nere e grigie; non tarderà molto a venire anche per voi il giorno della resa dei conti!»

26. Quando il popolo ebbe terminato di esprimere tali pensieri a voce abbastanza alta, non fu possibile vedere più nemmeno un fariseo nel Tempio, e così pure i servitori, che avrebbero dovuto impadronirsi di Me, se la squagliarono in un momento! Naturalmente, una volta giunti a casa, questi ultimi passarono un brutto momento con i farisei, perché dovettero giustificare il fatto di non essersi impadroniti subito di Me.

27. Sennonché i servitori risposero: «Oh, e perché non gli avete posto voi stessi le mani addosso, o non ci avete almeno incoraggiati quando noi esitavamo come paralizzati?»

28. Esclamò allora uno fra i capi dei farisei: «Come si può conciliare questo con la nostra dignità in un Sabato?»

29. Ma i servitori ribatterono: «Anche noi siamo ebrei e come voi siamo tenuti a santificare il Sabato!»

30. Il fariseo allora disse: «Ebbene, lasciamo stare! Ad ogni modo, se lo incontrate domani o dopodomani, dunque non di Sabato ma in due giorni di lieti festeggiamenti, catturatelo e conducetelo immediatamente alla nostra presenza!»

31. Dissero i servitori: «Oh, certo, questo si può fare senz'altro; resta però da vedere se il numeroso popolo non avrà niente in contrario!»

32. E il fariseo: «Che cosa c'entra qui il popolo che già da lungo tempo è maledetto!»

33. Risposero i servitori: «Eh sì, per quanto maledetto sia, se poi il popolo maledetto comincia a prenderci a sassate, come si conclude allora la faccenda? Oggi stesso non è proprio mancato molto che ci toccasse così! Se noi tutti non avessimo abbandonato il Tempio con la sollecitudine che il caso suggeriva, mi pare che avremmo passato un gran brutto momento! Per conto mio non c'è dubbio che il popolo maledetto ci avrebbe restituito con interessi usurai la maledizione scagliata su di esso! Ora quello che non è successo oggi, può capitare con tutta facilità domani o dopodomani! La nostra opinione però è questa: quell’uomo è meglio lasciarlo stare, perché se egli è davvero un profeta mandatoci da Dio, contro di lui non potremo nulla con tutta la nostra forza! Ma se egli non è tale, la cosa svanirà da sé e non avrà seguito!»

34. Disse il fariseo: «Voi parlate così senza conoscere di che cosa si tratta! Non sta forse scritto che dalla Galilea, il luogo dove vengono esiliati i malfattori, non sorgerà mai un profeta?»

35. Rispose uno dei servitori: «Questo è ben vero; tuttavia, a quanto noi abbiamo appreso da altra gente - cosa che è confermata anche dai nostri registri della circoncisione - egli non è affatto un galileo, ma è nativo di Betlemme, e questa è appunto l'antica città di Davide dove egli scrisse le sue profezie. Oltre a ciò è cosa nota che anche il profeta Isaia visse più volte e per lunghi periodi pure in Galilea, e altrettanto dicasi del profeta Geremia! Eppure questi furono certo due profeti fra i più grandi!»

36. Esclamò allora il fariseo: «Dunque anche voi siete già preda del demonio? Chi è mai stato a raccontarvi queste cose?»

37. E tutti i servitori in coro risposero: «Voi stessi, non molto tempo fa, in occasione di un discorso che avete tenuto al popolo al quale avete raccontato chi erano i profeti, come e dove nacquero e dove vissero ed operarono! Ci sarà lecito, crediamo, di prendere nota almeno di quello che voi stessi andate predicando in nostra presenza?».

38. A questa osservazione il fariseo rimase quanto mai imbarazzato, non aprì più bocca e finì col ritirarsi. I servitori dal canto loro se ne andarono pure, mentre fra di loro se la ridevano perché erano riusciti a far ritirare in buon ordine quei superbi e prepotenti farisei.

 

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Cap. 148

Sosta del Signore da Lazzaro in Betania.

 

1. In quanto a Me, non appena fuori dal Tempio, Mi recai in una locanda molto appartata allo scopo di riunirMi ai Miei discepoli e fratelli; si trattava di quella locanda dove molte volte Io avevo pernottato assieme a Giuseppe e Maria ed ai fratelli in occasione di qualche festività. La gioia dei fratelli quando Mi ritrovai presso di loro fu, come facilmente si può immaginare, indescrivibile, perché quando li raggiunsi, essi, tutti tristi, erano radunati assieme e si scambiavano opinioni su quante fossero le probabilità che Io Mi impietosissi di loro e volessi riaccoglierli.

2. Ma quando Io Mi trovai vicino a loro, dissi: «O figli, amici e fratelli Miei, avete qualcosa da mangiare e da bere?».

3. Tutti allora caddero ai Miei piedi e Mi chiesero perdono. Io però dissi loro di alzarsi e di parlare con Me con tutta schiettezza, dato che, come sapevano, uno schietto esprimersi non avrebbe potuto mai offenderMi. E i fratelli si alzarono da terra e Mi ringraziarono di non averli abbandonati.

4. Mentre stavo così ragionando con i fratelli, si videro comparire tutti frettolosi anche i venti ebrei-greci i quali, appena Mi ebbero scorto, esclamarono: «O Signore! Tu ci hai prevenuti; noi pure eravamo nel Tempio, ed abbiamo udito tutto quello che vi hai insegnato con grande Sapienza. Ma quando Tu, in seguito al comportamento terribilmente rozzo e prepotente degli ebrei e dei farisei, Ti rendesti improvvisamente invisibile, ci affrettammo noi pure ad andarcene per quanto la calca enorme poteva concedercelo, con l'intenzione appunto di accorrere qui per portare ai fratelli l'annuncio della Tua presenza, ciò che certo sarebbe stata una gioia immensa per loro! Ma ecco che invece Ti troviamo già qui! Ah, certo, questa è per i fratelli una gioia indicibilmente ancora più grande, e noi pure siamo immensamente lieti di riaverTi con noi, o Signore. Ma d'ora innanzi una separazione di questo genere non si verificherà sicuramente mai più!»

5. Ed Io osservai: «Oh, verranno ancora circostanze e tempi nei quali voi tutti vi scandalizzerete di Me, e quando il Pastore sarà percosso, le pecorelle fuggiranno e si disperderanno! Ma quando poi ritornerà il Pastore, allora Egli radunerà di nuovo intorno a Sé per sempre le buone pecorelle. Ebbene, i farisei oggi se la sarebbero vista assai brutta se Io non fossi scomparso così in fretta dal Tempio, perché il numero di coloro che credono in Me era oggi nel Tempio di gran lunga il maggiore, e se qualcuno avesse messo le mani su di Me, ne sarebbe sorto un grave tumulto, ed i notabili di Gerusalemme assieme ai farisei, agli scribi ed agli ebrei del Tempio ne sarebbero usciti molto malconci. Ma appunto per impedire che ciò avvenisse Io abbandonai il Tempio, ed ora sono qui.

6. Domani noi non faremo nulla di particolare, e così pure per quanto resta ancora della giornata odierna, dopodomani però, giorno in cui come si sa questa festa viene celebrata con il massimo della sfarzosità, anche noi ce ne andremo al Tempio, e là ammaestreremo il popolo. Ma adesso lasciamo pure questa locanda dove tutto procede troppo rigidamente e scioccamente secondo le usanze ebraiche antiche, perché qui prima del tramonto non ci daranno niente da bere, né meno ancora da mangiare. Il meglio che possiamo fare dunque è andarcene a Betania; là almeno potremo aver subito qualcosa da mangiare e da bere!»

7. La proposta piacque proprio a tutti; sennonché a quel punto ci venne incontro il padrone della locanda e disse: «Oh, cosa sento mai? La mia locanda non è abbastanza buona per voi? Perché mai volete lasciare la mia casa; specialmente tu, figlio di Giuseppe da Nazaret, che se già stato tante volte assieme ai tuoi genitori, tanto più che io stesso sono parente molto stretto di Giuseppe?»

8. Ed Io gli risposi: «In primo luogo tu per Me sei esageratamente ebreo e dai la massima importanza a tutto ciò che è esteriore, mentre quello che è interiore, vero e vivente rimane estraneo per te. Oltre a ciò poi va osservato che dappertutto si trova una migliore accoglienza che non in casa di parenti stretti, ragione per la quale anche ben di rado Mi faccio vedere a Nazaret; e infatti un profeta non viene in nessun luogo tanto poco apprezzato quanto appunto nella propria patria!»

9. Osservò l'albergatore: «Eppure Giuseppe, tuo padre, veniva sempre volentieri da me, e noi ragionavamo sempre assieme molto di Mosè e di tutti gli altri profeti; egli mi raccontava pure delle cose straordinarie sul tuo conto; perché dunque proprio non vuoi in nessun modo fermarti in casa mia, tanto più poi considerato che sono ormai già quasi tre interi anni che non ti fai vedere a Gerusalemme?»

10. Ed Io gli dissi: «Se tu ti fossi dato la pena di informarti, saresti venuto a sapere che Io sono stato presente qui quasi ad ogni festa! Sennonché tu sei un ebreo ortodosso e nello stesso tempo anche un oste forse più ortodosso ancora, e come tale non ti interessa affatto se in città succede qualcosa di grande! Perciò tu resta pure chi e quello che sei, ed Io e questi Miei discepoli dal canto nostro rimarremo chi e quelli che siamo! A te non dobbiamo nulla, considerato che non abbiamo mangiato, né bevuto nulla; perciò noi intendiamo andarcene!».

11. Detto questo, noi ci alzammo e ci incamminammo in direzione di Betania.

12. Dopo che fummo partiti, l’oste però si confidò con la sua gente, e disse: «Sono davvero lieto che se ne siano andati, perché quando si ha a che fare con parenti, per un oste c'è sempre assai poco da guadagnare!».

13. Io riferii queste parole ai discepoli i quali rimasero notevolmente indignati a causa di quell'oste adulatore.

14. Giunti in vista di Betania, Io dissi ai fratelli: «Andate avanti voi, e dite a Lazzaro che faccia preparare un buon pranzo, però vedete di non fare ancora il Mio Nome, Io poi vi raggiungerò, ed egli ne proverà grandissima gioia».

15. Allora i fratelli accelerarono il passo con gli altri venti discepoli, e arrivati in casa di Lazzaro, gli parlarono come Io avevo suggerito loro.

16. Ed egli chiese subito informazioni su di Me e disse: «Certo, miei cari amici, sarà tutto immediatamente fatto secondo il vostro desiderio; ma non so cosa darei perché con voi fosse anche il grande e santo Maestro! Sarà passata neanche mezz'ora da quando sono stati qui di passaggio due greci, ed io ne approfittai per domandare che cosa ci fosse di nuovo alla festa. Io infatti non mi sono fermato che un'ora a Gerusalemme, ma dopo sono ritornato qui più che in fretta, dato che quella gazzarra festaiola, pazza e scandalosa non la posso proprio soffrire; quindi non sono potuto venire a conoscenza di quanto eventualmente è accaduto ancora in città.

17. Alla mia domanda quei greci dissero: “Noi abbiamo udito che il famoso mago dalla Galilea si trovava nel Tempio a predicare, ma non l'abbiamo visto perché impossibilitati ad attraversare la calca per entrare nel Tempio”. Ecco, questo è quanto mi dissero i due greci; io allora mandai subito in città alcuni dei miei servitori perché si informassero in proposito e mi portassero notizie al più presto, dato che era mia intenzione andarmene poi io stesso in città per cercarLo ed invitarLo qui da me come l’ospite più gradito! Ma i servitori da me inviati non sono ancora ritornati! Ditemi dunque, cari amici miei, se avete forse anche voi appreso qualcosa di simile in città!»

18. Questa domanda mise in un non piccolo imbarazzo i discepoli, i quali lì per lì non seppero cosa rispondere. Ma Io ben presto posi fine a tale loro breve imbarazzo comparendo in quello stesso momento nella stanza dove si tratteneva Lazzaro e lo salutai come un fratello.  Non sarebbe possibile descrivere la gioia provata da Lazzaro nel rivederMi, né quella delle sue due sorelle che addirittura piangevano per la beatitudine che Gesù fosse venuto ancora una volta; in breve in tutta la casa di Lazzaro ci fu una tale letizia, che una di simile non se ne era mai vista.

19. In un attimo tutte le mani si misero in moto per prepararci un pranzo il migliore e più eccellente possibile. Era naturalmente necessario che un fatto del genere non giungesse affatto agli orecchi di alcun ebreo o fariseo autentico, perché, prima del tramonto, esso sarebbe stato reputato la profanazione massima di quel Sabato particolarmente festivo. Sennonché proprio in quel Sabato tutti i farisei avevano anche troppo da fare nel Tempio, e così pure i loro servitori; per conseguenza a Betania potevano benissimo accadere molte cose delle quali il Tempio non avrebbe saputo mai nulla. Frattanto, mentre in casa si stava preparando il pranzo, noi uscimmo per recarci sulla collina già nota, e là prendemmo posto sulle panche erbose, all’ombra di alcune palme, ed Io allora raccontai a Lazzaro quanto Mi era accaduto nel Tempio.

20. Intanto Giovanni ed anche Matteo si dedicarono alla stesura dei loro Vangeli, prendendo naturalmente nota soltanto dei punti principali ed omettendo la maggior parte delle circostanze di secondaria importanza.

21. E quando Lazzaro ebbe udito da Me la spiegazione del 4°e del 5° capitolo del profeta Isaia, disse: «Ma, o Signore, tutto questo si adatta proprio a pennello all’epoca e alla gente attuale, tanto anzi che non c’è un solo minimissimo punto del quale si possa dire che faccia eccezione! Oh, ma certo, stando così le cose, è ben comprensibile che quei cosiddetti ministri del Tempio Ti abbiano tanto preso di mira. Oh, questa lezione deve essere riuscita loro molto salutare, perché quei figuri si danno delle arie come se fossero davvero addirittura delle divinità e degli angeli!».

 

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Cap. 149

Una profezia del Signore sulla nostra epoca attuale.

La necessità delle Rivelazioni divine.

 

1. Gli dissi Io[26]: «Amico Lazzaro, esattamente come si presenta la situazione ora, ugualmente così si presenterà quasi 2.000 anni dopo di noi, ed anzi l’inizio lo si avrà molto prima! Qui il giudaismo è ormai molto peggiore del paganesimo, poiché presso i pagani la ragione continua ad avere sempre qualche valore, mentre presso gli ebrei anche questa viene messa sotto i piedi. In quel tempo però di cui ho parlato prima, la Mia Dottrina, dunque il Cristianesimo, sarà peggiore di quanto lo siano oggi il giudaismo e il paganesimo presi assieme. Allora vi sarà una grande tribolazione fra gli uomini.

2. La Luce della vera Fede viva si spegnerà e l’amore si farà completamente di gelo; l’orgoglio dei ricchi varcherà ogni limite e i governanti e i sacerdoti si riterranno superiori molto di più di quanto ora gli ebrei ritengano superiore il loro Jehova sconosciuto e i pagani il loro Giove.

3. Tuttavia, anche in quei tempi Io ogni tanto susciterò degli uomini e delle giovinette, a cui donerò la vera Luce, e questa Luce diverrà sempre più grande e potente, ed infine inghiottirà tutte le opere della grande meretrice di Babele. Non meravigliatevi, dunque, se le condizioni sono tali anche ora, perché così, e peggio ancora, è già stato più volte, e verrà il giorno in cui sarà ancora peggio.

4. Il mondo resterà sempre mondo; Io però sarò sempre di guida ai Miei e farò precipitare il Mio giudizio sul mondo quando esso sarà diventato talmente maligno che accanto al suo affaccendarsi e al suo tumultuare non potrà sussistere più nemmeno una minima scintilla della vera Luce di vita proveniente da Dio.

5. Attualmente qui le cose erano arrivate al punto che, senza Giovanni e senza di Me, in tutto il paese di Israele anche l’ultima scintilla del vero riconoscimento di Dio sarebbe soffocata e quindi si rese necessario che Io stesso venissi come Uomo a questo mondo per riportare la perduta Luce della vita a tutte le creature umane che sono ancora di buona volontà e per mostrare loro di nuovo la via al vero riconoscimento di Dio. Certo, ancora più di una battaglia dovrà essere combattuta fra i Miei figli ed i figli del mondo, perché il numero dei Miei sulla Terra sarà sempre inferiore a quello dei figli del mondo; tuttavia alla fine saranno i Miei a riportare la vittoria sul mondo intero e poi quest’ultimo non potrà intraprendere più nulla contro di loro. Infatti per quanto ogni materia possa apparirvi solida e indistruttibile, pure essa dovrà finire col cedere dinanzi alla Potenza dello Spirito.

6. Dio, però, è Egli solo il Signore di tutto, ed Egli meglio di chiunque altro sa cosa, come e perché concede che l’una e l’altra cosa avvenga e come e perché Egli tutto regola e dispone e, oltre a ciò, versa la vera Luce fra gli uomini e con ogni serietà la mantiene tra i Suoi figli affinché nessuno possa dire: “Se vi fosse un Dio supremamente sapiente, il Quale avesse creato tutto ciò che riempie lo spazio infinito, Egli certo dovrebbe possedere tanta Accortezza, accoppiata ad Amore, da volerSi rivelare e mostrare alle proprie creature ragionevoli e pensanti, come sono appunto quelle umane, almeno quel tanto da rendere loro possibile rilevare che Egli è la Causa vera di tutte le cose e cosa esse possono attendersi da Lui e come devono vivere perché una tale aspettativa ottenga realizzazione in loro!”.

7. Se Dio non Si rivelasse mai e in nessuna maniera agli uomini, questi avrebbero anche il pieno diritto di non credere in un Dio e di opporsi a chiunque volesse sostenere, in base a delle proprie idee, che tuttavia un Dio oppure vari dèi invisibili esistono e sarebbero altresì in diritto di dire: “Che cosa può interessare a noi del tuo Dio sciocco, creato dalla fantasia? Se ne esiste uno davvero, che Si mostri e che faccia conoscere cosa intende fare di noi, ma se Lui non fa così, ciò prova che Egli non esiste veramente in nessun altro luogo se non nella pigra fantasia di qualche forsennato!

8. Un Dio pienamente conscio di Se stesso, quale il Centro di ogni Sapienza e Potenza, dovrebbe prendere in ragionevole considerazione gli uomini come le Sue opere più perfette, almeno tanto da rivelarSi a loro in una qualsiasi occasione e da mostrare loro perché essi esistano, nonché quali sono le Sue eventuali ulteriori intenzioni a loro riguardo. Ma se questo non è il caso e se non può venire dimostrato, una o anche parecchie volte secondo pienissima verità, che Egli esista, allora un Dio non c’è e chiunque parli o scriva affermando invece che un Dio esiste, costui merita di venire aspramente punito.

9. Infatti è già abbastanza che l’uomo, perfettamente dotato di ragione e di buon senso, nonché anche fin troppo chiaramente conscio di se stesso, debba sopportare tutti i più indegni pesi di una vita della quale egli non ha affatto colpa, senza che in aggiunta egli debba, per nulla e poi nulla, lasciarsi prescrivere, da un Dio che non esiste in nessun luogo, delle leggi dure e contrarie alla natura. Bisogna infatti ammettere che un Dio, il quale non vuole o non è capace di rivelarSi a noi uomini se non attraverso la bocca di un pazzo forsennato e ozioso, o è semplicemente l’idea cervellotica di un pazzo del tipo che abbiamo ora detto, oppure non è che una qualche forza rozza, stupida e cieca,  la  quale,  in  fatto  di  coscienza  di  se  stessa  e  di  ragione,  possiede unicamente quel tanto che basta per azzardare di rivelarsi in maniera clandestina e del tutto segreta, senza temere la vergogna di venire derisa, appunto ad un pazzo quanto mai stolto e credulone che non sa e non comprende nulla!”.

10. Vedete, ciascuna persona ragionevole sarebbe autorizzata senz’altro a giungere a delle conclusioni di questa specie rispetto alla Divinità, qualora Questa non Si mostrasse e Si rivelasse mai agli uomini, oppure in nessun altro modo se non tramite dei pigri e indegni rappresentanti delle caste sacerdotali!

11. Sennonché, riandiamo un po’ fino ai tempi di Adamo e troveremo molti periodi, che si susseguono a brevi intervalli, nei quali Dio Si è rivelato dinanzi a mille volte mille uomini, nella maniera certo più memorabile ed ha annunciato loro la Sua Volontà assieme ai Suoi propositi ispirati ad immensa Sapienza nei confronti degli uomini, ma poiché l’uomo non sarebbe uomo se non gli venisse lasciata la sua liberissima volontà, avvenne allora che egli considerò la Parola divina alla stessa stregua della parola di un uomo.

12. Una piccola parte vi fece attenzione ancora per qualche tempo, mentre la maggior parte ben presto se ne dimenticò completamente e finì col ritenere tutto un’inutile invenzione e un vaneggiamento della gente; si gettò a capofitto nelle gioie  mondane e  considerò i  saggi  come  degli  stolti  e  fanatici  visionari  che andavano calpestando con i propri piedi il vero regno celeste di questo mondo per correre dietro ad un Regno dei Cieli nell’aldilà estremamente incerto e del quale non si poteva dimostrare l’esistenza.

13. In seguito a tali modi di vedere, la fede in un vero Dio andò poi, da un lato, certamente perduta, e ciò tanto più in quanto, dall’altro lato, la pigra casta sacerdotale, a causa della falsificazione della Parola di Dio rivelata che ebbe luogo in seguito al loro egoismo, doveva far arrivare le cose al punto che le persone sincere e dal pensiero maturo non avrebbero potuto evidentemente fare a meno di accorgersi con il tempo che una simile Volontà di Dio rivelata all’uomo avrebbe potuto giovare loro meno ancora di quanto sarebbe stato legittimo che se lo aspettasse l’individuo più sciocco di questa Terra![27]. Gli insegnamenti erano tutti esclusivamente qualcosa di supremamente misterioso e di assolutamente incomprensibile, ma tuttavia l’umanità del tutto cieca li reputava cosa sacra e giunse addirittura a considerare se stessa quanto mai indegna di penetrare i misteri sublimi, profondi e santissimi di questa specie.

14. Ma che differenza c’è, in fondo, tra allora ed oggi? Non è forse vero che ora il popolo cieco e stolto vada nel Tempio per adorarvi la Scrittura? Però di quello che sta nella Scrittura ne sa poco o nulla del tutto, né sente il bisogno di saperne qualcosa, perché è già perfettamente soddisfatto se simili cose le comprende il consacrato sacerdote di Dio, mentre l’uomo comune non ha bisogno di nient’altro che credere a quanto il sacerdote gli dice e inoltre di fare ciò che il sacerdote vuole, dato che quest’ultimo certissimamente sa perché.

15. Ora, se da parte dell’umanità, rispetto alla Parola e alla Volontà di Dio rivelate, le cose sono sempre state così, c’è forse da meravigliarsi se - già dopo cent’anni da una Rivelazione della verità per quanto grandiosa possa essere l’umanità stessa ne sa e crede a mala pena quanto un bimbo che dorme sa cosa ha fatto da sveglio? Dio però non tralascia mai di rivelarSi all’umanità nei modi più svariati, cosicché l’uomo, per quanto poco anche rifletta, può rendersi conto ben presto che le cose non sono procedute in maniera naturale».

 

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Cap. 150

Veri e falsi profeti. Le conseguenze delle grandi Rivelazioni.

 

1. (Il Signore:) «Il più delle volte Dio si manifesta per bocca di profeti pienamente suscitati. Tali profeti sono sempre molto ben riconoscibili per gli uomini più risvegliati, in primo luogo per mezzo della loro parola scritta e parlata, e in secondo luogo mediante più di una facoltà di poter svolgere un’attività prodigiosa.  Per esempio essi, in caso di necessità, svelano agli uomini cose future, così che gli uomini si possano convertire e correggere, e disporsi a supplicare Dio di allontanare l’annunciata sciagura, come fu il caso di Ninive. In terzo luogo tali veri profeti, suscitati dalla Volontà di Dio, possono anche risanare gli ammalati mediante la loro preghiera e l’imposizione delle mani, qualora la guarigione giovi alla salvezza dell’anima dell’ammalato; in quarto luogo, poi, essi possono, in unione alla Volontà divina, infliggere una punizione all’umanità fattasi incorreggibile, come anche, viceversa, far scendere la benedizione su di un popolo.

2. Caratterizzati da simili e varie altre doti, i veri profeti suscitati da Dio sono molto facilmente distinguibili dai falsi, e particolarmente per il fatto che essi, quali veri profeti, sono sempre colmi di umiltà e di amore verso il prossimo, mentre i falsi profeti incedono invece sempre avvolti dentro ogni tipo di vesti fregiate e adorne di distintivi speciali, sono colmi di orgoglio e del più sfacciato egoismo, si mostrano unicamente in certi luoghi consacrati, parlano poco ed anche questo poco è infarcito di stoltezza e di insensatezza. Oltre a ciò, in certi periodi operano ogni tipo di falsi prodigi, avvalendosi di mezzi del tutto naturali che vengono tenuti assolutamente segreti, e guai a colui che osasse imitarli! Il vero profeta invece non fa alcun mistero dei suoi genuini prodigi, anzi invita e sprona il prossimo a rendersi adatto egli pure a compiere, nell’identica vera e buona maniera, gli stessi suoi prodigi.

3. Ora, dato che in questo modo si possono distinguere molto facilmente i veri profeti dai falsi e dato che questo ciascuna persona di mente lucida lo può rilevare dal fatto che, sul serio, vi sono profeti veri e falsi - questi ultimi non sarebbero certo mai sorti qualora i veri non li avessero preceduti -, allora gli uomini possono anche arguire con tutta facilità che esiste sul serio un vero Dio, il Quale non lascia mai che gli uomini se ne vadano girovagando sulla Terra completamente abbandonati, ma ad essi Egli manifesta sempre la Sua Volontà e ad essi rivela sempre quali sono i Suoi scopi grandiosi e sapienti nei loro riguardi.

4. Questa specie di Rivelazione però, per coloro che ne vogliono sinceramente fare tesoro, è sempre la più salutare, perché essi così non vengono sottoposti a nessuna costrizione straordinaria.  Dalle grandi Rivelazioni invece, non molto frequenti, gli uomini traggono molto meno vantaggio per le loro anime, dato che le Rivelazioni di questa specie sono, per l’umanità degenerata, piuttosto un giudizio che non uno strumento di salvezza.

5. Quando Adamo nel paradiso terrestre ebbe peccato al cospetto di Dio - e ciò avvenne per il fatto che egli, quale uomo dotato di libera volontà, non volle adeguarsi alla Volontà di Dio a lui ben nota -, egli assistette ben presto ad una grande Rivelazione da parte di Dio e poi si pentì del suo peccato, ma tale grande Rivelazione fu per lui un giudizio.

6. In seguito, a causa dei pervertiti figli del mondo che dimoravano nella pianura, ci furono varie volte delle grandi Rivelazioni da parte di Dio agli uomini, ma queste furono sempre un giudizio per i figli del mondo.

7. Ai tempi di Noè, una nuova Rivelazione di Dio, molto grande, fu fatta all’umanità; ma essa fu un giudizio molto grande per gli uomini.

8. All’epoca di Abramo si ebbe di nuovo una grande Rivelazione e precisamente a causa dell’orribile depravazione degli abitanti di Sodoma e di Gomorra e delle altre dieci città più piccole che sorgevano intorno a queste due grandi città. Ma essa fu pure un nuovo giudizio per quelle genti, e il Mar Morto è, ancora oggi, una testimonianza eloquente di ciò.

9. Anche il patriarca Giacobbe ebbe una grande Rivelazione da parte di Dio, ma i suoi figli dovettero scontarla in Egitto.

10. Al tempo di Mosè vi fu ancora una grandiosa Rivelazione di Dio, e le parole tonanti di Dio dovettero venire incise per gli uomini su delle tavole di pietra. Ma quale terribile giudizio non fu questa Rivelazione divina, particolarmente per gli egiziani divenuti eccessivamente ciechi, superbi e snaturati, ciò che fu come un colpo mortale per loro; ma anche nei confronti degli israeliti non venne mostrata alcuna indulgenza.

11. Quando gli israeliti sotto Giosuè abbandonarono il deserto, ebbe nuovamente luogo una grande Rivelazione di Dio e la grande Gerico scomparve dalla faccia della Terra.

12. Così fu ai tempi di Samuele e di Elia, ed anche a quelli degli altri quattro grandi profeti; ma quali giudizi non ne seguirono! Perfino i piccoli profeti non vennero mandati a questo mondo senza il conseguente giudizio.

13. Ora però voi avete dinanzi agli occhi la massima e la più diretta Rivelazione di Dio agli uomini; però il conseguente e gravissimo giudizio per gli ebrei non si farà attendere a lungo.

14. Da questa nostra epoca in poi, per quasi interi 2.000 anni, verranno suscitati innumerevoli veggenti e profeti, perché d’altra parte sorgeranno, in numero ancora più grande, dei falsi profeti e perfino dei falsi cristi immensamente superbi, ambiziosi e privi di ogni amore. Allora però anche i giudizi si moltiplicheranno e ben di rado vi sarà un governante che, a causa della tenebra in cui sarà immerso, non dovrà sottostare ad un aspro giudizio assieme al suo popolo.

15. Verso la fine del tempo a cui ho accennato prima, Io susciterò anche dei profeti sempre più grandi, e con questi si moltiplicheranno e si espanderanno i giudizi. Allora verranno gravissimi terremoti e molte devastanti tempeste degli elementi, grandi carestie, guerre, fame, pestilenze e ancora molti altri mali, e, come Io vi ho già detto in precedenza, la fede non sarà più fra gli uomini - ad eccezione di pochissimi - ed essi diverranno assoluto gelo nel gelo della superbia umana, ed un popolo si scaglierà contro l’altro.

16. Anche in quei tempi l’umanità verrà ammonita per mezzo di veggenti e di particolari segni nel firmamento, ma soltanto i Miei pochi vi attribuiranno importanza, mentre gli uomini del mondo considereranno tutto ciò solo come rari effetti della natura e sputeranno davanti a coloro che ancora credono in Me.

17. Ma a tutti questi avvenimenti poi seguirà una Rivelazione di eccezionale grandiosità attraverso la Mia nuova discesa su questa Terra; anche tale Rivelazione, però, sarà preceduta da un grandissimo e durissimo giudizio, a cui seguirà una cernita generale degli uomini del mondo mediante il fuoco e il suo proiettile, in maniera che Io stesso potrò poi erigere su questa Terra un ben diverso vivaio per veri uomini, il quale durerà fino alla fine dei tempi di questa Terra.

18. Queste cose Io ve le ho dette anticipatamente, affinché non sorga in voi il pensiero che dopo di Me sarà perfetto come è nei Miei Cieli. Certo, dopo di Me pochi saranno simili ai Miei angeli, ma molti invece saranno molto più cattivi di quanto lo siano gli uomini di questo nostro tempo.

19. Tuttavia voi non dovete scandalizzarvi a causa di tutto ciò, perché Io già molto spesso ho detto a tutti voi che l’uomo senza il suo assoluto libero volere non sarebbe affatto un uomo, ma unicamente un animale sotto forma umana.

20. Gli uomini di questa specie potrebbero tutt’al più venire ammaestrati, come gli animali, a compiere un determinato lavoro, ma non si potrebbe invece mai farli arrivare al punto di comprendere che un simile lavoro è buono e utile per il vero uomo e per l’uomo-animale, affinché potessero poi essi stessi decidersi a compiere tali lavori utili a tempo debito.

21. L’uomo, che pecca contro la legge, dimostra con ciò di essere un uomo libero quanto colui che osserva liberamente la legge; voi quindi non dovete mai né giudicare né condannare nessuno, ma conviene che vi limitiate ad istruire, con tutta pazienza e dolcezza, chi ha bisogno di istruzione e che vi limitiate ad indicare la retta via allo smarrito. Se egli spontaneamente vuole procedere per questa via, meglio per lui; ma se così non vuole, voi non dovete costringerlo, ma potete tutt’al più impedirgli di entrare in una comunità migliore e più pura. Infatti, un credente per forza è dieci volte peggiore di un miscredente dichiarato e di un apostata.

22. Guardate i farisei! Questi sono tutti dei credenti obbligati a credere per salvare le apparenze, però in cuor loro non credono a niente e fanno tutto ciò verso cui sono spinti dalla loro brama.

23. Per conseguenza fate bene attenzione - quando nel Mio Nome a vostra volta vi eleggerete dei successori - anzitutto a non costringere mai nessuno a divenire tale, e in secondo luogo a non accettare come tale nessuno del quale voi già da lontano vi accorgete che egli vorrebbe partecipare alla vostra missione per interessi mondani.

24. Voi certo osserverete questo comandamento, ma, nonostante ciò, vi sarà un gran numero di coloro che si assumeranno le vostre mansioni, in parte per effetto di costrizione esteriore e in parte nella speranza di trovare così un sostentamento buono e privo di preoccupazioni. Questi tali, però, saranno considerati da Me come partecipanti al reggimento dell’Anticristo, e le loro opere saranno al cospetto di Dio come una esalazione pestilenziale ed una putredine fetente.

25. In verità Io vi dico: “Io non guarderò tutti i successori, i quali non verranno preparati da Me ad assumere il vostro incarico, ma verranno preparati invece dagli uomini in certe “speciali” scuole del mondo, perché questo sarà il modo usato soltanto dall’Anticristo per educare i suoi discepoli”.

26. Coloro invece ai quali voi imporrete le mani e che battezzerete nel Mio Nome, saranno colmi del Mio Spirito e questi sono anche quelli che Io stesso eleggo sempre a vostri successori e che Io confermo con l’impartire loro veramente il Mio Spirito in tutti i tempi.

27. Ma nei tempi futuri ce ne saranno pochi di questi tali, perché l'Anticristo estenderà in modo eccessivo il suo reggimento, però quando egli presumerà di essersi innalzato sul mondo al culmine della sua potenza, proprio allora verrà fatto precipitare per sempre! Avete compreso ciò bene e chiaramente?».

 

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Cap. 151

I contrassegni dell’Anticristo.

 

1. Disse allora Giovanni, il Mio prediletto: «O Signore, ma in queste condizioni non vale affatto la pena di fare simili sforzi per amore della stolta umanità! Infatti, se la brillantissima Luce di Vita, da Te ora donata agli uomini, deve anche fin troppo presto venire nuovamente offuscata dalle fatiche sempre vittoriose di Satana, allora che egli abbia gli uomini così come sono attualmente, vale a dire perfettamente maturi per il suo infernale regno mondano. A che scopo concedere, a gente di questa specie, la Tua Luce di Vita prima del tempo? Ebbene, se questi dovranno essere i frutti della Tua Dottrina divina, allora predicare questa Dottrina agli uomini del mondo sarà davvero gettare le Tue perle di Vita in volgarissimo pasto a tutti i porci del mondo! Ma allora è meglio non dare affatto un nutrimento tanto nobile a costoro, così almeno essi non potranno guastarlo e profanarlo!»

2. Io però gli dissi: «Certo, amico Mio, la Dottrina della Vita non viene data affatto da Me a coloro che non ci credono e a coloro che eventualmente della Mia Dottrina recepiscono solo quello che hanno intenzione di falsificare allo scopo dei vantaggi del mondo, poiché in tutta l’infinità Io possiedo ancora uno sterminato numero di immense scuole agli scopi della possibile ulteriore educazione delle anime di simili uomini.

3. Questa Dottrina Io la do unicamente per i Miei veri figli su questa Terra, e questi sono inclusi pure nella vera redenzione dalla morte eterna. Costoro però manterranno anche sempre pura questa Dottrina e non si adatteranno mai alla potenza dell'inganno del mondo, ma resteranno fedeli con fermezza diamantina[28]all'eterna Verità della Vita.

4. Cosa interessano a noi tutti gli uomini del mondo? Anche a loro viene data l'occasione di schierarsi con i figli di Dio. Se essi vogliono questo in modo serio, allora non deve venire posto loro alcun impedimento, ma se invece non vogliono, allora che facciano pure come si sentono di fare e poi non occorre che vi affanniate più oltre a causa loro!

5. Vedi, solo così stanno le cose! Infatti, Io non sono venuto per liberare il mondo dai ceppi del suo antico giudizio, ma unicamente per redimere i Miei figli dal mondo e dal suo giudizio. E come e quello che Io faccio, altrettanto e nella stessa maniera farete in avvenire sia voi che i vostri successori.

6. Quello che su questa Terra si può sciogliere nel Mio Ordine e secondo il Mio Ordine, quello scioglietelo voi pure, e ciò che voi scioglierete, sarà sciolto immediatamente anche presso di Me nel Cielo; quello però che non si può sciogliere, lasciatelo legato, oppure se qualcuno non dà importanza al fatto di essere sciolto da voi, allora lasciatelo legato nei suoi ceppi, affinché poi possiate sentirvi in pace di fronte a costui che è rimasto legato, ed Io vi dico, in verità, che costui sarà legato anche al Mio cospetto nel Cielo e resterà ben a lungo uno schiavo della sua tenebrosa volontà mondana! Ecco, in questi termini stanno le cose!»

7. E Giovanni riprese a parlare e disse: «Ma come faremo noi a riconoscere questi foschi anticristi? Infatti, io già ora mi accorgo benissimo che la Tua Dottrina viene presa a pretesto da molti - particolarmente dai numerosi maghi - per abbellire le loro magie. Oh, indicaci dunque quali sono i contrassegni sicuri in base ai quali noi potremo subito riconoscerli per poi scendere immediatamente in campo contro di loro!»

8. Gli risposi Io: «Voi potrete riconoscerli con tutta facilità dalle loro opere! Infatti, sulle sterpaglie non cresce l'uva, né i fichi crescono sui rovi. Chi dà qualcosa e vuole avere di più in cambio, costui davvero non è Mio discepolo, perché, vedete, Io do tutto a vantaggio dei Miei, anzi darò perfino la vita di questo Mio corpo, ma Io in cambio non prendo da nessuno una offerta di questo mondo, ma voglio solamente che l'uomo Mi ami sopra ogni cosa, affinché Io possa poi dargli infinitamente di più e più grandioso.

9. Ma credete che altrettanto sarà disposto a fare l'Anticristo? Oh, per nulla affatto! Ai suoi proseliti egli darà terribilmente poco, eventualmente null'altro all'infuori di vuote parole e promesse per il grande aldilà, ed anche queste inventate, ma in compenso chiederà delle grossissime offerte come ora vanno facendo i ministri del Tempio, i quali si fanno pagare a caro prezzo le loro preghiere lunghe parecchie braccia. Tali preghiere, però, non giovano a nessuno né per questo né meno ancora per l'altro mondo! Ecco, precisamente così procederà anche l'Anticristo, ed i Miei potranno riconoscerlo con la massima facilità, come pure i suoi discepoli ed i suoi fedeli, da questi frutti nulli e vuoti!

10. Come si comportano attualmente i farisei verso i peccatori di ogni tipo? Vedete, essi accettano, per il riscatto dei peccati degli altri, o del denaro o delle cospicue offerte d'altro genere ed in cambio rilasciano poi ai peccatori una lettera di immunità per i peccati già commessi e nello stesso tempo, anticipatamente, anche per quelli che ad un individuo del genere, come attualmente ce ne sono perfino troppi particolarmente nella classe dei ricchi, farà comodo commettere in avvenire, cosicché essi vanno dicendo a loro: “Se proprio non potete osservare la dura legge, è meglio che facciate offerte al Tempio!”. E così quei ministri del Tempio aboliscono il Comandamento di Dio e lo sostituiscono con le loro massime mondane, ispirate al più grande egoismo, poiché l’unica loro preoccupazione è rivolta unicamente alla vita comoda a spese della povera e cieca umanità.

11. Ecco, precisamente così farà anche l'Anticristo e tutti i suoi discepoli, e proprio per questo voi lo riconoscerete con tanta maggiore facilità! E quando poi i suoi discepoli andranno per tutto il mondo gridando a squarciagola: “Ecco qui, il vero Cristo!” oppure “Egli è là!”, ebbene, che nessuno dei Miei creda a questa cosa! I veri figli del mondo invece lasciateli pure stare e non chiamateli, affinché il drago con il suo seguito vi lasci in pace, poiché, per un certo tempo, esso riuscirà ad acquistarsi un grande potere ed i suoi nemici si troveranno molto a mal partito! Ma appunto con ciò egli preparerà a se stesso il suo giudizio e la sua rovina.

12. Però, in quei tempi stessi, Io permetterò che gli uomini facciano delle grandi invenzioni che penetreranno violentemente come frecce roventi nei tenebrosi ricettacoli del drago e distruggeranno con la violenza i suoi miserabili artifici e i suoi falsi miracoli, ed egli verrà a trovarsi come nudo e disprezzato perfino dinanzi ai suoi sostenitori più fanatici, i quali ben presto si allontaneranno da lui a grandi schiere.

13. Non datevi dunque eccessivo pensiero di cosa sarà con il tempo la Mia Dottrina, poiché Io solo so tutto quello che deve accadere a questo mondo e ciò che va concesso che avvenga allo scopo che un giorno la Luce della Vita cominci a risplendere anche nel cieco mondo!

14. Solo che la cosa non va così rapidamente come potreste supporre, poiché Io solo conosco gli elementi vitali di questa Terra e so pure meglio di tutti cosa ci vuole per avviarli nei tempi verso una luce superiore della vita! Dunque, non fate altre domande e state invece di animo lieto!

15. Vedete, su questo mondo Mi attendono ancora degli avvenimenti particolarmente miserevoli, i quali non si faranno aspettare proprio molto a lungo! Tuttavia voi non avete ancora osservato alcuna tristezza in Me. Accada pure ciò che deve accadere, Io solo sono il Signore! Non può accadere nessuna cosa che vada oltre alla Mia Sapienza e alla Mia Volontà. Quanto ora accade ed ancora accadrà, tutto è già calcolato e deciso dall'Alto, ed ha la sua ragione che è profondissimamente santa; ma chi si trova con Me nel cuore, nell'amore e nella volontà, costui neanche il mondo più perfido lo potrà mai toccare. Colui invece che è una cosa sola con Me soltanto nella Sapienza, costui dovrà sostenere numerose lotte aspre nel mondo, perché il mondo con il suo intelletto materiale non riuscirà mai in eterno a vedere che il suo qualcosa apparente è un puro nulla di fronte allo spirito. Dunque, siate soddisfatti di questo che vi ho detto e siate ora con Me di animo pienamente lieto!».

 

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Cap. 152

La molteplicità delle creature e il loro scopo.

 

1. Non appena ebbi terminato di parlare, tutte le facce si rasserenarono, e a quel punto comparve anche Marta per invitarci a pranzo. Mangiammo e bevemmo di buon animo e ben presto la conversazione si fece molto animata. Lazzaro Mi raccontò, fra le altre cose, tutte le angherie che aveva dovuto sopportare da parte della gente del Tempio durante la Mia assenza, e come infine, malgrado tutta la sua pazienza, egli fosse rimasto irritato tanto da farne quasi una malattia.

2. Particolarmente Lazzaro narrò quanto segue: «O Signore, davvero a questo mondo non c'è insetto tanto attaccaticcio e molesto quanto quei figuri! Si può fare qualsiasi cosa, ma non si riesce mai a cavarseli dai piedi! Se li si minaccia di fare ricorso alle leggi di Roma, essi, come tante serpi striscianti, tentano per delle giornate intere di seguito di dimostrare che essi sono i soli ad essere dalla parte del pieno diritto e che assolutamente nessuna legge del mondo ha nulla a che vedere con loro, e che essi hanno l'esclusività nel dettare legge a tutto il mondo; insomma che tutti, senza eccezione, devono attendersi ogni bene ed ogni male esclusivamente da loro.

3. Nell'occasione che si ostinavano a volermi imporre simili dimostrazioni io non potei trattenermi dall'ira, così che poco mancò che non mettessi le mani addosso a quei perversi ipocriti, e finii col proibire loro di presentarsi in casa mia. Ma neanche questo servì a nulla, perché oggi ne caccio via dieci, e domani ne capitano dodici altri i quali, con aria innocente ed espressione falsamente gentile, riprendono lo stesso tema a causa del quale ho proibito ai primi l'ingresso a casa mia, ed hanno tutta l'apparenza come se tra me e loro non fosse accaduto nulla!

4. La cosa finì che io mi vidi costretto, questo mese e con una spesa non indifferente, a chiedere assistenza alle guardie romane perché venissero occupati tutti gli accessi a casa mia, con l'espresso incarico di non lasciar avvicinare nessuno che appartenesse al Tempio. Ebbene, in questo modo io ottenni la pace esteriormente, ma non fu così interiormente, perché quegli spudorati cialtroni del Tempio cominciarono ad importunarmi col mandarmi lettere intimidatorie di ogni specie, visto che non potevano farlo di persona. Se Tu dunque, o Signore, volessi liberarmi da questa piaga, io sarei beatissimo già a questo mondo.

5. Comunque sia, per questi tre giorni di certo non verrà qui nessuno del Tempio, motivo per cui ho anche fatto ritirare le guardie, ma trascorsi i tre giorni di festa dovrò farle chiamare di nuovo, altrimenti quei noiosissimi mosconi del Tempio non mi daranno pace. So bene che la Tua grande miracolosa guarigione di sei mesi fa, nonché l'amicizia che notoriamente ho a Te consacrato, costituiscono la vera ragione principale che induce la gente del Tempio a perseguitarmi! Ma se io cerco di mettere sotto il loro naso una simile ragione, essi negano che sia così, ma fanno valere - come ragione del loro comportamento - unicamente il fatto che io non ho voluto cedere loro almeno otto o dieci lavoratori! Varie volte io dissi loro a questo proposito: “Vedete di combinare voi stessi l'affare direttamente con i servitori! Io sono disposto a cederveli tutti, basta che essi siano d'accordo!”. Sennonché la loro risposta fu questa: “È inutile che tu ci parli in questo modo, mentre segretamente vai dissuadendo i tuoi servitori dal venire da noi; per questo tu ti assumi anche una grave responsabilità di fronte a Dio!”. Infatti, dato che le cose andavano avanti in questo modo, io finii col ricorrere alle guardie romane perché tenessero a distanza quei figuri! Ma ora soltanto Tu potrai sapere cosa salterà fuori ancora da questa storia!”

6. Gli dissi Io: «Lascia andare tutto questo, perché d'ora innanzi non avrai più bisogno di guardie; Io ti metterò qui il Mio guardiano che avrà più potere di tutte le legioni romane e greche! Domani lasceremo che la festa con le sue pazzie trascorra senza farci vedere in città; dopodomani però, quando la festa sarà al culmine del suo splendore, Io Me ne andrò di nuovo al Tempio e presenterò agli ebrei uno specchio dei loro peccati mortali, così che essi dovranno vergognarsi e rifugiarsi nei loro nascondigli dinanzi al popolo per fuggire alla pioggia di pietre che altrimenti esso farebbe cadere su di loro. Per conseguenza restiamo qui adesso in pace e in letizia, perché questa volta siamo al sicuro dalle loro visite»

7. Allora intervenne Pietro, e disse: «Oh, Signore! Se Tu parlassi ed agissi qui come hai parlato ed agito nelle città lungo l'Eufrate, quegli amici delle tenebre cambierebbero assai presto opinione a Tuo riguardo!»

8. Ed Io gli dissi: «Tu parli di questa cosa come tu la comprendi, ma da qui ad un paio d'anni vedrai che anche tu parlerai ben diversamente! Considera un po' la grande varietà dei fiori nei prati, quella di tutte le altre piante, degli alberi e dei loro frutti, poi la varietà non meno grande degli animali dell'acqua, della terra e dell'aria, ed infine quella dei diversi minerali, e poi non contiamo dell’immensa varietà delle stelle nel cielo! Puoi dirMi il perché di tutte queste varietà e diversità? O non ti suggerisce piuttosto la tua semplicissima ragione questo pensiero: “Per fare così, Dio stesso non può avere avuto proprio un saggio motivo, ma il movente deve essere stato una specie di capriccio divino, dato che forse Egli avrà trovato un qualche particolare compiacimento nell'ornare la Sua Terra nel modo più variato possibile e di popolarla in maniera altrettanto variata; infatti, per quale motivo un fico deve essere differente da un melo o da un pero? E perché i rispettivi frutti non hanno la stessa forma e lo stesso sapore?”.

9. Vedi, se Dio non avesse avuto la grande intenzione di educare su questa Terra le Sue creature umane per farle diventare Suoi figli, Egli avrebbe potuto dotare la Terra in modo molto scarso ed estremamente semplice con un paio di specie di frutta e popolarla con poche specie di animali domestici, come Egli ha fatto su infiniti altri mondi, visto che su quelli le creature umane non hanno la medesima alta destinazione! Ma affinché su questa Terra l'uomo potesse avere una particolare e straordinaria occasione di esercitarsi nell'osservare e nel pensare, e così di imparare a conoscere la pienissima libertà del proprio volere, Dio ha dotato questa Terra, che rappresenta per l'uomo la scuola della vita, in maniera tanto straordinariamente variata che l'uomo stesso, dalla culla alla tomba, ha occasioni più che sufficienti per pensare e per fare ogni tipo di osservazioni e di confronti, nonché per scegliere una cosa perché è buona e confacente a lui, e per rigettare l'altra perché è cattiva e non confacente a lui.

10. Così le infinite specie di animali compiono, ciascuna a suo modo, delle attività infinitamente variate, e fanno udire le loro voci e vedere i loro atteggiamenti che sono assolutamente differenti in una specie rispetto a tutte le altre, e l'uomo ha quindi una grandissima occasione di imparare dagli animali ogni tipo di occupazioni utili, per nobilitarle e per tradurle in pratica in una forma più elevata ed armonica. In tal maniera gli uccelli, certi insetti, i grilli e perfino le rane furono i primi maestri di canto degli uomini naturali; e certe conchiglie di mare diedero ispirazione all'uomo per costruirsi delle navi e per navigare a grandi distanze con l’aiuto delle vele.

11. Ma come Dio appunto, per amore degli uomini, ha chiamato ad esistere su questa Terra una varietà così straordinaria di cose e di esseri in tutti i regni della natura, nello stesso modo ha pure creato anche gli uomini, tanto rispetto alla figura esteriore, quanto al carattere, con una varietà così straordinaria e che non si può mai concepire, che voi fra un milione di uomini difficilmente potreste trovarne due che si assomiglino come un occhio all'altro. Questo però fu fatto così da Dio anche per la ragione che gli uomini si differenziassero in tutto l'uno dall'altro, e che appunto perciò essi fossero spinti a venirsi incontro l'uno l'altro con più amore. Ed affinché dovessero rendersi utili reciprocamente con sempre più amore, essi furono riccamente dotati delle capacità più varie ma assolutamente differenti nell'uno e nell'altro individuo.

12. Questo qui che è stato detto dei singoli uomini, vale pure per le singole comunità e addirittura per i singoli popoli. Ma poiché è così, come anche insegnano migliaia di esperienze, è ben necessario prendere in considerazione il fatto che non tutti gli uomini possono venire destati ed ammaestrati nell'identica maniera, né tutti possono venire suscitati alla luce e alla vita con lo stesso modo! Ora quello che vale di fronte ai singoli individui, vale anche rispetto ad intere comunità e ad interi popoli».

 

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Cap. 153

Predizione del Signore del giudizio sugli ebrei.

La caducità della materia.

 

1. (Il Signore:) «Gli ebrei di Gerusalemme vanno trattati in maniera del tutto differente dai galilei, o dai samaritani o addirittura dai pagani, e questi ultimi in una maniera ancora diversa a seconda delle loro comunità e dei loro paesi.

2. In ogni luogo bisogna prima di tutto fare attenzione su quale terreno essi si trovano, in primo luogo dal punto di vista naturale, e poi anche morale. Solo quando si è bene esplorato in questo senso si può stabilire le vie per le quali potersi avvicinare con profitto a queste e a quelle persone, per poterle conquistare alla causa della verità e della luce della vita. Qui a Gerusalemme si otterrebbero dunque dei pessimi effetti qualora noi volessimo convertire questa gente alla luce usando gli stessi metodi da noi adoperati a Chotinodora, Malaves, Samosata, Serrhe ed altri luoghi simili.

3. I pagani sono comunque immersi fin oltre ai capelli nel giudizio più tenebroso; ebbene, se Io opero un grande prodigio presso di loro, e faccio questo per infrangere la loro antica superstizione e il loro antico giudizio mediante un nuovo giudizio, la cosa non li può danneggiare, perché attraverso un nuovo mite giudizio sono stati liberati dall'altro antico e duro giudizio che gravava su di loro, mentre nel nuovo giudizio essi possono muoversi del tutto liberamente grazie alla loro fede in Dio e al loro amore per Lui. Ma se Io facessi qui a Gerusalemme, particolarmente ora in quest'epoca, le stesse cose da Me fatte nelle città lungo l'Eufrate, non pochi fra gli ebrei resterebbero annichiliti per l'angoscia e lo spavento, e a noi non resterebbe poi più proprio molta gente a cui predicare il Vangelo. Coloro che fossero rimasti ancora in vita, fuggirebbero via da noi, ed i sacerdoti urlerebbero fra mille maledizioni: “Ecco, ora Belzebù ha distrutto l'opera di Jehova! Guai a noi! Jehova ha abbandonato noi, il Suo popolo, e ci ha consegnato nelle mani dei demoni!”.

4. Dinanzi ai loro occhi Io finora non ho operato che delle minime cose, eppure essi si sono già messi a gridare che Io sono un profanatore del Sabato ed un ateo, e che vado compiendo le Mie opere con l'aiuto di Belzebù! Ma cosa direbbero e farebbero poi quando Io volessi fare scomparire in un istante il Tempio con tutto quello che esso contiene? Oh, in verità, se ora Io facessi così, voi assistereste a delle scene di indicibile orrore e finireste voi stessi col prendere precipitosamente la fuga. Ma poiché sta scritto che la salvezza verrà ad ogni modo da Gerusalemme, allora qui dobbiamo operare esclusivamente mediante la Parola e finire con l'offrire perfino il proprio corpo alla morte pur di evitare a questo popolo una qualche violenza soprannaturale di tale specie, che immancabilmente lo porterebbe alla rovina fisica e spirituale.

5. Certo Io vi dico che, entro cinquant'anni al massimo, questa città e il Tempio saranno distrutti in maniera tale che dopo nessuno saprà più dove stava il Tempio; questo avverrà tramite la potenza esteriore dei romani. Ma in realtà questa sarà una possente visitazione punitrice di Dio, e gli ebrei verranno dispersi per tutto il mondo, e non si ricostituiranno mai più a popolo, e, disprezzati da tutti, dovranno guadagnarsi il loro pane a forza di stenti fra i pagani. Questo paese verrà loro tolto per sempre e sarà convertito in un deserto dai pagani!

6. Però questa immensa ed immancabile tribolazione che si abbatterà sul paese non distruggerà tuttavia l'animo dei suoi abitanti nel modo che avverrebbe qualora Io volessi adesso spazzare via il Tempio, perché la prima tribolazione essi l'attribuiranno alla crudeltà dei romani, e la conseguenza sarà che molti si riconvertiranno a Dio, mentre invece il secondo giudizio sbarrerebbe loro completamente la via del ritorno a Dio, perché essi lo interpreterebbero come un evidentissimo giudizio di Jehova e come l'espressione palese della Sua più assoluta irriconciliabilità, e riterrebbero per certo che Egli avrebbe voluto rendere loro manifesta la Sua Ira suprema ed implacabile facendo appunto, per mezzo di Belzebù, spazzare via dinanzi ai loro occhi il Tempio assieme al Santissimo - e ciò per di più in un giorno di festa eccezionalmente solenne -, dandoli così tutti in mano al demonio.

7. Se non fosse in gioco il misero popolo, non ce la prenderemmo eccessivamente per i soli sacerdoti, quando avessimo ripulito il Tempio almeno dal suo vuoto contenuto; sennonché per amore del popolo il quale tuttavia ci tiene molto ancora al Tempio, dato che esso crede che dentro vi sia ancora la Presenza dello Spirito di Dio, noi qui non procederemo affatto ad alcuna distruzione.

8. Questo Mio Corpo però, quale il Tempio del vero Spirito di Dio, verrà invece distrutto, ma Io stesso dopo tre giorni lo riedificherò! E questa sarà una testimonianza ben più aspra, ed un giudizio ben più tremendo contro di loro che ora spadroneggiano nel Tempio a loro piacimento, che non se Io facessi sparire adesso mille Templi di questo genere! Infatti quello che accadrà di questo Mio Corpo e Mio Tempio, farà insorgere tutto il popolo credente contro gli scellerati del Tempio di Gerusalemme; esso li abbandonerà e troverà appoggio presso i romani! Tale fatto avrà l'effetto di far giungere al colmo del furore l'opulenta casta dei sacerdoti contro i romani; essi in segreto assolderanno degli armati in tutte le regioni, e tenteranno di scacciare i romani fuori dal paese. Ma vedete, appunto in quel tempo l'ora della fine sarà suonata per loro; dunque non vale la pena che voi pensiate più oltre a queste cose, perché tutto accadrà così come ora ho già esposto in anticipo!

9. In verità, in verità vi dico: “Questa Terra e tutto intero questo cielo, ora visibile e disseminato di stelle e di mondi, un giorno passeranno, ma le Mie parole e colui che le possiede in maniera vivente non passeranno mai in eterno!”. Sennonché nessuno si serve di uno strumento più a lungo di quanto esso gli possa essere utile; una volta che si è completamente logorato, allora lo si getta via e se ne acquista uno nuovo. E vedete, appunto nello stesso modo faccio pure Io!

10. Se qualcuno avesse un otre molto vecchio il quale già da molti anni fosse servito a conservare il vino dal contenuto spiritoso, ebbene, continuerà egli ad adoperarlo quando si sarà fatto fragile e non adatto a contenere del vino? Certamente no; anzi il vecchio otre egli lo getterà via, e al suo posto si provvederà di uno nuovo. Ma ecco, così pure faccio Io, sia che si tratti di un albero fattosi vecchio e putrido, oppure di un mondo vecchio e marcio. Infatti, una volta che tutti i Miei Pensieri e le Mie Idee posti in un mondo siano trapassati ad una vita libera, indipendente e puramente spirituale, un simile mondo non costituisce altro che un guscio vuoto incapace di portare e di maturare una ulteriore nuova e vigorosa vita; allora questo guscio vuoto viene dissolto, e al suo posto subentra un nuovo mondo colmo di nuovi germi vitali. Nel tempo e nello spazio tutto invecchia, diventa fragile, muore e trapassa; unicamente lo Spirito, che pensa e crea, esso solo dura in eterno».

 

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Cap. 154

Sulla necessità della caduta della materia.

 

1. Disse allora uno degli ebrei-greci: «Ma, o Signore, dato che oggi sei di nuovo in vena di rivelarci delle cose tanto grandi, abbi anche la bontà di indicarci il motivo per il quale propriamente nessuna cosa materiale può, nella sua specie, sussistere per l'eternità! Le rocce si disgregano sotto l'azione delle intemperie, gli alberi più grandi che spesso hanno sfidato per duemila anni tutte le tempeste - come i cedri secolari del Libano - muoiono e marciscono così che di essi non rimane proprio niente; anche i laghi ed i mari si prosciugano, e, a dirla breve, su tutta la Terra non si scorge altro che un continuo sorgere e svanire! Soltanto sul firmamento stellato le cose restano sempre com'erano in epoche antichissime, perché quelle stesse stelle con la loro posizione immutabile, che Adamo ha visto, sono ancora uguali, immutabili e imperiture. Ma se Tu dici che anch'esse un giorno trapasseranno, allora s'impone senz'altro la domanda molto importante: “Quegli immensi corpi mondiali che, secondo la Tua asserzione, esistono già da una serie certo indicibilmente lunga di anni terrestri, non potrebbero essi altrettanto bene sussistere ancora per una serie infinita di tali anni? Dov'è l'epoca nella quale sono sorti? Chi può misurare ad anni o addirittura a secoli il tempo che è trascorso da allora?”. Per il nostro intelletto umano è come se essi esistessero dall'eternità, e possono perciò altrettanto facilmente sussistere per tutte le eternità future! Ma perché dunque deve arrivare anche per essi il momento della fine?»

2. Ed Io gli risposi: «Amico Mio, ciò deve accadere appunto perché essi propriamente non sono materia, ma in se stessi solo un complesso di elementi spirituali giudicati. In un'altra occasione Io vi ho già detto che tutto ciò che di creato è visibile all'occhio naturale non è altro che un Pensiero tenuto fisso dalla onnipotente Volontà di Dio.

3. Ora, finché un grande Pensiero di Dio rimane fissato per opera della Sua Volontà, esso appare come una qualche cosa esistente a sé e così, in un certo modo, si trova separato dagli innumerevoli altri Pensieri, affinché esso si consolidi in se stesso e divenga un “io” indipendente per sempre. Ma qualora il Pensiero di Dio abbia assolto tale compito in se stesso, e sia divenuto indipendente e libero in tutti i campi e in tutte le direzioni, a che scopo dovrebbe venire tenuto fissato più a lungo dalla Potenza del Volere divino e dovrebbe venire completamente separato da tutti gli altri grandi Pensieri di Dio?

4. Perciò, quando l'uomo ha raggiunto la completa maturità della vita spirituale interiore, a che cosa gli può servire un corpo materiale ed a quale scopo trascinarselo dietro, compito questo che deve per forza essere sempre più faticoso? Se un uomo si è costruito una casa e l’ha resa abitabile, continuerà forse a lasciare intorno alla casa le armature che gli sono servite per costruirla? Oppure, quando tu hai cotto a dovere della carne in una pentola e l’hai resa mangiabile, lascerai la carne come sta dentro la pentola? Certo che no, ma tu invece la toglierai fuori assieme al brodo e metterai da parte la pentola vuota! Come vedi, dunque, a questo mondo ogni cosa ha il suo tempo!

5. Considera ad esempio un albero il quale, giunta la primavera, si presenta pieno di gemme; non dovresti logicamente anche qui dire: “Che senso hanno tutte queste gemme che tra poco non esisteranno più?”. Sennonché le gemme cominciano ad inturgidire, a svilupparsi sempre di più, ed infine compaiono le foglie ed i bellissimi fiori dal soave profumo, e tu ti delizi a quella vista poiché i fiori ti piacciono molto. Ma ecco che un bel giorno essi cominciano ad appassire e cadono; tu allora, arrabbiato, domandi nuovamente: “Perché una tale distruzione della massima magnificenza e bellezza dell'albero?”. Eh sì, fino ad un certo punto hai ragione tu, perché certo un albero in fiore sarebbe sempre immensamente bello a vedersi; però col semplice guardare non si sazia nessuno, e per conseguenza è chiaro che il fiore, dopo aver contribuito a vivificare il germe del frutto, deve venire levato via affinché poi il vero frutto possa svilupparsi liberamente da sé. Trascorso qualche tempo, alla tua vista si presentano i rami dell'albero carichi di squisiti frutti, e tu allora te ne compiaci molto; ebbene, dovrebbero forse i frutti restare attaccati eternamente ai rispettivi rami?»

6. Disse l’ebreo-greco che era cittadino di Gerusalemme: «Questo, o Signore, io lo comprendo benissimo; una cosa, certo, sorge dall'altra, e ciò sicuramente finché fuori delle molte cose che si sono susseguite risulta che si è ottenuto un qualche scopo principale. Ma perché anche l'albero, il quale per tanti anni ha donato all'uomo i suoi eccellenti frutti, deve infine morire, marcire e svanire poi completamente? Egli ha reso un buon servizio, eppure ha dovuto far posto ad un altro albero!»

7. Dissi Io: «Vedi, tutta la materia non è che un vaso ricettore temporaneo dell'elemento spirituale-vitale! Di questo, ogni anno si sviluppa una determinata parte, poi si rende libera e trapassa ad una sfera vitale superiore. Però, dopo una quantità, più o meno grande, di anni terrestri, anche l'ultima scintilla dell'elemento vitale è svanita dall'albero divenuto già più duro e inadoperabile, ed è salita più in alto sulla scala della potenza vitale, e così l'albero resta privo di vita.

8. Ma, arrivati a questo punto, si dovrebbero forse infondere al vecchio albero, indurito e divenuto inutilizzabile, dei nuovi elementi vitali, affinché questi vengano corrotti dalla materia dell'albero resasi già troppo grezza, similmente come anche il miglior vino si guasta se conservato dentro una botte vecchia e sporca? Non è più avveduto, particolarmente nel caso di vino nuovo, versarlo dentro a delle botti nuove e pulite, e mettere completamente da parte quelle vecchie che non servono più, specialmente quando di botti nuove se ne possieda in quantità enorme, anzi inesauribile? Cosa dici tu a questo proposito?»

9. Disse l’ebreo-greco: «O Signore, qui non c'è ormai più posto per nessuna opinione! Infatti in Te solo risiede la suprema Sapienza, e Tu solo sei a conoscenza dei rapporti che intercorrono fra le varie creature; per conseguenza Tu solo hai sempre e dappertutto ragione. Noi non possiamo che rivolgerTi delle domande ed accogliere con la massima fede tutto ciò che Tu ci dici. Tutto è perfettamente così come Tu, o Signore, vai rivelandoci in grazia. Ma in ciò sta anche la massima prova, che è la più vivificante, del fatto che appunto Tu, nel Tuo Spirito, sei Quello che dalle eternità ha creato ed ordinato in questo modo tutto quanto esiste nell'immensità dell'infinito.

10. Giovanni, il Tuo discepolo, prendendo nota delle parole proferite dalla Tua bocca, nell'introduzione al suo scritto ha reso la più vera e più bella testimonianza di Te, dicendo: “Nel principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo. Il Verbo si è fatto carne ed è dimorato fra noi. Egli è venuto ai Suoi, ma questi non Lo hanno riconosciuto”.

11. Ecco, o Signore, è veramente così! Tu sei venuto da noi, uomini, ma come è esiguo il numero di coloro che Ti hanno riconosciuto e come è grande invece il numero di coloro che tuttora, malgrado tutti i più grandi prodigi ed i più saggi insegnamenti, non Ti riconoscono ancora! Davvero, è addirittura stupefacente constatare l’immensa stoltezza e cecità degli uomini!»

12. Ed Io osservai: «Eppure è così, e tuttavia non ci puoi far niente; infatti a noi non è lecito privarli della loro libera volontà, perché altrimenti cesserebbero di essere uomini. D'altro canto sarebbe fatica sprecata compiere ancora degli altri prodigi dinanzi a loro, dato che così non si arriverebbe ad altro che a quello che Io chiaramente vi ho spiegato nell'occasione in cui voi esprimeste l'opinione secondo cui Io dovevo operare anche qui dei prodigi del genere di quelli compiuti nelle località lungo l'Eufrate.

13. Per questo popolo noi non abbiamo che la Parola; a chi essa non apre gli occhi, a costui non glieli aprirà neanche alcun prodigio. Al loro cospetto però verranno compiuti bensì ancora dei prodigi, ma non per la loro prosperità, ma per la loro evidente rovina.

14. Io vi dico: “L'ultimo segno che verrà compiuto qui a Gerusalemme, sarà quasi simile a quello del profeta Giona dinanzi a Ninive, quando egli rimase per tre giorni dentro il ventre di un enorme pesce”. Ed in seguito a questo grande segno verrà poi scatenato su di loro il grande giudizio che inghiottirà questi autori di ogni male come un drago dalle fauci infuocate inghiotte la sua miserabile preda. Ma adesso lasciamo stare questo argomento, e andiamo invece un po' ancora fuori all'aperto prima che il Sole tramonti!».

15. Tutti furono d'accordo con la Mia proposta; noi dunque ci alzammo dalla mensa e salimmo di nuovo sulla nota collina da dove si poteva scorgere anche una parte di Gerusalemme.

 

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Cap. 155

Malattie e disgrazie provocate o no da propria colpa.

 

1. Quando ci fummo accampati sulla collina, Lazzaro disse: «È davvero un peccato che questa città così grande e bella sia destinata a venire un giorno completamente rasa al suolo! Ma chi può impedire che così avvenga, se sono i suoi stessi scellerati abitanti a volere così?»

2. Ed Io osservai: «Hai parlato bene, o Lazzaro; poiché chi da se stesso vuole e cerca il proprio male, per quanto grande anche questo possa essere, il male stesso non gli capita mai a torto. Io già varie volte venni qui e chiamai gli abitanti della città perché si raccogliessero sotto le ali della Mia protezione come fa la gallina con i suoi pulcini; ma finora ogni fatica fu vana, e così esclusivamente a loro va ascritta la colpa di tutte le sciagure che si abbatteranno su di loro.

3. Ma non perciò Io trascurerò mai alcuna occasione per far pervenire a loro ogni specie di insegnamenti e di severe ammonizioni, affinché almeno alcuni possano venire salvati; e quello che ora faccio Io stesso, anche voi lo farete dopo di Me, e ciò tanto più facilmente, in quanto l'ultimo e massimo segno che verrà compiuto da Me a Gerusalemme vi renderà atti a fare così. Chi darà ascolto a voi, darà ascolto anche a Me, poiché voi direte soltanto quello che il Mio Spirito vi porrà sulle labbra, e chi vi ascolterà, verrà aiutato; ma coloro che rimarranno nella loro antica ostinazione, converrà che ne raccolgano anche i frutti.

4. Dovrei Io forse annientare sulla Terra tutta l'acqua e tutto il fuoco per la sola ragione che entrambi sono anche apportatori di morte per l'uomo quando egli cade nell'acqua profonda, o quando, mentre infuria l'incendio, egli viene raggiunto dalle fiamme? Oh, no affatto, perché l'uomo è provvisto di sufficiente intelletto e forza, nonché di libera volontà; egli conosce le buone e le cattive proprietà tanto dell'acqua che del fuoco. Dunque, che egli faccia uso di entrambi in maniera ragionevole, e allora i due elementi gli saranno sempre della massima utilità. Ma se egli, o per eccessiva audacia, oppure per grave imprudenza, cade in un'acqua profonda oppure spicca un salto dentro una fornace da calce, allora è lui stesso ad avere la colpa - sia che l’abbia fatto volontariamente o no - se così facendo ci rimette la vita del corpo. Infatti a chi fa veramente buon uso del proprio intelletto e procede con la dovuta prudenza, una simile sciagura non accadrà così facilmente, mentre a coloro che vivranno secondo la Mia Dottrina, una sciagura di tal genere non sarà mai possibile!»

5. Disse uno degli ebrei-greci: «O Signore, ma pure l'intelletto umano con tutta la sua prudenza non basta sempre e dappertutto! Mettiamo il caso che, dovendo recarmi per affari urgenti a Roma, io salga, come è necessario, su una nave per attraversare il grande mare. A metà del percorso scoppia un furioso uragano che getta sugli scogli la nave e la fa colare a picco. Si domanda adesso: “Di chi è colpa della mia disgrazia?”. Mia no di certo, del marinaio neppure; perché come avrebbe potuto egli sapere che un uragano sarebbe scoppiato così all'improvviso, ed io, poi, ancora meno di lui?»

6. Gli dissi Io: «Amico Mio! Quando succede qualcosa di simile, è certo che si tratta di una concessione dall'Alto molto ben motivata, ed è all'incirca lo stesso come quando qualcuno muore di qualche malattia assai maligna ed incurabile! Infatti, su tutta la Terra, la vita del corpo non si perpetua mai per nessuno, e l'uomo può perderla anche senza sua colpa tanto nell'acqua, quanto nel fuoco. Ed ora Io credo che tale argomento non abbia più bisogno di altri chiarimenti. Per conseguenza passiamo ora a qualcos’altro di molto più importante».

 

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Cap. 156

L’imminente eclissi lunare.

 

1. (Il Signore:) «Vedete, il Sole è ormai tramontato, il firmamento è puro, e già alcune stelle cominciano a mostrarsi; là a levante però ecco appunto la Luna piena salire sull'orizzonte un po' velato da vapori. Sappiate adesso che precisamente oggi, da qui a due ore, avremo un'eclissi lunare dovuta in via del tutto naturale all'ombra di questa Terra, che verrà a trovarsi esattamente fra il Sole e la Luna. Questo fenomeno susciterà a Gerusalemme, e particolarmente fra gli sciocchi farisei, un vero pandemonio, perché questa volta la Luna resterà completamente eclissata per quasi mezz'ora. Allora ci saranno grida e delle cospicue offerte verranno deposte nella cassetta delle elemosine; noi invece qui osserveremo con animo tranquillo questo piccolo fenomeno naturale, e ne trarremo diletto.

2. Del resto questo fenomeno naturalissimo sarà per il momento del tutto propizio al nostro presente operare, perché tanto i sacerdoti, quanto il popolo lo ritengono un segno dell'Ira di Dio, e quella parte del popolo che parteggia per Me, rinfaccerà ad alta voce ai sacerdoti di averMi voluto oggi far mettere le mani addosso. Allora i sacerdoti cercheranno di scagionarsi e di gettare la colpa sugli esseni che essi odiano a morte, scagliando su questi tutte le maledizioni possibili; nel frattempo però la Luna comincerà a farsi vedere di nuovo, ed i sacerdoti ne approfitteranno per rivolgersi al popolo dicendogli con grande enfasi: “Vedi, o popolo cieco e quanto mai stolto! Siccome con la potenza assoluta che noi soli deteniamo da parte di Dio abbiamo giudicato e condannato i Suoi più accaniti nemici, allora anche la Sua Ira si è calmata, e noi possiamo di nuovo respirare liberamente; e per ciò conviene ora dimostrarGli la massima gratitudine versando le offerte più ricche possibili nella cassetta delle elemosine a Lui dedicata!”.

3. Dopo di ciò verrà subito organizzata una nuova questua nel corso della notte, e il popolo misero, stolto e cieco darà il proprio obolo con tutte le sue forze; sennonché i Miei molti aderenti si manterranno in gran parte passivi di fronte a tale richiesta, e molti fra gli esseni che saranno presenti sfideranno i farisei e terranno loro, riguardo all'eclissi lunare, una contropredica che sarà straordinariamente interessante, poiché gli esseni sanno bene quali sono le cause dell'eclissi lunare, e tale eclissi, come altre precedenti, essi l'hanno calcolata già in anticipo, ciò che essi spiegheranno ai sacerdoti in presenza del popolo.

4. Allora il popolo si rivolgerà con energia contro i sacerdoti, e molti esigeranno la restituzione delle offerte fatte, ma non l'otterranno, perché i sacerdoti faranno del loro meglio per spiegare che le offerte verranno impiegate a questo e a quell'altro scopo benefico. Tale dichiarazione servirà a calmare una parte del popolo, ma irriterà invece di più ancora l'altra parte, cosicché scoppierà un tumulto in piena regola tanto nel Tempio, quanto fuori, e ci vorrà l'intervento della forza armata romana che dovrà agire con tutta energia per ristabilire la quiete. Vedete, tutti questi saranno stanotte gli effetti che la naturalissima eclisse lunare provocherà; noi però non saremo minimamente disturbati. Alcuni di coloro che fuggiranno a causa dell'intervento energico dei romani, cercheranno rifugio da queste parti, ma da parte nostra non abbiamo nulla da temere da loro. Ebbene, diteMi, vi piace questa storia?»

5. E tutti risposero: «O Signore, ci piace immensamente; solo che quella genia dei sacerdoti è ben lontana dall’avere quello che si merita! Per individui di questa fatta, una pioggia di pietre in perfetta regola, almeno da parte degli esseni, sarebbe davvero la cosa più indicata!»

6. Dissi Io: «Oh, voi vi sbagliate di grosso! La lapidazione con le parole da parte degli esseni sarà molto, ma molto più azzeccata e più efficace, perché essi spiegheranno con la massima chiarezza le cause perfettamente naturali del fenomeno dinanzi al popolo, e solo allora questo si rivolterà con violenza contro i sacerdoti, e dirà loro in faccia che per l'avvenire non potranno prestare più nessuna fede alle loro ciance, e giurerà di non mettere mai più piede nel Tempio per causa loro. E vedete, una cosa simile per la gente del Tempio è molto peggiore che non vedere piovere le pietre su di sé»

7. Osservò allora Lazzaro: «O Signore! Se l'eclisse di Luna non è proprio imminente, non si potrebbe andare prima a cena?»

8. Ed Io gli risposi: «Mio caro fratello, è appena trascorsa un'ora da quando ci siamo alzati da mensa; sarebbe dunque davvero esagerato cenare ora. Lasciamo che il fenomeno si svolga in tutta la sua integrità, ciò che esigerà in tutto circa il tempo di tre ore, e poi ci ristoreremo!».

9. Di questa decisione Lazzaro fu perfettamente soddisfatto, e disse alle sue due sorelle che avessero cura ormai non di preparare un pasto serale, ma per più tardi una vera cena notturna. Dopo di ciò Lazzaro Mi chiese che cosa fosse veramente la Luna.

10. Dissi Io: «Vedi, Mio caro fratello, questa cosa i Miei discepoli la conoscono perfettamente; del resto in una precedente occasione, ragionando a quattr'occhi, ti ho già accennato cosa sia il Sole, le stelle ed anche la Luna; però sembra che tu non abbia compreso bene la cosa. A ogni modo ciò non fa niente! Io poi aprirò la vostra vista interiore, ed allora vi potrete esaminare la Luna precisamente così come ora potete esaminare i paesaggi di questa Terra, e ciò sarà meglio che non se Io vi spiegassi la cosa adoperando molte parole».

11. Tutti allora si dichiararono contenti e Mi ringraziarono già anticipatamente.

 

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Cap. 157

La visione della Luna scorta per mezzo della vista interiore.

 

1. Frattanto però la Luna aveva già cominciato ad entrare nel cono d'ombra terrestre; tutti gli occhi erano ormai rivolti al satellite ed osservavano il progredire dell'ombra sul disco lunare; ben presto la Luna tutta intera si trovò oscurata e, naturalmente, si resero visibili molte più stelle di prima, quando la Luna era nel suo pieno splendore.

2. Allora Lazzaro Mi domandò: «O Signore! Come si spiega che adesso si possono vedere tante stelle che prima non si potevano scorgere affatto?»

3. Ed Io gli risposi: «Questo, o fratello Mio, dipende dal fatto che ora la luce intensa del plenilunio non inganna i tuoi occhi; le tue pupille sono adesso molto più dilatate di prima, e tu per conseguenza puoi percepire anche il bagliore già molto debole di stelle che sono enormemente lontane da noi. Di giorno non vedi affatto le stelle, per la ragione che la luce del Sole restringe necessariamente di molto le tue pupille; Dio infatti ha costruito l'occhio umano con una maestria tale, per cui esso può percepire e addirittura calcolare esattamente qualsiasi grado di intensità luminosa.

4. Ma per quanto l'occhio materiale dell'uomo sia un capolavoro grandioso, esso non può nemmeno alla lontana reggere al paragone di quella meraviglia assoluta che è l'occhio dello spirito che vede e compenetra tutto nelle giuste proporzioni.

5. Fa adesso bene attenzione a quando, tra poco, la Luna uscirà dalla zona d’ombra della Terra, e vedrai come le stelle più piccole andranno man mano scomparendo, e così potrai convincerti del fatto che tale fenomeno è dovuto all'intensificarsi sempre maggiore della luce lunare.

6. Ben diversamente invece stanno le cose rispetto alla facoltà visiva dell'anima; questa non viene tratta in inganno da nessuna luce terrena, e la notte della Terra o il più chiaro giorno sono per essa uguali. Quindi per l'anima non esiste che un giorno continuo, e mai una notte, beninteso per un'anima che vive e procede nella Mia Luce; però per un'anima la quale procede unicamente nella luce di questo mondo, vale a dire secondo i dettami di questo, nell’oltretomba non vi è altro che notte e tenebre.

7. Ed ora siate pronti! Per alcuni istanti Io provocherò, per così dire, forzatamente in voi la visione interiore, e potrete quindi contemplare la Luna come se vi trovaste sulla sua superficie!».

8. Con un atto della Mia Volontà Io allora feci come avevo detto, e tutti contemporaneamente emisero un grido di orrore; Lazzaro addirittura Mi pregò di ricondurlo allo stato normale, perché lo spettacolo della superficie lunare desolata e vuota gli causava un'oppressione immensa.

9. Io però dissi: «Guardate con maggiore attenzione, e scoprirete là pure degli esseri simili agli uomini terrestri!».

10. Allora tutti forzarono di più ancora la vista e finirono col vedere appunto degli esseri umani, sempre sull'emisfero lunare costantemente rivolto verso la Terra, i cui corpi però avevano una consistenza molto vaporosa così da apparire quasi del tutto trasparenti; erano piccoli di statura e dall’aspetto quanto mai deperito, e coloro che stavano guardando non sapevano cosa pensare di quegli esseri. Sull'emisfero opposto però lo spettacolo migliorò alquanto, ma poiché vi regnava la notte lunare che si protrae per quattordici giorni, per ragioni del tutto corrispondenti alla natura del satellite, essi trovarono tanto gli uomini che vi abitavano quanto i pochi animali immersi in un sonno profondo.

11. Quando cosi tutti ebbero visitato l’intera superficie lunare, cominciarono ad esprimere la loro opinione dicendo che ormai avevano esaminato più che a sufficienza il satellite della Terra, ed esternarono il desiderio che Io togliessi loro la vista interiore. Io accondiscesi subito, visto che in loro andava insinuandosi un certo timore di dover forse restare su quel mondo che appariva così triste e miserando.

12. E quando poterono di nuovo rimirare la Luna con gli occhi del loro corpo, essi provarono un senso di immensa soddisfazione, ed uno fra i più anziani degli ebrei-greci esclamò: «O Signore, se nella Tua grande Creazione c'è in qualche luogo un mondo dove le anime dannate devono vivere fra i tormenti, davvero a me pare che la Luna potrebbe senz'altro essere questo mondo, particolarmente sulla parte che vediamo noi! E quegli strani esseri umani bruttissimi, dal corpo vaporeiforme, semifluido, trasparente e di colore grigio-scuro non sono certamente altro che delle anime di questa specie, infelici e perciò per niente da invidiare! Se qualcuno si mette a viaggiare su questa Terra, egli passa da una regione bella ad un'altra spesso più bella ancora, ma sulla Luna è precisamente il caso inverso, perché già il primo punto che si osserva, e che è probabilmente il migliore, ha già un aspetto tanto deserto e selvaggio che viene subito la voglia di fuggire come al cospetto di una cosa orrenda e mostruosa; ma gli altri luoghi poi sono molto più orribili e spaventosi ancora! Ed in quei luoghi dimorano degli esseri umani tanto depressi e deperiti d’aspetto che, sulla Terra, si potrebbe veramente definire un re chi fosse costretto ad abitare nelle più fetenti cloache! Oh, Signore, Signore, cosa sono mai quegli esseri?!»

13. Ed Io risposi: «Eh sì, quelli sono degli esseri non proprio tanto felici, e portano in loro ancora molto dell'elemento infernale; tuttavia essi, col tempo, possono trapassare ed anche trapasseranno ad una vita migliore, certo però non a passo troppo veloce. Coloro che si vedono girovagare sulla superficie di quel corpo, e che hanno acquisito un certo grado di trasparenza, si trovano ancora a miglior partito; ma ce ne sono degli altri che dimorano in fondo alle caverne, alle buche ed ai crateri di cui è disseminato il terreno, ebbene, quelli sì che si trovano in condizioni molto peggiori, perché ci vorrà parecchio tempo prima che possano passare ad uno stato un po’ migliore.

14. Vedete, quelle sono anime degli uomini di questa Terra, le quali durante la vita trascorsa su questo pianeta si sono date con assoluta frenesia al mondo pazzo, e si sono immerse completamente nell'egoismo. Tali anime davvero materialissime vengono trasferite sull'emisfero morto della Luna e lì vagano rivestite di una specie di corpo semi-materiale tratto dal proprio essere, mediante il quale esse percepiscono ancora le sensazioni materiali cattive, come il freddo, il caldo, la luce del Sole e il riflesso di questa Terra e delle altre stelle; però esse non hanno più niente di terreno con cui saziare la loro avidità. Esse vedono benissimo questa Terra e conservano pure il ricordo di essere vissute qui agiatamente, possedendo beni terreni in abbondanza, godendo di molta considerazione e avendo molta gente a loro disposizione per servirli; adesso invece sono sole ed abbandonate a se stesse, nude, e non hanno affatto alcun nutrimento all'infuori di un'atmosfera molto tenue; acqua non ne hanno, e meno ancora del vino. Il terreno su cui dimorano è composto di una pietra che assomiglia alla pomice, sulla quale non attecchisce in nessun luogo nemmeno una pianticella di muschio.

15. Così il corpo lunare viene ad essere per tali anime un posto quanto mai adatto a renderle completamente desolate e a guidarle alla persuasione che tutti i tesori e beni terreni sono estremamente illusori e senza alcun valore, ed esse finiscono col desiderare ardentemente di svanire del tutto e di non esistere più.

16. Sono molte quelle che tentano di uccidersi, altre invece si sforzano di immergersi in una specie di sonno per sfuggire del tutto ad ogni visione del mondo; sennonché né l'una né l'altra cosa è possibile. Allora esse cominciano a cercare se non ci sia forse una qualche via che conduce fuori dalle fosse e dalle valli delle loro sofferenze verso qualche regione dove esista la possibilità di venire in contatto con degli esseri dotati di maggiore sapienza allo scopo di ragionare con loro sul perché della loro esistenza così tanto misera. E vedete, in tali occasioni avviene che dopo molti stenti e fatiche riescono a trovare una via d'uscita e a giungere in qualche grande pianura. Giunte qui, esse salgono su qualche alta montagna dove vengono avvicinate da spiriti savi i quali le istruiscono con molta saggezza e fanno loro notare che esiste un Dio onnipotente, sapientissimo e supremamente buono nel Quale esse sono chiamate a credere e che devono anche amare, e che qualora intendano incamminarsi per questa via, il loro destino non tarderà a migliorare.

17. Esse poi anche accettano volentieri tali ammaestramenti e consigli, si liberano poi della loro materia, ottengono una veste spirituale e quindi vengono trasferite su un altro pianeta come Venere ad esempio o Mercurio, più tardi anche su Giove, Saturno e vari altri pianeti sui quali devono peregrinare. Poi esse possono trasferirsi sul sole, dove possono acquisire molta sapienza ed anche amore, e solo qui esse si innalzano al grado di spiriti puri e passano alla sfera spiritualmente pura del Sole, dove non c'è davvero mancanza di istituti di educazione organizzati in maniera quanto mai saggia.

18. Per conseguenza anche questa specie di uomini materialissimi divengono puri dopo numerosi e lunghi periodi di tempo, e possono godere di una beatitudine assai grande; tuttavia non possono giungere mai là dove verrà anche uno dei minimissimi tra i Miei figli.

19. Una redenzione è comunque riservata pure a questi miseri abitanti della Luna per quando Io sarò ritornato là da dove sono venuto. Ed ora vi chiedo: “Sapete che cosa è veramente è la Luna?”»

20. Rispose Lazzaro: «Si, o Signore, questo lo sappiamo ormai esattamente, ben s'intende però per quanto riguarda la parte che è rivolta verso di noi! La parte opposta invece sembra che abbia maggiore somiglianza con la nostra Terra! Noi abbiamo visto là delle piante; non vi manca neanche l'acqua, né le nuvole sul firmamento. Cosa c'è dunque su quell'emisfero?»

21. Gli dissi Io: «Ci sono uomini naturali, all'incirca come ce ne sono qui nelle regioni più settentrionali; certamente però, dati i rapporti differenti del tutto esistenti fra giorno e notte su quel satellite, i rispettivi abitanti sono, dal punto di vista fisico, costituiti un po' differentemente dagli uomini terrestri. Ogni altra cosa a questo riguardo vi verrà insegnata dallo spirito. Ed ora, considerato che anche questo fenomeno è terminato, possiamo rientrare in casa e fare una modesta cena».

22. Dato che non ci furono obiezioni, facemmo ritorno alla dimora di Lazzaro, dove Io consigliai però a tutti di non fare cenno con nessuno della visione che avevano avuto.

 

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Cap. 158

Le conseguenze dell’eclissi lunare. Rinascita e doni dello Spirito.

 

1. Come al solito, noi prendemmo posto intorno al grande tavolo, e Lazzaro fece servire pane e vino, dato che non era pronto altro. Marta tuttavia voleva andare in cucina per apparecchiare qualcosa di meglio almeno per Me.

2. Sennonché Io le dissi: «Lascia stare, sorella Mia; il pane e il vino costituiscono comunque il migliore nutrimento per il corpo umano; e poi, se tu accendi adesso il fuoco, alcuni fuggitivi da Gerusalemme che sono qui vicino non mancheranno di accorgersene e vorranno entrare in casa, cosa questa che non sarebbe gradita né a voi, né a Me. Tralascia perciò di fare quello che vorresti e che, in fondo, non ci occorre! Vedrai che le cose domani si metteranno già meglio».

3. Allora Marta desistette dalla sua idea, e noi mangiammo e bevemmo.

4. Ma quando ci fummo ristorati quanto bastava, nella stanza dove eravamo radunati entrarono due servitori di Lazzaro, e ci riferirono che oltre le mura, da cui era circondata Betania, c'era una quantità di persone le quali si stavano reciprocamente raccontando che durante e dopo l'eclissi lunare a Gerusalemme c'era stato un tumulto di una violenza tale che la milizia romana aveva dovuto ristabilire la quiete con le armi alla mano, altrimenti la faccenda avrebbe potuto certamente prendere una piega molto pericolosa.

5. I due servitori aggiunsero che molti fra i pellegrini si erano allontanati in fretta e furia. Quelli però che stavano cercando rifugio a Betania, avevano tentato di entrarvi, ma invano, perché in quel giorno tutte le porte erano state solidamente sbarrate già al tramontare del Sole. Alcuni si chiesero l'un l'altro se forse il profeta dalla Galilea non si trovasse a Betania. Ma altri dicevano: “Oh, egli è troppo astuto, e già stamani avrà fiutato il vento infido; perciò egli si è congedato mentre era ancora in tempo!”. Dopo aver raccontato ciò, i due servitori chiesero a Lazzaro: “O padrone, che cosa dobbiamo fare di questa gente? Lasciarli entrare, oppure no?”»

6. Risposi Io invece di Lazzaro: «Lasciate che restino fuori, dato che non c'è più nessun pericolo che vengano ulteriormente inseguiti! Domani non si parlerà più di tutta la faccenda, e la festa avrà il suo corso senza venire minimamente turbata».

7. Allora i servitori uscirono nuovamente ed assieme ai loro compagni rimasero di guardia affinché nessuno potesse penetrare nel vasto cortile eventualmente scavalcando le mura.

8. Io però rammentai a tutti ciò che prima, sulla collina, avevo preannunciato sugli effetti che l'eclissi lunare avrebbe prodotto a Gerusalemme, e tutti anche si stupirono per il fatto che Io ero in grado di sapere con tanta precisione, senza essere stato presente a Gerusalemme, le conseguenze che il fenomeno avrebbe avuto.

9. Ma Io osservai loro: «Come può questo fatto meravigliarvi tanto? Vedete, questa cosa l'avrebbe potuta predire altrettanto bene quanto Me qualsiasi altra persona accorta e saggia, qualora fosse stata, in seguito a ripetute esperienze, a conoscenza di come è solita comportarsi in simili occasioni la gente avida del Tempio e come essa sappia sempre volgere a proprio profitto i fenomeni di questa specie! Stabilire in anticipo lo svolgersi di avvenimenti che logicamente si presentano chiari alla mente di chiunque sia dotato di maturità di pensiero, non è poi tanto straordinario; però stabilire senza il sussidio di calcoli quando deve manifestarsi un simile fenomeno, questa è una cosa che ha un significato certo maggiore, quantunque anche gli esseni siano in grado di prevederlo con discreta esattezza mediante il calcolo, ed essi da sempre hanno saputo trarre vantaggio da queste segrete cognizioni matematiche.

10. I futuri matematici però saranno in grado di fare simili previsioni con esattezza molto superiore fondandosi unicamente sul calcolo, e tuttavia non saranno per nulla in qualche modo onniscienti; dunque, in fondo la cosa non ha affatto quell'importanza che sareste portati ad attribuirle voi.

11. Invece molta importanza ha lo scrutare i pensieri che sorgono nel cuore umano! Chi è capace di questo, come Dio, è in grado di sapere tutto, di vedere tutto e di percepire tutto. Coloro che vivranno secondo la Mia Dottrina e con ciò perverranno alla rinascita dello spirito nella loro anima, costoro avranno anche tale capacità; ma coloro invece che non vi perverranno, non saranno mai capaci di qualcosa di veramente spirituale!

12. Il corpo umano non sa mai in eterno tutto ciò che si cela nell'uomo, perché esso non possiede occhi atti alla visione di quello che esiste interiormente nell'uomo; ma è solo lo spirito, che è interiormente nell'uomo, a sapere e a vedere tutto ciò che c’è nell'uomo. Per conseguenza ognuno tenda alla vera rinascita dello spirito, poiché senza di questa nessuno può entrare nel Regno di Dio.

13. Tuttavia prima che Io non sia salito lassù, nessuno sarà in grado di pervenire alla perfetta rinascita dello spirito nella propria anima; invece dopo la Mia dipartita vi potrà pervenire chiunque crederà in Me e vivrà conformemente alla Mia Dottrina»

14. Chiesero allora i discepoli: «Ma, o Signore! Come e quando accadrà questo?»

15. Ed Io risposi: «Di ciò voi sarete testimoni ben presto, e lo vedrete con i vostri occhi; per ora a voi non occorre sapere di più. Pensate piuttosto che fino a quel tempo noi avremo da fare molte cose ancora, e che Io avrò molte cose da sopportare, affinché possa venire tolto il pungiglione mortale ad ogni giudizio nel quale tutta l'umanità si trova ora. E adesso andiamo a riposare in modo che l'indomani possa trovarci pronti a riprendere con tutto vigore il nostro lavoro, perché un uomo assonnato non è mai adatto ad un'attività spirituale».

16. Dopo di che ci ritirammo a riposare e dormimmo profondamente fino a giorno fatto.

 

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Cap. 159

Le esperienze dei discepoli alla festa a Gerusalemme.

 

1. Quando ci destammo, ciò che questa volta avvenne una buona ora più tardi del solito, la colazione era già preparata e pronta sulla mensa. Noi dunque vi prendemmo immediatamente posto e consumammo di lieto umore la colazione che era davvero eccellente. Una volta terminata, i discepoli Mi domandarono che cosa Mi fossi proposto di fare in quella giornata.

2. Ed Io risposi loro: «Per quanto Mi riguarda, quest'oggi sarà un giorno festivo e quindi non Mi propongo di fare niente di speciale. Voi però potete salire su dove c’è la festa per vedere che cosa succede là e che cosa si dice! E quando poi sarete di ritorno qui a mezzogiorno, potrete raccontarMi quello che avete visto e udito dire nei Miei riguardi. Perciò oggi Io intendo essere presente alla festa soltanto con gli occhi e gli orecchi del Mio Spirito, dato che la festa stessa assumerà oggi un autentico carattere pagano. Ad ogni modo chi preferisce restare qui, che resti pure, e non pensi affatto a quella sciocca festa!».

3. A queste parole alcuni fra i discepoli si alzarono, e con passo molto tranquillo si avviarono alla festa, ma Pietro, Giovanni, Giacomo, Andrea, Simone e Matteo rimasero con Me, e gli ebrei-greci rimasero anche loro con Me, perché quest’ultimi non avevano affatto gran voglia di venire riconosciuti da qualcuno in città nonostante le loro vesti alla foggia greca.

4. Quando i pochi discepoli partiti furono arrivati al luogo della festa, vennero subito riconosciuti da alcuni ebrei i quali si strinsero intorno a loro e li interpellarono con maniere brusche dicendo: «Non siete voi galilei e discepoli del falegname di Nazaret? Dove si trova, affinché possiamo andare da lui per parlargli personalmente?».

5. I discepoli però non risposero affatto a tale domanda degli ebrei, per la qual cosa questi insistettero di più ancora presso di loro.

6. Questo modo di fare fece arrabbiare Natanaele il quale rispose così a quegli importuni: «Perché lo domandate a noi? Andate cercarLo voi stessi! Noi qui non siamo altro che dei pellegrini come voi, e non c'è alcun motivo per il quale dobbiate darci fastidio! Ma se continuate a comportarvi così verso di noi, allora sapremo come fare per tenervi a distanza mediante i romani».

7. Udito questo, gli ebrei brontolarono ma non diedero più fastidio ai discepoli i quali cominciarono a gironzolare per i vestiboli del Tempio.

8. Qua e là si andava molto ragionando nei Miei riguardi, e molti fra gli ebrei che credevano in Me, Mi cercavano e domandavano ad altri se qualcuno Mi avesse visto in qualche luogo. Sennonché nessuno sapeva dire dove Me ne fossi andato.

9. Alcuni dissero: «Egli certo è stato giusto ieri quando disse: “Voi Mi cercherete, e tuttavia non Mi troverete! E dove Io sarò, voi non potrete venire!”». Ce n'erano però degli altri i quali sostenevano che Io ero semplicemente un ciarlatano ed un mago che conosceva bene i suoi trucchi.

10. Altri ancora asserivano invece che Io dovevo essere con tutta evidenza un profeta, dato che compivo cose che nessun mago era mai stato capace di fare; poi c'era qualcuno che diceva che Io ero anzitutto una persona onesta e quanto mai pia. Ma non mancavano neppure quelli che sostenevano che Io dovevo essere posseduto da un qualche potente spirito del mondo infernale che per mezzo Mio operava dei prodigi e così seduceva gli uomini.

11. Invece non c'era nessuno che credesse ed affermasse che Io ero il Cristo! Agli occhi dei discepoli però la festa cominciava ad apparire estremamente insensata e vuota, e perciò decisero ben presto di ritornare. Una volta giunti nuovamente a Betania, essi vennero subito assaliti da domande per sentire come fosse andata la festa. Ed essi raccontarono per filo e per segno tutto quello che era toccato loro, e ciò che avevano visto e udito. Tanto Lazzaro, quanto gli altri discepoli e gli ebrei-greci rimasero indignati sentendo come il popolo fosse ancora così immerso nelle tenebre.

12. E Lazzaro esclamò: «No, davvero, quello che io comprendo meno è come proprio questo popolo sia così spaventosamente immerso nelle tenebre! Quanti prodigi sono già stati compiuti e quanti insegnamenti sono stati dati! E tutto per niente! Oh, questo è davvero troppo! Un Uomo come Te, o Signore, che non ha fatto altro che beneficare continuamente e in tutti i modi il prossimo senza chiedere, a quanto io sappia, nemmeno uno statere (piccola moneta antica) mai a nessuno, anzi che ha reso immensamente felici tanti miseri e, inoltre, chi mai Gli abbia fatto il minimo favore ne è stato immediatamente ricompensato mille volte, ebbene, un tale Uomo, per questo popolo straccione e cieco più di una talpa, è un imbroglione! Oh, Signore! Concedimi soltanto per qualche istante la Tua Onnipotenza, e questo luogo sarà all’istante purificato dalla sua antica immondizia! O umanità stolta! Tu non hai affatto bisogno di cinquanta anni per essere matura per il più tremendo giudizio, perché lo sei matura già ora!»

13. Ed Io lo calmai dicendogli: «Mio caro fratello, non vale davvero la pena che tu te la prenda tanto per questo; pensa piuttosto che Io stesso vedo meglio di tutti perché viene loro consentito di tenere un comportamento tanto insensato! Non saremo però noi a giudicarli, ma solo la Parola ben comprensibile indirizzata a loro tanto spesso ma del tutto invano terrà il giudizio contro di loro. Ad ogni modo è bene che voi pure abbiate udito qual è l'opinione della maggioranza del popolo sul Mio conto; domani, quale giorno festivo più bello, Io Mi presenterò di nuovo al Tempio per insegnare e per dimostrare loro esattamente di quale spirito essi sono figli, e che cosa essi, come tali, devono aspettarsi. Perciò lasciamo da parte adesso questo argomento ed occupiamoci invece di qualche cosa di meglio!»

14. E Lazzaro disse: «Certo, o Signore, questa sarà la cosa migliore! Ma cosa si potrebbe fare adesso? Il pranzo sarà pronto solo entro un'ora»

15. Gli risposi Io: «Oh, non preoccuparti per questo; Me ne occuperò Io!».

 

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Cap. 160

I sette cani da guardia di Lazzaro.

I mondi stellari come scuole per gli spiriti.

 

1. (Il Signore, rivolgendosi a Lazzaro:) «Vedi, quando Noè per consiglio di Dio si mise a costruire l'arca, i vicini, molto schiavi del mondo, lo schernivano in tutti i modi e dicevano: “Guardate un po' il vecchio pazzo e visionario! Proprio qui sulla cima di un monte, ben lontano da qualche mare, egli si costruisce un barcone destinato a galleggiare, dominato com'è dall'idea fissa che Dio farà venire delle acque tali che spingeranno le onde fino oltre a queste alte montagne; e quando questo accadrà, egli vi entrerà con la sua famiglia e così si salverà dall'annegamento!”.

2. Simili discorsi e di peggio ancora dovette tollerare Noè; anzi perfino Mahal, suo fratello, si burlò di lui, e finì con lo scendere alle pianure di Anoc assieme alle sue figlie. Ma anche i vicini cercarono di far stancare Noè ostacolando lo zelo che egli dedicava al suo lavoro, tanto che molte volte essi distruggevano di notte quello che egli aveva costruito durante il giorno. Allora egli supplicò Dio che gli accordasse un valido aiuto contro quella piaga. Ed ecco, Dio glielo mandò sotto forma di una numerosa muta di grossi cani molto feroci, e chi di notte si azzardava ad avvicinarsi alla costruzione, veniva sbranato da quegli animali, e in questo modo Noè ebbe pace e poté dedicarsi ad edificare l'arca in tutta tranquillità.

3. Ebbene, ora tu [Lazzaro] per sorvegliare le tue case sei ricorso ai soldati romani sobbarcandoti una notevole spesa! Io però sono in grado di procurarti dei guardiani del tutto differenti, i quali ti costeranno assai poco, e nello stesso tempo non si lasceranno corrompere da nessuno! Essi per istinto riconosceranno immediatamente i tuoi nemici e già con i loro terribili latrati li metteranno in fuga lontano dai confini delle tue proprietà; d'altro canto però con altrettanta istintiva precisione essi riconosceranno i veri amici della tua casa e non li cacceranno via, anzi li lasceranno tranquillamente entrare»

4. E Lazzaro esclamò: «O Signore! Procurami Tu al più presto possibile dei guardiani di questa specie, e certo io non farò loro mancare nulla»

5. Dissi Io: «Ebbene, andiamo un po' fuori all'aperto, ed i guardiani li avremo in un istante».

6. Noi allora uscimmo, e non appena avemmo posto il piede nel vasto cortile, sette cani grandissimi ci corsero incontro, abbaiando forte, e si misero a girare fra i componenti della compagnia e a strofinarsi contro chi incontravano. Avevano tutti la grandezza di un bue di due anni, il corpo era coperto da un pelo bruno molto ispido, e possedevano una dentatura formidabile.

7. Lazzaro si rallegrò molto per questo e Mi domandò come avrebbe dovuto fare per provvedere di un adeguato ricovero a quegli animali. Ed Io con la sola Potenza della Mia Volontà gliene costruii all'istante uno nel modo e nel luogo più adatti, ciò che suscitò in Lazzaro un’immensa meraviglia; ma i discepoli gli spiegarono il fatto e gli raccontarono come Io, nello stesso modo, avessi procurato a molta gente delle intere grandi abitazioni.

8. E Lazzaro allora esclamò: «Con tutte queste cose che fa il Signore, quel popolo miserabile, nonostante ciò, non crede ancora in Lui, anzi va proclamandoLo un imbroglione! Oh, ma fino a dove arriva la malvagità degli uomini, e dove finisce la loro perfidia?»

9. Io però lo calmai e gli dissi: «Non preoccuparti di tutte queste cose! Il tempo è eterno e lo spazio è infinito; dunque molte cose possono succedere, e ogni azione può trovare il suo posto. La notte scorsa, durante l'eclissi lunare, tu vedesti una quantità innumerevole di stelle, e questa era a mala pena la decimillesima parte delle stelle scintillanti dinanzi ai nostri occhi entro il campo della nostra visuale. Io però ti dico che tutte queste stelle ancora visibili non costituiscono nemmeno la minimissima parte del complesso di quelle stelle che non vennero mai viste neppure dagli occhi più acuti di un birmano degli altipiani dell'India, nonostante più di uno di quegli abitanti dalla vista acutissima sono dotati di una tale potenza visiva che essi possono distinguere benissimo le montagne e le incavature della Luna. Ebbene, tutti questi mondi in numero sterminato sono delle scuole per ogni tipo di spiriti; da ciò puoi dunque facilmente rilevare perché nella Scrittura sta scritto che i consigli di Dio e le Sue vie sono imperscrutabili. Per conseguenza non darti pensiero se vedi o senti delle cose che ti sembrano così tanto irragionevoli, poiché Dio sa tutto, e conosce assai bene gli spiriti, nonché le vie per le quali Egli li conduce verso la loro meta!».

 

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Cap. 161

L’opera esemplare come migliore dottrina ed esortazione.

Dove la serietà e la minaccia sono al posto giusto.

 

1. (Il Signore:) «Chiunque però che conosce le vie della luce e della vita per averle apprese dalla Mia Bocca, costui abbia cura principalmente per sé di trovarsi puro al cospetto di Dio e di non giudicare il prossimo! Chi fa così, fa tutto, e dà mediante l'esempio il migliore e più efficace insegnamento al proprio fratello.

2. Se tuo fratello ti vede operare nobilmente il bene, egli ben presto verrà da te e ti domanderà: “Quali ragioni hai tu per agire come fai?”. Tu allora in tutta fedeltà e verità gli esporrai il vero motivo del tuo agire e gli dirai: “Va, e fa tu pure lo stesso, così avrai vita!”. E vedi, egli andrà e subito si disporrà a fare quello che avrà visto fare da te! Ma se invece tu vai da lui per rinfacciargli i suoi errori, e solo dopo cominci ad esporgli la Dottrina secondo la quale egli dovrà comportarsi in avvenire, allora egli si adirerà e ti apostroferà così: “Chi è stato a nominarti mio giudice? Vedi di spazzare davanti alla tua porta; in quanto allo spazzare davanti alla mia, saprò farlo da solo!”.

3. Io quindi dico a voi tutti: “La Dottrina fatela precedere dalle buone opere, e così, prima che in qualsiasi altro modo, la gente riconoscerà che voi siete davvero Miei discepoli! Fate del bene perfino ai vostri nemici, e in questo modo accumulerete carboni ardenti sui loro capi!

4. Prendete tutti esempio da Me! Io stesso sono di tutto cuore umile e mansueto, e non giudico, né condanno nessuno; ma chiunque sia affaticato e oppresso da ogni tipo di mali, venga a Me ed Io lo consolerò e ristorerò! (Matt. 11,28 sg.)

5. Ma come sono Io stesso verso tutti gli uomini, così dovete essere anche voi! Oppure potete forse voi, Miei vecchi discepoli, dire di Me che Io sia stato duro e crudele verso gli uomini che sono stati condotti dinanzi a Me molto cattivi, ma essendolo diventati senza loro colpa?

6. Solamente alcuni assaporarono la durezza della Mia giusta Ira, ed erano quei pochi che con la più perversa volontà di questo mondo meditavano la Mia e la vostra rovina prima del tempo stabilito dall'Alto. Anche in ciò Io vi ho dato un esempio secondo il quale voi pure in casi simili potrete agire, poiché il potere necessario in questi casi non vi mancherà mai. Però, prima di prendere la via della serietà, è bene che non lasciate intentata alcuna via della mitezza. La serietà è dunque da adoperarsi soltanto quando la volontà di perfidia degli uomini vi si schiera contro, vi perseguita e respinge qualsiasi vostra parola conciliante.

7. Chi a causa del Mio Nome vi perseguiterà allo scopo di avere un compenso dai sommi sacerdoti e dai loro accoliti, costui anzitutto ammonitelo con serietà; se egli dopo la vostra ammonizione si converte, allora lasciatelo andare in pace; ma se, dopo averlo ammonito almeno tre volte, non si converte, allora minacciatelo con serietà. Se poi non si converte nemmeno a tale minaccia, allora lasciate che la minaccia si traduca nei fatti quale esempio ammonitore per tutti coloro che si sono proposti di perseguitarvi ostinatamente agli scopi di un vantaggio terreno! Però soltanto in questo unico caso voi avete il diritto di usare la serietà!»

8. Disse allora Pietro: «O Signore, cosa si dovrà fare qualora qualcuno tentasse di adescarci con parole lusinghiere e menzognere? Noi certo riconosceremmo subito tale astuzia maligna, ma se, avendo riconosciuto questo, noi gli rinfacceremo il suo contegno ed egli nonostante ciò, nell'intento di sedurci, persevererà nel giurare che tali non erano le sue intenzioni, ebbene, che cosa dovremo fare di un individuo simile?»

9. Ed Io gli risposi: «Ma proprio non siete ancora capaci di pensare quel tanto che occorre per arrivare, attraverso il confronto, alla deduzione che ciò che ha importanza non è il mezzo, ma l'intenzione alla cui attuazione il mezzo stesso serve, intenzione che una persona attiva, in un modo o nell'altro, si propone di realizzare verso un'altra persona? Che a tale scopo qualcuno tenda ad arrivare usando la spada, la lancia o le catene, oppure parole mendaci e lusinghiere, ciò è assolutamente la stessa cosa; se egli non si converte in seguito alle vostre ripetute ammonizioni, che venga minacciato, e se non si ravvede nemmeno con la minaccia, allora che venga attuata la minaccia nei suoi confronti! Io credo che ormai vi sarà chiaro come e quando la serietà nel vero senso della parola va impiegata.

10. Tuttavia a questo riguardo c’è da considerare ancora una cosa, e precisamente questa: quando per ciascuno viene il suo tempo, come anche per Me presto verrà, allora conviene rinunciare alla propria serietà, perché bisogna rassegnarsi alla Serietà di Dio qualora si voglia giungere in spirito a Dio».

 

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Cap. 162

Causa e scopo delle malattie e dei dolori.

 

1. Qui intervenne uno degli ebrei-greci, e disse: «Ma perché l'uomo, che è senza dubbio misero e mortale, deve andarsene al suo Creatore tra sofferenze e dolori di ogni specie? Non potrebbe il trapasso effettuarsi anche con il corpo sano e privo di dolori, dopo una vita terrena secondo la riconosciuta Volontà di Dio?»

2. Ed Io gli risposi: «Se l'uomo vuole, sì; ciò dipende il più delle volte da lui. Perfino la maggior parte delle malattie del corpo è la conseguenza di ogni tipo di peccati che l'uomo ha commesso di continuo già dal tempo della sua giovinezza fino a quello della sua vecchiaia, e alla fin fine li ha commessi come una specie di abitudine. Alcune tra le infermità che affliggono gli uomini sono poi un triste patrimonio che i genitori e i progenitori lasciano in eredità ai figli ed ai figli dei loro figli, dato che genitori e progenitori hanno a loro volta già peccato. Dunque non si può attribuire nessuna colpa a Dio se l'uomo si sta preparando da solo le più svariate infermità con le conseguenti sofferenze e dolori. Mi si potrebbe certo obiettare: “Nel caso in cui l'uomo venga subito ammaestrato da Dio riguardo a cosa deve fare per poter vivere e sussistere nel giusto ordine nel mondo, ma poi con i fatti non segua tali ammaestramenti, allora è evidentemente del tutto colpa sua se viene assalito da ogni tipo di infermità. Ma se invece l'uomo ha dovuto imparare ogni cosa dalla natura e farsi accorto attraverso svariatissime esperienze avverse e spesso molto dolorose, allora egli non ha colpa dei mali che lo affliggono, ed è per conseguenza la creatura più degna di commiserazione sulla Terra!”.

3. Ed Io stesso dico che sarebbe veramente così se le cose stessero proprio in questo modo! Ma che non sia così, lo dimostra la creazione della prima coppia umana nel paradiso dove essa, per più di cent'anni, venne istruita ininterrottamente da Dio in tutte le cose possibili; e più tardi, in quella prima epoca dell'umanità su questa Terra, Dio suscitò continuamente veggenti e profeti i quali diedero degli insegnamenti agli uomini che si erano accostati sempre più al mondo e rivelarono loro la Volontà di Dio.

4. Ora, stando così le cose, non c'era uomo che avesse potuto asserire di non avere appreso da nessuno come doveva fare per vivere secondo la Volontà di Dio. Invece gli uomini si misero a coltivare oltre ogni misura il mondo terreno destinato a loro dimora, edificarono città e si dedicarono col massimo zelo a creare opere sontuose una dopo l'altra. Anzi, si innamorarono così tanto del loro mondo, che si dimenticarono completamente di Dio a causa di esso, diventando addirittura degli atei; se poi un qualche veggente suscitato da Dio si presentava dinanzi a loro, costui veniva, come si può bene immaginare, semplicemente deriso, e nessuno badava al senso delle sue parole.

5. Dunque, è evidente che la gente di questa specie dovette imparare poi l’avvedutezza a costo di svariatissime ed amare esperienze, per trarne con molta fatica qualche norma per la loro vita. Tali norme però, come ad esempio quelle che erano in vigore presso i molti pagani, erano già di per se stesse in grandissima parte dei peccati contro il vero Ordine divino, e non potevano fare a meno di generare ogni tipo di mali per il corpo e per l'anima fra l'umanità.

6. Se Dio vuole conservare per la vita eterna l'anima di un simile uomo, Egli è costretto ad aiutarlo attraverso ogni specie di infermità corporali, poiché un'anima di questo genere, eccessivamente attaccata al mondo, può venire sempre di più sottratta all'attrazione del mondo solo in seguito a svariati dolori e sofferenze. Infatti, senza dolori e sofferenze essa verrebbe attratta e inghiottita dalla materia del mondo, e quindi dalla morte e dal giudizio di quest’ultimo. Dunque, vedete, questo è il motivo per il quale ora l'umanità di questa Terra deve sopportare molti e svariati dolori!

7. Ma anche noi dovremo soffrire parecchio a causa della gente che si è pervertita per sua stessa colpa; sennonché le sofferenze non verranno su di noi come se la loro ragione fosse da ricercarsi nel fatto che noi non siamo a conoscenza dell'ordine di vita puramente divino e come se il nostro operare fosse contrario ad esso, ma noi, mediante le nostre sofferenze, non faremo che mettere l'umanità cieca nella possibilità di vedere, e questo grazie al fatto che la gente potrà rendersi conto di come noi non attribuiamo che un minimissimo valore alla vita di questo mondo, e potrà rendersi conto di quale immenso valore debba invece avere la vita dell'anima, quando per amore di essa si è disposti a rinunciare a tutti i vantaggi terreni. E vedete, solo in ciò consisterà la vera e propria redenzione dell'uomo dalla morte alla vita! Ma ora abbiamo ragionato abbastanza di questo argomento, e dato che il pranzo è già pronto, allora rientriamo in casa e ristoriamoci».

8. Però gli ebrei-greci non erano molto felici del fatto che essi, quali futuri annunciatori della Mia Parola, avrebbero dovuto soffrire, anzi addirittura mettere in gioco la loro vita.

9. Ma Io allora risposi loro con la nota sentenza: «D'ora innanzi sarà così disposto che chiunque amerà la propria vita, la perderà; e chi l'avrà in spregio e la sfuggirà, la manterrà in eterno!»

10. E gli ebrei-greci esclamarono: «Cosa vuol dire ciò? Chi mai lo può comprendere?»

11. Dissi Io: «La spiegazione è la seguente: che cosa serve all'uomo anche se con questa vita terrena egli si acquista il mondo intero, quando l'anima ne subisce un danno? Che cosa può poi dare un uomo simile per redimere la sua anima? Perciò l'uomo deve fare uso di questa vita terrena unicamente allo scopo di conquistare la vita eterna dell'anima. Se l'uomo non fa giusto uso della vita del corpo anzitutto per raggiungere questa Meta, allora soltanto su lui ricade la colpa se perde la vita della propria anima, o comunque se la indebolisce tanto che poi nell'aldilà essa avrà, spesso per lunghissimo tempo, molto da fare per mettere insieme quel tanto che occorre per arrivare ad una vita spirituale un po' più chiara e migliore. Infatti, finché un'anima sente ancora qualche amore per la vita terrena ed i suoi vantaggi, essa non può rinascere completamente nello spirito; e d'altro canto un'anima la quale non sia completamente rinata nel proprio spirito, non può nemmeno, finché perdura un simile stato, entrare nel vero Regno di Dio, dato che in tale Regno non può sussistere neppure un atomo di tutto ciò che ha in sé qualcosa di materiale. Ecco che adesso ne sapete abbastanza, perciò rientriamo in casa!».

12. Noi rientrammo in casa e consumammo l'eccellente pranzo che ci venne offerto; però durante il pasto furono poche le parole che vennero scambiate.

 

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Cap. 163

Sul destino dei suicidi. La dottrina senza il buon esempio non vale niente.

La fede senza opere è morta.

 

1. Terminato il pranzo, uno fra i più anziani di quei certi ebrei-greci si alzò e Mi disse: «O Signore, durante il pranzo ho riflettuto molto su ciò che hai detto della vita del corpo la quale non si deve amare, anzi piuttosto avere in spregio e fuggire, allo scopo di conquistare e mantenere la vita eterna! Questa cosa ormai mi si è fatta discretamente chiara; sennonché c'è ancora un punto che non riesco a chiarire proprio bene. Ci sono, fra gli uomini, degli individui che sono dei veri nemici acerrimi della loro propria vita, e quando per una qualche ragione essi non ne possono più, se la tolgono da loro stessi! Ma allora questi dovrebbero essere i primi a conquistarsi la vita dell'anima! Qual è dunque la Tua opinione a questo riguardo?»

2. Risposi Io: «Ha forse Dio donato loro la vita perché debbano distruggerla? La vita del corpo è il mezzo, concesso da Dio all'uomo, col quale egli deve e può acquistarsi per l'eternità la vita dell'anima. Ma se egli distrugge il mezzo, con che cosa potrà poi mantenere la vita dell'anima, e anzi come potrà prima conquistarsela? Se un tessitore distrugge ed annienta il proprio telaio, come potrà egli poi tesservi la sua tela? In verità Io ti dico: “Coloro che si suicidano, se non si tratta di pazzi, assai difficilmente od anche mai più potranno possedere il Regno della vita eterna! Infatti, in chi sia arrivato al punto di essere un tale nemico della propria vita, in costui non c'è più nessun amore per la vita; ora una vita senza amore non è vita, ma è morte. Adesso sai cosa pensarne?»

3. Disse l’ebreo-greco: «Sì, o Signore e Maestro, ora vedo chiaro da questo lato, e questo sarà per me anche un punto principale della Tua Dottrina che non sarà mai abbastanza predicato agli uomini!»

4. Ed Io osservai: «Hai detto bene; tuttavia non va dimenticato che - prima di ogni altra cosa - chi predica deve essere perfettamente in regola con sé ed in se stesso prima che cominci ad insegnare ad un altro, perché altrimenti la dottrina è vuota, e vuoto lascia pure anche lo scolaro. Ma se qualcuno è egli stesso nella pratica un osservatore zelante di quanto va insegnando, allora anche i suoi discepoli si sforzeranno con ogni zelo di farsi perfetti come perfetto è il loro maestro; se invece i discepoli scoprono anche fin troppo presto qua e là delle manchevolezze e delle imperfezioni nel loro maestro, non ci vorrà molto che anche il loro zelo andrà raffreddandosi e finiranno col dire: “Il maestro è egli stesso una specie di rattoppatore; cosa dunque possiamo aspettarci da lui?”. Ed Io vi dico che non passerà molto tempo prima che i discepoli volgano le spalle ad un simile maestro, perché rattoppare le cose rientra nella sfera del volgare mestiere, e mai in quella dell'arte, meno ancora poi in quella della sapienza. Perciò conviene che siate prima voi stessi perfetti in ogni cosa, vale a dire nella Dottrina e nelle opere conformi ad essa, altrimenti non sarete atti ad essere dei veri propagatori del Mio Vangelo.

5. Supponiamo, ad esempio, che in qualche luogo esistesse ancora un'antica scuola d'eroismo, nella quale venissero educati ed istruiti degli uomini vigorosissimi e dotati di grande coraggio allo scopo di farne degli eroi. Prima di tutto il maestro dovrebbe inculcare loro il disprezzo della morte, dimostrando che un vile il quale teme la morte non potrà mai diventare un eroe; ma se poi un bel giorno si venisse ad una seria prova e il maestro d'eroismo dovesse dimostrare ai propri discepoli come si deve freddamente guardare la morte in faccia, ed egli invece cominciasse a tentennare e finisse col fuggire egli stesso, ebbene, sarebbe forse questo suo contegno in grado di suscitare nei suoi eroi principianti il dovuto entusiasmo per la lotta e tale da infiammarli di vero coraggio? No di certo! Infatti i discepoli penseranno tra di loro: “Ah, ah! Egli vuole ispirarci il disprezzo della morte soltanto per mezzo di parole ben scelte; ma nella pratica egli ha cento volte più timore della morte che non il più pauroso di noi! Quello là che si metta a insegnare la vigliaccheria e non certo l'eroismo!”.

6. Ma ben altri risultati otterrà invece un maestro d'eroismo se egli, in presenza dei propri discepoli, scenderà in campo contro un leone, e mediante la sua forza e la sua abilità lo vincerà e lo stenderà morto al suolo. Il fatto susciterà grande ammirazione tra i discepoli, ed in questi andrà sempre più accentuandosi la brama di poter anch'essi sostenere al più presto possibile una lotta di questo genere! Infatti vale sempre quel detto secondo cui solo lo spirito vivifica l'azione, mentre la lettera morta lo uccide, perché quello che in se stesso è morto, non riesce di per sé a infondere vita; solo lo spirito che si manifesta per mezzo dell’azione vivente, rende tutto vivente.

7. Io vi dico che coloro che semplicemente Mi diranno: “Signore, Signore”, non entreranno nel Regno dei Cieli, ma soltanto coloro i quali opereranno secondo la riconosciuta Volontà del Padre Mio nel Cielo! Non è affatto sufficiente che qualcuno creda che Io sono il Cristo, l’Unto del Signore, ma è necessario che egli pure faccia secondo quanto ho insegnato, altrimenti a nulla può giovargli la fede, perché senza le opere anche la fede più incrollabile è morta e non dona a nessuna anima la vita eterna. Queste cose tenetevele bene in mente ed operate in conformità; così facendo avrete in voi la vita!».

8. Dopo questo Mio insegnamento nessuno domandò più niente, perché tutti avevano sufficiente materiale per pensarci su e per farne oggetto di discussione.

 

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Cap. 164

La posizione di Lazzaro nei confronti del Tempio.

La collera e le sue conseguenze nocive.

 

1. Io però me ne andai fuori all'aperto con Lazzaro e le sue due sorelle. Quando fummo nell'ampio cortile, i grossi cani avevano appunto fiutato che degli estranei stavano avvicinandosi a Betania; essi perciò si precipitarono verso gli ingressi del cortile abbaiando furiosamente, e Lazzaro Mi chiese cosa stesse per accadere.

2. Ed Io gli risposi: «Qualche ebreo ed un paio di farisei anziani, i quali oggi non avevano proprio niente da fare, hanno avuto l'idea di venire a trovarti e, approfittando dell'occasione, di consigliarti di guardarti da Me; la vera ragione però che li ha indotti ad intraprendere la gita è che a loro preme di informarsi se Io Mi trovi eventualmente qui, oppure, nel caso non ci fossi, dove Io sia andato dopo essere partito da qui. E vedi, i cani percepiscono con tutta esattezza che non si tratta affatto né di amici tuoi, né Miei, e perciò si sono affrettati verso le porte per costringere quegli ebrei e farisei a battere velocemente in ritirata! Infatti, non appena costoro che si stanno avvicinando vedranno già a distanza questi animali, essi volgeranno in fretta e furia le spalle alla tua casa e metteranno le ali ai piedi pur di prendere il largo al più presto possibile; dopo di che anche i cani ritorneranno pacificamente qui».

3. Noi procedemmo avanti nella stessa direzione verso la quale si erano diretti i cani, ed eravamo a mala pena giunti vicino al portone che già potemmo scorgere la nera congrega che si stava avvicinando. I cani in quel momento si precipitarono latrando contro la congrega, ma i componenti di questa, vista tutta quella furia, tornarono precipitosamente indietro prendendo disperatamente la fuga.

4. Quando si accorsero che i cani avevano desistito dall'inseguimento, cominciarono a rallentare il passo, e brontolando diedero libero sfogo al loro malumore perché Lazzaro aveva preso a sua protezione delle bestie feroci allo scopo di preservare la sua casa dalle visite della gente del Tempio; sennonché egli non doveva mettere eccessivamente alla prova la pazienza del Tempio, altrimenti la cosa avrebbe potuto finire assai male per lui. Da dove mai egli si era procurato quelle bestiacce? Così brontolando, proseguirono fino a Gerusalemme, dove però essi non raccontarono niente dell'accaduto, perché si vergognavano di dover ammettere che erano fuggiti per paura dei cani.

5. E dopo che ebbi esposto a Lazzaro queste cose, egli Mi domandò che cosa avrebbe avuto da temere da quella gente nel peggiore dei casi.

6. Ma Io gli risposi: «Proprio nulla; perché ammesso pure che tentassero qualcosa contro di te, puoi ricorrere al tribunale romano, e così di tutela legale del mondo ne hai più che a sufficienza, dato che questa tua località già da più di cinquant'anni si trova sotto l’esclusivo dominio dei romani. Certo è che, se così non fosse, ne avresti viste delle belle con quella gente, ma poiché invece è così, essi non hanno più nessun diritto di intraprendere qualcosa. Dato che sei un ebreo, essi si limitano a sfruttarti a loro vantaggio e stanno facendoti ogni tipo di oscure minacce, ma in realtà non possono fare niente contro di te. Essi non possono trovare né produrre nulla di consistente a tuo carico, poiché tu adempi sempre con tutta coscienza i tuoi doveri; ed è proprio questo che accende al massimo la loro ira contro di te.

7. Essi sanno anche troppo bene che tu sei l'uomo più ricco di tutta la Giudea, considerato che tutte le tue proprietà prese assieme costituiscono già di per sé una piccola provincia che sta completamente sotto l'esclusiva giurisdizione di Roma; essi dunque non hanno nessun diritto di importi delle tasse, e questo per loro è un vero abominio. Essi vorrebbero indurti a svincolarti dalla cittadinanza romana e ad accettare in via assoluta la sudditanza al Tempio. Ma visto che, nonostante tutte le loro opprimenti insistenze, non riescono a spuntarla, allora ti importunano quando e dove mai possono, tentano di aizzarti contro la servitù, ed in segreto ti giocano ora questo, ora quell'altro brutto tiro. Ad ogni modo però d'ora innanzi sarai al sicuro da ogni tentativo da parte loro, e per quanto grande anche possa diventare in segreto la loro rabbia, contro di te non possono intraprendere proprio nulla; dunque per l'avvenire puoi stare perfettamente tranquillo!»

8. Disse allora Lazzaro: «O Signore, io Ti ringrazio per questi buoni chiarimenti che mi hai dato e che mi hanno procurato un'immensa consolazione, e davvero adesso torno a respirare più liberamente! Malgrado tutto però queste cose non mi sono affatto gradite; posso dire che c'è da uscire davvero fuori dai gangheri pensando che io sono una persona che ha sempre fatto, con la massima buona volontà e secondo miglior scienza e coscienza, proprio tutto ciò che sotto una anche minima parvenza di legalità mi è stato chiesto di fare. Oltre a questo ho fatto liberamente e di tutto cuore parecchio del bene, apertamente e anche segretamente, ciò che nessuno avrebbe potuto pretendere da me, e la mia ricompensa adesso è che la gente del Tempio mi odia! Oh, Signore, questa è davvero troppo grossa.

9. Quei miserabili esseri vogliono aver proprio tutto per loro, e non prendono minimamente in considerazione il fatto che io, per fare risparmiare al Tempio le spese di mantenimento dei poveri, che sarebbe suo dovere sobbarcarsi, provvedo puntualmente con le mie sostanze almeno a mille poveri, ed oltre a ciò verso ogni anno una somma non disprezzabile nella cassetta delle elemosine! Io ho pure fatto al Tempio ancora varie altre cospicue elargizioni, e tutto ciò non rappresenta niente per quei brutti figuri; anzi essi in aggiunta tentano di mandarmi completamente in rovina, ciò che, se fosse possibile, essi lo farebbero all’istante anche nel giorno del Sabato! Certo, o Signore, io sono ora più che sicuro che essi non potranno farmi nulla; eppure non posso frenare assolutamente il mio sdegno al pensiero che quei miserabili, ai quali ho manifestato tante gentilezze, mi ricompensano col loro odio!»

10. Ed Io osservai: «Ma, amico Mio, guarda un po' Me! Non ho forse creato questa Terra, il Sole la Luna e tutte le stelle? Non sono forse Io che faccio costantemente in modo che la Terra produca ogni genere di nutrimento per tutte le creature? E non sono forse Io che conservo la vita a ciascun uomo? Io ho destinato questa Terra ad essere la culla dei Miei figli, Io stesso sono ora venuto, secondo tutte le profezie conosciute, su questa Terra per presentarMi, con la Parola e le opere, quale il Signore del Cielo e della Terra sotto forma umana per insegnare Io stesso a loro il fatto che essi sono veramente Mia immagine. E cosa fanno per Me quegli eroi del Tempio? Ecco, essi Mi odiano e Mi perseguitano, e fanno lo stesso con chiunque creda in Me, e fanno ciò perché Io vado provando che le loro opere sono malvagie. Essi cercano continuamente di ucciderMi, e ben presto anche verrà il tempo in cui Io stesso permetterò che essi attuino contro di Me anche questo loro infame disegno. E vedete, Io non ho nessuna collera in Me contro di loro. Sennonché Io rimarrò eternamente il Signore pure nell'aldilà, e davvero non verrà loro a mancare la ricompensa per quello che stanno facendo qui.

11. Ma poiché Io, l'originario e massimo Benefattore dell'umanità, non Mi arrabbio per tale motivo, allora non avere collera contro di loro nemmeno tu che al Mio confronto non hai fatto che pochissimo! Guarda qui questa pietra che sta sulla strada proprio davanti a noi: chi, se non Io, la mantiene tale e quale essa è? Se Io in questo momento ritiro da essa la Mia Volontà che la mantiene, essa cessa di esistere come materia, e invece rientra nel suo specifico stato spirituale, quindi nell'ambito delle Mie Idee originarie. E la stessa cosa la potrei fare in un solo istante di tutta la Terra qualora i suoi abitanti potessero farMi arrabbiare; ma siccome essi appunto non Mi fanno arrabbiare né mai potranno farlo, così tutto continua a sussistere, ed Io lascio che il Mio Sole splenda ugualmente tanto sui giusti e sui buoni, quanto sugli ingiusti e sui malvagi; solo nell'aldilà saranno in evidenza le differenze immense, e ciascuno porterà in se stesso il proprio giudice.

12. Dunque se tu nell'aldilà vuoi essere del tutto vicino a Me per l'eternità, devi essere simile a Me anche in questo, cioè anche nel fatto che tu non ti debba arrabbiare a causa di nessuno. Chi Mi segue deve seguirMi interamente sotto qualsiasi aspetto, altrimenti egli non è completamente Mio discepolo.

13. Oltre a ciò per altro devo dirti ancora una cosa, e precisamente che la rabbia non è assolutamente confacente alla necessaria salute del corpo, perché essa favorisce all'eccesso la produzione della bile, e questa avvelena il sangue e mette in pericolo la vita umana in ogni momento! Guardati dunque anche sotto questo aspetto, e soprattutto guardati dall'arrabbiarti in misura eccessiva, altrimenti ciò potrebbe costarti la vita del corpo; pensaci su bene, e così non avrai da temere nemmeno il male fisico!».

 

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Cap. 165

Influssi degli spiriti e libertà di volontà dell’uomo.

La destinazione delle anime degli animali.

 

1. Disse Lazzaro: «Sì, o Signore, questa cosa mi è adesso anche troppo chiara; tuttavia non potrei davvero garantirTi che io stesso, nonostante i miei migliori propositi, non mi arrabbierò di nuovo in un caso fastidiosissimo di questa specie, perché arrabbiarmi è diventato per me quasi una seconda natura. Una ingiustizia io non la posso sopportare anche se ci metto tutta la mia buona volontà!

2. Del resto le cose su questa Terra sono davvero strane. Ciascun uomo sa che un giorno egli dovrà morire ed abbandonare tutto quello che ha relazione col mondo. Egli conosce le leggi dell'Ordine divino e della divina Volontà; egli è dotato di ragione e di intelletto per distinguere il falso dal vero, il male dal bene, l'ingiusto dal giusto e la notte dal giorno. Egli non ignora, in parte in seguito a rivelazioni e in parte spesso in base a proprie esperienze illuminanti, che l'anima continua a vivere dopo la morte del corpo, e precisamente nella medesima forma come è vissuta nel corpo sulla Terra, e ciononostante ogni sua aspirazione è rivolta ai beni terreni che sono cose morte, volge le spalle alle ben conosciute leggi divine, calpesta tutto ciò che è giusto, vero e buono, odia tutto all'infuori di se stesso e commette un peccato mortale dopo l'altro; egli si rende adultero, fornica, mente, inganna, ruba e assassina, per lui è come se Dio non esistesse! Ma, alla fin fine, mi sembra che sia ben lecito domandare perché Dio permette che avvenga così.

3. Se l'uomo si rende colpevole di tutto ciò per sua propria libera volontà, allora egli è più maligno di Satana e di tutti i suoi demoni che la Scrittura menziona più volte; ma se, come è stato il caso di Saul, l'uomo viene incitato a compiere tutto questo male da qualche spirito maligno, in maniera che poi non può che agire perversamente pur vedendo e riconoscendo cosa è vero e buono, allora è chiaro che l'uomo, costretto a fare così da potenze invisibili, viene a risultare innocente, mentre la colpa ricade sul malvagio seduttore, ed in parte, per parlare sinceramente, anche su Colui il Quale permette che il misero e debole uomo sia esposto ad una tale seduzione! Infatti, contro un nemico che agisce allo scoperto ci si può difendere con molti mezzi; ma chi è in grado invece di difendersi contro un nemico invisibile che, essendo uno spirito, può soggiogare l'uomo compenetrandolo interamente e può costringere fra potentissimi ceppi addirittura la volontà umana? Chi, dico io, può ingaggiare una lotta decisiva con un nemico di questa specie? Vedi, o Signore, queste sono circostanze tanto strane che nemmeno la persona migliore e più intelligente riesce a dare una spiegazione.

4. Diverso invece è il discorso di fronte ad un uomo il quale, libero da qualsiasi mala influenza estranea, fa il male di sua propria volontà, ebbene, in questo caso, secondo me, egli è un abominevole peccatore, e come tale conviene che venga allontanato da tutte le buone comunità, perché un simile bruto, secondo la mia opinione, non è in eterno degno di un trattamento migliore, qualora non si ravveda seriamente sotto ogni punto di vista. Ma chi può emettere una sentenza di condanna contro un uomo sedotto da un demonio? Una sentenza di questo genere mi farebbe l'effetto come se si volesse punire qualcuno per il fatto di essersi lasciato colpire da una grave malattia. O Signore, dirada anche in questo proposito le tenebre da cui mi sento avvolto!»

5. Ed Io gli dissi: «Eh, Mio carissimo fratello, il tuo modo di giudicare la cosa ha parecchio del buono in sé, e Io non posso dirti: “Vedi, tu hai giudicato ingiustamente!”. Sennonché la cosa stessa va considerata da un punto di vista ben differente, ed allora anche la tua sentenza comincia a vacillare.

6. In un mondo dove si tratta di allevare e di educare gli uomini perché diventino autentici, perfettissimi figli di Dio, essi, accanto alla volontà liberissima ed al chiarissimo intelletto, devono avere pure le leggi date da Dio in cui si esprime in maniera inequivocabile la Sua Volontà, Volontà che deve venire accolta e messa in pratica da loro; ma come potrebbero essi fare così se in loro non vi fosse anche un incitamento altrettanto possente a contravvenire alle leggi stesse?

7. Ma è precisamente questo impulso contrario che conferisce al volere umano la più assoluta libertà e che gli dona pure forza piena per resistere all'impulso stesso e per sostituire ad esso la riconosciuta Volontà di Dio.

8. Io ti dico: “Un uomo, il quale non abbia in sé la piena capacità di divenire un perfettissimo demonio, non può nemmeno diventare mai un figlio di Dio del tutto simile a Lui”.

9. Sarebbe ancora possibile l'infinito, se ci fosse una qualche limitazione? O sarebbe Dio ancora assolutamente Onnipotente, se vi fosse una cosa, anche minimissima, che Egli non potesse creare? O può essere Dio meno Dio per il fatto che Egli, accanto alle erbe salutifere, ha creato pure delle dannosissime piante velenose, ed ha seminato molta zizzania accanto al grano perché anch'essa possa prosperare come le piante nobili?

10. Vedi, come in Dio stesso non è affatto immaginabile una qualsiasi limitazione né verso l'alto né verso il basso, altrettanto nell’uomo destinato a divenire un vero figlio di Dio non può né deve esserci una limitazione né verso l’alto né verso il basso. Infatti se si ammettesse una qualsiasi limitazione, l'uomo non sarebbe più un uomo, ma unicamente un animale intelligente, la cui volontà ha una parvenza di libertà soltanto in quanto essa lo incita proprio a quell'attività per la quale l'animale stesso ha l'attitudine istintiva; ma l'animale non può mai in eterno andare oltre a questo limite neanche di un solo capello.

11. Da una semplice anima di animale però non può sorgere mai un'anima umana, ed è anche per questo che si è soliti dire che un'anima di animale muore con l'animale stesso. Con ciò si deve intendere naturalmente solo il fatto che un'anima di animale, dopo la morte del suo corpo, come ad esempio quella di un bue, cessa completamente di essere l'anima di quell’animale, in questo caso dunque l'anima di un bue. Infatti, uscendo dal corpo dell'animale, essa si raggruppa ben presto assieme a moltissime altre anime animali libere, e viene così a costituire un'anima nuova più perfetta la quale acquisisce dopo un certo tempo le caratteristiche dell'anima umana e può poi venire generata in un corpo umano. Questa è una scienza antica, che i primi padri conoscevano comunemente con perfetta chiarezza e che gli abitanti dell’alta India conoscono comunemente molto bene anche oggigiorno.

12. Ma ragionare di più ancora su questo argomento sarebbe una cosa inutile, essendo pienamente sufficiente che l'uomo si riconosca come uomo, e che per deduzione riconosca Dio come suo Creatore e Benefattore ed infine come suo unico vero Padre, al quale egli, come uomo, può divenire perfettamente simile in spirito, purché lo voglia. Ed ora dimMi se hai proprio ben compreso tutto quello che ti ho detto»

13. Rispose Lazzaro: «Sì, o Signore e Maestro dall'eternità! Ma ora va facendosi rapidamente sera; che ne dici se rientrassimo in casa?»

14. Ed Io gli dissi: «Sì, certo, facciamo così! Tu però non dire niente ai discepoli di quello che abbiamo appena trattato, perché essi possiedono già molte cognizioni in questo campo, e per conseguenza sarebbe inutile ripetersi dinanzi a loro. Noi questa notte assisteremo ancora ad un piccolo spettacolo, il quale però non sarà di natura maligna, perciò non bisogna che ti spaventi quando esso si presenterà. E adesso andiamo, altrimenti verranno a chiamarci, dato che le tue sorelle hanno già preparato la cena».

 

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Cap. 166

L’essenza delle meteore e delle comete.

 

1. Noi allora ci avviammo verso casa, ma quando ci mancavano appena trenta passi per arrivarvi, accadde che una grande meteora infuocata, proveniente da Settentrione, solcasse il cielo proprio al di sopra di noi in direzione di Mezzogiorno, e ciò avvenne con tanta velocità che impiegò a mala pena due istanti per compiere, da un'estremità dell'orizzonte all'altra, una traiettoria lunga almeno quattrocento ore di cammino.

2. E Lazzaro, che era ancora un po' superstizioso di fronte a simili fenomeni, esclamò con una certa agitazione: «O Signore! Questo non significa niente di buono!»

3. Ed Io gli chiesi: «E perché poi? Come mai quella meteora dovrebbe presagire qualcosa di nefasto?»

4. Disse Lazzaro: «Un'antichissima leggenda popolare dà la seguente spiegazione a simili fenomeni: quando in qualche luogo su questa Terra muore uno scellerato di quelli tra i più malfamati, sette demoni fra i più maligni ne afferrano l'anima e la trascinano per l'aria. A causa del grande spavento, dell'angoscia e del dolore, allora essa perde il controllo di tutto, e poiché essa è ormai preda del più profondo inferno, tutto quello che essa emette da sé nel suo spavento non può naturalmente essere altro che fuoco. Ma questa immondizia diabolica e infernale appesta l'aria, e dove essa eventualmente in parte cade sulla Terra, in quel luogo si verifica tutta una serie di sventure, e poi ci vogliono molti sacrifici e molte preghiere per purificare dal male un luogo così contaminato. Così suona l'antica leggenda; io certamente non la prendo affatto per oro colato, tuttavia resta pur sempre particolarmente strano che una cosa la quale è stata, per così dire, succhiata col latte materno dall’uomo quando è ancora piccolo, sia così difficile da eliminare totalmente dall'uomo stesso. Una specie di vaga credenza in tali cose resta come appiccicata all'anima umana e, quando talvolta si manifestano dei fenomeni assolutamente inspiegabili come quello appena visto, succede che tale credenza si ridesta nell'uomo e ne colma l'animo di angoscia e di timore. Dimmi dunque Tu, o Signore, che cosa c'è di vero a questo riguardo!»

5. Io dissi: «Nell'antica leggenda non c'è nemmeno una piccolissima scintilla di verità; il fenomeno stesso però, di per sé, come cosa naturalissima deve essere anche vero, visto che altrimenti non si verificherebbe mai. Ad ogni modo, quanto di reale c'è nel fenomeno Io ora te lo mostrerò in una maniera pratica; fa dunque attenzione!

6. Vedi questa pietra qui; se qualcuno, disponendo di una forza straordinaria, fosse in grado di scagliarla attraverso l'atmosfera in maniera tale che dovesse percorrere almeno la distanza corrispondente a cento ore di cammino in un solo istante, essa per l'enorme attrito con gli strati atmosferici diverrebbe immediatamente rovente come il metallo fuso. Ma anche le zone atmosferiche attraversate dalla pietra diverrebbero roventi, e l'aria formerebbe, dietro alla pietra che vola ad enorme velocità, una specie di coda dall'aspetto rovente, la quale però ben presto si raffredderebbe e poi svanirebbe precisamente così come appunto hai visto nel caso della meteora che è appena passata sopra di noi. Ebbene, una simile coda dunque non sarebbe affatto l'immondizia di qualche anima caduta fra gli artigli dei demoni, ma unicamente la conseguenza dell’arroventarsi dell'aria a causa dell’estrema velocità della pietra. Ma affinché tu possa comprendere questo con maggiore facilità, Io adesso prendo questa pietra e la farò girare con grandissima velocità nell'aria facendo uso della Mia potenza di Volontà, e poi la farò ricadere a terra in questo stesso punto; con tale dimostrazione tu sarai completamente liberato dalla tua vecchia credenza infantile».

7. Io allora Mi chinai, raccolsi una pietra che avrà pesato dieci libbre, e la lanciai in aria facendola prima girare in ampi cerchi per qualche istante con la velocità del fulmine, cosicché apparve ancora più splendente della meteora del tutto naturale di prima. E quando ricadde davanti a noi, essa era arroventata come ferro in fusione e diffondeva tutto intorno un calore a mala pena tollerabile; poggiandovi sopra un pezzo di legno questo prendeva immediatamente fuoco e s'inceneriva in pochi istanti. L'esperimento stupì assai Lazzaro.

8. Ed Io gli dissi in tono bonario: «Ecco, o fratello Mio, qui hai l'anima del tuo perfidissimo soggetto trascinata da sette arcidiavoli; entro un paio d'ore essa ritornerà del tutto fredda!

9. Ma il tuo animo non ti ha mai suggerito che la casta sacerdotale ha sempre saputo sfruttare a proprio vantaggio, dinanzi ai popoli ciechi, tutti i fenomeni naturali fuori dell'ordinario? Le eclissi di Luna e di Sole, le comete, gli uragani di straordinaria violenza ed altri grandi fenomeni vari, essa dava a intendere che erano dei pessimi presagi dal Cielo, e si affrettava a indire subito grandi preghiere e sacrifici. Queste idee venivano inculcate già ai fanciulletti, e quando poi si verificava un fenomeno straordinario di questo genere, il popolo angustiato accorreva dai sacerdoti i quali disponevano tutto come meglio conveniva ai loro interessi. Dunque, o fratello Mio, Io adesso ti domando se tale giochetto non ti appare ancora ben chiaro!»

10. Rispose Lazzaro: «Oh sì, adesso lo vedo senz'altro, ed anche molto bene, ma prima non l'avrei ritenuto possibile. Però bisogna proprio dire che questi sacerdoti sono davvero dei figuri unti con l'olio di tutti i demoni! Comunque sia, io Ti ringrazio, o Signore, di questa spiegazione, perché solo ora mi è perfettamente chiaro cosa bisogna pensare di questi loschi truffatori dei popoli. Ma le comete sono sul serio delle annunciatrici di guerra?»

11. Dissi Io: «Dipende da come si vuole vedere la cosa; cioè, lo sono e non lo sono! Lo sono, in quanto il popolo ci crede, e così gli angeli ricorrono talvolta anche ad un simile segno, di per sé assolutamente innocente, per annunciare all'umanità indomabile l'eventuale imminenza di un giudizio; se poi gli uomini credono e fanno penitenza, allora alla cometa non fa seguito nessuna guerra, ma se invece non si ravvedono, allora la guerra non mancherà, ed essa apre sempre la strada ad ogni tipo di mali ancora peggiori della guerra stessa.

12. In sé e per sé però le comete non sono altro che dei mondi in formazione i quali, secondo i piani di Dio, vanno gradatamente costituendosi per diventare quello a cui sono destinati, e sotto questo punto di vista non sono affatto delle messaggere di guerra.

13. Fra te e te però vai pensando che Dio potrebbe creare un mondo anche in un istante solo! Ed Io ti dico: “Certissimamente; sennonché in un tal caso non vi sarebbe ordine in Dio, e nemmeno in nessuna delle creature sorte così repentinamente”. Quando Dio crea un mondo, lo crea conforme al Suo Ordine, ed allora una cosa sorge dopo l'altra, e così infine risulta una unità perfetta della molteplicità infinita dei Pensieri e delle Idee divine.

14. Una simile cometa è anche lo stadio preparatorio di un grande giudizio per un certo tipo di spiriti; questi devono man mano afferrarsi sempre più intimamente, in modo che nello spazio e nel tempo finiscono col formare una massa materiale molto varia. Tale formazione di una massa solida visibile noi la chiamiamo incapsulamento delle potenze spirituali; e questo incapsulamento è un vero e proprio giudizio, dal quale poi, dopo lunghi periodi di tempo, gli spiriti tenuti prigionieri nel giudizio possono pervenire alla loro autonoma libertà di vita. E poiché appunto le comete sono dei giudizi in formazione, è un giudizio anche il loro influsso su una Terra già da lungo formata quando esse le si avvicinano maggiormente; oppure tale influsso viene utilizzato come un giudizio dagli angeli di Dio per una Terra già vecchia. Infatti tale influsso suscita un giudizio su di essa e precisamente mettendo gli uomini uno contro l’altro, naturalmente soltanto se vi è necessità, qualora cioè gli uomini comincino a dimenticarsi troppo di Dio e a ritenere dèi se stessi. Ecco che adesso sai pure cosa pensare delle comete, quindi noi possiamo andarcene da qui; od hai forse qualche altra cosa da domandare?»

15. Disse Lazzaro: «O Signore, avrei da chiederTi ancora due cosette. Certo, grazie alla Tua bontà, io so già quello che so; tuttavia vorrei aggiungere alle mie conoscenze ancora questa piccola cosa, affinché il mio sapere non sia eccessivamente incompleto! Ora le due cosette a cui ho accennato sarebbero queste. Anzitutto vorrei sapere ancora da Te da dove le meteore del tutto naturali hanno origine, e chi è che le lancia con violenza tanto smisurata nell'aria; e poi mi piacerebbe sapere pure dove vanno a finire le comete[29] quando si vedono gradatamente scomparire dal firmamento»

16. Dissi Io: «Per quello che riguarda le meteore, esse possono avere due origini, e precisamente in primo luogo possono essere dei prodotti eruttivi del Sole, perché il Sole è un corpo mondiale mille volte mille volte più grande di quello sul quale ci troviamo noi. Sulla sua superficie si verificano talvolta delle eruzioni che sono in proporzione più grandiose e violente di quelle che alle volte avvengono su questa Terra; in occasione di simili eruzioni pure là vengono sempre lanciati nell'ampio spazio, con una potenza per te assolutamente inconcepibile ed in quantità grandissima, delle singole masse di materia grandi e piccole, dure e talvolta anche molli, e di queste alcune arrivano sempre vicino a questa Terra, e se caso mai giungono a penetrare negli strati atmosferici terrestri, si accendono e si rendono visibili sotto forma di stelle cadenti. Se si abbassano poi molto fino agli strati più densi dell'atmosfera terrestre, tali masse vengono ostacolate nella loro corsa che diminuisce allora di velocità, e poiché sono dei corpi pesanti, essi vengono attratti dalla Terra ed anche cadono in maniera del tutto naturale sulla superficie terrestre sia sulla parte asciutta, sia su quella costituita dalle acque che è considerevolmente più ampia di quella asciutta.

17. Questo è dunque un tipo, ed anche il più frequente, di meteore che appaiono su questa Terra; un altro tipo però di meteore, più raro, ha origine su questa Terra stessa. Nella grande catena delle montagne della Terra, ve ne sono anche di quelle che, mediante certi organi, si trovano in comunicazione con le parti più interne del pianeta, e che attraverso gli organi stessi ottengono un alimento che trapassa poi gradatamente ad uno stato di fermentazione sempre più violenta. Questa fermentazione ha l’effetto di colmare le enormi cavità interne con certi gas che si accendono facilmente quando vengono sottoposti ad una pressione eccessiva. Quando inizia spontaneamente la combustione interna, questi gas distruggono le parti meno resistenti della montagna, e irrompono fuori sotto forma di ardenti colonne di fuoco trascinando con sé i massi meno solidamente attaccati alle pareti interne, i quali poi vengono scagliati fuori - come si è visto poco fa con la pietra - con estrema violenza, o verticalmente, o talvolta anche obliquamente verso l'una o l'altra direzione, spesso lontani varie centinaia di ore di cammino dal loro luogo d'origine. Al termine della loro corsa anche queste meteore cadono a terra senza con ciò arrecare alcun danno.

18. Se fossi molto vicino a qualche vulcano, di fenomeni di questa specie tu potresti vederne molto di frequente ed anche molto numerosi in una stessa eruzione; tuttavia dai monti del Caucaso fino a qui non arrivano che quei massi lanciati casualmente in una direzione tale che necessariamente deve portarli da queste parti, purché essi siano stati scagliati fuori con sufficiente energia. Oltre a ciò, al momento in cui vengono scagliati fuori devono essere già fortemente roventi, dato che così durante la loro rapida corsa possono vincere più facilmente la resistenza dell'aria la quale, a causa del calore, viene rarefatta lungo la traiettoria, e quest’aria rarefatta ostacola molto meno la loro corsa di un’aria fredda e quindi più densa.

19. E con ciò Io ti avrei spiegato questo fenomeno in modo perfettamente conforme alla scienza e alla sapienza del mondo. È bene che ti accontenti di quanto avuto, considerato che una spiegazione più profonda e del tutto spirituale Io non te la posso dare per la ragione che non potresti comprenderla; però quando Io manderò lo Spirito di Verità su voi tutti, Esso vi guiderà anche in ogni sapienza. Ma adesso è proprio tempo di rientrare in casa; eccole qui, le tue due sorelle vengono appunto a chiamarci».

20. Allora rientrammo in casa e ci sedemmo subito a mensa, e mangiammo e bevemmo di gusto.

21. Naturalmente, alcuni fra i discepoli non mancarono di domandare che cosa noi due avessimo fatto per tanto tempo fuori all'aperto.

22. Ed Io dissi loro: «Abbiamo fatto quello che non avete fatto voi, e che valeva molto di più della vostra disputa riguardo alla non ben definibile personalità o non personalità di Belzebù. Ma adesso mangiate e bevete, affinché acquistiate forza per poter affrontare la giornata di domani che si annuncia piuttosto calda».

23. Dopo di che nessuno fece più altre domande, e ciascuno si dedicò a fare onore alla cena.

 

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Cap. 167

Lazzaro diviene proprietario di una sorgente di petrolio.

 

1. Quando la cena fu consumata, un discepolo dopo l'altro cominciò a sentirsi pervaso da una certa dose di sonnolenza, per cui Io dissi loro: «Ma proprio non potete trattenervi dal dormire per un po' di tempo ancora?»

2. E Pietro rispose: «Io stesso davvero non mi spiego perché oggi, e precisamente adesso dopo mangiato, noi ci sentiamo tanto spinti a chiudere gli occhi per il sonno. Eppure oggi durante tutta la giornata abbiamo più riposato che fatto qualcosa!»

3. Allora Io osservai: «Siate dunque continuamente attivi nel Mio Nome, e così vi sentirete molto meno sonnolenza addosso!»

4. E mentre Io stavo ancora dicendo questo, si avvertì all’improvviso uno scoppio terribile come se in prossimità della casa fosse caduto un fulmine. Le pareti della stanza dove eravamo radunati tremarono, e la porta si aprì ed oscillò per qualche istante violentemente sui suoi cardini. Il sonno che opprimeva i discepoli svanì allora di colpo; tutti avrebbero voluto correre fuori per vedere cosa fosse successo.

5. Io però li trattenni dicendo loro: «Non è consigliabile andare fuori adesso! Qui nelle vicinanze esiste una grossa sorgente di nafta, però è situata a una discreta profondità entro la Terra. Al di sopra della sorgente si trova una cavità ben grande, che però è solidamente chiusa da tutte le parti; sennonché, a causa della vicinanza di una vena di fuoco, le sue pareti nella parte inferiore sono quasi roventi, e per conseguenza in quella cavità regna un calore sempre molto intenso, così che la nafta che sbocca nella cavità stessa si volatilizza continuamente saturando dei suoi vapori l’intera cavità. Se l'evaporazione non avviene con violenza eccessiva, i vapori vengono assorbiti dalle pareti di roccia che delimitano la cavità; ma qualora invece avvenga che queste pareti, in quei certi punti che ho detto, si riscaldino oltre al consueto, allora succede che anche l'evaporazione della nafta si intensifica; le pareti non riescono più ad assorbire una massa così grande di vapori, e così la tensione dei vapori di nafta entro la cavità va sempre più aumentando. In seguito a ciò tali vapori - specialmente là dove le pareti di roccia sono roventi - si trovano sottoposti ad una pressione e ad un attrito eccessivi, ed in simili condizioni la loro combustione non è che una questione di tempo.

6. Ebbene, appunto ora si è compiuto un simile atto sotterraneo degli spiriti naturali, e ciò rappresenta un bene, poiché, in seguito alla combustione dei vapori di nafta, la volta di quella cavità, dello spessore di circa venti altezze d'uomo, è stata mandata in pezzi, e tu, o Lazzaro, sei venuto così in possesso di un'abbondante raccolta di nafta. Lo scoppio della grotta è avvenuto in maniera così fortunato che tu potrai con molta facilità giungere vicino alla sorgente vera e propria della nafta, e per quanto poco ti ci impegnerai, potrai ricavarne ogni giorno le tue cento libbre.

7. Quanto apprezzato e ricercato sia l'olio di nafta, non occorre che te lo dica; quindi in questo modo hai acquistato una nuova fonte di guadagno che con la più lieve fatica di questo mondo potrà renderti molte migliaia di libbre d'oro e d'argento. Infatti è una buona cosa che gli uomini tanto benefici, come lo sei tu, siano pure su questa Terra il più possibile ricchi affinché possano sostenere chi è veramente debole e povero. Domani Io ti mostrerò ogni cosa; stanotte però non sarebbe consigliabile avvicinarsi a quel luogo, perché i vapori abbondanti che continuano ad esserci non potrebbero far bene a nessuno dal punto di vista della salute fisica; domani pomeriggio invece potremo accostarci alla sorgente senza nessun inconveniente»

8. Disse Lazzaro: «O Signore, questo è certo ancora una volta dovuto alla Tua Onnipotenza! Infatti, a cominciare dai miei antenati fino a me, nessuno si era mai accorto che anche qui ci fosse una sorgente di nafta; solamente ogni tanto, in giornate assai calde, l'olfatto percepiva durante la notte un lievissimo odore di nafta, ciò che noi spiegavamo sempre ritenendo che tali esalazioni provenissero da Gerusalemme e che fossero portate dal vento quando spirava da quella parte, poiché a Gerusalemme viene bruciato molto petrolio che per lo più arriva dalla Persia e dall'Arabia per mezzo di mercanti, i quali lo fanno sempre pagare discretamente caro. Ma che nei miei terreni ci fosse una sorgente rara di questa specie, nessuno se l’è mai immaginato! Dunque, o Signore, in cambio io non posso che ringraziarTi con tutto il cuore per me e per tutti i poveri che ora, in seguito a ciò, potranno trovare qui un buon sostentamento!»

9. Ed Io gli dissi: «Oh, lascia andare; Io lo so che i beni di questa Terra tu li impieghi secondo la Volontà di Dio, e come già li ha impiegati il tuo padre terreno; però dopo di te e delle tue sorelle, visto che voi non avete discendenti, entreranno in possesso di questi tuoi beni i figli del fratello di tuo padre. Vedi perciò di insegnare bene al tuo erede di imitare il tuo esempio, poiché, qualora volesse procedere per le proprie vie, cioè quelle del mondo, i beni gli sarebbero tolti e in cambio gli verrebbe dato il bastone del mendicante, mentre i beni passerebbero ai pagani. Istruiscilo dunque bene in proposito, affinché sappia cosa dovrà fare! Ora però è giunta l'ora del riposo, e per conseguenza concederemo qualche ristoro alle nostre membra!».

10. Dopo di che tutti si ritirarono per riposare.

 

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Cap. 168

Lazzaro e le spie del Tempio.

 

1. Era appena spuntato il mattino, quando tutti coloro che riposavano in casa di Lazzaro vennero d'improvviso destati dall'abbaiare furioso dei sette cani, e Lazzaro con i suoi servitori uscì per sincerarsi di che cosa succedesse. E giunto fuori, egli vide subito una comitiva molto numerosa di persone d'ambo i sessi raggruppata davanti alla porta d'ingresso, la quale era stata circondata dai cani in modo tale che nessuno avrebbe potuto fare né un passo innanzi, né uno indietro. Quando quella gente vide avanzare Lazzaro molto ben conosciuto a tutti, assieme ai suoi molti servitori, si mise a gridare e ad invocare aiuto. Lazzaro allora richiamò i cani e domandò alla comitiva cosa l'avesse condotta così di buon mattino a Betania.

2. Ed un giovane levita, presa la parola a nome di tutti, rispose: «Amico, stanotte abbiamo udito uno scoppio violentissimo come di tuono che deve aver avuto origine da queste parti, e noi siamo venuti semplicemente per sentire da te se ti è noto qualcosa di preciso a questo riguardo. Ma ecco che appena arrivati qui, questi feroci animali ci corsero furiosamente incontro latrando da far spavento, e avevano un aspetto così feroce da far sospettare che da un momento all’altro ci si sarebbero avventati addosso per ridurci in mille pezzi! Ma se già una sola di queste bestiacce basta per tenere testa a cento uomini disarmati, a che pro dunque tenerne sette? Chi mai potrà in avvenire avvicinarsi alla tua casa ospitale?»

3. E Lazzaro disse al levita: «Nell'immensa natura di Dio succedono tante cose a volte quanto mai insolite, perché dunque non potrebbe succedere anche uno scoppio? Andate a visitare un po' la Sicilia, e là di simili scoppi ne potrete udire assai di frequente! Lo scoppio molto forte l'abbiamo udito benissimo come voi, e ce ne siamo anche spaventati, ma non per ciò siamo usciti a vedere dove avesse eventualmente avuto luogo, perché c'è ancora tempo sufficiente per farlo! Ma per quale motivo voi, di Gerusalemme, vi preoccupate tanto per uno scoppio? Io invece credo di non sbagliare ritenendo che un’altra ragione, e non lo scoppio, sia stata quella che vi ha spinti fuori di casa così di buon mattino! Voi tutti siete stati mossi certo da qualche cattiva intenzione; questi miei guardiani l'hanno ben presto riconosciuta al vostro avvicinarvi, e perciò anche vi sono corsi incontro con tanto furore. Ditemi dunque sinceramente cosa siete venuti a cercare qui in realtà!»

4. A queste parole rimasero tutti enormemente sorpresi, ed uno di loro disse, così, a mezza voce: «A questo mondo non c'è proprio più niente da fare! Eccoci di nuovo traditi! Ormai non ci si può fidare nemmeno delle quattro pareti della propria stanza, peggio ancora, neanche degli stessi propri pensieri, perché la gente adesso legge già chiaramente in faccia ciò che si sta pensando!»

5. E Lazzaro, a cui non erano affatto sfuggite queste parole, osservò: «Stavolta hai ragione! Sì, la gente ormai è arrivata al punto da poterti dire con discreta sicurezza quello che da qui a dieci anni sarà di te; per conseguenza io vi chiedo ancora una volta, con le buone, qual è il vero motivo per cui siete venuti qui così di buon'ora. Lo scoppio voi lo avete preso a pretesto per arrivare là dove vi spingeva la vostra vera intenzione, che era quella - ve lo dico io per farvi risparmiare il fiato - di spiare in casa mia per constatare chi eventualmente si trovasse ospitato sotto il mio tetto, e questa cosa l’avete fatta proprio oggi, nella giornata festiva più solenne, affinché voi gente del Tempio, sotto lo stimolo della grande rabbia che vi rode, poteste trovare qualche appiglio per procedere contro di me! Ma poiché già da molto tempo ho intravisto con perfetta chiarezza queste vostre nefande intenzioni a mio riguardo, io, forte della mia completa cittadinanza romana, ho munito la mia porta di un formidabile catenaccio che, nonostante tutta la vostra pretesa potenza, non arriverete mai più a spezzare. Io, da buon ebreo, adempirò sempre i miei obblighi, ma ben inteso unicamente quelli prescritti da Mosè; tutti gli altri a me non interessano affatto! Avete capito?

6. E adesso andate, e riferite quanto vi ho detto ad alta voce a tutti i vostri superiori! Ma dite loro anche questo: “Guai a chiunque dei templari osasse avvicinarsi a questa mia dimora con intenzioni nemiche, perché in verità costui se la passerebbe male! Io lascio in pace tutti e ad ognuno do quanto gli spetta senza fare economia. Chi richiede di più da me, però, è un brigante ed un ladro, perché pretende quello che non spetta a lui, ma al suo misero prossimo; ed un tale, sia pure mille volte un sacerdote, è mio nemico, e finché vivrò non dovrà comparire sulla soglia di casa mia! Queste cose intendetele, e vedete di farne tesoro per il vostro bene! Ed ora andatevene al più presto, altrimenti lascio di nuovo in libertà i miei guardiani!»

7. Allora nessuno della comitiva aprì più bocca, e tutti ritornarono frettolosamente sui loro passi.

8. Arrivati al Tempio, essi vennero immediatamente interrogati per sapere cosa avessero visto ed appreso.

9. Ma i leviti risposero: «Tutta la nostra astuzia non serve più a niente; è finita una volta per sempre! E se voi, signori del Tempio, non ci volete credere, basta che vi rechiate là voi stessi e vi facciate sbranare e divorare dai suoi leoni! Quelle bestiacce sono ammaestrate in modo tale che fiutano i più riposti pensieri dell'uomo; basta che voi nutriate in cuore una qualche intenzione ostile nei confronti di Lazzaro, e i bestioni già da lontano l'annusano; da questo poi all'essere spacciati ci corre pochissimo! Questo è quanto noi abbiamo visto e, in parte, anche sperimentato; se alle nostre grida non fosse accorso Lazzaro in persona con almeno un centinaio di suoi servitori, a quest'ora le pance di quegli animalacci enormi e ferocissimi ci avrebbero già concessa un’ospitalità poco ambita! Questo è tutto quello che noi abbiamo visto e appreso; però qualora non foste disposti a crederci, andate di persona a persuadervi voi stessi!»

10. I capi sacerdoti non replicarono altro, però dentro di loro erano furiosi e borbottavano: «Tutti questi malanni noi li dobbiamo a quell'infame Galileo! Se non riusciamo ad impadronirci e a sbarazzarci di lui, egli finirà col sedurre tutto il popolo, e poi non ci resterà che abbandonare il campo! Qualora il Galileo dovesse presentarsi oggi qui alla festa, bisogna fare ogni sforzo possibile per levarcelo dai piedi!»

11. Ma il levita disse allora: «Una simile voglia potete farvela passare già adesso! Non è forse vero che più della metà del popolo parteggia per lui? E non conoscete forse la sua sconfinata Potenza? Egli scruta nella vostra mente e legge i vostri pensieri già molto prima che li abbiate pensati, e perciò può anche trarvi in rovina più presto di quanto ve lo possiate aspettare!»

12. Osservò uno dei capi: «Oh, oh, come corri! Che cosa ci può mai fare? Se anche in lui vi è una forza, nessun altro che Belzebù può avergliela data!»

13. Ribatté il levita: «Forse sarà come voi dite; ad ogni modo una cosa è certa: egli deve aver fatto entrare vari demoni anche in quelle bestiacce che stanno a guardia della casa di Lazzaro! Andate un po' voi con tutta l'arca dell'alleanza e magari con la verga di Aronne in mano, e quei feroci animali in pochissimo tempo vi sapranno dire se adesso è l'ora di Belzebù o quella di qualche altro demonio! Eppure il Galileo è già stato varie volte qui nel Tempio, ed ha predicato al popolo liberamente e apertamente! E voi che cosa avete potuto fare contro di lui con tutto il vostro rancore? Niente! E che cosa farete oggi contro di lui? Egli ritornerà qui ed insegnerà di nuovo in vostra presenza, e voi non potrete opporre proprio nulla alla potenza che voi presumete gli derivi da Belzebù!»

14. Domandò in tono brusco uno dei capi: «Siete forse già voi pure sedotti da lui come il popolo scimunito che perciò è anche maledetto?»

15. E il levita rispose: «Questo no di certo; tuttavia ho sempre quel tanto di buon senso che occorre per vedere chiaramente che cosa è possibile e cosa non lo è! Noi abbiamo appreso da testimoni assolutamente affidabili e veritieri tutto quello che il Galileo ha il potere di fare. Ma se proprio volete scendere in campo contro di lui, si vedrà bene alla fine chi sarà ad avere immancabilmente la peggio, precisamente così come è toccato a noi oggi a Betania!»

16. Replicò il capo: «Questa è una cosa che si vedrà; noi non abbiamo paura di lui! Ed ora andatevene alle vostre faccende».

17. Comunque fosse, il levita aveva messo una grossa pulce negli orecchi dei suoi superiori, e la conseguenza fu che Io da allora potei muoverMi con maggiore libertà nel Tempio.

 

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Cap. 169

Accenno del Signore alla Sua morte sulla croce.

 

1. Però quando Lazzaro fu rientrato in casa, la colazione era già pronta, e noi ce la sbrigammo in poco tempo. Lazzaro voleva raccontarci nel dettaglio tutto quello che era accaduto nelle prime ore del mattino davanti alla porta di casa sua.

2. Ma Io gli dissi: «Questa fatica puoi risparmiartela, perché ad ogni modo Io sono già al corrente di tutto, e inoltre, mentre eri là fuori, Io stavo informando anche i discepoli di quanto succedeva, e stavo loro anticipando anche le notizie provenienti da Betania e che appunto in questo momento il levita, che era a capo della comitiva, sta esponendo al suo superiore nel Tempio. Sono notizie che esulano completamente da quelle che tu gli avevi detto di riferire, perché sono del tutto diverse, ma hanno però il vantaggio che Mi concederanno per oggi maggiore libertà di movimento nel Tempio! Quello dunque che è avvenuto stamani è stato molto buono. E adesso non indugeremo più e saliremo su a Gerusalemme, perché oggi, nel suo terzo ed ultimo giorno, la festa raggiunge il massimo dello splendore ed attira più che mai una grande quantità di popolo, e perciò oggi appunto Io intendo presentarMi nel Tempio per insegnarvi!»

3. Esclamò allora Natanaele: «O Signore, allora allo spettacolo andrà ad aggiungersi un altro spettacolo; da parte mia mi limito a far l’augurio di riuscire a portare in salvo la pelle!»

4. Ma Io gli risposi: «Voi preoccupatevi d'altro e non di questo! Io vi dico che avrete salva la pelle anche quando Io penderò dalla croce tra due malfattori!»

5. Esclamò Lazzaro: «Che dici mai, o Signore? Tu legato ad una croce? Oh, prima che una simile cosa avvenga, io piuttosto faccio appiccare il fuoco al Tempio intero per mezzo dei miei servitori, e che tutta quella mala genia del Tempio venga pure ridotta in cenere!»

6. Gli dissi Io: «Non ti affannare, fratello Mio! Infatti, se l'uomo deve giungere alla perfetta somiglianza a Dio, è necessario che la sua volontà sia mantenuta infinitamente libera, così da poter arrivare nella sua perversità al punto di mettere le mani addosso al proprio Dio e Creatore. Come già ti ho detto, se l'uomo non ha in sé la capacità di diventare un completo demonio, esso non ha neppure la capacità di innalzarsi fino alla dignità di essere perfettamente simile a Dio.

7. L'uomo dunque dispone di una volontà assolutamente libera che egli riconosce in sé mediante le leggi che gli sono date; ma che cosa sarebbero le leggi e che cosa sarebbe la libera volontà dell'uomo, se in lui non vi fosse lo stimolo a contravvenire alle leggi come e quando egli vuole? Senza questo stimolo l'uomo sarebbe semplicemente un animale il quale non può agire altrimenti da come lo incita la legge costrittiva che è posta in lui.

8. Per l'uomo invece, per quanto concerne la sua parte spirituale, non esiste una legge costrittiva, ma unicamente una legge spirituale la quale si concreta nella Parola: “Tu dovresti!”. Perciò l'uomo è assolutamente libero nella sua volontà e nel suo desiderio e può perfino attentare alla vita del Mio corpo, il quale non è che un portatore dello Spirito e che, spiritualizzato, rimarrà anche in avvenire!

9. Io questa cosa te l’ho detta esclusivamente perché tu non ti debba stupire quando si verificherà un simile fatto a danno del Mio corpo, fatto questo però che risulterà assolutamente inutile per l'intenzione malvagia di coloro che l'avranno voluto, poiché il terzo giorno da tale avvenimento Io sarò, nonostante tutto, tanto completamente presso e fra di voi come lo sono in questo momento. Solo dopo inizierà il giudizio per la mala razza del Tempio. Ma poiché voi tutti ora sapete anche questo, siate di animo lieto e seguiteMi al Tempio!».

10. Allora ci alzammo tutti e ci incamminammo verso Gerusalemme.

 

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Cap. 170

Il Signore ammaestra nel Tempio.

(Giov.7, 37-49)

 

1. Una volta entrati nel Tempio, i discepoli rimasero piuttosto in disparte e si sparpagliarono qua e là fra il popolo allo scopo di sentire che cosa esso avrebbe detto di Me.

2. Io invece avanzai fino nel mezzo del Tempio e, scelto un posto bene in vista, rivolsi ad alta voce al popolo queste parole: «Se qualcuno ha sete, venga da Me e beva!» (Giov.7,37)

3. Allora alcuni ebrei che si trovavano intorno a Me si fecero avanti e dissero: «Dove hai qualcosa che noi possiamo bere?»

4. Dopo di che Io dissi: «Chi crede in Me, come è detto nella Scrittura, dal suo corpo sgorgheranno fiumi di Acqua viva!» (Giov.7,38)

5. Allora gli ebrei si guardarono domandandosi l'un l'altro che cosa significassero quelle parole, perché essi non sapevano che Io parlavo soltanto dello Spirito che avrebbero ricevuto coloro che credono in Me, dato che, come già più volte ho spiegato, lo Spirito Santo prima della Mia trasfigurazione non poteva essere che in Me. (Giov.7,39)

6. Molti però fra il popolo, che avevano sentito queste parole, dissero fra di loro: «In verità, questo Galileo parla come un vero profeta, ed è quindi anche del tutto un vero profeta. (Giov.7,40)

7. Ed altri, i quali Mi conoscevano meglio dalle Mie opere, esclamarono: «Che profeta e profeta! Egli è il Cristo, il Messia promesso! Infatti nemmeno Dio può fare cose più grandi di quelle che Egli compie!»

8. Degli altri poi ancora osservarono: «Ma, stando alle Scritture, può il Cristo venire dalla Galilea? (Giov.7,41). E non è detto nella Scrittura che il Cristo verrà dal seme di Davide e dal borgo di Betlemme dove Davide dimorò?» (Giov.7,42)

9. Ma lì c'erano pure alcuni i quali erano bene a conoscenza della Mia discendenza e della Mia nascita, e che osservarono: «Ma se è questo quello che vi occorre, allora tutto corrisponde riguardo a questo profeta! In primo luogo Egli è un figlio di Giuseppe, il carpentiere di Nazaret universalmente noto, e di Maria, figlia di Gioachino e di Anna, e quest’ultimi sono entrambi e in maniera dimostrabile della stirpe di Davide. In secondo luogo poi tutti sanno che Egli è nato a Betlemme, in una stalla, al tempo del censimento generale del popolo ordinato dall'imperatore Augusto, e che otto giorni dopo venne circonciso da Simone, occasione in cui gli fu imposto il nome di Gesù! Ma se le cose stanno così, perché allora dubitare ancora che Egli sia il Cristo?»

10. Come si può notare, c’era fra il popolo disparità di opinioni riguardo al chi Io fossi veramente! (Giov.7,43)

11. Ma alcuni amici dei farisei erano intanto stati incaricati dai farisei stessi di catturarMi, poiché per la gente del Tempio era assolutamente insopportabile che la parte migliore del popolo cominciasse a dichiarare apertamente che Io ero il Cristo. E infatti alcuni avanzarono con l'intenzione di catturarMi, ma non appena Mi furono giunti vicino, il coraggio venne loro a mancare e nessuno si azzardò a metterMi le mani addosso. (Giov.7,44). Oltre agli amici dei farisei, anche vari servitori degli stessi farisei avevano ricevuto l'ordine da loro di impossessarsi della Mia Persona e di condurMi dinanzi a loro; sennonché essi pure, quando Mi giunsero vicino, si fermarono e rimasero ad ascoltare quanto Io stavo spiegando al popolo sui Comandamenti di Dio e su quelli dell'amore nel modo e nella maniera come già spesso avevo insegnato in altre occasioni, per la qual cosa non è necessario che Io qui Mi ripeta. I servitori però non mancarono di prendere in considerazione pure la grande moltitudine del popolo che credeva in Me, e quindi nemmeno essi osarono toccarMi.

12. E quando Io feci una pausa nell’insegnamento, i servitori ritornarono dai farisei senza avere eseguito il loro compito. Ma i farisei, quando li videro ritornare senza di Me, li apostrofarono subito con tono infuriato e dissero: «Perché non l'avete preso e portato qui? (Giov.7,45). Non vedete voi stessi che egli è venuto a disturbarci proprio nel bel mezzo della festa più solenne, e oltre a ciò non fa altro che distogliere l'animo di tutto il popolo da noi? Perché dunque non lo avete fatto prigioniero e condotto davanti a noi per ricevere la punizione che si merita?»

13. Ed i servitori dissero: «Udite, nessuno ha mai parlato con tanta sapienza come questo Galileo! (Giov.7,46). Egli deve essere proprio colmo dello Spirito di Dio!»

14. Ed i farisei dissero: «Che cosa ci tocca mai sentire! Siete forse voi pure già sedotti da lui? (Giov.7,47). Ci crede forse anche qualcuno dei capi o dei farisei? (Giov.7,48). No, il popolo soltanto, quello sì che crede perché non sa niente della legge, e perciò anche è maledetto!» (Giov.7,49)

15. Allora i servitori dissero: «Già l'ultima volta vi abbiamo spiegato cosa si deve pensare del popolo da voi maledetto, e da allora la situazione non è cambiata! Se però a voi non sta bene, andate voi stessi fra il popolo ed annunciategli che esso è maledetto per la ragione che crede al Galileo; poi il popolo non mancherà a sua volta di farvi ben comprendere se è contento o no della vostra maledizione! Voi vi siete proposti di condannare senza processi chiunque non sia della vostra stessa fede, senza darvi affatto la pena di esaminare se la fede degli altri non sia eventualmente qua e là migliore della nostra! Eppure noi stessi, che siamo dei comunissimi servitori, troviamo che ciò è ingiusto, dato che, finché Dio non giudica e non condanna, neppure noi, gente mortale, dobbiamo prevenirLo nei Suoi giudizi, per evitare di voler far forse comprendere al Santissimo che noi, vermi della terra, ne sappiamo più di Lui. Provate un po' a maledire la fede dei romani, ma non di nascosto, ma apertamente e pubblicamente! Vedrete poi in che considerazione quelli là terranno il vostro giudizio!»

16. Dissero i farisei: «Andatevene adesso, perché ormai vediamo che siete già sedotti anche voi!»

17. Dissero i servitori: «Non è bene da parte vostra che non sappiate istruire meglio, noi e il popolo! Infatti non vorrete mica pretendere che noi dobbiamo aver rispetto dei vostri pessimi e falsi miracoli, visto che ne siamo stati sempre noi stessi gli strumenti, anzi in segreto fummo veramente sempre noi gli operatori di miracoli! Ora, grazie a questi miracoli voi finora avete mantenuto ancora una certa stima presso il popolo, mentre tutte le vostre prediche ed i vostri insegnamenti, perfettamente antimosaici, sono troppo stupidi anche per la gente più scimunita! Nei nostri confronti dunque non è consigliabile che spingiate le cose all'estremo, altrimenti saremo noi stessi a spiegare al popolo cosa sono veramente i vostri vecchi miracoli che non dicono niente, e poi bisognerà che vi curiate voi di regolare i conti col popolo!».

18. A queste parole i farisei fecero un’espressione un po' più amichevole, ed i servitori, senza dire altro, se ne andarono per i fatti loro.

 

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Cap. 171

I farisei e Nicodemo.

(Giov.7, 50-53)

 

1. Quando i servitori si furono allontanati, i farisei si rivolsero a Nicodemo - uno dei capi dei sacerdoti il quale era un grande sapiente e che, quando Io comparvi per la prima volta pubblicamente a Gerusalemme con i Miei discepoli, era venuto di notte a trovarMi - e gli chiesero cosa sarebbe stato giusto fare.

2. E Nicodemo rispose loro (Giov.7,50): «Voi vi siete certo molto arrabbiati a causa delle impertinenti obiezioni dei vostri servitori; sennonché io stesso devo confessare apertamente che essi hanno avuto assolutamente ragione! Voi stessi potete indagare e vedere se in qualche legge sta scritto che si deve condannare un uomo prima di interrogarlo e prima dunque di aver riconosciuto se vi è qualcosa di punibile in lui! (Giov.7,51). A me, che sono un dottore della legge, una tale cosa non consta affatto; secondo quale legge dunque vorreste voi condannare un uomo prima di averlo udito?»

3. Risposero i farisei: «Tu fra tutti noi sei certo uno fra i primi dottori della legge, questo non te lo può contestare nessuno, e quindi sei anche un capo dei dottori della legge; sennonché tu stesso provieni dalla Galilea e quindi sei pure amico di quel Galileo. Ma va a investigare la Scrittura, e in essa vi troverai questa sentenza: “Nessun profeta è mai sorto dalla Galilea!”» (Giov.7,52)

4. E Nicodemo osservò sorridendo: «Questo è vero, e non occorre che di fronte a me vi riferiate alla Scrittura, dato che in verità io la conosco dall'alfa all'omega meglio di tutti voi presi insieme. Io invece vi sto indicando qualcos’altro, e precisamente il registro di circoncisione dell'anno in cui venne eseguito il primo censimento sotto l'imperatore Augusto, e là troverete che costui, che ora è Galileo, non è nato in Galilea, ma a Betlemme, l'antica città di Davide, e che ambedue i Suoi genitori discendono in linea direttissima da Davide!

5. Quindi la sentenza da voi citata contenuta nella Scrittura non può nemmeno lontanamente trovare riferimento in questo Galileo, e ciò tanto più in quanto la legge stabilisce espressamente così: “Ciascun ebreo è soggetto, vita natural durante, alla giurisdizione del luogo dove egli è nato e dove è stato circonciso, e il rispettivo comune è tenuto a provvedere a lui quando diventa debole ed inabile al lavoro”. D'altro canto un pagano è soggetto alla giurisdizione del luogo là dove egli è stato circonciso come ebreo e dove è stato censito, e va considerato e trattato come un membro nativo di tale comunità.

6. Ecco, amici miei, se non ci è possibile abrogare questa legge, e se, d'altra parte in base ai registri augustei di censimento e di circoncisione, risulta incontestabilmente che questo Maestro del popolo non è affatto galileo di nascita, allora il popolo secondo verità non ha proprio nessuna ragione per non ritenere quest'Uomo un vero profeta!»

7. Dissero allora i farisei: «Stando così le cose, noi dovremmo avere almeno quel po’ di abilità politica da sbarazzarci di questi registri!»

8. E Nicodemo obiettò: «Oh, sì, ciò è possibile se si tratta di quelli che sono custoditi nei nostri archivi; ma la cosa invece non è possibile se si tratta di quelli che purtroppo si trovano negli archivi dei romani! E questi controllano ogni anno minuziosamente i nostri registri del Tempio confrontandoli con quelli in loro possesso! Guai a noi se venisse constatata qualche omissione o qualche cambiamento! Io davvero non vorrei trovarmi nella vostra pelle in un simile caso!»

9. Dopo di che i farisei dissero: “Hem, hem, da questo punto di vista la cosa si presenta certo male!».

10. E non sapendo che cos’altro dire, abbandonarono taciturni il Tempio e la festa, e ciascuno si ritirò poi a casa propria. (Giov.7,53)

11. Intanto, mentre nella parte anteriore del Tempio si svolgeva questo dibattito tra i servitori, i farisei e Nicodemo, dibattito che è qui riprodotto fedelmente senza nessuna omissione né per quanto riguarda le parole, né per quanto concerne i fatti, Io continuai ad insegnare al popolo senza alcun altro impedimento e gli dimostrai pure in maniera comprensibile la vuota ipocrisia e gli inganni della gente del Tempio nonché il suo modo illegale di agire, e non ci fu neppure uno che ne prese le difese o sostenesse che le Mie argomentazioni tendenti a mettere nella vera luce il loro malvagio operare erano ingiuste; anzi, tutto il popolo Mi pregò di venire ancora nel Tempio il giorno successivo dopo la festa per confortarlo con parole vivificanti della più evidente verità.

12. E molti esclamarono: «O Maestro, noi Ti ringraziamo per questo divino ristoro che ci hai offerto, perché già da molto tempo eravamo assetati di una simile verità, ma Tu ora hai calmato questa nostra grande sete in modo tale che essa mai più in eterno ci tormenterà tanto quanto è accaduto finora! Tu in verità sei il discendente di Davide e il promesso Unto di Dio!»

13. Allora Io rivolsi uno sguardo amorevole a tutti e promisi loro che sarei venuto al Tempio anche il giorno seguente per portare loro ancora più Luce, e il popolo Mi acclamò e disse: «Oh, vieni, vieni, ed illuminaci in questa notte del Tempio!».

14. Dopo di che anch'Io assieme a tutti i discepoli ed a Lazzaro abbandonai il Tempio.

 

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IL SIGNORE SUL MONTE DEGLI ULIVI

(Giov. Cap. 8)

 

 

Cap. 172

Il Signore ed i Suoi nella locanda di Lazzaro sul monte degli Ulivi.

(Giov.8,1)

 

1. Quando ci trovammo fuori, all'aperto, si affacciò alla mente di tutti il problema: «Cosa faremo adesso? Dobbiamo ritornare a Betania, oppure ci sarà da fare ancora qualcosa qui a Gerusalemme?»

2. E Lazzaro Mi domandò cosa ne pensassi Io.

3. Ma Io gli risposi: «Per conto tuo puoi fare quello che vuoi e che puoi; Io però non posso andare quest'oggi a Betania, perché la gente del Tempio lungo la via che conduce a Betania ha appostato degli spioni con l'incarico di accertare se Io Mi trattengo presso di te. E se venissero a conoscenza di questo, dovresti temere da parte del Tempio ancora più noie! Per conseguenza Io ho deciso di trascorrere il resto di questo giorno nonché la notte nella piccola locanda dall'aspetto piuttosto misero sul monte degli Ulivi!»

4. Disse Lazzaro: «Oh, anzi l'idea è eccellente, dato che la metà del monte degli Ulivi e la locanda sono pure mia proprietà! Oh, là ci troveremo benissimo! Fino a tre anni fa la locanda era molto frequentata, ma da quando ebbero inizio i miei attriti col Tempio, le presenze andarono declinando perché i farisei dichiararono che ciascun ebreo avrebbe commesso peccato entrando nella mia locanda sul monte degli Ulivi! La ragione di ciò pare vada ricercata unicamente nel fatto che anche questa proprietà io la misi sotto la giurisdizione romana, quando mi accorsi che la gente del Tempio andava tentando tutte le vie possibili per portarmela via a suon di chiacchiere. E perciò ho messo alla porta un catenaccio per sbarrare loro il passo, il che naturalmente li ha fatti infuriare. Ma poiché anche questa proprietà è ormai soggetta alla signoria superiore di Roma, i templari la dichiararono del tutto immonda, ed ogni ebreo si rende impuro per un anno intero una volta che abbia messo il piede in questa locanda! Vedi, qui sta il vero motivo per il quale la mia locanda sul monte degli Ulivi è molto meno frequentata di prima; soltanto dei romani e dei greci vi vengono spesso. Nonostante ciò la locanda è largamente provvista di ogni cosa, e là non ci mancherà davvero nulla. Oltre a ciò proprio dal punto dove sorge la locanda si gode una splendida vista quasi sull'intera città di Gerusalemme e per un bel tratto anche sui dintorni, ed io sono convinto che stare lassù Ti sarà molto gradito»

5. Gli dissi Io: «Va bene così, Mio caro fratello. Queste circostanze Io già le conoscevo, ed appunto perciò Mi sono proposto di passare l'intera giornata e la notte sul monte; infatti lassù saremo al sicuro da ogni visita quanto mai importuna di ebrei e di farisei! Per conseguenza possiamo addirittura metterci in cammino verso quella direzione».

6. Tutti manifestarono soddisfazione per questa decisione ed Io, accompagnato dai discepoli, Mi avviai verso il monte degli Ulivi. (Giov.8,1). Lazzaro però volle precederci e se ne andò di buon passo per dare le necessarie istruzioni ai suoi servitori. Poi tutti si diedero immediatamente da fare allo scopo di preparare un pranzo veramente festivo per noi.

7. Noi però ce la prendemmo più comoda e salimmo con tutta tranquillità sul monte degli Ulivi il quale doveva il suo nome al fatto che i suoi pendii, ricoperti di buona terra, erano abbondantemente disseminati di soli alberi d'olivo. La parte più grande del monte più ricco d'olio era proprietà di Lazzaro, mentre la più piccola, che dava verso la città e che era per lo più rocciosa, apparteneva ad un greco che si occupava assai poco della sua proprietà e che annualmente cedeva a Lazzaro il proprio raccolto di olive per poche monete d'argento, così che Lazzaro era anche proprietario a metà della parte del monte degli Ulivi che dava verso la città.

8. Questo monte degli Ulivi non lo si poteva dire proprio alto, tuttavia aveva dei punti dove era parecchio ripido, e quindi ci voleva quasi una mezz'oretta per raggiungerne completamente la sommità. Il Tempio sorgeva esso pure su di un colle abbastanza alto ed era in sé e per sé una costruzione molto elevata; però, chi si trovava sulla cima del monte degli Ulivi, doveva rivolgere l'occhio piuttosto in basso per vedere l'alta cupola del Tempio. Insomma, nei dintorni di Gerusalemme il monte degli Ulivi era senz'altro l'altura dominante.

9. Di lì a poco raggiungemmo Lazzaro che ci aveva preceduti, e ci accampammo davanti alla locanda, sotto gli ulivi, dove facemmo le nostre considerazioni fino a che Lazzaro venne ad avvertirci che il pranzo era pronto. Allora noi ci alzammo da terra ed entrammo nella locanda la cui sala da pranzo non andava affatto annoverata fra le piccole, perché cento commensali avrebbero potuto starvi molto comodamente. La grande mensa era abbondantemente provvista di pane, vino e da ogni tipo di nobile frutta, e nei piatti facevano bella mostra otto bei pesci provenienti dal Giordano e dal Cedron, l'impetuoso torrente. I discepoli già al solo vedere la mensa così imbandita si sentirono venire l'acquolina in bocca. Noi prendemmo subito posto a mensa e cominciammo a mangiare ed a bere di buonissima voglia.

10. Lazzaro non poté celare la sua grande letizia vedendo come Io pure facevo gioiosamente onore ai cibi ed al vino.

11. Ma Io allora gli dissi: «Amico, tu ora gioisci molto perché vedi che anch’Io mangio e bevo con così tanto gusto; tuttavia puoi crederMi se ti dico che, per quanto anche Io gusti quel che di buono ci offre la tua mensa, la colazione di oggi nel Tempio l'ho gustata di più ancora, perché oggi Io ho fatto là un eccellente raccolto per il Mio Regno in Cielo. Domani invece un nuovo raccolto per il Mio Regno sarà considerevolmente meno abbondante. Ciò che oggi è diventato Mio, resterà Mio; domani invece non vi si aggiungerà molto di più! Quella nera progenie laggiù vorrà tentarMi, ma in compenso finiranno col legarsi da loro stessi alla gogna dinanzi a tutto il popolo! Adesso però mangiamo e beviamo, e poi ritorneremo nuovamente all'aperto. Oggi avrete occasione di vedere ancora parecchie cose».

 

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Cap. 173

Osservazioni del Signore alla vista di Gerusalemme.

Il giudizio su Gerusalemme.

 

1. In un'ora ce la sbrigammo col pranzo, e poi ci alzammo dalla mensa e ci recammo immediatamente all'aperto, perché specialmente nella luce della sera il panorama, che da quel luogo si offriva agli occhi, era davvero incantevole, e ciò veniva molto a proposito per le nostre osservazioni.

2. Mentre dunque noi stavamo ammirando la grande ed estesa città con i suoi numerosi palazzi, Lazzaro uscì fuori ad esclamare: «Quanto fasto e in pari tempo quanta leggiadria adornano questa grande città! Ed accanto a ciò quanta infamia in quella parte della popolazione che dovrebbe dare il buon esempio agli altri!

3. Ecco laggiù il Tempio per la cui costruzione già il grande Davide, l'uomo secondo il cuore di Dio, ha raccolto i materiali. Salomone, suo figlio, lo edificò affinché tutto il popolo di Israele, in determinate epoche, potesse radunarsi dentro per rendere onore a Dio. Ma adesso chi è che richiede onore dagli uomini? Oh, Dio no di certo, e ciò già da molto tempo; ma sono invece quella razza miserabile di farisei, di scribi e di sommi sacerdoti! L'antica e meravigliosa arca dell'alleanza è stata assegnata già da più di ventiquattro anni all'archivio delle reliquie sorde ed impotenti, mentre quella nuova è morta e non ha più nessuna forza in sé; pur tuttavia gli ebrei ciechi continuano a sacrificare, anzi più di quanto abbiano sacrificato a quella antica e genuina!

4. Ma da ciò si può rilevare con assoluta facilità come quella miserabilissima genia del Tempio sappia abbindolare il misero popolo innocente, e come non creda affatto in un solo vero Dio, dato che essa calpesta in modo così infame le leggi da Lui annunciate a Mosè e a tutti gli altri profeti, e va opprimendo per la vita e per la morte il popolo con il carico delle sue proprie massime le quali, come la più insensata assurdità, non possono più trovare fede presso nessuna persona che ragioni un po'! Oh, l’immensa vergogna! Tutti gemono sotto un'intollerabile oppressione che per lo più ha la sua causa nel Tempio; eppure nessuno ha ancora trovato il coraggio di sputare in faccia a quegli individui che stanno truffando in modo così evidente il popolo, e di mostrare loro sotto il naso le nefandezze che perpetrano continuamente contro l'umanità.

5. Tu solo, o Signore, hai aperto gli occhi alla gente affinché possano vedere una buona volta cosa si nasconde veramente sotto la tonaca di quei templari. Sennonché anche questo giova a poco, ed essi continuano nel modo più sfrontato a fare quello che loro piace, e nessun fulmine punitore scende dalle Tue nubi in mezzo a loro! Tu, o Signore, sei ora Tu stesso presente su questa Terra dove hai assunto carne d'uomo; e questo evento non ha uguale in tutta intera l'eternità passata, e che rappresenta la grazia suprema fra quante siano mai state concesse da Dio alle Sue creature. Migliaia e migliaia di uomini, fra i quali perfino molti pagani, riconoscono questo, e ne gioiscono immensamente dimostrando gratitudine, e quelli laggiù, dai grandi ai piccoli, sentono proclamare e confermare questa sacra verità da tutte le parti. Ma invece di accogliere con grande letizia una simile notizia per assolutamente vera, essi scagliano maledizioni sul popolo che ha accolto tale verità in maniera vivente! Ma adesso si domanda: “Che cosa merita questa gente che si è degradata al livello delle bestie?”»

6. Ed Io gli risposi: «Mio caro fratello, cerca di frenare alquanto il tuo zelo, poiché ben vedi che a questo mondo tutto ha il suo tempo, e che un vecchio cedro non lo si può rompere sul ginocchio come si fa con un sottile bastoncino! Ecco, Io intendo fermarMi ed anche Mi fermerò qui per vari giorni ancora, anzi per sette giorni Io insegnerò quotidianamente nel Tempio. Chi vorrà convertirsi, meglio per lui; ma chi invece vorrà persistere nella propria cecità e quindi nella sua perfidia, costui perirà nel giorno del giudizio che si rovescerà su Gerusalemme e che trarrà in rovina ogni creatura!

7. Guardate pure tutti quella grande città! In verità vi dico che non una pietra sarà lasciata sull'altra! E tutti coloro che sono ciechi e le donne gravide che ritengono che non si può, né si deve prendere la fuga nel giorno di Sabato, tutti questi che preghino affinché il giudizio non abbia ad irrompere in un tal giorno, altrimenti nessun ebreo riuscirà a salvare la propria vita.

8. Prima però che il giudizio scenda su tutta quella gente priva di ogni fede, si avranno molti e grandi segni nel Cielo e sulla Terra. Ma ciò non vorrà dire ancora che il giudizio e la fine di questa città saranno imminenti, perché ci sarà ancora un tempo di attesa per vedere se qualcuno si ravvederà e si convertirà. E se non si farà attenzione ai segni, verrà poi una grande tribolazione per rendere possibile la conversione degli uomini a Dio! Se anche questo non otterrà alcun risultato, Io manderò ancora dei profeti che con la loro voce possente e squillante, come trombe che chiamano alla battaglia rivolta ai quattro punti cardinali, tenterà di destare coloro che sono veramente morti in spirito. Chi allora si lascerà destare alla luce della vita, costui risorgerà a vita eterna; ma coloro che in seguito al richiamo possente dei Miei messaggeri si desteranno soltanto nella loro ira e nel loro furore contro di Me e contro la Mia Parola, quelli pure risorgeranno, però non alla vita, ma alla morte mediante il giudizio, e saranno gettati là dove la tenebra eterna regna nel giudizio e dove vi saranno molte urla e stridor di denti.

9. Ma quando giungerà il giudizio, che ciascun giusto fugga! Chi si trova sul tetto della conoscenza delle verità pure, divine, non scenda più in casa per prendersi un vecchio mantello d'ebrei (la dottrina dei farisei), ma rimanga sulla sua nuova altura di luce! E chi già si trova sul campo della nuova attività conforme alla Mia Dottrina, non faccia più ritorno alla vecchia patria della cerimonia cieca e vana, ma rimanga sul suo nuovo campo, e così si manterrà in vita!

10. E allora accadrà che due saranno nella stessa casa quando scenderà il giudizio; l'uno sarà salvato e l'altro perirà. Chi opererà secondo la Mia Dottrina, sarà salvato; chi invece avrà la Mia Dottrina, ma le sue opere saranno conformi al vecchio lievito dei farisei, costui perirà!

11. Così pure due saranno sullo stesso campo, e due macineranno nello stesso mulino, e anche di costoro uno verrà accolto alla vita e l'altro sarà abbandonato al giudizio. Guardatevi dunque bene dal vecchio lievito dei farisei, perché in verità Io vi dico che con quest'ultimo nessuno sfuggirà al giudizio!».

 

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Cap. 174

La predizione del “grande giudizio” del tempo attuale.

 

1. (Il Signore:) «Ma come accadrà col giudizio di Gerusalemme, altrettanto accadrà col futuro “grande giudizio” del mondo, quando Io avrò segnato una volta per sempre la fine della grande meretrice di Babele. Quello però sarà un giudizio come quello dei tempi di Noè e di quelli di Sodoma e Gomorra.

2. Anche in quell'epoca lontana avranno luogo grandi segni sulla Terra, sul mare e sul firmamento, ed Io susciterò dei servitori i quali profetizzeranno attingendo alla Mia Parola e annunceranno in molte maniere il giudizio imminente; sennonché l'orgoglio degli uomini non vorrà ascoltarli, e se anche li ascolteranno, non perciò presteranno fede alle loro parole, anzi li considereranno dei pazzi e si faranno beffe di loro. Ma appunto questo sarà un segno sicurissimo che, con tutta certezza, il grande giudizio dovrà venire a distruggere col fuoco tutti gli operatori del male.

3. Così pure nella medesima epoca molti giovani avranno delle visioni, e molte fanciulle profetizzeranno delle cose che dovranno venire; beati coloro che si ravvederanno e che si convertiranno veramente!

4. Ora queste cose saranno facilmente riconoscibili così come da un fico si riconosce che la primavera è vicina, quando le sue gemme si gonfiano di succo e cominciano ad aprirsi.

5. Fra i popoli scoppieranno isolatamente qua e là grandi guerre, ed un popolo scenderà in campo contro l'altro; vi sarà anche una grande carestia e sorgeranno ogni tipo di malattie pestilenziali quali fra gli uomini non ce ne sono mai state finora. Tutto ciò sarà preceduto da grandi terremoti, ad ammonimento degli uomini e per indurli alla penitenza e all'operosità d'amore; beati coloro che si convertiranno!

6. Moltissimi però non si convertiranno e attribuiranno tutto alle cieche forze della natura, ed i profeti saranno tacciati di frode. Molti verranno gettati nelle prigioni per amore del Mio Nome e sotto minaccia di gravi pene si vieterà di parlare nel Mio Nome e di annunciare il giudizio imminente, poiché chi allora non farà secondo la volontà della grande meretrice di Babele incontrerà grandi difficoltà a vivere su questa Terra.

7. Ma occorre che tutto ciò accada in anticipo circa settecento anni prima del giudizio, affinché alla fine nessuno possa dire di non essere stato ammonito a sufficienza. Dal tempo attuale in poi, però, non trascorreranno pieni duemila anni finché sarà dato libero corso al grande giudizio; e questo sarà evidentemente un “ultimo giudizio”, ma contemporaneamente anche l'ultimo giudizio su questa Terra.

8. Solo in quell'epoca verrà ristabilito il Paradiso sulla Terra, e il lupo e l'agnello dimoreranno in pace nella stessa stalla e si ciberanno dalla stessa mangiatoia.

9. E all'approssimarsi del giudizio si renderà pure visibile il segno del Figlio dell'uomo nel Cielo; vale a dire che il Cielo nell'uomo riconoscerà Me quale l'unico Signore del Cielo e della Terra, e l'anima dell'uomo Mi loderà molto e Mi glorificherà.

10. Tuttavia questa non è ancora la perfezione dell'uomo; ma quando Io poi, splendente sulle nuvole del cielo, con tutte le potenze celesti e fra lo squillo come di molte trombe di guerra e del giudizio apparirò nella Parola vivente dinanzi a tutta l'umanità nel vero Cielo che è nel cuore degli uomini, allora sarà venuto anche il giudizio del mondo.

11. Il giusto entrerà nella Mia Gloria, e gli operatori del male saranno consunti dal fuoco della Mia giusta Ira ed entreranno nel regno delle loro opere malvagie, regno che è già preparato per tutti i demoni incorreggibili. Infatti, colui che, da sé, spontaneamente si sceglie l'inferno, che sia anche in esso maledetto come è maledetto l’inferno in se stesso. Ma come il bene resterà bene in eterno, così pure il male resterà in sé eternamente male e sarà il fondamento giudicato per l'eternità che dovrà servirMi in eterno da sgabello.

12. Io stesso, però, fuori dalla Mia Personalità primordiale-divina non giudicherò nessuno, ma tutto ciò lo farà la Parola che Io vi ho dato. Infatti, quando Io sarò asceso al Mio Regno, Io non comparirò mai più su questa Terra nella carne, ma unicamente in Spirito, nella Parola, e poi sarà come era nel principio secondo quanto è detto: “Nel principio era la Parola, la Parola era presso Dio e Dio era la Parola. Ma la Parola si è fatta carne ed è dimorata fra gli uomini!”. Egli, cioè Io sono venuto nella Mia proprietà, e i Miei non Mi hanno riconosciuto, perché il mondo e la loro carne li hanno resi tutti completamente ciechi e sordi.

13. Ora Mi trovo con voi quale un uomo nella carne, e perciò non vi posso impartire tutta la Potenza del Mio Spirito; più tardi però, quando non sarò più come adesso nella carne e Mi troverò fra di voi unicamente in Spirito, allora Io potrò anche impartirvi tutta la Forza e la Potenza del Mio Spirito, Spirito che, naturalmente, sono Io stesso dall'eternità. Nello Spirito e nella Sua Potenza Io poi resterò con voi fino alla fine dei tempi nei quali questa Terra ancora sussisterà, vale a dire finché essa avrà portato a maturità anche l'ultimo spirito giudicato. Con questa Terra però sarà da allora in poi estinta per l'eternità la culla dei figli di Dio. Da allora in poi il governo di tutte le cose l'avrà lo Spirito.

14. Ormai già varie volte Io vi ho detto e mostrato come si metteranno le cose su questa Terra; quindi attendete con pazienza la sicura redenzione che non rimarrà per la via e non abbiate troppa fretta ad augurarvi un giudizio del mondo prima del tempo! Infatti, quando esso verrà, sarà sempre ancora troppo presto già per voi stessi e molto di più ancora per coloro che dovranno essere giudicati, poiché nel giudizio l'amore e la misericordia sono lontani, e ciascun'anima sarà abbandonata alle sue proprie risorse, affinché tra le amarezze impari e riconosca come sarà stato inutile e vano l'aiuto temporaneo degli uomini che appartengono esclusivamente al mondo! Ed ora diteMi se avete ben compreso tutto quello che ho detto!».

 

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Cap. 175

Il dubbio di Lazzaro sulla guida divina dell'umanità.

 

1. Disse Lazzaro: «Sì, o Signore, almeno io l'ho compreso. Però, se devo essere sincero, tutta la storia dell’umanità non si presenta eccessivamente piacevole! In fondo gli uomini non sono poi così tanto colpevoli se la loro perfidia è tanto grande, e la colpa invece va ascritta piuttosto alle circostanze nelle quali sono stati generati, allevati ed educati; dunque, date queste premesse, ogni giudizio appare evidentemente come un atto quanto mai arbitrario e tirannico da parte di Colui che ha il potere di giudicarli.

2. Certo si dirà: “Dio fa in modo che ciascuno possa avere una giusta nozione del vero e del falso, del buono e del cattivo”; ma quando si verifica ciò? A quanto l'esperienza mi insegna, ciò si verifica solo quando tutto il falso e il cattivo si sono già tanto radicati nell'uomo che nessuna dottrina pura può più giovargli in qualche modo. Se l'umanità per qualche centinaio di anni è tenuta lontana da un qualche influsso divino percettibile, essa comincia per forza a dimenticarsi man mano sempre di più di Dio, stabilisce poi per sé delle proprie leggi e delle proprie norme di vita, le quali, per quanto anche rigidamente osservate, non possono condurre alla salvezza degli uomini. Quando infine l'umanità è già scesa fino al livello dell'animale, solo allora si annunciano - da principio molto debolmente delle rivelazioni per mezzo di persone suscitate a tale scopo, e se queste deboli rivelazioni non servono, allora ne vengono di più energiche, e se nemmeno queste ottengono un effetto, ecco un giudizio punitore alle porte. O Signore, perché ciò deve essere così, io proprio non arrivo a comprenderlo!

3. Da Adamo fino a Noè, e particolarmente presso i discendenti di Caino, si ebbe poco sentore di una qualche rivelazione particolare. Ai tempi di Noè si ebbero segni e rivelazioni di ogni tipo, ma troppo tardi, dato che il popolo, specialmente nelle pianure, era già totalmente sotto l'influenza del demonio. Il popolo non ci badò certo più ai segni e alle rivelazioni, e continuò a vivere nella sua frenesia, ma poi quello che seguì fu già il più spaventoso dei giudizi.

4. Poi i secoli si succedettero fino ad Abramo, e durante quel lungo periodo di tempo non ci furono quasi affatto rivelazioni. Con Abramo ricominciò la Rivelazione divina, ma questa fu seguita immediatamente dal giudizio su Sodoma e Gomorra e le dieci città che stavano attorno!

5. Poi da Abramo, Isacco e Giacobbe la pausa ricominciò fino a Mosè. Al tempo di questo profeta le manifestazioni dai Cieli agli uomini furono di carattere grandioso; agli uomini, per la prima volta, vennero date delle leggi secondo le quali essi avrebbero dovuto regolare la loro vita; sennonché altrettanto grandioso fu anche il giudizio! Gli egiziani a centinaia di migliaia dovettero mordere la polvere, ed agli israeliti liberati non andò molto meglio durante i quarant'anni interi che essi trascorsero vagando nel deserto. Tanto gli egiziani, quanto gli israeliti, come ben si sa, per troppo tempo non udirono niente di una qualche rivelazione particolare, e andarono man mano sempre più intiepidendosi; la fede vivente di prima si affievolì e si ridusse ad una cerimonia fasulla, basata sulla tradizione, ciò che all'incirca non è granché migliore di una completa mancanza di fede. Ma così com’è costituita la fede, tale è anche l'osservanza dei precetti di vita che si ispirano ad essa!

6. Se la mancanza di rivelazioni dura più a lungo ancora, allora gli uomini senz'altro perdono ogni fede in un vero Dio, e si creano poi degli dèi a loro piacimento, sprofondando così nell’idolatria più totale; ma come si può poi ragionevolmente addossare la colpa soltanto a loro? Oh, no di certo, dico io, secondo il mio modo di vedere sempre ragionevolmente molto umano!

7. È bensì vero che al tempo dei giudici e a quello di qualcuno fra i re, in mezzo al popolo ebraico sorse sempre qualche profeta, però sorse sempre solo quando la gente si era già prima immersa nella morte a forza di peccati, e di nuovo alle rivelazioni seguì subito un giudizio che divorò i peccatori.

8. Ora sei venuto Tu stesso, o Signore. Nell'epoca attuale, in fatto di rivelazioni, l'umanità ha quanto di più grandioso si potrà immaginare; ma anche questa volta il giudizio non si farà attendere tanto. E da qui ad alcuni secoli soltanto, se non verranno fatte ripetutamente altre rivelazioni, l'umanità, pure a conoscenza della Tua Dottrina, non sarà per niente migliore di quanto lo sia ora laggiù la gente del Tempio! I pagani convertiti ritorneranno al paganesimo e gli ebrei diverranno ancora più tenebrosi di quanto lo siano ora, in modo che su questa terra benedetta la luce e il bene non domineranno mai completamente. Io quindi sono dell'opinione che d'ora innanzi delle rivelazioni della Tua Divinità non dovrebbero farsi attendere troppo a lungo, altrimenti i nostri successori, i quali non possono essere testimoni di questa Rivelazione attuale, non potranno fare a meno di ripiombare, senza loro colpa, nell’antica notte!

9. I filistei sono stati annientati a causa del loro ateismo, però, a quanto mi consta, di rivelazioni non ne hanno mai avute; altrettanto dicasi degli antichi fenici, dei troiani, dei babilonesi, dei niniviti e di altri popoli ancora, i quali, a quanto mi risulta, non hanno mai ricevuto qualche particolare rivelazione.

10. Ma perché questo continuo gioco sempre sfavorevolissimo per l'umanità di questa Terra? Vedi, nessuna creatura umana ha colpa se essa esiste! Eppure, una volta che si trova qui - secondo la Tua onnipotente Volontà - essa è perfettamente infelice da quando nasce fino a quando muore, e deve rassegnarsi a sottostare ad un giudizio dopo l'altro. Ma perché poi deve essere così?».

 

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Cap. 176

Dei lavoratori nel vigneto. Scopo, essenza ed effetto delle Rivelazioni.

 

1. Ed Io, rivoltoMi a Lazzaro ed anche agli altri discepoli i quali condividevano il parere alquanto irritato di Lazzaro, dissi: «Fate ora bene attenzione, perché Io vi proporrò una similitudine che servirà anche da risposta alla domanda di Lazzaro!

2. C'era una volta un padrone il quale ingaggiò dei lavoratori per la sua vigna. Questi si presentarono al mattino, e il padrone si accordò con loro per la ricompensa di un denaro. Verso mezzogiorno il padrone uscì di nuovo e trovò dell'altra gente che se ne stava in ozio; egli perciò disse loro: “Perché ve ne state qui con le mani in mano? Andate voi pure alla mia vigna, ed io vi darò un equo compenso”. Ed essi andarono e si misero al lavoro. Ma verso sera, il padrone della vigna vide ancora molta altra gente che se ne stava oziosa, ed egli andò e disse pure a quelli: “Perché state qui a poltrire tutto il santo giorno?”. Ed essi risposero: “Signore, nessuno ci ha offerto del lavoro!”. Il padrone disse a loro: “Ebbene, recatevi anche voi alla mia vigna; lavorate per quest’ultima ora che resta ancora del giorno, e avrete da me un’equa ricompensa!”. Ed essi andarono e lavorarono assiduamente per quell'ultima ora del giorno.

3. Venuta la sera, il padrone chiamò anzitutto i lavoratori che avevano iniziato il lavoro già al mattino e diede a ciascuno il denaro pattuito; poi chiamò coloro che avevano lavorato soltanto mezza giornata, e loro pure diede un denaro per ciascuno. Infine egli chiamò quelli che avevano lavorato solamente un'ora, e li ricompensò ugualmente con un denaro ciascuno.

4. Allora i lavoratori che si erano recati alla vigna già al mattino, osservarono: “Signore, com'è che tu dai a coloro che hanno lavorato soltanto un'ora la stessa ricompensa che abbiamo ricevuta noi, che abbiamo lavorato strenuamente tutto il giorno sotto la sferza del Sole?”. Ma il padrone rispose a loro: “Che cosa vi importa se io sono buono e misericordioso? Commetto forse un'ingiustizia se di mia buona volontà do anche agli ultimi quanto ho dato a voi? E comunque, non ho pattuito con voi il compenso di un denaro? Voi stessi non ne avete chiesto di più! Ebbene, se ora vi do quello che avete chiesto, che cosa pretendete di più da me? Non sono io padrone delle mie sostanze delle quali posso disporre a mio piacimento?”. E udito questo, i lavoratori dell'intera giornata non poterono obiettare più nulla e si accontentarono della ricompensa avuta.

5. Ma ora Io dico a voi tutti che il Padre Mio, il Quale è in Me, si comporterà nella stessa maniera verso di voi! Ed avverrà pure che i primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi.

6. Ora la vigna è veramente simile all'umanità di questa Terra, e gli uomini sono le viti che vanno lavorate; essi non hanno concluso alcun contratto con Me, ma esistono per essere lavorati affinché portino buon frutto a Dio, il Signore.

7. Tutti i profeti però, come ora voi stessi, nell'anima non sono di questa Terra, ma sono dei lavoratori ingaggiati da Me dall'Alto, e prima di venire qui hanno stretto con Me un patto ben chiaro per pervenire alla figliolanza di Dio, meta questa che può venire raggiunta esclusivamente su questa Terra.

8. Tutti i grandi profeti - compresi voi stessi - dal principio fino ad oggi, i quali hanno ricevuto una grande Rivelazione, sono i lavoratori ingaggiati già al mattino per la vigna del Signore.

9. I profeti minori che hanno lavorato solo mezza giornata, e precisamente per il mantenimento della Rivelazione data, sono coloro che nel Mio Nome verranno dopo di voi, che riceveranno essi pure certe piccole Rivelazioni e che profetizzeranno in base a queste, ma essi non avranno quella forza e quella potenza che Io donerò a voi. Costoro otterranno la stessa vostra ricompensa, dato che la loro fede dovrà essere parecchio più salda, perché, non potendo essi vedere quello che ora voi tutti vedete e apprendete, anche la loro fede, che richiede una maggiore libera volontà, verrà calcolata per loro come un merito maggiore per la vita. Dunque, se essi poi otterranno la stessa ricompensa che sarà data a voi, pensate che per loro sarà stato più difficile credere quello che ora avviene per la salvezza di tutte le creature, poiché non avranno potuto essere, come voi, testimoni di tutto.

10. Alla fine, in epoche molto tarde, a poca distanza da un grande giudizio, verranno suscitati e ammessi altri veggenti, i quali avranno il breve ma pesante compito di purificare la Dottrina divenuta molto impura, allo scopo di conservarla e di evitare che un'umanità dal pensiero ormai più chiaro la ripudi quale un vecchio ciarpame utile alle truffe della casta sacerdotale. Questi terzi lavoratori nella Mia vigna non agiranno per mezzo di prodigi spettacolari, ma mediante la Parola pura e la Scrittura senza avere altra rivelazione all'infuori di quella rappresentata dalla vivente Parola interiore nel sentimento e nel pensiero dei loro cuori, ed essi saranno colmi della fede limpida e ragionata, e raddrizzeranno quindi senza l'ausilio di prodigi le viti umane inaridite della Mia vigna, e perciò riceveranno da Me la stessa ricompensa che sarà data a voi, lavoratori di un’intera giornata, poiché per loro sarà molto difficile credere fermamente, e senza avere dubbi, a quello che sarà avvenuto qui molto più di mille anni prima di loro.

11. Anche se le grandi Rivelazioni sono molto lontane l'una dall'altra, Dio ha tuttavia sempre cura che vengano sempre e immediatamente suscitati fra gli uomini dei nuovi veggenti, non appena vi sia un accenno che gli insegnamenti delle grandi Rivelazioni comincino ad incamminarsi per una via impura, e ciò in maniera che in nessuno la libera volontà debba soffrire violenza in alcun modo. Ecco perché le grandi Rivelazioni vengono tenute molto distanti l'una dall'altra per quanto concerne il tempo, e ciò per fare in modo che gli uomini possano con la loro libera volontà muoversi il più lontano possibile da qualsiasi costrizione.

12. Quando però, alla fine, il mondo ha fatto di nuovo deviare troppo gli uomini dal loro cammino spirituale, allora certamente non resta altro che procedere ad una grande Rivelazione la quale, come è naturale, si trae sempre dietro un giudizio, per la ragione che essa stessa è un penoso giudizio per il genere umano. Infatti, finché non dai fuoco alla legna morta, questa non arderà; ma il fuoco invece sì che l'accende! E vedi, quello che è il fuoco per la legna, quello stesso è anche una grande Rivelazione per gli uomini. Comprendete voi ora ciò?».

 

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Cap. 177

I profeti come portatori della Rivelazione.

La fede illuminata e la fede cieca.

 

1. Disse Lazzaro: «Sì, ho compreso bene quello che Tu hai voluto dire con ciò; tuttavia c'è in me ancora un pensiero che cova nel mio animo e che non so bene come fare perché possa armonizzare col resto. Sono dunque da considerarsi come giudicati proprio tutti coloro a cui viene data una grande Rivelazione in via diretta? E la benedizione conseguente alla grande Rivelazione è riservata soltanto a coloro che vi hanno unicamente parte in via indiretta, vale a dire in quanto essi semplicemente vi credono?

2. Ma allora i portatori della Rivelazione vengono evidentemente a trovarsi in condizioni di grande svantaggio, e ciò perché essi già originariamente sono stati uomini migliori e più puri per essere in grado di accogliere e di comprendere giustamente un'elevata e grande Rivelazione. Infatti i veri e propri uomini interamente mondani non avrebbero mai potuto comprendere la grande Rivelazione poiché non riescono a comprendere nemmeno una minima Rivelazione, ma di fronte ad essa se ne stanno come i polli quando vedono scoccare un fulmine da una nube»

3. Ed Io osservai: «Ma chi dice che i portatori di una grande Rivelazione devono essere considerati dei giudicati? Quando devo scegliere qualcuno perché sia principalmente lui il portatore di una grande Rivelazione, credo che saprò bene come fare perché essa non lo debba danneggiare!

4. Mosè fu certo il portatore di una grandissima Rivelazione; tuttavia sotto di lui c'erano molti i quali alla Rivelazione stessa non ebbero che una parte indiretta, alla fine ebbero tuttavia una fede molto più ferma di Mosè stesso il quale tra sé non si fidava della promessa che Io avrei donato agli israeliti la Terra Promessa dove scorre latte e miele. Ma poiché Mosè non ebbe piena fiducia in tale promessa, a lui fu concesso bensì di vedere la Terra Promessa da un alto monte, ma non gli fu concesso di giungervi personalmente.

5. Questo dimostra più che a sufficienza come assolutamente nessun portatore di una qualche Rivelazione è mai stato vincolato personalmente, e meno ancora lo sarà d'ora innanzi, ma egli per se stesso rimarrà perfettamente libero sempre tanto nella fede, quanto nell'agire; è solo così che egli diverrà beato, poiché uno non diventa beato per il semplice fatto di essere il portatore di una Rivelazione, ma diventa beato unicamente se crede alla Rivelazione e vive in conformità ad essa.

6. Vedete, lo stesso caso si verifica anche nei riguardi di voi tutti. Voi ora, in seguito alle Mie opere, siete certo più costretti a credere che Io sono il Cristo, e che le Mie parole sono parole di Dio, di quanto lo saranno altri più tardi che riceveranno il Vangelo semplicemente dalla vostra bocca. D’altra parte però su di voi non mancheranno di venire ancora dei dubbi in abbondanza sul Mio conto, e così avrete anche occasione di rafforzarvi nella fede. Infatti quando il Pastore sarà percosso, le pecore fuggiranno e si disperderanno molto; ma al tempo opportuno Io le radunerò di nuovo e ne fortificherò la fede. Dunque nessun portatore di una qualche vera Rivelazione è giudicato per un simile motivo, poiché, in primo luogo, una tale persona proviene sempre dall'Alto, e nessuna Rivelazione può avere su di lui un effetto coercitivo particolare già per la ragione che la sua anima ha già compiuto su qualche altra Terra una prova anticipata della vita nella carne, e perciò viene a trovarsi in uno stato di molta maggiore solidità e compattezza che non un'anima appena formata con gli elementi di questa Terra. In secondo luogo poi ad una simile anima di profeta vengono addossate anche maggiori prove della fede che non ad un'anima puramente di questa Terra, che spesso è anche troppo credulona. Ad un'anima di questa Terra è sufficiente dare solo la Parola e non ha quasi bisogno di un segno. Invece le anime che sono dall'Alto hanno bisogni maggiori, perché esse stentano a credere, e quindi a loro sono necessarie delle prove più forti e più grandi per divenire colme di fede e pienamente attive grazie alla fede stessa.

7. Certamente, se Io ora Me ne andassi in Persia, in India, o ad Atene oppure anche a Roma, e là compissi dei segni come quelli che ho già compiuto da voi, nessuno si azzarderebbe mai più a fare altro se non quello che Io avessi comandato! Tali anime puramente terrene sarebbero allora evidentemente imprigionate in sommo grado, e per lunghissimo tempo non si potrebbe fare assolutamente nulla con la prova della libertà del loro volere. A voi invece i Miei segni non arrecano nessun danno, dato che non siete per niente creduloni. Infatti prima di smuovervi affinché abbiate una ferma fede, si deve avere già operato molto dinanzi ai vostri occhi, e perfino dopo voi restate pur sempre colmi di dubbi di ogni specie, e continuate a chiedere ora questo ed ora quello. Ma colui che si comporta così al Mio cospetto non ha una fede acquisita per forza, ma una fede libera, poiché esige di vedere a fondo e di comprendere quello che crede, mentre ciò che egli non vede e non comprende, neppure lo crede!

8. La prova migliore di questo è il fatto che Io devo chiarirvi e spiegarvi tutto d'un fiato quello che voi sentite da Me. Voi certo sapete chi Io sono, e ciò che vi sto insegnando potreste ben crederlo anche senza le continue spiegazioni particolari. Sennonché voi non fate così, anzi già varie volte avete dimostrato di non credere nemmeno a Me quando si tratta di qualche insegnamento talora molto misterioso, e Mi avete detto in faccia che una Dottrina di questo genere è assai dura; del resto non sono trascorsi ancora nemmeno sette giorni da quando voi tutti Mi abbandonaste, e ciò ugualmente a causa di insegnamenti che non avevate compreso!

9. Ma da questo risulta che le vostre anime sono più robuste di quelle dei figli veri e propri di questo mondo. Di uomini però come siete voi, ve ne saranno sempre su questa Terra, ed Io li desterò e, come a voi, anche a loro donerò la Parola interiore dello Spirito proveniente da Me, ed essi ammaestreranno i veri e propri figli di questa Terra; con ciò la libertà di volere di questi ultimi sarà perfettamente rispettata. Sennonché gli insegnanti non devono immaginarsi che appunto per tale loro qualità di insegnanti e di savi siano reputati superiori presso di Me rispetto ai figli di questa Terra. Presso di Me infatti saranno sempre valide quelle parole che dicono: “Lasciate che questi piccoli vengano a Me, e non glielo impedite! Chi infatti non diverrà come questi figlioletti, non entrerà nel Mio Regno, perché questo appartiene a loro e per loro è stato fatto”. Ma chi è un sapiente, e perciò insegnante, e nello stesso tempo è umile e mansueto di tutto cuore, costui pure sarà un giorno là dove sarò Io, quale vero Padre tra i Miei figli di eternità in eternità!».

10. Quando tutti i discepoli ebbero udito tali Miei insegnamenti, rimasero zitti non sapendo che cosa replicare.

 

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Cap. 178

Le due specie di uomini sulla Terra: anime dall'Alto e anime dal Basso

Gli insegnamenti e i prodigi nei loro diversi effetti

 

1. Soltanto Lazzaro si limitò a domandare: «O Signore e Maestro, sono forse io pure dall'Alto?»

2. Ed Io gli risposi: «Senza alcun dubbio, perché in caso diverso non ti saresti mantenuto così calmo e imperturbabile nell'assistere a tutti gli svariati segni da Me già compiuti dinanzi ai tuoi occhi, come se si fosse trattato di cose perfettamente naturali. Rimanesti sorpreso solo mentre l'azione era ancora in corso, ma dopo alcuni istanti la cosa ti apparve di nuovo piuttosto indifferente. Ora questo è da attribuirsi al fatto che tu, fra te e te, pensavi che è impossibile a un uomo compiere cose simili, come lo è il volare nell'aria alla maniera degli uccelli; e d’altro canto pensavi che Io sono completamente Dio, quindi è anche del tutto naturale che a Me debba essere tutto possibile, precisamente così come all'uccello è possibile volare nell'aria; e perciò non è affatto un miracolo diverso da tutte le cose da Me create. La Luna, il Sole, le stelle e questa Terra e tutto ciò che c’è, vive e si muove in essa, su di essa e sopra di essa, ebbene, tutte queste cose sono prodigi permanenti della Mia Sapienza e Potenza; ed i prodigi del tempo presente non sono altro se non delle testimonianze puramente momentanee del fatto appunto che Io sono Quello stesso che fin dall'eternità ha colmato l'infinito di innumerevoli e permanenti prodigi. Se Io dunque, quale Dio, compio dei prodigi, ciò non ha in sé niente di prodigioso, ma la cosa invece veramente prodigiosa in Me è il Mio inconcepibile Amore per voi Mie creature, e la Mia così grande Docilità e disinteressata Bontà, Dolcezza, Pazienza e vera Umiltà di fronte agli uomini, che Io con un solo alito potrei soffiare via nel più puro nulla.

3. Però fra te e te continui a dire: “Se anche un uomo potesse compiere tutto ciò, allora sì che sarebbe un prodigio, così come sarebbe prodigioso se un uomo potesse sollevarsi nell'aria e volare liberamente come un uccello”.

4. Vedi, se tu non fossi dall'Alto, non saresti capace di simili pensieri, e Io non avrei compiuto dinanzi a te prodigi come quelli che ho compiuto, e ciò al saggio scopo di proteggere la tua libera volontà! Coloro invece che sono laggiù non sono dall'Alto, ma sono di questo mondo, e quindi non posso compiere davanti a loro dei segni simili a quelli compiuti dinanzi a te ed a questi Miei discepoli. Essi possono soltanto udirne parlare, ma non vedere molto; infatti, qualora vedessero i grandi segni che Io compio e ho compiuto, questo li ucciderebbe completamente. Quindi essi debbono rosicchiare unicamente intorno alle Mie parole.

5. Però a costoro verrà certo dato ancora un segno, ma non altro che quello del profeta Giona. Infatti, come Giona dovette dimorare per tre soli giorni nel ventre del pesce e poi fu rigettato in vita sulla riva, così Io pure trascorrerò tre giorni nella tomba, e poi ne uscirò di nuovo in vita, a grandissimo spavento ed a giudizio per quelli laggiù.

6. Prendete tutti ben nota del fatto che i figli di questa Terra non si possono conquistare per il Mio Regno mediante segni, ma unicamente mediante la Parola vivente! Infatti la maggior parte dei figli di questa Terra, purché non siano già guasti in seguito ad ogni specie di falsi segni, sono creduloni e non riluttanti a comprendere; e quindi, con un discorso opportuno, possono essere conquistati presto e facilmente alla verità, mentre con segni troppo vistosi verrebbero assolutamente privati di ogni personale pensiero e volontà. Ora, Lazzaro, sai tu se sei dall'Alto o dal Basso?»

7. Rispose Lazzaro: «Sì, ormai comincio ad intravedere che io pure sono in qualche modo dall'Alto; ma come faremo poi a riconoscere chi, fra coloro con i quali avremo a che fare, sarà dall'Alto o dal Basso?»

8. Dissi Io: «Quando sarà necessario, questo vi verrà rivelato dallo spirito in voi. Tuttavia c'è anche un indizio esteriore e raramente ingannevole, in base al quale nell'uomo è presto e facilmente riconoscibile da dove egli proviene in base alla sua anima.

9. Vedete, l'anima, pur trovandosi necessariamente dentro la sua carne tenebrosa, conserva tuttavia sempre un certo sentimento di dove essa ha tratto le proprie origini, e rivolge volentieri gli orecchi e particolarmente gli occhi della carne verso quella parte da dove essa proviene dai primordi. Gli uomini che rivolgono il proprio sguardo di preferenza verso l'alto, e amano andare sulle vette dei monti e che si dilettano dei suoni che giungono loro in qualche modo dalle alture, sono certamente dall'Alto. Gli uomini invece che tengono lo sguardo per lo più rivolto verso terra, e frugano nel terreno per cercarvi ogni tipo di tesori, e soltanto raramente rivolgono gli occhi e gli orecchi verso l'alto, costoro sono anche sicuramente dal Basso. In base a questi contrassegni voi potete senz'altro riconoscere chiaramente, purché vi facciate attenzione, chi si trova davanti a voi.

10. Gli uomini provenienti dall'Alto sono solitamente dotati di facoltà inventive, e riescono in ogni specie di arti e di scienze; tuttavia tutti loro, chi più chi meno, credono difficilmente, poiché pretendono una dimostrazione precisa e chiara di tutto. Filopoldo, il greco proveniente da Cana presso Chis, non credette finché non gli ebbi mostrato il corpo solare dove egli era vissuto precedentemente in un corpo di carne, e quasi tutti i scettici sono del medesimo stampo. Dinanzi ad individui di questo genere voi potete creare dei mondi, ma ai loro occhi tutto ciò avrà quasi neanche l'effetto che potreste ottenere dicendo ad un uomo di questa Terra: “Va e fa così”, e questo difficilmente domanderà: “Ma e perché?”, dato che crederà senz'altro e farà come gli è stato richiesto, visto che è stato un savio a dirglielo; in quanto al motivo poi egli spera di apprenderlo sempre abbastanza per tempo. Invece un uomo dall'Alto vi guarderà bene negli occhi e domanderà: “E perché dovrei fare così? Senza una ragione io non faccio nulla! Spiegatevi dunque più chiaramente, e poi vedrò se c’è un valido motivo per cui dite ‘Va e fa così!’”.

11. Infatti Io vi dico che è importantissimo, quando si vuole fare il maestro, accertarsi di che spirito siano figli gli allievi con i quali si ha a che fare e con quale specie di vite vi troviate a dover coltivare nella Mia vigna, perché la stessa parola può avere le migliori ma anche le peggiori conseguenze, a seconda che essa venga presentata in modo conforme o non conforme al carattere di chi la ascolta.

12. I piccoli e deboli figli di questa Terra credono - come ho già detto - presto e facilmente a tutto quello che si dice loro di credere, ed hanno bisogno di spiegazioni solo più tardi, quando cioè la loro provvista di articoli di fede si è già fatta abbondante. Quindi, avendo a che fare con loro, è opportuno usare la massima attenzione affinché venga sempre predicata loro la purissima verità. E guai dunque a colui che volesse scandalizzare i piccoli di questa Terra esponendo loro ogni tipo di falsi insegnamenti e di falsi esempi, come già una volta Io vi ho mostrato in Galilea con una parabola piuttosto breve! Con i figli dall'Alto, invece, ci vuole la spiegazione già in anticipo, o almeno contemporaneamente all’insegnamento, altrimenti essi non accoglieranno tanto facilmente una cosa come piena verità.

13. Molto spesso voi foste testimoni di come Io abbia agito con dei greci o dei romani; fate anche voi nello stesso modo, e così potrete conquistarli per la causa con tanta maggiore facilità, in quanto avete davanti a voi Me e le Mie opere alle quali potete sempre riferirvi traendone vantaggio. In caso di bisogno, sarete pure voi in grado di operare dei segni. Siate però moderati a questo riguardo, ed operate un segno solamente quando in spirito vi sentirete incitati a fare così! Infatti un segno ottiene bensì dei buoni effetti, ma una parola vera e vivente ottiene effetti mille volte migliori, dato che con la parola non viene inflitta alcuna costrizione al cuore umano.

14. Infatti la parola illumina anzitutto l'intelligenza dell'uomo; soltanto dopo quest’ultima desta la volontà e l'amore nel cuore dell’uomo. L’amore diventa una fiamma possente. Solo allora questa fiamma illumina e vivifica la volontà nel cuore, il quale poi opera secondo i dettami della propria intelligenza, e quello che l'uomo fa in questo modo, spontaneamente e liberamente, è veramente opera sua e suo proprio merito, e solo in questa maniera l’uomo ha trovato il proprio focolare di vita.

15. Il segno, invece, abbatte per lungo tempo l'intelligenza dell’uomo, e incita soltanto l'amore e la sua volontà ad operare con lo spavento che incute. Ora tale operare è simile ad una pietra lanciata in aria, la quale essa pure si muove nell’aria finché la forza del lancio resta unita al peso della pietra stessa; ma venendo ben presto a cessare questa forza, la pietra per il suo peso ricade al suolo, morta e immobile, e vi rimane a giacere nel suo antico giudizio.

16. L'anima di un uomo convertito grazie ad un segno è perfettamente simile ad una pietra scagliata in alto, e agisce allora ciecamente per la paura del segno, ma poi, quando il segno col tempo perde in significato e forza, anche l'amore e la volontà dell'anima si infiacchiscono, particolarmente nei discendenti i quali di segni non ne hanno visti; l'anima dunque diventa del tutto pigra e considera il segno stesso o come un artificio di magia o addirittura come una menzogna ed una invenzione degli antenati. Infatti, se l'anima interroga l'intelligenza riguardo a che cosa si debba pensare del segno, questa non può darle una spiegazione per il motivo che di spiegazioni essa stessa non ne ha mai avute, e quindi logicamente comincia a ragionare nel seguente modo: “Siamo noi forse meno uomini dei nostri antenati che ricevettero ogni tipo di segni e allora poterono credere facilmente? Noi ora dovremmo credere quello che non comprendiamo, e dovrebbero fungere da motivazioni alla nostra fede i segni dei quali non abbiamo che udito parlare? No, la cosa non va affatto! Un Dio sapiente, se Egli lo è in qualche modo, non può in eterno mai pretenderlo da noi, deboli esseri umani! Dunque noi pure esigiamo dei segni, od almeno una spiegazione tale che ci dia una giusta luce riguardo a quanto dobbiamo credere e fare, e ciò allo scopo che anche noi possiamo conoscere la vera ragione! Noi esigiamo infatti quelle motivazioni alla fede che appaiono efficaci per tutti gli uomini in tutti i tempi, e non quelle che prima dobbiamo solo credere, affinché soltanto poi possiamo anche credere ciò che siamo obbligati a credere per tali motivazioni!”.

17. Vedete, così giudica l'intelligenza degli uomini, e perfino con ragione! Infatti, se la Dottrina, sia pure accompagnata da segni, non viene adeguatamente illuminata dinanzi all'intelligenza umana, essa con tutti i segni decade ben presto, e così gli uomini perdono ogni fede e ricadono nella loro antica vita, pigra e selvaggia, finché non venga un qualche mago astuto ad attirarli presto e con facilità dalla sua parte esibendo i suoi falsi segni.

18. Perciò ancora una volta Io insisto particolarmente su questo punto e dico a voi tutti: “Insegnate in maniera limpida e chiara, e siate quanto mai moderati nell'operare segni; così voi educherete dei discepoli convinti e fedeli!”. Infatti il segno è passeggero, mentre la limpida e pura Verità rimane in eterno, e a sua conferma non ha più bisogno di alcun segno perché essa stessa è il massimo segno, che viene dato dai Cieli in ogni tempo agli uomini che lo cercano.

19. Vi sono certo anche dei segni che voi potete senz'altro operare, ma allora il segno deve essere solo un genuino beneficio per persone povere e inferme, senza distinzione di stato e di fede, e non un mezzo specifico volto a provare la pura divinità della Mia Dottrina.

20. La Dottrina deve attestarsi come puramente divina mediante la sua stessa luce, anche senza ogni altro segno particolare, e deve fornire, a chiunque vi operi conformemente, la prova interiore e vivente della sua pienissima autenticità. Se osservate questo, educherete davvero per Me dei buoni discepoli dopo di voi; ma se non osserverete tutto questo con la massima precisione, allora sarete voi stessi ad aprire le porte all'Anticristo, e dovrete evidentemente voi stessi prendere la fuga».

 

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Cap. 179

L'Anticristo.

 

1. Disse Lazzaro: «O Signore, che cosa si deve intendere veramente per Anticristo?»

2. Ed Io gli risposi: «L'Anticristo sorgerà così: quando certe persone astute e fannullone vedranno che la Mia Dottrina andrà facendo sempre più proseliti e che per i Miei discepoli le cose cominceranno a volgersi sempre in meglio, allora accoglieranno esse pure tale Dottrina, e quando udranno raccontare dei segni che Io avrò compiuto e che a voi pure in certe occasioni sarà dato di compiere, allora come i maghi pagani si metteranno a fare grandi segni ricorrendo a mezzi del tutto naturali, propri alla cieca magia, alla maniera degli esseni. Questo servirà ad adescare i creduloni, e anzi si arriverà al punto che molti creduloni cadranno nella trappola giungendo a ritenere i vostri successori - quindi in modo indiretto voi - dei falsi maestri e profeti, e li perseguiteranno.

3. Fate dunque bene attenzione a non accettare da coloro che accoglieranno il Vangelo null'altro all'infuori di quanto vi è strettamente necessario per mantenervi, perché qualora le prediche ed i segni dovessero farsi fonte di abbondanti guadagni per voi, quello sarebbe il vero momento in cui essi farebbero ogni sforzo possibile per sbarazzarsi di voi. Da ciò più che in qualsiasi altra maniera si potranno distinguere i profeti veri dai falsi, cioè dalle loro opere, poiché i veri profeti andranno in giro sempre nella Mia povertà, e dalle loro comunità accetteranno soltanto quello che sarà loro necessario per vivere; i falsi profeti invece si comporteranno come oggi si comportano i farisei, anzi sotto certi punti di vista molto peggio ancora, e tutto ciò che daranno ad intendere di fare a vantaggio delle comunità nel Mio Nome, essi se lo faranno pagare a carissimo prezzo. E tutti dovranno ritenerli dei sacri servitori di Dio, e sotto minaccia di gravi pene dovranno credere che Dio esaudisce unicamente le loro preghiere e che Egli rivolge il Suo occhio assai compiaciuto soltanto alle loro offerte. E come ora laggiù sorge quest’unico Tempio per tutti gli ebrei, così gli anticristi erigeranno una quantità straordinaria di templi l'uno più sontuoso dell'altro, e là dentro essi praticheranno dinanzi agli uomini le loro magie, faranno i loro sacrifici e terranno i loro cattivi e interessati sermoni. In quanto alle preghiere, essi le faranno usando linguaggi stranieri per dare ad intendere al popolo che tale loro idioma è il più puro e quindi anche il più gradito a Dio.

4. Questo è sufficiente a ciascuno per riconoscere e distinguere un profeta falso da uno vero. Certamente essi non mancheranno di fare gran rumore e andranno vociando in ogni parte del mondo: “Qui, qui da noi venite tutti, perché il Cristo è qui; oppure è là, ma sempre dove ci troviamo noi!”. Però conviene che voi non prestiate loro fede, per quanto anche possano essere forti le loro grida e sorprendenti i loro segni, perché essi non sono, né saranno mai Miei discepoli, ma dei traviati discepoli di Belzebù dal quale dovranno pure attendersi la loro ricompensa nella palude, là dove non c'è che pianto e stridor di denti! Siate perciò bene attenti ed accorti, ed operate segni il meno possibile; restate invece fedeli alla Parola e alla sua verità che dura in eterno, così la Dottrina si manterrà pura fino alla fine del mondo! Adesso però andiamo di nuovo a casa e tu, Lazzaro, facci portare il pane e il vino, poiché ora ho sete!». Dopo di che ritornammo a casa, ed appena giunti Lazzaro ci fece immediatamente servire pane e vino in adeguata quantità; noi prendemmo allora posto alle mense e ci ristorammo.

 

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Cap. 180

Della vera benedizione e preghiera.

 

1. Durante il pasto Io parlai pochissimo, ma quando il vino, che era davvero assai buono, ebbe sciolto la lingua ai discepoli, tutta la locanda fu ben presto piena di animazione; anche l'oste, che aveva in consegna la casa e che l'amministrava per conto di Lazzaro, venne vicino a noi con tutta la sua famiglia e Mi pregò che volessi impartire anche a lui ed ai suoi la Mia benedizione, perché questa sarebbe stata come un antidoto tra i più efficaci contro la maledizione della gente del Tempio.

2. Io però gli dissi: «Amico, là dove sono Io, là c'è già la benedizione con Me, e di più non occorre affatto! Basta che tu pure viva secondo la Dottrina che Io ho dato ai Miei discepoli, e solo così perverrai alla benedizione vera e vivente che ti sarà di immenso vantaggio non soltanto per questo mondo, il quale nei riguardi di ciascuno non dura che brevissimo tempo, ma anche per la tua anima che vivrà in eterno! Una benedizione invece del genere come tu te la raffiguri, non giova proprio a nulla; vedi, anche i farisei impartiscono ogni tipo di benedizioni facendosele pagare; ma hanno esse forse giovato qualche volta a chi le ha ricevute e pagate? Oh, sì, certo esse hanno giovato, ma ai farisei, mentre il benedetto ha sempre dovuto cercare la sua consolazione ed una parvenza di pace nella propria fede.

3. Ma Io benedico davvero gli uomini solo donando loro la vera Luce della Vita, e con questa la Vita eterna, purché essi conformino le loro opere alla Mia Dottrina, mentre quella certa benedizione magica tanto in voga non serve a niente, anzi non fa che accrescere la superstizione fra gli uomini. Chi però cammina nella luce della Mia Dottrina e crede che Io sono il vero Cristo, costui può imporre nel Mio Nome le mani ad un ammalato, e questi migliorerà; ed ammesso pure che un ammalato si trovi lontano da te, se tu preghi su di lui nel Mio Nome stendendo le mani verso di lui, egli guarirà qualora ciò dovesse essere di reale vantaggio per lui; e vedi, questa è una benedizione molto migliore di quella che, secondo le tue idee, avresti voluto ottenere da Me. E adesso dimMi se sei soddisfatto così!»

4. Rispose l'oste: «O Signore, io Te ne ringrazio molto, perché ormai vedo che la verità pura è la più grande benedizione per l'uomo, mentre la menzogna e l'inganno sono la maggiore delle maledizioni per lui. Ma io vorrei sentire da Te, o Signore, se le preghiere dei sacerdoti non hanno al cospetto di Dio proprio nessun valore e se non possono giovare a nessuno neanche quando qualcuno, in perfetta buona fede, con buona e sincera intenzione e ritenendosi indegno di innalzare la sua preghiera a Dio, si rivolge ad un sacerdote e lo paga perché egli preghi Dio per lui. Com'è che si dovrebbe considerare e giudicare questa cosa in modo conforme a verità?»

5. Io allora gli risposi: «Non sta forse scritto: “Ecco, questo popolo Mi onora con le labbra, ma il suo cuore è ben lontano da Me!”? Come può dunque giovare una simile preghiera a colui che l'ha pagata? Lui, che è colui che crede, non osa rivolgere la sua preghiera a Dio, mentre il sacerdote, che è stato pagato per farlo, non prega Dio, ed è evidente che non Lo può pregare, dato che egli stesso non crede in un Dio, perché se egli avesse una tale fede, non accetterebbe denari per la sua preghiera, anzi direbbe al suo richiedente: “Ogni uomo, chiunque egli sia, anche se sulla sua coscienza gravano tanti peccati quanti fili d'erba vi sono sulla Terra e quanti granelli di sabbia dimorano nel mare, se è pentito ed umile, può innalzare a Dio la sua preghiera, e Dio la esaudirà. Il comandamento dell'amore del prossimo, però, che mi è dato da Dio, mi impone ad ogni modo il dovere di accomunare nelle mie preghiere tutti i miei fratelli e le mie sorelle; quindi va e prega tu stesso Dio il Quale solo può aiutarti ed anche ti aiuterà, mentre una preghiera pagata è un abominio agli occhi del Signore!”.

6. Vedi, così dovrebbe parlare un sacerdote credente a chi venisse da lui per chiedergli di pregare dietro pagamento; ma dato invece che il sacerdote stesso non crede in Dio, egli accetta denaro in cambio di una preghiera che - con la mente chissà dove e col cuore vuoto - va leggendo fuori da un libro e biascicando con le labbra assumendo un atteggiamento ipocritamente pio, ed è così sotto ogni aspetto un mentitore e un truffatore. Ma come può allora una simile preghiera avere un qualche valore al cospetto di Dio?

7. Io ti dico: “Anche se Dio si trovasse indotto a soccorrere nella sua miseria chi nella propria presunta indegnità non si azzardasse a innalzare la sua preghiera fino a Lui, e ciò in considerazione dell'umiltà del peccatore, in un caso come quello sopra citato Dio non gli verrebbe di certo in aiuto, perché così andrebbe man mano sempre più liberandolo dalla sua superstizione.

8. Ah certo, è diverso se tu vedi un povero che prega Dio per ottenere un aiuto di cui ha bisogno. In questo caso avvicinati a lui e soccorrilo per quanto puoi; se invece non puoi, allora aggiungi tu pure le tue preghiere alle sue in suo favore, ed Io ti dico che allora Dio esaudirà senz'altro le sue e le tue preghiere! Infatti quando due o tre Mi pregano davvero, allora le loro preghiere troveranno sempre e certamente esaudimento! Però che nessuno si rivolga a Dio per chiederGli delle cose stolte e puramente di questo mondo, poiché Egli non le esaudirà. Se però qualcuno prega che gli venga concesso quanto è veramente necessario per mantenere in vita il corpo e per fortificare la fede e l'anima, allora queste cose non gli verranno rifiutate”. Vedi, in questo modo stanno le cose rispetto alla vera preghiera conformemente a verità, che è pure una vera e giusta benedizione di Dio nel cuore dell'uomo! Comprendi tu questo?»

9. Rispose l'oste: «Oh, sì, o Signore, questa cosa è facile da comprendere, perché si tratta di una verità anche troppo lampante, mentre le preghiere magiche dei sacerdoti io non le ho mai comprese, e certamente per la semplice ragione che, essendo esse un puro inganno, non si possono comprendere mai! Oh, ma con che specie di imbroglioni ci si trova alle volte ad avere a che fare! Quanta pena si danno per istillare al popolo l'idea che le loro vuote preghiere sono gradualmente sempre più valide ed efficaci, quanto più alto è il grado del sacerdote che le biascica e quanto maggiormente è consacrato il posto dove vengono biascicate, e che la stessa preghiera borbottata dallo stesso sacerdote di rango elevato sul posto più sacro acquista forza ed efficacia sempre maggiori quanto maggiore è il peso dell'oro e dell'argento con cui viene pagata! E vedi, queste cose la gente le crede ancora fermamente! Guai a colui che cercasse di distoglierla, e qualora si tentasse di persuaderla che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non può avere nessun compiacimento in una simile preghiera, e che sarebbe oltre a tutto supremamente ingiusto da parte Sua qualora Egli prestasse ascolto solamente alle preghiere affidate alle cure dei sacerdoti dietro generosissimo compenso e respingesse invece le preghiere rivolteGli direttamente dai poveri che non hanno di che pagarle; oh, tutto ciò non otterrebbe nessun effetto presso quei ciechi e pazzi! Essi considererebbero un simile savio portatore della luce fra il popolo un bestemmiatore di Dio e un profanatore del Tempio, e lo denuncerebbero come tale al Tempio, dove egli poi si troverebbe da lì a non molto ben servito e ben concio per tutta l'eternità in un modo come meglio non si potrebbe davvero desiderare.

10. Oh, nobilissimo Amico mio e divino Maestro, per un galantuomo un po' illuminato non è più possibile vivere! In verità, questa povera locanda è molto più un vero Tempio di Dio che non laggiù quello di Salomone, perché in quello non dimora altro che la menzogna, l'inganno e un odio feroce contro l'umanità! Ormai sono circa dieci anni che non metto piede nel Tempio, e mi guarderò bene dal mettervelo anche in avvenire! E meno ancora poi potrà attirarmi là dentro una qualche festa, perché appunto in simili occasioni vi vengono perpetrati i più grossi imbrogli nella maniera più sfrontata possibile, e contro di ciò non vi è legge che mi possa tutelare. Appunto nelle occasioni di feste il contegno dei templari è più scandaloso che mai, ed agiscono come se essi stessi fossero delle divinità senza alcuna responsabilità. Dato dunque che io non posso assistere a tali eccessi senza sentirmi ribollire il sangue, preferisco tenermene il più possibile lontano! Ho ragione oppure no?»

11. Gli dissi Io: «Tu hai perfettamente ragione, perché non sta in te cambiare questo stato di cose, e perciò fai molto meglio se ti tieni lontano da un luogo dove non puoi imparare nulla di buono e di vero, e dove tu, ebreo onesto e di vecchio stampo, non puoi trovare che dei motivi per guastarti il sangue. Io però sono venuto per raddrizzare tutto quello che è storto, e per ridonare la vista e l'udito a chi è cieco e sordo. Ma ora non occupiamoci più del Tempio, dato che ormai ne conoscete anche troppo bene l'inutilità.

12. Tra poco gli ospiti di questa locanda aumenteranno di numero; si tratta precisamente di romani e greci autentici che ben presto arriveranno qui. Essi ceneranno e probabilmente anche pernotteranno qui, perché laggiù in tutta la città non è quasi più possibile trovare alloggio, quindi tu che dirigi la locanda puoi intanto prepararti un po' a riceverli».

13. Non appena l’oste ebbe percepito queste parole, si affrettò ad uscire per comunicarle ai suoi di casa; e questi si misero subito ad osservare se sarebbero arrivati degli ospiti. Ma mentre stavano guardando giù verso la porta del giardino dalla quale bisognava uscire per salire sul monte degli Ulivi, essi scorsero una comitiva di circa trenta persone che appunto entrava da quella parte, e perciò anche si diedero immediatamente da fare, ciascuno nella sua incombenza, per servire i nuovi ospiti come si conveniva. La sala nella quale ci trovavamo noi era grande a sufficienza per accogliere anche un centinaio di persone desiderose di sedere a mensa; oltre a ciò c'erano altresì varie stanze laterali molto spaziose, dove tutto era disposto in maniera eccellente per potervi riposare. Era quindi superfluo il timore di non poter offrire un alloggio conveniente agli stranieri dei quali era stato segnalato l'arrivo, e che avevano in loro compagnia anche una guida nella persona di una giovane dai facili costumi che abitava a Gerusalemme, la quale era solita intrattenere gli stranieri. Anche questa, in seguito, avremo occasione di conoscerla meglio.

 

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Cap. 181

L'arrivo dei forestieri romani alla locanda.

 

1. Non tardò naturalmente molto, ed i forestieri apparvero. L'oste ed anche Lazzaro andarono loro cortesemente incontro e diedero loro il benvenuto. Poi gli stranieri entrarono, salutarono secondo la loro usanza e noi ricambiammo il saluto. Preso posto ad una mensa, essi chiesero subito da mangiare e da bere, perché erano già parecchio affamati e assetati, dato che in città non avevano potuto trovare niente di accettabile in nessun luogo.

2. E allora l'oste disse: «Pane e vino ve ne posso servire immediatamente, ma se intendete proprio cenare, bisognerà che pazientate un po' di più!».

3. Essi furono d'accordo e ben presto venne loro offerto in quantità del pane e del vino cui fecero il massimo onore non lesinando le lodi per la squisitezza del vino e chiacchierando animatamente e allegramente. Anche la giovane cortigiana partecipava al buon umore generale e andava raccontando loro ogni tipo di storielle allegre. Dal canto nostro noi ci mantenemmo tranquilli, e i discepoli, i quali conoscevano tanto il greco quanto il romano, ascoltavano più di tutti con la massima attenzione ciò che quegli stranieri stavano dicendo.

4. Ora fra di loro c'era una persona molto ragguardevole; si trattava precisamente di un romano il quale veniva per la prima volta a Gerusalemme. Questi ad un certo punto disse agli altri: «Ascoltate! Di cose allegre e scherzose ne abbiamo dette abbastanza, è tempo dunque di ragionare un po' di qualcosa di più serio, anche perché la rispettabile compagnia che abbiamo trovato già qui entrando non pensi segretamente che noi non siamo altro che dei buffoni; dunque comincerò io a parlare più seriamente.

5. Ecco, noi tutti siamo arrivati da Roma qui, nella grande città degli ebrei, che essi denominano la città santa. Ormai per la cortesia della nostra graziosa compagna noi conosciamo anche questa locanda la quale, secondo quanto lei ci disse, non gode troppa buona fama presso la casta sacerdotale degli ebrei, ma che ciononostante già da lungo tempo in ogni altro ambiente viene reputata la migliore e la più conveniente di tutta Gerusalemme. Quello dunque che la nostra amabile guida ha asserito di bene riguardo a questa locanda, trova ora piena conferma nei fatti, perché ormai siamo noi stessi qui, e di quanto ho detto rendono la migliore testimonianza possibile il pane e il vino eccellenti, nonché la straordinaria cortesia del nostro oste. Ma proprio per questo noi dobbiamo anche mostrarci del tutto particolarmente grati alla nostra bella guida, e lo dobbiamo essere per mantenerci ligi alla nostra antica usanza romana.

6. Noi ci troviamo già da un paio di giorni in questa città, durante i quali abbiamo dovuto accontentarci ora qua, ora là del più miserevole ricovero; oggi invece piacque agli dèi concedercene uno migliore. Ad ogni modo si comprende benissimo che ieri, a forza di cercare alloggio, non abbiamo trovato il modo di andare in cerca di Colui a causa del quale noi abbiamo intrapreso il viaggio da Roma a qui; ma ecco che ormai abbiamo trovato una buona locanda, e per conseguenza, a mio parere, sarebbe già tempo che noi cominciassimo a pensare a quanto ci ha indotti a rischiare questo lungo viaggio per niente privo di pericoli. Infatti non è davvero un'inezia il viaggio da Roma fino nel paese degli ebrei! La gentile guida che ci ha condotti qui in questa locanda potrà - forse domani - darci lei stessa qualche informazione a tale proposito. Forse anche il nostro oste sarà in grado di dirci qualcosa; ovviamente bisognerà conoscerlo un po' meglio, perché questa faccenda pare sia una questione molto scabrosa per gli ebrei, e quest’ultimi, detto fra noi, sono gente quanto mai astuta.

7. Che però la nostra bella guida sia una persona perfettamente onesta e sincera, di ciò siamo senz'altro convinti; noi quindi ci rivolgeremo a lei senza fare chiasso, e non dubito che lei vorrà cortesemente darci, per quanto le sarà possibile, qualche informazione precisa, in modo che noi poi possiamo finalmente sapere se abbiamo compiuto il nostro viaggio qui per qualcosa oppure per nulla. Infatti, se nella questione c'è qualcosa di vero, noi ci fermeremo qui finché ci sarà completamente chiaro cosa ci sia di vero nella questione stessa; ma se non c’è niente di vero nella faccenda, allora non perderemo il nostro tempo e tra un paio di giorni faremo ritorno in patria.

8. Una tempesta vista da lontano appare di solito più gravida di minaccia e di pericoli che non vista da vicino, e così probabilmente sarà pure di questa nostra faccenda, perché non si può negare che sia un fatto ben strano quello che noi qui, nel paese degli ebrei, non abbiamo finora udito parlarne affatto quasi da nessuno! Noi comunque potremo intensificare un po' le nostre ricerche a questo riguardo; io dunque mi permetto di domandare a te, o gentilissima guida nostra, se tu proprio non hai udito dire niente di un profeta ebreo sorto in tempi recentissimi, del quale si dice che compia cose assolutamente prodigiose.

9. Dicci dunque francamente se e cosa hai eventualmente udito sul conto di questo profeta, e quanto c'è di vero su quello che si va raccontando di lui. Lo hai forse già visto qualche volta e gli hai parlato o hai udito parlarne da parte di altra gente degna di fede? E in questo caso cosa hai potuto apprendere? Dicci tutto quello che è a tua conoscenza a questo riguardo, e noi, come già detto, te ne saremo molto grati!».

 

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Cap. 182

Il colloquio della guida con i romani sul conto di Gesù.

 

1. Rispose allora la giovane: «Mah, o miei stimatissimi amici, temo che non potrò fornirvi in proposito informazioni soddisfacenti; io ho, piuttosto alla larga, udito dire varie cose di lui, sennonché tutto ciò che io ebbi finora occasione di sentire sul suo conto ha sapore di favola molto più ancora delle storie dei vostri dèi.

2. Ad ogni modo pare che egli sia un uomo dotato di grande sapienza e di immensa bontà, almeno così si va raccontando nei migliori ambienti; tuttavia accanto alla sapienza si dice che affiorano una quantità di miracoli di ogni specie, ai quali, naturalmente, nessuna persona ragionevole potrebbe credere neanche se fosse stata essa stessa a vederli compiere dal profeta in questione! Io stessa non credo ad una cosa simile; ma tra gli uomini è già successo che quando un uomo molto intelligente si rivela fra la grande massa degli sciocchi, li ammaestra riguardo alla loro grande stoltezza ed essi si accorgono di trovarsi di fronte ad uno che è in tutta verità un sapiente, da qui al proclamarlo addirittura un Dio non c'è che un passo! Poi basta che egli, approfittando delle sue capacità, si esibisca nella sua arte di certo basata su principi prettamente naturali, ed ecco che per la massa egli ha compiuto dei prodigi come un Dio, ed allora da tutte le parti del mondo la gente gli corre dietro! E così, penso io, sarà il caso pure di quell'uomo buono e per il resto molto intelligente il quale probabilmente è altrettanto poco profeta quanto lo è uno di noi.

3. Sembra che egli si sia fatto vedere anche qui a Gerusalemme un paio di volte e che abbia operato anche qualche prodigio, dandosi poi ad ammaestrare il popolo alla sua maniera; sennonché così facendo egli avrebbe urtato contro l’ostilità dei farisei i quali, a quanto credo, gli avrebbero severamente vietato di dedicarsi pubblicamente alla propaganda delle sue idee, e così sembra che egli metta il piede in questa città soltanto rare volte. Si dice che egli operi per lo più in Galilea; dunque è probabile che in Galilea più che non altrove sarà possibile apprendere qualcosa di preciso sul suo conto.

4. Personalmente io non l'ho ancora mai visto, né proprio ho nessun particolare desiderio di vederlo. Della sua straordinaria sapienza io sarei in grado di comprendere ben poco, d'altro canto di spettacoli di magia ne ho visti già in quantità, non esclusi quelli degli esseni i quali risuscitano addirittura i morti, che per opera loro ritornano in vita sani come pesci. E quindi io in verità non ho nessun desiderio particolare di vedere il famoso profeta e taumaturgo. Ora sono esaurite tutte le mie informazioni, e quindi sul conto di quel profeta io non potrei dirvi proprio altro, né pro, né contro.

5. Del resto, devo apertamente confessare che non ho mai avuto una particolare considerazione di nessun profeta, perché, in primo luogo, uno per uno io li ho trovati tutti noiosi e foschi come una giornata nebbiosa del tardo autunno; in secondo luogo, l'uno come l'altro è tanto incomprensibile quanto lo è il cielo stellato; e in terzo luogo poi sono tutti tenebrosi e ostili più di una notte tempestosa in Egitto. Ma in queste condizioni chi potrà farsi amico di quella gente? Ad ogni modo quello che ho detto rispecchia esclusivamente la mia opinione personale, e non intendo affatto costringere nessuno a condividerla; per conto mio non diverrò mai una profetessa, e quindi mi è del tutto indifferente quello che la gente crede, basta che sia buona ed onesta»

6. Disse allora il romano: «Ebbene, la tua naturale intelligenza casalinga in verità non è poi così male. Tu hai un sano buon senso che ci piace molto, tuttavia dietro a quel grande e nuovo profeta deve celarsi qualcosa di più di quanto hai saputo dirci tu. Che una cosa simile ti possa interessare poco o niente affatto, questo si giustifica con la tua giovane età e con la innata leggerezza femminile; a noi invece, che siamo persone di età piuttosto avanzata e cittadini della prima e più grande città del mondo finora conosciuto, i fatti di un uomo raro di questa specie ci interessano moltissimo, altrimenti non ci saremmo mai sognati di intraprendere un viaggio così lungo per venire qui. Per conseguenza non deve meravigliarti se noi ci sentiremo in dovere di attingere ancora altre e più precise informazioni sul suo conto. Però ritengo che tu, col tuo spiccio buon senso, sarai in grado di dirci se convenga o meno interpellare il nostro oste in proposito. Infatti, a quanto pare, i sacerdoti ed i segugi di Erode sono provvisti di eccellenti orecchi e di occhi degni di un'aquila; è forse da supporsi che egli non apparterrà a questa classe?»

7. Rispose la giovane: «Oh, in quanto a quello, potete dormire fra due guanciali! L’oste è muto come un pesce, e a quanto ne so io non ha mai svelato niente a nessuno; quello lì lo potete interrogare quando volete. Del resto anche gli altri ospiti, circa trenta di loro, hanno tuttavia l'aria di essere piuttosto degli amici del vero proprietario chiamato Lazzaro, il quale è egli stesso del tutto contrario al Tempio, per la qual cosa anche i sacerdoti, se possono mai, gli fanno sempre dei dispetti. Comunque sia, egli è indiscutibilmente uno dei più ricchi possidenti di tutto il paese, perciò nemmeno i sacerdoti sono in grado di nuocergli, tanto più che egli con tutte le sue proprietà sta sotto l'esclusiva tutela dei romani. Oh, voi potete parlare senz'altro tanto con l'uno che con l'altro in piena libertà, e nessuno si sognerà di tradirvi! Io poi meno che meno, dato che già laggiù vi ho dichiarato chiaro e tondo che stima io abbia del Tempio, ed altro proprio non occorre che vi dica»

8. Concluse il romano che conosceva l'idioma greco: «Ben detto, o gentile guida nostra! Ormai siamo in perfetta regola, considerato che sappiamo con chi abbiamo a che fare; tutto il resto poi andrà da sé!».

9. Frattanto i Miei discepoli si scambiavano l'un l'altro a voce bassa e con un po' di malumore le loro impressioni riguardo alla comitiva degli stranieri, e particolarmente la parlantina alquanto sciolta della ragazza dava loro un po' sui nervi. Io però feci capire loro che non dovevano esprimersi ad alta voce prima del tempo. Ed essi obbedirono a questa Mia ingiunzione.

10. Non passò molto che Lazzaro, assieme all’oste, comparve nella sala ed avvertì che ben presto sarebbe stata servita la cena. Naturalmente, per gli stranieri questa fu una notizia fra le più gradite.

11. E quando di lì a poco sulle mense venne deposto il vasellame raffinato con le vivande saporite, i forestieri rimasero molto stupiti, e dissero: «In verità, con maggior buon gusto non si è serviti nemmeno a Roma».

12. E quando poi cominciarono a gustare quei cibi, la loro meraviglia fu al culmine ed un coro di lodi s'innalzò all’indirizzo della cucina di Lazzaro. Anche la nostra mensa però era stata frattanto riccamente fornita di vivande, e noi pure cominciammo a far loro onore. Ma noi il nostro gradimento non lo manifestammo tanto ad alta voce, e ciò parve strano a quei forestieri, tanto che essi furono indotti a credere che a noi fossero state servite delle vivande di qualità inferiore.

13. Lazzaro però e l'oste che mangiavano essi pure alla nostra mensa, dissero: «Oh, amici miei, qui da me non esistono differenze: qualsiasi ospite, nobile o plebeo che sia, viene servito nello stesso modo! A tutti viene offerto di tutto cuore il meglio di quello che ho».

14. I forestieri rimasero soddisfatti della spiegazione e ripresero a mangiare ed a bere tralasciando di fare per il momento altre domande.

 

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Cap. 183

Il romano si informa presso l'oste e Lazzaro in merito all'Uomo prodigioso Gesù.

 

1. Subito dopo aver terminato l'abbondante cena, una certa vivacità cominciò a diffondersi nella sala, e dopo che il vino aveva anche infuso più coraggio agli stranieri, essi ripresero il vecchio tema del nuovo profeta, e il nostro ragguardevole romano, rivoltosi all'oste, così lo interpellò: «Mio caro oste, non volermene male se io ti chiedo qualcosa di assolutamente particolare!

2. Vedi, dalla Giudea si è diffusa fino a Roma la voce che in qualche luogo del paese degli ebrei si è rivelato un uomo straordinario, una specie di profeta, il quale predice l'avvenire, e pare che tutte le forze naturali siano interamente soggette alla sua volontà! Per molto tempo non abbiamo voluto prestare fede a tali voci; sennonché molto di recente sono giunte a Roma, da fonte assolutamente fidata, altre notizie simili, che ovviamente sono arrivate anche a me che sono uno dei primi patrizi di Roma, ed io e questi miei amici, anch'essi fra le personalità più ragguardevoli di Roma, abbiamo pensato: “Qualcosa deve pur esserci sotto, ma di che cosa si tratterà poi? Ora noi disponiamo di navi in numero più che sufficiente, e di marinai al nostro servizio ne abbiamo parecchie centinaia; dunque facciamo un viaggio fino in Asia, e precisamente fino in Giudea! Là, più che altrove, saremo in grado di sapere come stanno veramente le cose!”.

3. Ed ecco, oggi sono quattordici giorni da quando ci siamo imbarcati; abbiamo avuto un vento discretamente favorevole, ed ora siamo qui! Ma trovandoci ora qui dobbiamo constatare con nostra meraviglia che a Roma abbiamo appreso, riguardo a quanto ci interessa realmente, di più di quanto siamo riusciti ad apprendere finora qui, nel paese dove quell'uomo prodigioso dovrebbe trovarsi! Ma per quanto noi, durante il viaggio in ogni porto fino a quello di sbarco, abbiamo domandato qua e là delle informazioni in proposito, è avvenuto che gli interrogati o addirittura non sapevano niente della cosa, o tutt'al più essi si limitavano a confermare quanto noi avevamo già saputo a Roma.

4. Eppure a Gerusalemme, la capitale del paese, la gente dovrebbe per prima essere al corrente di questi avvenimenti! E per questo motivo anche noi siamo capitati precisamente qui. Ma ecco che pure qui troviamo silenzio perfetto; questa nostra gentilissima guida, che oggi abbiamo accolto in nostra compagnia unicamente perché ci facesse conoscere bene la città, ha potuto chiarirci un po' di più la questione, questione però che è talmente straordinaria che noi dalle informazioni finora avute non possiamo dichiararci per nulla soddisfatti. Appunto perciò mi rivolgo a te, e ci sarà assai gradito sentire se ti è forse possibile ragguagliarci un po' più esattamente in proposito. Dimmi dunque! C’è davvero qui in Giudea un uomo di questa specie? Cosa va facendo e predicando, ed infine qual è la vostra opinione su di lui?»

5. Allora l'oste Mi guardò come per domandarMi in certo modo se gli sarebbe stato lecito rivelare la Mia presenza. Egli però intese immediatamente in sé la chiara risposta: «Adesso, non ancora; essi Mi riconosceranno più tardi da soli»

6. Subito dopo, l'oste disse al romano: «Si, o stimatissimo amico mio, l'Uomo esiste davvero come avete sentito dire di Lui a Roma; però bisogna aggiungere che questa casta sacerdotale, dominata com'è da un egoismo senza limiti e da una sfrenata ambizione, Gli è ostile in sommo grado, come è altrettanto ostile pure a chiunque Lo conosca bene; e questa cosa basterà a spiegarti il perché, per evitare qualche grosso malanno, non ci sia consentito né parlarne a lungo, né troppo ad alta voce di Lui.

7. Io, naturalmente, non vi conosco affatto, né conosco quali intenzioni veramente vi inducano ad interessarvi tanto di Lui; vorrete quindi scusarmi se per ora sul conto Suo non posso dirvi che questo: “Egli esiste ed è precisamente così come vi è stato descritto a Roma; però dove Egli si trovi e cosa stia facendo ora, questo non mi è lecito rivelarvelo!

8. Anche questo signore che è qui, ed al quale appartiene ormai tutta la vecchia città di Betania come pure questo monte con la locanda dove ci troviamo, Lo conosce molto bene ed è a conoscenza di tutte le Sue grandi opere. Anche lui potrà testimoniare conformemente a piena verità che l'Uomo prodigioso esiste ancora ed opera; ma riguardo al dove, credo che egli pure tacerà. Noi sappiamo che tutti i nostri sacerdoti, pure spacciandosi per altrettanti dèi, non possono intraprendere assolutamente nulla contro di Lui; tuttavia vogliamo evitare ogni chiasso per venire lasciati in pace da quella razza velenosa. Di più non posso e non mi è lecito dirti»

9. Disse il romano: «Per il momento sono già soddisfatto di quanto mi hai detto; tuttavia desidererei avere da te, che sei il padrone della casa, la conferma di tali dichiarazioni! Qual è il tuo parere circa il grande uomo di cui si tratta?»

10. E Lazzaro disse: «Quello che vi ha esposto qui l'oste è perfettamente vero, e di più non posso né mi è lecito dire nemmeno io! Ad ogni modo, visto che non contate di partire ancora né domani, né dopodomani, può facilmente accadere, se le vostre intenzioni sono buone, che riusciate a conoscerLo di persona! Infatti Egli va volentieri incontro a coloro che sono onesti d'animo e veramente di buona volontà; i traditori invece Egli li detesta ma non perché recano un danno a Lui, bensì perché sono proprio malvagi in modo infame. Egli nella Sua Volontà ha una Potenza tale che Gli basta volere, ed in un attimo tutto avviene come ha voluto. Così ad esempio potrebbe volere che tutta questa nostra Terra non esistesse più, e nel medesimo istante non resterebbe più la minima traccia di essa! Anche perciò Egli non teme nessun nemico; Egli non ricambia l'inimicizia non perché abbia qualcosa da temere da un nemico, ma perché Egli stesso non mette niente così a cuore agli uomini quanto appunto l’amore reciproco. Per conseguenza i perfidi nemici dell'uomo sono un abominio al Suo cospetto, e guai a chi viene raggiunto dalla Sua giusta ira! In poche parole, Egli è davvero l'Uomo divino più sapiente, il migliore e più potente su tutta la Terra! Di più non c'è bisogno che vi dica»

11. Disse il romano: «Io sono di nuovo perfettamente soddisfatto! Che però noi tutti che ci troviamo qui siamo animati esclusivamente della migliore buona volontà verso questo “grande”, di questo puoi essere certo in maniera assoluta! I tesori portati con noi e che in gran parte abbiamo lasciati in custodia sulla nostra nave, io sarei disposto a depositarli tutti nelle tue mani quale garanzia per la bontà delle nostre intenzioni rispetto al grande uomo! Ad ogni modo puoi fidarti di noi, perché un romano autentico cammina sereno per la via maestra e rifugge invece dal praticare i viottoli nascosti. Se ci sarà dato modo di incontrarlo in qualche luogo, converrà che il nostro rispetto dinanzi a lui non si limiti alle sole parole ed ai profondi inchini, ma che venga tradotto nei fatti in tutto il senso della parola!»

12. Lazzaro rispose: «Quello che ad ogni modo dovete evitare è di presentarvi a Lui con oro, argento o pietre preziose, poiché se Egli ne volesse avere, Egli stesso convertirebbe le montagne in oro purissimo! Al Suo cospetto invece un reale valore non ce l’ha che un cuore buono e puro; colui che Gli viene incontro con questo massimo fra i tesori, costui è Suo amico, e a lui concede tutto ciò che gli è utile! Ma nessuno vada a Lui soltanto con dell'oro e dell'argento, perché queste cose Egli le detesta, per la ragione che esse rendono l'uomo molto malvagio e duro di cuore. Tutto quello che appare grande ed illustre agli occhi del mondo, ai Suoi occhi è invece un abominio. Ecco che ormai voi sapete qual è il Suo carattere; qualora vi sarà dato di incontrarLo, vedete di tenere un contegno conforme, ed Egli allora di tutto cuore vi donerà il Suo Amore, la Verità e la vita eterna!».

 

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Cap. 184

Lazzaro parla al romano del Signore.

 

1. Disse il romano: «Io sono convinto che voi non ci raccontate delle menzogne, ma la schietta verità; e perciò anche tanto più si accresce in noi la brama di conoscere personalmente quel grande uomo. Se, come indubbiamente sarà, egli è tale quale come voi due ugualmente ce lo avete descritto, non sarebbe da escludere che un giorno o l'altro si proclamasse re degli ebrei. Infatti dovrebbe evidentemente bastare la potenza della sua volontà per cacciare via noi romani dal paese, e per disporre poi le cose in modo che mai più un romano potesse mettervi piede! È da molto tempo che anche noi romani sappiamo che tutti gli ebrei sono in ansiosa attesa di un grande re, secondo le parole delle loro antiche profezie; ed infine non potrebbe precisamente, con questo grande uomo, realizzarsi la loro speranza nutrita da tanto tempo? Ma allora noi romani un bel giorno ci vedremmo costretti a sgomberare al più presto a causa della sua onnipotente volontà divina! Qual è la vostra opinione in proposito?»

2. Disse allora Lazzaro: «Oh, i romani non hanno proprio niente da temere da Lui, poiché in primo luogo è Egli stesso un grande amico dei romani, ed in secondo luogo la predizione degli antichi profeti va intesa nel senso che Egli, quale, in tutta verità, il Messia ora venuto nel mondo secondo le antiche profezie, non ha neppure lontanissimamente l'intenzione di fondare un regno terreno a questo mondo, ma un vero Regno spirituale dell'Amore e della vera Sapienza di Dio presso tutti gli uomini della Terra che accoglieranno il Suo Insegnamento su Dio, sul Suo Regno celeste e sulla vita eterna dell'anima dopo la morte del corpo, e che conformeranno la loro vita e le loro opere secondo la Sua Volontà annunciata. Vedi, questa è la Sua purissima e verissima intenzione, ma di una cacciata dei romani da questo Paese, per quanto concerne Lui, puoi star più che sicuro che non c'è nemmeno da parlare!

3. Sì certo, non posso affatto negare che sono molti ebrei ciechi nello spirito i quali credono in un futuro avvento di questa specie di regno. Essi però non credono affatto che il nostro grande Uomo sia il re sperato, e quando Egli spiega loro che appunto è Lui il Promesso, ebbene, essi non Gli credono nonostante tutti i prodigi che Egli va operando dinanzi ai loro occhi; anzi Lo incolpano di essere un bestemmiatore di Dio e Lo chiamano profanatore del Sabato, e se mai fosse possibile sarebbero essi stessi i primi a gettarsi su di Lui e ucciderLo! Quello che qui vi dico è la piena verità, e quindi non avete minimamente da temere che Egli libererà gli ebrei da voi romani, anzi un giorno accadrà perfettamente il contrario»

4. Disse il romano: «Ebbene, ma se è così, che Egli venga piuttosto a Roma, dove certo sarà portato in palma di mano e adorato come un Dio! Che ci fa un simile grande uomo, unico nel suo genere, fra gli ebrei, popolo già universalmente riconosciuto per stolto, i quali si considerano come dei figli di Dio, mentre in realtà in tutto il loro pensare, parlare ed agire sono più sciocchi di quelli degli Sciti del Settentrione?»

5. Disse Lazzaro: «Se Egli volesse questo dalla Sua Sapienza imperscrutabilmente profonda, si troverebbe a Roma già da molto tempo; chi mai avrebbe potuto sbarrare in qualche modo la via alla Sua onnipotente Volontà? Ma Egli invece sa perché dimora per lo più soltanto presso noi ebrei! Noi uomini siamo d'altro canto troppo stupidi per poterGli dire: “Signore, fa questo o fa quello!”, perché veramente Egli solo è un Signore in ogni Sapienza ed in ogni Potenza; ora, come potrebbe qualcuno darGli un consiglio?»

6. Disse il romano: «Ma se le cose stanno in questo modo, allora sarà difficile parlare e trattare con lui. Comunque stiano le cose, ad ogni modo noi gli saremo estremamente grati se egli, sia pure una volta sola, si degnerà di permettere che noi lo possiamo vedere di persona! A voi due però ci riserviamo di manifestare in maniera molto splendida la nostra gratitudine se potrete in qualche modo procurarci l'occasione di incontrarlo!»

7. Lazzaro disse: «In questo caso voi agireste con molta leggerezza! Infatti, se io e il mio oste fossimo della gente avida di guadagno, non sarebbe affatto difficile persuadere qualcuno ad assumersi, dietro un buon compenso, la parte del grande uomo e a farsi incontrare come tale da voi. E anche se voi gli domandaste se fosse proprio lui il grand'uomo dei prodigi, certo non gli verrebbe a mancare una risposta del tutto buona e vera nella forma, poiché anche a questo noi potremmo ben provvedere già in anticipo. Dunque, vedete che ciò sarebbe sempre un'imprudenza da parte vostra, e da parte nostra una cattiva azione! Io sono certo che potreste ben riconoscerLo da voi stessi senza che noi, in cambio di una manifestazione materialmente splendida di gratitudine da parte vostra, dobbiamo dirvi: “Vedete, Egli è questo, o Egli è quello!».

8. Quando il romano ebbe inteso tali parole da Lazzaro, non poté fare a meno di rendergli lode per la sua avvedutezza e per la sua rara onestà.

 

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Cap. 185

La guarigione della ragazza Maria Maddalena, posseduta, con l'intervento del Signore.

 

1. Non era però trascorso nemmeno un quarto d'ora quando la giovane che faceva da guida ai romani, e che in quanto al resto era una ragazza dai facili costumi avvicinabile da uomini lussuriosi, a causa del troppo vino bevuto fu colta improvvisamente da fortissimi crampi. Si dibatteva disperatamente emettendo grida lamentose, con la faccia sconvolta e con le membra ed i muscoli in preda a tremende convulsioni.

2. I romani inorridirono a quella vista, perché consideravano quel fenomeno uno straordinario MALUM OMEN (cattivo presagio). Ed essi esclamarono: «Guai a noi, gli dèi si sono gravemente adirati contro di noi perché siamo venuti in cerca di un Dio straniero! Ed ora cosa facciamo?»

3. Lazzaro disse: «Meglio di tutto è che non facciate niente e che restiate qui, perché questa giovane io la conosco da parecchio tempo; è da vari anni che lei soffre di questo male, e già più di una volta ha avuto degli attacchi improvvisi come questo, particolarmente dopo aver ecceduto un po' con il vino. Noi ebrei chiamiamo questo male “possessione da parte di uno o spesso anche di parecchi spiriti maligni”. Nei tempi antichi, quando fra gli ebrei c'erano ancora molte persone pie, gli spiriti maligni di questa specie potevano venire cacciati fuori dall'uomo grazie alla preghiera appunto di una persona pia. Certo però, nel tempo in cui viviamo noi, una cosa simile la si può appena immaginare! D'altro canto è più che certo che il nostro grande Uomo potrebbe ottenere questo risultato all'istante, purché lo volesse!

4. Vedete, questo è quanto di reale c'è in questo fenomeno, ma d'altro canto non c'è proprio niente! Dunque, come potrebbero i vostri dèi essere irritati contro di voi se non possono esistere in alcun luogo se non unicamente nella fantasia degli uomini, i quali non sanno nulla di un vero Dio per la ragione che non hanno sentito raccontare niente di Lui? E perché ciò? Questo è compreso nel piano, eternamente grandioso, della Sapienza di Colui che ha creato l'uomo».

5. Queste parole valsero a tranquillizzare i romani, i quali poterono rivolgere di nuovo senza timore lo sguardo alla giovane che era ancora in preda al male, e destare nei loro animi un po’ di compassione.

6. Il romano che aveva parlato per primo si avvicinò però alla nostra mensa dove noi sedevamo tutti tranquilli e, rivoltosi precisamente a Me, disse: «Oh, mio caro amico! Non c'è proprio fra voi nessuno che possa aiutare in qualche modo questa sventurata? Voi ve ne state seduti qui con tanta indifferenza, mentre questa poveretta lotta con la morte. Io certo tenterei volentieri di esserle utile se conoscessi qualche mezzo per combattere un male di questa specie; sennonché noi romani in fatto di medicina ce ne intendiamo assai poco, specialmente quando si tratta di un simile genere di malanni!»

7. Dissi Io: «Tu ti sei rivolto a Me senza sapere chi Io sia, e la tua mezza fiducia che alla nostra mensa dovesse trovarsi qualcuno capace di essere utile alla posseduta ti ha condotto proprio a Me. Ed Io ti dico che il tuo spirito ti ha guidato davvero verso la Persona che può fare questo, e che anche l'aiuterà non solo per il bene del suo corpo, ma anche della sua anima. Ed ora fate attenzione ai mezzi che Io impiegherò per liberare per sempre questa giovane dai suoi mali!»

8. Detto questo, Io Mi alzai dalla Mia sedia, Mi avvicinai alla ragazza che giaceva già del tutto irrigidita, stesi le Mie mani su di lei e minacciai i sette spiriti maligni che la straziavano.

9. Gli spiriti fuori dal suo ventre però gridavano forte: «O Gesù, Figlio di Davide, lasciaci ancora un breve tempo in questa nostra dimora!».

10. Io però li minacciai di nuovo, ed allora essi abbandonarono la giovane nel medesimo istante.

11. E la giovane si alzò ed apparve tanto serena, fresca e sana come se non avesse avuto mai alcun male. E quando Mi scorse al suo fianco, ed ebbe appreso che ero stato Io a guarirla, lei Mi guardò intensamente ed esclamò: “Ah! Questo è certo quell'uomo bellissimo per il quale già da un anno il mio cuore batte con continua passione! E proprio colui che ho amato tanto ardentemente e che ancora amo da quando l'ho visto di passaggio un'unica volta, è venuto ora a guarirmi! O amico, sarebbe stato meglio che tu mi avessi lasciata morire piuttosto che mettermi in condizione di poterti vedere ancora a tormento immenso del mio cuore, senza mai avere una speranza di essere riamata da Te! Infatti tu sei un uomo puro, ma io invece non sono che una spregevole meretrice!».

12. Detto questo, lei cadde ai Miei piedi, e inginocchiata li abbracciò e li bagnò di lacrime di amore e di pentimento.

13. Allora alcuni fra i discepoli si avvicinarono, e volevano farle abbandonare i Miei piedi osservando che una cosa simile era sconveniente!

14. Io però dissi ai Miei discepoli: «Ma cosa importa a voi se lei fa così? Non sono Io il Signore di Me stesso ed ora anche di lei? Quando ne avrò avuto troppo, le dirò Io cosa è sconveniente! Però in verità Io vi dico: “Questa giovane ha peccato molto, e tuttavia lei Mi ama più di tutti voi presi assieme, perciò molto le sarà perdonato”; ed ancora vi dico che ovunque il Mio Vangelo sarà predicato, verrà pure menzionato questo avvenimento e questa giovane».

15. Allora i discepoli si ritirarono senza obiettare più nulla.

16. Poi però Io dissi alla giovane: «Alzati adesso, poiché sei stata aiutata, ed i tuoi peccati ti sono tutti perdonati. Ma ora va’ e non peccare più affinché non ti capiti ancora qualcosa di peggio!”. Infatti quando lo spirito maligno lascia un uomo, esso attraversa steppe desolate e deserti e cerca di trovare una dimora; e se non trova niente, allora ritorna indietro. Qui trova la sua vecchia dimora ben spazzata e ripulita, tanto che lo assale una grande voglia di rientrarvi. Ma se si accorge che da solo è troppo debole a fare questo, allora egli prende con sé sette altri spiriti ancora peggiori di lui, e tutti questi entrano poi, con la violenza, nella dimora ripulita, e questo secondo stato dell'uomo è allora molto peggiore di quanto lo sia stato il primo. Dunque bada bene che a te non avvenga lo stesso! Perciò alzati, va’ e non peccare mai più!»

17. La giovane allora si alzò, incapace di esprimere il suo appassionato sentimento d'amore e di gratitudine per Me, e soltanto dopo qualche tempo si limitò a pregarMi che Io le concedessi di rimanere quella notte nella locanda dato che era già parecchio tardi.

18. Ed Io le dissi: «Io non ho parlato riferendoMi al tuo corpo, ma alla tua anima e alle sue molteplici brame terrene; col tuo corpo puoi restare dove vuoi!».

19. E la giovane, contenta della Mia decisione, riprese il suo posto a mensa, ma il suo sguardo non si distolse più un solo istante da Me.

 

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Cap. 186

I romani e la ragazza rendono onore al Signore.

 

1. Il romano però a sua volta cominciò a considerarMi più attentamente, e finì col dirMi: «O amico, perdonami se io pure, seguendo l'impulso del mio cuore, oso importunarti con una domanda molto importante! Il mio desiderio di informarmi sul conto del grande uomo di questo paese non ti sarà di certo sfuggito. Tu ora hai compiuto a vantaggio di questa giovane una guarigione che deve dirsi prodigiosa e tale quale in vita mia non ne ho visto una simile. Tu l'hai guarita solo grazie alla tua potenza di volontà! Oh, ma infine saresti forse tu stesso il grande uomo, il verissimo uomo-Dio la cui fama è giunta addirittura fino a Roma? Ma pure, ammesso che tu non lo fossi, almeno certo lo conoscerai. In questo caso vorrei pregarti di condurci da lui, e tutti i tesori che ho portato con me io sono pronto a donarteli!»

2. Ed Io gli risposi: «Visto che non hai disdegnato di sobbarcarti fatiche e spese per intraprendere assieme a questi tuoi compagni il lungo viaggio da Roma fino a qui, Io ti dico che tu già ti trovi nel vero luogo e al vero posto al quale ti proponesti di arrivare, perché Io stesso sono appunto Colui che sei venuto a cercare. Cosa chiedi dunque da Me? Perché Mi hai cercato a costo di così gravi sacrifici?»

3. Il romano, tutto lieto per questa Mia dichiarazione, disse: «Oh, amico, se tu lo sei, allora io con tutti questi miei compagni ho trovato la mia salvezza, perché io per me stesso voglio conoscere la tua dottrina e vedere la tua immensa potenza e magnificenza. Ma non vorrei importunarti di più ancora oggi, lo farò domani; questa notte invece vogliamo trascorrerla come fra buoni e vecchi amici.

4. Anzitutto però ricevi i miei ringraziamenti per la guarigione di questa giovane assai cara davvero; e voi due, padroni di questa locanda, fateci avere ancora del vino, perché noi abbiamo ora trovato la nostra suprema salvezza, e che domani tutti i poveri di questa città vengano saziati a nostre spese! FIAT. (Così sia)».

5. Lazzaro e l'oste uscirono e ritornarono poi portando ancora una giusta quantità di vino, di cui vennero subito riempite tutte le coppe.

6. E il romano, presa la sua coppa piena, così parlò: «Salute a noi, e onore, amore e grazie a Te, o grande Maestro! Se anche gli ebrei tenebrosi e stolti non Ti riconoscono, tanto meglio e più profondamente Ti riconosceremo noi romani!».

7. Detto questo, egli vuotò completamente la coppa, esprimendosi poi in termini di lode per la squisitezza del vino; tutti gli altri lo imitarono, ad eccezione della giovane, perché essa temeva di ricadere nel suo vecchio stato.

8. Ma il romano le disse: «Ascolta, o graziosa fanciulla! Presso di noi, romani, è in voga un antico proverbio il quale dice: “In presenza del medico nulla può nuocere!”. Ora però abbiamo qui fra noi un Medico che è il primissimo fra tutti i medici, per conseguenza tu pure puoi vuotare una coppa in Suo onore!»

9. Allora la giovane disse: «Se io sapessi di poter renderGli un giusto onore bevendo del vino, vorrei vuotare tutti gli otri dell'intera Palestina, e poi morire per Lui; ma invece so che bevendo del vino non contribuisco minimamente ad accrescere la Sua Gloria. Dato che Egli viene incessantemente glorificato al massimo grado da tutte le potenze dei Cieli e della natura di questa Terra, accanto a questa suprema glorificazione la mia si riduce a nulla, e perciò io non berrò il vino; tuttavia per amor Suo ed anche vostro, o cara gente romana, io berrò comunque il vino. Valga dunque questa coppa ricolma a significare: “Il mio cuore a Lui solo, e la mia stima a voi tutti!”»

10. E dopo aver pronunciato queste belle parole, lei vuotò la sua coppa, si alzò dal suo posto, venne vicino a Me e disse: «O grande Maestro, concedi ad un'indegnissima giovane di toccare e di baciare il lembo della Tua veste affinché il mio cuore ne abbia un qualche sollievo»

11. Così dicendo si inginocchiò, e dopo aver preso il lembo della Mia veste, lo baciò ripetutamente bagnandolo delle sue lacrime, e pareva non potesse staccarsene.

12. Alcuni fra i discepoli allora cominciarono a mormorare e dissero: «Ma, o Signore, allontanala da Te; non vedi che sta sciupando la Tua veste buona?»

13. Dissi Io: «Ma che importa ciò a voi! Se sta bene a Me, perché non deve star bene a voi? Lei fu una peccatrice, ma ora fa vera penitenza, e perciò Mi è più cara di molti giusti che non hanno bisogno di penitenza.

14. Vedete, c'era una volta un uomo che possedeva cento pecore ed avvenne che, nel grande pascolo dove le pecore stavano brucando, una di esse si smarrì fra i cespugli. Quando fu sera, egli contò le sue pecore, e alla fine si accorse che gliene mancava una. Egli allora non rimase a pensarci su a lungo, ma lasciò le novantanove pecore ed andò in fretta a cercare quella che si era smarrita. E quando l'ebbe trovata dopo lunghe e zelanti ricerche, se la caricò tutto contento sulle spalle e la portò a casa. Quando si trovò vicino alle altre novantanove, egli provò maggiore gioia per quella che era stata felicemente ritrovata che non per le novantanove che non si erano mai smarrite.

15. E vedete, lo stesso accadrà pure in Cielo, dove ci sarà più letizia per un peccatore che fa veramente penitenza che per novantanove giusti che non hanno mai avuto bisogno di penitenza.

16. Così pure ci fu una volta una donna, la quale del denaro che possedeva aveva perduto un grosso (antica moneta). Il suo dolore fu grande per il soldo perduto, e presa subito una lampada, l'accese e si mise a cercarlo così a lungo finché l'ebbe ritrovato. Ma una volta rientrata in possesso del suo soldo, invitò i vicini ad un banchetto, affinché potessero essi pure partecipare alla sua grande gioia.

17. Vedete, ugualmente così vi sarà grande letizia in Cielo per un peccatore pentito il quale si sarà lasciato ritrovare mediante una giusta penitenza; perché gli angeli di Dio, che contemplano continuamente il Suo volto, seguono sempre con la massima attenzione l'attività degli uomini e gioiscono immensamente quando vedono che qualcuno, di propria libera volontà, desiste dal peccato e si rivolge in tutto il suo operare a Dio.

18. E così anche ora la Mia gioia è molto grande per questa peccatrice che si è allontanata per sempre dai suoi peccati; e anche lei gioisce molto perché ha trovato la sua salvezza vera e perfetta. Dunque non toglietele la sua gioia!».

19. Allora i discepoli, un po' gelosi, non dissero più nulla, vuotarono le loro coppe e se le fecero riempire immediatamente.

 

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Cap. 187

Sull’effetto del vino.

 

1. Io però dissi a loro: «Miei cari amici e fratelli, il vino bevuto con moderazione costituisce un vero ristoro e irrobustisce e mantiene sane le membra del corpo; nel caso in cui se ne abusi, esso desta gli spiriti cattivi della carne e stordisce i sensi! Gli spiriti maligni poi a loro volta destano le brame della carne, brame che si chiamano lussuria e libidine, per effetto delle quali poi tutta l'anima diviene per lungo tempo impura, priva di coraggio, litigiosa, pigra e spesso come assolutamente morta. Mantenete dunque una giusta misura anche nel bere, così avrete pace nella vostra carne»

2. Disse Pietro: «Signore, siamo posseduti anche noi, considerato che hai parlato di spiriti cattivi che dimorano nella nostra carne?»

3. Dissi Io: «Certamente, perché la carne e il sangue di ciascun uomo sono ricolmi di spiriti naturali e cattivi, i quali si possono definire così per il fatto che sono sottoposti a giudizio, e se non fossero sottoposti a giudizio, non sarebbero nemmeno vostra carne e sangue. Quando però il corpo vi verrà tolto, esso ben presto si dissolverà, e i suoi spiriti verranno poi avviati ad una destinazione più libera.

4. Ma non soltanto nella vostra carne, ma pure in tutti gli elementi ci sono degli spiriti simili, i quali di certo sono ben lungi dal poter venire chiamati buoni. Tuttavia per colui che è divenuto puro per mezzo Mio, tutto è puro e buono grazie alla destinazione che ogni cosa custodisce in sé e che le è stata assegnata da Dio.

5. Vedete, la pietra, che giace come completamente morta sul terreno, è in verità soltanto apparentemente morta; se voi la offendete percuotendola o sfregandola con violenza, vi farà immediatamente notare, mediante uno sprizzare di scintille, che essa è composta esclusivamente di spiriti giudicati! E se voi la esponete ad un intenso calore, essa si rammollirà e comincerà a diventare fluida, poiché, se così non fosse, come potrebbe l'uomo preparare il vetro a cui egli attribuisce così tanto valore?

6. Dunque, di spiriti naturali maligni ed impuri ce ne sono dappertutto, come nei corpi, nell'acqua e nell'aria; e il fuoco terreno non rappresenta altro che una redenzione degli spiriti divenuti già più maturi, i quali poi vengono nuovamente avviati verso una destinazione superiore.

7. Ad ogni modo pero c’è un divario assai grande fra quegli spiriti maligni dai quali l'uomo viene spesso posseduto e gli spiriti naturali ancora immaturi che costituiscono tutta la Terra in tutte le sue parti e in tutti i suoi elementi; sennonché tra gli uni e gli altri sussiste pur sempre una certa affinità e dei rapporti reciproci, in quanto in un uomo, il quale non eccita eccessivamente in qualche modo gli spiriti naturali del proprio corpo, questo non può venire posseduto con tanta facilità dai veri spiriti maligni delle anime umane.

8. Ma appunto perciò Io vi esorto a guardarvi anche da ogni passionalità eccessiva, poiché essa è in sé una conseguenza del destarsi degli spiriti di varia specie che sono nella carne e nel sangue. Una volta che si siano destati eccessivamente, ad essi si associano ben presto le anime ancora impure di uomini defunti, le quali tanto di frequente si trattengono in questa regione inferiore della Terra. Se si verifica questo, allora un simile uomo è realmente posseduto. Comprendete ora voi questa cosa?»

9. Ed i discepoli risposero: «Sì, o Signore! Noi la comprendiamo, perché riguardo a cose di questa specie già varie volte Tu ci hai dato delle spiegazioni, tuttavia mai in maniera tanto esplicita e chiara quanto appunto ora, e noi anzi dobbiamo ringraziarTene molto; intanto per questa notte noi non berremo altro vino»

10. Io dissi: «Fate così, poiché in questo modo vi farete del bene per domani, perché un corpo che non si dà agli eccessi è la custodia di un'anima sana, ed un'anima sana è il migliore dei medici per un corpo malato!».

 

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Cap. 188

Il valore del pensiero e della fede illuminata.

 

1. Disse allora il romano: «Ascolta, o grande Maestro, anche se io non potessi assistere ad alcun prodigio e mi limitassi ad ascoltare il Tuo discorso, dovrei tuttavia arguire che in Te deve dimorare molta parte di un qualche Spirito veramente divino, perché senza il concorso di un tale Spirito non c'è uomo che possa parlare così saggiamente! Ricordo un nostro antico proverbio che suona: “SINE AFFLATU DIVINO NON EXSISTIT VIR MAGNUS!” (Senza soffio divino non esiste un grande uomo!) e che io trovo applicabile a Te, perché senza alcun dubbio il Supremo fra gli dèi ha alitato su di Te più che su chiunque altro! Ma data una sapienza tanto straordinaria, è ben comprensibile che pure la volontà debba essere straordinariamente potente, poiché essa vede e sa con assoluta chiarezza ciò che vuole, e quali sono i mezzi necessari ed atti al compimento di ciò che vuole. Uno stolto non potrà mai, durante tutto il corso della sua vita, produrre qualcosa di grande e di prodigioso, ma lo potrà invece colui alla cui mente si presentano con perfetta chiarezza tanto l’opera che si propone di compiere, quanto i mezzi che sono necessari al compimento.

2. Chi è sapiente nella parola, lo sarà altrettanto nelle opere; invece le opere di colui che nel parlare rivela imbarazzo o addirittura stoltezza, non potranno mai di sicuro suscitare meraviglia fra gli uomini. Anche se talvolta una gallina cieca riesce a beccare qualche grano d'orzo, non perciò essa diventa un simbolo della sapienza come la civetta, la quale anche di notte vede benissimo dove si trova la sua preda.

3. Quegli uomini i quali hanno innalzato le costruzioni prodigiose note in tutto il mondo, hanno certamente prima predisposto un progetto nel quale era previsto già anticipatamente come avrebbe dovuto venire costruita l'opera monumentale e quale aspetto avrebbe avuto dopo essere stata ultimata. L'architetto dunque di una simile costruzione meravigliosa - come ad esempio sono le piramidi egiziane, che hanno sfidato già parecchi millenni e probabilmente chissà quanti altri ne sfideranno ancora - non è certo stato una gallina cieca, ma una civetta dalla vista acuta anche di notte, altrimenti non gli sarebbe stato possibile attuare una costruzione così colossale e meravigliosa. Sono quindi dell'opinione che soltanto la sapienza immensamente grande di un uomo ispirato da un Dio possente è capace di produrre dinanzi agli occhi degli altri uomini deboli delle cose prodigiose, e ciò per il motivo che essa, più di qualsiasi altra cosa, è la maestra e la rafforzatrice della sua volontà, ed è l'unica rintracciatrice dei mezzi più adatti con i quali essa attua sempre quello che ha progettato di fare, raggiungendo, inevitabilmente e senza impedimenti, con l'opera compiuta anche lo scopo che si è prefissata.

4. Tu dunque, o grande e sapientissimo Maestro, non hai più per conto mio affatto bisogno di fornire mediante qualche segno prodigioso la prova che tutto deve essere così come Tu vuoi nella Tua grande Sapienza, perché la prova inoppugnabilissima di questo io ce l'ho già nella Tua Sapienza incomprensibilmente grande e nella Fermezza sovrumana della Tua Parola. Ho io, da buon romano, ragione oppure no?»

5. Io dissi: «Guardate un po' questo pagano e confrontatelo con gli ebrei i quali vanno dicendo che Dio è il loro Padre. Tutti i grandi segni da Me operati tanto spesso e in svariati modi dinanzi ai loro occhi ed ai loro orecchi non sono stati sufficienti a destare una fede in loro, e questo pagano invece Mi riconosce già alla sola Parola! Ma perciò anche Io dico a voi laggiù, ebrei della grande città: “La Luce dei Cieli vi sarà tolta e sarà data invece ai pagani!”.

6. Ma per te, Mio caro Agricola, Io voglio nonostante ciò operare un prodigio, appunto perché Mi credi anche senza vedere prodigi; infatti la guarigione di questa giovane, che ora Io stesso ho quanto mai cara, è una cosa troppo meschina per dei pensatori della tua portata; non a caso qualcuno dei tuoi compagni ha già pensato in segreto: “Vedi, l'uomo è troppo accorto! Egli per guarire la giovane ha atteso precisamente fino a quando ebbe la sicura percezione che lei si sarebbe riavuta da sé! Venuto poi il momento buono, di certo facilmente riconoscibile ad uno che sia medico, solo allora si intromise, e lei si riebbe come certo si sarebbe riavuta anche se egli non l’avesse chiamata!”. Vedi, così hanno pensato i tuoi compagni nel segreto dei loro cuori, portati essi pure a scrutare le cose fino in fondo, ed in parte anche tu stesso hai pensato così!

7. Tuttavia a causa di ciò Io non faccio rimproveri a nessuno, dato che ho sempre preferito chi pensa liberamente a colui per il quale è la stessa cosa sia che gli si presenti un alfa oppure un omega, poiché chi non pensa, non comprende né impara mai nulla; e che gli si offra dell'oro o del piombo, alla fine per lui è la stessa cosa. Il pensatore invece non compera mai a scatola chiusa. Perciò anche dopo la guarigione di questa cara giovane tu, fra te e te, dicesti: “Bisogna convenire che il segno non può non apparire ai nostri occhi come perfettamente riuscito; ad ogni modo è bene che io prima lo senta parlare, e solo dopo si vedrà se egli, in base alla sua sapienza, può sul serio avere in sé la capacità di compiere simili opere esclusivamente per mezzo della sua volontà!”. Ma quando Mi sentisti parlare, allora il dubbio svanì da te, dato che le Mie parole si fecero di fronte a te ed anche ai tuoi compagni sicure garanti per la verità piena del segno e per il vero e proprio scopo della Mia presenza su questo mondo.

8. Ma poiché voi - tu ed i tuoi compagni - avete creduto esclusivamente alla Parola e non al segno, Io intendo compiere ora anche un segno veramente grande dinanzi ai vostri occhi.

9. Vedete, dove Io sono, non sono in realtà mai solo, ma ho con Me delle schiere innumerevoli di possenti e luminosi spiriti angelici provenienti da tutti i cieli pronte a servirMi! Infatti, quando un re o imperatore che sia di questa Terra intraprende in qualche luogo un grande viaggio per ragioni di governo, egli certo non viaggia mai solo, ma secondo la sua volontà con lui viaggia anche un seguito molto forte e numeroso. Ebbene, se ciò accade per un re o imperatore, tanto più questo si verifica con Me che, quale l'unico Signore dell'Infinità dall'eternità, pure per un motivo nuovo e grande di governo dei mondi e degli spiriti ho ora intrapreso per un limitato tempo terreno un viaggio di importanza infinita appunto su questa Terra nella carne di questi uomini, un viaggio senza il quale nessun uomo di questa Terra avrebbe mai potuto pervenire a una vera vita eterna!

10. Dunque, poiché Io pure, quale un monarca potentissimo, ho intrapreso questo viaggio sulla Terra per ragioni supreme della vita, potete immaginare voi stessi che, assieme a Me, sono venute qui pure moltissime legioni di angeli che sono al Mio servizio, i quali sono sempre intorno a Me pronti ad un Mio cenno per dare esecuzione ai Miei ordini su tutte le stelle.

11. Certo, con gli occhi di carne voi adesso non potete ancora né vederli, né percepire la loro presenza; ma quando Io per un breve tempo aprirò la vostra vista interiore, allora voi senz'altro li potrete vedere e udire, e potrete perfino parlare con loro e chiedere l'una e l'altra cosa. Anzitutto però è necessario che rivolgiate alla vostra libera volontà la domanda molto importante se voi desiderate sul serio vedere questi componenti del Mio seguito e se vi interessa anche parlare con loro, perché presso di Me nessuno viene mai costretto a fare qualcosa!».

12. A queste parole i romani rimasero per qualche istante come sbalorditi, poiché questa Mia dichiarazione era apparsa loro evidentemente un po' troppo forte.

13. Tuttavia Agricola, che si era ripreso per primo, disse agli altri: «Sapete che facciamo? Acconsentiamo a farci mostrare questa storia, e vedremo e giudicheremo cosa vale! Confesso che alcune altre cose ancora in Lui mi hanno molto colpito! Chi Gli ha detto come mi chiamo? Per una certa misura di prudenza io qui non ho rivelato ancora a nessuno il mio nome; come può dunque Egli esserne a conoscenza? Ma ancora più singolare! Chi ha mai potuto rivelarGli i nostri pensieri? Eppure Egli ci ha fornito la prova di conoscerli fino al minimo particolare! Ma insomma, questa non è davvero una cosa da nulla! E adesso in aggiunta ci ha raccontato che Egli qui non è solo, ma che ha con Lui delle schiere innumerevoli di spiriti potenti! O amici miei, ma se è così, allora è chiaro che Egli non può essere che un perfettissimo Dio OPTIMA FORMA (nella forma migliore); in questo caso noi avremmo la fortuna che non si è mai avuta fino ad ora di trovarci di fronte al vero Giove in forma corporea! Decidiamoci dunque tutti, ed acconsentiamo a vedere e a udire quello che Egli poco fa ci ha proposto di mostrarci e di farci udire, purché noi lo avessimo voluto. Ebbene, noi ora lo vogliamo, e così Lo pregheremo di farci vedere i Suoi potenti compagni di viaggio, se ciò Gli è possibile!»

14. Tutti allora, non esclusi i Miei primi discepoli, furono completamente d’accordo di assistere alla scena promessa loro.

15. Agricola ritornò vicino a Me e disse: «O grande Maestro, se una tale cosa Ti è possibile, mostraci allora i Tuoi innumerevoli e potentissimi accompagnatori, per noi invisibili in condizioni normali, così da vedere di che esseri si tratta; perciò Ti preghiamo di farci vedere tutto secondo la Tua promessa di poco fa!»

16. Io dissi: «Così sarà fatto immediatamente; vi consiglio però di prepararvi bene, poiché quello a cui assisterete - seppure mitigato dalla Mia Volontà - sarà tale da suscitare in voi un'emozione immensa, nonostante siate dei valorosi romani»

17. Disse il romano: «O Maestro, la nostra massima è questa: “SI TOTUS ILLABATUR ORBIS, IMPAVIDUM FERIENT RUINAE!” (Vada pure tutto il mondo in pezzi, le macerie sosterranno comunque il coraggioso). O Maestro, chi non ha paura della morte, non teme nemmeno gli spiriti buoni, né meno ancora quelli cattivi, la cui potenza, in fondo, non dovrebbe essere proprio tanto grande! Noi siamo già perfettamente pronti ad assistere a qualsiasi cosa, fosse pure la più straordinaria, e Tu puoi dare senz'altro inizio alla Tua opera. Noi tutti ne siamo in attesa con grande ansia!»

18. Io dissi: «Ebbene, alzatevi e venite fuori con Me, all'aperto! Là, per un'ora, vi sarà dato di contemplare la Gloria di Dio, il Padre, il Quale ha mandato Me, cioè in questo corpo, a questo mondo per la salvezza del genere umano!».

19. Quando Io ebbi finito di dire ciò, tutti si alzarono dal loro posto, e uscirono fuori con Me, all'aperto.

 

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Cap. 189

Uno sguardo alle meraviglie del mondo degli angeli per mezzo della seconda vista.

La differenza tra angeli e uomini.

 

1. Dunque quando noi, in tutto circa settanta persone, ci trovammo in buon ordine all'aperto, Io pronunciai sull'intera comitiva la parola: “Epheta!” vale a dire: “Apriti!”.

2. A tutti allora fu aperta la seconda vista, e immediatamente scorsero a perdita d'occhio delle schiere di luminosi spiriti angelici, parecchi dei quali scesero giù verso i romani, e parlarono con loro.

3. Il fatto stupì i romani, e Agricola, rivoltosi a Me, esclamò: «Signore e Maestro, tutto ha l'aspetto del nostro mitico olimpo! E poi, queste innumerevoli schiere! A chi potrebbe apparire una cosa simile, anche solo in un nitidissimo sogno! Dimmi se questa è realtà, o è forse solo un prodotto della nostra fantasia eccitata in noi dalla Tua forza di Volontà, fantasia che ora si estrinseca per così dire plasticamente dinanzi a noi! Questi esseri si presentano assolutamente come fossero provvisti di un corpo, particolarmente quelli che vagano in mezzo a noi sul suolo terrestre! Come si deve intendere questa cosa?»

4. Io dissi: «Vedi, proprio vicino a te c'è adesso un angelo; interrogalo, ed egli ti risponderà»

5. Allora Agricola si rivolse all'angelo e gli domandò: «O essere stranissimo, fammi udire la tua voce! Sei tu una realtà, oppure non sei che un parto della mia fantasia un po’ troppo eccitata? Ma se davvero sei un essere, dammene una prova valida affinché io possa definitivamente credere!»

6. L’angelo disse con voce chiara: «Noi tutti siamo di gran lunga più realtà di voi, esseri umani, perché i vostri corpi non sono affatto una realtà, poiché essi non sono quello che sembrano essere. Essi hanno sì una forma umana che, provvista di membra, si muove secondo la volontà dell'anima; quando però questa forma svanisce, essa trapassa subito nuovamente in innumerevoli altre forme. Soltanto la pura Verità[30] è una realtà assoluta; tutto il resto in voi, esseri umani ancora terreni, è apparenza ed un necessario inganno dei sensi. Infatti finché un uomo, per amore del suo corpo, lavora per accumulare dei tesori del mondo, la sua anima vive nell'inganno più grande, a causa dell'inganno del suo corpo, perché chi chiama vita la vita del corpo, e la reputa come tale, la sua anima è da considerarsi morta finché essa non si accorge in sé che la vita del corpo materiale è la morte effettiva.

7. Noi invece siamo assolutamente realtà, perché noi non abbiamo un corpo soggetto a trasformazioni, ma siamo noi stessi energia vitale assoluta, che non può mai essere trasformata, né tanto meno in qualche modo distrutta. Tutto quello che a voi, come uomini di carne, vi si presenta davanti, può distruggere o trasformare il vostro corpo. Per esempio se una pietra ti cade sul capo, essa ti uccide; se tu cadi nell'acqua o dentro il fuoco, la tua morte è sicura; insomma, nei riguardi del tuo corpo puoi trovare la morte sicura in ciascun elemento. Invece rispetto a noi questo non può mai essere il caso in eterno, per la ragione che noi siamo in via assoluta la potenza vitale stessa fuori da Dio. Noi compenetriamo tutto, né alcun elemento materiale può mai agire da nemico contro di noi, anzi siamo noi che abbiamo la potenza e la forza invincibili di annientare in un solo istante tutti gli elementi materiali, però viceversa anche quella di formare un mondo dagli elementi. Noi dominiamo tutto, mentre nessuno invece può mai dominare noi, se non unicamente noi stessi, dato che siamo un'espressione perfettissima della Volontà divina.

8. Ma affinché tu, da romano abituato a pensare, possa convincerti meglio di questa cosa, solleva quella pietra che vedi là e scagliala con tutta la forza di cui disponi contro il mio capo, e vedrai che io non ne avrò alcun danno! Ma se io invece facessi così verso di te, tu perderesti, per quanto concerne il corpo, immediatamente la vita. Prova dunque a fare come ti ho detto, e persuaditi da te stesso che è così e non altrimenti!»

9. Il romano allora si prestò all'esperimento, scagliò la pietra, ma questa attraversò la figura dell'angelo e ricadde a terra, mentre l'angelo rimase incolume davanti al romano.

10. Però poi l'angelo sollevò nuovamente la pietra e disse: «Se ora volessi imitarti invertendo le parti, giaceresti da qui ad un istante a terra col capo schiacciato; ma ben s'intende che io non farò affatto così, anzi farò qualcos’altro. Osserva un po' questa pietra che è molto dura! Prendila ancora una volta in mano e prova a ridurla in pezzi!».

11. Il romano prese la pietra e mise in opera tutta la sua forza fisica per vincerne la durezza e la compattezza enorme; ma a nulla giovò il battervi su, né lo scagliarla violentemente sul suolo assai duro: la pietra, salvo qualche scalfittura, rimase perfettamente intatta.

12. Poi l'angelo prese la medesima pietra dalla mano del romano e gli disse: «Ecco qui sempre la medesima pietra da te scagliata prima attraverso la mia persona, e che ora hai tentato di spezzare! Tu puoi vedere adesso che io posso, appunto come te, tenerla in mano, anzi in verità molto più solidamente di quanto l'abbia tenuta tu prima. Prova a togliermela di mano, e ti convincerai di quanta forza io disponga».

13. Il romano volle provare impiegando tutta la sua forza, però, non solo non fu capace a togliere la pietra fuor di mano all'angelo, ma non fu capace nemmeno di smuovere la mano dell'angelo quanto è largo un capello né a sinistra, né a destra, come neppure all'insù, né all'ingiù.

14. E l'angelo allora disse: «Vedi, qui di certo ci deve essere qualcosa di più che non esclusivamente la tua fantasia eccitata!»

15. Disse il romano: «Certo, o amico mio, chiunque o qualunque cosa tu possa essere! Se sognassi, non vedrei di sicuro la città che si estende giù da qui, e non udrei giungere fin qui il vocio del popolo, né vedrei accanto a me tutti i miei compagni, né questo albergo qui in tutta la sua materiale realtà! Infatti, già molte volte io ho avuto dei sogni vividi, durante i quali vedevo dei paesaggi veramente esistenti sulla Terra; però essi non avevano mai perfettamente l'aspetto che hanno in realtà; soltanto quando mi sognavo di uno o dell'altro dei miei amici, questi sì che mi apparivano, almeno per quanto riguarda le fattezze e il linguaggio, tali quali esistevano, parlavano ed agivano nel modo naturale. Qui invece non si tratta affatto di un caso simile, perché qui io vedo tutto il naturale perfettamente così com'è, ma accanto a ciò vedo pure voi, esseri non naturali, e per conseguenza devo considerarvi come delle realtà effettive e non sognate! Ma adesso cosa vuoi fare di questa pietra?»

16. Disse l'angelo: «Lo vedrai subito! Ecco, tu prima provasti a ridurre in pezzi questa pietra, ma essa ti oppose una resistenza quanto mai ostinata. Ebbene, ora ti mostrerò come la mia mano è capace di frantumare completamente la pietra in un attimo solo! Vedi, la pietra è ancora intatta, e vedi invece adesso come essa è ridotta in varie centinaia di pezzetti! E guardali ora: dove sono andati a finire? Ecco, di questi non esiste più nulla! Io li ho del tutto dissolti nelle loro sostanze primordiali!

17. Ma se io, da spirito che sono, posso farlo con la massima facilità, non è forse la mia esistenza puramente spirituale incomparabilmente più perfetta di quella di tutti gli uomini dotati di un corpo su questa piccola Terra? Dunque persuaditi che soltanto la nostra esistenza è un’esistenza vera, mentre la vostra terrena è vera solamente in quanto essa è un'esistenza e una vita conforme alla Volontà del Signore, il Quale ora con infinita Grazia vive tra voi e vi insegna a vivere veramente, e Lui solo è il Tutto nel tutto dall'eternità, Lui voi dovete ascoltare per poi vivere ed operare secondo la Sua Parola!».

 

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Cap. 190

La differenza del compito vitale degli angeli e degli uomini.

 

1. Disse il romano: «Certo, certo, questa cosa la vedo ormai benissimo, ma poiché voi, spiriti possenti, esistete, e poiché la vostra esistenza è evidentemente più reale della nostra attuale, allora perché non vi fate vedere più di frequente per il nostro insegnamento e per la nostra consolazione? Noi ora vi abbiamo visto, e quando racconteremo questi avvenimenti ai nostri simili, siamo sicuri che alcuni ci crederanno; molti altri invece rideranno dei nostri racconti e ci reputeranno dei visionari e dei semi-pazzi! Non sarebbe dunque bene se l'uno o l'altro di voi apparisse e rendesse così testimonianza certo validissima della verità delle nostre asserzioni?»

2. Disse l'angelo: «Noi eseguiamo sempre nella maniera più scrupolosa ed esatta la Volontà del Signore; solo quello che Egli vuole è bene, e così noi facciamo quello che Egli vuole!

3. Se ciò fosse necessario per il bene degli uomini di questa Terra in stato di formazione e per la salvezza delle loro anime, allora noi ci ritroveremmo costantemente visibili fra gli uomini; ma siccome questo non è il caso, allora noi dobbiamo invece soltanto guidarli non visti, affinché non venga imposta nessuna costrizione alla loro libera volontà. Infatti nessuno può sussistere al cospetto di Dio se prima non abbia sostenuto nella propria carne la prova della libertà della vita per un tempo equamente determinato, e come del tutto isolato da noi. Ciò corrisponde all'Amore, alla Sapienza e alla Volontà del Signore, e così dunque tutto deve anche accadere, sussistere ed essere; e se qualcosa accade, sussiste ed è in maniera non conforme a ciò, è come se fosse un nulla assoluto! Se però voi uomini d'ora innanzi vivrete e agirete così come vuole il Signore, voi pure, dopo aver deposto la vostra carne, diverrete e sarete quello che ora siamo noi, poiché noi pure una volta, su un qualche corpo mondiale, eravamo quello che ora voi siete qui.

4. Tuttavia anche l’uomo più infimo di questa Terra già nella culla è molto più di noi, nonostante tutta la nostra grandezza, sapienza e potenza, perché i veri figli di questa Terra sono dei figli del puro Amore eterno di Dio, e la suprema sapienza e potenza devono svilupparsi in loro in perfetta libertà fuori del loro amore per Dio, il loro verissimo Padre. Noi invece, come creature, siamo sorte fuori dalla Sua Sapienza, e perciò anche noi dobbiamo creare in noi stessi l'amore per Dio fuori dalla nostra grande sapienza; il che comporta delle difficoltà quasi inconcepibilmente maggiori che non trovare in sé la suprema sapienza e potenza fuori dall'amore per Dio.

5. Ma dato che voi, uomini di questa Terra, siete sorti appunto fuori dal puro amore in Dio, e quindi siete voi stessi l'amore in Dio, a noi, esseri della sapienza, non è minimamente lecito turbarvi nel vostro libero sviluppo fuori dal vostro amore originario di Dio nel vostro essere, e tu, o fratello terreno, comprenderai adesso un po' più chiaramente perché noi, angeli di Dio, non possiamo starvi intorno in maniera visibile! A noi è lecito soltanto destare in voi, lievissimamente ed in modo del tutto inosservato, la sapienza e la potenza sonnecchianti nel vostro amore per Dio, però non dobbiamo assolutamente instillarvi nemmeno la benché minima scintilla della nostra vera e propria sapienza, perché così facendo non desteremmo affatto la vostra sapienza, anzi non faremmo che opprimerla.

6. E non avviene del resto altrettanto anche presso di voi, uomini della Terra? Infatti, che cosa avverrebbe di un bambino qualora voi, dopo averlo tolto dalle braccia della balia, lo mandaste dritto dritto ad una scuola superiore dove dei maestri dotati di grande sapienza stessero esponendo ai loro discepoli già ben preparati le dottrine ed i principi di scienze e di arti misteriose perfettamente incomprensibili ai comuni esseri umani? Un simile bambino sarebbe infine capace di ripetere a memoria le parole dei suoi maestri, ma non potrebbe comprenderne affatto il significato e il senso profondissimo. Lasciate dunque che i piccoli vengano prima educati dalla balia, e che da questa vengano guidati nei campi del primo pensiero infantile per mezzo di ogni tipo di giochi; poi di anno in anno essi diverranno sempre più maturi ed atti a ricevere un’istruzione superiore.

7. E vedi, come voi fate con i vostri fanciullini, così ugualmente facciamo anche noi angeli con voi uomini, e così dobbiamo fare precisamente per la ragione che voi, uomini di questa Terra, siete del Signore.

8. Se voi foste nati su quel mondo dove un giorno siamo vissuti noi nella carne, avreste portato con voi già tutta la sapienza necessaria, e non avreste bisogno quasi di nessun’altra istruzione all'infuori di quella occorrente a trovare l'amore per Dio nella luce della vostra grande sapienza.

9. Considerate un po' gli animali della vostra Terra nel loro complesso! Essi pure sono creature della Sapienza di Dio; perciò non hanno bisogno di nessuna istruzione per mezzo della quale siano obbligati a imparare faticosamente prima quello che sono chiamati a compiere secondo la loro capacità e natura, mentre tutto ciò lo hanno con sé già quando nascono, e quindi sono nella loro specie, già al momento della nascita, degli artisti perfetti. Chi ha mai insegnato la botanica all'ape, e chi è stato a indicarle dove il miele è nascosto dentro i calici dei fiori e dove è la cera? Quale architetto le ha insegnato a costruire la sua cella e quale chimico a preparare nel proprio stomaco il miele profumato con la dolce rugiada dei fiori? Dove ha imparato il ragno a preparare il suo filo ed a tessere con questo la sua meravigliosa rete? Vedete, tutte queste cose gli animali già le possiedono fuori dalla Sapienza di Dio, della quale sono i prodotti! Ma dato che per il momento essi non sono che questo, quello che hanno, l'hanno già in grado supremamente perfetto; considerato però che ad essi manca quasi completamente l'amore e la sua libera volontà, non possono imparare molto di più in aggiunta.

10. Ci sono però anche degli animali nel cui essere si trovano già in certo modo frammisti dei sintomi di un amore superiore; e vedi, gli animali di questa specie sono perciò anche già atti a venire ammaestrati dall'uomo in qualche singolo campo e possono quindi venire istruiti ad eseguire un qualche lavoro! E quanto maggiore amore si manifesta in certi animali, come ad esempio nel cane o in vari uccelli, e tanta maggiore capacità anche hanno simili animali ad essere educati meglio a compiere varie incombenze.

11. Ora, negli uomini di altri corpi mondiali questo si verifica al massimo grado, perché essi nascono nei rispettivi mondi già ben provvisti di tutte le capacità possibili, e quindi non hanno più niente da imparare frequentando qualche scuola. Ma poi quando l'amore si va in loro gradatamente sviluppando unicamente quale un prodotto della loro sapienza, essi tuttavia hanno delle scuole nelle quali viene insegnato come dalla pura sapienza si possa pervenire anche al libero amore e ad una libera volontà! E quando dopo molte fatiche si è arrivati fino a questo punto, solo allora si è atti ad avvicinarsi a Dio e così pure ai Suoi figli di questa Terra.

12. Tu dunque, sulla base di quanto ti ho detto adesso, dovresti vedere di nuovo un po' più chiaro il perché voi, veri uomini di questa Terra, durante il vostro sviluppo nella sapienza non dovete rimanere in nessun modo in costante comunicazione visibile e sensibile con noi. Detto più in breve, il compito della vostra vita è quello di cercare e sviluppare la sapienza fuori dall'amore, mentre il nostro compito fu quello di cercare e sviluppare l'amore di Dio fuori dalla sapienza.

13. La grande differenza che non si potrà mai descrivere consiste soltanto nel fatto che voi, uomini di questa Terra, potete divenire simili a Dio; noi invece mai, a meno che non vogliamo noi stessi assumere ancora una volta un corpo di carne, però su questa Terra, cosa questa che davvero finora non ci alletta eccessivamente, dato che noi tutti siamo già più che contenti del nostro stato attuale, e rinunciamo quindi del tutto volentieri ad una sorte migliore.

14. La sorte di chi può divenire un perfetto figlio di Dio, cosa per la quale in verità si esige molto, è certissimamente beata in grado infinito; noi però siamo pure pienamente soddisfatti anche della nostra sorte, e non ci occorre niente di più elevato!

15. Fra queste schiere di angeli che ti saranno visibili ancora per breve tempo si trovano già alcuni veri figli di Dio; tuttavia voi, che venite ammaestrati e guidati dall'Altissimo dalle eternità in Persona, siete in condizioni indicibilmente migliori! Infatti non è affatto la stessa cosa essere un figlio di famiglia o soltanto un servitore di questa; infatti ai figli appartiene tutto quello che appartiene al grande Padre, mentre i servitori non hanno che quello che il Signore vuole dare a loro. Comprendi tu queste cose, mio caro Agricola?»

16. A queste parole il nostro Agricola divenne quasi muto per lo stupore, non sapendo davvero cosa replicare; l'angelo infatti aveva usato un linguaggio troppo categorico per lui, al quale egli, naturalmente, non avrebbe potuto obiettare nulla. Contemporaneamente poi al romano, persona del resto perfettamente onesta, mancava qualsiasi cognizione ulteriore del puramente spirituale per mezzo della quale potersi intrattenere più a lungo con lo spirito angelico.

17. Perciò egli ritornò a Me e disse: «O impareggiabile Signore e Maestro! È proprio evidente che qui non si tratta di un sogno, e quello spirito, od altro che mai possa essere, ha sviluppato delle idee in mia presenza, delle quali in verità nessuno ha mai avuto sentore nemmeno in sogno! Ma cosa deve pensarne un uomo del nostro stampo? La cosa più bella però è che egli asserisce di essere anche lui vissuto un giorno in un corpo di carne su un altro corpo mondiale. Io però mi domando dove, all'infuori di questa Terra, ci può essere ancora un altro corpo mondiale! Né io, né una quantità innumerevole di altra gente abbiamo udito dire qualcosa a tale proposito. Che nuovi ragionamenti sono dunque questi?»

18. Io dissi: «Non ti inquietare, amico Mio! Ritorna da lui, ed egli ti mostrerà anche gli altri corpi mondiali dei quali ce ne sono in numero sterminato nell'infinità dello spazio! Io posso assicurarti che quello spirito non ti ha detto nemmeno uno iota che non sia vero; ma ora va là ed informati meglio presso di lui riguardo a ciò che costituisce per te motivo di dubbio, e vedrai che egli ti mostrerà e ti spiegherà ogni cosa in una maniera del tutto pratica!».

 

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Cap. 191

Della seconda e della terza vista.

 

1. Il romano Mi ringraziò molto per il consiglio, poi ritornò dall'angelo e gli disse: «Mio caro spirito angelico, io mi sento davvero molto obbligato verso di te per tutte le tue parole di luce che mi hai fatto udire; sennonché noi, cittadini di questa Terra, che dovremmo essere o diventare dei figli di Dio, non possiamo assolutamente abituarci alla vostra sapienza ultraterrena! Che cosa ne sappiamo noi di altri mondi ancora che dovrebbero esistere nell'infinità dello spazio se non conosciamo neanche questa nostra Terra in maniera sufficientemente adeguata? Abbi dunque la bontà di fornirmi qualche prova sicura delle tue asserzioni, altrimenti non farai davvero una troppo grande impressione su di noi nonostante tutta la tua sapienza!»

2. Rispose lo spirito angelico: «Quello che mi chiedi è molto; tuttavia ora io devo concedertelo perché è il Signore a volere così. La tua vista ti è per il momento aperta quel tanto che occorre perché con gli occhi dell'anima tu possa vedere noi, spiriti puri, ma anche questo ti è possibile soltanto per il motivo che noi ci siamo temporaneamente provvisti, in un certo modo, di un corpo sostanziale traendolo fuori dalla vostra sfera vitale esteriore.

3. Se noi ci trovassimo proprio quali spiriti puri tra di voi, non potreste vederci malgrado la vostra seconda vista momentanea. Quando però un giorno vi troverete nella sfera della visione spirituale pura, ciò che voi potreste denominare la terza vista o vista interiorissima dello spirito, allora sì che potrai vederci anche nella nostra condizione di spiriti esclusivamente puri. Ma appunto questa terza vista è necessaria affinché tu, come noi, possa vedere tutti gli altri corpi mondiali, i quali per rispondenza si trovano in minimissime proporzioni anche in te, però dalla tua anima non possono venire percepiti prima che essa non sia divenuta una cosa sola con lo spirito che proviene da Dio.

4. Ora, per concessione del Signore, noi siamo anche in grado di mettervi per breve tempo in condizioni tali da poter, con lo spirito completamente desto, venire fatti passare nella terza visione e quindi nella visione purissima e suprema.

5. Anzitutto vi porrò fra la Luna e questa Terra, affinché possiate osservare come la Terra altro non sia che una grande sfera del tutto simile alla Luna e al Sole, quali li potete vedere con i vostri occhi materiali. Subito dopo io vi trasferirò proprio sul corpo lunare, sul Sole e, in seguito, anche su vari altri soli e pianeti. Siete soddisfatti della mia proposta?»

6. Disse il romano: «Oh, certamente, ma la cosa non richiederà forse un tempo troppo lungo? Infatti, se quelle stelle sono altrettanti mondi più grandi di questa Terra, esse devono trovarsi evidentemente ad enorme distanza dalla Terra dato che ci appaiono così piccole, ed allora si comprende da sé che anche un viaggio spirituale fin là, per quanto rapido, non può durare proprio un tempo assai breve»

7. L'angelo disse: «Per lo spirito puro non esiste né spazio, né tempo. Il vicino e il lontano, ad una distanza anche infinita da qui, sono la stessa cosa; e quindi “ora” ed “eoni di anni fa” sono pure lo stesso. Ma perciò in uno stato puramente spirituale voi in un solo istante potete vedere ed apprendere di più di quanto nella vostra carne potreste apprendere, in maniera vaga soltanto e per via dell'insegnamento orale, impiegandovi varie migliaia di anni. Naturalmente, a questo scopo il tempo della vita concesso all'uomo su questa vostra Terra sarebbe immensamente troppo breve, cosa questa però che è di grande vantaggio per la ragione che poi, alla nostra scuola, l'anima impara ed apprende, in un momento ed in maniera più pura e vera, molto di più di quanto essa possa imparare su questa Terra anche potendovi vivere per una serie lunghissima di anni. Infatti, quando l'anima si sia resa indipendente, anche solo in modo relativo, nel proprio corpo, ad essa riesce di grande vantaggio per la vita se la carne greve e dolorante le viene tolta, e se viene poi accolta in nostra compagnia dove fruisce in maniera completamente vivente dei veri insegnamenti della vita.

8. Ma ora fate tutti attenzione, perché io vi renderò subito liberi nel vostro spirito il quale è la vera Vita d'Amore da Dio, a causa del Quale appunto voi siete dei veri figli di Dio, oppure potete diventarlo di certo qualora conformiate la vostra vita alla Volontà di Dio così come questa vi viene rivelata in modo così dettagliato! Così dunque sia! Siate liberi e contemplate ora la Creazione eterna di Dio a voi affine!».

9. Dopo questa esclamazione dell'angelo, tutti furono per Mia Volontà immersi, per quanto concerne il corpo, in un sonno, tuttavia potevano parlare con le loro bocche, anche se in loro i sensi del corpo non funzionavano assolutamente più.

 

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Cap. 192

Una visita nell'Universo.

 

1. Tutti erano stesi a terra; soltanto Agricola era seduto su una panca, e ben presto cominciò così a parlare: «Ecco, la grande sfera qui sotto è la Terra, e lassù c'è una sfera più piccola, la Luna, mentre laggiù, più al disotto della Terra, abbiamo evidentemente il Sole! Oh, che spettacolo meraviglioso! E lo spazio, all'apparenza vuoto, è invece colmo di esseri della mia specie! Alcuni scendono librandosi fin sulla Terra, ed altri invece se ne allontanano! Oh, ma ecco che siamo già sulla Luna! Essa ha molta somiglianza con la nostra Terra, però tutto qui appare così deserto e abbandonato! Davvero, non mi piacerebbe affatto viverci, del resto sembra che nemmeno i suoi abitanti siano eccessivamente soddisfatti, perché tutti hanno una faccia molto afflitta e le loro persone appaiono molto deperite!»

2. Osservò allora l'angelo: «Queste non sono che delle anime terrestri le quali sono qui raccolte per venire in certo modo disabituate dalla loro eccessiva brama del mondo, per rendersi poi atte a ricevere un'educazione spirituale superiore. Vedi, qui, dalla parte opposta di questo satellite, le cose hanno già un aspetto migliore e più naturale. E qui anche ci sono i veri abitanti della Luna».

3. Il romano rimase soddisfatto della spiegazione e continuò le sue osservazioni fra esclamazioni di meraviglia.

4. Da qui si passò al Sole.

5. E quando Agricola si trovò vicino all'astro del giorno, disse all'angelo: «Amico, questo mondo è troppo grande per me! Sento che proprio vado perdendomi e riducendomi ad un nulla assoluto; portami dunque su qualche mondo più piccolo»

6. E l'angelo disse: «Ma amico mio, questo non sta in mio potere, perché devo mantenermi ligio alla Volontà del Signore! Quando ci troveremo sul suolo di questo mondo luminoso, vedrai che tutto ci apparirà meno opprimente. Dunque nessuna esitazione, e andiamo!»

7. Nello stesso istante essi si trovarono sul più bel punto della cintura mediana del Sole; ma la magnificenza immensa di quel luogo era tale che il romano si sentì quasi smarrire; quando poi poté vedere alcuni abitanti di quel mondo, parve che non gli fosse più possibile di staccarsi dal posto e non finiva più di ammirare quelle inconsuete splendide bellezze. Anzi pregò addirittura l'angelo che gli venisse concesso di condurre con sé sulla piccola Terra una fanciulla di quell'immenso mondo solare, affinché tutti gli uomini terrestri potessero convincersi che pure il Sole è un mondo sul quale abitano uomini molto più belli e migliori di loro»

8. L'angelo però rispose: «Sì, amico mio, questa è di nuovo una cosa che non va! Del resto, anche se la potessi portare sulla Terra, per lei sarebbe impossibile continuare a vivere, perché l'atmosfera terrestre per lei sarebbe la stessa cosa di quello che per l'uomo di carne è l'acqua della Terra. Da ciò dunque puoi rilevare che gli uomini degli altri mondi sono costituiti in maniera tale da non poter sussistere che sul mondo loro assegnato. Ma adesso proseguiamo la nostra perlustrazione!»

9. Dopo il Sole vennero visitati ancora i pianeti ed alcuni soli fra i più vicini; su quest’ultimi il romano si trovava sempre più a suo agio e andava continuamente rammaricandosi per non essere stato anch'egli destinato ad abitare su un qualche mondo splendente di quella specie, tanto grandioso ed incomparabilmente bello.

10. E l'angelo allora gli osservò: «Sì, amico mio, devo dirti che precisamente su questo mondo della luce, dove ora ci troviamo, tu sei vissuto come anima in un corpo per il tempo di quattromila anni terrestri! E vedi, questa qui è ancora la tua bellissima dimora, e le persone che vi escono e vi entrano erano, per quanto concerne il corpo, tuoi parenti stretti.

11. Quando però tu apprendesti, per bocca di un sapiente che andava peregrinando su questo Sole, che esisteva un mondo sul quale chi vi fosse stato trasferito avrebbe potuto prima o poi diventare completamente un grande figlio del grande Dio, a condizione che avesse preso la decisione di venire separato nell'anima da questo mondo solare allo scopo di sottoporsi ad una prova della libertà della vita d'amore entrando ancora una volta in un corpo di carne parecchio più greve e senza conservare temporaneamente alcun ricordo di questo mondo splendidissimo, poiché la vita là non aveva quale fondamento la sapienza veggente ma, particolarmente all’inizio, unicamente l’amore assolutamente cieco[31], tu ti dichiarasti soddisfatto di questo. Ora vedi, tu allora fosti immediatamente tramutato, e la tua anima, divenuta libera, venne subito generata entro un corpo materno di quel mondo, e ciò nella città più splendida della Terra di Dio, affinché durante certi sogni vividi tu non venissi colto da una qualche brama segreta di fare ritorno qui.

12. Ecco dunque come già una volta tu fosti su un mondo bellissimo, ciò che nel tuo spirito ora riconosci molto bene, come pure altrettanto bene ti ricordi di tutto quello che circa cinquant'anni terrestri fa hai fatto e intrapreso qui! Adesso però, affinché non si desti eccessivamente in te la brama di rimanere nuovamente qui, faremo subito ritorno sulla nostra Terra di Dio».

13. Nello stesso istante tutti - cioè tutti i romani - vennero fatti retrocedere dalla terza alla seconda vista di prima, e quindi si trovarono nuovamente desti; essi però conservarono l'esatto ricordo di tutto ciò che avevano visto nonché percepito fedelmente e chiaramente.

14. Quando tutti si furono risollevati da terra, il romano disse: «Io ho visto questo e quest’altro! Avete voi pure visto e percepito le stesse cose?»

15. Allora ciascuno della loro compagnia espose in poche parole quello che anch'egli aveva visto e percepito.

16. E Agricola poi disse: «Adesso credo io pure che le cose devono essere così come le ho viste, percepite e apprese, dato che voi tutti avete percepito e visto assolutamente lo stesso. Dunque quegli astri non sono che altrettanti soli e mondi, la maggior parte dei quali hanno dimensioni enormemente più grandi di questa Terra e sono molto più belli in rapporto a questa. E tutto ciò dovrebbe essere stato lo Spirito di questo meraviglioso Ebreo a crearlo?»

17. Disse l’angelo: «Certo, mio fratello terreno, tutto questo ed ancora un numero infinito di cose infinitamente più grandi e prodigiose! Ed Egli, il sublime ed eterno Spirito, ha ora, quale Egli pure Uomo della Terra, operato questo segno affinché voi pure Lo riconosciate veramente vivendo conformemente alla Sua Parola e affinché poi diventiate ultrabeati quali Suoi figli beatissimi. E adesso presentatevi a Lui e ringraziateLo dal profondo del cuore per il fatto che Egli vi ha rivelato tante cose e così grandi, e per il fatto che vi ha mostrato che Egli soltanto è il Signore di ogni cosa e di ogni vita».

18. Dopo di che tutti fecero anche come aveva detto l'angelo, ed Io poi tolsi loro la seconda vista riconducendoli allo stato normale, in maniera che le schiere degli angeli divennero nuovamente invisibili.

19. Ed Io domandai loro se fosse piaciuto il segno da Me operato!

20. Dissero tutti: «Immensamente!».

21. Però tutti pure manifestarono il desiderio di andare a riposare, e dissero che solo il giorno seguente sarebbero stati in grado di ragionare a mente più serena di quanto avevano visto e udito. Dunque così noi ci ritirammo in casa per dedicarci al riposo.

 

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Cap. 193

La rispondenza spirituale delle parti del giorno.

È bene che chi serve l'altare viva dell'altare.

 

1. Il mattino seguente ci trovammo all'aperto già al sorgere del Sole. La giornata si annunciava quanto mai serena e il Sole apparve sull'orizzonte in tutta la sua gloria.

2. Io ed i Miei discepoli stavamo ammirando il bello spettacolo naturale, e Giovanni d’un tratto Mi disse: «O Signore, io non so veramente come mai un mattino così bello fa sempre su di me un'impressione tanto deliziosa, e che molto sublimamente solleva il mio cuore, mentre il Sole di mezzogiorno mi lascia indifferente, e quando poi si avvicina al tramonto mi sento più serio ed oppresso!»

3. Ed Io gli risposi: «Questa cosa ha origine da un sentimento della vita migliore e più giusto nell'uomo. Il mattino è simile alla serena e innocente giovinezza dell'uomo, e perciò anch’esso predispone a perfetta letizia giovanile l'animo di chiunque provi un sentimento puro e giusto.

4. Il mezzogiorno somiglia invece all'uomo adulto che deve guadagnarsi il pane col sudore della propria fronte, quindi esso non può suscitare più dei sentimenti tanto delicati quanto il mattino, perché nell'età adulta della serietà cessa la giovanile poesia della vita e, al posto di questa, subentra quella certa serietà della vita densa di preoccupazioni; ma ciò in un animo che sente giustamente non suscita davvero un'impressione lieta, ma suscita in certo modo un’impressione seria, dalla quale il cuore non trae mai una sensazione proprio di particolare gioia, malgrado anche la serietà sia necessaria per ottenere la vita eterna.

5. Finalmente viene la sera, quale simbolo della morte terrena e del trapassare di tutte le cose; questa giustamente, su un animo dotato di naturale e giusta sensibilità, non può fare che un'impressione di tristezza, quantunque essa sia altrettanto necessaria quanto il mattino e il mezzogiorno. Infatti, se per l'uomo non ci fosse una sera della vita, non potrebbe sorgere per lui mai nemmeno il mattino della vita, né questo potrebbe farsi eterna verità.

6. Vedi, semplicemente qui va ricercata la ragione del tuo sentimento giustissimo, che però non è uguale in tutti gli individui! Infatti fra gli uomini ve ne sono alcuni che preferiscono molto di più la sera del mattino, anzi ce ne sono addirittura certi ai quali il mattino fa un'impressione quanto mai spiacevole; si trovano invece meglio al mezzogiorno e perfettamente bene alla sera, in particolare poi di notte. Sennonché gli individui che sentono in questo modo appartengono per lo più alla specie dei pervertiti, ed è difficile indurli a pensare a qualcosa di migliore e ricondurli sulla via della giusta fede e del giusto sentimento, perché essi a questo mondo si sono provvisti con tutta diligenza soltanto dei tesori che la ruggine intacca e che le tignole divorano. E coloro che si sono posti su questo punto è difficile situarli su di un altro.

7. Ma perciò Io dico a voi tutti: “Non ammassate mai simili tesori del mondo che vengono intaccati dalla ruggine e divorati facilmente dalle tignole! Non curatevi dunque del giorno che deve venire, e non vi assilli il pensiero di quello che mangerete domani e di come vi vestirete! È già abbastanza che ciascun giorno porti il suo affanno! Il Padre nel Cielo sa con tutta precisione ciò di cui avete bisogno. Considerate un po' i passeri sul tetto, ed i fiori nei campi! Essi non seminano né raccolgono niente! Eppure il Padre nel Cielo li provvede abbondantemente di tutto. Non hanno i passeri la loro veste e il loro cibo? Ed i fiori sul prato non sono adorni più splendidamente di quanto lo sia mai stato Salomone in tutta la sua magnificenza? Ma non è forse vero che voi siete molto di più dei passeri dei quali se ne può avere una dozzina per uno spicciolo, e che siete molto di più dell'erba del prato che oggi ancora è in fiore e domani viene tagliata, messa a seccare e poi, quale troppo magra pastura per gli animali, viene gettata nel forno e bruciata? Ma se voi siete a conoscenza di ciò per averlo appreso dalla Mia bocca, comportatevi anche così e fate così, ed allora, quali Miei discepoli eletti, avrete facilità nell'adempimento della vostra mansione!

8. Non è forse vero che Mosè - quando stabilì che alla tribù di Levi, incaricata dei servizi del sacerdozio, doveva venire corrisposta la decima - disse: “È bene che chi serve l'altare, viva dell'altare!”. Ma ora Io vi dico la stessa cosa pure impiegando delle parole differenti. E quello che ho detto ora, l'ho detto soltanto a voi e per voi; ma non intendo affatto aver dato con ciò il comandamento che nessuno debba più coltivare un campo, né mai più piantare e curare una vite nella propria vigna; ma questo vale soltanto per voi che siete i lavoratori scelti per la Mia vigna spirituale, poiché agli altri Io invece dico: “Chi non lavora non ha neppure diritto di mangiare! Ma a chi cerca il Mio Regno e la sua Giustizia, a costui come a voi sarà dato in aggiunta tutto il resto come un libero dono”».

9. Allora Giovanni, in particolare, Mi ringraziò per tale insegnamento e Mi domandò se avrebbe dovuto prendere nota per iscritto anche di questo insegnamento.

10. Ma Io dissi: «Certamente, però solo per voi e per i vostri successori, poiché, se ciò dovesse valere per tutti gli uomini, la Terra assumerebbe ben presto un aspetto molto desolato».

 

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Cap. 194

Il Signore descrive i trenta romani.

 

1. (Il Signore:) «Ora però i nostri romani si sono alzati essi pure, e tra poco verranno qui fuori; ma non occorre che vi affanniate riguardo a loro, perché quello che occorre lo sbrigherò Io. Da pagani che sono, sono tuttavia della buona gente; ad ogni modo però sono sempre dei pagani, e perciò il loro sonno è ancora profondo. Voi ben presto avrete occasione di sincerarvi quanto poco essi, a mente del tutto serena, oggi daranno importanza a tutto quello che hanno sentito e visto ieri; alla loro memoria quell'avvenimento è perfettamente presente, tuttavia per loro è come se il tutto non fosse stato altro che un vividissimo sogno! Perciò vi raccomando di non interpellarli in proposito, né di ricordare loro la cosa!

2. La giovane da Me guarita è già partita stamani all'alba, non senza prima avere incaricato l'oste, già desto prima di lei, di portarMi il suo saluto ardentissimo d’amore, e per di più con l'assicurazione che in avvenire lei non peccherà mai più! Ed Io vi dico che lei certo manterrà la parola data. Dunque, ciò che ora per il momento vi ho detto a proposito dei romani, osservatelo il meglio che potete, perché non tarderete molto a convincervi da voi stessi che solo Io ho ragione sempre e in eterno!».

3. I discepoli non potevano fare a meno di meravigliarsi del fatto che quei trenta romani, i quali la sera prima erano apparsi come dei Miei ferventissimi fautori, potessero la mattina seguente considerare tutto quello che avevano visto e udito come un semplice sogno vivido!

4. Io dissi: «Non vi meravigliate troppo, perché questa gente già ieri, laggiù in città, aveva bevuto un po' troppo di quel vino buono, e poi qui hanno continuato bevendone certo almeno sette volte di più di quanto abbiamo bevuto noi tutti assieme; per conseguenza hanno passato il tempo più sognando che rimanendo desti, perché chi è brillo sogna ad occhi aperti. E così avviene che tutto ciò a cui hanno assistito questa notte tanto più appare ai loro occhi come un vivido sogno; ma la cosa più strana è che essi ora si stanno raccontando reciprocamente il sogno avuto e ciascuno trova il racconto del compagno perfettamente uguale al suo. È naturale che essi non riescano a vederci chiaro, e ne attribuiscano la colpa al vino che forse, pensano, è stato stregato per virtù di qualche magia; non si ricordano nemmeno più della giovane che ieri ha fatto loro da guida.

5. Ma appunto perché si trovavano in un simile stato di ebbrezza Io ho compiuto per loro un segno tanto straordinario. Infatti se fossero stati in pieno possesso delle loro facoltà, essi Mi avrebbero considerato come un Dio e Tale Mi avrebbero proclamato pubblicamente; così è stato bene, e per la libertà del proprio animo è sempre meglio che esso assista ad un prodigio come sognando che non trovandosi in uno stato di piena vigilanza e nel pieno possesso delle proprie facoltà. Ora questo fu appunto ieri il caso anche di questi romani. Ben presto vedrete quale strana piega prenderà la cosa».

6. Avevo appena terminato questa Mia esposizione ai discepoli, quando Lazzaro e l'oste vennero fuori a raggiungerci, e l'oste anzitutto Mi porse il saluto caloroso della giovane che era già partita.

7. E Lazzaro Mi disse: «Ma, o Signore, succede davvero una cosa quanto mai strana con i nostri romani, e specialmente con Agricola che la notte scorsa si mostrò tanto loquace! Proprio quello che parlava più di tutti è oggi invece il più taciturno, e tutti quanti ritengono che il prodigio straordinario da Te compiuto la scorsa notte sia semplicemente un susseguirsi di sogni da loro avuti; naturalmente la cosa più strana della faccenda consiste nel fatto che tutti ovviamente raccontano esattamente il medesimo sogno! Una parte della comitiva sostiene che il fenomeno è da ascriversi al vino certamente stregato; Agricola invece sostiene che il sogno va attribuito al fatto che la loro fantasia aveva lavorato eccessivamente riguardo alla persona del famoso Ebreo, e questo lavorio aveva creato in loro contemporaneamente, senza che essi ne fossero coscienti, tutte quelle immagini che durante la notte li avevano tenuti tanto occupati. Ma c'è ancora qualcosa di più strano, e cioè che essi davvero non sanno come abbiano fatto a venire quassù in questa locanda! Io ho spiegato ad Agricola che essi sono arrivati qui guidati da una ragazza, quando la sera era discretamente inoltrata! Ma ora non riescono più a ricordarsene! Oh, in verità, quello che succede con questi uomini lo comprenda chi può, perché io non ci capisco proprio niente, per me sono troppo contorti!»

8. Io dissi: «Non preoccupatevi affatto per questo, perché è anzi un bene che sia così. Se questi uomini ieri fossero stati nel pieno possesso delle loro facoltà, Io non avrei potuto rivelarMi tanto apertamente dinanzi a loro; dato invece che nel loro accentuato stato di ebbrezza essi più che essere desti sognavano, le cose si sono svolte ad ogni modo benissimo. Tuttavia fa bene attenzione a non rivelarMi! Se essi vorranno interpellare di nuovo qualcuno di voi in merito al famoso Ebreo, dite loro che Egli nella mattinata di oggi sarà presente nel Tempio allo scopo di ammaestrare il popolo! Poi essi stessi non avranno altro pensiero che di andare essi stessi al Tempio per vederMi e udirMi. Solo dopo essi saranno più maturi per apprendere qualcosa di più preciso riguardo alla visione avuta da loro in quello che essi presumono sia stato un sogno»

9. Lazzaro allora disse: «Va benissimo! Ma, o Signore, la colazione è ormai pronta; non vorresti approfittarne con i Tuoi discepoli prima di andartene al Tempio?»

10. Io dissi: «Oh, sicuramente; tuttavia falla preparare in un'altra stanza, affinché noi non veniamo a trovarci troppo apertamente in compagnia con i romani! Ben presto più di uno di loro verrà fuori e chiederà ogni tipo di informazioni. I Miei discepoli però hanno già ricevuto istruzioni riguardo a come dovranno comportarsi; dal canto Mio Me la sbrigherò molto facilmente con loro. Frattanto disponi perché la nostra colazione venga servita in un'altra stanza, poi noi ci verremo immediatamente, ci ristoreremo un po’ e subito dopo scenderemo in città per recarci al Tempio».

 

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Cap. 195

I trenta romani cercano il Signore.

 

1. Udito questo, i due rientrarono sollecitamente in casa e fecero ogni cosa secondo il Mio desiderio. Ma essi avevano a mala pena varcato l'uscio, che già alcuni romani ne uscirono per aggiungersi a noi. Essi rimasero per qualche tempo ad ammirare il bellissimo panorama che si godeva da lassù.

2. Poi uno di loro si avvicinò ad un discepolo e gli domandò se avesse pernottato in quella locanda egli pure ed eventualmente anche gli altri con lui.

3. Il discepolo però, accennando verso di Me, rispose: «L’uomo laggiù conosce Egli pure il vostro idioma, andate dunque da Lui e parlateGli!»

4. Il romano, che anche comprendeva un po’ la lingua ebrea, capì questa frase e venne immediatamente da Me, e Mi interpellò come aveva fatto prima col discepolo.

5. Ed Io gli dissi: «Perché ci domandi questo? Eppure noi non ti abbiamo chiesto se hai passato la notte qui in questa locanda! Noi certo siamo rimasti qui, ma non vedo come la cosa possa interessare a voi, stranieri, dato che con la nostra presenza non abbiamo di sicuro ostacolato in alcun modo la vostra permanenza in questa casa! DimMi dunque perché vorresti apprendere questo da noi!»

6. Disse il romano: «Eh, la questione sta veramente così. Ieri ed anche l'altro ieri noi stavamo cercando un po' affannosamente il famoso ebreo, e fu così che noi ci imbattemmo casualmente in questa locanda! Noi tutti eravamo un po’ allegri a causa del vino molto forte che avevamo bevuto, ed è accaduto che, dormendo, noi tutti abbiamo fatto lo stesso sogno meraviglioso. Noi eravamo riusciti a trovare il famoso ebreo, il quale, fra l’altro, ci condusse precisamente qui dove ci troviamo adesso e dove ci si rivelò in tutta la sua divina potenza e gloria provocando in noi uno stato di rapimento straordinario, tanto da essere indotti a considerare quel prodigioso ebreo come un uomo-Dio rivestito temporaneamente così, PRO FORMA (in apparenza), di un corpo umano-terreno per insegnare agli uomini di natura un po' migliore gli elementi di una vita superiore. Tuttavia questo che ti ho detto non è che un’esposizione del tutto sommaria delle visioni avute in sogno. Ma tutto sarebbe facilmente spiegabile se soltanto uno di noi avesse sognato così, perché infine non si tratterebbe che di un bel sogno, per quanto stranamente insolito, sennonché l'identico sogno l'abbiamo avuto tutti, nessuno escluso, e questa è senz'altro una cosa ancora molto più insolita! Noi abbiamo creduto di trovare una spiegazione del fenomeno attribuendone la colpa al vino, e volevamo appunto domandarvi adesso, nel caso in cui aveste pernottato qui, se non fosse toccato forse anche a voi di fare un sogno simile. Non prendetevela dunque per questo!»

7. Ed Io dissi: «Oh, no, affatto! Ma non potete proprio più ricordarvi almeno che aspetto abbia avuto all'incirca il famoso ebreo?

8. Disse il romano: «Eh, sarebbe una cosa un po' difficile dirlo adesso; tuttavia, se mi fosse lecito esprimere un mio parere personale, dovrei dire, se la mia debole memoria non m’inganna, che egli somigliava quasi quasi a te, o eccellente amico! Ti prego però di non prendere la cosa in malo modo!»

9. Gli dissi Io: «Oh, non è il caso di parlare di questo; ma alla fin fine potrei essere stato Io stesso quel tale!»

10. Disse il romano sorridendo: «Eh, eh mio buon amico, vedo che a te piace scherzare! Devo però dirti che quel sogno strano che abbiamo avuto non era assolutamente uno scherzo, perché, se ne avessi avuto tu uno simile, saresti rimasto anche tu molto impressionato come noi!»

11. Dissi Io: «Tu veramente non puoi sapere se Io ho o non ho visto precisamente le identiche cose che avete visto voi! Ad ogni modo per il momento non occupiamoci più della questione! Noi questa sera saremo ancora qui e, se voi pure avete intenzione di fermarvi in questa locanda, potremo ritornare sull’argomento. Adesso però faremo colazione, e poi ce ne andremo alle nostre faccende! In quanto poi al dove oggi si potrà vedere ed udire l'Ebreo prodigioso, questo ve lo dirà più tardi il padrone qui della locanda, perché certo egli ne sarà a conoscenza»

12. Disse il cortese romano: «Allora vi auguro che la colazione sia di vostro pieno gradimento! Contiamo che poi il padrone avrà la bontà di informarci su dove si potrà incontrare, vedere e ascoltare quella famosa persona!»

13. Io dissi: «Questo va molto bene! Però vedete di conservare il pieno possesso delle vostre facoltà; in caso diverso rischierete di addormentarvi e di sognare di nuovo; cosa questa che è accaduta già a molti e accadrà ancora a moltissimi in avvenire! Ma adesso andiamo a fare colazione!».

14. Noi allora lasciammo i romani ed entrammo nella stanza dove la colazione già ci attendeva. I romani pure imitarono il nostro esempio, soltanto che essi fecero colazione nella grande sala come il giorno prima. Noi, com'è naturale, ce la sbrigammo in breve tempo, e poi ci dirigemmo velocemente verso la città, nella quale gironzolammo un po’ qua e là, perché prima delle nove (secondo la suddivisione attuale del tempo) nel Tempio non c'era niente da fare, visto che si trattava del giorno successivo ad una festa.

 

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Cap. 196

Gesù ammaestra nel Tempio. I giudizi del popolo in ascolto.

(Giov.8,2)

 

1. Quando il Tempio fu aperto, Io assieme ai Miei discepoli vi entrai, la mattina, molto per tempo, e fui quindi uno dei primi ad essere lì presenti. (Giov.8,2). E non appena il popolo Mi vide entrare, si accalcò molto numeroso intorno a Me, ed allora Mi sedetti e cominciai ad insegnare per mezzo di similitudini, di parabole e di esempi, come in molte maniere è fatto cenno nei Vangeli.

2. Io dimostrai loro l'Amore immenso, la Bontà e la Giustizia di Dio Padre, e così pure indicai in che cosa consisteva propriamente il Regno di Dio che era venuto loro ormai tanto vicino.

3. Moltissimi furono coloro che credettero in Me.

4. E alcuni dissero: «Costui è davvero un grande Profeta, e ci stupisce assai che i farisei questa cosa non vogliono riconoscerla! Non bisogna dimenticare che egli è disinteressato al massimo grado, perché, a quanto sappiamo, a nessuno di coloro, e sono molti, ai quali egli è stato prodigo di benefici immensi ha mai chiesto niente, ed è cosa assolutamente certa che ovunque lo si sia accolto amichevolmente, secondo l'antica usanza, ed ospitato assieme ai suoi discepoli, dappertutto egli elargì alla casa ospitale, in maniera prodigiosa, un beneficio tale che evidentemente aveva un valore mille volte superiore a quello di ciò che era stato offerto a lui. Oltre a ciò egli non è affatto un bigotto, e frequenta ugualmente qualsiasi classe di persone. Se egli dice: “Venite a Me voi tutti che siete affaticati e oppressi, perché Io voglio tutti confortarvi, e presso di Me troverete la giusta consolazione della vita e la sua vera pace!”, ebbene, quando dice così noi dobbiamo credergli!

5. Un uomo però il quale ragiona con tanta bontà di cuore e con tanta sapienza, ed egli stesso agisce così come parla e compie delle opere così portentose, costui in verità è un grande Profeta, qualunque possa essere mai il luogo da dove è venuto! Anche se un Messia dovesse venire, è legittimo domandarsi se egli potrebbe fare delle opere maggiori delle sue; del resto se il Messia non verrà fra tuoni, fulmini ed una pioggia di zolfo infuocato, i farisei gli crederanno altrettanto poco quanto credono a questo qui»

6. E degli altri che erano di fede ancora più ferma, dissero: «Noi non abbiamo affatto bisogno di aspettare un altro Messia, perché noi crediamo che Questo sia già il Messia autentico! Infatti le Sue parole sono colme di Forza e di Vita, e le Sue Opere sono assolutamente di Natura divina, e così Egli è già perfettamente il vero Messia per noi; chi vuole aspettarne un altro, che continui pure ad aspettare e ad ingannare se stesso!»

7. Degli altri poi obiettarono: «Noi ci troviamo ancora troppo sotto il dominio dei farisei, e non possiamo fare ciò che vogliamo; a che cosa ci possono servire la verità e la fede finché il potere è in mano dei farisei, e ora, che ci sono i romani, lo detengono più che mai?»

8. Allora intervenni Io e dissi: «Dio stesso è l'eterno Amore e la Verità stessa! Non c'è cosa al mondo che possa rendervi liberi all'infuori della verità. Chi commette peccato, che è sempre stato una menzogna, è pure servo del peccato, nonché schiavo degli altri peccatori più grandi di lui, i quali non hanno coscienza né altro amore che per il loro vergognoso “io”! Ma chi ha in sé la verità, costui è un nemico possente della menzogna e del peccato, ed è quindi libero, perché nessuno è più capace di indurlo in peccato. Perciò scegliete la verità, e non temete coloro i quali possono uccidere il vostro corpo ma non possono arrecare danno alle vostre anime; piuttosto temete invece Dio, il Quale può uccidere e condurre in rovina la vostra anima assieme al corpo!

9. I danni arrecati al corpo Dio un giorno ve li risarcirà mille volte; ma i danni arrecati alle vostre anime non vi saranno mai risarciti da Dio, poiché Dio ha concesso all'anima l’intelletto, la ragione e la coscienza nonché la libera volontà e la legge, allo scopo che essa possa e sia bene in grado di giudicare cosa è buono e cosa è cattivo, e affinché possa scegliere fra il buono e il cattivo; ma a seconda di ciò che avrà scelto, essa verrà giudicata fuori da se stessa, sia per la morte, sia per la vita!

10. Ora, il Padre che è nel Cielo vuole che a voi tutti sia data la vita eterna, e anche perciò Egli ha mandato Me a voi a questo mondo; quindi Io ancora una volta vi dico: “Chi crede in Me, avrà la vita eterna; ma chi non crede che Io sia stato mandato a voi dal Padre, costui perderà quella vita che ora potrebbe prendersi con facilità! Il Padre nel Cielo ama Me come pure tutti coloro che credono in Me, ed Io stesso donerò loro la vita eterna nella verità della Mia Parola!”»

11. A questo punto alcuni dissero: «Eppure è strano come quest'uomo parli da se stesso[32], e quasi uguaglia se stesso a Dio! Ed è un vero miracolo che i farisei siano oggi disposti a tollerarlo tanto a lungo!»

12. Ed alcuni altri obiettarono: «Egli parla liberamente ed apertamente, e noi non troviamo proprio nulla di sconveniente nelle Sue parole! Egli dice apertamente la piena verità, e per conseguenza i farisei dovrebbero prima tentare di trovare qualcosa contro di Lui!»

13. E degli altri ancora osservarono: «Oh, per questo non c'è da avere paura! Vedrete bene che finiranno col trovare qualcosa!»

14. Ed un pubblicano che era lì vicino, disse: «Oh, certo, ma finiranno pure con l'andarsene come sempre a mani vuote! È già da molto che quei poltroni non trovano più argomenti contro questo Verissimo!».

15. Dopo subentrò una piccola pausa. I farisei frattanto nel loro mal celato furore si stavano lambiccando il cervello per vedere come avrebbero potuto farMi cadere nella loro rete col pretesto di una Mia parola imprudente o di una sentenza da richiedersi da Me, affinché potessero poi tacciarMi di menzogna e per poter dire al popolo con grande enfasi: “Eccolo qua il vostro verissimo profeta, o addirittura il vostro eccelso Messia! Adesso egli vi sta dinanzi proprio com'è, cioè come un mentitore!”. Ma nonostante tutto il loro arrovellarsi, non riuscivano a trovare alcun appiglio che offrisse qualche consistenza.

 

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Cap. 197

L'adultera.

(Giov.8, 3-11)

 

1. Ma mentre essi stavano rimuginando così, gli sgherri al servizio del Tempio ritornarono dal loro giro di ispezione conducendo un'adultera la quale era stata colta sul fatto, e che, secondo la legge mosaica, avrebbe dovuto venire lapidata. Questa pena, però, veniva in quel tempo commutata dai farisei in una forte ammenda pecuniaria se l'adultera era una persona facoltosa, mentre se era povera ma giovane e bella, veniva di solito frustata e poi doveva servire alla gente del Tempio; è chiaro invece che una vecchia e brutta era al sicuro dall'adulterio già per sua stessa natura. Ora, l'adultera di cui parliamo era ancora molto giovane, ma era povera, ed aveva voluto approfittare di quei giorni di festa per cercare di guadagnare con qualche forestiero un po' di denaro per poter campare per qualche tempo più facilmente. Questa sarebbe evidentemente caduta tra le grinfie dei templari se non fossi stato Io lì presente e se i templari stessi non si fossero trovati costretti a sfruttare quell'occasione per prepararMi un tranello che, a loro parere, non avrebbe potuto mancare di farli arrivare al loro scopo, cioè quello di impadronirsi di Me.

2. La misera adultera venne dunque condotta dai sapientissimi farisei immediatamente dinanzi a Me, e quindi in mezzo il popolo il quale, naturalmente, Mi circondava da tutte le parti. (Giov.8,3)

3. E non appena la donna, in preda a mortale angoscia, si trovò in Mia presenza, uno di quei luminari di sapienza Mi domandò: «Questa donna è stata colta in flagrante atto di adulterio! (Giov.8,4). Mosè in una delle sue leggi comanda che simili delitti vengano puniti con la lapidazione! Ora la legge di Mosè equivale alla legge di Dio. Tu che ne dici?» (Giov.8,5)

4. È ovvio che il loro contegno era dettato dalla volontà di tentarMi, pensando che - in parte considerata la dura legge di Mosè e in parte il Mio sermone sulla grande Misericordia di Dio nonché la Mia indulgenza a loro ben nota verso i peccatori - Io Mi sarei trovato, secondo i loro calcoli, in un inevitabile imbarazzo, ed essi avrebbero potuto poi trovare qualche capo d'accusa contro di Me come pure la possibilità di presentarsi al popolo per proclamare con tutta solennità: «Eccolo qui il grande truffatore del popolo che ora abbiamo il pieno diritto di fare arrestare e consegnare alla giustizia!».

5. Sennonché Io non risposi alla loro domanda così presto come avrebbero voluto, ma Mi chinai e Mi misi a scrivere il peccato dell'adultera sulla sabbia che ricopriva il pavimento (Giov.8,6), perché nell'occasione di feste così solenni si era soliti spargere sempre molta sabbia dappertutto, perché subito dopo che la festa era completamente finita il Tempio veniva ripulito e le spazzature venivano vendute qua e là a degli ebrei superstiziosi.

6. Ma poiché gli ebrei del Tempio insistevano nella domanda, Io Mi alzai in piedi e dissi loro: «È perfettamente vero che Mosè ha dato una simile legge, però coloro che avevano il diritto di lapidare una tale peccatrice dovevano essere essi stessi senza peccato! Questo sta anche scritto! Od almeno colui che avrebbe scagliato la prima pietra doveva essere del tutto puro e senza peccato! Chi di voi dunque è senza peccato, che scagli la prima pietra contro questa peccatrice! (Giov.8,7). La Misericordia di Dio con ciò non risulta lesa, perché Mosè diede agli uomini delle leggi savie; ora chi le conosce e non le osserva, costui si giudica da sé e suggella la propria sentenza di morte».

7. Dopo di che Mi chinai di nuovo e ripresi a scrivere come prima. (Giov.8,8)

8. Ma avendo sentito da Me una risposta simile che essi non avevano neanche lontanamente previsto, tutti, dal più altolocato al più meschino, non poterono più aprir bocca, e ciascuno abbandonò al più presto possibile il Tempio e si ritirò, perché la coscienza parlava in loro forte e diceva: «Voi stessi siete sotto ogni riguardo mille volte peccatori e adulteri, e tutto il popolo vi conosce per tali!».

9. Trascorsi alcuni istanti, nel mezzo del Tempio non ci fu più traccia di farisei, né di ebrei del Tempio, né di leviti, servitori o sgherri; non rimanemmo che Io e la peccatrice, nonché naturalmente, in ampio circolo intorno a Me, il popolo ed i Miei discepoli. (Giov.8,9). Il popolo era rimasto lietamente stupito di vedere come Io avessi con pochissime parole messo in fuga i farisei!

10. E parecchi fecero ad alta voce l'osservazione: «Oh, avremmo voluto vedere che avessero avuto la sfrontatezza di prendere una sola pietra in mano! Li avremmo uccisi a suon di legnate quei vecchi caproni; infatti un peccatore non ha alcun diritto di giudicare nessuno, in particolar modo poi chi è molto meno peccatore di lui!»

11. Allora Io Mi risollevai del tutto e non vidi nessuno di quelli che avevano giudicato nel cerchio, ma soltanto la donna che avrebbe dovuto essere lapidata.

12. Ed Io le domandai: «Ora, dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?» (Giov.8,10)

13. Disse l'adultera: «No, Signore nessuno mi ha condannata, anzi tutti se ne sono andati più che in fretta!» (Giov.8,11)

14. Dopo di che Io le dissi: «Dunque nemmeno Io ti condannerò; ed ora va, ritorna alla tua dimora e non peccare più! Infatti, se peccherai, le cose ti andranno male» (Giov.8,11)

15. La peccatrice allora Mi ringraziò per la grazia a lei accordata; nello stesso tempo però Mi pregò di darle un consiglio riguardo a come avrebbe potuto fare ritorno con sicurezza a casa sua. Infatti lei temeva che gli sgherri dei farisei potessero in qualche luogo spiare il suo passaggio e tentare di farle del male!

16. Ma Io le dissi: «Non avere paura di loro, perché essi saranno più che lieti di non farsi vedere così presto da te! Va pure tranquilla in mezzo al popolo che ti proteggerà e ti condurrà sana e salva a casa tua! Però guarda un po' là dalla parte della cortina del Tempio, e vedrai tutti coloro che prima erano qui! Infatti quando se ne uscirono fuori, il popolo domandò cosa fosse successo per averli indotti ad andarsene così in fretta via dal Tempio. Però essi, vergognandosi di dire la verità, raffazzonarono alla meglio una goffa risposta e rientrarono quatti quatti per la porta che dà verso levante; ma adesso va col popolo che crede in Me, e vedrai che non ti accadrà alcun male. Io continuerò a insegnare al popolo, ed i templari con i loro accoliti nuovamente si annunceranno qui e si spingeranno fino a Me, perché sono più che infuriati contro di Me, avendoli Io svergognati e avendo salvato te dalle loro grinfie! Dunque va ora consolata là dove ti ho detto di ritornare; mantieniti onesta e non peccare mai più d'ora in avanti!».

17. Allora lei si ritirò timidamente fra il popolo che la accolse bene e le infuse coraggio, non trascurando l'occasione per scagliare ad alta voce invettive e minacce contro i farisei.

 

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Cap. 198

La confessione del Signore nel Tempio.

(Giov.8, 12-29)

 

1. Ritornata la quiete nel Tempio, alcuni fra il popolo dissero: «O Signore e Maestro, non badare ai farisei e prosegui il Tuo insegnamento riguardo alla Tua Missione e facci conoscere il Regno di Dio, perché quando Tu parli, noi siamo tutti occhi ed orecchi, e i nostri cuori battono davvero forte per Te solo!»

2. Allora Io dissi al popolo: «Fate bene attenzione e prendete nota, poiché ora vi dichiarerò apertamente e non vi nasconderò più Chi sono!

3. Udite! Io stesso sono la Luce del mondo, e chi Mi segue, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la vera luce della vita!» (Giov.8,12)

4. A queste parole il popolo scoppiò in alte grida di giubilo ed esclamò: “Sì, questo è pienamente vero, perché Tu, o Maestro, sei davvero venuto a questo mondo come una Luce splendente, e quanto bene fa la Tua Luce a noi, che per tanto tempo siamo andati vagando nelle tenebre fittissime della nostra anima!»

5. Questo fu troppo per i farisei che parevano voler scoppiare dal furore; essi perciò si spinsero attraverso la calca fino a Me e dissero: «Considerato che tu testimoni di te stesso, la tua testimonianza non è vera!» (Giov.8,13)

6. Io dissi: «Se anche Io testimoniassi di Me stesso, pure la Mia testimonianza sarebbe vera, poiché Io so da dove sono venuto, nonché dove Me ne andrò; soltanto voi farisei, a causa del vostro orgoglio, non sapete da dove Io sia venuto, né dove Me ne andrò. (Giov.8,14). Voi giudicate e condannate tutto secondo la carne, perché non conoscete affatto lo Spirito. Ma a tale riguardo Io non giudico nessuno. (Giov.8,15). Quando però Io giudico, il Mio giudizio è giusto, perché Io qui non sono solo, come voi credete, ma qui ci sono Io ed altresì qui è il Padre che Mi ha mandato! (Giov.8,16). Ora non sta scritto nella vostra legge che la testimonianza di due uomini è vera e valida? (Giov.8,17). Così dunque sono anzitutto Io che testimonio di Me stesso, e poi a testimoniare di Me c'è pure il Padre che a questo mondo Mi ha mandato. Quanti testimoni pretendete voi ancora?» (Giov.8,18)

7. Allora i farisei imbestialiti dissero: «Credi di avere a che fare con dei pazzi? Dov'è questo tuo padre che dovrebbe testimoniare di te in nostra presenza?»

8. Ed Io, alzatoMi, Mi avvicinai al pilastro al quale era appesa la cosiddetta cassetta di Dio, chiamata così a causa delle offerte a pro del Tempio che vi venivano gettate, e, come parlando dentro la cassetta, dissi: «Voi, ciechi che siete, non conoscete né Me, né il Padre Mio! Infatti se Mi conosceste, conoscereste anche il Padre Mio!». (Giov.8,19)

9. E non appena ebbi proferito tali parole dentro alla cassetta, essi Mi domandarono perché non avessi parlato rivolto a loro.

10. Io dissi: «Perché è la stessa cosa che Io vi dica quelle parole in faccia oppure che le abbia dette dentro a quella cassetta ora vuota e morta! Almeno la cassetta ha accolto con pazienza le Mie parole, ciò che invece non sarebbe stato il caso vostro».

11. E il popolo, soddisfatto della Mia risposta, intimò allora ai farisei di lasciarMi parlare indisturbato, e infatti essi si ritirarono un po' da parte.

12. Io però continuai ad insegnare al popolo e a denunciare le gravi manchevolezze dei farisei, e quanto più andavo rivelando al cospetto del popolo le loro opere abominevoli e comprovando come essi ne avrebbero un giorno avuto tanto maggiore condanna, tanto più si accresceva il giubilo del popolo e tanto più aumentava il furore nei farisei. Tuttavia essi non intrapresero nulla contro di Me, perché il Mio tempo non era ancora venuto. (Giov.8,20)

13. Allora si avvicinarono a Me alcuni altri fra gli ebrei i quali propendevano ancora molto per i farisei, pur riconoscendo che sotto certi riguardi Io non avevo proprio interamente torto, e così parlarono: «Ma dicci infine dove vuoi arrivare con questi Tuoi discorsi!»

14. Ed Io replicai: «Sappiate che Io da qui Me ne andrò in una maniera a voi sconosciuta, e voi Mi cercherete ma non Mi troverete, e così morrete nei vostri peccati! Infatti là dove Io vado, voi non potete venire!» (Giov.8,21)

15. Gli ebrei, non comprendendo quello che avevo detto, si dissero fra di loro: «Che voglia forse uccidersi per disperazione, sapendo di aver troppo eccitato il furore dei farisei e riconoscendo che gli sarà molto difficile sfuggire alla loro vendetta? È certo che altrimenti a mente lucida egli non potrebbe dire: “Là dove Io vado, voi non potete venire!”» (Giov.8,22)

16. Ma Io, con aspetto sereno, dissi loro: «Non rompetevi il capo a causa di ciò! Io stesso ve lo dimostrerò subito, e voi poi vedrete facilmente e immediatamente perché voi, così come siete ora, non potete venire là dove Io Me ne andrò.

17. Vedete! Voi siete dal Basso, e là farete anche ritorno; Io invece sono dall'Alto, e all'Alto anche certissimamente ritornerò, ma là voi non potrete seguirMi!» (Giov.8,23)

18. Queste parole ottennero l'effetto di far arrabbiare anche questi ebrei, i quali allora esclamarono: «Cosa vuoi dire con questo? Intendi forse prometterci addirittura l'inferno?»

19. Ed Io risposi: «Oh, no, ma le cose stanno in questo modo: voi siete di questo mondo, secondo le vostre anime, mentre Io non sono di questo mondo!»

20. Replicarono gli ebrei: «Dove mai esiste un altro mondo? All'infuori di questo noi non ne conosciamo altri!»

21. Ed Io dissi loro: «Certo che voi non ne conoscete altri! E di ciò vi ho parlato appunto perché, data la mancanza di fede in voi, morrete nei vostri peccati, poiché, se voi non credete precisamente che Io sia il Messia promesso ed ora anche venuto a voi, morrete nei vostri peccati e non verrete mai più là dove Io sarò con i Miei eletti! (Giov.8,24). Infatti se così non fosse, in verità, come semplice uomo della specie come siete voi, non avrei mai il coraggio di parlarvi in questo modo!»

22. Gli ebrei allora dissero: «Cos’è che vai dicendo di te? Parla chiaro e con verità, e dicci chi sei effettivamente!»

23. Ed Io risposi: «Ad orecchi sordi è difficile parlare! Ma poiché prima non Mi avete compreso, vi dirò che, in primo luogo, Io sono Quello che appunto ora parla con voi! (Giov.8,25)

24. Dissero gli ebrei: «Ebbene, chi sei tu poi in secondo luogo?»

25. Dissi Io: «Ancora un po' di pazienza; il “secondo luogo” lo rileverete voi stessi già dalle Mie parole, perché devo dire e giudicare ancora molte cose dinanzi a voi! Ascoltate! Colui che Mi ha mandato, è vero in grado supremo, e soltanto ciò che Io ho sempre udito da Lui, soltanto quello Io vado ora annunciando al mondo che siete voi tutti!» (Giov.8,26)

26. Ma non avendo quei ciechi ebrei nemmeno stavolta compreso (Giov.8,27) che Io parlavo loro del Padre, ovvero dell'eterno Amore in Me, essi di nuovo domandarono: «Ma in nome del Tempio e del Sinai! Ma chi è colui che ti ha mandato?»

27. Ed anch'Io in tono molto serio dissi a loro: «Ascoltate! Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora, anche se troppo tardi, riconoscerete che Io sono quello che, come uomo, non faccio nulla da Me stesso, bensì che parlo sempre ed opero così, come il Padre Mio Mi ha insegnato! (Giov.8,28). E sappiate ancora questo con più precisione: il Padre che Mi ha mandato non è affatto in qualche luogo lontano da Me, ma Egli è qui con Me! Il Padre non Mi lascia mai solo; ed Io sempre faccio solo quello di cui Egli si compiace e, come Lui, non temo alcun uomo in tutto il mondo! (Giov.8,29). E se non fosse così, Io nemmeno ve lo direi».

 

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Cap. 199

Il Signore e i Suoi avversari.

(Giov.8, 30-49)

 

1. E quando Io ebbi detto queste cose con tutta serietà agli ebrei, molti dei presenti furono colti da immenso stupore e dissero: «In verità, quest'uomo ragiona come uno che è potente, e nessuno si azzarda a toccarlo o a proibirgli di parlare in questo modo nel Tempio! Se uno di noi avesse osato parlare qui nel Tempio così apertamente contro i farisei, sarebbe ormai stato lapidato già dieci volte; e costui lo lasciano parlare a loro evidente svantaggio, né si azzardano più a farsi avanti! Questo è davvero qualcosa di sovrumano, e non possiamo perciò fare a meno di credere alle sue parole!» (Giov.8,30)

2. Ed Io poi dissi a quegli ebrei che avevano cominciato a credere in Me: «Se voi persevererete nella Mia Parola, vi farete con ciò anche Miei veri discepoli. (Giov.8,31). Voi riconoscerete allora la verità che in Essa si cela, e questa verità vi renderà liberi, come ho accennato prima» (Giov.8,32)

3. Allora quegli ebrei che non credevano, dissero: «Sappi che noi siamo progenie di Abramo, e non siamo stati mai servi, né, meno ancora, schiavi di nessuno! Come dunque possiamo noi, liberi cittadini e signori, divenire ancora più liberi?» (Giov.8,33)

4. Ed Io risposi loro: «In verità, in verità vi dico che chi fa il peccato, è pure servo del peccato, come ho già menzionato prima. (Giov.8,34). Il servo però non è libero, dato che sempre deve obbedienza alle brame e alle passioni della propria carne. Ora il servo non resta eternamente in casa, ma unicamente il figlio. (Giov.8,35). E ‘servo’ è ciascun peccatore, mentre la casa è il Regno di Dio e la sua giustizia; e il Figlio è la verità. Ma se ora Io, quale il vero Figlio del Regno di Dio, vi rendo liberi, voi siete poi anche veramente e giustamente liberi» (Giov.8,36)

5. Replicarono gli increduli: «Non dimenticare che noi siamo progenie di Abramo, e non siamo mai stati servi di nessuno! Come mai dunque continui a ripetere che tu ci renderai liberi?»

6. Ed Io dissi: «Oh, Io so benissimo che voi siete dei discendenti di Abramo, come lo sono Io pure per quanto riguarda il Mio corpo! Tuttavia, per quanto voi andiate dicendo che voi, come progenie di Abramo, non siete mai stati servi di nessuno, è un fatto che lo furono i vostri padri in Egitto e più tardi in Babilonia, e attualmente voi stessi siete servi di Roma; questo ve lo ricordo, considerato che parlate dal punto di vista dei rapporti esteriori. Io invece parlo da quello dei rapporti della vita interiore, ed è a questo riguardo che voi siete sempre stati schiavi delle vostre passioni e, come degli ossessi, vi siete lasciati dominare da queste. Ma che sia così, lo dimostra il fatto che voi tentate di ucciderMi, come ugualmente tentano con ogni zelo pure i farisei. Ora voi fate così perché le Mie parole non penetrano in voi; voi non le comprendete, e Mi odiate per la ragione che vi sto dicendo la piena Verità (Giov.8,37); Io vi dico soltanto quello che sempre vedo e sento dal Padre Mio, però voi ci non badate, ma badate unicamente a quello che avete visto e sentito dai vostri padri, il che però non giova a nulla» (Giov.8,38)

7. Quando ebbi messo loro tutte queste cose sotto il naso, essi tornarono alla carica dicendo: «Non dimenticare che Abramo è nostro padre! E ciò toglie qualsiasi valore alle tue accuse! Comprendi?»

8. Ed Io risposi loro: «Oh, vi comprendo benissimo! Ma se voi foste figli di Abramo, fareste anche secondo le opere di Abramo! (Giov.8,39). Voi invece adesso cercate di ucciderMi come il più infame delinquente, e ciò per la sola ragione che Io vado predicandovi la verità quale sempre l'ho udita da Dio. In verità, così non ha mai fatto Abramo, neppure con i tre giovani che gli avevano esposto la verità. (Giov.8,40). Voi certo fate secondo le opere del padre vostro, ma non secondo le opere del padre Abramo! Ed ora Io domando a voi se siete capaci di comprendere!»

9. E gli ebrei, quasi fuori di sé per l'ira, esclamarono: «Amico, noi non siamo dei figli illegittimi! Noi tutti abbiamo un padre, e questo è Dio!» (Giov.8,41)

10. Dissi Io: «Oh, se Dio fosse vostro padre, voi Mi amereste come Mi amano coloro che Mi hanno riconosciuto, perché, per quanto concerne lo Spirito, Io sono uscito da Dio e provengo da Dio. In verità vi dico che Io non sono venuto come un uomo, cioè da Me stesso, ma Dio Mi ha mandato, vale a dire ha mandato questo corpo per mezzo del quale Egli ora rivela a voi Se stesso, corpo che voi tentate di uccidere. (Giov.8,42). Ma per quale ragione allora non potete sentire la Mia voce, se siete veramente figli di Dio?» (Giov.8,43)

11. Dissero gli ebrei: «Non ti stiamo forse a sentire?»

12. Dissi Io: «Oh, certo che voi Mi sentite con gli orecchi del vostro corpo; ma adesso vi domando semplicemente perché non vi va bene il senso delle Mie parole. E perché invece esso piace a moltissimi altri, perfino a quei romani che stanno là intorno alla cassetta di Dio?»

13. Essi allora tacquero non sapendo che risposta darMi, perché essi temevano il popolo, e non si azzardarono di venire fuori con la risposta che, naturalmente, non avrebbe potuto essere che rozza e quanto mai offensiva.

14. Il popolo però levò la sua voce verso di Me e disse: «O Signore e Maestro, vedi di sbarazzarti di questi individui ricchi e quanto mai tenebrosi, perché noi ora vorremmo ascoltare parole di luce e di salvezza da Te, e non le continue obiezioni stoltissime di questi ciechi. Dì loro una buona volta chiaro e tondo chi e cosa sono essi, affinché poi se ne vadano!»

15. Dissi Io: «Abbiate pazienza! Io ho già detto loro che essi non sono affatto dei figli di Dio, e questo dovrebbe bastare loro!»

16. Dissero gli ebrei infuriati: «Come puoi sostenere che noi non siamo figli di Dio?»

17. Io, atteggiando la Mia faccia a grande serietà, dissi: «La ragione ve l'ho già detta in tutta chiarezza e verità. Perché dunque Me la chiedete di nuovo? Ma poiché insistete, voglio anzi dirvi cosa veramente siete! Sappiate dunque di chi siete figli! Ecco: voi siete figli del padre dei demoni! Già da principio costui fu un assassino che non ha mai vissuto nella verità, poiché la verità non fu mai in lui (nella materia). Ora quando questo spirito, che è il padre vostro, dice la menzogna, egli parla del suo proprio, perché egli fu sempre un mentitore, e perciò un padre della menzogna!» (Giov.8,44)

18. E gli ebrei al colmo dell'ira, dissero: «Chi ti ha autorizzato ad esprimerti così riguardo a noi davanti a tutto il popolo? Perché, secondo te, siamo noi figli di Satana?»

19. Ed Io dissi: «Perché Io vi dico la verità e voi non Mi credete!» (Giov.8,45)

20. Dissero gli ebrei: «E perché poi dovremmo crederti?»

21. Dissi Io: «Perché non moriate nei vostri peccati, e perché poi possiate divenire beati!»

22. Dissero gli ebrei: «Tu pure sei un uomo come noi; perché dunque proprio la tua parola deve renderci beati?»

23. Io dissi: «È vero, ora Io sono semplicemente un uomo, ma un Uomo che ha autorità di chiedervi: “Chi di voi può rinfacciarMi un qualche peccato?”. Ma se Io, Uomo libero da peccato al cospetto di Dio e di tutta l'umanità, dico soltanto ciò che è vero, perché non volete crederMi? (Giov.8,46). Colui che è da Dio, ascolta anche volentieri la Parola di Dio! Ora è appunto la Mia Parola, che è Parola di Dio, che voi non volete ascoltare, perché voi non siete da Dio!» (Giov.8,47)

24. Dissero gli ebrei come istupiditi dalla rabbia: «Non abbiamo ragione di dire che tu sei un samaritano, e che hai in te il demonio invece dello Spirito di Dio?» (Giov.8,48)

25. Dissi Io: «Io non sono un samaritano, né meno ancora c’è un qualche demonio in Me, come migliaia di persone lo possono testimoniare di Me; anzi Io onoro sempre davvero Dio che è il Padre Mio. Perché allora voi Mi disonorate? (Giov.8,49) E perché non Mi disonorano tanti altri i quali hanno benissimo riconosciuto Me e il Padre?».

 

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Cap. 200

L’essenza del Signore.

(Giov.8, 50-59)

 

1. A questo punto il popolo credente ricominciò a dimostrare la propria impazienza, e molti dissero: «O Signore, Te ne preghiamo, dì a questi pazzi e ciechi che se ne vadano, perché essi disturbano Te e noi pure! Perciò se non vorranno stare in silenzio, sapremo noi farli stare in silenzio con la forza. Noi siamo rimasti per Te, e quindi vogliamo ascoltare Te e non questi stolti nemici di ogni luce! Infatti un bimbo ancora nella culla è molte volte già più ragionevole di questi pazzi e insensati!

2. A noi tutti, che saremo in oltre duemila e più di loro come vedi, è pienamente chiaro chi sei Tu e qual è la Tua divina Missione; noi abbiamo molto ben compreso cosa hai voluto dire con le parole: “Io qui non sono solo, ma il Padre è sempre e dappertutto con Me!”. Questi stolti invece non capiscono, né mai in eterno capiranno che il Padre e Tu siete la stessa cosa, e che quando dici: “Il Padre Mi ha mandato”, Tu vuoi semplicemente indicare per il nostro debole intelletto umano che Tu, l'Eterno, Ti sei da Te stesso composto un corpo per farti per noi, vermi di questa Terra nella nostra grande miseria, un Dio, un Maestro ed un Consolatore visibile! Il Tuo santo corpo è Tuo Figlio, e Tu, il Padre, sei in Te, dinanzi a noi miseri peccatori e vermi di questa Terra!

3. E questi pazzi non comprendono questo e continuano ad asserire comunque di aver digerito già tutti i profeti; eppure sono stati abbastanza precisi nell'indicare con tutti i dettagli possibili il tempo in cui il Messia sarebbe venuto. E questo tempo è pienamente giunto; perché dunque il Promesso dovrebbe essere rimasto per strada?

4. Ma se i grandi veggenti, colmi dello Spirito di Dio, hanno potuto indicare quasi mille anni fa l'epoca attuale con tanta precisione come essa effettivamente è, e se quest'epoca si presenta ora esattamente così come venne preannunciata allora, perché mai avrebbe dovuto mancare il Messia promesso che appunto in quest'epoca doveva venire? Però in realtà Egli non è mancato, ed invece è già qui tra noi; e noi Lo abbiamo presto e facilmente riconosciuto!

5. Qui invece questi ciechi discendenti di coloro che già ai piedi del Sinai, nel deserto, adoravano il vitello d'oro e non facevano attenzione a Jehova che sul monte dava a Mosè le Sacre Leggi fra fulmini e tuoni nonostante Egli stesse annunciando ad alta voce i Suoi Comandamenti, per così dire, sotto al loro naso, questi tali sono ancora, al cospetto di Dio, gli stessi adoratori dei loro vitelli d'oro, e tuttavia, nella loro incommensurabile stoltezza, hanno sufficiente faccia tosta da aggredirTi. O Signore, mandali via e insegnaci a conoscerTi meglio e più a fondo, e insegnaci anche a riconoscere i nostri gravi peccati che tante volte abbiamo commesso ai Tuoi occhi!»

6. Io dissi al popolo: «State tranquilli! Perché conviene che Io dichiari anche a costoro Chi sono Io, affinché un giorno non possano addurre a loro scusa il fatto che non era stato loro detto, né mostrato! Io ho già detto a loro che non vado in cerca di onore, e da questa gente poi per nulla affatto, e che qui c’è Quello che li cerca e li giudica (Giov.8,50), ma questa razza cieca e scaltra non riuscirà mai a veder chiare ed a comprendere queste cose finché l'ascia non sarà loro posta alla radice! Ma perciò Io vi dico ancora una volta: “In verità, in verità! Chi sarà fedele alla Mia Parola non vedrà mai in eterno la morte!”» (Giov.8,51)

7. Dissero allora gli ebrei ormai già del tutto accecati dall'ira: «Appena adesso abbiamo attinto la convinzione assoluta che hai in te il demonio! Se la tua parola è come la Parola di Dio, deve essere stata evidentemente Parola di Dio anche tutto ciò che hanno detto Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti, eppure essi sono tutti morti! Ma allora la tua parola è più divina di quella dei patriarchi e dei profeti, perché Tu possa dire: “Chi osserverà la Mia Parola non assaporerà mai la morte in eterno?” (Giov.8,52). Pretendi tu di essere forse più del padre nostro, Abramo, il quale è morto, e dei profeti, i quali sono anch'essi tutti morti? Fin dove vuoi tu innalzare te stesso?» (Giov.8,53)

8. Dissi Io: «Se Io glorificassi Me stesso, la Mia Gloria sarebbe nulla; ma è il Padre Mio che Mi glorifica, del Quale voi dite che è il vostro Dio. (Giov.8,54). Voi però non Lo conoscete; Io invece Lo conosco, e qualora Io dicessi: “Non Lo conosco!”, Io davvero sarei un mentitore come lo siete voi che andate dicendo che Egli è il vostro Padre! Io vi dico che Lo conosco veramente e che osservo la Sua Parola. (Giov.8,55)

9. Io però voglio dirvi ancora qualcosa, affinché possiate constatare che il vostro padre Abramo non Mi è sconosciuto. Vedete, Abramo si rallegrò di vedere il Mio tempo su questa Terra! Voi avete detto che Abramo è morto, ma Io vi dico invece che Egli ha visto sempre questo Mio tempo a cominciare dal Mio primo giorno, e ne ha provato una gioia immensa (Giov.8,56), anzi egli tuttora vede il Mio tempo e se ne rallegra!»

10. Questa cosa a quei ciechi ebrei parve troppo incredibile, ed essi dissero con la bocca molto spalancata: «Cosa! Non hai ancora cinquant'anni, ed hai visto Abramo?» (Giov.8,57)

11. Io dissi: «In verità, in verità vi dico: “Io ero un tempo infinito prima di Abramo!”» (Giov.8,58)

12. A queste parole gli ebrei parvero scoppiare dal furore; essi non trovarono più parole per esprimere la loro indignazione e, chinatisi a terra, presero dal pavimento delle pietre che erano staccate, e di cui non c'era mancanza nel Tempio, dato che le riparazioni si eseguivano molto di raro, e fecero l’atto di scagliarle contro di Me. Sennonché Io immediatamente Mi nascosi rendendoMi completamente invisibile ed uscii dal Tempio passando tra di loro. (Giov.8,59). I discepoli Mi seguirono in fretta, e Lazzaro con i romani fece altrettanto, e tutti facemmo poi ritorno rapidamente sul nostro monte degli Ulivi.

13. Nel Tempio però vi fu dopo la Mia partenza uno spettacolo che certo non si era mai verificato là in epoca festiva. Il popolo si precipitò sugli ebrei e li conciò in maniera tale che si dovette fare appello ai soldati per ristabilire almeno in parte la calma. Ma il popolo non intendeva che la passassero così liscia, e perciò chiese ai soldati romani che quegli ebrei perfidi e disturbatori della pace venissero legati e fossero portati in giudizio, ciò che - almeno PRO FORMA (in apparenza) - fu anche fatto. Solo dopo il popolo si calmò.

14. Avvenne però che poi uno scriba volle provare a dire la sua e, postosi nel mezzo, cominciò a catechizzare il popolo contro di Me; ma non era riuscito a dire neanche dieci parole che già fu costretto a ritirarsi a precipizio.

 

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Cap. 201

Lo smascheramento del seduttore dell’adultera.

 

1. Era già passato parecchio tempo dopo il mezzogiorno quando la massa del popolo abbandonò il Tempio per fare ritorno alle rispettive dimore, e anche l'adultera di cui abbiamo parlato prima si diresse verso casa sua, dove raccontò al marito tutto quello che era successo nel Tempio.

2. E suo marito allora disse con accento desolato: «Non tu, onesta moglie mia, ma io sono il principale colpevole di quanto è accaduto!»

3. E uno di coloro che avevano accompagnato la donna, gli domandò: «Com'è possibile che sia colpa tua se è tua moglie che ha commesso adulterio?»

4. E il marito disse: «Amici miei, soltanto la miseria veramente assai grande ha costretto me e mia moglie a prestare ascolto alla seducente offerta di un forestiero! Sennonché quel forestiero deve essere stato o uno sgherro travestito, oppure forse un libidinoso fariseo che già da tempo aveva messo i suoi occhi bramosi su mia moglie. Infatti, quando, dopo aver preso il denaro, la portai in un'altra stanza, si presentarono già in casa mia gli sbirri i quali strapparono la donna dalle braccia del forestiero, e quindi dovetti purtroppo ascrivere a me stesso la colpa di aver fatto scendere la più grave sciagura sul capo della mia consorte. Ma dal fatto che lei è qui di ritorno, devo arguire che sia accaduto qualcosa di particolare, perché finora nessuna delle molte donne condotte in circostanze simili tra le mura del Tempio ne è mai uscita; come è stato dunque che mia moglie ha potuto ottenere la libertà? Voi, cari amici, siete stati certo testimoni di quanto è successo nel Tempio; non vorreste dunque spiegarmi come sono andate le cose?»

5. Dissero gli uomini: «Tua moglie stessa potrà raccontarti tutto. Però questa poveretta deve la sua libertà al grande Profeta di Galilea, il quale le disse anche che lei non deve peccare più in avvenire, poiché se così facesse potrebbe accaderle molto di peggio. Questo dunque vi serva da norma!».

6. Allora il marito domandò se non avrebbe egli stesso potuto avere l'immensa gioia di incontrarsi col profeta in qualche luogo, per ringraziarlo come si conveniva.

7. E quegli uomini dissero: «Non siamo in grado davvero di dirti dove si trovi adesso, però abbiamo sentito che Lui, ogni volta che viene a Gerusalemme, usa sempre dimorare in casa di Lazzaro a Betania. Noi stessi siamo intenzionati di recarci là per fargli una visita. Fate anche voi così; almeno là riusciremo a sapere dove se ne sia eventualmente andato!»

8. Disse il marito della donna: «Ma allora egli si trova probabilmente sul monte degli Ulivi, perché Lazzaro in tempi di festa è solito trattenersi in quel luogo dato che là possiede una locanda molto frequentata dai forestieri»

9. Dissero quegli uomini: «Tanto meglio! Resta dunque inteso che noi andremo a cercarLo anzitutto là! Se poi non Lo troveremo sul monte, andremo a Betania!».

10. Poi i due coniugi ringraziarono quella gente per l'informazione data, si prepararono per uscire, chiusero la loro casuccia, e se ne andarono subito assieme agli altri che li accolsero molto volentieri in loro compagnia. Avvenne però che strada facendo s'imbatterono in alcuni farisei, tra i quali ce n'era uno che tanto la donna, quanto suo marito riconobbero immediatamente, senza possibilità di dubbio, per quel forestiero che, vestito alla foggia romana, quella stessa mattina aveva indotto con il denaro la giovane e bella donna a commettere adulterio.

11. I due misero al corrente gli altri della comitiva su questo fatto. Quegli uomini allora affrontarono il fariseo e gli domandarono in tono brusco: «Ehi amico! Conosci questa donna che tu stamani, camuffato da romano, hai sedotto a farsi adultera dietro compenso in denaro? Che fosti proprio tu quel tale, lo prova il tuo capo rasato; del resto i due ti hanno riconosciuto già da lontano! Ebbene, che cosa ne dici? Ecco, noi siamo qui in settantadue per condurti dinanzi al tribunale romano! Che ne dici tu ora?»

12. I tre da principio accennarono a voler prendere la fuga, ma gli altri glielo impedirono e interpellarono di nuovo quello dal capo rasato; questi però cominciò a maledirli e a spergiurare di non essere stato lui!

13. Sennonché i due, marito e moglie, intervennero a loro volta e dissero: «È inutile che tu continui con i tuoi miserabili giuramenti, perché devi sapere che la testimonianza di due è valida in giudizio! Vieni dunque con le buone al tribunale, e là verrai cacciato in quella fossa che avevi preparato per noi, o miserabile individuo!»

14. Allora i tre cominciarono a pregare che fossero lasciati andare, e volevano offrire una grossa somma di denaro al marito. Questi però non volle accettarla, ma impose loro che in avvenire il Tempio dovesse lasciare in pace lui e sua moglie! I tre promisero anche questo solennemente, e poi vennero lasciati liberi di andarsene per i fatti loro, non prima però di essere stati assicurati delle conseguenze che fatalmente avrebbero dovuto attendersi qualora i due coniugi fossero venuti a conoscenza della benché minima allusione fatta dal Tempio in senso sfavorevole a loro, nel qual caso una denuncia in tutta regola presso il governatore della provincia non sarebbe mancata. Date queste premesse, è facile immaginare che i due coniugi non ebbero più ulteriori noie da parte della gente del Tempio.

15. Così dunque anche questo incidente provocato dalla Mia Volontà fu chiuso in maniera equa, perché, se così non fosse avvenuto, i due poveretti avrebbero condotto una vita molto meschina a Gerusalemme, e sarebbero stati sempre esposti a gravi pericoli.

 

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Cap. 202

Operai fanno visita al Signore sul monte degli Ulivi.

 

1. Essi poi continuarono il loro cammino verso il monte degli Ulivi, dove Io con i Miei discepoli e Lazzaro stavamo appunto pranzando, e dove pure si rifocillavano i trenta romani. Una volta arrivati, essi si informarono da uno degli addetti alla locanda se Io fossi là. Ed avendo l'addetto risposto affermativamente, quella settantina di persone non nascose il suo giubilo, e pregò il servitore di andar là dove Io Mi trovavo per trasmetterMi la richiesta di poter essere ammessi alla Mia presenza.

2. Allora il servitore venne da Me per esporMi la cosa.

3. Ed Io gli dissi: «Ritorna pure fuori e dì questo a coloro che ti hanno mandato: “Chi ha fame, venga e si sazi, e chi ha sete, venga e beva, perché chi viene saziato da Me, non avrà più fame in eterno; e chi avrà bevuto del Mio Vino, non avrà più sete, perché dai suoi stessi lombi scorreranno ruscelli d'acqua vivente”. Va dunque fuori e riferisci loro quanto adesso ho detto!».

4. Il servitore uscì sollecito e ripeté fedelmente a quella gente, che era in attesa, le parole da Me dette.

5. Ma essi, avendo sentito questo, rimasero da principio perplessi e si domandarono l'un l'altro se Io avevo intenzione forse di offrire loro un banchetto, cosa della quale essi si reputavano indegni.

6. Perciò essi dissero al servitore: «Sii ancora così buono e ritorna dal buon Maestro e Signore e digli che noi non siamo veramente venuti qui per mangiare e bere, ma unicamente per vedere Lui e per apprendere da Lui ancora qualche parola di Luce e di Vita!»

7. Allora il servitore venne di nuovo nella stanza.

8. E questa volta però Io stesso gli andai incontro e gli dissi: «Io so già quello che tu sei incaricato di riferirMi! Tu dunque ritorna pure alle tue incombenze, perché a quella gente darò Io personalmente una risposta»

9. Udito questo, il servitore se ne andò, ed Io uscii fuori dove quella gente aspettava e dissi loro: «Chi ha orecchi da intendere, intenda, e chi ha occhi, veda e comprenda! Appunto quello per cui voi siete venuti qui, è il vero cibo e la vera bevanda che Io voglio offrirvi. Il cibo del corpo non ha effetto agli scopi della vita eterna dell'anima, ma unicamente la Mia Parola, nonché la vostra fede e il vostro operare secondo la Parola stessa. La Mia Parola è il vero Cibo, e la vostra fede e il vostro operare sono la vera Bevanda. Venite dunque a Me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed Io vi ristorerò!»

10. Gli uomini dissero: «O Signore, come sei buono e saggio! Se dunque lo permetti, entreremo noi pure in casa, e là resteremo in attesa di questo Tuo cibo spirituale, finché a Te, o Signore e Maestro, piacerà ristorarci e rianimarci con alcune parole. Ma guarda, qui in mezzo a noi si trova pure colei che la Tua grande sapienza è riuscita stamani, nel Tempio, a strappare dalla sfrontatezza dei farisei ed anche il suo povero marito! Essi sono venuti ambedue con noi per ringraziarTi ancora una volta dell'immenso beneficio ricevuto! Se vuoi, potranno anch'essi entrare nella stanza assieme a noi»

11. Io dissi: «Anzi, Io sono venuto a questo mondo appunto affinché a Me venga chiunque sia in qualche modo affaticato e oppresso. Infatti Io sono un vero Medico, il Quale visita gli ammalati e li guarisce, ma non va dai sani che non hanno bisogno del medico. Entrate dunque tutti nella stanza!».

12. Io allora rientrai, e tutti Mi seguirono.

13. L'oste intanto aveva già allestito una grande mensa destinata per i banchetti nuziali, alla quale la comitiva di circa settanta uomini e la donna trovarono comodamente posto. E quando si furono seduti, l'oste domandò loro se volevano mangiare e bere qualcosa.

14. Ed uno disse: «Amico, noi tutti siamo più o meno della povera gente, e non disponiamo di tanto denaro da poterci procurare anche del vino; portaci dunque soltanto del pane ed alcune brocche d'acqua, e questo ci basterà! Noi tutti siamo gli operai alla giornata e viviamo del lavoro delle nostre mani; perciò questo periodo di dieci giorni di festa è il peggiore per noi, perché non ci è concesso lavorare. Ma se non lavoriamo, non guadagniamo neppure, e quindi non ci resta denaro per poterci procurare qualcos’altro oltre al pane quotidiano, tanto più che i nostri piccoli risparmi stanno quasi per esaurirsi»

15. Disse l'oste: «Ma voi avrete certo anche moglie e figli! Come fanno a vivere se già voi uomini vi trovate in condizioni tanto misere?»

16. Disse l'uomo che aveva parlato prima: «Oh, amico, tranne costui che ha qui con sé la moglie, a nessuno di noi è stata concessa questa soddisfazione! Ormai prendere moglie se lo possono permettere solo i ricchi; noi, poveri, non possiamo prendere moglie, né meno ancora mantenerla. Come vedi dunque noi siamo celibi, e non dobbiamo provvedere né a moglie né a figli. In questi tempi estremamente difficili riusciamo a cavarcela a mala pena noi, ciascuno per sé; cosa sarebbe di noi se avessimo anche moglie e figli? Sia dunque ringraziato Jehova che siamo rimasti celibi!»

17. A questo punto Lazzaro disse: «Ma miei cari, se la vita vi riesce così difficile a Gerusalemme, perché non venite da me a Betania? Voi vi avreste sempre trovato lavoro in abbondanza! E da me nessuno può lamentarsi finora che gli sia mancato il necessario»

18. E l'altro disse: «Oh, questo lo sappiamo bene; ma sappiamo pure anche che da molto lontano tutti vengono qui da te a cercare lavoro e guadagno, e quindi finora non abbiamo osato venirti a importunare; visto però il tuo invito di oggi, non mancheremo di approfittarne in avvenire di questa tua offerta».

19. Dopo di che Lazzaro diede ordine all'oste di far servire a tutta quella gente pane e vino in abbondanza. L'oste allora uscì sollecitamente e ritornò con molti dei suoi servitori recando il pane e il vino.

20. Quando questi ospiti videro che a loro era stato servito anche del vino ringraziarono, ed uno di quegli ospiti disse a Lazzaro: «O signore, noi berremo il vino, però quanto a pagarlo sarà un’altra faccenda! Tuttavia, passate le feste, noi ci riserviamo di regolare scrupolosamente il conto!»

21. Disse Lazzaro: «Oh, non datevi pensiero a causa di ciò e mangiate e bevete in pace! Infatti quello che consumerete qui è già ben che pagato!».

22. Allora tutti domandarono chi era stato a regolare in anticipo il conto, poiché essi desideravano saperlo per poter ringraziare doverosamente il benefattore!

23. Lazzaro però disse: «Non preoccupatevi per questo, ma mangiate e bevete, perché il benefattore è già perfettamente soddisfatto della vostra buona volontà!»

24. Tutti allora si alzarono e dissero: «Siano dunque resi i nostri più sentiti ringraziamenti al nostro benefattore che vuole rimanere incognito!».

25. Subito dopo si sedettero di nuovo e cominciarono a mangiare ed a bere.

 

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Cap. 203

La ragione della mancanza di fede dei templari.

 

1. Frattanto noi pure prendemmo posto a mensa e cominciammo a mangiare e a bere; i romani fecero altrettanto e discussero di molte cose sul Mio conto; quello però che non riuscivano a comprendere bene era come e perché, data una simile Forza ed una Potenza divina in Me, Io avessi potuto fuggirMene dal Tempio dinanzi a quel piccolo gruppo di ebrei.

2. Ed Io dissi ad Agricola: «Tu sei in errore se credi che Io sia fuggito per paura degli ebrei! Quando lo feci, Io sapevo bene ciò che facevo, e ciò che più di tutto importava era che il popolo Mi riconoscesse, e che nello stesso tempo imparasse a conoscere, molto meglio di quanto fosse avvenuto nel passato, anche quei perversi ebrei, increduli ed egoisti in sommo grado. Fu perché li aveva conosciuti bene che il popolo, dopo che Io fui sparito, si scagliò contro di loro e porse loro un omaggio del quale si ricorderanno per tutta la vita! Perché dunque avrei Io dovuto reagire con la violenza contro quei malvagi, mentre sapevo già in precedenza cosa sarebbe toccato loro quando Io fossi uscito dal Tempio? Qui ci sono appunto settanta testimoni che sanno benissimo come è andata a quei furenti ebrei dopo che Me ne sono andato»

3. Disse il romano: «Ascolta, Tu divino Maestro, noi siamo romani e conosciamo ben poco della religione degli ebrei, eppure crediamo che il Messia promesso loro sia appunto Tu! Ma perché non ci credono invece quegli ebrei ai quali certo più che ad altri dovrebbero essere familiari gli insegnamenti della vostra religione? Che ragione hanno per non credere, mentre vedono che ci sono molti altri che invece ci credono?»

4. Io dissi: «Questa è la conseguenza del loro egoismo, del loro smisurato orgoglio e della loro brama di potere ugualmente smisurata! Sennonché secondo le loro idee il Messia dovrebbe scendere dal Cielo fra tuoni e fulmini e con sfarzo e splendori celesti tali da superare ogni immaginazione. Poi dovrebbe entrare con grande solennità nel Tempio e conferire a sacerdoti, farisei e scribi ogni dignità e potenza, nonché dovrebbe, da ultimo, cacciare via dal Paese i romani e dotare gli altri dignitari del Tempio, che sono al Suo fianco, di autorità e potere straordinari, in modo che in poco tempo possano diventare i dominatori del mondo intero!

5. Ma siccome Io invece sono venuto a questo mondo in condizioni di estrema povertà e di grande indigenza, ed in una maniera del tutto diversa, esattamente prestabilita già prima della creazione di questo mondo, quei ciechi non credono che Io sia il Promesso, ed anzi Mi odiano perché vedono che per causa Mia essi vanno rapidamente perdendo ogni potere e tutta la considerazione goduta finora.

6. Solo ora il popolo impara a conoscerli per quello che sono veramente e non ha più alcuna stima per loro; essi però si rendono benissimo conto di questo fatto, e quindi cercano qualunque occasione pur di poter sbarazzarsi di Me. Se voi riflettete un po' attentamente su queste cose, non tarderete molto a convincervi perché i sacerdoti non credono in Me.

7. Tuttavia alcuni sacerdoti sono già passati a Me, avendo riconosciuto che Io sono davvero il Messia, e questi si trovano qui alla Mia mensa vestiti alla foggia dei greci. È già da oltre mezzo anno che essi vengono peregrinando con Me, e sono testimoni di moltissimi Miei insegnamenti e di molte opere da Me compiute; chiedetelo a loro, ed essi vi dichiareranno tutto con precisione!

8. E questi dodici che siedono più vicini a Me, Mi seguono già da quando Io diedi inizio alla Mia Missione, e sono a conoscenza di tutto quello che ho insegnato e fatto per la salvezza dell'intera umanità. Anche con loro potrete intrattenervi, ed essi non vi nasconderanno nulla. Ma ora terminiamo di mangiare e bere, e poi avremo ancora tempo per continuare a parlare»

9. Queste Mie spiegazioni soddisfecero completamente i romani, e Agricola esclamò: «Oh, si vede che proprio dappertutto i sacerdoti portano il marchio di Plutone! Bisognerebbe abolire del tutto questa casta, e cominciare a predicare a tutti gli uomini esclusivamente la Tua Dottrina puramente divina!».

 

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Cap. 204

L'educazione dell'umanità al riconoscimento di Dio.

 

1. Io dissi: «Amico Mio, quello che tu desideri, anche accadrà! Sennonché la cosa non potrà verificarsi con quella facilità che tu immagini. Infatti gli antichi sacerdoti hanno messo radici troppo profonde, e queste non si possono strappare dall'oggi al domani! Per arrivare a questo ci vogliono dei secoli. Ed anche allora sotto molti punti di vista le cose non saranno bene a posto, così che da qui a duemila anni questa Terra non sarà di gran lunga ancora liberata proprio del tutto dalle caste sacerdotali, né, meno ancora, da ogni tipo di paganesimo.

2. Gli uomini del mondo si compiacciono del mondo, e per conseguenza una Dottrina divina deve avere un aspetto completamente mondano qualora voglia trovare consenso fra gli uomini!

3. La Verità verrà data agli uomini di questa Terra sempre avvolta dentro un velo, perché nella sua nudità essi potrebbero sopportarla tanto poco, quanto poco tu potresti reggere guardando ad occhi spalancati il Sole al culmine del suo splendore. Gli uomini devono imparare a pensare, poi a cercare ed a trovare da se stessi! Se un uomo non trova da se stesso la luce interiore della vita, a nulla possono giovargli anche mille maestri; e finisce poi con l'essere la stessa cosa che egli prenda la luce per tenebra o la tenebra per luce!

4. L'uomo deve quindi ricevere un impulso alla ricerca della verità, ma è bene che non gli venga data all'improvviso in tutta la sua pienezza, perché una simile verità nessuno la potrebbe sopportare senza rimetterci la propria vita terrena qualora essa gli si offrisse da un istante all'altro nella sua assoluta chiarezza. Per conseguenza, trattandosi degli uomini di questa Terra, per lungo tempo ancora noi non potremo affatto venire fuori con la pienissima verità così d'un tratto. Tu sei un romano dalla cultura prettamente intellettuale, e quindi con te non posso parlare che in maniera del tutto naturale. Tuttavia giudica tu stesso se il Mio discorso non è assolutamente giusto!»

5. Disse il romano: «Questo non si può mettere affatto in dubbio; però vedendo così le cose, non riesco a comprendere la Sapienza di Dio né, molto meno ancora, la Sua Onnipotenza! Non ha Egli creato tutta questa Terra assieme all'umanità che vi dimora? E non dipende da Lui ogni esistenza?»

6. Dissi Io: «Certamente, però da Lui dipende anzitutto la formazione della vera vita interiore, nonché la più perfetta indipendenza e la forza autonoma della vita creata di ciascun uomo. E questo, da parte di Dio, può venire attuato gradatamente solo se Egli resta il più possibile ritirato e solo agendo attraverso una ispirazione lievissima nell'animo dell'uomo.

7. L'uomo dunque - da principio unicamente per mezzo di ogni specie di fenomeni nel mondo materiale, e poi perfino per mezzo di sogni e di piccole spinte interiori - deve essere portato al punto in cui egli comincia a ponderare su tutti i fenomeni e su tutte le sue percezioni, e questo in maniera non uguale per ciascun individuo, bensì solo nei riguardi di colui il quale è in segreto a ciò destinato da Dio. Gli altri poi vengono informati di tutto ciò appunto da un tale individuo più desto ed ognuno per conto proprio fa poi le sue personali osservazioni e considerazioni in merito a ciò.

8. Quando degli individui particolarmente desti hanno così pensato molto, solo allora viene concesso che essi comincino a intuire che deve esistere un Dio, il Quale fa sorgere tutto e ordina, mantiene e guida tutto. Solo in questa maniera va poi sviluppandosi in via del tutto naturale il riconoscimento di un Essere divino onnipotente ed immensamente buono e sapiente.

9. Una volta che l'umanità sia giunta ad un tale riconoscimento, solo allora vengono concesse delle rivelazioni più vaste e delle norme più precise, in base alle quali gli uomini cominciano già con maggior chiarezza e confidenza a riconoscere l'Essere divino, pur conservando ampia libertà di accogliere come verità tutte le rivelazioni avute e di operare conformemente a tale verità, oppure anche di non accoglierle e di non operarvi conformemente.

10. Chi accoglie per vera la rivelazione e vi conforma le proprie opere, costui perviene poi anche in breve tempo ad un riconoscimento sempre più chiaro ed alla vera vita libera e indipendente; chi però non la accoglie, ma continua ad appoggiarsi alla propria ragione e alle proprie esperienze, non per questo commette peccato, ma tuttavia rimane indietro ed impiegherà molto più tempo a pervenire al puro riconoscimento di Dio e alla perfezione della propria vera vita interiore.

11. Ma chi invece accoglie la piena verità di una rivelazione, e la vede chiaramente col proprio intelletto, però di propria volontà opera in modo contrario, costui pecca e con ciò guasta la propria vita anche nell'aldilà per una serie di tempi spesso per voi incredibilmente lunghi, perché egli è privo di ogni luce interiore, dato che non si è pienamente attenuto né alla sua assoluta ragione, né alla rivelazione che ha compreso benissimo.

12. Ora quando un'anima per propria colpa si è così immersa nelle più fitte tenebre della vita, Dio, malgrado tutta la Sua onnipotente Volontà, non può giovarle affatto, ma conviene che venga lasciata nel suo proprio stato finché essa, come è sempre possibile, cominci a pervenire in sé a qualche riconoscimento. Verificandosi questo caso, l'Amore e la Sapienza di Dio hanno in quantità infinita i mezzi a loro disposizione e così pure vie e modi per condurre una simile anima nella maniera più inosservata sulla retta via. E vedi, questo è il rapporto intercorrente fra Dio e tutti gli uomini di questa Terra, la quale è fatta per sostenere i figli di Dio.

13. Per quanto poi concerne il rapporto in cui si trovano gli uomini di altri mondi con Dio, questo non riguarda per nulla affatto gli uomini di questa Terra; quando però quest’ultimi saranno giunti allo stato di perfezione quali figli di Dio, solo allora otterranno da Dio, il loro Padre, il pienissimo diritto di occuparsi anche di ciò.

14. Attualmente, dunque, da parte di Dio ha luogo per gli uomini di questa Terra la Rivelazione suprema, poiché agli uomini di questa Terra non può giungere mai niente in eterno che sia maggiore a Me stesso nella carne degli uomini. Beato colui che crede in Me e di Me non si scandalizza, e poi vive ed opera così come sto insegnando apertamente! Infatti chi osserva la Mia Parola e vive ed opera scrupolosamente a seconda di questa, costui percepirà ben presto che queste parole che Io vi sto dicendo e che vi ho detto non sono parole d'uomo, ma sono parole di Dio, le quali in se stesse sono Vita, Luce ed eterna Verità.

15. Quelli laggiù dunque, se non vogliono credere in Me, lasciamoli stare, perché accanto a quelli ce ne sono ad ogni modo già molti altri che credono in Me, e perciò hanno già ora in sé completamente la vera vita eterna. Infatti, in verità, già ora vi sono qui alcuni i quali non sentiranno e non assaporeranno la morte! Ed in verità ancora ti dico che Io sono un vero Sposo, e chi crede in Me e Mi ama, è in verità la Mia sposa! E la sposa avrà in sé la vita eterna precisamente così come Io l'ho in Me stesso, Vita che Io posso anche dare a chi voglio donarla. Capisci questo?»

 

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Cap. 205

Il libero arbitrio e la missione spirituale dell’uomo sulla Terra.

 

1. Disse allora il romano: «Davvero, Tu sei un Dio! Infatti, se Tu fossi solo un uomo come noi, non potresti mai parlare con tanta Sapienza. I Tuoi segni di ieri veramente prodigiosi ottengono la pienissima conferma della verità solo tramite queste Tue parole, nonché tramite quelle da Te proferite oggi nel Tempio! Noi abbiamo già udito narrare molte cose di Te a Roma; ma tutte quelle voci sono ora un assoluto nulla al paragone di questa Realtà. Però riprendiamo a mangiare ed a bere, poiché quanto abbiamo udito è infinitamente grande e profondo, e noi dobbiamo prima debitamente digerirlo col nostro intelletto per poi renderci atti ad intendere qualcos’altro della Tua Grazia e del Tuo Amore! Infatti Tu non parli così come un solito uomo ragionevole parla di un edificio artistico e preziosissimo, ma Tu parli come un architetto che ha Egli stesso costruito l'edificio dalle fondamenta. Ma perciò quando Tu discuti è anche necessario essere raccolti in sé e stare scrupolosamente attenti per comprendere come si conviene punto per punto ogni Tua Parola, qualora si voglia trarne una vera utilità per la propria vita. Facciamo dunque adesso una piccola pausa; un po’ di pane e di vino ci renderanno più facile una comprensione più profonda».

2. Dopo di che i romani cominciarono di nuovo a mangiare e a bere di gusto, e noi imitammo il loro esempio; anche i settanta ospiti e la donna che era stata salvata continuarono a fare onore al pane e al vino scambiandosi le loro impressioni sulle parole da Me dette ai romani, nonché sulla testimonianza che il romano aveva dato del tutto apertamente di Me e senza sottintesi.

3. Anche i Miei discepoli non poterono fare a meno di meravigliarsi molto in segreto dell'acuto intelletto dimostrato dal romano, e dissero: «Vedete un po’ come hanno fatto presto questi arcipagani a chiarirsi le idee, mentre gli ebrei laggiù continuano a fare come colui che andava in cerca dell'asino pur trovandosi sopra! È davvero strano che simile gente non possa o non voglia vedere con la massima gioia la luce chiarissima e splendente della vita, e ciò sia detto perfino anche dal punto di vista del loro grande vantaggio terreno!»

4. Ed uno dei trenta ebrei-greci osservò: «Oh, in quanto a comprenderla, essi sono sicuramente in grado di farlo; il vero male invece è che essi non vogliono comprenderla, perché sono dell'opinione che così facendo correrebbero il rischio di rimetterci la loro reputazione, le loro grandi ricchezze e la loro vita comoda. Ma essendo così le cose, possono scendere anche gli angeli visibilmente dai Cieli per spiegare loro che il nostro Signore e Maestro è il Cristo, ciononostante essi non lo accetteranno appunto per il motivo che ho detto prima, cosa questa che io certo so meglio di tutti per aver visto il loro modo di agire al tempo di Zaccaria, il pio sommo sacerdote. Io e molti altri vedemmo l'angelo di Dio parlare con quel galantuomo, e fummo intimamente convinti che si trattava di un'apparizione genuina; sennonché lo smisurato orgoglio degli altri farisei e il loro egoismo passarono oltre a tutta questa verità, per la qual cosa essi subito dopo strangolarono Zaccaria fra l'altare dei sacrifici e il Santissimo. Ma com'erano allora, così sono tuttora, e se fossero vissuti ai tempi di Mosè, non avrebbero esitato a scendere in lotta perfino contro Jehova. E questi sono sempre ancora i sacerdoti e cosiddetti servitori di Dio che Tu, o Signore, vai tollerando, mentre è da tanto tempo che non andrebbero bene nemmeno a Satana!»

5. Dissi allora Io: «Adesso lasciamo stare questo argomento, perché ho appena spiegato a questi romani come da parte Mia tutta l'umanità, senza eccezioni, venga educata per la vita, ed i sacerdoti sono essi pure delle creature umane. Ma per quanto sia anche condannabile la loro volontaria caparbietà nel persistere in ogni peccato, questa tuttavia serve a dimostrarvi nella maniera più chiara con quanto rigore venga rispettato e protetto da parte di Dio il libero arbitrio dell'uomo, il quale è l'unico germe atto a sviluppare fuori da sé la pianta sublime della vita eterna dell'anima, perfettamente libera e indipendente. Ed appunto così viene anche fornita la massima prova che Dio non ha creato gli uomini soltanto per questa Terra e per il loro breve tempo di vita terrena, ma per una vita spirituale eterna, la quale può però venire raggiunta in modo perfetto unicamente mediante l'assoluto libero arbitrio dell'anima durante il breve periodo di questa vita corporale, ma che può anche venire perduta qualora l'uomo persista di sua propria volontà fino alla fine nell'ostinazione. Detto con chiarezza: non perciò un'anima cessa di essere anima, ma che specie di anima è? Questa è una domanda di genere ben diverso. Infatti nell’aldilà non si può più pervenire a quel grado di perfezione che può venire raggiunto in questa vita. Il perché Io ve l'ho spiegato già più di una volta. Così, solo dopo che ci saremo ristorati, ci dedicheremo ad altre considerazioni, e parleremo della grandiosa Misericordia di Dio!

6. Oggi però arriveranno qui ogni tipo di peccatori e di pubblicani, nonché alcuni farisei travestiti ai quali è giunta all'orecchio la notizia che Io Mi trattengo qui; ed è con questi che avremo a che fare. Ora dunque mangiamo quanto c'è qui, e poi ritorneremo al nostro lavoro. Ma finché Io riposerò e mangerò astenetevi dal rivolgerMi altre domande sull'uno o sull'altro argomento! Così sia!».

7. Dopo di che ognuno mangiò e bevve in silenzio quello che era rimasto dei cibi e delle bevande, e dopo poco tempo ci alzammo da tavola.

 

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Cap. 206

Sul peccato e sacrificio.

 

1. Saranno mancate forse tre ore al tramonto quando noi ci alzammo da tavola e uscimmo fuori, all'aperto. Dopo aver gironzolato per circa un quarto d'ora sul monte, finimmo con l'accamparci sotto un gruppo di ulivi; di lì a poco però una quantità di gente venne in cima al monte, e domandò ai servitori di casa se per caso Io Mi trovavo da quelle parti. I servitori risposero affermativamente e indicarono ai nuovi venuti il luogo dove Me ne stavo; quest’ultimi però, avendo visto che Io Mi trovavo in numerosa compagnia, non osarono avvicinarsi.

2. Ma Io dissi a Lazzaro: «Dì a quella gente di avvicinarsi, perché si tratta appunto di coloro dei quali già prima in casa ho fatto cenno che sarebbero venuti. Dato che sono venuti in cerca di Me, conviene dunque che Mi trovino!».

3. Lazzaro allora andò e riferì loro le Mie parole, ed essi poi avanzarono timidamente verso di Me.

4. Una volta che Mi furono giunti vicino, Io Mi alzai da terra e domandai loro perché fossero venuti in cerca di Me.

5. E un pubblicano della comitiva, si fece coraggio e così parlò: «O Signore e Maestro! Noi siamo dei grandi peccatori, perché a causa del nostro lavoro già da vari anni non abbiamo potuto visitare il Tempio, né assistere alle festività, ai sacrifici e alle prediche che vi vengono tenute; tuttavia oggi siamo andati al Tempio per vederTi e udirTi, e abbiamo ascoltato le Tue parole. Ora le Tue parole sono state una vera Luce per noi, tanto che ormai siamo giunti ad essere convinti appunto che Tu sei infallibilmente il promesso Messia, nonostante i farisei non vogliano o non possano riconoscerTi per Tale.

6. Dal senso delle Tue parole quanto mai vere, noi dobbiamo però arguire che Tu stesso non trovi un compiacimento eccessivo nel Tempio, e quindi siamo venuti da Te, o Verissimo, per chiederTi se e come noi possiamo ottenere da Dio il perdono dei nostri gravi peccati. Cosa ne dici Tu, o Signore e Maestro, dei nostri peccati? Possiamo sperare ancora che Dio sarà misericordioso? Tu però nel Tempio hai detto che basta che tutti coloro i quali sono affaticati e oppressi si rivolgano a Te, e Tu li conforterai; e quindi ora noi pure siamo venuti a Te in cerca di un vero ristoro»

7. Gli dissi Io: «Ascoltate, quello che oggi ho detto nel Tempio ha valore anche per tutti voi che siete venuti qui su questo monte! Chi commette peccato, è schiavo del peccato, e la verità non dimora in lui; ora, quando nell'uomo non c'è verità, in lui non c'è nemmeno libertà.

8. Il fatto che, a causa del vostro lavoro, non abbiate visitato il Tempio, né assistito alle cerimonie, ciò non costituisce veramente il vostro peccato più grave; mentre voi invece d'altro canto avete molto spesso oppresso eccessivamente i poveri costretti a passare davanti ai vostri uffici delle gabelle, e molte volte non avete dato la ricompensa a coloro che avevano lavorato per voi. Ora dunque sapete cos'è veramente peccato, e chi lo commette non può venire in Cielo, ma precipita nel giudizio e nella morte!

9. Infatti chi non sente affatto amore per il prossimo, può meno ancora provare amore per il Dio che pure egli è chiamato ad amare sopra ogni cosa, poiché chi già non ama il suo prossimo che egli vede, come potrà amare il Dio che non vede? Ora, l'amore per Dio, e fuori da questo l’amore per il prossimo, costituiscono veramente la vita dell'anima; e chi non ha in sé questo amore, non ha nemmeno vita, ma ha invece solo il giudizio e la morte.

10. Io però vi dico ora che da parte Mia i vostri peccati vi sono perdonati, avendoli voi riconosciuti e aborriti, ed essendovene pentiti; tuttavia per il pieno perdono dei vostri peccati è estremamente necessario che voi, là dove è ancora possibile, risarciate chiunque abbia per causa vostra in qualsiasi modo dovuto sottostare ad ingiuste trattenute, e che in avvenire non pecchiate più! Chi non ha pagato fino all'ultimo soldo tutto quanto deve ai suoi fratelli e sorelle non entrerà nel Regno di Dio prima di aver riparato al male commesso contro di loro. Fate voi pure così, e otterrete la vita eterna, ed i vostri peccati saranno definitivamente cancellati!

11. Però, nessuno può contemporaneamente servire Dio e il Mammona di questo mondo, perché chi cerca ed ama Mammona, non può amare Dio; ma chi non ama Dio, non ha nemmeno in sé la vera vita da Dio, ma soltanto una parvenza di vita dal principe di questo mondo, il quale in se stesso è morto e non può dare a nessuno mai altro che la morte, che costituisce per sempre l'unica sua essenzialità. Ed ora sapete quello che dovete fare; fate dunque così, ed allora vivrete in eterno!»

12. Disse il pubblicano: «Oh, Signore e Maestro, noi Ti ringraziamo dal più profondo dei nostri cuori per tale immensa consolazione! Non mancheremo di fare ogni sforzo per adempiere con la massima scrupolosità a tutti i nostri doveri secondo quanto Tu hai detto; tuttavia vorremmo pregarTi di darci in grazia ancora un consiglio. Vedi, da ebrei che siamo, per come ci siamo comportati finora abbiamo gravemente peccato contro il Tempio! Secondo Te, non siamo dunque tenuti a risarcire anche il Tempio di quanto gli è stato sottratto in seguito alla nostra trascuratezza?»

13. Io dissi: «Voi potete fare anche questo; Dio però non vi da affatto importanza, poiché presso Dio ha valore unicamente un cuore puro, mansueto, umile e colmo d'amore. Quello che invece potete fare consiste nel dare ai poveri con accortezza e in giusta misura, particolarmente alle vedove misere e agli orfani, poiché questa cosa è quanto mai gradita a Dio. Ma arricchire ancora di più il Tempio di quanto lo sia già ora, questo non ha assolutamente nessun valore al cospetto di Dio.

14. Sapete cosa sta scritto nei libri dei profeti in rapporto all'onore reso a Dio nel Tempio? Ecco, così sta scritto nei libri dei profeti: “Questo popolo Mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da Me!”. In verità vi dico che tutti i grandi sacrifici, non esclusi gli olocausti, sono un abominio al cospetto di Dio, perché Egli non ha affatto bisogno di tutto ciò. E infatti, cosa potete offrire a Dio di cose terrene che non l'abbiate già prima ricevute da Lui? Dio non ha per nulla bisogno del profumo delle carni di animali sgozzati offertiGli per sacrificio di fuoco, ma quello che Egli richiede da voi, Suoi figli, è l'ardore d'amore dei vostri cuori, dato che Egli è il Padre. Avete ben compreso queste cose?»

15. Allora uno dei farisei, che erano naturalmente travestiti, che si trovava più indietro disse per tentarMi: «O maestro, ma se i sacrifici non hanno nessun valore dinanzi a Dio, perché mai Mosè ed Aronne li hanno istituiti per comandamento di Jehova?»

16. Io dissi: «I sacrifici sono stati dati quale un simbolo del sacrificio di Colui il Quale nel tempo presente si sacrifica volontariamente per purissimo amore a vantaggio dell'umanità intera. L'olocausto poi è stato stabilito quale una testimonianza contro di voi, affinché vi rammenti sempre che voi siete stati continuamente dei peccatori e dei ribelli contro il vero Dio, e che quindi avevate bisogno di fare un'offerta di espiazione che, quale un indovinato simbolo, vi ricordi sempre che per effetto dei vostri molti peccati vi siete allontanati da Dio, e che avete la necessità di un mediatore che vi unisca e ricongiunga a Dio.

17. Per conseguenza l'istituzione dei sacrifici non ha nessun altro valore all'infuori di quello dell'insegnamento. Anche se offerto da voi, il sacrificio non ha proprio nessun valore effettivo neppure di fronte a Dio, ma ha valore soltanto per voi, in quanto rappresenta una tangibile Parola di Dio data per il vostro ammaestramento in un'immagine ricchissima di perfetta rispondenza, la quale è certo molto ben comprensibile per il savio. Chi la comprende, ha poi già tutto ciò che il simbolo può insegnare; ma se il simbolo dato per l'uomo deve avere un valore anche al cospetto di Dio, è bene che l'uomo operi dal suo cuore in modo tale che le sue opere corrispondano al senso spirituale del simbolo stesso.

18. Il vero e proprio senso spirituale di quel sacrificio che voi tuttora offrite però del tutto ciecamente e insensatamente, e che per questo non ha alcun significato per nessun altro - è che voi dovete amare Dio sopra ogni cosa e il vostro prossimo come voi stessi, e così pure che dovete astenervi dalla lussuria, dalla prostituzione e dall'adulterio di ogni specie. Comprendi tu questo?»

19. Udendo queste parole, il fariseo rimase assai meravigliato, e disse al suo compagno che gli era vicino: «Che ne pensi tu del modo in cui quest'uomo parla e insegna?»

20. L'uomo che era stato interrogato disse: «Che costui disponga di un intelletto assai lucido, non si può mettere minimamente in dubbio; ad ogni modo adesso gli rivolgerò una domanda, e vedremo poi come se la caverà!»

21. Infatti il fariseo, rivoltosi a Me, disse: «Maestro, la tua risposta è stata giusta, tuttavia visto che si deve amare il prossimo come se stessi, non sarà inopportuna la domanda: “Chi ho propriamente da considerare come mio prossimo?”»

22. Io dissi: «Anzitutto qualsiasi uomo che possa avere bisogno del tuo aiuto, ed in secondo luogo anche qualsiasi straniero, anche se si trattasse di un pagano venuto dall'ultima estremità del mondo. Io però vi esporrò ora una parabola, che vi sarà di norma nel giudicare chi sia effettivamente il vostro prossimo».

23. Dopo di che Io raccontai a tutti la nota parabola del buon samaritano, e conclusi rivolgendo a colui che Mi aveva interrogato la domanda: «Chi dunque, secondo te, fu il prossimo di quel misero che avevano quasi ammazzato?»

24. Egli disse: «Colui che gli fece del bene!»

25. Io dissi: «Hai giudicato bene; va dunque e fa tu pure lo stesso; così offrirai a Dio un vero sacrificio molto gradito, il quale sarà migliore di tutti i vostri sacrifici offerti con il fuoco e la macellazione!».

26. Dopo di questo, nessuno dei farisei travestiti poté più obiettare niente, e tutti gli altri resero lode a Dio che aveva concesso all'uomo una tale sapienza.

 

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Cap. 207

Considerazioni del Signore su Gerusalemme e sul tempo finale della Terra.

Il regno millenario e il giudizio di fuoco.

 

1. Io poi Mi alzai in piedi, e con i Miei discepoli Mi mossi un po' più oltre fino a là dove, per poter godere il bel panorama, erano disposte varie panche nonché sedili d'altro genere; giunto là, Mi fermai e Mi misi a sedere. Quello era il posto migliore per abbracciare con lo sguardo Gerusalemme.

2. I discepoli contemplarono la bella città, e Giovanni si rivolse a Me, dicendo in tono triste: «O Signore, amore mio, non è un vero peccato che questa città, secondo le Tue asserzioni, debba andare così miseramente in rovina tra pochissimo tempo?»

3. Io dissi: «Mio diletto Giovanni, la tua osservazione a questo riguardo è stata perfettamente adatta, e puoi scorgere delle lacrime anche nei Miei occhi. Ma che altro si può fare per impedirlo? Vedete, distruggere tutta questa popolazione per mezzo di un angelo sterminatore soltanto per conservare quelle mura, non sarebbe certo un qualcosa di particolarmente saggio, anzi sarebbe molto deplorevole, perché dentro quelle mura vivono attualmente ancora varie migliaia di persone che col tempo tuttavia crederanno in Me! E voi vedete là quei settanta e i numerosi pubblicani, nonché alcuni farisei e scribi travestiti; quelli oggi stesso crederanno completamente in Me, e fra il popolo ce ne sono moltissimi ancora, che in seguito verranno essi pure convertiti. Perciò questo luogo per ora deve anche essere risparmiato da un giudizio eccessivamente grave, di qualsiasi genere esso possa essere. Ma quando tutti i buoni pesciolini saranno stati tolti fuori da questo stagno, e al suo interno non vi nuoteranno più che bisce e rane schifose, allora sarà anche giunto il tempo di colmare la misera palude attraverso il fuoco e i terremoti.

4. Oh, contemplate un po' tutta questa regione! Quale aspetto essa aveva diecimila volte mille anni fa? Allora qui c’era ben poca terraferma, e di tutti questi monti e queste valli ora coperti di una vegetazione lussureggiante non c'era ancora traccia. Solo dopo un susseguirsi di eruzioni di fuoco che, con una grandiosità inimmaginabile per il vostro intelletto, imperversarono quasi su tutto il globo terrestre per un periodo di molte migliaia di anni, la Terra venne formandosi gradatamente così come si presenta oggi.

5. E vedete, come si va svolgendo il processo di formazione naturale della Terra, nello stesso modo procede poi anche la formazione spirituale dell'uomo! Attualmente nell'animo degli uomini tutto è ancora pieno dei più grandi uragani ed un imperversare sfrenato di fuoco. Le passioni più selvagge irrompono e devastano tutto in sé e oltre di sé. Ma lasciamo stare così, perché verrà un tempo in cui tutte le passioni di questo genere si convertiranno in un terreno tranquillo e fertile; solo dopo vi sarà piena luce e delizia fra gli uomini! Tuttavia gli uomini veramente buoni e puri saranno sempre una minoranza rispetto a coloro che sempre più o meno si lasceranno dominare dalle loro passioni mondane.

6. Un tale tempo migliore durerà mille anni e alcuni anni di più, e sarà simile all'aspetto attuale di questa Terra che è ormai poco visitata da tempeste e che gode di una certa tranquillità e ordine, piena di campi lussureggianti e fruttiferi, ma d'altro canto tuttavia è in misura molto maggiore ricca di deserti assai infecondi ed assai tempestosi rispetto alle terre tranquille e fertili, a prescindere dal grande Oceano.

7. Però dopo quest'epoca, che dovrà durare mille anni e più, la Terra sarà di nuovo sottoposta ad una grande prova del fuoco. In quel tempo, su questa Terra anche i monti diventeranno terre piane e fertili, e il mare dovrà molteplicemente restituire le terre morte che giacciono sepolte nei suoi abissi, e gli uomini migliori ne prenderanno possesso e ben presto le convertiranno in un Eden. Da quel tempo in poi, fino al totale dissolvimento di tutta la Terra, su di questa regnerà la vera pace, e la morte non riavrà mai più il suo diritto.

8. Ma come i monti della Terra saranno un giorno resi uguali al piano, così pure gli uomini attraverso dure prove dovranno deporre completamente la loro superbia, altrimenti sulla Terra, fra gli uomini, non si potrebbe mai arrivare alla vera pace interiore, poiché soltanto la superbia degli uomini genera la guerra, e quando la superbia cessa, allora cessano pure la gelosia, l'invidia, l'avarizia, l'odio e la discordia e con questa ogni lite, ogni contesa, ogni conflitto e ogni guerra.

9. E così anche avverrà di questa città, ora tanto famosa nel mondo e quasi la più antica, delle cui mura il grande re di Salem ha posto la prima pietra, e che ora si è innalzata alle vette massime della superbia. Essa verrà moralmente e materialmente molto abbassata e resa uguale alla pianura, e ad essa accadrà come ad un cedro molto alto e vecchio che, schiantato dall'uragano alla sua guasta radice perché secco, marcio e morto, viene poi segato dai legnaioli, fatto a pezzi con l'accetta e bruciato nel fuoco.

10. Sennonché, in quell'albero, questa fine è dovuta alla sua propria natura, mentre nell'uomo è dovuta alla sua cattiva volontà che non vuole adattarsi a nessuna legge, per quanto savia. Successe così all'epoca in cui gli Anociti, a causa della loro sfrenata disobbedienza, fecero venire su di loro il diluvio che li travolse tutti. Quante migliaia di volte furono ammoniti da Me, per mezzo di numerosi veggenti, di lasciare in pace le montagne! Sennonché nessuno prestava ascolto alle ammonizioni. Essi invece mangiavano, bevevano, gozzovigliavano e peccavano in tutti i modi possibili, si fidanzavano e celebravano sontuosi sposalizi, fino a che le acque irruppero da ogni parte sopra di loro e li affogarono tutti. Altrettanto si verificherà qui.

11. Questa razza di serpenti enormemente superba, nella sua cecità e illudendosi di essere potenti, si solleverà un giorno contro i romani e vorrà cacciarli fuori da questo Paese. E ciò sarà la loro fine. È già nato il condottiero, e più tardi imperatore, che porterà lo sterminio su questa città e sul suo popolo!

12. Ed avvicinandosi poi la fine di questo periodo dell'umanità del mondo, che però non sarà la fine di questa Terra, accadrà ugualmente così: allora gli uomini non scaveranno le montagne fino alle loro fondamenta come fecero a suo tempo gli Anociti ansiosamente alla ricerca di oro e di pietre preziose, né potranno più esasperare i Romani; invece per mezzo di macchine di ogni specie mosse dalla forza del fuoco, cominceranno a penetrare negli strati inferiori della Terra scavando gallerie e buche incredibilmente profonde attraverso le quali dei gas molto infiammabili (specie di arie infiammabili) si sprigioneranno e saliranno in grandi masse sulla superficie terrestre. E quando l'aria atmosferica si sarà eccessivamente saturata di tali gas, allora questi si accenderanno quasi sull'intera superficie terrestre e ridurranno tutto in cenere! Solo pochi fra gli uomini rimarranno in vita. Però coloro che resteranno, saranno degli uomini veramente degni di questo nome. Questi abiteranno davvero poi una Terra completamente rinnovata, e voi, nonché molti altri i quali dopo di voi verranno e saranno suscitati nel Mio Nome, sarete le loro guide e i loro insegnanti.

13. Solamente da quel tempo in poi il Mio Regno si troverà del tutto esteso su questa Terra, e gli uomini del Sole avranno con i Miei figli di questa Terra rinnovata una pienissima comunanza con piena parità di diritti, e diverranno grandi nell'amore dei Miei figli pienamente veri.

14. Quello però che vi ho detto adesso, tenetevelo per voi, perché nel tempo attuale non potrebbe essere di vantaggio per la salvezza di nessuno, anche se ne avesse la più chiara conoscenza. Ma quando sarà venuto il tempo opportuno, Io stesso farò sapere tutte queste cose dettagliatamente agli uomini, quando cioè questi saranno in grado di sopportare delle Rivelazioni più profonde. Ed ora diteMi se avete tutti ben compreso ogni cosa»

15. Disse Giovanni: «O Signore, mio unico amore, io l’ho compreso, perché questa volta di nuovo Ti sei espresso in maniera quanto mai chiara, e quindi mi è stato anche possibile intenderlo da Te e comprenderlo con grande facilità! Se poi anche tutti gli altri fratelli abbiano compreso tutto ugualmente, questo lo saprà certamente, come è naturale, molto bene ciascuno per sé!»

16. Tutti allora, ad eccezione di Giuda, dichiararono che avevano compreso tutto molto bene.

17. Soltanto questo discepolo, Giuda, disse: «A me, Signore, non è tutto chiaro!»

18. Dissi Io: «Se agli altri fratelli è chiaro e a te no, che pure non hai fatto altro che pavoneggiarti più degli altri della tua intelligenza, vai dai fratelli, ed essi ti renderanno comprensibile quello che non hai compreso! L'umiltà però comprende tutto prima della rigida e cocciuta superbia, la quale, se tu vi persisterai ancora più a lungo, diverrà il tuo diavolo, il tuo giudice e la tua morte. Che privilegio hai rispetto a tutti gli altri fratelli perché tu ti debba vantare tanto? Umilia te stesso, affinché tu possa sfuggire ai lacci di Satana!»

19. Allora Giuda si voltò e andò da Natanaele col quale andava d'accordo più che con altri, e lo interrogò riguardo a questo e a quello che non aveva compreso, e Natanaele gli spiegò ogni cosa: E quando anche questo discepolo ebbe compreso discretamente le predizioni da Me fatte poco prima ai discepoli, egli ritornò quieto e non fece più altre domande.

20. Però uno degli ebrei-greci che erano rimasti vicino a Me espresse l’opinione che forse non sarebbe stato dannoso annunciare qualcosa di tali insegnamenti anche agli altri ebrei.

21. Dissi Io: «Quello che eventualmente occorrerà loro, lo apprenderanno già ancora a tempo debito; ma non è affatto necessario che essi sappiano tutto. Ecco però che viene il nostro Lazzaro. Aspettiamolo dunque. Egli ha discusso parecchio con i templari travestiti, sentiremo dunque cosa ci racconterà di nuovo».

 

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Cap. 208

Il rapporto di Lazzaro sui farisei increduli.

 

1. Lazzaro dopo qualche istante ci ebbe raggiunti, e disse: «O Signore e Maestro! Mi dispiace immensamente non aver potuto restare qui con Te; sennonché io mi ero bene accorto che Tu volevi avere un po' di pace, e perciò ritornai dal popolo per impedire che Ti restasse appiccicato e Ti disturbasse mentre riposavi. Naturalmente, le discussioni sono state molte, e tutti i ragionamenti ebbero Te quale oggetto esclusivo, e precisamente furono dette molte cose PRO (a favore) e poche cose CONTRA (a sfavore).

2. I romani hanno sostenuto con grande efficacia un dibattito con quegli accoliti del Tempio travestiti, in modo che questi ultimi non furono più in grado di fare nessuna obiezione. Due di loro si mostravano già quasi propensi a credere in Te, ma gli altri continuavano invece a battere sempre su quel vecchio chiodo, che cioè dalla Galilea non poteva affatto sorgere un profeta! Allora la donna che Tu hai salvato si intromise e obiettò loro: “Voi avete ragione asserendo che, come veramente sta scritto, nessun profeta sorgerà dalla Galilea; Costui però non è affatto un profeta, anzi Egli è il Messia, e quindi il Signore in Persona, il Quale si è fatto annunciare per mezzo dei profeti; ora non sta scritto proprio da nessuna parte che il Messia stesso non possa sorgere dalla Galilea! Oltre a ciò io prima ho sentito da questi uomini che appunto questo Signore e Maestro, che voi andate perseguitando e nel Quale non volete affatto credere, non è in nessun modo nato in Galilea, bensì a Betlemme nella Giudea, e che l'ottavo giorno dopo la Sua memorabilissima nascita venne circonciso nel Tempio dove ricevette il Nome di Gesù da Betlemme. Ma se le cose rispetto a quest'Uomo divino stanno in questi termini, perché insistete nel dire che dalla Galilea non può sorgere nessun profeta?”.

3. O Signore! Quando quella donna estremamente graziosa ebbe terminato di contrastare i pochi templari, ci fu un tributo di applausi sia da parte di tutti i romani che della comitiva dei settanta uomini e così pure dei pubblicani là presenti, e tutti insistettero perché i templari facessero valere le loro eventuali ragioni contrarie a quelle eccellenti fatte valere dalla donna. Sennonché nessuno di loro poté trovare qualcosa di plausibile da opporre! E fu così che quella donna poté celebrare al cospetto del popolo un trionfo in piena regola di fronte a quei sapientissimi farisei e scribi, ciò che fu un vero balsamo per il mio cuore, tanto anzi che promisi alla donna e al suo marito che li avrei provvisti vita natural durante di tutto quanto avrebbe potuto loro occorrere. La cosa diede molto sui nervi ai templari, ma essi non si azzardarono di dire più nulla.

4. Dopo venne la volta di Agricola, il romano, il quale, rivoltosi a quelli fra i templari che erano i più restii a credere, disse: «Ma, amici cari, è davvero una cosa molto comica avere a che fare con voi! Voi, da sacerdoti e maestri del popolo che siete, dovete evidentemente essere molto esperti nelle vostre scritture e dottrine, nelle quali, senza possibilità di dubbio, è fatto cenno appunto di quest'Uomo. Tutte le circostanze menzionate dai profeti in relazione alla venuta del vostro Messia si verificano esattissimamente e risultano in tutto e per tutto concordanti appunto nei riguardi di quest'Uomo; come mai allora potete dire: “Egli non è quello che Egli da Se stesso, con le parole e con i fatti, dichiara di essere dinanzi a tutto il mondo, apertamente e senza nemmeno l'ombra di qualche occulto pensiero"?

5. Voi pure siete uomini e possedete dei beni a sufficienza per permettere ad uno di voi, volendolo, di presentarvi in vesti d'oro e di seta! Ma qualora uno così vestito con sfarzo reale si presentasse dinanzi al popolo e dicesse: “Ascolta o popolo, io sono il promesso Messia degli ebrei!”, ebbene, nemmeno il più scaltro e temerario di voi avrebbe un tale coraggio, perché egli già anticipatamente saprebbe quale accoglienza sarebbe riservata ad un proclama di questa specie da parte del popolo nonché dai suoi colleghi di prima! Ma adesso si domanda “Chi” è che dà a questa Persona, dal parlare schietto e dai modi semplicissimi, il coraggio di proclamare pubblicamente e ad alta voce, dinanzi a voi come pure al cospetto di tutto il mondo, di essere solo Lui il Messia promesso degli ebrei, o meglio ancora di tutta l'umanità di questa Terra; e quanto poi Egli dice di Sé, va confermandolo con le parole e con le opere. Ma se è così, come gli occhi e gli orecchi di tutti possono renderne testimonianza, perché non credete? Se noi, che siamo dei pagani, possiamo indubbiamente credere questo, perché allora voi no? Ma eccolo qua il perché: perché voi siete accecati dall'orgoglio e siete colmi del più rozzo egoismo!

6. Noi romani non siamo stati invece mai così, poiché presso di noi ha ancora valore la norma giuridica antica: “Dai a ciascuno il suo, non offendere né ingannare nessuno, e vivi in modo onorato! Esamina ogni cosa, e trattieni ciò che è vero e buono; quello che fai, fallo assennatamente e pensando alle conseguenze!”. In modo conforme a queste norme vive fedelmente ciascun onesto romano, ed è fino in fondo all'anima entusiasta di ogni cosa grande e meravigliosa. Voi invece andate dicendo che voi stessi siete pressoché altrettanti dèi; se però fra di voi sorge qualcosa di veramente divino, cominciate ad odiarlo più della morte, e non ne volete sapere né sentire niente. Ma che razza di gente siete voi allora?»

7. Ed uno dei travestiti disse poi: «Sì, sì, a voi romani, che ora siete i nostri signori e dominatori, fa certo comodo trovarvi dinanzi ad un “Messia” di questo stampo, debole e che propende più dalla vostra parte che dalla nostra; ed è facilmente spiegabile che sarete sempre entusiasti di costui oppure di un altro suo pari. Ma quando invece verrà il vero Messia in tutta la sua potenza, egli vi caccerà fuori da questo paese, e poi egli stesso regnerà qui, e ben presto anche su tutto il mondo!»

8. Allora il romano si moderò e disse in tono calmissimo: «Che voi vi raffiguriate proprio così il Messia, questo ce l'ha dichiarato e spiegato per filo e per segno durante il pranzo appunto quel Messia in cui voi non volete credere e che non volete accogliere; sennonché io vi dico che un “messia” come voi ve lo immaginate, siete destinati ad aspettarlo invano! Ma se dite che questo Messia fa comodo a noi romani per la ragione che è debole e del tutto privo di potenza, voi mentite perfidamente e rinnegate quello che voi sapete anche troppo bene! Ascoltate bene quel che vi dico: “Quest'Uno ha nella propria Volontà infinitamente maggiore Potenza e Forza di tutti i regni di questo mondo messi assieme, per quanto possenti possano essere! Questo noi lo sappiamo e lo conosciamo perché l’abbiamo appreso a Roma da testimoni assolutamente degni di fede, i quali hanno visto e udito di Lui moltissime cose. E voi che siete e che vivete qui, osate dire spudoratamente in faccia a noi, romani, che ci teniamo a Lui perché Egli è debole! Ebbene, aspettate! Quando ritornerà, noi insisteremo nel pregarLo che vi dia ad assaggiare un po' della Sua Potenza, e poi vedremo se continuerete a sostenere che in Lui non vi è che debolezza!».

9. A queste parole i farisei travestiti rimasero in silenzio, ed i romani si consultarono fra di loro sul cosa avrebbero dovuto fare in quella evenienza, poiché parve che non fossero troppo disposti di restare indifferenti di fronte al contegno di quei travestiti e di prendere la cosa alla leggera.

10. Ma poiché vidi benissimo come la questione nel suo assieme nonché l’arroganza dei, dico due di numero, farisei travestiti aveva molto irritato alcuni dei romani dal sangue più bollente, intervenni io nel dibattito e dissi: “O amici miei cari da Roma, la grande città imperiale, non prendete sul serio il blaterare insensato di questi due ciechi! Infatti se avessero anche un solo bagliore di chiaro intelletto, certamente non si sarebbero espressi così come hanno fatto. Noi che siamo qui in molti, siamo pure degli ebrei, e il nostro Signore e Maestro è pure tale, e noi tutti abbiamo la massima stima di voi, dovendo molto al saggio governo di Roma, perché esso è la nostra difesa e la nostra tutela contro le angherie e le oppressioni molte volte insopportabili da parte del Tempio e di Erode, il re feudatario. Noi sappiamo ciò che abbiamo nei romani; questi presunti signori despoti invece non lo sanno, o non vogliono saperlo, e quindi non vale la pena davvero che facciate attenzione alle loro vane chiacchiere! Io però pregherò in ginocchio il Signore stesso, perché Egli voglia dare a questi ciechi una piccola prova della Sua Potenza, affinché questi stolti non possano rimproverarvi di averLo in considerazione soltanto a causa della Sua debolezza!”.

11. Queste mie parole valsero a rabbonire i romani, e poi venni subito da Te. Dunque adesso Ti prego caldamente di voler fornire a quei pochi farisei ciechi una prova del fatto che Tu sei un Messia veramente onnipotente e non uno debole!».

 

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Cap. 209

Il miracolo nella locanda.

 

1. Dissi Io: «O amico Mio e fratello! Quei ciechi per propria perfida volontà sanno anche troppo bene che Io sono molto potente, e non hanno bisogno di nessun’altra dimostrazione più grande della Mia Sapienza, Forza e Potenza, poiché Mi odiano appunto perché Mi temono a causa della Mia Sapienza e della Mia Potenza. Dunque per questa ragione non sarebbe davvero necessario fornire a quei ciechi una nuova prova della Mia Potenza; tuttavia per amore dei romani Io, senza farMi assolutamente notare, intendo compiere qualcosa affinché i romani possano trarne argomento per ribattere le loro asserzioni. E dato che ora il Sole è già sceso sull'orizzonte, noi ce ne andremo da qui e rientreremo in casa; chi poi vorrà seguirci, potrà trovarci là, perché all'aperto Io oggi non farò né dirò nient'altro. Andiamocene dunque a casa!»

2. Disse Lazzaro: «O Signore, la mia casa è molto vasta, però non saprei davvero se tutti coloro che sono ora qui potranno trovarvi posto»

3. Io dissi: «Non ti preoccupare per questo! Infatti le pecore pacifiche trovano sempre posto in un ovile! In quanto poi ai due farisei un po’ rognosi, ciò non importa niente. Andiamo dunque!»

4. Dopo di che ce ne andammo e ci trovammo ben presto seduti alla nostra mensa sulla quale era già stato servito del pane e del vino. Avevamo appena preso posto, quando tutti coloro che, fuori dalla sala, avevano fino a quel momento discusso molto animatamente, si affrettarono ad entrare nella grande sala da pranzo dove eravamo radunati; e quantunque fossero in molti, pure tutti trovarono comodamente posto. Ora tale constatazione suscitò tanto in Lazzaro che nell'oste una meraviglia assai grande.

5. E l’oste disse: «O la gente è diventata più piccola, o la sala si è fatta più grande! Un numero così grande di persone non si è mai trovato radunato qui dentro! Ma da dove poi sono arrivate qui tutte quelle mense così ben disposte e queste sedie? E da dove è arrivato così all’improvviso tanto pane e vino? Io finora non ho fatto servire neppure una goccia di vino, e nemmeno un solo pezzetto di pane! Come è capitato? Hai forse tu ordinato in segreto ai servitori di fare così?»

6. Disse Lazzaro: «Io certo ancora meno di te! Qui è stato ancora una volta il Signore a disporre così con la Sua onnipotente Volontà. Io ed i romani per mezzo mio Lo abbiamo pregato di compiere qualcosa di straordinario allo scopo di dare una lezione ai farisei travestiti che sono venuti qui, ed Egli, come adesso chiaramente vedo, e senza farSi assolutamente notare, ha davvero già compiuto il segno richiestoGli. Ma guarda un po' che aspetto ha la mensa destinata ai romani! I boccali del vino sono di purissimo argento e le coppe sono d'oro lucentissimo! Disponi forse tu di un simile vasellame per il servizio degli ospiti?»

7. A questo punto l'oste sbarrò tanto d'occhi, e più ancora i romani.

8. Ed Agricola, completamente sbalordito, disse a Lazzaro: «O amico, perché ci onori in questo modo stasera, e perché non l'hai fatto già ieri a sera ed oggi a pranzo? Infatti questo qui che abbiamo sotto agli occhi è uno sfarzo tale che viene sfoggiato, da coloro che ce l’hanno, solo quando vogliono rendere onore ad un imperatore!»

9. Disse Lazzaro: «O amici miei! Se io avessi avuto dei vasellami di questa specie ieri sera o stamani, in verità non avrei mancato di ornarne la vostra mensa; sennonché questi vasellami mi sono stati portati in casa e sono stati deposti sulla vostra mensa senza che io ne sapessi nulla né tanto meno come ci sono arrivati; per conseguenza io sono del parere che senza dubbio già si tratta di quella certa piccola prova di Potenza fatta a vantaggio di coloro che hanno espresso dei dubbi in merito a tate Potenza!

10. Del resto qui ormai si passa di prodigio in prodigio! Guardate un po' le numerose mense che ora si trovano in questa sala; né io, né il mio oste sappiamo da dove siano venute! Oltre a ciò tutte le mense sono provviste più che abbondantemente di pane e di vino, e né l'oste, né io o qualcuno dei nostri servitori possiamo dire di averli deposti sulle mense! Oltre a tutto poi io so perfettamente quante persone possono trovare, in caso di estremo bisogno, spazio sufficiente in questa sala; ma adesso ci sono qui buone cinque volte tanti ospiti quanti se ne avrebbero potuto alloggiare normalmente, ed ancora resta spazio sufficiente per accoglierne altrettanti, e nonostante ciò questa sala, ingrandita davvero di molto, ha conservato assolutamente immutato il suo aspetto di prima! Se ora voi considerate nella sua vera luce questa cosa, dovrete convenire che qui ci troviamo evidentemente di fronte a molto di più della piccola prova di Potenza richiesta da noi, e dovuta esclusivamente ad un semplice atto di Volontà del nostro Signore e Maestro!»

11. E il romano, sempre più stupefatto, disse: «Eh sì, o amico, avrai senz'altro ragione! Infatti se anche tu avessi fatto portare di nascosto per noi questo prezioso vasellame da Betania, nel qual caso a noi che siamo in trenta non sarebbe potuto sfuggire che qualcosa veniva portato in casa - a meno che tu non avessi a tua disposizione qualche corridoio sotterraneo che da qui vada fino a Betania, ciò di cui è legittimo dubitare -, tu non avresti in nessun caso potuto procurarti in poche ore tutte le molte tavole e sedie che vediamo qui, né ampliare la sala nello stesso tempo! Noi quindi ci troviamo di fronte ad un reale prodigio mai avvenuto finora; e Colui che lo ha compiuto non può essere più un uomo, ma un Dio!».

12. Dal canto loro i farisei, ormai cinque in tutto, ed un paio di leviti ammiravano il tutto sconcertati senza sapere cosa dire.

13. Dato però che ben presto l'oscurità era andata accentuandosi, si dovettero accendere i lumi, operazione questa sempre alquanto faticosa; perché in quel tempo non esistevano per procurarsi del fuoco i mezzi di cui si può disporre oggi. Quando la cosiddetta “luce perpetua”, di cui ogni casa era provvista, si spegneva, bisognava andare da un vicino per farsi prestare del fuoco, oppure, in mancanza di ciò, era necessario sfregare l'uno contro l'altro certi pezzi di legno di qualità speciale e perfettamente asciutti, finché avessero cominciato ad ardere. Stavolta però in casa il fuoco era venuto completamente a mancare, ed i servitori si erano messi a strofinare quei certi pezzi di legno senza tuttavia riuscire ad ottenere del fuoco; per conseguenza l'oscurità andava facendosi sempre più fitta, e nessuno era capace di procurarsi del fuoco.

14. Allora Lazzaro Mi venne vicino e disse: «O Signore, in tutta la casa il fuoco è venuto a mancare, e nessuno riesce in qualche maniera ad accenderne dell'altro di nuovo; ora a Te è certo possibile tutto; se dunque vuoi, procuraci Tu un po' di luce!»

15. Io dissi: «Ebbene, mettete le lampade sulle mense, e così pure preparate i lumi alle pareti; poi vedrò se ci sarà possibile procurarci del fuoco!»

16. Tutto fu fatto secondo quanto avevo ordinato, e poi Io dissi: «Come sta scritto nel primo libro di Mosè, quando Dio così parlò alle tenebre: “Sia fatta luce!” e luce fu fatta nell'immensità della Creazione, così anch'Io ho il potere di dire: “Luce sia fatta in tutta questa sala e in tutta la casa!”.

17. E non appena ebbi proferito queste parole, istantaneamente tutte le lampade nella sala e in tutta la casa si accesero; e in cucina la legna prese fuoco sul focolaio, ciò che permise ai cuochi di mettersi a preparare i cibi.

18. Quando i farisei ebbero visto questa cosa per loro incomprensibile, rimasero assolutamente sconcertati, guardarono dalla parte dove si trovavano i romani in attesa di quello che essi avrebbero detto dell'avvenimento.

19. Ma i romani non riuscivano a riprendersi dal loro stupore, tanto che passò quasi mezz’ora prima che mettessero in moto la lingua. Ma poi Agricola si alzò, si avvicinò alla mensa collocata del tutto a parte dove sedevano i farisei travestiti, e disse loro: “Ebbene, che cosa vi pare di una simile debolezza di questo verissimo Messia? Siete dell'opinione che pure questa sia stata una dimostrazione di debolezza? O siete forse anche voi capaci di ottenere degli effetti simili con un semplice atto della vostra volontà? Riuscite anche voi a creare delle coppe preziose di questa specie e a riempirle di deliziosissimo vino? Siete pure voi capaci di produrre dall’aria, forse per magia, questo gustosissimo pane? E potreste costruire in un attimo, senza materiale alla mano, dei tavoli e delle panche? Il tavolo al quale sedete e le panche e le sedie sono, come vedete, abbastanza solide; eppure esse non sono state fatte dalla mano degli uomini, ma sono state create semplicemente dalla Volontà di Colui al Quale, così dite voi, noi romani siamo tanto affezionati unicamente per la ragione che non abbiamo in certo modo nulla da temere dalla Sua debolezza. Che cosa dite dunque, di quello che avete visto?”».

 

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Cap. 210

I dubbi farisaici sul Signore come Messia.

 

1. Allora uno dei farisei, con voce che tradiva un estremo imbarazzo, rispose: «Tutto ciò è senza dubbio veramente straordinario e finora non si è mai sentito che gli uomini abbiano potuto compiere atti simili! Sennonché noi abbiamo già visto degli altri abili maghi, i quali pure hanno compiuto delle cose assolutamente incomprensibili; che si siano poi serviti di mezzi naturali, o che abbiano fatto ricorso all'aiuto di spiriti invisibili al loro servizio, questo noi non siamo in grado di giudicare! Ma perciò anche non si può escludere che quest'uomo sia in possesso di misteri acquisiti in qualche modo col suo grande talento, che egli certo non consentirà di rivelare a nessuno. Prima dunque che si possa accettare come Dio un uomo, sia pure della sua specie, conviene che molte cose, anzi veramente tutte, siano esaminate a fondo, e solo dopo si può dedurre con chiarezza con chi si ha davvero a che fare. Io non contesto affatto la possibilità che egli possa essere il Messia autentico, ma accettare per vero questo senza un’adeguata indagine, è e resta una cosa quanto mai azzardata.

2. Noi ebrei abbiamo una Legge, secondo cui non esiste che un Dio soltanto al Quale siamo tenuti a credere, e non dobbiamo avere alcun Dio estraneo accanto a Lui. Se noi accogliamo pure costui come un Dio, dove se ne va l'antica Legge? Allora noi dovremmo credere in due dèi, anzitutto in un Dio visibile che si trova qui più vicino a noi, e poi nel Dio invisibile, del Quale pure è detto che nessun mortale Lo può vedere e contemporaneamente conservare la propria vita.

3. In fatto di religione è molto più facile per voi romani. Voi avete nel complesso varie migliaia di divinità che venerate, e per voi ha ben poca importanza che tra questi molti dèi, da voi collocati nel vostro Olimpo o nel vostro Pantheon, ve ne sia uno di più oppure uno di meno; invece da noi ebrei la cosa assume un aspetto enormemente diverso. Il nostro Messia che deve venire, noi non possiamo raffigurarcelo che sotto la forma di un possente profeta, una specie di Mosè o di Elia potenziato, che, oltre alla sua forza spirituale di sommo sacerdote, possieda anche quella di un re, come è stato un giorno il caso di Davide. Ma che il promesso Messia debba essere l'antico Jehova stesso od almeno un autentico Figlio Suo, questa, nonostante tutti i segni veramente grandi che egli va compiendo dinanzi ai nostri occhi, è una cosa ben difficile da ammettere per noi ebrei ligi alla vecchia Legge.

4. Costui ora va dicendo apertamente che “avrà vita eterna colui che crederà in lui”; ma se così fosse, bisognerebbe pure che l’antico Jehova facesse sentire qualcosa da parte Sua, a conferma del fatto che questo Nazareno è veramente Suo Figlio, e che inoltre abolisse la vecchia Legge che ci è così tanto gravosa; e poi saremo volentieri disposti a credere in due dèi anziché in uno solo. Questo però finora non si è verificato dinanzi ai nostri occhi ed ai nostri orecchi; per conseguenza per il momento non ci resta purtroppo altro che attenerci alla vecchia Legge.»

5. Disse il romano: «Tu ora hai parlato in modo assolutamente diplomatico; sennonché noi romani sappiamo anche troppo bene quale valore ha per voi l'antica Legge. A voi interessa unicamente quello che la vostra dottrina religiosa e il vostro Tempio possono rendervi, mentre ciascuno di voi è sempre disposto a vendere per qualche libbra d'oro e d'argento il vostro Jehova assieme a Mosè e a tutti gli altri profeti! Se così non fosse, voi non odiereste e non stareste perseguitando i samaritani per la ragione che essi non vogliono saperne delle vostre nuove massime, intendendo invece restare fedeli a Mosè e agli altri profeti!

6. Vedete, noi siamo certo dei romani, però noi a Roma siamo perfettamente a conoscenza di ciascun particolare della situazione nelle nostre province dell'Asia, e quindi sappiamo con tutta esattezza che voi al cospetto del popolo siete sì sacerdoti, ma soltanto all'apparenza, mentre in realtà siete degli atei peggio dei nostri cinici ed epicurei. Voi non credete in alcun Dio, e perciò siete anche sempre pronti in segreto a perpetuare i più gravi ed orribili crimini contro ogni legge civile e più ancora contro ogni Legge divina. Se non vi fossero le nostre leggi temporali a tenervi a freno, leggi che vengono sempre applicate con inesorabile rigore, già da molto tempo nessuno sarebbe più sicuro della propria vita di fronte a voi.

7. Il fatto che voi non volete riconoscere questo verissimo Uomo-Dio per quello che indubbiamente è, non va attribuito affatto né al vostro Jehova, né al vostro Mosè, ma unicamente al timore di perdere, in seguito al Suo operare, la vostra reputazione e le vostre cospicue rendite! Nella vostra completa mancanza di coscienza voi siete ora quanto mai soddisfatti di esservi liberati di ogni più piccolo barlume di fede in un Dio; ed ora volete darci a intendere che voi, di punto in bianco, comincereste seriamente ad avere di nuovo fede in un Dio? Voi volete invece evitare una cosa simile! Tuttavia c'è pure una cosa dinanzi a cui non potete restare indifferenti, e questa consiste nel fatto che evidentemente tanta parte di popolo crede ormai in questo verissimo Uomo-Dio; così il popolo progredisce in saggezza e chiarezza, e non può fare evidentemente altro che voltarvi le spalle; e qui mi permetto di dire anche a voi: “HINC ERGO ILLAE LACRIMAE!” (“Perciò dunque tali lacrime!”, cioè “Questo è dunque il motivo!”). Secondo il mio chiaro intelletto, non ho fatto che dirvi ampiamente la pienissima verità; voi comunque ora potete fare quello che volete!»

8. A queste energiche parole del romano, parole che, come si può facilmente capire, gli erano state poste in bocca da Me, uno dei due farisei più ostinati rimase completamente sbalordito, e nella sua rabbia non seppe cosa replicare al romano.

9. Un altro però, un po' credente, che in segreto cominciava a credere in Me, disse al romano: «Amico caro! Tu veramente ci hai giudicati un po' troppo severamente! Io con ciò non voglio proprio dire che tra i nostri pari non possa esservi eventualmente qualcuno che ha le caratteristiche descritte da te; ad ogni modo né io, né vari altri apparteniamo proprio a quella classe! Noi crediamo ancora fermamente nell’antico Jehova e nei profeti; tuttavia le massime nuove non le abbiamo inventate noi, né le abbiamo promulgate, ma, dato che ci sono, siamo tenuti ad osservarle. Ora noi siamo del parere che non avrebbero potuto mai essere enunciate qualora non fossero state gradite a Jehova, perché nei tempi antichi non era affatto lecito ai sacerdoti modificare in nessun punto le vecchie leggi, e se qualcuno ha osato questo, la punizione assieme al profeta incaricato di annunciarla non è mai mancata subito dopo, mentre ora è già molto tempo che non vi è più traccia di avvenimenti simili! Ma da ciò risulta chiaro che Dio è completamente d'accordo con le nuove massime del Tempio, visto che Egli non si muove affatto per farci notare il nostro errore, né ci invia qualche profeta accettabile.

10. Ora il nostro Galileo sarebbe certo provvisto di tutti i contrassegni che si esigono da un profeta, e noi non esiteremo ad onorarlo per tale, purché egli non fosse sorto in Galilea, come invece è! Lo stesso caso si verificò con Giovanni, il Battista; le sue parole suonavano perfettamente come quelle di un profeta, sennonché egli pure era un autenticissimo Galileo, e quindi noi, credenti nella Scrittura, non potevamo credere proprio incondizionatamente che fosse un autentico profeta. È vero, d'altro canto, che nessuno dei due è proprio nato in Galilea, ma in Giudea; tuttavia dalla Scrittura risulta che a questo riguardo non è normativo il luogo di nascita, bensì quello dove un profeta si manifesta come tale. Considerato dunque che sta scritto che in Galilea non poteva sorgere alcun profeta, nemmeno noi possiamo così, alla leggera, come sembra voi supponete, accettare questi per veri ed autentici profeti! Voi dunque non potete volercene a male se vi diciamo che dovremo renderci conto di molte cose ancora, prima di poter riconoscere nel Nazareno un genuino profeta. Solo dopo si vedrà che rapporto ci può essere tra lui e il Messia. Anche tu hai detto che voi romani prima esaminate bene ogni cosa, e solo dopo trattenete ciò che è buono; come dunque potremmo noi errare seguendo il tuo saggio consiglio?»

11. Disse il romano: «Oh, in questo particolare non errate affatto! Sennonché qui non c'è più nulla che occorra sottoporre ad ulteriori esami; invece qui impera la pienissima ed inoppugnabilissima verità, verità che soltanto una cecità eccessiva non riesce a scorgere, poiché per il cieco, è come se anche il Sole di pieno mezzogiorno non esistesse!

12. Noi romani e greci non siamo affatto della gente eccessivamente credula, e disponiamo di sufficiente acutezza di ingegno per esaminare da tutti i lati un uomo che sia capace di produrre qualcosa di straordinario. Anche la sfera della magia ci è assolutamente familiare, e non ignoriamo affatto i misteri egiziani, né quelli indo-persiani; e noi vi possiamo dire che Opere del genere di quelle compiute da Costui non sono state mai fatte da nessuno, e che nessuno ha mai parlato ed insegnato nella maniera in cui Egli parla e insegna! Ora, queste sono per qualsiasi persona dotata di libero pensiero prove più che sufficienti e tali che sembrano addirittura dire: “Ecco! Questo non è più un uomo, ma un Dio al Quale siete tenuti a tributare il massimo onore!”. Qui ormai non si tratta più affatto di credere semplicemente, ma di venire, vedere e adorare nonché amare quel Dio che non è più misconoscibile!

13. La verità però non può venire riconosciuta se non da colui nel quale la verità già dimora da prima; chi non ha questa luce nella propria anima, non può nemmeno riconoscere mai la luce stessa, e questo è appunto quello che succede a voi. Voi dite di voler prima esaminare le opere e gli insegnamenti di questo Uomo-Dio! Ma noi romani vi domandiamo in che modo intendete fare ciò. Chi vuole esaminare qualcosa, deve prima essersi impadronito in maniera perfetta di ogni tipo di cognizioni e di capacità; ma voi dove mai potreste esservene impadroniti? Nel vostro Tempio arrugginito, sicuramente no; in quanto poi ad aver imparato qualcosa altrove, si sa che non siete mai progrediti là dove realmente avreste potuto imparare qualcosa di buono, di utile e di fondamentale. Però, le vostre antiche Scritture non le comprendete affatto, e le nuove non valgono nemmeno uno statere; ma che altro conoscete? Ora, se non c'è alcun dubbio possibile che voi non conoscete altro, allora come mai e in che modo volete esaminare quest'Uomo-Dio? Dite dunque voi stessi se noi romani non vi scrutiamo per filo e per segno!».

 

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Cap. 211

La scommessa tra Agricola e un fariseo.

 

1. Disse allora uno dei farisei che era un po' più credente: «A questo riguardo non avete proprio grande torto, tuttavia fra di noi ebrei c'è pure qualcuno che ha imparato qualcosa e che perciò è in grado di esaminare e di giudicare, né fra i sacerdoti manca chi sa parecchio di più di quanto possa sembrare ad uno straniero!»

2. Disse il romano: «Oh, io non nego affatto che pure voi ebrei dovete aver imparato qualcosa! Ma quello che avete imparato non è di gran lunga sufficiente a giudicare nemmeno l'intelletto di un romano, per non parlare poi della sapienza di quest'Uomo-Dio che è davvero illimitata e della quale noi abbiamo il massimo rispetto.

3. Io sono disposto a scommettere mille libbre d'oro che voi non siete in grado di dare una giusta risposta neppure ad una sola domanda che anche il solo mio intelletto potrebbe suggerirmi. Ma se voi più che sicuramente non siete capaci di tanto, come volete fornirci la prova che questo Uomo-Dio non è il Messia assolutamente vero e giusto? Fate venire qui il più intelligente di voi, e mi attengo anche con lui alla scommessa di cui ho parlato prima! Io però, quale controprova, mi riservo di proporre in vostra presenza delle domande fra le più difficili a questo Uomo-Dio, e scommetto mille libbre d'oro che Egli mi darà esauriente risposta a tutte. Ma se poi Egli proporrà a me delle domande, io non sarò capace di rispondere nemmeno in parte a nessuna, quantunque io certamente comprenda mille volte di più del più sapiente fra voi!»

4. Disse un fariseo: «Amico, io credo che così facendo porresti a grave rischio il tuo oro, perché noi siamo esperti in molti rami dello scibile!»

5. Disse il romano: «Non importa; io non ci tengo al mio oro, tanto più che posso disporre ancora di oltre mille volte quanto è l'ammontare della scommessa! Badate però che io, patrizio di Roma, quello che dico lo mantengo per la vita e per la morte! Notate bene le mie parole! Lasciate dunque che vi rivolga delle domande; se mi darete delle giuste risposte, le mille libbre d'oro saranno vostre, se invece non sarete capaci di darmele, mi pagherete solo cento libbre a titolo di ammenda per il vostro contegno insolente di fronte a noi romani, vostri signori!»

6. I sette allora si consultarono fra di loro per decidere se accettare o meno la magnifica scommessa. Uno dei sette espresse il parere che il rischio sarebbe stato piuttosto grave, perché infine non si poteva sapere che genere di domande avrebbe fatto il romano.

7. Sennonché un altro fra i più scettici dichiarò: «Io penso che quel pagano non sarà in grado di farmi alcuna domanda ragionevole alla quale mi sia impossibile dare una risposta! Io per conto mio accetto la scommessa; l’unica condizione è che alla prova devono essere presenti anche degli arbitri per decidere della bontà e della giustezza delle mie risposte»

8. Poi rivoltosi al romano, disse: «Se è possibile avere qui un arbitro esperto ed imparziale, sono pronto ad accettare la scommessa!»

9. Disse il romano: «Sta bene, sceglietene voi uno! Qui ci sono qualche centinaia di uomini; essi saranno bene in grado di giudicare se le tue risposte saranno state vere, buone ed esaurienti. Dal canto mio un Arbitro l'ho già»

10. Disse il fariseo insuperbendosi: «Benissimo! Esponi pure le tue domande, la scommessa vale!»

11. Allora il romano si alzò in piedi e disse ancora una volta al fariseo: «O amico, non essere temerario! Infatti ti ripeto che non sarai in grado di dare una risposta a nessuna mia domanda, e le cento libbre d'oro non ti saranno condonate in nessun caso!»

12. Rispose superbamente il fariseo: «Molto bene, sono perfettamente d'accordo! Pongo soltanto ancora la condizione che, esaurite le tue domande, a tua volta tu dia una risposta all'uguale numero di domande che io rivolgerò a te; se non resterai in debito di nessuna risposta, solo allora ti pagherò le cento libbre d'oro»

13. Disse il romano: «Sono perfettamente d'accordo anche con questa proposta; resta così inteso che io ti farò in tutto solamente dieci domande, dunque ascoltami.

14. Dato che pure noi romani siamo per lo più molto versati nelle Scritture dei vostri profeti, vorrei avere una giusta spiegazione di quello che il profeta Isaia ha voluto significare nel suo decimo capitolo là dove dice:

15. “Guai agli scribi che fanno leggi ingiuste, e in base ad esse scrivono un’ingiusta sentenza, per piegare le questioni dei poveri e usare violenza al buon diritto dei miseri del Mio popolo, affinché le vedove diventino loro preda e gli orfani loro bottino! Che cosa farete nel giorno della grande visitazione e nel giorno della grande sventura, che arriverà su di voi da lontano? Da chi fuggirete allora, per ricevere aiuto? E dove lascerete il vostro onore, affinché non venga piegato fra i prigionieri e non cada fra gli uccisi sotto i colpi? In tutto ciò non cessa l'Ira del Signore, e la Sua mano è tesa su di voi!”.

16. Ecco, o amico caro, questa sarebbe la prima domanda, attinta alle vostre proprie sorgenti, affinché tu non possa dire che io ti abbia interpellato riguardo a una cosa a voi del tutto estranea! Ora spetta a te il darmi una valida risposta!»

17. Quando il presuntuoso fariseo ebbe udito quella domanda e quel testo del profeta che gli erano ostici al massimo grado, la lingua gli rimase come paralizzata e non seppe affatto che risposta dare, per la ragione che appunto in quel capitolo erano chiarissimamente esposti gli abomini dei farisei, tali quali essi erano.

18. E visto che il fariseo indugiava nel rispondere, il romano osservò: «Eh, amico mio, se anche alle nove rimanenti domande risponderai come alla prima, credo che i nostri arbitri non faticheranno troppo ad emettere il loro giudizio; ma ti sono proprio estranee le vostre Scritture?»

19. Il fariseo finalmente disse: «Oh, questo no! La questione è che non è conveniente dare qui la risposta ad una simile domanda, ma soltanto nel Tempio, ed anche là è meglio che il popolo non apprenda e non comprenda proprio ogni cosa!»

20. Disse il romano: «Oh, ti credo volentieri, perché se voi aveste spiegato queste cose al popolo da voi già completamente rapinato, esso vi avrebbe già da lungo tempo bruciato come le zecche! Ma io, da pagano che sono, ho forse avuto torto prima a dichiararvi in faccia che non credete in nessun Dio? Infatti se credeste in un Dio, allora il più famoso tra i vostri profeti non avrebbe testimoniato su di voi che siete così senza Dio! Ed ora io vi dico che appunto è venuto il tempo della vostra grande visitazione e della vostra sventura! Dove volete adesso fuggire e a chi rivolgervi per ricevere aiuto?

21. Ma ormai lasciamo stare queste cose! La prima domanda è un punto ben che perduto nella partita che hai voluto giocare! Passiamo dunque ad un'altra, forse sarai più fortunato!»

22. Disse il fariseo ostinato: «E sia pure; mi auguro che sia migliore della prima».

23. Il popolo intanto giubilava in segreto, e tutti avrebbero voluto abbracciare subito il romano.

 

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Cap. 212

Agricola indica profezie tratte da Isaia.

 

1. Il romano allora passò alla seconda domanda e disse: «Fate attenzione adesso! La seconda domanda espressa in termini molto chiari è la seguente: “Come interpretate voi questo testo del Profeta stesso che dice:

2. ‘Il popolo, che cammina nelle tenebre, vede una grande luce, e su coloro che dimorano nel paese delle tenebre è un chiaro splendore”.

3. Dov'è il popolo che cammina nelle tenebre, dov'è il paese delle tenebre e chi è la luce?”. Rispondimi a questa domanda certo facilissima!»

4. Lo scaltro fariseo comprese fin troppo bene la cosa che il romano voleva tirargli fuori di bocca, e perciò rimase muto anche questa volta.

5. Ma poiché il romano stava insistendo ancora perché rispondesse, il fariseo finì col dire: «Questa è un'altra domanda alla quale però può venire data risposta soltanto fra le mura del Tempio, ed anche là esclusivamente a quattr'occhi e a porte chiuse. Per conseguenza qui non posso risponderti»

6. Disse il romano: «Mi accorgo che qui tu stai sostenendo una cosa che non è vera. Vedi, perfino a Roma, per bocca di uno dei vostri stessi apostoli, io ho udito esporre pubblicamente e spiegare tutti i vostri profeti, e in un modo assolutamente non cattivo! L’apostolo continuò quasi per un anno intero le sue lezioni al cospetto di tutti, e chi avesse voluto farsi iniziare più profondamente e chiaramente nella cosa, bastava che lo invitasse a casa propria per farsi istruire versandogli un onorario a piacere. Io stesso ho preso privatamente delle lezioni da lui per tre anni interi. L’apostolo, da come risultava dai suoi certificati, era egli pure un sacerdote di questo vostro Tempio; ora, perché ha potuto egli spiegare i profeti a noi romani pur trovandosi fuori da questo vostro Tempio e a una distanza così grande, e perché non puoi fare altrettanto tu? Vedi, anche questa volta sarò io a dirti il vero motivo per il quale non vuoi rispondermi, né spiegarmi il significato di questo passo di Isaia! Ascolta! Tu temi il popolo che è qui raccolto, mentre non temi affatto il Dio nel Quale non credi! Infatti il popolo sa che è proprio lui a camminare nelle tenebre per causa vostra, dottori della Legge, e che appunto questo è il paese che pure per causa vostra già da lungo tempo si trova immerso nelle tenebre.

7. E là a quella mensa siede la grande Luce che il popolo ora vede perfettamente; perché Essa risplende intensamente in questo paese delle tenebre. Ma se il popolo vede benissimo questa Luce da Dio, e se ne rallegra immensamente, perché non è questo il caso anche nei vostri riguardi? Io però vi dico che voi non volete vedere la Luce, per la ragione che siete colmi di orgoglio, di egoismo e della più sfrenata brama di dominio, e volete che il Sole, la Luna e tutte le stelle e tutto il globo terrestre si pieghino sotto il vostro scettro. Ma perciò anche ben presto a voi accadrà secondo quanto il citato profeta vaticinò di voi quando nel decimo capitolo, a cominciare dal sedicesimo versetto, disse:

8. “Perciò il Signore Zebaoth manderà fra i Suoi grassi (che siete voi) l’aridità (la vostra caparbietà), e accenderà davanti a voi (come proprio ora succede qui) la Sua gloria (la Sua somma Potenza e Sapienza) così che arda come un fuoco poderoso”.

9. Questa luce, che siede là fra noi, è ora il Fuoco in Israele, è il Suo Santo là, è la Fiamma, e in un solo giorno vi incendierà e distruggerà come Sue spine e siepi. L’antica gloria del Suo bosco e del Suo campo sarà annientata. Chi è il Suo bosco e il Suo campo, in verità non ho bisogno di precisarvelo! Dalle vostre anime fino all'ultima fibra della vostra carne, che ora è il vostro vero Dio, voi sarete annientati e vi scioglierete come il burro al Sole e scomparirete come una nebbia mattutina sotto l'influsso dei suoi raggi. Voi, gli alberi rimasti del Suo bosco, sarete contati e trascritti facilmente da un ragazzo!

10. Vedete, io, un romano, capisco la vostra Scrittura meglio di voi, che siete fra i primi ebrei al centro del vostro Paese e al centro della vostra città di Dio! Ma ciò non conta; la scommessa è ormai ingaggiata, ed un romano non recede mai una volta che si sia impegnato dinanzi a testimoni. La seconda domanda è anch'essa esaurita negativamente per voi, e quindi passiamo alla terza!»

11. Disse il fariseo: «Siamo già considerati come perduti perché non abbiamo saputo rispondere alle prime due domande?»

12. Disse il romano: «Oh, voi non avete affatto a che fare con un uomo avido di guadagno! Se ad una sola delle mie dieci domande darete una giusta risposta, vi do già ora partita vinta. Tuttavia io mi riservo di interrogarvi come voglio; se voi poi mi interrogherete come è stato convenuto, nemmeno io vi prescriverò la cosa su cui dovrete interrogarmi; adesso veniamo alla terza domanda!

13. Vedete, una volta io lessi il dodicesimo capitolo di Isaia e vi stava scritto:

14. “In quello stesso tempo (che è ora), tu (Israele) dirai: ‘Ti ringrazio, o Signore, perché sei stato adirato con me e la Tua ira si è mutata e mi consoli. Vedi, Dio è la mia salvezza, io sono sicuro e non ho paura, poiché il Signore Dio è il mio vigore, il mio salmo e la mia salvezza. Attingerò con gioia acqua (sapienza e vita) dalla fonte salvifica (dell’amore del Signore), e voi popoli direte in quel tempo: Ringraziate il Signore, predicate il Suo Nome (Parola di Vita), rendete noti tra gli altri popoli il Suo Operato, annunciate quanto è grande il Suo Nome (la Parola di Dio)! Cantate lodi al Signore, poiché egli Si è mostrato splendido! Ciò sia fatto sapere in tutti i Paesi! Esulta e vantati, abitante di Sion (l'orfana conoscenza degli Ebrei), poiché il Santo d'Israele è presso di te!’”.

15. Ebbene, mio cieco amico, che cosa pensi tu di queste straordinarie esclamazioni del grande profeta? A chi dunque sono indirizzate? E il Santo d'Israele, secondo tutti i segni che non lasciano spazio ad alcun dubbio, non si trova forse fra noi?»

16. Il fariseo allora, completamente sbalordito, stette a guardare il romano e dopo qualche tempo disse: «Amico, dimmi un po', dove e quando hai imparato così bene le nostre Scritture! Tu conosci tutti i profeti con così tanta dimestichezza come se fossi un dottore della legge del Tempio! Questo capitolo io lo conosco molto bene; però esso ha un senso esclusivamente spirituale e, a mio giudizio, non si riferisce, né poco né affatto a questa nostra epoca attuale; si tratta delle solite esplosioni di lode proprie ai profeti, che non servono affatto all'uomo comune; si tratta insomma di una specie di salmo cantato a Dio, il Signore!»

17. Disse il romano: «Amico, davvero tu sei enormemente mal consigliato! Io, che sono un pagano, non posso che dirti quello che potrebbero dirti ormai centinaia di migliaia di persone! Il Santo d'Israele siede là a quella mensa assieme a coloro che sanno benissimo, anzi molto meglio di me, tutto ciò che ti ho detto ora! Tu adesso sai, come te l'ho dimostrato in maniera assai chiara, che dagli anni della tua fanciullezza non hai mai creduto in un Dio; che cosa ti impedisce ora di credere a questo Santo d'Israele, l’unico dal Quale puoi ottenere vita eterna?»

18. Disse il fariseo: «Io non sono il capo supremo del Tempio, e per giuramento sono tenuto a mantenermi ligio a quanto dispone il capo supremo del Tempio, perché da ciò ormai dipende la mia esistenza e la salute della mia pelle. Se la mia situazione non fosse stata ritenuta giusta da un qualche Dio, Egli con la Sua Sapienza e con la Sua Onnipotenza avrebbe potuto impedire con tutta facilità che io divenissi quello che ora sono; ma poiché Egli non l'ha impedito, ne consegue che io ormai sono quello che sono, e parlo ed agisco secondo il comandamento del Tempio. Se io, agendo così, faccio del male, allora la colpa è di Dio stesso se ce n’è Uno - perché ha permesso che diventassi così. Considerato dunque che ormai sono quello che sono e che mi sono così assicurato il sostentamento materiale, io resto quello che sono diventato senza mia colpa.

19. Io so fin troppo bene che tutto intero il nostro Mosè, assieme a tutti gli altri profeti grandi e piccoli, non è altro che un'immagine della fantasia di molti antichi sacerdoti e che, in quanto si è sempre detto di una qualche divinità sia pagana sia ebrea, non c'è di vero nemmeno una sillaba. Sennonché l'umanità, sempre smaniosa di vagare fra le stelle, ha finito col trovare nella propria fantasia malata un Dio, e questo Dio l’ha lasciato in eredità per la moltitudine credulona e noi pazzi continuiamo a coltivare e a mantenere in questo modo l'antica insensatezza umana, naturalmente finché la cosa può andare. Certo, il primo colpo inferto alla nostra causa non potrà che evidentemente segnare il nostro tramonto, cosa questa che io stesso vedo ormai con assoluta chiarezza.

20. Successivamente, con tutta probabilità, la dottrina di quest'Uomo davvero prodigioso continuerà a proliferare per qualche tempo; alla fine però anch'essa andrà incontro allo stesso destino, perché tutto quello che l'uomo mortale edifica trapassa come trapassa egli stesso, mentre quello che un qualche Dio, a noi sconosciuto per l'eternità, ha creato, resta anche per l'eternità uguale a se stesso, come sarebbe a dire il Sole, la Luna, le stelle e questa Terra. E così tu ora sai per bocca mia stessa che io per mio conto non credo a nulla, però contribuisco a mantenere in efficienza le antiche leggende a causa del misero popolo, perché altrimenti la più grande rozzezza si rovescerebbe sul popolo traendolo tutto in rovina, ed a conferma di ciò basti la constatazione che, malgrado tutta la nostra vigilanza, vanno verificandosi tante cose che non fanno affatto eccessivo onore all'umanità.

21. Da quello che ho detto tu puoi dunque già arguire che io non credo a nulla affatto, men che meno poi in un Dio il quale in un tempo qualsiasi abbia dato delle leggi agli uomini di questa Terra. Se un Dio esistesse, il Quale avesse creato fuori da Sé ogni cosa, Egli avrebbe posto tramite la Potenza della Sua Volontà delle grandi leggi nella natura; ma che un simile Essere abbia mai dato ad un uomo qualche legge morale, questo per conto mio non lo credo già per la ragione che, a quanto si asserisce, Egli in qualche epoca molto antica avrebbe dato le leggi ad un uomo soltanto, mentre secondo il mio parere gli uomini sono tutti uguali. Ed ora che mi sono mostrato tale quale io sono e come penso, vedi di risparmiarmi le domande che hanno attinenza con le nostre Scritture, perché io non credo alla loro autenticità!».

 

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Cap. 213

L’ignoranza del fariseo riguardo al Sole e al diluvio universale

 

1. Disse il romano: «Oh, io già lo sapevo che tu e probabilmente moltissimi dei tuoi pari non credete in un Dio; ciononostante però costringete il popolo a credere a voi, e continuate a prescrivergli delle leggi ad unico vantaggio della vostra pancia! Ma per il momento tutto ciò non c'entra nella questione; quello che interessa è invece che le condizioni della scommessa vengano adempiute! Se tu non vuoi assolutamente che ti faccia delle domande in relazione alle Scritture, ne troveremo delle altre; passiamo dunque alla quarta domanda!

2. Dimmi se sai che cos'è in sé il Sole!

3. Vedi questa è una domanda del tutto naturale; dammi perciò una risposta, ma che sia giusta e vera!»

4. Disse il fariseo: «Oh, che domanda ridicola è mai questa! Chi può sapere una cosa simile? Una domanda di questa specie potresti rivolgerla soltanto ad un Dio, ma non ad un uomo! Chi mai è stato vicino al Sole o addirittura su di esso, per poter dire che cosa è in sé e di per sé l'astro del giorno?

5. Noi uomini, sul Sole non possiamo dire altro che quello che vediamo e percepiamo di esso. Si tratta cioè di un disco abbastanza grande e potentemente luminoso, la cui luce potentissima genera calore fino ad un grado tale che talvolta nel grande deserto egiziano perfino le pietre cominciano a liquefarsi. Il Sole poi sorge e tramonta, ciò che produce il giorno e la notte su questa Terra. Inoltre esso d'inverno sprofonda regolarmente verso Mezzogiorno tenendosi più basso sull'orizzonte, mentre l'estate sale di nuovo più verso Settentrione, e questo avvicendarsi nella posizione del Sole segna l'anno terrestre e le sue quattro stagioni. Contemporaneamente la luce del Sole, a seconda della gradazione della luminosità e del calore, promuove la crescita delle piante e la nascita di innumerevoli insetti. Qualche volta il Sole si ottenebra, ma ciò avviene soltanto raramente; come però si produca un tale fenomeno, certo non vi è persona sulla Terra che possa saperlo, come nessuno anche potrà sapere dove il Sole se ne va quando è notte.

6. Ecco, ciò è anche tutto quello che noi uomini sappiamo e possiamo sapere per quanto riguarda il Sole, e perciò io non potrei dirti altro! Che esso sia in sé probabilmente un fuoco violento, questo lo si potrebbe in parte dedurre dal fatto che la sua luce, pur essendo così lontana, produce un così grande calore. L’unica cosa che è comunque molto strana è che sulle alte montagne faccia sempre considerevolmente più freddo che non qui in pianura, quantunque le cime delle montagne siano più vicine al Sole di quanto lo siano le pianure! Altre nozioni riguardo a questo astro, come detto, noi uomini non ne abbiamo. Trovi qualcosa da obiettare anche a questa risposta?»

7. Disse il romano: «Oh, ne avrei anche troppe di cose da obiettare! Infatti quello che tu hai detto, lo sa qualsiasi lavoratore a giornata che non è dottore della legge, né ha la pretesa di farsi onorare, anzi addirittura adorare dal popolo a causa della sua sapienza, la quale, altrettanto quanto la vostra, non è davvero gran cosa. Ma perché noi, romani, ed i molti discepoli del nostro grande Maestro e Signore sappiamo con molta esattezza cosa pensare anche del Sole, e perché tu no? Ecco, perché tu non credi in alcun Dio, come è il caso della maggior parte dei tuoi pari! Ma se viene qualcuno capace di guidarvi in ogni genere di sapienza, allora voi siete subito pronti a perseguitarlo per quanto sta in vostro potere, e ciò per la ragione che voi temete che la sua preponderante sapienza possa recare grave danno al prestigio goduto da voi, per quanto fondato sulla vostra antica ed arrugginita stoltezza! Quindi siete voi stessi a non voler imparare niente di più utile e nobile; né d'altro canto volete permettere che i vostri aderenti immersi fino ai capelli nelle tenebre intendano ed imparino qualcosa. Perciò voi stessi siete doppiamente punibili.

8. Chi non crede affatto in un Dio, è evidentemente un ateo senza Dio. Senza Dio, però, l'anima è tenebrosa e come morta, e non vede e non sente nulla di quello che Dio secondo pienissima verità ha posto nel suo spirito. Invece l’uomo ispirato ed illuminato da Dio, vede tutto e tutto comprende. Quindi esso può contemplare il Sole, la Luna, le stelle e tutta la Terra in sé, così come se si trovasse colà; perciò allora esso è in grado di sapere anche che cosa è il Sole, e come esso è costituito, ed ogni altro particolare ancora.

9. A me ed a molti altri che sono qui presenti fu concessa una simile grazia, e perciò noi tutti siamo ormai ugualmente a conoscenza di che cosa è il Sole, di che cosa è la Luna e di cosa sono le stelle! Ma dato che tu non sai queste cose, né sai nemmeno la quantità di cose che sanno gli esseni che noi romani conosciamo benissimo, si deve concludere che anche a questa quarta domanda hai dato una risposta insulsa e ingiusta. Qualora tu voglia proprio convincertene da te stesso, noi disponiamo di mezzi atti a procurarti anche questa convinzione!»

10. Disse il fariseo: «Oh, lascia stare! Infatti della gente del vostro stampo, perfettamente esperta in ogni genere di incantesimi, credo bene che sarebbe capace di attirarmi oltre a tutte le nuvole fino sul Sole, sennonché io non ci tengo affatto a questo viaggio attraverso l'aria! Io dunque non ho difficoltà ad arrendermi e a confessare che anche rispetto a questa quarta domanda la mia risposta ha avuto lo stesso effetto come se non avessi risposto affatto; ti piaccia dunque propormi una quinta domanda»

11. Disse il romano: «Vedrai che anche a tutte le altre domande è riservata la stessa sorte. Che tu non abbia una certa confidenza con le cose del Cielo, me ne sono già persuaso; forse con le cose di questa Terra ti andrà un po' meglio!

12. Cosa dici tu del diluvio ai tempi di Noè? Fu generale oppure solamente parziale? Noè radunò veramente nella propria arca una coppia di ciascun animale? Come fece egli assieme ai suoi a nutrire tutti quegli animali? Dove prese, particolarmente per gli animali feroci, la carne occorrente, e dove prese i pesci per gli altri animali che si nutrono di pesci? Come si nutrirono gli animali da preda più tardi, quando cioè Noè uscì dall'arca? Infatti allora la Terra era ancora vuota e deserta, né in nessun luogo esisteva più qualche gregge di pecore o qualche mandria di maiali da poter fornire alimento al leone, alla tigre, alla iena, al lupo e così via. Le acque devono essersi trovate, in generale, molto al di sopra anche delle più alte montagne della Terra; dove si riversarono alla fine, nel caso in cui tutta la Terra sia rimasta sommersa sotto un livello d'acqua ovunque della stessa altezza?

13. Dammi qualche ragionevole chiarimento in proposito! Infatti perfino per me questo rappresenta qualcosa di indescrivibile, ed io non riesco a venirne a capo! Sei forse tu in grado di darmi a tuo modo qualche informazione soddisfacente a tale riguardo? Parla dunque!»

14. Disse il fariseo quanto mai sbalordito: «Amico, tu hai l'aria di interrogarmi riguardo a qualcosa che tu stesso sembri non comprendere; ma cosa farai poi tu se verrò fuori con una domanda di questa specie?»

15. Disse il romano: «In questo caso non perderei niente! Però che questa cosa io proprio non la comprenda meglio di te, ciò è un'altra questione, e potrà venire messa in chiaro più tardi. Per il momento tocca a te parlare!»

16. Allora il fariseo riprese a parlare: «Ma, amico mio, nemmeno a questo punto, quanto mai mistico, dei libri di Mosè ci sarà troppo da dire o da spiegare! Infatti questo fatto spiegato con la nostra ragione, non può non apparire nella sua totalità come la negazione del buon senso e come una cosa assolutamente contro natura. Noi in proposito non abbiamo nessun altro dato storico, e quindi non resta che, o credere ciecamente a quella assurdità proprio come ci è stata scodellata, considerando nello stesso tempo quale suprema ausiliatrice l'Onnipotenza divina allora estremamente volubile, oppure gettare a mare tutti questi ferrivecchi!

17. Il libro parla di un diluvio universale, cosa questa che, secondo le leggi naturali che pure noi conosciamo sempre di più, è assolutamente impossibile. Se si va a interrogare i vecchi indiani (India) i quali sono in possesso di libri ancora più antichi dei nostri, ci si persuade che di un diluvio di Noè essi non sanno niente del tutto; invece essi raccontano che molte migliaia di anni fa una grande stella cometa era venuta a trovarsi nelle immediate vicinanze della Terra, e che la cometa era formata esclusivamente d'acqua; la Terra allora attrasse a sé l'acqua, ed in seguito a ciò una gran parte delle regioni piane dell'India fu sommersa dalle acque, le quali poi appena gradatamente si congiunsero al grande mare indiano. In quell'epoca tutto ciò che aveva vita nelle valli perì - uomini e animali - mentre quelli che dimoravano sulle montagne presero nota per iscritto di quell'avvenimento affinché i loro discendenti potessero venirne a conoscenza. Questa è la leggenda indiana ed anche persiana.

18. Gli antichi egiziani, all'infuori delle loro inondazioni del Nilo, non sanno niente di una catastrofe provocata dalle acque. Solo fra qualche tribù negra si dice che là dove ora esiste il grande deserto del Sahara, c'era invece acqua, e precisamente un immenso lago.

19. Anche dei nostri apostoli inviati in missione ci hanno raccontato di un vastissimo impero nella regione estrema orientale dell'Asia, al di là della grande muraglia; essi poterono comunicare con le guardie di confine in lingua indiana, e in quella occasione cercarono di avere delle informazioni anche riguardo al grande diluvio, e riguardo al dubbio se la muraglia fosse stata costruita prima o dopo quel cataclisma universale. Però quelle guardie - persone assolutamente pacifiche - seppero narrare loro molte cose sui grandi incendi di montagne, ma nessuno invece era neanche alla lontana a conoscenza di un’inondazione così catastrofica! Tutto ciò noi lo sappiamo in base ad ogni tipo di esperienze, e quindi è ben difficile immaginarsi un diluvio universale, e ancora tanto più difficile credervi.

20. Voi romani, nelle vostre dottrine religiose, avete pure notizie di due grandi inondazioni: di quella Ogigica e di quella di Deucalione e Pirra. Se in tutto ciò vi sia o no qualcosa di vero, questo non lo possiamo sapere e giudicare né noi israeliti, né voi romani. Ma, se nel caso del diluvio di Noè se ne esclude l'universalità, vengono nello stesso tempo a cadere anche l'arca e tutto il resto.

21. Per concludere, io penso che la descrizione del diluvio noacita deve certamente avere un significato del tutto differente da quello a cui non si può credere, dato che ci sono tanti altri fatti che militano in senso contrario; ma chi ha la chiave di questi misteri? Da tutto ciò dunque puoi vedere che nemmeno a tale riguardo io posso dare una risposta accettabile al tuo intelletto, e che conseguentemente la tua domanda deve restare senza risposta, anche se fondamentalmente sono giustificato a non rispondere»

22. Disse il romano: «Eh, sì, questo l'ho potuto rilevare benissimo dalle tue parole; sennonché questo per me non serve a niente, e ciò contribuisce anzi a dare maggiore risalto al tuo difetto: tu, che sei certamente un sacerdote, pretendi dal prossimo una fede incondizionata in quello che per tuo conto consideri una assoluta assurdità. Io però ti dico che questo nostro grande Signore e Maestro potrebbe dichiararti con perfetta esattezza e chiarezza quale altro verissimo significato ha il diluvio di Noè; ma poiché tu non credi in un Dio, e meno ancora alla Missione puramente divina di questo Uomo-Dio, continui a rimanere nella notte del giudizio della tua anima! Quindi con la risposta alla mia quinta domanda non se ne fa pure nulla, e perciò passiamo alla sesta! Forse con questa ti andrà meglio».

 

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Cap. 214

Del libro di Giobbe e del Tempio di Jabusimbil.

 

1. (Disse il romano): «Dimmi un po’: che opinione hai del libro di Giobbe? Cosa dici del dialogo fra Dio e Giobbe, e di quello fra Dio e Satana? Qual è il tuo pensiero in proposito, e come puoi spiegarmi questa curiosa storia?»

2. Disse il fariseo: «Ecco un'altra domanda alla quale non c'è uomo ragionevole al mondo che possa dare risposta! E tu cosa pensi dei vostri Icario, Bacco e Orfeo? Il nostro Giobbe non è mai esistito, e il tutto si riduce ad una pia leggenda dovuta alla fantasia fervida di qualche antico veggente, il quale una volta scrisse la sua poesia con un bagliore moralmente oscuro proprio così come l'aveva compresa. Noi vi vediamo raffigurato un uomo estremamente giusto, del quale Dio stesso si compiace molto; tuttavia Dio lascia in primo luogo che Satana tenti di persuaderLo che anche questo Giobbe cadrebbe qualora gli fosse concesso di mettergli la pazienza alla prova. In secondo luogo, Dio poi permette a Satana di eseguire il suo progetto nella maniera più abominevole possibile, e ciò finché il misero Giobbe finisce col perdere anch'egli la pazienza e col litigare vivacemente con Dio. Poi Dio gli manda un oratore che rimprovera in modo molto aspro il disgraziato Giobbe, e quando poi quest’ultimo si rassegna di nuovo completamente alla dura Volontà di Dio, Questi lo rimette nella propria Grazia!

3. Ora, se c'è qualcuno capace di vedere qui dentro anche un solo granello di sapienza da parte di un Dio che dovrebbe essere la Sapienza personificata, il qualcuno in questione deve almeno aver vissuto al tempo di quell'uomo tanto ferocemente tormentato. Questa storiella noi non possiamo classificarla che fra le più noiose, ed è da diverso tempo che l'abbiamo dichiarata apocrifa, per il motivo che contiene tanto poco di vero e di saggio, quanto il vostro Atlante[33] obbligato a reggere continuamente sulle spalle il cielo intero, né quindi è possibile di dare in proposito una risposta ragionevole e comprensibile!»

4. Disse il romano: «Oh, oh! Vedo che voi fate presto a sbrigarvela! Siccome siete troppo pigri per cercare, per pensare e per imparare, voi preferite rigettare tutto quello che non rientra nel vostro ciarpame puzzolente! Io, per esempio, ho trovato di primo acchito descritta nella storia di Giobbe la formazione interiore spirituale dell'uomo, mentre voi questa medesima storia la dichiarate apocrifa! Ma non vi è forse chiarissimamente indicato come l'anima deve gradatamente liberarsi da tutto ciò che è del mondo e della carne?

5. Un individuo a cui non manca nulla sotto alcun aspetto, non fa grande fatica a lodare e glorificare Dio, perché in tale condizione egli si trova benissimo, ciò che però non giova molto alla sua anima; poi l'uomo viene messo alla prova, per vedere in quale maniera si comporta di fronte a Dio anche nella miseria, ed appunto qui abbiamo in Giobbe un simbolo meraviglioso del come non soltanto nell'abbondanza Dio vada riconosciuto, lodato e glorificato, ma anche nella miseria estrema; e questa cosa tu la classifichi come apocrifa, irragionevole e senza senso? Oh, tu sei ancora immerso molto profondamente nella palude del giudizio e della morte! Ma così hai mancato di rispondere anche alla sesta domanda; lasciamo però stare ormai questo argomento, ed io per la settima volta ti interrogherò riguardo ad una cosa del tutto naturale e molto facile; ascolta dunque!

6. Vedi, ancora oggi esiste nell'Alto Egitto, in buonissimo stato di conservazione, un Tempio di Dio scavato a suon di scalpello in un monte di granito! Il suo nome è JA-BU-SIM-BIL. Questo Tempio, ben diverso dal vostro Tempio di Gerusalemme, fu costruito con le fatiche più indicibili di questo mondo dai primi abitanti del paese più memorabile di tutta la Terra, dunque dai conoscitori di Dio di quell'epoca. Dinanzi al portale di ingresso sono raffigurati seduti, quindi nella posizione di eterno riposo, i quattro elementi di questa Terra sotto forma umana; le loro proporzioni colossali simboleggiano l’immensa Forza di Dio nelle leggi di tutta la natura, e il loro stato di quiete simboleggia l'ordine immutabile dello Spirito divino! L'interno di questo Tempio, un ambiente molto vasto, è diviso però in tre parti, nella prima delle quali si possono scorgere delle figure umane gigantesche; nella seconda parte delle figure umane nella proporzione della nostra specie, mentre nella terza, proprio in fondo, spiccano, ma ormai già fortemente corrose dal tempo, fra vari altri segni, le parole JA-BU-SIM-BIL! Come potresti tu, che sei dottore della legge, spiegarmi il significato di una simile disposizione interna di questo notevolissimo fra tutti i templi della Terra? Infatti, spero che esso non ti sarà sconosciuto»

7. Disse il fariseo: «O sì, io ne ho udito parlare molto, e certo tutto sarà esattamente così come ora me l'hai descritto; sennonché la storia del Tempio in questione risale ad epoche immensamente lontane dalla nostra, e chissà quali erano i popoli che l'hanno edificato. I caratteri che vi sono scolpiti sono illeggibili per noi, e chi mai potrebbe indovinare precisamente cosa vogliono significare? Quei segni non hanno nemmeno la minima traccia di affinità con quelli della nostra scrittura, e quindi per noi sono come morti. Voi scrivete da sinistra a destra, e noi invece scriviamo in direzione opposta; voi dunque potete leggere con maggiore facilità di noi i caratteri primitivi d'Egitto, visto che sembra che anche gli antichi Egizi abbiano usato la scrittura da sinistra a destra. Noi dunque scriviamo viceversa, e perciò non comprendiamo più del tutto quei caratteri antichissimi. Cosa mai potrebbero rappresentare le tre parti in cui è diviso il Tempio nonché le strane sculture grandi e piccole nelle prime due, e che cosa infine, nella terza, rappresentano quelle certe iscrizioni che noi non possiamo leggere?»

8. Disse il romano: «O voi, che dovreste essere figli di Dio, che, come grosse rane di palude, incedete gonfi di ogni sapienza come se foste stati voi a creare il mondo! Voi non comprendete e non vedete nemmeno quello che vi sta sotto il naso, e vi atteggiate a educatori e a guide di un popolo eletto da Dio, secondo le vostre Scritture! Ora nessuno può dare ad un altro quello che lui stesso non ha, ma soltanto quello che ha! Voi però non avete altro se non la stoltezza e la totale ignoranza di ogni cosa; ma che cosa può imparare allora il misero popolo da voi? Nient'altro all'infuori della vostra inconcepibile cecità! È incredibile: quante volte io a Roma ho udito citare un proverbio ormai vecchio, il quale suona: “Vedi, quello lì è più stolto di un ebreo!”. Ma adesso proprio mi convinco di persona che le cose stanno effettivamente così!

9. Noi romani non abbiamo mai ritenuto di perdere in dignità studiando esattamente l'elemento spirituale delle religioni di ciascun popolo conquistato, facendoci istruire minuziosamente nei rispettivi misteri; eppure ci chiamano pagani, mentre voi che dovreste essere il popolo di Dio, in primo luogo, non credete affatto al vostro grande Dio, e poi disprezzate qualsiasi altra religione senza esservi mai dati la pena di scrutarla e studiarla neanche in minima parte! Ma che razza di gente siete? In verità voi siete diventati adoratori esclusivamente del vostro stomaco e della vostra pancia molto più dei più volgari epicurei!

10. Vedi, io, pagano dalla nascita, ti dirò adesso quale significato ha il famoso Tempio di JA-BU-SIM-BIL, significato che più di altra cosa mi ha guidato verso concetti della Divinità vera, assolutamente differenti da quelli che avevo potuto formarmi prima.

11. Quando, saranno circa dieci anni fa, dovetti per affari di stato intraprendere un viaggio fino all'Alto Egitto, io visitai anche il Tempio di cui ho parlato il quale fece su di me una impressione indescrivibile! Io esaminai tutto con la massima attenzione, e da un povero sacerdote e custode di quell'antichissimo monumento, che dimorava là, mi feci spiegare cosa volesse significare quella e quell'altra cosa. Quel vecchio però, colmo di amore e di umiltà, si dimostrò quanto mai servizievole e mi spiegò ogni cosa con tanta chiarezza che tra di me dovetti convenire: “Ecco, quest'uomo è un savio, e quello che dice è pura verità!”.

12. Egli mi disse: “Vedi, o amico, le figure gigantesche qui a destra rappresentano i sette Spiriti di Dio, per mezzo dei quali l'uomo su questa Terra giunge ad ogni specie di riconoscimento, sul quale poi la sua immaginazione va costruendo numerose cose gigantesche. Le figure a sinistra invece rappresentano le passioni selvagge e indomabili dell'uomo, e perciò ai loro piedi puoi vedere scolpiti anche ogni tipo di segni della morte e del giudizio. Ma ora qui vedi la seconda sala! Essa è un po' più bassa della prima, e vi si entra per una porta piuttosto stretta; questa simboleggia l'umiltà dell'uomo, senza la quale non è possibile pervenire alla vera conoscenza di Dio. Ed è perciò che tu scorgi qui delle figure umane di proporzioni già assolutamente modeste in una posizione profondamente chinata. Qui infine, nella terza ed ultima sala, non vedi altro che dello spirituale rappresentato da simboli scolpiti, molto bene corrispondenti, e là in alto puoi vedere in un cerchio una scritta a segni simbolici: “JA-BU-SIM-BIL!”, cioè la Parola di Dio nel cuore di ciascun uomo che ama e cerca Dio; ed i segni hanno il significato seguente: “IO ERO – SONO E SARÒ. IO SONO L’UNICO E ALL’INFUORI DI ME NON ESISTE ALTRO DIO!”.

13. Amico mio, chi cerca, trova; ora io fin dalla mia gioventù ho cercato ed ho trovato molto! Tuttavia l'Altissimo che doveva trovarsi in qualche luogo a questo mondo, io L'ho trovato qui, però non fra le mura del vostro Tempio tenebroso, ma qui! E là a quella mensa siede tra noi, Amorevolissimo, sotto forma umana Colui del Quale nella terza sala dell'antico Tempio sta scritto: “JA-BU-SIM-BIL!”. Ad ogni modo non ha nessunissima importanza che tu, assieme a molti altri tuoi pari, crediate o no a queste cose, perché, nonostante tutto, esse stanno così come io assieme a molte migliaia d'altri ora crediamo e come crederemo sempre.

14. Con questo, dunque, anche alla settima domanda non avete dato risposta; io perciò ti farò l'ottava domanda e vedremo se riuscirai a trovare una giusta risposta!».

 

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Cap. 215

L'oracolo di Delfo. Della continuità della vita dopo la morte.

 

1. (Il romano): «Ascoltami! Qual è la tua opinione sull'oracolo di Delfo che esiste ancora? Questa domanda è certo assai breve e tratta di un argomento che dovresti conoscere bene! Parla dunque!»

2. Disse il fariseo: «Una volta ho udito parlarne; cosa potrei però dirti di ciò che penso riguardo a una cosa della quale mi è noto a mala pena il nome? Che a Delfo ci sia una profetessa, chiamata Pizia la quale, sedendo su di un tripode, dà per denaro delle risposte astutissime alla gente che va da lei per rivolgerle delle domande, questo mi è noto; però come quella Pizia riesca a dare le risposte, come sia fatto il tempio della profetessa nonché il treppiede sul quale siede, e se sia o no da prestare fede alle sue predizioni, questo davvero non lo so, e perciò non posso darti alcun’altra risposta all'infuori di quella che ti ho già dato»

3. Disse il romano: «In verità, io in ogni caso avrei creduto che tu fossi un po' più esperto di quanto in realtà dimostri di essere! E con una simile mancanza di fede e di scienza osate esaminare e mettere alla prova questo sapientissimo fra i sapienti? Davvero ciò sorpassa ogni limite! Già a Roma ho avuto occasione di apprendere che voi, durante le vostre prediche del Sabato, ammonite con ogni zelo il popolo anzitutto a guardarsi da qualsiasi cosa che abbia relazione col paganesimo, e minacciate di dannazione eterna nel modo più terribile qualunque ebreo che osasse visitare un tempio pagano per farsi insegnare la sua costituzione allo scopo di ampliare le sue nozioni, così da poter riconoscere con facilità il lato buono e quello cattivo nella cultura e nella morale degli altri popoli.

4. Ti domando ora per la nona volta e dico: “Come potete comportarvi così se non avete nemmeno la più lontana idea di cosa sia effettivamente il paganesimo?”. Le vostre Scritture voi non le comprendete; nel vostro Dio non credete, eppure vi arrogate il diritto di essere giudici contro degli uomini ai quali interessa dare un impulso più elevato al loro spirito per mezzo di esperienze fatte in altri paesi! Dimmi dunque come e perché state facendo così!»

5. Disse imbarazzatissimo il fariseo: «Noi dobbiamo fare così, perché così ci viene rigidamente ordinato dal sommo sacerdote! Noi non abbiamo affatto da preoccuparci del vero e proprio perché, né questo infatti ci interessa più di tanto, poiché coloro che ci danno simili comandamenti sono i responsabili; noi non siamo che le loro macchine, le quali però se la passano bene e possono in segreto concedersi il lusso di ridere alle spalle di tutto il mondo, perché quanto più esso è scimunito, tanto meglio va per noi. Anche fra la gente del nostro ceto c'è stato qualcuno il quale, fra sacrifici e rinunce di ogni specie, si è affannato a cercare il Regno di Dio, ma cosa ha trovato infine? Nient’altro all'infuori della morte, come ben presto la troverà anche ciascuno di noi. Non dimostra più saggezza chi gode la sua vita, che non uno stravagante pio che si evira da se stesso per uno sperato Regno dei Cieli, quanto mai sconosciuto e più ancora incerto, e che alla fine si riduce a cibarsi di locuste e di miele selvatico che le vespe e i calabroni vanno raccogliendo nei buchi del terreno? Che mi si dica quello che si vuole; per conto mio resto fermo alla mia massima: “Vedi di vivere bene, sano e il più possibilmente senza noie; tutto il resto non vale uno spicciolo!”. Chi non ha molto imparato, non avrà alla fine nemmeno molto da dimenticare.

6. E arrivati al termine della nostra vita, sarà poi indifferente venire divorati dai vermi sia che si sia uomini dotati di molta sapienza e conoscenza, oppure che si sia stolti! Se poi un giorno vi sarà una resurrezione, ovvero una vita dell'anima dopo la morte del corpo, questa è una domanda a cui nessun mortale ha finora dato risposta se non ricorrendo alla sua cieca fede. Non so se questa risposta tu la riterrai adeguata alla tua domanda!»

7. Disse il romano: «O tenebroso individuo dall'anima senza vita! A queste tue asserzioni, per di più qui in presenza del popolo, un uomo del mio stampo non può ribattere più nulla! Io ho avuto occasione di ragionare già con molti riguardo a problemi spirituali, però non mi è mai toccato, neppure fra i pagani più fanatici, di avere a che fare con un tale stolto, completamente cieco! Io, che sono un pagano, potrei fornire centinaia di prove tra le più palpabili ed atte a mettere in chiarissima luce il problema della vita dell'anima dopo la morte del corpo, così da eliminare qualsiasi dubbio in proposito, ed aggiungo che tu, sacerdote, stai facendo dei discorsi più sciocchi di quelli che farebbe l’animale peggiore se fosse capace di parlare!

8. Vedi, da amico della luce e della verità come sono, in relazione alla decima domanda voglio raccontarti brevemente un caso autentico toccato proprio a me in presenza di molti testimoni, e sono davvero curioso di sentire cosa potrai rispondermi!

9. Sette anni fa mi fu ordinato di recarmi in Spagna per servizi di stato, e precisamente nella città di Sagunto. Io presi alloggio assieme alla mia servitù in uno dei più grandi alberghi del luogo, dove venni ospitato molto bene. Era la mattina del terzo giorno in cui mi trovavo là, quando, essendo perfettamente desto, mi apparve mio padre che era morto già venti anni prima, tale quale era in vita, e mi chiamò per nome con voce tanto forte da essere udito anche da tutti i miei servitori ai quali pure egli si era reso visibile.

10. Io domandai a quello spirito cosa desiderasse da me.

11. E lo spirito disse: “Ciò che voi mortali ancora non presentite, noi, immortali, lo vediamo già prima con perfetta chiarezza! Vedete di abbandonare al massimo entro un’ora questa casa, e prima che non siano trascorse tre ore non entrate in nessun'altra casa, ma fermatevi all'aperto lontano dalle mura, poiché entro questo tempo ci sarà un terremoto, in seguito al quale questo nonché altri edifici poco resistenti crolleranno facendo perire varie persone e animali! Prima però di allontanarvi, fermatevi nella piazza della città ed avvisate la gente, affinché anche molti altri possano salvarsi! Quando ogni pericolo sarà passato, un ragazzo si avvicinerà a voi e vi condurrà in un ricovero sicuro!”.

12. Dopo di che la figura scomparve, mentre sentimmo un inquietante timore. Noi allora raccogliemmo le nostre cose e ci affrettammo ad uscire facendo molto rumore allo scopo di destare la gente di casa che pure si riversò per le strade, destando a sua volta una quantità di cittadini che in fretta e furia abbandonarono le loro dimore, e poiché questa gente era molto ingenua e credette alla nostra visione, fuggì salvando così la propria vita.

13. L'inquietante momento venne; il terreno fu scosso violentemente, ed in un istante circa venti case, compreso l'albergo nel quale eravamo alloggiati prima, furono ridotte in macerie fino alle fondamenta. Poi seguì ancora un lieve tremore che però non arrecò altri danni eccessivamente gravi. Dopo tre ore di triste attesa un ragazzo si avvicinò a noi e ci condusse in un albergo un po' distante, ma che era rimasto perfettamente intatto. Là fummo bene accolti e vi trovammo un ricovero sicuro. E che questo che ho raccontato sia la purissima verità, di ciò possono farsi garanti tutti questi miei compagni, dato che essi pure si trovavano allora con me.

14. Ed ora dimmi cosa pensi tu di questo autenticissimo avvenimento! Dopo la morte del corpo, l'anima continua a vivere, oppure muore per sempre unitamente al corpo?»

15. E il fariseo, ormai completamente confuso e stordito, rispose: «Se la storia è vera, si potrebbe evidentemente ammettere che l'anima sopravviva al corpo; ma che cosa sia l'anima e dove e come continui a vivere, questo ad ogni modo nessuno lo sa»

16. Disse il romano: «Se lo spirito del padre mio poté sapere anticipatamente ciò che sarebbe accaduto e dove io mi trovavo, bisogna ammettere che la sua vita e il suo essere debbano essere assolutamente più perfetti e illuminati e quindi anche migliori di questa cieca vita di prova nella carne. Ora, se noi pagani conosciamo queste cose e continuiamo a cercare per arricchire le nostre menti di cognizioni sempre più chiare, perché non fate anche voi altrettanto, e perché vi ostinate a perseguitare Colui che potrebbe donarvi la Luce suprema e purissima? Per quale ragione voi, nella vostra cecità, tentate con ogni mezzo addirittura di ucciderLo, come avete mostrato anche troppo chiaramente stamani nel Tempio che tale era la vostra intenzione?»

17. Dissero i farisei tutti assieme: «Tale intenzione, semmai, era quella del popolino ebraico e non la nostra! Noi però non siamo venuti ora qui a causa del Tempio, ma per nostro proprio conto allo scopo di vedere e di esaminare che cosa ci sia di vero in quanto si va raccontando. Dobbiamo credere o non credere? Quello che finora però abbiamo visto e udito non è pienamente sufficiente per noi, e perciò noi restiamo ancora in attesa di qualcos'altro. Se possiamo ottenere una convinzione più grande, non è escluso che noi pure diventiamo discepoli di questo Maestro. Voi dunque non dovete insistere presso di noi! Tu, o amico, hai ormai vinto la scommessa per quanto riguarda le domande da rivolgerci, e noi ti siamo debitori delle cento libbre d'oro; sennonché adesso spetta a noi il diritto di farti a nostra volta dieci domande! Quando avrai risposto a tutte dieci, noi ti sborseremo immediatamente le cento libbre; ti va bene così?»

18. Disse il romano: «Perfettamente. Interrogatemi dunque a vostro piacimento! A rispondere si provvederà nel migliore dei modi!».

 

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Cap. 216

I sette libri di Mosè.

 

1. Allora il fariseo che aveva parlato prima chiese al romano se avrebbe dovuto rivolgergli le domande convenute lui oppure qualcun altro.

2. Il romano disse: «Per me ciò è del tutto indifferente! Che m'interroghi pure chiunque fra voi voglia e sia capace di interrogare»

3. Questa dichiarazione li soddisfece, ed un altro fariseo che era uno fra i più reputati dottori della legge si fece avanti e disse: «Ascolta! Basta che tu non riesca a dare una risposta soddisfacente per tutti anche ad una sola domanda e, secondo quanto tu stesso hai detto, le mille libbre d'oro sono perdute per te!»

4. Disse il romano: «Questo lo sappiamo già! Tu invece faresti meglio a non pensare all'oro, quanto piuttosto ad una savia domanda! Infatti questa ti darà da fare ben più dell'oro che non è per nulla ancora tuo! Fa dunque sentire adesso la prima domanda, affinché io possa riconoscerne lo spirito!»

5. Il fariseo allora cominciò a meditare su quale domanda sarebbe stato conveniente rivolgere per prima al romano, la quale offrisse qualche probabilità che costui non riuscisse a cavarsela con tanta facilità. D’improvviso gli venne in mente che forse il romano non sapeva quanti libri avesse scritto Mosè. Infatti il popolo era, in generale, a conoscenza che Mosè non aveva scritto più di cinque libri, mentre in realtà ne aveva scritto sette, nonché in aggiunta ancora un’appendice di carattere puramente profetico, ciò che il fariseo sapeva benissimo, però egli, ritenendo con certezza assoluta che - ad eccezione dei più profondamente iniziati nei misteri del Tempio - nessuno fosse a conoscenza di questo, si sentì appunto indotto per questo motivo a domandare al romano se sapeva quanti libri avesse scritto Mosè.

6. Udendo la domanda, il romano sorrise, cosa questa molto rara, dato che i romani erano notoriamente molto seri, e disse così al fariseo: «In verità, non avresti proprio potuto scegliere una domanda a me più gradita di questa, perché dalla risposta che sicurissimamente non mancherà, emergerà in maniera assai chiara che voi già da lungo tempo non tenete in nessun conto né Dio, né Mosè! A quanto ne so io, già ai tempi di Samuele voi eravate più nemici che amici di Dio e del popolo, e perciò, senza alcun timore né di Dio né del popolo, non avete rivelato a quest'ultimo, dall'epoca di Samuele fino al tempo presente, i due libri quasi più importanti di tutti, e così pure l'appendice profetica nei quali è descritto dettagliatamente tutto il vostro agire senza coscienza, nonché la vostra fine. Sennonché all'epoca in cui foste soggiogati da noi romani tutti i vostri libri dovettero, dal primo all'ultimo, venire consegnati per essere accuratamente esaminati e copiati; per conseguenza noi venimmo a conoscenza di tutti i vostri segreti e sappiamo benissimo che Mosè ha scritto sette libri, e per di più un'appendice profetica.

7. Nel sesto libro egli fornì notizie esatte riguardo alla genesi naturale della Terra, e ne descrisse le condizioni dal suo principio fino al tempo in cui egli visse, e da questa epoca in poi, in modo profetico, fino alla sua dissoluzione totale. Appunto in questo sesto libro quel grande uomo descrisse anche il firmamento, il nostro Sole, la Luna del nostro pianeta e il moto di questi astri nonché quello di tutti gli altri pianeti; oltre di ciò spiegò poi cosa sono tali astri, quale aspetto hanno e, da mondi che sono, come sono costituiti e organizzati. Egli descrisse pure le comete, le eclissi di Sole e di Luna, e mostrò come degli abili calcolatori possono stabilire già in anticipo le epoche in cui tali fenomeni devono verificarsi; e infine spiegò cosa sono le stelle fisse indicando in pari tempo la loro grandezza e l'enorme distanza che le separa dalla nostra Terra! Alla fine di questo libro importantissimo egli dichiarò che tutte queste cose conveniva che fossero rese note al popolo, affinché il popolo di Dio potesse procedere in piena verità sulla Terra e nelle stelle, e non cadesse in ogni tipo di errori, pregiudizi e superstizioni dei pagani.

8. Ma voi, sacerdoti, ben presto avete avuto idee diverse. Voi sapevate che il popolo cieco ha un timore particolarmente grande delle straordinarie apparizioni nel cielo; ed allora vi venne il pensiero: “A che cosa servono simili conoscenze al popolino? È più che sufficiente se ne siamo a conoscenza noi soli! Noi calcoleremo le eclissi per conto nostro, poi ammoniremo il popolo, che ignora assolutamente la cosa, a fare delle offerte maggiori, ed esso farà delle offerte e finirà col credere che noi avremo fatto sparire le eclissi della Luna o del Sole!”. E con altre varie riserve di questa specie a vostro favore, voi avete tenuto nascosto al popolo questo libro di Mosè per farne uso a vostro esclusivo vantaggio terreno.

9. Il settimo libro conteneva la vera creazione dell'uomo, e il suo sviluppo spirituale mediante il costante influsso dello Spirito di Dio. Esso spiegava a ciascun intelletto umano il primo libro di Mosè e dava informazioni sui libri dei patriarchi Kenan, Enoch e Lamech facendone anche i relativi commenti. Poi seguirono le “Guerre di Jehova”, ovvero la storia fedele dei popoli delle pianure della Terra, e proprio alla fine c'era nuovamente un’esortazione seria e molto minacciosa ai maestri del popolo ad insegnare per bene tutte queste cose al popolo e che nessuno avrebbe dovuto sposarsi, né avrebbe potuto assumere un incarico prima di avere perfettamente interiorizzato l'intero contenuto di quel libro.

10. Tale ammonizione cadde completamente nel vuoto, perché voi diceste: “È meglio che il popolo continui a ignorare simili cose, dato che, se venisse iniziato troppo profondamente in tutti questi misteri, esso ben presto non avrebbe più bisogno di sacerdoti, e questi poi dovrebbero pensare a guadagnarsi il pane quotidiano col lavoro delle proprie braccia”. Questa premessa però era molto sciocca, perché Mosè aveva espressamente comandato che la tribù di Levi dovesse vivere delle decime corrisposte dal popolo.

11. Segue poi, quasi come un libro a sé, un'appendice al settimo libro. Questo è di carattere esclusivamente profetico; tuttavia indica in maniera chiarissima che i sacerdoti, giudici e reggenti faranno tutto quello che è contrario alla Volontà divina, e come per questa causa Dio li punirà sempre.

12. In detta appendice viene pure descritto il gran Messia, si dice come Egli verrà a questo mondo, come vivrà, cosa farà ed insegnerà, e come Egli sarà odiato e perseguitato dai sacerdoti. C'è poi la descrizione della rovina degli ebrei, della Chiesa del Messia, delle lunghe persecuzioni che questa Chiesa dovrà subire da parte del contro-Messia, quindi c'è la fine anche di quest'ultimo, e infine, quale conclusione, il trionfo e la gloria della Chiesa pura di Dio sulla Terra. Anche questa appendice si chiude definitivamente con un’esortazione molto forte ed energica, affinché anche l'appendice stessa sia sempre tenuta aperta al popolo. Ma voi avete obbedito a questa esortazione?

13. Proprio per niente! Anzi, già ai tempi dei profeti voi non avete fatto alcuna menzione al cospetto del popolo di tutte queste cose; e perciò anche il profeta Isaia, riferendosi alla predizione di Mosè, ha nuovamente accennato nel suo decimo capitolo appunto a quanto vi pregai poco fa di spiegare allorché vi posi la mia prima domanda! E così fu che tutti i profeti, particolarmente però i quattro principali, dovettero ancora una volta annunciare al popolo quello che Mosè aveva scritto nella sua appendice, ma che voi, per ragioni anche troppo note, avete sempre tenuto nascosto al popolo. D'altro canto negli ultimi tempi foste troppo pigri per istruirvi in proposito; ma perciò siete costretti a far buon viso a cattivo gioco ora, quando gli esseni stanno privandovi perfino dei vantaggi materiali, perché essi conoscono almeno qualcosa di ciò che ha relazione col cielo visibile, ne calcolano e prevedono i fenomeni, e volgono queste loro conoscenze a proprio beneficio materiale! Vedete! Anche questa è una punizione giusta dall'Alto! E adesso io sono più che perfettamente convinto di aver risposto alla tua prima domanda in maniera assolutamente conforme a piena verità e a rigore di scienza!»

14. Rispose, quanto mai imbarazzato, il dottore della legge: «Sì, purtroppo! Alla tua risposta non manca proprio nulla, ed ora comincio a credere che sia del tutto inutile rivolgerti ancora un'altra domanda, perché è ben difficile interrogare una persona dotata di conoscenze tanto vaste. Noi saremmo disposti a pagarti addirittura le cento libbre d'oro piuttosto che rivolgerti delle altre domande! Infatti a ciascuna domanda noi non facciamo che continuare a tradirci, venendo così costretti a mostrarci in un imbarazzo sempre più grave al cospetto del popolo che poi non tacerà di certo riguardo a questo!»

15. Disse il romano: «Questo a me interessa poco! La scommessa deve essere mantenuta anche se la Terra dovesse ridursi in macerie assieme a noi; bisogna dunque che tu mi ponga le altre domande, come pattuito! Domanda dunque, ed io ti risponderò, perché solo ora mi sento fiero di essere romano!».

16. A queste parole i sette accoliti del Tempio si spremettero insieme le meningi per consultarsi riguardo a cosa avrebbero potuto ancora domandare al romano.

 

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Cap. 217

Del Cantico dei cantici di Salomone.

 

1. Dopo una lunga consultazione tra di loro, ai farisei venne in mente di domandare al romano quanti granelli di sabbia contenesse il mare e quanti fili d'erba vi fossero sulla Terra.

2. Il romano disse: «Soltanto dei pazzi, ma non degli uomini provvisti di intelletto e di ragione possono fare una domanda di questo genere, il rispondere alla quale, mediante numeri esatti, sarà per loro totalmente ed eternamente impossibile, come tale dovrà rimanere, dato che, in primo luogo, nessun mortale, per ragioni molto facilmente comprensibili, potrà mai mettersi a contare simili cose, ed in secondo luogo, ammessa anche la possibilità di contare i fili d'erba cresciuti sulla Terra, noi finora non possediamo alcuna espressione numerica capace di indicare la molteplicità dei fili d'erba che crescono sul nostro pianeta, e terzo luogo, infine, quando io - accumulando quasi all'infinito le massime cifre da noi conosciute arrivassi a indicare quanti granelli di sabbia contiene il mare e quanti sono i fili d'erba cresciuti sul suolo terrestre, allora vi domando: “Chi potrà confermare che la cifra annunciata da me sarà stata esatta, o chi potrà caso mai contestare la mia asserzione e dire che il numero quasi infinitamente grande da me citato sia troppo alto, oppure troppo basso?”. E se anche qualcuno mi venisse fuori con una simile contestazione, io, da patrizio romano munito di molto potere di stato da parte dell'imperatore, sarei pienamente autorizzato a pretendere da colui che contestasse questa mia asserzione, a prezzo della sua vita, la controprova assoluta e matematica, controprova che però nessun essere umano, ma unicamente Dio, sarebbe in grado di darmi. Infatti il mio avversario dovrebbe prima contare in presenza di molti testimoni i granelli di sabbia e i fili d'erba, ciò che sarebbe evidentemente impossibile tanto dal punto di vista delle difficoltà elementari materiali, quanto da quello della brevità della vita umana; e così voi anche in mille e poi mille anni ancora non arrivereste a fornirmi una controprova valida.

3. A che scopo dunque una domanda talmente ridicola, la cui insensatezza deve risultare evidente perfino ai passeri che saltellano sui tetti? Voi potete interrogarmi soltanto riguardo a cose di cui voi stessi potete fornire la prova di avere una conoscenza esatta, e di cui certo potreste supporre che non mi fossero note. Ma invece con le domande del genere come questa vostra ultima, vi posso battere certo nel più semplice dei modi perché io posso rispondervi quello che voglio, mentre voi, in eterno, non potreste dimostrarmi che io vi ho dato una risposta inesatta. Voi dunque con la vostra seconda domanda vi siete messi nei guai ancora più di prima; perciò fatemi sentire qual è la vostra terza domanda; badate però che sia ragionevole!»

4. Tutto il popolo intanto cominciava a giubilare per la meschina figura fatta da quei dottori della legge, ed ebbe invece parole di lode per il lucido e chiaro intelletto dimostrato dal romano. Quest’ultimo però invitò il popolo a mantenersi tranquillo, perché egli non era giunto ancora alla fine del suo compito; una volta definita la sua questione con i farisei, solo allora i presenti avrebbero potuto dar sfogo al giubilo a loro piacimento. Il popolo quindi si quietò, e il romano richiese nuovamente dai farisei la terza domanda.

5. Dopo una breve pausa, uno dei dottori della legge così interpellò il romano: «Considerato che sei tanto versato nelle nostre Scritture, io ti domando se conosci il Cantico dei cantici di Salomone, e se sai quale sia il suo significato»

6. Disse il romano: «Oh, certo che lo conosco! Anzi, questo Cantico, a causa del suo elevato tono poetico e mistico, già da molto tempo è il mio prediletto; devo confessare però che finora non ne avevo proprio ben compreso il senso profondo, ma dato che ora ho trovato appunto Colui al Quale il Cantico stesso si riferisce esclusivamente, posso assicurarti che esso non contiene nemmeno un solo versetto che non mi sia ormai chiaro tanto quanto il Sole di pieno mezzogiorno. Se vi piace posso fornirvi addirittura qui, in presenza di tutto il popolo, una prova che il Cantico in questione lo conosco perfettamente bene».

7. Il dottore della legge rimase perplesso e non insistette, perché si era ormai accorto che il romano avrebbe trovato con molta genialità il modo di riferire a Me e alla Mia Dottrina ogni cosa molto spirituale che appunto costituisce la nuova Chiesa, la quale ha trovato in Me il suo Amico cercato, e Mi ha invitato ed accolto come l'Ospite della Vita e dell'Amore.

8. Perciò il dottore della legge finì col dire: «Noi vediamo già che con questa domanda abbiamo fatto un nuovo buco nell'acqua, ed ammettiamo noi stessi che è perduta per noi! Dunque, dato che dobbiamo proprio continuare con le domande, te ne faremo un'altra che così sarà la quarta.

9. Che cos'è l'anima umana e dove ha la sua sede nel corpo? Questa certamente è una domanda del tutto ragionevole, alla quale crediamo che non si potrà obiettare proprio nulla!»

10. Disse il romano: «Oh, affatto! Ed io anche vi darò una risposta esatta e pienamente conforme a verità, basandola in parte sulle nozioni che ho dell’anima e in parte sulle mie proprie esperienze, e ciò malgrado io sia assolutamente convinto che nessuno di voi sappia cosa sia l'anima e dove essa abbia la sua sede nel corpo!».

 

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Cap. 218

Agricola parla dell'essenza dell'anima.

 

1. (Il romano): «Vedete, l'anima, quale sostanza spirituale, è essa pure perfettamente un uomo tanto nella forma, quanto in tutte le membra e negli organi del corpo! Se così non fosse, essa non potrebbe neppure fare l'uso il più possibile perfetto del proprio corpo. Le mani dell'anima si trovano nelle mani del corpo, i suoi piedi nei piedi del corpo, e così di seguito ciascuna parte dell'anima si trova nella corrispondente parte del corpo. Se eventualmente il corpo si ammala, allora l'anima presente anche nelle parti del corpo ammalate si affaccenda intensamente per farle diventare sane. Se questo non le riesce, essa si rende inattiva, e la conseguenza è che poi una simile parte del corpo appare del tutto paralizzata, quasi insensibile e perciò inattiva. Questa è una vera e buona dottrina di tutti gli antichi e anche dei nuovi psicologi[34]. Ma qui si domanderà come simili sapienti siano venuti a conoscenza di questo mistero. A tale domanda non è affatto difficile dare risposta.

2. Anzitutto un lucido pensatore è guidato dal suo intelletto verso una conoscenza di questo tipo, perché, se l'anima rappresenta appieno il vero e proprio principio vitale dell'uomo in tutte le sue parti del corpo, è chiaro che essa deve anche essere presente in tutte le sue parti, altrimenti certe parti del corpo non avrebbero evidentemente vita, e sarebbero quindi morte come tutto intero il corpo quando l’anima lo ha abbandonato. Ma poiché tutto il corpo è in attività, l'anima, quale fondamento dell'attività vitale, deve essere necessariamente diffusa in tutto il corpo. Per conseguenza l'anima, già per logica induzione della mente di un uomo puro e sano, è - senza alcun dubbio possibile - interamente un uomo di sostanza spirituale, ed ha, NOTA BENE, la sua sede in tutto il corpo!

3. Qualcuno, però, potrebbe obiettare questo: “Sì, la cosa si presenta molto bene, ma dove sono le prove tangibili di questo, prove che sole possono fornire una valida testimonianza della piena verità delle induzioni della ragione umana?”.

4. Oh, anche di simili prove palpabili noi ne abbiamo grazie alle esperienze molteplici di tutti i tempi, di tutti i paesi e di tutti i popoli! In primo luogo, qui hanno naturalmente valore quelle esperienze che un uomo sano di mente ed amante della verità ha fatto da solo, e poi anche le esperienze di molta altra gente vengono in appoggio alle proprie e ne confermano la verità.

5. La strana storia di Sagunto, in Spagna, voi già la conoscete! Lo spirito di mio padre che continuava a vivere, nonostante la morte del corpo, era tanto perfettamente uomo, quanto lo era stato durante il tempo della sua vita terrena; ma questo dimostra che esso, quale anima, aveva dovuto essere ugualmente così pure nel corpo, vale a dire del tutto completamente uomo, con capo, busto, mani e piedi.

6. Tuttavia questa non è la mia sola esperienza in questo campo; infatti quando vari anni fa dovetti recarmi in Egitto, mi accadde il seguente stranissimo fatto. Io mi trovavo con la maggior parte di questi miei compagni in Sicilia, per imbarcarmi alla volta dell'Egitto. Una mattina noi salimmo a bordo della nostra nave grande e solida, la quale aveva già sfidato molte tempeste. Noi tutti ci raccomandammo con grande fervore e devozione alla protezione degli dèi, ed io, in segreto, per di più alla tutela del Dio degli ebrei, che avevo conosciuto dalle vostre Scritture. Ma quando noi volemmo staccarci dalla riva, non ci fu verso di spingere la nave al largo. Io feci esaminare subito ogni cosa con tutta l’attenzione possibile senza poter trovare proprio niente che avesse potuto neanche minimamente essere di impedimento al muoversi della nave. Poi di nuovo si tentò con ogni mezzo possibile di scostare la nave dalla riva, che pure si trovava in acque molto profonde, ma ogni nostra fatica fu vana. Io, con alcuni di questi miei compagni, me ne stavo pieno di pensieri irritanti su in coperta e andavo guardando all'insù e all'ingiù, a sinistra e a destra e perfino la distesa del mare in lontananza, per rendermi conto in qualche modo di cosa fosse che mi impediva di partire.

7. Ecco che all’improvviso scorsi una figura umana vestita di bianco che camminava sulla spiaggia; essa fissava intensamente con i suoi occhi la nave, e non la perdeva di vista nemmeno un momento. Io feci notare ai miei compagni la presenza di quella figura umana. Essi pensavano che forse si trattava di un mago delle spiagge, e che si sarebbe dovuto corrispondergli un tributo perché lasciasse libera la nave. Noi perciò scendemmo a terra, e ci avvicinammo alla figura che ci aspettava con il suo sguardo fermo. Una volta giunti dinanzi al supposto mago, io gli domandai coraggiosamente: “Tu tieni ferma la mia nave col tuo magico potere. Ma per quale ragione? Richiedi forse da noi un'offerta a titolo di riscatto? Parla, perché ho un’estrema urgenza di recarmi in Egitto!”.

8. La figura mi guardò fissamente e seriamente, e poi rispose ad alta voce e con parole ben distinte: “Io non sono un mago, né richiedo offerte da te. Ma poiché tu ti sei raccomandato alla protezione del Jehova degli ebrei, io venni inviato qui allo scopo di tutelarti contro il naufragio. Infatti se tu parti oggi, verso la terza ora della notte diverrai preda del mare assieme alla nave! Alla distanza di venti ore di cammino da qui si scatenerà in alto mare un tremendo uragano. Guai a chi verrà raggiunto dalla sua furia! Domani invece potrai partire tranquillo, e il tuo viaggio si compirà felicemente!”

9. Allora io, cosi interpellai lo spirito: “Chi sei tu dunque, e qual è il tuo nome?”

10. E lo spirito disse: “Io fui il tuo bisavolo, onorato patrizio e sempre buono e giusto verso chiunque, e perciò ora sono anche beato, pur non avendo raggiunto ancora la piena perfezione. Tu su questa Terra vedrai ancora cose immense; ma quando questo avverrà, ricordati di me che, per concessione dell'unico vero Dio, adesso ti ho annunciato tali cose!”.

11. Dopo di che lo spirito scomparve e noi allora rimanemmo a terra.

12. Ebbene, in questo caso si trattò di uno spirito visto da noi tutti, o di un'anima che continuava a sopravvivere ad un corpo già da lungo tempo morto e dissolto e che aveva la perfetta figura umana, e diceva parole intelligibilissime per la mia salvezza, dimostrando nello stesso tempo una tale forza di volontà, di fronte alla quale tutta la nostra forza fisica si riduceva ad un nulla assoluto. Questa apparizione corrisponde a piena verità, e di ciò la maggior parte di questi miei compagni possono rendere testimonianza. Ma ora passiamo ad un'altra apparizione di questo genere che abbiamo visto nell’Alto Egitto!».

 

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Cap. 219

Anima e corpo.

 

1. (Il romano:) «Noi arrivammo una volta a Menfi, dove fummo ospitati dal comandante romano e governatore del luogo nel suo grande palazzo. I primi tre giorni li dedicammo a visitare la città con i suoi dintorni, nonché gli antichi templi, ciò che a noi romani suscitò naturalmente un grande interesse.

2. Il terzo giorno, molto di buon'ora, io mi accorsi che nella mia ampia stanza da letto qualche cosa si agitava e muoveva. Anche i servitori, che facevano guardia presso di me, notarono il fenomeno. Io domandai loro immediatamente di che cosa si trattasse e che cosa potesse significare. Ma i servitori non potevano spiegarsi il fatto ed assicurarono che essi non avevano mai assistito a niente di simile. Ben presto questa cosa prese le sembianze di un’ombra sul muro e in pochi istanti apparve come una nebbia che si sollevava dal pavimento e che si librava oscillando di qua e di là come se fosse mossa da una leggera corrente d’aria. Non era possibile che qualcosa ardesse, dato che là tutto era fatto di pietra, perfino i tavoli, i letti e le sedie! Noi stemmo ad osservare per qualche tempo con muta rassegnazione quello che sembrava un capriccio della natura, e ciascuno era in attesa, non senza un certo timore, di vedere come sarebbe finita.

3. Ma non durò molto, e quel gioco d'ombra e di nebbia d'improvviso svanì; poi si udì un forte rumore, ed apparve una figura di donna molto giovane, però immensamente turbata all'aspetto, la quale, a giudicare dalla strana foggia delle vesti, doveva essere un’egiziana dei tempi passati.

4. Io mi feci coraggio e con voce commossa le chiesi chi fosse e che cosa volesse.

5. Nello stesso istante quell'essere si rizzò sulla persona e disse: “Io sono una figlia di Sesostri e mi chiamo Isia. Tu pure discendi da questo stesso ceppo, e puoi affrancarmi dalla schiavitù di questo castello della miseria e della disperazione, nella quale mi trovo già da un lungo periodo terreno! Dammi notizie sull'autentico e vero Dio! Costui soltanto può liberarmi dal mio lungo tormento; mentre invece le tue divinità e le mie non sono altro che dei morti pensieri degli uomini ciechi”.

6. Io dissi: “Rivolgiti allora al Dio degli ebrei!”

7. Non appena ebbi pronunciato queste parole, la figura si fece completamente bianca e scomparve.

8. Altro qui non occorre menzionare. L'apparizione stavolta fu di una giovane che avrà potuto avere al massimo ventitré anni. Come figlia di Sesostri, lei pure deve essere vissuta una volta nella carne di questa Terra, e sarebbe stranissimo che durante la sua apparizione non avesse avuto perfetta somiglianza con la sua figura corporea d'altri tempi!

9. Ora appunto in ciò sta la prova assolutamente irrefutabile che, in primo luogo, ciascun uomo di carne ha un'anima immortale, e che questa durante la vita corporale dimora in tutto il corpo, e dopo la deposizione del corpo essa ha per sé la figura del tutto identica a quella che aveva prima quando era nel corpo. Di più voi non avete domandato, e, per conseguenza, io non ho altro da dirvi.

10. Ma che appunto l'anima comprende l'intero corpo umano, questo ve lo posso dimostrare con un fatto accadutomi e quindi statemi a sentire ancora!

11. Io ho conosciuto a Roma un uomo il quale in battaglia aveva perduto una gamba fin oltre il ginocchio. Quando una volta gli domandai se non avesse davvero più alcuna sensazione del membro perduto, egli mi assicurò che spesso anzi gli accadeva di non accorgersi affatto che la mezza gamba gli mancava, per cui già più di una volta gli era toccato di cadere malamente a terra per avere voluto poggiare giù il piede che gli pareva dovesse esistere ancora.

12. Da questo fatto autentico si può di nuovo trarre la conclusione che l'anima anzitutto compenetra tutto intero il corpo, e non perde nessun membro anche se il corpo viene mutilato completamente, e inoltre che l'anima è in sé immortale, e che dopo la morte del corpo essa continua a vivere e a perfezionarsi.

13. Io dunque credo di avere risposto con ciò secondo tutte le regole alla vostra domanda; io potrei citarvi ancora una grande quantità di fatti di questa specie successi nei tempi antichi e di cui è stata tramandata la storia presso tutti i popoli a noi conosciuti; sennonché tutto ciò non potrebbe conferire maggior senso di verità alla mia risposta. Quindi, a mio avviso, questa è perfettamente adeguata alla vostra domanda e sono pronto a sentire qual è la quinta domanda che intendete propormi! Cosa ne dite?»

14. Disse il dottore della legge: «Che tu abbia risposto alla perfezione anche alla quarta domanda, non possiamo fare a meno di riconoscerlo noi tutti; dobbiamo d'altro canto ammettere pure che noi non siamo più in grado di porti delle domande, perché tu sei un uomo molto addentro in ogni specie di scienza e ricco di esperienza in modo tale che noi potremmo venire tutti a scuola da te. Ma, considerato questo, a quale scopo rivolgerti altre domande? Noi ti sborseremo le cento libbre d'oro, e così la questione sarà definitivamente risolta»

15. Disse il romano: «Molto bene! Io non ho niente in contrario a considerare esaurita questa vertenza, dato che voi stessi ora riconoscete che noi romani non siamo affatto tanto sciocchi come eravate abituati a pensare di noi; voi ormai dovete essere persuasi che noi esaminiamo rigidamente ogni cosa e che ci teniamo quello che viene trovato buono e vero. Ma poiché adesso siete ben persuasi di ciò, io vi domando: “Non ho ragione se vado sostenendo che siete mille volte stolti per la ragione che non bramate e non volete riconoscere quell'Uomo-Dio che è là, per quello che, secondo il mio giudizio, Egli è incontestabilmente?»

16. Dissero i farisei: «O amico caro e davvero molto saggio! Noi faremo anche questo, e personalmente dentro di noi siamo perfino convinti del fatto che quel Galileo può essere benissimo ed anzi certo sarà il Messia promesso; tuttavia a questo riguardo possiamo noi pure riferirci ad un vostro proverbio il quale suona: “ULTRA POSSE NEMO TENETUR” (“Nessuno è tenuto ad andare al di là del possibile”), e precisamente così stanno le cose nei nostri confronti; noi non lo possiamo a causa della carica che purtroppo deteniamo. Infatti se noi ci professiamo apertamente Suoi discepoli, ci attiriamo la più spietata maledizione del Tempio e ne veniamo banditi. Ma dove andare poi, e a chi ricorrere per avere cibo e ricovero?

17. Ah, certamente, se si potesse vivere come gli uccelli dell'aria, allora sarebbe quanto mai facile accettare una dottrina che è in sé una verità purissima ma che nello stesso tempo costituisce il polo diametralmente opposto al nostro attuale Giudaismo! A noi dunque è lecito accoglierla e credervi soltanto personalmente e del tutto in segreto, ma pubblicamente noi siamo invece costretti a dichiararci contrari, perché altrimenti non avremmo più di che vivere né dove abitare. Chi considera queste cose, si persuaderà presto di ciò che noi possiamo e di ciò che noi non possiamo fare»

18. Disse il romano: «Questa vostra scusa è così inutile e vuota come il guscio di un uovo privo del suo contenuto, né include nemmeno una minimissima ragione per farvi desistere dall'accogliere la verità. Infatti se voi ormai sapete e dovete riconoscere Chi è questo Uomo-Dio, non è possibile che domandiate che cosa mangerete, come vi vestirete e dove troverete dimora. Se in Lui dimora lo Spirito supremo di Dio che ha creato Cielo e Terra, che regge tutto e tutto mantiene e che soltanto da Lui dipende ciascun respiro e ciascun battito del cuore, ebbene, Egli saprà certo come fare affinché a coloro che in Lui credono e che Lo amano non venga a mancare tutto quello che è loro necessario per la loro vita corporale.

19. Guardate tutta questa gente che è con Lui! Tutti mangiano, bevono e sono vestiti molto bene; e ammesso anche che già da prima fossero provvisti di vesti, altrettanto non può dirsi del cibo di cui si saziano ora; non solo, ma non bevete voi pure adesso del vino che non è stato mai contenuto in nessun otre, e mangiate un pane che non è stato mai cotto in un forno? Ma se di questo dovete essere convinti come lo siamo noi romani, come potete venir fuori con delle scuse che non hanno alcun fondamento?

20. Alla fine a che cosa vi serve la vostra attuale posizione e la certezza di essere tutelati contro la miseria? Potrà tutto ciò assicurarvi la vita per l'eternità? Chi provvederà alle vostre anime se voltate la schiena a Colui che solo può darvi una simile garanzia, come Egli in Persona vi disse stamani nel Tempio, in tono abbastanza percettibile e chiaro, che “chi crede in Lui, non sentirà, non vedrà e non assaporerà mai in eterno la morte?”. Ma se voi, secondo quanto avete detto, riconoscete che Egli è il grande Promesso, non c'è per voi, né per nessun altro, un qualche motivo plausibile per non confessare pubblicamente dinanzi all'umanità intera la propria fede in Lui e per non vivere conformemente alla Sua Dottrina. Ho ragione oppure no?»

21. Tutti i presenti allora dissero: «Sì, o nobile romano, tu hai perfettamente ragione sotto ogni riguardo, perché è proprio così e mai altrimenti in eterno! Beato colui che ora ha la fortuna di vedere il Signore e di ascoltare la Sua Dottrina divina, così come noi tutti abbiamo gioito di una fortuna simile, pur non essendone minimamente degni!».

 

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Cap. 220

La rinuncia al mondo e il Regno di Dio.

 

1. Ed Io aggiunsi: «E beato pure colui che non si sarà scandalizzato di Me! Voi, farisei ciechi, andate dicendo: “Rosso di sera, bel tempo si spera; rosso di mattina, la pioggia si avvicina”. Questi segni sì che li sapete interpretare; ma allora come fate a non vedere anche i grandi segni dell'epoca presente, segni che vi sono dati da Me? Io però vi dico che voi ben vedete questi segni, e anche li comprendete; ma per amore del mondo, che è il vostro sovrano, non li volete riconoscere, e in aggiunta cercate di distogliere anche il popolo dal riconoscerli. Ne consegue che voi stessi non volete entrare nel Regno dei Cieli e, quel che è peggio, non permettete nemmeno che vi entrino gli altri; ma perciò un giorno voi riceverete anche tanta maggior condanna!

2. Se un cieco inciampa in una pietra, nessuno può imputargli ciò ad errore; ma se una cosa simile succede a chi vede, egli ha evidentemente commesso un grande errore perché avrebbe potuto vedere che una pietra gli sbarrava il cammino! Ma tanto più da un simile punto di vista vanno considerate le cose spirituali; a colui che, a motivo dello stato di cecità della sua anima, non può comprendere i segni che Io faccio e le parole che Io dico, la sua ignoranza non verrà imputata a peccato; ma molto più invece verrà imputata l'ignoranza volontaria di colui che, pur vedendo, è nemico della verità!

3. Questo ora è appunto il vostro caso, farisei, scribi e dottori della legge; dentro di voi siete ben convinti che sono Io il Promesso, ma oltre a questa convinzione ne avete pure un'altra, e cioè che il vostro Giudaismo del tutto corroso non può sussistere accanto alla Mia Dottrina, perché voi avete eliminato quasi completamente Mosè ed i profeti, e ad essi avete sostituito le vostre massime per opprimere e non per aiutare il popolo, le vedove e gli orfani. E poiché voi fate così, e non vi convertite a Me, il vostro peccato rimane in voi, e con questo anche il giudizio e la morte! In verità, con la stessa misura con la quale voi ora misurate, vi verrà data la ricompensa un giorno dal vero Padre Mio!»

4. Disse un fariseo, che fino a poco prima non aveva creduto affatto: «Queste, o Maestro, sono parole strane da parte Tua. Ma perché escludere che noi possiamo diventare d'ora innanzi Tuoi discepoli?»

5. Io dissi: «Certo, voi potete diventare Miei discepoli, ma questa cosa non è tanto facile come ve la immaginate voi, perché chi vuole diventare Mio discepolo deve spezzare ogni vincolo che lo tiene legato al mondo, e non deve guardare ai suoi allettamenti, dato che tutto il mondo è un costante giudizio ed una continua morte! Chi ama il mondo non è affatto adatto a divenire Mio vero discepolo, perché l'amore per il mondo non ha nessuna vita per fondamento, ma unicamente il giudizio e la morte. A Me peraltro non occorrono dei discepoli morti, ma discepoli tali che siano liberi e completamente viventi; se voi siete in grado di arrivare a questo punto, potete certo voi pure restare con Me!

6. Infatti Io non sono venuto a questo mondo per giudicare tutte le genti cieche e miopi, ma sono venuto unicamente per cercare il perduto, per guarire gli ammalati, per aiutare gli oppressi e per redimere tutti coloro che languono in prigionia. Chi riceve aiuto da Me, costui lo riceve per l'eternità; ma chi non vorrà ricevere il Mio aiuto, non vi sarà nessuno, né in Cielo né su questa Terra, capace di aiutarlo.

7. Io però qui non intendo parlare di questa Mia Persona, ma della Mia Dottrina, perché questa è veramente il “Regno di Dio” che ora vi è venuto vicino, e chiunque ad essa conformerà la propria vita, ne otterrà la vita eterna. In verità, Io stesso non giudicherò nessuno, ma la Parola, che Io vi sto annunciando, vi giudicherà nella stessa maniera come anche la Verità giudica ed uccide la menzogna!»

8. Disse poi il dottore della legge: «Maestro, ora Tu hai parlato bene e saggiamente; le cose stanno veramente così; tuttavia c'è ancora qualcosa alla cui idea non posso ancora proprio bene assuefarmi, e questa consiste nel fatto che Tu hai detto che non si deve amare il mondo, dato che esso è il giudizio e la morte. Ebbene, questo è in sé e di per sé perfettamente vero; ma si pensi alla vastità che ha la Terra e alla moltitudine di uomini che vivono su di essa non per loro libera volontà! Chi va a portare a costoro una consolazione ed un Vangelo dai Cieli? Essi crescono selvaggi come la zizzania sulle lande, non conoscono nulla e non sanno nulla! Devono forse anche questi uomini, posti del tutto ciechi sulla Terra dalla onnipotente Volontà di Dio, pure rinunciare a qualsiasi amore per questo mondo che li porta e li nutre?

9. Già il nostro attuale Giudaismo è quasi più un paganesimo che non un vero Giudaismo; ma in quali condizioni si troveranno poi gli altri popoli e gli altri esseri umani? Infatti, a quanto noi sappiamo, pensiamo e ricordiamo, nessuno può venire incolpato se è nato - senza che la propria volontà vi abbia in alcun modo contribuito - su questo mondo davvero miserando e pessimo! Ma una volta nato, già dai suoi primi giorni fino all'orlo della fossa, egli viene continuamente tormentato con tutti i mezzi che mai possano venire impiegati per tormentare un essere umano! La conclusione viene poi data dalla morte amara e dolorosissima.

10. Ma, considerato ciò, se si ragiona e si pensa un po' da un punto di vista giusto, si sente come una domanda ben grave venga ad imporsi alla mente, e cioè questa: “Perché sono un essere umano? Chi è stato a pormi in questa valle di lacrime, e per quale ragione mi ci trovo dentro?”.

11. Dunque se l'uomo considera così tutto il suo stato miserando, come è possibile prendersela con lui se egli comincia a cercare di qua e di là per il mondo un cantuccio dove poter rendere la propria sorte almeno un po' più sopportabile? Ebbene, dopo molti disagi e fatiche costui è riuscito finalmente a trovare un posticino di questo genere dove potrebbe sperare di passare un po' meglio e più in pace quegli istanti di vita che ancora gli restano; sennonché d'un tratto ecco capitargli dinanzi dei profeti ed altri messaggeri colmi dello Spirito di Dio, i quali fanno a gara nell'annunciargli l'Ira di Dio, il giudizio, la morte ed una quantità ancora di cose in verità per niente piacevoli! E così è finita anche con quel cantuccio di pace scoperto con tanta fatica!

12. Sì, certo, sarebbe tutta un'altra cosa se l'uomo, prima della sua nascita, avesse concluso con un qualche Dio un patto che stabilisca le condizioni alle quali dover sottostare durante la vita terrena! Così si viene invece messi al mondo del tutto nudi, ciechi e quasi completamente incoscienti, e si viene immediatamente tormentati da ogni tipo di cosa. E quando, attraverso avversità e sofferenze di ogni specie, uno arriva a farsi adulto, ammesso che sia sempre di costituzione fisica sana così da potersi ripromettere di strappare alla vita almeno ogni tanto una giornata un po' più lieta, ecco all’improvviso addirittura una pioggia di leggi di tutte le specie che imperversa da ogni parte, e allora, giornata lieta addio! Infatti se ho approfittato di questa giornata, allora ho peccato contro una quantità di leggi, con la conseguenza che la coscienza sempre tormentosa ne trae motivo per far sentire fortemente la sua voce; se invece ho avuto cura di tenermi le leggi sempre davanti agli occhi, eh, allora di giornata lieta non si può più affatto parlare! Ma perché, perché tutto questo è stato sistemato così?

13. Io credo già che Tu sia Colui che ora può darci un completo aiuto; ma che cosa accadrà degli altri numerosissimi uomini che vivono su questa Terra? Chi li aiuterà? E perché a noi ebrei, nonché ai greci ed ai romani, non è stato dato aiuto prima di adesso?».

 

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Cap. 221

La guida divina degli uomini.

 

1. Dissi Io: «Ascolta! Come vada trattata l'umanità di questa Terra, lo sa soltanto, e di certo nel migliore dei modi, Colui che l'ha creata! E Costui non ha mai mancato, nemmeno un solo giorno, di far convergere dai supremi Cieli della Vita ogni tipo di influssi sugli uomini per indicare loro le rette vie sulle quali devono camminare per raggiungere con tutta facilità la meta che è stata posta da Dio. Ma se gli uomini invece, prediligendo le dolcezze del mondo e le loro false nonché fugaci attrattive, hanno continuato ad allontanarsi da Dio, ed hanno adorato il vitello d'oro e il mammona del mondo che nella loro cieca immaginazione e vana fantasia essi stessi hanno giudicato sia qualcosa di immensamente prezioso, che colpa può venire attribuita a Dio se gli uomini rigettano i Suoi insegnamenti ed i Suoi consigli, e se da se stessi si danno leggi tali, per mezzo delle quali poter sempre di più impossessarsi del deleterio mammona?

2. Non vi ha Dio visibilmente dimostrato per mezzo di Mosè, nella maniera più dettagliata, ogni cosa possibile concernente l'abbondanza infinita della Sua Creazione e come tutto ciò sia così unicamente per l’uomo di questa Terra? Non ha Dio indicato chiaramente che cosa è l'uomo di questa Terra e cosa egli è chiamato a diventare alla fine? Mosè vi dichiarò per filo e per segno la ragione di tutta intera la Creazione materiale, e vi ha benissimo spiegato perché ciascuna anima deve percorrere la via della carne, allo scopo, dopo aver deposto il corpo di carne, di potersi avvicinare a Dio quale spirito indipendente e fatto appunto a Sua somiglianza!

3. Queste cose Dio già ai tempi antichissimi le annunciò in maniere molteplici ad Adamo, a Set, ad Enos, a Kenan, ad Enoc, a Lamec, a Noè e così via fino ad Abramo, Isacco e Giacobbe. Egli, spesso, dimorò addirittura anche personalmente tra di loro, ed insegnò a percorrere la vera via della salvezza. Ma perché invece voi uomini avete rigettato tutte queste cose sostituendo alle Rivelazioni divine la vostra sapienza mondana?

4. Chi fu Melchisedek, l’unico Sommo Sacerdote e Re di Salem? Ma dove sono le Sue divine dottrine e le leggi supremamente sagge ed amorosissime da Lui date a tutti gli uomini? Ecco! I vostri padri le hanno distrutte!

5. Mosè, nel suo grande sesto e settimo libro, aveva riportato tutto ciò che era stato perduto, ma voi di nuovo lo nascondeste agli occhi del popolo, a cui deste invece dell'immondizia.

6. Ma se l'umanità intera ora sguazza nella palude immonda del male per colpa delle caste sacerdotali egoiste e della bramosia di dominio di altri grandi del mondo, che colpa ne ha Dio?

7. Dio diede la libera volontà all’uomo, affinché egli possa essere attivo da sé in piena libertà; ma Dio diede altresì all’uomo anche la ragione e l'intelletto, affinché egli possa intendere e comprendere i consigli e le leggi di Dio, ed infine gli ha conferito la forza di operare in base ad esse. Ma se l'uomo, nonostante ciò, si lascia dominare dal mondo di suo proprio libero volere, e non vuole prestare ascolto ai consigli di Dio, non è allora esclusivamente colpa sua se, ignorando volontariamente tutto l'Ordine divino, deve necessariamente precipitare da una miseria all'altra?

8. Ora però, essendosi eccessivamente accentuata la malvagità e la tenebra fra gli uomini, sono venuto ancora una volta Io stesso, quale l’antico Melchisedek, addirittura nella carne tra voi, come feci annunciare già molto tempo in anticipo da tutti i profeti.

9. Io dunque, ora, sono qui con l'intento di aiutare nuovamente gli uomini a ritrovare la via della vera luce e della vita, e vado insegnando e compiendo prodigi affinché possiate credere che sono veramente Io! Voi invece non credete, e per di più vietate agli altri di credere, impedendo loro così di giungere alla beatitudine e alla completa felicità! Ma a chi dunque va attribuita la colpa se voi, assieme ai vostri ciechi aderenti, perseverate nel male? Mia no di certo! E quando più tardi vi andrà mille volte ancora peggio di adesso, vi converrà registrare tutto ciò nel libro dei vostri propri peccati!

10. Il romano vi ha dichiarato il vero motivo per il quale voi non volete credere che Io sia il Messia promesso; Io però ancora una volta vi dico: “Chi crede in Me, avrà vita eterna, e dai suoi lombi scorreranno fiumi d'acqua viva; ma chi non crede, non avrà in sé la vita eterna, ma soltanto la morte del mondo ed ogni giudizio!”. Tuttavia Io non M’impongo a nessuno, ed ogni cosa invece è lasciata alla liberissima volontà di ciascuno.

11. Ma poiché ormai sono qui addirittura nella carne di questo mondo per la salvezza di tutta l'umanità, conviene bene che vi annunci che Io stesso sono qui, affinché non possiate poi nuovamente sostenere di non aver mai sentito dire niente a questo riguardo da nessuna parte, e che Dio va creando gli uomini e li lascia nascere su questa Terra dalle donne, ma che poi non si cura affatto di loro e li lascia completamente abbandonati a se stessi!

12. Dunque Io sono qui per aiutare tutti gli uomini, ed a tutti i popoli della Terra invio i Miei angeli perché istruiscano in modo appropriato i loro sapienti. Chi si convertirà ai loro insegnamenti non andrà perduto per quanto lontano possa trovarsi da qui. Nessuno però sarà costretto a fare così. Ed ora vi ho detto queste cose affinché sappiate che sono qui, e perché sono venuto qui! Dal canto vostro potete fare liberamente quello che volete!»

13. Disse il fariseo ai suoi: «Cosa facciamo adesso? Quest'uomo parla con una straordinaria energia e moltissimi ormai credono in Lui. Non possiamo dire: “Egli lo è”, ma non possiamo nemmeno dire: “Egli non lo è”! La mia opinione dunque sarebbe di consultare prima la Scrittura ancora una volta; se troviamo che tutto quanto essa dice collima con le Sue affermazioni, non possiamo fare a meno di credere pienamente in Lui, ma se tutto invece non collima, allora restiamo quello che siamo! Che ne pensate voi?»

14. Disse il dottore della legge: «Sarà per noi una faccenda molto lunga! Infatti la Scrittura è assai voluminosa e difficilissima da comprendere, e credo che comunque potremmo ricavarvi ben poca luce! Io sono dell’opinione che noi dovremmo trattenerci più a lungo presso di Lui, e particolarmente presso i Suoi discepoli per avere da loro delle informazioni più dettagliate riguardo a tutto ciò che essi hanno sentito e visto di Lui fin dall’inizio! Ed è chiaro che ciò potrà fornirci delle prove ben più convincenti sul Suo conto, che non tutti i nostri libri impossibili da decifrare; io, a dire il vero, sono più portato alla fede in Lui, che non al contrario! E voialtri cosa ne dite?»

15. Disse uno che già prima si era dimostrato più propenso a credere: «In quanto a credere in Lui, io non ci vedo più nessuna difficoltà; ma come liberarci dalle grinfie del Tempio? Ecco una domanda di tutt'altro genere alla quale per noi è più difficile dare risposta che non a qualsiasi altra!»

16. A questo punto il romano disse: «Se non è che questo a darvi ombra, a mio avviso la questione potrebbe invece venire risolta con la massima facilità. A me è noto che il Tempio invia sempre in ogni parte del mondo dei sacerdoti esperti per fare nuovi adepti alla propria fede; se voi riferite a qualcuno dei vostri superiori che da parte mia, Agricola, siete stati invitati a dedicarvi ad una missione simile, certo nessuno avrà nulla in contrario e vi si lascerà tranquillamente andare. Che ve ne pare?»

17. Disse allora il dottore della legge: «La cosa ha dei lati buoni, e noi potremo tentare; ma se il sommo sacerdote non fosse d'accordo, cosa faremo allora?»

18. Disse il romano: «Allora sarò io a richiedervi a scopo missionario grazie alla mia delega imperiale, e il vostro sommo sacerdote non potrà obiettare più nulla!»

19. Con questo tutti rimasero soddisfatti; soltanto uno dei farisei domandò come si sarebbe dovuto regolare la faccenda delle cento libbre.

20. Però il romano disse: «Se mi seguite, siete esonerati dal pagamento!».

21. Ciò lasciò contenti tutti, ed essi andarono dai discepoli e si intrattennero riguardo a vari argomenti con loro, ciò che contribuì a rafforzare la loro fede.

 

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Cap. 222

Cibi puri ed impuri.

 

1. Ora, mentre quei farisei erano intenti a parlare con i discepoli, Io conversavo con Lazzaro e il suo oste riguardo a comunissime cose terrene, ed i molti pubblicani presenti assieme alla loro gente prestavano attento ascolto a quello scambio di idee; in questa occasione essi vennero a conoscenza di molte cose che potevano essere loro utilissime per l'agricoltura e per l'allevamento del bestiame.

2. Io richiamai la loro attenzione su molte piante dalla radice commestibile che essi avrebbero potuto riconoscere benissimo sulla scorta della Mia descrizione, per poi curarne la coltivazione e la preparazione a scopi di cucina. Inoltre insegnai loro come avrebbero dovuto procedere per preparare le carni di maiale, di cervo, di capriolo, di camoscio, di gazzella nonché quelle delle lepri selvatiche e domestiche e di una quantità di volatili, affinché ne potessero mangiare senza danno per la loro salute. Così pure spiegai come e in quali epoche sarebbe stato più opportuno dare la caccia a questi animali e conservarne la carne per il consumo, lasciandola marinare per vari giorni e poi affumicarla con cura.

3. Questo particolare venne udito anche dai romani, e il nostro Agricola si alzò dalla sua mensa, si avvicinò a Me e disse: «O Signore e Maestro! Io ho udito tutto quello che hai detto in proposito, e sono immensamente lieto che Tu abbia esteso i Tuoi insegnamenti anche in questo campo. Vedi, noi siamo soliti nutrire i delinquenti rinchiusi nelle carceri con gamberi d'acqua dolce e di mare. Quando si possono avere questi animali, vengono bolliti in acqua salata con un'aggiunta di timo; quando diventano rossi, sono già cotti a sufficienza, e così preparati vengono dati da mangiare ai carcerati. Da principio, come si sa, soltanto la grande fame poté indurli a consumare un cibo di questa specie; sennonché col tempo essi cominciarono a gradirlo molto, anzi la loro salute fisica se ne avvantaggiò notevolmente, acquistarono giorno per giorno un aspetto sempre più florido, e finì che ciascuno considerò un giorno lieto quello in cui poté avere dei gamberi da mangiare. E coloro che, scontata la pena, uscivano dal carcere, avrebbero continuato a nutrirsi quasi esclusivamente di gamberi, se avessero sempre avuto il modo di procurarsene. Che cosa ne dici Tu di questo genere di nutrimento? Sarebbe consigliabile estenderne l’uso anche agli altri uomini?»

4. Io dissi: «Oh, certamente; però soltanto in quei certi mesi che conoscete, e devono essere oltre a ciò freschi e vivi, come del resto s'intende da sé! Il modo di prepararli indicato da te è assolutamente buono. In ogni caso bisogna notare che i gamberi di fiume sono migliori di quelli di mare»

5. Questa risposta soddisfece appieno Agricola.

6. Alcuni discepoli cominciarono a parlare fra di loro e a dire: «Guardate un po' il nostro Signore e Maestro! Era già da tempo che Egli non parlava più di simili argomenti! Come mai vi è ora ritornato su?»

7. Però anche i farisei, che parlavano con i vecchi discepoli di Me, avevano udito le Mie parole; essi perciò, scrollando la testa, dissero: «Ecco che adesso Egli si esprime contro le massime di Mosè, ed i romani non gli obiettano nulla, pur avendoci prima rinfacciato il fatto che noi abbiamo rigettato queste massime mosaiche per sostituirvi le nostre! Ma che sia possibile forse che Egli non conosca ciò che ha comandato Mosè e come la carne di animali immondi renda l'uomo immondo anche se viene semplicemente toccata? Preparato in qualsiasi differente modo, ciò che è impuro rimane tale anche se preparato da un artista della cucina, e rende impuro chi lo mangia! Oh, questo ragionamento da parte Sua è molto strano davvero!»

8. Giacomo allora Mi disse a bassa voce: «Oh, Signore, non senti che specie di lodi hanno per Te i farisei? Ribatti dunque loro qualcosa!»

9. Io dissi: «E che importanza hanno per Me le chiacchiere dei ciechi farisei? Essi sono guide cieche di ciechi! Ma quando un cieco fa da guida ad un cieco, finiscono col cadere ambedue nella fossa, e poi non possono più aiutarsi a vicenda! Non badate dunque alle loro parole!»

10. Ma i farisei, che avevano udito ciò, si domandarono allora l'un l'altro se Io avessi voluto forse fare allusione anche a loro, che pure erano divenuti credenti.

11. Io però, dopo esserMi alzato, Mi rivolsi appunto a loro e dissi: «Sì, ho fatto allusione a quelli come voi! O stolti e ciechi che siete! Ciò che entra per la bocca nel corpo e che da questo viene eliminato per le vie naturali, non rende affatto immondo l'uomo, mentre quello che esce dalla bocca e che proviene dal cuore, come sarebbero i cattivi pensieri, le parole rozze e cattive, le diffamazioni, gli spergiuri, le menzogne di ogni specie, l’inganno, l’invidia, l’avarizia, la lussuria, la prostituzione, l’adulterio, l’ingordigia e gli eccessi anche trattandosi dei vostri cibi mondi, questo sì che rende impuro tutto l'uomo!

12. Cercate bene nella Scrittura, e troverete perché Mosè vi ha raccomandato l'uso di soli cibi mondi! Egli ha fatto così appunto a causa della vostra eccessiva brama di divorare carne e della vostra indomabile sensualità e lussuria. Ma adesso Io proclamo che per chi è puro di cuore, è puro anche tutto il resto, ma che per l'impuro tutto invece è immondo.

13. Quello che tu mangi e bevi per il necessario ristoro del corpo, non ti renderà mai né beato, né dannato, ma invece ti renderà beato o dannato unicamente quello che tu credi ed operi. Se tu credi il falso, non puoi fare niente di giusto e di veramente buono, dato che allora la verità non è in te. Ma non perciò la tua anima rimarrà sottoposta a giudizio, perché, se così fosse, tutti i pagani sarebbero perduti e un pensiero del genere sia ben lontano da Me e da tutti! Ma se tu ascolti la verità e la riconosci per tale, ma nonostante questo operi secondo la tua falsità, allora a giudicarti sarà la verità, difficilmente però ti giudicherà per la vita, ma molto più probabilmente ti giudicherà per la morte della tua anima! Infatti, come la luce è la morte della notte, così pure la verità è la morte della menzogna e della falsità. Ma se ora è spuntato il giorno per la tua anima, come si spiega allora che vuoi fare ritorno nella notte del giudizio e della morte?»

14. Disse il dottore della legge: «O Maestro, io so già che Tu dici il vero; tuttavia Tu ci hai rimproverato il fatto che noi abbiamo abolito le leggi di Mosè e le abbiamo sostituite con delle altre! Ed ecco che noi non Ti facciamo alcuna obiezione, perché effettivamente è così. Ma se Tu ora permetti a tutti gli ebrei di mangiare la carne anche degli animali dichiarati immondi da Mosè, a condizione di precisi modi di prepararla, a questo riguardo Tu pure abolisci le massime di Mosè, come del resto non le hai mai troppo rigorosamente osservate quando si trattò, ad esempio, di guarire gli ammalati anche nel giorno di Sabato! Eppure sta chiaramente scritto: “Lavora sei giorni, ma il settimo riposa e dedicalo a Dio, il Signore!”, ma allora con quale diritto Tu stesso fai così?»

15. Dissi Io: «Se Io sono QUEL Dio, e come tale sono venuto in questo mondo, allora faccio così del tutto con lo stesso diritto col quale il Padre, che è in Me, diede un giorno nel deserto le Leggi a Mosè per voi ebrei. Io però non abolisco nessuna legge come a te sembra, ma adempio Io stesso la legge in ciascun suo punto. Però ora Io vi sto mostrando soltanto la vostra incomprensione nel giudicare le Leggi del profeta. Voi non sapete che vedere soltanto la lettera, la quale uccide, mentre non conoscete lo spirito il quale è il solo che vivifica. Ma ora Io vi sto rivelando appunto quello spirito, che voi neppure sapete che esiste, il quale è il solo che vivifica; come puoi avere dunque il coraggio di dire che Io abolisco la legge di Mosè?

16. Voi, eroi della lettera, state ingoiando appunto con la vostra lettera i moscerini, ma poi alla fine inghiottite addirittura dei cammelli, perché se voi ci tenete già in maniera tanto incrollabile all'involucro letterale delle massime di Mosè, com'è che poi concedete dei condoni della pena ai ricchi ebrei per denaro ed altre ricche offerte?

17. Voi stessi mangiate pane lievitato perfino nei giorni di Sabato, mangiate volatili selvatici, e voi stessi concedete ai vostri apostoli il permesso di mangiare tutto quello che si mangia nell'uno e nell'altro paese. Voi però fate così per il vostro vantaggio materiale ed appunto perciò contravvenite alla legge; Io invece do tali consigli agli uomini per puro amore e misericordia, e non chiedo nessuna offerta per una simile dispensa, e quindi non abrogo affatto la legge di Mosè! Infatti se l'uomo, quando ha fame, sazia il suo corpo consumando qualsiasi cibo commestibile, egli non pecca contro la legge di Mosè; ma se un ebreo, unicamente per soddisfare la propria gola o per stuzzicare inutilmente il palato, mangia, a scandalo del prossimo, la carne di animali immondi o soffocati, pur avendo a disposizione una quantità sufficiente della carne di animali qualificati come mondi, costui commette un peccato, perché con ciò ha fomentato lo scandalo tra i suoi deboli fratelli.

18. Io con ciò non dico null’altro all'infuori di questo: “Nel caso di bisogno l'uomo può mangiare anche la carne di tutti gli animali da Me indicati, senza farsi assolutamente nessuno scrupolo; tuttavia egli deve dapprima prepararla nel modo che ho detto prima, e non gli sarà in nessun modo di danno! È bene però che il sangue, particolarmente quello di animali soffocati, non venga mangiato da nessuno, perché in esso si celano molti spiriti maligni (veleni). Voi queste cose le sapete bene e nonostante questo, di nascosto, mangiate le carni di pollame, di vitelli ed agnelli soffocati perché le trovate più saporite, e ciò poi vi inebria, eccita in voi la libidine e vi rende infine del tutto insensibili.

19. Pensate anzitutto a quello che voi stessi fate, e solo dopo potrete dirMi se Io sto abrogando o meno la legge di Mosè! Come puoi andare dal tuo vicino e dirgli: “Vieni, in modo che io ti levi dall'occhio la scheggia che hai dentro!” mentre nel tuo stesso occhio si nasconde addirittura una trave? Stolto! Leva prima la trave dal tuo occhio, e soltanto poi cerca di togliere la scheggia fuori dall'occhio del tuo vicino! Dunque, ciascuno spazzi in primo luogo davanti alla propria porta, e poi soltanto vada dal vicino e dica: “Dinanzi alla mia porta pulizia è ormai fatta; se lo desideri, io spazzerò anche dinanzi alla tua, affinché chi passa non debbia scandalizzarsi della nostra sporcizia”».

 

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Cap. 223

Vera e falsa celebrazione del Sabato.

 

1. (Il Signore:) «Ma così come stanno le cose rispetto al mangiare le carni di animali immondi, precisamente nello stesso modo stanno le cose riguardo all'osservanza del Sabato. In primo luogo va detto che ciascun giorno è un giorno del Signore, e chi è un uomo giusto deve fare il bene ogni giorno, e non soltanto il Sabato! E in secondo luogo sta scritto soltanto che si deve santificare questo giorno e che bisogna evitare di dedicarsi in questo giorno a lavori grevi e servili senza che ve ne sia la necessità; ma che nel giorno del Sabato non ci si debba dedicare alle opere buone, di ciò in nessun libro di Mosè viene detto nemmeno una sillaba!

2. Ma se il Profeta dice: “Senza necessità e legittima autorizzazione non devi compiere nel giorno del Sabato nessun lavoro greve e servile!”, come potete dire che Io profano il Sabato se in tal giorno ridono la salute ad un infermo senza pretendere nessuna ricompensa? Non date voi stessi nel giorno del Sabato il foraggio al bue, e non conducete voi stessi l'asino e il bue, le pecore e le capre all'abbeveratoio? O lasciate forse annegare il bue o l'asino nella cisterna se vi cadono dentro nel giorno del Sabato? Ma se già fate così nei riguardi dei vostri animali domestici, per quale ragione allora non si dovrebbe dare aiuto ad un uomo nel giorno del Sabato? Non è forse vero che l'uomo vale più di un animale?

3. O ciechi e stolti che siete! Come siete andati lontano dalla verità! Certo, in voi trova piena conferma quanto sta scritto: “Ecco, questo popolo Mi onora con le labbra, ma il suo cuore è ben lontano da Me!”.

4. DiteMi, se qualcuno viene da voi e dice: “Io prevedo che il raccolto mi darà molto lavoro, e appunto ora il tempo è favorevole! Se potessi approfittare del Sabato, sarei disposto ad offrire tre volte la decima, inoltre un bue da ingrasso e tre vitelli pasciuti”. Voi allora estendete per iscritto una licenza in base alla quale egli può ingaggiare dei lavoratori anche per il Sabato. Ma allora, non è questa una vera profanazione del Sabato ben più grave di quella del guarire un ammalato nel giorno del Sabato?

5. Nel giorno del Sabato, prima del tramonto del Sole, non si deve spezzare il pane, né mangiarlo, ma quando voi, rinchiusi nelle vostre stanze, vi abbandonate alla gozzoviglia ed ai bagordi tutto il giorno, sia pure un Sabato, e per denari permettete di seguire il vostro esempio anche ad altri, tranne che ai poveri i quali non possono pagare nulla, allora viene da chiedere: “Non è questa una abominevolissima profanazione del Sabato?”.

6. Inoltre Io domando: “Perché il sesto e settimo libro di Mosè sono stati dichiarati da voi di interpretazione apocrifa, e sono stati rigettati, come pure l'appendice profetica?”. Eppure tutto ciò sarebbe stato per chiunque un raggio luminoso che gli avrebbe indicato, in maniera quanto mai precisa, ciò che va fatto in ogni possibile circostanza. Invece voi vi siete provvisti di una Cabala derivata dall’Horus dell'antico Egitto; voi però non comprendete né questa, né l'antico Horus; e Mosè ed i profeti ai quali avete eretto dei monumenti di pietra, e che i vostri padri hanno lapidato, voi non li volete comprendere, e vi limitate ad insegnare al popolo che esso fa già abbastanza se onora altamente e adora assieme a voi tali Scritture! Ma non è questa una profanazione del Sabato ben maggiore di quella che voi Mi attribuite quando, nel giorno del Sabato, ridono la salute ad un infermo?

7. Io però sono Colui che sono, e fra l’altro dunque anche un Signore del Sabato! E per conseguenza dico: “Io non Mi compiaccio affatto di un Sabato come l’avete ridotto voi; ed Io poi nel giorno del Sabato faccio quello che voglio, come anche - dice il Signore - Io di Sabato faccio sorgere il Sole, scorrere i fiumi, spirare i venti e scatenare tempeste, muovere la Luna e le stelle lungo le orbite loro prescritte, crescere l'erba e maturare il dolce succo dell'uva!”. Ma se tutto ciò sta nel Mio potere assolutissimo, c’è forse bisogno che Io domandi il permesso a voi per quello che devo fare nel giorno del Sabato? Parla tu adesso, e dammi una risposta valida e ragionevole!».

 

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Cap. 224

La replica dei farisei.

 

1. Dopo questa Mia replica, il dottore della legge non seppe più quale risposta darMi. Infatti, da un lato si sentiva troppo duramente colpito, e dall'altro vedeva come il popolo era tutto in giubilo per le Mie energiche espressioni. E così i sette accoliti del Tempio sembravano come inchiodati al suolo, e non uno fu in grado di ribattere in modo almeno un po' ragionevole sia pure ad una sola delle Mie parole; oltre a ciò essi erano in segreto estremamente adirati con Me, perché Io avevo gettato loro in faccia la verità senza alcun riguardo.

2. Dopo qualche tempo tuttavia il fariseo si riprese di nuovo e disse: «Ma, o Signore e Maestro, quello che ci hai appena detto, lo sappiamo già da molto tempo! Però che noi non potevamo agire altrimenti, deve risultare evidente anche a Te! Tu potresti dirci questo e molte altre cose ancora, e noi non vi faremmo caso, purché tu le dicessi con altri modi! Invece Tu presenti la cosa precisamente in modo tale che dalle Tue parole si dovrebbe dedurre che noi stessi abbiamo rigettato gli ultimi libri di Mosè, e che noi di nostra propria mano abbiamo lapidato i profeti! Se però Tu stesso fossi stato anche fisicamente di Persona con noi, la cosa non sarebbe mai arrivata a simili estremi; ora invece Tu arrivi all'improvviso, e salta fuori che tutto ciò era enormemente errato! Ma noi non possiamo cambiare tutto ciò dall'oggi al domani. Che cosa contiamo noi sette rispetto a cinquemila dei nostri pari?

3. Noi, da parte nostra, non possiamo fare molto nel Tempio per l’avvenire; e infine non si può attribuire a noi soli la colpa se le cose vanno così male. Dicci cos'altro possiamo fare nei riguardi del Tempio se non voltargli le spalle con le buone maniere? Infatti, se noi domani cominciamo a perorare la Tua causa vera e buona, domani stesso finiamo lapidati noi stessi, e poi cosa ci sarebbe di guadagnato per la Tua causa? Ma se invece, secondo l'opinione del romano, noi sotto qualche pretesto volgiamo per sempre le spalle a Gerusalemme e alle sue false dottrine, io credo che noi, avendo accolto la Tua Dottrina, faremo tutto quello che è umanamente possibile fare nella nostra attuale situazione di deboli uomini mortali come siamo; e Tu stesso, pur essendo un Dio, non puoi pretendere di più da noi! Dacci la Tua onnipotenza di Volontà, e noi in breve tempo regoleremo tutti i conti col Tempio! Ma che Tu adesso voglia dichiarare noi, che siamo disposti a credere in Te, degli esseri indicibilmente perversi, falsi e maligni, questo, almeno io, lo trovo per lo meno non molto lodevole!»

4. Dissi allora Io: «Miei cari, è difficile scrivere per i ciechi, e predicare ai sordi! Se Io, allo scopo del vostro ravvedimento, vi pongo sotto gli occhi la vostra condizione che ha radici ancora molto profonde in voi, intendo forse parlare delle vostre persone? No affatto! Quello a cui Io faccio allusione è lo spirito della vostra causa templaria, e questo spirito concerne non soltanto voi, ma tutti gli ebrei nel loro complesso.

5. La Verità è il Sole dello spirito, e questa deve risplendere pura e senza qualsiasi nube di cortesia a tutti gli uomini! Ora la nube illuminata non è affatto il Sole, ed una stolta cortesia non è altro che una menzogna levigata, la quale non può condurre alla vera salvezza l'anima di nessuno. E perciò ognuno deve dire apertamente la verità se vuole essere di aiuto, poiché una mezza verità non giova a nessuno! Presso di Me non ci sono riserve, né riguardi, ma unicamente Amore e Luce! E se Io non fossi così veritiero come sono, dove sarebbero allora il Cielo e questa Terra, e dove e cosa sareste voi, uomini?! Io però non sono venuto per adulare gli uomini, ma per insegnare loro la verità e per dare loro, attraverso la verità, la vita eterna. E a questo scopo non si possono usare né riserve, né riguardi. Riflettete dunque prima su tutto ciò, e poi dite se Io sono stato duro con voi!»

6. Disse il fariseo: «Oh sì, hai perfettamente ragione e gli uomini non sono degni del Tuo Amore, e d'ora innanzi non potranno mai ringraziarTi abbastanza di essere sceso a loro nella carne per donare loro la giusta luce e mostrare la vera via che conduce alla vita eterna. Tuttavia una cosa va osservata dal nostro punto di vista umano di fronte a Te, e precisamente che mai come questa volta Tu sei venuto dagli uomini per ammaestrarli ed insegnare loro a conoscere Te, la Tua Volontà e la loro destinazione. In passato, furono invece sempre degli uomini ricchi d'esperienza ed appassionati, chiamati profeti, ad asserire di essere pervasi dal Tuo Spirito e di non essere loro a parlare, ma unicamente il Tuo Spirito per bocca loro. A corroborare le loro asserzioni, essi compivano anche dei prodigi spesso di genere assolutamente straordinario, come si può leggere nella Scrittura; sennonché anche loro non erano che degli uomini, e dovettero morire, benché molte volte avessero parlato e scritto di una vita eterna. Lo stesso Mosè non fece eccezione, ed unicamente di Elia sta scritto che egli è salito al cielo su di un carro di fuoco, lasciando soltanto il proprio mantello ad Eliseo suo discepolo. Questa storia, però, ha un po’ del fantastico e non può servire da norma, dato che una sorte simile non risulta che sia stata riservata né prima, né poi a nessun altro sapiente, per quanto illustre.

7. Ma poiché tutti questi profeti sono morti, e dopo la loro morte nessuno poté più apprendere nulla sul conto loro, la gente cominciò man mano sempre più a dubitare che dopo la morte del corpo l'anima continuasse a vivere, e finì col crearsi da se stessa una norma della vita più comoda di quella che era stata predicata e ordinata dai profeti.

8. Quando poi fra il popolo sorse di nuovo un qualche profeta ed affermò che Dio parlava attraverso la sua bocca, non fece che suscitare scandalo fra gli ascoltatori i quali gli replicarono: “Dimostra prima di essere tu stesso immortale come Elia!” oppure “Evoca i padri ed i profeti morti già da lungo tempo, affinché li vediamo e ci possano rendere testimonianza vivente, in primo luogo, del fatto che una vita dopo la morte del corpo esiste veramente e quale essa sia; e in secondo luogo che tu sei un vero profeta! Se tu non puoi fornirci una simile prova, allora non potremo crederti, come pure non abbiamo creduto agli antichi profeti e come non crederemo ai nuovi che eventualmente dovessero presentarsi in avvenire per tali, perché essi sono tutti morti come pure morrai tu pure, e dopo la morte nessuno ne ha saputo più niente. I loro scritti noi li abbiamo conservati, ma essi stessi sono stati inghiottiti dal suolo terrestre mai sazio di corpi morti. Ma che cosa possono servirci i loro scritti colmi di insegnamenti riguardo ad una vita eterna, se essi, quali maestri, non possono fornirci dopo la loro morte la prova sicurissima che i loro insegnamenti sono genuina verità?”.

9. Vedi, Signore e Maestro, è così che gli uomini, col tempo, hanno cominciato a pensare ed anche ad operare, ed hanno pure ucciso i profeti quando, come solitamente accadeva, costoro non desistevano dall'annunciare loro ogni tipo di punizioni divine! Perché non è stato mai concesso che un profeta defunto ricomparisse ogni tanto su questa Terra per rendere così testimonianza di quanto aveva insegnato nel mondo quand'era ancora nella carne? E perché la mancanza di fede degli uomini viene sempre imputata a loro come peccato?

10. Se almeno una volta qualcuno ritornasse, certo in maniera da potersi far bene riconoscere per quello che era vissuto nella carne su questa Terra, questa cosa rafforzerebbe la fede, e gli uomini poi di sicuro vivrebbero secondo la sua dottrina; invece a quanto noi sappiamo, un fatto simile non si è mai verificato, e quindi è pure assolutamente naturale che gli uomini diventino perplessi e increduli. Che ora, come già accade da molto tempo, il Tempio sia diventato quasi completamente antimosaico, la ragione principale va ricercata appunto in quello che ho detto, e per la stessa ragione anche i sadducei, separatisi da noi, vanno pubblicamente proclamando il loro scetticismo sull’immortalità dell'anima. Ma chi ragionevolmente, a stretto rigore, può dar loro torto? Per conseguenza gli accoliti del Tempio non sono evidentemente i soli responsabili delle condizioni deplorevoli che ora regnano nel Tempio stesso, ma ciò dipende anche dall'impossibilità antica di dimostrare l'esistenza di una vita dopo la morte del corpo. Ma se mancano delle prove sostenibili di ciò, anche la fede in un Dio cade da sé; e pur credendo anche nell'esistenza di un Dio, non si ha più la dovuta reverenza ed amore per Lui, e non ci si può che limitare a considerare i Suoi Comandamenti dati agli uomini come un'invenzione degli uomini, la quale, in una certa epoca dalle condizioni di vita ormai non più esistenti, poteva anche essere veramente buona, ma che è pressoché inutilizzabile nel tempo attuale. Io queste cose non le dico forse per scusare in qualche modo noi e il Tempio; tuttavia non si può negare che sia stato così e continui ad esserlo ancora oggi.

11. Tu, o Signore e Maestro, dotato di tutta la Pienezza dello Spirito di Dio, sei certamente di fronte a noi la prova più tangibile e la garanzia più valida per la vita eterna dell'anima dopo la morte del corpo; però all'infuori di noi ci sono in quantità innumerevolmente grande gli altri esseri umani ai quali verrà sempre a mancare una simile evidente dimostrazione; ma può allora venire loro imputato a colpa se eventualmente non credono in una vita eterna dopo la morte del corpo e se adorano come una divinità il Sole oppure il fuoco? Non sarebbe dunque possibile che almeno i genitori defunti si manifestassero ai propri figli e che esponessero loro quello che devono attendersi dopo la deposizione del corpo, che cos'è l'anima e quale ne è l'aspetto?

12. Invece una cosa del genere non succede e quindi tutto quello che è stato detto dell'aldilà si riduce ad una specie di favola alla quale soltanto una persona debole di mente può credere, mentre chi pensa profondamente non potrà mai accoglierla pienamente come verità, e ritengo che noi, sacerdoti, facciamo addirittura un’opera buona mantenendo il popolo nella più grande cecità possibile e ammannendogli con grande sfarzosità e in forma solenne ogni tipo di spettacoli che abbiano un qualche sapore di aldilà! Infatti se noi rendessimo partecipe il popolo della nostra cultura intellettuale un po' più profonda, allora sarebbe ben presto la fine del Giudaismo, e la gente verrebbe in poco tempo a trovarsi in uno stato indescrivibilmente orrendo.

13. Soltanto noi sacerdoti teniamo a freno il popolo, e lo sproniamo a lavorare con grande diligenza la terra nonché a corrisponderci coscienziosamente la decima, ed esso così si trova contento. Ma, naturalmente, questo stato di soddisfazione ha presto termine se dei profeti non richiesti si presentano ad ogni momento fra il popolo e lo sobillano contro di noi. Io queste parole non intendo affatto riferirle a Te, o Signore e Maestro, dato che non sei un profeta, ma il Signore in Persona; io ho voluto invece alludere solamente ai profeti del genere di cui ho detto prima.

14. Ora, ho dunque io parlato giustamente e ho delineato qual è la causa della nostra fede conformemente a verità oppure no? A chiunque sarà in grado di darmi degli insegnamenti migliori e più rispondenti a verità in proposito, io sarò certamente quanto mai grato, perché non è affatto uno scherzo dover pensare sempre alla morte e al sicuro annientamento eterno, contro cui non è possibile in tutto il mondo trovare una dimostrazione contraria. Infatti, tutto muore, svanisce e non ritorna più; perfino la pietra si disgrega sotto l'azione delle intemperie e si dissolve nella fuggevole polvere, fuori dalla quale non sorge più alcuna dura pietra, e così altrettanto nessun uomo risorgerà mai più dalla sua tomba in un qualche giorno del giudizio, nonostante il fatto che noi lo dobbiamo insegnare al popolo! Ecco, io ho finito».

 

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Cap. 225

Influssi degli spiriti e la comunicazione con l’aldilà.

Indipendenza e libero arbitrio dell’uomo.

 

1. Io dissi: «Certo che qui tu hai parlato, e con tale tua eloquenza avresti senz’altro ottenuto grande successo in qualche scuola di sadducei, stoici ed epicurei; sennonché in questo caso tu hai giudicato così come un cieco può giudicare la luce e i colori, o come un sordo può giudicare l'armonia di un'arpa bene accordata.

2. La vita dell'anima non te la può dimostrare e provare né un uomo, né meno ancora lo spirito di un trapassato. Tu invece devi trovarla da te in te stesso; ora questo non è altrimenti concepibile se non per le vie del vero amore per Dio e per il prossimo.

3. Tu hai espresso l'opinione che alla fede nell'immortalità dell'anima e in Dio dovrebbe contribuire principalmente il ritorno di un'anima già separatasi dal corpo, ma Io ti dico invece che questa tua opinione è fondamentalmente errata! In primo luogo l'anima di un trapassato ha più che in abbondanza da lavorare per sé e per il proprio prossimo nell'aldilà, e in un certo modo non ha affatto eccessiva necessità di apparire di frequente agli uomini ancora incarnati, entro un corpo da prodursi prelevando [gli specifici] dall'aria terrestre, allo scopo di ammaestrarlo riguardo all'aspetto e alle condizioni di vita del mondo ultraterreno, e in secondo luogo poi ciascuno spirito perfetto può ad ogni modo influire in maniera eccellente sugli esseri umani senza alcuna limitazione della loro libertà di volere. Questo influsso invisibile è però di gran lunga più salutare per l'uomo che non la comunicazione diretta con lo spirito di un trapassato attraverso la via della vista e dell'udito, poiché quando uno spirito buono e già molto illuminato suggerisce al tuo cuore dei buoni pensieri e dei nobili sentimenti, questi hanno già lo stesso valore come se li avessi pensati e concepiti tu stesso; essi così si uniscono alla tua propria vita e ti sono di impulso all'azione.

4. Ma se uno spirito, ammettiamo quello di Mosè, ti apparisse e ti dicesse: “Tu devi fare questo o quello se vuoi pervenire a vita eterna; se tu non fai così, sottostai al giudizio del Dio Onnipotente, con la conseguenza che per te difficilmente vi potrà essere poi una resurrezione pienamente beata fuori dalla morte del giudizio!”, allora tu, dopo una simile ammonizione, non potrai che tremare e non ti azzarderai per tutto il corso della tua vita a fare mai più diversamente da come ti avrà comandato lo spirito di Mosè.

5. Ma che merito sarà poi il tuo? Vedi, nessuno affatto! Infatti non il tuo stesso riconoscimento migliore avrà spinto il tuo libero volere ad una migliore attività, ma ciò è dovuto alla potenza dello spirito che ti sarà apparso, e questo non ha quasi nessun valore per la tua anima! Sarebbe, detto in una parola, pressoché la stessa cosa come se voi uomini ammaestraste un bue o un asino, oppure anche un qualche altro animale a compiere un determinato lavoro. Ebbene, senza bastone, spiedo o frusta, ben difficilmente si riuscirà ad arrivare allo scopo avendo a che fare con un animale! Ma una volta ammaestrato un animale a compiere un rozzo lavoro dei campi, certamente questo sarà solo merito vostro e non dell'animale.

6. Se Io, grazie alla Mia Onnipotenza, volessi che nessun uomo dovesse mai peccare, di certo nessuno mai peccherebbe più, poiché egli non potrebbe affatto osare di muoversi nemmeno di una linea al di là del limite prescrittogli dalla Mia Volontà, nella stessa maniera come nessuno può dare al proprio corpo una forma diversa da quella che ad esso è stata conferita dalla Volontà di Dio, né può prolungare a suo piacimento la propria vita corporale per la ragione che tutto ciò dipende dall'onnipotente Volontà divina. Dunque se Dio concedesse che un uomo non potesse mai compiere un peccato, chi avrebbe per sé esclusivamente il merito della vita perfettamente priva di peccato di un uomo, il quale verrebbe così guidato dall'Onnipotenza di Dio come Egli guida la crescita degli alberi e di ogni altro genere di piante, o come Egli guida i mondi lungo le loro orbite nello spazio infinito? Certamente un tale merito spetterebbe unicamente a Dio, dato che in simili condizioni l'uomo non sarebbe altro che un fantoccio nelle Sue mani! Questo per Dio sarebbe certo molto più comodo, come per Lui è anche più comodo creare degli animali della specie più svariata dotati delle loro molteplici e stranissime caratteristiche, e guidarli poi e farli essere attivi ciascuno alla sua propria maniera.

7. Sennonché gli uomini di questa Terra sono destinati a diventare dei figli di Dio liberi e del tutto indipendenti, e quindi essi devono venire guidati in modo che la loro volontà, necessariamente liberissima, non subisca neppure la minima costrizione da parte di qualche spirito più potente, bensì devono essere guidati esclusivamente per mezzo delle rivelazioni, degli insegnamenti e di leggi esteriori, affinché possano da soli, con la loro libera volontà, afferrare il vero e il buono che viene loro insegnato, e poi rendersi conformemente operosi per loro propria libera decisione.

8. Vedi, il rispetto della libertà di volere degli uomini di questa Terra da parte di Dio va tanto oltre che Egli nemmeno una volta sta a guardare cosa pensano, vogliono e fanno uno o più uomini, ma soltanto quando essi si sono troppo allontanati da Lui, allora Dio considera la situazione e suscita di nuovo veggenti, maestri e profeti, con l'incarico di annunciare loro ancora una volta la Sua Volontà e le Sue intenzioni a loro riguardo. Se gli uomini si convertono, allora tutto ritorna nel buon ordine iniziale; se invece non si convertono, e se cominciano a schernire e a perseguitare i veggenti, insegnanti e profeti suscitati da Dio, allora a Lui certo non resta altro che lasciar scendere sui singoli uomini, o anche su un intero popolo, un giudizio punitivo esterno. Tuttavia nemmeno un simile giudizio procede mai direttamente dalla Volontà onnipotente di Dio, ma procede dalla cieca e maligna perversità degli uomini.

9. I potenti Anociti, a suo tempo, per ben più di cent'anni vennero continuamente ammoniti a non distruggere le montagne e a non spianarne completamente le fondamenta per cercarvi l'oro e le pietre preziose e anche per condurre più facilmente le loro guerre, perché così avrebbero finito con l'aprire il varco agli enormi depositi sotterranei dell'acqua che, irrompendo, li avrebbero poi affogati tutti. Ma ogni ammonimento fu vano; essi continuarono a fare ciò che volevano e scavarono ancora più profondamente nelle viscere delle montagne e così aprirono i depositi dell'acqua. Vedi dunque che Dio non provocò il diluvio direttamente con la Sua Volontà, ma permise che accadesse quello che necessariamente avrebbe dovuto accadere qualora gli uomini avessero persistito a non dare affatto ascolto alle Sue ammonizioni più che tempestive!

10. Dio, tramite la Sua Onnipotenza, avrebbe di certo potuto allontanare gli uomini dal loro intento, in modo che essi non avrebbero mai potuto continuare a distruggere i monti! Sì, questo sarebbe stato per Lui una cosa facilissima; ma in questo caso essi avrebbero cessato di essere delle creature umane, e poi essi, nel regno degli spiriti, non avrebbero più potuto venire posti sul gradino degli esseri umani liberi. Dio invece preferì permettere che, a causa della sua ostinata volontà, un’intera popolazione perisse, dal punto di vista carnale, piuttosto che le anime venissero anche minimamente pregiudicate per quanto riguarda la libertà del volere e l'assoluta indipendenza.

11. Così pure anche un altro popolo venne ripetutamente ammonito dal re di Salem a non stabilirsi nella regione dove poi sorsero le città di Sodoma e Gomorra, perché sotto la regione stessa esistevano dei giacimenti di zolfo ed in parte anche di pece. A quel popolo venne chiaramente spiegato come da simili giacimenti andassero continuamente liberandosi degli spiriti naturali impuri che stimolavano gli uomini di carne alla lussuria, poiché come gli spiriti della lussuria dimorano nel vino e incitano la carne alla lussuria se un uomo eccede nell'uso del vino, similmente essi dimorano pure nello zolfo e nella pece. Oltre a ciò non si mancò di far notare a quel popolo che in una simile regione si manifestavano di frequente terremoti, incendi di montagne e furiosi uragani che spesso causavano molti e gravi danni, seguiti facilmente da carestie e pestilenze; ma tutti questi buoni consigli, perfino dalla bocca di Jehova, non ottennero alcun effetto! Dato però che la regione aveva, in quanto al resto, una vegetazione molto lussureggiante ed era molto fertile, la gente volle ad ogni modo stabilirvisi, e prima che fossero trascorsi trecento anni, vennero là edificate, oltre a Sodoma e Gomorra, anche altre dieci città. Quegli abitanti però divennero ben presto del tutto sensuali, e cominciarono a praticare ogni tipo di indescrivibile lussuria e degli orribilissimi atti sessuali perfino con gli animali.

12. Ai tempi di Nahor e nuovamente ai tempi di Tharah essi vennero ancora una volta ammoniti e consigliati ad abbandonare quella maligna regione; sennonché nessuno volle convertirsi. I figli di Tharah furono Abramo, Nahor, a cui era stato imposto il nome del nonno, e Haran che poi generò Lot; Haran, chiamato a ciò da Dio, si recò personalmente là e vi predicò, ma senza alcun risultato; Lot, suo figlio, fece la stessa cosa per parecchi anni, si trattenne ora in una, ora nell'altra città, e poco mancò che non divenisse egli stesso una vittima dello spirito della lussuria.

13. Allora vennero visibilmente degli angeli, i quali visitarono Abramo per primo; Jehova era in mezzo a loro; essi dichiararono fedelmente ad Abramo quale sarebbe stata la sorte di Sodoma e delle altre città, e due angeli, giovani e robusti dall'aspetto, vennero mandati in quelle città per salvare almeno Lot. Il popolo non volle affatto prestare ascolto alle parole dei giovani, anzi voleva compiere con loro gli atti di lussuria più innaturali. Allora Lot, ammonito da entrambi i giovani, fuggì; soltanto sua moglie rimase vittima della propria curiosità che la fece indugiare, così che lei, nel suo corpo, fu convertita in una colonna di sale conformemente alla predizione dei giovani, perché costoro avevano detto: “È necessario fuggire rapidamente senza concederci nemmeno il tempo di guardare intorno, perché il fuoco sotterraneo si diffonde con estrema velocità ed i suoi vapori, che dappertutto irrompono fuori dal terreno, soffocano ogni vita naturale e trasformano tutto immediatamente in pietra di sale!”. Ma la moglie di Lot, essendosi fermata per qualche istante, venne raggiunta dai vapori e così ne rimase vittima.

14. Vedi, qui di nuovo non fu effettivamente l'onnipotente Volontà di Dio a causare la rovina totale di quella maligna regione, perché a quel luogo immaturo sarebbe ugualmente capitata, per sua natura, una sorte simile a ciò che gli capitò successivamente sotto Abramo. Ma del fatto che in quella occasione perì una quantità così grande di uomini, a questo non può venire attribuita la colpa a nessuno se non alla disobbedienza della loro libera volontà.

15. Dio avrebbe certamente potuto trarre fuori a forza quegli abitanti e trasferirli in un altro paese più sano facendo uso della propria onnipotente Volontà, ma ciò sarebbe evidentemente accaduto contro la loro volontà. Considerato però che la libertà di volere è quello che al massimo viene rispettata da Dio, come anche deve essere rispettata, allora Egli preferì permettere che tutti quegli abitanti perissero corporalmente piuttosto che rovinare, sia pure di un solo atomo, la libertà di volontà delle loro anime! Infatti per Dio stesso il capolavoro massimo del Suo Amore, della Sua Sapienza e della Sua Potenza consiste nel creare degli uomini che divengano perfettamente simili a Lui in ogni cosa.

16. Ma per raggiungere questo l'uomo deve nascere in questo mondo quasi senza forze e nel massimo abbandono, e che poi acquisisca gradatamente dal mondo più esteriore gli insegnamenti che gli occorrono. E quando egli così si è appropriato di qualche cognizione e abilità, allora soltanto gli spiriti buoni, come pure i cattivi che lo circondano, influiscono in modo del tutto inosservato su di lui: i buoni sul suo animo, e i cattivi sulla sua natura fisica, affinché l'anima venga continuamente mantenuta nel più completo e libero equilibrio [decisionale].

17. Se un essere umano presta liberamente ascolto ai buoni insegnamenti e alle ammonizioni esteriori anche contro le opposizioni e le tentazioni dei propri sensi, e a tali insegnamenti conforma la propria vita, allora anche il tacito influsso dei buoni spiriti si fa sempre più potente, influsso però che nessuno percepisce, né deve percepire altrimenti se non come sua libera opera. Una volta che l'influsso del bene proveniente dai Cieli è divenuto tanto potente, per mezzo della propria volontà dell'uomo, da aver attratto tutta l’anima in se stessa, allora il vero Spirito divino dell'Amore si desta in lei, compenetra l’intera anima e solo così essa è giunta al primo gradino della perfezione, essa è poi già indistruttibilmente libera e, anche dimorando ancora nella carne, può avere delle visioni e delle rivelazioni da parte di spiriti e perfino di angeli fra i più elevati.

18. Ed è appunto allora che avviene spesso che tali persone hanno delle visioni e possono parlare con le anime dell'aldilà facendosi istruire personalmente dalle stesse, e di ciò possono anche dare notizie vere e fedeli ad altre persone che si trovano ancora del tutto nello stato naturale. Colui che presta loro fede, costui fa certo molto bene; solo che egli non deve chiedere subito di poter apprendere egli stesso tali cose, perché ciò non può verificarsi prima che egli non abbia raggiunto la maturità spirituale dell'anima di cui ho detto prima.

19. Ogni essere umano però deve anzitutto orientarsi secondo i buoni insegnamenti ricevuti e poi fare accuratamente attenzione al proprio animo nonché pure alle malvagie passioni spesso sonnecchianti nella propria carne che si manifestano fin troppo chiaramente nella pigrizia, nell'avversione al lavoro, nei piaceri sensuali, nell'egoismo, nella testardaggine, nella superbia, nell'invidia, nell'avarizia e nella brama di dominio. A queste ultime passioni egli deve opporsi con la potenza dell'amore per Dio e con l'amore del prossimo, con la pazienza, l'umiltà e la mansuetudine, e così egli non tarderà molto a constatare che i buoni spiriti gli si riveleranno in maniera più tangibile e più evidente.

20. Del resto non c'è ormai più alcun essere umano al quale non sia stato concesso almeno una volta di avere certi cenni e perfino visioni dell’aldilà. Ma se poi tale essere umano getta tutto al vento e lo considera come una semplice illusione dei sensi, allora in questo caso non è possibile venire in suo aiuto. Io ritengo di aver così chiarito e dissipato, secondo eterna verità, tutti i tuoi dubbi e le tue obiezioni, e da ciò ciascuno deve poter rilevare come stiano veramente le cose riguardo agli esseri umani di questa Terra. Hai forse ancora qualcosa da replicare?».

 

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Cap. 226

L'Essenza di Dio e l’eterna gioia del creare. Il tramutarsi di tutta

la materia nello spirituale. La vita nell’aldilà dell’uomo.

 

1. Rispose il fariseo: «O Signore e Maestro, non è più possibile nessuna obiezione, perché la verità di ciò che abbiamo udito risulta quanto mai evidente! Tuttavia, se infine le anime umane di questa Terra sono chiamate a diventare altrettanti Dèi, dove mai troveranno esse lo spazio sufficiente per muoversi, per governare e regnare nella loro divina libertà, indipendenza e potenza? Infatti uno spirito deve pur essere vincolato in qualche modo allo spazio e così anche al tempo, anche se, grazie alle sue caratteristiche divine, è collocato al di sopra dello spazio e oltre ad ogni tempo!»

2. Dissi Io: «Oh, tu dall’animo meschino e completamente raggrinzito! Ma non hai mai contemplato il cielo stellato? Non sai ancora cosa siano nella loro quantità sterminata queste stelle che ti sono visibili? Vedi, se da ciascun atomo di tutta questa Terra sorgessero dodicimila anime - ciò che rappresenterebbe un numero talmente enorme che oggi anche il miglior matematico non sarebbe assolutamente in grado di concepire - si potrebbe attribuire a mala pena un’anima a ciascun mondo solare nell'immenso spazio della Creazione, per non parlare poi del numero ancora più sterminato di mondi planetari che non di rado a molte migliaia si muovono intorno ad un singolo mondo solare.

3. Ma ora comincia ad immaginarti lo spazio infinitamente più grande dei Cieli di Dio e il numero altrettanto infinito dei loro raggruppamenti, i quali corrispondono ai mondi nello spazio materiale tanto che, ad esempio, già per questa Terra quasi minimissima se ne possono ammettere come esistenti fino al tempo attuale centomila centinaia di migliaia! Quante classi di uomini verranno formate ancora da questa Terra, questo lo sa soltanto Dio, dato che Egli ha sempre chiarissimamente presente dinanzi a Sé l'infinità dei numeri come un’unità. Ma se dagli uomini di questa Terra possono venire formate nell'immenso aldilà delle comunità in quantità così innumerevole, quante poi non se ne potranno formare da tutti gli altri mondi che esistono in quantità innumerevole, mondi di cui ce ne sono in quantità così enorme che già materialmente hanno dimensioni tali che questa Terra accanto a loro appare appena come un piccolo granello di sabbia?

4. Se tu ponderi su quanto è stato detto finora, dovrà pure esserti stato un po' più chiarito il dubbio se un numero, per quanto infinitamente grande di veri figli di Dio, potrà un giorno accrescersi in modo tale da trovarsi in qualche modo impacciato a muoversi entro il complesso dei Cieli eterni e sconfinati! Pensi forse che per il Dio eternamente grande dovrebbe essere sufficiente per l'eternità un numero limitato dal tuo intelletto umano! Prova a contare soltanto le creature di questa Terra, e fai attenzione alla fertilità e alla capacità di riproduzione delle piante e degli animali, capacità che dappertutto si estende all'infinito, e già in base a questo potrai rilevare che presso Dio tutto ha un’estensione infinita, e che nessuno può dire che nella Creazione c’è qualcosa di inutile!

5. Infatti se Dio non avesse dotato di simile capacità le piante e gli animali, voi in breve tempo non avreste più pane, né carne, né latte, né vino e né frutta; ma poiché un chicco di grano deposto in seno alla terra rende il frutto centuplicato, voi siete continuamente provvisti a sufficienza di pane e di ogni altra cosa. Dunque se Dio, grazie alla Sua suprema Sapienza e alla Sua infinita Potenza, opera costantemente ed in ogni campo in misura infinita, può qualcuno asserire che l'eterna ed infinita azione creatrice di Dio è qualcosa di inutile? Ma se sono i vostri stessi bisogni quotidiani della vita a insegnarvi che anzi è perfettamente il contrario, dato che senza nutrimento voi non potreste sussistere! Ed ora comprendi perché Dio sta ininterrottamente creando un numero tanto infinitamente grande di cose?»

6. Disse, quindi, del tutto stupefatto il fariseo: «Sì, o Signore e Maestro, di ciò sono ormai intimamente convinto, e non posso che ammirare profondamente la Tua Sapienza; tuttavia non posso astenermi dal dichiarare apertamente che comincio a provare un certo malessere considerando la Potenza e la Grandezza infinite del Creatore, e quindi devo limitarmi a domandarTi se Dio continuerà in eterno la Sua opera creatrice, perché, a giudicare dalle Tue parole, tale opera creatrice non dovrebbe arrestarsi mai più! Io dunque Ti prego di chiarirmi un po' meglio questo argomento, altrimenti sento che sarò colto da vertigine»

7. Io dissi: «Tu questa cosa avresti potuto rilevarla già dalla dichiarazione appena fatta da Me! Se Dio è eterno, è logico che abbia sempre creato dall'eternità. E infatti che cos'altro avrebbe potuto fare Lui, un'eternità prima della creazione di questo mondo, del Sole, della Luna e di tutte le stelle, quale tu te le raffiguri nella tua mente, considerato che evidentemente Egli era ugualmente perfetto in eterno?

8. Dio nel Suo Spirito è eterno ed infinito. Tutto quello che sorge all’esistenza, dalla cosa più piccola alla più grande, proviene da Lui, tutto è in Lui e tutto rappresenta la pienezza eterna ed infinita dei Suoi Pensieri e delle Sue Idee. Egli li concepisce nella luce chiarissima della Sua perfetta coscienza di Se stesso, e se Egli vuole che diventino realtà, allora essi sono già quello che originariamente devono essere; poi a queste Idee e Pensieri, posti da Lui in un certo modo fuori dalla Sua propria Personalità, Egli pone la Scintilla germinale del Suo Amore, e li vivifica in modo che essi possano sussistere come esseri autonomi, e li guida poi mediante il Suo influsso incessante che si accresce sempre più verso il maggior grado possibile di indipendenza indistruttibile.

9. Questi esseri, poiché è l'Amore divino in loro a guidarli e a mantenerli, sono poi essi stessi di per sé colmi dell'energia creatrice; si riproducono da soli ed hanno la capacità di moltiplicarsi all'infinito, e ciascuna cosa che procede da loro è, come i figli rispetto ai genitori, non soltanto simile al produttore, ma è già provvista addirittura delle medesime proprietà, le quali servono allo scopo che tanto il produttore quanto il prodotto, grazie alla moltiplicazione molto facilmente possibile dell'Amore divino in loro, possono finalmente trapassare dalla materia al puramente spirituale ed alla perfetta somiglianza con Dio, pur conservando sempre la propria individualità e la propria autonomia, e ciò per l'eternità.

10. In questa maniera le Idee e i Pensieri di Dio, da Lui in origine posti fuori da Lui, alla fine ritornano completamente a Lui e in Lui; tuttavia non più semplicemente come tali quali originariamente vennero posti fuori da Lui, ma quali esseri pienamente viventi, chiarissimamente consci di se stessi, indipendenti e spontaneamente attivi, i quali poi possono sussistere, agire e creare da sé come in stato di assoluta indipendenza da Dio; questo spiega anche perché Io abbia detto ai Miei discepoli: “Rendetevi perfetti come è perfetto il Padre vostro nel Cielo!”.

11. Ed Io ora vado compiendo grandi cose dinanzi ai vostri occhi ed orecchi, ma voi stessi farete cose anche maggiori nel Mio Nome, il quale è l'Amore di Dio nei vostri cuori, senza il quale nessuno può fare niente di utile per la vita eterna, dato che l'Amore di Dio è la vera e propria Vita indistruttibile tanto in Dio stesso, quanto in ciascun essere che è proceduto da Lui.

12. Tuttavia per ogni cosa terrena creata viene il giorno in cui essa cessa di esistere come tale, e precisamente quando, per mezzo del pieno sviluppo in essa dell’Amore di Dio, essa è trapassata tutta gradatamente allo stato puramente spirituale. E così anche questa Terra non sussisterà eternamente, ma passerà a poco a poco allo stato spirituale. Ma sulla base del computo del tempo secondo i sistemi terreni e per la capacità di discernimento che avete ora, ci vorrà ancora molto tempo finché il Fuoco dell’Amore divino giunga a dissolvere tutta la materia nel suo originario elemento spirituale.

13. Così il dissolvimento di un mondo avverrà come si verifica il dissolvimento di ogni essere, nel quale la morte esteriore si manifesta e si rende visibile gradatamente sempre più. Se tu ad esempio consideri un albero, vedrai come esso va man mano deperendo; esso invecchia, diventa marcio, in alcuni rami soltanto si rende ancora manifesta un po’ di vita, mentre gli altri già imputriditi cadono l'un dopo l'altro dal tronco. Col tempo anche il tronco diventa marcio e in parte morto, e questo disfacimento continua finché tutto l'albero appare imputridito e morto in sé. Tuttavia anche in un albero completamente morto rimangono latenti degli spiriti vitali, per la qual cosa voi, anche trattandosi di un albero già rovesciato a terra dall’uragano, potrete scorgere che su di esso continuano a crescere una quantità di pianticelle di muschio e di altre piccole piante e, oltre a ciò, che internamente ogni specie di vermi vi scavano le loro gallerie e che una quantità altrettanto grande di insetti vanno rodendolo e consumandolo finché in esso c'è ancora qualche rimasuglio di polpa e di midollo, e finché poi, forse dopo delle centinaia di anni, di tutto l'albero non resta più nessuna traccia.

14. Ebbene, ugualmente così, anche se in proporzioni molto più grandi, accadrà di un mondo morente ed infine poi completamente morto; però dove un albero muore, là ben presto ne cresce un altro e subentra al suo posto, e così pure anche un mondo trapassa, ma al suo posto subentra uno e talvolta anche più mondi nuovi, i quali accolgono per l'ulteriore cura e sviluppo tutti gli spiriti vitali ancora rimasti del mondo vecchio ormai del tutto morto e completamente dissolto. Come vedi, in questo modo la propria azione creatrice non ha fine in eterno, per la ragione che neppure Dio, nel Suo sconfinato Amore e nella Sua Sapienza, può in eterno mai cessare di pensare, di volere e di amare!

15. Io credo che tutto ciò deve ormai riuscire comprensibile in alto grado a chiunque! Qualora però, malgrado ciò, non dovesse riuscire comprensibile interamente a qualcuno, Io aggiungerò ancora questo: “Immagina di trovarti tu stesso vivente di vita immortale su di un mondo e in possesso di una energia eternamente giovanile; cesserai tu in simili condizioni di pensare e di volere? Potrà mai venire il giorno in cui ti renderai del tutto inattivo, o in cui non vorrai più trarre nessun diletto dalla vita? Certo che no, anzi la tua attività andrà sempre più intensificandosi, ti darai ogni premura e farai ogni sforzo possibile per abbellire sempre di più la tua vita e per renderla sempre più colma di delizie, perché l'amore e la vera vita dell'amore hanno in sé il fatto che essi non possono mai starsene in ozio, dato che la vita stessa non è altro che un susseguirsi di una attività dopo l'altra”.

16. Dunque, nessuno di voi si aspetti di trovarsi un giorno nell’aldilà in uno stato di dolce riposo eternamente privo di attività, perché una simile condizione sarebbe precisamente la verissima morte dello spirito ovvero dell'anima. Quanto più un uomo si spiritualizza nell'intimo di se stesso, tanta maggiore attività anche egli esplica, e ciò in tutto il suo essere. Ora, se questo è il caso già a questo mondo in maniera molto ben visibile e ben chiara, quanto più non lo sarà poi nell'aldilà, dove l'anima non avrà più intorno a sé alcun corpo greve che le sia di impedimento nella sua attività! E adesso parla e dì se hai ben compreso tutto ciò!».

 

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Cap. 227

Non il sapere ma soltanto l'opera d’amore rende beati.

Della diligenza e dell'economia. La giusta richiesta.

 

1. Rispose allora il fariseo al colmo dello sbalordimento: «O Signore e Maestro, solo ora riconosco che in Te deve esserci la Pienezza dello Spirito di Dio! Infatti soltanto Dio può dare all'uomo una luce vera e giustissima sugli argomenti di questo genere! A che cosa si riduce qui l'intelletto anche del più grande sapiente di questa Terra e le cognizioni che egli ha potuto acquisire mediante qualche esperienza e l'osservazione delle forme esteriori delle cose? Che cos'è il piccolo uomo, limitato in tutti i campi, di fronte a Dio? Ma perciò l'uomo non può nemmeno scrutare l'Essenza di Dio, né investigare le Leggi eterne a cui è ispirata la Sua opera creatrice e il governo del Suo Creato!

2. Io non potrei ora che augurarmi che tutto il Tempio fosse colmo di questa Luce! Sennonché una tale cosa, data la generale ostinazione del Tempio, non è affatto concepibile! Noi sette comunque abbiamo riflettuto molte volte su simili cose, certo piuttosto adducendo argomenti più contrari che non a favore, eppure quante difficoltà abbiamo incontrato per entrare nel raggio di questa Luce! Come andrebbero dunque le cose ai nostri colleghi e confratelli, i quali forse non vi hanno mai rivolto il pensiero né a favore né contro, mentre tutte le loro cure furono invece dedicate sempre più a come avrebbero potuto riempirsi il ventre! O Signore e Maestro! Tu certamente saprai meglio di tutti cosa farai del Tempio e di tutti i suoi sacerdoti assolutamente ciechi! Io ora sento un brivido di orrore scorrermi per le vene se paragono questa Luce alla tenebra fittissima del Tempio. Come presume di essere grande e al centro del mondo un nostro pari nel Tempio, e come si convincerebbe invece di essere immensamente piccolo qualora entrasse in questa magnifica Luce!

3. O Davide, quanta verità nelle tue parole quando dicesti: “Oh, come sono un nulla assoluto tutti gli uomini di fronte a Te, o Signore! Non contate sull'aiuto degli uomini poiché essi non vi possono essere d’aiuto!”. Certo, solo ora noi vediamo ed in avvenire vedremo ancora meglio di che giovamento ci sono state tutte le leggi e gli insegnamenti egoistici del Tempio! O Signore e Maestro, basta che non sia Tu ad abbandonarci con il Tuo Spirito!»

4. Dissi Io: «Chi rimane fedele alla Mia Dottrina, rimane anche in Me, ed Io rimango in lui. Ma chi abbandona la Mia Dottrina non operando conformemente ad essa, costui abbandona pure Me, ed in lui non c’è più la vita. Io sono il vero giorno della Vita; chi cammina in questo giorno non inciamperà, e chi lavora in questo giorno, raccoglierà la vera ricompensa della Vita.

5. Ecco, per ora conoscete le cose principali, in quanto a tutto il resto non vi mancherà certo occasione sufficiente di apprenderle! Tuttavia dovete anche rendervi conto del fatto che il solo sapere non rende beato nessuno, perché solo l'operare rende beati!

6. Ora però vi è un duplice modo di operare e cioè un operare per il mondo, fondato sull'egoismo, e poi un altro modo di operare nel mondo per vero amore di Dio e per amore del prossimo. Operando nella prima maniera, l'uomo attira su di sé il giudizio e molto facilmente anche la morte eterna, mentre operando nella seconda maniera egli ottiene l'Amore e la Grazia di Dio e la vita eterna dell'anima.

7. Io però con ciò non intendo dire affatto che l'uomo non debba coltivare con tutta diligenza la terra e che non debba essere economo, perché Io stesso raccomando a chiunque di essere diligente e giustamente economo. È importante però che tutto ciò venga fatto allo scopo di mettere da parte un'equa riserva per poter soccorrere in ciascun momento chi è misero. Allora quello di bene che verrà fatto ai poveri nel Mio Nome, Io lo considero sempre come fatto a Me stesso, e Io lo benedico qui e nell’aldilà. Chi invece lavora e provvede soltanto per sé e per i suoi figli e non evita ad accaparrarsi dei beni ingiusti, costui non potrà attendersi nessuna benedizione da parte Mia, e nell'aldilà non potrà giustificarsi dinanzi al Mio tribunale, ma sarà cacciato fuori nel carcere delle tenebre più estreme dove vi sarà molto pianto e stridor di denti, ed una simile anima ben difficilmente perverrà alla visione perfetta di Dio!

8. Chi però si lascia trascinare dalla propria parsimonia egoista fino alla completa avarizia, costui è già qui un demonio sotto forma umana, il quale è sempre in contrasto allo Spirito di Dio che è puramente Amore, e quindi rimarrà per sempre escluso dalla beatitudine. Infatti come è vero che vi è un Cielo, altrettanto vero è che esiste pure un inferno, il cui verme roditore non muore mai, e il cui fuoco non si estingue mai. Chi entra dentro là di propria assoluta volontà, costui non ne uscirà mai più fuori di propria assoluta volontà; ora questa è la vera morte eterna dell’anima. Queste cose dunque annotatevele in aggiunta, e guardatevi bene dal non cadere nell'amore di voi stessi, nell'egoismo, nell'invidia, nell'avarizia e nell'orgoglio del mondo! Infatti l'uomo fa meno fatica a liberarsi da tutti gli altri peccati che non da quelli che appunto ora vi ho indicato.

9. Guardate un po' il nostro Lazzaro il quale, nel senso terreno, è certo uno dei più ricchi uomini di tutta la Giudea; ma ecco, egli non è ricco per sé, bensì per molte migliaia di poveri che trovano sempre lavoro presso di lui ed un sostentamento equo e buono. Ma perciò anche lui è benedetto, e qualora dovesse morire nel corpo, Io tuttavia lo risusciterò, affinché possa vivere ancora a lungo a vantaggio dei poveri. E da qui innanzi egli non avrà più da vedere, né da percepire, né da assaporare la morte, ma sarà lasciato libero di abbandonare quando vorrà il proprio corpo per entrare nel Mio Regno che per lui sarà sempre aperto. Nella dimora dove Io abiterò in eterno, là egli avrà pure dimora in eterno!

10. Da quanto ho detto ora, voi vedete che Io non sono soltanto amico dei poveri, ma anche dei ricchi, purché essi impieghino le loro ricchezze secondo i veri e giusti intendimenti di Dio. Chi è ricco, faccia così, ed allora vivrà!

11. E Lazzaro, commosso all'estremo e fervente d'amore per Me, esclamò: «O Signore, o suprema Bontà, ma che cosa faccio io, misero peccatore, veramente di tanto buono da meritarmi tanta Tua Grazia?»

12. Io dissi: «Oh, Io so bene cosa fai e come lo fai! Non ti meravigliare dunque se te ne rendo giusta lode al cospetto di molti!

13. Ad un altro ricco, che pure voleva seguirMi, ma che tuttavia amava molto le proprie ricchezze, Io un giorno dissi: “Vendi prima tutte le tue proprietà, ripartisci il ricavato fra i poveri, e solo dopo vieni e seguiMi”. Ma dato che egli era molto attaccato alle sue ricchezze, la sua faccia si velò ben presto di tristezza e Mi volse le spalle.

14. A te invece Io dico: “Acquista ancora più merci, perché quello che chiami tuo, è già proprietà di molti poveri, i quali consumano la parte maggiore di tutti i tuoi beni!

15. Ma per un ricco, il quale ama eccessivamente le sue ricchezze a causa di sé e delle ricchezze stesse, Io dico che è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago che non per un simile ricco entrare un giorno nel Cielo!

16. Vi sono però anche dei poveri i quali vanno dai ricchi di buon cuore e li pregano di far loro l'elemosina, e una volta che l'abbiano ricevuta, la dissipano e per di più si dimostrano spesso molto ingrati verso i loro benefattori. Sennonché nessun benefattore si turbi per tale motivo, perché per quanto meno gratitudine raccoglierete su questo mondo, tanto maggiore sarà la vostra ricompensa nell'aldilà. Infatti solo così questi ricchi danno prova di essere simili a Dio, il Quale pure fa sorgere e splendere il Suo Sole sopra i buoni e i cattivi.

17. Ma Io vi dico di più ancora: “Fate del bene anche ai vostri nemici, pregate per coloro che vi maledicono, e benedite chi vi odia e perseguita; così prima che in qualsiasi altro modo voi accumulerete carboni ardenti sui loro capi e farete in modo che il loro animo perverso si volga verso ciò che è buono e nobile! Prestate il denaro che avete in eccesso a coloro che non possono restituirvelo con gli interessi, e invitate coloro che non sono in grado di ricambiare la vostra ospitalità, e così raccoglierete dei tesori immensi per la vostra anima in Cielo!

18. Ma se a te, che sei ricco, si rivolge qualcuno a cui tu hai fatto del bene già varie volte, ma che ha abusato della tua bontà, allora ammoniscilo con buone parole, ma non fare a meno in nessun caso di concedergli il tuo amore. Se egli si ravvede, avrai compiuto verso di lui un’opera doppiamente buona; ma se non si ravvede, non serbargli rancore per questo, poiché accanto alla povertà fisica c'è anche una povertà spirituale, la quale è sempre maggiore e più deplorevole di quella fisica».

 

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Cap. 228

Amore del prossimo. Riconoscimento di Dio e amore per Dio.

 

1. (Il Signore:) «Sta di certo scritto che a colui che ha fatto del male a qualcuno, va perdonato sette piene volte; ma Io vi dico che voi dovete perdonare settantasette volte sette a chi vi ha offeso, prima di farlo comparire dinanzi ai giudici! Se neanche allora si ravvede, espelletelo dalla comunità! Colui però il quale non conterà le volte che qualcuno lo avrà offeso, a costui nemmeno nel Cielo verranno computate le volte che avrà peccato contro Dio.

2. Se qualcuno vi chiede un favore, concedetegli di cuore più ancora di quanto egli vi ha chiesto! Se, ad esempio, d’inverno qualcuno venisse da te e ti pregasse di donargli una veste, ammesso che tu ne possedessi varie altre ancora, donagli in aggiunta anche un mantello; e se qualcuno ti chiede di accompagnarlo per il tempo di un'ora per una via che egli non conosce, va con lui per due ore, affinché tu possa dimostrargli più amore di quanto te ne abbia chiesto! Ciò che tu avrai fatto al tuo prossimo in più, ti verrà risarcito nel Cielo dieci o venti ed anche cento volte in più.

3. Con quanto più vero amore del prossimo qualcuno fa qualcosa a vantaggio del proprio simile bisognoso, in tanta maggiore misura otterrà un giorno la ricompensa per il bene fatto. Di quanto ora ho detto, prendete tutti ben nota, ed operate in questo modo; così voi, quali veri figli di Dio, avrete la vita eterna e ne raccoglierete in eterno gli inestimabili tesori! Davvero Io vi dico: “Un sole sarà donato a colui che per vero amore del prossimo avrà diviso col proprio fratello povero sia pure un obolo!”»

4. A questo punto il fariseo, nel quale la fede si era già molto rafforzata, osservò: «Signore, ma che cosa potrebbe farne costui di questo sole?»

5. Io gli dissi: «Non è forse il Sole l’astro del giorno, e non riscalda forse esso tutto il globo terrestre, e mediante la sua luce e il suo calore non fa in modo che tutto cresca e prosperi sulla Terra? Quando però Io dico: “Un sole a colui che adempie in tutto la Mia Dottrina!”, non è affatto da intendersi un Sole naturale, ma un pieno Sole spirituale nel suo cuore, ciò che equivale alla perfetta somiglianza della sua anima a Dio; comprendi bene adesso?

6. Del resto ti dico però in aggiunta che un giorno agli spiriti dall'anima perfettamente simile a Dio sarà affidato il compito di governare i soli naturali, ciò che ha un significato infinito, perché con ciò essi ottengono pure il governo supremo su tutte le terre che orbitano intorno ad un Sole. Degli altri figli di Dio poi, ancora più perfetti, avranno il governo assoluto dei soli-centrali, dai quali le guide dei soli-planetari più piccoli riceveranno direttive ed istruzioni in occasioni particolari. Tuttavia per arrivare ad essere tali è necessario racchiudere prima nel proprio intimo un completo e intero Sole spirituale.

7. Infatti tutto quello che il tuo occhio abbraccia, tutto è sottoposto alla guida di spiriti abilitati a ciò da Dio. E la beatitudine di ciascuno spirito risiede appunto nel fatto che egli, provvisto da Dio di tutta la forza e la potenza necessarie, può rendersi attivo servendo Dio.

8. Voi tutti su questa Terra siete preposti a piccole cose; ma chi si mantiene fedele in queste piccole cose, verrà un giorno preposto a cose grandi! Io però vi dico ancora che nessuno può servire Dio e Mammona nello stesso tempo; con un mezzo servizio però non si accontenta l'uno, né, meno ancora, l'altro. Lo capisci?»

9. Disse il fariseo: «Signore, ormai questa cosa la comprendo benissimo; sennonché nella carica da me ricoperta finora, ne ho accumulato molto mammona e gli altri miei compagni pure; cosa dovremo farne ora?»

10. Dissi Io: «Come tu lo hai ottenuto, così conviene che a tua volta lo spartisca fra coloro che ne hanno bisogno! Infatti chi vuole essere Mio vero discepolo e seguace - e lo sarà se lo vorrà seriamente - non avrà bisognò di curarsi di quello che dovrà mangiare e bere l'indomani, né di come si vestirà, ma basterà che cominci a cercare con tutto zelo il Regno di Dio e la Sua Giustizia! Tutto quanto gli sarà necessario per vivere gli verrà dato in aggiunta, poiché il Padre nel Cielo è sempre a conoscenza di ciò di cui i Suoi hanno bisogno. Egli, che nutre l'erba dei prati e che provvede tutti gli animali di cibo e di veste, avrà certo tanto maggior cura di quegli uomini che procedono nel Suo Amore e nel Suo compiacimento, poiché un simile uomo vale più di tutte le piante e di tutti gli animali del mondo intero. Comprendi tu ora queste cose?»

11. Disse il fariseo e gli altri sei con lui: «Sì, o Signore, ormai comprendiamo pure questo, ed anche faremo così come Tu ci hai consigliato in tutta sapienza. Soltanto che qui a Gerusalemme una cosa simile non possiamo per il momento farla tanto facilmente; ad ogni modo noi prenderemo tutto quello che è nostro; poi non ci mancheranno certo le occasioni di operare secondo il Tuo consiglio, poiché dappertutto la Terra è di Dio, né gli esseri umani lo sono certo di meno! O Signore, va bene così?»

12. Io dissi: «Non ha davvero importanza che voi veniate in soccorso dei poveri qui o altrove; tuttavia un'opera buona sarebbe quanto mai opportuna là a quella mensa dove siede la donna che oggi Io ho salvato dalle lascive grinfie del Tempio. La donna e suo marito sono davvero poveri, né meno lo sono gli altri uomini che siedono alla stessa mensa. Consegnate dunque a Lazzaro le cento libbre che avete perduto prima, ed egli, da Mio buon fratello, avrà cura affinché questi miseri possano ottenere un discreto sostentamento!»

13. Dissero i farisei: «Signore, non solo cento, ma mille libbre d’oro daremo a Lazzaro, e che egli ne disponga poi secondo la Tua Volontà. Infatti la luce che abbiamo ricevuto da Te ha un valore infinitamente maggiore, e la pazienza che Tu hai usato con noi non la si potrà in eterno mai apprezzare abbastanza! Basta solo avere l’accortezza di non dimorare tutti nel Tempio, e questo ci sarà facile dato che noi stessi siamo così ricchi, che possiamo fare quello che vogliamo delle nostre facoltà private e dei nostri tesori. In quanto al nostro deposito piuttosto rilevante esistente nelle casse del Tempio, bisogna naturalmente considerarlo perduto. Infatti se noi, sacerdoti onorari, intraprendiamo un viaggio sia pure in qualità di missionari, non dobbiamo attenderci alcuna specie di abbuono da parte del Tempio; d'altro canto però nemmeno il Tempio può attendersi da noi altro all'infuori di quello che ha già; quindi noi intendiamo consegnare a Lazzaro il denaro già questa notte stessa. Va bene così?»

14. Allora Io dissi: «Ogni risposta ulteriore a questo riguardo sarebbe superflua, perché vi deve ormai risultare chiaro che ciascuno acquista merito maggiore quanto più è disposto a offrire e quanto più fervente è l'amore per Dio e per il prossimo che lo sprona a fare così. Fate dunque come vi detta la vostra buona volontà, e certo sarete ricompensati!».

15. Dopo di che i sette chiesero cortesemente che alcuni fra i più robusti, che sedevano alla mensa dov'era la donna, venissero con loro per aiutarli a portare il denaro. Allora tutti quegli uomini, in numero di settantadue, si alzarono e andarono con i sette e nel breve tempo di un'ora furono già di ritorno portando le mille libbre del pesante e prezioso metallo. E quando si trovarono di nuovo radunati tutti nella sala, essi, seguendo il Mio consiglio, depositarono quell'oro che era contenuto in cento sacchetti ben grevi ai piedi di Lazzaro, e questi ringraziò anzitutto Me per averlo reputato degno della grazia di aver cura dei poveri in misura tanto abbondante, e poi rivolse parole di lode anche ai sette che erano ritornati per il fatto che essi pure Mi avevano riconosciuto nei loro cuori.

16. A loro volta poi anche i poveri Mi ringraziarono, ed uno di loro disse: «O Signore, se potessimo anche noi diventare Tuoi discepoli, rinunceremmo volentieri a questa grandiosa opera soccorritrice a nostro riguardo, perché è certo meglio essere Tuoi discepoli che non possedere tutto l'oro del mondo! Colui del quale Tu, o Signore, ti prendi cura, è sicuramente ben provvisto per tutta l'eternità!»

17. Io dissi: «È prematuro parlare già questa notte di tale argomento; ad ogni modo tutto può ancora accadere, dato che Io appena fra sette giorni Mi allontanerò per qualche tempo da Gerusalemme. Dapprima consultatevi con i Miei vecchi discepoli riguardo al contenuto principale della Mia Dottrina; quello che ancora vi manca, vi verrà posto in bocca quando sarà necessario.

18. Frattanto, però, Io dico a voi tutti: “Considerato il buon raccolto da Me fatto oggi, Io ne sono giustamente lieto, e noi stanotte la passeremo vegliando; ma nonostante ciò domattina ciascuno di voi si sentirà così rinvigorito come se avesse dormito profondamente tutta la notte. E fino allo spuntare del giorno discuteremo di varie cose ancora che vi consentiranno di giungere ad un punto di vista superiore per quanto concerne il riconoscimento di Dio, perché riconoscere Dio nella maniera più perfetta possibile è la prima cosa in assoluto per ciascun uomo.

19. Infatti chi non riconosce giustamente Dio, non può nemmeno credere completamente in Lui, né meno ancora può amarLo sopra ogni cosa e per conseguenza non può neppure essere mai reso pienamente partecipe dello Spirito di Dio. Da un errato riconoscimento di Dio, in seguito alla libertà del volere umano, sorgono col tempo fra l'umanità un numero grandissimo di errori di ogni specie che vanno poi moltiplicandosi come un’idra dalle mille teste, che riducono gli uomini a degli adoratori di idoli e che sbarrano loro le porte della vita vera ed eterna, tanto che poi, quando saranno anime, ben difficilmente potranno entrare nell’aldilà. Infatti quello che qui un'anima può fare in un giorno per il perfezionamento della propria vita, essa nell'aldilà non lo può fare spesso nemmeno in varie migliaia di anni terrestri. I Miei vecchi discepoli hanno ormai certo molte e vaste cognizioni di Dio; ma voi nuovi siete tutti ancora deboli a questo riguardo, e perciò Io intendo rafforzarvi!»

20. Dissero tutti: «O Signore, fa pure così e non tenerci nulla nascosto, perché noi siamo in trepidante attesa come l'erba inaridita anela alla pioggia vivificante!»

21. Ed anche i romani dissero: «E noi pure, tanto più che siamo ancora completamente novizi in questa scienza importantissima fra tutte le scienze!»

22. Anche Pietro disse: «A noi pure, vecchi discepoli, ciò sarà di immensa utilità, perché nemmeno noi siamo ancora proprio forti a tale riguardo!»

23. Io dissi: «E quali dubbi avete voi ancora?».

 

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Cap. 229

Dio-Padre, Dio-Figlio, e Dio-Spirito Santo.

 

1. Disse Pietro: «Quando Tu, al Giordano, Ti facesti battezzare da Giovanni, allora i Cieli si aprirono, e si vide lo Spirito di Dio librarsi sotto forma di una colomba di fuoco sopra il Tuo capo, e dal Cielo si fece sentire una voce la quale chiaramente proferì le seguenti parole: “Questo è il Mio Figlio diletto nel Quale Mi sono compiaciuto, ascoltateLo!”. Ed in un'altra occasione anch’io intesi le stesse parole; sennonché noi finora non ci siamo ancora mai azzardati a pregarTi di darci dei chiarimenti più dettagliati a questo particolare proposito. Ma poiché ora Tu stesso hai espresso la volontà di guidarci tutti verso un più perfetto riconoscimento di Dio, io penso che questo sarebbe forse anche il momento opportuno per chiarirci maggiormente un simile argomento, certo sempre secondo il Tuo divino compiacimento.

2. Infatti finora Tu sei per noi semplicemente il vero Figlio dell'Altissimo, come l'apprendemmo per bocca della madre stessa del Tuo corpo, alla quale apparve l'arcangelo Gabriele, che così le parlò: “Salute a Te, Maria, tu hai trovato Grazia presso Dio! Lo Spirito Santo Ti adombrerà, e tu partorirai un figlio che chiamerai Figlio dell'Altissimo!”.

3. Ecco, o Signore! Queste e molte altre cose ancora sono a nostra conoscenza, considerando le quali noi non possiamo liberarci dall'idea che nel Cielo deve pur esserci un altissimo Dio Padre. Tu sei il figlio Suo e questo è fuori dubbio; ed una terza Persona, certo anch'Essa pure Dio, uguale al Padre e a Te, è evidentemente lo Spirito Santo! Siamo nel vero o non lo siamo ponendo questo criterio a fondamento della nostra fede?»

4. Io dissi: «Per rivelarvi questo che a voi appare un mistero, l'ora non è ancora pienamente giunta; però quest'ora non si farà attendere molto. Ad ogni modo Io vi dissi già varie volte, quando Mi pregavate di mostrarvi il Padre: “Chi vede Me, vede anche il Padre, poiché Io e il Padre siamo completamente una cosa sola; il Padre è in Me, ed Io sono nel Padre”. Come allora intendeste in seguito ciò?»

5. Disse Pietro: «Noi, e precisamente tutti senza eccezione, la interpretammo in questo modo: “Tu sei costantemente compenetrato dalla piena Forza del Padre, nella misura in cui Ti è necessaria su questa Terra, e così il Padre eterno ed infinito è pure in Te. Tu sei la Sua immagine assolutamente perfetta. Ma poiché il Padre, quale l'infinito, eterno ed onnipotente Dio, è pure tutto intorno a Te, anzi Ti circonda in maniera particolarissima, pure Tu devi essere nel Padre!»

6. Dissi Io: «Sta bene! Ma che cosa è poi lo Spirito Santo?»

7. Disse Pietro: «O Signore! Dello Spirito Santo nessuno di noi sa davvero cosa pensare, malgrado Tu stesso abbia detto che all'uomo possono venire perdonati tutti i peccati, mai però quelli commessi contro lo Spirito Santo! Ora è chiaro che Tu non puoi essere questo Spirito, dato che Tu dicesti che i peccati contro il Figlio possono venire perdonati; la stessa cosa va pensata per quanto concerne il Padre, visto che anche i peccati contro di Lui possono venire perdonati, anzi ancora prima! Dunque, chi e cosa è propriamente lo Spirito Santo? Noi lo vedemmo sotto la forma di una colomba di fuoco; è Esso una terza Persona divina tenuta celata a tutti gli uomini a cominciare da Adamo, oppure è Esso una cosa col Padre oppure una cosa con Te? Non pare ammissibile che Esso sia più santo del Padre e di Te! Eppure Tu dicesti che i peccati contro lo Spirito Santo non potranno venire mai perdonati! Ma da ciò si dovrebbe chiaramente arguire che Egli, in una maniera ancora del tutto sconosciuta a noi, è il Santissimo di tutti i Cieli.

8. Da tutto ciò puoi vedere che perfino a noi, Tuoi vecchi discepoli, manca ancora molto per quanto riguarda il puro riconoscimento di Dio, e perciò abbiamo piena ragione di rallegrarci se è Tua Volontà guidare noi pure verso un riconoscimento più perfetto di Dio.

9. In Mosè è detto senza possibilità di equivoci: “Io, Jehova, sono l'unico vostro vero Dio! Accanto a Me non dovete immaginarvi, né farvi alcun Dio straniero!”. Ma ecco che ora, secondo il nostro limitato intelletto, veniamo a trovarci di fronte a tre Dèi, mentre dovremmo credere in uno solo! Vedi, o Signore, è a questo riguardo che a noi tutti sarebbe quanto mai necessario qualche chiarimento più preciso, perché davvero nessuno di noi può dire di averne una visione esatta!»

10. Ed Io gli dissi: «Dunque, voi dovete credere in un Dio solo, perché in tutte le eternità passate non ne è esistito mai più di Uno, e così anche per tutte le eternità future non ne esisterà più di Uno!

11. Però la vostra memoria non è proprio il vostro lato forte se ora voi Mi chiedete una cosa che Io già in occasioni opportune ebbi a spiegarvi con sufficiente chiarezza, e su cui tuttavia continuate ad avere le idee confuse. Infatti come prima vi dissi che il perfetto riconoscimento di Dio è il fondamento principale della vita, dato che senza di questo non esiste vera vita, ma una vita confusa e macchinale, così subito dopo vi mostrai Chi e che Cosa è veramente Dio, ma purtroppo la vostra memoria è debole e corta!»

12. Dissero i discepoli: «Signore, rafforza allora la nostra memoria!»

13. Io dissi: «Dite piuttosto: “Signore, rafforza la nostra carne e la nostra volontà!”, perché la forza della memoria dipende sempre da quella della volontà. Certo la vostra anima è molto volonterosa, ma la vostra carne è debole e quindi lo è pure la vostra memoria, la quale riprenderà vigore solo quando Io manderò lo Spirito Santo su di voi. Ora però fate bene attenzione a quello che vi dirò, e vedete di acuire tutte le vostre facoltà intellettive!».

 

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Cap. 230

La Trinità in Dio e nell'uomo.

 

1. (Il Signore:) «Tuttavia quello che sentirete ora, per il momento tenetelo per voi e non diffondete la Mia fama prima del tempo opportuno! Quando però sarà il tempo opportuno per farlo, lo apprendete già in voi stessi dal Mio Spirito, che è il vero e proprio Spirito Santo.

2. Il Padre, Io come Figlio e lo Spirito Santo siamo distinguibilmente la stessa e unica cosa dall’eternità.

3. Il Padre in Me è l’eterno Amore, e come tale il Fondamento Originale e la vera e propria Sostanza Originale di tutte le cose, la quale riempie l’intera eterna Infinità.

4. Io come Figlio sono la Luce e la Sapienza che provengono dal Fuoco dell’eterno Amore. Questa Luce possente è l’eterna perfettissima Coscienza di Sé e la chiarissima Conoscenza di Sé di Dio e l’eterna Parola in Dio, attraverso la quale è stato fatto tutto quello che c’è.

5. Ma affinché tutto questo possa essere fatto, occorre anche la potentissima Volontà di Dio, e ciò è appunto lo Spirito Santo in Dio, mediante il quale le opere e gli esseri ottengono la loro piena esistenza. Lo Spirito Santo è la grande Parola pronunciata: “Sia fatto!”, ed ecco esserci ciò che l’Amore e la Sapienza in Dio hanno deciso.

6. E vedete, tutto questo c’è ora in Me: l’Amore, la Sapienza e ogni Potenza! E così c’è solo un Dio, e sono Io, e ho assunto qui un corpo solo allo scopo di poterMi rivelare meglio, nella vostra forma personale - come avviene proprio adesso - a voi uomini di questa Terra che Io ho creato completamente a Mia somiglianza, dalla Sostanza originaria del Mio Amore.

7. Ma che anche voi abbiate in voi stessi la medesima triade, totalmente a Mia somiglianza come l’ho Io stesso, vi sarà mostrato subito in modo del tutto chiaro.

8. Vedete, ciascun uomo ha in sé un amore, e in seguito a tale amore anche una volontà; infatti l’amore in se stesso è un bramare ed esigere, e nel bramare ed esigere sta appunto la volontà. Ciò è proprio anche di tutte le piante e di tutti gli animali, e sotto un certo aspetto anche dell’altra materia.

9. Amore e volontà li ha perfino il più rozzo e incolto degli uomini. Ma che cosa ne ottiene? Egli procede solo al soddisfacimento dei suoi bisogni più bassi e materiali, che istintivamente dal suo rozzo amore si traducono in volontà, dalla quale la sua intelligenza non coglie altro che una nebbia oscura. Guardate gli effetti prodotti da simili uomini, se non sono molto peggiori di quelli che producono gli animali, l’amore e l’intelligenza dei quali sono guidati da un influsso superiore!

10. In tutt’altro modo stanno invece le cose, riguardo all’amore e alla sua volontà, in quegli uomini la cui intelligenza è divenuta una chiara luce. Tale intelligenza allora illumina totalmente l’amore, la sua volontà, e così tutto l’uomo. Soltanto allora l’amore fornisce i mezzi puri, la luce - ovvero la sapienza - ne predispone l’ordine, e la volontà li mette in opera. Ma l’uomo, avendo anch’egli in sé una tale facoltà a somiglianza di Dio, consiste per tale motivo di tre uomini, oppure è un solo uomo?»

11. Dissero tutti, e specialmente i vecchi discepoli: «Ti ringraziamo, o Signore, per aver parlato questa volta di nuovo con tutta chiarezza; poiché questo non è proprio sempre il Tuo modo di parlare e di insegnare. Soltanto adesso sappiamo interamente come stanno le cose riguardo alla piena Unità di Dio, e così Tu dunque sei certo interamente e perfettamente Dio, come ci è venuto in mente già spesse volte».

 

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Cap. 231

L'Infinità e l'Onnipresenza di Dio in Gesù.

L'apparizione al Battesimo del Signore.

 

1. (I discepoli:) «Ora però rimane ancora solo una domanda, e poi siamo già abbastanza a posto!

2. Vedi, Signore, Dio - oltre a tutte le Sue caratteristiche - è però anche infinito e perciò onnipresente! Com’è possibile ora questo in Te, dato che Tu dopo tutto Ti trovi corporalmente fra noi, in una Persona che ha come noi dei precisi limiti!»

3. Dissi Io: «Vedete, voi Miei vecchi discepoli, ecco di nuovo spuntare un vecchio difetto di memoria da parte vostra! Non sapete più che, quando lasciammo la Samaria per andare in Galilea, là siete venuti da Me quasi con la stessa domanda? E Io non vi ho mostrato, con un segno nel Sole, come con la Mia Volontà sono presente in modo del tutto uguale anche nel Sole, così come sulla Terra?! Ed ora Mi chiedete già di nuovo quasi proprio la stessa cosa! Così pure vi ho mostrato la stessa cosa presso Cesarea di Filippo, dall’oste Mattia a Cafarnao, quando ricolmai all’istante la buca causata dall’eccezionale sprofondamento del terreno, e a Chotinodora col lago dell’idolatria, e ancora non comprendete il segreto del Regno di Dio, e meno ancora il segreto di Dio?!

4. La Mia luminosa Volontà, infuocata dall’eterno Amore e dalla sua Luce fiammeggiante, che è la Sapienza di Dio, non è appunto quello Spirito Santo per voi così incomprensibile, che eternamente continua a riempire da parte Mia tutta l’Infinità?! E mediante questo Mio Io, questo Mio IO SONO, e dunque anche mediante il Mio Essere ed Esistere, Io sono dunque presente dappertutto, così come ora sono presente fra voi nella Mia vera e propria Entità, senza mediazione. Queste cose le ho mostrate alcune volte in modo molto chiaro a voi, Miei vecchi discepoli e fratelli, e tuttavia le avete dimenticate; ma questa volta le terrete forse ben a mente?!

5. Io però non resterò fra voi sempre così, con la Mia intera Entità originaria, e pur tuttavia resterò fra voi come interamente il Medesimo - vale a dire fra tutti coloro che agiranno e vivranno fedelmente secondo la Mia Parola - fino alla fine dei tempi di questa Terra!

6. Infatti ora convertirò totalmente anche questo Elemento umano nel Mio Elemento divino originario, attraverso molte sofferenze e grandissime umiliazioni quando arriverà il tempo, ancora in questo mondo, e poi salirò al Mio Dio che è in Me, e al vostro Dio, che ora è fra voi e vi insegna questo con la Sua bocca»

7. Dissero allora alcuni: «O Signore, ma noi preferiremmo che Tu rimanessi in eterno con noi così come sei ora, perché dove Tu, o Signore, Ti trovi, là è già il supremo dei Cieli, e noi non domanderemmo nulla di meglio per l'eternità!»

8. Io dissi: «Questo che voi dite non ve lo suggerisce il vostro spirito, ma la vostra carne dentro la quale la vostra anima è ancora sepolta molto profondamente!

9. Considerato che la vita puramente spirituale dell'anima nel Mio Regno vi è ancora perfettamente estranea, voi certo preferireste vivere addirittura in eterno qui; ma se aveste invece la chiara visione di come nel Mio Regno proverete in un solo istante beatitudini molto più numerose e indescrivibilmente maggiori di quelle che può offrire in mille anni la vita su questa Terra, pur godendo anche della più perfetta salute del corpo, voi non parlereste così. A voi, Miei vecchi discepoli, Io ho fatto già pregustare varie cose a questo riguardo; ma dato che la vostra memoria ogni volta è sempre debole, allora lo è anche in questa cosa. Io però, riguardo a tale argomento, non vi darò delle nuove prove, perché quando il Mio Spirito scenderà su di voi un giorno, Esso ad ogni modo vi sarà di guida in ogni sapienza!»

10. A questo punto Tommaso, il quale era sempre afflitto da dubbi più degli altri, intervenne e disse: «O Signore, perché allora noi vedemmo lo Spirito Santo in forma di colomba di fuoco, e perché udimmo la voce del Padre risuonare dal Cielo aperto?»

11. Io dissi: «Io certo sapevo che tu pure saresti venuto fuori ancora con una domanda; tuttavia non prendo affatto la cosa in malo modo, dato che tu sei di quelli che interrogano di rado e non chiedono quasi mai spiegazioni.

12. Vedi, l'immagine della colomba indica, per i vostri sensi limitati, in primo luogo la grande mansuetudine, ed in secondo luogo la grande capacità di volare della Mia Volontà, la quale è, per l'appunto, lo Spirito Santo! Infatti là dove Io voglio trovarMi e operare con la Mia Volontà, là nello stesso momento sono già presente ed agisco, sia pure ad una distanza infinita.

13. Per quanto poi concerne la voce che sembrava discendere dai Cieli, questo fu pure esclusivamente opera del Mio Spirito, l'Amore che procede da Me e che compenetra completamente lo Spirito stesso, Amore che è tanto intimamente congiunto con la Mia Volontà in ogni luogo quanto lo è in Me. Che la voce fosse stata percepita come discendente dai Cieli, questo doveva indicarvi e insegnarvi che quanto esiste di vero e di divinamente buono proviene anzitutto dall'Alto, similmente come anche l'uomo diventa buono nel proprio cuore solo quando il cuore umano si illumina per effetto dell'intelletto rischiarato da Dio, e con ciò viene veramente nobilitato.

14. Una volta però che il cuore sia illuminato ed acceso di vero amore, solo allora nell'uomo tutto si fa completamente luce e vita. Allora anche il tuo amore si esprimerà e ti dirà: “La luce in me è il mio diletto figlio nel quale io ho il mio compiacimento, e tale figlio voi, cioè tutti i miei desideri e le mie brame e passioni, lo dovete ascoltare!”. Ebbene, discepolo Mio, cosa ne dici? È così, o non è così?»

15. Disse il discepolo: “Oh, e come potrebbe essere altrimenti? In Te, o Signore, dimorano l'Amore e la Sapienza supremi; Tu solo puoi presentare ad ognuno di noi ogni cosa nella luce più perfetta; tuttavia io penso che non sarebbe forse eccessivamente errato che queste cose venissero comprese anche da altri credenti così come ora le comprendiamo noi!»

16. Io dissi: «A coloro che per il momento hanno bisogno di conoscere più da vicino questi grandi misteri, Io anche ho dato ora questa spiegazione del mistero di Dio; ma gli altri, i quali non comprendono nemmeno se si parla loro delle cose terrene di questo mondo, come potrebbero comprendere simili cose profondamente spirituali?

17. Ai fanciulli conviene dare un cibo differente da quello che possono tollerare gli adulti. Come potrai rendere comprensibile qualcosa di profondamente spirituale a colui che non conosce minimamente neppure la Terra che lo porta e lo nutre né, meno ancora, tutto quello che il cielo stellato abbraccia e contiene? A voi invece Io ho insegnato a conoscere tutto ciò affinché poteste anzitutto farvi un concetto vivente della Grandiosità e dell'Ordine sapientissimo di Dio, e così voi avete anche potuto comprendere con maggior facilità simili cose più elevate e puramente spirituali. Gli altri però che sono qui hanno già appreso varie cose e hanno già fatto varie esperienze a questo mondo, e quindi in loro c'è pure una base per la comprensione di qualcosa di più nobile, cosa questa però che essi furono capaci di fare grazie al loro grande amore per Me! Ecco dunque che a tutti coloro che sono già in grado di comprenderla, è ormai stata data da Me la spiegazione di questo alto e profondo mistero; è bene però che tutti gli altri aspettino finché tale spiegazione venga data a loro dal Mio Spirito quando anche loro saranno in grado di comprenderla».

 

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Cap. 232

L’essenza delle comete.

 

1. Anche Lazzaro prese la parola e disse: «Signore, di recente, a Betania Tu mi hai spiegato molte cose relative al cielo stellato; io però ricordo di averTi interrogato anche riguardo alla natura delle comete che incutono tanto timore al popolo, sennonché, per ragioni supremamente sagge, una spiegazione in proposito è mancata finora. Non vorresti farmi forse la grazia di chiarirmi adesso un pochino questo fenomeno celeste?»

2. Io dissi: «Oh sì e con molto piacere anzi! Vedi, secondo il Mio Ordine antico, cioè eterno, non c'è frutto su di un albero che divenga maturo d'un tratto, e così pure nell'Universo non c'è nemmeno un Sole-centrale o Sole-planetario o pianeta come questa Terra che sia di colpo sorto del tutto pronto sotto ogni aspetto, abitato e ricco di vegetazione e di frutta di ogni specie possibile. Tutto ciò avviene per gradi, poiché per Dio non c'è davvero necessità di affrettare gli avvenimenti, dato che Egli, da un’eternità all'altra, ne ha del tempo da trascorrere più che a sufficienza, anche se non è fuori dalla possibilità di Dio chiamare all'esistenza in un istante solo, tanto un sole, quanto un pianeta già pronti, od anche innumerevoli soli e corpi mondiali diversi già completi.

3. Una simile cometa non è altro che un sole in stato di lenta evoluzione che si sta formando dalla sostanza luminosa che si incontra nell'infinità dello spazio, sostanza che nel libero etere va sempre più condensandosi, così che comincia a trapassare dallo stato originario di sostanza spirituale a quello di materia, e tale cometa, dopo periodi di tempo per voi incommensurabilmente lunghi, diviene un vero sole; solo quando esso è giunto a completa maturazione, allora è in grado di generare pianeti o terre come questa che abitate voi, che infine vengono partoriti per così dire come pulcini fuori dall'uovo; però è chiaro che quest’ultimi, agli inizi, hanno sempre per lo più la forma di masse nebulose assai tenui con pochissimo contenuto di qualche massa corporea già più compatta. Dall'immensa energia interna naturale di un sole, queste masse planetarie vengono in certo modo proiettate nell'ampio spazio libero e, quando sono giunte ad una distanza sufficiente in rapporto alla loro grandezza e al peso specifico, esse, in seguito all'enorme e forte forza d'attrazione di quel sole, cominciano a ricadere in certo qual modo nuovamente su di esso.

4. Una simile ricaduta dura spesso delle migliaia di anni di questa Terra. Durante questo tempo un figlio solare di recente formazione di questa specie si è già sempre più condensato per effetto delle sostanze luminose incontrate. Se, come accade spesso, dopo moltissimi anni la cometa, provenendo da una qualche parte, ritorna di nuovo nelle vicinanze del Sole, allora viene vista dagli abitanti di questa Terra come pure da quelli di altri mondi sotto forma di una stella provvista normalmente di una lunga luminosa coda nebulosa. In seguito però ad una certa forza di repulsione del Sole, essa non può ricadere mai più di nuovo sul Sole. Questa forza di repulsione - che si avverte particolarmente quando si è molto vicini al Sole - è dovuta all'irradiazione molto violenta della luce. Per conseguenza una simile cometa quando, come un corpo ancora molto leggero, arriva nelle vicinanze del Sole, si muove alla velocità della luce e se ne riallontana per il nuovo violentissimo urto che ne riceve, così che essa si perde nelle profondità dello spazio dove poi inizia a ricadere sul Sole quando è giunta al limite estremo della distanza da esso.

5. Voi potete avere un piccolo esempio di ciò su questa Terra quando infuria un grande incendio. Le fiamme, il calore e la luce intensa sollevano alta nell'aria una quantità di faville ardenti; una volta che esse sono arrivate ad un'altezza tale per cui la forza di proiezione non può più influire su di esse, allora ricadono a precipizio, ma quando si ritrovano in vicinanza del fuoco, vengono di nuovo respinte con grande violenza e ripercorrono la stessa via di prima.

6. Tutto ciò però è fondato nell'Ordine primordiale divino, e tutto ciò che si chiama natura deve adeguarsi a queste leggi. Ecco dunque che ormai tu sai cosa sono veramente le comete, e questa tua scienza tu la puoi comunicare a chiunque sia capace di avere un pensiero simile.

7. Per quanto poi concerne quelle comete che sono veramente chiamate a diventare dei soli, esse non giungono mai in vicinanza di un altro Sole-planetario, ma vanno librandosi nelle profondità per voi incommensurabili dello spazio, ed in un tempo futuro verranno scoperte da gente dotata di grande scienza per mezzo di certi strumenti oculari. Ora Mi comprendi bene?»

8. Disse Lazzaro: «Signore e Maestro dall'eternità! Che io abbia compreso, così, in generale, queste Tue parole, è certo e vero; però a questo riguardo scorgo ancora qualche considerevole lacuna che io non riesco proprio bene a colmare!»

9. Io dissi: «E quali sarebbero queste lacune?»

10. Disse Lazzaro: «Ecco, o Signore, ora so bene che cosa è una cometa di questo genere; ma della coda cosa si può pensare? Che significato ha? Inoltre Tu hai menzionato il fatto che in un lontano avvenire ci saranno degli uomini dotati di grande scienza che inventeranno certi strumenti per mezzo dei quali si potranno scoprire nelle profondità immense della Tua Creazione quelle grandi comete destinate, dopo forse degli eoni di anni terrestri, a diventare dei nuovi soli. Che specie di strumenti saranno quelli? Che particolarità avranno, come saranno fatti e come verranno adoperati? Ecco, mi stuzzica molto la brama di sentire da Te qualcosa di più particolare in proposito, dato che Tu certamente saprai con la massima esattezza tutto quello che faranno e inventeranno gli uomini da qui a diecimila anni ed anche infinitamente al di là ancora di questo termine! Se tale fosse la Tua Volontà, potresti concedere anche su questo argomento un po' di maggior luce a me e a tutti noi!»

11. Io dissi: «Oh, certo, e perché no? Anzi, quanto più qualcuno è ricco di vere e giuste cognizioni, con tanta maggiore facilità egli perviene al puro riconoscimento».

 

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Cap. 233

L’importanza del riconoscimento.

 

1. (Il Signore): «Mosè stesso era un grandissimo scienziato, e versatissimo in ogni possibile ramo dello scibile umano; non c'era in Egitto alcun mistero, per quanto profondo, nel quale egli non fosse stato iniziato. Gli antichi egizi possedevano essi pure degli strumenti ottici di tale specie, anche se non costruiti con quella perfezione che sarà propria agli strumenti simili che gli scienziati useranno in un lontano avvenire a cui ho fatto allusione prima; e per mezzo di questi strumenti potevano benissimo vedere i pianeti, e potevano calcolare il loro corso con discreta precisione, cosa questa che trova la più evidente conferma nello zodiaco tuttora esistente a Diadeira (Diathira). La scienza pura e principale era allora certo patrimonio esclusivo della casta sacerdotale, mentre le persone qualsiasi dovevano accontentarsi di quanto i sacerdoti ritenevano opportuno rivelare loro.

2. Mosè però, dato che era in certo modo un principe alla corte reale, venne iniziato in ogni scienza, senza che tuttavia con ciò rimanesse scossa la sua fede in Israele, fede che aveva appresa da sua madre la quale viveva a corte in qualità di sua balia. Per conseguenza Mosè poté pervenire assai presto al purissimo riconoscimento di Dio, dato che tutto il suo intelletto aveva già goduto di una equa e pura educazione preliminare.

3. Ma perciò Io dico anche a voi che una conoscenza pura e ben fondata di tutta la Terra, possibilmente in tutte le sue parti, come pure del suo moto e delle sue precise dimensioni, e poi del cielo stellato con tutti i suoi fenomeni, ebbene, tutto ciò ad un animo puro può servire in modo eccellente a giungere al puro riconoscimento di Dio, senza il quale l'uomo non può aspettarsi alcuna vera salvezza. Infatti soltanto coloro che riconoscono veramente Dio possono venire a Lui, perché propriamente sono già presso di Lui; ma coloro invece che non riconoscono Dio, non possono nemmeno venire a Lui, poiché appunto non Lo riconoscono e quindi non si trovano presso di Lui.

4. Infatti, venire a Dio vuol dire già trovarsi presso di Lui mediante il puro riconoscimento di Dio e dell'amore per Lui, dato che senza il vero e puro riconoscimento di Dio nessuno può amare Dio in tutta verità.

5. Cosa può giovare alla tua anima anche se tu credi in un qualche Dio nascosto in un qualche luogo dietro a tutte le stelle, e se tu credi pure che Egli da un qualche posto, come da un eterno centro, grazie alla Sua Onnipotenza, sente e vede tutto, crea mantiene e governa tutto, e che Egli con la Sua Potenza compenetra tutto ed è presente dappertutto? Vedi, in questo modo tu non conosci minimamente Dio, e nel tuo animo ti trovi lontano da Lui molto di più ancora di quanto infinitamente lontano da te Lo raffiguri tu stesso! Tu dunque, per effetto di un simile riconoscimento quanto mai oscuro e nebuloso, vieni a trovarti certo ancora molto lontano da Lui, né è possibile che tu percepisca amore per Lui, ma solamente un presentimento della Sua esistenza vago e fondato su di un barlume di fede, nonché da un certo senso di venerazione. Ma con questo tipo di riconoscimento e in questa disposizione d'animo nessuno può trovarsi vicino a Dio, né in simili condizioni si può affatto parlare di vero amore!

6. Ad esempio, che faccia farebbe e che cosa direbbe un giovane maturo per il matrimonio che si trovasse a dimorare non lontano da varie piacenti fanciulle, una delle quali egli potrebbe amare di tutto cuore, se gli si dicesse: “Senti un po’, queste fanciulle non fanno per te; però laggiù, ai confini estremi del mondo, c'è una sposa per te; mettiti in viaggio e, una volta trovata, fanne tua moglie!”. Ebbene, non comincerà allora egli a domandare: “Ma dove la posso trovare? Devo andare a Levante o a Ponente, a Mezzogiorno o a Settentrione?”. E voi allora, conformemente a verità, non potrete rispondergli altro che così: “Mah, noi stessi non lo sappiamo, tuttavia in qualche luogo sarà di certo; basta che tu la ami e la cerchi!”. Credete voi forse che il giovane potrà davvero innamorarsi di una fanciulla tanto lontana da lui, o che sarà tanto pazzo da andare a cercarla in tutte le parti del mondo? Ebbene Io vi dico che egli invece rinuncerà completamente e non ci penserà più! E le cose non si presentano per niente meglio rispetto all'amore per un Dio assolutamente sconosciuto che dimora in qualche luogo infinitamente lontano.

7. Ma qual è poi l'altra conseguenza negativa di tutto ciò? Ecco qual è: poiché gli uomini non possono riconoscere, né, meno ancora, amare un simile Dio troppo lontano e troppo sconosciuto, essi si fanno da soli delle divinità più vicine che poi venerano, amano e adorano, offrendo loro pure ogni tipo di sacrifici. Certo, essi edificano anche all'unico vero Dio qualche Tempio vuoto nel quale non può penetrare che poca luce e che è consacrato al Dio sconosciuto; i romani si sono creati così il loro cieco Fato il quale ha il dominio addirittura sopra tutti gli altri loro dèi. Ma da tutto ciò si può vedere con sufficiente chiarezza dove un erroneo riconoscimento di Dio possa condurre l'uomo col tempo.

8. E considerato che Io, quale il Jehova immaginato e creduto tanto lontano, ora Mi trovo vicinissimo a voi uomini, sono anche volentieri disposto a spiegarvi quello che può avviare voi ed i vostri successori al riconoscimento del vero Dio ed al più fedele amore per Lui. Per conseguenza Io risponderò brevemente alle due domande da te poste.

9. Vedi, la cometa di cui ti ho parlato prima, quando si trova a grande distanza dal Sole, non ha affatto una coda, ma solamente una massa nebulosa intorno al suo nucleo! Solo quando giunge in prossimità del Sole, la coda va formandosi in seguito alla straordinaria velocità del suo moto. Infatti, attraverso questo rapido spostamento, che in alcune di queste comete, quando sono vicine al Sole, è così straordinario che percorrono spesso dalle 80, 90-100.000 ore di cammino[35]  in pochissimi istanti, la sostanza luminosa estremamente tenue non può attraversare lo spazio con la velocità con cui lo attraversa il nucleo evidentemente più pesante e il vapore più denso che lo circonda e che si trova vicinissimo ad esso, ed allora si manifesta, in proporzioni molto ingrandite, all'incirca lo stesso fenomeno come se tu prendessi un tizzone ancora molto ardente e che sta emettendo molto fumo e lo scagliassi ben lontano attraverso l'aria; allora tu vedresti come il fumo, materia molto più leggera, andrebbe formando dietro al tizzone che arde e vola appunto una coda simile a quella di una cometa.

10. Questa aria atmosferica terrestre è certo molto più densa dell'etere puro; di fronte però ad una velocità talmente enorme, già anche l'etere acquisisce consistenza, poiché esso pure è ancora contenuto nel tempo e nello spazio, ed è quindi qualcosa di materiale, quantunque le sue sostanze primordiali non abbiano quasi affatto peso in rapporto alle sostanze condensate di un pianeta, a somiglianza dell'atmosfera terrestre la quale sott'acqua non ha assolutamente nessun peso, nonostante di per sé sia già un corpo pesante, poiché altrimenti non le sarebbe possibile sradicare degli alberi talvolta robustissimi quando è in un moto violento.

11. Ora, dato che l'etere è di per sé pure qualcosa di materiale, esso può già trasformare la massa vaporosa che circonda la cometa in uno strascico nebuloso, se consideriamo la velocità enorme con la quale essa attraversa lo spazio. Questa cosa credo che ormai la si possa comprendere bene!»

12. Disse allora Lazzaro e tutti gli altri pure: «Oh, certamente, o Signore e unico nostro amore, questa cosa è chiara come il Sole! Spiegata nel modo come hai fatto Tu, anche un fanciullo la deve comprendere! Ma allora sicuramente anche questa nostra Terra era una volta una cometa di questo genere?»

13. Io dissi: «Senza alcun dubbio, quantunque non sia stata generata proprio da questo Sole che ora la illumina, ma da un altro immensamente più grande, ciò che non muta per nulla la situazione, poiché anche fuori dai soli-centrali-primordiali vengono scagliate nello spazio incommensurabile delle comete di questa specie, con una violenza tanto maggiore! Quando poi giungono in vicinanza dei piccoli soli planetari esse vengono attratte da questi, vengono mantenute e curate come fossero figli propri, nonché allevate fino a che diventano dei veri pianeti.

14. Ormai sapete anche questo, e perciò per accontentare Lazzaro daremo ora un'occhiata agli strumenti ottici che si costruiranno un giorno. Non vi nascondo però che sarà difficile spiegarvi la cosa; ad ogni modo vedremo quello che si potrà fare!».

 

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Cap. 234

Invenzioni e loro scopo.

 

1. (Il Signore:) «Vedete, gli antichi egiziani conoscevano l'arte di costruire una specie di specchi con i quali essi captavano i raggi solari. Tutti i raggi che venivano a cadere sulla grande superficie concava matematicamente esatta di un simile specchio, venivano concentrati da tale specchio ad una distanza di 50-100 altezze d'uomo su di un punto grande quanto una testa d’uomo, dove producevano una luce tanto intensa da accecare e dove sviluppavano un tale calore che il metallo rovente sarebbe sembrato dell'acqua fresca al paragone. Quindi la conseguenza naturalissima di tutto ciò era che l'oggetto, sul quale veniva diretto questo punto della massima luce e del massimo calore, veniva colpito all'istante dal più devastante incendio, come voi e particolarmente i greci ed i romani avrete già spesso udito narrare.

2. Ebbene, com’era possibile ottenere simili effetti? Ecco: uno specchio di questo genere accoglie una grande quantità di raggi e li riflette tutti su di uno spazio ristrettissimo, mentre uno specchio piano li riflette semplicemente e precisamente così come sono caduti sulla sua superficie!

3. Se qualcuno si mette davanti ad uno specchio piano, la sua immagine vi appare esattamente nella sua stessa grandezza; ma se invece egli si mette davanti ad uno specchio concavo del genere sopracitato, egli vi vedrà riflessa la propria immagine in proporzioni gigantesche»

4. Disse allora uno dei romani: «Ciò è verissimo, perché questo io lo so per mia propria esperienza, avendo già avuto occasione di vedere uno specchio di questo genere a Menfi. Esso era fatto di una qualità durissima di marmo nero ed aveva un diametro di due altezze d'uomo. La superficie era già in parte alquanto opaca, tuttavia nel complesso rifletteva ancora abbastanza bene, e quando ci si collocava dinanzi ad esso, vi ci si poteva vedere la propria immagine riflessa in proporzioni enormi. La stessa cosa l'ha vista più di uno di noi.

5. Oltre a ciò posso dire che a Roma ci sono alcuni uomini i quali fabbricano il vetro che poi viene versato dentro ad ogni tipo di forme, alcune delle quali sono un po' arrotondate[36] da ambo le parti; per mezzo di questi vetri si può poi con tutta facilità accendere una specie di fungo da esca come se ne trova in Illiria, oppure della paglia secca; anche le vestali[37] sono solite adoperare questo fuoco derivato dal Sole per accendere le loro lampade, quando queste ogni tanto si spengono. Quando poi si guarda attraverso ad un simile vetro qualche piccolo oggetto, lo si vede molto più grande di quanto esso è al naturale»

6. Dissi Io: «Ebbene, ecco che così noi conosciamo già le linee principali appunto degli strumenti ottici di cui si sta parlando! Un simile specchio ed un simile vetro, purché abbiano la maggiore purezza di materiale ed esattezza di esecuzione possibile, sono già in parte uno strumento ottico.

7. Quando in un tempo futuro, mediante l'influsso del Mio Spirito, gli uomini riusciranno a costruire specchi e vetri di questo genere di varia grandezza e di varia distanza focale, allora essi ben presto disporranno anche di quegli strumenti ottici menzionati prima, mediante i quali potranno scrutare profondamente nel cielo stellato e scoprirvi molte cose che finora sono rimaste nascoste a quasi tutti gli ebrei.

8. In un lontano futuro Io concederò che gli uomini riescano ad inventare queste cose e molte altre ancora, affinché tutto ciò debba a servire, come anche servirà, alla soppressione totale e alla rovina dei falsi profeti, i quali con grande potenza e splendore mondano andranno gridando: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure “Il Cristo è là”; voi però non date loro ascolto, e fuggiteli anzi come la peste! Infatti tutto quello che essi insegneranno e predicheranno nelle scuole e nei templi sarà radicalmente falso, e ciò sarà la causa della maggiore tribolazione che sia mai venuta fra gli uomini su questo mondo, perché essi troveranno molti seguaci fra il popolo a causa dei segni e dei falsi prodigi che essi faranno in modo simile a quelli degli esseni e dei maghi indiani.

9. Perciò Io anzitutto susciterò fra gli uomini lo spirito della vera scienza e di ogni arte, e subito dopo lo Spirito purissimo delle verità dai Cieli, ed allora tutti i falsi profeti assieme al loro capo supremo cominceranno a gemere e a fare lamenti, e malediranno fin nel più profondo inferno quelli che avranno loro voltato le spalle per sempre, e cercheranno di opprimerli e di tormentarli in tutti i modi possibili. Ma tutto ciò non gioverà loro per niente, perché appunto è sempre questo il tramonto eterno della menzogna: essa viene distrutta dinanzi alla verità, come avviene del ghiaccio, il quale vorrebbe rappresentare la solidità della pietra, ma, esposto al Sole, si converte in acqua, ed allora anche la sua durezza e la sua solidità hanno fine. Nell'estremo Settentrione di questa Terra dove fa molto freddo, gli Sciti si costruiscono delle capanne di ghiaccio per l'inverno; cosa succede però di queste capanne quando viene l'estate che in quei luoghi dura poco, ma che è estremamente ardente? Entro pochi giorni tutte quelle capanne si sciolgono! E precisamente così andrà in quel tempo alle grandiose e splendenti capanne dei falsi profeti: prima che essi avranno potuto guardarsi per bene intorno, anche le loro magnifiche dimore saranno già svanite! Comprendete bene adesso queste cose?».

 

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Cap. 235

Dei falsi profeti.

 

1. Disse Lazzaro: «Ma, o Signore, eppure non si può né vedere né accettare che questa Tua Dottrina possa venire falsata in qualche modo! Infatti come noi l'abbiamo ricevuta da Te, precisamente così la trasmetteremo ai nostri discendenti; niente vi sarà aggiunto e niente vi sarà tolto. Ora noi sappiamo pure scrivere, e prenderemo quindi nota fedelissima di quanto abbiamo sentito e visto compiere da Te, e tutte le nostre famiglie apprenderanno punto per punto i Tuoi insegnamenti ed anche li osserveranno. Ma stando così le cose, non comprendo davvero come potrebbero sorgere dei falsi profeti!»

2. Dissi Io: «Proprio come tu ora parli, precisamente così parlarono un tempo i più convinti seguaci di Mosè, quando - dico - appunto Io stesso diedi a Mosè le leggi sul Sinai. Il tempo della legislazione durò, come certo saprete, sette interi anni e qualcosa di più ancora, e successivamente si protrasse ancora per trentatré anni in modo piuttosto segreto e quindi non evidente per chiunque, eppure già entro i primi sette anni venne fuso ed esposto all'adorazione del popolo il vitello d'oro! Vedi, così sono fatti gli uomini!

3. Che la Mia Dottrina presso di voi ed i vostri pochi discendenti si manterrà pura per lungo tempo, sono disposto ad ammetterlo; tuttavia in generale le cose andranno del tutto diversamente.

4. Nel mondo, in qualsiasi luogo accada qualcosa di grande e di straordinario, si trovano sempre degli oziosi i quali, incitati dall'avidità e dall'egoismo di lucro, sono immediatamente pronti a sfruttarlo in qualche modo ai fini del loro utile terreno, cosa questa che è altrettanto vera quanto la verità stessa. Per evitare delle manovre di questo genere, Io non dovrei fare altro che mandare su questo mondo degli angeli sterminatori, i quali dovessero già in precedenza uccidere tutti i malintenzionati di questa fatta, ciò che, a tutela della libera volontà umana, non può venire concesso, come non conviene distruggere in un solo colpo la zizzania su un campo di grano, cosa questa che non sarebbe di utilità nemmeno al campo stesso, dato che alla fin fine anche la zizzania serve alla concimazione.

5. Ma come la zizzania viene tollerata in mezzo al grano, così ugualmente viene concesso che simili cose accadano, tuttavia non senza la punizione che presto o tardi ne è sempre la conseguenza. Vedete, queste cose non si possono dunque evitare completamente!

6. Io perciò intendo dire solamente che tutti coloro i quali ora ottengono il puro da Me o l'otterranno più tardi da voi, devono sempre fare molta attenzione per non cadere anch’essi in tentazione, poiché lo spirito maligno si aggira sempre per tutto il mondo come un leone ruggente e affamato tentando di inghiottire ogni anima nobile e pura. Guardatevi dunque bene dai falsi profeti! Questo è tutto quanto Io posso per ora dirvi e fare per voi in proposito»

7. Pietro chiese: «O Signore, se essi dovessero annunciarsi già al nostro tempo, come faremo a riconoscerli?»

8. Io dissi: «Dai loro frutti! Sui pruni non crescono fichi, né le uve crescono sui cardi! Io solo, nella Mia Dottrina, sono la Porta dell'ovile delle pecore; chi penetra nella stalla da qualche altra parte, non è che un ladro e un predone. Io solo sono la vera Porta, la Via, la Luce, la Verità e la Vita; chi dunque vuole venire da Me, deve procedere per mezzo Mio ed in Me sulla Mia Via, nella Mia Luce, la Quale è l’eterna, immutabile Verità in Dio.

9. Non c’è dubbio che ciascun vero lavoratore merita la sua ricompensa; un mercenario però che si fa ingaggiare al posto di un altro al quale spetta in effetti il lavoro, è ben di rado degno della sua ricompensa! Infatti egli lavorerà soltanto in apparenza per prendersi la ricompensa, mentre il padrone in questa maniera sarà piuttosto mal servito. Ma così e peggio ancora saranno tutti i falsi maestri e profeti, poiché il loro movente sarà sempre, come è ora il caso dei farisei, mammona, a causa del quale essi insegneranno e profetizzeranno le cose più stolte e false, ed inganneranno gli uomini materialmente e più ancora spiritualmente. Essi divoreranno i beni delle vedove e degli orfani assicurando loro in cambio il Cielo, ed infine perseguiteranno col ferro e col fuoco coloro che rimarranno fedeli alla verità pura, tacciandoli di massima eresia e proclamando di se stessi con grande solennità: “Noi siamo i veri successori del Cristo, il Figlio di Dio!”. Queste cose Io ve le dico già ora in anticipo, affinché in seguito voi ed i vostri autentici successori sappiate come regolarvi quando ciò si verificherà, ed in parte si è già verificato!»

10. Disse Pietro: «Ma, o Signore, com'è possibile che una cosa simile succeda già adesso?»

11. Dissi Io: «La cosa è facilissima; quante volte ho già insegnato dinanzi a delle grandi moltitudini e, in tali occasioni, non sempre era presente soltanto della gente a cui stava a cuore la salvezza della propria anima, ma anche dell'altra che ci teneva alla salvezza della propria borsa. Di alcuni insegnamenti ed opere furono essi stessi testimoni, altri insegnamenti se li fecero raccontare da altre persone, e la maggior parte se la fabbricarono essi stessi, e così, con un bagaglio composto di menzogne su menzogne, intrapresero dei viaggi in ogni luogo spacciandosi per Miei inviati, e in questo modo vanno accumulando molto denaro. Cosa ne dite voi ora?»

12. Dissero Pietro e Giovanni: «Ma, o Signore, non hai più fulmini da far scendere sui malfattori di questa specie?»

13. Io dissi: «Ahi, ahi, siete voi forse figli del tuono oppure figli di Dio? La folgore distrugge ed annienta tutto là dove colpisce; però i figli di Dio dispongono di altre armi, le quali si chiamano: pazienza, mansuetudine e amore.

14. Questa gente è tuttavia dell'opinione che così facendo rende un buon servizio a Dio, a Lui gradito. Con questi tali voi verrete ancora molto spesso in contatto, e molti si convertiranno; ma se noi volessimo, così, su due piedi, distruggerli a suon di fulmini discendenti dalle nubi, potreste voi più tardi convertirli ancora? Per conseguenza conviene non ricorrere con tanta fretta alle folgori!

15. La verità è il fulmine migliore contro simili falsi maestri e profeti! Riuscirete prima a prosciugare tutti i mari della Terra che non ad arginare il torrente della verità. Voi con Me potete tutto, ma senza di Me nessuno può compiere niente, poiché Io sono la Verità, la Luce e la Vita! Comprendete bene?».

 

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Cap. 236

L’Onnipresenza spirituale del Signore. I primi saranno gli ultimi.

Ammonizione a guardarsi dalla gelosia e dall'orgoglio.

 

1. Disse Filippo: «Sì, Signore, tuttavia se Tu rimanessi sempre con noi come ora, la cosa sarebbe certo facile, ma Tu, come ci annunciasti già ripetutamente, resterai soltanto per breve tempo ancora fra noi, ed allora le cose non procederanno più con quella efficacia come accade ora in cui Tu operi visibilmente tra di noi!»

2. Io dissi: «È ben vero che Io vi lascerò in senso naturale, cioè con la natura di questa Mia Persona, dato che questo deve avverarsi affinché Io possa preparare per voi, e per tutti coloro che per mezzo vostro crederanno in Me, una dimora eterna e colma di beatitudini, ma con il Mio Spirito, il Quale riempie l’Infinità, Io rimango con voi fino alla fine del mondo, ed anzi in maniera più efficace che non al presente; e poi voi farete delle cose ancora più grandi di quelle che ora sto facendo Io stesso!

3. In colui nel quale resta la Mia Dottrina, dunque la Mia Luce e quindi la Verità eterna, in lui rimangono pure la Mia Forza e la Mia Potenza! Che cosa volete di più?»

4. Disse Filippo: «Signore, noi vorremmo Te stesso, che noi amiamo sopra ogni cosa!»

5. Dissi Io: «Anche questo vi sarà concesso pienamente! Infatti, in verità Io vi dico: “Dove due o tre si riuniranno seriamente nel Mio Nome, là Mi troverò anch'Io fra di loro, e ciò avverrà o visibilmente oppure percettibilmente operante in Spirito”; ora questa sarà ben pure una Mia Presenza reale!

6. Vedete! Nei tempi futuri, quando gli uomini saranno sempre più versati in ogni genere di arti e di scienze di quanto lo siano nel tempo attuale, allora Io apparirò tra di loro solo assai di rado in forma visibile, ma tanto più efficacemente agirò presso di loro attraverso il Mio Spirito. Ed Io vi dico pure che quegli uomini saranno tanto più beati, perché essi non vedranno quello che voi ora vedete, e tuttavia avranno una fede incrollabile, e vivranno in modo conforme a questa fede. Voi Mi amate perché Mi vedete; ma nei tempi futuri quelli di cui ho appena parlato Mi ameranno senza averMi mai visto. Ora, quale non sarà poi il loro amore per Me quando Mi vedranno nel Mio Regno! Perciò Io già una volta Mi espressi con una parabola, nella quale era detto fra l’altro: “E così i primi saranno facilmente gli ultimi, e gli ultimi i primi”. Infatti, in verità, ci vuole molto di più per credere e vivere secondo la propria fede pur non vedendo, che vedere e solo poi acquistare la fede e vivere in conformità ad essa! Non siete anche voi tutti di questa opinione?»

7. Disse allora Lazzaro: «Questa è una cosa evidente, perché non vedere nulla, e tuttavia credere fermamente, torna certo a maggior merito che non vedere prima i numerosi segni e udire i molti insegnamenti dalla Bocca puramente divina, i quali con potenza irresistibile trascinano alla fede, e solo poi credere. E così anche il più debole nella fede in Te, o Signore, e che tuttavia opera coscienziosamente a seconda della fede, sarà senza alcun dubbio più degno del supremo dei Cieli di quanto potrà essere degno del più basso dei Cieli uno di noi, pur avendo la fede più ferma! Oh, almeno per me questo è del tutto evidente!»

8. Disse allora il discepolo Andrea: «A dire il vero, per me non ancora! È forse colpa nostra se ci troviamo precisamente adesso a questo mondo? Dovremo dunque sopportare, in quest’epoca quanto mai critica, carichi e ardori assai grevi, ed in compenso restare gli ultimi senza nostra colpa? Questa è una cosa che appare davvero un po' strana!»

9. Io dissi: «Questo appare strano soltanto a colui che ancora non capisce le Mie parole! Che male c'è se quegli uomini verranno considerati, così come voi, primi, e se voi primi non sarete considerati da più di loro quali gli ultimi? Ovvero, quando tu sarai un giorno beato nei Miei Cieli, sarai forse meno beato se l'ultimo sarà egli pure beato altrettanto quanto te? Vedi dunque come sei ancora cieco!

10. Io vi dico: “La gelosia esiste purtroppo sulla Terra, ma nel Cielo non ci sarà mai traccia in eterno, dato che un geloso non vi potrà mai entrare!”.

11. Nel Cielo, il primo e il più grande sarà solamente colui che si sentirà di essere l'ultimo e il minimo; e la vostra gloria consista unicamente nel fatto che voi diveniate nel vostro animo simili ai fanciulli piccoli! Chi non diventa fanciullo nel proprio animo, non potrà entrare nel Regno di Dio, perché la via che conduce al Cielo è molto stretta e cosparsa di ogni specie di spine. La più grande barriera cosparsa di spine è, e sempre resta, l'orgoglio con tutta la legione delle sue sottospecie.

12. Dunque, ciascuno si guardi in primo luogo dall'ambizione, perché essa è la madre dell'invidia e dell'egoismo, ed infine, qualora trovi il suo alimento, pure del più spiccato orgoglio, la cui patria d'origine è l'inferno! Hai tu, o Mio discepolo, compreso tutto ciò?»

13. Andrea disse: «Sì, o Signore, e non posso che ringraziarTi per questo Tuo insegnamento così salutare!»

14. Io dissi: «Tutto di nuovo è ormai a posto. Chi opererà così, raccoglierà la vita eterna».

 

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Cap. 237

Il Cielo e l'inferno.

 

1. Allora il romano venne vicino a Me e disse: «O Signore e Maestro, che a Te sia perfettamente noto tutto quanto c’è ed avviene nell'intero infinito, dalla cosa più grande alla più piccola, di ciò sono assolutamente convinto, e questa convinzione beatissima non può togliermela più nessuno! Tuttavia già varie volte è stato menzionato l'inferno, ed io devo apertamente confessare che non ho ancora la più lontana idea di cosa devo pensare a tale riguardo! È l'inferno un luogo quanto mai tenebroso e triste dove i malvagi, come punizione dei loro peccati, vengono tormentati e martoriati incessantemente per l'eternità, oppure, a giudicare dal Tuo eterno Amore e dalla Tua immensa Bontà, tutti questi gravi martirii non sono infine altro che dei mezzi estremi impiegati per ricondurre perfino i peggiori spiriti al vero riconoscimento dopo forse un tempo inimmaginabilmente lungo? Dov'è questa dimora dei dannati e quale ne è l'aspetto?»

2. Io dissi: «O stimatissimo amico Mio, a questo riguardo tu puoi prendere le più esatte informazioni dai Miei vecchi discepoli, perché Io ho già spiegato loro ogni cosa; tuttavia a tale proposito ci sono ancora tante cose celate nell'eterno Amore e nella Sapienza di Dio, le quali, anche se Io te le dichiarassi, non saresti affatto capace di comprenderle. In quanto al resto, l'inferno in sé è altrettanto poco un luogo definito quanto lo è il Cielo stesso, ma invece tanto l'inferno, quanto il Cielo, dipendono esclusivamente dallo stato interiore dell'uomo.

3. E così può avvenire che un angelo e il più perfido demonio siano, si trovino o siedano vicinissimi l'un all'altro, e tuttavia essi, spiritualmente, sono infinitamente lontani l'uno dall'altro, e l'angelo, malgrado dal punto di vista naturale si trovi nell'immediata vicinanza di un demonio, si trova di per sé completamente nel Cielo, e d'altro canto anche il demonio si trova nell'inferno, e non ha il benché minimo sentore dell'angelo che gli sta così vicino. Sennonché queste cose per il momento tu non puoi comprenderle così facilmente, perché i rapporti spirituali sono del tutto differenti da quelli di questa Terra.

4. Tuttavia per un osservatore molto attento si verificano anche qui vari fatti del genere, i quali trovano rispondenza esatta in quelli che si verificano nel mondo dell'aldilà. Così ad esempio tu, rispetto ad un tuo simile che dentro di sé è il tuo massimo nemico, e che giorno e notte studia come potrebbe fare per arrecarti i più irreparabili danni, puoi essere fisicamente vicino mentre invece spiritualmente sei molto lontano. Egli non può tollerare che tu ricopra una carica tanto elevata, per la ragione che preferirebbe trovarsi al tuo posto; sennonché egli è provvisto della necessaria accortezza mondana, e sa nascondere dinanzi a te i sentimenti da cui è animato in maniera tale che non vi è affatto possibilità che in te possa sorgere il benché minimo sospetto riguardo alle sue intenzioni. Se tu vai a visitarlo, egli ti accoglierà con la massima cortesia e ti renderà ogni onore possibile, laddove egli in realtà, se la giustizia punitrice non si ispirasse a norme tanto severe, sarebbe pronto invece a sopprimerti immediatamente. Ma tra di sé va dicendo: “Tu sei ora collocato molto in alto, ed io mi trovo ancora molto in basso; è bene dunque che tu mi aiuti prima a salire, ed una volta che mi troverò io pure in una posizione alta, farò in modo che tu debba precipitare nell'abisso”. Vedi! Questo è già un demonio completo, e si trova già col corpo e con l'anima nell'inferno, mentre tu, uomo giusto e onesto come sempre, ti trovi invece nel Cielo.

5. Dunque tu vedi che, trovandoti col tuo malvagio vicino l'uno accanto all'altro, fisicamente parlando, Cielo ed inferno vengono a trovarsi strettamente vicini; tuttavia l'inferno non ha alcun potere contro di te, per il fatto che la legge forma tra di voi due una barriera quanto mai erta ed insormontabile. Ma che divario immenso non sussiste invece fra lo stato morale dell'uno in confronto all'altro! E come è enorme la distanza che vi separa!

6. Ecco, questo è un quadro del Cielo e dell'inferno che ti mostra la distanza intercorrente fra l'uno e l'altro! Ed ora ti darò un esempio dal quale potrai rilevare come l'inferno è costituito in sé; fa bene attenzione!

7. Immaginati due uomini: mettiamo ad esempio due re di paesi confinanti, quanto mai superbi e avidi di dominio! Esteriormente essi si trovano in rapporti amichevolissimi. Se l'uno va a rendere visita all'altro, c'è profusione addirittura di cortesie e di complimenti; essi si abbracciano come se fossero i migliori e più intimi amici; sennonché ciascuno in realtà tra di sé pensa: “Oh, venga presto l'ora in cui potrò calpestarti nella polvere sotto i miei piedi!”. Ciascuno dei due sta in attesa di un'occasione opportuna ed a lui favorevole che gli consenta di annientare completamente il vicino che odia a morte. Ora, chi brama proprio ardentemente di litigare con i propri vicini, non tarda molto a trovare anche un pretesto per fare la guerra. Infatti questa scoppia fra i due e, come al solito, il più forte vince il più debole, al quale non resta altro che la fuga.

8. Ma una volta che ha salvato così la propria pelle, il suo primo pensiero è di correre da un terzo vicino più potente ancora e di raccontargli la sua disgrazia. Egli rivela minuziosamente i fatti e le condizioni del suo apparente amico di prima e fa delle proposte al terzo e lo consiglia su come si potrebbe riuscire facilmente vincitori dell'altro, offrendosi addirittura egli stesso come condottiero. Pagando bene, viene poi raccolto presto un esercito di mercenari, e un bel giorno, improvvisamente, il vincitore di prima, che non ha avuto il tempo di mettersi sulle difensive, si vede assalito e spogliato di tutti i suoi beni e paesi. Ammesso allora che il secondo vinto abbia potuto mettersi in salvo con la fuga, non tarderà molto a trovare un quarto che si scaglierà contro il terzo il quale eventualmente sarà vinto a sua volta. A questo punto la questione si arresta e subentra uno stato di quiete apparente; tuttavia i vinti, nei loro animi, non si concedono affatto tregua, anzi ciascuno per sé cerca l'occasione di potersi vendicare nella maniera più atroce di tutti i vincitori; e vedi, un animo infernale di questa specie va così continuamente incitando il proprio maligno verme interiore che non muore!

9. E questo esempio della rivolta fra i due re ti un'esatta idea di come è costituito anche tutto l'inferno. Come vorresti tu dunque provocare in questi esseri un miglioramento dei loro animi tenebrosi e perversi? E adesso, cosa ne dici di tutta questa storia?».

 

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Cap. 238

Le lotte all’inferno.

 

1. Disse il romano: «Ma, o Signore, se veramente le condizioni nell'inferno sono tali, allora non c'è nemmeno da pensare che questo reciproco stato di inimicizia possa trovare mai in eterno una fine, e la cosa assume un aspetto del tutto differente da come io me lo immaginavo! Questi spiriti dunque, a causa del loro pessimo stato interiore, non sono di per se stessi in grado di divenire dei veri abitanti del Cielo?»

2. Io dissi: «Non vi è possibilità di dubbio a questo riguardo. Se vengono lasciati così anche per delle migliaia di eternità, di per sé essi, invece di migliorare, non faranno che peggiorare eternamente! Immaginati adesso un'innumerevole moltitudine di simili spiriti i quali non sono dominati da altro se non dal loro sconfinato egoismo e da un orgoglio che non conosce limiti, e pensa a quali possono essere le condizioni di vita in una comunità di questo tipo! E considera anche che essi nell'aldilà sono perfettamente liberi, che non sono vincolati a nessuna legge e che ciascuno può fare quello che vuole! Metti assieme ora tutti questi elementi, e ne otterrai un quadro di anarchia di cui non se n’è mai visto un esempio sulla Terra.

3. Ciascuno vuole essere addirittura il signore supremo; soltanto coloro che hanno qualche punto di contatto in un determinato campo del male e della falsità si associano contro altri che hanno in comune altri punti di contatto in altri campi del male e della falsità, ed in simili condizioni c'è un eterno contendere e litigare, ed un eterno stato di guerra con reciproche mutilazioni della più orribile specie. Quando poi i mutilati si sono riavuti e ricomposti, allora si desta in loro in modo furioso la brama della vendetta; essi cercano di attrarre l’attenzione su di loro con ogni tipo di artifici presentandosi come artisti e maghi, e quando a poco a poco hanno ottenuto un grande numero di seguaci, guai allora a coloro che li hanno mutilati!

4. E così per ciascun campo del male e della falsità ci sono delle grandissime comunità che soltanto transitoriamente sussistono l'una accanto all'altra in un apparente stato di armonia; quando esse hanno assalito una qualche altra comunità, l'hanno sconfitta ed hanno fatto del bottino, avviene che, venuto il momento della spartizione, ognuno pretende di essere stato lui il condottiero e di aver diritto al grosso del bottino. In seguito a ciò i membri della comunità vittoriosa vengono in conflitto tra di loro; da principio viene tirato a sorte; a colui al quale la sorte ha assegnato la parte maggiore del bottino viene poi chiesto di sottoporsi ad ogni genere di prove di carattere autenticamente infernale, per vedere se egli si azzarderà ad affrontarle. Gli si fanno le promesse più lusinghiere, talvolta perfino quella di incoronarlo re e dio di tutte le comunità. Viceversa, se egli non intende sottostare a simili prove, gli verrà aggiudicata soltanto la parte più piccola del bottino, cosa questa che, naturalmente, accende in lui un nascosto furore. Per contro, se egli accetta la prova, allora viene terribilmente martoriato, deve tollerare ogni possibile ingiuria e sopportare perfino i dolori più atroci.

5. Questo è proprio il caso in cui ha valore il vostro detto romano: “AUT CAESAR, AUT NIHIL”. (“O Cesare o niente” cioè “O tutto o niente”). Se acconsente a sottoporsi alla prova e poi ce la fa a superarla, egli viene innalzato apparentemente alla dignità di re, questo onore però non dura a lungo, poiché ben presto scoppiano delle ribellioni e il re martoriato viene deposto, mentre un dittatore subentra al posto suo e comincia a proclamare costituzioni una dopo l'altra, ed è così che finisce che ciascuno cerca di provvedere per il proprio sacco. Ma questo stato di cose poi non soddisfa affatto coloro che sono rimasti con le mani quasi vuote, ed allora si hanno di nuovo cospirazioni che finiscono in breve con una controrivoluzione del tipo più atroce. In conclusione, uno stato d'ordine non può mai subentrare.

6. Ogni tanto fra queste comunità supremamente disordinate vengono inviati degli istruttori, i quali sono migliori, però a questi non va quasi meglio di quanto sia andata agli angeli mandati a suo tempo a Sodoma ed a Gomorra. Gli spiriti maligni vorrebbero servirsi degli inviati quali esseri più potenti per annientare tutti i loro nemici. Da ciò dunque puoi farti un'idea delle probabilità che ci sono per il ravvedimento di simili spiriti».

 

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Cap. 239

La seconda Creazione di Dio.

 

1. (Il Signore:) «Tutti gli spiriti infernali sono dei veri maestri nell'arte della finzione. Spesso essi appaiono esteriormente come angeli, mentre interiormente sono e restano simili alle bestie feroci. La loro abilità nell’arte della finzione è tanto raffinata che essi potrebbero sedurre perfino gli angeli, ed Io sono venuto nella carne su questo mondo principalmente per porre per l'eternità un argine all'inferno, che esso mai in eterno potrà superare.

2. Io, da Dio che sono dalle eternità, potrei certamente annientare l'inferno per mezzo della Mia Volontà, ma con esso andrebbe annientata anche tutta la Creazione; e poi che cosa fare? Forse dare inizio ad una nuova Creazione? Eh sì, questo sarebbe fattibile; sennonché una nuova Creazione di mondi materiali non è affatto immaginabile in un ordine diverso da quello presente, perché la materia è il mezzo consolidato e necessariamente giudicato mediante il quale un essere destinato a diventare perfettamente simile a Me, del tutto libero da Me, deve sostenere la prova della libertà del volere per pervenire alla vera indipendenza della vita.

3. È quindi meglio lasciar sussistere tutto così com'è, però in un ordine ben distinto. Questo tuttavia non poteva essere compiuto da Me se Io stesso non fossi divenuto Uomo e non avessi compenetrato ogni materia, facendo così in modo che tutto il contenuto spirituale della materia, per quanto antico e giudicato, fosse in grado di assurgere alla beatitudine!

4. E questa è appunto la seconda Creazione, che Io ho previsto fin dall’eternità, senza la quale nessun uomo di questa, o anche di un’altra Terra, sarebbe mai potuto diventare perfettamente beato. Infatti prima di questa Mia Discesa in Terra Io ero un Dio invisibile per l’eternità, com’è scritto anche in Mosè, che nessuno può vedere Dio e vivere. D’ora in poi però Io sono per ciascuno un Dio visibile, e chiunque Mi vede, vive e vivrà in eterno.

5. Ma la Redenzione consiste in primo luogo nella Mia Dottrina, e in secondo luogo in questa Mia Incarnazione, mediante la quale la potenza così preponderante dell’antico inferno è interamente spezzata e vinta.

6. Questo l’ha già annunciato il profeta Isaia, quando nel capitolo 63, versetti 1-9, disse: “Chi è costui che viene così da Edom, da Bozra con la veste macchiata, splendido nel Suo abbigliamento, avanzando solenne nella grandezza della Sua forza?

7. Io, che parlo con giustizia, grande nel salvare!

8. Perché sei rossastro nella Tua veste, e la Tua veste è come quella di chi pigia nel tino?

9. Nel tino pigiai da solo, e nessuno del Popolo con Me! Perciò calpestai quello (l’inferno) nella Mia Ira (Giustizia), e lo spappolai nella Mia Collera (l’Ordine supremo della divina Sapienza). Per questo è schizzata la vittoria sulla Mia veste (il Vero della Dottrina e della Fede), poiché il giorno della vendetta è nel Mio Cuore, e l’anno dei Miei redenti è giunto. La salvezza Me la recò il Mio braccio (l’umano del Signore); scendendo sulla Terra feci la sua sconfitta (dell’inferno). Egli disse:Vedi, il Mio Popolo sono quei figli (sedotti dall’inferno), perciò Io divenni per loro un Redentore, a causa del Mio Amore e a causa della Mia Dolcezza li ho redenti.’”

10. E inoltre trovate nello stesso profeta, nel suo capitolo 59: “Egli vide che non c’era nessuno (cioè né amore, né verità) e si stupì che non ci fosse nessuno a rappresentarle. Perciò gli portò la salvezza il Suo braccio (l’umano del Signore) e la giustizia lo sollevò (il divino Ordine nell’umano del Signore). Perciò Egli indossò la giustizia come una corazza e l’elmo della salvezza sul suo capo, e Si mise l’abito della vendetta (la Verità), e si coprì di zelo come di un mantello. Allora venne per Sion un Redentore!”

11. In Geremia leggete (capitolo 46): “Essi sono scoraggiati; poiché i loro eroi (quelli dell’inferno) sono sconfitti. Presero la fuga e non guardarono indietro. Quel giorno è (a onore e lode) del Signore Jehova Zebaoth, un giorno per vendicarsi, in cui Egli faccia vendetta dei Suoi nemici e la Sua spada divori e si sazi.”

12. E nel Salmo 45, versetti 4-8, leggete il seguente passo molto pertinente, che suona così: “Cingi la spada (pure l’umano del Signore) ai lombi, o Potente! Le Tue frecce (la Verità) sono appuntite. Popoli (dell’inferno) cadranno sotto di Te, essi che sono di cuore nemici del Re (del Bene e del Vero). Il Tuo trono (la Chiesa del Signore) per il seguito dei tempi e per l’eternità! Tu amasti la giustizia; perciò Dio Ti ha consacrato con l’unzione.”

13. E di simili passi ce ne sono ancora in quantità, dai quali risulta che Io sono venuto nella carne su questo mondo principalmente allo scopo di arginare per l'eternità le usurpazioni eccessive dell'inferno».

 

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Cap. 240

Il rapporto fra mondo ed inferno.

 

1. (Il Signore:) «Nessuno di voi pensi o creda che Io in un tempo remotissimo abbia creato anche l'inferno! Ciò sia ben lontano da Me e da voi tutti. E non pensate neppure che esso sia un luogo di pena eterna per i malfattori di questa Terra! Esso si è formato da sé fuori da quelle moltissime anime umane che nella carne di questa Terra schernirono sempre ogni Rivelazione divina, che rinnegarono Dio, che fecero soltanto quello che stuzzicava i loro sensi esteriori, ma che pretesero infine per sé onori divini facendo inculcare dai loro cortigiani a tutto il popolo la convinzione che loro stessi erano altrettanti dèi da venerare, cosa questa, ad esempio, che fece Nabucodonosor a Babilonia. Essi inoltre inventarono degli idoli e costrinsero i popoli ad adorarli e ad offrire loro dei grandi sacrifici, e chi vi si fosse rifiutato, veniva tormentato nella maniera più crudele.

2. Ma da ciò voi potete scorgere quale potere abbia esercitato finora l'inferno su tutta la Terra, e come fosse quanto mai opportuno che Io stesso scendessi ora quaggiù nella materia per spezzare con tutta la Mia Pienezza questo antico ma necessario giudizio, e così porre, all'inferno formatosi da se stesso, un argine che esso non potrà mai più rovesciare nel modo come è stato il caso finora.

3. Io, il Santissimo, dovetti rivestirMi della non santità della debolezza umana ossia della creatura, per poterMi come un forte eroe avvicinarMi all'inferno per vincerlo. Ed ora Mi sono anche avvicinato ad esso, Mi trovo nel suo mezzo, e tutti i diavoli ed i satana fuggono dinanzi a Me come effimera pula dinanzi all'uragano.

4. E così ora mediante un esempio vi ho mostrato ciò che è l'inferno, ciò che esso ha fatto ed in parte ancora fa, nonché cos'è la redenzione. Avete voi almeno un po' compreso questa cosa?»

5. Allora Agricola disse tutto sbalordito: «O Signore, una simile descrizione dell'inferno io non l'ho davvero mai sentita! Noi romani, con la nostra fantasia, l'abbiamo collocato nei regni sotterranei terrestri, particolarmente in quei luoghi dove, come per esempio nel nostro paese, ci sono dei monti che fumano continuamente e che di quando in quando vomitano masse enormi di lava che tutto distrugge là dove arriva. Ah, così invece la cosa assume un aspetto del tutto differente! Ma allora tutta questa Terra, nell'irrompere sfrenato delle passioni che agitano il genere umano, è addirittura un completo inferno, perché a questo mondo succede precisamente così come Tu ora ci hai esposto riguardo all'agire e al fare dell'inferno!»

6. Io dissi: «Sì, o amico Mio, il mondo e l’inferno sono una cosa sola nella stessa maniera come sono una cosa sola corpo ed anima. La grande anima infernale si serve del mondo esteriore precisamente così come l'anima si serve del proprio corpo. Se l'anima è un angelo per il suo amore per Dio e per il prossimo, anche il corpo non farà che il bene, dato che l'anima, la quale vivifica il corpo, non vuole, né può voler fare il male; ma se l'anima è già un demonio completo, allora lo è pure il suo corpo!

7. Ma è per questo motivo che Io ora sono venuto nel corpo di questo mondo, e cioè per scacciare da esso tutte le legioni di legioni di demoni. Quello che Io ho fatto in piccole proporzioni alla giovane che tu conosci, ti valga da esempio per quanto Io vado ora facendo in grandi proporzioni. Io adesso spazzerò la casa completamente dai vecchi demoni; ma se l'umanità non si curerà di conservarla pulita, essa dopo non molto si attirerà su di sé un nuovo inferno con i suoi demoni, e questi faranno il loro ingresso nella casa ripulita e creeranno al mondo uno stato di cose molto peggiore di quello che c’era prima della Mia venuta.

8. Infatti come prima, così anche adesso e d'ora innanzi ciascuna anima nella carne deve compiere la sua prova della libertà del volere e della conoscenza, e questo mai e mai più può compiersi senza che sia concesso il manifestarsi degli stimoli a compiere il bene e il male! Sennonché ora gli uomini hanno per mezzo Mio un aiuto a portata di mano, e possono sempre riuscire brillantemente vittoriosi dell'inferno che si vuole sviluppare in loro, ciò che è appunto la conseguenza della Mia Redenzione. Coloro però che non si avvarranno di questo aiuto, si renderanno ancora più schiavi del nuovo inferno di quanto lo furono gli antichi fino a questo tempo»

9. Agricola disse: «Ma, Signore, allora sarebbe meglio annientare queste nuove anime infernali immediatamente dopo la vita corporale!»

10. Dissi Io: «Questa, o amico Mio, è una cosa che non va, perché tutte le anime, buone e cattive, provengono da Me, e come di Me in eterno non può venire annientato nulla, così non può venire distrutta nemmeno l'anima più perversa, ma invece ogni anima continuerà a vivere secondo il proprio amore. Comprendi adesso, o amico Mio, almeno così alla lontana, questa cosa?»

11. Allora tutti dissero: «Signore e Maestro! La cosa ci è ora anzi chiarissima; ma adesso si affaccia nei nostri riguardi un'altra questione, e cioè che nei nostri animi va destandosi un particolarissimo senso di tristezza, e questo necessariamente per due motivi: il primo è che noi abbiamo la percezione di vivere con anima e corpo evidentemente nel più autentico inferno, e il secondo è che dobbiamo concludere che la parte di gran lunga maggiore degli uomini di questa Terra è senza dubbio destinata ad essere composta esclusivamente da spiriti dell'inferno, e per di più, come è chiaro, per l'eternità! Ma proprio neanche da parte Tua, o Signore, è lecito ammettere che possa venire un aiuto a simili spiriti infernali?».

 

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Cap. 241

Lazzaro vuole aiutare i peccatori.

 

1. I farisei ed i dottori della legge però, i quali dentro di loro non erano rimasti proprio troppo soddisfatti della spiegazione dell'inferno, esclamarono: «Che mai! Di questo, a nostro parere, non tocca a noi occuparci, a ciò provvederà bene la Sua Bontà e la Sua Sapienza! Noi abbiamo mormorato quando Egli ha accolto in gran numero dei peccatori e dei pubblicani i quali neppure essi erano in verità degli spiriti celesti, ma se ha fatto questo, allora Egli di certo conoscerà dei rimedi anche per gli spiriti davvero infernali! Infatti nella Sua Sapienza saranno celate molte cose ancora che Egli non ci rivelerà. Quello che ci serve, Egli ce lo rivelerà, ma di quello che non ci occorre non vi è nemmeno necessità che noi ce ne occupiamo! Se un demonio è di sua propria volontà così cieco e stolto, e non vuole accogliere la luce, ebbene che rimanga pure per l'eternità quel demonio che è, visto che egli ha continuamente occasione di ravvedersi, ed a ciò non gli manca affatto la ragione, né l'intelletto e nemmeno la volontà. Ma se nonostante tutto ciò egli ripudia il buono e il vero, e in un certo modo reputa impresa onorifica quella di opporsi alla Volontà di Dio, allora è bene che quel pazzo continui pure a fare così finché gli fa piacere, e né Dio, né nessuno spirito beato avranno niente da rimetterci! Questa sarebbe la nostra modestissima opinione»

2. Disse Lazzaro: «Eh sì, non c'è che dire, la vostra opinione è molto esatta, ed altrettanto può dirsi di quella dei romani quando dicono: “Nulla di quanto succede a chi proprio vuole, gli succede a torto!”. Tuttavia io dico che in questo modo parla unicamente l'arida filosofia del diritto mondano. Ma se io vedo un mio simile che in un eccesso di disperazione si dispone a togliersi la vita, oppure se vedo un altro mio simile, certamente inesperto, che sta raccogliendo delle bacche velenose per saziarsene, io penso che sia mio dovere di uomo non lasciar fare a chiunque, così alla leggera, ciò che egli si è proposto di fare, ma di distoglierlo con tutta serietà e di ammaestrarlo sulle conseguenze che l'una o l'altra delle sue azioni avrebbero su di lui!

3. Naturalmente, se io non so o non vedo quando qualcuno è minacciato da un pericolo in seguito ad una sua azione inconsulta, nessun sentimento può sorgere in me a suo riguardo, e quindi non posso nemmeno recargli aiuto; ma quando vedo, so e sento, allora non mi è lecito lasciar andare incontro alla propria rovina un individuo stolto e cocciuto di questo stampo come lo spinge la sua cieca volontà, e aggiungo che neppure per un animo sensibile può essere indifferente che fra mille persone ne vadano perdute novecentonovantanove. Io quindi non posso che lodare coloro che si sentono pervasi da grande tristezza al pensiero che una così grande quantità di esseri possano dirsi perduti addirittura per l'eternità. Per conseguenza io trovo del tutto naturale che questi nostri compagni, mossi da un così nobile sentimento, si siano espressi così dinanzi al Signore. Infatti da Lui ci si può certo attendere con la massima fiducia che pure per quanto concerne questo argomento Egli vorrà darci una giusta spiegazione, sia pure per mezzo di qualche parabola! O Signore! Ho giudicato rettamente, oppure no?»

4. Io dissi: «O Lazzaro, caro fratello Mio, tu hai giudicato molto bene! Che mormorino pure tutti i farisei e dottori della legge; tanto l’Unico Signore resto sempre Io, e posso fare ciò che voglio, né nessuno può chiamarMi a rispondere dicendo: “Signore, perché fai questo e perché fai quello?”.

5. Ma Io ora voglio esporvi alcune similitudini della vera Misericordia di Dio, e poi potrete giudicare voi stessi come stanno le cose a questo riguardo. AscoltateMi dunque!».

 

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Cap. 242

Tre parabole della Misericordia di Dio. Il segreto dell'amore.

 

1. (Il Signore:) «Qual è l'uomo fra voi, il quale, avendo cento pecore e avendone perduta una, non lasci immediatamente le novantanove nel deserto per andare alla ricerca di quella perduta, e non si stanchi di cercarla finché non l'abbia trovata? E avendola trovata, non se la mette tutto allegro sulle spalle? E arrivato a casa, non radunerà forse tutti i suoi vicini dicendo: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che si era smarrita, ed intendo offrire un banchetto!”?

2. Ma Io vi dico che ugualmente vi sarà più gioia per un peccatore, il quale si era perduto, qualora si sarà seriamente pentito, che non per novantanove giusti che non hanno mai avuto bisogno di penitenza.

3. Oppure, qual è la donna che, avendo dieci grossi (antica moneta), se ne perde uno, non accenda la lampada e non spazzi la casa, e non cerchi con tutta diligenza finché non l'abbia trovato? E quando l'avrà trovato non chiamerà forse a raccolta le amiche e le vicine, e non dirà: “Rallegratevi con me, perché ho trovato il soldo che avevo perduto!”?

4. Ed Io nuovamente dico che vi sarà grande gioia in Cielo presso gli angeli di Dio per un peccatore che si era perduto, ma che mediante una vera e seria penitenza si è fatto ritrovare per il Cielo!

5. Ed ora udite ancora una similitudine molto significativa! C'era una volta un uomo ragguardevole e molto ricco, il quale aveva due figli. Il più giovane se ne andò dal padre e gli disse: “Dammi la parte dei beni, oppure il corrispondente valore dei miei beni, che mi spetta quale tuo erede, perché io voglio partire da qui e andare per il mondo in cerca di fortuna!”. E il padre ripartì i beni dei figli e consegnò al più giovane la sua parte.

6. E pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolta ogni cosa, se ne andò in viaggio lontano per paesi e paesi. E quando ebbe trovato un luogo gradito ai suoi sensi, vi si stabilì e dissipò tutto il suo patrimonio vivendo dissolutamente. E quando ben presto ebbe dissipato ogni suo avere, una grave carestia oppresse quello stesso paese, così che egli cominciò a vivere di stenti. Allora se ne andò, e per ottenere del lavoro si rivolse ad uno degli abitanti di quella contrada, il quale poi lo mandò nei suoi campi a sorvegliare i porci. E dopo che furono passati due giorni da quando accudiva a questo lavoro, egli ebbe fame, ed avrebbe voluto riempirsi il corpo con delle ghiande che i porci mangiavano, ma nemmeno di queste c'era qualcuno che gliene desse.

7. Ma mentre così sempre di più si accresceva la sua miseria al punto che era costretto a cibarsi unicamente di radici e di erbe, egli ritornò in se stesso e pensò: “Quanti lavoratori a giornata ha mio padre a casa che hanno del pane in abbondanza, ed io qui invece sto morendo di fame! Io me ne andrò da mio padre e gli dirò: ‘Padre, io ho peccato contro il Cielo e dinanzi a te! Io non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; accoglimi come uno dei tuoi lavoratori a giornata meno stimati’”.

8. E così il figlio andò da suo padre, ed essendo egli ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe pietà; gli corse incontro con le braccia aperte, e l'abbracciò. Ma il figlio gli disse: “O padre! Io ho peccato contro il Cielo e dinanzi a te! E non sono più degno di essere chiamato tuo figlio!”. Il padre però disse ai suoi servitori: “Portate qui la più bella veste e fategliela indossare, e mettetegli un anello al dito e delle scarpe ai piedi! E portate fuori il vitello grasso, e macellatelo, e mangiamo tutti in letizia! Perché questo mio figlio era morto, ed è ritornato in vita; era perduto, ed è stato ritrovato! E così cantiamo e facciamo festa!”.

9. Ora il figlio maggiore era nei campi; e mentre stava andando a casa, udì i canti e le danze. E chiamato uno dei servitori, domandò cosa significassero quelle cose. E il servitore rispose: “È ritornato tuo fratello, e tuo padre ha ammazzato per lui un vitello ingrassato, perché l'ha riavuto sano e salvo”. Allora il figlio maggiore si adirò, e non volle entrare. Il padre però uscì fuori e lo pregò che entrasse. Ma l'altro rispose al padre: “Ecco! Già tanti anni io ti servo, e non ho mai violato nessuno dei tuoi comandamenti; eppure tu non mi hai dato nemmeno un capretto per rallegrarmi con i miei amici! Ma ora che questo tuo figlio, che ha sprecato i suoi beni con le meretrici, è ritornato, tu gli hai ammazzato un vitello ingrassato!”. E il padre gli disse: “O figlio mio! Tu sei sempre con me, ed ogni cosa mia è anche tua! Ma sii lieto pure tu, poiché, vedi, questo tuo fratello era morto, ed è tornato in vita; era perduto, ed è stato ritrovato!”. Allora il fratello maggiore comprese il padre, ed entrò, e la sua gioia fu grande nel rivedere il fratello.

10. Vedete, queste parabole vi dicono tutto ciò di cui hanno bisogno coloro che nei loro cuori assomigliano nell'amore al Padre nel Cielo; coloro invece che si limitano alla sola sapienza, non percepiscono l'immenso bisogno di amore che è nel Padre.

11. Anche Davide, l'uomo secondo il cuore di Dio, aveva due figli che egli amava particolarmente. Ma anche se Absalom, quando era in vita, lo aveva perseguitato e gli si era opposto con tutte le sue forze per vincerlo, eppure quale premio non avrebbe certo dato Davide a colui che gli avesse ricondotto vivo da lui il figlio così ardentemente amato! Salomone era senza dubbio la sapienza stessa, ed era sempre assieme a Davide; tuttavia la sua predilezione andava ad Absalom.

12. O Miei cari, questa similitudine ha un significato infinito! Quale gioia non proverà il cuore di Davide se il suo perduto Absalom ritornerà vivo un giorno da lui!

13. O Miei cari, nell'Amore sono celate ancora moltissime cose che nessuna sapienza ha mai sondato; perciò il Padre, quale l'Amore eterno, è anche più grande del Figlio, il Quale, come la Luce dell’Amore, vi sta ora qui dinanzi.

14. E quindi Io dico: “Perfino presso gli uomini più sapienti sono impossibili molte cose, che invece a Dio, nel Suo Amore, sono tutte possibili!”. Credete voi a quanto vi ho detto ora?”

15. E Lazzaro, colmo di gioia, rispose: «O Signore, noi Ti ringraziamo dal più profondo del cuore per questa Tua rivelazione, poiché chi non ha l'anima e tutto il suo sentimento colpiti da settuplice tenebra, non può evidentemente non comprendere cosa tu hai voluto indicare con questo! Io almeno Ti ho compreso ben chiaramente, ma io credo che questo sarà il caso anche di molti altri!?».

16. E quasi tutti coloro che erano là presenti affermarono di aver compreso bene quanto Io avevo detto.

 

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Cap. 243

Le conseguenze della falsa immagine dell’aldilà.

 

1. Soltanto i farisei non erano ancora d'accordo, e il dottore della legge disse: «Questa cosa appare certo ricca di buone speranze; sennonché essa non armonizza col concetto di una ricompensa eterna che invece è in conflitto con quanto hai detto. Infatti se il buono, per le sue opere buone e per la sua pazienza nel sopportare dolori ed affanni di ogni specie, viene in un certo modo indennizzato con una ricompensa eterna nell'aldilà, anche il malvagio che è sempre vissuto a questo mondo fra gli agi dovrebbe essere punito per l'eternità!

2. Infatti, se si annunciasse agli uomini che anche dall'inferno è infine ancora possibile una liberazione, allora non si farebbe che promuovere l'aumento dei malfattori sulla Terra! Adesso almeno il timore delle pene eterne dell'inferno trattiene molti dal commettere delle azioni malvagie, e la speranza in una beatitudine eterna sprona gli uomini al bene. Ma se si ammette che anche i dannati abbiano ancora qualche probabilità di divenire beati un giorno, allora anche i buoni sempre più si volgeranno dalla loro parte, e finirà che il bene puro si farà ben presto su questa Terra tanto raro come i diamanti. La cosa dunque è quanto mai consolante per un cuore tenero, ma il senso della giustizia non può che fare naufragio! Questa è la mia retta opinione!»

3. Io dissi: «È possibile che per te essa sia molto retta; ma per Me questa opinione è invece molto contorta! Se tu credi che quanto l'inferno come pure il Cielo debbano servire da movente per distogliere gli uomini dal male ed avviarli invece al bene, Io ti dico che la tua fede è fondata sul falso, perché chi è del tutto malvagio, se ne ride del tuo inferno e del tuo Cielo, e d'altro canto chi è assolutamente buono, è buono anche senza il tuo inferno e il tuo Cielo! Anzi, l'inferno e il Cielo come te li raffiguri tu, appunto così sono davvero adatti a rendere ogni malvagio al più alto grado possibile.

4. Infatti, chi fa il bene unicamente per averne un premio, costui presta il proprio denaro ad alto interesse, ma chi fa così non ha in sé né amore per il prossimo, né meno ancora per Dio; ed infatti, chi non ama il prossimo che ha sotto gli occhi, come potrà amare Dio che egli non vede?

5. Ma sopprimiamo il Cielo e l'inferno, e vediamo poi cosa succederà dei tuoi individui pii ed onesti! Puoi essere certo che essi cominceranno a smaniare e ad infuriare con violenza ancora più grande di quella di un lurido strozzino a cui il debitore è fuggito con i denari avuti a prestito; e non avendo più da temere le pene dell'inferno, simile gente non potrà più venire tenuta in freno se non per mezzo delle leggi sanzionate del mondo.

6. Già da principio l’umanità ha agito male: gli anziani dipingevano l'inferno con i colori più foschi possibili, e d'altra parte il Cielo con tutti i più vivi colori della luce, mettendone in evidenza tutte le delizie dal punto di vista della soddisfazione dei sensi umani. Così essi suscitarono una specie di timore di Dio, il quale però, a causa del raggiungimento eccessivamente facile dell'inferno e dell'ottenimento troppo difficile del Cielo, non poté mai trasformarsi in un vero amore per Dio e per il prossimo, anzi negli animi deboli degenerò in un timore sempre più crescente, mentre divenne perfetta indifferenza di fronte a Dio ed al prossimo negli animi più forti e più svegli, poiché questi individui dall'animo più forte non credevano per loro conto assolutamente a nulla, ma seguivano PRO FORMA (in apparenza) la corrente per mantenere il popolino in quella fede affinché non si ribellasse contro coloro per i quali doveva lavorare; così che ai più forti fosse almeno concesso, in seguito alla perduta fede in un Dio e alla rinuncia ad un Cielo e ad un inferno, di crearsi su questo mondo un cielo NON PLUS ULTRA! (eccezionale!)

7. Però l'ulteriore conseguenza di una simile impostazione delle cose la si riscontra nell'attuale ateismo quasi generale fra gli uomini, i quali già da lungo tempo sarebbero insorti furiosamente contro chi spadroneggiava su di loro, per domandare loro per quale ragione essi dovevano servirlo ed essere loro soggetti, cosa questa che certo si sarebbe avverata se non fosse stata la spada delle leggi terrene di Roma a trattenerli.

8. Vedi, tutto ciò è una cattiva conseguenza dei sentimenti di giustizia di questa specie nelle anime umane, sentimenti che al pari di te hanno sempre predicato agli uomini, con le più aspre e rigide parole, che “Dio concede ai buoni il premio eterno nel Cielo, ma che d’altra parte, in seguito alla Sua inesorabile Giustizia, anche per l'eternità punisce i malvagi nell'inferno più spaventoso e con i più atroci martirii senza alcuna speranza di un sollievo!”.

9. O stolti che siete! Dov’è mai il padre che, pur avendo anche soltanto un briciolo di amore per i propri figli, lasciasse gettare in un carcere a vita un suo figlio una volta che abbia contravvenuto al suo comandamento, e che lo faccia per di più tormentare ogni giorno per tutto il tempo della sua vita? Ma se già un padre di questa Terra non si comporta così, pur essendo malvagio in fondo al suo animo, come uomo, quanto meno si comporterà così il Padre nel Cielo, il Quale Egli stesso è il purissimo ed eterno Amore e la Bontà stessa!

10. Oppure immaginati che su questa Terra vi sia una persona veramente saggia e colma di intelligenza. Potrà egli mai trovare equa la punizione eterna di un peccatore, e vorrà infliggere a qualcuno un castigo di questa specie? Certo che no, ma meno ancora poi Dio che è la suprema Sapienza!

11. Però Io vi dico che da qui innanzi fra i Miei veri seguaci non devono sussistere punizioni, nemmeno temporanee, nonostante finora sia stata in vigore la legge: “Vita per vita, occhio per occhio e dente per dente”, ma invece se qualcuno ti dà un ceffone non restituirglielo, ma porgigli anche l'altra guancia affinché ti possa dare un altro schiaffo ancora se altrimenti non può essere in pace con te, affinché pace e concordia possano regnare tra voi! Qualora qualcuno ti avesse tolto un occhio, non fargli la stessa cosa, ma perdonalo, e tu così, quale sofferente, migliorerai il suo cuore. Non rendete mai male per male, in questo modo da Miei veri discepoli avrete pace qui sulla Terra, ed appunto con ciò mostrerete di essere veramente Miei discepoli!».

 

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Cap. 244

Del giudicare e del punire.

 

1. Disse allora il dottore della legge: «Signore e Maestro, mi rendo ormai conto che Tu solo sei estremamente buono e vero, ed è la cosa migliore comportarsi e credere e parlare appunto così come ora Tu ci hai mostrato da cima a fondo! Tuttavia c'è ancora una cosa che non riesco a fare andare completamente proprio d'accordo col mio modo di vedere, e questa è l'abolizione della pena di morte, poiché se la vita troncata di un uomo non fosse bilanciata dalla vita troncata di un assassino, ben presto nessun uomo sarebbe più sicuro della propria vita! Soltanto la certezza della punizione con la morte fa desistere molti dai maggiori e più orribili misfatti!»

2. Io dissi: «Eh, certo, questa è di nuovo la tua opinione, ma la Mia opinione è invece del tutto differente! Una tigre partorisce un'altra tigre, e così ugualmente il leone, la pantera e la iena partoriscono il loro simile.

3. Se qualche uomo rozzo ed abbandonato animalescamente del tutto a se stesso, mosso dalle sue bestiali passioni uccide un altro uomo, la vittima avrebbe propriamente il diritto di uccidere a sua volta il suo assassino; ma un terzo, al quale l'assassino non ha fatto mai niente di male, non ha veramente affatto il diritto di subentrare alla vittima per vendicarla dell’assassino. Tuttavia, dato che un simile uomo bestiale può risultare pericoloso anche ad altri uomini, è lecito dargli la caccia, e una volta che ci si è impadroniti di lui, lo si tenga sotto buona custodia, lo si istruisca e si cerchi di farne un uomo! Se la cosa riesce, voi avrete trasformato un demonio in un vero essere umano; e per questo potrete attendervi la vera ricompensa della vita in voi in misura ben maggiore che non se aveste ucciso l'assassino. Questo procedimento sarebbe quindi il migliore trattandosi di un assassino.

4. Oppure, qualora il malfattore fosse un famigerato pregiudicato e un vero e proprio un demonio incarnato, dategli pure la caccia e, quando l'avrete fatto prigioniero, sottoponetelo ad un interrogatorio e chiedetegli il perché delle sue malefatte e chiedetegli anche se ora non se ne pente! Se egli dice la verità fate come vi ho detto prima; se invece egli nega il fatto e non dà risposta franca alle vostre inchieste malgrado voi siate convinti che egli sia il colpevole, allora abbiate cura che egli venga reso innocuo per la società umana, non però ricorrendo nei suoi confronti alla pena di morte, ma o richiudendolo in una solida prigione, oppure attraverso l'accecamento dei suoi occhi, oppure mediante l'esilio in una qualche regione situata su qualche mare, ma tanto lontana che non vi sia più possibilità di ritorno per lui.

5. Questo dunque è il Mio consiglio su come voi, da Miei veri discepoli, dovete comportarvi in una simile circostanza. Voi potete migliorare la vostra comunità e purificarla dai malfattori, ma non dovete mai giudicare! Infatti, chi giudica, sarà un giorno a sua volta giudicato da Me, mentre chi non giudica, non sarà giudicato nemmeno da Me. Se voi maledite e condannate coloro che hanno peccato contro di voi, converrà che vi attendiate un giorno lo stesso trattamento anche da parte Mia; se invece procederete secondo la Mia Dottrina, nemmeno voi sarete condannati e maledetti.

6. Ai vostri fratelli non dovete dire nemmeno “Raka”[38], perché così vi rendete già colpevoli di aver giudicato, visto che pronunciando seriamente una simile parola voi avete già tenuto giudizio contro un fratello. Meno ancora voi dovete dire ad un fratello, per quanto anche stolto possa essere, che egli è un pazzo, perché, se siete più saggi di lui, lo siete per la grazia di Dio. Ma se vi siete insuperbiti per questa ragione, allora succede che vi vergognate dello stolto e vi ripugna parlare con lui, così che finite con l'esclamare: “Chi può ragionare con un pazzo?”. Allora questo giudizio costituisce già una germinazione dell'inferno in voi ed una colpa per voi che andate attizzando il fuoco (zelo) infernale! Ora non è certo bello che nei Miei veri discepoli venga attizzata, mediante questo zelo, sia pure una minima scintilla dell'inferno, perché anche dalla minima scintilla può aver origine un terribile incendio.

7. Nell'inferno domina sopra ogni cosa la fiamma dell'orgoglio, invece nel Cielo splende solo la luce dell'umiltà e della modestia supreme, e il mite fuoco d'amore riscalda ed anima ogni cosa. Comprendi tu questo?».

 

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Cap. 245

Il grande Uomo della Creazione nell'Universo

 

1. Disse il dottore della legge: «Sì, o Signore e Maestro, ora anche a me tutto riesce chiaro; in ogni caso, noi tutti assieme non potremo nulla contro la forza dei dominatori del mondo! Non perciò questi acconsentiranno a modificare i loro codici penali, le sentenze di morte continueranno ad essere eseguite come prima e la Tua Dottrina a questo riguardo non piegherà la volontà e il senso dei grandi e dei potenti del mondo»

2. Dissi Io: «Quello che tu sai, lo so certo anch'Io, né ignoro come stanno le cose rispetto ai grandi del mondo. Sennonché non è a loro che Io ho parlato, ma soltanto a voi! Voi però potrete andare anche dai grandi del mondo per annunciare loro la Mia Volontà. Coloro che l’accoglieranno ne avranno del bene; coloro invece che non vorranno saperne e persisteranno nel tenere i loro giudizi come prima, quelli poi anche riceveranno adeguata ricompensa da quella parte da dove avranno tratto il loro giudizio, poiché coloro che non ottengono una ricompensa ed in avvenire non vorranno ottenerla da Me, non possono evidentemente ottenerla da nessuna altra parte se non esclusivamente dall'inferno, e per conseguenza è da questo che essi riceveranno il premio dei loro giudizi!»

3. Disse il dotto fariseo: «Ma, o Signore, quando essi sentiranno e comprenderanno la similitudine del figlio perduto, finiranno col non dare proprio eccessiva importanza all'inferno!»

4. Dissi Io: «Oh, preoccupati piuttosto di qualcos'altro! Il tempo entro il quale al “figlio perduto”[39] è data la speranza di cui ho parlato, non è così breve come te lo immagini tu, ed Io voglio mostrarti la durata dei mondi giudicati, e dunque ascoltaMi!

5. La Terra è un corpo mondiale che certamente non si può dire tanto piccolo, e il Sole è precisamente mille volte mille volte (un milione) più grande di tutta questa Terra. Eppure già il più vicino Sole-centrale è più di dieci volte centomila volte (un milione) più grande di questo Sole che rischiara la Terra e che ben presto sorgerà, ed ha in volume più capacità di tutti i dieci volte cento volte mille volte mille (un miliardo) soli planetari assieme a tutti i loro pianeti, satelliti e comete che orbitano appunto intorno ad un simile Sole-centrale[40] e che percorrono, assieme ai corpi mondiali da loro dipendenti, delle orbite di una ampiezza per voi inconcepibile, e che, pur essendo dotati di una velocità immensa, particolarmente i più lontani, spesso impiegano delle migliaia di anni terrestri per compiere una sola volta il loro incommensurabile giro intorno al rispettivo Sole-centrale e ritornare al punto di partenza.

6. Poi esiste però ancora una seconda specie di soli-centrali intorno ai quali, in orbite ancora infinitamente più vaste, si muovono tali sistemi solari con i rispettivi soli-centrali; i più lontani di questi Sistemi impiegano già un eone (10120) di anni terrestri per compiere un solo giro intorno a questo Sole-centrale43 della seconda specie. Un tale Sole-centrale della seconda specie intorno al quale orbitano dunque degli interi ammassi-stellari con i loro soli-centrali, noi, assieme ai suoi mille volte mille (un milione) ammassi-stellari, lo chiameremo ‘Galassia’.

7. Ora immaginatevi ancora un numero altrettanto grande di simili galassie! A loro volta esse hanno, ad una distanza e profondità assolutamente inconcepibili per qualsiasi intelligenza umana, in comune un Sole-centrale[41]  e questo, quale corpo universale, è in sé ancora dieci volte mille volte mille volte (dieci milioni) maggiore dei soli-centrali degli ammassi-stellari che orbitano intorno allo stesso in orbite di un'ampiezza incalcolabile.

8. A questo raggruppamento di galassie con un Sole-centrale della terza specie, noi daremo il nome di Ammasso-galattico. Ma di simili ammassi-galattici ne esistono in quantità per voi innumerevole, e tutti hanno, ad una profondità infinita, nuovamente un Sole-centrale-primordiale[42]  di una grandezza enormemente più grande dei precedenti, intorno al quale essi girano come un corpo solo percorrendo delle orbite di un'ampiezza misurabile solo dagli angeli, senza alcun disturbo per i loro numerosi movimenti particolari. E allo scopo di definirlo in maniera concisa e comprensibile, questo complesso di ammassi di soli e di mondi intorno ad un Sole-centrale-primordiale lo chiameremo unSistema-involucro’ (Globo-involucro) di soli e di mondi, per la ragione che tutti questi ammassi menzionati prima che orbitano in tutte le direzioni intorno al Sole-centrale-primordiale, rappresentano una sfera incommensurabilmente grande. Essi, in seguito al loro necessario movimento paragonabile quasi alla velocità del pensiero, nonché alla forza di proiezione che si sviluppa di conseguenza verso l'esterno, danno origine, ad una profondità e distanza per voi certo non suscettibile di misurazione, ad una specie di involucro la cui densità uguaglia quella dell'aria atmosferica di questa Terra, e il cui spessore, dall'interno all'esterno, se misurato prendendo come unità di misura il diametro di questa Terra, risulterebbe stimato ancora inferiore di molto con la cifra di mille volte mille (un milione) di eoni!»

9. Dissero il dottore della legge, il romano e il Mio Lazzaro: «O Signore! Noi ci sentiamo come presi da vertigine pensando a questa spaventosissima grandiosità della Tua Creazione! Ma può mai in eterno un angelo abbracciarla tutta con lo sguardo e comprenderla in tutta la sua verità?»

10. Dissi Io: «Questo sì, certamente, perché altrimenti non sarebbe un angelo! Vedete però di dominare alquanto la vostra vertigine, dato che la cosa si farà per voi ancora più spettacolare, perché finora vi ho mostrato a mala pena un punto della grandezza della Mia Creazione!

11. Noi siamo rimasti ancora all'immenso involucro che serve a racchiudere tutti gli innumerevoli ammassi di sistemi solari. Come si costituisca questo involucro, Io l'ho già menzionato con brevi parole; ma perché poi esso viene formato?

12. Vedete, qualsiasi cosa che costituisce un tutto a sé, dal più grande al più piccolo, è provvisto di una membrana a copertura e protezione della geniale struttura interna! Questa membrana ha, oltre allo scopo della protezione, anche l'altro importantissimo scopo di accogliere in sé e di condurre verso l'esterno, come un materiale inadatto alla vita organica, le impurità che si accumulano nel meccanismo interno di un corpo vivente e di assorbire invece dall'esterno la sostanza vitale nutriente purificata, e di farla affluire all'interno per rinvigorire la vita del meccanismo vitale corporale organico interiore. Ora, da tutto ciò, almeno a questo riguardo potete farvi un concetto chiaro del perché a questo complesso di ammassi di sistemi solari e di mondi, Io dia il nome di Globo-involucro.

13. Ma non domandate quanto sia grande o lungo il diametro di un simile Globo-involucro! Infatti, su questa Terra dovrebbe essere difficile per gli uomini pensare ad un numero con cui si possa stabilire con sufficiente precisione il diametro di un tale Globo-involucro, pur prendendo come unità di misura la distanza che intercorre fra questa Terra e il suo Sole, e che ad ogni modo ammonta a circa quarantaquattro volte mille volte mille ore di cammino[43], perché degli eoni di eoni (10240) di simili distanze basterebbero a mala pena ad esprimere il diametro di un Ammasso di Galassie e di mondi, dei quali, come già mostrato, dentro ad un Globo-involucro ce ne sono in quantità pressoché innumerevole. Comunque sia, così vi ho dato un'idea della grandezza quasi infinita di un Globo-involucro, e ponendo questo a fondamento, noi possiamo senz'altro accingerci alla costruzione ulteriore.

14. Vedete, un simile Globo-involucro è però soltanto un singolo punto nell'immensità dello spazio della Mia Creazione! Come però questa cosa sia da pensare e da concepire, Io lo dirò ora a voi tutti.

15. Ora immaginatevi, del tutto al di fuori dell'involucro o della pelle più esterna immensamente grande di un Globo-involucro prima descritto, uno sterminato spazio vuoto che si estende da tutte le parti fino al punto che, se vi si trovasse qualcuno anche dotato della vista anche la più acuta, potesse distinguere tutto l’intero Globo-involucro, quasi infinitamente grande, solo come un minutissimo punticino brillante di un pallida luce, e potesse pure distinguere in direzione opposta un identico punticino rappresentante il più vicino Globo-involucro. Questo vi darebbe così, all'incirca, la misura della distanza che intercorre fra due globi-involucro i quali, pur essendo l'uno grande come l'altro, per effetto della distanza che li separa si sono già a mezza strada ridotti a dei minutissimi punti scintillanti appena percettibili all'occhio, e noi così avremmo fatto la conoscenza di due globi-involucro.

16. Ma che direste voi se Io vi annuncio che di simili globi-involucro, nello spazio infinitamente grande della Creazione, ce ne sono un numero che deve risultare veramente infinito anche al vostro più chiaro intelletto umano, i quali però, tutti riuniti assieme, secondo il Mio Ordine, rappresentano nella loro totalità esattamente una figura assolutamente e completamente umana?

17. Sorge spontanea la domanda: “Quale grandezza non deve mai avere quest'Uomo, se già un singolo Globo-involucro è tanto infinitamente grande, e se la distanza tra un Globo-involucro e l'altro è ancora degli eoni di eoni (10240) di volte maggiore?

18. Ma anche quest'Uomo, nella parte più esteriore della sua totalità, è ricoperto da una specie di pelle come ogni singolo Globo-involucro. Certamente, una simile pelle è in misura per voi inesprimibilmente tanto più spessa - per parlare in modo veramente intelligibile - di quella di un Globo-involucro, e tuttavia ha, in generale e nella sua estensione, che per i vostri concetti è infinitamente grande, l'identica funzione come la pelle di un singolo Globo-involucro. Certamente nella vostra mente adesso vi chiederete che cosa vi sia poi all'infuori di quest'Uomo, dove quest'Uomo quasi infinitamente grande sta, e che cosa egli, come uomo, vada facendo per sé.

19. All'infuori di questo Uomo-cosmico si estende in tutte le direzioni eternamente continuo il libero spazio dell'etere, attraverso il quale, mosso dalla Mia Volontà, quest'Uomo vola con una velocità per voi inconcepibile, descrivendo un’orbita che per la vostra capacità di intendimento risulta davvero infinitamente grande, e ciò agli scopi dell'assorbimento della sostanza nutriente fuori dall'infinito mare di etere che egli, in un certo modo, attraversa nuotando come un pesce. Ma poiché nel libero ed immenso spazio dell'etere non esiste in nessun luogo un sopra o un sotto, né alcun essere può cadere in qualche luogo da una parte o dall'altra, ne consegue che quest'Uomo può così benissimo stare saldamente nello spazio dell'etere, ugualmente così come questa Terra, il Sole, nonché tutti gli eoni (10120) di soli in un Globo-involucro.

20. La sua destinazione attiva è di maturare tutti i grandi Pensieri e le Idee di Dio in lui contenute, per la destinazione liberissima e indipendente della vita spirituale che un giorno si raggiungerà».

 

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Cap. 246

La redenzione degli uomini dei mondi

 

1. (Il Signore:) «Come voi ora, così innumerevoli altri esseri sorgeranno ancora da lui, e ciò finché tutto quello che vi è in lui di giudicato e di incarcerato sarà trapassato alla liberissima vita spirituale; e finché tutto intero questo Uomo-cosmico non si sarà pienamente dissolto nell'elemento spirituale libero e indipendente, fino ad allora anche il giudizio e l'inferno continueranno a sussistere. Per conseguenza, nessuno di voi tema che gli spiriti infernali della specie più perversa abbiano eventualmente a mettere troppo presto fine alle sofferenze e ai tormenti che si sono preparati da soli.

2. Il tempo della rivoluzione di questo vostro Sole intorno al proprio Sole-centrale ammonta ad un periodo di circa 28.000 anni terrestri, periodo che costituisce per il Sole stesso il tempo di un anno solare.

3. Prima ancora che questa Terra esistesse, il Sole, tale quale esso è ora, aveva percorso questa via un numero di volte per voi già incalcolabile; ma anche in compagnia di questa Terra esso l'ha già percorsa tante volte che per la vostra mente non esiste un numero capace di esprimerne la quantità, né, meno ancora, sarebbe possibile trovare un numero capace di esprimere le volte che esso dovrà ancora percorrere questo immenso giro fino al suo totale dissolvimento! Io davvero vi dico: “Degli eoni di eoni di simili anni solari sono quasi un nulla in confronto a quello sterminato periodo di tempo!”

4. Ma che cosa è l'età di un Sole-planetario al paragone di quella del Sole-centrale di un sistema solare che sussisteva già un tempo pressoché infinitamente lungo, prima che anche un solo Sole-planetario avesse elargito la sua luce ai pianeti che orbitano intorno ad esso? Ma che cos’è a sua volta questa durata di esistenza, paragonata a quella del Sole-centrale di un Ammasso-galattico? Ed infine: che frazione infinitesimale di tempo rappresenta la durata dell'esistenza di un sole di quest'ultima categoria, in confronto a quella del Sole-centrale-primordiale di un Globo-involucro il cui sole è, in fondo, il progenitore originario di tutti i soli e di tutti i mondi esistenti nel suo Globo-involucro?

5. Qual è il matematico che possa stabilire l'età attuale di un simile Sole-centrale-primordiale e il tempo che esso resterà ancora in vita? Quanti interi Soli-centrali e quanti sistemi non sono già sorti da esso, soli e sistemi che già da lungo tempo sono stati del tutto dissolti, e quanti nuovi soli e sistemi già da epoche incommensurabilmente lunghe non sono subentrati già al loro posto, e quanti, dopo epoche altrettanto incommensurabilmente lunghe, non verranno dissolti ancora, mentre moltissimi altri prenderanno di nuovo il loro posto?

6. Tuttavia, anche per questo Sole-centrale-primordiale, quando tutti gli altri soli proceduti da esso si saranno dissolti entro periodi infiniti di tempo, verrà il giorno in cui ach’esso verrà dissolto, ma ciò non vorrà affatto dire la fine di tutto intero il grande Uomo-cosmico, perché, come l'atto del morire in un corpo umano si svolge per gradi, altrettanto è il caso nei riguardi del grande Uomo-cosmico.

7. Perché il corpo di un uomo invecchiato si rende gradatamente sempre più debole? Ciò è dovuto al fatto che in esso certe fibre e certi nervi ogni tanto muoiono e quindi si rendono inattivi, ciò che appunto provoca l'invecchiamento e l'indebolimento del corpo, eppure l'uomo può ugualmente vivere ancora per molti anni senza nessun danno alla sua forza spirituale, particolarmente se egli è sempre vissuto secondo la Volontà di Dio. E ugualmente così sarà il caso del grande Uomo-cosmico. Perciò, quando anche in esso si saranno già dissolti degli eoni di globi-involucro, esso potrà continuare ugualmente a sussistere attraverso epoche, per i vostri concetti, infinite, poiché i globi-involucro sono in esso quello che in voi, esseri umani, sono le fibre e i nervi.

8. Questo immenso Uomo-cosmico, come vi è appena stato raffigurato, rappresenta nella sua totalità universale il “figlio perduto” di cui ho appena parlato, e che ora si trova sulla via del ritorno, e il Padre che gli viene incontro sono Io che ora Mi trovo nella carne quale Uomo tra di voi, e lo riaccolgo nella Mia casa paterna in ciascun uomo che viva secondo la Mia Dottrina.

9. Beato il peccatore che fa penitenza e, pentito, fa ritorno a Me! Ma non perciò si immagini qualcuno che il ritorno generale completo potrà effettuarsi in un tempo relativamente breve, e che gli abitanti dell'inferno o del giudizio[44] avranno forse da soffrire e da penare un tempo non eccessivamente lungo a causa del disordine da loro stessi creato! I più ostinati avranno, naturalmente, da soffrire più a lungo di tutti, e coloro che prima si ravvederanno, avranno in proporzione un periodo di sofferenze meno lungo. Hai tu, dottore della legge, compreso adesso bene queste cose?».

 

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Cap. 247

Il Signore quale Salvatore del grande Uomo-cosmico

La grandezza spirituale dell’uomo

 

1. Rispose il fariseo completamente sbalordito: «O Signore, Signore! O mio Dio onnipotente ed eterno! A giudicare da questa Tua raffigurazione, data ora in modo anche troppo chiaro, ben poca speranza di felicità può restare ai dannati nell'inferno, perché questi periodi infiniti di tempo senza numero e senza misura, corrispondono, si può dire, appunto all'eternità stessa! Ah, queste sono dimensioni del tempo e dello spazio tali, per cui la mente umana non ha avuto finora mai neanche alla lontana alcun sentore! A che assoluto nulla si riduce un essere umano di fronte a tanta immensità! O Dio, perché sei Tu tanto infinitamente grande, sapiente e potente, e noi uomini, invece, tanto infinitamente minimi, stolti e deboli!? Signore, davvero ora mi sento pervaso da un senso di grave angoscia al Tuo cospetto, se penso che nel Tuo Spirito sei l'Eternità, l’Infinità, la Sapienza e la Potenza assolute! E la cosa più incomprensibile per me, è come Tu abbia potuto scendere a noi su questa misera Terra nella Pienezza assoluta della Tua Divinità entro i limiti supremamente ristretti di un corpo d’uomo!»

2. Dissi Io: «A questo riguardo puoi stare perfettamente tranquillo, poiché dalle eternità Io non faccio mai nulla senza un motivo, il quale è certo sempre fondato nella Sapienza suprema. Ma non s’intende già da sé, che la prima cosa che fa un medico sapiente e ricco di esperienza quando viene a visitare un ammalato, è di cercare dov'è la sede principale della malattia? E quando l'avrà riconosciuta, non impiegherà tutti i mezzi a sua disposizione per guarire quel nervo del corpo umano, per quanto anche minimo, che egli avrà constatato essere il maggiormente infermo, e per infondergli nuova vita? Ricondotto che sia questo nervo all'ordine dalla salute, ben presto anche tutto l'uomo ridiverrà completamente sano.

3. Ora vedi, ugualmente così succede che Io pure meglio di ogni altro conosco qual è il nervo ammalato nell'immenso Uomo-cosmico, e sono perciò venuto appunto a questo nervo ammalato per risanarlo per primo, affinché poi, tutto intero lo smisurato Uomo riacquisti la salute! La cosa ti riesce adesso più chiara?»

4. Disse il dottore della legge: «Sì, certo, o mio Grande Dio e mio Signore, tutto ciò è senza dubbio nell'ordine massimo e più perfetto; ma ciononostante io mi sento dinanzi a Te sempre più dissolvere fino a ridurmi ad un nulla assoluto!»

5. Io dissi: «Ma non sono Io pure, per quanto concerne il corpo, un minimissimo della stessa specie al paragone dell'immensità della Creazione intera quale ve l'ho appena mostrata? E tuttavia il Mio Spirito la supera in misura infinita!»

6. Disse il dottore della legge: «Oh, lo Spirito Tuo certamente; ma dove rimane in questo caso lo spirito mio?»

7. Io dissi: «Ebbene, non si è forse sollevato prima il tuo spirito, assieme al Mio, al di sopra di tutti i globi-involucro di grandezza quasi infinita, ed infine addirittura infinitamente al di là dell'immenso Uomo-cosmico? Non hai tu contemplato con Me i globi-involucro infinitamente grandi, come puntini debolmente scintillanti, e non ti sei slanciato con Me oltre la pelle dell'immenso Uomo-cosmico, a distanza infinita da questo, nel libero spazio, tanto che perfino tutto intero quest'uomo smisurato ti apparve nell'immagine spirituale del tuo pensiero a mala pena grande quanto una formica lucente? Ma se tu col tuo spirito puoi seguirMi in tali infinite profondità della Creazione, e precisamente così che esse infine vengono a ridursi di fronte a te ad un nulla perfettissimo, come puoi asserire che tu e anche un altro essere umano siete proprio qualcosa di così minimo al paragone di una Creazione tanto infinitamente grande?

8. Là c'è una finestra aperta; guarda un po’ fuori e vedrai nella costellazione del Gran Leone, appunto, Regolo! Vedi, esso è precisamente il Sole-centrale-primordiale di questo Globo-involucro! La distanza incalcolabile che la separa dalla Terra l'ha ridotta ad un punto; ebbene, quante stelle di questo genere potresti tu adesso immaginare l'una accanto all'altra? Te lo dirò Io: “Una quantità innumerevole”, come del resto anche il tuo spirito, accanto all'immenso Uomo-cosmico, aveva già cominciato a raffigurarsene molti altri ancora nell'infinità dello spazio. Com'è dunque che tu, dotato nello spirito di simili capacità puramente divine, vai dicendo che un essere umano costituisce un nulla? Certo, il tuo corpo, come materia, è effettivamente un nulla, e perciò è bene che anche l'essere umano non si curi eccessivamente del suo nulla materiale e perituro, ma che si curi invece del suo tutto spirituale, e poi non potrà mai più dire di essere un nulla di nulla, ma potrà dire di essere, in Me e con Me, un tutto del tutto!

9. Vedi dunque, per quanto la rivelazione da Me fatta dell’immensità naturale della Mia Creazione ti abbia sospinto nel nulla, ciononostante Io ti dico che il minimo nel Mio Regno sarà incomparabilmente più grande sotto ogni riguardo di tutto ciò che a te ora appare essere l'espressione di una grandezza quasi infinita! Comprendi tu questo?».

10. A queste Mie parole tutti respirarono più liberamente, e furono lieti che Io li avessi aiutati, con la Mia spiegazione conclusiva, a trarsi un po' fuori dall'opprimente nulla in cui erano venuti a precipitare, e ad innalzarsi alquanto nel concetto del loro proprio esistere.

 

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Cap. 248

Il movimento dell’Uomo-cosmico e dei suoi globi-involucro – I soli doppi

 

1. Allora Mi si avvicinò Lazzaro, e Mi chiese: «Signore, un simile Globo-involucro che per merito della Tua grazia io ora posso benissimo raffigurarmi nonostante tutta la sua grandezza prodigiosamente enorme, non ha esso alcun altro movimento all'infuori di quello in comune con la totalità del grande Uomo-cosmico?»

2. Dissi Io: «Oh, certo che ne ha, e precisamente quello intorno al suo proprio asse, e ciò allo scopo che la sua pelle si sfreghi continuamente contro l’etere che ha da ogni parte che lo circonda, per produrre così un'adeguata quantità di fuoco elettrico simile a quello del fulmine, che poi serve da nutrimento principale a tutti i corpi mondiali che si trovano dentro ad un simile Globo-involucro. Infatti l'enorme quantità di questa sostanza nutriente prodotta in seguito allo sfregamento di un tale Globo-involucro entro l'etere esteriore, viene poi a riempire lo spazio dell'etere entro il Globo stesso. Mediante il moto poi degli innumerevoli corpi mondiali entro un Globo questa sostanza viene nuovamente eccitata per mezzo delle atmosfere che circondano i corpi mondiali stessi, si comunica anzitutto in misura abbondante alle atmosfere e, per il tramite di queste, ai corpi mondiali stessi. Quanto più grande è un corpo mondiale come ad esempio un sole, o addirittura un Sole-centrale, e quanto più rapido è il suo moto, tanto maggiore quantità di questa sostanza luminosa e nutriente viene prodotta su di esso. Da parte dei soli, infine, quello che loro sovrabbonda viene devoluto a vantaggio dei pianeti.

3. Ora, da tutto ciò tu puoi rilevare che, conseguentemente, anche un Globo-involucro deve essere dotato di un moto intorno al proprio asse, moto che è enormemente rapido; e per quanto grandi anche siano i bisogni del sistema stesso, quanto viene prodotto è più che sufficiente. Ed ancora più abbondante è il moto del grande Uomo-cosmico nello spazio infinito ed assolutamente libero dell'etere. La velocità del suo moto lungo l'orbita circolare pressoché infinita è talmente straordinaria, che in un solo istante esso percorre la distanza corrispondente a mille diametri di un Globo-involucro, e tuttavia, per ritornare al suo vecchio punto di partenza, sono necessari cento volte mille volte mille (cento milioni) di anni solari[45].

4. Da ciò voi potete formarvi un concetto anzitutto di quanto sia grande il cerchio che egli continuamente è obbligato a percorrere, e di come tutto sia provvisto nel migliore dei modi in quanto concerne la nutrizione di tutti i suoi nervi e di tutte le sue fibre. E oltre a ciò, da quanto appena rivelatovi, potete certamente farvi ormai un'idea più chiara di quanto l’abbiate avuta finora, riguardo alla Sapienza, all'Ordine e alla Potenza esistenti in Dio. Comprendete adesso bene queste cose?»

5. Disse il dottore della legge: «O Signore, per me ormai tutto è chiaro! Tu poco fa dicesti che l'uomo, secondo verità, non può veramente amare Dio se prima non Lo ha riconosciuto, e la verità di queste Tue parole solo ora io la vedo perfettamente bene. Ora io riconosco Dio, ed anche Lo amo in Te, o Signore, con tutto il fervore possibile. Sennonché qui è facile riconoscere Dio, considerato che Tu stesso, quale Dio, Ti dai a riconoscere in maniera così prodigiosa, e di un tale riconoscimento però noi non abbiamo alcun merito, perché questo lo dobbiamo esclusivamente alla Tua Grazia. Tuttavia, qual è fra tutti gli esseri umani di questa Terra quello che sarebbe mai stato capace di scrutare dentro queste Tue incommensurabili profondità e poi di rivelarle? Questo è evidentemente possibile soltanto a Colui il Quale ha creato tutte le cose e che le ha ordinate con sapienza ed arte supreme!

6. Noi, o Signore, non possiamo fare altro che esprimerTi il sentimento della più ardente gratitudine che sgorga dal più profondo dei nostri cuori infiammati d'amore, e aggiungervi la preghiera che a Te piaccia mantenerci sempre in tanta Tua Grazia e rafforzarci anzi sempre di più. Signore, i Tuoi vecchi discepoli avranno certo già molte volte avuto occasione di apprendere qualcosa di tanta Tua Grandezza; ci sarà dunque lecito di pregarli che ci rendano partecipi di quanto essi sanno?»

7. Io dissi: «Oh, certamente, essi possiedono già delle vaste nozioni a questo riguardo; e col giorno che sta per sorgere le occasioni vi si presenteranno in abbondanza. Intanto ciascuno di voi veda di digerire a dovere quanto ha finora appreso, e lo custodisca in sé fedelmente per tutti coloro ai quali sarà eventualmente chiamato a parlare nel Mio Nome!

8. E adesso noi ce ne andremo fuori all'aperto, e contempleremo il giorno che già si annuncia e il sorgere del Sole, e l'animo di ciascuno ne sarà allietato! La gente di casa vorrà frattanto aver cura che venga allestita la colazione per noi!».

9. L’oste allora impartì subito gli ordini necessari e l'animazione in casa presto fu grande; noi invece ci alzammo ed uscimmo.

10. Ad Occidente erano molto bene visibili ancora varie stelle fisse, e Lazzaro Mi domandò se fra quelle c'era un qualche sole-centrale.

11. Ed Io gli dissi: «Fra queste che sono ancora visibili non ce n'è alcuno, ma a distanza assai grande dietro alle stesse ce ne sono invece molti, dei quali però tutt'al più un paio sono a mala pena visibili, a chi sia dotato di vista molto acuta e se la notte è assai oscura, sotto forma di punticini scintillanti.

12. Ma esistono poi ancora dei soli di un genere speciale dei quali ciascun sistema solare ne ospita una quantità molteplice. Ora questi sono dei soli doppi che non sono dei soli centrali, ma dei semplici soli planetari di una specie alquanto più rara, dei quali uno è sempre considerevolmente più grande del suo compagno. I due soli sono soltanto rare volte distanti l'uno dall'altro più di seimila volte mille volte mille ore di cammino[46] in linea retta. Il sole più piccolo gira intorno al grande come un grosso pianeta; ciononostante però, attorno a ciascuno dei due soli si muove un giusto numero di grandi e di piccoli pianeti, sui quali gli abitanti hanno una buona esistenza. Infatti, in primo luogo essi non hanno quasi mai una notte piena, e in secondo luogo non hanno mai dei rigori troppo accentuati di freddo, e ciò particolarmente su quei pianeti più piccoli che, girando, passano attraverso i due soli e cioè per il tempo che tale passaggio dura.

13. Ci sono però anche dei pianeti più grandi che percorrono una grande orbita ellittica intorno ad ambedue i soli; gli abitanti di questi pianeti più grandi non hanno perciò condizioni di vita così favorevoli come quelli dei pianeti minori.

14. Questi soli doppi hanno in ciascun sistema solare un compito quanto mai importante; essi sono cioè gli ordinatori naturali del moto degli altri soli planetari semplici, nonché i distributori della nota sostanza nutriente per tutto un intero sistema solare, e sono ripartiti in maniera che ad ogni gruppo di settecento fino a mille soli semplici è attribuito un sole doppio di questa specie. Ad ogni modo nel Mio Regno avrete occasione di conoscere nella maniera più chiara e precisa tutte queste cose, perché qui ogni cognizione in proposito non può essere che frammentaria e incompleta.

15. Ora però volgiamo i nostri sguardi di nuovo verso Oriente, perché tra poco il nostro Sole sorgerà in tutto il suo splendore e in tutta la sua maestà. Questo odierno levarsi dell'astro del giorno conviene che voi tutti l'osserviate con particolare attenzione!».

 

[inizio]

FINE DEL SESTO VOLUME

 

 

INDICE

 

 

IL SIGNORE E I SACERDOTI DEL TEMPIO

(Vangelo di Giovanni – Capitolo 5)

 

Cap. 1

La guarigione di un malato vicino alla piscina di Bethesda (Giov. 5, 1-13)

Cap. 2

Il Signore testimonia di Sé e della Sua missione quale Messia (Giov. 5, 14-27)

Cap. 3

Il Signore parla della testimonianza delle Sue opere (Giov. 5, 28-39)

Cap. 4

Della caparbietà degli ebrei del Tempio (Giov. 5, 40-47)

Cap. 5

I farisei a Betania

Cap. 6

La confessione dei farisei

Cap. 7

Il Signore con i Suoi su una collina presso Betania

Cap. 8

Mosè ed Elia appaiono su comando del Signore - L’accusa di Mosè contro gli ebrei del Tempio

Cap. 9

L’accusa di Elia

Cap. 10

L’autoaccusa dei sacerdoti

Cap. 11

I buoni propositi dei sacerdoti ebrei neo-convertiti

Cap. 12

Il temporale notturno

Cap. 13

La nuova stella con la Nuova Gerusalemme - La condizione per la vita eterna

Cap. 14

Confessione di uno dei sacerdoti ebrei

Cap. 15

I sacerdoti ebrei diventano discepoli del Signore

Cap. 16

I sacerdoti convertiti si dichiarano liberi dal Tempio

Cap. 17

L'avido operare dei sacerdoti nel Tempio

Cap. 18

Un Vangelo di gioia

Cap. 19

La purificazione dal peccato

Cap. 20

La caducità della materia

Cap. 21

Un miracolo con il vino - Il lavoro nella vigna del Signore

Cap. 22

I falsi maestri del Vangelo

Cap. 23

Il Signore e i Suoi a Betlemme - Guarigione di molti ammalati ai quali viene dato anche un lavoro

Cap. 24

Le guarigioni del Signore in un luogo presso Betlemme

Cap. 25

Il viaggio del Signore da Kisjonah

Cap. 26

Le domande filosofiche di Filopoldo

Cap. 27

Lo sviluppo dell’uomo fino a raggiungere la maturità

Cap. 28

Tempo e spazio

Cap. 29

La misura della forza

Cap. 30

La forza della luce

Cap. 31

L’Essenza divina e umana del Signore

Cap. 32

Lo spirituale nel naturale

Cap. 33

Cielo e inferno

Cap. 34

Una grande pesca

Cap. 35

Giuda Iscariota nella casa di Kisjonah

Cap. 36

Partenza da Chis e arrivo all'albergo di Lazzaro

Cap. 37

I savi dalla Persia

Cap. 38

Il potere e l’operato dei tre saggi

Cap. 39

Uno scopo buono non giustifica dei mezzi cattivi

Cap. 40

L'influsso degli spiriti della luce

 

 

PRESSO IL MARE DI GALILEA

(Giovanni Cap. 6)

 

Cap. 41

Cinquemila persone saziate (Giov. 6, 1-15)

Cap. 42

I discepoli si dirigono verso Cafarnao via mare (Giov. 6, 16-21)

Cap. 43

Il Pane della Vita (Giov. 6, 22-35)

Cap. 44

La Missione del Signore sulla Terra - La carne e il sangue del Signore (Giov. 6, 36-58)

Cap. 45

Giudizi del popolo sul discorso del Signore (Giov. 6,59-64)

Cap. 46

Una prova per i discepoli del Signore (Giov. 6, 65-70)

Cap. 47

Giuda Iscariota (Giov. 6,71)

Cap. 48

Nella dimora dell'albergatore di Cafarnao

Cap. 49

La tolleranza del Signore nei confronti di Giuda Iscariota

Cap. 50

La ricca pesca - I prelibati pesci pregiati

Cap. 51

Del digiuno e della penitenza - La parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18, 9-14)

Cap. 52

Della tentazione e delle debolezze - Esercita il pensiero!

Cap. 53

La destinazione delle creature

Cap. 54

La resurrezione della carne

Cap. 55

Delle malattie e della morte prematura

Cap. 56

Le cause principali delle malattie

Cap. 57

La mareggiata

Cap. 58

Pietro e il ricco cittadino di Cafarnao

Cap. 59

L’essenza degli uomini del mondo

Cap. 60

L’indifferenza dei mercanti per l’ambito spirituale

Cap. 61

Sulla reincarnazione - La Terra come scuola per i figli di Dio

Cap. 62

Il grande serpente marino

Cap. 63

La ragione dell'incarnazione di Dio

Cap. 64

La mancanza di fede quale testimonianza della maturità dei tempi per una nuova Rivelazione - Confronto tra gli uomini ai tempi di Noè e ai tempi di Gesù - Lo stato spirituale degli uomini

Cap. 65

Come vengono guidate nell'aldilà le anime che erano uomini prima di Gesù - Del Regno dei Cieli

Cap. 66

L’avido capo della sinagoga di Cafarnao

Cap. 67

L'immortalità dell'anima umana

Cap. 68

La causa del timore della morte

Cap. 69

L’Amore divino, la sua sollecitudine e sapienza

Cap. 70

Il terreno sprofondato

Cap. 71

L’essenza degli spiriti maligni

Cap. 72

Influssi degli spiriti nei fenomeni naturali come concessioni della Provvidenza

Cap. 73

La figlia dell'albergatore, annegata, viene richiamata in vita

Cap. 74

La nave dei farisei sul mare mosso

Cap. 75

Della giusta contemplazione della natura

Cap. 76

Le cause della decadenza degli uomini - Teocrazia e regno - Tempo finale e giudizio

Cap. 77

Su un monte presso Cafarnao

Cap. 78

Un colloquio tra l’albergatore e il capo della sinagoga sul Signore

 

 

IL SIGNORE NEL NORD DELLA GALILEA

(Giov. Cap. 7)

 

Cap. 79

Il congedo dall'albergatore di Cafarnao. La parola interiore come mistero di Dio nel cuore dell'uomo  (Giov. 7,1)

Cap. 80

Visita a Cana all'albergatore di quella città - La guarigione del fanciullo ammalato - Un Vangelo per le mamme che allattano

Cap. 81

Il Signore a nord della Galilea

Cap. 82

I discepoli e il severo pubblicano

Cap. 83

Il Signore risuscita il figlio morto del gabelliere

Cap. 84

Il licenziamento dei tre medici

Cap. 85

L’arte della vita

Cap. 86

Il Signore come Maestro nell'arte della vita

Cap. 87

Lo sviluppo interiore di un uomo spirituale

Cap. 88

I fondamenti della perfezione spirituale - La natura di Dio

Cap. 89

Un colloquio fra il medico e l'albergatore sul Signore

Cap. 90

L'umano e il divino nel Signore

Cap. 91

Il medico riceve dal Signore il potere di guarire i malati con l’imposizione delle mani

Cap. 92

Il Cristo come uomo d’affari - Dei dazi e del tenere schiavi - Il comportamento verso i sacerdoti degli idoli

Cap. 93

La visita al bosco sacro - L'annientamento degli idoli

Cap. 94

La preghiera del sacerdote che vengano ripristinati gli idoli - Il lago sacro

Cap. 95

A pranzo nella casa del gabelliere Giored - La Dottrina di Vita del Signore

Cap. 96

Dell’astrologia

Cap. 97

Il Signore guarisce malati in un paesetto di pescatori

Cap. 98

L'abile difesa del sacerdote dei pagani

Cap. 99

Il povero paesetto di pescatori di Giored viene benedetto prodigiosamente dal Signore

Cap.100

Il ritorno a Chotinodora

Cap. 101

Il Signore spiega le visioni di Daniele

Cap. 102

Le mogli astute dei sacerdoti dei pagani

Cap. 103

La buona testimonianza delle mogli dei sacerdoti sul Signore

Cap. 104

I dubbi delle donne colte sull’aldilà

Cap. 105

La disapprovazione del Signore delle donne orgogliose e critiche

Cap. 106

Uno scriba sostiene le opinioni delle mogli dei sacerdoti

Cap. 107

La comunicazione con l’aldilà - Prove sulla continuazione della vita dopo la morte

Cap. 108

Il discorso ateo della moglie del sacerdote dalla lingua sciolta

Cap. 109

Scambio di opinioni tra lo scriba e la moglie del sacerdote

Cap. 110

Il discorso dello scriba sull'Essenza di Dio

Cap. 111

La via per il riconoscimento di Dio e per l’amore verso Dio

Cap. 112

Il superstizioso mastro-pescatore sull’Eufrate

Cap. 113

Il giusto modo dell’ammaestramento religioso

Cap. 114

Il serpente come esempio

Cap. 115

I ladri di zattere

Cap. 116

I padroni delle zattere e il Signore

Cap. 117

La storia dell’uomo ricco e dei suoi lavoratori

Cap. 118

La colpa dei padroni delle zattere

Cap. 119

Il timore reverenziale delle mogli dei sacerdoti di fronte al Signore

Cap. 120

Il Signore fornisce delle spiegazioni sul mondo lunare e sull’essenza del sonnambulismo

Cap. 121

Caratteristiche delle anime lunari incarnate sulla Terra

Cap. 122

L'ammonimento del Signore dalle ricadute nel materiale - L’essenza della materia. L’Infinità del Signore

Cap. 123

Della preghiera e del servizio divino

Cap. 124

Della cultura degli uomini

Cap. 125

Appare lo spirito del precettore delle mogli dei sacerdoti

Cap. 126

Il significato che ha il popolo ebreo rispetto ai pagani

Cap. 127

Il Signore ha ragione dei predoni del fiume

Cap. 128

Il Signore a Samosata

Cap. 129

La guarigione del figlio del comandante romano, ammalato di febbre maligna

Cap. 130

La conversione dei sacerdoti degli idoli

Cap. 131

Il comandante romano trova i suoi fratelli

Cap. 132

Il comandante deplora lo stato di guerra nel regno animale

Cap. 133

Della dottrina delle anime. Essenza e scopo della materia - Lo sviluppo libero, spontaneo dell’uomo fino a divenire figlio di Dio

Cap. 134

Il racconto sul sapiente dell’Illiria fatto dal comandante

Cap. 135

La Personalità di Dio - La Volontà di Dio e la volontà dell’uomo - La forza di volontà

Cap. 136

Il senso della bellezza, un fiore della verità

Cap. 137

La visita nel tempio della sapienza

Cap. 138

Il pranzo prodigioso in casa del centurione - Essenza ed effetto dell’amore

Cap. 139

Gli ebrei dediti ai traffici illeciti

Cap. 140

Il viaggio di ritorno a Cafarnao - Il gigante e le sue prediche agli ebrei

Cap. 141

L’attacco non riuscito del capo della sinagoga

Cap. 142

Il comandante propone di inviare a Roma il gigante e i suoi fratelli - Le opere d’amore sono il vero merito al cospetto di Dio

Cap. 143

Dovere e onore. Tutto è grazia; solo la buona volontà è merito - Della consapevolezza del proprio non valore (Luca 17,10)

Cap. 144

La dipendenza dell’agire umano dalla Grazia di Dio

Cap. 145

I rimproveri e i dubbi dei discepoli

Cap. 146

I discepoli scontenti vanno da soli verso Gerusalemme alla festa dei Tabernacoli - Il Signore ci va da solo di nascosto (Giov.7, 2-13)

Cap. 147

Il Signore nel Tempio - L’aggressione non riuscita dei templari (Giov.7, 14-36)

Cap. 148

Sosta del Signore da Lazzaro in Betania

Cap. 149

Una predizione del Signore sulla nostra epoca attuale - La necessità delle Rivelazioni divine

Cap. 150

Veri e falsi profeti - Le conseguenze delle grandi Rivelazioni

Cap. 151

I contrassegni dell’Anticristo

Cap. 152

La molteplicità delle creature e il loro scopo

Cap. 153

Predizione del Signore del giudizio sugli ebrei - La caducità della materia

Cap. 154

Sulla necessità della caduta della materia

Cap. 155

Malattie e disgrazie provocate o no da propria colpa

Cap. 156

L’imminente eclissi lunare

Cap. 157

La visione della Luna scorta per mezzo della vista interiore

Cap. 158

Le conseguenze dell’eclissi lunare - Rinascita e doni dello Spirito

Cap. 159

Le esperienze dei discepoli alla festa a Gerusalemme

Cap. 160

I sette cani da guardia di Lazzaro - I mondi stellari come scuole per gli spiriti

Cap. 161

L’opera esemplare come migliore dottrina ed esortazione - Dove la serietà e la minaccia sono al posto giusto

Cap. 162

Causa e scopo delle malattie e dei dolori

Cap. 163

Sul destino dei suicidi - La dottrina senza il buon esempio non vale niente - La fede senza opere è morta

Cap. 164

La posizione di Lazzaro nei confronti del Tempio - La collera e le sue conseguenze nocive

Cap. 165

Influssi degli spiriti e libertà di volontà dell’uomo - La destinazione delle anime degli animali

Cap. 166

L’essenza delle meteore e delle comete

Cap. 167

Lazzaro diviene proprietario di una sorgente di petrolio

Cap. 168

Lazzaro e le spie del Tempio

Cap. 169

Accenno del Signore alla Sua morte sulla croce

Cap. 170

Il Signore ammaestra nel Tempio (Giov.7, 37-49)

Cap. 171

I farisei e Nicodemo (Giov.7, 50-53)

 

 

IL SIGNORE SUL MONTE DEGLI ULIVI

(Giov. Cap. 8)

 

Cap. 172

Il Signore ed i Suoi nella locanda di Lazzaro sul monte degli Ulivi (Giov.8,1)

Cap. 173

Osservazioni del Signore alla vista di Gerusalemme - Il giudizio su Gerusalemme

Cap. 174

La predizione del “grande giudizio” del tempo attuale

Cap. 175

Il dubbio di Lazzaro sulla guida divina dell'umanità

Cap. 176

Dei lavoratori nel vigneto - Scopo, essenza ed effetto delle Rivelazioni

Cap. 177

I profeti come portatori della Rivelazione - La fede illuminata e la fede cieca

Cap. 178

Le due specie di uomini sulla Terra: anime dall'Alto e anime dal Basso - Gli insegnamenti e i prodigi nei loro diversi effetti

Cap. 179

L'Anticristo

Cap. 180

Della vera benedizione e preghiera

Cap. 181

L'arrivo dei forestieri romani alla locanda

Cap. 182

Il colloquio della guida con i romani sul conto di Gesù

Cap. 183

Il romano si informa presso l'oste e Lazzaro in merito all'Uomo prodigioso Gesù

Cap. 184

Lazzaro parla al romano del Signore

Cap. 185

La guarigione della ragazza Maria Maddalena, posseduta, con l'intervento del Signore

Cap. 186

I romani e la ragazza rendono onore al Signore

Cap. 187

Sull’effetto del vino

Cap. 188

Il valore del pensiero e della fede illuminata

Cap. 189

Uno sguardo alle meraviglie del mondo degli angeli per mezzo della seconda vista - La differenza tra angeli e uomini

Cap. 190

La differenza del compito vitale degli angeli e degli uomini

Cap. 191

Della seconda e della terza vista

Cap. 192

Una visita nell'Universo

Cap. 193

La rispondenza spirituale delle parti del giorno - È bene che chi serve l'altare viva dell'altare

Cap. 194

Il Signore descrive i trenta romani

Cap. 195

I trenta romani cercano il Signore

Cap. 196

Gesù ammaestra nel Tempio - I giudizi del popolo in ascolto (Giov.8,2)

Cap. 197

L'adultera (Giov.8, 3-11)

Cap. 198

La confessione del Signore nel Tempio (Giov.8, 12-29)

Cap. 199

Il Signore e i Suoi avversari (Giov.8, 30-49)

Cap. 200

L’essenza del Signore (Giov.8, 50-59)

Cap. 201

Lo smascheramento del seduttore dell’adultera

Cap. 202

Operai fanno visita al Signore sul monte degli Ulivi

Cap. 203

La ragione della mancanza di fede dei templari

Cap. 204

L'educazione dell'umanità al riconoscimento di Dio

Cap. 205

Il libero arbitrio e la missione spirituale dell’uomo sulla Terra

Cap. 206

Sul peccato e sacrificio

Cap. 207

Considerazioni del Signore su Gerusalemme e sul tempo finale della Terra - Il regno millenario e il giudizio di fuoco

Cap. 208

Il rapporto di Lazzaro sui farisei increduli

Cap. 209

Il miracolo nella locanda

Cap. 210

I dubbi farisaici sul Signore come Messia

Cap. 211

La scommessa tra Agricola e un fariseo

Cap. 212

Agricola indica profezie tratte da Isaia

Cap. 213

L’ignoranza del fariseo riguardo al Sole e al diluvio universale

Cap. 214

Del libro di Giobbe e del Tempio di Jabusimbil

Cap. 215

L'oracolo di Delfo - Della continuità della vita dopo la morte

Cap. 216

I sette libri di Mosè

Cap. 217

Del Cantico dei cantici di Salomone

Cap. 218

Agricola parla dell'essenza dell'anima

Cap. 219

Anima e corpo

Cap. 220

La rinuncia al mondo e il Regno di Dio

Cap. 221

La guida divina degli uomini

Cap. 222

Cibi puri ed impuri

Cap. 223

Vera e falsa celebrazione del Sabato

Cap. 224

La replica dei farisei

Cap. 225

Influssi degli spiriti e la comunicazione con l’aldilà - Indipendenza e libero arbitrio dell’uomo

Cap. 226

L'Essenza di Dio e l’eterna gioia del creare - Il tramutarsi di tutta la materia nello spirituale - La vita nell’aldilà dell’uomo

Cap. 227

Non il sapere ma soltanto l'opera d’amore rende beati - Della diligenza e dell'economia - La giusta richiesta

Cap. 228

Amore del prossimo - Riconoscimento di Dio e amore per Dio

Cap. 229

Dio-Padre, Dio-Figlio, e Dio-Spirito Santo

Cap. 230

La Trinità in Dio e nell'uomo

Cap. 231

L'Infinità e l'Onnipresenza di Dio in Gesù - L'apparizione al Battesimo del Signore

Cap. 232

L’essenza delle comete

Cap. 233

L’importanza del riconoscimento

Cap. 234

Invenzioni e loro scopo

Cap. 235

Dei falsi profeti

Cap. 236

L’Onnipresenza spirituale del Signore - I primi saranno gli ultimi  - Ammonizione a guardarsi dalla gelosia e dall'orgoglio

Cap. 237

Il Cielo e l'inferno

Cap. 238

Le lotte all’inferno

Cap. 239

La seconda Creazione di Dio

Cap. 240

Il rapporto fra mondo ed inferno

Cap. 241

Lazzaro vuole aiutare i peccatori

Cap. 242

Tre parabole della Misericordia di Dio - Il segreto dell'amore

Cap. 243

Le conseguenze della falsa immagine dell’aldilà

Cap. 244

Del giudicare e del punire

Cap. 245

Il grande Uomo della Creazione nell'Universo

Cap. 246

La redenzione degli uomini dei mondi

Cap. 247

Il Signore quale Salvatore del grande Uomo-cosmico - La grandezza spirituale dell’uomo

Cap. 248

Il movimento dell’Uomo-cosmico e dei suoi globi-involucro - I soli doppi

 

[inizio]

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[1] Tutti i passi biblici aggiunti al testo tra parentesi sono aggiunte di Jakob Lorber o della casa editrice tedesca.

[2] Oppure l’ha percepito nel “dolce alitare di vento”? [n.d.r.]

[3] circa sette quarti d’ora di comodo passo, secondo la misura attuale (al tempo di Lorber).

[4] “l’ultimo giorno della vita dell’anima nel suo corpo di carne”. [n.d.r.]

[5] ultimo giorno. [n.d.r.]

[6] per “ultimo giorno” (spesso tradotto simbolicamente come “giorno del giudizio”) oppure “giorno più avanzato”, così pure per “giorno imminente” oppure “giorno più recente”, ecc., si devono intendere i due seguenti concetti: “ultimo giorno della vita dell’anima nel suo corpo di carne terreno” oppure “giorno di inizio della vita dell’anima nell’aldilà”. [n.d.r.]

[7] Hahasvar: in seguito noto come Gasparre.

[8] Meilizechiori: in seguito noto come Melchiorre.

[9] Ou-li-tesar: in seguito noto come Baldassarre.

[10] non dodici ma dovrebbe essere da uno a due.

[11] Tre spiriti: Adamo, Caino e Abramo erano i tre spiriti guida dei tre magi. (Cfr. L’INFANZIA DI GESÙ, cap.30, v.18-27, e IL SOLE SPIRITUALE, vol.2, cap.15, v.17-20. Nota italiana.

[12] Pubblicano: ufficiale pubblico, appaltatore delle gabelle e delle pubbliche entrate nell’antica Roma. Esattore, gabelliere. [n.d.r.]

[13] come uno che non conosce le cose soprannaturali. [n.d.r.]

[14] Cruna dell’ago: stretta entrata secondaria della porta principale di Gerusalemme ai tempi di Gesù. – Ma anche ‘camel’ era intesa una grossa gomena per l’ormeggio delle navi.

[15] stoico è colui che - seguendo la dottrina di Diogene - affronta tutto con la massima indifferenza: dalla più tremenda tortura al più grande piacere sensuale. [n.d.r.]

[16] Puerperio: periodo di tempo intercorrente tra la fine del parto e il ritorno dell’apparato femminile genitale alle condizioni anatomo funzionali. [n.d.r.]

[17] Si tratta di luglio. Mese che ha preso il nome da Giulio Cesare. [n.d.r.]

[18] Nota bene! Questo non è Ptolemäus (Tolomeo) l'astronomo più giovane, né uno dei re, ma questo PDOLOMEUZ (Tolomeo) (= misuratore di campi), completamente dimenticato per la storia del mondo, visse 400 anni dopo il tempo di Mosè. Egli non è neppure da scambiare con il PDOLOMEUZ (Tolomeo) di Diathira, il quale calcolò lo zodiaco. PDOLOMEUZ vuol dire “misuratore di campo”, “geometra”. Ciò sia ben chiaro! (Jakob Lorber).

[19] Diogene.

[20] Stereotipa: ripetere continuamente la stessa cosa. [n.d.r.]

[21] Cabalista: seguace della dottrina segreta degli ebrei. [n.d.r.]

[22] Suo figlio: Giovanni il Battista.

[23] Infatti gli uomini della Luna abitano solo la parte della Luna non rivolta alla Terra, mentre invece non possono abitare nella parte rivolta alla Terra. (vedi l’opera “La Luna” – cap.1)

[24] Locusta: persona avida, insaziabile come la cavalletta. [n.d.r.]

[25] la città di Gerusalemme era costruita sul dosso discretamente ampio di una montagna rocciosa, e quasi sulla sommità sorgeva il Tempio. (vedi la spiegazione su “Spiegazioni ai testi biblici” – cap.3).

[26] Gesù di Nazareth aveva circa 31 anni quando disse queste parole, circa 2000 anni fa. [n.d.r.]

[27] Il testo di questa frase è stato poi rielaborato dalla mano di Lorber in questo modo: “che loro, con una tale Volontà divina rivelata agli uomini, avrebbero ricevuto un aiuto minore e più sciocco di quanto lo possa aspettare l’uomo più stupido sulla Terra”. 

[28] Fermezza diamantina: la saldezza del diamante. [n.d.r.]

[29] la risposta sulle comete viene data al capitolo 232. [n.d.r.]

[30] La parola “Verità” è stata completata da un’altra mano, poiché Lorber ha tralasciato inavvertitamente la rispettiva parola. Conforme al senso sarebbe da completare con “Forza di vita” oppure con “Idea”.

[31] L’amore cieco: cioè amore senza sapienza. Si riferisce al bambino che alla nascita, pur essendo privo di qualsiasi cognizione, ha una grande capacità di amare, in particolare la madre. Nota italiana.

[32] nel senso che non è ispirato. [n.d.r.]

[33] Atlante era considerato un immaginario essere gigantesco condannato a reggere il cielo sulle spalle per aver osato combattere contro gli dèi capeggiati da Zeus. [n.d.r.]

[34] Psicologi: a quel tempo erano intesi i conoscitori dell’anima. [n.d.r.]

[35] da 296.800 a 371.000 Km. In questa comunicazione, relativa a circa 2000 anni fa, le distanze sono espresse in “ore di cammino”. Si deve tener presente che “una” ora di cammino corrisponde a “3,71 Km”. Tale valore è stato desunto dai riferimenti di carattere scientifico contenuti nei seguenti testi: GVG_3/126,8; GVG_3/174,11; GVG_3/197,5; GVG_4/107,4; GVG_6/245,18; GVG_7/72,3. Il valore di estrema precisione, cioè “3,71 Km”, è stato trovato nel testo GFD/3/246. Infatti, nel versetto n.2 viene specificato che «30 miglia corrispondono a 60 ore di cammino». (1 miglio tedesco = 7,42 Km). [n.d.r.]

[36] ellittiche.

[37] Vestali: sacerdotesse romane.

[38] Raka: birbante o persona insidiosa o maliziosa. (Nota di Jakob Lorber)

[39] Il figlio perduto: è il grande Uomo Cosmico nell’infinito spazio della Creazione.

[40] sole-centrale-planetario, o sole di prima specie. [n.d.r.]

[41] sole-centrale-galattico, o sole di terza specie. [n.d.r.]

[42] la precisa descrizione dell’intero Globo-involucro si trova nel GVG_5/115. [n.d.r.]

[43] Mille volte mille ore di cammino: 163.240.000 chilometri. (44 x 1000 x 1000 x 3,71). [n.d.r.]

[44] coloro che sono in cammino sulla via del ritorno. [n.d.r.]

[45] Cento milioni di anni solari: 2.800 miliardi di anni terrestri. (1 anno solare corrisponde a 28.000 anni terrestri. Vedi cap.246 v.2). [n.d.r.]

[46] 22,26 miliardi di chilometri. (6000 x 1000 x 1000 x 3,71). [n.d.r.]