Jakob Lorber
1851-1864
IL GRANDE VANGELO DI
GIOVANNI
Volume 1
La vita e gli insegnamenti di Gesù nei
tre anni della Sua predicazione
Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” – (Vol.
1)
Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob
Lorber
Casa Editrice: Lorber
Verlag - Bietigheim - Germania
Copyright © by Lorber Verlag
Copyright © by Associazione Jakob Lorber
“Ringraziamo la Lorber Verlag,
Friedrich Zluhan e l’Opera di divulgazione Jakob Lorber
e.V., D-74321
Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.
Traduzione di Salvatore
Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982
Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob
Lorber
Casa editrice GESÙ La
Nuova Rivelazione
Via Vittorio Veneto, 167,
24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)
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SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI
GIOVANNI – cap.1
Breve
introduzione alla comprensione spirituale delle parole evangeliche di Giovanni,
l’apostolo prediletto del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo
(Giov. 1, 1-5)
(V.1) In principio era il
Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo.
1. Questo versetto ha già avuto come conseguenza un gran numero di false
spiegazioni e interpretazioni di ogni genere e forma; anzi, di questo testo si
servirono perfino gli atei più convinti, per contestare con l’aiuto del
medesimo la Mia Divinità, e ciò con tanta maggior sicurezza, in quanto
rifiutavano la Divinità in generale. Ma ora non vogliamo riportare tali
stratagemmi, con i quali la confusione anziché diminuire aumenterebbe ancora di
più, bensì vogliamo subito venire alla luce del giorno con la spiegazione più
breve possibile. Questa, essendo essa stessa Luce nella Luce della Luce, da se
stessa combatterà e vincerà gli errori.
2. Uno dei motivi principali dell’incomprensione di tali testi è
ovviamente, purtroppo, la traduzione molto difettosa e inesatta della
Scrittura, dalla lingua originale alle lingue dei tempi attuali; però è bene
così. Infatti se lo Spirito di tali testi non fosse ben nascosto così com’è,
allora ciò che vi è di più sacro in essi sarebbe stato già da molto tempo
orribilmente profanato, il che sarebbe stato di grandissimo svantaggio per
tutta la Terra. Così invece si è intaccata solo la corteccia, senza poter
arrivare alla parte sacra e viva.
3. Ma ora è tempo di mostrare il senso vero, interiore di tali testi a
tutti quelli che sono degni di parteciparne; all’indegno però dovrà venire a
costar caro, poiché in tale occasione non permetto assolutamente che ci si
faccia beffe di Me e non accetterò mai di mercanteggiare.
4. Ma dopo questo necessario preavviso, segua ora la spiegazione. Solo
questo aggiungo ancora e dico: che qui si deve intendere solo il senso
interiore spirituale per l’anima, non però anche quello più interiore in
assoluto, il purissimo senso celeste. Questo è troppo sacro, e per il mondo può
essere comunicato senza danno soltanto a coloro che lo cercano mediante una
condotta di vita conforme alla Parola del Vangelo. Invece il senso interiore
solamente spirituale per l’anima, si lascia trovare facilmente, talvolta già
con l’esatta traduzione adeguata ai tempi, il che dovrà essere subito mostrato
ora con la spiegazione del primo versetto.
5. Molto inesatta e molto velante il senso interiore è l’espressione
“In principio”. Infatti con ciò si potrebbe perfino contestare e mettere in
dubbio l’esistenza eterna della Divinità, il che è anche avvenuto da parte di
alcuni precedenti filosofi, dalla cui scuola sono propriamente anche derivati
gli atei di questo tempo. Ma se noi ora diamo rettamente questo testo, allora
il velo apparirà molto sottile, e non sarà difficile, attraverso questo velo
sottile, ravvisare il senso interiore molto bene e talvolta molto precisamente.
6. Ma la giusta traduzione suona così: Nella Ragione Prima, o anche
nella Causa fondamentale (di ogni esistenza), era la Luce (il grande santo Pensiero creativo, l’Idea essenziale). Questa Luce non
era solo in Dio,
ma anche presso Dio, ossia la Luce
usciva da Dio come contemplabile nella sua Essenza, ed era così non solo in, ma
anche presso Dio, e circondava per così dire l’Essere divino originario, e con
ciò risulta già messo il fondamento per il futuro divenire Uomo di Dio, come
diviene già anche chiarissimamente visibile da sé nel testo seguente.
7. Chi o che cosa era dunque propriamente questa Luce, questo grande
Pensiero, questa santissima Idea fondamentale di ogni futuro, specifico,
liberissimo essere? Non poteva essere altro che proprio Dio stesso, perché in Dio, per mezzo di Dio e da Dio,
non poteva essere altro che Dio a rappresentare solo Se stesso, nel Suo eterno
perfettissimo Essere. E dunque questo testo può anche dirsi così:
8. In Dio era la Luce, la Luce penetrava e circondava Dio, e Dio stesso
era la Luce.
(V.2) Egli era in principio
presso Dio.
9. Ora che il primo versetto, illuminato a sufficienza, può essere
facilmente capito da chiunque abbia un po’ di lume, il secondo versetto si
spiega da sé e dice soltanto, come attestazione, che il suddetto Verbo o Luce o
grande Pensiero creativo non è un Pensiero sorto successivamente
all’Essere divino originario, bensì è ugualmente eterno con Dio, essendo Esso
stesso Dio, e perciò Esso non cela in Sé nessun remoto processo di derivazione
di qualsiasi genere, ragion per cui è anche detto come a dichiarare per così
dire in forma di attestazione: Egli era nel Principio o nella Ragione Prima di
ogni essere e di ogni successivo divenire, quale Ragione prima divino, presso Dio,
in Dio e da Dio, dunque Egli stesso in tutto e per tutto Dio.
(V.3) Tutte le cose sono state fatte per mezzo di
Lui, e senza di Lui nulla fu fatto di ciò
che è fatto.
10. In questo versetto si conferma solo per così dire come attuato e
tangibile ciò che già nel primo versetto era stato chiaramente presentato come
“il Verbo” o “la Luce”, pienamente presente nella Ragione Prima di ogni essere
e divenire, ma non ancora realizzato come già emanato.
11. Perciò questo terzo versetto dato nella sua forma pura deve anche
suonare così: Ogni essere fu fatto da questo Essere originario, il quale è in
Se stesso l’eterna Ragione Prima del proprio Essere in tutto e per tutto. La
Luce, Parola [=Verbo], e Volontà di questo Essere pose all’esistenza fissa,
visibile, la Sua propria ed esclusiva Luce, la Sua eterna originaria Idea
creativa, che Egli trasse da Se stesso, e non c’è nulla in tutta l’eterna
Infinità che non sia comparso all’esistenza apparente e visibile a partire dalla medesima Ragione Prima e per la medesima
via.
12. Chi ora ha pienamente afferrato questi tre versetti illustrati in
tutta chiarezza, a costui il versetto 4 dovrà risultare già da sé chiaro ed
evidente.
(V.4) In Lui era la Vita, e
la Vita era la Luce degli uomini.
13. Si capisce certo da sé già da lontano che un Essere Ragione Prima
di ogni essere, la Luce di ogni luce, il Pensiero originario di ogni pensiero e
idea, la Forma originaria quale Ragione Prima di tutte le forme, per prima cosa
non poteva essere senza forma, e per seconda cosa non poteva essere morte, dato che questa indica il massimo contrario di ogni
esistenza di qualsiasi genere in assoluto. In questa Parola [=Verbo] o Luce, o
in questo grande Pensiero di Dio in Dio, e in senso assoluto in Dio stesso, era
quindi una perfettissima Vita. Dio era dunque la prima
eternissima, perfettissima Vita fondamentale in Se stesso e da Se stesso in
tutto e per tutto, e questa Luce o Vita chiamò attingendo da Sé gli esseri, e
questa Luce o questa Vita era la luce e quindi anche la vita negli esseri,
negli uomini usciti da Lui; e questi esseri e uomini erano dunque pienamente
un’immagine somigliante della Luce originaria che determinava in essi l’essere,
la luce, e dunque anche una vita pienamente simile all’eterno Essere originario.
14. Ma poiché la Vita originaria di Dio è e deve essere del tutto e
perfettamente libera, dato che altrimenti è come se non fosse vita, ma questa vita simile alla Sua deve essere anche la
stessa e medesima negli esseri creati, altrimenti essa pure non sarebbe vita, e
quale non-vita non sarebbe neppure esistenza, allora è fin troppo tangibilmente
chiaro che agli esseri creati, agli uomini, poteva essere data solo una vita
perfettamente libera. Questa doveva percepire se stessa come integra, ma
proprio da questa percezione anche accorgersi che non è derivata da se stessa,
bensì solo da Dio pienamente a Sua immagine somigliante, secondo la di Lui
Volontà eterna e onnipotente.
15. Questa percezione doveva essere presente in tutti gli esseri
creati, così come quella che la loro vita e il loro essere deve essere
pienamente a immagine e somiglianza di Dio, altrimenti di nuovo non avrebbero
né vita, né una qualsiasi esistenza.
16. Ma se noi osserviamo meglio questa circostanza, ne risulta che
negli esseri creati devono necessariamente incontrarsi due sentimenti, e cioè
come prima cosa e più immediata, il sentimento della divina somiglianza, o
della Luce originaria di Dio in essi, e come seconda cosa, proprio da questa
Luce, però poi anche necessariamente il sentimento del divenire nel tempo per
mezzo della Volontà originaria del Creatore.
17. Il primo sentimento pone senz’altro la creatura al livello del
Creatore e, come se uscisse da sé, completamente indipendente dall’eterna
Ragione Prima, in quanto in un certo qual modo racchiude
e contiene in sé anch’essa tale Ragione; ma il secondo, che necessariamente
deriva da questo primo sentimento vitale, deve tuttavia vedersi e considerarsi
come chiamato fuori da sé da parte della vera e propria Ragione Prima, e solo
successivamente nel corso del tempo manifestato in sé liberamente, e perciò
molto dipendente dalla Ragione principale originaria.
18. Ma questo sentimento riduttivo fa diventare anche il primo
sentimento di grandezza un sentimento di sottomissione, cosa che per il sentimento
di grandezza è sommamente e assolutamente necessaria, come sarà mostrato in
seguito in modo molto chiaro.
19. Il sentimento di grandezza combatte molto violentemente contro un
tale abbassamento, e vuole reprimere il secondo sentimento.
20. Ma per questa lotta sorge poi del rancore e, alla fine, dell’odio
contro la Ragione Prima di ogni essere, e da ciò contro il riduttivo sentimento
di sottomissione o di dipendenza; ma con ciò il sentimento di grandezza poi si
paralizza e si oscura, e nell’essere creato si passa dalla Luce originaria a
notte e tenebra. Questa notte o questa tenebra a mala pena poi riconosce in sé
la Luce originaria e si allontana dunque, cieca e tuttavia anche autonoma,
dalla Ragione Prima del proprio essere e divenire, e nel suo accecamento non la
riconosce.
(V.5) E la Luce brilla nella
tenebra, e la tenebra non la comprende.
21. Perciò questa Luce originaria può poi brillare come vuole in tale
notte; ma poiché la notte, che pure è sorta dalla
Luce, non ha un’appropriata capacità di vedere, così essa non riconosce la
Luce, che viene in tale notte per ritrasformarla nella giusta Luce originaria.
22. Allo stesso modo dunque anch’Io, quale eterno Essere originario di
ogni essere e quale Luce originaria di ogni luce e vita, venni nel mondo delle
tenebre a coloro che furono da Me; ma essi, nella
notte del loro affievolito sentimento di grandezza, non Mi riconobbero!
23. Poiché questo quinto versetto spiega appunto che Io, essendo
totalmente lo stesso che ero dall’Eternità, secondo le misure e i rapporti
originari e in quelle misure e in quei rapporti, vengo in questo mondo creato
da Me e tratto da Me, e questo mondo non Mi riconosce come il fondamento della sua propria esistenza.
24. Ma Io, quale Ragione Prima di tutto l’esistere, dovevo pur vedere
dalla Mia originaria eterna Luce totale, come il sentimento di grandezza, prima
luce degli uomini, per la continua lotta diventava sempre più pallido e più
debole, e perciò come luce della vita anche più oscuro, e alla fine del tutto buio,
e che quindi gli uomini, se fossi venuto a loro nell’immagine a loro data da
Me, non Mi avrebbero riconosciuto; per lo meno moltissimi no, specialmente se
fossi venuto loro come un puro Deus ex machina[1],
del tutto inaspettato e senza preparazione, nella limitata forma umana. E
allora avrei dovuto ascriverlo solo a Me stesso se gli uomini, impreparati a
tale Mia Venuta, non avessero potuto affatto
riconoscerMi.
25. Sì, Io ben lo vidi dall’eternità, e per questo feci preannunciare
agli uomini, cominciando già dal loro primo sorgere separato da Me fino alla
Mia reale Venuta, tramite molte migliaia di veggenti che nella lotta non
perdettero la Luce, appunto questa Mia Venuta, e feci segnalare fedelmente il
modo e la maniera, e perfino il luogo e il tempo della Mia Venuta. E quando la
Mia Venuta avvenne realmente, feci accadere grandi segni e destai un uomo, nel
quale prese dimora un alto spirito primordiale, affinché egli annunciasse ai
ciechi la Mia Venuta e piena Presenza sulla Terra.
Un alto spirito (Michele), incarnato
come Giovanni (Battista), rende testimonianza al Signore. Gli insegnamenti fondamentali:
la natura di Dio, dell’uomo e del suo rapporto con Dio. La caduta dell’uomo e
le straordinarie vie di Dio per la sua redenzione.
(Giov. 1, 6-13)
(V.6) Ma c’era un uomo mandato da Dio, che si
chiamava Giovanni.
1. Si chiamava Giovanni quest’uomo, che presso il Giordano predicava la
penitenza e battezzava con l’acqua i convertiti. In quest’uomo dimorava lo
spirito del profeta Elia, e questo era proprio lo stesso spirito angelico che
nel remoto principio sconfisse Lucifero e in seguito, sulla nota montagna, con
il medesimo Lucifero disputò per il cadavere di Mosè[2].
(V.7) Costui venne come
testimone (dall’alto) per dare testimonianza alla Luce, affinché essi tutti
(gli uomini senza luce) per mezzo suo credessero (ossia per mezzo
della sua luce riconoscessero la Luce originaria venuta a loro).
2. Questi venne quale antico e nuovo testimone
dall’alto, ossia come luce dalla Luce originaria, per dare testimonianza alla
Luce originaria, all’Essere originario di Dio, che ora prendeva Lui stesso la
carne e, in forma totalmente uguale all’umana, venne come Uomo Lui stesso ai
Suoi uomini, che sono [provenienti] da Lui, per illuminarli nuovamente nella
loro notte e così [illuminati] restituirli di nuovo alla Sua Luce originaria.
(V.8) Egli non era la Luce
(da se stesso), ma era solo una testimonianza della Luce (ossia egli
testimoniava di fronte al rabbuiato sentimento di grandezza degli
uomini, che ora la Luce originaria stessa scendeva dalla Sua Altezza eterna,
come un agnello nell’umiltà, agli uomini, e prendeva su di Sé volontariamente
tutte le loro debolezze (peccati), per ridare in questo modo agli uomini la
Luce originaria e renderli e metterli pari a Lui).
3. Quest’uomo non era ovviamente la vera e propria Luce originaria
stessa, bensì, così come tutti gli esseri, solo una luce parziale dalla Luce
originaria. Però a lui fu dato di rimanere nell’unione
con la Luce originaria tramite la sua preponderante umiltà.
4. Ma poiché egli si trovava dunque in continua unione con la Luce
originaria e distingueva bene Questa dalla propria luce – dato
che anch’egli è bensì uscito dalla Luce originaria, ma non era tuttavia
la Luce originaria, bensì solo una derivazione della stessa, affinché La
riconoscesse e ne desse una giusta testimonianza –, così diede poi anche alla
Luce originaria una validissima testimonianza, e con questo ridestò tanta
giusta luce nei cuori degli uomini, che questi poi, seppure all’inizio solo
molto debolmente, col tempo però sempre più fortemente e chiaramente poterono
riconoscere che la Luce originaria, Quella rivestita ora di carne, è pur
tuttavia la stessa a cui tutti gli esseri e tutti gli uomini devono la propria
autonoma esistenza e possono conservarla così autonoma in eterno, se lo
vogliono.
(V.9) Questa era la vera Luce, che illumina tutti
gli uomini che vengono in questo mondo.
5. Non il testimone, bensì la sua testimonianza e Colui di cui era
testimone, erano la giusta Luce originaria che fin dal primo inizio ha
illuminato e animato tutti gli uomini che vengono in questo mondo, e ancora
adesso continuamente li anima e li illumina sempre più. Ed è per questo che è
anche detto, nel versetto 9, che proprio Costui era ed
è la vera e giusta Luce che formò tutti gli uomini, nel loro primo inizio, alla
libera esistenza, ed ora venne per illuminarli in tutta pienezza e renderli di
nuovo simili a Se stesso.
(V.10) Egli era nel mondo, e questo è stato fatto
per mezzo di Lui, ma essi non Lo riconobbero.
6. In quale modo Io, ovvero la Luce
originaria, abbia potuto essere misconosciuto da questo mondo, cioè dagli
uomini ottenebrati che in tutto il loro essere sono usciti da Me, ovvero, il
che è la stessa cosa, dalla Luce originaria (Verbo), e questo nonostante tutti
i precursori e gli annunciatori della Mia Venuta, ciò è già stato trattato
chiaramente al versetto 5. C’è solo ancora da notare, in modo tutto
particolare, che qui con “mondo” non si deve intendere la Terra quale
portatrice di anime giudicate, che propriamente costituiscono la materia, ma
solo e puramente gli uomini, i quali sono bensì presi in parte da questa
materia, ma - una volta che sono divenuti esseri posti in libertà - non
appartengono o non devono più appartenere a questa antica materia di anime
giudicate. Infatti quale pretesa sarebbe poi se Io esigessi dalla pietra, che
ancora si trova in profondissimo Giudizio, che Mi riconoscesse!? Una tal cosa
può essere pretesa a pieno diritto solo da un’anima divenuta libera, che ha in
sé il Mio Spirito.
(V.11) Egli venne nella Sua proprietà, e i Suoi non
Lo accolsero.
7. Dunque, come sopra menzionato, non la Terra, bensì solo ed
esclusivamente gli uomini nella loro entità di anima e spirito, devono essere
visti qui e considerati come la peculiare proprietà del Signore, e proprietà in quanto loro stessi sono in un certo qual modo Luce
originaria dalla Mia eterna Luce originaria, e con ciò vengono a coincidere in
Uno con la Mia Natura di Ragione Prima.
8. Ma poiché essi proprio in questa natura, che si esprime in loro come
sentimento di grandezza, sono indeboliti – debolezza a causa della quale
appunto Io venni a loro come nella Mia proprietà delle origini e ancor sempre
vengo in modo simile – così essi non Mi riconobbero, e con ciò non riconobbero
neppure se stessi e il loro peculiare Essere di Ragione Prima, che non potrà
mai venire annientato perché in ultima analisi è la Mia Natura.
(V.12) Ma a quanti Lo accolsero diede il potere di
diventare figli di Dio, poiché credono nel Suo Nome.
9. Ma si capisce come da sé che, per tutti quelli che non Mi accolsero
o non Mi riconobbero, l’Ordine Originale rimase perturbato, e con questa
perturbazione rimase uno stato di sofferenza, il cosiddetto “male” o “peccato”.
Al contrario, per molti altri che Mi accolsero, cioè che Mi riconobbero nei
loro cuori, questo male invece dovette necessariamente disperdersi, dato che
essi furono di nuovo riuniti con Me, l’Ordine originario e la Potenza originaria di tutto l’esistere, in cui trovarono se stessi e
la Mia Luce originaria nella loro luce che era stata messa in essi, e in questa
l’eterna, inestinguibile vita.
10. Ma in tale vita essi trovarono anche che con ciò necessariamente
non sono soltanto Mie creature, come risulta dal loro
sentimento vitale inferiore, bensì sono infallibilmente i Miei veri e propri
figli, poiché celano in sé ciò che è di Me stesso, che soltanto per la Potenza
della Mia Volontà fu posto fuori da Me liberamente. Infatti
la loro luce (la loro fede) è uguale alla Mia vera e propria Luce originaria, e
perciò ha in se stessa la piena Potenza e Forza che è in Me stesso e, derivante
da questa Potenza, anche il pienissimo diritto, non solo di chiamarsi, ma anche
di essere in ogni pienezza Mia figlia!
11. Proprio la fede infatti è questa luce, e
il Mio Nome, al quale sono indirizzati i potenti raggi di questa luce, è la
Forza e la Potenza e la vera e propria Natura del Mio Essere originario,
attraverso cui ognuno realizza in sé, a pieno diritto e con piena validità, la
figliolanza divina. Per questo è poi anche detto al versetto 12 che tutti
quelli che Mi accoglieranno e crederanno nel Mio Nome, dico: avranno in sé il
potere di chiamarsi a pieno diritto “figli di Dio”!
(V.13) I quali non dal sangue, né dal volere della
carne, né dal volere di un uomo, ma da Dio sono nati.
12. Questo versetto non è altro che una più precisa indicazione e
spiegazione del versetto precedente, e in un linguaggio più collegato i due
versetti contigui potrebbero suonare così: Ma a coloro che Lo accolsero e
credettero nel Suo Nome, a loro Egli diede il potere di chiamarsi “figli di Dio”,
i quali non sono nati dal sangue, né dal volere della carne (desiderio carnale), né dal volere di un
uomo, bensì da Dio.
13. Ma si capisce già da sé che qui non può essere questione di una prima
nascita come carne dalla carne, bensì solo ed esclusivamente di una seconda
nascita, dallo spirito dell’amore per Dio e dalla verità della fede viva nel
Nome vivente di Dio, che si chiama Jesus-Jehova-Zebaoth; la quale seconda nascita si chiama
anche con una buona definizione “la rinascita dello spirito mediante il
Battesimo dai Cieli”.
14. Ma il “Battesimo dai Cieli” è il completo passaggio dello spirito e
dell’anima, con tutti i suoi desideri, allo spirito vivo dell’amore per Dio e
dell’amore in Dio stesso.
15. Una volta avvenuto tale passaggio dalla liberissima volontà
dell’uomo, e allorché tutto l’amore dell’uomo si trova ora in Dio, allora per
mezzo di questo sacro amore anche tutto l’uomo si trova in Dio, dove viene
maturato, rafforzato e rinvigorito per diventare un essere nuovo, e quindi,
dopo aver raggiunto la giusta e completa maturità, da Dio rinasce. Dopo questa
seconda nascita, che non è preceduta né da desiderio della carne, né dalla
volontà procreativa di un uomo, soltanto allora l’uomo è un vero figlio di Dio,
che è divenuto tale mediante la Grazia, la quale è una libera potenza
dell’Amore divino nel cuore dell’uomo.
16. Ma questa Grazia è anche appunto la potente attrazione di Dio nello
spirito dell’uomo, attraverso cui egli, come attratto dal Padre, giunge al
Figlio, cioè alla divina Luce originaria, oppure, il che è la stessa cosa, alla
giusta, viva e potente Sapienza di Dio.
L’Incarnazione della Parola Eterna e la
testimonianza di Giovanni Battista su di Lui. Cenni di vita principali per la
nuova esistenza mediante la rinascita. Prima e seconda Grazia.
(Giov. 1,14-16)
(V.14) E il Verbo divenne
carne e abitò fra noi, e noi vedemmo la sua gloria, una gloria come di Figlio
unigenito del Padre, pieno di Grazia e di Verità.
1. Ma quando l’uomo in tal modo perviene, mediante la rinascita, alla
vera figliolanza di Dio, nella quale egli viene
proprio generato da Dio Padre, ovvero dall’Amore in Dio, allora egli perviene
alla gloria della Luce originaria in Dio, che è propriamente lo stesso divino
Essere quale Prima Ragione. Questo Essere è il vero e proprio Figlio Unigenito
del Padre, così come la Luce riposa nascosta dentro al calore dell’Amore, fino
a quando l’Amore non la eccita e non la irradia da Sé. Ma questa santa Luce
dunque è anche la vera e propria Gloria del Figlio del Padre, a cui perviene
ogni rinato e dove egli stesso (il rinato) diviene simile a questa Gloria, che
è eternamente piena di Grazia (Luce di Dio) e piena di Verità, che è qui la
vera Realtà, o il Verbo divenuto Carne.
(V.15) Giovanni dà
testimonianza di Lui, richiama e dice: «Era questo Colui di cui ho detto: Dopo
di Me verrà Colui che è stato prima di me, poiché Egli era prima di me.»
2. Giovanni ne dà nuovamente una giusta testimonianza, e fa notare agli
uomini, subito dopo il battesimo nel fiume Giordano, che proprio l’Uomo che
egli ora ha battezzato è Colui di cui aveva parlato al popolo già per tutto il
tempo della sua predica sulla penitenza, per accoglierLo degnamente, [dicendo]
che Egli, che sarebbe venuto dopo di lui (Giovanni), era stato prima di lui,
dunque esisteva prima di lui. Il che in un senso più profondo equivale
nuovamente a: Questa è la Luce originaria fondamentale ed Esistenza originaria
fondamentale di ogni luce e di ogni essere, che fu prima di ogni esistenza, ed ogni esistenza è derivata da questa Esistenza.
(V.16) Dalla Sua Pienezza tutti abbiamo ricevuto
grazia su grazia.
3. Ma questa Luce originaria è anche la Gloria eternamente grande in Dio,
e Dio stesso è questa Gloria; questa Gloria era dall’eternità Dio stesso in
Dio, e dalla pienezza di questa Gloria tutti gli esseri hanno preso la loro
esistenza e la loro luce e libera vita.
4. Ogni vita è perciò una grazia da Dio e compenetra continuamente la
forma portatrice di vita. La Vita originaria in ogni uomo è perciò, essendo la
medesima gloria in Dio, una prima grazia di Dio; questa però ha subìto dei
danni per il noto indebolimento del sentimento di grandezza con l’inferiore sentimento del divenire e della conseguente necessaria
dipendenza dalla Luce originaria e Ragione Prima di ogni esistenza.
5. Poiché in tal modo questa prima Grazia nell’uomo
voleva quasi decadere completamente, venne allora la Luce originaria stessa nel
mondo, e ammaestrò gli uomini affinché rimettessero questa prima grazia di
nuovo alla Luce originaria, o propriamente affinché dovessero rientrare del
tutto in questa Esistenza originaria e prendervi, al posto della vecchia luce,
una vita nuova; e questo scambio è il prendere grazia per grazia, o per così
dire il consegnare la vita vecchia, indebolita, che non serve più a nulla, per
una vita nuova, inestinguibile in Dio e da Dio nella pienezza.
6. La prima grazia è stata una necessità, in cui non opera alcuna
libertà, per cui neppure alcuna stabilità; la seconda grazia invece è una piena
libertà, esente da qualsiasi costrizione, e perciò – poiché da nulla sospinta e
costretta – anche eternamente indistruttibile. Infatti dove non c’è un nemico,
là non c’è neppure distruzione; come nemico però viene inteso tutto quello che
influisce come impedimento a una libera esistenza, sotto qualsiasi forma.
La Legge e la
Grazia. Ulteriori lotte degli esseri chiamati alla libera figliolanza divina.
Compare il Redentore. Padre e Figlio sono una cosa sola come calore e luce.
(Giov. 1,
17-18)
(V.17) Poiché la Legge è stata data per mezzo di Mosè;
la Grazia e la Verità sono venute per mezzo di Cristo.
1. Così è la Legge
che dovette essere data alla prima vita, e cioè già in principio al primo uomo,
e nel seguito delle cose attraverso Mosè, che qui in questo versetto viene
citato anche come rappresentante della Legge. Ma dalla Legge certo nessuno
poteva mai ottenere la vera libertà di vita, poiché la Legge è un impedimento,
e non un incoraggiamento alla vita.
2. Con un “devi”
positivo le prime idee di creazione furono poste, dal Volere immutabile della
Potenza originaria, ad una esistenza isolata, come
autonoma; per quanto concerne dunque la separazione e la formazione
dell’esistenza limitata da spazio e tempo, ciò fu realizzato mediante un
immutabile “devi”.
3. Ora ecco l’essere,
l’uomo, in sé in un certo senso la Divinità stessa, oppure, il che è la stessa
identica cosa: l’Essere originario di Dio stesso, solo separato dalla Sua
Ragione Prima ma tuttavia consapevole di Lui, accanto
a ciò però anche legato pur tuttavia in una forma limitata e conservata
mediante un immutabile “devi”. Questo stato non volle piacere all’essere così
costituito, e il suo sentimento di grandezza venne a una lotta violenta con la
sua necessaria limitazione ed estromissione.
4. Poiché nel primo
originario ordine di esseri la lotta divenne sempre più accesa, la grande Legge
fondamentale dovette essere inasprita e includere gli esseri in un giudizio
rigido e temporale; in ciò consistette la costruzione dei solidi mondi
materiali e così la maggior separazione degli esseri originari.
5. Nel secondo ordine
di esseri compare allora l’uomo rivestito di carne, che poggia sul suolo del
suo primo giudizio. Nonostante l’ormai triplice separazione dalla sua Ragione
Prima, pur tuttavia egli riconobbe di nuovo presto in sé Quello stesso [Dio], e
divenne ribelle, superbo e disubbidiente a una Legge facile, data non più come
rigido “devi”, ma come libero arbitrio.
6. Ma poiché non
volle farsi piacere questo leggero comando, così gliene fu dato uno più pesante
e fortemente sanzionato, e la sanzione per la non osservanza di questo secondo
comando venne puntualmente eseguita.
7. Dopo questa
correzione l’Essere divino Si portò sulla Terra in Melchisedek e guidò gli
uomini; ma essi cominciarono subito di nuovo a combattere, e dovettero essere
vincolati e condotti all’ordine da nuove leggi, così che rimase loro soltanto
un movimento di tipo meccanico, in contrasto con quasi tutte le loro tendenze.
8. Quindi con la
Legge fu prodotto un vasto abisso, sopra il quale nessuno spirito e nessun
essere poteva più fare un salto, per cui dunque la prospettiva e la
consapevolezza interiore di un proseguimento eterno della vita interiore, molto
limitata in tal forma, divennero una questione molto dubbia.
9. Su una tale
limitazione appare allora il divino Essere originario nella Sua propria originaria Pienezza, e cioè nella persona di Cristo.
10. Qui dunque
ritorna nuovamente la Grazia originaria, prende su di Sé tutte le debolezze
della vita degli uomini, e dà loro in cambio una Grazia nuova, una Vita nuova, piena di vera Luce, e mostra loro in questa [Luce] e
attraverso Se stesso la giusta via e il giusto scopo della loro esistenza.
(V.18) Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio,
che è nel grembo del Padre, Costui ce lo ha annunciato.
11. Soltanto adesso
coloro che Lo riconobbero ricevettero una vera conoscenza di Dio, e potevano
ora per la prima volta guardare accanto a sé e fuori di sé e riconoscere Dio,
che mai prima un essere aveva potuto vedere nella Sua Pienezza, e attraverso
Lui anche se stessi e la loro propria liberissima destinazione di vita.
12. Ed ora è stato di
nuovo tolto anche l’abisso inaccessibile che era stato prodotto dalla Legge, e
ogni uomo poteva e può ancor sempre uscire dal giogo della Legge, se scambia il
suo uomo vecchio con l’uomo nuovo da Cristo, per cui dunque è anche detto che
si deve svestire l’uomo vecchio e indossare il nuovo, ossia: chi ama la vecchia
vita, la perderà; chi invece la fugge, costui la conserverà, e precisamente la
nuova. Questo è dunque l’annuncio dal grembo del Padre e il Vangelo vivo di
Dio.
13. Ma l’espressione
che dice: “che è nel grembo del Padre” vuol
significare: La Sapienza originaria di Dio ossia la vera e propria Natura
divina più intima è nell’Amore, così come la luce dimora nel calore. Essa
inizialmente sorge e scaturisce dal calore potente dell’Amore, e infine con la
sua presenza genera di nuovo calore, e questo perennemente di nuovo luce. Così
altrettanto dall’Amore, che è uguale al Padre e in ultima analisi è il Padre
stesso, sorge la Luce della divina Sapienza, che è uguale al Figlio ovvero è
proprio il Figlio stesso, che però non sono Due, bensì il Figlio è pienamente
Uno con quello che si chiama “Padre”, allo stesso modo come luce e calore o
calore e luce sono una cosa sola, dato che il calore
genera continuamente la luce e la luce continuamente il calore.
La testimonianza di Giovanni Battista su
se stesso. Motivo del rinnegamento del suo spirito di Elia. Umile attestazione
del precursore del Messia. Vane e false idee dei templari sul Cristo che doveva
venire. Di nuovo chiara testimonianza di Giovanni Battista sul Signore.
(Giov. 1, 19-30)
(V.19) E questa è la testimonianza di Giovanni ai
Giudei, quando costoro gli mandarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti che Gli
chiesero: «Chi sei tu?».
1.
Questo versetto presenta un puro fatto esterno, e perciò non ha un senso
interiore; solo questo si lascia facilmente dedurre da una tale missione: che
il sentimento di grandezza dei Giudei in questo tempo già cominciava a
presentire che la Luce originaria, o la Vita originaria di Dio, cominciava ad
avvicinarsi agli uomini della Terra, e già doveva essere sulla Terra, e
ipotizzava che questa Vita originaria di ogni vita si trovasse in Giovanni, ed
egli fosse magari il promesso Messia.
2. Per questo dunque,
per il suddetto presentimento più che per la fama di predicatore di Giovanni,
essi mandarono anche da lui degli informatori, perché gli chiedessero chi era,
se Cristo, o Elia, o un altro profeta.
(V.20) Ed egli attestò e non mentì, dicendo: «Io non sono
Cristo, il Messia promesso.»
(V.21) Ma essi gli chiesero ancora: «Chi sei dunque?
Sei Elia?». Ed egli disse: «Non lo sono!». E ancora gli chiesero: «Sei un
profeta?». Egli rispose: «No!»
3. Ma la ragione per
cui gli chiesero anche se fosse Elia o un altro nuovo profeta, era che negli
Scritti profetici si diceva che Elia sarebbe venuto prima del promesso Messia,
e avrebbe preparato tutto Israele alla grande Venuta del Messia! Così in questo
tempo sarebbero dovuti sorgere anche altri profeti ancora, i quali pure
avrebbero preceduto come araldi il Messia. Queste cose dunque sapevano gli
inviati di Gerusalemme, che conoscevano le Scritture, e così interrogarono
Giovanni; questi però attestò di non essere tutto ciò.
(V.22) Ed essi gli dissero ancora: «Chi sei dunque,
perché possiamo portare una risposta a coloro che ci hanno inviato?! Che cosa
dici dunque di te stesso?»
4. E così
naturalmente dovettero poi chiedergli ancora chi fosse.
(V.23) Ma Giovanni disse: «Io sono la voce di uno che
grida nel deserto e preparo la via al Signore, come ha predetto il profeta
Isaia.»
5. Al che Giovanni
attestò solo allora che egli era soltanto uno che grida nel deserto e prepara –
secondo la predizione di Isaia – la via al Signore!
6. Qui si può
chiedere, a buon diritto, perché Giovanni facesse questo nel deserto, del quale
si può presumere che sicuramente lo abitino pochissimi uomini, e che perciò
sarebbe stato ben più indicato fare un precursore di tal genere in quei luoghi
che sono abbondantemente abitati da uomini. A che può servire un tal gridare,
pur così poderoso, nel morto deserto, dove il suono del richiamo si estingue
molto prima di giungere a un qualche orecchio? E se anche giunge casualmente a
un qualche orecchio umano, ciò è di gran lunga insufficiente per una cosa che è
della massima importanza per tutti gli uomini!
7. A questa
preventiva domanda sia detto così: che qui sotto l’espressione “deserto” non è
tanto da intendersi il piccolo deserto di Bethabara, situato al di là del
Giordano, quanto piuttosto il deserto spirituale nei cuori degli uomini. Il
deserto di Bethabara, dove realmente Giovanni viveva, predicava e battezzava,
era perciò stato scelto solo perché fosse per l’uomo lo specchio di come egli
era nel suo cuore, e cioè altrettanto desolato, vuoto, senza nobili frutti,
pieno solo di spine e cardi, di ogni erbaccia e pieno di vipere e altri rettili
ributtanti. E in un tale deserto degli uomini compare Giovanni come una
coscienza risvegliata, che egli anche rappresenta sotto l’aspetto puramente spirituale,
e predica penitenza per il perdono dei peccati, e prepara così al Signore la
via ai cuori degli uomini divenuti tutti deserti.
8. Rimane qui ancora
solo la questione perché Giovanni non si riconobbe come Elia o un profeta, dato
che egli, secondo la Mia personalissima testimonianza, era sicuramente sia
l’uno che l’altro. Infatti Io stesso ho pur detto
chiaro e tondo agli apostoli, così come ad altri ascoltatori della Mia
Dottrina, in una occasione molto adatta: Giovanni era quell’Elia che doveva venire
prima di Me, se volete accettarlo.
9. La ragione di una
tale negazione è che qui Giovanni si designa solo secondo l’effettivo nuovo
compito, e non secondo il vecchio, come fu dato al suo spirito in Elia al suo
tempo terreno. Elia doveva punire e distruggere il Moloch; Giovanni invece
chiamare alla giusta penitenza, trasmettere il perdono dei peccati mediante il
battesimo d’acqua, e così preparare a Me la via. E in base a tale attività
dunque egli si atteggiò solo a ciò che egli era in effetti in quel momento.
(V.24) E quelli che erano inviati, erano dei farisei.
(V.25) E costoro continuarono ancora a interrogarlo, e
gli dissero: «Perché dunque battezzi, se non sei Cristo, neppure Elia e nessun
altro profeta?».
10. Ma poiché
tuttavia battezzava, il che era permesso altrimenti solo ai sacerdoti e ai
profeti di cui fosse dimostrato che erano chiamati a farlo, così i sacerdoti e
i leviti, inviati dai gelosi farisei, gli domandarono perché mai battezzasse
gli uomini, dato che non era né l’uno né l’altro.
(V.26) Ma Giovanni rispose loro e disse: «Io battezzo
solo con acqua; Lui (il Cristo di Cui mi chiedete) è venuto in mezzo a voi; ma
voi non Lo conoscete».
11. Ma Giovanni dice:
«Io battezzo solo con acqua, cioè io
lavo soltanto e sono un lavatore di cuori divenuti impuri, affinché venga
ricevuto degnamente quell’Unico che, in un certo qual modo, Si trattiene già da
lungo tempo in mezzo
a voi, che voi però,
a causa della vostra cecità, non riconoscete!»
12. Qui sono
rappresentati, con questi investigatori, anche tutti coloro che cercano Me, il
Signore, esternamente in qualche posto, i quali attraversano terre e mari, e là
interrogano tutti i sapienti: “Dov’è Cristo, quando e dove viene?”.
Ebbene, Quello vero,
Quello che si costruì un’abitazione per Sé al centro dei loro cuori e che
soltanto là si può trovare (Oh, che cercatori fallaci!), Quello non Lo cercano,
o per lo meno non là dove solo ed esclusivamente si può cercare e trovare!
(V.27)
«Questi è Colui che verrà dopo di me, che era prima di me, al Quale non sono
degno di sciogliere i lacci dei sandali».
(V.28)
Ciò avvenne a Bethabara, oltre il Giordano, dove Giovanni battezzava.
13. Quale
testimonianza piena di umiltà dà pur Giovanni davanti ai sacerdoti e ai leviti,
dato che egli sa bene Chi in Cristo ha messo piede sulla Terra; ma che importa
questo al clero pieno di alta sapienza mondana! La verissima testimonianza di
Giovanni li lasciò indifferenti, poiché essi non volevano un Messia pieno di
umiltà, povero e privo di lustro, bensì uno davanti al quale tutti quanti
sarebbero dovuti subito arretrare per la paura e lo spavento!
14. [Infatti secondo
loro] il Messia, subito al Suo primo apparire – naturalmente in nessun altro
luogo se non in Gerusalemme – e visibile per linea recta (linea diretta) raggiante di fuoco, con uno splendore superiore al
sole, scendendo dal cielo accompagnato da miriadi di angeli e prendendo dimora
solo nel Tempio –, avrebbe dovuto spodestare e annientare tutti i potentati di
allora, e poi avrebbe dovuto anche rendere gli Ebrei subito completamente
immortali, procurare loro tutto il denaro della Terra, catapultare in mare con
forte frastuono per lo meno qualche centinaia di montagne apparentemente
superflue, e oltre a ciò anche però giustiziare la povera sporca plebaglia! Allora
essi avrebbero creduto in lui e anche detto: “Signore, Tu sei proprio
terribilmente forte e potente, tutti quanti devono piegarsi profondissimamente
davanti a Te e gettarsi nella polvere, e il sommo sacerdote non è degno di
scioglierti i lacci dei sandali.”
15. Ma Cristo venne
sulla Terra del tutto povero e piccolo e apparentemente debole, quasi per tutti
i trent’anni (eccetto fino al dodicesimo)
non diede di Sé alcun segno davanti agli occhi dei grandi, ma lavorò a
lavori pesanti, era insieme a Giuseppe un carpentiere e più tardi frequentò
anche il comune proletariato. Come poteva essere questo, agli occhi degli
orgogliosi e sapientissimi giudei, il Messia così a lungo aspettato? “Via un
tale bestemmiatore, un tale mago, che esegue le sue azioni solo con l’aiuto del
capo dei diavoli! Un tale volgarissimo operaio carpentiere, più grossolano e
rozzo di un legno di quercia, che ha imparato da qualche parte a far magie con
l’aiuto di Satana, cammina scalzo ed è amico della più abietta plebaglia, se ne
va in giro con loro, accoglie le prostitute e mangia e beve con peccatori
pubblicamente troppo noti, e così, con il suo fare e disfare, si oppone
apertissimamente alla Legge, ebbene quello dovrebbe essere Cristo, il Messia
promesso?! No, mai sia in noi una tale idea blasfema!”
16. Questo era il
giudizio degli alti e sapienti giudei su di Me, alla Mia piena presenza nella
carne sulla Terra; e lo stesso identico giudizio su di Me persiste ancora fino a
questo momento per milioni [di persone] che non ne vogliono sentir parlare
assolutamente di un Dio mansueto, che si abbassa e mantiene la Sua Parola!
17. Il loro Dio per
prima cosa deve abitare molto in alto, sopra tutte le stelle, e dalla tanta
infinitissima sublimità quasi non esistere affatto; cose più piccole del sole
non le deve affatto creare se vuole essere un degno Dio! Come seconda cosa non
deve permettersi di avere una qualche sembianza, e meno di tutte quella umana,
ma deve essere solamente una specie di astrusità incomprensibile!
18. Come terza cosa,
se ciò nonostante Cristo potesse essere Dio, Egli deve comunicarsi con la viva
parola interiore solo a uomini competenti, solo a certe società, concili, a
pietisti straordinari, a zeloti circondati da una cosiddetta aura di santità e
perfetti modelli di virtù, e a un tale fortunato, però, conferire anche subito
il potere di spostare le montagne; altrimenti non c’è assolutamente nulla della
divina Comunicazione e Rivelazione di Cristo!
19. A un laico o
magari perfino a un peccatore, il Signore Gesù non
deve mai comunicarsi, poiché in tal caso la rivelazione è già sospetta e non
viene accolta, alla stessa maniera come anche Io stesso non venni accolto dagli
alti giudei, perché ai loro occhi orgogliosi e avidi di gloria Io Mi sono
presentato come troppo poco divinamente nobile; ma – non fa nulla! Solo la
testimonianza di Giovanni è valida!
20. Il mondo rimane
perennemente uguale a se stesso e continua ad essere il deserto di Bethabara,
dove Giovanni diede la sua testimonianza. Ma anch’Io
rimango perennemente uguale a Me stesso, e in ogni tempo compaio fra gli uomini
per reprimere la loro superbia e ravvivare l’umiltà e l’amore veri, sempre così
come sono comparso agli Ebrei. Bene è per tutti coloro che Mi riconoscono e Mi
accolgono così come Mi ha riconosciuto e accolto Giovanni secondo la sua
testimonianza, testimonianza che diede di Me davanti agli occhi e agli orecchi
degli orgogliosi sacerdoti e leviti di Gerusalemme a loro grande scandalo!
(V.29) Il giorno dopo, Giovanni vede venire a lui Gesù
e dice: «Vedi, questo è l’Agnello di Dio, che porta su di Sé il peccato del
mondo!»
21. Il giorno
seguente, mentre questi investigatori si trattenevano ancora a Bethabara dove
prendevano informazioni su tutto quello che questo Giovanni faceva e in che
cosa consistessero principalmente le sue prediche, egli testimonia ancora una
volta su di Me, e cioè nella nota circostanza in cui Io vengo a lui dal deserto
e gli richiedo che Mi battezzi con l’acqua del fiume.
22. Già mentre Mi
avvicino a lui, Giovanni richiama su di Me l’attenzione del capo di questi
investigatori – il quale durante la notte ha preso in notevole considerazione
ciò che aveva sentito il giorno prima da Giovanni – e dice: “Vedi, Quello che
viene di là è l’Agnello di Dio, che ha messo sulle Sue spalle tutte le
debolezze degli uomini, affinché gli uomini che Lo accoglieranno prendano una
vita nuova da Lui e abbiano in sé il potere di chiamarsi, da tale nuova vita,
figli di Dio; Jehova infatti non viene nella tempesta, né nel fuoco, ma Egli
viene solo in un soffio dolcissimo.”
(V.30) «Questi è Colui del quale io (ieri) ho detto:
Dopo di me viene un Uomo che è stato prima di me; infatti Egli era prima di
me.»
23. Giovanni ripete
qui ancora una volta quello che già il giorno prima aveva detto su di Me agli
investigatori, e da una parte testimonia di Me che Io vengo agli uomini, per
così dire, come uno specchio di vera e necessaria umiltà dell’uomo, e in tale
umiltà attesto di venire in aiuto agli uomini nella loro debolezza, non invece
nella loro presunta forza, che ovviamente mai possiedono. D’altra parte però
Giovanni testimonia anche che quello da lui chiamato Agnello di Dio, è tuttavia
Colui che fu prima di ogni essere; infatti
l’espressione “Egli era prima di me” equivale a dire: Giovanni – riconoscendo
in se stesso per un momento il suo alto spirito – lo fa capire così agli
investigatori: che sebbene anche in lui abitasse lo stesso Spirito originario
della stessa e medesima natura e qualità, egli pur tuttavia ne fu collocato al
di fuori, in una esistenza libera e completamente autonoma, non per propria
potenza, ma solo dallo Spirito originario fondamentale che abita solamente in
questo Agnello. Con tale traslocazione, essendo essa un’opera reale dello
Spirito fondamentale originario, comincia poi anche un primo periodo
di tempo, prima del quale non c’era nulla in tutta l’Infinità, se non
soltanto lo Spirito originario fondamentale Jehova, e cioè del tutto così e lo
stesso come ora si trovava in questo Agnello di Dio, visibile davanti a loro, e
che da lui (Giovanni) desiderava essere battezzato.
Giovanni professa di aver riconosciuto
il Signore ora anche fisicamente. Doppio battesimo: Giovanni battezza il
Signore con acqua, e Questi lo battezza col Suo Santo Spirito. La testimonianza
del Padre Santo su Suo Figlio. Cenni sul modo di scrivere di quei tempi.
(Giov. 1, 31-34)
(V.31) «Anch’io prima però non Lo conoscevo; tuttavia
per rivelarLo in Israele sono venuto a battezzare con acqua (quelli che Lo
attendono).»
1. Naturalmente gli
investigatori domandarono poi a Giovanni: “Da quando dunque tu conosci già
quest’uomo singolare, e quando sei venuto a conoscenza di ciò che hai detto ora
di Lui?”. Giovanni rispose qui, in senso del tutto naturale, che anch’egli come
uomo non Lo conosceva, però il suo spirito gli aveva rivelato questo, e lo
aveva anche spinto a preparare gli uomini a Lui, e a lavarli dalle loro grosse
macchie di peccato con l’acqua del Giordano.
(V.32) E Giovanni testimoniò e disse ancora (dopo il
Battesimo): «(Quando ora Lo battezzai) vidi che lo Spirito di Dio (a
testimonianza per me) discese dal Cielo, così come una colomba dolcemente si
posa, e questo Spirito rimase sopra di Lui.»
2. Giovanni fa sapere
qui che anche lui Mi vede per la prima volta fisicamente davanti a lui, e che
il Mio Spirito in lui gli ha rivelato questo. Gli investigatori naturalmente
scrutarono bene quest’Uomo e Lo osservarono durante la breve operazione del battesimo
d’acqua. Giovanni inizialmente si rifiutò di farla su di Me, e precisamente con
l’importante osservazione: Si conveniva di più che Io battezzassi lui,
piuttosto che lui Me; ma su Mio espresso desiderio che così dovesse avvenire,
tuttavia cedette e Mi battezzò. Vide però ciò che Io stesso per mezzo del Mio
Spirito gli avevo rivelato nel suo spirito, avendolo Io
spinto a Bethabara, [e cioè vide] come lo Spirito di Dio, ossia il Mio proprio
eterno originario Spirito, scese su di Me nell’apparenza di una nuvoletta
luminosa, e cioè nella maniera in cui scende una colomba, e così rimase sopra
il Mio Capo. Inoltre egli udì contemporaneamente le note parole:
3. “Questo è il Mio
amato Figlio, ovvero questa è la Mia Luce, il Mio
proprio Essere fondamentale originario nel quale Io, l’eterno originario Amore
essenziale ho il Mio compiacimento, Questi dovrete ascoltare!”
(V.33) «Anch’io altrimenti non l’avrei riconosciuto;
ma Colui che mi mandò a battezzare con l’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai
discendere lo Spirito di Dio e rimanere su di Lui, è Quello che battezzerà con
lo Spirito Santo.»
4. Per questo
Giovanni dice: “Anch’io altrimenti non Lo avrei riconosciuto!”
(V.34)
«Io Lo vidi ed ora attesto che Questi è veramente il Figlio di Dio.»
5. Solo dopo questo atto del Battesimo, Giovanni raccontò agli
investigatori quello che aveva visto e udito, e affermò, fosse stato anche a
prezzo della vita, che il Battezzato, che già al Suo avvicinarsi egli aveva
annunciato come l’Agnello di Dio a lui rivelato, in pienissima verità è il
Messia atteso da tutto Israele; Questi è veramente il Figlio di Dio, ossia il
vero e proprio originario eterno Essere fondamentale di Dio in Dio!
6. Egli, Giovanni,
aveva visto egli stesso con i propri occhi il Suo Spirito scendere sopra di Lui
e sopra di Lui rimanere, non come se quest’Uomo avesse ricevuto tale Spirito
solo in quel modo, ma l’apparizione avvenne soltanto come testimonianza per lui
stesso, dato che anch’egli prima non Lo aveva conosciuto.
7. Qui però viene
spontanea la domanda se questi messaggeri di Gerusalemme non avessero dunque
notato nulla di tutto ciò con i loro occhi e con le loro orecchie. A ciò valga
come risposta perennemente ed eternamente uguale: Solo ai più piccoli e ai
semplici queste cose vengono rivelate; ai sapienti del mondo invece rimangono
nascoste e velate.
8. Ebbene, qui i
messaggeri di Gerusalemme non videro anche nulla se non esclusivamente il
battesimo d’acqua, e si arrabbiarono non poco quando Giovanni annunciò quello
che aveva visto e sentito, mentre essi di tutto ciò non avevano potuto
percepire nulla, e per questo anche ingiuriavano Giovanni [accusandolo] di aver
loro mentito. Ma allora si aggiunsero parecchi discepoli di Giovanni, lì
presenti, e testimoniarono che Giovanni aveva detto completamente la verità.
9. Ma i messaggeri
scossero la testa e dissero: “Giovanni è il vostro maestro, e voi siete i suoi
discepoli; per questo anche voi confermate la sua asserzione. Ma noi siamo
istruiti ed edotti in tutte le cose della Scrittura, che è da Dio attraverso
Mosè e attraverso i profeti, e riconosciamo, dal vostro modo di parlare e di
agire, che voi insieme al vostro maestro siete dei pazzi, non vedete nulla e
non sapete nulla, e con la vostra pazzia rendete pazzi molti uomini, tanto che
la cosa già da un pezzo giunge riprovevole agli orecchi dei massimi del Tempio.
La cosa migliore sarà di farvi smettere con la forza.”
10. Ma Giovanni si
sdegnò e disse: “O voi razza di vipere, voi prole di serpenti! Pensate di
sfuggire così al Giudizio!? Guardate, la scure con cui volevate annientarci è
già posta alle vostre radici; badate a come sfuggire alla vostra rovina! Se non
fate penitenza in sacco e cenere, e non vi farete battezzare, sarete distrutti!
11. Poiché, in
verità, Questi era Colui di cui vi ho detto: ‘Dopo di me verrà Colui che è
stato prima di me, poiché Egli era prima di me. Dalla Sua Pienezza abbiamo
tutti ricevuto grazia su grazia.’ (Questo viene già riportato prima, nei
versetti 15 e 16 di questo capitolo, ma non era stato ancora meglio chiarito
storicamente.)
12. A queste
energiche parole di Giovanni, alcuni rimangono e si fanno da lui battezzare; la
maggior parte però se ne va da lì del tutto in collera.
13. Questi versetti
riferiscono in modo del tutto corretto solo qualcosa di storico, e hanno poco
senso interiore, che comunque si lascia già riconoscere molto facilmente dalle
precedenti spiegazioni. Deve solo essere qui menzionato che questi versetti si
lasciano comprendere tanto più facilmente se vengono dati con le circostanze
che un tempo si capivano già da sé. Infatti al tempo in cui l’evangelista
scrisse il Vangelo, era usanza che si tralasciassero come frasi inutili tutte
quelle possibili circostanze che in qualche modo erano scontate e si potevano
supporre, e che si scrivessero esclusivamente le frasi principali, e le
circostanze collaterali le si lasciasse, come si dice oggi, “leggere tra le
righe”. Per chiarire meglio tale questione molto degna di nota per quel tempo,
vogliamo considerare un po’ meglio in questa maniera proprio i tre versetti
dati qui di seguito, e il modo di scrivere di quei tempi (sintassi) lo si potrà
scorgere con tutta precisione e ben riconoscere.
Tre versetti come esempi del modo di
scrivere di quei tempi.
(Giov. 1, 35-37)
(V.35) Il giorno seguente
Giovanni stava di nuovo (al fiume Giordano) e con lui due dei suoi discepoli.
1. Nel primissimo testo originale, per esempio, il versetto 35 suona così:
“Il giorno dopo stavano ancora Giovanni e due dei suoi discepoli.” Qui ci si
chiede: Dove stava lui? E i due discepoli erano vicino a lui, oppure stavano in
qualche altro posto, però nello stesso tempo?
Deve qui cadere subito sott’occhio a chiunque che qui non è indicato il
punto in cui stavano i due discepoli, e tanto meno l’azione.
2. Ebbene, perché dunque l’evangelista non ha menzionato tale
circostanza?
3. La ragione è già stata accennata più sopra; infatti si capisce già
da sé, e doveva capirsi sicuramente da sé particolarmente a quel tempo in cui
scrivere così era la regola, che Giovanni stava al fiume Giordano, e là sotto
un salice dove attendeva se venisse qualcuno a farsi battezzare da lui. E
poiché aveva parecchi discepoli che ascoltavano i suoi insegnamenti e anche li
scrivevano, così di solito due e talvolta, quando c’era molto da fare, anche
più [di due discepoli] gli stavano a fianco e gli erano d’aiuto nei suoi molti
battesimi, e anzi battezzavano pure nel suo nome e nella sua maniera.
4. Poiché dunque per quel tempo tutte queste circostanze erano fin
troppo note a quelli che stavano attorno a Giovanni, così non vennero neanche
scritte. A quel tempo scrivere così era la regola, ed era d’altra parte anche
una necessità per mancanza del materiale per scrivere, e quindi si scriveva
solo la cosa principale. E premettendo alla frase la congiunzione “e” si dava a
capire se le singole frasi stessero o no in relazione tra loro. Per tale
ragione alle frasi principali aventi relazione tra loro, tali congiunzioni sono
state premesse raramente in lettere dell’alfabeto, ma piuttosto con certi segni
convenzionali.
5. La spiegazione qui data, pur non essendo di per sé una spiegazione
evangelica, è tuttavia molto necessaria poiché senza di essa a mala pena in
questo tempo si possono capire i Vangeli nel loro senso esteriore storico, e
tanto meno dunque nel loro senso interiore spirituale, meno che meno poi i
Libri profetici dell’Antico Testamento, nei quali invece di frasi compiute
compaiono soltanto immagini corrispondenti, e naturalmente non può esservi
questione di una qualsiasi indicazione delle circostanze. Dato che ora però
conosciamo tali regole dell’antichità, allora non ci sarà difficile per il
seguito collegare più facilmente tutti i successivi versetti e testi, leggerli
più correttamente e mettere in luce più chiaramente almeno la parte naturale,
storica. Vogliamo ancora effettuare una tale breve analisi con i versetti 36 e
37, e la regola data ne diverrà chiara.
(V.36) E poiché egli vide di nuovo Gesù camminare (sulla riva del
Giordano), disse: «Vedi, questo è l’Agnello di Dio!»
6. Il versetto 36 dice, stando al testo arcaico: «E quando egli vide
Gesù camminare, disse: “Vedi, Questo è l’Agnello di Dio!”». La “E” indica qui
che questo testo è in una qualche relazione col precedente, e storicamente
indica che Gesù, dopo il battesimo d’acqua richiesto, Si è trattenuto ancora
per qualche tempo nelle vicinanze di Giovanni, e per questo era stato visto
camminare sulla riva del Giordano, sia dai suoi due discepoli, sia dallo stesso
Giovanni.
7. Come Giovanni Lo vede, egli riunifica subito tutti i suoi pensieri e
dice a suo modo, come tra sé, in una specie di sublime entusiasmo: “Vedi,
Questo è l’Agnello di Dio!”. Nel tempo attuale egli si sarebbe espresso
pressappoco così: “Ecco, vedete là! Sulla riva del fiume cammina anche oggi
l’altissimo Uomo-Dio, così modesto e così umile come un Agnello”. Ma Giovanni
sorpassa tutte queste indicazioni più precise, e dice solamente come sta nel
versetto.
(V.37) E quando i due
discepoli di Giovanni [lo] udirono parlare così, (subito lasciarono Giovanni) e
seguirono Gesù.
8. Il versetto 37, che rappresenta propriamente il seguito dei due
precedenti, comincia, per il motivo sopra indicato, ancora con “E”, e molto semplicemente
indica solo l’accaduto, toccandone solo brevissimamente la ragione.
9. Il testo arcaico dice del tutto semplicemente così: “E due dei suoi
discepoli lo udirono parlare e seguirono Gesù.” Nel tempo attuale il versetto,
senza danneggiarne la comprensione e il senso, potrebbe suonare così: “Ma
quando i due discepoli che stavano accanto a lui (Giovanni) udirono parlare
così il loro maestro, subito lo lasciarono e si recarono da Gesù, e poiché Gesù
cominciava ora ad allontanarsi da quel luogo, allora Lo seguirono.
10. Tutto ciò che è stato introdotto in questo ampliamento del testo,
deve essere pure accaduto in questo evento, altrimenti il fatto non si sarebbe
realizzato. Ma, come ho detto, secondo il modo di scrivere di quel tempo
vengono menzionati soltanto i due concetti “udire” e poi l’immediato “seguire”,
tutte le altre frasi di passaggio e di collegamento invece vengono tralasciate
in quanto si capiscono da sé. Chi afferra bene questa regola che è stata data,
potrà riunire in un senso più comprensibile almeno la parte storica
dell’arcaica Scrittura, e così anche immaginarsi più facilmente il senso
interiore.
I primi
discepoli del Signore. La Sua capanna nel deserto, come origine degli eremitaggi.
Andrea e Pietro, i due fratelli pescatori. Cenni significativi, in occasione
dell’accoglienza di Simone, sul venire incontro da parte del Signore e la
testimonianza della verità interiore.
(Giov.1,
38-42)
(V.38) E Gesù si girò, vide
che i due Lo seguivano e disse loro: «Che cercate?». Ed essi Gli dissero:
«Rabbi (che, tradotto, vuol dire maestro) dove dimori?».
1. Questo versetto è anch’esso il seguito dei precedenti ed ha più
senso storico che spirituale. Infatti, da questo momento inizia, in maniera
ancora del tutto esteriore e materiale, il racconto della celebre accoglienza
degli apostoli; ciò avveniva nella stessa zona dove viveva Giovanni, cioè in
Bethabara, miserabile villaggio abitato da poveri pescatori. È per questo che i
due discepoli volevano sapere dove dimorassi, chiedendo quale fosse la Mia
capanna.
2. Siccome Mi ero intrattenuto in quella contrada, per un periodo di
quaranta giorni prima del battesimo, per preparare, mediante digiuni e altre
simili pratiche, il Mio Essere umano all’imminente ministero di predicazione,
risulta storicamente chiaro ed evidente come, a tale scopo, dovessi avere in
quel borgo anche una dimora. Questa si trovava proprio in quella contrada,
deserta ed estremamente inospitale, che avevo riconosciuto come la più adatta
ai Miei propositi.
3. I due discepoli sapevano che abitavo in quei paraggi già da qualche
tempo, perché, senza sapere Chi fossi, Mi avevano visto ormai parecchie volte.
Quindi essi non chiesero del Mio luogo natio, ma solo della Mia dimora nel
borgo di Bethabara, fatto per lo più di meschine capanne di pescatori,
costruite con giunchi ed argilla e che di solito avevano un’altezza appena
sufficiente per farvi stare in piedi un uomo.
4. Una simile capanna, costruita da Me stesso, l’ho abitata anche nel
deserto più interno. Da ciò traggono origine gli eremitaggi, esistenti ancora
oggi in quasi tutti i paesi cristiani.
(V.39) Egli disse loro:
«Venite e vedetelo!». Essi dunque andarono e videro e rimasero quel giorno
presso Lui. Era la decima ora.
5. Questa capanna non era lontana dal luogo dove abitava Giovanni, per
questo motivo dissi ai due discepoli: «Venite e vedetelo!». Subito dopo
l’invito Mi seguirono entrambi ed insieme raggiungemmo la Mia dimora. Essi si
meravigliarono molto che l’Unto del Signore abitasse una delle capanne più
misere, ubicata nel posto meno ospitale di quel deserto!
6. Oggigiorno questi avvenimenti non si situano nel periodo dell’anno
in cui i cristiani hanno l’abitudine di osservare un digiuno di quaranta
giorni, ma due lune (mesi) più tardi.
Raggiungemmo la Mia capanna, come dice il versetto, nell’ora decima, cioè,
secondo il modo attuale di conteggiare il tempo, circa alle tre di pomeriggio,
perché nel passato il levar del sole era indicato dalla prima ora del giorno. E
poiché il sole non sorge sempre alla stessa ora, non è possibile convertire
esattamente le ore di allora nelle unità di tempo usate oggi. È per questo che
prima ho detto: «Era circa l’ora terza del pomeriggio, quando raggiungemmo la
Mia dimora, dove entrambi i discepoli passarono quel giorno con Me fino al
tramonto». Ora, forse l’attento lettore si chiederà cosa abbiamo fatto nella
Mia capanna dalle tre fino alle otto circa. Questo avvenimento, in effetti, non
è descritto in nessun luogo. La cosa è molto semplice e si comprende facilmente
da sé. È chiaro che Io li istruii sulla loro destinazione futura ed indicai
loro come e dove avrei iniziato il Mio insegnamento e che, in quella contrada,
avrei accolto molti altri discepoli, che erano animati dallo stesso loro
spirito e da buona volontà. Nello stesso tempo diedi loro il compito di
chiedere ai loro colleghi, per la maggior parte pescatori, se c’era qualcuno
che volesse unirsi a Me. Su queste cose ci intrattenemmo in quello spazio di
tempo. Venuta la sera, li congedai entrambi ed essi se ne tornarono, in parte
lieti, in parte pensierosi, alle loro famiglie, perché avevano moglie e figli e
non sapevano cosa ne sarebbe stato di loro.
(V.40) Andrea, fratello di
Simon Pietro, era uno dei due, che avevano udito quel ragionamento da Giovanni
ed avevano seguito Gesù.
7. Uno dei due, di nome Andrea, decide subito di seguirMi ad ogni
costo, poi cerca suo fratello Simone, che era ancora occupato con le sue reti
da pescatore.
(V.41) Costui trova per
primo suo fratello Simone e gli dice: «Noi abbiamo trovato il Messia!».
(tradotto vuol dire: il Cristo).
8. Appena trovatolo, dopo varie ricerche, la sua prima preoccupazione è
quella di raccontargli, impazientemente, come egli abbia riconosciuto il Messia
promesso, insieme ad un altro discepolo, che non era fermamente deciso a
seguirMi.
(V.42) (Simone desidera
vedere Gesù) e Andrea lo conduce da Gesù. E Gesù, guardatolo in faccia, disse:
«Tu sei Simone, figlio di Giona, tu sarai chiamato Cefa (che vuol dire:
Pietra)!»
9. Simone, udendo allora il fratello parlare di Me, poiché non aveva
potuto assistere al battesimo, vuole vederMi al più presto. Andrea gli dice:
«Per oggi non è più possibile, domani mattina, all’alba, ti porterò da Lui!»
10. Simone, che non perdeva occasione di fantasticare intorno al
Messia, ritenendo che Egli sarebbe venuto in aiuto ai poveri ed avrebbe
completamente annientato i ricchi dal cuore indurito, risponde: «Fratello, non
c’è tempo da perdere; io abbandono subito tutto e Lo seguirò fino in capo al
mondo, se Egli lo vuole. Conducimi dunque subito da Lui, perché lo spirito mi
dice che devo vederLo e parlarGli oggi stesso. La notte è chiara e la Sua
capanna non è lontana; perciò incamminiamoci presto! Chissà se domani Lo
troveremo ancora!»
11. Dopo tanta insistenza, Andrea lo conduce da Me. Giunti però a tarda
notte vicino al luogo della Mia dimora, Pietro, rapito in dolce estasi, si
ferma a circa trenta passi dalla Mia capanna e dice ad Andrea: «Mi sento molto
strano! Un senso di inaspettata dolcezza e, nello stesso tempo, di angoscia
sorge nel mio cuore. Non ho più il coraggio di fare neanche un passo, pur
essendo pervaso da un ardente desiderio di vederLo!»
12. Nello stesso momento Io esco dalla Mia capanna e vado incontro a
loro. Ciò è indicato dalle parole «Io lo guardai in faccia». Si comprende
facilmente che il «venire visto da Me» significa che Io gradisco chi, come
Simone, si rivolge a Me, accettandoMi con predilezione nel suo cuore. Una tale
persona viene subito riconosciuta da Me, cioè accolta, ed Io gli do un nuovo
nome, che sarà la sua prima eredità nel Mio Regno. Simone ricevette, dunque, il
nome di Cefa, ovvero “roccia della fede in Me”, poiché, già da tempo, avevo
visto da quale spirito era ed è animato.
13. Queste Mie parole bastarono a provare a Simon Pietro che ero
veramente il Messia promesso. Da quel momento, nel suo cuore, non vi fu più
ombra di dubbio a Mio riguardo, né pronunciò mai una sillaba per chiederMi se
Io fossi il vero Messia, poiché l’unica sicura e valida garanzia gli era
offerta dal suo cuore. Entrambi i discepoli rimasero, dunque, da Me fino al
mattino e dal quel momento non Mi abbandonarono più.
Prova di abnegazione
dei due primi discepoli. La patria di Pietro. Vocazione di Filippo, un povero
maestro e suo presentimento circa la persona del Messia. Particolari sulla
vocazione di Natanaele. La ragione di questa spiegazione quale guida alla Luce
Vivente.
(Giov.1,
43-51)
(V.43) Il giorno seguente Gesù volle andare di nuovo in Galilea, e trova
Filippo e gli dice: «SeguiMi!»
1. Il giorno dopo dico ad entrambi: «Il Mio tempo in questo deserto
volge alla fine; partirò per la Galilea, da cui sono venuto. Volete venire con
Me? Siete liberi di decidere, perché lo so che voi avete moglie e figli e che
non vorreste abbandonarli tanto facilmente. Eppure vi dico che nessuno,
abbandonata qualcosa per causa Mia, la perderà, anzi gli sarà restituita
innumerevoli volte»
2. A queste parole rispose subito Pietro: «Signore! Per amore Tuo non
solo lascerei la moglie e i figli, ma darei pure la mia vita! I miei potranno
vivere anche senza di me, perché io stesso non sono che un mendicante e non
posso procurar loro che poco pane. La nostra pesca rende appena la metà di
quanto ha bisogno un uomo, quindi ancora meno potrebbe servire da sufficiente
nutrimento ad un’intera famiglia! Mio fratello Andrea mi è testimone. Noi siamo
nati a Betsaida, ma siamo dovuti venire qui, sulle rive del Giordano, deserte,
ma tuttavia ricche di pesce, ed è qui che, ultimamente, fummo battezzati da
Giovanni. Nostro padre Giona è ancora vigoroso, come lo sono pure le nostre
mogli e le nostre sorelle. Che il Cielo li benedica! Sono certo che essi
potranno farcela! Io perciò lodo i due e ci mettiamo in cammino».
(V.44) Filippo era però di
Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
3. Nel tratto di strada lungo la riva del fiume Giordano incontriamo
Filippo, anch’egli nativo di Betsaida. Questi, già di buon mattino, munito di
una rete inefficiente, era intento a procurarsi la colazione nelle acque del
fiume. Pietro Mi avverte della sua presenza e dice: «O Signore! Ecco,
quest’uomo soffre molto ed è molto povero, però è un uomo onestissimo e leale e
il suo cuore è colmo di vero timore di Dio! Perché Tu non gli permetti di
venire con noi?»
4. A questa amorevole proposta di Pietro non dico altro che: «Filippo,
seguiMi!». Senza farselo dire due volte, egli getta via i suoi arnesi da pesca
e Mi segue senza neppure chiedere dove. Subito dopo, durante il cammino, Pietro
gli dice: «Colui che noi seguiamo è il Messia!». Ma Filippo risponde: «Il mio
cuore me lo aveva già rivelato nel momento in cui la Sua amorevolissima Voce mi
ha chiamato».
5. Filippo era celibe e, poiché era molto versato nelle Sacre
Scritture, insegnava ai poveri pescatori. Egli conosceva anche personalmente
Giuseppe di Nazaret e quindi anche Me, e gli erano note molte delle vicende
accadute al tempo della Mia nascita e durante la Mia giovinezza. Filippo era
perciò uno dei pochi che avevano segretamente sperato che Io fossi il Messia.
Ma poiché, dal Mio dodicesimo anno di età, Io non avevo operato nulla di
meraviglioso, avendo lavorato e vissuto come un uomo qualsiasi, in molti era
andata man mano scomparendo quella primitiva impressione di meraviglia che la
Mia nascita aveva suscitato. Perfino i più entusiasti tra loro si misero a dire
che la Mia nascita aveva causato molta fama e molto rumore unicamente per la
sua coincidenza, insolita e sorprendente, con un insieme di apparizioni e di
circostanze, con le quali non vi era alcuna relazione. Osservavano, inoltre,
che nulla era rimasto della Mia genialità giovanile e che invano se ne sarebbe
cercata una traccia negli anni futuri! Ma Filippo e pochi altri avevano sempre
mantenuto una ferma speranza in Me ed in seguito si aspettavano grandi cose da
Me, poiché essi tenevano in gran conto la profezia di Simeone ed Anna,
enunciata nel Tempio, al tempo della Mia circoncisione.
(V.45) Filippo trova
Natanaele e gli dice: «Noi abbiamo trovato Colui, del Quale hanno scritto Mosè
nella Legge e i Profeti che è Gesù, Figlio di Giuseppe di Nazaret».
6. Filippo, che Mi seguiva, spera di incontrare per strada Natanaele.
Quando lo incontra seduto sotto un fico, intento a riparare le sue reti, pieno
di fervore gli dice: «Fratello, lungo questa strada io ti ho cercato con i miei
occhi da lontano; ora sono felice di cuore di averti trovato, perché devi
sapere che noi abbiamo trovato Colui del Quale hanno scritto nella Legge Mosè
ed i Profeti. Egli è, come presentivo, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret!»
(V.46) E Natanaele gli disse: «Cosa può venire
di buono da Nazaret?» Filippo gli disse: «Vieni e vedi da te!»
7. Udendo ciò, Natanaele quasi indignato esclama: «Chi non conosce il
perfido covo di Nazaret? Cosa può uscirne di buono? Sicuramente non il
Messia!». Ma Filippo rispose: «So bene che a tale riguardo ti sei sempre
opposto a me, anche se, in proposito, ti ho esposto cento volte le mie ragioni.
Ora però, vieni e persuaditi, convenendo che ho avuto ragione!»
8. Natanaele si alza pensoso, dicendo: «Fratello, questo sarebbe il
miracolo dei miracoli! Infatti è accertato che la stirpe di Nazaret è la
peggiore di tutto il mondo! Non è forse vero che con poca e vile moneta romana
di un nazareno si può fare tutto quello che si vuole? In quella tana già da
lungo tempo non c’è alcuna fede né in Mosè né nei Profeti! In breve, di un
nazareno puoi fare ciò che vuoi ed è ormai vecchia l’espressione “è peggiore di
un nazareno”. E tu sostieni che è da questo posto che viene il Messia al Quale
mi vuoi condurre, affinché io Lo veda? Sarà, sarà, niente è impossibile a Dio!
Vedremo!».
(V.47) Quando Gesù vede
venire Natanaele a Sé, dice ad alta voce di lui: «Ecco un vero israelita, nel
quale non c’è alcuna frode!».
9. Così dicendo, Natanaele e Filippo si dirigono verso di Me, nel
momento in cui, per riposarMi, Mi ero soffermato a circa cento passi dal luogo
dove essi dialogavano. Quando entrambi si trovano già vicini a Gesù, Questi
esclama ad alta voce: “Ecco, un vero israelita, nel quale non c’è alcuna
frode!”».
(V.48) Natanaele Gli dice:
«Come mi conosci?». Gesù risponde e gli dice: «Prima che Filippo ti chiamasse,
Io ti vidi quando tu eri sotto il fico».
10. Natanaele, enormemente meravigliato da questa pretesa, che è
estremamente vera e gli è rivolta ad alta voce dalla Mia bocca, chiede subito:
«Dove mi hai conosciuto per poter affermare ciò di me? Infatti solo Dio e io
stesso conosciamo il mio interiore. Io poi non ho mai decantato, né apertamente
divulgato le mie virtù. Come puoi dunque sapere come io sia costituito?». Io lo
guardo e dico: «Prima che Filippo ti chiamasse, Io ti vidi quando tu eri sotto
il fico!»
(V.49) Natanaele
risponde e dice a Gesù: «Rabbi! Tu sei veramente il Figlio di Dio, Tu sei il Re
d’Israele!»
11. Ciò che Io affermo, procura a Natanaele immensa sorpresa e nel suo
cuore commosso esclama: «Maestro! Anche se sei nazareno, Tu sei comunque
veramente il Figlio di Dio. Sei certamente il Re d’Israele, atteso ansiosamente
da lungo tempo, il quale libererà il Suo popolo dagli artigli dei nemici! O
Nazaret, Nazaret, quanto eri piccola e quanto grande divieni ora! L’ultima
diventerà elevata al rango di prima! O Signore! Quanto presto mi donasti la
fede! Com’è successo che ogni dubbio è svanito da me ed ora credo fermamente
che Tu sei il promesso Messia?».
(V.50) Gesù risponde e dice
a Natanaele: «Poiché Io ti ho detto che ti vedevo sotto il fico (prima che
Filippo ti chiamasse), tu credi. (Io però ti dico) tu vedrai cose maggiori di
questa!».
12. A questa domanda di Natanaele Io rispondo con le parole del V.50. e
gli dimostro che lui ritiene veramente che Io sia il Messia promesso, ma lo
crede forzatamente, perché ha scoperto in Me l’Onniscienza che può essere
attribuita solo a Dio. Aggiungo poi che in futuro egli vedrà cose ancora più
stupefacenti, facendogli capire che ora crede perché ha visto un miracolo, ma
in seguito egli crederà liberamente!
(V.51) E Gesù prosegue
dicendogli: «In verità, in verità vi dico che d’ora innanzi voi vedrete i Cieli
aperti e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo!».
13. E in verità, in verità Io vi dico: «D’ora in poi tutti voi vedrete
i Cieli aperti, e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo», il
che equivale a dire: «In avvenire, quando avrete ottenuto la rinascita del
vostro spirito da Me, allora verranno aperte le porte della vita. E voi allora,
quali angeli voi stessi, vedrete appunto gli uomini - resi angeli mediante Me
nella rinascita, e così in questi angeli resi anche “figli di Dio” - camminare
verso l’Alto, dalla morte alla vita eterna. All’inverso vedrete anche molti
spiriti angelici, creati come tali fin dai primordi, scendere da tutti i Cieli
a Me, il Signore di ogni vita, e qui calcare le Mie orme, quelle del Figlio
dell’uomo, seguendo il Mio esempio e la Mia testimonianza».
14. Ecco qui un modo per comprendere giustamente il primo capitolo.
Però, nessuno creda che le spiegazioni qui date siano sufficienti a chiarire
ogni cosa! Non illudetevi; questo dono è solo una guida pratica, per mezzo
della quale viene concesso, se animati di buona
volontà, di potersi addentrare nelle molteplici profondità della divina
Sapienza e di poter rilevare e riconoscere in ogni singolo versetto il vivente
significato che si manifesta in innumerevoli forme. Inoltre, questo dono è
posto quale regola capitale secondo cui tutto viene misurato e giudicato.
IL SECONDO
CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – cap. 2
Le
Nozze di Cana in Galilea – La Purificazione del Tempio
Connessione
del primo e secondo capitolo. Il Signore con i Suoi quattro discepoli nella
casa di Suo padre. Morte di Giuseppe. Vedute erronee di Maria sulla missione del
Messia. Giacomo, Giovanni e Tommaso accolti come apostoli. Cenni sulla
rispondenza spirituale degli avvenimenti accaduti alle nozze di Cana. I tre
stadi della rinascita.
(Giov.2, 1-5)
(V.1) E il terzo giorno si
fecero delle nozze in Cana di Galilea e la madre di Gesù era presente.
1. La congiunzione e che si trova subito all’inizio di questo cap.2,
v.1, indica che i due capitoli sono connessi tra loro. Ciò risulta chiaramente
dal fatto che le nozze in questione ebbero luogo presso una famiglia legata da
vincoli di amicizia molto stretti con la casa di Giuseppe. Questo avvenne il
terzo giorno dopo che lasciai Bethabara con i Miei discepoli, che, fino a quel
momento, erano solo quattro. Nel frattempo mi ero intrattenuto insieme ai Miei
quattro discepoli un’intera giornata in casa di Giuseppe, che non era più in
vita, presso la madre del Mio corpo che, con gli altri Miei fratelli si era
data un gran daffare per ospitarci nel modo migliore.
2. Maria sapeva bene, nel suo cuore, che era venuto il tempo che Mi
manifestassi come il Messia promesso e cominciassi ad agire; nonostante ciò,
essa non sapeva ancora in che cosa consistesse e come si sarebbe svolta la Mia
azione. Anche lei credeva alla completa espulsione dei Romani e alla
restaurazione del potente trono di Davide, il cui splendore, la cui gloria e la
cui divina maestà non sarebbero mai più stati offuscati, né vinti per
l’eternità.
3. La brava Maria, come tutti i Miei parenti terreni, credevano dunque
che il Messia raffigurasse il vincitore dei Romani e degli altri nemici della
Terra Promessa. Anche i migliori avevano quasi la stessa idea del promesso
Messia. Del resto, ancora oggi, molti fra gli onesti hanno opinioni
assolutamente erronee riguardo al Regno dei Mille anni. In proposito, però, non
era ancora giunto il tempo che Io dessi loro un’idea differente.
4. Perciò, se nella Mia famiglia, iniziando da Maria, questa era
l’opinione intorno al futuro Messia, si può facilmente capire come i conoscenti
e gli amici di famiglia non potevano averne una migliore.
5. È appunto per questo che, in molte famiglie, Io ero oggetto di
grandi attenzioni. Naturalmente lo erano anche quelli che eleggevo come Miei
discepoli; infatti anche Giacomo e Giovanni avevano deciso di diventare Miei
discepoli per regnare sui popoli della Terra con Me! Essi avevano già
dimenticato quasi del tutto ciò che Io, in maniera chiara, avevo predetto loro
al tempo della Mia infanzia.
(V.2) Ora, anche Gesù, con i
suoi discepoli, fu chiamato alle nozze.
6. Come ho già detto, presso tutte le migliori famiglie di Nazaret e
dintorni, anzi in quasi tutta la Galilea, Io ero ritenuto il futuro liberatore
del Paese dal giogo dei Romani. E sebbene fossero trascorse solo poche lune (mesi) dal momento in cui la Mia azione
iniziava nuovamente a giustificare questa credenza, nella cerchia di parenti ed
amici rifiorivano dopo un sonno e un abbandono di diciotto anni, molte delle
speranze nutrite sul Mio conto. È per questa fama che, insieme ai Miei
discepoli, a Maria Mia Madre e a molti altri parenti e conoscenti, venni
invitato alle nozze che si celebravano presso una ragguardevole famiglia di
Cana, vecchia e piccola città della Galilea, nelle vicinanze di Nazaret.
Durante la festa, trascorsa con gioia, i quattro discepoli di Bethabara si
rivolsero a Me con questa osservazione:
7. «Signore! Qui si vive molto meglio che in Bethabara! Con ogni
probabilità crediamo che anche il povero Giovanni sarebbe lieto di potere, una
volta in vita sua, prendere parte ad un simile banchetto, rinunciando ai suoi
pasti disgustosi di locuste cotte e di miele selvatico!». (Esistono da queste
parti, come pure in Arabia, delle locuste grosse come un piccione, che si
cucinano e si mangiano come fate voi con i gamberi).
8. Io risposi: «Voi non potete ancora capire perché Giovanni debba
vivere così; egli vive così perché si compiano le Scritture. Ma tra non molto
avrà una vita migliore. Gerusalemme non lo lascerà più a lungo vagare nel
deserto. Dovrà, d’ora innanzi, diminuire, affinché un Altro cresca!
9. Andrea, dov’è il discepolo che insieme a te venne per primo da Me?
Ci sta seguendo o rimarrà in Bethabara?». Andrea risponde: «Eccolo appunto
venire; egli aveva ancora qualcosa da sbrigare». Io dissi: «Va bene così,
poiché dove c’è un Cefa deve pure esserci un Tommaso!». Al che Andrea risponde:
«Sì, questo è il suo nome! Egli è un’anima onesta, ma sempre piena di scrupoli
e di dubbi, però quando intraprende un’opera che gli sta a cuore, non se la
lascia sfuggire. Inoltre ha un cuore generosissimo e ricevette questo nomignolo
proprio per questo. Eccolo Signore, posso chiamare questo fratello gemello?».
Dico Io: «Sì, fallo pure! Infatti alle nozze deve
essere invitato chiunque viene nel Mio Nome!»
(V.3) Ed essendo venuto a
mancare il vino, la madre di Gesù gli dice: «Non hanno più vino».
10. Secondo l’uso di allora, ogni nuovo ospite che arrivava doveva
essere onorato con un calice di vino. Maria però aveva osservato già da un po’
che la provvista di vino si era esaurita e che, secondo l’usanza, non si
sarebbe potuto dare il benvenuto al nuovo arrivato. Perciò in segreto Mi disse:
«Mio caro Figlio, quale disagio! Essi non hanno più vino! Potresti procurarne
Tu (almeno per questo nuovo ospite)?».
(V.4) Gesù le dice: «Che c’è
tra te e Me o donna? La Mia ora non è ancora venuta».
11. Alla richiesta di Maria, Io, di fronte agli invitati, piuttosto
ambiguamente ma dolcemente, come si usava fare a Nazaret, rispondo: «Donna
(madre), che importa ciò a Me e a te? Come invitato non è Mio compito offrire
del vino. La Mia ora non è ancora venuta!». (In quel tempo e specialmente in
quel luogo, era usanza che ogni uomo invitato a nozze contribuisse al banchetto
nuziale con un dono consistente in una misura di vino. Vi si osservava però una
certa regola, secondo la quale i doni dei parenti più prossimi venivano
consumati per primi; esauriti questi, si ricorreva allora, sempre per grado
discendente, ai doni dei parenti più lontani e dei non consanguinei). Maria era
a conoscenza che ormai tutta la provvista di vino era già stata consumata; lei
si rivolse quindi a Me, perché, essendo arrivato un nuovo ospite, non era
rimasta neppure una goccia di vino per poterlo accogliere come l’uso
prescriveva. Così Mi esortò a non badare, per quella volta, all’ordine tenuto
abitualmente! Si noti che, in simili casi, Maria ci teneva molto all’osservanza
delle antiche tradizioni e, benché non Mi mostrassi molto disposto a fare ciò,
essa, che Mi conosceva bene, era sicura che non avrei mai lasciato inadempiuto
un suo desiderio.
(V.5) Sua madre disse ai
servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!».
12. Allora, fidandosi di Me, lei si rivolse ai servitori e disse loro:
«Fate quello che Mio Figlio vi dirà!»
13. Questo è solo il senso puramente storico di questi versetti del secondo
capitolo. Ma all’interno di questo avvenimento storico o – come si dice – da
questa storia emerge un significato spirituale e perciò profetico, significato
facile da trovare, se si medita un po’ più in profondità.
14. A chi potrà sfuggire l’evidentissima
rispondenza tra queste nozze, tre giorni dopo il Mio ritorno dal deserto di
Bethabara, e la Mia risurrezione, tre giorni dopo la Mia crocifissione?
15. Con queste nozze si indicò nello spirito profetico ciò che Mi
sarebbe successo tre anni dopo; cioè proprio il fatto che, nel senso un po’ più
ampio, Io, tre anni dopo, avrei sicuramente e certamente celebrato, con tutti i
Miei seguaci e quelli che Mi amavano veramente come un eterno Sposo, le nozze
nella loro rinascita alla vita eterna.
16. Più in generale si può notare che la storia delle nozze, che ebbe
luogo tre giorni dopo il Mio ritorno dal deserto, corrisponde anche ai tre
stadi attraverso i quali ogni uomo deve passare per poter giungere alla
rinascita dello spirito, o alle nozze della vita eterna nella grande Cana della
Galilea celeste.
17. Questi tre stadi sono: per prima cosa il dominio della carne, poi
la purificazione dell’anima mediante la viva fede, che naturalmente si deve
mostrare operante attraverso l’amore, poiché senza l’amore la fede è morta, ed
infine la risurrezione dello spirito dalla tomba del Giudizio, simboleggiata
perfettamente dalla risurrezione di Lazzaro. Chi mediterà un po’ su queste
chiarificazioni, potrà facilmente comprendere le cose che seguono.
18. Avendo scrutato quindi il senso spirituale della storia di queste
nozze in generale, vogliamo ora ulteriormente seguire lo svolgersi degli
avvenimenti delle nozze in questione, per esaminare alla fine le rispondenze
che vi riscontreremo.
Ulteriori
avvenimenti alle nozze di Cana. Il miracolo del vino e sue conseguenze.
Confessione di
Pietro, testimonianza del Signore sulla Sua missione.
Importante
brindisi di Pietro. Cenni sullarrispondenza
(Giov.2, 6-11)
(V.6) Ora, vi erano qui sei
brocche d’acqua fatte di pietra, usate per la purificazione degli ebrei, che
contenevano da due a tre misure ciascuna.
1. Dopo che Maria ebbe comandato ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli
vi dirà!», anch’Io Mi rivolsi a loro e dissi che riempissero di acqua le sei
brocche di pietra, che potevano contenere da due a tre misure per una e lì
erano destinate alla purificazione degli ebrei. Va osservato che gli abitanti
di Nazaret e di Cana, ormai, non le tenevano più in gran conto, perciò tali
brocche servivano più come ornamento che per lo scopo cui erano destinate in
origine.
(V.7) Gesù disse loro:
«Riempite d’acqua le brocche!». Ed essi le riempirono fino all’orlo.
2. I servitori eseguirono subito il Mio ordine, ma pensando più che altro
che il nuovo arrivato intendesse lavarsi e pulirsi secondo la vecchia usanza.
L’ospite entrò e si sedette al posto indicato, senza essersi prima lavato le
mani. Questo sconcerta non poco i servitori, che si chiedono tra loro: «Perché
abbiamo dovuto riempire d’acqua queste brocche pesanti? Questo ospite non ne fa
alcun uso e noi abbiamo fatto una fatica inutile». Allora Io gli rispondo:
«Perché non lo avete fatto notare prima, invece di mormorare a causa di questa
fatica? Non avete udito ciò che Maria Mi ha appena detto, cioè che gli ospiti
non hanno più vino? Io ho tramutato in vino l’acqua di queste brocche non, come
può sembrare, con l’uso della magia, ma per mezzo della Potenza divina che
risiede in Me. E questo è stato fatto anche se non è ancora giunta la Mia ora,
né riguardo alle usanze, né spiritualmente, per manifestare la Gloria di Colui
che loro dicono sia il loro Dio, ma che non hanno ancora riconosciuto».
(V.8) E Gesù prosegue
dicendo ai servitori: «Attingete ora e portatelo al maestro di mensa!». E i
servitori lo fecero subito.
3. «Prendetene ora una tazza piena e portatela anzitutto al maestro di
mensa, affinché lo assaggi e ne dia un giudizio!». I servitori, confusi a causa
della trasformazione dell’acqua, portano subito il vino al maestro di mensa per
farglielo assaggiare.
(V.9) E come il maestro di
mensa assaggiò il vino, che era stato acqua e non sapeva, a differenza dei
servitori, da dove provenisse quel vino, chiamò lo sposo.
4. Il maestro di mensa, spalancando gli occhi, fa chiamare subito lo
sposo, al quale dice: «Sembra che tu non conosca per niente le nostre usanze!»
(V.10) E gli dice: «Ogni
uomo presenta prima il buon vino e, dopo che gli ospiti ne sono inebriati, il
meno buono, ma tu hai tenuto il buon vino fino ad ora!».
5. «Agli ospiti non si serve dapprima il buon vino e, non appena ne
sono diventati brilli e il loro palato si è attenuato, si presenta
loro il vino più scadente? Tu però hai fatto precisamente il contrario!»
6. Ma lo sposo gli rispose: «Tu parli come un cieco, che volesse
ragionare di colori! Vedi, questo vino non è stato spremuto in nessun luogo
della Terra, ma è giunto sulla nostra mensa, come la manna, dai Cieli. È chiaro
che deve essere molto migliore di ogni altro vino prodotto dalla terra!»
7. Risponde il maestro di mensa: «Credi che io sia pazzo, o lo sei tu?
Come può venire un vino, dai Cieli, sulla tua tavola? Dovrebbe sedere a mensa
Jehova in persona, oppure il Suo servo Mosè!»
8. Ma lo sposo disse: «Vieni e persuaditi da te stesso del prodigio!»
9. Il maestro di mensa, accompagnato dallo sposo nella sala del
banchetto, nota che le sei brocche erano colme di vino della migliore qualità
e, convinto che il miracolo era realmente accaduto, esclama: «Signore, perdona
i miei peccati! Questo solo Dio può farlo e Dio deve essere certamente qui tra
noi! Infatti nessun uomo può fare una cosa simile»
10. Allora venne servito il vino agli ospiti e, quando l’ebbero
assaggiato, dissero tutti: «Un tale vino non è certo dei nostri paesi! Questo è
davvero un vino celeste! Onore a Colui Cui Dio concesse tanta potenza!»
11. Quindi tutti bevvero, brindando a Me e a Tommaso, l’ospite che era
arrivato poco prima.
12. In seguito tutti i presenti alle nozze credettero, senza ombra di
dubbio, che Io fossi il Messia promesso.
13. Pietro, in segreto, così Mi disse: «Signore, lasciami andare
nuovamente via! Infatti Tu sei Jehova stesso come il
Tuo servitore Davide ha profetizzato di Te nei suoi salmi, mentre io non sono
che un povero peccatore, assolutamente indegno di Te!»
14. Io gli rispondo: «Se tu ti reputi indegno di camminare al Mio
fianco, chi ritieni ne sia dunque degno? Io però ti dico che non sono disceso
per i forti, chiunque essi siano, ma soltanto per i deboli e gli ammalati. Chi
è sano non ha bisogno del medico, mentre è all’ammalato e al debole che egli
deve prestare soccorso. Resta al Mio fianco con coraggio, poiché da lungo tempo
ho perdonato i tuoi peccati e, anche se tu dovessi ancora peccare, standoMi
vicino ti elargirei di nuovo il Mio perdono. Infatti potrai raggiungere la tua
perfezione, che dipende unicamente dalla Grazia dall’Alto, non attraverso la
tua forza, ma per la tua debolezza, per mezzo della quale Mi hai conosciuto e
sei diventato una roccia nella fede»
15. Udendo queste Mie parole, Pietro, piangendo e colto da grande
entusiasmo, esclama: «Signore, anche se tutti Ti dovessero abbandonare, io non
Ti abbandonerò, poiché le Tue sante parole sono Verità
e Vita!»
16. Detto ciò, Pietro si alza, prende il calice, e così prosegue: «Sia
tu beato, o Israele, e beati pure noi! Perché siamo divenuti testimoni
dell’adempiuta promessa. Dio ha visitato il Suo popolo! Quello che prima era
difficile da credere, ora si è adempiuto davanti ai nostri sensi! Non ci serve
più gridare dal nostro abisso verso l’Alto, perché il Sommo dei sommi è sceso a
noi, nel profondo baratro della nostra miseria! Perciò grande onore dunque a
Colui che siede qui fra noi, e che, per la Sua Potenza e la Sua Grazia, ci ha
donato questo vino, perché credessimo in Lui e d’ora in poi in Lui onorassimo
Dio!». Dopo queste parole, Pietro e gli ospiti cominciano a bere e quest’ultimi
esclamano: «Costui è un uomo giusto!»
17. Io però, confidenzialmente, faccio osservare a Pietro: «Non è la
tua carne, che ti ha suggerito questo, ma il Padre, che è in Me, l’ha rivelato
al tuo spirito. Da questo momento tieni a freno la tua lingua. Verrà certamente
il tempo in cui dovrai gridare, perché il mondo ti senta!». Dopo questa scena
subentrò nuovamente la calma fra gli invitati e da quel momento tutti i presenti
credettero in Me e videro in Me il vero Messia, venuto a liberarli dai loro
nemici.
(V.11) Questo è il primo
segno che Gesù fece, ed è dunque accaduto in Cana di Galilea, e manifestò la
Sua gloria. E i suoi discepoli credettero allora fermamente in Lui.
18. Questo fu anche il primo segno straordinario che Io ho compiuto
all’inizio della grande Opera di redenzione, davanti agli occhi di molti, e in
questo segno mostrai, anche se velatamente, la successiva grande Opera; ma
neppure uno di tutta la compagnia lo comprese. Infatti, come il Mio digiuno nel
deserto prefigurava la persecuzione di cui fui vittima a Gerusalemme da parte
del Tempio, e il battesimo di Giovanni prefigurava la Mia morte sulla croce,
così questo sposalizio significava la Mia risurrezione, e il segno divenne un
modello della rinascita dello spirito per la vita eterna.
19. Infatti come Io tramutai l’acqua in vino, così la natura materiale
dell’uomo, che vive secondo la Parola della Mia bocca, verrà trasformata in
spirito!
20. Pertanto, ciascuno deve seguire, nel suo cuore, il consiglio di
Maria dato ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!», allora Io farò ad
ognuno un segno simile a quello fatto in Cana di Galilea, nel quale e dal quale
chiunque vivrà secondo la Mia Parola, potrà riconoscere più facilmente in se
stesso la rinascita dello spirito.
Il Signore e i
suoi discepoli a Cafarnao. Adempimento di una promessa di Isaia.
Inizio della predicazione
del Signore e il suo duplice effetto. Cenno sullo spirito mercantile. Il
Signore e i Suoi discepoli alla festa di Pasqua a Gerusalemme. Cenno sulla
Pasqua a quell’epoca. Il Tempio di Dio usato come mercato del bestiame e come
cambiavalute.
(Giov.2,
12-13)
(V.12) Dopo questo, discese
in Cafarnao, Egli e Sua Madre e i Suoi fratelli e i Suoi discepoli e stettero
qui non molti giorni.
1. Sette giorni dopo queste nozze, Io lasciai Nazaret ed insieme a
Maria, i miei cinque fratelli, due dei quali erano diventati Miei seguaci, e
gli altri discepoli accolti fino a quel momento, scesi a Cafarnao. Questa, a
quel tempo, era una città commerciale molto importante, situata sul Mare di
Galilea e precisamente al confine tra Zabulon e Neftali. Non lontano da questa,
nei pressi di Bethabara, dall’altra parte del Giordano, era situata la località
dove Giovanni battezzava, quando quel fiume, alcune volte totalmente asciutto,
aveva una quantità d’acqua sufficiente.
2. Ci si potrebbe chiedere che cosa andassi a fare in quella città,
divenuta quasi interamente pagana. Per comprenderlo, basta leggere quanto è
predetto in Isaia 8,23; 9,1: «Come nei tempi passati egli ha coperto di
obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così, in avvenire, coprirà
di gloria la terra vicino al mare, oltre il Giordano e la Galilea dei Gentili.
Il popolo, che camminava nelle tenebre, ha visto una grande luce. Su coloro,
che abitavano nel paese dell’ombra della morte, si è levata una luce».
3. Chi considera questo testo di Isaia e sa che dovevo adempiere le
Scritture dalla A alla Z, comprenderà chiaramente il motivo per cui scesi da
Nazaret a Cafarnao. In quel paese dovevo eleggere, inoltre, altri due
discepoli, cioè Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo. Anch’essi erano dei pescatori
ed esercitavano la loro attività presso il Mare di Galilea, non lontano dalla
foce del Giordano, vicino al luogo dove pescavano Pietro ed Andrea e qui,
anch’essi, avevano il diritto di pescare nel mare.
4. Quando questi ultimi due discepoli furono accolti e Mi ebbero
riconosciuto in virtù delle Mie parole e delle convincenti testimonianze di
quelli che Mi seguivano, Io, come ero solito, iniziai subito ad istruire gli
uomini, esortandoli a penitenza, perché il Regno di Dio era vicino. Andai nelle
loro sinagoghe e qui predicai. Un gran numero di essi credette, ma molti si
arrabbiarono e pensarono perfino di metterMi le mani addosso e di farMi cadere
nel mare da un monte. Io però sfuggii loro con tutti quelli che erano con Me e
Mi recai a visitare alcuni piccoli luoghi sul Mare di Galilea, annunciando il
Regno di Dio e sanando molti ammalati. I poveri e i semplici Mi credettero e Mi
accolsero benevolmente, anzi un gran numero di essi si unirono a Me, seguendoMi
ovunque, come gli agnelli seguono il loro pastore.
5. Quindi non Mi trattenni che brevemente a Cafarnao, essendovi, in
questo posto, poca fede e meno ancora amore, poiché la città era dedita agli
affari e al commercio. Infatti, là dove il commercio e gli affari tengono
occupati gli uomini, non vi è più posto per la fede e per l’amore e dove questi
ultimi sono venuti meno, Io posso fare poco o niente.
(V.13) Ora la Pasqua degli
ebrei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme.
6. Essendo prossima la Pasqua degli ebrei, Io salii a Gerusalemme,
insieme a quelli che erano con Me. Ebbene, la Pasqua degli ebrei non coincideva
con i periodi oggi fissati presso le comunità cristiane, che talvolta la
celebrano già nel mese di marzo; in quel tempo la festa cadeva all’incirca tre
mesi più tardi! A Pasqua, in occasione del primo raccolto dell’anno, venivano
portate a Jehova delle offerte di orzo, grano e frumento. In questo periodo si
mangiava già il pane nuovo, che però non era lievitato, come prescriveva la
Legge. Infatti nessuno in paese poteva mangiare pane lievitato.
7. Quindi la festa degli Azzimi poteva avere luogo solo quando il grano
del nuovo raccolto poteva essere trasformato in farina, non però quando il
grano viene seminato. Infatti, in Giudea, se l’annata è favorevole, il grano
matura quattordici o venti giorni prima che qui da voi, perché, se in Egitto è
raro che la mietitura del frumento e del grano possa essere fatta prima della
fine di maggio, figuriamoci in Giudea, dove la temperatura è considerevolmente
più bassa che in Egitto.
8. Il tempo degli Azzimi era dunque giunto ed Io Mi recai perciò, con
tutti quelli che erano con Me, nella capitale della Giudea, chiamata anche “la
città di Dio”, traduzione adeguata del termine Gerusalemme, che vuol proprio
dire la città di Dio.
9. E poiché per l’occasione una grande moltitudine affluiva a
Gerusalemme, tra cui i pagani che là compravano e vendevano ogni tipo di
mercanzie, come utensili, tessuti, bestiame e frutta di ogni tipo, questa festa
aveva perduto totalmente il suo carattere religioso e santo e l’avidità del
guadagno spingeva, in quei giorni, perfino i sacerdoti a cedere in locazione ai
mercanti, ebrei o pagani che fossero, i cortili e gli atri del Tempio in cambio
di un compenso considerevole. Con tale affitto, a Pasqua, il Tempio riscuoteva
oltre mille denari d’argento, importo allora ritenuto enorme e che equivaleva a
più di centomila fiorini della vostra moneta.
10. Io salii dunque a Gerusalemme al tempo del sommo sacerdote Caifa.
Costui, da uomo astuto, aveva mantenuto quella carica, molto redditizia, per
più di un anno. Inoltre l’osservanza della legge mosaica si era ridotta, a quei
tempi, ad una cerimonia svuotata di ogni senso e nessun sacerdote ci teneva in
realtà più di quanto ci tenesse alla neve caduta un secolo prima, però, in
compenso, per quello che riguarda la vana cerimonia completamente svuotata, era
stata spinta agli estremi allo scopo di ingannare il povero popolo.
11. Perfino all’interno del Tempio si riservavano dei posti da affittare
ai venditori di colombe e ad alcuni piccoli banchieri. Questi ultimi
possedevano monete di piccolo taglio di ogni tipo, come grossi e stateri, che,
in cambio di un piccolo aggio, sostituivano con denaro di grosso taglio, come
monete romane d’oro e d’argento o denaro usato dai Romani nei traffici di
bestiame (pecunia). Ciò avveniva soprattutto con coloro che avevano bisogno di
spiccioli. Infatti, com’è noto, i Romani, nell’acquistare il bestiame, si
servivano di monete particolari, che portavano impressa la figura dell’uno o
dell’altro animale. In simili casi, il venditore di bestiame richiedeva di
essere pagato con quelle monete il cui conio raffigurava la specie di animale
venduto. Naturalmente, i banchieri sia grandi che piccoli, potevano cambiare la
pecunia con altra moneta; solo che l’aggio era più forte che non con altri tipi
di denaro.
Gli abomini
del Tempio durante la Pasqua. Pietro e Natanaele si scandalizzano.
Un vecchio
ebreo testimonia sugli abomini del Tempio. Purificazione del Tempio da parte
del Signore.
(Giov.2,
14-17)
(V.14) E trovò nel Tempio
coloro che vendevano buoi, pecore e colombi e i cambiamonete che sedevano.
1. Questa era la situazione quando Io giunsi in Gerusalemme. Il popolo,
desideroso di visitare il Tempio, temeva di entrare a causa del bestiame che vi
era introdotto, perché spesso i buoi si imbizzarrivano e causavano dei danni
agli uomini e agli arredi sacri. Inoltre, nel Tempio, regnavano un tale fetore
e un tale strepito che era difficile resistervi e avveniva che, se qualcuno si
arrischiava in quella confusione, perdeva tutto quanto avesse indosso. Tale
scandalo era arrivato agli estremi della Mia sopportazione e Pietro e Natanaele
Mi dissero: «Signore, non hai più tuoni e fulmini? Guarda là! Quei poveretti
piangono davanti al Tempio. Chissà da quale paese lontano essi vengono per
onorare Dio e, a causa dei buoi e delle pecore che gremiscono il Tempio, non
possono nemmeno entrarvi; e molti di quelli, che con sforzo si arrischiano
riuscendo a mettervi piede, quando ne escono, si lamentano di essere stati
completamente derubati e di essere rimasti quasi soffocati per il fetore! Ah,
questo è davvero troppo! Tali eccessi devono a qualsiasi costo finire, perché
sono molto più malvagi di quelli commessi a Sodoma e Gomorra!»
2. Un vecchio ebreo straniero sente questo discorso, si avvicina e
dice: «Cari amici, voi non sapete tutto. Io stesso però ero fino a tre anni fa
un comune servitore del Tempio e potrei, a tale proposito, raccontarvi cose che
al solo pensarci mi fanno venire i brividi fin dentro le ossa!»
3. Io rispondo: «Amico, tieni per te ciò che sai, poiché Io conosco
bene tutto quello che è successo. Ma stanne certo, il vaso ormai trabocca ed
oggi saranno ancora manifestate la Potenza e l’Ira di Dio nel Tempio. Perciò
allontanatevi un momento dalle porte del Tempio, per non rimanere danneggiati
quando tra breve la Potenza divina caccerà fuori i sacrileghi. Così essi non si
permetteranno più di commettere simili misfatti».
4. Udendo le Mie parole, quell’ebreo si allontanò lodando Dio, poiché
dal Mio discorso egli Mi considerò un profeta e andò dal gruppo di suoi
conoscenti che, tra giovani e vecchi, erano circa un centinaio. Quando raccontò
quanto aveva appreso da Me, tutti espressero il loro giubilo e cominciarono a
glorificare ad alta voce Dio per avere inviato loro, nuovamente, un grande
profeta.
(V.15) Ed Egli, fatta una
frusta di cordicelle, li scacciò tutti fuori dal Tempio, insieme con i buoi e
le pecore e sparpagliò le monete dei cambiavalute e ne riversò le tavole.
5. Io però dissi a Pietro: «Va’ dal funaiolo qui vicino, compera tre
solide corde e portale qui!». Pietro eseguì subito l’ordine e Mi portò tre
forti funi che Io intrecciai prontamente, formandone una frusta resistente.
Presi quindi la frusta nella Mia destra, e ai Miei discepoli e a quelli che Mi accompagnavano dichiarai: «Venite con Me nel Tempio e siate
testimoni, perché lo Splendore e la Potenza divina, che sono in Me, saranno di
nuovo manifestate davanti a voi!»
6. Dopo queste parole Io entrai nel Tempio, precedendo naturalmente i
discepoli e, mentre avanzavo, Mi aprivo un varco, lasciando il passaggio libero
a quelli che Mi seguivano, per quanto lo concedeva il suolo completamente
coperto di immondizie e di escrementi.
7. Arrivammo così all’ultimo atrio del Tempio dove, a sinistra, i
negozianti più agiati tenevano esposti in vendita le loro pecore e i loro buoi.
La parte destra di tutti e tre gli atri era occupata, invece, dai banchieri. Io
salii subito sui gradini della porta e con voce tonante esclamai: «Sta scritto
che la Mia casa è un luogo d’orazione, voi però ne avete fatto una spelonca di
criminali! Chi vi ha dato il diritto di profanare così il Tempio di Dio?»
8. Ed essi gridarono: «Noi abbiamo comperato a caro prezzo i nostri
diritti dal sommo sacerdote e siamo perciò sotto la sua protezione e sotto la
protezione di Roma»
9. Io rispondo: «È vero, voi siete protetti dal sommo sacerdote e da
Roma, ma il braccio di Dio è però contro di voi e i vostri protettori. Chi
potrà difendervi quando Egli lo stenderà su di voi e su coloro che vi
proteggono?»
10. A queste parole, tanto i mercanti quanto i cambiamonete
replicarono: «Dio dimora nel Tempio ed i sacerdoti sono di Dio; questi possono
fare qualcosa contro il Suo consiglio? Coloro che essi proteggono li protegge
quindi anche Dio!»
11. Io nuovamente rispondo a voce molto alta: «O stolti sacrileghi,
cosa dite? È vero, i sacerdoti occupano ancora i seggi di Mosè e di Aronne; essi però non servono più Dio, ma Mammona, cioè il diavolo,
e il loro e il vostro diritto proviene dal demonio ed eternamente mai da Dio!
Perciò alzatevi subito e sgomberate il Tempio, altrimenti il male vi coglierà!»
12. I mercanti si misero allora a ridere e dissero: «Guardate un po’ la
sfacciataggine di questo volgarissimo nazareno! Gettatelo subito fuori dal
Tempio!». Molti allora si alzarono e fecero cenno di volerMi mettere le mani
addosso.
13. Io però alzai la Mia destra armata di frusta e cominciai a colpire
le loro teste con la Mia Forza divina. La parte colpita provocava dolori
fortissimi, quasi insopportabili, anche agli animali. Un urlo terribile si alzò
allora da quella massa disordinata di uomini e di bestie; queste ultime,
infuriate, si misero a correre all’impazzata rovesciando nella fuga tutto ciò
che trovavano davanti, mentre i mercanti e i loro clienti, abbandonando tutto,
fuggirono con spaventose grida di dolore. Io colsi l’occasione e rovesciai,
aiutato dai Miei discepoli, tutti i tavoli dei cambiavalute, spargendone a
terra il denaro.
(V.16) Ed a coloro che vendevano i colombi disse: «Togliete di qui queste
cose e non fate della Casa di Mio Padre una casa di mercato!»
14. Mi diressi poi in quella parte del Tempio, dove numerosi mercanti
di colombe attendevano i compratori, con le loro gabbie colme di ogni tipo di
volatili. Questi mercanti erano di solito povera gente, non avidi di facili
guadagni come gli altri trafficanti; inoltre, la vendita di colombe nel Tempio
era una vecchia consuetudine, anche se in origine la cosa era stata permessa
solo nel primo cortile esterno al Tempio. Io Mi limitai quindi ad ammonirli e
dissi loro: «Portate queste cose fuori di qui e non fate che la Casa di Mio
Padre divenga una casa di mercato. Il luogo destinato a ciò è nel primo cortile
esterno; recatevi là!». Quei poveretti allora si allontanarono senza replicare
e rioccuparono il loro antico posto. Ecco come avvenne la purificazione del
Tempio.
(V.17) E i Suoi discepoli si
ricordarono che stava scritto: «Lo zelo per la Tua Casa Mi ha consumato».
15. Poiché questa purificazione aveva suscitato grande rumore, i
discepoli, nel loro animo, temevano che i sacerdoti non avrebbero tardato ad accusarci
presso le autorità romane e a farci arrestare come sobillatori. Così sarebbe
stato poi più difficile sottrarsi alla colpevolezza e al conseguente
disonorevole castigo, perché è scritto: «Lo zelo per la Tua Casa Mi ha
consumato»
16. Io però dissi loro: «Non abbiate alcun timore! Date un’occhiata
negli atri del Tempio ed osservate come i servitori e i sacerdoti sono ora
tutti intenti a raccogliere il denaro abbandonato dai banchieri, per riempirne
le loro sacche! Certamente essi verranno poi a chiederci, per riguardo ai
danneggiati, con quale diritto noi abbiamo fatto una cosa simile, ma nel loro
cuore essi ne sono più che soddisfatti, perché questo subbuglio farà loro
fruttare circa mille borse d’oro e d’argento, e una grande quantità di altro denaro
che non restituiranno mai più ai legittimi proprietari. Per il momento essi
sono troppo occupati e non hanno tempo di chiederci ragione del fatto, né
prenderanno nota di un’eventuale imputazione contro di noi, come è pure
improbabile che i danneggiati, essendo fortemente scossi, muovano subito
un’accusa contro di Me. Siate perciò del tutto tranquilli.
17. È vero; in loro presenza lo zelo per la Mia Casa Mi consumerà, ma
il momento non è ancora arrivato! Al massimo alcuni degli ebrei qui presenti
vorranno sapere chi Io sia e su quale base abbia operato ciò ed esigeranno
anche che Io Mi giustifichi. So già che queste cose devono accadere e che noi
non ne avremo alcun danno. Come potete notare, davanti alla cortina vi sono già
alcuni che, nel loro interesse, vogliono interrogarMi in proposito; non
mancheremo dunque di dare loro un’adeguata risposta!».
Parola
profetica del Signore sulla distruzione e riedificazione del Tempio in tre
giorni. Incapacità di comprensione degli ebrei; essi vengono destinati ai
discepoli. Testimonianza e confessione dei Suoi discepoli. Il Signore dà una
grande testimonianza di luce agli ebrei, ma essi vogliono vedere miracoli.
(Giov.2,
18-22)
(V.18) Perciò gli ebrei
dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».
1. Mentre Io ero intento a rassicurare i Miei discepoli, alcuni ebrei
si avvicinarono e Mi dissero: «Noi abbiamo appena assistito alla Tua poderosa
Azione, la Tua Mano faceva fuggire uomini e bestie come polvere trasportata dal
vento e nessuno è ritornato a riprendere il denaro sparso per terra! Chi sei Tu
e quale segno (intendevano un attestato dell’imperatore) puoi mostrarci per
poter giustificare quanto hai operato? Non conosci la ferrea rigidità delle leggi,
che per quello che hai fatto Ti possono condannare?».
(V.19) Gesù rispose e disse loro: «Disfate questo Tempio e in tre giorni
Io lo ricostruirò!»
2. Io rispondo: «Se non le conoscessi e non ne avessi avuto rispetto,
non avrei fatto ciò. Ma voi Mi chiedete che vi mostri un’autorizzazione
ufficiale; vi faccio osservare, invece, che non possiedo un tale documento;
però, disfate questo Tempio ed in tre giorni esso
sorgerà nuovamente, completamente ricostruito!»
(V.20) Allora gli ebrei
dissero: «Questo Tempio è stato edificato in quarantasei anni e Tu lo
ricostruiresti in tre giorni?».
(V.21) Poiché essi non
sapevano che Egli parlava del Tempio del Suo Corpo.
3. A questa Mia decisa risposta, gli ebrei rimasero perplessi e non
riuscirono subito a replicare. Dopo un po’ uno di loro si ricordò che per la
costruzione del Tempio furono impiegati quarantasei anni di lavoro
ininterrotto, al quale avevano contribuito molte migliaia di braccia. Questo
ebreo, più versato degli altri nella storia antica, si rivolge a Me dicendo: «O
Giovane! Non Ti accorgi di aver detto una sciocchezza? Per quarantasei anni
migliaia di braccia lavorarono di continuo alla costruzione del Tempio e Tu,
senza alcun aiuto, in tre giorni vorresti fare tutto ciò da solo! Oh, oh, oh,
quello che hai detto non testimonia a Tuo favore, soprattutto dopo quello che è
successo nel Tempio, nel quale, per quanto possibile, si dovrebbe parlare con
raziocinio.
4. Quello che hai fatto ci ha molto stupiti, tanto che noi, anziani di
Gerusalemme, cominciavamo a chiederci per quale forza, se attraverso facoltà
umane o profetiche, Tu hai potuto compiere un’azione di per sé così lodevole.
Ecco perché Ti interrogammo. Se Tu ci avessi detto, con sagge parole
accessibili a tutti, che sei un profeta ispirato da Dio e che quanto operasti
lo facesti per Potenza divina, allora avremmo creduto in Te. Invece, contro
ogni aspettativa, al posto di sagge parole, abbiamo udito da Te solo una
risposta temeraria, presuntuosa, sciocca ed inconcepibile e nella quale non c’è
neanche una sillaba di verità. È per questo che in Te non possiamo scorgere
altro che un comune individuo, il quale, sicuramente in una scuola pagana, ha
appreso un po’ di magia ed ora vuol farsi importante qui nella città di Davide,
stando o al soldo dei romani, o segretamente al soldo dei farisei, sacerdoti e
leviti, poiché oggi nel Tempio questi ultimi hanno fatto un abbondante raccolto
in seguito alla Tua magia! Rincresce moltissimo a tutti noi di esserci illusi
tanto sul Tuo conto»
5. Allora Io risposi: «Anche a Me duole di cuore avervi trovati così
spaventosamente ciechi e sordi! Infatti il cieco non vede nulla e il sordomuto
nulla intende! Io compio, davanti ai vostri occhi, un miracolo che prima di Me
nessuno ha compiuto e dico la pienissima verità, e voi sostenete che Io sono o
uno sciocco millantatore, versato nella magia pagana, venuto qui per burlarMi
di voi, oppure un qualunque mago assoldato dai romani o all’ignobile servizio
dei sacerdoti del Tempio. Oh, quale obbrobriosa incoerenza! Guardate quante
persone Mi hanno seguito fin qui dalla Galilea! Essi Mi hanno riconosciuto,
malgrado voi diciate che il popolo Galileo sia il più cattivo e il più eretico
tra quelli ebraici. Essi, tuttavia, Mi hanno riconosciuto e Mi seguono. Perché
allora voi non Mi volete riconoscere?»
6. Gli ebrei replicano: «Volevamo riconoscerTi e per questo motivo Ti
abbiamo anche interrogato, infatti noi non siamo per niente ciechi e sordi come
Tu credi. Tu però ci hai risposto così malamente che abbiamo, secondo la logica
umana, replicato apertamente quello che pensavamo! Noi siamo animati da buona
volontà; perché allora, se Tu sei veramente un profeta, non vuoi
riconoscercela? Noi tutti siamo gente onorata di Gerusalemme e possediamo molti
beni. Se Tu fossi un vero profeta, dovresti rallegrarTi di stare tra noi.
Invece Tu non sembri voler riconoscere ciò e non puoi quindi essere un profeta.
Sei semplicemente un mago, che profana il Tempio più di coloro che Tu hai
scacciato!»
7. Allora Io dico: «Andate e chiedete a quelli che Mi seguono, essi vi
diranno Chi sono Io!»
8. Gli ebrei si recano quindi dai discepoli per interrogarli, e questi
raccontano le cose che hanno saputo di Me al Giordano, la testimonianza di
Giovanni e tutto ciò che hanno visto ed udito dal momento in cui cominciarono a
seguirMi. I discepoli confessano però che neanche loro hanno compreso le cose
che ho detto agli ebrei.
(V.22) Quando dunque Egli fu
risuscitato dai morti, i Suoi discepoli si ricordarono che Egli aveva loro
detto queste cose e credettero alla Scrittura e alle parole che Gesù aveva
pronunciato.
9. Essi compresero, infatti, le Mie parole, nonché la Scrittura, che
aveva predetto questo di Me, solo dopo la Mia prodigiosissima risurrezione,
avvenuta tre anni più tardi.
10. Quando gli ebrei appresero quanto era stato loro narrato dai
discepoli, vennero nuovamente da Me e dissero: «In base a quello che ci è stato
riferito sul Tuo conto dai Tuoi fedeli compagni, Tu dovresti, con ogni
evidenza, essere il Promesso! La testimonianza di Giovanni, che noi conosciamo,
depone enormemente a Tuo favore e ancora più le Tue azioni, però il Tuo
linguaggio dimostra assolutamente il contrario. Come può il Messia essere
nell’azione un Dio e nella parola un folle! Chiarisci questo punto e noi tutti
Ti accetteremo per tale, appoggiandoTi per quanto è possibile!»
11. Rispondo Io: «Che cosa potreste darMi voi che non l’abbiate
ricevuta da Mio Padre, che è in Cielo? Se dunque l'avete ricevuta, perché
parlate come se non l’aveste ancora avuta? Che cosa potreste offrirMi che non
sia già Mio? Infatti quello che appartiene al Padre è anche Mio, perché Io e il
Padre non siamo due, ma una cosa sola! Questo vi dico: “Solo la volontà è
vostra, mentre tutto il resto è Mio”. Perciò, animati nel vostro cuore da
sincero amore, dateMi la vostra volontà e credete che Io e il Padre siamo
perfettamente Uno, allora soltanto Mi avrete dato tutto quello che desidero da
voi!»
12. Dicono gli ebrei: «Mostraci un segno e noi crederemo dunque che Tu
sei il Promesso!»
13. Io rispondo: «Per quale motivo volete avere dei segni? O gente
pazza e perversa! Non sapete che i segni non risvegliano e non liberano
nessuno, anzi giudicano soltanto e condannano? Io però non sono venuto a voi
per condannarvi, ma affinché abbiate la vita eterna, qualora nei vostri cuori
vi sia fede in Me! Avverranno ancora molti altri segni e alcuni di voi Mi
saranno anche testimoni, essi però non vi risveglieranno alla vita; anzi, alla
lunga, vi faranno morire».
Continuazione
dell’episodio tra il Signore e gli ebrei. Uno di questi si offre di ospitare
Lui e i Suoi. Il Signore gli dimostra i pensieri impuri suoi e quelli dei suoi
compagni, nonché la perfidia delle leggi ed istituzioni umane e abbandona il
Tempio.
(Giov.2, 23-25)
(V.23) Mentre Egli si
trovava a Gerusalemme alla festa della Pasqua, molti credettero nel Suo nome,
vedendo i segni che Egli compiva.
1. Io ve lo dico: «È la festa di Pasqua e durante questo periodo Mi
tratterrò qui a Gerusalemme. Andate là dove Io sarò e voi vedrete segni in gran
numero! Badate però che questi non vi uccidano!».
2. Queste parole causarono grandissimo stupore tra gli ebrei, Io, però
Mi allontanai da loro e uscii dal Tempio con i Miei discepoli. Gli ebrei Mi
seguirono da lontano, senza farsi troppo notare. Essi non si azzardavano a
farlo apertamente, perché avevo parlato loro di segni che avrebbero potuto
ucciderli. Essi credevano che le Mie parole alludessero non alla morte
spirituale, ma a quella del corpo e, come tutti i ricchi della Terra, tenevano
molto alla vita terrena.
3. Uno di questi uscì dal Tempio e venne a Me dicendo: «Maestro, io Ti
ho riconosciuto e vorrei unirmi a Te, dove dimori?».
(V.24) Ma Gesù non si fidava
di loro, perché li conosceva tutti.
(V.25) E non aveva bisogno che alcuno Gli rendesse testimonianza su un
uomo, perché Egli stesso conosceva ciò che vi era nell’uomo.
4. Ma Io vidi subito che la sua intenzione non era seria, né onesta la
sua brama di conoscere la Mia dimora perciò risposi, come più tardi feci con
molti di questi malintenzionati spioni, col noto aforisma: «Gli uccelli hanno i
loro nidi e le volpi le loro tane, ma il Figlio dell’uomo non ha neanche una
pietra su cui posare il capo ed in questa città, meno che in qualunque altro
luogo. Tu però purifica prima il tuo cuore, poi ritorna animato non da mire
ingannatrici, ma da sincere ed oneste intenzioni; solo così potrai giudicare se
ti conviene rimanere al Mio fianco!»
5. Ma quell’ebreo replicò: “Maestro, Ti sbagli se pensi queste cose di
me e dei miei compagni. Se non hai una dimora, vieni con noi e sarà nostra
premura provvederne una per Te e per i Tuoi discepoli ed
amici, nonché sostentarvi tutti, fino a quando lo vorrete!”
6. Io, che percepivo come il suo cuore non fosse sincero, gli dissi:
«Noi non possiamo fidarci di voi, poiché siete amici di Erode e come lui amate
molto gli spettacoli, specialmente quando questi vi sono offerti gratuitamente.
Inoltre Io non sono venuto in questa città per offrire ad Erode e ai suoi degli
intrattenimenti pubblici, ma per annunciare che il Regno di Dio è vicino e che
dovete quindi fare atti di vera penitenza per poter essere partecipi di tale
Regno! Vedi questo è lo scopo della Mia presenza fra voi e per questa missione
non c’è bisogno della vostra dimora! Colui che è in casa non può uscire che
dalla porta, e questa, essendo dotata di serrature e di chiavistelli, può
facilmente intrappolare l’invitato. Chi invece dimora all’aperto, è libero e
può andare dove vuole!»
7. Risponde l’ebreo: «Come puoi farci questo oltraggio! Credi, forse,
che abbiamo scordato la santità del diritto di ospitalità? Se noi Ti invitiamo
come ospite e Tu entri nella nostra casa come tale, allora sei il più sacro
della casa e guai a colui che Ti attacca! E dunque da noi il diritto di ospitalità
viene osservato e onorato al di sopra di tutto. Come puoi allora rendere
sospette le usanze che vigono fra noi?»
8. Gli faccio osservare: «Le vostre usanze le conosco benissimo. Non
solo, ma ne conosco anche delle altre. È vero, finché l’ospite si trova in casa
vostra, gode del diritto di ospitalità; quando però vuole andarsene, trova già
pronti sull’uscio dei sicari e degli sbirri mandati apposta, che l’afferrano e
lo pongono in ceppi e catene! DiteMi, fa anche questo parte dei doveri di
ospitalità, prescritti fin dall’antichità?»
9. Molto imbarazzato, l’ebreo chiede: «Chi può, in coscienza, dire una
simile cosa sul nostro conto?»
10. Gli dissi: «Colui che lo sa! Non è forse in questo modo che pochi
giorni fa avete fatto condurre un uomo davanti ai tribunali?»
11. L’ebreo, sempre più sconcertato, risponde: «Maestro, chi Ti ha
detto questo? E anche se fosse vero, non lo ha forse meritato quel malfattore?»
12. Osservo Io: «Certamente, voi ritenete molte cose un delitto; cose
che invece, davanti a Dio e a Me, non sono ritenute tali perché, a causa della
durezza dei vostri cuori, ci sono molti delitti contro i quali Mosè non ha dato
alcuna legge. Questi invece sono i vostri principi, e ai Miei occhi essi non
fanno diventare delinquente nessun uomo! Infatti i vostri principi sono un
peccato contro le leggi di Mosè. Come può dunque essere ritenuto malfattore un
tale che, volendo attenersi alla Legge di Mosè, deve scontrarsi con i vostri
principi e le vostre leggi? Oh! Ve lo voglio dire: “Voi tutti siete pieni di
perfidia e di astuzia malvagia!”»
13. Risponde l’ebreo: «Com’è possibile ciò? Mosè ci ha dato facoltà di
creare leggi per casi speciali e quindi le leggi, che noi emaniamo dopo maturo
consiglio, sono altrettanto buone quanto quelle di Mosè! Non ne segue
logicamente che colui che non le osserva cade ugualmente in colpa, come se
avesse peccato immediatamente contro la Legge di Mosè?»
14. Dico Io: «Per voi certo, ma per Me no! Mosè ha comandato: “Ama ed
onora il padre e la madre!”, voi invece dite, e i sacerdoti perfino
l’impongono, che è molto meglio sacrificare al Tempio, in quanto così facendo
si è esonerati dall’osservare questa legge. Se un uomo però viene da voi e vi
dice che siete atei e miserabili impostori, perché a causa della vostra avidità
sopprimete la legge di Mosè e al suo posto emanate voi stessi un’altra legge
per tormentare la povera umanità, egli ha già commesso un crimine contro di voi
e voi lo fate arrestare sulla soglia di casa e condurre dinanzi ai giudici.
Dimmi: “Quest’uomo, che era pure onesto, ha meritato veramente ciò, oppure
davanti alla legge di Mosè siete voi i malfattori e i criminali?”»
15. Udendo questo, l’ebreo, visibilmente arrabbiato, se ne andò e, trovati
gli altri suoi compagni, riferì loro tutto quello che gli avevo detto. Questi,
scuotendo il capo, dissero fra loro: «Strano! Come può costui sapere ciò?». Nel
frattempo Io abbandonai quel luogo e, con i Miei, Mi recai in una piccola
dimora fuori della città, dove rimasi per alcuni giorni.
Il significato spirituale o la rispondenza della
purificazione del Tempio, rivelato dal Signore. Cenni notevoli sul modo di
vivere e di comportarsi.
1. Le cose che sono appena state raccontate rappresentano il decorso
storico-naturale di entrambi gli avvenimenti oggetto del secondo capitolo, la
cui descrizione non è fatta in maniera molto completa, perché, per la loro
scarsa importanza, parecchi fatti successi sono stati omessi, dato che, da un
lato, ciò comporterebbe un inutile allungamento del lavoro, dall’altro non
conferirebbe un più alto valore al racconto, né renderebbe più profonda la
conoscenza degli avvenimenti. Pertanto, per concludere, non ci rimane che
illustrare in breve il senso spirituale del secondo episodio, poiché esso
racchiude e presenta al lettore o all’uditore solo due avvenimenti principali.
2. Il senso spirituale del primo avvenimento in Cana di Galilea è stato
già esposto; ci rimane quindi da far conoscere il senso spirituale del secondo
avvenimento: quello della purificazione del Tempio.
3. Il Tempio rappresenta l’uomo nella sua sfera terreno-naturale. Ora,
tanto nel Tempio quanto nell’uomo si trova un Santissimo, in virtù del quale anche
l’esterno del Tempio deve essere santificato e mantenuto puro, affinché sia nel
Tempio che nell’uomo non venga profanata la parte più interna, che cela appunto
il Santissimo!
4. In effetti, nel Tempio, il Santissimo è protetto da una solida
cortina e vi può accedere, solo in particolari occasioni, unicamente il sommo
sacerdote. Quindi, sia la cortina, sia il raro permesso di accesso al
Santissimo mirano a proteggerlo dalla profanazione. Infatti, se qualcuno pecca
con il suo corpo, non si contamina solo questo, ma anche la sua anima e
attraverso di essa anche lo spirito, il quale raffigura la parte più intima e
più santa di ciascun uomo ed anche lo è effettivamente. Anche nell’uomo, come
nel Tempio, il Santissimo è profondamente celato dietro una spessa cortina, e
soltanto l’amore per Dio, che è il vero sommo sacerdote di Dio in ogni uomo, ha
il potere di sollevarla e di penetrare, impunito, nel luogo Santo. Dunque, se
questo unico sommo sacerdote nell’uomo diviene esso stesso impuro per essersi
lasciato attrarre dalle impurità mondane e facendo causa comune con esse, come
può il Santissimo rimanere incontaminato se vi accede questo sommo sacerdote
già contaminato?
5. Perciò se nel Tempio oppure nell’uomo tutto diventa impuro, non è
più possibile che la forza umana vi operi una purificazione; infatti come si
può pretendere di fare pulizia adoperando un arnese già imbrattato di fango e
di lordura? Allora per purificare il Tempio, Io stesso devo porre mano
all’opera di pulizia con l’uso della forza, suscitando a questo scopo il dolore
negli uomini, sia con le infermità, sia con le apparenti sciagure. E tutto ciò
per purificare il Tempio.
6. I “venditori” e gli “acquirenti” simboleggiano le basse, impure
passioni dell’uomo, mentre le bestie messe in vendita rappresentano sia la
sensualità animalesca scesa al suo più basso gradino, sia la grande stoltezza e
cecità dell’anima, il cui amore è uguale a quello di un bue, al quale mancano
perfino l’amore sensuale e lo stimolo alla procreazione, e la cui vitalità si estrinseca
soltanto nella rozza e quasi meccanica funzione del divorare. Inoltre, le
facoltà intellettuali di un’anima così degradata non sono per niente più grandi
di quelle ben note della pecora!
7. Ora, qual è il significato dei cambiavalute e dei loro affari di
denaro? Questi rappresentano e mostrano tutto ciò che nell’uomo proviene dal
suo egoismo, già divenuto completamente animalesco. Infatti l’animale non ama
che se stesso ed un lupo divora l’altro lupo quando lo spinge la fame. Quindi,
usando ogni forza e il dolore, questi “cambiavalute”, ovvero questo egoismo
animalesco, devono essere cacciati fuori dall’uomo. È necessario perciò
rovesciare e spargere a terra tutto ciò che concorre a ravvivare questo
egoismo!
8. Ci si chiederà: «E allora perché non annientarlo completamente?». La
ragione di ciò scaturisce dal fatto che non è lecito togliere la propria
libertà neppure a un tale amore di sé. Infatti il buon seme, cioè il grano,
crescerà e darà un buon raccolto, soprattutto se viene sparso su un campo ben
ingrassato dal concime animale. Se però, per ripulire completamente un terreno,
si volesse togliere tutto quello che, sotto forma di concime, lo rende immondo,
il buon grano seminato germoglierebbe solo stentatamente, e il raccolto sarebbe
in verità molto magro.
9. Lo sterco, che dapprima viene collocato sul campo a mucchi, viene
poi rimosso e sparso qua e là, affinché serva al campo. Se invece lo si lascia
ammucchiato, tutto ciò che si trova sulla superficie occupata dallo sterco
verrebbe soffocato, mentre la parte di campo rimanente non ne riceverebbe alcun
giovamento.
10. È per questa ragione che, nella storia della purificazione del
Tempio così com’è narrata nel Vangelo, Io ho rovesciato soltanto i tavoli e
sparso a terra il denaro dei cambiavalute, senza che questo fosse distrutto. Ma
con la stessa facilità potevo pure annientarlo completamente.
11. Cosa rappresentano poi i venditori di colombi, che si trovavano
all’interno del Tempio e che dovettero uscire per rioccupare il loro antico
posto?
12. Essi rappresentano le virtù esteriori, che nei rapporti mondani si
manifestano con ogni genere di cerimonie, buone maniere, cortesie, gentilezze e
così via. La cecità umana vorrebbe attribuire a tali virtù un valore vitale
intrinseco, cercando di formare con esse la base della vera vita dell’uomo.
13. In Oriente, il colombo, volatile molto conosciuto, era spesso
impiegato come messaggero, soprattutto nelle corrispondenze amorose, e nei
geroglifici egiziani la sua immagine rappresentava il dialogo o la corrispondenza
affettuosa e cortese. Questi animali, nel Tempio, avevano un simile significato
ed erano anche animali sacrificati che venivano offerti in olocausto dai
giovani sposi in occasione della nascita del loro primogenito. Questo gesto
simboleggiava il loro ripudio di quelle missive e cerimoniosi complimenti
esteriori, quindi la loro adesione all’amore vero, intimo e vivificante.
14. Però, secondo l’ordine di tutte le cose, ciò che ha una funzione esteriore
deve rimanere all’esterno. Perciò, nel midollo dell’albero non deve mai
trovarsi la corteccia, perché questa, come tale, è cosa completamente priva di
vita. Invece, tutto ciò che appartiene alla corteccia, deve trovarsi in essa.
In questo modo la corteccia, se si trova al suo posto e nelle giuste
proporzioni, diventa di grande utilità all’albero, mentre se ad un albero si
toglie il midollo per mettervi al suo posto la corteccia, è chiaro che esso non
tarderebbe a seccarsi e a perire!
15. Questi mercanti di colombi, che in senso generale rappresentano
ogni esteriorità e in senso stretto coloro che sono maestri di virtù esteriori
e che vorrebbero spacciare queste per virtù interiori e vivificanti, vengono
cacciati da Me, alquanto gentilmente, dal Tempio e rimandati al posto che loro
compete per indicare che l’uomo deve, similmente, guardarsi dal fare delle
virtù esteriori altrettanti elementi di vita interiore, poiché, con le prime,
si degrada al livello di un burattino parlante.
16. Ecco qual è il significato spirituale della purificazione del
Tempio; e la vera ed immutabile corrispondenza tra l’uomo e il Tempio ci
assicura che queste parole e queste opere non procedono mai dall’uomo, ma
soltanto da Dio, la Cui eterna Sapienza tutto vede e tutto sa.
17. Ci si chiederà ancora perché, dopo tale purificazione, il Signore
non rimase nel Tempio ancora un po’.
18. A questa domanda si può rispondere che solo Lui conosce
l’ordinamento che deve assumere l’interiorità dell’uomo, affinché Egli possa
dimorare in lui in maniera duratura. Va osservato, inoltre, che non bisogna
ledere la libertà dell’uomo, dopo questo processo di purificazione, altrimenti
perderebbe la sua dignità umana e diventerebbe semplicemente un autentico
burattino.
19. Ciò significa che il Signore non può ancora del tutto donarsi
all’uomo interiore purificato con l’uso della forza, poiché solo Lui può
giudicare cosa sia necessario alla piena creazione dell’uomo interiore. È per
questo che il Purificatore esce dal Tempio e, dall’esterno, influisce
nell’interiore dell’uomo in maniera quasi impercettibile, senza cedere alle sue
esigenze che vogliono che Egli rimanga presso di lui per sorreggerlo nella
pigrizia. Al contrario, Egli lascia che l’uomo si elevi da sé nella più alta
libertà ed attività, poiché è grazie a queste che diviene perfetto. In quale
modo ciò avvenga, sarà trattato minuziosamente nel capitolo seguente.
SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI
GIOVANNI – CAP- 3
Conversazione
sulla rinascita tra Gesù e Nicodemo
Giovanni parla
di Cristo con i suoi discepoli
Il Signore,
nell’albergo, fa molto del bene per mezzo di insegnamenti e guarigioni
miracolose. Conversazione notturna con i ricchi visitatori.
«Ciò che è piccolo
davanti al mondo è eletto da Dio».
(Giov.3, 1)
(V.1) Ora vi era un uomo tra
i farisei, il cui nome era Nicodemo, che era un sommo capo degli ebrei.
1. Dopo la purificazione del Tempio, come è stato riferito nel
precedente capitolo, Mi ritirai in un piccolo albergo fuori città, con tutti
quelli che desiderarono seguirMi. Ora, ognuno si chiederà sicuramente:
2. «Quali cose, Signore, hai operato in quel posto? Infatti, quel lasso
di tempo, di circa otto giorni, non lo hai certamente fatto trascorrere stando
in ozio!»
3. Io rispondo: «No di certo!». Durante quel periodo infatti, sia di
giorno che di notte, moltissime persone di ogni casta vennero a Me dalla città.
I poveri venivano prevalentemente di giorno, mentre i notabili e i ricchi si
arrischiavano soltanto di notte, per non mostrare le loro debolezze e il loro
imbarazzo di fronte ai loro simili.
4. Essi si sentivano spinti a conoscerMi più da vicino in parte per
curiosità e in parte per il presentimento che Io fossi veramente il Messia;
perciò uscivano di nascosto dalla città di notte e si intrattenevano con Me.
Naturalmente tali visite li esasperavano molto; infatti i notabili, i grandi e
i ricchi erano dispiaciuti di non essere ricevuti da Me altrettanto bene e
calorosamente come facevo con i molti poveri, che non smettevano di esaltare la
Mia bontà e la Mia amorevolezza.
5. In quel tempo operai anche molte guarigioni miracolose fra i poveri,
liberai gli ossessi tormentati dagli spiriti, raddrizzai gli zoppi e gli
storpi, mondai i lebbrosi, resi l’udito e la parola ai sordomuti e la vista ai
ciechi. Tutto ciò fu operato solamente mediante l’azione della Mia Parola.
6. Questi fatti erano noti anche ai Miei visitatori notturni, ma essi
chiedevano di poter assistere personalmente a simili cose di notte. Io però
rispondevo sempre in questo modo: «Il giorno ha dodici ore, come pure la notte;
il giorno però è destinato al lavoro, mentre la notte al riposo. Chi lavora di
giorno è difficile che inciampi in qualcosa, chi invece lavora di notte inciampa
facilmente, perché non vede dove posa il piede»
7. Alcuni di loro Mi domandarono grazie a quale forza e potere Io
operassi tali miracoli. Io, brevemente, osservai: «Per Mia propria Forza,
poiché, per fare questo, non ho bisogno dell’aiuto degli uomini!»
8. Mi chiesero di nuovo perché non avessi soggiornato piuttosto in
città, visto che opere così grandi emergono molto meglio in un ampio centro
piuttosto che in uno piccolo, come quel paese che non era molto importante,
anche se era vicino alla grande metropoli, che del resto lo ignorava del tutto.
9. Risposi ancora: «A Me non piace rimanere in una città come la
vostra, dove gli abitanti, stimandosi esseri superiori, tengono alle porte dei
soldati per fare buona guardia e lasciano passare liberamente i grandi e i
ricchi, mentre respingono senza misericordia i poveri. E se si ha una faccia da
straniero o vesti non abbastanza sfarzose, si viene trattenuti per lo meno
sette volte ad ogni angolo di strada e vengono chieste informazioni sulla
propria persona, sulla provenienza e su cosa si intende fare in quel posto.
Inoltre Io vi dichiaro di amare solo ciò che è piccolo dinanzi al mondo e ciò
che da questo viene disprezzato, perché sta scritto: “Quello che per il mondo è
grande, per Dio invece è un abominio!”»
10. E quelli osservarono: «Non è forse grande e splendido il Tempio
dove dimora Jehova?»
11. Io rispondo: «Egli dovrebbe veramente dimorare nel Tempio, ma
poiché lo avete profanato, Egli lo ha abbandonato e non vi dimora più. È per
questo che l’arca di Mosè è vuota e morta!»
12. Dissero quei visitatori notturni: «Perché dici cose tanto infami?
Non sai cosa disse Dio a Salomone e a Davide? Può essere falso ciò che Dio
disse a suo tempo? Chi sei Tu, che Ti permetti di dichiarare simili cose
dinanzi a noi?»
13. Io rispondo: «Se sono così potente e forte
e posso guarire, da Me stesso, ogni ammalato che viene a Me attraverso la Mia
sola Volontà e attraverso per la Mia Parola, possiedo pure altrettanta potenza,
forza e pieno diritto di parlarvi in questo modo del Tempio. Anzi, vi dichiaro
un’altra volta che ormai il vostro
Tempio è ripugnante davanti a Dio!»
14. Udendo ciò, alcuni di loro cominciarono a mormorare; gli altri
invece dissero: «Questi è realmente un Profeta e, nei confronti del Tempio, i
profeti si sono sempre espressi con sfavore. LasciamoLo fare!»
15. Così dicendo, quei visitatori notturni se ne ritornarono in città.
Scena con Nicodemo,
preposto di Gerusalemme. Nicodemo, pur essendo conoscitore di profezie ed
avendo calcolato esattamente il tempo della venuta del Regno di Dio, non
riconosce il Signore. Importanti indicazioni sulla rinascita.
(Giov.3, 2-5)
1. Durante la notte, nel penultimo giorno del Mio soggiorno nei
dintorni di Gerusalemme, venne però un certo Nicodemo, uno dei notabili della
città. Egli non solo era un fariseo – la cui carica, dignità e autorità in quel
tempo equivalevano a quelle di un cardinale romano dei nostri giorni –, ma era
anche uno dei più ricchi cittadini di Gerusalemme ed era stato nominato rettore
dai romani, ovvero preposto della città.
(V.2) Costui venne a Gesù di
notte e Gli disse: «Maestro, noi sappiamo che Tu sei venuto da Dio come
ammaestratore (profeta), poiché nessuno può fare i segni che Tu fai, se Dio non
è con lui».
2. Anch’egli, come capo civile di Gerusalemme, Mi fece visita di notte
e Mi interpellò dicendo: «Maestro! Perdonami se vengo a così tarda ora a
turbare il Tuo riposo; ma poiché ho saputo che intendi partire già domani, non
ho potuto fare a meno di venire a tributarTi i dovuti ossequi. Io, insieme a
molti altri, avendo osservato le Tue azioni, ho capito che Tu ti sei
manifestato veramente come un grande profeta mandato da Dio! Infatti i segni
che Tu operi, nessuno li può fare, a meno che Jehova non sia con lui! Quindi,
Tu sei sicuramente un profeta e come tale conosci il male che si annida in noi.
Però, poiché i Tuoi predecessori ci hanno preconizzato il Regno di Dio, dimmi di
grazia quando questo verrà e, qualora venga, come si deve essere costituiti per
poter essere degni di farne parte?».
(V.3) Gesù gli rispose e
disse: «In verità, in verità Io ti dico che, se uno non è nato di nuovo, non
può vedere il Regno di Dio».
3. A questa domanda di Nicodemo Io risposi brevemente così come è
scritto nel Vangelo: «In verità, in verità Io ti dico che, se uno non è nato di
nuovo, non può vedere il Regno di Dio e tanto meno entrarvi!». Ciò significa:
«Qualora tu non abbia risvegliato il tuo spirito, seguendo le vie che ti indico
con la Mia Dottrina e le Mie azioni, ti sarà impossibile riconoscere il divino
vivificante della Mia Parola e tanto meno penetrare le sue profondità
elargitrici di vita».
4. Che Nicodemo, uomo del resto onestissimo, non avesse compreso queste
Mie parole, lo dimostra, come vedremo chiaramente, il versetto che segue.
Infatti, a questo proposito, si può constatare quanto ho appena detto: cioè
nessuno può afferrare neanche lontanamente il senso vivo e divino della Mia
Parola, se prima il suo spirito non si sia risvegliato. Nel versetto che segue
Nicodemo, del tutto sconcertato del Mio discorso, chiede dicendo:
(V.4) Nicodemo Gli dice:
«Come può un uomo, essendo vecchio, rinascere? Come può egli entrare una
seconda volta nel corpo di sua madre e nascere da esso una seconda volta?».
5. [Chiede Nicodemo:] «Caro Maestro, mi sembra strano quanto mi vai
dicendo! Come può accadere che un uomo già grande, vecchio e di solide membra,
possa rientrare nel corpo di sua madre per essere partorito una seconda volta?
Questa cosa, caro Maestro, è del tutto impossibile! Io penso che o Tu non
conosci nulla del Regno di Dio che deve venire o per lo meno niente di quello
autentico, oppure Tu lo conosci ma non vuoi espormi chiaramente il Tuo vero
pensiero, per timore che Ti faccia arrestare e buttare in prigione. Oh,
tranquillizzaTi, perché io non ho mai privato nessuno della sua libertà, a meno
che non si sia trattato di un assassino o di un ladro incorreggibile. Tu però
sei un grande benefattore della povera umanità ed hai guarito, con meraviglia,
quasi tutti gli ammalati di Gerusalemme, per la Forza di Dio che è in Te. Come
potrei allora comportarmi così con Te?
6. Oh no, amato Maestro, credimi, io tengo molto al Regno di Dio, che
sta per venire! Perciò, se Tu ne sai di più, dimmelo in maniera più
comprensibile! Parlami delle cose del Cielo con parole celesti e delle cose
della Terra con parole terrene, ma esponimi tutto ciò con immagini e figure
facilmente accessibili, altrimenti le Tue parole mi saranno meno utili della
scrittura egiziana antica (geroglifici), che io non posso né leggere né di
conseguenza comprendere. Ora, dai calcoli da me effettuati, sono sicuro che il
Regno di Dio deve essere già qui, però mi è ancora oscuro dove e come sia
possibile giungervi ed esservi accolti. Questo è quanto vorrei udire da Te in
modo possibilmente chiaro».
(V.5) Gesù rispose: «In verità, in verità Io ti dico che se uno non è nato
dall’Acqua e dallo Spirito, non può entrare nel Regno di Dio!»
7. Alla ripetuta domanda di Nicodemo, Io risposi con le parole del V.5,
esponendo più dettagliatamente in quale modo sia possibile la rinascita per
poter entrare nel Regno di Dio, cioè dall'Acqua e dallo Spirito, il che
equivale a dire questo:
8. L'anima deve essere purificata con l’acqua dell’umiltà e
dell’abnegazione (poiché l’acqua è il più antico simbolo dell’umiltà: essa
lascia fare qualunque cosa di sé, si presta a qualunque servizio e dimora
sempre nelle più basse località della terra, fuggendo le alture) e subito dopo
dallo Spirito di Verità, che un'anima impura non potrà mai comprendere, poiché
essa è simile alla notte, mentre la verità è un sole luminoso che diffonde
intorno a sé il giorno.
9. Colui che purifica l’anima con l’umiltà, raggiunge la verità e la
riconosce come tale e, grazie a questa, viene reso spiritualmente libero. È
nella libertà di spirito, cioè nella partecipazione dello spirito alla libertà,
che consiste propriamente l’entrata nel Regno di Dio.
10. Naturalmente Io non diedi tali spiegazioni a Nicodemo, visto che
non era stato in grado, per la sua limitata sfera intellettuale, di comprendere
neanche le Mie brevi e velate parole. Perciò Mi chiese ancora una volta come si
sarebbero dovute intendere quelle cose.
Continuazione
della scena con Nicodemo. Il Signore Quale Maestro in tutto, quindi anche nella
vera Sapienza. L’essenza dell’uomo. Il segreto dello spirito. Parabola meravigliosa sulla rispondenza tra il vino nuovo e
un’anima ancora immatura per la luce spirituale.
(Giov.3, 6-12)
(V.6) «Ciò che è nato dalla
carne è carne, ma ciò che è nato dallo Spirito è spirito».
1. Ed Io, come dice il V.6, gli risposi: «Non ti meravigliare se ti
parlo in questo modo! Infatti quello che la carne genera è ancora carne, quindi
materia morta o involucro più esteriore della vita, mentre ciò che viene
generato dallo spirito è a sua volta spirito o la vita eterna e la verità in se
stessa!».
2. A Nicodemo però queste parole non apparivano ancora chiare. Egli
alza le spalle meravigliandosi sempre di più, non per la cosa in sé, ma perché,
essendo uno dei più saggi farisei, versatissimo in tutte le scritture, non
riusciva ad intendere il senso del Mio discorso, anche se si reputava di grande
sapienza. Infatti era grazie a questo titolo che era stato elevato al grado di
rettore degli ebrei.
3. La sua più grande meraviglia era dovuta al fatto che aveva scoperto
inaspettatamente in Me un Maestro, che con strani discorsi metteva a dura prova
la sua sapienza! Non riuscendo dunque a comprendere, si rivolse a Me dicendo:
«Mah! E questo com’è da intendersi? È possibile che anche uno spirito divenga
gravido e partorisca il suo simile?».
(V.7) «Non meravigliarti se Io ti ho detto che dovete nascere di nuovo!»
4. Io gli faccio osservare: «Ti ho già detto di non essere meravigliato
di quello che ho dichiarato, cioè che tutti voi dovete nascere di nuovo!»
(V.8) «Il vento soffia dove
vuole e tu ne odi il suo suono, ma non sai da dove viene, né dove va; così è
chiunque è nato dallo Spirito».
5. (Continua il Signore:) «Come il vento soffia dove vuole e ne odi il
rumore senza conoscerne le origini, così avviene di chiunque procede dallo
Spirito e si accinge a parlarti. Tu lo vedi e lo odi molto bene, ma poiché egli
ti parla il linguaggio dello Spirito, tu non puoi comprenderlo, né sapere da
dove gli vengano quelle cose e cosa voglia dire con esse. Però, poiché sei un
saggio onesto e leale, a suo tempo ti verrà concesso di penetrare il senso di
tali discorsi».
(V.9) Nicodemo rispose e gli
disse: «Come possono avvenire queste cose?».
6. A tali parole, Nicodemo scuote pensosamente il capo e dopo un po’
esclama: «Io desidererei molto apprendere da Te come possa accadere una cosa simile!
Infatti quello che conosco e comprendo mi viene dalla carne; ora, se la carne
mi viene tolta, potrò pensare e comprendere ben poco! Allora, com’è possibile
che io, essendo di carne, possa diventare uno spirito e come può il mio spirito
essere accolto da un altro spirito ed essere generato di nuovo? Ecco ciò che
cerco invano di spiegarmi!».
(V.10) Gesù rispose e gli
disse: «Tu sei il dottore d’Israele e non sai queste cose?».
7. Rispondo Io: «Tu sei uno dei più sapienti dottori d’Israele; perché
ti è difficile comprendere ciò? Ora, se tu, essendo maestro nelle Scritture,
non riesci a comprendere queste cose, come potrà capirle chi delle Scritture
conosce appena che c’è stato un Abramo, un Isacco e un Giacobbe?».
(V.11) «In verità, in
verità, Io ti dico che noi (spirituali) parliamo (in modo del tutto naturale)
di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo visto, ma voi non
(comprendete) e accettate la nostra testimonianza».
8. (Continua il Signore:) «In verità, in verità crediMi! Noi, cioè Io e
i Miei discepoli, che siamo stati mandati qui dallo Spirito, non ti parliamo il
puro e semplice linguaggio spirituale, ma quello naturale e, giovandoci di
figure simboliche naturali, ti rendiamo noto ciò che
sappiamo in spirito e che in spirito abbiamo visto e voi non riuscite a
comprenderlo e ad accettarlo!»
(V.12) «Se Io vi ho dette le
cose terrene e non ci credete (accettate), come potreste credere se Io vi
dicessi le cose puramente celesti?».
9. (Continua il Signore:) «Dunque se non riuscite a cogliere il senso
delle cose elementari di cui vi sto parlando, dato che parlo con voi di cose
spirituali in modo terreno, tanto che esse in questa maniera diventano cose
terrene in piena regola, cosa sarebbe della vostra fede se vi parlassi delle
cose celesti, usando il puro linguaggio celestiale?
10. Te lo voglio dire: “Soltanto lo spirito, che in sé e per sé è
spirito, sa cosa sia lo spirito e quale sia la sua vita! Ma la carne è solo un
involucro del tutto esteriore e non conosce lo spirito, se questo non si rivela
all’involucro, alla scorza”. Ora, il tuo spirito è ancora troppo dominato ed
occultato dalla tua carne, perché possa farsi conoscere da questa. Come ho già
detto, verrà il tempo in cui il tuo spirito diventerà libero e allora potrai
comprendere la nostra testimonianza e credere!»
11. Risponde Nicodemo: «Caro Maestro, o Tu, Saggio tra i saggi! Dimmi,
oh, dimmelo, affinché possa comprendere quando verrà questo tempo così
ardentemente bramato!»
12. Io gli dissi: «Amico Mio, tu sei ancora troppo poco maturo, perché
possa indicarti il tempo, il giorno e l’ora! Vedi, il vino nuovo rimane torbido
finché non abbia cessato di fermentare e se tu ne versi in un bicchiere di
cristallo e lo osservi alla luce, anche quella solare, nessun raggio, per
potente che sia, riuscirà a colpire il tuo occhio attraverso il bicchiere, a
causa della torbidezza del vino. Questa stessa cosa succede all’uomo. Prima che
egli sia sufficientemente fermentato, e in seguito a tale processo abbia
allontanato da sé tutte le impurità, la Luce dei Cieli non può compenetrare il
suo essere. Io però voglio ancora dirti un’ultima cosa: se sarai in grado di
comprenderla, conoscerai anche il tempo di cui Mi chiedevi prima! AscoltaMi
dunque».
Tre altri
importanti versetti, incomprensibili a Nicodemo.
Discorso
pessimista di Nicodemo. Brevi avvertenze del Signore.
(Giov.3,
13-15)
(V.13) «Ora nessuno è salito
in cielo, se non Colui che è disceso dal cielo, cioè, il Figlio dell’uomo che è
sempre in cielo».
(V.14) «E come Mosè alzò il
serpente nel deserto, così conviene che il Figlio dell’uomo sia innalzato».
(V.15) «Affinché chiunque crede
in Lui non perisca, ma abbia vita eterna!»
1. (Continua il Signore:) «Vedi, nessuno sale al Cielo se non Colui che
ne è disceso, cioè il Figlio dell’uomo, che è sempre in Cielo. E come Mosè ha
innalzato il serpente nel deserto, così deve essere innalzato anche il Figlio
dell’uomo, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna!
DimMi, comprendi queste cose?»
2. Risponde Nicodemo: «Amato Maestro! E come lo potrei? In Te la
Sapienza riveste forme speciali e, come Ti ho appena detto, mi sarebbe molto
più facile decifrare gli antichi geroglifici egiziani che penetrare le
profondità della Tua Sapienza! Io devo però farTi osservare apertamente che, se
non ci fossero le Tue potenti operazioni, che mi dimostrano il contrario,
dovrei ritenerTi un pazzo ed un imbroglione, perché nessuno che ragioni si è
mai espresso nella maniera con cui Tu Ti esprimi! Eppure le Tue azioni provano
che Tu sei venuto a noi come un Maestro da Dio e in Te devono risiedere, in
tutta la loro pienezza, la Potenza e la Sapienza divina, senza le quali quelle
azioni non sono possibili.
3. Ora, se l’uno è puramente divino, deve essere divino anche il due.
Le Tue azioni, caro Maestro, sono divine; così deve essere divina anche la Tua
Dottrina del Regno di Dio sulla Terra, che io la comprenda o no! Ma se dal
punto di vista terreno, considero anche solo un po’ la Tua tesi, cioè che
nessuno sale in Cielo se non Colui che ne è disceso - ossia il Figlio dell’uomo
che è sempre in Cielo - allora devo considerarmi definitivamente perduto! Caro
Maestro, ad eccezione di Enoch ed Elia, a nessun uomo della Terra è stata
concessa la felicità di salire visibilmente in Cielo. Sei forse Tu la terza
persona? E se fosse così, di che utilità sarebbe a tutti gli altri uomini, che,
non essendo discesi dal Cielo, non possono neppure salirvi?
4. Inoltre, Tu hai anche detto che Colui che è disceso dal Cielo non si
trova, propriamente, che in apparenza sulla Terra, poiché, in realtà, Egli sta
sempre in Cielo! Quindi per il momento solo Enoch ed Elia possono partecipare
al Regno di Dio che verrà e probabilmente anche Tu, mentre gli altri milioni e
milioni di uomini dovranno adagiarsi, per tutta l’eternità delle eternità,
nella tomba umida ed oscura, in attesa che la Grazia e la Misericordia di Dio
li dissolva nella polvere e nel nulla!
5. Caro Maestro, per un simile Regno di Dio in Terra ben poca gratitudine
c’è da attendersi da questi miseri vermi della Terra, che, comunque li si
consideri, è molto discutibile che li si possa chiamare “uomini”! Chi non sa
che è così e che così è sempre stato? Una o due rondini non fanno primavera!
Che cosa hanno fatto in realtà Enoch ed Elia, per meritarsi di essere assunti
in Cielo? Io credo nulla che non fosse insito alla loro natura celeste! Meriti,
quindi, essi non ne hanno avuti e, secondo le Tue spiegazioni, furono accolti
dalla Terra in Cielo, solo perché dal Cielo erano discesi in Terra!
6. Come puoi vedere, tutto ciò arreca ben poca speranza e pochissima
consolazione alla povera umanità di questa dura Terra! Eppure, come Ti ho già
detto, è indiscutibile che io debba ritenere la Tua Dottrina realmente saggia e
divina, anche se, agli occhi della ragione, essa appare come la più evidente
pazzia. Ciò deve apparire evidente anche a Te, se consideri il mio ragionamento
di poco fa su una delle Tue tesi!
7. Ma che cosa intendi con l’elevazione del Figlio dell’uomo, che dovrebbe
essere simile a quella del serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto?
Inoltre, come e perché potranno avere la vita eterna tutti coloro che
crederanno in questo Figlio dell’uomo, che sarà innalzato come il serpente di
Mosè? Tutto ciò è solo parabolico, pura follia! Chi è questo Figlio dell’uomo?
Dov’è Egli ora? Cosa fa’? Discenderà anch’Egli dai Cieli come Enoch ed Elia?
Verrà generato? Cosa devono pensare gli uomini, che come me non Lo hanno mai
visto, del Figlio dell’uomo? Come può venire sulla Terra, se risiede sempre in
Cielo? Dove verrà Egli innalzato e quando? Assumerà la signoria sugli ebrei,
essendo Re potentissimo e invincibile?
8. Caro Maestro, considera tutto ciò e vedrai che le Tue parole sono
assai strane sulla bocca di un Uomo, che con le Sue azioni dimostra di essere
pieno della Forza e della Potenza divina! Però non voglio essere ingannato da
queste considerazioni e sono sempre convinto che Tu sei veramente un grande
Profeta, suscitato da Dio.
9. Dunque Ti sarai accorto che non sono affatto come quelle persone che
rigettano una dottrina appena si accorgono di non poterla comprendere. Perciò
Ti prego di aggiungere altri piccoli chiarimenti alle Tue parole, perché nel
modo con cui Tu le hai dette, mi è impossibile comprenderle. Vedi, Maestro, in
tutta la Giudea e particolarmente qui nella città di Salomone, dove fui anche
nominato rettore, hanno grande fiducia in me! Se facessi conoscere Te e la Tua
Dottrina, questa verrebbe senz’altro accolta; invece, se non l’appoggiassi,
cadrebbe e non troverebbe nessuna accoglienza. Ti prego, perciò, di illuminarMi
ancora un po’ riguardo a queste cose!»
10. Io rispondo: «Tu ora hai detto molte parole e ragionato come quei
tali che non hanno alcuna idea delle cose celesti. Non poteva essere diversamente,
poiché giaci nella notte del mondo e non puoi scorgere la Luce che è venuta dai
Cieli ad illuminare la notte tenebrosa di questo mondo. È vero, essa comincia
lievemente ad albeggiare in te, ma non sei ancora in grado di percepire Chi ti
sta davanti!»
Il Signore dà
cenni più comprensibili per Nicodemo sull’incarnazione del Figlio e sulla
missione come Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. Cos’è il Giudizio?
Chi non vuole riconoscere
il Signore, ha già il Giudizio in sé.
(Giov.3,
16-21)
(V.16) «Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che Egli ha dato il Suo
Unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita
eterna!»
1. (Continua il Signore:) «Io ti dico: “Dio è l’Amore, e il Figlio è la
Sua Sapienza. Ora, Dio ha tanto amato il mondo che Egli ha inviato il Suo
Unigenito Figlio, cioè la Sapienza che procede eternamente da Lui stesso,
affinché coloro che credono in Lui non periscano, ma
abbiano vita eterna!” DimMi, neanche questo comprendi?»
2. Dice Nicodemo: «Penso di poterlo comprendere; però, sostanzialmente,
non mi è chiaro. Se sapessi almeno cosa pensare del Figlio dell’uomo, allora mi
troverei già a buon punto! Tu adesso parli pure di un Unigenito Figlio di Dio,
che Dio inviò nel mondo per Amore. Il “Figlio dell’uomo” e il “Figlio di Dio”
sono un solo e medesimo essere?»
3. Dico Io: «Guarda qui! Io ho un corpo, una testa, mani e piedi. Il
capo, il corpo, le mani e i piedi sono carne e questa carne è un Figlio
dell’uomo, perché, come ti dissi, ciò che è carne procede dalla carne. Però in
questo Figlio dell’uomo, che è fatto di carne, dimora la Sapienza di Dio e
questa è l’Unigenito Figlio di Dio. Dunque non l’Unigenito Figlio di Dio, ma
solo il Figlio dell’uomo dovrà essere innalzato come il serpente di Mosè nel
deserto, perciò molti si scandalizzeranno. E a coloro che non si
scandalizzeranno, ma crederanno e rimarranno fedeli al Suo Nome, Egli darà il
potere di essere chiamati figli di Dio e la loro vita e il loro regno non
avranno più fine».
(V.17) «Infatti Dio, non ha
mandato il Suo Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo
diventi beato per mezzo di Lui».
4. Non devi però immaginare che il mondo debba
essere giudicato da guerre, diluvi, oppure da fuochi scendenti dal Cielo per
distruggere i pagani; infatti Dio non ha mandato il Suo Unigenito Figlio (la
Sapienza divina) nel mondo (ad incarnarsi nella forma umana) per giudicarlo
(distruggerlo), ma perché divenga, per Suo tramite, pienamente beato, cioè
affinché la carne non perisca, ma risorga con lo spirito a vita eterna. (Con la
parola “carne” bisogna intendere qui non tanto il corpo umano, quanto il
complesso delle tendenze carnali dell’anima). Per raggiungere questo stato è necessario
che le impure tendenze carnali vengano annientate dalla fede, ovvero dalla fede
nel Figlio dell’uomo, proceduto da Dio fin dall’eternità e venuto in questo
mondo, perché coloro che crederanno e rimarranno fedeli al Suo Nome abbiano
vita eterna.
(V.18) «Chi crede in Lui non
sarà condannato, ma chi non crede è già condannato, poiché non crede nel Nome
dell’Unigenito Figlio di Dio».
5. (Continua il Signore:) «Chiunque crederà in Lui, sia ebreo che
pagano, non verrà mai più in eterno giudicato, né potrà mai perire. Chi,
invece, si scandalizzerà del Figlio dell’uomo e non crederà in Lui, egli è
dunque già giudicato. Infatti, se egli non vuole e non può credere, essendo
spinto dai suoi sentimenti di superbia a scandalizzarsi del Nome e
dell’esistenza del Figlio dell’uomo, questo è già, di per sé, il suo giudizio.
Comprendi, dunque, quello che in maniera lampante ti ho messo sotto gli occhi?»
6. Risponde Nicodemo: «Sì, sì, scorgo solo a metà il senso delle Tue
parole estremamente mistiche. Però queste mi sembrano ancora campate in aria,
finché non si presenterà qui il Figlio dell’uomo, che Tu collochi tanto in alto
e nel Quale alberga, in tutta la sua pienezza, la
divina Sapienza e finché Tu non potrai o vorrai precisare quando e dove Egli
verrà.
7. Ugualmente molto enigmatiche mi sembrano le Tue parole concernenti
il Giudizio, che Tu fai consistere solo nella mancanza di fede! Se il Giudizio
non consiste né in diluvi, né in guerre, né in pestilenze e meno ancora in
fuochi divoranti, ma unicamente nell’incredulità in se stessa, devo apertamente
confessarTi, caro Maestro, che ancora non riesco a penetrare il senso delle Tue
parole! Infatti chi da un dialogo non riesce ad afferrare almeno uno o due
concetti, è come se non avesse compreso l’intero discorso. Cos’è, in realtà,
questo Tuo “Giudizio”? Qual è il nuovo significato che Tu associ a questo
concetto?»
8. Io gli rispondo: «Amico Mio, a questo punto, devo farti osservare
che Mi diventa difficile comprendere come tu non sia in grado di cogliere il
senso del Mio discorso, che è pure molto chiaro! Non comprendi ancora il
significato della parola “Giudizio”; eppure Io ne ho data una chiara
spiegazione».
(V.19) «Ora questo è il
Giudizio: la Luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più
della Luce, poiché le loro opere erano e sono malvagie».
9. (Continua il Signore:) «Ecco, il Giudizio è questo: sebbene la Luce
di Dio sia stata inviata dai Cieli nel mondo, gli uomini, tratti fuori dalle
tenebre e posti nella Luce, dimostrano tuttavia di amare molto di più
l’oscurità, in cui erano avvolti, che non la Luce divina che sfolgora davanti
ai loro occhi! Che gli uomini disprezzino la Luce, lo si può vedere dalle loro
opere, che sono assolutamente malvagie!
10. Dov’è la primitiva fede totale? Dov’è il sincero timore di Dio? Chi
ama il suo prossimo se non colui che sa di poterne trarre un personale
vantaggio? Dove sono quelli che amavano le proprie mogli, avendo di mira
l’azione vivificante della fecondazione? È la lussuria che li spinge ad amare
le giovani prostitute e la loro opera è solo fornicazione: questo è il più
grande dei mali! Ora, quale ladro ruba apertamente, servendosi di una luce?».
(V.20) «Infatti, chiunque fa
cose malvagie odia la Luce e non viene alla Luce, affinché le sue male opere non
vengano punite».
11. (Continua il Signore:) «Vedi, coloro che pensano ed agiscono così,
sono quelli stessi che poi operano anche malvagiamente, e chiunque si compiace
di tali cose e agisce di conseguenza, è nemico della Luce. Egli la odia e farà di
tutto perché non si faccia Luce intorno a sé. Infatti, poiché le sue perfide
opere non sono tollerate dalla Luce, anzi sono da questa giudicate, egli non
vuole che esse appaiano in tutta la loro oscenità e che vengano quindi
condannate!
12. In questo consiste realmente il Giudizio; invece, ciò che tu
intendi per Giudizio, è la punizione che consegue al Giudizio.
13. Dunque, se tu ami camminare di notte, la tua anima è già stata
giudicata; infatti tu preferisci la notte al giorno. Invece, e questa ne è la
conseguenza, se tu inciampi con facilità e ti fai male, oppure cadi addirittura
in una fossa, allora l’urto o la caduta non è più il Giudizio, ma la
conseguenza del Giudizio, che grava su di te avendo amato la notte ed odiato il giorno!»
(V.21) «Ma colui che fa opere di verità, viene alla Luce, affinché le sue
opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio!»
14. (Continua il Signore:) «Ma se tu sei invece amico del giorno, della
Luce e della Verità da Dio, allora agirai in conformità a questa e desidererai
ardentemente che le tue opere vengano alla Luce e siano manifestate a tutti. E
poiché sai che le tue opere, fondate nella Luce della divina Verità, sono buone
e giuste e meritano, quindi, di essere apertamente lodate e ricompensate!
15. Dunque, chi è amico della Luce, non camminerà di notte ma di
giorno, e riconoscerà subito la Luce, perché procede dalla Luce. Tale Luce è
chiamata fede del cuore.
16. Chi crede quindi nel Figlio dell’uomo e crede che Egli sia una Luce
che arriva da Dio, egli ha già in sé la Vita, ma chi non crede ha già in sé il
Giudizio, che è appunto la mancanza della stessa fede.
17. Posso adesso ritenere che tu mi abbia ben compreso?».
Nicodemo non riesce ancora a discernere il divino Figlio
dell’uomo. Il Signore lo manda da Giovanni. Finalmente si fa luce nel cuore di
Nicodemo. «Segui gli impulsi del tuo cuore!». La potenza dell’Amore. Il Signore
chiede un favore a Nicodemo. La sua dichiarazione d’amore agli ancora sconosciuti.
1. Dice Nicodemo: «Ormai mi è tutto chiaro, salvo una cosa: questo
straordinario Figlio dell’uomo, senza il Quale tutte le Tue parole più sagge e
le Tue più sublimi spiegazioni rimangono senza fondamento e si riducono a
nulla! A che mi giova la fede o la perfetta e tenace volontà di credere nel
Figlio dell’uomo, se Questi non si trova qui? Dall’aria o da una semplice idea
non si può far sorgere un Figlio dell’uomo. Dimmi, dunque, dove posso trovare
questo eterno Figlio di Dio e rassicurati, io Gli andrò incontro con la più
ferma e sincera fede!»
2. Io gli dico: «Se non avessi intravisto in te questa fede, tu non
avresti appreso da Me tale Dottrina! Ma tu sei venuto di notte e non di giorno,
nonostante tu abbia visto e sentito dei Miei atti! E poiché sei venuto nelle
ore della notte terrena, che corrisponde allo stato tenebroso della tua anima,
è comprensibile che tu non comprenda ancora chiaramente le Mie parole sul
“Figlio dell’uomo”!
3. Io ti dico che chi cerca il Figlio dell’uomo di notte, non potrà
trovarLo così facilmente, poiché evita di cercarLo apertamente di giorno,
temendo di essere screditato dagli altri. E tu, che sei uno dei più saggi
ebrei, devi ben conoscere che la notte, qualunque essa sia, non si presta a
cercare e a trovare qualcosa. Chi dunque si propone di cercare il Figlio
dell’uomo, deve cercarLo di giorno e non di notte, allora Lo troverà molto
facilmente.
4. Ora voglio dirti quest’altra cosa: “Vai da Giovanni, che, in questo
momento, a causa dell’acqua, si trova in Enon presso Salim dove sta
battezzando. Egli ti dirà se l’Unigenito Figlio di Dio è già qui o no! Là tu
imparerai a conoscerLo!”»
5. Risponde Nicodemo: «Ah, caro Maestro, questo è molto difficile!
Infatti io sono ogni giorno oberato dagli obblighi che la mia carica mi impone,
dai quali non posso esimermi così facilmente! Pensa che nella città e nei suoi
dintorni vivono, compresi gli stranieri, oltre ottocentomila persone alle quali
sono preposto e le preoccupazioni che ne derivano sono molte e gravi. Inoltre,
pure gli affari del Tempio richiedono giornalmente la mia attenzione e neppure
questi posso trascurare. Quindi, se una simile grazia non può essermi concessa
qui in Gerusalemme, dovrò rinunciarvi a malincuore! Infatti, per fare quello
che Tu mi consigli, mi sono necessari tre giorni interi, che equivalgono a tre
anni di assenza di un’altra persona!
6. Perciò perdonami se non sono in grado di seguire il Tuo consiglio.
Però ogni volta che Tu vorrai venire a Gerusalemme con i Tuoi discepoli, la mia
dimora vi sarà sempre aperta e troverete incessantemente in me un amico sincero
ed un protettore. La mia casa, che è abbastanza grande per ospitare diecimila
persone, è situata sulla piazza di Davide, all’interno della porta di Salomone,
detta anche la “Porta d’oro”. Se Tu ne hai bisogno, essa Ti verrà messa a
disposizione. Tutto ciò che è in mio potere, lo troverai sempre al Tuo
servizio! Chiedimi qualunque cosa sia necessaria a Te ed io Te la offrirò!
7. Vedi, in me si è operato un grande tumulto! Io sento, caro Maestro, di
amarTi più di quanto abbia finora amato qualunque cosa cara e questo stesso
amore mi suggerisce, in qualche modo, che sei proprio Tu la Persona per la
quale volevi indirizzarmi a Giovanni in Enon! E anche se il cuore mi tradisce,
resta pur vero che io Ti amo con tutto il cuore,
avendoTi riconosciuto quale grande Maestro della vera divina Sapienza. Infatti,
sebbene le Tue opere, mai compiute da nessuno prima di Te, mi abbiano
profondamente colpito e meravigliato, tuttavia è stata la Tua sublime Sapienza
che ha risvegliato e infiammato il mio cuore. Caro Maestro, io Ti amo! Oh,
dimmi, dimmi se il mio cuore Ti ha giudicato rettamente!»
8. Io rispondo: «Amico Mio! Pazienta ancora un po’ e tutto ti sarà
chiarito. Fra breve ritornerò da te e sarò tuo ospite, allora potrai apprendere
tutto.
9. Però segui sempre gli impulsi del cuore, poiché Io ti dico che
questo, in un momento, ti rivelerà di più dei cinque libri di Mosè e di quanto
abbiano mai rivelato tutti i Profeti! Vedi, non vi è nulla di vero nell’uomo fuorché
l’Amore! Quindi attieniti ad esso e tu camminerai di giorno! Ora parliamo
d’altro!
10. È giunto il tempo che Io Mi rechi in Giudea, per annunciarvi il
Regno di Dio. Questo paese però è sottoposto alla tua autorità, perciò ti
chiedo di rilasciarMi un passaporto, come si usa tra gli ebrei, secondo le
leggi di Roma. Questo, non per Me, ma per i Miei discepoli, affinché non
incontrino ostacoli presso gli uffici delle dogane e delle tasse! È vero, i
figli sono liberi, ma è necessario che siano legittimati come tali. Certamente,
Mi sarebbe facile penetrare dappertutto, incontrastato, anche con delle
legioni, ma Io non voglio essere causa di scandalo a nessuno e Mi sottopongo
quindi alla legge di Roma. Abbi dunque la bontà di procurarMi il salvacondotto
che ti ho chiesto»
11. Risponde Nicodemo: «Caro Maestro, Tu lo avrai subito, io stesso lo
scriverò e Te lo darò tra breve, dato che da qui a casa mia non c’è molta
strada».
12. Nicodemo si reca quindi in fretta a casa sua e in meno di mezz’ora
Mi consegna il documento richiesto. Quando fummo in possesso del lasciapassare,
scritto su pergamena, Io benedissi nel Mio cuore l’onesto Nicodemo, che,
commosso fino alle lacrime, ci salutò, pregandoMi nuovamente di approfittare
della sua ospitalità qualora avessi fatto ritorno a Gerusalemme. Io glielo
promisi, pregandolo di mantenere puro il Tempio. Egli Me lo promise. Fattosi
mattina, ci congedammo da lui.
L’operato del
Signore in Giudea. Il battesimo d’acqua e di fuoco.
La Dottrina
dell’Amore e la testimonianza di opere di bene che l’accompagna.
Una cosa
soltanto è necessaria. Discussione dei discepoli sul vero battesimo.
«Sei Tu
Colui?». Risposta del Signore.
(Giov.3,22-26)
(V.22) Dopo queste cose,
Gesù e i Suoi discepoli vennero nel territorio della Giudea e dimorò qui con
loro e battezzava.
1. Appena si fece giorno, ci ponemmo in cammino ed entrammo in Giudea,
provincia sottoposta a Gerusalemme, che si estendeva tutt’intorno a questa
città, come al giorno d’oggi da voi un distretto intorno al rispettivo
capoluogo. L’intera Giudea era assai facile da percorrere in pochissimi giorni.
2. Ci si chiederà cosa feci Io in questa provincia? Secondo il versetto
del Vangelo, Io dimorai qui con loro e battezzavo. Però, a chi si riferisce la
parola “loro” e in che cosa consiste la Mia dimora con loro? Con la parola
“loro” sono in primo luogo designati i discepoli, il cui numero, in
Gerusalemme, era aumentato di molto, poi, tutti gli altri che devotamente
ascoltavano la Mia Parola.
3. Coloro che accettavano con piena fede la Mia Dottrina, venivano
battezzati da Me esteriormente e pubblicamente con l’acqua, interiormente e
segretamente invece con lo Spirito del Mio eterno Amore e della Mia eterna
Sapienza, così ottenevano il potere di chiamarsi “figli di Dio”. Queste furono,
dunque, le Mie opere durante la Mia dimora in quel luogo. Quanto insegnai e in
particolare ciò che feci in Giudea, è indicato parzialmente dagli altri tre
evangelisti e non è necessario citarlo qui. La Mia predicazione consisteva
essenzialmente nel porre in chiara luce le gravi colpe di cui si erano
macchiati, fino a quel momento, gli ebrei e i farisei e nell’esaltare l’amore
per Dio e per il prossimo.
4. Io descrissi tutte le mancanze, esortai inoltre i peccatori a fare
vera penitenza, ammonii tutti quelli che accettavano la Mia Dottrina a
guardarsi dal far ritorno all’antico “lievito dei farisei” e, per esercitare,
in quei tempi materialissimi, una benefica influenza, nonché per fortificarli
nei Miei soavissimi insegnamenti, operai molti miracoli, risanai molti
ammalati, liberai gli ossessi dagli spiriti impuri e trassi a Me nuovi
discepoli.
(V.23) Ora Giovanni
battezzava anch’egli in Enon vicino a Salim, poiché qui vi erano acque in
abbondanza e la gente veniva ed era battezzata. V.24. Perché Giovanni non era
ancora stato messo in prigione.
5. Durante la Mia peregrinazione in Giudea, Mi spinsi anche nelle
vicinanze del piccolo deserto di Enon presso Salim, dove Giovanni battezzava,
poiché qui vi era acqua a sufficienza, mentre a Bethabara il Giordano ne
conteneva molto poca ed anche torbida, puzzolente e brulicante di vermi. Per
questo motivo Giovanni si era trasferito a Enon e teneva in questo luogo le sue
dure prediche, battezzando coloro che accoglievano la sua dottrina e che
facevano penitenza.
6. Ora, tra queste persone c’ero anch’Io, e quelli che avevano già
accettato i Miei insegnamenti, senza essere stati prima battezzati da Giovanni.
Perciò questi Mi chiesero se era necessario accostarsi al battesimo di
Giovanni, e Io risposi loro: «Una cosa soltanto è veramente necessaria, ed essa
è che voi mettiate davvero in pratica la Mia Dottrina! Però, finché Giovanni
potrà compiere liberamente la sua missione, ne trarrà dei vantaggi chi volesse
prima purificarsi ricorrendo a lui». Udendo ciò molti si recarono da Giovanni
per essere battezzati.
(V.25) Sorse allora una
discussione da parte dei discepoli di Giovanni con i giudei (che si erano
recati là) riguardo alla purificazione (cioè riguardo al Mio battesimo d’acqua
che Io impartivo in apparente contraddizione con la testimonianza di Giovanni).
7. Allora sorse subito una discussione riguardo alla purificazione di
Giovanni e al battesimo che Io impartivo, perché i discepoli di Giovanni non
comprendevano come anch’Io battezzassi con acqua, quando invece, secondo la
testimonianza del loro maestro, non avrei dovuto battezzare con acqua, ma con
lo Spirito Santo. Molti tra i giudei, che Mi avevano seguito quali Miei
discepoli, sostenevano che solo il Mio era vero battesimo, in quanto, benché Io
battezzassi con l’acqua come Giovanni, solo il Mio battesimo aveva valore,
poiché battezzavo non solo con l’acqua naturale, ma nello stesso tempo anche
con l’acqua dello Spirito di Dio, che concedeva ai battezzati l’evidente potere
di essere chiamati figli di Dio.
(V.26) E vennero a Giovanni
e gli dissero: «Maestro! Ecco, Colui che era con te lungo il Giordano, al Quale
tu rendesti testimonianza (che avrebbe battezzato con lo Spirito Santo),
battezza (anch’Egli ora con acqua) e tutti vengono a Lui!».
8. A seguito di tale discussione, i discepoli del Battista, insieme ai
giudei, si presentarono a Giovanni dicendo: «Ascolta Maestro! L’Uomo che era
con te di là del Giordano e del Quale tu testimoniasti che avrebbe battezzato
con lo Spirito Santo, si trova qui nei dintorni e come te battezza con acqua!
Come spieghi ciò? È questi Colui al quale rendesti la grande testimonianza?»
9. Giovanni rispose: «Andate a trovarLo e chiedeteGli: “Sei Tu Colui
che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Poi ricordate quello che vi
dirà e riferitemelo! Subito dopo potrò darvi un sicuro parere».
10. Quindi, molti fra i discepoli di Giovanni vengono da Me e Mi
espongono la questione, così come Giovanni aveva loro suggerito. Io rispondo,
com’è noto, di riferire a Giovanni quanto essi vedono, cioè che i ciechi
recuperano la vista, gli storpi camminano, i sordi odono e come il Vangelo del
Regno di Dio viene predicato ai poveri! E felice chi non si scandalizza di Me!
Così i discepoli ritornano di nuovo a Giovanni e gli raccontano quello che
hanno visto ed udito.
Ultima
chiarissima, grandissima testimonianza resa al Signore da Giovanni
Battista. Chi
sia la Sposa e chi è lo Sposo. Umiltà di Giovanni. Il mistero di Dio, quale
Padre e Figlio. Condizione per la vita eterna: la fede nel Figlio.
(Giov.3,
27-36)
(V.27) Giovanni rispose e disse:
«Un uomo non può ricevere nulla, se non gli è dato dal Cielo».
1. Giovanni riflette un momento, poi dice ai suoi discepoli: «Udite,
questa è la mia opinione: “Un uomo non può prendere nulla, soprattutto le cose
dello spirito, se ciò non gli viene dato prima dai Cieli!”. Ora, quando mi
trovavo al di là del Giordano, l’Essere straordinario che venne da me per
essere battezzato, sul Quale vidi lo Spirito di Dio, sotto forma di una
splendente nuvoletta, scendere dolcemente dal Cielo come una colomba che si
posa sul nido, non avrebbe potuto, come semplice uomo, avere quello che Egli ha
come già testimoniai! Però Egli è più che un semplice uomo e sembra che abbia
in sé anche la facoltà di ricevere dal Cielo ciò che desidera, per custodirlo o
darlo a chi Gli piaccia! Di conseguenza credo che quanto abbiamo, lo dobbiamo
alla Sua Grazia e che risulta impossibile prescriverGli cosa debba fare, o come
debba agire! Dunque Egli dona e noi riceviamo da Lui. Egli ha la ventola in
mano e monderà interamente la Sua aia come desidera e raccoglierà il grano nel
Suo granaio, brucerà invece la paglia con un fuoco inestinguibile e delle
ceneri farà quello che Egli vuole!».
(V.28) Voi stessi mi siete
testimoni che io ho detto: «Io non sono il Cristo, ma sono mandato prima di
Lui».
2. (Continua Giovanni:) «Voi stessi mi siete testimoni di come, alla
presenza dei sacerdoti e dei leviti che erano venuti a me da Gerusalemme, abbia
detto che non sono il Cristo, ma uno che è mandato prima di Lui! Come potrei
dunque giudicare quanto Egli fa, Egli, che tiene in mano la propria ventola? E
se vuole mondare la propria aia come più Gli piace, non potremo dettarGli
alcuna legge! Infatti se il campo (mondo) è Suo, sono
Suoi anche il frumento (i figli di Dio) e la paglia (i figli del mondo o del
demonio) e Suo è pure il granaio (il Cielo) e Suo il fuoco (l’Inferno)
inestinguibile!»
(V.29) «Colui che ha la
Sposa è lo Sposo (il Signore), ma l’amico dello Sposo, che è presente e L’ode,
si rallegra enormemente della voce dello Sposo, perciò questa mia allegrezza è
compiuta».
3. (Continua Giovanni:) «Colui che ha la Sposa (Sapienza dei Cieli),
Costui è veramente uno Sposo, ma l’amico dello Sposo, che è presente e Lo ode,
si rallegra enormemente udendo la Sua voce! Ecco, questa gioia è ora in me compiuta!
Però, quando viene il Signore stesso, allora il
compito del messaggero finisce! Infatti il messaggero non ha altro da fare che
annunciare la Venuta del Signore; una volta che Questi è giunto, il messaggero
si ritira, poiché non ha più alcuna funzione!».
(V.30) «Conviene che Egli
cresca e che io diminuisca».
4. (Continua Giovanni:) «Conviene quindi che io diminuisca, mentre
Egli, come Signore, cresca presso gli uomini di questa Terra! Dal momento in
cui venni a voi come messaggero, siete stati fino a questo momento miei
discepoli; ora, chi di voi può affermare che me ne sia gloriato? Ho sempre
riservato la dovuta gloria a Chi spetta. E quando affermai che non ero degno di
sciogliere i legacci delle Sue scarpe, non intesi elevarmi, ma tributarGli soltanto
la gloria e l’onore che la cecità umana voleva rendere a me. Quindi, nuovamente
vi dico che la mia missione è ormai compiuta! Infatti, come dissi, se il
Signore viene, il precursore non ha più alcuna funzione ed è necessario che il
messaggero (la carne) diminuisca ed Egli, come Signore (lo Spirito), cresca al
di sopra di ogni carne! Grandissima quindi è la differenza tra il messaggero e
Colui che, per autonoma ed assoluta Potenza, invia il messaggero dove Egli
vuole».
(V.31) «Colui che viene
dall’Alto è sopra tutti. Colui che viene dalla Terra è della Terra. Colui che
viene dal Cielo è sopra tutti».
5. (Continua Giovanni:) «Colui che ha il potere di promulgare leggi
domina e colui cui spetta obbedire è sottoposto. Nessuno però può
ragionevolmente dominare se non è giunto dall’Alto. Chi, dunque, viene
veramente dall’Alto, è sopra tutti. Chi invece proviene dalla Terra, non può
assolutamente venire dall’Alto, ma solo dalla Terra. Chi viene dal Cielo è
sopra a tutti, perché Egli è il Signore e può agire come vuole, quindi
battezzare con acqua, con fuoco e con Spirito, poiché tutto Gli appartiene!
6. Io credo tuttavia che Egli stesso non battezzi con l’acqua, ma solo
con il fuoco dello Spirito. Ma all’inizio i Suoi discepoli battezzeranno alla
mia maniera gli uomini che non furono da me battezzati con l’acqua. Inoltre il
battesimo d’acqua non giova a nulla, se a questo non segue il battesimo dello
Spirito di Dio».
(V.32) «E testimonia ciò che
egli ha visto ed udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza».
7. (Continua Giovanni:) «L’acqua non testimonia che dell’acqua e lava
la pelle dal sudiciume della terra. Lo Spirito di Dio invece, con il quale solo
il Signore può battezzare, poiché lo Spirito di Dio è il Suo Spirito,
testimonia di Dio e di quello che solo Lui contempla ed apprende perpetuamente
in Dio.
8. Ma purtroppo quasi nessuno ha accolto finora questa santa
Testimonianza! Infatti il fango resta fango e non può comprendere lo Spirito, a
meno che non sia purificato dal fuoco e si sublimi, trasformandosi in Spirito.
Un fuoco puro annienta tutto fuorché lo Spirito, che di per sé è una fiamma
potentissima. Eppure sono molti quelli che saranno distrutti dal battesimo
spirituale del Signore e molti, ancora, quelli che per timore si rifiuteranno
di accettarlo».
(V.33) «Colui che riceve la
Sua testimonianza, suggella (in sé) che Dio è vero. (Naturalmente in Colui che
Gli rese testimonianza mediante il battesimo con lo Spirito di Dio)».
9. (Continua Giovanni:) «Chi però accoglierà
questo battesimo e con esso la santa Testimonianza, costui, dinanzi al mondo,
suggellerà in sé che Colui che lo ha battezzato con lo Spirito è veramente Dio
stesso e che solo Lui può dare la vita eterna. Ora vi chiederete: “Perché
suggellare in sé la Testimonianza dei Cieli di Dio mediante Dio?”. Io ve l’ho
già detto: “Il fango è e rimane fango, mentre lo Spirito rimane Spirito.
Dunque, se succede che nella materia dell’uomo terreno, la cui origine è terra
e fango, riesca ad insinuarsi lo Spirito, questo vi resterà forse se tale uomo
non avrà cura di custodirlo gelosamente in sé, cioè nel suo cuore?”.
10. C’è forse una qualche misura secondo cui lo Spirito debba essere
distribuito, affinché ognuno possa riconoscere quanta parte di Spirito abbia
ricevuto? E poiché una tale misura non è definita, allora l’uomo terreno di
fango tende a fissare, nel suo cuore, una misura per lo Spirito che riceve. E
quando lo Spirito è penetrato e si è adagiato in stato di pace imperturbata,
colmando così la nuova misura del cuore, l’uomo di fango può allora valutare la
quantità di Spirito che egli ha ricevuto!
11. A cosa gioverebbe attingere acqua del mare, per versarla in una
botte forata? Potreste forse misurare la quantità di acqua, che avete attinto
dallo sconfinato mare? Se invece la botte è in buono stato, allora vi sarà
possibile misurare quanta acqua avete versato dentro! Ora, l’acqua del mare è
uguale ovunque, sia che sia molta, sia che sia poca; essa è sempre una sola.
Così pure il mare è in ogni caso sempre mare e l’acqua attinta da un luogo
qualsiasi è sempre la stessa, poca o molta che sia. Se ne conosce la misura
solo dopo averla attinta».
(V.34) «Infatti, colui che
Dio ha mandato esprime le parole di Dio. Dio però non dà il Suo Spirito (a
Colui che è inviato da Lui) con misura (cioè come ad un uomo, ma in tutta la
Sua pienezza)».
12. (Continua Giovanni:) «La stessa cosa avviene per Colui che è venuto
da Dio per testimoniare di Dio e per far udire la pura Parola divina. È Lui
stesso il mare senza fine (Spirito di Dio). Quando Egli dà a qualcuno il Suo
Spirito, Egli non Lo concede in misura illimitata, perché questa esiste in
tutta la pienezza infinita solo in Dio, ma Lo dà secondo la misura che è
nell’uomo. E se l’uomo vuole conservare in sé lo Spirito ricevuto, allora deve
badare che la sua misura non sia difettosa e tenuta aperta, ma che questa sia
invece ben legata e suggellata.
13. Ora, Colui presso Cui voi eravate e a Cui
avete chiesto se Egli fosse il Cristo, anche se esteriormente è un Figlio
dell’uomo, ha ricevuto fin dall’eternità lo Spirito di Dio non in misura umana,
ma nella stessa infinita misura di Dio, perché in Se stesso Egli è lo
sconfinato mare dello Spirito di Dio! Il Suo Amore è dall’eternità Suo Padre,
il Quale non è fuori del visibile Figlio dell’uomo, ma è in Lui stesso. Questi
è il Fuoco, la Fiamma e la Luce nel Padre e dal Padre fin dall’eternità».
(V.35) «Il Padre ama il
Figlio e Gli ha dato ogni cosa in mano».
14. (Continua Giovanni:) «Ma questo caro Padre vuole bene moltissimo al
Suo eterno Figlio, ed ogni Potenza ed ogni Potere sono nelle mani del Figlio, e
tutto quello che noi abbiamo, in giusta misura, lo abbiamo attinto dalla Sua
smisurata Pienezza. Egli stesso dalla Sua propria Parola è ora fra noi un Uomo
nella carne, e la Sua Parola è Dio, Spirito e Carne, quella Carne che noi
chiamiamo “Figlio”. Ma il Figlio è dunque anche in Se stesso
la Vita di ogni vita eternamente”.
(V.36.) «Chi crede nel Figlio ha vita eterna, ma chi non crede al Figlio
non vedrà la vita, ma l’Ira di Dio rimane su di lui!»
15. (Continua Giovanni:) «Chi accoglie quindi il Figlio e crede in Lui,
ha già in sé la vita eterna. Infatti, come Dio in ogni Sua parola è Vita
perfettissima ed eterna, anche in ogni uomo, che accoglie e conserva in sé la
Sua vivificante Parola, Egli rimane tale. Al contrario, chi non accoglie la
Parola di Dio dalla bocca del Figlio e quindi non crede in Lui, non solo non
può e non otterrà la Vita, ma non potrà né vederla né percepirla in sé. L’Ira
di Dio, cioè il Giudizio delle cose, che non hanno altra vita se non quella
vincolata alla legge immutabile del dovere assoluto, rimarrà invece sopra di
lui, fino a quando non crederà nel Figlio.
16. Io, Giovanni, vi ho detto tali cose e ho dato a tutti voi una testimonianza
decisamente valida. Con le mie mani vi ho purificati dall’immondizia terrena!
Ora, andate da Lui ed accogliete la Sua Parola, affinché pure voi possiate
essere resi partecipi del battesimo del Suo Spirito, poiché senza questo ogni
mia fatica sarà stata vana! Io stesso vorrei andare da Lui! Egli però non vuole
che ciò avvenga e rivela al mio spirito dove devo rimanere, poiché
spiritualmente ho già ricevuto ciò che ancora a voi manca».
17. Questa è l’ultima grande testimonianza che Giovanni il Battista Mi
rese, la quale non ha bisogno di essere chiarita ulteriormente, perché si
spiega molto bene in sé e da sé.
18. Il motivo per cui queste cose non sono scritte nel Vangelo è sempre
lo stesso. In primo luogo, il modo di scrivere di quell’epoca era tale che non
ammetteva molti dettagli, quindi si prendeva nota solo dei punti più salienti
dell’oggetto o dell’avvenimento che si doveva narrare, mentre il resto, cioè
quello che uno spirito attento poteva da se stesso facilmente intuire, veniva
tralasciato. In secondo luogo, si evitava in tal modo che la parte santa e
vivificante della Parola venisse contaminata e profanata. Quindi ogni singolo
versetto è un seme rivestito di un solido involucro, in cui giace nascosto il
germe di una Vita senza fine e di una illimitata traboccante Sapienza.
SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI
– CAP. 4
Conversione
dei samaritani – Guarigione del figlio del re
Le Grazie
operate dal Signore a favore di coloro che credevano
in Lui aumentano il numero dei Suoi seguaci – Origine di falsi Vangeli
Gelosia dei templari e loro accanimento
persecutorio – Il Signore attraverso la Samaria passa in Galilea – Carattere
dei samaritani
A Sichar – Il
Signore e i Suoi fanno sosta al pozzo di Giacobbe
(Giov.4,1-6)
(V.1) Quando dunque il
Signore seppe che i farisei avevano udito che Gesù faceva e battezzava più
discepoli che Giovanni.
(V.2) Sebbene non fosse Gesù stesso che battezzava, ma solo i Suoi
discepoli.
(V.3) Lasciò la Giudea e se
ne andò di nuovo in Galilea.
1. Subito dopo le parole di Giovanni, i suoi discepoli si unirono a Me,
così il numero dei Miei discepoli aumentava di giorno in giorno, anzi a volte
di ora in ora. Infatti quelli che cominciavano ad avere fede in Me, si
presentavano dapprima ai Miei primi discepoli, per essere battezzati da questi
con acqua, poi, secondo la misura della loro fede, Io imponevo loro le mani.
Venivano tanto incoraggiati e fortificati nello spirito che in loro il timore
della morte del corpo svaniva.
2. Molti vennero a conoscenza di questi fatti e ne parlarono dovunque
avessero avuto l’occasione di andare, anche se glielo avevo proibito. Perciò la
fama delle Mie opere venne divulgata prestissimo in tutta la Giudea e, molto
spesso, perfino corredata di aggiunte e di esagerazioni. Di conseguenza i
giudei, costantemente ansiosi di vedere miracoli, furono sempre più spinti a
venirMi dietro, anzi, molti di loro decisero di rimanere con Me.
3. Ciò aveva anche l’inevitabile, incresciosa conseguenza che le Mie
opere, corredate di aggiunte ed esagerazioni, erano giunte alle orecchie molto
suscettibili dei farisei. Tra le voci che correvano ce n’erano alcune così
strane, che perfino alcuni romani cominciarono a pensare che Io dovevo essere o
Giove in persona, oppure un Suo figlio.
4. Anche i romani inviarono i loro emissari, ma non trovarono quello
per cui erano stati mandati. Abitualmente, in casi simili, Io Mi astenevo
dall’operare miracoli, affinché quel popolo, immerso nella superstizione, non
vi sprofondasse più di quanto già lo fosse.
5. In seguito, da queste esagerazioni sorsero un gran numero di falsi
Vangeli, che dovevano poi deturpare il vero.
6. Ora, i farisei, questi malvagi, tristi e gelosissimi signori del
Tempio e delle Scritture, consigliandosi tra loro, deliberarono se fosse stato
il caso di convincere Me e Giovanni il Battista a desistere dal nostro operare
o mandandoci all’altro mondo in maniera innocente o, in ogni caso, procurarci
per il resto dei nostri giorni un alloggio, situato in buona posizione, ma
alquanto sottoterra, come più tardi ottennero da Erode che fosse trattato
Giovanni (il Battista).
7. Che tali loro nobili sentimenti non Mi fossero sconosciuti, è cosa
che certamente non ha bisogno di alcun’altra dimostrazione. Infatti, volendo
evitare litigi ed altri spettacoli disgustosi, non Mi restava che abbandonare
l’oscurantista e ultramondana Giudea e recarMi in Galilea, paese animato da
sentimenti un po’ più liberali.
(V.4) Egli doveva però
attraversare la Samaria.
8. Però non era consigliabile passare subito in Galilea, ma la cosa
migliore era andarci attraversando la Samaria, che da lungo tempo si era
sottratta, con l’aiuto dei Romani, al dominio del Tempio (e questo tipo di
attività era facile e desiderabile per i Romani il cui motto comunque era di
dividere tutti i paesi per poterli dominare più facilmente).
9. Quindi, agli occhi della casta sacerdotale di Gerusalemme, il popolo
samaritano era il più spregevole e sacrilego della Terra. D’altra parte presso
i samaritani i sacerdoti erano tenuti così poco in considerazione, che per
questi l’appellativo di sacerdote del Tempio corrispondeva alla più degradante
qualifica. Se ad esempio succedeva che un samaritano, in un momento di
ingiustificata esaltazione, avesse chiamato qualcuno con il titolo di fariseo,
la persona così offesa faceva citare il diffamatore in giudizio e non di rado
questi scontava la sua insensatezza pagando una rilevante ammenda in denaro e
passando anche un anno in prigione. Appare dunque molto naturale che, sotto
tali auspici, non era per niente conveniente ad un fariseo o ad un sacerdote
della stessa risma porre piede in Samaria. Questo fatto, invece, tornava
conveniente sia a Me che a quelli che Mi seguivano, perché in Samaria eravamo
al sicuro dalla feroce persecuzione degli ebrei del Tempio.
(V.5) Venne dunque ad una
città del paese di Samaria, detta Sichar, che è vicina al podere che Giacobbe
diede a Giuseppe, suo figlio.
10. La via che attraversava la Samaria conduceva anche a Sichar, città
situata nei pressi dell’antichissimo villaggio che Giacobbe, come dono
natalizio, aveva donato insieme ai rispettivi abitanti, in prevalenza pastori,
a suo figlio Giuseppe. Questo era tutto ciò che Giacobbe aveva ricevuto in dote
al tempo delle sue nozze con Rachele. Sichar non era il capoluogo di provincia,
tuttavia vi soggiornavano parecchi agiati samaritani ed alcuni ricchi romani,
poiché la città si trovava in una regione molto piacevole dal clima
tonificante.
(V.6) Ora qui c’era il pozzo
di Giacobbe. E Gesù, affaticato dal cammino, sedeva presso il parapetto di
pietra del pozzo. Era circa l’ora sesta.
11. Eravamo partiti dalla Giudea verso le quattro di mattina secondo
l’attuale maniera di contare il tempo e, camminando velocemente senza sostare,
giungemmo a mezzogiorno in punto, che corrisponde all’ora sesta di allora, al
vecchio pozzo di Giacobbe. Precisamente quel vecchio pozzo si trovava di fronte
al villaggio e ne distava appena circa quaranta passi in direzione di Sichar.
L’acqua che ne sgorgava era di qualità eccellente, e il pozzo stesso era
circondato da una balaustra di pietra leggiadramente lavorata allo scalpello,
secondo l’antico uso; inoltre, vi erano piantati intorno
alberi ombrosi.
12. Quel giorno di estate avanzata faceva molto caldo, tanto che il Mio
corpo era molto stanco per il faticoso viaggio, così quelli che Mi avevano
seguito dalla Giudea e ancora prima dalla Galilea, cercarono un luogo dove
potersi ristorare dalla fatica di quel giorno. Alcuni cercarono ricovero nel
piccolo villaggio, altri preferirono adagiarsi all’ombra dei folti alberi che
si trovavano là.
13. Perfino i Miei primi discepoli, come Pietro, il Mio Giovanni
l’evangelista, Andrea, Tommaso, Filippo e Natanaele caddero, affranti dalla
stanchezza, sui tratti di terreno ombreggiati e coperti di foltissima erba.
Solo Io, anche se ero molto stanco, Mi accontentai di sederMi sulla balaustra
di pietra del pozzo, sapendo in anticipo che, tra breve, avrei avuto in quel
luogo una buona opportunità per impostare un propizio scambio d’idee con i
samaritani che, essendo testardi per natura, erano d’altra parte abbastanza
esenti da pregiudizi. Nel frattempo, poiché la sete cominciava fortemente a
farsi sentire, attendevo che tornasse uno dei discepoli, andato in paese a
procurarsi un recipiente per attingere l’acqua, ma sembrava che tardasse ad
apparire.
Il Signore e
la donna al pozzo di Giacobbe.
Insegnamenti del
Signore sull’essenza della Sua Acqua vivificante.
(Giov.4,7-16)
(V.7) E una donna di Samaria
(precisamente dalla città di Sichar; lei era nativa della capitale di questo
paese) viene per attingere dell’acqua. Gesù le dice: «Donna! Dammi da bere!»
(V.8) Infatti i discepoli
erano andati in città a comperare del cibo.
1. Mentre Io attendevo invano un vaso [d'acqua] dal villaggio, appare
all'orizzonte, quasi fosse stata chiamata, una donna samaritana di Sichar, la
quale, munita di una brocca, voleva attingere dell’acqua dal pozzo di Giacobbe,
bevanda deliziosa e ristoratrice in una giornata eccessivamente calda come
quella. La donna, che fino a quel momento non si era curata di Me, si china sul
pozzo, vi cala il vaso legato ad una fune e lo ritrae pieno d’acqua. Allora le
rivolgo subito la parola dicendole: «Donna! Ho molta sete, damMi da bere dalla
tua brocca!»
(V.9) Ma la donna samaritana Gli dice: «Come mai Tu che sei giudeo chiedi
da bere a me, che sono una donna samaritana? Infatti i
giudei (orgogliosi) non hanno rapporti con noi (poveri) samaritani!»
2. La donna, meravigliata per aver riconosciuto in Me un giudeo, rimane
perplessa per un po’, poi esclama: «Anche Tu sei uno di quelli che ho
incontrato in città, e che mi hanno chiesto dove avrebbero potuto comperare da
mangiare? Quelli erano dei giudei orgogliosi e, come lo dimostrano i Tuoi
vestiti, sei senza dubbio anche Tu uno di loro! Io però sono una donna
samaritana! Come puoi chiedermi di darTi da bere dell’acqua? Ah, è così! Quando
il bisogno vi mette alle corde, voi, superbi giudei, non disdegnate di servirvi
anche di una povera donna samaritana, ma per altre cose, non avete più né occhi
né orecchie per noi! Ah, se potessi annegare con questa brocca d’acqua l’intera
Giudea, allora Ti darei con tutto il cuore da bere, altrimenti preferirei
vederTi morire di sete, piuttosto che porgerTi anche una sola goccia di
quest’acqua!».
(V.10) Gesù rispose e le disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è
Colui che ti dice “DamMi da bere”, tu stessa Gliene avresti chiesto ed Egli ti
avrebbe dato dell’acqua viva!»
3. Io le rispondo: «Tu parli così perché nei tuoi giudizi sei cieca. Ma
se i tuoi occhi fossero aperti e illuminati e tu riconoscessi il dono di Dio e
Colui che ti ha detto “Donna, damMi da bere!”, allora cadresti ai Suoi piedi e
Lo pregheresti che Ti desse dell’acqua vera! Ed Egli ti darebbe da bere
un’acqua viva! Io ti dico, com’è scritto in Isaia 44,3 e in Gioele 3,1, che chi
crede nelle Mie parole, farà sgorgare dal suo corpo fiumi d’acqua vivificante».
(V.11) La donna Gli dice:
«Signore! Tu non hai niente con cui attingere e il pozzo è profondo! Da dove
prenderesti dunque quest’acqua viva?».
4. Dice la donna: «Tu sembri essere molto versato nelle Scritture! E se
mi hai chiesto un sorso d’acqua dalla mia brocca, deduco che Tu non ne possiedi
una con la quale attingere a questo pozzo, ed essendo esso molto profondo non
puoi prendere l’acqua con le mani. Sono quindi molto curiosa di conoscere con
quale mezzo intendi procurarTi dell’acqua da un luogo qualsiasi! (Oppure le Tue
parole sono velate per coprire la Tua voglia di avere dei rapporti con Me? È
vero, sono ancora abbastanza giovane e pure attraente, non avendo compiuto
ancora trent’anni! D’altra parte un desiderio di questo tipo, da parte di un
giudeo verso una spregevole samaritana, sarebbe un vero miracolo, poiché
preferite gli animali ai samaritani! In verità, non riusciresti mai a
persuadermi!)».
(V.12) «Sei Tu maggiore di
Giacobbe, nostro padre, il quale ci diede questo pozzo e al quale egli stesso
bevve insieme ai suoi figli e al suo bestiame?».
5. Domanda la donna: «Chi sei Tu e che cosa rappresenti per osare di
parlarmi così? Sei forse più di Giacobbe nostro padre, che ci ha dato questo
pozzo e vi ha bevuto lui, i suoi figli e il suo bestiame? Chi pretendi di
essere? Tu hai capito che sono una povera donna, perché, se fossi ricca, non
verrei con questo caldo soffocante ad attingere l’acqua per ristorarmi.
Vorresti Tu, da giudeo, rendermi più misera di quanto sono? E per sapere quanto
sia povera è sufficiente osservare le mie vesti, che bastano a stento a far sì
che possa uscire di casa senza arrossire di vergogna! Come puoi esigere da me
che io, una misera e povera donna, debba pregarTi di poterTi assecondare nelle
Tue voglie, Tu che sei un superbo giudeo? Sarebbe orribile se le Tue parole
mirassero a questo scopo! Tuttavia, non mi sembri nutrire simili propositi,
perciò neanch’io ho parlato sul serio! Ma poiché sei Tu ad avere parlato per
primo, spiegati più chiaramente e dimmi quello che intendi con la Tua acqua
vivificante!».
(V.13) Gesù rispose e le
disse: «Chiunque beve dell'acqua di questo pozzo, con il tempo avrà ancora
sete».
6. Io le rispondo: «Ti ho già spiegato che, poiché sei cieca nei tuoi giudizi,
è naturale che tu non possa comprenderMi. Vedi, prima ti ho detto che, chiunque
crede alle Mie parole, farà scorrere dai suoi fianchi fiumi d’acqua
vivificante! Ascolta, sono già trascorsi trent’anni da quando venni in questo
mondo e non ho ancora toccato una donna; com’è possibile che, d’un tratto, Mi
senta spinto a desiderarti? Oh, cieca ed insensata! Infatti anche se volessi
avere una relazione con te, tu rimarresti nuovamente assetata e dovresti ancora
bere per spegnere la tua sete; ma quando ti ho offerto dell’Acqua viva, era
evidente che intendevo estinguere per sempre in te la sete della vita! Infatti,
vedi, la Mia Parola e la Mia Dottrina sono una tale
Acqua!»
(V.14) «Ma chi berrà dell’acqua
che Io gli darò, non avrà mai più sete in eterno anzi, l’acqua che Io gli darò,
diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna».
7. (Continua il Signore:) «Infatti chi beve l’acqua naturale di questo
pozzo, come quella di qualsiasi altro, dopo un po’ ha di nuovo sete. Chi però
beve (accoglie con fede nel suo cuore) l’Acqua spirituale (la Mia Dottrina),
che solo Io posso dare, costui non avrà mai sete in eterno, poiché l’Acqua che
Io do a qualcuno diviene in lui un pozzo, la cui acqua fluisce nella vita
eterna.
8. Vedi, tu Mi ritieni un giudeo superbo ed orgoglioso, e vedi, Io sono
mansueto in tutta la Mia Anima e compenetrato dalla più profonda umiltà. La Mia
Acqua vivificante è infatti questa stessa umiltà, perciò chi non diventerà
umile come Me, non avrà alcuna parte nel Regno di Dio, che è sceso ora qui
sulla Terra.
9. Ugualmente l’Acqua vivificante, che ti ho offerto, rappresenta pure
la conoscenza dell’Unico Vero Dio e della Vita eterna derivante da Lui. Quest’Acqua
scaturisce quindi da Dio, che è la Vita di ogni Vita e, quale Vita
eterna, irrora l’uomo e lo trasforma in una fonte di vita inestinguibile, che
da lui rifluisce in Dio e in Dio genera la stessa libera ed attiva Vita divina.
Ecco, o donna, l’Acqua che Io ti porgo; come hai potuto comprenderMi così
male?».
(V.15) La donna Gli disse:
«Signore! Dammi di questa acqua, affinché io non abbia
più sete e non venga più ad attingere qui (cosa, d’altra parte, molto
faticosa)!»
10. Risponde la donna: «Dammi dunque di quest’acqua, affinché non
soffra più la sete e non debba percorrere fino a qui questa faticosa via, per
poter attingere un po’ d’acqua da questo pozzo, poiché dimoro in periferia,
dalla parte opposta della città, ed è necessario fare un bel tratto di strada
per arrivare fin qui!».
(V.16) Gesù le disse: «Va’,
chiama tuo marito, poi vieni qui (con lui)».
11. Io le faccio osservare: «O donna, tu sei anche corta d’intelletto,
con te è difficile parlare, perché non hai la più pallida idea delle cose dello
Spirito! Vattene dunque in città, chiama tuo marito e ritorna qui con lui,
poiché gli voglio parlare. Egli certamente, Mi comprenderà meglio di te! O
anche lui, come te, crede di poter estinguere la sete naturale del proprio
corpo con l’Acqua spirituale dell’umiltà?».
Continuazione
della scena al pozzo di Giacobbe. Discorso del Signore con la samaritana
riguardo suo marito. La donna riconosce il Signore quale profeta e Gli chiede
dove può adorare Dio affinché sia risanata. Sulla vera adorazione di Dio Padre in Spirito e Verità. Cenni di vita.
(Giov.4,17-24)
(V.17) La donna,
rispondendo, Gli disse: «Io non ho marito».
Gesù le disse: «Hai detto bene: “Non ho marito”».
1. La donna replica sdegnosamente: «Io non ho marito!». Al che
sorridendo le rispondo: «Poche parole ma ben dette, questa volta hai detto
davvero la verità».
(V.18) «Perché tu hai avuto
cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito! In questo tu hai detto la verità (così stanno le cose con te)!»
2. (Continua il Signore:) «Vedi, Mia cara, tu
hai avuto già cinque mariti, ma poiché la tua natura non corrispondeva alla
loro, essi si ammalarono in breve tempo e morirono; infatti, nessuno di loro
durò più di un anno con te. Nel tuo corpo alberga un verme maligno e vorace e
chi ti si accosta non può sottrarsi all’influenza di questo e ne viene ucciso.
Ma, per tua e sua rovina, l’uomo, che ora è con te, non è tuo marito, ma il tuo
amante! Sì, certamente, quello che hai appena detto corrisponde a verità».
(V.19) La donna Gli dice: «Signore, io vedo che tu sei profeta!»
3. Udendo questo, un senso di timore invade la donna, che, non volendo
tradirsi, riflettendo un po’, Mi dice: «Signore, io vedo che Tu sei Profeta! E poiché
conosci tutto ciò, saprai anche cosa potrebbe essermi di aiuto!»
(V.20) «I nostri padri hanno
adorato Dio su questo monte (Garizim), e voi dite che a Gerusalemme c’è il
luogo dove conviene adorare Dio! (Quale di queste cose è valida innanzi a Dio?)».
4. (Continua la donna:) «Io so che, in simili casi, solo Dio può
aiutare. Ma come e dove Lo si deve pregare? I nostri padri dicono che conviene
adorarLo sul monte Garizim, dove lo hanno già adorato i primi patriarchi. Voi
affermate, invece, che è Gerusalemme l’autentico luogo dove Lo si deve adorare!
Ora, poiché evidentemente Tu sei un Profeta di Dio, dimmi, di grazia, dove Lo
si deve adorare realmente? Infatti sono ancora giovane e tutti mi dicono che
sono una donna bellissima, perciò sarebbe un’orribile cosa se il verme di cui
parli dovesse rodermi il corpo, mentre sono ancora viva! O povera, misera me!».
(V.21) Gesù le dice: «Donna, crediMi, verrà l’ora (ed è già arrivata) che
voi non adorerete il Padre né su questo monte, né a Gerusalemme!»
5. Io le rispondo: «Donna, Mi sono certamente noti sia la tua povertà
che le tue necessità e so quanto sia ammalato il tuo corpo, però conosco anche
com’è formato il tuo cuore che, pur non essendo uno dei migliori, non può
neanche dirsi cattivo. Questa è la ragione per cui Mi sentii indotto a
parlarti, poiché quando nel cuore si trova anche solo un po’ di bontà, allora
vi è sempre la possibilità di essere aiutati! Tu sei su una via assolutamente
falsa se dubiti dove si debba degnamente ed efficacemente adorare Dio!
6. Ascolta, te lo voglio dire: “CrediMi, viene il tempo, anzi è già
venuto, in cui non adorerete il Padre né su questo monte né in Gerusalemme!”»
7. A queste Mie parole la donna, spaventata, esclama: «Guai a me, guai
a tutto il popolo! Cosa sarà di noi? Forse anche noi abbiamo peccato
orribilmente come i giudei? Ma perché Jehova non ci ha mandato alcun profeta
per ammonirci? Vero, ora sei venuto Tu come Profeta, ma a che cosa giova, se
come hai detto, non adoreremo più Dio né sul monte né in Gerusalemme? Non
significa forse, come credo di leggere sul Tuo viso, divenuto d’improvviso
minacciosamente serio, che Dio abbandonerà completamente il Suo vecchio popolo
e stabilirà la Sua dimora presso un altro popolo? In quale posto della Terra
avverrà ciò? Oh, dimmelo, affinché possa andare a fare vera penitenza e adorare
Dio Padre, pregandoLo di aiutarmi nella mia miseria e di non abbandonare
completamente il mio popolo!»
8. Io le rispondo: «AscoltaMi bene e cerca di comprendere quello che ti
dico! Perché dubiti, dunque, e tremi? Credi che Dio, come avviene tra gli
uomini, sia anch’Egli infedele e non mantenga le Sue promesse?».
(V.22). «Voi adorate ciò che
non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché
la salvezza viene dai giudei!».
9. (Continua il Signore:) «È vero, voi salite sul monte e là pregate ed
adorate, ma non sapete cosa pregate e chi adorate. La stessa cosa succede a
quelli che adorano a Gerusalemme. Essi si affannano per andare al Tempio e
fanno orribili piagnistei, ma neanche loro sanno ciò che fanno e che cosa
adorano!
10. Tuttavia, come Dio ha annunciato per bocca dei Profeti, la salvezza
non viene da voi, ma dai giudei. Non hai che da leggere Isaia 2,3, dove
troverai scritto ciò!»
11. Dice la donna: «Sì, lo so che è scritto che la legge uscirà da Sion
e so pure che essa viene conservata nell’arca, allora perché dici: “Né sul
monte né in Gerusalemme?”».
(V.23) «Ma l’ora viene, anzi è già venuta (davanti ai tuoi occhi), che i
veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità, perché tali sono gli
adoratori che il Padre stesso richiede».
12. Io replico: «Non Mi hai ancora compreso. Ecco: Dio, il Padre
eterno, non è né sul monte, né nel Tempio e tanto meno nell’arca! Per questa
ragione ti dissi anche: “Viene il tempo, anzi esso è già qui davanti ai tuoi
occhi, in cui i veri adoratori (alcuni dei quali li puoi vedere qui attorno a
te che si riposano sotto gli alberi; altri ne hai visti in città
dove si sono recati per comperare del cibo) adoreranno Dio Padre in
Spirito e in Verità, perché il Padre stesso vuole che d’ora innanzi gli uomini
Lo adorino così!”».
(V.24) «Dio è Spirito: perciò conviene che coloro che Lo adorano, Lo
adorino in Spirito e Verità!»
13. (Continua il Signore:) «Infatti, Dio è Spirito, e quelli che Lo
adorano Lo devono adorare in Spirito e Verità!
14. Per fare questo, non c’è bisogno né di un monte né di un Tempio
qualsiasi, ma si richiede solo un cuore il più possibile puro, umile ed
infiammato d’amore! Quando il cuore è veramente quello che deve essere, cioè
l’urna in cui è conservato l’amore per Dio, la coppa colma di dolcezza ed
umiltà, allora soltanto in quel cuore alberga la Verità in tutta la sua
pienezza, e dove regna la Verità ci sono pure Luce e Libertà, poiché la luce
della Verità rende libero ogni cuore. È dalla libertà del cuore che dipende poi
la libertà di tutto l’uomo.
15. Quindi, chi ama Dio con un simile cuore, è un vero adoratore di Dio
Padre e il Padre esaudirà sempre le sue preghiere, senza dare alcuna importanza
al luogo, monte o Gerusalemme che sia, poiché ogni luogo della Terra Gli
appartiene. Il Padre scruterà invece il cuore di ciascun uomo! Io credo che ora
tu Mi abbia ben compreso».
La samaritana è
disposta a dare da bere al Signore. Della sete spirituale del
Signore verso
i cuori degli uomini. La virtù curativa dello Spirito nell’uomo che ha fede.
Conversazioni sul Messia. Il Signore si rivela alla samaritana come Messia.
(Giov.4,
25-26)
1. Dice la donna: «Sì, Signore, ora ti sei espresso con più chiarezza!
Ma dimmi: “Non hai più sete o non Ti senti di bere dalla brocca di una
peccatrice?”»
2. Io rispondo: «Mia cara, non curarti di ciò, poiché tu Mi sei più
preziosa che non la tua brocca e tutta la tua acqua! Quando poco fa ti chiesi
dell’acqua, non volevo bere dalla tua brocca, ma dal tuo cuore, nel quale si
trova un’acqua molto più preziosa di quella che si trova in questo pozzo e
nella tua brocca. Con l’acqua del tuo cuore potrai guarire tutto il tuo corpo,
perché ciò che in te Mi è gradito, avrà il potere di risanarti, purché tu abbia
fede!»
3. Dice la donna: «Oh Signore, cosa devo fare perché quest’acqua scenda
dal mio cuore sulle parti ammalate del mio corpo? Signore, perdonami se parlo
così apertamente con Te, ma sono una donna miserabile e Tu sai che la miseria
non conosce vergogna e che in se stessa non riconosce che se stessa e scioglie
la lingua secondo la grandezza del bisogno. Se io non fossi tanto indegna,
certamente Ti offrirei il mio cuore! Ma poiché sono così miseramente ammalata
(oh, Mio Dio, Padre Santissimo, aiutami Tu!), non devo aggiungere ai miei
numerosi peccati anche quello, forse più grave di tutti, di voler offrire il
mio cuore impuro a Te, che sei purissimo!»
4. Io replico: «Mia cara donna, se prima ti ho
chiesto dell’acqua, non è perché volevo che Mi offrissi il tuo cuore, poiché lo
avevo già preso da Me stesso, però la tua offerta è sempre bene accetta, poiché
anche il cuore dei samaritani Mi è gradito. E se tu Mi ami, fai bene, perché ti
ho amata prima ancora che tu pensassi a Me!»
5. A queste Mie parole, la bella donna arrossisce e, alquanto
imbarazzata, risponde: «Da quando mi conosci? Hai forse dimorato altre volte in
questa città o in Samaria? Se è così, non ricordo di averTi mai visto! Oh, Te
ne prego, dimmi dunque dove e quando Tu mi hai già vista!»
6. Io le rispondo: «Io non ti ho mai vista né qui né in Samaria né in
nessun altro paese, eppure ti conosco già fin dalla tua nascita, anzi ancora da
molto tempo prima. Io ti ho sempre amata come la Mia Vita! Cosa ne pensi ora?
Sei contenta del Mio Amore? AscoltaMi ancora: tu avevi quasi dodici anni,
quando un giorno cadesti in una cisterna; ebbene, fui Io a salvarti, anche se
tu non hai visto la Mia Mano che ti trasse dal pericolo! Te ne ricordi?».
7. Udendo ciò, la donna, completamente turbata, non sa cosa rispondere;
il suo cuore si infiamma enormemente e il suo amore aumenta visibilmente.
8. Dopo averla lasciata per un po’ immersa nei pensieri, suscitati dai
nuovi sentimenti che le agitavano il cuore, le chiesi se sapesse qualcosa del
Messia che doveva venire.
(V. 25) La donna Gli dice:
«Io so che il Messia, che è chiamato Cristo, deve venire! Quando verrà, ci
annuncerà (ancora una volta) ogni cosa (che Tu ora mi hai detto)?».
9. La donna con le guance ancora arrossate e il petto ansimante per la
commozione, risponde: «Signore, Tu sapientissimo
Profeta di Dio, io so per certo che il Messia promesso deve venire e che sarà
chiamato Cristo! Però, quando Egli verrà, potrà annunciarci più di quello che
mi hai appena detto Tu ora? E chi ci dirà quando e da dove verrà il Messia? Può
darsi che nella Tua profonda sapienza, Tu sia in grado di fornirmi notizie più
precise sulla Sua venuta; infatti è da lungo tempo che Lo attendiamo e mai
nessuno ci ha fatto capire qualcosa sul Suo conto! Tu appagheresti una delle
mie più ardenti brame se mi facessi conoscere precisamente quando e dove verrà
il Messia per redimere il Suo popolo dai Suoi tanti nemici! Oh se Tu lo sai,
dimmelo! Forse anche il Messia avrebbe pietà di me e mi aiuterebbe, se Lo
pregassi?».
(V.26) Gesù le dice: «Io, che ti parlo, sono proprio Quello!»
10. Io le rispondo brevemente con serietà, ma al tempo stesso con
amore: «Io che ti parlo, sono proprio Quello!»
Il dialogo tra
il Signore e la samaritana viene interrotto dal ritorno di alcuni discepoli.
La vera adorazione in Dio consiste nell’amore
attivo.
Guarigione
della samaritana.
La gioia della
risanata e il suo zelante divulgare il Messia trovato.
La delegazione
di sichariti dal Messia.
(Giov.4,
27-30)
(V.27) In quel momento
arrivarono i Suoi discepoli (portando con sé le vivande che avevano comprato in
città), e si meravigliarono che parlasse con la donna. Nessuno però Gli disse:
«Cosa le domandi o perché parli con lei?».
1. La donna, nell’udire questa Mia esplicita dichiarazione, fu presa da
grande timore, anche perché, in quel momento, erano tornati dalla città alcuni
discepoli con le vivande acquistate, i quali, vedendoMi parlare con quella
donna, ne erano rimasti enormemente stupefatti. Nessuno però si permise di
chiedere né a Me, né alla donna cosa avessimo fatto o che cosa avessimo detto.
Intanto, gli altri compagni di viaggio, come pure Maria Mia madre, anche lei
presente, esausti dalla lunga e faticosa marcia, dormivano tanto profondamente
che non era facile svegliarli. Nel contempo ritornò finalmente anche il
discepolo che si era recato nel vicino villaggio in cerca di un vaso per attingere
l’acqua. Non era però riuscito a trovarne uno. Egli si avvicinò a Me e
scusandosi disse: «Signore, il piccolo villaggio conta circa una ventina di
case ed esse sono tutte chiuse e nessuna ha dato segno di vita!»
2. Io però, confortandolo, gli feci osservare: «Non prendertela! Vedi,
accadrà pure a tutti noi molto spesso e in molti modi in rapporto alle cose
naturali, e particolarmente in rapporto a quelle spirituali, che noi, spinti
dalla sete del nostro Amore, busseremo alle porte (ai cuori) degli uomini per
chiedere un vaso con cui attingere l’acqua vivificante, ma troveremo i cuori
chiusi e vuoti! Comprendi tu l’immagine?»
3. Il discepolo, commosso e colpito dalle Mie parole, risponde:
«Signore, caro Maestro, purtroppo Ti ho ben capito! Ma se le cose stanno così,
allora non concluderemo molto!»
4. Io gli dico: «Non ti confondere, fratello Mio! Osserva bene questa
donna! In verità ti dico che è meglio ritrovare un’anima perduta che
novantanove giusti, i quali ritengono di non avere bisogno di penitenza, visto
che il sabato salgono regolarmente sul Garazim dove si illudono di servire Dio.
Però già alla vigilia del sabato non lasciano fuori neppure un misero secchio,
affinché di sabato non si possa attingere un solo sorso d’acqua per estinguere
la sete, poiché, secondo l’idea di questi pretesi giusti, così facendo, quel
giorno sarebbe profanato. Oh, quanto ciechi e stolti sono tali giusti! Guarda
invece questa peccatrice, lei ci ha offerto la sua brocca e ci serve. DiteMi
voi tutti, chi ritenete migliore, questa peccatrice o quei novantanove che
santificano il sabato sul Garazim?»
5. La donna, sempre fortemente emozionata, umilmente dichiara:
«Signore! O Figlio dell’Eterno! Ecco qui la mia brocca, tienila, la lascio al
vostro servizio! In quanto a me, lasciate che ritorni subito in città, poiché
noto che, con questa veste indegna, non mi è lecito rimanere qui con voi più a
lungo!». Io le dico: «O donna, sii risanata, fai pure come ti sembra giusto!»
(V.28) La donna, dunque,
lasciata la sua brocca, se ne andò in città e disse alla gente:
6. Piangendo di gioia, la donna abbandona la brocca e il pozzo e
correndo si dirige in città, voltandosi di tanto in tanto verso di noi per
salutarMi, poiché Mi ama intensamente. Arrivata in città tutta ansimante,
incontra numerosi uomini che uniti in gruppo passeggiavano su e giù per un
viale ombroso, com’era d’uso di sabato. Gli uomini, avendo notato che la donna,
da loro ben conosciuta, correva, le chiesero scherzosamente: «Cosa succede?
Dove vai di questo passo? Dov’è scoppiato il fuoco?». La donna allora si ferma,
li guarda e, tra il serio e il lieto, dice loro: «Oh, miei cari signori, non
scherzate, poiché questi tempi si sono fatti più seri di quanto li possiate
ritenere!».
(V.29) «Venite a vedere un
Uomo, che mi ha detto tutto ciò che ho fatto (seduto fuori al pozzo di
Giacobbe), non è Costui il Cristo (il promesso Messia)?».
7. Alle parole della donna l’ansia e la curiosità traspaiono dalla faccia
di quegli uomini che, interrompendola, chiedono: «Ebbene, dicci dunque cosa c’è
di nuovo? Forse dei nemici si preparano ad entrare nel nostro paese? Oppure
siamo minacciati da un’invasione di locuste?»
8. La donna, alla quale per la corsa fatta manca il fiato, mormora:
«No, non è niente di tutto ciò! È una cosa ben più grande e decisamente molto
più straordinaria! Ascoltatemi con calma!
9. Un’ora fa ero andata al pozzo di Giacobbe, per prendere dell’acqua
per il pranzo, ed ecco che, giunta là, trovai un Uomo seduto sul parapetto del
pozzo, che in un primo momento ritenni essere un giudeo! Disinteressandomi di
Lui, dopo aver attinto l’acqua, quest’Uomo mi rivolse la parola chiedendomi di
darGli da bere dalla mia brocca. Io, credendo che fosse giudeo, rifiutai.
10. Ma Egli non tacque, anzi riprese a parlare e mi disse cose tanto
sagge da far supporre che fosse Elia in persona che parlava. Mi espose
chiaramente tutte le cose che mi riguardano e tutto ciò che ho fatto finora.
Infine Egli stesso fece cadere il discorso sul Messia e, quando Gli chiesi
dove, come e quando sarebbe venuto il Messia, fissandomi con il suo serio ed amorevole sguardo e con voce che scosse le fibre più
intime del mio essere, mi disse: “Io che ti parlo sono proprio Lui!”
11. Io però Lo avevo già pregato in precedenza, quando Egli mi aveva
detto quanto io ero malata, se io non potessi ridiventare sana. Ed allora, per
ultimo, mi disse: “Sii risanata!”. E vedete, il mio male uscì da me come un
vento ed io ora sono completamente guarita!
12. Andate a vedere e voi stessi constaterete che è il Cristo, il
Messia promesso! Da parte mia ritengo fermamente che Egli sia veramente il
Messia, perché, anche se non si crede che Costui sia il Cristo, Egli produce
dei segni talmente grandi, che lo stesso Cristo non ne potrebbe fare di più
grandi! Andate dunque, e accertatelo voi stessi! Io invece corro a casa a
mettere un vestito più decente, perché così vestita non potrei presentarmi
davanti al Suo Cospetto e alla Sua Gloria! Infatti, anche se Egli non è il
Cristo, sarà certamente molto di più di un profeta o di un re!»
13. Le rispondono quegli uomini: «Se le cose stanno come dici, è
indubbio che i nostri tempi stiano assumendo un’importanza veramente
eccezionale! Dobbiamo quindi accorrere numerosi ed avere cura che tra noi ci
sia qualcuno che conosca a fondo le Scritture. Peccato però che oggi i nostri
dottori si trovino tutti sul monte! Forse Egli si lascerà convincere a fermarsi
alcuni giorni in mezzo a noi. In tal caso anch’essi avrebbero l’occasione di
esaminarLo».
(V.30) Uscirono dunque dalla
città e vennero a Lui.
14. Dopo tali ragionamenti, essi invitano molti altri a recarsi con
loro al pozzo di Giacobbe. Così, in poco tempo, circa cento persone, tra uomini
e donne, si mettono in cammino per andare a vedere il Messia.
Parole del
Signore sul Suo vivificante cibo. La grande missione del raccolto.
Preghiera per
ottenere più operai. La follia del sabato.
Come deve essere
celebrato il sabato per piacere a Dio.
(Giov.4,
31-38)
(V.31) Nel frattempo i discepoli Lo pregavano dicendo: «Maestro mangia!»
1. Ora, mentre la numerosa schiera dei samaritani si era già posta in cammino
e si dirigeva verso di noi, i Miei discepoli Mi esortavano a mangiare qualcosa
prima del loro arrivo, perché sapevano già che quando delle persone venivano da
Me, Io non mangiavo niente, ma loro Mi vedevano bene e temevano che potessi
stancarMi e indebolirMi. Infatti, anche se erano convinti che Io ero il Cristo,
tuttavia ritenevano che il Mio corpo fosse debole e fragile, perciò insistevano
che Io mangiassi!
(V.32) Ma Egli dice loro:
«Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete».
2. Io però, guardandoli con amore, dissi loro: «Miei cari amici, Io ho
da mangiare un cibo che voi non conoscete!».
(V.33) Perciò i discepoli
dicevano chiedendoselo l’un l’altro: «Forse qualcuno Gli ha portato da
mangiare?».
3. I discepoli, allora, guardandosi l’un l’altro, si domandarono: «Chi
può averGli portato da mangiare? Che tipo di cibo si è procurato? Certamente lo
avrà già consumato! Eppure non se ne vede traccia visibile ed anche la brocca è
tuttora piena d’acqua! D’altra parte, è stato perfino in grado di tramutare
l’acqua in vino».
(V.34) Gesù dice loro: «(O non giudicate così assurdamente!) Il Mio cibo è
che Io faccia la Volontà di Colui che Mi ha mandato e che Io adempia la Sua
opera!»
4. Io dico loro: «O, non domandatevi così stupidamente cosa abbia o non
abbia mangiato! Voi avete avuto modo molte volte di osservare che in vostra
presenza non Mi sono mai fatto servire in maniera differente dagli altri. Ora
però non voglio parlarvi del cibo del corpo, ma di un nutrimento molto più
sublime e degno, un cibo spirituale, che consiste nel fare la Volontà di Colui
che Mi ha mandato e di compiere la Sua straordinaria Opera! Colui che Mi ha
mandato è il Padre, che dite essere il vostro Dio, ma che non avete mai
conosciuto, mentre Io Lo conosco e adempio la Sua Parola. Questo è il Mio vero
cibo, un cibo che voi non conoscete. Io vi dico: “Cibo non è solo il pane, ma
ogni buona azione ed ogni retto lavoro, perché, sebbene questo non cibi il
corpo, tuttavia alimenta e fortifica lo spirito!”».
(V.35) «Non dite forse che
vi sono ancora quattro mesi fino alla mietitura? Ecco, Io vi dico: “Alzate i
vostri occhi ed osservate i campi, come essi sono già biondi, pronti per la
mietitura!”».
5. (Continua il Signore:) «Molti di voi possiedono nel loro paese dei
campi, quindi dite: “Ancora quattro mesi ed arriverà il tempo della mietitura e
dovremo ritornare ai nostri campi per il raccolto!”. Perciò anch’Io vi dico:
“Alzate il vostro sguardo! Ecco, tutti i campi sono già biondi, pronti per la
mietitura”. Io non Mi riferisco però ai campi terreni, ma all’immenso campo,
che è il mondo intero, sul quale crescono gli uomini destinati, come il
frumento divenuto maturo, ad essere raccolti nel
granaio di Dio!»
(V.36) «Ora il mietitore riceve il premio e raccoglie il frutto per la
vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme!»
6. (Continua il Signore:) «Ed ecco, questo raccolto è un vero lavoro e
questo lavoro un vero cibo, del quale sia Io che voi mangeremo in grande
quantità. Colui che su questo campo si comporta da
buon mietitore, raccoglierà il vero frutto in vita eterna, affinché, alla fine,
chi ha seminato e colui che ha mietuto e raccolto, siano uniti da una stessa
gioia!»
(V.37) «Poiché in questo è
vero il detto: “L’uno semina e l’altro miete”».
7. (Continua il Signore:) «Infatti dopo il raccolto, seminatore e
mietitore godranno del medesimo frutto e insieme mangeranno lo stesso pane
della Vita, perché sarà pienamente vero il detto che dice: “Uno semina e
l’altro raccoglie”. Ma entrambi vivranno del loro lavoro e si sazieranno dello
stesso cibo!
8. Osservate la moltitudine venuta dalla città per contemplare in Me il
Messia e guardate quante altre persone vengono dietro a quella! Ebbene, questi
altro non sono che spighe completamente mature, le quali avrebbero dovuto
essere mietute già da lungo tempo! È con grande gioia che dico: “Grande è il
raccolto, ma pochi sono i mietitori. Pregate, dunque, il Signore dei raccolti,
affinché mandi più mietitori sul Suo campo!”».
(V.38) «Io vi ho mandati a
mietere ciò che non avete seminato; altri hanno seminato, e voi siete
subentrati nel loro lavoro».
9. (Continua il Signore:) «Io vi ho accolti, ed accogliendovi vi ho
delegati in spirito a mietere quello che non avete seminato; infatti altri
hanno seminato, mentre voi solo ora subentrate nel loro lavoro e ve ne potete
compiacere, felici oltre ogni limite! Infatti colui che semina è ancora molto
lontano dal raccolto; invece colui che miete, miete nello stesso tempo il
raccolto e ha già davanti a sé il nuovo pane della Vita! Siate, dunque,
mietitori zelanti, perché la vostra fatica è più beata di quella del
seminatore!».
10. La maggior parte dei discepoli aveva ben capito l’insegnamento e
cominciò subito ad esporre ai samaritani la Mia Dottrina dell’amore di Dio e del
prossimo e a spiegare come Io fossi veramente il Cristo.
11. Ma alcuni, non molti, che erano piuttosto lenti a comprendere la
voce del cuore, si avvicinarono a Me e in segreto Mi chiesero: «Signore, dove
prenderemo le falci che ci occorrono? Oggi, inoltre, è sabato!»
12. A queste parole Io replicai: «Ho forse voluto dire che dovevate
mietere questi campi d’orzo naturali, che si stendono davanti ai nostri occhi?
O stolti, fino a quando dovrò sopportavi? Non comprendete dunque ancora?
Ascoltate allora quello che Io vi dirò e cercate di comprenderlo.
13. La Mia Parola del Regno di Dio – quella cioè che ho dato ai vostri
cuori, affinché passi dalla vostra lingua nell’orecchio e nel cuore degli
uomini, vostri fratelli – è appunto la falce spirituale che vi affido. Così
attrezzati potrete mietere tra gli uomini e raccoglierli quindi nel Regno di
Dio, che è il Regno della vera conoscenza di Dio e dell’eterna vita in Dio!
14. Certamente oggi è sabato, ma il vostro sabato è insensato e stolto
come i vostri cuori, e voi ci tenete tanto, perché i vostri cuori appaiono duri
ed oziosi come i sabati attuali. Però, poiché sono Signore anche del sabato, Io
vi dico:
15. “Bandite al più presto questo sabato dal vostro cuore, se volete
essere e rimanere veramente Miei discepoli! Per noi, qualunque giorno deve
essere produttivo; e se il Signore del sabato lavora, perché dovrebbero
starsene con le mani in mano i Suoi servitori?
16. Non sorge e non tramonta forse il sole di sabato, come negli altri
giorni? E se il Signore del sole e del sabato volesse celebrare il sabato così
come lo fate voi, diteMi, vi piacerebbe commemorarlo nell’oscurità più
completa? Vedete, vedete quanto siete ancora stolti! Ravvedetevi dunque, e fate
quello che Io e i vostri fratelli stiamo facendo. Solo allora potrete nominarvi
celebratori del sabato e come tali Mi sarete graditi e le vostre opere saranno
vivificanti”».
17. Fortificati dalle Mie parole, anche i discepoli più deboli, che nel
frattempo si erano radunati, si avvicinarono ai samaritani ed cominciarono ad
esporre loro quanto sapevano di Me.
Il Signore
viene riconosciuto ed accolto con fede dai samaritani.
Scena tra i
sichariti e la donna del pozzo di Giacobbe.
Suo discorso sulla
vera onorificenza: l’amore al Signore.
(Giov.4,
39-42)
(V.39) Ora molti dei
samaritani di quella città credettero in Lui, a motivo delle parole che la
donna aveva attestato: «Egli mi ha detto tutte le cose che ho fatto».
1. Si andò avanti così fino a sera, e molti di quelli che erano venuti
dalla città credettero in Me, soprattutto per la testimonianza della donna che,
con ardenti parole, aveva raccontato ai concittadini come le avessi dimostrato
di conoscere tutto ciò che lei aveva fatto e che le era accaduto fino a quel
momento. Molti altri credettero, invece, grazie alla testimonianza che i
discepoli davano di Me. Ma i samaritani, che si erano avvicinati a Me,
acquistarono una fede talmente stabile da essere in grado di comprendere le Mie
parole.
2. E tra essi quelli che conoscevano bene le Scritture dicevano:
«Costui parla come Davide, che nei suoi Salmi dice: «Gli statuti del Signore
sono giusti e rallegrano il cuore; i comandamenti del Signore sono puri ed
illuminano gli occhi! Il timore del Signore è puro e rimane in eterno, i
giudizi del Signore sono verità e sono tutti quanti giusti. Sono più
desiderabili dell’oro, anzi più di una grande quantità d’oro finissimo e più
dolci del miele, anzi di quello che stilla dai favi. Io prendo piacere nel fare
la Tua Volontà, Signore, se la Tua Legge ce l’ho nel cuore. Io voglio predicare
la Tua Giustizia nella grande comunità. Vedi, Signore, non voglio farmi tappare
la bocca, Tu lo sai, Signore. Io non nascondo la Tua Giustizia nel mio cuore.
Io narro la Tua Verità e la Tua Salvezza, non celo la Tua Benignità, né la Tua
Verità nella grande comunità». Noi dunque sappiamo e la nostra testimonianza è
pervasa di verità e di forza che Chi parla ed opera così come ha parlato ed
agito Davide dinanzi al Signore ed in Suo Nome, è veramente il Messia promesso.
Ora, dopo Davide, non c’è stato nessuno che abbia parlato ed agito così, se non
Costui, quindi Egli è infallibilmente il Cristo, l’Unto del Signore fin
dall’eternità. Noi dobbiamo pienamente accettarLo per Tale!».
(V.40) Dunque, quando i
samaritani vennero da Lui, Lo pregarono di restare con loro ed Egli vi rimase
due giorni.
3. Dopo che i samaritani ebbero discusso sul Mio conto per parecchio
tempo, si avvicinarono a Me con profondo rispetto e Mi pregarono di prendere
dimora presso di loro. Poi dissero: «Signore, Tu che sei veramente il Cristo e
visto che Ti abbiamo perfettamente riconosciuto come Tale, rimani con noi,
perché a Gerusalemme non troverai certamente una buona accoglienza. Al
contrario, là troverai incredulità e persecuzioni di ogni tipo! Tu sai bene che
non c’è creatura peggiore del fariseo, che abiti sia la terra che il mare di
questo vasto mondo. Invece qui da noi troveresti l’accoglienza che spetta a
Colui del Quale profetizzarono Mosè, Davide e i Profeti!»
4. Io però feci loro osservare: «Miei cari amici di Sichar! È con vera
gioia che noto come abbia ben raccolto sui vostri campi, ma non è opportuno che
Mi trattenga presso coloro che ormai sono guariti, mentre altrove gli infermi
sono in gran numero! Tuttavia posso trattenerMi con voi due giorni, ma il terzo
riprenderò il Mio viaggio e scenderò in Galilea».
(V.41) E molti di più
credettero in Lui per la Sua Parola.
5. Allora molti altri, che prima non erano sembrati inclini a credere
in maniera assoluta, udendo le Mie parole, si avvicinarono anch’essi e
confessarono la loro fede, irremovibilmente salda. Nel frattempo era giunta
anche la donna, con addosso le sue migliori vesti. Pure lei volle prendere
parte al colloquio e tra le altre cose a quelli che avevano creduto disse:
«Ebbene, miei cari amici, spero che adesso sarò onorata presso di voi, poiché
fui io a indicarvi per prima la via che conduce qui, quando scherzando mi
chiedeste dove fosse scoppiato l’incendio!».
(V.42) E alla donna dicevano:
«Noi non crediamo più per le tue parole, poiché noi stessi L’abbiamo udito e
sappiamo che Costui è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo».
6. Allora i samaritani risposero: «Poiché il Signore ti ha accolta prima
di noi, puoi stare certa che ti onoreremo come si usa fare a Sichar. Però sappi
che noi non crediamo più per le tue parole, perché noi stessi Lo abbiamo udito
ed abbiamo riconosciuto che Questi è veramente il Cristo, il Salvatore del
mondo! Perciò, le tue parole non ci potranno rendere più credenti di quanto già
lo siamo! Nondimeno vogliamo, com’è giusto, renderti il dovuto onore, purché in
avvenire tu non abbia più a peccare!»
7. Risponde la donna: «Io non ho mai peccato tanto quanto, purtroppo,
voi avete sempre pensato! Secondo le leggi, prima che mi sposassi il mio corpo
non fu mai toccato da nessun uomo, e quando mi sono maritata ho sempre vissuto
così come si addice ad una moglie. Io non sono colpevole se fui sterile e se
ognuno dei miei cinque legittimi mariti morì poco tempo dopo aver avuto
rapporti carnali con me. La colpa al massimo è di coloro da cui ho ricevuto
questo corpo non adatto all’uomo. Pertanto, dopo essere rimasta vedova per la
quinta volta, immersa nel dolore più profondo, decisi di non unirmi più a
nessun uomo. Ma dopo alcuni anni, come vi è noto, venne a Sichar un medico, che
giovandosi di erbe medicinali, oli ed unguenti, operò molte guarigioni. Fu
allora che anch’io mi recai da lui, spinta com’ero dal mio stato di sofferenza,
e gli chiesi se fosse stato possibile aiutarmi.
8. Ed egli, dopo avermi attentamente osservata, mi disse: “Donna! Darei
non so che cosa pur di poterti aiutare, poiché i miei occhi mai videro una
donna così bella!
Ma anche se non posso sanarti completamente, posso però lenire i tuoi
mali!”. Così, egli venne nella mia povera casa, mi procurò dei farmaci che
contribuirono realmente a calmare i miei dolori e si prese cura di me. Inoltre
egli non si è mai avvicinato al mio corpo ammalato con intenzioni disoneste,
come falsamente credete!
9. Però davanti a Dio sono, come voi tutti, sempre una peccatrice, ma
in confronto a voi non credo di essere quella grande e grossolana peccatrice
che pensate! E se le mie parole vi suonano strane, chiedetelo a Colui che mi
dimostrò di conoscere tutta quanta la mia vita e che ora siede al pozzo di
Giacobbe. Egli stesso vi dirà fino a che punto e in che misura io meriti ancora
di essere considerata una pubblica peccatrice!»
10. Perplessi, i samaritani si guardano l’un l’altro e dicono alla
donna: «Via, via, non te la prendere, non fraintendere le nostre parole. Ecco,
noi vogliamo che tu sia annoverata fra i benemeriti abitanti di Sichar, così da
diventare una persona onorata. Sei soddisfatta?»
11. La donna risponde: «Oh! Non preoccupatevi per l’onore di una povera
donna! Ho già avuto il più grande degli onori!»
12. Osservano a loro volta i samaritani: «Quando l’hai avuta questa tua
parte di gloria? Ignoriamo completamente che tu abbia ricevuto un’onorificenza
in città! Allora chi te l’ha conferita?»
13. La donna, con lacrime di vero amore e riconoscenza, accennando a
Me, risponde: «Ecco la Persona dalla Quale l’ho avuta! Lui solo è ora tutto il
mio decoro, che né voi né il mondo intero possono darmi né togliermi! Infatti Lui stesso me l’ha dato e da Lui l’ho ricevuto! Lo
so bene di non essere assolutamente degna di ricevere onore da Colui che è il
Signore della Gloria. Egli però me lo ha concesso prima di voi e prima di voi
lo ricevetti, avendovi dato Sue notizie prima ancora che voi sapeste qualcosa
di Lui. Vedete, ciò che ho avuto prima di voi, non me lo avete dato voi e
adesso che ce l’ho già, voi non potete più togliermelo. Questa è la vera
onorificenza, che ha valore eterno. Il vostro riconoscimento, invece, ha solo
valore temporaneo e vale solo per Sichar. Di questi vostri onori posso
benissimo fare a meno, quando ne ho uno che ha valore eterno! Spero che ora vi
sia chiaro come e da dove ho avuto il più grande degli onori»
14. Rispondono i samaritani: «Hai forse dei meriti particolari, se il
caso ha voluto che, uscendo prima di noi, tu incontrassi il Cristo? Adesso Lo
abbiamo trovato pure noi, e Lo lodiamo e Lo acclamiamo nei nostri cuori come
fai tu. Egli ha promesso anche a noi che avrebbe dimorato due giorni nella
nostra città. Se le cose stanno così, come puoi dunque parlare di una
precedenza d’onore e di una preferenza nei tuoi confronti?»
15. Dice la donna: «Miei cari amici di Sichar, se volessi entrare in
discussione con voi, non ne verremmo mai a capo. Vi ho appena esposto la cosa
così com’è, cioè conforme a verità, perciò non intendo spiegarvela una seconda
volta! Parecchi di voi hanno studiato la legge romana, anzi giudicano secondo
quella legge ed affermano che è una legge savia! Ebbene, poiché anch’io
comprendo il romano, è bene che vi rammenti quella legge che dice: “Primo
occupanti jus!” (Diritto al possesso a
chi se ne è impadronito per primo”). Perciò, poiché sono stata la prima a
venire, non potete togliermi questo diritto».
16. I samaritani, udendo ciò tacquero, non sapendo cosa rispondere alle
ragioni della donna, poiché lei li aveva colpiti nel loro lato debole e non
sapevano cosa ribattere. Infatti essi, a causa dei giudei, erano molto amici
dei romani ed apprezzavano sommamente la sapienza e l’ordine della legge di
Roma. E poiché la donna aveva richiamato questa legge, non poterono fare altro
che starsene zitti.
17. Va notato, e non ci si meravigli, che la donna era buona
conoscitrice della lingua romana, infatti i samaritani, per distinguersi
maggiormente dai giudei, parlavano quasi correntemente romano e a volte anche
greco.
Scena
deliziosa tra il Signore e la donna, nella cui casa Egli vuole albergare.
Discorso del
Signore ai samaritani. Il Signore guarda il cuore, mentre gli uomini
l’esteriore. L’onore della donna del pozzo di Giacobbe.
1. Intanto si era già fatta sera e quelli che erano venuti dalla Giudea
con Me, essendo stanchissimi, avevano dormito tutto il pomeriggio. Si risvegliarono
uno dopo l’altro, stupendosi che fosse già tardi e Mi chiesero cosa si sarebbe
dovuto fare, se cercare un asilo per la notte, oppure approfittare delle
fresche ore notturne per proseguire il cammino.
2. Io risposi loro: «Anche se gli uomini dormono, il Signore tuttavia
veglia ed Egli ha cura di tutto e coloro che sono con Lui non hanno altro
compito che quello di rimanere presso di Lui. Dunque alzatevi, andremo in
questa città dei samaritani! Là troveremo dove albergare convenientemente. Ecco,
la donna, che stamani Mi ha negato l’acqua, possiede una casa spaziosa e credo
che non si rifiuterà di ospitarci per un paio di giorni!»
3. Udendo le Mie parole, la donna, piangendo di gioia e d’amore, si
prostra ai Miei piedi e dice: «O Signore, mio Salvatore, come posso meritare
questa grazia, io povera peccatrice?»
4. Io le rispondo: «Tu Mi hai accolto nel tuo cuore, che è enormemente
più prezioso della tua casa, allora Mi accetterai anche come ospite nella tua
dimora naturale, che Giacobbe fece costruire per suo figlio Giuseppe insieme a
questo pozzo. Come vedi siamo in molti; perciò, per due giorni, avrai molto da
fare e di che occuparti, ma alla fine ne trarrai grandissimo vantaggio!»
5. Dice la donna: «Signore, foste pure numerosi dieci volte di più, vi
ospiterei lo stesso presso di me, fino a quando lo permettano i miei mezzi! La
mia casa, anche se è qua e là piuttosto cadente, ha molte stanze decenti e,
anche se non ho grandi possibilità, sono pure arredate abbastanza bene. La casa
è abitata solo da me, dal mio medico e da alcuni suoi servitori. Ma, o mio
Signore, come potrei ospitarTi in questa casa, che è Tua? Infatti Tu solo ne
sei il vero Padrone, vantando su di essa diritto più antico! Vieni perciò,
Signore, ed entra nella Tua casa! D’ora in poi essa Ti appartiene in assoluto e
sarà sempre Tua, con tutto ciò che essa contiene!»
6. Io le rispondo: «Donna, la tua fede è grande e il tuo cuore pieno
d’amore, perciò anche tu sarai annoverata tra i Miei discepoli, ed ovunque sarà predicato questo Vangelo, il tuo nome sarà
menzionato in eterno!»
7. Questo sorprese e fece un po’ arrabbiare i samaritani, e parecchi di
loro si avvicinarono a Me e dissero: «Signore, anche noi abbiamo delle case, e
sarebbe stato più opportuno che Tu avessi preso alloggio da noi! Infatti, vedi,
la casa di questa donna ha una pessima reputazione presso di noi, ed è più una
rovina che una casa!»
8. Io faccio loro osservare: «È da tre ore che siete con Me, avete
anche conosciuto Chi sono Io e si è già fatta sera, però poco fa nessuno di voi
si è offerto di ospitarMi insieme ai Miei discepoli, anche se ho dato ascolto
alla vostra preghiera e vi ho promesso di fermarMi un paio di giorni nella
vostra città.
9. Io però scrutai attentamente il cuore di questa donna e notai in lei
l’ardente desiderio di averMi come ospite! Quindi non fui Io a chiedere
ospitalità in casa di questa donna, ma lo chiedeva il suo cuore. E poiché lei
non osava esprimersi apertamente davanti a voi, Io venni incontro a questo
cuore e gli chiesi che Mi desse ciò che desiderava offrirMi con ardente amore,
vivo desiderio e disponibilità!
10. È per questa ragione che accetto di stare in casa di questa donna
per due giorni interi! E beato chi non si scandalizzerà di Me per questo!
11. Io però vi dico: “Come si semina, così si raccoglie; chi semina con
avarizia, avrà uno scarso raccolto, ma chi semina con dovizia, ne avrà uno
abbondante”. Finora nessuno di voi ha offerto qualcosa a Me o ai Miei
discepoli. Questa donna invece Mi ha subito fatto dono di ogni suo avere! Chi
di voi può dire di aver fatto altrettanto? È forse ingiusto renderle onore di
fronte a voi tutti? Perciò Io vi dico che chi per questo motivo litigherà con
lei, ne subirà le conseguenze in questo mondo!»
12. Ovviamente ciò irrita i samaritani, che si guardano sorpresi, ma si
controllano subito e Mi pregano di permettere loro di farMi visita il giorno
dopo.
13. Io rispondo: «Io non vi invito e neanche vi obbligo. Coloro che
liberamente vogliono venire da Me, non troveranno le porte chiuse, anzi avranno
libero accesso a Me. Dunque, chi vuole venire, venga, e chi vuole rimanersene a
casa propria, rimanga, poiché Io non costringo né giudico nessuno!».
14. A queste Mie parole i samaritani si alzarono e andarono in città.
Io però rimasi ancora un po’ vicino al pozzo e la donna dissetò con la sua
brocca tutti coloro che avevano sete tra quelli che erano con Me.
Avvenimenti
miracolosi in casa della donna. Scena tra la donna e i mosaisti samaritani. Questi
tentano di infamare Gesù, ma sono giustamente puniti.
Relazione del
medico e risposta del Signore.
1. Intanto il suo medico, che l’aveva accompagnata, se ne ritornò di
corsa a Sichar, per allestire in tempo, con l’aiuto dei suoi servi, le migliori
stanze e preparare una cena possibilmente abbondante. Però, quando arrivò in
casa, rimase molto meravigliato vedendo come tutto fosse quasi in perfetto
ordine come lui voleva fosse fatto. Allora, soddisfatto e felice, chiese alla
sua gente chi avesse loro impartito gli ordini necessari. Ed essi gli
risposero: «Un giovane dal bellissimo aspetto è venuto qui e ci ha detto con
dolcissima voce: “Fate questo, perché il Signore, che sta arrivando in questa
casa, ne ha bisogno!”. Quando abbiamo udito questa meravigliosa notizia,
lasciammo da parte ogni altro lavoro per eseguire ciò che ci aveva ordinato
quell’insolito giovane. Come vedi, tra poco sarà tutto in perfetto ordine»
2. Il medico, stupefatto, domandò: «Dov’è questo mirabile giovane?». I
servitori gli risposero: «Non sapremmo dirtelo, perché, dopo averci impartito
questi ordini, ci lasciò in maniera talmente rapida, che non potemmo vedere da
che parte se ne fosse andato». Allora il medico disse: «Non importa, continuate
pure il vostro lavoro, poiché su questa casa oggi è scesa una grande
benedizione e voi tutti ne sarete partecipi!»
3. Dopo egli uscì di casa e ci venne di nuovo incontro in gran fretta,
per riferirMi come tutto fosse già stato allestito.
4. Strada facendo, però, si imbatté in alcuni ultra-mosaisti che,
fermatolo, gli dissero: «Amico, non è bene correre così di sabato. Non sai per
quali e quante cose può venire profanato il giorno sacro a Jehova?»
5. Il medico risponde loro: «Voi, adoratori della lettera della Legge
che ci diede Mosè! Voi ritenete che sia peccato correre di sabato, anche se il
sole è ormai già tramontato e non rimane quasi più che uno scorcio di questo
giorno; però ditemi: “Quando di sabato voi profanate le vostre donne e le
vostre serve e commettete con loro ogni forma di impudicizia, fornicazione ed
adulterio, come chiamate tutto ciò?”. Mosè ha forse mai dato un simile
comandamento per celebrare il sacro giorno di Jehova?». I samaritani
rispondono: «Per le parole che hai detto oggi, se non fosse sabato, ti avremmo
lapidato! Questa volta siamo indulgenti!». Aggiunse il medico: «Bene, bene; le
vostre parole e i vostri sentimenti si adattano proprio all’epoca attuale, nel
momento in cui il Messia a lungo promesso si trova alle porte di Sichar e
mentre Gli vado incontro per riferirGli che nella Sua casa tutto è già pronto
per il Suo ricevimento! Non avete udito ancora nulla di tutto ciò che è
successo fuori delle porte della città?»
6. Dicono i mosaisti: «Sicuramente! Noi abbiamo saputo che vicino al
pozzo di Giacobbe si è accampata una carovana di giudei e che uno di loro,
probabilmente il capo-carovana, vuole farci credere che egli sia il Cristo! Ma
questo fatto dimostra - e tu che sei un medico dovresti saperlo - che i giudei
tramano qualcosa contro di noi e che essi stanno tentando, appunto, di mandare
in porto il loro tranello prendendo di mira noi, che siamo ritenuti degli
stupidi! Che bel Messia avremmo trovato! Credi forse che non conosciamo chi è
lui? Non siamo forse anche noi di Galilea e vostri compagni di fede, secondo la
legge di Mosè? Perciò, poiché siamo anche noi della Galilea, conosciamo molto
bene questo nazareno, figlio di un carpentiere. Dacci retta, costui, venutogli
a noia il lavoro, è diventato un vile strumento nelle mani dei farisei ed ora,
con l’aiuto di una qualche magia appresa chissà dove, tenta di spacciarsi per
il Messia! E pensare che vi sono ancora degli asini e buoi della tua specie che
si prestano volentieri al gioco, credendo ciecamente alle sue seducenti parole!
Si dovrebbe invece acciuffarli tutti e cacciarli oltre il confine con una buona
dose di legnate, così come si conviene al fango e all’immondizia!»
7. Esclama il medico: «O ciechi! In casa mia gli angeli di Dio Lo
attendono e per Lui hanno portato dai Cieli cibi, bevande e giacigli; e voi vi
permettete di parlare così! Che il Signore vi castighi!»
8. Appena il medico pronuncia queste parole, dieci dei mosaisti
divengono subito muti, tanto che nessuno di essi può più parlare per tutta la
durata dei due giorni della Mia permanenza a Sichar. Il medico però li lascia e
si affretta a venirMi incontro.
9. RaggiuntoMi, Mi dice: «La Tua casa, o Signore, è bene allestita!
Tutto si è svolto in maniera meravigliosa, ma strada facendo ho incontrato dei
miscredenti che si davano da fare a parlare male di Te. Le loro grida però non
durarono a lungo, poiché il Tuo angelo li percosse sulla bocca e tutti loro,
tranne due, diventarono all’improvviso completamente muti. I due risparmiati
dal castigo, presi da forte spavento, si diedero alla fuga. Tutto ciò, o
Signore, è accaduto nell’arco di solo mezz’ora!»
10. Io gli rispondo: «Fatti coraggio, questo doveva succedere affinché
coloro che già credono nel Mio Nome non fossero distolti dalla loro fede! Ma è
ora di incamminarci e tu, Mia cara samaritana, non dimenticare la tua brocca!»
11. La donna, allora, attinge nuovamente dell’acqua fresca per portarla
in casa. Così trascorse quella mezza giornata fuori di Sichar al pozzo di
Giacobbe e qui vi si fece un raccolto abbastanza ricco.
Istruzioni del Signore all’evangelista Giovanni sulle
cose che devono essere annotate per iscritto. Il Signore e i Suoi nella vecchia
casa di Giuseppe in Sichar. Preparativi degli angeli per accogliere la santa
Compagnia. La relazione tra Dio Padre e
Dio Figlio.
1. Prima di metterci in cammino, il Mio discepolo Giovanni Mi rivolse
la parola dicendo: «Signore! Se Tu volessi, potrei, questa stessa notte,
mettere per iscritto tutto quello che è qui accaduto!»
2. Gli faccio osservare: «Non tutto, fratello Mio, ma solo ciò che
espressamente ti dissi di scrivere! Perché, se tu volessi annotare tutto ciò
che è già accaduto o che accadrà qui nei prossimi due giorni, riempiresti i
molti papiri che porti con te. Chi potrebbe leggere tutto ciò? E chi
comprenderebbe? Basta che nei fogli tu prenda nota solo dei principali
avvenimenti, così come ti vengono indicati secondo la
loro vera rispondenza. Coloro che sono davvero onesti e saggi sapranno da se
stessi appurare, nel Mio Nome, tutto quello che è avvenuto qui e perché è
avvenuto. In questo modo tu ti risparmi una così grande ed inutile fatica. Così
potrai eseguire il tuo lavoro più facilmente e rimarrai per sempre il primo
scrivano delle Mie Dottrine e delle Mie Opere».
3. Allora Giovanni, commosso, Mi bacia sul petto, ed insieme alla
samaritana e al medico ci mettiamo in cammino per la città. A notte inoltrata
arriviamo alla casa di Giuseppe.
4. Quando entriamo nell’edificio realmente grande, la samaritana
assiste ad uno spettacolo straordinario, ammirando con meraviglia lo sfarzo e
lo splendore dei preparativi allestiti per riceverMi! Un buon numero di mense
perfettamente imbandite e contornate da ricche sedie non attendono che i
commensali. Delle lampade di metallo prezioso, scintillanti, disposte su ogni
mensa, illuminano l’ambiente con la loro viva luce. Superbi tappeti ricoprono
tutto il pavimento e perfino le pareti sono simmetricamente ricoperte di
tappeti fioriti. Sulle lusinghiere mense sfavillano, agli occhi degli invitati,
delle coppe di finissimo cristallo, già colme di delizioso vino!
5. La donna, immersa nel più profondo stupore, non riesce a
raccapezzarsi e, dopo aver lungamente contemplato quella scena, esclama:
«Signore, cosa hai fatto? Hai forse incaricato i Tuoi discepoli di preparare di
nascosto tutto ciò? Ma dove hanno preso tutte queste cose? Conosco quello che è
in casa, certamente non ho oggetti d’oro né d’argento, mentre qui tutto
trabocca di questi metalli! Una coppa di cristallo simile a questa non l’ho mai
vista prima, qui invece ce ne sono a centinaia, ognuna delle quali vale almeno
trenta denari. E questo vino, questi cibi, questa frutta e il bel pane e questi
preziosi tappeti, che costano certamente più di cento grossi d’argento ognuno!
Povera me! Dimmi, o Signore, tutte queste meraviglie le hai portate qui Tu o
sono state prese in prestito da qualche luogo di questa città?»
6. Io le rispondo: «Vedi, amata donna, quando stavamo al pozzo hai
affermato che questa casa appartiene a Me ed Io l’ho accettata in regalo. E
poiché ora questa casa è Mia, per averla ricevuta in dono da te, non era bello
accogliere la Mia benefattrice in un ambiente disadorno! Di solito si dice che
una mano lava l’altra; ugualmente, nel nostro caso, si può affermare che un
onore ne esige un altro! Tu Mi hai fatto, di tutto cuore, dono assoluto di
questa casa così com’era prima, ora te la rendo così com’è adesso. Credo che
questo scambio ti piaccia. Come vedi anch’Io Me ne intendo un po’ di ciò che è
bello e di buon gusto!
7. Sappi che questa, ed ogni altra cosa che conosco, l’ho appresa dal
Padre Mio! Infatti nella Casa del Padre Mio ci sono infinite stanze, in cui il
bello e il buono si elevano ad altezze incommensurabili, come tu stessa puoi
notare, se osservi attentamente i fiori dei campi, dei quali il più effimero è
adorno in maniera più splendida che non lo stesso Salomone, in tutta la sua
regale magnificenza!
8. Dunque, se il Padre adorna di così tanta bellezza già i fiori, che
per giunta hanno vita breve, quanto più adornerà la Sua Casa che è in Cielo?
Ora, ciò che il Padre fa, lo faccio anch’Io, poiché Io e il Padre siamo, in
essenza, una cosa sola! Chi accoglie Me, accoglie anche il Padre, perché il
Padre è in Me come Io sono nel Padre! Chi dona a Me dona anche al Padre, perciò
ogni cosa che tu Mi darai ti sarà ridata al centuplo! Ecco, ti ho messo al
corrente di tutto.
9. Ora sediamoci e ceniamo, perché molti di noi sono affamati e
assetati. Dopo che avremo ristorato le nostre membra, continueremo a parlare di
questo argomento».
10. Tutti si siedono alle mense e, dopo aver reso grazie, si accingono
a placare la loro fame e la loro sete.
A Sichar.
Narrazione dei servitori sulla trasformazione miracolosa della casa.
Il Signore è
riconosciuto in maniera meravigliosa dalla donna. Il Signore vuole che essa
mantenga il segreto. Le Sue amorevoli cure per Maria. I discepoli contemplano i
Cieli. Esemplare confessione di Natanaele. Il Signore ammonisce di tenere il silenzio
sul celeste mistero.
1. Terminata la cena, la donna si avvicina nuovamente a Me, ma in un
primo momento non ha il coraggio di dirMi niente. Infatti durante il pasto
aveva chiesto in giro ai servitori del medico qualche chiarimento su come era
avvenuta tutta quella trasformazione, ed i servitori le avevano risposto: «Cara
padrona, Dio sa sicuramente come sono andate le cose! Noi abbiamo contribuito
molto poco; il nostro padrone poi niente affatto, perché quando giunse qui
tutto era già in perfetto ordine. Molto tempo prima che il padrone arrivasse,
eravamo intenti a sbrigare le faccende di casa quando, ad un tratto, ci si
presentò un giovane di abbagliante bellezza, che ci disse che dovevamo fare
questo e quello poiché il Signore di questo aveva bisogno. Quindi ci
affrettammo ad eseguire subito l’ordine che questo singolare giovane ci aveva
dato. Ma qui viene il bello! Appena mettevamo mano per eseguire uno dei lavori
assegnatoci, il lavoro stesso appariva improvvisamente già bello e fatto
davanti ai nostri occhi. Perciò noi possiamo solo dirti che qui, con ogni
evidenza, ha operato l’Onnipotenza divina e che quel giovane risplendente
doveva essere un angelo del Signore. Se così non fosse, il fatto non avrebbe
spiegazioni plausibili! Secondo noi, l’Uomo, che era al tuo fianco quando
entrasti in questa sala, deve essere un grande profeta, se le potenze dei Cieli
Gli sono così sottomesse!»
2. Quando la donna udì tutto ciò dai servitori, le venne ancora meno il
coraggio, anzi a malapena riusciva a parlare. Perciò solo dopo aver lungamente
indugiato, lei si avvicinò a Me e a bassa voce Mi disse: «O Signore! Tu sei più
che il Messia promessoci! Senza dubbio sei Colui che ha punito il Faraone, sei
Tu che guidasti gli Israeliti fuori dall’Egitto e che dettasti le Tue leggi sul
monte Sinai, in mezzo ai tuoni e ai fulmini!»
3. Io però la interruppi, dicendole: «O donna! Non è ancora giunta
l’ora di annunciare ciò agli uomini; per il momento tieni queste cose nel tuo
cuore e abbi cura che la moltitudine, che Mi ha seguito dalla Giudea, sia
alloggiata convenientemente nelle stanze da letto! Tu invece rimani qui con me,
come pure il medico e i Miei discepoli, che per ora in tutto sono dieci! E
riserva il letto migliore alla donna che sedeva al Mio fianco e che è la madre
del Mio corpo, affinché possa ben riposare, poiché lei, che non è più giovane,
ha sostenuto un lungo viaggio ed ha bisogno di un
corroborante riposo!»
4. La donna gioisce immensamente udendo che quella persona poco
appariscente è Mia madre e si premura subito di eseguire nel migliore dei modi
il Mio incarico. Intanto Maria, divenuta oggetto delle sue più tenere ed
affettuose cure, la elogia vivamente e le raccomanda ugualmente di attenersi
scrupolosamente alle Mie parole!
5. Quando tutto è tranquillo e nella grande sala da pranzo presso di Me
si trovano solo la donna, il medico e i Miei discepoli, Io dico ai discepoli:
«Vi ricordate come a Bethabara, in Galilea, Io vi accolsi come Miei discepoli e
vi dissi: “D’ora innanzi voi vedrete i Cieli aperti e gli angeli di Dio
scendere su questa Terra”? Ecco, tutto ciò si sta compiendo alla lettera di
fronte ai vostri occhi. Le cose che qui vedete, tutti i cibi e le bevande che
vi sono state offerte non sono di questa Terra, ma provengono dal Cielo, da cui
gli angeli di Dio le hanno portate. Aprite dunque i vostri occhi, affinché
possiate vedere la moltitudine di angeli che sono qui pronti a servirMi!»
6. Allora gli occhi dei presenti furono aperti ed essi videro legioni
di angeli al Mio servizio scendere dai Cieli, poiché, nel momento in cui i loro
occhi spirituali furono aperti, le pareti della casa erano scomparse, ed ecco
che i Cieli si aprirono!
7. Natanaele, in estasi, esclama: «Sì, o Signore, Tu sei fedele e vero!
Ciò che Tu dicesti si è appena meravigliosamente adempiuto! In verità, in
verità, Tu sei il Figlio del Dio Vivente! Con Abramo Dio comunicò per mezzo dei
Suoi angeli. Giacobbe vide in sogno una scala, che gli angeli salivano e
scendevano, però egli non vide Jehova, ma solo un angelo che sulla mano destra
portava scritto il Nome di Jehova, e poiché Giacobbe lottò con lui per
stabilire se fosse Jehova, quell’angelo toccò così fortemente la giuntura della
coscia di Giacobbe che questi se ne andò zoppicando! Anche Mosè parlò con
Jehova, ma non vide altro che fuoco e fumo, poiché, a causa del passaggio di
Jehova, dovette nascondersi in una grotta e non poté alzare lo sguardo fino a
che Questi non fosse passato. E quando Jehova fu passato, alzò lo sguardo, ma scorse
solo la schiena di Jehova e si coprì la faccia con un triplice velo, perché lo
splendore era più forte di quello del sole e nessuno poteva contemplarLo senza
morirne! Successivamente solo Elia intravide Jehova che procedeva in un dolce
aleggiar di vento! Ma ora Tu stesso sei qui»
8. A questo punto Io interrompo Natanaele e gli dico: «Basta, fratello
Mio! L’ora non è ancora giunta! Soltanto ad un’anima come la tua, pura ed
esente da ogni falsità e ipocrisia, è dato di poter contemplare queste cose. Tienile
dunque in te finché non ne sia giunto il momento! Vedi, non tutti quelli che Mi
seguono sono come te.
9. E questa donna, che prima non era come te, adesso lo è, quindi anche
lei ha capito quello che tu hai appena detto. Ma non è ancora venuto il tempo
in cui la cortina del Tempio si fenderà in due; quando esso giungerà, verrà tolto del tutto il velo che copre la sfolgorante
faccia di Mosè!»
A Sichar –Il Signore informa Giovanni
che non tutto si presta ad essere annotato –Promessa dell’attuale Rivelazione.
«Basta che tu creda e che Mi ami!» – Il Messia e il Suo Regno – Parole di
benedizione al medico e alla donna –. Joram ed Irhaele vengono congiunti in
matrimonio dal Signore – Il Signore non dorme.
1. Giovanni allora Mi chiede: «Signore, ma io devo prendere nota di
tutto ciò! Questo è molto più importante del miracolo di Cana e testimonia
apertamente da dove Tu sei venuto!»
2. Io gli dico: «Puoi tralasciare anche queste cose, poiché quello che scriverai,
sarà solo una testimonianza per il mondo. Questo non ha sufficiente capacità di
comprendere queste cose! A che cosa gioverebbe allora la tua fatica? Pensi
forse che il mondo presterebbe fede a simili fatti? CrediMi, coloro che sono
qui, credono, perché vedono. Il mondo invece, che vive nelle tenebre, non
potrebbe mai convincersi che qui siano realmente accadute cose simili. Alla
notte, infatti, è del tutto impossibile concepire le opere della luce. E anche
se tu volessi descrivere al mondo le opere della luce, esso ti riderebbe in
faccia e tu saresti oggetto delle sue beffe. Avvenga quindi che in futuro tu
prenderai nota solo di quello che Io farò apertamente di fronte a tutto il
mondo, ma quello che Io faccio in segreto, per quanto grande sia, scrivilo solo
nel tuo cuore e non sulla liscia pergamena!
3. Ma verrà il tempo in cui tutte queste cose, rimaste segrete, saranno
rivelate al mondo; ma prima che ciò avvenga molti saranno ancora gli alberi che
dovranno lasciar cadere la frutta acerba dai loro rami! È vero, gli alberi
fruttificano abbondantemente, ma solo una terza parte dei frutti giunge a
maturazione! Gli altri due terzi dovranno prima cadere, essere calpestati, poi
si seccheranno e marciranno, finché la pioggia non li dissolverà e un possente
vento li sospingerà nel loro tronco alla seconda nascita!»
4. Giovanni risponde: «Signore! Ciò è troppo profondo, chi può
comprenderlo?»
5. Io gli dico: «Non è necessario per ora che tu comprenda; basta che
tu creda e che Mi ami. La comprensione profonda di tutte queste cose verrà nel
giorno in cui lo Spirito di Verità sarà sparso su di voi. Ma prima che ciò
accada, molti di voi, malgrado tutti questi segni, si scandalizzeranno di Me e
del Mio Nome!
6. Infatti avete ancora una falsa comprensione del Messia e del Suo
Regno, e passerà ancora molto tempo prima che possiate comprenderLo.
7. Il Regno del Messia non sarà un regno di questo mondo, ma un eterno
Regno dello Spirito e della Verità nel Regno del Padre Mio, ed esso non avrà
fine, perché durerà per i secoli dei secoli! Chi è accolto in questo Regno avrà
vita eterna, una felicità mai vista prima, mai udita né sentita nel cuore,
neanche in minima parte!»
8. A questo punto Pietro, che era rimasto a lungo tempo in silenzio,
interviene dicendo: «Ma chi sarà mai degno di tanta beatitudine?»
9. Io gli rispondo: «Amico Mio, oggi si è già fatto tardi e i nostri
corpi hanno bisogno di riposo per riprendere domani il lavoro con più vigore!
Chiudiamo quindi l’odierna giornata ed attendiamo ciò che succederà domani.
Perciò ognuno vada nella stanza che gli è stata assegnata e si riposi
convenientemente, perché domani avremo molto da fare!»
10. Appena finisco di parlare, tutti vengono
ricondotti al loro stato naturale e ricompaiono davanti ai loro occhi le pareti
della sala, lungo le quali sono disposti magnifici letti di riposo. Allora i
discepoli, alcuni dei quali molto stanchi, rendono grazie e vanno subito a
coricarsi.
11. Solo Io, il medico e la donna rimaniamo ancora svegli. Quando i
discepoli si addormentano profondamente, i due si prostrano ai Miei piedi e Mi
ringraziarono di cuore per l’indicibile grazia che ho concesso sia a loro che
all’intera casa. Mi supplicarono anche di permettere loro di unirsi a Me e di
seguirMi.
12. Io rispondo: «Per la vostra felicità ciò non è necessario, perché
se volete seguirMi, basta che lo facciate nel vostro cuore! D’altra parte è
necessario che Mi siate testimoni in questo paese, poiché fra breve sorgeranno
degli scettici, ed essi verranno da voi. Allora sarà vostro compito rendere
buona testimonianza di Me!
13. E tu, Mio amato Joram, sarai d’ora in poi un medico perfetto e a
chiunque avrai imposto le mani nel Mio Nome, quel malato migliorerà, per quanto
grave possa essere il suo male. Ora però dovete unire le vostre due vite con un
vincolo indissolubile, perché la vostra attuale forma di convivenza è di
scandalo ai ciechi che osservano soltanto l’esteriorità delle cose e non hanno
la minima idea di ciò che è interiore.
14. Tu, Joram, non devi ormai più temere Irhaele, il cui corpo e la cui
anima sono ora perfettamente sani. E tu, Irhaele, troverai in Joram un uomo
venuto dai Cieli. Sii perfettamente felice con lui, poiché non è uno spirito di
questa Terra, ma viene direttamente dall’Alto!»
15. Esclama la donna: «O Jehova, quanto sei buono! Ma quando vuoi che
venga celebrata la nostra unione davanti agli occhi del mondo?»
16. Io le dico: «Io vi ho già uniti e soltanto questo legame ha valore
sia nel Cielo che sulla Terra, perciò, in verità vi dico: “Dal tempo di Adamo
fino ad oggi non vi è mai stata su questa Terra un’unione più perfetta di
quanto lo sia ora la vostra! Infatti Io stesso ho benedetto il vostro legame”.
17. E domattina, quando verranno qui in gran numero i sacerdoti insieme
ad altre persone e ai cittadini di questa città, annunciate che voi siete ora
sposati davanti a Dio e davanti a tutto il mondo! E se avrete dei figli,
allevateli nella Mia Dottrina e battezzateli nel Mio Nome, così come faranno
domani i Miei discepoli con la moltitudine. Questo è il modo con cui battezza
Giovanni sul Giordano, del quale avrete certamente sentito parlare. Così domani
darò pure a te, o Mio Joram, il potere di battezzare chiunque crederà nel Mio
Nome.
18. Ora andate a riposarvi, ma finché Io rimarrò in questa casa, per
ragioni di educazione, non accostatevi l’uno all’altro! E durante questo tempo
non preoccupatevi del mangiare e del bere, perché fino a quando dimorerò in
questa casa, i cibi e le bevande ci saranno portati dall’Alto. Non dite ancora
a nessuno come ciò avvenga, perché gli uomini non lo comprenderebbero! Quando
sarò partito, potrete chiarire queste cose ai più illuminati. Andate dunque a
riposarvi, Io invece rimarrò qui a vegliare da solo! È necessario infatti che
il Signore non dorma né riposi, poiché il Suo sonno e il Suo riposo sarebbero
la morte e la rovina degli esseri! Perciò, anche se tutto il mondo dormisse,
tuttavia, il Signore veglierebbe per la loro conservazione».
19. Dopo queste parole, entrambi rendono grazie e si ritirano per
riposare, ognuno nella propria stanza. Io però rimango seduto sulla Mia sedia
fino al mattino dopo.
IL PRIMO DEI DUE
GIORNI A SICHAR, CITTÀ DELLA SAMARIA
Canto mattutino
dei sacerdoti a Sichar – Il Signore li indirizza al monte.
Vocazione di
Matteo come evangelista e apostolo – Sulla natura dei sogni.
1. La mattina presto, al sorgere del sole, si presentarono davanti alla
casa di Irhaele un gran numero di sacerdoti che, vista la vicinanza del monte
sacro (Garizim), dimoravano a Sichar. Ad un tratto, sorse un gran clamore;
infatti, quel gruppo di gente andava gridando: «Osanna, Osanna e salve a Colui
che è venuto nel Nome della Gloria di Dio! Arrestati, o sole, e tu, o luna,
fermati, finché il Signore di ogni Gloria non abbia percosso ed annientato con
la Sua possente Destra tutti i Suoi nemici, che sono pure nostri nemici!
Risparmia solo i romani, o Signore, perché essi ci sono amici e ci proteggono
dagli ebrei, che non sono più figli di Dio, ma di Belzebù che essi invocano
come loro padre, nel Tempio che Salomone Ti ha innalzato. Hai fatto bene, o
Signore, a venire tra i Tuoi autentici figli, che hanno creduto alle Tue
promesse ed ansiosamente Ti hanno atteso fino a questo momento. Lo sappiamo che
tu provieni dalla Giudea, perché è scritto che la salvezza verrà dalla Giudea.
Noi però abbiamo anche udito che quando Ti trovavi nel Tempio di Gerusalemme,
hai percosso gli ebrei con delle fruste ed hai rovesciato i loro tavoli! O
Signore, Tu hai agito molto bene, perciò tutti i Cieli Ti loderanno con salmi,
trombe e cetre! Noi abbiamo sempre sostenuto che, se Tu passavi di qui, non
saresti andato oltre senza fermarTi nel luogo sacro dal quale Daniele, Tuo
profeta, preconizzò la caduta e la distruzione di Gerusalemme! Da questo stesso
luogo Tu, o Signore, annuncerai la salvezza ai Tuoi popoli! Sia lodato il Tuo
Nome, osanna nel più alto dei Cieli e venga la salvezza a tutti i figli di
buona volontà!»
2. Questo vocìo, in parte sensato ed in parte fuori luogo, fece
accorrere nelle vicinanze una grande moltitudine di persone e tra queste anche
coloro che il giorno prima Mi avevano incontrato al pozzo e che bramavano
nuovamente di vederMi e di sentire la Mia Parola. Intanto lo strepito e la
moltitudine aumentavano di secondo in secondo, così quelli che erano con Me in
casa si alzarono per vedere cosa stesse succedendo. I primi ad alzarsi furono i
discepoli, che Mi chiesero cosa significasse tutto quel tumulto e se fosse
stato più consigliabile rimanere là o sfuggire a quella dimostrazione.
3. Ma Io dissi loro: «O paurosi! Non sentite come gridano Osanna! Ora
Mi sembra che non sia pericoloso rimanere là dove si grida Osanna!»
4. Allora i discepoli si tranquillizzarono e dissi ancora: «Scendete e
dite loro che facciano silenzio e che vadano sul monte, perché dopo la sesta
ora (cioè poco dopo mezzogiorno) anch’Io, con tutti voi, li raggiungerò e dal
monte annuncerò a tutti la Salvezza. Prendano con sé degli scribi, per annotare
tutto quello che insegnerò dal monte.
5. Tu, Giovanni, non hai bisogno di scrivere queste cose, perché questi
Miei insegnamenti saranno annotati da altri. Per esempio, so che in questo
luogo soggiorna uno scrivano di nome Matteo, anch’esso di Galilea. Egli ha già
scritto certe cose sulla Mia infanzia e, dato che è molto abile e veloce nel
suo lavoro, saprà certamente scrivere tutto quello che udrà e vedrà. Scendete
giù e fatelo venire qui. Basta chiamarlo per nome e vi seguirà immediatamente!
Dite inoltre ai principali sacerdoti e ai cittadini che ieri avete conosciuto
al pozzo, che salgano qui da Me. Ma prima di tutto chiamateMi Matteo, perché
desidero che anch’egli ci segua!»
6. I discepoli scesero rapidamente per strada e fecero quello che avevo
loro ordinato.
7. Mentre però i discepoli, che erano scesi sulla via, erano andati a
sbrigare il loro compito, comparvero nella sala da pranzo tutti gli altri
ospiti, tra i quali anche Maria. Questi Mi salutarono amabilmente e Mi
ringraziarono per quello che avevo operato, narrandoMi sommariamente gli
straordinari sogni, che avevano fatto durante la notte. Essi Mi chiesero poi se
in questi sogni vi fosse qualcosa di vero e di profondo.
8. Io risposi loro: «Tutto ciò che l’anima vede in sogno, corrisponde
perfettamente allo stato dell’anima stessa. Se l’anima vive nel vero e nel bene
che Io vi insegno a credere e a fare, allora essa, anche nel sogno, contempla
il vero e può procurarsi da esso del bene per la vita. Però, se l’anima è
immersa nel falso e di conseguenza nel male, allora essa anche nel sogno vede
cose menzognere, che a loro volta possono generare il male.
9. Ma poiché, secondo la Mia Dottrina, voi Mi seguite e vivete quindi
nella verità, la vostra anima, anche nel sogno, contempla il vero, che potrà
incitarvi a compiere molti benefici.
10. Ma che l’anima riesca a comprendere tutto quello che percepisce in
sogno, questa è tutt’altra cosa. Infatti, come voi non potete cogliere né
comprendere tutto ciò che vedete nel mondo esteriore in cui vivete di giorno,
allo stesso modo neanche l’anima può comprendere tutto ciò che essa contempla
nel suo mondo.
11. Ma quando il vostro spirito sarà rinato, così come annunciai a
Nicodemo a Gerusalemme quando venne a trovarMi di notte, solo allora sarete in
grado di comprendere ogni cosa e di conoscerla perfettamente».
12. Con questa spiegazione tutti furono soddisfatti e si ritirarono.
A Sichar – Scena tra il Signore e Matteo, esattore della dogana
– Il Signore lo istruisce su come annotare la predica sulla montagna – Discorso
e saluto del capo sacerdote – Risposta del Signore – Consigli sulla vita – «Non
l’udire, ma l’operare secondo la Mia Dottrina reca salvezza!» – Colazione
rustica
1. Dopo queste cose, si fa avanti anche la padrona di casa con il suo
nuovo marito. Lei Mi saluta affettuosamente e chiede, sia a Me che all’intera
compagnia, se vogliamo fare colazione, avendola già servita.
2. Io le dico: «Mia cara Irhaele, aspetta ancora un po’. I Miei
discepoli porteranno degli ospiti, che potranno prendere parte alla colazione.
Inoltre, costoro apprenderanno dalla Mia bocca come voi siate ormai
regolarmente uniti in matrimonio. Così si convinceranno che la vostra casa non
è una delle ultime, ma una delle prime della città, poiché ora è ben messa,
tanto all’esterno quanto all’interno ed è per questa ragione che ho stabilito
qui la Mia dimora»
3. Appena finito di parlare, ecco aprirsi la porta della sala e
comparire Pietro, il Mio Giovanni e, tra di loro, Matteo. Questi si prostra
davanti a Me e Mi dice: «Signore, eccomi qui pronto a servire solo Te! In
questa città possiedo un ufficio da scriba e con questo lavoro riesco a
mantenere me e la mia piccola famiglia; però se Tu, o Signore, hai bisogno del
mio operato, allora abbandonerò subito il mio impiego, sapendo, per certo, che
Tu non lascerai perire la mia famiglia!»
4. Dico Io: «Colui che Mi segue, si curi solo di rimanere presso di Me
temporaneamente e in eterno. Ma osserva questa casa: i due proprietari sono
pronti ad ospitare, nel Mio Nome, la tua famiglia e a sostentarla nel migliore
dei modi, ed anche tu, sia di giorno che di notte, troverai qui sempre la
migliore accoglienza»
5. Intanto Matteo, che conosceva l’abitazione quando era più un rudere
che una casa, non finiva di meravigliarsi, ed infine disse: «Signore, qui è
accaduto certamente un grande miracolo! Infatti questa casa era in rovina,
mentre ora sembra un palazzo, difficile da trovarsi perfino in Gerusalemme! Una
simile struttura è in verità regale! Ciò deve essere costato un’ingente somma!»
6. Io gli rispondo: «Se tu hai fermo e chiaro il concetto che a Dio
sono possibili moltissime cose che sembrano impossibili agli uomini, potrai
facilmente capire come questo rudere si sia potuto trasformare in un palazzo!
Ora, parliamo d’altro. Hai con te sufficiente materiale per scrivere?»
7. Matteo dice: «Ne ho abbastanza per due giorni, ma se ne occorre di
più, posso subito andare a procurarmelo»
8. Io gli rispondo: «Quello che hai ti è sufficiente per dieci giorni,
dopo potremo procurarcene dell’altro. Ora resta qui e fai colazione con noi;
poi, all’ora sesta, andremo sul monte, dal quale annuncerò al popolo la
Salvezza. Mentre Io parlerò, tu dovrai scrivere tutto quello che dirò in tre
capitoli, suddivisi in piccoli versetti, alla maniera di Davide. Cerca ancora
uno o due scrivani che possano copiare quello che tu scriverai, affinché in
questo luogo resti una testimonianza scritta!»
9. Matteo dice: «Signore, ogni cosa sarà fatta secondo la Tua Volontà!»
10. Dopo questo necessario colloquio con Matteo, entrano i discepoli
seguiti dai sacerdoti e da altri notabili della città che, umili e commossi, Mi
porgono i loro saluti. Il sommo sacerdote si avvicina ancora un po’ e Mi dice:
«O Signore, hai ricostruito con estrema cura questa casa, affinché fosse degna
di ospitarTi. Anche Salomone costruì il Tempio con grande sfarzo, per farne tra
gli uomini la degna dimora di Jehova. Però gli uomini hanno profanato questa
dimora con i loro innumerevoli abomini, che gridano vendetta al Cielo. Perciò
Jehova abbandonò il Tempio e l’Arca e venne qui da noi sul monte. Come hai
fatto Tu, o Signore, che avendo trovato poca accoglienza in Gerusalemme, sei
venuto da noi, Tuoi antichi e veri adoratori! Ed accadrà ciò che è scritto:
11. “Negli ultimi giorni avverrà che il Monte, che è la Casa del
Signore, sarà più alto di tutti i monti e si ergerà al di sopra dei colli e ad
esso affluiranno tutte le nazioni. Molti popoli verranno dicendo: ‘Venite,
saliamo al Monte del Signore, alla Casa del Dio di Giacobbe. Egli ci istruirà
intorno alle sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri!’. Poiché la Sua Legge
uscirà da Sion e la Parola del Signore da Gerusalemme”. (Isaia 2,2-3).
12. Noi tutti siamo lieti oltre ogni dire, come lo è una sposa quando
il suo sposo gli offre il cuore, la mano e il suo saluto per la prima volta! In
verità, Signore, Gerusalemme, la città eletta del gran Re, si è talmente
coperta di abomini da essere oggetto di scherno e di disprezzo dei popoli, ed
essa non è più degna di Te! Ma neanche noi ci riteniamo degni, poiché occorrono
molte cose per apparire meritevoli al cospetto di Dio! Però una cosa è certa:
se il Signore dovesse scegliere tra due mali, sceglierebbe noi, che siamo
evidentemente il male minore! E tutto ciò si compie ora meravigliosamente
davanti ai nostri occhi! Tu, o Signore, sei Colui che attendiamo già da lungo
tempo; perciò Osanna a Te, che vieni a noi nel Nome del Signore!»
13. Io rispondo all’oratore: «Sì, tu hai parlato rettamente, ma devo
farti osservare che solo quando comprenderete la Mia Dottrina potrete diventare
partecipi della Salvezza che oggi vi annuncerò dall’alto del Monte, poiché,
anche se la Grazia scendesse a voi liberamente dal Cielo, ciò non sarebbe
ancora sufficiente; infatti la Grazia non rimane se i suoi precetti non vengono
confermati dalle opere. La stessa cosa accadrebbe se, seduto affamato sotto un
albero carico di frutti, con il vento che ne scuote i rami facendone cadere
quelli maturi, tu non ti dessi la briga di raccoglierne e di mangiarne. Ti
sazierebbero essi?
14. Quindi non il solo udire, ma il mettere in pratica la Mia Dottrina
vi darà il potere di essere partecipi della Salvezza, che viene a voi da
Gerusalemme! Hai capito?»
15. Dice l’oratore: «Sì, o Signore! Perché solo Dio può parlare come
Te!»
16. Dico Io: «Bene, se questo ti è chiaro, andiamo a colazione! Dopo
ascolterai come ieri notte i qui presenti Irhaele e il medico Joram siano stati
uniti da Me in matrimonio e benedetti. Perciò nessuno dovrà più scandalizzarsi
di loro! Ora sedete e ristoratevi! Così sia!».
17. Allora la numerosa compagnia prende posto e comincia ad onorare la
colazione consistente del miglior latte, pane e miele.
A Sichar – La
colazione presso Irhaele – Il latte e il miele della Terra-Promessa sono i
migliori del mondo! – Parole del saggio samaritano in lode al Creatore – Discorso del Signore su come l’uomo può divenire
perfetto. «Il Mio giogo è dolce e il Mio carico leggero!». – Consigli sul modo
di vivere. «Chi segue il Mio consiglio, farà bene!» –La vera Casa di Dio: la
natura libera e l’anima umana – La predica sulla montagna.
(Matteo 5,
6-7)
1. Qui da voi una simile colazione non sarebbe considerata prelibata,
ma nel paese dove secondo l’antico detto scorreva il latte e il miele, essa era
considerata il migliore dei cibi. Infatti, nella Terra Promessa,
particolarmente il miele era, ed è ancora oggi, il migliore di tutti, come pure
il latte che vi si beve non è secondo a quello di nessun altro paese della
Terra.
2. Dopo il pasto furono serviti dei frutti prelibati, tanto che molti
ne rimasero ammirati e proruppero in esclamazioni di lode a Dio che aveva dato alla
frutta un sapore così delizioso e all’ape l’istinto di succhiare dai fiori dei
campi il dolcissimo miele, per portarlo nelle artistiche celle dell’alveare.
3. Uno dei samaritani, uomo sapiente, esclamò: «Mai saranno abbastanza
onorate la Sapienza, l’Onnipotenza e la Bontà di Dio! La pioggia cade a terra,
migliaia e migliaia di specie di piante, di erbe e di sterpi assimilano la
stessa pioggia e le loro radici crescono nella medesima terra, eppure ogni
specie ha un sapore diverso, un profumo diverso e una forma diversa! Ogni forma
è bella e piacevole alla vista e non vi è nulla che cresca senza uno scopo
preciso, nemmeno la più secca pianticella di muschio che cresce su una pietra!
4. E che dire degli animali che popolano la terra, le acque e l’aria! Quale
molteplicità e quale varietà di forme e di attitudini! Dal moscerino
all’elefante, dal piccolo insetto che passa la sua vita su una foglia
all’indomabile Leviathan che può portare le montagne sul suo dorso e
trastullarsi con i cedri del Libano! O Signore, quale Potenza, quale Forza e
quale infinita profondità di Sapienza deve albergare in Dio, che traccia le vie
del sole e della luna, che guida lo sterminato sciame di stelle, che custodisce
il mare nelle sue profondità, che ha edificato le montagne sulla Terra e la
Terra stessa con la Sua onnipotente Parola!»
5. Rispondo Io: «Certo, quanto hai appena detto è giusto e vero. Dio è
immensamente buono ed infinitamente savio e giusto. Egli, se vuole operare, non
ha bisogno del consiglio o della sapienza di nessuno. Ma Io voglio ancora
aggiungere che l’uomo di questa Terra non è da meno, perché è chiamato a
diventare perfetto, com’è perfetto il Padre che è nei Cieli!
6. Fino ad oggi una simile cosa era impossibile, perché lo scettro di
questa Terra era retto dalla morte, ma d’ora innanzi ciò sarà reso possibile a
chiunque, in modo serio, farà di tutto per vivere secondo la Mia Dottrina!
7. Io penso però che se il comandamento, piccolo in sé e facile da
osservare, che Dio offre all’uomo, è quello che le sue azioni siano conformi ai
Miei precetti, allora l’uomo non dovrebbe schivare alcun lavoro né alcuna
fatica, pur di conseguire questa meta suprema!»
8. Dice il sommo sacerdote: «Certo, Signore, per raggiungere scopi così
elevati, l’uomo deve avvalersi di mezzi anch’essi elevati! Ma chiunque desidera
godersi la vista dall’alto di un monte deve, per prima cosa, intraprendere
pazientemente l’ardua e faticosa salita. Ugualmente, chi vuole raccogliere,
deve prima arare e seminare, e chiunque sa che può trarre guadagno da qualche
affare, per prima cosa, nella sua impresa, deve correre dei rischi, poiché chi
teme di osare per paura che possa mancargli il guadagno, quella è certamente
una persona che non guadagnerà mai niente! Perciò, Signore, quando Tu ci avrai
fatto conoscere le Tue vie, non ci sarà difficile raggiungere la meta che ci
hai appena indicato, cioè quella di diventare perfetti come lo è il Padre che è
in Cielo!»
9. Dico Io: «Certamente, ma Io aggiungo: “Il Mio giogo è dolce e il Mio
carico leggero!”. Gli uomini però sono oppressi da carichi gravissimi e,
malgrado le loro fatiche, finora non sono potuti arrivare molto lontano.
Bisogna vedere quale sarà l’atteggiamento della loro fede, quando essi saranno
chiamati ad abbandonare i vecchi e gravosi sistemi, per adottarne di più
facili, che vanno al di là delle loro consuetudini. Non finiranno per dire:
“Anche se ci siamo sacrificati e sforzati non abbiamo mai raggiunto nulla.
Quale probabilità di riuscita avremo ora, se i nostri sforzi rassomigliano a
quelli dei bambini che giocano?”
10. Perciò vi dico di spogliarvi dell’uomo vecchio nel quale vi
trovate, così come si fa di un vecchio abito, per indossare quello nuovo!
All’inizio ciò riuscirà faticoso, ma chi non si lascerà turbare da tali piccole
ripugnanze e non ritornerà alle vecchie cose a cui si era assuefatto, questi
giungerà alla perfezione di cui vi ho appena parlato.
11. Tenetevi pronti, è tempo che Io vada al monte. Chi Mi vuole seguire
si metta in cammino! E tu, Matteo, vai a cercare ciò che ti occorre per
scrivere! Ma non tardare, perché come vedi Io sono pronto a partire»
12. Dice Matteo: «Tu sai, o Signore, come io Ti segua con piacere! Però
ora sono in pensiero, perché se vado a casa, cioè all’ufficio dove presto
servizio di scrivano ed esattore della dogana al servizio dei romani, che come
Tu sai si trova presso la barriera doganale principale della città, temo che
troverò, come sempre, molto lavoro e che le guardie romane non consentiranno
che mi allontani prima di aver compiuto il mio compito. Perciò sarebbe più
opportuno poter trovare qui il materiale che mi è necessario oggi. Questa sera,
poi, andrei a casa a prendere il mio che, come dissi, potrebbe bastare per due
giorni, visto che i romani non me ne forniscono anticipatamente per più di tre
giorni e che di solito non me ne avanza mai»
13. Dico Io: «Amico Mio, fai sempre solo ciò che Io ti dico e ne
rimarrai soddisfatto. Dunque, vai pure a casa tua senza timore e stai sicuro che
non troverai né lavori da sbrigare, né gente che ti attende alla barriera. Al
ritorno non dimenticare di portare con te anche gli altri scribi, affinché le
Mie parole siano trascritte più volte»
14. Dice Matteo: «Se le cose stanno così, vado subito!»
15. Dunque Matteo, il pubblicano, parte e, giunto in ufficio, trova che
le cose che Io gli ho predetto sono vere. Si sbriga e dopo un po’ è di ritorno,
conducendo con sé gli altri tre scribi. Quindi tutti noi, insieme agli ospiti
che si trovano in casa, ci mettiamo in cammino verso il monte Garizim. Dopo
un’ora di cammino, arrivati ai piedi del monte, il capo dei sacerdoti Mi chiede
se è necessario che egli salga sul monte per aprire l’antica Casa di Dio.
16. Ma Io, indicandogli la campagna intorno a noi e la moltitudine che
ci ha seguito, gli rispondo: «Vedi, amico, questa è la Casa di Dio più antica e
più autentica; essa però era sul punto di crollare e per restaurarla, così come
ho fatto con quella di Irhaele, è stato necessario che Io venissi qui! Ma per
raggiungere lo scopo non ho bisogno della vecchia casa, basta questa campagna
che ci è intorno. Inoltre qui ci sono diverse panche e tavoli che possono
servire agli scrivani. Ora aprite gli orecchi, gli occhi e i vostri cuori e
siate pronti, perché davanti ai vostri occhi si compirà ciò di cui ha
profetizzato Isaia!»
17. Dice Matteo: «Signore, siamo pronti ad ascoltarTi!»
18. Qui ha inizio il ben noto Sermone della montagna, così come è
scritto nel Capitolo 5, 6-7 del Vangelo di Matteo. In realtà, quella volta
parlai lentamente a causa degli scrivani, per cui il Sermone durò circa tre
ore.
A Sichar – Critica del Sermone della montagna fatta dai
sacerdoti – Il capo dei sacerdoti, in maniera sincera, esprime i suoi dubbi
riguardo al Sermone della montagna – Il
Signore avverte di non soffermarsi sulle immagini, ma di cercare di penetrare
lo spirito del Suo discorso!
1. Quando ebbi terminato di parlare, molti tra i presenti e specialmente
i sacerdoti inorridirono, tanto che alcuni di essi esclamarono: «Chi potrà
pervenire alla beatitudine? Pure noi, versati nelle Scritture, insegniamo
giustamente e rettamente, così come fece Mosè, che dettò dall’alto del monte la
Legge al popolo! Ma ciò è solo una benefica rugiada ed un dolce zeffiro, se
paragonato a questa ferrea Dottrina e a questo Sermone esageratamente violento!
È vero, contro tale Dottrina non troviamo niente da opporre, però ciò non
toglie che essa sia troppo aspra e che sia difficile per chiunque metterla in
pratica.
2. Come potremo infatti amare il nostro nemico? Come potremo rendere
del bene a chi ci fa del male? Come potremo benedire quelli che ci odiano e che
nella loro bocca non hanno che parole di ira e di odio contro di noi? E se
qualcuno ci chiede qualcosa in prestito, non dovremmo invece far finta di non
sentire e chiudere il nostro cuore se appare chiaro che non sarà mai in grado
di ridarci ciò che gli abbiamo prestato? Quest’ultima poi è addirittura una
sciocchezza! Infatti, se tutti i pigri di questo mondo avessero sentore di
questa teoria, se ne andrebbero subito da chi è benestante e prenderebbero così
tanto a prestito da ridurlo in miseria. Detto ciò, quando i ricchi, in questo
modo molto spiccio, avessero dato a prestito tutti i loro averi ai poveri dai
quali non c’è speranza di restituzione e diventassero a loro volta poveri, ci
chiediamo: chi potrebbe avere un qualunque lavoro, e da chi i poveri potrebbero
ottenere ancora qualcosa in prestito?
3. È evidente che l’osservanza di simili precetti, contrari in ogni
senso alla natura delle istituzioni umane, avrebbe in breve tempo il risultato
di ridurre il mondo nel più squallido deserto. E se il mondo fosse convertito
in deserto, come potrebbero gli uomini ricevere una certa cultura, se
contemporaneamente scompaiono anche gli istituti d’istruzione per mancanza di
persone ricche, che possono fondarli e mantenerli?
4. In ogni caso di queste teorie non se ne può far nulla! I cattivi,
nemici dei buoni e della loro causa, devono ricevere l’adeguata punizione e chi
mi dà uno schiaffo, dovrebbe riceverne due di ritorno, affinché, per
l’avvenire, gli passi la voglia di prendermi ancora a schiaffi! Riguardo a
colui che malintenzionatamente prende a prestito da chiunque, è necessario che
sia confinato in luogo sicuro e che gli venga inculcato l’amore per il lavoro,
affinché possa, come ogni uomo laborioso, guadagnarsi il pane con il lavoro
delle sue mani. Infine, chi è povero del tutto, chieda pure l’elemosina e
questa non gli verrà negata! Questa legge è antica ma buona, perché è su tali
basi che può sussistere un consorzio umano. Ma Costui, di Cui si dice che sia
il Cristo, vuole darci delle leggi, che non possono essere applicate nella vita
pratica e quindi non possono essere neanche accettate.
5. Inoltre, tralasciando il resto di cui non voglio parlare e che mi
sembra irrazionale, che dire per esempio dell’automutilazione imposta nei casi
che le proprie membra diano scandalo, e che pensare dell’ozio elevato a
comandamento, secondo cui nessuno deve curarsi di nulla, ma cercare
continuamente il Regno di Dio, mentre tutto il resto verrà dato dall’Alto?
Sottoponiamo la cosa ad una prova di almeno un paio di mesi, così saremo certi
se, rimanendo in ozio durante questo tempo, gli uomini possano vedere i pesci
arrosto volare loro in bocca!
6. Poi mi domando ancora se vi possa essere qualcosa di più assurdo
della mutilazione delle proprie membra, se queste diano scandalo. Supponiamo
pure che qualcuno sia persuaso di ciò e prenda un’accetta ben affilata con la
mano destra, tagli e getti via la mano sinistra: vorrei sapere come farebbe
costui se anche la mano destra provocasse scandalo - con che cosa si taglierà
anche la destra? E come potrà, senza mani, strapparsi gli occhi ed infine
recidersi eventualmente anche i piedi, se un bel giorno divenissero anch’essi
oggetto di scandalo? Per carità! Alla larga da simili dottrine! Non sono valide
per un coccodrillo, figuriamoci per un uomo! D’altra parte, se si osservano le
conseguenze, poco attinenti tra loro, si può affermare con certezza che tutto
ciò non è altro che il risultato dell’evoluzione di un antico fanatismo
giudaico!
7. Quando anche con simili argomenti venissero tutti gli angeli del
Cielo ad insegnare agli uomini come si può fare a conseguire la vita eterna e a
guadagnarsi il Cielo, sono dell’opinione che la cosa migliore sarebbe quella di
rimandare questi stupidi maestri a casa loro a suon di legnate, con la
raccomandazione di godersi da soli il loro stupido Cielo! E guardate ancora
l’incoerenza! Egli trova ingiusta e crudele la legge: “Occhio per occhio, dente
per dente!”. Egli predica la più grande dolcezza e tolleranza, apre perfino la
porta ad ogni ladro quando dice: “A chi ti prende la giacca, dai anche il tuo
mantello”. Davvero una bella dottrina! In compenso però gli uomini dovrebbero
da se stessi strapparsi gli occhi e tagliarsi mani e piedi! Obbligatissimo! Chi
di voi ha mai sentito stupidaggini più grossolane di queste?»
8. A questo punto, il capo dei sacerdoti si avvicina a Me e dice:
«Maestro! Le Tue azioni provano che puoi di più di un semplice uomo. Ma se Tu
possiedi la capacità di pensare logicamente, cosa di cui non dubito avendoTi
sentito parlare saggiamente in casa di Irhaele, dovresti ritrattare alcune
parti assolutamente non pratiche del Tuo Sermone! Altrimenti, nonostante le Tue
opere siano degne di un vero Messia, saremmo costretti a considerarTi come un
mago fanatico, educato alla scuola di qualche antica setta egiziana, e come
falso messia dovremmo farTi cacciare da qui!
9. Se consideri un po’ più da vicino questa Tua violenta Dottrina, Tu
stesso dovrai convenire con me che i principi per conseguire la vita eterna da
Te proclamati sono del tutto inapplicabili e nessuno potrà mai conformarvisi!
Infatti, se è solo questa la condizione per meritare il Cielo, non troverai
nemmeno un uomo disposto a fare un simile tentativo! Inoltre, se le cose
stessero veramente così, sarebbe meglio non essere mai nati, piuttosto di dover
aspirare ad un Cielo al quale non si accede che mutilati! Dimmi, con sincerità,
se sei d’accordo con me, oppure se continui a sostenere la Tua Dottrina così
come ce l’hai annunciata!»
10. Dico Io: «Tu sei il capo di questi sacerdoti, eppure sei più cieco
di una talpa che vive sottoterra. Che cosa si deve dunque pensare o attendersi
dagli altri? Io vi ho dato delle immagini, dei simboli, ma voi ne avete
intravista la sola scorza materiale, che minaccia di soffocarvi. Sembra che non
abbiate alcuna idea dello spirito contenuto in queste immagini.
11. CrediMi, anche noi siamo saggi come credete di esserlo voi, e
sappiamo molto bene se è veramente utile che un uomo debba mutilarsi per
raggiungere la vita eterna! Ma sappiamo pure che voi non comprendete lo spirito
di questa Dottrina e che non lo comprenderete ancora per molto tempo! Non per
questo però ritratteremo le nostre parole. Tu hai orecchie, ma non odono ciò
che è giusto, come pure hai occhi, ma essi sono spiritualmente ciechi, perciò,
pur avendo occhi ed orecchie aperti, tu non vedi né odi nulla!».
A Sichar. Continuazione della critica del capo dei
sacerdoti in relazione alla dura Dottrina del Signore. La Dottrina paragonata
alla brocca d’acqua, che rimane chiusa all’assetato. Logica pratica della
intelligenza umana. Pazienza usata dal Signore verso il sacerdote leale, che
continua a criticare i punti del Sermone della montagna che gli sembrano
irrealizzabili. Il Signore invita il capo dei sacerdoti a recarsi da Natanaele,
per esserne illuminato.
1. Replica il sacerdote: «Sì, sì, Tu avrai senza dubbio ragione anche
in questo, ma adesso non voglio né posso discutere con Te intorno a quanto di
spirituale c’è celato dietro le immagini ed i simboli di cui è ricco il Tuo
Sermone. Devi però convenire che, se per esempio volessi predicare una dottrina
a qualcuno, desiderando che egli, in qualità di discepolo, la comprendesse e la
mettesse in pratica, dovrei farlo in modo tale che il mio insegnamento venisse
capito secondo tutto il suo sentire spirituale. E quando mi fossi convinto che
il mio discepolo abbia ormai pienamente afferrato lo spirito dell’interiore
verità, allora soltanto potrei, con tutta ragione, esigere da lui che
conformasse anche le sue azioni alla mia dottrina.
2. Ora, se nel dare insegnamenti volessi usare simili figure
simboliche, che così rappresentate sono difficili da decifrare e se, di
conseguenza, il mio discepolo mi domandasse: “Com’è da intendere che io debba
togliermi la vita per guadagnare la vita, oppure che debba uccidermi e dopo
morto risuscitare a nuova ed eterna vita?”. – Allora gli risponderei: “Ecco,
amico mio, come sono da intendere: poiché tra queste figure simboliche e la
verità in esse contenuta c’è una rispondenza spirituale, non devi
conformare la tua vita ai principi suggeriti dalla forma esteriore di queste
figure ma secondo questa rispondenza!”
3. Ecco, o Maestro, quando avrò chiarito tutto ciò al mio discepolo,
egli sarà in grado di comprenderlo e, come ho già detto, avrò nello stesso
tempo il diritto di chiedere a lui che da oggi in poi operi secondo lo spirito
di verità della mia dottrina! Ma potrò mai volere da lui, senza che mi si
consideri pazzo, l’osservanza pratica della mia dottrina, così come in tutta la
sua durezza gli viene presentata? E se io pretendessi davvero una simile cosa
dal mio discepolo, non mi comporterei, di fronte ad ogni essere pensante, come
una persona che versa da bere dell’acqua in una brocca e poi la chiude
completamente? E che, incontrando poi un assetato che gli chiede da bere, gli
porga la brocca chiusa dicendo: “Ecco qui la brocca, bevi!”. Quel tale
proverebbe allora a bere, ma non trovando alcuna apertura direbbe: “Come posso
bere, se la brocca è chiusa da ogni parte?”. E inoltre, se il padrone
dell’acqua gli rispondesse: “Se tu sei cieco e non riesci a trovare l’apertura,
ingoia allora la brocca intera, così sarai certo di ingoiare anche l’acqua!”.
4. Pertanto, o Maestro, Tu che sei buono e saggio, dimmi: “Che cosa
dovrebbe rispondere l’assetato ad un simile donatore d’acqua?”. Io credo che
l’assetato avrebbe mille ragioni di dargli del pazzo.
5. Con questo non sostengo che anche Tu sia pazzo; però, quando dici
che per la nostra cecità e sordità spirituale non possiamo né vedere né
scorgere lo spirito della Tua Dottrina, questo insegnamento diventa
precisamente come l’acqua contenuta in una brocca chiusa. Così se qualcuno ha
sete, deve necessariamente mandare giù anche la brocca per avere l’acqua! Una
pretesa questa che solo un profeta sfuggito a qualche manicomio potrebbe
formulare! Prendila come vuoi, ma finché non dai i necessari chiarimenti a
questa Dottrina, che in verità contiene dei punti buoni e veri, devo rimanere
del mio parere, e con me anche coloro che sanno guardare un po’ più
profondamente! Infatti non potrai convincerci che, per seguire i Tuoi
insegnamenti, saremo obbligati a tagliarci mani e piedi e a strapparci gli
occhi! Ugualmente continueremo a lavorare come prima per procurarci il pane con
il sudore della fronte, e chiunque deliberatamente vorrà farci del male non
vogliamo che sfugga al giusto castigo!
6. Così pure non correremo dietro al ladro che ci ruberà la giacca, per
dargli il mantello, ma tenteremo di catturare il ladro per buttarlo in
prigione, dove avrà tutto il tempo per pentirsi della sua azione malvagia e per
migliorare la sua vita! Se veramente Tu sei un uomo saggio, proveniente da Dio,
sarai certamente compenetrato dalla santa necessità di mantenere in vigore la
Legge mosaica che Dio stesso, tra tuoni e fulmini, ha dettato al popolo
d’Israele nel deserto! Intendi forse, con la Tua Dottrina, abolire la Legge?
Così facendo non potrai però giustificarTi davanti a Jehova!»
7. Dico Io: «Io sono dell’opinione che il legislatore ha la facoltà sia
di lasciare in vigore la Legge e di adempierla lui stesso in spirito e verità,
sia, sotto certe condizioni, di abolirla del tutto!»
8. Dice il sacerdote: «Ciò che hai detto ora suona molto strano nella
Tua bocca! Questa mattina avrei onorato un discorso simile dalla Tua bocca,
perché ero seriamente disposto a vederTi come il Messia promesso! Ma ora, dopo
che ci hai esposto il Tuo insegnamento, ai miei occhi sembri un pazzo che
voglia propinarci le sue idee come uno affetto da una fissazione, spacciandole
come manifestazione della Sapienza del Messia. Parlaci dunque più
esplicitamente e spiegaci qualcosa di questa dura Dottrina, la quale, senza
sufficienti chiarimenti, non potrà mai essere né compresa, né, di conseguenza,
essere messa in pratica!»
9. Dico Io: “Parla dunque e dimMi cosa ti sconcerta di più della Mia
Dottrina! Io sono pronto a darti dei chiarimenti!»
10. Dice il sacerdote: «Te l’ho
già detto e ripetuto più volte. Ma affinché Tu possa constatare che sono una
persona equa e moderata, Ti dirò che reputo buoni, savi e degni di essere di
guida nella vita tutti gli altri punti del Tuo insegnamento, ma non riesco a
mandare giù quel strapparsi gli occhi e tagliarsi le mani e i piedi! Rifletti
un po’ anche Tu: “È possibile che qualcuno decida di strapparsi un occhio? E la
persona che reciderà da sé la mano, oppure il piede, non si dissanguerà in
pochi minuti e morirà?”. Infatti, una volta morto, che bene ne avrà?
11. Ecco, questo è l’aspetto più inverosimile della Tua Dottrina che,
ragionevolmente, non potrà mai essere messo in atto. E anche se tra gli uomini
vi fosse un folle che volesse mettere in pratica simili principi, non
diventerebbe migliore, perché, pur ammettendo che riuscisse a sfuggire alla
morte, non potrà sicuramente lodare Dio, considerando il misero stato in cui si
troverà avendo seguito una dottrina che gli fu indicata come proveniente da
Dio. D’altra parte se egli muore, com’è probabile, allora con Davide esclamerà:
“Signore! Chi Ti loderà da morto e chi Ti glorificherà dalla tomba?”. Almeno
spiegaci questo punto con più chiarezza. Quanto al resto, siamo disposti a
credere che sia una Dottrina umanitaria, spinta però all’estremo!»
12. Io gli dico: «D’accordo, la tua domanda è giustificata ed Io in verità
ti dico: “Dopo Samuele, tra tutti i sacerdoti tu sei il più saggio”. Infatti il
tuo cuore è buono, e non rigetti la Mia Dottrina per principio, ma vuoi che ti
sia più chiara. Io voglio perciò illuminarti, però non direttamente, ma per
bocca di uno dei Miei discepoli! Rivolgiti dunque ad uno di loro, affinché ti
persuada che la Mia Dottrina è attualmente già compresa dagli uomini anche
senza l’aiuto delle Mie spiegazioni!».
A Sichar.
Natanaele spiega, in maniera chiara ma aspra, il punto del Sermone della
montagna che scandalizza l’intelligenza dell’uomo
Il Messia insegna mediante parabole –
Corrispondenza tra naturale e spirituale – Come si arriva alla comprensione
dello spirituale – Differenza tra la Parola divina e
quella umana – Scopo della vita di prova
nella carne – Consigli di vita illustrati –
Pericoli dell’amore al mondo – Avvertenza ai critici
1. Allora il
sacerdote si avvicina a Natanaele e gli dice: «Seguendo il consiglio del vostro
Maestro, tra i tanti, interpello te per essere illuminato riguardo al punto più
difficile del Suo insegnamento. Ti prego però di usare solo parole chiare e
precise, poiché la nebbia sulla nebbia non rischiara la stanza! Parla dunque!»
2. Natanaele dice: «Siete
d’animo così chiuso da non riuscire a comprendere nel suo vero senso una
Dottrina espressa in modo così chiaro? Non hanno predetto quasi tutti i profeti
del Cristo che Egli avrebbe aperto la Sua bocca solo in parabole e non avrebbe
parlato con gli uomini se non in parabole?»
3. Dice il sommo
sacerdote: «Certo, hai ragione, poiché così sta scritto»
4. Prosegue
Natanaele: «Allora, dato che tu sai questo, quale esperto nelle Scritture,
perché tratti il Signore da pazzo, quando Egli, come sta scritto, “apre la Sua
bocca in parabole, per la cui comprensione tu puoi chiedere al Signore una
luce?”. Ma perché tratti il Signore da pazzo se il Suo discorso in parabole ti
risulta incomprensibile per il fatto che tu stesso non comprendi niente delle
cose divine?»
5. Vedi, le cose
della natura sono sottomesse ad un ordine, ed è solo nel loro ordine che esse
possono sussistere. Similmente anche sulle cose spirituali impera un loro
ordine notevolmente caratteristico, fuori del quale non possono sussistere, né
possono venire ideate o pronunciate. Tuttavia, tra le cose della natura e le cose dello spirito, essendo quelle derivate da queste, c’è
una precisa rispondenza conosciuta in tutta la sua profondità solo dal Signore.
6. Dunque, quando il
Signore parla di cose spirituali a noi, che senza riserva ci troviamo ancora
chiusi entro i rigidi limiti dell’ordinamento naturale, Egli non può fare ciò
se non attraverso le corrispondenti figure della parabola. Per comprenderle
bene dobbiamo risvegliare il nostro spirito, osservando i comandamenti di Dio.
Appena saremo risvegliati, comprenderemo con più chiarezza che cosa il Signore
abbia voluto dire e rivelare attraverso le corrispondenti figure simboliche. È
in questo che la Sua divina Parola si distinguerà, eternamente, dalla nostra
parola umana.
7. Ma attenzione!
Quello che per l’uomo naturale è l’occhio, esso, nel mondo dello spirito,
corrisponde alla facoltà di percezione delle cose divine e celesti, che si
riferiscono all’essenza dell’essere spirituale per la sua beatissima esistenza
eterna.
8. Però, a causa
dell’indispensabile ed immutabile Ordinamento divino, è necessario che lo
spirito si incarni, per un certo tempo, nella materia di questo mondo, affinché
si rafforzi nella sua libertà e nella sua indipendenza, quasi totale, da Dio.
Infatti, senza queste, esso non giungerebbe mai alla visione di Dio, tantomeno
potrebbe sussistere in Dio, accanto a Dio ed insieme a Dio - (Durante questo
periodo di maturazione dello spirito nella materia, cioè mentre è chiamato a
rafforzarsi nella libertà e nell’indipendenza da Dio, lo spirito si trova
esposto all’inevitabile pericolo di essere inghiottito dalla materia e di
venire ucciso con essa. Il risveglio da questa morte alla vita in Dio è, e deve
essere, estremamente difficile e tormentato) -, ed per questo che il Signore,
riferendosi non all’uomo carnale ma a quello spirituale, ha detto: “Se il tuo
occhio ti reca scandalo, strappalo e gettalo lontano da te, poiché è meglio
entrare con un solo occhio nel Cielo che finire all’Inferno con tutti e due!”.
In altre parole, questo significa: se la luce del mondo ti seduce troppo, fatti
violenza e rivolgi la faccia lontano da questa luce, che tende a spingerti
nella morte della materia! Quale spirito, allontana da te stesso il vano godimento
del contemplare il mondo e volgi le aspirazioni della tua anima esclusivamente
alle cose celesti! Infatti, è meglio entrare nel Regno della vita eterna senza
alcuna cognizione umana, anziché pervenire nell’aldilà pieno di cognizioni
mondane ed inabissarsi così nella morte della materia!
9. Quando il Signore
parla degli occhi, delle mani e dei piedi, Egli non vuole intendere i due
occhi, le due mani e i due piedi del corpo, ma si riferisce alla doppia facoltà
dello spirito, cioè alle facoltà di percepire, di agire e progredire. Quindi
Egli ammonisce non la carne priva di vita, ma solo lo spirito, che non deve
occuparsi del mondo quando si accorge che l’attrazione di quest’ultimo comincia
a sedurlo. In tal caso, infatti, è meglio entrare nella vita eterna privo di
scienza mondana, anziché condividere, ricco di tale scienza, la sorte del
mondo, cui sovrasta il necessario giudizio.
10. Lo spirito deve
invece osservare il mondo per ricavarne degli insegnamenti, però non deve
compiacersi in esso! Se si accorge che gli stimoli del mondo tentano di
sedurlo, deve subito sottrarsi a tali lacci, perché il pericolo comincia a
farsi decisamente minaccioso! Ecco, è dunque questo necessario distacco dal
mondo che viene espresso nella corrispondente immagine dello strapparsi gli
occhi. E Colui che riesce a proporci un’immagine così ben raffigurata, deve
sicuramente essere profondamente versato in tutte le relazioni spirituali e
materiali dell’uomo, che, secondo me, è possibile soltanto a Colui, attraverso
la Cui Forza, Amore e Sapienza è stata creata ogni cosa spirituale e materiale!
Penso che tu ora mi abbia ben compreso e che sia in grado di percepire quanto
gravemente hai peccato contro Colui che tiene nella Sua onnipotente mano la tua
vita e la vita di tutti quanti noi!».
A Sichar –
Natanaele spiega le ragioni per cui il Signore si esprime in parabole –
Ulteriori chiarimenti riguardo al Sermone della montagna – Importanti consigli
di vita.
1. A queste parole, il sacerdote e molti altri con lui che hanno
ascoltato, si stupiscono enormemente ed egli, dopo aver riflettuto un po’,
dice: «Sì, certo, ora tutto mi è chiaro! Tuttavia, perché il Signore non ha
usato fin dall’inizio un linguaggio intelligibile come il tuo? Se così fosse
stato, non sarei certamente incorso in questo errore!»
2. Dice Natanaele: «Se un ragazzo di sette anni mi facesse questa
domanda, non me ne stupirei, ma tu non sei forse uno dei personaggi più colti
di questo luogo?
3. Perché non chiedi addirittura al Signore perché ha messo nei
granelli di semente, che nulla lasciano trasparire, la facoltà illimitata di
formazione e di sviluppo degli alberi che sorgono da essi? Non sarebbe stato
meglio, invece, se Egli avesse fatto piovere dal cielo i frutti, già maturi,
nelle braccia dell’uomo? A che scopo il monotono processo di sviluppo
dell’albero dalla semente e, di conseguenza, la lunga attesa fino alla
maturazione del frutto? Vedi, vedi quanto sei ancora debole di intelletto!
4. La Parola e la Dottrina del Signore corrispondono perfettamente a
tutte le Sue Opere. Egli ci presenta la Sua Dottrina racchiusa come in un
involucro, così come avviene del germe nella semente; noi dobbiamo, per prima
cosa, spargere tale semente nel terreno del nostro spirito, chiamato Amore, poi
dalla semente sorgerà l’albero della vera conoscenza di Dio e di noi stessi;
così, al momento opportuno, ci sarà dato di raccogliere da quest’albero frutti
di vita eterna molto maturi.
5. Però ci vuole prima l’Amore, perché senza Amore nessun frutto dello
spirito può prosperare! Prova a seminare del grano nell’aria e vedrai se potrà
crescere e dare frutto! Ma se tu pianterai il seme di frumento in un buon
terreno, esso crescerà e ti darà il frutto molte volte. Ora, il vero Amore è
sicuramente il terreno più propizio per seminarvi il grano spirituale, che il
Signore ci donerà tramite la Sua bocca.
6. È per questo che il Signore ha ormai soppresso per voi tutti la dura
legge mosaica del castigo, affinché possiate diventare prestissimo, nei vostri
cuori, ricchi di buon terreno. Infatti, chi condanna secondo la legge, o ha
poco amore o non ne ha affatto; in lui il Seme della
divina Parola prospererà molto difficilmente! D’altra parte, colui che viene
condannato è senz’altro già soggetto al giudizio, nel quale non vi è alcun
amore, poiché il giudizio è la morte dell’amore.
7. Perciò è meglio per voi che non vi occupiate subito degli errori del
prossimo, ma siate invece indulgenti e pazienti! E se nella loro debolezza quelli
pretendono qualcosa da voi, non negatela loro; infatti è così che si accresce
l’amore in voi e nei vostri fratelli più deboli! Allora, quando nel vostro
cuore e in quello dei vostri fratelli abbonderà questo amore, vedrete la divina
Semente germogliare in voi, e i deboli, divenuti a loro volta forti, vi
verranno incontro e vi offriranno il loro amore, contraccambiandovi così il
bene che avete fatto loro quando ancora erano deboli.
8. Ma se siete meschini e duri nei confronti dei vostri fratelli più deboli,
in voi non potrà mai albergare il vero timore di Dio, anzi il giudizio dei
deboli porterà anche voi alla perdizione.
9. Quando il Signore afferma: “A chi ti prende la tonaca, dai anche il
mantello!”, Egli con ciò vuole dire che, se siete ricchi e possedete molti
beni, quando i poveri vengono da voi, dovete elargire molto e in abbondanza!
Così facendo, in breve tempo, diventerete ricchi di buon terreno nei vostri
cuori e, coscienti di essere in possesso di un tale tesoro, voi sarete felici
ed i poveri vi benediranno con sincerità, perché udranno risuonare, dal vostro
al loro cuore, la Predica operante del vero Vangelo di Dio, e da essa stessa
essi diventeranno fortemente il vostro sostegno eterno! Ma se voi invece sarete
parchi nel donare e terrete conto del quando e del quanto donate, con ciò non
sarete di vantaggio né a voi né ai vostri fratelli poveri, e questi ultimi non
potranno mai esservi di sostegno».
Ulteriori domande del sacerdote sulla rispondenza delle parabole
simboliche del Sermone della montagna
Spiegazione di “occhio destro” e “mano sinistra” da parte
di Natanaele – Ringraziamenti di colui
che ha ricevuto l’insegnamento
1. Dopo aver seguito con estremo interesse questo discorso, il
sacerdote dice: «Ora tutto mi sembra plausibile e credo di avere pressappoco
compreso quello che mi hai detto. Solo una cosa devo ancora farti osservare,
cioè che il Maestro, quando ha parlato dello “strapparsi gli occhi” e del
“tagliarsi le mani”, si è in realtà riferito solo all’occhio destro e alla mano
destra. Comunque nel mio esagerato zelo indagatore, ho chiesto anche dei piedi
ed ecco che tu, spiegando poco prima la questione, hai attribuito al taglio dei
piedi l’identico significato dato alla mano e all’occhio, dei quali, se ben
ricordo, pure il Signore ha parlato. Tu però hai anche detto che soltanto nella
Parola che il Signore rivolge allo spirito dell’uomo, vi è rispondenza. Com’è
possibile dunque che ravvisi una rispondenza anche in quello che io ho
aggiunto?»
2. Risponde Natanaele: «Tu t’inganni! Il Signore ha parlato anche del
piede destro; solo che Egli ha fatto cenno ai Suoi scribi di omettere questo
passo. Infatti, coloro che hanno già rivolto al Cielo l’occhio interiore dello
spirito e che hanno reso operante, secondo i voleri di Dio, la loro volontà
d’amore, che corrisponde alla mano sinistra - e si riferisce alla mano del
cuore - e che si sono con ciò sbarazzati anche del loro braccio destro o della
loro mano destra - che raffigura l’impulso all’attività puramente mondana -,
costoro, dico, non è più necessario che taglino anche il loro piede destro.
Infatti, quando l’occhio spazia nella vera luce e quando la mano, o meglio ancora
la volontà, opera nel suo autentico campo d’azione, allora il progresso, nelle
regioni della vita eterna, si innesca logicamente da sé. In altre parole è
logico che, adempiute queste due condizioni, la rinuncia ai progressi nel
mondo, simboleggiata dal taglio del piede destro, avvenga da sola, senza
bisogno di ulteriori sforzi particolari.
3. Però voi samaritani potete cominciare dal piede, poiché, sebbene il
vostro occhio adesso cominci a scrutare le cose divine e le vostre mani siano
ugualmente disposte ad operare secondo giustizia e verità, il vostro piede,
cioè la vostra brama di progresso, tende ancora a spingervi sulle vie del
mondo! Voi vi attendete dal Messia tutt’altra cosa di quello che tutti i
Profeti vi hanno annunciato di Lui! E questo, spiritualmente parlando, è il
vostro piede destro, che dovete recidere se volete procedere per la vera Via
che conduce al Regno di Dio. È per questo motivo che il Signore vi ha parlato
del solo piede destro e non volle che ciò venisse scritto, poiché i futuri seguaci
della Dottrina del Signore conosceranno, con certezza, dove si trova e in che
cosa consiste il Regno del Messia e che cosa bisogna fare per potervi accedere.
Hai per caso ancora qualche obiezione da fare?»
4. Dice il sacerdote: «Adesso, relativamente alla luce che ho, mi è
tutto chiaro, tuttavia, malgrado la mia intelligenza, devo aggiungere che la
vostra Dottrina, così come viene esposta, rimane pur sempre una Dottrina dura e
difficile da comprendersi. Vedrete, vi accadrà di imbattervi in persone che ne
rimarranno scandalizzate!
5. Non voglio, con questo, fare il cattivo profeta, ma non posso
nascondervi che, con tale Dottrina, non riuscirete ad ottenere dagli orgogliosi
ebrei quello che, malgrado la nostra multiforme stoltezza, avete ottenuto da noi.
Sia pure come in un sogno, noi adesso crediamo, ma i superbi ebrei non vi
crederanno! Essi pretenderanno da voi dei miracoli e, alla fine, vi
perseguiteranno per questi stessi segni; al contrario, noi non abbiamo preteso
da voi nessun miracolo, anche se voi li avete operati volontariamente.
6. Adesso però non vi crediamo a causa dei miracoli e dei segni, che
anche gli uomini potrebbero in parte produrre, ma esclusivamente per
l’insegnamento che ci avete appena trasmesso! Rimanete dunque con noi, perché
con gli orgogliosi ebrei e i greci non vi è speranza di concludere favorevoli
operazioni».
A Sichar. La
modestia di Natanaele. La sua ammirabile confessione apostolica. «Colui che non
abbandona tutto ciò che possiede per amore del Signore, non è degno di Lui!».
Desiderio del sacerdote di seguire il Signore, e la sua preoccupazione per il
benessere del suo gregge.
1. Dice Natanaele: «Fin qui il mio compito è stato quello di ragionare
con te; da questo momento, invece, tutto è rimesso nelle mani del Signore.
Quello che Egli vuole, anche noi lo vorremo e lo faremo. Sappi che,
spiritualmente, noi siamo ancora molto poveri, dobbiamo quindi rimanere insieme
a Lui per poter entrare nel Regno dei Cieli. Desideriamo perciò sopportare con
Lui ogni dolore ed ogni persecuzione affinché possiamo trovare accanto a Lui ed
in Lui il vero conforto. Nel Suo Nome, vogliamo essere anche mansueti in tutti
i nostri pensieri, giudizi, desideri, brame ed azioni, per poter diventare
veramente possessori del vero terreno, che è il puro amore di Dio nei nostri
cuori.
2. Noi non vogliamo affatto evitare i luoghi dove regna l’ingiustizia e
la durezza di cuore. Anche se affamati ed assetati di vera giustizia, non avremo
forse vicino Colui che solo può veramente saziarci in eterno!
3. Anzi, noi vogliamo essere misericordiosi con chiunque agisca
onestamente oppure no con noi per essere considerati degni, davanti agli occhi
del Signore, della grande Misericordia di Dio!
4. Così vogliamo pure, per quanto possibile, qui come in ogni luogo,
preservare i nostri cuori da qualsiasi impurità, perché il Signore non si
distolga da noi quando volgiamo il nostro sguardo verso di Lui. Infatti, con un
cuore impuro non ci si può avvicinare a Dio, né contemplare in spirito e verità
il Suo Volto e la meravigliosa pienezza delle Sue Opere!
5. Ora, se siamo puri di cuore, dobbiamo essere pacifici, pazienti e
mansueti con tutti, poiché un cuore irritato non è mai puro, dato che l’ira germoglia
sempre nel terreno dell’orgoglio. Dunque, solo se siamo pacifici di cuore,
potremo fiduciosamente avvicinarci, quali figli, a Colui che ci ha dato
l’opportunità di diventare figli di Dio e ci ha insegnato a pregare Dio come
nostro proprio Padre.
6. E se, come pensate, saremo perseguitati in altri luoghi e paesi per
la nostra giusta e sacrosanta causa, questo, amico mio, non ci preoccupa,
poiché siamo ricompensati dal fatto che siamo sempre vicini a Lui e, per mezzo
di Lui, vicini al Cielo dei cieli! È questo che ci rende beati già qui,
sommamente beati, sia che gli uomini ci amino, sia che ci detestino e
perseguitino a causa Sua. Egli soltanto è il Signore di tutto e di tutti! E
come i Cieli obbediscono e sono sempre pronti ad ogni Suo comando, cosa di cui
ci siamo convinti, sia ieri che in precedenza, così anche noi vogliamo servirLo
sopra ogni cosa, perché per noi anche solo questo fatto costituisce il più
grande premio e l’onore più ambito! Dunque non preoccuparti per noi, perché
sappiamo quello che stiamo facendo!»
7. Fortemente meravigliato da queste parole piene di convinzione, il
sacerdote dice allora a Natanaele: «In verità, se non fossi indispensabile e
non avessi qui moglie, figli ed altro ancora, anch’io verrei con voi!»
8. Osserva Natanaele: «Anche noi abbiamo abbandonato moglie, figli e i
nostri beni, per seguire Lui, eppure le nostre mogli e i nostri figli
continuano comunque a vivere! Ascolta la mia opinione intorno a ciò: chi non ha
la forza di abbandonare per amore a Lui tutto ciò che è mondano, non è degno
della Sua Grazia! Ti dispiaccia o meno, la situazione è questa! Infatti, quello
che ti ho detto me lo ha dettato il cuore; e nel cuore risiede ogni verità,
purché in esso si sia compiuto il risveglio dello spirito al pensiero vivente
in Dio. Non è Lui che ha bisogno di noi, siamo invece noi ad avere bisogno di
Lui.
9. Lo hai mai aiutato a far sorgere l’immenso sole sul vasto orizzonte
e a fargli irradiare la sua luce celeste sulla vasta distesa terrestre? Oppure,
hai mai visto come il Signore imprigiona i venti, domina il lampo e il tuono e
custodisce il mare nelle sue profondità? Chi può affermare di essere stato di
aiuto al Signore in qualche cosa? Se è così, come può, colui che il Signore
chiama perché Lo segua, pensare ancora alla moglie, ai figli e ai propri beni e
come può non seguire completamente il Signore di ogni Vita, di ogni Cielo e di
ogni mondo? Lui, che abbiamo atteso con speranza per così lungo tempo e che ora
è venuto così come hanno profetizzato tutti i Profeti e i patriarchi?»
10. Dice allora il sacerdote: «Se non fosse per la carica di capo dei
sacerdoti che ricopro, anch’io farei quello che avete fatto voi! Ma in qualità
di sommo sacerdote, e dal momento che, come vi ho sentito dire, non vi
fermerete con noi più di un altro giorno, è necessario che rimanga qui, a causa
di questo popolo ancora debole di fede. Essi hanno bisogno di me, come gli
occhi per vedere. Quindi ti sarai reso conto che non mi trattengo qui solo per
moglie, figli e beni, quanto piuttosto per tentare di sostenere questi deboli
nella fede, i quali non sono in grado di abbandonare del tutto le idee, in essi
radicate, riguardo alla Natura del Messia e allo scopo della Sua venuta sulla
Terra. Sarà un’aspra impresa! Ma che ci posso fare?
11. Personalmente sono ormai fermamente convinto che il vostro Maestro
sia il Messia promesso, ma gli altri? Non ti sei accorto come, durante il
Sermone, molti se ne siano andati? Questi sono scandalizzati e del tutto
increduli, e ora si daranno da fare per diffondere la loro incredulità. E anche
tra le numerose persone che sono rimaste qui e che ieri erano piene di fede, ce
ne sono, ora, di nuovamente assillate dai dubbi e non sanno in che cosa dover
credere!
12. Puoi dunque immaginarti quale sia il lavoro cui vado incontro con
questa gente, dalla quale ero, fino a questo momento, tenuto come una specie di
oracolo! Così, se non li converto, rimarranno fino alla fine del mondo quello
che sono ora e non quello che dovrebbero essere! Ecco qual è il motivo
principale per cui sono costretto a restarmene qui, sperando che il Signore non
ne sia sdegnato! Infatti, anche se fisicamente non sto vicino a Lui, potrò
esserGli accanto con lo spirito. Nello stesso tempo, in questo posto, cercherò
di essere un fedele servitore e un pastore del Suo gregge, aderendo interamente
agli insegnamenti che Egli ci ha dato. Penso che il Signore approverà questa
mia decisione!»
13. Allora intervengo Io e dico: «Sicuramente, la tua decisione Mi
sembra molto ragionevole e tu hai parlato rettamente! In verità, in questa tua
comunità, tu Mi rappresenterai e resterai qui come un attivo ed esperto
lavoratore ed un giorno la tua ricompensa sarà grande nel Cielo! Ma adesso si è
fatta sera, rincasiamo dunque! Così sia!».
14. Con queste parole ci alzammo tutti insieme, cominciammo a scendere
dal monte e ci dirigemmo verso casa. La folla, che era rimasta lì con noi, era
ancora molto numerosa, anche se alcune persone erano andate via, piene di
incredulità e di collera, prima che Io avessi terminato il Sermone.
A Sichar. Guarigione del lebbroso in conformità alla sua
preghiera: «Signore, se Tu vuoi puoi mondarmi!». Buon esito di questo miracolo.
Entusiasmo ed iniziativa del sommo sacerdote. Consigli del Signore per essere
moderati in ogni cosa.
1. Come abbiamo accennato in precedenza, noi non eravamo saliti sulla
parte più elevata del monte, ma ci eravamo fermati invece molto più in basso,
sulle prime balze, dove il terreno era più ampio e più adatto ad ospitare il
numeroso popolo che Mi aveva seguito dalla città. Inoltre, tra i venuti c’erano
anche molte persone vecchie e deboli che, per il molto caldo, difficilmente
avrebbero potuto raggiungere la cima del monte. Tuttavia ci eravamo fermati
piuttosto in alto e nel discendere la moltitudine dovette procedere alquanto a
rilento, perché la debole luce crepuscolare rendeva difficile mantenersi sul
giusto sentiero, specie ai deboli di vista.
2. Scendemmo dunque prudentemente e raggiunto il piano, incontrammo
sulla strada un uomo ricoperto di lebbra. Quel poveretto, appena ci vide, si
alzò subito e, avvicinandosi a Me, con voce lamentevole esclamò: «O Signore, se
Tu volessi, potresti mondarmi!». Allora, distesa la Mia mano su di lui, dissi:
«Sì, lo voglio. Sii risanato!». Come terminai di parlare, il malato si trovò
subito guarito dalla lebbra e tutte le purulente vesciche e le eruzioni
squamose, che ricoprivano la sua pelle, scomparvero immediatamente. La
malattia, che aveva travagliato quell’uomo, era, nel suo genere, di natura
maligna; tanto che nessun medico era stato, fino a quel momento, capace di
curarla. Perciò il popolo fu invaso da grande stupore nel vedere con che
rapidità si era compiuta quella guarigione.
3. Mentre l’uomo, così guarito, si accingeva a ringraziarMi e a
glorificarMi ad alta voce, lo feci tacere e gli dissi: «Per adesso, guardati
dal parlarne a chicchessia, tranne che al capo dei sacerdoti! Ora va’ e
presentati a lui, egli ci segue insieme ai Miei discepoli! Quando avrà
constatato che sei guarito, ritorna a casa tua, prendi l’offerta e sacrificala
sull’altare, così come aveva ordinato Mosè!»
4. Allora quell’uomo fece subito quanto gli avevo ordinato. Quando il
sacerdote lo vide, fu meravigliato oltre ogni dire ed esclamò: «In verità, se
un medico avesse detto che avrebbe guarito quell’uomo, gli avrei riso in faccia
e gli avrei detto: “Specie di pazzo! Va’ sulle rive dell’Eufrate e prova a
svuotare quel fiume! Per ogni secchio che avrai attinto, esso in un baleno te
ne invierà altri centomila; tuttavia ti sarà più facile prosciugare l’Eufrate
che guarire quest’uomo, le cui carni sono già quasi in putrefazione!”, mentre
Colui che abbiamo ormai riconosciuto come il Messia, ha ottenuto ciò mediante una
sola parola! Per noi è sufficiente! Costui è veramente il Cristo! Non abbiamo
bisogno di altre testimonianze.
5. In verità, a chi oggi mi chiedesse una tonaca gliela darei subito e
darei non solo il mantello, ma anche tutti i miei vestiti! Certamente, per
quello che è successo, sarei felice di spogliarmi interamente! Oh, come è vero
che la Sua è una Dottrina assolutamente divina! Sì, lo stesso Jehova si trova visibilmente tra noi! Cosa vogliamo dunque
di più? Voglio impiegare tutta la notte, per annunciare in ogni punto della
città la Sua presenza!»
6. Dopo queste parole, si dirige verso di Me correndo e, giunto nei
pressi del pozzo, si getta ai Miei piedi e dice: «Signore, fermaTi
anche solo un istante, affinché Ti possa adorare, perché Tu non solo sei il
Cristo, il Figlio di Dio, ma anche lo stesso Dio che, rivestito di carne, è
sceso tra noi!»
7. Io dico: «Amico, non darti tanta pena! Vi ho già mostrato come
dovete pregare; prega dunque anche tu nel segreto del tuo cuore e sarà
sufficiente! Non affannarti troppo oggi, per paura che domani tu abbia troppo
poco da fare! Ogni cosa deve essere fatta con misura! Se alla tonaca
aggiungerai anche il mantello, ciò avrà il potere di far diventare il povero un
sincero amico per sempre. Invece, se al povero, che ti avrà chiesto solo la
tonaca, darai anche tutti i tuoi vestiti, egli penserà con grande disagio o che
tu intenda umiliarlo, oppure che tu sei fuori di senno! In ogni caso non avrai
ottenuto niente di buono!
8. Allo stesso modo, se qualcuno ti prega di dargli un denaro e tu
invece gliene dai due o tre, quella persona allora, nel suo cuore, gioirebbe
enormemente e gioiresti anche tu. Ma se invece di dargliene uno, gliene dessi
mille, se ne spaventerebbe e direbbe tra sé: “Che significa ciò? Gli ho chiesto
solo un denaro, mentre egli mi offre tutto il suo avere! Forse pensa che io sia
un crapulone e vuole perciò umiliarmi, oppure è impazzito?”. Così facendo non
ne trarranno vantaggio né il tuo cuore né il suo! Siate dunque equilibrati in
ogni cosa e ciò sarà sufficiente!»
9. Il sacerdote, pienamente soddisfatto dalle Mie parole, dice in se
stesso: «Sì, Egli ha ragione in ogni cosa! Agire come ha detto, è giusto. Ciò
che è in eccesso o in difetto è male o è stupido. Infatti, se oggi do tutti i
miei averi ad un povero e domani, davanti alla mia porta, se ne presenta un
altro, forse più bisognoso, come farò a soccorrerlo? Non se ne rammaricherà
forse il mio cuore vedendo che mi è impossibile aiutare chi ne ha più bisogno?
10. È vero, il Signore ha perfettamente ragione. Egli conosce e sa
prescrivere in ogni cosa la misura migliore. Quindi, siano resi solo a Lui ogni
onore, ogni lode ed ogni gloria e a Lui solo sia rivolto in adorazione ogni
cuore!».
A Sichar. La cena meravigliosa in compagnia degli angeli
in casa di Irhaele. Stupore del sacerdote, che chiede al Signore chiarimenti
riguardo a questi angelici servitori. Considerazioni di incredulità dei
galilei, compatrioti del Salvatore.
1. Mentre cammin facendo accadevano queste cose, arrivammo in casa di
Irhaele e di Joram, dove tutto era già stato predisposto per la cena. I
preparativi erano stati fatti come il giorno prima, ma con molto più splendore
e sontuosità. Alla porta di casa, i sichariti, che erano ritornati con Me dal
monte, volevano congedarsi, quando ad un tratto ecco comparire fra loro una
schiera di giovani vestiti di bianco, che li convincono ad entrare e prendere
parte alla cena.
2. Il sommo sacerdote, sorpreso di vedere un così gran numero di
magnifici giovani e meravigliato della loro affabilità, amorevolezza ed
umanità, si avvicina a Me e in tutta umiltà Mi chiede: «Signore, Te ne prego,
chi sono questi splendidi giovani? Nessuno di loro ha più di sedici anni,
tuttavia ogni loro parola ed ogni loro gesto ne tradisce la loro straordinaria
cultura! Oh, dimmi da dove vengono e a quale scuola sono stati educati! Com’è
bella la loro forma e come sono ben educati! La loro voce è come un balsamo
benefico, che dolcemente scende sul cuore! Dimmi dunque, Signore, dimmelo, chi
sono e da dove vengono?»
3. Io gli rispondo: «Non hai mai sentito parlare di quello che fu
annunciato anticamente? Ogni signore ha i suoi ministri e i suoi servitori!
Ora, anche tu Mi chiami Signore. Non è logico quindi che anch’Io abbia dei
ministri e dei servitori? Il fatto che essi siano molto ben educati ed istruiti
testimonia, appunto, che il loro Signore deve essere un Padrone saggio ed
amorevole. I signori del mondo sono uomini dal cuore assai duro, ai quali
l’amore è cosa sconosciuta; tali sono anche i loro servi. Ma il Signore, che è
un Signore in Cielo ed ora è sceso sulla Terra nel duro mondo degli uomini, ha
dei servitori che provengono dallo stesso luogo da cui Egli stesso è venuto.
Questi, a loro volta, Gli assomigliano, in quanto non soltanto sono Suoi
servitori, ma sono anche figli della Sua Sapienza e del Suo Amore. Mi hai
compreso?»
4. Il capo dei sacerdoti dice: «Sì, Signore, per quanto mi riesca di
comprendere le Tue parole simboliche. Ma per chiarire per bene la questione
avrei bisogno di chiedere ancora molte cose. Per il momento è meglio lasciar
perdere, sperando che, prima che finisca il giorno, mi si offra ancora
l’occasione di parlarne»
5. Io dico: «Sì, certo! Ora però, poiché è tutto pronto, andiamo a
cena!».
6. Allora tutti quelli che credevano vennero a tavola, mentre gli
altri, quelli che erano ancora increduli, preferirono far ritorno a casa loro.
Questi erano persuasi che i preparativi per la cena non fossero altro che un
tranello. La ragione di ciò era dovuta al fatto che quei tali, per la maggior
parte, erano dei galilei immigrati in Samaria. Fra questi, molti erano di
Nazaret e conoscevano bene tanto Me quanto i Miei discepoli, per averli visti
spesso al mercato, quando andavano a vendere il loro pesce. Quei galilei,
andandosene, dicevano ai samaritani: «Noi conosciamo bene tanto Lui quanto i
Suoi discepoli. Egli è carpentiere, gli altri sono pescatori. Egli è stato
allevato alla scuola degli esseni, che, come è noto, sono versati in tutte le arti,
soprattutto sanno guarire e fare ogni tipo di magie. Perciò, Egli cerca ora di
mettere in pratica queste Sue arti, apprese molto bene, allo scopo di procurare
agli esseni molti aderenti e ricchi guadagni. In quanto a quei giovani vestiti
di bianco, essi sono sicuramente delle ragazze comprate dagli esseni nel
Caucaso ed educate da loro; sicuramente, per l’occasione, esse sono state
camuffate da giovinetti! Bella trovata, se si pensa quale grande fascino
avrebbero esercitato quelle splendide ragazze! Noi però non ci lasciamo
ingannare tanto facilmente e sappiamo che il Dio di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe non può essere burlato. Gli esseni, invece, che pensano siano stati i
loro antenati a creare il mondo, hanno gioco facile nel burlarsi di ciò che per
essi non esiste. Finché crederemo nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe,
non avremo bisogno dell’opera di accecamento degli esseni. E se un giorno
questa nostra fede dovesse abbandonarci, non saranno certo gli esseni né i loro
scaltri inviati a propinarcene un’altra in sostituzione. Al contrario,
contribuiranno a farci diventare simili ai sadducei, i quali non credono né
alla risurrezione né alla vita eterna. Ma Jehova ci preservi da ciò!». Con
questi ed altri simili discorsi essi fecero ritorno a casa.
7. Io e una gran parte, consistente per la stragrande maggioranza di
samaritani, prendiamo posto a tavola, ci facciamo servire dagli angeli e con
piacere ci accingiamo quindi a ristorarci dalle fatiche della giornata, poiché
anche lì è come se avessi lavorato nel deserto, così come è scritto: «Quando
Satana fu costretto ad allontanarsi, vennero a Lui degli angeli e Lo
servirono».
A Sichar. Gli ospiti
e i servitori celesti. Apprensione del sacerdote riguardo alla sua missione di
conversione del popolo incredulo. Cenni del Signore al sacerdote sulla Sua
Missione e Sua predizione delle Sue sofferenze, morte e Risurrezione. Il
successo della missione dei martiri dopo la loro morte. Apparizioni di spiriti.
Meravigliose promesse sul destino dei veri seguaci del Signore.
1. Poche delle persone, che erano sedute a tavola, sapevano che i
servitori erano angeli e che le vivande servite loro erano cibo celeste. La
maggior parte riteneva che quei servitori facessero parte realmente del Mio
seguito e che li avessi comperati in qualche parte dell’Asia Minore. L’unica
cosa che non riuscivano a spiegarsi bene era la loro grande affabilità, la
gioia che dimostravano nell’assolvere le loro mansioni e la loro fine
educazione. In effetti, essi pensavano che i servitori che adempiono a quel
tipo di mansioni erano soliti eseguire il lavoro macchinalmente ed avere facce
tutt’altro che liete, tradendo così la loro condizione di schiavi senza alcuna
cultura. Insomma gli ospiti avevano un grande diletto ad intrattenersi con
loro. Il sacerdote invece, che si persuadeva sempre di più che quella numerosa
schiera di servitori era formata da esseri soprannaturali, stava sulle spine,
vedendo che molti tra gli ospiti, incuranti del rispetto che quelle splendide e
maestose creature infondevano loro, usavano con esse dei modi che, seppure non
indecenti, erano secondo lui un po’ troppo spregiudicati.
2. Lo turbava particolarmente il comportamento di quelli che,
nonostante tutti i miracoli che sembravano piovere dal cielo, si ostinavano
nella loro incredulità e frettolosamente se n’erano andati a casa. Con il cuore
afflitto, il sommo sacerdote Mi rivolse la parola dicendo: «Mio Signore e Mio
Dio! Cos’altro potrà indurre costoro alla fede, se perfino i segni che Tu fai
rimangono infruttuosi! Se Tu stesso, o Signore, e le schiere angeliche che Tu
hai fatto venire dai Cieli, non siete stati capaci di convertire questo popolo,
cosa potrò fare io con loro, usando le mie misere forze? Non mi sputeranno in
faccia quando tenterò di insegnare loro la Tua Dottrina?»
3. Io gli rispondo: «Intorno a te hai un sufficiente numero di
credenti; istruiscili e fanne dei tuoi aiutanti, così il lavoro ti sarà più
leggero. Infatti, se un uomo vuole sollevare un grosso peso e non dispone della
forza necessaria, si cerca un compagno che lo possa aiutare. Se non ci riesce
con questo primo soccorso, allora ricorre ad un secondo e ad un terzo, finché
riesce a dominare quel peso. Se però in un luogo quelli che hanno fede sono in
numero uguale oppure, come in questo caso, leggermente più numerosi degli
increduli, allora il lavoro sarà più semplice.
4. Tutt’altra cosa, invece, è quando non vi è neppure un credente! In
questo caso fate almeno un tentativo, affinché nessuno abbia poi da scusarsi
dicendo di non aver mai sentito parlare di ciò.
5. Se si incontra un credente, anche uno solo, si rimanga presso di lui
e gli si riveli il Regno della Grazia di Dio! Ma se non ce n’è nemmeno uno che
accolga la Parola, allora quel luogo sia abbandonato e il missionario scuota
sopra di esso la polvere delle proprie scarpe, poiché, da quel momento, le
persone che vi dimorano non sono più degne di nessun’altra grazia se non di quella
usufruita dagli animali dei campi e dei boschi. Ecco, quello che ti ho detto è
un suggerimento su come dovrai comportarti verso gli increduli.
6. Però ti chiedo di vegliare su te stesso, per rimanere fermo nella
fede; se questa dovesse vacillare, la tua opera per il Mio Regno sarebbe di
poca efficacia! Tra circa due anni ti saranno riportate da Gerusalemme strane
notizie sul Mio conto, non lasciarti indurre in errore! A Gerusalemme infatti
sarò portato davanti ai giudici, ed essi uccideranno questo Mio Corpo, ma Io lo
risusciterò il terzo giorno, per rimanere vicino a voi e con voi fino alla fine
del mondo! Sì, la razza perversa che è in Gerusalemme, crederà solo quando si
convincerà che non è possibile ucciderMi!
7. La stessa cosa avverrà nei diversi luoghi della Terra: l’arroganza
degli uomini perseguiterà i predicatori del Vangelo e ne ucciderà il corpo, ma
gli arroganti saranno scossi da questa stessa morte; solo allora crederanno, constatando che coloro che vivono la vita dello Spirito
dalle Mie parole non potranno mai essere uccisi! Infatti ciascuno degli uccisi
farà di nuovo ritorno ai suoi seguaci e li istruirà riguardo alle Mie vie!
8. Ma né Io né i Miei discepoli verremo a trovare l’ostinata stirpe
degli uomini del mondo per togliere dal loro cuore le tenebre del dubbio, sia
che essi non abbiano alcuna fede, sia che l’abbiano ma non operino secondo i
suoi insegnamenti. E quando sarà giunta l’ora della morte dei loro corpi,
sentiranno gravare su di sé i mali della loro incredulità e le conseguenze
dell’inosservanza dei Miei Precetti. Al contrario, quelli che avranno creduto
in Me e che avranno operato secondo questa fede, non sentiranno né
assaporeranno la morte della carne!
9. Infatti, quando Io aprirò le porte della loro carne, questi uomini
usciranno dal loro corpo come i prigionieri dal carcere, rimessi in libertà per
la misericordia del loro signore.
10. Non lasciarti quindi fuorviare se udrai questa o quella cosa di Me!
Infatti colui che rimane fedele e persevererà incrollabile nell’amore e nella
fede fino alla fine – come Io vi insegno, vi ho insegnato e sempre vi insegnerò
– egli erediterà le beatitudini del Mio Regno che è nei Cieli, che ora tu vedi
aperti sopra di te, i quali sono dimora Mia e dei Miei angeli e dai quali essi
salgono e scendono».
A Sichar. Insegnamenti sul modo e sul luogo dove si debba
adorare veramente Dio. Saggio discorso di Irhaele. «Non templi, ma luoghi di ricovero
ed ospedali per i poveri dovreste costruirMi!». Cenni sul tempio della
Creazione.
1. Dice il sacerdote: «Ora ritengo di essere perfettamente istruito e
spero che fra breve lo sarà anche questo paese. Mi permetto solo un’altra
domanda: “Dobbiamo onorare ancora il monte e il Tuo antico Tempio che vi sorge
e in quel luogo santificare il Tuo sabato, oppure è meglio edificare qui un
Tempio affinché, per l’avvenire, possiamo radunarci nel Tuo Nome? In questo
caso, domattina, dovresti indicarci il luogo più idoneo e più gradito a Te; da
parte nostra, impiegheremo tutte le nostre forze per soddisfare questo Tuo
desiderio!»
2. Io gli dico: «Amico, ciò che è necessario a voi e ad ogni uomo, Io
ve l’ho annunciato oggi sul monte.
3. Per osservare i Miei precetti non necessitano né il vecchio Tempio
sul monte né tanto meno il nuovo che vorreste costruirMi in città; quello che
ci vuole è soltanto un cuore pieno di fede e una ferma buona volontà.
4. Quando ieri sono giunto qui da voi, durante la sosta al pozzo di
Giacobbe, anche Irhaele, avendoMi riconosciuto, Mi chiese dove si dovesse
adorare Dio, se sul monte Garizim o nel Tempio di Gerusalemme: che lei stessa
ti dica quale risposta le diedi!»
5. Allora il sacerdote si voltò verso Irhaele ed ebbe da lei questa
risposta:
6. «Così mi ha parlato il Signore: “L’ora viene, anzi è già venuta, che
i veri adoratori non adoreranno Dio né sul Garizim né nel Tempio di
Gerusalemme! Infatti Dio è Spirito e chi Lo adora deve adorarLo in Spirito e
Verità!”. Queste cose disse il Signore. Quanto a te, tu sei il capo dei
sacerdoti, dunque sai ciò che devi fare!
7. Però ascolta quello che io penso: “Poiché il Signore ci ha concesso
l’immensa grazia di dimorare in questa casa, che non è mia, ma che è e sarà
perennemente Sua, ritengo che questo luogo non sarà mai dimenticato e sarà
ritenuto come il più adatto ad accogliere tutti noi, quando ci raduneremo nel
Suo Nome e santificheremo in Suo onore il sabato!”»
8. Osserva il sacerdote: «Sì, sì, avresti ragione, se tutti fossero credenti,
ma bisogna tener conto anche dei deboli! Fra questi, simili metodi
susciterebbero uno scandalo molto maggiore»
9. Io dico: «Irhaele ha ragione! Chi si scandalizza, si scandalizzi
pure e salga al suo monte! Quando si accorgerà di non trovarvi nulla, ci
mediterà sopra e da solo penserà se, alle volte, non ci sia qualcosa di meglio
che non il monte.
10. Non edificateMi quindi dei templi; costruite piuttosto delle dimore
e dei luoghi di ricovero per i poveri che non hanno niente con cui
ricompensarvi!
11. Ed è nell’amore verso i vostri fratelli e sorelle poveri che voi
dimostrerete di essere Miei veri adoratori; in questi templi, tramite voi, Io
sarò spesso presente, senza che ve ne accorgiate. Ma nei templi che si
edificano con il solo proposito di onorarMi con le labbra, come si è fatto
finora, Io sarò talmente poco presente quanto lo è la ragione dell’uomo nel
dito piccolo del suo piede.
12. Se avete bisogno della solennità e della magnificenza di un tempio
per elevare i vostri cuori a Me, per essere compenetrati davanti al Mio
Cospetto della vera umiltà, allora uscite fuori, nell’immenso tempio delle Mie
creazioni e il sole, la luna e ogni stella, il mare ed i monti, gli alberi e
gli uccelli dell’aria, come anche i pesci dell’acqua e gli innumerevoli fiori
dei campi: tutto vi annuncerà la Mia Gloria!
13. DiteMi! L’albero non è adorno in maniera più splendida del Tempio
di Gerusalemme con tutte le sue magnificenze? L’albero è una pura creazione di
Dio, possiede la vita e produce un frutto nutriente! Cos’è invece il Tempio e
cosa produce? A tutti voi dico: “Null’altro che orgoglio, ira, invidia, gelosia
e ambizione sfrenata, perché il Tempio non è opera di Dio, ma vana opera
dell’uomo!”
14. In verità, in verità vi dico: “Chi Mi onorerà e Mi amerà, e Mi
adorerà facendo nel Mio Nome del bene ai suoi fratelli e sorelle, egli ne avrà
premio eterno nei Cieli; chi invece continuerà ad adorarMi con ogni tipo di
cerimonie in un tempio edificato a quest’unico scopo, raccoglierà così la sua
fugace ricompensa in questo stesso tempio! Però, dopo la morte della sua carne,
quando egli si presenterà a Me e dirà: ‘Signore, Signore, usa misericordia
verso il Tuo servitore!’, Io gli risponderò: ‘Non ti ho mai conosciuto,
allontanati perciò dal Mio cospetto e cerca la tua ricompensa presso colui che
hai servito!’. D’ora innanzi, quindi, non abbiate mai nulla a che fare con
templi di alcun genere!”
15. Se volete, in questa casa potete radunarvi in Mia memoria, sia di
sabato che in qualunque altro giorno, poiché tutti i giorni sono del Signore,
non solo il sabato. Perciò, da oggi innanzi, in questo giorno sarete operosi
come in qualsiasi altro giorno».
A Sichar. La santificazione del sabato. Ciò che Dio vuole
che gli uomini facciano! I giorni lavorativi e il sabato. Dio è sempre operoso.
Il precetto del sabato di Mosè. «Dovete diventare perfetti com’è perfetto il
Padre in Cielo». Il Signore promette di
esaudire le preghiere dei figli.
1. (Continua il Signore:) «Il modo migliore per santificare il sabato è
questo: praticare, in questo giorno, il bene più attivamente che in qualunque
altro!
2. D’ora innanzi non dovete compiere solo il lavoro servile, che ha di
mira il denaro e le ricompense del mondo; e ciò tanto nei giorni feriali che,
meno ancora, di sabato! Sia ormai ciascun giorno un sabato e ciascun sabato un
giorno consacrato all’attività e al lavoro! Ecco, amico Mio, ora ti ho indicato
esaurientemente come per l’avvenire dovete servire Dio! Così sia!»
3. Dice il sommo sacerdote: «Riconosco, in modo chiaro, la santa Verità
in questo Tuo precetto, che accetto volentieri per legge, ma gli ebrei
ortodossi ce ne metteranno prima di riuscire a comprendere chiaramente e nella
loro pura verità questi stessi insegnamenti, che emanano dall’assoluta Volontà
di Dio! Sì, penso che molti non ci riusciranno, neppure se attendessero fino
alla fine del mondo. Infatti gli uomini, fin dai tempi antichi, si sono troppo
assuefatti alle cerimonie del sabato e non vorranno saperne di rinunciare ad
esse. Sarà certamente questo il lavoro più faticoso e più arduo!»
4. Dico Io: «Non è necessario sopprimere del tutto il sabato; bisogna
ripudiare solo quanto in esso c’è di assurdo! Il Signore Dio non ha bisogno dei
vostri servizi né dei vostri onori, poiché Egli ha creato il mondo e gli uomini
senza l’aiuto di nessuno e nessun’altra cosa chiede agli uomini se non quella
di riconoscerLo e di amarLo con tutte le loro forze non solo di sabato, ma
altrettanto, senza interruzione, in qualunque altro giorno!
5. Come potete affermare di servire Dio operando come fate, cioè
pensando a Lui solo di sabato, mentre gli altri giorni Lo considerate come se
non ci fosse? Dio non è forse ogni giorno lo stesso immutabile Dio? Non fa
sorgere il sole ogni giorno, senza riguardi particolari per il sabato, e non
diffonde la sua Luce sia sui giusti che sugli ingiusti, anche se questi ultimi
sono più numerosi dei primi?
6. Dio stesso non lavora di continuo ogni giorno? Se dunque Egli, che è
il Signore, non si concede nessun giorno di festa, perché gli uomini dovrebbero
stabilire dei giorni festivi al solo scopo di poltrire nell’ozio? Infatti,
cos’altro osservano essi puntualmente il sabato se non l’ozio? È per questo che
essi rendono il peggior servizio a Dio!
7. Al contrario, Dio vuole che gli uomini si esercitino, senza sosta,
sempre più nelle opere dell’Amore, affinché un giorno, nell’altra vita, possano
essere capaci di affrontare qualsiasi lavoro e qualsiasi fatica e conseguire,
mediante questa attività d’Amore, la vera e suprema beatitudine! Ma se gli
uomini si abbandonano all’ozio, potranno raggiungere questa altissima meta? Io
ti dico: “Mai!”.
8. L’uomo nei giorni feriali, anche se lavora, non fa che abituarsi ad
essere egoista, poiché egli lavora solo per la sua carne e chiama suo quello
che ha ottenuto con il lavoro. Chi desidera poi avere da lui dei prodotti del
suo lavoro, deve comperarli o con denaro o contraccambiarli con altro lavoro,
altrimenti non otterrà da nessuno la più piccola cosa che abbia qualche valore.
Dunque, mentre gli uomini sacrificano al loro egoismo sei giorni, elevano,
nello stesso tempo, a comandamento lo starsene in ozio di sabato, cioè
nell’unico giorno in cui dovrebbero dedicarsi interamente all’attività
dell’Amore. Quindi c’è seriamente da chiedersi quando questi uomini si
eserciteranno nel solo vero servizio di Dio, che consiste unicamente nel
praticare le opere d’amore verso il prossimo.
9. Eppure Dio stesso non si riposa un solo momento dal Suo lavoro ed è
continuamente in attività non per Se stesso, ma per l’umanità. Per Sé non ha
bisogno né della Terra, né del sole o della luna, né di tutte le stelle e di
quello che vi è in esse o che da esse procede. Di tutte queste cose Dio non ha
bisogno; sono invece gli spiriti e gli uomini creati che ne hanno bisogno.
Quindi il Signore è costantemente attivo esclusivamente a beneficio e per Amore
delle Sue creature.
10. Ora, se il Signore, al Quale appartengono i giorni, consacra
ininterrottamente il Suo lavoro a favore degli uomini - che vuole divengano
Suoi figli destinati a somigliarGli in tutto -, come può volere che gli uomini,
dopo sei giorni vissuti egoisticamente, Gli riescano graditi quando, nel
santificare il settimo, si abbandonano nell’ozio più assoluto? E come può volere,
quindi, che Lo onorino con pigrizia, Lui che è l’eterna Attività?
11. Queste cose te le dico in forma talmente evidente, affinché tu,
capo dei sacerdoti presso la tua comunità - ben sapendo Chi è Colui che ti ha
detto tutto ciò -, metta da oggi in poi il sabato in luce migliore di quanto
esso lo sia stato dai tempi di Mosè fino ad oggi! Infatti, nel modo in cui Io
sto spiegando il sabato, è stato illustrato anche a Mosè, ma il popolo,
purtroppo, dopo molto tempo lo ha degradato ad un giorno di ozio degno dei
pagani ed ha pensato che la migliore cosa, per essere graditi a Dio, era quella
di non far niente o di infliggere punizioni a quelli che in questo giorno
avessero lavorato anche un po’ o che si sarebbero prestati a curare qualche
malato. Oh, come sono insensati e ciechi!»
12. Tutto compenetrato da questa verità, il sacerdote risponde: «Oh,
com’è tutto santo e vero ciò che esce dalla Tua bocca! Sì, ora comprendo tutto!
Proprio ora, o Signore, hai tolto dai miei occhi il triplice velo di Mosè!
Adesso, o Signore, non abbiamo più bisogno di nessun segno o miracolo, ci
bastano soltanto le Tue sante parole di Verità! Ed io, pienamente convinto,
affermo che tutti coloro che, oggi come sempre, crederanno in Te solo per i
Tuoi miracoli e non per la Verità della Tua Parola, non hanno una vera fede
vivente e saranno dei tiepidi seguaci della Tua Dottrina, i quali eseguiranno
la Tua santa Volontà solo macchinalmente. Con noi però non sarà così! Non
saranno i miracoli da Te operati in nostra presenza a suscitare nei nostri
cuori la fede vera e vivificante, ma solo la Tua santa Parola, piena di Verità.
Sarà questa a risvegliare in noi la pienezza dell’amore per Te e da questo
amore, nelle debite proporzioni, anche l’amore verso ogni uomo. Sia dunque
fatta la Tua santa Volontà in ogni tempo, così come Tu, o Signore, ce l’hai
appena mostrata in modo estremamente chiaro e che è eternamente vera!»
13. Io dico: «Amen! Sì, caro amico e fratello, in ciò risiedono il
buono e il vero! Infatti soltanto se vi atterrete a ciò, vi sarà dato di
divenire perfetti com’è perfetto il Padre in Cielo. E quando avrete raggiunto
tale perfezione, sarete veramente Suoi figli e potrete chiamarLo sempre: “Abba,
amato Padre!”. E qualsiasi cosa voi, come Suoi veri figli, chiederete, Egli ve
la darà, poiché il Padre è infinitamente buono e tutto ciò che Egli possiede lo
dona ai Suoi figli! Ora però mangiate e bevete, poiché questi cibi e bevande
non sono di questa Terra, perché è il Padre che ve li manda dai Cieli ed Egli
stesso si trova ora qui tra voi!».
A Sichar. Gli
angeli confortano alcuni ospiti timidi. Il “Vangelo di Sichar”.
Natanaele
narra la storia della sua conversione. L’ordine del Signore di tacere sulla Sua
Divinità fino alla Sua elevazione sulla Croce.
1. Osserva il sacerdote: «Signore, dobbiamo rimetterci nuovamente a
tavola? Anche se abbiamo ininterrottamente conversato, mi sembra che ci siamo
ristorati abbondantemente con cibi e con bevande già all’inizio della cena! Da
parte mia sono ormai sazio e non potrei più né bere né mangiare»
2. Io gli dico: «Hai detto bene, poiché sei sazio del cibo e del
prezioso vino dei Cieli. Però ve ne sono ancora molti, che non si sono
azzardati né a toccare cibo né a bere nulla, perché non avevano nessuna fiducia
né nel Mio Nome, né nella Mia Parola, e temevano si trattasse di qualche
stregoneria. Ma poiché hanno udito quello che ci siamo appena detti ed hanno
appreso in maniera lampante la verità, il loro sciocco timore è scomparso e in
questo momento cominciano a sentire la fame e la sete. Ora si prenderebbero
anche da mangiare e da bere, ma non si azzardano per puro timore reverenziale.
Credi che li si dovrebbe lasciare andare in queste condizioni? Questo mai e poi
mai! Mangino e bevano pure a loro piacimento! Infatti, da oggi in poi, non
avranno più la possibilità di saziarsi di questi cibi e bevande in nessun altro
luogo se non un giorno nel Mio Regno, che è nei Cieli!»
3. Dopo questa osservazione, Io incoraggiai nuovamente i timorosi a
mangiare e a bere, e ai giovani che ci servivano dissi: «Fate in modo che non
manchi loro nulla!». Allora i servitori portarono di nuovo, con abbondanza, del
pane, del vino ed ogni specie di frutta squisita.
4. Alcuni però, dubitando, chiesero se non era troppo rischioso
mangiare della frutta ad essi sconosciuta. Però i giovani, rasserenandoli,
risposero: «Voi potete mangiare tutta questa frutta senza alcun timore, poiché
essa è pura e di sapore squisitissimo! È vero che su questa Terra cresce ogni
tipo di frutta, erbe ed animali, nei quali il lavoro di formazione e di
sviluppo è dovuto all’opera di spiriti impuri, ma il fondamento di questo
risiede negli ordinamenti del Signore. Infatti pure i demoni servono il
Signore, anche se contro la loro volontà o desiderio! I demoni, infatti, sono
costretti a servire Dio, così come lo sono gli schiavi incatenati ed obbligati
a lavorare per il loro padrone, ma non c’è alcuna benedizione per un lavoro di
questo genere!
5. Sulla Terra, dunque, dove spesso uomini, animali e demoni vivono
sotto il medesimo tetto, manifestando la loro attività secondo gli istinti e le
inclinazioni loro propri, crescono spesso anche ogni specie di azioni, opere e
frutti di cattiva ed impura qualità, di cui gli uomini dovrebbero fare a meno,
qualora desiderino tenere lontano da sé ogni possibile male di questo mondo. È
per questo che il Signore, per mezzo del Suo servitore Mosè, ha indicato, con
precisione, quali sono le cose pure e buone ed ha sconsigliato agli uomini l’uso
delle cose impure, alla cui formazione lavorano pure spiriti cattivi: questi
sono gli alti ordinamenti del Signore. Ma tutto ciò che vi viene qui offerto è
assolutamente puro, perché segretamente è stato portato dai Cieli per voi;
mangiate dunque e bevete senza alcun timore! Infatti le cose che il Padre invia
dal Cielo sono sommamente pure e buone e atte a favorire la vita dell’anima e
dello spirito per l’eternità».
6. Le parole dei giovani sapienti ebbero l’effetto di rallegrare gli
animi e tutti lodarono Dio per tale amichevole sapienza in questi giovani. Va
osservato che questi insegnamenti, più tardi, vennero trascritti a memoria da
alcuni ospiti e conservati in quei luoghi per lunghi anni.
7. Ma successivamente, quando questa città fu fatta soffrire ad opera
dei suoi nemici, molte cose andarono perdute, tra cui questa dottrina, della
quale parla anche l’apostolo Paolo in maniera molto mistica in una delle sue
epistole, precisamente là dove descrive le varie classi di spiriti.
8. Così tutta la numerosa compagnia fu animata dai migliori propositi e
gli ospiti cominciarono ad intrattenersi tra loro discutendo ora riguardo a Me
e alla Mia Dottrina, ora riguardo alla cena, che era stata preparata nei Cieli.
Anche i giovani entrarono in conversazione con gli ospiti, ragionando su molte
cose.
9. Ad un certo punto si alzò Natanaele e, rivoltosi agli ospiti, disse:
«Miei cari amici e fratelli! Poche lune (mesi)
fa ero ancora un pescatore nei dintorni di Bethabara sul fiume Giordano,
non lontano dal luogo dove esso sfocia nel mare, là dove Giovanni battezzava.
Un giorno, un Uomo si presentò umilmente a lui e chiese di essere battezzato.
Giovanni, pur non avendoLo mai visto fisicamente su questa Terra, testimoniò di
Lui dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo!”. Giovanni
aggiunse poi: “Questi è Colui del Quale ho detto che era prima di me e che
verrà dopo di me ed a Cui non sono degno di sciogliere i legacci dei sandali”
10. Queste cose io, Natanaele, udii testimoniare nel deserto dal predicatore
e ciò mi immerse in profondi pensieri. Mi allontanai e, tornato a casa, narrai
tutto a mia moglie e ai miei figli, che si stupirono enormemente nel sapere che
il predicatore, conosciuto per severissimo, avesse reso una tale testimonianza
ad un Uomo!
11. Infatti, non era molto facile entrare in discorso con il
predicatore e, quando parlava, le sue parole suonavano estremamente aspre. Egli
non risparmiava nessuno, fosse pure fariseo, sacerdote o levita; davanti a lui
ogni cosa veniva messa alla prova, per la vita o per la morte, passando
sull’affilata spada della sua lingua!
12. Però, quando venne Colui che ora siede tra
noi in qualità di Signore, le rudi maniere di Giovanni scomparvero, lasciandolo
in una profonda umiltà, e il suono della sua voce divenne così dolce quanto il
cinguettio dell’allodola quando intona il cantico di primavera! In breve, la
mia famiglia prestò a mala pena fede al mio racconto, perché tutti conoscevano
molto bene la maniera con cui Giovanni si esprimeva.
13. Due giorni dopo, uscii all’alba per andare al lavoro e, poiché
dovevo aggiustare i miei arnesi da pesca, mi sedetti sotto un albero. Ecco
arrivare, in quel momento, in compagnia di alcuni che già Lo seguivano, la
Persona di Cui Giovanni aveva così dolcemente testimoniato. Egli mi chiamò per
nome e mi invitò a seguirLo. E poiché mi ero meravigliato che Egli mi
conoscesse senza che Lo avessi mai visto prima, mi disse: “Non meravigliarti
così tanto, perché vedrai cose assai più grandi! In verità ti dico che d’ora
innanzi tu vedrai il Cielo aperto e gli angeli di Dio salire e discendere sopra
il Figlio dell’uomo!”
14. Ed ecco, le parole che il Signore mi disse si adempiono ora nella
maniera più eccelsa! Tutti i Cieli si sono dunque aperti ai nostri occhi e gli
angeli discendono per servire Lui e noi. Quale altra prova ci serve ancora per
convincerci che Lui solo è Colui che deve venire, secondo la promessa fatta e
tramandata ai figli d’Israele fin dai tempi di Adamo? È per questo che ritengo
che Egli sia molto più del Messia! Egli è...»
15. A questo punto, Io lo interrompo, dicendogli: «Mio amato fratello
ed amico, per ora basta così, non andare oltre! Quando gli ebrei innalzeranno
questa Carne, allora potrai parlare senza alcun ritegno di ciò che tu sai di
Me, ma non prima, perché gli uomini non sono ancora maturi!».
16. Allora Natanaele si uniformò a quello che gli avevo detto, senza
tuttavia comprendere chiaramente cosa avessi voluto dire con le parole “quando
questa Mia Carne sarà innalzata”. Molti ritenevano che un giorno Me ne sarei
andato a Gerusalemme per occupare il trono di Davide. Il significato di queste
Mie parole fu invece ben compreso dal capo dei sacerdoti, ma egli tacque e il
suo volto si rattristò. Io però lo confortai e gli rammentai le cose che, a
questo proposito, gli avevo già spiegato prima; in questo modo egli fu subito
consolato e Mi lodò nel suo cuore.
17. Nel frattempo, mentre in casa avvenivano questi fatti, si era fatta
l’alba, e il nuovo giorno aveva trovato tutti gli ospiti senza la minima traccia
di stanchezza o di sonno, anche se erano rimasti svegli tutta la notte. Al
contrario, ogni persona si sentiva rinvigorita come non era mai successo prima,
neanche dopo il migliore dei sonni. Così, tutti Mi domandarono se potevano
passare la giornata con Me e a questo santo desiderio acconsentii subito.
*
«Signore! Io povero
peccatore, Ti rendo grazia per questo primo giorno a Sichar, che è una città
simile a ciò che è in me!».
Jakob Lorber
IL SECONDO DEI
DUE GIORNI A SICHAR
Il Signore si informa sulle condizioni familiari del
sacerdote. Modo di vestire di Maria. Abominevoli calunnie sparse sul conto
della famiglia del sacerdote. La
tristezza di Jonaele. Buone parole di consolazione del Signore e Sua
testimonianza sul mondo.
1. Allora il sacerdote si alzò e, supplicando, Mi chiese: «Poiché Ti è
piaciuto accordarci la somma grazia di rimanere con noi anche quest’oggi, non
sarebbe bene andare, con i Tuoi discepoli e gli altri fedeli qui presenti, a
visitare le località vicine? Per la verità esse sono solamente tre, però è
possibile incontrare anche là qualcuno che sia disposto a credere in Te,
qualora abbia l’occasione di vederTi e udirTi»
2. Io gli dico: «Noi ci andremo per te, non per loro; ed acconsento
volentieri, perché andarci è una gioia per te! Ma dimmi, tu hai moglie e figli,
non vuoi presentarmeli? Dove e quanti sono?»
3. Il sommo sacerdote, alquanto imbarazzato, risponde: «Signore, la mia
amata consorte è ancora viva ed è in età avanzata come me; ho sette figli, ma
purtroppo tutte donne dai dodici ai ventuno anni. Come Tu sai, il non avere
alcun figlio maschio è un disonore presso gli Israeliti, perciò compatiscimi, o
Signore, per non avere avuto il coraggio di mostrarmi insieme a tutte queste
donne!
4. Ma se Tu desideri, al di là di ciò, passare da casa mia, visto che
da qui ce ne stiamo andando, potrei presentarTi la mia famiglia. Io non potrei
farle venire in questo posto, perché, è vero, posseggo un po’ di tutto e riesco
anche a campare modestamente insieme ai miei, però i vestiti che abbiamo sono
piuttosto miseri. In casa, per eseguire le faccende domestiche, le mie
fanciulle sono sufficientemente vestite, ma per comparire in una società come
questa, esse avrebbero, come figlie del capo dei sacerdoti, un aspetto davvero
troppo meschino! In ogni caso, penso quindi sia meglio che rimangano in casa,
così da un lato non si espongono alle canzonature, dall’altro non hanno
occasione di alimentare quella vanità che è innata nella donna. D’altra parte
credo sia bene che esse vengano a contatto con il mondo il meno possibile,
perché il mondo è e sarà sempre perverso!»
5. Gli dico: «Io farò come tu desideri, ma poi devi lasciar venire la
tua famiglia con noi! In quanto ai vestiti, faremo in modo di trovarne di
migliori e vedrai, essa non sfigurerà in nostra compagnia! Fai molto bene ed è
saggio procurare di sottrarre le tue figlie alle influenze del mondo, ma nella
nostra cerchia, che non è mondana, esse sarebbero state ammesse anche così come
sono.
6. Per esempio Maria, la madre del Mio corpo di carne, indossa
semplicemente una veste di tela bianca e porta inoltre soltanto un comunissimo
grembiule turchino ed è vestita bene quanto basta! Sul capo tiene una specie di
parasole a quattro angoli, come tutte le donne che Mi hanno seguito dalla
Galilea e dalla Giudea. Vestite in questo modo esse sono degne di far parte del
nostro gruppo. Per ora possono farne a meno, quindi fai in modo che oggi tua
moglie e le tue sette figlie non manchino di venire con noi!»
7. Allora uno dei samaritani si intromette nel discorso ed osserva:
«Tutto ciò è molto bello e buono! Io, da parte mia, non ho alcuna testimonianza
diretta, ma dovrei raccontarvi quello che ho sentito dire da parecchi uomini
che abitano nei dintorni. Certo, non posso provarlo e voi siete quindi liberi
di credere o meno. Ecco di che cosa si tratta: corre voce che le quattro
ragazze più grandi, ogni volta che il sommo sacerdote non è in casa, se ne
vanno in giro di notte per le vie della città e si lasciano avvicinare dal
primo giovane che incontrano, acconsentendo, per denaro, ad appagarne le voglie
libidinose, che la loro bellezza non manca di suscitare. Questo è ciò che si
sussurra da qualche tempo. Io, da parte mia, ho detto solo quello che ho udito
da altri! Comunque sia, se ci preme che questa nuova Dottrina trovi
un’accoglienza generale anche fra i tanti che tuttora sono scettici, sarebbe
consigliabile, a causa del popolo insensato, escludere dalla compagnia almeno
le quattro figlie maggiori! Tu, o fratello Jonaele, conosci molto bene com’è
fatto il nostro popolo: esso è astioso, malizioso, ignorante ed incredulo! Se
questa gente giunge a tanto, credo che neanche Jehova stesso possa farci
niente! Quello che vi ho detto è, senza volerlo imporre, il mio punto di vista
e, considerando la manifesta perversità del nostro popolo, penso anche che così
facendo si può preservare da pericoli la buona causa!»
8. Il sacerdote, udite queste cose, si volge verso di Me, profondamente
addolorato, e dice: «Signore! Se fossi colpevole solo un po’ di essere stato
poco accorto e trascurato nell’educare le mie figlie, non sarei ora tanto
afflitto nell’apprendere ciò! Io, invece, posso dire in coscienza che ho fatto
di tutto per educare la mente e il cuore delle mie figlie e non avrei timore di
giurare, su ciò che vi è di più sacro, che ciascuna di esse è ancora tanto pura
quanto un fiore sul monte di Jehova! Ma chi è che sparge simili infamanti
calunnie?»
9. Io gli dico: «Caro Jonaele, fratello Mio, non te la prendere tanto!
Ti sia sufficiente che le tue figlie siano pure ai Miei occhi! Infatti, il
mondo appartiene complessivamente al demonio, quindi è malvagio in ogni sua
fibra! Hai mai sentito che si raccolga uva dalle spine o fichi dai cardi? Tutte
queste cose Mi erano già note da tempo, anzi sono state apertamente sentenziate
sul Monte, quando figurativamente ho parlato della pagliuzza nell’occhio del
prossimo! E vedi, quella parabola aveva il potere di indurre molti ad
allontanarsi dal Monte, essendosi accorti che Io parlavo di loro.
10. È per questo motivo quindi che le tue figlie devono venire con noi,
anzi Io stesso camminerò in mezzo a loro! E colui che è sotto il potere del
maligno ci resterà in eterno, se non si vuole lasciare convertire mai! Ma ora è
tempo di andare! Ho già fatto sapere a tua moglie e alle tue figlie ciò che è
necessario, ed esse ci attendono».
A Sichar.
Entusiasta testimonianza di Pietro sul Figlio di Dio e suo duro giudizio sui
galilei increduli. Scena tra Simone ed un non credente. Critica del galileo su Gesù e i Suoi
discepoli. Risposta sincera di Pietro. L’angelo e il Signore condannano il
bugiardo calunniatore. Lo spirito maligno
quale aguzzino. Il castigo del malvagio.
1. Ci poniamo dunque in cammino e, strada facendo, Pietro non può
trattenersi dall’esclamare: «Le continue meraviglie a cui assistiamo cominciano
a farmi venire seriamente il capogiro! Secondo me, chi non è ancora convinto
che questo Gesù di Nazaret sia il Figlio incarnato di Jehova, egli è dieci
volte più cieco del Faraone, oppure è addirittura un morto! Con la Potenza
della sola Parola gli ammalati guariscono completamente, i ciechi riacquistano
la vista, i sordomuti l’udito e la voce, gli storpi camminano e gli afflitti
dalla lebbra più incurabile diventano mondi quasi non avessero mai peccato!
2. E come se tutto ciò non bastasse, i Cieli si aprono e premurosamente
gli angeli più eccelsi scendono a schiere fra noi, pronti a servirci e a
comportarsi in maniera tale da indurci a pensare che essi non abbiano mai
abbandonato la Terra fin dalla creazione del primo uomo. Sono pure molto belli
e il fascino che irradia da loro è tale che, al solo guardarli, parrebbe di
dover morire di diletto! Quando Egli parla, le Sue parole sono di una Sapienza
incredibile e questi magnifici servitori di Jehova pendono dalle Sue Labbra con
dolce e sommessa attenzione e con celeste devozione manifestando la più pura e
serena gioia, come fanno le rondini in una bellissima giornata d’estate! In
verità, chi osa dire che questo Gesù non è altro che un mago, merita di essere
macellato come un bue. Infatti una tale persona non è un uomo, ma solo un
animale dotato di parola, e come tale non avrebbe il diritto di morire da uomo,
ma la sua fine dovrebbe essere quella di un animale domestico!»
3. Mentre Simon Pietro fantastica così e non si accorge di quello che
accade intorno a lui, un cittadino incredulo gli si avvicina e, battendolo
duramente sulla spalla, gli dice: «Se credi sia così, è mio dovere di
galantuomo preannunciarti che anche tu farai la fine di un bue qualunque!
Infatti se sei vissuto fino adesso senza farti un’idea di quante cose sia
capace colui che pratica con abilità la magia, non dovresti rischiare di aprir
bocca in un luogo laddove vi sono persone competenti e ricche di esperienza!»
4. Allora Pietro chiede bruscamente: «Dimmi, o spirito rozzo e
tenebroso! I tuoi maghi hanno anche il potere di ottenere l’immediata
guarigione degli ammalati in virtù della sola parola? E possono anch’essi
ordinare ai Cieli sublimi di aprirsi, cosa che né la mano né l’intelligenza di
nessun mago ha mai fatto?»
5. Risponde il cittadino: «Cieco e stupido galileo! Non sai che i veri
maghi possono trarre da qualunque pezzo di legno un pesce oppure un serpente?
Anzi, a tale proposito ti posso dire che, non molto tempo fa, uno di questi
maghi proveniente dall’Egitto capitò tra noi e lo vidi gettare nell’acqua dei
pezzi di legno che si trasformarono presto in pesci, poi li gettò a terra e si
tramutarono in serpenti e vipere, quindi soffiò nell’aria e questa fu piena di
locuste e di altri insetti alati; prese ancora delle pietre bianche, le gettò
in aria e ne uscirono delle colombe che se ne volarono via, poi raccolse da
terra una manciata di polvere, la lanciò contro il vento e in un attimo l’aria
fu ottenebrata da sciami di moscerini, così numerosi che a malapena si poteva
scorgere il sole e, avendo soffiato su essi, si alzò un forte vento che li
cacciò via come una nube! Dopo ci condusse presso uno stagno situato vicino al
ruscello, dove poco prima aveva cambiato i pezzi di legno in pesci. Giunto qui,
toccò l’acqua con la sua bacchetta e tutta l’acqua si convertì in sangue, poi
toccò questo nuovamente con la bacchetta e subito il sangue ridiventò acqua!
Infine, giunta la sera, gridò alle stelle e queste caddero tra le sue mani come
fossero colombe ammaestrate! Poi, ad un suo comando, esse volarono via e fecero
ritorno nel firmamento! E tu ti chiedi ancora dov’è l’uomo le cui mani possono
toccare i Cieli? Che tutto ciò sia realmente accaduto, posso fartelo confermare
da cento testimoni. Cosa ne pensi ora del tuo nazareno, figlio di Dio, che
conosco molto bene e so anche di chi è figlio e dove abbia appreso tutto ciò
che ti desta meraviglia?»
6. Dice Pietro: «Se le tue affermazioni non sono menzogne, come le
lacrime del coccodrillo, e se non hai pagato i cento testimoni per sostenere le
tue bugie, tutti quelli qui attorno che hanno riconosciuto il Cristo in Gesù di
Nazaret, dovrebbero anch’essi sapere qualcosa di questo mago, del quale mi hai
appena decantato i miracoli! Lo voglio chiedere subito a Jonaele! Ma guai a te,
se mi hai ingannato!»
7. Risponde il cittadino: «Costoro non saranno in grado di darti nessun
chiarimento, perché essi, pensando che il mago operasse con l’aiuto del
demonio, non hanno assistito alle sue esibizioni, per timore di contrarre
qualche malanno! Dotati di coraggio, solo noi, che conosciamo un po’ più da
vicino le forze della natura e non crediamo affatto al demonio, siamo andati
con lui e, con meraviglia, ci convincemmo di quante e quali cose fosse capace
l’uomo!»
8. Dice Pietro: «Tu hai tutta l’aria di essere una vecchia volpe, ma
non credere per questo di cavartela tanto presto e di poter sfuggire al
castigo! Ed ora vieni con me dal sommo sacerdote di questa città e vedremo di
chiarire e di appianare con il suo aiuto le nostre questioni!»
9. Replica il cittadino: «Cosa mi importa del sommo sacerdote? Io sono
galileo, anzi più greco che ebreo ed ho poche cose in comune con lui, zelante
ignorante che va fantasticando, ma non si accorge che le sue quattro figlie più
grandi se ne vanno di notte fuori di casa con il consenso della madre, a quanto
si dice, in cerca di avventure scandalose. Cosa vorresti mettere in chiaro con
un simile imbecille? Per me l’arte e la scienza contano più di ogni cosa e
stimo i veri scienziati e i veri artisti al di sopra di tutto, purché non
abbiano la smania di volersi spacciare per più di quello che sono!
10. Se il vostro maestro, al quale non si può negare abilità e
discernimento in tutte le arti e le scienze, si accontentasse di rimanere
quello che è, sarebbe ritenuto persona illustrissima tra ebrei, greci e romani.
Egli, invece, fa di se stesso un Dio e questo è molto insensato e degno di
altri tempi, antichi ed oscuri!
11. In quanto a voi, non ho niente in contrario a credervi persone
oneste e anime pie, ma, a parte i vostri pesci, mi sembra che non vi intendiate
molto di altre cose. Lasciamo dunque da parte questa discussione! Voi potete
credere quello che vi pare; difficilmente però riuscirete a farci vedere bianco
per nero. Infatti ti ripeto che, avendo studiato, noi conosciamo ogni genere di
scienza e nulla ci è estraneo; neppure in fatto di magia siamo all’oscuro,
possiamo giudicare quindi con certezza cosa si debba pensare del vostro
maestro!»
12. Dice Pietro: «Amico, tu ti sforzi inutilmente di cambiare discorso!
Non stiamo parlando di quello che tu pensi sul conto del mio Maestro e a poco
ti serve tenere discorsi in apparenza sensati, allo scopo di farmi dimenticare
le menzogne che mi hai disonestamente rifilato poco fa! Ammesso pure, come tu
dici, che il sommo sacerdote sia uno zelante o altro, però, quale autorità di
questa piccola città, egli dovrà certamente sapere se in questi ultimi tempi si
è qui esibito un mago come quello da te descritto! Questo per me è di capitale
importanza, perché mi preme formarmi un’idea precisa sul conto del mio Maestro!
13. Vedi, io e molti altri come me abbiamo abbandonato tutto, perfino
moglie e figli e Lo abbiamo seguito incondizionatamente, avendoLo visto operare
cose impossibili a qualsiasi uomo e avendoLo inoltre udito enunciare parole
talmente sapienti, che nessun uomo prima di Lui aveva mai pronunciato e che
dopo di Lui difficilmente qualcuno potrà pronunciare!
14. Ma tu ora vieni fuori con questo discorso ed al mio Maestro ne vuoi
contrapporre un altro che, se anche non Lo supera in grandezza e potenza, pure
secondo te Lo eguaglia e opera cose tali da imporre ad ognuno il più profondo
rispetto! Si tratta dunque di sapere se qualcuno mi può fornire, in maniera
evidente e valida, la prova che un tale mago ha realmente compiuto i fatti da
te raccontati!
15. Se ciò che hai detto risponde a verità, ti do la mia parola che
abbandono all’istante il mio Maestro, che ritengo totalmente dotato di Forza
divina, e faccio ritorno a casa mia e alla mia famiglia! Infatti, uno che fosse
solo un mago, non vorrei seguirlo neanche di un passo. Sono ancora un vero
israelita e credo più in Mosè che in centomila maghi, siano pure famosi e molto
considerati. Ma se, come fondatamente suppongo, hai mentito unicamente per fare
del male, quindi allo scopo di screditare il mio adorato Maestro, in tal caso,
come ti ho già minacciato, guai a te! Sappi che, per la Grazia del mio divino
Maestro, anch’io sono in grado di fare certe cose, senza esigere di passare
agli occhi di chicchessia per un operatore di miracoli!
16. Per questo, vieni con me volontariamente dal sommo sacerdote.
Eccolo là, intento a discutere con il vostro doganiere Matteo; anch’egli deve
sapere qualcosa del tuo mago, non essendosi mai allontanato dalla città! Vieni
dunque con le buone, se non vuoi che ti costringa con la forza!»
17. Dice il cittadino: «Come, come? Con la forza? E se io non volessi?
Guarda là, dietro a me tutti quegli uomini; ce ne sono forse qualche centinaio!
Se ti azzardi a mettermi le mani addosso, dovrai vedertela con loro!»
18. Osserva Pietro: «Io non ti metto le mani addosso, come hai fatto tu
assai rudemente poco fa, quando mi hai dato una pacca sulla spalla; nonostante
questo, sei costretto a venire con me! Fra noi si trovano le schiere degli
angeli di Dio, che tu sembri non vedere! Basterà un solo cenno e, con il loro
aiuto, ti porterò subito là, dove voglio che tu vada!»
19. Risponde il cittadino: «I vostri angeli sono forse questi ragazzi
vestiti di bianco? Ah, ah, ah! Va bene! Se la vostra guardia del corpo è tutta
questa, mi sembra che, con qualche dozzina di schiaffi sul naso, faremo volare
via oltre le mura della città, insieme a voi, anche la vostra schiera bianca!»
20. Queste parole fecero arrabbiare Pietro ed egli fece subito chiamare
uno dei giovani perché punisse il cittadino. Ma il giovane rispose: «Io lo
farei senz’altro, se tale fosse la Volontà del Signore, ma Egli non me lo ha
ancora ordinato e non posso perciò fare ciò che mi chiedi. Però, tu, puoi
presentarti al Signore ed esporGli la cosa; se Egli lo vuole, io agirò»
21. Allora Pietro, poiché nel frattempo Mi ero avvicinato a lui, si
diresse verso di Me e, raggiuntoMi, Mi narrò la faccenda. E quando fu arrivato
davanti alla casa di Jonaele, dove Mi ero fermato, gli dissi: «Torna indietro e
conduci da Me quell’uomo!»
22. Come se fosse stato liberato da un gravissimo peso, Pietro, appena
udì le Mie parole, ritornò in gran fretta dal giovane ed esclamò: «Il Signore
lo vuole!»
23. Il giovane fissò negli occhi il cittadino, che, tutto tremante e come
spinto da forza arcana, si pose subito a seguire Pietro, senza più protestare.
Giunto presso di Me, lo fissai intensamente e il cittadino, soggiogato,
confessò che aveva mentito e che non aveva mai visto un mago di quella specie,
ma ne aveva soltanto sentito parlare. In quanto al resto, dichiarò che si era
comportato così perché desiderava mettere alla prova il Mio discepolo, per
constatare quanto ferma era la sua fede e che non vi era stata nessun’altra
cattiva intenzione.
24. Io allora gli dico: «In verità, tu sei di quelli che vogliono
coprire una menzogna con un’altra; tu sei quindi una creatura del demonio!
Vattene dunque dal tuo padrone e che egli ti dia la ricompensa che si merita un
così fedele servitore!»
25. Appena ebbi finito di parlare, uno spirito maligno si impossessò di
lui e cominciò a tormentarlo in maniera tanto atroce che questi si mise ad
urlare orribilmente: «Signore aiutami! Confesso apertamente che ho peccato!»
26. Allora Io gli chiedo: «Dove e da chi hai saputo che le quattro figlie
maggiori di Jonaele sono delle meretrici? Dichiaralo pubblicamente, altrimenti
ti lascio al tuo tormento fino alla fine del mondo!»
27. Esclama il cittadino: «O signore, io non l’ho mai saputo da
nessuno, al contrario, fui io stesso che, una notte, incontrate le quattro
giovani che tornavano dal pozzo di Giacobbe, portando con sé dell’acqua, le
interpellai e feci loro delle proposte oscene. Le giovani però, per il mio
contegno, mi rimproverarono così duramente, che le lasciai andare, ma,
esasperato per lo smacco ricevuto, giurai di vendicarmi di loro. Fu così che il
mio perverso cuore si inventò quella storia abominevole sul loro conto ed io
stesso divulgai ovunque tutte quelle voci calunniose! Le giovani sono
certamente vergini! O signore, il malvagio sono solo io, tutti gli altri sono
buoni e puri!»
28. Allora Io comando allo spirito impuro di allontanarsi, e al
cittadino così liberato impongo che dia a Jonaele adeguata soddisfazione! E
poiché egli è un mercante, se ne va ritornando subito dopo portando con sé il
decuplo di quello che gli avevo prescritto e prega Jonaele e le sue figlie di
concedergli il loro perdono.
29. Ma Io gli dico: «Il dono da solo non è sufficiente a cancellare le
abominevoli azioni da te commesse! Vattene e dovunque hai offuscato la
reputazione di queste giovani, ritratta le tue malvagie parole; fatto questo,
ti saranno subito rimessi i peccati! Così sia!»
30. Il cittadino promette di fare subito tutto. Osserva solamente che,
se le sue calunnie fossero venute all’orecchio di qualche forestiero a lui
sconosciuto e del quale non conosce la dimora, non potrà più rimediare al male
fatto e per questo Mi supplica di usargli indulgenza.
31. Io lo rassicuro dicendogli: «Fai quanto ti è possibile; quello che non
potrai più fare, lo farò Io, e non ti resterà alcun peccato!».
32. Allora il cittadino, contento delle Mie parole, si allontana e si
accinge subito a riparare i torti fatti.
A Sichar. Il Signore e la nobile famiglia di Jonaele. I
discepoli si scandalizzano per le toccanti scene che si svolgono per strada tra
il Signore e le figlie di Jonaele. Severo rimprovero del Signore per le loro
critiche. Dov’è il Regno di Dio.
«Rimanete nell’Amore!».
1. Quando il cittadino si è allontanato, Io faccio chiamare la moglie e
le figlie di Jonaele, che per paura, avendoMi visto vicino al loro
calunniatore, si sono ritirate in casa.
2. Esse obbediscono subito alla Mia chiamata e, con l’anima colma di
gioia e di gratitudine, si avvicinano a Me ringraziandoMi con le lacrime agli
occhi per averle protette ed aver fatto risaltare con tanta chiarezza la loro
innocenza, screditata in maniera così brutale da quell’uomo malvagio!
3. Io stendo allora le mani sul loro capo e le benedico, comunicando
loro la Mia decisione di volerle trattenere presso di Me per tutta la giornata!
Esse però si sminuiscono e umilmente dicono: «O Signore, questa è una grazia
troppo grande per noi e non ne siamo degne! Noi saremmo già estremamente felici
se Tu ci permettessi di poterTi seguire come le ultime di tutta la Tua immensa
compagnia!»
4. Ma Io dico loro: «Conosco molto bene la vostra sincera umiltà ed è
appunto questo il motivo per cui vi ho elette: per rimanere al Mio fianco ed
accompagnarMi ovunque Mi sono prefisso quest’oggi di andare!»
5. Mentre le sette giovani, alle quali non sembrava vero di essere
state fatte segno di tanta stima, Mi stanno ringraziando, si fa avanti Jonaele,
che, sbalordito, chiede loro: «Mie care figlie! Da chi avete ricevuto queste
sontuose vesti che vi donano un aspetto veramente celestiale?».
6. Esse soltanto in quel momento si accorgono che le vesti che
indossano sono di finissimo bisso e che il loro capo è adorno di preziosissimi
diademi che danno loro l’aspetto di figlie di re.
7. Quando si accorgono di una tale magnificenza, la loro meraviglia e
la loro gioia traboccano e, combattute come sono tra l’ammirazione e
l’impellente amore che inizia ad infiammare i loro cuori, rimangono in preda ad
un dolcissimo stupore senza sapere cosa dire o cosa fare. Dopo un po’,
riavutesi dallo smarrimento, chiedono a Jonaele se riesce a spiegarsi
l’episodio, non essendosi accorte chi avesse portato loro in regalo quelle
vesti e quei diademi.
8. Jonaele, anch’egli traboccante di tenera ammirazione per le sue
graziosissime figlie, risponde: «Riservate ogni vostro ringraziamento a Colui
che vi ha benedette! È stato Lui che vi ha fatto dono di tutto ciò in modo
meraviglioso!»
9. Allora le giovani donne, sopraffatte dall’emozione, senza dire
alcuna parola, cadono ai Miei piedi, piangendo di gioia e d’amore. Intanto,
mentre si svolge questa scena, i discepoli, che si trovano dietro di Me, dicono
tra loro: «Se almeno queste cose succedessero in casa! Ma qui, per strada, alla
presenza di migliaia di spettatori, la cosa crea troppo scalpore!»
10. E poiché non Mi erano sfuggite le loro osservazioni, Mi voltai e
dissi loro: «È da tanto tempo che sono con voi, ma ancora non avete procurato
al Mio cuore una gioia così viva quanto quella di queste sette figlie! Vi dico
che esse sono già sulla retta via ed hanno scelto la parte migliore; se voi non
procederete per questa via, difficilmente potrete accedere nel Mio Regno!
Infatti i figli che vengono a Me in questo modo, rimarranno anche presso di Me,
ma coloro che Mi cercano soltanto con la lode e la glorificazione avranno solo
un riflesso di Me, perché non sarò mai interamente in mezzo a loro!
11. Il Mio vero Regno è solamente dove Io sono realmente di Persona!
Questo mettetevelo bene in mente! Il Signore ha il potere assoluto su tutto
l’Universo e non può toccarLo la maniera con cui la stoltezza del mondo giudica
ciò che giova e ciò che non giova! Avete compreso?»
12. Risponde Pietro: «Signore, sii paziente con noi, che siamo stolti!
Tu sai bene che non abbiamo ricevuto la nostra educazione dai Cieli, ma da
questo mondo. Cercheremo di colmare anche queste nostre deficienze, perché Ti
amiamo sopra ogni cosa, altrimenti non Ti avremmo seguito!»
13. Io dico: «Restate dunque in questo amore e non appoggiatevi alle
opinioni di questo mondo, ma alle Mie, che giungono dal Cielo!».
14. Queste Mie parole servono ad accontentare e a consolare i
discepoli, che nel loro cuore Mi rendono lode e gloria.
A Sichar. La
passeggiata attraverso il grazioso bosco. Il vecchio castello di Esaù.
Scena tra il
padrone del castello, i suoi servitori e il Signore.
L’accorto
commerciante, amico della verità, nell’imbarazzo.
Il Signore
scrutatore di pensieri. Il mercante poetico.
La domanda
scabrosa.
1. Poi ci poniamo in cammino e dopo un’ora arriviamo ad un parco molto
bello ed ombroso, che appartiene ad un ricco mercante di Sichar. Questo
grandissimo parco è lavorato e coltivato con molta arte: sorgono ovunque
giardinetti, ruscelli, stagni popolati da ogni specie di pesci ed uccelli. In
fondo al vasto parco sorge invece un vecchio castello molto ampio, protetto da
mura solidissime. Questo castello era stato fatto costruire da Esaù, che
l’aveva abitato quando Giacobbe viveva in un paese straniero. Naturalmente,
l’azione del tempo si era fatta sentire e il castello era ridotto in cattivo
stato; questo mercante però, investendo ingenti somme di denaro per farlo
restaurare, l’aveva di nuovo reso abitabile e vi si recava di frequente con
tutti i suoi. In quel periodo egli si trovava appunto là a villeggiare. Costui,
pur essendo un uomo generoso e proprietario di parecchi altri beni, era
tuttavia un po’ geloso di questa proprietà e non vedeva troppo di buon occhio la
gente che si introduceva nel suo parco, la cui manutenzione gli costava
moltissimo.
2. Dunque, quando si accorse che la folla, che Mi seguiva, era
penetrata nel parco e si dirigeva verso le mura del castello, ci mandò subito
incontro i suoi numerosi servitori, per chiederci cosa volessimo e
possibilmente per indurci a sgomberare dal parco.
3. Ma Io, fattoMi avanti, dissi a quei servitori: «Ritornate dal vostro
padrone e ditegli che il suo e vostro Signore gli annuncia che Egli e tutti
quelli che Lo accompagnano albergheranno e pranzeranno oggi da lui!»
4. Allora i servitori e i domestici ritornano subito dal loro padrone
per riferire il messaggio e questi, meravigliato, chiede loro se sanno chi Io
sia per fargli tale richiesta. Essi rispondono: «Noi ti abbiamo riferito con
precisione quello che egli ci ha detto, cioè che egli è il tuo e il nostro
Signore! Dunque perché ce lo chiedi di nuovo? Possiamo dirti ancora che sette
giovinette, in veste regale, gli stanno vicine ed è seguito da un’interminabile
schiera di gente È probabile che egli sia un principe di Roma e sarebbe allora
opportuno andargli subito incontro ed accoglierlo con tutti gli onori, alla
nuova grande porta del castello»
5. Udendo queste cose, il mercante esclama: «Portatemi subito i miei
vestiti più preziosi e si adorni la casa a festa, perché un simile principe va
ricevuto con il maggior decoro possibile!».
6. Tutti si danno dunque da fare, per eseguire gli ordini. I cuochi e
le cuoche si affrettano a trarre fuori dagli stanzoni delle provviste enormi
quantità di cibi svariatissimi per prepararli, mentre i giardinieri scendono di
corsa per raccogliere, nei vasti giardini, ogni tipo di frutta prelibata.
7. Mentre i preparativi sono in corso, ecco apparire il padrone del
castello, in vesti sontuose e circondato da cento dei suoi servitori, scelti
tra i principali della sua casa; si avvicina a Me, si inchina tre volte quasi
fino a terra e porge il benvenuto sia a Me che a quelli che Mi accompagnano,
ringraziando per l’altissimo onore concessogli. Infatti egli ritiene che Io sia
sul serio un principe romano.
8. Guardandolo in viso, gli rivolgo la parola, dicendogli: «Amico,
quale ritieni sia il grado più elevato al quale l’uomo possa pervenire su
questa Terra?»
9. Dice il ricco mercante: «Signore, perdona il tuo umilissimo schiavo,
sono così stolto da non comprendere il significato della domanda che, nella tua
suprema sapienza, mi stai facendo. Ti piaccia, dunque, o signore, scendere da
queste inarrivabili altezze e espormi chiaramente la tua domanda, in modo che
sia accessibile al mio limitato intelletto!». (Bisogna qui notare che il
mercante aveva capito molto bene la domanda; infatti, in quel tempo vigeva
l’insulsa e cortigiana usanza di far credere che non si avesse capito di primo
acchito una domanda, anche la più facile, quando veniva mossa da persone di
rango più elevato; e questo nell’intento di far risaltare la sapienza di quella
persona.)
10. Io gli dico però: «Amico, tu Mi hai capito molto bene, ma fai finta
di non avere afferrato il senso della Mia domanda unicamente per riguardo alla
Mia Persona, secondo le prescrizioni dell’antica usanza, che ora però è caduta
in disuso. Lascia dunque da parte queste insulsaggini d’altri tempi e rispondi
a quello che ti ho chiesto!»
11. Dice il mercante: «Ecco, nobile Signore, poiché mi è concesso
rispondere prontamente col tuo permesso, ritengo di avere ben compreso
l’elevata domanda. Perciò ti rispondo che considero l’imperatore al di sopra di
tutti e la sua dignità la massima carica alla quale possa aspirare un uomo su
questa Terra!»
12. Io gli dico: «Amico, perché nel tuo cuore lotti tanto rudemente con
il tuo stesso principio, secondo cui la verità è la cosa più grande e più santa
di questo mondo e colui che serve fedelmente la causa della verità e della
giustizia riveste sulla Terra la carica più nobile e più elevata? Vedi, questi
sono appunto i tuoi principi! Ora, come puoi, contravvenendo alla tua intima
convinzione, sostenere che la suprema carica è quella dell’imperatore, cioè
quella di un potentato, che rappresenta l’autorità e la forza rude, che non
sono certamente sempre fondate sulla verità e sulla giustizia?»
13. A queste parole il ricco mercante rimane sconcertato e dopo alcuni
istanti domanda: «O nobile signore! Come sei venuto a conoscenza del mio motto
preferito? Riguardo a ciò, non mi sono mai espresso ad alta voce, anche se l’ho
pensato mille e mille volte! Ma sappiamo, fin troppo bene, che con la pura
verità non si riesce sempre bene a salvarsi dai guai e che, per qualunque
motivo politico, bisogna anzi lasciarla garbatamente da parte, se in mezzo agli
uomini non si vuole rischiare troppo la propria pelle!
14. Del resto, se non sbaglio, tu stesso, o nobile figlio di principe,
sembri essere grande amico della verità e della giustizia, perciò non dovrei
temere di venirti incontro con la cara verità! Vedi, i signori, più grandi sono
e meno vogliono saperne di udire la verità, reputano onori le parole
lusinghiere e cortigiane e solo queste bramano, mentre ogni diritto umano è da
loro disprezzato! Quello che essi vogliono se lo prendono senza scrupoli, con
violenza; che poi i poveri si lagnino dei torti subiti è ed è stato sempre
irrilevante per i potenti signori, che dall’alto della loro nobiltà mirano sprezzanti
queste inezie. Conviene dunque usare molta prudenza e molta diplomazia nel
parlare con loro, se si vuole evitare il carcere e la galera che esistono per
aumentare la sofferenza e la miseria umana!»
15. Io dico: «Hai detto bene e riguardo a ciò condivido pienamente la
tua opinione! Ma dimMi, chi pensi che Io sia realmente?»
16. Risponde il mercante: «Signore! La tua domanda è molto scabrosa. Se
parlo troppo, mi si riderà in faccia; se parlo troppo poco, sarò messo in
prigione! Penso dunque che mi convenga esserti debitore di una risposta
piuttosto che terminare i miei giorni tra gli stenti e i patimenti di una
prigione!»
17. Io gli dico: «Ma, se Io Mi faccio tuo tutore e quindi non hai più
nulla da temere, Mi darai una risposta? Parla dunque e dimMi francamente chi
pensi che Io sia!»
18. Dice il mercante: «Se proprio devo dirlo, ecco, ritengo che tu sia
un principe romano!»
19. Osserva Jonaele che si trovava dietro di Me: «Il tuo apprezzamento
è in realtà insignificante e bisogna che tu conferisca maggiore dignità al Suo
rango, perché non è di un principe che si tratta!»
20. Il mercante, impaurito, esclama: «Ma, allora, sarà forse
l’imperatore in persona?»
21. Dice di nuovo Jonaele: «È ancora troppo poco, il Suo rango è molto
più elevato!»
22. Imbarazzato, il mercante risponde: «Come posso saperlo? Infatti non
c’è nessuno che sia superiore all’imperatore di Roma!»
23. Replica Jonaele: «Eppure c’è Chi lo supera e di molto! Riflettici e
dichiaralo apertamente senza timore! Infatti leggo nel tuo cuore che
segretamente assegni l’ultimo posto all’imperatore dei romani. Dunque, perché
dici il contrario di quello che pensi e che senti nel tuo cuore? Sii sincero!».
A Sichar.
Ampia risposta del prudente mercante alla domanda su chi sia il Signore del
mondo. Sulle cattive esperienze di chi testimonia la verità sulla Terra. Esempi
del ladrone e dell’impostore. Argomentazioni di Jonaele sulla menzogna come
causa del male sulla Terra.
1. Dopo una breve pausa, il ricco mercante dice: «Miei cari e nobili
ospiti, per quanto riguarda questo argomento, devo dirvi che non c’è cosa
migliore di quella di tapparsi per bene la bocca e badare di parlare il meno
possibile! Credetemi; in genere non è mai consigliabile, specie dinanzi a
persone altolocate, esternare apertamente quello che si pensa e si sente nel
cuore, perché gli uomini che occupano cariche elevate hanno una pelle talmente
delicata che non regge ai colpi della verità!
È per questo motivo che, particolarmente in presenza di simili pezzi
grossi, diventa troppo pericoloso esternare apertamente la verità! Tali
personaggi hanno qualcosa che potrei definire “tentazione”; è da questa che
bisogna mettersi in guardia più che dai serpenti, dalle vipere o dai basilischi[3]. E
vi sono degli esempi, anzi di curiosissimi! Ognuno può pensarla come vuole. In
pratica però, per cavarsela nel migliore dei modi vivendo fra gli uomini, è
necessario essere buoni patrioti! Soprattutto si faccia il più possibile
economia di parole, perché chiacchierando troppo è molto facile venire al
contatto, pochissimo gradito, con gli sbirri!
2. La verità l’ho detta già fin troppo! Per questo sto dalla parte
dell’imperatore e ribadisco che sulla Terra non c’è nulla di più elevato
dell’imperatore dei romani: “Caesarem cum Jove unam esse personam” (Cesare e Giove sono la stessa persona).
Ciò che un Cesare vuole, la divinità lo attua in segreto!
3. In quanto poi alla verità, se pur ce n’è una, sbarazzatevi di essa,
perché non si addice al genere umano! Chi può contare le sciagure partorite
dalla verità? Coloro che si sono assunti il compito di insegnarla, non sono
tutti morti o di spada o sulla croce? Viceversa, abbiamo constatato che quelli
che si sono trincerati dietro la menzogna, sono sempre riusciti a cavarsela con
poco; al massimo, qualche volta, se qualcuno mente in maniera lampante,
abbasserà gli occhi, ma non avrà altre gravi conseguenze! Invece i grandi amici
della verità, salvo poche eccezioni, hanno tutti quanti lasciato la Terra per
morte violenta.
4. Dunque, se il premio riservato al sostenitore della verità è questo,
chi mai sarà quel bue o quell’asino che, sapendo ciò, se ne dichiarerà amico?
Si tenga la verità severamente custodita nel proprio petto e si circoli
liberamente tra la gente, invece di divulgarla e diventare poi prigionieri nel
corpo e nell’anima. Infatti, finché il corpo langue in carcere, neppure l’anima
è più libera.
5. Da parte mia posso affermare di non avere ancora mai sentito dire
che dalla verità derivi qualcosa di buono. Qualche esempio servirà a chiarire
ulteriormente la cosa.
6. Se un ladro, in seguito a gravi sospetti, è stato arrestato e viene
portato dinanzi a giudici severi, viene senz’altro liberato per mancanza di
prove sufficienti se egli è pratico di menzogne; invece, se è tanto asino da
dire la verità, gli si riversano addosso tutti i rigori e le penalità della
legge. Al diavolo dunque la verità!
7. Se qualcuno come spesso succede, trattando un qualunque affare,
trova il furbo che approfitta per raggirarlo, egli, essendo ricco e pieno di
affari, non si accorge di essere stato frodato e conserva inalterato tutto il
suo buon umore. Ma ecco che, a turbare questa pace, salta fuori un amico della
verità, che ha notato l’inganno e che racconta al nostro uomo tutta la storia,
facendogli notare come l’altro lo abbia truffato! Così, da questo momento, la
persona truffata perde il buon umore, corre dal giudice e, rimettendoci di
nuovo per le spese, esige che il truffatore venga punito. Ditemi: che bene gli
ha procurato la verità? Assolutamente nulla! Essa ha destato in lui solo ira e
impulsi di vendetta e lo ha portato ancora una volta a sacrificare le proprie
ricchezze! Il truffatore invece, maestro di menzogna, visto che la menzogna lo
difende, non solo non risente del danno che questa verità ha causato, ma fa
inoltre cacciare in prigione il loquace amico della verità quale maligno
calunniatore! Ora io mi chiedo: “Qual è in questo caso il premio che la verità
riserva ai suoi fedeli?”
8. No, no, non parlatemi di verità su questa Terra! Essa sola è la
causa di tutti i mali dell’umanità, come dice anche Mosè nel suo primo Libro:
“Però non mangiare dell’albero della conoscenza, cioè dell’albero delle
innumerevoli verità, poiché il giorno che ne mangerai, per certo morrai!”. Così
è sempre stato e così è ancora adesso! Con la menzogna si può arrivare al
trono, con la verità invece in prigione! È davvero buffo il premio che spetta
agli amici della verità!
9. Cercate la verità dove volete, ma lasciatemi in pace! Tutto ciò che
si trova in casa mia e nei miei giardini è a vostra disposizione, però il
santuario del mio cuore, poiché è un dono di Jehova, appartiene a me solo!
Offro volentieri a voi e al mondo intero ciò che il mondo mi dà, perché questo
benessere viene dal mondo, ma il benessere che ho ricevuto da Dio lo tengo solo
per me!»
10. Dice il sacerdote: «Devo confessarti che, se dovessi considerare
mondanamente le vicende di questo mondo, ti darei perfettamente ragione, ma
poiché hai parlato di Mosè, saprai anche che Dio dettò a Mosè una Legge per il
Suo popolo, nella quale la menzogna e la falsa testimonianza sono condannate,
mentre la verità deve essere osservata da tutti gli uomini! Se questa Legge
venisse osservata da ogni uomo, riconoscilo: la vita non sarebbe meravigliosa
sulla Terra?
11. Io te lo dico e tu devi convenirne: non la verità, ma solo la
menzogna è la fonte da cui scaturiscono le sciagure, che gravano sugli uomini
di questa Terra. Infatti, gli uomini, salvo poche eccezioni, sono l’un l’altro
nemici, invasi da orgoglio e da ambizione, ciascuno vuole essere più del suo
prossimo e, usando qualsiasi mezzo, cerca di schiacciarlo il più possibile con
la sua presunta superiorità e fa credere ai più deboli che è di gran lunga più
grande e più perfetto di qualsiasi altro uomo.
12. Questa smania di grandezza tende poi, col tempo, a sviluppare
nell’uomo i germi di vizi più ripugnanti, così non evita neppure
dall’assassinio, qualora giudichi la menzogna e l’inganno mezzi insufficienti
per raggiungere la sua meta, che è la conquista di un posto possibilmente
elevato e ragguardevole fra gli uomini.
13. Ognuno, dunque, vuole ad ogni costo essere migliore e più perfetto
di quanto lo sia in realtà ed è per questo che, non sapendo a cosa appigliarsi,
ricorre alla menzogna e, senza scrupoli, ne fa un uso indiscriminato in ogni
occasione propizia che gli si presenti, per conseguire i suoi fini. Detto
questo, ti sarà chiaro come, in mezzo a simili individui, la verità condurrà ad
una vita infelice.
14. Se invece gli uomini riconoscessero l’infinita eccellenza della
verità nei confronti della menzogna, cosa facile se nelle loro azioni
rispettassero Dio e le Sue sante Leggi, allora fuggirebbero dalla menzogna più
che dalla peste e la vera Giustizia di Dio punirebbe il bugiardo con la morte.
Purtroppo non è così; gli uomini sono orgogliosi e avidi di dominio, ed amano
perciò la menzogna e la sostengono!
15. Ma come mostra l’esperienza millenaria, gli uomini non vivono
eternamente su questa Terra, ma, dopo un po’, il loro corpo perisce e viene
dato in pasto ai vermi della terra; e allora l’anima deve presentarsi davanti
al tribunale di Dio. Ora mi chiedo: “Come potrà una tale anima, con tutte le
sue presuntuose menzogne, reggere davanti a Dio?”
16. Credo invece, e ne sono pienamente convinto, che in questo mondo è
meglio morire sulla croce per amore della verità, piuttosto che morire di
vergogna al cospetto di Dio un giorno ed apprendere da Lui la sentenza eterna:
“Allontanati da Me”!
17. Se mi hai ben capito, ti sarai persuaso che noi siamo realmente
amici della verità, perciò sii sincero e non essere trattenuto dallo stolto
timore di essere punito da noi a causa della verità! Dicci apertamente, dunque,
quello che tu pensi di noi ed in particolare di Colui che ora sta parlando con
le mie figlie!».
A Sichar.
Finalmente il mercante risponde alla domanda scabrosa. «Dunque sei Tu il Messia?
Per Lui ho lavorato per tutta la vita! Sia Egli il Benvenuto!». Il Signore
accetta l’invito a pranzo fatto dal mercante.
1. Dice il mercante: «Amico, tu mi hai parlato chiaramente e
saggiamente e mi hai detto cose che molto spesso sento in me stesso; però non
riesco a capire la tua insistenza nel volere che vi dichiari l’opinione che ho
di voi e specialmente di lui! Poco fa, mi hai detto che egli non è quello che
ritengo essere, ma molto di più! Però non comprendo come si possa essere più
elevati di un dio terreno, cioè di un imperatore, senza essere in pari tempo
Dio! Solo Jehova è, sia in questo mondo che in quello spirituale, superiore al
dio-imperatore terreno! Se così stanno le cose, egli non dovrebbe essere
Jehova?»
2. Dice Jonaele: «Stai attento ed osserva un po’ più da vicino la
nostra compagnia, può darsi che qualcosa ti lasci sorpreso! Che ne dici, per
esempio, di quei meravigliosi giovani, che in così gran numero ci accompagnano?
Osservali bene e dimmi poi quali sono le tue impressioni!»
3. Risponde il mercante: «Sinceramente fino ad ora ho creduto che
fossero ragazzi nobili al seguito dell’imperatore e figli dei patrizi di Roma,
anche se, osservando la loro pelle bianca e delicata, si sarebbe piuttosto
indotti a crederli delle ragazze travestite, oriunde dell’Asia Minore. Infatti,
a dire il vero, in questo ambito ho avuto l’occasione di vedere molte di tali
bellezze, poiché a suo tempo il mio commercio si estendeva anche a questo
genere di merce, che veniva mandata in Egitto ed in Europa, specialmente in
Sicilia, per essere offerta in vendita ai nobili romani, amanti dei lussi e
delle comodità della vita. Però, creature dotate di simile inesprimibile
bellezza confesso di non averne mai viste! Dimmi, te ne prego, da dove vengono
e chi sono! Vedi, amico mio, le tue figlie sono anch’esse bellissime, tuttavia
non reggono il confronto con queste, per così dire, raggianti bellezze. Se,
come ritengo, li conosci meglio di me, dimmi chi sono e da dove vengono!»
4. Dice Jonaele: «Non sta a me dirti queste cose, ma solo a Colui che
ora si trova vicino alle mie figlie. Chiedi quindi a Lui ed Egli ti potrà dare
la giusta risposta!»
5. Allora il mercante si rivolge direttamente a Me e dice: «O signore
di queste schiere, che mi sembra ti seguano come gli agnelli seguono il loro
pastore, chi devo onorare nella tua nobile persona? Infatti mi è stata fatta
una domanda ed ho espresso il mio apprezzamento fino al grado umano più
elevato, ma fui avvisato di essermi sbagliato. Ora non so più cosa dire; perciò
ti prego di reputarmi degno di ottenere notizie più precise riguardo alla tua
persona!»
6. Io gli dico: «Anche tu fai parte di quelli che non credono se prima
non hanno visto dei segni, e anche se li vedono dicono: “Ecco, costui deve
essere o un discepolo degli Esseni oppure un mago venuto dall’Egitto o dal
Paese che è bagnato dal Gange, a meno che non sia un servitore di Belzebù!”.
Cosa fare allora di fronte a ciò? Ebbene, ammesso che ti voglia rivelare, senza
veli e senza reticenze, Chi sono Io, tu non Mi crederesti!
7. Tu hai già espresso la tua opinione ed essa è risultata falsa!
Quando Jonaele ti disse che Io ero di più del tuo dio terreno, rispondesti che
soltanto Jehova poteva essere più grande dell’imperatore. Con ciò escludesti
tacitamente che fossi più grande dell’imperatore di Roma, che, solo per timore
della sua terrena potenza, dici essere la più alta personificazione di
grandezza su questa Terra. Nel tuo cuore, invece, lo stimi peggiore di quanto
non sia la peste e consideri più benigni gli sciami di locuste che non tutta la
sua potenza.
8. Ma ritornando a noi, sappi che oggi è già il terzo giorno che Mi
trovo a Sichar e, poiché la città non è molto lontana da qui, Mi stupirebbe
molto se tu non avessi ricevuto alcuna notizia di Me tramite i tuoi colleghi
della città!»
9. Dice il mercante: «Ah, dunque sei tu colui che, operando azioni
meravigliose, dovrebbe essere il Messia, come mi è stato riferito sia ieri che
oggi! Mi è stato detto che avresti trasformato la vecchia casa della bella
Irhaele in uno splendido palazzo e che l’avresti anche arredata come una
reggia! Ho sentito parlare anche del duro Sermone che tenesti sul monte; sembra
che molti ne siano rimasti scandalizzati, perché sembrava totalmente
antimosaico! Bene, bene, sei tu quello?
10. Ah! Mi rallegro enormemente che tu abbia voluto farmi visita e
spero che mi sia data l’opportunità di conoscerti più da vicino! Vedi, queste
idee non mi sono estranee e credo fermamente che il Messia debba venire!
Secondo me il tempo è grossomodo vicino, perché l’oppressione dei romani è
diventata quasi insopportabile! Ora, per quale motivo non potresti o non
dovresti essere tu il Messia atteso!? Oh! Ritengo verosimilmente che ciò sia
vero.
11. Se tu sei consapevole della tua forza e sai importi ovunque, di
conseguenza, mi metto completamente a tua disposizione, con tutti i miei beni.
Vedrai come tutti questi porci, questi pagani occidentali, sgombreranno ben
presto il Paese dei nostri padri! Infatti, fin dalla mia giovinezza, ho
impiegato tutte le mie forze unicamente allo scopo di ammassare la maggior
quantità possibile di ricchezze, poiché mi proponevo, alla venuta del Messia,
di assoldare un forte esercito di guerrieri tra i più prodi, arditi ed astuti.
Mi sono già messo in contatto con alcuni valorosi popoli dell’Asia Minore e,
all’occorrenza, basterebbe inviare là alcuni messaggeri, per poter avere
radunata, nel volgere di poche lune (mesi),
in queste contrade una forza formidabile! Ma per adesso non parliamone più, in
casa mia avremo tempo e comodità di trattare ulteriormente la questione!
12. Ora, poiché il pranzo per tutti voi dovrebbe essere già pronto, vi
prego di accomodarvi e di mangiare e bere a sazietà!»
13. Dico Io: «Va bene così, discuteremo e tratteremo più tardi tutto il
resto! Conducici ora nella tua grande sala, però lascia qui gli uomini che sono
là in fondo, perché essi non fanno parte dei Miei, ma fanno parte soltanto ed
esclusivamente del mondo!».
A Sichar. Insegnamenti sul modo di comportarsi nella
vita. «Dare è cosa migliore che ricevere». «Quello che l’amore opera, sussiste
in eterno». Misera sorte nell’aldilà degli amici del mondo. Consigli del
Signore sul saggio impiego dei beni terreni. Come si conseguono le benedizioni
divine.
1. Dice il mercante: «Io li conosco bene, sono dei cocciuti ed ottusi
sichariti che, per quanto riguarda la fede e il modo di pensare, sono più dei
pagani che dei figli di Israele. I più spregevoli tra loro sono quelli nativi
dei dintorni del Mare di Galilea. Questi sono dei veri adoratori della materia
e non hanno più assolutamente alcuna idea elevata o divina! Essi sono dei puri
campioni da spettacolo! Amano di più un mago di Persia che non Mosè e tutti i
Profeti e tengono più in pregio una formosa prostituta dell’Asia superiore che
non tutto l’oro e le pietre preziose! Li conosco molto bene, ma, per evitare
critiche e pettegolezzi, voglio ospitarli qui, nel salone grande del giardino,
perché, se dovessero rimanere a bocca asciutta, sarebbe finita!»
2. Io gli dico: «Fai pure come vuoi e come puoi, perché è cosa più
beata dare che ricevere! Ma in seguito dona solo ai bisognosi e ai poveri,
così, se qualcuno venisse a chiederti del denaro in prestito e se tu, sapendolo
ricco, fossi certo che potrebbe restituirti il tuo denaro con gli interessi, a
quella persona non prestare nulla! Infatti, non appena gli avrai fatto il
prestito, ti diventerà nemico in segreto e ti sarà difficile poi riavere il tuo
denaro insieme agli interessi.
3. Invece, se ti si presenta un tale povero e del quale sai che non
sarà mai in grado di restituirti il tuo denaro, allora prestaglielo pure: il
Padre in Cielo, per altre vie, ti ricompenserà al centuplo già qui sulla Terra,
e farà in modo che il denaro, da te prestato al povero, diventi un tesoro
inestimabile lassù nel Cielo, che ti attenderà nell’aldilà dopo questa vita
terrena.
4. In verità ti dico che ciò che l’amore opera sulla Terra, lo opera
anche nel Cielo e dura eternamente, ma ciò che è generato dalla sapienza e
prudenza mondana, viene inghiottito dal suolo della Terra ed è di nessun valore
nei Cieli eterni. Infatti, quali vantaggi possono procurare all’uomo tutti i
tesori terreni, se la sua anima ne soffrirà danno?
5. Colui che si affanna per il mondo e per la carne è uno stolto,
perché, come finirà la carne umana, così finirà pure il mondo! E quando un
giorno anche questa Terra finirà, dove prenderanno dimora simili anime
sciagurate?
6. Io ti dico che, quando un uomo abbandona il suo corpo,
contemporaneamente perde per sempre anche la Terra e, se con l’amore e per
l’amore non si sarà creato una nuova Terra nel suo cuore, allora la sua anima,
tra nubi e nebbie, dovrà abbandonare se stessa in balia dei venti e sarà
oppressa, per l’infinità eterna, senza mai trovare né sosta né riposo in nessun
luogo, tranne che nelle rappresentazioni illusorie generate dalla propria
fantasia, le quali più a lungo durano e più deboli ed oscure diventano. Alla
fine, quando l’anima, immersa nella notte più tenebrosa ed errante per
l’oscurità, vorrà di sua iniziativa cercarsi una via alla liberazione,
difficilmente si salverà! Dunque, per l’avvenire, potrai fare come ti ho appena
indicato, ma per il momento fai come credi e come puoi!»
7. Osserva il mercante: «Le tue parole sono molto sagge e tutto quello
che tu dici sarà sicuramente vero, però le tue idee sul prestito non mi
persuadono interamente. Infatti, quando si è riusciti ad accumulare molto
denaro e non lo si vuole lasciare infruttuoso, penso sia meglio farlo
fruttificare a condizioni oneste, piuttosto che sotterrarlo, rischiando così di
farselo portare via dai ladri, che di notte possono scassinare sia le casse che
gli armadi. Certo, con quello che è in soprappiù si può sempre aiutare
convenientemente i poveri. Ma poniamo il caso che volessi regalare ogni mio
avere o che amministrassi malamente le mie sostanze, allora ben presto rimarrei
io stesso privo di tutto e ai poveri non sarei più in grado di dare nulla»
8. Dico Io: «Lascia tutte queste cure al Signore
Dio, che è il vero e giusto amministratore; tu, invece, soccorri i poveri che
il Signore stesso ti manda e vedrai che le tue ricchezze non ne soffriranno
danno! Non possiedi forse numerosi campi e prati grandissimi e giardini pieni
di frutta e di uva e non sono le tue vaste stalle gremite di buoi, mucche,
vitelli e pecore? Vedi, se confidando nella Benedizione del Signore, tu
intraprenderai un onesto commercio, otterrai sempre un ricco compenso per tutto
quello che, anno dopo anno, avrai distribuito ai poveri, mentre ciò che tu
affidi alle casse dei ricchi per riceverne frutto, non ti verrà mai risarcito
dall’Alto. Tu vivrai, invece, in continue ansie e spesso ti chiederai se quei
ricchi amministrano bene il tuo denaro. Segui dunque il Mio consiglio, così la
tua vita trascorrerà placida e senza preoccupazioni, circondata dall’amore e
dalle benedizioni dei poveri che avrai aiutato e che troverai sempre pronti a
servirti. In questo modo, il Padre in Cielo non si stancherà mai di benedire le
tue opere. CrediMi: questo ti sarà più utile che non la preoccupazione di
controllare che i tuoi capitali, in continuo aumento, siano bene
amministrati!».
A Sichar. Dubbi del mercante che il Signore si possa curare
delle questioni quotidiane. Sua venerazione per Jehova e sue amorevoli cure per
i poveri. Dio bisogna più amarLo che temerLo!
1. Dice il mercante, incamminandosi con Me verso il castello: «Mio
signore ed amico! Io sento che la sapienza che da te spira è divinamente pura e
pia e tanto dolce che non l’ho mai sentita enunciare da bocca umana. Devo però
confessare che, per osservare queste tue dottrine, è necessaria una fermissima
fiducia in Jehova, fiducia che, malgrado la mia sincera fede, purtroppo sento
di non avere. So bene che Egli è Colui che ha creato ogni cosa e che tutto
dirige, regge e conserva, ma non riesco a immaginarmi, in maniera vivida, come
Egli, quale Spirito Supremo, possa e voglia abbassarsi al punto di interessarsi
delle questioni private degli uomini! Per me Egli è un Essere talmente elevato
e santo sopra ogni cosa che stentatamente oso pronunciare il Suo santissimo
Nome; figuriamoci se posso aspettarmi che Egli, per i miei sporchi affari di
denaro, mi appoggi con la Sua mano santa e onnipotente!
2. In quanto ai poveri che ricorrono a me, ho sempre cercato di
aiutarli e non ho mai tenuto cani che abbaiassero contro di loro, per impedire
che si avvicinassero alla porta di casa mia. Solo questo parco, che vedi, mi è
particolarmente caro e non tollero che vi entrino forestieri e poveri, perché
spesso succede che essi vi arrechino maliziosamente dei danni, sebbene vedano
che qui non c’è nulla di che sfamarsi e dissetarsi. Perciò ho fatto piantare e
coltivare, non molto lontano da qui, un grande bosco di fichi e di pruni, dove
qualunque povero o forestiero può accedere e mangiare i frutti a piacimento.
Non permetto però che gli alberi vengano danneggiati, perciò ho posto là
parecchi guardiani.
3. Tu puoi vedere da ciò come non dimentico i poveri, ma mi guardi il
Cielo dal rivolgermi allo Spirito Altissimo per pregarLo di amministrare, non
solo in senso terreno ma pure in quello celeste, i miei sacchi di denaro! Io
penso che, se vuole fare qualcosa a tale riguardo e non dubito l’abbia già fatta,
dipende dalla Sua libera e santissima Volontà! Vedi, sento di doverGli un
rispetto così sconfinato che a malapena oso ringraziarLo. Infatti un tale
ringraziamento mi sembrerebbe puramente materiale e sarebbe disonorevole far
credere di presumere che Egli si possa mettere ai miei servizi per aiutarmi
nell’amministrare i miei denari. Quindi cerco, con tutte le forze che Dio mi ha
dato, di vivere secondo la legge da uomo onesto e non metto la museruola al bue
e all’asino, quando vogliono pascolare sui miei terreni. Tuttavia, onoro il
Grande Spirito solo nel Suo giorno! Infatti sta scritto: “Non nominare il Nome
di Dio invano!»
4. Io gli dico: «Se non sapessi già da lungo tempo che tu sei uomo
onesto e estremamente timorato di Dio, non sarei venuto da te. Vedi, non è del
tutto giusto che tu tema Colui che dovresti invece amare al di sopra di ogni
cosa. Questo è il motivo per cui sono venuto da te, per mostrarti cioè, come in
futuro, devi amare Dio più che temerLo. Allora, stanne certo, scenderà fino a te
dalla Sua Altezza e in Lui, in ogni cosa, troverai sempre un Cooperatore
sicurissimo, potentissimo e fedelissimo».
A Sichar. Le sorprese
e i miracoli si susseguono. Il Signore, ospite del mercante, ospita a Sua volta
costui nel vecchio castello di Esaù. Il banchetto celeste e i celesti
servitori. Il Signore afferma: «Io sono più ricco di te!».
1. Dopo queste considerazioni, siamo ormai giunti al grande cortile del
castello, dove scorgiamo l’insieme dei servi farsi incontro al mercante, con
una faccia estremamente sorpresa e titubante. Il maggiordomo, che era alla
testa di tutti, si avvicina ed esclama: «Signore, signore, siamo davvero in un
bel guaio! I nostri cuochi e le nostre cuoche non riescono a preparare nessun
tipo di pietanza! Pensavamo di rimediare a questo danno servendo almeno della
frutta, del vino e del pane per tutti, ma abbiamo trovato chiuse tutte le porte
delle camere, così, anche se abbiamo provato a forzarle, non se n’è aperta
neppure una! Che faremo adesso?»
2. Il mercante, in parte sorpreso ed in parte arrabbiato, dice: «Ecco
cosa succede quando metto i piedi fuori di casa: nient’altro che disordini su
disordini! A che servono, dunque, le cuoche e i cuochi? Non mi è capitato forse
già altre volte di ospitare migliaia di persone e tutto è sempre andato per il
meglio? Ora invece, che ce n’è appena un migliaio, il disordine sbuca fuori da
ogni parte! Ma cosa vedo mai? A tutte le finestre ci sono dei giovani, che
tranquillamente guardano fuori. Come si spiega, allora, quanto dite, cioè che
nel mio castello non vi è nemmeno una porta aperta? Come si spiega ciò? State
forse mentendo per giustificare la vostra pigrizia? O, se le cose stanno come
voi dite, chi può aver mai chiuso tutte quelle porte?»
3. Il maggiordomo non sa cosa rispondere e tutti gli altri servitori
sono notevolmente costernati, vedendo il loro signore tanto contrariato.
Nessuno sa da chi prendere consiglio, per tirarsi fuori da quella spiacevole
situazione.
4. Allora intervengo immediatamente e, rivolgendoMi al mercante,
dichiaro: «Mio caro amico, non ti preoccupare di ciò, per adesso lascia pure le
cose così come sono! Vedi, quando poco fa laggiù nel tuo parco Mi hai mandato
incontro i tuoi servitori e guardiani, per chiedere chi fossi e cosa volessi da
te con questo grande seguito, ti notificai che, come Signore, ti chiedevo di
offrire a tutti noi un buon pasto! Senza esitare, acconsentisti ad una simile
richiesta, anche se non sapevi chi fosse Colui che si riteneva in diritto di
invitarsi a desinare insieme a tante altre persone.
5. Tu e i tuoi servitori, in un primo momento, avete creduto che fossi
un principe di Roma, per cui fosti ancora di più spinto a soddisfare la Mia
richiesta, ma quando in seguito alla nostra conversazione, i cui capisaldi
ebbero il potere di illuminarti fino a riconoscerMi come il Messia, il tuo
cuore ne gioì, sorse in te maggior desiderio di ospitarMi nel miglior modo possibile,
insieme al Mio seguito. Infatti tu volevi che rimanessi di buon grado presso di
te, in attesa che, radunato il tuo presunto esercito dal Medio e dall’estremo
Oriente, ne assumessi il comando per liberare le terre sante dai romani e da
tutti gli altri nemici pagani, che non credono nel Dio Vivente!
6. Ma nel momento stesso in cui tu, interiormente, prendevi questa
decisione, anch’Io decisi qualcosa in segreto: precisamente stabilii che, anche
se eri in casa tua, dovevi essere tu il Mio ospite e non Io il tuo! Quindi
impartii gli ordini necessari ai Miei abilissimi servitori e, a quest’ora, ogni
cosa deve essere già in perfetto ordine. Così quest’oggi, stando al Mio fianco,
sarai saziato delle più genuine vivande celesti!
7. In quanto alla frutta del tuo giardino e a tutto ciò che la tua
cucina ha fornito, fallo presentare a quelle malelingue di sichariti, che
gironzolano tuttora nel parco, e che, a mala pena, riescono a trattenere la
loro rabbia per non essere stati ammessi tra gli invitati! Non rimanere
dispiaciuto, però per queste cose, poiché, quando Io ravviso in qualcuno buona
volontà, questa viene da Me considerata come se fosse un’azione compiuta! È per
questo che, avendo constatato che c’è in te buona determinazione, ti ho
esonerato da un’opera così onerosa. Vedi, Io sono più ricco di te e non voglio
quindi ricorrere alla tua mensa per saziarMi; desidero, invece, che tu venga
saziato dalla Mia!»
8. Queste parole sorprendono talmente il mercante che per alcuni
istanti rimane immerso in profonde riflessioni ed infine esclama: «Signore, è
troppo in una volta per un povero peccatore! Io non riesco a concepire tale
miracolo in tutta la sua grandezza e profondità! Se Tu fossi un semplice uomo
come me, non potresti fare tutto questo, poiché tra la gente del Tuo seguito
non ho visto alcun portatore. Infatti, giovandoTi di mezzi naturali, da dove e
in quale modo davvero originale avresti potuto provvedere la necessaria
vettovaglia? È vero, tra la Tua gente ho notato molti servi o forse anche serve
di bellezza inesprimibile, ma da dove vengono tutti questi altri meravigliosi
servitori, che tuttora ci guardano da lassù? Le stanze del mio castello sono
molte e talmente spaziose che diecimila persone ci possono stare comodamente!
Ed ora, ecco che tutte le finestre sono occupate da questi straordinari e
bellissimi servitori, che ci stanno osservando! Io mi chiedo dunque: da dove e
come sono giunti?»
9. Gli dico Io: «Amico, quando tu abbandoni la tua casa, per andare a
comperare o a vendere in qualche altro paese, anche tu, secondo il bisogno,
porti con te dei servitori affinché ti servano; vedi, la stessa cosa faccio Io.
Di questi servitori Io ne possiedo moltissimi, anzi talmente tanti che
difficilmente potresti concepirne il numero. Quindi, se Io lascio la Mia dimora,
perché non dovrebbero farlo anche i Miei domestici e servitori?»
10. Risponde il mercante: «Signore, tutto quello che dici è pura
verità, eppure bramo tanto sapere da dove siete venuti sia Tu che tutti questi
incantevoli servitori. Io ardo dal desiderio di saperne di più»
11. Gli faccio osservare: «Per prima cosa è bene andare a desinare, in
seguito si troverà il tempo per poter apprendere qualcosa di più preciso al
riguardo. Per il momento abbiamo discusso abbastanza ed è giusto andare a
sederci e a ristorarci. Rechiamoci dunque nella grande sala, che si trova nella
parte orientale di questo castello e che da qui non può essere vista, poiché ci
troviamo ad occidente del castello stesso, che ci nasconde tutta la grande ala
dell’edificio!»
12. A queste parole, il mercante rimane completamente allibito e dopo
un po’, raccapezzandosi, con profondo stupore esclama: «Signore, la cosa ora mi
sembra diventare troppo miracolosa! È vero, in questo castello di Esaù esisteva
una volta un’ala orientale, ma secondo me è ormai da due secoli che non c’è
più. Ai miei immediati predecessori e a me venne tramandato appena qualche vago
ricordo, perciò non comprendo cosa tu voglia dire con questa grande sala che
dovrebbe trovarsi nell’ala orientale di questo castello?»
13. Io gli dico: «Potrai parlare se non troverai quest’ala orientale
del tuo castello, ma, se tu la troverai, rifletti e tieni in mente che a Dio
tutte le cose sono possibili! Vedi di mantenere però il segreto riguardo a
questa cosa e di non parlarne affatto a coloro che sono con Me, perché non sono
ancora maturi a sufficienza per capire simili fatti!»
14. Dice il mercante: «In verità, ardo profondamente dalla voglia di
vedere quest’ala orientale del mio castello, di cui i miei antenati hanno appena
sentito parlare! In realtà, le fondamenta sono qua e là ancora visibili, però
questo è tutto ciò che conosco finora di quest’ala, che nel passato deve essere
stata straordinariamente imponente». Detto ciò, il mercante si avvia veloce per
vederla e noi lo seguiamo.
A Sichar. Continuazione delle sorprese miracolose. Gli
angeli quali costruttori della splendida sala. Il mercante presagisce in Gesù
il “Figlio di Dio”.
1. Come raggiunge il primo piano, gli si presenta subito davanti la
tanto discussa ala del castello e, correndo verso la porta aperta della grande
sala, rapito in estasi, contempla la vastissima stanza, cadendo a terra quasi
svenuto, annientato alla vista di quell’opera meravigliosa. Alcuni giovani
vestiti di bianco gli si fanno subito intorno e, rincuorandolo, lo aiutano a
rialzarsi. Appena si riprende, si avvicina di nuovo a Me e, con voce tremante
per l’emozione, Mi chiede: «O signore, te ne prego, dimmi se sono veramente
desto, oppure se dormo e sto sognando!»
2. Io gli dico: «Giudicando dal tono della tua domanda, sembri più
sognare che essere desto, tuttavia non stai sognando e ciò che qui
effettivamente ammiri è realtà! Tu stesso poco fa, nel parco, Mi hai raccontato
di aver appreso come Io abbia rimesso a nuovo, in breve tempo, la vecchia casa
di Giuseppe, che adesso appartiene ad Irhaele e nella quale lei abita. Dunque,
se Io ho potuto riedificare la casa di Giuseppe, avrò anche il potere di
ristrutturare il vecchio castello di Esaù?»
3. Risponde il mercante: «Sì, è vero, ciò che ora vedo è indiscutibile,
eppure è difficile credere che un uomo possa giungere a fare simili cose!
Ascolta, o signore! Se tu non sei un profeta come Elia, sarai certamente un
arcangelo rivestito da fattezze umane, oppure potresti essere addirittura lo
stesso Jehova! Infatti queste cose sono possibili solo a Dio!»
4. Io gli dico: «Sì, sì, se tu non fossi stato testimone di alcun
segno, anche tu non Mi avresti creduto. Certamente ora credi, ma, pur credendo,
non sei libero nello spirito. E affinché tu divenga più libero nel tuo cuore,
ti dico che non Io, ma questa numerosa schiera di giovani ha fatto tutto ciò e
tale potere essi lo hanno ricevuto da Dio Padre. Tu puoi chiedere ad essi come
abbiano compiuto questo lavoro!»
5. Dice il mercante: «Giusto! Anche prima, quando eravamo fuori, ho
chiesto a Jonaele chi fossero e da dove venissero queste belle e meravigliose
creature. Egli non mi rispose, anzi mi indirizzò semplicemente a te.
Stranamente però, quando mi rivolsi a te, me ne dimenticai del tutto e la
domanda che volevo farti si incentrò su di te, così il nostro discorso prese
una piega del tutto differente. Ora, visto che me ne sto ricordando, ti prego
di dirmi chi sono e da quale paese vengono questi giovani, tanto amabili e
pieni di grazia»
6. Rispondo Io: «Per non farti restare in ansia più a lungo, ti dirò,
se lo vuoi credere, che questi sono degli angeli di Dio; però, se non ci credi,
ritienili quello che vuoi, ma non considerarli diavoli o servitori di diavoli!»
7. Dice il mercante: «O signore, signore cosa ho fatto per meritare di
vedere tutto ciò? Prima ti ho chiesto se fossi sveglio o se dormissi e
sognassi, adesso è necessario che io ti chieda se sono ancora vivo. Infatti su
questa Terra non possono accadere tali cose!»
8. Io gli dico: «Oh, certo che vivi sulla Terra! Io ho aperto la tua
vista interiore e ora puoi anche vedere gli spiriti celesti! Ma non chiedere di
più, perché è giunta l’ora del desinare! Ecco, tutto è apparecchiato e perciò
rechiamoci dunque a tavola!»
9. Dice il mercante: «Va bene! Ma suppongo che, con questo susseguirsi
di sorprese, non sarò in grado di mangiare molto, perché tutto ciò che qui
avviene è un miracolo dietro l’altro! Questa mattina non avrei per niente supposto
che sarebbero potute succedere simili cose! Tutto questo è arrivato troppo in
fretta e in maniera inattesa. Sono trascorse appena tre ore da quando siete
arrivati da Sichar e siete entrati nel mio grande parco, ma quante cose sono
accadute in queste tre ore! È incredibile! Eppure è effettivamente così! Del
resto, ad eccezione di quelli che hanno assistito ai miracoli, nessuno vi
crederebbe, anche se di questi prodigi rendessero testimonianza mille persone!
Signore, signore; o grande maestro, ispirato e guidato da Dio stesso, ci credo,
perché li vedo ora con i miei propri occhi. Ma se voi
narraste queste cose a migliaia di altre persone, non solo nessuna di esse vi
crederebbe, ma, accese dall’ira, vi accuserebbero di essere degli sfrontati
mentitori! Perciò è meglio che non ne parliate a nessuno e in nessun luogo;
tali prodigi sono troppo meravigliosi e troppo grandi! A chi mai fu dato di
ammirare un tale splendore, quale si può ammirare in questa sala? Le pareti
ricoperte di scintillanti pietre preziose, i soffitti d’oro, i pavimenti
d’argento! I numerosi tavoli, che sembrano fatti di diaspro, giacinto e
smeraldo, montati su dei piedi d’oro e d’argento; le coppe che risplendono come
il più puro dei diamanti e i piatti fiammeggianti come rubino purissimo e poi
ancora i tavoli e i sedili di metallo prezioso e i cuscini di seta di color
rosso smagliante ed infine il soave odore di questi cibi e bevande celestiali!
E tutto ciò in tre ore? No, è incredibile, assolutamente incredibile!
10. O Signore! Tu sei Dio stesso o certamente per lo meno il Figlio di
Dio!»
11. Io dico: «Va bene, va bene! Intanto andiamo a mangiare! Dopo ti
saranno dette altre cose; prima del pranzo non parlerò più. Guarda quante
persone vi sono che hanno già fame e sete, poiché oggi è stata una giornata
molto calda! Dunque, per prima cosa, conviene che essi si ristorino e si
fortifichino; dopo penseremo alle questioni spirituali!».
A Sichar. Il pranzo celeste nella sala degli angeli. Gioia
del mercante e sua promessa. Discorso pessimista, ma purtroppo vero, di Jairuth
sulla situazione dei popoli di quell’epoca. Discorso chiaro del Signore
riguardo al Regno di Dio e alla missione del Messia. La dimora delle anime
degli uomini morti prima dell’ascensione del Signore.
1. Allora il mercante non dice più niente e, ringraziando con Me il
Padre, prende posto alla grande tavola, che si trova in mezzo alla sala. Alla
stessa tavola ci sediamo Io e i Miei discepoli, Jonaele con la moglie e le sue
figlie, Irhaele con suo marito Joram e, tra di loro, Maria, la madre del Mio
corpo di carne.
2. Ciò riempie oltre misura di gioia il nostro mercante, che esclama:
«Signore, poiché Ti sei degnato di prendere posto a questa tavola, alla quale
mi sono seduto, prometto di elargire ai poveri la decima parte di tutto ciò che
rendono i miei beni e di versare, anticipatamente, per dieci anni interi, tutti
i tributi che essi devono pagare ai romani! Trascorso questo tempo, ho fede che
Dio, Tuo e nostro Padre, ci libererà, attraverso di Te, o Signore, da questa
piaga. Per raggiungere lo scopo, Ti dissi che mi sarei fedelmente e
sinceramente offerto di cooperare con tutte le mie forze e con tutti i miei
averi.
3. Liberaci, o Signore, almeno da questo flagello e fa in modo che gli
ebrei di Gerusalemme possano nuovamente formare una sola famiglia con noi,
perché essi si sono allontanati del tutto dall’antica verità! Da loro imperano
solamente l’egoismo, l’ambizione e gli splendori del mondo; non pensano più a
Dio e tra di loro non vi è più traccia di amore per il prossimo! Essi
disprezzano il monte Garizim, però in Gerusalemme hanno ridotto il Tempio di
Jehova ad un covo di cambiavalute e di mercanti! E se qualcuno dice loro che
profanano il santuario di Dio, lo maledicono ed imprecano contro chi osa
chiamarli con il loro giusto nome! Signore, è necessario porre riparo a queste
infamie, perché così non si può più andare avanti! Infatti, se ciò dovesse
durare, dovremmo attenderci, tra breve, un nuovo diluvio! Se diamo un’occhiata
in giro, si vedono solo pagani, mentre in Gerusalemme e in tutta la Giudea
vivono ebrei, sacerdoti, leviti, dottori della Legge, farisei, cambiatori e
mercanti che, complessivamente, sono dieci volte peggio dei pagani. In breve,
al tempo attuale il mondo è peggiore di quanto non lo fosse ai tempi di Noè! Se
non ci giunge un aiuto e se il Messia non impugna presto la Sua spada
fiammeggiante, noi dovremo costruire una nuova arca! Signore, fai quello che è
in Tuo potere! Io sono pronto a venirTi in aiuto!»
4. Io gli dico: «Caro Jairuth! Osserva questi Miei giovani! Ebbene, Io
ne ho talmente tanti al Mio servizio che non basterebbero mille volte mille
terre ad albergarli, eppure uno solo di essi sarebbe capace di annientare in
tre istanti tutto l’impero romano. Però, benché la vostra fede sia migliore di
quella degli ebrei, tuttavia avete in comune con essi un concetto del tutto
falso del Messia e del Suo Regno.
5. È vero, il Messia fonderà su questa Terra un nuovo Regno; bada bene,
però: non un governo materiale amministrato da corona e da scettro, ma un Regno
dello Spirito, della Verità e della vera Libertà procedente dalla Verità,
sottoposto solo alla Signoria dell’Amore!
6. Di questo Regno sarà chiamato a far parte il mondo. E se esso
risponde a questo appello, avrà in premio la vita eterna; se non risponde,
continuerà ad essere quello che è, ma il suo premio, alla fine, sarà la morte
eterna!
7. Il Messia, come Figlio dell’uomo, non è venuto per giudicare questo
mondo, ma soltanto per invitare tutti coloro che ora vagano nelle tenebre della
morte al Regno dell’Amore, della Luce e della Verità!
8. Egli non è venuto in questo mondo per farvi riconquistare quello che
i vostri padri e i vostri re hanno perduto a vantaggio dei pagani, ma
unicamente per restituire agli uomini, che hanno vissuto e che vivranno su
questa Terra, quello che Adamo ha perduto!
9. Finora nessuna anima disincarnata poteva lasciare questa Terra; da
Adamo fino ad oggi un innumerevole numero di esse langue ancora nella notte
della Terra. Però, solo d’ora in poi esse divengono libere! E quando Io salirò
in Alto, aprirò a tutte loro la via dalla Terra ai Cieli e per questa via
giungeranno alla vita eterna!
10. Vedi, questa e nessun’altra è l’opera che il Messia compirà! Quindi
non è necessario che mandi a chiamare i tuoi guerrieri dall’estremo Oriente,
perché Io non avrò mai bisogno di loro. Al contrario, per il Mio Regno avrò
bisogno di molti lavoratori spirituali, che Io stesso istruirò. Ne ho già
qualcuno fra coloro che siedono a questo tavolo, ma molti altri ancora verranno
formati in ogni amore e verità.
11. Ecco, il Mio compito è quello di realizzare tutto ciò! Che cosa ne
pensi? DimMi se ti piace un simile Messia!»
12. Il mercante Jairuth risponde: «Signore, devo rifletterci molto e
bene, poiché nessuno ha mai sentito parlare di un tale Messia! Ad ogni modo,
penso che un Messia di questo tipo sarà di poco giovamento al mondo! Infatti,
finché il mondo rimarrà così com’è ora, esso sarà sempre nemico acerrimo di
tutto ciò che appartiene allo spirito! Quindi, voglio ancora pensarci su».
A Sichar.
Salutare effetto del cibo celeste e specialmente del vino celeste. Jairuth
parla della differenza tra una legge e un buon consiglio. Della diversa azione
del vino su uomini differenti.
1. Intanto tutti mangiano e bevono; perfino Jairuth, sebbene sia immerso
in profondi pensieri, comincia a mangiare e a gustare la bevanda contenuta nella
sua coppa. E quando, per l’azione di questo infuocato vino d’Amore proveniente
dai Cieli, il suo essere si è tramutato totalmente in amore, si rivolge di
nuovo a Me e dice: «Signore, mi è venuta una splendida idea! È possibile avere
dei viticci della Tua vigna, affinché possa raccogliere grappoli che diano un
vino simile? In verità, se avessi nelle mie cantine un vino come questo, mi
darei da fare per ridurre il mondo intero in un continuo soggiorno d’amore! Ne
ho fatto l’esperienza poco fa. È vero, io ho una certa predilezione per le cose
buone, giuste e belle, ma in verità, non posso affermare di essere stato
qualche volta animato da uno speciale senso d’amore per gli uomini.
2. Tutto ciò che ho fatto finora, l’ho fatto perché ero costretto dal
senso del dovere, che io stesso mi sono imposto, secondo la conoscenza che ho
delle leggi. A me non interessava scrutare se una legge fosse buona o cattiva;
in queste sottigliezze non mi sono mai addentrato. La mia massima era: “La
legge è legge, sia che venga da Dio sia che venga da Cesare!”. Quando essa è
accompagnata dalla punizione immediata, bisogna osservarla per amore di se
stessi, per non dover subire i mali conseguenti alla non osservanza! Però, se
una legge manca di sanzione, allora non può nemmeno essere chiamata legge, ma
solo buon consiglio che può essere messo in pratica, ma che, in sé, non implica
un obbligo sanzionato.
3. Tuttavia, anche dalla non osservanza di un buon consiglio può
derivare un danno, che è quasi perfettamente simile ad una punizione legale.
Infatti il disattendere un buon consiglio non è un peccato tale da coinvolgere
un gran numero di persone, ma solo quella che ha rifiutato di seguirlo. D’altra
parte, se il consiglio è cattivo, commetterei un grave peccato, se lo seguissi.
4. Con la legge invece è un’altra cosa. Sia che essa sia buona o del
tutto cattiva, devo osservarla appunto perché è legge. Se ritenendola cattiva,
non la osservassi, peccherei allo stesso modo sia contro Dio, sia contro il
sovrano del paese e sarei quindi punito sia dall’uno sia dall’altro! Pertanto,
da tutto ciò è evidente che il bene, che la legge prescrive, non l’ho mai fatto
per amore, ma, benché interiormente mi ripugni, l’ho fatto solo cedendo allo
spirito di costrizione, che la legge trasmette. Ora però ho bevuto
quest’impareggiabile vino dei Cieli e non sento e non vedo in me altro che
amore su amore, così da voler abbracciare e baciare tutta la Terra!
5. Vedo che coloro che hanno bevuto lo stesso mio vino avvertono il
medesimo effetto. È per questo motivo che desidero vivamente possedere un
grande giardino pieno di tali viti e, spremutone l’uva, vorrei offrirne il vino
a tutti gli uomini, perché possano, a loro volta, essere in un attimo
trasformati interamente in amore, così come io lo sono adesso! Se ciò fosse
possibile, sarei l’uomo più felice di questa bella e cara Terra di Dio!»
6. Io gli dico: «Certamente, Io potrei benissimo procurarti delle
vigne, che ti producano un vino uguale a questo, ma tu non otterrai l’effetto
che ti prefiggi, poiché un tale vino rianima veramente l’amore, soltanto se
questo si trova già nell’uomo. Se l’uomo non possiede l’amore e il suo cuore è
invece pieno solo di cose malvagie, in tal caso in lui sarà rianimato il male,
tanto quanto lo è stato in te l’amore. E sarà infatti in quel momento che egli
sarà trasformato completamente in demonio e si accingerà a mettere in pratica
il male con lo stesso grande entusiasmo con il quale ti senti ora spronato a
praticare il bene.
7. Quindi nel bere questo vino, occorre stare molto attenti a chi lo si
offre! Nondimeno, Io desidero farti avere una vigna colma di simili uve; però,
quando tu ne avrai ricavato il vino, bada a chi lo darai da bere! Certo,
l’amore ravvivato genera del bene, ma è cosa di gran lunga migliore se la forza
che lo vivacizza è la Parola di Dio, perché in questo modo l’amore permane,
mentre l’amore partorito da questo vino ha breve durata e poi svanisce, come
svanisce il vino stesso. Tieni presente queste cose, se vuoi fare del bene,
anziché del male»
8. Il mercante Jairuth osserva: «Signore, non è consigliabile coltivare
queste viti! Infatti, come si può discernere se colui al quale si offre del
vino celi nel suo cuore amore o malvagità? E se, con tutta la buona volontà di
ravvivare in lui solo l’amore, non si riuscisse a ravvivare che gli istinti
malvagi, allora ci si troverebbe in un bell’imbarazzo, per non dire in
pericolo! No, no, se le cose stanno così, preferisco piuttosto abbandonare
l’idea di produrre del vino simile!»
9. Io dico: «Per Me è la stessa cosa; fai come vuoi! Ti avverto però
che qualsiasi vino, che è prodotto sulla Terra, ha più o meno la medesima
proprietà. Per esempio, se diversi uomini bevono del vino prodotto dalle tue
viti nella stessa quantità del vino che tu hai bevuto del Mio puro vino dei
Cieli, vedrai che alcuni saranno completamente ridestati dall’amore, altri
invece diventeranno talmente feroci e violenti, che tu dovrai farli legare con
delle funi! Se i vini della Terra provocano simili effetti, figuriamoci quelli
celesti!».
A Sichar. Jairuth rinuncia al vino, in compenso fa del
bene ai poveri e ottiene due angeli custodi. La natura e la missione degli
angeli. Buona opinione di Jairuth sulla benedizione, derivante dalla debolezza
umana.
1. Dice Jairuth: «Signore, se le cose stanno così, mi sono persuaso,
come più volte lo sono stato seriamente, che sarebbe meglio abbandonare la
coltura della vigna e proibire l’uso del vino in casa mia. Infatti, secondo la
Tua affermazione che trovo buona e giusta, il vero amore può essere vivificato
in modo permanente solo dalla Parola di Dio, con la quale ciò che è malvagio
viene bandito e costretto a rimanere relegato nell’abisso. Così rinuncio a
coltivare la vite, anzi giuro che, dopo aver bevuto del vino celeste, non berrò
più il vino di questa Terra! Cosa ne dici di questo mio proposito?»
2. Io rispondo: «Non posso né lodarlo né rimproverarlo. Fai come meglio
credi! Quello che pensi sia utile alla tua anima, fallo pure secondo il tuo
parere! Del resto, se desideri ciò che è buono, Io te lo darò, perché sei un
uomo per bene, molto severo e giusto, e perché te l’ho promesso»
3. Dice Jairuth: «Signore, allora resta qui presso di me con tutti i
Tuoi, oppure lasciami almeno uno o due di questi Tuoi giovani, affinché io
possa essere istruito nel vero amore e nella vera sapienza!»
4. Io gli dico: «Per quanto riguarda Me e il Mio seguito, anche se la
tua richiesta è buona, non Mi è possibile esaudirla, poiché in questo mondo Io ho
ancora molte altre cose da fare. Tuttavia posso volentieri lasciarti due di
questi giovani, che potrai scegliere tra quelli presenti qui! Stai attento
però, sia tu che i tuoi familiari, a non cadere in qualche peccato, perché in
tal caso essi diventerebbero per te e per i tuoi dei terribili maestri punitori
e abbandonerebbero ben presto la tua casa! Infatti questi giovani sono angeli
di Dio ai quali è dato di vedere continuamente il Suo Volto!»
5. Risponde Jairuth: «O Signore, ecco ancora una cosa che mi è molto
amara! Infatti, chi potrebbe non peccare neanche una volta l’anno con pensieri,
parole ed opere? Considerando ciò, in relazione alla presenza di due simili
sorveglianti al cui controllo niente può sottrarsi, non ci sarebbe davvero
troppo da stare allegri! È meglio perciò che rinunci a questo mio desiderio e
che tutto resti com’era prima!»
6. Io dico: «Va bene! Farò quello che vuoi! Sei libero, rassicurati, e
niente ti obbliga; puoi starne certo!»
7. Dice Jairuth: «No, questi giovani, questi autentici angeli di Dio,
emanano troppo amore e troppa grazia dal loro aspetto! Mi sembra una cosa
impossibile, in loro presenza, commettere peccato; perciò, accada quello che
accada, voglio che due di loro restino qui con me!»
8. Io gli dico: «Bene, bene, due giovani resteranno qui e saranno
visibilmente presenti in casa tua finché si troveranno bene! In Jonaele, Mio
amico, troverai un fidato maestro, dal quale potrai imparare a conoscere le Mie
vie. Se tu e i tuoi camminerete per queste vie, essi rimarranno presso di te,
ti serviranno in ogni cosa e proteggeranno la tua casa da qualsiasi male, ma,
se tu abbandonerai le Mie vie, allora anch’essi lasceranno te e la tua casa»
9. Dice Jairuth: «Bene, resta inteso! In casa mia non si berrà più vino
e, come ho promesso, sborserò per dieci anni ai romani le tasse che i poveri di
questi dintorni devono pagare. In quanto all’uva che cresce nei miei giardini,
penso di farla seccare per farne un alimento dolce e delizioso, mentre il resto
sarà venduto! Va bene così?»
10. Io gli dico: «Perfettamente! Tutto ciò che farai per amor Mio e dei
tuoi simili, che sono tuoi fratelli, sarà buono e giusto!»
11. Dopo queste parole, faccio cenno a due dei giovani di avvicinarsi e
li presento a Jairuth, domandandogli: «Ti piacciono questi due?»
12. Nel vederli, Jairuth, rapito ed emozionato, risponde: «Signore, se
Tu pensi che io ne sia degno, sono contento oltre ogni dire e Ti sono
profondamente grato, ma mi sento indegno di ricevere una simile Grazia dai
Cieli. Però d’ora innanzi farò di tutto per esserne, a poco a poco, sempre più
degno. Sia fatta la Tua Volontà, o Signore, Volontà che mi si rivela sempre più
santa!»
13. Allora i due giovani dicono: «La Volontà del Signore è il nostro
essere e la nostra vita. I collaboratori più attivi, là dove si opera
decisamente secondo questa Volontà, siamo noi e per adempierla possediamo sia
forza sia vigore in abbondanza. Infatti il nostro potere va oltre il limite
della Creazione visibile; per noi la Terra è come un granello di sabbia e il sole
è come un pisello nella mano di un gigante, mentre tutte le acque della Terra
non bastano per bagnare uno solo dei nostri capelli e tutto l’esercito di
stelle trema all’alito della nostra bocca! Questo potere però non ci è dato per
gloriarcene di fronte alla debolezza degli uomini, ma, secondo la Volontà del
Signore, per essere loro utili. Perciò noi, secondo la Sua Volontà, possiamo e
vogliamo servirti finché riconoscerai, accetterai e rispetterai attivamente
questa Volontà. Se tu l’abbandoni, abbandonerai similmente anche noi, perché
altro non siamo che la personificazione della Volontà di Dio, il Signore. Chi
ci abbandona, è anch’egli abbandonato da noi. Queste cose te le diciamo qui,
alla piena presenza del Signore, il cui Volto possiamo contemplare continuamente
e dal Quale attendiamo qualsiasi piccolo cenno che ci chiami e ci attiri
fortissimamente ad una nuova attività»
14. Dice Jairuth: «O giovani affascinanti! So benissimo e comprendo
chiaramente che in voi risiede una forza che per noi mortali è incalcolabile,
ma conosco pure che a me sono possibili cose che forse voi stessi non potete
compiere. Io posso, davanti a voi, gloriarmi della mia debolezza, nella quale
non vi è né potere né forza alcuna, ma in questa debolezza risiede una forza
che mi permette di riconoscere, di accogliere e di adempiere la Volontà di Dio!
15. Certamente non nella vostra stessa misura, perché il Signore non
potrà mai gravarmi di un carico superiore alle mie forze, e in questo senso
tale debolezza ritorna a mio onore. Infatti è una cosa considerevole constatare
come la debolezza degli uomini, alla fine, realizza la stessa Volontà del
Signore che viene compiuta dalla vostra forza e dal vostro smisurato potere.
16. E se ho ben capito quanto finora ha detto il Signore, è possibile
che Egli apprezzi di più la debole azione di un fanciullo, e che la forza e le
opere dei grandi e poderosi spiriti dei Cieli dovranno lasciarsi guidare dalla
debolezza dei piccoli figli di questa Terra se essi vorranno partecipare alla
stessa mensa di costoro! Infatti se il Signore viene dai deboli, sembra per lo
meno a me che Egli li renderà forti!»
17. Rispondono allora i due giovani: «Sì, certamente, hai detto bene.
Riconosci la Volontà del Signore ed agisci come essa prescrive, così tu possiedi
già in te la nostra forza e il nostro potere, che sono la pura Volontà di Dio,
il Signore! Da noi stessi non abbiamo né forza né alcun potere, perché tutta la
nostra forza e tutto il nostro potere non sono altro che la Volontà di Dio,
adempiuta in noi e per mezzo di noi!»
18. Dopo tali parole, intervengo anch’Io nel discorso, dicendo: «Quello
che avete detto è in regola da ogni punto di vista! Ci siamo ormai ristorati
abbastanza, perciò, amici Miei, conviene alzarci e proseguire il nostro
cammino!».
19. A queste parole tutti si alzano da tavola, rendono grazie e Mi
seguono all’aperto.
A Sichar.
Jairuth accompagna il Signore. Servizio degli angeli custodi. Scena con i
mercenari romani.
1. Jairuth manifesta il desiderio che Io rimanga l’intera giornata
presso di lui; però gli faccio osservare come, nei dintorni, vi siano ancora
tanti malati, che voglio visitare strada facendo. Jairuth Mi prega allora di
concedergli di accompagnarMi per quel tratto di strada che bisogna fare per
ritornare in città. Io acconsento ed egli si mette subito in cammino, pregando
contemporaneamente i due giovani di volerlo accompagnare!
2. Ma i due dicono: «È meglio per te se noi restiamo qui, perché quelli
che hai ospitato nella sala del giardino, ti hanno accusato di sedizione presso
i romani! Perciò senza di noi la tua casa è in pericolo! Comprendi?»
3. Nell’apprendere questa notizia Jairuth, arrabbiatissimo e agitato
oltre misura, domanda: «Quale diavolo di uomo ha potuto informare i romani e
qual è stato il motivo della sua azione?»
4. Risponde uno dei giovani: «Vedi, in Sichar ci sono altri mercanti
che non sono fortunati quanto te, non possono costruirsi dei castelli e meno
ancora acquistare immense distese di terreno come quelle che hai comperato in
Arabia, sulle coste del Mar Rosso. Questi mercanti, dunque, hanno sempre più
invidia della tua felicità terrena e non vedono l’ora di poterti mandare in
rovina. Se qui non fossimo presenti noi, questa volta ci sarebbero riusciti, ma
poiché in Nome del Signore ti abbiamo preso sotto la nostra protezione, non ti
verrà fatto alcun male. Tuttavia abbi cura di rimanere almeno tre giorni
assente da casa!»
5. Queste parole tranquillizzano Jairuth, che si accinge sollecitamente
ad uscire fuori dal castello con Me.
6. Mentre attraversiamo il cortile del castello, ecco venirci incontro
un drappello abbastanza numeroso di mercenari e di sgherri romani che,
schierandosi davanti a noi, ci intimano di fermarci. Allora, Io vado loro
incontro e mostro il certificato, che Mi aveva rilasciato Nicodemo. Osserva il
comandante della schiera: «Questo documento non serve a nulla quando c’è un
fondato sospetto di ammutinamento contro Roma!»
7. Io gli dico: «Cosa vuoi da noi? A questo passo tu sei stato spinto
dalla menzogna sfacciata di un manipolo di invidiosi. Io però ti dico che le
parole che ti hanno riferito non sono vere! Ora, se con compiacenza hai dato
ascolto alla menzogna, odi con maggior attenzione pure la verità, a sostegno
della quale troverai qui più testimoni di quanti ne hai trovati in città, dove
i maligni invidiosi ti hanno riferito l’insolente menzogna!»
8. Risponde il comandante del drappello: «Queste scappatoie sono vane e
non hanno significato. Quando saremo in tribunale dal confronto sarà stabilita
la verità; perciò venite subito con noi in tribunale, senza opporre resistenza,
altrimenti saremo costretti ad usare la forza!»
9. Io gli dico: «Ecco là il castello; solo il padrone vi è stato
denunciato come sobillatore. Perciò andate là e, se vi riesce, cercate di
scoprire qualche indizio di ammutinamento! Ma se con la forza volete portarci
di fronte al vostro ingiusto tribunale, allora anche noi useremo la nostra
forza e vedremo poi chi avrà la peggio! Fate dunque come volete! Il Mio tempo
non è ancora venuto; Io vi ho già detto che qui non è stato commesso nessun
reato! Chi è nel giusto, deve difendere e combattere in ogni maniera per la
verità, sia con la parola sia con l’azione!»
10. Il comandante dà una rapida occhiata alla Mia numerosa compagnia ed
ordina che tutti quanti vengano presi e legati. Per prima cosa, i soldati e gli
sgherri si gettano addosso ai Miei giovani e tentano di acciuffarli, questi
però sfuggono dalle loro mani con tale destrezza che essi non riescono a
fermarne neppure uno.
11. Mentre i soldati e gli sgherri si affaticano e si disperdono qua e
là nel dare la caccia ai giovani che sembrano scappare in ogni direzione, Io
dico al comandante: «Mi sembra che ti sia difficile prenderci». Costui si
scaglia allora con la spada sguainata contro di Me, ma simultaneamente uno dei
giovani gliela strappa di mano e l’annienta, lanciandola invisibilmente a
grande altezza.
12. Di conseguenza faccio osservare al comandante: «Ebbene! Con che
cosa vuoi ora percuoterMi e ferirMi?»
13. Il comandante, pieno di rabbia, esclama: «È così dunque che qui si
rispetta l’autorità romana? Va bene! Sarà mia cura farlo sapere a Roma a chi di
competenza e vedrete che tra poco questo paese diventerà irriconoscibile! State
certi, non rimarrà pietra su pietra!»
14. Io gli mostro allora come i Miei giovani siano intenti a spingere
davanti a sé i soldati e gli sgherri, legati per bene con delle corde! A quella
vista il comandante comincia ad invocare Giove, Marte e perfino le Furie,
affinché lo proteggano da un simile oltraggio!
15. Ordino dunque ai giovani di rimettere in libertà i prigionieri ed
eseguito subito l’ordine Mi rivolgo di nuovo al comandante dicendogli: «Hai
ancora voglia di misurare la tua forza con noi?»
16. Risponde il comandante: «Questi giovani sono degli dèi, altrimenti
non si spiega come essi abbiano potuto vincere senza alcuna arma questi
sceltissimi guerrieri!»
17. Io dico: «Eh, sì! È plausibile che per te e per i tuoi simili
costoro siano degli dèi; perciò adesso intraprendi pure la tua perquisizione
nel castello; in quanto a noi, lasciaci continuare il nostro cammino,
altrimenti ti accadrà di peggio!»
18. Dice il comandante: «Va bene, vi riconosco innocenti e vi do il
permesso di andare dove volete. Voi, miei soldati, penetrate nel castello,
perquisite tutto e non fate uscire nessuno fino a che non abbiate finito il
controllo, intanto io vi aspetto qui fuori!»
19. Dice uno dei suoi ufficiali: «Perché non vieni personalmente anche
tu nel castello a dirigere le ricerche?»
20. Risponde il comandante: «Non ti accorgi che ho perduto la mia spada
e senza di questa la perquisizione non ha valore?»
21. Osserva l’ufficiale: «A noi non è andata molto meglio di te!
Pertanto, che valore ha questa perquisizione, se ci mancano le armi?»
22. Esclama il comandante: «Come? Anche voi disarmati? Male! Senza armi
non possiamo fare nulla! Hm, come faremo adesso?»
23. Io gli dico: «Le vostre armi si trovano ai piedi di quell’alto cedro,
laggiù a mezzogiorno! Andate a prenderle, perché noi non vi temiamo né con le
armi né senza!».
24. Udito ciò, soldati ed ufficiali, seguendo le Mie indicazioni,
corrono a riprendere le loro spade.
A Sichar. Guarigione del paralitico,
vicino al piccolo villaggio. Ringraziamenti e manifestazioni di gioia del
risanato. I soldati romani si danno alla fuga e poi ritornano.
1. Nel frattempo, dirigendoci verso levante, giungiamo dopo un po’ ad un
piccolo villaggio, distante circa venti lunghezze di campo dal castello. Tutti
gli abitanti ci corrono incontro felici, ed amorevolmente ci chiedono cosa
vogliamo e in che cosa ci possono essere utili.
2. A Mia volta Io chiedo loro: «Non c’è nessuno, tra voi, che sia
ammalato?»
3. Essi rispondono affermativamente, dicendo: «Sì, ne abbiamo uno
completamente paralizzato!»
4. Io dico: «Portatelo allora qui, affinché sia guarito!»
5. Uno di loro esclama: «Signore, sarà molto difficile farlo! Il
poveretto è talmente rattrappito che sono già tre anni che non può abbandonare
il suo letto. E il letto, nel quale giace, è difficile da trasportare, perché è
solidamente fissato al pavimento! Se non Ti disturba, puoi recarti Tu da lui?»
6. Io rispondo: «Se vi è difficile trasportare il letto, allora
avviluppate l’ammalato in una stuoia e portatelo qui!»
7. Il Mio ordine viene eseguito prontamente, infatti alcuni dei
presenti corrono verso la casa dove giace il paralitico, adagiano quest’ultimo
su di una stuoia e lo portano da Me sulla strada dicendo: «Signore! Ecco qui il
povero ammalato!»
8. RivoltoMi a costui, gli chiedo se crede che Io possa sanarlo. Il
malato Mi guarda, riflette un po’ e dice: «Mio buon Amico, Tu ne hai le
sembianze e sembri proprio essere un Salvatore! Sì, sì, lo credo!»
9. Poi Io dico: «Alzati, dunque, e cammina; la tua fede ti ha salvato!
Ma in avvenire guardati da certi peccati, per non ricadere una seconda volta
nello stesso male, che ti colpirebbe più duramente della prima!»
10. In quello stesso istante l’ammalato si alza, toglie la stuoia da
terra e comincia a camminare. Quando si avvede che è perfettamente guarito, si
getta ai Miei piedi, Mi rende grazie, e dice: «Signore! In Te risiede una forza
più grande di quella umana, sia lodata la divina Potenza che è in Te! Oh,
benedetto sia il corpo che Ti ha portato e tre volte santo il seno che Ti
allattò!»
11. Aggiungo Io: «E siano beati tutti coloro che ascoltano la Mia
Parola, la custodiscono nel loro cuore e vivono secondo i suoi insegnamenti!»
12. L’ammalato chiede: «Signore! Dove si può ascoltare la Tua Parola?»
13. Io gli dico: «Tu conosci, non è vero, Jonaele di Sichar, il capo
dei sacerdoti, che sacrificava sul monte Garizim! Vedi, egli detiene la Mia Parola,
vai dunque là e apprendila da lui!»
14. Domanda il risanato: «Signore, quando lo posso trovare in casa?»
15. Rispondo Io: «In questo momento si trova accanto a Me, chiedi a lui
stesso ed egli te lo dirà!»
16. Allora il risanato si rivolge a Jonaele e gli dice: «O degno
sacerdote di Jehova sul Garizim! Quando posso venire in casa tua?»
17. Risponde Jonaele: «Finora il tuo compito consisteva nello startene
coricato e nel sopportare pazientemente le tue sofferenze, perciò non hai
certamente molto da fare in casa tua. Resta quindi con noi oggi e apri le
orecchie a quanto si dice. Oggi potrebbero accadere ancora molte cose, domani
potrai apprendere tutte le altre!»
18. Dice il risanato: «Se sono degno di rimanere in vostra compagnia,
sono pronto a seguirvi con immensa gioia! Infatti, mio caro amico, quando si
langue per tre anni interi su di un duro giaciglio, spesso tra indicibili
dolori, e improvvisamente per un miracolo di Dio si è completamente guariti dal
terribile male, solo allora si comprende veramente il valore della salute!
Quale gioia è poter camminare con le proprie gambe! Perciò vorrei precedervi
saltando e danzando come Davide, e con grande giubilo lodare ad alta voce la
grande Bontà del Signore!»
19. Dice Jonaele: «Fai pure come hai detto, affinché davanti a noi si
adempia ciò che è stato scritto del Signore: “E lo storpio salterà come il
cervo!”»
20. Allora l’uomo guarito getta via da sé la stuoia, si mette subito in
testa alla compagnia e comincia ad emettere grida di giubilo e a saltare senza
lasciarsi, nella sua gioia, turbare da alcuna cosa. In quel mentre, ecco farsi
incontro, con i loro ufficiali, alcuni di quei soldati e sgherri romani, che
poco prima erano stati dispersi dai Miei due giovani, per una strada laterale a
due o tre lunghezze di campo dal castello di Jairuth. Costoro si avvicinano e
tentano di distogliere il risanato dal suo entusiasmo, domandando cosa stia
facendo.
21. Il risanato fa finta di niente e continua a saltare e a ballare e,
come se non avesse posto attenzione alla domanda del comandante romano, grida:
«Quando gli uomini si rallegrano, le bestie diventano tristi, perché la gioia
degli uomini fa morire il bestiame! Evviva! Evviva! Se avviene che la gioia
dell’uomo si espande, triste è il bestiame sulla landa! Evviva, Evviva!»
22. Il risanato continua su questo tono, con grande rabbia del
comandante, che gli impone di starsene zitto.
23. Gli fa osservare il risanato: «Perché mi proibisci di gioire? Io
sono rimasto paralizzato per tre anni su di un letto! Se tu mi avessi detto:
“Alzati e cammina!” e se, per un simile comando, fossi ridiventato sano così
come lo sono ora, allora avrei tributato onori divini a te e ad ogni tua
parola. Ma poiché tu non sei tale e poiché la tua forza paragonata a quella del
mio nuovo Signore è del tutto nulla, allora io obbedisco al Potente Signore!
Perciò lasciami gridare: “Evviva! Evviva! Evviva!”»
24. Il comandante romano gli intima nuovamente di smettere di fare
chiasso, minacciandolo, in caso contrario, di castigarlo. In quel mentre, due
dei Miei giovani si avvicinano all’entusiasta e gli dicono: «Non lasciarti
turbare nella tua gioia!»
25. Alla vista di quelle due vecchie conoscenze, il comandante, rivolto
alla sua truppa completamente disarmata, urla spaventato: «Si salvi chi può!
Ecco due altri servi di Plutone!»
26. I soldati non se lo fanno dire due volte e in un attimo tutta
quella legione di conquistatori fugge talmente disperata, come non si è mai
visto prima.
27. Intanto il risanato, giubilante, continua a saltare ancora di più,
strillando dietro ai fuggitivi: «Evviva! Evviva! Quando gli uomini sono
allegri, il bestiame è triste!»
28. Dopo un po’ si calma, raggiunge Jonaele e gli chiede: «Amico, se
non ti disturba parlare durante il cammino, dimmi quello che sai della Parola
del Signore, che mi ha ridato la salute! Infatti, se voglio ubbidire a questa
Parola, devo prima conoscerla!»
29. Dice Jonaele: «Ecco, noi siamo prossimi ad un’altra località che in
base alle nuove direttive romane è stata dichiarata villaggio; certamente anche
qui il Signore farà dei prodigi! In ogni caso vieni con noi in città e là, in
casa mia o in quella di Irhaele, sarai ospitato fino a quando lo vorrai. In
quell’occasione ti sarà detto tutto! Ormai non siamo più molto lontani dalla
città. La borgata nella quale stiamo arrivando fa già parte della città,
secondo le nuove disposizioni dei romani, ma poiché la sua posizione fu trovata
eminentemente favorevole per usi militari, ne fecero una specie di fortezza e
fu separata da Sichar, infine venne circondata da bastioni e dichiarata
villaggio con un nome proprio. Questa località non è molto grande, in meno di
mille passi l’avremo già oltrepassata, poi, volgendo a sinistra e percorse
appena sette lunghezze di campo, arriveremo alle prime case di Sichar. Abbi
dunque pazienza ancora un po’ e vedrai che tra breve il tuo desiderio sarà
esaudito!»
30. Esclama il risanato: «Oh, per Abramo, Isacco e Giacobbe! Se questo
borgo è un posto di guarnigione romano, siamo messi male! Il comandante romano
non ci accoglierà ben volentieri, visto che egli, in pochi minuti, se l’è data
vergognosamente a gambe davanti a noi!»
31. Dice Jonaele: «Confidiamo nel Signore che è qui con noi. Egli
appianerà ogni difficoltà! Vedo già uscire dal borgo un drappello di soldati,
che viene verso di noi con una bandiera bianca; ciò mi sembra essere di buon
auspicio!»
32. Osserva il risanato: «Oh sì, basta che non sia la solita astuzia
militare dei romani! Infatti in questo sono molto abili sia i soldati romani
sia quelli greci!».
A Sichar. Importanti insegnamenti sul Messia, su Satana e
sull’Ordinamento divino. Il Signore annuncia la nuova Legge di Amore. Jehova si
manifesta nel dolce aleggiare di vento.
1. Dice Jonaele: «Contro la potenza umana simili astuzie possono avere
qualche esito, ma esse non giovano affatto contro la Potenza divina. Su di
questa, la sola forza che può influire con successo è il puro e vero amore,
ogni altra cosa è come la polvere che vuole affrontare l’uragano! Non
preoccuparti dunque di ciò, poiché Dio è con noi! Chi potrebbe affrontarci?»
2. Dice il risanato: «Sì, sì, hai ragione! Ma con Adamo c’era senza
dubbio anche Dio, eppure Satana ha trovato il modo di sedurlo con la sua finissima
arte! E Michele non ha dovuto anch’egli abbandonare a Satana il corpo di Mosè,
dopo aver lottato per tre giorni? Non c’è dubbio: Dio è sicuramente
onnipotente, ma Satana è pervaso della più orrenda astuzia, che ha già
procurato parecchi dolori al popolo di Dio. Perciò di fronte ad una tigre è
necessario essere prudenti finché essa vive; solo quando è morta si può tentare
di respirare liberamente senza precauzioni né timore!»
3. Dice Jonaele: «Secondo il tuo punto di vista hai perfettamente
ragione; però devi anche tener presente che, nei primi tempi, il Signore diede
a Satana la libertà di azione. Infatti, per mettere alla prova la sua libertà,
al primo spirito creato (Lucifero) fu
concesso un lungo periodo di tempo, perché egli non solo fu il primo, ma fu
anche il più grande tra gli spiriti creati.
4. Ma questo tempo volge ormai alla fine e il principe della notte sarà
incatenato in ceppi strettissimi, nei quali egli non potrà più muoversi tanto
liberamente come ha fatto finora!
5. Perciò, se nel nostro cuore regna il vero amore di Dio, il nostro
pellegrinaggio su questa Terra sarà più libero da preoccupazioni di quanto lo
sia stato fino ad oggi sotto il duro giogo della Legge.
6. Dai tempi di Adamo fino ad ora ha dominato la Legge della Sapienza,
e per ubbidire ad una simile Legge era necessario essere dotati di molta
sapienza e di una volontà infinita.
7. E poiché Dio vide che gli uomini non avrebbero mai potuto adempiere
la Legge della Sapienza, Egli stesso venne nel mondo per annunciare la nuova
Legge dell’Amore, alla quale gli uomini potranno ubbidire senza difficoltà.
Jehova, nella Legge della Sapienza, irradiò la Sua Luce tra gli uomini, ma la
Luce non era Lui stesso; essa emanava da Lui tra gli uomini, così come anche
gli uomini sono sorti da Lui ma tuttavia non sono
Jehova stesso. Ora invece, per l’Amore e nell’Amore, lo stesso Jehova scende dall’uomo e, in tutta la pienezza della
verità, stabilisce spiritualmente la Sua dimora in lui. Così, l’uomo creato
viene reso in ogni cosa perfettamente simile a Lui e, armato in questo modo,
non può più cadere nei lacci dell’astuzia che Satana gli tende. Infatti,
nell’uomo lo Spirito di Dio discerne, per quanto sia celata, ogni perfidia di
Satana e possiede forze sufficienti per ridurre in polvere i suoi attacchi,
divenuti ormai vani.
8. Il profeta Elia ha profetizzato dell’attuale condizione dell’uomo,
cioè della manifestazione di Jehova nell’Amore, quando parla del dolce aleggiar
di vento e del suono dolce e lieve, che si manifestò davanti alla grotta, però
Jehova non era nella tormenta né nel fuoco!
9. Il suono dolce e lieve è dunque l’amore degli uomini verso Dio e
verso i propri fratelli, nel quale risiede lo stesso
Jehova, ma Egli non è nel vento forte ed impetuoso della Sapienza, né nella
fiammeggiante spada della Legge!
10. Perciò, dato che Jehova stesso si trova
tra di noi e con noi, non bisogna più temere l’astuzia di Satana come
tristemente è avvenuto nei primi tempi. Tu puoi ormai resistere, con meno
preoccupazione e con più coraggio, alla maligna ed astuta faccia della tigre
romana assetata di sangue! Non hai visto prima come l’intera legione si sia
data alla fuga più vergognosa dinanzi ai due giovani? Ora, molti di questi
giovani ci accompagnano! Come potremmo dunque aver paura dei romani, che per di
più ci vengono incontro con bandiera bianca? Io ti dico: “Né in sogno, né tanto
meno stando svegli!»
11. Il discorso di Jonaele riempie di stupore il risanato che,
riavutosi, esclama: «Cosa dici? Jehova si troverebbe tra noi? Io credevo che l’Uomo
che mi ha risanato fosse solo il Messia atteso! Secondo te, com’è possibile che
Jehova e il Messia siano un’unica cosa?
12. Comprendo benissimo che la Forza di Jehova si sarebbe manifestata
nel Messia in maniera più eclatante di quella di tutti i profeti messi insieme,
ma che il Messia e Jehova fossero perfettamente un’unica cosa, non l’avrei mai
pensato, né tanto meno osato enunciarlo! Inoltre, è scritto che non bisogna
farsi nessuna immagine di Jehova; invece quest’Uomo, che in realtà possiede tutti
gli attributi del Messia, dovrebbe essere Je-ho-va in persona? Eh, io sono
dispostissimo a crederlo, se tu, come nostro sommo sacerdote, non hai niente da
obiettare!
13. Che il Messia, in un certo senso, dovesse essere un Dio, l’ho
intuito subito dopo la mia guarigione, poiché, secondo le Scritture, a seconda
di come si osserva la Legge di Jehova, anche noi siamo più o meno degli dèi. Ma
che Egli fosse proprio lo stesso Jehova!? Oh, se è
così, bisogna allora comportarsi diversamente! È Lui stesso che mi ha guarito,
perciò devo ringraziarLo in altro modo!».
14. Detto questo, vuole venire verso di Me, ma Jonaele lo trattiene
dicendogli di aspettare che la compagnia giunga a Sichar, e il risanato accetta
di buon grado il consiglio.
A Sichar. La delegazione militare romana. Dialogo tra il
Signore e il comandante romano riguardo alla verità. Uomini e larve umane. La perfezione. L’imitazione del Signore.
1. Intanto ci raggiunse la delegazione romana, e l’ufficiale che la
guidava Mi diede una lettera da parte del suo capo, che era anche il comandante
del forte. In questa missiva Mi scongiurava di scordare quello che era accaduto
e di indurre tutti i componenti della Mia compagnia a non raccontare niente,
poiché il fatto gli avrebbe causato del danno senza, nel contempo, essere di
utilità a nessuno. In effetti, per noi, non dire niente sarebbe stato più
vantaggioso che dannoso e, vista la sua posizione di supremo comandante romano,
sarebbe stato meglio farselo amico piuttosto che nemico! Anche Jairuth veniva
esortato a tacere, assicurandogli che non sarebbe stato più molestato in casa
sua. Infine Mi pregava di volerlo onorare di una visita nella sua residenza,
poiché voleva parlare con Me di cose segrete e molto importanti!
2. Io dico al messaggero: «Riferisci al tuo superiore che faremo ciò
che chiede. In quanto alla visita, digli che non andrò nella sua residenza, ma,
se vuole parlare con Me di cose segrete ed importanti, che Mi attenda alla
porta d’ingresso di questo borgo; qui gli dirò ciò che vuole sapere»
3. Udita la Mia risposta, l’inviato si allontana con la sua scorta e
comunica al suo comandante tutto quello che gli ho detto. Allora egli, radunati
i suoi principali ufficiali, va’ verso la porta del borgo e qui attende il Mio
arrivo.
4. Però, prima di andargli incontro, Jairuth, poco sicuro, Mi chiede:
«Possiamo fidarci dell’invito? Io conosco bene la grandissima astuzia di questo
comandante, che ha il grado di capo legione! Costui, con simili mezzi, ha già
mandato parecchie persone all’altro mondo!»
5. Io gli dico: «Mio caro amico, so benissimo come egli era prima e so
anche com’è adesso. I Miei giovani gli hanno ispirato un rispetto
incancellabile, ora crede che siano dei geni e che Io sia figlio di Giove! È
riguardo a questo che vorrebbe sapere da Me qualcosa di più preciso. Io so già
quello che gli dirò!»
6. Queste parole appagano Jairuth. Intanto arriviamo alla porta dove ci
attende il comandante con i suoi ufficiali. Questo ci viene incontro, Mi saluta
gentilmente e si capisce che vuole subito parlare delle cose per cui Mi aveva
invitato.
7. Io però lo prevengo dicendogli: «Amico! I Miei servitori non sono
dei geni, ed Io non sono un figlio del tuo Giove! Ora tu sai tutto ciò che ti
eri proposto di domandarMi»
8. Il capo legione rimane molto stupito per l’esposizione così chiara
di quello che aveva solo pensato e che nessuno conosceva.
9. Egli rimane alcuni istanti in silenzio, poi Mi chiede: «Se Tu non
sei la persona che credevo, dimmi allora chi sei Tu e chi sono in realtà i Tuoi
servitori! Infatti in ogni caso siete sicuramente degli uomini al di là
dell’ordinario, e mi sarebbe gradito rendervi gli onori che vi spettano!»
10. Io gli rispondo: «Chi chiede lealmente, è degno di ottenere
un’onesta risposta; tu Mi hai interrogato da uomo onesto e sincero, perciò
meriti una risposta corrispondente. Ascolta, dunque: in primo luogo sono Colui
che tu vedi davanti a te, cioè un Uomo! Ce ne sono molti che hanno lo stesso
Mio aspetto, tuttavia non per questo sono uomini; essi invece sono solo larve
umane. Ora, quanto più perfetto è un vero uomo, tanta più forza e potere
risiede nel suo discernimento e nella sua volontà d’azione»
11. Dice il capo legione: «Può ogni uomo divenire perfetto quanto lo
sei Tu?»
12. Io gli dico: «Oh sì, sempre che lavori per il suo perfezionamento,
osservando tutto ciò che Io gli insegno!»
13. Chiede il comandante: «Facci dunque udire la Tua Dottrina, affinché
possa conformarvi le mie azioni e la mia vita!»
14. Io gli rispondo: «Anche se ti potessi insegnare la Mia Dottrina,
essa ti sarebbe di poca utilità, poiché tu non saresti in grado di vivere
secondo i suoi dettami. E finché rimani l’inviato di Roma a nulla può giovarti il
Mio insegnamento. Infatti, per seguirMi, dovresti abbandonare tutto, altrimenti
non ti sarebbe possibile vivere secondo la Mia Dottrina!»
15. Dice il capo legione: «Sì, in realtà ciò sarebbe molto difficile!
Tuttavia potresti farmi conoscere almeno alcuni dei princìpi fondamentali della
Tua Dottrina! Vedi, io non sono del tutto digiuno di cognizioni nei vari campi
del sapere e sono quindi capace di comprendere; perché allora non sarei in
grado di comprendere la Tua Dottrina? Chissà che non mi si offra l’occasione di
metterla, prima o poi, in pratica?»
16. Io dico: «Amico Mio, se la Mia Dottrina consiste nel doverMi
seguire, senza di che non si può pervenire al Regno della Mia Perfezione, come
faresti tu a metterla in pratica?»
17. Osserva il capo legione: «In verità quello che mi dici è molto
strano, ma è possibile che le Tue parole nascondano qualcosa di più profondo!
Lasciami riflettere un po’!»
18. Egli rimane per qualche istante immerso nei suoi pensieri, poi
chiede: «Questo “seguire Te” lo intendi in senso personale o solo in senso
morale?»
19. Io gli rispondo: «La forma migliore è, per quanto è possibile,
seguirMi in senso personale, sempre in intima unione con quello morale. Quando
però il seguirMi personalmente diventa impossibile, perché non lo permettono
gli obblighi imposti da un impiego ufficiale, che è pure necessario, allora, in
accordo con la propria coscienza, basta seguirMi moralmente. Ma è necessario
che questa coscienza abbia come fondamento esclusivo Me e l’amore per ogni
essere umano, che è la base della verità più pura. Infatti la sola imitazione
morale sarebbe cosa spiritualmente morta. Comprendi ora?»
20. Dice il capo legione: «Quello che dici mi sembra poco chiaro! Se è
così, cosa devo farne allora di tutte le mie attraenti divinità? I miei
antenati ci credettero! È meglio che rimanga fedele alla loro credenza, oppure
devo cominciare a credere nel Dio degli ebrei?».
A Sichar. La nullità
degli dèi. Del valore ed essenza della verità e il cammino che conduce ad essa.
Il vero nodo gordiano. Il segreto dell’Amore.
La testa e il cuore.
La chiave e
sede della verità.
1. Io gli dico: «Caro amico, tanto i tuoi antenati quanto gli dèi che
essi adorarono non hanno alcun significato, perché i primi sono già morti da
lungo tempo, i secondi non sono mai esistiti, se non nella fantasia dei poeti.
Dietro i loro nomi e le loro immagini non si è mai celata alcuna realtà. Se
rinunci dunque a questa vana credenza negli dèi, tu non perdi assolutamente
nulla; infatti essi non possono rafforzare la tua anima, così come i cibi
dipinti su di una tela non possono saziare il tuo corpo! Come ho detto, queste
cose non hanno alcun significato; ciò che conta invece è la pura verità e la
vita all’interno di questa sola verità, come pure la vita che si ottiene da
questa sola verità e per mezzo di questa pura verità!
2. Infatti, se vivi fondandoti sulla menzogna, la tua vita diventa
tutta quanta menzogna e non potrai mai giungere ad alcuna realtà; al contrario,
se la tua vita si procura gli elementi dalla verità, allora essa diventa verità
e tutto quello che ne scaturisce assurgerà a verità e realtà! Attraverso la
menzogna nessuno potrà mai percepire o riconoscere la verità, perché per la
menzogna tutto è menzogna. La menzogna diventa verità solo per chi è rinato
dallo spirito di verità e ha quindi trasformato se stesso in verità, in piena
verità; per costui addirittura la menzogna diventa verità!
3. Infatti, colui che sa riconoscere la menzogna come menzogna, costui
è in tutto egli stesso verità, poiché egli riconosce immediatamente la menzogna
per quello che essa è, ed anche questo è verità! Comprendi le Mie parole?»
4. Risponde il capo legione: «Amico! Tu parli bene e possiedi una
profonda sapienza! Ma dove si trova questa sublime verità e che cos’è
realmente? Sono reali le cose così come noi le vediamo? Oppure l’occhio di un
negro le percepisce diversamente da noi? Un frutto è gradevole al palato di
alcuni, ad altri invece è amaro e nauseante! Allo stesso modo, razze umane
diverse parlano lingue diverse; quale fra esse è quella vera e quale quella
buona? Io penso che, preso singolarmente, ogni uomo può essere detentore di
molte verità, ma, secondo me, non esiste una verità universale che possa
abbracciare ogni verità particolare. Perciò, se Tu conosci una tale verità,
dimmi dov’è, che cos’è e in che cosa consiste!»
5. Io gli dico: «Amico Mio, questo è l’antico e ben conosciuto nodo
gordiano che nessuno ha potuto sciogliere, ad eccezione del celebre eroe
macedone che anche tu conosci!
6. Vedi, ciò che tu osservi e percepisci con l’uso di mezzi carnali, è
uguale alla carne e ai suoi mezzi e, come questa, risulta instabile e
transitoria. Ora, se una cosa è instabile e transitoria, come potrebbe offrirti
gli elementi per conoscere la verità eterna ed immutabile?
7. Solo una cosa è santa e grande nell’uomo e questa cosa è l’Amore,
che è la vera fiamma procedente da Dio e che ha la sua sede nel cuore. La
verità risiede solo in questo Amore, poiché l’Amore
stesso è in ogni uomo il Fondamento originario di ogni verità in Dio e da Dio!
8. Dunque, se vuoi conoscere le cose o te stesso nella pienezza della
verità, è necessario che tu le osservi e le riconosca da quest’unico vero punto
di vista, che è l’originario Fondamento del tuo essere; tutto il resto non è che illusione. La testa di ciascun uomo e tutto ciò
che essa racchiude sono cose che hanno attinenza immediata con il famoso nodo
gordiano, che nessuno può sciogliere con la forza del proprio pensiero.
9. Soltanto con l’impeto e la forza dello spirito d’amore l’uomo può
recidere nel suo cuore questo nodo, e qui mettersi a pensare, ad osservare e a
comprendere le cose. Solo quando si sarà incamminato su questa nuova via
giungerà alla verità del suo essere e della sua esistenza e a quella di tutti
gli esseri e di tutte le esistenze!
10. Il tuo intelletto può crearsi un numero infinito di divinità, ma
che cosa sono esse? Io ti dico che non sono altro che immagini vane e
inanimate, prodotte dai logori meccanismi del cervello. Ma nel cuore tu non
troverai che un solo Dio, che è il Vero Dio, perché l’Amore, nel quale avrai
trovato quest’Unico Vero Dio, non è altro che la verità medesima.
11. Come hai notato, la verità va cercata e trovata solo nella verità;
l’intelletto ha già fatto abbastanza se ti ha dato la chiave della verità. Del
resto, tutto ciò che ti incita e ti spinge all’Amore può essere una chiave alla
verità. Segui perciò questo impulso e tale esortazione, concentrati nell’amore
del tuo cuore e tu troverai la verità, che ti libererà da ogni inganno».
A Sichar.
Esempio delle funzioni dell’intelletto e del cuore. «Non essere giudice con il peccatore,
ma fratello amoroso, allora tu troverai verità e salvezza!».
La rabbia è
come un giudizio. Dove manca l’amore non c’è verità. La verità universale
nell’Eternità. Cenni sull’esistenza individuale nell’aldilà. «Chi sei tu?». «SeguiMi!».
1. (Continua il Signore:) «Un esempio ti renderà la questione ancora
più chiara.
2. Ecco, immaginiamo che tu abbia tra i tuoi subalterni qualcuno che
abbia peccato contro le tue leggi e deve perciò essere punito. Allora inizi ad
interrogarli e a fare le dovute indagini e cerchi astutamente, con ogni tipo di
domande, di far loro confessare il reato. Ma essi, con i ragionamenti del loro
intelletto, smentiscono tutto con la stessa astuzia mentale che tu hai usato
nell’interrogarli. In questo modo una bugia ne giustifica un’altra, così, se le
tue ricerche alla fine non approdano a nulla, sei costretto a condannarli senza
aver ottenuto da loro una confessione, basandoti unicamente sulla deposizione
dei testimoni, spesso ostili agli accusati e lontani anche questi dalla verità.
Tu puoi allora valutare che, su dieci persone, soltanto una verrà giudicata
rettamente e all’innocente sarà riservata la stessa sorte del colpevole!
3. Anziché atteggiarti a giudice, rivolgiti invece da uomo pieno
d’amore, ai tuoi poveri fratelli, che si sono resi colpevoli verso di te,
cercando di suscitare nel loro cuore lo stesso sentimento d’amore che ti anima.
Vedrai allora che questi peccatori, pentiti e piangenti, ti confesseranno tutta
la verità e ti diranno sinceramente quando e come hanno peccato contro di te!
Se accade questo, non castigarli, perché la punizione in se stessa non è
verità, ma è l’opposto. Essa non proviene assolutamente dall’amore, ma dall’ira
della legge e del legislatore. Ma l’ira è di per sé un giudizio e, poiché nel giudizio
non vi è amore, di conseguenza nel giudizio non c’è neanche verità; infatti la
verità dimora solo là dove impera l’amore.
4. Attieniti dunque al puro amore ed opera nella sua verità e nella sua
forza; tu troverai allora la verità dappertutto e ti accorgerai, in maniera
evidentissima, che esiste una Verità universale, una Verità che compenetra non
solo questa Terra, ma anche tutto l’immenso Infinito!
5. Se tra gli uomini adegui le tue azioni a questi precetti, Mi
seguiresti moralmente in maniera molto efficace e ti garantiresti così la vita
eterna. Ma se rimani così come sei adesso, la tua
ricompensa nell’aldilà non sarà altro che la notte ed una vita vuota e
fittizia, che è la morte dello spirito di verità e d’amore!
6. Vedi, la vita terrena è molto breve, poi viene l’Eternità, che è
senza fine! Se l’autentica verità non è diventata vivente in te, come tu
cadrai, così anche giacerai!
7. Per ora ti ho detto quanto ti è necessario conoscere, se vuoi
saperne di più, quando ne hai l’occasione, recati a Sichar dal sacerdote
Jonaele ed egli ti dirà tutto quello che ha visto, udito e appreso da Me. Fai
secondo quanto ti sarà detto di Me, e diventerai beato!»
8. Il capo legione, profondamente scosso dalla verità delle Mie parole,
dice: «Amico, da quello che mi hai dichiarato, mi sono persuaso che sei il più
sapiente dei saggi di questa Terra, perciò farò tutto ciò che mi hai detto.
Però bramerei sapere, dalla Tua bocca, chi sei Tu veramente! Perché, a parte la
vergognosa disfatta inflittami da questi giovani che Ti accompagnano e che non
posso spiegarmi, se non ammettendo necessariamente che essi siano degli dèi o
dei geni celesti, che furono in grado di mettermi in fuga, devo riconoscere, se
non altro per la Tua straordinaria Sapienza, che Tu, con ogni evidenza, sei
molto di più di un semplice uomo! Tu avrai già certamente spiegato a molti dei
Tuoi discepoli chi Tu sia, ma anch’io adesso mi sono proposto seriamente di
diventare, nello spirito, Tuo discepolo. Dimmi, dunque, cosa devo pensare di
Te! Chi e che cosa Tu sei in realtà e da dove vieni?»
9. Io gli rispondo: «In primo luogo poco fa ti ho risposto in maniera
talmente comprensibile che, se ci rifletti un po’, dovresti facilmente
arrivarci. In secondo luogo è per questo motivo che ti ho consigliato di recarti
da Jonaele. Quando avrai l’occasione di parlare con lui, apprenderai tutto
quello che ancora ti manca. Ma ora non tratteniamoci più a lungo, perché il
giorno comincia a declinare ed Io ho ancora molte altre cose da fare oggi!»
10. Dice il capo legione: «Permettimi allora di accompagnarTi fino in
città!»
11. Io gli dico: «La strada è libera; se tu sei animato da buone
intenzioni puoi accompagnarMi! Ma se sei indotto da qualche ragione tenebrosa,
resta a casa, perché accompagnarMi in questo modo non ti sarebbe di vantaggio!
Tu hai sufficientemente sperimentato la Mia Forza»
12. Esclama il capo legione: «Sia lungi da me una tale intenzione!
Però, in questi tempi critici, motivi per essere sospettoso dovrei averne.
Infatti, secondo il mito degli ebrei, si avvicina sempre di più l’epoca della
venuta del loro Dio, cioè di un potente Salvatore, che li libererà dal dominio
dei romani e, di tanto in tanto, tra di essi si sussurra che questo Salvatore è
già sulla Terra! Dunque io potrei facilmente pensare che Tu sei Colui che essi
attendono! Anzi, una cosa del genere l’ho già ipotizzata. Ma che Tu lo sia o
meno, riconosco che sei un Sapiente tra i sapienti e Ti amo, perché sei un vero
amico degli uomini. Perciò i miei pensieri non mi impediranno affatto di seguirTi,
per amore della verità, di persona fino a Sichar e spiritualmente per tutta la
vita, anche se so, essendo romano, che in questo modo non mi preparo un arco
trionfale! Io Ti ho aperto tutto quanto il mio cuore e Ti chiedo, ancora una
volta, se posso accompagnarTi! Se acconsenti, Ti accompagnerò; viceversa,
rimarrò qui!»
13. Io gli dico: «Va bene, accompagnaMi pure con tutti quelli che sono
qui con te, affinché ti facciano da testimoni!».
A Sichar. Il Signore guarisce la moglie
del capo legione. Importanti insegnamenti per conseguire la piena verità e la
forza dell’azione. Il Signore testimonia del Padre. Criterio della Dottrina.
1. Dopo aver preso questa decisione, domando al capo legione se in
quella località non ci sia qualche ammalato. Il capo legione dice subito:
«Amico, se Tu te ne intendi anche di medicina, guarisci allora mia moglie! Lei
soffre già da un anno di un male misterioso e nessun medico ha potuto stabilire
che cosa sia. È possibile che Tu, dotato come sei di profonda sapienza, possa
riconoscere di quale male è afflitta la mia povera moglie e quindi liberarla!»
2. Io allora gli rispondo: «Io ti dico: “Tua moglie è guarita!”.
Mandala a chiamare!»
3. Il capo legione ordina subito ad uno dei suoi servi di recarsi a
casa. Ma questi non fa in tempo ad arrivare che trova già sull’uscio la moglie
del comandante, che, tutta contenta e perfettamente guarita, si appresta ad
uscire per cercare il marito. Costui, nel vederla, si volge verso di Me, pieno
di meraviglia ed esclama: «Amico! Tu sei un dio!»
4. Io gli dico: «Voi uomini siete tutti uguali! Non credete se non
vedete dei miracoli. Comunque, siete ugualmente beati se credete almeno a causa
dei miracoli. Invece se qualcuno, malgrado i miracoli e i segni compiuti da Me,
rimane incredulo, quella persona cadrà sotto il potere della morte.
5. In seguito però saranno beati solo quegli uomini che crederanno non
per mezzo di segni, ma per la verità della Mia Parola e che a questa conformeranno
la loro vita! Allora essi troveranno in se stessi l’autentico segno
vivificante, chiamato Vita eterna, che nessuno potrà mai strappare loro.
6. Tu ora gioisci enormemente perché ho guarito tua moglie con la sola
volontà del Mio Cuore e, poiché non te ne capaciti, ti chiedi con insistenza
come ciò sia possibile. Io ti dico che se un uomo vive secondo la pura verità
interiore e perviene a questa verità senza nutrire più alcun dubbio intorno ad
essa, egli potrebbe allora ordinare ad una delle
montagne che circondano questo paese: “Alzati e gettati nel mare!”, e il monte
si solleverebbe e si getterebbe nel mare!
7. Però, poiché tale verità non dimora né in te né in molti altri, non
soltanto non potete fare dei miracoli, ma vi meravigliate enormemente quando
Io, che possiedo tale verità in tutta la sua pienezza, compio davanti ai vostri
occhi delle opere, che non sono fattibili se non con la potenza della vivente
verità interiore.
8. Quando, per mezzo di tale verità, la fede, che nell’uomo è la mano
destra dello spirito, diventa viva ed esplica potentemente la sua azione, il
braccio dello spirito giunge molto lontano ed opera grandi cose!
9. Dunque, se una tale verità fortifica sufficientemente il braccio del
vostro spirito, potrete fare quello che ho appena fatto davanti a voi e
comprenderete inoltre chiaramente come sia molto più semplice fare ciò che
sollevare con le mani un sasso da terra e lanciarlo alcuni passi lontano da sé!
10. Vivete dunque secondo la Mia Dottrina e non siate solo vani uditori
ed ammiratori delle Mie parole, dei Miei insegnamenti e delle Mie azioni, così
anche voi pure riceverete in voi stessi ciò che ora ammirate in Me così
enormemente!
11. Le cose che Io insegno non sono Mie, ma Me le ha insegnate Colui
che era prima che il mondo fosse. E Costui è Quello che voi dite essere vostro
Padre, ma voi non Lo conoscete e non Lo avete ancora mai conosciuto. Colui che
dite essere vostro Padre è Colui dal Quale traggono origine tutte le cose, come
gli angeli, il sole, la luna, le stelle e questa Terra, con tutto ciò che c’è
in essa e su di essa!
12. Ora, quello che il Padre Mi ha insegnato prima che il mondo fosse,
lo insegno a voi, affinché il Padre, che vive in Me, prenda dimora anche in voi
e faccia risplendere, in voi come in Me, l’eterna e pura Verità, sgorgante
dall’eterna Causa Primordiale. Questa, chiamata pure l’Amore in Dio, è, a sua
volta, l’Essenza stessa di Dio!
13. Perciò non vi lasciate impressionare dai miracoli che opero davanti
ai vostri occhi, affinché non perveniate ad una fede morta e giudicata che non
giova a nessuno. Piuttosto vivete ed operate secondo i Miei insegnamenti. Così
facendo, svilupperete in voi la stessa forza che è in Me e che vi sorprende
enormemente, poiché voi siete tutti chiamati a divenire perfetti, com’è
perfetto il Padre vostro che è nel Cielo! Ora che sapete tutto ciò, agite di
conseguenza e vi accorgerete se quello che ho detto è o non è verità. Esaminate
la Mia Dottrina con ogni zelo, bandendo da voi qualsiasi tiepidezza e vi
accorgerete se questa Dottrina viene dall’uomo o da Dio!»
14. Dopo questo importante insegnamento il capo legione dice: «Ora
comincia a farsi un po’ di luce in me! Tutto quello che abbiamo udito ci è difficile
capirlo subito, perché è certamente ispirato da una sapienza molto profonda che
per noi uomini assolutamente comuni di primo acchito è difficile da
comprendere, però questo poco importa, infatti, se per giungere alla vera
conoscenza è necessario che le opere siano conformi alla Dottrina, non mi
scervello più, in quanto Jonaele mi inizierà in ogni Tua dottrina, che in
seguito metterò diligentemente in pratica. Questo è il mio proposito e lo
compirò!»
15. Io gli dico: «Molto bene, amico Mio. Però, quando, così facendo,
perverrai all’illuminazione, istruisci anche i tuoi fratelli, così ti
preparerai una ricompensa in Cielo! Ora è tempo di ritornare a Sichar, ho anche
là del lavoro da svolgere. Andiamo allora!».
Ritorno a
Sichar. Importanti profezie per la fine dei tempi. La Fine del Mondo e il
Giudizio Universale. La Grande Tribolazione. Gli squilli di tromba degli angeli
prima del ritorno di Cristo. La Terra come Paradiso. L’ultima prova di Satana.
Le sofferenze e la Risurrezione del Signore.
1. Tutta la compagnia si mette dunque in cammino e Mi accompagnano pure
il comandante romano, con la moglie ormai guarita e due dei suoi principali
ufficiali. Il comandante e sua moglie mettono tra loro Jonaele e si
intrattengono con lui chiedendo chiarimenti su molti dettagli della religione
giudaica e sulle cose che in questa si riferiscono a Me. Intanto il paralitico,
da Me guarito nel primo villaggio per il quale eravamo passati, segue anch’egli
con molta attenzione questi ragionamenti, e ne prende pure parte. Io invece Mi
trovo tra le sette figlie e la moglie di Jonaele; anche queste Mi interpellano
su varie cose e sui fatti che probabilmente sarebbero sopravvenuti, tra breve,
al mondo, a Gerusalemme e a Roma. Io, con gentilezza, rispondo e dimostro loro
come tra poco tempo verrà giudicato l’occulto principe del mondo e subito dopo
anche tutto ciò che appartiene al suo seguito. Così accenno pure alla Fine del
Mondo e al Giudizio Universale, simile a quello che sopraggiunse ai tempi di
Noè. Ed esse, profondamente meravigliate, Mi chiedono quando e come avverranno
queste cose.
2. Ma Io dico loro: «Mie care figlie! Com’era ai tempi di Noè, così
sarà anche allora. L’amore diminuirà e si raffredderà del tutto. La fede in una
pura Dottrina di vita e in una conoscenza di Dio rivelate agli uomini dai Cieli
sarà trasformata in una tenebrosa, morta superstizione, piena di menzogna e di
inganno, e i potenti si serviranno nuovamente degli uomini come fossero animali,
e li faranno scannare, con totale sangue freddo e senza la minima coscienza, se
essi non si piegheranno senza alcuna obiezione alla volontà della loro
brillante potenza! I potenti tormenteranno i poveri con ogni tipo di
oppressione, ed ogni spirito libero lo perseguiteranno e lo soffocheranno con
qualsiasi mezzo, e così verrà fra gli uomini una tribolazione, come mai ce ne
fu una sulla Terra! Poi però i giorni saranno abbreviati, a motivo dei molti
eletti che si troveranno fra i poveri; se infatti ciò non accadesse, perfino
gli eletti potrebbero perire!
3. Ma, da ora fino a quel tempo, trascorreranno mille e non più di
mille anni ancora! Poi Io manderò tra le misere genti gli stessi angeli che ora
vedete qui e saranno loro date delle grandi trombe per richiamare gli uomini!
Allora gli uomini della Terra che sono spiritualmente morti si risveglieranno
dalle tombe della loro notte e, come una colonna di fuoco roteante da
un’estremità all’altra del mondo, questi milioni e milioni di risvegliati
insorgeranno e si avventeranno contro tutte le potenze del mondo e nessuno
potrà più resistere loro!
4. Da quel tempo in poi la Terra ridiventerà un Paradiso ed Io guiderò
per sempre i Miei figli sul giusto sentiero.
5. Però trascorsi mille anni da quel momento, il principe della notte
sarà, per sua volontà, ancora una volta liberato, o per la definitiva caduta o
per il possibile ritorno, e ciò per il brevissimo periodo di sette anni, alcuni
mesi e giorni.
6. Nel primo caso, la parte più interna della Terra verrà trasformata
in un carcere eterno, rimanendo esteriormente un Paradiso; nel secondo caso,
invece, la Terra si evolverà in Cielo e la morte della carne e dell’anima
scomparirà per sempre! Ma se ciò avverrà, come avverrà? Una simile cosa non è
lecito che la sappia in precedenza nemmeno il primo fra gli angeli dei Cieli,
solamente il Padre la conosce. Ecco, vi ho svelato molti dei fatti che si
verificheranno, ma su di essi mantenete il silenzio assoluto, finché non
saprete, tra qualche anno, che Io sono stato elevato dalla Terra!»
7. Allora le giovani Mi chiesero in che cosa consistesse questa
elevazione.
8. Io rispondo loro: «Quando ne udrete parlare, il vostro cuore si
riempirà di tristezza! Ma consolatevi al pensiero che tre giorni dopo, Io sarò
di nuovo in mezzo a voi ed Io stesso vi porterò la grande conferma del Nuovo
Testamento e le chiavi del Mio Regno eterno! Tuttavia vegliate, affinché in
quel momento Io vi trovi pure così come lo siete adesso, altrimenti non potrete
diventare per sempre Mie spose!».
9. Udito ciò, le giovani e loro madre Mi promettono di seguire
rigorosamente i Miei consigli e di osservare scrupolosamente tutte le cose che
Io ho loro comandato.
A Sichar. Il Signore e i Suoi in casa di Irhaele. Il
Signore benedice il buon intendimento di Giovanni (il risanato) e di Jonaele.
Il Signore e Jairuth.
1. Così discorrendo arriviamo a Sichar e ci fermiamo presso la casa di
Irhaele, che ormai appartiene anche al medico Joram. Jairuth e il comandante
romano, come pure la moglie di questi e i due ufficiali, non hanno parole per
esprimere la loro meraviglia nel vedere la nuova e bellissima facciata
dell’edificio. Il paralitico risanato, anch’egli sorpreso a tale vista,
esclama, infine, ad alta voce: «Una cosa simile solo Dio può farla! Ricordo che
da ragazzo venivo spesso da queste parti e mi piaceva dare la caccia alle
lucertole che erano tra le mura, in grandissima parte diroccate, di questo
castello o casa che Giacobbe fece costruire per suo figlio Giuseppe. Ora
invece, eccolo qui ricostruito alla perfezione, così come non lo era mai stato
neanche ai tempi in cui Giacobbe lo fece edificare per Giuseppe suo figlio! Oh,
non c’è forza umana che, dall’oggi al domani, possa portare a termine un lavoro
del genere! Ora so cosa pensare e so pure quello che farò. Il mio nome è
Giovanni, tenetelo a mente!»
2. (Si tratta dello stesso Giovanni che più tardi, nel secondo anno del
Mio ministero, venne rimproverato dai Miei apostoli, quando Io li mandai ad
insegnare tra il popolo. Infatti anch’egli operava nel Mio Nome guarigioni e
scacciava demoni, pur non essendo stato espressamente autorizzato da Me.)
(Marco 9, 38-40).
3. Dice Jonaele: «Amico, la tua volontà, il
tuo modo di pensare e le tue parole sono giusti, però una cosa ti manca ancora,
cioè la pura conoscenza della Volontà divina! Perciò nei prossimi giorni vieni
da me, oppure rimani qui con noi ed io ti farò comprendere più da vicino la
Volontà di Dio, il Signore! Solo allora potrai cominciare ad ordinare e a
mettere in pratica tutto ciò che il tuo buonsenso ti dirà di fare»
4. Dice il risanato: «Che il Signore Dio ti illumini, farò come tu mi
consigli, perché vedo che tu sei un autentico amico di questo grande Profeta e
perciò sarai anche in grado di ottenere da Lui la vera Luce. Questo Profeta è
sopra tutti ed io credo che Egli sia precisamente Colui del Quale Davide
cantava:
5. “Al Signore appartiene la Terra, il suolo e tutto quello che abita
su di esso, poiché Egli ha fondato il suolo sui mari e l’ha stabilito sui
fiumi. Chi potrà salire sul Monte del Signore? E chi potrà restare nel Suo
santo Luogo? Colui che è innocente di mani e puro di cuore, che non ricerca
vuote dottrine e non giura con frode, costui riceverà la benedizione dal
Signore e la giustizia dal Dio della sua salvezza. Tale è la generazione di
quanti Lo cercano, di quanti cercano il Volto del Dio di Giacobbe!
6. Sollevate, o porte, i vostri architravi, innalzatevi, o porte del
mondo, perché entri il Re della Gloria! Chi è il Re della Gloria? È il Signore
forte e potente, il Signore potente in battaglia. Sollevate, o porte, i vostri
architravi, innalzatevi o porte del mondo, perché entri il Re della Gloria! Chi
è il Re della Gloria? È il Signore Zebaoth, il Re della Gloria!”. (Salmo 24).
7. Ed io, Giovanni, che da Lui fui guarito, confesso qui apertamente
che questi è lo stesso Re della Gloria, in forma umana, del
Quale Davide con le suddette parole ha cantato e profetizzato! Pertanto,
sia gloria a Lui per ogni eternità!»
8. Dice Jonaele: «Amico, ora ti trovi già sulla buona strada! Ma, detto
fra noi, non è ancora venuto il momento di parlare così apertamente. Infatti,
secondo la Sua stessa intenzione, quando Egli ci lascerà, per andare probabilmente
in Galilea, soltanto allora potremo parlare di Lui e della Sua Dottrina al
popolo. E quando, poco dopo, Egli ritornerà, troverà i nostri portoni bene
aperti e le porte del mondo adeguatamente alte, così da introdursi attraverso
di esse. Questo significa che, per poterLo accogliere, è necessario dilatare il
più possibile i nostri cuori ed elevare oltre le stelle il
nostro amore per Lui; infatti i nostri cuori sono i portoni che bisogna
spalancare e il puro amore verso di Lui è la porta che deve essere innalzata
sopra ogni cosa!»
9. A questo punto Mi intrometto tra i due e, appoggiando le Mie mani
sulle loro spalle, dico: «È vero, Miei cari amici! Là dove voi sarete riuniti
nel Mio Nome, Io sarò tra di voi con tutta la Mia Forza e, benché
invisibilmente, vi fortificherò! Ma sento del rumore per le vie della città,
restate dunque calmi! Andiamo a vedere qual è lo spirito che domina e guida gli
animi di costoro!»
10. Allora Jairuth si dirige subito verso di Me e dice: «Signore,
questo strepito è preoccupante e non annuncia nulla di buono! Se Tu vuoi, mi
incarico di far venire qui all’istante due legioni e la quiete sarà subito
ristabilita»
11. Io gli dico: «Non preoccuparti! Se ce ne fosse bisogno, una buona
guardia l’ho già qui sottomano. Ma tu faresti bene a tenerti nascosto per un
po’ in casa, affinché nessuno ti veda e ti riconosca, poiché tra gli uomini
mondani di questa città non regna affatto uno spirito pacifico e, più tardi,
essi potrebbero causare considerevoli danni ai tuoi possedimenti»
12. Osserva Jairuth: «Ma i Tuoi due giovani si trovano ancora presso di
me, essi sapranno ben difendere le mie ricchezze!»
13. Dico Io: «Comunque non ti inquietare, perché se Io avessi bisogno
dell’aiuto degli uomini, potrei rivolgerMi al nostro comandante qui presente.
Ma Io non ne ho affatto bisogno, perciò stai tranquillo e lascia pure che gli
avvenimenti seguano il loro corso!».
14. Jairuth appare allora soddisfatto ed entra in casa di Irhaele.
A Sichar. I
muti arroganti e i loro compagni mentitori in atteggiamento minaccioso.
Severità di Joram e sdegno dei discepoli contro i mentitori. Richiamo del
Signore e insegnamenti relativi alla malvagità dell’uomo. «Non ripagate il male
con il male!». Esempio del padrone e del suo servo. Esempio della prepotenza e del taglione.
1. Subito dopo, ecco venirci incontro uno stuolo abbastanza numeroso di
gente armata di randelli, nel cui mezzo vi erano le dieci persone che la prima
sera del nostro arrivo il medico aveva reso muti per il loro linguaggio
offensivo. Giunta vicino a noi, la gente, con voce minacciosa, esige che i
dieci muti recuperino l’uso della lingua!
2. Joram, il medico, si avvicina subito e, con voce forte e decisa,
esclama: «O figli del male! È questo il nuovo modo di presentarsi davanti a Dio
per chiederGli una grazia?»
3. Allora la schiera, retrocedendo di pochi passi, grida: «Chi è Dio
qui e dove si trova? Credi forse di essere tu Dio o vuoi spacciarti per quello
stregone di Galilea, pezzo di bestemmiatore?»
4. E Joram, con voce ancora più energica, risponde: «Chi sarebbe questo
stregone galileo, miseri furfanti?»
5. I dimostranti urlano: «È quel carpentiere di Nazaret, che si chiama
Gesù! Noi lo conosciamo bene, come pure sua madre, i suoi fratelli e le sue
sorelle, che si trovano anche loro qui! Conosciamo anche suo padre, che si dice
sia morto un anno fa di crepacuore, perché sembra che sua moglie e i suoi figli
non volessero seguirlo e che lo abbiano ingannato con ogni mezzo!»
6. Queste calunnie fanno infuriare Joram, che indignato si precipita
verso di Me insieme a Giacomo e a Giovanni e Mi dicono: «Signore, Signore,
Signore! Fa’ che cada all’istante del fuoco dal cielo e distrugga questi
miserabili! Le spudoratissime menzogne, che costoro hanno avuto il coraggio di
pronunciare davanti a noi, gridano vendetta!»
7. Io dico loro: «Oh, che è mai questo, o figli del tuono; lasciateli
mentire! Esiste forse un fuoco che bruci in modo più orribile di quello della
menzogna? Anzi, fate loro addirittura del bene ed essi fuggiranno portando con
sé gli ardenti carboni che avrete accumulato sul loro capo. Ricordate quello
che vi dico: “Non rendete mai male per male, e chi vi fa una cattiveria, non
ripagatelo con la stessa moneta!”»
8. Questi confortanti consigli fanno meditare i tre e Joram Mi chiede
come bisogna agire con questi sciagurati.
9. Io gli rispondo: «Fai, nel Mio Nome, ciò che essi domandano, poi
ordina che se ne vadano!»
10. Allora, rivolto a quella gente, Joram esclama: «In Nome del
Signore, chiunque è muto recuperi l’uso della lingua e torni a casa
ringraziando Dio!»
11. A queste parole di Joram, la lingua di quelli che erano muti si
sciolse, ma nessuno di loro rese gloria a Dio, ad eccezione di uno solo, che
tentò anche di ammonire gli altri.
12. Ma questi ultimi gli dissero: «Stolto che sei! Siamo forse stati
resi muti per volontà di Jehova? Questo danno ci è stato fatto da uno stregone
qualunque! E noi dovremo rendere omaggio al dio magico dei pagani? Se lo
facessimo, cosa potremmo attenderci poi dal vero ed onnipotente Dio di Abramo,
Isacco e Giacobbe?»
13. Allora anche quel muto, che era appena migliore degli altri nove,
se ne andò via con loro senza osare renderMi l’onore dovuto.
14. Joram e tutti i Miei rimasero molto indignati per questo contegno e
Simon Pietro, ancora tutto agitato e fremente, si avvicinò a Me e disse:
«Signore! Sicuramente è bene così, perché così desideri sia fatto. Eppure se
avessi solo una scintilla della Tua Forza e della Tua Potenza spirituali, saprei
cosa fare con questi stupidi e malvagi profanatori del Tuo Nome sommamente
santo!»
15. Io gli dico: «Simone, hai dunque già dimenticato gli insegnamenti
da Me ricevuti sul monte? Come puoi sperare il bene, se ripaghi il male con il
male? Se tu volessi cuocere un cibo di per se stesso insipido, agiresti forse
saggiamente aspergendolo di fiele e succo di aloe, anziché aggiungervi del
sale, del latte e del miele? Se ad un buon cibo tu aggiungessi ancora qualcosa
per migliorarlo, nessuno certamente ti darebbe del pazzo. Invece se tu aggiungi
dei cattivi ingredienti, rendendo un cibo già di per sé insipido ancora
peggiore, dimMi, qual è l’uomo con un minimo d’intelletto che non esclami:
“Guarda, cosa fa questo imbecille?”
16. Vedi, la stessa cosa succede con gli uomini! Se il male che
commettono lo ripaghi con un male più grande, chiedi a te stesso se essi
potranno diventare migliori! Ma se tu, in cambio del male ricevuto da un
fratello malvagio, gli rendi del bene, allora il male che è in lui si attenuerà
e, alla fine, ritroverai in lui un fratello buono!
17. Quando un padrone ha un servitore del quale si fida molto, ebbene,
se quest’ultimo abusa della bontà del suo signore peccando contro di lui, allora
merita di essere punito, e quindi il padrone lo fa chiamare e gli rinfaccia la
sua infedeltà. Ora, se il servitore si arrabbia e replica al padrone con parole
offensive, credi forse che il padrone si calmerà e si mostrerà più buono verso
di lui? No davvero! Io ti dico che il padrone, infuriato con il suo sleale
servitore, lo farà subito arrestare e gettare in prigione.
18. Se però il servitore, vedendo che il suo padrone è arrabbiato con
lui, si getta ai suoi piedi e, pentito, gli confessa la propria colpa,
chiedendo perdono con delicatezza ed amore, ebbene, il padrone si comporterà
allo stesso modo? Sicuramente no! Infatti il padrone, commosso dal rimorso e
dalla bontà del servitore, sarà anch’egli mansueto ed indulgente e non soltanto
gli perdonerà tutto, ma gli farà pure del bene.
19. Dunque, se volete diventare buoni, non ricambiate mai il male con
il male! Infatti se giudicate e punite quelli che vi fanno del male, finirete
tutti per diventare cattivi e in voi non ci sarà più né vero amore né bene!
20. Succederà quindi che il potente si arrogherà il diritto di punire
tutti quelli che hanno infranto la sua legge, mentre i peccatori ravviveranno
in loro stessi il fuoco della vendetta e tenteranno in tutti i modi di
trascinare il potente alla rovina. A questo punto vi chiedo: “Quale bene si
consegue da tutto ciò?”
21. Perciò vi dico di nuovo: “Non giudicate né maledite nessuno, per
non essere a vostra volta giudicati e maledetti!”
22. Avete capito questi basilari insegnamenti, senza i quali il Mio
Regno non potrà mai stabilirsi in voi?».
A Sichar. I
danni che possono derivare dalla bontà. Esempio del giardino delle belve. La
Redenzione dal male. Il nuovo cammino per la libertà dei figli di Dio. Il
trattamento dei malfattori. Parabola del leone.
Il Vangelo della missione e dell’apostolato.
1. Dice Simon Pietro: «Sì Signore, li abbiamo ben compresi, tuttavia in
tutto ciò c’è un punto ancora oscuro, che a mio avviso consiste in questo: se,
secondo la Tua Dottrina, sopprimessimo del tutto la punizione per le cattive
azioni, in breve tempo i malfattori si moltiplicherebbero come l’erba della
terra o come la rena del mare. Quando una legge viene emanata, essa, nello
stesso tempo, deve essere sanzionata infliggendo un adeguato castigo,
altrimenti non sarebbe più legge. Ovvero, può esistere una legge senza la
relativa sanzione?»
2. Io gli rispondo: «Mio caro, tu giudichi come un cieco che volesse
vedere il colore della luce! Osserva i giardini dove i ricchi detengono i loro
animali: qui vedrai ogni tipo di bestie feroci, come tigri, leoni, pantere,
iene, lupi ed orsi. Se queste belve non fossero chiuse in solide gabbie, chi
starebbe al sicuro nelle loro vicinanze? D’altronde, non commetterebbe uno sproposito,
chi volesse rinchiudere in gabbie di ferro anche i mansueti agnelli e le
colombe?
3. L’Inferno, invece, ha bisogno di leggi più severe, accompagnate da
terribili sanzioni, ma il Mio Regno, che è il Cielo, non ha bisogno né di leggi
né tanto meno di una sanzione qualsiasi!
4. Io non sono venuto per prepararvi per l’Inferno mediante leggi
barbaramente sanzionate, ma per istruirvi per il Cielo con amore, dolcezza e
verità. E se ora, con la Mia Nuova Dottrina dai Cieli, vi libero dalla
schiavitù della legge e vi indico la nuova via che, passando per il cuore,
conduce ad una vita vera, eterna e liberissima, perché volete continuare a
vivere sottoposti alla legge, che vi giudica e vi condanna? Non è meglio morire
mille volte fisicamente nella libertà dell’amore che trascinarsi, per un solo
giorno, sui morti sentieri della legge?
5. È ovvio che occorre arrestare e segregare i ladri e gli assassini,
perché questi sono come le bestie selvagge e feroci che, a somiglianza
dell’Inferno, vivono nelle caverne e nei crepacci della Terra, insidiando
giorno e notte la loro vittima. Pure gli angeli del Cielo hanno l’obbligo di
perseguire adeguatamente questi uomini, ma non è lecito annientarli. Siano
rinchiusi in luoghi sicuri e si tenti qui di addomesticarli e di ingentilirne
l’animo! Solo se essi si oppongono con violenza, è permesso mutilarli, e nei
casi estremi anche ucciderne il corpo! Infatti un Inferno disabitato è da
preferire ad un Inferno popolato.
6. Ma chiunque si permette di giudicare ed uccidere un ladro o un
assassino reso innocuo dal carcere, quel tale un giorno sarà guardato da Me con
occhi d’ira. Infatti quanto più duramente gli uomini giudicano e puniscono i
malfattori che riescono a catturare, tanto più perspicaci, insidiosi, crudeli e
tenaci divengono quelli che si trovano ancora in libertà. E quando di notte
questi ultimi avranno la possibilità di penetrare furtivamente in
un’abitazione, non solo ruberanno tutto ciò che cadrà loro sottomano, ma
uccideranno e distruggeranno pure ogni persona o cosa che potrebbe tradirli.
7. Invece, se togli via il giudizio implacabile e ad ogni persona dai
il saggio consiglio che “a chi pretende la tonaca sia dato anche il mantello”,
allora i ladri verranno ancora e vi chiederanno questo o quell’altro, ma non
commetteranno più rapine ed omicidi.
8. Se gli uomini, amando di vero cuore sia Me sia i loro fratelli e
sorelle, rinunciassero ad accumulare i passeggeri beni terreni e volessero
vivere come Io vivo, ben presto non vi sarebbero più ladri e meno ancora assassini!
9. Chi crede che a forza di leggi severe e di durissime pene si possano
sopprimere i malfattori, è del tutto in errore! L’Inferno non ne ha mai finora
sofferto la mancanza, a che ti giova uccidere un demonio, quando al suo posto
l’Inferno ne manda fuori altri dieci, dei quali uno solo è più maligno di
quanto lo sarebbero congiuntamente dieci simili a quello ucciso? Quando il male
al suo apparire si trova di fronte un altro male, divampa d’ira e diventa del
tutto satanico, ma se di fronte non incontra altro che amore, dolcezza e
pazienza, desiste dalla sua malizia e può progredire nel suo cammino.
10. Quando un leone vede avvicinarsi una tigre, oppure un qualunque
altro nemico, si infuria subito e si avventa con tutta la forza sul suo
avversario, per annientarlo. Però verso un debole cagnolino si mostra docile e
permette che giochi con lui. E se gli gira attorno una mosca, anche se questa
si posa sulle sue poderose zampe, la guarda appena e lascia che se ne voli via
indisturbata, poiché il leone non si abbassa a dare la caccia alle mosche o ai
moscerini. Allo stesso modo si comporterà con voi ogni potente nemico, se non
gli andrete incontro con la violenza.
11. Perciò benedite piuttosto i vostri nemici invece di catturarli,
giudicarli e rinchiuderli in prigione. Così facendo, ammasserete carboni
ardenti sul loro capo e li renderete inoffensivi nei vostri riguardi!
12. Con l’amore, la bontà e la pazienza, giungerete a tutto, ma se
giudicate e condannate gli uomini, che malgrado la loro cecità sono pure vostri
fratelli, allora, invece della benedizione del Vangelo, spargerete solamente
maledizione e discordia fra gli uomini di questo mondo!
13. Pertanto, se volete essere Miei servitori per la propagazione del
Mio Regno sulla Terra, dovete diventare compiutamente Miei discepoli in parole,
dottrina ed opere! Ma se non volete esserlo o se l’incarico vi sembra troppo
gravoso o irrazionale, è meglio per voi che facciate ritorno a casa, perché
perfino dalle pietre posso trarre dei discepoli!».
A Sichar. Buone parole e preghiera di Pietro (Padre
Nostro). Il miglior consiglio del Signore per mantenere a lungo l’ordine e la
pace nello Stato. «Con l’amore conseguirete tutto!». La violenza incita i
demoni a fare il male. Proposta umana di Pietro per propagare la Verità. Le
parole del Signore sul compito degli angeli custodi e la natura dei malfattori.
1. Dice Simon Pietro: «Signore! Chi ti abbandonerà e chi desisterà dal
servirTi? Tu solo hai parole di vita che nessun uomo ha mai pronunciato prima
di Te. Perciò qualsiasi cosa Tu pretenderai, noi la faremo, però non pretendere
che Ti abbandoniamo! Sii paziente con la nostra grande debolezza e rafforzaci
con la Grazia del Padre Celeste, la quale Ti ha così meravigliosamente
fortificato, cosicché ora Tu sei un’unica cosa con il Padre Tuo in Cielo, ed è
in virtù di questa unione che Tu, adesso, insegni ed operi tra noi.
2. E come ci hai insegnato sul monte, vogliamo incessantemente pregare
nel Tuo Nome il Padre con queste parole: “O Padre, che sei in Cielo, venga il
Tuo Regno e sia fatta la Tua santa Volontà! E come noi perdoniamo coloro che ci
hanno fatto del male, così perdona pure a noi le nostre debolezze e i nostri
peccati!”»
3. Io gli dico: «Simone! Queste tue parole Mi sono più care del
linguaggio che hai usato poco prima nel difendere la legge e la sua sanzione! A
cosa servono ad un paese o ad un regno, una pace ed un ordine ottenuti con la
più rigida costrizione? Per un po’ ciò potrà durare, ma quando la pressione che
questa costrizione esercita avrà oltrepassato il limite tollerabile dai demoni,
allora questi si rivolteranno, deridendo e calpestando brutalmente leggi e
legislatori. Infatti colui che deve essere sottomesso e guidato mediante la
forza è ancora un demonio. Solo chi accetta di essere guidato dall’amore, dalla
mansuetudine e dalla pazienza è simile ad un angelo di Dio ed è degno di essere
un figlio dell’Altissimo!
4. Con l’amore si può ottenere tutto, mentre la violenza serve solo a
risvegliare il demonio dal suo sonno! E con i demoni svegli, che bene può
esserci sulla Terra?
5. Perciò è infinitamente meglio che fra gli uomini crescano e si
mantengano sempre vivi sia l’amore che la mansuetudine, così da costringere i
demoni al sonno e alla calma, affinché non siano dannosi alla Terra, piuttosto
che svegliare tali demoni con il rumore delle minacce e con la violenza,
incitandoli così a guastare la Terra e tutto ciò che esiste su di essa! DimMi
cosa avresti da obiettare a questo riguardo!»
6. Risponde Simon Pietro: «Signore! Qui non c’è davvero più nulla da
obiettare, perché tutto ora è chiaro e comprensibilissimo! Ma quanti uomini che
vivono sulla Terra sanno qualcosa di questa santa verità? Vedi, o Signore, qui
si trovano a legioni gli angeli dai Cieli; mandali a tutti gli uomini sparsi
sulla Terra e fa loro annunciare questa verità! Se ciò avvenisse, io penso che
si arriverebbe a rischiarare e a rendere migliore quanto vi è sul suolo
peccatore di questo mondo!»
7. Gli dico Io: «Tu pensi così come comprendi; però, la Mia opinione in
questo caso è diversa. Sappi però questo: mille volte tanti angeli quanti tu ne
scorgi qui sono costantemente presso gli uomini, ed influiscono sui loro
interiori sentimenti e pensieri in modo tale che l’uomo coscientemente non
viene a subire la minima costrizione e per conseguenza, senza alcuna
limitazione alla sua libertà, egli potrebbe accettare e seguire tali pensieri,
desideri e inclinazioni buone, come fossero del tutto suoi! Ma allora cosa
succede?
8. Gli uomini hanno segretamente dei buoni pensieri, hanno dei buoni
desideri e si fanno dei propositi lodevoli, ma quando devono metterli in
pratica, allora essi guardano il mondo, i suoi beni e gli ingannevoli stimoli
della carne, e, seguendo questi impulsi, agiscono male e pieni di egoismo!
9. Io voglio portarti qui dinanzi molte migliaia di uomini, i quali non
sono altro che dei malfattori, e voglio domandare loro se non sanno di operare
il male. Ed essi ti diranno tutti che lo sanno! Ma se tu domandi loro perché
fanno il male, allora molti ti diranno: “Perché questo ci procura un piacere”;
ed altri diranno: “Noi vorremmo fare del bene, ma poiché altri fanno il male,
così facciamo ugualmente anche noi!”. Certuni poi ti diranno: “Sì, noi
conosciamo il bene, ma non siamo capaci di metterlo in pratica perché la nostra
natura vi si ribella, e noi dobbiamo odiare colui che ci ha offesi!”
10. Vedi, tali e simili altre risposte potrai ottenere, e certamente ti
sarà fin troppo facile rilevare da ciò che perfino i malfattori più terribili
non sono privi interamente della conoscenza del buono e del vero, eppure essi
operano il male!
11. Ora, se gli uomini fanno questo male contraddicendo alla loro
conoscenza interiore, quale efficacia potrà aspettarsi di avere una conoscenza
che perviene loro dall’esterno? Certamente nulla. Ma nonostante ciò, d’ora in
poi agli uomini saranno date conoscenze del buono e del vero dai Cieli anche
per le vie esteriori, e per questo motivo essi uccideranno Me e voi e molti
altri ancora che insegneranno loro a fare del bene e ad evitare e fuggire il
male!»
12. Dice Simone: «Signore, se è così, piuttosto divenga il mondo intero
pienamente del demonio! A che scopo affannarsi per il mondo degli uomini, se
essi non vogliono affatto riconoscere né accettare il bene?»
13. Osservo Io: «Colui che come te si lascia tanto facilmente
trasportare, è ancora ben lontano dal Mio Regno! Però, quando Io Me ne sarà
andato, allora tu parlerai ben diversamente! Ed ora che si è fatta sera, entriamo
in casa per ristorarci e per rafforzare le nostre membra stanche».
A Sichar. Il Signore e gli sfrontati cittadini
schiamazzanti. Tristi pensieri del comandante romano sulla scelleratezza umana.
Savio accenno di Jonaele alla fiducia in Dio. «Lo farà di certo - a tempo
debito».
1. Ma a questo punto, mentre Io parlavo con Simon Pietro, molta gente
si era radunata sulla piazza, e, affollatasi intorno a Me, Mi fece la richiesta
di vedere dei segni, dicendo: «Se tu puoi fare dei segni per i ciechi che non
hanno conoscenza né intelletto e non possono perciò giudicare nulla, producili
anche davanti a noi! Se i segni sono veri, anche noi ti crederemo; ma se sono
dubbi o cattivi, allora sapremo bene ciò che ci resterà da fare, perché non è
cosa che ci sia sconosciuta!»
2. Gli rispondo Io: «Sta bene, ma se come dite voi avete conoscenza di
tutte le cose, perché allora avete bisogno di vedere dei segni? Se siete tanto
sapienti, considerato che affermate che per voi, ugualmente come per Dio, non
vi è nulla di sconosciuto, allora potrete senz’altro riconoscere se Io insegno
la verità o no! A quale scopo dunque i segni? Da due giorni e mezzo circa a
questa parte sono stati qui operati in quantità dei segni straordinari, e che
fossero validi lo possono testimoniare centinaia di persone degnissime di fede
qui presenti; se questi segni non vi bastano, allora nemmeno dei nuovi
basteranno ai vostri cuori perversi! Perciò allontanatevi e andate via da soli
da qui, se non volete essere allontanati con la forza!»
3. Costoro, vedendosi congedati in tal modo, gridano: «Chi è che potrà
permettersi di allontanarci da qui con la forza? Non siamo in questo luogo noi
i padroni, poiché, quali cittadini di Roma, noi abitiamo, facciamo affari e
comandiamo qui?! Noi sì che possiamo cacciarti via all’istante, ma non credere
tu, sciocco galileo, di mandare via noi a tuo piacimento! Anzi, per non perdere
tempo ti ordiniamo, in virtù dei pieni poteri che abbiamo, di lasciare questa città
ancora prima della mezzanotte, poiché ne abbiamo abbastanza del tuo gironzolare
fra noi!»
4. Esclamo Io: «O voi, ciechi e stolti che siete! Quanto a lungo volete
vivere ancora nel vostro potere assoluto? Non Mi costerebbe che un solo
pensiero ridurre, in un istante, in polvere voi con tutti i vostri pieni
poteri! Ritornate dunque tranquillamente alle vostre case, altrimenti la terra
su cui posate il piede vi inghiottirà!»
5. In quell’istante, ecco la terra fendersi proprio davanti ai loro
piedi, ed uscirne fumo e fuoco, con grande terrore di quei diffamatori, i quali
si mettono ad urlare, dicendo: «Guai a noi! Siamo perduti! Di certo noi abbiamo
peccato contro Elia!». E continuando così a gridare, si allontanano in fretta e
in furia, mentre la fenditura del terreno si chiude. Noi invece ce ne andiamo
tranquillamente alla casa di Joram.
6. Quando ci troviamo tutti assieme radunati nelle stanze della casa di
Irhaele e di Joram, è già tutto pronto per la cena. Io la benedico, e tutta la compagnia
di circa un migliaio di persone prende posto. Tutti mangiano e bevono e lodano
il sapore squisito del cibo e del vino e sono di animo lieto e sereno; soltanto
il comandante romano, venuto con noi per accompagnarci assieme alla moglie
risanata e ad alcuni ufficiali subalterni, appariva di umore triste e mangiava
e beveva poco. Jonaele si sedette accanto a lui e gli chiese quale fosse il
motivo della sua tristezza.
7. Il comandante romano, traendo un profondo sospiro, disse: «Nobile e
saggio amico! Come si può essere di lieto umore quando si vede che quasi tutta
l’umanità è mille volte più cattiva di quanto sarebbe necessario per essere
idonea al più profondo Tartaro, se pur ce n’è uno? Se due lupi affamati trovano
un osso e, spinti dalla fame, si impegnano furenti in una lotta per
contenderselo, questo è comprensibile! E questo perché in primo luogo sono
lupi, animali senza ragione, macchine mosse da forze naturali che dalle
pressanti esigenze della loro natura sono spinte a saziarsi; in secondo luogo,
è proprio per questi motivi che essi sono in sé del tutto inconsci delle
proprie azioni come un ruscello ingrossato il quale con la sua enorme massa
d’acqua distrugge tutto ciò che si trova nelle sue vicinanze. Ma qui si tratta
di uomini, i quali, a quanto essi dicono, posseggono un certo grado di cultura
e di sapienza, mentre invece sono nel loro cuore peggiori di tutti i lupi, le
tigri, le iene, i leoni e gli orsi! Essi pretendono per sé ogni riguardo
immaginabile, ma non vogliono averne neanche il più piccolo verso il loro
prossimo! Dimmi, o amico, sono anche questi uomini? Meritano forse
misericordia? Io dico di no, e mille volte di no! Oh, aspetta, aspetta o popolo
rozzo! Io voglio accenderti una fiaccola tale che perderai per sempre la vista
e l’udito!»
8. Dice Jonaele: «Ma che cosa vuoi fare? Anche se tu li facessi passare
tutti a fil di spada, ti creeresti dei nemici altrove; questi farebbero correre
chissà quali voci sul tuo conto a Roma e tu potresti venire posto là in cattiva
luce, e la fine di tutto ciò sarebbe che tu verresti confinato in qualche luogo
lontano, nel paese degli Sciti! Dunque lascia la vendetta al Signore soltanto,
e sii pur certo che Egli saprà usare la misura giusta e rigorosamente esatta
per questo popolo.
9. Leggi la storia del mio popolo, ed essa ti dimostrerà per filo e per
segno come il Signore in ogni tempo lo abbia punito nel modo più severo, spesso
quasi inesorabilmente, per ogni peccato commesso; ed io ti dico che il Signore
del Cielo e della Terra è ancora, continuamente e immutabilmente, il Medesimo
come Egli era fin dall’Eternità. Egli è tollerante, pieno della più grande
pazienza, e non lascia mai il popolo del tutto abbandonato a sé senza guide e
senza segni dall’Alto; ma guai al popolo, qualora la pazienza venga meno al
Signore! Quando Egli brandisce nella Sua mano il possente flagello, non
l’abbandona fino a che le ossa non siano ridotte ad una poltiglia molle e
sottile!
10. Quello che tu faresti qui con molta fatica non esente da pericoli,
lo può fare il Signore con il più debole Suo pensiero. Però
finché il Signore stesso vuole sopportare tali uomini, non dobbiamo neppure noi
alzare le nostre mani contro di loro!
11. Tu ben vedesti quanto facile cosa è stata per il Signore fendere la
terra innanzi ai profanatori e fare uscire poi fuori, dall’aperta voragine,
fumo e fuoco! Altrettanto facile sarebbe per Lui, tramutare quei maldicenti in
polvere e cenere! Ma invece gli bastò soltanto incutere loro un po’ di spavento
soltanto per metterli in fuga.
12. Dunque, se è sufficiente per il Signore, lo sia anche per noi;
infatti Egli solo è all’altezza di misurare in ogni tempo secondo la giusta
misura! Ora, poiché il Signore è visibilmente di cuore lieto qui fra noi e
dimostra di rallegrarsi alquanto di noi pochi, perché dovremmo essere
malinconici e tristi? Sii dunque di animo lieto e sereno, e gioisci della
Grazia di Dio che ti è concessa; ma per ogni altra cosa lasciala interamente a
Lui!».
A Sichar.
Continuazione del discorso sulla tolleranza fra Jonaele e il comandante; la
buona testimonianza di quest’ultimo su Gesù e la sua ira contro gli ebrei
ciechi e perversi. Uno squarcio di luce sull’Allopatia. Conseguenze del peccato
e modo di curarlo. Dolcezza e pazienza più efficaci della collera. Esempi come
dimostrazioni di esperienza. Seguire il Signore è meglio che anteporsi al Suo
giudizio.
1. Dice il comandante: «Mio caro e sapiente amico! È vero, tu hai
parlato giustamente; ma che cosa posso dirne io che sono straniero? Io credo
ora, e sono intimamente convinto che questo Gesù di Nazaret altri non sia che
il verissimo Dio sotto forma umana. E questo me lo dicono non tanto i grandiosi
segni che Egli ha operato, quanto piuttosto la Sua Sapienza sconfinata! Infatti
chi vuole creare un mondo deve appunto essere tanto sapiente quanto lo è Lui in
ciascuna delle Sue parole!
2. Ma questi furfanti qui, con abominevole profanazione, si fanno
chiamare figli di Dio, con il Quale dovrebbero essere stati in ogni tempo, direttamente
od indirettamente, in comunicazione; ora però che Egli viene a loro
corporalmente, Lo oltraggiano invece come se fosse un cialtrone e Lo cacciano
per di più fuori dalla città! Amico! Io sono romano; dunque, considerata la mia
religione, io sono più o meno un panteista storpio e un cieco pagano, eppure io
credo ormai e sono pronto a dare la vita per questa mia nuova fede.
3. Se questi tali fossero dei pagani, avrei indulgenza con loro; ma
poiché si fanno chiamare figli di Dio ed oltraggiano in tal modo questo Dio che
dovrebbe essere il loro eterno Padre, io non posso quale straniero usare loro
alcuna indulgenza!
4. Prima volevano cacciare il Signore Dio; ora sono essi che devono
essere cacciati! Gli animali nocivi e le zizzanie devono essere allontanate e
gettate fuori, affinché questo campo del Signore, che Egli stesso ha preparato,
possa rendere dei frutti sani e puri! Infatti, se le
male erbe rimangono qui, guasteranno in breve tempo tutto quello che il Signore
stesso ha tanto generosamente e magnificamente seminato! Dimmi, con tutta
sincerità, ho ragione o no? Cosa deve essermi più caro, il Signore oppure
questi mascalzoni miserabili?»
5. Risponde Jonaele: «Considerate le cose da tali punti da vista, tu
hai certo pienamente ragione e nessuno può ne potrà mai sostenere il contrario;
ma, se poi ci sia proprio la necessità assoluta di fare immediatamente ciò che
tu ti proponi, vedi, questa è una questione ben differente. Può essere che
questi malvagi, sotto l’impressione dello spavento, cominceranno a pensarci su,
si pentiranno del loro malfatto e si miglioreranno completamente; ed in questo
caso dunque non sarebbe conforme al buon ordine l’esiliarli tutti. Il peccato
dell’uomo rimane punibile solo finché egli persiste nel peccato stesso; quando
però l’uomo ripudia completamente il peccato e rientra nell’ordine stabilito di
Dio, allora né il peccato né la punizione rispettiva hanno più nulla a che fare
con quest’uomo!
6. Punire un uomo che si è completamente migliorato, perché nella sua
cieca stoltezza e nella sua debolezza ha precedentemente peccato una o anche
più volte, sarebbe il colmo dell’insensatezza, una cosa assolutamente indegna
di un vero uomo, e contro ogni ordinamento divino. Il procedere in simile modo
ad una punizione sarebbe precisamente altrettanto assurdo, come se un medico
stolto, dopo aver guarito i suoi ammalati, se ne andasse da loro e dicesse:
“Anche se ora voi siete del tutto risanati, però dovete convenire che la vostra
carne, e precisamente questo o quel membro, ha peccato contro di voi, e perciò
nella stessa misura come essa vi ha tormentato è necessario che ora venga anche
punita!”. Cosa avverrà mai allora di questi risanati se, per seguire questo
consiglio, cominceranno a castigare la carne loro, da poco guarita, facendola nuovamente
martirizzare in ogni maniera? Dove se ne andrà la riacquistata salute? Vedi,
essi ricadranno ammalati in modo dieci volte peggiore di prima! Si domanda
dunque: “A che cosa avrà giovato una tale inopportuna punizione della carne?”.
A che scopo quindi usare violenza alla carne ormai risanata, facendola
ripiombare nella malattia? Ma se un sistema simile, già sotto l’aspetto
materiale, si può chiamarlo più che stolto, quanto più converrà qualificarlo
tale, se applicato senza risparmio all’uomo spirituale?
7. Il nostro dovere verso gli uomini che hanno peccato e che si sono
poi del tutto ravveduti è bensì quello di renderli attenti fraternamente ai
grandi pericoli ai quali il peccato espone, nonché, d’altra parte, di confortarli
e rafforzarli anche nel loro stato di ravvedimento con tutti i mezzi di cui
disponiamo, affinché essi non abbiano possibilmente mai più da ricadere nella
schiavitù del peccato; ma chiamarli a rispondere dei loro errori e infliggere
loro castighi, dopo che si sono ravveduti, sarebbe nient’altro che incitarli a
peccare in modo dieci volte peggiore!
8. Ora qui ci si domanda se un simile agire non sarebbe innanzi a Dio
cento volte più meritevole di punizione che non tutti i peccati precedentemente
commessi dagli ormai ravveduti. Il castigo che ogni peccato già porta in sé,
credimi, è una medicina contro quel male dell’anima che si chiama “peccato”;
ora, se il male è già domato per virtù della medicina in esso riposta, a che
scopo si vorrà usare ancora un’altra medicina, quando non esiste più alcun
male?»
9. Risponde il comandante: «Per prevenire una possibile nuova irruzione
del male!»
10. Dice Jonaele: «Eh, sì, le misure preventive sono certamente buone e
necessarie; ma, come ho detto prima, esse devono essere di natura corroborante,
ma non debilitanti e addirittura mortali. L’ira non si addolcisce con l’ira, ma
soltanto con l’amore, la mansuetudine e la pazienza!
11. Per combattere il fuoco è necessario versarvi dell’acqua, non della
pece bollente ed ancora meno del metallo rovente! E così, quando uno si rompe
una gamba, lo si trasporti a casa, gli si aggiusti la gamba spezzata, gliela si
fasci e lo si ponga a giacere in un buon letto affinché guarisca, ma non lo si
prenda a bastonate per il fatto che, camminando, egli fu così poco accorto da
cadere e da rompersi la gamba!
12. Poco tempo fa ebbi occasione di parlare con un tale reduce dalla
Scizia, dov’era andato ad annunciare a quelle genti il Dio di Abramo, di Isacco
e di Giacobbe, ed egli mi raccontò che è costume, presso quei popoli selvaggi e
nomadi, quando uno muore di castigarlo appunto perché è morto! Essi lo
spogliano interamente, lo legano poi nudo ad un palo e lo frustano per tutta
una giornata; e sembra che un simile trattamento sia riservato al morto anche
nel caso che si tratti di una uccisione, poiché egli solo viene ritenuto
colpevole per essersi lasciato sopraffare e infine uccidere! L’assassino
invece, riceve unanime lode per aver trionfato sull’avversario e per essersi
conservato in vita.
13. Per quanto insensata possa apparire la cosa, essa troverebbe
tuttavia piena applicazione a noi, qualora con il nostro agire volessimo
rendere ancora più morto colui che, anche senza questo, è spiritualmente già
morto, a causa del peccato, il quale in fondo non è altro che una malattia
dell’anima!
14. Sicuramente, l’ammalato ha bisogno del medico e della medicina che
fa al suo caso; ma il volerlo punire perché ha avuto la disgrazia di cadere
ammalato, questa, mio caro amico, è una cosa che bisogna lasciare ai lontani
Sciti! Ora io penso che ti sarà chiaro che è meglio seguire in tutto e per
tutto il Signore della Vita piuttosto che prevenirne le azioni con mano grezza
ed incapace, giungendo così al solo risultato di rovinare il grande vivaio divino,
o per deliberata malevolenza come i demoni, o per pura stoltezza!».
A Sichar.
Cenni di Jonaele sul trattamento delle malattie dell’anima. Cattive conseguenze
dell’esagerata severità - nelle grandi e nelle piccole cose. Della pena di
morte. La vendetta delle anime uccise. Buoni consigli per la riconciliazione
con i nemici morenti. Esempio del nemico ucciso di Davide. Benedizione della pace e dell’amicizia. La
vendetta dei nemici nell’aldilà.
1. Risponde il comandante, profondamente colpito da queste parole
traboccanti di forza e di verità: «È vero; tutto mi è chiaro adesso, e perciò
desisto dal mio proponimento! Io farò una tal cosa solo quando ne avrò avuto da
te un cenno, e così pure tu, quale preposto ordinato da Dio su questa comunità,
avrai d’ora in poi presso di me la precedenza in tutte le cose; né io
intraprenderò più alcuna cosa senza il tuo consiglio»
2. Dice Jonaele: «Questa tua decisione è buonissima e degna del
compiacimento del Signore! Se qualcuno è ammalato nel corpo, deve ricevere
aiuto nel corpo; ma colui che è ammalato nell’anima ha bisogno di essere
soccorso con mezzi che influiscano sull’anima, e nel modo che si confà al
genere della malattia.
3. Le malattie dell’anima nei fanciulli si possono curare nel miglior
modo allevandoli con una buona educazione ordinata, nella quale non manchi la
verga; negli uomini adulti, invece, le malattie dell’anima si devono combattere
mediante consigli saggi e amorevoli, con insegnamenti sinceri e puri e con
ammonimenti che il puro amore ispira, al fine di renderli attenti alle
necessarie brutte conseguenze che devono sorgere dal volontario mantenimento
delle debolezze dell’anima. Quando tutti questi mezzi non giovano a nulla,
poiché si ha a che fare con anime molto indurite, vale a dire cieche e sorde,
allora è proprio il momento di usare verso tali esseri un trattamento più serio
e più rigoroso; ma tuttavia anche questo deve totalmente ispirarsi all’amore
del prossimo, perché soltanto nell’amore del prossimo può venire benedetto
anche un agire severo.
4. Se i governanti nelle loro azioni si lasciano guidare dall’ira e
dalla sete infernale di vendetta, tutta la loro fatica è vana! Invece di
guarire gli ammalati nell’anima, facendone così dei veri uomini, li si converte
invece a veri demoni, nei quali non c’è forza al mondo che valga ad estinguere
la sete di vendetta.
5. Per qualche tempo Satana può, per l’influenza delle potenze
dall’Alto, essere trattenuto; però se il Signore - a causa degli uomini
orgogliosi che alla fine ritengono di essere in grado di mantenere l’ordine che
a loro piace tramite la loro forza e la sapienza che consiste nell’usare
inesorabilmente una severità tirannica - ritira la Sua Potenza e toglie i ceppi
a Satana, allora tutta la presunta loro potenza in un attimo è ridotta al
nulla! Infatti gli altri uomini, cioè quelli trasformati da un simile
trattamento assurdo in veri demoni, si rovesciano sopra di loro come un
torrente rigonfio e li annientano al punto che sembra che non siano mai
esistiti!
6. La pena di morte causa effetti ancora peggiori! Infatti, a cosa
giova uccidere qualcuno nel corpo se non è possibile rendersi padroni
dell’anima e dello spirito, nei quali propriamente risiede la forza che opera
ed agisce?
7. Colui che crede di essersi sbarazzato del suo nemico perché ne ha
ucciso il corpo è dieci volte cieco! Con ciò egli si è creato da un nemico
debole e visibile, mille altri che egli non può vedere e che lo perseguiteranno
giorno e notte, causandogli danni nel corpo, nell’anima e nello spirito.
8. Considera per esempio una guerra, dove non di rado rimangono uccise
nel corpo molte migliaia di uomini! Il vincitore pensa, nella sua cieca mente,
di essersi liberato dai suoi nemici avendoli corporalmente annientati; ma in
che modo mostruosamente grande si inganna! Le anime e gli spiriti degli uccisi,
come conseguenza dell’influenza immediata che esercitano sui fenomeni
atmosferici e meteorici, persistono per molti anni di seguito nel rendere vana
ogni seminagione, provocano così inevitabilmente la carestia la quale genera la
fame, e con questa ogni tipo di contagio e di pestilenza! Queste calamità poi
spazzano via in breve tempo più uomini di quanti guerrieri egli abbia ucciso al
nemico; e con ciò, indebolito nella sua potenza che gli dovrebbe dare la sua
terra, deve, per poter sussistere, arruolare a caro prezzo dei guerrieri in
paese straniero. Ciò facendo egli aggrava di debiti se stesso e il proprio
paese; e quando, dopo qualche anno, paese e popolo saranno completamente
esausti ed egli non potrà più pagare né i suoi debiti né i suoi soldati, allora
ben presto si eleverà un coro di maledizioni contro di lui, e verrà
perseguitato da tutte le parti; il suo popolo, che egli conquistò, oppresso
dalla grande miseria, insorgerà contro di lui, mentre d’altro canto anche i
nemici esterni non si lasceranno sfuggire questa occasione per piombargli
addosso; ed egli, il celebrato vincitore di prima, non uscirà più tale da
questa lotta, ma invece la disperazione lo assalirà, e con gli artigli di una
tigre lo dilanierà spiritualmente fino nelle più intime fibre vitali!
9. Vedi! Tutto questo è opera dei nemici uccisi corporalmente!
10. Perciò è anche un’antichissima usanza quella per cui quando
qualcuno è moribondo, i suoi intimi si rechino da lui per riconciliarsi e per
averne la benedizione, perché, nel caso che egli muoia tenendo inimicizia
dentro di sé, è ben da compiangersi colui che, quale suo nemico, continua a
vivere sulla Terra. In primo luogo l’anima divenuta libera tormenterà senza
posa il nemico sopravvissutogli, suscitando in lui rimorsi atroci ed
insopportabili, ed in secondo luogo essa guiderà ed disporrà le circostanze
della vita terrena del suo nemico in modo tale che costui difficilmente potrà
più avere un giorno di prosperità e di pace!
11. Il Signore però permette che tutto ciò avvenga, affinché alle anime
offese sia data la richiesta soddisfazione, e per il motivo ancora più
importante e incalcolabilmente migliore per il superstite, e cioè di scontare
su questo mondo materiale i suoi peccati d’orgoglio, piuttosto di cadere
immediatamente dopo la morte del suo corpo in mano al potere di migliaia di
nemici, i quali, traendo profitto della sua assoluta inesperienza delle cose di
quel mondo, non userebbero con lui certamente modi amichevoli!
12. Ecco dunque il motivo per cui è anche tanto necessario per l’uomo
esercitare in questo mondo l’amore e la vera amicizia, e fare del bene
piuttosto che del male a qualsiasi nemico, e benedire colui che maledice;
infatti chi può sapere quando al Signore piacerà di richiamarlo da questo
mondo! Se qualcuno mi fu nemico su questa Terra, relativamente per lievi
questioni, mi diventerà poi in stato di spirito cento volte più nemico nelle
cose grandi.
13. Davide era di certo fin dalla fanciullezza un essere umano ed un
uomo veramente secondo il cuore di Jehova; tuttavia egli si era inimicato solo
un uomo, cioè Uria, contro la Volontà del Signore, e a voi è noto quanto
terribile è stata la vendetta dello spirito di Uria su Davide, con il permesso
del Signore! Questa è sempre stata l’inevitabile conseguenza di un’azione
nemica verso un uomo, contraria alla Volontà di Dio!
14. Certamente tutt’altro aspetto assume la cosa quando tu vieni designato dal Signore stesso, come lo fu Davide nelle
sue guerre contro i Filistei, per combattere ed annientare terrenamente genti
nemiche di Dio e degli uomini, e già divenute preda di Satana! Infatti costoro sono sottoposti immediatamente ad un aspro
giudizio nell’aldilà, e non possono perciò mai più insorgere contro il braccio
di Dio, perché vengono frenati ed umiliati dalla potenza del Signore.
15. Ma ben differente è la cosa riguardo a quei nemici che ti sei
creato in questo mondo senza che Dio centri per nulla, con il tuo agire ostile,
con il tuo orgoglio e con il modo quanto mai carente ideato dall’uomo per
amministrare la giustizia, a proposito del quale è già passato in proverbio il
detto che la più grande ragione è in pari tempo anche il più grande torto! Tali
nemici diventeranno, dopo aver abbandonato il corpo, i tuoi più
irriconciliabili nemici!
16. Io ti darei, se le avessi, mille vite purché tu potessi indicarmi
una persona felice su questa Terra che fosse stata preceduta da un nemico
nell’altro mondo! Io finora non ne ho conosciuta nessuna! Al contrario conosco
benissimo casi in cui la vendetta di uno spirito divenuto nemico ha
perseguitato delle famiglie fino alla decima generazione; e ancora altri casi
nei quali uomini che furono in un paese oppure in una contrada qualsiasi
gravemente offesi, hanno poi, quali spiriti, devastato quel paese e quella
contrada per molti anni, anzi talvolta anche per sempre, così da non lasciar
modo a nessuna creatura di sussistervi! Amico, per quanto incredibile ti possa
sembrare questo mio insegnamento dato con le migliori intenzioni, esso è
inconfutabilmente vero! E se non lo fosse, come avrei potuto azzardarmi di
parlartene qui alla presenza del Signore e dei Suoi angeli?! Ma, se in te vi
fosse un dubbio qualsiasi, puoi rivolgerti al Signore, l’eterno Creatore di
tutte le cose, ed Egli ti darà validissima testimonianza che in ciò che ti
dissi non c’è nemmeno una sillaba che non sia vera!».
A Sichar. «Vivete in pace e unità». Degli angeli custodi.
Accenno all’ordinamento della Casa divina. Una domanda giustificata: «Come e
quando miglioreranno le condizioni sulla Terra? Quando dominerà il Regno di
Dio?»
1. Questo discorso di Jonaele riempie di stupore il comandante e con
lui molti altri ospiti presenti, e il primo esclama: «Ma se la cosa sta in
questi termini, allora il vivere sulla Terra diventa una questione quanto mai
pericolosa; chi mai lo può reggere?!»
2. Gli dico Io: «Chiunque viva secondo la Mia Dottrina! Ma chi invece
vive secondo i suoi principi fondati per lo più sull’egoismo e sull’orgoglio, e
non sa perdonare di tutto cuore e benedire dieci volte l’autore di una
qualsiasi offesa a suo danno, costui deve anche rassegnarsi a sopportare, prima
o poi, le inevitabili conseguenze dell’ostilità, contro le quali egli non può
aspettarsi da Me alcuna protezione, a meno che egli non abbia pagato il suo
debito verso il nemico fino all’ultimo spicciolo! Cercate perciò di vivere con
tutti in pace e concordia! È meglio per voi sopportare un torto che fare agli
altri ciò che può sembrare un torto. Così facendo voi non vi creerete dei
nemici pronti alla vendetta, e gli spiriti, che altrimenti sarebbero divenuti
vostri nemici, saranno invece i vostri spiriti protettori e allontaneranno più
di una sciagura dal vostro capo!
3. Ma perché tutto ciò è così, e così deve essere? A ciò rispondo Io:
“Perché così deve essere secondo la Mia Volontà e secondo il Mio Ordine
immutabile!”»
4. Dice il comandante: «Sì, o Signore, io ora scorgo anche troppo
chiaramente il Tuo infinitissimo Amore e illimitata Sapienza, e dico che se un
giorno tutti gli uomini saranno compenetrati dalla Tua Dottrina, allora la
Terra sarà trasformata nel più perfetto Regno dei Cieli! Ma - e questo è un
“ma” enormemente grande - quando accadrà?
5. Se io penso a questa vasta Terra, la quale nessun esploratore ha
potuto ancora accertare dove essa cominci e dove finisca e se rifletto al
numero di uomini di ogni razza che popolano la sua smisurata superficie, mi prendono
le vertigini in tutte le parti del corpo! A quanto sembra, negli abitanti di
questo vasto mondo la barbarie e la perfidia più rozze sono i tratti più
spiccatamente marcati del loro carattere.
6. La stragrande maggioranza degli uomini è satura di egoismo bestiale
e del più infernale orgoglio!
7. E se talvolta riesce ad un piccolo popolo, amante della pace, di
trovare sulla Terra, che pure è grande, un cantuccio per stabilirsi, e giunge
con i frutti del comune lavoro a qualche prosperità, ecco ben presto sbucare
fuori i lupi e le tigri sotto umane sembianze che, guidati dal loro sottile
odorato, lo rintracciano e lo assalgono; e quei poveretti vengono sopraffatti e
resi in tal modo mille volte più infelici di quanto lo fossero stati in origine
nella loro condizione naturale!
8. Se tuttavia un tal piccolo popolo pacifico e colto, con il suo
coraggio e con l’intelligenza e l’energia dello spirito, riesce vittorioso
nella lotta contro i nemici che esso ha dovuto annientare, in grandissima parte
naturalmente con le armi alla mano, subito dopo gli spiriti degli avversari
uccisi diventano i suoi più grandi ed accaniti nemici! Ma ora, se la cosa è
come io la comprendo, sono costretto a domandare apertamente: “Come, quando e
in quali circostanze potrà la Tua Dottrina veramente salutare mettere salde
radici su questa Terra e potrà indurre l’intera umanità ad operare secondo i
dettami in essa contenuti?”
9. Anche se singoli popoli vorranno riscaldarsi al mite raggio della
Tua Dottrina insuperabile, essi verranno di giorno in giorno sempre più
assediati da nemici; e se si consegneranno spontaneamente ai nemici, non
diventeranno nient’altro che schiavi dei loro conquistatori, esposti ad ogni
più inumana oppressione e forse perfino sottoposti al divieto di vivere secondo
la Tua Dottrina.
10. Se essi però, mediante un qualunque mezzo del potere, diventano
padroni dei loro nemici, solo allora gli spiriti e le anime degli avversari
uccisi in battaglia diventeranno veramente, in tutta pienezza, i loro nemici
più invincibili e per conseguenza, secondo la mia opinione certo non
competente, ci sarà tanta strada da fare affinché il Regno dei Cieli si
stabilisca sulla Terra!
11. Se proprio, ed io stesso lo dico pure a motivo della buonissima
causa, si debba rendere bene per male ad ogni nemico, questa è una cosa che
secondo me è necessario ancora discutere! Io non dubito affatto che con ciò si
potrà convertire più di un nemico cieco in amico vedente, ma che questa regola
sarà possibile applicarla con benefici risultati anche alle grandi masse di
nemici, questo, o Signore, perdona il mio povero intelletto, per le ragioni
anzidette non posso fare a meno di metterlo in dubbio!
12. Pensando a ciò, mi si presentano alla memoria i fatali gorghi di
Scilla e Cariddi, dove, se pur si riesce ad evitare il primo, tanto più
certamente si viene inghiottiti dal secondo! Soltanto riguardo a ciò, o
Signore, illuminami ancora un po’, ed io correrò ad abbracciare fraternamente
tutti i miei nemici e a liberare coloro che sono imprigionati; anche tutti i
ladri, i banditi e gli assassini, siano essi pure perfidi all’estremo!».
A Sichar.
L’insegnamento del Signore sul trattamento dei delinquenti. La pena di morte e
il suo effetto. Un consiglio per i giudici. Dello scopo principale
dell’Incarnazione del Signore. La costruzione del ponte fra questo e l’altro
mondo. Guide nell’aldilà per gli ignari. Buona preghiera.
1. Rispondo Io: «Amico, la tua vista è ancora molto corta, se ti
spieghi e comprendi così la Mia Dottrina! Eppure te l’ha già detto Jonaele che,
tanto nel caso di una lotta intrapresa per comando divino contro un cattivo
nemico quanto quella imposta inevitabilmente dalla legittima difesa, tutto è da
Me ordinato in tal modo che le anime degli uomini uccisi in simili
combattimenti, sottostanno immediatamente ad un durissimo giudizio, e non
possono reagire in maniera malefica né su coloro dai quali furono giustamente
vinti né sulla Terra. Dunque, se questa è una verità immutabile dalla quale tu
puoi chiaramente rilevare come stiano in fondo le cose, come mai tu puoi
opporre alla Mia Dottrina delle idee basate tanto sul dubbio?
2. Chi ti ha detto che non si debba imprigionare e custodire con grande
severità i veri delinquenti, che spesso sono peggiori di tutte le bestie
selvagge dei boschi?! Al contrario anzi, te lo impone il vero amore del
prossimo, poiché se tu vedessi una iena assalire un uomo, certamente correresti
con l’arma alla mano per uccidere l’animale, come sicuramente correresti veloce
in difesa del galantuomo che fosse aggredito sulla pubblica via oppure in casa
da qualche malandrino!
3. Dato però che tali iene, che si celano sotto sembianze umane, quando
si uniscono tra di loro in numero troppo grande possono divenire pericolose non
soltanto ai singoli viandanti ma anche ad intere località, allora è addirittura
imperioso dovere dell’autorità, che ha nelle sue mani il potere, dare la caccia
a simili individui pericolosi e rinchiuderli in solide prigioni.
4. Però con la pena di morte è necessario andare molto cauti, e si deve
applicarla soltanto nel caso in cui, nello spazio di dieci anni, ogni mezzo sia
rimasto infruttuoso per ottenere un qualche reale miglioramento nella vita del
malfattore. Se questi sul luogo del supplizio promette di ravvedersi, gli si
conceda ancora il termine di un anno. Però, qualora neanche entro questo
termine si riscontri in lui qualche indizio di miglioramento, allora la
sentenza di morte sia eseguita, poiché in tal caso non è da sperare affatto che
un tal uomo si ravveda su questa Terra, ed è meglio che ne venga allontanato!
5. Certamente, se l’autorità che esercita di diritto il potere vuole
con l’approvazione della comunità commutare ad un simile delinquente la ben
meritata pena di morte in ergastolo, per continuare nei tentativi di
correggerlo, essa è libera di farlo ed Io non la chiamerò un giorno a
rispondere di ciò.
6. Gli uomini che vivono secondo i Miei precetti non hanno nulla da temere
da questo tipo di nemici, perché quest’ultimi, dopo la morte del loro corpo,
non hanno alcun potere di effetto retroattivo, ma questo potere è dato a quelli
spiriti i quali, a causa delle loro tendenze ed aspirazioni a migliorare le
cose su questo mondo, sono stati uccisi in maniera crudele da dominatori
smisuratamente tirannici, orgogliosi, egoisti ed avidi di potere, e per
conseguenza usurpatori del nome di governanti!
7. Se dei giudici privi del tutto di qualsiasi più nobile sentimento si
creano con simili sentenze ingiustissime dei nemici, questi ultimi quali
spiriti si vendicheranno poi dei loro giudici ingiusti, poiché l’effetto
retroattivo è concesso da Me a tali spiriti; mentre ciò non è mai il caso se si
tratta di spiriti votati al male per principio! Io penso che ora i tuoi dubbi
saranno stati chiariti?!»
8. Dice il comandante: «Sì, certo, tanto Scilla che Cariddi sono ormai
superati; ora questo punto mi è perfettamente chiaro.
9. Però, come ho detto prima, non comprendo in quale maniera potrà la
Tua Dottrina davvero santa aprirsi una via, possibilmente priva di ostacoli,
nella notte in cui l’umanità giace ora sepolta! Per via puramente
soprannaturale, secondo quello che Tu stesso dicesti, non sarebbe di molta
utilità agli uomini per il motivo che in tal modo questi verrebbero trasformati
in macchine anziché in esseri liberi, come è loro destino di essere e di
rimanere; e d’altro canto, per via completamente naturale non si arriverà alla
meta se non a prezzo di molto sangue ed in un tempo straordinariamente lungo.
Anzi, considerando l’umanità così come io discretamente la conosco, tanto in
Asia, quanto in Africa ed in Europa, potrei affermare quasi con certezza, pur
non avendo affatto il dono della profezia, che passeranno da oggi ancora duemila
anni, ma il numero di coloro che avranno di fatto accolto questa Tua Dottrina
sarà molto inferiore alla metà degli abitanti di questa Terra!? Ho io ragione o
no?»
10. Gli rispondo Io: «In verità in fondo tu non hai affatto torto. Però
questa cosa non ha in generale quell’importanza che tu credi, perché qui non si
tratta tanto che la Mia Dottrina venga universalmente accolta su questa Terra,
quanto piuttosto che, in seguito alla Mia attuale venuta quaggiù ed alla Mia
Parola ed agli insegnamenti Miei, sia stato finalmente gettato il Ponte fra
questo mondo materiale e quello spirituale, i cui eterni campi giacciono al di
là della tomba!
11. Colui che accoglierà pienamente e
seriamente la Mia Dottrina già su questo mondo, costui transiterà questo Ponte
ancora durante la sua vita corporale; ma chi su questa Terra accoglierà la Mia
Dottrina in modo tiepido o incompleto, oppure la respingerà del tutto, costui
arriverà nell’aldilà avvolto in una fitta tenebra, e gli sarà molto difficile
rintracciare questo Ponte!
12. Agli uomini, però, ai quali non sarà mai stato possibile apprendere
qualcosa della Mia Parola durante la vita terrena, verranno
concesse nell’aldilà delle guide che avranno il compito di indicare loro la via
che conduce al Ponte; se gli spiriti, ignari del tutto della Mia Dottrina,
seguiranno le Mie guide, anch’essi passeranno oltre a questo Ponte ed
entreranno nel Regno della Vita vera ed eterna; se invece vorranno rimanere
ostinatamente attaccati alle loro dottrine, allora essi saranno giudicati, semplicemente
quali creature, a seconda di come abbiano vissuto in base alla loro dottrina e
non perverranno ad essere dei figli di Dio! Ecco, così stanno le cose. Pensaci
su dunque e dimMi la tua opinione. Non indugiare però, perché vedi, il Mio
tempo in questo luogo volge alla fine»
13. E il comandante, dopo alcuni istanti di riflessione, risponde: «Signore! Ora mi è tutto chiaro fino all’evidenza,
e se anche con il tempo dovesse sorgere in me qualche dubbio, ebbene, Tu hai
suscitato un uomo il quale può istruire noi tutti riguardo ad ogni questione!
Perciò sia da me e da tutti noi altamente lodato e glorificato il Tuo Nome
sopra ogni cosa ed in ogni tempo! Una sola preghiera ancora, o Signore, voglia
Tu ascoltare da me: “Se Tu per ora ci lasci, ciò non sia per molto tempo, ma
ritorna presto fra noi! La mia principale cura sarà di far sì che al Tuo
ritorno Tu possa trovare qui dei cuori più degni di Te di quanto lo siano stati
questa volta”».
A Sichar.
Promessa del Signore di una visita segreta. Il profeta è più ascoltato in paese
straniero. Matteo accompagna il Signore quale scrivano. Ringraziamento del
comandante romano. Jonaele viene prescelto come maestro; gli viene conferito un
potere miracoloso e gli viene assegnato un angelo come istruttore. Il profondo
dolore per il commiato di Irhaele e Joram. La consolazione da parte del
Signore.
(Giov.4,
43-44).
(V.43) Ma dopo due giorni
partì da lì e andò in Galilea.
1. Dico Io: «Io verrò ancora una volta di nascosto qui da voi, ma
allora l’intera località non dovrà sapere della Mia presenza, poiché dalla
Giudea e dalla Galilea, oppresse sotto il peso di gravi imposte, molta gente
verrà a stabilirsi in questo paese, dato che qui l’oppressione è minore. D’altronde
l’amico Mio Jairuth si è assunto l’incombenza di pagare lui quasi tutte le
imposte per i poveri».
(V.44) Poiché Gesù stesso testimoniò che un profeta non vale niente nella
sua propria patria.
2. (Continua il Signore:) «Ora dove si trova molta gente che è dello
stesso paese di un profeta questo ha ben poco valore, a meno che non sia un
uomo vecchio! Soltanto quello che dice un vecchio è ritenuto da questi pazzi
Parola di Dio, mentre la sapienza di un giovane viene considerata semplicemente
quale un gioco di parole sorto da una fantasia riscaldata, cui si associ di
quando in quando, per un po’, la ragione. Riguardo poi ai fatti miracolosi, per
quanto possano essere straordinari, vengono ciò non di meno tutti
indistintamente relegati entro i confini della magia, la quale attualmente è
purtroppo in gran voga. Gli uomini dunque sono ora abbastanza ciechi; non
possono distinguere il vero dal falso e rigettano perciò ogni cosa allo stesso
modo.
3. Quindi è meglio che il profeta se ne vada in un paese straniero,
poiché là, dove egli non è conosciuto, la sua presenza può ancora ottenere
qualche risultato presso gli uomini più che in ogni altro luogo, ed è per
questo motivo che Io ed i Miei discepoli ora vi lasceremo. Tu però hai la Mia
promessa che ritornerò fra breve tempo a visitarvi.
4. Io porterò via con Me un uomo di nome Matteo che era impiegato qui
come esattore; egli scrive presto e bene, e Mi gioverà nel tenere nota degli
insegnamenti e delle Mie opere; rilasciagli perciò, a causa del mondo, un
passaporto!».
5. Il comandante fa preparare immediatamente il documento richiestogli
e Mi ringrazia dal più profondo del cuore per tutto quello che avevo detto ed
operato là. Anche gli altri ospiti, mossi dall’esempio del comandante, fanno
altrettanto, ma alcuni, più affaticati dal viaggio fatto in quella giornata, si
sono addormentati sulle panche e sui tavoli. Gli altri vorrebbero svegliarli,
Io però osservo: «Lasciateli riposare fino a giorno! Preferisco ora andarMene
silenziosamente a mezzanotte affinché la Mia partenza non susciti rumore. Voi
tutti restate pure qui finché si fa giorno e nessuno si muova per accompagnare
Me e coloro che vengono con Me, se non con il proprio cuore.
6. E tu, Mio Jonaele, abbi cura che la Mia Dottrina metta salde radici
in questo luogo e che il nuovo albero della Vita qui piantato produca molti
frutti buoni. Io ti concedo nel Mio Nome un potere soprannaturale dai Cieli;
non farti trasportare dal tuo zelo, non fare di questo potere un uso
inopportuno e perciò scriteriato, perché allora tu arrecheresti più danno che
bene! Un angelo rimarrà per qualche tempo in casa tua e ti insegnerà come si
possa fare uso saggio del potere celeste. Non dite però a nessun estraneo che presso
Jonaele dimora un angelo dai Cieli»
7. A questo punto Irhaele e Joram si avvicinano a Me piangenti e non
riescono a parlare a causa dell’amore e della gratitudine che provano! Io però
li benedico e li conforto dicendo loro: «Consolatevi! In breve tempo Io sarò di
nuovo fra voi!»
8. Entrambi allora abbracciano i Miei piedi, li bagnano delle loro
lacrime, e Joram esclama: «O tempo santissimo, affrettati e riconduci per
sempre fra noi nella Sua casa il Signore di ogni magnificenza! O Signore
ricordati di noi che Ti amiamo dalla pienezza del nostro cuore, e ritorna
presto per rimanere presso di noi per sempre!»
9. Dico Io: «Sì, Io ritornerò, ma, come già vi ho detto, solo in
segreto, poiché d’ora innanzi nessuno deve essere obbligato dalla Mia presenza a
credere alla Mia Missione dai Cieli, e quindi alla Mia Parola».
A Sichar.
Importanti cenni sulla Missione di Gesù. La potenza della Verità. Dell’essenza
della Parola del Signore. La Grazia per cui l’uomo è chiamato ad essere figlio
di Dio. Il Signore non vuole né scoraggiati né condannatori del mondo. Consigli
sul modo di vivere. Ciò che è il mondo e come esso possa essere utilizzato!
Partenza da Sichar.
1. (Continua il Signore:) «La Dottrina stessa deve giustificare la
verità. Colui che per il futuro non vivrà secondo la Parola che gli fu data ma
nella quale non avrà creduto né avrà avuto fiducia, costui morrà giudicato
dalla Parola stessa!
2. Infatti, come Io ho il potere del Padre Mio di concedere o di
togliere la vita eterna a chiunque che per volontà propria se ne renda
meritevole od immeritevole, così uguale potere ha pure la Mia Parola, dato che
questa Parola è sempre stata e sarà sempre l’espressione onnipotente ed eterna
della Mia Volontà!
3. Chi per conseguenza accoglie in sé pienamente la Mia Parola e
secondo questa opera e vive senza affatto deviare dal
sentiero che essa gli indica, costui accoglie Me stesso con tutto il Mio Amore
e con tutta la Sapienza, la Forza e la Potenza Mie, divenendo con ciò un vero
figlio di Dio al quale il Padre non rifiuterà niente di quanto Egli possiede!
4. Il Padre Santo non può fare di più del rivelarsi corporalmente in
Me, Suo Figlio, del fare di voi creature vincolate degli dèi dotati di ogni
libertà e del chiamarvi addirittura Suoi amici e fratelli!
5. Sia sempre presente al vostro pensiero Chi è Colui che vi rivela ora
tutto ciò e cosa ricevete con questa rivelazione, dato che così il mondo
materiale non avrà più potere su di voi e vi sarà facile vincerlo, il che è
tanto più necessario perché se non avete ottenuto in voi piena vittoria sul
mondo, non potete divenire figli del Padre che è in Cielo!
6. Io però non intendo affatto con ciò fare di voi degli scoraggiati e
dei condannatori del mondo, ma solo dei saggi utilizzatori del mondo!
7. Non sarebbe da dichiarare stolto colui che avendo sottomano un
qualunque buon utensile necessario per la sua arte se ne innamorasse a tal
punto da non volerlo assolutamente adoperare, ma lo ammirasse invece continuamente
con occhio piacevole e lo conservasse in uno scrigno per non esporlo alla
ruggine e quindi, divenendo meno bello, nuocesse al suo vuoto compiacimento?!
8. Ecco, anche il mondo è per voi uno strumento con il quale, se
adoperato per lo scopo per cui è stato costruito, potete fare moltissime cose
buone e magnifiche! Voi però, che ora siete Miei discepoli, dovete adoperare
questo strumento nella maniera che Io, unico e vero vostro Maestro, vi ho
insegnato durante queste due giornate e mezza!
9. Questo strumento, adoperato in tal modo, vi preparerà e rafforzerà
in voi la vita eterna. Se però voi vorrete adoperarlo diversamente, esso sarà
nelle vostre mani come un coltello affilatissimo nelle mani dei bambini, e la
ferita mortale che anche troppo presto e troppo facilmente ne riporterete,
difficilmente potrà venire sanata da un medico!
10. Prendetevi con queste parole anche la Mia benedizione, e delle Mie
parole fate partecipi anche tutti coloro che ora non hanno potuto udirle,
affinché alla fine nessuno possa scusarsi con il dire che non ne sapeva nulla!
11. Ed ora, voi Miei pochi discepoli e pure voi tutti che Mi avete
seguito fin qui dalla Galilea e da Gerusalemme, preparatevi a riprendere il
viaggio; ritorneremo in Galilea dove voi potrete nuovamente dedicare le vostre
cure ai vostri campi».
12. Detto ciò Mi alzo, faccio agli angeli, tuttora in attesa, un cenno
che essi soltanto comprendono, ed in un attimo scompaiono tutti ad eccezione di
quello destinato a rimanere presso Jonaele. Anche i portoni visibilmente aperti
del Cielo si chiudono, però la casa d’Irhaele e di Joram rimane con tutti gli
arredi provenienti dai Cieli, e così pure il castello di Jairut. Quelli fra i
presenti che sono svegli ci accompagnano fino alla porta di casa. Il comandante
non vuole saperne di lasciarMi così subito e viene con Me fino ai confini della
città, dopo di che egli ritorna a Sichar.
Fine del secondo
giorno a Sichar
IL VIAGGIO IN
GALILEA
Rimprovero di Matteo al Signore –
Dell’Essenza divina e del processo della Creazione – Della bellezza, distanza e
grandezza del Sole
Un’eclissi solare – «Un po’ di spavento non nuoce mai
agli uomini soggiogati dai sensi»
1. Noi intanto proseguiamo il nostro cammino fino al levar del sole, il
quale ci coglie precisamente al confine del paese dei samaritani, ed entriamo
in Galilea, dove, dopo aver scorto un’altura libera e tappezzata di erba folta
e freschissima, facciamo sosta per riposarci visto che tutti ne abbiamo
bisogno.
2. La splendida vista che da quel punto si gode riempie di ammirazione
l’intera compagnia, e Matteo, lo scrivano, dice: «Signore! Se gli uomini
fossero in tutto e per tutto compenetrati dall’eccellenza dei Tuoi precetti,
questo paese sarebbe davvero abbastanza bello per servire loro da cielo! Ma
quando penso che la maggior parte degli uomini è peggio delle bestie feroci e
sanguinarie, vorrei qui fare un rimprovero al Signore Dio per aver creato
questa Terra con una forma così magnifica per tale turpe gentaglia!»
3. Rispondo Io: «Il rimprovero dunque riguarda Me, perché Io e il Padre
siamo Uno! La Sapienza del Figlio eterno, la quale è più propriamente la
Sapienza del Padre, elaborò il grande piano della Creazione, e l’Amore del
Padre vi aggiunse il grande “Fiat”; in tal modo furono create questa Terra, il
sole, la luna e le stelle!
4. Gli uomini che abitano questa Terra sono pure stati formati da Me,
però ora devono venire e verranno da Me riformati!
5. Quindi, se le cose stanno in questo modo, come puoi tu farMi un
rimprovero? Aggiungo inoltre che questa Terra non è affatto bella quanto a te
sembra; tutti i paesaggi, che da questa altura puoi abbracciare con lo sguardo,
offrono alla vista un quadro piacevole soltanto se contemplati da una certa
distanza. Vai ad esaminarli più da vicino e non vi troverai che poco o forse
nulla affatto di bello e di attraente, tranne che, qua e là, un albero oppure
qualche giardino piantato dalle mani dell’uomo e forse, nello stesso giardino,
un palazzo di un ricco! Vorrai tu chiamare belle tutte queste cose?
6. Alza in alto invece il tuo sguardo verso il sole; là vi sono ben
altri paesaggi! Un deserto lassù è assai più bello di un paradiso su questa
Terra! Se già la luce del sole è quella che dona la bellezza e lo splendore
alle pianure ed ai monti della Terra, poiché senza la luce del sole la Terra
non sarebbe che una valle di dolore e di spavento, quanto più splendidi devono
essere i paesaggi sul grande sole stesso, il quale esuberante di fulgori e di
magnificenze presta una piccola parte dei suoi raggi a questa Terra!»
7. Esclama Matteo: «Signore; cosa dici mai? Il sole dovrebbe essere
anch’esso un grande mondo sul quale un deserto sarebbe indicibilmente più bello
che non sulla Terra un paradiso? Ma considera dunque come è grande la Terra, e
quanto invece è meschino il piccolo disco lucente del sole! Per quanti di
questi ci sarebbe spazio soltanto sul tratto di terreno che si può scorgere da
qui e che certamente non è che una piccolissima parte della Terra! Quanti poi
potrebbero starne su tutta la Terra?»
8. Dico Io: «Vedi, così è: quando Io vi parlo delle cose di questa
Terra, voi non le comprendete; com’è possibile allora che Mi comprendiate
quando vi parlo delle cose del Cielo? Ascolta e comprendi!
9. Ecco, laggiù verso mezzogiorno all’estremo limite di quella catena
di montagne tu puoi vedere un cedro; paragona ora la sua apparente piccolezza
con l’altezza di un filo d’erba che misuri appena un palmo, e ti accorgerai che
il filo d’erba, se lo terrai dinanzi agli occhi, apparirà molte volte più alto
di quel cedro lontano, il quale è effettivamente molte centinaia di volte più
grande del filo d’erba! Ebbene vedi, la ragione di ciò sta nella distanza!
Camminando di buon passo, tu impiegheresti per arrivare nel luogo dove si trova
il cedro all’incirca dieci ore!
10. Cosa provocano dieci ore nella capacità di misurare dell’occhio?
Considera ora la distanza che separa il sole da questa Terra! Vedi, se un
uccello al tempo della creazione di Adamo avesse abbandonato la Terra volando
con tutte le sue forze senza fermarsi in direzione del sole, esso non avrebbe
ancora raggiunto la sua meta, ma dovrebbe volare ancora per molti anni! Se tu
sei capace di afferrare ciò con la tua mente, potrai ben comprendere perché il
sole ti appaia qui così piccolo, pur essendo oltre un milione di volte più
grande di questa Terra!»
11. E Matteo, sbalordito al pensiero di tanta distanza e grandiosità,
esclama: «Ma Signore, se è così, come puoi Tu, dalla Terra governare e dirigere
un mondo così grande?!»
12. Rispondo Io: «Vedi, per quanto impossibile ti possa sembrare questa
cosa, - ciò sia detto per ora soltanto fra noi - essa Mi è facilmente
possibile! Certo che adesso tu non puoi rendertene conto, però verrà bene il
tempo in cui tu potrai comprendere tutto questo.
13. Però, affinché tu possa constatare come Mi sia facile giungere in
un istante fino al sole, attraverso la forza del Padre in Me, poni attenzione!
Io oscurerò per alcuni istanti adesso il sole, cosicché non vi sia occhio sulla
Terra che possa scorgerlo, e tu potrai in tal modo persuaderti che Io, pur da
questa Terra, posso arrivare fino al sole!»
14. Dice Matteo: «O Signore, non farlo! Gli uomini ne morrebbero di
angoscia!»
15. Ed Io gli osservo: «Non darti pensiero per ciò! Gli uomini
crederanno che si tratti di una delle comuni eclissi solari, che spesso si
producono in maniera del tutto naturale; del resto entro pochi istanti essi
riavranno il loro sole. Fa’ dunque attenzione!»
16. Dice Matteo, il quale non può nascondere il suo sgomento: «Signore;
non si dovrebbe forse avvertire tutti quelli che sono qui presenti?!»
17. Rispondo Io: «Lasciamoli dormire e riposare! È sufficiente che
questa cosa la sappia tu solo, poiché chi scrive deve saperne più di coloro i
quali per il momento non sono chiamati a scrivere. E così Io ora dico: “O sole;
ricopri la tua faccia per sette istanti dinanzi a tutta la Terra!”
18. Appena pronunciate queste parole si fa oscurità completa, e
soltanto alcune stelle più grandi si rendono debolmente visibili»
19. Matteo, tremante per lo spavento, esclama: «O Signore onnipotente!
Chi può reggere vicino a Te, se il Tuo braccio divino arriva così infinitamente
lontano?!»
20. Egli però non ha ancora terminato di parlare che il sole appare di
nuovo con tutto il suo splendore, ridonando così la calma al Mio Matteo il
quale può respirare liberamente di nuovo ma, per lo stupore, non è capace di
dire nulla.
21. Dopo qualche tempo egli riprende un po’ di coraggio, e dice:
«Signore; davvero, io non ci capisco niente! La Tua Potenza deve essere
infinita! Ma per l’avvenire risparmiaci, o Signore, tali prove terribili della
Tua Onnipotenza, perché altrimenti in breve tempo il mondo intero languirebbe e
andrebbe in rovina!»
22. Gli rispondo Io: «Riserva le tue preoccupazioni per altre cose e
non per questa! Forse qualcuno è già andato in rovina? Anzi, un po’ di spavento
non fa mai male agli uomini soggiogati dai sensi. Ed ora è tempo di risvegliare
i dormienti, poiché noi ci rimetteremo subito in cammino! Vedi però di non
parlare con nessuno, neppure lontanamente, dei segni di cui sei stato
testimone!».
23. Allora Matteo svegliò i dormienti, e tutti assieme riprendemmo il
nostro viaggio il quale, essendo in discesa, procedette più rapido.
Prosecuzione
del viaggio. Arrivo in Galilea. Differenti opinioni sul Messia. Cenni riguardo al
Regno di Dio. Continuazione del viaggio verso Cana in Galilea.
(Giov.4, 45)
(V.45) Quando Egli venne in
Galilea, i galilei lo ricevettero, avendo viste tutte le cose che Egli aveva
fatto nella festa a Gerusalemme, poiché anch’essi erano venuti alla festa.
1. Scesi a valle, raggiungemmo in breve un villaggio galileo nel quale
abitavano molti di quei galilei che erano stati presenti alla festa in
Gerusalemme quando Io avevo purificato il Tempio, e siccome dal giorno di
quell’avvenimento non era trascorso fino allora molto tempo, il ricordo dei
fatti accaduti a Gerusalemme era ancora vivo nella loro memoria.
2. Quando dunque questi galilei Mi videro passare attraverso il loro
villaggio, uscirono subito fuori in strada e Mi salutarono oltremodo cordialmente,
non trovando parole sufficienti per lodarMi a causa del Mio agire nel Tempio,
che, secondo loro, era da ritenersi molto azzardato. Essi dissero inoltre che
la gioia di rivederMi era in loro tanto più grande, in quanto essi erano stati
quasi tutti portati a credere che i farisei in Gerusalemme Mi avessero in
qualche modo misterioso mandato all’altro mondo! Infatti va notato che questi
galilei non sapevano sul Mio conto nient’altro che Io ero il figlio del devoto
Giuseppe e che Dio era con Me com’era stato con Giuseppe. Io e i Miei compagni
dovemmo rimanere con loro tutto quel giorno ed anche l’intera notte successiva.
Essi ci ospitarono come meglio poterono, e va da sé che le domande e le
discussioni furono in tale occasione molte; infine il discorso cadde sul
Messia, poiché ce n’erano molti che riconoscevano Me come Tale.
3. Questi dicevano: «Chi può dare prova di tanto coraggio nel Tempio,
alla presenza di molte migliaia di uomini, deve essere ben conscio di possedere
una forza grandissima che gli viene dall’Alto, poiché, se un uomo comune
volesse tentare una cosa simile, tale impresa gli andrebbe male e non potrebbe
ottenere nessun risultato nella lotta contro gli abusi radicati già da lungo
tempo nel Tempio! Invece con Te, dissero, la cosa è stata ben differente! Come
se un furioso uragano fosse scoppiato in mezzo a loro, essi corsero tutti fuori
dal Tempio, e da allora in poi non fu più tenuto nessun mercato dentro al
Tempio!»
4. Al che Io risposi loro: «E non se ne terrà mai più, poiché la sua
fine è quasi giunta!»
5. I galilei, meravigliati a queste parole, dissero: «Se è così, le
cose andranno male anche per noi! Che ne sarà allora del Regno eterno dei
successori di Davide, il quale, secondo le predizioni dei Profeti, dovrebbe
venire ristabilito dal Messia?!»
6. Dico Io: «Certamente il Messia fonderà un Regno nuovo ed eterno per
i veri figli e discendenti di Davide e per tutti gli uomini della terra; ma il
Regno eterno non sarà su questa Terra, bensì oltre la Terra, cioè lassù nel
Cielo! Colui che interpreta diversamente i Profeti, costui camminerà nelle
tenebre»
7. All’udire tali parole, parecchi fra i presenti, non credendo che in
un Messia terreno, si allontanano; molti altri invece chiedono che Io chiarisca
loro la cosa più dettagliatamente.
8. Io però rispondo: «Anche voi dovete vedere dei segni, altrimenti non
crederete! SeguiteMi dunque a Cana e nei suoi dintorni dove Io sono in procinto
di andare, e là vi saranno dati insegnamenti e segni!»
9. Ora fra quelli che erano con Me ce n’erano molti da Cana, i quali
dall’epoca delle nozze presenziate anche da Me Mi avevano fedelmente
accompagnato durante tutto questo viaggio di predicazione; essi volevano perciò
cominciare a narrare tutti i fatti e le dottrine che avevano visti ed udite da
Me.
10. Ma Io osservai: «Per costoro il tempo non è ancora venuto. Lasciate
che ci seguano fino a Cana; quando saremo là, accenneremo ad alcune cose già
accadute, e di parecchie altre cose poi saranno essi stessi testimoni! Ed ora
continuiamo il nostro viaggio! Inoltre ognuno deve tacere durante il cammino,
perché in questi paraggi si trovano sparsi degli emissari dei farisei!»
11. I galilei approvarono la Mia raccomandazione e raccontarono anzi
che da qualche tempo si vedevano le spie dei farisei ronzare dappertutto,
fermando per strada i viandanti per domandare loro questa o quella cosa, e tra
l’altro anche se quel certo Gesù di Nazaret si trovasse forse da quelle parti e
se insegnasse fra loro.
12. Ed Io dissi: «Appunto per questo motivo noi ce ne andremo fino a
Cana mantenendo il più assoluto silenzio; è da supporsi che essi per prudenza
non faranno domande alla nostra numerosa compagnia!?».
Ritorno del
Signore in Cana di Galilea. I lussuriosi si smascherano da sé. Il Signore parla
dei danni causati dalla lussuria in questo e nell’altro mondo. Lo stuzzicamento
del piacere è il mezzo raffinato di cui si giova Satana.
(Giov.4, 46)
(V.46) Gesù dunque giunse di
nuovo a Cana di Galilea, dove aveva tramutato l’acqua in vino.
1. Ci rimettiamo così in viaggio ed arriviamo senza alcun ostacolo alla
cittadella di Cana, dove, appena giunti, ci rechiamo nella casa dove Io avevo
operato pubblicamente il primo miracolo. Non passa nemmeno un’ora, e già quasi
l’intera borgata è a conoscenza che Io, nonché coloro che Mi avevano seguito,
siamo arrivati felicemente ed in buonissima salute; tutti allora accorrono per
vedere gli ospiti, per salutarli e dare loro il benvenuto e, appena Mi
scorgono, si eleva unanime un coro di lodi e glorificazioni per l’opera
energica di purificazione da Me compiuta nel Tempio di Gerusalemme! Infatti
anche da Cana ne erano venuti molti alla festa, ed erano stati testimoni delle
cose che Io avevo fatte in Gerusalemme, come pure avevano saputo delle molte
guarigioni da Me compiute là; da ciò le loro lodi che sembravano non voler
avere fine.
2. Io domandai loro se non ci fossero degli ammalati in Cana; essi però
risposero che, per un caso stranissimo, non c’era allora neppure un ammalato in
tutta quella località.
3. Però Io dissi: «Per quanto riguarda il corpo, saranno, è vero, tutti
quanti sani, ma non così è nell’anima, poiché chi pratica l’impudicizia e la
lussuria, costui è gravemente ammalato nella sua anima! In seguito a tali
peccati il cuore dell’uomo diviene di giorno in giorno sempre più duro, più
insensibile e spietato verso il prossimo, cosicché alla fine arriva a non amare
che se stesso e l’oggetto con cui può soddisfare la sua lussuria, ed anche
questo non già per amore dell’oggetto bensì per amore della lussuria stessa. Un
simile cuore fugge allora la Parola divina che lo ammonisce a combattere le sue
voglie peccaminose, e giunge perfino al punto di diventare nemico di coloro che
tengono nel cuore la Parola di Dio e che vivono secondo la stessa. Ora, i
sofferenti sono molti fra voi, ed è perciò che Io sono venuto qui di nuovo per
guarirvi da questa malattia terribile e mortale. Chi fra voi sa di essere
affetto da questo male pericolosissimo, si affidi a Me ed Io lo risanerò!».
4. Nel sentire questo Mio invito, un gran numero dei presenti si
allontanò subito, poiché, riconoscendosi colpevoli, si sgomentarono al pensiero
che Io volessi forse tradirli pubblicamente, e non cercarono altro che di
andarsene in fretta e furia. Tra i suddetti vi erano pure degli adulteri, degli
incestuosi e molti di entrambi i sessi che usavano corrompersi da sé; e tutti
questi non vedevano l’ora di potersi sottrarre alla Mia vista.
5. Si comportavano così non tanto perché non volevano essere guariti
dalla loro passione quanto perché se ne vergognavano! Essi, in generale, erano
considerati persone oneste e ragguardevoli, e perciò sarebbe stato molto
increscioso per loro dover far sapere ai vicini come la loro carne fosse
debole! Però non rifletterono che con la fuga al Mio invito dettato dal
desiderio di far loro del bene si tradivano da sé.
6. Molti di coloro che erano rimasti dissero: «In fede mia, io non
avrei mai creduto una cosa simile della tale e tal persona!». Altri invece non poterono
trattenere le risa ed esclamarono rivolti a Me: «Tu li hai presi in trappola
ben astutamente! Per anni ed anni si sarebbe potuto domandare loro, ma a questo
proposito non avrebbero dato sicuramente risposta; ora invece Tu non hai fatto
che esortarli con parole amorevoli ed in amicizia a lasciarsi curare da Te, e
guarda come se la sono data a gambe! Certamente essi hanno pensato che, come Ti
fu possibile tramutare l’acqua in vino, sarebbe stato per Te altrettanto facile
chiamarli per nome e dire a ciascuno di loro: “Tu hai peccato in questa e
questa forma, e precisamente tante e tante volte!”, e poiché non avrebbero
potuto sopportare una cosa simile, allora ritennero più opportuno prendere il
largo! Ma così, colti alla sprovvista, essi non ebbero modo di accorgersi che
la loro precipitosa ritirata era appunto il mezzo migliore per tradirsi. Noi
non intendiamo sicuramente erigerci per questo a loro giudici, perché
conosciamo le nostre debolezze e sappiamo pure che l’atteggiamento più accorto
è sempre quello di spazzare prima le immondizie davanti la propria casa;
tuttavia la cosa rimane quanto mai ridicola, per il fatto che essi credettero
che con il loro darsi alla fuga non sarebbero stati riconosciuti per peccatori
della specie di cui Tu parlasti! In verità, bisogna pur dire che un rinoceronte
persiano deve avere più giudizio di quella gente!»
7. Dico Io: «Lasciamo che se ne vadano, da quegli stolti e ciechi che
sono! Davanti agli uomini essi si vergognano, ma davanti a Dio, che in ogni
tempo scruta e prova il cuore e le reni dell’uomo, essi non hanno affatto
vergogna! Udite voi tutti: “Questo sentimento mondano di pudore è cosa vana!”.
Quanto tempo durerà esso ancora su questo mondo? Ben presto il loro corpo, la
cui carne procurò loro tante e così dolci ore, sarà loro tolto! Allora
giungeranno nudi nell’altro mondo, dove sarà loro apertamente e minuziosamente
ricordato tutto quello che essi, per quanto segretamente, avranno operato su
questa Terra! Solo allora spetterà loro una vergogna duratura, dalla quale essi
non potranno tanto facilmente liberarsi come lo potrebbero qui!
8. In verità vi dico che i lussuriosi, gli impudichi e i fornicatori
non entreranno nel Regno dei Cieli, a meno che non si convertano radicalmente
dalle loro vie malvagie! Infatti, tutti gli altri peccati l’uomo li commette al
di fuori del corpo e può quindi anche più facilmente smettere di farli - dato
che ciò che avviene esternamente non danneggia tanto l’uomo quanto quello che
avviene dentro di lui! -; ora, la fornicazione avviene dentro l’uomo, rovina
l’anima e lo spirito ed è perciò il più pericoloso di tutti i mali! Perciò
evitatela più di qualsiasi altra cosa e fuggitela come la peste, poiché lo
stimolo del piacere è l’artificio più astuto di cui si avvale Satana. Guai a colui
che si lascia in tal modo afferrare da Satana! Dolori e sofferenze indicibili
lo attendono, e dovrà alla fine sobbarcarsi fatiche gravissime se vorrà
liberarsi dagli artigli del demonio! Prestate dunque tutta la vostra attenzione
a quello che vi ho detto, perché altrimenti verranno tempi e giorni che mai vi
augurereste! Però adesso andiamo a riposarci!».
9. Allora parecchi di coloro che erano venuti con Me si recarono nelle
loro case; i Miei discepoli invece, nonché la madre Maria ed i Miei fratelli,
cioè i cinque figli di Giuseppe, rimasero presso di Me.
La vera patria
è presso il Signore. Parole scettiche degli ebrei riguardo a Gesù. La loro
partenza e il loro arresto da parte dei soldati romani. Cornelio presso il
Signore.
1. Quando tutti gli altri si furono ritirati, venne il padrone di casa,
cioè quel giovane alle cui nozze Io avevo tramutato l’acqua in vino, e disse:
«Signore! Coloro che sono venuti con noi dalla Giudea e da Gerusalemme e che si
trovano qui fuori nella grande sala degli ospiti, dove si sono ormai ristorati
con qualche cibo, avrebbero ancora qualcosa da dirTi. Infatti, a quanto mi
sembra, molti hanno intenzione di rifare il cammino e di ritornarsene in patria
per occuparsi dei loro affari; se dunque lo permetti, porterò io la Tua
risposta a loro!»
2. Dico Io: «Io credo che questo non sia necessario! Chi è presso di Me
e ci rimane, costui è davvero nella sua vera patria; e chi non si acquisterà
questa patria, che è l’unica vera ed indistruttibile per l’eternità, costui
vagherà in regioni straniere e deserte come selvaggina spaventata che va
cercando nel deserto cibo e ricovero ma non trova né l’uno né l’altro, e che
finisce, estenuata dalla fame, dalla sete e dal freddo, con il diventare preda
degli animali feroci la cui patria è appunto il deserto!
3. Qualcuno ha forse rimesso del proprio rimanendo presso di Me?!
Ognuno non è stato saziato ogni giorno nel corpo e nello spirito con cibi
elargiti dai Cieli? Ha sofferto qualcuno fame e sete, oppure è stato chiamato a
rispondere davanti ad un tribunale di questa Terra per il fatto che egli venne
con Me? IntendiMi bene: “Chi vuole andare, vada; ma chi vuole rimanere,
rimanga! Infatti non sono Io che ho bisogno degli uomini, ma gli uomini hanno
bisogno di Me! Chi Mi abbandona, sarà da Me abbandonato, e chi non Mi cerca,
anch’Io non lo cercherò con grande zelo!”. Va’ dunque e comunica loro quello
che ti ho detto!»
4. Dice il padrone di casa: «Signore, le Tue parole mi rattristano; io
temo che Tu sia sdegnato anche contro questi miei compaesani di Cana, perché
ora si sono recati nelle loro case per riposarsi!?»
5. Gli rispondo Io: «Tu non Mi hai bene compreso! Vedi, coloro di cui
tu parli Mi hanno già pienamente accolto nei loro cuori, e la Mia Dottrina è
divenuta per loro una cosa santa; mentre questa stessa Dottrina che Io ho
esposto in Sichar non è piaciuta pienamente a questi ebrei, i quali bramano
adesso di rimpatriare spinti più dal loro vecchio lievito che dalle
preoccupazioni che a loro possono causare le faccende di casa, ma per non
apparire ai vostri occhi persone rozze ed incivili, essi vorrebbero, prima di
andarsene, ringraziarMi e renderMi onore a modo loro; perciò va’ pure e
riferisci loro senza alcun riguardo tutte le Mie parole!»
6. Il padrone di casa esce e riferisce agli ebrei, parola per parola,
quanto avevo detto. Tutti quegli ebrei rimangono sconcertati, poiché ognuno,
senza eccezione, si sente profondamente colpito. La Mia osservazione dà noia ad
alcuni; altri invece si prendono la cosa a cuore e, dopo averci riflettuto,
dicono: «Egli ci ha toccati sul vivo, ma purtroppo è così; voglia Egli
perdonarci e noi resteremo!»
7. Quelli però che si sono sentiti offesi esclamano: «Noi invece
intendiamo andarcene! È vero che presso di Lui non ci è mancato niente, ma
questa vita oziosa da Sciti che abbiamo condotto finora ci è venuta a noia,
senza contare poi che con Lui bisogna star sempre sull’attenti e ponderare la
più piccola parola per non sentire rimproveri; altrimenti la sentenza è subito
pronta e bisogna fare molti sforzi per riappacificarsi con Lui, poiché non si
può assolutamente parlare di indulgenza presso di Lui! Quando Egli dice una
volta una cosa, non c’è verso di venire a patti nemmeno di una virgola! Dunque
noi non vogliamo rimanere oltre presso di Lui»
8. Dicono i pentiti: «Questo è altamente vero. I sacerdoti di
Gerusalemme vengono a patti molto volentieri, specialmente quando la rispettiva
offerta sembri loro abbondante a sufficienza! Ma Lui non viene a patti nemmeno
di una virgola, neanche se Gli venisse offerta anche tutta la Terra! Da questo
lato è certamente piuttosto difficile starsene con Lui, ma tuttavia è
innegabile che Egli deve essere per lo meno uno dei più grandi profeti, poiché,
se pensiamo bene, bisogna convenire che ciascuna delle Sue parole è piena di
verità, di forza e di vita, e la natura tutta per quanto muta ed inerte
obbedisce ai Suoi cenni! Cos’altro dunque possiamo fare se non rimanere fino a
che Egli stesso non ci manderà via?! Infatti le cose che Egli ha fatto dinanzi
ai nostri occhi non furono mai fatte da nessun altro uomo prima di Lui, e
perciò noi vogliamo restarGli vicino ad ogni costo!»
9. Quelli che si ritengono offesi dicono: «Fate quello che volete, ma
noi ce ne andremo! Se siamo in debito di qualche cosa verso il padrone di casa,
che ci faccia pure il conto!»
10. Il padrone però risponde: «Questa mia casa non è un albergo per
forestieri; se però qualcuno fra i figli di Giacobbe viene a chiedere
ospitalità, egli è il benvenuto presso di me e senza che sia tenuto a pagare
nulla, ciò che avviene dappertutto in Canaan, il paese dove il latte e il miele
scorrono a ruscelli».
11. Congedati a questo modo, essi si alzano subito e si allontanano frettolosamente.
Quando però si sono allontanati di parecchie ore di cammino da Cana e non
riescono più ad usare i piedi per la stanchezza, si lasciano cadere sulla
strada e lì, in qualche centinaio, si riposano per la notte.
12. Ora avviene che una forte legione di soldati romani, proveniente
per la stessa strada da Gerusalemme, si imbatte in quella carovana. Dato però
che non è possibile svegliare quegli affaticati, essi vengono sorvegliati fino
al mattino del giorno dopo, e il mattino, quando si svegliano, le loro mani
sono legate e, non potendo esibire dei regolari permessi di viaggio, vengono
tutti in massa condotti prigionieri a Gerusalemme e consegnati ai tribunali, i
quali dopo ricerche ed interrogatori durati una settimana, riconoscendoli come
giudei, li rimettono in libertà, non senza aver loro inflitto delle ammende in
denaro.
13. Una parte però dei soldati romani arriva quella stessa mattina a
Cana. Dopo aver perquisito la casa che ci ospita ed esaminato il passaporto di
Gerusalemme che legittima il nostro soggiorno, i soldati non trovano più nulla
da obiettare e continuano la loro marcia verso Cafarnao. Prima di partire,
però, il comandante della legione, poiché Mi ha riconosciuto, ha parlato con Me
di diverse cose e Mi ha confidato di essere stato destinato, per lungo tempo,
di guarnigione a Cafarnao, dove la famiglia lo ha già preceduto un paio di
giorni prima. Dopo di che egli Mi invita ad andarlo a visitare nella sua nuova
sede poiché desidera parlarMi, ed Io acconsento e gli prometto che sarei andato
da lui qualche giorno dopo.
14. Contemporaneamente Mi domanda se Io so da chi può essere composta
quella grossa carovana che egli ha trovato la notte precedente immersa in
profondo sonno sulla strada che conduce a Gerusalemme.
15. Io gli dico chi erano quei tali, ed egli ribatte sorridendo
amichevolmente: «Io mi sono subito immaginato che la carovana da me incontrata
si componeva di un tal genere di soggetti, i quali in sostanza non sono altro
che spie dei farisei, e mi avrebbe fatto molta meraviglia se Tu non li avessi
di primo acchito riconosciuti per tali!»
16. Ed Io gli replicai: «Non hai tutti i torti giudicandoli in questo
modo. Quando però essi cominciarono a seguirMi da Gerusalemme e dalla Giudea
non erano ancora tali, ora però lo possono divenire; anzi, alcuni fra loro lo
diventeranno di certo a loro proprio grandissimo danno, dato che quella razza
di vipere che popola il Tempio ama bensì il tradimento, ma teme il traditore
più che il nemico tradito, e perciò non lascia la libertà ad alcun traditore;
su dieci forse uno riesce a salvare la vita, perché quasi tutti vengono
costretti a bere l’acqua maledetta. Quelli che soccombono vengono poi di solito
incolpati di tradimento a danno del Tempio e sepolti in terra maledetta a
Giosafat, e questa sarà pure la sorte di alcuni che Mi tradiranno alla perversa
specie del Tempio! La Mia ora però non è ancora venuta!».
Il Signore si intrattiene con Cornelio sugli abitanti del
Tempio di Gerusalemme e sulla purificazione del Tempio effettuata dal Signore.
Buona influenza esercitata da Nicodemo. Predizione del Giudizio su Gerusalemme.
1. Dice il comandante che si chiama Cornelio, il quale è pure un
fratello dell’imperatore Augusto: «E sarà bene; non avranno che quello che si
meritano! Dal canto mio non trovo parole sufficienti per esprimere quanto mi
sia indigesta tutta questa gentaglia del Tempio! Io posso assicurarTelo, o
amatissimo e nobilissimo Amico, non c’è su tutta la Terra alcuna cosa che uguagli
in perfidia uno di questi sacerdoti ebrei del Tempio! I nostri sacerdoti, che
si possono quasi chiamare egiziani, sono cattivi, è vero, però di quando in
quando si riesce a scorgere in loro qualcosa di umano; raramente si ode che
abbiano commesso qualche crudeltà, e, salvo poche mistiche eccezioni, la loro
azione si limita all’incitare gli uomini all’umanità ed al coraggio guerriero.
2. Ma queste canaglie invece sono degli ipocriti fino al midollo!
Esternamente appaiono severi e pervasi di devozione come se trasportassero
sacchi pieni di dèi viventi, mentre internamente sono talmente orribili che,
secondo il nostro mito, perfino il più profondo Tartaro dovrebbe averne paura.
Delle nostre favolose tre furie principali si dice che, per lo spavento che incutono,
fanno diventare di pietra chiunque voglia guardarle; ma in verità, se esse
potessero imbattersi in uno di questi bei campioni del Tempio di Gerusalemme,
finirebbero per la grande angoscia e lo spavento con il diventare esse stesse
più dure del diamante. Una cosa è certa: per sciogliere una buona volta questo
nodo maligno e quanto mai arruffato, costituito dal Tempio e dai suoi
sacerdoti, bisogna che intervenga al più presto la spada affilatissima del re
di Macedonia, altrimenti c’è da temere che in tempo assai breve tutta la Terra
rimarrà avviluppata entro le fila di questa trama abominevole! O Amico! Io
potrei raccontarTi di questa stirpe tali cose da far venire la febbre al mondo
intero! Ma basta, accontentati per ora di ciò; quando verrai da me potremo
parlare molto a lungo su questo argomento»
3. Dico Io: «Oh, non ce n’è bisogno; Io conosco questa razza fino alle
sue più nascoste fibre, e ti dico anzi che da Me è stato già eletto fra la
gente della tua stirpe in Roma un “re di Macedonia” al quale sarà destinato il
premio di tagliare con spada rovente questo nodo arruffatissimo fra quanti ve
ne furono mai! Tuttavia prima di giungere a ciò, Io voglio fare ancora alcune
cose per vedere di migliorare, se è possibile, qualcuno di loro!»
4. Esclama il comandante: «Non farlo! Perché ammesso che anche Tu sia
soggetto a morire di morte di uomo, per quanto Tu sia pure un vero Figlio di
Dio, essi troveranno tuttavia il modo di ucciderTi! Credimi, o mio carissimo e
giovane Amico: vicino a questa razza perversa nemmeno un Dio non è più sicuro
della propria vita!»
5. Rispondo Io: «Lasciamo stare! Quello che il Padre vuole, accadrà!
Basterebbe un soffio della Mia bocca per annientarli, ma tale non è la Volontà
del Padre, e quindi lasciamoli durare ancora un certo tempo!»
6. Osserva il comandante: «Se queste canaglie continuano in tal modo
per dieci anni ancora, temo che nella Giudea non rimarrà molta gente in vita.
Se nel loro supremo Consiglio non sedesse uno che è il più moderato, già quella
volta in cui Tu tanto arditamente ripulisti il Tempio da quell’accozzaglia di
furfanti, avrebbero fatto un rumore enorme; per fortuna, come ho detto, un uomo
veramente pio e leale di nome Nicodemo trovò il modo di tenere a bada questi
figuri, i quali si può dire che sono ormai tanti quanti sono i fili d’erba
sulla Terra. Davvero, è perfino da morire dalle risa pensando con quale astuzia
egli ha saputo dare loro ad intendere che questa purificazione del Tempio era
stata permessa da Dio espressamente allo scopo che i suoi servitori potessero
venire in possesso di molto denaro, ed anche per punire i mercanti ed i
cambiatori come quelli che, pur essendo i più ricchi in tutta Gerusalemme,
pagano soltanto il piccolo fitto per il posto che occupano, senza mai gettare
alcuna moneta nella cassetta delle elemosine nel Tempio! La maggior parte di
loro si persuase della cosa, ed alcuni anzi dissero: “È giustissimo; che Egli
venga pure in occasione della prossima festa di nuovo con la Sua forza magica;
ci sarà sempre da ricavarne qualche cosa!”. Altri invece non furono troppo
soddisfatti di una simile decisione, perché questi tali non si erano fatti fino
allora alcuno scrupolo di fare, fra altro, degli affari di cambio per loro
conto perfino nel Tempio, naturalmente mediante agenti fidati. Nonostante ciò
io posso rendermi garante che, se Tu volessi di nuovo procedere ad una
purificazione del Tempio nell’occasione di una prossima festa, non Ti verrebbe
torto neppure un capello da parte di quella ciurmaglia, per la ragione che Tu
li hai aiutati, in occasione dell’ultima purificazione, ad avere una somma
considerevole. Dunque, se Tu intendessi andartene di nuovo a Gerusalemme in una
occasione simile, bisognerebbe che Tu Ti insinuassi di nascosto nel Tempio,
altrimenti lo troveresTi già purificato da sé, perché questi merciai, cambisti
e negozianti di bestiame hanno mandato in tutte le direzioni degli spioni,
nonché quei diabolici servitori del Tempio, con l’incarico di tenerTi d’occhio
in qualunque luogo Tu volessi andare. Così anche la carovana che io feci
arrestare ora cammin facendo era appunto quasi per intero composta di canaglie
di questa specie; e non credo che ve ne siano stati due di onesti!»
7. Dico Io: «Oh, sì, Io posso ben far loro questo favore ancora una
volta; sii però pur certo che dopo ciò né cambiatori né mercanti tratteranno
più affari nel Tempio! Quando Io farò il Mio ultimo ingresso in Gerusalemme,
dovrò ancora una volta purificare il Tempio come l’ho purificato ultimamente».
8. A questo punto si fa avanti un sott’ufficiale ed annuncia al
comandante che le truppe sono pronte per mettersi in marcia. Il comandante
allora prende congedo da me e Mi raccomanda ancora una volta di non scordare di
visitarlo a Cafarnao! Dopo di che il padrone di casa porta una buona colazione
a cui tutti gli ospiti prendono parte.
Gesù prega per
tutti i Suoi e congeda i propri fratelli affinché possano ordinare le loro case
e dà accenni sulle regole dei tributi dei suoi su Tommaso ed Iscariota. Pietro e il Signore. «Dove manca la fede,
per noi vi è poco lavoro». Il miglior condimento dei cibi. Guarigioni mediante
l’imposizione delle mani ed erbe medicinali. Ritorno dei discepoli. Il giovane
Marco, figlio di Pietro. La buona pesca
di Tommaso. L’essenza di [Giuda] Iscariota.
1. Terminato il pasto, dico Io a tutti i presenti: «Chi ha qualcosa da
sbrigare in casa propria, può ora andarsene per un paio di giorni; veda però
ognuno di essere di ritorno il terzo giorno. Io rimarrò a Cana queste due giornate
e Mi concederò un po’ di riposo. Quelli che dimorano troppo lontano, possono
però rimanere qui con Me, e così pure coloro che non Mi vogliono lasciare.
Durante questi due giorni Io non insegnerò né farò alcuna cosa, ma, come ho
detto, Mi riposerò soltanto e pregherò il Padre per tutti voi»
2. Allora Maria ed i Miei cinque fratelli si avvicinano a Me e Mi
chiedono se anche loro possono approfittare di questo tempo per andarsene a
Nazaret e regolare là le faccende di casa!
3. Ed Io rispondo loro: «Sì, andate pure e fate ciò che vi siete
proposti, poiché i Miei discepoli devono in questo mondo essere scrupolosi
anche nell’ordinamento delle loro case. Vedete anzi di ordinarle per un paio di
anni e cedetele per questo tempo a qualche povero, ma sia ben chiaro senza
esigerne l’affitto, perché voi, quali Miei fratelli e discepoli, non dovete mai
in avvenire chiedere né affitto né ricompensa a nessuno; accettate soltanto
quello che spontaneamente vi viene offerto!»
4. I fratelli assieme a Maria promettono di fare secondo le Mie parole
e se ne vanno a Nazaret. Dei discepoli che Mi avevano seguito già fino da
Bethabara, dove Giovanni battezzava, il solo Tommaso partì per casa sua, ed
anch’egli con il proposito di condurre con sé parecchi altri discepoli ancora,
ciò che veramente fece. Ma fra i nuovi venuti con Tommaso c’era un tale di nome
Iscariota che non era veramente di Galilea, e che poi Mi tradì. Costui, fino ad
un certo tempo, fu il più zelante fra tutti i Miei discepoli. Era stato lui ad
incaricarsi di tenere la cassa per tutti; dove mai c’era da pagare qualcosa
egli la pagava, ed in certo qual modo faceva da staffetta e da direttore alla
nostra carovana durante le nostre peregrinazioni; inoltre egli, di nascosto,
sapeva approfittare di quanto Io insegnavo ed operavo per fare denari, e fu
appunto questa sua avidità di denaro che lo spinse a diventare quello che
infine divenne, cioè un traditore della Mia Persona! Pietro invece e gli altri
discepoli, che pure Mi avevano seguito fino da quando Io ero stato a Bethabara,
rimasero.
5. Quando Io domandai a Pietro se non volesse anch’egli andarsene per
un paio di giorni a casa sua, egli disse: «Signore, soltanto la morte può
separarmi da Te, oppure un comando dalla Tua bocca! Io ho incaricato Tommaso di
dire a mio figlio Marco di venire qui, poiché egli potrebbe servirci, dato che
egli è quasi altrettanto bravo come Matteo a scrivere. E questo è per ora tutto
quello che avrei da mettere in ordine in casa mia; di tutto il resto, comunque,
hai cura Tu, o mio Signore e mio Dio!»
6. Osservo Io: «Non parlare così ad alta voce, o Mio Simon Pietro,
perché qui non siamo a Sichar! Fra coloro che si trovano qui, ve ne sono alcuni
che non sono tanto progrediti come te, e questi potrebbero scandalizzarsene.
Dunque in avvenire è sufficiente che tu Mi chiami semplicemente Signore, il
resto tienilo nel tuo cuore che Io ben conosco!»
7. Pietro allora, soddisfatto delle Mie parole, Mi chiede se durante le
due giornate che dobbiamo passare a Cana non si deve fare assolutamente nulla!?
8. Ed Io gli rispondo: «Ciò sia ben lontano da noi; ma, ad ogni modo,
qui non lavoreremo tanto affannosamente come a Sichar! Noi siamo qui, dal punto
di vista terreno, nella nostra patria, e tu sai bene quanto valga un profeta in
casa propria! Noi dunque, riguardo a quanto è veramente il nostro compito, non
avremo qui molto da fare e da insegnare, perché laddove manca la fede vi è per
noi poco lavoro. E così per questi due giorni cercheremo di passarcela, come si
suol dire, il meglio possibile e ci prepareremo anche un po’ per quello che si
dovrà fare in avvenire!»
9. Dopo ciò si fa’ avanti Matteo e Mi domanda se egli deve prendere
appunti, nei due giorni passati in questo luogo, riguardo a quanto egli ha
visto ed udito a Sichar.
10. Però Io gli dico: «Se proprio vuoi assolutamente fare qualcosa,
prepara piuttosto ancora due copie del Sermone della montagna, delle quali una
potrà restare qui, e precisamente venire depositata presso il nostro ospite,
mentre l’altra la lasceremo a Cafarnao, poiché anche lì non avremo molto da
fare»
11. Il nostro ospite però si avvicina a Me e Mi chiede cosa Io desideri
avere per pranzo.
12. E Io gli rispondo: «Amico, a che scopo una domanda tanto vana?!
Stamani prima della colazione non Mi hai chiesto nulla in tale proposito,
eppure la colazione Mi è piaciuta molto! Altrettanto dunque Mi piacerà anche il
pranzo! Stanne certo: qualsiasi vivanda, che è condita con quell’aroma che solo
il cuore nobile e traboccante d’amore dell’offerente può conferirle, è più
gradita di tutte le cose preziosissime che adornano le mense dei
gozzovigliatori egoisti e riempiono le sale con le loro essenze d’ambra!».
13. Il nostro giovane ospite rimase pienamente soddisfatto della Mia
risposta, e di cuore leggero ed allegro si diede da fare per poterci trattare a
pranzo nel miglior modo possibile.
14. In tale maniera le due giornate passarono fra buone conversazioni e
parecchie visite da parte degli abitanti di questa cittadina.
15. Là venne anche operata qualche guarigione con la semplice imposizione
delle mani, ed ad un medico di quel luogo, che era un onesto uomo ma che non
riusciva a comprendere l’efficacia di quel metodo di cura, Io insegnai quali
fossero le diverse erbe medicinali e molte altre cose; in seguito a ciò egli
poté più tardi compiere delle notevoli guarigioni e si acquistò grande fama in
paese.
16. Nel frattempo, al terzo giorno, tutti quei discepoli che erano
andati alle loro case per due giorni fecero ritorno, ad eccezione di Maria e
dei Miei quattro fratelli più anziani. Chi più chi meno, tutti erano
accompagnati da nuovi discepoli; specialmente Tommaso aveva lavorato molto a
tale riguardo. Egli portò con sé altresì una buona quantità di pesci già
arrostiti, poiché sapeva come questo cibo fosse di Mio gusto.
17. Anche il giovane Marco aveva portato a suo padre Simone, oltre a
molti saluti da casa, pure una provvista di pesci eccellenti bene arrostiti;
Iscariota poi, da parte sua, aveva preso con sé molti denari, e portò molta
animazione nella nostra società, poiché egli era molto vivace ed attivo e ci
teneva molto ad essere l’ordinatore dappertutto. Io gli feci un’impressione
straordinariamente positiva ed aveva un gran da fare a raccontare dei vari
avvenimenti che si erano verificati in quegli ultimi tempi qua e là nel vasto
impero dei Romani. Trovandoci dunque tutti riuniti assieme, Io intendevo
rimetterMi subito in cammino, ma il nostro ospite Mi pregò di restare fino a
sera, poiché fuori faceva molto caldo. Ed Io Mi trattenni fino a sera. A
pomeriggio inoltrato però Io avvertii i Miei compagni di tenersi pronti a
partire, poiché volevo riprendere il viaggio al tramontare del giorno.
Guarigione del
figlio dell’ufficiale reale. Ringraziamento e conversione di quest’ultimo.
Cornelio dichiara quale sia l’unica venerazione di cui Gesù si compiace. Cenni
sul modo in cui veniva suddiviso il tempo in quell’epoca.
(Giov.4,
47-53)
(V.47) Ora c’era un certo
ufficiale reale, il cui figlio era infermo a Cafarnao. Costui (il padre del
ragazzo malato), avendo udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, andò
da Lui (a Cana) e Lo pregò che scendesse (verso Cafarnao) e guarisse il suo
figlio, poiché stava per morire.
1. Noi volevamo appunto metterci in cammino, quando ecco arrivare in
gran fretta e tutto ansante un uomo di discendenza reale e stretto parente del
comandante romano che due giorni prima era partito per Cafarnao, e dal quale
aveva appreso come Io fossi venuto dalla Giudea nuovamente in Galilea.
Quest’uomo di discendenza reale aveva un unico figlio il quale era stato colto
improvvisamente da una febbre maligna, e il medico di
Cafarnao, avendolo visitato, aveva subito riconosciuto che per lui era
sicuramente finita. Il padre, in preda al dolore ed alla disperazione, non
sapeva darsi pace. Proprio allora andò a trovarlo Cornelio, il comandante
romano, il quale gli disse: «Fratello mio, questo grande male ha pure il suo
rimedio! Un buon camminatore adopera appena un’ora per andare da qui a Cana.
Laggiù si trova ora il famoso Gesù di Nazaret, Cui nessun male può resistere!
Io stesso L’ho incontrato là venendo a Cafarnao e Gli ho parlato! Certamente
Egli sarà ancora là, poiché Egli mi ha promesso di venire direttamente qui a
Cafarnao per visitarmi, e ciò che Egli promette, mantiene fedelmente! Dunque,
siccome Egli non si è ancora visto qui, è certissimo che si trova tuttora a
Cana! Corri quindi tu stesso da Lui e pregaLo che voglia venire qui a
soccorrere tuo figlio! Io posso già fin d’ora assicurarti che Egli verrà subito
e lo guarirà!».
2. Udite queste cose da Cornelio, l’uomo di discendenza reale parte di
corsa, ed arriva, come già detto prima, tutto ansimante appunto nel momento in
cui Io Mi accingevo a continuare il Mio viaggio. Appena giunto davanti a Me,
egli si inginocchia e Mi supplica di andare al più presto possibile con lui a
Cafarnao, poiché il suo unico figlio, il quale è tutto per lui, lotta già con
la morte ed ormai nessun medico di Cafarnao può più aiutarlo; e qualora Io non
Mi affretti, suo figlio morrà prima che Io possa arrivare a Cafarnao, ammesso
che non sia già morto!
(V.48) E Gesù gli disse: «Se
voi non vedete segni e miracoli, voi non credete»
3. Gli dico Io: «Vedi, amico Mio, è difficile avere a che fare con voi!
Se non vedete già dapprima segni e miracoli, voi non credete! Io però vado in
soccorso anzitutto di coloro che credono, pur non avendo visto prima miracoli e
segni! Infatti laddove trovo fede incondizionata, aiuto anch’Io con tutta
certezza e sicurezza».
(V.49) L’ufficiale reale gli
disse: «Signore, scendi prima che il mio fanciullo muoia»
4. Allora l’ufficiale reale esclama: «O Signore! Perché perdere tanto
tempo in parole con me, misero! Tu vedi bene che io credo, altrimenti non sarei
venuto. Te ne prego o Signore; scendi con me e basta che tu entri in casa mia e
mio figlio vivrà! Ma se Tu indugi, egli morrà prima che Tu possa arrivare là!
Vedi, io ho molti servitori sotto di me, e se io dico all’uno o all’altro: fa
questo o fa quello, egli lo fa. Ora, se io non avessi avuto piena fiducia in
Te, io avrei mandato a Te l’uno o l’altro dei miei servitori; essendo invece
colmo della più viva fede, sono venuto io stesso. Sì, il cuore mi diceva:
“Basta che tu Lo trovi e Lo guardi un istante, e tuo figlio guarirà!”. Signore!
Lo confesso apertamente, che io non sono affatto degno che Tu entri sotto il
mio tetto, ma dì una sola parola e il mio figlio guarirà e vivrà!».
(V.50) Gesù gli dice: «Va,
tuo figlio vive». E quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detta, e
se ne andò.
5. Gli dico Io: «Amico, tanta fede Io non ho trovato in tutto Israele!
Va’ a casa consolato e avvenga di te secondo la tua fede! Tuo figlio vive!». E
l’ufficiale reale allora se ne partì dopo averMi colmato di ringraziamenti e
piangendo di gioia, poiché egli credeva interamente alla Mia Parola. Io però
rimasi quella sera e il giorno dopo ancora a Cana, con grandissima
soddisfazione del nostro ospite.
(V.51) E come già stava
scendendo (verso Cafarnao), i suoi servitori gli vennero incontro e gli dissero:
«Tuo figlio vive».
6. Intanto l’ufficiale reale si affrettava verso casa sua. Costui era
persona ragguardevolissima in Cafarnao nella sua qualità di alto funzionario
dello stato, delegato là da Roma, e poi soprattutto perché egli era, come il
comandante Cornelio, imparentato con la casa regnante a Roma. Quando dunque
egli fu vicino alla città, vide corrergli incontro i suoi numerosi servitori, i
quali già da lontano gli gridarono: «Signore! Tuo figlio vive ed è
perfettamente sano!».
(V.52) Ed egli domandò loro
dell’ora che egli era stato meglio. Ed essi gli dissero: «Ieri all’ora settima
la febbre lo lasciò».
7. All’udire la lieta novella, l’ufficiale reale poco mancò che
svenisse dalla gioia, e subito si informò a che ora si fosse manifestato il
miglioramento! Ed i servitori tutti unanimi gli risposero: «Ieri nella settima
ora del giorno la febbre maligna lo abbandonò».
(V.53) Così il padre si rese
conto che era nella stessa ora che Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive»;
egli credette con tutta la sua casa.
8. Come ebbe appreso questa cosa dai suoi servitori, egli fece un po’
di calcolo, e trovò che la guarigione doveva essere accaduta nella stessa ora
in cui Io gli avevo detto: «Tuo figlio vive!». Egli si diresse subito di passo
più calmo verso casa sua, e quando vi giunse trovò già il comandante Cornelio
che gli conduceva incontro suo figlio sano ed allegro e che gli disse: «Ebbene,
fratello mio, ti ho indirizzato sì o no al vero Salvatore?!»
9. E l’ufficiale reale rispose: «Hai avuto ragione, fratello, con il
tuo consiglio mi hai ridonato dieci volte la vita! Questo Gesù di Nazaret,
però, è evidentemente molto di più di uno dei soliti medici, per quanto abili
essi siano nel curare le malattie con erbe efficaci! Pensa un po’! Senza aver
mai visto mio figlio, Egli pronunciò semplicemente queste parole: “Tuo figlio
vive!”. E mio figlio fu risanato nel medesimo istante”! Ascolta, questa è una
cosa che in verità ha del meraviglioso! Credimi, soltanto un Dio può aver
questo potere, non certo un uomo! E d’ora in poi io credo, e con me di certo
anche tutta la mia casa, che questo Gesù è senza alcun dubbio ed assolutamente
un vero Dio, il Quale è venuto ora fra gli uomini per la loro salvezza, e li
istruisce e li soccorre. Se mai Egli verrà qui, bisognerà che Gli vengano resi
tributi divini!»
10. Dice Cornelio: «Oh! Io Lo conosco già per tale e non vi è forza al
mondo che possa smuovermi da questa mia credenza. Egli inoltre non sopporta che
Gli si renda onore in questo modo»
11. Osserva il padre del fanciullo guarito: «Fratello, quando si ha
tali prove alla mano, io credo che, per quanto si faccia, non si sarà mai fatto
troppo!»
12. Risponde Cornelio: «Sono pienamente d’accordo con te; eppure, come
già ti dissi, è e resta certo che Egli è un nemico dichiarato degli onori
pubblici ed esteriori.
Per quanto mi è noto di Lui, perfino dalla Sua prima giovinezza Egli dà
peso soltanto a quelle tacite ed intime dimostrazioni di venerazione che
provengono dal cuore e che all’amore si ispirano. Ogni altra manifestazione
esteriore invece Gli è addirittura oltremodo noiosa, cosicché, nel caso in cui
Egli venisse qui come me ne fece promessa, non faresti altro che allontanarLo
per sempre da questo luogo se tu volessi tributarGli pubblicamente onori
divini! Fa’ dunque nel tuo cuore tutto quello che ti proporresti di fare,
soltanto evita qualsiasi cerimonia esteriore! Infatti io Lo conosco da quando
Egli nacque in Betlemme, e da allora ho udito di Lui molte cose e molte altre
ne ho viste io stesso!»
13. Dice l’ufficiale reale: «E sia, ti ho ascoltato ieri di giorno, e
perciò voglio seguire ancora il tuo consiglio e ti ascolterò anche oggi di
notte».
14. (E qui, a questo punto, affinché non sorgano malintesi è bene
aggiungere un piccolo chiarimento: particolarmente in Galilea la giornata
doveva durare fino al tramontare del sole; dopo il tramonto dunque cominciava
veramente il prossimo giorno; ed alcuni minuti dopo la scomparsa del sole,
parlando del giorno trascorso, e perciò passato, si diceva già “ieri”. Con il
tramonto del sole iniziava la prima veglia notturna per il giorno seguente;
ora, una veglia notturna aveva la durata di tre ore delle nostre attuali,
mentre un’ora del giorno paragonata all’unità odierna di tempo, d’estate durava
quasi quanto due ore, e d’inverno a mala pena quanto una, poiché il tempo fra
il sorgere e il tramontare del sole doveva sempre venire diviso in dodici ore,
fosse esso breve oppure lungo. Dunque, il tempo di un’ora menzionato che
l’ufficiale reale impiegò da Cafarnao fino a Cana equivarrebbe a due delle
nostre ore. Questo breve chiarimento è tanto più necessario, in quanto
parecchie cose esposte in questo Vangelo sarebbero altrimenti difficilmente
comprensibili, poiché le misure del tempo sono date secondo il conteggio di
allora e non secondo il nostro attuale.)
Istruzioni del Signore ai Suoi due scrivani Giovanni e
Matteo. Qualche cenno per l’esatta comprensione delle differenze fra questi due
Vangeli. Delle misure prese dal Signore fin dall’antichità per rendere più
comprensibile e chiara la Sua Dottrina. La testimonianza del Signore sulla Sua
odierna e nuova Rivelazione.
(V.54) Questo era l’altro
segno che Gesù fece, quando giunse dalla Giudea in Galilea.
1. Io dico poi il giorno seguente a Giovanni, il quale aveva preso nota
del primo miracolo operato in Cana al tempo delle nozze, di mettere per
iscritto la narrazione di questo nuovo fatto successo nel medesimo luogo, e
Giovanni fece ciò usando brevi parole in otto versetti, come appare scritto nel
Vangelo.
2. Però Matteo Mi chiese se doveva anch’egli prendere nota di questo
fatto. Ma Io gli rispondo: «Lascia stare! Domani saremo a Cafarnao e là pure Io
insegnerò e farò dei segni; sarà compito tuo narrare quelle cose. Nel frattempo
aggiungi ancora al Mio Sermone della montagna la guarigione del lebbroso di
Sichar, che Io sanai quando scesi dal monte»
3. Dice Matteo: «Signore, per quanto io sappia, in Sichar sono stati
due i lebbrosi da Te guariti; quale dei due devo menzionare?»
4. Gli rispondo Io: «Anzi, veramente i guariti sono stati più di due;
basta però che tu faccia menzione di quello che Io sanai ai piedi del monte ed
al quale dissi che andasse poi a mostrarsi al sacerdote Jonaele, di cui non
occorre che tu faccia il nome, e che offrisse il sacrificio comandato da Mosè,
per la testimonianza! Infatti colui che in Me non crede per un miracolo da Me
operato, non crederà anche se Io ne operassi cento dinanzi a lui! Quindi delle
molte cose da Me fatte prendi nota soltanto di questa che ti ho ora indicato»
5. Dice Matteo: «Ah! Sì o Signore, ora comprendo di quale fatto Tu
intendi parlare! Veramente, qualche breve annotazione me la sono già fatta, ma
non ho ancora completamente trascritto la cosa; io voglio subito mettermi
all’opera e comincerò così un nuovo capitolo. Infatti il Sermone della montagna
io l’ho diviso in tre capitoli; questo dunque sarà il quarto»
6. Osservo Io: «Per il momento questa tua suddivisione è buona, ma dopo
che Io sarò stato elevato da questa Terra nel Mio celeste ed eterno Regno, sarà
necessario che tu faccia precedere questi quattro capitoli da altri quattro
nuovi, cosicché tu puoi denominare già fin d’ora: V°, VI° e VII° i tre capitoli
del Sermone della montagna da te già scritti; il nuovo che farai seguire lo
segnerai con il numero VIII°»
7. E Matteo si attenne a queste Mie prescrizioni, e così oggi la
Predica sul monte, sebbene questo fatto fosse avvenuto per primo, viene narrata
solo nel quinto, sesto e settimo capitolo.
8. Anche questa cosa era necessario sapere per meglio comprendere i due
Vangeli, cioè di Giovanni e di Matteo, poiché entrambi sono stati scritti sotto
la Mia Personale direzione. Ora, qui si tratta appunto principalmente di far sì
che la comprensione esatta degli avvenimenti esposti in entrambi questi
documenti, esteriormente ed in apparenza tanto differenti l’uno dall’altro,
venga resa nella giusta armonia fra di loro, per evitare ciò che è accaduto nel
passato. Perfino i buoni intenditori della Bibbia considerarono identici i
miracoli che in Matteo e in Giovanni appaiono somiglianti, e si domandarono
tuttavia: “Com’è possibile che Matteo dica una cosa e Giovanni un’altra, mentre
il fatto sembra essere sempre lo stesso?!
9. Da ciò derivarono anche molti errori e, non di rado, un completo
abbandono della Mia Dottrina, di come essa è esposta nei Vangeli.
10. È vero che a tale proposito si potrebbe domandare: «Ma, o Signore,
perché hai permesso per tanti secoli che ciò avvenisse, e non hai voluto
illuminare nessuno riguardo a queste cose?»
11. Io però rispondo: «Nessun secolo trascorse senza che Io abbia
eletto e suscitato uomini, ovunque la Mia Dottrina fosse almeno un po’
professata, affinché essi evidenziassero a sufficienza alle persone i fatti e
la necessaria spiegazione dei Vangeli. E gli eletti lo hanno pur sempre fatto,
e anche storicamente hanno aggiunto nei documenti quello che è andato perduto,
in parte per la mente ostinata e, non di rado, per la cattiva volontà dei
diversi sovrintendenti e sacerdoti settari del Vangelo, ovvero della Mia
Dottrina; ma solo pochissimi la accettarono.
12. Le chiese, che con il tempo si erano sistematicamente istruite, le
rigettarono, come certamente è ben naturale, e le dichiararono “eresie” e
“manipolazioni diaboliche”, e ciò perché non si confacevano alle loro tendenze
di ricchezza terrena e di dominio!
13. Gli scienziati e gli artisti poi, a loro volta, giudicarono quelle
novità “fantasie” e “sogni di qualche allucinato” che era debole di mente e che
avrebbe bensì voluto essere qualche cosa, ma che non si era procurato le
cognizioni necessarie o che non aveva sviluppato le proprie attitudini mediante
la fatica, la diligenza e gli studi severi!
14. Ma nel luogo dove il profeta eletto, o suscitato a tale scopo,
viveva ed era conosciuto, egli era di sicuro meno apprezzato che altrove, e là,
per conseguenza, non poteva operare che poca cosa. Infatti, secondo i concetti
degli uomini, generalmente parlando, un profeta non dovrebbe veramente mai
abitare sulla Terra, né avere figura di uomo; così pure non dovrebbe mangiare,
né bere, né portare vestiti. Un vero profeta dovrebbe per lo meno, come Elia,
farsi trasportare per l’aria sopra un carro di fuoco, e da lì profetizzare a
ciascuno soltanto quello che l’uno o l’altro ascolta egoisticamente con piacere
e che lusinga l’amor proprio! Così dovrebbe essere un vero profeta, al quale
sicuramente tutti gli occhi e gli orecchi si volgerebbero, in special modo poi
se durante le peregrinazioni aeree volesse in qualche maniera meravigliosa
gettare giù a manciate delle monete d’oro e d’argento per i ricchi, riservando
al caso anche una piccola pioggerella di spiccioli di rame per i proletari, ed
in pari tempo si compiacesse di lodare i grandi, i ricchi ed i potenti, ma in
compenso di punire aspramente e spesso i poveri diavoli (proletari),
specialmente qualora questi si azzardassero di mormorare contro i ricchi, i
grandi ed i potenti. È certo che un profeta simile sarebbe per i poveri un’apparizione
per niente gradevole, e non potrebbe aspettarsi da loro alcuna lode!
15. Ma se il profeta è un uomo come ogni altro, che mangia e beve ed ha
su questa Terra perfino una comunissima dimora, e se poi addirittura esercita
un mestiere qualunque, oh! allora è la fine del suo profetizzare! Egli viene
dichiarato pazzo oppure un ipocrita (simulatore), e nella sua patria meno che
in qualsiasi altro luogo egli potrà arrivare a qualche risultato.
16. Dunque, Io in quasi duemila anni ho sempre completato ciò che
mancava; ma chi se ne curò veramente? Io ve lo dico: “Sempre pochissimi, ed
anche questi assai di rado in maniera abbastanza vivificante!”. Se ne prese
nota, è vero, ma che poi in seguito qualcuno avesse di fatto regolato
conformemente il proprio tenore di vita e si fosse convinto in spirito che
quell’uomo, per tutto il resto simile agli altri, era davvero da Me eletto a
portare ancora una volta un raggio di Luce dai Cieli agli uomini di questa
Terra divenuta gradualmente sempre più tenebrosa, questa cosa venne ignorata in
ogni tempo, accampando ogni genere di futili motivi!
17. L’uno ha fatto acquisto di un nuovo paio di buoi e deve addestrarli
all’aratro, è naturale quindi che non abbia tempo; l’altro deve curare un campo
nuovo, e neppure lui può venire! Un terzo ha preso moglie, e per conseguenza
non ha più assolutamente né il tempo né l’occasione di fare attenzione a
qualcosa di simile! Un quarto infine è in procinto di edificare una grande
casa, e per i grandi pensieri e preoccupazioni non sa dove sbattere il capo,
perciò è da escludersi assolutamente che possa rimanergli del tempo libero!
Insomma, ognuno trova questa o quella scusa, e così la nuova Luce dai Cieli
ritorna a brillare invano per un secolo intero, nascosta in qualche umile
cantuccio della Terra. E se nel secolo che segue Io faccio nuovamente
risplendere un altro raggio di Luce allo scopo di illuminare gli uomini
riguardo al senso degli antichi documenti, anch’esso va incontro allo stesso
destino.
18. Se si deve dunque ammettere, come lo dimostra l’esperienza fatta in
ogni tempo, che la cosa stia realmente così, allora appare giustificata la
domanda se sia proprio da fare a Me un carico se negli antichi documenti si
riscontrano ancora oggigiorno le stesse lacune che già mille anni fa vennero
rilevate da vuoti indagatori della lettera e da sofisti, i quali furono i
precursori di tutti quegli scettici che poi divennero i diffamatori della Mia
Dottrina, moltiplicatisi poi come i funghi in ogni tempo, e che fecero a gara
per negare la Mia Divinità e quella della Mia Dottrina.
19. È appunto per questo motivo che Io ora vengo quale Apportatore di
pienissima Luce, per quanto riguarda questi fatti, affinché alla fine nessuno
possa scusarsi col dire che Io, dal tempo della Mia presenza corporea sulla
Terra, non Mi sono più occupato né della purezza ed integrità della Mia
Dottrina, né degli uomini che avrebbero dovuto accogliere la Dottrina stessa!
Quando, fra breve, Io ritornerò sulla Terra, procederò ad una cernita
severissima e non accetterò affatto chi si presenterà da Me con scuse di
qualunque genere! Infatti ognuno, che seriamente cerca, può e deve trovare! Ma
le pecore e gli asini ammalati e legati alla rastrelliera dovranno inghiottire
una tale “medicina” che, dopo averla presa, di sicuro ricercheranno avidamente
il cibo dai Cieli; essi però, quali convalescenti, dovranno per molto tempo
venire nutriti omeopaticamente. Ed ora ritorniamo al nostro Vangelo!».
Il Signore e Matteo. Bontà ed utilità del giusto ordine.
Alcuni esempi a proposito del lavarsi e dello sgomberare il campo dalle pietre.
Cenni riguardo all’Onniscienza di Dio. Cenni illustrativi sul modo in cui gli
uomini vengono guidati. Dell’angelo custode. «Dio è Amore!». Dei rapporti fra
Dio come il più puro Amore e gli uomini. Esortazione a partire per Cafarnao.
1. Il giorno seguente a quello in cui Io avevo guarito a Cana il figlio
dell’ufficiale reale in Cafarnao, Matteo terminò di scrivere i suoi versetti e
venne da Me per mostrarMi il lavoro che aveva fatto. Io lo lodai perché in
brevi parole egli aveva saputo narrare esattamente tutto quanto era accaduto;
però, dopo che egli ebbe già impacchettato il suo materiale da scrivere, egli
ritorna e Mi domanda quante tavolette da scrivere gli occorreranno a Cafarnao,
perché egli ne ha lasciate da parte, per averle pronte a questo scopo, soltanto
quattro. Se egli deve tenerne sciolte in numero maggiore, gli sarà più facile
tirarne fuori altre dal pacco senza attendere di arrivare a Cafarnao!
2. Ed Io gli rispondo: «Bastano le quattro che hai a mano; tuttavia
devo renderti attento su un piccolo errore che ho riscontrato nell’ordinamento
delle tue cose! Non che sia da attribuirsi eccessiva importanza a ciò, ma,
poiché presso di Me tutto deve procedere in un ordine certo e preciso, non è
stato giudizioso da parte tua far prima accuratamente un involto del tuo
materiale da scrivere e domandarMi solo dopo quante tavolette ti sarebbero
occorse! Ora, se Io avessi detto: “Tu adoprerai a Cafarnao cinque tavolette”,
avresti dovuto sciogliere il tuo intero involto a causa di questa singola
tavoletta, ciò che ti avrebbe causato una fatica assolutamente inutile. Tu
però, spinto dalla Mia segreta influenza, hai messo precisamente da parte il
giusto numero di tavolette, e così ti sei risparmiato la fatica di sciogliere
nuovamente il tuo involto. Come ho già osservato prima, la cosa in sé non ha
grande importanza; però il mantenere saviamente un ordine è non di rado di grandissima
utilità in tutte le cose, per quanto meschine esse appaiano.
3. Vedi, se qualcuno vuole lavarsi alla mattina, a mezzogiorno oppure
alla sera, e si lava prima il viso e per ultime le mani, allora egli non avrà
il viso pulito così presto, perché vi sarà passato sopra con le mani sudice, ma
se invece egli si lava dapprima le mani, potrà con queste rendere pulita
facilmente ed assai presto anche la faccia.
4. Un uomo aveva un tratto di terreno pietroso e lo ripulì con grande
fatica e impegno dalle pietre, però ebbe cura, facendo ciò, di procedere con il
massimo buon ordine: dapprima egli raccolse le pietre più grandi e le trasportò
fuori del campo, facendone un mucchio regolare, poi prese le pietre meno grosse
e ne fece un secondo mucchio altrettanto regolare quanto il primo, e così
procedette con gli altri tipi di pietre, secondo la loro grandezza, e formò in
tutto dieci cumuli, dei quali ognuno constava di pietre di grandezza
assolutamente uguale.
5. Allora i vicini che avevano visto ciò, ma che per liberare i loro
campi dalle pietre non si erano attenuti al medesimo modo, essendosi
accontentati di accumulare pietre grandi e piccole tutte assieme e
disordinatamente, esclamarono: “Guardate questo pazzo! Non ha egli qualcosa di
meglio da fare che giocare con le pietre!”
6. Ma ecco che, dopo breve tempo, per la strada che passava davanti a
questo campo venne un costruttore edile il quale andava in cerca di pietre per
un edificio che doveva costruire. Quando egli scorse i dieci cumuli di pietre
ben ordinati, ne fece richiesta e le comperò tutte da colui che era stato
dichiarato pazzo dai vicini, pagandole quaranta denari d’argento, poiché, in
quel modo preparate in ordine, egli poteva adoperare le pietre subito e
benissimo. I vicini allora, che erano stati testimoni di ciò, si rivolsero essi
pure al costruttore edile e gli dissero: “Signore, perché non sei venuto
piuttosto da noi? Come vedi, abbiamo anche noi le medesime pietre e te le
avremmo date per pochi denari, mentre tu hai comperato la stessa cosa per ben
quaranta denari!”. Ma il costruttore edile rispose: “Le vostre pietre dovrei
prima ordinarle, ciò che mi costerebbe molto lavoro, tempo e fatica; queste
invece che ho comperate sono già in un ordine tale come appunto mi occorre in
questo momento, e perciò preferisco pagarle più di quanto realmente valgono
piuttosto che prendere le vostre anche per niente! Udito ciò, naturalmente
anche i vicini cominciarono a mettere in ordine i loro mucchi di pietre, ma
ormai era troppo tardi, perché il costruttore edile si trovò ad avere già a
sufficienza di quelle che aveva comperato dal primo, e così i vicini non fecero
che affaticarsi invano!
7. Dunque, abbiate cura di essere sempre ben ordinati in tutte le
vostre cose! Se un giorno dovesse arrivare il compratore che può lasciare un
bel guadagno, certamente si rivolgerà dapprima là dove avrà riscontrato il più
bell’ordine! Una fatica tardiva è spesso inutile! Comprendi tu questa
parabola?»
8. Dice Matteo: «Signore, com’è possibile non comprenderla?! Essa è
lampante e chiara come il sole a mezzogiorno.
9. Io però vorrei apprendere da Te ancora una sola cosa, e cioè come Ti
fu possibile sapere che io adopererò a Cafarnao precisamente soltanto quattro
tavolette! L’Onniscienza divina è per me ancora uno dei più grandi misteri!
Talvolta Tu sei in grado di sapere tutto senza dover domandare nulla a nessuno
ed ordini le Tue vie a seconda di ciò; altre volte invece Tu domandi ed agisci
nuovamente come qualunque altro di noi, quasi Tu non sapessi niente di cosa sia
avvenuto qua e là, o cosa dovrà avvenire! Come è possibile ciò? Signore, Te ne
prego, dammi a questo riguardo qualche piccolo chiarimento!»
10. Rispondo Io: «Amico! Ben volentieri vorrei rivelarti questa cosa,
ma tu non potresti comprenderla, e quindi lasciamola stare per ora! Fra non
molto però verrà bene il tempo in cui tu comprenderai facilmente e chiaramente
questi misteri.
11. Ti basti intanto questo: nonostante la libertà di volere concessa
all’uomo, Dio può sapere tutto quello che Egli vuole sapere; però, ciò che Egli
non vuole sapere, affinché l’uomo agisca liberamente, Egli anche non lo sa! Hai
compreso?»
12. Osserva Matteo: «Signore, se è così, vivere su questa Terra è per
l’uomo una cosa ben pericolosa! Chi è colui che, per quanto poco istruito egli
sia, non conosca il numero stragrande di nemici che, armati di tutti i mali
possibili, si schierano contro questa umanità misera e ne preparano la rovina?
Se Tu non Ti curi più di ciò e prendi la cosa come niente fosse, allora ben
esili sono le speranze riguardo alla salvezza dell’anima!»
13. Gli dico Io: «Non così esili quanto esse sembrano a te ora, perché,
in primo luogo ognuno vivrà della sua fede e principalmente del suo amore; in
secondo luogo, poi, ogni uomo rimane libero di rivolgersi in qualsiasi momento
a Dio e di invocare la Sua protezione; ed in questo caso Dio volgerà certamente
la Sua Faccia al supplicante e lo aiuterà in ogni contingenza!
14. Del resto, ad ogni uomo è concessa la scorta invisibile di uno
spirito protettore che ha il compito di guidarlo dal giorno della nascita fino
a quello della sua morte! Questo protettore agisce continuamente sulla
coscienza dell’uomo, e comincia a tenersi gradualmente sempre più lontano
dall’uomo solo quando quest’ultimo, spinto dall’egoismo, abbandona di propria
volontà ogni fede ed ogni amore verso il suo prossimo.
15. Dunque, l’uomo su questa Terra non è assolutamente tanto isolato
quanto tu credi, poiché tutto dipende dal suo volere liberissimo e dal suo
conseguente agire, se egli vuole o meno essere vigilato ed esaudito da Dio! Se
l’uomo vuole, lo vuole anche Dio, ma se l’uomo non lo vuole, allora di fronte a
Dio egli è del tutto libero, e Dio non si cura ulteriormente di lui se non per
quanto è fondato nell’ordine generale delle cose e per quanto riguarda la vita
naturale dell’uomo, e tutto ciò che ad essa è condizione necessaria. Ma più in
là Dio non influisce sull’uomo, né lo può fare, sempre a motivo della libertà
umana che è inviolabile! Soltanto se l’uomo per libera volontà del suo cuore
ricerca Dio e Lo supplica, allora Dio viene sempre incontro per la via più
breve alle preghiere dell’uomo, sempre che le ricerche e le preghiere di costui
abbiano quale fondamento l’assoluta serietà.
16. Se invece l’uomo ricerca e supplica soltanto in via di prova, per
convincersi soltanto se vi è effettivamente qualcosa di vero in Dio e nelle Sue
promesse, allora in questo caso non viene né guardato né esaudito da Dio,
poiché Dio in Se stesso è l’Amore più puro, e non rivolge la Sua Faccia che a
coloro i quali, ugualmente animati da puro amore del
loro cuore, a Lui se ne vengono e Lo ricercano per amore di Lui stesso, e con
l’animo colmissimo di gratitudine vogliono imparare a conoscerLo quale loro
Creatore e hanno l’ardente desiderio di essere da Lui stesso protetti e
guidati.
17. Certamente, coloro che in tal modo a Lui se ne vengono, possono star sicuri che Dio sa in ogni istante e molto bene
ogni più piccola cosa che li riguarda, ed Egli stesso li istruisce e li guida;
ma coloro che non vogliono saperne di Lui, di quelli a Sua volta Dio non sa
assolutamente alcuna cosa.
18. E quando un giorno, nell’aldilà, dovranno
presentarsi a Dio, avranno un bell’esclamare: “Signore, Signore!”. Ma Dio
risponderà loro: “Lontano da Me o stranieri, poiché Io non vi ho mai conosciuti!”.
Tali anime poi avranno molto da sopportare e molto da combattere finché,
riconosciute da Dio, sarà loro concesso di accostarsi a Lui. Comprendi tu ora?»
19. Dice Matteo: «Sì, o Signore, tutto ciò ora mi è oltremodo chiaro.
Ma non starebbe bene che io prendessi subito nota di questa eccellente
dottrina, che di certo spronerebbe fortemente gli uomini a ricercare Dio
incessantemente ed a supplicarLo di volerli guidare sul buon sentiero?»
20. Gli rispondo Io: «No, Mio caro amico e fratello, perché tale
dottrina non potrebbe ancora venire compresa da nessuno in tutta la sua
pienezza di vita e di verità! Per questo motivo non è affatto necessario che tu
ne prenda nota; un giorno però, se lo vorrai, potrai farlo per te soltanto e
per pochi fratelli.
21. Ed ora, se siete pronti per continuare il viaggio, ci metteremo in
cammino verso Cafarnao! Chi vuole venire con noi, ci segua; chi vuole rimanere,
rimanga! Io devo andarci, perché grande è la miseria che affligge quel luogo
nonché le piccole città situate intorno al lago che viene chiamato il Mare di
Galilea».
Il Signore e il giovane Coban di Cana che dà ospitalità.
Della libera autodeterminazione. Esempio dell’opera d’arte. «A chi ha, gli verrà
ancora di più aggiunto!». La vera vita proviene dal cuore. Il pellegrino più
facilmente viaggia, se è libero di ogni cosa.
1. Mentre noi ci disponiamo a riporci in cammino, il giovane che ci ha
ospitati viene nuovamente a pregarmi di voler rimanere presso di lui ancora per
quella sera.
2. Però Io gli dico: «Io farò presto ritorno, poiché, prima di recarMi
a Gerusalemme in occasione della prossima festa, devo visitare Nazaret; allora
sarò nuovamente tuo ospite tanto nell’andata che nel ritorno»
3. Dice il giovane: «Signore, questa sarà per me la più grande delle
felicità! Ma se Tu oggi non vuoi assolutamente rimanere qui più a lungo,
permettimi almeno che venga anch’io con Te e Ti accompagni ancora una volta!»
4. Osservo Io: «Tu sei pienamente libero di farlo, perché da parte Mia
nessuno sarà mai costretto a fare una qualsiasi cosa! Chi vuole accoglierMi, Mi
accolga, e chi vuole seguire Me e la Mia Dottrina, costui Mi segua! Infatti
libero sono Io e libero è il Mio Regno, ed a questo non si può accedere se non
per la via della più assoluta libertà!
5. Innanzi a Me ha valore soltanto ciò che ha fondamento nella volontà
più libera dell’uomo. Tutto quello che va oltre questo termine o vi rimane al
di sotto non ha alcun valore né per Me, né per il Padre Mio il Quale è in Me
come Io sono in Lui!
6. Infatti ogni costrizione, proveniente da una qualsiasi parte che non
sia esclusivamente il proprio cuore, è una cosa estranea; ora, secondo il Mio
Ordine eterno, fondato sui principi della libertà più vasta, possono per
ciascun uomo avere un qualche valore soltanto le manifestazioni di vita
strettamente ed assolutamente proprie, e non le estranee.
7. A che ti gioverebbe, alla fin fine, se tu affermassi, riguardo ad
un’opera d’arte che ha fatto qualcun altro, che è opera delle tue mani? Metti
il caso che arrivasse qualcuno e ti chiedesse, promettendoti una grande
ricompensa, di fare una copia uguale a quella che tu hai dichiarato di aver
fatto con le tue mani; cosa faresti di fronte a tale richiesta? Ebbene, dato
che tu non sei capace di farne una copia uguale, allora tu non potresti fare
altro che stare lì impalato, pieno di vergogna e rassegnato ad udire i
rimproveri dell’altro il quale, davanti a tutto il mondo, potrebbe accusarti di
essere un bugiardo, un imbroglione ed usurpatore della fama altrui.
8. E così pure è data assoluta facoltà ad ogni individuo di sviluppare
e perfezionare pienamente la propria vita.
9. Per ciascun uomo viene il giorno in cui egli deve sottostare al
grande esame della vita, ed in quel giorno tutto quello che innanzi all’occhio
di Dio verrà riscontrato di estraneo ad ogni singolo uomo gli verrà tolto; ed
allora sarà detto: “Chi ha, a costui verrà lasciato quanto ha, anzi ancora
molto gli verrà aggiunto; ma chi non ha del proprio, a costui verrà tolto anche
quello che ha, poiché quanto egli ha non è propriamente suo, ma è una cosa
estranea!
10. Io ti dico che non è necessario che tu venga con Me, però, se tu
vuoi farlo puramente di tua volontà e per amor Mio, tu non soltanto non avrai
nulla da perdere, ma anzi ci guadagnerai il decuplo sotto ogni riguardo.
Infatti chiunque fa una cosa per puro amore verso di Me, riceverà già qui il
decuplo, ed un giorno nel Mio Regno verrà ricompensato cento volte, anzi mille
ed infinite volte per quanto egli avrà fatto!»
11. Esclama il giovane: «Signore, allora io vengo con Te senz’altro,
poiché è il mio cuore che mi spinge, ed io voglio dare ascolto il più
scrupolosamente possibile a quanto esso mi suggerisce!»
12. Ed Io gli dico: «E sta bene, così facendo tu avrai dal tuo cuore
stesso la Vita che è l’unica giusta, poiché ogni altra vita che non provenga
dal cuore non è vita, ma è bensì la morte della propria vita in ciascun uomo!
Questo ti dico Io che sono il Signore di ogni vita!»
13. Il nostro giovane allora, tutto felice, prende subito una sacca e
del denaro e si accinge anch’egli a partire.
14. Ma Io gli dico: «Liberati di ogni intralcio inutile, così potrai
camminare molto più leggero; pensa che i ladri aggrediscono solamente coloro
dei quali sanno che hanno addosso qualcosa! Se però non hai niente con te,
nemmeno i ladri avranno qualcosa da portarti via!».
15. Udito ciò il giovane consegna denaro e sacca a sua moglie, deciso a
seguirMi anche facendo a meno di queste cose.
Del denaro.
Obiezioni mondane dettate dalla ragione di Giuda Iscariota. La fiducia in Dio è
il più grande tesoro. Perché Mosè non arrivò nella Terra Promessa.
Testimonianza del Signore di Se stesso. Della maledizione e dei pericoli del
denaro un tempo e ora. La redenzione con il fuoco dall’Alto. Sfacciato elogio
di Giuda sul denaro. Una seria risposta: «Ciò che si ama, si sa lodare!».
1. Ma Giuda Iscariota che è lì vicino dice: «Io credo però che un po’
di denaro non possa nuocere a chi va in viaggio!»
2. Io però replico: «Chi Mi conosce come Mi conosce questo giovane che
ci ha ospitati e che fu con Me già l’altra volta a Sichar, sa che presso di Me
ci si può arrangiare assai bene anche senza denaro! Guarda, le Mie vesti non
hanno tasche e denari con Me non ne ho mai portati, eppure Io ho condotto fin
qui, attraverso la Giudea e la Samaria, molte centinaia di persone! Chiedi loro
quanto costò a ciascuno di essi questo viaggio!
3. Questo però è già avvenuto; ma Io ti dico di più ancora, e cioè che
passerà soltanto un tempo brevissimo ed Io sazierò molte migliaia di persone
senza avere con Me più denaro di quanto ne abbia avuto finora.
4. Ascolta bene: una vera e piena fiducia in Dio ha più valore di tutti
i tesori della Terra, con i quali tu puoi giovare bensì alla carne per breve
tempo, mai però alla tua anima! Che se tu l’avrai rovinata, e quindi persa,
cosa potrai poi offrire per il suo riscatto?»
5. Dice Giuda: «Sì, sì, Tu hai ragione, ma per certe cose all’uomo
occorre pur del denaro!»
6. Gli obietto Io: «DimMi un po’, quanto denaro aveva con sé Mosè
quando condusse gli israeliti fuori dall’Egitto?»
7. Risponde Giuda: «Egli aveva oro e argento e pietre preziose in
grande quantità!»
8. Dico Io: «Certamente, egli aveva queste cose; ma furono appunto le
stesse che lo trattennero, impedendogli di giungere alla Terra Promessa!
Comprendi tutto ciò?»
9. Risponde Giuda: «La mia opinione, tuttavia, sarebbe riguardo a Mosè,
il profeta di tutti i profeti di Jehova, che la colpa non fu dell’oro e
dell’argento, che egli dovette portare con sé dall’Egitto su comando di Dio, ma
piuttosto del fatto che in un’ora di debolezza ebbe troppo poca fede nella
Fedeltà di Jehova!»
10. Gli dico Io: «E quale fu il motivo per cui egli un giorno fu scosso
nella fede? Colui che allora permise che Mosè, a causa
appunto del pensiero dell’oro e dell’argento, vacillasse nella fede, Quello
stesso è qui che ti dice ciò! La cosa sta scritta bensì in forma metaforica,
però, come Io te l’ho dichiarata, così è ed era veramente!»
11. Dice Giuda: «E sia pure, io credo che sia accaduto come Tu dici! Ma
adesso da parte dell’imperatore di Roma e di mezzo mondo il denaro è stato
introdotto quale strumento legale per facilitare gli scambi necessari fra gli
uomini, e noi siamo obbligati a servircene. Io penso che, se non è peccato
gettare del denaro nella cassetta delle offerte, non sarà peccato nemmeno dare
questo stesso denaro ad un povero qualunque affinché possa sostenersi per
qualche giorno. Credo quindi che sia buona cosa, quando si va in viaggio,
prendere con sé un po’ di denaro per i poveri, denaro che, dopo tutto, viene
emesso legalmente dallo Stato perché se ne faccia uso. Secondo me, dunque,
Coban, il giovane che ci ospita, avrebbe fatto bene a portare con sé quelle sue
monete!»
12. Gli osservo Io: «Anche tu però hai con te una borsa riccamente
fornita, eppure ieri non hai dato niente ai tre poveri che ti avevano chiesto
l’elemosina. Mi sembra dunque che tu stesso non faccia del denaro quel lodevole
uso a causa del quale tu Me ne hai decantato i pregi!
13. Per quanto poi riguarda il gettare il denaro dentro la cassetta
delle offerte, Io ti dichiaro apertamente che questo è l’abominio della
desolazione, seppure non tanto per alcuni deboli nello spirito, i quali credono
di assicurarsi in tal modo il Cielo, ma tanto più per coloro che prendono il
denaro dalla cassetta delle elemosine e lo sperperano durante la notte con
donne di malaffare! Finché non è esistito il denaro, non c’erano come oggi
delle pubbliche meretrici! Ma ora che esistono denari di ogni specie, vi sono
in Gerusalemme, come in quasi tutte le altre città, in grandissimo numero donne
che si offrono pubblicamente, e con esse peccano gli uomini giorno e notte! E
se a coloro i quali posseggono molto denaro non piacciono più quelle del
proprio luogo, fanno venire delle giovani da altri paesi; le comperano in
Grecia per trasportarle in Giudea, dove si danno con quelle alle più
abominevoli fornicazioni! Ecco: tutto ciò e mille volte di più ancora è la
benedizione che porta con sé il denaro da te così altamente lodato!
14. Ma queste cose non sono che il principio della maledizione che il
denaro porta.
15. Verranno tempi che saranno più calamitosi di quelli quando Noè costruì
l’arca, e la ragione della loro miseria si dovrà ricercarla nell’oro e
nell’argento, e soltanto un fuoco dai Cieli, che divorerà tutta l’immondizia
dell’Inferno, potrà redimere gli uomini dall’orrore della loro miseria!»
16. Dice Giuda: «Sì, certamente, Tu sei un Profeta senza uguali, e Ti è
dato di sapere tutto ciò, ma quando il denaro lo si impiega bene, io penso che
non si possa sbagliare!?»
17. Replico Io: «Sì, se lo si impiegasse bene, allora sarebbe
altrettanto buono come ogni altra cosa su questa Terra, di cui si può far uso
sia in bene che in male nello stesso modo; ma la grande differenza consiste in
ciò: se tu ti rechi in una città, devi portare sulle spalle vari tipi di cose,
sia utensili che viveri, per ricevere in cambio altre cose di cui hai bisogno e
cibi e bevande. Certamente il sistema è alquanto scomodo, ma con ciò viene
anche resa scomoda la via che conduce l’uomo al peccato! Infatti se tu vieni
carico di pacchi e bagagli o addirittura ti trascini dietro un carro di
utensili e di altre cose e ti presenti ad una prostituta, proponendole di
compensare le sue peccaminose prestazioni con qualche pentola o qualche piatto
che sia, essa ti riderà in faccia; e tu sei esente dal peccato! Tutt’altro però
avverrà se le offrirai dell’oro e dell’argento: in tal caso essa non si burlerà
più di te, anzi ti condurrà nella sua casa e cercherà con ogni mezzo di
incitarti a peccare con lei, allo scopo di ottenere una maggiore quantità del
tuo oro e del tuo argento! Dunque il denaro è sicuramente assai comodo per
facilitare gli scambi, ma è altresì oltremodo comodo ed eccitante per indurre
al peccato!
18. Ed è appunto per fornire più facilmente abbondante occasione di
peccare che Satana lo portò in questo mondo! Non hai potuto ancora convincerti
come la buona occasione sia il miglior mezzo per attirare i ladri?»
19. Risponde Giuda: «Va bene, tutto questo è giusto! Ma se si volesse
trattenere dal crimine tutte le specie di ladri che esistono non facendogli
trovare presso gli uomini niente di tutto quello che li invoglia a rubare,
quante cose allora dovrebbero essere cambiate! Prima di tutto gli uomini
dovrebbero rinunciare a tutti i beni di questa Terra e divenire senza eccezione
poveri; poi bisognerebbe che si somigliassero fra di loro come due fringuelli
maschio e femmina, ed infine nessuno dovrebbe essere più saggio degli altri!
Finché però questo non accadrà, ogni predica e ogni insegnamento o miracolo
risulterà fatica sprecata! Molti si convertiranno, ne sono persuaso; ma dieci
volte maggiore sarà il numero di quelli che, nonostante tutti gli insegnamenti
e tutti i miracoli, rimarranno come sono, se non diventeranno addirittura
peggiori di prima, il che è altrettanto facile che accada, anzi è ancora più
facile. Infatti è evidente che un po’ di egoismo si cela in ogni uomo, e costui
vuole essere, almeno in forma modesta, provvisto di quello di cui ha bisogno; è
naturale quindi che ciascuno pensi prima per sé e solo dopo per gli altri! E
non mi sembra che per questo motivo lo si possa disapprovare! Non è possibile
che ciascuno abbia una casa e un pezzo di terra, perché allora per ogni neonato
dovrebbero nascere subito con lui, da Dio, anche un pezzo di terra con casa
compresa e crescere con il neonato. Ora, dato che questo non è il caso, poiché
coloro che sono venuti prima al mondo già da lungo tempo si sono impossessati
di ogni cantuccio della Terra, e dato che in seguito a ciò alla maggior parte
dei nuovi venuti non è dato al giorno d’oggi di possedere nemmeno una spanna di
terreno, è chiaro che a quest’ultimi non resta altro che o tentare di rendersi
indispensabili ai pigri proprietari della terra procurandosi il maggior numero
possibile di cognizioni ed entrare in un modo o nell’altro al loro servizio,
oppure di dedicarsi al furto, a meno che non vogliano ridursi a fare il penoso
mestiere del mendicante. Se poi la parte migliore di coloro
che non posseggono né terre né case riceve in compenso dei servizi
prestati soltanto del denaro, che poi ognuno procura per quanto possibile di
risparmiare per ritrovare nei propri vecchi giorni qualcosa per vivere, io non
trovo in tutto ciò affatto nulla di male; anzi, secondo me, il denaro è da
considerarsi come una nuova creazione di terreni e di case per tutti coloro che
nascono su questa Terra misera, senza avere e senza poter sperare di possedere
un giorno proprietà alcuna in seguito a successione ereditaria; ed io devo
constatare apertamente che Dio stesso, non potendo o non volendo creare per
ogni nuovo nato contemporaneamente anche un nuovo tratto di terra, ha ispirato
ai governanti la buona idea di formare il denaro, mediante il quale anche ai
figli di coloro che nulla posseggono è concesso di provvedere ai propri
bisogni, ciò che spesso è meglio che non mediante il possesso di terreni e
case. Dio non può certo volere che i figli dei non benestanti periscano! È
evidente che non è colpa loro se sono venuti al mondo, e se i bisogni della
vita sono per loro i medesimi dei figli dei ricchi!
20. Tu, che sei forse il più grande Profeta che abbia mai posto piede
su questa Terra, hai finora insegnato molto, ed io ho sempre accolto ogni Tuo
detto, ma non posso essere d’accordo con Te nell’ammettere che il denaro, come
dichiarasti prima, sia una cosa nociva! Considerando la questione dal Tuo punto
di vista, se il denaro è pericoloso, altrettanto può divenirlo qualunque altra
cosa! Se io avessi tutte le pecore, i buoi, le vacche, i vitelli, gli asini, i
polli ed i piccioni, e tutte le frutta e tutto il pane che soltanto dai tempi
di Davide fino ad oggi sono stati rubati nel nostro paese, io sarei l’uomo più
ricco in tutta Israele! Prendiamo quale esempio Sodoma e Gomorra e Babilonia:
non era l’umanità dedita ad ogni vizio carnale altrettanto ed anche più di
oggigiorno, quantunque allora non esistesse il denaro?
21. Io non voglio affermare precisamente che Tu abbia torto attribuendo
al denaro tutti quei mali; ma dov’è su questa disgraziata Terra una cosa
qualsiasi che non sia già stata causa di migliaia di svariate perfidie? Dunque,
se Dio non scaglia tutte le Sue maledizioni a queste cose per il cattivo uso
che ne viene fatto, perché dovrebbe Egli fare proprio il denaro oggetto di
tanta ira e maledizione?»
22. Gli dico Io: «Colui che ha cara una cosa, ha pure sufficiente
intelligenza per lodarla; e poiché tu ami il denaro in modo straordinario, te
ne intendi assai per esaltarne i pregi. Dunque Io non voglio più oltre
discutere con te riguardo a questo oggetto, poiché ciò che si ama si sa anche
lodare! Tu però, in un tempo non troppo lontano, imparerai bene a conoscere la
maledizione che il denaro porta in sé! Ma ora non se ne parli più. La strada
fino a Cafarnao non è breve, tuttavia dobbiamo arrivarvi prima del tramonto per
cercare ricovero».
Tommaso e
Giuda. Dell’essere di Giuda. Predizione di Tommaso. Risposta impudente e
maligna di Giuda.
1. Allora Tommaso, che aveva udito tutto il
discorso di Giuda, cominciò a rimproverarlo per essersi azzardato ad esporre le
sue stolte idee sul denaro a Me, che pure ero, nello spirito, Jehova stesso e
che operavo cose possibili soltanto a Dio!
2. Ma Giuda gli dice: «Tu sei tuttora quello scimunito che sei sempre
stato! Infatti tu, una volta presti fede a qualunque fiaba venga spacciata,
un’altra volta invece, quando ti cacci in testa di non credere, non credi
proprio a niente! Tu non pensi a nulla e non calcoli nulla! Quando tu portavi i
pesci al mercato, vendevi non di rado i grandi ed i piccoli ad uno stesso
prezzo cosicché i compratori ti ridevano in faccia! E come hai sempre tirato
innanzi senza pensare e senza calcolare nulla, così seguiti ancora a vivere
stupidamente giorno per giorno, restando fedele alla tua vecchia abitudine.
3. Io che mi trovo solo da poche ore in compagnia di questo grande
Profeta, mi faccio un sacrosanto dovere di investigare bene, per imparare a
conoscere per quanto possibile quali siano i Suoi sentimenti e quali le Sue
tendenze nell’annunciarsi quale Profeta! Tu invece sei già da mezzo anno presso
di Lui, ed è chiaro che devi anche conoscerLo meglio di me. Ma il fatto che tu
già Lo conosci, è questo un buon motivo perché non debba darmi nessuna cura per
saperne anch’io a Suo riguardo almeno tanto quanto hai potuto saperne tu
finora?!»
4. Dice Tommaso: «Speriamo che tu non vorrai ritornartene a casa già domani,
dato che mi sembra di poter capire che ti premerebbe apprendere tutto già oggi?
È davvero una fortuna che il Signore abbia deciso finalmente di rimettersi in
cammino, altrimenti sareste rimasti qui fino a domani, sempre discutendo del
tuo stupido denaro, senza però ad arrivare ad un’intesa! Sì, il Signore ha
ragione! Questo maledetto denaro finirà con l’essere causa della tua morte,
dato che in esso tu scorgi tanta magnificenza! Eppure il Signore te lo ha detto in modo abbastanza chiaro che razza di valore
abbia veramente il denaro, e come torni ad enorme svantaggio della vita
spirituale dell’uomo; del resto è già da tempo che tu sei più saggio dello
stesso Dio, e perciò anche davanti a Dio puoi vantarti della tua sapienza! Bada
però che un giorno tu non debba restare soffocato da tanta sapienza!
5. Ritornando a quanto dicevi prima, che cosa puoi rimproverare al mio
modo di vendere il pesce?! Non ero sempre io il primo a vendere i miei pesci mentre
tu, nonostante i tuoi buoni sistemi, ti trovavi costretto a riportarne la metà
a casa! È vero; io vendevo tanto i grandi quanto i piccoli, a dieci pezzi per
due centesimi, ed avrei sempre potuto venderne ancora cinque volte di più se
tanti ne avessi portati al mercato! E mi sembra che in questo modo io abbia
evidentemente fatto il conto meglio di te che pretendi di essere più saggio di
Dio, ma che in pari tempo sei un avaraccio e non cerchi la tua salvezza altro
che nel denaro! In verità: per tutta questa tua sapienza non darei un
centesimo»
6. Risponde Giuda alquanto sconcertato: «Ciascuno parla di una cosa a
seconda di quanto la capisce!»
7. Dice Tommaso: «Hai ragione; tu, nella tua stupidità, comprendi la
cosa stupidamente, e per conseguenza parli anche nella stessa maniera! Guarda
piuttosto là, dove quel povero se ne sta sulla via! Donagli la tua borsa, e
così avrai fatto per la prima volta in vita tua un’opera veramente saggia!»
8. Esclama Giuda: «Fossi matto! A me nessuno ha, nel vero e proprio
senso della parola, regalato mai qualcosa, e perciò nemmeno io regalo niente a
nessuno!»
9. Dice Tommaso: «Bella massima davvero la tua; essa merita già
anticipatamente di venire maledetta! Io te lo dico e te lo garantisco che con
simili principi non farai strada troppo lunga con questo nostro Maestro e
Salvatore! Egli è la liberalità personificata, mentre tu sei un avaro che non
ha l’uguale! Un bell’accordo davvero!»
10. Dice Giuda: «Quando io Lo avrò scandagliato e manipolato per bene,
ed Egli avrà riconosciuto come si debba vivere nel mondo per essere tenuti in
considerazione, vedrai allora come Egli si affretterà a mettere dei freni alla
Sua generosità! Del resto, non è assolutamente nessuna bravura essere generoso
e preparare buone cose ai propri discepoli a spese di coloro che posseggono
qualcosa. Ascolta, se io potessi trovare oggi un pazzo qualunque della risma di
questo giovanotto qui che ci ha ospitati, ti assicuro io che, a sue spese, non
sarei secondo a nessuno in generosità. Che provi però questo Gesù, che è
poverissimo di nascita, a mantenere con i Suoi propri mezzi tutta questa massa
di discepoli, e si vedrà subito se potrà continuare nella Sua liberalità, o se
non dovrà piuttosto congedare il più presto possibile tutti i Suoi seguaci!»
11. Dice Tommaso: «Non ti dico altro che tu devi essere completamente
in balia del demonio! Preso superficialmente, quello che tu dici può sembrare
che contenga qualcosa di ragionevole; ma in realtà è tutto il contrario, e le
tue parole non sono che menzogne fra le più spudorate di questo mondo. Io sono
assolutamente pentito di averti indicato la via fino qui. Quante centinaia di
persone c’erano a Sichar, eppure tutte furono saziate con cibi dai Cieli! E la
casa diroccata d’Irhaele non venne da Lui ricostruita in pochi istanti ed in
modo tale che ora è di gran lunga la casa più splendida di quella città! E tu
nella tua sconfinata stoltezza vorresti ora, spacciandoti in certo modo per un
sapiente fra i sapienti, tentare di dimostrare a me che Gesù è un poveraccio
qualunque, il Quale sa spassarSela allegramente a spese degli altri, a me, che
ho visto con questi miei occhi i Cieli aperti e innumerevoli schiere di angeli
di Dio salire e scendere in essi! Davvero, tu mi fai pietà! Egli, che è il solo
Padrone del Cielo e della Terra avendoli creati con la Sua Onnipotenza, Egli
dovrebbe aver forse bisogno dei miei o dei tuoi tesori per poter vivere in
questo mondo sul quale Egli fa crescere e maturare i frutti? Oh, stolto e cieco
che sei! Va’ a Sichar, persuaditi di tutto quanto ti ho detto e poi ritorna;
vedremo poi se parlerai ancora così scioccamente come oggi!»
12. Giuda resta imbarazzato, ma poi dice seccamente: «Hai visto tutto
questo proprio con i tuoi occhi? O non hai forse preso a prestito qualche paio
d’occhi di bue o di asino, tu, che hai potuto abbracciare con lo sguardo in una
volta sola tante cose straordinarie? Del resto ho tanto piacere che questo
Sapiente di Nazaret abbia anch’Egli voluto fare la conoscenza della bella
Irhaele la quale, come ho saputo da non molto, sembra che viva già con il sesto
marito perché tutti gli altri cinque hanno per così dire trovato la morte fra
le sue braccia! Eh! Credo bene che vicino ad una così splendida creatura
possano essere, e come, aperti i Cieli! Sì, sì, lei ha fatto assaporare i cieli
a più di uno, perché avrebbe dovuto fare un’eccezione per voi?! In quanto a me,
però, non me ne andrò sicuramente per i suoi bei occhi a Sichar! Io alla legge
di Mosè ci tengo, e non voglio perciò occuparmi di simili cose peccaminose!».
Il Signore calma l’ira di Tommaso e lo invita al perdono,
al fine di restare libero in sé. Tommaso racconta degli alterchi e delle
dispute di Giuda con Giovanni Battista, nonché della sua presunzione spirituale.
Cenni del Signore riguardo a Giuda. Arrivo a Cafarnao.
1. Queste parole pungenti di Giuda mandano quasi fuori di sé Tommaso il
quale, trascinato dall’ira, sembra proprio che voglia venire con lui alle mani.
Ma Io - si era già a metà strada da Cafarnao in quel punto - allora Mi avvicino
a Tommaso e gli dico: «Fratello, finché tu Mi vedi tranquillo e calmo, rimani
anche tu così come ora tu vedi che Io sono, purché tu rivolga ogni tanto il tuo
sguardo verso di Me. Soltanto quando vedrai che Io Mi dispongo a percuotere,
allora accorri anche tu in gran fretta e percuoti più che puoi con tutte le tue
forze! Ora però questo non è affatto necessario, e non lo sarà ancora per assai
lungo tempo. La notte resta la notte, tu non puoi farci nulla; e così Giuda
resterà Giuda! Certamente, egli non è condannato ad essere ciò che egli è,
com’è il caso della notte, la quale è l’ombra naturale della Terra, ma, se egli
vuole rimanere Giuda, rimanga pur tale, che noi dal canto nostro rimaniamo
quello che siamo. Il futuro insegnerà già bene fino a che punto avrà potuto
portarlo il suo voler restare Giuda!»
2. Dice Tommaso: «Tuttavia, o Signore, potresti benissimo fare in modo
che egli si togliesse dai piedi, altrimenti sarà capace di suscitare ogni
genere di scandali e di scenate; infatti il suo parlare è rozzo e maligno»
3. Ed Io gli dico: «Non fui Io a chiamarlo, e quindi non gli dirò
nemmeno di andarsene; se però come egli è venuto vorrà anche andare, noi non
piangeremo per causa sua. E tu vedi di tenerti lontano da lui, perché da voi
due messi insieme non può scaturire nulla di buono. Intanto perdonagli come Io
gli perdono, così tu sarai libero nel tuo cuore!»
4. Dice Tommaso: «Per quello che riguarda il perdonare, da parte mia io
non ho davvero nulla in contrario, perché io non ho di certo mai nutrito
rancore verso di lui, quantunque io lo abbia sempre conosciuto per un uomo con
il quale è quanto mai difficile andare d’accordo. Ciò non è riuscito nemmeno al
profeta Giovanni con cui egli ha più volte litigato! Inoltre io devo confessare
francamente che sarei incomparabilmente più lieto se egli non facesse parte
della nostra compagnia!
5. Ieri l’altro, trovandomi a casa mia, ho naturalmente raccontato ai
miei conoscenti parecchio riguardo alle cose da Te dette ed operate, di modo
che essi non potevano mai cessare di meravigliarsi. Ma tutto ciò giunse anche
agli orecchi di Giuda! E chi altro se non lui fu il primo a prendere la
decisione di diventare Tuo discepolo!? Per comprendere bene, è opportuno notare
che gli insegnamenti di Giovanni non l’avevano soddisfatto, poiché questi non
faceva che predicare la penitenza più severa, ed annunciare l’inesorabile
Giudizio di Dio a tutti coloro che non volevano indursi a fare vera penitenza!
Da ciò scaturirono anche le frequenti questioni sorte fra lui e Giovanni!
6. Quest’ultimo era tutto penitenza; Giuda invece tutto il contrario!
Egli anzi dichiarò in faccia a Giovanni, con tutta serietà, che il fare
penitenza vestiti di sacco e coperti di cenere è la più insigne sciocchezza che
l’uomo possa commettere in vita sua e che l’uomo dovrebbe migliorarsi vivendo
nel mondo, non già vestendo di sacco e cospargendosi il capo di cenere.
7. Certamente Giovanni non ha detto proprio che sacco e cenere sono
cose indispensabili per fare vera penitenza, perché egli nelle sue prediche ha
parlato di queste cose per così dire in senso figurato, volendo con ciò
significare il ravvedimento seriamente voluto dall’uomo divenuto schiavo del
peccato; Giuda però, dato che pretende di sapere e comprendere tutto meglio
degli altri, non ha voluto saperne del fatto che anche metafore e parabole
possano istruire, ed ha sostenuto che, trattandosi di cose tanto importanti,
dalle quali dipende la salvezza degli uomini, si devono sempre usare parole
chiare e comprensibili!
8. Secondo lui, i Profeti devono essere stati tutti tanti asini, perché
hanno parlato in un linguaggio figurato che si può interpretare nel modo che si
vuole; quindi è soltanto colpa loro se con ciò furono rovinati sacerdoti e re, ed
infine il popolo tutto. Insomma, secondo lui, qualsiasi uomo, sia di elevata
sia di umile condizione, è un asino se non pensa e non fa’ come lui, e perciò
io sono dell’opinione che egli non è affatto a posto in questa nostra
compagnia»
9. Dico Io: «Mio caro Tommaso! Quello che tu Mi hai detto, Io lo sapevo
già da lungo tempo; tuttavia Io ti dico: “Se egli vuole andare, se ne vada; ma
se vuole rimanere, rimanga. Io so ancora molto di più sul suo conto, e so
perfino ciò che egli opererà contro Me stesso; tuttavia egli rimanga, se così
vuole! Infatti la sua anima è un demonio, e vuole imparare da Dio la sapienza;
tale intenzione però apporterà a quest’anima un pessimo profitto. Ma ora non se
ne parli più! Non tarderà molto a presentarsi l’occasione in cui egli potrà
avere del pane per i suoi denti!”.
10. Ma ecco che nel frattempo siamo arrivati davanti alle mura di
Cafarnao, ed Io scorgo che dalla porta della città sono ora usciti un
centurione romano assieme al comandante Cornelio e all’ufficiale reale, i quali
ci vengono incontro in gran fretta; di certo qui c’è ancora un ammalato da
guarire!».
Scena con il centurione di Cafarnao. Guarigione del
servitore ammalato grazie alla supplica piena di fede del suo padrone. «Chi
crede e ama, sia egli pagano o ebreo, sarà beato!». Effetti differenti di
questi miracoli in Cafarnao. (Matteo 8, 5-13)[4]
Vangelo di Matteo, Capitolo
8. Qui Matteo comincia, e precisamente dal 5° verso, a narrare più
succintamente la storia fino al punto in cui Io Mi accingo a recarMi nuovamente
a Gerusalemme ad una festa.
1. Noi tranquillamente facciamo le poche centinaia di passi che ancora
ci separano, e il centurione si avvicina a Me e Mi prega:
«Signore! Il mio servitore giace in casa paralitico; egli è enormemente
tormentato e non può fare nulla» (Matteo 8,6)
2. Dico Io al centurione: «Io verrò e lo risanerò» (Matteo 8,7)
3. Ma il centurione Mi replica: «Signore! Io non sono affatto degno che
Tu entri sotto il mio tetto, ma pronuncia una sola parola e il mio servo sarà
salvo (Matteo 8,8). Infatti anch’io, come molti altri, sono sottoposto
all’autorità superiore, ma a mia volta ho sotto di me molti soldati che mi
obbediscono, e se io dico all’uno: fa’ questo, egli lo fa; oppure se gli ordino
di andare, egli va; e quando io dico all’altro di venire, allora egli viene; e
così pure se io dico al mio servitore di fare questo oppure quello, egli lo fa
senza indugio! (Matteo 8,9)
4. A Te però sono soggetti tutti gli spiriti, e Tu sei Signore, in
tutta la pienezza della parola, sopra ogni cosa che esiste nel Cielo, sulla
Terra e dentro la Terra; Tu dunque non hai da fare che un piccolo cenno, e le
potenze, che per noi sono invisibili e che a Te obbediscono, immediatamente
eseguiranno la Tua Volontà!».
5. Che questo centurione fosse venuto tanto fiducioso a rivolgerMi la
sua preghiera a causa del suo servitore, si spiega dal fatto che la rapida
guarigione del figlio dell’ufficiale reale, come pure delle molte cose
narrategli dal comandante, lo avevano persuaso che era in Mio potere guarire
prodigiosamente anche a distanza per mezzo della sola parola, e questa fu pure
la causa che indusse lui, come aveva fatto l’ufficiale reale, a venirMi
incontro quando apprese che Io Mi avvicinavo alla città.
6. Quando Io udii tali parole del centurione ispirate alla più assoluta
fiducia, Me ne mostrai meravigliato, non per quanto Mi riguardava, ma a causa
dei discepoli; e dissi non tanto al centurione ma quanto piuttosto a coloro che
erano con Me: «In verità Io vi dico che in tutta Israele Io non ho trovato
tanta fede (Matteo 8,10). Ma Io dico anche a voi: “Molti verranno da levante e
da ponente, e sederanno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei
Cieli (cioè saranno fatti partecipi della Gloria del Padre) (Matteo 8,11), ma i
figli del Regno saranno gettati nelle più profonde tenebre dove sarà il pianto
e lo stridor di denti!”» (Matteo 8,12)
7. Ed avendo udito questo Mio esordio, molti si batterono il petto e
dissero: «Signore, rigetterai Tu dunque i figli per accogliere al loro posto i
pagani?»
8. Ma Io dico: «Né i figli, né i pagani! Ma chi crede ed ama, sia
ebreo, greco o romano, costui sarà accolto»
9. Poi, rivoltoMi al centurione, gli dico: «Va’ pure, e accada secondo
come hai creduto!»
10. Allora il centurione Mi ringraziò dal più profondo del suo cuore,
e, ritornatosene a casa, trovò che tutto era stato adempiuto così come egli Mi
aveva pregato e secondo la sua fede in cui egli né prima né poi aveva
vacillato; infatti il servitore era guarito nella stessa ora in cui Io avevo
detto al centurione: «Avvenga secondo come hai creduto». (Matteo 8,13)
11. Questo miracolo avvenuto in Cafarnao stessa, come pure il
precedente operato in favore del figlio dell’ufficiale reale il quale fungeva da
governatore in Cafarnao, suscitarono in quella città uno scalpore insolito,
particolarmente fra i romani ed i greci che vi dimoravano. Invece fra gli ebrei
e fra i sacerdoti ed i dottori della Legge, là delegati da Gerusalemme a
coprire stabili cariche, ciò non valse che a sollevare rancori, ira e furore!
L’astuzia ideata dal popolo contro i sacerdoti ebrei.
Questi vengono invitati a guarire pure essi gli ammalati mediante la Grazia di Dio.
Sottili argomentazioni dei sacerdoti e risposta minacciosa del popolo e buona
testimonianza su Gesù.
1. Infatti il popolo, il quale aveva visto i miracoli, ma che temeva
troppo i sacerdoti ed i dottori della Legge per potersi apertamente dichiarare per
la Mia Dottrina e diventare Miei discepoli, era ricorso ad un’eccellente
astuzia. Essi dunque presentarono diversi ammalati ai sacerdoti, e dissero:
«Uditeci, o voi eccelsi sacerdoti e dottori della Legge, che secondo le vostre
stesse parole siete iniziati in tutti i misteri di Dio! L’uomo Gesù di Nazaret
opera tali cose miracolose quali prima di Lui nessuno ha mai potuto fare, e le
Sue parole e i Suoi insegnamenti sono come un torrente di fuoco, che divora con
estrema violenza tutto ciò che gli si oppone oppure lo trascina con sé in modo
inarrestabile! Al pari di un Dio Egli guarisce ogni malattia, senza
medicamenti, per forza della sola Parola, e si dice altresì che con la sola
Parola Egli abbia potere perfino di risuscitare i morti!
2. Quando ci fummo convinti che tutto ciò era conforme a verità, sorse
in noi un buon pensiero e ci ricordammo di voi, e dicemmo fra noi: “Perché ci
meravigliamo così tanto?! Non abbiamo sempre fra noi sacerdoti e dottori della
Legge iniziati essi pure in tutti i misteri di Dio e che certamente, purché lo
vogliano, possono guarire un ammalato mediante la sola parola altrettanto bene
quanto questo Gesù?”. Noi eravamo già in procinto di condurre i nostri ammalati
al Nazareno, ma ci ricordammo poi della circoncisione e del patto, al quale noi
non vogliamo mancare di osservare finché esso potrà realmente darci quello di
cui abbiamo bisogno nel corpo e nello spirito. Ora, poiché questo Gesù fa delle
cose tanto straordinarie, noi siamo minacciati da grave pericolo se non Gli opponiamo
dei fatti altrettanto grandiosi quanto i Suoi!
3. A questo scopo dunque noi vi abbiamo condotto qui parecchi ammalati
non troppo gravi, e vi scongiuriamo per il vostro e il nostro bene che voi
vogliate risanarli mediante la vostra parola ed in virtù della potenza
spirituale che, come insegnate, vi proviene direttamente da Dio!
4. In seguito, assieme a questi ammalati guariti miracolosamente,
percorreremo l’intera città e proclameremo ad alta voce davanti ad ogni casa la
Gloria di Dio e l’eccellenza di voi, o sacerdoti e dottori della Legge. Allora
qui il Nazareno troverà poco seguito, e dovrà andare via confuso e scornato tra
le beffe del popolo!»
5. I sacerdoti ed i dottori della Legge, anche troppo consapevoli della
loro assoluta impotenza, tentano di assumere un tono grave per nascondere la
loro impotenza, e rispondono: «Stolti che siete! Come potete pretendere da noi
ciò che spetta a Dio soltanto!? Quando mai un sacerdote oppure un dottore della
Legge ha operato miracoli?! Una cosa simile non può che farla Dio, oppure
l’unico e solo sommo sacerdote nel Tempio di Gerusalemme, quando entra nel
Santissimo! Conducete dunque i vostri ammalati a Gerusalemme dove senza dubbio
sarà ridonata la salute ai loro corpi, sempre che voi siate disposti a fare un’adeguata
offerta e, naturalmente, ammesso che Dio lo voglia, perché, se Dio non lo
vuole, bisognerà bene che vi rassegnate a ricondurre alle case vostre gli
ammalati nello stato di prima!
6. È vero che noi siamo iniziati nei più vari misteri di Dio, ma non
già nella Sua Potenza, la quale è santa e non viene trasmessa a nessun mortale!
7. Chi però come questo Gesù, del quale abbiamo già udito parlare,
opera cose non comuni in virtù di magie oppure con l’aiuto di Belzebù, costui è
un mostro dell’Inferno, il quale è il covo eternamente maledetto in cui dimora
il nemico di Dio. E chi si converte alla sua dottrina ed ai suoi segni, viene
considerato da Dio e dai Suoi servitori alla stessa stregua di un servo del
demonio! Questa è la completa verità; guai a voi se vi rivolgete a Gesù e
prendete da lui aiuto e consiglio!»
8. Dicono coloro che hanno condotto gli ammalati ai sacerdoti ed ai
dottori della Legge: «Voi tutti siete mentitori, se parlate in questo modo!
Come può essere seguace del demonio o servo di Belzebù Egli, che fa del bene
agli uomini in misura straordinaria, ed ai discepoli che sono con Lui non fa
che predicare l’amore, la mansuetudine e la pazienza, e che agisce del tutto
secondo quanto Egli insegna!?
9. Voi sì che siete creature del demonio, se date di Lui una simile
testimonianza; Egli però è da Dio, poiché così, come Egli adempie la Volontà di
Dio, la predica!
10. Voi prima ci avete trattati da stolti, perché vi abbiamo chiesto,
per il vostro bene, quello che voi avete dichiarato mille volte che era in
vostro potere fare mediante la preghiera e la parola divina; ma adesso che vi
si domanda, come fu mai fatto prima, di mettere in pratica la vostra dottrina
vecchia e sempre uguale, voi ci chiamate pazzi se vi prendiamo sul serio! O
perfidi servitori di Belzebù! Vi faremo ben noi balenare una luce tale che il
suo splendore sarà la morte di tutti voi!».
Il furore dei
sacerdoti e dei dottori della Legge e loro propositi di vendetta contro il Signore.
Il Signore nella capanna di Pietro. Il luogo prediletto di Gesù: il Mare di
Galilea. Guarigione miracolosa della nuora di Pietro.
(Matteo 8,
14-15)
1. Udendo questo linguaggio dai loro correligionari, i sacerdoti ed i
dottori della Legge si ritirano in tutta fretta, perché coloro che gli stavano
di fronte erano circa un centinaio, e nei loro occhi si leggeva che non erano
disposti a scherzare. Questi ultimi già da molto tempo si erano accorti che
cosa veramente si celasse sotto la veste di sacerdote e di dottore della Legge,
ed era già da un bel pezzo che essi li odiavano più che la peste!
2. Ma i sacerdoti, i dottori, gli scribi e i farisei si accorsero
subito che gli ebrei avevano voluto soltanto tendere loro un tranello per avere
qualche argomento da poter ritorcere contro di loro, e ciò avrebbe fornito agli
ebrei una ragione di più per seguirMi (poiché allora era ancora più difficile
abbandonare la chiesa ebraica per entrare in un’altra, di quanto non sia oggi
uscire dalla chiesa romano-cattolica per entrare in una riformata). Per questo
motivo dunque cominciarono a sorvegliarMi accuratamente come un soggetto molto
pericoloso, e segretamente si consigliarono fra di loro come avrebbero potuto
in un modo o nell’altro sbarazzarsi di Me!
3. Ora, il comandante romano, presso il quale Io dimorai a Cafarnao un
paio di giorni, Mi avvertì in confidenza di quello che andava macchinando
contro di me quella gente del Tempio la quale, furibonda, cercava per vie
nascoste di attentare perfino alla Mia vita!
4. Ma Io dissi: «Verrà un giorno in cui essi raggiungeranno la loro
diabolica meta, ora però non è giunto ancora il tempo. Anzi, affinché non
vengano offerte loro per adesso troppe occasioni di esercitare la loro
vendetta, Io intendo allontanarMi per breve tempo da questa città e recarMi in
un’altra. Più tardi, quando questi rinnegatori di Dio si saranno più calmati
nel loro cuore, Io farò qui ritorno».
5. Il comandante, quantunque desiderasse vivamente trattenerMi presso
di sé, dovette approvare il Mio proponimento, poiché a lui stesso questi
farisei, dottori della Legge, sacerdoti e scribi ispiravano un timore non
indifferente, per la ragione che gli era anche troppo noto il sistema usato da
quella razza di vipere quando voleva nuocere, di inviare cioè denunce segrete a
Roma.
6. Il giorno seguente dunque, molto di buon’ora, Io lasciai, con
l’intera compagnia che era con Me, la casa oltremodo ospitale del comandante, e
Mi recai alla casa di Simon Pietro situata nelle vicinanze di Bethabara, dove a
suo tempo aveva dimorato Giovanni. Arrivati alla casa di Pietro, semplice
dimora ma abbastanza vasta, vi entrammo e trovammo sua nuora, una giovane di
circa vent’anni, buona e molto laboriosa e costumata, che giaceva a letto
travagliata da una forte febbre e da acuti dolori; e Pietro si rivolse a Me
pregandoMi che Io la aiutassi!
7. Io allora Mi affrettai subito al suo letto, la presi per mano e le
dissi: «Figlia! Alzati e preparaci il pranzo, piuttosto che giacere qui e
soffrire!».
8. Immediatamente la febbre l’abbandonò, e la giovane si alzò e ci
servì con grande diligenza ed attenzione.
Il Signore
istruisce Matteo riguardo a ciò che egli ha da scrivere. La differenza delle
sfere dei Vangeli di Matteo e Giovanni: il primo racconta fatti, mentre il
secondo contiene profonde rispondenze. Il pranzo nella capanna di Pietro. La
pesca miracolosa.
L’umile
testimonianza di Pietro sulla Divinità del Signore. Allusioni al traditore.
1. Allora Matteo si rivolge a me e Mi chiede se egli debba prendere
nota anche di questo miracolo, e di parecchie altre cose dette ed insegnate da
Me durante il paio di giorni trascorsi in casa del comandante.
2. Ed Io gli dico: «Prendi pure nota di quanto è successo con il
centurione davanti a Cafarnao e di ciò che ho detto in quella occasione, come
pure fa’ menzione del miracolo operato qui in casa di Pietro, senza però citare
le parole dette, le quali non hanno a che fare con quanto dovrà servire di insegnamento
al popolo! Sorvola però completamente su quanto si disse in casa del
comandante, come pure sul fatto che Io Mi trattenni due giorni presso di lui!
3. Già tra breve noi faremo ritorno nella casa di questo comandante, e
precisamente quando gli morirà la sua amatissima figlia. Io in quel tempo la
risusciterò e la ridonerò a suo padre; allora tu potrai far menzione di lui e
del nuovo miracolo, ma sempre in modo che non ti sia necessario precisare né la
sua persona, né il luogo dove il fatto accadrà, altrimenti potrebbe
derivargliene danno per quanto riguarda le cose di questo mondo, poiché i
sacerdoti hanno cominciato a tenere d’occhio anche lui; ora, una cosa simile
noi non vogliamo assolutamente farla, né la faremo.
4. Io nel frattempo, fino alla prossima festa in Gerusalemme, Mi
tratterrò nei dintorni di questo lago che Mi piacciono immensamente, e qui farò
molti segni ed insegnerò molte cose, e tutto ciò poi dovrai fedelmente mettere
per iscritto!»
5. Matteo dunque si accinge a scrivere, mentre Giovanni, alquanto
rattristato, coglie tale occasione per dirMi: «Ma Signore, amore e delizia mia!
A me non darai Tu dunque più nulla da scrivere?»
6. Gli rispondo Io: «Mio amatissimo fratello, ciò non ti addolori!
Infatti a te solo Io ho riservato le cose più importanti e più profonde, ed
ancora molto tu avrai da scrivere!»
7. Dice Giovanni: «Ma il miracolo che Tu operasti a Cana a favore del
figlio dell’ufficiale reale, non mi sembra tuttavia per nulla più grande e più
importante di quello che Tu hai operato per il comandante di Cafarnao, dinanzi
a questa città!»
8. Gli dico Io: «Tu ti inganni, e di molto, se sei di questa opinione!
Infatti nel figlio dell’ufficiale reale è simboleggiato il mondo intero,
profondamente corrotto, e il modo in cui esso viene ora soccorso da lontano
mediante la Mia Dottrina e il Mio influsso spirituale; mentre invece nel
servitore del comandante romano non è raffigurato per ora che la singola
persona del servitore che Io ho guarito; secondariamente poi esso può
raffigurare anche una qualsiasi comunità costituita nel Mio Nome, alla quale
però, a causa di ogni tipo di preoccupazioni politiche, manca in un punto o
nell’altro pienamente l’attività secondo la Mia Dottrina, la qualcosa poi
degenera gradatamente nell’inattività anche riguardo agli altri punti della Mia
Dottrina, e questa si chiama una vera paralisi dell’anima, alla quale non può
essere dato nuovo aiuto se non mediante la ferma fede nella Mia Parola!
9. Ed ora vedi, o Mio caro fratello Giovanni, che vi è una grandissima
differenza tra questi due segni da Me operati! Il primo rappresenta lo stato di
malattia spirituale nel quale si trova il mondo intero, anzi, considerato più
profondamente ancora, l’Infinito intero! Il secondo segno invece rappresenta
soltanto quello che Io ti ho spiegato ora; e con ciò tu sai ormai quello che
spetta a te e quello che spetta a Matteo di scrivere.
10. Ecco però che la ragazza, assieme ai servitori di Pietro, ha già
preparato il pranzo; rechiamoci dunque subito a desinare. Durante il pomeriggio
aiuteremo Pietro a pigliare qualche buon pesce, e verso sera avremo poi
abbastanza cose da fare»
11. Ci venne allora portato il cibo che fu più che sufficiente per
tutta la numerosa compagnia e, finito questo, ci recammo in riva al lago che
veniva chiamato anche il Mare di Galilea, ed in poche ore vi prendemmo una tal
quantità dei migliori pesci che a mala pena poté trovare posto nelle ceste a
ciò destinate.
12. E Pietro, avendo visto questo, ne fu assai turbato, e trovandosi in
uno stato di pio stordimento, esclamò: «Signore! Te ne prego, lasciami, perché
anche troppo io sento ora di essere un peccatore! Già un’altra volta io ho
provato lo spavento della Tua presenza quando Tu, che io prima non conoscevo
affatto, Te ne venisti a me, da dove non so, e mi trovasti qui con i miei
aiutanti, intento alla pesca! Già quella volta io riconobbi subito la Tua
Divinità; ora però ne sono ancora più angosciato perché fin troppo chiaramente
vedo che cosa e Chi Tu sei veramente! Quella volta come oggi noi avevamo pescato
tutta la notte senza pigliare per così dire nulla; ma quando Tu venisti, ad un
Tuo cenno quasi si laceravano le reti per la grande quantità di pesci pigliati!
Quindi, davvero, quando sono in Tua presenza un senso di angoscia e di spavento
mi invade, perché Tu sei...»
13. Gli dico Io: «Taci, e non tradirMi! Infatti tu conosci già quel
tale che c’è fra noi! Ora, questi è e rimane un traditore».
14. Pietro allora si tranquillizza ed impartisce gli ordini perché
vengano posti al sicuro i pesci. Noi intanto, poiché si fa sera, ce ne andiamo
a casa dove ci attende una buona e copiosa cena dovuta alla diligenza della
nuora di Pietro da Me risanata. Ognuno dunque, colmo di gioia serena, prende
posto a tavola, e Pietro intona un cantico di lode mentre tutti gli altri
unanimi fanno coro.
Pietro testimonia in modo solenne ed efficace del
Signore, ma è da Questi interrotto. La cena in casa di Pietro. Scena tra Pietro
e l’esigente e borioso Giuda. Un particolare miracolo con il vino. Giuda
s’ubriaca. Guarigioni importanti.
1. Quando Pietro ebbe terminato il cantico, egli, in tono molto
solenne, così parlò: «Amici miei e fratelli! Quanto grande è la differenza ora
tra noi e Davide ai suoi tempi, quando egli dettò al popolo questo cantico di
lode meraviglioso! Quando cantava, egli alzava gli occhi alle stelle, poiché
quella volta Jehova abitava, secondo i concetti umani, nella Luce inaccessibile
al di sopra di tutte le stelle. Ma che cosa farebbe mai Davide ora qui, ora che
Colui al Quale egli rivolgeva i suoi sguardi oltre i confini del firmamento...»
2. Lo interrompo Io: «Basta! Pietro, amico Mio! Ancora una volta, fino
a qui sta bene, ma non dimenticare chi è che si trova anche fra noi!»
3. Pietro si ravvede subito, e invita tutti gli ospiti a prendere parte
alla cena che consiste quasi esclusivamente di pane e di pesce ben preparato.
4. Giuda però domanda a Pietro se non si possa trovare, per denaro, del
vino in qualche luogo nelle vicinanze.
5. E Pietro risponde e dice: «A circa un paio di tratti di campo da qui
vi è un albergo dove si vende del vino»
6. E Giuda, apprendendo ciò, chiede di nuovo a Pietro se egli non abbia
qualcuno da mandare là a prendere un otre pieno.
7. Gli dice Pietro: «Tu conosci e vedi pure com’è regolata la mia casa;
io non ho nessuno da mandare! Ma se tu vuoi avere del vino, vacci tu stesso e
tratta con l’oste; così te la caverai nel miglior modo possibile»
8. Risponde Giuda: «Oh! Piuttosto di andarvi io stesso, rinuncio al
vino!»
9. Dice Pietro: «Fa come vuoi; i servitori non posso dartene perché i
miei pescatori hanno ancora abbastanza da fare sul lago; mia moglie, i miei
figli e mia nuora sono, come puoi vedere tu stesso, occupatissimi qui in casa,
e non vorrai pretendere da me che vada di sera a trascinarti qui un intero otre
di vino!»
10. Dice Giuda alquanto arrabbiato: «Va bene, va bene, io non l’ho
detto per disturbarti, ma perché vedo che non hai vino; te lo avrei pagato
stanne pur certo, per quanto l’otre fosse costato»
11. Risponde Pietro: «Se ti interessa del vino, vi è qui fra noi
Qualcuno, il Quale in Cana alle nozze di Simone che è pure qui presente,
tramutò l’acqua in vino. Questi potrebbe anche adesso fare la medesima cosa,
dove si rendesse necessario, ma poiché ora ciò non è necessario, noi di certo
possiamo accontentarci anche dell’acqua particolarmente buona e pura che ci dà
il pozzo che si trova in casa mia»
12. Risponde Giuda: «Benone, benone, anch’io ne sono contento, poiché
ci tengo molto ad un’acqua buona; ma precisamente in un’occasione simile
neanche il vino sarebbe da disprezzarsi! Se però quel certo Tale, che adesso
anch’io credo di conoscere, ha già una volta cambiato l’acqua in vino, potrebbe
bene fare ora anche a te un simile favore!»
13. Gli dico Io: «E sia; scendi dunque al pozzo e bevi! Ed a te il
pozzo dia del vino, ma a tutti noi altri dell’acqua soltanto!».
14. Allora Giuda se ne andò subito al pozzo ed attinse, ma come egli
beveva, l’acqua attinta diventava vino della migliore qualità, ed egli si
inebriò in modo che rimase a giacere vicino al pozzo, che era molto profondo,
correndo così il pericolo di cadervi dentro, ed alcuni servitori di Pietro,
essendosene accorti, lo portarono in casa. Però così fu pure un bene, perché
quella sera Io guarii una moltitudine di persone affetta di ogni genere di
malattie e contagi, e molti Io liberai dagli spiriti immondi; ora, Giuda
avrebbe influito in malo modo sul compiersi di tali segni.
Scena con gli
ebrei credenti di Cafarnao. Guarigioni portentose. Ammonimento del Signore a
guardarsi dalle vipere del Tempio. L’oratore e conoscitore della legge dà,
secondo Isaia, una buona testimonianza del Signore. La ressa del popolo.
L’astuto dottore della Legge smascherato e rimandato a casa sua dal Signore.
(Matteo 8,
16-20)
1. Quando la cena fu consumata da tutti quelli che erano là presenti
con Me, e mentre Giuda giaceva immerso in profondo sonno su un giaciglio di paglia
nel vestibolo, comparvero quegli stessi ebrei di Cafarnao i quali il giorno
prima avevano messo alla prova i sacerdoti, i dottori della Legge ed i farisei,
conducendo una moltitudine di ossessi e di altri infermi colpiti di ogni genere
di malattie, e Mi pregarono insistentemente che Io li volessi guarire!
2. Ed Io chiesi loro amorevolmente, ma anche seriamente, se essi
credevano che il Figlio del carpentiere di Nazaret avesse il potere di fare
ciò, poiché quella gente Mi conosceva per così dire fin dalla nascita.
3. Essi però risposero e dissero: «Che ha a che fare con noi il Figlio
del carpentiere!? Se il Figlio del carpentiere è stato eletto da Dio a
diventare un Profeta per il popolo d’Israele, allora Egli è un Profeta, fosse
Egli anche mille volte figlio di carpentiere, perché ciascun uomo è quello che
è per Volontà di Dio, ma non mai per quello che erano i genitori! Quindi noi
tutti crediamo fermamente e senza alcun dubbio che Tu, in primo luogo, sei un
autentico Profeta istruito da Dio, e per conseguenza, in secondo luogo, che Tu
puoi soccorrerci tutti come hai già soccorso il figlio dell’ufficiale reale e
il servitore del comandante»
4. Ed Io risposi loro: «Ebbene, poiché voi avete questa fede in Me e
date di Me un tale giudizio, sia a voi tutti fatto come avete creduto!»
5. Come Io ebbi pronunciate queste parole, tutti gli spiriti maligni
abbandonarono gli ossessi, e tutti quelli che giacevano tormentati da ogni tipo
di malattie guarirono nel medesimo istante. (Matteo 8,16)
6. Che in tale occasione le acclamazioni di meraviglia ed i
ringraziamenti non mancarono, non occorre nemmeno menzionarlo!
7. Non mancarono neppure le osservazioni, davvero molto a proposito ma
d’altra parte aspre e mordaci, sul conto della casta sacerdotale giudaica. Io però
li rimproverai e dimostrai loro che era ben poco prudente svegliare un covo di
vipere dormienti, poiché, finché queste si trovano immerse nel loro rigido
letargo invernale non sono pericolose né nuocciono a nessuno, ma se vengono
scosse dal loro torpore, allora sono molto più pericolose che in qualsiasi
altro tempo in cui non dormono.
8. I servitori del Tempio, pieni di astuzia e di perfidia, dormivano
essi pure come fanno le vipere nell’inverno, ora però voi con le vostre ardite
domande li avete violentemente strappati al loro letargo; dunque adesso state
bene in guardia, affinché non vi danneggino, poiché questa razza adultera prova
un grande godimento quando può nuocere in qualche modo!
9. Tutti riconoscono la verità di queste Mie parole e si pentono di
aver causato un tale malanno con la loro sconsideratezza! Io però li consolo e
dico loro di non parlare con nessuno di quest’ultimo segno operato in Cafarnao,
tranne che con pochi amici fidatissimi della verità, i quali pure sappiano
tacere! Ed essi Mi promisero di fare così.
10. Fra essi inoltre vi era un tale che, quantunque non appartenente
alla casta sacerdotale, era tuttavia molto versato nelle Scritture.
11. Questi si mise davanti alla moltitudine e così parlò in modo molto
serio: «Udite, o cari amici e fratelli! In questo fatto che si è ora compiuto
io ho riscontrato qualcosa che vuol dire di più di quanto significherebbe se
voi ora diceste: “Ecco, quest’Uomo è un vero Profeta!”. Io penso che questo
fatto sia avvenuto affinché dinanzi agli occhi nostri si compiesse pienamente
quello che il profeta Isaia ha profetizzato dicendo: “Egli ha preso su di Sé le
nostre infermità, ed ha portate le nostre malattie!” (Isaia 53,4). Non
osservate nulla voi? Non osservate proprio nulla di ciò che vogliono significare
queste parole?»
12. Il popolo guarda meravigliato l’oratore, perché non lo comprende.
Egli però ripete la sua domanda ancora una volta, ma poiché il popolo non
riesce ad afferrare ancora quel passo delle profezie di Isaia che egli aveva
citato, allora l’oratore esclama: «Ai ciechi è difficile predicare sui colori
dell’arcobaleno!»
13. Ed Io gli dico: «Sii tranquillo; è meglio che questo popolo per ora
non lo comprenda! Infatti se il popolo potesse comprendere ciò, allora
correrebbe dai sacerdoti e inizierebbe a litigare aspramente con loro, e questo
non sarebbe buono né per voi né per Me, considerato dal punto di vista della
Mia Dottrina. Quando però il tempo adatto sarà venuto, allora anch’essi
comprenderanno ed afferreranno con mani quello che il Profeta ha detto!».
14. Compresa la verità delle Mie parole, l’oratore è soddisfatto, e il
popolo se ne va, conducendo con sé tutti gli ossessi ed
ammalati da me completamente guariti durante quella serata.
15. Non appena però il popolo arriva a Cafarnao, suscita tuttavia un
grande rumore fra i conoscenti, e la mattina seguente, quando comincia appena
ad albeggiare, la casa di Pietro è già circondata da un’immensa moltitudine di
gente, venuta per vedere Me, l’Autore del grandioso ed incomprensibile miracolo!
Pietro allora Mi domanda che cosa si dovrà fare, considerato che il popolo si
accalca sempre più intorno alla casa.
16. Ed Io gli dico: «Prepara la tua barca più grande! Noi dovremo
andarcene verso la parte opposta del mare, altrimenti qui nascerà una grande
confusione. Certamente il popolo è animato dalle migliori intenzioni, ma dietro
al popolo verranno insinuandosi anche i sacerdoti, e con questi per il momento
non voglio avere nulla a che fare!»
17. Pietro dunque allestì subito la più grande delle sue barche sulla
quale noi salimmo velocemente e, favoriti da un buon vento, cominciammo
rapidamente la traversata.
18. Prima però che Io mi fossi imbarcato con i Miei discepoli, si
avvicinò a Me un dottore della Legge di Cafarnao e disse: «Maestro, permetti
che io Ti segua dove Tu te ne vai?»
19. Ma poiché Io vidi subito che il segreto scopo per il quale egli
veramente si prefiggeva di seguirMi non era affatto leale e che poco gli
importava sia della Mia Parola che delle Mie opere, mentre invece gli stava a
cuore solamente di riempirsi il ventre ed oltre a ciò, dove avesse potuto
trarne profitto, anche di fare lo spione, allora Io scossi il capo e gli dissi:
«Le volpi hanno le tane e gli uccelli hanno i nidi sotto il cielo, ma il Figlio
dell’uomo non ha neppure una pietra dove posare il capo». (Matteo 8,20)
20. Il dottore della Legge, avendo compreso le Mie parole, si voltò e
fece ritorno a casa sua! Infatti con ciò Io gli feci comprendere che anche lui
era una volpe astuta e che quindi aveva la sua tana (il suo posto di
stipendiato), e che gli uccelli della sua specie che abitano sotto il Cielo,
vale a dire molto al di sotto della pura Verità e Amore divini, hanno i loro
nidi (cioè luoghi di riposo) dove essi vanno a divorare la loro preda, ma che invece
nel Figlio dell’uomo non vi è alcuno degli inganni del mondo, nemmeno uno dei
cosiddetti pretesti politici (pietra) su cui poter, di quando in quando, posare
il capo del sentimento!
21. Il dottore dunque Mi comprese benissimo e fece ritorno, come già
detto prima, rapidamente a Cafarnao senza più una parola di replica.
«Lasciate i
morti seppellire i loro morti». Il Signore si cela con i Suoi sulla nave dalla
ressa del popolo. La bufera in mare. Il Signore dorme sulla nave e i discepoli
Lo svegliano: «O uomini di poca fede!». La tempesta tace; gli uomini si
stupiscono.
(Matteo 8,
21-27)
1. Prima che noi salissimo sulla nave, venne a Me anche uno dei Miei
discepoli, e Mi pregò che prima della partenza gli permettessi di seppellire
suo padre, il quale era morto improvvisamente la notte prima! (Matteo
8,21)
2. Io però gli dissi: «Tu seguiMi, e lascia pure che i morti
seppelliscano i loro morti» (Matteo 8,22).
3. Il discepolo allora desistette subito dalla sua preghiera e Mi seguì
sulla nave, poiché egli aveva compreso che è meglio avere cura della vita che
non della morte. Una vana cura davvero, che si addice nel miglior modo ai
morti; infatti tutti coloro che danno qualche importanza allo splendore dei
funerali sono più o meno morti, dato che essi rendono onori alla morte e danno
molto valore all’onore della morte.
4. La vera morte dell’uomo è l’egoismo, e lo spirito di questo è
l’orgoglio, il quale soprattutto aspira agli onori, cosicché la sepoltura di un
trapassato fatta con grande sfarzo non è che l’ultima manifestazione
dell’orgoglio dell’uomo già da lungo tempo spiritualmente morto.
5. Allora il discepolo, riconosciuta la piena e profonda verità di
quanto gli avevo detto, salì con Me sulla nave senza pensarci più, come già
prima narrato, e noi partimmo velocemente (Matteo 8,23) favoriti da un buon
vento, cosicché potemmo sottrarci alla folla del popolo la quale nel frattempo
era andata sempre aumentando.
6. Alcuni però cercarono di seguirMi e, saliti in piccoli battelli, ci
vennero dietro per un breve tratto. Ma, quando il vento cominciò a soffiare con
forza sempre maggiore, essi rivolsero prontamente le prore alla riva, ed ebbero
un bel da fare per raggiungere la terra ferma prima che il temporale
scoppiasse.
7. Noi intanto ci trovavamo già in mezzo al lago, quando la brezza
favorevole di prima si tramutò in un fortissimo uragano; ed Io che già salendo
sulla nave ero alquanto oppresso dalla stanchezza nel corpo, dato che ero
rimasto sveglio tutta la notte, avevo detto a Pietro: «ProcuraMi un giaciglio,
poiché, come tu sai, ho passato l’intera notte vegliando; ora, durante il
tragitto, Io Mi riposerò un po’».
8. E Pietro Mi portò subito parecchie stuoie, le dispose in modo di
farne un buon giaciglio e vi aggiunse inoltre anche un cuscino che egli Mi pose
sotto il capo. Immediatamente il Mio corpo si addormentò veramente, quantunque
Io sapessi che il vento si sarebbe presto cambiato in un furioso uragano e che
le onde si sarebbero alzate alte a minacciare la nave.
9. Quando noi ci trovammo distanti circa un paio d’ore dalla riva, il
temporale aveva raggiunto il massimo del suo furore e le onde cominciavano ad
infrangersi sulla coperta dell’imbarcazione (Matteo 8,24). Allora perfino i più
provati fra i Miei discepoli furono invasi dallo spavento, poiché essi vedevano
che, a causa della violenza sempre maggiore delle onde che si rovesciavano
sulla nave, questa cominciava a riempirsi d’acqua, specialmente nella parte di
mezzo la quale, come allora si usava nel costruire le imbarcazioni, era per lo
più la parte più bassa. Vedendo dunque che l’uragano non accennava a finire, ma
che invece andava sempre più potentemente sconvolgendo il mare, i discepoli
vennero da Me che ero steso sul punto più elevato della nave e che non ero
stato ancora raggiunto dalle onde; cominciarono a scuoterMi finché Io Mi
svegliai; ed essi gridarono pieni di angoscia: «Signore, aiutaci, altrimenti
noi periamo tutti!» (Matteo 8,25)
10. Allora Io Mi alzai dal Mio giaciglio e dissi: «O uomini di poca
fede! Come potete voi temere quando Io sono presso di voi? Cosa è di più:
l’uragano o Colui che è il Signore di tutti gli uragani?!».
11. Ma poiché i discepoli, come pure tutti gli altri che si trovavano sulla
nave, avevano quasi perso la parola per lo spavento, e perfino Pietro non era
più in grado che di balbettare, Io minacciai subito il vento e il mare, ed ecco
che d’un tratto tutto si fece tranquillo; l’uragano fu come troncato, e la
superficie del mare ridivenne tutto ad un tratto tersa come uno specchio;
soltanto laddove i rematori ne turbavano l’equilibrio si poteva osservare il
leggero movimento dell’acqua (Matteo 8,26). Ora, molti di coloro che erano
sulla nave non Mi conoscevano ancora tanto da vicino, poiché solo quella
mattina si erano trovati con noi, e d’altra parte erano stati indotti ad
intraprendere quel viaggio più per i loro affari che per causa Mia. Questi tali
dunque cominciarono a meravigliarsi oltre ogni dire, e domandarono rivolti ai
discepoli: «Per l’amor del Cielo; chi è mai Costui al Quale ubbidiscono i venti
e il mare?!» (Matteo 8,27).
12. Io però feci cenno ai discepoli che non Mi tradissero.
13. E Pietro disse: «Non fate troppe domande; date piuttosto una mano a
svuotare velocemente la barca dall’acqua che vi è penetrata in abbondanza,
altrimenti, se scoppiasse un secondo temporale, cosa che succede di frequente
quando esso termina da un momento all’altro come è accaduto ora, noi saremmo
spacciati!».
14. Allora quegli estranei non fecero altre domande, ma afferrarono
invece i secchi e si diedero con sollecitudine a svuotare l’acqua dalla nave, e
questo lavoro li occupò ininterrottamente fino a che giungemmo alla riva
opposta.
Sbarco nel
paese dei gadareni. Scena con due posseduti e loro guarigione mediante la
parola del Signore. Una predica pagana. Il terrore dei gadareni fa sì che il
Signore se ne vada da là. Efficace azione missionaria dei due guariti.
(Matteo 8,
28-34).
1. Il piccolo territorio, o meglio ancora la contrada nella quale
arrivammo, era abitata da un popolo poco numeroso chiamato dei ghergheseni, od
anche gadareni, e si trovava per tutta la lunghezza del lago, precisamente
dirimpetto alla Galilea.
2. Ora mentre noi tutti, posto piede a terra, ci disponevamo a recarci
nella piccola città di Gadarena che sorgeva su di un’altura distante circa
seimila passi dal luogo dove eravamo sbarcati, ecco, giù da una montagnola che
si elevava presso la sponda del mare di fronte alla città, la sommità della
quale serviva da luogo di sepoltura per tutta la regione circostante, venirci
correndo incontro due uomini nudi dalla faccia orribilmente consunta, i quali
erano invasi da spiriti maligni e tanto feroci che, per causa loro, quasi
nessuno si azzardava a passare per quella strada (Matteo 8,28). La loro dimora
era fra le tombe del cimitero situato in cima a questa altura. Nessuno poteva
impossessarsi di loro, né legarli con catene. Infatti, sebbene di quando in
quando a qualche numeroso gruppo di uomini fra i più forti del luogo riusciva a
prenderli e a stringerli in catene e ceppi solidissimi, perfino le catene erano
state sempre infrante in un attimo ed i ceppi ridotti in polvere! Essi
dimoravano giorno e notte sul monte, e là, fra le sepolture, gettavano urla
terrificanti e si percuotevano violentemente con pietre.
3. Quando questi due Mi ebbero scorto in mezzo ai discepoli, essi
corsero difilato verso di Me, caddero ai Miei piedi e gridarono: «Che abbiamo a
che fare noi con Te, o Figlio dell’Altissimo?! Sei Tu venuto per tormentarci
anzitempo?! Noi Ti scongiuriamo nel Nome dell’Altissimo di non tormentarci!»
(Matteo 8,29)
4. Ma Io li minacciai e dissi: «Come ti chiami tu, spirito maligno, che
tormenti questi due come fossero un solo uomo?»
5. E il malvagio rispose: «Il mio nome è
legione, perché qui siamo in molti di noi!»
6. Allora Io comandai al maligno spirito di uscire da quei due, ed in quello
stesso momento una grande moltitudine di spiriti diabolici abbandonò i due
sotto forma visibile di grosse mosche nere, ed essi Mi pregarono con insistenza
che Io non li scacciassi da quella regione!
7. Ora, sulle colline che si susseguivano lungo il mare, verso
occidente vi era una grande mandria di scrofe che apparteneva ai gadareni;
infatti questo popolo non molto numeroso si componeva per la maggior parte di
greci, i quali si nutrivano della carne di questi animali e ne facevano altresì
oggetto di commercio, particolarmente con la Grecia. (Matteo 8,30)
8. Quando gli spiriti maligni si accorsero della presenza di quelle
scrofe, Mi supplicarono nuovamente che Io permettessi loro di entrare nella
mandria. (Matteo 8,31)
9. E come Io ebbi loro concesso ciò, certamente per motivi del tutto
segreti e nascosti al mondo, i demoni si impossessarono all’istante di quelle
scrofe che erano in numero di circa duemila.
10. Ma nel momento in cui gli spiriti diabolici furono penetrati nelle
scrofe, quegli animali si diedero ad una fuga all’impazzata fino in cima ad uno
dei monti, dal quale una rupe solidissima si protendeva per un bel tratto sul
mare, e da quella rupe alta trecento braccia, tutte le duemila scrofe si
precipitarono furiosamente giù nel mare che in quel punto era molto profondo.
(Matteo 8,32)
11. E quando i pastori, i quali custodivano quelle mandrie, ebbero
visto ciò che era successo con i due ossessi, inorridirono, fuggirono da là e
giunti in città raccontarono, particolarmente ai loro padroni, tutto quello che
era accaduto in vicinanza del mare. (Matteo 8,33)
12. Gli abitanti della cittadina, udendo quelle cose, si spaventarono,
ed uno fra essi che, come molti altri in quel luogo, era ancora un pagano e che
aveva di Giove e di tutti gli altri dèi del paganesimo un grandissimo concetto,
parlò così e disse: «Non ve l’ho già detto io stamani? Se mai accade che i due
tormentati dalle furie divengono tranquilli e che il mare nonostante il cielo
serenissimo sia sconvolto terribilmente dalla burrasca, allora è segno che uno
degli dèi scende dall’alto e che ne deve seguire per noi una punizione, poiché
senza flagelli o spada gli dèi non scendono mai dagli astri su questa Terra! Ed
ecco quello che è avvenuto dinanzi a noi; le furie che si accanivano nei due
peccatori sconvolsero dapprima il mare, poiché esse sapevano di certo che uno
degli dèi sarebbe disceso dall’alto e le avrebbe cacciate fuori dai due
peccatori. Che esse poi sotto forma di tafani neri si siano gettate sopra le
nostre scrofe e come in un turbine abbiano spinto gli animali a gettarsi in
mare, questa cosa mi è oltremodo chiara quanto lo è il sole in pieno
mezzogiorno! E adesso non ci resta altro che radunarci in numero ragguardevole,
scendere con tutta l’umiltà e la compunzione dell’animo nostro incontro a
questo dio, probabilmente Nettuno o Mercurio, e pregarlo ardentemente che egli
voglia subito abbandonare questa regione, perché finché uno degli dèi si
trattiene sotto forme visibili in uno dei luoghi della Terra, quel luogo non ha
da attendersi che una sciagura dopo l’altra, perché come ho già detto, gli dèi
non scendono mai giù dalle stelle su questa Terra senza flagelli, spada e
castighi!
13. Si guardi però bene ognuno dal fargli neanche con il più intimo dei
suoi pensieri il ben che minimo rimprovero per il danno causatoci, perché
allora sarebbe addirittura finita per noi! È già da lungo tempo che noi non
offriamo ai nostri vecchi dèi un vero sacrificio, e questo è certamente da
attribuire a questi sciocchi ebrei, i quali, pretendendo di conoscere tutto
meglio di noi, ci hanno distolti dal fare questo; ed ecco che ora uno degli
dèi, ritenutosi offeso, si è preso da solo il suo sacrificio! Così è! Ed è
perciò che dobbiamo sopprimere in noi qualunque pensiero di malcontento. Però
conviene assolutamente che noi scendiamo fino a lui per salutarlo e poi,
soprattutto, per scongiurarlo di voler subito abbandonare questo paese!»
14. Ma queste parole erano state udite anche da parecchi ebrei là
presenti, i quali dissero: «È verissimo che voi ci considerate imbecilli;
eppure noi sappiamo meglio di voi come sia questa faccenda; vedete, questo
vostro presunto dio non deve essere altri che un mago di Persia, a meno che non
sia il celebre Gesù di Nazaret del Quale abbiamo udito narrare grandi cose. Del
resto siamo pienamente d’accordo con voi che si debba pregarLo con tutto il
fervore di abbandonare questo paese, perché lo sappiamo già dalla storia dei
nostri Profeti che tali uomini non fanno assolutamente la fortuna dei luoghi
che essi visitano. Quando il nostro Dio suscita in qualche paese dei profeti
fra gli uomini, l’ora della sventura per quel paese è già suonata!».
15. Dopo ciò tutta la città si radunò assieme e scese incontro a Me, e
non restarono a casa che pochi ammalati. Quando quei cittadini Mi ebbero
scorto, e si furono persuasi che Io avevo l’aspetto perfettamente di uomo,
allora si fecero un po’ di più coraggio, si avvicinarono a Me, sempre con molto
timore, e Mi pregarono di andare via dai loro confini! (Matteo 8,34)
16. Nel frattempo alcuni osservavano i due che essi avevano prima
benissimo conosciuti per ossessi. Questi erano vestiti a nuovo e si misero
subito a parlare e a ragionare con loro, ed essi raccontarono in quale modo Io
li avessi liberati dai loro tormenti e come fossero poi stati provvisti di
vesti da coloro che erano venuti con Me. Ma tutte queste cose non ebbero il
potere di far cessare la paura, particolarmente fra i pagani, i quali
continuavano con insistenza a pregarMi di andare via dal loro paese e di non
fare mai più ritorno!
17. Ed Io cedetti alla loro preghiera e dissi a Pietro: «Amico, vedi di
mettere in ordine la tua barca affinché possiamo di nuovo allontanarci da
questa contrada!».
18. E Pietro assieme ai suoi servitori la preparò ben presto. Quando
però Io vi fui salito, i due risanati Mi vennero dietro in fretta e Mi
supplicarono che Io permettessi anche a loro di seguirMi, poiché in quella
città essi non avrebbero potuto ottenere né da lavorare né da vivere, ed in
casa dei loro parenti non sarebbero stati certamente più accolti a causa del
grande timore che essi incutevano loro! Io tuttavia li respinsi dolcemente e
dissi loro: «Ritornate pure in pace a casa dei vostri parenti, che anzi vi
accoglieranno con gioia. Andate, ma annunciate anche in pari tempo ad essi,
come pure all’intero paese, quali grandi cose abbia operato il Signore in
vostro favore e quanta misericordia Egli vi abbia usato. In questo modo avrete
fatto cosa migliore che non seguirMi, poiché adesso, in questo paese dove voi
siete benissimo conosciuti dappertutto, dovrete dare di Me valida
testimonianza, riuscendo così di utilità agli uomini, ed allora gli uomini non
vi lasceranno morire di fame, come non lo hanno fatto prima, quando eravate per
essi oggetto di terrore».
19. Dopo ciò i due guariti si allontanarono assieme, e fecero con tutto
zelo quello che Io avevo loro comandato.
20. In breve tempo entrambi divulgarono la Mia fama non soltanto nel
luogo loro nativo, ma anche in tutte le dieci città situate verso la regione
superiore del lago, e furono instancabili nell’annunciare dappertutto quali
grandi cose Io avessi operato per loro e quale immensa misericordia Io avessi
loro dimostrato; in conseguenza di ciò molti, tanto fra gli ebrei quanto fra i
greci, credettero nel Mio Nome ed in loro sorse la brama ardente di ricercarMi.
Ritorno a
Nazaret. La colazione del Signore con i Suoi nella patria terrena. Commenti
diversi sul rifiuto di Gesù di operare miracoli a Nazaret. Visita ad una sinagoga.
«Parlare è bene, tacere è meglio». Il carattere della gente del Tempio.
Ipocrita risposta del dottore della Legge e sua velenosa domanda riguardo Gesù.
(Matteo 9, 1)
1. Noi dunque partimmo andando direttamente verso Nazaret, poiché Io Mi
ero prefisso di visitare nuovamente Nazaret per riposare un po’ in patria, ed
in questa occasione accendere la luce della verità anche fra i nazareni, molto
volubili!
2. Il viaggio di ritorno durò tuttavia un po’ di più di quello di
andata, e molti cominciarono a sentire gli stimoli della fame; ma Io infusi
loro vigore, ed essi provarono in sé la sensazione di essere stati saziati in
modo miracoloso, ed alcuni dissero: «In verità, l’aria che si respira sembra
abbia il potere nutriente del pane e l’aroma fortificante del vino!». In tal
modo noi raggiungemmo, la mattina dopo di buon’ora, la riva. Dalla spiaggia del
mare fino alla città di Nazaret propriamente detta c’erano ancora venti tratti
di campo (un tratto di campo equivaleva, calcolato secondo le misure odierne,
ad una distanza da 50 a 70 Klafter[5]); noi dunque continuammo senza
impedimenti il nostro viaggio ed arrivammo in breve tempo alla città di
Nazaret, mentre la barca rimase naturalmente affidata ai servitori di Pietro, i
quali ripresero il mare e fecero ritorno a casa.
3. Ora, il luogo dove noi eravamo sbarcati era un punto generale di
approdo, e lì vi era di conseguenza molta gente radunata: alcuni attendevano il
momento propizio di imbarcarsi per l’una o l’altra direzione per i loro affari
e molti altri invece venivano da diversi paesi, perfino da Gerusalemme, per
recarsi al mercato di Nazaret; appunto in quell’epoca veniva tenuto un grande
mercato in tale città.
4. Quando però quella gente seppe che Io ero arrivato con la barca di
Pietro, allora perfino coloro che dovevano imbarcarsi a causa dei loro affari
si trattennero a terra, cosicché una grande massa di popolo Mi seguì a Nazaret.
5. Io però ed i Miei discepoli andammo a casa Mia, vale a dire in casa
di Maria, la quale vi dimorava assieme ai tre figli più anziani ed a quattro
ragazze che parecchio tempo prima, quando Giuseppe era ancora in vita ed Io ero
ancora bambino, erano state accolte ed allevate in casa quali figlie adottive.
6. Maria allora e tutti gli altri di famiglia si diedero da fare ed
apparecchiarono un’abbondante colazione che giungeva molto a proposito,
specialmente per i discepoli i quali per tutto un giorno ed un’intera notte non
avevano preso quasi alcun cibo. La colazione fu in breve tempo preparata e
consumata, e noi ci recammo poi in città per osservarvi l’andirivieni e
l’affaccendarsi della moltitudine. A mala pena però riuscimmo ad uscire di casa
a causa della gran ressa che vi faceva intorno il popolo attirato per la
maggior parte da curiosità, altri a scopo di vile spionaggio, e soltanto
pochissimi spintivi dal bisogno.
7. Dunque, quando noi fummo usciti di casa, alcuni scribi e farisei di
Gerusalemme là presenti domandarono se Io avrei operato in qualche luogo
qualche miracolo. Ma Io risposi loro seriamente ed energicamente: «No! A causa
della vostra incredulità non ne vedrete nessuno!». Udito questo Mio no reciso,
essi se ne andarono chi qua e chi là, ed alcuni mormorarono e si sussurravano
all’orecchio: «Egli ha paura dei signori di Gerusalemme e non si azzarda a far
nulla»; altri invece dicevano: «Probabilmente Egli non ha con Sé i Suoi
strumenti magici». Ed altri ancora dicevano: «Egli non vuole far nulla qui a
motivo dei Suoi compaesani, poiché saprà benissimo che presso di loro Egli non
gode nessuna particolare buona fama!». Manifestando tali e simili idee essi si
dispersero, ed in pochi istanti non si trovò più nessuno davanti alla casa di
Maria, la genitrice del Mio corpo, cosicché in breve tempo la strada divenne
libera a sufficienza e noi ci dirigemmo verso la città.
8. Giunti là, ci recammo a visitare una sinagoga nella quale ogni
ebreo, che fosse stato a conoscenza di qualche cosa, era autorizzato a parlare
davanti ad un consesso di tre scribi, e poteva oltre a ciò esporre, a nome suo
od anche a nome di un’intera comunità, questo o quel reclamo ritenuto fondato
contro i sacerdoti e gli scribi, stabiliti da Gerusalemme in un luogo
qualsiasi.
9. Come noi fummo entrati nella sinagoga, Simone di Cana Mi disse in
segreto: «Signore, qui potremmo anche noi esporre le nostre lamentele? Non ci
mancherebbero di certo ogni genere di argomenti»
10. Ma Io gli dico: «Amico Mio! Giusta e buona cosa è il parlare a
tempo debito, secondo la verità; però il tacere a tempo debito è miglior cosa
ancora! Tu puoi fare ciò che vuoi, ma tuttavia fuori dal ferro non potrai mai
tirare fuori dell’oro, né argento dall’argilla! Questa razza, che siede qui a
consiglio ed a giudizio, è nel suo intimo del tutto differente da quanto appare
nell’aspetto esteriore; di fuori sembra come un agnello mansueto, ma
internamente è come un lupo rapace!
11. Credi tu che costoro seggano qui per ascoltare i reclami del
popolo, e per applicare poi gli invocati rimedi ai mali lamentati?! Oh! Se tu
così pensi sei enormemente in errore!
12. Questa razza siede davanti al popolo con faccia amichevole e lo
ascolta, però soltanto per sondare i sentimenti che esso nutre verso la gente
del Tempio. Credi a me! Oggi tu vieni ascoltato amichevolmente, ma domani ti
cacceranno in prigione e, quale castigo, vi rimarrai per un anno intero in
compagnia dei serpenti! Infatti vedi, questi sacerdoti sono tutti simili ai
corvi e alle cornacchie, che non si cavano mai l’un l’altro gli occhi con la
punta aguzza del loro becco.
13. Restiamo perciò qui soltanto in ascolto e prestiamo attenzione se e
in che misura e in che modo si parla di noi. Noi non siamo osservati, e se
anche ci osservassero, non saremmo riconosciuti facilmente; perciò è buona cosa
che rimaniamo qui ad ascoltare per poterci regolare poi a seconda di quanto avremo
udito».
14. Queste Mie parole soddisfecero pienamente Simone di Cana; noi
prendemmo quindi un posto in un angolo piuttosto oscuro della sinagoga e ci
ponemmo ad osservare quello che là accadeva.
15. Singole persone per sé, come pure in rappresentanza di intere
comunità, stavano esponendo i loro molteplici e gravissimi reclami contro i
sacerdoti, e venivano ascoltate assai amichevolmente.
16. Quando però il popolo ebbe terminato di esporre le sue lamentele,
ed i tre scribi e farisei discesi in quella città da Gerusalemme ebbero data
ampia assicurazione che avrebbero fatto tutto il possibile per sottoporre i
sacerdoti accusati ad un severo esame, e che trovatili colpevoli avrebbero
saputo ben punirli, uno fra gli scribi si rivolse al popolo con l’espressione
più amichevole di questo mondo e domandò se e che cosa si sapesse di Me, vale a
dire del famigerato sobillatore del popolo, Gesù! Infatti fino a Gerusalemme
era giunta la voce che Egli se ne andava di qua e di là per la Galilea facendo
dei grandi e tali segni quali prima di Lui non erano mai stati fatti da
nessuno. Continuò quindi domandando se tutto ciò fosse vero, e che cosa ne
pensasse il popolo che era lì, nonché l’altra gente del paese.
Un uomo leale
dà pubblicamente, nella sinagoga, una vera e buona testimonianza del Signore.
Cose personali e generali riguardanti Gesù. Sua Vita, Sue opere e Sua Dottrina.
Degna risposta del fariseo. La rinnovata testimonianza sulla perfidia dei
farisei e sulla Divinità del Signore fa volgere in fuga i furenti delegati del
Tempio.
I credenti vogliono eleggere Gesù a loro
Maestro e Gran Sacerdote.
1. Allora si avanzò un uomo rispettabilissimo dei dintorni di Cafarnao,
e disse: «Onorevolissimi servitori di Jehova nel Tempio di Gerusalemme! Gesù,
che voi ora menzionaste nella vostra domanda, è per così dire nativo di questi
dintorni e di questa città, e da quanto se ne sa, Egli si è sempre comportato
bene in ogni occasione e si è dimostrato sempre oltremodo pieno di timor di
Dio. Spesso è stato visto pregare con gran fervore; finora nessuno mai Lo vide
ridere, invece spesso Egli si ritirava a piangere in luoghi nascosti e
tranquilli che Egli era solito visitare spesso.
2. Già all’inizio della sua Vita accaddero intorno a Lui dei fatti
straordinari, ed ora Egli, che propriamente come un vero medico di cui non si
trova su tutta la Terra l’uguale, ha iniziato la Sua peregrinazione, opera
mediante la sola forza della Sua Parola guarigioni tali ed in tal modo come
Jehova soltanto avrebbe potuto fare!
3. Tutti i fatti avvenuti da Mosè fino ai nostri tempi sono da
reputarsi insignificanti al paragone di questi! Egli ridona all’istante la
salute a storpi già da lunghi anni completamente irrigiditi; qualsiasi febbre per
quanto maligna deve cedere dinanzi alla Sua Parola; persone mute, sorde e
cieche fin dalla nascita parlano, odono e vedono altrettanto bene quanto noi!
Egli vince di colpo la lebbra più maligna, e con una sola parola scaccia fuori
dagli ossessi legioni di demoni. Egli chiama i morti e questi si alzano,
mangiano e bevono e camminano come se non fosse loro mai mancato nulla! Egli
signoreggia anche sugli elementi, ed essi gli ubbidiscono come fossero i Suoi
fedeli e premurosi servitori!
4. La Sua Dottrina però, parlando in generale, è questa: che si debba
con i fatti amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo
come se stessi!
5. Ora, poiché Egli fa simili opere ed annuncia ai Suoi seguaci la
Dottrina più pura, noi dobbiamo ritenere che Egli sia un Profeta assolutamente
straordinario che, come a suo tempo Elia, ci è stato inviato da Jehova dai
Cieli, per aiutarci nella nostra grande miseria! Questo è tutto quello che io
ed ancora molti altri insieme a me sappiamo di questo grande Gesù, e noi non
possiamo mai abbastanza ringraziare Dio per essersi Egli ancora una volta
ricordato del Suo povero popolo afflitto ed angustiato oltre ogni misura.
6. Molti credono che Egli sia il promesso grande Unto del Signore! Io,
da parte mia, non sono né a favore né contro questa opinione, tuttavia mi
domando: il Cristo, il Quale deve venire, farà opere più grandiose di queste?!»
7. Dice il sacerdote: «Tu parli come il cieco che volesse giudicare dei
colori! Dove mai sta scritto che possa sorgere un profeta dalla Galilea?! Noi
te lo diciamo: “Questo vostro Gesù non è altri che un perfidissimo mago il
Quale dovrebbe essere distrutto con il fuoco! La Sua Dottrina non è che una
maschera dietro alla quale Egli cerca di nascondere le Sue opere sacrileghe!
Non con l’aiuto di Dio, ma con quello del principe dei demoni Egli compie i
Suoi miracoli e voi ciechi Lo ritenete perfino il grande Messia! In verità, voi
tutti insieme a Lui siete meritevoli di perire fra le fiamme!”»
8. Ma l’altro in tono energico replica: «Sì, certo, per quello che
dipende da voi, se noi non fossimo galilei ed io da parte mia romano
addirittura, e se foste ancora voi e non i romani i nostri padroni, noi
bruceremmo già da lungo tempo! Ma, per fortuna per noi galilei, i tempi in cui
voi spadroneggiavate su di noi sono molto lontani! Noi siamo ormai
completamente sudditi romani e non abbiamo per conseguenza niente a che fare
con voi; ci resterebbe tutt’al più ancora il compito di scacciarvi
definitivamente dalla Galilea, qualora vi azzardaste a molestare anche il meno
importante fra noi romani!
9. Ed ora, per quanto riguarda il nostro grande Profeta Gesù, vi dirò
ancora questo: “Guai a voi se vi venisse in mente di metterGli addosso le
vostre perfide mani, mentre Egli dimora in questo paese!”
10. Infatti per noi Egli è un vero Dio; Egli fece dinanzi a noi delle
cose che soltanto a Dio sono possibili!
11. Un Dio che fa del bene ai poveri ed ai sofferenti non può essere
che un Dio giusto e vero! Ma un Dio come il vostro il quale non si scongiura se
non con oro, argento e con ogni genere di offerte grasse e che, nonostante le
preghiere lunghissime e caramente pagate, non fa e non concede quasi nulla,
questo vostro Dio è simile a voi che vi chiamate suoi servitori, vale a dire
perfido dal capo alle piante dei piedi, ed è come voi meritevole di essere
cacciato fuori dal paese!
12. Voi diceste che Gesù è un lupo rapace il quale si cela sotto le
spoglie di una pecora! Ma che cosa siete dunque voi? In verità, precisamente
voi stessi siete in tutta l’estensione del termine quello che voi sostenete sia
Gesù, quest’Uomo veramente pio e mansueto come un agnello!
13. Voi ascoltate le nostre lagnanze con faccia amichevole, ma nel
vostro cuore covate la più atroce vendetta contro di noi che ci lamentiamo, e
vorreste ora, se vi fosse possibile, annientarci già con il fuoco di Sodoma che
piove dal cielo! Ma invece niente di tutto questo, razza maligna di scorpioni e
di vipere! Qui siamo noi romani i padroni, e sapremo ben insegnarvi la strada
che porta a Gerusalemme, se non vorrete ben presto andarvene di vostra
volontà!».
14. Questo discorso ebbe naturalmente l’effetto di suscitare un’ira
terribile nei tre scribi; questi però non si azzardarono a pronunciare altre
parole davanti al numeroso popolo, e cercarono quindi di prendere il largo
uscendo dalla porta piccola della sinagoga, dirigendosi verso Cafarnao dove
dimorava la maggior parte dei farisei e degli scribi di Gerusalemme, i quali vi
si dedicavano indisturbati ad ogni peggiore manifestazione della lussuria e
dell’inganno.
15. Quando i tre ebbero in questo modo sgombrata la sinagoga, un altro
del popolo avanzò e porse all’oratore i ringraziamenti a nome di tutti i
delegati e dei singoli reclamanti là presenti, ed aggiunse infine: «Se noi non
facciamo presto come i samaritani, queste bestie non ci daranno più pace!
Bisogna che i loro nomi divengano per noi più spregevoli di quelli di Gog e
Magog e che Gerusalemme sia da noi considerata quale un luogo degno della
maggiore infamia, altrimenti non ci libereremo mai da questa piaga che è
peggiore di qualsiasi pestilenza!»
16. Tutti quanti gli danno ragione e dicono: «Se fosse possibile
incontrare in qualche luogo il nostro miracoloso Gesù, bisognerebbe invitarLo
qui subito, e noi Lo nomineremmo all’istante unico e vero nostro Maestro e
sommo Sacerdote!»
17. Risponde l’oratore: «Questa sarebbe anche la mia opinione; ma tuttavia si dovrebbe prima consultare il governatore
romano di Cafarnao per sentire che cosa egli ne pensi, poiché, a quanto si
dice, il Tempio si trova in continua e segretissima corrispondenza con il re di
Roma, e i romani stessi non hanno qui facile gioco con la gente del Tempio».
18. Tutti allora si dichiararono d’accordo su questo punto, e l’uno
dopo l’altro abbandonarono la sala nella quale era la sinagoga.
Gioia dell’albergatore Simone per la sconfitta toccata
alla gente del Tempio. L’indicazione del Signore riguardo a quali casi sia
lecito di rallegrarsi giustamente e Suo avvertimento di non farsi beffe
dell’umanità cieca, né di permettersi scherzi cattivi a spese della stessa.
Esempi: i gadareni guariti e il cieco ingannato. La commedia del mondo è una tragedia agli
occhi dei figli di Dio.
1. Io però dico a Simone di Cana: «Hai visto ora come sia opportuno
saper tacere a tempo debito?! Quando gli altri parlano ed agiscono in favore
nostro, facciamo sempre bene a starcene zitti! Comprendi tu?!»
2. Risponde Simone di Cana: «Sì, o Signore, comprendo benissimo e vedo
ormai chiaramente quanto meglio sia lo starsene zitti che non il parlare. È ben
vero che talvolta si viene presi proprio per i capelli, e in simili casi si
vorrebbe più che mai adoperare la lingua, ma nel particolare caso nostro è
stato effettivamente dimostrato che il silenzio osservato a tempo debito è
decisamente migliore del più solido dei discorsi. Del resto oggi, specialmente
tacendo, abbiamo avuto buon gioco, perché in colui che si presentò ai sacerdoti
quale romano abbiamo avuto un patrocinatore oltremodo coraggioso, eloquente ed
esperto delle cose.
3. Poco mancò che non scoppiassi a ridere quando i tre delegati del
Tempio cominciarono a ritirarsi, facendo così quasi del tutto crollare
l’edificio della loro fama e rispettabilità in questo paese! Come divennero
sempre più scuri in volto e, udendo le parole sempre più energiche del romano
da Cafarnao, quale inquietudine tradì i loro piedi. Questi sintomi non potevano
che annunciare la fuga da essi progettata nel modo più adatto. E quando io
osservai tale irrequietezza nei piedi dei tre templari, il mio spirito mi
suggerì: “Ecco che subito essi si renderanno invisibili”. E infatti divennero
invisibili!
4. In verità, o Signore, non può essere peccato se talvolta si apre il
proprio cuore a quel senso quasi irresistibile di benessere suscitato dal
vedere, come poco fa è stato il caso, tanto bene smascherati i piani di
birbanti simili, malvagie oltre ogni dire e del tutto incorreggibili! Io, da
parte mia, avrei potuto togliere a forza di baci ogni parola dalla bocca del
romano!»
5. Dico Io: «Ogni animo onesto può a pieno diritto gioire e accogliere
quell’allegria che lo fortifica quando vede che, per una reazione manifestatasi
a tempo debito, un male per quanto nascosto viene scoperto ed annientato, ma,
sia ben chiaro, può gioire soltanto del fortunato insuccesso di ciò che è per
sé ed in sé maligno, falso e cattivo, mai del male che ne deriva agli uomini, i
quali per lo più nella loro cecità si fanno schiavi del peccato!
6. Tu hai pur visto i due gadareni, come erano cattivi! Ma non appena Io
ebbi cacciato da loro la legione di demoni, quanto buoni e mansueti
diventarono, e come lodarono e glorificarono Dio per avere concesso tale
potenza ad un Uomo! Sarebbe stato bene, in quel caso, rallegrarsi solo perché
ai due forsennati che erano il terrore dell’intero paese, veniva
impedito di continuare le loro maligne gesta, e poi perché subito dopo ad
alcuni mercanti di porci ed usurai vennero tolti e precipitati in mare i mezzi
con i quali essi esercitavano l’usura? Oh! Una gioia di questo genere sarebbe
stata assolutamente indegna di ogni vero uomo! Ma se invece la gioia serena
provata aveva il suo fondamento nel fatto che i due uomini malamente tormentati
erano stati liberati e che in conseguenza di ciò i diabolici esseri che li
tormentavano erano stati costretti a servire la buona causa del Cielo con il
provocare l’annientamento del loro malo spirito di usura da essi tanto
accuratamente coltivato presso i gadareni, in tal caso l’allegrezza e la
serenità hanno avuto nel Cielo le loro origini e sono state indubbiamente
buone.
7. Io lo dico a voi tutti, e ciò che vi dico è la più profonda e
vivificante verità: “Chi ride di un uomo stolto dimostra di avere egli pure la
più grande inclinazione per questo difetto, poiché in tal caso colui che è stolto agisce spinto dalla sua stoltezza e
l'altro se la ride spinto dalla sua, ed è così che una stoltezza trova il suo
compiacimento nell'altra, al punto che alla fine non le sta per niente bene se
il primo la fa finita con la sua stoltezza e comincia ad agire in modo
ragionevole”.
8. Tutt’altra cosa è invece se voi correggete fraternamente colui che
agisce stoltamente e se ridete con cuore lieto e gioioso quando lo stolto
comincia ad agire saggiamente! Allora la vostra letizia e gioia rientrano
nell'ordine dei Cieli, e quindi sono buone, eque e giuste!
9. Quale sentimento di gioia può mai venire suscitato in generale e
ragionevolmente parlando, quando un cieco che cammina per la via si rivolge ad
un altro viandante che ha gli occhi sani e che va per la stessa strada, e gli
dice: “Amico, io temo di aver sbagliato strada e non so se vado avanti o
indietro; qui, più avanti, dovrebbe trovarsi la mia casa. Secondo il numero dei
miei passi che io ho contati dovrei essere proprio nell’immediata vicinanza di
casa mia, ma, essendo completamente cieco, mi è facilissimo cadere in errore, e
posso essermi volto indietro invece che avanti, cosicché ora sarei qui più
lontano da casa mia di quanto lo sia stato nel luogo da cui sono partito. Abbi
dunque la bontà di condurmi per la strada buona fino a casa mia!”
10. Se poi allora colui che vede, ride fra di sé del cieco, e, mentre
entrambi si trovano talmente vicini alla casa cercata che basterebbero soli
dieci passi per arrivare alla porta di casa, dice al cieco: “Oh, tu ti sei sbagliato,
e di molto! Dammi la mano; quantunque siamo piuttosto lontani, voglio tuttavia,
assecondando la tua preghiera, condurti fino a casa!”. Il cieco, udite le buone
parole, gioisce e ringrazia anticipatamente la sua guida. Questi, sempre
ridendo, conduce il cieco per venti volte intorno alla casa di quest’ultimo, e,
pieno di scherno nel suo cuore, gli dice: “Eccoci, amico mio, siamo arrivati;
qui è la tua casa!”. Il cieco si profonde di nuovo in ringraziamenti, ma colui
che ci vede si smascella dalle risa, perché la burla gli è riuscita!
11. Ora Io domando: “Chi, in questo caso, è più cieco fra i due: il
cieco stesso oppure la guida che vede?!”. In verità Io vi rispondo: “Chi ci
vede di meno è la guida che non sente pietà per la sventura, poiché questo è
cieco nel suo cuore, e questa cecità è mille volte peggiore di quella degli
occhi!”.
12. Similmente ridono gli uomini anche quando vengono tenuti ogni
genere di discorsi scherzosi, e particolarmente, come per lo più succede, se
tali discorsi contengono un buon numero di allusioni rozze ed oscene, e se
rivelano agli occhi ed agli orecchi del mondo tante e tante debolezze e peccati
dei loro fratelli!
13. Io ve lo dico: “Chi può ridere di cose simili, oppure anche quale
semplice testimone dà libero sfogo alla sua allegria se talvolta qualche
cosiddetto buon umorista inganna in modo sfacciato una qualsiasi persona di
debole intelletto con il vendergli una perla falsa per una vera, nel cuore di
costui il demonio ha già sparso a piene mani ogni tipo di cattive sementi,
dalle quali non germoglieranno mai frutti di vita”.
14. Conseguentemente è meglio distogliere l’animo da tutte queste cose
e dispiacersi piuttosto per tutto ciò che incita al riso, poiché la commedia
del mondo è sempre una tragedia agli occhi dei veri figli di Dio; ed anche
troppo spesso piangono gli angeli di Dio nel Cielo, quando gli uomini del
mondo, nella loro maligna stoltezza, ridono.
15. Dunque lasciamo stare anche i tre templari, i quali sono bensì
pieni di malvagità, ma tuttavia sono uomini essi pure, e sono figli, seppure
scellerati a causa dell’influsso di Satana e dell’amore del mondo e di se
stessi che è tipico di loro, di quello stesso Padre che è anche il vostro!
Quindi, solamente quanto vi è in loro di male è da disprezzarsi, essi stessi
però, quali uomini e fratelli, non sono che da compiangere!
16. È meglio nascondere l’ubriaco Noè che scoprirlo ed esporlo alle
risa del mondo!
17. Se voi ora avete compreso tutto ciò nei vostri cuori, usciamo anche
noi dalla sinagoga, divenuta ormai vuota, e dirigiamoci verso casa, poiché il
pranzo sarà già preparato! In cammino dunque!».
Cure domestiche della madre Maria, non approvate dal
Signore. Suo ringraziamento ed avvertimento di Gesù. Lode di Maria fatta dai
discepoli e dal Maestro. Predizione del Signore sull’adorazione di Maria.
Ammonimento a non voler innalzare troppo il prossimo. Vanità e orgoglio, le
debolezze della donna.
1. Come noi ce ne andiamo, molti di coloro che ci incontrano ci
salutano, ma nessuno ci domanda dove siamo stati o dove siamo diretti.
2. Strada facendo, però, ci raggiunge anche Giuda Iscariota, il quale
vuole subito informarsi dove noi siamo stati e dove siamo in procinto di
andare! Costui non era stato nella sinagoga, ma egli giungeva allora dal
mercato dove aveva fatto commercio con i suoi pesci e con le sue pentole, e ne
aveva ricavato molto denaro, e tutto ciò lo aveva reso di umore molto allegro.
Ciò nonostante egli ci seguì nella casa di Maria, e fece grandissimo onore al
cibo, perché non gli costava niente; ma appena ebbe terminato di mangiare e di
bere, egli fece ritorno al mercato per continuarvi il suo lucroso negozio,
poiché la fiera durava tre giorni, ed era frequentata da tutte le specie di
mercanti che trattavano là molti affari e che si facevano pagare bene le loro
merci.
3. Il giorno seguente la madre Maria Mi chiese se Io ero intenzionato
ad operare di nuovo qualcosa pubblicamente in quel luogo, quanto tempo Mi sarei
trattenuto in casa questa volta e inoltre se attendevamo ancora qualche altro
ospite; tutto ciò affinché essa potesse procurarsi provviste a sufficienza,
poiché queste cominciavano a scarseggiare in casa.
4. Le dico Io: «Donna, non darti pensiero né di Me, né di coloro che sono
con Me e neppure delle provviste! Infatti, vedi, a Colui che nutre tutta questa
Terra e che sazia con il Suo Amore il sole, la luna e tutte le stelle, non è
ignota neppure questa piccola casetta, ed Egli sa perfettamente bene ciò di cui
essa ha bisogno! Non preoccuparti dunque, perché a quello che ora ti preoccupa
è stato già pensato e provvisto dall’Alto!
5. Il Padre che è nei Cieli non permette che i Suoi figli soffrano la
fame se non nel caso che questo sia necessario per la loro salvezza.
6. Già a Sichar tu hai pur potuto convincerti, ed in misura oltremodo
abbondante, come il Padre nei Cieli si era occupato dei Suoi figli! Credi tu
forse che da pochi giorni Egli sia diventato più duro di cuore?! Va’ fuori
nella dispensa, e vedrai quanto vane sono state le tue preoccupazioni!».
7. Maria allora si affretta a visitare la dispensa, e la trova colma di
pane, farina, frutta, di pesci affumicati e freschi, latte, formaggio, burro e miele!
Quando Mia madre scorge tutte quelle provviste ammassate nella dispensa, si
turba enormemente; essa ritorna in tutta fretta da Me e cade ai Miei piedi
rendendoMi grazie per il ricco dono fattole! Io però Mi chino verso di lei e la
alzo dicendole: «Perché fai ora a Me ciò che compete soltanto al Padre? Alzati!
Noi ci conosciamo già da trent’anni, e Io sono sempre uguale e lo stesso!».
8. E Maria, piangendo di gioia, saluta tutti i Miei discepoli e si
allontana velocemente per prepararci un buon pranzo.
9. Dopo di ciò i Miei discepoli si avvicinano a Me ed esclamano: «Che
cara donna e che madre dolcissima! Essa ha ora già quarantacinque anni, eppure
all’aspetto si direbbe che ne abbia appena venti. Quali tenerissime cure essa
si dà, e come soave si agita il suo petto, veramente santo e purissimo,
riboccante del più puro amore materno! In verità, essa è una donna che eccelle
fra tutte le donne di questa Terra!»
10. Osservo Io: «Sì, certo, essa è la prima, e mai vi sarà una maggiore
di lei, ma verrà anche il tempo in cui saranno a lei dedicati più templi che a
Me, ed in cui essa verrà onorata dieci volte più di Me. Allora gli uomini
crederanno fermamente di poter giungere a beatitudine soltanto per mezzo suo!
11. Perciò ora Io voglio anche che non la si innalzi troppo, poiché lei
sa di essere la madre del Mio Corpo, e sa Chi si cela dietro questo Corpo che
essa partorì!
12. Siate con lei dunque oltremodo buoni e cortesi; soltanto guardatevi
dal tributarle in qualsiasi forma onori divini!
13. Infatti malgrado tutte le sue qualità oltre ogni misura eccellenti,
essa non è tuttavia che una donna, e dalla migliore fra le donne fino alla
vanità non vi è e rimane che soltanto un piccolissimo intervallo!
14. Ebbene, ogni vanità è la semente dell’orgoglio, dal quale trae le
sue origini ogni male che è venuto finora nel mondo, che viene tuttora e che in
ogni tempo verrà! Comportatevi perciò anche verso Mia madre come ora vi ho
detto!».
Il dialogo di Pietro e Simone sull’avvenire della
Dottrina di Gesù. Il Signore esorta di avere fiducia in Dio. «Non curatevi di
cose lontane, ma fate volonterosamente quello a cui siete chiamati». Paragone
dell’artefice e dei suoi strumenti. «Voi siete ventilabri[6] nelle mani del Padre».
«Chi e che cosa sei Tu?». Cenni sul Padre e il Figlio.
1. Pietro scuote il capo e si stringe nelle spalle! Ma Simone di Cana
gliene chiede il motivo e dice: «Cosa ti passa per il capo? Se il Signore ha
predetto tutto ciò innanzi a noi, vuol dire che certamente così succederà, e
noi ormai sappiamo come vada considerata la cosa e come dobbiamo comportarci a
tale riguardo. Per quale motivo dunque dovremmo noi scuotere il capo con aria
dubbiosa e stringerci nelle spalle?!»
2. Risponde Pietro: «Caro fratello, con il mio scuotere e stringermi
nelle spalle intendo significare una cosa ben differente da quella che tu
sembri dedurre dai miei gesti!»
3. Chiede Simone: «E cosa altro mai, caro fratello?»
4. Dice Pietro: «Vedi, la parola e l’azione del Signore sono sante;
quanto felici potrebbero essere tutti gli uomini su questa Terra, se essi
conoscessero già questa Dottrina e se vivessero seguendola?! E invece, se
consideriamo questa e quella cosa; oh, quando mai questa Dottrina diventerà un
santo bene comune di tutta quanta l’umanità?! E anche se il Signore volesse che
succeda ancora questo e quello, che aspetto assumerà in breve tempo questa
Dottrina?! In verità, accadrà che questo preziosissimo nutrimento dell’anima
verrà alla fine trasformato in un cibo degno dei cani e dei maiali! Ed ecco, o
fratello, per quale motivo io ho scosso il capo ed alzate le spalle!»
5. Gli dico Io: «Pietro, lascia star ciò! Tu farai quello che sarai
chiamato a fare; degli effetti che avranno le azioni e le parole tue, non è
opportuno che tu ti preoccupi più oltre. Quello che poi accadrà e che deve
accadere, in un modo o nell’altro, in tutta la profondità della Sapienza e
dell’Amore è noto solamente al Padre ed anche a colui al quale il Padre vuole
rivelare come, quando e perché viene concesso che tutto ciò accada!
6. Però, se tu entri in una qualche grande officina di un artefice e vi
osservi i molti e differenti utensili, puoi tu giudicare subito come l’artefice
li adoperi per realizzare un’opera? Certo, anche in questo caso tu scuoterai il
capo e ti stringerai nelle spalle, ma con ciò non avrai affatto chiarito il
modo in cui l’artista adoperi i suoi molti e differenti utensili, né come per
mezzo di questi egli realizzi una qualsiasi opera d’arte. Se però l’artista te
lo spiega, allora lo saprai anche tu, per quanto l’artista avrà voluto
rivelartelo.
7. Ma Io ti dico: “Al di sopra di tutti gli artisti vi è un Dio, e
l’arte più grande è bensì quella di formare da sé e mantenere fuori di sé, indipendente
e del tutto libera, una vita in un numero sconfinato di singoli esseri! E a
fare questo occorrono certo degli strumenti spirituali infinitamente vari, e
tu, come Maria e tutti gli uomini, siete ugualmente altrettanti differenti
opere ed in pari tempo strumenti, i quali soltanto il Padre che è nei Cieli sa,
in maniera sapientissima, adoperare per il raggiungimento di quest’unico
scopo!”
8. Per conseguenza, non ti curare più oltre che di quello al quale tu
sei stato chiamato; in questo modo tu potrai rendere buoni servizi quale giusto
strumento nelle mani del Padre!
9. Oppure è il ventilabro al di sopra di colui che lo adopera?! Se esso
è adatto al suo scopo, lo si usa; ma se esso non è adatto, allora o lo si rende
tale, oppure lo si getta nel fuoco! Se dunque il Padre ti ha chiamato a servire
da ventilabro, rimani quello che sei, e non voler nello stesso tempo servire
anche da pentola! Comprendi tu ciò?!»
10. Risponde Pietro: «Signore questa cosa è alquanto oscura.
Considerata superficialmente, mi sembra quasi di comprenderla; ma, se ci
rifletto e ne ricerco la ragione, queste Tue misteriose parole metaforiche non
mi sono più comprensibili. Come è possibile essere nello stesso tempo opera e
strumento, e come sono io un ventilabro?»
11. Dico Io: «Non è forse uno strumento qualsiasi, già prima di essere
adoperato da un artista, un’opera perfetta nel suo genere, affinché l’artista
possa servirsene per produrre una nuova opera, oppure per realizzare un lavoro
qualunque a seconda degli scopi che egli si prefigge?!
12. Ora Io dissi che tu, nelle mani del Padre che è nei Cieli, sei come
un ventilabro, perché tu e gli altri discepoli venite ora istruiti da Me in
modo da servire ad innalzare gli uomini alla vera conoscenza di Dio.
13. Gli uomini del mondo sono simili al grano, all’orzo ed al frumento.
Ma questo cereale vivente non cresce senza pula e sozzo pulviscolo. Affinché
questo cereale vivente, vale a dire questi uomini mondani, possa venire mondato
dalla sua pula e pulviscolo, e poi quale cereale interamente mondo possa venire
raccolto negli eterni granai del Padre, ora voi venite trasformati in veri e
vivi ventilabri, per mezzo dei quali il Padre Celeste monderà il Suo cereale.
Vi è ormai chiaro tutto ciò?»
14. Dice Pietro: «Sì, o Signore, adesso noi comprendiamo del tutto la
cosa, però, dato che Tu parli sempre del Padre che è nei Cieli come di una
seconda persona, mentre dopo quanto è avvenuto a Sichar noi ritenevamo in
segreto che Tu fossi anche il Padre, desidereremo sapere ancora Chi allora sei
Tu veramente! Sei forse Tu pure nelle mani del Padre un ventilabro, oppure un
altro strumento qualsiasi?»
15. Rispondo Io: «Anzitutto Io sono Colui che sono; ma poi Io sono
anche Colui che non sembro essere quello che sono! Io semino e raccolgo come semina
e raccoglie il Padre, e chi serve a Me da ventilabro, costui serve ugualmente
anche il Padre, poiché laddove è il Padre è anche il Figlio, e laddove è il
Figlio è anche il Padre. Il Padre è tuttavia al di sopra del
Figlio, e il Figlio procede dal Padre; ma il Padre da nessun altro è conosciuto
che dal Figlio e da colui al quale il Figlio vuole rivelarLo. Comprendete voi
ciò?»
16. Risponde Pietro: «Signore, nemmeno un angelo è in grado di
comprenderlo; quanto meno lo potremmo noi! Però, se Tu volessi, potresti bene
mostrarci una volta il Padre!»
17. Gli dico Io: «Voi non siete ancora maturi, ma fra breve verrà il
tempo in cui voi lo sarete, ed allora tutti voi potrete vedere il Padre».
18. A questo punto Maria con le sue aiutanti viene ad avvertirci che la
colazione è pronta. Subito vengono disposte le mense e si portano le vivande.
L’offeso
Giuda. Cenno del Signore su di lui. Giuda viene considerato un mercante vorace.
Il Signore e i
tre farisei, tra i quali anche Giairo da Cafarnao.
1. Noi dunque prendiamo posto a tavola e cominciamo pacificamente e con
lieto animo a fare onore a quanto ci viene presentato, quando sulla soglia si vede
comparire Giuda il quale, molto risentito, ci rimprovera di non aver mandato
qualcuno ad avvertirlo, poiché dovevamo benissimo sapere quanto egli avesse da
fare e per conseguenza come egli non potesse tenersi sempre informato riguardo
al tempo in cui noi ci radunavamo per i pasti! Infatti, alla fin fine, anche
lui appartiene alla nostra compagnia!
2. E Tommaso, udendo queste parole, si irrita fortemente ed esclama:
«Signore, ora la mia pazienza è davvero esaurita! È necessario che io lo metta
a posto nuovamente!»
3. Gli dico Io: «Lascia andare. Non hai mai sentito dire: “Dove sotto
un tetto dimorano dodici angeli, uno fra questi è un demonio travestito?!”.
Lasciatelo dunque alla sua gioia; infatti tu non puoi farlo diverso da quello
che egli è!»
4. Tommaso allora si siede, e Giuda se ne va senza prendere parte al
pasto.
5. Ma mentre noi continuiamo a fare onore ai buoni cibi che ci vengono
presentati, ecco ricomparire Giuda, il quale con buona maniera questa volta, ci
prega di dargli qualcosa da mangiare, poiché in città, a causa il gran numero
di forestieri, avevano esaurito tutto e non si poteva avere più nulla!
6. Dico Io allora: «Dategli dunque qualche cosa da mangiare!»
7. E il fratello Giacomo gli offrì pane, sale
ed un intero e grosso pesce ben preparato.
8. E Giuda divorò completamente questo pesce che pesava intorno a sette
libbre (3,9 kg), e bevette poi molta
acqua; a causa di questo egli cominciò a sentirsi male e a lamentarsi che il
pesce doveva essere stato guasto, poiché gli causava dei disturbi di stomaco.
9. Ma Tommaso si arrabbiò nuovamente e disse a Giuda Iscariota: «Tu sei
sempre lo stesso individuo rozzo e grossolano! Va’ a vedere nella dispensa, ed
esamina se i nostri pesci sono guasti! Se tu, affamato come un lupo, inghiotti
addirittura un pesce che pesa sette libbre, ci bevi sopra un intero secchio
d’acqua ed infine divori una pagnotta che non si può davvero chiamare piccola,
è naturale che ti senta un gran peso sullo stomaco! Però, se ti fa tanto male,
non abbiamo qui fra noi il migliore dei medici? PregaLo dunque, ed Egli allora
ti aiuterà!»
10. Risponde Giuda Iscariota: «Voi siete tutti furibondi contro di me,
e dite che io sono un demonio; ma se mi considerate tale, come potete credermi
quando io vi dico che soffro e come potrete aiutarmi?!»
11. Dice Tommaso: «Non eri anche tu con noi presso Gadarena, e non hai
visto come il Signore ha esaudito la preghiera dei diavoli ed ha concesso loro
quello di cui essi Lo avevano pregato?! Se tu dunque ritieni sul serio di
essere un demonio, prega allora come tale, e si troverà poi bene una mandria i
porci nella quale tu potrai entrare, sempre che il Signore esaudisca la tua
preghiera!»
12. Dice Giuda Iscariota: «Tu sei davvero molto gentile con me! Non
avrei mai creduto di avere in te un amico così buono! Tuttavia, nonostante
tutto questo, io pregherò Gesù, il Figlio di questa casa, che Egli voglia
venire in mio soccorso, e vedremo se Egli mi costringerà ad entrare in una
mandria di porci, come tu hai detto!»
13. Allora Giuda si rivolge a Me e Mi esprime il suo desiderio.
14. Ma Io gli rispondo: «Ritornatene alle tue pentole; là ti sentirai
già meglio con il tuo stomaco!»
15. Giuda, seguendo il Mio consiglio, se ne va, ma non senza prima
avere osservato a Tommaso, passandogli davanti: «Dunque, non in una mandria di
porci!»
16. E Tommaso dice: «Questo no, ma neppure in un luogo molto migliore!
Infatti le tue pentole sono per te una merce da usuraio altrettanto quanto lo
erano i porci per i gadareni!»
17. Giuda non replica nulla a questa osservazione e si allontana
rapidamente.
18. Ma ecco che pochi istanti dopo, tre farisei da Cafarnao entrano in
casa chiedendo se Io sono presente. E non appena viene detto loro che Io Mi
trovo in casa, entrano subito nella stanza da pranzo e chiedono nuovamente di
Me, poiché essi non Mi conoscevano di persona.
19. Ed Io dico loro in tono di grande energia: «EccoMi! Sono qui! Cosa
volete voi che Io vi faccia?»
20. Ma questa Mia invettiva incusse loro un tal timore che non si
azzardarono più di chiederMi quello per cui erano venuti, poiché la Mia potente
Parola aveva fatto nei loro cuori l’effetto come se fossero stati colpiti dal
fulmine! Perciò Io domandai loro nuovamente cosa volessero.
21. Allora uno dei tre avanza e dice con voce che tradisce l’interna
angoscia: «Buon Maestro!»
22. Ma Io lo interrompo: «Perché Mi chiaMi buono? Non sai dunque che
nessuno è buono all’infuori di Dio?»
23. Risponde il fariseo: «Te ne supplico, non essere tanto duro con me,
poiché io sono venuto per ottenere il Tuo soccorso che è di provata efficacia!»
24. Gli dico Io: «Va e non trattenerMi! Quest’oggi nel pomeriggio Io
voglio scendere al mare per dedicarMi alla pesca; là tu Mi troverai».
25. E come ebbi deciso ciò, i tre si allontanarono. Colui che aveva
parlato con Me era un rettore della scuola e della sinagoga di Cafarnao ed
aveva nome Giairo.
La santa compagnia sulla nave. Ritorno nella casa di Giairo.
La guarigione della donna greca sofferente di emorragie. Breve storia della sua
vita.
1. Come Pietro ebbe udito che Io volevo scendere al mare, Mi chiese se
egli doveva precederci e preparare il grande battello! Ma Io gli risposi: «Non
darti pensiero di ciò, perché quando noi saremo arrivati là, troveremo tutto
disposto in perfetto ordine!»
2. E così pure Maria a sua volta Mi domandò se avrebbe dovuto
apparecchiare qualcosa per il pranzo o per la cena? Ed Io le dissi: «Né per
l’uno, né per l’altra; infatti noi saremo di ritorno solo a notte molto
inoltrata».
3. Quindi Mi rivolsi ai discepoli e dissi loro che se avevano voglia di
venire con Me, si disponessero subito a partire. Tutti allora si alzarono in
fretta e Mi accompagnarono fino al mare, il quale, com’è noto, cominciava non
lontano da Nazaret.
4. Arrivati al mare, vi trovammo radunata una quantità di popolo;
inoltre vi erano là sulla riva parecchie barche, e neppure quella di Pietro vi
mancava. Noi salimmo subito sul battello di Pietro e ci staccammo dalla riva
prendendo il largo.
5. Ma quando il popolo vide che Io Mi allontanavo, prese anch’esso
posto su un gran numero di altri battelli e Mi seguì a forza di remi.
6. Ora, in uno di quei battelli era salito anche quello dei tre farisei
che, come già detto, era un rettore della scuola di Cafarnao, il quale
possedeva una bella tenuta nelle vicinanze di questa città e che in quel giorno
era venuto a casa Mia, a Nazaret, per chiedere di Me. E quando egli (Giairo) si
fu avvicinato a noi con il suo battello, si mise subito in ginocchio e Mi
supplicò dicendo: «Signore! Mia figlia è agonizzante. Oh, se Tu volessi venire
da lei per imporle le Tue mani, affinché riacquistasse la salute!».
7. Noi non eravamo ancora molto lontani dalla riva, ed Io feci cenno a
Pietro di volgere il battello verso terra. Quando noi fummo ridiscesi a riva,
trovammo agglomerata là una tale massa di popolo che a mala pena ci fu
possibile fare un passo e dovemmo faticare circa tre ore per poter arrivare
alla casa di Giairo, laddove un camminatore anche mediocre vi sarebbe
normalmente giunto con facilità in un’ora.
8. Mentre noi, accompagnati da Giairo, nella grande ressa più che
camminare eravamo per così dire spinti in avanti, in questa occasione si spinse
verso di Me da dietro anche una donna, che soffriva di emorragia da dodici anni
e aveva consegnato quasi tutto il suo patrimonio ai medici, pur di guarire. Lei
toccò il Mio abito, credendo che così sarebbe guarita; la donna infatti aveva
sentito parlare molto di Me.
9. Siccome però lei era una greca e non israelita, non si azzardava a
venire da Me apertamente, perché in quel periodo di tempo regnava una grande
animosità fra ebrei e greci per questioni commerciali ed a causa della lotta
per la preminenza presso Roma che ciascuno dei due popoli ambiva ad ottenere.
10. I greci, che godevano la fama di qualità eroiche e di popolo molto
colto, avevano presso i romani una reputazione di gran lunga maggiore ed erano
in una posizione assai più vantaggiosa che non gli ebrei, i quali a Roma erano
considerati molto male. Inoltre i greci costituivano in certo qual modo una
specie di polizia segreta incaricata di tenere d’occhio gli ebrei, ed a motivo
di ciò erano da quest’ultimi ancora più mal tollerati.
11. Questo serve anche a spiegare il timore che particolarmente le
donne greche avevano degli ebrei, perché fra i greci correva la voce, sparsa ad
arte dagli astuti ebrei, che questi, espertissimi in ogni genere di sortilegio,
avevano il potere di rendere sterili le donne greche e che sarebbe bastato, per
raggiungere tale scopo, che uno di essi avesse rivolto uno sguardo fisso e
penetrante ad una donna greca. E questo era stato anche il motivo per il quale
quella donna aveva tentato di spingersi verso di Me da dietro.
12. Ma non appena Mi ebbe toccato, lei si accorse subito della sua
completa guarigione. Il flusso del suo sangue si era fermato all’istante e una
pace grandissima era scesa nel suo animo non più tormentato dal pensiero del
male, ed essa percepì in tutto il suo essere la sensazione di essere
completamente guarita.
13. Io però Mi girai immediatamente e chiesi ai discepoli che Mi
stavano più da vicino: «Chi Mi ha toccato?»
14. Ed i discepoli quasi si arrabbiarono per questa domanda ed
esclamarono: «Tu vedi bene come il popolo preme da tutte le parti! Come dunque
puoi domandare chi Ti ha toccato?»
15. Ma Io dissi ai discepoli: «Non intendevo questo! Colui che Mi ha
toccato aveva una fede ed un’intenzione che lo spinsero ad agire in tale modo,
poiché Io ho avvertito che una forza è uscita da Me!»
16. Allora la donna che Io, pronunciando queste parole, avevo fissato
intensamente negli occhi, si spaventò; Io però l’avevo così guardata appunto
perché ben sapevo che era stata lei a toccarMi la veste, e conoscevo altresì il
motivo per il quale aveva fatto ciò! La donna si prostrò ai Miei piedi,
confessò apertamente quello che aveva fatto e Mi supplicò di perdonarla, e il
suo spavento era tale che essa tremava e rabbrividiva in tutto il corpo, il che
è facilmente comprensibile qualora si prenda in debita considerazione quello
che Io prima brevemente esposi riguardo ai rapporti fra greci ed ebrei.
17. Ed Io, raddolcendo il Mio sguardo, le dissi: «Alzati, figlia Mia,
la tua fede ti ha soccorso! Vattene pure ora in pace a casa tua e sii sana e
libera dalla tua pena!».
18. E la donna si alzò, del tutto serena e felice, e andò a casa sua,
per raggiungere la quale ci voleva mezza giornata di viaggio; essa era figlia
di un affittuario che dimorava dietro Zebulon ed era nubile, e nel suo
tredicesimo anno di età aveva ceduto alle lusinghe di un uomo sensuale, e ne
aveva ricevuto in compenso due libbre (1,12
kg) d’oro; ma in conseguenza di ciò la sua salute era rimasta scossa ed
aveva avuto per dodici anni sofferenze continue. Per tentare di alleviare tali
sofferenze, essa aveva speso tutte le due libbre d’oro, che a quei tempi
valevano più di 30.000 fiorini attuali[7]
in carta moneta; infatti allora per un grosso[8]
d’argento si riceveva più di quanto attualmente corrisponde al valore di dieci
fiorini di moneta sonante. Essa dunque in seguito ad un simile dono era
diventata molto ricca; tuttavia dovette dare via tutte le sue ricchezze prima
di poter riacquistare la salute.
Morte della
figlia di Giairo. Consolazione e promessa del Signore.
Resurrezione
della figlia di Giairo. Le esperienze nell’aldilà della ridestata.
L’ordine di silenzio del Signore.
1. Mentre Io stavo ancora parlando con i Miei discepoli riguardo il
caso di quella donna, vennero a noi incontro, correndo e quasi senza fiato,
alcuni dei servitori del rettore, che portarono a costui la triste notizia che
sua figlia era già spirata!
2. Giairo, udito questo, si rattristò immensamente e disse, rivolto a
Me: «Caro Maestro, dato che, a mio grande sconforto, vedo che ormai è troppo
tardi per poter soccorrere la mia amata figlia che era tutto per me a questo
mondo, non vi è purtroppo ragione che Tu ti scomodi oltre!»
3. E dette queste parole scoppiò in un pianto dirotto, poiché egli
veramente amava assai sua figlia dodicenne, la quale era colta e bella, e di
statura pari ad una ragazza di vent’anni; oltre a ciò lei era l’unica figlia di
questo rettore.
4. Quando Io ebbi appreso tale notizia, prima dai suoi servitori e poi
da lui stesso, fui mosso con tutto il Mio cuore a compassione alla vista di
quel padre sconsolato, e perciò Io gli dissi: «Amico, non avere alcun timore,
bensì credi! Tua figlia non è morta, ma soltanto addormentata, e ora Io la
risveglierò!».
5. E come Giairo ebbe udito le Mie parole, si rasserenò alquanto e
cominciò a respirare più liberamente.
6. Quando noi fummo arrivati a circa mille passi dalla sua casa, Io
dissi, tanto al popolo quanto a quei discepoli i quali erano ancora di poca
ferma fede, che si trattenessero là e che soltanto a Pietro, a Giacomo, a suo
fratello ed a Giovanni sarebbe stato concesso di venire con Me, poiché sulla
fede di questi quattro discepoli si poteva già allora edificare delle case.
7. E quando Io entrai in casa assieme al rettore della scuola, vi
trovai radunata molta gente che faceva molta confusione ed un gran rumore,
poiché, secondo le usanze ebraiche, dove c’era un morto, si piangeva e si
facevano lamenti ad alta voce e venivano cantate canzoni funebri.
8. Una volta entrato nella stanza dove giaceva la morta su un letto
riccamente ornato, Io Mi rivolsi alle numerose persone che là manifestavano
troppo rumorosamente il loro dolore, e dissi loro: «Perché tutto questo pianto
e questo tumulto!? La figlia non è morta, ma dorme soltanto!»
9. Allora essi presero a burlarsi di Me ed esclamarono: «Sì, davvero!
Chi dorme ha proprio questo aspetto! Quando il petto non respira più, il polso
non batte più da due ore e mezza, quando tutto il corpo si raffredda e si
scolora, e l’occhio si spegne, allora, secondo il Tuo modo di vedere, forse si
dorme!? Certamente anche questo è un sonno, ma chi dorme così non si risveglia
più se non nel giorno del Giudizio!»
10. Ma Io dissi a Giairo: «Fa che se ne vadano tutti fuori, poiché
l’incredulità di costoro non Mi è qui di alcun giovamento!». E così egli fece,
ma quella gente non volle obbedirgli, ed egli perciò Mi pregò che lo aiutassi!
Allora Io li cacciai tutti fuori a viva forza, ed essi finalmente uscirono di
casa e si sparpagliarono qua e là.
11. Poi rientrai assieme al capo della sinagoga, alla madre addolorata
ed ai quattro discepoli nella stanza dove giaceva la giovinetta morta, Mi
avvicinai subito al suo letto, la presi per la mano sinistra e le dissi:
«Talitha Kumi!». Ciò che tradotto significa: «Fanciulla! Io ti dico:
“Alzati!”».
12. E nello stesso istante ecco la fanciulla alzarsi, saltare gaia e
serena giù dal suo letto e cominciare a girare su e giù per la stanza con la sua
vivacità consueta; ed essa salutò affettuosamente ed accarezzò sua madre,
distrutta dal pianto, e suo padre! Nello stesso tempo però la giovinetta sentì
anche che il suo stomaco era vuoto e che quindi aveva fame, e manifestò il
desiderio di mangiare qualcosa!
13. Allora i genitori, fuori di sé dalla gioia, si rivolsero a Me e Mi
chiesero, piangendo dalla commozione e col cuore traboccante di gratitudine, se
e che cosa avrebbero potuto dare da mangiare alla figlia. Ed Io risposi loro:
«Datele pure da mangiare quello che essa desidera, e ciò che troverete più a
portata di mano!»
14. E lì vicino, nella stanza, vi erano sopra un piatto dei fichi e dei
datteri, e la giovinetta domandò se essa poteva mangiare quei frutti. Ed Io le
dissi: «Mangia pure quello che più ti piace, perché ora tu sei davvero
completamente risanata e non sarai d’ora innanzi mai più ammalata»
15. Allora la fanciulla si gettò sul piatto e lo vuotò quasi
interamente, ed i genitori ne erano preoccupati perché temevano che ciò avrebbe
potuto nuocerle.
16. Ma Io li rassicurai e dissi loro: «Non datevi alcun pensiero;
quando Io vi dico che non potrà recarle danno, così avverrà!». Ed i genitori
credettero fermamente.
17. Quando la giovinetta si fu saziata ed ebbe terminato di cantare il
suo inno di lode, essa si avvicinò ai suoi genitori e domandò sottovoce chi Io
fossi. Infatti, mentre essa dormiva sul letto, aveva visto i Cieli aperti, ed
in essi una moltitudine di angeli risplendenti. E così lei disse: «E in mezzo
agli angeli stava un Uomo di dolcissime sembianze il Quale mi guardò, mi venne
vicino, mi prese per la mano ed esclamò: “Talitha Kumi!”. Ed a questa chiamata
io subito mi svegliai! E vedi, che strano, quest’Uomo qui somiglia
completamente a Colui che prima ho visto in sogno in mezzo a tanti angeli! Ah,
Egli deve essere davvero un carissimo Uomo!».
18. Il capo della sinagoga comprese anche troppo bene e chiaramente la
domanda della giovinetta, ma poiché Io gli avevo fatto cenno di non tradirMi,
egli rispose alla figlia solamente che essa aveva fatto un bellissimo sogno e
che egli glielo avrebbe fra breve spiegato per intero. E la figlia fu
soddisfatta di queste parole.
19. Io allora dissi a Giairo che egli doveva uscire in strada assieme
alla figlia e alla madre, e che Io li avrei accompagnati affinché coloro che
attendevano fuori potessero venire confusi e svergognati a causa della loro
incredulità. Noi dunque uscimmo di casa e quando quegli increduli videro la
figlia sana e di eccellente umore avvicinarsi loro, ed udirono come lei
chiedeva la ragione per cui essi se ne stavano lì sconcertati e timorosi, essi
si spaventarono maggiormente e dissero: «Questo miracolo è tale che ne supera
ogni altro! Infatti la fanciulla era veramente morta e ora vive!». Ed essi
volevano immediatamente divulgare la portentosa notizia in tutta la regione.
20. Ma Io li minacciai e comandai loro, per la loro salute corporale e
spirituale, di mantenere il segreto su quell’avvenimento! Ed essi tacquero e si
allontanarono.
Cenno del
Signore ai Suoi due scrivani Matteo e Giovanni sulla differenza tra le
annotazioni dell’uno e dell’altro.
Importantissimi
chiarimenti sull’essenza dei Vangeli.
L’unica via per
giungere alla vera conoscenza della Parola divina.
1. Allora Matteo, lo scrivano, che Mi aveva seguito ad una certa
distanza per vedere cosa succedesse, e ciò allo scopo di poterne poi prendere
nota, si avvicinò a Me e Mi chiese se egli doveva aggiungere alle sue
annotazioni anche la descrizione del fatto appena accaduto.
2. Ma Io gli risposi: «Non farlo, affinché in futuro ciò non sia causa
di confusione! Dopodomani noi ce ne andremo nuovamente al mare, ed allora ci
accadrà qualcosa di perfettamente simile a quanto è avvenuto oggi; quello tu
dovrai descrivere interamente! In generale, da domani in poi tu potrai prendere
nota di tutte quelle cose straordinarie che succederanno»
3. Matteo con ciò è pienamente soddisfatto, ma allora anche Giovanni,
al quale gli avvenimenti di quella giornata erano sembrati quanto mai
meravigliosi, Mi chiede se non potrà anch’egli farne una descrizione almeno in
brevissime parole.
4. Ed Io gli rispondo: «Tu puoi ben farlo, però non ora come
continuazione di quanto hai scritto fino ad oggi, ma solo più tardi, poiché da
qui a mezzo anno circa noi saremo chiamati ad intervenire in una questione del
tutto uguale a questa di oggi, e allora tu potrai prendere nota di
quell’avvenimento invece di questo, oppure anche di questo invece di quello.
5. Comunque, non ha assolutamente importanza alcuna che venga preso
nota o meno di un segno o dell’altro, il quale abbia molta analogia con uno
precedente, purché con ciò tra i futuri seguaci della Mia Dottrina non possano
sorgere dei malintesi, i quali infine degenererebbero in dubbi e cavilli; ora,
queste cose sarebbero di gran lunga più causa di danno che non di giovamento
alla causa principale, che è soltanto ed unicamente la Mia Dottrina.
6. Finché viviamo su questa Terra, Io, voi e coloro i quali possono
distintamente per ogni singolo caso testimoniare della piena verità dei diversi
segni operati, ogni dubbio può essere facilmente rimosso; ma nei tempi futuri,
quando cioè soltanto quello che sarà stato scritto dovrà testimoniare di Me, a
causa della libertà dell’umano volere, la Scrittura deve essere pura e bene
ordinata, perché altrimenti, più che giovare, essa nuocerebbe»
7. Dice Giovanni: «Signore e amore mio! Quello che ora Tu hai detto è
di certo vero in sommo grado; ma appunto perciò non sarebbe di molto vantaggio
se io prendessi nota di tutto quello che Tu operi ed insegni, precisamente come
fa il fratello Matteo!
8. Infatti, quando gli uomini nei tempi futuri vorranno confrontare le
mie scritture con quelle di Matteo e non troveranno nella mia quello che sta
scritto nella scrittura di Matteo, essi si perderanno in sottigliezze e
cavilli, e cominceranno a dubitare della genuinità dell’intero Vangelo,
dicendo: “Ma non vi è stato un solo Gesù il Quale ha insegnato sempre la stessa
cosa, e certamente la stessa cosa ha sempre operato? Perché dunque Matteo ha
scritto questo e Giovanni quello, cosicché non sono l’uno con l’altro in
armonia? Eppure si dice che entrambi siano stati costantemente presso di
Lui!?”. Io quindi penso che, dato che io scrivo tutt’altra cosa di quella che
scrive Matteo, un simile giudizio dei posteri non potrà di certo mancare»
9. Gli rispondo Io: «Tu hai perfettamente ragione, o Mio amatissimo
fratello, ma, vedi, la ragione per cui Io permetto che tutto ciò si svolga in
questo modo è tale che non ti è ancora possibile concepirla; però lo potrai in
seguito, ed allora tutto ti apparirà chiaro!
10. Quello che scrive Matteo è chiamato a giovare soltanto a questa
Terra in particolare; quello invece che scrivi tu ha significato per l’intero
eterno Infinito! In tutto quello che tu scrivi, infatti, è celatamente riflessa
la pura Azione divina, di eternità in eternità, attraverso tutte le creazioni
già esistenti, ed anche attraverso tutte le creazioni che nelle eternità future
subentreranno al posto di quelle ora esistenti! E anche se tu scrivessi in
molte migliaia di libri quello che Io renderò ancora noto a te ed a voi tutti
riguardo a ciò, tali libri non potrebbero mai venire compresi dal mondo, e per
conseguenza non potrebbero neppure essere di alcun giovamento al mondo.
11. Chi però vive secondo la Dottrina che ha abbracciato e crede nel
Figlio, costui rinascerà in ogni caso nello spirito, e lo spirito poi gli farà
da guida nel penetrare tutte le profondità della Verità eterna.
12. Ora dunque tu conosci il motivo per il quale non incarico te di
scrivere tutto; non farMi perciò in avvenire più altre domande a tale riguardo!
Infatti è bene non concedere mai al mondo luce eccessiva, affinché esso non sia
tratto ad un giudizio ancora più severo di quanto comunque lo è quello antico e
necessario al quale già esso soggiace.
13. Ed Io voglio presentare la Mia Dottrina in modo tale che nessuno
possa pervenire a comprendere quello che è il fondamento della Verità vivificante
mediante il semplice leggere o l’ascoltare il Vangelo, ma soltanto mediante
l’agire secondo la Mia Dottrina. Solo l’azione diventerà per ciascuno una
lampada». (Cfr. Giov.7,17)
Cenno del Signore a Giairo sul modo più efficace per
ringraziarLo. Pietro rende testimonianza riguardo alla risurrezione dei morti.
Ritorno a Nazaret in casa di Maria. Lunga scena con Giuda il quale viene
istruito da Pietro e da Natanaele. Lo
spirito di Caino in Giuda. Il coraggio come vizio. L’esempio degli eroi.
1. Dopo che Io ebbi dato questo insegnamento, Giairo si rivolse
nuovamente a Me e disse: «Amato Maestro! Con l’aver restituito alla vita mia
figlia hai fatto per me più che non se Tu avessi, se ciò fosse possibile,
concesso a me cento vite! Come dovrei io dunque ringraziarTi e ricompensarTi?
Cosa posso fare io per Te?!»
2. Gli rispondo Io: «Io non chiedo altro da te che tu non abbia più
d’ora innanzi a scandalizzarti di Me, quando sentirai questa o quella cosa di
Me! Fino ad oggi tu fosti contro di Me; sii d’ora in poi per Me! Infatti il
mondo intero non può né darti né farti quello che Io ti ho dato e fatto! Un
giorno però tu potrai vedere chiaramente come e perché Io abbia potuto farti
questo. Ricordati di Me nel tuo cuore!».
3. Giairo piangeva di gioia, e sua moglie e sua figlia scoppiarono pure
in singhiozzi quando si accorsero che Io Mi accingevo a fare nuovamente ritorno
a Nazaret con i Miei discepoli. Essi Mi accompagnarono fino al luogo dove erano
radunati gli altri Miei discepoli, dove Mi attendeva una grande moltitudine di
popolo.
4. Quando fummo giunti là, trovammo i curiosi in gran numero i quali
non avevano nient’altro di più pressante da fare che domandare a destra e a
sinistra cosa fosse successo alla figlia morta del capo della scuola.
5. Ma Pietro prese la parola ed esclamò: «O ciechi che siete! Ecco,
guardatela, questa è la fanciulla che era morta e che ora vive! Volete forse
voi ancora qualcosa di più?!». Allora molti si rivolsero al capo della scuola,
e gli chiesero se era proprio vero quello che veniva loro raccontato.
6. Ed egli, dopo aver alzato alquanto la voce, rispose: «Sì! Udite o
voi ciechi, increduli e stolti! Un’ora fa io piangevo amaramente per la perdita
di questa mia dilettissima ed unica figlia, ed ora osservate com’è immensa la
mia letizia perché poco fa mia figlia mi è stata ridonata! Non è abbastanza
ancora per voi questa prova più che evidente?».
7. A tali parole tutti cominciarono ad esprimere la loro grande
meraviglia, e quando Io ebbi ripreso il cammino assieme ai Miei discepoli,
tutta quella moltitudine di popolo, che era di circa tremila persone, Mi seguì
e Mi accompagnò fino a Nazaret.
8. La notte era già abbastanza inoltrata, quando arrivammo a casa; però
Maria, i fratelli e le sorelle vegliavano ancora e ci attendevano per la cena,
la quale, ben preparata com’era, giungeva molto a proposito perché noi fino
dalla mattina non avevamo preso alcun cibo; una discreta fame era dunque cosa
comprensibilissima e molto scusabile.
9. Ora, anche Giuda si trovava in casa e dormiva già, coricato su un
giaciglio di paglia, e quando, a causa del rumore che noi facevamo con i nostri
discorsi con domande e risposte che si incrociavano, egli si svegliò, si alzò
subito e non ebbe altro pensiero che di domandare come fosse andata la pesca.
10. Allora Pietro gli rispose: «Va fuori e vedi!». E Giuda andò fuori,
e poté vedere solamente quella grande moltitudine di uomini che si era
accampata intorno alla Mia casa. Egli rientrò ben presto e chiese nuovamente a
Pietro dove fossero i pesci, poiché egli aveva fatto un giro tutto intorno alla
casa e non aveva trovato traccia di pesci in nessun luogo.
11. Pietro gli dice allora: «Non hai tu mai sentito dire che i ciechi
non vedono nulla e che i sordi non odono e che i muti nulla possono comprendere
all’infuori dei bisogni del loro stomaco?! Cieco usuraio che non sei altro; gli
uomini accampati che hai visto qui fuori a migliaia sono i pesci di cui intendo
parlare!»
12. Dice Giuda: «Ah sì, è vero! Neppure questa è certamente una cattiva
retata per un certo scopo, ma, nella nostra vita abituale, io preferisco ad
ogni modo un bel pesce che pesi un centinaio di libbre (56 kg) a tutti quegli uomini che stanno qui fuori, poiché per un pesce
simile ricaverò dappertutto quattro bei denari d’argento, mentre per coloro
invece che sono qui fuori, nessuno mi da neanche uno statere»
13. Osserva Pietro: «Con la tua avidità di denaro tu andrai tanto oltre
fino a diventare completamente seguace di Satana! Sei tu forse più di un uomo
come lo è ciascuno di noi? Noi tutti viviamo senza quella febbre continua di
lucro e tu vivi con noi e mangi dalla nostra scodella, ciò che non ti costa
altra fatica che quella piccola del mangiare. Ora, se tu puoi vivere qui senza
il tuo stupido denaro, a che dunque ti serve esso?!»
14. Dice Giuda: «E mia moglie ed i miei figli? Chi me li mantiene se io
non guadagno nulla?! Credi forse che la mia famiglia possa vivere di aria?!»
15. Allora Pietro gli dice: «Ascolta, io sopporto benissimo e
pazientemente tutto, ma una sfacciata bugia non posso davvero sopportarla. A
Gerusalemme, dove dei fatti tuoi altro non si sa se non che sei galileo, là sì
che potrai gloriarti di essere un padre amoroso e pieno di cuore per la famiglia;
ma qui, davanti a me, non farlo assolutamente! Infatti io e tutti quelli che
erano e sono tuttora tuoi vicini conosciamo fin troppo bene te e il tuo modo di
dirigere la casa per poter credere anche ad una sola parola di quello che tu
dici. Tua moglie ed i tuoi figli hanno, da quando li conosciamo, sempre
sofferto privazioni e hanno sempre dovuto guadagnarsi giorno per giorno uno
scarso pane faticando. Del pesce, che tu hai pescato, essi ne hanno mangiato
assai poco finora; di vestiti li ho provvisti io; e quanto tempo è trascorso da
quando, mentre tu te ne andavi in giro per i mercati, noi per compassione
abbiamo fatto rimettere quasi completamente a nuovo la tua casa che era del
tutto diroccata?! Quanto ci hai dato tu per questo lavoro? E un simile modo di
agire tu lo chiami avere cura della propria moglie e dei figli?! Va, e
vergognati per dieci anni di seguito, poiché ti azzardi a mentire così
sfacciatamente davanti a noi che ti conosciamo tanto bene!»
16. Giuda, udendo questo, rimane assolutamente sconcertato e non apre
più bocca, perché le parole di Pietro lo avevano colpito troppo sul vivo.
Allora egli uscì, rifletté sulle sue vicende, ritornò dopo un certo tempo e
pregò tutti di perdonarlo! Egli promise anche che d’ora in avanti sarebbe
cambiato completamente e che ora egli intendeva diventare sul serio Mio
discepolo; desiderava soltanto che noi non lo respingessimo con la violenza!
Allora Natanaele, il quale di solito parlava poco ed assai raramente, disse:
«Vedi, in te dimora lo spirito di Caino, comprendi? E questo spirito non si
migliora su questa Terra, poiché lo spirito di Caino è il mondo, e da questo
non è da attendersi alcun miglioramento!»
17. Dice Giuda: «Sì, sì, tu ce l’hai sempre con quel tuo vecchio spirito
di Caino!? Ma dov’è Caino, e dove siamo noi?! La generazione di Caino andò in
rovina; Noè soltanto rimase, e nella sua discendenza non vi è più nemmeno una
goccia del sangue di Caino, ma il puro sangue dei figli di Dio ora scorre nelle
nostre vene. Ma dove è puro il sangue, è puro anche lo spirito, poiché lo
spirito dell’uomo deriva sempre dal sangue, ed è, come questo, puro!»
18. Dice Natanaele: «Queste sono le tue vecchie idee insensate che io
conosco troppo bene, ma che per me non valgono nulla affatto! Va’ presso i
sadducei; là potrai forse fare effetto con le tue insensatezze! Per noi il
sangue è una materia putrida, mentre lo spirito è e rimane eternamente spirito!
A che ti giova il tuo sangue di figlio di Dio, se nel medesimo dimora uno spirito
assolutamente immondo, come è il caso in te? Mi hai compreso?»
19. Risponde Giuda: «Sì, sì, tu potresti avere anche ragione, ed è
certo che io mi sforzerò di approfondire la vostra dottrina, ma se questa
veramente si fonda sullo spirito di umanità e prescrive che si usi con tutti la
maggior pazienza e mansuetudine possibile, allora mi sembra che da parte vostra
non sia proprio necessario accanirvi contro di me e respingermi continuamente
da voi! Infatti, cos’è una dottrina senza discepoli? Un vano squillo nell’aria
a cui nessuno fa attenzione! Ogni dottrina dunque ha altrettanto bisogno di
discepoli quanto lo hanno i discepoli di una buona dottrina, ed io penso quindi
che ogni discepolo, di fronte ad una dottrina, abbia altrettanto decisivo
valore quanto la più pura e migliore dottrina in sé e per se stessa! E credo
anche, per conseguenza, che da parte vostra non dovrebbe essere sbagliato se
verso di me, quale vostro condiscepolo, voi vorreste usare un po’ più di
pazienza!
20. Che io sia finora rimasto fra le pastoie delle mie vecchie massime,
spero che voi già lo vediate come lo vedo io stesso, ma appunto perciò io
voglio comprendere la vostra dottrina, per potermi liberare dai miei vecchi
principi nei quali, del resto, non ho più ormai eccessiva fede. Dunque, se io
mi trovo talvolta indotto a confutare un po’ qualche punto di queste vostre
nuove massime, ciò che si spiega con il fatto che non sono un iniziato, credo
che voi dobbiate trovare questa cosa perfettamente naturale!
21. Quando io sarò, come voi, iniziato nella nuova dottrina del vostro
Maestro, e quando troverò, come voi, inconfutabilmente buoni e veri i principi
sui quali essa si basa, io diventerò di certo un seguace di questa vostra
dottrina dieci volte più fervente di quanto lo siate voi tutti presi assieme,
poiché io ho del coraggio e posso tenere testa a chiunque perché non ho paura
di nessuno. D’altronde, se io fossi accessibile al timore, già da lungo tempo
non sarei più qui con voi, poiché voi e il vostro Maestro già parecchie volte mi
avete fatto comprendere abbastanza chiaramente come fosse vostro desiderio che
io evitassi la vostra compagnia! Ma come ho detto una volta per sempre, io non
ho affatto paura, e per questo motivo sono sempre ritornato. Vero è che voi ne
provate grandissima rabbia, io però non ci bado, e rimango proprio come voi un
discepolo di questa nuova dottrina. Che cosa potete voi obiettare a questo?!»
22. Dice Natanaele: «Molto e niente, come tu vuoi! Che tu non sia
assolutamente accessibile al timore, questa non è proprio virtù degna di troppa
lode, poiché senza alcun timore deve essere anche Satana, altrimenti egli non
rimarrebbe per una eternità dopo l’altra con tanta ostinazione disobbediente a
Dio il Signore! Ed una cosa simile la possiamo riscontrare anche qui su questa
Terra già negli animali, dei quali alcuni hanno evidentemente più coraggio
degli altri! Osserva per esempio un leone, una tigre, una pantera, un lupo, una
iena oppure un orso e confrontali con un agnello, una capra, un capriolo, una
lepre e con altri simili animali timidi! Dimmi, a favore di quale di queste due
classi di animali ti schiereresti tu?»
23. Risponde Giuda: «Ma è chiaro che io, come qualunque altro,
parteggerei per gli animali domestici e mansueti, mai per le bestie feroci e
selvagge, poiché il coraggio del leone vuol dire la morte per tutti!»
24. Dice Natanaele: «E tu ti glori del tuo coraggio, e pensi, basandoti
su di esso, di diventare un discepolo capace?! Io te lo dico: “Il coraggio, nel
vero significato della parola, è un grande vizio, poiché esso è il frutto
dell’orgoglio, il quale non consiste in altro se non nel disprezzo di tutto ciò
che nell’uomo non formi il proprio ed assoluto io!”. Quindi, secondo la nostra
dottrina, il coraggio ad ogni costo in un uomo non può mai venire lodato come
una virtù, poiché esso è precisamente il contrario di quello che la nostra
dottrina richiede all’uomo!
25. Chi è che guida le guerre?! Vedi, unicamente i cosiddetti eroi che
non hanno timore nemmeno della morte. Popoliamo bene tutta la Terra di eroi, e
vedremo una guerra eterna infuriare incessantemente sui suoi campi, perché ad
un eroe non basta di essere un eroe in mezzo ad altri eroi, ma vuole essere
eroe soltanto per se stesso, e non si dà pace finché egli non abbia sottomesso
tutti gli altri eroi, oppure, se mai possibile, non li abbia spediti l’uno dopo
l’altro via da questo mondo.
26. Immaginati invece che la Terra fosse popolata soltanto da gente
mite e mansueta, ed essa diventerebbe un vero paradiso!
27. Se il cosiddetto eroe ha davanti a sé un timido, egli non lo
perseguiterà, perché l’uomo timido non gli contende la sua gloria; ma se invece
l’eroe si trova di fronte ad un altro eroe, allora i due eroi si lanceranno
reciprocamente una sfida, e nessuno si riposerà prima che uno dei due abbia
steso a terra l’avversario! Vedi dunque che è chiaro fino all’evidenza come
questa sia l’unica benedizione dei coraggiosi!
28. Però, se tu vuoi davvero essere nostro discepolo, deponi questa tua
veste assolutamente inutile di coraggio e sii invece pieno di amore, di
pazienza e di mansuetudine; solo allora tu sarai come si addice ad un vero
discepolo del Signore!»
29. Risponde Giuda: «Ebbene, è vero, tu non hai effettivamente torto.
Io voglio meditare ancora più profondamente su questa cosa, e domani
comunicherò a voi tutti quello che mi parrà opportuno fare; se cioè rimanere
qui con voi, oppure andarmene via!»
30. Dopo aver detto queste parole, Giuda esce, va in cerca di alcuni
suoi conoscenti sparsi in mezzo alla grande massa di popolo e si mette a
discutere con loro per quasi l’intera notte riguardo alle cose che aveva
appreso da Natanaele; tutti però sono d’accordo nel dare ragione a
quest’ultimo, e dicono: «Natanaele è un vero sapiente», e lo sappiamo bene che
nella sua anima non vi è alcuna falsità! Noi però restiamo in casa e ci
mettiamo a riposare.
Il popolo
assembrato dinanzi alla casa di Maria, a Nazaret. L’intenzione del popolo di
proclamare Gesù Re. Dichiarazione del popolo alla serva: «Gesù è il Promesso».
Il popolo
cerca e trova Gesù. Saggio aiuto del comandante Cornelio.
1. La mattina seguente però comincia a manifestarsi molta agitazione
davanti alla casa, perché già prima del levar del sole una nuova grande moltitudine
viene da tutte le parti alla nostra casa; non mancano altresì i venditori di
pane e latte, e da tutta quella gente si leva un tale vocìo e un tumulto
davanti alla casa che tutti quelli che sono con Me cominciano ad esserne
spaventati.
2. Io però dico loro: «Facciamo intanto colazione, ma subito dopo ce ne
andremo in una casa a Me nota che è situata alcuni tratti di campo dietro
Cafarnao, e ciò affinché qui a Nazaret la cosa non provochi tanto rumore»
3. Mentre Io annuncio questo ai discepoli, rientra in casa anche Giuda,
ed esclama: «Fratelli miei, io resto con voi d’ora innanzi! I miei affari sono
terminati, poiché per amore vostro io li ho sbrigati oggi invece di attendere
domani. Ma ora vi riferirò in brevi parole qualcos’altro: il popolo che si
trova radunato qui in prossimità della casa, in numero di parecchie migliaia,
ha intenzione nientemeno che di proclamare Re il nostro buon Maestro Gesù!
Questo però, a mio avviso, sarebbe una cosa altamente sconsigliabile,
considerata la presenza qui di numerosi soldati romani. Infatti, se succede
questo, non ci sarebbe assolutamente da fidarsi dei romani, di solito molto
trattabili ed umani, e ancora meno poi degli alti sacerdoti, farisei e scribi
del nostro popolo!»
4. Dico Io: «Allora portateci presto la colazione! Oggi è, fra altro,
anche sabato, e potrebbe venire qui gente in numero ancora più grande; per
conseguenza noi ce ne andremo subito e velocemente via di qui!».
5. Ora, annesso alla Mia casa, e precisamente da entrambe le parti
della medesima, c’era un giardino circondato da folte siepi al quale si poteva
accedere soltanto per una porticina posteriore della casa. Noi approfittammo
dunque di questa uscita seminascosta, ed in tal modo ci sottraemmo agli sguardi
curiosi delle diverse migliaia di persone, di cui tre quarti almeno erano state
spinte a radunarsi là dalla pura curiosità, allo scopo cioè di poter assistere
a qualche avvenimento prodigioso.
6. E dopo che noi, un centinaio circa in tutto, ci fummo allontanati
senza essere visti dalla grande moltitudine, questa continuò ancora a vociare
davanti alla casa, aspettando che Io uscissi fuori con i discepoli, sperando
forse di assistere a qualche altro miracolo o di udire qualche Mio discorso;
dopo di che la folla, e questo era il proposito di molti, Mi avrebbe proclamato
Re dei giudei! Ma mentre così attendevano, una serva di casa Mia uscì fuori e,
presentatasi dinanzi alla moltitudine, chiese ad un uomo, il quale le sembrava
che avesse un aspetto migliore, che cosa volesse tutta quella assemblea di
popolo. E l’uomo rispose: «Noi siamo qui per
proclamare Gesù, il Potentissimo fra i potenti e il più Saggio fra i saggi,
nostro Re! Infatti noi fummo testimoni di come mare e venti Gli obbediscano e
come i demoni più maligni, tanto uomini che spiriti, debbano fuggire dinanzi a
Lui! Egli è infallibilmente il promesso Unto del Signore, che ha la missione di
redimere il popolo di Dio dal duro giogo e dalla tirannia di Roma! È quindi
giunto ora il tempo per il popolo di Dio di innalzarLo a suo Re riconosciuto e
venerato da tutti gli ebrei! Ecco, per tale motivo noi siamo qui riuniti! Ma
che cosa fa Egli così per lungo tempo in casa e perché non Se ne viene qui
fuori da noi?!»
7. Dice la serva: «Se è così, voi attendete invano, poiché Egli già di
buon’ora si è recato nei dintorni di Cafarnao, forse presso qualche ammalato, e
con Lui tutti i Suoi discepoli; quindi, come ho detto, Lo attendete invano».
8. Ed a questa notizia, l’uomo le chiede se lei sappia in quale casa
Egli si sia recato. Ma la serva dichiara di non saperlo e non lo sa nemmeno
nessun altro di casa; infatti Io non ho confidato a nessuno in quale casa sono
andato.
9. Quell’uomo allora, per persuadersi di quanto detto dalla serva,
entra in casa e, poiché ad eccezione delle poche persone che aiutavano Maria a
pulire il vasellame di cucina e le stoviglie, non trovò nessuno, egli uscì
nuovamente fuori ed annunciò a tutti che Io me ne ero andato a Cafarnao, non si
sapeva bene in quale casa, per risanarvi un ammalato.
10. Quando la moltitudine apprende ciò, si alza subito e si mette
direttamente in cammino gridando: «Avanti dunque, a Cafarnao! Arrivati là, ci
informeremo di Lui e sapremo certo trovare la casa in cui è entrato!».
11. E così tutti, ad eccezione di alcuni nazareni, si muovono verso
Cafarnao, cosicché la Mia casa rimane liberata da quel grande
assembramento.
12. Ma ben presto è la volta di quelli di Cafarnao di stupirsi, quando
vedono entrare in città tutta quella massa di popolo. Il comandante del luogo
invia subito alcuni dei suoi soldati incontro ai nuovi venuti, e fa chiedere
loro che cosa volessero a Cafarnao in numero così grande nel giorno di sabato,
non essendovi in questa città né mercato né qualcos’altro di simile, ancora
meno poi nel giorno di sabato la cui santificazione è compito del comandante
sorvegliare che venga osservata.
13. Allora gli interpellati rispondono: «Noi cerchiamo Gesù di Nazaret,
perché ci è stato riferito che Egli dovrebbe trovarsi qui».
14. E il comandante manda loro a dire che Gesù
non si trova a Cafarnao, ma nelle vicinanze di Bethabara, per raggiungere la
quale Egli è partito già un paio d’ore prima.
15. Quando il popolo apprende ciò, si dirige in fretta verso Bethabara
ma, strada facendo, fra le due località situate sul Mare di Galilea, i condottieri
di questa moltitudine scoprono un’altra grande massa di popolo che si accalca
intorno ad una casa. Essi si dirigono là e domandano cosa mai sia là accaduto.
E viene detto loro che Io Mi trovo in quella casa.
16. A tale notizia, la casa viene circondata
da tutte le parti, e il popolo prende consiglio sul modo in cui potrebbe
proclamarMi Re. Ma nel frattempo, il comandante di Cafarnao Mi rende un buon
servizio, e manda, dove c’è la grande ressa di popolo, una intera legione di
soldati, i quali però non hanno che l’ordine di sorvegliare l’assembramento. E
come la moltitudine si accorge di ciò, desiste subito dal suo proposito.
17. Nel frattempo però, attratti da tutto questo movimento e dalla Mia
presenza, ecco comparire in casa anche parecchi farisei e scribi, in parte
provenienti da Gerusalemme, ma allora abitanti a Cafarnao, con i sacerdoti e
gli scribi da Cafarnao, anch’essi in parte da Nazaret e dintorni; infatti essi
hanno saputo da Giairo come Io abbia risuscitato veramente da morte sua figlia.
A costoro il popolo fa posto affinché possano entrare da Me in casa.
18. TrovatoMi là, essi Mi rivolgono una quantità di domande. Io però
dico loro di interrogare i Miei discepoli, ed aggiungo: «Questi qui sono Miei
testimoni; essi sono a conoscenza di tutto, domandate loro!».
19. Ed allora i farisei e gli scribi assediarono di domande i
discepoli, e questi diedero loro risposte molto ben misurate.
Scena con il paralitico
ed i farisei. Parole di consolazione del Signore all’ammalato. Ambizione e
perfidia della gente del Tempio.
Guarigione del
paralitico e sue buone conseguenze.
(Matteo 9,
2-8)
1. Mentre i farisei e gli scribi discutono di questa e quella cosa con
i discepoli, vengono verso la casa che ci ospita otto uomini portando sopra un
letto un paralitico, con l’intenzione di presentarlo a Me affinché l’aiuti! Ma
la ressa del popolo intorno alla casa era tale che gli otto uomini furono
impossibilitati a portarvi dentro l’ammalato e a condurMelo dinanzi. Ora,
poiché la casa era situata proprio in riva al mare, essi temevano che Io Me ne
andassi subito senza essere osservato, passando per una porticina che era
dirimpetto alla riva e che prendessi forse posto su una barca diretta in
qualche altro luogo. Uno fra essi però si recò dal padrone di casa che
conosceva, e gli disse: «Amico, ecco che noi otto fratelli abbiamo qui con noi
il fratello di nostra madre, il quale, travagliato da dolori, si trova
completamente paralizzato, e da otto lunghi anni non può più abbandonare il
letto. Noi lo abbiamo trasportato fin qui sopra il suo letto, allo scopo di
presentare anche lui al famosissimo e miracoloso Salvatore Gesù il Quale si
trova adesso in casa tua, affinché Gli piaccia di guarirlo, cosa questa che a
Lui sarà certamente possibile. Ma, a causa della ressa del popolo, non è
possibile portarlo in casa davanti a Gesù. Amico, dammi tu dunque un consiglio
su quello che devo fare!»
2. Risponde il padrone di casa: «Di certo la cosa sarà piuttosto
difficile, poiché la stanza, nella quale Gesù si trova, è addirittura zeppa di
gente! Vi sono dentro oltre cento dei Suoi discepoli, e per di più un gran
numero di farisei, sacerdoti e scribi venuti da ogni città e paese, e là tengono
consiglio. Ma, nonostante ciò, per amore della vecchia e buona nostra amicizia,
vista la straordinaria occasione di oggi, voglio pure fare qualche cosa per
voi!
3. Vedete, la mia casa è, come la maggior parte delle case di
pescatori, coperta di giunchi! Noi possiamo dal di fuori appoggiare due scale
che arrivino fino al tetto, e scoperchiamo poi velocemente il tetto quel tanto
che basta perché voi possiate far passare attraverso l’apertura così ottenuta
il letto con sopra l’ammalato! Una volta sul tavolato del tetto, allora legate
ai quattro angoli del letto delle forti funi, di cui ho lì sopra una grande
provvista; io apro quindi la botola che si trova in mezzo al tavolato del tetto
e facciamo scendere per mezzo delle corde l’ammalato assieme al suo letto giù
nella stanza. E così egli stesso può pregare Gesù che lo guarisca. Coloro poi
che sono nella stanza, proprio sotto l’apertura, faranno posto, a meno che non
vogliano lasciar riposare il letto sulle loro teste!»
4. Questa proposta piace a quello degli otto che aveva parlato e, fra
le manifestazioni di meraviglia e perfino di allegria della folla, ci si mette
all’opera che procede così in perfetto ordine senza alcun incidente. Soltanto
un uomo, un ligio templare scarso d’intelletto, il quale misurava con il
compasso la lettera della Legge, fece a coloro che lavoravano sul tetto
l’osservazione che essi dovevano pur tenere conto che allora si era al culmine
del sabato!
5. Ma gli otto risposero: «Cosa c’entri tu, vecchia lumaca del Tempio?
Dì alla tua bocca sdentata di starsene quieta, e striscia a Gerusalemme in
quella stalla di buoi, asini, vitelli e pecore che si chiama il Tempio di
Salomone; con questi abituali frequentatori del Tempio potrai biascicare lì le
tue geremiadi! Noi, invece, del vostro servizio divino ormai completamente
animalesco già da lungo tempo non ce ne importa affatto, e sappiamo che Dio si
compiace delle buone opere più che del chiasso che fanno i vostri buoi ed
asini!».
6. Questa energica risposta, data a quell’ortodosso da uno fra gli
otto, ebbe per risultato di far tacere il rigido osservatore del sabato tanto
più presto e più sicuramente, in quanto queste parole, dette ad alta voce,
erano state accolte dalla folla con formidabili applausi! Infatti presso la
maggior parte dei galilei i metodi usati dalla gente del Tempio già da molto
tempo non trovavano più alcun credito.
7. Quell’uomo che era ancora giovane aveva detto, sia pure in un modo
troppo scherzoso, la piena verità in poche parole, e perciò anche aveva
ottenuto maggior plauso fra il popolo! Ed a questo proposito va osservato che,
nell’occasione di grandi feste, venivano introdotti nel Tempio in numero
grandissimo buoi, e così pure asini e pecore, che belavano e muggivano, di
solito, com’è loro natura, ma, oltre a ciò, prima di essere condotti al Tempio
venivano fatti digiunare un paio di giorni, appunto perché durante i sacrifici
facessero tanto maggior strepito così da far tremare e sbigottire la gente che
nel Tempio si trovava.
8. Ed in verità, l’alto ufficio divino nel Tempio, specialmente nei
giorni di gran festa, era qualcosa di talmente sciocco, orribile e nello stesso
tempo sudicio che non si potrebbe riscontrarne l’uguale in nessun altro luogo
su tutta la Terra, neanche presso i popoli più selvaggi; ed in questo modo il
giovane aveva fatto a quel ligio templare un’osservazione perfettamente vera,
della quale Io stesso Mi compiacqui assai, poiché dentro di Me Io ben sapevo di
ciò, che cosa e come avveniva.
9. Subito dopo che si è svolta questa scena, la botola della stanza, o
meglio ancora del soffitto, viene aperta. Ed uno tra i farisei, il quale si da
l’aria di grande importanza, domanda gridando: «Ehi là di sopra, che cosa
succede?»
10. Risponde lo spiritoso oratore di prima: «Ancora un po’ di pazienza
e lo vedrete subito! Vedete, oggi è sabato; in questo giorno, come voi stessi
insegnate nelle sinagoghe e nelle scuole, di solito scende la salute dall’Alto!
Questa volta però la salute dell’uomo è in basso, ed è perciò che ora viene
qualcuno il quale non ha salute e scende tra di voi dall’alto per cercare là la
sua salute. Dunque, come vedete, non succede nulla di contrario al sabato,
perché io credo bene che sarà tutt’uno che nel giorno di sabato scenda la
salute dall’Alto, oppure che qualcuno cerchi la salute in basso, poiché questa
dinanzi a lui è già scesa dai Cieli, giù tra gli uomini ciechi, i quali non
sono capaci di vederla benché ci sbattano contro con il naso!»
11. Queste parole suscitano nuovamente grandi applausi fra i discepoli,
ma anche grande ira tra i farisei, sacerdoti e scribi; ma i discepoli allora
esclamano ad alta voce: «Venga dunque giù questo sventurato che viene cercando
in basso la sua salute!». E ben presto l’ammalato viene fatto scendere.
12. E quando, giacendo sul suo letto, si trovò dinanzi a Me, Mi pregò
piangendo che Io volessi aiutarlo! Ed Io, che ben vedevo come l’ammalato e pure
coloro che lo avevano là portato erano animati da giusta e vera fede, gli
dissi: «Consolati, figlio Mio, i tuoi peccati ti sono perdonati!». Io tra
l’altro avevo pronunciato queste parole già da principio unicamente allo scopo
di mettere alla prova, nell’intimo dei loro pensieri, i farisei, i quali
cominciavano già abbastanza a propendere per Me, poiché la resurrezione della
figlia di Giairo, loro capo supremo, aveva avuto l’effetto di renderMi amica
quella gente.
13. Ma quando Io, rivolto all’ammalato, ebbi pronunciato le parole: «I
tuoi peccati ti sono rimessi» (Matteo 9,2), alcuni tra gli scribi più rigidi e
severi si accesero subito d’ira, e andavano dicendo fra sé e sé: «Che cosa è
questo che ci tocca udire? Come può essere Egli un vero Salvatore (medico)?
Egli bestemmia Dio!» (Matteo 9,3). Infatti essi Mi ritenevano solamente un
medico particolarmente dotato, ma che in Me avesse potuto risiedere una forza
divina, ciò costituiva per loro una specie di crimen sacri laesi (bestemmia contro Dio)! Secondo questi
tali, il potere divino non operava che nei sacerdoti, leviti, farisei e scribi,
ed anche in questi casi, soltanto nel Tempio di Gerusalemme!
14. Ma poiché Io, com’è naturale, fin troppo presto Mi accorsi di
questi loro intimi pensieri, li rimproverai subito e dissi loro: «Perché pensate
il male nei vostri cuori?! (Matteo 9,4). Cosa dunque è più facile dire: “I tuoi
peccati ti sono rimessi!” (ciò che voi continuamente andate dicendo agli
uomini, in modo speciale poi se questi vengono a voi con delle ricche offerte,
e con ciò tuttavia non viene recato giovamento a nessuno), oppure dire con
l’energia che incita all’azione: “Alzati e cammina!”?» (Matteo 9,5)
15. Risponde uno degli scribi: «A me sembra che a costui, all’infuori
della remissione dei peccati, potrai aiutarlo ben poco! Infatti se uno viene
ridotto in uno stato simile dalla malattia, non c’è che la morte che gli può
giovare!»
16. Gli dico Io: «Così dunque la pensate voi?! Ora affinché voi vediate
e possiate riconoscere che il Figlio dell’uomo ha sulla Terra anche il potere di
rimettere i peccati, Io dico ora davanti a voi con sicurezza e forza a questo
ammalato, cui la morte soltanto può porre rimedio secondo voi, che vi arrogate
di tenere da Dio esclusivamente il potere di perdonare i peccati, Io dico a
questo ammalato: “Alzati, prendi il tuo letto, e ritorna pienamente risanato e
perdonato a casa tua!”». (Matteo 9, 6)
17. E come ebbi terminato di parlare, l’ammalato, improvvisamente
guarito del tutto, distese le sue membra, prima miseramente rattrappite ed in
parte già completamente disseccate, ma che ora all’istante avevano riacquistato
la loro carne e con il cuore riboccante di gioia egli Mi ringraziò piangendo,
si alzò subito dal suo letto e si trovò subito pieno di un tal vigore che si
mise subito a sciogliere le funi alle quali era ancora legato il letto; egli
quindi si prese il letto, che era abbastanza grande e pesante, sotto il braccio
sinistro, si insinuò con il medesimo facilmente attraverso la grande ressa del
popolo e lo portò egli stesso a casa sua fino a Cafarnao! (Matteo 9, 7)
18. Tutto il popolo (Matteo 9, 8), che era là
presente e che aveva assistito a questo fatto, cominciò ad alta voce a
glorificare ed a lodare Dio per aver Egli concesso ad un uomo una potenza tale,
quale può averla soltanto Dio stesso, e attraverso la quale a Lui tutte le cose
sono possibili.
19. Questo avvenimento rafforzò di nuovo i farisei e gli scribi là
presenti, in modo che essi rinunciarono nuovamente ai loro maligni pensieri, e
dissero: «Ciò è davvero inaudito! Come Ti sia possibile una cosa simile, in
verità può saperlo solo Dio, certo nessun uomo su questa Terra!».
Mordace ma
buon discorso del giovane greco ai farisei. Esempio della creazione di Adamo.
Accenno all’uccisione di Zaccaria e di suo figlio Giovanni il Battista.
Buona
testimonianza sul Signore.
1. E il giovane che prima aveva parlato così bene e che era rimasto di
sopra, curvatosi sulla botola, disse a coloro che
erano di sotto: «Chissà se anche il sommo sacerdote a Gerusalemme sarebbe
capace di fare altrettanto dietro compenso di mille buoi, diecimila asini e
centomila pecore!?»
2. Questa spiritosa domanda suscitò grande allegria perfino fra gli
stessi farisei. Tuttavia uno scriba si fece avanti e, volta la testa verso il
soffitto, osservò al giovane oratore: «Caro amico, non scherzare troppo!
Infatti le braccia del sommo sacerdote arrivano in ogni luogo della Terra, e
chi vi rimane sotto, viene stritolato! Il sommo sacerdote non ha bisogno di
risuscitare morti né di risanare paralitici, perché tutte queste cose
riguardano la carne e non già lo spirito dell’uomo, e sono di competenza dei
medici e non dei sacerdoti. Hai capito?»
3. Risponde l’oratore: «Amico, anche queste cose potrebbero essere di
competenza dei sacerdoti se essi fossero in grado di adempierle, ma appunto
perché essi non sono in grado, nemmeno per tutti i tesori della Terra, di
compiere un’opera simile, è naturale che infine convenga loro di dichiarare
altezzosamente: “Questo non è affare che riguarda i sacerdoti, i quali non
debbono avere cura che dello spirito dell’uomo”. Io però la penso diversamente.
Se ad un medico riesce possibile ridonare spirito ed anima ad una fanciulla del
tutto morta, perché noi l'abbiamo vista soccombere sotto i nostri occhi alla
febbre maligna, ad una malattia dunque della quale finora nessuno è morto a
metà, io credo che questa sia una cura spirituale ben potente ed energica!
4. Quando Dio formò Adamo di sola argilla, la creazione era unicamente materiale,
e nulla vi era allora di spirituale all’infuori di Dio stesso.
5. Ma quando poi Dio alitò nella forma ancora morta un’anima vivente,
ed in questa uno spirito pensante, una simile opera compiuta da Dio non fu un
lavoro materiale, ma certamente un lavoro di altissimo carattere spirituale
nella forma e intorno alla forma del primo uomo della terra! Quindi, se qui
dinanzi ai nostri occhi Gesù di Nazaret, questo Medico meraviglioso, operò la
stessa cosa con la figlia di Giairo, si deve pur riconoscere a tale atto e
provvedimento un carattere oltremodo spirituale!»
6. Dice lo scriba: «Queste sono cose di cui tu non ti intendi, e perciò
faresti meglio a tacere!»
7. Risponde il giovane: «Sì, se io fossi ebreo, allora tacerei di
certo, ma poiché io non sono ebreo, ma un onesto greco e seguace della mirabile
dottrina di Socrate, non so davvero vedere per quale motivo dovrei tacere
dinanzi a sacerdoti ebrei, dei quali ormai conosco fin troppo bene i
deplorevoli e sciocchi principi»
8. Risponde lo scriba: «E che cosa tu, pagano, trovi di sciocco
nell’antica, pura e divina dottrina degli ebrei? Mosè ed i Profeti sono tutti
forse troppo poco nobili e grandi per te, e trovi tu sciocchi i loro
insegnamenti?!»
9. Dice il giovane: «No, ritengo certo che Mosè e tutti i Profeti, i
quali hanno detto di voi quello che ora io vi dico, siano stati sapienti al
massimo grado ed ispirati da Dio! Ma i vostri principi invece, dei quali né
Mosè né nessuno degli altri profeti si sono nemmeno sognati, questi io
considero stupidi oltre ogni misura!
10. Come servite voi Dio?! Sugli altari a Lui consacrati voi
sacrificate sterco, fango e sudiciume, mentre i buoi, i vitelli ed i montoni
grassi li divorate voi stessi, e li sacrificate al vostro ventre che sembra non
potersi mai riempire. Quello che vi era di divino e puro nella vostra dottrina,
voi lo avete ripudiato, e se qualcuno fra voi si azzardasse ora ad insegnare
ciò che è veramente puro, voi fareste a questi quello che in ogni tempo avete
fatto a tutti i vostri profeti!
11. Quanto tempo è passato dal giorno in cui voi assassinaste Zaccaria
nel Tempio?
12. A Bethabara suo figlio Giovanni predicava la verità; quante volte
voi, profanatori senza coscienza del Santuario di Dio, siete stati da lui
chiamati a penitenza ed al ritorno a Mosè ed alla sua purissima dottrina? Che
cosa ne avete fatto di lui?! Dove finì egli?! Egli scomparve, e, per quanto ne
so io, egli fu condotto via di notte da perfidi sgherri!
13. Ora si trova qui a Nazaret Gesù, quale Profeta suscitato da Dio, e
fa opere che non sono possibili se non a Dio soltanto, e perciò voi Lo
sorvegliate con occhi d’Argo! Guai a Lui, se Egli si azzardasse come me a
pronunciare una sola parola contro di voi o contro la dottrina più che immonda
creata non da Mosè, ma da voi stessi! Voi Lo accusereste senza indugio del più
grave fra i delitti, della bestemmia cioè contro Dio e, per gratitudine verso
di Lui che ha risuscitato i vostri morti e che ha fatto camminare diritti i
vostri storpi, voi Lo lapidereste e Lo fareste addirittura legare alla croce!
14. Infatti il vostro scopo è di dominare, e nello stesso tempo di
impinguare il vostro ventre e di godere una vita comoda e quanto mai piacevole!
Se qualcuno vi vuole limitare in questi vostri piaceri e vuole farvi ritornare
a Mosè, costui è vostro nemico, e voi avete abbastanza mezzi per togliervelo di
torno!
15. Ed io vi disprezzo tutti come si disprezza una carogna putrida e
fetente, perché voi siete veramente e rimarrete anche in avvenire i peggiori
nemici di Dio e di tutte le Sue creature! Io sono un pagano, tuttavia riconosco
che qui in quest’Uomo Gesù vi è la più pura Forza divina, e ciò in misura tale
quale il mondo intero non vide mai finora!
16. Non è la Sua carne che opera tali fatti inauditi, ma l’onnipotente
e purissimo Spirito di Dio che deve dimorare in Lui in tutta la sua pienezza!
17. Vedete, ciò lo riconosco io che venni da voi giudicato un cieco
pagano! Ma voi, che cosa riconoscete dunque in Gesù, il quale mediante la sola
Parola, senza alcun farmaco, risuscita i morti e fa sì che i nostri storpi
saltino come cerbiatti?!
18. Ed io domando a voi, ciechi che siete: “Chi deve essere Colui al
quale basta una sola parola dettata dalla volontà, per far ammutolire l’uragano
e il vento, per risuscitare i morti e guarire gli storpi in modo tale da far
credere che essi abbiano assunto le qualità naturali del cervo?!”».
19. Il giovane, con queste parole davvero giuste ed ardite, aveva
attizzato l’ira nei cuori dei farisei e di tutti gli scribi così potentemente
che essi, nel loro furore, lo avrebbero di certo fatto a pezzi se avessero
potuto facilmente impadronirsi di lui; questa cosa però non era possibile in
presenza della grande moltitudine di popolo, né d’altro canto sarebbe stata
consigliabile, poiché tutto il popolo gioiva al pensiero che un uomo aveva
avuto finalmente il coraggio di gettare tanto duramente la piena verità in
faccia ai farisei ed agli scribi orgogliosi!
I farisei offesi si rivolgono al Signore. Questi svela
maggiormente ancora il loro modo di agire contro Dio, i loro abomini nel Tempio
e i cosiddetti servizi divini.
1. Ed uno tra i farisei si rivolse a Me e disse: «Come puoi Tu, che sei
un vero giudeo, tacere, quando un miserabile pagano di questa specie, al quale
Tu rendesti del bene, si azzarda in maniera spudorata ad oltraggiare tanto
spregevolmente la santa dottrina dei nostri padri!?»
2. Rispondo Io: «Egli però non ha oltraggiato né Mosè né i Profeti, ma
solamente voi ed i vostri nuovi principi, ma contro di Me non ha enunciato
nulla; per quale motivo dunque dovrei rimproverarlo?! Di voi egli ha parlato, e
perciò contro voi soli egli ha peccato; per conseguenza riguarda soltanto voi
vedere come potrete definire la contesa con lui! Se egli non ha nulla contro di
Me, cosa potrei Io avere contro di lui? Pensate voi al modo in cui potrete
spiegarvi con lui! Per quanto riguarda la Mia Persona, fra Me e lui non vi è
alcuna divergenza»
3. Ed i farisei e gli scribi osservano: «Eh! Sì, sì, sappiamo benissimo
che egli non ha offeso Te, bensì noi; ma poiché Tu ormai ci sei divenuto amico
e poiché noi sappiamo adesso fin troppo bene quale potere risieda nella Tua
Parola e nella Tua Volontà, crediamo che Tu avresti potuto far tacere questo
pagano con qualche parola, per amicizia verso di noi, non fosse altro a causa
del popolo qui presente! Tu invece lasciasti che egli parlasse e che noi
fossimo svergognati davanti al popolo; vedi, non è stato affatto lodevole da parte
Tua! Non vogliamo dire che perciò noi Ti odiamo, ma pure non possiamo nemmeno
dichiararci Tuoi amici!»
4. Dico Io: «Fate pure come credete; dal canto Mio farò anch’Io quello
che Mi parrà opportuno fare! Del resto, è veramente assai strano da parte vostra
che ora Mi rifiutiate la vostra amicizia, voi che, in fondo in fondo, non Me
l’avete mai dimostrata! Io invece che pure avrei ogni diritto di togliervela,
dato che fino ad oggi nei vostri cuori non sorsero se non pensieri per niente
lodevoli a Mio riguardo, non vi tolgo la Mia amicizia!
5. Cosa posso perdere Io se non ho la vostra amicizia? Io ve lo dico:
“Nulla davvero!”. Ma quando voi non avrete più la Mia amicizia, chi al posto
Mio susciterà a vita i vostri figli morti?
6. Se voi, avendo anche un solo barlume di sano intelletto, riflettete
soltanto un po’ alle parole del giovane, dovrete in voi stessi confessare
ampiamente che, considerate le cose profondamente, quello che egli ha detto è
la pura verità! Voi conoscete le Scritture e conoscete Mosè ed i Profeti! Ma
domandate dunque a voi stessi se nel Tempio sia ormai possibile trovare una
traccia sola di Mosè e di tutti gli altri Profeti!
7. C’ero Io stesso quest’anno a Gerusalemme, dove con Mio sommo sdegno
ho constatato come il Tempio di Dio sia stato convertito in un’abominevole
spelonca di assassini!
8. Gli atrii sono pieni di bestiame da macello esposto in vendita, ed
anche di altri animali impuri, cosicché gli uomini non possono affatto
penetrare nel Tempio propriamente detto senza grave pericolo per la vita. Nella
parte antistante il Tempio, da una parte si macella come in una comune
macelleria e si vendono le carni, dall’altra parte invece vi sono i tavoli dei
procacciatori d’affari e le botteghe dei cambiatori, e lo strepito e le grida che
vi si odono sono tali che quasi nessuno è capace di udire le proprie parole.
9. Quando poi si arriva propriamente nel Tempio principale, non si può
nemmeno muovere un passo a causa dei mercanti di piccioni e di ogni altro
genere di volatili e a causa degli imbonitori che gridando offrono in vendita
le loro merci; e nel Santissimo, nel quale, secondo la prescrizione di Dio, al
sommo sacerdote soltanto dovrebbe essere lecito entrare una volta all’anno,
viene ormai introdotto perfino il primo pagano che si presenta - dietro
pagamento, ben inteso, di una certa somma che per di più viene chiamata offerta
-, naturalmente però con grande mistero e sotto suggello di segretezza verso
gli ebrei! Avviene dunque che a Roma si conosce il Santissimo tanto bene quanto
lo conosce il sommo sacerdote a Gerusalemme! E così per denari si svelano agli
stranieri tutti i segreti del Tempio; ma se un povero ebreo si azzarda a
passare dietro la cortina del Tempio, allora egli viene subito giudicato reo di
bestemmia contro Dio e di sacrilegio, e viene lapidato dietro le mura del
Tempio sul posto maledetto. Non passa settimana in cui almeno uno non venga
lapidato, e un paio d’altri non vengano costretti a bere l’acqua maledetta!
10. Che ordinamento è mai questo di adesso che si iniziano gli
stranieri, mentre si uccidono invece i propri figli?!
11. Ditelo voi stessi se queste cose sono state comandate da Mosè e da
tutti i Profeti e se Salomone, nella sua grande sapienza, quando egli ebbe
compiuta la costruzione della grande Casa di Dio, la consacrò forse allo scopo
cui essa serve oggigiorno! In breve, la Casa di Dio è veramente diventata una
spelonca di assassini, e lo Spirito di Jehova non dimora più sotto forma di
colonna di fuoco sopra l’antica Arca dell’Alleanza!»
12. A queste parole i farisei e scribi rimangono di sasso, e poi Mi
chiedono: «Eppure Tu non sei stato che qui a Nazaret e nei dintorni; ora, come
puoi Tu sapere tutto ciò? Chi Ti ha rivelato queste cose del Tempio?!»
13. Rispondo Io: «Oh, quanto ingenua e vana è la vostra domanda! Se Mi
è possibile conoscere i vostri più intimi pensieri, come non potrei sapere cosa
vi è e cosa accade nel Tempio?! Queste cose però non le so Io soltanto, ma sono
ormai già note a tutti!
14. Siete voi stessi a rivelare veramente tutti questi misteri, ed è la
vostra grande avidità di lucro che vi ha indotti a fare ciò! Per denari voi
avete iniziato gli stranieri nei segreti del Tempio, e questi poi li hanno
divulgati fra gli ebrei per le strade ad alta voce, ed ora voi Mi domandate chi
mai Mi ha rivelato le cose del Tempio?!
15. Se voi inoltre, com’è il caso Mio e di molte migliaia di persone,
sapete in quale modo sia sistemato adesso il Tempio, e se sapete d’altra parte
anche quello che hanno insegnato Mosè e i Profeti, i quali erano di fatto colmi
del più puro e vero Spirito di Dio, poiché soltanto questo Spirito parlava per
bocca loro, che qualità di fede in Dio è mai la vostra che rigettate a così
buon prezzo la Sua Parola e con la più sfacciata ed orgogliosa presunzione
istruite il popolo povero e cieco con le vostre proprie e pessime dottrine,
come se queste emanassero dallo Spirito di Dio, e lo costringete con tutti gli
spaventi della morte ad essere ligio a questi vostri princìpi e ad adorarli?!».
Sul giuramento che legava gli scribi al Tempio. Dove non
dimora Dio, dimora il male. «Se non credete alle Mie parole, credete
almeno alle Mie opere». La Sacra Scrittura indica soltanto la via che conduce al
Signore! Esempio del viaggio a Roma. Soltanto colui che fa la Volontà di Dio
impara a conoscerLo! Il Signore calma il popolo che vuole vendicarsi dei
templari, e parte su una nave.
1. Dice uno scriba: «Amico, grande è la Tua audacia nel dirci cose tali,
la cui rivelazione comporta da parte del Tempio sentenza di morte! La Tua buona
fortuna però ha voluto che Tu potessi rendere un così grande servizio al capo
della nostra sinagoga, altrimenti non Ti andrebbe troppo bene, poiché noi siamo
vincolati al Tempio da un tremendo giuramento!»
2. Dico Io: «Sì, ma questo è un vincolo che voi potete infrangere
quando volete, perché non a Dio voi avete prestato giuramento, ma al Tempio che
è stato innalzato dalle mani degli uomini e nel quale Dio più non dimora!
3. Dove però non dimora Dio, là dimora l’antico principe della menzogna
e di ogni altro male, e verso questo principe, che è l’attuale signore del
Tempio, voi potete senza ribrezzo rendervi spergiuri!
4. Se voi voleste spezzare il giuramento di nessun valore da voi fatto
al Tempio, grande compiacimento ne avrebbe Dio il Signore, ed Egli vi
concederebbe quello che ha concesso a Me fin dal principio del mondo; quello
cioè che è ora per voi di stupore, dato che non comprendete come Io possa
realizzare opere le quali, secondo la vostra stessa affermazione, non sono
possibili che a Dio soltanto! Se però voi temete il Tempio più che Dio, il
Quale voi non conoscete, allora voi continuate a rimanere legati al Tempio, e
siete quindi, come prima, un abominio dinanzi a Dio!
5. Se voi non credete alle Mie schiette parole, credeteMi almeno per le
opere che Io compio innanzi a voi per il vostro bene, delle quali voi stessi
dite che sono possibili solo a Dio!»
6. Dice lo scriba: «Come puoi conoscere Dio meglio di noi, se non hai
mai studiato le Scritture?!»
7. Rispondo Io: «La lettera morta voi la conoscete, è vero, ma in essa
non vi è Dio, e quindi dalla Scrittura voi non potete nemmeno riconoscerLo!
Infatti la Scrittura non fa che indicarvi la via che vi conduce a Dio, ed anche
ciò solamente nel caso che voi procediate per questa via senza mai scostarvene.
8. A che cosa vi giova conoscere la via che porta a Roma, se voi non
cominciate mai a percorrerla, per ammirare la grande città reale?! Chi è colui
che, conoscendo la via, potrà sostenere di conoscere Roma per il motivo che gli
è nota la via che conduce là, pur non essendosi mai mosso neanche di una spanna
né in lungo né in largo sulla via stessa!? Così ugualmente, a che vi serve la
conoscenza della Scrittura, la quale è una via conducente a Dio, se non vi
avete ancora mai posto piede?!
9. Tuttavia al pari di voi Io conosco tutte le Scritture, ed ho in ogni
tempo agito secondo le Leggi di Dio in esse contenute; con ciò Io sono nella
pienissima conoscenza di Dio, e per conseguenza, attingendo alla prima fonte
primordiale, sono in grado di dichiarare che fra voi ed i vostri simili non vi
è stato mai nessuno che abbia riconosciuto Dio, né potrà mai riconoscerLo,
procedendo per le vostre vie che sono le vie del male, perché voi tutti siete
la vera negazione di Dio!
10. Voi stessi non volete riconoscere Dio; a coloro però i quali
vorrebbero incamminarsi per la via diritta voi sbarrate il passo con minacce di
morte e di rovina! Per questo nell’altra vita un giorno riceverete tanta
maggior condanna! Infatti tutti coloro che voi avete perseguitati e che
continuate ancora a perseguitare saranno i vostri giudici eterni!».
11. Quando Io ho detto ciò ai farisei ed agli scribi, poderose grida ed
acclamazioni si levano fra il popolo, il quale già si dispone a mettere le mani
addosso ai farisei ed agli scribi. Io però Mi oppongo e scendo in mare
attraverso la porticina, seguito dai discepoli e da tutti i farisei e gli
scribi. Là ci sono parecchi battelli già allestiti, vi saliamo subito e,
favoriti da un vento moderato, ci allontaniamo ben presto dalla riva, in modo
che la grande moltitudine di popolo non poté raggiungerci.
Il Signore
ritorna con i Suoi a riva e si reca presso il doganiere Matteo.
Suoi rapporti
con i peccatori e i farisei. Sull’educazione dei bambini.
Scopi e
finalità dell’uomo.
(Matteo 9,
9-13)
1. Però quando noi fummo così lontani dalla riva, che il popolo non poteva
più scorgerci, allora ordinai a coloro che conducevano le navi di dirigersi
nuovamente verso terra, poiché era quasi mezzogiorno e sulle navi non c’era
nulla da mangiare. E quando noi fummo scesi a terra, a due buone ore di cammino
dalla casa in cui ci eravamo trovati prima, dovemmo retrocedere un bel tratto
per raggiungere un piccolo villaggio, dove contavamo di pranzare.
2. Però in prossimità del villaggio c’era un ufficio principale della
dogana; ed ecco che alla barriera, trovammo seduto al banco precisamente quel
giovane (aveva appena trentacinque anni e, presso gli ebrei, persone di questa
età erano considerate ancora giovani) il quale assieme ad altri sette suoi
fratelli aveva portato il paralitico nella casa più sopra accennata, e vi aveva
tenuto discorsi tanto saggi.
3. Come i farisei e gli scribi si furono accorti della sua presenza,
dissero: «La vedo male! Ecco che costui è per giunta un doganiere romano! Dio
sa che dazio esorbitante pretenderà da noi! Cosa facciamo adesso?»
4. Ed Io dico a loro: «Lasciate le vostre inquietudini da parte, perché
per il momento non servono a nulla. Qui regolerò Io la cosa per il meglio»
5. E dicendo ciò, Mi avvicino al doganiere e gli dico: «Matteo (questo
era il suo nome), cedi questo banco a qualcun altro, e seguiMi!». Ed egli si
alzò sollecito, consegnò il banco e Mi seguì senza fare alcuna obiezione
(Matteo 9,9). E quando i discepoli, i farisei e gli scribi, che attendevano
davanti la barriera, chiesero quanto dovevano pagare.
6. Matteo rispose: «Questa volta il Signore ha pagato il tributo per
voi tutti, perché Egli ha risanato mio zio. Come potrei io dunque pretendere da
Lui, dal divino Maestro, il pagamento di una tassa?».
7. Allora la barriera venne aperta, ed essi passarono tutti oltre senza
pagare nulla.
8. Arrivati al villaggio, Matteo ci condusse a casa sua, nella quale
tutti i doganieri che erano addetti a quell’ufficio principale, ed un gran
numero di sorveglianti e di altri simili “peccatori” - secondo la misura e il
giudizio degli ebrei, dei farisei e degli scribi - pranzavano. Infatti la casa
di Matteo era grande e nello stesso tempo era anche un’osteria nella quale gli
ebrei potevano ricevere qualcosa da mangiare e da bere, pagando però, mentre i
doganieri, i sorveglianti ed i “peccatori” vi avevano il vitto gratuito, poiché
essi erano tutti quanti servitori in quella casa che tenevano in appalto dai
romani per la riscossione dei dazi.
9. I doganieri si affrettarono ad invitarMi a tavola, ed ai Miei
discepoli ed anche ai farisei e agli scribi fu distribuito pane e vino in
giusta quantità; però se i discepoli erano di buon umore (Matteo 9,10), non
così può dirsi dei farisei e degli scribi che erano venuti con loro, i quali
non potevano dissimulare la loro rabbia per non essere stati anch’essi invitati
a tavola.
10. Accadde però che, mentre Io Mi trovavo già seduto a tavola assieme
ai pubblicani ed ai peccatori che erano là già in bel numero, entrarono in casa
ancora altri pubblicani e peccatori i quali venivano da altre località, poiché
la casa di Matteo era conosciuta dappertutto come molto agiata ed ospitale, e
là, particolarmente nei giorni di sabato, c’era una numerosa ressa di ospiti.
Essi mi salutarono tutti con estrema gentilezza, ed osservarono che a quella
casa non sarebbe potuto derivare onore più grande di quello di averMi per
ospite; ed essi aggiunsero altri tavoli a quello al quale Io ero seduto, e
tutti vi presero posto.
11. I farisei e gli scribi nel frattempo facevano ressa davanti al
portone di casa per fare attenzione a quanto Io avessi potuto operare o dire. E
come essi videro che Io discorrevo con i peccatori e con i pubblicani in
maniera oltremodo amichevole, si accesero d’ira nei loro cuori e domandarono ai
Miei discepoli: «Perché mangia il vostro Maestro assieme a doganieri e ad altri
che sono pubblicamente conosciuti per peccatori? (Matteo 9,11)
12. È forse anch’Egli segretamente uno di loro?». Ma poiché una simile
domanda non Mi era sfuggita, Mi rivolsi a loro e dissi seccamente, ma con
accento sereno: «I forti ed i sani non hanno bisogno del medico, ma soltanto
gli ammalati! (Matteo 9,12). In quanto a voi, andate ad imparare che cosa
voglia dire:
13. “Io ho il Mio compiacimento nella misericordia e non nel
sacrificio!”
14. Sono i peccatori che Io venni a chiamare a penitenza, e non i
giusti i quali di penitenza non hanno bisogno!». (Matteo 9,13)
15. Queste parole i farisei e gli scribi credettero che fossero state
dette a loro vantaggio, e quindi non replicarono nulla, poiché con ciò si
sentivano lusingati.
16. Io poi intrattenni la compagnia esponendo molte parabole, mediante
le quali illustrai fino all’evidenza la vita umana nelle sue debolezze, e gli
abomini che troppo spesso da tali debolezze derivano; così pure Io esposi loro
i principi fondamentali della vera educazione dei bambini, e dimostrai loro
come l’allevare malamente i bambini debba con il tempo avere per conseguenza
ogni tipo possibile di mali tanto per lo spirito che per il corpo.
17. Ed inoltre insegnai alla compagnia perché l’uomo fu creato da Dio,
e come uomo, quale libera creatura agente di sua libera volontà, debba
corrispondere alle intenzioni di Dio per poter con ciò diventare un essere
spirituale perfetto ed indistruttibile.
Parole dei farisei riguardo a Giuseppe, a Maria ed a
Gesù. Un lamento di Giuseppe e suo dubbio sul conto di Gesù. Accenno di
Giovanni evangelista ai farisei.
1. Che tali insegnamenti, quantunque non ben compresi da tutti,
venissero accolti assai bene e con animo grato, è cosa da non mettere in
dubbio. Perfino i farisei e gli scribi si stupivano della Mia sapienza e si
chiedevano fra loro da dove potesse esserMi venuta tanta sapienza. Essi infatti
conoscevano bene tanto Me quanto Giuseppe, Maria e tutti i figli di Giuseppe, e
dissero anche ai discepoli: «È davvero incomprensibile! Suo padre era, è vero,
un uomo abilissimo nella sua arte di carpentiere, fedele, equo e onesto, e
anche un vero giudeo ed un serio e scrupoloso osservatore delle leggi di Mosè e
dei Profeti, per quanto egli avesse potuto conoscerle, ma di una particolare
sapienza in lui non se n’è saputo mai nulla, e gli altri suoi figli, i quali
già parecchie volte ebbero occasione di lavorare presso di noi, sono tanto
lontani da ogni traccia di sapienza quanto il sole, la luna e le stelle dalla
Terra!
2. La stessa buona madre Maria, una donna ancora oggi leggiadra
veramente, diligente e virtuosissima, sul conto della quale nessuno certo può
dire qualcosa di male, è stata da fanciulla - se fummo bene informati - educata
nel Tempio; ma questo genere di educazione noi lo conosciamo, e sappiamo anche
troppo bene quanta sapienza possa derivarne particolarmente alle fanciulle. E
così anche da Sua madre Egli può avere appreso ben poca sapienza! Neppure sappiamo
che Egli abbia mai frequentato una scuola!
3. “Al contrario”, così andava dicendo uno scriba che aveva ben
conosciuto Giuseppe; Giuseppe mi informò più di una volta dei dispiaceri che
gli causava suo figlio Gesù, dicendomi: “Io non so proprio che cosa debbo fare
di questo Ragazzo! La Sua nascita, che pareva avvenuta in circostanze oltremodo
meravigliose, le apparizioni che sembravano almeno avere molta relazione con la
nascita, e dalle quali si avrebbe dovuto arguire che
l’Essere divino stesso si sarebbe manifestato sulla Terra per mezzo di un
simile Fanciullo, a favore della quale versione parlavano perfino molte
manifestazioni certamente straordinarie che accaddero durante il tempo della
Sua prima fanciullezza, come pure i Suoi discorsi elevatissimi di alta
sapienza, tutto ciò mi aveva realmente indotto alle aspettative più ardite,
tanto più che io sono discendente in linea diretta da Davide! Ma precisamente
adesso che è venuto il tempo in cui il Ragazzo dovrebbe apprendere qualche
cosa, non è più il caso di venirne a capo con Lui; di insegnarGli qualcosa non
vi è nemmeno da parlare. E anche se io Lo affidassi ad un maestro, costui non
ne ricaverebbe nulla; infatti il Ragazzo sa e comprende tutto meglio di altri,
e se un maestro volesse trattarLo con severità, allora sarebbe assolutamente la
fine!
4. Quello che dalla primissima giovinezza Gli è ancora rimasto è
un’incredibile ed inflessibilissima forza di volontà con la quale, quando Gli
sembra opportuno, opera manifestamente dei veri miracoli, ma appunto in seguito
a questa Sua facoltà, non vi è nulla da sperare da Lui per quanto riguarda lo
studio. Del resto Egli è pio, volonteroso, obbediente e costumatissimo,
gentile, mansueto e modesto come Sua madre, ma in quanto all’imparare non Gli
si deve far cenno!”.
5. Vedete, in questo senso non una bensì parecchie volte accadde al
vecchio Giuseppe di lagnarsi con me ed è quindi tanto più evidente che Egli,
oltre al mestiere di carpentiere, non ha imparato altro in vita Sua, né a
leggere, né tanto meno a scrivere; dunque la domanda fatta, da dove venga a Lui
una tale sapienza, è giustificatissima»
6. Dice Giovanni l’evangelista: «Amici, io lo so bene e sono
perfettamente al corrente di questa cosa, ma, in quanto a voi, adesso non è
giunto, né tanto presto giungerà, il tempo in cui vi si potrà far sapere tutto
ciò. Però, verrà bene il giorno in cui voi lo apprenderete dalla Sua stessa
bocca! Fino allora vi bastino le Sue Opere e la Sua Sapienza!».
7. Allora i farisei e gli scribi tentarono di fare pressioni su
Giovanni, affinché egli facesse loro qualche confidenza su questo argomento, ma
Giovanni non si lasciò smuovere dal suo proposito. Nel frattempo parecchi degli
addetti all’ufficio e dei sorveglianti della barriera, avendo terminato il
pasto, erano ritornati al loro lavoro, lasciando così dei posti liberi alla
tavola grande.
Dei due
Mattei, il padrone dell’ufficio della dogana e lo scrivano. Scena con i
pescatori.
I discepoli di Giovanni ed i discepoli di
Gesù.
Buona risposta
di Pietro riguardo all’agire di Giovanni.
1. Il giovane padrone di casa Matteo, il doganiere (che non si deve
scambiare con l’altro Matteo, il quale era semplicemente uno scrivano, perciò anche
nel Vangelo, quando si parla del primo, per distinguerlo vi si trova aggiunto
al nome la parola “pubblicano”), invitò allora i Miei discepoli, i farisei e
gli scribi ad entrare, ed essi lo fecero, presero posto e mangiarono e bevvero
abbondantemente e di buonissimo appetito; soltanto Giuda si comportò questa
volta con inusitata moderazione, perché egli temeva di dover pagare alla fine
un conto assai forte, e, com’è ben noto, del verbo “pagare” egli non era troppo
grande amico.
2. Ora, mentre noi eravamo assieme così radunati e di buonissimo umore
e mentre i farisei e gli scribi andavano sempre più trovandosi meglio in
compagnia dei pubblicani e dei cosiddetti peccatori, entrò una serva e disse al
padrone di casa: «Cosa faremo adesso? Ecco che ora sono arrivati i pescatori, i
quali hanno portato del pesce e vogliono avere qualcosa da mangiare e da bere;
ma poiché oggi, per casualità, sono stati da noi tanti forestieri che hanno
consumato quasi tutte le nostre provviste già pronte, noi in cucina non sappiamo
che cosa fare». Domanda il pubblicano Matteo: «Quanti sono?». Risponde la
domestica: «Saranno circa una ventina». E Matteo dice: «Ebbene, se è così,
falli entrare; qui ci sono ancora provviste in quantità!».
3. La domestica allora se ne va, avverte di ciò i pescatori, e questi
entrano nella grande sala e prendono posto ad un piccolo tavolo lasciato libero
dagli ospiti che hanno preso parte al pranzo.
4. Come però i pescatori riconoscono Pietro e parecchi altri che erano
già stati loro compagni di mestiere, si salutano reciprocamente, ma, visto poi
che la loro tavola aveva l’aspetto alquanto più misero della nostra, dicono a
Pietro piuttosto di malumore: «Noi che siamo ancora fedeli discepoli di
Giovanni, osserviamo sempre il digiuno perché tale è la nostra legge; voi
invece, come vediamo, quali nuovi discepoli di Gesù, potete mangiare a
piacimento, poiché, a quanto pare, di digiuno non si parla nemmeno più fra
voi!» (Matteo 9,14)
5. Risponde Pietro: «Giovanni digiunava a motivo di ciò che noi
abbiamo, e noi digiunavamo con lui, secondo i suoi insegnamenti e la sua severa
parola. Giovanni annunciò la venuta di Colui presso il Quale noi stiamo, e
diede testimonianza di Lui; ma quando Questi venne, e si fece perfino
battezzare con l’acqua da Giovanni, allora quest’ultimo non ebbe più intera
fiducia nei propri sensi, e quindi non l’aveste nemmeno voi. Infatti, mentre
Giovanni, incitato dallo Spirito, testimoniava di Gesù e mentre, visto
avvicinarsi Gesù, diceva rivolto verso di noi: “Vedete l’Uomo che giunge ora!
Questi è Colui di cui vi ho parlato e detto che sarebbe venuto dopo di me ed a
Cui io non sono degno di sciogliere i lacci delle scarpe!”, egli tuttavia
dubitava nel suo cuore come voi, e dubita ancora. Per questo motivo egli
digiuna tuttora, e voi pure, ma per noi che crediamo il digiuno ha avuto fine.
Se voi digiunate ancora, la colpa non è che vostra. E questo è anche
perfettamente logico, perché come il cieco non può saziare la sua vista di luce
e dei colori, così colui che è cieco nel proprio cuore non potrà mai saziare né
il suo cuore né il suo stomaco. Comprendete voi ciò?
6. Se Giovanni avesse creduto, egli avrebbe seguito l’Agnello, il
Quale, secondo la testimonianza del suo spirito, toglie i peccati del mondo, ma
poiché la sua stessa anima dubitava di Colui del Quale il suo spirito
testimoniava in essa e per mezzo di essa, egli rimase indietro nel deserto fino
a che Erode si impadronì di lui, come abbiamo appreso.
7. Dunque, perché egli non Lo ha seguito, pure avendoci egli stesso
ispirato ed annunciato prima: “Questi voi dovete ascoltare!”? Per quale motivo
non volle poi egli ascoltarLo? E perché non Lo ha subito seguito, pur avendo, a
motivo di Colui che è venuto, condotto fin dalla giovinezza una vita tanto
austera e severa? E non ci risulta affatto che Questi, che noi seguiamo, abbia
mai proibito a lui di fare altrettanto. Esponetemi dunque anche un solo motivo
plausibile, perché Giovanni non abbia subito seguito Gesù!».
8. I discepoli, imbarazzatissimi, non sanno cosa ribattere alle parole
di Pietro; soltanto uno di essi obbiettò in parte, e disse che la notizia
secondo la quale Giovanni sarebbe stato fatto arrestare era falsa; Erode invece
lo avrebbe soltanto invitato ad andare alla sua residenza in Gerusalemme per
sentire da lui tutto quello che sapeva riguardo all’imminente arrivo dell’Unto
di Jehova, poiché Erode aveva di Giovanni troppa stima per poterlo fare
rinchiudere in un carcere!
9. Pietro inoltre osservò, in tono alquanto ironico: «Se non è ancora
avvenuto come ho detto, di certo accadrà fra non molto tempo! Infatti Erode è
una vecchia volpe, e di lui ci si può fidare quanto di un serpente!».
Testimonianza di
Giovanni fatta dal Signore. Parabole dello sposo, degli invitati a nozze e
della sposa. «Colui che crede nel Figlio, costui ha la vita eterna». Un cieco
critico di Gesù.
(Matteo 9, 15)
1. Dopo questo scambio di parole, i discepoli di Giovanni continuano il
loro pranzo, e noi li imitiamo. Soltanto alcuni tra i farisei là presenti
digiunarono completamente e non vollero prendere nulla prima del tramontare del
sole, poiché lì, in casa dei greci, non potevano trovare del pane azzimo, e
così digiunarono, mentre gli altri numerosi loro colleghi e gli scribi fecero
invece molto onore al pranzo.
2. Dopo qualche tempo, uno fra i discepoli di Giovanni, divenuti a
causa del vino più loquaci e coraggiosi, si alzò e volle apprendere dalla Mia
stessa bocca il motivo per il quale essi, discepoli di Giovanni, dovessero
digiunare così rigorosamente, e perché Io ed i Miei discepoli no, e insisté:
«Signore e Maestro! Perché dunque noi digiuniamo tanto, ed i farisei pure,
mentre i Tuoi discepoli non digiunano affatto?»
3. Ed Io gli risposi: «Amico, tu eri con Giovanni in quel tempo nel
quale gli si portò notizie di Me, e gli si disse che Io battezzavo gli uomini e
che molti Mi seguivano! Ripeti ora ad alta voce, qui davanti a tutti, che cosa
rispose Giovanni?»
4. Risponde il discepolo di Giovanni: «Quella volta Giovanni disse:
“L’uomo non può prendere nulla se non gli viene dato dal Cielo. Voi siete
testimoni di come io abbia detto che non sono il Cristo, ma sono soltanto
mandato da Lui. Chi ha la sposa, Costui è lo sposo, però l’amico dello sposo
Gli sta vicino e Lo ascolta volentieri, e si rallegra enormemente della voce di
Lui! Questa mia gioia è ormai adempiuta! Egli deve crescere, ma io devo
diminuire! Colui che viene dall’Alto sta sopra tutti, ma chi è di questa Terra,
costui non è che di questa Terra; soltanto Colui che viene dal Cielo è sopra
tutti!”.
5. E qui Giovanni fece una pausa, e poi raccontò tutto quello che aveva
visto e come egli avesse testimoniato di Lui; infine deplorò il fatto,
sospirando profondamente, che nessuno volesse accettare la sua testimonianza,
la quale era pure tanto vera! E chi pure la accettava per timore del mondo la
celava dentro di sé.
6. Infatti, anche se sapevano che Colui il
Quale, senza alcun dubbio, soltanto Dio poteva aver mandato e che sapevano che
Costui non diceva che la pura Parola di Dio, costoro non si azzardavano a
enunciarlo davanti al mondo, perché temevano il nemico di Dio, cioè il mondo
maligno, più dello stesso Dio, a causa del loro miserevole corpo, il quale è
esso pure mondo, e come tale al mondo si inchinava! Ma a che cosa giovava
riconoscere in sé la giusta misura di Dio, quando si rimaneva attaccati alla
misura del mondo? Dio non concedeva a nessuno il Suo Spirito secondo la misura
del mondo, e dunque che fossero pure ripudiati tutti coloro i quali avevano
bensì riconosciuto lo Spirito di Dio, ma tuttavia rimanevano attaccati alla
misura del mondo e non avevano in sé la vita eterna!
7. “Soltanto”, così continua Giovanni, “Colui
che crede nel Figlio ha in sé la vita eterna, perché il Figlio stesso è la Vita
del Padre! Chi però non crede nel Figlio, costui non ha neppure la Vita eterna,
e l’antica Ira di Dio rimane sopra di lui!”
8. Vedi, questo è quanto Giovanni ha detto a suo tempo, ma fino ad ora
nessuno di noi è riuscito a comprendere, nella sua pienezza, il senso di tali
parole. Quello che noi comprendemmo bene fu che egli intendeva parlare di Te;
non però in quale relazione stessero fra loro tutte queste cose! Come avremmo
noi potuto afferrare ciò in tutta la sua pienezza?»
9. Dico Io: «Ebbene, se voi avete appreso ciò da Giovanni sul Mio
conto, dovete pur sapere che Io sono lo sposo di Cui Giovanni intendeva
parlare! Ora, se Io sono quel medesimo Sposo, questi che sono con Me cosa altro
potranno essere se non i Suoi invitati a nozze?»
10. E il discepolo di Giovanni domanda: «Ma
dov’è dunque la bella e celeste sposa? Come puoi essere lo Sposo senza avere la
sposa?»
11. Gli rispondo Io: «Questi Miei invitati a nozze sono nello stesso
tempo anche la Mia sposa, poiché coloro che ascoltano la Mia Parola, che La
custodiscono nei loro cuori e che a seconda di essa regolano le loro proprie
azioni, quelli sono veramente la Mia sposa e sono pure ospiti Miei alle nozze!
Allora, se è così, per quale ragione dovrebbero gli invitati a nozze essere
tristi mentre lo Sposo si trova con loro? Però verrà anche il tempo nel quale
lo Sposo sarà loro tolto, ed allora digiuneranno essi pure!» (Matteo 9,15)
12. Queste Mie parole suscitano grande meraviglia fra i discepoli di
Giovanni, ed essi ne sono quasi arrabbiati perché pensavano che Io, avendo
accompagnato il Mio dire con un lieve sorriso, abbia voluto burlarMi di
loro.
13. E quel tale discepolo di Giovanni osservò poi, assumendo pure un
tono che voleva essere pungente: «Strana cosa! Per mezzo di Giovanni ha parlato
lo Spirito di Dio, e per mezzo Tuo dovrebbe tanto più parlare il medesimo
Spirito, poiché la testimonianza di Giovanni si deve riferire a Te! Però è singolare
che lo stesso Spirito di Dio, per bocca di Mosè, di tutti i Profeti e
finalmente di Giovanni, abbia sempre ugualmente predicato alla misera umanità
di questa Terra, chiamandola a severa penitenza, ed esigendo un’osservanza
rigida dei precetti dati; tu, invece, almeno all’apparenza, operi ed insegni
assolutamente il contrario di tutto ciò! Secondo Mosè, chi avesse varcato
soltanto la soglia di casa di un peccatore, diventava impuro e doveva
purificarsi; e chi in giorno di sabato avesse accostato una giovane, oppure in
un altro giorno una donna, nel tempo in cui costei era impura, doveva
purificarsi e fare atti ancora molto più severi di penitenza! Tu invece, e così
pure i Tuoi discepoli, non sembrate davvero dare affatto importanza né al
sabato, né alla purificazione della persona! Come dunque può essere divina la
Tua Dottrina, se non è tale a quella annunciata per bocca dei Profeti?».
Parabola della
nuova e della vecchia veste, del mosto nuovo e degli otri vecchi. Del senso
gretto, materiale della borghesia, e della misericordia. Cenni sulla questione
sociale.
La Terra è bene comune per tutti, secondo
l’Ordinamento divino.
Causa del
diluvio e accenni alle catastrofi attuali.
(Matteo 9,
16-17)
1. Rispondo Io: «La Mia Dottrina è come una veste nuova; la vostra
invece è come una veste vecchia, lacera e piena di strappi; e perciò Io, anche
oggi, quantunque sia giorno di sabato e malgrado Mosè e Giovanni, ho potuto
pigliare molti pesci! La Mia dunque è una Dottrina nuova, e da essa non si può
prendere nemmeno un piccolo pezzo per rattoppare con questo la vostra vecchia
veste completamente lacera. E anche se si facesse così, non si riuscirebbe con
ciò ad altro che a rendere gli strappi ancora più grandi di quanto lo fossero
stati prima; infatti la toppa nuova si stacca sempre nuovamente dalla veste
vecchia e marcia, e rende così il guasto più grave. (Matteo 9,16)
2. E similmente la Mia Dottrina è come un
mosto nuovo del quale non si possono riempire otri vecchi, perché, facendo ciò,
questi si romperebbero e il mosto si verserebbe fuori. Perciò il mosto si deve
travasare in otri nuovi e resistenti, ed in tal modo vengono entrambi ben
conservati, cioè sia il mosto che l’otre. Mi avete compreso?!» (Matteo 9,17)
3. Dicono i discepoli di Giovanni: «Questo è piacevole davvero e facile
ad udirsi, ma non è altrettanto facile comprendere interamente quello che Tu
vuoi dire con ciò; perciò potresti esprimere la Tua idea in modo un po’ più
chiaro!?»
4. Rispondo Io: «Se Io possa o voglia esprimerMi ancora più
chiaramente?! Oh! Sì, certo che potrei purché lo volessi! Ma qui appunto non
intendo essere più chiaro, e perciò non vi dirò altro riguardo a questo
argomento, se non che siete voi le vecchie vesti lacere e gli otri inservibili
non più adatti a contenere la Mia Dottrina. Questa pregiudicherebbe gravemente
la vostra dolce vita terrena, ciò che è ora il vostro massimo bene, ad
aumentare il quale voi dedicate tutte le vostre forze, e perfino il giorno di
sabato non disdegnate di faticare alle reti colme di pesci, pur di procurarvi
durante la vostra vita terrena un’esistenza migliore e priva di preoccupazione,
non trascurando oltre a ciò, se c’è la possibilità, di ambire a qualche onore
terreno! I poveri però voi non li vedete, e neppure gli ammalati, gli afflitti,
gli affamati e gli assetati!
5. Ed è anche così che colui il quale se ne va in giro con il ventre
pieno, non sente neppure lontanamente come lo stomaco del povero soffra sotto
il morso della fame! Nello stesso modo voi, che siete ben vestiti, non vi
accorgete per niente del gelo dell’inverno, poiché possedete in abbondanza i
mezzi per rendervi l’inverno più piacevole che non la calda estate. E per
conseguenza, se qualcuno, mezzo nudo, tremante per il freddo, viene da voi
lamentandosi del suo misero stato e vi supplica di dargli una veste che lo
riscaldi, allora voi vi irritate e gli offrite parole vuote, perché gli dite:
“Vattene, o pigrone! Se tu avessi lavorato durante l’estate, non dovresti
patire la miseria d’inverno! Del resto poi tanto freddo non fa, ed un
mendicante non deve essere così delicato e sensibile!”
6. Ma il poveretto vi dirà: “Signore, io ho lavorato tutta l’estate e
l’autunno, ma la ricompensa per il mio pesante lavoro non raggiunse nemmeno la
millesima parte di quanto guadagnò il mio padrone con il mio lavoro; per questa
ragione il mio padrone può ben vestire caldissime vesti d’inverno, ma noi, suoi
operai mal pagati, costretti a consumare il meschino salario già nell’estate,
soffriamo durante l’inverno non perché d’estate abbiamo evitato il lavoro, ma
soltanto per il motivo che ci fu dato un compenso troppo esiguo! Così il
guadagno dei nostri padroni forma la nostra miseria!”
7. Vedete, questo è quanto vi dirà il mendicante, a prescindere dal
fatto che ogni tanto fra i molti mendicanti vi è qualche peccatore che ha
meritato il proprio miserevole stato!»
8. Dicono i discepoli di Giovanni: «Ah, che mai, Tu esageri! Non è
così! Un operaio onesto e fedele non ha mai avuto bisogno di lamentarsi di
coloro che gli danno da lavorare! Chi ha voglia di lavorare trova tanto
d’inverno che d’estate lavoro, guadagno, nutrimento e vestiti! Che però ai
pigri si mostri la porta, noi siamo a questo riguardo tutti d’accordo!»
9. Dico Io: «Voi sì, lo so anche troppo bene! Ma Io no, ve lo dico Io!
Il perché lo apprenderete subito! DiteMi: “Chi ha creato il mare ed i molti e
saporiti pesci che in esso vivono?”»
10. Rispondono i discepoli di Giovanni: «Suvvia che domanda è questa!
Chi altri all’infuori del solo Dio avrebbe potuto farlo?!»
11. Dico Io: «Ebbene, diteMi dunque se voi possedete da Dio un qualche
documento in base al quale a voi soltanto spetta il diritto di tirare fuori dal
mare i pesci eccellenti e costosi, e venderli a caro prezzo, di mettervi poi
l’intero guadagno in tasca, e di concedere appena la millesima parte del vostro
utile ai vostri diligenti servitori, malgrado questi soltanto compiano il grave
lavoro, spesso anche con grande pericolo per la loro vita!»
12. Dicono i discepoli di Giovanni: «Questa è nuovamente una domanda
alquanto sciocca e ridicola! C’è mai stato sulla Terra persona qualsiasi che
abbia potuto dimostrare di avere da parte di Dio un simile certificato di
possesso? A questo scopo Dio ha ordinato i capi supremi dello Stato, e questi
rilasciano al posto di Dio i documenti di cui Tu parli; colui che dallo Stato
viene considerato come legittimo possessore, è considerato tale anche dinanzi a
Dio! Oltre a ciò ogni legittimo proprietario, per i diritti suoi acquisiti a
caro prezzo, deve per di più pagare annualmente allo Stato ogni tipo di decime
e di altre imposte, ed è perciò doppiamente autorizzato a trarre dal suo
possesso il necessario guadagno!»
13. Osservo Io: «Sì, certo, sulla Terra le cose vanno appunto come dite
voi, ma non perché così abbia prescritto Dio, ma perché così l’hanno voluto gli
uomini egoisti ed ambiziosi! Questi soltanto hanno creato leggi ed ordinamenti
di tale specie. Però al principio del mondo non era così; allora, e per lungo
tempo, tutta la Terra era un bene comune degli uomini!
14. Ma quando fra gli uomini i figli di Caino si furono impadroniti di
una parte della Terra per creare un possesso stabile ereditario, e, allo scopo
di consolidare questo stato di cose, ebbero emanate leggi e fissati ordinamenti
egoistici e tiranni, tale stato di cose non durò neppure mille anni!
15. Dio permise che il diluvio venisse e che inghiottisse tutti ad
eccezione di pochi che furono salvati! E così anche accadrà nuovamente!
16. Certo è che Dio è molto tollerante e paziente, ma Egli ben presto
si stancherà del vostro agire, state poi bene attenti a chi diventerà
possessore della Terra dopo di voi!
17. Però, il fatto che voi parlate in tal maniera, dimostra fino all’evidenza
che la vostra fede e le vostre teorie del diritto sono appunto una veste lacera
e vecchia che non si può più rattoppare, ed è ugualmente come un otre vecchio
nel quale non si può versare più alcun mosto! Infatti voi tutti siete e sempre
siete stati gente maligna ed egoista! Mi comprendete adesso?!».
Ulteriore conversazione del Signore con i discepoli di
Giovanni sugli esseni. Sulla saggezza mondana e borghese. Esempio di affabilità
umana: la casa del doganiere Matteo. Della benedizione di Dio e della fiducia
in Lui. Testimonianza del Signore su Giovanni Battista. Gravi parole sulla
dolcezza e la misericordia verso i poveri. Chi è un nemico di Dio.
1. Dicono i discepoli di Giovanni: «Facciamo dunque male a vivere
secondo gli insegnamenti di Giovanni? Giovanni era, nessuno può negarlo, un
predicatore severo; ma una simile dottrina egli non ce l’ha mai esposta!
2. Vedi, la setta degli esseni, che noi ben conosciamo, ha essa pure
ordinamenti rigidi e severi, e la sincerità viene da loro considerata come
prima legge; ma a che giovano loro la sincerità e tutti gli altri loro severi
ordinamenti?! Chi li bada?! Presso i greci essi non godono nessuna
considerazione, e nemmeno presso noi ebrei; soltanto fra i romani sembra che
essi trovino alcuni aderenti. Siano pure i princìpi, secondo i quali essi
vivono, buoni in se stessi e puri; questi princìpi saranno sicuramente
eccellentissimi soltanto per quei pochi che intendono ritirarsi completamente dal
mondo, ma non potranno affatto applicarsi all’umanità intera!
3. A che ci servono tutte le parole, per quanto belle e forti a favore
della causa della fratellanza universale!?
4. Vedi, questa casa dove ci troviamo noi è una casa grande ed
ospitale, e, detto in una parola, è una casa che, per quanto riguarda la buona
causa della fratellanza, non c’è né una seconda che le sia uguale; ma puoi Tu
razionalmente pretendere da essa che sia sempre pronta ad accogliere ed a
provvedere del necessario tutti gli uomini, i quali sono tutti senza alcun
dubbio nostri fratelli? Anche se essa avesse anche le migliori intenzioni e la
migliore buona volontà di fare ciò, le mancherebbero però sicuramente i mezzi
necessari, come lo spazio, le provviste e parecchie altre cose simili.
5. Supponiamo poi che una coppia di poveretti abbia eretta con
grandissimi stenti una capanna qualsiasi e che sia ad essi riuscito di mettere
assieme una magra provvista per l’inverno, per poter con essa a mala pena avere
di che munirsi fino all’epoca in cui la terra cominci nuovamente a dare frutto;
ed ecco presentarsi altre dieci persone ai due poveretti, che hanno essi stessi
appena lo spazio sufficiente per muoversi nella capanna e pretendere di essere
accolti, ospitati e nutriti. Dimmi: può una dottrina qualsiasi imporre, oppure
soltanto consigliare a questi due che è buona cosa e meritevole della
benedizione del Cielo corrispondere al desiderio dei dieci nuovi arrivati e
mandare per conseguenza se stessi in completa rovina?!»
6. Rispondo Io: «Ogni uccello canta e cinguetta come la natura gli ha
fornito il becco, e voi pure parlate come il vostro intelletto mondano vi
detta, e non potete parlare diversamente di queste cose perché in altro modo
non riuscite a comprenderle! Questa è l’unica risposta che Io posso darvi,
poiché se anche vi parlassi di qualcosa di più elevato e di più risplendente
verità, voi non Mi comprendereste, dato che il vostro duro cuore manca
dell’intelligenza a ciò necessaria!
7. Stolti che non siete altro! Chi è che fa crescere e maturare i
frutti della Terra, Chi mantiene questa e le infonde continuamente la potenza
vitale di cui ha bisogno? Credete voi forse che Dio non possa o non voglia
ricompensare colui che con sacrificio di se stesso soccorre i fratelli
bisognosi?! Oppure pensate che Dio sia ingiusto e pretenda dagli uomini
l’impossibile?!
8. Io credo invece che il sincero buon volere e l’ardente brama di fare
per quanto possibile del bene al fratello povero siano sentimenti ai quali
ognuno è facilmente accessibile!
9. Se tutti fossero compenetrati da tali sentimenti, non vi sarebbe più
sulla Terra una sola capanna tanto povera da poter essere abitata da più di due
persone.
10. Vedete, questa casa del Mio amico Matteo ha saziato oggi molte
persone sacrificando proprio tutte le sue provviste di vero buon cuore, e, se
voi non lo credete, andate fuori nella dispensa e nel granaio, e non troverete
più traccia di provviste! Inoltre qui c’è il padrone di casa; domandate a lui
se Io non dico il vero!»
11. Matteo conferma pienamente la Mia asserzione e dice: «Signore, oggi
purtroppo è così, e non so proprio come potrò provvedermi delle cose necessarie
per accogliere domani i miei ospiti. Ma parecchie volte già mi accadde di
trovarmi in una situazione simile, però io ebbi fiducia in Dio, e vedi, mi
trovai sempre ad avere in abbondanza di che provvedere ai bisogni dei miei
ospiti!»
12. Dico Io: «Ecco, in tal modo pensa e agisce un uomo veramente giusto
su questa Terra, e non si lagna che Dio lo abbia mai abbandonato! E così è
sempre stato, ed eternamente sarà!
13. Chi confida in Dio può essere certo che anche Dio ha fiducia in
lui, e Dio non l’abbandona, né permette che egli perisca! Ma coloro che, come
voi, credono bensì in Dio, cioè che Egli esista, ma non hanno completa fiducia
in Lui perché il loro cuore dice che essi sono indegni del Suo aiuto, tali
uomini non vengono nemmeno da Dio soccorsi. Infatti, non avendo una vera
fiducia in Dio, confidano unicamente nelle proprie forze e nei propri mezzi che
essi ritengono assolutamente santi ed intangibili, e dicono: “O uomo; vuoi tu
essere aiutato? Ebbene, aiuta te stesso, poiché ciascuno è il prossimo di se
stesso e pensa anzitutto per sé!”. E finché egli ha ben pensato a sé, colui che
ha bisogno di essere soccorso ha tutto il tempo per andare in rovina!
14. Io però dico: “Se in primo luogo voi pensate soltanto a voi stessi,
allora voi siete abbandonati da Dio e privati della Sua benedizione e del Suo soccorso,
che altrimenti è sicuro più di ogni altra cosa! Infatti non l’egoismo ha
indotto Dio a creare gli uomini, ma la pura fiamma d’Amore, e conseguentemente
gli uomini devono pienamente corrispondere in tutto e per tutto all’Amore che
diede loro la vita!”
15. Se voi vivete ed operate senza l’amore e la fiducia in Dio, allora
convertite volontariamente in satanico quanto di celestiale è in voi, vi
allontanate da Dio e diventate servi dell’Inferno, il quale infine non vi sarà
affatto avaro di quella meritata ricompensa che si chiama la morte nell’Ira di
Dio!
16. Voi diceste anche, parlando degli Esseni i quali vivono secondo la
scuola di Pitagora, che non c’è qualcuno che possa sopportarli ad eccezione di
alcuni romani, a motivo dei loro principi di filantropia pura!
17. Ebbene, neppure Io li stimo, perché essi non credono
nell’immortalità dell’anima, ma tuttavia il peggiore di essi è migliore del
migliore di voi!
18. Io ve lo dico ormai apertamente: “Fra tutti coloro i quali, fino
dal principio del mondo, sono nati da donna, non sorse mai uno che fosse più
grande di Giovanni, ma chi d’ora in poi sarà anche il più piccolo fra i Miei
discepoli nel vero Regno di Dio, sarà molto ma molto più grande di Giovanni che
voi chiamate vostro maestro, ma che però voi non avete ancora compreso!”. Egli
vi indicò la via per venire da Me, ed appianò la via davanti a Me e che a Me
conduce; tuttavia il mondo ha accecato i vostri cuori, e perciò non vi è
possibile riconoscerMi pur trovandovi già presso di Me.
19. Andate dunque ed abbiate cura del vostro mondo, delle vostre mogli
e dei vostri figli, affinché non debbano girare nudi e la fame e la sete non
debbano deprimere il loro ventre; però resterà da vedersi, e in breve, quanto
di bene, così facendo, avrete procurato loro! Io vi dico che Dio non penserà a
loro!
20. Ed Io, con il più pieno diritto e nella verità più profonda, posso
dirvi: “Chiunque abbia un patrimonio, dei possedimenti
o un mestiere che può procurargli molti guadagni, ma accumuli però il guadagno
per sé e per i suoi figli, e guardi con l’occhio e il cuore pieni di aspro
sospetto i fratelli poveri, e schivi i miseri figli che per mancanza di ogni
bene terreno soffrono la fame, la sete e il freddo, e li cacci via da sé quando
si rivolgono a lui chiedendo l’elemosina, e anche chiunque dica ad un fratello:
‘Vieni fra qualche giorno o settimana, ed io ti farò questo o quello!’, quando
però l’altro, pieno di speranza e contando sulla promessa, si presenta e
ricorda al promettitore che egli è venuto per quello che gli fu detto di
venire, ed il promettitore si scusa dicendo di non essere ancora in grado di
far nulla per lui pur avendo in segreto i mezzi e il potere di farlo, in
verità, in verità vi dico, che costui è un nemico di Dio! Infatti, come vuole
amare Dio che non vede, quando non ama suo fratello che si vede davanti e di
cui conosce il miserevole stato!?”
21. In verità, in verità vi ripeto: “Chi abbandona il proprio fratello
nel tempo del bisogno, costui abbandona contemporaneamente Dio e il Cielo! E
Dio l’abbandonerà prima che egli se l’aspetti!
22. Ma chi invece non abbandona i suoi fratelli poveri, anche nel caso
in cui lui stesso fosse sottoposto ad una prova da Dio, costui sarà, anche
prima che egli sappia come, benedetto per il tempo terreno e per l’eternità,
più abbondantemente ancora di quanto siano state benedette in questo istante le
dispense ed i granai dell’amico nostro che ci ospita!”»
23. Dicono i discepoli di Giovanni: «Questo siamo disposti molto
volentieri a crederlo! Infatti più vuoti di così non possono essere!».
Un miracolo
con il vino e con le provviste; chi e dove servono gli angeli.
Della fedeltà
ed immutabilità di Dio e della Sua benedizione.
1. Ed ecco in quello stesso istante presentarsi tutta ansimante la
serva di cucina, e dice a Matteo: «Signore, signore, vieni a vedere! Ora sono
entrati in casa dei giovani in gran numero, i quali hanno portato ogni genere
di provviste alimentari in tale quantità che a consumarle tutte ci basterà a
mala pena un anno! E tutto appare freschissimo e buono! Anche i granai sono
colmi dall’alto in basso, e gli otri nella cantina sono pure colmi del miglior
vino! Signore, signore, da dove ci sono venute tutte queste cose oggi, nel
sabato degli ebrei?!»
2. Matteo e tutti i presenti sono del tutto fuori di sé per la
meraviglia, apprendendo tale notizia, ed i discepoli di Giovanni, dei quali
alcuni si erano prima persuasi in modo assoluto che le dispense erano vuote, chiesero
subito a Matteo se fosse stato egli forse ad ordinare gli alimenti di cui si
parlava.
3. Risponde Matteo: «Io no, poiché in tal caso dovrei saperlo io prima
di qualsiasi altro, e pure mia moglie non ne sa nulla; essa stessa infatti poco
fa mi mandò ad avvertire, appunto mediante questa serva, che le nostre poche
provviste erano completamente esaurite; d’altro canto sia anche detto che io,
all’infuori di un giardino e di alcuni campi presi in affitto, non posseggo
alcun terreno da produrre frutta in grande quantità; senza contare poi che per
dedicarmi a ciò io avrei anche pochissimo tempo, perché, in primo luogo,
l’ufficio della dogana mi dà molto da fare, ed in secondo luogo devo curare le
faccende di questo mio albergo per poter accogliere gli ospiti. È quindi mia
abitudine provvedere questo mio albergo di settimana in settimana delle
necessarie provviste alimentari, facendole per lo più comperare e portare qui
da Cafarnao; in quanto ai pesci me li avete forniti finora per la maggior parte
voi stessi, mentre il vino e il grano li compero di solito sempre dai greci che
finora erano miei correligionari. Così risulta spiegato brevemente il modo in
cui fino ad oggi io approvvigionavo la mia casa, ma di questa ordinazione non
ne sappiamo né io né i miei di casa neppure una sillaba!
4. Si dovrebbe concludere che tutto ciò sia opera di qualche amico per
ora sconosciuto, altrimenti bisogna dire che evidentemente è successo un
miracolo! Però dove sia e chi sia questo amico naturalmente lo so io
altrettanto poco quanto voi! Adesso voglio chiamare tutta la mia gente e voglio
chiedere loro in vostra presenza se essi hanno forse riconosciuto qualcuno dei
portatori!»
5. Egli manda allora a chiamare sua moglie e tutte le serve ed i
servitori, ma, interrogati a questo proposito, tutti all’unanimità dichiararono
che essi non conoscevano nessuno nemmeno di vista! Ed aggiunsero: «Quegli
uomini avevano l’aspetto di giovincelli dalle forme delicate e leggiadre, ed in
nessuno si scorgeva la minima traccia di barba; tutti invece avevano una
bellissima capigliatura lunga ed inanellata, e la veste che portavano era più
simile alla foggia romana che quella ebrea. Ne erano apparsi molti
contemporaneamente, tanto nelle dispense, quanto nel granaio e nelle cantine.
Essi avevano con mosse rapide poggiato giù quello che avevano portato con sé,
ed avevano detto: “Questo è un dono per Matteo il doganiere, il quale è oggi
stato chiamato dal grande Maestro”. Poi si erano allontanati in fretta, e
nessuno aveva potuto vedere quale direzione essi avessero preso uscendo di
casa»
6. Dopo ciò, uno dei farisei esce fuori a dire: «La cosa sembra proprio
assolutamente strana, eppure è vera! A noi interesserebbe molto davvero andare
a fondo della faccenda»
7. E rivoltosi poi a Matteo, lo stesso fariseo continua: «Facci dunque
portare qui un po’ di quei vini perché li assaggiamo, e noi ti diremo subito da
dove provengono! Infatti noi, giudicando dal colore e dal sapore, possiamo
sapere dove sono cresciuti!»
8. Allora subito qualcuno scende in cantina e ne riporta colmi tutti i
bicchieri; e quando i farisei e gli scribi hanno assaggiato di quel vino,
esclamano pieni di profondo stupore: «No, un vino simile a questo noi non
abbiamo mai gustato! Esso è buono ed amabile tanto da non potersi descrivere!
Noi possiamo dire di aver bevuto di tutti i vini prodotti in qualsiasi luogo
della Terra a noi conosciuto, fra i quali ne abbiamo trovati di veramente molto
buoni e prelibati, ma, paragonati a questo, anche i migliori potrebbero tutt’al
più essere classificati come acqua tiepida! Questo dunque è e rimane un
enigma!
9. Considerato però che di questo vino più che ottimo, insuperabile, tu
hai ora una grande provvista, non potresti dietro compenso e qualche buona
parola, cedercene alcuni otri? Meriterebbe certamente la pena farne pervenire
alquanto al sommo sacerdote in Gerusalemme!»
10. Risponde Matteo: «In dono l’ho ricevuto e nello stesso modo lo do,
ma al sommo sacerdote in Gerusalemme non do neppure una goccia! Se egli dovesse
per caso venire qui quale ospite, sarà servito come qualunque altro, ma questo,
sia ben chiaro, soltanto perché è un uomo uguale ad ogni altro, mai però nella
sua qualità di sommo sacerdote ebreo che per me è l’abominio di ogni
desolazione e un assassino dello spirito degli uomini che dividono con lui la
stessa fede!»
11. Osserva uno degli scribi: «Amico, tu giudichi assolutamente male il
sommo sacerdote di Gerusalemme, e non conosci per niente né la sua natura né il
suo ufficio!»
12. Dice Matteo: «Non parliamo più di questa cosa, perché non fa che
suscitare in me una collera quanto mai giustificata! Voi siete i suoi occhi, e
per questo motivo quello che vedete meno di tutto sono proprio le cose che vi
stanno più vicine, cioè il vostro naso, la fronte e la faccia; noi invece che vi
stiamo dirimpetto, vediamo tutto ciò in modo anche troppo chiaro e preciso! Ma,
come ho detto, lasciamo stare questo argomento, altrimenti andrei su tutte le
furie e non vorrei offendervi, visto che ora siete miei ospiti ed io ho
l’abitudine di rispettare chiunque si presenti nel mio albergo!»
13. Dice un fariseo più accomodante: «Basta, basta, lasciamo perdere
questa faccenda e parliamo piuttosto con il Maestro Gesù che è forse in grado
di darci il miglior chiarimento su questa questione; Egli, infatti, ci supera
tutti di gran lunga in conoscenza e sapienza!»
14. E rivolgendosi a Me: «Che ne pensi Tu di questa storia? A me sembra
che Tu non sia a tal proposito completamente all’oscuro, perché le parole da Te
prima scambiate con i discepoli di Giovanni sembrano quasi direttamente
accennare a tale fatto! Ed infatti, quasi nello stesso istante in cui Tu
dicesti ai discepoli di Giovanni come Dio provveda a coloro che veramente Lo
amano ed hanno viva e vera fiducia in Lui e colpisti con tanta energia l’odiosità
e la riprovevolezza dell’egoismo, accadde tutto ciò; per conseguenza mi viene
il sospetto che Tu ne abbia avuto sentore da qualche parte, oppure addirittura
che ne sia Tu l’Autore!»
15. Rispondo Io: «Ebbene, se voi supponete questo di Me, allora mantenete
le stesse supposizioni anche nei riguardi di ciò che Io dissi ai discepoli di
Giovanni, e riconoscete nei vostri cuori che Io ho detto la verità intera!
16. Chi di voi opererà dal profondo del cuore a seconda di quello che
Io ho detto, costui pure sperimenterà da parte di Dio in ogni tempo ciò che
l’amico nostro e fratello Matteo ha sperimentato!
17. Infatti credeteMi: “Dio rimane sempre
uguale a Se stesso nel Suo Cuore! Come Egli era quando nel firmamento non
risplendevano né sole né luna né le stelle, tale Egli è ancora in questo
istante, e tale rimarrà eternamente!
18. Chi Lo cerca per la giusta via, Lo troverà e sarà benedetto per
tutte le eternità delle eternità!”»
19. Queste parole scendono profondamente nel cuore di tutti, ed i
discepoli di Giovanni iniziano a ravvedersi e dicono: «Eppure Egli deve essere
un Profeta di gran lunga più grande di quanto lo sia il nostro Giovanni! Noi,
infatti, fummo dieci interi anni con lui, ma al suo fianco non ci fu mai dato
di udire e vedere tali cose! Il fariseo deve aver ragione sostenendo che questo
Gesù sappia com’è accaduto tutto ciò! Io, per conto mio, sarei quasi portato ad
affermare che la cosa ha la sua origine in Lui e che Egli ha operato ciò con
mezzi a noi sconosciuti; tutto ciò è una prova palpabile della nostra cecità
che ora risalta, e di quella del nostro grande maestro Giovanni!».
Dialogo fra
Giuda e Tommaso. Sciocca domanda del cieco discepolo di Giovanni.
La dolcezza e la
magnanimità del Signore raccolgono le lodi generali.
La morte della
figlia del comandante Cornelio. Della vera successione di Cristo.
(Matteo 8,
18-19)
1. Ora però anche Giuda, che il vino ha riscaldato più di quanto
sarebbe stato necessario, vuole alzare la voce e dire qualcosa ai suoi vicini,
i discepoli di Giovanni, ma Tommaso, sempre ugualmente suo avversario, lo
previene e dice: «Amico, quando parlano i maestri, i discepoli devono tacere e
limitarsi ad ascoltare, ma non devono parlare! Infatti in questo momento ogni
parola dalla nostra bocca sarebbe una grande e grossolana sciocchezza! Se tu
senti tanta smania di parlare, va’ fuori all’aperto e grida a tuo piacimento e,
quando la tua bocca si sarà stancata, allora ritorna qui!»
2. Dice Giuda: «Perché te la prendi sempre con me? Eppure non ti ho
fatto mai nulla di male! Non potrò io dunque mai parlare?»
3. Risponde Tommaso: «La tua sapienza la conosciamo per filo e per
segno già da anni, e non siamo davvero disposti a sentirla qui per la millesima
volta accanto a quella del nostro grande Maestro, e saggi al pari di te lo
siamo noi tutti già per natura! Tu dunque devi persuaderti che non puoi
offrirci nessun’altra dottrina migliore di quella che già abbiamo, ed è da
sperarsi che tu comprenderai che qui non è affatto necessario che tu debba
parlare! Noi discepoli dobbiamo parlare soltanto nel caso in cui veniamo
interrogati; possiamo, è vero, fare noi stessi qualche domanda, ma allora è
opportuno riflettere bene affinché la nostra domanda sia fondata su un giusto e
reale bisogno! Se noi interroghiamo per pura curiosità o per soddisfare le
brame della nostra lingua sempre ansiosa di chiacchierare, siamo meritevoli di
venire presi a frustate. Gli sciocchi e gli sventati si dovrebbero sempre
castigare in questo modo!»
4. Dice Giuda: «Va bene, va bene! Me ne sto zitto, poiché so già che in
tua presenza non posso né devo dire nulla! Infatti tu sei la sapienza
personificata del profeta Elia stesso! Soltanto è peccato che tu non sia
vissuto prima di Salomone! Altrimenti chissà quanto di più Salomone avrebbe
potuto avanzare in sapienza alla tua scuola! Ma ormai basta; ecco, sto zitto!»
5. Tommaso avrebbe voluto volentieri replicare ancora qualcosa a Giuda;
Io però gli feci cenno che bastava, e Tommaso tacque.
6. Ora però uno fra i discepoli di Giovanni non aveva potuto ancora
coordinare le sue idee, e non era riuscito a comprendere perché Io avessi
paragonato lui ed i suoi compagni ad un vecchio abito lacero che si volesse
rattoppare con lembi di stoffa nuovi, e a degli otri vecchi e marci non più
adatti a ricevere il mosto. Egli perciò si rivolse a me, e venne fuori con una
domanda alquanto balorda, dicendo: «Ora mi accorgo anch’io che Tu potresti ben
essere un Profeta; ma, come osservo, il vino degli otri vecchi Ti piace di più
che il mosto giovane degli otri nuovi, e poi adesso mi viene in mente che
neanche la Tua veste si può dire veramente nuova, e se, forse tra breve,
dovesse aver bisogno di qualche toppa, io potrei esserTi utile, dato che
posseggo dei pezzi di stoffa in grande quantità! Se posso dunque servirTi,
rivolgiTi pure a me!»
7. A causa di questa sciocca domanda i suoi compagni volevano da
principio gettarlo fuori. Io però ebbi compassione di lui e gli spiegai questo
paragone in maniera più comprensibile, cosicché egli si tranquillizzò.
8. Agli altri però Io dissi: «Se voi vedete un cieco il quale inciampa
sull’orlo di una fossa e vi cade, e cadendo sciupa e guasta un po’ l’erba alta
che cresce ai margini del rigagnolo, agireste voi da saggi ritenendo
responsabile di ciò il cieco, e volendolo punire?! Ecco, questo fratello vede
bensì come voi, con gli occhi del suo corpo, ma nell’anima egli è fortemente
cieco, e poiché noi non siamo all’oscuro di questa cosa, sarebbe oltremodo
crudele punire un fratello cieco perché egli ha un po’ inciampato davanti a
noi!»
9. Queste Mie parole furono accolte da generali approvazioni e da
sonori evviva al Mio indirizzo, e tutti esclamarono: «Queste sono davvero
parole magnifiche e chi agisce nel modo giusto e saggio in cui Egli parla, è
degno di venire incoronato ed acclamato Grande fra gli uomini! Salute a Te e
lunga vita a Te Uomo degli uomini!»
10. Questa dimostrazione è appena giunta alla fine ed Io ho appena
avuto modo di aggiungere qualcosa a spiegazione della parabola della veste
lacera, del mosto e degli otri, quando ecco precipitarsi nella stanza uno dei
notabili di Cafarnao (questi era il comandante romano Cornelio); egli irrompe
verso di Me, Mi cade dinanzi e dice quasi senza fiato: «Signore! Amico! O divino
Maestro e Salvatore! La mia adorata figlia, che porta il mio nome, la mia bella
e buona figlia, è morta!»
11. Detto questo, il comandante scoppiò in dirotto pianto e rimase lì
singhiozzando a lungo senza poter pronunciare parola.
12. Dopo un po’, calmatosi, egli continuò: «Signore, Tu, cui nulla è
impossibile, vieni con me a casa mia e poni la Tua mano miracolosa su di lei, e
lei di certo risusciterà com’è accaduto alla figlia del capo della sinagoga,
Giairo, la quale pure era veramente morta e fu ridonata alla vita! Io Te ne
prego, o nobilissimo Amico mio, vieni ed accordami questa grazia!» (Matteo
9,18)
13. Gli dico Io: «Consolati, Io vengo con te, e farò come hai
supplicato che Io faccia! Ma la giovinetta è morta davvero, anzi è già fredda;
e tuttavia Io la risusciterò affinché possa annunciare poi a questa povera
umanità la gloria di Dio! E quindi andiamo!» (Matteo 9,19)
14. Allora i Miei discepoli chiesero se dovevano aspettarMi qui o
venire anche loro con Me.
15. Ed Io risposi loro: «Voi tutti che siete Miei discepoli seguiteMi,
e tu pure, Matteo, che fosti un pubblicano, seguiMi! Alla tua casa terrena ho
provvisto Io, e continuerò a provvedervi in seguito; tu invece sei chiamato,
come questi qui, ad essere Mio discepolo!».
16. Matteo, a queste Mie parole, si toglie di dosso i suoi indumenti di
albergatore, prende il suo miglior mantello e Mi segue senza lasciare prima,
com’era solito, gli ordini ai suoi di casa, affinché questi sapessero cosa
dovevano fare durante la sua assenza.
17. N.B.: «Così deve fare chiunque voglia seguirMi! Egli deve morire
del tutto per le cose di questo mondo e non deve più pensare alle condizioni
della sua vita terrena, altrimenti egli non è adatto al Mio Regno, né ad
entrare nello stesso! Infatti colui che mette mano all’aratro e volge gli occhi
indietro non è adatto al Regno di Dio!».
Scena con
un’altra donna afflitta da emorragia. Degli evangelisti Marco e Luca.
Il Signore in
casa del comandante Cornelio risuscita la figlia.
1. Ed ora proseguiamo nella storia del Vangelo!
2. Partiti dalla casa di Matteo ad ora abbastanza inoltrata del
pomeriggio, noi ci trovavamo a metà strada circa verso Cafarnao, quando
comparve alle nostre spalle una donna la quale, scortoMi, si mise a correre
rapidamente per raggiungerMi. Ora lei, come già l’altra donna greca di cui è
stato precedentemente narrato il caso, soffriva da dodici anni di emorragia, e
nessuno fino allora aveva potuto aiutarla. Questa donna che era stata informata
dalla stessa donna greca sopra menzionata, toccò soltanto l’orlo della Mia
veste (Matteo 9,20) e fu all’istante guarita. Infatti essa aveva detto fra sé e
sé, spinta da intimo convincimento: «Basterebbe che io potessi toccare soltanto
l’orlo della Sua veste perché fossi risanata!» (Matteo 9,21). E così avvenne
all’istante come lei aveva creduto! E si accorse subito che in seguito all’aver
toccato, piena di fede, la Mia veste, la sorgente del male che l’aveva
travagliata da dodici anni, si era inaridita.
3. Allora Io Mi volsi e dissi alla donna: «La consolazione sia con te,
figlia Mia, la tua fede ti ha soccorso! Vattene in pace!». E la donna,
piangendo di gioia e di riconoscenza, fece ritorno a casa sua, e non ebbe più
da lamentarsi della sua salute. (Matteo 9,22).
4. Questa donna era un’ebrea e non una greca, però la sua abitazione
era situata non lontano da una colonia greca; essa frequentava spesso i greci,
e da questi aveva appreso molte cose, fra le quali anche la guarigione della donna
greca summenzionata. Ora è da notare che questo fatto della prima guarigione,
simile assolutamente all’altro, e del quale fanno cenno più tardi anche Marco e
il pittore e poeta Luca, ha indotto perfino i teosofi più colti, in seguito a
questa somiglianza, a considerare i due fatti distinti come uno solo, ciò che
tuttavia non corrisponde affatto alla piena verità e che non serve ad altro che
a fornire buona acqua al mulino di coloro che instillano dubbi.
5. Matteo, lo scrivano, Mi domandò subito se doveva prendere nota anche
di questo fatto e di che cosa di tutti i fatti accaduti durante la giornata.
6. Ed Io gli dissi: «Tu devi annotare tutto quello che è accaduto oggi,
tranne l’approvvigionamento della casa del tuo omonimo compagno e tranne ciò
che in questa occasione è stato detto. Oggi stesso fra non molto ritorneremo a
casa, e domani avremo tempo a sufficienza di stabilire esattamente tutto quello
che sarà necessario scrivere degli avvenimenti dell’odierna giornata».
7. Matteo, lo scrivano, si dichiarò soddisfatto di questa decisione, e
noi arrivammo in breve tempo alla casa del comandante; vi entrammo e fummo
introdotti nella sala dove giaceva la figlia morta, sopra un letto ornato
secondo gli usi romani.
8. Vi era là una moltitudine di suonatori e di altra gente che faceva
un fracasso enorme, perché allora vigeva l’usanza di fare con ogni mezzo un
gran rumore intorno ai trapassati affinché essi, o dovessero svegliarsi
nuovamente, oppure, non essendo più possibile ciò, per spaventare e tenere lontani
i messaggeri di Plutone, il principe dell’Inferno; tutto questo naturalmente
secondo l’opinione del volgo cieco e per la maggior parte pagano, il quale
appunto in simili occasioni aveva modo di emergere.
9. Ma quando Io con i discepoli entrai nella vasta camera, vidi quella
gente ed udii il rumore insensato che facevano (Matteo 9,23), ordinai che
anzitutto la facessero finita con tutto quel fracasso e poi che dovessero
essere fatti uscire addirittura di casa, poiché la fanciulla non era morta, ma
dormiva soltanto! (Matteo 9,24)
10. Allora quei produttori di strepito (ingaggiati per denaro ben
s’intende, perché senza denari anche questa funzione non si faceva per
nessuno!), cominciarono a burlarsi di Me, ed uno di essi anzi Mi disse in confidenza:
«Ho paura che qui la cosa Ti riuscirà più difficile che non in casa di Giairo!
Guardala soltanto un po’ più da vicino, e quale Medico dovrai subito
riconoscere che, secondo quanto insegna Ippocrate, il famoso ed antico medico
greco, la morte più completa le sta dipinta sul viso! E Tu vorresti sostenere
che lei dorme?!».
11. Nel frattempo il comandante, vedendo che i tumultuanti non
accennavano a voler andarsene, ingiunse loro con minaccia di grave castigo di
allontanarsi, ed ordinò ai soldati che erano lì di guardia di cacciare fuori il
popolo. In tal modo, dopo brevi istanti, la stanza venne sgombrata da tutti gli
strepitanti intrusi.
12. E quando la stanza come pure l’intera casa furono liberate da
quegli ospiti fastidiosi, solo allora Io entrai definitivamente assieme ai Miei
discepoli ed ai familiari del comandante. Mi avvicinai subito al letto funebre,
presi semplicemente per mano la fanciulla, senza pronunciare parola, e lei nel
medesimo istante si alzò e riapparve piena di vigore e di salute come se non le
fosse mai accaduto nulla. (Matteo 9,25)
13. Ma quando la figlia si accorse che il letto sul quale giaceva era
quello a lei ben noto che si usava adoperare per adagiarvi soltanto i defunti,
domandò a coloro che le stavano intorno cosa significasse il fatto di giacere
su un letto funebre.
14. E il comandante allora, con il cuore traboccante di
immensa gioia, le si avvicinò e le disse: «Mia dilettissima Cornelia! Tu
sei stata molto ammalata, ed in conseguenza di questo male sei morta; la morte
inesorabile dunque ti colpì, e tale sarebbe stato irrevocabilmente il tuo
destino, se questo Salvatore, davvero onnipotente e grande fra tutti i
salvatori, non ti avesse con la Sua Forza divina richiamata in vita nello
stesso modo come Egli giorni fa, ha ridonato la vita alla figlioletta di
Giairo, il capo della scuola che tu ben conosci; ritorna dunque a gioire della
tua vita più bella, e tieni d’ora innanzi nel tuo cuore il sentimento più caldo
di gratitudine per questo Amico grande fra gli amici, perché Egli solo fu a
ridonarti il supremo bene perduto, cioè la vita quanto mai preziosa!».
Quello che vide nell’aldilà la risuscitata da morte. La
sua nuova e giusta domanda vitale. Risposta del Signore. Della buona
testimonianza del Signore da parte del romano straniero. Dello speciale
comandamento del Signore. Della libera volontà.
1. Dice la figlia: «Sì, sì, ora mi ricordo perfettamente di essere
stata molto ammalata e che durante la malattia un dolcissimo sonno venne
improvvisamente a gravare sulle mie palpebre; allora mi addormentai e feci un
sogno meraviglioso: da qualunque parte io mi volgessi, vi era luce e
nient’altro che luce, e in quella luce andò formandosi uno splendido mondo.
Giardini di una magnificenza incomparabile apparivano inondati da fulgore
intensissimo, e cose meravigliose sorgevano l’una dopo l’altra, ma nessun
essere vivente sembrava abitare in mezzo a quello splendore; e come io,
stupita, stavo contemplando quelle sorprendenti magnificenze, mentre ancora
nessun essere vivente voleva mostrarsi, cominciò a manifestarsi nell’animo mio
un senso di oppressione e di angoscia sempre più acuto, nonostante le cose
sublimi e portentose che mi circondavano. Allora io cominciai a piangere ed a
chiamare, ma tuttavia da nessuna parte nemmeno una lieve eco sembrava voler
dare risposta alle mie invocazioni. Allora la mia tristezza aumentò sempre più
in mezzo a quelle apparizioni che continuamente crescevano in splendore.
2. Ed ecco, nel momento in cui io, accasciata sotto il peso di questa
grande tristezza, cominciai disperatamente a chiamare te, padre mio,
d’improvviso venne fuori dai giardini questo Amico, mi prese per la mano e
disse: “Alzati, figlia Mia!”. Allora in un attimo svanirono tutte le meraviglie
che mi circondavano e che mi avevano resa triste, e mi destai mentre questo
Amico ancora mi teneva per mano. Al momento io non potei subito ricordarmi di
tutto quello che avevo visto; ma quando, come per pura influenza celeste, i
sensi mi furono pienamente ridonati, mi si affacciò di nuovo alla memoria tutto
ciò che avevo visto in sogno, così come ho raccontato ora.
3. Ma la cosa che mi sorprende oltremodo è che dall’essermi trovata su
questo letto devo arguire che io ero morta davvero per questo mondo, eppure io
continuai a vivere nel sogno. E più meraviglioso ancora è che questo eccellente
Amico, il Quale mi apparve in sogno, si trova ora qui precisamente tale quale
nel sogno io L’ho visto!
4. Ma ora io domando a te, mio caro padre se questa nuova vita che Egli
mi donò, non Gli appartiene. Il mio cuore è profondamente commosso, e mi sembra
che all’infuori di Lui io non potrei mai concedere a nessun altro uomo il mio
amore. Posso io amarLo sopra ogni cosa, anche più di te, padre mio, e sopra
ogni altra cosa a questo mondo?»
5. Cornelio rimane perplesso a questa domanda e non sa cosa rispondere.
Io però gli dico: «Lascia pure che tua figlia segua liberamente gli impulsi del
sentimento che ora l’agita, perché soltanto questo sentimento sarà in grado di
ridarle la vera vita in tutta la sua interezza!»
6. Esclama allora Cornelio: «Quand’è così, ama pure questo Amico sopra
ogni cosa, poiché chi ha potuto per propria forza e potenza ridonare la vita a
te, che eri morta, Costui certamente non vorrà mai recarti alcun danno;
infatti, se anche tu morissi di nuovo, Egli di certo ti ridarebbe nuovamente la
vita! E perciò tu puoi benissimo amarLo più di tutto a questo mondo, come
anch’io Lo amo con tutte le mie forze!»
7. Ed Io aggiungo: «Chi Mi ama, costui ama anche Colui che è in Me, e
Questi è la Vita eterna. Se anche egli morisse mille volte nell’amore per Me,
ciò nonostante vivrà eternamente»
8. Molti che hanno udito queste parole si domandano: «Come? Cosa
significa ciò? È da uomo parlare così? Ma, d’altra parte, può un uomo fare
quello che Egli fa?!»
9. Interviene allora un romano il quale era in quel tempo ospite di
Cornelio, e dice: «Amici! Un savio ha detto che non vi è nessun grande uomo il
quale non sia stato ispirato dagli dèi. Però, se mai vi fu uomo che gli dèi
abbiano animato con il loro alito divino nella maggior misura possibile, tale
uomo è appunto questo Gesù, il Quale, per dire secondo il criterio terreno,
sembra davvero essere di origini molto umili. È noto però che gli dèi non amano
i fasti di questo mondo, e, se scendono sulla Terra, essi si celano invece
dietro un esteriore il più possibile meschino, e soltanto mediante le loro
opere rivelano ai mortali chi e cosa sono. Ora, non potrebbe essere questo il
caso anche con quest’Uomo, il Quale, del resto, è di modi tanto semplici e
schietti? Voi potete credere e pensare come volete; io però devo considerarLo
un Dio di primo rango! Infatti nessun mortale può risuscitare da morte il
proprio simile!
10. Se anche qualche figlio di Esculapio riesce a richiamare in vita un
morto apparente, adoperando ogni genere di balsami, oli ed unguenti, la persona
che ha ripreso in tal modo i sensi non appare tuttavia così fresca e sana com’è
ora Cornelia, la quale ai miei occhi sembra nell’aspetto ancora più fiorente di
quanto lo sia mai stata prima. Così la penso io e sono intimamente e
perfettamente convinto che è così! Voi tuttavia potete pensarla come meglio vi
piace!»
11. Dico Io: «Colui che ha ragione crede anche che il suo modo di
pensare sia l’unico giusto; Io però chiedo a voi la sola prova di amicizia,
cioè, che voi tutti conserviate per il momento il silenzio su tutto ciò che
avete udito e visto qui e che non parliate con nessuno di queste cose, perché voi
ben sapete quanto cattivo è il mondo!».
12. Essi Mi promisero che avrebbero mantenuto rigorosamente il segreto
su quanto era avvenuto.
13. Essi tacquero effettivamente durante il paio di giorni che Io
trascorsi con i Miei discepoli in casa del comandante, ma dopo che Io Me ne fui
andato, la notizia di questo avvenimento si sparse ben presto per tutta la
Galilea (Matteo 9,26). Certo lo avrei benissimo potuto impedire se avessi posto
freno alla libera volontà dell’uomo, il che sarebbe stato oltremodo facile per
Me, ma poiché Io debbo rispettare la libera volontà dell’uomo, senza la quale
esso scenderebbe al livello dell’animale, così Io dovetti naturalmente
tollerare quello che non era corrispondente al buon ordine delle cose e che per
conseguenza non fu di alcuna utilità.
Scena con due
mendicanti ciechi. Le loro parole lusinghiere non considerate da Gesù.
La guarigione
di entrambi i ciechi. «Lavorate solo nell’interesse dell’amore!».
Ciò che il Signore
esige quale ricompensa.
(Matteo 9, 27-31)
1. Ora, a Cafarnao vi erano due mendicanti, i quali, completamente
ciechi fin dalla nascita, non avevano mai vista la luce del giorno, né lo
splendore delle notti stellate, ed entrambi avevano udito parlare di Me e di
quello che Io avevo fatto. Quando Io decisi di lasciare Cafarnao e di fare
ritorno a Nazaret, il comandante volle accompagnarMi assieme alla moglie ed a
tutti i suoi figli, nonché a molti dei suoi amici; e, incamminatici così,
giungemmo pian piano ad un punto dove parecchie strade si incrociavano e dove
precisamente erano soliti stare i due ciechi per chiedere l’elemosina ai
passanti. E come i due ebbero sentore che vi era là parecchia gente, fra cui
perfino le prime autorità di Galilea e che in mezzo a questi elevati personaggi
si trovava il Salvatore Gesù di Nazaret, di cui - come pure di Suo padre - si
diceva che discendesse in linea direttissima da Davide, quando dunque furono di
ciò informati da coloro che passavano, si alzarono subito dal posto dove erano
seduti, e cominciarono a correrMi dietro come meglio potevano, gridando: «Oh!
Gesù, Gesù, abbi pietà di noi, figlio di Davide!» (Matteo 9,27). Essi però si
rivolsero a Me così, pensando che Io ci tenessi ad essere chiamato in tal modo,
e che, così lusingato, Mi sarei tanto più mosso a compassione di loro.
2. Io invece, appunto a causa di ciò, lasciai che Mi seguissero fino a
Nazaret per dimostrare loro che non davo alcun valore a tali distinzioni
mondane e a simili vane lusinghe.
3. E quando Io, dopo un paio d’ore fui ritornato a casa, ciò che i due
ciechi ebbero ben presto appreso, questi pregarono le prime persone che
sentirono loro vicino di condurli da Me. E i Miei discepoli li portarono subito
da Me in casa.
4. Quando i due si trovarono presso di Me, ossia in Mia vicinanza, essi
si accostarono del tutto a Me e volevano cominciare a pregarMi che Io donassi
loro la vista. Ma Io, ben sapendo ciò che essi volevano, li prevenni e dissi:
«Credete voi davvero che Io possa farvi tale cosa?». Ed essi risposero
semplicemente: «Sì, o Signore!» (Matteo 9,28). Allora Io toccai loro lievemente
gli occhi con le Mie dita, dicendo: «Sia fatto dunque secondo la vostra fede!».
(Matteo 9,29)
5. Ed i loro occhi furono aperti (Matteo 9,30), in modo che essi
poterono vedere benissimo ogni cosa come qualsiasi altro uomo che abbia la
vista perfettamente sana. Però quando essi ebbero avuto modo di apprezzare il
beneficio della vista e iniziarono ad ammirare con il più grande stupore le
cose create, sorse nei loro cuori naturalmente l’idea dell’immenso debito di
gratitudine che essi avevano contratto verso di Me. E non sapendo come
manifestare questi loro sentimenti, volevano offrirMi tutto quello che fino allora
avevano potuto raggranellare mendicando, perché per il futuro essi non
intendevano più mendicare, ma procurarsi il loro sostentamento con il lavoro
delle loro braccia robuste!
6. Ma Io dissi loro: «È cosa buona e giusta che voi intendiate servire d’ora
in avanti i vostri fratelli e procurarvi il necessario per vivere mediante il
lavoro delle vostre mani, poiché chi vede e può lavorare non deve starsene con
le mani in mano e vivere alle spalle dei propri fratelli, ma deve tentare di
essere loro utile aiutandoli in questa e quella cosa, affinché l’amore si
accresca fra gli uomini.
7. Il vostro proponimento quindi è assolutamente giusto e buono; come
pure è lodevole e bello da parte vostra che, per pura gratitudine, abbiate
formato il proposito di offrirMi tutti i vostri risparmi; però né Io né i Miei
veri discepoli ne abbiamo bisogno, e per conseguenza potete tenerli per voi!
8. Quello però che domando da voi per avervi aperto gli occhi alla luce
consiste in questo: in primo luogo osservate i comandamenti di Dio, amate Dio
sopra ogni cosa e il prossimo come voi stessi, e prestate ai vostri fratelli
aiuto volonteroso ed assiduo in tutte le cose nelle
quali voi potete essere loro di aiuto; in secondo luogo poi vi ordino che per
amore di Me stesso non raccontiate a nessuno quello che è avvenuto, ma che vi
diate invece cura di evitare che fuori di qui vengano divulgate notizie a tale
riguardo!»
9. Ma essi obiettarono: «Signore, questa cosa ci riuscirà ben
difficile, poiché qui, in tutti i dintorni, ciascuno sa troppo bene che noi
eravamo ciechi. Ora, se qualcuno ci domandasse in quale modo noi, ciechi prima,
abbiamo potuto acquistare la vista? Che risposta daremo noi?»
10. Dico Io: «Una risposta che abbia il suo fondamento nella parola
tacere».
11. Essi promisero di attenersi rigorosamente a quest’ordine, ma non
mantennero la parola data; e poco dopo si recarono in tutte le località che
erano nelle vicinanze e rivelarono dappertutto dove Io fossi e che cosa
facessi. (Matteo 9,31)
Guarigione del
sordomuto indemoniato. I farisei ne sono testimoni, ed attestano la perversità
del demonio da cui era invaso. Cornelio condanna i farisei alla croce per la
loro diabolica spiegazione del miracolo. Matteo rinfaccia ai farisei la loro
perfidia.
Essi tentano
con astute parole di ottenere perdono, e sono salvati per intervento di Gesù.
(Matteo 9,
32-35)
1. Questi due uomini erano appena usciti di casa, quando dell’altra
gente arrivata da poco entrò introducendo con sé un uomo che era muto e nello
stesso tempo anche posseduto dal demonio (Matteo 9,32). Ora, nel frattempo,
erano comparsi parecchi farisei e scribi, che due giorni prima avevamo lasciati
in casa di Matteo, che venivano ad osservare quello che Io avrei fatto a casa e
verso che parte Mi sarei più tardi diretto. Essi prima di entrare in casa si
erano già imbattuti nei due ciechi guariti, i quali avevano subito riferito
loro che appunto in quell’istante sarebbe seguita la guarigione di un tale che
era muto e posseduto, ma non avevano fatto parola di quanto era accaduto a loro
stessi, perché erano ancora dominati da un grande timore nei loro cuori.
2. I farisei a tale notizia si erano affrettati per non arrivare troppo
tardi. Come essi furono entrati nella stanza, riconobbero subito l’ossesso che
era muto e dissero: «Oh, questo qui lo conosciamo già da lungo tempo! Non c’è
forza al mondo che abbia qualche potere su di lui! Quando lo spirito diabolico
l’invade, nel furore suo sradica perfino alberi, e non ci sono né mura né
catene che possano resistergli. Il fuoco non ha alcun effetto su di lui, e guai
ai pesci che si trovano nell’acqua quando egli vi scende. Quello che per
fortuna vi è ancora di buono in lui è che egli è sordo e muto, perché, se egli
potesse udire e parlare, nessuna creatura sulla Terra sarebbe più sicura. Oh,
questo è un uomo terribile! Davanti a lui tutto fugge, perfino gli animali più
feroci schivano la sua presenza. E costui Egli vorrebbe guarire? Solo il capo
supremo di tutti i demoni lo può guarire!»
3. Dico Io: «E tuttavia Io lo guarirò, affinché voi possiate finalmente
convincervi che dinanzi alla Potenza di Dio ogni altra cosa deve cedere e che
tutti gli esseri le devono obbedienza!»
4. E detto ciò Io stesi la Mia Mano sopra l’ossesso ed esclamai:
«Spirito maligno ed immondo, esci da quest’uomo!». E lo spirito domandò
gridando: «Dove devo fuggire?!». Gli risposi Io: «Là, dove più è profondo il
mare. Là un mostro attende la tua venuta!». Allora lo spirito maligno gettando
un nuovo urlo se ne partì da quell’uomo.
5. E questi ad un tratto apparve completamente trasformato; il suo
aspetto manifestava mitezza e bontà, e cominciò a parlare esprimendo la sua
gratitudine, rispondendo a tutti con modi gentilissimi ed usando parole quanto mai
cortesi e pacifiche, cosicché tutti i presenti si convinsero come anche il male
che prima lo aveva reso muto e sordo fosse perfettamente scomparso.
6. Ora, i discepoli e tutto il popolo lì raccolto, rimasti sbalorditi,
non poterono celare la loro straordinaria meraviglia e dissero: «In verità
questo oltrepassa i limiti del credibile! (Matteo 9, 33). Venti ed uragani
hanno già, sebbene in minor grado, obbedito al comando di tacere. Anche morti
apparenti sono stati richiamati in vita; rupi furono costrette a lasciar
sgorgare acqua e su preghiera di Mosè cadde la manna dal cielo; certo però che
tutto questo non accadde in una forma elevata e perfetta.
7. Così pure, quando Salomone stava costruendo il Tempio, avvenne che
per lo spazio di un mese nessun operaio volle metter mano alla costruzione;
allora Salomone supplicò Dio di mandargli dei lavoratori, e subito vennero a
lui in gran numero dei giovani i quali offrirono al re la loro opera, e
Salomone li accolse e con essi lavorò per la durata di un mese, come si
apprende dalla tradizione.
8. In breve, da Abramo fino ai giorni nostri sono parecchi i fatti
meravigliosi occorsi; ma, com’è vero che Dio vive e regna nel Cielo e sulla
Terra, questo prodigio compiutosi sotto i nostri occhi non è da paragonarsi a nessun
altro!»
9. Queste espressioni di meraviglia suscitarono grandissima ira tra i
farisei, i quali, non potendo più reprimere la rabbia che li rodeva,
esclamarono furibondi: «Come potete essere tanto scimuniti e ciechi! Non ve lo
abbiamo già spiegato chiaramente, quando siamo entrati in questa stanza, chi è
che possa avere signoria su tal genere di ossessi? Ve lo abbiamo detto che una
cosa simile è possibile soltanto al principe di tutti i diavoli! Certo Egli ha
guarito l’indemoniato, ma come?! Egli ha cacciato questo demonio da questo uomo
tramite il capo supremo dei demoni!» (Matteo 9,34)
10. Quando i farisei furenti ebbero terminata questa loro testimonianza
a Mio carico davanti a tutto il popolo, e quindi anche in presenza del
comandante romano Cornelio, allora fu la fine! Il comandante, appena udite le
maligne parole, fuori di sé per l’indignazione, tuonò la sentenza contro i
farisei e gli scribi: «Oggi la croce deve essere la vostra sorte! Vi farò ben
io conoscere qual è la differenza fra Dio e demonio!»
11. A queste parole sembrava fosse scoppiato il fulmine in mezzo ai
farisei, i quali, esterrefatti, cominciarono ad urlare per lo spavento ed a
biascicare scuse; ma il popolo ne gioì e disse: «Ah, ah! Finalmente avete
trovato anche voi chi vi renderà giustizia e caccerà via i vostri vecchi
diavoli! Vi sta perfettamente bene, perché voi stessi siete in tutto e per
tutto uguali al principe dei demoni; voi combattete tuttora come una volta egli
combatté contro l’Arcangelo Michele per il corpo di Mosè, vale a dire per la
parte materiale e morta della sua dottrina, mentre perseguitate con
maledizioni, con il fuoco e con la spada tutto ciò che rivela in sé anche la
minima impronta di qualcosa di spirituale! Per conseguenza siete voi che agite
sempre con l’aiuto del demonio e che date man forte all’antico spirito della
menzogna e dell’inganno! Ed è dunque pienamente giustificato quello che il
comandante ha sentenziato contro di voi, servitori di Satana. Siate pur certi
che la vostra sorte non suscita in noi alcun sentimento di compassione!»
12. Matteo, il doganiere, avanza poi a sua volta verso i farisei e dice
loro: «Oggi sono appena quattro giorni da che il nostro Maestro Gesù,
precisamente lo scorso sabato, ha guarito il vecchio fratello di mia madre da
una paralisi; quante cose non vi sono state dette e quante verità profondissime
e perfette non vi sono state esposte in tale occasione?! Tanto evidente era
tutto ciò, che i fanciulli stessi lo afferravano quasi con mano e indicavano
voi con il dito; il Maestro stesso vi parlò così saggiamente e sinceramente che
voi doveste rimanerne estremamente meravigliati e vi trovaste nella necessità
di chiedere a quale fonte mai Egli avesse attinto tanta sapienza! Ma né le Sue
risposte sommamente istruttive, né le parole Sue che raggiungevano le più
sublimi altezze dello spirito, né le Sue opere meravigliose valsero a rendere
meno densa la caligine che vi fa velo agli occhi!
13. Dunque se opere e parole simili non sono in grado di farvi aprire
gli occhi e se voi nei vostri perfidi cuori andate anzi sempre più coltivando
gli istinti perversi e la sete di vendetta, ditemi, cosa vi manca ancora per
diventare perfetti demoni? Sì, davvero, io ve lo dico oggi come già ve l’ho
detto altre volte che voi siete più malvagi di tutti i diavoli presi assieme; e
quindi davanti a Dio ed a tutti gli uomini di qualche buon volere appare del
tutto giustificato ed equo che vi si stermini come bestie feroci!
14. Io sono di certo un uomo sensibilissimo e di carattere assai
pacifico e benigno, tanto che mi sarebbe impossibile, coscientemente, uccidere
una mosca e calpestare un verme; ma a voi sarei capace io stesso di tagliare la
testa senza provare perciò un solo istante di angoscia. E per conseguenza non
posso che lodare il comandante Cornelio per avervi condannati alla croce».
15. Quando i farisei si accorsero che nessuno si prendeva a cuore la
loro sorte, né voleva intercedere in loro favore presso il comandante che aveva
la facoltà di applicare in tutta la Galilea la legge romana, di solito
inesorabile, detta Jus gladii (Diritto di
spada, ovvero, Diritto di vita e di morte), essi, in numero di trenta
circa, si gettarono in ginocchio davanti a Cornelio sottolineando che prima,
parlando di Gesù, non avevano assolutamente avuto intenzione di dare alle loro
espressioni il brutto significato che a queste era stato generalmente
attribuito e che essi avevano voluto soltanto far emergere, in modo forse
troppo energico, come l'evidente Potenza
divina in Gesù, il Maestro dei maestri, possa, e se necessario debba, valersi
perfino dell’opera del principe dei demoni, poiché, aggiunsero essi, sarebbe
cosa assai triste per gli uomini se Dio non avesse alcun potere sui demoni. Se
in Gesù operavano, ciò che non era ormai più da porsi in dubbio, la Forza e la
Potenza dell’altissimo Dio, esse dovevano poter avere autorità sopra tutti i
demoni, come sopra tutti gli angeli, per costringerli inevitabilmente alla più
severa obbedienza! Noi, affermando che Egli cacciava via tali demoni per mezzo
del loro capo supremo, volevamo soltanto dire che la Sua Forza divina domina
tutto ciò che si trova nel Cielo, sulla Terra e sotto la Terra. (Ed essi
conclusero così:) «Quindi se questo, ed assolutamente non altro, è stato il
pensiero che ha provocato la nostra esclamazione, ragione della condanna a
morte pronunciata contro di noi, come è mai possibile che tu, l’alto
governatore di Roma, abbia potuto emettere una sentenza tanto crudele a nostro
danno? Ti supplichiamo, dunque, in nome del divino Maestro Gesù, di voler usare
clemenza, revocando il giudizio da te pronunciato!»
16. Risponde il comandante Cornelio: «Se Gesù, il Maestro, dice una
parola in vostro favore, io ritirerò la sentenza, ma, se Egli tace, voi morrete
senz’altro oggi stesso, perché io non ho nessuna fiducia nelle vostre parole,
sapendo bene che nei vostri cuori pensate diversamente da quello che dite con
la vostra bocca!»
17. A tali parole del comandante tutti si precipitarono verso di Me
gridando: «O Gesù, o buon Maestro, Te ne preghiamo, salvaci, allontana da noi
questa minaccia! Se non Ti fidi delle nostre assicurazioni che noi per il
futuro non ostacoleremo più la Tua opera, allora chiedici degli ostaggi!
Infatti noi siamo ora più che convinti che Tu sei veramente un messaggero
inviato da Dio a noi, Suoi figli, purtroppo pervertiti in ogni maniera! O Gesù,
non lasciare non esaudita la nostra preghiera!»
18. Ed Io dico loro: «Andatevene dunque in pace alle vostre case!
Badate bene però di non intraprendere nulla di malvagio, perché in caso diverso
Io non vi direi più: “Ritornate in pace alle vostre case!”»
19. Essi Mi promisero che avrebbero fatto
tutto secondo le Mie parole, e il comandante aggiunse: «Poiché Egli vi ha
congedati con parole di pace, così voglio fare anch’io, e per ora ritiro la mia
sentenza; ma guai a voi se mi capitasse di apprendere la benché minima cosa di
male sul vostro conto!».
20. I farisei allora ringraziarono, si allontanarono in fretta per fare
ritorno alle loro case ed ebbero la massima cura di tacere a causa del
grandissimo timore che incuteva loro Cornelio. Ma con tanta maggior tenacia ed
intensità ricominciarono nel segreto dei loro cuori a meditare in quale modo
essi avrebbero potuto condurMi alla rovina e vendicarsi del governatore.
Tuttavia, dato che nessuna buona occasione voleva presentarsi loro, dovettero
fare buon viso e cattivo gioco, perché da ciò dipendeva ormai la loro
esistenza. Tutto ciò si risolvette tuttavia a favore della Mia causa, poiché in
tal modo Io potei per un periodo di tempo, quasi fino ad autunno inoltrato,
andarMene per le città ed i villaggi dell’intera Galilea a predicarvi
indisturbato il Vangelo del Regno di Dio, e nello stesso tempo a curarvi ogni
genere di epidemie e di ogni tipo di mali fra il popolo. (Matteo 9,35)
Della grande
miseria che regnava fra il popolo. La desolazione nel piccolo villaggio, opera
del tiranno Erode. Importanti parole del Signore riguardo a questo fatto ed ai motivi
per i quali viene concesso che simili cose avvengano.
(Matteo 9,
36-38)
1. In quei luoghi regnava una miseria spaventosa, specialmente nelle
piccole borgate e nei villaggi, e la gente, oppressa e tormentata in tutti i
modi, languiva fisicamente e moralmente, e si trovava dispersa come pecore in
mezzo ai lupi, senza un pastore che la proteggesse! (Matteo 9,36). E poiché lo
stato deplorevole in cui si trovavano quei poveretti Mi ispirava profonda
pietà, Io ripetei quello che avevo detto al pozzo di Sichar, ed esclamai:
«Grande è il raccolto, ma pochi sono i lavoratori! (Matteo 9,37). Pregate
dunque il Signore affinché mandi dei lavoratori ai Suoi campi! Infatti questi
miseri sono maturi per il Regno di Dio, ed è grande il campo sul quale essi
stanno! Essi languono ed attendono desiderosi luce, verità e redenzione! Ma i
lavoratori, i lavoratori! Dove sono essi?» (Matteo 9,38)
2. Dicono i discepoli: «Signore! Se Tu ci reputi capaci, non potremmo
andare noi, chi qua chi là, ed incaricarci di una città o di una borgata
ciascuno?». Rispondo Io: «Noi siamo ora sulla via che ci condurrà ad un
villaggio fra i più miseri; dopo che vi saremo arrivati, Io sceglierò fra voi i
più energici e più esperti, e li manderò nelle molte località nei dintorni, e
vi porrete subito all’opera e farete tutto quello che Io faccio e che ho fatto
dinanzi a voi. Ora però affrettiamoci ad andare al villaggio di cui vi ho
parlato!».
3. In meno di mezz’ora noi arrivammo al villaggetto, dove uno
spettacolo di desolazione indicibile si offerse ai nostri occhi. Adulti e
ragazzi andavano errando letteralmente nudi con i lombi a mala pena coperti con
poche foglie. Quando quei poveretti si accorsero del nostro avvicinarsi, tutti
ci si affrettarono incontro: grandi, piccoli, giovani e vecchi, invocando da
noi l’elemosina, poiché grande era la miseria che li opprimeva. I bambini
piangenti si stringevano con le manine il loro piccolo ventre per la fame che
li tormentava, non avendo mangiato nulla da due interi giorni, e i genitori a
loro volta erano immersi nella disperazione, in parte per i propri stimoli
atroci della fame, ma più ancora a causa dei figli che udivano lamentarsi
chiedendo invano un po’ di pane e di latte.
4. E Pietro, profondamente scosso dalla vista di quello spettacolo di
dolore, chiese con voce triste ed angosciata ad un vecchio dall’aspetto buono e
leale: «Amico, chi vi ha mai ridotti in uno stato così miserevole? Com’è
possibile che vi troviate in mezzo a tanta desolazione? C’è stato tra voi un
nemico, vi ha rubato tutto e, come constato, ha terribilmente distrutto perfino
le vostre case? Infatti delle vostre case io non scorgo più che le pareti,
mentre non vi è più traccia alcuna di un letto e di una finestra, ed i vostri
granai, che io ho conosciuto benissimo, sono ridotti a macerie! Come, come mai
è accaduto tutto ciò?»
5. E il vecchio rispose singhiozzando: «O cari e certamente buoni
uomini! Questa è l’opera del re Erode sotto il cui dominio sta questa regione,
e la cui rapacità e durezza di cuore non conoscono limiti! Suo padre era il
braccio sinistro di Satana ed egli ne è il braccio destro! Noi non abbiamo
potuto mettere assieme quel tanto che occorreva per pagare le imposte che egli
pretendeva da noi dieci giorni fa, così i suoi sbirri sono comparsi qui, e ci
hanno lasciato sei giorni di tempo per metterci in regola; ma che cosa potevamo
fare noi in soli sei giorni?! Durante questo tempo, quella gente consumò quasi
tutte le nostre migliori provviste, e il settimo giorno, dato che non ci era
possibile assolutamente pagare l’esorbitante somma richiestaci, si
impadronirono di tutto quello che ci restava e ci lasciarono a mala pena questa
misera vita e questo corpo nudo! Oh! Amici miei, quanto duro e terribile è il
nostro destino! Se Dio non ci aiuta, già oggi moriremo di fame noi con i nostri
figli! Soccorreteci voi per quanto potete! Se almeno quei feroci servitori di
Erode non ci avessero spogliati completamente, noi potremmo andare ancora in
giro a chiedere l’elemosina, ma dove potremmo andare in questo stato? Per i nostri
figli, da qualunque parte è troppo lontano, e noi siamo, come vedete, nudi come
nostra madre ci ha fatti! Oh Dio, Dio, perché proprio a noi doveva toccare una
sorte così spaventosa? Quale di tutti i nostri peccati Ti ha indotto, o Jehova,
a gravare la Tua mano su di noi con un simile castigo?»
6. Allora Io Mi avvicino a quel vecchio e dico: «Amico! Tale cosa vi è
stata fatta non a causa dei vostri peccati, i quali davanti a Dio sono anzi
risultati i minimi in tutto Israele, ma tutto ciò è opera dell’Amore di Dio!
7. Voi eravate certamente fra i più puri in Israele, ma tuttavia la
vostra anima recava ancora qualche traccia di impurità mondane. Dio però, che
vi ama, vide questo, e volle d’un tratto rendervi indipendenti dal mondo
affinché voi possiate finalmente essere del tutto in grado di accogliere la
Grazia del Padre vostro che è nei Cieli. Questo è ormai accaduto e adesso siete
per sempre al sicuro dalla rapacità di Erode, poiché mai più imposte egli
riscuote da coloro che la sua avidità spinge a spogliare completamente, dato
che i sudditi ridotti a mendicare vengono cancellati dal libro delle imposte!
8. E vedete, in tal modo voi siete stati liberati d’un tratto da tutte
le sozzure del mondo; questo è il beneficio più grande che Dio poteva farvi, e
voi potete ormai iniziare seriamente a pensare soltanto per le vostre anime!
9. Una cosa tuttavia voglio ancora suggerirvi: “Non edificatevi in
avvenire alcuna casa che sia di ricco aspetto, ma fatevi delle capanne in modo
corrispondente alle vostre necessità; allora nessuno pretenderà più imposte da
voi, ad eccezione dell’imperatore di Roma il quale solo è autorizzato ad
esigerle, ma che non richiede mai più del due o tre per cento. Se avete qualche
cosa, potete pagare l’imposta, e se non avete niente, allora ne siete
esonerati”. Ma su questo argomento ritorneremo più tardi e ne parleremo più
diffusamente.
10. Ed ora andatevene alle vostre case senza tetto, e là troverete cibi
e vestiti! Ristoratevi e copritevi; poi ritornate da me, perché voglio
ulteriormente intrattenerMi con voi riguardo ad altre cose».
Il miracolo dei cibi e dei vestiti. Buoni discorsi dei
poveri beneficati. Sagge osservazioni di un fanciulletto. La parola del Signore
ai Cieli. Gesù e il fanciulletto.
1. Quando quei poverelli percepiscono le Mie parole, si affrettano
tutti, col cuore colmo di gratitudine nella loro fiducia, nelle loro abitazioni
mezzo distrutte, e non possono esprimere pienamente la loro meraviglia quando trovano
le tavole fornite di cibi buoni e in quantità sufficiente, come pure dei
vestiti di tutte le specie; cioè, per vecchi e giovani, grandi e piccini, e ciò
separatamente per entrambi i sessi. Allora l’uno chiede all’altro come ciò sia
avvenuto.
2. E nessuno sa dare all’altro una spiegazione. Ma quando si accorgono
che anche le loro dispense, prima vuote del tutto, sono state ben rifornite,
esclamano le donne ed i fanciulli, rivolti verso gli uomini: «Questa cosa è
stata fatta da Dio! Egli, che per quarant’anni fece cadere la manna nel deserto
e che diede dunque nutrimento ai Suoi figli vaganti fra pietre e sabbie, sulle
quali non cresceva erba alcuna, come avrebbe Egli potuto e voluto lasciarci ora
languire, mentre adesso, come in ogni tempo, noi abbiamo rivolte a Lui le
nostre preghiere?! Oh, questo è certo. Dio non abbandona mai coloro che
invocano il Suo aiuto!
3. Davide, il grande re, supplicò Dio nel tempo della sventura, e Dio
lo soccorse e lo trasse dalla sua miserevole condizione, e non è mai avvenuto
che Dio non abbia esaudito coloro che sono ricorsi a Lui per aiuto; anzi
sarebbe ora stato un miracolo inaudito se Dio non avesse ascoltato le nostre
preghiere in questo tempo di così grande miseria per noi! Infatti Dio è ed è
sempre stato pieno di amore per coloro che Lo invocano: “Abba, amato Padre!”. E
perciò noi vogliamo d’ora innanzi amarLo sopra ogni cosa, ogni cosa, ogni cosa!
Egli soltanto è il nostro Salvatore! Tutte queste cose è il Padre nostro, Santo
fra i santi, che ce le ha mandate dai Cieli mediante i Suoi santi angeli!»
4. Dice il vecchio, il quale apparteneva precisamente a questa
famiglia, e presso la quale si radunava sempre l’intero villaggio, per udire la
sua sapienza, poiché egli conosceva bene le Scritture: «Figli miei, amici e
fratelli! Sta pur scritto: “Dalla bocca dei piccoli e dei minori Io voglio
prepararMi una lode!”. Ed ecco che tale lode avviene proprio qui, e gli occhi e
le orecchie nostre possono persuadersene! L’amato Padre, nella Sua grande
misericordia, ha rivolto il Suo sguardo verso di noi e ci ha fatto tutto ciò! A
Lui dunque vada tutto il nostro amore ed ogni lode
dalla bocca dei nostri lattanti, poiché la lode della nostra bocca non è
sufficientemente pura perché il Santissimo se ne compiaccia; perciò Egli stesso
si è preparato la bocca dei nostri lattanti! Ora però rechiamoci fuori da quel
Giovane che ci fece cenno di andare nelle nostre case e che certo sapeva quello
che Dio avrebbe fatto per noi! Certamente Egli deve essere un grande profeta,
forse Elia il quale dovrebbe venire ancora una volta prima del Messia sperato e
già da lungo tempo promesso!»
5. Esclama allora uno dei fanciulletti il quale aveva appena cominciato
a balbettare qualche parola: «Padre mio! E se quest’Uomo fosse invece Egli
stesso il grande Messia promesso?»
6. Dice il vecchio: «O figlio mio, chi è che ti ha sciolto in modo
tanto chiaro la lingua?! Infatti ora tu parlasti non come un bambino, ma come
un saggio nel Tempio di Gerusalemme!»
7. Risponde il piccino: «Io non lo so, mio caro padre; ma quello che so
è che il parlare mi riusciva difficile prima ed oltremodo facile adesso.
Comunque, come ti può meravigliare tale cosa, quando intorno a noi non
avvengono che miracoli di Dio!?»
8. Dice il vecchio, stringendo il bambino al suo cuore: «Sì, sì, hai
ragione, tutto è miracolo quanto ora succede intorno a noi, e tu di certo non
ti sei sbagliato ritenendo quel Giovane addirittura il Messia. Infatti per noi
Egli lo è sicuramente! E adesso rechiamoci fuori da Lui, e porgiamoGli in nome
di Jehova i dovuti ringraziamenti, perché evidentemente Egli è stato mandato a
noi da Dio. Affrettiamoci dunque a recarci da Lui!»
9. Essi allora accorrono tutti quanti fuori, verso di Me, ed i
fanciulletti sono i primi a gettarsi ai Miei piedi e li bagnano con le loro
innocenti e purissime lacrime di gioia e di ringraziamento!
10. Ed Io, alzati gli occhi al firmamento, esclamo ad alta voce: «O voi
Cieli! Qui guardate ed apprendete da questi fanciulli come il vostro Dio e
Padre vuole essere lodato! Oh Creazione, come infinitamente grande sei tu, e
come sterminata è la moltitudine dei tuoi saggi cittadini, eppure tu non
potesti trovare la via che conduce al cuore di Colui che ti creò, del Padre
tuo, come l’hanno potuto questi piccini! Perciò Io vi dico: “Chi non viene da
Me come questi piccoli, costui non troverà il Padre”»
11. Poi Mi sedetti, e benedissi ed accarezzai
quei fanciulletti, e il piccino che prima in casa aveva parlato al vecchio - il
quale, non riuscendo a sentirsi a suo agio, aveva esclamato: «Che vuol dire?
Cosa significa questo? Come lo dobbiamo intendere? -, rispose alla domanda del
vecchio dicendo: "Padre, vedi, qui è ben più di Elia e più del tuo Messia!
Qui noi abbiamo il Padre stesso, il buon Padre che ci ha portato pane e latte e
vestiti!"»
12. Il vecchio comincia a piangere, ma il piccino, invece, posa la sua
testina sul Mio petto e si mette a baciarlo e ad accarezzarlo, e dopo qualche
istante dice: «Oh! Sì, sì, lo sento; qui, qui in questo petto batte davvero il
Cuore del Padre! Oh, potessi almeno coprire anche questo di baci!»
13. L’interrompe allora il vecchio e gli dice: «Suvvia, figlio mio, non
essere maleducato!»
14. Ed Io gli osservo: «Anzi, divenite tutti così maleducati,
altrimenti non potrete mai avvicinarvi tanto al Cuore Paterno, come ha fatto
questo piccolo e carissimo figlio!».
Cenni agli
evangelisti Matteo e Giovanni. Il Signore designa i dodici apostoli, e per la
prima volta li invia ad iniziare la loro opera missionaria. Importante
spiegazione sugli odierni Vangeli. Causa della sparizione dei Vangeli
originali.
L’intima
essenza delle religioni asiatiche.
(Matteo 10,
1-4)
1. Matteo l’evangelista e Giovanni si avvicinano a Me e dicono: «Signore,
non Ti sembra che si dovrebbe pur prendere nota di queste cose ora accadute,
dato che tutto ciò è troppo straordinario e divinamente puro?!»
2. Ed Io rispondo: «Non ho Io fatto la stessa cosa a Sichar? Non ho Io
provvisto solo pochi giorni fa alla Mia casa nella stessa maniera come alla
casa del Mio diretto discepolo Matteo? Anche allora voi volevate prendere nota
di tutto ciò, ma Io non ve lo permisi perché ho i Miei buoni motivi. Perché si
dovrebbe ora tutto d’un tratto prendere nota di questo avvenimento che è del
tutto identico ai precedenti? Datevi pure pace; Io solo so meglio di qualsiasi
altro quello di cui ha bisogno il mondo, e perciò vi avvertirò Io cosa e quando
dovrete scrivere qualcosa di un nuovo avvenimento! In quanto a te, fratello Mio
Giovanni, passerà lungo tempo ancora prima che venga il tuo turno.
3. Ora però Io voglio scegliere alcuni fra voi, Miei amati discepoli,
parte dei quali Io manderò già oggi nelle città d’Israele per annunciare ai
popoli il Regno di Dio (Matteo 10,1). Tu Simon Pietro sei il primo, e tu
Andrea, fratello di Simone, il secondo; Giacomo, figlio di Zebedeo, tu sei il
terzo, e tu Giovanni, suo fratello, il quarto (Matteo 10,2); il quinto sei tu
Filippo, e tu Bartolomeo il sesto; tu Tommaso il settimo, e tu Matteo, il
pubblicano, sei l’ottavo; tu Giacomo, figlio di Alfeo, sei il nono, e tu
Lebbeo, che ti chiami anche Taddeo, sei il decimo, tu Simone di Cana sei
l’undicesimo, e tu Giuda Iscariota, il dodicesimo. (Matteo 10,4)
4. Io do a voi dodici il potere di cacciare via dagli uomini gli
spiriti immondi e di guarire ogni specie di contagi ed altre malattie. Andate e
predicate dappertutto il Regno di Dio; soltanto di quei certi fatti particolari
non dovete parlare!».
5. E dopo che li ebbi così designati, i dodici discepoli eletti Mi
chiesero in che luogo si dovevano dirigere, quali strade dovevano percorrere e
di che cosa dovevano parlare soprattutto.
6. A tale domanda Io diedi la seguente risposta estesa che non riuscì
troppo gradita ai dodici eletti, i quali solo dopo la Mia Ascensione diedero
pieno ascolto alle Mie esortazioni.
7. Vero è però che queste esortazioni furono da Me fatte in modo tale
che si riferissero principalmente al tempo successivo alla Mia Ascensione, cioè
a quell’epoca appunto nella quale accaddero ai dodici, o meglio ancora a tutti
quelli che allora divulgavano la Mia Dottrina, le cose che Io avevo annunciato
ai dodici.
8. Prima tuttavia di passare all’esteso comandamento dato ai dodici,
devo, per facilitare l’esatta comprensione di tutto ciò nel suo complesso,
farvi presente che come si trovano attualmente tradotti i Vangeli, non esclusi
quelli di Matteo e di Giovanni nei vari idiomi, non sono che estratti del
Vangelo originale, e perciò non contengono, nemmeno da lontano, tutto ciò che
Matteo e Giovanni hanno scritto; anzi qua e là c’è tuttavia qualche piccola
aggiunta di coloro che successivamente raccolsero e copiarono i testi
originali, che furono evidentemente scritte più tardi, come per esempio qui nel
capitolo 10, vers. 4° del Matteo, c’è l’aggiunta dopo il nome del dodicesimo
apostolo: “Il quale poi lo tradì”. Di questo, al tempo in cui Giuda fu nominato
apostolo, Matteo, il quale scrisse il suo Vangelo in Mia presenza, non sapeva
assolutamente nulla, e non poté quindi essere lui l’autore di una simile
aggiunta; questa invece fu fatta successivamente da un trascrittore del
Vangelo.
9. Per questo motivo anche, tanto nelle Scritture ebraiche quanto nelle
greche, figura sempre innanzitutto l’osservazione: “Vangelo secondo Matteo”, “secondo
Giovanni”, ecc...
10. Non deve dunque turbare nessuno se, leggendo Matteo e Giovanni, si
riscontrano dei punti simili i quali non possono essere stati opera
dell’evangelista propriamente detto nell’epoca in cui egli scrisse il Vangelo,
perché i fatti cui tali punti si riferiscono accaddero solo molto più tardi. Ma
ora qui viene riprodotto tutto nell’ordine più rigoroso, ed affinché con il
tempo qualcuno che si compiace di sofisticare non debba saltar fuori con
osservazioni strampalate, Io ho fatto menzione di questa circostanza, qui, nel
punto più adatto.
11. Ma, come in precedenza, anche nel corso di questa Comunicazione
verranno per maggiore chiarezza qua e là aperte delle parentesi, ciò che è
tanto più necessario in quanto parecchie cose importanti, nel trascrivere i
Vangeli, non risultano esposte in modo del tutto corrispondente al vero; oppure
altre invece che al trascrittore sembravano troppo poco autentiche furono
completamente eliminate, poiché in quel tempo molte furono le annotazioni fatte,
in parte da testimoni oculari, in parte in base soltanto a voci raccolte qua e
là, ed era quindi in realtà difficile per il trascrittore onesto e sincero
rimanere in tutto e per tutto pienamente fedele alla verità.
12. E così i Vangeli secondo Matteo e Giovanni sono, salvo alcune
piccolezze, per la maggior parte puri.
13. Certo dal punto di vista di una critica intellettuale si potrebbe
fare la domanda e dire: «Ma dove dunque è andato a finire l’originale dei
Vangeli? È proprio escluso che lo si possa trovare in qualche luogo su questa
Terra? Che sia stato proprio impossibile a Dio far ricomparire alla luce del
giorno il Vangelo originale nella sua integrità, in quel tempo di numerosi
uomini illuminati e compenetrati dallo Spirito Santo?»
14. A ciò serva di risposta quanto segue: «Gli originali sono stati,
con pensiero quanto saggio, fatti scomparire per il semplice motivo che in
questo modo fu evitato che tali reliquie divenissero oggetto di idolatria,
poiché simili cose succedono ancora oggi purtroppo con delle reliquie false,
quantunque tutto ciò venga severamente proibito dalla Mia vera e pura Dottrina,
e precisamente laddove viene avvertito seriamente di “guardarsi dal lievito dei
farisei”. Immaginate ora che si avesse a che fare con una reliquia storicamente
dimostrata autentica! Io ve lo dico: una simile reliquia diventerebbe oggetto
di tanta più idolatria che non rispetto al cosiddetto “santo sepolcro” in
Gerusalemme, nel quale all’infuori della località non vi è attaccato nemmeno un
vero granellino di sabbia. In ciò sta dunque la spiegazione più che evidente
del perché tutti gli originali dei Vangeli siano stati fatti occultare.
15. Per quello che riguarda poi la seconda domanda, vi dirò che quanto
vi era di spirituale negli originali è stato pienamente conservato anche nelle
trascrizioni, poiché alla lettera non va annessa grande importanza, mentre
invece va attribuita unicamente ad uno e allo stesso Spirito. Oppure vi è forse
qualche divergenza nello Spirito di Dio (ciò significa necessariamente in Lui
stesso, perché esiste soltanto UNO Spirito divino), quando Esso, quale unico e
sempre medesimo Spirito, agisce in modo infinitamente vario già su questa
Terra, nelle forme più dissimili le une dalle altre, ed
in modo ancora più infinitamente vario su un corpo solare? Vedete, nonostante
ciò Esso è e rimane in eterno sempre quello stesso ed unico Spirito Santo.
16. Così è anche con le trascrizioni della Mia Parola. Per quanto esse siano nella loro forma esteriore differenti l’una
dall’altra, rimangono tuttavia al loro interno fedeli interpreti di quello ed
unico Spirito sempre uguale a Se stesso, e questo è quanto basta!
17. Considerate ancora, come esempio ulteriore, le religioni di popoli
stranieri, come per esempio quella dei Turchi, dei Parsi, dei Gebri, degli
Indiani, dei Cinesi e dei Giapponesi! Come sono differenti dalla religione che
Io insegnai dal più alto dei Cieli soltanto ai figli! Eppure anche in queste
dimora, sebbene molto più profondamente nascosto, lo stesso Spirito di Dio!
18. Che sulla corteccia, di frequente molto spessa e molto screpolata,
che molti purtroppo scambiano per l’albero propriamente detto, si trovino ogni
specie di cose impure e di insetti e vermi che traggono il loro cattivo
nutrimento esclusivamente dalla corteccia stessa, lo riscontrerà molto
facilmente chiunque abbia anche solo un po’ di conoscenza della natura delle
cose. Infatti la corteccia cresce sempre dall’albero vivente, mai invece
quest’ultimo dalla corteccia; così essa possiede tuttavia in sé qualcosa della
vita dell’albero, ed è comprensibile come in essa e da essa tanti vermi e tante
differenti specie di insetti traggono il loro nutrimento, certo però molto
esteriore ed effimero.
19. Guerre, persecuzioni e devastazioni si susseguono, è vero, ma
soltanto sulla corteccia magra e scarsamente vitale, mentre il legno
dell’albero vivente rimane fresco e sano. E perciò nessuna fibra del legno
vivente si preoccupi per quanto succede sulla corteccia che, in sostanza, non
può chiamarsi altro che morta, poiché la corteccia verrà gettata via, mentre il
legno dell’albero sarà raccolto!».
20. Questa spiegazione qui interposta era necessaria affinché le cose
che seguono possano venire comprese più facilmente e più profondamente. E poiché
per il momento non può più sussistere alcun dubbio a tale riguardo, possiamo
ora passare di buonissimo animo alla questione principale.
Discorso di
Matteo il doganiere ai suoi compagni apostoli. Il Signore dà ai Suoi missionari
istruzioni sul modo di comportarsi durante la futura opera di apostolato.
Scambio di parole di Giuda con Tommaso. Simone di Cana chiede se si possa
accettare il denaro che viene offerto. La Parola del Signore riguardante il
denaro ed i tempi tristi in cui il
denaro sarà il
dominatore.
(Matteo 10,
5-10)
1. Dopo che Io ebbi chiamato i dodici discepoli ad essere Miei
messaggeri e precursori e che ebbi dato loro, mediante l’imposizione delle Mie
mani, ogni potere possibile, nonché spiegato loro sommariamente quello che essi
avrebbero dovuto fare, tutti i dodici eletti Mi fecero nonostante ciò pressanti
richieste perché Io prescrivessi esattamente la maniera in cui essi avrebbero
potuto procedere durante le loro peregrinazioni, ed affinché Io dicessi quale
sarebbe stata la loro sorte nelle diverse località. E il motivo era quello che
essi temevano, e non poco, i molti farisei e scribi.
2. Solo Matteo il pubblicano si mostrò alquanto più coraggioso, e
obiettò alle diverse osservazioni mosse dai suoi compagni preoccupati: «Suvvia!
Io sono greco; a me non potranno tanto facilmente nuocere! Oltre a ciò io
dispongo di una lingua pronta e di due braccia robuste, e sono infine, ciò che
posso sempre dimostrare con documenti autentici alla mano, cittadino romano su
cui nessun sfacciato giudeo può azzardarsi a mettere le mani; in questo modo
almeno, per quello che riguarda eventuali manifestazioni ostili fatte
apertamente, posso sbrigarmela io con loro. Da insidie poi e da tentativi omicidi
saprà ben proteggermi lo Spirito onnipotente del nostro Signore e Maestro,
cosicché io mi trovo a possedere in grande quantità armi eccellenti, perfino
contro i più scaltri nemici, e per conseguenza neanche l’Inferno intero può
farmi paura! In quanto a voi, siete tutti galilei, vale a dire per la maggior
parte avversari del Tempio, e veramente più greci che ebrei; inoltre i romani
vi sono amici. Che cosa avreste dunque da temere in condizioni simili?
Soprattutto noi dobbiamo essere pieni di coraggio e di forza, perché qui si
tratta di assumere un compito infinitamente grande e santo! Vada pure la Terra
in rovina e si sfracelli in mille pezzi; un vero uomo deve, disprezzando la
morte, restare fermo al suo posto, anche sopra le rovine, e non vacillare come
un giunco! Del resto io sono d’accordo con voi che sia conveniente avere chiare
ed esaurienti istruzioni prima di accingerci all’opera, perché noi dobbiamo pur
sapere bene cosa avremo da fare e cosa dovremo dire!»
3. Queste energiche parole di Matteo, il doganiere, ebbero il potere di
infondere negli altri maggior coraggio, e nell’iniziale entusiasmo anzi
sembrava che volessero piuttosto volarsene via che andare a piedi.
4. Allora Io Mi posi nel loro mezzo e dissi: «Raccoglietevi dunque in
spirito ed ascoltate; ora Io vi comunicherò tutto quello che vi è opportuno
sapere, e non vi tacerò nulla di quello che dovete sapere.
5. Questa prima volta che Io vi mando quali Miei inviati, voi non
sperimenterete né vi sarà chiarito tutto ciò che ora sto per comunicarvi, ma
dopo che Io sarò asceso corporalmente da questa Terra ai Miei Cieli per
preparare per voi delle abitazioni eterne nella casa del Padre Mio, allora
comprenderete e sperimenterete tutto quello che ora vi rivelerò in una volta
sola, tanto per il tempo presente quanto per il futuro.
6. Fate bene attenzione, e vedete di imprimervi nella mente cosa
significa “adesso” e cosa “l’avvenire”! Però, quanto ora Io vi dirò, lo
comprenderanno e sperimenteranno pure tutti coloro che dopo di voi calcheranno,
nel Mio Nome, le vostre orme. E tu Matteo lo scrivano devi disporti a prendere
nota per iscritto di tutto quello che Io ora annuncerò, come facesti al
Garizim, poiché tali cose non devono perire per il mondo, dato che le stesse
sono destinate a diventare una testimonianza tremenda contro di esso!»
7. Matteo allora si prepara a scrivere, ed Io dico ai dodici:
«Anzitutto non calcate le vie dei pagani!
8. Vale a dire: “Non procedete, come fanno i pagani, con la violenza,
ed evitate anche i popoli che vi sono noti come troppo incolti ed aridi, poiché voi non dovete predicare il Vangelo del
Regno di Dio a cani e porci; un maiale infatti resta maiale, e il cane fa
sempre ritorno con bramosia al proprio vomito”. Ciò è precisamente quanto ora
Io intendo dirvi consigliandovi di “non procedere per le vie dei pagani”
9. E poi non entrate nelle città dei samaritani! Perché? Perché ad essi
ho già destinato un apostolo, al vostro fianco e sotto ai vostri occhi. In
primo luogo essi non hanno bisogno di voi, e in secondo luogo voi sareste tanto
peggio accolti presso i giudei, qualora questi venissero a sapere che voi avete
qualcosa in comune con i loro più disprezzati nemici (Matteo 10,5). Andate
invece coraggiosamente dappertutto dove si trovino delle pecorelle smarrite della
casa d’Israele! (Matteo 10,6)
10. Quando voi vi presenterete davanti a loro, cominciate a predicare e
ad annunziare loro, in modo che possano comprendere, come il Regno dei Cieli
sia loro giunto vicino (Matteo 10,7). E se essi vi daranno ascolto ed accoglieranno
i vostri insegnamenti, allora risanate i loro ammalati, rendete mondi i
lebbrosi e risuscitate i loro morti, - dove sia necessario, come vi verrà
mostrato dallo Spirito, anche corporalmente, ma dappertutto e soprattutto
spiritualmente!
(N.B. Questa cosa non venne trascritta da Matteo nel suo Vangelo perché
il comandamento del risuscitare i morti va inteso principalmente quale il
ridestare dello spirito.)
11. Cacciate i demoni ed ammoniteli a non tentare un possibile ritorno!
Ma soprattutto che non vi venga in mente di chiedere alcuna ricompensa per i
vostri servizi, poiché in dono voi avete ricevuto questo potere da Me, e così
ugualmente in dono dovete farne scendere i benefici sui vostri simili nel Mio
Nome!» (Matteo 10,8). Questa osservazione Io la feci particolarmente a causa di
Giuda Iscariota, il quale in segreto aveva subito cominciato a fare i suoi
calcoli per vedere all’incirca quello che avrebbe potuto farsi pagare per l’uno
o l’altro servizio reso. Specialmente per resuscitare una persona, cosa a cui
qualche straricco avrebbe tenuto immensamente, voleva esigere mille
libbre!
12. Ma poiché Io avevo scorto rapidissimamente tutto questo lavorìo e
questi calcoli nel cuore del traditore, aggiunsi subito la frase sopra
accennata, alla quale però l’interessato fece una faccia scura, il che non
sfuggì a Tommaso il quale gli stava di fronte, che non poté trattenersi dal
fare questa osservazione: «Che cosa hai dunque? Tu fai proprio la faccia di uno
che vuole esigere degli interessi usurari e che vede però il tribunale tirare
sul suo conto una linea larga un braccio!»
13. Dice Giuda: «A te non deve importare niente che faccia io faccia!
Sta a vedere che infine mi toccherà renderti conto della mia faccia!? Non sono
stato io ora scelto ed eletto al pari di te? Perché dunque continui a
correggermi?»
14. Risponde Tommaso: «Io non ti correggo affatto; spero bene tuttavia
che, date certe occasioni, sarà permesso rivolgerti una domanda? Perché mai non
hai fatto prima una faccia così scura quando il Signore ci impartì ogni specie
di facoltà meravigliose e ci dimostrò come noi possiamo e dobbiamo esercitarle?
Però, come il Signore disse che noi dobbiamo fare tutto ciò senza chiedere
nessun compenso, il tuo viso si offuscò tutto ad un tratto; e perché dunque? Ti
ha colto forse improvvisamente il crampo, per farti contrarre la faccia con
un’espressione così scura? Rispondi apertamente se ne hai il coraggio!»
15. Esclama allora Giuda rivolto a Me: «Signore, fallo stare al suo
posto una buona volta! Altrimenti io sarò sempre fatto bersaglio alle sue
osservazioni le quali, davvero, potrebbero con il tempo offendermi!»
16. Dico Io: «Amico! Se qualcuno incolpa un innocente di un peccato,
questi se ne ride nel suo cuore, perché il suo cuore lo assolve immediatamente
da ogni peccato. Ma se uno rinfaccia, sia pure incidentalmente, al suo simile
qualcosa di cui l’uomo invece è sul serio colpevole, dimmi: riderà quest’uomo
nel suo cuore? Oh no! Te lo dico Io: “Quest’uomo si arrabbierà nel suo cuore
con colui che incidentalmente gli ha rimproverato la sua colpa ed egli non gli
sarà mai più amico!”. Dunque non insistere oltre su tale cosa, altrimenti
finisci con l’ammettere da te stesso il tuo peccato!»
17. Allora Giuda, udendo queste parole, cerca subito di dare un’espressione
possibilmente sorridente al suo viso per non dare a vedere di essere in qualche
modo colpevole!
18. Ma Tommaso mormora fra sé e sé: «O vecchia volpe! Ti conosco bene
io; ed a me non la dai ad intendere!»
19. Ma Simone di Cana Mi chiese: «Signore, che cosa dovremmo fare se
qualcuno per una guarigione da noi operata volesse offrirci dell’oro,
dell’argento oppure dell’altro metallo da conio? Dobbiamo anche in questo caso
rifiutarci di ricevere una simile offerta? Io penso che tuttavia vi sono tanti
poveri ai quali potremmo ben venire in aiuto con questo denaro!»
20. E qui Giuda, che sembra pienamente d’accordo, si lascia sfuggire,
senza che nessuno gli abbia chiesto nulla, la seguente osservazione: «Sì, sì,
questa appunto è anche la mia opinione! Se a qualcuno, per servizi da lui resi,
venisse con insistenza offerto dell’oro, dell’argento o delle monete qualsiasi,
io pure credo che si potrebbe accettarle per lo scopo cui ha accennato Simone
di Cana?»
21. Osservo Io allora: «Non è così, fratelli Miei! Io vi dico: “Voi non
dovete portare né oro, né argento, né monete nelle vostre cinture, poiché un
lavoratore onesto è, anche senza tutto ciò, degno del cibo che riceve!” (Matteo
10,9). Chi però non vuole lavorare, pur essendo in forze per farlo, costui non
ha nemmeno diritto agli alimenti! Infatti sta scritto: “Tu guadagnerai il tuo
pane con il sudore della tua fronte!”. Mentre non sta scritto in nessun luogo
che chi fugge il lavoro si procuri da vivere elemosinando oro, argento o altro
metallo! I deboli, i vecchi e gli infermi devono in ogni caso, secondo la
legge, essere mantenuti ed accuditi dall’intera comunità.
22. Tuttavia è certo che verrà un tempo, ed anzi fin troppo presto
verrà, in cui l’oro, l’argento e simili altre cose domineranno gli uomini e
stabiliranno il loro valore dinanzi al mondo; questi però saranno tempi ben
tristi, perché allora la luce della fede si spegnerà e l’amore del prossimo si
raffredderà e diventerà gelido come il metallo!
23. Per questa ragione voi ora, partendo, non dovete portare con voi né
zaino, né bastone e nemmeno un mantello di riserva! Infatti, come vi ho già
detto, un coscienzioso operaio è anche, senza tutto ciò, meritevole del proprio
sostentamento!». (Matteo 10,10)
Domande di
Giuda e sue obiezioni riguardo a viaggiare senza denaro.
Santi consigli
del Signore: «Siate prudenti senza falsità e pieni di mansuetudine».
Del discorso
giuridico di Giuda, in opposizione ai consigli del Signore.
(Matteo 10, 11-16)
1. Ma Giuda domandò e disse: «Signore, certamente tutto questo sarà
giusto, e non vi è dubbio che presso i paesani noi troveremo e cibo e tetto
senza avere denaro con noi; tuttavia noi dovremo andare anche per città e borgate
dove i sentimenti di ospitalità sono già da lungo tempo totalmente scomparsi.
Come faremo noi in tal caso a cavarcela senza denari?»
2. Rispondo Io: «Quando voi entrate in una città od in una borgata,
informatevi (anche se voi pur sapete quale sia il vostro potere!) se là si
trovi qualcuno che sia degno di voi e che abbia bisogno di ciò che voi potete
dargli! Una volta trovato un tale, rimanete presso di lui finché sia giunto il
tempo di allontanarsi e di andarvene in qualche altro luogo. (Matteo 10,11)
3. Si intende però da sé che voi prima salutiate la casa in cui entrate
(Matteo 10,12), poiché il vero amore procede sempre cortese e dolce in una casa
straniera. Se una casa, cioè i suoi abitanti sono degni di voi, la vostra pace
scenderà su di essi, ma se la casa non è degna di voi, la pace farà ritorno da
voi. (Matteo 10,13)
4. E quando in una casa gli abitanti non vi accoglieranno, né vorranno
ascoltare le vostre parole, allora uscitevene subito da una tal casa, come
anche infine da una simile città, e scuotete perfino la polvere dai vostri
calzari; e ciò sia, un giorno, di testimonianza ben grave contro di essa!
(Matteo 10,14). Perché in verità, in verità vi dico: “Nel giorno del Giudizio,
nell’altro mondo, sarà riservata sorte meno aspra a Sodoma ed a Gomorra che non
ad una simile città! (Matteo 10,15)
5. Vedete! Io vi mando come pecore fra i lupi rapaci; siate sempre
accorti come il serpente, ma nello stesso tempo senza falsità come la colomba
che è il simbolo della dolcezza!» (Matteo 10,16)
6. Ed a ciò Giuda replica: «Ma Signore, in tali condizioni noi faremo,
generalmente parlando, pessimi affari. A che serve nel nostro caso il futuro
Giudizio, nel mondo degli spiriti, nel quale quasi nessuno crede più? Se noi,
con la pienezza dei divini poteri da Te conferitici, non possiamo o non
dobbiamo eseguire, nella maniera più rigida possibile e più rispondente alla
necessità, una sentenza di giudizio a carico di questi lupi rapaci sotto
sembianze umane, tanto vale che rimaniamo a casa nostra! Infatti non appena noi
cominceremo, per quanto poco ad alta voce, a rendere testimonianza di Te
davanti a simili lupi rapaci i quali pullulano specialmente nelle città, allora
noi saremo afferrati, legati e trascinati dinanzi ai tribunali; là verremo
giudicati severissimamente e poi, ammesso che la sentenza non sia
eccessivamente dura, saremo per lo meno flagellati, in presenza degli ebrei,
nelle scuole ed infine, verremo cacciati via dalla città, liberi di andarcene.
Davvero, che per un regalo simile c’è proprio da rendere grazie anticipate! A
che cosa giovano l’accortezza, la verità e l’onestà più perfetta, quando esse
hanno come oppositrice la violenza più arbitraria che infuria nel suo cieco
zelo?
7. Se veramente esistono piena verità ed equa giustizia, di cui
l’umanità oggigiorno non ha nemmeno il più lontano concetto, in tal caso deve
anche presso di noi valere il principio dei romani “Perisca il mondo intero, ma
piena giustizia sia fatta!”. La vera virtù trovi sempre la sicura sua
ricompensa; la menzogna, l’invidia, l’avarizia, la falsità ed ogni altra
ingiustizia trovino invece sempre inesorabile castigo! Se vogliamo ottenere un
qualsiasi risultato con questa perfida umanità quasi generalmente corrotta,
dobbiamo procedere così come gli angeli verso Sodoma e Gomorra! Colui che ci
ascolta e ci accoglie nel Tuo Nome abbia la ricompensa della Tua Grazia, ma
colui che non vuole darci ascolto né accoglierci, su di lui scenda il flagello!
E se qualcuno vuole perseguitarci e trascinarci davanti al tribunale di questo
mondo, cada su di esso un fuoco distruttore dai Cieli e avvenga di lui quello
che a suo tempo è avvenuto degli abitanti di Sodoma e Gomorra!
8. Se Tu, o Signore, ci concedessi di procedere in tal maniera, è
certissimo che noi otterremo dei buoni risultati durante questa nostra missione
ma se invece non dovesse venirci permesso di agire così con l’umanità
estremamente perversa e corrotta, allora tutto il nostro lavoro e tutte le
nostre fatiche sarebbero vane. Noi verremo lapidati e, per quanto ciò sia possibile,
Tu stesso sarai ucciso, e l’immensa moltitudine dei nostri avversari
calpesteranno, sghignazzando ed esultando dalla vittoria, i nostri cadaveri.
Ecco tutto quello che noi potremo conseguire con la nostra inopportuna bontà,
indulgenza e mansuetudine! Per dirla breve, per poter venire a capo di qualche
cosa con Satana, bisogna o imporglisi da assoluto padrone, oppure diventarne
servo in tutto e per tutto, altrimenti non se ne fa nulla!».
Risposta del
Signore ai propositi missionari di Giuda. L’anima di Giuda proviene dal basso.
La vita terrena è la morte dello spirito. Sguardo storico e retrospettivo sul
modo in cui vengono spiritualmente governati gli uomini. Ora è giunto il tempo
piacevole in cui il Signore si manifesta nel dolce alitare del vento. Delle
sofferenze dei missionari.
Citazioni del
libro di Isaia. Conforto degli apostoli.
(Matteo 10,
17-20)
1. Gli dico Io: «Poiché tu sei un uomo di questa Terra, tu parli anche come
tale. Colui però che viene dall’Alto, parla diversamente, perché Egli soltanto
vede e molto ben conosce quello che in ogni tempo è necessario all’uomo,
affinché il suo spirito si renda libero dalla potenza costrittiva e dall’Ira di
Dio, e affinché pervenga alla vera indipendenza e la conservi in eterno!
2. Infatti, la vita di questa Terra non dà allo spirito né vita né
libertà, ma morte soltanto; la morte invece di questa Terra è la rinascita
dello spirito a vita eterna ed a vera eterna libertà!
3. Ma pur volendo parlare dal punto di vista umano, Io ti dico che
tutti i mezzi da te citati, e molti di più ancora, sono già usati con
l’umanità; rispondi tuttavia a te stesso e dimMi dove sono le frutta dorate che
si sarebbero dovuto raccogliere secondo la tua opinione!
4. Cosa è accaduto ai tempi di Noè? Di quanto sono divenuti migliori
gli uomini di questa terra rispetto a com’erano prima di Noè? Che cosa non è
avvenuto poco dopo a Sodoma ed a Gomorra?
5. Eppure, vedi, gli attuali pagani, perfino i Mori ed i Sinniti
dell’estremo oriente, non sono che discendenti di Lot, comprese anche molte
tribù selvagge di Sciti, i quali abitano le regioni settentrionali della Terra
e che sono ormai discesi al livello dell’animale! Come li trovi tu, nonostante
la lezione di cui fu testimone Lot, loro padre?
6. Va’ in Egitto ed osserva quei popoli di quanto sono migliorati dopo
le sette piaghe! Che cosa infine non è stato fatto da Mosè e da tanti altri
profeti?!
7. Per ben quarant’anni Jehova fece languire miserissimamente, in
cattività a Babilonia, gli ebrei diventati troppo malvagi; essi sono stati
trattati come le più spregevoli bestie da soma e nutriti con il cibo che si
getta ai maiali ed ai cani; le belle figlie degli ebrei dovettero lasciarsi
straziare a morte, notte e giorno, dai prepotenti babilonesi, pena la
flagellazione ed ogni specie di altro martirio, ed altrettanto dicasi dei
ragazzi e dei giovanetti i quali venivano dapprima castrati! Va’ là adesso e
domanda a tutti questi ebrei, altezzosi e superbi, quanto migliori siano
diventati dopo una simile lezione!
8. Indicami un’epoca, un anno, un mese, una settimana, un giorno, in
cui il Signore non abbia punito gli uomini, sia singolarmente, sia in generale,
quando accennarono a diventare troppo malvagi! Non c’è una casa che sia stata
risparmiata in tutto il territorio degli ebrei; rispondi dunque a te stesso di
quanto gli uomini nel loro intimo ne siano stati migliorati!
9. Per questi motivi, tu esci fuori con il tuo consiglio davvero troppo
tardi, poiché tutto quello che hai suggerito è già avvenuto ed ha anche operato
nel campo spirituale ciò che poteva operare. Ma per quanto riguarda la vita
esteriore e terrena dell’uomo, considerando la cosa profondamente, non ne può
né deve risultare un effetto rilevante, anche perché a questo solo scopo,
dall’Alto, non venne mai concesso niente.
10. Se Io ora volessi annunciare agli uomini il Vangelo del Regno di
Dio sulla Terra nuovamente fra tuoni e fulmini, allora non avrei affatto
bisogno di voi, poiché nel Cielo vi sono ancora degli angeli assai potenti, in
grandissimo numero, i quali molto meglio di voi potrebbero accingersi ad una
simile divulgazione del Regno di Dio in sulla Terra.
11. Ma ora è giunto invece il tempo di cui ebbe visione Elia mentre
giaceva nascosto dentro la grotta sul monte! Non nel turbine, e nemmeno nel
fuoco procedeva Jehova, ma nel dolcissimo alitar di vento! E questo tempo del
dolce alitare di Jehova davanti alla grotta di questo mondo è ora giunto! Noi
perciò non possiamo né vogliamo procedere fra turbini distruttori, e neppure
fra divoranti fiamme, ma, secondo l’ordine eterno stabilito da Dio, armati
soltanto d’amore, di mansuetudine e pazienza! L’accortezza tuttavia vi sia
sempre di guida, perché Io ben vedo che voi siete ora in procinto di andare
come agnelli fra i lupi rapaci, ma, se sarete accorti, voi potrete tuttavia
ottenere molti buoni risultati!
12. Guardatevi dunque da questi lupi con sembianze umane, e non abbiate
a che fare con loro, poiché saranno appunto essi che vi trarranno davanti ai
loro palazzi del consiglio e che vi flagelleranno nelle loro Scuole, e ciò
tanto prima, qualora voi vi dimostriate insensati e troppo poco accorti!
(Matteo 10,17). Quando un agnello si trova in un balcone della casa dove il
lupo non può raggiungerlo, allora il lupo non può fargli nulla, malgrado la sua
sete di sangue; ma se l’agnello è imprudente, e per osservare più da vicino il
nemico, scende dal balcone sicuro dove si trova, esso dovrà ascrivere a se
stesso la colpa se verrà sbranato e divorato dal lupo.
13. È vero però che più tardi, dopo che Io sarò nuovamente asceso ai
Cieli per preparare per voi abitazioni eterne nella Casa del Padre Mio, vi si
trascinerà dinanzi a principi ed a re a causa del Mio Nome e per testimonianza
contro di loro e contro i pagani (Matteo 10,18), affinché ora sia adempiuto
anche ciò che Isaia, il Mio Profeta, ha profetizzato per tutti i tempi a carico
degli sciocchi potentati della Terra, ed a favore del Mio Regno, da fondarsi
ora su questo mondo, quando egli disse: (Isaia 32,6-20)
14. “Un folle parla di follia e il suo cuore medita sventura, perché
egli produca impostura e predichi errori riguardo al Signore, per affamare
ancora più le anime affamate e impedire agli assetati il bere. Il regnare
dell’avaro è inutile danno, poiché egli trova malizia a sufficienza per
rovinare i poveri con parole di falsità, quando deve trattare il diritto del
giusto. Ma i giusti principi avranno anche pensieri principeschi, e in base a
questi eserciteranno il diritto.
15. Ma alzatevi, voi donne orgogliose, e udite la mia voce! Voi,
figlie, che siete così sicure, porgete orecchio al mio discorso! È questione di
un anno e di un giorno, e voi, che ora siete sicure, tremerete, poiché, se non
c’è vendemmia, non ci sarà neanche raccolta. Impauritevi, voi donne orgogliose!
Infatti il tempo è ormai giunto di spogliare e di cingere i lombi!
16. Si farà lamento per i campi coltivati, sì, per gli ameni campi e
per le fertili vigne; perché sul campo del mio popolo cresceranno spine e
sterpi, e anche su tutte le case di piacere dell’allegra città. I palazzi
saranno abbandonati, e la città deserta di folla, tanto che le torri e le
fortezze diventeranno perpetue caverne per la gioia degli animali selvatici e
per il pascolo delle greggi. E ciò fino a quando su di noi non venga riversato
lo Spirito dall’Alto.
17. Allora il deserto diventerà un campo coltivato, e il campo farà
parte del bosco. E il diritto abiterà nel deserto, e la giustizia alloggerà sul
campo. E il frutto della giustizia sarà la pace, e l’utile della giustizia
saranno tranquillità e sicurezza perpetue.
18. Allora il mio popolo abiterà nelle case della pace, dunque in
abitazioni sicure, e in orgogliosa quiete. Lungo il bosco però rimarrà tuttavia
la grandine, e la città quaggiù sarà una città bassa.
19. Dunque buon per voi ora se seminate diligentemente presso le acque;
là sopra certo potete far passare tranquillamente le zampe degli asini e dei
buoi!”
20. Dunque, quando quei malvagi stolti del mondo vi trascineranno davanti
ai principi insensati di cui fa menzione Isaia, non datevi pensiero di quello
che dovrete dire o di come dovrete giustificarvi, poiché in quell’istante
medesimo vi verrà indicato come dovrete parlare per giustificarvi! (Matteo
10,19). Perché in tal caso non sarete voi che parlerete, ma sarà il Mio
Spirito, che è lo Spirito del Padre, che parlerà attraverso voi! (Matteo 10,20)
21. Però questa cosa vale soltanto per la summenzionata seconda
missione che voi dovrete intraprendere dopo la Mia Ascensione. Per ora la cosa
non vi riuscirà eccessivamente difficile.
22. Come dice in conclusione il Profeta, così dico Io pure a voi:
“Beati voi che avete da seminare sulle rive del mare, poiché su quel terreno
potete condurre con sicurezza i vostri asini ed i vostri buoi, cioè la vostra
diligenza a favore del buono e del vero, ed è per questo che vi ho Io chiamati
ed eletti! Là non incontrerete né re insensati, né donne superbe ed orgogliose,
ma troverete poveri, ammalati, ossessi, zoppi, sordi e ciechi, tanto nel corpo
e quanto più nello spirito; andate da costoro e predicate il Vangelo del Regno
di Dio, e ognuno che crede, guaritelo, e non tacetegli il Mio Nome!”».
Una giusta
domanda: «Qualora, dopo aver seminato la semente celeste di pace e di amore,
germogliasse invece la discordia, che si dovrà fare?». «Non vi preoccupi che
Satana si ribelli!». Ulteriori repliche di Giuda. Ammonimento del Signore ad
avere fiducia, ed incitamenti a divulgare senza timore il Vangelo.
(Matteo 10,
21-33)
1. Dice Simone di Cana: «Signore, io avrei da farTi ancora una domanda
che, almeno a me, sembra di estrema importanza e alla quale vorrei pregarTi di
dare una risposta ancora prima che noi ce ne andiamo; e questo per nostra
istruzione e per tranquillità del nostro animo. Ti piaccia dunque di volermi
ascoltare!»
2. Gli dico Io: «La tua domanda Io la leggo già nel tuo cuore più
precisamente ancora di quanto tu possa esporla; ciò tuttavia non ti sia di
impedimento ad esporla a viva voce a motivo dei fratelli! Infatti tale domanda
è davvero di grande importanza e degna veramente di un giudeo incorrotto.
Esprimi dunque pure apertamente quello che ti pesa sul cuore»
3. E Simone di Cana così comincia: «Ebbene, poiché tale è anche la Tua
Volontà, ascoltatemi bene voi tutti. La domanda è questa:
4. “Ora noi ce ne andiamo da coloro che hanno bisogno di noi; là
predicheremo quello che Tu hai insegnato sul monte. Questo Tuo Sermone della
montagna è quanto mai di più puro e divino si possa immaginare, e quindi
straordinariamente vero e celestialmente buono. Però questo Sermone sta, in
grandissima parte, assolutamente in opposizione alla dottrina antica di Mosè.
5. Ora io conosco bene quasi tutte le località situate sulle sponde del
vasto Mare di Galilea, e certo non meno bene conosco anche le popolazioni che
là risiedono. È vero che fra quella gente ce n’è molta, che già da lungo tempo
ha abbracciato le teorie di Pitagora e girato le spalle a Mosè ed a tutti i
Profeti, e questi tali non sarebbero affatto tanto pericolosi per la Tua nuova
Dottrina. Ma d’altra parte ci sono anche una quantità di famiglie le quali, per
così dire, sono attaccate per la vita e per la morte a Mosè, o propriamente
meglio ancora al Tempio, e questo vale in generale di solito più per i vecchi
che per i giovani, anche se non è raro il caso contrario. Se i figli di simili
ebrei ortodossi accoglieranno bene la Tua Dottrina, in molte sue parti ostile
al Tempio, ma, con molta probabilità, non così i loro genitori; che cosa
accadrà allora?
6. I genitori incolperanno i loro figli di disobbedienza a Mosè e li
malediranno, cose queste assolutamente non rare presso tali ebrei ortodossi e
fanatici!
7. Ora, se un fatto simile dovesse accadere, e senza dubbio anche
accadrà davanti ai nostri occhi, come dovremo comportarci noi? Infatti è
senz’altro da prevedersi che da genitori di questa specie noi saremo
perseguitati e maledetti come nessun altro lo fu mai.
8. Certamente, nel caso opposto, la cosa dovrebbe riuscire più facile,
poiché i figli, già in forza delle leggi politiche vigenti non possono
comandare ai genitori. In tal modo, dunque, assieme alla benedizione noi
semineremo anche discordie, contese, ira, odio e sete di vendetta, e ci
attireremo l’odio, la persecuzione e le maledizioni di migliaia di persone. Chi
ci compenserà di un tale danno e chi ci toglierà di dosso queste molteplici
maledizioni?!”»
9. Gli dico Io: «Queste considerazioni non vi rattristino eccessivamente!
Vedete, dal Cielo non scende soltanto il mite raggio di primavera che vivifica
ogni cosa, ma scendono anche uragani e grandine e lampi e tuoni.
10. Ora, ciascuno apprezza e loda il vivido raggio di sole, ma nessuno
invece se la sente di magnificare la grandine, i tuoni, i fulmini e l’uragano;
l’inverno giunge sempre troppo presto per tutti, ma pure l’inverno è per tutti
più salubre della primavera, e l’uragano, la grandine, i tuoni ed i fulmini
sono altrettanto necessari quanto il dolce del tramonto!
11. E ancora Io vi dico: “Così avverrà e così deve avvenire che per
amore del Mio Nome il fratello manderà a morte il fratello, e così pure il
padre il proprio figlio, e i figli si scaglieranno contro i loro genitori ed
affretteranno la loro morte!” (Matteo 10,21). E per il Mio Nome voi stessi
sarete odiati da ognuno che sia veramente di questo mondo, nello stato in cui
si trova attualmente.
12. Ma chi fra voi non si sarà scandalizzato e persevererà invece fino
alla fine sarà beato (Matteo 10,22), perché Satana non si lascerà strappare
così facilmente la preda fuori dagli artigli! Mi avete compreso?»
13. Obietta Giuda: «Va di bene in meglio! Se questa nostra missione
deve attirarci l’odio di tutti, Dio ci guardi da tale impresa! Chi vuole, corra
pure a cercare felicità dove ferve battaglia! Presso coloro che ci odieranno
avremo certamente l’accoglienza e il trattamento che la calda estate riserva
alla neve! Signore, se parli proprio sul serio, allora da persona semplice come
sono, e che tuttavia ha fatto qualche esperienza, devo dirTi questo: “Rimani
tranquillamente a casa, e noi con Te, perché questa semente non germoglierà e
non porterà alcun frutto! Ascolta! Quando in una città qualunque saremo con le
nostre prediche e le nostre opere arrivati al punto da farci odiare da tutti
come la morte, cosa ci resterà da fare poi? Dobbiamo per giunta forse lasciarci
tranquillamente ammazzare? E ammesso questo, chi propagherà dopo ulteriormente
la Tua Dottrina? Pensa dunque un po’ a cosa Tu pretendi! Ma, per la chiarissima
luce del Cielo, non vedi che con ciò Ti rendi assolutamente impossibile, e che
Tu stesso diventi il Tuo proprio più feroce nemico e persecutore? Dove, ma dove
in tutto il mondo c’è qualcuno il quale, odiandomi più che la morte, volesse prestarsi
ad ascoltare la mia predica che scatenerebbe in casa sua tutte le discordie
possibili, ed odio, ira e spirito mortale di vendetta? Parla dunque, e dì che
cosa si dovrebbe fare in un simile inevitabile frangente?»
14. Gli rispondo Io: «Tu parli sempre secondo il tuo intelletto, noi
invece parliamo secondo il nostro. Tu giudichi e comprendi ogni cosa nel senso
materiale e rozzo di questo mondo, mentre qui si parla un linguaggio spirituale
e celeste.
15. Ma se tu e qualcun altro ancora insieme a te avete una così grande
paura degli uomini, allora fuggite dalla città nella quale vorranno
perseguitarvi, e andate in un’altra! Perché, in verità vi dico: “Voi non avrete
di gran lunga predicato in tutte le città d’Israele,
quando Io farò di nuovo ritorno a voi, quale Figlio dell’uomo (Matteo 10,23) e
quale Colui che susciterà in ciascun cuore un giudizio e un fuoco divoratore, e
che nel petto del sacrilego ecciterà il verme maligno, e il fuoco non si
estinguerà mai più, né mai più morrà quel verme; voi tuttavia sarete in ciò
giustificati. Infatti guai, guai un giorno a tutti coloro che vi avranno
perseguitati e che vi avranno messo le mani addosso!»
16. Ribatte nuovamente Giuda: «Eh sì, quando ci avranno ammazzati,
allora avrai un bel venirci dietro! Ma se Tu ci hai già dato il potere sopra
gli spiriti maligni e la facoltà di sanare ogni genere di malattie, perché non
ci concedi contemporaneamente anche il potere sugli uomini malvagi, dei quali
uno solo è non di rado peggiore di tutti i maligni spiriti presi assieme, che
abbiano mai preso dimora nei corpi degli uomini e fattavi vita da parassiti?
Dacci la facoltà di far sorgere fuoco dalla terra sotto ai piedi di coloro che
ci perseguitano, ed in breve tempo noi Ti convertiamo tutto il mondo!»
17. Gli dico Io: «Vuoi dunque essere più di quello che è il tuo Signore
e Maestro? UditeMi voi tutti: “Il discepolo non è più del suo Maestro, né il
servitore più del suo Signore!”. (Matteo 10,24). Basti al discepolo essere come
il suo Maestro, e così pure al servitore essere come il suo Signore.
18. Ora, se il vostro Maestro e Signore non si avvale di mezzi
straordinari e violenti per costringere gli uomini ad accettare la Sua
Dottrina, perché dovrebbero voler farlo i Suoi discepoli e servitori? Ma se gli
uomini di questo mondo hanno chiamato Me “Belzebù”, che sono Signore e Capo di
famiglia dall’Eternità, quanto più chiameranno voi con tale nome, che siete
Miei familiari?! (Matteo 10,25)
19. E perciò non dovete nemmeno avere timore di loro, perché li
conoscete. Pensate voi forse che rimarrà per Me nascosto quello che sarà fatto
a voi? Io ve lo dico: “Nessuna cosa è tanto nascosta che non possa essere
scoperta dinanzi a Me, e ugualmente non vi è niente di così segreto che Io non
lo possa sapere”. (Matteo 10,26)
20. Dato dunque che ai Miei occhi non può rimanere nascosto nulla di
tutto ciò che si macchinerà e si vorrà fare contro di voi, potete per
conseguenza essere sempre certi che il Mio aiuto vi sarà vicino! Abbandona
forse la leonessa i suoi nati nell’ora del pericolo, e non espone la propria
vita per ciascuno di essi qualora si voglia rapirglieli? Non saprò dunque
anch’Io proteggere voi con la Mia Vita, nel momento del pericolo?!
21. Perciò non temete gli uomini del mondo! Quello che Io vi insegnai
nella notte dichiaratelo voi a costoro alla luce del giorno; e quello che Io in
segreto dissi all’uno od all’altro di voi all’orecchio del vostro cuore,
predicatelo ora dai tetti (Matteo 10,27), e non abbiate dunque alcun timore di
tutti coloro che possono bensì, come fanno gli animali feroci, uccidere il
corpo, ma che non possono uccidere né arrecare alcun danno all’anima che sola
vive ed ha vita!
22. Se proprio nel vostro cuore deve dimorare un timore, sia questo
piuttosto il timore di Colui che è Signore anche delle vostre anime, e che può,
quando Lo voglia, giudicarle degne dell’Inferno! (Matteo 10,28). E Questo voi
lo conoscete già, perché è appunto Colui che ora vi parla!
23. Guardate qui, davanti a noi c’è un granaio tuttora coperto! Vedete
come vi saltellano sopra allegramente i passeri; essi volano ora in alto ora in
basso, e sembra veramente che cadano giù dal tetto! Al mercato se ne comprano
due per un quattrino; com’è esiguo dunque il loro valore! Eppure non uno di
essi cade a terra dal tetto senza il volere del Padre che è nei Cieli (Matteo
10,29).
24. E vi dico ancora “Perfino i capelli del vostro capo sono tutti
contati (Matteo 10,30) e nemmeno uno cade giù senza che il Padre vostro lo
sappia e lo voglia!”. Ora, se il Padre si cura in tal modo di cose che a voi
appaiono di tanto poco valore, come potrà Egli non pensare a voi, chiamati a
diffondere la Sua Parola e la Sua Grazia?
25. Vano dunque è il vostro timore; banditelo quindi per sempre dal
vostro cuore, poiché voi siete certamente più di molti uccellini. (Matteo
10,31)
26. Andate perciò senza altre paure, e rendete testimonianza di Me
dinanzi agli uomini! In verità, Colui che Mi avrà riconosciuto davanti agli
uomini Io altresì lo riconoscerò davanti al Padre Mio che è nei Cieli! (Matteo
10,32). Ma invece chiunque di voi per un vano timore Mi avrà rinnegato davanti
agli uomini Io altresì lo rinnegherò un giorno davanti al Padre Mio che è nei
Cieli» (Matteo 10,33)
27. E qui Giuda prende nuovamente la parola e dice: «Tutto ciò è quanto
mai bello e saggiamente detto, ed è pure certo che queste cose sono
profondamente vere; ma a che giovano? La Tua Dottrina è senza dubbio
semplicemente meravigliosa, pura e vera; a questo proposito noi non abbiamo più
bisogno di perdere nemmeno una parola, ed anche le Tue opere dimostrano, almeno
per noi che ci troviamo qui riuniti, più che a sufficienza Chi in fondo in
fondo sia Colui che le compie. Però, considerato il modo di procedere che ci
viene prescritto, tanto la Dottrina in se stessa, quanto le Opere non soltanto
non troveranno che difficilmente una generale accoglienza più o meno
favorevole, ma al contrario, visto che esse sono davvero atte a suscitare la
discordia in ogni famiglia in cui si volesse introdurle, saranno perseguitate
nel modo più severo, se non addirittura proibite dai poteri di stato, e noi
saremo messi nell’impossibilità di parlare e di agire. Cosa accadrà poi? Quando
noi, chiamati a divulgare su questa Terra la Tua Dottrina e le Tue Opere,
avremo certo, e come ben prevedo, assai presto esaurito le nostre energie e
terminato di lottare, lapidati da una pioggia di pietre, oppure sotto la spada
o nel fuoco, se non pur sulla croce o in una fossa di leoni, chi subentrerà al
nostro posto e proseguirà la nostra opera?».
Importantissimi
consigli riguardo alla vita degli uomini ed al modo di comportarsi con questi.
«Chi ama qualsiasi cosa più di Me, non è degno di Me». La lotta è necessaria al
mondo. Promessa di ineffabili gioie ai fedeli nell’amore in Dio.
(Matteo 10,
34-39)
1. Rispondo Io: «Te l’ho già detto che tu parli sempre secondo le tue
idee mondane. Concedere al mondo la pace equivarrebbe a dargli più morte ancora
di quanto esso ne possegga ora in abbondanza.
2. Se tu vuoi aiutare un cieco a recuperare la vista, lo guarirai forse
cavandogli gli occhi; e lo zoppo potrà camminare diritto se tu gli tagli via il
piede ammalato? Oppure il muto acquista la parola, facendogli strappare la lingua?
Oppure infine, generalmente parlando, si può curare la peste con dell’altra
peste, e spegnere le fiamme con un fuoco ancora maggiore?!
3. Vedi, precisamente così succede in questo tempo con gli uomini del
mondo! Spiritualmente sono morti, ed all’infuori della vita animale non hanno
in sé altra vita. La loro anima è pura carne, e il loro spirito può benissimo
chiamarsi morto e simile a quegli spiriti che sono confinati nella pietra e che
con la loro obbligata ostinazione tengono unita la materia la quale altrimenti
sarebbe molle e cedevole. Per questo motivo avviene che le pietre si presentino
varie per qualità e aspetto, più tenere e più dure, alcune trasparenti, altre
opache e di colori quanto mai differenti, secondo le proprietà dello spirito
che vi si trova incarcerato.
4. Ora, se tu volessi liberare gli spiriti della pietra dalla loro
materia, credi forse che riusciresti nel tuo intento adoperando dell’acqua
tiepida? Certamente no; ed Io ti assicuro che, con un simile trattamento
moderato e pacifico, la pietra rimarrà perfettamente quello che è sempre stata
e che tuttora è. Per raggiungere tale scopo si deve far agire un fuoco potente,
affinché gli spiriti si scuotano ed entrino in uno stato di violenta
agitazione, solo allora si sciolgono da soli dai lacci della loro materia e
diventano liberi. Ed altrettanto è opportuno che avvenga qui, nel nostro caso!
5. Quelle forze che consentono agli spiriti costretti nella pietra di
liberarsi con il fuoco, con la lotta violenta, con potente pressione e colpi
fortissimi, risvegliano anche gli spiriti nei cuori umani divenuti veramente
dura pietra e li rendono liberi, particolarmente i cuori dei ricchi e dei
potenti che sono duri come il diamante e che nessun fuoco terreno riesce a
destare.
6. Per conseguenza imprimetevi bene in mente quello che Io vi dico:
“Abbandonate ogni sciocca e ridicola illusione che per mezzo di voi, Miei
discepoli e servitori, Io sia venuto forse a portare agli uomini di questo
mondo la pace terrena! No; non la pace Io porto al mondo, ma la spada! (Matteo
10,34)
7. Udite e comprendete bene! Io sono venuto per suscitare il figliolo
ancora tenero e flessibile contro la durezza troppo spesso inflessibile di suo
padre; la figlia modesta contro la propria madre ambiziosa, e la mite nuora contro
la suocera avara ed invidiosa!” (Matteo 10,35). Sì, i familiari stessi
dell’uomo dovranno diventare i suoi più accaniti nemici! (Matteo 10,36)
8. In verità, in verità vi dico: “Chi ama suo padre e sua madre più di
Me, non è degno di Me, e colui che ha figli e figlie e li ama più di Me, non è
degno di Me! (Matteo 10,37). E colui che non prende volonterosamente su di sé
il proprio carico, anche se questo gli grava sulle spalle come la croce dei
romani, e non Mi segue, costui poi non è affatto degno di Me e non avrà alcuna
parte al Regno di Dio! (Matteo 10,38)
9. In verità, in verità vi dico che chiunque cerca la vita di questo
mondo e la trova anche facilmente, costui perderà la vita eterna, ed Io non lo
risveglierò a vita eterna il giorno del giudizio, subito dopo la morte del
corpo, ma lo dannerò bensì ad eterna morte nell’Inferno!
10. Chi invece non soltanto non cerca la vita terrena, ma la fugge e
disprezza per vero e puro amore verso di Me, costui troverà la vita eterna
(Matteo 10,39), poiché Io lo farò subito risuscitare nel giorno della morte del
suo corpo che sarà il suo giorno del giudizio e il nuovo giorno della nuova
vita nel mondo degli spiriti, ed Io lo condurrò nel Mio eterno Regno e adornerò
il suo capo con la corona della sapienza e dell’amore eterni ed
indistruttibili, ed egli regnerà poi in eterno con Me e con tutti gli angeli
dell’eterna immensità dei Cieli sopra tutto il mondo sensibile e spirituale!”».
Cenni riguardo
alla grandezza del mondo materiale e del mondo spirituale. Della dignità e
della meta altissima dei figli di Dio. Unico mezzo di prova possibile per
rilevare che la Parola è divina. Il mistero divino nell’uomo.
(Matteo 10,
40)
1. Domanda Simone di Cana: «Signore, Non potresti Tu forse dichiararci
dove si trovi veramente questo Cielo nel quale dimorano gli angeli, quanto
grande esso sia e quanto grande altresì possa essere il mondo sensibile che Tu
hai menzionato?»
2. Gli dico Io: «Amico, tu sei cieco se non vedi ciò e non lo
comprendi! Io dissi pure che il Cielo è infinitamente grande; come puoi dunque
ancora domandare quale sia la sua grandezza? Il Regno dei Cieli,
spiritualmente, è dappertutto nell’eternità del tempo e dello spazio
altrettanto infinitamente esteso quanto questo complesso sterminato di mondi,
del quale tu con il tuo occhio non puoi percepire che la parte più
infinitesimamente piccola.
3. Questa Terra, il sole grandioso, la luna e tutte le stelle sono
altrettanti corpi celesti di enormi dimensioni, taluni parecchie migliaia di
migliaia di milioni di volte più grandi di questa Terra; tutto ciò, preso
assieme e paragonato alla sconfinata grandiosità della Creazione del mondo
sensibile, non è nei rapporti di grandezza e di estensione nello spazio di gran
lunga neppure quello che è la più piccola goccia di rugiada in confronto alla
totalità del grande mare terreno, la cui superficie è pure talmente vasta che
un buon navigatore, anche se vivesse il doppio di Matusalemme, non giungerebbe
a percorrerla in tutti i suoi punti. Ma il mondo materiale fino ad ora, quello
che è già stato creato, ha tuttavia dei limiti, al di là dei quali si estende
ancora nell’immensità uno spazio eterno, senza confini, in confronto alla cui
sterminata estensione da tutti i lati il mondo sensibile menzionato fino ad
oggi creato sta, nel suo complesso, come un attimo del tempo in rapporto
all’eternità.
4. Il mondo spirituale è poi in sé altrettanto infinito quanto lo è lo
spazio eterno che non ha fine in alcun punto!
5. Quantunque lo spazio non abbia in eterno ed in nessun luogo una fine
e sia per conseguenza, nel senso più vero e perfetto, infinito in tutte le
direzioni, ciononostante non vi è nelle sconfinate ampiezze e profondità dello
spazio neppure un punto impercettibile dello spazio stesso, dove lo Spirito
della Sapienza e Potenza divine non sia tanto bene presente quanto lo è ora fra
voi in questo luogo. I veri figli di Dio, i quali si distinguono nel giusto e
sincero amore verso di Lui, il Padre Santo fin dall’eternità, nonché nel puro amore verso il prossimo, riceveranno
nell’aldilà, nella grande Casa del Padre, la potenza e la forza di popolare
sempre maggiormente, con nuove creazioni, lo spazio che non ha mai in nessun
luogo fine!
6. Ma voi siete ancora troppo carenti d’intelletto e non potete
comprendere quello che vi ho detto ora. Tuttavia, in generale aggiungo: “Nessun
occhio mortale può vedere, nessun orecchio udire, né alcun senso di questa
Terra può percepire quello che nell’aldilà, nel Regno dei Cieli, è preparato
per coloro che divengono degni di essere chiamati
figli di Dio!
7. Infatti dinanzi agli occhi dei veri figli di Dio, lune, terre e soli
si libreranno negli spazi come un pulviscolo scintillante!”
8. Di conseguenza non limitatevi ad ascoltare la Mia Parola, ma operate
piuttosto come essa vi insegna!
9. Solo dall’azione secondo la Mia Parola riconoscerete se quello che
ho detto e tuttora dico a voi vi sia pervenuto dalla bocca di un uomo oppure da
quella di Dio! (Giov.7,17)
10. Ma nello stesso modo in cui voi stessi dovete anzitutto dimostrare
di mettere veramente in pratica la Mia Parola se volete riuscire a comprendere
in maniera vivificante nei vostri cuori Chi sia Colui che vi ha dato questa
Dottrina, nonché il comandamento dell’amore; così dovrete ugualmente incitare
all’azione tutti coloro ai quali annuncerete la Mia Parola, poiché, finché la
Parola rimane racchiusa solo nel cervello, non ha maggior valore di quanto ne
abbia il vuoto ragliare dell’asino il quale pure con la sua voce perviene alle
orecchie altrui.
11. Soltanto quando la Parola penetra nel cuore diviene forza viva, si
impadronisce subito della volontà la quale è il centro di gravità dell’amore, e
con ciò incita l’intero uomo all’azione.
12. In seguito poi a tale attivo operare si forma nell’uomo vecchio un
nuovo uomo, e la Mia Parola si converte allora veramente in nuova carne ed in
nuovo sangue!
13. E sarà quest’uomo nuovo in voi che vi renderà ad alta voce
testimonianza che le Mie parole sono veramente parole di Dio, le quali oggi ed in tutti i tempi dei tempi hanno la stessa potenza e
forza di azione come le hanno avute prima di oggi nelle eternità delle
eternità, poiché tutto quello che voi percepite con la vista, con l’udito, con
l’odorato, con il gusto e con il tatto non è altro, nella sua essenza, che la
Parola di Dio.
14. Colui che da eternità comandò di esistere,
fuori da Se stesso, a soli, terre e lune, e segnò le loro ampie orbite negli
spazi, Costui ora dirige voi verso le nuove vie della vita eterna!
15. Io però aggiungo ancora e dico: “Chi accoglie voi, accoglie anche
Me; ma chi accoglie Me, accoglie pure Colui che a voi Mi ha mandato!” (Matteo
10,40); e questo voi dovete comprenderlo bene!».
Ulteriori istruzioni
date agli apostoli riguardo alla loro missione ed al modo di comportarsi. Della
continuità della missione profetica e dei veri e falsi profeti.
La prima
partenza degli apostoli per le località d’Israele.
Promessa di
altra luce per il tempo successivo al ritorno degli apostoli.
1. Ma Io vi dico di più ancora: «Voi sapete che ora, come in ogni
tempo, vi sono e vi sono stati dei profeti, e ve ne saranno fino alla fine del
mondo, presso tutti i popoli della Terra, qualunque sia la fede che essi professano,
poiché, anche se tutti i vincoli esistenti fra Cielo e Terra dovessero venire
distrutti, soltanto per mezzo dei profeti verrà sempre mantenuto intatto un
misterioso legame, che nessuna potenza tenebrosa sarà mai in grado di
annientare.
2. È bensì vero che vi sono stati, vi sono e vi saranno sempre fra i
veri anche dei falsi profeti, però questo fatto non pregiudica assolutamente,
oppure soltanto in minimissima parte, la causa del vero profeta suscitato dal
Cielo, poiché il vero profeta smaschera fin troppo presto il bugiardo davanti
al mondo, e il bugiardo non potrà mai sfuggire alla
punizione del Cielo.
3. Ma quando un vero profeta entra in una casa e vi viene
accolto come tale, colui che lo accoglie quale vero profeta, oppure accoglie un
inviato del profeta nel nome di costui e che ascolta le sue parole e di queste
fa tesoro nel proprio cuore, costui riceverà nell’aldilà, nel Regno di Dio, la
retribuzione di profeta; e colui che accoglie un giusto nel nome di un giusto,
vale a dire qualcuno che abbia la fama e gli spetti quindi il nome di giusto,
oppure anche non goda tale fama ma chi lo accoglie riconosce in lui un giusto e
lo accetta come tale, senza tentarlo per avere la prova che egli sia
propriamente un giusto, costui riceverà un giorno nel Regno dei Cieli la
ricompensa del giusto. (Matteo 10,41)
4. Ed infine Io vi dico ancora: “Guardate questi piccoli qui che
amorosamente Mi circondano! Ebbene, chiunque avrà dato anche un solo bicchiere
d’acqua al più piccolo di questi piccoli, nel nome di un discepolo, in verità
vi dico che anche una tale azione, per quanto insignificante in se stessa, non
rimarrà per lui senza ricompensa!”. (Matteo 10,42)
5. Ora dunque voi avete tutto ciò che vi è necessario per lo scopo al
quale vi ho eletti; andate ormai tutti nelle città che Io vi ho indicato,
insegnate a conoscere il Regno di Dio a coloro che vi abitano, ed operate
quello che ora vi ho detto e nel modo come ve l’ho prescritto; la vostra
ricompensa un giorno non sarà certo esigua.
6. Quando però avrete compiuto l’opera affidatavi nelle città di
Israele, di cui non se ne contano molte, allora fate di nuovo ritorno da Me; Io
vi inizierò poi in segreti più profondi del Regno di Dio, perché a voi sarà
dato allora di comprendere tali misteri che sono propri del Regno di Dio»
7. Domanda allora Pietro: «Signore, noi dodici dobbiamo procedere tutti
assieme, oppure andare ognuno per sé, l’uno in questa e l’altro in quell’altra
città e anche nelle borgate e villaggi?»
8. Rispondo Io: «Ciò dipende da voi, ma meglio sarebbe se ve ne andaste
per lo meno in due o tre assieme, affinché l’uno possa servire da testimone
all’altro; oltre a ciò il Mio Spirito agirà con maggiore potenza attraverso
voi, quando sarete riuniti nel Mio Nome in due o tre in un luogo qualsiasi, per
insegnare ed operare.
9. Che voi dobbiate rimanere precisamente tutti e dodici assieme,
questo non è in primo luogo affatto necessario, ed in secondo luogo voi, in tal
caso, tanto più difficilmente trovereste accoglienza in una casa qualunque, a
causa dello spazio e delle provviste. Per questo motivo dividetevi in gruppi di
due oppure di tre! Però sceglietevi prima le città, le borgate e i villaggi, e
mettetevi d’accordo su quelli che ognuno di voi vuole prendere!
10. In tal modo voi potrete comparire in diverse città
contemporaneamente, guadagnando così molto tempo, e tanto più presto potrete
poi fare ritorno da Me; se sarete zelanti, vi sarà facile terminare il vostro
compito in sette settimane, forse anche prima. Ma ora è tempo che partiate,
poiché adesso ogni ora ha il suo valore!»
11. Dice Giuda Iscariota: «Signore, il sole è già quasi vicino al
tramonto; non c’è ormai più di mezz’ora di luce, e da qui fino a una qualsiasi
delle località circostanti è molto lontano. Per raggiungere il più vicino villaggio
bisogna camminare due buone ore; non sarebbe dunque la stessa cosa se noi ci
mettessimo in cammino domani di buon mattino?»
12. Rispondo Io: «No, amico Mio, perché ogni minuto di ritardo potrebbe
arrecare danno! Voi raggiungerete oggi, dopo il tramonto, una borgata che giace
dietro la montagna ad oriente rispetto a qui, là si avrà bisogno del vostro
aiuto immediatamente, e vi troverete poi una buona accoglienza; però non
fermatevi in quel luogo più di tre giorni, e così anche neppure in un’altra località,
senza una reale necessità. Fino alla borgata di cui vi dissi ora restate tutti
uniti, ma giunti là, separatevi!».
13. Dopo queste Mie parole i dodici si avviarono subito di buon passo, abbandonando
il villaggio prima in rovina, ma poi riedificato meravigliosamente per la Mia
Grazia, e gli abitanti misero a loro disposizione un paio di guide per
accompagnarli e per indicare loro la via più diretta, che conduceva alla
suddetta borgata.
Il primo episodio del viaggio missionario degli apostoli.
Scena con gli abitanti in lacrime e gli estortori di tasse mandati da Erode.
Efficaci e serie parole di Pietro. Il Giudizio di Dio scende sugli estorsori.
Buon successo della missione. Gli
estorsori convertiti di Erode, quali buoni testimoni degli apostoli.
1. Quando i dodici, dopo circa due ore di cammino, arrivarono al borgo
summenzionato, trovarono la popolazione raggruppata davanti alle porte,
disperata e piangente, e il lamento di alcuni era poi grandissimo, perché la
borgata era stata invasa dai funzionari di Erode incaricati dell’estorsione
delle imposte, e questi stavano appunto saccheggiando le case, e ai genitori
che non erano in grado di pagare, portavano via con la forza i loro figli più
cari e più belli, legavano assieme questi fanciulli
con delle corde come fossero animali da macello, e li gettavano poi sui carri
tirati da buoi che essi avevano condotti con sé. I discepoli informati su
queste infamie, si rivolsero a Me nel loro cuore.
2. Essi percepirono chiaramente nel loro cuore le parole: «Quello che
voi volete, accadrà ben presto!»
3. E come essi ebbero udito queste parole, dissero agli afflitti
abitanti della borgata: «La pace sia con voi! Venga a voi il Regno di Dio del
quale noi siamo i divulgatori nel Nome del Signore! Venite con noi nella vostra
borgata, e noi tratteremo per voi la cosa con questa gente di Erode, ingiusta e
spietata!»
4. Gli abitanti esclamano: «Oh, voi non troverete un orecchio solo
disposto ad ascoltarvi! Infatti coloro che sono venuti qui per estorcere i
tributi più ingiusti, non sono uomini, ma bestie feroci e selvagge, i quali vi
assaliranno!»
5. Dice Pietro: «Cari fratelli, accettate quello che noi vi offriamo,
il resto lo farà bene il Signore per nostro mezzo! Non sperate da noi né oro né
argento, però quello che abbiamo l’otterrete anche voi da noi. Ma ora
affrettiamoci ad entrare nel paese, affinché quei figli non debbano soffrire
troppo a lungo!»
6. Quando i discepoli assieme agli abitanti giungono nell’interno della
borgata, scorgono subito parecchi carri colmi di cose di ogni genere; alcuni
carichi di fanciulli, ed altri stipati di pecore e vitelli, e gli estorsori
delle imposte hanno nel frattempo già dato il segnale della partenza senza
badare affatto alle grida e ai lamenti disperati dei fanciulli legati sui
carri.
7. Allora Pietro avanza verso il comandante di quella gentaglia, ed
esclama in tono serio ed energico: «Miserabile! Con quale diritto commetti tu
simili infamie? Non sai dunque che sopra di te vive un Dio onnipotente il Quale
può annientare in un istante te assieme ai tuoi complici? Metti subito fine a
questi abomini, restituisci tutto quello che hai preso, altrimenti nel punto stesso
dove ti trovi vedrai scendere su di te tutta l'asprezza dell’Ira di Dio!»
8. Dice il capo degli estorsori a Pietro: «Chi sei tu che ti azzardi a
parlare con me in tale maniera? Non sai forse quanta autorità mi sia stata
conferita da Erode, il quale a sua volta l’ha ottenuta dall’imperatore di Roma
in base ai patti di appalto per queste regioni? E non sai forse neppure che io
posso far morire immediatamente e senza bisogno di ricorrere prima a tribunali,
chiunque sia che voglia intralciarmi il cammino? Vattene dunque! Una sola
parola ancora, e la spada avrà avuto ragione della tua sfrontatezza!»
9. Esclama Pietro: «Ebbene dunque, dal momento che tu, quantunque
figlio di Giacobbe, non sei più un uomo ma un animale selvaggio e rapace,
scenda il Giudizio di Dio e colpisca te ed i tuoi complici! Infatti io, che ti
annunciai queste cose, sono un inviato di Dio, come lo sono coloro che si
trovano con me! Quello che tu intendevi fare a me, perché io volevo, nel Nome
di Dio, impedirti di commettere misfatti, è come se tu avessi voluto farlo a
Dio stesso, e perciò avvenga su di te il Giudizio di Dio! Così sia!»
10. E come Pietro ebbe con grande fervore pronunciato queste parole,
fuori dalla terra uscirono fiamme che avvolsero il comandante e lo annientarono
in un attimo. A simile spettacolo i suoi aiutanti furono colti da tale spavento
che caddero in ginocchio davanti a Pietro e promisero di fare tutto ciò che
egli avrebbe imposto, purché egli avesse concesso grazia e risparmiato loro una
punizione tanto tremenda!
11. Dice Pietro: «Liberate allora e restituite tutto quello che avete
sequestrato, e andatevene poi in pace! Ma non lasciatevi mai più indurre a
rendere nuovamente simili servizi ad un Erode, altrimenti accadrà a voi quello
che è accaduto ora al vostro comandante dinanzi ai vostri occhi!»
12. A queste parole essi sciolgono i fanciulli e li lasciano liberi, e
così pure restituiscono tutto il bestiame, vale a dire pecore, vitelli ed
infine tutte le altre cose che essi avevano estorto in questa borgata, su cui,
del resto, né essi né Erode avevano alcun diritto. Infatti questa borgata già
un anno prima si era svincolata da ogni dovere verso Erode mediante un
contributo pagato ai Romani, ciò che era stato fatto anche da parecchie altre
località, a causa delle incredibili oppressioni di Erode. Costui tuttavia
faceva di nascosto delle scorrerie rinnegando i certificati di svincolo, e dava
ai suoi estorsori di tributi pieni poteri, con una nuova dichiarazione che egli
avrebbe perciò assunto ogni responsabilità di fronte all’imperatore.
13. Pietro spiegò a quegli estorsori, quale torto avevano usato ai loro
fratelli, ed essi cominciarono a maledire Erode e se stessi, per essere stati
tanto ciechi da dare man forte a un simile tiranno!
14. Pietro poi cominciò subito a predicare del Regno di Dio, ed ecco
che tutti quegli estorsori di tributi si convertirono e seguirono Pietro; ora,
di questi ve n’era circa un centinaio, e fu una buona retata davvero, perché
appunto tali estorsori iniziarono da soli ad essere estremamente attivi, e
contribuirono moltissimo alla sollecita diffusione della Mia Dottrina.
15. E gli abitanti della borgata, però, trattennero per tre giorni gli
apostoli presso di loro, e si fecero battezzare perfino nel Mio Nome, poiché
gli apostoli battezzavano anche con acqua chiunque richiedesse il battesimo,
nel Mio Nome.
16. A tale riguardo essi non avevano veramente avuto da parte Mia alcun
comandamento preciso, però sapevano che tale cosa non era contraria alla Mia
Volontà.
17. Gli abitanti misero tutto a disposizione dei discepoli per offrire
loro la migliore sistemazione possibile, ed infine offrirono loro anche del
denaro perché essi avevano risanato i loro ammalati. I discepoli tuttavia non
vollero affatto accettare né denaro né altra offerta qualsiasi, ciò che provocò
grande meraviglia fra gli ex estorsori, i quali dissero: «In verità, più che i
vostri miracoli, è il vostro assoluto disinteresse che dimostra che voi siete
degli inviati di Dio, poiché gli uomini di questo mondo sono pieni del più nero
egoismo».
18. Il solo Giuda, naturalmente, sbarrò tanto d’occhi quando scorse le
molte monete che gli si volevano offrire, ma Tommaso gli era sempre al fianco,
e così l’avido discepolo non ebbe il coraggio di accettare nulla, pur
sentendone un grande rammarico nel suo cuore.
19. Trascorsi i tre giorni, i discepoli si congedarono e si separarono
a due a due, e ad ogni gruppo di due discepoli si unirono anche da dieci a
quindici di quegli estorsori convertiti, i quali resero loro eccellenti
servizi, perché essi erano dotati di molto coraggio e non avevano alcun timore
degli uomini.
20. I dodici ora agivano come Io avevo comandato, e ottennero ovunque
buoni risultati.
21. Ma intanto cosa facevo Io dopo aver dato le opportune istruzioni ai
dodici discepoli, ed averli inviati per le città d’Israele?
Attività del
Signore durante la prima missione degli apostoli. Ulteriori accenni alle
circostanze che spiegavano il contegno di Giovanni Battista e il suo rapporto
con Erode. Dubbio umano di Giovanni riguardo Gesù come Messia. Sua indiretta
domanda a Lui. Risposta del Signore.
(Matteo 11,
1-6)
1. Dopo che, come narrato a sufficienza ora, i discepoli ebbero
lasciato il luogo nel quale Io avevo dato loro le istruzioni necessarie per il
buon risultato della loro missione, Io Mi trattenni là ancora fino al tramonto,
benedissi quella povera gente ed i loro figlioletti e poi, assieme ai molti
altri discepoli rimasti con Me, preso un sentiero che conduceva verso il Mare
di Galilea, discesi verso le città che là sorgevano e che l’uno o l’altro dei
discepoli che erano ancora con Me conoscevano perché c’erano nati e ci
abitavano, e là Io insegnai e predicai tutto ciò che ai dodici Io avevo
ordinato di insegnare e predicare, e risanai dappertutto gli ammalati. (Matteo
11,1)
2. Ora, in quel periodo, Giovanni, il quale aveva battezzato al
Giordano, era stato già fatto gettare in carcere da Erode, e precisamente in
seguito all’intervento dei sacerdoti di Gerusalemme che si erano rivolti a lui
con tanta energia a tale scopo, poiché essi non avrebbero mai più potuto
perdonare a Giovanni di averli criticati tanto acerbamente e di averli chiamati
“razza di serpenti e di vipere”. Essi però non si erano azzardati a fare
arrestare su loro aperta iniziativa il predicatore nel deserto, conoscendo
benissimo la stima e la fama di grande Profeta che egli godeva fra il popolo;
per questo motivo essi si erano nascosti dietro Erode, il quale, per denari naturalmente,
e per altre concessioni che gli avrebbero permesso di spremere il popolo in
ogni maniera, aveva agito per loro conto e fatto gettare Giovanni in prigione
con il pretesto che egli era un esaltato sovvertitore del popolo, cui riempiva
il capo di idee pericolose per lo Stato e che, insomma, in una maniera o
nell’altra faceva dare di volta il cervello a tutti.
3. Ma ad Erode, in sostanza, poco interessava quello che Giovanni
avrebbe potuto insegnare; quello che proprio gli stava a cuore era invece soltanto
di fare un buon affare. Erode perciò teneva sotto stretta sorveglianza
Giovanni, ed aveva permesso anzi a chiunque lo avesse voluto di visitarlo in
carcere, certo dietro pagamento di una modica tassa; coloro che potevano
provare di essere discepoli del Battista non pagavano che un solo statere per
un’intera settimana, mentre gli altri dovevano pagare un denaro d’argento per
una sola visita.
4. Oltre a ciò Erode non aveva trovato niente da ridire quando Giovanni,
riuniti i visitatori in una grande sala che era stata ridotta ad una specie di
prigione cittadina, aveva anche là cominciato a predicare liberamente, ed
avrebbe potuto farvi anche tutto il rumore che gli fosse piaciuto, perché
quanto più clamoroso era lo spettacolo, tanto più abbondante riusciva l’incasso
a tutto vantaggio di Erode.
5. Egli stesso anzi si recava spesso a visitare Giovanni, e lo
incoraggiava perfino a suscitare maggior clamore, considerando che egli si
trovava in prigione, e quindi più al sicuro dalle insidie dei sacerdoti e dei
farisei che non prima nel deserto di Bethabara, e si atteggiava addirittura ad
amico e protettore di Giovanni.
6. Giovanni, in spirito, ben sapeva con chi egli aveva veramente a che
fare, ma tuttavia egli approfittò di questa occasione per continuare a
predicare nella sua prigione, tanto più in quanto i suoi discepoli avevano
libero accesso fino a lui, naturalmente come detto, dietro pagamento di un solo
statere la settimana; i sacerdoti del Tempio invece dovevano pagare una libbra
se volevano giungere fino a lui; e se veniva loro in mente di domandare ad
Erode per quale motivo egli permettesse a Giovanni di continuare le sue
prediche nella prigione, egli, da quella vecchia volpe che era, rispondeva
loro: «Lo faccio per una segreta ragione di stato, poiché in questo modo mi è
possibile arrivare a conoscere tutti gli aderenti di quest’uomo quanto mai
pericoloso per lo Stato!». I sacerdoti, udito questo, avevano avuto parole di
grande encomio per Erode, e gli avevano fatto cospicui doni d’oro, d’argento e
pietre preziose, poiché nel loro cuore pensavano: «Questo è l’uomo che fa per
noi, e noi dobbiamo appoggiarlo con tutte le nostre forze; egli è certo
chiamato a spazzare via tutta questa razza di profeti!».
7. Ma, come detto, Erode, greco di nascita, non teneva che al denaro, e
di altro non si curava assolutamente. All’infuori del denaro avevano per lui
qualche valore soltanto le concubine quando erano molto belle, per piacere alle
quali egli sarebbe stato perfino capace di commettere delle crudeltà, quando
esse lo avessero desiderato; ma in qualsiasi altro caso non c’era da ottenere
niente da lui senza denaro, mentre per questo egli era disposto a fare di
tutto.
8. Da questa fedele descrizione del carattere di Erode sarà di certo ad
ognuno facilmente chiaro perché Giovanni, pur trovandosi in carcere, potesse
avere ancora intorno a sé i suoi discepoli, ed in qual modo, per mezzo di
questi nonché di altre persone che lo visitavano di frequente, avesse potuto essere
informato delle Mie prediche e della Mia attività in Galilea.
9. E come dunque Giovanni apprese dal carcere come Io istruivo ed
operavo, inviò subito da Me due dei suoi più stimati discepoli (Matteo 11,2), e
Mi fece chiedere tramite loro: «Sei proprio Tu Colui che deve venire, oppure
dobbiamo noi attenderne ancora un altro?» (Matteo 11,3)
10. E qui si potrà fare la domanda: «Ma come poteva Giovanni fare una
simile richiesta, egli, che per primo aveva reso testimonianza di Me in modo
tanto solenne e preciso?». Tuttavia, a chi sia capace di elevarsi con il
pensiero, anche di una spanna soltanto, al di sopra delle considerazioni
materiali, il motivo appare quanto mai semplice, anzi addirittura estremamente
naturale.
11. Giovanni, dopo averMi conosciuto si era pienamente convinto che Io
ero il promesso Messia e che tutto il popolo ebreo fosse ormai già redento
grazie al solo fatto della Mia apparizione sul mondo e che ogni dominazione dei
potenti del mondo avesse ormai cessato per sempre di esistere; ma poiché finì
in carcere e si convinceva di giorno in giorno sempre più che, dopo la Mia
apparizione, il dominio dei potenti di questo mondo anziché decadere era andato
rafforzandosi, un dubbio cominciò lentamente ad insinuarsi nella sua anima, ed
alla sua mente si affacciò l’idea della possibilità che Io potessi forse non
essere Quello che gli aveva creduto!
12. Infatti egli fra sé e sé pensava: «Se questo Gesù di Nazaret è
veramente il Messia promesso, il Figlio del Dio vivente, come può Egli
abbandonarmi ora al mio destino e non liberarmi dal carcere, e come poté
permettere che io finissi in prigione?».
13. D’altro canto, però, egli sentiva narrare ogni giorno da coloro che
lo visitavano quali opere meravigliose Io andassi compiendo! Fu dunque per
questi motivi che egli inviò a Me, come dissi prima, due suoi discepoli, scelti
fra i più fidati, con l’incarico di rivolgerMi la domanda già nota. Ma Io, che
conoscevo benissimo la ragione per cui Giovanni aveva mandato i due ad
interrogarMi, diedi loro una risposta molto concisa, e dissi: «Andate e
riferite a Giovanni quello che voi vedete ed udite! (Matteo 11,4). I ciechi
vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono resi mondi, i sordi odono, i
morti risuscitano, ed ai poveri viene predicato il Vangelo (Matteo 11,5); però
beato è e sarà colui che non si scandalizza di Me!» (Matteo 11,6). E i due
discepoli, a tali Mie parole, rimasero perplessi, non sapendo cosa obiettare.
Il Signore accenna
all’azione di Giovanni ed al suo errore, causa della propria sfortuna.
Gesù e
Giovanni come il Sole e la luna.
«Egli deve
crescere ed io diminuire».
Testimonianza
del Signore su Giovanni: «Questi è più che un Profeta, egli è Elia!».
(Matteo 11, 7-14)
1. Dopo un certo tempo il più anziano dei due Mi domandò perché dunque
Giovanni deve ora languire in una prigione, pur non avendo peccato mai né
contro Dio né contro gli uomini.
2. Ed Io gli rispondo: «Se lo avesse voluto, avrebbe potuto anch’egli
essere libero! La luna rende, è vero, durante la notte buoni servizi; qualora
però essa volesse gareggiare con il sole per il primo posto, come se la sua
luce fosse anche di giorno altrettanto importante quanto quella del sole, in
questo caso la luna si troverebbe in grandissimo errore. Infatti quando una
volta è sorto il sole, la Terra può ben fare a meno della pallida luce lunare.
Comprendete voi questa cosa?
3. Se Giovanni Mi ha riconosciuto apertamente quando Io venni da lui al
Giordano, chi mai poté imporgli di non seguirMi?! Egli volle rimanere nel suo
deserto, e vi fece continuamente la più severa penitenza; eppure egli non ha
mai peccato. Perché egli agì in tal modo? Fu egli stesso che si consegnò ad
Erode; che sia ora lui a sbrigarsela con quella volpe.
4. Ditegli però che Io non sono venuto affatto per togliere ai grandi
la potenza terrena, ma anzi per confermarli sui loro troni, e chi vorrà
ragionare con Me, costui avrà da sostenere una ben aspra lotta!»
5. E quando i due discepoli di Giovanni ebbero udito da Me tali parole,
non replicarono nulla, ma presero commiato e fecero subito ritorno a
Gerusalemme, dove si recarono da Giovanni e gli riferirono tutto quello che
avevano udito.
6. Giovanni, battendosi il petto, esclamò: «Sì, certamente, Egli è,
Egli ha ragione; Egli deve crescere ed io devo diminuire e scomparire da questo
mondo»
7. Ma in quella località dove ci trovavamo, chiamata Seba, un villaggio
di pescatori situato alle sponde del Mare di Galilea, tanto la numerosa gente
che là dimorava quanto quella che Mi aveva seguito da altri luoghi si
meravigliarono enormemente di Giovanni Battista, e dissero: «Come è potuto
cadere in peccato?! Infatti, o Signore, non averTi seguito pur avendoTi
riconosciuto, fu certo un peccato gravissimo per il quale egli deve ora fare
penitenza! Signore, abbiamo noi torto giudicando così?»
8. Io però risposi loro: «Quando la luna splende nella notte in tutta
la sua pienezza, allora voi uscite tutti fuori, ne ammirate la luce e ve ne
rallegrate, ma quando sorge il sole, mentre la luna ancora alta si disegna nel
cielo come un disco pallido e fioco, gli sguardi di tutti si distolgono dalla
luna, e si beano allo spettacolo della poderosa luce del sole e la glorificano
in ogni goccia di rugiada sfolgorante di raggi, poiché, sotto l’influsso del
sole, una goccia d’acqua brilla più di dieci lune nella notte.
9. Ora, commette forse la luna un peccato se di giorno il sole ne
offusca lo splendore che essa ha di notte, e se perfino una semplice gocciolina
di rugiada invia più luce all’occhio dell’osservatore che non l’intera luna?
10. Io lo dico a voi tutti: “Chi ha orecchie per udire, oda! Anche il
Figlio dell’uomo è un Sole, e Giovanni è la Sua luna”. La luna splende nella
notte del vostro spirito, e testimoniò in precedenza della Luce che ora è
venuta a voi, ma che voi, immersi nelle tenebre, non riconoscete ancora. Però,
se adesso questa luce lunare si affievolisce perché il sole del giorno splende
fra voi, come potete voi considerare ciò un peccato della luna?!
11. In verità vi dico che da quando sono esistiti gli uomini su questa
Terra, da Adamo fino ad oggi, un’anima più pura non ha ancora mai dimorato in
un corpo!
12. Ed Io chiedo ora a tutti perché fra voi non c’è nessuno che a suo
tempo non sia uscito fuori nel deserto dove Giovanni predicava e battezzava.
Voi tutti avete udito le sue prediche, e la maggior parte di voi si è anche
fatta battezzare. Ma che cosa siete dunque andati ad ammirare nel deserto?
13. Pensavate forse di vedere un giunco che il vento può far piegare
ora da una parte ora dall’altra? (Matteo 11,7). Oppure siete forse usciti fuori
per vedere un uomo in vesti morbide? Vedete, coloro che portano morbide vesti
abitano nelle case dei re, non nell’arido deserto di Bethabara! (Matteo 11,8).
Oppure siete andati nel deserto per vedere un Profeta?
14. Sì, certo, Io vi dico: “Giovanni è più di un Profeta!” (Matteo
11,9). Infatti questi è colui del quale sta scritto: “Ecco, Io mando il Mio
angelo davanti a Te, il quale preparerà la Tua via davanti a Te!” (Matteo
11,10). Comprendete voi dunque chi egli sia?
15. In verità ora vi dichiaro ancora più apertamente di quanto lo abbia
fatto finora: “Fra tutti coloro che fin da principio del mondo sono nati da
donna non sorse mai nessuno che fosse più grande di questo Giovanni Battista;
però aggiungo che d’ora in poi anche il più piccolo nel Regno dei Cieli sarà
più grande di lui”. (Matteo 11,11)
16. Ed ascoltate altresì bene quello che ancora vi dico: “Dal tempo di
Giovanni Battista fino ad oggi, e da oggi in avvenire, il Regno dei Cieli
soffre violenza, e coloro che gli usano violenza, lo strappano e lo attirano a
sé!”. (Matteo 11,12)
17. Tutti i Profeti come pure la Legge di Mosè hanno profetizzato fino
a Giovanni (Matteo 11,3). Egli è stato prima di Me l’ultimo Profeta.
18. E se voi lo volete accettare, questo Giovanni è appunto quell’Elia
il quale doveva venire ancora una volta in futuro cioè prima del Messia!
(Matteo 11,14). Egli dunque è anche venuto ed ha profetizzato nel tempo prima
di Me, ed ha preparato le Mie vie, come avete appreso voi stessi. Dite voi
adesso se comprendete bene chi sia veramente Giovanni!?».
Lo spirito e l’anima di Giovanni Battista. «Io sono la Via
e la Vita». Chiamata e libertà individuale di Giovanni come profeta. L’essenza
della domanda. Cenni sul peccatore pentito e sui novantanove giusti che non
hanno mai peccato.
1. Rispondono quegli uomini: «Signore, se è così, non è giusto che Tu
lo lasci languire in carcere! A giudicare dalle cose da Te operate, le quali
all’infuori di Dio non sono possibili a nessuno; Ti sarebbe certo facilissimo
liberare il Battista che pure ha lavorato per Te! Signore, Tu potresti ben fare
questo, e non lasciarlo lì abbandonato!»
2. Rispondo Io: «Chi viene in persona, ottiene di più di chi invia un
messaggero oppure una lettera. Lo spirito di Giovanni è grande, più grande di
qualsiasi altro spirito che abbia vivificato finora un corpo su questa Terra;
però il suo corpo appartiene a questa Terra, e le debolezze di detto corpo sono
anche la causa per cui si è sviluppata un’anima debole, e sta bene così!
3. Infatti uno spirito tanto forte è di certo capace di educare
fortemente e vigorosamente un’anima debole; ma la carne e l’anima di Giovanni
sono deboli. Per questo egli ha inviato in continuazione messaggeri al suo
posto, ma né messaggeri né lettere hanno mai quella forza d’azione che ha la
propria persona in cui dimorano anima e spirito.
4. Inoltre Io non devo e non posso attribuire a nessuno come obbligo la
Mia Forza e la Mia Potenza per Mia Volontà, a meno che uno non venga qua e se
le prenda da solo; infatti da parte Mia non viene mai negato a nessuno di
prendersi la vita oppure il giudizio, ciò che egli vuole, e dunque anche la Mia
Potenza e Forza per uno scopo buono.
5. Ma chi non viene da se stesso, costui non riceve nulla all’infuori
della Grazia della Luce, per mezzo della quale egli
possa trovare qui o nell’aldilà la via che conduce a Me, e una volta trovata,
possa comprendere che Io stesso sono la Via per la Vita, anzi la Vita stessa.
6. Giovanni fece bensì quello che nessuno ha potuto fare, cioè riuscì a
dominare completamente la sua carne; però egli vide davanti a sé la salvezza, e
tuttavia non poté strapparla attirandola verso di sé. E perché mai non poté
farlo? Glielo impediva forse una forza a lui superiore?
7. Qui dinanzi a voi sta Colui che può dire: “Si deve”, quando una
costrizione è necessaria! Ma Costui vi dice anche che Egli a tale riguardo non
ha pronunciato nessun “Si deve” per Giovanni!
8. Che egli fosse chiamato a preparare le vie dinanzi a Me a causa
degli uomini, questa è stata in certo modo una costrizione, dietro la quale
però si cela pur anche una libertà eterna che voi, oppressi dalla carne, non
potete concepire; ma che egli non avesse dovuto seguirMi quando Mi vide e Mi
riconobbe, non gli è stato dato né come ordine, né ancora meno come
costrizione. Accadde invece che il suo spirito diede ascolto alle insinuazioni
dell’anima; sorsero allora in lui dei dubbi a Mio riguardo, e per questa
ragione ha inviato a Me già per la seconda volta dei messaggeri! Ora, chi
domanda, dimostra di non avere ancora le idee chiare, perché ogni domanda
presuppone o un’assoluta ignoranza, oppure un dubbio riguardo a ciò che si sa,
vale a dire se quello che si sa sia o no vero. Se a Giovanni tutto fosse
perfettamente chiaro, non invierebbe dei messaggeri.
9. Vero è che mai uomo al mondo ha condotto una vita tanto rigida e
severa quanto lui; tanto che, appena percepiva anche il minimo stimolo della
carne, non mangiava né beveva nulla per interi giorni, e così, senza aver
peccato, è stato il più grande penitente della Terra; ma tuttavia Io dico a voi
tutti: “Un peccatore, qualora si ravveda e si migliori, e venga da Me
traboccante d’amore nel suo cuore, è ben superiore a Giovanni!”
10. Infatti colui che Mi dice: “Signore, io sono un peccatore e non
sono degno che Tu entri sotto il mio tetto”, Mi è più caro di novantanove
giusti i quali non hanno bisogno di penitenza, e glorificano Dio nel loro cuore
perché non sono peccatori, e quindi si reputano migliori di altri che hanno,
anche se lievemente, peccato. In verità vi dico: “Un giorno, nel Mio Regno, la
loro ricompensa non sarà niente di speciale!”».
Conversione di Kisjonah il doganiere. Sulla Grazia
indulgente e misericordiosa del Signore. Scandalo dei farisei e degli ebrei
ortodossi. Un loro dialogo.
1. Quando ebbi terminato il Mio discorso, fra la moltitudine di popolo
si avanzò verso di Me un pubblicano il quale nel segreto del suo cuore già da
lungo tempo Mi amava ardentemente, quantunque fosse conscio di parecchie colpe
commesse. Egli si gettò davanti a me, sulla sua faccia, e disse:
2. «O Signore! Qui nella polvere giace dinanzi a Te un grande
peccatore, il quale nonostante ciò si azzarda ad amarTi sopra ogni cosa! Vedi,
o Signore, è già passato mezzogiorno, ed io volentieri vorrei pregare Te e tutti
i Tuoi discepoli di onorare della Vostra presenza la mia mensa, se io fossi
degno di ospitarTi sotto il mio tetto! Io e tutta la mia casa siamo troppo
impuri e peccatori per Te, però nella mia cucina e nelle mie dispense si
trovano apparecchiati bevande e cibi mondi. Signore, concedi a me, povero
peccatore, la grazia di poter far portare da mani pure queste vivande qui fuori
per Te!»
3. Gli dico Io: «Kisjonah! Alzati, Io entrerò con te in casa tua e
pranzerò da te! Oggi sulla tua casa è presente una grande salvezza, non a causa
dei tuoi peccati, ma a causa del tuo vero amore e umiltà; per questo ti sono
perdonati tutti i peccati come se tu non avessi mai peccato!».
4. Dopo di che il doganiere Kisjonah si alzò e accompagnò Me assieme a
molti dei discepoli in casa sua, dove più di un centinaio di persone trovò
signorile ospitalità, e non mancò il miglior vino.
5. Però, oltre ai Miei discepoli, si trovava radunata là una grande
quantità di popolo venuta da tutte le parti della Galilea ed anche dalla Giudea,
che Mi aveva accompagnato fino alla casa di Kisjonah, e quest’ultimo, poiché in
casa non vi era più posto sufficiente, fece distribuire all’aperto a tutti pane
e vino, e ciò solo perché questa moltitudine era venuta con Me.
6. Naturalmente in occasioni simili non mancavano mai i farisei i quali
da Cafarnao Mi avevano seguito dovunque. Ma quando essi Mi videro anche questa
volta prendere parte di lieto e sereno umore al pasto, e si accorsero del modo
in cui a tavola Mi comportavo con i pubblicani pentiti che erano considerati,
dal punto di vista degli ebrei, fra i più induriti peccatori, e come Io tendevo
loro le mani con tutta benevolenza e li chiamavo addirittura Miei buoni amici,
allora l’impressione di scandalo fra i farisei e gli ebrei ortodossi non ebbe
più limite.
7. I farisei e gli ortodossi reputarono particolarmente scandaloso il
fatto che Io, a pranzo finito, Me ne andai a passeggio a braccetto con i
doganieri in un giardino vasto e bello situato lungo il mare e che Io, in
questa occasione, usai parole amorevoli ed amichevoli modi verso le cinque
gentilissime figliole di Kisjonah, perché avevo scorto come il loro cuore
ardesse veramente di ineffabile amore per Me. Io le chiamai perfino “Mie care
spose!”, ciò che suonò terribilmente peccaminoso agli orecchi dei farisei!
8. Ma quando solo verso sera Io ebbi finalmente di Mia spontanea
volontà accettato le richieste di Kisjonah di rimanere presso di lui almeno per
tre giorni e forse ancora più a lungo, allora la cosa apparve ai farisei ed
agli altri ortodossi tanto enorme che non poterono più trattenersi. «Ecco!»,
andavano dicendo, «Egli frequenta questa gentaglia, questi peccatori incalliti
e doganieri, e mangia e beve in loro compagnia, e quando è ben brillo se ne va
elegantemente a passeggio con le figlie peccatrici dei più abominevoli
peccatori, fa con loro il galante, e alla fine, perfino con paroline dolci e
gentili, predica il Vangelo di Dio a queste arcimeretrici, invece di comandarci
di afferrare simili esseri mostruosi e di gettarli in preda alle fiamme!
Sarebbe per noi un bel Messia davvero! Adesso che le cinque floride donnacce se
Lo sono accaparrato, Dio sa quanto tempo Egli vorrà fermarsi qui.
9. Andiamocene via! A che scopo restare con Lui più a lungo? Ormai
sappiamo benissimo cosa pensarne. Già da un certo tempo noi Gli stiamo vicino;
L’ha mai qualcuno di noi visto pregare? E chi si è accorto che Egli abbia mai
digiunato? Del sabato Egli non tiene assolutamente alcun conto; l’unica Sua
gioia è l’amicizia dei più famigerati eretici e pagani, greci e romani,
pubblicani, peccatori induriti e donne di malaffare, specialmente se belle e
provocanti; all’infuori di questo, ad altro non tiene se non a mangiar bene ed
a bere meglio ancora!
10. In una parola Egli non è altro che, in primo luogo, un mago
raffinato della scuola di Pitagora cascatoci qui Dio sa come, il Quale sa
mettere a profitto le Sue cognizioni, inoltre Egli è un grande oratore, cosa
indispensabile a chiunque voglia tanto più facilmente presentare l’arte propria
agli uomini. È vero che Egli non accetta ricompense in denaro, ma è forse tale
Suo agire degno proprio di tanta lode? Oh, così si comportano tutti i maghi di
questa specie durante il primo anno, affinché tanto più presto possano
pervenire alla celebrità, ma una volta che l’hanno raggiunta, allora talvolta
neppure i re hanno tesori a sufficienza per soddisfare simili artisti!
11. Del resto a che Gli servirebbe il denaro? Egli riceve comunque,
gratuitamente da mangiare e da bere quanto ne vuole, e non Gli occorre altro!
Oltre a ciò, in secondo luogo, Egli è un crapulone e beone nonché un buon
compagno di tutti i peccatori, e conduce in tal modo una vita conforme ai Suoi
desideri. E in terzo luogo, poi, Egli non ha bisogno né di un Dio né di una
costui Legge, perché considera Se stesso un Dio o per lo meno un Figlio del
Medesimo, il Quale sarebbe stato generato dal nostro Dio di Abramo, d’Isacco e
di Giacobbe, e da Maria di Nazaret che noi conosciamo anche troppo bene. Chi
fra noi è dunque così sciocco da non accorgersi già a prima vista che tutto
questo non è che un imbroglio appena sfornato della magia autenticamente
pagana?!
12. Per dirla breve, noi ne sappiamo ormai abbastanza, ed urge
assolutamente che ci allontaniamo da Lui, altrimenti è capace di giocare anche
a noi qualche brutto tiro, nel qual caso siamo del demonio senza speranza di
salvezza! Osservate un po’ come Egli si fa bello in mezzo alle cinque figlie di
questo odiato pubblicano e come queste stanno addirittura in adorazione intorno
a Lui! Io scommetto mille libbre contro uno statere che questo Profeta e
Salvatore, se Egli un giorno andrà a Gerusalemme, non tarderà molto ad entrare
in intimità perfetta ed in dolcissima amicizia con Maria di Magdala, la regina
delle meretrici, universalmente conosciuta e forse anche con Maria e Marta di
Betania, le quali, dopo Maria di Magdala, debbono ricevere il maggior numero di
visite da parte dei personaggi in visita di Gerusalemme!»
13. Dice un altro, che ci vede un po’ più lontano, al fariseo che ha
parlato prima: «Tu non hai davvero assolutamente tutti i torti, ma, se tu pensi
alla scena quasi identica che si è svolta in casa di Matteo il doganiere, ti
ricorderai che noi abbiamo anche quella volta giudicato nello stesso modo, ma
tuttavia fummo poi completamente annientati dalla Sua Sapienza, ed a mille
ragioni non potemmo contrapporne una! Cosa faresti se Egli alzasse qui
nuovamente la Sua voce contro di noi?! Ti assumeresti forse la responsabilità
per tutti noi?»
14. Risponde il primo: «Quello che sai tu lo so anch’io, perché ho
visto e udito tutto esattamente come te. Certo, Egli troverà scappatoie in
grande quantità; bisogna aggiungere ancora che Egli è un parlatore ed uno
stregone di prim’ordine. Ma la nostra ragione in simili circostanze ci deve
essere di guida, e la nostra ragione ci ammonisce anche adesso e ci dice:
“Andatevene prima che il demonio divenga del tutto il vostro padrone”. Ed è ben
sperabile che noi vorremo seguire i suggerimenti che ci dà la ragione! Oppure
vogliamo forse proprio sul serio lasciarci cadere in balia del diavolo? No, per
Dio! Un tal pensiero sia in eterno ben lontano da noi tutti, perché noi abbiamo
Abramo per padre, e il costui Padre è Dio; e per conseguenza non
intendiamo affatto lasciarci imbrogliare da questo Mago, a somiglianza
dei pagani!»
15. Osserva allora nuovamente il secondo: «Ma tuttavia la Sua Dottrina
è pura, e si adatta perfettamente alla natura umana; così pure da essa non
traspare in nessun punto qualcosa di diabolico! Io non posso davvero
condividere interamente la tua opinione, perché, tutto considerato, Mosè non ci
ha insegnato cose differenti da quelle che insegna questo nazareno.
16. Amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi, non rendere
male per male, fare del bene perfino ai propri nemici, benedire coloro che ci
maledicono e nello stesso tempo essere umili e pieni di mansuetudine: da tutto
ciò non traspare sicuramente nulla che possa sospettarsi di origine diabolica!»
17. Ribatte il primo: «Per te no certo, poiché tu sei già nelle grinfie
del diavolo. Non sai tu dunque che il demonio è appunto maggiormente pericoloso
quando si presenta sotto le spoglie di un angelo?!»
18. E l’altro risponde: «Se tu prendi simili leggende da vecchie comari
a norma fondamentale della tua vita, allora non vale la pena di scambiare più
parola con te! Dov’è mai quel bue o quell’asino che possa affermare di aver
visto Satana sotto le vesti di un angelo di Dio e di avergli mai parlato? In
verità, a tale riguardo tanto tu quanto i tuoi aderenti fate torto a quest’Uomo!
19.Noi non sappiamo niente di male sul Suo conto; al contrario, si
sente parlare molto bene di Lui e delle Sue opere meravigliose e finora mai
viste! Perché dunque noi dobbiamo condannarLo immediatamente se vediamo che
Egli avvicina tanto i peccatori quanto i giusti, e che usa anche con i primi
molta pazienza ed una grande indulgenza ispirata a puro e vero amore?».
Partenza dei
farisei e degli ortodossi i quali vanno vagando nell’oscurità notturna. Loro
ritorno. Essi chiedono ed ottengono ricovero da Kisjonah. Parabola del Signore
che contiene un aspro rimprovero per la loro perfidia e che provoca in essi ira
ancora maggiore. Loro minacce al Signore.
(Matteo 11,
15-19)
1. Dopo questo discorso, i più fanatici tra i farisei e gli ebrei
ortodossi si separarono da colui che aveva manifestato sentimenti più moderati,
e da qualche altro che condivideva le sue idee, e si misero, poiché la sera era
già abbastanza inoltrata, in cammino verso Cafarnao, evitando di andarvi per
mare, poiché questo era fortemente agitato ed essi non si fidavano dei
traghettatori, nonostante questi li assicurassero che il tragitto sarebbe stato
sicuro.
2. Ma l’intera carovana composta di circa centocinquanta uomini, dato
che non conosceva bene la strada, non arrivò troppo lontano; giunse cioè fino
ad un luogo dove un’alta roccia inaccessibile scendeva a picco sul mare, il
quale vi si infrangeva con violenza e fracasso terribili; la roccia stessa poi
stava a ridosso di un monte che si innalzava ripido ed oltre al quale, dal
luogo dove si trovava la carovana, non c’era nessuna via che conducesse al
mare. Così alla stessa non restò altra scelta che rifare la strada, piuttosto
lunga e ritornare nel luogo da dove si era allontanata. Ora, quando la carovana
si fu decisa per il ritorno, era già notte scura e il temporale, che prima
minacciava, cominciò a scatenarsi con violenza, cosicché essi arrivarono, sotto
una pioggia dirotta con lampi e tuoni, alla fattoria del doganiere Kisjonah,
dove cercarono ricovero, perché erano tutti inzuppati fino alle ossa e stanchi
tanto da non poter più reggersi in piedi. E il doganiere e i suoi di casa
fecero buona accoglienza a quegli affaticati, e procurarono loro un giaciglio
asciutto, ciò che fu loro di grande conforto, poiché erano, come detto, bagnati
dal capo alle piante dei piedi.
3. Il giorno seguente, ad ora piuttosto avanzata, un po’ stanchi ancora
e bagnati, essi sbucarono fuori dal loro giaciglio e misero ad asciugare le
vesti al sole.
4. Quel giorno però era sabato e Kisjonah e tutti i suoi lavoravano ed
accudivano alle loro faccende come in qualsiasi altro giorno; e quando fu
mezzodì, vennero apparecchiate le mense ed imbandite ogni tipo di vivande molto
ben preparate.
5. Kisjonah invitò a desinare anche tutti i farisei e ortodossi ancora
non ben asciutti né rimessi in forze, però essi non soltanto non accettarono
l’invito, ma iniziarono anche a mormorare e ad imprecare atrocemente contro i
profanatori del sabato, poiché un vero ebreo non doveva né toccare, né mangiar
niente prima del tramontare del sole; gli era solamente concesso di bere tre
volte durante la giornata.
6. Allora Kisjonah, visto che quegli invitati ricambiavano in tal modo
il suo atto cortese ed amichevole, si rivolse a Me e disse: «Signore! Come si
deve trattare con questi pazzi? Io voglio fare loro del bene, ed essi per tutta
gratitudine mi maledicono! Dimmi Tu dunque se Dio presta ascolto alle
maledizioni di simili squilibrati a danno di colui che viene maledetto da loro?»
7. Gli rispondo Io: «Oh, sì, però non a danno di chi essi maledicono,
ma la maledizione in tal caso si ritorce contro colui che l’ha pronunciata. Chi
ha orecchie da udire, oda! (Matteo 11,15). Infatti Io voglio dichiararvi ora
cosa si deve veramente pensare di costoro. Credete voi forse che essi osservino
il sabato per la ragione che Mosè l’ha comandato? Oppure pensate voi che essi
digiunino per lo stesso motivo?
8. Io ve lo dico: “Mosè e tutti i Profeti non valgono nel loro cuore
nemmeno tre stateri, perché, se osservano il sabato e digiunano, lo fanno
affinché la gente, che paga loro le decime e regala loro del buon denaro
sonante, continui a considerarli degni successori di Aronne”.
9. Ma a chi devo paragonare questa misera generazione? Non è essa simile
ai bambini che siedono in piazza e gridano ai loro compagni (Matteo 11,16): “Vi
abbiamo suonato il flauto, e non avete voluto danzare; vi abbiamo fatto il
lamento, e non avete voluto piangere!” (Matteo 11,17). Qui però non intendo che
tali bambini siano i farisei e rigidi ebrei, come quelli che stanno davanti a
noi, bensì coloro che sono al nostro fianco. Essi infatti ieri volevano
trattenere qui questi pazzi e perfetti atei nel loro cuore, e i pazzi si sono
burlati di loro e di Me. E i traghettatori, essendoci buon vento, volevano
portarli a Cafarnao per mare, ma questi pazzi non si fidarono dei marinai; essi
andarono dunque a piedi e una brutta tempesta li spinse di nuovo qui. Ora voi
li avete invitati a pranzo, ed essi vi maledicono!
10. O amati figlioli che sedete dinanzi a Me al vero mercato della
vita, ascoltateMi: “Non suonate più il flauto e non cantate nessuna canzone
lamentevole a questa pazza stirpe, poiché essi sono storpi nello spirito, e per
conseguenza non possono danzare. Non cantate più alcun lamento, poiché il loro
animo è pietra dura che non assorbe alcuna umidità!”.
11. Giovanni, che fu ieri oggetto di molti discorsi e del quale Io resi
equa testimonianza, è venuto ed ha condotto una vita tanto severa che egli,
all’infuori di locuste e di miele selvatico, che si procurava faticosamente
estraendolo dalle buche della terra, non mangiava e non beveva quasi nulla; e
questi qui, nonché altri della stessa risma, gli rinfacciarono che era il
diavolo (Matteo 11,18) che durante la notte lo manteneva e lo nutriva!
12. Ebbene, Giovanni come nessun altro prima di lui ha suonato e
cantato lamentevolmente più che a sufficienza, ed ecco, che questi e molti
altri uguali a loro non hanno voluto saperne di danzare o di piangere!
13. Ora invece è sceso in Me sul mondo il Figlio dell’uomo promesso da
lungo tempo; Questi mangia e beve. Che cosa dicono adesso? Voi stessi li avete
uditi ieri in quale modo ebbero ad esprimersi sul Mio conto quando gridarono:
“Ecco! Vedete chi è Costui? Un divoratore e beone, ed anche un amico intimo di
pubblicani e peccatori!”.
14. Ma Io vi dico: “È necessario che tale sapienza sia giustificata dai
loro stessi figli (Matteo 11,19). Sono i loro figli cioè che li dichiarano
pazzi, e così questa sapienza che essi ci hanno spiattellata risulta
giustificata nei loro figli, e la Mia pure, poiché i loro figli la riconoscono
e l’accettano; e in tal modo ad ogni genere di sapienza, tanto la falsa quanto
la vera, è stata resa giustizia a sufficienza”»
15. Allora i farisei e gli ortodossi si alzarono e Mi inveirono con
tali parole: «Bada bene a come parli! Tu sei sempre un giudeo! Noi abbiamo
dalla nostra parte la Legge e con ciò il diritto di annientarTi quale eretico
pericoloso, poiché Tu vuoi distruggere Mosè ed i Profeti! Guai a Te se non
rinunci a tali Tuoi propositi! Noi abbiamo da parte dell’imperatore
l’autorizzazione formale di ricorrere in casi estremi ai tribunali romani, ed
ogni governatore di provincia ha l’obbligo di dar corso alle nostre
richieste!».
Lo sdegno dei discepoli che pregano il Signore di
procedere contro i farisei. «Dopo questa vita, ne segue una eterna!». Il
Signore profetizza la punizione di Corazim, Betsaida e Cafarnao. Una visione
del giudizio futuro. «Io glorifico Te, Padre Mio, che riveli tali cose ai
piccoli fanciulli!». «Io e il Padre siamo una cosa sola!».
1. Udita la minaccia, i Miei discepoli si alzarono al loro volta ed
esclamarono: «Signore, come puoi tollerare una cosa simile?! Non hai Tu potere
sufficiente per distruggere tale ciurmaglia? I sichariti sono pur stati
scacciati parecchie volte quando vollero attaccarti, e tuttavia a Sichar non
hai compiuto tante opere quanto a Cafarnao»
2. Rispondo Io: «Certamente, Io avrei potere più che sufficiente per
impedire tali cose. Ma il Signore della Vita non ha bisogno di tenere qui
giudizio, poiché, dopo questa vita, ne segue un’altra ancora che non ha mai
fine, sia essa buona o cattiva, - la durata è la stessa! E per quel tempo
eterno Io emetto già ora in anticipo, una giusta sentenza, e maledico tutte le
città nelle quali Io feci pur tanto del bene, mentre avete appreso ora la
ricompensa che Mi fu riservata!
3. Ed esse non si sono ravvedute (Matteo 11,20) nonostante tutte le Mie
prediche, e tutte le Mie opere hanno lasciato freddi e muti i loro cuori! E
perciò guai a te Corazim, guai a te Betsaida! Perché se a Tiro e Sidone fossero
state fatte le potenti opere che sono state fatte in voi, avrebbero già ai loro
tempi fatto penitenza con sacco e cenere! (Matteo 11,21)
4. Ma pure Io vi dico che Tiro e Sidone saranno nel giorno del Giudizio
più tollerabilmente trattate di queste città! (Matteo 11,22)
5. E tu, superba Cafarnao, che fosti innalzata fino al Cielo, sarai
abbassata fin nell’Inferno! Perché se a Sodoma fossero state fatte le potenti
opere che sono state fatte in te, quella città sarebbe durata fino ad oggi!
(Matteo 11,23)
6. Ma pure Io vi dico ancora: “Nell’altro mondo, nel giorno del
Giudizio, il paese dei Sodomiti sarà più tollerabilmente trattato di te (Matteo
11,24), dura, orgogliosa e supremamente ingrata città! Ho Io dunque guarito le
migliaia di tuoi ammalati e risuscitato i tuoi morti perché tu abbia ora a
maledirMi?! Guai, guai a te mille volte, nel giorno del Giudizio! Tu apprenderai
allora Chi era Colui che hai maledetto!”».
7. E come fui giunto alla fine di questo discorso punitivo, molti
ebbero una visione, e poterono scorgere quello che nel giorno del Giudizio
sarebbe avvenuto di tali città da Me maledette e videro la Mia figura nelle
nuvole e videro una maledizione uscire dalla Mia bocca e come questa colpiva le
città maledette! Svanita tale visione, che era stata percepita soltanto dai più
semplici ed umili e ardenti d’amore per Me fra gli uomini e donne che erano
attorno a Me, questi si prostrarono davanti a Me e Mi lodarono e glorificarono.
8. Ed Io, alzate le mani, li benedissi e così parlai: «Anch’Io quale
uomo Ti glorifico ora, o Padre e Signore del Cielo e della Terra, che hai nascoste
tali cose ai sapienti ed agli intelligenti del mondo, e le hai rivelate ai
piccoli ed agli umili! (Matteo 11,25). Sì, certo, o Padre santissimo, poiché
così è piaciuto a Te ed a Me! (Matteo 11,26). Quello che Tu fai, o Padre, lo
faccio anch’Io, poiché noi siamo dall’eternità una cosa sola! Io non sono mai
stato altri che Te, o Padre santo, e quello che è Tuo è anche Mio fin
dall’eternità!».
9. A queste ultime parole un grande timore comincia ad insinuarsi
nell’animo di tutti, perché fra i discepoli che erano sempre con Me già molti
non avevano nessun dubbio riguardo alla Mia Divinità, ed appunto questi furono
i maggiormente atterriti.
Scena fra Natanaele quale evangelista non eletto e il Signore.
Del giorno del Giudizio. Immensa promessa ai rinati nello spirito. «Guai agli
avversari dei Miei ordinamenti!». «Nessuno conosce il Padre all’infuori del
Figlio». «Colui che dal Padre non è attratto, non perviene al Figlio!». «Il
Padre è l’Amore del Figlio». «Venite a
Me voi tutti che siete travagliati, affinché Io vi ristori!».
1. Allora Natanaele - il quale pur trovandosi fra i non eletti si era
tuttavia assunto una parte importante, dato che egli, nonostante non avesse
ricevuto da Me uno speciale incarico, scriveva per conto suo un Vangelo in
lingua greca nella quale egli era versatissimo, e ciò anzi in modo più
circostanziato di quanti altri si occupavano di tale necessità - si avvicinò a
Me con i segni del più grande spavento impresso in volto ed esclamò: «O Signore
onnipotente! Anch’io ho avuto la visione, e il mio occhio ha visto cose
spaventose, tanto che la mia mano, in procinto di scrivere, rimase come
paralizzata! Io Ti supplico per tutto l’amore mio per Te, o Santo
nell’eternità, che Tu mi dica se un giorno, nell’aldilà, accadrà proprio
davvero tutto così come io e molti altri abbiamo ora
visto?»
2. Gli rispondo Io: «Non avere alcun timore, perché tu non hai niente
da temere! Chi vive ed opera come fai tu, costui verrà
risvegliato nell’aldilà, anzi, già nell’aldiquà, a vita eterna; ed ecco che per
ciascuno sarà il proprio giorno del Giudizio quel giorno in cui Io lo
risveglierò a vita eterna; sia che ciò avvenga già nell’aldiquà oppure
nell’aldilà.
3. Però si sforzi ognuno affinché il risveglio possa avvenire già
durante la vita terrena, poiché colui che, ancora costretto a vivere fra i
lacci della carne, viene svegliato, costui non vedrà la morte del corpo e non
ne sentirà l’amarezza, e la sua anima non ne sarà angustiata.
4. Ma guai a questi ed a tutti i futuri avversari del Mio Ordine! In
verità ti dico che questi tali dovranno un giorno accorgersi mille volte Chi è
Colui Cui essi volevano opporsi tentando di schiacciare sotto il peso delle
loro maledizioni Lui e tutti coloro che veramente professano la Sua Dottrina!
5. Io posso ben dire e fare tal cosa, poiché Io ti dico: “Ogni cosa Mi
è stata data in mano dal Padre Mio! Ma nessuno conosce il Figlio, che sono Io,
se non il Padre; e ugualmente nessuno conosce il Padre se non il Figlio e, dopo
di Lui, colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarLo”». (Matteo 11,27)
6. Dice Natanaele: «Quindi neppure noi, che siamo i Tuoi discepoli più
fedeli, possiamo dire di conoscerTi, e tuttavia ci hai già rivelato molte cose
di Te e ci hai mostrato Chi sei!?»
7. Dico Io: «Voi Mi conoscete bensì quel tanto che Io Mi sono a voi
rivelato e mostrato, però vi manca ancora molto; e quando voi conoscerete il
Padre, solo allora conoscerete pienamente anche Me, e questo avverrà quando Io
sarò nuovamente asceso da questa Terra ai Miei Cieli! Cominciando da quel
tempo, sarà il Padre che vi attrarrà a Me, come Io vi attraggo ora al Padre. E
colui che dal Padre non sarà attratto, costui non perverrà a Me che sono il
Figlio. In verità ti dico: “In quel tempo ognuno dovrà
apprendere da Dio stesso Chi è il Figlio; e chi non avrà appreso tale cosa da
Dio, non perverrà al Figlio e non avrà in Lui la vita eterna.
8. Ma il Figlio non è più severo del Padre, poiché quello che l’Amore
del Padre opera, lo opera anche l’Amore del Figlio, e come l’Amore del Padre è
il Figlio, così anche l’Amore del Figlio è il Padre”.
9. E il Figlio dice a voi, come pure a tutti
gli uomini: “Venite a Me, voi che siete travagliati e oppressi, Io voglio
ristorarvi! (Matteo 11,28)
10. Prendete su di voi il Mio giogo, ed imparate da Me a portarlo
comportandovi come faccio Io che sono mansueto ed umile di cuore; così facendo
avrete pace ed ogni timore fuggirà da voi! (Matteo 11,29)
11. Ora, il Mio giogo è dolce, e leggero è il carico che Io vi do da
portare, perché Io so quali sono le vostre forze!”». (Matteo 11,30)
La perfidia dei farisei viene messa in luce dal Signore. La
paura li spinge verso il mare, lottano duramente contro l’uragano e arrivano a
Cafarnao ammutoliti dallo spavento.
1. Queste parole ebbero l’effetto di tranquillizzare i discepoli, ma i
farisei e tutti gli altri ortodossi cominciarono qua e là a domandare cosa
avevano visto di tanto terribile da rendere in modo così evidente manifesta la
paura da cui erano stati invasi.
2. Gli interrogati raccontarono quello che avevano visto, e le risposte
date dai singoli erano in perfetta armonia l’una con l’altra. Allora fu la
volta dei farisei di non potersi più raccapezzare, ed essi iniziarono a
domandarsi l’un l’altro ed a dire: «Come è possibile una cosa simile, cioè che
tutti nel medesimo istante abbiano avuto la medesima visione? Come può un mago
provocare un’apparizione per alcuni e per altri no? Come si spiega che soltanto
coloro che sono dalla Sua parte abbiano potuto vedere qualcosa, e noi niente?
Ecco che Egli, pur protestandosi giudeo, ha pronunciato contro di noi, fervidi
seguaci di Mosè, una condanna, e che condanna! se ci atteniamo alla visione che
ci fu descritta! Sarebbe stato da parte Sua più logico e consigliabile far
avere la visione a noi, allo scopo di suscitare in noi un timore salutare e di
indurci a diventare Suoi seguaci. Ma Egli è furbo e non fa un simile spettacolo
davanti a noi perché teme che noi Lo smascheriamo e Lo chiamiamo con il nome
che più Gli si adatta e che forse i Suoi seguaci attuali, aperti una buona
volta gli occhi, si accorgano di chi sia veramente il loro tanto glorificato Maestro!
La conclusione però è che noi dobbiamo adottare assolutamente misure più
energiche contro quest’Uomo che va diventando ogni giorno più pericoloso,
altrimenti ci toglie in breve tempo il potere, ed avremo poi da fare i conti
con i romani i quali penseranno loro a conciare per le feste tutti noi, senza
alcuna eccezione!»
3. A questo punto intervengo Io e dico ad alta voce: «È già da lungo
tempo che siete maturi per una simile fine, e basterebbe che Io dicessi una
sola parola al comandante romano, e nello spazio compreso tra domani e
dopodomani voi pendereste a migliaia dalle croci! Pensate che Io non conosca le
vostre macchinazioni ai danni dell’imperatore Tiberio? Oh, non vi è nulla di
sconosciuto per Me! Io conosco il giorno e l’ora perfino in cui verrà dato il
segnale convenuto per l’intera Giudea, per la Galilea e per Gerusalemme stessa,
fra le sue mura, ed in che cosa tale segnale consisterà. Io tuttavia vi dico
che a questo riguardo voi farete pessimi affari, e il governatore Ponzio Pilato
che regge con mano di ferro la provincia, saprà ben darvi poi una ricompensa
adeguata alle vostre nobili fatiche davanti alle mura di Gerusalemme; Erode
avrà poi molto da fare per ritornare in grazia presso il governatore!
4. Continuate pure, nella vostra sconfinata e tenebrosa perfidia, ad
escogitare misure sempre più severe contro Me e contro i Miei discepoli; saprò
bene anch’Io che comportamento tenere verso di voi, ancora prima del
tempo!
5. Giovanni vi ha chiamati “razza di serpenti e di vipere”! Io finora
non vi ho mai dato un tal nome, però lo faccio adesso, e vi dico di
allontanarvi subito da qui, altrimenti faccio venire degli orsi dai boschi
perché accada a voi quello che è accaduto ai tempi di Elia ai perversi ragazzi
che avevano voluto farsi beffe di questo Profeta! Infatti dal Mio cuore è
scomparsa ogni traccia di misericordia per voi.
6. Se voi aveste bestemmiato, come sempre, soltanto Me, Io vi
perdonerei; ma voi siete insorti e vi siete armati contro il Mio Spirito che è
l’Amore e che è dall’eternità il Padre Mio; ora questo peccato non vi sarà
perdonato né in questa né meno ancora nell’altra vita! Andatevene dunque via da
qui, affinché Io possa restare in pace presso il Mio amico Kisjonah quei pochi
giorni che restano!»
7. Dice uno dei farisei: «Noi non dobbiamo perderTi di vista, poiché
abbiamo ricevuto da parte del nostro capo il preciso incarico di sorvegliarTi!»
8. Dico Io: «Sì, Io so che voi siete stati incaricati di sorvegliarMi
come fanno i lupi con il gregge delle pecore. Ma se voi intendete persistere
nel vostro proposito, farò scendere subito dalla montagna qui vicina degli orsi
e ve li assegnerò quali sorveglianti e correttori!».
9. Nello stesso istante in cui Io termino di parlare, dalla vicina
montagna si fa sentire un ruggito terribile di molti orsi. I farisei e gli
ortodossi con loro, visto che la Mia minaccia non è vana, si danno subito alla
fuga verso il mare, si precipitano in alcune barche di pescatori e con una
spinta si staccano da terra. Ma un vento forte contrario li spinge nuovamente
verso la riva, dove hanno fatto la loro comparsa un paio di orsi i quali vanno
qua e là vagando. Per due ore essi lottano continuamente con il vento che li
sospinge ostinatamente verso terra ogni qualvolta che, approfittando di pochi
momenti di relativa calma, riesce loro di allontanarsene di alcune tese[9].
Dopo due ore di lotta disperata contro il vento e le onde, si avvicina loro
finalmente una nave più grossa che raccoglie quegli sciagurati fuori di sé per lo
spavento e stanchi morti, e la nave parte con loro mentre più forte ancora
imperversa l’uragano il quale ad ogni istante minaccia di travolgere tutto. In
tal modo, fra indicibili angosce, vanno vagando tra le onde tutto il resto di
quel giorno nonché l’intera notte, e solo verso mezzogiorno del giorno
successivo raggiungono terra nelle vicinanze di Cafarnao.
10. Là essi vengono interrogati dai loro superiori nel modo più
minuzioso riguardo a tutto ciò che essi possono avere avuto occasione di vedere
e di udire, ma essi si mantengono quanto mai riservati e non si azzardano di
aprire bocca, perché gli avvenimenti svoltisi durante l’ultima giornata hanno
infuso in loro un rispetto non indifferente per la Mia Persona, e non ritengono
opportuno, per il momento, intraprendere qualcosa contro di Me.
La proposta di un’escursione in montagna. Breve
chiarimento riguardo alla denominazione dei monti di Canaan in quel tempo. Domanda
coscienziosa di Kisjonah agli spioni del Tempio. La montagna risponde
scuotendosi alle interrogazioni di Natanaele; dell’immediato buon risultato che
ne consegue. Primo accampamento notturno sull’alpe di Kisjonah.
1. Allora i capi dei farisei di Cafarnao scelsero degli altri fra i
loro accoliti e li incaricarono di raggiungerMi, ma anche questi ebbero molto
da combattere con il maltempo, poiché si era già prossimi all’autunno, anzi
veramente alla vigilia dell’autunno che è quanto dire il periodo più agitato
dell’anno, ed in quell’epoca gli uragani erano frequenti in quei paraggi,
particolarmente poi infuriavano sul cosiddetto Mare di Galilea. I farisei
dunque, inviati da poco, arrivarono solo il quinto giorno nel luogo dove Io mi
trovavo ancora e chiesero di poter intrattenersi con Me; Io però non li ammisi
alla Mia presenza ben sapendo cosa essi volessero, e feci invece comprendere
loro che Io Mi sarei trattenuto lì per qualche tempo ancora e che poi avrei
visitato le località circostanti, infine che essi avrebbero dovuto mantenere un
comportamento tranquillo, in caso diverso sarebbe andata molto male per loro!
2. Ora, quel giorno era precisamente il primo giorno dopo il sabato,
corrispondente quindi alla domenica dell’epoca attuale, e poiché il tempo era
quanto mai chiaro e l’aria purissima, Kisjonah venne e propose a Me ed a tutti
i presenti di salire sul monte che si elevava altissimo a non molta distanza
dalla sua fattoria.
3. Era questo un monte che non aveva ancora alcun nome preciso, poiché la
scienza della geografia si trovava allora ancora nello stadio di infanzia, e
per conseguenza la maggior parte delle montagne e delle valli, pianure, laghi,
ruscelli e fiumi di poca importanza non avevano nessuna denominazione speciale
generalmente usata, ma il nome veniva loro imposto ed anche cambiato dalle
genti che dimoravano nelle vicinanze; però più difficile di tutto era
orientarsi con la denominazione delle montagne.
4. Monti che per la loro conformazione ed ubicazione non si
presentavano in un gruppo a sé stante come un Tabor, un Libano, un Ararat od un
Sinai, ma facevano invece parte di una grande ed estesa catena, non avevano di
solito nessun nome distinto, e l’eventuale denominazione valeva soltanto per
una parte della montagna ed era di carattere del tutto locale e transitorio.
Non di rado il monte prendeva il nome da qualche ricco possidente che lo aveva
in sua proprietà e che vi mandava le sue greggi al pascolo. Se con il tempo il
monte diveniva proprietà di un’altra persona, allora anch’esso cambiava di
nome; in tal modo anche il monte di cui parliamo noi, poiché era proprietà del
doganiere, e veramente era situato già in territorio greco (cioè politicamente
come provincia romana), veniva chiamato con il nome del proprietario.
5. Quel luogo poi, trovandosi al confine tra la Galilea e la Grecia,
era la sede di uno dei principali uffici della dogana il quale vigilava la
strada abbastanza ben tenuta che in quel luogo tagliava, oltre la montagna, il
confine, congiungendo la Galilea alle terre greche, ed era frequentata da
migliaia di mercanti di ogni paese i quali vi facevano transitare le mercanzie
più svariate su cammelli, cavalli da soma ed asini.
6. Quando i farisei arrivati da poco appresero che noi volevamo salire
quell’alta montagna, domandarono a Kisjonah se avrebbero potuto anch’essi far
parte della compagnia, e Kisjonah rispose: «Ammesso che voi vogliate o possiate
essere animati da buona volontà e da buone intenzioni, il monte che si estende
da qui verso la Grecia, per venti ore circa di cammino in lunghezza e per
cinque ore circa in larghezza, è di mia assoluta proprietà ed è spazioso
abbastanza per accogliere anche voi, ma non vorrei affatto che veniste in
qualità di maligni spioni al servizio dei sacerdoti di Cafarnao e di Gerusalemme,
perché in questo caso io, che sono greco ed ormai ferventissimo seguace della
Dottrina santa e, secondo la mia convinzione, unica vera di questo Maestro
divino fra tutti i maestri, non avrei affatto bisogno di voi e dovrei con ogni
possibilità o mezzo che sta a mia disposizione tutelarmi dalla vostra
compagnia! Interrogate il vostro cuore! Se esso è puro, allora potete venire
liberamente con noi, ma se è impuro, voi potete all’istante ritornare
nuovamente là da dove siete venuti»
7. Dicono i farisei: «Noi siamo puri e non vi è alcuna falsità nel
nostro cuore. Noi siamo ebrei che professano la fede di Mosè, come del resto lo
è anche Gesù, e non potrà neppure Lui distruggere la Legge di Mosè. Ma poiché
udiamo da tutte le parti narrare grandi cose delle Sue opere e dei Suoi
insegnamenti, comprenderai che abbiamo tutto l’interesse di verificare se le
Sue dottrine non cozzino contro la Legge di Mosè. Se esse confermano Mosè ed i
Profeti, anche noi siamo disposti ad accettarle, ma se invece vi si oppongono,
allora è naturale che noi dobbiamo dichiararci contrari a simili idee nuove!»
8. Osserva il doganiere: «Sarà strano, ma le stesse cose che voi dite
ora qui le dissero a suo tempo anche tutti i vostri predecessori ai profeti, e
ciò non tolse che i profeti venissero lapidati come negatori di Dio, ed io dei
profeti ne conosco assai pochi che non abbiano fatto l’identica fine. Eppure in
ogni occasione voi tirate in campo i profeti e li esaltate! Ma i vostri
predecessori erano precisamente quello che voi siete, e voi non siete per nulla
migliori di quanto lo siano stati i vostri predecessori che lapidarono i vostri
profeti. Perciò io non mi fido di voi per quanto riguarda questo santo Profeta
di tutti i profeti.
9. È certo vero che a parole vi proclamate seguaci di Mosè, ma nelle
vostre opere siete da Mosè più lontani di quanto lo sia questa Terra dal cielo!
Esaminate dunque la vostra coscienza, e vedete poi se siete degni di salire con
noi su questa mia montagna!»
10. Dico Io a Kisjonah: «Lascia pur che ci seguano! Quando ne avranno
abbastanza, faranno ben ritorno a valle, perché fra loro non ve n’è uno che sia
salito mai su un monte! Chissà che l’aria purissima delle alte regioni non
riesca a togliere qualche impurità dai loro cuori?»
11. Kisjonah si dichiarò soddisfatto, e quindi, ben provvisti di tutto
l’occorrente, cominciammo la salita.
12. Le cinque figliole del doganiere facevano
anch’esse parte della compagnia e Mi erano sempre intorno come i pulcini,
interrogandoMi di frequente su molte e varie cose relative alla Creazione
primordiale del mondo, sul modo in cui erano state formate tali montagne, ed Io
spiegai loro il tutto in maniera corrispondente al grado della loro
intelligenza; anche i numerosi discepoli ed una moltitudine di popolo che ci
accompagnava cercavano per quanto possibile di non perdere nulla delle Mie
parole e ne godevano enormemente.
13. E Natanaele, il quale più di ogni altro era compenetrato della Mia
Divinità, nel suo entusiasmo interrogava ogni tanto il monte ed esclamava: «O
montagna! Sai tu Chi è Colui che ora posa su di te i Suoi piedi?». E tutte le
volte che Natanaele rivolgeva al monte una così alta domanda, il monte
sussultava in modo che tutti se ne accorsero.
14. Questo fenomeno tuttavia suscitò nei farisei uno sgomento grandissimo,
ed essi iniziarono ad ammonire il popolo dicendo che sarebbe stato
consigliabile di non azzardarsi più oltre e che poteva benissimo trattarsi di
un monte sacro fin dagli antichi tempi, e che a persona indegna era proibito di
salirvi, pena di vedere il monte stesso iniziare a tremare ed a scuotersi e
trascinare chissà quanti alla rovina, a causa di quell’unica ed indegna
persona!»
15. Ma il popolo rispose: «Allora rifate pure la strada da soli, perché
per causa nostra questo monte non ha ancora mai tremato, e Dio sa che noi vi
siamo saliti già parecchie volte».
16. Udito questo, i farisei cominciarono a mormorare contro il popolo.
E mentre essi mormoravano, il monte si scosse nuovamente, e quei farisei,
esterrefatti, si voltarono e si misero a correre a precipizio giù dal monte per
raggiungere il più presto possibile la pianura; così noi fummo d’un tratto
liberati da quei compagni importuni.
17. Noi proseguimmo poi tranquillamente il nostro viaggio ed arrivammo
verso sera alle estesissime fattorie alpine di Kisjonah dove pernottammo; solo
il secondo giorno, poiché le donne che erano con noi erano molto stanche, ci
accingemmo a salire sulla vetta più alta del monte dalla quale si godeva uno
spettacolo inesprimibile: con uno sguardo si poteva dominare tutta la Galilea,
la Samaria, la Giudea ed una buona parte dei territori greci. (con questi si
intende la provincia fenicia).
L’arrivo sulla vetta che ebbe luogo il secondo giorno. Della
bella vista goduta e dei meravigliosi avvenimenti svoltisi là. Corrispondenza
con gli spiriti e con le anime dei trapassati. Del luogo particolare dove sono
confinati nell’aldilà gli spiriti dei grandi uomini che vissero su questa
Terra. Paesaggi dell’aldilà. Limitazione
del campo d’azione di Satana nell’aldilà. Sul modo in cui gli spiriti vedono le
cose. Desiderio di Kisjonah di vedere anche degli angeli.
1. Noi ci fermammo tutto un giorno ed una notte su questa cima e
godemmo molto delle magnificenze e dei meravigliosi spettacoli a cui avemmo là
occasione di assistere.
2. Per Me certamente non vi era niente di meraviglioso, per la ragione che tutte le innumerevoli apparizioni,
fenomeni ed avvenimenti hanno e devono avere in Me stesso la loro causa prima;
ma per tutti gli altri che erano con Me lo splendido e il meraviglioso erano
elargiti a piene mani.
3. Innanzitutto si godeva una splendida vista su di una zona
estesissima che, fino al tramonto, tenne occupati tutti gli sguardi. In secondo
luogo poi, dopo tramontato il sole, Io concessi a coloro che là si trovavano il
potere visivo interiore, così da metterli in grado di spaziare con lo sguardo
nell’immenso mondo degli spiriti.
4. Quale non fu la loro meraviglia nello scorgere al di sopra della Terra
un intero mondo, per loro sconosciuto, pieno di esseri che qui vivono ed
operano, ed oltre a ciò paesaggi svariatissimi e pianure immense, in qualche
parte di una magnificenza grandiosa; ed altre invece, specialmente verso
settentrione, desolate e tristi!
5. Io però comandai in segreto di non far parola di Me a tutti gli
spiriti.
6. Nel frattempo, molti dei discepoli si intrattenevano con gli spiriti
riguardo alla vita dopo la morte del corpo, e questi ultimi fornirono ai
discepoli la prova evidente che dopo la morte del corpo vi è ancora un’altra
vita molto più perfetta, e spiegarono loro in quale modo questa vita si
manifesta.
7. E anche Kisjonah esclamò: «Ormai tutti i miei desideri sono
compiuti! Per tutto quello che io ho e per questo monte che fa parte delle mie
transitorie proprietà terrene, io darei davvero la metà di tutto quanto
posseggo, pur di avere qui ora qualche eccelso campione di quei sadducei e di
quegli esseni che non ammettono che vi sia una vita dopo la morte del corpo!
Come sbatterebbero ben il naso tutti questi sapienti contro il mondo degli
spiriti, qui dove siamo! Non c’è alcun dubbio che perderebbero perfino del
sangue dal loro naso; e dire che una volta fui io stesso quasi sul punto di
ammettere interamente la bontà delle loro dottrine! A poco a poco però lasciai
andare simili idee, poiché per mia fortuna mi ridusse a migliore consiglio
un’apparizione che io ebbi del mio defunto padre, per quanto questa sia stata
piuttosto raccapricciante.
8. È una cosa straordinaria! Qui noi ora possiamo conversare con questi
esseri come con i nostri simili! Tuttavia, quello che più mi stupisce è che qui
fra tanti e tanti spiriti, dei quali alcuni mi sono anzi perfettamente noti per
averli conosciuti benissimo di persona, non sia visibile nessuno dei
patriarchi, né dei Profeti e nemmeno nessuno dei Re!»
9. Gli dico Io: «Carissimo fratello e amico Mio, quelli di cui tu
parli, vivono nel mondo degli spiriti assolutamente come questi che vedi qui,
ma affinché tutti i milioni e milioni di altri spiriti non siano indotti a
tributare loro degli onori divini, essi, soltanto per questo motivo, vengono
tenuti completamente segregati da tutti gli altri spiriti in un luogo del tutto
appartato che si chiama Limbo, e stanno là, pienamente fiduciosi che ora, in
questo tempo, Io li renda liberi e li conduca poi nel Cielo, nella dimora
riservata fin dall’eternità ai Miei angeli; il che anche avverrà presto.
10. Ma, nello stesso tempo, questi spiriti dei patriarchi, dei Profeti
e dei Re costituiscono tra l’Inferno propriamente detto e questo mondo degli
spiriti una barriera di difesa, affinché il primo non possa influire
malvagiamente sull’altro, e non giunga ad ottenebrarlo, a corromperlo e a
sedurlo.
11. Viene concesso a Satana di penetrare nel mondo naturale e di
esplicarvi di quando in quando la sua mala attività, ma in questo mondo degli
spiriti è precluso per l’eternità l’accesso a tutti i demoni. Infatti laddove
la vita propriamente detta ha avuto una volta inizio, la morte rimane per
sempre lontana. “Satana”, “demonio” ed “Inferno” costituiscono il giudizio e di
conseguenza la morte vera e propria, e non hanno quindi più niente da fare nel
regno libero della Vita! Comprendi bene tutto ciò»
12. Risponde Kisjonah: «Signore, relativamente sì, per quanto almeno lo
concede la Tua Grazia; ma di certo nelle tue parole vi saranno ancora chissà
quali cose immense per ora nascoste e che io probabilmente sarò in grado di
abbracciare con la mente e di comprendere pienamente solo quando sarò io stesso
un abitante di questo mondo che, in verità, appare più torbido che sereno!
Dalla parte d’oriente e di mezzogiorno questo mondo spirituale ha davvero un
aspetto oltremodo bello e ridente, ma verso occidente e settentrione appare
invece molto più miserevole e triste ancora dello stesso deserto che si estende
vastissimo laddove una volta sorgeva la grande Babele, e questo spettacolo
desolante guasta perfino la buona impressione suscitata dall’oriente e dal
mezzogiorno!»
13. Dico Io: «Tu hai ragione; le cose stanno veramente così come
l’animo tuo ti rivela. Però gli spiriti, che tu contempli ora in numero di
molte centinaia di migliaia dinanzi a noi, non vedono le profondità
dell’occidente e del settentrione nella maniera in cui le puoi vedere tu
adesso, dato che uno spirito all’inizio vede solo quelle cose le quali
corrispondono allo stato interiore della sua anima.
14. Ora, poiché nel nostro caso né l’occidente né meno ancora il
settentrione hanno alcuna rispondenza nell’interno della loro anima, così
questi esseri incorporei non possono vedere né l’occidente né meno ancora il
settentrione. Soltanto quando un giorno diventeranno del tutto uguali ai Miei
angeli, potranno anch’essi vedere tutto nell’identico modo come vedi ora tu
stesso»
15. Dice Kisjonah: «Signore, questa cosa mi è alquanto oscura, e non
riesco ancora a comprenderla; però io credo che per il momento ciò non sia
neppure necessario. Ma un’altra preghiera avrei da farTi o Signore, Tu che con
tanta liberalità ci colmi di rivelazioni tanto meravigliose, non vorresti ora,
accanto a questa innumerevole schiera di spiriti, mostrarci anche qualche
angelo, fosse pure uno o due soltanto?! Io ho udito già tanto parlare di
Arcangeli, di Cherubini e Serafini, ed ho letto poi molte cose a questo
riguardo nelle Scritture, perciò nella mia mente me li sono raffigurati tante
volte in tante forme che, molto probabilmente, erano completamente errate e
quindi false del tutto. Dunque, o Signore, se ciò non è contrario alla Tua
santa Volontà, vorresti fare in modo che io potessi formarmi anche a tale
riguardo un’idea precisa!»
16. Le sue cinque figlie, che erano continuamente intorno a Me, Mi
pregarono di far questo.
17. Ed Io dissi loro: «Io lo farò, ma non certo prima della mezzanotte di
questa Terra, bensì dopo. Nel frattempo intrattenetevi con gli spiriti;
soltanto abbiate cura, parlando con loro, di non rivelare la Mia presenza in
questo luogo, perché ciò non li aiuterebbe in alcun modo se fatto anzi tempo,
poiché uno spirito deve maturare nella sua più completa e svincolata libertà!».
18. Tutti si dimostrarono lieti per questa promessa, e rimasero
ansiosamente in attesa che la mezzanotte passasse.
Dell’antico
modo di misurare il tempo secondo il corso delle stelle. Tre spiriti della luna
danno alle figlie di Kisjonah, ansiose di sapere, spiegazioni riguardo al mondo
da loro abitato. «Lascia da parte la sapienza ed attieniti soltanto
all’amore!».
Il Signore
annuncia avvenimenti nuovi.
1. Intanto Kisjonah, il quale se ne intendeva un po’ del moto delle
stelle, aveva iniziato ad osservare il firmamento per calcolare, basandosi
sulla posizione degli astri, quanto tempo mancasse ancora alla mezzanotte,
poiché allora non si aveva niente che potesse neppure lontanamente paragonarsi
agli orologi di oggigiorno, e per conseguenza, per regolarsi durante la notte,
tutti ricorrevano al sistema certamente poco sicuro di valutare il tempo
secondo il moto delle stelle.
2. Dopo un po’ Kisjonah esclamò: «Secondo il mio calcolo, la mezzanotte
dovrebbe essere già passata!»
3. Ed Io osservai: «Amico! Il tuo calcolo non è esatto, poiché dalla
mezzanotte ci separa ancora un’ora. Farai dunque meglio a non perderti in
simili calcoli, dato che il corso delle stelle è diverso da quello che tu
pensi. Il sistema di calcolo che tu adoperi è di per se stesso falso, perciò
sarà oltremodo difficile che tu riesca a stabilire il momento esatto della
mezzanotte deducendolo dal moto delle stelle. Uomini capaci di questo
nasceranno quando ne sarà venuto il tempo, ma per ora ed ancora per lunghi anni
ciò non accadrà»
4. Tuttavia, fra un discorso e l’altro, venne anche la mezzanotte, e la
luna si mostrò per metà illuminata all’orizzonte. Allora le figlie di Kisjonah
Mi interpellarono nuovamente e Mi chiesero che cosa fosse veramente la luna e
perché questa si mostrasse ora in una forma, ora in un’altra.
5. Ma Io risposi loro: «Figliole Mie dilettissime! Dietro a voi stanno
appunto tre spiriti della luna; domandate a loro, ed essi vi spiegheranno
esattamente che cosa sia la luna, in quale modo essa cambi continuamente la sua
luce, e come talvolta la perda del tutto!»
6. Allora la più anziana si rivolse ai tre spiriti, chiedendo dei
chiarimenti riguardo a quel mondo che essi dovevano conoscere; ed essi
risposero: «O creatura graziosa! La stessa domanda che tu ci rivolgi riguardo
alla luna potremmo rivolgerla noi a te per quanto riguarda la Terra che tu
abiti. Tu non conosci affatto la ragione per cui adesso la Terra è immersa
nell’oscurità, eppure non ne domandi il perché; a quale scopo dunque vorresti
sapere della luna che ti è tanto lontana a paragone di questa Terra che ti
sorregge?
7. Vedi, anche la nostra luna è, come la tua Terra, un mondo! La tua
Terra è rotonda come una sfera, e la nostra luna ha esattamente la stessa
forma. Il sole grandioso non illumina contemporaneamente la tua Terra che per
metà, ed altrettanto succede con la nostra luna; però la notte, sul mondo che
tu abiti, non dura in media che tredici ore vostre all’incirca, ed altrettanto
dura anche il giorno; invece sulla luna tanto la notte quanto il giorno hanno
una durata di quattordici giorni e di quattordici notti della tua Terra, ed è
per questa ragione che il tuo occhio, che osserva da questa Terra, percepisce
il continuo mutare di forma della luna; ora, questo costituisce un divario
fortissimo tra la luna e la tua Terra che è molto più grande della prima.
8. Vi è però anche un’altra ed immensa differenza fra la tua Terra e la
luna, e questa consiste nel fatto che la luna è abitata da esseri della mia
specie soltanto da una parte, che tu non puoi scorgere dalla Terra, mentre la
tua Terra è abitata, od è almeno abitabile, in tutte le sue parti, o quasi.
9. Oh, sulla luna non si conduce una vita così beata come sulla tua
Terra! Là regnano geli terribili ed insopportabili calori, e vi si soffre una
fame tormentosa e non di rado una sete ardentissima! Non nutrire dunque nessuna
brama di conoscere maggiormente questo mondo piccolo ma quanto mai aspro, sui
cui campi non cresce né frumento né grano, e ancora meno la vite.
10. Su quella parte, che puoi vedere sempre da questa Terra, non dimora
nessun essere corporeo, né animale né uomo, ma unicamente degli spiriti infelici
ed abbandonati, i quali non possono aiutarsi che difficilmente od addirittura
affatto! Ed ormai tu sai tutto quello che ti è necessario sapere.
11. Non lasciarti dunque sedurre da nessun desiderio di saperne di più
sul conto di questo mondo sciagurato, perché ciò finirebbe con il renderti
molto infelice!
12. Ogni tua aspirazione abbia per meta soltanto l’amore, e non curarti
delle lusinghe della sapienza, perché è meglio ristorarsi alla mensa abbondante
dell’amore che leccare la scarsa rugiada condensata sulla pietra filosofale
della luna!»
13. Dopo aver dato queste spiegazioni, i tre spiriti lunari si
allontanano, e la giovane Mi domanda in tutta confidenza se per quanto riguarda
la luna le cose stiano veramente così come è stato ad essa narrato dai tre
spiriti di quel mondo.
14. Ed Io le dico: «Sì, Mia cara figliola, quello che hai udito è la
pura verità, e talvolta va ancora molto peggio! Ora però lasciamo che la luna
prosegua il suo cammino, ed osservate invece tutti l’oriente!
15. Io chiamerò alcuni angeli del Cielo e voi li vedrete venire da
quella parte; volgete dunque là i vostri sguardi!».
I tre angeli, Cherubini, conducono i dodici apostoli al
Signore che si trova sul monte. Il pranzo celestiale degli ottocento. Discorso
di Kisjonah. Il libro delle «Guerre di
Jehova».
1. Tutti si volgono dunque a guardare verso oriente dove
improvvisamente il cielo ha cominciato a rischiararsi e ad ammantarsi sempre
più di luce, come fa al sorgere del sole. Naturalmente tutto ciò viene
percepito soltanto mediante la facoltà visiva interiore, quantunque per mezzo
di questa vengano impressionati anche gli occhi del corpo.
2. Finalmente, dopo una breve attesa durante la quale l’oriente è
diventato sempre più chiaro, ecco apparire tre figure in perfettissima forma
umana, sfolgoranti di luce più del sole e, librandosi nell’aria, scendono verso
di noi. Però a causa della luce intensa di cui risplendevano i tre angeli, i
quali appunto per via del loro splendore e della loro potenza portano il nome
generico di Cherubini, il mondo spirituale che ci circonda non si poteva quasi
più scorgere, e gli spiriti apparivano come quella leggera nebbia che talvolta
sembra essere depositata intorno alla vetta delle montagne.
3. Quando i tre Cherubini furono presso di noi, moderarono alquanto la
loro luce, si prostrarono fino a terra davanti a Me e dissero: «Signore! Chi
mai in tutte le immensità dei Cieli eterni è degno di contemplare il Tuo
santissimo Volto? A Te soltanto, o Signore, venga ogni onore e ogni gloria
dall’eterno Infinito!»
4. Ed Io dissi loro: «Copritevi ed affrettatevi a scendere laddove si
trovano i Miei dodici messaggeri! Essi hanno compiuto pienamente la Mia
Volontà, e quanto hanno fatto è per ora sufficiente; andate dunque a prenderli
e conduceteli qui!»
5. Non appena udito tale Mio comando, i tre angeli, spento il loro
splendore, si allontanano rapidamente e nel breve periodo di pochi istanti
conducono da Me, attraverso l’aria, i Miei dodici messaggeri.
6. Ora questi, a eccezione di Giuda, erano fuori di sé dalla gioia per
essere stati trasportati fino a Me da una distanza così grande ed in maniera
tanto meravigliosa!
7. Soltanto Giuda si espresse così: «Di viaggi di questa specie ne ho
abbastanza per adesso ed anche per il futuro! È vero che la traversata è durata
soltanto pochi istanti, ma che spavento e che corrente d’aria terribile!»
8. Ma gli angeli hanno disposto le cose in modo da far provare simili
sensazioni sgradevoli solamente a Giuda mentre gli altri undici non avvertirono
niente di tutto ciò.
9. In seguito, la voce di questo avvenimento si mantenne sulla bocca
del popolo ancora per lungo tempo; e cioè che gli apostoli erano stati trasportati
attraverso l’aria e condotti da Me sul monte.
10. Però molti sulla montagna ne provarono nel loro cuore un certo
sbigottimento, ed esclamarono: «Per il cielo! Le meraviglie cominciano qui a
non avere più limiti; quasi non le si può più sopportare!»
11. Altri invece dissero: «Non vi è che Jehova in persona che possa
fare simili cose!».
12. I dodici intanto avevano iniziato a narrare delle molte avventure
capitate a loro durante il tempo relativamente breve della loro
spedizione.
13. E come ebbero terminato il racconto, comandai ai tre angeli di
recare pane e vino in sufficiente quantità, perché i dodici avevano fame e
sete, non avendo potuto ricevere per un’intera giornata né da mangiare né da
bere. Gli angeli allora eseguirono subito il Mio ordine, e i dodici, preso del
pane e del vino, mangiarono e bevvero a sazietà e ne furono ristorati.
14. Però anche le cinque figlie, desiderando di assaggiare quel pane e
quel vino, Mi pregarono che io concedessi loro di prenderne un po’, ma Kisjonah
le rimproverò per questo, come egli lo chiamava, capriccio, e disse: «L’essere
capricciosi è pure un peccato; l’abnegazione di se stesso deve essere per
l’uomo guida in ogni cosa, altrimenti nessuno potrà mai giungere alla vera
virtù, senza la quale non ci può essere vita»
15. Io osservai: «Amico Mio, questo peccato sia per sempre perdonato
alle tue figlie, perché è facile perdonare tali peccati i quali, considerata la
cosa dal suo vero punto, non sono veramente peccati. Le tue figlie hanno sul
serio fame e sete, dunque, poiché del pane e del vino ce n’è a sufficienza per
tutti coloro che sono qui con noi, ne approfittino pure tutti quanti a seconda
delle proprie necessità; attendano soltanto che si siano saziati i dodici, i
quali per il momento ne hanno bisogno più di qualsiasi altro».
16. Tanto Kisjonah quanto le cinque sue figlie furono oltremodo
soddisfatti della Mia decisione. Poi diedi incarico ai dodici apostoli di
ripartire pane e vino fra tutti i presenti, ed essi eseguirono immediatamente
il Mio ordine.
17. Ora, in tale occasione, v’erano in tutto all’incirca ben ottocento
persone radunate su questo monte, la cui sommità, essendo tronca, terminava in
una spianata dalla superficie vasta ed interrotta solamente da un masso di
roccia che emergeva dal terreno per circa cinque tese (9,5 m) e che era facilmente accessibile dalla parte di
mezzogiorno. Tutti mangiarono e bevettero a sazietà, e Mi lodarono e
glorificarono per questo ristoro procurato loro in maniera tanto meravigliosa;
e Kisjonah, salito sulla roccia di cui si è già parlato, allo scopo di parlare
all’assemblea, così si espresse:
18. «Amici e fratelli miei, ascoltatemi! Noi conosciamo tutte le
Scritture dai tempi di Mosè fino quasi ad oggi, e dalla Persia ci sono
pervenuti i libri delle “Guerre di Jehova” di cui fanno menzione Mosè e molti
altri profeti, e questi libri furono tradotti e noi li abbiamo letti, poiché
molti fra i saggi li avevano riconosciuti per autentici; ma di tutte le
meraviglie di cui in questi libri è fatto cenno non ve n’è una che possa
paragonarsi a quella che succede ora davanti gli occhi nostri. Cose simili non
sono avvenute mai, non soltanto in Israele, ma nemmeno nel mondo intero! Chi
dunque può essere Colui che fa opere tali che certamente a nessun altro sono
possibili se non a Dio?!».
La prudenza consigliata nei rapporti con i novizi nella
fede. Cenni sui gradi spirituali dello sviluppo. Come Dio possa essere un Uomo,
e l’uomo un Dio. Del modo di comprendere con l’intelletto e di quello di
comprendere con la fede. Del come si
debba procedere per impartire l’educazione spirituale.
1. Io però non lasciai che Kisjonah proseguisse, ma gli feci cenno di
scendere da quel suo pulpito improvvisato, e, quando Mi fu vicino, gli dissi in
segreto: «Taci per il momento e non svelare la Mia identità prima del tempo!
Infatti fra quelli che sono qui presenti ce ne sono parecchi che, a tale
riguardo, non sono tanto maturi quanto lo sei tu, e per conseguenza è opportuno
che a questi tali non sia reso noto in modo assoluto Chi Io sono veramente; in
caso diverso un giudizio verrebbe ad incombere sulla libertà del loro spirito,
pure chiamata a divenire sempre più viva, alla cui forza di questo giudizio
difficilmente un tale spirito riuscirebbe a sottrarsi!
2. È sufficiente che ora molti comincino a intuire Chi Io sia, e che la
maggior parte però Mi consideri un grande Profeta e alcuni un Figlio di Dio,
che Io sono ora secondo l’esteriorità. Qualsiasi rivelazione oltre questo
limite sarebbe per il momento di grave danno; lasciamoli perciò in questa loro
opinione e in questa loro fede; tu quindi non devi svelare nessuna cosa
ulteriore a Mio riguardo»
3. Dice Kisjonah: «Sì, o Signore, certamente è giusto come Tu dici. Ma
penso che io sono un uomo; ora, potrà la mia anima sfuggire a questo giudizio,
considerato che ormai senza alcun dubbio non soltanto credo, ma sono convinto e
so perfettamente Chi Tu sei?»
4. Rispondo Io: «Per quanto riguarda te, Io ti ho già preparato con la
Parola e con gli insegnamenti. Quando Mi presentai da te alcuni giorni fa, tu
ritenesti che Io fossi un medico quanto mai sapiente ed intelligente; quando Mi
vedesti compiere delle opere straordinarie, tu iniziasti a considerarMi un
Profeta per mezzo del quale operava lo Spirito di Dio. Ed ecco che tu, da uomo
colto e versato in tutti gli studi quale sei, ti trovasti spinto ad indagare e
a ricercare la piena conoscenza del come un uomo possa raggiungere un tale
grado di perfezione. Allora Io ti rivelai che cosa è l’uomo e quello che vi è
in lui, e di più ancora cosa può diventare l’uomo qualora egli sia pervenuto
alla conoscenza perfetta del proprio essere, e con ciò alla più completa
libertà della propria vita.
5. Poi ti dichiarai come Dio stesso sia un Uomo
e come, per questa sola ed unica ragione, tanto tu quanto tutti gli esseri
simili a te siano degli uomini. Ed in seguito Io ti rivelai, in segreto, che
appunto Io stesso sono l’Uomo, e che ogni uomo è chiamato a divenire e ad
essere per l’eternità quello che Io stesso sono! Allora ti meravigliasti, però
da quell’istante in poi hai saputo Chi sono.
6. Ebbene, questa è stata per la tua anima e per il tuo spirito una
preparazione perfettamente adatta al suo scopo, per cui ora tu potresti vederMi
creare di colpo una nuova Terra e trarre uomini fuori dalle pietre che non ne
saresti affatto stupito, perché tu hai liberamente, e precisamente per
deduzione scientifica, accettato come vero che Dio può essere un Uomo e che un
uomo può essere benissimo un Dio, pur desumendo tale verità da considerazioni
perfettamente scientifiche! E sempre per queste ragioni, né il tuo spirito né
la tua anima possono ormai essere più turbati per quanto chiara ed evidente si
manifesta la verità che Io, Io solo, sono stato e sono dall’eternità il Dio
vero, Creatore di tutte le cose.
7. Tutto un altro aspetto assume invece la questione nei riguardi di
tutte queste altre persone, le quali, in generale, non sono affatto accessibili
a tali verità per vie puramente scientifiche! Costoro non hanno che la sola
fede e sono, d’altro canto, scarsissimi d’intelletto.
8. Però la fede sta più vicino alla vita dell’anima che non la più
perfetta intelligenza. Tuttavia se la fede diviene una costrizione, allora essa
agisce sull’anima come una strettoia, e quando l’anima si trova stretta in
ceppi, non si può nemmeno pensare ad un libero sviluppo dello spirito.
9. Ma se, invece, come nel caso tuo, l’intelletto già da principio è
giunto ad un grado giusto di percezione, allora l’anima rimane libera e attinge
dalla luce dell’intelletto sempre e solamente quel tanto che può sopportare e
assimilare senza alcun danno.
10. E così da un intelletto armonicamente educato si sviluppa in
seguito una vera fede, completa e vivificante, per mezzo della quale lo spirito
trova nell’anima adeguato alimento, e per conseguenza ciò diviene sempre più
forte e potente, il che ciascun uomo lo può percepire subito se il suo amore
per Me e per il prossimo diviene sempre più forte e potente.
11. Ma, come già menzionato, nei casi in cui nell’uomo l’intelletto è
spesso interamente assopito ed egli, quale uomo, non ha che soltanto la fede
che, di per se stessa ed in se stessa, obbedisce unicamente al cuore e alla
volontà di quest’ultimo, allora egli deve essere trattato con ogni cautela
affinché non si irrigidisca in una vera e propria mania, oppure non cada nei
traviamenti più orribili come purtroppo è stato il caso con tutti i pagani, e
come lo è anche nel nostro tempo in modo fin troppo evidente con molte altre
genti.
12. Quindi ti sarà ormai certo facile comprendere il motivo per cui Io
ti dissi prima di scendere da quella rupe dalla quale tu volevi svelarMi
davanti al popolo, perché, vedi, un cieco non deve mai pretendere di fare da
guida ad un altro cieco, ma faccia da guida chi vede acutamente con il proprio
chiaro intelletto, altrimenti cadranno entrambi nel precipizio.
13. Io vi dico di essere zelanti in tutto, però fate in modo di
procurarvi cognizioni giuste in ogni cosa! Esaminate e vagliate con serena
coscienza tutto quello che nella vita vi si presenta, però tenete per voi
solamente ciò che è buono e vero; agendo in tal modo, vi sarà facile
comprendere la verità e vivificare la fede che prima era morta e farla divenire
la vera luce di vita.
14. Io dichiaro a te, e con ciò anche a tutti gli altri: “Se voi volete
che la Mia Dottrina sia veramente utile alla vostra vita, voi dovete anzitutto
comprenderla, e poi agire conformemente ad essa, secondo la verità!
15. Come è perfetto il Padre vostro in tutte le cose, altrettanto
perfetti dovete essere pure voi, altrimenti non potrete mai divenire Suoi
figli!”.
16. Tu hai già letto quello che ha scritto Matteo, e fra l’altro anche
il Mio Sermone della montagna contenente la preghiera da Me insegnata ai
discepoli che comincia con l’invocazione del “Padre nostro”!
17. Chi nel suo cuore recita tale preghiera, ma con l’intelletto non
arriva a comprendere il vero significato, costui è come un cieco il quale
glorifica il sole, ma non lo può vedere né immaginarlo malgrado la luce intensissima
che esso irradia. Certamente egli, così facendo, non pecca, ma d’altro canto
non ne ottiene assolutamente nulla che gli giovi al raggiungimento della
verità, perché nonostante tutto egli resta immerso nelle stesse tenebre di
prima!
18. Per conseguenza quando vi accingete ad educare il cuore di un uomo
veramente per la vita, non dimenticate mai di ravvivare prima, per le giuste
vie, il suo intelletto, altrimenti ne farete un cieco adoratore del sole, ciò
che non è di vantaggio a nessuno».
L’aria fresca
e sana del mattino. Gli spiriti di pace. Discesa dalla sommità della montagna e
sosta di più giorni della compagnia sull’alpe. La cecità dei critici di Mosè.
Cenno del Signore
sul vero significato della Genesi di Mosè.
1. Dopo tale chiarissima spiegazione che, come disse Kisjonah, non
poteva lasciar spazio ad ulteriori domande, un lieve chiarore ad oriente
annunciò l’avvicinarsi del giorno, ed una brezza mattutina, molto fresca,
iniziò ad accarezzare la sommità del nostro monte, sulla quale noi ci trovavamo
ancora perfettamente a nostro agio; Kisjonah per conseguenza fece la proposta
di scendere e di ripararci nella prossima capanna alpina, in attesa che il sole
si fosse completamente alzato.
2. Ma Io osservo: «Non badarci; la brezza rigida del mattino su questa
altura non fa certo male a nessuno, anzi è di vantaggio a tutti poiché
fortifica il corpo; oltre a ciò non è che di breve durata. Del resto la cosa è
necessaria, poiché altrimenti una certa classe di spiriti, che non occorre
descrivere più dettagliatamente, susciterebbero a giorno avvenuto un tempo
cattivo se, come adesso succede, all’alba non venisse loro impedito da parte di
forti spiriti di pace di salire negli alti strati dell’aria».
3. Queste parole soddisfecero Kisjonah e noi ci fermammo sulla vetta
del monte ancora fino a mezzogiorno; dopo però scendemmo giù nuovamente alla
fattoria alpina, dove passammo ancora un paio di giorni, intrattenendoci su
vari argomenti, e precisamente sui doveri dell’uomo nella vita e sulla natura
della Terra, delle stelle e su ogni altro genere di cose.
4. Molte furono le cose da noi trattate, le quali non vennero ben
comprese da quella parte degli ebrei più immersa nella tenebra intellettuale,
come pure da quei farisei che erano rimasti presso di Me, ma tuttavia
quest’ultimi non Mi contraddissero, perché questi ebrei e farisei, i quali si
erano rivolti a Me già fin dal primo giorno della Mia venuta in casa di
Kisjonah il doganiere, erano del resto realmente migliori di molti altri e più
svegli di spirito nonché di idee più moderate, avevano di Me già un concetto
grandissimo e consideravano divina la Mia Parola. Non sono di conseguenza
affatto da confondere con quelli che erano stati ricacciati a Cafarnao, né con
gli altri cui la vitalità manifestata dal monte aveva indotto circa quattro
giorni prima a rifugiarsi in pianura.
5. Ma quantunque questi ebrei e farisei più ragionevoli fossero ormai
già solidi nella loro convinzione a Mio riguardo, tuttavia, nell’udire certi
Miei chiarimenti sulla vera origine o propriamente sulla creazione graduale
tanto della Terra e di tutte le cose che si trovano in essa quanto degli
innumerevoli altri corpi celesti, essi scrollarono le spalle ed osservarono tra
di loro: «Ma questo che udiamo adesso contraddice assolutamente quello che
insegna Mosè! Cosa ne facciamo allora dei sei giorni della Creazione e del
sabato, giorno nel quale Dio ha riposato? Cosa è dunque tutto ciò che Mosè
racconta riguardo all’origine e alla formazione di quel complesso di cose che
costituisce il mondo in tutte le sue parti? Se questo miracoloso nazareno ci dà
ora a tale riguardo insegnamenti del tutto diversi che rimuovono interamente
quelli di Mosè, cosa dobbiamo pensarne? Ma, rimuovendo
Mosè, rimuove contemporaneamente tutti i Profeti e poi infine anche Se stesso,
perché, se quanto disse Mosè non ha più nessun valore, allora logicamente non
ne ha nemmeno quello che dissero i Profeti, né può avere un significato neppure
l’atteso Messia che dovrebbe essere veramente Egli stesso!
6. Però, dopo aver ben ponderato tutto, la Sua Dottrina è giusta, ed è
possibile che la Creazione sia proceduta piuttosto come Egli ce l’ha spiegata
ora che non come fu rivelata da Mosè!»
7. Allora uno fra di loro venne a Me, e Mi chiese: «Signore! Se è così,
che valore possiamo noi attribuire agli scritti di Mosè e dei Profeti?»
8. Ed Io gli dico: «Mosè ed i Profeti voi dovete intenderli e
comprenderli nel loro vero significato! Mosè, nella sua storia della Creazione,
non presenta che dei quadri simbolici nei quali è raffigurato il manifestarsi
della prima concezione di Dio presso gli uomini della Terra, ma non la
creazione materiale della Terra e di tutti gli altri mondi».
Ulteriore spiegazione della Genesi di Mosè: versetti 1-5.
(primo giorno). Rispondenza fra lo stato spirituale dell’uomo e la natura. La
notte spirituale dell’anima del bambino. L’intelletto come notte spirituale. La
Luce di Dio nel cuore è il mattino spirituale.
1. (Continua il Signore:) «Non è dunque detto: “Nel principio Dio creò
il cielo e la terra e la terra era deserta e vuota, e tenebre erano sopra
l’abisso; ma lo Spirito di Dio si muoveva sopra le acque”.
2. E Dio disse: “Sia fatta la luce!” e la luce fu. E Dio vide che la
luce era buona; allora Egli separò la luce dalle tenebre. Egli chiamò la luce
Giorno, e la tenebra Notte, e così dalla sera e dal mattino fu creato il primo
giorno”.
3. Ecco, queste sono le parole di Mosè! Se voi volete considerarle nel
senso letterale e naturale, non potrete fare a meno di rilevare di primo
acchito l’enorme insensatezza che ne deve necessariamente emergere.
4. Che cosa è invece il “cielo” e che cosa la “terra” di cui Mosè dice
che sono stati creati nel principio? Il “cielo” corrisponde allo spirituale, e
la “terra” al naturale nell’uomo; quest’ultimo era, ed è ancora deserto e
vuoto, com’è il caso con voi. Le “acque” sono le vostre false cognizioni in
ogni campo, sopra le quali aleggia certamente lo Spirito di Dio, che però non
le ha ancora penetrate.
5. Ma poiché lo Spirito di Dio vede continuamente la spaventosa tenebra
che regna nell’abisso della vostra mondanità materiale, Egli, come ora avviene,
dice a voi: “Sia fatta la Luce!”.
6. Ed ecco sorgere nel vostro naturale una lieve luce crepuscolare, e
Dio vede quanto buona sia la luce per le vostre tenebre; però siete soltanto
voi stessi che non potete e non volete persuadervene. Per questo motivo succede
una separazione in voi, e cioè il giorno viene diviso dalla notte, e dal
giorno, che sorge in voi, potete riconoscere la tenebra che avvolgeva il vostro
cuore.
7. Nell’uomo, il primitivo stato naturale è come una sera oscura,
quindi come la notte. Ma poiché Dio gli concede la luce, questa diventa per
l’uomo veramente come un’aurora, e così dalla sera e dall’aurora dell’uomo si
compie veramente il suo primo giorno di vita.
8. Infatti, vedete, se Mosè, il quale era iniziato in tutti i misteri e
in tutte le scienze degli Egizi, avesse voluto alludere con i versetti della
Genesi alla costituzione del primo giorno naturale della Terra, egli, provvisto
com’era di scienza e di sapienza, avrebbe pur dovuto fare attenzione al fatto
che dal tempo che intercorre fra una sera ed una mattina non può mai risultare
un giorno; infatti alla sera segue sempre naturalmente la notte profonda, e la
mattina è seguita dal giorno.
9. Dunque, il tempo fra sera e mattina è “notte”, e soltanto quello fra
mattina e sera costituisce il “giorno”!
10. Se Mosè avesse detto: “E così, dalla mattina alla sera fu creato il
primo giorno”, allora voi sareste autorizzati ad intendere con ciò il giorno
naturale; ma egli, per motivi plausibilissimi di rispondenza simbolica, disse
invece precisamente il contrario; e ciò significa la sera e contemporaneamente
la notte dell’uomo, cosa che d’altronde è facilmente comprensibile, poiché non
vi è stato finora nessuno che abbia visto un fanciullo padrone di ogni
sapienza.
11. Quando un bambino nasce su questo mondo, un’oscurità completa,
quindi la notte, regna nella sua anima; però il bambino cresce, e per le
impressioni che riporta e per gli insegnamenti di ogni genere che riceve,
acquista sempre maggiori nozioni in vari campi; ed ecco, questa è la sera, vale
a dire che l’anima comincia ad essere rischiarata da un lieve bagliore
crepuscolare, paragonabile al chiarore della sera.
12. Certamente voi potrete obiettare che anche alla mattina si fa
chiaro e che Mosè avrebbe potuto ben dire più precisamente: “E così, dal
chiarore mattutino e dal susseguente mattino propriamente detto già chiaro,
sorse il primo giorno!”
13. Ma Io da parte Mia aggiungo: “Certo, sempre però che egli avesse
voluto trasmettere agli uomini una sciocchezza senza pari riguardo alla
rispondenza spirituale!”. Mosè invece sapeva che soltanto nella sera ha il suo
riscontro lo stato terreno dell’uomo; egli sapeva bene che nell’uomo, per
quanto riguarda lo sviluppo intellettuale su basi puramente terrene, avviene
l’identica cosa come nella sera naturale in cui il chiarore va gradatamente
svanendo.
14. Quanto più ansiosi gli uomini tendono con il loro intelletto al
raggiungimento di beni terreni, tanto più si affievolisce nel loro cuore la
pura Luce divina dell’amore e della vita spirituale. Questa dunque è la ragione
per cui Mosè chiamò sera una simile luce terrena dell’uomo!
15. Soltanto quando Dio, nella Sua misericordia, suscita nel cuore
dell’uomo anche un minimo raggio di vita, solo allora l’uomo inizia ad
accorgersi della nullità di tutto quello che egli aveva prima acquisito con il
suo intelletto, cioè con la sera spirituale, e gli risulta poi gradatamente
sempre più luminosa la verità che tutti i tesori della luce della sera sono
altrettanto passeggeri quanto questa luce stessa.
16. Ma la giusta Luce da Dio, accesa nel cuore dell’uomo, è appunto
quel mattino che, con la sera che l’ha preceduta e da essa, porta con sé il
primo, vero giorno nell’uomo.
17. Però, da questa Mia spiegazione è impossibile che non risulti pure
a voi ben chiaro che deve esistere un divario enorme fra le due luci, o per
meglio dire fra le due conoscenze, poiché ogni conoscenza, che ha le sue
origini nella luce serale del mondo, è ingannevole e per conseguenza
passeggera. Soltanto la verità dura in eterno; ogni inganno invece deve alla
fine essere annientato».
Spiegazione
dei versetti 6 a 10 della Genesi di Mosè (secondo giorno).
Della distesa fra
le due luci cioè della fede vera e vivificante. Il secondo giorno.
Sorge la fede
dalla scienza, o è la scienza un dono della fede?
Ulteriori
dimostrazioni che le figure simboliche della Creazione di Mosè hanno puramente
un significato spirituale. Del vero terreno dell’amore.
1. (Continua il Signore:) «Potrebbe però accadere molto facilmente che
la Luce divina nell’uomo si riversasse nella luce della sera e che venisse poi
consunta o per lo meno confusa con l’altra, in modo che alla fine non si
potesse distinguere più quale sia la luce della natura e quale la Luce divina.
2. Allora Dio creò una distesa fra entrambe le acque che significano le
due specie di conoscenza riguardo alle quali Io vi ho dato ora chiarimenti a
sufficienza, ed Egli divise in tal modo le due acque.
3. Ora, questa distesa è il vero Cielo nel cuore dell’uomo, e si
esprime nella vera fede vivificante, ma mai in eterno in sofismi intellettuali
vuoti e meschini.
4. E per tale motivo colui che è armato di fede potente e incrollabile Io
lo chiamo ora davanti a voi “una roccia” e lo pongo come una nuova distesa fra
Cielo ed Inferno, e contro di essa nessuna tenebrosa potenza dell’Inferno potrà
mai prevalere in eterno.
5. Quando questa distesa è posta nell’uomo, ed in lui la fede diventa
sempre più potente, allora da una tale fede sorge sempre più evidente e chiara
la visione della nullità delle nozioni acquisite mediante l’intelligenza
naturale; l’intelligenza naturale poi si sottomette al dominio della fede, ed
in tal modo risulta nell’uomo, dalla sua sera e dalla sua sempre più chiara
mattina, il secondo giorno che è di gran lunga più luminoso del primo.
6. Dunque, l’uomo che si trova nello stadio di questo secondo giorno
intravede già ormai quello che soltanto è destinato ad affermarsi per
l’eternità quale pienamente e definitivamente vero; però le idee in lui non
sono ancora nel loro vero e proprio ordine. Ancora l’uomo tende a confondere il
naturale con il puramente spirituale, spiritualizza troppo la natura e, in
seguito a ciò, scorge il materiale anche nello spirituale, e per conseguenza
non è ancora capace di decidersi ad una giusta azione.
7. Egli è simile ad un mondo puramente acqueo che è bensì circondato da
tutte le parti dall’aria attraverso cui penetra la luce, ma in complesso non
può tuttavia avere un’idea chiara se il suo mondo acqueo sia una derivazione
dell’atmosfera di aria e di luce che lo circonda, oppure se sia stata
quest’ultima invece a trarre le origini dal mondo acqueo! In altre parole, egli
non sa ancora distinguere in se stesso in modo sufficientemente chiaro se le
sue cognizioni spirituali si siano sviluppate dalla sua intelligenza naturale,
oppure se invece questa intelligenza naturale sia una conseguenza e un prodotto
delle cognizioni spirituali forse già misteriosamente preesistenti nell’uomo
che dal principio agiscono in lui in maniera altrettanto misteriosa; o meglio,
per rendere in modo ancora più evidente l’idea, egli non sa se la fede sia un
derivato della scienza oppure se la scienza derivi dalla fede e quale sia la
differenza esistente fra l’una e l’altra.
8. In breve, egli non sa ancora cosa esisteva prima, se la gallina o
l’uovo, oppure se la semente o l’albero.
9. A questo punto Dio viene nuovamente in aiuto all’uomo, quando
quest’ultimo, valendosi della forza concessagli e quindi a lui propria, abbia
sufficientemente operato a vantaggio di questo secondo giorno del suo sviluppo
spirituale; e questo ulteriore aiuto consiste nel fatto, che nell’uomo la luce
viene resa più intensa; e la luce aumentata, come fa il sole a primavera,
comincia a fecondare tutte le sementi poste nel cuore dell’uomo, e ciò non
soltanto avviene in virtù dell’accresciuto splendore, ma anche in virtù del
calore sviluppato dalla maggiore luce.
10. Ora, questo calore si chiama Amore e costituisce nello stesso tempo
il terreno nel quale le sementi iniziano a germogliare ed a mettere radici.
11. Ed ecco, a questo appunto fa allusione Mosè nella sua Genesi quando
dice che Dio comandò alle acque di raccogliersi in determinati luoghi separati,
affinché potesse rendersi visibile il terreno solido ed asciutto che è l’unico
nel quale le sementi possono prosperare e produrre frutti vivi e vivificanti.
12. Ed è inoltre detto: “E Dio chiamò l’asciutto “terra”, e le acque
ormai radunate in luoghi prestabiliti “mari”.
13. Si domanda ora: “Per chi avrebbe dunque Dio fissato questi nomi?”.
Per Se stesso Egli non avrebbe avuto davvero bisogno di farlo, perché sarebbe
un po’ troppo ingenuo supporre che la suprema divina Sapienza volesse trarre uno
speciale compiacimento, come può accadere ad un uomo,
per il fatto che essa era riuscita a dare all’asciutto il nome di “terra” ed
alle acque, separate e raccolte in luoghi determinati, quello di “mare”.
14. Ma, d’altro canto, per qualcun altro di certo Dio non poteva dare
questi nomi all’asciutto e alle acque separatesi da esso, considerato che
all’epoca in cui sarebbe avvenuta tale creazione non poteva esistervi ancora
alcun essere all’infuori di Lui che avesse potuto comprenderLo!
15. Non è dunque possibile che quanto ha raccontato Mosè sia da
intendere nel senso materiale, ma solamente nel senso puramente spirituale, e
le parole di Mosè non stanno in alcuna relazione con la creazione primordiale
dei mondi, ad eccezione di quella che risulta dalla rispondenza che si può
desumere partendo dallo spirituale e procedendo a ritroso, vale a dire
retrocedendo dallo spirituale al materiale o naturale; questo però è un mistero
le cui profondità possono essere penetrate solo dalla sapienza di un angelo.
Ecco quindi che, come è stata esposta da Mosè, la cosa non ha che un
significato puramente spirituale, e dimostra in quale modo anzitutto un singolo
uomo per sé, e così pure l’umanità intera, vengono di tempo in tempo e di
periodo in periodo educati e nobilitati, elevandoli dall’originario ma
necessario stato naturale-materiale a quello spirituale sempre più puro.
16. Nell’uomo dunque avviene una separazione perfino per quanto
riguarda la sua parte naturale. Le cognizioni acquisite hanno cioè il luogo ad
esse destinato, e costituiscono il mare dell’uomo, mentre l’amore, che sorge
dalle cognizioni, come un terreno atto a produrre i suoi frutti viene
continuamente lambito dal mare, ossia dalla vera luce emanata da detto mare
quale complesso delle cognizioni, e viene sempre più fertilizzato e reso idoneo
alla produzione, sempre più abbondante di ogni specie dei più nobili frutti».
Continua la spiegazione della Genesi di Mosè, cap.1,
11-13 (terzo giorno). Influsso delle
cognizioni sul terreno fecondo del cuore. Unicamente importante è la formazione
dell’uomo spirituale nell’uomo naturale. Il fariseo riconosce la verità
espostagli, ma dubita del suo effetto pratico. Della rispondenza fra i diversi
gradi del potere visivo naturale e quelli dello spirituale.
1. (Continua il Signore:) «Per conseguenza quando le cognizioni
nell’uomo hanno circondato da ogni parte l’amore, e vengono a loro volta sempre
più illuminate e nutrite dalla fiamma d’amore, alla quale esse danno sempre
maggiore alimento, allora anche l’uomo diviene in uguale misura sempre più atto
ed incline all’azione vigorosa in tutto il suo essere.
2. Ed in questo stadio Dio si avvicina nuovamente all’uomo,
naturalmente, come già di per sé s’intende, in spirito, e quale eterno Amore
parla all’amore dell’uomo nel suo cuore, e dice: “Produca la terra erba minuta,
erbe che facciano seme, ed alberi fruttiferi che portino frutto secondo la loro
specie, il cui seme sia in esso, sopra la terra!”.
3. In seguito ad un tale comandamento di Dio nel cuore dell’uomo,
questi acquista solidità di volere, forza e coraggio, e con raddoppiata energia
pone mano all’opera.
4. Ed ecco! Le sue vere cognizioni si levano come nubi gravide di
pioggia dal mare tranquillo, si distendono sull’arida terra, la irrorano e la
fecondano. E la terra allora, sotto questo influsso, comincia a verdeggiare ed
a produrre ogni tipo di erbe, di arbusti e di alberi fruttiferi che fanno seme
secondo la loro specie; vale a dire quelle cose che, in tale stadio, il sano
intelletto, illuminato dalla divina Sapienza, riconosce come buone e vere,
quelle cose brama e vuole anche l’amore nel cuore dell’uomo.
5. Infatti, come la semente, se affidata alla terra, ben presto
germoglia e produce frutti abbondanti, altrettanto avviene delle giuste e vere
cognizioni che cadono sul terreno vibrante di gioia e di vita del cuore.
6. La semente però, posta nel terreno, ha l’effetto di risvegliare la
forza vitale altrimenti sonnecchiante nel terreno stesso; questa forza vitale
si raccoglie e si concentra poi sempre più intorno al seme, e fa in modo che
esso germogli e diventi pianta rigogliosa e ricca di frutti. In breve, la
cognizione vera e giusta diviene attiva solo nel cuore, e dall’azione poi
risultano le opere più svariate; ed è di queste che Mosè con profonda sapienza
intende parlare nella sua Genesi, e precisamente nei versetti 11 e 12 del Cap.
I, già citati letteralmente.
7. Quanto costituiva prima la sera originaria dell’uomo viene, per
mezzo della Luce dai Cieli, elevato allo stato di vera coscienza e conoscenza,
e in tal modo trasformato in azione alla quale poi devono seguire le opere; e
questo è il terzo giorno della Creazione e formazione del cuore e di tutto
l’uomo nell’uomo, di tutto l’uomo, cioè, spirituale, poiché è a questo soltanto
che va attribuita tutta l’importanza, ed è per questo unicamente che sono
venuti in questo mondo tanto Mosè quanto tutti gli altri profeti di Dio, ed ora
infine Io stesso! Io credo che questa cosa dovrebbe ormai riuscirvi
sufficientemente chiara!?»
8. Dice uno dei farisei: «Illustre e sapientissimo Amico e Maestro! Io,
per mio conto, approvo ciascuna delle parole da Te pronunciate perché esse sono
e devono essere profondamente vere; prova però ad andare a Gerusalemme, nel
Tempio, ed a spiegare la Genesi in tal modo! Vedrai che Ti lapideranno assieme
a tutti i Tuoi seguaci, a meno che Tu non ti difenda, usando la Tua più che
evidente Potenza divina! Ora, se Tu ti imponi ai fautori del Tempio con questa
Tua Potenza, essi sono ben giudicati, ed in tal caso non ci dovrebbe essere
grande differenza anche se Tu facessi scendere addirittura su di loro fuoco e
fulmini dal cielo e li annientassi del tutto!
9. Come ho detto, la cosa si presenta ad ogni modo quanto mai
azzardata! Oltre a ciò io ripeto che le Tue spiegazioni sapientissime e le
acute osservazioni riguardo ai tre primi giorni della Creazione descritti nella
Genesi sono mirabilmente in ordine e non vi si può obiettare la benché minima
cosa. Ma ora viene il quarto giorno nel quale, secondo quanto sta scritto nel
modo più evidente possibile, Dio avrebbe creato il sole, la luna e tutte le
stelle; quale altra versione potresTi dare di questi fatti che sono narrati
nella Genesi? Nessuno può negare che sole, luna, e stelle esistono, e,
all’infuori di quanto ne racconta la Genesi, l’uomo non conosce affatto in
quale modo siano sorti tutti questi grandi e piccoli lumi nel firmamento.
10. Io domando dunque: “Dov’è la chiave di questo mistero? Dove la
rispondenza per la quale questo quarto giorno dovrebbe riferirsi unicamente
all’uomo?”»
11. Gli rispondo Io: «Amico, tu hai udito già parecchie volte e lo sai
per tua stessa esperienza che vi sono uomini presbiti e miopi, ed inoltre che
vi sono pure dei semiciechi, dei quasi totalmente ciechi, ed altri che si
trovano immersi nella più completa tenebra, per quanto riguarda la vista
naturale. I presbiti vedono bene da lontano e male da vicino; i miopi invece
vedono bene le cose che sono loro vicine, ed, in confronto, male quelle che stanno
a distanza da loro; per i semiciechi è sempre per metà notte e per metà giorno,
vale a dire che essi con un occhio distinguono ancora molto bene gli oggetti,
ma poiché l’altro occhio è cieco, si comprende da sé che questi tali possono
bensì vedere tutto, però soltanto in mezza luce. Coloro poi che sono quasi
ciechi non possono più distinguere alcuna cosa, né di giorno né meno ancora di
notte; i loro occhi percepiscono solamente ancora un lievissimo bagliore,
cosicché, nonostante tutto, sono in grado di distinguere il giorno dalla notte;
coloro infine che sono completamente ciechi non hanno nemmeno il beneficio di
questo debole chiarore e sono del tutto incapaci di fare distinzione tra il
giorno e la notte.
12. E vedi, come gli uomini con la loro vista di carne sono costituiti
così molto differentemente l’uno dall’altro, così pure e spesso ancora di più
differentemente essi sono costituiti nella loro vista spirituale. E tu hai
anche un grave difetto di vista, e cioè nella tua anima il difetto è ben più
accentuato che non nella tua vista carnale. Io te lo dico: “Tu sei
straordinariamente miope nella tua anima”».
Continua la spiegazione della Genesi di Mosè, cap. 1, 14-19
(quarto giorno). Giusta critica del testo di Mosè. Vi è un solo baluardo, cioè
la Volontà di Dio. Il baluardo di Mosè:
il cielo nell’uomo. L’essenza del divenire figlio di Dio come meta suprema
dell’uomo.
1. (Continua il Signore:): «Cosa dunque hai letto nella Genesi? Non sta
scritto:
2. “Poi Dio disse: ‘Vi siano delle luci nella distesa del cielo per
fare distinzione fra il giorno e la notte; e quelle diano i segni, le stagioni,
i giorni e gli anni, e ci siano due luci nella distesa che illuminino le
Terre’. E così fu. Dio dunque fece due grandi luci, una maggiore per governare
il giorno e la minore per governare la notte, e inoltre le stelle. E Dio le
mise nella distesa del cielo perché illuminassero la Terra, perché governassero
il giorno e la notte e perché separassero la luce dalle tenebre. E Dio vide che
ciò era buono. Così dalla sera e dal mattino fu creato il quarto giorno”.
3. Vedi, questo è il testo letterale della storia della Creazione del
quarto giorno, cioè la storia di quell’azione che, propriamente, secondo la
Genesi costituisce il quarto giorno.
4. Ora, se tu consideri questa cosa soltanto un po’ più a fondo, e la
scruti anche con la sola tua forza intellettiva naturale, è impossibile che tu
non ti renda conto di primo acchito dell’enorme insensatezza che risulta
attribuendo un reale valore alle espressioni letterali contenute nella Genesi!
5. Non è detto nella Genesi che Dio creò la luce già il primo giorno e
che, in tal modo, dalla sera dal mattino fu creato il primo giorno!? Puoi tu
dirMi che genere di luce era quella che per ben tre giorni è stata sufficiente
a produrre il giorno e la notte? Il quarto giorno Dio dice nuovamente: “Vi
siano delle luci nella distesa del cielo”; si domanda ora: “Di che luci si può
trattare qui, le quali abbiano da separare il giorno dalla notte?”. Ma se tale
fine era già stato conseguito durante i tre primi giorni, dalla luce creata il
primo giorno!? Perché dunque creare nel quarto giorno altre luci ancora, sempre
al medesimo scopo?! Aggiungi poi che qui non si parla che di “luci”, mentre non
si fa il benché minimo accenno ad un sole e ad una luna. Oltre a ciò queste
luci producono anche segni; quali segni dunque? E finalmente le stagioni; quali
stagioni? E i giorni e gli anni; di che giorni e di che anni si parla? La notte
non conta dunque nulla? Non viene la notte, come spazio di tempo, trattata alla
stessa stregua del giorno?
6. È opportuno considerare poi che la Terra ha la forma di una sfera,
e, costantemente, su di una sua metà è giorno e sull’altra metà notte. A
seconda che la Terra si volga sul proprio asse da occidente verso oriente,
hanno giorno quei paesi che vengono a trovarsi dirimpetto al sole, oppure,
ancora meglio, quei paesi che la Terra, con il suo moto rotatorio costante ed
uniforme, successivamente trascina, per così dire, sotto l’influsso del sole.
7. Se dunque, com’è evidente, il giorno naturale sulla Terra ha la sua
ragione nel moto caratteristico della Terra stessa e se il sole a questo
riguardo non c’entra se non in quanto esso splende continuamente in un punto
del firmamento, e con la sua luce suscita il giorno laddove colpiscono i suoi
raggi e non può per conseguenza mai e poi mai governare il giorno, si domanda:
“Come con le sue luci avrebbe potuto Mosè alludere al sole e alla luna?”. E se
anche Mosè avesse con ciò voluto significare il sole e la luna materiali, egli,
per maggior chiarezza della sua rivelazione agli uomini, avrebbe certamente
chiamato queste due luci del cielo con il loro nome, perché ai tempi di Mosè
tutti già conoscevano come si denominassero entrambi questi corpi celesti!
8. Oltre a ciò Mosè parla di una distesa nel cielo, di un firmamento
che, veramente, nello spazio naturale non esiste in nessun luogo, per la
ragione che sole, luna e stelle, come pure questa Terra, si librano nell’etere
perfettamente libero, che non ha confini in nessun luogo, e, in virtù della
legge che li governa e che in loro risiede, vengono mantenuti nello stato loro
assegnato ed allo scopo cui sono chiamati a servire; hanno un determinato moto
libero e non sono per nulla fissati in un punto di un qualche firmamento
celeste!
9. Infatti, nell’incommensurabile vastità e libertà dello spazio, non
vi è che un firmamento solo, e questo è la Volontà di Dio, nella quale ha
fondamento la Legge immutabile per l’eternità, che governa lo spazio e tutte le
cose contenute in esso.
10. Se quello che si presenta ai vostri occhi come un’immensa volta
azzurra che ricopre tutto fosse un firmamento sul quale sole, luna e tutte le
stelle si trovassero fissate in modo uguale, come potrebbero muoversi, e, in
particolare poi, come potrebbero cambiare continuamente di posto i pianeti che
voi già conoscete?
11. Le altre stelle, che voi chiamate fisse, sembrano veramente stare
immobili in un punto loro assegnato di qualche firmamento, ma non è così.
Queste stelle sono tanto enormemente distanti dalla Terra, e le loro orbite
talmente ampie che spesso per percorrerle interamente non bastano quasi nemmeno
parecchie centinaia di migliaia di anni terrestri, e per conseguenza i loro
movimenti non possono venire percepiti nemmeno in cento generazioni umane;
questa dunque e non altra è la ragione per la quale tali astri vi appaiono
immobili nella volta celeste, ma, come accennato, la realtà è ben differente, e
non esiste in nessun punto dello spazio infinito un cosiddetto firmamento.
12. Il firmamento cui allude Mosè è la ferma volontà secondo
l’Ordinamento divino; volontà che ha le sue radici nelle vere e giuste
cognizioni dell’intelletto e nell’amore, il quale amore è il terreno benedetto
della vita. Ma poiché tale volontà può germogliare soltanto dalla pienezza che
ha in sé le premesse del frutto del vero amore di Dio nel cuore dell’uomo, come
pure questo amore a sua volta non può sorgere che dalla Luce celeste che Dio
riversò nell’uomo quando Egli separò la tenebra interiore di costui in sera e
mattina, così questo vero amore, la giusta concezione delle cose ed un vero e
sano intelletto - caratteristiche queste che si manifestano nell’uomo nella
fede vivificante - costituiscono il Cielo dell’uomo, e la ferma volontà
nell’Ordine di Dio che ne deriva è il firmamento o distesa del cielo nell’uomo.
Ed in un simile firmamento, qualora esso si trovi definitivamente nel vero
ordine prescritto dalla Volontà divina d’Amore, Dio pone nuove luci dal Cielo
dei cieli, il quale è il purissimo Amore paterno nel cuore di Dio. Queste nuove
luci illuminano poi la volontà umana, la elevano allo stato di sapienza degli
angeli del supremo fra i Cieli e sublimano con ciò l’uomo creato ad increato
figlio di Dio, trasformandosi per proprio libero volere e rientrato da se
stesso nell’Ordine divino!».
Continuazione della spiegazione della Creazione di Mosè.
Dell’uomo naturale, transitorio, e dell’uomo eterno, propriamente detto. Le due
grandi Luci, ovvero dell’essenza dell’eterno Spirito e dell’essenza dell’anima.
Il significato delle stelle. Il quarto giorno della Creazione.
1. (Continua il Signore:) «Finché l’uomo è creatura, egli è limitato
nel tempo, è transitorio e non può durare, poiché ciascun uomo, creato com’è
nell’ordine naturale delle cose, non è altro che una custodia adatta al
determinato scopo di lasciare sviluppare in se stessa un vero uomo, e ciò con
la costante cooperazione divina.
2. Quando questa custodia esterna ha raggiunto un grado sufficiente di
sviluppo - e per conseguire questo Dio l’ha fornita e dotata, in modo più che
soddisfacente, di tutti gli elementi e di tutte le proprietà necessarie -,
allora Egli risveglia, ovvero, meglio anzi, sviluppa nel cuore umano il proprio
Spirito increato ed eterno, e questo Spirito, secondo la misura della sua forza
attiva, è quello che Mosè volle intendere e voleva che fosse inteso quando
parlò delle due grandi Luci poste nella distesa del cielo, e così altrettanto,
e non diversamente, lo intesero i patriarchi e tutti i Profeti.
3. Questa luce eterna, increata e davvero eternamente viva, posta nel
firmamento dell’uomo, è poi il verissimo governatore del vero giorno nell’uomo,
ed insegna alla già citata custodia umana creata a trasformarsi completamente
nella sua eterna ed increata Essenza divina, e in tal modo a tramutare l’intero
uomo in un vero figlio di Dio.
4. Ogni uomo creato, però, ha un’anima vivente che a sua volta è uno
spirito, e possiede le necessarie facoltà di riconoscere il buono e il vero, il
cattivo e il falso, di assimilare ciò che è buono e vero e di respingere da sé
ciò che è cattivo e falso; ma ciononostante essa non è uno spirito increato,
bensì creato, e come tale di per sé, con le sue sole forze, non può giungere
mai ad essere figlia di Dio.
5. Soltanto quando essa, secondo la legge che le fu data, abbia
accettato il buono e il vero in tutta umiltà e modestia del proprio cuore e per
il proprio libero volere di cui fu dotata da Dio, soltanto allora una simile
volontà umile, modesta e obbediente diviene, per rendere il concetto evidente,
un vero firmamento, poiché essa si è plasmata sul tipo di quello celestiale
posto nell’anima umana; ed è in tale stato atta perfettamente ad assimilare in
sé il divino puro increato.
6. E così allora il divino puro, ossia lo Spirito increato di Dio che
per l’eternità viene posto in un simile firmamento, è la grande Luce. L’anima
dell’uomo invece, la cui luce in virtù di questa Luce maggiore viene portata ad
un grado pressoché uguale di intensità, costituisce la seconda luce, vale a
dire la minore, la quale dunque, al pari della Luce maggiore increata, viene
posta ormai nello stesso firmamento e, per l’influsso della stessa Luce
increata, viene a sua volta resa partecipe della qualità e virtù della Luce
increata, senza alcun danno però alla sua costituzione naturale, bensì con
infinito vantaggio per quanto riguarda la sua definitiva purificazione
spirituale. Infatti l’anima dell’uomo di per se stessa non potrebbe mai in
eterno contemplare Dio nella Sua purissima Essenza spirituale; e così
ugualmente il purissimo ed increato Spirito di Dio non potrebbe mai vedere ciò
che è naturale, poiché il naturale-materiale è come se non esistesse per lui.
Ma ecco che con l’unione perfetta, come prima indicato, dello Spirito purissimo
con l’anima, quest’ultima, grazie al nuovo Spirito che la penetra, può
contemplare Dio e spaziare nelle profondità senza principio e senza fine della
Sua purissima Essenza spirituale, e d’altro canto lo Spirito, per mezzo
dell’anima, perviene alla visione del naturale-materiale.
7. È questo ciò che dice Mosè, che la luce grande governa il giorno e
la luce piccola governa la notte, ed esse determinano i segni, ossia: in ogni
sapienza il fondamento di tutto ciò che appare e di tutte le cose create,
dunque esse determinano anche i tempi, giorni ed anni; il che equivale a dire:
riconoscere in tutte le cose che appaiono la Sapienza, l’Amore e la Grazia di
Dio.
8. Le stelle poi, delle quali Mosè fa pure menzione, denotano le
innumerevoli utili cognizioni in ogni campo, le quali singole cognizioni
certamente derivano da un’unica cognizione principale e fondamentale, e sono
per conseguenza poste nel medesimo firmamento come le due Luci principali.
9. Vedete, questo dunque è il quarto giorno della Creazione di cui
parla Mosè nella sua Genesi, il quale giorno, com’è facilmente comprensibile,
sorge, ugualmente agli altri tre che lo precedettero, dalla stessa sera e
mattina dell’uomo».
Cenni sul quinto e il sesto giorno della Genesi di Mosè.
L’origine naturale della Terra e dell’uomo. Ammonimento a non voler nutrire
eccessiva brama di scienza, ed esortazione a cercare in se stessi il Regno di
Dio.
1. (Continua il Signore:) «Ed affinché voi non abbiate più bisogno di
farMi ulteriori domande per quanto riguarda la rispettiva rispondenza dei
giorni quinto e sesto della Creazione, vi dico ora in brevi parole che la
creazione successiva dell’intero mondo naturale animale e infine, dell’uomo
stesso non significa altro che la piena vivificazione e la realizzazione certa
di tutto ciò che l’uomo comprende in sé nella sua parte naturale.
2. Il suo mare e tutte le sue acque divengono traboccanti di vita, e
l’uomo, nella sua Luce ormai divina ed increata pura, vede e riconosce la
pienezza smisurata ed infinitamente multiforme delle idee e delle forme
creative, ed è in tal modo compenetrato dal concetto della sua pura origine
divina. E la creazione del primo uomo rappresenta la definitiva e completa
formazione del vero uomo, ossia il raggiungimento della meta suprema che è la
dignità di perfetto figlio di Dio.
3. Certamente, tu ti domandi ora nel segreto del tuo cuore e dici: “Sì,
è vero, tutto ciò va perfettamente bene, è magnifico e colmo di sapienza, ed in
nessuno può sorgere il ben che minimo dubbio sulla perfetta verità di quanto fu
esposto; ma pure, come si è formata la Terra, che certo non può esistere da
eternità come esiste ora? Come venne ricoperta di erbe, di arbusti, di cespugli
e di alberi di ogni specie? Come e quando furono formati tutti gli animali che
la abitano?
4. E come divenne l’uomo un cittadino di questa Terra? È stata creata
in origine veramente una sola coppia umana, come ci insegna la Genesi, oppure
comparvero sulla Terra contemporaneamente una moltitudine di uomini di
differente colore, aspetto e carattere?”.
5. Ora, a queste domande certo non criticabili, Io non posso fare altro
che ripetere quello che già ti dissi, e cioè: “Qualora ti sia propria la
sapienza degli angeli, procedendo a ritroso, con la deduzione e per
rispondenze, dal puramente spirituale al naturale-materiale, rileverai punto
per punto, da quello che Mosè espone nella sua Genesi, anche la storia
dell’intera Creazione naturale-materiale, e troverai
altresì che tale Creazione è proceduta certamente, entro periodi di tempo molto
ampi, quasi nel medesimo ordine come è narrata nella Genesi, e che la creazione
della prima coppia umana risulta pressoché nello stesso periodo corrispondente,
e troverai, infine, che la prova dell’uomo e la sua propagazione sulla Terra,
salvo pochissima cosa circoscritta entro figure simboliche, si susseguì
precisamente nell’identico ordine come appare dall’ulteriore svolgersi degli
avvenimenti esposti nella Genesi.
6. Ma, come detto, senza la sapienza degli angeli non ti sarà mai
possibile chiarire tali misteri, anche se avessi al tuo fianco tutti i sapienti
della Terra, i quali hanno già manifestato anche su questo punto le idee più
varie e le più disparate opinioni.
7. Ora, qui va osservato che tale scienza, su questo mondo, non è a
nessuno di particolare vantaggio, poiché con la molta scienza l’uomo consegue
rare volte, se non mai, un miglioramento nel proprio cuore; molto spesso ne
riceve invece un peggioramento. Infatti, colui che crede di sapere molto
diventa non di rado superbo ed orgoglioso, ed è indotto a guardare dalla sua
presunta inarrivabile altezza i propri fratelli con arroganza e disprezzo, come
fa l’avvoltoio, il quale mira dall’alto i piccoli uccellini, quasi questi non
esistessero che all’unico scopo di lasciarsi pigliare da lui e di fornirgli dei
pasti delicati!”.
8. Quindi, anzitutto cerca il Regno di Dio e la Sua Giustizia nel tuo
cuore, e curati poco del resto, poiché tutto ciò, assieme alla sapienza degli
angeli, ti può venire concesso, al momento giusto, dalla sera alla mattina.
Dunque Io spero che tu Mi abbia compreso perfettamente!?».
Osservazione dei farisei al Signore, in merito alla Sua
spiegazione della Genesi di Mosè. Il Signore profetizza la punizione di
Gerusalemme. Il silenzio comandato riguardo a tutto ciò che di spirituale è
stato visto ed appreso.
1. Quando il fariseo e i suoi compagni ebbero udito questa Mia estesa
spiegazione della Genesi, rimasero dinanzi a Me come paralizzati, e soltanto
dopo lunga e visibile intensa riflessione, il principale di quei farisei Mi
disse: «Signore! Maestro fra i maestri in tutte le cose! Io e tutti noi che
siamo qui radunati dobbiamo, non però senza nostro grande rammarico, confessare
che Tu hai perfettamente ragione ad ogni riguardo e che tutto ciò che Tu dici
non è che pura ed intera verità. Ma non invano ho accentuato che non senza
nostro grande dolore siamo ora compenetrati di queste verità! Infatti,
considerato il mondo perfido ed egoista all’eccesso in cui viviamo, tale
sapienza è troppo elevata, troppo santa, e senza l’appoggio di miracoli del
tutto straordinari, Tu predicherai ad orecchi completamente sordi, e quando
pure vorrai operare miracoli, Tu non Ti troverai che dinanzi dei ciechi
ammiratori, e perciò non ne potrà risultare molto di buono.
2. Se l’uomo, per poter trasformare se stesso e diventare veramente
uomo, deve essere assolutamente libero nella volontà e nell’opera, certo Tu
potrai predicare e fare cose meravigliose quanto vorrai, ma fra cento uomini
forse se ne troverà uno che si convertirà efficacemente, poiché, se qualcuno è
già per sua natura troppo ottuso d’intelletto e manca in tutti i campi delle
più elementari cognizioni necessarie e vantaggiose all’uomo, non potrà mai
comprendere la Tua Dottrina. Se invece egli è anche di un solo grado di intelligenza troppo sveglia sia nella Scrittura, sia in
qualche altra scienza ed arte, e se questo fatto è in relazione con qualche
vantaggio materiale, e per di più con qualche maggior considerazione terrena
della propria persona, in tal caso, anche se al Tuo posto parlasse il padre
Jehova stesso fra tuoni e fulmini, simili uomini farebbero precisamente quello
che hanno fatto nel deserto i nostri predecessori condotti da Mosè, e cioè,
mentre Mosè sul Sinai parlava con il Signore, che si manifestava fra tuoni e
fulmini e ne riceveva i sacri Comandamenti, essi si fecero un vitello d’oro, e
poi vi danzarono intorno e lo adorarono così alla maniera dei pagani!
3. Se io non sapessi a che razza di gente appartengono i farisei, gli
scribi e tutti i sacerdoti ed i leviti, particolarmente in Gerusalemme, non mi
azzarderei nemmeno a parlarTi di loro in questi termini; ma io li conosco
invece fin troppo bene, ed è per questa ragione che ho cominciato anche a
tenermi lontano dal Tempio, né conto ormai di ritornarci più.
4. In quanto a Te, o Signore, se intendi andare un giorno nuovamente a
Gerusalemme, prendi con Te una buona provvista di onnipotenza, altrimenti
verrai lapidato come bestemmiatore! Infatti chiunque pretenda di avere anche un
solo briciolo di maggiore sapienza, anche perfino di un semplice spazzino del
Tempio, costui viene subito imputato di sacrilegio e di bestemmia e se non si
converte facendo qualche grossa offerta al Tempio, la lapidazione senza grazia
e pietà lo attende fuori dalle mura, sul posto maledetto!
5. O divino Amico mio, ascolta le mie parole: per Gerusalemme non vi è
che un solo mezzo di guarigione possibile, ed è quello di Sodoma e Gomorra;
all’infuori di ciò, non vi è altra salvezza per quella città e per i suoi abitanti!»
6. Osservo Io: «Amico! Quello che Mi hai detto ora, Io lo sapevo già da
ben lungo tempo! Sì, Io te lo dico: “Questa sarà veramente la fine di
Gerusalemme!”. Prima però conviene che in quella città si compia tutto ciò che
di essa è stato predetto da tutti i Profeti, affinché tutte le Scritture siano
adempiute e sia colma la sua misura. E da oggi in poi voi non giungerete a
contare fino a settanta anni che là nemmeno una pietra sarà lasciata
sull’altra; e se qualcuno domanderà: “Dove si trova il Tempio?”, non vi sarà
nessuno in grado di dargli l’informazione richiesta!
7. Fra le mura di quella città molti sono stati i profeti assassinati.
Io so di tutti, e come il loro sangue gridava vendetta al più alto dei Cieli
per tali orrendi delitti; ma la misura assegnata dall’Inferno a tale città non
è del tutto colma, ed è perciò che essa venne risparmiata finora, però in breve
tempo la sua misura traboccherà, ed allora non sarà più risparmiata!
8. Ed ora, prima di abbandonare questo monte, Io do a voi tutti un
comandamento che dovrà venire scrupolosamente osservato, e cioè che nessuno di
voi, una volta in pianura, faccia parola di quanto ha visto su questo monte
prima che Io non lo abbia autorizzato in spirito. Chi non presterà obbedienza a
questo Mio ordine verrà all’istante punito e colpito da un mutismo, poiché le
genti che dimorano in pianura sono ben lontane dall’essere mature per tali
rivelazioni, né voi stessi lo siete ancora abbastanza.
9. Di quello che ho Io insegnato qui, potrete bensì parlare con i vostri
simili, però non come se l’aveste appreso da Me, ma come se tali idee e
considerazioni fossero sorte liberamente in voi stessi. Soltanto qualora i
vostri amici siano, al pari di voi, compenetrati in modo vivificante da questa
Dottrina, allora soltanto potete comunicare loro a quattrocchi da Chi tale
Dottrina vi venne insegnata, e quali sono stati i segni che l’hanno preceduta!
10. Non dimenticate però di dare nel Mio Nome a coloro che avrete così
istruiti lo stesso comandamento e con la medesima sanzione come ho fatto Io ora
qui con voi.
11. Ma voi, durante il breve tempo che ancora ci tratterremo su questa
altura, sarete testimoni di altri fatti meravigliosi, perché Io bramo
ansiosamente di rendervi il più possibile forti nella fede. Io però rinnovo il
comandamento appena dato a voi, anche riguardo a quanto avete ancora da vedere
e da udire, poiché nel caso che qualcuno di voi non osservasse tale
comandamento, verrebbe colpito dalla minacciata punizione per la durata di un
anno!».
Sciocche
obiezioni di Giuda Iscariota e racconto del suo viaggio aereo.
I chiarimenti del Signore e le aspre critiche
di Tommaso.
1. Disse Giuda Iscariota: «Signore! È ben duro il Tuo comandamento! Chi
potrà mai osservarlo interamente e rigorosamente?!»
2. Rispondo Io: «Da parte di Dio anche la morte del corpo è stata
stabilita quale legge imprescindibile ed immutabile, e malgrado tutti i lamenti
dell’uomo, Egli non ritira la Sua santa Parola! Tu puoi ben parlare e litigare
quanto vuoi, ma alla fine dovrai morire tu pure! Solo nell’aldilà ti
convincerai che questa morte ti era estremamente
necessaria.
3. Ora vedi, precisamente così avviene di ogni comandamento che esce
dalla bocca di Dio! Fai legge a te stesso di queste parole, e allora tu sarai
facilmente in grado di osservarle, ma se invece la tua anima si prescrive una
legge differente da quella che Io ti do, difficilmente tu potrai osservare la
Mia legge, poiché quando una legge si trova a cozzare contro un’altra legge,
allora l’osservanza tanto dell’una quanto dell’altra diventa infine non
soltanto difficile, ma addirittura impossibile! Comprendi tutto ciò?
4. Io te lo dico! Sorveglia bene te stesso, e fai molta attenzione
affinché con il tempo qualche legge contraria alla Mia, emanata da te stesso,
non causi la tua morte!»
5. Esclama Giuda: «Eccoci da capo in mezzo agli enigmi! Tu parli ancora
in modo tale che a udirTi si ha la stessa impressione che suscita la vista dei
geroglifici egiziani, i quali ormai nessun sapiente al mondo può più leggere e
tanto meno comprendere! Cos’è veramente una contro-legge? Come posso io dare a
me stesso una legge già datami da altri? Io non posso fare altro che osservarla
oppure non osservarla, e questo sta nella mia libera volontà, e non in una
contro-legge!»
6. Gli dico Io: «Ascolta; se devi restare di intelligenza tanto ottusa
quanto lo sei in questo momento, è molto meglio per te se ritorni a Bethabara,
perché, così come sei, Mi urti e Mi ripugni!
7. Da dove provengono dunque le leggi? Hanno forse la loro origine in
qualcosa d’altro che non sia unicamente la Volontà di Colui che ha la facoltà e
il potere di emanarle e di sanzionarle?! Ora, non ha ciascun uomo pieno potere
su se stesso, e non può egli fare ciò che vuole? Se egli riconosce le leggi
esteriori e le fa sue, egli potrà di certo osservarle facilmente, ma se lui non
vuole questo, allora la sua volontà contraria si erige a contro-legge, ed egli
dovrà alla fine sottostare alla sanzione della legge esteriore!»
8. A questi chiarimenti Giuda fa una faccia scura, ma tuttavia dice:
«Sì, adesso la cosa mi è chiara e sta bene; devo però dire che quando Tu parli,
come avviene molto spesso, in termini velati e misteriosi, rimango perplesso ed
angosciato e devo per conseguenza fare sempre nuove domande, finché riesco a
comprendere la cosa, specialmente quando si tratta, come in questo caso, di una
legge che dovrebbe essere piuttosto difficile da osservare per molti di quelli
che sono qui, anche per me, il che non mi vergogno affatto di confessare. Però,
vedi o Signore, se qualcun altro Ti domanda qualcosa, Tu gli dai subito nel
miglior modo ogni spiegazione possibile con tutta amorevolezza, mentre se io Ti
chiedo qualche cosa, Tu mi rispondi sempre in certo tono brusco in modo che io
poi non oso interrogarTi nemmeno riguardo ad altre questioni per quanto
importanti possano essere.
9. Ad esempio, io non so spiegarmi il mio viaggio miracolosissimo di ieri
l’altro, fatto con una velocità incredibile attraverso l’aria, cosicché la
terra sottostante non mi appariva all’occhio altro che quale una larga striscia
che fuggiva con la rapidità del lampo! Dunque, io vorrei sapere da Te come mai
sia stata possibile una cosa simile! Infatti io mi trovavo a maggior distanza
di tutti da qui, e precisamente un bel tratto al di là della sponda opposta al
mare, tanto che per fare ritorno a piedi avrei dovuto impiegare dalle quattro
alle cinque giornate.
10. Negli ultimi giorni io avevo appunto terminato di predicare in un
villaggio abitato da greci, purtroppo senza trovare cuori ed orecchi
particolarmente ben disposti ad ascoltarmi, nonostante io avessi guarito
parecchi dei loro ammalati, perciò mi indispettii ed abbandonai quello stupido
covo. E come fui giunto a circa un migliaio di passi dal villaggio,
perfettamente solo - poiché il fratello Tommaso non ha voluto accompagnarmi in
Grecia - un vortice di vento mi venne incontro e, prima che io avessi potuto
accorgermene, mi trovai già sollevato in alto nell’aria! Allora si produsse
come una raffica di una violenza indescrivibile, e fui trasportato fin qui,
come ho detto prima, con tanta velocità che durante un simile volo non fui
assolutamente in grado di distinguere niente di ciò che sulla Terra appariva e
scompariva in successione; perfino il mare non lo potei scorgere che come un
momentaneo bagliore simile a quello del fulmine. Io davvero non ho avuto tempo
di pensare a cosa sarebbe avvenuto di me se una qualche roccia mi avesse in un
punto qualsiasi sbarrato la via; sicuramente sarei stato ridotto in centinaia
di migliaia di minutissimi pezzi! Quale non fu invece la mia sorpresa quando,
dopo un così terribile viaggio aereo, venni deposto qui dolcemente a terra
dinanzi a Te, o Signore!
11. Ed ecco perché adesso vorrei che Tu mi dicessi in poche parole come
sia potuta accadere una cosa simile»
12. Gli rispondo Io: «Amico! Ammesso che tu sappia Chi Io sono, come
mai puoi domandare in quale maniera siano a Me possibili tali cose, oppure con
quali mezzi ciò sia potuto accadere a te? Non sono forse possibili a Dio tutte
le cose? Guarda le nubi in alto! Chi le sostiene? Tu pure hai udito prima in
quale modo Io spiegai a tutti la struttura della Terra, della luna e del sole, e
di molte altre stelle le quali, per i tuoi concetti, sono in grandissima parte
altrettanti soli infinitamente grandi!
13. Vedi, tutti questi enormi e per conseguenza pesantissimi corpi
celesti si librano liberi nell’etere che si estende all’infinito in ogni
direzione, e ruotano negli spazi con una velocità, per le tue idee, quasi
favolosa.
14. Si domanda ora: “Chi guida tutti questi immensi ed innumerevoli
mondi attraverso lo spazio libero e senza confini, in un ordine immutabile?”.
Riflettici un po’ su, e rileverai molto facilmente e molto presto tutta la
vacuità e l’ingenuità della tua domanda alla quale è stato risposto in modo più
che sufficientemente chiaro con quanto ho detto ora!»
15. Tommaso interviene allora a sua volta e dice: «Che almeno una volta
tu potessi venire fuori con una domanda degna del Signore! Non ha fatto
ciascuno di noi, che siamo stati inviati da Lui a predicare, lo stesso viaggio
per l’aria fino qui? Noi però sappiamo che Egli ha voluto che così fosse, e con
ciò risulta per noi spiegata più che a sufficienza la nostra rapida traversata
per l’aria fino a questo monte, per quanto il modo sia stato insolito e
meraviglioso! Se tu credessi più fermamente e più intimamente cosa e Chi
veramente è il nostro Signore e Maestro, simili domande non potrebbero sorgere
nella tua mente neppure durante il peggiore e più sciocco dei sogni!»
16. Ribatte Giuda: «Te la pigli di nuovo con me? Del resto, se ciò ti
fa piacere, accomodati pure. Per questa volta almeno non me ne avrò a male,
perché concordo io stesso di aver annoiato il Signore con una domanda quanto
mai insulsa, ciò che per il futuro non farò di certo mai più!»
17. Dice Tommaso: «E allora saremo buonissimi amici e fratelli, e non
ti sarò sempre addosso per farti da censore!»
18. Io osservo: «Statevene tranquilli adesso; ormai Kisjonah è già
pronto con il cibo, ed è opportuno che accordiamo al nostro corpo il ristoro
necessario! Dopo il pasto vedremo bene tutto quello che resterà da fare; così
sia dunque e così rimanga per ora!».
La santa Compagnia radunata sull’alpe. Domanda di
Kisjonah ai tre angeli: «Per quale motivo gli uomini devono nascere?».
Differenza tra gli angeli puri, gli angeli caduti e gli uomini. La carne non è fine
a se stessa, ma è un mezzo per lo sviluppo spirituale dell’anima.
1. Tutti dunque si recano nelle capanne per prendere parte al pasto, e
sono tutti, senza eccezione, di animo sereno e di lietissimo umore.
2. Terminato il pasto, Kisjonah dice che, qualora Io Mi dichiarassi
d’accordo, egli propone di visitare prima di sera ancora qualche luogo
particolare della sua montagna, e dichiara che approfitterà di quella occasione
per pagare la ricompensa ai suoi pastori, nonché per dare un’occhiata alle sue greggi
di pecore e per vedere quanta lana abbiano già raccolto i pastori.
3. Ma Io osservo: «Come sai, domani è la vigilia del sabato, ed Io
vorrei che ci trattenessimo qui ancora per questa giornata; ora, visto che oggi
abbiamo indugiato alquanto a nutrirci e che il giorno non durerà ormai più di
un paio d’ore, è meglio che restiamo qui lietamente assieme e che ci
intratteniamo su diverse cose di non lieve importanza, perché questa sera vi
sarà offerta occasione di vedere e di udire ancora parecchio; dunque è perciò
che Io desidero restarMene oggi qui con voi»
4. Dice Kisjonah: «Signore, ogni desiderio del Tuo Cuore è per me un
comandamento santissimo! Ma adesso mi permetto di fare anzitutto una domanda, e
questa riguarda appunto quei tre uomini i quali alcuni giorni fa sono venuti
qui dall’oriente, sfolgoranti di luce, più librandosi nell’aria che non
calcando con i piedi le zolle erbose dei monti. Questi tre uomini si trovano
tuttora continuamente in nostra compagnia, parlano con noi, mangiano e bevono con
noi, sono altresì cortesi e servizievoli, ed assomigliano, tranne che nella
figura molto più nobile della nostra, in tutto e per tutto a noi.
5. La cosa mi fa già ora l’impressione come se essi dovessero anche per
l’avvenire restare sempre qui con noi, ciò che mi sarebbe infinitamente caro.
Poco fa li ho abbracciati e baciati, ed ecco, essi avevano ossa ed un corpo
ugualmente forte e robusto, tanto che io dovetti meravigliarmi!
6. La mia domanda è per conseguenza questa: “Vorrei sapere da Te in
quale modo ciò sia possibile; prima essi erano puramente spiriti ed ora sono
uomini corporei quanto noi: da dove hanno preso il corpo? E considerato che
essi hanno potuto in un istante formarsi un corpo, come si può constatare molto
più perfetto del nostro, non potrebbero anche tutti gli uomini essere dati alla
luce in modo uguale invece di venire partoriti con gravi fatiche e dolori?”»
7. Rispondo Io: «In primo luogo tu non potresti vedere questi tre
angeli, né potresti con i tuoi sensi percepire la loro corporeità qualora Io
non ti avessi momentaneamente concesso la facoltà necessaria a tale scopo, per
la quale ora la tua anima, immediatamente congiunta al suo spirito, può vedere
per mezzo ed attraverso il corpo tutto lo spirituale così come se fosse
naturale e addirittura saldamente corporeo; ma esso è e rimane comunque del
tutto spirituale e non ha niente di corporeo in sé.
8. Ogni uomo e ogni spirito sono enormemente diversi fra di loro, e non
tutti gli spiriti hanno, come questi tre angeli, fin dal principio del tempo
per libera scelta, fatto uso della libertà concessa loro in modo saggio e
corrispondente al Mio Ordine, senza mai peccare in eterno contro questo Ordine.
Una gran parte degli spiriti, che per i tuoi concetti sono in quantità
innumerevole, ha invece abusato del proprio libero volere, ed è per conseguenza
precipitata nel minacciato Giudizio. Da tali spiriti, dai quali propriamente è
composta tutta questa Terra e tutto lo sterminato numero di altri mondi, come il
sole, la luna e le stelle, derivano, secondo una Legge immutabile insita in
tutta la natura, gli uomini naturali di questa Terra, nonché gli uomini di
tutti gli altri mondi, e ciò per la via a te nota della fecondazione e del
susseguente parto. I nuovi esseri devono poi con l’educazione e gli
insegnamenti venire dapprima allevati a diventare uomini e, dopo la deposizione
del loro corpo, a divenire spiriti puri e perfettamente liberi.
9. Dunque, poiché il corpo umano viene concesso ad uno spirito che si è
sciolto dalle strettoie del Giudizio principalmente soltanto perché detto
spirito debba sottostare ad una nuova prova della propria volontà e libertà,
agendo in questo corpo come in un mondo tutto a sé proprio, deve esserti
facilissimo rilevare come un corpo di carne sarebbe assolutamente inutile agli
spiriti già perfetti, dato che la carne di per sé e in sé non può essere altro
che un mezzo, mai in eterno però uno scopo, ed alla fine tutto è destinato a
fare ritorno al puramente spirituale, ma mai in eterno al materiale.
10. Io te lo dico: “Questa Terra e tutto questo cielo veramente
corporeo - cioè soli, lune e tutti i mondi - un giorno scompariranno quando
tutti gli spiriti giudicati, e in essi trattenuti, saranno, per la via della
carne, divenuti spiriti puri; ma gli spiriti puri lo rimangono in eterno e lo
rimarranno e non potranno mai in eterno cessare di esistere, come altrettanto
né Io né la Mia Parola cesseremo mai di esistere”.
11. DimMi, ora, hai ben compreso quanto ti ho detto?».
Lo stupore di Kisjonah e buona comprensione della luce
data dal Signore. Della procreazione di Adamo. Dell’essenza dell’uomo e della
donna. Caduta della donna e relativa dannosa influenza esercitata sull’uomo. Decadimento
dell’umanità e cenni sull’Incarnazione del Signore, a scopo di redenzione.
1. Esclama Kisjonah: «O Dio, o Dio, quali profondità di sapienza! A chi
mai fu dato di udire qualcosa di simile? Davvero, tali chiarimenti soltanto Dio
può darli, e rendono irrisoria e nulla la sapienza di tutti i saggi della Terra
presi assieme! Troppa, troppa luce in una volta è questa per un povero mortale
peccatore, quale più che mai mi sento in questo momento!
2. Questa rivelazione mi svela d’un tratto in modo chiarissimo,
evidente, tutta la Genesi, come per virtù di una cosiddetta bacchetta magica!
3. Sì, ora comprendo il significato di queste parole: “Dio creò Adamo,
il primo uomo su questa Terra, dall’argilla!”. Dio, nell’Ordine eterno da Lui
stabilito, ha voluto che gli spiriti giudicati e stretti nei lacci della
materia della Terra dovessero costruirsi un corpo perfettamente simile alla
corrispondente forma spirituale, traendolo da questa stessa Terra che li teneva
prigionieri, e precisamente dalla parte di essa più cedevole e malleabile,
raffigurata qui dall’argilla, per poter in questo corpo muoversi con molta
maggiore libertà e riavere la coscienza e la conoscenza del proprio io, e da
questa la conoscenza di Dio. Giunti a questo, essi debbono sottomettersi per
libero volere agli ordinamenti divini e pervenire in tale maniera alla loro
natura iniziale, che è la spirituale, vale a dire allo stato di spiriti puri e
perfetti, come lo sono gli arcangeli dal principio del tempo!
4. Sì, ora tutto in un attimo mi si affaccia chiaro e limpido
all’intelletto! “La donna”, sta
scritto, “fu creata da una costola di
Adamo”; quanto chiaro ed evidente non è anche questo? Come le montagne
costituiscono senza alcun dubbio la parte più solida e
perciò anche la parte più tenace della Terra, e così rivelano la natura più
tenace ed ostinata degli spiriti che la compongono, nello stesso modo, per
rispondenza, anche nel primo uomo, come pure in tutti i successivi uomini, la
parte per così dire più dura e tenace si era annidata nelle ossa dell’uomo, le
quali hanno perfetto riscontro nelle montagne rispetto alla Terra.
5. Ebbene, la parte spirituale più tenace, la più sensuale, la più
superba e la più orgogliosa venne, dalla Potenza e Sapienza di Dio, separata
dall’uomo ed espressa in una forma femminile, simile all’uomo, la quale, come proveniente dall’uomo, sta con lui in una
rispondenza vivente, ed è perciò atta a suscitare in sé, con il sussidio
dell’azione procreativa e secondo l’onnipotente Volontà di Dio, un frutto
vivente. Ed essendole imposta, come parte spirituale più tenace dell’uomo, una
sofferenza maggiore, essa può perfezionare il proprio spirito nella misura in
cui anche l’uomo può perfezionare la sua parte più mite, e conseguentemente può
anche avvenire, ed avviene secondo la Scrittura, che alla fine l’uomo e la
donna divengano una cosa sola.
6. Infatti l’espressione che l’uomo e la donna hanno poi un corpo solo
non vuol dire altro che: “Quantunque l’essenza della donna è la parte più
ostinata dell’uomo, essa però, attraverso la prova relativamente più aspra,
diventa infine uguale alla parte spirituale comunque più mite dell’uomo; ed è
questo che vuole significare che l’uomo e la donna hanno un corpo solo”. Che ne
dici Tu, o Signore, di ciò? Ho io compreso questa cosa almeno
approssimativamente nel suo vero senso, oppure no?»
7. Dico Io: «Perfettamente giusto e vero è quello che hai detto! Così
sta la cosa, ed in questo modo anche dovrebbero venire lette e comprese nel
vero spirito le Scritture; proprio così sarebbe bene parlare con tutti gli
uomini e trattare con loro i vari problemi dei Cieli con loro grande vantaggio.
Ma gli uomini invece, ed in particolare le donne, a causa dell’abuso del libero
volere, sono precipitati in balia di ogni sensualità; le donne hanno cominciato
ad adornare oltre ogni misura il loro corpo per renderlo più attraente, dietro
il consiglio di Satana, e contemporaneamente con il loro egoismo sono divenute
intrattabili, superbe e sprezzanti, costringendo l’uomo più mansueto ad
incappare nella loro rete, e costui dovette cominciare a danzare con tutta
condiscendenza, anzi con tutta sottomissione, secondo la musica che la brama di
dominio a quelle suggeriva, ed ebbe infine addirittura uno speciale
compiacimento quando si trovò ben presto preso in trappola dall’astuzia
veramente satanica delle donne.
8. Con ciò dunque egli cadde da tutta l’altezza dei Cieli germoglianti
in lui, divenne per conseguenza tenebroso, sensuale, egoista, vanitoso ed ambizioso;
e perciò, in unione con la donna, esclusivamente seguace del demonio!
9. Certamente l’uomo veniva ammonito dal suo spirito, lievemente di
quando in quando, attraverso il risveglio dell’amore per la vita, a leggere le
Scritture e a contemplare le grandi opere di Dio! Molti infatti fecero così
dopo essersi liberati, chi più chi meno, dai lacci in cui le donne li tenevano
legati, ma ciò non giovò molto. Infatti essi non comprendevano più le
Scritture! E poiché essi stessi divennero materiali in modo effeminato,
accettarono immediatamente il senso materiale della lettera per buona e genuina
moneta di pieno valore, ridussero la Parola di Dio ad
una cosa orrida, e il Tempio di Dio ad una spelonca di ladri e di assassini!
10. Io lo dico a te ed a voi tutti: “La cosa era arrivata ormai al
punto che tutti gli uomini sarebbero stati irrimediabilmente perduti per sempre
se non fossi venuto Io, il Signore in Persona, in questo mondo per redimervi
dal giogo di Satana e salvarvi, per conseguenza, dalla perdizione eterna; ed Io
stesso dovrò fare sforzi enormi per poter dall’inizio elevare una parte
minimissima degli uomini alla vera Luce dei Cieli”».
Un Vangelo per
coloro che vogliono prendere moglie. La decadenza dell’umanità a causa delle
donne. Considerazioni sull’attuale stato di cose. Modo di riconoscere le donne
maligne. Ammonizione contro il matrimonio con una donna superba.
Maledizione
che deriva da una tale unione sulla Terra e nell’aldilà.
Il male e il
bene non regnano contemporaneamente nel cuore.
1. (Continua il Signore:) «Ma guai al mondo quando le donne inizieranno
di nuovo ad abbellirsi, ad adornarsi ed a sedere sui troni; allora la Terra
sarà passata attraverso il fuoco!
2. Perciò badate soprattutto ad una buona educazione delle donne, e
innanzitutto fate che esse si esercitino nella vera umiltà! Le donne devono
tenersi pulite, però non devono né adornarsi né abbellirsi, poiché tali
abbellimenti ed ornamenti delle donne sono per l’uomo la sua fossa e la sua
rovina in tutto!
3. E come una donna pulita, costumata ed umile è una vera benedizione
della casa, al contrario una donna adornata, e con ciò superba, è una
maledizione sopra tutta la Terra ed è quindi un Satana in piccole proporzioni
fra gli uomini, ed è perfettamente simile ad un serpente il quale affascina con
i suoi sguardi lussuriosi gli uccelli del cielo e li attira fra le sue fauci
velenose e mortali!
4. Io vi do quindi il seguente consiglio, pur non volendo che questo
consiglio debba essere un comandamento:
5. “Se qualcuno, avendo fatto la sua scelta, intende prendere moglie,
allora guardi bene che la donna alla quale egli pensa di unirsi pulisca il
proprio corpo soltanto con l’acqua, ciò che è necessario per la salute del
corpo, e che sulla via non proceda con viso scoperto, ciò che non si addice
affatto ad una donna, e anche che non faccia sfoggio delle sue altre
attrattive, ma che sia invece costumata in tutto, che copra bene il suo corpo
con vestiti di lino e, per l’inverno, con panni[10] di lana di pecora non
colorati, ed inoltre che non sia chiacchierona e si vanti come se possedesse
qualcosa, poiché per la donna è molto salutare non possedere altra cosa
all’infuori di quello che le è strettamente necessario. Allora sì che una tale
donna è degna di un uomo, e voi potete chiederla in sposa. Però non cercate mai
di unirvi ad una ricca, abituata ad adornarsi e ad abbellirsi, che cammina per
le vie in vestiti morbidi e variopinti e che si fa vedere con il viso scoperto,
che si compiace dei saluti dei ricchi, mentre ai poveri dice: ‘Guarda qui
questa puzzolente plebaglia!’. Io ve lo dico: ‘Fuggite da una simile donna come
si fugge da un corpo in putrefazione!’.
6. Una tale donna infatti è una fedelissima immagine, se pure in proporzioni
ridottissime, dell’Inferno, sempre pieno di lusinghe; e chi prende in moglie
una donna simile, commette uno dei più gravi peccati contro l’Ordine divino, e
può essere certo che una simile donna, la quale molto difficilmente migliorerà
su questa Terra, qualora muoia prima del marito che dovrà seguirla più tardi
nell’altra vita - per quanto egli sia stato dedito alla virtù e proprio a causa
dell’amore che egli ha provato verso questa donna, per i vantaggi terreni
ricevuti -, essa lo attirerà sicuramente almeno per un considerevole periodo di
tempo con lei nell’Inferno.
7. Infatti, come una tale donna avrà usato su
questa Terra dei mezzi ingannevoli per accalappiare l’uomo da lei scelto per
soddisfare il suo intenso desiderio di beni e piaceri materiali, nello stesso
modo, però in misura mille volte più seducente, essa andrà incontro - in ogni
immaginabile attrattiva - all’uomo nell’aldilà, dove lui avrà dovuto seguirla,
per trascinarlo nel suo nido infernale. E così per l’uomo sarà difficile sciogliersi
dai lacci della sua donna!
8. Perciò fate bene attenzione a quello che ho detto, e chi vuole
prendere moglie, veda prima di farsi un concetto esatto del valore della
propria sposa, ponderi tutto per bene affinché egli non debba accorgersi troppo
tardi di essersi legato, invece che ad un angelo, ad un diavolo, dal quale non
sarà così facile liberarsi!
9. Quale sia il modo per riconoscerla Io ve l’ho già indicato a
sufficienza; fate tesoro delle Mie parole e ne avrete felicità sia in questo
mondo che nell’altro. Io non intendo certo con ciò darvi un comandamento che vi
deve vincolare, ma solamente, come già notato prima, un buon consiglio, il
quale, se ascoltato, può essere di grande vantaggio per voi ed in particolare
per tutte le donne vanitose!
10. Infatti chi di voi rimprovera una tale donna vanitosa, scaltra e
seduttrice in modo che lei riconosca la sua perfidia e la sua stoltezza, costui
riceverà un giorno una grande ricompensa in Cielo.
11. Distogliete dunque i vostri occhi da una donna seduttrice, perché
una tale donna è segretamente, senza saperlo, un’alleata di Satana e serve
inconsciamente agli scopi di seduzione di quest’ultimo.
12. Se qualcuno di voi vuole vedere Satana nella sua forma
malignissima, allora egli deve soltanto guardare una prostituta molto adornata,
oppure una donna leziosa[11], ed egli avrà visto Satana nella sua forma
pericolosissima per l’uomo!
13. Quando Satana si presenta come drago e vomita sopra la Terra
guerre, fame e ogni tipo di pestilenze, in questi casi egli è assolutamente
meno pericoloso per gli uomini, perché in tali calamità gli uomini si rivolgono
a Dio, cominciano a fare penitenza e sfuggono così all’Inferno e al suo
giudizio.
14. Ma quando Satana ricopre la sua forma di drago con la veste
luminosa di un angelo, allora egli - per l’uomo dalla natura incline alla
sensualità - diventa pericolosissimo, e precisamente tanto quanto un lupo
feroce il quale, sotto le spoglie della pecora, si insinua in mezzo al gregge!
Se il lupo piomba fra le pecore quale esso è, allora queste fuggono in tutte le
direzioni e confondono il seminatore di morte al punto che esso si arresta non
sapendo quale fra le tante pecore debba cacciare, e alla fine è costretto ad
andarsene senza preda. Ma se esso invece si presenta sotto le spoglie di una
pecora, allora le pecore non solo non fuggono, ma gioiscono anzi della nuova
compagna che è venuta a raggiungerle, mentre hanno invece a che fare con un
lupo che sbrana l’intero gregge, senza che neppure una pecora possa sfuggirgli.
15. Ecco perché voi dovete custodire nel vostro cuore, come una cosa
sacra, questa Dottrina e questo Consiglio, e perché è consigliabile che a
questi vi atteniate strettamente come se Io vi avessi dato un Comandamento;
allora sì che le vostre unioni saranno ricoperte della benedizione dal Cielo,
ma in caso contrario saranno ricoperte dalla maledizione dell’Inferno!
16. Non lasciatevi dunque sedurre dai ciechi e ingannevoli allettamenti
del mondo, ma siate invece moderati in ogni tempo, e sappiate dare il giusto valore
al mondo. Non date l’oro e le perle che avete ora ricevuto dai Cieli in cambio
delle stoltezze del mondo! Così facendo la pace regnerà sempre fra voi, e
vedrete aperto il Cielo innanzi a voi! Se vi renderete di nuovo schiavi degli
allettamenti del mondo, dovrete imputare a voi stessi se il Cielo si chiuderà
sempre più saldamente innanzi ai vostri occhi, e quando, oppressi e stretti dal
bisogno, invocherete il Cielo domandando aiuto, allora questo non vi sarà
concesso! Infatti non è possibile che qualcuno, il quale pende sempre con
compiacimento in ciò che è del mondo, si trovi contemporaneamente in una
benedicente relazione con il Cielo.
17. Infatti ogni uomo è creato e costituito in modo da non poter
sopportare in un solo cuore, l’uno vicino all’altro, il bene e il male, il vero
e il falso; o l’uno o l’altro, ma mai in eterno entrambi nello stesso
tempo!
18. Certamente egli può e deve esaminare e riconoscere entrambi con la
luce della sua ragione, ma nel suo cuore egli non può ospitare che l’uno oppure
l’altro quale fondamento di vita!
19. Avete ben compreso questo Mio consiglio?»
20. Allora tutti rispondono: «Sì, o Signore e Maestro in ogni Sapienza
divina!».
Cenni sulla cultura della Terra e sulle nostre scuole.
Ciò che veramente è necessario. Rammarico del fariseo e il traviamento
dell’umanità. Cenni del Signore riguardo alla Sua santa Parola, al mondo e
all’umanità. Rapporti degli uomini con Dio.
1. Ed uno tra i farisei là presenti si avvicina a Me e dice: «Signore e
Maestro! Certo, tutto quello che hai detto è oltremodo bello, buono e vero, e
non vi si può obiettare nulla. Tuttavia, se gli uomini non raccolgono tutte le
sostanze che la Terra offre loro in così grande quantità e non le lavorano
secondo i dettami dell’esperienza e dell’arte, la Terra assumerà ben presto
l’aspetto di un deserto e non vi si troverà più traccia di una cultura
qualsiasi. Non sono necessarie case e scuole di ogni genere? Se noi le
sopprimiamo, l’umanità si troverà in brevissimo tempo in uno stato
completamente animalesco. Dunque, finché l’uomo è un cittadino della materia,
non si può lasciare il mondo completamente da parte!»
2. Dico Io: «Sono appunto le vostre scuole quelle che raggiungono perfettamente
lo scopo di uccidere ogni spirito già nell’anima tenera del fanciullo; per
conseguenza, poco danno sarebbe se cessassero del tutto di esistere, poiché in
verità Io vi dico: “Se il mondo è il vostro maestro, cosa volete voi apprendere
di spirituale da esso?”.
3. Chi non viene istruito da Dio, nel proprio cuore, rimane nella notte
del mondo, e la Luce della Vita rimarrà eternamente lontana da lui!
4. Ora, colui per il quale non risplende la vera Luce di Vita che emana
da Dio è morto, anche se avesse appreso dal mondo tutta la sapienza degli
angeli! Per quanto tempo infatti questa potrà giovargli?
5. Restate quindi in Me, ed allora resterò anch’Io in voi, e la
Sapienza dei Cieli riempirà e vivificherà i vostri cuori per sempre! Mi avete
compreso?»
6. Quando il fariseo ebbe udito tali spiegazioni dalla Mia bocca, la
sua faccia apparve turbata e seria, ed egli esclamò: «O Verità santa, sublime
ed estremamente evidente! Come potrebbero essere felici tutti gli uomini su
questa Terra se essi fossero compenetrati da questa santa Verità e se
regolassero la loro vita conformemente ad essa! Però, o Signore, c’è un “ma”,
un “ma” colossale! Infatti, finché sussisterà anche una sola goccia di Terra,
oppure finché gli uomini saranno i suoi abitanti, fra questi regnerà l’avidità
dei beni mondani, nonché l’invidia, l’avarizia, l’orgoglio e l’ambizione
sfrenata che tutto vuole soggiogare e tutto corrompe; e queste costituiscono le
fondamenta dell’Inferno! In un simile terreno, senza alcun dubbio, questa Verità
che deriva dai Cieli non potrà mai mettere radice, anzi verrà perseguitata fino
alla sua ultima lettera dalle migliaia di migliaia di accoliti infernali! E
allora, a che serve tale e tanta celeste Verità?!
7. L’umanità deve venire in grandissima parte distrutta, ed al suo
posto si deve porre sulla Terra una nuova umanità; questa poi deve venire
educata fin dalla culla in tale Verità, solo allora ci si può attendere da essa
dei frutti degni del Cielo; ma come oggi si presenta e si trova l’umanità, essa
non va bene neanche per l’Inferno; figuriamoci se può andare bene per tale
Verità dai sommi Cieli!
8. Se la tua intenzione è di fondare una piccola comunità chiamata a
vivere ed a crescere in tutta questa Verità e Sapienza celesti, essa tuttavia
si troverà da ogni parte circondata da lupi rapaci i quali, anche se
impossibilitati a nuocerle sotto l’aspetto spirituale, la perseguiteranno e
tormenteranno incessantemente dal punto di vista terreno, cosicché essa non
sarà mai in grado di elevarsi nella sua purezza; e, premesso questo, chi può
dire - all’infuori di Dio - quale aspetto avranno, dopo qualche lungo periodo
di tempo, i discendenti di detta comunità?!
9. Gli uomini sono e restano uomini, angeli oggi, demoni domani, e per
conseguenza neanche dei migliori ci si può fidare!
10. Jehova, è innegabile, trasse i figli d’Israele fuori dall’Egitto;
essi poterono vederLo giorno e notte, e nel deserto, dove Egli diede loro la
Legge, li nutrì miracolosamente per quaranta anni interi. In quel periodo di
tempo insomma le meraviglie si susseguirono alle meraviglie. Si consulti ora la
storia, si consideri poi le nostre condizioni attuali in rapporto alla vita
civile, alla religione, all’amicizia e così via discorrendo, e si esamini per
bene lo stato dei figli di Dio di una volta, e certamente nessuno potrà trovare
nessuna traccia di quello che essi furono un giorno!
11. Per conseguenza io dico e sostengo fermamente, senza voler con ciò
minimamente erigermi contro il Tuo Amore e la Tua Sapienza, che è davvero un
peccato per tale Tua Sapienza e per tali e tante opere meravigliose, perché in
verità gli uomini non ne saranno mai degni in eterno! Fuoco e zolfo ardente dal
Cielo, ecco cosa meriterebbero; mai e poi mai tanta incommensurabile Grazia! Io
parlo così apertamente perché sono qui, ritenendo che intorno a noi non ci
siano dei traditori. Ma quando saremo discesi nuovamente in pianura, me ne
starò muto come una tomba! Dimmi, o Signore e Maestro, ho ragione? Stanno le
cose veramente così oppure no?»
12. Ed Io gli rispondo: «Considerata la cosa dal punto di vista
terreno, tu hai pienamente ragione, e così avverrà. Ma tutto ciò non può né
deve impedirMi di annunciare al mondo la Verità dai Cieli!
13. Infatti, se il mondo deve venire giudicato, bisogna che prima gli
venga dato quello che lo giudicherà in se stesso e che deve giudicarlo; vale a
dire: la Verità dai Cieli, la quale ora per mezzo Mio viene in questo mondo, ed
in questo mondo in ogni tempo verrà perseguitata, ma vi rimarrà.
14. La tua opinione è buona e del tutto giusta di fronte alla perfidia
del mondo; però fra Dio e gli uomini di questa Terra vi sono relazioni del
tutto straordinarie, che nessuno conosce se non il Padre soltanto e colui al
quale il Padre vuole rivelarle.
15. Ma di ciò ormai si è detto abbastanza! La sera è vicina e il freddo
comincia a farsi sentire su questa altura; rientriamo
dunque nelle capanne! E così sia!».
L’invidia per il fuoco e il calore nella capanna alpina.
Scena con il vecchio cieco, discendente da Tobia. Un modo particolare di
riscaldamento. Il fuoco d’onore e di gioia sul monte. Severo rimprovero degli
angeli alle donne beffarde. Un Vangelo
speciale sul ridere.
1. Dopo esserci così intrattenuti, noi ci rechiamo tutti all’interno
della grande capanna, e molti, particolarmente le donne e le serve, si
stringono intorno al fuoco là acceso e si riscaldano; alcuni uomini però, ai
quali un po’ di calore sarebbe pure stato gradito, si arrabbiarono senza
renderlo manifesto, perché le donne avevano occupato tutto il posto intorno al
focolare; allora qualcuno fra i discepoli si avvicinò a Me e Mi riferì la cosa,
lagnandosene e mormorando. Ma Io li rimproverai dolcemente per tale protesta.
2. Alle Mie parole tutti si calmarono ad eccezione di uno, un ebreo di
Cafarnao, il quale continuò a mormorare e disse: «Eh! Che senso ha
rimproverare, anche se dolcemente, se io stando lì fuori mi sono gelato al
punto che quasi non ne potevo più, e adesso che avrei bisogno, vecchio come
sono, di riscaldarmi un po’, le donne si cacciano davanti al fuoco e mi
impediscono di avvicinarmi, mentre sono quasi completamente intirizzito! In
pianura neppure nel pieno inverno fa tanto freddo quanto appunto questa sera
qui su questa altura; ed io ho già oltrepassato i settant’anni, senza tener
conto che ho una costituzione fredda per natura! Io non voglio essere scortese;
dì dunque Tu alle donne che mi facciano un po’ di posto accanto al fuoco!»
3. Dico al vecchio: «Non sai tu che Io potrei riscaldarti anche senza
fuoco, se tu avessi fede?»
4. Risponde il vecchio: «Sì, o Signore, io credo! Infatti io Ti vidi
operare molte cose meravigliose e per conseguenza credo che tutto quello che Tu
dirai e che Tu vuoi avviene»
5. Dico Io: «Ebbene, mettiti vicino a quei tre uomini che un paio di
giorni fa sono venuti a noi dall’Alto, e ti riscalderai ben presto»
6. E il vecchio seguì il Mio consiglio ed in
breve tempo egli si sentì tanto riscaldato che alla fine il calore gli era
insopportabile, e, pur ringraziandoMi con espressioni entusiastiche per il
beneficio elargitogli, Mi pregò di permettergli di cercare un po’ di refrigerio
perché ormai egli sentiva anche troppo caldo.
7. Io però osservai: «Fa come vuoi; Io non ti ho legato ai tre uomini!
Esci fuori; lì del refrigerio ne troverai abbastanza!»
8. Il vecchio allora, seguendo il Mio consiglio, se ne andò fuori, ma
si precipitò di nuovo nella capanna, urlando angosciosamente: «Si salvi chi
può! Tutta la montagna è in fiamme, e il fuoco si avvicina sempre più a questa
capanna! Per l’amore di Dio, noi siamo tutti perduti!»
9. Mentre il vecchio spaventato così si lamentava, ecco venire
Kisjonah, il quale nel frattempo si era allontanato alquanto da noi per le sue
faccende, e disse: «Signore, Tu già mi perdonerai se, per solennizzare un po’
questa serata, io ho fatto preparare in Tuo onore una piccola manifestazione di
gioia, com’è usanza fra questi miei pastori, dato che, secondo la Tua
decisione, questa è l’ultima sera che Tu passi qui sul monte. I miei pastori
hanno acceso in Tuo onore dei fasci di rami secchi raccolti da essi nel bosco,
e stanno cantando liete canzoni e salmi. Non vorresTi dare un’occhiata allo
spettacolo?!»
10. Rispondo Io: «Oh! Molto volentieri, perché Mi sei estremamente
caro!».
11. Ed Io Mi alzai, uscii fuori, e tutti i discepoli Mi seguirono. Le
donne intanto si misero a deridere il vecchio ebreo, perché, avendo visto tutto
il monte in fiamme, aveva fatto tanto rumore come se il mondo intero fosse
stato in procinto di andare in rovina! Il vecchio se ne vergognò, ma sopportò
con pazienza le risate delle donne.
12. Io però le rimproverai per il loro contegno indelicato e le
ammonii; e allora quelle donne, fra le quali non si trovavano le cinque
figliole di Kisjonah perché già occupate a preparare la cena nella grande
capanna, pregarono Me e il vecchio di perdonarle, dichiarando che quanto
avevano detto non era da attribuirsi a malevolenza contro nessuno.
13. Il vecchio, dopo aver udito questo, le perdonò subito di tutto
cuore, ma i tre angeli si fecero avanti e dissero: «Ascoltateci, o voi donne!
Questo vecchio è un discendente di Tobia che era cieco, e al quale noi
ridonammo la vista mediante la bile di un pesce; ora, a tutti i discendenti di
quel vecchio Tobia, il quale fu un becchino, giunti che siano ad una tarda età,
la vista si indebolisce molto, e ciò per una ragione misteriosa nota soltanto a
Dio e a noi per mezzo Suo; e noi vi dichiariamo che pecca gravemente e dimostra
un cuore sconsiderato chi si fa beffe di un cieco invece di porgergli la mano e
guidarlo attraverso i viottoli e le strade difficili. Se voi non aveste saputo
che questo vecchio, il quale pure si chiama “Tobia”, è cieco più che a metà,
allora non avreste peccato; ma poiché voi sapevate che egli ci vede solo a
metà, e tuttavia lo avete deriso, voi avete peccato, e meritate una severa
punizione. Ma poiché egli su vostra preghiera vi ha concesso il suo perdono,
allora vi perdoniamo anche noi.
14. Ma guai a voi se voleste beffarvi nuovamente di uno sventurato! Il
suo male allora diverrà il vostro!
15. Del resto gli uomini non devono in generale mai ridere, tutt’al più
in qualche singolo caso rarissimo, poiché il ridere è causato dall’eccitazione
nel corpo umano di principi spirituali maligni che godono delle sciagure
altrui!
16. Un sorriso modesto ed amichevole dal quale si possa riconoscere il
manifestarsi di una particolare benevolenza è cosa celeste; il ridere invece in
qualsiasi altra forma ha il più delle volte la sua origine nell’Inferno.
Infatti i diavoli ridono sempre quando riesce loro un brutto tiro. Ma nei Cieli
nessuno ride mai, e là regna invece la più affettuosa ed amichevole benevolenza
verso tutte le creature, per quanto misere esse siano, e la pietà più viva per
tutti quei fratelli che soffrono su questa Terra, dove devono ancora compiere
il loro tempo. Tutto ciò tenetevelo bene a mente per l’avvenire!
17. Quando gli uomini inizieranno a ridere molto delle debolezze dei
loro fratelli, allora la fede scomparirà, come fa il sole dopo il tramontato, e
l’amore andrà estinguendosi nei cuori degli uomini, pervasi dal gelo, come si è
estinto il calore in questa fredda notte, ed in quel tempo fra gli uomini ci
sarà una sventura come non ce n’è mai stata una di simile sulla Terra!
18. Fate tesoro di questa dottrina dai Cieli! Punite i vostri figli
quando ridono; preferite piuttosto udirli piangere che ridere! Infatti il
ridere è un prodotto dell’Inferno, che è sempre pieno del riso più beffardo!
19. Vi sono certamente dei casi nei quali è giustificato, soltanto per
gli uomini, ridere di una cosa sciocca e di una stupidità ostinata, ma in tal
caso il ridere diventa una punizione ben meritata per colui che si è reso degno
delle beffe.
20. Ma se invece qualcuno ride per suo puro divertimento e va in cerca
di cose, avvenimenti e discorsi ridicoli per esserne indotto alla risata,
costui è un pazzo! Infatti soltanto il cuore di un pazzo può lasciarsi incitare
al ridere, mentre chiunque abbia sia pure un solo barlume di saggezza comprende
ben presto e facilmente la santa serietà della vita, ed è difficile che gli
venga in mente di ridere di qualcosa!
21. Per conseguenza in avvenire non ridete più e distogliete i vostri
sguardi dai buffoni e dai commedianti, i quali si fanno pagare da voi per
prepararvi all’Inferno; siate sempre di cuore equilibrato e senza eccessi,
affinché giungiate a meritarvi il compiacimento di Dio, e con ciò il vero
onore!».
22. Questo discorso dei tre angeli suscitò una grandissima impressione
fra quelle donne, e loro fecero promessa di non ridere mai più per tutta la
vita.
Scena fra il
semicieco Tobia, i tre angeli e il Signore. Guarigione di Tobia.
Rispondenza fra
questa guarigione ed i tempi attuali. La cena sul monte.
1. Al vecchio non era sfuggito niente di quello che i tre angeli
avevano detto alle donne; ed egli si avvicinò subito a loro e disse: «Io ora ho
udito come voi avete accennato al nome del mio avo, ed è risultato in seguito
che neppure il mio nome vi è sconosciuto e che, per la Grazia e Potenza di Dio
che sono in voi, ridonaste a suo tempo luce e vita all’occhio spento del
vecchio Tobia.
2. Vedete, voi dall’eternità amici carissimi di Dio, anch’io sono sul
punto di diventare completamente cieco; già ora da un occhio non ci vedo più
nulla, e l’altro comincia pure ad indebolirsi enormemente! Non potreste voi far
sì che anche i miei occhi riacquistassero piena luce? Per voi la cosa dovrebbe
pur essere facilissima! Abbiate misericordia di me!»
3. Rispondono gli angeli: «Vedi Colui che un po’ più avanti a noi sta
osservando assieme a Kisjonah quelle fiammate di gioia, e porge ascolto ai
canti ed ai salmi dei pastori? Non noi, ma Egli è Colui che ridonò la vista al
vecchio Tobia. Va’ da Lui, Egli è il Signore e può fare ciò che vuole; Egli
soltanto può ridonare la luce anche ai tuoi occhi! Noi, per volontà nostra, non
abbiamo né forza propria né alcun potere, come tu non ne hai da te stesso. Noi
siamo unicamente Suoi servitori e stiamo sempre pronti ai Suoi cenni»
4. Dopo aver appreso questo dai tre angeli, il vecchio Mi viene vicino
e Mi supplica di ridonargli la vista. Ed Io gli dico: «Per lungo tempo tu fosti
un fariseo dalle idee più rigide ed un glorificatore del Tempio di Gerusalemme;
in quanto a Me, tu reputasti sempre che Io fossi un esseno, un mago e qualcosa
di simile; com’è che ora ti è venuta la fede?»
5. Risponde il vecchio: «Signore! Anch’io ero presente a Cafarnao
quando Tu risuscitasti da morte la figlia di Giairo; già quella volta io
cominciai a credere. Però mi era necessario vedere e udire ancora di più per
rafforzare in me la fede; ed io ho anche visto ed udito, e credo ormai
fermamente che Tu, o Signore, puoi tutto quello che vuoi; dunque, o Signore, se
Tu vuoi guarirmi, non c’è cosa al mondo che possa impedirTelo!»
6. Io allora osservai al vecchio: «Veramente, è piuttosto fuori luogo
concedere la vista mentre regna la notte; tuttavia se, come tu dici, la tua
fede è tanto forte, non vi è niente che ostacoli il tuo riacquistare la vista
anche di notte! Anzi ti dico che nel tempo attuale, spiritualmente parlando, è
notte per tutti gli uomini, ed essi sono tutti completamente ciechi, cosicché
mai più potranno riavere la vista di giorno, bensì nella notte; e per molti
sorgerà dalla loro sera e dal loro mattino, in modo duraturo, un primo giorno.
Sia dunque a te ridonata la vista nella notte!».
7. E come ebbi pronunciato queste ultime parole, il vecchio riacquistò
la vista, e poté perciò ammirare i singoli fuochi laddove prima la sua vista
debole e confusa non gli aveva permesso di percepire con l’occhio che un fuoco
solo.
8. Ma poiché si fu persuaso che ai suoi occhi era stata ridonata tanta
luce così pura, egli si gettò ai Miei piedi, traboccante di gioia, non trovando
parole sufficienti per lodarMi e glorificarMi!
9. Però Io gli dissi: «Anche tu hai udito il comandamento che vi ho
dato; perciò mantieni tu pure il silenzio riguardo a tutto ciò che qui hai
visto ed appreso, altrimenti accadrà a te quello di cui ho minacciato gli
altri!».
10. Il vecchio, alzatosi, assicurò che sarebbe rimasto muto come una
tomba.
11. E così tutto si compì per il meglio su quell’altura. E quando i
fuochi accennavano ad estinguersi, vennero le figlie di Kisjonah ed invitarono
Me e tutti i presenti a prendere parte alla cena; noi allora seguimmo tutti
l’invito e, dopo aver consumato il buon pasto che ci era stato preparato, ci
concedemmo un po’ di riposo.
I farisei tra di loro. La misera astuzia di Ribà; sua
fantastica storia dei fatti che riguardano il nazareno e i genitori di
quest’ultimo, nonché delle loro segrete aspirazioni al trono dei giudei. Sua
proposta di sbarazzarsi di Gesù, per amore della pace.
1. Ora, tra i farisei che ci avevano accompagnati sul monte, ce n’era
una trentina di alquanto migliori della maggioranza dei loro colleghi; anzi in
questi aveva già cominciato ad introdursi un po’ di fede, naturalmente qualche
barlume appena, chi più e chi meno; ed essi, mentre noi andavamo a riposare, si
ritirarono in una capanna a parte, e rimasero quasi l’intera notte vegliando e
discutendo sul come avrebbero dovuto ormai comportarsi.
2. Dopo che ebbero a lungo vagliata la cosa, uno di essi che aveva nome
Ribà e che si sentiva di essere più astuto e più raffinato degli altri, visto
che tutti assieme non arrivavano a nessuna conclusione, prese la parola e
disse: «Fratelli miei, sono già due buone ore che voi scambiate parole e idee
senza aver potuto finora avanzare nemmeno di una spanna verso una qualche
decisione. Voi mi conoscete bene, e sapete da lungo tempo che in casi
precedenti e critici come questo, sono stato appunto io a colpire sempre nel
segno; dunque io penso che, dopo di aver acutamente ponderato e scrutato tutto
quello che qui è stato detto e fatto, i miei ragionamenti non cadranno neppure
questa volta nel vuoto. Ascoltatemi dunque!
3. È indiscutibilmente vero e non si può assolutamente negare che
quest’uomo, un nazareno, figlio di un carpentiere, fa cose le quali all’infuori
di Dio non dovrebbero essere possibili quasi a nessuno; a dirla breve, ogni
uomo, anche se debole e non acuto di mente, deve restarne senz’altro sbalordito
completamente, e deve finire con il ritenere questo nazareno almeno un semidio,
secondo la credenza dei greci. È mancato assai poco che perfino io stesso
venissi indotto a pensare in tal modo, perché bisogna convenire che le
manifestazioni sulla sommità di questo monte sono state davvero qualcosa di
strabiliante, tanto che ai tempi di Mosè e di Elia non se ne possono aver viste
di più straordinarie.
4. Tuttavia, al mio sguardo acutissimo, benché non sembri tale, non
sfuggirono certe cose le quali fecero cadere il velo dai miei occhi; ed io so
ormai molto bene e molto precisamente cosa debba pensarne. Avete fatto
attenzione a quei tre uomini che sono arrivati sulla cima del monte e che ci fu
detto che erano degli angeli?». - «Tutti i presenti rispondono affermativamente
a tale domanda». - (Continua Ribà:) «Ma sapete voi anche chi veramente sono
essi e da dove vengono?». - «Tutti rispondono negativamente a quest’altra
domanda». - (Continua Ribà:) «Ecco, a questo riguardo mi incarico io di aprirvi
gli occhi! State attenti dunque ed ascoltate.
5. Non dubito che già vi sarà noto come il carpentiere nazareno di nome
Giuseppe, il quale ha goduto sempre fama di non essere digiuno di cognizioni in
fatto di magia egizia e persiana, sia in pari tempo un discendente di Davide in
linea diretta, e si è anche dato il caso che di quando in quando egli si fece
chiamare “figlio di Davide”! Il padre di Giuseppe, che si chiamava Elì ed
esercitava esso pure l’arte del carpentiere, persona del resto di carattere
assolutamente irreprensibile, aveva nel segreto del suo cuore mirato costantemente
a restaurare la sua stirpe sul trono della Giudea e di tutta la Terra Promessa.
Sotto il pretesto di mettere suo figlio Giuseppe in grado di perfezionarsi
nell’arte del costruire, gli fece intraprendere sotto buona sorveglianza un
viaggio in Persia e, chissà, forse anche nell’India; ma, ed è qui che sta il
nocciolo della questione, egli realmente non si proponeva di far perfezionare
suo figlio nella sua arte, bensì nell’arte magica più straordinaria, affinché
poi Giuseppe, in possesso di questa scienza e di questa arte, si imponesse ai
popoli, abbagliandoli con le sue opere straordinarie, e si facesse, quale
essere mandato da Dio, innalzare al trono di Giudea e di Roma,
contemporaneamente. Infatti, dato il caso, sarebbe stato più facile il gioco
con i romani sempre smaniosi di crearsi nuove divinità che non con gli ebrei!
Ma ciò non basta. Giuseppe, all’infuori delle sue cognizioni in tutte le arti
misteriose, doveva esteriormente apparire rigidamente ligio ai suoi doveri di
ebreo ed essere senza macchia davanti alla Legge, affinché neppure gli stessi
sommi sacerdoti potessero obiettare qualcosa contro di lui. Giuseppe, dopo
diversi anni, fece ritorno dai suoi viaggi, espertissimo delle nuove arti
apprese, ma senza mezzi né occasione di poterle mettere in pratica; inoltre,
come ho udito da tutte le parti, gli mancava un certo coraggio ed in
particolare la facoltà oratoria, nella quale arte egli era debolissimo ed
eccessivamente conciso. Elì, suo padre, si accorse di avere sbagliato il
calcolo e indusse quindi il figlio Giuseppe a riprendere solo il suo antico
mestiere di carpentiere, visto che non aveva mostrato nessuna attitudine per il
trono. Quando Elì stava per morire, benedisse sì suo figlio, ma dispose molto
saggiamente che Giuseppe, nei riguardi dei propri figli, non dovesse
intraprendere più nulla per tentare di attuare l’idea da lui accarezzata, non
essendoci più alcuna probabilità di riuscita. E così avvenne che Giuseppe non
ne fece nulla con i figli avuti dalla prima moglie.
6. Ma quando, mortagli la prima moglie, gli riuscì, per una
combinazione fortuita che probabilmente si deve alle manipolazioni magiche da
lui apprese in Persia, di farsi consegnare fuori dal Tempio, in tutela, la
giovane e bella Maria, pure essa una discendente di Davide, allora l’idea del
reame cominciò a germogliare nel pensiero di Giuseppe. Egli rese gravida Maria,
in quel tempo una giovinetta di appena quattordici anni e che solamente più
tardi divenne sua moglie; e questo naturalmente gli procurò a Gerusalemme molti
grattacapi. Ma egli seppe trarsi di impiccio avvalendosi della sua arte magica
e di denaro, e subito dopo, seguendo il consiglio di un buon amico in
Gerusalemme, prese Maria in moglie.
7. Sembra inoltre che a Gerusalemme i genitori di Maria, un certo Gioachino
ed Anna i quali vivono tuttora e sono persone molto benestanti, non siano stati
quella volta troppo d’accordo con questo matrimonio, ma Giuseppe aveva degli
amici potenti nel Tempio, e cioè il vecchio Simone e specialmente Zaccaria; per
conseguenza tutti gli ostacoli furono appianati, e Maria divenne la moglie
legittima di Giuseppe con il consenso anche dei genitori di Maria, i quali di
buona o di mala voglia dovettero dichiararsi d’accordo.
8. Giuseppe, incoraggiato particolarmente da Maria che egli amava
molto, si accinse allora con tutte le sue forze a fare il possibile per
conseguire il ben noto scopo nei riguardi del Bambino che non era ancora nato,
nel caso fosse stato un maschio, e questo fatto [che fosse un maschio]
Giuseppe, espertissimo in simili questioni, doveva saperlo anticipatamente con
molta sicurezza; inoltre a questo proposito va notato che i mezzi non
indifferenti di cui disponevano i suoi suoceri avrebbero dovuto prestargli
efficacissimo aiuto.
9. Alcune settimane prima del parto egli mandò segretamente dei
messaggeri in Persia e fece pregare i tre sapienti, con i quali aveva stretto
conoscenza in gioventù, di venire a visitarlo. Ora, poiché in quello stesso
periodo di tempo l’imperatore Augusto aveva ordinato che fosse eseguito a
Betlemme il censimento della popolazione per l’intera Giudea, così anche
Giuseppe e Maria assieme ai figli di Giuseppe erano appunto saliti a Betlemme
per annunciarsi là alle autorità incaricate del censimento.
10. Arrivati dunque i tre savi a Nazaret con il loro numeroso e
brillante seguito, non trovarono nessuno e non sapendo dove rivolgersi,
salirono a Gerusalemme e si informarono sfortunatamente presso il vecchio Erode
sul conto del neonato Re d’Israele e versarono per conseguenza olio sul fuoco! Naturalmente
Erode non poté rispondere loro altro che in primo luogo tale avvenimento gli
era completamente ignoto, ed in secondo luogo che, dato pure il caso che ci
fosse stato qualcosa di vero in quella faccenda, la famiglia da loro cercata
avrebbe ad ogni modo dovuto trovarsi allora al pari di mille altre a Betlemme,
a causa del censimento ordinato dall’imperatore. Avute queste notizie, i tre
savi si affrettarono subito verso Betlemme e là trovarono quello che andavano
cercando.
11. È facilmente comprensibile come in tale occasione non ci sia stata
penuria di apparizioni magiche; tant’è vero che perfino i romani stessi ne
furono convinti, altrimenti il vecchio Erode non avrebbe comandato lo sterminio
dei bambini. Questi magi poi, affinché il fanciullo potesse venire allevato ed
educato bene, gli offrirono anche cospicui tesori, se pur non con l’idea di
fargliene proprio un dono, ma considerando la circostanza che egli, divenuto
re, avrebbe potuto restituirglieli in Persia.
12. Ed ecco per quale motivo quei tre magi non hanno
più perduto di vista il fanciullo, ma hanno invece fino ad oggi costantemente
curato la sua educazione e il suo perfezionamento nell’arte magica; ed ora essi
sono venuti nuovamente sotto l’apparenza di tre angeli dai Cieli, e aiutano Gesù
a compiere i suoi miracoli nonché a sbalordire e ad abbagliare con sapienti
prediche il popolo, il quale è cieco e non capisce nulla di tutto ciò che
succede sotto i veli del mistero.
13. Ma noi, che siamo già iniziati in tutti i misteri di questo genere,
non ci lasceremo mai più accecare, ed io considero quindi che sia nostro
sacrosanto dovere osservare quest’uomo ovunque egli vada, nonché fare molta
attenzione a qualunque cosa egli dica e faccia, e sbarrargli in tutta fretta il
passo qualora egli volesse andare troppo oltre!
14. La cosa peggiore sarebbe poi che egli riuscisse ad avere i romani
dalla sua; se ciò fosse, nonostante tutti i nostri sforzi, sarebbe la fine! Noi
dunque dobbiamo impegnarci a fondo perché ciò non avvenga, altrimenti egli si
innalzerà davvero tanto che noi scompariremo al suo confronto, e una volta
giunto a simili altezze non ci sarà più possibile tirarlo giù! Che ne pensate
voi?»
15. Dicono gli altri: «È possibile che tu abbia perfettamente ragione,
ma se invece la cosa stesse diversamente, ciò che certamente non si può
escludere, cosa sarà di noi dopo?»
16. Risponde Ribà: «Questa è una domanda assolutamente fuori posto in
una questione simile! Infatti, è egli e può essere più di un uomo?! Chi è fra
di noi simile a quei pagani i quali non sanno chi e che cosa sia Dio, e per
conseguenza considerano come dèi degli uomini che eccellono in qualche campo, e
onorano e adorano perfino certi animali speciali?
17. È dunque questo nazareno più di un uomo, per quanto straordinario, e
diciamo pure più di un genio insuperabile nel suo genere?
18. Se egli si accontentasse di rimanere quello che è, cioè un uomo, e
di esercitare la sua arte per il bene dell’umanità e volesse pure istruire gli
uomini in questa o quella cosa che essi non arrivano a comprendere che poco o
per niente, allora certo egli avrebbe un valore inestimabile, e sarebbe da
invidiare il paese che potesse annoverarlo fra i suoi abitanti. Invece, a
quanto pare, lo stuzzicano più che altro il trono, la corona e lo scettro di
Davide, e ciò lo rende spregevole presso tutti i veri e puri ebrei i quali
sanno tuttora scrutare e valutare, secondo l’antico spirito, tutti i fenomeni
della vita umana nella loro vera luce e nel loro vero essere, e non possono
perciò venire tanto facilmente abbindolati come succede ai pubblicani ed ai
peccatori semipagani! E poi, che utile può trarre l’umanità dal venir, mediante
dottrine illusorie di tal genere, divisa in molte sette, le quali, puramente a
causa della divergenza di fede, si odiano poi fra loro più che gli animali
feroci dei boschi? Coloro che rimangono nella fede antica odiano gli altri che
essi reputano miscredenti, e questi ricambiano di pari odio i primi, e per tale
ragione una simile nuova religione produce sempre l’effetto opposto di quello
che va predicando; invece di amicizia, amore e pace essa genera inimicizie
spesso inconciliabili, odio e guerre devastatrici! E questi sono stati in ogni
tempo ugualmente gli stessi frutti che tutte le innovazioni religiose hanno
maturato su questa Terra! Ora se, come l’esperienza di tutti i tempi insegna,
le conseguenze di simili avvenimenti sono sempre le stesse, è per noi uomini
illuminati e consiglieri dei popoli dovere capitale ed imprescindibile
precludere la via finché c’è tempo a tali innovazioni che minacciano di rovina
e morte migliaia e migliaia di uomini! Non è forse meglio sbarazzare il mondo
da un simile mago ambizioso piuttosto che vedere in breve tempo perire
miseramente le migliaia da lui sedotte e traviate?!».
Replica efficace di un altro fariseo, il guarito Tobia.
Sua onorevole testimonianza di Gesù, della Sua santa Dottrina, delle opere
divine, e delle Sue azioni divine. Della malvagità della gente del Tempio. Una
profezia di maledizione al popolo ebraico.
1. Un altro dice: «Tu non hai torto, considerando la cosa
esclusivamente dal punto di vista di questo mondo, ma se per l’anima dell’uomo
dopo la morte vi è ancora un’altra vita, cosa questa che io non ho mai messa in dubbio, allora tutte queste considerazioni e
relazioni mondane non hanno alcun valore, mentre questo Gesù ci appare come un
Sole nella notte dello spirito umano, e ci indica la vera via, procedendo sulla
quale, noi possiamo già nella nostra vita terrena contemplare l’immenso aldilà
e prendere dalla Casa del Padre il più prezioso cibo di Vita eterna!
2. Questo Egli insegna, e vuole dimostrare all’umanità cieca come
l’aria stessa, senza il concorso di nessun altro artificio, può e deve offrire
e concedere pane e vino dai Cieli, dunque veramente una bevanda ed un cibo,
quali noi tutti non solo abbiamo visti, ma di cui abbiamo anche mangiato e
bevuto un paio di giorni fa sul monte!
3. Che la vecchia notte venga e debba venire sempre in conflitto con il
giorno che sorge, questo ce lo insegna non soltanto la storia del genere umano,
ma anche la natura stessa delle cose, tali come esse ci appaiono e procedono
giornalmente innanzi ai nostri occhi; ma precisamente questo sta negli
Ordinamenti nella concessione e nella Volontà di Dio, alla quale nessuna forza
al mondo ha potuto ancora mai opporsi.
4. Cosa faresti tu se questo Gesù, che è evidentemente tutto
compenetrato dallo Spirito di Dio, ti afferrasse con il Suo pensiero e ti
annientasse completamente? Che resistenza potresti opporGli?
5. Ascolta! Un uomo al Cui minimo cenno obbediscono venti e mare nonché
tutti gli spiriti maligni ed i buoni, un Uomo che richiama in vita i morti e
che, senza ricorrere a medicine ma con la Sua potente Volontà, guarisce
qualunque malattia per quanto ribelle e vecchia sia, un tale Uomo dovrebbe pur
essere qualcosa di più di un semplice genio dell’arte magica! Anche tu hai
avuto spesso occasione di vedere e di osservare assieme a me come i maghi nei
loro incantesimi abbondino di segni e di invocazioni magiche, e come facciano
uso di bacchette magiche e di amuleti nonché quanto rumore sappiano sollevare
intorno ad una minima operazione.
6. Questo Gesù invece non ha con Sé né amuleti né alcun’altra cosa per
fare incantesimi, non adopera nemmeno unguenti miracolosi né erbe o radici
speciali, e d’altro canto Egli non è affatto un Uomo dall’animo chiuso, dal
fare misterioso, né dalla parola risonante, magnificante le Proprie qualità, ma
Egli è veramente un amico estremamente sincero, di animo mite, gentile ed
estremamente premuroso; infine Egli stesso è un Uomo nel senso più completo e
perfetto.
7. Egli non è assolutamente di umore cupo né pessimista, ma è sempre di
animo lieto, e le Sue parole scorrono come il latte e il miele, eppure, nonostante
il Suo fare semplice e mite, tutto avviene secondo la Sua Volontà nel modo più
meraviglioso! Io ho la profonda convinzione che Egli potrebbe con estrema
facilità creare una nuova Terra con la sola forza della Sua Volontà! Io Lo
conosco quasi fin dalla nascita, e ti posso dire che Egli già da Fanciullo di
pochi anni operava le stesse cose che ora da Uomo opera dinanzi a noi!
8. Se però un uomo fa in nostra presenza cose che sono possibili
soltanto a Dio, quali ragioni potrebbero impedirmi di considerare come Dio un
tale Uomo?
9. Io sono galileo di nascita, ho passato ormai la settantina: esercito
il sacerdozio da più di quaranta e sono adesso trenta e più anni da che la mia
vista cominciò ad indebolirsi. Ero già cieco completamente da un occhio, e l’altro
mi permetteva appena di percepire confusamente le cose. Quanti rimedi per la
mia vista non ho tentato, pagandoli a carissimo prezzo, seguendo
scrupolosamente le prescrizioni dei molti medici che venivano a Cafarnao da
tutte le parti del mondo spacciandosi per esseri quasi soprannaturali,
insuperabili nella loro arte; che addomesticavano serpenti ed animali selvatici
e che tagliavano la testa agli uccellini, riappiccicandola poi in un istante al
collo degli animaletti, i quali ritornavano in vita; insomma che almeno
apparentemente operavano veri miracoli, ma tutto ciò non servì a nulla!
10. Ed ecco che un paio d’ore fa, subito dopo la cena, Egli mi guarì
con una sola parola senza nessun altro mezzo, in modo che io ci vedo adesso da
tutti e due gli occhi tanto bene e chiaramente come forse nessuno di voi!
11. Consultate un po’ la storia e ditemi se su questa Terra ha mai
posto piede un uomo dotato di simile forza e di tanta meravigliosa potenza?
Certamente Mosè ha fatto molte opere straordinarie in virtù della forza divina,
concessagli per la potenza della sua fede, secondo la grande promessa fatta a
suo tempo ad Abramo. Ma come scompaiono le meraviglie operate da Mosè, se le
paragoniamo a queste che ora opera Gesù davanti ai nostri occhi!
12. E voi tenete formalmente consiglio per vedere come potreste
sbarazzarvi di Lui! Vergognatevi! Quello che fate è abominevole, e meritate che
Dio vi punisca per l’eternità con i più tremendi flagelli!
13. Davvero che in questo Gesù sembra trovi pieno adempimento quello
che il Profeta Isaia ha profetizzato riguardo al sublime Servo di Dio, quando
disse:
14. “Vedi, questo è il Mio Servo, che Io ho scelto, e che è il Mio
Prediletto, di cui la Mia Anima davvero si compiace; Io voglio porre il Mio
Spirito su di Lui, ed Egli deve annunciare il giudizio ai pagani! Non urlerà né
litigherà, e non Lo si udrà far chiasso nelle vie. La canna piegata Egli non la
spezzerà e non spegnerà lo stoppino fioco, finché non porti il giudizio alla
vittoria, e i pagani spereranno nel Suo Nome”. (Isaia 42,1-4)
15. Per il Cielo, se Egli volesse corona e scettro, ne avrebbe il
potere in quantità sovrabbondante; infatti, se gli è possibile, mediante i Suoi
servitori invisibili, radunare i Suoi discepoli sparsi qua e là e farli
trasportare in un istante attraverso l’aria, ciò che abbiamo avuto modo di
constatare con i nostri propri occhi, altrettanto facile sarebbe per Lui farsi
portare dinanzi tutti i regnanti di questa Terra e dichiarare loro
semplicemente: “Il Signore sono Io, e voi tutti avete ormai cessato di regnare!
Se volete voi essere i Miei servitori, allora potete restare presso di Me, ma
se ciò non vi è gradito, allora allontanatevi da Me e correte verso la vostra
rovina!”.
16. Invece Egli, che è onnipotente nel più vasto senso della parola, ha
perfino minacciato tutti noi se mai ci azzardassimo, una volta in pianura, a
raccontare una sola parola di quello che è avvenuto qui! Egli non cerca affatto
la gloria e la considerazione del mondo, ma tende solamente a nobilitare ed a
perfezionare nello spirito l’umanità. Dunque, non è che un Regno spirituale che
Egli vuole fondare fra gli uomini, e ricondurli in paradiso, loro che non sanno
più da dove provengono! E per questi motivi dovremmo noi, se fosse possibile,
eliminarLo da questo mondo? Mai e poi mai! Maledetto colui che cela nel suo
cuore tali pensieri!
17. Mai ebbe l’umanità Amico maggiore su questa Terra, né mai qualcuno
che fosse stato disinteressato più di Lui, e voi nutrite propositi minacciosi
contro di Lui? Domandate a voi stessi di quale spirito siete figli, e Satana,
che ha dimora nel vostro petto, vi griderà e vi risponderà: “Io sono il padre
vostro!”.
18. Dunque, come dovrebbe essere fatto il vostro Messia? Forse come
voi? Oppure dovrebbe comparire dinanzi a voi quale un gigante mille volte più
forte di Sansone e, armato della forza di quest’ultimo, avventarsi sugli
uomini, ammazzandone in un sol colpo a milioni, per mettere poi non se stesso
ma voi sul trono; dovrebbe quindi piegarsi umilmente al vostro rigidissimo
dominio e servirvi infine da asino da soma, da cammello, da cane da guardia, da
leone combattente contro i vostri nemici e da aquila, la quale, in virtù della
sua vista acuta, spiasse dall’alto e vi avvertisse da quale parte un nemico
qualsiasi tentasse di avvicinarsi a voi; e tutto ciò affinché voi poteste in
perfetta pace consumare il prodotto della rapina di tutta la Terra e sfogare la
vostra libidine con le vergini più belle e delicate?! Questo sarebbe il vostro
vero Messia!
19. Voi volete essere i dominatori, mentre il Messia deve essere il
vostro servo! Così vi piacerebbe avere un Messia! Ma che voi dobbiate
rivolgervi al Messia e dirGli: “Signore!”, ciò non vi garba, ed è per questa
ragione che volete sbarazzarvi di Lui!
20. Osservate ed interrogate i vostri cuori se la cosa non sta
letteralmente in questi termini, ed i vostri cuori vi risponderanno con un
sonoro sì!
21. Se però vi sembra che io abbia parlato in modo errato, allora
ditemi quale aspetto e quali proprietà dovrebbe avere il vostro Messia!
22. È una vera vergogna, per noi che ci chiamiamo figli di Dio, che i
pagani, i pubblicani ed i peccatori ci precedano in ogni campo; i greci, i
romani, gli egizi, i persiani, gli assiri e quasi tutti i popoli che noi
chiamiamo pagani, per gratitudine verso le loro divinità, hanno sempre venerato
i loro uomini grandi e sapienti, reputando la comparsa di tali uomini una
grazia concessa loro dagli dèi, ed a questi grandi sapienti tributarono onori
divini, edificarono loro dei templi e consacrarono il luogo dove un tale uomo
superiore aveva dimorato. Si hanno pochissimi esempi di pagani che si siano
mostrati crudeli con i loro sapienti.
23. Invece noi ebrei, che facciamo sfoggio del nome di “Popolo di Dio”,
abbiamo lapidato un gran numero di profeti mandatici da Dio, e li abbiamo
maledetti! E ciò nonostante noi osiamo ancora chiamarci “figli di Dio”!
24. Elia, uno dei più grandi e potenti profeti, dovette fuggire quasi
fino in capo al mondo per sottrarsi al furore dei “figli di Dio” e dei loro
vicini. Bei “figli di Dio” in verità!
25. Siamo noi che abbiamo lapidato i messaggeri del Signore, e vorremmo
ora, se fosse possibile, far scomparire dal mondo anche questo buon Gesù! Ma
sicuramente nei Cieli si sarà provveduto a questa eventualità! Tuttavia, se una
cosa simile dovesse diventare fattibile, - poiché Dio permette al perverso di
commettere anche l’azione più atroce, affinché sia
colma la sua misura per l’Inferno - allora io vi profetizzo la maledizione
eterna su tutti gli ebrei, tanto che essi non avranno mai più una patria sulla
Terra, e il loro nome, innanzi al quale si sono inchinati perfino i pagani,
diventerà spregevole e nauseante a tutta l’umanità!
26. Come è vero che Dio esiste, altrettanto vero è che tale cosa
succederà! E questo nostro sacrilegio troverà nell’Inferno una ricompensa che
non avrà mai fine! Ricordatevi bene che sono stato io, un fariseo, a dirvi
tutto ciò!».
La collera dei farisei, verso il loro onesto collega
Tobia. Intervento dei tre angeli per impedire la lapidazione di Tobia. Continua
la discussione fra gli increduli templari e il credente Tobia. Il Signore
consiglia riposo ai templari, ubriachi e insonnoliti.
1. Alcuni si dichiararono d’accordo con il vecchio Tobia, ma la maggior
parte di essi fu colta da tanto furore che, stracciate le vesti, minacciarono
di lapidare il vecchio Tobia e tutti coloro che avevano parteggiato per lui.
2. E il vecchio Tobia esclamò: «Oh, attuate
pure la vostra intenzione, poiché vi siamo diventati anche noi una spina negli
occhi! I tre angeli, che sono ancora qui, vi riserveranno bene anche per tale
vostra lodevole fatica una ricompensa adeguata nell’Inferno, e i demoni completeranno
lo strappo che avete cominciato a fare alle vostre vesti!»
3. Quando Tobia ebbe pronunciato tale energica invettiva contro i suoi
furibondi colleghi, che si disponevano ad andare in cerca di pietre, entrarono
nella capanna i tre angeli la cui faccia risplendeva come il sole.
4. A tale vista i sovversivi furono colti da grande spavento, si
prostrarono a terra e domandarono perdono, urlando angosciosamente.
5. Ma i tre angeli dissero: «Se voi siete nemici di coloro che sono
animati ed attratti dallo Spirito di Dio, chi sono allora i vostri amici? Noi
ve lo diciamo francamente: “I vostri amici sono i demoni!”. Per conseguenza
convertitevi, altrimenti dovrete sperimentare la Potenza dell’Altissimo!»
6. Gridano gli altri, tremanti ed angosciati mortalmente: «Che dobbiamo
fare?!». Rispondono i tre: «Siate umili e credete nel vero ed unico Figlio di
Dio, la cui Anima è una cosa sola con il Padre! Infatti il Padre è in Lui e non
fuori di Lui!». Dopo aver detto queste parole, i tre angeli scompaiono, ed i
farisei si alzano e abbandonano il loro infame proposito.
7. Tobia domanda loro e dice: «Dunque, come stanno le cose? Cosa
intendete fare adesso? Dove sono le pietre maledette? Perché non avete colto
l’occasione e non vi siete scagliati addosso a quei tre che poco prima
affermavate non fossero altro, a sentir voi, che i tre magi persiani
travestiti?»
8. E quei farisei, ancora completamente sbalorditi, rispondono: «Tu sai
pure che noi dobbiamo attenerci ai precetti di Mosè, conformemente a quanto
abbiamo giurato per il Cielo e per il Tempio! Ora, se questo Gesù insegna ed
opera dappertutto il contrario, come può essere per noi tanto facile accogliere
la nuova dottrina, quasi in tutti i suoi punti antimosaica, al posto del nostro
giuramento? Del resto noi ci penseremo e vedremo cosa si potrà fare! Per il
momento non diciamo né si né no, poiché sta scritto che dalla Galilea non deve
venire mai alcun Profeta! Per conseguenza, la cosa, per quanto meravigliosa nel
suo genere, è tuttavia ancora tale da esigere moltissima circospezione!»
9. Dice Tobia: «È ben vero che, a quanto sta scritto, nella Galilea non
possa sorgere alcun Profeta, però domando se sta forse scritto anche che dalla
Galilea non possa venire il Messia! A quanto ne so io, di ciò non è assolutamente
fatta menzione nelle Scritture, e riguardo poi al Messia che ha da venire non è
detto in nessun luogo dove precisamente Egli dovrà sorgere! Dunque, anche
ammesso, secondo le Scritture, che la Galilea non possa dare un Profeta, può
benissimo invece, senza contraddire le Scritture, dare il Messia! Infatti fra
Profeta e Messia dovrà certamente esserci, mi pare, una differenza infinita!».
Osservano gli sbigottiti: «Qui hai ragione tu, e noi vogliamo perciò
rifletterci molto»
10. Ma un altro fariseo, uno degli ultimi del gruppo, il quale aveva
assistito a tutto lo svolgersi della discussione e degli avvenimenti senza aver
mai espresso la propria opinione, osservò: «Amici e fratelli! Per poter
vagliare fino in fondo una questione tanto meravigliosa come è quella che ci
viene proposta si richiede uno stato d’animo del tutto sveglio e sereno; noi
invece tutti abbiamo, chi più e chi meno, la mente offuscata per il vino bevuto
e oltre a ciò siamo pieni di sonno! Com’è possibile che noi vogliamo o possiamo
dare in queste condizioni un giudizio valido su una cosa tanto meravigliosa e
contemporaneamente per niente trascurabile, anzi molto seria?
11. Per conseguenza io sono del parere che noi dovremmo prenderci un
po’ di riposo per procedere domani all’ulteriore e certo più savia trattazione
di questo argomento! Oltre a ciò, a quanto mi sembra,
inizia già ad albeggiare, e il giorno ormai non si farà a lungo attendere;
dunque noi dobbiamo andare incontro al sabato almeno in pace fra noi e
tranquilli come si conviene ad un tal giorno, non turbati dalla lotta di idee e
di opinioni.
12. Però, come mi sembra di scorgere, la numerosa schiera degli
aderenti di Gesù comincia già a muoversi, e noi vorremmo o dovremmo
sorvegliarli! Cosa facciamo adesso se il sonno ci coglie anche contro il nostro
volere ed essi ci scappano prima che noi ci siamo svegliati?»
13. A questo punto un altro lo interrompe e dice: «Si fa presto a
trovare una soluzione. Uno di noi resti sveglio e faccia buona guardia!».
Esclama il primo: «Chi? Forse tu o qualcun altro che cade dal sonno come te ed
io che, pur volendo fare da sentinella, si addormenterà come accadrebbe a noi
due?»
14. Osserva un terzo: «In quanto al dormire non se ne fa assolutamente
nulla, perché gli altri si accingono già a fare i preparativi per la partenza;
perciò credo bene che non ci resti null’altro che seguire il loro esempio,
poiché la via fino giù alla pianura è lunga, e quando il sole si alzerà, ci
mancherà ancora un bel tratto per arrivare al villaggio!»
15. Dice un quarto: «Oh; ecco, ora è comparso anche il Maestro Gesù
davanti alla capanna e si prepara alla partenza; non ci rimarrà davvero altro
da fare che disporci velocemente a seguirLo?»
16. Dice il primo: «Ora ci siamo! Le cose si mettono proprio come ho
previsto! Sarà un bel viaggio per noi, senza aver dormito e, per di più, ancora
alterati dal vino bevuto ieri sera a cena!»
17. Osservarono parecchi altri: «Cosa possiamo farci? Ormai non è
possibile prendere un’altra decisione! Coloro che hanno riposato non aspettano certamente
noi! Per conseguenza alziamoci; a dormire ci penseremo più tardi quando saremo
arrivati giù al villaggio». E detto ciò, tutti si alzano e si recano in fretta
fuori all’aperto.
18. I farisei sono presto pronti alla partenza, ma quando vedono che Io
non Mi dispongo ancora ad iniziare la discesa nella
valle, ad eccezioni di pochi, non celano il loro malumore e il loro sdegno, e
Mi domandano se Io intenda o no partire!
19. Ma Io rispondo loro: «Io sono un Padrone e faccio quello che
voglio! E nessuno deve chiederMi il perché di quello che faccio. Se tuttavia a
qualcuno spiace che Io faccia così come voglio fare per Me e per i Miei, costui
faccia a sua volta ciò che vuole, poiché Io non costringo e non lego nessuno.
Se qualcuno vuole andarsene, ebbene che se ne vada! Qualcun altro vuole
aspettare? Allora si armi di pazienza ed aspetti pure! Io non partirò prima del
levar del sole, e ad ogni modo prima di partire farò colazione, perché la via è
lunga e faticosa!»
20. Dicono i farisei: «Allora noi facciamo ancora in tempo a concederci
un po’ di riposo?»
21. Rispondo Io: «Sicuramente! Infatti la Terra al levar del giorno non
ha bisogno della luce dei vostri occhi, ma della luce dei Miei occhi, affinché
la Luce sia fatta nelle tenebre dell’abisso!»
22. Mormorano i farisei tra di loro: «Questa cosa qui la comprenda chi
può e chi vuole; in quanto a noi rinunciamo a comprenderla!»
23. Dice il vecchio Tobia: «Io invece l’ho già compresa, e per questo
motivo rimango ancora qui all’aperto. Chissà che una Luce non giunga a
splendere anche nelle mie tenebre»
24. Dicono gli altri: «Fa pure quello che vuoi, vecchia civetta; noi
invece intendiamo ritornare alla capanna per tentare di dormire per un po’»
25. Con queste parole tutti si affrettano alla capanna, dove si gettano
sui giacigli là disposti.
26. Tobia allora avanza rispettosamente verso di Me e vuole riferirMi
gli avvenimenti accaduti durante la notte.
27. Io però lo conforto e gli dico: «Io so già tutto! E se non lo avessi
saputo prima, come avrei potuto mandarti soccorso a tempo debito? Dunque fatti
coraggio e stai tranquillo! Infatti chi si leverà anzi tempo contro di Me, avrà
da pentirsi amaramente! Allontana da te ogni timore; di simili avversità non
avrai da provarne più per il futuro.
28. Ed ora andiamocene un po’ più in alto, e precisamente su quella
collina ad oriente; da lì noi assisteremo allo spettacolo di un magnifico
spuntar del giorno. Ciò dà ristoro all’anima come pure alle membra del corpo, e
rallegra il cuore e le reni».
29. Tutti allora salgono con Me sulla collina ed attendono ansiosamente
il levar del sole il quale non si fa attendere troppo a lungo.
Lo splendore
di un’alba. Il buon e bel discorso di Tobia. Consigli vitali del Signore a
Tobia.
Norme di
comportamento per i giudici e per i legislatori.
Trattamento
dei delinquenti e dei condannati a morte.
1. Quando, dopo circa un’ora di attesa, il sole si fu maestosamente
alzato in tutta la sua indescrivibile grandiosità e magnificenza, tutti ne
rimasero ammirati oltre ogni dire e commossi fino alle lacrime, ed intonarono
dei salmi in onore di Colui che aveva elargito tanta bellezza e tanto
meraviglioso splendore nel Suo Creato!
2. Dopo tale solenne inizio del mattino, il vecchio Tobia esclamò: «O
Signore! Ben differisce questo tempio da quello in Gerusalemme, sempre pieno di
lordure e di immondizia! Quante volte in vita mia ho cantato salmi su salmi, ma
il mio cuore non accompagnava il canto e restava arido come una vecchia paglia
e freddo come un pezzo di ghiaccio! Ora invece come batte ardente in uno
slancio verso il mio onnipotente Creatore! Quante volte sono stato nel Tempio,
e con quale ansia attendevo il momento in cui mi era lecito abbandonare quegli
ambienti, sempre pestilenziali; qui invece io desidererei restare un’eternità,
per glorificare dal più profondo del mio cuore ardente il grande Dio che ha
creato tutte queste innumerevoli e sublimi cose! O amato Maestro, in quale modo
potrò io ringraziarTi per tali momenti di gioia pura e santa da me mai
provati?!»
3. Gli dico Io: «Chi contempla la Creazione di Dio in tal modo, e ha un
sentimento tanto intenso ed ardente di ciò che egli deve al suo Dio e Creatore
a causa di questo, come è ora il caso con te, costui Mi ha già dato il
ringraziamento migliore e più gradito.
4. E per l’avvenire coltiva sempre tali sentimenti e sensazioni e non
chiudere mai il tuo cuore a tuo fratello più povero, anche se egli fosse
divenuto un giorno tuo nemico. Operando così, con il tempo sarai reso degno di
una grande Grazia dai Cieli! Quando vedi intorno a te ogni genere di peccatori,
non giudicarli e non condannarli, perché - comprendiMi bene - il più delle
volte non sono essi che peccano, bensì qualche spirito che li incita. Tu non
puoi sapere qual è lo spirito da cui essi vengono spinti. Vi sono molti uomini
pii i quali potrebbero molto facilmente diventare orgogliosi, qualora, pervasi
dalla presunta altezza della loro virtù, cominciassero a guardare con disprezzo
ed orrore i peccatori, cosicché essi diventerebbero inconsciamente peccatori
ancora più grandi di quanto lo siano gli altri da essi disprezzati. Date simili
circostanze, succede poi che qualche spirito è pronto ad eccitare tali uomini
ad un qualche peccato, e così l’insuperbito eroe di virtù viene richiamato
dall’esperienza fatta in se stesso alla realtà delle cose, ed alla fine si
rende conto che egli è ben lungi dall’essere un Dio, ma che invece non è che un
semplice uomo debole al par degli altri!
5. Un tale uomo in seguito ridiventa umile e fa quella penitenza che
prima egli, quale presunto eroe di virtù, compenetrato dall’idea della sua
elevatezza, non si sarebbe mai sognato di dover fare!
6. E così, dunque, nessuno deve odiare un peccatore per il fatto che
esso è tale; invece è bene che ognuno odi il peccato e lo fugga realmente!
Soltanto di fronte ad un malvagio ostinato che si sia immedesimato con il
peccato puoi esimerti dallo stendergli la mano. Però se la sventura lo coglie
giustificatamente, perché egli abbia a ravvedersi, non dimenticarti allora di
lui nella sua miseria; e non chiudere i tuoi orecchi, qualora egli venga ad
implorare da te consiglio od aiuto; e se tu vedi condurre un malfattore al
supplizio, non devi provare gioia per la sua sorte anche se il misfatto per cui
viene condotto alla morte dovesse essere stato commesso contro la tua casa,
poiché, vedi, non è cosa impossibile che anche un simile malfattore divenga
beato nell’altro mondo.
7. Sia l’amore in ogni circostanza l’elemento preponderante di vita in
ogni uomo! Una giustizia che non abbia le sue radici nell’amore non è giustizia
davanti a Dio, e colui che la esercita quale giudice si rende perciò dinanzi a
Dio dieci volte più colpevole di quanto lo sia colui che egli condanna, e Dio
un giorno lo giudicherà altrettanto inesorabilmente quanto inesorabilmente egli
avrà giudicato il suo prossimo.
8. Per conseguenza non giudicare e non condannare nessuno, per quanto
grave sia il peccato commesso contro di te; così facendo tu pure un giorno non
verrai giudicato e condannato, poiché nell’altro mondo ad ognuno sarà misurata
la ricompensa nell’identica maniera con cui egli stesso avrà misurato in questo
mondo. Il giudice severo e giusto secondo qualsiasi legge ma contemporaneamente
dal cuore arido e freddo deve aspettarsi di venire un giorno giudicato secondo
giustizia altrettanto rigida e severa; gli aguzzini però ed i carnefici non
vedranno mai la Faccia del Signore!
9. Se qualcuno si è impadronito di un ladro o di un assassino, fa bene
a consegnarlo ad un tribunale giusto, ma il giudice non deve mai dimenticare
che il malfattore, finché vive in questo mondo, non è ancora completamente un
demonio, bensì un uomo deforme nell’anima e sedotto dal peccato, del quale per
il possibile ravvedimento sono da farsi tutti i tentativi prima che possa
venire condannato alla pena di morte quale demonio incorreggibile!
10. Però, anche nel caso che sia necessario ricorrere alla pena di
morte, si deve procedere in modo che il condannato non venga immediatamente
ucciso; sia invece esposto per l’intera giornata davanti al popolo, con le mani
e i piedi saldamente legati ad un palo a cinque spanne da terra.
11. Se al palo egli si mostra sinceramente pentito, supplica e promette
di ravvedersi, allora lo si sciolga dai legami e venga condotto in una casa
adatta di correzione, per esservi curato secondo giustizia ed amore, ma non gli
si conceda piena libertà prima che egli non abbia dato prove indubbie del suo
ravvedimento. Se però durante tutta la giornata in cui il delinquente è legato
al palo egli non da nessun segno di pentimento, allora egli è un demonio in
tutto e per tutto, e per questo motivo, qualora così legato si trovi ancora in
vita, sia eseguita la sentenza di morte dopo il tramonto, e il corpo venga bruciato insieme al palo sul luogo stesso
dell’esecuzione.
12. Queste cose Io le dico a te appunto perché tu stesso avesti ed hai
tuttora mansioni di giudice tra i farisei, nonché avesti il compito di provvedere
per le sepolture dei defunti ed i posti per l’esecuzione dei malfattori,
affinché tu ti possa regolare in avvenire secondo quanto detto.
13. Ognuno che ascolta questi suggerimenti e che in tal modo opera, ne
avrà un grandissimo bene, e il suo nome risplenderà nel Libro eterno della
Vita!
14. Ora però scendiamo e ritorniamo alle capanne; il nostro Kisjonah ha
già preparato una modesta colazione e ci attende assieme a sua moglie ed alle
sue figlie».
Il Signore con
i Suoi di nuovo radunati presso Kisjonah nella capanna.
Consigli
riguardo all’economia domestica. Bontà del Signore verso i Suoi nemici.
Egli digiuna
assieme ai Suoi discepoli. Del sabato dei farisei. Discesa dal monte.
Discussione tra
il fariseo e Matteo riguardo al sabato.
1. Noi scendiamo rapidamente, e Kisjonah si affretta a venirci incontro
per invitare Me e tutti i Miei discepoli a colazione, e contemporaneamente Mi
chiede perdono se le mense sono alquanto più modestamente fornite del solito,
poiché le provvigioni sono esaurite già dalla nostra colazione mattutina; non
le ha infatti rinnovate, ben sapendo che Io oggi - di sabato - sarei disceso
giù alla pianura. Se, per conseguenza, la colazione risultasse un po’ più
meschina degli altri giorni, non dovrei attribuire ciò alla sua poco buona
volontà, ma all’impossibilità di fare diversamente; fatto per cui si è trovato
senza nessuna colpa!
2. Ed Io lo consolai e gli dissi: «Stai tranquillo e non preoccuparti per
ciò! Va benissimo così, e tutto procede secondo la Mia Volontà; del resto a te,
Mio carissimo fratello ed amico, non posso fare a meno di osservare che durante
questi ultimi giorni ti sei affaticato anche troppo.
3. Per quanto riguarda gli ospiti non invitati, intendo tutta quella
legione di farisei, tu non avresti certo commesso nessun tipo di peccato anche
se non li avessi chiamati alla tua mensa, poiché essi posseggono oro e argento
in grande quantità; e se proprio volevano rimanere qui, avrebbero potuto
mantenersi anche a loro spese! Ma certamente tu non hai neppure peccato avendo
dato loro da mangiare e da bere senza alcun compenso. Se però credi di far
pagare loro il conto, Io non ti rimprovererò, ma ad ogni modo il vecchio Tobia
resta a Mio carico»
4. Dice Kisjonah: «E così voglio fare; molti sono qui i poveri, ed a
vantaggio di questi andrà il conto che pagheranno gli altri. Ma ora Ti piaccia,
o Signore, prendere assieme ai Tuoi discepoli questo scarso pasto; i farisei
dormono ancora nella grande capanna delle pecore, ed io vorrei che non
mangiassero con noi!»
5. Gli dico Io: «Lascia andare! Svegliali pure ed invitali a colazione!
Io e tutti i Miei digiuneremo quest’oggi fino a mezzodì, cioè quando saremo
giunti in pianura; allora ci ristoreremo davvero»
6. E Kisjonah fa subito come Io gli ho detto, quantunque non gli riesca
di vincere nel suo cuore una certa contrarietà. I farisei ed i loro compagni si
alzano prontamente dai loro giacigli e si affrettano ad andare a colazione che,
nonostante il sabato, viene consumata in gran fretta, poiché essi temono che il
sole, il quale è già da lungo tempo alzato ma che non giunge ancora ad
illuminare la capanna, dato che questa è costruita verso ponente immediatamente
a ridosso di un’alta parete di roccia, con i suoi raggi arrivi troppo presto
alla capanna, in modo da non lasciar loro il tempo di terminare il pasto, nel
qual caso essi non potrebbero prendere nessun cibo se non dopo il tramonto,
oppure nel Tempio di Gerusalemme durante la funzione in cui veniva spezzato il
sabato.
7. Kisjonah, cui non è sfuggita la cosa, Me ne fa cenno e dice:
«Davvero, questa storia finisce con il far venire la voglia di ridere! Per
questi tali il sabato comincia solo quando il sole arriva con la sua luce
laddove le loro persone materialmente si trovano! Ora, o Signore, come hai già
avuto occasione di osservare, il sole giunge solo verso mezzodì in questa
capanna, cosicché, restando qui, tali avversari della luce inizierebbero il
sabato e comincerebbero a celebrarlo a metà circa della giornata. Questa è
davvero una razza di individui di cui c’è da scommettere che non ve n’è di
uguale in nessun altro punto di questo mondo!»
8. Gli dico Io: «Lasciamoli stare per ora; ci si presenterà ben presto,
anzi prima ancora di arrivare del tutto in pianura, più di una volta
l’occasione di far vedere che valore abbia il loro sabato. Ma tutto ciò non è
ancora niente; bisogna conoscere bene quali astuzie essi mettono in opera per
evitare le noie del sabato quando torna loro comodo e quando prevedono di non
poter fare qualche buon raccolto nelle loro sinagoghe! Essi chiudono porte e
finestre e, poiché il sole in questo modo non può penetrare laddove sono
radunati questi nemici della Luce, così non si parla più del sabato in casa
loro! Per la stessa ragione, se la giornata è fosca e il sole non splende,
anche il sabato non è più completo, a meno che essi
non accendano nelle sinagoghe i loro candelabri a sette braccia, naturalmente
sempre dietro pagamenti di un’offerta che in tali occasioni deve essere
abbondante! Si comprende perciò facilmente che un sabato torbido ed oscuro
riesce loro sempre assai più gradito di uno limpido e sereno come questo di
oggi.
9. Ma, come già detto, già oggi avremo occasione di mettere tali cose
nella loro vera luce. Ora dunque mettiamoci in cammino, perché oggi farà molto
caldo e con il gran calore non è piacevole viaggiare»
10. Detto ciò, noi ci mettiamo subito in cammino e cominciamo la
discesa dal monte di buon passo, mentre i farisei ci seguono faticosamente, tutti
sbuffanti e arrabbiati a causa del nostro andare veloce; uno di loro anzi ci
grida dietro: «Siete matti a correre in questo modo? Avete forse rubato
qualcosa sul monte?!»
11. Ma il giovane apostolo Matteo non vuole restare in debito di una
risposta, e perciò ribatte: «Noi camminiamo con le nostre gambe come voi con le
vostre; per conseguenza andiamo così bene e così presto come piace a noi; e
credo che per fare ciò non sia nostro obbligo domandare l’autorizzazione a voi,
e non abbiamo pattuito in precedenza né abbiamo preso alcun impegno con voi di
camminare in un dato modo piuttosto che in un altro! Statevene dunque zitti ed
andate per la vostra strada come meglio volete e potete! Noi non ci curiamo
affatto di voi, perché allora vi interessate delle nostre faccende?!»
12. Esclama irosamente uno dei farisei: «Cosa vai blaterando tu,
sciocco di un doganiere; non sai che oggi è sabato, giorno in cui nessuno deve
attaccar briga?!»
13. Dice Matteo: «Come mai il sabato deve avere valore soltanto per me,
e non per voi? Chi ha cominciato a litigare per primo? Non sta scritto in
nessun luogo che di sabato non si debba camminare velocemente; al contrario,
voi sostenete che non sia bello che il sabato si indugi sulla strada per
recarsi alla sinagoga, e perciò noi non trasgrediremo neppure la vostra legge
se oggi, essendo sabato, andiamo più velocemente di quanto andiamo in qualsiasi
altro giorno. Anche giù nel villaggio c’è una piccola sinagoga alla quale, se
camminiamo proprio di buon passo, possiamo certamente arrivare ancora in tempo!
Cosa pretendete dunque di più da noi?!»
14. Rispondono i farisei: «Sì, proprio i tuoi simili sono coloro che
hanno fretta di andare alla sinagoga e di visitare le scuole! In verità fa
ridere quando si sente un doganiere parlare di sinagoghe! Come non ti
conoscessimo bene!? Tu sei più pagano di un greco di nascita, e salti fuori a
discutere di zelo per la sinagoga, nero peccatore che non sei altro?!»
15. Dice Matteo: «Badate bene che ormai è tempo di mettere un freno
alle vostre lingue, altrimenti ci prenderemo la singolare libertà di spezzare
il sabato sulla vostra schiena con delle frustate! Ma guardate un po’ questi
eterni fannulloni! Quali diritti vorrebbero arrogarsi a nostre spese!? Ancora
una parola offensiva da parte vostra, e mi fate dimenticare che oggi è sabato e
che io sono un uomo, e comincio a trattarvi come se io fossi un orso!».
16. A tale minaccia i farisei non fiatano più, ma nel loro intimo sono
pieni di furore.
Scena con i
farisei a causa dello strappare le spighe di sabato. La misericordia vale di
più del sacrificio. «Il Figlio dell’uomo è un Signore del sabato». Guarigione
dell’uomo dalla mano secca. I farisei vogliono lapidare Gesù. Intromissione di
Kisjonah.
Il Signore se ne va dopo aver compiuto molte
guarigioni.
(Matteo 12,
1-16)
1. Dopo un po’ di tempo però, abbastanza in prossimità della valle,
pervenimmo ad un campo di grano colmo di spighe già quasi perfettamente mature.
Il sentiero passava appunto attraverso questo campo, e noi ci incamminammo
perché esso conduceva più direttamente al villaggio.
2. Noi dunque passammo attraverso il seminato, naturalmente in giorno
di sabato, e i discepoli, i quali al pari di Me non avevano preso nessun cibo
nella mattinata, stimolati dalla fame cominciarono a strappare qua e là le
spighe mature, e, dopo averle sfregate tra le mani, si diedero a mangiarne i
grani (Matteo 12,1). Ed i farisei, cui già da prima ribolliva l’ira nel cuore,
nel vedere questo si avvicinarono a Me sollecitamente e dissero con aria di
grande importanza: «Non vedi come i Tuoi discepoli fanno quello che non è
lecito fare in giorno di sabato?» (Matteo 12,2)
3. Ed Io rispondo loro: «Non avete dunque mai letto ciò che fecero
Davide e coloro che erano con lui quando ebbero fame? (Matteo 12,3). E non
avete mai letto come egli entrò nella casa di Dio e mangiò i pani di
presentazione, mangiare i quali non si addiceva né a lui né a coloro che erano
con lui, ma solo ai sacerdoti? (Matteo 12,4). Oppure non avete voi letto nella
legge, che nel Tempio i sacerdoti nei giorni del sabato infrangono il sabato e
pur non ne sono colpevoli?! (Matteo 12,5)
4. Voi avete visto le Mie opere sul monte e udito la Mia Dottrina, e
molteplici volte vi è stato detto Chi sono! Se tutto ciò non vi bastasse, Io vi
dirò ancora una volta seccamente in viso che qui in Me è Colui che è maggiore
del Tempio! (Matteo 12,6)
5. Ebbene, se voi sapeste cosa significhi: “Io Mi compiaccio della
Misericordia e non del sacrificio”, non avreste ora nel vostro cuore condannato
questi innocenti (Matteo 12,7). O voi farisei ciechi e sordi, sappiatelo
dunque! Il Figlio dell’uomo, che sono Io, è Signore anche del sabato!» (Matteo
12,8). Queste parole spaventarono talmente i farisei che essi subito si
ritirarono e non impedirono più ai discepoli di strappare le spighe.
6. E Kisjonah, che camminava sempre al Mio fianco ed a cui apparteneva
quel campo, Mi disse: «Signore! Ora io mi affretterò e precederò la compagnia
per far preparare subito un pasto abbondante, perché mi rincresce davvero per i
buoni discepoli i quali, come si vede, hanno proprio fame!»
7. Gli dico Io: «Il tuo proposito è in verità molto buono; tuttavia Io
intendo visitare con i Miei discepoli una scuola a causa di questi farisei,
affinché la loro rabbia non divenga ancora maggiore. Comunque essi hanno già
dovuto mandare giù quello che Matteo ebbe a dire loro quando dimostrò che noi
andavamo tanto solleciti per poter arrivare in tempo ad una sinagoga. Dunque,
se noi passassimo dinanzi alla sinagoga del villaggio senza entrarvi, sarebbe
la fine, perché essi avrebbero il pretesto per fare uno scandalo; se invece,
come ho detto, noi visitiamo prima la sinagoga, chiudiamo loro la bocca, e tu
potrai allora presentare loro senza alcun riguardo il tuo conto, naturalmente
dopo che è terminato il sabato». Dopo di ciò Kisjonah si affrettò con i suoi
per la via più breve a casa sua, dove trovò tutto in perfetto ordine.
8. Noi invece piegammo alquanto più a sinistra, verso la scuola che era
situata nel punto più alto del villaggio. Giunti là, noi entrammo senza indugio
nella scuola che era molto poco frequentata (Matteo 12,9), ed i farisei, che ci
erano stati continuamente alle calcagna, ci seguirono celando a mala pena il
loro furore per essere stati prima sul campo derisi dai discepoli a causa della
loro cieca stoltezza, quando Io li avevo rimproverati per le loro lamentele a
causa delle spighe strappate.
9. Arrivati nel Tempio, i farisei si accinsero subito all’opera, e Mi
condussero dinanzi un uomo il quale già da lungo tempo aveva una mano
dissecata, e perciò era quasi del tutto inabile a qualsiasi lavoro. Allora essi
Mi chiesero, poiché Io avevo prima affermato di essere Signore del sabato, se
fosse lecito guarire anche in giorno di sabato. Ora questa domanda essi la
fecero soltanto per trovare nella Mia risposta qualcosa che testimoniasse
contro di Me (Matteo 12,10); perché nei loro cuori malvagi essi ardevano di ira
e di furore.
10. Io però dissi loro: «Perché Mi fate questa domanda, come se fosse
in vostro potere giovare a questo ammalato e far rivivere la sua mano già da
lungo tempo morta?! Ma se Io voglio guarirlo, non avrò bisogno di chiederne a
voi il permesso!
11. Chi fra di voi è così stolto, nel caso in cui abbia una pecora che
gli è caduta di sabato in un fosso, da non tentare di tirarla fuori?! (Matteo
12,11). Ma quant’è meglio un uomo di una pecora! Dunque sarà ben cosa lecita
fare del bene ad un uomo di sabato?» (Matteo 12,12)
12. I farisei allora tacquero; Io però chiamai a Me quell’uomo e gli
dissi: «Stendi la tua mano!». Ed egli la distese ed essa fu resa all’istante
sana come l’altra che non era mai stata ammalata. (Matteo 12,13)
13. Allora il furore dei farisei non ebbe più limiti; essi uscirono
fuori dalla sinagoga e tennero una riunione per studiare come avrebbero potuto
ucciderMi. (Matteo 12,14)
14. Matteo però, che era uno spione raffinato, andò loro dietro con
molta cautela, cosicché egli poté sorprendere inosservato la loro riunione segreta,
e udito quello che essi andavano tramando, fece ritorno tutto ansimante ed
annunciò ad alta voce quanto egli aveva appreso. Allora Io inviai
sollecitamente un discepolo da Kisjonah per avvertirlo che per quel giorno Io
non avrei potuto mangiare da lui, e ciò per prudenza, dato che i farisei
attentavano alla Mia vita, ed Io non volevo farli diventare delinquenti
peggiori ancora di quanto già lo erano, e inoltre che in seguito a ciò Io Mi
sarei tenuto lontano per qualche tempo da quei dintorni. Allora il discepolo
partì velocemente, ben conoscendo il luogo dove doveva raggiungerMi.
15. Appena egli ebbe comunicato i nuovi avvenimenti a Kisjonah, questi
lasciò stare ogni cosa, uscì in fretta con tutti i suoi, radunò ancora una
quantità di popolo, e tutti assieme si lanciarono di corsa verso la scuola,
cosicché giunsero appunto nel momento in cui i farisei, già provvisti di
pietre, tentavano di penetrarvi.
16. È superfluo accennare qui come i farisei venissero serviti come si
deve da Kisjonah e dai suoi; dopodiché Io partii accompagnato da molto popolo i
cui ammalati Io guarii tutti durante il cammino, poiché all’incirca nel periodo
della raccolta del grano, quella regione situata vicino al Mare di Galilea era
infestata da febbri, perciò là vi era sempre una quantità di ammalati,
particolarmente fra le donne, e queste, udendo parlare di me, corsero tutte
dietro alla moltitudine e se ne vennero a Me durante il cammino perché le
guarissi. E tutte quelle donne vennero risanate. (Matteo 12,15)
17. Però dopo che le ebbi guarite, Io le ammonii di non raccontare
nulla a nessuno di casa (Matteo 12,16) e di non fare nemmeno cenno a nessuno,
chiunque fosse, in quale luogo Io le avessi guarite ed in quale direzione Io
avessi proseguito il cammino. Loro promisero di mantenere fede a tutto ciò nel
modo più rigoroso e poco dopo le congedai in pace.
Gli apostoli chiedono al Signore perché Egli,
l’Onnipotente, sembri talvolta aver timore degli uomini. Sua risposta adeguata.
Giuda l’affamato e il suo censore Tommaso. Il buon rimprovero di Pietro ad
entrambi. Il Signore approva le parole di Pietro e insegna come devono
comportarsi gli uomini.
1. Quando le donne furono congedate, gli apostoli si avvicinarono a Me
e dissero: «Signore, eppure il Tuo procedere talvolta è alquanto enigmatico!
Vedi, noi al Tuo fianco abbiamo assistito già a tante meraviglie, e per nostra
esperienza conosciamo tanto la Tua Potenza che, se anche lo volessimo, non ci
sarebbe possibile dubitare più neppure un istante che Tu sei e devi essere nel
senso più assoluto e vero il Figlio del Dio vivente, poiché le cose che Tu
operi non sono finora mai state possibili a nessun uomo. Eppure vi sono certi
momenti in cui sembra sul serio che Tu abbia timore degli uomini, anche se ai
Tuoi cenni obbediscono tutte le più potenti schiere degli angeli del Cielo,
come ci siamo convinti in molteplici occasioni perché ne fummo testimoni!
2. Per esempio, poco fa noi avremmo potuto benissimo dare una bella
lezione ai farisei con tutta la loro cinquantina di seguaci disarmati, dei
quali l’uno è più vigliacco dell’altro; sarebbe bastato un tuo minimo cenno per
far passare sicuramente una volta per sempre ai farisei la voglia di
perseguitarTi! Come Tu, in possesso di una potenza divina, abbia potuto
prendere la decisione di ritirarTi davanti a quei figuri, questo è un enigma
che noi davvero non siamo capaci di sciogliere nonostante tutta la nostra
miglior volontà! Dichiaraci dunque il motivo di questo Tuo strano
comportamento!»
3. Dissi Io: «Voi siete ancora notevolmente deboli e ciechi se non
potete notare una cosa simile al primo sguardo! Vedete, questo accadde affinché
voi possiate notare che qua si adempie ciò che il profeta Isaia ha predetto di
Me, mentre così parlava (Matteo 12,17): “Vedi, questo è il Mio Servo, che Io ho
scelto, e il Mio prediletto, di cui la Mia Anima si compiace; Io voglio porre
su di Lui il Mio Spirito, ed Egli deve annunciare il giudizio ai pagani (Matteo
12,18) (Qui giudizio equivale a verità, luce e vita, poiché è anche la verità
che procura una corretta e giusta luce.). Egli non urlerà né litigherà, e non
Lo si udrà far chiasso nelle vie (Matteo 12,19). La canna piegata non la
spezzerà e non spegnerà lo stoppino fioco di una lampada, finché non porti il
giudizio (la piena verità) (Matteo 12,20). E i pagani spereranno nel Suo
Nome!”. (Matteo 12,21)
4. Ecco, questo è il motivo appunto per cui Io non volli né potei
cominciare a litigare né tanto meno a venire alle mani con i farisei.
5. Del resto Io sapevo benissimo già prima che Kisjonah non li avrebbe
lasciati andare via impuniti! Essi sono ora castigati dieci volte più
aspramente di quanto lo sarebbero stati se noi ci fossimo azzuffati con loro,
poiché, in primo luogo, essi sono stati terribilmente picchiati dalla gente di
Kisjonah, e, in secondo luogo, non devono raccontare a Cafarnao la benché
minima cosa di tutto ciò che hanno visto e udito, né di quanto è loro accaduto;
questa cosa li irrita e li infastidisce più di ogni altra.
6. Infatti, se qualcuno di essi volesse con una sola parola far
menzione di ciò, si compirebbe la minaccia fattagli sul monte, e diventerebbe
all’istante muto, sordo e, se necessario, anche cieco. Anzi, questa è la
ragione più forte per cui essi fecero il tentativo di ucciderMi. In tal modo
essi ritenevano di poter annientare l’effetto della minaccia da Me fatta loro
sul monte, effetto che essi considerano inevitabile.
7. Infatti, essi continuano ancora a credere che Io sia un mago cattivo
il quale ha bensì potere da vivo, ma non ne ha più una volta morto, ma per
adesso la peggior cosa è ormai che non sanno da che parte Io Me ne sia andato.
Essi hanno già mandato dei messaggeri verso oriente per trovare le Mie tracce,
dato che ci hanno visto fuggire in quella direzione dalla sinagoga. Ma quello
che essi non sanno, è che noi, dopo un’ora di cammino, ci siamo diretti
all’improvviso nel bosco verso occidente e fra poco ci imbarcheremo e
attraverseremo il mare per raggiungere la sponda opposta; per conseguenza le
loro ricerche riusciranno assolutamente vane. Ora il vostro enigma è risolto?»
8. Dicono i dodici ed anche molti altri che ci seguono: «Sì, adesso
tutto ci è perfettamente chiaro! E vediamo che è stato veramente molto meglio
non aver messo le mani addosso a quei perversi e che ogni cosa è rientrata nel
suo giusto e completo ordine»
9. Osserva Giuda alquanto concisamente: «Fatta eccezione per i nostri
stomaci! Infatti, all’infuori di quei pochi grani di frumento crudi, oggi non
vi è entrato nulla, malgrado sia giunta già la sera. Dunque sarebbe buona cosa,
mi pare, che si pensasse anche un pochino ai nostri stomaci prima di metterci
in mare!»
10. Dico Io: «Per oggi intanto è opportuno digiunare, almeno finché
saremo giunti all’altra sponda. Arrivati là, vedremo bene di trovare qualcosa»
11. Tommaso però muove rimprovero a Giuda per questa sua volgare
interruzione, e dice: «Ma come è possibile che tu venga fuori con un argomento
tanto materiale ed animalesco, mentre il Signore sta parlando delle cose più
sublimi?! Non c’è in te nessun senso di onore e di pudore? Se soffri davvero la
fame da lupo che tu dici, abbi cura per il futuro di portare con te una
provvista qualsiasi, ma vedi di risparmiarti simili osservazioni davanti al
Signore, perché sono tanto terribilmente volgari da non meritare che se ne dica
più una sola parola!»
12. Risponde Giuda ironicamente: «Oh, ecco! Mi ero dimenticato che tu
sei ancora qui in nostra compagnia; tu vuoi ancora atteggiarti a mio precettore
e censore, e sembra che sia una grande gioia per te ogni qualvolta ti si offre
l’occasione di allungarmi una critica pungente. E sia pur così se ti fa
piacere, continua pure; comunque, a causa tua, io certo non mi arrabbierò mai!»
13. Dice Pietro: «E sarà meglio così; tuttavia Tommaso ha pure ragione
quantunque egli usi talvolta modi un po’ aspri! Io però penso che noi dobbiamo
sempre affidarci al Signore. Se Egli dice qualcosa, sta bene ed è giusto così
come Egli dice, ed a questo ognuno deve poi attenersi, ma se il Signore non
dice niente, allora ancora meno spetta a noi dire qualcosa! Io sono
dell’opinione che dobbiamo sempre comportarci in tale maniera, tanto più poi in
presenza del Signore, affinché pace ed armonia regnino fra noi!
14. E anche tu, mio caro fratello Tommaso, se Giuda incitato dalla fame
non può tacere dinanzi al Signore, ancora meno timore avrà egli di parlare
dinanzi a te. Qualora però si renda necessario qualche reciproco ammonimento,
lasciamo da parte ogni rigore ed ogni asprezza, affinché le parole di Isaia che
riguardano il Signore, e da Lui dichiarateci prima, trovino adempimento anche
in noi Suoi discepoli!»
15. Dico Io: «Così va bene, Mio caro Simon Giona! Così deve essere fra
voi ed infine fra tutti gli uomini. Infatti, chi ha una ferita e vi mette su
qualcosa di bruciante, costui non affretterà la guarigione della sua ferita, ma
ingrandirà ed irriterà la piaga. Ma chi invece unge la piaga con balsamo ed
olio puro, costui guarirà presto e riparerà il danno prodottosi nella sua
carne.
16. Ora però ecco i barcaioli del Mio amico Kisjonah, i quali si
dirigono già verso di noi, affinché, quando essi getteranno la fune, noi stiamo
pronti a tirare la barca del tutto a riva per salirvi più prontamente; infatti per
arrivare fin qui essi hanno il vento contrario e quindi riesce loro difficile
accostarsi completamente. Il vento tuttavia ci renderà eccellenti servizi
durante la traversata che vogliamo fare e ci trasporterà in breve tempo
all’altra riva. Ma ora affrettiamoci a scendere verso la spiaggia affinché essi
non debbano faticare inutilmente».
Il viaggio
della santa compagnia sulla barca di Kisjonah verso la sponda opposta. La cena
a bordo dell’imbarcazione, vicino alla riva. Gioia degli abitanti per l’arrivo
dell’amato Salvatore. Guarigione miracolosa di ossessi, di muti e ciechi.
Un brav’uomo
invita il Signore ed i Suoi in casa sua.
1. Noi dunque ci affrettiamo a riva e vi giungiamo appunto nel momento
in cui i barcaioli stanno gettando una corda a terra. E Pietro, da provetto
navigatore, l’afferra immediatamente, e tutti assieme tiriamo con facilità la
barca a terra; poi ci imbarchiamo sollecitamente ed in un’ora e mezza raggiungiamo
la sponda opposta, precisamente in vicinanza di una borgata abitata per metà da
greci e per metà da ebrei.
2. Quando fummo giunti a riva, la sera non era ancora molto inoltrata,
e il crepuscolo diffondeva chiarore sufficiente da permetterci di distinguere
le cose circostanti. Kisjonah mandò subito due messaggeri al villaggio per
vedere se fosse stato possibile trovare ricovero per almeno cento persone, ma
essi ritornarono ben presto senza aver trovato nulla, e per conseguenza ci
disponemmo a passare la notte a bordo dell’imbarcazione, visto anche che il
vento era cessato e il mare era ormai solo leggermente increspato.
3. E Kisjonah fece poi tirar fuori con grande prontezza molto pane,
vino e carne bene arrostita, e sua moglie e le sue figlie, che pure ci avevano
accompagnati, ci servirono. Naturalmente, qui è inutile accennare come questi
momenti riuscissero quanto mai graditi a Giuda, il quale già dall’altra riva
aveva cominciato a lagnarsi dei suoi gravi disturbi allo stomaco.
4. Kisjonah inoltre Mi chiede se debba accendere del fuoco
sull’imbarcazione, poiché le notti in mare di solito sono piuttosto fresche
nonostante il calore per quanto forte del giorno. Io glielo permetto, e subito
dopo aver preso il recipiente colmo di resina pura, di olio e di altre materie
facilmente infiammabili, che si trovavano a tale scopo a bordo
dell’imbarcazione, vi si diede fuoco ed una bella fiammata divampò in un attimo
spargendo vivaci bagliori tutto all’intorno. In breve, però, si radunò sulla
spiaggia una quantità di curiosi dal villaggio attratti dall’insolita luce
sulla riva, ed alcuni fra di loro Mi avevano riconosciuto, dato che
l’imbarcazione non era molto lontano dalla riva e cominciarono a giubilare
perché il ben noto miracoloso Salvatore si trova lì nel loro paese, nel quale
gli ammalati erano in gran numero.
5. E molti si affrettarono a ritornare alle loro case, annunciando
dappertutto che Io Mi trovavo sull’imbarcazione.
6. Dunque, non trascorse un lungo tempo, che quella gente ricomparì
alla riva conducendo un uomo muto, cieco, e allo stesso tempo ossesso, e il
popolo Mi pregò se potessi e se volessi guarire anche quello.
7. Alcuni farisei di quelle località erano accorsi anch’essi per vedere
cosa sarebbe avvenuto, e, osservarono al popolo: «Questo qui, a nostro
giudizio, ci rimetterà anche Lui il Suo tempo a volerlo guarire!»
8. Ma Io nello stesso istante guarii quell’ossesso, pur non
abbandonando l’imbarcazione, in modo che egli poté vedere e parlare (Matteo 12,22).
Allora tutto il tutto il popolo fu invaso da meraviglia e spavento, e quelli
fra gli ebrei i quali non parteggiavano per i farisei gridarono: «Costui è
veramente il Figlio di Davide in cui tutti gli ebrei hanno sperato!» (Matteo
12,23)
9. Ora, in quella località viveva un uomo giusto e onesto il quale era
pure accorso con gli altri alla riva ed egli, avanzando verso l’imbarcazione,
esclamò: «Oh Maestro divino, Tu grande e miracoloso! Perché per tutta la notte
dovresti sacrificare il riposo, certamente anche per Te necessario, rimanendo
su questa malferma imbarcazione, esposto al freddo della notte e al vento? La
particolarità di questi dintorni del lago, ben nota ad ognuno, è che quanto più
caldo fa di giorno tanto più fredda in proporzione diviene la notte, e questa è
la causa delle varie malattie che colpiscono gli uomini che abitano qui. Io
però dispongo di una casa grande e spaziosa e bene arredata, e così Tu puoi
starci comodamente assieme ai Tuoi discepoli, e vi puoi rimanere finché Ti
piaccia, né mancano a casa mia in misura modesta le provviste!»
10. Gli dico Io: «Sì, Io accetto il tuo invito, poiché so che nella tua
anima non vi è falsità. Ma qui c’è pure Kisjonah con la moglie e le figlie, a
lui appartiene questa imbarcazione; egli è un fedele discepolo ed un uomo quale
il Mio cuore desidera. Hai posto anche per lui?»
11. Risponde il vecchio: «Certamente, ve ne fossero anche di più di
tali famiglie! Chiunque si trovi con Te sarà il benvenuto a casa mia»
12. Dico Io: «Salute e benedizione scendano sulla tua casa!»
13. RivoltoMi a Kisjonah: «Fa’ dunque accostare del tutto
l’imbarcazione alla spiaggia, affinché possiamo scendere comodamente!».
14. L’ordine fu subito eseguito, e dopo breve tempo arrivammo alla casa
del nostro ospite, il quale si affrettò in unione ai suoi a prendere le
disposizioni opportune per darci ospitalità nel miglior modo possibile.
Umiltà e generosità del vecchio ospitale. Contrada
fertile ma malsana. La grazia dall’Alto. Cenno del Signore sulla Sua
magnificenza. Il popolo glorifica il Salvatore e dice alle genti del Tempio la
verità sulle loro infamie.
1. Quando ebbe provvisto a tutto, affinché ognuno potesse riposare per
la notte, il vecchio ritornò a Me insieme ai suoi figli, i quali erano per la
maggior parte pescatori, navigatori e carpentieri, e Mi disse: «Signore, tutto
ora è pronto per ospitarvi tanto presto e bene quanto il breve tempo a
disposizione ha potuto permettercelo, e voi potete approfittarne come vi piace.
Tu sei ora come sempre il padrone in questa casa che io edificai assieme ai
miei sette figli. Se Tu vuoi qualche cosa, comandami, ed io sarò il Tuo
servitore e Ti servirò con tutti i miei di casa»
2. Gli dico Io: «Tu sei ciò che sei, ed Io pure sono ciò che sono; ma
poiché sei tanto umile e ti abbassi a tanto, verrà un giorno in cui tu sarai
altrettanto innalzato nel Mio Regno! Per oggi noi non abbiamo bisogno d’altro
che di un po’ di riposo; domani però fate venire qui gli ammalati, che si
trovano in questo luogo, affinché Io li guarisca»
3. Osserva il vecchio: «Oh, Tu avrai molto da fare; il luogo non è
tanto piccolo, e credo che a mala pena vi sia una casa nella quale non si trovi
alcun ammalato! Questa regione è certo una delle più fertili lungo tutta
l’estesissima spiaggia, mentre, cosa strana, essa è contemporaneamente la meno
sana per gli uomini, dove febbri e bubboni di ogni genere non mancano!»
4. Dico Io: «Non preoccuparti di ciò! Domani tutto sarà cambiato; vedi
soltanto di procurare per domani dei pesci, affinché i Miei discepoli, i quali
oggi hanno quasi tutti digiunato, possano nuovamente ristorarsi. E non dubitare
che un’adeguata ricompensa non ti mancherà!»
5. Dice il vecchio: «Signore! Perdonami se oso replicarTi qualcosa. In
casa mia migliaia di persone hanno già trovato cibo e ricovero, e non ho mai
accettato ricompensa da nessuno; tanto meno potrei ora chiederla a Te! I miei
conti io li affido sempre ai venti, e questi li portano su alle stelle dove
dimora il Padre onnipotente. Egli è stato per me in ogni tempo il più sicuro
pagatore e rimuneratore, e certo lo sarà anche questa volta! Quanti ammalati
non sono stati curati per lunghi mesi qui da me! Eppure, nonostante il paese
sia così malsano, nessuno di casa mia fu mai ammalato! Signore! Questa è una
grazia che mi fa il Cielo. Per conseguenza non devi neanche parlare di una
ricompensa qualsiasi, o quanto mai, di un pagamento da parte Tua, perché io non
potrei accettare né l’una né l’altra!»
6. Gli dico Io: «Sarà forse così, eppure potrebbe darsi che ti
sbagliassi nel calcolo! Se la ricompensa non ti viene da Me, quella che potrà
venirti dalle stelle non sarà certo tanto abbondante! Infatti Io ho molto, anzi
tutto da disporre e da ordinare anche per quanto riguarda tutte le stelle,
dentro di esse e sopra di esse!»
7. A queste Mie parole il vecchio tutto confuso e sbalordito non sa più
cosa rispondere, e solo dopo qualche tempo, dice a bassa voce: «Per l’amor di
Dio! SaresTi mai un angelo del Cielo? Oppure obbedisce ai Tuoi cenni un angelo
inviato dal Padre perché Ti serva?»
8. Gli dico Io: «Va pure senza timore a riposarti; ne hai bisogno anche
tu; e domani molte cose ti verranno rivelate! Prima però esci e dì al popolo, il
quale sta ancora vociando, che vada anch’esso a riposare e che domani conduca
qui tutti gli ammalati: Io li guarirò tutti»
9. Il vecchio uscì fuori e fece come gli avevo ordinato.
10. Allora il popolo a gran voce cominciò a giubilare e gridava: «Evviva
il sublime Figlio di Davide! Egli è venuto a noi per liberarci da qualsiasi
piaga! Noi non sappiamo veramente da dove Egli sia venuto, però questo è per
ora certo: che lo Spirito di Dio è con Lui, come lo fu con il Suo patriarca
Davide! Infatti se lo Spirito di Dio non fosse con Lui, Egli non avrebbe potuto
guarire l’ossesso!».
11. Ora, assieme al popolo, si erano qua e là insinuati anche alcuni
farisei, i quali, avendo fra gli altri compiti quello di spiare per conto del
Tempio di Gerusalemme, osservavano attentamente quello che Io, già a loro ben
noto perché avevano udito molto parlare di Me, avrei potuto fare ancora in quel
luogo. La guarigione dell’ossesso e contemporaneamente sordo, cieco e muto era
stato per loro un colpo formidabile, e per conseguenza non facevano che tenere
fra di loro consiglio per vedere in quale modo sarebbe stato possibile renderMi
sospetto al popolo come vagabondo, simulatore o truffatore, oppure addirittura
come un mago alleato del demonio!
12. Ed essi andavano dicendo al popolo: «Domani si vedrà bene di che
spirito egli sia figlio! Ci riserviamo noi di osservare tutto scrupolosamente,
e vedremo in quale modo egli risanerà i numerosi storpi, gli zoppi ed i
lebbrosi!»
13. Obietta loro il popolo: «Se Egli ha guarito in un istante quello
che era più infermo di tutti, tanto più facilmente certo Egli guarirà gli
altri! Voi, del resto, non dovreste in generale parlare mai di simili cose,
perché per virtù vostra o per vostro intervento nessuno ha mai finora
recuperato la salute, e non hanno mai giovato a nulla né le vostre preghiere
pagate a caro prezzo, né tanto meno i vostri amuleti di cui non fate che
vantare le miracolose proprietà agli ammalati per poter venderli loro a tanto
più lucrose condizioni!
14. Colui che è giunto fra noi ha in corpo lo Spirito di Dio, ed Egli
ce lo ha dimostrato oltre ogni evidenza con quella sola azione da Lui compiuta
oggi; voi invece non avete nessun altro spirito se non quello dell’orgoglio,
dell’avidità e dell’ambizione!
15. Voi volete bensì essere i primi dopo Dio, e pretendete dagli uomini
onori divini; noi tuttavia ve lo dichiariamo in faccia che per noi siete gli
ultimi, anzi cento volte peggiori di tutti i pagani. Infatti voi non fate
niente per il nostro bene; voi non lavorate affatto, e coloro che frequentano
le vostre scuole dopo un paio di anni si riducono a un tale stato di stupidità
e di tenebra intellettuale che nemmeno un angelo, con particolare forza e
potenza divine, li può ricondurre alla ragione. Questa è ancora la parte
migliore di tutte le vostre cure e premure per quello che dovrebbe essere il
nostro benessere!
16. Voi inducete le mogli degli ebrei, vostri compagni di fede, in
cento maniere all’adulterio e date sfogo alla vostra lussuria con le loro
figlie. Ma questo non è ancora nulla! Infatti se un povero diavolo arriva a
macchiarsi di simili colpe, viene senz’altro lapidato se è povero; se invece è
persona ricca e di riguardo, può riscattare la vita e rimane anche vostro
eccellente amico!
17. Gli ebrei, vostri compagni, non vi conoscono certamente così bene
come noi greci, e anche se vi conoscessero per quello che veramente siete non
potrebbero per ragioni ben note aprire bocca. Ma noi vi conosciamo e possiamo
parlare; per conseguenza approfittiamo dell’occasione quanto mai adatta che si
presenta, per dirvi la nostra opinione veramente ed assolutamente ben fondata
sul vostro conto!
18. Ed ora fate presto ad andarvene a casa vostra, altrimenti cadrà
sulle vostre spalle una tempesta di pugni greci! Noi nel frattempo ce ne staremo
qui a fare buona guardia; guai a voi se vi azzardate ad intraprendere la benché
minima cosa contro quest’Uomo, perché allora dovreste fare i conti con noi.
19. Noi pure una volta eravamo ebrei e adesso siamo ben lieti di essere
greci; tuttavia, anche essendo greci di nome e per le autorità dello stato,
siamo nel nostro cuore dei veri ebrei, certamente però non come voi che vendete
per denaro le vostre preghiere e le vostre adorazioni del Signore, attribuendo
alle stesse gli effetti più menzogneri!
20. Noi stessi adoriamo Dio perché Egli è Dio, e noi Sue creature ci
sentiamo in dovere di adorarLo. Andatevene dunque via di qui, poiché la vostra
vicinanza ci è più ripugnante di quella di una carogna puzzolente!».
21. In seguito a queste esplicite espressioni del popolo, di cui una
metà circa era infatti costituita da greci che là risiedevano, i farisei non
aspettano più a lungo e si allontanano in tutta fretta, mentre il popolo
manifesta il suo giubilo per la vittoria riportata e per aver potuto almeno una
volta scagliare la cruda verità in faccia a quei fannulloni, come il popolo
usava chiamare i farisei.
La riunione
segreta dei farisei. Buon piano del giovane fariseo per proteggere
il Salvatore e suo discorso al popolo.
1. Questa località era del resto nota per la generale intelligenza e
perspicacia dei suoi abitanti; per conseguenza chi avesse voluto entrare in
discussioni con loro, specialmente con i greci, avrebbe dovuto essere di
spirito sveglio e di ingegno molto acuto; così i farisei che vi dimoravano
sapevano molto bene che era cosa molto ardua discutere con loro. Dunque neppure
questa volta essi fecero molte obiezioni, e si avviarono senza dire altro verso
casa, ma, appena giunti, tanto più essi cominciarono ad arrovellarsi il
cervello e ad escogitare mezzi per tentare di farMi apparire sospetto o di
rovinarMi completamente.
2. Uno di loro, che era di spirito alquanto migliore, stanco del gran
discutere che gli altri facevano e che minacciava di prolungarsi, infine disse:
«Fratelli, senza nessuna pretesa di competenza speciale da parte mia, mi
permetto di dirvi la mia opinione: sarebbe meglio per il momento ritirarci a
riposare per poter aver domani la mente sgombra e i cuori uniti! Cosa ci serve
tutto il nostro discutere e lo scervellarsi oggi? C’è tutto il tempo domani.
Attendiamo dunque, e vedremo quello che ci porterà domani, e poi, con l’aiuto
di Jehova, diventeranno più chiare le misteriose circostanze che si riferiscono
a quest’uomo strano. Che vi sia in Lui qualcosa di straordinario non c’è
assolutamente il benché minimo dubbio, perché la guarigione dell’ossesso sulla
riva, compiuto senza allontanarsi dall’imbarcazione e senza aver nemmeno
toccato l’infermo, è un avvenimento il quale, a quanto ne so io, non ha avuto
precedenti.
3. Perciò a me sembra che dovremmo attendere tutto quello che domani
potrà accadere; in tal modo saremo più facilmente in grado di formarci di
questo caso un giudizio più completo e preciso. Giudicarlo già ora ciecamente
sarebbe cosa troppo azzardata, specialmente considerata la grande eccitabilità
del nostro popolo, il quale già da lungo tempo sta più dalla parte dei greci
che dalla nostra, e vede tanto volentieri noi quanto una spina nell’occhio.
Lasciatevi dunque persuadere da questi miei buoni argomenti! C’è tutto il tempo
domani, il quale non è escluso possa esserci più favorevole di quanto lo sia
stato l’oggi!»
4. Domanda un altro: «Cosa ne facciamo delle offese di cui ci ha
gratificato il popolo poco fa? Dobbiamo farci forse una dormitina anche su
queste, e non pensarci affatto come non fossero state mai dette? Metterle in
una parola nel dimenticatoio, lasciando che i responsabili sfuggano alla
punizione che giustamente meriterebbero?»
5. Dice il primo, il migliore: «Pretendi un risarcimento in denaro, se
puoi! Oppure cita i colpevoli in giudizio, oggi ancora o domani, se lo ritieni
possibile! Cosa può fare uno solo contro tanti!? Secondo me la cosa più
consigliabile ancora è proprio quella di non parlarne, almeno per il momento.
Se tu però desideri già ora reagire, non vi è nessuna legge che t’imponga il
contrario. Per conto mio dichiaro di voler aspettare che la questione abbia il
suo corso e prendere poi le decisioni che saranno del caso. Lascia prima che la
mela si maturi sull’albero se non vuoi correre il rischio di mettervi il dente
quando è ancora acerba! Mi comprendi?»
6. Queste parole sembrarono persuadere gli altri farisei e dottori
della Legge, i quali si ritirarono per riposare seguendo il consiglio dato
dall’unico che fosse di sentimenti alquanto migliori, e che, per essere ancora
giovane e lieto di vivere, non condivideva troppo le idee e le aspirazioni di
quegli altri vecchi adoratori del denaro. Prima di coricarsi, però, questi
ultimi non tralasciarono di dare ordine ad uno dei loro servitori che facesse
buona guardia durate la notte, e li svegliasse il mattino dopo per evitare il
pericolo di dover mancare ai primi fatti che sarebbero successi da parte del
mago!
7. Soltanto il fariseo un po’ migliore non si coricò e, quando tutti
gli altri, non esclusa la guardia posta di sentinella, dormivano già alla
grossa, egli uscì fuori all’aperto e cominciò a riflettere sul modo in cui
avrebbe dovuto procedere per rendere vani i tristi piani dei suoi colleghi
anziani. E diceva dentro di sé: «Basterebbe che io potessi giungere fino a
quest’uomo miracoloso, e che mi riuscisse di parlarGli; io gli indicherei
subito il vero modo per poter attuare indisturbato i Suoi progetti di
guarigione, nonostante le ostilità dei miei colleghi! Ma come arrivare fino a
Lui? Il popolo eccitato circonda la casa, e come vedo, già vi vengono condotti
e portati gli ammalati; domani ci sarà sicuramente una calca grandissima, e non
si potrà passare oltre. Io so però cosa fare! Adesso vado da quella gente ed
espongo loro schiettamente come la penso, dimostrando che sono io stesso un
nemico di questi vecchi fanatici di denaro; dirò loro inoltre che devo
urgentemente comunicare delle cose importantissime a quell’uomo miracoloso,
altrimenti egli incontrerà molte difficoltà nel procedere alle sue guarigioni!
Se il popolo è disposto a permettermelo, tanto meglio; se però non lo vuole,
allora almeno avrò assecondato l’impulso del mio cuore ed avrò tranquillizzato
la mia coscienza»
8. Animato da tali sentimenti, egli si avvia nuovamente per presentarsi
al popolo, il quale, essendo la notte chiarissima, riconosce già da lontano la
ben nota figura del giovane rabbino.
9. Quei greci che avevano confessato di essere stati a suo tempo ebrei,
subito gli si fanno incontro e gli domandano bruscamente cosa vada cercando a
quell’ora e se sia forse uno spione. Però egli, in tono amichevole e
confidenziale, dice: «Miei cari amici! È ben vero che la veste del fariseo
ricopre anche la mia persona e, come sapete, io sono infatti propriamente un
fariseo, per la ragione che io, figlio primogenito di una ricca famiglia di
Gerusalemme, dovetti diventare quello che vollero i miei genitori deboli di
coscienza. Dunque va bene che giudicando dal mio esteriore sono un fariseo, ma,
a dire il vero, nel mio cuore non lo sono affatto, meno ancora di ognuno di
voi, malgrado adesso voi vi proclamiate greci.
10. La mia intenzione e il motivo che mi conduce qui è semplicemente
questo: voi certo conoscete i miei colleghi altrettanto bene come e quanto li
conosco io, e sapete quali diritti essi si arrogano; essi sono i teologi, ed a nessuno è concesso comprendere qualcosa delle Scritture
all’infuori di loro, benché, detto fra noi, siano appunto le Scritture quello
che essi comprendono forse meno di ogni altra cosa. Ma queste attribuzioni essi
le hanno conseguite dal Tempio; esercitano per conseguenza il loro presunto
diritto, e voi non potete farci nulla.
11. Oltre a ciò essi sono anche medici, e non tollerano quindi che uno
straniero venga e che con la sua arte pregiudichi le loro entrate. Anche in
questo campo è il Tempio che elargisce loro un privilegio, ed essi sanno
combattere per il loro diritto, e voi potreste osteggiarli quanto volete ma non
riuscireste a nulla.
12. Così pure, in casi particolari stabiliti da Mosè, essi sono anche
giudici ed hanno diritto di vita e di morte sui loro sottoposti; possono
esercitare tale diritto come, quando e contro chi essi vogliono, senza doverne
rendere conto a qualcuno; basta che essi spediscano ogni anno una lista a
Gerusalemme, e di solito ottengono ampia lode quando sulla lista figurano
numerosi nomi di coloro che essi hanno giudicato, e quando accanto alla lista è
unito l’importo annuale dovuto al Tempio per l’appalto della sinagoga e della
scuola.
13. Infatti già da lungo tempo tutti questi uffici vengono venduti dal
Tempio o ceduti in appalto vita natural durante di chi li assume; noi dunque
non siamo qui che degli assuntori d’appalto, ed io addirittura un assuntore di
seconda mano.
14. Io vi assicuro che una sinagoga ed una scuola simili costano somme
ingenti, ed appunto per poter ricavarne tanto più denaro il Tempio concede
unitamente all’ufficio una quantità di privilegi e diritti codificati ai quali
chi assume l’appalto sborsando denari e con le leggi dalla sua non è così
facilmente disposto a rinunciare, né in tutto né in parte.
15. Naturalmente, nessuno può comperare né farsi cedere in appalto così
una sinagoga e una scuola, se prima non è stato in forma solenne elevato nel
Tempio alla dignità di fariseo, tramite ogni tipo di giuramenti l’uno più
terribile dell’altro; quando però si abbia la ventura di diventare fariseo, non
è poi facilmente possibile non esserlo più!
16. E vedete, nonostante in ogni ebreo debbano suscitare schifo questi
ignobili abusi ed imbrogli del Tempio, essi sono perfino riconosciuti e
sanzionati dallo Stato, e voi non potete farci niente. Io potrei raccontarvi
ancora molte altre cose, ma credo che queste siano sufficienti almeno per farvi
intravedere di che diritti siano armati i farisei, contro i quali, come stanno
oggi le cose, non si può purtroppo intraprendere nulla con la violenza.
17. Se in seguito all’azione da me intrapresa a fin di bene non fossi
riuscito a calmare il furore e la sete di vendetta dei miei colleghi anziani,
voi ne subireste già ora le conseguenze immancabili e fatali, perché ci è
mancato poco che essi non mandassero a chiamare a Cafarnao una legione di
soldati per arrestare l’intera casa e deferirla al tribunale! Io quindi sono un
vostro amico e non nemico, e meno ancora un subdolo informatore dei farisei!
Soltanto non vogliate per questo motivo farmi apparire un traditore. Dunque, se
non vi è troppo spiacevole accettare un buon consiglio da me, abbiate la pazienza
di ascoltarmi!»
18. Dicono i tre greci: «Tu ci sembri leale di cuore; parla dunque e
consigliaci cosa dobbiamo fare! Ma bada di non tentare di giocarci con parole e
di ingannarci, perché un tentativo simile lo pagheresti con la vita!»
19. Risponde il giovane fariseo: «Io non ho affatto paura di ciò e, se
anche avessi cento vite, ve le darei tutte in garanzia per la verità del fatto
che le mie intenzioni sono perfettamente leali. Dunque ascoltate: voi sapete
ormai che in sostanza ai farisei non stanno a cuore altro che i redditi
derivanti loro dall’appalto della sinagoga. Andatevene dunque al levar del sole
e patteggiate con loro in modo che dietro pagamento di un determinato importo
sia concesso al medico meraviglioso, che ora si trova fra voi, di curare
durante la mattinata gli ammalati di questa località, e vedrete che quegli
strozzini non avranno niente da obiettare. Se voi non volete o non potete dare
loro subito il denaro, promettete almeno di darne loro più tardi, e la cosa si
accomoderà ugualmente.
20. E ancora vorrei permettermi di fare all’uomo miracoloso una
raccomandazione, e cioè in primo luogo, che, dopo aver guarito gli ammalati,
egli abbandonasse al più presto questa regione, altrimenti i farisei, avidi
come sono, esigerebbero sicuramente da voi, per l’ulteriore concessione, altri
denari. In secondo luogo, poiché questi medici miracolosi sono abitualmente
inclini a sconfinare nel campo della profezia e, come tali, cominciano anche a
manipolare spiritualmente il popolo per i loro scopi, egli dovrebbe astenersi
dall’intraprendere qui qualcosa di simile, non già a causa mia, ma a causa dei
miei colleghi anziani, i quali precisamente qui, a causa di voi greci, sono
addirittura insopportabili a questo riguardo!
21. E finalmente è necessario che il popolo usi tanta prudenza da non
acclamarlo Figlio di Davide in presenza di quelle volpi, perché questa è la
cosa più spaventosa che possa ferire l’udito dei miei colleghi anziani. Avendo
cura di usare tali precauzioni, tutto dovrebbe procedere in modo liscio e
tranquillo come io mi auguro di tutto cuore, altrimenti la cosa potrebbe
degenerare seriamente in uno spettacolo tumultuoso!».
Il giovane
fariseo viene ben accolto dal popolo.
La minaccia
del popolo e piano di una rivoluzione contro gli accoliti del Tempio.
Astuzia del
giovane fariseo di fronte ai suoi colleghi.
1. Dicono i tre greci: «Il tuo consiglio ha certamente dei lati buoni;
tuttavia nel suo complesso non ci piace! Quanto deve durare il dominio crudele
di questi ingannatori del popolo? Noi ne siamo ormai sazi, pur non avendo
nessun rapporto con loro. Sono essi che mettono continuamente a dura prova la
nostra pazienza. Nelle loro scuole tengono discorsi diffamatori contro di noi,
ed in ogni occasione ci maledicono e ci minacciano sventura! Fino a quando noi
dovremo tollerare un simile stato di cose? Oltre a ciò essi sono anche nostri
giudici nelle questioni civili, e se noi vogliamo aver dei diritti, dobbiamo
sempre comprarceli a caro prezzo! Vedi, la situazione è molto grave, e perciò
siamo dell’opinione che domani si debba mettere fine per sempre a una tale
signoria da queste parti. Domani tutti gli ebrei qui residenti passeranno a
noi, ed i farisei, la cui presenza sarà diventata perfettamente inutile,
verranno cacciati via, fatta eccezione per te se vuoi restare con noi! Ecco,
questo è il nostro piano che del resto abbiamo già cominciato ad attuare in
quanto, al momento attuale, non si trova più fra i cittadini di questa borgata
neanche un vero ebreo secondo il concetto dei farisei! Che ne pensi tu di
questo nostro progetto?»
2. Risponde il giovane rabbino: «Se riuscite ad attuarlo in tutte le
sue parti, siate pur certi che nessuno vi troverà meno a ridire di me! Nello
stesso tempo tuttavia siate prudenti come i corvi, altrimenti né voi né io
passeremo dei momenti troppo piacevoli! Nessuno meglio di me può sapere che
zampe lunghe abbiano quelle volpi; essi hanno occhi di lince e vedono
attraverso le pareti, ed i loro orecchi odono a parecchie ore di distanza in
qualsiasi direzione! Ma ora lasciate che me ne vada affinché essi non abbiano
ad insospettirsi, dato che comincia già ad albeggiare, e le volpi ben presto si
sveglieranno, e, se dovessero accorgersi della mia assenza, sarebbe la fine!»
3. Dicono i tre: «Vattene dunque, ma bada bene di non tradirci a
vantaggio di quelle vecchie volpi! In caso contrario te la vedresti brutta!»
4. E il giovane fariseo ritorna sui suoi passi
e trova tutti ancora immersi in profondo sonno, compreso il servitore di
guardia. Egli scuote quest’ultimo e lo sveglia rimproverandolo aspramente ad
alta voce per essersi addormentato. Lo strepito interrompe il sonno delle
vecchie volpi, ed alcuni escono fuori per informarsi di quanto avviene.
5. E il giovane fariseo raccontò, fingendosi
pieno d’ira, che egli, non potendo trovare sonno, era uscito per constatare
come la guardia, appositamente designata e pagata da loro, adempisse il suo
dovere, e disse: «Vedete un po’ e arrabbiatevi quanto mi sono arrabbiato io!
Non la trovai che dormiva sodo più di tutti noi? Siamo alla vigilia di una
giornata importantissima, della quale forse i nostri successori più lontani
parleranno ancora, e costui, incaricato di fare buona guardia e pagato da noi
con denari sonanti, dorme come se niente fosse! Ah, questa è poi troppo grossa!
Se questa notte Jehova non ci avesse particolarmente protetti, il popolo
furibondo avrebbe potuto ammazzarci tutti!»
6. Udendo la sfuriata, gli anziani rabbrividiscono tutti e cominciano
solo ora a comprendere in quale grande pericolo si siano trovati, e tributano i
più grandi elogi al giovane collega che ha vegliato su di loro come un angelo
di Dio.
7. Poco mancò che il giovane non scoppiasse dalle risa; tuttavia si
frenò e represse la sua allegria cui avrebbe molto volentieri lasciato libero
sfogo. Continuando la finzione, egli diede alla guardia un calcio misurato in
modo da non causarle un grande male, e le ordinò di allontanarsi subito, poiché
si era dimostrata inutile. E la guardia se ne andò subito sembrando aver
intuito la piccola commedia inscenata dal giovane.
8. Quando essa se ne fu andata e l’alba annunciava già imminente il
giorno, il giovane disse: «Fratelli miei, io credo che non abbiamo molto tempo da
perdere, e secondo il mio modo di vedere dovremmo subito metterci in cammino,
affinché nulla di quanto accadrà possa sfuggire alla nostra attenzione!»
9. Dicono gli anziani: «Sì, hai ragione, non dobbiamo lasciare
assolutamente passare nulla inosservato! Ma hai mandato un messaggero a
Cafarnao per avere a portata di mano dei soldati nel caso non improbabile che
occorresse tenere a bada il popolo? (cioè nel caso di disubbidienza)»
10. Risponde il giovane: «Se avessi aspettato i vostri ordini, saremmo già
da lungo tempo spacciati! State tranquilli, è tutto a posto! Se però i soldati
saranno qui più o meno presto, questa è un’altra questione! Infatti fino a
Cafarnao vi è un bel tratto, ed ancora di più fino a qualunque altro luogo; per
conseguenza bisogna armarsi di pazienza e aspettare quello che potrà accadere,
se “essere o non essere”!» (Frase favorita dal giovane.)
11. Si comprende da sé che il giovane non aveva mai neanche pensato di
mandare dei messaggeri a Cafarnao per chiamare dei soldati, perché egli stesso
era in segreto un nemico dei farisei; anzi, in fondo alla sua anima
simpatizzava con le dottrine degli esseni e, come tale, non desiderava con
maggior ansia nient’altro che di preparare la fossa ai vecchi eroi del Tempio.
12. Gli anziani però, che non avevano ancora fatto colazione, dissero
al giovane: «Oh, almeno venissero presto i soldati! È un fatto che abbiamo
appena il tempo di arrivare là, ma pure, fino a che siano giunti questi
benedetti soldati, forse si potrebbe approfittare per mangiare qualcosa, perché
già lo stregone non darà inizio allo spettacolo prima del levar del sole!»
13. Dice il giovane: «Oh, certo che no! Ad ogni modo, se lo volete,
posso andare io un momento a vedere se vi è già qualche segno di vita intorno
alla casa di Baram, e intanto voi fate colazione» (Baran era il nome dell’uomo
che aveva ospitato il Signore per la notte; la località, ora ridotta a steppa,
si chiamava Gesaira.)
14. Domandano gli anziani: «Cosa, vuoi digiunare oggi?»
15. E il giovane: «Questo poi no, ma, come sapete, io non posso mai
prendere niente prima del levar del sole; mettete dunque da parte qualche
piccola cosa per me!»
16. Concludono gli anziani: «Allora sta bene; va’ pure e vedi di far
presto, in modo che tu ci possa portare quanto prima qualche buona notizia,
soprattutto riguardo ai soldati! Infatti senza di questi, come dici sempre tu,
stiamo freschi!»
17. Il giovane si mette subito in cammino e gli anziani gli gridano
dietro ancora una volta: «Non dimenticarti dei soldati!»
18. Il giovane si ferma un momento, e a sua volta grida: «Non datevi
pensiero; lasciate fare a me! Ma poi, completando la sua idea, aggiunge fra sé:
“Allora starete freschi!”».
Preghiera mattutina di Gesù. Achab, il giovane fariseo
migliore, chiamato dal Signore. Quale peccato non viene computato. Precetti
biblici speciali compilati dall’infallibilità sacerdotale. Della truffa del
Tempio. La grande guarigione miracolosa.
1. Arrivato alla casa di Baram, il giovane la trova già circondata da
una fitta calca di ammalati e di sani; domandò allora a qualcuno della folla se
Io fossi già alzato. E un greco, vecchio ed onesto, gli risponde: «Sì, Egli è
già alzato, anzi è uscito per un momento davanti alla casa; ma, poiché il
vecchio Baram Lo ha invitato a colazione, Egli è rientrato in casa»
2. Chiede il giovane: «Ha fatto o detto qualcosa davanti alla casa?»
3. Dice il greco: «Non ha detto una parola; ha solamente alzato gli
occhi al cielo, e sembrava quasi che Egli traesse dall’Alto un’immane forza
misteriosa. Il Suo sguardo era come quello di un grande condottiero di eserciti
ai cui cenni devono obbedire milioni di uomini e di animali. Però nulla di
aspro e di disarmonico vi era nella Sua faccia; anzi, vi si leggeva una bontà
immensa, ma in pari tempo anche una serietà ed una dignità che i miei occhi non
videro mai finora. Devo confessare apertamente che fui lieto che Egli non mi
avesse fissato intensamente, perché in verità non avrei potuto sopportare il
Suo sguardo; eppure, nonostante ne provassi quasi timore, mi attraeva verso di
Lui una potenza strana, indescrivibile, alla quale non avrei potuto resistere
se non fosse sopraggiunto Baram per invitarLo a colazione!»
4. Dice il giovane: «Ma ormai, dopo tutto quello che è successo, che ne
pensi tu di Lui? Che rapporto potrebbe avere tutto questo, secondo le ragioni
più altamente probabili, con Lui? E chi e cosa potrebbe essere Egli secondo il
giudizio tuo in altre circostanze sempre acuto?»
5. Risponde il vecchio: «Quantunque io sia greco, vale a dire secondo
le vostre enunciazioni un pagano che crede a molti dèi, tuttavia sono in realtà
tanto poco pagano quanto lo sei tu, e credo soltanto in un supremo Essere
divino; eppure quest’uomo miracoloso potrebbe molto facilmente indurmi a
credere che vi siano molti dèi! Infatti se Egli non è per lo meno un Semidio
incarnato, io rinuncio a credere di essere un uomo!»
6. Dice il giovane: «Io veramente sarei molto desideroso di vederLo; se
fosse almeno possibile penetrare in casa, farei ben presto la Sua conoscenza!
Scambiare anche solo qualche parola con un uomo simile deve essere una cosa
quanto mai interessante!»
7. Mentre il giovane fariseo sta parlando così, esco Io sulla soglia e
lo chiamo dicendo: «Achab[12]!
Figlio di Tommaso da Toreh, vieni; se hai fame e sete di verità, sarai
saziato!»
8. Esclama il giovane: «Signore! Fino ad oggi non ci siamo mai visti e,
per quanto io ne so, non sei mai stato qui in Gesaira! Com’è possibile che Tu conosca
me e mio padre?»
9. Gli dico Io: «Molte cose Io so ancora di te
e di tutta la tua famiglia, ciò che tuttavia, dato il momento e il luogo, non
ha grande importanza; ma so ancora che questa notte tu hai vegliato per Me e
che hai osato parecchio in Mio favore; ora, dinanzi ai Miei occhi questa cosa
ha un grande valore, e il tuo sacrificio non deve restare senza ricompensa.
Vieni!»
10. Achab si incammina verso di Me attraversando la folla, e non può
proprio spiegarsi in quale modo Io possa essere a conoscenza di tutti questi
fatti.
11. Ma Io osservo: «Non meravigliarti tanto, perché sarai testimonio di
ben altre cose! Hai fatto benissimo ad indurre gli anziani a restarsene a casa
per ora; infatti essi turberebbero queste genti nella loro fede, senza la quale
sarebbe difficile venire in aiuto a tutta la moltitudine di ammalati che si
trova qui. Quando questi saranno guariti, allora vengano pure anch’essi e
tranquillizzino la loro coscienza ligia ai propri interessi e a quelli del
Tempio. Perciò nel frattempo rimani qui e lascia che ti aspettino finché avrò
terminato. Io so tutto. Tu li hai bensì imbrogliati fortemente; ma per tale
scopo Dio perdona sempre un tale peccato! Capisci tu questo?»
12. Risponde il giovane: «Io conosco la legge e so che Mosè ha detto:
“Tu non devi fare mai falsa testimonianza contro il tuo prossimo!”. È un
precetto oltremodo apprezzabile, ma purtroppo non c’è nessuno che ora l’osservi meno dei miei colleghi, poiché essi dicono: “Una
falsa testimonianza a vantaggio del Tempio e dei suoi servitori è gradita a
Dio, e il giusto testimone contro il Tempio ed i suoi servitori è in abominio
presso Dio, e perciò deve essere lapidato!”.
13. È ben vero che nei libri di Mosè non vi è nemmeno traccia di
qualcosa di simile, ma i cosiddetti servitori del Tempio dicono ed insegnano
che la parola scritta nei libri è cosa morta, mentre loro stessi sono il libro
vivente nel quale Dio fa’ scrivere quotidianamente la Sua Volontà per mezzo di
un angelo, cosicché noi abbiamo ormai una Bibbia del tutto nuova, la quale
insegna perfettamente il contrario di quanto hanno insegnato Mosè ed i Profeti!
14. Dunque, secondo questa nuova “Scrittura” del Tempio, la menzogna
detta a tempo opportuno e ad uno scopo buono è non soltanto permessa, ma in
certi casi è addirittura comandata, particolarmente qualora si tratti di
procurare il vantaggio del Tempio! Infatti chi meglio e più ostinatamente sa
mentire a evidente vantaggio del Tempio, costui si acquista là dei grandi
meriti.
15. Certamente non ignorerai che prima delle feste nel Tempio viene
sempre fatta pulizia, ed in simili occasioni si raccoglie il letame ed altre
lordure in grande quantità. Ora, tutto il letame, essendo troppo asciutto,
misto a terra e sabbia, vale a stento la pena di portarlo via; ma ecco farsi
innanzi taluni che potrei davvero definirli “profeti del letame”! Questi girano
per tutto il paese vendendo il letame in quantità piccolissime, come se si
trattasse di cosa oltremodo preziosa; per esempio, per una quantità che pesa
non più di un uovo, essi domandano comunemente un denaro d’argento! Il letame
del Tempio diventa così l’anima delle altre qualità comuni di letame con le
quali poi gli ingenui concimano i loro campi; e quei poveretti sono convinti
seriamente e credono fermamente che i loro campi e i loro prati senza il letame
del Tempio non potrebbero dare alcun frutto, e anche se lo dessero, mancandogli
la benedizione di Dio, non potrebbe riuscire di beneficio a nessuno!
16. Succede spesso che questi profeti da letamaio si sbrighino troppo presto
girando qua e là per vendere il bel prodotto fornito loro dal Tempio, e si
trovano con le tinozze vuote; in tal caso le riempiono di qualunque lordura o
fango della strada in cui si imbattono cammin facendo, e continuano la vendita
come si trattasse ancora del genuino letame del Tempio, cosicché, tirate le
somme, ognuno dei cento profeti da letamaio si trova infine ad aver venduto
dieci volte più letame di quanto ne abbia raccolto nel Tempio prima di
cominciare la passeggiata. Ora, già la prima vendita è veramente un enorme
inganno, perché il letame del Tempio è certo di gran lunga meno efficace di
qualsiasi altro letame di stalla, ma, quasi ciò non bastasse, gli uomini, resi
ciechi e ottusi, devono pagare il fango della strada per letame genuino del Tempio!
17. Ma ciò non fa niente, perché la truffa viene fatta a vantaggio del
Tempio; dunque non solo non è condannata come peccato, ma perfino esaltata come
virtù, perché se è gradita al Tempio, è gradita naturalmente anche a Dio! Oh,
Mosè!
18. E guai se qualcuno si azzardasse a dire la verità al popolo
riguardo all’efficacia del letame del Tempio che è pressoché nulla, o per lo
meno riguardo al secondo e più grave imbroglio per cui il letame della strada
viene spacciato per letame del Tempio; costui infatti verrebbe maledetto come
peccatore contro il Tempio ed avrebbe un bel da fare a salvare la pelle!
19. E così, come con il letame, avviene con cento altre cose tutte
fondate sulla menzogna e sull’inganno più sfacciato. Osi qualcuno rivelare
queste infamie al popolo; ebbene, o Signore, costui può raccomandarsi alla
pietà ed alla misericordia di Jehova!
20. Io stesso ritengo che raccontare ai miei vecchi colleghi delle
grosse fandonie non sia peccato, tanto più considerando che così mi è possibile
proteggere un uomo quale Tu sei dalle insidie di quei figuri, alle quali è
sempre esposto chiunque a loro sembri possedere anche un solo barlume di
avvedutezza e di intelletto! Ma adesso credo che faresTi meglio ad occuparTi di
questi ammalati, altrimenti corriamo il rischio che quei vecchi cialtroni ci
capitino improvvisamente qui senza che io vada a chiamarli!»
21. Dico Io ad Achab: «Me ne sono occupato appunto ora. Ecco, essi sono
già tutti guariti: i ciechi vedono, gli storpi camminano, i sordi odono, i muti
parlano, e tutti coloro che, affetti da qualsiasi malattia, furono condotti
qui, sono ormai completamente sani! Io voglio soltanto dire loro ancora che
devono ritornarsene nelle loro case, poi tu puoi condurre qui i tuoi colleghi
informandoli prima di tutto su quello che hai visto».
22. Poi Io ordino ai guariti di ritirarsi, e li ammonisco tutti di non
far sapere nulla dell’accaduto nei paesi circostanti, e meno ancora a
Gerusalemme qualora l’uno o l’altro abbiano occasione di andarvi. Tutti allora
Mi promettono solennemente di mantenere il più rigoroso silenzio, e Mi
ringraziano poi commossi fino alle lacrime.
23. Ed Io dico loro nuovamente: «Andatevene in pace, la vostra fede vi
ha aiutati; guardate però di non più peccare in avvenire, altrimenti un secondo
male che dovesse cogliervi sarebbe molto peggiore del primo!». Congedati così,
tutti i guariti se ne vanno lodando e glorificando Dio che ha concesso ad un
Uomo tanta potenza.
24. Esclama sbalordito Achab: «No, davvero, cose simili non furono mai
viste da occhio umano! Senza nessun apparato, senza bisogno né di dire una
parola né di fare un gesto! No, ciò è incomprensibile e non è naturale; questo
è troppo per un’intelligenza limitata qual è la mia! Realmente tutti si sono
trovati d’un tratto perfettamente sani senza medicine né preghiere, senza che
venisse pronunciata una sola parola e senza che gli ammalati venissero neppure
toccati! Signore! Dimmi almeno in poche parole come Ti sono possibili tali
cose!»
25. Rispondo Io: «Per ora non lo potresti comprendere, ma, se tu vuoi
diventare Mio discepolo, potrai in seguito essere in grado di vederci chiaro in
tutti questi fatti. Ed ora va’ pure, se vuoi informare i tuoi colleghi!»
26. Dice Achab: «Sì, io me ne andrò subito, e farò sentir loro parole
che, lo so già in precedenza, saranno le più gradite! Io intendo gettare loro,
con fine mano, polvere negli occhi, così che non possano vederci più
assolutamente nulla, mettendo a profitto il talento speciale che posseggo a
questo riguardo. Di quanto è accaduto oggi sarà meglio che non ne sappiano
niente! La guarigione dell’ossesso di ieri è abbastanza per loro; delle
odierne, come detto, essi non devono sentire né sapere nulla!»
27. Dico Io: «Bene, bene, fa pure come ti par meglio! Noi siamo amici;
sciogliti dai tuoi vincoli e poi seguiMi, allora tu troverai verità e vita, e
per mezzo della verità diventerai libero!».
Achab, il
templare, presso gli anziani del Tempio. Il suo successo.
La partenza dei
templari per la casa di Baram.
1. Achab dunque si allontana e si affretta a ritrovare i colleghi, i
quali, appena lo vedono, gli si radunano intorno ansiosi, esclamando: «Ma per
l’amor del Tempio, cosa hai fatto fino adesso? In quali angosce siamo stati per
causa tua! Come va, cosa fa lo stregone? Come te la sei cavata? E questi
soldati vengono o non vengono? Noi ci troviamo in una posizione disperata! Non
sai ancora nulla di quello che è accaduto?!»
2. Dice Achab: «Come mai? Cosa può essere successo d’improvviso che io
non lo sappia ancora?»
3. Dicono gli anziani: «Figurati! Non sarà più di mezz’ora che vediamo
capitarci qui tre cittadini ebrei dimoranti in questo luogo, i quali senza
nessun preambolo ci avvertono che l’intera borgata di Gesaira è passata, nessun
escluso, dalla parte dei greci, e che per conseguenza noi non abbiamo più nulla
da fare qui! Che ne dici tu? E sai; di tutte queste cose noi siamo
evidentemente debitori a quel maledetto stregone, il quale non è che un
apostolo dell’Inferno e che ha nel petto lo spirito di Belzebù! Che te ne
pare?!»
4. Risponde Achab: «Se è così come dite, certo che va male per noi; in
questo caso dobbiamo pensare a prendere il largo per tempo! A dire il vero, io
ho udito già ieri bisbigliare qualcosa riguardo a questo fatto, ma non potei
assolutamente capire bene che cosa avesse voluto significare tutta questa
storia. Del resto, ci sta proprio bene! Io ve l’ho detto tante volte che con i
sistemi di sciocco oscurantismo, ai quali noi fummo iniziati nel Tempio, non
avremmo potuto durare a lungo presso i greci molto svegli di mente, e che
questi avrebbero avuto fin troppo facile gioco nel ritorcere tali sistemi a
nostro danno; ma quando io vi rendevo attenti del pericolo, non facevo che
gettare sempre olio sul fuoco. E adesso ormai ci siamo, e va necessariamente
compiendosi quello che già da lungo tempo vi avevo predetto e dimostrato punto
per punto come fatale, e non comprendo davvero come possiate restarne adesso
meravigliati! Io ve l’ho detto molto spesso: “Smettiamola una buona volta di
voler istupidire ed ottenebrare la mente del popolo, perché a questo mondo ogni
cosa ha i suoi limiti che non devono venire oltrepassati!”. Quale vantaggio ne
deriverà quando avremo sistematicamente ridotto il popolo in uno stato di
estrema tenebra e di pazzia? Questa pazzia terminerà con il degenerare in
malizia, e noi ci troveremo nella necessità di andare a cercare arie migliori.
Ecco che siamo ormai arrivati a questo punto!
5. Il popolo ci teneva a Mosè ed ai Profeti; noi invece insegnammo
loro: “Questi sono morti, e le Scritture con loro; Dio manifesta la Sua Volontà
nel Tempio, e indica se, quando e come ci si debba attenere a Mosè ed ai
Profeti! Mosè e profeti viventi sono adesso i sacerdoti, i leviti e tutti i
farisei ed i dottori della Legge!”. Questa è la nostra dottrina!
6. Quante volte vi ho dichiarato apertamente che simili usurpazioni ed
abusi avrebbero dovuto necessariamente condurre a pessimi risultati? Ma allora
voi vi faceste gioco di me ed affermaste che una tale cosa sarebbe stata
assolutamente impossibile! Ora invece è giunto il momento! Vorreste forse
sostenere ancora che ciò non è possibile?!
7. Io però vi ripeto ancora una volta che ci sta a tutti perfettamente
bene, perché colui che non accetta consiglio in una questione seria non può
venire aiutato!
8. Ora, presso la casa di Baram, io mi sono dato da fare per calmare
gli animi eccitati; ed ho detto a quelle teste calde che sarebbero venuti fra
breve i soldati da Cafarnao per castigarli! Essi invece mi risero in faccia e
dissero: “Voi dovrete attenderli per un bel po’ i vostri soldati, poiché il
vostro messaggero è in nostro potere come lo siete tutti voi! Guardate di
andarvene con le buone, altrimenti vi faremo andare noi in un altro modo!”.
Questa fu la benevola replica del popolo alle mie ammonizioni ed alle mie
minacce che, come poi vidi, avrei fatto molto meglio a tenere per me!
9. Per quello poi che riguarda lo stregone, egli è del tutto innocente
a questo riguardo, perché egli insieme ai suoi discepoli ed a Baram dovrebbero
essere ormai gli unici ebrei che si trovano in questo luogo. Che egli possa
apparirci come un mago non voglio proprio metterlo in dubbio, ma che egli
agisca per influsso di Belzebù non mi azzarderei a sostenerlo, quantunque io non
voglia con ciò influire sulla vostra opinione; andate voi stessi da lui,
parlategli e persuadetevi voi stessi di tutto!»
10. Chiedono gli anziani: «Ha già guarito tutti gli ammalati?»
11. Dice Achab: «Può averlo fatto benissimo, nonostante io non mi sia
accorto di nulla. A dire il vero, davanti la casa di Baram c’è ancora una
moltitudine fra uomini e donne, per la maggior parte greci che io conosco bene.
Essi stanno discorrendo con quel mago o che altro mai possa essere, il quale
tuttavia è affabilissimo e di modi oltremodo semplici; di ammalati poi, da
quanto ho potuto constatare, non ve n’è più nessuno. È forse possibile che egli
li abbia guariti prima, cioè mentre venivo qui per svegliarvi. Ma, come ho
detto, andiamo lì adesso e così potrete constatare voi stessi come stanno le
cose!»
12. Dicono gli anziani: «Non c’è da temere per la nostra vita?!»
13. E Achab risponde: «Ecco un’altra domanda estremamente stupida! Ma
ormai, anche se restiamo qui, siamo forse più sicuri? A me pare, considerato
che la questione ha preso una piega sfavorevole dal nostro punto di vista, che
per noi tutti sia meglio stare all’aria aperta, dove, in caso di necessità,
potranno giovarci almeno le gambe piuttosto che restare qui a farci ammazzare
fra quattro mura»
14. Dicono gli anziani: «Sì, sì, hai ragione; usciamo dunque, ma prima
chiudiamo bene i nostri tesori che sono di grande valore!»
15. Dice Achab: «Benissimo! Fate pure, ma andiamocene; del resto, chi
volete che venga qui subito a rubarci i tesori? La gente ha per il momento ben
altre cose cui fare attenzione!».
16. Terminata così la riunione, gli anziani si alzano, chiudono tutto
bene e se ne vanno senza dire niente dei loro propositi nemmeno ai loro
servitori.
Il popolo
viene a parole con i farisei e li mette pericolosamente alle strette.
(Matteo 12,
24)
1. Come arrivano alla casa di Baram, i farisei scorgono subito una
grande massa di popolo che, quasi terrificata dall’avvenuta guarigione, manifesta
enormemente la sua meraviglia. Ma poiché i vecchi farisei non avevano assistito
a questo nuovo prodigio, essi credettero che il popolo si stupisse ancora per
la guarigione dell’ossesso avvenuta il giorno prima, tanto più che, come il
giorno prima, il popolo continuava ad acclamare: «Gloria al figlio di Davide!
Questi è veramente il figlio di Davide!»
2. Come i vecchi farisei ebbero udito queste grida, dissero
rabbiosamente al popolo: «Perché vi stupite così tanto?! Noi sappiamo meglio di
voi cosa è successo! Questo stregone non scaccia i diavoli altrimenti che per
virtù di Belzebù, il principe dei demoni (Matteo 12,24.). E voi avete il
coraggio di acclamarlo figlio di Davide!». Questa furiosa affermazione dei
farisei fece restare alquanto perplessi alcuni fra i più deboli d’animo, i
quali domandarono loro di spiegare più da vicino la cosa, e come ciò fosse
possibile, e se il principe dei demoni avesse talvolta il potere di fare anche
opere divine!
3. Ad una simile domanda le vecchie volpi non erano preparate, e, presi
alla sprovvista, non seppero cosa rispondere a chi li interrogava, ma poiché
quest’ultimi si accorsero che ai farisei doveva mancare una buona ragione in
appoggio alle loro asserzioni, visto che facevano attendere tanto la risposta,
dissero loro: «Perché non date nessuna risposta alla domanda ben fondata che vi
abbiamo rivolta, affinché noi possiamo comprendere in quale modo questo
supposto stregone cacci via i demoni per mezzo di Belzebù, e se Belzebù possa
veramente fare anche opere divine? È cosa molto facile proclamare servitore di
Satana, e in tal modo rendere sospetto un uomo che per una causa qualunque sia
in grado di fare delle opere straordinarie, ma non altrettanto facile è poter
comprovare queste asserzioni con delle prove sicure e palpabili. Perché state
muti davanti a noi se siete sicuri del fatto vostro?»
4. Dicono i farisei: «Noi tacciamo, perché, come illuminati dallo
spirito di Dio, noi soli e sempre sappiamo quello che è necessario all’uomo
conoscere, e per conseguenza anche quando e quanto noi dobbiamo parlare! Non è
perché ci siano ignote tali cose che non ci è possibile fornirvi le prove da
voi domandate, ma perché questo non ci è permesso e perciò nemmeno lo vogliamo.
A voi spetta soltanto di credere quello che noi vi insegniamo, ma non di
indagare da voi stessi, perché siamo noi che Dio ha destinato a scrutare tutte
le cose fino alla loro essenza più intima, e per rivelare al popolo soltanto
quello che gli è necessario, mantenendo per noi tutto quanto vi è di misterioso.
Ci avete dunque compresi adesso?!»
5. Risponde il popolo: «Oh sì, vi abbiamo compresi molto bene! Ed è
appunto perché già da lungo tempo vi conosciamo che, oggi, da questa
chiarissima comprensione abbiamo tratto le debite conseguenze, e siamo passati
ai greci, presso i quali non esistono tanti segreti e misteri da bottegai! Qui
vi sono un Aristotele, un Pitagora, un Platone e un Socrate, le cui opere ed i
cui scritti sono improntati a chiarezza e verità! Presso di voi invece tutto va
sempre più avvolgendosi in una nebbia fitta e tenebrosa tanto da non permettere
di vedere nemmeno una spanna né davanti né dietro a sé.
6. Perché volete rendere sospetto questo Salvatore che Dio ci ha
mandato?! Egli non ci ha fatto che del bene ed ha guarito tutti i nostri ammalati;
e voi per questo Lo chiamate servo di Satana!?
7. Ma cosa siete voi allora, voi da cui non abbiamo avuto mai ancora il
più piccolo beneficio?! Quando mai avete guarito un ammalato con i vostri mezzi
da niente, e con le vostre preghiere pagatevi in anticipo?»
8. Dicono i farisei: «Non abbiamo noi forse certificati che fanno
testimonianza di ciò?!»
9. E il popolo risponde: «Oh, sicuramente! Di certificati ne avete a bizzeffe,
ed anche molto risonanti da parte del Tempio; ma i fatti? Dove sono dunque i
fatti che a giudicare dai vostri certificati dovreste sempre essere in grado di
compiere?! Noi, di fatti, non abbiamo avuto ancora occasione di vederne uno!
10. Quest’Uomo invece è venuto da noi senza certificati, è vero, ma
d’altro canto opera davanti ai nostri occhi cose delle quali si può molto
opportunamente affermare che, da quando esiste mondo, non furono ancora mai
compiute da creatura umana! Noi però comprendiamo benissimo perché vi preme
tanto rendere sospetto presso noi quest’Uomo divino, nonostante il vostro
rifiuto di dichiararcene il vero motivo. Ebbene, questo motivo noi ci
prenderemo la libertà di mettervelo sotto il naso! Ed eccolo qui:
11. Quest’Uomo divino compie azioni nella realtà più prodigiosa che voi
dovreste essere in grado di operare secondo quanto affermano i vostri
certificati rilasciativi dal Tempio, ma fino ad oggi, da trent’anni che siete
qui con noi, da parte vostra non c’è stata ancora nemmeno una traccia di un
fatto simile!
12. Quanto bel e buon denaro e quante altre cose preziose avete preso
da noi con la lusinga di fare questo e quello a nostro vantaggio! Ma i fatti
dove sono?! Il nostro oro e il nostro argento ve li siete ben tenuti, ma in
compenso noi ottenemmo da voi soltanto vuote promesse che aspettano ancora il
loro adempimento. E se vi chiedevamo quando sarebbe avvenuto questo
adempimento, voi ci mostravate semplicemente i nostri campi fecondi e le nostre
greggi, grazie a Dio, sane. Noi però, a nostra volta, all’occasione vi
mostrammo i campi ancora più rigogliosi e le greggi altrettanto sane dei greci
che voi maledite sette volte ogni sabato prima del levar del sole; voi ci
diceste allora: “Il rigoglio e la fecondità dei campi dei pagani sono opera di
Satana, cosicché il pane di quei campi e la carne di quelle greggi non servono
alla vita bensì alla dannazione!”. Ma nonostante ciò, non avete mai disdegnato
di accogliere il tributo, per niente insignificante, in granaglie di ogni qualità,
che i greci continuavano a pagarvi ogni anno quale imposta di tolleranza! Dite
un po’ cosa ne avete fatto finora di questo grano, secondo quanto assicurate
voi, benedetto da Satana e maledetto da Dio?»
13. Dicono i farisei, già tutti pieni del rancore più aspro: «Noi lo
abbiamo venduto a dei pagani come lo sono i romani ed i greci, affinché questi
possano riceverne tanto maggiore dannazione il giorno del giudizio!»
14. Osserva il popolo: «Ah, è così? Molto bene! Di solito si dice che
il diavolo è stupido e che le sue bugie sono tanto evidenti che si possono
afferrare con le mani! Ebbene, voi siete ancora dieci volte più stupidi del
diavolo, poiché le vostre bugie si possono afferrare già con piedi solidamente
calzati! Non siamo stati forse noi che abbiamo sempre portato con i nostri buoi
e con i nostri asini tutte le vostre granaglie al mercato di Gerusalemme?
Sicuramente dunque sapremo ben noi a chi sono stati venduti! E voi avete la
sfacciataggine incredibile di dirci in faccia che il grano greco lo vendete ai
pagani perché questi ne abbiano maggior dannazione! Se volete proprio cavarvela
con menzogne, siate almeno tanto prudenti da mentire con più astuzia, affinché
non possa apparire infine come se noi fossimo ancora più stupidi di voi e che
fosse cosa assai facile farci vedere nero per bianco e bianco per nero! No
davvero, una menzogna tanto assurda non è mai stata detta da nessuno!»
15. Gridano i farisei: «Voi non conoscete e non comprendete niente; non
sapete dunque che un fariseo non può assolutamente mentire?! Infatti nella
legge del Tempio sta scritto che tutti coloro che si consacrano al servizio di
Dio, pur volendo, non possono mentire, poiché anche la più grande menzogna
diventa nella loro bocca verità chiarissima!»
16. A questa affermazione il popolo comincia a ridere, e dice
ironicamente: «Sicuro, sicuro, anche noi conosciamo la legge del Tempio da voi
ora citata; dovrebbe anzi esserci scritto anche questo: “Anche quando un
fariseo dovesse prendere in bocca dello sterco, lo stesso si dovrebbe tramutare
all’istante in oro!”».
Il Signore
calma il popolo affinché i farisei non si infurino ulteriormente, ed invita gli
ultimi ad andare da Lui in casa.
Suo eccellente discorso agli stessi.
(Matteo 12,
25-33)
1. Quando i farisei si accorsero che il popolo li aveva smascherati e
per di più li scherniva, mal celando il furore che li rodeva, cominciarono a
covare terribili propositi di vendetta; per questo Io, rivoltoMi al popolo,
dissi: «Lasciateli stare, perché essi stessi non sono che delle cieche guide di
ciechi; e se quest’ultimi vengono guidati da loro, c’è pericolo che dinanzi ad
una fossa le guide e coloro che vengono guidati cadano dentro. In un paese come
questo dove essi hanno una posizione dominante, riesce loro in generale sempre
più facile recare danno a voi che non voi a loro. Tuttavia questa volta si sono
con voi tanto compromessi da poter essere spinti nella fossa più facilmente di
voi, poiché essi dichiararono di aver venduto ai romani ed ai greci del grano
maledetto affinché questi ne avessero danno. Basterebbe che voi denunciaste ciò
alle autorità di Roma perché essi dovessero subirne le più terribili
conseguenze! Una cosa simile, però, da parte vostra non deve mai accadere. Ed
ora ritiriamoci in casa; Io poi vedrò se riesco a far recuperare la vista anche
a questi che sono completamente ciechi nello spirito»
2. Dopo queste parole Io rientro ed i farisei Mi seguono subito in casa,
dove vengono accolti e salutati dai Miei discepoli, ma dietro ai farisei anche
il popolo aveva fatto ressa per entrare, cosicché la stanza si trovò in pochi
istanti affollata, ciò che tuttavia non creò problemi, poiché per Me e per i
Miei discepoli era rimasto posto sufficiente.
3. E quando il tramestio fu cessato e la quiete ristabilita, Io Mi
disposi a parlare particolarmente ai farisei, i cui tristi e malvagi pensieri
Io leggevo chiaramente, e dissi: «Di chi se non di voi stessi è la colpa se le
cose sono giunte a questo punto? Sono trent’anni che voi risiedete qui a
Gesaira, e non siete ancora stati capaci di comprendere quale sia lo spirito di
questo popolo! Ma adesso ormai è troppo tardi, e questo spirito che si è
ridestato non si può più costringere nuovamente al sonno! La vostra ira e il
vostro rancore sono quindi oltremodo vani, perché la colpa è tutta vostra e non
di altri.
4. Io venni qui da vero ebreo, e come tale nel pieno possesso dello
Spirito di Dio e di tutta la Sua Potenza!
5. Quando Io venni alla riva, e voi, attratti dal fuoco che ardeva
sull’imbarcazione, vi affrettaste là assieme al popolo, Io guarii dinanzi i
vostri occhi chi era completamente cieco, muto e ossesso. Il popolo riconobbe
immediatamente la Potenza divina in Me, e Mi acclamò e Mi salutò come figlio di
Davide, e voi stessi nel vostro intimo riconosceste pure la medesima cosa, ma,
poiché questo riconoscimento vi portava alla conclusione che ne avreste subito
un danno secondo voi in tutti i campi, affermaste contro la vostra convinzione
più intima che Io compio tali azioni con l’aiuto del principe dei demoni! Ora
Io vi domando: “Con ciò, a chi avete recato danno?!”. Ecco, assolutamente a
nessun altro che a voi stessi!
6. Se voi ci aveste riflettuto soltanto un po’, e se aveste esaminato
anche un po’ più a fondo la cosa, avrebbe dovuto apparirvi immediatamente ed in
tutta la sua enormità l’insensatezza della vostra asserzione, e nello stesso
tempo avreste dovuto prevedere che, ostinandovi a sostenere una simile tesi imprudente
ed inopportuna all’estremo, anche l’ultima briciola di considerazione e di
fiducia in voi sarebbe necessariamente svanita presso questo popolo
intelligente!»
7. Dicono i farisei: «Che cosa dunque avremmo dovuto fare, considerato
che la tua sapienza è tanta, dichiaracelo!»
8. Ed Io, in tono più energico, rispondo loro: «Così avreste dovuto
pensare, giudicare e parlare: “Ogni regno diviso al suo interno è deserto; e
ugualmente ogni città oppure casa divisa in se stessa non può durare!” (Matteo
12,25) Ora, se Satana scaccia Satana, è evidente che egli deve essere già prima
diviso in sé!”. Ed Io domando: “In quale modo può dopo ciò sussistere il suo
malvagio regno?” (Matteo 12,26). Io credo che questa cosa sia tanto chiara che
si può afferrare con mano!
9. Ma se Io, che sono un perfetto ebreo, scaccio, secondo la vostra
cieca asserzione, i demoni per virtù di Belzebù - dite! - per virtù di chi poi
li scacciano i vostri figli, che pure ora vanno percorrendo tutti i paesi per
guarire gli ammalati e per scacciare i demoni?!”. Io però vi dico: “Anche i
vostri figli e non soltanto questo popolo saranno i vostri giudici!”. (Matteo
12, 7)
10. Ma se Io, come tutto questo popolo chiaramente lo vede, scaccio i
demoni per virtù dello Spirito di Dio, allora è segno che il Regno di Dio è già
venuto a voi (Matteo 12,28). Quindi voi ebrei, di fronte ai greci che sono
pagani, dovreste tanto più rallegrarvi e gioire che proprio un ebreo operi a
favore degli ebrei, favore già da tempo andato perduto! Infatti soltanto così
il vero ebreo può dimostrare a tutto il mondo che su questa vasta Terra egli è
l’unico uomo che sia in evidente rapporto con Dio e che, per virtù
dell’onnipotente Forza dello Spirito di Dio, può operare cose che non sono
possibili a nessun altro uomo sulla Terra.
11.E quando gli uomini esteriori noteranno questo negli ebrei, allora
essi accorreranno a migliaia di migliaia a schierarsi intorno ai potenti ebrei
e diranno: “Soltanto l'ebreo è di Dio. Per mezzo di lui opera
miracolosissimamente l’Onnipotenza divina; Egli è forte e sapiente, e dovrà
essere il nostro signore per l’eternità!”
12. Se però il vero ebreo si dimostra tanto forte in virtù dello
Spirito di Dio, altrettanto forte deve essere certamente tutta la sua casa e il
suo paese! Ora come può, oppure come potrebbe qualcuno entrare nella casa di un
uomo tanto potente e forte per rubargli le sue masserizie? A meno che, cosa
tuttavia impossibile, egli non leghi prima il forte e potente, e solo dopo gli
rubi le masserizie (Matteo 12,29), come veramente hanno fatto i romani con noi
che, avendoci trovati nella nostra casa ubriachi e insonnoliti, ci hanno
legati, derubati e fatti loro schiavi, e questo accadde giustamente agli ebrei
poiché essi sono decaduti totalmente al cospetto di Dio.
13.Ma Dio ha pietà del Suo popolo, ed ora vorrebbe nuovamente venirgli
in aiuto; per questo scopo Io sono stato mandato a voi da Dio. Ma, se questo
evidentemente è il caso come voi stessi vedete, perché tentate di disperdere
nuovamente tutto, là dove Io raccolgo?
14. Infatti, chi non è con Me è contro di Me; e chi con Me non
raccoglie, costui disperde (Matteo 12,30) e si schiera apertamente contro lo
Spirito di Dio che vuole farvi liberi!
15. Ed oltre a tutto quello che avete già visto ed udito, vi dico
ancora: “Ogni peccato ed ogni bestemmia verranno perdonati all’uomo, ma la
bestemmia contro lo Spirito di Dio non gli verrà mai perdonata” (Matteo 12,31).
Voi avevate ben riconosciuto che Io avevo guarito l’ossesso per virtù della
Forza divina, e tuttavia, per considerazioni del vile beneficio materiale e
della vostra dignità umana, avete bestemmiato in Me lo Spirito di Dio che
voleva salvarvi; ed ecco che ora perfino dai pagani ne avete avuto il ben
meritato premio!»
16. Dicono i farisei: «Noi non abbiamo bestemmiato lo Spirito di Dio,
ma te soltanto abbiamo bestemmiato, e tu stesso non sarai di certo lo Spirito
di Dio in carne ed ossa! E perciò non potrai essere altro che un figlio di uomo
come lo siamo noi!»
17. Dico Io: «Sì, di certo, tale sono anch’Io nella forma e nell’apparenza,
ma in realtà, sostanzialmente, sono forse qualcosa di più. Ma anche se Io fossi
un figlio di uomo al pari di voi, ciò non scusa minimamente la vostra
bestemmia! Infatti Io, quale Figlio di uomo, non compio certo tali cose, come
non lo potete voi. Ma in questo Figlio di uomo che vi sta ora dinanzi agisce
solamente lo Spirito di Dio, ed è Questi che voi avete bestemmiato, perché non
Io, ma lo Spirito di Dio ha operato qui davanti ai vostri occhi.
18. Certo, a chi parla contro di Me come semplice uomo sarà perdonato;
ma chi parla contro lo Spirito Santo non sarà perdonato né in questo né
nell’altro mondo! (Matteo 12,32)
19. Infatti, quando un albero è per sua natura cattivo, anche il frutto
che esso produce è cattivo, ma se l’albero è per sua natura buono, allora sarà
buono anche il frutto; infatti è dal frutto che si conosce l’albero! Voi siete
l’albero, e questi ebrei qui, diventati pagani per causa vostra, sono il vostro
frutto! Giudicate voi stessi se esso sia buono o cattivo!». (Matteo 12,33)
Perfida e
incorreggibile testardaggine dei farisei. Aspre parole del Signore agli stessi.
Cenni
riguardanti diversi stati di possessione, e l’influenza degli spiriti maligni.
Il furore dei farisei.
(Matteo 12,
34-45)
1. Dicono i farisei: «Questo non è affatto frutto nostro, ma è il
frutto di vagabondi della tua risma, i quali capitano qui di quando in quando
da ogni parte del mondo nella forma di artisti e di maghi. In nostra presenza,
è vero, essi si occupano delle loro arti miserabili, ma durante la notte essi
tentano di fare proseliti per la filosofia pagana, e poi sono di un’eloquenza
incredibile quando si tratta di rendere sospetti, in ogni particolare, noi
assieme al Tempio, e gli ordinamenti dati a questo da Dio! Ecco, appunto gli
ebrei pagani che abitano qui a Gesaira sono il frutto di individui di questa
specie! Noi, parlando al popolo, ci siamo sempre ispirati al vero ed al buono,
ed abbiamo insegnato onestamente secondo la dottrina di Mosè. Ma se Belzebù per
mezzo di gente della tua specie distoglie da noi il popolo, che colpa ne
abbiamo noi? Noi non siamo dunque affatto un albero cattivo perché Satana
viene, guasta e fa imputridire i frutti sui nostri rami. Le nostre parole e i nostri
insegnamenti sono buoni; invece le tue parole e le tue opere provengono dal
principe dei demoni, e seducono gli ingenui e i creduloni! Ed è per questo che
meriteresti di venire lapidato ed ucciso insieme a tutti i tuoi seguaci!»
2. Quando i farisei frementi d’ira giunsero al termine della loro
sfuriata, fra il popolo si levò un mormorio ostile e sembrava che ci fosse
l’intenzione di mettere loro le mani addosso.
3. Ma Io calmai il popolo dicendo: «Non fate ciò! È già abbastanza che
questa perfida progenie sia colpita per l’eternità; venga risparmiata per
adesso; non però senza aver ricevuto da Me la testimonianza che si è ben
meritata!»
4. Esclama il popolo: «Sì, o Signore, Te ne preghiamo tanto; spiega Tu
stesso a questi birbanti chi e che cosa sono essi veramente!»
5. Ed Io, rivolgendoMi di nuovo ai farisei, dico loro in tono energico
e severo: «O razza di vipere! Come potete voi dire il bene quando il cuore
vostro è fino all’intima sua fibra impregnato di malvagità? Ora, dalla bocca
non esce se non ciò di cui è colmo il cuore (Matteo 12,34). L’uomo buono trae
sempre fuori cose buone dal buon tesoro del suo cuore, ma l’uomo malvagio
invece non può trarre che cose malvagie fuori dal malvagio tesoro del suo
cuore! (Matteo 12,35). Io vi dico però che gli uomini dovranno il giorno del
giudizio rendere ragione anche di ogni parola oziosa e malvagia! (Matteo
12,36). Ed avverrà come è scritto nel libro di Giobbe: “Per le tue parole sarai
giustificato, oppure per le tue parole sarai condannato!” (Matteo 12,37)
6. Io vi ho già prima dimostrato perché Io sono venuto qui ed in altri
luoghi ancora, ma il senso perverso di cui è colmo il vostro cuore non vuole
accogliere né meno ancora comprendere questo che potrebbe rendervi liberi e
beati!
7. Ed è per il bene che Io vi faccio senza alcun compenso che volete
lapidarMi! Razza di serpenti e di vipere! Oh; come sono vere tutte le
testimonianze che i Profeti hanno dato di voi; certo, fin troppo vere! Con
vuote cerimonie e con le sole labbra onorate Dio, ma il vostro cuore è ben
lontano da Lui!»
8. Ora, tra i farisei e gli scribi ce n’erano alcuni i quali, rimasti
un po’ turbati dalle Mie parole e assunto un aspetto alquanto più umano,
dissero: «Maestro, non è che noi vogliamo senz’altro respingere interamente la
tua dottrina, però non abbiamo potuto vedere con i nostri occhi sia ieri che
oggi le opere meravigliose da te compiute, e osservare in quale modo questo
avvenne. Fa’ dunque essere testimoni anche noi di un qualche segno di tale
specie; noi lo vedremmo volentieri! (Matteo 12,38). Forse ciò basta alla nostra
intelligenza, e non è escluso infine che noi stessi possiamo accogliere la tua
dottrina!»
9. Ma Io Mi rivolsi al popolo, e parlai così: «Questa malvagia e
adultera generazione richiede un segno! Ma nessun altro segno le verrà dato, se
non, a suo tempo, quello di Giona (Matteo 12,39). Infatti, come Giona rimase
tre giorni e tre notti nel ventre di una balena, così rimarrà anche il Figlio
dell’uomo tre giorni e tre notti nel centro della Terra (Matteo 12,40). (Il
centro della Terra qui vuole significare in primo luogo la tomba, però
spiritualmente indica che l’Anima del Figlio dell’uomo discenderà fino alle
anime prigioniere dei defunti per liberarle.)»
10. Allora i farisei si guardarono l’un l’altro stupiti, e dissero:
«Cosa può voler dire ciò; che vuole fare costui? Come potrà scendere nel centro
della Terra? Dove mai si trova questo? Non è questo dappertutto, e tuttavia
propriamente in nessun luogo! Chi mai conosce quanto grande sia la Terra e dove
si trovi il suo centro? Quest’uomo vaneggia, oppure qualche spirito maligno
vuole impossessarsi di lui! Infatti si dice che ogni uomo prima di impazzire è
in grado di operare vari miracoli. Cosa intende costui con il suo paragonarsi a
Giona il quale ha predicato a Ninive?»
11. Dico Io nuovamente, sempre rivolto al popolo: «Sì, sì, le genti di
Ninive risorgeranno con questa generazione il giorno del giudizio e la
condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona. Ed ecco,
qui è Qualcuno che vale più di Giona! (Matteo 12,41). Così pure la regina del
mezzodì risusciterà il giorno del giudizio con questa generazione e la
condannerà! Perché lei (Semiramide) venne dagli estremi confini della Terra per
udire la sapienza di Salomone, ed ecco, qui è Qualcuno che vale più di
Salomone!» (Matteo 12,42)
12. Dicono i farisei: «Ebbene, se tu credi proprio che noi siamo tutti
preda completa del demonio e che tutti verremmo condannati nel giorno del
giudizio, scaccia allora via da noi i demoni, come facesti già ieri con il muto
e cieco; quando questo sarà avvenuto, potremo anche noi lodarti e glorificarti
come ha fatto l’altro che tu hai guarito!»
13. Essi però non parlavano così perché fossero desiderosi seriamente
di venire liberati dai molti spiriti maligni con i quali essi formavano già un
tutto quasi indissolubile, ma soltanto per tentare di avere qualche argomento
da ritorcere contro di Me. Infatti, quando uno spirito maligno ha fatto
nell’uomo già tali progressi da rendere tutto in quest’ultimo tributario e obbediente
ai suoi cenni, esso allora non si manifesta più in maniera troppo evidente, ma
agisce invece con tutta prudenza e astuzia mondane, così da indurre chiunque a
credere che un uomo simile non sia affatto ossesso, mentre in verità lo è più
terribilmente di un altro, per quanto tormentato da un qualche spirito maligno,
perché non riesce a diventare padrone in casa propria.
14. Ritornando alla richiesta degli scribi e dei farisei, Io risposi:
«Tale cosa non è possibile con voi per varie ragioni. La prima è quella che gli
spiriti maligni sono già da lungo tempo diventati una cosa sola con la vostra
anima, e costituiscono ora in via assoluta tutta la vostra propria vita
perversa ed adultera. Se Io volessi scacciare da voi questi maligni spiriti,
nello stesso tempo scaccerei anche la vostra vita, la quale è cresciuta in
mezzo a loro; e, se anche vi conservassi la vita primordiale, ciò non vi
gioverebbe a nulla, poiché ormai la vostra intera natura è completamente satura
di elementi infernali! Ora, anche quando uno spirito impuro, per grazia della
Mia Potenza, venga cacciato da tali uomini, egli è costretto a rifugiarsi in
luoghi aridi per lui, cerca riposo e non lo trova! (Matteo 12,43) (Vale a dire
che il demonio si affanna ad indurre in tentazione uomini virtuosi, e batte
alla loro porta, ma non gli viene aperto: questi sono per lui e per i suoi
scopi luoghi deserti e aridi nei quali non cresce erba alcuna che gli sia
confacente.). Allora egli riflette fra sé e sé, e dice: “Io voglio entrare
nuovamente nella mia vecchia dimora, poiché nelle steppe e nei deserti non vi è
per me nessun luogo in cui poter riposare, e nelle case dove ci sono già in
quantità abitanti della mia specie non mi è concesso entrare”. Dunque, formato
un tale proposito, il demonio ritorna alla sua dimora antica e la trova
naturalmente vuota, spazzata ed adorna (Matteo 12,44). Allora egli va, e prende
con sé ancora sette spiriti peggiori di lui. Con il loro aiuto egli penetra più
facilmente nella sua vecchia dimora, e qui abitano tutti assieme! In tal modo
l’ultima condizione di un tale uomo diventa molto peggiore della prima!
15. E precisamente così accadrebbe a questa perversa generazione; sia
dunque lontano da Me il pensiero di renderla ancora più meritevole di
dannazione di quanto lo sia già ora».
16. I farisei, udendo queste parole, furono invasi da tale ira che Mi
avrebbero fatto a brandelli se non li avesse trattenuti il timore di un
intervento del popolo.
Il Signore istruisce
ed ammonisce Achab: «È meglio tacere che mentire, sia pure con buona
intenzione». La salvezza di tutta l’umanità proviene dagli ebrei. Paragone tra
il Tempio di Gerusalemme e quello di Delfi. Esempio di dialettica usata in una
sentenza d’oracolo.
I greci fanno
testimonianza del Signore. Vitali cenni evangelici ai greci.
1. Nel frattempo Achab, il giovane fariseo, si era allontanato dal
gruppo degli anziani, tutto lieto che Io avessi detto tali e tante verità ai
suoi vecchi compagni, ma poi di nascosto Mi domandò se anch’egli fosse come gli
altri tanto gravemente posseduto dallo spirito maligno.
2. Però Io, fissandolo amichevolmente, gli risposi: «Se tu lo fossi
realmente, non Me lo avresti chiesto in tal modo. Finora anche tu fosti un
arido terreno per Satana, abbi però costante cura di non diventare un campo
fertile per lui; e per evitare ciò, tieniti lontano ed in guardia dai tuoi
malvagi colleghi!»
3. Dice Achab: «Signore e Maestro! Soltanto Tu non abbandonarmi; allora
certo le potenze infernali non potranno avere nessuna influenza su di me! E il
mio zelo per Te non verrà mai meno!»
4. Gli dico Io: «Va in pace! La tua fede e il tuo zelo per Me ti
renderanno forte! Abbi però molta prudenza con i tuoi colleghi, affinché tu non
cada nelle loro reti, perché i demoni hanno l’odorato sottile e l’udito molto
acuto per i loro malvagi scopi!»
5. Dice Achab: «Signore, Tu ormai mi conosci certamente meglio di
quanto mi conosca io stesso! La mia astuzia è fine e nascosta; il demonio
invece, come si dice, è cieco, e per conseguenza non si accorgeranno di nulla
quando vorrò tirarli sul ghiaccio. Anzi oggi stesso verrà fatta una piccola
prova con loro. Scambierò adesso con Te un paio di parole forti affinché essi
non debbano sospettare di quello che ho parlato con Te; Tu però non devi tenere
rancore verso di me!»
6. Dico Io: «Fa come vuoi; sii tuttavia in ogni cosa buono, avveduto,
prudente e sincero, perché una menzogna per quanto detta a fin di bene non da
che un aiuto effimero, e dopo non molto tempo arreca all’uomo svantaggio e
danno»
7. Dice Achab: «Hai ragione, allora per il momento non dico nulla!»
8. Ed Io concludo: «Così sarà certamente meglio, poiché il tacere a
tempo debito è preferibile al mentire, sia pure con la migliore intenzione!».
9. Con questi insegnamenti Achab si ritira, e, passando fra la
moltitudine del popolo, ritorna dai suoi colleghi. Uno di questi, che aveva
osservato da lontano come Achab si era intrattenuto con Me, lo chiamò a sé e lo
sottopose ad un severo interrogatorio, ma Achab si trasse tanto per bene di
impaccio che alla fine il rigido esaminatore dovette perfino lodarlo.
10. Io, non badando più ai farisei, Mi rivolsi al popolo e cominciai a
conversare loro. Allora dimostrai loro come non fosse giustificabile davanti a
Dio l’abbandono dell’Ebraismo, perché la salvezza di tutti gli uomini proviene
soltanto dagli ebrei, e che essi avrebbero dovuto, come alcuni lo avevano già
fatto nel loro cuore, fare nuovamente ritorno all’Ebraismo secondo la piena
verità, poiché non c’era altro modo per diventare figli di Dio!
11. Ma uno dei greci esclama: «E che, forse noi dovremmo piegare
nuovamente le ginocchia davanti i farisei altezzosi e superbi, e continuare a
mangiare il loro vecchio lievito indigesto?! Amico, Tu sei in verità un grande
Maestro, e la forza e la potenza della Divinità risiedono in Te. Tu sei buono,
sapiente e giusto, ma questa volta ci richiedi una cosa che è molto a
sproposito. Noi non abbiamo bisogno di far ritorno a Mosè per la semplice
ragione che in realtà non lo abbiamo mai abbandonato, e nel nostro cuore non
riconosciamo altro Dio che quello degli ebrei; ma la forma esteriore del nome,
sia ebreo o greco, per la sapienza di Dio non avrà, si spera, alcun
significato! Per noi invece, la questione del nome costituisce una buona difesa
contro le incessanti persecuzioni e le prese in giro dei farisei! Perché allora
dovremmo noi chiamarci nuovamente ebrei e non greci?!
12. Ecco per quale ragione questa Tua richiesta non ci sembra affatto saggia!
Cosa importa se accanto Mosè noi impariamo a conoscere anche i sapienti della
scuola greca con il loro classico culto degli dèi, e con le loro enunciazioni
ricche, è vero, di finzioni, ma altresì ricche di sagge rispondenze le quali
sono ben altra cosa che non il carissimo letame del Tempio?! Considerato
naturalmente che in ogni caso non ci teniamo affatto, perché sappiamo benissimo
quali siano le origini di tutte le divinità greche prima e poi romane, e
sappiamo che Jehova è l’Unico e Solo Dio sopra tutte le cose, il Quale ha
creato ogni cosa e che continuamente mantiene e governa ogni cosa!»
13. Osservo Io: «Amico, tu parli e tuttavia non Mi hai compreso, mentre
coloro che Mi hanno compreso non parlano, e sono pure greci come te. Certo è
che il nome non significa niente; tutto invece la fede nel cuore! Ma ciò
nonostante resta vero ed è opportuno considerare ben questo: è meglio andare in
pellegrinaggio a Gerusalemme e assistere alle festività con la dovuta
ragionevole devozione o intraprendere un viaggio a Delfi per domandare un buon
consiglio alla Pizia insensata?
14. Certo, Io conosco meglio di voi i mostruosi abusi del Tempio, e voi
avete già udito da Me quanto li ho combattuti, però, malgrado tutta la
perfidia, il Tempio è pur sempre incomparabilmente migliore di Delfi, i cui
sacerdoti e sacerdotesse non hanno altra virtù che di possedere una sottile e
scaltra dialettica, e perciò ad ogni domanda sanno dare una risposta tale che
alla fine devono avere in tutti i casi sempre ragione loro!
15. Quando tu decidesti di prendere moglie, facesti prima un viaggio a
Delfi, e là, per buoni denari, interrogasti l’oracolo per sapere se saresti
stato felice con la donna che ti eri proposto di sposare! Dimmi! Quale fu la
risposta?»
16. Risponde il greco: «Precisamente questa: “Felice sarai con la tua
donna mai infelice!”. E vedi, la predizione dell’oracolo si avverrò, perché io
con la mia compagna sono veramente felice!»
17. Dico Io: «Però l’oracolo avrebbe avuto ragione anche se tu fossi
infelice con la tua compagna»
18. Dice il greco: «Non vedo davvero come ciò potrebbe essere
possibile!»
19. Dico Io: «È che tu sei cieco nello spirito! Ascolta, la frase suona
così: “Felice sarai con la tua donna mai infelice”. Ma se tu dividi la frase,
dopo la negazione, l’oracolo avrebbe ragione anche nel caso che tu fossi
infelice perché allora la frase, senza nessunissimo cambiamento nella sua
struttura, suonerebbe così: “Felice sarai con la tua donna mai, infelice!”.
20. Che se tu non vuoi credere a Me, domandane al tuo vicino il quale
un anno dopo intraprese pure un viaggio a Delfi all’identico scopo, e udrai se
la risposta che ricevette non è stata perfettamente la stessa che ricevesti tu!
La sola differenza è che egli conduce con la sua donna una vita infelice perché
lei è una donnaccia; dunque l’oracolo ha avuto ragione tanto nel tuo caso
quanto nel suo, e nonostante ciò tu lo tieni in grandissima considerazione!
Giudica tu stesso cosa sia meglio, se il Tempio di Gerusalemme oppure l’oracolo
di Delfi!»
21. Il greco a tali parole sbarra tanto d’occhi, ed esclama: «Maestro,
ora tutto mi è chiaro! Tali cose non può saperle che un Dio, non certo un uomo.
O Tu sei lo stesso Dio, o per lo meno sei un Figlio di Dio, ma non certo un
figlio di uomo come lo siamo noi! E perciò noi vogliamo nuovamente ritornare
fedeli al Tempio, ma non già sotto la frusta dei farisei, bensì di nostra piena
e libera volontà! Questi farisei però dovranno andarsene, perché gli inganni di
cui essi ci hanno resi loro vittime, sono stati troppo grandi, spogliandoci
spiritualmente e materialmente di quasi tutti i nostri beni. Noi di nome dunque
restiamo greci, ma in realtà nel nostro cuore non ci allontaneremo dalla fede
incrollabile in Mosè e nei Profeti! Noi pure andremo ogni anno a Gerusalemme
per visitare il Tempio, e, quando anche l’accesso dovesse venirci proibito, ci
rimarrà sempre l’atrio dei forestieri il quale è esso pure una parte del
Tempio»
22. Ed Io concludo: «Fate a questo riguardo come meglio credete;
soltanto preservate i vostri cuori dalla falsità, dall’ira e dagli stimoli di
vendetta e di persecuzione! In pari tempo siano i pensieri, le parole e le
opere vostre ispirate a castità e purezza; amate Dio veramente sopra ogni cosa
e il prossimo vostro come voi stessi. Benedite coloro che vi maledicono e non
fate nulla di male a coloro che vi odiano e vi perseguitano; così facendo vi
renderete graditi a Dio, avrete pace e accumulerete carboni ardenti sul capo
dei vostri nemici!».
Arrivo della
madre Maria con i figli di Giuseppe a Gesaira. «Chi è Mia madre e chi sono i
Miei fratelli?!».
Baram invita
il Signore a pranzo; il popolo viene congedato.
I farisei
maledicono Baram e ne ricevono adeguata ricompensa in legnate.
(Matteo 12, 46-50)
1. Ora, mentre che Io parlavo così al popolo, arrivò Mia madre con i
Miei fratelli, poiché aveva appreso dalla famiglia di Kisjonah che Io ero
partito per Gesaira e che avrei dovuto trattenerMi là. Per arrivare a
quest’ultimo luogo c’era una mezza giornata di cammino e, per conseguenza, dato
che era partita in quel lunedì di buon mattino, poté essere a Gesaira verso
mezzogiorno.
2. I motivi che l’avevano indotta a venire a trovarMi erano da
ricercarsi in parte in questioni inerenti alla sua casa e in parte altresì in
questioni di carattere spirituale, poiché a Cafarnao aveva udito raccontare
tante cose sul Mio conto, riguardo alle quali essa desiderava particolarmente
parlarMi (Matteo 12,46). Essa però, giunta alla casa di Baram, non poté entrarvi
a causa della massa del popolo che vi si accalcava intorno, e dovette
necessariamente attendere al di fuori finché Io fossi uscito.
3. E poiché essa aspettava già da parecchio tempo invano e avendo però
scorto qualcuno della casa di Baram, lo pregò di avvertirMi che essa attendeva
già da qualche tempo lì fuori e che aveva urgente bisogno di parlare con Me.
Allora il messaggero, spingendosi tra la folla, Mi venne vicino e disse:
«Maestro! Tua madre ed i Tuoi fratelli sono qui fuori e vorrebbero parlare con Te!»
(Matteo 12,47)
4. Ma Io replicai a quell’uomo: «Che dici tu? Chi è Mia madre e chi
sono i Miei fratelli?! (Matteo 12,48). E pronunciai queste parole in tono tanto
serio che il messaggero arretrò un po’ intimorito.
5. Ed Io allora alzai la Mia destra sopra i Miei discepoli, ed
esclamai: “Guarda qui, questi sono Mia madre e i Miei fratelli! (Matteo 12,49).
Infatti, chi compie la Volontà del Padre Mio che è nei Cieli, costui è
veramente Mio fratello, Mia sorella e Mia madre! (Matteo 12,50). Ora però esci
ed annuncia a coloro che attendono che Io verrò subito»
6. Alcuni fra i presenti giudicarono troppo aspre queste Mie parole e
Mi mossero rimprovero, domandando fra l’altro se Io sapessi qual era il
comandamento di Mosè riguardo ai genitori.
7. Ma Io, a Mia volta, rimproverai loro una simile domanda, e dissi:
«Io so chi sono Io, ed i Miei discepoli e Mia madre terrena lo sanno pure;
quindi Mi è lecito parlare così com’è conforme alla verità. Spazzate dunque con
tutta diligenza davanti alla porta vostra, in quanto a Me non occorre che
nessuno si dia pensieri e brighe, perché Io so meglio di ogni altro quello che
devo fare!». Allora tacquero tutti, e nessuno si azzardò a replicarMi alcuna
cosa, né pro né contro.
8. Dopo qualche attimo di silenzio venne da Me il padrone di casa Baram
e disse: «Signore e Maestro! È mezzogiorno e il pranzo è pronto per Te, per i
Tuoi discepoli ed anche per i Tuoi parenti terreni che Ti aspettano fuori.
Vorresti dunque fare a me, povero peccatore, l’onore e la grazia di accettare
questo cibo ben preparato!?»
9. Dico Io: «Veramente per oggi Mi riprometto ancora un altro cibo che
Io consumerò sulla riva del mare, ma poiché il tuo invito è stato tanto
cortese, Io ti farò volentieri l’onore e la grazia di sedere alla tua mensa. Di
una cosa però ti avverto: nessuno dei farisei deve venire nella stanza dove Io
pranzerò, ad eccezione del giovane Achab che Io accolgo nel numero dei Miei
discepoli, perché non gli sarà più possibile di reggere al fianco dei suoi
colleghi, i quali, essendosi accorti che egli poco fa si è intrattenuto con Me
segretamente, hanno cominciato a nutrire gravi sospetti sul suo conto. Ed ora
comunica al popolo che qui in casa Io non farò né dirò altro, affinché la gente
esca all’aperto e ci faccia posto, poiché con questa ressa sarebbe difficile di
uscire da qui in una maniera naturale»
10. A queste Mie parole Baram si rivolge al popolo e dice: «Miei cari
vicini! Il divino Maestro ha terminato ormai di parlare, e qui in casa non
parlerà più, né meno ancora farà qualcosa; vogliate dunque andarvene
tranquillamente tutti ad eccezione di Achab al quale il Maestro ha ancora
qualcosa da dire». Udito questo, il popolo esce subito all’aperto, e nella
stanza rimangono soltanto i farisei.
11. E appena il popolo ha abbandonato la casa, i vecchi farisei pieni
di rancore nel loro cuore avanzano verso di Me e inveiscono in maniera
sfacciata domandando cosa intenda fare con Achab, e se voglia forse preparare
anche lui per l’Inferno! Ma Baram, udita una simile domanda, arde di giusto
sdegno e dice loro: «Io ho pagato ogni anno esattamente e puntualmente le mie
imposte fino all’ultimo statere, e per conseguenza sono legalmente padrone di
questa casa che ho edificato. Perciò non tollero affatto da nessuno, e ancora
meno poi da stranieri come siete voi, che qui in questa casa completamente mia
venga offesa una persona che, quale Ospite, io rispetto ed onoro! E perciò vi
ordino con tutta serietà di lasciare immediatamente questa mia casa; non solo,
ma anche di passare oltre ai confini dei miei poderi, altrimenti come padrone
di casa intendo fare uso senza indugio dei miei diritti acquisiti a caro
prezzo!»
12. Dicono i farisei: «Sei forse anche tu diventato greco che osi
arrogarti un diritto di possesso di fronte a noi?! Forse tu non sai che presso
i giudei non esiste nessun diritto di proprietà di fronte ad un fariseo?! Non è
ogni fariseo completamente padrone in ogni casa ebrea appena egli vi entra, e
soltanto quando egli l’abbandona, il possessore della casa rientra, come
concessione, nei suoi diritti?! E tu, quale ebreo non sai neppure che sei
soltanto un affittuario, e niente affatto padrone né della tua casa né dei tuoi
terreni, e che noi possiamo riprenderti terreni e casa quando vogliamo e
affittarli per cinquant’anni a qualcun altro?»
13. Risponde Baram: «Sicuramente quale ebreo, e con grande mia
indignazione sapevo anche questo, ma appunto per tale motivo sono diventato
oggi cittadino greco, rispettivamente romano, e dietro pagamento di una tassa
mi sono procurato presso la Giudicatura imperiale[13]
il pieno e inalterabile diritto di possesso, diritto di cui vi farò
vedere io l’efficacia se non date all’istante seguito alla mia richiesta!»
14. Dicono i farisei: «Facci vedere la dichiarazione di cittadinanza
del tribunale di Roma!»
15. Baram tira fuori il documento scritto di fresco su buona pergamena
e munita del sigillo imperiale, e lo apre in faccia agli anziani dicendo: «Lo
conoscete?»
16. I farisei gridano: «Anche tu! Anche tu un traditore di Dio, del
Tempio e di noi stessi?! Ecco di che cosa dobbiamo essere grati a questo figlio
di Davide! Sii dunque anche tu maledetto assieme alla tua casa!»
17. Allora Baram, irritato dalle loro invettive e maledizioni, afferra
subito un bastone ben solido e comincia a picchiare con forza i farisei
gridando: «Aspettate un po’, servitori di Satana, che vi farò aver io
finalmente una giusta ricompensa per le vostre maledizioni!»
18. E uno dei farisei, non toccato ancora dal bastone, urla: «Sta
scritto: “Guai a colui che mette la sua mano sopra un unto del Signore!”»
19. Ribatte Baram: «Lo so benissimo, ed è appunto perciò che mi servo
di questo bastone!». E così dicendo, appioppa anche a questo unto alcune
bastonate.
20. Ad eccezione di Achab, tutti i malvagi farisei e gli scribi
prendono la fuga, ma arrivati all’aperto hanno a che fare con il popolo il
quale a sua volta li tratta come si deve.
Baram scusa il suo comportamento. Achab lo ammonisce a guardarsi
dalla vendetta dei templari; il Signore conforta tutti e due. Baram,
apprendista di Giuseppe. Gioia di Maria nel rivedere il Signore. Rivelazione di
Achab riguardo ad una macchinazione fanatico-templare contro Gesù, in relazione
alla resurrezione della figlia di Giairo.
1. Quando Baram, dopo essersi ben persuaso che i farisei sono usciti
dai suoi confini, rientra in casa un po’ esausto dalla fatica, dice:
«Perdonami, o Signore! Quello che ho fatto, non l’ho fatto volentieri davvero;
ma non mi era più possibile reggere una simile gentaglia perfida ed adultera!
In verità, di Satana non ci si può fare un’idea peggiore di quanto lo sono
questi figuri, i quali sul serio credono che tutta quanta la terra sia loro
assoluta proprietà! Ma nonostante tutto ciò, non ci avrei proprio fatto gran
caso se quella gentaglia non avesse cominciato formalmente ad aggredire Te, o
Signore e Maestro; allora non ho potuto più frenare il mio giusto sdegno, ed ho
dovuto fare uso del mio diritto di padrone di casa! Dal canto Tuo però non
preoccuparTi, perché se quei birbanti vorranno muovere qualche accusa, mi
incarico io di tenere loro testa e di fare in modo, usando saggezza e prudenza,
che non Ti debba derivarne alcuna molestia!»
2. Dice Achab: «Amico, in ogni caso farai certo bene a premunirti come
si deve, perché ora sarà compito principale di questi vecchi figuri descrivere
a Gerusalemme tutti gli avvenimenti di oggi nel modo più esagerato, con i più
foschi colori del mondo! In primo luogo l’opera di questo divino Maestro per
loro oltremodo perniciosa; poi il totale distacco di tutta Gesaira
dall’Ebraismo, il mio comportamento, e finalmente, per quanto riguarda Erode,
il fatto che egli ha perduto qui tutti i suoi sudditi, dato che questi si sono
riscattati presso le autorità romane, ed hanno così acquistato la cittadinanza
di Roma! Tutte queste cose divulgate a Gerusalemme risveglieranno tutti i
maligni spiriti ad un tempo, e quindi non è improbabile che sorgano delle
questioni affatto piacevoli! Per conseguenza farai benissimo ad usare grande
prudenza, e ad assicurarti anzitutto la protezione imperiale, altrimenti questi
maligni spiriti ti causeranno gravi guai»
3. Osservo Io: «Achab, non darti pensiero. Alla casa di Baram non
accadrà nulla di male, te lo garantisco Io; d’altro canto però corrisponde al
vero che quelle vecchie furie faranno veramente quello che tu dicesti, ma né
Baram né tu avete nulla da temere. Ora tuttavia andiamo a pranzare, perché
voglio ascoltare anche tutto ciò che hanno da raccontarMi Maria ed i figli di
Giuseppe»
4. E Baram, sorpreso di udire il nome di Giuseppe, esclama: «Cosa
sento! I figli del mio padrone di Nazaret al quale io devo tanto?! Egli era
allora ancora un giovanotto e tuttavia già esperto nella sua arte, quando io
facevo l’apprendista presso di lui. Con quanta pazienza e con quanto amore egli
mi dimostrava tutti i vantaggi della sua arte, cosicché in breve tempo ebbe ad
affidarmi i migliori lavori; e da lui ebbi sempre appoggio con la parola e con
i fatti senza alcun compenso! Tutto ciò non potrò davvero dimenticarmelo mai!»
5. Dico Io: «Maria è la sua seconda moglie che gli venne destinata dal
Tempio, invece i due uomini che sono con lei sono i figli che Giuseppe ebbe
dalla prima moglie, e continuano ora l’esercizio dell’arte paterna. Io, per
quanto riguarda il corpo, sono figlio di Maria e il Mio Nome è Gesù!»
6. Esclama Baram: «Oh; come sono felice che alla mia casa venga
concesso tanto onore e tanta grazia! Ma adesso affrettiamoci a tavola, affinché
Tua madre ed i figli di Giuseppe non debbano attenderci troppo a lungo».
Solleciti ci rechiamo nella stanza da pranzo, dove infatti ci aspettano anche
Maria con i due figli di Giuseppe.
7. Al Mio apparire Maria versa lacrime di gioia, perché erano trascorse
già due lune (mesi) da quando Mi
aveva visto l’ultima volta, e così pure i fratelli i quali Mi amavano
moltissimo. Scambiati dunque affettuosamente i primi saluti, sediamo a tavola
e, dopo il consueto rendimento di grazie, consumiamo il pasto abbondante e ben
preparato, al quale prendono parte lietamente anche Kisjonah, sua moglie e le
sue figliole che erano tuttora rimasti con Me, e che in questa occasione si
intrattennero animatamente con Maria e con i due fratelli.
8. Terminato il pasto, mentre noi sedevamo ancora a tavola, bevendo del
vino un po’ annacquato a causa del grande calore, Achab chiese se poteva
parlare, perché egli avrebbe avuto da farci una rivelazione importante, e
precisamente riguardo alla Mia sicurezza personale. Egli reputava urgente
parlare, per la ragione che solo allora durante la conversazione tenutasi a
tavola aveva appreso che Io ero Gesù di Nazaret, celebrato tanto dal popolo e
tanto avversato e calunniato dai farisei, la cui straordinaria fama si era
diffusa per tutto il paese! Io allora lo invitai a raccontare quello che
sapeva.
9. E Achab disse: «Signore e Maestro! Tu hai risuscitato da morte la
figlia del capo dei farisei Giairo, ciò che è ben noto in tutta la regione, e
così pure ridonasti a vita la figlia di un comandate romano. Chi può anche per
un solo istante nutrire il minimo dubbio che perfino il tiranno più terribile e
più crudele si sentirebbe debitore di riconoscenza eterna per tale grazia
miracolosa, e farebbe sedere l’essere che ha compiuto il miracolo alla sua
destra sul proprio trono come già fece a suo tempo il Faraone con Giuseppe come
compenso per le predizioni avute!
10. Cosa hanno fatto invece questi rettili del Tempio, questi genuini
servitori di Satana?! Essi hanno inviato a Gerusalemme un rapporto che
purtroppo dovetti sottoscrivere anch’io, quantunque fino ad oggi non abbia mai
avuto occasione di apprendere nulla né delle dottrine di Gesù, né delle Sue
opere. In conseguenza di questo abominevole rapporto, sono stati prezzolati
ormai in ogni località spioni e sicari che hanno il preciso ordine di seguirTi
e toglierTi la vita, e ciò tanto da parte del Tempio quando da parte di Erode e
del governatore romano!
11. Nel rapporto mandato a Gerusalemme Tu sei descritto quale
ingannatore, seduttore e sobillatore del popolo con tale violenza di termini
come finora, a quanto io sappia, non è stato descritto nessuno. In tale
rapporto risulta che la figlia di Giairo non sarebbe stata affatto morta quando
Tu fosti chiamato per guarirla e resuscitarla; essa invece avrebbe goduto
allora perfetta salute e la si avrebbe indotta a simulare in tale maniera per
poterTi mettere alla prova. E quando Tu venisti e le dicesti “Talitha Kumi”, il
capo dei farisei avrebbe subito riconosciuto pienamente che Tu eri un
ingannatore e che non avevi nessuna idea della vera scienza medica. Infatti se
Tu, quale Salvatore, eri in grado di giudicare l’uomo e i suoi mali, avresti
dovuto allora osservare di primo acchito che la fanciulla non soltanto non era
morta, ma che, al contrario, era sana del tutto!
12. Il comandante romano, credo si chiami Cornelio, al quale pure
resuscitasti non so bene se il servitore o la figlia, non è d’accordo con un
simile procedere; ma cosa può fare lui solo contro tutta una massa di false
testimonianze?!
13. Carissimo, preziosissimo Maestro! Io potrei raccontarTi ancora
molte altre cose, ma mi accorgo che le mie parole, in tutto e per tutto vere,
Ti hanno turbato; ora, poiché le calunnie contro di Te sono troppo
diabolicamente maligne, credo sia meglio tenere il silenzio su tutto il resto.
È già abbastanza che io Ti abbia esposto la parte più importante. Il buono però
dell’intera questione è che Satana è sciocco, e chi è veramente prudente e
saggio riesce ad averne facilmente ragione; ciò che da parte Tua dovrebbe
essere tanto più facilmente il caso in quanto non vi è chi Ti superi in
saggezza. Non darTene quindi pensiero!
14. Io stesso che sono un uomo qualunque, prendo impegno di menare per
il naso comodissimamente tutti quei maligni figuri, e ritengo che non sia
davvero nessun peccato tentare di far correre alla cieca Satana quanto più è
possibile. Infatti ciò lo costringe a ritirarsi per qualche tempo modestamente
dal campo delle sue perfide lotte, e l’uomo savio e prudente può intanto
approfittare della tregua per concedere al proprio spirito un esercizio
migliore di quanto non lo sia l’azzuffarsi continuamente con Satana».
Maria racconta
come i farisei l’avessero scacciata da casa sua assieme ai figli di Giuseppe. La
proposta consolante di Baram e di Kisjonah a Maria, e la gioia che ne prova il
Signore. Il Signore sale sull’imbarcazione e spiega al popolo radunato sulla
riva
la Dottrina
del Regno dei Cieli.
(Matteo 13,
1-2)
1. Dice Maria a sua volta: «Mio Signore e figlio! Quello che questo
giovane Ti ha raccontato corrisponde perfettamente al vero, ed io essendo stata
formalmente scacciata da casa mia per causa Tua, sono venuta oggi qui
espressamente per esporTi quanto è avvenuto! Adesso cosa debbo fare io, e con
me i Tuoi fratelli e sorelle, tali certamente nel senso terreno, poiché so bene
che sulla Terra Tu non hai altro parente all’infuori di chi nel proprio cuore
si confessa Tuo discepolo.
2. I nostri pochi averi li abbiamo perduti; i malvagi farisei se ne sono
impadroniti, ed hanno venduto ad uno straniero la nostra casa assieme al
giardino che era così ben coltivato! Vedi, tanto io che i Tuoi fratelli e
sorelle non siamo più tanto giovani per poterci sobbarcare qualche duro lavoro
quotidiano, e anche se lo volessimo, questi perfidi spadroneggiatori del Tempio
hanno proibito a tutti gli ebrei, sotto pena di grave castigo, di darci
qualsiasi lavoro e tanto meno di farci l’elemosina! Cosa possiamo noi fare
adesso per vivere?»
3. Dicono Baram e Kisjonah contemporaneamente: «O amatissima fra le
madri, che Dio ha ritenuto degna della grazia infinita di far nascere da te su
questo triste mondo il più grande Figlio di tutti i Cieli, non sei tu colei che
un’infamia simile possa amareggiare! Vedi, di fronte allo stato in primo luogo
noi non siamo più ebrei, almeno nella forma siamo greci, quantunque nella
sostanza siamo rimasti come prima ebrei secondo Mosè nel nostro cuore. In
secondo luogo, e ne sia lodato il Signore, siamo entrambi ricchi; tu non hai
dunque che da venire ad abitare con noi assieme a tutti quelli di casa tua, e
non ti mancherà nulla!»
4. Dico Io: «Amici Miei! La vostra offerta è come un balsamo versato
sul Mio cuore! La Mia grazia e la Mia benedizione saranno la vostra ricompensa
in eterno. Ma anzitutto Io intendo andare a casa Mia per vedere con quale
diritto quei miserabili hanno rubato alla madre, alla moglie legittima di
Giuseppe, quel poco che avevamo acquistato a prezzo di grandi fatiche.
5. Poi avrò anche da scambiare qualche parola con Giairo, poiché sua
figlia cadrà nuovamente ammalata ed egli verrà nuovamente in cerca di Me! In
tale occasione parlerò Io con lui! Considerato però che la situazione è
divenuta ora davvero tanto grave, e che la malefica gentaglia ci ha teso dei
tranelli dappertutto, noi partiremo subito e ce ne andremo sul mare; almeno
questo non ci avrà preparato delle insidie!
6. E sul mare Io voglio spiegare al popolo, con parabole, parecchie
cose riguardo al Regno dei Cieli, affinché un giorno nessuno possa scusarsi e
dire: “Come avrei potuto credere e tenermi fedele a ciò di cui non ebbi mai
prima alcun sentore?”. Ma poiché anche quelle vecchie furie vorranno venire,
allora il popolo non deve impedire loro di avvicinarsi, in modo che anche loro
un giorno non possano scusarsi!
7. Tu, amico Kisjonah, va’ e prepara la tua barca più grande, perché ne
avremo certo bisogno!»
8. Kisjonah si alza e se ne va con i suoi per adempire il Mio
desiderio.
9. Baram allora Mi prega che Io gli permetta di accompagnarMi, visto
che Io non posso né voglio restare più a lungo in casa sua.
10. Ed Io gli rispondo: «Fino a quando e dove tu desideri! Infatti da
parte Mia una buona ed onesta richiesta non fu mai respinta né rimase
inesaudita!»
11. Baram sbriga in fretta le faccende di casa sua, dà poi istruzioni a
sua moglie ed ai suoi figli su quello che avranno da fare durante la sua
assenza e sul modo in cui dovranno comportarsi verso i malvagi persecutori,
prende poi un po’ di denaro, e tutti assieme usciamo dirigendoci verso il mare,
seguiti da una grande moltitudine di popolo. (Matteo 13,1)
12. Non mancano i vecchi e maligni farisei, ma affinché la gente non
possa riconoscerli, si sono travestiti. Arrivati al mare, il popolo, fra
continue acclamazioni di “Salute al Figlio di Davide!”, si accalca a tal punto
sulla riva che Io ed i Miei parenti non troviamo più posto, né meno ancora lo
possono trovare tutti i Miei discepoli già molto numerosi.
13. Per conseguenza Io dissi a Kisjonah: «Fa mettere giù la scaletta
fino alla riva; noi dobbiamo montare sulla nave perché a terra è impossibile
starci!».
14. Kisjonah fece subito scendere la scaletta, e noi rapidamente vi
salimmo; ma quando il popolo Mi vide salire sulla barca, credette che Io intendessi
partire subito e cominciò a supplicarMi ad alta voce di spiegargli
conformemente alla Mia promessa la Dottrina del Regno dei Cieli!
Le parabole
del Regno dei Cieli, del seminatore e della semente.
Interruzioni
dei discepoli. Spiegazione delle parabole.
«A chi ha,
sarà dato, ma a chi non ha, a costui sarà tolto quello che ha».
(Matteo 13,
3-23)
1. Quando noi fummo tutti sulla nave, e la scaletta fu tirata a bordo, Io
raccomandai al popolo di starsene tranquillo e di accamparsi lì, intorno alla
riva. Il popolo allora si acquietò e prese posto come Io avevo suggerito;
soltanto i vecchi farisei non vollero seguirne l’esempio, ma si appartarono un
po’ non lontano dalla riva in vicinanza della loro nave. Infatti essi avevano
preso la decisione di non perderMi più di vista, ed erano quindi pronti
all’occorrenza a seguirci anche in mare.
2. Io intanto Mi ero seduto sulla coperta molto spaziosa della nave, e
cominciai subito a parlare di diverse cose al popolo, in parabole. Scelsi
questo modo di esprimerMi appunto perché i sciocchi farisei non potessero
comprendere le Mie parole; ma il popolo, che in quella regione era più sveglio
di spirito, comprendeva quello che Io gli dicevo.
3. Anzitutto Mi paragonai ad un seminatore, e dissi: «Udite e
comprendete bene:
4. “Una volta un uomo uscì per seminare (Matteo 13,3) una semente buona
e sana, ma, mentre egli andava spargendo la semente, un po’ ne cadde sulla via,
allora vennero gli uccelli e la mangiarono (Matteo 13,4). Una parte cadde su
terreno pietroso e germogliò ben presto, perché la terra non era né molta né
forte (Matteo 13,5), ma quando il sole si fu alzato, sotto l’azione dei suoi
raggi cocenti si disseccarono quei germogli sbocciati durante la notte umida e
fredda, perché non avevano radici, e tutto ridivenne arido (Matteo 13,6).
Un’altra parte cadde fra le spine, ma queste crebbero molto più rapidamente e
più vigorose del grano e lo soffocarono (Matteo 13,7). Ed alcuni semi infine
caddero su buon terreno e portarono frutto, alcuni cento, alcuni sessanta e
alcuni trenta volte la semente (Matteo 13,8). Chi ha orecchi da udire, oda!”»
(Matteo 13,9)
5. A questo punto Io volevo continuare il discorso, ma poiché i
discepoli stessi non avevano compreso interamente questo linguaggio figurato,
essi Mi domandarono: «Perché ad un tratto Ti metti a parlare loro in parabole?
(Matteo 13,10). Noi che Ti stiamo vicino già da così lungo tempo, le
comprendiamo a stento; come potranno comprenderle coloro che ascoltano sulla
riva? Non vedi dunque come essi si stringono nelle spalle, e certuni perfino
stimano che Tu voglia farTi beffe di loro, oppure che a causa dei farisei Tu
creda meglio parlare di cose del tutto indifferenti, poiché è ben noto a
ciascuno che il grano non si deve seminare per le vie, né sulle pietre, né meno
ancora fra le spine! Noi comprendiamo già all’incirca quello a cui Tu vuoi
alludere con ciò, ma gli altri che stanno sulla riva credono sul serio che Tu voglia
prenderli in giro! Oppure Tu vuoi davvero dare loro tali insegnamenti in modo
che essi non debbano comprendere nulla?»
6. Rispondo Io ai discepoli: «Che parole sono mai queste, e perché Mi
disturbate? Io so per quale motivo parlo a questo popolo in parabole, cosicché
esso non debba comprenderle! A voi è dato comprendere il mistero del Regno di
Dio; a questi però non è dato! (Matteo 13,11). Infatti la cosa sta in questi
termini: “A chi come voi ha già, a costui sarà dato affinché ne sovrabbondi; ma
a chi non ha, gli sarà tolto anche quello che ha!” (Matteo 13,12). Per questa
ragione Io, quale Signore, parlo loro in parabole. Con gli occhi aperti essi
non vedono, e con le orecchie aperte essi non odono e non comprendono! (Matteo
13,13)
7. Cosa non feci Io qui, e cosa Mi credono essi? Essi sono tutti ciechi
e sordi. La parabola che si adatta a loro la vedeste ieri nel cieco muto che Io
ho guarito; come questi era infermo nel corpo, così costoro lo sono nell’anima.
Mi esprimo con loro in parabole affinché in loro abbia adempimento la profezia
di Isaia che dice: “Con gli orecchi l’udirete e ciò nonostante non
comprenderete, e con occhi che vedono lo guarderete e ciò nonostante non lo
percepirete!” (Matteo 13,14)
8. Infatti il cuore di questo popolo è ostinato, ed i loro orecchi
odono male, ed i loro occhi sonnecchiano per non vedere con essi, per non udire
con gli orecchi e non comprendere con il cuore, per non convertirsi e non farsi
aiutare da Me.
9. Ma beati i vostri occhi che vedono, e le vostre orecchie che odono
tutto ciò! (Matteo 13,16). Ebbene, in verità vi dico: “Molti profeti e giusti
hanno desiderato vedere le cose che voi vedete, e non le hanno viste, e hanno
desiderato udire le cose che voi udite, e non le hanno udite!” (Matteo 13,17)
10. Io vi ho detto prima che a voi è dato di comprendere il mistero del
Regno di Dio; tuttavia osservo che in realtà il vostro intelletto non
sopravanza di molto quello di coloro che stanno sulla riva. Dunque, udite ora e
comprendete cosa significhi la parabola del Seminatore, la quale è da
intendersi nel seguente modo (Matteo 13,18):
11. “Quando qualcuno ode bensì da Me la Parola del Regno di Dio, ma non
la comprende con il cuore, il quale a causa dei pensieri e delle cure del mondo
è liscio come [la superficie di] una via, allora fin troppo presto il demonio
scorge la Parola, che giace libera sulla superficie esterna del cuore ben
levigato dalle mondanità, e strappa facilmente via quello che era destinato a
germogliare nel cuore, ma che purtroppo rimane soltanto aderente alla liscia
superficie esteriore. E vedete, un simile uomo è quella via sulla quale cadde
la Semente, cioè la Mia Parola (Matteo 13,19). E là sulla riva ce ne sono molti
di questa specie!”
12. Quello che ho detto della semente caduta su terreno pietroso
significa questo: “Un uomo ode la Mia Parola, e subito la accoglie con molta
gioia (Matteo 13,20). Ma a somiglianza della pietra ha in sé ed intorno a sé
troppo poco umore vitale, che corrisponde al giusto coraggio del cuore, ed
altresì troppo poca terra, che rappresenta una ferma volontà, e per
conseguenza, come è il caso con la pietra, dipende dal tempo se è umido od
asciutto, in una parola: cambia ad ogni mutare di tempo. Se a causa della Mia
Parola un tale uomo si vede esposto in seguito ad ogni genere di tribolazione e
di persecuzioni, esso avvampa allora di ira e di collera (Matteo 13,21), ed è
così appunto simile ad una pietra arroventata dal calore del sole, sulla quale
la Mia Parola non può maturare naturalmente e mettere radice, ed infine deve
inaridire del tutto”
13. E lì sulla riva vi sono molte di queste pietre che per amore di Me
sono bensì colme di sdegno contro i farisei perversi, ma poiché vedono che, in
seguito alle parole da Me dirette loro dall’Alto, cominciano subito a mostrarsi
ogni tipo di tribolazioni e persecuzioni, essi uccidono la Mia Parola dentro il
loro cuore, da un lato sdegnandosi troppo, e dall’altro temendo troppo, perché,
nonostante tutti i segni che hanno visto e tutte le più vive assicurazioni che
hanno avuto da Me, essi non credono che Io sia abbastanza potente da
proteggerli da tutti i mali; ed a causa di ciò essi
assomigliano quindi alla pietra sulla quale cadde la semente.
14. Riguardo alla semente caduta fra le spine, la cosa va interpretata
in questo modo: “Quando un uomo ode la Parola e l’accoglie, ma egli è immerso
in ogni specie di affari mondani e nelle cure che ne derivano, e ciò per un
guadagno ingannevole e di una ricchezza più ingannevole ancora, queste futili
cure si accumulano sempre più di giorno in giorno; crescono come ogni mala erba
rapidamente e rigogliosamente, e soffocano nel cuore molto presto e con
facilità la Parola da Me seminata!” (Matteo 13,22)
15. Ed ecco, anche di questi ve ne sono molti lì sulla spiaggia, i
quali somigliano alle spine fra cui cadde la semente.
16. Ed infine, la semente caduta su buon terreno significa questo: “Se
un uomo ode la Mia Parola e la accoglie nel profondo del suo cuore, dove là
soltanto e sempre potrà venire compresa in modo valido, giusto e vivificante,
egli è allora somigliante ad un buon terreno il quale accoglie la semente e che
a seconda della forza e della volontà dell’uomo stesso rende ora chi il cento,
chi il sessanta e chi trenta volte la semente in frutti di opere buone” (Matteo
13,23). Qui è da intendersi che frutta cento colui che
fa tutto per Me; il sessanta colui che fa molto per Me, e il trenta colui che
fa una parte per Me.
17. Similmente vi sono tre Cieli nel Mio Regno: il più alto per il
frutto centuplo, il medio per il sessantuplo e il più basso per il frutto
trentuplo. Sotto il trentuplo, però, non verrà
considerato nessuno, perciò a chi possiede sotto il trenta a costui sarà tolto
e sarà aggiunto a colui che possederà il trenta, il sessanta e il cento. E in
tal modo sarà tolto a chi non ha per essere aggiunto a colui che ha già,
affinché ne sovrabbondi!
18. E vedete, là sulla riva stanno molti ai quali viene tolto già ora
per essere dato a voi che avete già molto, mentre essi hanno troppo poco o
niente affatto!
19. Se qualcuno ha un campo che gli rende frutto a dovizia perché il
terreno è buono, ma in pari tempo ha anche un altro campo il quale, malgrado
ogni possibile cura posta nel concimarlo, resta magro e produce a mala pena
qualche meschino frutto di quanto vi viene seminato, cosa farà il padrone dei
due campi? Vedete, egli toglierà al campo magro lo scarso frutto che avrà
portato, lo aggiungerà al frutto buono ed abbondante prodottogli dal campo
efficiente, e l’anno seguente non seminerà nulla nel campo magro, mentre
affiderà tutta la semente al campo buono! Questo produrrà allora tutte le
frutta, mentre il magro verrà abbandonato alle zizzanie, ai cardi ed alle
spine.
20. Vedete, in questo modo agisce un padrone saggio e prudente; perché
dunque dovrebbe il Padre che è nei Cieli eterni procedere in maniera meno
saggia e prudente di quanto possa farlo un uomo accorto e prudente su questa
fugace Terra?
21. Per conseguenza sia lontano dai vostri cuori il pensiero che il
Padre nei Cieli possa essere ingiusto!
22. Se voi sapete che non ci si rivolge per consiglio se non a colui
che ha qualche saggezza, e che si volta subito la schiena ad un parolaio e
millantatore il quale non ci vuole molto ad accorgersi che è veramente tale,
domando: “Si agisce forse erroneamente se si toglie la fiducia a chi non è che
un parolaio e millantatore e la si concede invece a chi è veramente saggio e
che, anche senza di ciò, viene stimato degno di fiducia da tutte le parti?
23. Oppure fate male dichiarandovi Miei discepoli e Mi seguite, mentre
abbandonate Tempio, farisei e tutti i dottori della Legge, e così togliete loro
anche l’ultima briciola di fiducia per donarla a Me, che per le parole dette e
le opere compiute godo già, anche senza di ciò,
fiducia in misura grandissima?”.
24. Io credo che ormai dovrebbe riuscire chiaro a tutti voi che non vi
è assolutamente nulla di ingiusto in quello che Io vi dissi; e cioè che un
giorno a chi non ha nella misura indicatavi in cifre sarà tolto anche quello
che ha.
25. Sappiate dunque che ciò che Io ora vi dico riguarda lo spirito e
non la materia, perché certamente sarebbe un’ingiustizia togliere al povero
quel poco che ha per darlo al ricco, i cui granai sono anche senza quel poco
già abbondantemente provvisti. Perciò vi ripeto che tutto quello che Io dico a
voi si riferisce soltanto allo spirito, e non già alla materia, per la quale
non può né deve venire emanata altra legge all’infuori di quella della
costrizione più assoluta, fino alla sua dissoluzione, che prima o dopo avviene.
Avete compreso?»
26. Rispondono tutti: «Sì, o Signore e Maestro, poiché la Tua Sapienza
supera tutte le nostre concezioni per quanto grandi e per quanto da noi
presunte sagge! Ti preghiamo dunque di voler continuare a parlare in tale
maniera!».
La parabola
della buona semina di grano e della zizzania sparsavi in mezzo dal nemico.
Del granello
di senape e del lievito. Scarsa comprensione dei discepoli.
La buona
testimonianza di Achab, tratta delle profezie di Isaia sul conto del Messia.
Il popolo
dalla mente ottusa congedato, ed i farisei in balia dell’uragano.
(Matteo 13,
24-35)
1. Allora Io riprendo il discorso ad alta voce in modo che possano
udirlo anche coloro che stanno sulla riva, e dico: «Ebbene, ancora una volta:
“Chi ha orecchie da udire, oda, e chi ha occhi, nel suo cuore ovviamente,
costui veda e comprenda!”. Io vi proporrò un’altra parabola del Regno di Dio!
Ascoltate!
2. Il Regno dei Cieli è pure simile ad un uomo il quale seminò buon
seme nel suo campo (Matteo 13,24). Ma poi, mentre i suoi servi dormivano, venne
il nemico del padrone e seminò la maligna zizzania fra il grano, e la zizzania
crebbe assieme a questo (Matteo 13,25). E quando il grano fu ben cresciuto e si
mostrarono le spighe, vi si trovò frammista anche la zizzania. (Matteo 13,26)
3. Quando i servitori se ne furono accorti, andarono dal padrone e
dissero: “Signore, non hai seminato buon seme sul tuo campo? Da dove è venuta
dunque la zizzania?! (Matteo 13,27)
4. Ma il padrone così rispose, e disse: “Questa è opera del mio
nemico!”. E i servitori dissero: “Signore! Se tu lo vuoi, noi andremo al campo
e strapperemo la zizzania!?” (Matteo 13,28). Ma il padrone disse: “Non lo fate,
affinché, volendo strappare via la zizzania, non calpestiate e strappiate insieme
anche il buon grano! (Matteo 13,29). Lasciate che entrambi crescano assieme
fino al tempo del raccolto; giunto questo tempo, io dirò ai mietitori:
“Raccogliete dapprima la zizzania in fasci e portatela via dal campo in un
luogo dove possa venire bruciata, e poi radunate il buon grano nei Miei
granai!” (Matteo 13,30). Vedete, questa è una buona similitudine del Regno dei
Cieli! (Matteo 13,31). Ma ascoltateMi ancora! Io vi dirò parecchie altre di
tali parabole le quali contengono tutte in sé, nel modo più preciso, il Regno
dei Cieli. Udite dunque!
5. Il Regno dei Cieli è simile ad un granello di senape, che un uomo
prese e seminò nel suo campo. Com’è ben noto, questo granello è uno dei più
piccoli fra tutte le sementi; però quando cresce, è la più grande fra le erbe,
ed infine diventa veramente albero, tanto che perfino gli uccelli del cielo
vengono a prendere dimora fra i suoi rami» (Matteo 13,32)
6. A questo punto i discepoli si guardarono l’un l’altro meravigliati e
dissero: «Cosa vuole dire ciò? Chi può comprenderlo? Ecco che il Regno dei
Cieli è divenuto addirittura uguale ad un granello di senape!»
7. Dico Io: «Non stupitevi, ma piuttosto ascoltateMi ancora. Io vi dirò
un’altra parabola del Regno di Dio.
8. “Il Regno dei Cieli è altresì simile ad un lievito che una donna
prese e mescolò in tre moggia[14]
di farina di grano, fino a che tutta la farina fu lievitata”» (Matteo
13,33)
9. Di nuovo tutti i discepoli, compresi gli apostoli già più svegli di
intelletto, si guardarono con gli occhi e dissero fra di loro: «Chi può
comprendere una cosa simile? A meno che Egli non voglia burlarsi del popolo a
causa dei farisei? È davvero inesplicabile che Egli abbia così ad un tratto
cominciato a parlare e ad esprimersi per mezzo delle più confuse parabole!»
10. Però Achab, che era molto versato nelle Scritture, udì quello che i
discepoli andavano sussurrando, e disse loro: «Se Egli è Colui che, come io
ormai credo fermamente, senza alcun dubbio debba essere, e dato che Egli
continua a parlare sempre ugualmente in parabole soltanto (Matteo 13,34), io
penso che dovrebbe ben riferirsi a Lui quello che un giorno Isaia profetizzò
del Messia che doveva venire, quando disse: “Io aprirò la Mia bocca in
similitudini, e annuncerò quello che fino dal principio del mondo fu un mistero
per tutti gli uomini” (Matteo 13,35)
11. Vedete, così parlò una volta il grande profeta, ed altrettanto
cantò a suo tempo pure Davide nel suo 78° salmo, verso 2; e questo assieme a
molti altri riferimenti si adattano perfettamente alla Sua Persona; come dunque
potete ancora domandare e dire: “Com’è, che cosa è questo dire?”. Proprio voi,
che pur siete da abbastanza tempo presso di Lui?! Se sarà necessario, Egli ci
spiegherà bene queste parabole; se poi non fosse necessario, ebbene, potremo sempre
gloriarci altamente di aver visto e udito quello che tutti i patriarchi ed i
Profeti hanno ardentemente desiderato vedere e udire!»
12. Tutti i discepoli si dichiararono soddisfatti di questa
interruzione di Achab, e poiché durante il suo discorso Io ero rimasto
silenzioso, il popolo Mi chiese se avrei continuato a parlare ancora di cose
incomprensibili, e se eventualmente, essi avrebbero forse fatto meglio ad
andarsene per i fatti loro, dato che essi si erano trattenuti là sulla riva in
attesa di qualche buon insegnamento, che però fino ad allora non era venuto!?
13. Ma Io dissi loro: «Ritornate pure alle vostre case, poiché non per
voi Io ho aperto la Mia bocca, ben conoscendo quanto ottuso fosse il vostro
cuore! E per questo motivo che a suo tempo i vostri figli saranno i vostri
maestri ed i vostri giudici».
14. Con ciò ben presto tutto il popolo si allontanò dalla riva, e
ognuno si ritirò in casa propria.
15. Soltanto i farisei, quando si furono accorti che Kisjonah si
disponeva ad allestire la sua nave, salirono prontamente sulla loro che stava
lì già pronta, e presero il mare prima di noi. Però in segreto era Mia Volontà
che un forte vento si alzasse contro di loro! Ed ecco che ben presto delle
potenti raffiche cominciarono ad investire la loro nave, sulla quale a tratti
il mare infuriato riversava ondate e schiuma.
Il Signore
calma la bufera. I dubbi dei discepoli disapprovati da Achab.
Osservazione
di Giuda e testimonianza umile di Achab sul Messia.
Cenni del
Signore su Achab.
1. Noi però partimmo da Gesaira in tutt’altra direzione, e dovette
nuovamente accaderci di venire sorpresi da una bufera in mezzo al mare. In
questa occasione tutti coloro che si trovavano sulla nave furono nuovamente
colti da grande timore come era avvenuto già prima una volta, e pieni di
angoscia e di spavento, cominciarono a gridare che Io li aiutassi, altrimenti
sarebbero stati tutti perduti!
2. Ed Io, come già un'altra volta, comandai al vento e al mare, e immediatamente
si fece grande calma sulle acque e nel cielo; e coloro che stavano sulla nave
dissero ad alta voce: «Chi è Costui, al Quale ubbidiscono il mare ed i venti?!»
3. Ma Achab, che non aveva partecipato a tale manifestazione di
meraviglia, osserva ai discepoli e ad altri presenti: «Amici! Questa è stata
nuovamente una domanda ed una sorpresa insensata, nonché fuori luogo e fuori
tempo. Voi siete già tanto tempo con Lui, e vi meravigliate in questo modo come
se questo fosse il primo miracolo compiuto da Lui e di cui voi foste stati
testimoni. Io sono invece a mala pena da una giornata con voi, eppure a me
sembra tutto ciò tanto chiaro, quanto può riuscire chiara una cosa all’uomo in
generale! Se Egli è Colui, cioè il grande Messia promesso, il Quale secondo
Davide non è né più né meno che Jehova in Persona operante per mezzo di un
corpo di carne e di sangue, dovrà pur essere cosa facile per Lui frenare un
uragano, dato che non Gli fu di certo cosa particolarmente difficile creare il
mondo intero! Se dunque questo è incontestabilmente il caso, e voi conoscete
chi Egli è, come può il vostro cuore ispirarvi una tale domanda e tanta
meraviglia?»
4. Dice Giuda, alquanto seccato per questa osservazione di Achab:
«Amico; non devono dunque suscitare in noi più alcuna meraviglia le opere che
il Signore compie davanti ai nostri occhi, per il fatto che noi e molti altri
le abbiamo viste compiere da Lui già altre volte?»
5. Risponde Achab: «Fratello mio, sia lontano da me tale pensiero! Io intendo
dire soltanto questo: “Noi dobbiamo certo meravigliarci con tutta l’umiltà di
cui è capace il nostro cuore che Egli compia tante e tali cose davanti ai
nostri occhi e che reputi noi creature, specialmente non troppo meritevoli del
Suo Amore, Sapienza e Potenza, tanto degni da compiere appunto simili opere
davanti ai nostri occhi ed ai nostri sensi! Io, per mio conto, non mi ritengo
degno della minima fra tutte! Ma quando noi sappiamo ciò che Egli è veramente,
e ci meravigliamo se Egli, che ha creato il cielo e la Terra, fa qualcosa di
straordinario precisamente come se a farlo fosse stato un semplice uomo, in tal
caso si giunge alla conclusione che noi riteniamo Lui, il Signore, nulla di più
di un comune uomo un po’ fuori dell’ordinario! Ed è perciò che io ritengo che
sia fuori luogo una meraviglia quale voi l’avete manifestata di fronte al
Signore, dopo che Egli d’un tratto ebbe domata la bufera!
6. Non sarebbe forse ridicolo cominciare ora a stupirsi di fronte al
sole, alla luna, a tutte stelle, a questa Terra e a tutte le innumerevoli
creature formate e ordinate nel modo più meraviglioso, cose queste che tutte
sono altrettanto opere Sue quanto lo è stato lo straordinario ed improvviso
annientamento di questa violenta bufera marina?! Secondo me, se proprio
vogliamo meravigliarci di qualche cosa, meravigliamoci unicamente del fatto che
Dio l’Onnipotente, Jehova, l’Inesprimibile, volle degnarsi di scendere dalle
incommensurabili altezze dei Suoi Cieli, dal Suo trono di Amore, di Sapienza e
di Potenza, giù da noi, uomini mortali che ci troviamo tanto infinitamente in
basso a Suo confronto e siamo tanto deboli! Ciò che sarebbe quasi incredibile,
se quello che ora avviene e che è nella piena realtà non fosse stato
profetizzato già fin dai tempi di Adamo e di Enoc, e poi da tutti i profeti
fino al povero Zaccaria ed a suo figlio.
7. Questo sì che mi appare come il prodigio più grande: cioè che tutto
ciò avvenga attualmente così come centinaia di profeti unanimemente lo hanno
predetto! Gli avvenimenti che ora si svolgono non sono che una conseguenza
naturalissima del primo avvenimento oltre ogni dire meraviglioso su questa
Terra, cioè della apparizione preconizzata di Jehova in un corpo di carne e di
sangue!”»
8. A queste parole di Achab, i presenti, compresi i dodici apostoli,
rivoltisi a Me domandarono: «Signore, da dove mai deriva a quest’uomo tale
eloquenza e una sapienza così acuta?»
9. Ed Io rispondo loro: «Né la sua carne né il suo sangue gli hanno
suggerito ciò, bensì lo spirito che in lui è molto desto, cosicché a
raggiungere la piena rinascita dello spirito ben poco ancora gli manca! Non
torna dunque affatto a vostro speciale onore che egli vi sia maestro, anziché
esserlo voi a lui, ma egli ha un grande vantaggio su di voi perché conosce
molto bene le Scritture, ed Io lo amo come amo voi, perché vi è molta umiltà
nel suo cuore!».
La patria
spirituale dell’uomo: il suo intimo quale punto di raccolta della vita.
Il viaggio a
Kis, alla dimora di Kisjonah. Del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Il Signore
benedice Kisjonah.
1. Mi chiedono i discepoli che sono in mare: «Dove andremo ora, o
Signore?». Ed Io rispondo: «Seguiremo la via diretta che conduce in patria!».
Esclamano i discepoli: «Signore, se è così, non andrà certo nel modo migliore!
Infatti i farisei hanno tolto ogni cosa a Tua madre terrena, e per conseguenza
siamo del parere che non vi sia molto da attendersi in patria, quantunque noi
sappiamo benissimo che Tu veramente sei di casa ovunque e che quindi ovunque è
la Tua Patria!»
2. Ed Io dico loro: «Eppure voi non dovreste essere interamente ignari
del linguaggio dello spirito! Intendo Io forse recarMi a Nazaret quando dico
che ora ritorneremo direttamente in patria?! Comprendetelo dunque una buona
volta! Quando Io parlo di ritornare in patria, intendo con ciò l’intimo
dell’uomo, che è il vero punto spirituale di raccoglimento della vita, della
forza, della potenza e di ogni sapienza. Dunque è là che noi andiamo! Noi
abbiamo bisogno della tranquillità spirituale interiore, e questa è veramente
la patria; in essa - non già per Me, ma per voi - troveremo quello che
anzitutto ci è necessario quali uomini esteriormente di carne e di sangue!»
3. Rispondono i discepoli: «Sì, o Signore, ora comprendiamo!»
4. Dico Io: «Però, materialmente parlando, andremo nuovamente da
Kisjonah! Là noi saremo sicuri perché la sua casa è libera; egli paga a tale
scopo un rilevante tributo all’imperatore, ed i farisei possono venirne tenuti
lontani. Tuttavia, trascorsi alcuni giorni, faremo ritorno alla patria terrena
per tentare di raddrizzare quello che adesso è divenuto quanto mai storto!»
5. Esclama Kisjonah: «Signore! Non qualche giorno soltanto, ma
piuttosto alcuni mesi od almeno qualche settimana Ti piaccia passare con tutti
i Tuoi nella casa che sembra mia, ma che veramente è in tutto e per tutto
unicamente Tua. Infatti a Nazaret, a meno che Tu non faccia piovere fuoco e
zolfo dal cielo, non troverai che poca od affatto nessuna accoglienza, specialmente
poi presso i farisei e i dottori della Legge i quali, come udimmo, mirano
sempre più ad attentare alla Tua vita!»
6. Gli dico Io: «Amico; sgombra la tua mente da simili pensieri, poiché
a Me non può essere recato danno se non in quanto lo permette il Padre Mio che
è in Me come Io sono in Lui; però tutto quello che viene concesso a questo
riguardo per la salvezza degli uomini e per l’adempimento delle Scritture è
noto a Me già un’eternità prima! E tutti i profeti non avrebbero mai più potuto
profetizzare in tale senso, se già in precedenza Io non l’avessi saputo, perché
il medesimo Spirito, che è in Me in tutta la Sua interezza e che ora in questo
modo ti parla, ha nello stesso modo parlato pure ai profeti come tu li leggi
nelle Scritture! E poiché ora è qui presente quello Spirito stesso, è opportuno
che Egli pure adempia tutto ciò che mediante i profeti ha predetto di Se
stesso! Non preoccuparti dunque, perché questo Spirito Onnipotente saprà badare
a se stesso!»
7. Kisjonah Mi comprende e tace; e battendosi tre volte il petto, dice
dopo un po’: «Certo, io non sono degno che Tu entri sotto il mio tetto,
tuttavia concedi a me, povero peccatore, grazia e misericordia, e rimani
parecchi giorni presso di me per mia consolazione!»
8. Gli dico Io: «Sii pur tranquillo! Infatti, finché avrò da fare su
questa Terra, Io prenderò dimora presso di te assieme a tutti coloro che sono
con Me; la tua casa sarà per Me un luogo di riposo. Certo, dovrò spesso
abbandonarla perché le Mie occupazioni Mi chiameranno altrove, ma in Spirito
non la lascerò mai!». (E ciò dicendo posi la Mia mano sul cuore di Kisjonah.)
Sorpresa
gradita allo sbarco nella città natale di Kisjonah. Gioia di Jonaele e Jairuth
nel rivedere gli amici.
Incaricato dal
Signore, un angelo viene
meravigliosamente
in aiuto di Kisjonah.
1. Mentre noi parlavamo così, giungemmo a riva precisamente al punto di
approdo nei pressi di Kisjonah da dove, attraverso giardini grandi e molto
belli, si giungeva in breve tempo agli edifici spaziosi ed alle case di
abitazione di proprietà dello stesso, nelle quali tutto era già preparato per
riceverci. Kisjonah infatti in casa di Baram aveva appreso da Me in segreto che
Io sarei andato nuovamente da lui, ed aveva perciò mandato prontamente su di un
piccolo battello a casa sua dei messaggeri, dei quali ognuno aveva ricevuto uno
speciale incarico.
2. Ma chi trovammo ad attenderci al nostro arrivo? Jairuth, il ricco
mercante di Sichar che abitava il vecchio castello di Esaù passato in sua
proprietà, e Jonaele, il già noto sacerdote anziano della medesima città;
entrambi erano stati condotti dall’angelo che si trovava presso Jairuth, poiché
essi dovevano parlare con Me di cose molto importanti. E così la sorpresa di
incontrarli fu veramente gradevolissima, e la gioia che tutti ne provavamo fu
celestialmente pura.
3. I due, quando Mi scorsero, soggiogati dall’intima ed intensa gioia
da cui erano presi, non furono in grado di dire una parola, ma portarono le
mani tremanti per l’interna commozione al petto, e in tal modo Mi salutarono
con tutto l’amore di cui era colmo il loro cuore.
4. Io però dissi loro: «Miei cari amici e fratelli! Risparmiate una
vana fatica alle vostre bocche, poiché nel suo linguaggio il vostro cuore dice
a me con una sola parola più di mille parole, per quanto belle, uscite dal
labbro, delle quali troppo spesso il cuore non sa molto!
5. Ed ora anzitutto ristoratevi dal viaggio lungo e faticoso che avete
fatto, e solo dopo vi renderò noto quale contegno dovrete tenere, quando sarete
tornati alle vostre case, verso colui che gli arcisamaritani hanno posto al tuo
fianco, o Mio Jonaele, quale sacerdote anziano e ministro del vacuo e cieco servizio
sul Garizim. Ma, come ho detto, avete bisogno di un po’ di riposo e di ristoro,
dedicatevi dunque prima a ciò.
6. E tu, fratello Mio Kisjonah, porta loro qualche rinfresco, e giovati
pure dell’opera del servitore venuto con questi due amici da Sichar, perché
costui non è mai stanco, e ti renderà in modo quanto mai sollecito buonissimi
servizi; oltre a ciò egli conosce già tanto bene la tua casa come se vi avesse
dimorato da lunghi anni in qualità di primo servitore. Perciò giovati pure di
lui, senza darti troppo pensiero, e lascia che la tua gente, anch’essa stanca,
si riposi un po’ a sua volta. È vero che il giorno volge alla sua fine, però,
anche se i tuoi stanchi servitori andranno quest’oggi a riposare prima del
consueto, non ne risentirà affatto la tua economia domestica, perché questo
servitore potrà benissimo sostituirli tutti»
7. Dice Kisjonah: «Signore, che per Te non vi sia niente di
impossibile, io sono più che intimamente convinto, ed a questo riguardo
condivido perfettamente l’opinione e la fede del nostro giovane fariseo Achab;
ma quello che mi sembra un po’ troppo enigmatico è in quale modo questo
delicatissimo giovane, ragazzo anzi, potrà accudire a tutte le molteplici
mansioni che ci sono da sbrigare entro la giornata, e come riuscirà a servire
tutti noi che pure siamo qui in diverse centinaia!»
8. Gli dico Io: «Amico, tu hai troppo poco latte, formaggio e burro in
casa, ma nelle tue cascine sui monti ve n’è una grande provvista. Fatti anzitutto
portare giù da questo giovanetto tutte le tue provviste, perché è meglio che tu
le tenga qui invece che nelle tue cascine sui monti, i quali questa notte
saranno battuti da un’orda di Sciti selvaggi in cerca di preda»
9. Esclama Kisjonah: «Ah, adesso comincio a vederci chiaro! Questo
ragazzo deve essere certamente uno di quei tre che ci hanno servito qualche
tempo fa sul monte!»
10. Gli dico Io: «Ebbene sì, ma ora non domandare e non arrovellarti il
cervello più a lungo, altrimenti sarà troppo tardi!»
11. Allora Kisjonah si avvicina sollecito al giovane e gli espone in
termini amorevolissimi il suo desiderio.
12. E il giovane gli risponde: «Sta pur
tranquillo, o carissimo amico del mio Signore e Dio; in pochi istanti tutto
sarà nel più perfetto ordine, perché il qui il là e il dappertutto sono per me
una cosa sola, e, quantunque io sia uno dei più deboli, sotto la potenza dei
miei piedi deve tremare tuttavia tutta la Terra!».
13. Queste parole del giovane sbalordirono addirittura Kisjonah, il quale
non poteva farsi il benché minimo concetto della possibilità di una cosa
simile, e a causa del grande stupore in cui era immerso, a stento si accorse
che il giovane, dopo aver pronunciate le ultime parole, era uscito per
adempiere l’incarico assuntosi.
14. E mentre Kisjonah non aveva potuto ancora raccapezzarsi, ed era
appunto in procinto di interpellare Me per sapere come fosse stata possibile
tale cosa, ecco che il giovanetto gli compare nuovamente dinanzi sollecito, e
gli dice sorridendo: «Stai ancora riflettendo come ciò sia possibile, eppure io
sono già di ritorno in pieno ordine sotto ogni riguardo! Perfino i tuoi
scrivani, i quali, malgrado la loro onesta diligenza, non avrebbero potuto
ultimare tutte le registrazioni nei libri, essendo stata oggi una dura giornata
di lavoro per il tuo ufficio della dogana, li ho aiutati io velocemente,
cosicché anche questi tuoi dipendenti non hanno per oggi più nulla da fare e
sono ormai liberi!»
15. Kisjonah, assolutamente sconcertato, non sa proprio cosa pensare di
questa storia, e domanda con accento del più grande stupore: «Ma, mio carissimo
amico; come è possibile?! Tu hai appena lasciato questa stanza e, ad udire te,
avresti già fatto in pochi momenti un lavoro maggiore di quello che potrebbe
fare tutta la mia gente assieme, usando la più grande diligenza, in una
settimana? Davvero, questa cosa mi sembra proprio incredibile! Ma tu dovresti
avere mille mani e possedere la velocità del lampo!?»
16. Dice il giovanetto: «Ebbene, esci fuori e persuaditi!».
Altri meravigliosi servizi dell’angelo in casa di
Kisjonah. Tutta la vegetazione terrestre è affidata alla sorveglianza di un
angelo solo. Accenni dell’angelo alla propria forza che non è altra se non
quella del Signore. Il messaggero veloce.
1. Kisjonah, seguendo il consiglio del giovane, si reca dunque nelle
dispense e vi trova nel più perfetto ordine, collocate al debito posto, tutte
le grandi provviste di latte, formaggio e burro; si reca nei granai e li trova
colmi, perché anche il grano già maturo nei campi era stato raccolto e portato
in casa. Egli si reca pure nelle stalle dei bovini, in quelli delle pecore e
degli asini, e trova tutto ordinato nel miglior modo possibile! Visita poi il
proprio ufficio che è molto grande, esamina i libri e trova dappertutto il
massimo ordine; dà un’occhiata alle casse e le trova tutte piene; si affretta
infine al grande reparto destinato alla cucina, e vede tutti i cibi già pronti
in quantità e scelta adeguate; egli domanda ai cuochi ed alle cuoche come si
avrebbe potuto spiegare l’avvenimento. Essi però non sanno dirgli altro che:
«Venne un bel giovane in cucina, e ci disse: “Disponete le vivande sui
rispettivi vassoi perché sono ormai tutte ben preparate!”. Allora noi
esaminammo i cibi e constatammo che era proprio così come ci aveva detto il
giovane, il quale nel frattempo si era rapidamente dileguato. Assaggia tu le
vivande e ti accorgerai che è proprio così!»
2. Kisjonah assaggia i cibi, e constata infatti che i suoi cuochi e
cuoche gli hanno detto il vero. Egli ritorna poi sollecitamente nella grande
sala dove Mi trovavo Io con il giovane, e quest’ultimo gli domanda: «Ebbene,
Kisjonah, sei contento di me?»
3. Esclama Kisjonah: «Molte cose meravigliose ho visto compiersi in
casa mia, e non potei mai comprenderle se non dicendo forte nel mio cuore: “A
Dio tutto è possibile!”. Ma pure, questa cosa che succede adesso è davvero la
meno comprensibile di tutte le altre! Che la mano possente di un uomo colmo
dello Spirito di Dio esegua in un attimo un lavoro che altrimenti richiederebbe
una intera giornata di indefesse e strenue fatiche, quantunque trattasi come
detto di un attimo solo, è ancora comprensibile, ma come un essere umano possa
eseguire cento lavori in luoghi diversi, ben discosti l’un dall’altro, in un
medesimo istante, è cosa del tutto differente ed assolutamente incomprensibile
per un semplice uomo mortale, per quanto acuto d’ingegno e d’intelletto egli
sia! E perciò non posso fare altro che ripetere ancora una volta: “Signore, sii
con me, povero peccatore, benevole e misericordioso, perché io non sarò mai
degno che Tu prenda dimora sotto il mio tetto!”»
4. Dico Io a Kisjonah: «Non dilungarti troppo ora nell’esprimere questa
tua grande meraviglia, ma fa piuttosto portare qui dalla tua gente le vivande,
perché noi tutti ne abbiamo ormai vero bisogno.
5. Se quello che hai finora visto è motivo in te di tanta meraviglia,
cosa dirai quando ti rivelerò che su tutta questa Terra ad un angelo solo è
affidato il compito di ordinare e sorvegliare lo sviluppo di ogni erba, arbusto
od albero nelle differenti loro specie, affinché germoglino, crescano e
producano frutti nelle forme più prodigiosamente varie, ciascuno secondo la sua
specie; ed altrettanto valga per tutti gli animali che vivono nell’acqua,
nell’aria e sulla terra! Anche questo ti riuscirà certamente incomprensibile;
eppure vedi, appunto così è e così avviene! Per conseguenza non meravigliarti
più tanto, ma invece va’ e facci portare qui le vivande dai tuoi servitori»
6. Dice Kisjonah: «Signore, Tu mio unico Amore e Vita mia; come sarebbe
se Tu volessi permettere che questo giovane meraviglioso mi fosse di aiuto
anche nel portare qui le vivande di cui ce n’è una grande quantità, poiché i miei
servitori non potrebbero venirne a capo in meno di un’ora certamente?!»
7. Dico Io: «Sta bene, serviti pure di lui; soltanto è opportuno che tu
tralasci di manifestare troppo la tua meraviglia, perché sai già che a Dio
tutte le cose sono molto facilmente possibili!»
8. Kisjonah si dimostra perfettamente soddisfatto di tale decisione e
prega il giovane, che sorridendo amichevolmente lo stava sempre guardando, di
voler prestargli il suo aiuto per portare le vivande dalla cucina nella sala da
pranzo, dove erano già preparate le tavole!
9. Risponde il giovane: «Ben volentieri, carissimo amico mio, soltanto
non stupirti troppo! Ecco, non hai che da voltarti e ad osservare le mense!
Tutto è in ordine già da quando tu eri in procinto di supplicare il Signore di
ogni magnificenza che ti concedesse il mio aiuto! Ma dove tieni il vino?»
10. Dice Kisjonah, dando alla sfuggita un’occhiata alle mense, e
celando in cuore l’immenso stupore: «Hai ragione, quasi quasi ci si dimenticava
anche del vino! Vorresti essere tanto buono da procurarci anche questo dalla
grande cantina?»
11. Dice il giovanetto: «Guarda! Ecco che di nuovo viene predisposto
tutto nel miglior modo possibile; il vino si trova già in quantità sufficiente
sulle mense accanto alle vivande»
12. Kisjonah osserva la sua spaziosa sala da pranzo con le quaranta
grandi tavole collocate in bellissimo ordine e signorilmente imbandite; sedie e
panche sono disposte nel più bell’ordine e ci sono lampade, in giusto numero e
su tutti i tavoli, che già ardono con nitide fiamme diffondendo all’intorno una
luce brillante, nella sera già inoltrata!
13. E nel contemplare questo spettacolo, Kisjonah, il quale passando di
meraviglia in meraviglia non ha potuto ancora riordinare le proprie idee,
esclama: «Dio mio, Dio mio, o mio Gesù, mio eterno Amore! Se le cose vanno di
questo passo, oggi stesso tutte le mie case si sfasciano, e tutto il legno e le
pietre di cui sono fatte cominciano ad animarsi!». E rivoltosi poi al giovane,
gli dice: «O nobilissimo uomo od angelo che tu sia o che tu possa essere,
dimmi, almeno brevemente, come ti è dato di fare tali cose!»
14. Gli risponde il giovane: «Tu sei ben curioso! Ad ogni modo sappi
che a me nulla è possibile senza Colui che ora sta presso di te in questo
mondo; Egli solo è che compie tutte queste opere! Ma come tutto ciò Gli sia
possibile, devi rivolgerti a Lui per averne la spiegazione, poiché la forza in
me di poter operare così non è mia proprietà, ma è una proprietà del Signore
che ha preso dimora in casa tua. Rivolgiti dunque a Lui e domandaGlielo!»
15. Dice Kisjonah: «Questo lo so bene, carissimo amico mio, ma a me
basterebbe qualche piccolo cenno sul modo in cui può venire effettuata una cosa
simile. Tu devi pur fare un movimento! Quanto veloce però e quanto sicuro deve
essere questo! Infatti, evidentemente, la velocità del lampo non è in confronto
che un’andatura da lumache! No, no, io non devo pensarci su! Se tu avessi
impiegato per fare tutti questi lavori almeno soli cento istanti, la cosa si
potrebbe pur ancora comprendere, ma così, senza impiegare uno spazio di tempo
percettibile, realizzare tutto ciò, e per di più nel massimo ordine, questo è
che non mi è possibile conciliare con il mio comune modo di pensare, cosicché
ormai, tra il rispetto e la meraviglia che suscitano in me gli avvenimenti di
oggi, mi azzardo appena a respirare!»
16. Dico Io a Kisjonah: «Suvvia, amico Mio! Non hai finito ancora con
il tuo sbalordimento? Io penso che adesso dobbiamo prendere posto a tavola
prima per cenare, e poi per discutere degli ulteriori momenti dell’Onnipotenza
di Dio e del Suo ben accertato Amore e della Sua Sapienza!»
17. Dice Kisjonah: «Signore, perdonami! Tutte queste meraviglie che ho
viste mi hanno fatto quasi dimenticare perché ci sono stati serviti i cibi e le
bevande; dunque io prego Te e tutti i Tuoi che prendiate posto a mensa! Ma dove
è mai andata la Tua madre terrena Maria e le Tue sorelle che l’hanno
accompagnata? Io vorrei andare a cercarle per invitarle a cena!»
18. Gli dico Io: «Prima chiedi di tua moglie e delle tue figlie! Dove
sono queste, là vi è pure la Mia buona madre con le figlie di Giuseppe il quale
fu il Mio padre putativo. Esse hanno ora immensamente da fare tra di loro per
poter vedere oggi stesso tutto quello che certamente avrebbero tempo di vedere
anche domani, dopo domani e più tardi ancora! Ma il nostro giovane e svelto
servitore andrà lui a cercarle e le condurrà qui, perciò non occorre che tu ti
dia alcun pensiero a questo riguardo!».
La santa
compagnia a cena. Escursione notturna sotto il cielo stellato, alla collina dei
serpenti dove Kisjonah intende edificare una scuola. Accenni alle condizioni
esistenti sulla Terra. Gesù quale dominatore dei serpenti. Spiegazione della
parabola della zizzania.
Cenni vitali.
(Matteo 13,
37-42)
1. Appena Io ebbi terminato di parlare, il giovane ricomparve
conducendo con sé le donne, e tutti ci sedemmo subito a tavola dove i commensali,
di lietissimo umore, consumarono ben presto la cena. Dopo cena, Io dissi a
tutti: «Ascoltate, poiché la notte è tanto bella e ricca di stelle, non
ritiriamoci subito a riposare, ma andiamo fuori all’aperto; là noi ci metteremo
distesi sul prato, perché ho ancora parecchie cose da dirvi e da mostrarvi!».
2. Questa proposta incontrò l’approvazione generale, e tutti ci recammo
fuori all’aperto. La nostra meta era una collina alta circa venti tese (38 m), la quale iniziava ad innalzarsi
in un dolce declivio verso l’interno subito dietro il grande giardino di
Kisjonah, alla distanza di circa trenta passi dalla riva. Kisjonah in questa
occasione osservò che naturalmente quella collina offriva una splendida vista
su tutto il lago, ma che, cosa molto spiacevole, d’altro canto era infestata da
un grandissimo numero di vipere ed altri serpenti di ogni genere che vi avevano
stabilito i loro covi. Egli aveva tentato con ogni mezzo possibile di estirpare
quelle abominevoli bestiacce, ma senza ottenere mai un risultato!
3. Gli dico Io: «Non preoccuparti! D’ora in poi questo colle non
servirà mai più da dimora a quell’orrida progenie; puoi starne certissimo!»
4. Dice Kisjonah: «Se è così, come non ho nemmeno il minimo dubbio,
devo anzitutto ringraziarTi dal più profondo del mio cuore per la miracolosa
liberazione da questo male; in secondo luogo, poi, ho intenzione di edificare
su questa collina in Tua memoria una vera scuola destinata all’insegnamento per
grandi e piccoli, per giovani e vecchi, secondo la Tua purissima Dottrina!»
5. Dico Io: «Una scuola come tu dici, ammesso che possa resistere
all’azione del mondo, avrà certo in ogni tempo la Mia benedizione, ma
purtroppo, poiché il mondo guasta tutto, così con il tempo esso non risparmierà
questa scuola come non risparmierà nemmeno la Mia purissima Dottrina; perciò
nulla può dirsi in questo mondo che possa essere duraturo! Infatti tutto il
mondo è ora immerso nel male, ed è circonciso da Satana! Ma adesso saliamo
sulla collina!». Io e Kisjonah procediamo per primi, e tutti i discepoli e i
servitori di Kisjonah ci seguono immediatamente.
6. Appena comincia la salita, Kisjonah osserva precisamente davanti a
lui una grossa biscia che va strisciando all’insù, e poco dopo, avendone scorte
parecchie altre, Mi chiede: «Signore, ho creduto forse troppo poco dato che
queste orribili bestie non si sono ancora ritirate?»
7. Gli dico Io: «Ciò è avvenuto appunto affinché tu possa vedere e
riconoscere in tutta la sua pienezza lo splendore del Figlio di Dio! Presta
dunque attenzione! Io imporrò ora a questi animali di abbandonare questo posto
per tutti i tempi dei tempi, e finché un tuo rampollo abiterà questo giardino e
questa collina, non dovranno più farvi ritorno! Tu vedrai come questi animali
dai sensi quanto mai ottusi debbano ubbidire alla Mia voce!».
8. Allora Io Mi volsi verso il colle e minacciai le bestie. E queste
sbucarono rapide come frecce a migliaia fuori dai loro covi e fuggirono verso
il mare; ed in tal modo il colle fu liberato per sempre da queste abominevoli
bestiacce e su questa collina non fu mai più visto nemmeno il più piccolo
verme.
9. Noi poi salimmo di lietissimo umore fino alla vetta, e poiché la
rugiada aveva già reso l’erba alquanto umida, Kisjonah mandò a prendere subito
un gran numero di tappeti con i quali ricoprì quasi l’intera collina, ed anche
in questa occasione il giovanetto gli rese con la ben nota rapidità ottimi
servizi. Noi tutti allora ci accampammo con grande soddisfazione sulla collina,
dove, per la quantità dei finissimi tappeti stesi, non c’era quasi più erba da
poter vedere.
10. Ma i Miei discepoli, i quali malgrado si fossero continuamente
torturato il cervello ed avessero meditato a lungo sulla parabola della
zizzania, non potevano venirne a capo, si avvicinarono a Me e pregarono che Io
spiegassi loro più da vicino la parabola del seminatore il quale aveva seminato
buona semente, e che poi aveva trovato sul suo campo la zizzania frammista al
grano!
11. Io però dissi loro: «Non avete udito cosa ha intenzione Kisjonah di
erigere su questo colle in Mia memoria, e quello che Io gli dissi, e cioè che
purtroppo il mondo non avrebbe mancato di esercitare la sua influenza dannosa
anche su una tale scuola? Vedete, anche questa cosa si riferisce appunto al
campo buono sul quale venne sparsa purissima semente di grano e che tuttavia,
al tempo della maturazione, mostrò di aver prodotto anche una grande quantità
di zizzania con il grano buono! Ed ecco in altre parole quello che significa la
parabola.
12. Io, o come dicono qui gli ebrei, il Figlio dell’uomo è Colui che
semina la buona semente (Matteo 13,37). Il campo è il mondo, e il buon seme
significa i figli del Regno; nella zizzania però sono simboleggiati i figli del
male (Matteo 13,38). Il nemico che semina di nascosto è il demonio; il tempo
della raccolta è la fine del mondo, ed i mietitori sono gli angeli! (Matteo
13,39). Ma quando il tempo è venuto, la zizzania sul campo viene sarchiata,
legata insieme in fastelli e poi bruciata, così avverrà anche alla fine del
mondo! (Matteo 13,40)
13. Il Figlio dell’uomo manderà fuori i Suoi angeli, ed essi
raduneranno fuori dal Suo Regno tutto il male e tutti gli uomini che operano
malamente (Matteo 13,41) e che per i bisogni dei loro fratelli non hanno né
occhi, né orecchie, né ancora meno cuore, e li getteranno nella fornace del
fuoco dove non sarà che il pianto e lo stridor di denti (Matteo 13,42). Però la
fornace del fuoco sarà per i figli del male il loro proprio cuore, e per male è
da intendersi: l’orgoglio, l’egoismo, l’avidità di dominio, la durezza di
cuore, l’indifferenza per la Parola di Dio, l’avarizia, l’invidia, il furto, la
menzogna, l’inganno, l’infedeltà, la fornicazione e la lussuria, l’adulterio,
la falsa testimonianza, la maldicenza e la calunnia; in una parola, tutto ciò
che è contro il comandamento dell’amore del prossimo!
14. Infatti come per i giusti il loro Cielo sboccerà dal loro cuore in
ogni gloria, così per gli ingiusti spunterà dal loro cuore ciò che essi vi
hanno dentro; un seme cattivo non farà mai comparire in eterno un frutto
buono!
15. Un cuore duro non darà frutti teneri e un cuore che manca di parola
non potrà mai raccogliersi, e l’ira sarà il fuoco che non si spegnerà mai!
Perciò guardatevi da tutto questo, e diventate in tutto giusti, secondo la
legge dell’amore!».
Continua la
spiegazione della parabola della zizzania. Il più grave dei mali è una promessa
non mantenuta. «Siate amorevoli e giusti». La parabola del tesoro nascosto nel
campo.
La sua comprensione
da parte dei discepoli.
(Matteo 13,
43-44)
1. (Continua il Signore:) «Se voi volete veramente diventare figli di
Dio, non promettete mai a nessuno quello che poi non potreste mantenere o,
ancora peggio, che per un motivo qualsiasi non vorreste mantenere; in verità vi
dico che non vi è cosa peggiore del prendere un impegno o di fare una promessa
per poi non mantenerla!
2. Infatti chi si arrabbia, costui pecca in se stesso ed in primo luogo
danneggia se stesso; chi è lussurioso, costui seppellisce la sua anima nel
giudizio della carne, e nuovamente danneggia se stesso, ma il peggiore di tutti
i mali è la menzogna!
3. Se tu hai fatto una promessa a qualcuno, e per il sopraggiungere di
circostanze imprevedibili ti è impossibile mantenerla, va’ subito senza indugio
da lui, e dimostragli con la tua migliore buona volontà quello che ti accade,
affinché egli possa per altre vie o con altri mezzi provvedere a tempo alle sue
necessità.
4. Ma guai a chiunque fa promesse e poi non le mantiene pur avendo la
possibilità di mantenerle! Infatti, colui che attende deve in tal caso venire
meno ai propri doveri, e coloro che in lui speravano vengono anch’essi a
trovarsi con le mani legate, cosicché il procedere sleale di uno che promette e
non vuole mantenere può causare a migliaia di altri i più gravi imbarazzi e le
più terribili calamità. Per conseguenza, una promessa non mantenuta è
assolutamente il contrapposto più stridente dell’amore del prossimo, e con ciò
il più grave dei mali!
5. È meglio essere duri di cuore, perché chi è tale non inganna, né
illude mai nessuno con nessun tipo di speranze, e, dato che si sa che non ci si
può aspettare nulla da chi è duro di cuore, si ricorre allora ad altri mezzi
per mantenere un ordine qualsiasi. Se però qualcuno attende ciò che gli è stato
promesso, egli in tal caso tralascia di prendere altre vie e di ricorrere ad
altri mezzi. E quando poi viene il tempo nel quale colui che
attende si era impegnato a mettere le sue cose in regola, e il promettitore lo
lascia nell’imbarazzo senza averlo in precedenza avvertito che egli non avrebbe
potuto entro il termine fissato mantenere la sua promessa per un motivo che,
naturalmente, deve essere del tutto corrispondente al vero; in tal caso colui
che ha fatto la promessa è veramente simile a Satana, il quale pure fin dal
principio dei tempi fece agli uomini le più brillanti promesse per mezzo dei
suoi profeti, ma non ne mantenne mai una, ed in tale modo precipitò
innumerevoli creature nell’abisso della più grande miseria!
6. Perciò guardatevi anzitutto dal fare promesse e dall’assumere
impegni che poi non potreste mantenere, o molto peggio ancora, che per un
motivo qualunque non vorreste mantenere! Infatti così pensa ed agisce il
principe dei demoni.
7. Siate giusti e amorevoli in ogni cosa; infatti i giusti splenderanno
un giorno nel Regno del Padre loro come il sole in pieno mezzogiorno!
8. Chi ha orecchie per udire oda (Matteo 13,43). Io voglio proporvi
ancora due parabole del Regno dei Cieli:
9. “Il Regno dei Cieli è uguale ad un tesoro nascosto in un campo, il
quale tesoro fu trovato da un uomo, e poiché esso era molto grande e pesante e
l’uomo non poteva portarlo a casa sua che era lontana, lo sotterrò di notte nel
campo più vicino, rincasò poi pieno di gioia, vendette tutto ciò che possedeva
e comperò quel campo pagando l’intero prezzo che gli si richiese (Matteo
13,44), perché il tesoro valeva molte migliaia di volte il prezzo da lui pagato
per il campo; e dato che questo ormai gli apparteneva, egli poteva con tutta
sicurezza dissotterrare il tesoro dal campo, il cui possesso nessuno avrebbe
potuto più contestargli. Ormai egli poteva tranquillamente portare il suo
tesoro nella nuova casa che aveva acquistato assieme al campo, e non avrebbe
avuto più bisogno di procurarsi il suo sostentamento con il sudore della
propria fronte, perché il tesoro gli avrebbe da allora in poi fornito il modo
di vivere nella più grande agiatezza”. Comprendete voi questa parabola?»
10. Rispondo i discepoli: «Sì, o Signore, questa parabola ci è chiara, poiché quelli che trovano il tesoro sono coloro
che apprendono la Tua Parola, e il campo è il cuore degli uomini ancora immerso
nella mondanità, cuore che essi devono dapprima fare loro spiritualmente,
affinché la Tua Parola nel cuore diventi loro piena proprietà ed essi possano
poi in qualche modo procurare tutto il bene possibile per loro stessi e per i
loro fratelli!»
11. Dico Io: «Sì, questa parabola l’avete ben compresa, perché proprio
così stanno le cose nei riguardi del Regno dei Cieli. Ma udite ora un’altra
parabola!».
Parabola della
grande perla e della rete. Il significato che Achab attribuisce al pesce
putrido.
Un buon padre
di famiglia utilizza tanto il vecchio che il nuovo.
(Matteo 13, 45-52)
1. (Continua il Signore:) «Il Regno dei Cieli è pure simile ad un
mercante, il quale andava per tutti i paesi in cerca di perle buone (Matteo
13,45). Ed avvenne che egli trovò un giorno una grande perla di valore
inestimabile; si informò del prezzo, e quando l’ebbe saputo, fece sollecito
ritorno al suo paese, vendette tutto ciò che possedeva, e se ne andò poi a
comperare la grande perla (Matteo 13,46) che ugualmente valeva molte migliaia
di volte il prezzo da lui pagato. Comprendete voi quest’immagine?»
2. Rispondono i discepoli: «Sì, o Signore, anche questa l’abbiamo
compresa, poiché un simile mercante raffigura noi tutti che per amor tuo
abbiamo tutto abbandonato; e Tu per noi tutti sei la Grande Perla di
inestimabile valore!»
3. Dico Io: «Certo, anche questa parabola l’avete davvero interpretata
in modo perfetto, poiché infatti così avviene del Regno dei Cieli! Però udite
ancora!
4. Il Regno dei Cieli è altresì somigliante ad una rete che viene
gettata nel mare, perché catturi ogni tipo di pesci (Matteo 13,47). E quando la
rete è colma, allora viene tirata a riva dai pescatori, ed essi vi si siedono
intorno, tirano fuori i pesci buoni ponendoli in un recipiente, ma i non sani e
putridi vengono gettati via! (Matteo 13,48)
5. La stessa cosa succederà alla fine del mondo: gli angeli usciranno
fuori, separeranno i malvagi dai giusti (Matteo 13,49), e li getteranno nella
fornace ardente del loro cuore malvagio, e allora vi sarà pianto grandissimo e
stridor di denti (Matteo 13,50); ciò che corrisponde ad una vera tenebra
dell’anima malvagia, la quale continuerà ad andare in cerca di ciò che, secondo
il suo ormai bruciato intelletto mondano, potrebbe soddisfare il suo perfido
amore, ma non troverà mai pace!». E poiché Io vidi che i discepoli stavano un
po’ riflettendo a quanto avevo detto loro, domandai dopo qualche momento di
attesa: «Avete voi ben compreso anche questa parabola?»
6. Rispondono essi: «Sì, o Signore, anche questa parabola l’abbiamo
perfettamente compresa; (Matteo 13,51) essa è simile a quanto Tu dicesti sulla
riva di Gesaira, cioè, a chi ha sarà dato ancora affinché ne sovrabbondi, ma a
chi non ha sarà tolto anche quello che ha!»
7. Ed Achab aggiunge: «Ed a me sembra che anche i pesci non sani e
putridi vogliono significare particolarmente i farisei e tutti i dottori della
Legge, venditori di fumo, i quali offrono incessantemente in vendita il loro
vecchio ciarpame e lodano tutta la natura e la sua fertilità, ma disprezzano e
perseguitano tutto ciò che di splendido e di meraviglioso offre il tempo
presente! Non dubito che anche costoro saranno pesci guasti e malati? A che
giova essere nel proprio cervello uno scriba od un fariseo, e ritenersi per
tale motivo di una briciola superiori agli altri, ed oltre a ciò, pure per tale
motivo, esigere offerte e tributi da fratelli e sorelle certo migliori nella
maggior parte dei casi, ma nello stesso tempo avere un cuore duro o vuoto ed
insensibile come la pietra?!
8. Per conseguenza, o Signore, io credo che in avvenire chi vorrà
diventare nel proprio cuore veramente dottore della Legge del Regno dei Cieli
secondo la Tua Parola dovrà ben rigettare completamente il vecchio ciarpame da
scribacchini dei farisei, ammalato, guasto e imputridito, e preparare
fondamenta del tutto nuove per la Tua Dottrina, perché la Tua Dottrina è saggia
e giusta, e nello stesso tempo contraria a quella dei farisei!
9. Io so bene che Mosè e tutti gli altri profeti hanno tratto le loro
profezie dal Tuo Spirito, ma come sono esse ormai contraffatte! E poiché ora sei
Tu stesso qui per rivelarci la Tua santa Volontà, a che ci servirebbe ancora un
Mosè guasto e malato o tutti gli altri profeti?!
10. Chi nel suo cuore è istruito effettivamente, secondo la Tua Parola,
per il Regno dei Cieli, non ha più bisogno di Mosè né dei Profeti!»
11. Dico Io: «Tu hai parlato molto bene e saviamente sotto ogni
riguardo, ad eccezione però di un unico punto; e questo consiste nel fatto che
un vero dottore della Legge, nel senso voluto per il Regno dei Cieli, deve
tuttavia comportarsi come un saggio padre di famiglia, il quale dal suo tesoro
domestico e dalle sue provviste trae fuori tanto le cose vecchie quanto le
nuove per presentarle ai suoi ospiti (Matteo 13,52) affinché si ristorino e ne
godano. O si dovrebbe forse, perché le otri sono state già riempite di vino
nuovo, gettare via quelle con il buon vino vecchio, oppure si dovrebbe gettare
via come cosa inutile il grano vecchio, perché il nuovo è già pronto per essere
accolto nei granai?! Per conseguenza un vero esperto della legge secondo il
Regno dei Cieli deve ora conoscere tanto la vecchia Scrittura quanto questa
nuova Mia Parola, e ad entrambe deve conformare le sue azioni!»
12. Dice Achab: «Ma quindi ci atteniamo solo a Mosè e i Profeti, ed
escludiamo le leggi dello Stato, talvolta d’altra parte di sicuro molto
travisate, e le vuotissime prescrizioni del servizio divino che ora non possono
servire più a nulla, dal momento che noi tutti, per quello che riguarda lo
Stato, dobbiamo comunque farci piacere le leggi romane!»
13. Gli dico Io: «Questo s’intende da sé. Quello che della vecchia
legge è da lasciare, perché non riflette il vero amore del prossimo, tu lo
trovi già scritto; e qui però sono presenti i Miei due amici di Sichar; questi
sono testimoni di quanto ho esposto diffusamente nel Mio Sermone della montagna
nel quale sono messe in rilievo tutte queste cose».
14. Questa Mia osservazione accontentò perfettamente Achab.
Memorabile
narrazione delle sofferenze e delle vessazioni del capo dei sacerdoti Jonaele,
cacciato dai samaritani.
«Le vie del
Signore sono imperscrutabili».
Cose
incomprensibili permesse dal Signore. Una preghiera che appare giusta.
1. Dopo di ciò, Io Mi rivolgo ai due amici di Sichar e li invito a
renderMi noti i motivi che li hanno indotti a venire in cerca di Me. Jonaele
allora apre la sua bocca e dice: «Signore, prima Tu veramente hai già accennato
ai giusti motivi; infatti così è! Davvero, è a stento credibile che persone,
che videro come tutti noi svolgersi davanti ai propri occhi i grandi segni
duraturi della Tua potenza assolutamente divina, possano essere tanto perfide!
Essi riconoscono la verità, ma la perseguitano appunto perché essi la devono
riconoscere come verità! Essi mi hanno cacciato via, e se qui il fratello
Jairuth non mi avesse accolto in casa sua assieme alla mia famiglia, io sarei
adesso senza tetto!
2. Signore, quante ed intense preghiere non ho io elevato a Te in
spirito affinché Tu venissi e mi assistessi contro i nemici, ma fu invano; Tu
non venisti ad aiutarci nella nostra grande paura!
3. È bensì vero che al tuo posto lasciasti presso di noi degli angeli
in veste corporea perché ci servissero, ma anch’essi non sono sempre disposti
ad agire, oppure lo sono, ma non così come io ritengo necessario, poiché essi
dicono che senza la Tua Volontà nulla possono fare, dato che la Tua Volontà è
l’unica loro forza e potenza! Tutto ciò è perfettamente vero, ma se i vecchi
arcisamaritani offesi scacciano dal paese a centinaia i Tuoi aderenti, così da
obbligare questi a cercare rifugio presso i pagani, nel qual caso non si può
altro ammettere se non che gli scacciati divengano pagani essi stessi, io credo
che sarebbe pur nell’ordine delle cose che i Tuoi angeli cominciassero ad agire
e mettessero fine a queste infamie, invece di limitarsi ad assistere insieme a
noi, con l’anima addolorata, a tali tristi vicende, ed infine pure con noi,
esclamare sospirando: “I decreti del Signore sono sempre impenetrabili e
imperscrutabili le Sue vie!”.
4. Ma a che cosa giova tutto ciò? A centinaia si contano quelli che
diventano pagani, e centinaia coloro che a causa del Tuo Nome sono perseguitati
e percossi con bastoni e verghe!
5. Joram dovette fuggire per qualche tempo da Sichar, e la casa edificata
da Giacobbe è nel frattempo chiusa e vuota! E adesso anche Joram si trova con
la moglie ospitato in casa del fratello Jairuth, come pure molte altre famiglie
rispettabili le quali per causa Tua non furono più tollerate a Sichar!
6. E a tutti questi orrori i Tuoi angeli che sono con noi non si sono
opposti nemmeno con la sola parola! Signore, per il Tuo Nome santissimo! A che
cosa possono giovare queste infamie?!
7. O deve forse qui sulla Terra venire concesso a Satana ogni potere
sopra di Te? Oppure è il suo Inferno davvero più potente di tutti i Tuoi Cieli?
Signore, se le cose dovessero continuare in questo modo, gli uomini infine
saranno costretti ad innalzare templi e altari a Satana e a distruggere i Tuoi!
È ben triste tutto ciò già in questi tempi!
8. Ormai il servizio divino sul Garizim, anzi perfino nel Tempio di
Gerusalemme, che cosa altro è se non un autentico servizio di Satana?! Io ho
appreso dalla Tua bocca, o Signore, in quale maniera Dio, che in Te dimora
corporalmente in tutta la Sua pienezza, vuole essere onorato e lodato!
9. Ma ora osserva invece il servizio divino sul Garizim e troverai che
esso è ridotto ad un vero e genuino servizio di Satana, perché là in verità viene
offerto a piene mani l’incenso a Satana, ciò che perfino i Tuoi angeli non
mettono minimamente in dubbio! Così avviene, o Signore, come fedelmente e in
tutta verità Te l’ho narrato; ora Tu non puoi certo ignorare che le cose stanno
davvero in questi termini, e nonostante ciò permetti che simili orrori
succedano!? Signore, come dobbiamo noi regolarci e come comprendere la Tua
santa Parola?
10. Anche l’onesto Jairuth, che con tutta la sua casa Ti è
profondamente devoto, adesso viene minacciato ogni giorno, e gli si intima di
confessarsi entro breve tempo apertamente arcisamaritano, altrimenti lo si
dichiarerà decaduto dai suoi diritti di possesso e tutti i suoi beni gli
saranno confiscati!
11. Molti, che erano già fortissimi nella Tua fede, o Signore, intimoriti
dalle quotidiane minacce, sono ritornati al servizio satanico con le prescritte
maledizioni del Tuo Nome!
12. Vedi, o Signore! Queste sono le cose che avvengono, dinanzi alle
quali certo i Tuoi angeli si velano sempre la faccia, ma a che scopo queste
vuote manifestazioni di partecipazione al nostro dolore?
13. Signore, Tu che puoi leggere nel mio cuore, sai che esso Ti è
interamente devoto, e perciò io posso parlare con Te senza riserve e dico: “Una
tale vuota contemplazione, per quanto parta da un animo dolorante, è oltremodo
fuori luogo e tempo quanto un fico il terzo giorno dopo la caduta del fiore!”.
Qui invece conviene muoversi e procedere violentemente all’attacco con tutta la
forza possibile, altrimenti Satana trova buon terreno e vi mette radici!
14. E se già ora i Tuoi discepoli non possono fare più nulla contro di
lui, come potranno essi più tardi, quando egli avrà acquistato la piena sua
forza, ciò che non dovrebbe proprio riuscirgli troppo difficile considerando
che ogni giorno gli viene opposta così poca resistenza com’è attualmente il
triste caso, in cui perfino i Tuoi angeli non si azzardano di intraprendere
nulla contro di lui?!
15. Io Ti prego, per conseguenza, per amore del Tuo santissimo Nome e
di tutti coloro che sono come noi sempre ancora irremovibilmente fedeli al Tuo
Nome, assistici e liberaci dai lacci di Satana!
16. Tu stesso ci hai pure insegnato sul monte a pregare; ed ecco, noi
preghiamo sempre così, ma di giorno in giorno le cose peggiorano invece di
migliorare!
17. Noi vogliamo sacrificarTi tutto, e vogliamo pure per amor Tuo
vivere quanto è possibile miseramente, ma finché dobbiamo vivere su questa
Terra, un cantuccio sulla stessa devi pure accordarcelo, perché, dovendo
restare soltanto fra lupi, iene ed orsi, a meno che non si sia proprio bestie
di uguale razza, non si può né vivere né meno ancora seguire Te, o Signore!
18. Noi non domandiamo a questo mondo una pace paradisiaca, ma per lo
meno che non si debba vivere propriamente fra i demoni come nel più profondo
Inferno! Ed affinché ciò non avvenga, o Signore, siamo venuti in cerca della
Tua santa protezione!».
Cenni del
Signore sul doppio scopo delle concessioni al male come prova per Satana e per
i fedeli.
Cenni di
missione e di comportamento. La verità è la spada dell’amore.
«Il Mio Regno
non è di questo mondo». «Non temete gli uomini, ma soltanto Dio».
Come deve
combattere il vero eroe.
1. Dico Io: «Amici! Io ben sapevo che in brevissimo tempo sarebbe
avvenuto così, affinché Satana completi la sua opera; ma coloro che sono
fuggiti e se ne sono andati dai pagani avrebbero potuto trovare rifugio anche
qui in Galilea, e così pure coloro che hanno maledetto il Mio Nome per amore
dei loro beni terreni avrebbero fatto meglio a sciogliersi da tutti i vincoli
del mondo, invece di assicurarsi, maledicendo il Mio Nome, il possesso dei loro
beni terreni che portano in sé il marchio della morte eterna. Infatti per
ognuno arriva il giorno in cui deve abbandonare tutto.
2. Quanto difficile sarà per colui che possiede molto separarsi dai
propri beni, invece quanto facile sarà per colui che non avrà posseduto alcun
bene, tratto dal suo grembo velenoso, separarsi dal mondo, e che oltre a ciò
avrà sofferto persecuzioni per amore del Mio Nome! Costui disprezza il mondo e
nessun rammarico gli turberà l’anima, quando, con lo sguardo limpidissimo
rivolto verso il Regno dei Cieli, abbandonerà questo mondo tenebroso e
pestilenziale!
3. Vedi, come avviene dell’oro il quale si affina attraverso il fuoco e
solo in questo perviene al suo alto valore, similmente deve essere il caso
anche con tutti voi se volete diventare veramente Miei discepoli e successori,
poiché il Mio Regno, per il quale noi tutti ora lavoriamo, non è certo di
questo mondo, ma è di quel mondo grande, eterno ed incorruttibile che segue a
questa breve vita di prova, terrena e materiale!
4. E per tale motivo, non attendetevi da Me la pace in questo mondo, ma
la spada, affinché con questa, combattendo contro il mondo e contro tutto ciò
che esso vi offre, possiate conquistarvi la libertà della vita eterna!
5. Infatti, il Mio Regno soffre violenza, e chi con la violenza non lo
strappa a sé, non potrà entrarvi.
6. Certamente, è cosa molto facile atteggiarsi a Miei discepoli se si
vive in un luogo tranquillo, ben provvisti di quanto occorre in questa vita
terrena, ed occupati nell’insegnare la virtù agli agnelli e nell’abbeverarli di
acqua pura; in verità, per fare ciò non ci vuole molto! Ma ben altra cosa è
ammansire leoni, tigri e pantere e convertirli in animali domestici!
Naturalmente, per raggiungere questo scopo è opportuno aver maggior prudenza,
coraggio, forza e perseveranza di quanta ne occorra per addomesticare degli
agnelli!
7. Per logica conseguenza voi dovete considerare e prendere questo
fenomeno verificatosi a Sichar per quello che è, e dovete ingaggiare con esso
una lotta naturale nella quale il Mio appoggio certo non vi mancherà, ma, se voi
cominciate a gridare allo scandalo così presto e lasciate che l’ira divampi in
voi a causa della cecità e della perfidia degli uomini, e non fate altro che
invocare dal cielo un fuoco distruttore sul capo di questi perversi, allora non
è possibile che succeda diversamente di quanto è accaduto a voi!
8. In simili casi, poi, i Miei angeli non possono né devono
intervenire, perché un intervento di questo genere sarebbe addirittura
contrario al Mio Ordine eterno.
9. Se però voi volete riuscire combattenti vittoriosi per il Mio Regno,
allora fatevi della pura verità una spada, ma sia questa temprata al fuoco
ardente del più puro e disinteressato amore!
10. Armati di questa spada, combattete poi coraggiosamente, e non
abbiate nessun timore di coloro i quali nell’estremo dei casi possono bensì
uccidere il vostro corpo, ma che altro potere non hanno assolutamente sopra di
voi! Se pure dovete avere un timore, sia questo il timor di Colui che è un vero
Signore della Vita e della morte, e che può rigettare l’anima dell’uomo oppure
accoglierla.
11. A chiunque che combattendo per Me perde la sua vita terrena, a
costui sarà ridonata la vita in piena misura nel Mio Regno; chi però vuole
combattere per Me, ma non intende mettere con ciò in pericolo la propria vita
terrena, costui è un vile, e la trionfale corona della vita eterna non sarà la
sua ricompensa! Quale merito si acquista egli cimentandosi con gli insetti e
uccidendo mosche? Io vi dico che un simile eroe non è degno neppure degli onori
del mondezzaio!
12. Oh, ma una cosa ben differente è l’avventurarsi, protetto da
corazza e con la spada bene affilata in mano, tra un’orda di leoni e di tigri!
Se egli avrà annientato le fiere e ritornerà vincitore, allora verranno retti
archi trionfali in suo onore, e certamente il suo eroismo sarà degnamente
ricompensato!
13. Ritornate dunque alle vostre case, combattete così come Io vi ho
ora indicato, e le giuste vittorie non vi mancheranno!
14. Io certo so meglio di tutti in quali condizioni orribili Satana
abbia ridotto questa Terra, ed avrei forza sufficiente a Mia disposizione per
annientarlo, ma non lo concede il Mio grande Amore e la Mia Pazienza che è
infinita.
15. Però colui che crede di poter vincere il suo nemico annientandolo,
costui è un vile combattente! Infatti non il suo coraggio ma soltanto la sua
grande paura lo spinge a sbarazzarsi del temuto nemico uccidendolo.
16. Chi vuole essere un vero eroe, anzitutto non deve tentare di
sopprimere il nemico, ma deve darsi ogni cura per conquistare il suo cuore
adoperando le nobili armi della prudenza e sapienza, della pazienza e
dell’Amore; solo dopo egli potrà gloriarsi di aver
riportata una vera vittoria sul suo nemico, e il suo premio più grande sarà
appunto lo stesso suo nemico di cui avrà conquistato il cuore».
Ulteriori
cenni ai sichariti sulla missione e sul comportamento.
«Insegnando,
usate prima le opere buone e poi le semplici parole».
La vera chiesa
libera. «Voi siete ugualmente tutti fratelli e sorelle».
Il vero
sabato. La vera casa di Dio e il vero servizio divino.
1. (Continua il Signore:) «Se voi due avete compreso tutto ciò, fate
presto ritorno a Sichar con il vostro angelo, ed agite là secondo la Mia
Parola; voi poi vedrete che tutto quello che vi è di negativo assumerà ben
presto un altro aspetto.
2. Ma voi non dovete presentarvi come giudici arrabbiati, ma dovete
presentarvi veramente come amici illuminati e maestri dei ciechi, sordi e muti;
allora questi si lasceranno ben guidare da voi!
3. Chi mai può ragionevolmente lasciarsi prendere dall’ira se un cieco
gli monta sul piede? Se tu hai occhi per vedere, non è forse colpa tua se ti
fai pestare il piede dal cieco? Perciò non camminare laddove il cieco mette il
suo piede, così il tuo non ne verrà calpestato!
4. Ma se tu vedi che il cieco si trova sull’orlo di un precipizio,
allora accorri, afferralo e portalo al sicuro, e guidalo verso la luce che
guarisce ogni cecità dell’anima, ed egli, pieno di riconoscenza, diventerà il
tuo migliore amico e fratello.
5. E quando insegnate agli uomini nel Mio Nome, fate sempre come faccio
Io; cominciate con le buone opere ed a queste fate seguire parole vere,
schiette e semplici; comportandovi in questo modo, potrete ben presto
annoverare molti veri discepoli.
6. Ma se voi stessi vi avvolgete nel più profondo mistero, e volete far
comprendere agli uomini che siete chiamati da Dio a giudicarli, a benedirli o a
maledirli, e per di più vi scandalizzate se i Miei angeli non vogliono prestare
il loro aiuto per il raggiungimento di tali vostri propositi, deve pur
risultarvi chiarissimo che questo modo di agire non deriva assolutamente dalla
Mia Volontà che vi viene rivelata, bensì che voi stessi vi siete creati un
sistema ed un ordine, ed avete voluto edificare, al posto dell’antica chiesa di
Mosè, una nuova chiesa ben circoscritta, davanti alla quale i vostri agnelli
avrebbero dovuto già da lontano piegare le ginocchia!
7. Vedete, così avvenne della chiesa mosaica, la quale, poiché si trovò
circoscritta, non portò nessun frutto, oppure ne portò in piccolissima quantità
ed anche questa in gran parte avvizzita!
8. Ma ora Io vi do una chiesa perfettamente libera, la quale non ha
bisogno di essere circoscritta o limitata se non da ogni singolo uomo
nell’assoluta intimità del proprio cuore, dove albergano lo Spirito e la
Verità, appunto là soltanto dove Dio vuole che i veri adoratori Lo riconoscano,
Lo Venerino e Lo Adorino!
9. Voi, per il fatto che siete fra i primi cui Io comunicai il Mio
Spirito, non dovete considerarvi neppure di un atomo migliori di qualsiasi
altro uomo, e del dono che vi fu elargito non dovete farne una carica con
presunti diritti, come fanno i pagani ed i doppiamente ottenebrati scribi e farisei,
ma pensate invece che non vi è che Uno il Quale è il Signore di tutti voi; però
fra voi siete tutti fratelli e sorelle perfettamente uguali, e non vi deve
essere mai alcun divario tra voi!
10. Ugualmente fra voi non devono esistere regole di nessun tipo, né
voi dovete considerare certe determinate epoche o giorni come se fossero
migliori o peggiori di altri, o come se Dio avesse stabilito certi giorni
soltanto per accogliere le vostre preghiere e per gradire le vostre offerte! Io
vi dico: “Presso Dio tutti i giorni sono uguali, e fra i molti, il migliore è
quello in cui avete fatto veramente del bene al vostro prossimo! E così per
l’avvenire, esclusivamente le vostre buone opere devono stabilire qual è il
vero giorno del sabato in cui Dio si compiace!”.
11. Il giorno dunque in cui farete del bene sarà il vero giorno del
sabato, il solo che abbia valore presso Dio; ma l’usuale e morto sabato degli
ebrei sarà in abominio agli occhi di Dio!
12. E se voi volete edificare delle cosiddette case di Dio, allora fate
sorgere in tal caso ospedali ed asili per i vostri poveri fratelli e sorelle, e
procurate loro tutto ciò di cui hanno bisogno; questo sarà il servizio divino
più sincero e più buono nel quale il Padre che è nei Cieli troverà il Suo più
grande compiacimento.
13. E da questo servizio divino, il solo vero e giusto, si riconoscerà
che voi siete veramente Miei discepoli.
14. Fate dunque ora ritorno alle vostre case ed agite conformemente a
quanto vi ho detto; vedrete che poi la benedizione non mancherà alle vostre
opere».
Una
confessione dei propri peccati. Il vero Spirito della pura Dottrina di Gesù.
Altri cenni
sulla missione e sul comportamento. Cantico di Jonaele in lode al Signore.
1. Dopo aver ricevuto questi ampi insegnamenti, dicono i due: «Signore!
Perdonaci il nostro peccato! Infatti vediamo ormai ben chiaramente che noi
soltanto abbiamo sbagliato, e non tanto il popolo; e adesso cercheremo di fare
del nostro meglio per poter, mediante la Tua grazia e il Tuo aiuto, rimettere
ogni cosa a posto!
2. Solo adesso comprendiamo lo spirito vero della Tua santissima
Dottrina, e ci porremo con tutto zelo all’opera allo scopo di diffonderla tra
il popolo! Però molti sono passati già dalla parte dei pagani, e crediamo che
sarà immensamente difficile riconquistarli! Come si potrebbe fare?»
3. Dico Io: «Riguardo a costoro fate così come faccio Io con i pagani,
ed essi assieme ai pagani diventeranno vostri discepoli.
4. Vedete, questa casa dove noi ci troviamo è anch’essa pagana, ed ha
per qualche tempo abbracciato le dottrine dei mondani sapienti della Grecia;
eppure ora essa si è schierata dalla Mia parte più di qualsiasi altra casa
degli ebrei. Fate così pure voi, ed intorno a voi si schiereranno ben presto
più pagani che ebrei!
5. Infatti chi ha lo stomaco vuoto mangerà un pasto con più avidità di
chi ha lo stomaco pieno, particolarmente poi se lo stomaco è per di più
completamente rovinato come quello dei farisei e dei dottori della Legge!»
6. Dicono i due: «E che cosa dovrà avvenire di coloro che hanno
maledetto il Tuo Nome a causa dei loro beni, affinché questi non venissero loro
tolti?»
7. Rispondo Io: «Chi è caduto rialzatelo e conducetelo sulla buona via,
e guidatelo affinché possa convincersi del suo peccato e pentirsi di averlo
commesso! Questo è il compito che vi spetta!
8. Infatti Io non sono venuto su questo mondo per giudicarlo e per
distruggerlo, ma sono venuto per cercare quello che è perduto e per rialzare
quello che è caduto a terra! Ed ora, poiché sapete tutto ciò, andate e
regolatevi come vi ho detto»
9. Dopo tali parole, i due sichariti si inchinarono profondamente e Mi
pregarono di poter rimanere ancora qualche giorno presso di Me.
10. Ed Io accordai loro il permesso richiesto e dissi: «Quando prima vi
dissi di ritornare alle vostre case, Io volli con ciò sotto tutti i punti di
vista indicare il sollecito ritorno al buon volere ed all’intelletto del vostro
cuore piuttosto che il vostro materiale ritorno a Sichar; dunque voi potete
fermarvi benissimo qui ancora nei pochi giorni che Io Mi tratterrò presso il
Mio amico!»
11. Entrambi, contentissimi della Mia decisione, Mi rendono grazie ed
onore, e Jonaele, in preda ad intensa commozione, esclama esaltandosi: «O
terra! Campo decrepito, fecondo solo di zizzanie, di spine e di cardi! Oscura
tomba della vita! O antica partoriente del peccato e della morte! Sei tu degna
che il Signore, tuo Dio e Creatore, calchi con i Suoi piedi santissimi le tue
dure zolle, che respiri la tua aria pestilenziale e che si cibi della tua aspra
frutta?!
12. Noi uomini, e con noi tutti gli animali e tutte le piante, non
siamo meritevoli neppure di un Suo sguardo! Tutto quello che esiste, tutto è
opera soltanto della Sua grazia e misericordia infinite!
13. E perciò tutte le creature si levino e Gli rendano lode e gloria in
eterno!
14. E voi o stelle, là nell’immensa volta celeste, velate il vostro
sguardo profanatore, poiché Colui che guardate superbe dall’alto, è il Dio che
vi ha create!
15. O Terra, cosa sei mai divenuta? Quale nome dovremmo noi darti, non
per i tuoi meriti, ma per quelli di Colui che ora del tutto indegnamente
porti?!
16. Oh, quanto più io penso a Chi è Colui che dimora qui fra i Suoi
eletti, tanto più io sento restringersi il petto! Come può questa Terra
limitata comprendere in sé anche Colui che tutti gli angeli nei Cieli non sono
in grado di comprendere!
17. O santissimo tempo dei tempi per questa Terra che ora ospita Colui il Quale conferì la luce al sole ed alla luna, e prescrisse
loro di percorrere le prodigiose vie del Suo Amore e della Sua Sapienza, e di
elargire alla Terra il tempo, la notte e il giorno!
18. Ogni creatura dunque, da tutti i Cieli, dia lode al Signore di ogni
magnificenza, poiché Egli solo è degno di tutta la gloria e di tutte le lodi,
di tutto l’onore ed amore dell’eterna immensità!»
19. Ma i discepoli, che udirono questa calorosa perorazione, dissero:
«Signore, non odi Tu in quale modo Jonaele ti glorifica e loda come se in lui
fosse lo spirito di Davide?!»
20. Dico Io: «Certo, Io sento le sue lodi, e ne provo anche un vero
compiacimento, ma dalla bocca vostra Io non udii mai finora qualcosa di simile.
E non sarebbe di alcun danno a nessuno di voi se talvolta meditaste in voi Chi
è Colui che ora parla con voi! Ma ora dedichiamoci un po’ al riposo perché la
mezzanotte è passata già da un pezzo!».
21. Allora si fa perfetto silenzio sulla collina, e quasi tutti cercano
di prendere sonno; soltanto Jonaele e Jairuth vegliano assorti in profonda meditazione
e continuano nel loro cuore a lodarMi.
Nobile gara di
opere buone fra Kisjonah e Baram. Chi vuole fare del bene ha sempre buon vento.
Bella parabola
della madre e dei due figli diversi.
L’amore vero e puro, e quello interessato.
1. Quando il mattino seguente il sole è già prossimo al sorgere,
l’angelo di Jonaele e di Jairuth sveglia tutti coloro che ancora dormono, e
Kisjonah, il quale con la sua famiglia si era accampato più vicino a Me,
incarica subito la moglie e le sue figliole, come pure le altre persone di
servizio, di darsi da fare per preparare una buona colazione!
2. Io però dico all’affaccendato Kisjonah: «Tu per oggi lascia stare, perché
dobbiamo pure riservare questa gioia una volta anche al fratello Baram di
Gesaira. Osserva là sul lago! Tu vedi che a poca distanza dalla riva c’è il
battello di Baram completamente carico, ed i suoi figli ed i servitori sono
occupati assieme a lui, a disporre il tutto per portare qui la colazione.
Dunque per oggi, caro fratello, non darti affatto pensiero a questo riguardo,
perché nel battello che è grande ci sono tante provviste da farne ancora un
pranzo ed una cena abbondanti, nonché quaranta otri del miglior vino di Grecia»
3. Esclama Kisjonah: «Ma guarda un po’ che sorprese ci prepara questo
poco loquace Baram! Eppure ieri egli non ha accennato nemmeno con una sola
parola a questa sua intenzione; verso sera si è semplicemente eclissato e poi
non ne sapemmo più nulla. Io credo che egli debba essere partito subito dopo il
nostro arrivo, ed ecco che è già qui di ritorno con il suo battello ben carico!
Egli deve aver avuto un buon vento, perché altrimenti, considerato tutto il
lavoro che per di più ha dovuto fare, non avrebbe potuto certamente essere
ancora di ritorno; con vento sfavorevole da qui a Gesaira ci vuole una buona
giornata di voga assidua»
4. Dico Io: «Fratello, credi a Me, colui che ha in mente di fare del
bene trova sempre un buon vento che lo aiuta, ma chi ha intenzione di fare del
male non troverà che vento cattivo.
5. C’erano una volta due fratelli la cui madre possedeva molti tesori.
Entrambi amavano così tanto la loro madre che questa non riusciva a comprendere
quali dei due la amasse di più, ed era incerta a quale assegnare la parte più
vistosa dell’eredità in ricompensa del maggiore amore dimostratole. Però, in
realtà, soltanto uno veramente l’amava, mentre l’altro non aveva di mira che la
grossa eredità, ed a questo scopo si affannava sempre più ad usare alla madre
le più grandi attenzioni, superando in ciò non di rado l’altro fratello, il
quale amava veramente la madre.
6. Il buon figlio, poiché amava la madre di vero amore, non nutriva il
benché minimo sospetto sul conto del fratello, e provava anzi grandissima gioia
ogni qualvolta vedeva la sua cara madre soddisfatta e contenta delle cure di
cui la circondava il fratello. E le cose continuarono così per alcuni anni in
perfetta armonia.
7. Ma la madre, nel frattempo, era invecchiata e, sentendo che le forze
cominciavano a mancarle, chiamò a sé i due figli e disse: “Non posso davvero
comprendere chi di voi due mi ami di più, e non so quindi a chi lasciare la
parte maggiore dei miei beni; io intendo dunque che dopo la mia morte dividiate
l’eredità fra di voi in parti uguali!”.
8. Disse allora il figlio buono: “Madre mia, grazie alle tue cure io ho
imparato a lavorare, e, per quanto mi è necessario, posso certo guadagnarmi il
pane; io voglio dunque pregare Dio con tutto il fervore della mia anima perché
Egli ti lasci in vita così a lungo quanto io vivrò, e tu possa, come hai fatto
finora, amministrare i tuoi beni a vantaggio di tutta la famiglia! Infatti, se
io dovessi possedere l’eredità senza di te, sarebbe per me un tormento, e non
potrei mai intascarla senza essere oppresso dalla tristezza. Perciò, mia
carissima madre, tieni tu l’eredità e donala a chi vuoi; in quanto me, la
migliore eredità che io possa desiderare è il tuo cuore, e voglia Dio
conservartelo in vita il più a lungo possibile!”.
9. Quando la madre ebbe udito queste parole del suo buon figlio,
celando nel suo cuore l’intensa commozione e le sue vere intenzioni, disse:
“Figlio mio carissimo, questa tua confessione è un vero balsamo delizioso per
il mio cuore, ma non perciò io posso lasciare ad uno straniero l’eredità che è
destinata a te! Se tu assolutamente non vuoi riceverne alcuna parte, allora tuo
fratello avrà, dopo la mia morte, l’eredità intera e tu dovrai servirlo, e ti
guadagnerai il pane con il sudore della tua fronte!”.
10. E il figlio buono rispose: “Mia carissima
madre! Quando io dovrò lavorare e servire, il mio cuore si ricorderà sempre di
te, e colmo di gratitudine dirà: ‘Vedi! Così ti ha insegnato a lavorare la tua
cara e dolce madre!’. Ma se invece io avessi l’eredità, correrei il pericolo di
perdere l’amore al lavoro e di darmi alla vita dell’ozio e dei piaceri, e
potrei infine dimenticarmi perfino di te, madre mia! Per conseguenza io non
voglio il tuo denaro duramente guadagnato che non porta l’impronta del tuo
amore ma porta soltanto l’impronta della potenza imperiale, ma a me basta tutto
quello che il tuo cuore mi ha donato portando l’immagine di questo, ed io lo
conservo gelosamente e per sempre nel mio cuore; ora, questa eredità che tu,
mia amata madre, mi hai dato in tanta abbondanza già fin dalla culla e grazie
alla quale io mi sono procurato già molte cose buone e preziose, mi è
immensamente più cara di quella che ottenesti con il lavoro e le fatiche delle
tue mani! La vista di questa ricchezza non potrebbe che rendermi infelice,
perché vedendola dovrei sempre pensare e dire a me stesso: ‘Chissà a prezzo di
quali fatiche e di quanto lavoro ha potuto tua madre raccogliere questi tesori;
chissà quante volte, intenta a procurarti la ricchezza, essa ha pianto dalla
gran fatica e dal gran lavoro che faceva per te!’. E vedi, mia adorata madre,
pensando a tutto ciò mi sarebbe assolutamente impossibile essere felice, poiché
io ti amo tanto!”.
11. La madre allora, commossa fino alle lacrime, chiama a sé l’altro
figlio e gli dichiara qual è il pensiero e la volontà di suo fratello.
12. E questo le risponde: “Io ho sempre pensato che mio fratello sia
veramente un galantuomo, ma, nello stesso tempo e sotto certi aspetti, anche un
uomo singolare! Io invece la penso in modo del tutto differente! Quanto io amo,
onoro e stimo te, mia cara madre, altrettanto stimo pure tutto quello che mi
vuoi donare e che mi darai; quindi, io accetto di gratissimo cuore l’intera
eredità, e certo non mancherà a mio fratello la ricompensa per tutti i servizi
che vorrà rendermi. Anzi, cara madre, se tu volessi, potresti darmi già ora
metà dell’eredità perché io possa comperarmi del terreno e prendere moglie!”
13. Però la madre, alquanto addolorata per la risposta del secondo
figlio, disse: “No! Sia come ho deciso in anticipo! Solo dopo la mia morte
entrerai in possesso dell’eredità!”.
14. E il secondo figlio, turbato, si allontanò.
15. Ora, dopo un anno, la madre si ammalò gravemente e, mentre i due
figli si trovavano a lavorare nel campo, venne una domestica a chiamarli,
perché entrambi si recassero dalla loro madre e, secondo la volontà di questa,
il più degno ricevesse la sua benedizione!
16. Il figlio buono, a questa notizia, si rattristò enormemente e,
strada facendo, pregava Dio ad alta voce che volesse mantenere in vita sua
madre.
17. Ma il figlio cattivo invece si irritò e disse al fratello che stava
pregando: “Vuoi veramente dettare legge alla natura con le tue preghiere? Chi è
divenuto maturo, sia padre o madre, fratello o sorella, deve morire, e non
servono a nulla né suppliche né preghiere! Per questo motivo io ho come
principio di rassegnarmi all’inevitabile e di dire: ‘Quello che Dio vuole è
giusto e buono anche per me!’”.
18. Ma il fratello buono divenne ancora più triste udendo queste
parole, e si mise con maggior fervore di prima a pregare per la vita della
madre amata.
19. E come essi furono entrati nella stanza dove la madre giaceva
ammalata, disse il figlio cattivo: “Io già sapevo che tu non saresti morta così
presto!”. E poi cominciò con delle parole a persuaderla che essa non doveva
temere la morte!
20. Mentre egli così le parlava, il figlio buono, tutto in lacrime,
continuava ad alta voce a pregare. E Dio esaudì la sua preghiera e mandò al
letto della madre inferma un angelo il quale la risanò perfettamente.
21. Allora la madre si alzò ben presto dal suo letto, poiché essa aveva
ben compreso come una forza superiore le avesse ridonata la salute; e, quando
ebbe cominciato a camminare e si fu accorta come i suoi piedi fossero pieni di
vigore, esclamò: “Questo io lo devo alle ardenti preghiere di quel mio figlio,
il quale per il grande e vero amore che mi porta non volle accettare l’eredità
che gli avevo offerta! In verità ti dico, o figlio mio buono e caro, poiché il
tuo amore per me è tanto grande e sincero da rinunciare per esso ad ogni cosa,
io voglio che tu possieda tutto; quello che è mio è anche tuo! Ma tu invece,
che mi hai amata soltanto a causa dell’eredità e che attendevi ansiosamente che
io morissi, io, che fui pure tanto buona di offrirti tutta l’eredità, tu non
riceverai più nulla affatto, e dovrai d’ora in poi restare servo degli
uomini!”.
22. Avete compreso questa parabola?! Quale dei due figli vi sembra
abbia avuto il buono e quale il cattivo vento?»
23. Rispondono i discepoli: «Evidentemente quello che amava veramente
sua madre!»
24. Dico Io: «La vostra risposta è giusta! E ancora vi dico: “Nello
stesso modo come si è comportata questa madre si comporterà il Padre vostro che
è nei Cieli!”.
25. Colui che non Mi ama per amore di Me
stesso non potrà entrare laddove Io sarò!
26. L’uomo deve amare Dio come Dio ama lui, vale a dire senza egoismo e
senza secondi fini, altrimenti egli si rende assolutamente indegno di Dio!».
Dell’essenza
dell’amore. L’amore brama e vuole avere. Differenza fra l’amore celeste e il
satanico.
La colazione
d’onore offerta da Baram al Signore per amor Suo.
Cenni sul
premio riservato alle opere dell’amore.
1. Dice Achab: «Questa è certo una grande verità, e molto profonda, ma
tuttavia io dovrei osservare ancora, che almeno da parte dell’uomo un amore
perfettamente disinteressato non può esistere, poiché, per quanto io abbia
riflettuto particolarmente sull’amore, ho dovuto pur sempre convincermi che
esso, per puro che sia, quando si manifesta va più o meno sempre in cerca di
una preda.
2. Vedi, io Ti amo certo tanto intensamente quanto un uomo può amarTi,
tanto che dico, se fosse possibile, io vorrei avvinghiarmi strettamente a Te ed
inspirare, per così dire, tutto il Tuo Essere per tenerLo celato nel mio cuore!
3. Ma ora mi domando: “È possibile che questo sentimento si accresca a
tale grado anche qualora io abbia di fronte un’altra persona qualsiasi? Perché
ciò non avviene e perché avviene invece quando si tratta di Te? La risposta è
insita nell’essenza della cosa stessa!”.
4. Io so Chi sei Tu, so ciò che Tu puoi, ed ora so anche quello che per
mezzo Tuo e con l’osservanza della Tua Legge posso raggiungere; ma tutto ciò è
nello stesso tempo indiscutibilmente anche il fondamento del mio ardente amore
per Te! Infatti, se Tu non fossi Quello che sei, il mio amore per Te sarebbe di
certo molto più tiepido. Io dunque ho in Te e per Te uno straordinario
interesse, e perciò Ti voglio e Ti amo!
5. Io non intendo affermare che io Ti amo mirando a qualche particolare
guadagno, poiché io sono pronto ad abbandonare tutto a questo mondo per amor
Tuo, ma tuttavia, anche in questo caso, il mio amore appare come un rapinatore
in cerca di una preda del tutto speciale, perché questa preda desiderata sei
Tu, dato che Tu per il mio amore sei più dell’intero mondo!
6. È sempre il maggior valore, materiale o spirituale che sia, a
determinare l’impulso dell’amore. Il mercante che andava in cerca di perle
vendette tutto e comperò la perla grande e bella che aveva trovato; e perché
ciò? Perché essa aveva un valore molto maggiore di tutto quello che egli
possedeva prima! Questo è certamente un interesse nobile, ma tuttavia è e resta
sempre un interesse, e senza di questo, almeno per quanto riguarda l’uomo, non
c’è l’amore! E se qualcuno venisse a parlarmi di un amore disinteressato, il
quale forse può esistere tutt’al più presso Dio soltanto, io dovrei
rispondergli: “Amico, in te vi sarà molta sapienza, ma è certo che l’amore non
è stato mai oggetto delle tue meditazioni più profonde!”.
7. D’altro canto, però, è vero che fra l’amore divino puro e quello
infernale vi è una differenza immensa, e cioè che l’amore divino vuole bensì
come l’infernale ugualmente una preda, ma esso poi restituisce tutto e prende e
raccoglie soltanto allo scopo sublime di donare e restituire, mentre l’amore
infernale vuole una preda soltanto a vantaggio delle proprie fauci, e prende
tutto, ma di dare o restituire non vuole saperne affatto.
8. Ora, facendo nostro l’amore celeste, noi sappiamo che con ciò non
avremo mai da temere né perdite né danno alcuno e che anzi, al contrario, noi
avremo, sotto ogni aspetto, soltanto e sempre più da guadagnare quanto più noi
restituiremo.
9. A tale riguardo siamo simili ad una fonte scavata nel terreno, la
quale, quanta più terra perde, tanto più guadagna in ampiezza e tanto più può
accogliere in sé la luce e l’aria del cielo. Signore; io credo di non aver torto
ragionando così, che ne dice la Tua Sapienza infinitamente superiore?»
10. Rispondo Io: «Null’altro che tu sei perfettamente nel vero, poiché,
vedi, se l’amore non fosse rapace in un modo o nell’altro, esso non sarebbe
affatto amore, poiché ogni amore brama qualcosa che vuole avere.
11. Ma appunto nello scopo dell’avere c’è un abisso che non si può
colmare, e questo separa per l’eternità il Cielo dall’Inferno!».
12. Ma ecco che ormai la gente di Baram è già qui con la colazione, perciò,
dopo aver dedicato delle ore allo spirito, vogliamo pure pensare per qualche
tempo al nostro corpo affamato!
13. Baram si avvicina a Me e Mi offre su un piatto d’oro un pesce
finissimo e preparato nel modo migliore, nonché un calice colmo di vino, e Mi
prega di volerlo ritenere degno della grazia di accettare dalle sue mani la
colazione.
14. Ed Io gli dico: «Questa tua azione certo non resterà senza
ricompensa, perché ti sei sobbarcato di tali fatiche per il grande amore che
nutri per Me e per il tuo amore ugualmente grande verso il fratello Kisjonah,
per il quale ti dolevi pensando che sarebbe pur dovuto riuscirgli
eccessivamente gravoso provvedere al mantenimento di parecchie centinaia di
ospiti per molti giorni.
15. Io ti dico: “Questo pericolo non c’è in casa di Kisjonah, perché
noi tutti assieme non potremmo consumare le sue provviste nemmeno in dieci
anni!”. Ma poiché nel tuo cuore pensavi che alla fine sarebbero pure potute
mancare a Kisjonah le necessarie provviste, e per tale motivo sei accorso da
lontano in aiuto, la ricompensa sarà la stessa che ti spetterebbe qualora tu
avessi agito così verso una persona effettivamente povera, poiché presso Dio
non viene guardato che il cuore del donatore.
16. Ora però siediti anche tu vicino a Me, e mangia con Me e con il
fratello Kisjonah da questo stesso piatto! Infatti questo pesce è così grande
da poter saziare più che a sufficienza anche tre persone!».
17. E tanto Baram quanto Kisjonah accolgono subito il Mio invito.
18. E così, col sole pienamente alzato, inizia la colazione la quale
continua per circa due ore, perché il pasto non finì affatto dopo aver mangiato
il pesce, ma a questo seguirono ancora una grande quantità di rinfreschi.
L’allegria
degli ospiti durante l’abbondante colazione turba l’angelo.
Il peccato sta
molto vicino all’allegria.
Del processo
di nutrizione dell’uomo per il corpo, l’anima e lo spirito.
1. È quasi superfluo menzionare che dopo una simile colazione, tutti sono
diventati allegri e oltremodo loquaci; il vino aveva sciolto tutte le lingue;
perfino Jonaele e Jairuth avevano finito col prendere parte all’allegria
generale, ed anzi Mi pregarono che Io concedessi loro di mantenersi in tale
gaia disposizione d’animo anche quando sarebbero partiti per Sichar! Ed Io
permisi loro di essere altrettanto di lieto umore quando avrebbero dovuto fare
ritorno in patria.
2. Allora essi dissero: «Signore; che Tu ci conceda tale cosa, sta
bene, perché così non commetteremo peccato nell’essere allegri; ma la grande
domanda, poi, è se noi potremo davvero essere allegri!»
3. Rispondo Io: «Ebbene sì; voi potrete essere allegri e lo sarete
anche!»
4. Ma l’angelo, che era venuto con i due, a questa Mia promessa fece un
viso alquanto triste, e Jonaele, avendolo osservato, Me ne chiese il motivo.
5. Ed Io gli dissi: «Il motivo è che l’angelo
comprende fin troppo bene che fra una grande allegria e il peccato non c’è che
un tratto breve; egli prevede già ora la fatica che dovrà fare con voi durante
il viaggio di ritorno per preservarvi dal peccato; questo vi spiega il suo
turbamento. Però date anche a lui un po’ di vino da bere; chissà che con ciò
egli non si rassereni alquanto!»
6. Jonaele porge subito un calice colmo all’angelo, il quale lo prende
e lo vuota fino all’ultima goccia; e i due rimasero enormemente stupiti, poiché
essi non lo avevano mai visto fare una cosa simile!
7. L’angelo però disse: «È già parecchio tempo che io sono con voi; ma
perché quando sono in casa vostra non mi offrite mai un bicchiere?»
8. Dice Jonaele: «Come avrebbe mai potuto venirci in mente, neanche in
sogno, l’idea che un angelo, il quale si trova a questo mondo, possa prendere
un qualche nutrimento materiale?»
9. Dice l’angelo: «Eppure è strano! Avete pur visto come anche il
Signore di tutti i Cieli mangiò e bevette Lui pure come voi, e nessuno può
negare che Egli sia lo Spirito più grande e più perfetto; perché dunque non
dovremmo noi angeli mangiare e bere quando, per servire voi nella materia,
dobbiamo assumere anche noi un corpo di carne?!
10. Dammi anche un po’ di pesce e del pane, e vedrai subito che io
posso non soltanto bere, ma benissimo anche mangiare, perché, dove il Signore
prende del cibo terreno, là possono prenderne altresì i Suoi angeli!»
11. Allora Jonaele offre all’angelo un pesce intero ed un buon pezzo di
pane, e l’angelo prende il tutto e lo mangia.
12. E dopo che l’angelo ebbe dimostrato ai due meravigliati come anche
uno spirito possa benissimo prendere un cibo materiale, Jonaele gli chiese come
si sarebbe potuto spiegare la cosa, considerato che, in sostanza, egli non era
che uno spirito!
13. E l’angelo gli risponde: «Hai mai visto un morto mangiare e bere?»
14. Risponde Jonaele: «Una cosa simile nessuno certo l’ha mai vista!»
15. Replica l’angelo: «Ebbene, se un corpo privo della sua anima e più
ancora del suo spirito, corpo che in sé è quasi sola materia, non prende né può
prendere alcun nutrimento, è chiaro che sono appunto l’anima e lo spirito
vitale in essa che prendono questo nutrimento. Ma poiché il corpo non è altro
che uno strumento di cui si avvale l’anima e di per se stesso non ha alcun
bisogno di cibo, allora è appunto l’anima, e con essa lo spirito, che trae
dalla terra il nutrimento finché essa dimora nel corpo destinatole, corpo che
essa mantiene dandogli da mangiare quella parte del cibo che essa non può
assimilare, ma che deve eliminare! Così il corpo viene nutrito con gli
escrementi dell’anima.
16. Dunque, se già nell’uomo ancora materiale è soltanto l’anima che
prende il nutrimento dalla terra finché essa dimora nel corpo, sarà ben
giustificato che anch’io, quale anima e spirito, prenda del cibo terreno finché
mi sia dato di calcare questa terra con i miei piedi e che, al fine di poter
servire i vostri scopi, debba avere anche un certo corpo che è stato creato per
me dagli elementi materiali dell’aria! Che ne pensate voi?».
La pessima
influenza della gozzoviglia sull’anima. La morte spirituale come conseguenza
dell’eccesso.
Del vero
digiuno. La mortificazione del corpo per comunicare con il mondo degli spiriti
è peccato.
La vita e la
dottrina del Signore sono il nostro modello.
1. I due amici di Sichar ed ancora molti altri con loro, che hanno pure
udito la spiegazione dell’angelo, si mostrano enormemente stupiti, e Pietro Mi
domanda: «Signore, che vi è di vero in ciò che ha detto ora questo servitore di
Jonaele? La cosa mi sembra un po’ troppo strana! Come può il corpo venire
nutrito con i rifiuti dell’anima? E l’anima ha forse anch’essa uno stomaco, e
perfino un ano?»
2. Rispondo Io: «L’angelo ha detto la piena verità; così è, infatti. E
perciò la gozzoviglia e la crapula rendono l’anima stessa materiale e sensuale;
essa viene sovraccaricata e il corpo non può accogliere tutti i rifiuti
dell’anima, e la conseguenza è che questi rifiuti rimangono nell’anima, la
opprimono e la travagliano in modo tale che essa ricorre poi a tutti i mezzi ed
a tutte le vie pur di espellere da sé le impurità che si sono eccessivamente
accumulate. E queste vie consistono in ogni genere di libidine, di
prostituzione, di adulterio e in altre e molte cose di tale specie.
3. Ma poiché, così facendo, all’anima ne deriva una certa eccitazione
piacevole, essa si lascia sedurre e diventa sempre più vogliosa e bramosa di
queste sensazioni, ritorna con sempre maggiore piacere alla gozzoviglia ed alla
crapula, ed infine diventa completamente sensuale, tenebrosa e inaccessibile
alle manifestazioni della vita spirituale; successivamente si indurisce,
diviene priva di sentimenti e finisce con il diventare cattiva, superba ed
orgogliosa.
4. Quando poi un’anima ha perduto, come necessariamente deve perdere,
il suo valore spirituale in conseguenza del modo di vivere ora descritto, e
quindi è spiritualmente morta, essa allora inizia letteralmente ad erigere in
sé, dalla sua immondizia, un trono, e da ultimo considera perfino come un onore
e un decoro speciale l’essere tanto ricca di impurità!
5. In verità vi dico: “Tutti gli uomini che a questo mondo si
compiacciono di quanto sollecita la loro sensualità, stanno, quali anime,
immersi fin sopra gli occhi e gli orecchi nella loro densa immondizia; sono
perciò spiritualmente del tutto sordi e ciechi e non sono più in grado di
vedere, di udire e di comprendere quello che potrebbe essere la loro salvezza!
6. Per conseguenza siate sempre moderati nel mangiare e nel bere,
affinché la vostra anima non cada ammalata e non affoghi nel pantano delle
proprie impurità!”»
7. Pietro, a queste Mie parole, mostra una faccia evidentemente
preoccupata e dice: «Signore; se è così, non si può mettere in dubbio che
allora si dovrebbe più digiunare che mangiare!»
8. Ed Io gli rispondo: «Chi a tempo debito digiuna, fa meglio di colui
che è sempre dedito ai bagordi ed alla crapula; però bisogna distinguere fra
digiuno e digiuno! Il digiuno veramente buono ed efficace consiste
nell’astensione da ogni peccato, nella rinuncia completa a tutte le cose del
mondo, nel prendere sulle spalle la propria croce (nel passato in modo
figurativo: miseria, povertà e avversità) e seguire Me in questo modo, senza
perciò troppo angosciarsi nel misurare il proprio cibo e le bevande, però
altresì senza eccedere oltre il bisogno fino all’ingordigia; ogni altra specie
di digiuno non ha che poco valore oppure non ne ha affatto.
9. Infatti vi sono degli uomini i quali, per mezzo di certe
mortificazioni del loro corpo, vogliono penetrare nel mondo degli spiriti per
poter, con il loro aiuto, padroneggiare le forze della natura; questo modo di
procedere non soltanto non è di nessuna utilità all’anima, ma al contrario è
quanto mai dannoso. In questo caso l’anima, come un
frutto artificiosamente maturatosi, cade dall’albero della vita, e il nocciolo
vitale di un tal frutto è sempre corrotto, vuoto, sordo e per conseguenza
morto.
10. Un simile genere di mortificazione o di digiuno, dunque, non
soltanto non costituisce alcuna virtù, ma è invece un peccato gravissimo!
11. Perciò chi vuole vivere rettamente e conformemente al vero ordine
viva precisamente come Io stesso vivo ed insegno a vivere; così vedrà
svilupparsi vivo e diventare naturalmente e pienamente maturo in sé il frutto
della vita, nel quale verrà formandosi e perfezionandosi non già un germe
morto, ma uno completamente vivo per la vita unica eterna nello spirito e per
la vivissima coscienza e conoscenza di sé, nell’ordine migliore e nella
progressione più rapida e rigogliosa. Ora dunque sapete come si agisce anche a
questo riguardo secondo gli ordinamenti stabiliti da Dio; comportatevi così ed
avrete in voi la vita!
12. Ora i raggi del sole cominciano ad acquistare sempre più forza,
perciò noi scenderemo da questa collina e ci ritireremo nel giardino ricco
d’ombra. Tu Matteo, che sei il Mio scrivano, puoi mettere ora in ordine le tue
tavolette e trascrivere le annotazioni fatte in modo che ne risulti una
descrizione alquanto ampia e completa di quanto è avvenuto e di quanto è stato
insegnato qui. Noi intanto ci riposeremo un po’!».
Il Signore con
i Suoi nel giardino. Matteo ordina i suoi scritti. La calma paurosa prima
dell’uragano.
L’angelo Saggio
tranquillizza gli uomini angosciati a causa della tempesta. Terremoto, burrasca
marina e temporale.
1. Ora abbandoniamo la collina e ci rechiamo all’ombra degli alberi
foltissimi per riposare; là, sotto un albero di fico dai rami molto ampi, c’era
una comoda panca fatta di zolle erbose. Io Mi sedetti là, e Mi addormentai, e
tutti gli altri, compresa Maria vicino a Me, presero anch’essi posto e furono
colti dal sonno; soltanto Jonaele, Jairuth e Matteo sedettero ad un tavolo nel
giardino, e Matteo cominciò a mettere in ordine i suoi scritti. Durante questo
lavoro l’angelo di Jonaele e di Jairuth lo assistette e lo rese attento a
parecchie mancanze.
2. Verso mezzogiorno Baram, il quale si trovava sul battello assieme a
Kisjonah, osservò che in direzione di occidente avevano cominciato ad
accumularsi all’orizzonte dei nuvoloni temporaleschi quanto mai oscuri e
pesanti, e che contemporaneamente la superficie del lago andava man mano
assumendo una calma inquietante, segno sicuro che in brevissimo tempo sarebbe
scoppiata una tempesta devastatrice congiunta forse a terremoto.
3. Baram allora fece immediatamente trasportare a terra tutte le
provviste che erano ancora sul battello, e fece legare questo quanto più
solidamente poté alla riva; e la gente di Baram ebbe appena il tempo di
eseguire in fretta questi lavori che già si vide in lontananza l’acqua iniziare
a sollevarsi in onde enormi!
4. E Kisjonah subito disse: «Noi dovremo svegliare il Signore ed i Suoi
discepoli, poiché con una tale altezza dei cavalloni, che io finora non avevo
mai visto, il mare potrebbe allagare tutto il giardino e mettere in pericolo,
chi più chi meno, coloro che dormono! C’è inoltre pericolo che il battello
venga addirittura scagliato sulla spiaggia»
5. Osserva Baram: «Sì, amico mio, è certo che se il Signore questa
volta non mette freno all’uragano, esso potrà arrecare danni incalcolabili! Io
però mi affido al Signore; Egli certamente non ci lascerà andare in rovina! Ed
io penso che finché Egli dorme così placidamente, noi abbiamo poco o nulla da
temere dalla tempesta che sarà qui fra pochi istanti; tuttavia andiamo
sollecitamente da Lui e avvertiamolo di quello che sta per succedere»
6. I due poi, e con loro i marinai, si affrettano verso di Me e provano
a svegliarMi, ma questa volta per un buon motivo Io non Mi sveglio, e l’angelo
si avvicina a loro e dice: «LasciateLo riposare e non Lo svegliate, perché Egli
dorme appunto a causa di questo necessario uragano! Ciò che succederà tra poco
dimostrerà a che cosa esso sarà stato utile!»
7. E Kisjonah esclama: «Ma cosa succederà quando quelle enormi ondate
cominceranno a rovesciarsi fino ai miei giardini, e li spazzeranno
furiosamente?!»
8. Dice l’angelo: «Di ben altro occupati e non di questo! Credi tu
forse che il Signore, se anche ai tuoi occhi sembra che dorma, non sappia nulla
di quanto succede qui?! Sappi che è Sua Volontà che così avvenga; e perciò
avviene così e non diversamente! Tu quindi puoi star tranquillo!»
9. Domanda Kisjonah: «Ne conosci tu la ragione?». Risponde l’angelo:
«Se anch’io la conoscessi, non potrei dirtela prima che tale non fosse la
Volontà del Signore; perciò non chiedere altro e stai pur tranquillo, senza
alcun timore e senza angosce; il futuro aprirà gli occhi a tutti voi!»
10. Dopo queste parole dell’angelo, il quale si mise tranquillamente
accanto a Matteo per aiutarlo a disporre bene i suoi scritti, Kisjonah si diede
pace, e Baram disse: «Io devo confessare apertamente che, da quando vivo, non
ho mai visto una bufera tanto minacciosa quanto questa che attendiamo si
scateni da un momento all’altro dinanzi a noi, ma, d’altro canto, mai un
fenomeno così terribile mi ha trovato tanto indifferente e tranquillo! Guarda
là! Quella insenatura che si può raggiungere in un quarto d’ora con un vento
moderato e lavorando un po’ di remi: là certo si scatenerà fra pochi istanti un
grande temporale!
11. Ecco come le onde mostruose avanzano nel senso della lunghezza del
mare, alla distanza di un quarto d’ora fuori dall’insenatura, precisamente in
direzione di Sibara, e sembrano montagne galleggianti percosse ad ogni istante
da migliaia di fulmini, e tuttavia questa insenatura è ancora tanto calma che
si può osservare da qui molto facilmente l’uragano al di fuori dei suoi limiti
d’azione, come pure si può vedere molto nettamente la costa; questo è certo un
fenomeno quanto mai raro! Bisogna pur convenire che, potendo assistere a
qualcosa di simile con animo pacato e tranquillo, si gode uno spettacolo
veramente rarissimo e terribilmente bello nella sua grandiosità! Ma coloro che
eventualmente si trovano fuori in alto mare non ragioneranno certo così come
noi qui, davanti a questa insenatura dalla superficie liscia come uno specchio!
12. Da qui fino al limite estremo di questa spaventosa bufera c’è
ancora una mezz’ora buona, eppure con quanta forza ci giunge all’orecchio il
rimbombo tremendo del tuono! Entro i confini dell’uragano ci deve essere un
tale frastuono da diventare completamente sordi! Ma ecco che la terra comincia
anch’essa a tremare! Non senti nulla?»
13. Risponde Kisjonah: «Oh, si, volevo appunto dirti la stessa cosa; ma
la meraviglia più grande di tutte è che la mia insenatura, nonostante tutto
ciò, si mantiene ancora così tranquilla come raramente ho avuto occasione di
vederla. Infatti troppo bene so quale spaventevole spettacolo sia capace di
offrire questa piccola insenatura di mare quando comincia ad infuriare! Mentre,
come si vede, tanto qui quanto per un bel tratto ancora fuori del golfo, tutto
è perfettamente tranquillo! Ma ascolta, il terremoto si fa più violento! Basta
che i fabbricati non ne riportino danno! Ma ecco che adesso anche l’insenatura
comincia ad agitarsi con quelle caratteristiche vibrazioni circolari sull’acqua
e fuori dell’insenatura il lago accenna pure a farsi grosso; certo il mal tempo
non si farà aspettare troppo! E allora, nel Nome del Signore! Peggio che di
perdere questa vita terrena non ci può toccare; avvenga
dunque quello che deve; il Signore e il Suo angelo sono pure qui con noi!
Tuttavia lo spettacolo mette davvero spavento! Voglia il Signore usare grazia e
misericordia a tutti i peccatori!».
14. Infatti, anche le acque dell’insenatura cominciano ad agitarsi.
Delle violente raffiche investono sibilando gli alberi, mentre nella massa
densa e nera delle nuvole, che nel frattempo è avanzata, si incrociano
innumerevoli i fulmini; parecchi ne scoppiano sull’insenatura con orrendo
fracasso, sollevando vortici di schiuma che si espande tutt'intorno, ma ancora
non cade alcuna goccia di pioggia dalle nubi infuocate. Un fulmine, tra gli
altri, cade sulla collina dove noi abbiamo passato la
notte, e il terribile scoppio che ne segue ha per effetto di svegliare tutti
dal sonno profondo in cui sono immersi; soltanto Io rimango ancora
addormentato.
15. Quando i risvegliati, storditi dall’enorme frastuono, si accorgono
della bufera tremenda che infuria al di sopra di loro ed odono il fragore dei
fulmini che ininterrottamente piombano sulla spiaggia, ciò che finisce con lo
svegliarli completamente, si alzano tutti da terra in preda allo spavento, ed i
discepoli si precipitano verso di Me gettando urla angosciose e Mi risvegliano!
16. E Giuda, tutto sconvolto, grida: «Ma Signore! Come puoi dormire in
un simile infuriare degli elementi?! È una vera pioggia di fulmini dal cielo!
Chi può più essere sicuro dalla morte anche solo per un istante? Aiutaci Tu, o
Signore, altrimenti crollerà tutto il mondo!»
17. Gli dico Io: «Ti ha già forse colpito qualche fulmine?»
18. Risponde Giuda: «Finora certamente no, per fortuna! Ma quello che
non è accaduto finora può benissimo accadere ad ogni battere di ciglio con un
temporale di questo genere! Naturalmente, io posso parlare adesso perché sono
ancora in vita; ma chi può sapere se un prossimo fulmine non mi tronchi la
parola per tutta l’eternità!»
19. Ma mentre Giuda sta ancora parlando, ecco che le acque
dell’insenatura cominciano a sconvolgersi ed a sollevarsi con uno scroscio
fragoroso in ondate che accennano a dirigersi verso la spiaggia dalla parte
dove noi siamo, e poiché le acque sembrano sollevarsi parecchie tese[15]
più in alto di quanto lo siamo noi nel giardino, tutti i discepoli gettano
grida disperate, ed alcuni prendono anzi la fuga verso l’altura più vicina, ma
una vera tempesta di fulmini li ricaccia subito indietro!
20. Centinaia di voci si uniscono in un solo grido: «Signore, aiutaci
se Tu lo puoi e lo vuoi, altrimenti non c’è più salvezza!».
21. Solo Matteo, Jairuth, Jonaele e il loro angelo non si lasciano
sviare, e imperturbati conducono a termine il loro lavoro.
22. Dal canto Mio, però, questa volta non metto nessun freno
all’uragano, e lascio che continui nel suo cieco infuriare fino
all’esaurimento; soltanto non gli concedo di causare il benché minimo danno.
Lo scopo di questo
uragano: inghiottimento dei nemici del Signore. I pericoli della missione.
I buoni
effetti della bufera del giudizio. La buona pesca.
1. Pietro però si avvicina a Me, e in tutta segretezza Mi dice:
«Signore, si è tanto dunque affievolito in Te lo Spirito del Padre Tuo che Tu
non possa più dominare una tempesta simile? Vedi se Ti è possibile farla
cessare!»
2. Rispondo Io: «Sappi che c’è una savia ragione per la quale questo
uragano, che non durerà più molto a lungo, deve infuriare! Se però tu hai
qualche dubbio in proposito, sappi che dieci imbarcazioni a noi nemiche si
trovano in alto mare allo scopo di raggiungerci, di catturarci tutti assieme ed
infine di sterminarci completamente! Questo uragano invece ritorce a loro danno
le maligne intenzioni che avevano a nostro riguardo; se dunque la cosa sta in
questi termini, perché Mi preghi e pretendi che Io faccia cessare questo
uragano necessario alla nostra momentanea ed altrettanto necessaria salvezza?
Lasciagli pure libero sfogo finché lo scopo per il quale esso si è manifestato
sia pienamente raggiunto; poi vedrai bene che finirà serenamente del tutto!
Osserva là in lontananza, e dimMi che cosa è quello che le onde altissime del
mare portano sul loro dorso furibondo e che scagliano qua e là come farebbe un
bambino malizioso e petulante con i suoi vani giocattoli?».
3. Pietro allora osserva attentamente la superficie vasta delle acque
ancora tutta sconvolta, e scorge ben presto diversi rottami ed una nave ancora
intera benché danneggiata; il tutto, nave e rottami, è in piena balia delle
onde mostruose che li trascinano e scuotono violentemente l’uno contro l’altro
come polvere presa in un vortice di vento. Egli vede inoltre alcuni uomini i
quali, attaccati disperatamente ai resti delle navi, fanno i loro ultimi sforzi
per tentare di raggiungere la costa, e vengono alternativamente senza tregua
inabissati e sollevati in alto dalle onde.
4. E Pietro, dopo aver contemplato per un po’ questo spettacolo, Mi
dice: «Signore, Perdonami; Tu sai già che io sono ancora un peccatore e che,
per conseguenza, non potevo che infastidirti con una domanda oltremodo sciocca;
ora però tutto è chiaro! I perfidi farisei di Gesaira si sono rivolti per aiuto
a Gerusalemme, ed hanno ottenuto che dieci navi con soldati romani venissero
armate per venire qui ad arrestarci. Essi dovettero attraversare il mare,
perché via terra non avrebbero potuto tanto facilmente arrivare fin qui a Chis
(località che apparteneva a Kisjonah) ed ora hanno avuto la ricompensa ben
meritata per le loro fatiche! Questi certo non potranno più farci nulla, tanto
più che dalla direzione delle onde le navi sfasciate vengono spinte verso
Sibara dove ci sono scogli in grande quantità, oltre ai quali sarà molto
difficile che qualcuno si salvi data la violenza inaudita dell’uragano! Oh,
come sta bene a questa razza perfida ed adultera che sia finalmente giunta per
essa il momento del giudizio! Quanto succede adesso dovrebbe essere molto
adatto a togliere ai farisei ogni ulteriore voglia di insorgere contro di Te!»
5. Dico Io: «Satana lascia che lo si colpisca mille volte mille, ma
ciononostante, anche dopo mille volte mille colpi, egli rimane sempre lo stesso
acerrimo nemico di Dio e di tutto ciò che di buono e di vero trae origine dallo
Spirito di Dio. Certo, coloro che ora le acque del lago trascinano morti sulla
sua superficie non potranno più farci del male, ma al loro posto ne sorgeranno
degli altri, che ci incalzeranno e noi saremo costretti a fuggire nelle città
dei greci; e non trascorreranno affatto molte settimane che queste cose
succederanno!»
6. Dice Pietro: «Signore! Finché restiamo qui, però, saremo lasciati
tranquilli?»
7. Rispondo Io: «Sì, questo è certo; ma sulla
Terra abitano ancora altre genti e popoli ai quali il Vangelo è altrettanto
necessario quanto a voi, ed essi pure sono stati creati dallo stesso Padre che
ha creato voi! Da questi, malgrado tutte le persecuzioni che ci attendono, noi
dobbiamo andare e dobbiamo portare loro la Buona Novella dai Cieli! Anch’essi
ci perseguiteranno, ma tuttavia con il tempo si convertiranno, e come agnelli
faranno ritorno al nostro ovile!
8. Noi siamo buoni e il mondo è cattivo; dunque da esso non possiamo
certo aspettarci nessun bene, ad eccezione di qualche piccolo e dolce frutto
nascosto qua e là fra la preponderante massa della zizzania! Ma ora osserva,
l’uragano va calmandosi gradatamente, e per questa volta ogni pericolo è
scomparso!»
9. RivoltoMi poi a Baram: «Amico, il temporale si calma e con lui va passando
il mezzogiorno; perciò noi ora andremo a pranzo affinché possiamo acquistare
sufficiente vigore per il lavoro del pomeriggio».
10. Qui non è necessario narrare più dettagliatamente come procedette
il pranzo, né descrivere più da vicino gli effetti prodotti dal violentissimo
uragano, specialmente con riguardo alle dieci navi prima menzionate; basterà
sapere che di mille uomini che esse portavano soltanto cinque poterono
salvarsi; tutti gli altri divennero preda delle acque, e sugli scogli di Sibara,
dopo molto tempo, furono trovate ancora ossa umane rosicchiate ed imputridite,
assieme ad una quantità grandissima e svariata di armi romane e di catene in
origine destinate a Me e ai Miei discepoli.
11. Come poi le conseguenze di una simile tempesta produssero l’effetto
di deprimere quanto mai l’animo dei farisei come pure quello dei romani,
specialmente a Cafarnao ed a Nazaret, è del tutto superfluo menzionare, ed
infatti per alcune settimane Io fui lasciato in pace assieme a coloro che erano
con Me.
12. Dopo il pranzo, non essendovi in quel pomeriggio qualcosa di
notevole da intraprendere, i discepoli unitamente ai pescatori di Kisjonah si
recarono in mare, e fecero fin verso sera cinque buone retate dei migliori
pesci che là si trovavano, e li portarono nei contenitori di Kisjonah, il quale
ne fu contentissimo, e fu dato ordine che un centinaio dei più belli venisse
prontamente preparato nel modo migliore con spezie ed erbe aromatiche per
quella sera stessa. Così finì la giornata, e dopo la cena ciascuno si dedicò al
riposo che si era reso ormai necessario a tutti.
Escursione a
Cana nella valle. I poveri ebrei agricoltori e gli avidi mercanti greci quali
debitori di Kisjonah. La nobiltà d’animo di quest’ultimo. Breve dottrina della
vita a quel popolo. Il Signore testimonia di Sé e della Sua missione.
I buoni
effetti di questa lieta novella.
1. Il giorno seguente noi facemmo una cosiddetta escursione in una valle
che si estendeva precisamente fra le due catene di monti in direzione della
Samaria, ed attraverso la quale passava la strada
principale per Damasco che da lì si diramava poi verso tutte le piccole e
grandi città dell’Asia centrale; questo era anche il motivo per cui l’ufficio
della dogana di Kisjonah nella località di Chis era fra i più redditizi di
tutta la Galilea.
2. In quella valle c’erano naturalmente una quantità di piccole
borgate, nelle quali abitava una popolazione molto numerosa composta di ebrei e
di greci che vi facevano i loro commerci. Vicino a Chis, a due ore circa di
distanza entro la vallata, vi era una borgatella denominata essa pure Cana; per
conseguenza, per non confonderla con la città di Cana situata presso Nazaret,
parlando di quest’ultima, veniva precisato il luogo con l’aggiunta “di
Galilea”, mentre quando si parlava semplicemente di Cana, si doveva intendere
la summenzionata seconda Cana nella valle che era situata sul territorio della
Samaria, e appunto perciò a Chis, quale località di confine fra la Galilea e la
Samaria, dove sorgeva il grande ufficio della dogana a cui si è già spesso
accennato.
3. Questa Cana era abitata principalmente da greci, cosicché per ogni
famiglia ebrea c’erano sicuramente cinque famiglie greche. Gli ebrei traevano
il loro sostentamento prevalentemente dall’agricoltura e dall’allevamento del
bestiame, mentre i greci esercitavano quasi esclusivamente il commercio.
4. Noi ci recammo dunque a Cana nella valle per visitare specialmente
gli ebrei che là dimoravano, i quali in parte erano non di rado esposti ad
enormi imbrogli da parte dei greci insidiosi e scaltri, e come possessori delle
terre dovevano sopportare da soli quasi tutto il peso delle imposte e gli altri
oneri; per conseguenza anche molto spesso si ammalavano e deperivano
fisicamente e moralmente per la miseria e la tristezza cui dovevano sottostare.
5. Quando noi arrivammo a Cana e tanto gli ebrei quanto i greci ebbero
visto Kisjonah, ben conosciuto da tutti, che era in nostra compagnia, si
affrettarono a venirgli incontro, lo salutarono e lo pregarono che usasse loro
indulgenza, poiché tanto gli ebrei quanto i greci gli erano debitori di
rilevanti somme di denaro.
6. Ma Kisjonah disse: «Se io avessi voluto esigere qualcosa da voi, non
mi sarebbe stato necessario percorrere questa lunga via, ma ne avrei dato
l’incarico ai miei servitori, mentre io sono venuto qui da voi per portarvi una
grande consolazione con ciò che ora qui pubblicamente annuncio a voi tutti: il
vostro debito verso di me è estinto, perché il mio e il vostro Signore l’ha
pagato più che a sufficienza per tutti, ed io mi dichiaro perfettamente
soddisfatto; quindi voi potete essere lieti ed allontanare dal vostro animo
ogni cura a questo riguardo»
7. Quando gli abitanti di Cana ebbero appreso la buona notizia, colmi
di giubilo, si affollarono intorno a Kisjonah supplicandolo di rivelare loro
chi fosse e dove si trovasse il Signore da lui menzionato al quale erano
debitori di un beneficio così grande e di tanta grazia, affinché essi potessero
presentarsi a Lui per renderGli grazie ed onore.
8. E Kisjonah, ponendo la mano sulla Mia spalla, dice: «Ecco il Signore
che voi cercate; dinanzi a Lui piegate le vostre ginocchia!»
9. Udendo ciò, gli abitanti di Cana si prostrarono tutti dinanzi a Me
e, chinata la faccia a terra, esclamarono: «Salute a te, o benefattore nostro
non ancora da noi conosciuto! Quale bene ti abbiamo fatto e quale amicizia ti
abbiamo mai dimostrata da indurti ad avere pietà della nostra grande miseria?!
E poiché tu o signore e benefattore nostro, assolutamente da noi mai visto, hai
voluto farci questa grazia grandissima, ti piaccia dichiararci in quale modo
noi possiamo sdebitarci e cosa dobbiamo fare per poterci dimostrare di fronte a
te almeno un po’ più degni della tua grande bontà di quanto lo siamo e possiamo
esserlo quale gente per natura a te completamente estranea»
10. Ed Io dico loro: «D’ora innanzi siate
giusti e buoni; amate Dio sopra ogni cosa e il prossimo vostro come voi stessi,
vi sia esso amico o nemico, senza eccezione; fate del bene a coloro che vi
fanno del male; benedite coloro che vi maledicono e pregate per coloro che vi
perseguitano; così operando, sarete accolti quali figli dell’Altissimo, e
soltanto in ciò consisterà anche l’unico rendimento di grazie per tutto quello
che Io vi ho fatto. Questo è quanto domando da voi!»
11. Dicono i greci: “Signore ed amico! Di dèi noi ne abbiamo molti!
Quale fra i tanti dobbiamo noi amare sopra ogni cosa: Giove, od Apollo, o
Mercurio, oppure qualche altra delle dieci divinità principali? O dobbiamo
forse adorare il Dio degli ebrei? Ma questo loro Dio sembra non essere diverso
dal nostro dio Crono, e come possiamo amare sopra ogni cosa questo Dio favoloso?»
12. Ed Io gli rispondo: «Gli dèi che voi greci adorate non sono che un
prodotto vano e artificiale plasmato nella materia dalla mano dell’uomo, e voi
potete pregarli, adorarli, venerarli ed amarli più della vostra vita per
migliaia e migliaia di anni che essi non vi esaudiranno mai e non potranno mai
fare nulla di bene per la semplicissima ragione che essi nella realtà viva non
sono niente, e non esistono in nessun luogo.
13. Il Dio degli ebrei invece, che la grande maggioranza però teme di
riconoscere nella pienezza della verità ma Lo adora e venera con le cerimonie
più sozze, vuote e morte anziché venerarLo ed adorarLo in Spirito e nella
Verità del cuore, ciò che costituisce il vero amore, questo è il solo e vero
Dio dall’eternità, il Quale dal proprio seno ha creato il Cielo e questa Terra
e tutto quello che su di essa, in essa e sotto di essa esiste!
14. Io però sono fin dall’eternità il Suo messaggero, ed ora sono
venuto qui per annunciare a voi ed ai vostri figli questo Vangelo!
15. Questo è dunque il Dio che voi dovete amare sopra ogni cosa, e del
Quale dovete osservare i comandamenti che, come dettovi già prima, consistono
nel semplice fatto di amarLo sopra ogni cosa e di amare altresì il vostro
prossimo come voi stessi!
16. Inoltre dovete avere in voi anche la fede che appunto in questo Dio
che è il Padre Mio, dunque il Mio Amore fin dall’eternità, Mi ha mandato su
questo mondo affinché ognuno che crede in Me abbia in sé la vita eterna e
divenga così un figlio dell’Altissimo!
17. Ed affinché a voi tutti riesca più facile credere, conducete qui
tutti i vostri ammalati ed Io li risanerò, qualunque sia il male dal quale sono
afflitti. Andate dunque e accompagnateli tutti qui da Me!”»
18. A queste parole pronunciate da Me, quegli abitanti si meravigliarono,
ed esclamarono come una sola voce: “Una grande fortuna è stata riservata a
questo nostro luogo! Come risuonano potenti e meravigliose le parole sante e
vere di questo nostro grande benefattore! In verità, tanta amorevolezza e tanta
bontà non possono nascondere dietro a sé alcuna malizia, né falsità né inganno;
per conseguenza noi faremo senza alcun timore qualunque cosa egli voglia
richiedere da noi! Infatti colui che ci è stato amico ancora prima di averci
conosciuti, tanto più lo sarà ora che ci ha visti e che ci ha parlato nel
nostro grande bisogno! Lodato sia il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe che
si è ricordato ed ha avuto misericordia di noi!».
19. Dopo queste buone parole, tutti si recano prontamente alle loro
case e conducono fuori in tutta fretta duecento ammalati.
La grande guarigione miracolosa a Cana nella valle. Buone
parole e preghiera degli anziani al Signore. Un esame della fede. Parole del
Signore ai sani di corpo ma ammalati nell’anima. Regole evangeliche della vita
e cenni sociali. La maledizione dello spirito usuraio. Come procede la
decadenza sociale. Minaccia di punizione dall’Alto.
1. Quando gli ammalati, in parte sorretti faticosamente a braccia, in
parte condotti a dorso di mulo e in parte addirittura portati sui loro
giacigli, furono arrivati, vennero disposti in semicerchio intorno a me, e gli
anziani della borgata si fecero innanzi e Mi pregarono dicendo:
2. «Signore! Tu che ci hai sciolto dal nostro debito verso il potente e
ricchissimo Kisjonah, cosa per la quale noi non potremmo mai ringraziarti
abbastanza, ridona se puoi la salute a questi poveretti, affinché possano
anch’essi gioire con noi dell’immenso beneficio che ci hai reso»
3. Dico Io: «Certo, fui Io che vi invitai a condurre qui i vostri
ammalati, ed Io posso mantenere e manterrò anche la Mia promessa; però
anzitutto vi domando se volete e potete credere quello che vi ho detto! La
vostra fede sarebbe di grande giovamento!»
4. Dicono gli anziani: «Signore, noi riteniamo che tu veramente abbia
il potere di fare questo, e quindi noi crediamo per così dire ciecamente che,
per mezzo dei tuoi farmaci miracolosi ed a noi ancora sconosciuti, tu guarirai
i nostri ammalati!»
5. Osservo Io: «Ma come sarebbe se Io non avessi con Me alcun rimedio
speciale, né un olio od un balsamo medicinale, né nessun altro degli specifici
solitamente usati per la cura delle differenti malattie? Come vi immaginate in
questo caso che Io potrò guarire i vostri ammalati?»
6. Rispondono gli anziani: «Signore! Come potremmo comprendere tale
cosa? Infatti è ben certo che di tutte le cose del mondo noi ne sappiamo di più
che appunto dell’arte medica! Noi veramente abbiamo in questa località un
medico, ma anch’egli è come non ci fosse, perché non ha mai saputo aiutare il
suo prossimo altrimenti che ad andare sottoterra! Dunque, ammesso che anche noi
ne sapessimo di medicina quanto il nostro medico, non potremmo ugualmente dirti
la nostra opinione sul modo di guarire gli ammalati senza medicamenti; perciò è
impossibile che noi comprendiamo come tu potresti ridonare la salute agli
ammalati usando i mezzi naturali, però senza cure visibili!
7. Forse che a tua disposizione stanno dei mezzi soprannaturali, ciò
che noi non possiamo certamente sapere; oppure tu sei forse un discepolo del
tanto famoso medico miracoloso di Nazaret, che si chiama Gesù? In tal caso tali
guarigioni dovrebbero essere possibili!
8. Però è un peccato in eterno che, come abbiamo udito, i farisei di
Gerusalemme abbiano tanto insistito e tramato presso Erode da indurlo
finalmente ad ordinare che questo famosissimo Salvatore fosse arrestato e
gettato in carcere! Oh, questa è davvero una grande sventura per la povera
umanità che soffre!
9. Ma è tuttavia una fortuna che Egli avrebbe istruito parecchi allievi
nella Sua arte! È bensì molto raro che un discepolo diventi così perfetto come
lo era il suo maestro; ma qualcosa, con la giusta diligenza, egli può sempre
aver imparato dal maestro. E questo poi ad ogni modo è quel qualcosa di molto
notevole che noi intuiamo dimori in te in alto grado, e perciò abbiamo fede che
tu... ma che succede? Mentre noi ci sforziamo di esprimerti la nostra fede che
tu possa essere un discepolo di Gesù, ecco che improvvisamente tutti gli
ammalati si alzano! I ciechi vedono, gli storpi camminano, i muti parlano, i
lebbrosi sono mondati! E ce n’erano perfino di quelli ammalati di colera e di
tisi, ed anche questi ora sono risanati! Ah, da quando esiste mondo non è mai
avvenuta una cosa simile! Per amor di Dio grande e onnipotente, come è accaduto
ciò? Li hai dunque proprio guariti tu? Oppure un angelo è disceso dal Cielo in
questa valle ed in modo invisibile li ha toccati e risanati? Come, come mai è
accaduto questo?
10. Gli ammalati tu non li hai nemmeno guardati, e tu eri tutto
occupato solamente con noi, e nonostante ciò essi sono ora guariti! Oh!
dichiaraci dunque come è avvenuto ciò!»
11. Dico Io: «Cosa importa il come, se ormai per mezzo della Mia
Volontà e della Mia interiore Parola cui tutte le cose sono sottoposte, gli
ammalati hanno riacquistato perfetta salute, cosa del resto di cui certo non
potete più dubitare! Questo fatto però è accaduto in questo luogo non tanto a
causa degli ammalati, quanto, e molto di più anzi, a causa vostra, che siete, è
vero, corporalmente sani del tutto, ma che nell’anima siete ammalati più di
quanto lo fossero costoro nel loro corpo!
12. Ed Io sarei molto felice se potessi guarire così le vostre anime
come ho guarito i corpi ammalati! Ma questa cosa non è tanto facile, perché
ogni anima deve essere il medico di se stessa.
13. A voi però Io ho già dato la medicina spirituale, e se voi ne
farete veramente uso, riacquisterete la salute della vostra anima, e in grazia
di ciò diventerete dei veri figli di Dio.
14. Ma la Parola che vi è stata data da Me deve venire effettivamente
osservata nella sua integrità, e non deve venirvi aggiunta né tolta la benché
minima cosa. E voi, o pochi ebrei che qui dimorate, dovete essere veramente
perfetti ebrei nel cuore, mentre voi, greci, è bene che diventiate veramente
ebrei, affinché regni concordia e pace fra di voi!
15. Così pure voi, greci, spinti dal vostro scaltro spirito usuraio,
non dovete più costringere gli ebrei, comunque già poveri, a prendere da uno o
l’altro denaro a prestito dietro interesse per poter giustificare le vostre
ingiuste pretese.
16. Avete forse voi creato la Terra con tutti i suoi svariati tesori,
che ora ne disponete come fosse vostra proprietà?
17. Perché pretendete dagli ebrei un affitto per i terreni che
occupano, mentre il paese è stato dato da Dio agli ebrei, e quindi questi
soltanto debbono aver il diritto di pretendere un affitto da voi?! Voi siete
degli stranieri nel paese degli ebrei, i quali sono più di voi figli di Jehova,
e nonostante ciò domandate un compenso per i campi, i prati ed i boschi che non
sono vostra proprietà, ma sono proprietà degli ebrei fin dal tempo di Abramo.
Dunque domandate a voi stessi se tale cosa possa apparire giusta davanti a Dio
ed a tutti gli uomini onesti?
18. Perciò Io vi ammonisco seriamente a guardarvi per l’avvenire da
simili rivoltanti ingiustizie, altrimenti con tutta certezza non tarderete a
ricevere il compenso delle vostre opere!
19. Restituite agli ebrei, senza risarcimento, i beni che sono loro
proprietà, e dei quali vi impadroniste senza alcun diritto, e consideratevi nel
paese degli ebrei per ciò che realmente siete, vale a dire degli stranieri; in
tal caso sarete benedetti e resi partecipi anche voi di tutto il bene che, con assoluta
fedeltà delle promesse, viene concesso ora agli ebrei; altrimenti graverà su di
voi la maledizione di migliaia di vostri simili e le conseguenze di essa!
20. Considerate la cosa anche per poco nella sua vera luce, e vedrete
che gli ebrei ai vostri occhi non sono altro che degli animali da soma!
21. Voi lasciate, è vero, politicamente agli ebrei il diritto di
proprietà, e l’ebreo può sempre affermare: “Questo terreno mi appartiene!”. Ma
poi siete venuti voi con le vostre merci allettanti, avete ridotto le belle
figlie e le mogli degli ebrei a vane civette e resi pazzi e ciechi gli uomini,
i quali finirono col preferire le loro mogli e le figliole acconciate
artificiosamente alla greca che non nelle vesti pure e semplici secondo
l’usanza ebraica. E così, con l’andare del tempo, loro vi cedettero il
godimento del frutto dei loro campi, dei loro giardini, prati e boschi, e
poiché per vivere dovevano pur raccogliere anch’essi qualche frutto dei loro
campi, essi dovettero, per utilizzare questi terreni, prenderli in affitto da
voi a caro prezzo e passarvi oltre a ciò la decima sui loro raccolti! E come se
tutto ciò non bastasse, voi, in qualità di veri possessori, fate sopportare
loro tutto il peso delle imposte e degli altri oneri relativi!
22. Io ve lo dico: “Tanta ingiustizia grida vendetta al Cielo e
richiede una punizione dall’Alto! Lasciatevi dunque ammonire da Me, altrimenti
non fuggirete all’aspra punizione che vi è riservata dal Cielo!”».
Severe e
pungenti parole allo spietato greco Filopoldo. La risposta risonante del duro
stoico.
Anche la
pazienza di Dio ha dei limiti. Matteo e il greco ostinato.
Un discorso
stoico e cieco contro l’ordinamento vitale di Dio.
1. Queste Mie parole colpiscono i greci, ed
alcuni fra loro dicono: «Questa volta gli ebrei, di solito molto corti
d’intelletto, ne hanno pure immaginata una buona; essi si sono accaparrati
l’aiuto di questo miracoloso Gesù per stordirci con parole e metterci con le
spalle al muro! Ma le nostre fondamenta sono buone, e noi vi stiamo sopra
solidamente piantati»
2. Io stesso però questa volta Mi indignai a causa dell’inflessibilità
dei greci e, rivoltoMi ad uno dei più ostinati il quale tentava di distogliere
gli altri suoi compagni un po’ migliori dal fare un’opera buona, dissi:
«Ascolta, o uomo duro di cuore! Fa’ bene attenzione che le tue fondamenta non
tremino, e vedi pure come vi stai saldo sopra! Ve ne sono stati già molti i
quali hanno declamato anch’essi in tono ultra eroico davanti al loro uditorio:
“Vada pure la Terra in sfacelo! I suoi resti porteranno me imperturbato ed
indomito per gli spazi infiniti!”. Ma quando la Terra ebbe cominciato davvero a
tremare, allora questi eroi dalle risonanti parole furono i primi a dileguarsi
con tutta la rapidità che le loro gambe permettevano! Può darsi tuttavia che
questa premura di prendere il largo non sia stata dettata tanto dalla eccessiva
paura di restare seppelliti sotto le macerie delle loro case, quanto forse
unicamente dal timore di non potersi attaccare in tempo a qualche pezzo di
Terra, dato che, se questa avesse dovuto veramente scoppiare, avrebbero potuto
a cavallo di questo pezzo iniziare un’imperturbabile cavalcata per l’infinito!
3. Io te l’assicuro, o greco dalla spavalda parola, che ti chiami
Filopoldo; la mosca, che non di rado si prende l’impertinente libertà di fare
una piccola passeggiata sulla tua faccia, sta sulla punta del tuo naso più
salda e sicura che non tu sul tuo suolo, perché, nel caso che il tuo naso facesse
improvvisamente naufragio, la mosca troverebbe sempre una seconda base sulla
quale posarsi, e questa è l’aria; ma dov’è la tua seconda base nel caso in cui
il terreno cominciasse a cedere sotto i tuoi piedi?!»
4. Queste Mie parole, dette con intenzione in tono ironico e pungente,
fanno arrabbiare il greco Filopoldo, il quale era pure spiritoso per natura
come tutti quelli di casa sua, ed egli esclama: «Guarda, guarda un po’ che cosa
strana! Un ebreo che fa dello spirito?! Certo è il primo, ma sarà probabilmente
anche l’ultimo in tutto Israele! Amico! Quando un greco parla di coraggio, è
proprio così che egli parla! Infatti sa fuggire la vita e cercare la morte; la
storia non conosce che un coraggio e un eroismo greco, come d’altro canto non
le è ignota la inconcepibile vigliaccheria degli ebrei! Fa’ pure tremare la
Terra oppure scatena tutti i draghi e i mostri della Terra, e vedrai se un
Filopoldo cambierà minimamente espressione!»
5. Gli dico Io: «Non insistere in questa tua quanto mai vana millanteria,
e fa anche tu quello che Io ho ordinato a voi tutti, altrimenti Mi
costringeresti seriamente a mettere il tuo coraggio a ben dura prova. Il Dio
degli ebrei non permette che si scherzi con Lui in cose tanto serie, poiché
anche la grande pazienza di Dio ha in certe circostanze i Suoi limiti ben
definiti!
6. Se tu però, assieme ai tuoi aderenti, vuoi proprio giungere a tal
punto, allora dovrai pienamente convincerti che non è più tanto facile
ammansire un Dio quando la Sua Ira si è destata, e che Egli non risparmia
dall’oggi al domani una punizione meritata al peccatore indurito!»
7. Dice Filopoldo: «Anche questo è certo tipicamente ebraico!? Gli
ebrei hanno avuto sempre dei profeti che, quando hanno aperta la bocca, ne sono
uscite solo minacce, delle quali alcune si sono avverate entro un tempo per lo
più indeterminato, mentre la maggior parte risultò invece campata in aria,
perché la natura terrestre è stata, si spera, sempre più potente della bocca di
un profeta ebreo! I greci sono in grandissima parte degli stoici; ora, un vero
stoico non teme nulla, e per conseguenza non temo nulla neppure io, dato che
anch’io sono uno stoico fermo e convinto!»
8. Allora l’apostolo Matteo, che era stato doganiere a Sibara, Mi dice
a voce bassa: «Signore, questo qui lo conosco molto bene; è una persona tanto
cocciuta da far perdere la pazienza ai santi! Al mio ufficio della dogana egli
ha sollevato sempre difficoltà incredibili ogni qualvolta doveva passare da
quella parte per andare a Cafarnao od a Nazaret con le sue merci di ogni
genere. Contro di lui mi è sempre rimasta ancora qualche traccia di rancore, ed
avrei una gran voglia di metterlo un pochino a posto»
9. Dico Io: «Non ci badare per ora! Io ho già riservato per lui una
piccola prova che si verificherà ben presto»
10. Matteo si ritira subito; ma intanto Filopoldo aveva riconosciuto il
suo doganiere di Sibara, e inveì verso di lui dicendo: «Ehi, ehi, avaro drago
della dogana, com’è dunque che ti trovi anche tu qui?! Cosa accadrà del tuo
ufficio, adesso che non ci sei più tu per sorvegliarlo da tutte le parti con i
tuoi occhi di lince?! Non c’è proprio bisogno che tu aizzi contro di me questo
medico miracoloso; saprà ben lui stesso cosa fare qualora io dovessi dargli
troppo fastidio! Però non posso nascondervi che, disponendo di sole risorse
naturali, troverete entrambi in me un osso ben duro da rodere, perché uno
stoico non è né un giunco né una cordicella da potersi piegare come si vuole!
11. Vedete, la guarigione miracolosa dei duecento ammalati ha
sbalordito addirittura quasi tutti gli abitanti di Cana; perché non me?! Perché
io sono un vero stoico, per il quale l’intera Creazione non vale nemmeno quanto
una pentola rotta, e il mio io poi, assieme a questa misera vita, ancora meno!
Come vorreste punirmi? Forse con la morte? E a me che importa? Io la desidero
anzi, e con essa l’annientamento eterno; già per questa scandalosa vita non
sono certamente in debito di gratitudine verso nessun Dio! O si dovrebbe forse
restare obbligati a chi vuole farci un dono non desiderato, anzi odiato?! La
mia opinione è che per un Dio onnipotente non deve essere per niente difficile
chiamare in vita un uomo! E del resto, chi potrebbe impedirGlielo?! L’uomo che
si deve creare non viene certo interpellato per sentire se egli vuole proprio
essere creato, affinché egli, quale il solo maggior interessato, possa
pronunciarsi con un sì o con un no. D’altra parte, ad uno che sia già creato la
creazione successiva di un altro uomo, che si avesse l’intenzione di chiamare
in vita, interessa tanto poco quanto ad uno che non sia ancora affatto creato!
Dunque, per un Dio creare non è assolutamente niente di speciale, ma lo è certo
per chi è creato, perché è costretto ad essere qualche cosa che lui non ha mai
potuto esprimere il desiderio di essere. Possiamo immaginare una cosa più
miseranda del dover essere senza aver mai voluto voler essere?!
12. Datemi da mangiare e da bere senza che io faccia nessuna fatica,
allora sarò in qualche cosa soddisfatto almeno per il tempo della mia vita
terrena; ma dover ancora lavorare in modo stupidamente duro e soffrire come un
lupo perseguitato, e per di più restare in debito di gratitudine a Dio per
questo bel regalo e dover osservare certi comandamenti dettati unicamente
dall’egoismo di un Creatore, ebbene, grazie tante ma rinuncio volentieri a
tutti gli dèi e semidei di Israele e della Grecia!»
13. Dice Matteo: «Ancora alcuni di questi uomini sulla Terra, e Satana
ha una scuola dove può andare egli stesso a prendere lezione almeno per altri
cento anni. Signore, cosa si può fare con lui? Se egli è realmente così come si
manifesta a parole, nemmeno tutti gli angeli assieme possono, con mezzi
naturali, aver ragione di lui!».
Delle anime ospitanti
che da altri mondi vengono trasferite sulla Terra, unica scuola dei figli di
Dio.
Della
reincarnazione. Il corpo solare Procione. Cenni sull’incarnazione del Signore.
Il messaggio
meraviglioso dell’angelo. Muraele (Filopoldo) ed Archiele (l’arcangelo).
Il contratto
portato da un sole alla Terra.
1. Rispondo Io: «Non dartene pensiero; avrai ben presto occasione di
persuaderti se di costui si potrà fare qualcosa!». E rivolgendoMi poi allo
stoico Filopoldo, Io gli dico: «Sei proprio sicuro di non aver stretto, con Dio
che ti creò, alcun patto, e di non aver accettato tutte le condizioni
assolutamente necessarie per la vita su questo pianeta che ti furono
ripetutamente esposte? Ascolta, o stolto! Questo è già il ventesimo corpo
mondiale sul quale tu vivi corporalmente; però il tempo complessivo da te
vissuto nella forma corporea, calcolato in anni terrestri, è già tanto grande
da superare di gran lunga il numero dei granelli di sabbia che giacciono in
fondo a tutti i mari della Terra! Ma da quanto tempo prima, tempo quasi
incalcolabile ed inconcepibile da mente umana, tu esistevi e vivevi quale puro
spirito liberamente negli spazi infiniti, in unione ad altri innumerevoli
spiriti, nella coscienza più libera, lucida e perfetta del tuo proprio essere,
godendo in pieno, felice e sereno, la più libera vita!
2. Ma quando tu, durante la tua permanenza corporea precedente
all’attuale sulla Terra, cioè su quel sole che i sapienti di questa Terra
chiamano Procione, ma che dagli abitanti che vivono sulla sua vasta superficie
è denominato Akka - e precisamente dappertutto con la medesima pronuncia perché
tutti quegli abitanti parlano solamente un linguaggio - apprendesti da un
angelo che il grande Spirito, eterno ed onnipotente, quale unico e solo
Creatore e Sostenitore dell’Infinità e di tutte le cose in essa contenute, si
sarebbe fatto carne ed avrebbe assunta la piena forma umana su di un infimo fra
tutti i pianeti che in numero sterminato ruotano negli spazi, tu esprimesti il
desiderio vivissimo di venire trasferito, se fosse stato possibile, su quello
stesso pianeta, per poter vedere e udire Colui che ti ha creato.
3. Allora venne il medesimo angelo che tu vedi qui, il settimo uomo
alla Mia destra, che pur sembrando un uomo è tuttavia uno spirito perfettamente
libero, ed egli ti espose nel modo più dettagliato e preciso le gravi
condizioni alle quali avresti dovuto sottostare qualora tu avessi voluto venire
ad abitare su questo pianeta dove ora ti trovi, allo scopo di diventare figlio
di Dio!
4. Tu accettasti tutte le condizioni, anche quella secondo la quale tu,
come abitante del pianeta prescelto, avresti perduto ogni ricordo della tua
vita anteriore su altri mondi, fino al momento in cui lo stesso angelo ti
avesse chiamato tre volte con il nome che tu portavi sul sole Akka. Se dunque
la cosa sta in questi termini secondo la verità che tu certamente non hai
potuto finora comprendere, quanto ingiustamente parli se affermi che per la tua
permanenza su questa Terra non sia stato assolutamente concluso nessun contratto
fra te e il tuo Creatore?!»
5. Esclama Filopoldo: «Che razza di allucinazione pazzesca è mai
questa?! Io dovrei aver già abitato ed essere vissuto in carne ed ossa su
qualche altro mondo più bello ed evidentemente migliore di questo?! No, davvero!
Questa è troppo grossa! Ascolta tu, settimo a destra, che a quanto dice il
nazareno dovresti essere un angelo! Come ti chiami tu, e come mi chiamo io?»
6. Risponde l’angelo: «Attendi un po’; io ora andrò in un attimo a
prendere dei segni di riconoscimento dal mondo in cui vivesti prima di venire
sulla Terra; io te li presenterò affinché tu li esamini e li riconosca»
7. Dette queste parole, l’angelo scompare, ma ritorna dopo pochi
istanti e consegna a Filopoldo un rotolo su cui appare chiaramente scritto il
nome dell’angelo, nonché il suo nome in perfetti caratteri ebraico-antichi, ed
un secondo rotolo dove sono scritte tutte le condizioni cui egli aveva
solennemente promesso all’angelo di sottostare, prima di venire trasferito da
un mondo all’altro.
8. E nel porgere questi rotoli a Filopoldo, l’angelo dice: «Ecco, o
vecchio Muraele, Muraele, Muraele, leggi e ricorda! Infatti io, che mi chiamo
Archiele, ho tolto queste cose per te da quello stesso altare sul quale mi
facesti la grande promessa! Non chiedere però come ciò sia stato possibile in
questi brevi istanti, perché presso Dio sono possibili le cose più
meravigliose! Dunque, prima di tutto leggi, e poi parla!».
Le meraviglie che
Filopoldo contempla con gli occhi dello spirito. Una scena familiare sul sole
Akka.
L’inno del
convertito Filopoldo all’Amore divino. Il contratto nuovamente firmato.
La ragione per
cui sulla Terra si cancellano i ricordi della nostra vita anteriore.
Del nesso
esistente fra corpo, anima e spirito. Come procede l’uomo terrestre al suo
perfezionamento.
Lo spirito
dell’uomo è un piccolo Dio. Il divario tra l’essere spirituale sulla Terra e
quello su tutti gli altri pianeti e soli.
1. Filopoldo legge i rotoli con grande attenzione, poiché nel frattempo
gli era stata concessa la facoltà visiva interiore, egli resta immerso qualche
tempo intensamente in contemplazione, e poi dice con accento del più profondo
stupore: «Sì, è meraviglioso, ma è vero; i miei occhi scorrono per tutte le
incommensurabili profondità della mia vita anteriore. Vedo tutti i mondi sui
quali io ho vissuto, vedo ciò che io fui e quello che io feci sull’uno e
l’altro corpo celeste e vedo pure dappertutto ancora i miei parenti più prossimi
e i miei discendenti! Su Akka io vedo perfino i miei genitori, i miei numerosi
fratelli e sorelle a me tanto care! Li odo perfino, preoccupati per me, parlare
fra di loro e dire: “Cosa sarà di Muraele? Chissà se il suo spirito ha già
trovato nello spazio infinito il Grande Spirito in forma umana! Certo egli non
si ricorderà di noi, perché Archiele, l’inviato del Grande Spirito, gli velò la
memoria, e così dovrà durare finché Archiele non lo avrà chiamato tre volte con
il suo vero nome!”.
2. Vedete! Io li sento parlare proprio così, e nello stesso tempo li
vedo anche quali esseri corporei! Ora se ne vanno al Tempio per riesaminare nei
documenti le dure condizioni da me accettate per la vita sul pianeta
sconosciuto; ma essi non li trovano. E il sommo sacerdote del Tempio racconta
loro che, qualche istante prima, Archiele è venuto a prendere quei documenti a
causa di Muraele, ma che li restituirà entro brevissimo tempo! Ed essi
rimangono nel Tempio in attesa, e fanno un’offerta per me!
3. O Amore, Amore, Forza divina! Le Tue sante mani quanto lontano si
protendono benedicenti nell’immensità! In ogni luogo e sempre lo stesso Amore!
O Dio mio, come sei grande e santo Tu! E di quanti misteri e nascosti splendori
è ricca la vita libera! Quale uomo su tutta la Terra può penetrare le
profondità che mi sono ora svelate? Com’è miseranda e insignificante la vita
dell’uomo che va peregrinando su questa magrissima Terra; e non di rado litiga
e combatte per una spanna di terra come fosse per lui questione di vita o di morte,
mentre egli porta in sé quello che miliardi di mondi non potranno mai capire!»
4. Con queste parole Filopoldo tace, si avvicina all’angelo e gli
restituisce i due rotoli con l’osservazione: «Riportali là dove sono attesi!»
5. Ma l’angelo gli dice: «Vedi, io ho preso anche una penna; è la
medesima con la quale tu sottoscrivesti di tuo pugno i documenti nel Tempio su
Akka. Firmali di nuovo su ciascun documento doppiamente, cioè con il nome che
portavi su Akka e con il nome che porti qui; in quanto alla penna, puoi
tenertela per ricordo!»
6. Filopoldo esegue, e l’angelo prende poi i documenti e scompare.
7. Dopo alcuni momenti impiegati per parlare con il sommo sacerdote di
Akka, egli è nuovamente fra noi e domanda a Filopoldo come la pensi ora.
8. E Filopoldo risponde: «Quando io ti restituii i due rotoli, la
visione svanì, ed ora mi è rimasto a mala pena il vago ricordo che può lasciare
un sogno, quando cioè da svegli si sa bene di aver sognato, ma che cosa
precisamente si abbia sognato, per quanto ci si arrovelli il cervello, non si
riesce a saperlo! Io osservo pure che nella mia sinistra tengo un curioso
arnese per scrivere, di provenienza assolutamente estranea, ma come io ne sia
venuto in possesso non lo comprendo davvero; per conseguenza vorrei sapere
perché di tanti e tanti fenomeni che si manifestano nell’ambito della vita
interiore non si possa conservare che un debolissimo ricordo, anzi nella
maggior parte dei casi nessun ricordo affatto! Perché avviene così?»
9. Dice l’angelo: «Il perché sta nel fatto che qui sulla Terra si
tratta di diventare fuori da Dio e in Dio una creatura perfettamente nuova; e
quando avrai raggiunto il sommo grado di figlio di Dio, tutto ti verrà
restituito!
10. In tutti gli altri innumerevoli mondi tu vieni formato
esteriormente ed interiormente così come tu devi essere; qui sulla Terra,
invece, già la forma esteriore è affidata da Dio all’anima, la quale
nell’ordine in cui è creata si edifica da se stessa il proprio corpo; in modo
particolare però ciascuno spirito, che viene posto nell’anima ad esso
attribuita, deve educare anzitutto la propria anima mediante l’osservanza dei
precetti datigli esteriormente. Quando l’anima ha raggiunto così il giusto
grado di maturità e di perfezione, allora lo spirito si diffonde e penetra
completamente nell’intera anima; con ciò l’uomo risulta completo, ed è una
creatura nuova, la quale in via di considerazione assoluta è opportuno dire che
proviene pur sempre da Dio, perché lo spirito nell’uomo, traendo origine
pienamente dal Cuore di Dio, veramente altro non è che un Dio in piccolissime
proporzioni. Ma l’uomo non diventa uomo per l’azione divina, ma per azione del
tutto sua propria, ed è appunto perciò nel più completo significato della
parola un vero figlio di Dio! E riassumendo brevemente ti dico ancora quanto
segue:
11. “Su tutti gli altri corpi celesti gli uomini non devono formarsi da
se stessi, ma vengono formati da Dio, oppure, il che è la stessa cosa, dai Suoi
figli. Qui invece sulla Terra gli uomini devono formarsi completamente da soli
secondo l’Ordine rivelato, altrimenti non possono diventare figli di Dio. Ne
consegue che un uomo, il quale abbia raggiunto il sommo della perfezione su
questa Terra, è, quale figlio di Dio, in tutto simile a Dio, mentre un uomo
imperfetto ed incompiuto sta spesso molto al di sotto del regno animale!».
Il discorso di
Archiele sull’Incarnazione del Signore.
La timidezza e la sua chiamata a fianco del
Signore.
Del vero farsi
seguaci di Cristo.
1. Ma Filopoldo domanda nuovamente all’angelo: «Ma chi ci istruisce
riguardo a tali ordinamenti misteriosi?»
2. Risponde l’angelo: «Precisamente Colui che prima ti ha indirizzato
da me! Va’ da Lui ed Egli ti ripeterà quello che ti ha già detto, poiché nel
vivere così come Egli insegna consiste appunto quella regola divina della vita
per la quale soltanto si può giungere ad essere figli di Dio!
3. Ed Egli è anche Quello stesso a causa del Quale tu ed ancora molti altri abbandonaste spiritualmente il sole
Akka e foste pure, a causa del Signore, generati nella carne di questa Terra.
4. Però in tutta la Creazione - e ciò su tutti i corpi celesti che in
qualche modo sono abitati da esseri ragionevoli in forma umana - è stato reso
noto, per mezzo nostro, la piena umanizzazione del Signore nella carne; però,
soltanto a pochi spiriti, di pochissimi mondi, è stato concesso di incarnarsi
su questa Terra, poiché il Signore conosce tutta la natura di tutti i mondi
nello spazio infinito, così pure la natura e le attitudini degli abitanti e dei
loro spiriti dai quali l’uno o l’altro mondo è popolato, e sa quindi meglio di
ogni altro se uno spirito è atto o meno all’incarnazione su questa Terra!
5. Tutto ciò che fu trovato adatto per questa Terra venne qui
trasferito, ma il numero dei trasferiti qui è piccolo davvero, e non oltrepassa
di molto i diecimila.
6. Ma fra questi tu sei uno dei più fortunati, poiché, sempre che tu lo
voglia, puoi venire accolto dal Signore quale discepolo come tutti coloro che
sono venuti qui con Lui»
7. Dice allora Filopoldo: «Archiele mio! Già che tu hai fatto finora
per me tante cose meravigliose, fammi ancora un favore e conducimi tu dal
Signore, perché, ora che L’ho riconosciuto, mi manca tutto il coraggio di
presentarmi nuovamente innanzi a Lui! Se non si trattasse che della mia
persona, preferirei davvero fuggirmene via il più presto possibile e
nascondermi in un luogo qualsiasi in modo che nessuno potesse mai più trovarmi!
Ma, poiché ormai ci sono e tutti mi conoscono già molto bene, una cosa simile
non posso farla, perché tutta la valle riderebbe di me. Abbi dunque tu la bontà
di condurmi dal Signore e di intercedere per me!»
8. Dice l’angelo: «Non c’è alcun motivo di fare questo, perché il
Signore sa già quello di cui ciascuno di noi ha bisogno; va dunque pure tu
solo, ed Egli non ti farà certo niente di male»
9. Dopo queste parole dell’angelo, Filopoldo raccoglie finalmente il suo
coraggio, avanza serio e rispettoso verso di Me e, quando è lontano ancora
trenta passi, dice: «Signore! Permetti che io mi avvicini a Te? Altrimenti me
ne torno indietro!»
10. Ma Io gli rispondo: «Chi vuole venire venga, poiché con gli indugi
nessuno è mai andato avanti!».
11. E Filopoldo, udendo ciò, affretta i suoi passi, ed è ben presto
vicino a Me; e così egli ha raggiunto in pochi istanti quello che molti
indugiano a raggiungere e che, per conseguenza, spesso non raggiungono affatto,
perché nonostante tutte le chiamate non c’è modo di farli smuovere dal luogo
dove stanno.
12. Infatti ognuno può fare e dire quanto vuole, ma finché non dirige i
suoi passi in linea retta verso di Me, tutto il suo dire e fare è perfettamente
vano ed inutile per la sua vita; e anche se potesse acquistarsi il mondo
intero, ma non avesse Me, anche il mondo intero non gli gioverebbe a nulla,
poiché egli è morto! Dunque, se ora, in quest’epoca della Rivelazione del
Vangelo, Io chiamo qualcuno e gli dico: «Vieni!», ed egli non viene, costui
sarà preda della morte dello spirito! E perciò Filopoldo è a questo riguardo un
vero modello che dovrebbe essere preso da esempio da tutti! Chi domanda di Me e
viene chiamato, costui venga e non indugi! Infatti Io non rimango continuamente
a Cana (vale a dire: pieno di Grazia in questo mondo), ma riprendo ben presto
il Mio cammino, e distolgo i Miei occhi ed orecchi da tutti coloro che
indugiano quando Io dico loro: «Venite!».
Le parole
buone e modeste di Filopoldo, e la risposta piena di grazia del Signore.
Le due specie
di uomini sulla Terra, quelli dall’Alto e quelli dal Basso.
La ragione
dell’Incarnazione del Signore sulla Terra. Gli ultimi devono divenire i primi.
Suggerimenti
ai guariti sul modo di comportarsi. Cenno a Matteo ed a Giovanni. Sull’attuale
Nuova Rivelazione.
1. E quando Filopoldo Mi fu vicino, disse: «Signore, Io ho peccato
molto gravemente contro di Te, ma la causa di ciò non è stata che la mia grande
cecità! Ma ora, poiché Tu, o Signore, mi hai concesso di vedere in un modo
veramente inaudito e meraviglioso, e riconosco ormai Chi sei, io, povero e
cieco peccatore, Ti prego per il Tuo Amore e per la Tua Sapienza eterni che Tu
mi perdoni tutte le colpe commesse ora contro di Te, e già in precedenza contro
il mio prossimo, nel modo che Tu mi hai esattamente dimostrato. Se io avessi
scritto la Tua santa Parola, giuro che nemmeno la più piccola cosa rimarrebbe
da parte mia inadempiuta! Ma credo di aver ben compreso la Tua richiesta, e
l’adempirò fedelmente! Tu hai pagato per noi tutto il nostro debito verso
Kisjonah ed hai guarito miracolosamente tutti i nostri ammalati senza domandare
alcun compenso, e tutto ciò Tu lo hai fatto senza che noi Ti avessimo prima adeguatamente
pregato di farlo; per queste ragioni io spero che Tu non rifiuterai un
peccatore che Ti supplica!»
2. Gli rispondo Io: «Io te lo dico: “Tu sei accettato! Infatti colui
che viene, è accettato”. Prima però va, e rimetti le tue cose nell’ordine da Me
richiesto, poi vieni e seguiMi, poiché tu non devi dipendere da questo mondo,
dato che non sei giunto dal Basso su questo mondo, bensì da un altro mondo,
quindi dall’Alto!
3. E di tutti coloro che tu vedi intorno a Me, a eccezione di pochi, ve
ne sono appunto alcuni che provengono pure dal tuo mondo; altri però ve ne sono
che provengono da altri corpi solari, e pochi soltanto derivano da questa
Terra; ed anche questi pochi non significano gran cosa, poiché il mondo ha per
loro ancora maggior valore di Me! Per tale motivo, anche, essi non possono fare
che poco o nulla per il loro progresso.
4. Ma fu appunto questa la ragione per cui Io elessi questa Terra,
perché i suoi figli sono gli ultimi ed i più miseri in
tutta l’immensità infinita; ed Io ho assunto la veste più misera e più umile
appunto per rendere possibile a tutte le creature che popolano la Mia
sconfinata Creazione di avvicinarsi a Me: dagli abitanti del più piccolo e
basso pianeta a quelli dei più alti e sfolgoranti soli-centrali-primordiali
tutti devono poter avvicinarsi a Me percorrendo una sola e medesima Via.
5. Non meravigliarti dunque se Mi incontri su questo imperfettissimo ed
infimo fra tutti i pianeti dell’intera Creazione! Infatti Io stesso ho voluto
così; e chi mai può prescriverMi che Io debba forse fare altrimenti?!»
6. Dice Filopoldo: «Signore, chi mai potrebbe o vorrebbe darTi
consiglio, avendo la coscienza e la fede che Tu Sei il Signore dell’eternità?! Ma
ora io me ne vado per adempiere immediatamente la Tua santissima Volontà».
7. E Filopoldo si affretta ad andarsene con tutti i capi delle
comunità, e parecchi fra gli ebrei lo seguono per vedere cosa i greci avrebbero
fatto per loro; Io intanto istruisco i guariti ed indico loro come devono
comportarsi per l’avvenire per non ricadere più nei loro vecchi mali!
8. Tutti accettano con animo assai grato questi consigli, e Mi
ringraziano anche con tutto il fervore dei loro cuori per lo straordinario
beneficio elargito.
9. Ma Io nello stesso tempo proibii loro assolutamente di raccontare
tutto ciò che avevano visto ed udito a chiunque fosse estraneo, allo scopo di
evitare che la Mia presenza là venisse rivelata prima del tempo, e li minacciai
di punizione nel caso che essi non avessero osservato tale comandamento! Essi
però Mi promisero tutti solennemente che fuori da quella località nessuno lo
avrebbe saputo!
10. Io poi li congedo e raccomando pure ai discepoli di non fare alcun
cenno riguardo agli avvenimenti della giornata al di fuori di Chis; e alla
domanda di Matteo, a questo proposito, se egli avesse dovuto prendere nota di
questi avvenimenti fra le sue memorie scritte, Io gli risposi: «No! Voi, come i
Miei più prossimi testimoni, potete sopportare ed anche comprendere tali cose,
ma se tutto ciò che faccio e dico dinanzi a voi venisse descritto in molti
libri, il mondo, non soltanto non comprenderebbe questi libri, ma ne avrebbe
per di più un grandissimo scandalo, e voi sareste insultati e infamati come la
peggiore putredine della Terra! Perciò da parte tua, Matteo, non deve venire
scritta altra cosa all’infuori di ciò che Io ti ordino espressamente di
scrivere!»
11. Interviene qui anche Giovanni, e dice: «Ma Signore, o purissimo
Amor mio! Tutto sarebbe in ordine perfetto, ma se un giorno il mondo troverà
delle lacune nei documenti originali che parleranno della Tua presenza e delle
Tue opere su questa Terra, finirà con l’alimentare necessariamente in sé ogni
genere di dubbi sul Tuo conto, sulla Tua permanenza qui e sulle opere da Te
compiute, e considererà tali narrazioni frammentarie come opere dell’egoismo
interessato dei sacerdoti!»
12. Rispondo Io: «Questo è appunto ciò che Io intendo sia riservato al
mondo propriamente detto, il quale è un’abitazione di Satana, poiché, se voi
gettate davanti ad una scrofa dei grani di frumento oppure le perle più nobili
e preziose, essa farà delle perle preziose precisamente la stessa cosa che fa
dei grani di frumento!
13. Per conseguenza è meglio che tali cose vengano date al mondo ben
celate entro il più fitto velo possibile; esso potrà così sbizzarrirsi a suo
talento e scrutare e mordere la buccia, la quale però conserverà dentro di sé
sempre intatto il germe vitale.
14. Se un giorno sarà opportuno e necessario, Io susciterò nuovamente
degli uomini, e rivelerò tutto quello che sarà avvenuto qui, e quello che il
mondo dovrà aspettarsi a causa della sua perfidia incorreggibile.
15. Come però tutto questo succederà, Io lo manifesterò a te, fratello
Mio Giovanni, per mezzo di immagini ben celate, ancora in questo mondo per
tutto il mondo, quando avrò ripreso dimora nei Miei Cieli!
16. Ma ecco che ora i capi delle comunità, tanto greci che ebrei, sono
già di ritorno; noi vedremo pertanto in quale modo essi hanno adempiuto le Mie
richieste!».
Ammonizione a
guardarsi dalle insidie di Satana e cenni riguardo alla sua astuzia.
Lo spirito
maligno non può influire che sui sensi, mai però sulla volontà dell’anima. Confortanti
consigli vitali.
1. Filopoldo assieme a diversi altri greci si avvicina a Me e dice:
«Signore, per quanto questo breve tempo ci abbia concesso, noi abbiamo fatto il
possibile per uniformarci volonterosi ai tuoi desideri; le singole cose però
che restano ancora da farsi non verranno certo trascurate. In quanto riguarda
la mia casa e la mia famiglia, sono riuscito a mettere tutte le mie faccende
sufficientemente in regola, cosicché ormai posso seguirTi, senza curarmi
d’altro, per uno, due e perfino tre anni; basterà soltanto che di quando in
quando io faccia sapere alla mia famiglia dove mi trovo e quello che Tu fai!
Infatti, vedi, tutta la mia casa crede e spera ormai nel Tuo nome. Se Tu, o
Signore, sei contento di quello che abbiamo fatto, dimmelo di grazia; ma se Tu
hai ancora qualche altro desiderio, Ti piaccia pure di manifestarcelo!»
2. Gli dico Io: «Quello che avete fatto finora è certamente buono e
giusto dinanzi a Dio ed a tutti gli uomini che sentono e pensano onestamente;
però state bene in guardia che Satana non vi seduca con i suoi molteplici
artifici e che con il tempo non insorgano fra voi ogni genere di questioni e di
litigi, perché tali condizioni future, facilmente possibili, sarebbero molto
peggiori di quanto lo siano state quelle in cui vi trovavate poco fa, dalle
quali Io vi ho ora liberati!
3. Infatti lo spirito maligno non trova mai riposo, né di giorno né di
notte; ed egli se ne va in giro come una belva affamata, e nella sua grande
voracità assale ed azzanna qualsiasi piccola preda che egli incontri sul suo
cammino.
4. Se egli fosse visibile, alcuni coraggiosi potrebbero osare di
ingaggiare battaglia con lui, ma ne soccomberebbero molti di più di ora che lui
è invisibile, perché esso ha il potere di assumere tanto la bellezza
sfolgorante dell’angelo quanto l’orridezza terrificante del drago che vomita
fuoco! Ma chi avrebbe l’ardire di affrontarlo qualora si presentasse sotto tali
forme?! Certo nessuno, poiché egli, sia per mezzo della sua bellezza sia per
mezzo del suo orrendo aspetto che farebbe impietrire ogni cosa, riuscirebbe
vincitore di migliaia di volte mille avversari. Egli non può, né d’altro canto
gli è concesso, mostrarsi com’è a nessuno e ognuno può riconoscere con facilità
le sue maligne ispirazioni, perché queste predispongono sempre l’anima alla
durezza di cuore, alla lussuria, all’adulterio, all’egoismo, all’orgoglio, allo
spergiuro, all’avarizia e tendono sempre a renderla spietata, indifferente
verso tutto ciò che vi è di vero e di divino, insensibile alla miseria e ai
dolori del prossimo ed avida di tutti i piaceri del mondo; e così ognuno può
sempre opporsi serenamente e arditamente a simili tentativi perfidi di Satana,
perché l’influenza di Satana giunge soltanto fino ai sensi dell’anima, ma non
ne può mai toccare la volontà.
5. Io dunque vi ho ora indicato anche da quali sintomi voi potete
rilevare facilmente che genere di spirito vi stia vicino, e quali siano le sue
intenzioni a vostro riguardo, quando sentite uno stimolo o l’altro avvicinarsi
di soppiatto alle vostre anime.
6. Quindi, se doveste percepire qualcosa di simile in voi, ricordatevi
di questi Miei insegnamenti e di queste Mie parole; reagite con tutta l’energia
delle vostre anime e fate precisamente il contrario di quanto lo stimolo vi
suggerisce; così facendo, dominerete lo spirito maligno e, quando voi avrete
respinto i suoi attacchi in tutti i punti prima accennativi, allora egli vi
lascerà in seguito in pace del tutto, e voi non avrete più da sostenere con lui
alcuna lotta. Ma se voi soccombete in un punto o nell’altro, oppure, prendendo
la cosa alla leggera, cedete semplicemente in qualche punto, sarà molto
difficile che voi possiate sbarazzarvene completamente per tutto il corso della
vostra vita terrena.
7. Fate perciò molta attenzione a tutti i momenti da Me indicativi ora!
Infatti, quando il maligno è riuscito, ciò che non è una grave fatica per lui a
condurre una qualche anima al punto di farne armonizzare la volontà con la sua
in uno o l’altro campo del male, con ciò naturalmente viene generato un
peccato, allora è necessaria una strenua lotta prima di poter rimediare
totalmente al danno causato all’anima.
8. Ma chi fermamente e seriamente vuole, fa da se stesso tutto quanto
gli è possibile e nella sua debolezza ricorre a Me in spirito, a costui sarà
facile trionfare su Satana, ma, sia ben chiaro, sempre soltanto facendo appello
con viva fede al Mio Nome.
9. Ormai voi sapete tutto quello che vi è necessario sapere; voi
conoscete l’unico vero e giusto Dio, e conoscete altresì qual è la Sua Volontà.
10. Io vi dico: “Il Padre che è nei Cieli vi ha ben provvisto di tutto
ciò di cui avete bisogno; ora sta a voi utilizzare coscienziosamente i Suoi
doni per il bene vero ed eterno della vostra vita!”.
11. Dalle vostre parole accompagnate dalle vostre opere usciranno
sempre le logiche conseguenze; e le vostre parole e le vostre opere saranno
pure i vostri giudici!
12. E tu, Filopoldo, rimani qui ancora per tre giorni e cerca di
mettere tutto in ordine; poi vieni a raggiungerMi a Chis dove Mi troverai».
13. Filopoldo promise che così avrebbe fatto; allora Io benedissi il
luogo e tutti facemmo ritorno a Chis.
Gli eventi nella casa di Kisjonah durante l’assenza del
Signore. I farisei vengono messi fuori strada dai servitori di Kisjonah e il
Signore li fa richiamare. Pubblica confessione dei farisei, e preghiera di
guarigione dei loro malati. Una grande
guarigione miracolosa.
1. Quando arriviamo a casa, ci vengono incontro parecchi servitori e ci
raccontano che poco dopo la nostra partenza per la valle sono arrivati numerosi
stranieri i quali hanno chiesto ansiosamente informazioni sul Mio conto, su
cosa Io faccia qui e dove Me ne sia andato. Ma i servitori, riconosciuti negli
stranieri dei farisei travestiti, hanno loro risposto che Io sono già da lungo
tempo partito da quei luoghi per andarMene, secondo le loro supposizioni, verso
Damasco o forse verso la Persia, dai pagani, perché durante la Mia permanenza a
Chis a loro dire Mi sono spesso espresso in questo modo: «La salvezza viene
tolta agli ebrei e viene data ai pagani!»
2. Riferiscono che a questo punto gli emissari si siano visibilmente contrariati
e che uno fra di loro abbia detto: «Un ragazzo può ben far cadere i frutti da
un albero giovane scuotendolo, ma non così da un albero antico, sul quale ci si
deve arrampicare con tutta prudenza se si vuole arrivare ai rami carichi di
frutta! Questo impostore potrà arrecare ben poco danno al vecchio tronco
dell’Ebraismo!»
3. A queste parole i servitori affermano di aver riso e di aver detto:
«State attenti al vostro albero pieno di putredine, che il vento non lo
rovesci! Noi abbiamo l’impressione che il vostro albero sia morto veramente già
da lungo tempo, e che delle frutta non resti ormai che il ricordo - a meno che
non si appendano dei fichi secchi sui rami aridi e non si dichiari miracolo un
simile imbroglio!»
4. I servitori dicono che a questa loro affermazione questi uomini,
evidentemente farisei, sono montati su tutte le furie e hanno cominciato a
minacciare la servitù.
5. Ma i servitori hanno detto: «In primo luogo noi siamo greci, abbiamo
la religione del nostro imperatore e possiamo ridere a piacimento di tutte le
sciocchezze che voi chiamate insegnamenti divini, e, a meno che noi non
facciamo tali cose nei vostri templi e scuole, voi non ci potete far nulla; in
secondo luogo siamo qui in molti al servizio del grande e potente Kisjonah, e
se non ve ne andate presto, cominceremo noi a mostrarvi la strada con dei buoni
bastoni!». Allora quei forestieri, mordendosi le labbra per la rabbia, si
allontanarono risalendo il sentiero che via terra conduce a Gerusalemme.
6. A questo punto i servitori dicono: «E adesso, Signore Gesù, Ti
domandiamo: “Abbiamo fatto bene a comportarci così?”»
7. Ed Io rispondo loro: «Avete fatto bene tutto, tranne una cosa sola
che certamente non fu un bene, e cioè che voi abbiate detto loro
volontariamente una cosa non vera! Sarebbe stato meglio che voi aveste detto
loro la piena verità. In questo caso essi ci avrebbero aspettati, e noi avremmo
potuto ottenere qualche buon risultato con loro, perché sono in gran parte
degli ammalati, e, quantunque fra loro non manchino dei farisei, anche questi
sono della specie un po’ migliore. Essi si sono accampati sulla collina che si
eleva all’estremità settentrionale del golfo; andate dunque sollecitamente là
con gli asini e con i muli, e conduceteli tutti qui. Dite loro: “Il Signore è
venuto e vi aspetta! Fate salire gli ammalati sugli animali, ed i sani vengano
a piedi!”».
8. A questa Mia richiesta, quantunque sia tardi e il crepuscolo già
inoltrato, i servitori si mettono in cammino, e dopo un’ora ritornano
conducendo tutti coloro che prima nel loro cieco zelo hanno cacciati.
9. Allora cinque farisei si presentano rispettosamente a Me e si
lagnano con Me di essere stati trattati molto bruscamente dalla servitù di casa
e di essere stati insultati ed ingannati.
10. Io però li acquieto dicendo loro che da parte dei servitori non
c’era stata nessuna cattiva volontà. Infatti si sono comportati così soltanto
per cieco amore verso di Me, credendo di riconoscere in voi i Miei nemici. Ma
appena arrivato, li ho mandati ad invitarvi a scendere ed a condurvi, nelle
migliori condizioni possibili, da Me, cosicché essi hanno dovuto risarcire
subito il male fatto a voi; e perciò Io ritengo che in tal modo ogni questione
sia appianata.
11. Dicono i farisei: «Perfettamente bene; ormai tutto è in completo
ordine. Ma adesso passiamo ad altro!
12. Noi siamo venuti qui fin da Betlemme, avendo udito raccontare cose
meravigliose della Tua straordinaria abilità nell’arte del guarire, e perciò
abbiamo condotto con noi i nostri ammalati. Chi aveva ancora tanta forza da
camminare dovette naturalmente venire a piedi; i più deboli invece li abbiamo
fatti salire su alcuni animali da soma e sono pure venuti qui con noi. Ti
preghiamo dunque di aver pietà di questi sofferenti e di liberarli dai loro
mali!»
13. Domando Io: «Ma dove sono coloro che voi dite di aver accompagnato
qui da Betlemme sugli animali da soma? I servitori non Mi hanno riferito niente
a questo proposito!»
14. Rispondono i cinque farisei: «Noi li abbiamo lasciati nel ricovero
che è al di là dell’insenatura, poiché non potevamo sapere se avessimo potuto
trovarTi. Ci è stato già molto difficile apprendere che in questi ultimi tempi
Tu eri solito frequentare i dintorni di Chis e che non era sicuro poterTi
incontrare. Noi dunque abbiamo fatto il tentativo per vedere se Tu fossi qui, e
caso mai non Ti avessimo trovato, avremmo sempre più facilmente avuto qui
notizie sul Tuo conto, dove cioè Tu fossi andato oppure quando Tu fossi
ritornato. E fu appunto a causa di questa incertezza che noi ci trovammo
indotti a condurre i nostri ammalati più gravi al ricovero cui abbiamo prima
accennato, perché potessero avere qualche cura, mentre noi avremmo fatto il
possibile per giungere fino a Te per pregarti di volerTi interessare di quei
poveretti gravemente ammalati! Perciò anche noi ci siamo accampati sulla
collina un po’ più in alto del ricovero, per essere il più possibile vicini ai
nostri ammalati che a mala pena hanno potuto trovare tutti posto nel ricovero
stesso.
15. Ed ora, Signore e Maestro, noi Ti abbiamo detto tutto, ed
all’infuori di ciò non potremmo dirTi nulla; se dunque Tu vuoi, abbi pietà di
questi miseri che soffrono!»
16. Dico Io: «È sempre così. Se voi non vedete miracoli e segni, non
credete, perché la vostra fede è molto debole; ma senza la potenza della fede
poco si può fare per la salute degli uomini! Però, se voi credete, allora
vedrete la gloria della Potenza divina nell’uomo!»
17. Esclamano tutti: «Sì, sì o Signore. Noi tutti crediamo! Chi, come
Te, ha il potere di richiamare in vita una figlia morta del comandante Giairo
può certo guarire anche tutte le malattie che non arrivano fino alla morte!
Infatti la notizia di questo fatto ci è giunta fino a Betlemme, la città di
Davide!»
18. Ed Io, alzate le mani in alto, dico: «Ebbene, sia fatto secondo la
vostra fede!»
19. Allora tutti gli ammalati, che erano radunati nel cortile in attesa
della guarigione, furono d’improvviso perfettamente risanati, e giubilanti si
misero a gridare: «Noi abbiamo visto una luce attraversare i nostri corpi e ci
trovammo guariti, ed ora ci sentiamo così bene in salute che ci sembra
impossibile di essere stati ammalati! Gloria a Colui che ci ha così
istantaneamente guariti!».
20. I farisei sono quasi ammutoliti dallo stupore, ma dopo breve tempo
essi odono nuovamente grandi grida di gioia giungere fino a loro dalla borgata
di Chis; allora i farisei assieme a tutti i guariti escono frettolosamente per
scoprire cos’era questo nuovo rumore, ed ecco che ben presto incontrano i loro
ammalati lasciati al ricovero, i quali avanzano saltando di giubilo come
giovani cervi e gridando continuamente: «Gloria all’Uomo» che ci ha così
miracolosamente guariti.
21. E quando questi risanati si imbattono nei cinque farisei, questi
ultimi domandano loro come e quando sono stati guariti. E tutti loro, in numero
di circa trenta, rispondono concordemente che tale cosa è avvenuta in questo e
questo tempo e che tutti hanno visto una luce attraversare i loro corpi.
22. I cinque allora constatano che il tempo indicato dai guariti coincide
precisamente con quello in cui Io ho esclamato: «Vi sia dunque fatto secondo la
vostra fede», e che gli ammalati del ricovero sono stati, come gli altri,
guariti da una luce.
23. Tutti sono colmi di grandissimo stupore, ed i beneficati gridano:
«Conduceteci dal Salvatore, affinché possiamo personalmente tributarGli lode e
renderGli grazie!».
24. Allora i farisei li conducono da Me, ed essi si prostrano dinanzi a
Me e glorificano il Signore perché ha concesso tanta potenza ad un uomo!
25. Io però dico loro di alzarsi da terra e contemporaneamente, mentre
indico loro la sala destinata ad accoglierli per la cena, li ammonisco tutti di
non far cenno a chicchessia, né a Gerusalemme né nella città di Davide, su
nessuno degli avvenimenti svoltisi nella serata!
26. Essi Mi promettono unanimemente che si atterranno per quanto
possibile al Mio comandamento; osservano però che, naturalmente, si troveranno
male a dare spiegazione della cosa una volta ritornati perfettamente sani ai
loro luoghi; ma ad ogni modo assicurano che faranno quanto sta in loro pur di
non tradirMi!
27. Io approvo questo loro proponimento e li conduco tutti, Io stesso,
nella sala vicina dove li attendono rinfreschi e cibi di ogni genere. Io
benedico loro i cibi e le bevande, e poi li invito a ristorarsi a loro comodo e
secondo il loro bisogno; dopo di che Mi ritiro in un’altra stanza dove l’onesto
Baram di Gesaira ha nuovamente preparato per Me e per i Miei una cena squisita
ed abbondante, alla quale prendono parte lietamente, seduti al Mio fianco,
anche Kisjonah e la sua famiglia.
Un cenno di
altra specie sulla missione. La necessità di una fermentazione nell’animo.
Paragone del bue da ingrasso. La benedizione
della sofferenza.
1. Terminata la cena, Achab disse: «Signore, che io, già dal tempo in
cui Ti vidi a Gesaira, non nutra alcun dubbio sulla Tua identità si comprende
da sé, e per quanto riguarda la mia persona, non sarebbero
affatto necessari tali segni grandiosi per convincere più che a
sufficienza me e tutti i miei simili che Tu sei Jehova stesso, operante in modo
visibile per mezzo di un corpo umano preso, per così dire, a prestito da questa
Terra. Io però sono curioso di sapere se i cinque farisei di Betlemme, i quali del
resto sembrano essere delle persone a modo, non possano proprio sul serio
osservare niente che li induca a riflettere su chi potrebbe essere Colui che ha
guarito in modo tanto straordinario e meraviglioso i loro ammalati. Per piccolo
che sia l’eventuale dubbio sorto in loro, devono pur toccare quasi con mano che
un uomo comune non può mai in eterno essere in grado di fare una cosa simile.
Io sono dunque dell’opinione che basterebbe andare a metterli, per così dire,
un po’ alla prova e si evidenzierebbe subito come Ti considerano»
2. Dico Io: «Amico, che Io sappia per certo quello che loro pensano di
Me, spero che tu non lo metta in dubbio; Io però ritengo che non sia affatto
necessario disturbarli nelle loro osservazioni più personali. Per tale scopo
andrà bene anche domani, e domani pure si potranno svolgere opportunamente
tante altre cose. Lasciamoli dunque fermentare per bene durante questa notte!
Infatti, come è necessario che il mosto fermenti affinché diventi vino con
spirito, altrettanto è assolutamente necessario a ciascun uomo che nel suo
animo avvenga una simile fermentazione, se egli vuole assurgere alla vera e
perfetta spiritualità.
3. Vedi, quando un uomo possiede tutto ciò che gli occorre, egli si
sente interamente a suo agio, sazio e soddisfatto; egli non si cura di niente,
non lavora affatto e non fa altro che godersi la vita materialmente fra una
comodità e l’altra, e non gli passa certamente per la mente di domandarsi se vi
sia un Dio, se vi sia una vita dopo la morte del corpo, se l’uomo sia più di un
animale oppure, viceversa, l’animale più di un uomo. Montagne e valli sono
tutt’uno per lui; l’inverno e l’estate sono cose che non lo riguardano, perché
d’estate egli siede all’ombra e trova refrigerio nelle acque, e d’inverno siede
accanto al fuoco avvolto in vesti ben calde.
4. Così pure gli è indifferente se l’annata fu buona o cattiva, per il
fatto che le sue provviste di ogni genere sono immagazzinate per buoni dieci
anni; e se per caso qualcosa gli viene a mancare, egli possiede denari in
abbondanza per potersela procurare quando vuole!
5. Vedi, un uomo di questo genere vive comodamente così come vive un
bue da ingrasso nella sua stalla; non pensa affatto molto più di un bue, e
perciò non è altro che un animale crapulone sotto forma umana.
6. Se tu andassi da uno di questi tali per predicargli il Vangelo del
Regno di Dio, egli farebbe a te precisamente così come il bue nella stalla fa
al tafano che lo punge e lo disturba durante la piacevole funzione del
mangiare: il bue vibra un colpo di coda all’ospite importuno, e costui deve
rapidamente prendere il largo per non venire annientato o per lo meno
fortemente danneggiato.
7. E vedi, un simile gozzovigliatore, non oppresso da nessuna
preoccupazione, farà semplicemente cenno alla sua servitù di cacciarti via, la
quale servitù in questo caso rappresenta appunto nient’altro che la coda la cui
funzione è quella di difendere la spensierata vita di piacere dalla
punzecchiatura di certe mosche, e tu, solo ad una considerevole distanza,
avresti la possibilità di riflettere su quale fosse stato l’effetto della tua
predica del Vangelo presso un gozzovigliatore del genere.
8. Io so perfettamente invece quale ben differente predica si deve fare
a buoi di questa specie; Io faccio venire su di lui una sciagura terrena dopo
l’altra! In tal modo egli cade in preda ad ogni genere di pensieri, di angosce
e di timori; egli comincia a meditare, a cercare e a domandarsi come sia
possibile che egli venga colpito da ogni parte dalla disgrazia, mentre non ha
fatto mai male a nessuno ed è vissuto da persona ordinata e rispettabile!
9. Ma tutto questo gli succede soltanto a causa della necessaria
fermentazione.
10. Quando nell’anima di tali uomini questa fermentazione è giunta a un
dato grado di sviluppo, allora essi si sentono spinti a cercare degli amici per
mezzo dei quali poter riacquistare una relativa pace; ecco, questo è il momento
in cui tu puoi recarti da loro a predicare il Vangelo; essi ti porgeranno
ascolto e non alzeranno più contro di te la coda per scuoterla con furia e
superbia.
11. E vedi, appunto per questo motivo è buona cosa che a questi nostri
ospiti sia dato questa notte il modo di pervenire ad un giusto grado di
fermentazione; con ciò essi non potranno far altro che spiritualizzarsi nel
loro interno, e per noi domani sarà meno grave ragionare con loro. Ti è chiaro
adesso tutto ciò?».
L’ammirazione
di Achab per la Sapienza divina. Anzitutto è opportuno riconoscere se stessi.
«Non limitatevi
ad ascoltare la Parola del Signore, ma operate secondo questa».
La vera pace
piena di vita e di beatitudine sta in Dio.
Ammonimento a
guardarsi dal dormire a lungo e dall’ozio.
1. Dice Achab: «O Sapienza, Sapienza! Quante verità altissime e pure
sono contenute in Te, e quanto incredibilmente vuoti e miseri siamo noi al Tuo
confronto! È una verità eterna da cui si evince che mai nulla si può
manifestare senza una precedente attività combattiva; ed io che volevo
addirittura andare subito da quei betlemiti per recare loro la luce! Oh, io,
punto centrale di ogni stupidità! Eppure i sapienti della Grecia l’hanno
affermato che ogni attività è condizionata da un conflitto, e ogni effetto è la
conseguenza di questo; ed io non sono stato capace di comprendere ciò! Ma come
mai lo comprendo solo adesso?
2. Certo, ogni azione intrapresa esteriormente con l’uomo è cosa
inutile se nell’interno dell’uomo non precede un conflitto con se stesso e con
i vari elementi vitali che lo costituiscono.
3. Ora mi è perfettamente chiara la struttura dei rapporti della vita
umana; ed io vorrei a questo riguardo quasi stabilire un principio fondamentale
della vita, persuaso di non andare molto lontano dal vero!»
4. Dico Io: «Lascia che lo ascoltiamo! Non voglio contemplarlo in Me
prima che tu lo abbia espresso»
5. Dice Achab: «Quello che l’uomo non ha già prima dato a se stesso,
traendolo dalle facoltà elargitegli in origine, non gli può essere dato, senza
pregiudicarlo, neppure da Dio! Certo è che a Dio tutte le cose sono possibili,
ma con ciò l’uomo non ci guadagna nulla!
6. Se qualcuno non giunge anzitutto a riconoscere se stesso, come mai
potrà egli riconoscere qualcun altro, ed infine addirittura Dio? Questo sarebbe
il mio principio, o Signore: sono molto lontano dalla meta?»
7. Gli rispondo Io: «No, amico Achab, tu hai colpito perfettamente nel
segno; così è infatti! Ciò che l’uomo non ottiene con la sua attività mettendo
a profitto le forze e le capacità elargitegli non glielo può né deve far
ottenere nemmeno Dio, senza giudicarlo!
8. Perciò Io dico a voi tutti: “Non siate vani ascoltatori della Mia
Parola, ma operate con tutto zelo secondo la stessa; solo allora comincerete a
percepire in voi le sue benedizioni!”
9. Infatti la vita consiste in uno stato attivo, e non in uno stato
ozioso delle forze che sono condizioni della vita; e così la vita deve venire
conservata, perfino per l’eternità, ugualmente per mezzo dell’incessante
attività del complesso delle forze inerenti alla vita stessa, mentre con il
riposo queste forze si affievoliscono, fino ad arrivare a smorzarsi e infine a
spegnersi.
10. Quel certo senso di benessere che il riposo vi accorda non è altro
che una morte parziale delle forze necessarie alla vita, e chi ne fa
un’abitudine e comincia a trovare sempre più attraente il benessere derivatogli
dal riposo e dall’inattività delle forze vitali, specialmente di quelle
spirituali, non fa altro che gettarsi sempre più in braccio alla morte vera,
dalla cui stretta non vi è più Dio che lo possa liberare tanto facilmente!
11. Però, certamente, esiste anche una vera quiete piena di vita; ma
questa si trova in Dio, ed essa si traduce nell’uomo in un inesprimibile senso
di beatitudine derivato dalla soddisfazione del riconoscersi attivo secondo la Volontà
del Signore.
12. In questo sentimento di contentezza che è quanto di più beato si
possa immaginare, nonché nella percezione chiarissima dell’aver sempre ed
ininterrottamente agito secondo l’Ordine divino, consiste appunto la ben nota
pace in Dio che è la sola pace vibrante di vita, perché colma di potenza attiva
e, conseguentemente, di vere opere. Invece ogni altra quiete che consista in
una cessazione di attività delle forze vitali, non può essere, come già detto,
che uno stato relativo di vera morte, che tanto più si accentua quanto più le
differenti forze vitali si sottraggono all’attività e tardano a riprenderla.
Comprendete voi queste cose?»
13. Osserva Giuda Iscariota: «Ma Signore, se è così, l’uomo dovrebbe
fuggire il sonno come la peste, perché, infine, anche il sonno non è altro che
il riposo di un certo numero di forze vitali, per quanto esteriormente si
manifestino!»
14. Dico Io: «Certamente! È per tale motivo che anche coloro che
dormono molto non arriveranno mai ad un’età particolarmente avanzata. Chi
concede al proprio corpo cinque ore di sonno in gioventù e sei ore nella
vecchiaia vivrà nella maggior parte dei casi per lunghissimi anni, e per molto
tempo conserverà un aspetto giovanile. Il dormiglione, invece, invecchia molto
presto, il viso gli si fa rugoso ed i suoi capelli diventano grigi anzi tempo
e, giunto in età alquanto avanzata, si muove come un’ombra.
15. Ora, come con l’abuso del sonno il corpo si spegne sempre più e si
avvicina allo stato di morte, altrettanto, anzi in misura molto maggiore,
avviene dell’anima quando essa va cessando sempre più nell’attività secondo la
Mia Parola e la Mia Volontà.
16. E quando l’ozio si è bene annidato in un’anima, ben presto esso
trascina con sé nello stesso nido anche il vizio, dato che l’ozio non è altro
che un amore che porta beneficio soltanto a se stesso e che tanto più fugge da
ogni attività a favore di qualcun altro, in quanto esso ha già abbastanza da
fare per lavorare a proprio vantaggio e profitto!
17. Perciò guardatevi molto bene particolarmente dall’ozio, poiché esso
è una vera semente dalla quale germina ogni possibile vizio!
18. Quale esempio vi servano i diversi animali di preda. Vedete, in
questi animali si manifesta un’attività, certamente distruttrice, soltanto
quando la fame che li dilania li spinge a muoversi; ma quando hanno azzannato
la preda e calmata la loro fame, essi si ritirano ben presto nuovamente nelle
loro tane e vi riposano non di rado anche per giornate intere, come avviene nei
serpenti.
19. Considerate ora un ladro ed assassino! Quest’uomo, il quale detesta
qualsiasi altro genere di lavoro e che è un vero demonio incarnato, se ne sta
anche lunghi giorni ozioso in qualche suo covo, e quando i suoi accoliti gli
annunciano che una ricca carovana dovrà passare da quelle parti, solo allora
egli esce e partecipa all’agguato, attacca poi ferocemente la carovana, la
depreda completamente e uccide i mercanti affinché egli non possa essere
denunciato e perseguitato! Ecco, tutto questo è frutto dell’ozio.
20. Quindi, ascoltate bene ancora una volta: “Guardatevi anzitutto
dall’ozio, poiché questo è la via e la porta larga per cui procedono ed entrano
tutti i vizi immaginabili!”.
21. Dopo aver compiuto il lavoro giornaliero, un riposo moderato fa
certo bene alle membra del corpo, ma, d’altro canto, il riposo esagerato è
peggiore del non riposare affatto».
Del male della pigrizia e della benedizione
dell’attività. Cenni sul vagabondare. Reggenti deboli e reggenti severi. Maria
e Tommaso. Matteo mette per iscritto questa dottrina dell’attività, conosciuta
poi come la “Predica notturna”. Perché la stessa andò perduta.
1. (Continua il Signore:) «Quando qualcuno ha fatto un lungo cammino a
piedi e alla fine ha raggiunto un ricovero, se egli non va immediatamente a
riposare ma invece fa ancora un po’ di moto più
leggero e il giorno seguente si alza prima che spunti il giorno, si troverà
senza alcuna traccia di stanchezza, e quanto più a lungo proseguirà con questo
metodo il suo viaggio, tanto meno il viaggio stesso lo renderà stanco.
2. Ma se quel medesimo, affaticato da una giornata di marcia, giunge al
ricovero, e trovato un giaciglio vi si getta su prontamente e lo abbandona solo
il mezzogiorno del giorno seguente, egli sarà costretto a continuare il suo
viaggio con i piedi del tutto irrigiditi e con la testa completamente stordita
e, dopo che avrà percorso un certo tratto di strada, oppresso dalla stanchezza,
bramerà ardentemente di riposare; e gli potrà anche accadere perfino di doversi
gettare, esausto, sulla via e di perirvi, qualora, ciò che è facilmente
possibile, non trovi nessuno che gli venga in aiuto.
3. Ma chi ne avrebbe la colpa? Unicamente la sua esagerata tendenza al
riposo, con l’illusione, tanto comunemente coltivata, che il riposo possa
infondere vigore all’uomo!
4. Per esempio, se qualcuno si è prefisso di raggiungere un alto grado
di perfezione nell’una o nell’altra arte che esiga una straordinaria agilità della
mano e delle dita, domando Io: “Come potrà un tale acquistare l’agilità
richiesta, se invece di esercitarsi con tutta diligenza ininterrottamente ogni
giorno, tiene le mani in tasca e giorno per giorno se ne va qua e là oziando,
per una certa prudenza, per non stancare troppo mani e dita, mentre in questo
modo non avrà fatto altro che renderle sempre più rigide e inette all’arte a
cui egli aspira?”.
5. In verità vi dico che in questo caso nemmeno Io, malgrado tutta la
Mia illimitata Sapienza, potrei preannunciare e stabilire l’epoca in cui un
simile discepolo dell’arte diventerebbe un virtuoso! E perciò, Miei cari amici
e fratelli, Io vi dico ancora una volta:
6. “Per il benessere generale degli uomini non ci vuole che attività ed
attività!”. Infatti ogni manifestazione di vita non è che il frutto della
costante ed instancabile Attività di Dio, e la vita, conseguentemente, può
venire mantenuta e conservata per una durata eterna di tempo soltanto per mezzo
della vera attività, mentre dall’inerzia non risulta né può risultare altro che
la morte.
7. Ponete la mano sul vostro cuore e notate come esso è continuamente
attivo, giorno e notte! Ma unicamente da questa attività dipende certo la vita
del corpo; una volta però che il cuore comincia a fermarsi, allora - Io ritengo
- dovrebbe pure essere la fine per la vita naturale del corpo!
8. Come il riposo del cuore materiale significa evidentemente la morte
assoluta del corpo, così lo stesso riposo del cuore dell’anima non può
significare altro che la morte dell’anima!
9. Ora, il cuore dell’anima si chiama Amore, e le sue pulsazioni si
esplicano in una vera ed intensa attività d’Amore.
10. Dunque l’incessante attività d’amore corrisponde al pulsare del
cuore dell’anima che non si stanca mai; così, con quanto più fervore batte il
cuore dell’anima, tanto maggiore è la quantità di vita che si produce
nell’anima stessa. E quando, in seguito a ciò, l’anima è pervenuta ad un grado
sufficientemente elevato di vitalità, tale da uguagliare il supremo, divino
grado di vita, allora un tale grado di potenzialità vitale dell’anima suscita
la vita dello Spirito divino in essa.
11. Questo Spirito, che è Vita purissima perché è l’instancabile
suprema Attività stessa, si diffonde poi nell’anima che gli è divenuta uguale
in virtù della propria attività d’Amore, e da questo punto comincia
effettivamente per l’anima il periodo della vita
eterna, indistruttibile!
12. Vedete, tutto ciò è il risultato dell’attività, ma mai quello di
una pigra quiete!
13. Per conseguenza fuggite la quiete e cercate l’attività edificante;
così facendo, il vostro compenso sarà la vita eterna!
14. Non crediate che Io sia forse venuto per
portare agli uomini di questa Terra la pace e il riposo; oh no, Io sono venuto
per portare loro la spada e la guerra!
15. Infatti tutti gli uomini devono venire spinti all’attività mediante
il bisogno e le calamità, altrimenti essi diventerebbero come pigri buoi da
ingrasso che si impinguano da soli per darsi in pasto alla morte eterna!
16. E così il bisogno e le calamità provocano nell’uomo ugualmente una
fermentazione dopo l’altra, dalle quali, infine, si può pur sempre sviluppare
qualcosa di spirituale.
17. Certo, si potrebbe anche obiettare: “Ma dal bisogno e dalle
calamità possono sorgere anche l’ira, la vendetta, il furto e l’assassinio,
nonché l’invidia, la durezza di cuore e le persecuzioni!”. Questo è
indubbiamente vero, ma per quanto orribili siano tutte queste cose, in
considerazione dei risultati da conseguirsi, esse sono tuttavia da preferirsi
alla quiete e alla pigrizia, che sono la morte dell’anima, le quali non possono
assolutamente produrre nulla, né nel campo del bene né in quello del male.
18. E perciò Io vi dico: “O ardete d’amore per Me o siate perfettamente
freddi verso di Me; ma il tiepido Io lo rigetterò fuori dalla Mia bocca!”.
19. Un nemico energico Io lo preferisco ad un amico tiepido. Il nemico
energico Mi obbliga così ad un’attività energica, o per adottare le misure
necessarie per renderlo innocuo per l’eternità oppure per conquistarlo; mentre
vicino ad un amico tiepido divengo tiepido Io stesso e, in caso di bisogno, a
che mai potrebbe giovarMi questo tiepido amico?
20. Per tale motivo un reggente tiepido è una vera pestilenza per il
suo popolo, poiché, così governando, lo spirito del popolo imputridisce, e gli
uomini diventano buoi ed asini capaci soltanto di divorare e di portare pesi!
Invece un reggente severo, o mettiamo pure tirannico, infonde vita al popolo, e
ciascuno è indotto a moltiplicare la propria attività pur di non incorrere in
qualche punizione; se poi l’agire pazzesco di un tiranno va oltre i limiti
della tolleranza del popolo, allora il popolo insorge in massa e si libera
dall’oppressore.
21. Ora Io credo di aver parlato a sufficienza del valore e del
significato dell’attività, e sono persuaso che voi tutti avrete compreso questo
insegnamento. Per conseguenza, se qualcuno vuole e sente ora in sé il bisogno
di trovare nel sonno un ristoro per il proprio corpo, costui vada e si cerchi
un giaciglio; chi però intende vegliare con Me questa notte, rimanga qui!»
22. Allora tutti esclamarono: «Se vegli Tu, o Signore, come potremmo
noi dormire? Soltanto la madre Maria sembra aver bisogno di riposare alquanto,
e Tu potresti ben dirle di coricarsi!»
23. Maria però, che aveva udito queste parole malgrado stesse
sonnecchiando un po’ seduta dietro di Me sopra una sedia a braccioli, si alzò
subito ed osservò con tutta gentilezza a colui che le aveva pronunciate:
«Amico, tu che usi parlare a nome anche di tutti i tuoi condiscepoli, io devo
dirti che questa volta la tua preoccupazione per me è un po’ vana, poiché,
vedi, io ho già passato parecchie centinaia di notti insonni per amore del mio
Signore, eppure vivo ancora, ed altrettante notti ancora veglierò e malgrado
ciò non perderò la vita, se questa è la Sua Volontà! Perciò nessuno di voi si
dia pensiero per me; è già abbastanza se a me pensa Uno solo!»
24. Ora, colui al quale queste parole erano dirette era Tommaso, e
questi si avvicinò a Maria e la pregò che non interpretasse in senso cattivo
quanto detto da lui con buona intenzione. Maria dunque lo consolò e gli si
dimostrò anzi gratissima per l’attenzione che egli aveva voluto usarle,
cosicché Tommaso rappacificato e con il cuore alleggerito ritornò subito al suo
posto.
25. Dopo di ciò, per qualche tempo si fece silenzio e nessuno aprì
bocca, immersi com’erano tutti in riflessioni profonde sulle verità apprese
quella sera, che sempre più si presentavano chiare ed evidenti alla loro mente.
26. Soltanto Matteo dopo aver alquanto pensato disse fra sé: «Domani al
primo albeggiare voglio mettere per iscritto, come meglio sarà possibile,
questi insegnamenti sull’attività e sul riposo, e voglio a questo scopo
adoperare una tavoletta del tutto separata e speciale, perché una simile
dottrina quanto mai importante non si può a nessun patto rischiare che vada
perduta!».
27. E quando poco dopo cominciò a fare giorno, Matteo mantenne infatti
la parola. Qui è da osservarsi che questo Mio insegnamento si mantenne a lungo
nella sua integrità, e fu divulgato pure in Samaria per mezzo di Jonaele e di
Jairuth; però con l’andare del tempo venne lentamente molto deformato e per
conseguenza se ne smarrirono le tracce. Va notato altresì che finché esso fu in
voga tra il popolo, veniva chiamato con il nome di “Predica notturna”.
I cinque farisei di Betlemme lavano i piedi al Signore.
Un breve Vangelo della vita.
1. Venuto il mattino, si presentarono i cinque farisei, salutarono Me nonché
i Miei discepoli con i modi più gentili, secondo il loro costume, e vollero
oltre a ciò renderMi un onore insolito e particolare chiedendoMi se Io li
ritenessi degni di lavarMi i piedi.
2. Infatti a Betlemme vigeva ancora l’antica usanza di rendere onore in
questo modo: avveniva che o colui che offriva ospitalità onorasse i suoi ospiti
lavando loro i piedi, oppure, viceversa, che per ricambiare un onore fatto agli
ospiti, uno di questi, fra i più ragguardevoli, lavasse il mattino seguente i
piedi all’ospitante. Per tale motivo Io concessi ai cinque farisei di Betlemme
che Mi lavassero e Mi asciugassero i piedi.
3. Dopo aver compiuto questo atto, i cinque farisei cominciarono ad
interrogarMi, e dissero: «O Maestro, la Cui grandezza noi non possiamo comprendere!
Dacci almeno qualche piccolo chiarimento riguardo al modo che Tu usi per
ottenere simili guarigioni finora mai viste. Che, generalmente parlando, Tu
attui tali opere in virtù della potenza divina è cosa che non si può
assolutamente mettere indubbio, ma altra cosa è come ed in quale modo Tu possa
agire con tanta e così meravigliosa perfezione. Dunque, purché Tu ritenga che
noi siamo almeno un po’ degni di tanto, spiegaci brevemente questo fatto, e
poi, lietissimi, noi faremo ritorno a Betlemme tenendo per Te eterna
gratitudine»
4. Rispondo Io: «Anche se Io ve lo dicessi, voi tuttavia non lo
credereste, poiché il triplice velo di Mosè copre pure i vostri occhi, affinché
voi non possiate scorgere Chi è Colui che ora parla con voi. Se voi Lo conosceste,
non avreste mai fatto tale domanda, ma poiché voi non Lo conoscete, avete
appunto domandato così!
5. E quando anche Io dessi a voi una giusta risposta, voi tuttavia non
l’accogliereste, perché voi vedete bene tutto ciò che è ed avviene nel mondo
della materia, ma invece quello che riguarda lo spirito, il suo regno e le sue
opere, tutto ciò vi è perfettamente estraneo, e per questa ragione non potete
neppure concepire né intuire cosa siano l’essenza e l’azione del Regno di Dio
nell’uomo.
6. Andate dunque e fate penitenza per i vostri molti peccati; solo
allora vi accorgerete che il Regno di Dio vi è vicino.
7. Amate Dio con tutte le vostre forze ed adorateLo in Spirito e
Verità, ma amate anche tutti i vostri poveri fratelli e sorelle che sono il
vostro prossimo; non perseguitate i vostri nemici, e fate del bene a coloro che
vi hanno fatto del male; in tal modo voi accumulerete carboni ardenti sul loro
capo, e Dio compiaciuto guarderà tali nuove opere e vi renderà il centuplo in
ricompensa.
8. Non prestate il vostro denaro a coloro che possono
restituirvelo con ricco interesse, ma datelo a chi è veramente povero e
bisognoso; in questo modo collocherete il vostro denaro ad altissimo interesse
nel Cielo, e il Padre Celeste sempre vi rifonderà capitali ed interessi in
eterno!
9. Non cercate con troppa brama dal mondo lode, premio e ringraziamenti
per le vostre buone azioni, perché allora quale ricompensa ne avreste in
Cielo?! Io vi dico: “Chi a questo mondo, per una buona opera compiuta a
vantaggio dei fratelli poveri, chiede ed accetta una ricompensa qualsiasi, la
sua ricompensa nei Cieli è perduta!
10. Chi lavora per il Cielo sarà anche ricompensato dal Cielo, tanto
qui temporaneamente quanto nell’aldilà eternamente; ma colui
che lavora invece per il mondo, costui riceverà bensì dal mondo un
premio misero e passeggero, ma nel Cielo, nel grande libro dei meriti, la sua
pagina rimarrà bianca, la sua ricompensa sarà perduta e difficilmente potrà
essere posta fine alla sua povertà spirituale!”.
11. Se voi vi prenderete tutto ciò a cuore ed agirete così, vi
risulterà ben presto chiaro il modo da Me usato per guarire i vostri ammalati.
Ed ora voi sapete tutto quello che vi è necessario sapere. Non chiedete altre
cose che non vi sarebbero di alcun giovamento, anche se vi venissero dette.
12. Guardatevi inoltre dal non fare alcun cenno di Me, né dei fatti che
Mi concernono, né di questi Miei discepoli, tanto a Gerusalemme quanto, anzi
meno ancora, nella città di Davide, perché il fare questo non vi porterebbe alcuna
benedizione!
13. Ed ora, dopo aver fatto colazione, potrete fare ritorno in pace al
vostro paese».
14. Questo Mio discorso lascia un po’ perplessi e sbalorditi i cinque
farisei, che tuttavia non si azzardano a fare altre domande; si inchinano
davanti a Me, si recano nella sala destinata a loro, e dopo aver consumato la
colazione, riprendono il cammino per fare ritorno in patria.
Le opinioni
dei cinque farisei sul Signore. La supposizione di un
fariseo: «Egli
è un Dio oppure un demonio». Parole istruttive.
1. I discepoli subito Mi chiedono per quale motivo Io abbia parlato
così velatamente ai betlemiti.
2. Ed Io rispondo loro: «Siete dunque ancora tanto carenti
d’intelletto, come se non aveste mai udito da Me una saggia parola? Sappiate
dunque che questi cinque ritengono che Io altro non sia che un medico dotato di
facoltà misteriose straordinarie, il quale con l’ausilio di forze della natura
compie tali cure meravigliose.
3. Essi conoscono bene la setta degli esseni, i quali hanno qualche
cognizione realmente notevole dei segreti dell’arte farmaceutica, per mezzo
della quale essi sono in grado di guarire parecchi mali nonché di provocare
diversi fenomeni che agli occhi del popolo profano devono apparire evidenti
miracoli! Se voi premettete ciò, potrete infine arrivare a nessuna altra
conclusione che non sia questa: quei betlemiti Mi ritengono un esseno di
quarto, cioè del massimo grado, la cui scienza va tanto oltre da poter dominare
le più svariate forze della natura e da poter dirigerle a suo piacimento!
4. Ora, se Io avessi svelato loro immediatamente che Io, come Figlio
dell’Altissimo, sono il Messia promesso, questi ebrei irriducibilmente
ortodossi non avrebbero cominciato a scandalizzarsi oltre misura ed a
considerarMi un mago che, in lega con Satana, pretende di saper fare le cose
più grandi, e come tale non Mi avrebbero diffamato oltre misura? E la
guarigione degli ammalati da loro condotti qui sarebbe divenuta per loro una
pietra di gravissimo scandalo! Invece così, poiché essi Mi ritengono
semplicemente un arci-esseno, se ne vanno pacificamente alle loro case e lodano
e glorificano Dio che concede all’uomo tali segrete conoscenze e forze,
mediante le quali egli può procurare agli uomini sofferenti l’aiuto più sicuro,
sebbene molto miracoloso!
5. Tuttavia, affinché essi, giunti alle loro case, riflettendo con più
tranquillità e più maturità di pensiero, possano con lieve fatica constatare
che Io propriamente non sono un esseno, perché i princìpi fondamentali da Me
esposti loro riguardo ai rapporti della vita umana, tanto morali che sociali,
sono addirittura l’opposto di quelli degli esseni, Io li ho illuminati
solamente quel tanto che era necessario nel momento attuale allo scopo anzidetto;
per conseguenza, in casa loro, essi faranno i debiti confronti tra la Mia
Dottrina e quella degli esseni che essi ben conoscono; e quando ne avranno
rilevato lo stridente contrasto, solo allora comincerà veramente il loro
sbalordimento, come è già accaduto con i cinque davanti ai vostri occhi, quando
rimasero scossi dalla sorpresa quando udirono le Mie parole, poiché, come già
detto, la Mia Dottrina annunciata loro è diametralmente opposta a quella degli
esseni.
6. Essi avrebbero volentieri continuato a farMi altre domande, ma Io
non volli seguirli su questa via e li congedai con poche e brevi parole; ed
essi se ne andarono e non si azzardarono a sottoporMi ulteriori questioni,
essendosi accorti che, giudicando dai fatti, Io potevo bensì essere un esseno
di elevatissimo rango, ma, non così, giudicando dalle parole da Me dirette a
loro. Ed infatti, anche adesso durante il cammino non fanno altro che pensare
appunto a questo fenomeno, e vanno dicendo: “Che gli esseni abbiano proprio
davvero due dottrine, una esteriore destinata per il popolo mondano e cieco, ed
un’altra interiore per loro uso esclusivo?”. E chissà che Io, buon conoscitore
delle Scritture, non abbia voluto essere tanto sincero con loro da lasciar
trapelare qualcosa dei principi della dottrina interiore, lasciando a loro
stessi il compito di fare ogni altra indagine in proposito!
7. Uno dei cinque, però, pensa che dietro di Me debba celarsi qualcosa
di ben differente da un esseno. Egli dice agli altri quattro: “Per conto mio
non è assolutamente un esseno perché non molto tempo fa ho avuto occasione di
parlare con uno di questi tali riguardo a tutte le loro dottrine e le loro
usanze e costui era persona assolutamente sincera, ma dalle sue parole non ho
potuto rilevare proprio nulla che facesse sospettare che egli sapesse qualcosa
di una seconda dottrina segreta. Perciò io sono indotto a credere che questo
strano operatore di guarigioni di Nazaret sia un fenomeno del tutto speciale e,
per quanto io ne sappia, mai visto fino ad oggi! Egli deve essere o un dio
oppure un demonio, la qual ultima cosa devo però mettere seriamente in dubbio,
poiché quello che egli insegna corrisponde ad un principio sociale tanto
estremo, come io non ho ancora mai udito l’uguale, mentre si sa che un demonio
è invece un tiranno terribile e quindi un nemico giurato di ogni principio
sociale!”.
8. Vedete, già adesso durante il viaggio i cinque tengono tali
discorsi, e vi sono tanto immersi da accorgersi a mala pena che i loro piedi si
muovono e li portano avanti.
9. Quando si insegna, Miei cari amici, bisogna procedere con molta
cautela; l’educazione insegna che non si deve entrare in una casa rovesciando
addirittura l’intera porta, altrimenti, quali visitatori di una casa, ci si
procurerà la fama di maleducati e sfacciati e si otterrà poco o addirittura
niente in quella casa in qualità di arroganti intrusi. Invece, quando si va in
una casa, si batte leggermente alla porta, e il padrone a sua volta indica in
quale delle stanze è allestito il banchetto. Inoltre, sedendo a tavola, il
padrone non deve far servire tutte le vivande in una sola volta, ma porterà la
seconda vivanda non prima che si sia consumata la prima. Se invece il padrone
di casa, per sbrigarsi presto con i suoi ospiti, farà servire tutte le vivande
in una sola volta, allora vi assicuro che tale atteggiamento non farebbe altro
che far passare l’appetito ai suoi ospiti, ma se invece procederà come va fatto
in buon ordine, gli ospiti si manterranno lieti e di buon appetito, ed infine
non potranno fare altro che lodare il padrone di casa per averli ospitati in
maniera tanto eccellente!
10. Ecco, così appunto è necessario procedere quando si insegna, se si
vuole ottenere qualche risultato. Comprendete ora quanto vi ho detto?»
11. Rispondono i discepoli: «Sì, o Signore, noi comprendiamo
esattamente tutto quello che Tu ci hai spiegato, ora come sempre, con la Tua
infallibile Sapienza»
12. Osservo Io: «Quand’è così, sta bene; adesso però andiamo anche noi
a fare colazione!».
Gara d’amore
fra Kisjonah e Baram. Importanza ed essenza della contemplazione interiore di
se stessi.
L’astuzia del
nemico cerca di impedire questo atto.
Disturbo da
parte di Satana di questa autocontemplazione.
1. Noi dunque ci alziamo subito dalle panche dove avevamo riposato, e
usciamo fuori nel giardino dove già ci attende un’abbondante colazione
preparata anche questa volta da Baram.
2. Kisjonah dice precisamente a Baram: «Ma, fratello, che fai dunque?
Credi forse che i miei granai, le mie dispense e le mie cantine siano
completamente vuoti?»
3. E Baram risponde: «Fratello, io so molto bene che anche mille ospiti
al giorno non consumerebbero le tue provviste per molti anni! Ma neppure io, e
ne sia ringraziato il Signore, sono da annoverare tra i poveri di questo paese;
dunque lascia a me ancora oggi questa gioia di offrire qualcosa a tutti questi
ospiti! Infatti è davvero una gioia grandissima per me poter servire il Signore
nella mia pochezza; già domani toccherà di nuovo a te, ed intorno ai tuoi
focolari ferverà di nuovo tutta l’attività possibile!»
4. Kisjonah e Baram, commossi, si abbracciano e baciano, e prendono poi
anch’essi posto a tavola dove viene loro portato un bellissimo pesce, pane e
vino.
5. Dopo aver terminato il pasto, Kisjonah domanda cosa si farà durante
la giornata; se forse Io abbia intenzione di fare qualche altra escursione, nel
qual caso egli provvederà affinché il viaggio possa riuscire facile e comodo!
6. Ma Io gli dico: «Amico e fratello Mio! Non curarti di simili cose!
Quello che il tempo ci porterà, noi lo prenderemo! L’oggi e il domani però non porteranno esteriormente a noi che poco o niente, e per
questa ragione non avremo bisogno di fare preparativi speciali. Domani, a sera,
arriverà qui Filopoldo da Cana; egli sì che avrà parecchie cose da raccontare!
7. Ma ora, finché viene mezzogiorno, qui all’ombra fresca degli alberi
noi ci accingeremo ad esercitarci alquanto nella contemplazione interiore di
noi stessi!
8. Infatti in verità Io vi dico: “Per l’uomo, nel suo complesso, non vi
è niente di più salutare della temporanea contemplazione ed esame interiore del
proprio essere! Chi vuole esplorare se stesso e misurare le proprie forze deve
ogni tanto scrutare ed esplorare bene il proprio intimo”.
9. Dunque, poiché questa cosa è tanto necessaria, noi dedicheremo
questa mattina a tali esercizi; dopo pranzo ci recheremo un pochino al mare, e
là vedremo cosa ci sarà da fare!»
10. Alcuni però, non sapendo come cominciare questo esame interiore di
se stessi, Mi domandano spiegazioni ed Io dico loro: «Mettetevi tranquilli e
concentratevi in silenzio; sottoponete ad un intenso esame tutta la vostra
attività passata, pensate alla ben conosciuta Volontà di Dio, e scrutate se la
vostra attività nei differenti periodi della vostra vita è stata conforme ad
essa. In questo modo voi vi sarete contemplati ed esaminati in voi stessi, ed
avrete opposto una barriera sempre più formidabile alla penetrazione di Satana
in voi. Infatti non vi è cosa alla quale Satana dedichi cure tanto zelanti
quanto ad impedire all’uomo, con vuote e ridicole manifestazioni esteriori, di
giungere a scrutare ed a padroneggiare il suo intimo!
11. Infatti, quando l’uomo ha raggiunto con l’esercizio un certo grado
di prontezza nell’esame del proprio interno, allora egli vede in sé molto
presto e facilmente quali tranelli gli abbia teso Satana; così, avvertito il
pericolo, egli può valorosamente opporsi sventando simili tranelli, e può
premunirsi con energia contro ogni possibile insidia futura dello stesso
nemico. Questa cosa è assai ben nota a Satana, e perciò esso è sempre
affannosamente occupato a distrarre l’anima dell’uomo con ogni tipo di
imbroglio per avvincerne l’interesse ai fatti esteriori; e se il gioco gli
riesce, diventa facilissimo per lui, procedendo per vie occulte, tendere,
inosservato, quanti tranelli vuole all’anima, la quale infine viene a trovarsi
tanto intrappolata da non poter più nemmeno pensare ad un’indagine interna di
se stessa, e ciò è un male ben grave!
12. Infatti in questo modo l’anima si separa sempre più dal proprio
spirito e non può più destarlo; ora questo è già il principio della seconda
morte dell’uomo.
13. Adesso dunque sapete anche in che cosa consiste l’esame interiore
di se stessi; perciò raccoglietevi, ed in silenzio dedicatevi a tale esercizio
finché sia giunto il mezzogiorno, e durante questo tempo non lasciatevi
distrarre né turbare da nessun avvenimento esteriore di qualunque genere sia!
Infatti Satana non tralascerà certamente di inscenare uno o l’altro spettacolo
esteriore per tentare di distogliervi da questa occupazione. Ma quando tale
cosa avverrà, ricordatevi che Io ve l’ho predetta, e tornate rapidamente in voi
stessi per completare l’esame iniziato!».
14. Dopo di ciò ciascuno si ritira e, raccolto in se stesso, comincia
un intenso esame del proprio essere, e per un’ora buona nulla viene a turbare
questo lavoro spirituale.
L’apparizione
di un animale mostruoso, cioè di un vero Leviatan.
Splendida
ricompensa promessa a coloro che resistono con coraggio e costanza.
L’angelo
Archiele minaccia l’orribile bestia. L’uragano suscitato per turbare la quiete
interna.
L’angelo
rincuora i deboli. Baram, il nobile
fornitore della santa compagnia.
1. Trascorsa però la prima ora, si fa udire improvvisamente uno scoppio
violento, come se un fulmine terribile fosse caduto nelle immediate vicinanze!
Tutti ne sono scossi e si alzano in preda allo spavento, ma ben presto si
ricordano delle Mie parole e ritornano alle loro meditazioni.
2. Ma Satana non si lascia aspettare troppo a lungo; poco dopo lo
schianto, coloro che stanno riposando ma sono attivi nello spirito, sentono un
sinistro sibilare e fischiare, e non passa molto tempo che sulla riva del mare
si innalza un mostro di singolare specie. La sua testa somiglia a quella di un
lupo, soltanto è un centinaio di volte più grande; la lingua, che si protende
un bel tratto fuori dalle fauci, è simile ad un serpente gigantesco che si
contorce selvaggiamente senza posa; le orecchie sembrano quelle di un bove di
straordinaria grandezza, e gli occhi appaiono come due grandi dischi di metallo
rovente. Le zampe anteriori sono simili a quelle di un orso gigantesco e le
posteriori simili a quelle di un leone di proporzioni colossali; il corpo è
come di coccodrillo e la coda sembra quella di un basilisco. Il suo grido è
come uno scoppio di tuono, e il suo respiro è un alternarsi di fischi e di
sibili che incutono spavento. Tale è l’aspetto del mostro che è improvvisamente
apparso sulla riva.
3. Ma là stanno pascolando molte pecore, buoi, mucche, vitelli e asini;
il mostro, adocchiati questi animali, comincia subito a dare loro la caccia e a
divorarne quanti gli vengono a tiro. Quelli che possono fuggono terrorizzati, e
il mostro allora accenna a muoversi verso di noi.
4. Alquanti fra i discepoli, accortisi di tali mosse del mostro, si
alzano in gran fretta ed esclamano: «Signore! La prova è davvero troppo grande
e troppo forte! Questo spaventevole animale ha già divorato parecchi vitelli,
dieci agnelli e due asini. Adesso, evidentemente, esso vorrebbe venire qui a
prendersi qualche leccornia e, guidato dal suo buon fiuto, si è certo scelto
qualcosa fra di noi, perché ormai esso muove direttamente verso di noi i suoi
passi che prima erano alquanto titubanti. Crediamo perciò che sarebbe
consigliabile tenersi un pochino fuori dalla strada che sembra voler percorrere
questo apportatore di morte! Infatti con questa bestia non c’è davvero
battaglia da poter ingaggiare per le vie naturali, né ancora meno vittorie da
poter sperare!»
5. Dico Io: «Non lasciatevi minimamente turbare! Esteriormente, tutti
noi presi assieme non possiamo certo dominare questo mostruoso animale, perché
questo è un vero Leviatan già perfettamente sviluppato! Ma davanti alla nostra
potenza interiore esso deve fuggire fino ai confini del mondo; perciò non
datevi assolutamente nessun pensiero! Che passi ancora una breve ora, e voi
avrete spezzato le barriere e rovesciato le frontiere della morte, e la
signoria sopra tutto l’Inferno ed i suoi eserciti sarà la vostra ricompensa!»
6. Subito dopo che queste parole sono state dette da Me, il mostro fa
udire ancora due volte di seguito la sua voce tonante, e poi si muove di nuovo
verso di noi di un passo tranquillo, ma tuttavia abbastanza rapido, dando a
vedere anche troppo bene la sua insaziabile voracità con il vibrare violento
della sua lingua di serpente e con lo scuotere continuato della formidabile
coda. Ma i discepoli si sono ormai fortificati nell’anima e, senza nessun
timore o titubanza, lasciano che il mostro si scateni.
7. E quando esso è già a dieci passi da noi, Io faccio soltanto
interiormente un cenno all’angelo Archiele, e questi avanza rapido verso l’animale
e gli domanda: «Che cosa cerchi tu qui, o Satana? Vattene! Altrimenti ti
distruggo!».
8. Allora si vede il mostro aprire le fauci ed atteggiarsi come se
volesse parlare, ma l’angelo l’impone di nuovo di allontanarsi! E l’animale,
emesso ripetute volte il suo caratteristico grido, si volge e fugge in mare
sibilando e fischiando terribilmente.
9. Però, dopo che il mostro si fu sprofondato nell’acqua, l’ampio golfo
rimase per parecchio tempo agitato come se avesse infuriato il più violento
uragano, ma tutto ciò non induce più in errore nessuno dei discepoli, e la
quiete in Dio viene in quest’ultima ora coltivata da tutti con il massimo
fervore interiore.
10. Inoltre, prima che quest’ultima ora di riposo volga al suo fine,
scoppia improvvisamente uno spaventoso temporale. Lampi terribili solcano
l’aria, fortissime raffiche di vento investono gli alberi e li curvano quasi
fino a terra, mentre grossi goccioloni di pioggia mista a grandine cominciano a
cadere dalle nubi cupe che si accavallano nel cielo.
11. Alcuni dei discepoli, più deboli degli altri, vogliono già
rifugiarsi in casa, ma l’angelo dice loro: «Restate e riconoscete l’ultimo e
più vuoto tranello di Satana!».
12. Allora essi, tranquillizzati, rimangono e resistono facilmente alla
pioggia che viene bensì giù con sempre maggior violenza, mentre i chicchi di
grandine rimbalzano tutto intorno sul terreno, ma nessuno ne riporta danno, e
la pioggia a mala pena riesce a bagnare qualcuno.
13. Allora interviene nuovamente l’angelo, il quale minaccia le nubi;
queste si aprono ben presto, e subito subentra una giornata splendida di luce e
di aria purissima.
14. Dopo brevi istanti finisce anche il tempo consacrato all’esame
interiore, e Baram dice: «Signore! Il cibo è pronto e può essere servito qui
oppure in casa secondo il Tuo gradimento!»
15. Ed Io gli dico: «Lascia che passi ancora una mezz’ora, e poi tutto
sarà in perfetto ordine! Io devo rivolgere ancora qualche parola a questi Miei
discepoli».
16. Baram sale quindi nuovamente sul suo battello dove sono custoditi,
in una cassa ben grande, parecchi otri del miglior vino, li fa trasportare in
cucina dalla gente e ordina che vengano riempiti tutti i boccali; poi ordina ai
cuochi di attendere ancora una mezz’ora prima di servire le vivande e che
attendano di essere avvertiti. Poi egli ritorna da Me, e sta egli pure ad
ascoltare quello che Io vado dicendo sulla contemplazione di se stessi e sulla
sua utilità.
Della grande benedizione che apporta il regolare esame di
se stessi. Della rinascita nello spirito. I rapporti magici con gli spiriti -
una via che conduce all’Inferno. A che scopo deve esistere Satana? Consigli
severi al saccente Giuda, il quale viene ammonito alla modestia.
1. Ed ecco le spiegazioni da Me date ai discepoli: «Dunque, voi avete
ora visto in quale modo l’uomo possa passare dalla materia alla spiritualità
sempre più pura, e come egli, seguendo questa via, possa divenire il signore di
se stesso e, per questo fatto infine, anche signore di tutta l’intera natura
esteriore del mondo. Perciò seguite, di quando in quando, questa via nel Mio
Nome, e perverrete ad un alto grado di potenza nel
dominare le vostre passioni e, in conseguenza di ciò, anche nel signoreggiare
su tutto il mondo naturale e nell’aldilà su tutte le creature.
2. Voi avete visto le maligne apparizioni che vi ha riservato Satana.
Esse vi hanno riempito di orrore e di spavento, ma voi, fidandovi della Mia
Parola, siete ritornati alla quiete e siete riusciti in tale quiete a dominare
pienamente tutti quei malvagi avvenimenti.
3. Non crediate però di avere già ora completamente messo in fuga da
Satana il suo perfido coraggio! Ogni qualvolta ripeterete con voi stessi un
tale esercizio, sarete nello stesso tempo nuovamente turbati da lui, e ciò
finché non sarete perfettamente rinati nello spirito.
4. Ma quando tale rinascita dello spirito sarà in voi compiuta, allora
Satana avrà perso per l’eternità ogni potere su di voi, e voi diventerete i
suoi giudici nonché di tutti coloro che si saranno lasciati avvinghiare da lui,
e che voi, per amore del vostro prossimo, sottrarrete con la Parola al suo
dominio per sempre!»
5. Domanda Pietro: «Come mai, o Signore, si può rinascere? L’anima e lo
spirito devono essere nuovamente generati in un corpo di donna e dal medesimo
corpo nuovamente partoriti? Altrimenti, come è da comprendere tutto ciò?»
6. Rispondo Io: «Passerà ancora molto tempo prima che tale cosa possa
apparire del tutto chiara al tuo intelletto. Ma quando Io avrò fatto ritorno
là, da dove sono venuto, e il Mio Spirito avrà reso libero il tuo spirito,
allora la tua mente potrà ben concepire la rinascita dello spirito, e tu potrai
comprenderla in tutta la sua pienezza e nelle sue più recondite profondità. Per
ora ciò non sarebbe ancora possibile né a te né a nessun altro di voi, ma, con
il seguire i Miei insegnamenti e con il praticare gli esercizi vitali di cui vi
ho ora parlato, tu perverrai alla fine da te stesso ed in te stesso a questa
luce.
7. A raggiungere tale scopo non giovano né dottrine, né insegnamenti
dati esteriormente, ma è necessario invece che ciascuno raggiunga questa luce
da se stesso ed in se stesso percorrendo la via da Me indicatavi ora per tutti
i tempi»
8. Osserva Giuda: «Signore, io ho avuto occasione di vedere dei maghi
possenti, nonché altri che scongiuravano e dominavano gli spiriti; questi tali
parlavano con le anime dei trapassati, ed esse davvero rispondevano e
rivelavano cose occulte. Come dunque hanno potuto penetrare nel regno degli
spiriti? Questa credo che dovrebbe essere anche una specie di rinascita
spirituale?!»
9. Dico Io: «Oh sì, certo, però non per il Cielo che è il trono di Dio,
ma per l’Inferno dove dimora Satana e i suoi angeli!»
10. Replica Giuda: «Se è così, allora Satana è anch’esso un signore
dotato di potenza assai grande, per quanto di malvagia natura! Ora io credo
che, se fosse possibile, sarebbe meglio addirittura annientare Satana che non
lasciare annientare da lui milioni di creature! Per quale motivo dunque,
nell’Ordine stabilito da Dio, deve esserci posto anche per Satana?»
11. Gli rispondo Io: «Per il motivo che egli abbia fra breve ad
accalappiare anche te, dato che dimostri tanto interesse per lui! Infatti, ci
vorrà molto tempo prima che tu possa arrivare ad una pallidissima e
superficiale conoscenza di te stesso, per non parlare poi del grande Ordine
divino, il quale, per ragioni quanto mai sagge, ha creato sulla Terra accanto
al giorno anche la notte! Puoi tu comprendere il motivo iniziale e fondamentale
della vita nella notte terrena, nonché del giorno eterno di tutti i soli, di
cui ciascuno è pure un mondo simile a questo che ti porta e che ti nutre? Ma se
tu non lo comprendi, allora Io ti chiedo come puoi tu venir fuori con una
domanda che non si addice ad un uomo che si trova al cospetto del suo Signore,
Dio e Creatore? Perché non domandi anche la ragione per cui la pietra è dura e
l’acqua invece è cedevole e liquida? Oppure perché il fuoco ti causa dolore se
lo attraversi, mentre non è così con l’acqua fresca?
12. Io però ti dico: “Se tu non comprendi nulla, impara dapprima
qualcosa, e nello stesso tempo rimani silenzioso e sii di spirito attento e,
quando avrai compreso qualcosa nella sua più intima essenza, allora soltanto
parla e proponi ai tuoi fratelli i tuoi sofistici quesiti”
13. Ma ascolta ancora: “Succede con te come con tutta la stoltezza
degli uomini: in segreto essi si vergognano, è vero, della loro stoltezza, ma
essi la vogliono tenere nascosta sotto uno sfoggio grande di domande di ogni
specie, scintillanti di apparente sapienza, non pensando affatto però che è
proprio questo il vero modo per mettere bene in evidenza la loro stoltezza!”.
Fa dunque che queste Mie miti parole ti rendano scaltro, altrimenti ti potrà
accadere un giorno che sarai tanto immerso nel fango che Io non verrò così
presto a tirarti fuori!»
14. Queste parole servono a calmare parecchio la mania interrogativa in
Giuda, il quale nel frattempo ha gettato delle occhiate molto significative
dalla parte dove si trovava Tommaso; ma questi finge saggiamente di non aver
notato niente della correzione data a Giuda, e nello stesso modo si comportano
anche tutti gli altri discepoli, cosicché Giuda, tranquillizzato, prudentemente
si ritira.
15. Dopo di che Io dissi a Baram: «Ed ora, fratello Mio, tu puoi
preparare il pranzo, ma stavolta mangeremo in casa!».
16. Allora Baram se ne va sollecito alle cucine e fa preparare il tutto
prontamente; noi lo seguiamo, e nello spazio di un’ora il pranzo è comodamente
terminato.
La traversata
per mare dopo il pasto. Un battello con la notizia dell’improvvisa malattia
della figlia di Giairo.
La seria
dichiarazione del Signore ai messaggeri
di Giairo.
Ritorno a Chis.
1. Dopo il pasto, poiché il tempo è assai bello e l’aria è purissima,
viene intrapresa un’escursione per mare. Baram fa preparare in fretta il suo
battello, mentre Kisjonah, dal canto suo, fa pure spingere in mare la sua grande
nave che prende a bordo con tutta comodità ben la metà dei discepoli.
2. Io, i principali discepoli, Baram e Kisjonah montiamo però nel
battello di costruzione eccellente appartenente a Baram. Questo battello era
provvisto di due vele e di sei buoni remi per ciascun lato, e poteva quindi
venire spinto innanzi tanto dal vento quanto a forza di braccia. Noi dirigemmo
la prora verso Cafarnao senza tuttavia avere affatto l’intenzione di arrivarci.
3. Ma quando fummo a quasi un paio d’ore di distanza al largo in
direzione di Cafarnao, vedemmo da lontano un battello spinto avanti a tutta
forza per venirci incontro. Esso portava i colori di Cafarnao, e quando noi
deviammo improvvisamente dalla nostra rotta per vedere se realmente le nostre
due navi fossero la loro meta, allora anche il battello di Cafarnao deviò dalla
sua precedente rotta, puntando nuovamente verso di noi ed accelerando la corsa.
Dunque, poiché la sua intenzione risultava evidente ai marinai di Baram, questi
chiesero al loro padrone cosa avrebbero dovuto fare, perché quel battello di
Cafarnao non sembrava aver buone intenzioni. Baram si rivolse a Me per sentire
la Mia opinione a tal riguardo.
4. Ed Io risposi: «Lasciate pure che la nave ci venga vicino; vedremo
poi qual è la volontà che li guida!».
5. A queste Mie parole Baram ordina che vengano serrate le vele e fa
cessare la voga, mentre la gente di Kisjonah sull’altra nave esegue le stesse
manovre.
6. In un quarto d’ora i rematori di Cafarnao sono da noi e domandano a
Baram se Io Mi trovi sulla sua nave, perché a Cafarnao e stato loro riferito
che Io dimoravo a Chis! Dal canto loro, essi sono inviati dal capo dei
sacerdoti Giairo per supplicarMi di venire subito a Cafarnao, poiché la
figlioletta di Giairo, che da poche settimane Io avevo risuscitato da morte,
era caduta di nuovo ammalata tanto gravemente che nessun medico era più capace
di guarirla.
7. Dissero infine i rematori a Baram ed ai suoi marinai: «Giairo teme
che da un momento all’altro gli venga a mancare. Una grande ricompensa vi verrà
data se ci portate da Gesù di Nazaret»
8. Ma Baram rispose: «Dunque, a giudicare dalle vostre parole, è con
buone intenzioni che siete venuti da noi; ora io posso dirvi che Colui che
cercate si trova qui sul mio battello; però non posso assolutamente dirvi se
Egli riterrà opportuno darvi ascolto, e se vorrà esaudire la vostra preghiera.
Ad ogni modo andrò da Lui giù in cabina e gli parlerò»
9. Gli uomini di Cafarnao si dimostrano soddisfatti; Baram scende da Me
e vuole parlarMi per manifestare il loro desiderio.
10. Ma Io lo prevengo e gli dico: «Fratello, risparmiati ogni parola,
poiché Io sono già al corrente di tutto e, se tu rammenti, Io già a Gesaira ti
dissi che così sarebbe accaduto a questa progenie calunniatrice! Con
l’intenzione di perseguitarMi e di denigrare la Mia Dottrina essi negarono che
la figlia di Giairo fosse stata ammalata e fosse morta; essa, secondo loro,
sarebbe stata semplicemente immersa in un sonno naturale dal quale Io la
risvegliai, sostenendo poi con inganno di averla resuscitata da completa morte.
11. Considerato dunque che tale opera è risultata per loro nient’altro
che un inganno, adesso lascino pure che la fanciulla si addormenti di nuovo
tanto naturalmente quanto la prima volta, e si vedrà se potrà nuovamente venire
risvegliata in modo naturale da un qualsiasi uomo naturale!
12. In verità, la fanciulla non verrà da Me toccata finché non sia
stata deposta per tre giorni nella tomba! Va’ dunque di sopra e annuncia loro
quanto ti ho detto; in seguito fa’ sciogliere le vele, ed un buon vento ci
spingerà molto rapidamente in direzione della baia di Chis, e costoro non
potranno osservare da che parte ce ne saremo andati»
13. Baram allora si affretta a salire sopra coperta, e dice: «O egregi
messaggeri del capo dei farisei! Mi rincresce di tutto cuore di non potervi
portare una risposta favorevole da parte di Gesù, il Signore! Ma se ciò
avviene, la colpa non è che della stessa gente di Cafarnao perché, quando a suo
tempo Egli ebbe davvero resuscitato la figlia del vostro padrone da uno stato
evidentissimo di morte e l’ebbe riportata a piena vita, non passò molto tempo
che essi, i farisei di questa città da Lui maledetti, Lo dichiararono
addirittura un mentitore ed un imbroglione, e fecero di tutto per dimostrare al
popolo che Giairo aveva voluto solamente mettere Gesù alla prova e che per
questo motivo aveva indotto sua figlia, perfettamente sana, a coricarsi su un
letto mortuario appositamente preparato. Poi era venuto il mentitore Gesù,
assolutamente ignaro del tranello che gli era stato teso, e l’aveva, certo con
tutta facilità, risuscitata da morte a vita; e questa cosa, come io ho udito
narrare, sarebbe avvenuta così: accortosi che la fanciulla viveva, le aveva
afferrato la mano stringendogliela fortemente, in modo che essa, per evitare il
dolore causatole dalla vigorosa stretta, preferì alzarsi.
14. Ma la vera intenzione del capo dei farisei sarebbe stata - così ho
sentito - che la fanciulla non si fosse lasciata resuscitare, cosicché poi si
sarebbe potuto senza indugio arrestare e accusare Gesù quale un matricolato
truffatore. Ma a causa del risveglio della fanciulla, questo bel piano era
fallito davanti al popolo; infatti quest’ultimo era fermamente convinto che la
figlioletta era stata davvero resuscitata da morte, mentre, per raggiungere lo
scopo summenzionato, essa era stata invece fatta apparire malata già alcuni
giorni prima!
15. Per queste ragioni essa, da viva, non verrà più guardata da Lui;
forse Egli si ricorderà di lei quando la putredine della tomba avrà fornito a
tutti la prova della sua morte!
16. Ritornate ora a casa con questa risposta e ditela al vostro capo
[della sinagoga], affinché si renda conto da se stesso di quale nerissima
ingratitudine è colmo il suo cuore! Inoltre, in nessun caso Egli viene a
Cafarnao, poiché questa località Egli l’ha benedetta dal basso per
l’eternità!».
17. Terminato tale annuncio, Baram dà ordine che vengano rapidamente
spiegate le vele e, quando queste sono pronte, il vento comincia a farsi
sentire spingendo avanti le due navi con tanta velocità che il battello di
Cafarnao, basso, malandato e sprovvisto di vele, viene in pochissimo tempo
distanziato cosicché lo perdiamo di vista. E quando fummo sbarcati sottovento
nella grande insenatura presso Chis, lasciando che le navi andassero ad
approdare vuote nel golfo, il vento improvvisamente si volse e si diede a
soffiare con violenza in direzione di Cafarnao.
Giairo ed i medici
al letto di morte di sua figliola Sara. La verità dettagli da Boro di Nazaret.
Minaccia dei farisei.
La pratica
risposta di Boro, e la critica domanda da lui fatta apertamente a Giairo.
1. Quando noi giungemmo in cima alla collina di una certa altezza al
limite della grande insenatura, ed ai cui piedi, sulla strada principale che
conduce a Gerusalemme, sorge il noto ricovero, noi potemmo allora scorgere in
grande lontananza il battello di Cafarnao che lottava contro le onde e, poiché
il vento accennava a diventare sempre più molesto, vedemmo i rematori desistere
dal vogare ed alzare i remi, lasciandosi in tal modo spingere dal vento in
linea diritta verso il porto di Cafarnao.
2. È facile immaginare da sé quale viso avesse fatto Giairo quando i messaggeri,
da lui mandatiMi incontro, gli ebbero riferito la risposta da Me data loro per
mezzo di Baram.
3. Egli fece in fretta e furia chiamare tutti i medici dalle località
circostanti, talune anche molto lontane; ed anche quello di Nazaret fu
chiamato, poiché questo, esso pure Mio discepolo, godeva grande reputazione
quale medico miracoloso; aveva infatti in altre circostanze effettivamente
guarito immediatamente anche ammalati in stato assai grave con la semplice
imposizione delle mani.
4. E quando costui fu arrivato a Cafarnao ed ebbe esaminata la
fanciulla, iniziò a scrollare in maniera molto evidente le spalle e, dopo
qualche tempo di meditazione, disse a tutti gli altri medici che si trovavano
al letto dell’inferma: «Qui non c’è che Uno solo che possa darle aiuto, e
questi è Colui che l’ha creata! Certamente, la ragazza si è trovata a qualche
festa, e in un momento di grande calore avrà bevuto qualche bevanda gelata, e
in conseguenza di ciò le si è sviluppata la putrefazione polmonare; in questo stato
purtroppo non è possibile che essa resista più di sette giorni! Noi non
possiamo procurarle dei nuovi polmoni, e perciò né io né voi possiamo esserle
di alcun aiuto per nessuna cosa al mondo!»
5. Dice Giairo: «Pensi che a questo male non potrebbe trovare rimedio
nemmeno Gesù che è nato come divino e che già una volta ha risuscitato questa
mia figlia da vera morte, come ha pure risuscitato la figlia del comandante
Cornelio in casa del quale mia figlia ha contratto questo male alcuni giorni
fa?»
6. Risponde il medico di Nazaret: «Oh, sì! Egli sicuramente potrebbe
aiutarla; basterebbe che lo volesse! A quanto ho udito, però voi avete già
mandato da Lui dei messaggeri, ma Egli, con tutte le ragioni e con tutto il
diritto, vi ha fatto pervenire una risposta negativa; solo dopo noi siamo stati
chiamati qui, ma noi non siamo in grado di far più nulla!»
7. Dice Giairo: «Eppure io l’ho mandato a pregare nella maniera più
gentile possibile, ed Egli, che non fa altro che predicare l’amore e il dovere
di fare del bene perfino ai propri nemici, dà una simile risposta ai messaggeri
che Gli ho inviato!»
8. Dice il medico di Nazaret: «Egli non vi ha dato nessun’altra
risposta all’infuori di quella che voi tutti, che vi chiamate servitori
dell’Altissimo, avete assolutamente meritata. Ditemi un po’! Come dovrebbe
essere fatto un uomo per potervi restare ancora amico dopo un comportamento
simile da parte vostra?! In verità, lo stesso Dio non potrebbe prodigarvi
benefici maggiori di quelli che vi ha elargito a piene
mani il puro e divino Gesù! Ma quale è stata la ricompensa che voi Gli
riservaste?! Voi Lo avete perseguitato come il più volgare e pericoloso dei
malfattori e, se mai aveste potuto impadronirvi di Lui, Lo avreste già ucciso
da lungo tempo, ma poiché è evidente che la mano di Dio Lo protegge, voi non
avete lasciato nulla di intentato per farGli tutto il male possibile.
9. Di che cosa, per esempio, si è resa colpevole verso di voi la Sua
povera madre Maria, donna piissima e timorata di Dio come nessun’altra, per indurvi
a toglierle la sua misera casuccia con quel po’ di giardino che aveva intorno,
ed a cacciarla poi via assieme ai figli di Giuseppe, pubblicamente tra
derisioni e insulti, come se si fosse trattato della più volgare malfattrice?
10. Perché, domando io, avete fatto questo?»
11. Risponde Giairo: «Perché Egli ha diffuso dappertutto voci
calunniose sul nostro conto, ed ha oltraggiato i sacerdoti e il Tempio di Dio;
credo dunque che di motivi ne abbiamo avuti abbastanza!»
12. Dice il medico di Nazaret, che aveva nome Boro ed era greco di
nascita: «Ah! Hinc ergo illae lacrimae?! (Perciò
dunque tali lacrime?!, e cioè: Questo è dunque il motivo?!). Udite! Come
voi tutti sapete, io sono greco, e non ho quindi niente a che vedere con la
vostra teologia, quantunque essa non mi sia del tutto estranea. Da me è ben
assolutamente lontana l’idea di disapprovare il vostro Mosè e tutti gli altri
profeti che i vostri antenati hanno tanto maltrattato, poiché le loro dottrine
e le loro ammonizioni non sono per nulla differenti da quelle che Gesù, il mio
carissimo amico, ha avuto occasione di impartirvi pubblicamente e che, per
conseguenza, traboccano di verità e di ispirazione divina.
13. Osservate invece la vostra attuale teologia, i dogmi ed i vostri
principi miserevoli sotto ogni aspetto, nonché gli statuti affatto encomiabili
del Tempio, e dovrete voi stessi finire con l’esclamare ad alta voce: Quam
mutatus ab illo!. (Quante cose sono
mutate da quel tempo!)
14. Se voi confrontate poi i vostri attuali principi con quelli
enunciati dal profeta Isaia, ed in pari tempo cercate di ravvivare in voi la
vera fede secondo la quale Jehova, Mosè e i Profeti dovrebbero pur apparirvi
qualcosa più di una semplice favola da potersi sfruttare sapientemente ai
vostri scopi di avidità e di vita comoda, dovreste voi stessi arretrare
inorriditi davanti alla profanazione terribile che andate perpetrando contro il
luogo santo!
15. Dunque, se il divino Gesù, per mezzo del Quale opera in maniera
evidentissima Dio stesso, vi rimprovera adesso, come a
suo tempo ha fatto Isaia, i vostri mostruosi difetti e da vero amico vuole
riavvicinarvi a Colui dal Quale vi siete tanto immensamente allontanati,
domando io: “Merita Egli perciò un simile trattamento da parte vostra?!”
16. In verità! Se fosse dato a me di avere la potenza, anzi dovrei dire
la Sua Onnipotenza incredibile e propriamente divina, la situazione fra me e
voi sarebbe già da lungo tempo ben chiara, come sugli scogli di Sibara è ben
chiara la situazione delle dieci navi che voi, spinti dai vostri sentimenti
quanto mai umanitari, lanciaste or non è molto contro di Lui e contro i Suoi
discepoli innocentissimi! È probabile che finalmente perfino la Sua pazienza
divina Gli sia venuta meno!
17. Da parte mia dico il vero e ripeto che se io fossi in possesso
della Sua vera Onnipotenza, avrei già da lungo tempo fatto sollevare e
rovesciare su di voi tutto l’intero Mare di Galilea per annegarvi come ratti
immondi!»
18. Queste parole molto dirette ed energiche di Boro fanno montare su
tutte le furie parecchi tra i farisei là presenti, i quali gli dicono: «Tieni
un po’ ferma la tua lingua greca troppo sciolta! Non è per far sentire le tue
prediche che fosti chiamato qui da Nazaret! Non scherzare troppo, perché noi
abbiamo ancora sufficiente potere per rovinarti!»
19. Esclama Boro: «Oh, io vi credo volentieri e di tutto cuore; il
vostro sentimento umanitario di cui corre fama per tutto il mondo; - scilicet! (senza dubbio!) me ne è anche troppo garante!
Ma nel caso mio c’è sicuramente, per combinazione, un grande “Ma”! E in grazia
di questo “Ma” significatissimo, Boro di Nazaret non ha proprio la benché
minima paura di voi!
20. Boro non ha certo l’Onnipotenza del divino Gesù, ma tuttavia
possiede una forza misteriosa sufficiente a distruggere tutti voi in un
istante, e poi, medico come egli è, non ha nemmeno bisogno di rendere conto a
nessuno del suo operato! Mi avete capito?! Ora, Gesù è un Dio, mentre io non
sono che un uomo; per conseguenza Egli ha anche molta più pazienza di me!
Dunque è meglio non tirarmi troppo per i capelli, altrimenti la pazienza mi può
scappare!»
21. Così dicendo, Boro trae di tasca una piccola fiala e la mostra ai
farisei inviperiti, accompagnando l’atto con queste parole quanto mai
significative: «Vedete, quest’arma è più potente di dieci legioni militari! So
ben io come difendermi; non ho che da aprirla e voi tutti quanti siete morti in
un momento! Ecco, anche su questa fialetta sta scritto il grandissimo
significativo “Ma”! Se adesso volete attaccare briga con me, non tarderemo
molto a vederci chiaro nella questione»
22. I farisei, atterriti, rabbrividiscono alla vista di questa fialetta
mortale nella quale era conservato un veleno potentissimo e di azione quanto
mai fulminea e violenta, di cui sarebbe bastato che l’odore, che si diffondeva
con rapidità estrema, giungesse alle narici di qualcuno per stordirlo ed
ucciderlo all’istante.
23. Questo veleno però era un arcano di cui più tardi si smarrirono
completamente le tracce. Esso veniva estratto da un arbusto che cresce qua e là
nelle parti dell’India e che laddove si trova annienta per un buon tratto
intorno a sé ogni forza vitale. Questa cosa è nota ai farisei, e ciò spiega lo
spavento che li ha fatti ammutolire; e Giairo intanto supplica Boro di voler
riporre in tasca la terribile fialetta.
24. E Boro esegue, ma dice nello stesso tempo a Giairo: «Amico, come si
può permettere che Gesù, il Quale ti ha reso un beneficio tanto grande come mai
non si vide uno uguale, venga perseguitato in maniera così infame?! Dimmi
sinceramente se tu proprio davvero non comprendi che ciascuna delle Sue parole
sante è una perfetta verità, oppure se sul serio non vuoi comprenderlo?!».
Risposta vile
di Giairo, oppresso dalle cure mondane. L’aspro e diretto richiamo di Boro.
Sulla
ricompensa nell’aldilà. Boro non vuole aiutare il timoroso Giairo e se ne va.
1. Risponde Giairo: «Amico, io ti comprendo meglio di quanto tu lo
creda, ma vi sono cose che, per quanto comprensibili, dal punto di vista della
posizione sociale dell’uomo nel mondo non è tuttavia lecito che vengano
comprese!
2. Quante volte l’uomo che agli occhi del mondo occupa una posizione
ragguardevole deve ridere, mentre in realtà vorrebbe piangere, e, d’altra
parte, quante volte non è costretto a mostrarsi addolorato, mentre nel suo
cuore sarebbe portato a saltare e ballare dalla gioia! Ora, cosa vorresti o
potresti fare tu, quale singolo individuo, di fronte alla massa degli altri?!
Puoi nuotare contro una corrente infuriata, quando sei preda della sua
violenza?!
3. Ma noi uomini abbiamo una pelle sensibile ed uno stomaco più
sensibile ancora; tutti e due vogliono essere soddisfatti, e per conseguenza a
noi non resta altra alternativa che appendere intelletto e ragione al primo
chiodo che ci capita sotto mano e andare con la corrente, oppure finire i
nostri giorni mendicando in qualche angolo della Terra, disprezzati da tutti
come animali selvaggi feriti da colpi di pietra.
4. Detto fra noi, credimi, io conosco Cristo meglio di te, ma a che
serve tutto ciò di fronte a Roma e Gerusalemme?! Se ti muovi un solo istante,
il tuo ultimo giorno è venuto!
5. Gesù può ben essere sul serio un Figlio di Dio altissimo, di cui io,
fra me e me, non ho il minimo dubbio, ma questa mia interna fede, questa mia
intima convinzione posso io manifestarla apertamente se considero la mia
posizione e la mia dignità a questo mondo?! Ed ammesso che io lo facessi, che
ne sarebbe poi di me?!»
6. Dice Boro: «Che ne sarebbe poi di te? Eh, certamente, il mondo, per
non pregiudicare la sua vita di comodità e di piaceri, non ha mai mancato di
fare simili domande miserabili ad un qualche amico sempre amante della pura
verità molto più che non di tutti i regni del mondo sovraccarico di ogni
maledizione; e per questa ragione la santa verità ha sempre trovato la sua
sicura tomba nella pelle e nel ventre dell’uomo avido dei piaceri e delle
comodità del mondo!
7. Colui al quale il benessere materiale e gli onori del mondo
interessano più che la divina verità, nonostante i migliori sentimenti innati
in lui lo inducano sempre a fare simili considerazioni e domande, si ritrae
dalla Luce divina nell’oscurità del mondo e così rinnega Dio ed ogni Luce che
da Lui proviene. Ora qualcuno potrà domandare: “Perché ciò? Qual è la causa per
cui tali cose appaiono al suo cuore come una necessità?”. Ed io risponderò:
“Nient’altro che la sua inclinazione al benessere materiale in ogni campo della
vita!”. Spinto da questa brama, egli sta sempre all’erta per cogliere qualsiasi
cosa che gli possa procurare ciò che gli può assicurare il benessere materiale
della vita. E quando, non di rado dopo gravi pene e fatiche,
ha raggiunto la meta che unicamente i sensi e il mondo gli fanno desiderare,
allora egli getta senza indugio a mare tutta la verità; e se poi egli si
accorge che questa verità può anche in minimissima parte pregiudicare la sua
brillante posizione nel mondo e il suo benessere materiale, diventa egli stesso
un tiranno, e si dà a perseguitare ferocemente tutto ciò che porta in sé una
scintilla, per quanto piccola, della pura verità.
8. Ma se poi egli diviene misero e malato, e va dal medico, non vuole
nient’altro che possibilmente un vero aiuto! Perché allora pretende la verità
in questa circostanza, e perché non la si vuole nelle altre?
9. Osserva là! Tua figlia è colpita da una malattia incurabile; cosa
daresti tu adesso per un vero rimedio che potesse giovare al corpo ammalato
della tua figliola?! Io, nella mia qualità di medico che ha dell’esperienza,
affermo che c’è un’unica e vera medicina capace di giovare immediatamente alla
fanciulla, ma una tale medicina non potrebbe essere altro che il riconoscimento
della piena Verità in relazione alla malattia che affligge il corpo della tua
figliola! Ma per questo rimedio e per questa Verità mediante la quale saresti
tu stesso guarito nell’anima, non soltanto non offri nulla in compenso, ma, per
amore del tuo benessere materiale, perseguiti questa santa Verità ovunque essa
accenni anche per poco a mostrarsi! Dimmi! Come si può qualificare un tale
contegno?
10. Tu sai molto bene, come lo so io, che il letame del Tempio non ha
alcuna efficacia; tu sai anche come tutto ciò non sia altro che la più
grossolana superstizione perfettamente adatta a soffocare ogni scintilla di
luce migliore nel popolo debole; eppure non esiteresti a perseguitare con il
ferro e con il fuoco come profanatore delle cose sante chi fra i tuoi compagni
di fede si azzardasse ad esprimersi apertamente a tale proposito.
11. Immaginati ora quello che un Dio eternamente giusto, che in pari
tempo è la Luce e l’immutabile eterna Verità stessa e che non ammette che si
scenda a patti con Lui, immaginati quello che un simile Dio potrà un giorno
dire a servitori dei quali tu sei uno?!
12. In verità! Nessuno di voi Gli sfuggirà! Crediate o non crediate,
oltre le porte della tomba vi è tuttavia un immenso aldilà, dove ciascuno verrà esattamente retribuito secondo la sua vita e le sue
opere!
13. Io non ignoro questa cosa, perché l’ho cercata e l’ho anche
trovata; io tengo la mia vita eterna nelle mie mani e, se ciò fosse possibile,
darei anche mille delle vite corporali se ad altro prezzo non mi fosse
consentito di ottenere quella eterna!
14. Ma io, come ho già detto, la posseggo, e la vita eterna mi ha
insegnato a disprezzare la vita della carne, ed a non attribuire a questa un
valore se non in quanto essa è, e deve essermi utile nell’appropriarmi, in
tutta la sua pienezza, della vita eterna dell’anima; e, se a me è stato dato di
raggiungere in tutta chiarezza e verità tale cosa, lo devo unicamente a Gesù,
il Quale mi ha indicato la Via nascosta che conduce là.
15. E questo Gesù, questo Dio fra gli uomini, voi Lo perseguitate con
il ferro e con il fuoco; e ben difficilmente voi vi darete pace prima che non
avrete fatto a Lui quello che i vostri padri hanno fatto a tutti i profeti!
16. Ma allora guai a voi! Dio ha mandato a voi, che nel modo più infame
vi pregiate del nome di popolo di Dio e di Suoi figli, un Dio dai Cieli; ogni
Sua Parola è una Verità eterna derivata da Dio, affinché ogni galantuomo la
afferri con mano; e voi volete ucciderLo perché Egli ripudia il vecchio e
sporco letame del vostro Tempio!
17. Guai a voi! L’Ira di Dio cadrà terribile su voi tutti!
18. Sì, io potrei ancora venire in aiuto a tua figlia; io sento la
forza necessaria in me. Ma questo non lo voglio fare perché voi tutti non siete
più uomini ma demoni! E a dei demoni non presterò mai aiuto!»
19. Queste parole penetrarono come frecce roventi nel cuore del capo
dei farisei. Egli aveva compreso le profonde verità dettegli, ed avrebbe voluto
addirittura rinunciare alla sua carica, ma tuttavia egli temeva lo scalpore che
un avvenimento simile avrebbe suscitato, e disse a Boro:
20. «Le tue parole non sono proprio affatto gentili, però sono vere. Se
io potessi adesso gettare il fardello della mia alta carica giù dalle mie
spalle, senza che ciò suscitasse troppo rumore e senza provocare troppo
rovinose conseguenze, davvero sarei prontissimo a farlo pur di ottenere la
guarigione della mia amatissima figlia; ma pensa all’enorme scalpore che un
fatto simile non mancherebbe di sollevare! Dunque mi trovo costretto a
rimandare questo mio progetto a tempi migliori»
21. Risponde Boro: «In quanto a me ho terminato e mi accingo ad
andarmene per la mia strada, migliore certo di quella che mi condusse qui da
te, poiché qui evidentemente è l’Inferno sulla Terra, ed in esso neppure un
angelo può fare qualcosa di buono, per non parlare di me che sono ancora un uomo
debole e mortale!».
22. Con tali parole Boro si congeda, abbandona la casa del capo dei
farisei e si allontana frettoloso ed in preda a grande agitazione. Questi fatti
si svolsero a Cafarnao il secondo giorno dopo che noi avevamo incontrato sul
mare gli inviati di Giairo.
23. Io però, che Mi ero concesso qualche tempo di riposo sulla collina,
annunciai l’avvenimento un intero giorno prima che esso effettivamente si
compisse.
La gioia dei
discepoli e la gratitudine di Maria per il coraggio dimostrato da Boro.
Kisjonah dona
un bel possedimento a Maria ed ai figli di Giuseppe. La devozione a Dio di
Jose, figlio di Giuseppe.
Predizione
consolatrice del Signore. «Io e il Padre siamo Uno e non Due».
La morte di Giuseppe e sua testimonianza su
Gesù.
Consiglio alla
prudenza nel rivelare segreti spirituali.
1. Dopo questo racconto, durante il quale tutti i discepoli avrebbero
voluto abbracciare e poter baciare il medico Boro che essi conoscevano bene,
noi facemmo nuovamente ritorno a Chis e vi arrivammo precisamente al tramontare
del sole.
2. Baram aveva già predisposto tutto per la cena e noi, dopo
l’importante lavoro compiuto nella giornata, gustammo doppiamente il pasto. La
cena infuse anche in Giuda una disposizione d’animo alquanto migliore, e lodò
il coraggio di Boro che egli pure conosceva benissimo.
3. Terminata la cena, si parlò ancora a lungo di ciò, e perfino la
madre Maria non poteva benedire Boro a sufficienza per essersi interessato di
lei presso il capo dei farisei, il quale appunto le fece confiscare il suo
piccolo podere.
4. Ed uno degli anziani fra i figli di Giuseppe disse: «Chissà che
finalmente non ci venga restituito quel poco di terra e di casa che ci eravamo
acquistati a prezzo di oneste fatiche?!»
5. Risponde Kisjonah: «Amico, non desiderarlo! Vedi, qui voi potete
tutti condurre un’esistenza migliore e siete nello stesso tempo al sicuro da
ogni persecuzione; dal canto mio sono pronto a cedervi in vostra proprietà
assoluta il ricovero situato là, al limite settentrionale della grande
insenatura, e circa cento acri di terreno in aggiunta. Con un cambio simile
potete ben rinunciare al vostro piccolo podere; oltre a ciò, da qui siete una
buona mezza giornata di viaggio più vicini a Gerusalemme che non da Nazaret». E
Jose si dichiara pienamente d’accordo, tuttavia chiede anche a Me un consiglio.
6. Ed Io dico: «Quello che è migliore resta sempre migliore; per
conseguenza accetta quanto ti viene offerto, però non considerarlo mai come
cosa tua, ma come una cosa che ti viene prestata da Dio per questo breve
tempo!»
7. Jose risponde: «Signore e fratello! Questo ce l’ha già insegnato il
padre Giuseppe, e per questo motivo la piccola casuccia e la poca terra a
Nazaret non l’abbiamo mai ritenuta nostra proprietà, ma sempre unicamente un
prestito concessoci da Dio per la durata di questa breve vita terrena, e noi
assieme a Te L’abbiamo giornalmente ringraziato, e nello stesso tempo L’abbiamo
pregato di volerci conservare quel prezioso bene necessario al nostro modesto
sostentamento su questa Terra. Egli infatti ce l’ha anche conservato finché fu
la Sua Volontà; ora io debbo esclamare con Giobbe: “Il Signore ce l’ha dato, e
quando a Lui è piaciuto, ce l’ha anche tolto. Sia fatta soltanto la Sua santa
Volontà, ed a Lui soltanto vada ogni onore, ogni lode ed ogni gloria! Quello
che Dio toglie, Egli può anche abbondantemente restituire”. Dunque su questo
punto noi siamo in piena regola, ma a noi furono tolti anche tutti i nostri
utensili e tutte le masserizie di casa! Ora noi crediamo che queste cose
dovrebbero venirci restituite, od almeno dovrebbero venircene date altre
utilizzabili al posto loro!»
8. Dico Io: «In quanto a ciò stiate tranquilli; entro tre giorni ce ne
andremo a Nazaret, e tutto quello che fu tolto dovrà venirci restituito! Non è
forse ancora con noi un angelo del grado più elevato?! Basterà un solo cenno e
tutto si troverà in pieno ordine; e anche se uno non bastasse, stanno legioni
pronte ai nostri servizi in qualsiasi momento!
9. Io ve lo dico: “Quello che Io nel Mio cuore chiedo al Padre Mio,
Egli Me lo concede, e ciò che il Figlio vuole, lo vuole ugualmente e per
l’eternità anche il Padre, e non vi è mai una divergenza fra la Volontà del
Padre e quella del Figlio!”. Infatti credetelo: “Il Padre e il Figlio non sono
due, ma sono in tutto perfettamente una sola Persona!”. Siate ora tranquilli ed
abbiate fede che è veramente così!»
10. Dice Jose: «Signore e fratello, certamente noi tutti lo crediamo; e
come dovremmo non crederlo dato che siamo vissuti con Te fin dalla Tua nascita,
e siamo stati testimoni degli innumerevoli segni da Te compiuti che ci hanno
dimostrato anche troppo chiaramente chi sei veramente?! Il fratello Giacomo ha
perfino scritto un intero libro voluminoso in cui sono narrati gli avvenimenti
che Ti riguardano, dalla nascita al Tuo ventesimo anno, dalla quale epoca fino
all’attuale non si ebbe da Te più alcun segno, ed hai lavorato e sei vissuto
insieme a noi come un qualsiasi altro uomo, cosicché noi avremmo perfino quasi
dimenticato Chi Tu fossi, se la morte corporale del nostro amato padre Giuseppe
avvenuta un paio d’anni fa non ci avesse scosso violentemente.
11. Quando infatti Giuseppe spirò fra le Tue braccia, le sue ultime
parole furono accompagnate da un sorriso raggiante di grandissima beatitudine,
e queste ultime parole furono:
12. “O mio Dio e mio Signore! Fino a che punto sei con me benigno e
misericordioso! Oh, io vedo ora che la morte non c’è; io vivrò eternamente! Ah,
come sono splendidi, Dio, i Tuoi Cieli! Figli, vedete Colui che ora sorregge
con il Suo braccio il mio capo morente! È Lui il mio Dio, il mio Creatore! O
quale beatitudine, morire per questo misero mondo nelle braccia onnipotenti del
proprio Creatore.
13. Dopo queste parole egli spirò, e noi tutti abbiamo pianto ad alta
voce; sola mente Tu non hai pianto. Noi però lo capimmo perché non hai pianto!
14. E vedi, a partire da quel momento non potemmo mai più dimenticare
Chi sei; Giuseppe infatti, nell’ultima ora della sua vita terrena, l’aveva
espresso fin troppo chiaramente! Come non dovremmo credere ora a tutto ciò che
Tu dici, ben sapendo alla fin fine Chi sei?!»
15. Dico Io: «Molto bene, Miei cari fratelli! È assolutamente giusto
che in una simile occasione abbiate parlato in questo modo, perché noi che ci
troviamo qui riuniti siamo già tutti perfettamente iniziati, ed una tale
scienza qui non dovrà certo più ricadere a giudizio su nessuno, eccezione fatta
soltanto per quell’uno[16],
qualora egli in segreto se ne scandalizzi!
16. Ma se ci troviamo fra stranieri figli del mondo, voi dovete aver la
massima cura di non rivelare niente di tutto ciò! Ora però andiamo a riposare,
affinché domattina noi possiamo essere pronti per qualsiasi lavoro ci si
presenterà!».
17. Allora tutti si ritirarono lieti e soddisfatti per dedicare qualche
tempo al riposo.
In quale modo
le genti di Kisjonah sorprendono ed arrestano una banda di predatori e
contrabbandieri del Tempio.
Le
disposizioni di Kisjonah e del giudice romano in tale contingenza. Arrivo della
carovana pulita.
1. Soltanto Kisjonah, Baram, Jonaele e Jairuth assieme al servitore
Archiele escono all’aperto; Kisjonah approfitta del momento per esaminare se le
sue faccende proseguono in regola, e trova i sorveglianti delle barriere e gli
altri guardiani tutti allegri i quali annunziano al loro padrone che, a quanto
è stato riferito, ancora quella stessa notte vi sarà da fare una retata
importante.
2. Kisjonah domanda ansiosamente informazioni, e vuole sapere se forse
non si tratti di povere genti che portano le loro magre provviste a qualche
mercato per poterne ricavare quel tanto occorrente a pagare le imposte.
3. Ma il sovrintendente alla dogana gli risponde: «Signore e padrone
nostro! Tu sai bene quanto noi onoriamo e rispettiamo i tuoi ordinamenti
giustissimi e, in verità, oltre ogni dire miti verso i poveri; nel caso nostro
di oggi però non si tratta affatto di povertà, ma di una infamia e di uno
scandalo molteplice da parte dei farisei israeliti, dei sacerdoti e dei leviti.
4. Questi hanno percorso un grande tratto tutt’intorno a Cafarnao
effettuando in modo abominevole pignoramenti e spogliazioni su vasta scala, ed
oggi verso la mezzanotte essi condurranno al mercato di Gerusalemme ogni tipo
di bestiame, grano, vino ed utensili; ma per fare ciò non prenderanno la strada
usuale ed onesta; essi tenteranno invece di passare per una strada nascosta,
predisposta ai loro scopi, attraverso le colline.
5. Tu sai bene che da qui a Sibara, dove si trova uno dei tuoi uffici
secondari della dogana che tu cedi sempre in appalto, non c’è via possibile per
terra a causa delle enormi rupi dalle pareti altissime che scendono a
precipizio sul mare; se si vuole dunque prendere una via onesta da Sibara fin
qui bisogna far trasportare via acqua tanto i passeggeri quanto il bestiame od
una merce qualsiasi, sbarcando il tutto al luogo di approdo a ciò destinato,
oppure, ciò che di rado succede, se il mare è tranquillo, si può andare
direttamente fino a Pireh dove c’è un’altra delle tue stazioni secondarie che
ormai è appaltata essa pure per dieci anni.
6. Ora, per sottrarsi al controllo di tutti questi tuoi uffici, i
ricchi farisei, dopo aver ingaggiato dei mercenari, hanno fatto costruire una
strada per il contrabbando sulla montagna attraverso i boschi, e precisamente
in territorio samaritano; e così essi vogliono tentare oggi un primo
esperimento.
7. Essi dovrebbero sbucare a circa duemila passi di distanza da qui
nella valle in direzione di Cana, nel punto dove noi abbiamo costruito un ponte
per attraversare il ruscello; la strada poi, che procede ancora per un bel
tratto sui tuoi possessi, attraversa il ruscello e si arrampica verso Cana a
sinistra della valle. Noi abbiamo già di buon’ora fatto appostare nei punti
migliori circa duecento sorveglianti, guardiani e spioni tutti bene armati. Io
ti assicuro, o padrone e signor nostro, che nemmeno un sorcio potrà scapparci!
Vogliamo che questi malandrini perfidissimi imparino a conoscere Jehova in modo
che debbano pensare a Lui per tutta la loro vita!»
8. Dice Kisjonah: «Voi avete ideata ed eseguita la cosa molto bene, e
un’adeguata ricompensa non vi mancherà! Il denaro che i venditori portano con
sé verrà confiscato; invece tutto il bestiame, il grano, le farine, gli
utensili e le masserizie resteranno depositate qui finché quei delinquenti non
avranno esattamente indicato chi sono coloro ai quali essi hanno tolto tutto
ciò con la violenza, mettendoci così nella possibilità di restituire poi
coscienziosamente ad ognuno il suo.
9. Per il fatto poi che essi hanno aperto, senza il mio permesso, una
strada su colline ed attraverso boschi che mi appartengono, il giudice romano,
che ha stabilito la sua residenza appunto qui da me, li condannerà a pagare
un’ammenda di mille libbre d’argento, delle quali, secondo la legge qui vigente
a tal riguardo, spettano due terzi all’imperatore ed un terzo a me»
10. E mentre Kisjonah sta così parlando, si avvicina appunto il giudice
romano da lui nominato il quale si informa su cosa ci sia di nuovo alla
barriera, se sono attese delle persone sospette e se vi è forse bisogno di
assistenza militare. Il sovrintendente dei doganieri rende noto al giudice che
si tratta della questione di cui egli aveva già fatto denuncia durante la
giornata.
11. Esclama allora il giudice: «Ah, si tratta di questo! Benone!
Cercate intanto di acchiappare quegli uccellacci notturni! Noi ci riserviamo
poi di impartire loro, secondo i costumi e le leggi di Roma, qualche lezione
sulla loro pelle! Bisogna assolutamente che per l’avvenire passi loro la voglia
di ridurre i sudditi di Roma alla carità, così da rendere a questi impossibile
il pagamento delle imposte dovute all’imperatore, mentre, d’altra parte, quei loschi
figuri non tirano mai fuori di tasca nemmeno uno statere! Essi protestano
sempre la loro eterna miseria, mentre sotterrano oro, argento, perle e pietre
preziose in grande quantità. A questo riguardo quelli di Cafarnao sono proprio
i caporioni matricolati come quelli di Corazim. Aspettate un po’, raffinate
canaglie, e vedrete che vi metteremo a posto in modo che dovrete ricordarvene
per tutta la vita!»
12. Il giudice ha appena finito di pronunciare queste parole che dalla
parte della valle si sente già venire un gran vocio, ma ancora indistinto. Il
sovrintendente comincia a fregarsi le mani dalla soddisfazione ed esclama
brevemente: «Ah, ah, ecco che ci sono già cascati tutti in un gruppo! Entro un
quarto d’ora avremo l’onore di fare la loro conoscenza, ma adesso si tratta di
far presto e di accendere immediatamente tutte le torce, perché la valle venga
rischiarata come di giorno affinché nessuno di quei figuri possa dileguarsi!»
13. Allora viene dato fuoco ad una quarantina di padelle piene di pece,
le quali vengono collocate in modo che tutti i dintorni ne siano completamente
illuminati; ma gli accenditori hanno a mala pena finito il loro lavoro che già
compare la prima retata consistente in dodici farisei che, in qualità di
delegati, avevano avuto l’incarico di condurre a buon fine a Gerusalemme il
frutto della rapina, per procederne là alla vendita.
14. Gli uomini scelti fra i più robusti che li avevano scortati
spingono i farisei legati davanti alla barriera che chiudeva la strada, e
dicono a Kisjonah: «Signore, eccoti qui intanto gli uccelli maggiori, cinque da
Cafarnao, tre da Nazaret e quattro da Corazim. Tutti veri assassini che valgono
davvero il loro denaro! Ci segue, però, ed arriverà qui in breve un’intera
carovana; c’è una grande quantità di buoi, vacche, capre, pecore; poi circa
quattrocento asini carichi di grano assieme ai loro asinelli, ed altrettanti
muli che trasportano otri di vino; seguono ancora circa cinquecento tra asini e
cavalli da sella che portano legati in groppa ragazze e giovanetti bellissimi,
tutti fra i dodici e diciotto anni, destinati per il grande mercato di Sidone.
Naturalmente poi, a completare il quadro, non mancano numerosissimi servitori
di questi dodici uccellacci principali! Il tutto sarà qui prestissimo; fate dunque
preparare del posto sufficiente perché si possa mettere tutto quanto
convenientemente al sicuro!»
15. Dice Kisjonah: «Bisogna subito aprire le grandi stalle sulla riva;
là si potrà collocare comodamente ogni cosa; in quanto ai fanciulli, fateli
condurre al ricovero qui sulla collina, e si abbia cura che venga portato loro
subito qualcosa da mangiare e da bere, perché immagino che questi mostri
camuffati da uomini li avranno nutriti durante il viaggio quel tanto che
bastava per non farli morire di fame. Dio mio, Dio mio! Perché mai permetti che
simili demoni in Terra abbiano tanto potere sulla povera umanità che pur
vorrebbe vivere in pace?!».
Liberazione dei
fanciulli rapiti, i quali intanto ricevono ristoro.
Il consiglio
del Signore nella citazione a giudizio dei furbi farisei. I preparativi per il
processo.
1. Ma ecco che già si fanno sentire i lamenti e il pianto dei fanciulli che erano stati strappati con la forza dalle
braccia dei loro genitori. Subito Kisjonah e Baram, Jonaele e Jairuth, e
l’angelo assieme a loro, si affrettano incontro ai fanciulli, mentre il giudice
ordina che i dodici vengano rinchiusi in luogo sicuro e ben custodito.
2. Poco dopo avanza il corteo dei fanciulli; l’angelo scioglie in un
istante i lacci che li tengono legati sul dorso degli asini e dei cavalli, e si
può osservare che sono in numero maggiore di quanto indicato dai componenti
della prima brigata di coloro che hanno scortato i dodici caporioni, perché su
più di un cavallo ce n’erano perfino tre legati assieme. Tutti i piccoli
tremano per l’angoscia e lo spavento, poiché pensano che debba succedere loro
qualcosa di male; ma l’angelo rivolge loro la parola confortandoli
amorevolmente e spiega che non soltanto non accadrà loro alcun male, ma che, al
contrario, verrà fatto loro molto del bene e che già il giorno dopo essi
potranno riabbracciare i loro genitori addoloratissimi per esserne stati così
improvvisamente separati. Allora i piccoli furono tranquillizzati.
3. Alcuni tuttavia si lamentano per il dolore causato loro dalle corde
con cui erano stati legati; altri sanguinano anche in qualche parte del loro
corpo delicato, perché erano stati percossi quando piangevano, dato che si
temeva che il pianto avesse potuto tradire la presenza dell’intera carovana.
Per la maggior parte erano nudi, perché se fossero stati vestiti, qualcuno
forse avrebbe potuto riconoscerli durante il percorso da Cafarnao fino alle
vicinanze di Sibara, che era stata pure evitata; si dovette quindi pensare
anche a procurare loro di che coprirsi, almeno lo stretto necessario.
4. Kisjonah offrì subito una quantità di buona tela di lino, e tutti
dovettero aiutare a cucire delle vesti da distribuire a tutti i fanciulli il
mattino successivo. Il lavoro procedette sollecito e ben presto fu ultimato. I
fanciulli nel frattempo erano stati condotti nel grande ricovero che Kisjonah
aveva fatto preparare appositamente per casi simili un po’ più in alto rispetto
a dove sorgevano gli uffici della dogana.
5. Era già quasi finito il lavoro per alloggiare i fanciulli nel
ricovero, quando si vide arrivare il grosso della carovana con il bestiame e
con tutte le altre più svariate cose. Il tutto fu preso in consegna e depositato
per bene, mentre i servi dei dodici vennero legati e condotti anch’essi al
sicuro in una prigione.
6. Quando il trambusto causato da questi imprevisti avvenimenti ebbe
fine e il personale di guardia ebbe ripreso il posto consueto, anche Kisjonah ed i suoi quattro compagni poterono pensare al riposo, il
quale però non avrebbe potuto durare troppo a lungo, dato che era cominciato
tardi e che il giorno seguente offriva molte ed importanti attività.
7. Fino al levare del giorno tutto rimase tranquillo, ma appena
spuntato il sole ognuno si trovò in piedi e pronto all’opera. La prima cosa che
fece Kisjonah fu di venire da Me per raccontarMi tutto quello che era avvenuto
durante la notte, nonché, naturalmente, per chiederMi consiglio su ciò che
sarebbe stato opportuno ed equo innanzi a Dio fare in quella circostanza.
8. Io però lo prevenni e gli dissi come egli avrebbe dovuto comportarsi
e come agire con tutta sollecitudine. E il consiglio da Me datogli fu il
seguente:
9. «Fratello, anzitutto invia sollecitamente un messaggero che sia
accreditato da questo tribunale imperiale a Cafarnao dal supremo comandante
Cornelio, affinché egli mandi qui un commissario con l’incarico di procedere
all’esame dei dodici colpevoli e di pronunciare contro di loro una sentenza e,
oltre a ciò, per costringerli a dare indicazioni precise riguardo a tutte le
parti lese dalla loro scorreria, per poter nel più breve tempo possibile
restituire il bestiame ed ogni altra cosa rubata; ma principalmente per poter
consegnare i fanciulli alle loro famiglie! Inoltre, per un crimine tanto grave
quanto è quello perpetrato dai dodici, il locale tribunale speciale è troppo
piccolo, ed in casi simili non è nemmeno competente. Ma comunque sia, è
necessario che in questa occasione non venga assolutamente fatta menzione di
Me!
10. I dodici farisei però daranno molto filo da torcere anche al
tribunale superiore! La rapina perpetrata non potrà essere fatta risultare come
capo di accusa; e così pure l’imputazione di aver voluto frodare la dogana non
li preoccuperà troppo, poiché essi hanno libera circolazione dappertutto. E
poiché sono, come si dice, i figli del paese, già per questo motivo essi,
secondo la legge, non sono tenuti a pagare la dogana; e questa non è stata
affatto la ragione del loro tentativo di evitare le tue barriere, ma tale cosa
avvenne unicamente per timore del popolo, poiché in simili occasioni essi hanno
già fatto sufficiente esperienza a proprie spese ed hanno preferito questa
volta costruire una strada nascosta in direzione di Gerusalemme.
11. Non c’è dunque che un solo motivo per il quale essi possono essere
condannati dal tribunale ad un risarcimento di danni, e questo è la violazione
della proprietà boschiva perpetrata nel territorio che appartiene a te; ma a
scontare questo crimine non basteranno di gran lunga tutti i pignoramenti che
si trovano ormai nelle tue mani, compreso anche il denaro che essi portano con
sé.
12. Si rende poi ulteriormente necessario che tu mandi subito degli
stimatori esperti accompagnati da un incaricato del tribunale nel bosco,
affinché essi constatino i danni sul luogo e ne facciano debita stima, e ciò
allo scopo di far trovare pronto al tribunale superiore, quando sarà qui
riunito, tutto quello che gli è necessario per emanare una sentenza valida e
fondata sulla legge; altrimenti il tribunale si dilungherebbe talmente tanto in
ricerche ed istruttorie che le parti lese potrebbero rientrare in possesso
delle loro cose tra un anno. Ma se invece si provvede a tutto ciò che il
tribunale ritiene necessario, allora quest’ultimo può in breve tempo emanare la
sentenza e procedere immediatamente alla sua esecuzione».
13. Avuti da Me questi consigli, Kisjonah va in cerca dei suoi
dipendenti e dà istruzioni opportune affinché tutto venga eseguito secondo quanto
Io gli ho detto.
14. Viene subito allestita una piccola nave che, spiegate le vele e
spinta da un buon vento, si dirige velocemente verso Cafarnao, e il giudice
romano in persona, assieme a otto periti giurati, si reca subito sulle colline
che, cominciando da Chis, segnano il confine sinistro della valle, mentre
contemporaneamente manda un commissario con altri otto periti sulle colline a
destra della stessa.
15. Verso la quarta ora del pomeriggio, un commissario superiore del
tribunale, insieme a due scrivani e ad entrambe le squadre dei periti sono già
di ritorno portando le esatte rilevazioni dei danni.
Severissimo interrogatorio dei dodici farisei.
L’attestato favorevole al Tempio di Cesare Augusto. In quale modo i templari
adempiono le leggi divine. Pesante ammenda dei malfattori per violazione di
proprietà boschiva e per lesa maestà.
1. Subito si procede ad una istruttoria preliminare che viene chiusa in
breve tempo. Poi vengono fatti comparire i dodici. Quando il giudice superiore
vuole interrogarli, essi dicono: «Noi siamo padroni di noi stessi, e il nostro
tribunale lo abbiamo nel Tempio di Gerusalemme; all’infuori di Dio e di questo
nostro tribunale non siamo tenuti a dare spiegazioni di alcun genere a nessuno
su quello che facciamo o non facciamo; per conseguenza tu puoi interrogarci
come e quanto credi, ma risposte da parte nostra non ne avrai più, perché noi
ci troviamo su terreno legale molto solido, e legalmente non potrete farci
proprio nulla»
2. Dice il giudice: «Per combattere ostilità di questa specie io ho a
mia disposizione un mezzo, vale a dire la frusta e le verghe! Queste vi
indurranno ad aprire la bocca, poiché il tribunale di Roma non conosce affatto
differenze di casta! Davanti alla legge tutti sono uguali!»
3. Risponde il primo dei dodici farisei: «Oh, questo mezzo noi lo
conosciamo, come pure la sua forza ed i suoi effetti; noi però dal canto nostro
conosciamo un altro mezzo, e qualora volessimo servircene, come probabilmente
faremo, noi saremmo sicuramente gli ultimi che tu avresti avuto l’ardire di
citare in giudizio; conosci il famoso attestato di Cesare Augusto che egli fece
pervenire, scritto di suo proprio pugno, ai sacerdoti di Gerusalemme, nella
quale è dichiarato:
4. “Questa casta sacerdotale è più favorevole di qualunque altra al
Trono imperiale di Roma, perciò tutte le sue leggi e i privilegi di cui gode
devono venire protetti e tutelati quali cose sacre. Guai a chi li tocca! Cada sul
profanatore tutto il rigore della legge, e sia condannato alla pena più
tremenda riservata ai rei di alto tradimento!”. Questa legge ha valore oggi
come trent’anni fa! Nel caso che essa non ti fosse nota, o tu l’avessi
dimenticata, noi te l’abbiamo richiamata alla memoria; e adesso fa pure quello
che meglio ti piace, ma ti avvertiamo che da parte nostra faremo anche noi
quello che meglio ci piacerà!
5. Le cose pignorate, che sono in mano nostra, noi le abbiamo ottenute
legalmente di nostro pieno diritto e nessuno può né deve togliercele. È vero
che con la forza si può fare momentaneamente anche questo, poiché la
controforza che noi possiamo opporre è troppo inferiore, ma una volta che
avremo pagato il riscatto, dovremo essere messi in libertà, e allora sapremo
bene come attivare un’altra istruttoria e un altro processo!»
6. Dice il giudice superiore: «Io qui non sono assolutamente chiamato a
giudicare il vostro operato, però, per quanto riguarda le cose pignorate, esse
sono venute in vostro possesso non in base a diritto ed a giustizia, ma, come
dinanzi a Dio e ad ogni uomo onesto deve apparire, piuttosto in seguito ad un
atto di infame rapina da voi perpetrata, poiché io so purtroppo molto bene
quali privilegi siate riusciti a carpire all’imperatore con le vostre arti
ipocrite.
7. State pur certi che se Cesare Augusto vi avesse conosciuto così come
vi conosco io, davvero voi avreste ricevuto da lui un attestato ben differente!
Ma purtroppo egli si è lasciato trarre in inganno da una falsa luce, credendo
che il vostro fosco scintillio fosse uno splendore di sole, e così vi ha
concesso un privilegio.
8. Ma ora sarà compito mio e del governatore Cornelio far conoscere
all’imperatore chi voi siete veramente, e ben presto tutti i vostri privilegi
avranno fine. Del resto potete fare quante minacce volete, perché anch’io mi
muovo su un terreno perfettamente legale, e noi giudici superiori di questa
provincia abbiamo ricevuto da poco una nuova ordinanza relativa alle vostre
trame, che l’imperatore ormai non ignora, che contiene la prescrizione severa
di esercitare la più rigorosa vigilanza su di voi. Ed io vi assicuro che noi,
giudici superiori, ci atterremo nel modo più scrupoloso e fedele a questo
recentissimo ordine di Roma, ciò che abbiamo già cominciato a dimostrarvi in
una maniera che non vi sarà certo gradita! Avete capito?!
9. Come i basilischi d’Africa voi succhiate ai sudditi dell’imperatore
fino all’ultima goccia di sangue fuori dalle vene riducendoli alla carità, e se
voi lasciate loro qualche piccolo avanzo, questo se lo prende per sé Erode, che
ha il paese in appalto, per ingrassare le migliaia delle sue concubine! Il
povero popolo invece deve languire nella più squallida miseria! È giusto
questo?!
10. Se mai c’è un Dio il Quale abbia anche
solo altrettanto sentimento di giustizia quanto me e che abbia almeno tanto
amore verso gli uomini quanto ne hanno i miei sandali, è impossibile che lasci
esercitare più a lungo un dominio sulla misera umanità a demoni come voi e il
vostro Erode!
11. “Ama il tuo prossimo come te stesso!”. Così suona una legge morale
del codice che, si dice, vi abbia dato il vostro Dio; ma come l’adempite voi
questa?!
12. In verità, la legge che voi mettete in pratica, sempre e con tutta
diligenza, si chiama odio per chiunque non voglia appoggiarvi con tutte le sue
forze nei vostri luridi ideali di una vita di piaceri e di libidine mostruosa!
Ma sciaguratamente siete riusciti con raggiri a carpire a tale scopo una legge,
protetti dalla quale voi ora commettete ogni tipo di ruberie e di estorsioni
inaudite.
13. Fortunatamente per me, nel caso oggi in questione e in rapporto ai
sequestri mettiamo pure fondati sulla legge da voi effettuati avete commesso
un’azione la cui legalità, anche solo apparente, non è sorretta da nessuna
legge a me nota; e questa azione, a causa della quale soltanto voi siete ora
chiamati a rispondere, si chiama violazione di proprietà boschiva che voi avete
perpetrata su vasta scala nei boschi di Kisjonah, il quale è un greco nonché un
suddito fedele dell’Impero, e i cui diritti ogni imperatore di Roma sarebbe
pronto a difendere con un’intera legione, qualora venissero anche minimamente
lesi, perché egli paga all’imperatore a tale scopo annualmente mille libbre,
ciò che non è certo una cosa da nulla.
14. Ora, per poter adattare a trasporti la vostra strada di
contrabbando, voi avete devastato boschi ed abbattuto per una lunghezza di
quasi cinque ore di cammino un migliaio di cedri giovani, nonché parecchie
altre migliaia di alberi di differenti specie tra grandi e piccoli. A quanto
risulta dal rapporto dei periti giurati, il danno da voi causato a Kisjonah
ammonta a più di 10.000 libbre. Ebbene, come farete a risarcire questo danno?!»
15. Risponde il primo fariseo: «Non sai dunque che la Terra è cosa di
Dio, e che noi siamo i suoi figli ai quali soltanto Egli ha voluto concederla?
Perciò, come Dio stesso ha il diritto di fare della Terra quello che Egli
vuole, ugualmente noi, quali Suoi figli, abbiamo lo stesso diritto, e per
conseguenza possiamo fare della Terra quello che ci sembra meglio. Se anche un
qualche potere pagano ci ha strappato per un certo tempo questo diritto, esso
non lo terrà a lungo, e Dio glielo toglierà per darlo nuovamente ai Suoi figli.
16. Considerando perciò la cosa dal punto di vista del diritto divino,
noi non siamo affatto in obbligo di indennizzare nessuno per violazione di
boschi, perché la Terra appartiene a noi e possiamo fare di essa quello che
meglio ci piace. Ma in conseguenza del maggior potere terreno, certo soltanto
apparente, che voi romani contrariamente ad ogni diritto esercitate ora su di
noi, ci adatteremo a pagare un risarcimento; però delle 10.000 libbre bisognerà
che almeno 9/10 siano lasciati cadere, poiché tanto anche noi ce ne intendiamo
di boschi da poter giudicare quale valore abbiano gli alberi che noi abbiamo
abbattuto, e, sia ben chiaro, soltanto in minima parte adoperati per la
costruzione di qualche ponticello; dunque dov’è questo grande danno?! Non c’è
ormai una nuova strada di cui il doganiere Kisjonah può ben giovarsi con
profitto? Se egli stesso avesse voluto costruirla, sarebbe venuta a costargli
per lo meno mille libbre, ma adesso egli può stabilire là una nuova barriera ed
un altro ufficio di dogana, ed entro un anno avrà incassato tre volte tanto
quanto è costata a noi tutta la strada!»
17. Esclama il giudice superiore: «In nome dell’imperatore e delle sue
savie leggi, visto che il danno è stato rilevato da esperti giurati e poiché
voi, spacciandovi per figli di Dio vi arrogate ogni potere su questa Terra,
cosicché logicamente anche l’imperatore dovrebbe secondo voi sottostare alla
vostra potestà, cosa che è molto probabile non gli sia mai venuta in mente
neppure in sogno, e che voi con questa assurda e infame pretesa, vi siete resi
colpevoli di lesa maestà contro la sacra persona dell’imperatore, io vi
condanno all’ammenda di 20.000 libbre in denaro, delle quali spetta un terzo a
Kisjonah e gli altri due terzi all’imperatore; oltre a ciò siete dichiarati
decaduti dal diritto di possesso su tutto quanto fu da voi sequestrato ed
asportato!
18. Però, per il crimine di lesa maestà è comminata irrevocabilmente la
pena di morte oppure l’esilio perpetuo, così ora voi non avete che da scegliere
come meglio vi piace, o la decapitazione mediante la scure oppure il bando
perpetuo nei paesi glaciali d’Europa! In nome dell’imperatore e della sua
legge, io ho parlato! Questa sentenza abbia subito corso! Perisca anche il
mondo intero, ma giustizia sia fatta!
19. Ecco, così agisce un giudice superiore di Roma, e non teme nessuno
tranne gli dèi e l’imperatore!».
20. Poi, secondo l’usanza romana, viene portata dell’acqua, e il
giudice si lava le mani, mentre uno sgherro, presa una verga e spezzatala in
due parti, la getta ai piedi dei dodici farisei.
I farisei
messi alle strette. Pagamento di un’elevata ammenda.
Un nuovo
sospetto: rapina dei denari delle tasse imperiali. Terrore dei ladri.
1. Allora i farisei cominciano a titubare, ed uno fra di loro, più
coraggioso degli altri, dice al giudice: «Signore, annulla la seconda sentenza!
Noi perciò vogliamo adempiere la prima sentenza pagando il quadruplo entro 48
ore!»
2. Risponde il giudice: «Accetto la vostra proposta; però resta
confermato il vostro esilio per i dieci prossimi anni! Siete contenti così?»
3. Dicono i farisei: «Signore! Noi siamo pronti di darti il quintuplo
in argento puro se tu ci concedi il condono dell’esilio!»
4. Dice il giudice superiore: «Ebbene, sia pure! Però con l’espressa
riserva da parte del tribunale superiore che voi dovrete sottostare per la
durata di dieci anni alla sorveglianza della polizia di Roma. Inoltre vi
avverto che ogni manovra illegale per tentare di ingannare lo Stato e il suo
capo supremo ed ogni macchinazione ai danni di Roma,
come pure ogni sequestro arbitrario senza previa informazione al competente
tribunale e senza la concessione di questo, in qualsiasi cosa il sequestro
possa consistere e qualunque sia il nome che voi vogliate dargli, ciascuno di
questi atti avrà per conseguenza immediata il bando in Europa per dieci anni,
ad evitare il quale non sarà ammesso più alcun riscatto. La somma deve essere
pagata qui in questa sala giudiziaria entro 48 ore; il ritardo anche di un’ora
sola farebbe sì che essa non venisse più accettata come premessa per le
circostanze attenuanti ora concessevi, mentre verrebbe ripristinata la prima
sentenza.
5. Ma adesso, un’altra cosa ancora! Prima di venire rimessi in libertà
dovrete indicare i nomi e il domicilio di tutti coloro
che voi avete sottratto in maniera infame, affinché io possa farli chiamare qui
per restituire loro il prodotto della vostra rapina, e cioè i fanciulli, il
bestiame, il grano e il vino!»
6. I farisei si adeguano a tale imposizione ed indicano esattamente
tutti i nomi e le località richieste. Il giudice allora manda subito dei
messaggeri in tutti i luoghi da loro nominati, e non trascorrono nemmeno dieci
ore che sono già arrivati a Chis tutti coloro che avevano qualche cosa da
riprendersi.
7. I dodici farisei, nel frattempo, avevano scoperto i loro carri
tirati da muli destinati al trasporto del denaro, e tutti restarono strabiliati
nel vedere l’enorme quantità d’oro e d’argento che vi era celata, il cui valore
era tale che essi avrebbero potuto pagare l’ammenda altre cinque volte con
tutta facilità! Il giudice superiore si dolse nel suo cuore enormemente di non
aver imposto a loro un’ammenda ancora maggiore!
8. Ma d’un tratto gli venne un saggio pensiero e, fatti comparire
nuovamente i dodici, rivolse loro questa domanda: «Udite, voi avete pagata, è
vero, la somma richiesta e tenete già in mano la quietanza relativa! Ma,
considerata la quantità enorme di denaro che io scopro ora presso di voi, tale
che mi è addirittura impossibile di credere che voi ne siate venuti in possesso
con mezzi onesti, - davvero, se oggi venisse qui l’imperatore con tutto il suo
tesoro in contanti, sarebbe veramente da dubitare che il suo tesoro possa
gareggiare in valore con il vostro! - bisogna che mi spiegate in poche parole
come mai avete potuto accumulare una simile quantità d’oro e d’argento, perché
la cosa mi sembra sospetta al massimo grado!»
9. Esclama il primo fariseo: «Sospetta! Sospetta perché?! Questo è il denaro
risparmiato per il Tempio negli ultimi cinquant’anni da tutti i farisei,
sacerdoti e leviti di questa provincia; e poiché il periodo è ormai già
compiuto, dobbiamo consegnarlo al Tempio! Anzi, questa è la più piccola somma
che da Cafarnao sia stata mai versata al Tempio, e non si tratta altro che di
denari provenienti da offerte e da lasciti a favore del Tempio; sono per
conseguenza denari ottenuti legalmente e onestamente raccolti!»
10. Dice il giudice superiore: «La parola “legalmente” lasciamola intanto
da parte! Ammesso pure che sia così come voi dite, si tratta pur sempre niente
altro che di estorsioni e di lasciti carpiti con astuzie e raggiri; in questo
caso non c’è dubbio che la legalità e l’onestà non hanno a che fare con le
vostre ricchezze!
11. Però a me è venuta in mente una cosa; e cioè che non più di un mese
fa è pervenuta a me, come pure a tutti i tribunali superiori, direttamente da
Roma la denuncia che già da mezzo anno sono attesi i denari delle imposte tanto
dall’Asia Minore quanto da parte delle località del Ponto. Queste imposte,
consistenti in oro ed argento, pietre preziose e perle, dovrebbero già da lungo
tempo essere state incassate e spedite a destinazione. A quanto risulta dalla
denuncia, dovrebbe trattarsi di 20.000 libbre (112 quintali) d’oro, poi 600.000 libbre (336 quintali) di argento e circa altrettanto valore in pietre
preziose e perle!
12. Ora io vedo là ancora cinque carri misteriosamente coperti;
scopriteli dunque e lasciate un po’ che esamini il contenuto!»
13. Con visibile imbarazzo essi scoprono ancora gli ultimi cinque
carri, e i presenti stupefatti possono constatare che questi sono carichi delle
più svariate pietre preziose in gran parte ancora in stato grezzo; oltre a ciò
su di un carro vengono trovate, per più di una tonnellata, perle piccole e
grandi non ancora lavorate.
14. E dopo aver esaminato per bene il tutto, il giudice superiore
esclama: «Mi sembra che la cosa sia chiara come la luce del giorno e che non ci
voglia molto a comprendere che fine abbiano fatto i denari e i tesori spediti a
Roma dal Ponto e dall’Asia Minore! Malgrado tutta la vostra astuzia, non vi
sarà troppo facile togliervi dai guai con giustificazioni plausibili e prove
convincenti! Io, da parte mia oso affermare, giurare anzi per tutti gli dèi e
per i loro cieli, che questi che io vedo sono i denari delle imposte e gli
altri tesori già da lungo tempo attesi a Roma, e che essi sono ormai in mio
potere! Non muovetevi dunque da qui perché io mi riservo, quando saranno
arrivate le parti, di iniziare un grande esame!»
15. Udendo tali parole dalla bocca del giudice superiore, i farisei si
fanno pallidissimi ed cominciano a tremare come percossi da febbre.
16. La cosa non sfugge all’occhio acuto e sperimentato del giudice, il
quale, rivolto al suo collega di Chis, dice: «Fratello mio, io credo che questi
grossi uccelli di rapina siano già nella nostra trappola».
Il giudice superiore Fausto e il Signore. La grande gioia
e il commovente saluto.
1. Dice il giudice di Chis: «Ascolta, amico, già da tre settimane,
salvo brevi assenze, soggiorna qui il famoso Gesù di Nazaret, ed è probabile
che Egli si fermi ancora qualche giorno. Io ti dico che Egli è un Dio al Quale
anche le cose più nascoste sono chiare come il sole, del che ci ha già dato
centinaia degli esempi più tangibili; ora, che ne diresti se ci rivolgessimo a
Lui in questa circostanza? Egli potrebbe di certo far luce assoluta in questo
garbuglio, e ciò tanto più facilmente in quanto Egli non è affatto amico di
questa nera progenie di ladri e rapinatori mandati dalle infami disposizioni
del Tempio. Infatti io stesso ho udito con le mie orecchie come Egli ha
maledetto fino al più profondo Tartaro Chorazin e Cafarnao, facendo
naturalmente allusione ai sacerdoti e farisei di questa città! Io sono dunque
persuaso che per mezzo Suo noi potremo venire a capo di tutto»
2. Esclama il giudice superiore tutto stupito: «Come?! Quest’Uomo-Dio è
qui?! Ehi, ma perché non me lo avete detto subito?! In verità, se lo avessi
saputo, Lo avrei subito pregato di presiedere il tribunale al posto mio, e mi
sarei risparmiato tre quarti di lavoro! Conducetemi immediatamente da Lui!
Infatti anche il comandante Cornelio mi ha incaricato con insistenza e
raccomandato caldamente di chiedere notizie sul conto di Questo divinissimo fra
tutti gli uomini e di dargliene subito notizia.
3. Se il comandante apprende con certezza che Gesù si trova qui, non
passa molto che egli arriva qui con tutta la sua famiglia; infatti lui e tutta
la sua famiglia adorano questo Gesù, ed io stesso sono partecipe di questi
sentimenti. Se mai c’è un vero Dio, sia Sua ogni lode per avermi concessa
ancora una volta l’inestimabile fortuna di vedere il mio puramente celestialissimo
amico Gesù, e di parlarGli! Ma ora conducetemi subito, subito da Lui! Ora la
partita è vinta!»
4. Però, mentre il giudice superiore, animato dalla più intensa
nostalgia di vederMi e di parlarMi, si avvia verso la casa principale, Io
stesso esco ad incontrarlo, e quando Mi scorge, grida pieno di gioia: «Oh,
finalmente Ti trovo, o divino Amico e Fratello, se posso ancora chiamarTi così!
5. Oh, lascia che io Ti abbracci e copra il Tuo santissimo volto con
mille baci di amicizia e di fratellanza! O Tu mio santo amico, Tu! Quale
inesprimibile felicità è per me l’averTi finalmente ritrovato! In verità,
ovunque si trovino uomini in grandissimo bisogno, là sei Tu pure presente per
aiutarli! Ah, io non posso davvero più contenere in me la grande gioia per averTi
trovato qui!»
6. Ed Io, stringendolo pur fortemente al Mio Cuore, gli dico: «Sii
anche tu infinite volte il benvenuto, poiché il tuo cuore non ha vacillato
durante le tue difficili mansioni di giudice, e per questo Io continuo anche ad
amarti oltre misura, ed ogni tuo lavoro continua ad avere la Mia ampia
benedizione.
7. In verità, se sei riuscito a far venire alla luce il grave fatto
della malvagia rapina delle imposte imperiali, lo devi a Me ed a Colui che in
Me dimora!
8. Adesso però rientriamo in casa, dove ci aspetta una cena abbondante!
Poi ci intratterremo più ampiamente su questo argomento!».
La cena e la conversazione tenuta durante la stessa.
Fausto loda la Dottrina di Gesù. Intervento del Signore presso Kisjonah e Lidia
perché quest’ultima divenga la moglie di Fausto. La bella confessione di amore
di Lidia. Fausto narra un suo memorabile sogno sulla gloria del Padre Celeste
nelle sembianze di Gesù. «Ciò che Dio ha
unito, l’uomo non deve separare». Cenni sul matrimonio.
1. Il giudice superiore e il suo subalterno,
insieme a Kisjonah, Baram, Jonaele, Jairuth ed Archiele vengono ora con Me
nella grande sala e consumano con Me e con tutti i Miei, circa mezz’ora dopo il
tramonto, un pasto molto ben preparato e abbondante; e il giudice superiore,
ancora celibe, che ha osservato con grande compiacimento la figlia maggiore di
Kisjonah, Mi dice: «Mio nobilissimo amico, Tu sai quanto Ti amai sempre,
nonostante la differenza delle nostre religioni, perché io ho trovato in Te non
un ebreo scaltro e parziale, ma un uomo estremamente aperto e liberale, e
contemporaneamente un uomo dotato di grandissima e generale cultura, nonché
profondissimamente esperto di tutte le scienze.
2. Perciò io non temo di confidarmi ora con Te, dicendoTi che la figlia
di Kisjonah mi piace immensamente; però, come Tu sai bene, io sono romano,
mentre lei sarà senza dubbio ebrea cui certo non sarà permesso di concedere la
sua bella mano ad un pagano, come noi veniamo chiamati dagli ebrei. Dimmi,
Amico mio, cosa bisognerebbe fare in questo caso? Non potrebbe divenire mia
moglie a nessuna condizione? Te ne prego, indicami Tu un mezzo per risolvere
questo problema!»
3. Dico Io: «Tu sei romano, ma essa è greca e non un’ebrea, quindi già
per natura non vi è alcun impedimento al fatto che tu la chieda in moglie a
Kisjonah, il quale certo te la concederà. Il fatto però che, spiritualmente,
lei sia tuttavia un’ebrea secondo la Mia Dottrina a te non sconosciuta, come
del resto lo è ormai tutta intera la casa, ebbene, non vorrai dire che questo
costituisce per te una pietra di scandalo?!»
4. Risponde il giudice superiore di nome Fausto, figlio di Caio: «Ma
per nulla affatto! Io stesso sono nel mio cuore uno dei più ferventi seguaci
della Tua Dottrina veramente divina! Infatti io penso che un Dio, il Quale
seppe creare un mondo e che su di esso seppe infondere vita in ogni specie di
esseri e alla fine perfino nell’uomo, debba essere oltremodo Sapiente! Ora, se
tale Dio sapientissimo volesse dare agli uomini una Dottrina, non sarebbe
certamente possibile che Egli desse loro, ai Suoi uomini dico, altra Dottrina
all’infuori di quella saggissima che più perfettamente di tutte si armonizza
con le leggi della natura e con i migliori principi di conservazione e di
progresso dell’uomo fra gli uomini.
5. Ebbene, la Tua Dottrina ha veramente questo spirito e questo
carattere, ed è, per conseguenza, pura e divina; io stesso perciò, dopo aver
riscontrato che è perfettamente fondata sulla verità, l’ho accettata per tutta
la mia vita ed io stesso me ne sono fatto predicatore presso la mia intera casa
e presso tutti i miei molti funzionari subalterni. Se dunque le cose stanno
così, tutto sarebbe in ordine, salvo il consenso del padre della ragazza!»
6. Gli dico Io: «Ebbene, questo consenso tu l’hai già, come pure
l’amore della bella Lidia. Voltati un istante e guarda Kisjonah! Il suo viso
raggiante ti dirà quale e quanta sia la sua gioia per il grande onore che è
capitato alla sua casa!»
7. Fausto si volge, mentre Kisjonah gli dice: «Signore e comandante su
tutta la nostra Galilea e Samaria! È mai possibile che tu voglia chiedermi la
mano della mia Lidia?»
8. Risponde Fausto: «Oh, sì! Fra le migliaia è l’unica, se tu me la
concedi!»
9. E Kisjonah fa subito chiamare sua figlia. Questa viene avanti
visibilmente imbarazzata per l’amore e per la grande gioia, e Kisjonah le
chiede: «Ebbene, mia cara figlia, saresti contenta di vedere benedetta la tua
unione con questo magnifico uomo?»
10. E Lidia, abbassando gli occhi confusa, risponde dopo una piccola
pausa: «E come puoi chiedermelo? Quando questo magnifico Fausto arrivò, ed io
lo vidi per la prima volta, sentii come una voce nel mio cuore sussurrare:
“Come deve essere felice la sposa di questo magnifico uomo!”. Come potrei
dunque dirgli di no, ora che egli stesso mi chiede in sposa?»
11. E Kisjonah osserva: «Ma che cosa ne dirà il tuo amatissimo Gesù?!».
Risponde Lidia: «Oh, a Lui apparteniamo tutti noi! Egli è il Creatore e noi
siamo le Sue creature dalle quali ora educa dei veri figli! Ciò nonostante Egli
rimane nelle più intime profondità del mio cuore!»
12. Fausto, a questa inattesa testimonianza di Lidia sul Mio conto,
esclama stupefatto: «Come, come, cosa mi tocca sentire?! Che abbia avuto
veramente un significato il sogno bellissimo che ho fatto ultimamente? Io vidi
aperto tutto il cielo; tutto era luce, e tutti gli innumerevoli esseri erano
pura luce, e nelle massime profondità del Cielo io vidi chiaramente Te, mio
amico Gesù, e tutti gli esseri aspettavano come con gioia impaziente un Tuo
cenno per annunciare in un istante i Tuoi ordini a tutta l’Infinità!
13. Allora nella Tua immagine, il cui splendore superava di gran lunga
quella del sole, io credetti di aver visto Giove, e mi meravigliai molto che Tu
avessi con Giove una somiglianza tanto straordinaria. Da allora, fra me e me io
ritenni che Tu fossi un figlio terreno del primo Dio, che io però identificavo
con il Jehova degli ebrei e con il Brahma degli indiani e, nello stesso tempo,
consideravo tutti gli altri dèi soltanto dei figli terreni pari a Te, generati
a volte con le figlie della Terra per affidare loro il compito di guidare,
istruire e animare l’umanità!
14. Ma ora questo sogno assume tutto un altro aspetto! Tu, Tu stesso
sei Giove, Brahma e Jehova corporalmente fra noi, e Tu stesso insegni a noi la
Tua divina Sapienza, poiché probabilmente i Tuoi precedenti figli l’hanno
insegnata male su questa Terra e non l’hanno messa rettamente in pratica!
15. Se dunque è così, come diversamente non può essere, io ricevo ora
questa bellissima moglie direttamente dalla mano del mio Dio, del mio Creatore,
ed è quindi superfluo per me chiedere se sarò felice con lei!
16. Ma ora dunque la mia richiesta assume un aspetto ben differente! O
bellissima Lidia! Guarda ora al Signore! Ora non si tratta più del nostro
reciproco desiderarsi e chiedersi, ma esclusivamente della santissima Volontà
di questo Unico fra gli unici, di questo Signore di ogni gloria, di questo Dio
di tutti gli dèi, dal Quale tutti i Cieli, sole, luna e questa Terra e noi
tutti siamo usciti!
17. Tu, in tutta pienezza di verità divinissimo, mio Gesù! Se Ti è
gradito che Lidia diventi mia moglie, allora lei lo sarà; ma se dovesse esserTi
anche in minima parte sgradito, dimmelo, e allora la mia vita non sarà altro
che la fattiva espressione della Tua Volontà!»
18. Ed Io gli rispondo: «Mio nobilissimo fratello! Io vi ho già
benedetti, e perciò siete già perfettamente un corpo solo; ma notate bene
quanto ora vi dico:
19. “Quello che Dio ha unito, nessun uomo deve più separarlo, e perciò
un vero matrimonio resta indissolubile per l’eternità! Un falso matrimonio
mondano non è comunque una unione davanti a Dio, e quindi può venire sciolto,
come agli uomini del mondo accade in tutte le loro unioni e alleanze, le quali
già fin dall’inizio non sono altro che manifestazioni della più bassa e
spregevole prostituzione con cui i figli di Satana vengono posti ad una misera
esistenza”.
20. Ma ora voi siete veramente marito e moglie, e dinanzi a Dio una
sola carne, Amen!»
21. A queste Mie parole essi si abbracciano e, in segno di saluto, si
scambiano un bacio.
22. È certo superfluo menzionare come questa rapida unione suscitasse
una grande sensazione in tutta Chis, e come Kisjonah fosse tutto occupato a
pensare alla ricca dote che avrebbe dato alla figlia.
Arrivo di
Filopoldo. Promessa del Signore.
La nuova
azione giudiziaria contro la banda di rapinatori del Tempio.
L’efficace
sentenza di Fausto.
1. Quando il primo scalpore suscitato da questo avvenimento si fu un
po’ calmato, arrivò il già noto Filopoldo di Cana. Egli venne subito da Me con
l’intenzione di riferirMi prontamente che egli ha già predisposto tutte le cose
nel miglior ordine possibile a Cana.
2. Ma Io dopo averlo salutato molto amichevolmente, gli dico: «Io so
già tutto. Ormai tu sei Mio discepolo. Ecco là gli altri Miei discepoli; va’ da
loro e avrai occasione di apprendere molte cose. Io, questa notte, ho molte
faccende cui accudire; domattina però anche noi due avremo parecchio da
trattare e da discutere, poiché da te Io attendo che tu divenga per Me un
buonissimo collaboratore»
3. Filopoldo si unisce dunque agli altri discepoli, e quasi in pari tempo
i guardiani annunciano che tutti coloro i quali erano stati chiamati da
Cafarnao e da Corazim sono già arrivati, e chiedono istruzioni a loro riguardo.
4. Ed Io rispondo: «Conduceteli anzitutto dai loro figlioli e date loro
di che rifocillarsi! Noi intanto inizieremo una procedura straordinaria per
quello che riguarda i dodici farisei»
5. I guardiani se ne andarono ai loro incarichi, e Fausto Mi domandò se
non fosse stato meglio che procedessi Io direttamente all’ulteriore
interrogatorio dei dodici, mentre egli avrebbe fatto semplicemente da
protocollista.
6. Io però dico: «No, fratello Mio, ciò non
sarebbe bene, perché di fronte a loro tu solo hai veste ufficiale per una
procedura di questo genere, ed a questo scopo tu porti anche l’anello imperiale
del potere nella tua destra, nonché la spada e il bastone quali insegne di
comando; per conseguenza devi interrogarli tu stesso. Ma Io metterò sulle tue
labbra quello che dovrai domandare, e per loro non vi sarà mezzo di sfuggirti!
Mettiamoci dunque all’opera, che l’ora è già alquanto avanzata»
7. Noi andammo subito alla casa che era stata adibita a tribunale, dove
i dodici assieme ai loro trenta accoliti principali rigorosamente sorvegliati
attendevano la venuta del giudice superiore, con grande paura e angoscia,
perché essi ormai non avevano più né il tempo né la possibilità di scovare una
qualche dozzina di testimoni falsi pronti a mentire in loro favore ed a giurare
per la loro deposizione. Com’è noto, il Tempio prometteva grazie speciali ad
ognuno che si fosse prestato per necessità di circostanze a giurare il falso a
vantaggio del Tempio e di tutti i suoi servitori! Ma i testimoni, naturalmente,
avrebbero dovuto già prima essere informati esattamente di tutto; ciò che nel
nostro caso non era più affatto possibile.
8. Noi dunque entrammo nella sala del tribunale accompagnati da
Kisjonah, Baram, Jonaele, Jairuth e dell’angelo Archiele, insieme al giudice di
Chis ed a parecchi scrivani.
9. Appena entrati, il primo fariseo rimprovera Fausto in tono iroso e
dice: «Che maniera è questa di trattare noi, sacerdoti di Dio, come volgari
malfattori, e di trattenerci prigionieri quando abbiamo già accettato
volontariamente di pagare tutto quello che ci fu richiesto? Come è vero che
siamo servitori di Dio, se non veniamo immediatamente messi in libertà, dovrete
tutti temere la Sua vendetta!»
10. Dice Fausto: «State tranquilli, altrimenti mi indurreste a
costringervi a stare quieti, perché con voi abbiamo ora delle cose
straordinariamente importanti da appianare! Fate dunque bene attenzione a
quello che dirò.
11. Io vi ho fatto già prima l’osservazione che i vostri favolosi
tesori mi erano sembrati né più né meno che gli stessi di cui ebbi a fare già
prima cenno in vostra presenza. Dunque, per quello che riguarda la rapina
perpetrata a danno dello Stato, delle imposte e degli altri tesori spediti a
Roma dal Ponto e dall’Asia Minore, io sono perfettamente al corrente di tutti i
particolari tranne uno; e questo uno è il seguente:
12. I denari delle imposte e i tesori che con queste viaggiavano erano
scortati, secondo i rapporti ricevuti, da quasi un quarto di legione di soldati
romani; quindi non deve essere stato così facile sopraffare una scorta così
forte, sia distruggendola completamente, sia costringendola alla fuga.
13. Io, come ho detto, non ho nessunissimo dubbio che questi denari e
questi tesori siano stati carpiti con l’astuzia più che con la violenza ai
funzionari ed ai soldati romani direttamente da voi stessi, oppure da altri vostri
colleghi più matricolati ancora; a questo riguardo non abbiamo più nessun
dubbio, e perciò nessun bisogno di prove, perché queste ci vennero fornite da
più di cento testimoni, ma, ripeto, mi manca ancora di sapere soltanto il modo
in cui la rapina è stata perpetrata, ed infine anche l’ammontare originale
preciso della somma, per poter inviare all’imperatore a Roma un esatto rapporto
riguardo a questi fatti»
14. Esclama il primo dei farisei: «Signore, questa è davvero una
calunnia troppo grande contro la quale dobbiamo protestare con tutta energia! E
anche se tu trovassi mille falsi testimoni contro di noi, non servirebbe che
poco o nulla, perché noi siamo troppo sicuri del fatto nostro, e tu, malgrado
tutta la tua potenza, non potrai farci torcere nemmeno un capello! Risparmiati
perciò ogni altra parola, perché d’ora in poi non ti degneremo di alcuna
risposta se non escludi una tale accusa, la quale potrebbe essere volta a tua
rovina!
15. Se tu fino ad oggi non hai conosciuto ancora i farisei, imparerai a
conoscerli ora, oppure per lo meno fra breve tempo! Infatti non possiamo in
nessun caso restare sotto il peso di un’accusa così enorme. Noi abbiamo ceduto
per quello che riguarda la violazione del bosco, quantunque in base alle nostre
leggi non fossimo affatto tenuti a farlo, ma, tuttavia, per amore della pace ci
siamo inchinati alla tua sentenza supremamente ingiusta! Ma adesso, visto il
trattamento che ci viene fatto, noi revochiamo l’accettazione della tua
sentenza e, se tu ti azzarderai a mettere iniquamente la mano anche su di un
solo statere dell’oro, dei tesori o delle cose da noi pignorate, non soltanto
ti toccherà risarcire cento volte il maltolto, ma anche la tua autorità e tutte
le tue dignità saranno finite per sempre! Infatti nel Tempio tutti ormai
sapranno in che modo infame si è proceduto e si procede ancora con noi!»
16. Dice Fausto: «Ah, dunque è così che volete togliervi dai guai? Sta
bene! So molto bene adesso cosa mi resta da fare con voi! L’interrogatorio è
ormai finito; l’accusa contro di voi è avvalorata da cento testimoni, e la
vostra colpa è accertata! Io non vi dirò più nulla, ma, nell’avvisarvi che gli
sgherri sono qui fuori che attendono, vi porrò soltanto il seguente ultimatum:
17. “Se i vostri trenta complici vogliono parlare, verrà loro
risparmiata la vita; se però anche costoro non intendono aprire bocca, allora
tanto essi quanto voi lascerete il capo sotto la scure questa notte stessa!”.
Così potrete persuadervi di quanta paura io abbia di voi!»
18. A questa decisione energica enunciata da Fausto con il massimo
sangue freddo, tutti i trenta accoliti dei farisei si lanciano avanti e
gridano: «Signore! risparmia la nostra vita e noi ti racconteremo per filo e
per segno come sono andate le cose!».
Continuazione
del processo contro i templari per la rapina delle imposte.
Confessione
aperta dei trenta riguardo all’astuto procedimento dei farisei.
Fausto mitiga
di molto la sua sentenza.
1. Dice Fausto: «Parlate dunque! Sul mio onore a voi non sarà torto un
capello!»
2. Ed uno dei farisei, tutto tremante e in preda ad angoscia mortale,
esclama a sua volta: «Signore, se parlo, fai anche a me la grazia della vita?»
3. Risponde Fausto: «Sì, anche a te, dato che sei uno degli ultimi fra
i dodici»
4. Allora gli altri undici farisei insorgono imprecando contro il loro
collega un po’ migliore e gli gridano: «Non sai che bisogna piuttosto morire
che rendersi colpevoli di tradimento verso Dio?!»
5. L’altro fariseo risponde: «Questo lo so benissimo, qui però non si
tratta affatto di Dio, ma soltanto delle vostre male arti e dell’inganno
scandalosissimo a danno dei romani. Con uno stratagemma oltre ogni dire perfido
siete riusciti a carpire ai romani il grosso bottino in una maniera tanto
raffinata che il mondo intero deve veramente stupirsene.
6. Tu, primo imbroglione matricolato, ti eri infatti travestito da
governatore generale, il quale ora risiede a Sidone, talvolta però anche a
Tiro, e portavi le insegne dell’autorità imperiale, cioè il grande anello del
potere, una spada d’oro e il bastone di comando sull’intera Palestina, la
Celesiria, l’Asia Minore e tutto il Ponto.
7. Oltre a ciò hai, almeno in apparenza, circa l’età del venerando
vegliardo Cirenio; tu assumesti dunque il suo nome e ti creasti un seguito ed
una corte in tutto simile a quella del governatore. Tu montavi su un superbo
cavallo, e quando a circa mezza giornata da Tiro l’ufficiale che comandava la
carovana ti ebbe salutato con i dovuti onori ed ebbe consegnato a te, quale
presunto governatore generale, i rotoli dei rapporti da lui firmati che
accompagnavano la spedizione del denaro e dei tesori che i tuoi accoliti
camuffati da soldati romani avevano preso in consegna, tu gli impartisti
l’ordine di ritornare il più velocemente possibile nel Ponto, poiché da notizie
avute ti risultava che là erano scoppiati disordini a causa della riscossione
delle imposte e che gli abitanti del Ponto Citeriore avevano fatto lega con le
orde potenti degli Sciti per insorgere contro il dominio di Roma. Quindi,
qualunque indugio sarebbe stato pericoloso; per questa ragione anche tu, quale
falso governatore generale, obbedendo ad un ordine pervenuto da Roma, eri
venuto incontro al valoroso comandante del Ponto e dell’Asia Minore, vista
l’urgenza del caso, per poter rendergli così il ritorno più breve possibile!
8. Si comprende ora da sé come il comandante del Ponto e dell’Asia
Minore si fosse affrettato a far ritorno con i tremila cavalieri, e come nello
spazio di poche ore egli fosse già così lontano da renderci persuasi che non
avevamo più niente da temere da lui. A tutti noi fu imposto sotto giuramento il
silenzio più assoluto, ed a ciascuno furono promesse duecento libbre (112 kg) di argento che noi però finora
non abbiamo ricevute, perché questa distribuzione avrebbe dovuto avvenire solo
a Gerusalemme. Ma il destino ha disposto diversamente, e adesso temo che
riguardo alle duecento libbre le cose si mettano assai male.
9. Il denaro ed i tesori furono poi portati di notte a Cafarnao dove
rimasero depositati per circa due lune (mesi).
Subito si costruì la nuova strada segreta appunto per trasportare il grosso
bottino, e, secondo me, questa strada non conduce assolutamente a Gerusalemme,
ma ad una grande caverna nascosta a tutti che si trova in queste montagne,
nella quale, e non già nel Tempio, già molte altre migliaia di libbre d’argento
e d’oro attendono la loro redenzione.
10. In questo segreto non siamo iniziati che noi dodici soltanto, e
nessun altro fariseo è a cognizione della cosa tranne che i nostri trenta
aiutanti, con la sola differenza che questi ultimi non sanno a quale scopo
tutto ciò avrebbe dovuto servire! A loro è stato detto che questi tesori erano
riservati per il futuro Messia che nei prossimi tempi verrà a liberare gli
ebrei dal giogo dei romani. Ma, naturalmente, di scopi io ne conosco altri, e
cioè, in primo luogo, l’assicurarsi la vita più comoda e piacevole possibile,
ed, in secondo luogo, avere a portata di mano, pronti, dei potenti mezzi di
corruzione per i casi molto importanti, vale a dire qualora si renda necessario
indurre qualche potente romano a fare secondo il volere degli altri, oppure per
potersi acquistare nel Tempio qualche carica superiore, il che certamente viene
sempre a costare un’enorme quantità di denaro. Ed ora sai tutto! Puoi
interrogare se vuoi ancora tutti questi trenta, ed essi ti diranno la stessa
cosa.
11. Soltanto il prodotto dei pignoramenti era destinato a Gerusalemme,
per rendersi con ciò favorevole il Tempio, ma i denari e tutti gli altri tesori
avrebbero finito col fare compagnia ai loro simili nella caverna che ho
menzionato prima, se non avessero fatto il terribile naufragio cui abbiamo
assistito. Come dissi, ormai tu sai in ogni suo particolare com’è andata la
cosa; fa tu adesso secondo giustizia; ti supplico soltanto che questa non sia
troppo dura ed inesorabile verso di me e verso questi trenta sciagurati
illusi!»
12. Risponde Fausto: «Per te e per questi trenta io non sarò più
giudice, ma sarò un protettore; riguardo poi agli altri undici, sarà compito di
Cirenio il decidere quello che dovrà essere di loro! Dimmi soltanto se nulla fu
sottratto dei denari e dei tesori carpiti e se qui si trova proprio tutto
quello che fu trasportato dall’Asia
Minore, e inoltre se sai dirci qualche cosa della famosa caverna?!»
13. Dice il fariseo: «Tutto quello che venne preso in consegna, non
esclusi i carri, si trova qui perfettamente intatto. Per quanto poi riguarda la
famosa caverna, io, quale uno degli iniziati, sono naturalmente al corrente di
tutto; so quanto essa contiene, e non c’è persona al mondo che ne possa trovare
l’ingresso senza uno di noi dodici»
14. Fausto allora si espresse lodando il comportamento di quel fariseo
che aveva nome Pilah ed era il più povero fra i dodici, e disse a Kisjonah:
«Ebbene, amico ed ormai onorevole suocero mio, questa caverna, la quale deve
evidentemente trovarsi nelle montagne di tua proprietà, ti renderà ciò che ti
spetta in base alla prima sentenza, però il denaro ed i tesori dell’imperatore
prendili intanto in consegna, poiché meglio che presso di te non saranno certo
custoditi in nessun altro luogo fino alla fine di questo straordinario
processo.
15. Io affido alle tue cure Pilah, e forniscigli quanto gli occorre a mie
spese; in quanto poi ai trenta, dà loro ricovero per questa notte, ed io
disporrò perché vengano ben sorvegliati. Finché la grotta non sarà
completamente sgomberata, non potranno essere messi in libertà; però, dopo lo
sgombero, essi avranno facoltà di andare dove vorranno. Io condono loro anche
la pena della frusta in considerazione della loro collaborazione che ci ha
condotti a queste grandi scoperte».
Continuazione della
scena del processo. Gli undici birbanti del Tempio alle strette.
Richiesta di
grazia. Offerta di altri tesori contenuti in una grotta per il riscatto.
1. Poi Fausto si rivolge agli undici, e dice: «Ebbene, dov’è tutta la rovina
di cui mi minacciaste poco fa con tanta spavalderia? Che ne dite voi -
servitori ed unti del Signore - di tutta questa storia? Deve essere davvero
cosa amara per chi dovrebbe apparire almeno servitore ed unto di Dio trovarsi
qui davanti un tribunale accusato dei più gravi misfatti contro lo Stato! Ma
aspettate un po’ e vedrete che vi accadrà ben peggio ancora; quanto si svolse
finora è stata una semplice e piccola premessa!
2. In verità, voi dovete ringraziare Uno solo che è qui, se io non vi
faccio immediatamente spogliare, e, colpiti dalla maledizione imperiale, non vi
consegno in mano agli sgherri pronti ed ansiosi di fare giustizia di voi! E
quest’Uno che si trova qui al mio fianco è il divino Gesù di Nazaret che voi
già da lungo tempo avete maledetto e che ora voi perseguitate da un luogo
all’altro senza tregua, per la sola ragione che Egli si è presa la libertà
onestissima di spiegare al misero popolo da voi accecato cosa veramente siete.
3. Esaminate la vostra anima, e dite poi se accanto al vostro Satana
possa esservi ancora qualcosa di più perfido di quanto lo siete voi!
4. Al popolo insegnate a riconoscere un Dio nel quale voi stessi non
avete mai creduto, perché, se credeste in un Dio, al Jehova che Mosè vi ha
chiaramente rivelato e sul quale i vostri antichi padri hanno eretto l’edificio
della loro viva fede e della loro speranza, voi non fareste Dio onnipotente
oggetto delle vostre beffe vilmente ironiche con il vostro spudorato ed infame
contegno!
5. Vi fate tributare dal popolo spiritualmente ucciso, quali presunti
servitori ed unti dell’Altissimo, onori divini, e per di più ancora dallo
stesso misero popolo pretendete sacrifici esorbitanti per il bel servizio che
gli rendete con lo sbarrargli con porte di ferro l’accesso al Regno di Dio, che
è il Regno della vita e della Luce!
6. Ditelo voi stessi, se vi si possano trovare in qualche altro luogo
nemici più irriducibili di Dio, dell’imperatore e della povera umanità!
7. Oh, quanto sono immense e inconcepibili la pazienza e la tolleranza
del Grande Dio! Se io avessi una sola scintilla del potere divino sopra gli
elementi, davvero, i cieli probabilmente non avrebbero fuoco sufficiente per
farlo piovere giorno e notte sopra di voi.
8. Signore, perché ai tempi di Abramo punisti così duramente le dieci
città, comprese Sodoma e Gomorra? Eppure i loro abitanti, all’infuori della
loro libidine contraria a natura, erano evidentemente degli angeli al paragone
di questi furfanti il cui numero in tutto Israele è oggi più grande di quanto
lo sia stato quello di tutti gli abitanti delle dieci città prese insieme!
9. Voi vi chiamate figli di Dio, e sostenete che Dio sia vostro Padre!
In verità, del Dio che mette al mondo una simile razza di figli io non saprei
proprio che farmene, perché, secondo il mito di noi romani, egli si chiama
Plutone e Satana, oppure Belzebù; questo si che è vostro padre!
10. Voi siete la viva semente maledetta che il padre vostro non manca
mai di spargere tra il grano di Dio, affinché soffochi ed annienti la semente
divina; e voi volete essere gli unti e i servitori del Signore?! Servi di
Satana siete voi, il quale vi ha consacrati per la distruzione di ogni cosa
divina sulla Terra!
11. Se la vostra anima fosse anche soltanto un po’ meno diabolica di
quanto realmente è, io, per grazia di quest’Uno che si trova qui, avrei
pronunciato contro di voi una sentenza possibilmente tollerabile. Ma poiché la
vostra perfidia va oltre i confini del diabolico, io non intendo macchiare più
oltre il mio nome con voi, e quindi vi farò condurre a Sidone per essere
giudicati da quel Judicio criminis atri (Giudizio
su un vero crimine), laddove ciascun Judex honori (Giudice in questioni d’onore) si lava sette volte le mani!»
12. Quando gli undici odono le terribili parole di Fausto, cominciano a
tremare, implorano grazia, promettono di convertirsi e di emendarsi
completamente, e si dichiarano pronti di risarcire il centuplo a chiunque mai
avesse sofferto danno per causa loro.
13. Esclama Fausto: «E con che? La preziosa caverna si trova ormai nelle
nostre mani; dove volete trovare altro oro ed altri tesori ancora? Avete dunque
altre caverne colme d’oro, d’argento e di perle?»
14. Dicono gli undici: «Signore, noi ne abbiamo ancora una dietro
Corazim, nella quale sono nascosti tesori antichissimi trasportati là dal
Tempio e da altre case di Dio ancora all’epoca della cattività di Babilonia, e
nessuno ebbe mai sentore di ciò fino ai tempi nostri. Noi però, circa sette
anni fa, mentre andavamo a caccia di galli di montagna, di api e di miele,
trovammo alla distanza di circa trenta tratti di campo, già in territorio
greco, dove iniziano ad elevarsi delle colline rocciose non grandi, un luogo
dove il miele e la cera letteralmente scorrevano giù da una parete di roccia
quasi perpendicolare ed alta circa come quattro uomini. Al di sopra della
parete vedemmo un’apertura di una grandezza tale da permettere che un ragazzo
di dodici anni vi penetrasse senza bisogno di curvarsi.
15. Sopra a questa apertura poi si innalzava, sicuramente per settanta
altezze di uomo, un’altra parete in modo che senza una scala sarebbe stato
impossibile raggiungere l’apertura senza dubbio ricchissima di miele e di cera,
intorno alla quale vedevamo ronzare sciami assai grandi di api affaccendate.
Allora ci procurammo subito una scala nonché una quantità sufficiente di paglia
e di erbe secche per dare fuoco alle api, e l’operazione venne condotta, salvo
qualche puntura, felicemente a termine. Noi quella volta ricavammo parecchie
centinaia di libbre di miele purissimo ed altrettante di cera, poiché avevamo
vuotato da entrambe le parti parecchi alveari di buone mille celle ciascuno.
16. Ma mentre noi eravamo occupati a raccogliere la cera sul fondo
degli alveari, urtammo degli oggetti dal suono metallico del Tempio, i quali,
ad un esame più accurato, si rilevarono costituiti da autentico oro ed argento.
Noi penetrammo allora sempre più nella caverna che andava sempre più
allargandosi, ed in fondo alla stessa trovammo altre maggiori quantità di
tesori di un valore inestimabile che erano là celati. Noi lasciammo intatta
ogni cosa nella caverna, uscimmo, ed avemmo cura soltanto di nascondere
l’ingresso della caverna con pietre e muschi, e disponemmo che esso venisse
costantemente sorvegliato da guardiani che si impegnarono con giuramento; cosa
questa che si è protratta dal giorno della scoperta fino a questo momento.
Vedi, tutti questi tesori noi siamo pronti a cederli a te se tu vuoi accordarci
la grazia, e se nel nome dell’imperatore sei disposto a stornare dal nostro
capo la spaventevole condanna da te ora pronunciata!»
17. Risponde Fausto: «Io voglio prendere consiglio! Ora tuttavia
dovrete spiegarmi coscienziosamente come stanno le cose riguardo all’altra
caverna che si trova nelle montagne di Kisjonah! L'avete anche questa scoperta
così colma andando in cerca di miele, oppure l'avete riempita voi stessi; e in
quest’ultimo caso, da dove provengono questi tesori e da quando questa seconda
caverna si trova già riempita?»
18. Rispondono gli undici: «Quei denari rappresentano quindici anni di
fatiche e di lecito commercio; ora, secondo una recente legge del Tempio, a noi
è permesso di possedere soltanto quella determinata somma che è ritenuta
indispensabile per il nostro sostentamento, mentre ogni eccedenza dobbiamo
consegnarla al Tempio. E se in occasione delle rigorosissime inchieste che a
questo proposito vengono fatte ogni anno da parte del Tempio si riscontra
presso qualcuno di noi, che siamo chiamati a servire nella provincia, un
disavanzo di una certa importanza, viene comminata una pena terribile per frode
contro Dio. E così, per sottrarci ad un eventuale castigo ed in pari tempo per
poter avere qualche denaro alla mano per ogni caso possibile, abbiamo scelto la
caverna quanto mai ben nascosta nei monti di Kisjonah, e vi abbiamo depositato
le nostre considerevoli eccedenze. Questo è tutto quanto vi è di misterioso
nella detta caverna!»
19. Domanda Fausto: «La via che voi avete aperta conduce proprio fino
all’entrata della grotta?»
20. Dicono gli undici: «No, o signore, soltanto fin dove comincia il
fitto della boscaglia, attraverso la quale si può passare per un sentiero
conosciuto unicamente da noi, e che conduce alla caverna assolutamente
invisibile a qualsiasi altra persona»
21. Dice Fausto: «Sta bene; allora domani ci farete da guida. Per oggi,
e precisamente per questa notte, la trattazione di questo affare resti sospesa,
poiché per ora ne sappiamo tutti abbastanza!»
22. Gli undici allora si gettano ai piedi di Fausto e implorano nuovamente
grazia, ma Fausto dice: «Ormai ciò non dipende più da me, ma da ben altra
Persona; se Essa vi perdona i vostri misfatti, questi vi saranno perdonati
anche da parte mia, amen!»
23. Dopo ciò noi lasciamo la sala del tribunale e ce ne andiamo per concedere
al nostro corpo il riposo necessario.
24. Sulla soglia della casa di abitazione troviamo Lidia in attesa di
Me e di Fausto suo marito; essa ci saluta ed esprime il suo rammarico per la
lotta certamente aspra da noi dovuta sostenere e durata circa due ore.
25. E Fausto ricambia i saluti della giovane consorte, e le dice: «Sì,
mia cara Lidia, questa fu davvero una lotta quanto mai aspra, ma grazie
all’aiuto divino e dell’altrettanto divino amico nostro Gesù, essa si è risolta
brillantemente secondo i nostri desideri. Ora però lasciamo stare questo
argomento, perché domani ci saranno ancora molte cose da far giungere a buon
fine. Perciò, al Dio d’Israele sia resa ogni lode ed ogni onore!».
26. E così, tranne i guardiani qua e là appostati, tutti si ritirarono
a riposare.
Della vera
celebrazione del sabato. Fausto rilascia anche gli undici. Distribuzione dei
tesori della caverna.
I fanciulli
rapiti e le cose sequestrate vengono restituiti ai genitori ed ai proprietari
assieme ad un buon indennizzo.
1. Ora, il giorno seguente che era un sabato, Fausto Mi chiese,
malgrado egli fosse romano, se dovesse venire festeggiato o meno il sabato
degli ebrei, e che cosa si avrebbe dovuto fare degli undici farisei.
2. Ed Io gli rispondo: «Carissimo fratello e amico! Ciascuna giornata
colma di buone azioni è un vero sabato, e ciascun giorno in cui si abbia fatto
qualcosa di veramente buono è stato appunto con ciò già solennizzato degnamente
come un vero sabato. Dunque, nell’odierno giorno di sabato tu puoi fare tutto
quanto vuoi, purché sia il bene, e non ti verrà certo imputato a peccato da
nessuno, tranne da quei malevoli pazzi e stolti di questo mondo i quali
maledicono perfino il vento quando soffia di sabato, come pure la pioggia e le
schiere degli uccelli volanti nell’aria. Simili stolti però non devono mai
servirci da esempio degno di imitazione, ma, al contrario, da esempio degno
soltanto di essere schivato e disprezzato in sommo grado, poiché essi
maledicono il bene e vorrebbero invece che tutto il mondo lodasse e celebrasse
il loro male! Questo dunque ti sia di norma per ogni e qualsiasi giorno di
sabato!
3. Per quanto poi riguarda gli undici, dopo che ti sarai impossessato
di tutti i loro beni materiali, lasciali anch’essi in libertà. Invia
all’imperatore il suo, adducendo per giustificare il ritardo quei motivi che
riterrai più opportuni; però restituisci anche al Tempio quello che al Tempio
appartiene e che si trova nella caverna di Corazim. Nello stesso tempo
bisognerà pure indicare al sommo sacerdote in quale modo già da parecchi anni
questi tesori siano stati scoperti dagli undici farisei, e come essi siano
stati ingiustamente tenuti celati al Tempio al quale veramente appartengono! Il
Tempio non mancherà poi certo di avviare debita procedura contro gli undici
farisei.
4. Riguardo però ai tesori che si trovano nel monte di Kisjonah, sia
devoluta una terza parte a lui stesso, un terzo a te in nome dell’imperatore, e
un ultimo terzo venga distribuito fra tutti quei poveretti che sono venuti qui
per riprendersi i loro figli e le loro cose rapinate; dopodiché tutto il
processo avrà fine per tutti i tempi dei tempi. Mettete dunque a profitto la
giornata di oggi!
5. Baram e Kisjonah hanno dei buoni battelli, e con un buon vento
potrete in poche ore aver finito con lo sgombero della caverna presso Corazim;
alcuni di voi però si incarichino di sgomberare l’altra caverna di Kisjonah, e,
per quanto poco attivi siate, potrete avere qui, entro questa sera, radunati i
tesori di entrambe le caverne, così da rendere possibile già domani la loro
spedizione ai rispettivi luoghi di destinazione!
6. Io potrei bensì far trasportare qui tutti i tesori in un solo
istante per mezzo di Archiele, ma qui c’è troppa gente, ed un miracolo tale
susciterebbe troppo rumore; per questo motivo anche tralascio di servirMi di
questo mezzo esteriormente; tuttavia in segreto e nascostamente non mancherò di
porgervi aiuto nel senso che voi potrete terminare completamente in una sola
giornata, come questa di oggi, il lavoro che in condizioni normali
richiederebbe tre buone giornate di assidua applicazione. Ora però non
indugiate più oltre, ma distribuitevi e mettetevi all’opera.
7. E tanto dall’una parte quanto dall’altra portate con voi un solo
fariseo; gli altri devono nel frattempo rimanere qui sotto sorveglianza.
8. E Pilah rimanga egli pure qui, perché egli non è più adatto ad
assistere a tali cose delle quali i figli di Dio devono occuparsi il meno
possibile. Ugualmente non è necessario che tu vada in persona nei due luoghi
indicati, ma basta che tu mandi un tuo commissario munito dell’opportuna
procura. Noi intanto procederemo qui alla distribuzione degli oggetti sequestrati
ed alla consegna dei fanciulli ai rispettivi genitori!».
9. Certamente, più di ogni altro soddisfatto di queste Mie disposizioni
è Fausto, il quale ha così un triplice vantaggio: in primo luogo egli rimane
presso di Me, in secondo luogo non è obbligato ad allontanarsi dalla sua
giovane moglie che egli ormai ama intensamente, ed in terzo luogo gli resta
tempo a sufficienza per stendere comodamente un rapporto dettagliato
all’imperatore, e per compilare su buona pergamena i documenti accompagnatori
necessari alla spedizione del denaro e dei tesori, i quali potranno così
partire già il giorno seguente per il loro destino.
10. E mentre i due commissari se ne vanno allo scopo di rilevare i noti
tesori, noi ci accingiamo subito ad iniziare la restituzione delle cose
sequestrate, nonché dei fanciulli che durante la notte hanno per la maggior
parte già ritrovato i loro genitori. Tuttavia, ce n’erano alcuni i cui
genitori, per il dolore e il cordoglio, giacevano ammalati nelle loro case, e
per conseguenza non avevano potuto venire a Chis per riprendersi i loro figli e
le loro cose.
11. Questi genitori ammalati avevano perciò incaricato i loro vicini di
avere cura anche dei figli e delle loro cose nel caso in cui, come l’annuncio
pervenuto dava a sperare, questi si fossero potuti trovare in qualche luogo.
Così durante la spartizione anche questa circostanza venne presa in
considerazione, e ciascuno ricevette esattamente tutto il suo di ritorno; oltre
a ciò da parte di Kisjonah venne assegnata ad ogni famiglia la parte spettante
sul terzo del valore del tesoro trovato nella caverna situata sul suo terreno,
che dopo averne fatto l’esatto calcolo, e precisamente secondo la Mia
decisione, ammontava a cento libbre (56
kg). Dopo aver ultimato questo lavoro di spartizione, tutti gli
interessati, che naturalmente erano parecchie centinaia, vennero trattenuti
ancora da Fausto il quale rivolse loro buone parole istruttive ed ammonitrici,
e poi presero congedo da Chis.
12. Kisjonah, nel frattempo, aveva fatto allestire tutte le navi
adibite al trasporto di merci, e così la grande carovana tutta composta di
gente che dimorava a Corazim, Cafarnao e Nazaret, fece ritorno in patria,
ciascuno al suo domicilio, e la spartizione e il trasporto ai luoghi di
destinazione durò in tutto solo poco più di sette ore e mezza.
Una parola per
il nostro tempo. Malattie e tribolazioni dei fanciulli.
Causa delle
tribolazioni. L’influsso maligno degli spiriti sui fanciulli.
La Creazione
materiale quale conglomerato di spiriti giudicati.
1. Ora, nel tempo attuale[17],
in cui tutti questi avvenimenti tanto lontani vengono
narrati agli uomini per mezzo di un servitore[18]
appositamente scelto da Me, cioè da quello stesso Cristo che quasi duemila anni
fa insegnò ed operò su questa Terra quale Dio e quale Uomo, qualcuno potrebbe
domandare e dire:
2. «Come? Come può essere che più della metà forse di quei fanciulli -
che erano stati pignorati ed erano in mano dei farisei - se non fossero stati
trattenuti qui, sarebbero stati venduti, al massimo entro dieci giorni, tramite
privilegiati mercanti di schiavi, parte a Sidone e Tiro, parte in Cesarea ed
Antiochia o addirittura ad Alessandria, fanciulli che dovrebbero comunque
essere stati ben educati ed allevati, ebbene, come può essere che non risulti
che Io, Quale il primo Amico dei piccoli, in nessuna occasione abbia visitato
questi fanciulli, né che abbia rivolto loro la benché minima parola, mentre in
tutte le altre occasioni Io feci chiamare subito a Me i piccoli, li accarezzai
e li benedii pubblicamente!?»
3. A tale domanda valga la seguente risposta: «In primo luogo quei
fanciulli avevano naturalmente per la maggior parte già superato il nono anno
di età, e fra di loro vi erano anche delle ragazze dai quattordici ai sedici
anni, e così pure dei giovani di pari età, ed è facile comprendere che non si
sarebbe potuto entrare nella stanza dove erano radunati questi giovani seminudi
senza sollevare uno scandalo; ed in secondo luogo non si trattava più certo di
fanciulli tanto innocenti come Io ebbi occasione di trovare qua e là, ma di
fanciulli per la maggior parte del tutto corrotti tanto fisicamente che
moralmente; infatti la pederastia e la violazione non erano in nessun luogo
tanto vergognosamente comuni quanto nei paesi di confine fra gli ebrei ed i
greci. E così anche la sciagura, che Io permisi che colpisse quei fanciulli
corrotti, non fu certo per loro una lezione del tutto vana; infatti, in primo
luogo, essa dovette apparire come un severo castigo per la loro corruzione, ed,
in secondo luogo, essi furono con ciò ammoniti a non voler più per l’avvenire
servire al soddisfacimento sensuale di greci libidinosi, ma a condurre invece e
seriamente una vita timorata di Dio se volevano evitare che, dopo un prossimo
peccato, Dio li punisse ancora più rigorosamente, cosa alla quale Fausto
accennò nel modo più energico e persuasivo nel discorso di ammonizione da lui
rivolto ai genitori ed ai fanciulli.
4. Dunque, sapendo ora questo, speriamo sia chiaro che Io, quantunque
colmo di tutto il più divino Amore verso ciascun uomo, a causa della stessa
Santità divina non posso né devo avvicinarMi personalmente alla carne
peccaminosa estremamente impura, e che in tali casi sorge la premessa per il
ben noto “Non Mi toccare!”.
5. Infatti, vi è una grande differenza tra un fanciullo puro ed uno
oltremodo impuro. Il primo può venire guidato da Me direttamente; il secondo,
invece, soltanto indirettamente per sentieri necessariamente spinosi, a seconda
del bisogno, come lo ha dimostrato in modo quanto mai chiaro il caso qui
fedelmente esposto.
6. Perciò non si venga neppure fuori troppo precipitosamente domandando
per quale motivo non di rado dei fanciulli, che certo non hanno per nulla
peccato oppure che per lo meno non sono responsabili, vengano da parte Mia
trattati, per quanto riguarda il corpo, più duramente di molti adulti dei quali
contare i peccati sarebbe altrettanto difficile quanto contare i granelli di
sabbia del mare.
7. E allora Io dico: “Chi vuole piegare o vuole dare una qualche
direzione ad un albero deve cominciare a piegarlo o a dargli la voluta
direzione quando esso è ancora giovane e tenero. Quando invece l’albero è
cresciuto e si è fatto robusto, è opportuno ricorrere a mezzi straordinari per
tentare, se pure con poca probabilità di riuscita, di dargli un’altra
direzione; se poi l’albero è diventato proprio vecchissimo, allora esso non può
più venire piegato in altra direzione se non nell’ultima, cioè quando viene
abbattuto con la scure”.
8. E per questa ragione anche avviene che Io, che sono il Signore,
procedo con i fanciulli, e non di rado perfino con i bambini, in modo più
energico e potente che non con un adulto, dato che gli spiriti maligni non
usano in nessun altro luogo tanto zelo e tanta attività quanto appunto presso i
fanciulli, e si prestano quanto mai volentieri nell’aiutare l’anima ad
edificare il proprio corpo in maniera che questo possa offrire anche a loro, in
gran numero, delle dimore comode e libere!
9. Ma allora cosa fa il Signore, al Quale nulla può rimanere nascosto
di tutto quello che avviene?
10. Ecco, Egli manda il Suo angelo, fa disgregare l’opera meschina e
perfida dei maligni cooperatori e, quali parti estranee, li fa espellere dal
corpo sotto la forma esteriore visibile di svariate malattie.
11. Osservate bene le varie malattie dei bambini e dei fanciulli, ed Io
vi dico che esse non sono altro se non un processo di eliminazione del
materiale estraneo e di natura maligna, per mezzo del quale spiriti ancora
maligni, con il coadiuvare l’anima nella sua opera edificatrice del corpo,
hanno voluto erigersi per loro conto libere dimore in questo stesso corpo.
12. Trattandosi di bambini, se non venisse esercitata una costante
vigilanza e non venisse prontamente ed energicamente posto freno a tali
eccessi, sarebbero in tale quantità gli ossessi, i sordomuti, i ritardati e gli
storpi di ogni genere da rendere non così facile compito trovare un solo uomo
sano su tutta la Terra.
13. E qui si domanderà certo nuovamente e si dirà: “Come mai poté la
suprema Sapienza di Dio permettere già fin dalle origini che spiriti maligni e
impuri si insinuassero di nascosto nel giovane corpo dell’anima?”
14. Ed Io risponderò: “Così domanda l’uomo cieco, il quale non sa che
tutta la Terra, anzi tutta intera la Creazione considerata nella sua parte
visibile esteriore e materiale, cioè in tutti i cosiddetti elementi che la
compongono, non è altro che una specie di conglomerato di spiriti sottoposti a
giudizio, ovverosia fissati per un determinato tempo”».
Del mistero
della forza vitale. L’effetto purificatore della malattia e della
alimentazione.
Importanza di
una giusta alimentazione per i fanciulli.
Le
prescrizioni di Mosè sull’alimentazione.
Ammonizione
contro il consumo di frutta verminosa e immatura, di patate e caffè.
1. (Continua il Signore:) «Ogni qualvolta l’anima richiede del
nutrimento materiale per il suo corpo, e questo le viene fornito, allora l’anima
assorbe sempre assieme con il cibo una legione di spiriti divenuti già più
liberi, ma di natura ancora maligna ed impura, i quali sono chiamati ad esserle
poi utili nell’azione edificatrice del proprio corpo.
2. Questi spiriti però, che si accumulano sempre più, si afferrano
successivamente l’un l’altro e formano ben presto proprie anime a loro modo
intelligenti; quando esse si sono elevate ad un tale livello, poi loro piantano
presto in asso l’anima vera e propria come posseditrice autorizzata del corpo,
e cominciano a prendere per loro conto, nello stesso corpo, quei provvedimenti
che essi reputano confacenti al loro benessere, secondo la loro natura.
3. Ed appunto quando questo lavorio, per il loro presunto benessere, ha
raggiunto un certo grado abbastanza elevato di intensità, ciò che avviene molto
facilmente trattandosi di anime troppo affamate e voraci in rapporto al loro
giovane corpo, allora può ed anche deve subentrare uno o l’altro sintomo presso
i fanciulli.
4. Quanto vi è di estraneo nel corpo deve venire espulso mediante una
qualche efficace malattia se non si vuole che il bambino divenga preda di una
reale possessione; oppure in qualche caso, per non tormentare eccessivamente
un’anima infantile più debole, viene lasciato che l’anima continui a vivere,
certo stentatamente, nel corpo per metà estraneo ad essa, fino ad un dato
tempo, e si procura poi, con l’esperienza e gli insegnamenti da parte del mondo
spirituale esterno ed interno contemporaneamente, di elevarla ad un grado tale
di conoscenza da indurla infine ad espellere con il proprio volere i parassiti
che in essa si sono introdotti, sottoponendosi a digiuni e ad ogni altro genere
di privazioni; però, qualora questi parassiti siano troppo ostinati, allora
conviene liberarla addirittura dell’intero corpo; tale anima viene poi educata
in un altro mondo a divenire adatta alla vita eterna.
5. Questa è pure la ragione dei frequenti casi di morte corporea
precoce fra i fanciulli, tanto amara per i genitori; per conseguenza,
specialmente i genitori ricchi finanziariamente, devono aver cura estrema che
ai loro figlioli venga dato un nutrimento materiale corrispondente allo scopo.
6. Se la madre vuole prendere dei cibi qualificati da Mosè come impuri,
allora non allatti essa stessa il bambino, ma lo faccia allattare da un’altra
donna la quale usi dei cibi puri, altrimenti essa andrà incontro a grandi
difficoltà nell’allevarlo.
7. Per questo motivo già dai tempi di Abramo, e particolarmente per
mezzo di Mosè, sono stati prescritti, sotto forma di legge agli ebrei, gli
animali e la frutta da usare quale cibo mondo, e tutti coloro che osservarono
coscienziosamente questa legge non ebbero mai figli ammalati, raggiunsero essi
stessi un’età avanzata e morirono comunemente di vecchiaia.
8. In questi tempi, però, nei quali si fa a gara per procurarsi perfino
i più strani bocconi ghiotti senza pensare affatto se questo o quel boccone sia
mondo od immondo, ed in certi casi ci si adatta a mandare giù nello stomaco
qualunque cosa purché non sia pietra o fango, ebbene, in questi tempi è certo
un miracolo per i ciechi uomini che essi non siano già degenerati perfino
corporalmente a tal punto da assumere anche le corrispondenti forme animalesche
esteriori; meta questa che, per quanto riguarda l’anima, essi hanno già
perfettamente raggiunto.
9. Dunque, se i bambini vengono colpiti già in tenera età da ogni tipo
di mali, la causa è evidentemente da ricercarsi particolarmente nel nutrimento
altamente inadatto che si da loro, mediante il quale vengono introdotti nel
corpo, in quantità troppo grande, spiriti impuri di natura maligna, così che
spesso, per la salvezza della loro anima, si rende necessario allontanare
quest’ultima, non di rado anche togliendola via completamente dal giovane
corpo. Ed ecco che se i bambini muoiono talvolta precocemente, a niente altro è
da farvi risalire la colpa se non alla cecità troppo spesso imperdonabile dei
genitori, i quali sono propensi a seguire qualsiasi consiglio, ma non quello
che fu loro dato da Dio nel Libro[19]
santo!
10. Vedete, per mezzo dei Miei angeli ogni anno Io faccio perfino
esaminare nella maniera più scrupolosa qualunque albero i cui frutti servono
all’uomo di cibo, e faccio procedere ad una scelta così rigorosa che non vi è
mela o pera né nessun altro frutto, qualunque sia il suo nome, che abbia
cominciato a svilupparsi nel fiore, nel quale si sia insinuata qualche
particella spirituale ancora troppo impura per quella data specie di frutto;
non vi è, dico, nessun frutto simile che possa giungere a maturazione, perché
esso viene rigettato dall’albero o dall’arbusto quando è ancora del tutto
immaturo.
11. Le stesse cure vengono dedicate a tutti i cereali e ad ogni altra
pianta destinata al nutrimento dell’uomo.
12. Ma l’uomo cieco non solo non riconosce ciò, ma per di più divora,
al pari di un polipo, qualunque cosa di apparenza appetitosa gli capiti sotto
mano; dunque, c’è forse da meravigliarsi se, in conseguenza di ciò, in breve
tempo si ammala e diventa pigro, carico di acciacchi, storpio e così sempre più
miserevole?!
13. Ad esempio, le cosiddette patate, di qualsiasi specie, sono più che
nocive particolarmente per i bambini e le donne che allattano, come pure per le
donne gravide, e peggiore ancora è il caffè, ma i ciechi non vedono nulla e
continuano a cibarsi di entrambi con grande avidità, a causa del piacere che ne
trae il palato; e così i fanciulli immiseriscono nel corpo e, avanzando in età,
divengono uomini e donne cagionevoli di salute. Ma tutto questo al cieco non
importa proprio nulla; egli già comunque assorbe veleni ancora molto peggiori;
perché non dovrebbe trangugiare questi due tipi di veleni più leggeri?
14. Io tuttavia indicherò all’uomo quali sono i cibi[20] che gli sono confacenti; se egli si atterrà al Mio
consiglio, diventerà, sarà e si manterrà sano; ma se egli non si atterrà al Mio
consiglio, allora correrà incontro alla propria rovina, e finirà come un
animale selvaggio e malvagio nel deserto.
15. Ed ora, avendone detto a sufficienza, sia posto termine a questa
spiegazione quanto mai importante e si ritorni all’argomento principale!».
FINE DEL PRIMO VOLUME
INDICE
|
SPIEGAZIONE DEL
VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI |
Breve introduzione alla comprensione spirituale delle parole evangeliche di Giovanni, l’apostolo prediletto del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo - (Giov. 1,1-5) |
|
Un alto spirito (Michele), incarnato come Giovanni (Battista), rende testimonianza sul Signore - Gli insegnamenti fondamentali: la natura di Dio, dell’uomo e del suo rapporto con Dio - La caduta dell’uomo e le straordinarie vie di Dio per la sua redenzione - (Giov. 1,6-13) |
|
L’Incarnazione della Parola eterna e la testimonianza di Giovanni Battista su di Lui - Cenni di vita fondamentali per la nuova esistenza mediante la rinascita - Prima e seconda Grazia - (Giov. 1,14-16) |
|
La Legge e la Grazia - Ulteriori
lotte degli esseri chiamati alla libera figliolanza divina - Compare il
Redentore - Padre e Figlio sono Uno, come fiamma e luce - (Giov. 1,17-18) |
|
La testimonianza
di Giovanni Battista su se stesso - Motivo del
rinnegamento del
suo spirito di Elia - Umile attestazione del precursore
del Messia - Vane e false idee dei templari sul Cristo che doveva venire - Di nuovo chiara testimonianza
di Giovanni Battista sul Signore - (Giov. 1,19-30) |
|
Giovanni dichiara di aver riconosciuto il Signore ora anche fisicamente - Doppio battesimo: Giovanni battezza il Signore con acqua, ed Egli lo battezza col Suo Santo Spirito - La testimonianza del Santo Padre su Suo Figlio - Cenni sul modo di scrivere di quei tempi - (Giov. 1,31-34) |
|
Tre versetti come esempi del
modo di scrivere di quei tempi - (Giov. 1,35-37) |
|
I primi discepoli del Signore - La Sua capanna nel deserto, come origine degli eremitaggi - Andrea e Pietro, i due fratelli pescatori - Cenni significativi, in occasione dell’accoglienza di Simone, sul venire incontro da parte del Signore e la testimonianza della verità interiore - (Giov. 1,38-42) |
|
Prova di abnegazione dei due primi discepoli
- La patria di Pietro - Vocazione
di Filippo, un povero maestro e suo presentimento
circa la persona del Messia - Particolari
sulla vocazione di Natanaele - La ragione di questa
spiegazione quale guida alla Luce Vivente - (Giov. 1,43-51) |
|
|
IL SECONDO CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI Le Nozze di Cana in Galilea – La Purificazione del
Tempio |
Connessione del primo e secondo capitol - Il Signore con
i Suoi quattro discepoli nella casa di Suo padre - Morte
di Giuseppe - Vedute erronee di Maria sulla missione
del Messia - Giacomo, Giovanni e Tommaso accolti
come apostolici - Cenni sulla rispondenza spirituale degli avvenimenti accaduti alle nozze
di Cana - I tre stadi della rinascita - (Giov. 2,1-5) |
|
Ulteriori avvenimenti
alle nozze di Cana - Il miracolo del vino e sue
conseguenze - Confessione di Pietro, testimonianza del Signore sulla Sua
missione - Importante brindisi di Pietro - Cenni sulla rispondenza - (Giov.
2,6-11) |
|
Il Signore e i suoi discepoli a
Cafarnao - Adempimento di una promessa di Isaia -
Inizio della predicazione del Signore e il suo duplice effetto - Cenno
sullo spirito mercantile - Il Signore e i Suoi discepoli alla festa di Pasqua
a Gerusalemme - Cenno sulla Pasqua a quell’epoca - Il Tempio di Dio usato
come mercato del bestiame e come cambiavalute - (Giov. 2,12-13) |
|
Gli abominii del Tempio durante la Pasqua -
Pietro e Natanaele si scandalizzano - Un vecchio ebreo testimonia sugli
abomini del Tempio - Purificazione del Tempio da parte del Signore - (Giov. 2,14-17) |
|
Parola profetica del Signore sulla distruzione e
riedificazione del Tempio in tre giorni - Incapacità di comprensione degli
ebrei; essi vengono destinati ai discepoli -
Testimonianza e confessione dei Suoi discepoli - Il Signore dà una grande
testimonianza di luce agli ebrei, ma essi vogliono vedere miracoli - (Giov.
2,18-22) |
|
Continuazione dell’episodio tra il Signore e gli
ebrei - Uno di questi si offre di ospitare Lui e i Suoi - Il Signore gli
dimostra i pensieri impuri suoi e quelli dei suoi
compagni, nonché la perfidia delle leggi ed istituzioni umane e abbandona il
Tempio - (Giov. 2,23-25) |
|
Il significato spirituale o la rispondenza della
purificazione del Tempio, rivelato dal Signore - Cenni notevoli sul modo di
vivere e di comportarsi |
|
|
IL TERZO
CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI Conversazione
sulla rinascita tra Gesù e Nicodemo Giovanni
parla di Cristo con i suoi discepoli |
Il Signore, nell’albergo, fa molto del bene per
mezzo di insegnamenti e guarigioni miracolose -
Conversazione notturna con i ricchi visitatori - «Ciò che è piccolo davanti
al mondo è eletto da Dio» - (Giov. 3,1) |
|
Scena con Nicodemo, preposto di Gerusalemme - Nicodemo,
pur essendo conoscitore di profezie ed avendo
calcolato esattamente il tempo della venuta del Regno di Dio, non riconosce
il Signore - Importanti indicazioni sulla rinascita - (Giov. 3,2-5) |
|
Continuazione della scena con Nicodemo - Il Signore Quale Maestro in tutto, quindi anche nella vera
Sapienza - L’essenza dell’uomo - Il segreto dello spirito - Parabola
meravigliosa sulla rispondenza tra il vino nuovo e un’anima ancora immatura
per la luce spirituale - (Giov. 3,6-12) |
|
Tre altri importanti versetti,
incomprensibili a Nicodemo - Discorso pessimista di Nicodemo - Brevi
avvertenze del Signore - (Giov. 3,13-15) |
|
Il Signore dà cenni più comprensibili per
Nicodemo sull’incarnazione del Figlio e sulla missione come Figlio di Dio e
Figlio dell’uomo - Cos’è il Giudizio? Chi non vuole riconoscere il Signore,
ha già il Giudizio in sé - (Giov. 3,16-21) |
|
Nicodemo non riesce ancora a discernere il divino
Figlio dell’uomo - Il Signore lo manda da Giovanni - Finalmente si fa luce
nel cuore di Nicodemo - «Segui gli impulsi del tuo cuore!» - La potenza
dell’Amore - Il Signore chiede un favore a Nicodemo - La sua dichiarazione
d’amore agli ancora sconosciuti |
|
L’operato del Signore in
Giudea - Il battesimo d’acqua e di fuoco - La Dottrina dell’Amore e la testimonianza
di opere di bene che l’accompagna - Una cosa soltanto è necessaria -
Discussione dei discepoli sul vero battesimo - «Sei Tu Colui?» - Risposta del
Signore - (Giov. 3,22-26) |
|
Ultima chiarissima, grandissima testimonianza
resa al Signore da Giovanni Battista - Chi sia la Sposa e chi è lo Sposo -
Umiltà di Giovanni - Il mistero di Dio, quale Padre e Figlio - Condizione per
la vita eterna: la fede nel Figlio - (Giov. 3,27-36) |
|
|
IL QUARTO
CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI Conversione
dei samaritani – Guarigione del figlio del re |
Le Grazie operate dal Signore a favore di coloro che credevano in Lui aumentano il numero dei Suoi
seguaci - Origine di falsi Vangeli - Gelosia dei templari e loro accanimento
persecutorio - Il Signore attraverso la Samaria passa in Galilea - Carattere
dei samaritani - A Sichar - Il Signore e i Suoi
fanno sosta al pozzo di Giacobbe - (Giov. 4,1-6) |
|
Il Signore e la donna al pozzo
di Giacobbe - Insegnamenti del Signore sull’essenza della Sua Acqua
vivificante - (Giov. 4,7-16) |
|
Continuazione della scena al pozzo di Giacobbe -
Discorso del Signore con la samaritana riguardo suo marito - La donna
riconosce il Signore quale profeta e Gli chiede dove
può adorare Dio affinché sia risanata - Sulla vera adorazione di Dio Padre in
Spirito e Verità - Cenni di vita - (Giov. 4,17-24) |
|
La samaritana è disposta a dare da bere al
Signore - Della sete spirituale del Signore verso i cuori degli uomini - La
virtù curativa dello Spirito nell’uomo che ha fede - Conversazioni sul Messia
- Il Signore si rivela alla samaritana come Messia - (Giov.4,25-26) |
|
Il dialogo tra il Signore e la samaritana viene interrotto dal ritorno di alcuni discepoli - La vera
adorazione in Dio consiste nell’amore attivo - Guarigione della samaritana -
La gioia della risanata e il suo zelante divulgare il Messia trovato - La
delegazione di sichariti dal Messia - (Giov.4,27-30) |
|
Parole del Signore sul Suo vivificante cibo - La grande
missione del raccolto - Preghiera per ottenere più operai - La follia del
sabato - Come deve essere celebrato il sabato per piacere a Dio -
(Giov.4,31-38) |
|
Il Signore viene
riconosciuto ed accolto con fede dai samaritani - Scena tra i sichariti e la
donna del pozzo di Giacobbe - Suo discorso sulla vera onorificenza: l’amore
al Signore -(Giov.4,39-42) |
|
Scena deliziosa tra il Signore e la donna, nella
cui casa Egli vuole albergare - Discorso del Signore ai samaritani - Il
Signore guarda il cuore, mentre gli uomini l’esteriore - L’onore della donna
del pozzo di Giacobbe |
|
Avvenimenti miracolosi in casa della donna - Scena
tra la donna e i mosaisti samaritani - Questi tentano di infamare Gesù, ma
sono giustamente puniti - Relazione del medico e risposta del Signore |
|
Istruzioni del Signore all’evangelista Giovanni
sulle cose che devono essere annotate per iscritto - Il Signore e i Suoi
nella vecchia casa di Giuseppe in Sichar -
Preparativi degli angeli per accogliere la santa Compagnia - La relazione tra
Dio Padre e Dio Figlio |
|
A Sichar - Narrazione
dei servitori sulla trasformazione miracolosa della casa - Il Signore è
riconosciuto in maniera meravigliosa dalla donna - Il Signore vuole che essa
mantenga il segreto - Le Sue amorevoli cure per Maria - I discepoli
contemplano i Cieli - Esemplare confessione di Natanaele
- Il Signore ammonisce di tenere il silenzio sul celeste mistero |
|
A Sichar - Il Signore
informa Giovanni che non tutto si presta ad essere
annotato - Promessa dell’attuale Rivelazione - «Basta che tu creda e che Mi
ami!» - Il Messia e il Suo Regno - Parole di benedizione al medico e alla
donna - Joram ed Irhaele
vengono congiunti in matrimonio dal Signore - Il Signore non dorme |
|
|
IL PRIMO
DEI DUE GIORNI A SICHAR, CITTÀ DELLA SAMARIA |
Canto mattutino dei sacerdoti a Sichar - Il Signore li indirizza al monte - Vocazione di
Matteo come evangelista ed apostolo - Sulla natura
dei sogni |
|
A Sichar - Scena tra il
Signore e Matteo, esattore della dogana - Il Signore lo istruisce sul come
annotare il Sermone sulla montagna - Discorso e saluto del capo sacerdote -
Risposta del Signore. Consigli sulla vita - «Non l’udire,
ma l’operare secondo la Mia Dottrina reca salvezza!» - Colazione rustica |
|
A Sichar - La colazione
presso Irhaele - Il latte e il miele della Terra
Promessa sono i migliori del mondo! Parole del saggio samaritano in lode al
Creatore - Discorso del Signore su come l’uomo può divenire perfetto - «Il
Mio giogo è dolce e il Mio carico leggero!» - Consigli sul modo di vivere -
«Chi segue il Mio consiglio, farà bene!» - La vera Casa di Dio: la natura
libera e l’anima umana - Il Sermone sulla montagna - (Matteo 5,6-7) |
|
A Sichar - Critica del
Sermone della montagna fatta dai sacerdoti - Il capo dei sacerdoti,
in maniera sincera, esprime i suoi dubbi riguardo al Sermone della montagna -
Il Signore avverte di non soffermarsi sulle immagini, ma di cercare di
penetrare lo spirito del Suo discorso! |
|
A Sichar -
Continuazione della critica del capo dei sacerdoti in
relazione alla dura Dottrina del Signore - La Dottrina paragonata alla
brocca d’acqua, che rimane chiusa all’assetato - Logica pratica della
intelligenza umana - Pazienza usata dal Signore verso il sacerdote leale, che
continua a criticare i punti del Sermone della montagna che gli sembrano
irrealizzabili - Il Signore invita il capo dei sacerdoti a recarsi da
Natanaele, per esserne illuminato |
|
A Sichar - Natanaele spiega, in maniera chiara ma aspra, il punto
del Sermone della montagna che scandalizza l’intelligenza dell’uomo - Il
Messia insegna mediante parabole - Corrispondenza tra naturale e spirituale -
Come si arriva alla comprensione dello spirituale - Differenza tra la Parola divina e quella umana - Scopo della vita di prova nella
carne - Consigli di vita illustrati - Pericoli dell’amore al mondo -
Avvertenza ai critici |
|
A Sichar - Natanaele spiega le ragioni per cui il Signore si esprime
in parabole - Ulteriori chiarimenti riguardo al Sermone
della montagna - Importanti consigli sulla vita |
|
Ulteriori domande del
sacerdote sulla rispondenza delle parabole simboliche del Sermone della
montagna - Spiegazione di “occhio destro” e “mano sinistra” da parte di Natanaele - Ringraziamenti di colui che ha ricevuto
l’insegnamento |
|
A Sichar - La modestia
di Natanaele - La sua ammirabile confessione
apostolica - «Colui che non abbandona tutto ciò che
possiede per amore del Signore, non è degno di Lui!» - Desiderio del
sacerdote di seguire il Signore, e la sua preoccupazione per il benessere del
suo gregge |
|
A Sichar - Guarigione del
lebbroso in conformità alla sua preghiera: «Signore, se Tu vuoi
puoi mondarmi!» - Buon esito di questo miracolo - Entusiasmo ed iniziativa
del sommo sacerdote - Consigli del Signore per essere moderati in ogni cosa |
|
A Sichar - La cena
meravigliosa in compagnia degli angeli in casa di Irhaele
- Stupore del sacerdote, che chiede al Signore chiarimenti riguardo a questi
angelici servitori - Considerazioni di incredulità
dei galilei, compatrioti del Salvatore |
|
A Sichar
- Gli ospiti e i servitori celesti - Apprensione del sacerdote riguardo alla
sua missione di conversione del popolo incredulo - Cenni del Signore
al sacerdote sulla Sua Missione e Sua predizione delle Sue sofferenze, morte
e Risurrezione - Il successo della missione dei martiri dopo la loro morte -
Apparizioni di spiriti - Meravigliose promesse sul destino dei veri seguaci
del Signore |
|
A Sichar - Insegnamenti
sul modo e sul luogo dove si debba adorare veramente Dio - Saggio discorso di
Irhaele - «Non templi, ma
luoghi di ricovero ed ospedali per i poveri dovreste costruirMi!» - Cenni sul
tempio della Creazione |
|
A Sichar - La santificazione
del sabato - Ciò che Dio vuole che gli uomini facciano! I giorni lavorativi e
il sabato - Dio è sempre operoso - Il precetto del sabato di Mosè - «Dovete
diventare perfetti com’è perfetto il Padre in Cielo» - Il Signore promette di esaudire le preghiere dei figli |
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A Sichar - Gli angeli
confortano alcuni ospiti timidi - Il “Vangelo di Sichar”
- Natanaele narra la storia della sua conversione -
L’ordine del Signore di tacere sulla Sua Divinità fino alla Sua elevazione
sulla Croce |
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IL
SECONDO DEI DUE GIORNI A SICHAR |
Il Signore si informa
sulle condizioni familiari del sacerdote - Modo di vestire di Maria -
Abominevoli calunnie sparse sul conto della famiglia del sacerdote - La
tristezza di Jonaele - Buone parole di consolazione
del Signore e Sua testimonianza sul mondo |
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A Sichar - Entusiasta
testimonianza di Pietro sul Figlio di Dio e suo duro giudizio sui galilei
increduli - Scena tra Simone ed un non credente -
Critica del galileo su Gesù e i Suoi discepoli - Risposta sincera di Pietro -
L’angelo e il Signore condannano il bugiardo calunniatore - Lo spirito
maligno quale aguzzino - Il castigo del malvagio |
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A Sichar - Il Signore e
la nobile famiglia di Jonaele - I discepoli si
scandalizzano per le toccanti scene che si svolgono per strada tra il Signore
e le figlie di Jonaele - Severo biasimo del Signore
per le loro critiche - Dov’è il Regno di Dio - «Rimanete nell’Amore!» |
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A Sichar - La passeggiata
attraverso il grazioso bosco - Il vecchio castello di Esaù
- Scena tra il padrone del castello, i suoi servitori e il Signore -
L’accorto commerciante, amico della verità, nell’imbarazzo - Il Signore
scrutatore di pensieri - Il mercante poetico - La domanda scabrosa |
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A Sichar - Ampia
risposta del prudente mercante alla domanda su chi sia il Signore del mondo -
Sulle cattive esperienze di chi testimonia la verità sulla Terra - Esempi del
ladrone e dell’impostore - Argomentazioni di Jonaele sulla menzogna come
causa del male sulla Terra |
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A Sichar - Finalmente
il mercante risponde alla domanda scabrosa - «Dunque
sei Tu il Messia? Per Lui ho lavorato per tutta la vita! Sia Egli il
Benvenuto!» - Il Signore accetta l’invito a pranzo fatto dal mercante |
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A Sichar - Insegnamenti
sul modo di comportarsi nella vita - «Dare è cosa migliore che ricevere» -
«Quello che l’amore opera, sussiste in eterno» - Misera sorte nell’aldilà
degli amici del mondo - Consigli del Signore sul saggio impiego dei beni
terreni - Come si conseguono le benedizioni divine |
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A Sichar - Dubbi del mercante
che il Signore si possa curare delle questioni quotidiane - Sua venerazione
per Jehova e sue amorevoli cure per i poveri - Dio bisogna più amarLo che
temerLo! |
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A Sichar - Le sorprese
e i miracoli si susseguono - Il Signore, ospite del mercante, ospita a Sua
volta costui nel vecchio castello di Esaù - Il
banchetto celeste e i celesti servitori - Il Signore afferma: «Io sono più
ricco di te!» |
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A Sichar -
Continuazione delle sorprese miracolose - Gli angeli quali costruttori della
splendida sala - Il mercante presagisce in Gesù il “Figlio di Dio” |
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A Sichar
- Il pranzo celeste nella sala degli angeli - Gioia del mercante e sua promessa
- Discorso pessimista, ma purtroppo vero, di Jairuth sulla situazione
dei popoli di quell’epoca - Discorso chiaro del Signore riguardo al Regno di
Dio e alla missione del Messia - La dimora delle anime degli uomini morti
prima dell’ascensione del Signore |
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A Sichar - Salutare
effetto del cibo celeste e specialmente del vino celeste - Jairuth parla della differenza tra una legge e un buon
consiglio - Della diversa azione del vino su uomini differenti
|
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A Sichar - Jairuth rinuncia al vino, in compenso fa del bene ai
poveri e ottiene due angeli custodi - La natura e la missione degli angeli -
Buona opinione di Jairuth sulla benedizione, derivante dalla debolezza umana |
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A Sichar - Jairuth accompagna il Signore - Servizio degli angeli
custodi - Scena con i mercenari romani |
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A Sichar - Guarigione
del paralitico, vicino al piccolo villaggio - Ringraziamenti e manifestazioni
di gioia del risanato - I soldati romani si danno alla fuga e poi ritornano - |
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A Sichar - Importanti
insegnamenti sul Messia, su Satana e sull’Ordinamento divino - Il Signore
annuncia la nuova Legge di Amore - Jehova si
manifesta nel dolce aleggiare di vento |
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A Sichar
- La delegazione militare romana - Dialogo tra il Signore e il comandante
romano riguardo alla verità - Uomini e larve umane - La perfezione -
L’imitazione del Signore |
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A Sichar - La nullità
degli dèi - Del valore ed essenza della verità e il cammino che conduce ad essa - Il vero nodo gordiano - Il segreto dell’Amore -
La testa e il cuore - La chiave e sede della verità |
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A Sichar - Esempio
delle funzioni dell’intelletto e del cuore - «Non essere giudice con il peccatore, ma fratello amoroso, allora tu troverai verità
e salvezza!» - La rabbia è come un giudizio - Dove manca l’amore non c’è
verità - La verità universale nell’Eternità - Cenni sull’esistenza
individuale nell’aldilà - «Chi sei tu?» - «SeguiMi!» |
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A Sichar - Il Signore
guarisce la moglie del capo legione - Importanti insegnamenti per conseguire
la piena verità e la forza dell’azione - Il Signore testimonia del Padre -
Criterio della Dottrina |
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Ritorno a Sichar -
Importanti profezie per la fine dei tempi - La Fine del Mondo e il Giudizio
Universale - La Grande Tribolazione - Gli squilli di tromba degli angeli
prima del ritorno di Cristo - La Terra come Paradiso - L’ultima prova di
Satana - Le sofferenze e la Risurrezione del Signore
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A Sichar - Il Signore e
i Suoi in casa di Irhaele - Il Signore benedice il
buon intendimento di Giovanni (il risanato) e di Jonaele
- Il Signore e Jairuth |
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A Sichar - I muti
arroganti e i loro compagni mentitori in atteggiamento minaccioso - Severità
di Joram e sdegno dei discepoli contro i mentitori - Richiamo del Signore e
insegnamenti relativi alla malvagità dell’uomo -
«Non ripagate il male con il male!» - Esempio del padrone e del suo servo -
Esempio della prepotenza e del taglione |
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A Sichar - I danni che
possono derivare dalla bontà - Esempio del giardino delle belve - La
Redenzione dal male - Il nuovo cammino per la libertà dei figli di Dio - Il
trattamento dei malfattori - Parabola del leone - Il Vangelo della missione e
dell’apostolato |
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A Sichar - Buone parole
e preghiera di Pietro (Padre Nostro) - Il miglior consiglio del Signore per
mantenere a lungo l’ordine e la pace nello Stato - «Con l’amore conseguirete
tutto!» - La violenza incita i demoni a fare il male - Proposta umana di
Pietro per propagare la Verità - Le parole del Signore sul compito degli
angeli custodi e la natura dei malfattori |
|
A Sichar - Il Signore e
gli sfrontati cittadini schiamazzanti - Tristi pensieri del comandante romano
sulla scelleratezza umana - Savio accenno di Jonaele alla fiducia in Dio -
«Lo farà di certo - a tempo debito» |
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A Sichar -
Continuazione del discorso sulla tolleranza fra Jonaele e il comandante; la
buona testimonianza di quest’ultimo su Gesù e la sua ira contro gli ebrei
ciechi e perversi - Uno squarcio di luce sull’Allopatia - Conseguenze del
peccato e modo di curarlo - Dolcezza e pazienza più efficaci della collera -
Esempi come dimostrazioni di esperienza - Seguire il Signore è meglio che anteporsi al Suo giudizio |
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A Sichar
- Cenni di Jonaele sul trattamento delle malattie dell’anima - Cattive conseguenze
dell’esagerata severità - nelle grandi e nelle piccole cose - Della
pena di morte - La vendetta delle anime uccise - Buoni consigli per la
riconciliazione con i nemici morenti - Esempio del nemico ucciso di Davide -
Benedizione della pace e dell’amicizia - La vendetta dei nemici nell’aldilà |
|
A Sichar - «Vivete in
pace e unità» - Degli angeli custodi - Accenno all’ordinamento della Casa
divina - Una domanda giustificata: «Come e quando
miglioreranno le condizioni sulla Terra? Quando dominerà il Regno di Dio?» |
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A Sichar
- L’insegnamento del Signore sul trattamento dei delinquenti - La pena di
morte e il suo effetto - Un consiglio per i giudici - Dello scopo principale
dell’Incarnazione del Signore - La costruzione del ponte fra questo e l’altro
mondo - Guide nell’aldilà per gli ignari - Buona preghiera |
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A Sichar - Promessa del
Signore di una visita segreta - Il profeta è più ascoltato in paese straniero
- Matteo accompagna il Signore quale scrivano - Ringraziamento del comandante
romano - Jonaele viene
prescelto come maestro; gli viene conferito un potere miracoloso e gli viene assegnato
un angelo come istruttore - Il profondo dolore per il commiato di Irhaele e Joram - La consolazione da parte del Signore -
(Giov.4,43-44) |
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A Sichar - Importanti
cenni sulla Missione di Gesù - La potenza della Verità - Dell’essenza della
Parola del Signore - La Grazia per cui l’uomo è chiamato ad
essere figlio di Dio - Il Signore non vuole né scoraggiati né condannatori
del mondo - Consigli sul modo di vivere - Ciò che è il mondo e come esso
possa essere utilizzato! - Partenza da Sichar |
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Fine del
secondo giorno a Sichar IL
VIAGGIO IN GALILEA |
Rimprovero di Matteo al Signore - Dell’Essenza divina
e del processo della Creazione - Della bellezza, distanza e grandezza del
sole - Un’eclissi solare - «Un po’ di spavento non nuoce mai agli uomini
soggiogati dai sensi» |
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Prosecuzione del viaggio - Arrivo
in Galilea - Differenti opinioni sul Messia - Cenni riguardo al Regno di Dio
- Continuazione del viaggio verso Cana in Galilea - (Giov. 4,45) |
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Ritorno del Signore in Cana di Galilea - I
lussuriosi si smascherano da sé - Il Signore parla dei danni causati dalla
lussuria in questo e nell’altro mondo - Lo stuzzicamento del piacere è il
mezzo raffinato di cui si giova Satana - (Giov. 4,46) |
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La vera patria è presso il Signore - Parole
scettiche degli ebrei riguardo a Gesù - La loro partenza e il loro arresto da
parte dei soldati romani - Cornelio presso il Signore
|
|
Il Signore si intrattiene
con Cornelio sugli abitanti del Tempio di Gerusalemme e sulla purificazione
del Tempio effettuata dal Signore - Buona influenza esercitata da Nicodemo -
Predizione del Giudizio su Gerusalemme |
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Gesù prega per tutti i Suoi e congeda i propri
fratelli affinché possano ordinare le loro case e dà accenni sulle regole dei
tributi dei suoi su Tommaso ed Iscariota - Pietro e
il Signore - «Dove manca la fede, per noi vi è poco lavoro» - Il miglior
condimento dei cibi - Guarigioni mediante l’imposizione delle mani ed erbe
medicinali - Ritorno dei discepoli - Il giovane Marco, figlio di Pietro - La
buona pesca di Tommaso - L’essenza di [Giuda] Iscariota |
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Guarigione del figlio dell’ufficiale reale -
Ringraziamento e conversione di quest’ultimo - Cornelio dichiara quale sia
l’unica venerazione di cui Gesù si compiace - Cenni sul modo in cui veniva suddiviso il tempo in quell’epoca - (Giov. 4,47-53) |
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Istruzioni del Signore ai Suoi due scrivani
Giovanni e Matteo - Qualche cenno per l’esatta comprensione delle differenze
fra questi due Vangeli - Delle misure prese dal Signore fin dall’antichità
per rendere più comprensibile e chiara la Sua Dottrina - La testimonianza del
Signore sulla Sua odierna e nuova Rivelazione |
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Il Signore e Matteo - Bontà ed
utilità del giusto ordine - Alcuni esempi a proposito del lavarsi e dello
sgomberare il campo dalle pietre - Cenni riguardo all’Onniscienza di Dio -
Cenni illustrativi sul modo in cui gli uomini vengono guidati - Dell’angelo
custode - «Dio è Amore!» - Dei rapporti fra Dio come il più puro Amore e gli
uomini - Esortazione a partire per Cafarnao |
|
Il Signore e il giovane Coban di Cana che dà
ospitalità - Della libera autodeterminazione - Esempio dell’opera d’arte - «A
chi ha, gli verrà ancora di più aggiunto!» - La vera
vita proviene dal cuore - Il pellegrino più facilmente viaggia, se è libero
di ogni cosa |
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Del denaro - Obiezioni mondane dettate dalla
ragione di Giuda Iscariota - La fiducia in Dio è il più grande tesoro - Perché
Mosè non arrivò nella Terra Promessa - Testimonianza del Signore di Se stesso
- Della maledizione e dei pericoli del denaro un tempo e ora - La redenzione
con il fuoco dall’Alto - Sfacciato elogio di Giuda sul denaro - Una seria
risposta: «Ciò che si ama, si sa lodare!» |
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Tommaso e Giuda - Dell’essere
di Giuda - Predizione di Tommaso - Risposta impudente e maligna di Giuda |
|
Il Signore calma l’ira di Tommaso e lo invita al
perdono, al fine di restare libero in sé - Tommaso racconta degli alterchi e
delle dispute di Giuda con Giovanni Battista, nonché
della sua presunzione spirituale - Cenni del Signore riguardo a Giuda - Arrivo
a Cafarnao |
|
Scena con il centurione di Cafarnao
- Guarigione del servitore ammalato grazie alla supplica piena di fede del
suo padrone - «Chi crede e ama, sia egli pagano o ebreo, sarà beato!» - Effetti
differenti di questi miracoli in Cafarnao - (Matteo
8,5-13) |
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L’astuzia ideata dal popolo contro i sacerdoti
ebrei - Questi vengono invitati a guarire pure essi
gli ammalati mediante la Grazia di Dio - Sottili argomentazioni dei sacerdoti
e risposta minacciosa del popolo e buona testimonianza su Gesù |
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Il furore dei sacerdoti e dei
dottori della Legge e loro propositi di vendetta contro il Signore - Il
Signore nella capanna di Pietro - Il luogo prediletto di Gesù: il Mare
di Galilea - Guarigione miracolosa della nuora di Pietro - (Matteo 8,14-15) |
|
Il Signore istruisce Matteo riguardo a ciò che egli
ha da scrivere - La differenza delle sfere dei Vangeli di Matteo e Giovanni:
il primo racconta fatti, mentre il secondo contiene profonde rispondenze - Il
pranzo nella capanna di Pietro - La pesca miracolosa - L’umile testimonianza
di Pietro sulla Divinità del Signore - Allusioni al traditore |
|
Pietro testimonia in modo solenne ed efficace del
Signore, ma è da Questi interrotto - La cena in casa di Pietro - Scena tra
Pietro e l’esigente e borioso Giuda - Un particolare miracolo con il vino -
Giuda s’ubriaca - Guarigioni importanti |
|
Scena con gli ebrei credenti di Cafarnao - Guarigioni portentose - Ammonimento del Signore
a guardarsi dalle vipere del Tempio - L’oratore e conoscitore della legge dà, secondo Isaia, una buona testimonianza del Signore -
La ressa del popolo - L’astuto dottore della Legge smascherato e rimandato a
casa sua dal Signore - (Matteo 8,16-20) |
|
«Lasciate i morti seppellire i loro morti» - Il
Signore si cela con i Suoi sulla nave dalla ressa del popolo - La bufera in
mare - Il Signore dorme sulla nave e i discepoli Lo svegliano: «O uomini di
poca fede!» - La tempesta tace; gli uomini si stupiscono - (Matteo 8, 21-27) |
|
Sbarco nel paese dei gadareni
- Scena con due posseduti e loro guarigione mediante la parola del Signore - Una
predica pagana - Il terrore dei gadareni fa sì che il Signore se ne vada da
là - Efficace azione missionaria dei due guariti - (Matteo 8,28-34) |
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Ritorno a Nazaret - La
colazione del Signore con i Suoi nella patria terrena - Commenti diversi sul
rifiuto di Gesù di operare miracoli a Nazaret -
Visita ad una sinagoga - «Parlare è bene, tacere è
meglio» - Il carattere della gente del Tempio - Ipocrita risposta del dottore
della Legge e sua velenosa domanda riguardo Gesù - (Matteo 9,1) |
|
Un uomo leale dà pubblicamente, nella sinagoga,
una vera e buona testimonianza del Signore - Cose personali e generali
riguardanti Gesù - Sua Vita, Sue opere e Sua Dottrina - Degna risposta del
fariseo - La rinnovata testimonianza sulla perfidia dei farisei e sulla
Divinità del Signore fa volgere in fuga i furenti delegati del Tempio - I
credenti vogliono eleggere Gesù a loro Maestro e
Gran Sacerdote |
|
Gioia dell’albergatore Simone per la sconfitta
toccata alla gente del Tempio - L’indicazione del Signore riguardo a quali
casi sia lecito di rallegrarsi giustamente e Suo
avvertimento di non farsi beffe dell’umanità cieca, né di permettersi scherzi
cattivi a spese della stessa - Esempi: i gadareni guariti e il cieco
ingannato - La commedia del mondo è una tragedia agli occhi dei figli di Dio |
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Cure domestiche della madre Maria, non approvate
dal Signore - Suo ringraziamento ed avvertimento di
Gesù - Lode di Maria fatta dai discepoli e dal Maestro - Predizione del
Signore sull’adorazione di Maria - Ammonimento a non voler innalzare troppo
il prossimo - Vanità e orgoglio, le debolezze della donna |
|
Il dialogo di Pietro e Simone sull’avvenire della
Dottrina di Gesù - Il Signore esorta di avere fiducia in Dio - «Non curatevi
di cose lontane, ma fate volonterosamente quello a cui
siete chiamati» - Paragone dell’artefice e dei suoi strumenti - «Voi siete
ventilabri nelle mani del Padre» - «Chi e che cosa sei Tu?» - Cenni sul Padre
e il Figlio |
|
L’offeso Giuda - Cenno del Signore su di lui - Giuda
viene considerato un mercante vorace - Il Signore e
i tre farisei, tra i quali anche Giairo da Cafarnao |
|
La santa compagnia sulla nave - Ritorno nella
casa di Giairo - La guarigione della donna greca
sofferente di emorragie - Breve storia della sua vita |
|
Morte della figlia di Giairo - Consolazione e promessa del Signore -
Resurrezione della figlia di Giairo - Le esperienze
nell’aldilà della ridestata - L’ordine di silenzio del Signore |
|
Cenno del Signore ai Suoi due scrivani Matteo e
Giovanni sulla differenza tra le annotazioni dell’uno e dell’altro -
Importantissimi chiarimenti sull’essenza dei Vangeli - L’unica via per
giungere alla vera conoscenza della Parola divina |
|
Cenno del Signore a Giairo sul modo più efficace
per ringraziarLo - Pietro rende testimonianza riguardo
alla risurrezione dei morti - Ritorno a Nazaret in casa di Maria - Lunga
scena con Giuda il quale viene istruito da Pietro e
da Natanaele - Lo spirito di Caino in Giuda - Il
coraggio come vizio - L’esempio degli eroi |
|
Il popolo assembrato dinanzi alla casa di Maria,
a Nazaret - L’intenzione del popolo di proclamare
Gesù Re - Dichiarazione del popolo alla serva: «Gesù è il Promesso» - Il
popolo cerca e trova Gesù - Saggio aiuto del comandante Cornelio |
|
Scena con il paralitico ed
i farisei - Parole di consolazione del Signore all’ammalato - Ambizione e
perfidia della gente del Tempio - Guarigione del paralitico e sue buone
conseguenze - (Matteo 9,2-8) |
|
Mordace ma buon discorso del
giovane greco ai farisei - Esempio della creazione di Adamo - Accenno
all’uccisione di Zaccaria e di suo figlio Giovanni il Battista - Buona
testimonianza sul Signore |
|
I farisei offesi si rivolgono al Signore - Questi
svela maggiormente ancora il loro modo di agire contro Dio, i loro abomini
nel Tempio e i cosiddetti servizi divini |
|
Sul giuramento che legava gli scribi al Tempio -
Dove non dimora Dio, dimora il male - «Se non
credete alle Mie parole, credete almeno alle Mie opere» - La Sacra Scrittura
indica soltanto la via che conduce al Signore! - Esempio del viaggio a Roma -
Soltanto colui che fa la Volontà di Dio impara a
conoscerLo! - Il Signore calma il popolo che vuole vendicarsi dei templari, e
parte su una nave |
|
Il Signore ritorna con i Suoi a riva e si reca presso il doganiere Matteo - Suoi rapporti con i
peccatori ed i farisei - Sull’educazione dei bambini - Scopi e finalità
dell’uomo - (Matteo 9,9-13) |
|
Parole dei farisei riguardo a Giuseppe, a Maria ed a Gesù - Un lamento di Giuseppe e suo dubbio sul conto
di Gesù - Accenno di Giovanni evangelista ai farisei |
|
Dei due Mattei, il padrone dell’ufficio della
dogana e lo scrivano - Scena con i pescatori - I discepoli di Giovanni ed i discepoli di Gesù - Buona risposta di Pietro riguardo
all’agire di Giovanni |
|
Testimonianza di Giovanni fatta dal Signore -
Parabole dello sposo, degli invitati a nozze e della sposa - «Colui che crede nel Figlio, costui ha la vita eterna» - Un
cieco critico di Gesù - (Matteo 9,15) |
|
Parabola della nuova e della vecchia veste, del
mosto nuovo e degli otri vecchi - Del senso gretto, materiale della borghesia,
e della misericordia - Cenni sulla questione sociale - La Terra è bene comune
per tutti, secondo l’Ordinamento divino - Causa del diluvio e accenni alle
catastrofi attuali - (Matteo 9,16-17) |
|
Ulteriore conversazione
del Signore con i discepoli di Giovanni sugli esseni - Sulla saggezza mondana
e borghese - Esempio di affabilità umana: la casa del doganiere Matteo -
Della benedizione di Dio e della fiducia in Lui - Testimonianza del Signore
su Giovanni Battista - Gravi parole sulla dolcezza e la misericordia verso i
poveri - Chi è un nemico di Dio |
|
Un miracolo con il vino e con le provviste; chi e
dove servono gli angeli - Della fedeltà ed immutabilità
di Dio e della Sua benedizione |
|
Dialogo fra Giuda e Tommaso - Sciocca
domanda del cieco discepolo di Giovanni - La dolcezza e la magnanimità del
Signore raccolgono le lodi generali - La morte della figlia del comandante
Cornelio - Della vera successione di Cristo - (Matteo 8,18-19) |
|
Scena con un’altra donna afflitta da emorragia -
Degli evangelisti Marco e Luca - Il Signore in casa del comandante Cornelio
risuscita la figlia |
|
Quello che vide nell’aldilà la risuscitata da
morte - La sua nuova e giusta domanda vitale - Risposta del Signore - Della
buona testimonianza del Signore da parte del romano straniero - Dello
speciale comandamento del Signore - Della libera volontà |
|
Scena con due mendicanti ciechi - Le loro parole
lusinghiere non considerate da Gesù - La guarigione
di entrambi i ciechi - «Lavorate solo nell’interesse dell’amore!» - Ciò che
il Signore esige quale ricompensa - (Matteo 9,27-31) |
|
Guarigione del sordomuto indemoniato - I farisei
ne sono testimoni, ed attestano la perversità del
demonio da cui era invaso - Cornelio condanna i farisei alla croce per la
loro diabolica spiegazione del miracolo - Matteo rinfaccia ai farisei la loro
perfidia - Essi tentano con astute parole di ottenere perdono, e sono salvati
per intervento di Gesù - (Matteo 9,32-35) |
|
Della grande miseria che regnava fra il popolo -
La desolazione nel piccolo villaggio, opera del tiranno Erode - Importanti
parole del Signore riguardo a questo fatto ed ai
motivi per i quali viene concesso che simili cose avvengano - (Matteo
9,36-38) |
|
Il miracolo dei cibi e dei
vestiti - Buoni discorsi dei poveri beneficati - Sagge osservazioni di un fanciulletto - La parola del Signore ai Cieli -
Gesù e il fanciulletto |
|
Cenni agli evangelisti Matteo e Giovanni - Il
Signore designa i dodici apostoli, e per la prima volta li invia ad iniziare la loro opera missionaria - Importante
spiegazione sugli odierni Vangeli - Causa della sparizione dei Vangeli
originali - L’intima essenza delle religioni asiatiche - (Matteo 10,1-4) |
|
Discorso di Matteo il doganiere ai suoi compagni
apostoli - Il Signore dà ai Suoi missionari istruzioni sul modo di
comportarsi durante la futura opera di apostolato - Scambio di parole di
Giuda con Tommaso - Simone di Cana chiede se si possa accettare il denaro che
viene offerto - La Parola del Signore riguardante il
denaro ed i tempi tristi in cui il denaro sarà il dominatore - (Matteo
10,5-10) |
|
Domande di Giuda e sue obiezioni riguardo a viaggiare
senza denaro - Santi consigli del Signore: «Siate prudenti senza falsità e
pieni di mansuetudine» - Del discorso giuridico di Giuda, in opposizione ai
consigli del Signore - (Matteo 10,11-16) |
|
Risposta del Signore ai propositi missionari di
Giuda - L’anima di Giuda proviene dal basso - La vita terrena è la morte
dello spirito - Sguardo storico e retrospettivo sul modo in cui vengono spiritualmente governati gli uomini - Ora è giunto
il tempo piacevole in cui il Signore si manifesta nel dolce alitare del vento
- Delle sofferenze dei missionari - Citazioni del libro di Isaia - Conforto
degli apostoli - (Matteo 10,17-20) |
|
Una giusta domanda: «Qualora, dopo aver seminato
la semente celeste di pace e di amore, germogliasse invece la discordia, che
si dovrà fare?» - «Non vi preoccupi che Satana si ribelli!» - Ulteriori repliche di Giuda - Ammonimento del Signore ad
avere fiducia, ed incitamenti a divulgare senza timore il Vangelo - (Matteo
10,21-33) |
|
Importantissimi consigli riguardo alla vita degli
uomini ed al modo di comportarsi con questi - «Chi
ama qualsiasi cosa più di Me, non è degno di Me» - La lotta è necessaria al
mondo - Promessa di ineffabili gioie ai fedeli nell’amore in Dio - (Matteo
10, 34-39) |
|
Cenni riguardo alla grandezza del mondo materiale
e del mondo spirituale - Della dignità e della meta altissima dei figli di
Dio - Unico mezzo di prova possibile per rilevare che la Parola è divina - Il
mistero divino nell’uomo - (Matteo 10,40) |
|
Ulteriori istruzioni date
agli apostoli riguardo alla loro missione ed al modo di comportarsi - Della
continuità della missione profetica e dei veri e falsi profeti - La prima
partenza degli apostoli per le località d’Israele - Promessa di altra luce
per il tempo successivo al ritorno degli apostoli |
|
Il primo episodio del viaggio missionario degli
apostoli - Scena con gli abitanti in lacrime e gli estortori di tasse mandati
da Erode - Efficaci e serie parole di Pietro - Il Giudizio di Dio scende
sugli estorsori - Buon successo della missione - Gli estorsori convertiti di
Erode, quali buoni testimoni degli apostoli |
|
Attività del Signore durante la prima missione
degli apostoli - Ulteriori accenni alle circostanze
che spiegavano il contegno di Giovanni Battista e il suo rapporto con Erode -
Dubbio umano di Giovanni riguardo Gesù come Messia - Sua indiretta domanda a
Lui - Risposta del Signore - (Matteo 11,1-6) |
|
Il Signore accenna all’azione di Giovanni ed al suo errore, causa della propria sfortuna - Gesù e
Giovanni come il Sole e la luna - «Egli deve crescere ed io diminuire» -
Testimonianza del Signore su Giovanni: «Questi è più che un Profeta, egli è
Elia!» - (Matteo 11,7-14) |
|
Lo spirito e l’anima di Giovanni Battista - «Io
sono la Via e la Vita» - Chiamata e libertà individuale di Giovanni come
profeta - L’essenza della domanda - Cenni sul peccatore pentito e sui
novantanove giusti che non hanno mai peccato |
|
Conversione di Kisjonah il
doganiere - Sulla Grazia indulgente e misericordiosa del Signore - Scandalo
dei farisei e degli ebrei ortodossi - Un loro dialogo |
|
Partenza dei farisei e degli ortodossi i quali
vanno vagando nell’oscurità notturna - Loro ritorno - Essi chiedono
ed ottengono ricovero da Kisjonah - Parabola del
Signore che contiene un aspro rimprovero per la loro perfidia e che provoca
in essi ira ancora maggiore - Loro minacce al Signore - (Matteo 11,15-19) |
|
Lo sdegno dei discepoli che pregano il Signore di
procedere contro i farisei - «Dopo questa vita, ne segue una eterna!» - Il
Signore profetizza la punizione di Corazim, Betsaida e Cafarnao
- Una visione del giudizio futuro - «Io glorifico Te, Padre Mio, che riveli
tali cose ai piccoli fanciulli!» - «Io e il Padre
siamo una cosa sola!» |
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Scena fra Natanaele quale evangelista non eletto
e il Signore - Del giorno del Giudizio - Immensa promessa ai rinati nello
spirito - «Guai agli avversari dei Miei ordinamenti!» - «Nessuno conosce il
Padre all’infuori del Figlio» - «Colui che dal Padre
non è attratto, non perviene al Figlio!» - «Il Padre è l’Amore del Figlio» -
«Venite a Me voi tutti che siete travagliati, affinché Io vi ristori!» |
|
La perfidia dei farisei viene
messa in luce dal Signore - La paura li spinge verso il mare, lottano
duramente contro l’uragano e arrivano a Cafarnao ammutoliti dallo spavento |
|
La proposta di un’escursione in montagna - Breve
chiarimento riguardo alla denominazione dei monti di Canaan in quel tempo -
Domanda coscienziosa di Kisjonah agli spioni del Tempio - La montagna
risponde scuotendosi alle interrogazioni di Natanaele; dell’immediato buon
risultato che ne consegue - Primo accampamento notturno sull’alpe di Kisjonah |
|
L’arrivo sulla vetta che ebbe luogo il secondo
giorno - Della bella vista goduta e dei meravigliosi avvenimenti svoltisi là
- Corrispondenza con gli spiriti e con le anime dei trapassati - Del luogo
particolare dove sono confinati nell’aldilà gli spiriti dei grandi uomini che
vissero su questa Terra - Paesaggi dell’aldilà - Limitazione del campo
d’azione di Satana nell’aldilà - Sul modo in cui gli spiriti vedono le cose -
Desiderio di Kisjonah di vedere anche degli angeli |
|
Dell’antico modo di misurare il tempo secondo il
corso delle stelle - Tre spiriti della luna danno alle figlie di Kisjonah,
ansiose di sapere, spiegazioni riguardo al mondo da loro abitato - «Lascia da
parte la sapienza ed attieniti soltanto all’amore!»
- Il Signore annuncia avvenimenti nuovi |
|
I tre angeli, Cherubini, conducono i dodici
apostoli al Signore che si trova sul monte - Il pranzo celestiale degli ottocento - Discorso di Kisjonah
- Il libro delle «Guerre di Jehova» |
|
La prudenza consigliata nei rapporti con i novizi
nella fede - Cenni sui gradi spirituali dello sviluppo - Come Dio possa
essere un Uomo, e l’uomo un Dio - Del modo di
comprendere con l’intelletto e di quello di comprendere con la fede - Del
come si debba procedere per impartire l’educazione spirituale |
|
L’aria fresca e sana del
mattino - Gli spiriti di pace - Discesa dalla sommità della montagna e sosta
di più giorni della compagnia sull’alpe - La cecità dei critici di
Mosè - Cenno del Signore sul vero significato della Genesi di Mosè |
|
Ulteriore spiegazione
della Genesi di Mosè: versetti 1-5 (primo giorno) - Rispondenza fra lo stato
spirituale dell’uomo e la natura - La notte spirituale dell’anima del bambino
- L’intelletto come notte spirituale - La Luce di Dio nel cuore è il mattino
spirituale |
|
Spiegazione dei versetti 6
a 10 della Genesi di Mosè (secondo giorno) - Della distesa fra le due luci
cioè della fede vera e vivificante - Il secondo giorno - Sorge la fede dalla
scienza, o è la scienza un dono della fede? Ulteriori
dimostrazioni che le figure simboliche della Creazione di Mosè hanno
puramente un significato spirituale - Del vero terreno dell’amore |
|
Continua la spiegazione della Genesi di Mosè,
cap.1, 11-13 (terzo giorno) - Influsso delle cognizioni sul terreno fecondo
del cuore - Unicamente importante è la formazione dell’uomo spirituale
nell’uomo naturale - Il fariseo riconosce la verità espostagli, ma dubita del
suo effetto pratico - Della rispondenza fra i diversi gradi del potere visivo
naturale e quelli dello spirituale |
|
Continua la spiegazione della Genesi di Mosè,
cap. 1, 14-19 (quarto giorno) - Giusta critica del testo di Mosè - Vi è un
solo baluardo, cioè la Volontà di Dio - Il baluardo di Mosè: il cielo
nell’uomo - L’essenza del divenire figlio di Dio come meta suprema dell’uomo |
|
Continuazione della spiegazione della Creazione
di Mosè - Dell’uomo naturale, transitorio, e dell’uomo eterno, propriamente
detto - Le due grandi Luci, ovvero dell’essenza
dell’eterno Spirito e dell’essenza dell’anima - Il significato delle stelle -
Il quarto giorno della Creazione |
|
Cenni sul quinto e il sesto giorno della Genesi
di Mosè - L’origine naturale della Terra e dell’uomo - Ammonimento a non
voler nutrire eccessiva brama di scienza, ed esortazione a cercare in se
stessi il Regno di Dio |
|
Osservazione dei farisei al Signore, in merito alla
Sua spiegazione della Genesi di Mosè. Il Signore profetizza la punizione di
Gerusalemme - Il silenzio comandato riguardo a tutto ciò che di spirituale è
stato visto ed appreso |
|
Sciocche obiezioni di Giuda Iscariota
e racconto del suo viaggio aereo - I chiarimenti del Signore e le aspre
critiche di Tommaso |
|
La santa Compagnia radunata sull’alpe - Domanda
di Kisjonah ai tre angeli: «Per quale motivo gli uomini devono nascere?» -
Differenza tra gli angeli puri, gli angeli caduti e gli uomini - La carne non
è fine a se stessa, ma è un mezzo per lo sviluppo spirituale dell’anima |
|
Lo stupore di Kisjonah e buona comprensione della
luce data dal Signore - Della procreazione di Adamo - Dell’essenza dell’uomo
e della donna - Caduta della donna e relativa dannosa influenza esercitata
sull’uomo - Decadimento dell’umanità e cenni sull’Incarnazione del Signore, a
scopo di redenzione |
|
Un Vangelo per coloro che
vogliono prendere moglie - La caduta dell’umanità a causa della donna
- Considerazioni sull’attuale stato di cose - Modo di riconoscere le donne
maligne - Ammonizione contro il matrimonio con una donna superba -
Maledizione che deriva da una tale unione sulla Terra e nell’aldilà - Il male
e il bene non regnano contemporaneamente nel cuore |
|
Cenni sulla cultura della Terra e sulle nostre
scuole - Ciò che veramente è necessario - Rammarico del fariseo e il
traviamento dell’umanità - Cenni del Signore riguardo alla Sua santa Parola,
al mondo e all’umanità - Rapporti degli uomini con Dio |
|
L’invidia per il fuoco e il
colore nella capanna alpina - Scena con il vecchio cieco, discendente da
Tobia - Un modo particolare di riscaldamento - Il fuoco d’Amore e di
gioia sul monte - Severo rimprovero degli angeli alle donne beffarde - Un
Vangelo speciale sul ridere |
|
Scena fra il semicieco Tobia, i tre angeli e il
Signore - Guarigione di Tobia - Rispondenza fra questa guarigione ed i tempi attuali - La cena sul monte |
|
I farisei tra di loro - La misera astuzia di
Ribà; sua fantastica storia dei fatti che riguardano il nazareno e i genitori
di quest’ultimo, nonché delle loro segrete
aspirazioni al trono dei giudei - Sua proposta di sbarazzarsi di Gesù, per
amore della pace |
|
Replica efficace di un altro fariseo, il guarito
Tobia - Sua onorevole testimonianza di Gesù, della Sua santa Dottrina, delle
opere divine, e delle Sue azioni divine - Della
malvagità della gente del Tempio - Una profezia di maledizione al popolo
ebraico |
|
La collera dei farisei, verso il loro onesto
collega Tobia - Intervento dei tre angeli per impedire la lapidazione di
Tobia - Continua la discussione fra gli increduli templari e il credente
Tobia - Il Signore consiglia riposo ai templari, ubriachi e insonnoliti |
|
Lo splendore di un’alba - Il buon
e bel discorso di Tobia - Consigli vitali del Signore a Tobia - Norme di
comportamento per i giudici e per i legislatori - Trattamento dei
delinquenti e dei condannati a morte |
|
Il Signore con i Suoi di nuovo radunati presso
Kisjonah nella capanna - Consigli riguardo all’economia domestica - Bontà del
Signore verso i Suoi nemici - Egli digiuna assieme ai Suoi discepoli - Del
sabato dei farisei - Discesa dal monte - Discussione tra il fariseo e Matteo
riguardo al sabato |
|
Scena con i farisei a causa dello strappare le
spighe di sabato - La misericordia vale di più del sacrificio - «Il Figlio
dell’uomo è un Signore del sabato» - Guarigione dell’uomo dalla mano secca -
I farisei vogliono lapidare Gesù - Intromissione di Kisjonah
- Il Signore se ne va dopo aver compiuto molte guarigioni - (Matteo 12,1-16) |
|
Gli apostoli chiedono al Signore perché Egli, l’Onnipotente,
sembri talvolta aver timore degli uomini - Sua
risposta adeguata - Giuda l’affamato e il suo censore Tommaso - Il buon
rimprovero di Pietro ad entrambi - Il Signore approva le parole di Pietro e
insegna come devono comportarsi gli uomini |
|
Il viaggio della santa compagnia sulla barca di
Kisjonah verso la sponda opposta - La cena a bordo dell’imbarcazione, vicino
alla riva - Gioia degli abitanti per l’arrivo dell’amato Salvatore -
Guarigione miracolosa di ossessi, di muti e ciechi - Un brav’uomo invita il
Signore ed i Suoi in casa sua |
|
Umiltà e generosità del vecchio ospitale -
Contrada fertile ma malsana - La grazia dall’Alto - Cenno del Signore sulla
Sua magnificenza - Il popolo glorifica il Salvatore e dice alle genti del
Tempio la verità sulle loro infamie |
|
La riunione segreta dei farisei - Buon piano del
giovane fariseo per proteggere il Salvatore e suo discorso al popolo |
|
Il giovane fariseo viene
ben accolto dal popolo - La minaccia del popolo e piano di una rivoluzione
contro gli accoliti del Tempio - Astuzia del giovane fariseo di fronte ai
suoi colleghi |
|
Preghiera mattutina di Gesù - Achab, il giovane
fariseo migliore, chiamato dal Signore - Quale peccato non viene
computato - Precetti biblici speciali compilati dall’infallibilità
sacerdotale - Della truffa del Tempio - La grande guarigione miracolosa |
|
Achab, il templare, presso gli
anziani del Tempio - Il suo successo - La partenza dei templari per la casa
di Baram |
|
Il popolo viene a parole con i farisei e li mette
pericolosamente alle strette - (Matteo 12,24) |
|
Il Signore calma il popolo affinché i farisei non
si infurino ulteriormente, ed invita gli ultimi ad
andare da Lui in casa - Suo eccellente discorso agli stessi - (Matteo
12,25-33) |
|
Perfida e incorreggibile
testardaggine dei farisei - Aspre parole del Signore agli stessi - Cenni
riguardanti diversi stati di possessione, e l’influenza degli spiriti
maligni - Il furore dei farisei - (Matteo 12,34-45) |
|
Il Signore istruisce ed
ammonisce Achab: «È meglio tacere che mentire, sia pure con buona intenzione»
- La salvezza di tutta l’umanità proviene dagli ebrei - Paragone tra il
Tempio di Gerusalemme e quello di Delfi - Esempio di dialettica usata in una
sentenza d’oracolo - I greci fanno testimonianza del Signore - Vitali cenni
evangelici ai greci |
|
Arrivo della madre Maria con i figli di Giuseppe
a Gesaira - «Chi è Mia madre e chi sono i Miei
fratelli?!» - Baram invita
il Signore a pranzo; il popolo viene congedato - I farisei maledicono Baram e
ne ricevono adeguata ricompensa in legnate - (Matteo 12,46-50) |
|
Baram scusa il suo
comportamento - Achab lo ammonisce a guardarsi
dalla vendetta dei templari; il Signore conforta tutti e
due - Baram, apprendista di Giuseppe - Gioia di Maria nel rivedere il
Signore - Rivelazione di Achab riguardo ad una macchinazione
fanatico-templare contro Gesù, in relazione alla resurrezione della figlia di
Giairo |
|
Maria racconta come i farisei l’avessero scacciata da casa sua assieme ai figli di
Giuseppe - La proposta consolante di Baram e di Kisjonah a Maria, e la gioia
che ne prova il Signore - Il Signore sale sull’imbarcazione e spiega al
popolo radunato sulla riva la Dottrina del Regno dei Cieli - (Matteo 13,1-2) |
|
Le parabole del Regno dei Cieli, del seminatore e
della semente - Interruzioni dei discepoli - Spiegazione delle parabole - «A
chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, a costui sarà
tolto quello che ha» - (Matteo 13,3-23) |
|
La parabola della buona semina di grano e della
zizzania sparsavi in mezzo dal nemico - Del granello di senape e del lievito
- Scarsa comprensione dei discepoli - La buona testimonianza di Achab, tratta
delle profezie di Isaia sul conto del Messia - Il popolo dalla mente ottusa
congedato, ed i farisei in balia dell’uragano -
(Matteo 13,24-35) |
|
Il Signore calma la bufera - I dubbi dei
discepoli disapprovati da Achab - Osservazione di
Giuda e testimonianza umile di Achab sul Messia - Cenni del Signore su Achab |
|
La patria spirituale dell’uomo: il suo intimo
quale punto di raccolta della vita - Il viaggio a Kis, alla dimora di Kisjonah - Del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo -
Il Signore benedice Kisjonah |
|
Sorpresa gradita allo sbarco nella città natale
di Kisjonah - Gioia di Jonaele e Jairuth nel
rivedere gli amici - Incaricato dal Signore, un angelo viene
meravigliosamente in aiuto di Kisjonah |
|
Altri meravigliosi servizi dell’angelo in casa di
Kisjonah - Tutta la vegetazione terrestre è
affidata alla sorveglianza di un angelo solo - Accenni dell’angelo alla
propria forza che non è altra se non quella del Signore - Il messaggero veloce |
|
La santa compagnia a cena - Escursione notturna
sotto il cielo stellato, alla collina dei serpenti dove Kisjonah intende
edificare una scuola - Accenni alle condizioni esistenti sulla Terra - Gesù
quale dominatore dei serpenti - Spiegazione della parabola della zizzania -
Cenni vitali - (Matteo 13,37-42) |
|
Continua la spiegazione della parabola della
zizzania - Il più grave dei mali è una promessa non mantenuta - «Siate
amorevoli e giusti» - La parabola del tesoro nascosto nel campo - La sua
comprensione da parte dei discepoli - (Matteo 13,43-44) |
|
Parabola della grande perla e della rete - Il
significato che Achab attribuisce al pesce putrido - Un buon padre di
famiglia utilizza tanto il vecchio che il nuovo - (Matteo 13,45-52) |
|
Memorabile narrazione delle sofferenze e delle
vessazioni del capo dei sacerdoti Jonaele, cacciato dai samaritani - «Le vie
del Signore sono imperscrutabili» - Cose incomprensibili permesse dal Signore
- Una preghiera che appare giusta |
|
Cenni del Signore sul doppio scopo delle
concessioni al male come prova per Satana e per i fedeli - Cenni di missione
e di comportamento - La verità è la spada dell’amore - «Il Mio Regno non è di
questo mondo» - «Non temete gli uomini, ma soltanto Dio» - Come deve
combattere il vero eroe |
|
Ulteriori cenni ai
sichariti sulla missione e sul comportamento - «Insegnando, usate prima le
opere buone e poi le semplici parole» - La vera chiesa libera - «Voi siete
ugualmente tutti fratelli e sorelle» - Il vero sabato - La vera casa di Dio e
il vero servizio divino |
|
Una confessione dei propri
peccati - Il vero Spirito della pura Dottrina di Gesù - Altri cenni sulla
missione e sul comportamento - Cantico di Jonaele in lode al Signore |
|
Nobile gara di opere buone fra Kisjonah e Baram - Chi vuole fare del bene ha sempre buon vento -
Bella parabola della madre e dei due figli diversi - L’amore vero e puro, e
quello interessato |
|
Dell’essenza dell’amore - L’amore brama e vuole
avere - Differenza fra l’amore celeste e il satanico - La colazione d’onore
offerta da Baram al Signore per amor Suo - Cenni sul premio riservato alle
opere dell’amore |
|
L’allegria degli ospiti durante l’abbondante
colazione turba l’angelo - Il peccato sta molto vicino all’allegria - Del
processo di nutrizione dell’uomo per il corpo, l’anima e lo spirito |
|
La pessima influenza della gozzoviglia sull’anima
- La morte spirituale come conseguenza dell’eccesso - Del vero digiuno - La
mortificazione del corpo per comunicare con il mondo degli spiriti è peccato
- La vita e la dottrina del Signore sono il nostro modello |
|
Il Signore con i Suoi nel giardino - Matteo
ordina i suoi scritti - La calma paurosa prima dell’uragano - L’angelo Saggio
tranquillizza gli uomini angosciati a causa della tempesta - Terremoto,
burrasca marina e temporale |
|
Lo scopo di questo
uragano: inghiottimento dei nemici del Signore - I pericoli della missione -
I buoni effetti della bufera del giudizio - La buona pesca |
|
Escursione a Cana nella valle - I poveri ebrei
agricoltori e gli avidi mercanti greci quali debitori di Kisjonah
- La nobiltà d’animo di quest’ultimo - Breve dottrina della vita a quel
popolo - Il Signore testimonia di Sé e della Sua missione - I buoni effetti
di questa lieta novella |
|
La grande guarigione miracolosa a Cana nella
valle - Buone parole e preghiera degli anziani al Signore - Un esame della
fede - Parole del Signore ai sani di corpo ma ammalati nell’anima - Regole evangeliche
della vita e cenni sociali - La maledizione dello spirito usuraio - Come
procede la decadenza sociale - Minaccia di punizione dall’Alto |
|
Severe e pungenti parole allo spietato greco Filopoldo - La risposta risonante del duro stoico - Anche
la pazienza di Dio ha dei limiti - Matteo e il greco ostinato - Un discorso
stoico e cieco contro l’ordinamento vitale di Dio |
|
Delle anime ospitanti che da altri mondi vengono trasferite sulla Terra, unica scuola dei figli di
Dio - Della reincarnazione - Il corpo solare Procione - Cenni
sull’incarnazione del Signore - Il messaggio meraviglioso dell’angelo - Muraele (Filopoldo) ed Archiele
(l’arcangelo) - Il contratto portato da un sole alla Terra |
|
Le meraviglie che Filopoldo contempla con gli
occhi dello spirito - Una scena familiare sul sole Akka
- L’inno del convertito Filopoldo all’Amore divino - Il contratto nuovamente firmato
- La ragione per cui sulla Terra si cancellano i ricordi della nostra vita
anteriore - Del nesso esistente fra corpo, anima e spirito - Come procede
l’uomo terrestre al suo perfezionamento - Lo spirito dell’uomo è un piccolo Dio - Il divario tra l’essere spirituale
sulla Terra e quello su tutti gli altri pianeti e soli |
|
Il discorso di Archiele sull’Incarnazione del
Signore - La timidezza e la sua chiamata a fianco del Signore - Del vero
farsi seguaci di Cristo |
|
Le parole buone e modeste di Filopoldo, e la
risposta piena di grazia del Signore - Le due specie di uomini sulla Terra,
quelli dall’Alto e quelli dal Basso - La ragione dell’Incarnazione del Signore
sulla Terra - Gli ultimi devono divenire i primi - Suggerimenti ai guariti
sul modo di comportarsi - Cenno a Matteo ed a
Giovanni - Sull’attuale Nuova Rivelazione |
|
Ammonizione a guardarsi dalle insidie di Satana e
cenni riguardo alla sua astuzia - Lo spirito maligno non può influire che sui
sensi, mai però sulla volontà dell’anima - Confortanti consigli vitali |
|
Gli eventi nella casa di Kisjonah durante
l’assenza del Signore - I farisei vengono messi
fuori strada dai servitori di Kisjonah e il Signore li fa richiamare -
Pubblica confessione dei farisei, e preghiera di guarigione dei loro malati -
Una grande guarigione miracolosa |
|
Un cenno di altra specie sulla
missione - La necessità di una fermentazione nell’animo - Paragone del bue da
ingrasso - La benedizione della sofferenza |
|
L’ammirazione di Achab per la Sapienza divina -
Anzitutto è opportuno riconoscere se stessi - «Non limitatevi ad ascoltare la
Parola del Signore, ma operate secondo questa» - La
vera pace piena di vita e di beatitudine sta in Dio - Ammonimento a guardarsi
dal dormire a lungo e dall’ozio |
|
Del male della pigrizia e della benedizione
dell’attività - Cenni sul vagabondare - Reggenti deboli e reggenti severi -
Maria e Tommaso - Matteo mette per iscritto questa dottrina dell’attività,
conosciuta poi come la “Predica notturna” - Perché la stessa andò perduta |
|
I cinque farisei di Betlemme lavano i piedi al
Signore - Un breve Vangelo della vita |
|
Le opinioni dei cinque farisei sul Signore - La
supposizione di un fariseo: «Egli è un Dio oppure un demonio» - Parole istruttive |
|
Gara d’amore fra Kisjonah e Baram
- Importanza ed essenza della contemplazione interiore di se stessi -
L’astuzia del nemico cerca di impedire questo atto -
Disturbo da parte di Satana di questa autocontemplazione |
|
L’apparizione di un animale mostruoso, cioè di un
vero Leviatan - Splendida ricompensa promessa a coloro che resistono con coraggio e costanza - L’angelo Archiele minaccia l’orribile bestia - L’uragano suscitato
per turbare la quiete interna - L’angelo rincuora i deboli - Baram, il nobile
fornitore della santa compagnia |
|
Della grande benedizione che apporta il regolare
esame di se stessi - Della rinascita nello spirito - I rapporti magici con
gli spiriti - una via che conduce all’Inferno - A che
scopo deve esistere Satana? - Consigli severi al saccente Giuda, il quale viene ammonito alla modestia |
|
La traversata per mare dopo il
pasto - Un battello con la notizia dell’improvvisa malattia della figlia di Giairo - La seria dichiarazione del Signore ai
messaggeri di Giairo - Ritorno a Chis |
|
Giairo ed i medici al letto di morte di sua figliola Sara - La
verità dettagli da Boro di Nazaret - Minaccia dei
farisei - La pratica risposta di Boro, e la critica domanda da lui fatta
apertamente a Giairo |
|
Risposta vile di Giairo, oppresso dalle cure
mondane - L’aspro e diretto richiamo di Boro - Sulla ricompensa nell’aldilà -
Boro non vuole aiutare il timoroso Giairo e se ne va |
|
La gioia dei discepoli e la gratitudine di Maria
per il coraggio dimostrato da Boro - Kisjonah dona un bel possedimento a Maria ed ai figli di Giuseppe -
La devozione a Dio di Jose, figlio di Giuseppe - Predizione consolatrice del
Signore - «Io e il Padre siamo Uno e non Due» - La morte di Giuseppe e sua
testimonianza su Gesù - Consiglio alla prudenza nel rivelare segreti
spirituali |
|
In quale modo le genti di Kisjonah sorprendono ed arrestano una banda di predatori e contrabbandieri del
Tempio - Le disposizioni di Kisjonah e del giudice romano in tale contingenza
- Arrivo della carovana pulita |
|
Liberazione dei fanciulli
rapiti, i quali intanto ricevono ristoro - Il consiglio del Signore nella
citazione a giudizio dei furbi farisei - I preparativi per il processo |
|
Severissimo interrogatorio dei dodici farisei -
L’attestato favorevole al Tempio di Cesare Augusto - In quale modo i templari
adempiono le leggi divine - Pesante ammenda dei malfattori per violazione di
proprietà boschiva e per lesa maestà |
|
I farisei messi alle strette - Pagamento di
un’elevata ammenda - Un nuovo sospetto: rapina dei denari delle tasse
imperiali - Terrore dei ladri |
|
Il giudice superiore Fausto e il
Signore - La grande gioia e il commovente saluto |
|
La cena e la conversazione tenuta durante la
stessa - Fausto loda la Dottrina di Gesù - Intervento
del Signore presso Kisjonah e Lidia perché quest’ultima divenga la moglie di
Fausto - La bella confessione di amore di Lidia - Fausto narra un suo
memorabile sogno sulla gloria del Padre Celeste nelle sembianze di Gesù -
«Ciò che Dio ha unito, l’uomo non deve separare» - Cenni sul matrimonio |
|
Arrivo di Filopoldo
- Promessa del Signore - La nuova azione giudiziaria contro la banda di
rapinatori del Tempio - L’efficace sentenza di Fausto |
|
Continuazione del processo contro i templari per
la rapina delle imposte - Confessione aperta dei
trenta riguardo all’astuto procedimento dei farisei - Fausto mitiga di molto
la sua sentenza |
|
Continuazione della scena del processo - Gli
undici birbanti del Tempio alle strette - Richiesta di grazia - Offerta di
altri tesori contenuti in una grotta per il riscatto |
|
Della vera celebrazione del sabato - Fausto
rilascia anche gli undici - Distribuzione dei tesori
della caverna - I fanciulli rapiti e le cose sequestrate vengono restituiti
ai genitori ed ai proprietari assieme ad un buon indennizzo |
|
Una parola per il nostro tempo - Malattie e
tribolazioni dei fanciulli - Causa delle
tribolazioni - L’influsso maligno degli spiriti sui fanciulli - La Creazione
materiale quale conglomerato di spiriti giudicati |
|
Del mistero della forza vitale - L’effetto
purificatore della malattia e della alimentazione -
Importanza di una giusta alimentazione per i fanciulli - Le prescrizioni di
Mosè sull’alimentazione - Ammonizione contro il consumo di frutta verminosa e
immatura, di patate e caffè |
[inizio]
[ home GVG ] [home Lorber ]
[1] Deus
ex machina: Espressione latina che si riferisce alle antiche rappresentazioni
teatrali, in cui un dio pagano veniva fatto apparire improvvisamente con
l’aiuto di un marchingegno. [N.d.T.]
[2] cioè
l’arcangelo-principe Michael. [Nota tedesca]
[3] Basilisco:
rettile tropicale dei Sauri con caratteristiche creste laminari erettili sul
capo e sul dorso, di colore verdastro con fasce nere. [N.d.R.]
[4] L’inserimento
dei passi del Vangelo biblico di Matteo e di Giovanni nell’intero volume è
stato effettuato dall’editore tedesco. [N.d.R.]
[5] 1 Klafter =
1,9 m. 1 tratto di campo = 120 m; 1 tratto di campo greco = 192 m. [N.d.E.
tedesco.]
[6] Ventilabri:
strumenti per separare la pula dal grano. [N.d.R.]
[7] al tempo di
Lorber. [N.d.R.]
[8] Grosso:
antica moneta austriaca. [N.d.R.]
[9] 1 tesa = 1,9
metri. [N.d.R.]
[10] Tessuti di
lana cardata, pesanti, pelosi, per cappotti, abiti pesanti. [N.d.R]
[11] Donna che attira
gli uomini attraverso moine, smancerie e vezzi. [N.d.R]
[12] Achab: nome
del giovane fariseo il cui padre si chiamava Tommaso da Toreh e dimorava a
Betlemme. [N.d.E. tedesco.]
[13] Giudicatura
imperiale: ufficio giudiziario. [N.d.R.]
[14] Moggia: recipiente
usato per le misure di capacità. [N.d.R.]
[15] 1 tesa = 1,9
metri. [N.d.R.]
[16] si
riferisce a Giuda Iscariota. [Nota nel testo tedesco]
[17] al
tempo di Lorber. [N.d.R.]
[18] Servitore: Jakob Lorber. [N.d.R.]
[19] Vedi
III (Levitico) Mosè 7, 23-26. Vedi Mosè 11, 1-47; 14, 3-21. [N.d.R.]
[20] la lista degli alimenti è stata data successivamente. Cfr. GVG vol.10, cap.210. [N.d.R.]