Rivelazioni
nel 1840/1844 al mistico e profeta
Jakob Lorber
Il governo della famiglia di Dio
(vol. 1)
Traduzione dall’originale tedesco “Die Haushaltung Gottes (1)” – in tre
volumi
Traduzione dalla 5°. edizione tedesca 1981
Casa Editrice del testo originale: LORBER
VERLAG - Bietigheim - Germania
Copyright © by Lorber Verlag
Testo in italiano - Copyright © by
Associazione Jakob Lorber
“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan
e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber e.V., D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il
sostegno nella pubblicazione di questo volume”.
Traduzione di Salvatore Piacentini (1925)
ISBN 978-88-88-984-21-6
Il testo in PDF può
essere scaricato sul sito: www.jakoblorber.it
in questa pagina: Libr di Lorberi in PDF
Questa edizione in
*.html è a cura del gruppo:
Copyright © by Casa editrice
GESÙ La Nuova Rivelazione
Via Vittorio Veneto, 167
24038 Sant’Omobono Terme (Bergamo)
Tl. 347.1041176 – fax. 035.851163
E-mail: damianofrosio@tiscali.it
Sito internet: www.jakoblorber.it
Libri della casa
editrice: Catalogo – richiesta libri
[“Governo della Famiglia” vol. 2]
[“Governo della Famiglia” vol. 3]
Vai all’ indice
del vol. 1
Il Signore Abedam (l’Alto), lo
straniero dai capelli neri (Asmahele), Emanuel
Abedam (il
conosciuto) figlio di Adamo
Abele il secondo figlio di Adamo
Ada una
delle due mogli di Lamec (della pianura)
Adamo il primo uomo (a immagine di Dio)
Aholin fratello
di Gioliele
Ahujel discendente
nipote di Set
Asmahaele lo straniero (poi rivelatosi il Signore)
Aza moglie
di Ahujel
Bhusin uno tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)
Cad uno dei re delle dieci città di Hanoch
Caino il primo figlio di Adamo
Carac uno dei re delle dieci città di Hanoch
Chisehel uno
dei figli di Adamo del Mezzogiorno (Meridione)
Emanuel il nuovo nome di Asmahaele
Enoch figlio di Jared (agì come la volontà di
Jehova)
Enos figlio
di Set (fu predicatore del nome di Dio)
Eva la
prima donna
Farac uno dei re delle dieci città di Hanoch (fu una saggia guida di Dio)
Ghemela una
delle cinque figlie di Zuriel, pronipote di Chisehel
Gioliele fratello
di Aholin
Hail figlio
più giovane di Metusael
Hanoch figlio di Caino
Hlad uno dei re delle dieci città di Hanoch
Hored un
discendente di Set
Huid uno dei re delle dieci città di Hanoch
Irad figlio
di Hanoch (poi discepolo di Farac)
Jabal figlio di Lamec e
di Ada, fratello di Tubalkain (fu padre degli
abitanti delle capanne)
Jared figlio di Maalaleel
Jeha moglie
di Set
Jored figlio più anziano di Metusael
Jubal figlio di Lamec e
Ada (era musicista)
Jura uno
tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)
Kaeam figlio di Set della decima generazione
Kenan figlio di Set
Kuramech uno della stirpe di Jabal
Lamec figlio di Metusael
Lamech figlio
di Matusalem
Maal fratello
di Noè
Maalaleel figlio
primogenito di Kenan
Mahujel figlio
minore di Irad
Matusalem figlio
di Enoch
Meduhed un comandante di Lamec
Metusael Figlio di Mahujel (scienziato, naturalista)
Molachim uno
dei re delle dieci città di Hanoch
Naeme figlia
di Lamec e Zilla (domatrice degli animai selvaggi)
Noad uno dei re delle dieci città di Hanoch
Noè figlio
di Lamech
Ohorion uno tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)
Set terzo
figlio di Adamo
Setlahem figlio di Enos
Tahirac uno dei re delle dieci città di Hanoch
Tatahar (un
essere crudele e assetato di sangue)
Tubalkain figlio di Lamec e Zilla (fu maestro lavoratore dei
metalli)
Ufrac uno dei re delle dieci città di Hanoch
Ufrahim uno dei re delle dieci città di Hanoch
Zilla una delle due mogli di Lamec
Zuriel nipote
di Chisehel
Paterni richiami del Padre celeste ai suoi figli
15 marzo 1840
dopo le 6.00 del mattino
“Così ha parlato il Signore a me e,
in me (Jakob Lorber), per ciascuno, e questo è vero,
fedele e sicuro”
1. Chi vuol parlare con Me, venga a Me, ed Io gli metterò la risposta nel cuore;
tuttavia solo i puri, il cui cuore è pieno di umiltà, percepiranno il suono
della Mia voce.
2. E chi preferisce Me al mondo intero, e Mi ama
come una tenera sposa ama il suo sposo, con questi voglio
andare mano nella mano. Egli sempre Mi vedrà come un fratello vede l’altro fratello, e come Io lo vedevo fin
dall’eternità, prima ancora che egli fosse.
3. Agli ammalati dì questo:
essi non devono affliggersi nella loro malattia, bensì devono
rivolgersi seriamente a Me e fidarsi
completante di Me. Io li consolerò, e un fiume del più delizioso balsamo si
riverserà nel loro cuore, e la sorgente della vita eterna si rivelerà in loro
in modo inesauribile; guariranno e saranno ristorati, come l’erba dopo una
pioggia torrenziale.
4. A quelli che Mi cercano, dì loro: Io sono il ‘Veritiero, dappertutto e da nessuna parte’. Sono
dappertutto, dove Mi si ama e si osservano i Miei Comandamenti; da nessuna
parte, invece, dove Mi si adora e Mi si venera soltanto. Non è forse l’amore più della
preghiera, e l’osservanza dei Comandamenti, più della venerazione? In verità,
in verità ti dico: “Chi
Mi ama, Mi adora in spirito, e chi osserva i Miei Comandamenti, è colui che mi
adora nella verità!”. I Miei Comandamenti nessuno li può osservare, se non colui che Mi ama; ma chi Mi ama non ha altro comandamento
che questo: amare Me e la Mia Parola
vivente che è la vera, vita eterna!
5. Ai deboli annuncia dalla Mia bocca: Io sono un
Dio potente. Essi devono rivolgersi tutti a Me, ed Io li completerò. Da un acchiappa zanzare ne farò un domatore di leoni, i
timorosi distruggeranno il mondo e i potenti della Terra saranno dispersi come
pula.
6. Ai danzatori e alle danzatrici dì senza timore che tutti sono
stati presi da Satana. Ossia, egli li afferra
tutti quanti per i piedi e girandosi velocemente attorno a loro, ripetutamente
in un circolo vorticoso, ne diventano in tal modo completamente storditi, e non
possono né stare in piedi, né andare, né sedere, né dormire, né riposare, né
guardare, né ascoltare, né provare, né fiutare, né gustare, né percepire,
poiché sono come morti, perciò non li si può né
consigliare né aiutare. E se volessero rivolgersi ancora a Me, allora
accadrebbe loro come a uno che una persona forte li prendesse
per i piedi e li facesse girare in cerchio attorno a sé; anche se costui
alzasse lo sguardo al cielo, non vedrebbe il Sole, ma solo una striscia
luminosa che lo accecherebbe, così che poi vorrebbe chiudere gli occhi e non
vedrebbe più nulla.
7. Chi ha
gli occhi del corpo ciechi, ha ancora aperta la vista
dello spirito; ma chi diventa cieco nello spirito, rimane cieco eternamente!
8. Ai giocatori dì questo: che essi, giocando, perdono innanzitutto la loro vita, e dopo, tutto
ciò che è stato dato a loro per questa. Il gioco, infatti, è un pozzo pieno di
velenoso sudiciume, ma i giocatori credono che sia una sorgente d’oro nascosta. Perciò frugano giornalmente in questa stessa,
sorbiscono l’alito pestilenziale nelle narici, si avvelenano da parte a parte
e, al posto del presunto oro, trovano l’eterna morte dello spirito.
9. Coloro che possiedono le Scritture e non le leggono, somigliano a un
assetato al pozzo in cui vi è acqua pura, ma non la vogliono bere, o per un
certo spirituale timore dell’acqua, simile ai cani rabbiosi che invece di porre
il loro muso nell’acqua e guarire, mordono le pietre più dure per placare la
sete ardente; oppure soprattutto per una certa tiepida pigrizia, e quindi
preferiscono farsi presentare da certi indolenti servitori del fango puzzolente
dalla più vicina pozzanghera per dissetarsi, per poi perire tutti malamente.
10. Ai fornicatori e alle fornicatrici, invece, dì
questo: chi cammina nella carne, cammina nella morte,
e il suo piacere sarà presto trasformato in cibo per i vermi. Solo chi cammina
nello spirito giunge alla Luce, alla Sorgente di ogni vita; la sua parte
sussisterà in eterno e si accrescerà.
11. Ai patiti dell’abbigliamento lussuoso e della moda
dì seriamente: essi stanno nudi davanti al loro giustissimo Giudice! Il loro
splendore svanirà come schiuma; la loro sete di potere e lo splendore saranno
tramutati nella più bassa schiavitù, e dovranno vergognarsi eternamente della
loro stoltezza. Non è un grande stolto colui che si
propone di indorare un mucchio di letame e, invece che nell’oro, fa incastonare
le pietre preziose nel più sudicio escremento? Oh, nel mondo, adesso, di pazzi
ce ne sono proprio così tanti! Scambiano la luce per tenebre, e le tenebre per luce!
12. Già in
Oriente sta una stella che romperà l’orbita a Orione, e il fuoco del Cane
Maggiore li consumerà tutti; ed Io voglio scagliare una grande quantità di
stelle dal cielo sulla Terra, affinché tutti i malvagi periscano e la Mia luce
splenda dappertutto.
13. Io, Jehova, Dio dall’eternità, il Veritiero e il Fedele, per
l’ultimo avvertimento! Amen!
14. Tu, che
hai trascritto questo in modo brutto, vale prima per te, poi per tutti gli
altri! Amen! Questo lo dice il Primo e l’Ultimo! Amen!
[indice]
Ulteriori richiami del Signore agli uomini
16 marzo 1840
Così ha parlato il Signore a me e, in me, per
ciascuno; e questo è vero, fedele e sicuro:
1. Tu sei il Lot di Sodoma, ma vedi di non soffocare nella fornicazione, e che
l’eredità della meretrice non diventi la tua parte,
poiché tu sei come nessuno prima di te né dopo di te. Tu come uomo sei
completamente nella carne e nei suoi piaceri, e come spirito sei
completamente libero con occhi e orecchi aperti. Tu imbratti il tuo
corpo di escrementi, e sul tuo spirito si riversano fiumi di luce; il tuo corpo
mangia con le scrofe, mentre il tuo spirito è circondato da mille angeli. Hai
riempito il tuo cuore mondano di letame ed escrementi, ed Io Mi sono eretto una dimora nel tuo cuore spirituale. Tu conversi
con le meretrici, mentre Io parlo con te come un Fratello al fratello; tu emani
fetore come un pantano, e il tuo spirito respira le fragranze del più alto dei
Cieli. Tu sei un mostro, e il tuo occhio eclissa i soli. Perciò purifica la tua
carne e diventa uno con Me, affinché
Io diventi Uno
con te!
2. Alle madri ansiose dì che non devono educare le
loro figlie nel timore degli uomini e del mondo – poiché
nella tentazione a ciò che si teme si obbedisce
ciecamente, e al temuto diventerà facile la vittoria – bensì devono preferire
educarle nel timore e nell'amore per Me, affinché diventi Io il Vincitore, ed
esse trascurino il mondo e si delizino nel Mio sconfinato Amore. Esse non
devono condurle in luoghi pubblici allo scopo di ottenere un marito, bensì da
Me, devono portarle da Me, ed Io ti dico: non uno dei loro desideri dovrà
restare non benedetto e insoddisfatto, poiché Io sono un Dio ricco che in tutto
ha la più infinita sovrabbondanza, che tutto può e vuole anche dare nella
massima misura.
3. I poveri non devono elemosinare davanti alla porta del ricco, dove sperimenterebbero
la sorte dei cani estranei, e il loro cuore verrebbe
invertito in tristezza e amarezza, bensì devono solo venire da Me con la più
salda fiducia, e li ristorerò tutti. L’affamato
voglio sfamarlo, l’assetato dissetarlo, l’ignudo vestirlo e l’ammalato
guarirlo; lo zoppo dovrà saltare come un cervo, il lebbroso sarà purificato, il
cieco vedrà, il sordo udrà, e il debole lo renderò più forte di un leone; il
timoroso sarà più coraggioso di un arzillo puledro, e il vecchio troverà
riposo. Il povero è il Mio fratello più vicino, provvedo Io per lui. Perciò
egli non deve lasciarsi profanare dai cani, poiché i ricchi del mondo sono
fratelli di Satana, e figli del diavolo vengono dall'inferno.
4. Ai Miei amici e alle Mie amiche dì loro: essi non devono amare i Miei servitori e inservienti
più di Me! La loro salvezza non devono
metterla tanto nelle loro mani, bensì, piuttosto interamente nelle Mie, e
affidarsi completamente a Me. Il servitore, infatti, deve agire rigorosamente
secondo il comando, se non vuol essere trovato indegno. Solamente il Datore
della Legge sta al di sopra della stessa, e può anche
mettere al di sopra di essa chi vuole, ma finché stanno sotto il giogo, saranno
giudicati; invece, chi viene da Me, a questi Io posso condonare il giudizio.
5. La Mia Chiesa sulla Terra è un bagno purificatore; chi si è
lavato venga da Me, affinché Io lo asciughi col calore del Mio Amore e lo
conservi. Chi invece prova solo piacere a schizzarsi e bagnarsi, a costui va
come alle ruote del mulino che non escono mai dall'acqua.
6. Se qualcuno ha operato vera penitenza, venga da Me, affinché Io lo accolga come un figliol prodigo e lo
custodisca nella Mia forza, poiché l’inserviente può consigliare, Io invece posso farlo! Il servitore può istruire, ma la redenzione è solo opera Mia! L’inserviente può pregare, ma solo Io posso benedire! Il Mio servitore deve giudicare rettamente,
ma il diritto alla grazia ce l'ha solo il Signore!
Perciò essi, al di sopra dei servitori e degli
inservienti, non devono dimenticarsi del Signore!
7. Questo devi dirlo a loro fedelmente, parola per parola,
del tutto senza timore, poiché non devi temere il mondo se Mi vuoi amare,
perché Io sono più che il mondo intero.
8. Per il mondo sono un Eroe molto piccolo, al Quale non si dà
alcuna importanza. Gli eruditi Mi guardano a mala pena dall’alto delle spalle,
e con estrema fatica Mi lasciano ancora la nomina di
Uomo onesto. Alcuni, invece, Mi hanno già
completamente licenziato, quindi per costoro non sono più esistente. Alcuni Mi
concedono certamente un qualche tratto ancora divino, tuttavia solo per breve
tempo; dopo, però, si lasciano istruire dai sapienti del mondo su un qualcosa
di meglio. Allora vengo subito depennato in modo
infame e, tutt'al più, considerato ancora come un vecchio Dio per donnette. Per alcuni Miei servitori e inservienti che
vogliono essere grandi, Io servo ancora semplicemente solo come un sigillo di
ufficio pubblico e come esteriore avvolgimento di parvenza divina della loro
nera insensatezza e della loro rozza, tenebrosa stupidità e follia! Nondimeno,
certuni Mi lasciano probabilmente di sicuro essere
ancora nella Mia Divinità, ma in cambio, per i loro vantaggi temporali, devo
lasciar fare di Me ciò che vogliono, e precisamente, il che è peggio di tutto: devo essere una mera assurdità! Posso
avere Amore e Misericordia solo finché fa comodo a loro, ma poi devo diventare
più inesorabile di una pietra, e devo lasciarMi trasformare
nel più vergognoso dei tiranni! Devo saltare da un seggio di giudice all'altro
ed emettere una condanna dopo l'altra; il Mio Amore deve essere, quindi, solo
temporale, ma la Mia tirannia e il giudizio più severo ad
essa associato devono durare in eterno! – O mostruosi pazzi! La Mia sconfinata
Longanimità, la Mia Mansuetudine, la Mia Umiltà e il Mio eterno Amore per le
Mie creature, certamente non sono utili alle loro avide cianfrusaglie. Presto,
però, dovrà essere tirata una riga attraverso tutti i loro conti! Questi stanno
dinanzi a Me, e la misura delle loro azioni è diventata piena, ne manca solo
una, e la ricompensa li attende!
9. Chi non Mi conosce come sono e
chi Io sono, sarebbe meglio che non
sapesse nulla di Me, poiché allora potrei ancora renderlo vivente di là nel
regno degli spiriti; invece così si rendono incapaci di ricevere il Mio aiuto,
perché uccidono la vita in se stessi, distruggendo Me in se stessi, e quindi
anche Mi uccidono e sono i tralci separati dalla vite.
10. Adesso vi dico questo: "Io sono l'unico, eterno Dio nella Mia natura trinitaria, quale Padre
secondo la Mia natura divina, quale Figlio secondo la Mia natura perfettamente
umana, e quale Spirito secondo ogni vita, attività e conoscenza". Dall'eternità sono l'Amore e la Sapienza stessa. Non ho mai ricevuto
qualcosa da qualcuno. Tutto ciò che esiste proviene da
Me, e chi ha qualcosa, l'ha da Me! – Come potrei
essere un tiranno e un giudice che emette condanne? – O voi stolti! Io vi amo,
e voi Mi disprezzate! Io sono Padre vostro; voi fate di Me un giustiziere! Dove
benedico, voi maledite! Dove costruisco,
voi distruggete! Ciò che innalzo, voi lo demolite!
Dove semino, là convogliate flussi soffocanti! Voi siete in tutto contro di Me!
– Se Io fossi come voi dite che sia, in verità, vi
dico che la Terra non esisterebbe più già da lungo tempo, anzi non sarebbe
neanche mai stata creata, ma poiché sono come sono, allora tutto sussiste
ancora com’era e come sarà eternamente! E anche voi sarete come volete essere,
senza il Mio giudizio di condanna, poiché sarete quello che voi stessi vi siete
fatti. Invece, coloro che Mi prendono come sono e Mi amano
come li amo Io, di loro farò quello che vogliono, affinché la loro libertà e la
loro gioia siano eternamente perfette!
11. Ai Miei servitori e inservienti dì loro: i Miei incarichi non sono né banche di cambio né
botteghe di denaro, poiché chi
Mi serve a motivo del denaro, non Mi serve per amore, e chi non Mi serve per
amore, il suo servizio Mi è estraneo, così come Io devo essergli completamente
estraneo, dal momento che non Mi serve per amore. Con lui ho già chiuso il
conto! – Ma come può essere un servo, fedele, colui
che, come un ladro, ha venduto i tesori del Signore senza autorizzazione, per i
prezzi più scandalosi? Iscariota, per lo meno, Mi ha veduto per trenta monete
d'argento, senza sapere in anticipo cosa Mi sarebbe accaduto,
poiché era abbagliato, e andò perduto. Adesso, invece, Io sono già come
martirizzato, ucciso e di nuovo risorto per avere a ogni minuto il prezzo
irrisorio più scandaloso. – O vergognosi ladri, voi, assassini! – A cosa vi
dovrò paragonare? Voi, figli del drago! Voi, razza di vipere! Voi, cova di
serpenti! È così che Mi servite? È così che vi devo trovare? Per mezzo del Mio
caro Paolo vi feci certamente dire che chi serve all'altare deve anche vivere
dell'altare (1° Cor. 9,13), ma solo dalle opere dell'amore
che operano ogni bene; invece voi non avete opere dell'amore, – perciò siete
rapinatori, ladri e assassini del Vangelo e di ogni verità! Voi lo sapete: «Come il lavoro, così la ricompensa!». L'amore non si può avere per denaro, bensì, ancora solo per amore. Io sono
l'Amore stesso e, all’infinito, non Mi si può avere a nessun altro prezzo se
non, ancora per amore! Vi ho comprati tutti con
l'amore, perciò pretendo da voi tutti, ancora amore! Perciò, chi
Mi vuol servire, Mi serva nell'amore, nel quale sono morto per lui sulla croce;
e chi vuol venire a Me, venga a Me nell'amore che ha sanguinato per lui sulla
croce.
12. Ai funzionari e ai signori del mondo dì senza timore e in modo completamente fedele, che
i loro incarichi non stanno più in alto degli incarichi del Mio regno. Tuttavia, qualunque incarico che è
contro i Miei incarichi, tra poco lo distruggerò! Guai ai suoi servitori,
poiché Io sono l’Altissimo, la Mia Legge è eterna come lo sono Io, e rimarrà
eterna come eterno sono Io! Le tarme che vogliono
rodere la Mia Legge e fare altre leggi dal loro escremento per cancellare i
Miei Comandamenti, su questi essa (la Mia Legge) si rovescerà
con grande peso e gravità e li distruggerà come se non fossero mai esistiti!
Chiunque pecchi contro i Miei Comandamenti può essere
perdonato se si migliora, se riconosce i suoi errori e si pente, e poi, se si
rivolge a Me e rimane in Me ed Io in lui; ma chi vuol minare la Mia Legge,
questa lo schiaccerà, ed egli d’ora in poi non sarà più in eterno! Tutte le
leggi del mondo minano i Miei Comandamenti, a meno che
non sono date dal Mio Amore da uomini che sono stati istruiti dal Mio Spirito.
Guai ai tiranni! Guai ai despoti che governano per il trono, per il potere e
per il prestigio, poiché non manca più molto tempo, ed essi sperimenteranno il
potere dei deboli! Il terreno è Mio, e il campo è Mio! Questo lo dice il
Veritiero, l'eterno Dio dell’Amore e della Sapienza, e lo rivela a un folle per
i sapienti del mondo!
Amen! – Io, Jehova! –
Amen!"
[indice]
Il Signore quale Padre dei Suoi figli
20 marzo 1840
Così ha parlato il Signore a me e, in me, per ciascuno, e questo è vero,
fedele e sicuro:
1. Io sono un buon
Padrone di casa; neanche una briciola va perduta. Chi investe il suo capitale
presso di Me, otterrà alti interessi e rimarrà iscritto nel Mio Cuore, e gli
interessi cresceranno per tutte le eternità delle eternità.
Da’ uno sguardo in alto, stolto, e contempla il cielo stellato! Chi ha mai
contato i soli il cui numero non ha fine, e tutte le terre che ho creato a
migliaia attorno a ciascuno singolarmente? Ed Io, che sono veritiero e fedele
in ogni Mia parola, ti dico: «Per un centesimo darò una terra, e per un sorso d'acqua fresca, un sole!». In verità ti dico: "Il più piccolo servizio d’amore per il prossimo, sarà ricompensato
nel modo più portentoso e inesprimibile!"
2. Tu Mi domandi se certamente dappertutto ci sono
anche uomini come qui sulla Terra che abiti, ed Io ti dico: sì, dappertutto ci
sono uomini che provengono dalle Mie viscere e Mi riconoscono secondo il tipo
di viscere; e quelli che provengono dalle Mie mani Mi riconoscono secondo le
Mie mani; e quelli che provengono dai Miei piedi Mi riconoscono secondo i Miei
piedi; e quelli che provengono dalla Mia testa Mi riconoscono secondo la Mia
testa; e quelli che provengono dai Miei capelli Mi riconoscono secondo i Miei
capelli; e quelli che provengono dai Miei lombi Mi riconoscono secondo i Miei
lombi; e in generale, quelli che provengono da ogni singola parte del Mio
essere corporeo, Mi riconoscono in modo corrispondente a tale parte. E la loro vita e la loro beatitudine corrispondono alla parte da cui
provengono, e tutti sono Mie creature che Mi sono care, poiché Io sono tutto
Amore, e dappertutto sono l'Amore stesso.
3. Gli uomini di questa Terra, invece, li ho chiamati fuori dal centro del
Mio Cuore, e li ho creati perfettamente a Mia immagine e somiglianza, e non
dovevano essere solo Mie creature, bensì i Miei cari figli che non devono riconoscerMi come Dio e come il Creatore, ma solo come il
loro buon Padre, Colui che, dopo un breve periodo di
prova, vuole riprenderli completamente a Sé, affinché abbiano tutto quello che
Lui stesso ha, e possano dimorare presso di Lui eternamente e, con Lui, regnare
e dirigere l'Universo. Ma vedi, tutte le Mie creature Mi amano come loro
Creatore nella grata gioia della loro esistenza; mentre i Miei figli (qui) non vogliono il
loro Padre e rifiutano il Suo Amore!
4. Vedi, Io Mi rattristo quando li vedo di ora in
ora, mille e mille volte mille, come appassiscono e muoiono! Oh, se solo
potessi aiutarli! – Non è triste quando l'Onnipotente non può aiutare?
5. Tu Mi chiedi già di nuovo: come è possibile
questo? Oh, “Sì!”, ti dico Io, “Questo è molto possibile!”. Vedi, tutte le Mie
creature sono appese alla Mia potenza, ma i Miei figli sono appesi al Mio
Amore! La Mia potenza comanda, e così avviene, ma il Mio Amore desidera
soltanto, e comanda in tutta mitezza ai figli liberi, e i figli,
liberi, si tappano gli orecchi e non vogliono guardare il volto del loro Padre.
Perciò, poiché sono liberi come lo sono Io, non posso aiutarli se non lo
vogliono, poiché la Mia potenza va al di sopra di
tutto; invece la Mia Volontà è soggetta ai Miei figli. Ciascuno, però, deve
mettersi bene in testa questo: «Io sono il Padre vostro, ma sono anche il Dio vostro, e all'infuori di Me
non c'è più nessuno!». – Mi volete come Padre, …o come
Dio? Le vostre azioni Mi daranno la risposta decisiva.
6. Allora annotatevelo: – l’Amore dimora solo nel Padre, e si chiama "il Figlio". Chi lo disdegna, cadrà in mano alla potente Divinità e sarà eternamente
privato della sua libertà, e la morte sarà la sua parte, poiché la Divinità
dimora anche all'inferno, ma il Padre dimora solo in Cielo. Dio giudica ogni
cosa secondo il Suo potere; ma la grazia e la vita eterna sono solo nel Padre e
rappresentano "il Figlio". La Divinità uccide tutto[1]; ma il Figlio, ovvero l'Amore in Me, ha vita, dà vita e
rende viventi.
7. Tutte queste cose le dice il buon Padrone di
casa, quale parsimonioso Padre, a tutti i Suoi figli affinché si migliorino, e
un giorno prendano l'eredità che Io ho preparato e serbato così fedelmente per
loro dall'eternità.
8. Ai tuoi amici e fratelli dì questo con tutto l’amore: Io, il loro
amorevolissimo Padre, ho già steso entrambe le braccia per stringerli tutti
eternamente al Mio Cuore! Essi mai più dovranno distogliersi da Me, bensì
devono guardare costantemente al Mio volto, e i Miei occhi diranno loro, anzi
proclameranno loro ad alta voce, quanto Io li ami e
quanto intendo fare sinceramente con loro!
9. Riferisci loro: – Ho tolto dai Miei occhi i loro peccati e li ho lavati
e resi bianchi come la neve; ora non c'è più alcun ostacolo. Io non voglio più
essere per loro un Padre invisibile, essi devono guardarMi
continuamente, gingillarsi con Me, scherzare e rallegrarsi, e tutte le loro
preoccupazioni devono ora affidarle a Me!
10. Oh, con
quale gioia voglio continuare a prenderMi cura di
loro! Oh, cosa sono tutte le gioie e le beatitudini dei Miei Cieli per Me, il
Padre, in confronto a quella di essere amato dai Miei cari figli, quale unico,
vero Padre?
11. Vedi, tutte le beatitudini Io ve le dono in cambio di quest’unica cosa che ho
stabilito solo per Me (essere amato dai Suoi figli), e perciò i
Miei figli non devono chiamare nessuno come Me, se non unicamente Me, loro
Padre, poiché Io lo sono, e anche con ogni diritto, e nessuno può toglierMi questo diritto, poiché Io sono l'Unico, il Solo,
e all'infuori di Me non c'è più nessuno!
12. E vedi, (questi peccati) te li voglio indicare tutti per nome[2]: I1(inferno) – P(passione) – R1(ragione accoppiata all’intelletto) – T(talento germogliante
con l’intelletto)) – E(egoismo) – GM(gioia maligna)
– I(impulso a elevarsi) –
A(attaccamento) – M(falsa moralità) – S(sensualità). Essi devono ricevere tutti il Mio saluto paterno e, oggi stesso,
se vogliono, devono essere aperte per loro le porte
del Cielo, che sono gli occhi del loro spirito, e oggi stesso voglio dimorare
nel loro cuore. Una cosa soltanto devono ancora fare con perseveranza, vale a
dire, devono lavare la loro carne e purificarla al pozzo al cui interno c'è
l’acqua vivente, e devono prendere un bastone che, per
metà è nero e per metà è bianco; lo spezzeranno a metà, e getteranno la parte
nera sotto i piedi del mondo, e terranno la parte bianca per sé come segno del
fatto che hanno rotto per sempre col mondo e con la loro carne.
13. Questo, però, è da fare così tanto in modo da
entrare seriamente in se stessi, riconoscersi completamente e poi presentare
dinanzi a Me in modo fedele e vero nel loro cuore i loro difetti riscontrati.
Io estirperò l’immondizia dai loro cuori e li colmerò col fuoco del Mio
divino-paterno Amore. E così, purificati, devono poi mostrarsi al sacerdote
attraverso e nella confessione; e dopo verrò Io e, all’altare, terrò con loro
il banchetto.
14. Inoltre, dì loro anche questo: che non devono urtarsi nella Chiesa e
della Chiesa, poiché ogni cibo che Io raccomando, lo purifico per colui che lo vuol gustare nello spirito e nella verità; e
allora lo dovrà gustare senza preoccupazione. Ciò che Io do ai Miei figli è
puro, e non viene profanato dalla forma esteriore per
coloro per i quali l'ho benedetto. Io benedirò il tempio, e sarà santo il luogo dove si troveranno, poiché Io, il vostro Padre santo,
sarò in mezzo a loro là dove andranno, e a loro non dovrà essere torto un
capello.
15. Dì loro in modo del tutto preciso e certo: il
Mio Amore li attende e le Mie braccia non le voglio chiudere, se non quando,
tutti riposeranno tra le Mie braccia, dove vedranno il loro amorevolissimo
Padre santo, faccia a Faccia, e la loro gioia non avrà
mai fine. Amen!
16. Dì a tutti coloro
che Mi cercano, che Io sono sempre a casa, non vado mai
fuori, e non ho stabilito solo certe ore o tempi in cui si possa venire da Me
come dai re della Terra e da tutti i grandi del mondo. Quindi non solo al Sabato o nei giorni festivi, bensì in ogni momento Mi è
gradito un cuore che ama, e perfino di notte non ho mai sprangato a nessuno la
porta; quindi ogni volta che busserete, Io dirò sempre: "Avanti!"
17. Tu devi dire, e ora puoi già dirlo francamente
e liberamente, se ti ho mai obbligato a fare qualcosa in un determinato
momento, oppure, se non è sempre stato lasciato alla tua libera volontà di
venire da Me a chiederMi qualcosa che volevi sapere,
e se ti sono mai rimasto debitore di una domanda. E se Mi hai chiesto
dall'inferno, ti ho risposto; e se eri sulla Terra, ho parlato con te; e nei
Cieli ho parlato con te. Di giorno e di notte il Mio orecchio è stato
costantemente rivolto a te. Ciò che tu scrivi qui, lo scrivi
solo secondo il tuo tempo e il tuo comodo, e per Me va sempre molto bene, e
fino a quando lo vuoi e quanto vuoi, vedi, a Me va bene! Perciò
dì loro del tutto fedelmente: per Me è completamente indifferente! Quando qualcuno viene da Me, sarà ascoltato e accettato!
18. Dì ai figli: non devono prendersi gioco di Me, ma devono
prendere questo seriamente! Dì loro che Io non sono affatto
un burlone, né sono disposto ad alcuno scherzo, poiché ho intenzioni serie con
tutti, con i grandi e i piccoli, con i giovani e i vecchi, con gli uomini e con
le donne. Con Me non ci sono eccezioni!
19. Poiché vedi, le Mie creature che non sono utili le distruggo
all'istante e le anniento per l'eternità, ma per i Miei figli ho anche
punizioni in quantità e castigherò i disubbidienti fino all'ultima goccia del
loro sangue, e poi riconosceranno certamente che Io, per lo meno, sono il
Signore della casa, …se proprio non vogliono riconoscerMi
come Padre amorevole e santo.
20. Guai a coloro che disconoscono e interpretano
male i Miei castighi paterni! Dico ancora una volta: "Guai a loro!". Il Padre li ripudierà, e allora avranno a che fare con il loro eterno
inflessibile Dio! Questo lo dico a te come a un cattivo e pigro servitore. –
Amen! – Io, Jehova! – Amen!
[indice]
La vera Chiesa
22 marzo 1840
Così ha parlato il Signore a me e, in me, per ciascuno, e questo è vero,
fedele e sicuro:
1. La Mia grazia è
un ricco tesoro, chi la riceve non mancherà mai di nulla, né nel tempo né nell'eternità;
perciò ognuno deve sforzarsi di farla subito propria, poiché Io la dono sempre
e solo a tutti quelli che la vogliano avere.
2. Infatti, vedete, se volete il perdono dei
vostri peccati, vi saranno perdonati; e se operate il vero pentimento per mezzo
di Gesù che è la Mia Parola vivente e l'Amore in Me, le porte del Cielo vi
staranno aperte; e se volete entrare, potete entrare, e là vedere il volto del
vostro Padre santo, che sono Io, l'eterno Dio Jehova.
3. Questo potete farlo in virtù della Parola
vivente, la quale è Gesù Cristo, ovvero l'eterno Amore e la Sapienza in Me, da
cui scaturisce tutto il buono e il vero. L'amore vi è stato dato fin dal
principio, poiché esso è la più effettiva vita in voi, così come la forza nelle
Mie creature, che certamente proviene anche dal Mio Amore, ma
nondimeno non è l'Amore stesso, dato che in essa non c’è libertà, ma
solo l'effetto dell'Amore che, però, in sé e per sé è senza vita. – Pertanto,
anche tutto ciò che proviene dalla forza, in sé e per sé è materia morta, la
cui vita è solo apparente, …ma in realtà è morte!
4. Perciò, se qualcuno lega il suo amore al mondo materiale, allora il suo
amore in sé viene schiacciato dal potere della morte,
e la conseguenza è poi il destino della materia, ovvero la morte.
5. Chi invece rivolge il suo amore verso di Me e lo fissa a Me, ricongiunge
il suo amore con l'Amore, ovvero con la Vita di ogni
vita; allora diventa vivente da parte a parte.
6. Ora, però, vedi: – l'amore in sé e per sé è
cieco e buio, e proprio in tal modo è libero e indipendente, – ma proprio per
questo è anche nel pericolo più grande di perdersi e andare in rovina.
7. Pertanto, a ogni amore per Me, in aggiunta, do anche subito, secondo il
grado della sua grandezza, la giusta parte di luce, e questo è un dono, e si
chiama ‘Grazia’; con questa Mi riverso in ciascuno
secondo il grado del suo amore.
8. Perciò, se qualcuno ha l'amore, dato che rende
in sé vivente la Mia Legge – la quale è il supremo Amore – su di lui si
riverseranno fiumi di luce, e il suo occhio penetrerà la Terra, …e vedrà le
profondità dei Cieli!
9. Dillo ai figli, e diglielo a tutti, possano essere
di qualunque religione vogliano, – se della romana, o protestanti, o giudei, o
turchi, o bramini, o tenebrosi pagani, – in breve, che sia detto a tutti: "Sulla Terra c'è una sola
vera Chiesa, e questa è l'amore per Me in Mio Figlio, il cui Amore è lo Spirito
Santo in voi, e si fa riconoscere attraverso la Mia Parola vivente, e questa
Parola è il Figlio, e il Figlio è il Mio Amore, ed è in Me, ed Io Lo compenetro
completamente, e noi siamo Uno, e così Io sono in voi, e la vostra anima, il
cui cuore è la Mia dimora, è l'unica vera Chiesa sulla Terra. Solamente in
essa c’è la vita eterna, ed essa è l'unica che rende beati".
10. Infatti, vedi, Io sono il Signore sopra tutto
ciò che esiste! Io sono Dio, l'eterno e potente, e come Tale sono anche il
Padre vostro, il Santo e amorevolissimo. E tutto questo lo sono
nella Parola; ma la Parola è nel Figlio, e il Figlio è nell'Amore, e l'Amore è
nella Legge, e la Legge vi è stata data. Se la osservate e operate di
conseguenza, l'avrete accolta in voi; allora diventa vivente in voi ed eleva
voi stessi e vi rende liberi, e allora non siete più sotto la Legge, ma al di sopra della stessa nella Grazia e nella Luce, la quale
è tutta la Mia Sapienza.
11. E questa è la beatitudine, ovvero il regno di
Dio in voi, ovvero l'unica Chiesa sulla Terra che rende beati, e in
nessun'altra c’è la vita eterna, che solo unicamente in questa.
12. Oppure, credete forse che Io dimori tra i muri, nelle cerimonie o nella
preghiera, oppure nel culto? Oh, no, vi sbagliate di grosso, poiché là non sono
da nessuna parte, – bensì, solo dove c'è l’amore, là sono anch'Io, poiché Io
sono l'Amore, ovvero, la Vita stessa! Io vi do amore e
vita e Mi unisco solo con l'amore e la vita, giammai con la materia o con la
morte!
13. Per questo (Io, Gesù) ho vinto la
morte e Mi sono reso soggetta la Divinità, affinché
avessi ogni potere su tutto ciò che esiste, e il Mio Amore governasse
eternamente e rendesse vivente tutto ciò che gli è soggetto.
14. E allora, come potete ritenere che Io vi attenda nella morte, mentre
sono la Vita stessa? Perciò andate prima nella vera Chiesa, poiché al suo
interno c’è la vita, – solo dopo in quella morta, affinché essa diventi vivente
attraverso di voi!
[indice]
Il mistero della Creazione
1. (Il Signore): Chi
ha orecchi per udire, oda, e chi ha occhi per vedere, veda; poiché, vedi, Io voglio
svelarvi un grandissimo mistero, affinché possiate vedere come il vostro Padre
amorevolissimo e santo, vuole mostrarSi fraternamente a voi, Faccia a faccia, e
farvi gioire del Suo aspetto, poiché i figli devono essere introdotti fin
dall’eternità nella grande gestione della casa del loro Padre!
2. La Divinità era fin dall’eternità la Forza che compenetrava tutta
l’infinità dell’infinità, ed era ed è e sarà eternamente l’Infinità stessa. Al
centro della Sua profondità Io ero, dall’eternità, l’Amore e la Vita stessa in Essa; ma vedi, Io ero cieco come un
embrione nel corpo materno! Tuttavia la Divinità Si piacque nell’Amore e Si
strinse comopletamente al Suo Amore. E all’Amore divenne sempre e sempre più
caldo nel Suo centro, e masse e masse della Divinità vi si affollarono, e tutte
le potenze e le forze si precipitarono su di Esso.
3. E vedi, allora sorse un grande rumoreggiare, fremere e infuriare, e
l’Amore fu oppresso e premuto da tutte le parti, così che l’Amore tremò fin
nell’intimo! E l’Amore percepì tutto ciò, e il rumoreggiare divenne un suono,
ma il suono divenne nell’Amore una Parola,
e la Parola disse: «Sia Luce!». E allora divampò nel cuore la fiamma
dell’Amore che si era acceso, e fu Luce in tutti gli spazi dell’infinità!
4. E Dio vide in Sé la grande gloria del Suo Amore, e l’Amore fu rafforzato
con la Forza della Divinità, e così la Divinità si unì con l’Amore per sempre,
e la Luce scaturì dal Calore.
5. E vedi, allora l’Amore vide nella Divinità tutte le glorie, al cui
numero non vi è fine, e la Divinità vide come tutto ciò si riversava dall’Amore
per passare in Essa, e l’Amore vide nella Divinità i Propri pensieri, e trovò
grande compiacenza in essi. Allora l’Amore si accese di nuovo, e le forze della
Divinità rumoreggiarono attorno ad Esso, e vedi: “I pensieri dell’Amore erano essi stessi
amore, ed erano senza numero”.
6. Allora la Divinità vide la propria Gloria, e l’Amore percepì la propria
Potenza. E allora, così parlò l’Amore nella Divinità: «Lasciamo che i pensieri della Gloria rimangano
stabili (‘fissati’), ed escano,
perché diventino liberi, e possano percepirCi e vederCi, come Noi li percepiamo
e li vediamo, e come Noi li percepimmo e li vedemmo prima ancora che la Luce
illuminasse le loro forme!»
7. Allora la Parola trapassò nella Divinità, e la Divinità divenne ovunque,
‘Amore’. E vedi, allora la Divinità, per la prima volta, disse: «Sia fatto!»,
e da Dio divenne libera una schiera di spiriti, il cui numero non aveva fine, e
l’Amore vide Se stesso moltiplicato all’infinito, e vide in maniera perfetta la
Sua infinita bellezza.
8. Ma tutti gli esseri non erano ancora vivi, e ancora non percepivano e
ancora non vedevano, poiché essi erano ancora forme ‘fissate’ nella Divinità
fuor dall’Amore.
9. E ciò rincrebbe all’Amore, ed Esso si agitò, e l’agitazione salì nella
Divinità, e la Divinità diede i Suoi prigionieri all’Amore, e l’Amore
compenetrò tutto. E vedi, allora le forme divennero vive, e si meravigliarono,
e si scaldarono ai fiumi di fiamme del divino Amore, e ottennero così movimento
e attività autonomi! Ma ancora non si riconoscevano.
10. Allora disse nuovamente l’Amore: «Facciamo in modo che si riconoscano, perché possano poi
riconoscere Me e anche Te attraverso Me!»
11. Allora la Parola salì di nuovo nella Divinità, e nella Divinità risuonò
la Parola, e la Parola divenne Legge, e la Legge era l’Amore, e si riversò in
tutti.
12. E vedi, allora furono formati tre, e da essi ne vennero sette! E i tre
erano simili all’Amore, alla Luce e alla Divinità, e i sette erano simili ai
sette spiriti di Dio, e si chiamarono e si chiameranno eternamente:
I. Amate l’Amore.
II. Temete la Divinità - la quale uccide - per non essere
uccisa.
III. L’Amore in voi è santo; perciò stimatevi l’un
l’altro, come l’Amore nella Divinità vi stima e prova gioia per voi.
IV. Ognuno è proprietà di se stesso, ed è proprietà
dell’Amore di Dio; perciò nessuno diventi preda dell’altro.
V. Nessuno copra mai il proprio volto davanti all’altro,
perché l’altro non sappia com’è l’amore, e ciò affinché voi siate come l’Amore
che vi chiamò a divenire.
VI. Il vostro interno sia anche il vostro esterno, perché
non sorga in voi alcun falso impulso e voi non periate.
VII. Il vostro esterno sia il fedele riflesso del vostro
specchio interno, nel quale l’Amore della Divinità Si contempla; altrimenti lo
specchio interno sarà spezzato e il vostro aspetto diverrà orribile.
13. Allora la Divinità tuonò negli infiniti spazi un terribile giudizio di
punizione per i trasgressori, e così nel sommo timore fu comandata l’adorazione
della Divinità, e fu loro comandato di amare l’Amore. Ed essi furono posti
fuori nella massima libertà e potevano fare ciò che volevano, e nulla doveva e
deve ostacolarli nella loro libertà, fino al tempo in cui si saranno
riconosciuti nella loro libertà e nella loro umiltà, affinché la Legge diventi
la loro propria legge, ed essi allora diventino perfettamente liberi.
14. Sennonché giunse il tempo in cui essi si riconobbero nella loro grande
potenza e nella gloria e maestà che irradiavano su tutto, e il più alto dei
tre, simile alla Luce della Divinità, si accese nella sua avidità per
impossessarsi completamente della Divinità. Attraverso di lui si accese una
grande parte degli spiriti che erano sorti per suo tramite; e tramite costoro
anche la Divinità arse nella Sua collera, così come i due spiriti più bassi fra
i tre, e lanciò la cattiva masnada nel profondo del profondo della Propria ira.
15. E i due e quelli che erano proceduti da loro, e i sette, nel cui numero
erano giusti, furono trovati nella fedeltà della loro umiltà e furono accolti
nelle sfere della potenza di Dio; e l’Amore vide che essi erano stati trovati
puri, e si rallegrò della loro completezza. E vedi, la Forza della Divinità
nell’Amore si erse e la Divinità Si mosse, e i creati percepirono il movimento
della Divinità, e la Divinità Si mosse verso il Proprio Amore, e ai creati
furono aperti gli occhi, ed essi videro per la prima volta l’eterno Amore.
16. Allora le schiere degli innumerevoli si stupirono e sorse un grande
giubilo e una grande gioia fra loro, poiché essi videro la potenza di Dio
nell’Amore e videro l’Amore in se stessi, e anche la Forza che li chiamò ad
esistere, e si riconobbero e riconobbero l’Amore e riconobbero Dio.
17. Ora Si mosse la Divinità, e i creati ebbero timore della Divinità, e
l’Amore vide il loro timore e vide che il loro timore era giusto, e il timore
divenne per loro ubbidienza, e l’ubbidienza fu umiltà, e l’umiltà era il loro
amore, e l’amore divenne la loro legge, e la legge la loro eterna libertà, e la
libertà divenne la loro vita, e la vita la loro beatitudine in eterno.
18. Ora vedi, l’eterno Amore li
interpellò, ed essi compresero la Parola! Allora le loro lingue si sciolsero, e
la prima parola che sfuggì dalle loro labbra fu "amore". E alla Divinità piacque il suono del loro
linguaggio, e la Divinità fu mossa dall’Amore, e il movimento prese forma nei
creati, e la forma divenne suono, e il suono fu la seconda parola e fu "Dio".
19. E solo ora i creati furono completi. E l’Amore disse ai creati: «Il primo fra voi
andò perduto; perciò assumo Io il suo posto e sarò fra voi eternamente!».
20. Allora le loro lingue si sciolsero di nuovo, e le loro ginocchia si
piegarono, ed essi adorarono l’Amore.
21. Adesso, guarda ancora tutto quello che fece l’Amore, e Dio nell’Amore,
e l’Amore in Dio! Vedi, l’Amore si dolse per i perduti; ma la Divinità fremette
nella Sua ira, e in tutti gli spazi dell’infinità di Dio si udì un grande
tuono. E il tuono penetrò fin nell’intimo dell’eterno Amore, e l’Amore soltanto
comprese il tuono della Divinità, e il tuono in Lui divenne Parola, e così
disse: «Ogni
potenza Ti sia soggetta; fa’ come Ti piace e dì ‘Sia!’, e così sarà fatto!»
22. E vedi, l’Amore fu commosso fin nell’intimo, e la prima lacrima fluì
dall’occhio dell’eterno Amore, e
questa lacrima fluì dal Cuore della Divinità e si chiamava e si chiama e si
chiamerà eternamente "Misericordia".
23. Questa lacrima divenne una grande massa d’acqua, e l’acqua si riversò
in tutti gli spazi dell’infinità e si riversò nel profondo delle profondità
dell’ira della Divinità, e mitigò il fuoco della collera di Dio.
24. E vedi, lo Spirito di Dio nella Sua Forza soffiò dolcemente sulle acque
della Misericordia, e le acque si divisero. E Dio parlò dal Suo Amore, e il Suo
Amore era la Parola, e la Parola scese nel profondo delle profondità e aleggiò
sulle acque, e le acque furono separate come gocce di rugiada, e furono divise
in grandi e piccole secondo il numero dei perduti, il quale non ha fine in
tutti gli spazi dell’infinità.
25. E vedi, l’ultima goccia che rimase era la più interna delle acque, ed
era la più interna della Misericordia; e quella non fu divisa, ma rimase
dov’era rimasta, e fu destinata come punto centrale e come teatro della più
grande delle azioni dell’eterno Amore.
26. E ora vedi: – quest’ultima goccia fu creata
come Terra, che tu e i tuoi fratelli abitate! E le altre gocce furono
create come soli, terre e lune di ogni genere, il cui numero non ha fine; e vedi,
così sorsero il cielo visibile con le sue stelle, con il Sole, la Luna, e la
Terra visibile con i mari e con la terraferma!
27. E ora alza gli occhi in alto e guarda, e comprenderai le meraviglie
dell’eterno Amore! Tu vedi sempre lo splendore del Sole, la luce della Luna e
il luccichio e scintillio delle stelle nelle loro svariatissime posizioni che
voi chiamate costellazioni; tu vedi anche le più disparate formazioni in tutti
e tre i regni della Terra naturale; sennonché fino ad ora nessuno ha mai conosciuto
a fondo e correttamente compreso che cos’è e da dove viene lo splendore del
Sole, e come esso gli fu conferito, e così la lucentezza della Luna e il
brillio delle stelle e il loro scintillio, e le loro svariatissime posizioni, e
tutte le formazioni della Terra.
28. Poiché vedi, i Miei figli devono essere iniziati in tutte le cose belle
che il loro santo e amorevolissimo Padre ha da donare a loro, e precisamente a
quei figli che Lo riconoscono e che amano sopra ogni cosa Lui esclusivamente, e
che si amano l’un l’altro per amore del loro Padre.
29. Ora vedi: – quando i soli con le loro terre sorsero per la potenza
dell’Amore misericordioso dell’eterno e infinito Dio, essi non avevano ancora
splendore, né lucentezza, né brillio, né scintillio, poiché vi era ancora una
grande notte su tali soli e terre e lune. Ma nel
centro dei soli l’eterno Amore fece
scendere una piccola scintilla della Sua grazia, e questa scintilla, con
rapidità maggiore di quella di un grande lampo, compenetrò di splendore le
masse oscure, e vedi, esse illuminarono le terre, e con grande splendore, come
tuttora illuminano e illumineranno fino a quando la scintilla di Grazia non
sarà loro tolta.
30. E vedi, allora anche le terre e le lune risplendettero, e furono
distribuite ai soli in giusto numero, e l’Amore alitò su di essi con la forza e
la potenza della Divinità, e vedi, la luce tremolò sui soli, i mari delle terre
ondeggiarono e si agitarono vorticosamente nei loro flutti, e le arie e i venti
fluirono e spirarono sopra le terre, simili allo Spirito di Dio sopra le acque
della Misericordia! E le lune si alzarono poderosamente al di sopra delle loro
terre, a cui furono date come un frutto all’albero, e incominciarono a girare
intorno ad esse in vaste orbite, come perenni accompagnatrici delle loro
origini; e dove ce n’erano molte, esse furono unite in orbite fisse; ciò in
segno dell’amore dei figli che devono guardare costantemente il volto del loro
Padre, come le lune le loro terre, perché esse non vengano, a motivo della loro
soffice costituzione, strappate dalle loro orbite e distrutte.
31. Poiché, vedi, le lune non sono compatte, ma molto soffici[3],
e sono simili alla schiuma del mare quando diventa più compatta e più solida, e
sono nude e senz’acqua; e l’aria della Terra è come l’acqua delle terre (lune),
e l’aria è simile all’etere tra soli e terre. Ed esse (le lune) sono destinate
ad accogliere coloro che sono fanatici del mondo, e a racchiudere gli spiriti
della materia, e a provare la loro costanza, e a renderli maturi per ricevere
la Grazia.
32. E i continenti delle terre sono la parte dell’ira della Divinità
addolcita dalla Misericordia, e rinchiudono, in solidi legami, gli spiriti
degli smarriti fino al tempo stabilito del loro inconsapevole scioglimento,
quando essi poi vengono messi in una materia più tenera, e tuttavia pur sempre
per loro abbastanza solida, e cioè legati singolarmente; da questa materia
possono poi uscire solamente quando vengono di nuovo risvegliati dall’eterno Amore; e i mari e le acque ne
sono pieni, affinché essi vengano posti in umiltà, e l’aria ne è piena,
affinché siano purificati. E l’eterno
Amore è la forma in tutto; però l’ira della Divinità sulla Terra è solo
attenuata, ma non per questo abolita.
33. Ma tieni a mente questo in modo del tutto speciale: “Nel centro del
Sole giace la scintilla di Grazia, ed essa, mediante il fuoco dell’ira della
Divinità, dà luce al mondo. Invece nel centro della Terra si trova una
scintilla d’ira della collera di Dio, simile a un drago di fuoco, che tiene le
cattive masnade fissate come pietre, le quali solo mediante l’acqua della
Misericordia devono essere ammorbidite, qualora uno debba essere sciolto di
nuovo per una seconda prova, per la libertà e per l’eterna vita”. E
ora comprendi il mistero del tuo essere, e stupisci per il grande Amore
dell’eterna Potenza per quante volte Esso ti ha già fatto nascere da capo, per
riguadagnare te, che eri perduto, all’eterna vita, alla libertà, alla legge,
all’amore e alla luce, e alla contemplazione del Suo volto. – E vedi, tutto
questo Io voglio farlo sapere e fartelo riconoscere, e così anche a molti
altri, affinché stavolta possiate finalmente scorgere quanto estremamente buono
dev’essere l’eterno Amore, poiché
esso, instancabilmente, fa e tollera per voi disubbidienti così tante e grandi
cose!
34. Vedi, così è stato dato il movimento alle terre attorno ai loro soli e
attorno al loro centro con l’alito della Misericordia dell’Amore, come segno
che i figli devono regolare tutto il loro agire
secondo il movimento delle terre attorno ai soli e delle lune attorno alle
terre, e i deboli devono essere come le lune, e
i forti devono essere come le terre, e i rinati devono essere come il Sole. – E i deboli devono guardare il Vigore dell’Amore che
non li lascia mai cadere, se essi, come le lune, si volgono costantemente al
Volto dell’Amore e Gli girano attorno da tutte le parti in orbite più piccole,
e tuttavia per la Sua Forza vengono ugualmente attirati nell’orbita grande. – E i forti devono essere simili alla Terra, ruotando
spontaneamente, per tenersi costantemente pronti a ricevere la luce e il calore
dalla Grazia dell’Amore, che illumina e vivifica riscaldando mediante la Forza
che è in Esso, affinché i forti possano portare frutti di ogni genere dalle
opere dell’amore, delle quali i deboli possano saziarsi, ed essi possano
ristorare gli incarnati e possano deliziare i rinati. E
i rinati dalle acque dell’Amore misericordioso, nei quali la Grazia è
perfetta, devono essere come il Sole, e la loro luce deve brillare in tutti i
luoghi, e il loro calore deve animare i deboli e deve far fruttificare i forti
per il nutrimento dei deboli, perché ci sia una comunità tra i figli di un
unico e stesso Padre.
35. E vedi, tu devi osservare ancora più profondamente il come e il perché
Io ho preparato tutto così! Vedi, la Luna ha macchie e molti punti scuri, e la
Terra a poli freddi ma stabili, ed ha montagne alte ed ha basse valli, ed ha
sorgenti, ruscelli, torrenti, fiumi, laghi e grandi e piccoli mari; e il Sole
ha macchie, grandi e piccole. Ora vedi, tutto questo è l’effetto dell’Amore e
della Grazia, ovvero del corrispondente calore e della luce, e tutto ciò è l’eterno Amore e la Potenza della Divinità
attraverso l’Amore. Perciò guarda i deboli e la Luna come si assomigliano, e ti
sarà dischiuso il suo essere; osserva i forti secondo tutto il loro agire, e
davanti ai tuoi occhi giacerà svelata la Terra; e da un polo all’altro deve
esserci la rigida quiete dello spirito nell’amore per l’Amore, affinché tutto
ciò che circonda lo spirito si muova in un perenne ordine e possa essere così
operante per lo scopo comune dell’eterna conservazione. Infatti, vedi, tutto
dipende dalla quiete; senza questa non si può raggiungere nulla, e chi non è
come i poli della Terra, costui non penetrerà nel proprio intimo come la linea
congiungente i due poli penetra nel centro della Terra. E il vostro amore deve
essere freddo come il ghiaccio dei poli, perché voi siate atti a ricevere tutto
il calore del divino Amore. Poiché vedi, ciò che è caldo, non è adatto a
ricevere il calore; ma ciò che è freddo nella sua quiete, questo è atto a
ricevere l’Amore in pienezza e a lasciarlo affluire in tutte le parti della
vita. Poiché vedi, chi riceve il calore, che è l’Amore di Dio, lo trattiene
saldamente in sé e non lo lascia ulteriormente affluire, costui è un avaro, e
sarà dissolto in sé e si distruggerà come il ghiaccio al fuoco; ma chi riceve
il calore come i poli, e immediatamente lo dà di nuovo a tutti quelli che sono
attorno a lui, vicini e lontani, da lui il divino Amore è al posto giusto e
corrisponde interamente alla Volontà del grande e santo Donatore.
36. Questo amore porterà molti frutti e diventerà luce di Grazia, e
contemplerà con sguardo costante le incommensurabili profondità della Divinità,
simile ai poli, i quali gettano lo sguardo sugli infiniti spazi delle creazioni
dell’Amore di Dio, e ad occhi spalancati assorbono in sé i dolci raggi
dall’immensità di tutti gli infiniti spazi, nei quali circolano innumerevoli
gli esseri della Misericordia, ciascuno secondo la propria specie, e così si
accendono di estasi e diletto nel loro amore all’Amore e per l’Amore, e simili
a un Sole divengono essi stessi luminosi, simili alla luce dei poli della
Terra.
37. Perciò, chi rimane costantemente nel centro dell’amore della conoscenza,
il che è la Grazia, i suoi lombi diverranno incandescenti per l’amore da Dio,
come la cintura della Terra, e i suoi occhi brilleranno per la conoscenza come
i poli, e le sue braccia si muoveranno come i torrenti, i ruscelli e le
sorgenti, e le azioni affluiranno ai mari delle divine misericordie, che sono
salati con la Grazia e con le conoscenze dell’eterno Amore e dell’eterna Vita.
38. Ora, qui
avete la chiave per aprire e per penetrare con lo sguardo la Terra che vi
porta».
[indice]
La
corrispondenza degli astri
1. Ora però alza il tuo sguardo dalla Terra al Sole, che è
una fedele immagine dei rinati! Guarda bene e presto ti accorgerai che talvolta
si trovano delle macchie sulla sua cintura. Vedi, in natura, come voi dite,
queste sono eruzioni dall’interno all’esterno, simili ai vulcani della Terra e,
corrispondentemente, sono eruzioni della collera della Divinità, e piccole
tracce della Sua potenza onnidistruttiva. Tale Potenza, secondo la natura del
mondo, si fa sempre riconoscere parzialmente sulle terre con grandi o piccole
tempeste, a seconda della grandezza delle macchie; tuttavia l’Amore in tali
manifestazioni diventa sempre tanto più attivo e attenua di nuovo tutto con
l’acqua della Misericordia, e sul Sole attenua di nuovo tutto con grandi flutti
torrenziali dal mare senza sponde della Sua grazia misericordiosa. E vedi, così
tutto viene riportato nel massimo Ordine, e al di fuori di questo Ordine, in
cui Io sono l’eterno Amore stesso fin dall’eternità delle eternità e dal quale
e nel quale fu fatto tutto ciò che esiste, nulla può sussistere né sorgere; e
chi in base alla propria libertà esce da quest’Ordine, costui agisce contro
l’Amore e contro la Vita, e andrà eternamente in rovina.
2.
Ora hai visto il Sole e l’hai compreso secondo la sua natura, che è e deve
essere semplice, affinché possa sussistere per lo scopo per il quale esiste e
deve esistere dall’ordine dell’Amore.
3.
Poi volgi invece i tuoi occhi alla rinascita dello spirito e al popolo di Dio e
alla legge dell’Amore, e alla vita della libertà nella luce della Grazia dalle
acque della Misericordia, e il Sole starà svelato davanti ai tuoi occhi, e
nessuna piega in esso dovrà restarti nascosta!
4. Ma
vedi, anche il Sole ha ugualmente i suoi poli, dai quali tutta la loro luce e
tutto il loro calore dal centro della quiete della Grazia si riversa
sull’intera sua circonferenza; e se il Sole non avesse la quiete dei poli, non
avrebbe neanche luce. Poiché vedi, la quiete è assolutamente necessaria per
ricevere la luce e il calore, e deve essere simile alla quiete dell’Amore in
Dio; solo dalla quiete viene la ricettività per la vita e la luce.
5. E
vedi, quando l’aria è quieta, è anche nitido e sereno sulla Terra; ma se dei
venti impetuosi soffiano in diverse direzioni, presto arrivano delle nuvole
nere ed oscurano la luce.
6. Le
vostre brame sono simili ai venti; a causa di esse voi venite circondati da
preoccupazioni di ogni genere che impediscono il fluire in voi della luce di
Grazia, come le nuvole che, sospinte dai venti, impediscono ai raggi del Sole
di cadere sulla Terra.
7.
Perciò voi non dovete affatto preoccuparvi, bensì tutte le vostre brame e le
conseguenti preoccupazioni dovete indirizzarle e affidarle a Me, affinché
abbiate quiete ed Io possa costantemente fluire in voi.
8. E
vedi, come la Terra ruota regolarmente attorno alla sua quiete polare nel Mio
Ordine, che è prodotto dalla potenza del Mio Amore affinché nessuna parte resti
senza illuminazione, così anche tutte le vostre azioni devono scaturire
originariamente dal Mio Amore che è in voi, e successivamente secondo la vostra
capacità attraverso la Parola dell’eterno Amore, data nella Legge della Grazia
e della Misericordia. E come la notte ristora la Terra, così voi sarete
ristorati dall’Amore; e come il giorno della Terra è illuminato, lo sarete
anche voi mediante la luce dal Sole di Grazia.
9.
Voi dovete essere simili all’inverno, che è freddo nella sua quiete, ma proprio
per questo è tanto più atto a ricevere il calore fin nelle più profonde
profondità della Terra. E da chi è arrivato l’inverno, da lui arriverà anche la
primavera, che è simile alla prima vita dell’amore in voi; e arriverà l’estate
in pienissima energia dalla vita dell’amore, che in voi sarà diventato forte
mediante la Grazia, ed arriverà il quieto autunno con i frutti delle opere
dell’Amore e della Grazia nel quale voi allora, completamente rinati, entrerete
nella vita del Sole a contemplare il volto del vostro Padre santo, e a brillare
come il Sole a tutto il mondo, mediante la forza grande della Grazia,
dell’Amore e della Misericordia del vostro santo e ottimo Padre.
10.
Chi però non è simile alla Luna e non diventa simile alla Terra, non può
neanche diventare simile al Sole, bensì è simile a una cometa che non ha
stabilità neanche minimamente, e tutto il suo essere è razziato dagli efflussi
di grazia dei soli, e la sua traiettoria è disordinata come le vie dei ladri e
dei briganti, ed essa viene spinta dal timore della luce da una profondità
all’altra dei mondi, e non troverà mai più una quiete per l’eternità; e la luce
la perseguiterà in tutte le sue vie ed illuminerà la sua nullità.
11. E
ancora, alla fine le succederà come alle stelle cadenti che vengono gettate
fuori dalla Grazia e cacciate a causa della loro nudità, cosicché siano
consumate, per il furto della grazia. Infatti, la luce rubata le annienterà
eternamente, ed esse, in seguito, non saranno più, come quei frutti degli
alberi che spuntano troppo presto alla luce prima ancora che l’amore li abbia
resi saldi, e poiché questi non hanno ancora saldezza, avendo troppo poco
legame d’amore, così diventano sempre più deboli, cadono poi dall’albero e
vengono calpestati e distrutti.
12.
Ora vedi, qui hai svelato davanti a te i soli, le terre, le lune, le comete e
le stelle cadenti, secondo tutta la loro essenza e secondo tutto il loro
significato, e così anche ogni e ciascuna singola parte, dalla più grande alla
più piccola!
13.
Lo spirito dell’Amore e della Grazia è in voi, e lo è in ogni sapienza. Chi lo
ode, scruterà tutto nella profondità delle profondità, ed egli interrogherà i
morti ed essi gli risponderanno, ed egli penetrerà con lo sguardo i viventi e
il loro amore lo ristorerà e la loro luce lo estasierà; ed egli porrà il suo
orecchio alla Terra, e l’erba gli racconterà i misteri dell’amore, e il suolo
gli svelerà le sue profondità, e le montagne ubbidiranno alla sua voce, e il
suono delle sue parole penetrerà il midollo della Terra. E se guarderà il mare,
i raggi dei suoi occhi illumineranno tutte le sue gocce ed attraverseranno ogni
granello di sabbia; e gli spiriti, se dentro ad essi attendono ancora nel
giudizio, accorreranno alla luce dei suoi occhi nello stesso modo in cui di
notte i pesci e i vermi del mare e delle acque accorrono ad una fiaccola tenuta
in superficie, e si lasceranno prendere per essere liberati dalle carceri
dell’eterna notte, e riconosceranno l’Amore, e calmeranno la loro sete alle
acque della Misericordia, e cresceranno, dapprima debolmente, con il vigore e
la forza provenienti dall’Amore del Padre e della Parola, che è l’Amore nel
Padre, e dello Spirito che è Forza in entrambi.
14. E
vedi, tutto questo e molto di più ancora v’insegnerà il Mio Spirito, se udrete
la sua voce! Nondimeno, la sua voce non è rumorosa, bensì molto silenziosa, ma
proprio per questo compenetra tutto, come il calore dell’Amore e come la luce
della Grazia, e come la Forza dell’Amore misericordioso del vostro Padre santo.
[indice]
I primordi
della Terra e della Luna
La creazione
di Adamo ed Eva
1. Ora vedi, Io voglio mostrarvi la creazione degli
organismi, dal primo fino all’ultimo e dal più piccolo fino al più grande come
Io li ho fatti dal Mio Amore e dalla Mia Sapienza e dall’eterno Ordine che
deriva da entrambi, il quale è la Parola dell’eterna potenza e forza nella
profondità della Divinità. E vedi, non vi è nulla in tutti gli spazi
dell’infinità, né di grande né di piccolo, che non sia stato fatto attraverso
questa Parola!
2. E
vedi, e ascolta: «Così ora c’era la Terra, e c’era
la Luna, e c’era il Sole, e c’erano le stelle; ma la Terra era ancora nuda, e
la sua superficie era ancora simile alla superficie del mare. E sopra le acque
giacevano dense nuvole che si addentravano profondamente nei morti spazi dei
mondi, e la luce del Sole non poteva illuminare la Goccia della Misericordia. E
la Luna era coperta dai vapori della Goccia, e solo in questi vapori fu
completamente partorita la Terra e fu nutrita la Luna. E il Sole stava sopra ad
entrambe con i raggi della sua luce dal calore dell’Amore in Dio, come una
chioccia sopra i suoi pulcini, e rendeva matura la Terra, e separò la Luna dal
petto di sua madre.
3. Allora il grande cumulo di nubi si separò e si depositò
verso la quiete dei poli, e la cintura della Terra divenne libera, e il Sole si
riflesse nelle acque, e la Terra a sua volta irradiò grata la luce ricevuta
verso il vasto grembo del Sole, e ad occhi spalancati vide la Luna bagnarsi
negli effluvi radiosi della Grazia dell’eterno Amore dal Sole»
4. E
vedi e odi ancora: «La Terra si sentiva bene,
poiché essa era colma dell’Amore della Misericordia e vedeva il suo tesorino,
la Luna, girare vispo attorno ad essa. E l’Amore gonfiò il vasto petto della Terra
col fiato della Misericordia, come se questa volesse porgere ancora una volta
al bambino il suo petto colmo del latte della Grazia; ma vedi, il latte si
coagulò per il calore dell’Amore misericordioso, e divenne terraferma, ed
emerse dai mari. E i mari retrocessero nelle profondità e furono simili
all’acqua che si separa nella coagulazione del latte, per attenuare l’insita
Ira mediante il sale della Grazia e mediante la Misericordia dell’Amore da Dio
in ogni forza e potenza.
5. E vedi, allora fu quiete sulla Terra e in tutti gli spazi
dell’infinità di Dio, e l’eterno Amore discese per la prima volta interamente
sulla Terra, e nella Sua Onnipotenza e Forza alitò sulla superficie della
Terra, e l’alito fu un’innumerevole pienezza dei pensieri in forme viventi di
ogni specie, per la futura liberazione dei perduti.
6. E vedi, allora dalla parte emersa della Terra
germogliarono erbe, piante, arbusti e alberi di ogni specie, e i mari, laghi,
fiumi, torrenti, ruscelli e sorgenti brulicarono di vermi, pesci e animali di
ogni specie; e l’aria fu animata dagli uccelli di ogni specie. E il numero di
ogni specie, sia nelle acque, sia sulle terre emerse e nelle arie, era pari al
numero dell’uomo, che fu fatto da questo numero, ed era pari al numero della
Grazia dell’Amore, ed era pari al numero della futura redenzione e della
rinascita che da questa proviene e scaturisce»
7. E ora vedi e comprendi quello che finora non fu mai visto
e compreso da nessuno: «L’eterno Amore prese il numero da Se stesso, e il
numero era l’Ordine e l’eterna Legge in Lui, di cui e in cui Lui stesso
eternamente consisteva, consiste e consisterà in ogni potenza e forza della
Santità di Dio. E l’Amore prese dunque della terra argillosa, simile alla panna del latte coagulato, e formò con
la mano della Sua potenza e con la mano della Sua forza, secondo il numero del
Suo Ordine, il primo uomo, e gli soffiò attraverso le nari il fiato vivente. E
il fiato divenne in lui anima vivente, e l’anima riempì tutto l’uomo, che ora
fu fatto secondo il numero dell’Ordine dal quale erano fatti gli spiriti, e
furono fatti i mondi negli spazi, e la Terra, e tutto ciò che è su di essa, e
la Luna e il Sole.
8. E ora vedi, a questo primo uomo sulla Terra che uscì
dalle mani della potenza e della forza dell’eterno Amore, fu dato dalla bocca
della Grazia misericordiosa il nome “Adamo”
ovvero “Figlio della Misericordia e della
Grazia”»
9. E
ora nota bene: «Questo Adamo era al posto del primo
degli spiriti caduti; non gli fu dato di riconoscere chi egli era; e vedi, egli
si annoiava poiché non si riconosceva e neanche riusciva a trovare qualcosa che
gli fosse somigliante».
10. E
ora comprendi: «Allora l’eterno Amore soffiò
invisibilmente su di lui, agli occhi ancora ciechi della sua anima, ed egli si
addormentò per la prima volta nella soavità dell’Amore misericordioso. E la
soavità dell’Amore misericordioso formò nel cuore di Adamo, quasi come fosse in
un dolce sogno, una figura a lui simile, di grande soavità e di altrettanta
grande bellezza.
11. E l’eterno Amore vide che Adamo trovava grande gioia in
sé per la visione interiore del suo secondo io. Allora l’Amore misericordioso
lo toccò al fianco dove gli era stato dato un cuore simile al cuore della
Divinità, affinché accogliesse l’Amore e la Vita dall’Amore in Dio, e in tal
modo gli tolse l’amore di se stesso per preparare una dimora a Se stesso
attraverso la futura legge della Grazia misericordiosa, e pose l’amore di se
stesso, nel quale Adamo trovava in sé grande compiacimento, fuori dal suo
corpo, fisicamente, e lo chiamò “Caiva”,
ovvero, come già siete soliti dire, “Eva”,
che è come dire “la liberazione
prefigurata dall’egoismo e la conseguente rinascita”.
12. E vedi, allora l’Amore misericordioso lo toccò e lo
svegliò affinché guardasse il proprio amor di se stesso fuori di lui, e vide
che egli aveva grande compiacenza nel guardare tale suo amore fuor di lui, ed
era lieto oltre misura. E l’amore fuor di lui, che ora si chiamava Eva, provò
grande piacere per l’uomo Adamo, e si volse a lui e lo seguì ogni suo movimento»
13. E
vedi, allora l’eterno Amore interpellò per la
prima volta Adamo:
«Adamo!». – E Adamo
per la prima volta disse: «Sono qui,
Signore della Gloria, della Potenza e della Forza!»
14. E
l’eterno Amore disse nuovamente: «Vedi la tua aiutante!». – Ed Eva rispose: «Vedi,
Signore, l’ancella giace ubbidiente ai piedi del Tuo figlio ed aspetta i suoi
ordini!»
15. E
vedi, l’Amore misericordioso trovò grande compiacimento per le opere della Sua
potenza e forza attraverso la Grazia della Sua Misericordia, e parlò ulteriormente,
e li istruì in tutto, e insegnò loro a conoscere, denominare e usare tutte le
cose. E quando essi compresero, conobbero e seppero usare tutto, l’Amore misericordioso parlò di nuovo a loro: «Vedete dunque, ora voi avete appreso tutto,
ora conoscete tutto e potete far uso di tutto eccetto di una cosa, e
quest’ultima cosa voglio insegnarvela ora, e porre in voi la forza di generare
e procreare dei vostri simili; però potete farne uso solamente quando Io
ritornerò e vi troverò vestiti con l’abito dell’ubbidienza, dell’umiltà, della
fedeltà e della giusta innocenza. Guai a voi, però, se vi troverò nudi! Io vi
scaccerò, e la conseguenza sarà la morte!»
[indice]
La caduta
nel peccato (originale)
1. E vedi, allora l’eterno Amore si coprì il volto e si
allontanò secondo il numero dell’Ordine per un determinato tempo, e fu cieco
dalla profondità della Sua Misericordia, e non voleva e non poteva sapere ciò
che i neocreati avrebbero fatto nel Giudizio della Divinità per la prova della
loro libertà, nel tempo del breve periodo sulla Terra grazie all’Amore della
Misericordia. E il luogo che fu dato loro per abitare sulla terraferma era una
valle, ed era un giardino, ed era chiamato ‘il Paradiso’; e questa era la terra
che più tardi sarebbe traboccata di latte e miele, ed era il posto che nel
grande ‘Tempo dei tempi’ della più grande delle azioni dell’eterno Amore si
chiamò “Bethlehem” (Betlemme), e così
si chiamerà in avvenire eternamente; ed era il punto dove l’eterna Parola, da
un corpo di carne, dopo, vedrà per la prima volta la Luce della Sua Grazia
brillare alla Goccia della Misericordia dal lontano Sole, dalla Luna e da tutte
le stelle.
2. E
vedi, la loro brama crebbe nel Giudizio della Divinità tentatrice nella Sua
ira. E c’era un albero nel giardino, e quest’albero portava mele della più
bella specie, ed Eva ne ebbe voglia, e disse ad
Adamo: «Vedi, Adamo, ho molta voglia di
questo frutto! Se tu vuoi, voglio coglierne uno e assaggiarlo e poi porgerlo a
te come primo dono dalla mia mano!»
3. E
vedi, Adamo tacque, riflettendo alle parole di Eva. Ma una voce interiore, che era santa poiché proveniva dalla
Divinità in lui, gli disse: «Se voi
mangerete del frutto di quest’albero, morirete!». E Adamo se ne spaventò
molto, così che non poté dare alcuna risposta all’amata Eva.
4. E
la brama si accrebbe in Eva, e l’attrasse sotto l’albero e le disse di cogliere
una mela da esso. E Adamo si accorse che Eva era
diventata infedele al suo cuore, e divenne triste e disse:
5. «Eva, Eva, che fai? Vedi, non siamo ancora
benedetti dal Signore della Potenza e della Forza e della Vita! Vedi, tu tieni
in mano il frutto della morte; gettalo via da te, affinché noi non moriamo
nella nudità davanti al Signore della Giustizia!»
6. E
vedi, allora Eva si spaventò nella sua brama davanti alla serietà di Adamo, e
lasciò cadere a terra il frutto della morte. E la sua brama l’abbandonò, ed
ella divenne libera dalla sua brama, e Adamo trovò grande compiacimento per la
liberazione dai lacci della mortifera brama di Eva.
7. Ma
vedi, la brama bandita da Eva, dal suo cuore, giacque ora sulla terra, e per la
potenza della collera giudicatrice della Divinità si plasmò nella figura di un
grosso serpente, che prese il frutto della morte nelle sue fauci, strisciò
sull’albero e lo avvolse nelle sue spire in tutti i rami, grandi e piccoli,
dalla radice fino alla cima, e rivolse sguardi fissi ad Eva. Ed Eva se ne
accorse e guardò il serpente, e Adamo se ne accorse pure attraverso Eva; ma
egli non vedeva ancora il serpente.
8. E
vedi, Eva si avvicinò al serpente e osservò con grande piacere le sue seducenti
spire attorno all’albero, e i colori cangianti della sua fredda corazza di
squame.
9. Ma
il serpente si mosse e mise la mela nel grembo
di Eva che ora stava seduta, poi rialzò la sua testa e rivolse ad Eva le
seguenti parole:
10. «Eva, vedi tuo figlio, scacciato da te,
avvolgere l’albero del tuo piacere! Non disdegnare il piccolo dono che io ti
misi nel grembo, ma godi tranquillamente il frutto del tuo amore; tu non solo
non morrai, ma ti sazierai per la conoscenza di ogni vita sopra a Dio, che tu
temi, quando invece Egli è più debole di te!». – E vedi, allora la lingua
del serpente si divise e divenne più appuntita di una freccia, e il serpente
chinò la sua testa verso il petto di Eva, come se volesse baciarla alla maniera
infantile; esso invece cacciò ora le sue due frecce velenose nei seni di Eva,
ed Eva scorse la sua propria figura nel serpente.
11. E
ora anche Adamo notò quello che avveniva sotto l’albero, e gli piacque
moltissimo la seconda Eva, e non si accorse che era solamente un serpente. E
vedi, allora anche lui si accese nella sua brama, nel piacere per la seconda
Eva, prese il frutto dal grembo di Eva, divenne infedele al suo amore e godette
del frutto proibito dal grembo di Eva con voluttuosa brama; e nel godimento si
riconobbe come quel primo che era andato perduto per la grande vanità del suo
cieco egoismo, nel regno della Luce e dell’eterno Amore, che cadde nel mare
d’ira della Divinità, che eternamente uccide inesorabile.
12. E
ora vedi, come egli si ebbe così riconosciuto, e riconobbe l’accecata Eva
attraverso di lui, allora un grande pentimento salì in lui dal profondo del suo
cuore, ed Eva si vergognò della propria percepita nudità e della nudità di
Adamo, e fu sgomenta dalla cima del capo alla punta dei piedi, e coprì la
propria nudità con le foglie di un albero di fichi. E anche Adamo allungò le
sue mani alle foglie per coprire le sue nudità, e si nascose in una caverna, e
là pianse lacrime di grande dolore; ed Eva si nascose dietro un cespuglio di
spine e si dolse enormemente per la sua colpa di seduzione.
[indice]
Il giudizio
del Signore
1. E vedi, allora l’eterno
Amore, mediante la potenza e la forza della Sua Misericordia, tolse la mano
della Potenza e la mano della Forza dai Suoi occhi di Grazia, la quale illumina
tutto, e la luce della Grazia penetrò specificamente nella caverna dove
piangeva Adamo e dietro al cespuglio di spine dove Eva si doleva.
2. E
le lacrime di Adamo furono custodite nel grembo della Terra e si chiamarono e
si chiamano “Tummim”
ovvero “pietre
da cui rifulge in forma simbolica la luce dei sette spiriti di Dio”,
ed esse divennero solide mediante la luce della Grazia dal calore dell’Amore,
simili al suo giusto pentimento, quale perenne memoria della Sapienza che
illumina, e furono disperse su tutta la Terra come segno consolatore della
futura rinascita, che deve essere simile a queste lacrime di Adamo, atta a
ricevere e a restituire, in modo ripartito e bellissimo, la grande Luce dal
mare di Grazia delle Misericordie dell’eterno
Amore, e deve resistere a ogni durezza delle tentazioni del mondo.
3. E
le lacrime di Eva dolente dietro al cespuglio di spine furono custodite nella Terra,
e colorate come il giusto rossore della sua vergogna per l’abuso del sacro
amore di Adamo in lei.
4. E
l’eterno Amore vide che ognuna di
queste lacrime di Eva era giusta davanti ad Adamo, il Figlio dell’Amore
misericordioso; e il calore dell’eterno Amore
solidificò queste lacrime in pietruzze, e il loro nome fu “Urim”, come “segno simbolico
del giusto cordoglio di Eva”. E vedi, una lacrima cadde sul
cespuglio di spine che la riparava, e vedi, questa fu una lacrima
dell’innocenza perduta, e colorò il fiore del cespuglio che prima era bianco; e
i fiori furono arrossati, in segno della perduta innocenza di Eva. E ora vedi,
gli uomini adesso conoscono sì tutte le piante della Terra, ma il loro vero
significato nello spirito e nella verità essi non lo conoscono e non lo
conosceranno né comprenderanno fino alla rinascita, dopo che essi se ne saranno
appropriati, e ciò è la Misericordia dell’eterno
Amore mediante la Grazia della redenzione in se stessi.
5. E
adesso vedi ancora un mistero che deve ancora essere compreso a causa
dell’empia superbia dei figli del mondo! E vedi, due fiori del cespuglio furono
fecondati dalle giuste lacrime per la perduta innocenza di Eva, ed essi,
attraverso tutte le tempeste dei tempi durante le grandi guerre di Jehova coi
popoli della Terra, conservarono fedelmente la loro benedizione dell’eterno Amore, e al tempo dello
scioglimento della Grazia dall’Alto resero viva la moglie di Abramo, come
prefigurazione della grande Opera dell’Amore misericordioso, e resero viva la
moglie di Zaccaria, per portare realmente a compimento la più grande di tutte
le azioni dell’Amore misericordioso dell’eterno Dio.
6. E
ora rivolgi i tuoi occhi di nuovo indietro ad Adamo e ad Eva, e vieni a
visitarli con Me, e guarda come Io, l’eterno
Amore, li trovai – nudi e abbandonati – piangenti e dolenti nel giusto
pentimento e nella giusta vergogna, e dissi ad Adamo di uscire, e trascinai
fuori Eva.
7. E
vedi, essi non osavano guardare il volto del loro Padre, poiché erano
spaventati da un grande tuono del mortifero giudizio proveniente dalla
profondità della collera della Divinità.
8. E
le fiamme dell’ira di Dio, l’Infinito, si rotolavano terribilmente attraverso
tutti gli infiniti spazi fin giù sulla Terra, sulla quale ora stava il grande
Amore accanto ai Suoi figli caduti, pentiti e dolenti, creati con la Sua Grazia
misericordiosa.
9. E
vedi, ci fu allora un’ardente lotta fra l’eterno
Amore, di nuovo mosso a misericordia dal pentimento e dal cordoglio dei
creati, e la Divinità incollerita che tutto voleva distruggere per espiare
l’offesa alla Sua incorruttibile Santità.
10.
Poiché vedi, le fiamme d’ira della Divinità incollerita precipitarono più
veloci dei lampi giù sulla Terra, penetrarono fino al suo centro e l’accesero
in ogni suo punto, e le fiamme devastatrici giunsero fino alla Luna e fino al
Sole, anzi, esse raggiunsero tutte le stelle! E vedi, allora l’intera,
incommensurabile infinità, fu un mare di fuoco, e tuoni terribili rullarono
attraverso tutti gli spazi infiniti, e urlò la Terra, e mugghiò il mare, e la
Luna pianse, e il Sole si lamentò, e tutte le stelle gridarono più forte di
tutti i tuoni, oppresse per la troppo grande dolorosa paura dell’eterna
distruzione, e le loro grandi voci echeggiarono rintronando dalle sconfinate
profondità della collera della Divinità, e le voci
gridarono:
11. «Grande Dio sublime,
placa la Tua grande ira e spegni le fiamme devastatrici della Tua giustissima
Collera, e risparmia gli innocenti nella Tua Santità, poiché la Collera
infuocata della Tua ira distruggerà i giusti e annienterà l’eterno Amore in Te,
e renderà Te stesso Suo prigioniero nella Tua immensa potenza e forza della
Santità!»
12. E
vedi e odi con occhi aperti e con orecchi aperti che cosa disse allora l’irata e
incollerita Divinità; e il linguaggio tuttavia non lo comprese nessuno, se non
unicamente l’eterno Amore che – nel
tempo dello scoppio dell’ira e della collera che la Divinità protese sulla
Terra urlante alla pentita coppia neocreata – impedì alla grande irata fiamma
della Collera di toccare il luogo del pentimento di Adamo e il luogo del
cordoglio di Eva, mediante la grande potenza e la forza della Sua Misericordia.
13. E
ora odi e comprendi bene le terribili parole dell’ira dal profondo della collera della Divinità. Ed esse suonavano così:
14. «A che Mi serve
l’urlare e il mugghiare della Terra? A che, il piangere delle lune? A che, il
lamentare dei soli? E a che, il grido di dolore delle stelle? Poiché Io, Dio,
sono solo, abbandonato dal Mio Amore che Mi è diventato infedele, che si è
allontanato da Me per scendere giù sulla Terra a proteggere la duplice feccia
della cattiveria! Cosa debbo fare senza di Lui? Perciò, voglio distruggere
tutte le Sue opere dalle fondamenta e annientare tutto, affinché non ci sia più
nulla che in tutte le future eternità delle eternità sia in grado di sottrarMi
ed allontanare da Me il Mio Amore! Ed Io voglio rimanere Dio, l’Unico, in tutte
le eternità delle eternità, com’ero fin dalle eternità delle eternità! E tu,
marcio edificio della Creazione del Mio Amore, divenuto debole: – crolla in
inutili rovine, nel nulla, affinché Io ritrovi il Mio Amore e Lo renda di nuovo
forte con la potenza e la forza della Mia eterna Santità! Amen!»
15. E
vedi, i legami delle creazioni in tutti gli spazi dell’infinità di Dio si
sciolsero, e le rovine precipitarono attraverso i vasti spazi tra il grande
rimbombare, il tuonare, il gridare, il rumoreggiare, il rombare e il sibilare
nelle profondità delle profondità verso il loro annientamento, e in questo
c’era la Terra stessa, che giaceva altrettanto in rovina nel vasto grembo
dell’Amore misericordioso.
16. E
i neocreati tremarono dalla paura alla terribile vista di questa grande e
spaventosa scena di annientamento, la cui grandezza nessun spirito creato
comprenderà mai interamente in tutta la sua pienezza, poiché essa era infinita.
17. E
ora vedi e odi ancora quello che allora disse e fece l’Amore
misericordioso! Senti le parole dell’Amore nella Sua potenza e guarda le
grandi azioni della Misericordia nella Sua forza, e odi e comprendi bene le
parole che così suonavano:
18. «Grande,
onnipotente Dio di ogni Potenza, di ogni Forza e di ogni Santità! Ritira la Tua
grande ira e spegni il fuoco della Tua collera che tutto distrugge, e odi dalla
quiete della Tua santità le parole del Tuo eterno Amore, che è l’unica Vita in
Te, eterna come Te e potente e forte come Te da Esso ed Esso da Te, e non voler
annientare la vita in Esso e Te con Esso, ma usa clemenza e lascia che l’Amore
Ti dia soddisfazione, ed esigi espiazione per la Tua Santità ferita e offesa, e
nessun sacrificio sarà troppo grande per il Tuo Amore, se Tu volessi esigerlo
dall’Amore in eterna espiazione per la Tua Santità!»
19. E
ora vedi e odi e comprendi bene che cosa successe poi, e che cosa rispose la
Divinità! Il fuoco si placò, e da tutti gli spazi soffiò un più dolce alito,
frammisto a tuoni ancora fortemente rullanti, attraverso le volanti rovine dei
mondi disciolti, i quali da una immensità all’altra, simili a grandi lampi,
ancora guizzavano brucianti. E l’Amore comprese il tuono
di Dio che parlava impetuoso:
20. «Voglio mettere
ogni colpa su di Te, come le rovine dei mondi sulla Terra, e Tu devi cancellare
l’affronto alla Mia Santità, che è l’eterno legame fra Me e Te! E vedi, Io
maledico la Terra, perché nessuna macchia contamini la Mia Santità ed Io non
divenga come Te, un Dio non santo; e questa maledizione Ti sia lasciata come
debito che Tu hai da prendere su di Te e da cancellare per la Mia Santità, e
per lavare la Terra col Tuo Sangue dalla maledizione dell’infamia per il
peccato di Adamo!»
21. E
vedi, odi e comprendi bene ciò che l’Amore allora
rispose, e disse quanto segue: «Grande, santissimo Dio di ogni Potenza e Forza: – avvenga
secondo le Tue parole!»
22. E
vedi, allora d’un tratto si spense tutto il fuoco sulla Terra e in tutti gli
spazi della Creazione! E le rovine dei distrutti soli, delle terre e delle lune
furono di nuovo ricomposte mediante la potenza e la forza dell’Amore esaudito dalla Divinità, e si
riordinarono come erano ordinate al principio della loro formazione; tuttavia
essi conservarono come eterno segno, le tracce incancellabili della loro totale
distruzione di un tempo, simili alle cicatrici dell’eterno Amore, che più tardi, nel grande Tempo dei tempi, per tutti
sanguinò sulla Croce.
23. E
sulla superficie, nelle profondità e nei mari della Terra rimasero ancora qua e
là le rovine di altri mondi, come segno della potenza e della forza di Dio e,
contemporaneamente, però, anche come testimonianze parlanti delle grandiose
azioni dell’Amore misericordioso.
24. E
vedi e odi ancora e comprendilo bene quello che ora avvenne ulteriormente: –
quando l’eterno Amore accettò le
richieste, e in tal modo già in anticipo diede soddisfazione alla grande
Santità di Dio, allora la Divinità, scrosciando e soffiando più dolcemente, in
modo nuovamente comprensibile solo all’Amore,
fece sentire il Suo santo Volere e disse quanto segue, in un discorso pieno di
dolce suono:
25. «Vedi, la Tua
grande Misericordia è salita in Me ed è comparsa davanti ai Miei occhi
onniveggenti, ed Io ho riconosciuto nella quiete della Mia Santità la Tua
grande Lealtà ed eterna Fedeltà, ed ho contato le gocce di pentimento di Adamo
e le gocce di cordoglio di Eva, e Mi sono mossa interamente a compassione attraverso
la Tua grande Misericordia.
26. E vedi, perciò
voglio ritirare i Miei giudizi in questo tempo – e secondo la tua richiesta far
effluire la clemenza in grande pienezza, …e voglio riparare il danno che i Miei
giudizi hanno recato. E all’infuori di Me nessuno può riparare nulla se non Io
solamente, perché nessuno è buono se non Io, il Padre santo; questo infatti sia
il Mio Nome per l’avvenire, eternamente. E Tu, il Mio Amore, sei Mio Figlio, e
la Santità, quale possente, onnioperante legame della Forza tra Noi e tra tutto
ciò che da Noi è uscito, sia lo Spirito Santo, che deve riempire tutti gli
spazi degli spazi e tutte le infinità delle infinità in tutte le eternità delle
eternità. Amen! E questo lo ha detto ora il buon Padre santo. Amen!
27. E ora Tu, Mio
amato Figlio, dì alla coppia pentita e dolente – e scolpisci le parole nel
profondo dei loro cuori – che essi devono osservare inviolabilmente i
Comandamenti dell’Amore e della Misericordia fino al termine della loro vita, e
poi, nel Tempo che Io ho stabilito, voglio mandare loro un Mediatore fra Me e
loro, per espiare la grande colpa e per alleviare il grande, pesante fardello
della loro disubbidienza.
28. Fino ad allora,
però, essi devono perseverare in ogni pazienza e mansuetudine, e il pane che
ora Io voglio dare loro solo con parsimonia, devono gustarlo grati nel sudore
della loro fronte, ed essi non devono diventare sazi fino al Tempo del
Mediatore, che Io susciterò in mezzo a loro perfetto e buono, come Noi siamo
perfetti e buoni, e santi eternamente.
29. E aggiungi loro
ancora che Io ho revocato i Miei giudizi solo per coloro che osserveranno
puntualmente i Miei severi Comandamenti; invece ai trasgressori tali giudizi
siano comminati per tutte le eternità in ogni rigore della Verità eternamente
santa, e nella più precisa attuazione alla minima trasgressione!
30. Questo dice il
santo e unico buon Padre attraverso Suo Figlio, che è l’eterno Amore in Lui, e
attraverso lo Spirito Santo quale Grazia operante da entrambi per il futuro
perdono del peccato, il quale ora deve rendere affaticati i vostri corpi e poi,
però, dovrà sempre ucciderli nella dimensione temporale per ottenere la vita
dopo la morte del corpo, dopo il tempo del promesso Mediatore”.
31. Questo dice l’unico santo e l’unico
buon Padre. Amen! Amen! Amen!»
[indice]
La
riconciliazione del Signore
1. E vedi e odi e intendi e comprendi bene ciò che allora
l’eterno Amore disse e fece. Quando il
buon Padre santo terminò il discorso dalla grande serietà, annunciando clemenza
al posto della giustizia, e minacciando il giudizio ai trasgressori della Legge
dell’immensa Grazia, e comminando la morte per il peccato, allora l’eterno Amore
si commosse fino alla più intima profondità del Suo Cuore misericordioso e
pianse per la seconda volta lacrime di compassione e lacrime di intimissima
gioia e di beatissimo diletto per la grande e indulgente Grazia del Padre, così
immensamente buono e santo, e disse nella più profonda commozione di tutto il
Suo Essere ad Adamo e ad Eva:
2. «Adamo, tu hai
visto adesso i tremendi giudizi di Dio scorrere davanti ai tuoi occhi, ed Eva
li vide e li percepì attraverso te; ora però Io voglio aprire anche a lei gli
occhi e gli orecchi, e lei – come anche tutti coloro che discenderanno da lei
secondo il numero delle stelle in cielo e secondo il numero dell’erba sulla
Terra e secondo il numero della sabbia nel mare, il cui numero è infinito – in
ogni tempo futuro deve vedere con i propri occhi e udire con orecchi aperti ciò
che la Divinità fece nella collera del Suo giudizio, e ciò che poi fece
l’eterno Amore nella Sua sconfinata Misericordia.
3. E la Legge Io te
l’ho scolpita nel cuore, come anche tu la devi scolpire nel cuore di Eva. E
come segno ammonitore che deve ricordare a voi e a tutti quelli che vi
seguiranno i giudizi di Dio a causa del vostro peccato, voglio far sorgere qua
e là delle montagne, che alternandosi, devono bruciare fino alla fine dei
tempi, e voglio lasciarvi il lampo, che deve richiamarvi la distruzione di un
tempo, e il tuono che sempre lo segue, che ogni volta deve annunciarvi
vigorosamente il Nome del grande e forte Dio, se mai doveste o poteste
scordarvene.
4. E le lacrime
della Compassione e quelle della grande Gioia per la Grazia dal Padre santo, Io
le ho collocate in segno eterno, quale nuova Creazione, attorno al vasto spazio
del cielo, e devono brillare a voi in ogni notte della Terra, e devono
ristorarvi nel crepuscolo della vita, e devono annunciarvi il giorno che viene.
5. E ora guardate
su al cielo; esse brillano in svariato ordine e in svariato sfarzo: – quelle di
luce rosa in segno della Mia Compassione, e quelle di luce bianca in segno di
Gioia per la grande Grazia del santissimo e buonissimo Padre. E quella larga
striscia chiara scintillante, sopra le stelle della Compassione e della Gioia,
consistente essa pure di stelle del primo periodo per la lacrima dell’Amore che
già allora ebbe misericordia degli spiriti caduti, la striscia che è tirata in
mezzo al vasto spazio del cielo, essa vi serva come segno dell’eterna e santa
Alleanza tra l’eterno Amore, che chiamò ad essere voi e tutto ciò che esiste, e
la Divinità che tutto giudica secondo la Sua eterna Santità.
6. E ora guarda
qui, tu Adamo, e anche tu, Eva, nel Mio occhio sinistro che al di sopra del Mio
Cuore irradia dolcemente e benignamente verso di voi davanti al vostro occhio
destro. Vedete, ancora una lacrima è attaccata al suo ciglio, e vedete, questa
lacrima è la più grande di tutte quelle che sono già sgorgate per voi da questi
occhi!
7. Laddove il
grande nastro nel vasto cielo sembra dividersi, là guardate volentieri e, tutte
le volte che guarderete là, siate sempre grati e profondamente commossi, poiché
quel punto deve servire a voi, come anche a tutta la Creazione, come segno
perenne della vostra rottura alla fedeltà con Me e della Mia trascorsa rottura
con la Santità di Dio per misericordia verso di voi. E quel nastro, nel punto
dove appare come riannodato, deve ricordarvi la grande mediazione dell’eterno
Amore, che sono Io fin dall’eternità, tra l’intangibile Santità di Dio e voi,
che mancando di fedeltà avete peccato al cospetto della Sua sconfinata Santità.
8. E ora vedete, da
lì viene questa lacrima, e quello è il luogo della sua origine!
9. E questa lacrima
un giorno sorgerà per voi e per i vostri discendenti, quale una leggiadra
stella del mattino, che illuminerà tutti i popoli della Terra che nei tempi dei
tempi vi seguiranno nelle vostre pentite e dolenti orme. E prima ancora essa
laverà la Terra dal fetido fango del peccato e purificherà le vostre lacrime e
stille di pentimento e di cordoglio dall’immondezza del serpente.
10. E adesso
guardate qui ancora una volta. Questa lacrima voglio farla cadere su un fiore
ancora bianco di questo cespuglio, tra i due fiori già fecondati di Eva, e un
giorno, da essa deve fiorire una Donna pura, che deve schiacciare la testa al
serpente. E il serpente la morderà bensì nel calcagno, ma il veleno non le farà
danno; e da lei uscirà questa che adesso è davanti a voi, una leggiadra stella
del mattino per tutti i popoli della Terra che sono di buona volontà, e
l’eterno giudizio per tutti i ribelli figli del serpente!
11. E gli spiriti
dal grembo della Santità del Padre scenderanno sulla Terra corporeamente[4],
e annunceranno ai vostri figli il grande Tempo e il modo della Venuta di Colui
che ora sta davanti a voi, e che voi adesso ancora udite e vedete, ma che in
seguito non udrete e non vedrete più fino alla promessa Venuta, secondo la
promessa del Padre santo attraverso Me, l’eterno Amore in Lui.
12. E ora avete
sentito tutto quello che vi è necessario sapere per ricevere la Mia
benedizione!
13. E così siate
dunque benedetti dalla mano della potenza e dalla mano della forza dell’eterno
Amore del Padre santo e dalla forza dello Spirito, forza da Entrambi che è
santa, e siate fecondi e moltiplicatevi, e riempite la Terra col frutto vivo di
questa benedizione!
14. E sempre, ogni
volta che vi avvicinerete per questa benedizione, offrirete dapprima a Me i
vostri cuori! Se tralascerete questo, il serpente, che ancora vive ed anche
vivrà eternamente nella collera della Divinità, guasterà il frutto in voi, e
tu, Eva, e tutte quelle del tuo sesso, metterete al mondo, anziché un frutto
dalla benedizione, un frutto della rovina. E costoro distruggeranno i figli
della benedizione e della luce in gran numero, e al loro imperversare e
infuriare non ci sarà fine; e così trasmetterete a tutti il peccato come
eredità, e la vostra colpa diventerà visibile fino al grande Tempo dei tempi e
anche dopo.
15. E questa offerta
dei vostri cuori vi sia data quale sacro servizio alla Mia benedizione di
grazia, per compiere il quale voi Mi sarete sempre debitori ogni volta che vi
avvicinerete per questa Mia benedizione. Questo nuovo e facile Comandamento che
avete appena ricevuto dalla Mia bocca, sia la prima Chiesa che Io fondo davanti
a voi in memoria di Me, ed essa vi ricordi con gratitudine le azioni del
misericordioso Amore e vi riconduca al santo timore di Dio!
16. Io voglio
mandarvi uno spirito senza peccato come messaggero dall’Alto, con una spada
fiammeggiante nella mano, perché vi guidi e vi mostri l’intera Terra da una
estremità all’altra, ed egli vi illuminerà le tortuose vie del mondo, ma anche
vi castigherà, se devierete dalle Mie vie!
17. Tutto questo lo
dice l’eterno Amore a voi, nel nome del Padre santo! Amen!»
[indice]
La nascita di Caino e Abele
1. E vedi, allora l’Amore
scomparve davanti agli occhi dei creati, ritornando nel santo grembo del Padre.
2. (allo scrivano): E ora vedi, tu, Mio
pigro e pessimo scrivano a noleggio, che sei ancora molto duro d’orecchio se si
considera il fatto che, come ad un ragazzo che impara l’ABC, devo dettarti ogni
parola singolarmente e ancora non Mi comprendi, e spesso Mi interroghi due,
tre, cinque, spesso fino a dieci volte, e nonostante ciò Io ti ripeto sempre
ogni parola fedelmente! Perciò sii più attento, perché si vada avanti più in
fretta di quanto è successo fino a ora; il mondo infatti ha bisogno che
quest’Opera della Mia grande Grazia sia completata prima possibile! Lasciati
dire questo da Me, il vostro Padre santo, che è tutto Amore in tutto il Suo
Essere! E ora continua a scrivere!)
3. E ora la coppia neocreata era completamente sola sulla vasta Terra, e
l’angelo promesso apparve con la spada fiammeggiante nella sua destra; ed essi
scorgendolo si spaventarono molto, e così fuggirono davanti ai suoi occhi, e
tremarono di grande paura in tutti i loro visceri.
4. E
ora vedi, la paura accelerò la gravidanza di Eva, ed ella con dolori si liberò
del frutto proibito che il serpente nella cecità di Adamo aveva posto in lei.
5. E
Adamo osservò il frutto nudo e constatò che il frutto gli era simile, e se ne
rallegrò molto; ed Eva riconobbe la gioia di Adamo e strinse con ogni ardore
questo frutto del suo amore al suo petto pieno.
6. E
vedi, allora percepì una fitta nel suo petto, simile alla fitta del serpente, e
pose il frutto a terra nella grande angoscia e nella ferma opinione di aver già
di nuovo peccato.
7. Ma
vedi, allora apparve il grande angelo con volto
dolce, davanti alla coppia che si angosciava e s’impauriva, e rivolse loro la
parola con voce ferma, dicendo:
8. «Non vi angosciate e non vi impaurite davanti
al servo di Jehova, che è stato mandato a voi dall’Alto per mostrarvi la Terra
e per illuminarvi le tortuose vie del mondo e anche per castigare voi e i
vostri discendenti se deviate dalle vie dell’eterno Amore e dell’infinita
Santità di Dio.
9. Vedete, questo frutto non è più un peccato
per voi; è però certo la conseguenza della triplice disubbidienza verso Dio, ed
è la morte della vostra carne, quella morte che avete generato nella vostra
carne mediante la vostra brama nell’egoismo. Non vi è lecito gettare via da voi
questo frutto, ma secondo la Volontà dall’Alto tenetelo come testimonianza su
voi stessi e sulla vostra umiliazione, affinché un giorno possiate sperimentare
come attraverso voi è venuto nel mondo il peccato, e attraverso il peccato però
la morte; ma il frutto stesso dovete chiamarlo “Cahin” (Caino) ovvero
“Portatore di morte”!»
10.
Allora gli animi spaventati della coppia furono tranquillizzati dal discorso
del messaggero dall’Alto, ed Eva prese di nuovo il frutto, che aveva deposto a
terra, nelle sue mani ancora tremanti, e a richiesta di Adamo, suggerita
dall’angelo, porse al lattante il petto pieno, perché succhiasse da lei la vita
della Terra.
11. E
l’angelo si pose al fianco sinistro di Adamo, ed Eva si mise col frutto sul
braccio destro al fianco destro di Adamo, affinché il cuore di lei restasse
libero da qualsiasi peso e potesse in avvenire rimanere rivolto all’uomo su
tutte le vie e su tutti i sentieri.
12. E
così essi camminarono esemplarmente su tutta la Terra per osservare tutte le
sue contrade e per stabilire delle dimore per i loro futuri discendenti, e per
seminare il pane ad essi, con la potenza e la forza che era loro conferita
dall’Amore, mediante la grande grazia della Misericordia.
13.
La Terra infatti, con ciò che stava su di essa, era sottomessa alla volontà di
Adamo. E il mare e tutte le acque ubbidivano fedelmente perfino al più lieve
cenno di Adamo, ed entrambi gli erano sottomessi, dalla superficie fino
all’estrema profondità, e pieni di venerazione offrivano il dorso al piede del loro signore, perché camminasse saldo
su di essi a piacimento. E gli erano sottomessi tutti i venti; e ubbidivano
alla sua voce tutti gli animali delle acque, della terraferma e delle arie.
14. E
Adamo era stupito per la forza insita in lui, e
vide e riconobbe su quante cose l’eterno
Amore gli aveva conferito tali grandi forze, e divenne lieto oltre misura
per una così grande grazia dall’Alto, e disse ad Eva:
15.
«Eva, moglie mia, vedi, il Signore della potenza e della forza ci ha benedetti;
offriamogli dunque i nostri cuori, affinché la Sua benedizione prosperi sulla
Terra secondo la Sua grande promessa, e attraverso te essa veda la luce della
Grazia quale nuovo abitante di questo luogo!»
16.
Ed Eva, piena di umiltà e di intima gioia, disse: «Adamo, vedi la tua ancella
ai tuoi piedi ad attendere il cenno del suo signore della Terra, e avvenga a me
secondo la tua volontà; accetta il mio cuore colpevole e offrilo al Signore!»
17. E
Adamo fece ad Eva, in totale abbandono al Signore, come il Signore gli aveva
ordinato.
18. E
vedi, la benedizione divenne visibile in Eva, e Adamo se ne rallegrò, e anche Eva
provò in sé grande piacere. E ora odi quello che l’angelo di Jehova disse alla
lieta coppia, e le sue parole erano ben misurate come parole dall’Altezza e
come parole dalla Profondità, ed era l’eterno Amore stesso che parlava
per bocca dell’angelo, e queste parole dalla bocca dell’angelo suonarono così:
19. «Adamo! Tu adesso
hai appreso molto nel lungo viaggio sopra la Terra; tu hai visto i suoi
continenti e le sue acque, e vedesti anche quello che su di essi e in essi
esiste, cresce e si muove; e vedesti il grande mammut e da esso in giù tutti
gli animali, fino al più piccolo dei vermicelli striscianti; e vedesti il forte
pescecane e tutti gli animali delle acque, fino ai più piccoli abitanti della
goccia; e vedesti anche tutti i volatili delle arie, dalla gigantesca aquila
fino all’uccellino della foglia, e da questo fino al più piccolo moscerino; ed
hai provato tutte le loro forze, la loro attitudine e la loro utilità; e
scorgesti, anche da questo, quanto riccamente l’eterno Amore ha provveduto per
te, e così attraverso te anche per Eva.
20. Tu parlasti ai
monti ed essi ti diedero risposta; e interrogasti il mare, ed esso ti rispose;
e indirizzasti la tua voce alla profondità della Terra, e la risposta non è
rimasta per strada; e indirizzasti il suono delle tue parole a tutti gli
alberi, arbusti, piante, pianticelle e a tutta l’erba, ed essi ti dichiararono
il loro nome e ti spiegarono rispettosamente la loro attitudine e l’uso che ne
deriva per voi secondo il tuo libero arbitrio, e così anche tutti gli animali a
cui hai rivolto la voce del tuo petto. Tutti gli animali, ciascuno a proprio
modo, ti diedero una risposta percettibile e ugualmente ben precisa, e ti
mostrarono fino a che punto sono destinati al tuo servizio e sono soggetti
ciecamente al tuo volere. E i venti ti insegnarono a servirti di loro secondo
la tua volontà. E tutto questo vide e udì e percepì anche Eva.
21. E ora vedi, Adamo,
e anche tu, Eva, tutto questo non ti è stato dato dall’eterno Amore come ti è
stata data la vita, e come ti è stata data Eva, bensì la Sua grande Grazia te
l’ha dato come regalo, e tu tutto questo lo terrai solamente fino a quando ne
farai un saggio uso, secondo la Volontà del Padre santo. Ma queste cose, una dopo l’altra, si allontaneranno dall’ambito della
tua grande potenza se tu non manterrai sempre il tuo animo tutto puro al
cospetto di Jehova. Perciò sii saggio, come lo è il grande, ottimo e
santissimo Padre lassù sopra ogni creazione e laggiù nella profondità sotto
ogni creazione!
22. E così come tu ora
sei, e come devi essere e rimanere in seguito, secondo la Volontà del Padre
santo e dunque secondo la tua propria volontà, così devono essere anche tutti i
tuoi discendenti, mentre le discendenti di Eva devono essere come ora lei è
davanti e sotto i tuoi occhi.
23. E se però qualcuno
non è come tu sei adesso e come devi essere e rimanere in seguito, il dono
resterà bensì conservato per un determinato periodo di tempo, ma il regalo
della Grazia verrà tolto a quel tale non appena egli non è più come tu sei
adesso, come devi essere e rimanere. E perfino le discendenti di Eva si
leveranno al di sopra dei loro capi, e diventeranno loro infedeli fino al
midollo delle ossa, e correranno dietro ai cani, e si nutriranno
dell’escremento dei serpenti, e allatteranno i loro bambini ai seni delle
vipere; e i tuoi discendenti saranno avvelenati attraverso esse, e moriranno di
una morte amara corporalmente e spiritualmente, in eterna vergogna e penosa
infamia.
24. E ora vedi, tu
Adamo, e odi, tu Eva! Adesso voi siete
ancora nel Paradiso, là dove l’eterno Amore vi ha posti prima e dopo il
vostro peccato, e prima e dopo la distruzione; se mai però doveste scordarvi,
se doveste non osservare fedelmente le Leggi dell’Amore e i Comandamenti della
Sapienza del Padre santo, sarete scacciati da questo bel giardino con questa
spada fiammeggiante, e in seguito non vi sarete più ammessi per tutto il tempo
della vostra vita corporale e, fino al tempo della Promessa, anche nessuno di
tutti i vostri discendenti; ma lo saranno, solamente dopo la Promessa, i figli
della Redenzione e della conseguente nuova Creazione dell’eterno Amore.
25. Questo tienilo bene
a mente, tu Adamo, e riflettici anche tu, Eva! Il frutto che uscirà da te, Eva,
questo frutto vivo, tu, Adamo, devi chiamarlo “Ahbel” (Abele) e devi
offrirlo al Signore della Gloria per l’eternità; il suo nome, infatti,
significa “Figlio della Benedizione” e deve essere una prima rappresentazione
di Colui che un giorno, nel grande Tempo dei tempi, verrà perfetto dall’Alto,
dal grembo della potenza e della forza della Santità di Dio.
26. E ora che vi ho
guidati, che vi ho mostrato e detto tutto perfettamente secondo la Volontà
dell’eterno Amore, è compiuta la mia missione, opera dell’eterno Amore nel
Padre di ogni santità e bontà, ed io visibilmente devo lasciarvi, ma
invisibilmente vi seguirò passo passo e ognuno dei vostri passi io conterò
secondo l’immutabile Volontà di Jehova.
27. E voi mi rivedrete
sempre ogni qualvolta offrirete al Signore della Gloria i vostri cuori in
totale abbandono; ed io raccoglierò la vostra offerta in un vaso, e lo porterò
in Alto a Dio, e lo vuoterò al cospetto del Figlio, e allora il grande Padre
santo si compiacerà delle vostre opere.
28. Però mi rivedrete
anche nel caso voi doveste o poteste deviare dalla Legge dell’Amore e dai
Comandamenti del Padre santo, così come mi vedete ora con la spada
fiammeggiante nella mia destra, per scacciarvi dal giardino e togliere a te,
Adamo, una gran parte dei regali dell’eterno Amore dalla Sua grande Grazia e a
lasciarti poi debole e timoroso del minimo rumore d’erba».
29. E ora vedi, tu cieco scrivano di questa Mia
nuova Parola viva in te come anche in tutti voi, e osserva come ora Adamo
nel Paradiso era un uomo perfetto eccetto che in una cosa, e le facoltà di cui
era dotato lo rendevano un perfetto signore della Terra; e tutte queste sue
perfezioni erano solo un Mio regalo, ed egli le conservò fino al tempo in cui
si scordò di Me, un’unica volta dopo che l’angelo divenne invisibile ai suoi
occhi.
30. E
ora vedi: – tutto quello che Adamo possedeva in regalo Io voglio darlo a voi in
dono permanente, e anche infinitamente di più, e anche qualcosa di
infinitamente più grande, e tutto questo sono Io stesso; e tutto ciò che è Mio
deve essere anche vostro, purché Mi amiate, e nulla di più Io chiedo a voi!
31.
Ma dov’è il vostro amore che Io riscattai a così caro prezzo e che vorrei
chiamare eternamente Mio? Oh, di questo ce n’è ormai davvero così poco sulla
Terra! Esso è così leggero e così dolce, e voi non lo volete, e neanche lo
cercate dove vi attende, e disprezzate l’alto prezzo in esso!
[indice]
La promessa
del Signore
1. O voi, figli di Adamo! Perché mai non volete piuttosto
diventare figli Miei? O quali fatiche e che estenuante lavoro vi costa guadagnarvi
il pane di Adamo grondante del sudore delle vostre mani, che per di più è
insozzato dalla bava dei serpenti e impregnato col veleno delle vipere, e col
quale nel vostro eccedere la misura vi mangiate la morte temporale e poi anche
eterna!
2. Ben
diverso è il Mio Pane, il quale è spalmato col miele del Mio Amore, ed è
impregnato col latte della vita eternamente libera da Me, e che voi potreste
gustarlo nella somma pienezza di ogni eccesso di misura, che non vi farebbe mai
alcun male in eterno, anzi vi rafforzerebbe e vi doterebbe di ogni potenza e
forza da Me, sia per l’eternità che anche già qui nella dimensione temporale,
se solo voleste accettarlo. Vedete, subito dopo ‘la più grande delle Mie azioni, che è la grande opera della redenzione
per voi’[5],
questo Mio Pane era ancora molto caro, e gli uomini potevano acquistarselo solo
in piccola dose e in nessun altro modo che nuovamente col loro sangue e con la
vita del loro corpo, a Me sacrificati per questo. E questo Mio Pane aveva
allora un sapore amaro nella bocca degli acquirenti, e non era ancora spalmato
col miele dell’amore, né impregnato col latte della vita libera anche già nel
tempo. Sia il miele, sia anche il latte, venivano invece aggiunti agli afflitti
compratori, ben misurati, solo nel regno degli spiriti; e vedi, eppure ce
n’erano in gran quantità di tali compratori!
3.
Adesso, invece, che Io lo do completamente gratis a chiunque lo desideri e
semplicemente per il compenso sicuramente molto piccolo del vostro amore, e lo
do con latte e miele, ora vedi, ora lo si disprezza amaramente e si disdegna il
grande, amichevole Donatore, colmo sicuramente e veramente di ogni supremo
Amore per voi!
4.
Tenete a mente dunque: «Le porte dei Miei Cieli Io le ho fatte adesso spalancare.
Chiunque voglia entrare, venga, e venga presto, e venga subito; poiché è venuto
il grande tempo della Grazia, e la nuova Gerusalemme viene a voi tutti giù
sulla Terra, affinché tutti coloro che Mi amano possano prendere dimora in
essa, e in essa essere saziati col miele e col pane al latte, e bere a pieni
sorsi la pura acqua di ogni vita, e possano attingerla a dismisura dall’eterno
pozzo di Giacobbe.
5. Ma sebbene la
discesa di questa Mia grande Città sarà una grazia smisuratamente grande verso
tutti i Miei figli, tuttavia essa anche schiaccerà con le sue possenti mura
tutti i ciechi, e schiaccerà tutti i sordi; poiché la sua grandezza comprenderà
l’intera superficie della Terra! E chi non la vedrà discendere, e non sentirà
il suo fruscio attraverso le pure arie della Terra, costui non troverà più
alcun posto sulla Terra per potersi nascondere da lei e sfuggire al suo peso.
6. Poiché vedi, il
peso dei suoi palazzi sgretolerà le montagne e le renderà uguali alle valli, e
le sue case Io le voglio mettere sopra le pozzanghere e i pantani; e tutti i
vermi che vi abitano saranno schiacciati nel terreno di loro proprietà dalle
fondamenta delle case della grande Città di Dio, il vostro Padre santo in Cielo
e sulla Terra.
7. E il vero
Pastore chiamerà le Sue pecore, ed esse udranno la Sua voce e la riconosceranno
bene fino a tutte le estremità della Terra, e accorreranno, e pascoleranno con
gran piacere sui pascoli dell’eterno Amore del Padre santo, cioè i grandi
giardini della nuova, santa Città del grande Re di tutti i popoli che furono,
sono e saranno eternamente.
8. E questi
giardini saranno il Paradiso che fu perduto per mezzo di Adamo e che Io per
primo ho ritrovato e conservato fedelmente per loro quale eterna dimora.
9. Per questo
motivo Io vi ho anche già mostrato molto dettagliatamente, fino ai minimi
particolari, la grande gestione della Mia Casa fin dall’eternità, e vi ho
mostrato la Creazione da cima a fondo, e vi mostrai il primo uomo nella sua
prima origine e voglio mostrarvelo ulteriormente fino alla sua fine, e voglio
mostrarvi la grande prostituta e la distrutta Babilonia, e poi condurvi nella
Mia grande e santa Città, e in essa darvi un’abitazione permanente in eterno,
se Mi amate come Io vi amo, al di sopra di tutto!
10. Guarda i cieli e
guarda la Terra! Ebbene, questi un giorno passeranno corporeamente, e
sussisteranno solo spiritualmente, ma ciascuna delle Mie parole che a voi viene
detta sussisterà così come viene dalla Mia bocca, corporeamente e
spiritualmente, in ogni potenza e in ogni forza della Santità, eternamente,
eternamente, eternamente. Amen!»
[indice]
La cacciata dal Paradiso
1. E ora ritorna di nuovo indietro ad Adamo e ad Eva, e
vedi come fu l’ulteriore tragitto della loro vita corporale, e il tragitto dei
loro due discendenti, davanti agli occhi onniveggenti della Santità di Jehova!
E vedi, per un breve periodo, che secondo il vostro calcolo fu di trenta giri
terrestri attorno al Sole, che voi chiamate ‘anni’, la coppia visse nella
cerchia dei suoi discendenti benedetti, il cui numero era uguale al numero
degli anni, con l’eccezione di Caino, che non era benedetto.
2. E
adesso vedi ancora quello che è successo! Adamo stava camminando nel giorno del
Signore che gli era stato comandato come giorno di riposo nel suo cuore già
dall’eterno Amore stesso, e poi più volte dall’angelo, in memoria delle grandi
azioni dell’Amore che Si era impietosito e per contemplare con la massima
venerazione l’incommensurabile Santità di Dio, il Padre buono. Adamo camminava
da solo su un tratto di terreno per contemplare la bellezza della zona; e il
mondo gli piacque moltissimo, così che nei suoi pensieri si allontanò
totalmente da Dio.
3. E
in queste contemplazioni arrivò così alla riva di un grande fiume, il cui nome
era “Eheura” ovvero “Ricordati del tempo di Jehova!”; questo
infatti esclamava il fiume col suo forte rumoreggiare. Ma Adamo, concentrato
nei pensieri del mondo, non notò e neanche comprese il senso di questo
linguaggio dei rumoreggianti flutti del fiume.
4. E
mentre egli in tal modo stava camminando lungo la riva, d’un tratto restò
impigliato col piede sinistro a una pianta che, cresciuta per un certo periodo
serpeggiando sopra il terreno, finiva avviticchiata attorno a un grosso albero,
ed egli cadde violentemente a terra e percepì un gran dolore nel suo corpo, e
questa fu per lui una nuova sensazione; ed egli si adirò con la pianta e la
guardò incollerito, e la chiamò a risponderne, chiedendo se non conoscesse il
suo signore.
5. E la pianta rispose: «No, non ti conosco!»
6.
Allora Adamo osservò più accuratamente la
pianta, e non la riconobbe. Allora chiese nuovamente: «Com’è il tuo nome, e
qual è la tua attitudine?»
7. E
vedi, un vento frusciò attraverso le foglie, e il
fruscìo gli divenne comprensibile e suonava così: «Cogli gli acini dai
miei rami e spremi il succo, e bevilo, e il mio nome e la mia attitudine ti
diverranno noti!»
8. E
vedi, Adamo, nella cecità dei suoi pensieri mondani e dimenticandosi totalmente
di Dio, fece quello che la pianta serpeggiante gli consigliò nel giorno del
Signore. Ed egli prese alcuni acini e li assaggiò, ed avevano un sapore molto
dolce; ed egli si rallegrò di questa nuova conoscenza, e si rammaricò con
l’angelo perché non gli aveva mostrato anche questo frutto dal sapore tanto
buono.
9. Ed
egli colse una quantità di acini e li portò a casa, e vi arrivò giusto mentre
tramontava il Sole.
10.
Ed Eva gli andò incontro accompagnata da Caino, i soli che per tutto il giorno si
erano preoccupati, non sapendo dove Adamo fosse andato. Tutti gli altri infatti
lo sapevano bene, e non si preoccuparono nel giorno del Signore di Adamo, il
padre del loro corpo; poiché essi erano figli della benedizione, e in questo
giorno avevano concentrato i loro pensieri in Dio e nel Suo eterno Amore. I due
gli tolsero una gran parte del suo carico, ed egli raccontò loro di questa
nuova conoscenza; ed Eva ne fu molto rallegrata, e con l’aiuto di Caino fece
degli acini secondo il racconto di Adamo.
11.
Allora Adamo prese il succo spremuto e disse: «Scopriamo il suo nome e la sua
attitudine!»
12. E
vedi, egli allora bevve a pieni sorsi di quel succo, e lo diede poi ad Eva e a
Caino, e infine lo fece assaggiare a tutti tranne che ad Abele, che non era ancora
presente poiché il fuoco ardeva ancora sull’altare che egli aveva eretto per
fare offerte alla Santità e all’Amore di Jehova, ciò che al Signore era molto
gradito.
13. E
allora Adamo, Eva e tutti quelli che avevano assaggiato del succo divennero
ubriachi; e in questa ebbrezza Adamo ed Eva, e tutti quelli proceduti da Adamo
ed Eva, si accesero selvaggiamente nei desideri della carne, e insieme con
Adamo ed Eva si diedero alla lussuria e alla fornicazione, mentre Abele pregava
all’altare di Jehova.
14. E
quando là ebbero finito di fornicare nell’ebbrezza della dimenticanza di Dio e
dimenticandosi di offrire prima a Dio i loro cuori, come era stato comandato di
fare sempre e come era dovuto, l’angelo – con la
spada fiammeggiante nella sua destra – apparve dapprima ad Abele, e gli disse
amichevolmente:
15. «Jehova trovò grande
compiacimento nella tua offerta, tant’è vero che ti ha scelto come salvatore
dei tuoi genitori e dei tuoi fratelli, senza di che essi ora sarebbero perduti
nel giorno del Signore, poiché si dimenticarono di Lui e abbassarono i loro
animi alla terra, e non poterono diventare partecipi della benedizione, che
sempre in questo giorno, secondo l’Ordine stabilito, si diffonde dall’Alto in
tutti gli spazi delle infinità!
16. Perciò io sono ritornato
visibilmente, anzitutto a raccogliere la tua offerta in questo vaso della
Grazia misericordiosa, che è l’eterno Figlio nel Padre, e portarla davanti al
Suo santissimo volto, davanti alla pupilla dell’eterno Padre, e prima ancora
però per castigare i trasgressori della Legge dell’Amore e del Comandamento
della santa Grazia, per togliere loro una gran parte dei regali, per colpirli
di cecità e scacciarli dal Paradiso.
17. E ora lascia il tuo
altare delle offerte e poniti alla mia sinistra, affinché la destra punitrice
rimanga libera per i trasgressori, e seguimi nella dimora del peccato! E quando
io avrò svegliato dal delirio della fornicazione i peccatori addormentati, i
quali colti da grande timore fuggiranno davanti alla spada della Giustizia, seguili
come compagno di fuga, e porta, per i genitori del tuo corpo, una piccola parte
del regalo perduto, e dalla poi a loro per rinvigorirli quando, in un paese
lontano da qui che si chiama “Ehuehil” ovvero “Paese del rifugio”, essi
cadranno a terra piangendo, spossati ed esausti. E anche in questo paese erigi
un altare per le offerte simile a questo qui, che continuerà ad ardere anche
sotto le acque che un giorno verranno su tutta la Terra, e diventerà una
montagna, inaccessibile ad ogni piede mortale fino al grande Tempo dei tempi.
Allora essa piegherà il capo alla bassa terra che si chiamerà “Bethlehem”
(Betlemme) ovvero “la piccola città del grande Re”, la quale un giorno
diventerà la più grande sulla Terra. La sua Luce infatti brillerà più che la
luce degli spiriti di tutti i soli spirituali. E su questo nuovo altare tu devi
portare offerte di ringraziamento al Signore, da tutti i regni (naturali) della
Terra in questo paese della fuga, perché esse possano diventare commestibili
per i peccatori, e rinvigoriscano i pentiti, e consolino i dolenti!»
18. E
quando l’angelo ebbe terminato il suo discorso ad Abele, essi si alzarono e
andarono con grave passo alla dimora di Adamo – il cui aspetto era simile al
tempio di Salomone – la quale, conforme alla sua potenza e forza, consisteva in
alti cedri cresciuti liberamente dalla terra, uno strettamente vicino all’altro
in forma circolare e molto allargata. Essa non era lontana dalla grotta del
pentimento e dal cespuglio di spine del cordoglio, e aveva due entrate, una
stretta verso il Mattino (l’Oriente), e una larga verso la Sera (l’Occidente).
19. E
vedi, era circa la metà della notte – e non poteva essere prima a motivo del
giorno del Signore – quando l’angelo del Signore si affacciò con Abele alla
soglia verso il Mattino.
20.
Quando Abele mise piede sulla soglia, cominciò a piangere per la grande
sventura che doveva colpire e che avrebbe colpito adesso i suoi.
21.
Allora l’angelo disse a lui in tono dolce: «Non piangere,
Abele, tu figlio della Grazia, colmo di benedizione, e fa’ ciò che ti ho
comandato dall’eterno Amore che parla attraverso la mia bocca, e non ti
spaventare per le parole tonanti che seguiranno su questi peccatori
addormentati!»
22. E
Abele fece come l’angelo gli aveva comandato; e
quando egli fu del tutto vicino ai suoi, l’angelo tuonò in modo terribilmente
serio, parole di spavento e di grande paura sui peccatori ora destati, ed
esclamò con grande forza e vigore:
23. «Adamo, alzati,
rammentati della tua colpa e fuggi da qui, poiché non ti è più possibile
restare ulteriormente in questo luogo! Poiché tu hai perduto il Paradiso per te
e per tutti i tuoi discendenti fino al grande Tempo dei tempi, e una gran parte
dei regali, per tua colpa, poiché ti sei dimenticato del giorno del Signore e
ti sei ubriacato col succo di una pianta che era un capolavoro del serpente,
escogitato per catturare la tua libertà, per avvinghiare i tuoi piedi e per
turbare i tuoi sensi, per dimenticare Dio e farti addormentare nel rozzo
peccato.
24. Fuggi dunque dove
vuoi, lontano dal Volto dell’Amore! E ovunque fuggirai, incontrerai la giusta
ira di Dio in pienezza, ma la parte dell’Amore ti sarà misurata con parsimonia!»
25. E
vedi, allora Adamo si alzò da terra con Eva e con tutti gli altri che avevano
dormito a causa della bevanda dello stordimento dalla pianta del serpente, e
con ciò tutti quanti avevano perduto il Paradiso e gran parte dei regali,
eccetto Abele che era rimasto sobrio, poiché non aveva bevuto della bevanda
dello stordimento e rimase memore del giorno del Signore. (nota bene: Così anche voi,
quali veri figli di un Padre così santo e buono come sono Io, dovete essere
costantemente memori del santo riposo del settimo giorno quale vero giorno del
Signore, che sono Io, e alla domenica dovete fare quello che vi è comandato).
26. E
quando Adamo scorse l’angelo, si spaventò oltre misura, insieme ai suoi
familiari, così che non poté dire nemmeno una parola per scusarsi, ed era come
irrigidito per il troppo grande sgomento; solo adesso infatti cominciava ad
accorgersi di quello che lui e tutti i suoi avevano fatto al cospetto di
Jehova.
27.
Allora egli si gettò con la faccia a terra davanti all’angelo del Signore, e
pianse e implorò pietà a voce altissima; poiché la spada fiammeggiante gli
aveva aperto gli occhi, ed egli vide in quella luce raccapricciante della
Giustizia punitrice tutto il peso e la dimensione dell’infelicità indicibile,
in cui con la sua leggerezza aveva precipitato se stesso e tutti i suoi.
28.
Ma l’angelo stava ritto con occhi bendati e
orecchi turati, come gli aveva comandato l’Amore del Padre, e disse più forte
di tutti i tuoni, dalla potenza e dalla forza di Jehova:
29. «Nella Giustizia non
c’è grazia, e nel Giudizio non c’è libertà; perciò fuggi, spinto dalla
Giustizia punitrice, perché i giudizi di Jehova non raggiungano il tuo piede
esitante! Poiché il castigo è la paga della Giustizia. Chi lo prende come se lo
è meritato, può ancora contare sulla misericordia; ma chi si oppone alla
Giustizia e alle sue conseguenze, costui è un traditore della intangibile
Santità di Dio, e ricadrà nei giudizi di Dio, dove non vi è più libertà, bensì
l’eterna prigione nell’ira della Divinità.
30. Perciò fuggi, e
piangi e implora laddove i tuoi piedi ti porteranno; e dove essi non ce la
faranno più a portarti oltre, là rimani, piangi, implora e prega perché tu non
vada in rovina, e anche Eva e tutti gli altri a causa tua!»
31. E
vedi, allora Adamo si rialzò e volle fuggire secondo il comando di Dio dato per
mezzo dell’angelo; ma vedi, egli non riusciva, poiché i suoi piedi erano come
paralizzati. E incominciò a tremare in tutto il corpo, poiché lo assillava la
grande paura del giudizio di Dio, che l’angelo del Signore gli aveva
minacciato.
32.
Allora Adamo cadde di nuovo con la faccia a
terra e pianse e gridò a voce altissima: «Signore, Tu onnipotente, grande Dio,
nella Tua grande Gloria di ogni Santità, non chiudere totalmente il Cuore del
Tuo sconfinato Amore e della Misericordia a me, un debole davanti a Te, e
donami almeno quella sufficiente forza, affinché io indegnissimo sia in grado
di fuggire davanti ai Tuoi giudizi, secondo la Tua santissima Volontà, a cui
sono soggette tutte le Tue creature, come io lo sono dalla cima dei capelli
alla pianta dei piedi. Signore, ascolta la mia supplica!»
33. E
vedi, allora parlò l’eterno Amore con la bocca
dell’angelo – come Io parlo ora con la tua bocca impura – e disse ad Abele:
34. «Abele, vedi il
padre del tuo corpo; aiutalo a sollevarsi! E vedi sua moglie, Eva, la madre del
tuo corpo, languire a terra, aiutala a rialzarsi, affinché entrambi e tutti gli
altri vengano per mezzo tuo rinvigoriti per la fuga, e il buon Padre santo
gioisca di te, mostrando il tuo amore al debole padre del tuo corpo, così come
alla tua fragile madre, e così anche a tutti i tuoi fratelli e sorelle, siano
essi benedetti o non benedetti; la tua forza infatti li rinvigorirà, e la
pienezza della benedizione in te li ristorerà! E così con la mano dell’amore
filiale e con la mano della fedeltà fraterna, conducili pure, con ogni pazienza
e amore, fino al posto che Io ti indicherò; ed essi, una volta giunti, cadranno
tutti a terra esausti!
35. Là rimani, e
lascia riposare gli affaticati, e là tu raccogliti davanti a Me, affinché Io ti
conceda forze in grande pienezza, per rinvigorire i tuoi genitori secondo la misura
della loro necessità e capacità di accoglierle, e per ristorare i tuoi fratelli
e sorelle secondo il loro bisogno e secondo la loro capacità di accoglierle. E
ora fa’ quello che ti ho ordinato, per amore verso di loro e per ubbidienza
verso di Me!»
36. E
vedi, allora il pio Abele fu pervaso da grande pietoso amore, s’inginocchiò e
ringraziò Dio dal più profondo del cuore, sciogliendosi in lacrime, e poi,
rinvigorito dall’Alto, afferrò le mani dei deboli genitori e fece per grande
amore quello che il Signore gli aveva ordinato.
37. E
quando Adamo vide suo figlio aiutare lui e anche
la madre, nonché tutti gli altri, disse allora commosso: «O tu mio caro figlio,
che venisti ad aiutarmi in questa nostra grande pena, ricevi dunque anche tutta
la mia benedizione, per ringraziamento e per consolazione del tuo debole padre
e della tua debole madre!
38. E
ringrazia tu il Signore, tu che ancora sei degno dell’Amore del Padre santo, al
posto mio e di noi tutti che ci siamo resi indegni di pronunciare il Suo Nome
santissimo!
39. E
così fuggiamo dunque secondo la Volontà del Signore!»
40. E
vedi, allora l’angelo brandì la spada della Giustizia, ed essi fuggirono tutti
quanti a passi veloci, giorni e notti continuamente, senza riposo e senza
sosta.
41. E
così giunsero nel già nominato paese, quando il Sole stava al suo culmine e
bruciava intensamente; e non un’erba si poteva vedere sul suolo tutt’intorno,
neppure a grande distanza, e neanche un albero, né un cespuglio. E vedi, allora
Adamo ed Eva e tutti gli altri si accasciarono a terra spossati e completamente
esausti, nella polvere cocente, e chiusero gli occhi, oppressi dalla potenza
del sonno che li stordiva, e dormirono come svenuti, incatenati dai lacci della
debolezza nella privazione della Grazia.
42. E
vedi, allora l’angelo del Signore, che finora li
aveva seguiti visibilmente, si avvicinò ad Abele che stava ritto in pienissima
freschezza di potenza e forza dall’Alto, e disse:
43. «Abele, vedi, di
tutte le offerte che in ogni purezza del tuo animo hai fatto al Signore della
Santità, nessuna fu più grande di questa, e nessuna fu a Lui così gradita!
Prendi dunque, secondo la Volontà dall’Alto, questa spada della Giustizia dalla
mano del tuo fratello dall’Alto – poiché vedi, così noi siamo figli dell’unico
e stesso Padre santo – e gestiscila secondo la potenza della Sapienza e secondo
la forza dell’Amore per il maggior bene dei tuoi, e fa divampare in essi
l’indebolita forza della vita, e rendi di nuovo ardente l’amore per l’Amore del
Padre santo, e attizza la fiamma del giusto timore di Dio nei loro cuori! Io
però non ti abbandonerò, ma resterò invisibilmente, e quando tu vuoi anche
visibilmente, al tuo fraterno fianco con grande amore, sempre pronto a servirti
nella Volontà del Signore.
44. Poiché vedi, la
consegna della spada significa la tua pienissima libertà come la mia, e così la
Volontà del Signore è diventata la tua, e ti ha posto al di sopra di ogni
Legge, e ti ha dato in proprietà i Comandamenti, e ora tu sei, come me, un
figlio immortale dell’Amore del Padre santo nel puro regno di luce dei liberi
spiriti!
45. E ora fa’ ai tuoi
genitori e ai fratelli del corpo secondo il tuo amore e la tua sapienza!».
[indice]
Adamo
riconosce il suo stato e si pente
1. Ed
ecco, Abele, oppresso quasi dall’eccessiva gioia
per l’immensa grazia ottenuta dall’Alto, cadde sulle sue ginocchia ed esclamò:
«Oh, Tu, grande e dilettissimo Padre immensamente santo e buono, vedi, qui
dinanzi a Te, il Tuo misero servitore nella polvere e nella percezione della
sua più profonda indegnità nei confronti di Te, onnipotente e misericordioso,
rivolgere il suo sguardo dalla più profonda bassezza fino alla Tua suprema
altezza! Porgi benigno ascolto alla voce di un figlio che implora grazia per i
suoi deboli genitori e per tutti i suoi fratelli e le sue sorelle, e non mi
negare la forza che viene da Te, come un dono grandioso, e fa’ che essa, in
grazia, si riversi su di loro per il perdono del peccato, e per riacquistare la
vita da Te, con la necessaria potenza e forza!
2. E
trasforma, secondo il Tuo gradimento, questo paese, per mezzo della Tua
Misericordia e della Tua Grazia, affinché esso divenga fertile; e i deboli vi
possano trovare un nutrimento per ristorare le proprie membra, e possano inoltre
calmare l’ardore della loro sete a qualche fresca sorgente, e fa’ che vi siano
ancora degli animali atti a servire loro, obbedienti al loro volere.
3. O
grande e amato Padre, immensamente santo e buono, esaudisci la mia debole
preghiera, affinché il Tuo santo Nome sia glorificato nei cuori dei Tuoi
pentiti!»
4. E
ora vedi e ascolta quanto avvenne quando il pio Abele terminò la sua preghiera,
che giunse a Me gradita. Ed ecco, un alito di frescura incominciò a spirare
sull’arido deserto, e nuvole chiare ammantarono l’ampio spazio del cielo; e
cominciò a piovere sopra tutto il deserto, e frammezzo alla pioggia caddero
semi di ogni specie entro i piccoli solchi scavati nella sabbia, prima incolta,
dalla copiosa e veemente pioggia di Jehova. E in un attimo la vasta distesa del
deserto verdeggiò di erbe, di piante, di arbusti e di alberi di mille specie. E
nel luogo dove il pio Abele stava in ginocchio, pregandoMi in spirito e verità,
sorse un albero enorme, alto fino quasi a raggiungere le nuvole, e dotato di ampi
rami e di larghe foglie, e pieno di frutti del pane, ossia di frutti dolci e
gradevolissimi al palato. A quest’albero fu impartito il nome di “Bahahania”, ovvero “conforto e ristoro dei deboli”, conosciuto anche da voi, ancora
oggi, con la denominazione di “albero del
pane”.
5.
Dalle nuvole lucenti e stillanti la benedizione, una voce soave disse al pio
Abele: «Oh, Abele, o figlio Mio diletto, divenuto libero, brandisci con la tua
mano sinistra la spada sopra coloro che dormono, e ridestali al pentimento e al
miglioramento della loro condotta di vita dinanzi a Me, per tutti i tempi
futuri. E sii per loro una vera prefigurazione di Colui che un giorno verrà nel
grande Tempo dei tempi; e annuncia loro che fino a quel giorno nessuno sarà più
libero dalla Legge; e che i Comandamenti, fino a quel giorno e anche oltre,
terranno prigionieri tutti coloro che non si renderanno partecipi della
rinascita operata tramite il Figlio, che sarà la Via, la Luce, la Verità e la
Vita eterna, quale unico Trionfatore sulla Morte.
6. Tu
però sei libero come angelo della Luce e sarai accolto dopo che, solo fra poco
tempo, l’immagine del Grande che verrà sarà del tutto compiuta. Prima però tu
devi renderti perfettamente atto e capace per questo momento, e ciò deve
avvenire mediante la crescita della tua umiltà, del tuo amore e di una grande
devozione. E ciò deve avvenire nonostante tutte le persecuzioni e i
maltrattamenti di cui verrai fatto oggetto, sia da parte dei tuoi fratelli che
delle tue sorelle, a causa della glorificazione del Mio Nome»
7. Ed
ecco, allora Abele si rialzò da terra, compenetrato di potenza e di forza; e
quasi in segno della vera libertà ottenuta si librò nell’aria, e su coloro che
dormivano fece come gli era stato comandato.
8. Ed
ecco che nuove forze vitali affluirono nei dormienti; e gli stessi si destarono
rapidamente, si rizzarono da terra e si guardarono intorno enormemente commossi
e meravigliati nel constatare l’immensa e benefica trasformazione del deserto.
E stavano per prorompere in grida di giubilo, quando Adamo,
alzatosi assieme a Eva che si trovava al suo fianco, così parlò ai suoi figli:
9.
«Figli, non giubilate, né tripudiate prima del tempo, ma piuttosto piangete e
pentitevi anzitutto con me ed Eva del nostro grande peccato, e pensate bene a quello
che abbiamo perduto! Poco importa il Paradiso della Terra con tutti i suoi
beni; perché, come io vedo, e come voi pure vedete, il Signore nella Sua
immensa, sconfinata Misericordia, ci ha donato così tanto che tutti noi
possiamo con tutta facilità e senza rammarico dimenticare la perdita dei beni
sovrabbondanti del Paradiso terrestre, vedendo appunto questa nuova, grande e
inapprezzabile ricchezza del Suo Amore troppo grande. Vedete, infatti, gli
animali dell’aria, come pure della terra, ora si affrettano verso di noi.
Osservate l’erba, le piante, gli arbusti e tutti gli altri alberelli, e i
grandi alberi, e le brezze che spirano, ed interrogate pure tutte queste cose,
ed ascoltate se da qualche parte vi giunge una risposta!
10.
Io lo feci subito, quando mi ritrovai desto, e mi convinsi che tutte le cose
erano diventate mute per me; e che il suono della mia voce non veniva più
compreso. Il cinguettio degli uccelli, l’urlo degli animali, il mormorio di
questa sorgente e tutto il sussurrare dell’erba, delle piante, degli arbusti e
di tutti gli alberelli e degli alberi colpirono subito il mio orecchio, ma
quanto mi spaventai, e mi sento tuttora interamente pervaso dallo sgomento,
constatando che di tutto ciò io non comprendevo più nulla, né tuttora sono in
grado di comprendere!
11.
Ma vedete, non mi spaventai per il fatto che tale comprensione mi fu tolta, ma
piuttosto mi rammaricai per la perdita, infinitamente più grande, della Grazia
del Padre, che è santo sia al di sopra di tutte le creature, che al di sotto di
tutte le creature!
12.
Vedete, tutto ciò che ho perduto l’avete perduto anche voi a causa mia, avendo
voi peccato per mezzo mio e con me; tutti eccetto uno, che non sono più degno
di chiamare “figlio mio”, e che agli occhi onniveggenti del Padre, immensamente
santo e buono e a quelli del Suo Amore e del Suo Spirito, è rimasto puro e
giusto in tutta la potenza e forza, nella pienezza della Grazia e in quella
della Benedizione.
13. E
questi è il mio diletto Abele, che però ci fu tolto dal Signore giustissimo,
poiché i miei occhi non lo vedono più in nessun luogo; certamente ciò avviene
affinché io e tutti voi per mezzo mio percepiamo cosa voglia dire l’essere
caduti fuori dalla Grazia dell’eterno Amore e che cosa significhi anche il
ritrovarsi nella rigida Giustizia del Signore a causa del peccato di
sconsiderata disobbedienza alle Sue mitissime leggi dell’Amore e ai tanto lievi
comandamenti della Grazia.
14.
Oh, figli, ponderate bene tutto quello che vi ho ora detto e provate a
riflettere e convincetevi da soli se vi ho esposto la verità. Poi venite e
giudicate da voi stessi come stiano veramente le cose, e cioè se noi dobbiamo
piangere ed essere afflitti, quale espressione del nostro immenso pentimento,
oppure se sia possibile per noi ritrovare ancora qualcosa che sia capace di
rallegrare i nostri cuori!
15.
Certo, o figli miei, l’eterno Amore del Padre santissimo ci ha lasciato una
sola gioia come dono della Sua grande Grazia, e in tale gioia possiamo e
dobbiamo pur rallegrarci, e questo dono consiste nella grande grazia del
pentimento e del cordoglio stesso!
16.
Ecco, quest’unica cosa ancora ci ha lasciato il Signore: – le lacrime del
pentimento e le lacrime del cordoglio! RingraziamoLo dunque di questo dal più
profondo dei nostri cuori!
17.
Oh, che immensa fortuna per noi è ancora questa, dato che il Signore ci ha
fatto questo dono ricchissimo! Che cosa mai saremmo noi senza questa grazia?
18.
Dunque, nella profonda coscienza della nostra totale abiezione, prostriamoci a
terra e piangiamo, e affliggiamoci fino a quando nessuna lacrima e nessuna
stilla di questo nostro cordoglio potranno più scorrere dai nostri occhi e
finché non avremo restituito al Signore quello che è Suo e del quale non siamo
abbastanza degni; e poi Egli faccia di noi, secondo la Sua Giustizia
santissima, quello che è la Sua Volontà, santa e in ogni tempo buona, e che è
stata fin dall’eternità!».
19. E
vedi, allora Adamo con tutti i suoi si prostrò a terra e fece secondo quanto
gli dettava il suo riconoscimento tramite quella minima parte della Grazia
rimastagli, per mezzo della tacita e segreta Misericordia dell’eterno Amore nel
Padre. Adamo pianse, e si dolse amaramente assieme a tutti i suoi, eccetto
Caino. Quest’ultimo, come gli altri, si era pure prostrato a terra, ma il suo
occhio rimase asciutto; anzi, si adirò per non poter piangere anche lui come
tutti gli altri. Ed egli allora si alzò e se ne andò via. E mentre se ne andava
così, fissando il suo sguardo sul terreno verdeggiante, ecco che scorse
improvvisamente una serpe che strisciava fra l’erba; allora egli si chinò, e
afferratala la fece a pezzi; e in preda all’ira e al furore ne divorò la carne,
rendendola così carne propria.
[indice]
La
confessione di Caino
1. E
vedi, quando Caino ebbe fatto ciò, ecco apparirgli accanto il pio fratello Abele, che, in nome dell’eterno Amore, così gli parlò:
2.
«Oh, fratello mio, perché mangi della carne del serpente, mentre qui ci sono
frutti in grande quantità, pronti a calmare la tua fame? Vedi, Adamo, nostro
padre, bevette da quella pianta che egli non conosceva, e che il serpente, con
astuzia, malizia e con tutta la maestria della sua sconfinata perfidia aveva
preparato per la sua perdizione e anche per la perdizione di tutti i suoi
discendenti, e così egli peccò dinanzi al Signore di ogni giustizia, e con lui
peccaste pure voi tutti; ed io stesso fui gravato dal peso del peccato al
cospetto di Dio, e dovetti scontare anch’io come voi tutti che avete bevuto il
succo della perdizione, dato che anch’io come voi dovetti abbandonare il
Paradiso, e dovetti perciò prendere su di me corporalmente il vostro peso e
spiritualmente tutta la vostra benedizione, e così, di conseguenza, fui gravato
doppiamente per causa vostra.
3. E
come se ciò non bastasse, tu ora ti metti a mangiare perfino la carne viva del
serpente, assieme al suo sangue! O Caino, perché mai hai fatto questo?»
4.
Allora Caino si calmò nella sua rabbia, nel suo
furore e nella sua ira; osservò Abele, e disse: «Ecco, quello che ho fatto, io
l’ho fatto per vendetta, ossia per rovinare al serpente la sua progenie, e l’ho
fatto anche per la rovina di me stesso, perché non sono mai stato trovato degno
della benedizione del Signore, poiché sono diventato quello che sono non per
mia colpa, ma per il peccato dei genitori che sono esistiti prima di me, ossia
quando ancora non ero nato, dato che io ebbi origine soltanto dopo che essi
ebbero peccato innanzi agli occhi di Jehova.
5.
Perché dunque devo o dovrei scontare quel certo peccato che io non ho mai
potuto in nessun modo contribuire a commettere, considerato che io sono
soltanto il frutto del peccato ma non la sua causa, e perciò mi trovai privato
della benedizione di cui invece voi tutti godete in tutta pienezza? E perché, a
causa di ciò, io dovetti trascinarmi a fatica, essendo gravato dalla
maledizione di Jehova che io non meritavo, mentre voi saltavate come cervi?
6.
Ecco, questo è il motivo per cui ho fatto così: – perché il serpente fra l’erba
mi rivolse la parola e così disse: ‘Divorami
e saziati della mia carne, e spegni la tua sete con il mio sangue, e tu
diverrai un signore della Terra, e tutti i tuoi discendenti domineranno su di
essa, e la loro potenza e forza saranno maggiori di quelle di tutti i
benedetti. Ora io non ti do un comandamento, ma soltanto il potere di regnare e
la forza di renderti soggetta ogni cosa’
7. E
ascolta, così proseguì il serpente: ‘La
mia carne ti annienterà nella tua ingiusta colpa dinanzi a Dio, e il mio sangue
ti donerà una nuova essenzialità senza colpa, armata di ogni potenza e forza!’.
Allora il serpente tacque ed io lo afferrai, lo lacerai e lo divorai, come
vedesti proprio ora!»
8. Ed
ecco, a questo punto Abele si commosse e brandì con la mano destra la spada della
giustizia e la pose sul capo di Caino; e a Caino furono aperti gli occhi ed
egli vide il suo immenso torto, poiché aveva accusato Dio e i propri genitori;
e scorse in se stesso tutta la sua colpa e vide le imperscrutabili vie
dell’eterno Amore nella Sua misteriosa e sconfinata Sapienza; e si accorse che
lui stesso era il vero serpente seduttore; e vide che per mezzo di lui il
serpente era diventato uomo, per opera della Misericordia illimitata
dell’eterno Amore, affinché esso, in seguito a una prova certamente più grave e
nel suo stato di transitoria debolezza senza alcuna benedizione, venisse reso
consapevole di tale debolezza, cosicché, in tale suo stato di debolezza
autocosciente e per decisione propria e in tutta l’assoluta libertà del proprio
essere, avesse finalmente potuto e dovuto rivolgersi al Signore di ogni potenza
e ogni forza. E dal Signore, poi, sarebbe stata elargita anche ad esso, come ai
già benedetti, la benedizione, e con ciò sarebbe avvenuta la sua riammissione
nell’immensa Grazia dell’Amore sommamente misericordioso, nella pienezza
suprema della potenza e della forza.
9. Ed
egli vide che quel serpente, che aveva poco prima divorato, era egli stesso
nella sua parte ancora cattiva; e vide che solo per effetto della propria
rabbia egli aveva suscitato col proprio alito il serpente sulla Terra, nella
sua riapparsa essenzialità; e vide inoltre, che le parole del serpente erano le
sue stesse parole, che prendevano origine dal fondamento più intimo del proprio
essere primordiale, anteriore ad ogni creazione del mondo visibile della
materia.
10. E
si rese conto, ancora, di come egli aveva con ciò riaccolto in sé il serpente,
ovvero come egli stesso si fosse rafforzato in ogni malvagità e nella falsità
che da essa deriva; e vide quanto profondamente egli era nuovamente precipitato
nella morte.
11.
Allora egli, pervaso da gran pentimento, cadde a terra e pianse, ed esclamò a
voce altissima (Caino): «O grande, onnipotente, fortissimo e santissimo Dio! Ora soltanto io
riconosco il mio infinito peccato e la mia debolezza infinita dinanzi a Te e
alla Tua Giustizia, ma anche dinanzi al Tuo illimitato Amore!
12.
Ecco, io non sono degno dell’esistenza: – annientami dunque per l’eternità,
fino nel mio più intimo fondamento, affinché d’ora innanzi io non sia più
niente in eterno, e affinché il massimo peccato, che è unicamente mio, venga
così cancellato per tutta la discendenza benedetta di Adamo e di Eva!»
13.
Ed ecco, suo fratello Abele allora brandì nuovamente la spada nella sua mano
sinistra, ma questa volta ponendola sul petto di Caino.
14. E
vedi, subito una nuova vita si irradiò in Caino, e la “fame della morte” lo
abbandonò, ma al suo posto si fece tanto più sentire in lui la “fame della
vita”. Al momento però egli non poteva trovare ciò che lo avrebbe potuto
saziare, e poiché non trovava nulla, si rivolse nuovamente ad Abele, e così
parlò:
15.
«Vedi, o fratello, ho una grande fame di un cibo di Vita: – un cibo che abbia
la vita in sé, e non la morte, com’era con la carne del serpente e con il suo
freddo sangue! Perché, vedi, fratello, essendomi venuta dal profondo del mio
essere la conoscenza di come io ero prima, e di come sono ora, io adesso sento
in me un grande pentimento, e percepisco una grande fame e una sete ardente
dell’Amore divino e della Sua immensa Misericordia! Poiché, vedi, io piango
senza voce, e il pentimento è in me senza lacrime: – saziami quindi con la voce
dell’Amore, e calma la mia grande sete con le lacrime del pentimento!
16.
Perché, ascolta e intendi: – Io, il sommo, ora sono divenuto il più infimo
della polvere; io, il fortissimo, sono adesso ridotto ad essere più debole di
un moscerino; ed io, il più luminoso, sono diventato ora più tenebroso del
punto centrale della Terra!
17. E
così sto ora dinanzi a te: – a te che, fuori da me, divenisti un piccolo
spirito. Ma ora esso è in tutto più grande di quanto lo fossi stato io allora,
quando ancora non esisteva il mondo. Infatti, avvenne che io, da me stesso,
nella mia esuberante potenza, mi sono imprigionato nella mia forza eccessiva e
divenni per questo il più debole fra tutti. Infatti, allora, coloro che avevano
molto perdettero molto, mentre coloro che avevano poco perdettero poco. Ma io,
che avevo tutto, perdetti tutto, e questo accadde per colpa mia; e gli altri
perdettero il loro molto, oppure il poco, unicamente a causa della mia
bruciante colpa.
18. O
fratello Abele, non indugiare dunque, e porgimi una vivanda di vita, affinché
abbia la voce per piangere; e dona a me, il reietto della benedizione, una
bevanda, affinché io non mi strugga in un pentimento senza lacrime!»
19.
Allora Abele calcò di nuovo il suolo della Terra
e si avvicinò a Caino, del tutto corporalmente, e gli disse: «O Caino, o debole
fratello del mio corpo e figlio di Adamo e di Eva, alzati e seguimi! Io voglio ricondurti
ai tuoi genitori e a tutti i tuoi fratelli e sorelle, perché là troverai in
abbondanza tutto quello di cui sei tanto privo e là verrai saziato, e tutta la
tua sete sarà spenta.
20.
Ma quando così sarai saziato e sarà estinta la tua sete ardente, pensa allora
al Signore, nel Suo Amore e nella Sua Grazia misericordiosa; e pensa ancora che
“il primo è l’ultimo, e l’ultimo è il primo!”
21. E
ora seguimi in tutta pazienza e mansuetudine; e tutta la tua forza sia d’ora in
poi la pazienza, e tutta la tua potenza sia d’ora in poi la mansuetudine; e
così tu troverai ancora grazia al cospetto di Colui il cui Amore è infinito e
non ha confini in tutte le eternità delle eternità».
[indice]
L’incarico
del Signore ad Abele
1. E vedi, allora essi si alzarono e si diressero là dove
stava il grande albero situato fra il Mattino e il Mezzogiorno (il Meridione=Sud) dal punto dove si trovava Caino,
che era fra la Sera (l’Occidente=Ovest) e la Mezzanotte (il Settentrione=Nord). E in tal modo essi fecero ritorno ai loro familiari, i quali, ancora
afflitti, stavano piangendo tutti prostrati a terra.
2. E
quando furono del tutto giunti presso di loro, Abele
disse a Caino: «Qui vedi frutti in abbondanza, ovvero vedi ciò che sono i veri frutti
del pentimento e del cordoglio. Chinati, dunque, e cogline e saziati, e spegni
la tua sete!»
3. E
quando Caino ebbe fatto come suo fratello gli aveva consigliato, sotto Mio
suggerimento, ecco che cominciò ad altissima voce a deplorare il suo male, e i
suoi occhi versarono torrenti di lacrime di grande pentimento.
4. E
vedi, all’eterno Amore piacque il
pentimento e il cordoglio; ed Esso parlò per bocca
dell’angelo al pio Abele, che ugualmente si scioglieva in lacrime di pietà
e nel quale l’Amore aveva grandissimo compiacimento, e disse:
5. «Abele, o
benedettissimo figlio dell’Amore, avvicinati ad Adamo e ad Eva, i genitori del
tuo corpo, e rialzali, e mostra loro l’albero della vita che Io ho benedetto
per voi tutti allo scopo che il corpo ne tragga nutrimento, e anche perché il
vostro amore, per ora, ne sia rafforzato.
6. Dì ad Adamo che
quando si sarà rafforzato faccia di nuovo rialzare i suoi figli e dia loro da
mangiare il pane dell’albero della vita, affinché ne sia rafforzato il loro
corpo e il loro amore. E dì ad Eva che si avvicini a Caino e lo faccia alzare,
e lo conduca da Adamo; e dì ad Adamo che gli porga la mano sinistra, e in
questa prenda la destra di Caino e ponga poi la propria destra sul capo di
Caino. Egli dovrà quindi alitare su di lui tre volte, e dovrà alzarlo da terra
sette volte; e così Caino, secondo la sua fedeltà, sarà reso atto ad accogliere
gradatamente la Benedizione che emana da Me.
7. E tu, però,
Abele, prendi la spada nella tua destra e seguiMi ben lontano da qui verso il
Mattino, su un gran monte, in un grande deserto! Tu là troverai un’apertura; in
questa poni la spada dalla parte dell’impugnatura, cosicché la punta rimanga
rivolta al cielo e i due tagli fiammeggianti restino volti l’uno verso
Mezzogiorno e l’altro verso la Mezzanotte.
8. Dopo ciò,
mettiti in ginocchio e ringrazia Dio finché la fiamma della spada sarà estinta
e finché dalla spada uscirà un cespuglio di spine con delle bacche rosse e
bianche. Poi cogli subito dal cespuglio tre bacche bianche e sette rosse, e fa
quindi ritorno dai tuoi! E quando sarai ritornato, dopo quaranta giorni,
erigiMi un altare per sacrifici, così come hai fatto spontaneamente e senza
alcuna sollecitazione nel Paradiso. Sopra tale altare poni fascine e frutta, ed
accendi il tutto con il fuoco dell’Amore che Io ti manderò dall’Alto, nella
forma di un grande lampo.
9. Ma poi prendi
dell’argilla dalla terra, impastala bene e formane un vaso, che sia largo sopra
e stretto sotto, come il cuore che è in te. Questo vaso riempilo completamente
d’acqua pura, e ponilo poi sul focolare di Jehova, sulla fiamma del sacrificio
d’amore; e quando l’acqua sarà calda e comincerà a bollire, prendi anzitutto le
bacche bianche e gettale nell’acqua bollente; poi, dopo breve tempo, fa la
stessa cosa anche con le sette bacche rosse. E quando tu vedrai che tutte le
bacche si saranno intenerite, togli via il vaso dal fuoco, prendi con la mano
destra le bacche tenere nello stesso ordine in cui le hai poste dentro e
passale nella mano sinistra, tenendole fino a che si siano raffreddate; e
mangiale, infine, nell’ordine che ormai ti è noto. Dopo però prendi il vaso con
l’acqua nella quale saranno state cotte le bacche che sono sorte dalla spada e
versa l’acqua sul focolare di Jehova, e consegna poi questo vaso vuoto al padre
del tuo corpo.
10. Le bacche ti
daranno vigore nella sapienza e nell’amore; e l’acqua raddolcirà il fuoco
dell’Amore. Il vaso, però, sia un segno certo, per Adamo e per tutti i suoi
discendenti, di come devono essere costituiti i loro cuori, cioè riscaldati e
cotti dall’acqua della Misericordia, nella quale sono diventati molli i frutti
della Giustizia per effetto del fuoco dell’Amore, per servire di nutrimento ai
figli dell’Amore benedicente, e perché con questo stesso cibo i cuori possano
venir resi liberi per accogliere lo Spirito della Santità di Dio.
11. E ora va’ e
adempi esattamente quello che Io, l’eterno Amore, ti ho comandato! E dopo che
tutto ciò sarà compiuto, Io parlerò di nuovo a te, e poi ai tuoi, per bocca del
Mio angelo, che è un cherubino, ovvero la “bocca della Sapienza e dell’Amore
del Padre santo”. Va’ quindi, e agisci!».
12. E
ora vedi, Abele fece come gli era stato comandato; e si allontanò dai suoi,
dopo aver portato la Benedizione al padre del suo corpo, secondo quel certo Mio
segreto volere che gli fu manifestato nel cuore.
13. E
Adamo lo abbracciò, piangendo, ed Eva, dolente, lo strinse al suo cuore. E
tutti i suoi fratelli e sorelle gli porsero le mani in modo molto amichevole,
in segno del breve congedo al servizio di Jehova. E anche Caino si aggiunse
agli altri e gli porse la sua destra; e si chinò dinanzi a lui fino a terra.
Così poi Abele si separò da loro fra le reciproche benedizioni, e con la grande
Benedizione dall’Alto, accompagnato dall’angelo del Signore.
[indice]
Le nuove
norme del servizio divino e della vita
1. E quando Abele ebbe così compiuto esattamente la Parola
di Dio, e ritornò ai suoi che l’avevano atteso con tanta brama dei loro cuori, e
dopo aver anche qui compiuto il sacrificio secondo le indicazioni dell’eterno
Amore ed ebbe consegnato ad Adamo il vaso vuoto nella maniera e nel significato
che gli era stato comandato, allora l’eterno Amore
aprì nuovamente la bocca dell’angelo e disse:
2. «Abele, o figlio
obbedientissimo del Mio Amore misericordioso e benedicente, Io ora ti nomino
sacerdote e maestro di tutti i tuoi fratelli e delle tue sorelle, e consolatore
dei tuoi genitori. E così la mattina di ciascun Sabato, al sorgere del Sole, tu
offrirai in sacrificio i frutti più belli e puri che Io più tardi designerò
ancora più esattamente. E la sera, al tramontare del Sole, accenderai il fuoco
dell’Amore, che Io ti indicherò come è per natura nascosto in una pietra e come
lo si può sempre ottenere dalla pietra stessa! E tu non devi coprire il tuo
capo a cominciare dalla mezzanotte fino alla mezzanotte successiva, affinché il
tuo capo possa rimanere libero per ricevere la Mia grande Grazia. Tutti i tuoi
fratelli, però, devono scoprire il loro capo soltanto alla mattina, e devono
ricoprirlo nuovamente alla sera. E le tue sorelle corporali devono tenere
celata la loro faccia e il loro capo durante tutto il giorno sacro; soltanto
Eva potrà per tre volte, verso la metà del giorno, gettare lo sguardo in
direzione dell’altare di Dio.
3. Adamo però non dovrà
mai, per tutto il tempo della sua vita, tenere coperto il suo capo, a
simboleggiare il fatto che egli è il padre della vostra carne e che voi dovete
sempre tributare riconoscenza al suo capo e che dovete dappertutto dimostrargli
rispetto e amore.
4. Guai a colui che
osasse opporsi in qualsiasi cosa al proprio padre! Costui sarà guardato da Me
con l’occhio dell’ira, poiché il capo del padre è simile alla Santità di Dio.
Ognuno può essere esaudito qualora faccia penitenza nel cuore, ma chi oltraggia
la minima parte della Mia Santità, costui verrà afferrato dal Fuoco
inestinguibile della stessa, e questo Fuoco divorerà ogni goccia delle lacrime
del pentimento in lui, ed egli sarà annientato per l’eternità!
5. E chi con cuore
cattivo offende la propria madre e si mette contro il suo amore, Io non lo
prenderò in considerazione nel momento del bisogno, poiché la madre è simile
all’Amore in Me. Chi disdegna sua madre, troverà assai duro camminare sulle
cocenti vie di Jehova!
6. Così pure, se un
fratello si mette contro l’altro, costui perderà la Mia grazia, e la Mia
misericordia se ne starà lontano da lui; e se qualcuno disprezza la propria
sorella, il Mio Cuore rimarrà chiuso dinanzi a lui.
7. Infatti, i vostri
fratelli sono pure fratelli del Mio Amore; e le vostre sorelle sono il diletto
del Mio Amore.
8. Onorate perciò il
padre e amate la madre; e siate l’uno all’altro soggetti in tutto amore,
affinché possiate temere il Mio Nome, Jehova, e possiate amare il Mio Amore, e
possiate farvi guidare dalla grande santità del Mio Spirito nel giorno della
Mia grande santità, in via triplice per ciò che riguarda l’ottenimento della
Sapienza e in via settuplice per ciò che riguarda i sei giorni dell’Amore; e
tutto questo per procedere in modo retto e giusto dinanzi ai Miei occhi.
9. E ora, Abele, tu
insegnerai a tutti i tuoi fratelli vari lavori, ovvero un lavoro differente per
ciascuno, affinché essi possano rendersi servizio l’un l’altro con amore, e giovarsi
con il consiglio nei vari rami della sapienza.
10. E tu insegnerai pure
alle tue sorelle a preparare dei fili dall’erba e dalle piante, e insegnerai
loro ad intrecciare questi fili in larghe strisce e a preparare poi delle vesti
per i loro fratelli, e quindi anche per loro stesse; e questo affinché l’amore
sia mantenuto giustamente nel suo ordine.
11. Però ad Adamo, ad
Eva e a te Io donerò delle vesti dall’Alto, le quali saranno differenti nel
colore: – bianco per Adamo, rosso per Eva e azzurro con bordi gialli per te. Ma
questi colori nessun altro li deve usare per la propria veste, ma ognuno dovrà
tingerla a vari colori. Tuttavia in ogni veste di ciascuno non ci deve essere
nessuna macchia nera, né alcuno strappo, ad eccezione del caso in cui qualcuno
abbia peccato, perché allora il peccatore, in segno di pentimento, strapperà la
propria veste e vi passerà sopra del carbone, e cospargerà di cenere il proprio
capo a significare che egli è un peccatore al Mio cospetto e che ha lacerato la
veste della Grazia, essendosi imbrattato del colore della disobbedienza e per
significare che la morte è venuta sopra di lui!
12. Caino però deve
chiedere per sé la sorella più bella, la quale si chiama “Ahar”, ovvero la
“bellezza di Eva”, e con lei se ne andrà fuori ai campi e farà dei solchi nella
terra, adoperando gli arnesi che egli troverà là già preparati; poi spargerà in
tali solchi dei granelli, di cui troverà una grande provvista, ed egli dovrà
chiamare il frutto “grano” [frumento]. E quando questo grano sarà diventato
maturo, il che si riconoscerà dal fatto che i granelli si saranno induriti e le
spighe avranno acquistato un colore bruno, egli separerà accuratamente i grani
dalle spighe e li triturerà fra due pietre. E la farina così ottenuta egli la
inumidirà abbondantemente con acqua, e rimescolerà il tutto facendone una
pasta. Questa pasta poi egli la deporrà su di una pietra piatta che è divenuta
rovente col calore del Sole, e la lascerà così per una terza parte del giorno;
quindi la toglierà dalla pietra e la chiamerà “pane”. Infine egli prenderà
questo pane, lo spezzerà, e dopo aver ringraziato Dio lo potrà mangiare assieme
a sua moglie Ahar.
13. E ogni qualvolta
egli procederà al raccolto dai suoi campi, dovrà sacrificare a Me i primi dieci
covoni.
14. Se egli Mi resterà
fedele, Io accetterò sempre con piacere la sua offerta dalla terra; ma qualora
dovesse dimenticarsi di Me, la sua offerta non sarà accolta e non salirà al
Cielo, ma rimarrà sulla terra ai suoi piedi.
15. E così dunque viva e
moltiplichi la sua progenie. Però prima è bene che egli Mi sacrifichi tre volte
il suo cuore e che mi sacrifichi il cuore di Ahar sette volte. Se egli
tralascerà di fare questo, la sua infedeltà apparirà alla luce, ed egli diverrà
un malvagio; e il serpente vivrà per mezzo suo e continuerà poi a vivere in
tutte le sue figlie, che perciò diventeranno esteriormente belle, ma tanto più
orribili interiormente. Esse guasteranno tutti i loro figli e contamineranno
con il loro veleno i figli del Mio Amore e faranno allontanare da Me i Miei
figli.
16. Ed Io un giorno
distruggerò del tutto la sua progenie sulla Terra! Tutto ciò diglielo con
fermezza, e ricordagli altresì il Mio santo Nome, Jehova, e il Mio giorno, il
Sabato!
17. Ma a te, Mio pio
Abele, voglio mostrare un gregge di animali mansueti, perché tu li abbia in
custodia e li conduca al pascolo. E il nome che tu darai loro sarà proprio il
giusto nome per loro; e quando tu li chiamerai per nome, essi ti riconosceranno
come pastore e ubbidiranno dappertutto alla tua voce.
18. E d’ora innanzi non
mi sacrificherai più dei frutti, come facesti dopo il ritorno dal monte di
Jehova, ma mi sacrificherai invece la primizia del tuo gregge, che sono i
frutti più belli e più puri, dei quali Io ti ho già fatto menzione poco fa.
19. E precisamente tu
dovrai anzitutto porre trasversalmente della legna secca sopra il focolare; poi
sopra ad essa collocherai l’offerta sanguinolenta; quindi Mi rivolgerai il
ringraziamento ed infine accenderai il sacrificio con il fuoco che ti ho
indicato, che si trova nella pietra, e che tu trarrai da questa secondo la Mia
indicazione.
20. E come segno che la
tua offerta viene da Me gradita, il suo fumo salirà sempre rapidamente verso il
cielo, come se avesse grande fretta di salire. La cenere, però, che tu ricoprirai
con una pietra, dovrai lasciarla giacere per tre giorni sull’altare. Il terzo
giorno tu ti recherai all’altare e toglierai via la pietra dalla cenere, e
vedrai un bellissimo uccello dalle penne splendenti che si leverà dalle ceneri
per volare verso il cielo. Poi si alzerà un vento che spargerà le ceneri verso
tutti i campi della Terra per la risurrezione di ogni carne, che un giorno
avverrà. Ciò corrisponde alle opere del vero amore attraverso la Sapienza dello
Spirito Santo, il Quale verrà dato nel grande Tempo dei tempi ai figli e a
tutti gli stranieri che ne saranno assetati.
21. Voi mangerete in
comune alla mattina, alla metà del giorno e alla sera. Ma mangerete sempre in
modo molto moderato, e sempre nel grande timore del Signore, dopo averlo voi
ogni volta ringraziato, prima e dopo i pasti, affinché i cibi siano benedetti e
con ciò da questi venga allontanata la morte.
22. Se qualcuno
tralascerà di fare così, costui si accorgerà ben presto delle brutte
conseguenze. Chi se ne dimenticherà per tre volte, Io lo punirò con un lungo
sonno; ma chi tralascerà di farlo per un senso di pigrizia, costui diverrà
grosso come un bue e grasso come un maiale e ottuso come un asino. I fanciulli
si faranno beffe di lui e la sua ripugnante figura sarà oggetto delle loro
risate, e se egli vorrà ridiventare come coloro che saranno stati obbedienti,
dovrà digiunare a lungo e mangiare pane asciutto.
23. Chi però tralascerà
di fare il ringraziamento per ostinata disobbedienza e per spregio di questo
Mio lieve comandamento, dato per amore vostro, costui cadrà in braccio alle
brame della libidine e di ogni lussuria, in modo che facilmente cadrà nel
peccato e, con questo, nella morte. Egli dovrà sostenere una grave lotta per
combattere il poderoso serpente della seduzione di Eva, ed Io non lo guarderò
prima che egli, nel gran pentimento, non abbia trionfato sulla propria carne.
24. La mattina tuttavia
dovete mangiare dei frutti degli alberi; alla metà del giorno invece mangerete
dall’albero della vita; e la sera, infine, prenderete per cibo del latte e del
miele, che Io farò raccogliere per voi sui rami degli alberi da una quantità di
animaletti dell’aria celeste, animaletti che voi chiamerete “celie”
(quelli che voi oggi chiamate “api”). Il nome di
“celie”, però, significa “la cura dal Cielo”. E il terzo giorno prima del
Sabato scannerete una pecora; la monderete del sangue; poi, di giorno,
l’arrostirete al fuoco tratto dalla pietra, e la sera ne mangerete la carne in
allegria.
25. E anche Caino e sua
moglie Ahar vengano da voi e mangino con voi la carne del docile animale, ma
solitamente Caino dovrà rimanere sul suo campo e là mangerà del suo pane e dei
suoi frutti.
26. E ora sapete tutto
quello che per il momento vi occorre. E quando verrà un tempo freddo sulla
Terra, necessario per il suo irrobustimento, allora Io vi manderò dall’Alto
delle vesti di pelle di pecora per Adamo, per Eva e per te. Ma i tuoi fratelli
dovranno raccogliere le pelli delle pecore scannate per la cena e lasciarle
seccare al Sole, e conservarle per ricoprire i loro corpi nel tempo del freddo,
secondo l’indicazione che Io ti darò dall’Alto. E quando le pelli saranno
seccate, essi le laveranno sette volte in acqua fresca, e con ciò le pelli
diventeranno morbide e pulite, e adatte al loro buon uso».
[indice]
I sacrifici
di Caino e di Abele
1. Ed ecco, allora l’angelo si avvicinò ad Abele e gli
diede un bacio fraterno; e raccomandò insistentemente a tutti, ma specialmente a
Caino, la più severa obbedienza per poter ottenere un giorno la perfetta
libertà e la conseguente forza e vigore, i quali sono la grande potenza della
Grazia della Misericordia dell’Amore. Tutto ciò consente anche di tramutare in
sé il serpente nell’immagine dell’Amore, e di poter generare da questo frutti
di benedizione e mai più frutti dell’ira della Divinità.
2. E ora vedi, tu, o Mio ottuso
scrivano che continui ancora ad essere un servitore molto sciocco, lento e
pigro, e ascolta con entrambe gli orecchi quello che poi successe. – Ecco, tutti allora se ne andarono alla loro destinazione, e fecero così
come era stato loro da Me comandato nel supremo Amore proveniente da Me, e
vissero così in buon ordine il tempo di dieci cicli terrestri intorno al Sole.
3.
Ma, vedi, venne un giorno in cui faceva molto caldo, e il Sole ardeva più forte
del solito sul capo dei figli e sul corpo di Caino, tanto che quest’ultimo si
irritò fortemente per il grande calore e maledì il Sole. I suoi figli però
erano pazienti, e si lavarono con dell’acqua fresca che donò loro forza e
vigore, e ne bevettero anche, per spegnere la sete ardente, e lodarono e
glorificarono Dio per la grande Grazia di avere, nel Suo eterno Amore, lasciato
loro il ruscelletto a conforto per simili tempi di prova nelle angustie.
4.
Ora vedi, non lontano dalla capanna di Caino, che egli, secondo la sue
conoscenze, aveva edificato con dei rami d’albero ed aveva coperto con la
paglia del frumento, scorreva un fiume impetuoso che Io avevo suscitato dalle
profondità delle montagne, le quali sono uguali ai monti della Luna e sono
situate in mezzo al grande territorio denominato “Ahalas” (ovvero “la culla dei figli dei deboli e dei discendenti
di Adamo”, ed è l’antico paese che voi tuttora chiamate “Africa”).
5. Ora
vedi, Caino non volle adoperare l’acqua, e divenne assonnato e pigro per il
grande calore, e non sapeva cosa dovesse fare; e non si rivolse a Me per un
consiglio e meno ancora a suo fratello Abele.
6. Ed
ecco, venne così anche il Sabato del Signore, e di conseguenza il giorno del
sacrificio. Allora Caino prese dieci covoni di spighe, che non contenevano più
alcun frutto per la rabbiosa pigrizia da cui era dominato a causa dell’intenso
calore che gli rendeva troppo grave portare all’altare del sacrificio le spighe
piene. A Caino inoltre cominciava a dispiacere di dover bruciare invano un
frutto con il quale avrebbe potuto prepararsi per tre volte il pane per sé. E
così, irato nell’animo, depose sull’altare soltanto della paglia vuota e poi vi
diede fuoco. Ma vedi, il fumo non salì affatto verso il cielo, ma, al
contrario, cadde a terra, tanto che per questo fatto Caino si irritò
maggiormente nel suo cuore.
7.
Nello stesso tempo però anche il pio Abele
bruciò la propria offerta al cospetto del Signore, e profondamente commosso
esclamò: «O Padre buono e santo, che così pieno di Grazia guardi me, debole e
povero, con tutta la potenza del Tuo ardente Amore attraverso l’occhio immenso
del Tuo Sole! Il Tuo grande Amore brucia certo la mia pelle, ma in questo grande
calore il mio cuore, con altrettanta maggiore forza, pulsa e vola incontro al
Tuo sconfinato Amore per noi peccatori.
8.
Oh, un giorno la Tua ira, o Jehova, bruciò la Terra; ora invece ciò che brucia
è l’Amore che viene da Te, o Padre santo!
9.
Oh, com’è dolce questo ardore del puro Fuoco della Vita che proviene da Te,
questo è un Insegnamento santo che mi indica come io debba rendermi atto ad
accogliere, un giorno, la Vita purissima che emana da Te! Oh, come deve essere
incommensurabile la Tua Bontà, o Padre santissimo, che già qui sulla Terra ci
fai percepire con tanta veemenza l’incommensurabile Grandezza della tua Grazia
immensa!
10.
Sì, com’è debole questo fuoco che Ti ho acceso dal mio debole amore al
confronto del Tuo, e come è piccolo ed oscuro in confronto al fuoco che ora sta
irradiando noi, che siamo indegni, dal Tuo vasto Sole che è soltanto una
piccola goccia nel mare incommensurabile della Tua infinita Misericordia!
11.
Ma nonostante ciò, accogli pure con benevolenza questa mia meschina offerta a
favore di tutti noi, quale piccolo segno del nostro amore diventato ardente per
Te, o Padre immensamente buono e santo, e conservaci costantemente in questo
Tuo ardente Amore, che ora in tanta Grazia ci fai percepire per mezzo del Tuo
Sole. Amen!
12. E
sia Tua ogni potenza e forza su tutto quanto esiste sulla Terra dinanzi a Te,
giacché Tu soltanto sei degno di accogliere ogni lode, ogni onore e ogni gloria
da noi, ai quali, per l’immensa Tua Grazia misericordiosa, è concesso di
chiamarci Tuoi figli benedetti! Amen!»
[indice]
Abele
assassinato per opera di Caino
1. E vedi e ascolta ancora! I due altari del sacrificio di
Abele e di Caino non distavano molto l’uno dall’altro, dal momento che la
distanza era di sette volte dieci passi. L’altare di Abele era situato il
Mattino, e quello di Caino verso la Sera.
2.
Ora vedi, quando Caino si accorse che il fuoco di Abele saliva verso il cielo,
mentre il suo cadeva sulla terra, egli si accese d’ira nel suo cuore; però egli
rese la sua faccia impassibile, affinché non trapelasse il suo rancore. Abele,
invece, pregava per Caino, di cui aveva scorto la maligna astuzia.
3. E il Signore udì la supplica di Abele e secondo il suo
pio desiderio fece intendere all’adirato Caino la Sua voce, e così gli parlò
con accento forte e severo:
4. «Caino, perché Mi
sei diventato infedele e lasciasti dominare il tuo cuore dall’ira? Perché
dissimuli il tuo gesto e menti con i tuoi occhi? Tu nutri cattive intenzioni
contro Abele! Non è così? Negalo, se puoi!
5. Io ho udito come
tu hai maledetto il Mio Sole, ed ho visto anche le spighe vuote con le quali
volesti cibarMi nella tua pigrizia e nella tua avarizia, e ti ho altresì
sorpreso spesso a commettere fornicazione nella tua grande indolenza, poiché
quasi sempre hai tralasciato di fare come ti era stato comandato prima di
unirti a tua moglie. DimMi, dunque, non è così?
6. E vedi, Io sono
rimasto ad osservarti con pazienza e non feci cadere sul tuo capo la Mia destra
punitrice, e non Mi adirai contro di te nella Mia Santità! Pondera dunque le
Mie parole e diventa buono e leale nel tuo cuore, e così Mi sarai gradito pure
tu, e la tua offerta verrà di nuovo accolta. Ma se tu persisti nella segreta
malizia del tuo cuore, allora in tal modo il peccato si è preparato un luogo di
riposo dinanzi alla tua porta ed esso regnerà sopra di te, e tu e tutti i tuoi
discendenti diventerete suoi servitori e suoi schiavi, e la morte verrà di
conseguenza sopra a voi tutti.
7. Non lasciare perciò
al peccato la sua volontà, consentendogli di dominarti, ma infrangila di forza
e renditela soggetta, affinché tu divenga libero; che tu divenga cioè un
signore della tua propria volontà, la quale però è fondamentalmente cattiva,
provenendo da te e non da Me!»
8. E
vedi, allora Caino si prostrò fino a terra, come avesse voluto deplorare il suo
peccato, ma ecco che ai suoi piedi egli scorse un serpente; ed egli si spaventò
fortemente a quella vista e si alzò sollecitamente da terra, e desiderò
rifugiarsi presso Abele. Ma ecco che il serpente gli avvinghiò i piedi tra le
sue spire, cosicché egli non poté abbandonare il posto dove si trovava.
9. E il serpente alzò il suo capo, ed aprendo le fauci e vibrando
la sua lingua biforcuta parlò a Caino, dicendo: «Perché vuoi fuggire dinanzi a
me? Che cosa ti ho fatto io? Vedi, io sono un essere simile a te, e sono
costretto a strisciare entro queste miserabilissime spoglie. Riscattami, ed io
diventerò come te, e più bello ancora di Ahar, tua moglie, e tu diventerai,
simile a Dio, forte e potente sopra tutto ciò che esiste sulla Terra!»
10. E
vedi, così rispose Caino al serpente: «Ecco, tu
menti, perché quando ti trovai fra l’erba e ti lacerai e ti divorai, tu mi
ingannasti! Come dunque posso fidarmi ora delle tue parole? Poiché io, allora,
dovetti soffrire molto per causa tua, perciò conosco ormai la tua menzogna, al
punto che non potrò mai più prestare fede alla tua voce. E non hai udito poco
fa le parole proferite dall’Alto da Jehova?
11.
Se dunque esiste ancora in te un qualche riconoscimento della verità,
dichiarami tutte queste cose con la tua voce, e convincimi del contrario: –
allora ti crederò e farò secondo la tua richiesta!»
12.
Ed ecco, il serpente parlò di nuovo e disse:
«Vedi, la colpa di tutto ricade su tuo fratello Abele! Infatti, egli vuole
strappare per sé il potere di dominare per rubare a te i diritti che sono tuoi,
essendo tu il primogenito. Ed egli predispone tutto ciò con tanta astuzia da illudere
perfino l’Amore della Divinità, tanto che agli occhi di Costui egli si atteggia
a buono e pio, ma sta facendo tutto ciò per ottenere che l’Amore gli conceda di
regnare sopra ogni cosa che sta sulla Terra, ma sta calpestando te,
sprezzantemente sotto ai suoi piedi. Infatti, quando tu mi trovasti fra l’erba
e facesti come io ti avevo consigliato, tu saresti diventato davvero un
“signore su tutte le cose” se la perfida astuzia del tuo bel fratello non fosse
appunto riuscita a scoprire in tempo quello che sarebbe dovuto accadere di te.
Abele poi venne subito da te, nel suo ipocrita amore fraterno, come se avesse
voluto aiutarti. Oh, davvero, egli ti ha certamente aiutato, ma non per farti
salire sul trono che solo a te compete, bensì, al contrario, per far
precipitare nella miseria e in una completa nullità il tuo essere maestoso;
cosa, questa, di cui per altro avresti ben dovuto accorgerti già da lungo
tempo.
13.
Vedi, egli era invidioso di te perfino per il fatto insignificante che il
Signore aveva accolto la tua offerta come la sua; e con la vergognosa arte
della lusinga, egli seppe influire sulla Volontà, comunque già debole, di
Jehova, in modo tale da indurLo a respingere la tua offerta e da obbligarLo,
come se ciò non bastasse, ad appiopparti ancora un’altra ammonizione quanto mai
aspra.
14. E
vedi, lui non gradì il fatto che il Signore non ti avesse annientato
all’istante. Guarda un po’ là come Abele, tuttora pieno di astuto rancore nella
sua preghiera contro di te, cerca di convincere il Signore a compiere quello
che Egli fino ad ora ha per benevolenza tralasciato di fare.
15.
Ma ora ascoltami: – la grande malizia di Abele consiste nel fatto che egli,
mediante la sua ignominiosissima ipocrisia, ha intenzione di indurre il Signore
a cedergli, alla fine e nella Sua cecità, tutta la Sua potenza; dopo di che,
questo Abele non mancherà di farLo precipitare giù dal Suo trono. E così Dio
dovrà poi languire sulla Terra, mentre egli rimarrà un dio che impererà in
eterno sul trono di Jehova.
16.
Perciò adesso preparati, poiché questa è l’ultima volta che sono ancora in
grado di conferirti la forza necessaria per salvare Dio e te stesso! Va’ quindi
sollecitamente da lui e inducilo con dolci parole a seguirti spontaneamente
fino a qui! Allora io lo avvinghierò ai piedi e alle mani, e tu poi prenderai
una pietra e lo percuoterai con forza sul capo, causandogli in tal modo quella
morte che egli ha minacciato di far venire sopra di te per mezzo di Jehova! E
in questo modo tu sarai liberato dalla morte, che altrimenti per te era sicura,
e aprirai gli occhi all’Amore cieco dell’ingannato Jehova, che poi ti farà
signore sulla Terra e ti renderà soggetta la morte del peccato»
17.
Così dunque accadde che Caino, persuaso nella malizia del suo cuore, abbandonò
quel posto e se ne andò da Abele, e con voce dolce gli disse: «Fratello,
fratello, vieni qui da me e liberami dal serpente che mi vuole nuovamente
rovinare!»
18.
Ma Abele gli rispose: «Quello che tu dici che
potrebbe avvenire è già avvenuto. Quanto però richiedi da me, nella tua
perversità, io te lo concederò nel mio amore, ma la morte che tu pensi di darmi
verrà sopra di te, e il mio sangue, con cui abbevererai la terra, griderà a Dio
e ricadrà sul tuo capo e su tutti i tuoi figli. E la pietra con la quale tu
ucciderai tuo fratello, diverrà la pietra dello scandalo, e tutti i tuoi figli
cozzeranno malamente contro di essa. E il serpente guasterà ogni sangue sulla
Terra, e i figli della Benedizione grideranno vendetta sopra il tuo sangue. Su
tutti voi scenderà poi una grande tenebra, e nessuno comprenderà più la voce
del proprio fratello, come tu stesso ormai non comprendi più la mia voce,
poiché ti sei lasciato accecare dalla tua grande perfidia, impersonata dal
serpente, che si trova dentro e fuori di te. Questa tua perfidia era, è ed
eternamente sarà la vera maledizione del giusto Giudizio di Dio!
19. E
vedi, come il Signore mi ha mostrato i piani di tutta la tua segreta malizia e
mi ha fatto conoscere il tuo immenso furore, così io pure so quello che tu vuoi
fare e che farai di me, e conosco il perché del tuo agire!
20. O
tu, la cui cecità durerà fino alla fine di tutti i tempi dei tempi, conducimi
là dunque, come innocente vittima, e fa’ di me secondo la malvagità che è in te
e fuori di te, affinché il tuo serpente venga punito e bollato come l’eterno
mentitore, ed affinché tu possa conseguentemente conoscere per tua propria
esperienza chi di noi due è veramente l’ingannato!
21. E
l’oltraggio compiuto contro il Signore si ritorcerà contro di te e ti terrà
prigioniero; e dopo l’azione ingiusta che stai per compiere, ti saranno aperti
gli occhi e gli orecchi affinché tu possa vedere come il Signore mi accoglierà
a Sé quale l’ultimo sacrificio, a Lui gradito, compiuto per tua mano; nessun
altro sacrificio ti sarà dato d’ora innanzi, ma ti sarà data invece quella
stessa morte, mediante la quale tu avrai sacrificato tuo fratello.
22.
Ora vedi, io ho ogni potere su di te, e mi sarebbe facilissimo annientarti come
farò ora con quel monte che si trova al di là del torrente, verso la
Mezzanotte!
23.
Ed ecco, io parlerò e dirò a quel monte: “Qui sono io, Abele, il benedetto del
Signore, colmo della forza e potenza dello Spirito Santo; dunque, svanisci e
rientra nel nulla, affinché Caino comprenda quant’è grande la sua menzogna!”
24. E
ora vedi, o Caino, come la possente montagna è subito sparita dall’esistenza
per la forza dello Spirito d’Amore insito in me! Ma vedi, altrettanto facile
sarebbe per me annientare anche te! Però, affinché tu veda che in Dio non c’è
affatto debolezza e che non esiste affatto in tuo fratello alcuna forma di
ignominiosa brama di dominio, io ti seguirò volontariamente, come un agnello
eletto per il sacrificio»
25.
Ed ecco, Caino prese Abele per il braccio, con
gesto affettuoso, e disse: «Abele, che pensi di me? Io vengo in cerca del tuo
aiuto, e già prima di ciò vuoi incolparmi di tramare per la tua morte. Vieni,
dunque, e seguimi fino al punto dove il serpente ti aspetta, ed annientalo come
hai fatto con la montagna, e rendi me libero, e te prosciolto dal rimprovero
del serpente!»
26.
Ma Abele rispose brevemente: «Che differenza c’è
fra te e il serpente? Credi forse, o cieco, che sia anch’io un fratricida?
Tuttavia, io ti seguo e muoio per la vita, mentre tu resti vivo per la morte!»
27. E
vedi, queste furono le ultime parole di Abele dette a Caino; e dalle labbra di
Abele non giunse più un suono agli orecchi di Caino; e così egli,
volontariamente, seguì suo fratello là dove egli voleva condurlo.
28. E
quando furono giunti proprio nel luogo dove li attendeva il serpente, quello fu
appunto il posto dove l’astuzia di Caino si manifestò ed avvinse i piedi e le
mani di Abele, e lo gettò a terra, ed afferrata una grossa pietra schiacciò con
questa il capo di Abele, in modo che il suo sangue e il suo cervello sprizzarono
tutt’intorno sul terreno per un largo raggio.
29. E
il serpente si sciolse dai piedi di Abele, prese la pietra nelle sue fauci e la
portò dinanzi alla porta di Caino, e poi si nascose, libero, nella sabbia sotto
il cespuglio di spine.
[indice]
Maledizione
e fuga di Caino
1. E vedi, da tutte le parti allora andarono accumulandosi
nere nubi sopra il capo di Caino, e vividi lampi s’incrociarono in tutte le direzioni,
accompagnati da rombi formidabili di tuono, e da ogni lato cominciarono a
scatenarsi turbini violenti che scagliarono enormi masse di grandine sopra i
campi ricchi di frutto, e li distrussero completamente. E questa fu la prima
grandine che venne gettata giù dai Cieli; e la grandine era un segno dell’Amore
senza Misericordia, poiché la Divinità era stata nuovamente offesa nell’Amore
dal misfatto atroce commesso da Caino contro il proprio fratello Abele.
2.
Ora vedi, il malvagio Caino fuggì nella sua capanna e trovò sua moglie che
giaceva a terra, tutta tremante, e accanto a lei alcuni dei suoi figli, la
maggior parte non benedetti, che stavano come morti. Allora si accasciò
inorridito, e maledì il serpente, e si trascinò fuori della capanna, e trovò la
pietra che la serpe, fuggendo, aveva deposto davanti alla sua porta, in modo
che egli, uscendo, vi scivolò sopra e cadde pesantemente a terra. E nuovamente
Caino maledì la perfidia del serpente e la pietra apportatrice di morte.
3. E
come egli si fu rialzato con il corpo tutto dolorante, se ne andò alla riva del
torrente che si trovava molto vicino, per rintracciare il serpente maledetto e
per distruggerlo ed annientarlo.
4. Ma
quando ebbe raggiunto la riva, ecco che egli vide venirgli incontro, nuotando
contro corrente, un mostro spaventoso, lungo seicentosessantasei braccia, largo
sette braccia ed altrettanto grosso. Esso era provvisto di dieci teste, e
ciascuna testa era ornata da dieci corna come corona.
5. E
vedi, quando questo enorme serpente gli fu
completamente vicino, esso lo apostrofò contemporaneamente da tutte le sue
teste, dicendo: «Ebbene, o forte Caino, uccisore di tuo fratello Abele, se vuoi
ed hai voglia di misurarti con me, puoi cominciare la tua opera di distruzione!
6.
Quando io mi trovavo fra l’erba ed ero ancora debole, tu hai potuto certo
lacerarmi e divorare la mia carne e il mio sangue, ma ora non credo che una
cosa simile potrebbe più riuscirti, poiché il nutrimento sostanzioso, che mi
preparasti con il sangue di tuo fratello, mi ha reso grande e forte. E adesso,
se tu hai ancora intenzione di distruggermi, comincia pure a spegnere la tua
sete di vendetta con il mio sangue. Ma siccome tu non hai che dieci dita e non
dieci mani, e quindi non puoi afferrare ciascuna delle mie teste nello stesso
tempo, così avverrà che le rimanenti otto ti schiacceranno con le loro corna e
ti divoreranno con le loro otto bocche!»
7.
Allora Caino si spaventò enormemente e fuggì dal
cospetto del serpente e lo maledì nuovamente, e vide quanto enormemente era
stato ingannato da lui. Ed egli pensò: «Chi mai mi riconcilierà con il Dio
eternamente giusto, ora che mio fratello Abele non c’è più? O serpente tre
volte maledetto, sei tu l’assassino di mio fratello, e ora volevi uccidere
anche me! Oh, se sapessi che tu saresti destinato alla perdizione qualora vi
andassi anch’io, allora vendicherei sette volte la sua morte distruggendo me
stesso!»
8. Ed
ecco che allora il serpente riapparve, dietro di
lui, nella figura di una fanciulla estremamente attraente, e così gli parlò:
«Caino, fa’ come hai detto, ed io divorerò la tua carne e berrò il tuo sangue,
e poi noi saremo ancora una volta una cosa sola, e domineremo tutto il mondo»
9. E Caino osservò l’ornata fanciulla e disse: «Sì, questa
è la tua vera figura; così sei più terribile che non altrimenti! Chi ti vedesse
con le tue dieci teste, costui ti fuggirebbe come un Giudizio della Divinità,
ma a chi tu ti presenterai in questa forma, costui ti correrà dietro per
cingerti con le sue braccia, e ti amerà più di quanto egli ami Dio, e si
reputerà l’essere più felice quando tu lo afferrerai con le tue mani sempre
apportatrici di morte, e gli uomini ti erigeranno templi e altari, e
leccheranno il tuo sputo, e mangeranno i tuoi escrementi.
10. E
se io non ti avessi visto in precedenza con le tue dieci teste, sarei io stesso
divenuto tuo schiavo; però io ormai ti conosco perfettamente, e mi fai più
ribrezzo in questa forma che non in quella di prima con le dieci teste»
11.
Allora la bella fanciulla disse: «Ma, Caino,
come puoi temere queste membra tenere e questo morbido seno?»
12.
«Oh, taci», rispose Caino, «le tue morbide
membra sono anch’esse altrettanti serpenti pieni di amaro veleno, e sotto il
tuo seno, morbido e pieno, si nasconde una corazza impenetrabile con la quale e
sulla quale le tue braccia di serpente soffocheranno la mia misera e debole
progenie! Poiché in questa attuale forma renderai tuo obbedientissimo schiavo
perfino il gigante Leviatano!»
13.
Ed ecco, il serpente-donna si accese dalla sua
rabbia interiore, in modo che tutto il suo essere risplendette come il Sole, ed
assunse la forma di Abele, col volto affettuoso, e di nuovo parlò a Caino:
14.
«O Caino, tu cieco e stolto, o malvagio fratello, vedi, colui che tu uccidesti
con una pietra si sta ora trasfigurando dinanzi a te e ti offre la sua mano per
riconciliarti con lui; e non temere la forma del serpente, perché tu stesso sei
il serpente! Fosti tu o il serpente a diventare infedele al Signore? Fosti tu o
il serpente ad unirti a tua moglie nella maniera dei cani, senza compiere prima
il comandato sacrificio? E chi ha maledetto il calore, e chi, nella propria
grande pigrizia, ha offerto della paglia vuota al Signore? Sei stato tu o il
serpente? Dimmi: – chi si accese di maligno e geloso furore contro tuo fratello?
Fu il serpente o fosti tu stesso? E non fu il serpente, piuttosto, una
apparizione esteriore della malvagità che è presente in te, per mezzo della
quale, nella tua follia, ti inducesti da solo ad uccidere tuo fratello?
15. E
come puoi ora maledire il serpente mentre il serpente sei tu stesso? E perché
scorgi il serpente personificato addirittura in tuo fratello? E non fu proprio
tuo fratello, ancora vivente nel suo corpo, a chiederti, quando andasti a
prenderlo per ucciderlo e inventando astutamente un pretesto, se pensavi forse
che fosse un fratricida egli pure?
16.
Parla, e rispondi se non è così; e soltanto se non è così allora maledici il
serpente. Ma considera te stesso il serpente, e non me, che sono venuto
dall’Alto come tuo fratello trasfigurato. Perciò porgimi la tua mano ancora
macchiata di sangue fraterno, affinché venga purificata dalla sua grave colpa
tramite il mio amore fraterno, e così tu possa ritrovare la Grazia al cospetto
del Signore!»
17. E
vedi, Caino nella sua cecità fu accalappiato da Satana, e già voleva porgere la
mano al Seduttore. Ma ecco, un fragoroso fulmine piombò dal cielo e scoppiò fra
il Mentitore e Caino, e il presunto Abele fu ridotto a giacere sul terreno
nella sua forma di serpente, e Caino tremava in tutto il corpo in attesa del
sicuro giudizio dall’Alto.
18.
Ed ecco, Jehova, dalle nuvole, disse a Caino: «Caino! Dov’è tuo
fratello Abele? Dove l’hai nascosto?»
19.
Ma Caino, rinfrancatosi subito alla vista del
serpente sul terreno, rispose:
«Perché
lo domandi a me? Sono io forse il guardiano di mio fratello?»
20. E
la voce di Jehova chiese con maggiore forza di
prima: «Il
sangue di tuo fratello grida a Me dalla Terra che ne fu abbeverata per causa
tua! Io ho visto l’azione che hai commesso; dov’è dunque Abele, tuo fratello?»
21.
Ma Caino disse: «Signore, il mio peccato è così
grande che non potrà mai più venirmi perdonato!»
22. «Sì»,
rispose Jehova, «perciò sii maledetto sopra la Terra che ha inghiottito
il sangue di Abele, e d’ora innanzi, quando vorrai lavorare un campo sulla
stessa, esso non ti darà più il pane, e tu sarai fuggiasco e ramingo sulla
Terra, senza alcun tetto, come una bestia feroce, e ti nutrirai di spine e di
cardi!»
23.
Allora Caino fu colto da grande spavento e disse
con voce tremante: «O Signore, Tu, il Giusto fra i giusti, vedi, Tu mi scacci
oggi da questo paese, ed io devo fuggire dal Tuo cospetto e andare ramingo e
fuggiasco sulla Terra. E allora a me, misero, accadrà che chiunque mi troverà,
mi vorrà uccidere; sii perciò indulgente verso di me a causa dei miei
familiari!»
24.
Allora Jehova così parlò: «No, nessuno ucciderà Caino, anzi chi
uccidesse Caino verrebbe a sua volta ucciso sette volte! Ma affinché nessuno
abbia a mettere la mano su di te, Io ti segnerò sulla fronte con una macchia
nera, affinché nessuno possa più riconoscerti e riconoscendoti possa poi
ucciderti»
25.
Ed ecco allora che Caino, con tutti i suoi, fuggì ben lontano dal Mio cospetto,
al di là di Eden, in un paese situato nella pianura e chiamato Nod. Eden però
era un bel paese, dal terreno leggermente collinoso, e pieno di eccellente
frutta; esso piacque a Caino, che avrebbe voluto stabilirvisi. Ma come egli
ebbe guardato in alto, dalla parte delle colline, ecco che, dovunque egli
posava l’occhio, dappertutto vedeva starsene un uomo dalla faccia dura e con la
mano minacciosamente armata di una pietra, come se costui fosse in attesa di
Caino per fare vendetta del fratricidio da lui consumato. Questa apparizione
era opera del grande spavento che lo dominava. Ed egli vide, quindi, che in
quel posto non gli era possibile restare.
26.
Allora egli fuggì molto più oltre, verso il Mattino, e giunse in una vasta
pianura. Qui egli cadde sfinito a terra, e dormì tre giorni e tre notti. Ma poi
un vento impetuoso si sollevò dalle montagne, destò i dormienti, e sibilando e
rumoreggiando sferzò le vaste pianure; e finalmente si calmò dove il paese era
più basso. Ora questo paese si chiamava ‘Nod’,
cioè ‘il fondo asciutto del mare’.
27. E
Caino allora guardò di nuovo le alte cime dei
monti, e non vi scoprì più immagini di uomini, ma non sapeva cosa dovesse fare.
E dopo una breve attesa nel suo smarrimento, protese le sue braccia ed esclamò
ad altissima voce:
«Signore,
o giustissimo Dio, se da questa grande lontananza il mio grido giunge ancora al
Tuo orecchio, volgi lo sguardo, di grazia, oltre a quelle cime, per amore di
questi miei figli e di mia moglie, verso questo fuggitivo che la Santità dei
Tuoi occhi ha segnato sulla fronte con la macchia che testimonia la notte del
peccato, e mi facesti tale macchia perché, se avessi avuto la fronte non
segnata, nessuno mi avrebbe riconosciuto quale autore del grande misfatto. Ma
esso è invece segnato sulla fronte, sulle mani e sul petto del grande
peccatore, il cui peccato è tanto grande che non potrà mai più venirgli
perdonato»
28.
Allora una nuvola scese dalle alte montagne e si posò a settantasette altezze
d’uomo al di sopra dei fuggiaschi; e una voce possente parlò dalla nuvola, e
questa era la voce di Abele, la quale disse:
«Caino, riconosci questa voce?»
29. E
Caino rispose: «O fratello Abele, se tu vieni
per vendicarti giustamente di me, che sono il tuo assassino, fa’ di me pure
secondo giustizia, ma risparmia tua sorella benedetta e i suoi figli!»
30.
Allora la voce si fece nuovamente sentire e
disse: «Caino, chi fa il male, è un peccatore; chi ricambia il male con altro
male, costui è uno schiavo del peccato; chi rende bene per bene, costui ha
saldato il suo debito e niente gli rimarrà come sua parte; chi rende più volte
il bene ricevuto, costui è degno dei suoi fratelli; però, al cospetto di Dio,
una cosa soltanto ha valore, e questa è: “Rendere il bene per il male, e
benedire coloro che maledicono i benefattori, e dare la vita in cambio della
morte!”
31.
Ora, vedi, io vengo a te come colui che mette in pratica quest’ultimo precetto;
non avere dunque paura di me, poiché sono ora mandato a te dall’Alto per
mostrarti anzitutto che il Signore è vero e fedele in tutte le Sue promesse, e
poi vengo a te per annunciarti che tu devi rimanere in questo paese assieme ai
tuoi, e che devi nutrire te e loro con i frutti che vi troverai, e anche per
assicurarti che il tuo fratello ha perdonato la tua azione, grazie al grande
Amore del Padre in lui.
32.
Il mio sangue però tu lo dovrai riscattare con le lacrime del tuo pentimento, e
ciò finché non venga perfettamente lavata la macchia dalla tua fronte; e tu
devi condurre ed educare tua moglie e i tuoi figli nel pieno timore del
Signore. Se non farai questo per tua libera volontà e nel timore del Signore,
rimarrai e vivrai come sei ora, cioè “un messo al bando”; però nell’amore tu
commuoverai il cuore indurito della Giustizia».
[indice]
Patto del
Signore con Caino
1. E
vedi, Caino allora fu tranquillizzato nel suo grande timore. La nuvola svanì ed
egli pianse lacrime di pentimento e andò e cercò del cibo per i suoi e rifletté
di quanto egli si era allontanato dal Paradiso e sul come avesse perduto così
interamente l’Amore del Signore e come fosse stato ricacciato nell’ambito della
rigida Giustizia sulla soglia del Giudizio di Dio. E pensando ciò le sue
lacrime di pentimento si moltiplicarono e con sempre maggiore evidenza gli si
affacciava alla mente quanto grande doveva essere la sua colpa dinanzi a Dio e
pensava pure se gli sarebbe mai stato possibile, in qualche modo, riacquistarsi
una particella, se pur minima, dell’Amore.
2. E
così andava pensando e fantasticando per ogni verso. Ed ecco che, immerso nei suoi
pensieri, egli giunse con i suoi ad un rovo sovraccarico di frutta e siccome
erano tutti enormemente affamati, avrebbero voluto gettarsi sopra all’istante,
per mangiare di quei frutti come li spingeva la loro fame, la loro brama e la
loro voracità.
3. Ma
vedi, allora venne a Caino un buon pensiero ed
egli disse ai suoi: «O moglie mia, e voi figlioli miei, ritraete subito le mani
che avete anzitempo protese per cogliere questo abbondante cibo, perché non
sappiamo ancora se esso contiene la vita oppure la morte! Prostriamoci
anzitutto a terra e confessiamo dinanzi a Dio il nostro grave peccato e nella
polvere della nostra impotenza preghiamoLo affinché Egli voglia prima benedire
questo frutto e se Egli vorrà farlo nella Sua immensa Misericordia, noi, indegni,
allora dovremo prima ringraziarLo e poi soltanto potremo, tementi e tremanti,
calmare con parsimonia la nostra fame»
4. E
vedi, allora tutti si ritirarono di alcuni passi lontano dal rovo e fecero
secondo la volontà e il giusto conoscimento di Caino,
il quale, ad esempio per gli altri, ad alta voce pregò e disse tra le lacrime:
«O grande Dio, giustissimo e santo, riguarda in grazia a noi, poveri vermi
dinanzi a Te, l’Onnipotente, nella polvere dell’impotenza, che nell’immensa
nostra colpa non osiamo alzare gli occhi all’indicibile Tua Santità! Oh,
considera la nostra debolezza e non lasciarci perire, noi, poveri pentiti e
grandi peccatori!
5.
Ecco, questo rovo che ci sta dinanzi sembra portare un frutto buono da poter
servire da cibo a noi peccatori, ma non abbiamo il coraggio di mangiarne,
poiché siamo diventati ciechi a causa della nostra grande malvagità e perciò
non possiamo vedere se c’è dentro la morte oppure la vita.
6.
Voglia Tu dunque, in grazia, indicarci da che spirito trae origine questo frutto,
affinché soltanto dopo noi possiamo umilmente pregarTi, o Giustissimo, di voler
levarne via il veleno del serpente e di concederle, sia pure una stilla
minimissima di rugiada della Tua benedizione, affinché noi non abbiamo a
perire. O Signore, Tu, il Giustissimo e il Santissimo, esaudisci, oh, esaudisci
la nostra debole preghiera!»
7. E
vedi, allora una nuvola di color rosso acceso scese giù dalle montagne verso la
valle e si fermò sopra il rovo, e dalla stessa scoccò un fulmine violento sulla
pianta, con enorme fragore. Ed ecco, un grande serpente sbucò fuggendo fuori
dal rovo e con le fauci aperte si diresse verso Caino, e questi fu colto da
grande spavento. Ma i fulmini non davano tregua al serpente e lo cacciarono in
fuga veloce tra le sabbie ardenti dell’ampio deserto e quando fu scomparso del
tutto alla vista di Caino, questi allora rivolse di nuovo la sua faccia al rovo
e rese, in silenzio, grazie al Signore averlo salvato dal maggiore dei
pericoli.
8.
Ora, vedi, egli scorse pure come da quella nube infuocata incominciavano a
cadere sul rovo delle grandi gocce, così che per un grande tratto tutt’intorno
la terra ne fu impregnata.
9. E Caino assieme a tutti i suoi vide la grande liberalità
del Signore e con tutti i suoi si prostrò nuovamente a terra, e ringraziò Dio
con tutto il fervore del suo cuore per tale grande beneficio e sciogliendosi in
lacrime disse: «O Signore, la Tua Giustizia è certo grande e inconcepibile, ma
quanto immensamente grande non deve essere poi il Tuo Amore, per poterTi ricordare
con tali grandiosi benefici anche del maggiore peccatore contro di Te, o eterno
Amore! E quanto grande infine dev’essere stata la mia malvagità che così a
lungo ha potuto misconoscerTi!»
10. E
vedi, allora da quella nuvola stillante ancora la benedizione si fece udire una voce che pronunciò chiare parole, che furono le
seguenti: «Ascolta,
o Caino! La Mia Giustizia Io l’ho tramutata in Amore; tuttavia l’Amore dimorerà
soltanto presso coloro i quali lo cercheranno d’ora innanzi non unicamente nel
momento del bisogno e dell’angustia ma nella loro contentezza e nella loro
libertà.
11. Vedi, Io voglio
porti un termine di duemila anni e durante questo tempo la Mia Giustizia non
colpirà mai più nessuno, e fuori di questa Mia Giustizia Io appresterò un
grande vaso e lo metterò sopra le stelle, e fuori dal Mio Amore Io appresterò
ancora un secondo vaso e lo metterò sotto la Terra. E così voi potete operare
come volete. Se farete il male, le vostre opere riempiranno il vaso della
Giustizia e, quando sarà colmo, esso scoppierà in tutti i luoghi e ne lascerà
precipitare giù tutto il suo peso sopra tutti coloro che avranno operato il
male e li ucciderà. E il vaso dell’Amore, qualora dovesse rimanere vuoto sotto
alla Terra, accoglierà poi i morti per il lungo tormento purificatore. E allora
coloro che vorranno lasciarsi purificare saranno trasferiti sulle stelle per
affrontare lunghe lotte. Coloro invece che si induriranno nella loro interiore
malvagità verranno un giorno gettati sotto il fondo di questo vaso e là sarà
pianto eterno ed eterno stridore di denti nell’ira di Dio.
12. E ora
avvicinatevi al rovo irrorato dalla benedizione e mangiatene i frutti per
calmare la vostra fame e ciò facendo pensate sempre da Chi vi è stato elargito
questo dono!
13. E propagatevi
nel paese della pianura, però nessuno di voi si azzardi mai a porre piede sulle
montagne, perché le loro vette sono sante e sono destinate a dimora dei Miei
figli! Chi di voi trasgredirà questo comandamento, diverrà preda degli animali
di guardia che sempre vi abitano – orsi, lupi, iene, leoni, tigri e anche
grossi serpenti che dimoreranno nelle zone più in basso – e lo stesso succederà
anche a tutti gli animali mansueti che più tardi vi saranno sottomessi.
14. Soltanto a chi
fra voi diventasse del tutto buono e pio e superasse la prova del fuoco del Mio
Amore, a questi soltanto verrà concesso di penetrare nelle viscere delle
montagne, per raccogliervi minerali e ferro allo scopo di costruire degli
utensili e ordigni a seconda delle vostre necessità.
15. E ora mangiate,
crescete e moltiplicatevi e respingete da voi la semente del serpente mediante
il giusto timore di Me che sono Dio, l’Eterno, il Giusto e il Santo. Amen!»
[indice]
Hanoch,
figlio di Caino, quale legislatore
1. E
ora, vedi, essi mangiarono e fecero per un certo tempo come era stato loro
comandato. E Caino si unì nuovamente a sua moglie e generò con lei un figlio e
gli impartì il nome di ‘Hanoch’, vale
a dire ‘l’onore di Caino’. E Caino
radunò tutti i suoi figli e disse loro: «Figli miei, eccovi qui un nuovo
fratello che il Signore vi ha dato per essere un signore sopra di voi, al quale
io conferirò dignità, affinché l’ordine regni tra voi ed abbiano fine i vostri
litigi e le vostre contese. Ed egli vi darà dei comandamenti e loderà i fedeli
e punirà i trasgressori, affinché anche noi diventiamo un popolo grande e
glorioso come quello dei figli di Dio, i quali non hanno bisogno di leggi, avendo
essi l’Amore che li rende liberi, e Dio ha posto noi sotto ai loro piedi, ed
essi ci calpesteranno, a causa del mio peccato, se noi, senza leggi e senza
ordine, non avremo qualcuno che ci rappresenti e ci giustifichi dinanzi alla
Sua grande potenza.
2.
Vedete, il loro Dio è pure il nostro, ma essi hanno in Lui un buon Padre,
mentre per noi Egli è un Giudice! Il Padre conosce il loro amore e il Suo
occhio e il Suo orecchio sono con loro. Però questo non avviene anche con noi.
Noi siamo abbandonati a noi stessi e possiamo agire come vogliamo, ma se
vogliamo sussistere ci è necessario avere un ordine e delle leggi. Perché
altrimenti, contendendo, l’uno può uccidere l’altro secondo il proprio arbitrio
e così il vaso della Giustizia verrà a colmarsi prima del tempo e allora noi
periremo tutti assieme, per l’immenso peso dei nostri misfatti che si rovescerà
su di noi. Raccogliamoci dunque assieme con tutte le nostre forze ed
accumuliamo pietre in grande numero, grandi e piccole, ed edifichiamo una
dimora alta e possente per lui, e poi, per quanti noi siamo, una piccola dimora
per ciascuno, in ampio circolo intorno alla sua, affinché egli possa
sorvegliare ed osservare tutto quello che voi fate. Però egli sarà esonerato da
qualsiasi lavoro, come un principe in mezzo a voi, e mangerà il prodotto delle
vostre mani.
3. Ma
per ora resto io, come padre, il legislatore di tutti voi in nome della
Giustizia di Dio e guai a colui che disobbedirà i miei comandamenti! La mia
maledizione lo colpirà duramente, ma poi per il maledetto non vi sarà alcuna
misericordia nel mio cuore, dove non dimora più amore, ma solamente la
giustizia.
4.
Vedete, dove dimora l’amore, là c’è pure misericordia e l’amore vale per il
diritto, ma dove dimora soltanto la giustizia, là il diritto non può valere che
per il diritto e il giudizio per il giudizio, la ricompensa per la ricompensa,
la fedeltà per la fedeltà, l’obbedienza per la legge, il giudizio per la
disobbedienza, la punizione per la mancanza, la maledizione per il tradimento e
la morte per la morte.
5. E
questa sia una consacrazione di tale mia sentenza: – io ora giuro a voi tutti
per il Cielo e la sua giustizia inesorabile, e per la Terra che è il duro
abitacolo della maledizione di Dio – che ogni trasgressore sarà severamente ed
esattamente colpito, così come io ve l’ho annunciato con la mia bocca, come
padre e come principe.
6. In
seguito subentrerà vostro fratello, quale vostro vero signore e legislatore,
secondo il suo giusto discernimento e il suo libero beneplacito; per tali poteri
egli anche sarà libero dalla legge, poiché ciascuna delle sue libere azioni
deve diventare e restare per voi, legge, finché egli non stimi conveniente
revocarla.
7.
Ora la mia volontà vi è nota e perciò fate e operate a seconda di questa, se
volete sussistere nella rigidità della giustizia tramite le leggi date per
l’ordine, per evitare il giudizio, che altrimenti colpirebbe tutti, se nella
giustizia non fosse stabilito ‘giudizio per giudizio’»
8. Ed
ecco, tutti se ne andarono e si misero all’opera per edificare una città e vi
lavorarono per sessant’anni. Ma dato che gli edifici crollavano spesso, essi
impiegarono un tempo assai lungo per costruire l’abitazione del nuovo principe
e poterono ultimarla soltanto quando Io ebbi mostrato in sogno ad Hanoch come
essi avrebbero dovuto costruire, perché Io ebbi pietà dei poveri figli che, in
questo lavoro, erano esposti a molti e gravi maltrattamenti da parte di Caino
che, fino ad allora, aveva sì proceduto con molto ordine ed aveva agito
rigorosamente in base alla legge, ma che tuttavia governava i suoi come un
tiranno – fra il grande spavento e l’angoscia delle punizioni – senza grazia e
misericordia, poiché in lui non vi era amore ed agiva giustamente
nell’obbedienza di tutte le leggi, ma il suo pensiero non si soffermava sul
fatto che l’obbedienza, che sia la conseguenza unicamente del grande timore,
non è propriamente neanche in minimissima parte un’obbedienza vera, bensì un
puro egoismo. Poiché chi ama se stesso, osserva la legge per paura della
punizione, la quale certo immancabilmente segue la trasgressione della legge
stessa, perché egli sente immensa misericordia di se stesso, provando il dolore
della punizione nella sua debolezza senza soccorso, ma non appena avrà trovato
la benché minima occasione di fare in modo che nessuno possa scrutare il suo
cuore, egli maledirà sia la legge che il suo legislatore, e ben presto si
metterà la legge sotto i piedi per calpestarla.
9. E
quando poi un tale sarà riuscito a radunare intorno a sé una forza superiore,
egli si scaglierà allora con raddoppiata crudeltà contro tutte le leggi, buone
o cattive che siano e le distruggerà ed annienterà assieme al legislatore privo
d’amore. (nota bene, a Lorber: – Su ciò
dovrebbero riflettere bene anche tutti i reggenti e legislatori del vostro
tempo attuale, poiché anche a loro è riservata un’identica sorte, se credono
che la paura sia l’unico mezzo per mantenere l’ordine e i vantaggi che ne
derivano mediante un’obbedienza da schiavi; altrimenti dovranno ben presto e
duramente sentire quali frutti portano le leggi che non hanno la loro origine
nell’amore più puro e disinteressato, e questo avverrà un giorno, prima o poi,
o in questo mondo oppure, con assoluta certezza, nell’aldilà).
10.
Perché, vedi, Caino agiva in tal modo, per così dire crudelmente, a rigore di
giustizia, per la ragione che egli non sempre aveva trovato presso di Me Grazia
e Condiscendenza ogni qualvolta aveva versato lacrime di pentimento dopo
un’azione malvagia. Però questo Io non lo potevo fare, dato che il suo pentimento
era rivolto soltanto alla perdita della Mia grazia, ma mai al Mio Amore.
11. E
vedi, chi è afflitto nel modo di Caino, costui non è nella vera profondità a
causa della perdita della Vita, ma piuttosto a causa del vivere bene. Per
questo il suo pentimento non è che falso, poiché egli non tiene affatto al
pieno ricongiungimento con Me. E se, poi, Io gli volessi dare quello che non
domanda e che non vuole, egli allora, mediante questo scambio della volontà,
non otterrebbe che la morte, perché la libera volontà è quella che più
propriamente costituisce la verissima vita dell’uomo.
12.
Ora, vedi, questo era pure il caso di Caino, perché aveva bandito l’amore e in
compenso aveva afferrato la giustizia, senza pensare che senza l’amore non vi è
vera giustizia e che la vera giustizia non è che il vero e supremo amore
stesso, senza il quale tutto perirebbe e dovrebbe anche necessariamente perire.
[indice]
I
comandamenti tirannici di Hanoch
1. Ed
ecco, quando la città fu completamente edificata, Caino
prese con sé Hanoch e lo condusse nell’alta dimora che era stata costruita per
lui, e in presenza di tutti i suoi figli ed ormai anche dei nipoti, gli conferì
pieno potere su di loro e lo invitò a dare a tutti le necessarie leggi secondo
il suo giusto discernimento e secondo il suo libero beneplacito, dicendo:
2.
«Vedi, o Hanoch, qui, in questa dimora edificata per te solo, io rimetto nelle
tue mani tutti i miei diritti paterni, con tutta l’autorità e i poteri,
affinché governi liberamente i miei, i tuoi e tutti i loro figli per mezzo di
leggi, secondo il tuo piacimento. Essi dovranno osservare e considerare come
sacre queste leggi, perché poco importa la legge stessa, né che essa sia o non
sia espressa in questo o in quell’altro modo, ma ciò che importa è la sua
esatta osservanza e perciò dovrà valere questa massima: ‘Agire conformi alla legge è un buon agire, ma agirvi contro è
assolutamente un agire male!’. E chi la trasgredisce, deve sempre essere punito
secondo la gravità della trasgressione.
3. In
tale modo noi, poi, diventiamo liberi per l’osservanza della legge e non per la
legge stessa, la cui formulazione non ha alcuna importanza, mentre tutto
dipende, invece, dall’osservanza della stessa.
4. Tuttavia
tu, quale legislatore, sei esonerato da qualsiasi osservanza, poiché la tua
libertà deve essere sacra a causa della legge, affinché non vi siano
impedimenti nella tua sfera d’azione, che deve necessariamente rimanere libera,
altrimenti saresti tu stesso inceppato nella legge. Di conseguenza tu devi
rimanere fuori dal suo ambito, libero come uno che non conosce nessuna legge,
ma ciascuna delle tue azioni deve essere rigida legge per loro nella loro
qualità di tuoi sudditi assoluti, e quando tu vuoi essi devono operare a
seconda della tua volontà, in modo che ogni loro movimento e ogni loro attività
abbia da corrispondere soltanto al tuo volere».
5. E
allora il nuovo principe aprì la sua bocca e
così parlò in tono di assoluto comando: «Udite o voi, miei sudditi, tutti
quanti, uomini e donne! Che nessuno consideri alcuna cosa come sua proprietà,
ma la consideri come esclusivamente mia, affinché il litigio e la contesa
abbiano fine tra di voi! Perciò in futuro voi tutti non servirete che me e
lavorerete per le mie dispense. In compenso voi riceverete da mangiare secondo
il grado della vostra diligenza e ai più fedeli sarà concesso di avvicinarsi di
più a me che non ai meno fedeli. Un migliore trattamento dovranno avere i
sorveglianti e gli esecutori della giustizia e gli incaricati dell’applicazione
delle giuste punizioni. Guai ai disobbedienti! Io farò cacciare questi sulle
montagne e gli animali che là dimorano li strangoleranno e li faranno a
brandelli. Coloro però che trasgrediranno le mie leggi per pigrizia,
disattenzione o leggerezza, saranno puniti a sangue con le verghe. Quelli che
si azzarderanno a contraddire me, il loro principe, in qualsiasi cosa, saranno
puniti con i serpenti (e stritolati) fino al midollo delle loro ossa e
verrà strappata loro la lingua e questa verrà data in pasto ai serpenti. E chi
mi guarderà con occhio bieco, a questi io farò cavare gli occhi, affinché non
possa mai più vedere me, il suo principe. Il pigro, però, dovrà fare il
portatore di pesi e sarà trattato come una bestia da soma, con pungoli e con
fruste, affinché gli si sciolgano i piedi e le mani gli diventino più agili.
6.
Altra legge io non vi do all’infuori di quella della più rigorosa docilità e
obbedienza a tutte le mie libere richieste e a tutti gli ordini che io vi farò
impartire a qualsiasi ora del giorno, come pure della notte. Amen!»
7.
Ora, vedi, perfino Caino fu sommamente spaventato, e tutti gli altri con lui,
ed uscirono sgomenti dalla dimora di Hanoch e nel loro cuore maledirono Caino,
il crudele padre, che in premio alle loro enormi fatiche aveva preparato loro
una sorte tanto miserevole.
8. E
quando giunse la sera, tutti erano affamati e
nessuno osava mangiare, e se ne andarono tristemente da Hanoch e dissero:
«Signore, noi abbiamo lavorato tutto il giorno; dacci ora anche da mangiare
secondo la tua promessa!»
9. Ma
Hanoch, levatosi, disse: «Dove sono i frutti del
vostro lavoro? Portateli qui e fatemeli vedere e deponeteli nelle mie dispense,
e poi io farò dare a ciascuno secondo giustizia!»
10.
Ed essi andarono e portarono, come era stato loro comandato, gli uni molto e
gli altri poco e deposero il tutto ai suoi piedi.
11.
Caino, però, e sua moglie non portarono nulla, pensando di esserne esonerati. E
vedi, allora Hanoch ripartì i frutti dicendo: «Chi
ha lavorato, mangerà, ma chi non ha lavorato non mangerà»
12. E
così Caino e sua moglie quella volta dovettero digiunare. E vedi, allora Caino
con sua moglie abbandonarono piangenti la dimora di Hanoch ed egli non trovò
tra tutti i suoi figli e nipoti neanche un cuore pietoso. E quindi andò nei
campi e là mangiò dei frutti che erano rimasti e siccome per lui non era stata
edificata nessuna dimora, pernottò con la moglie a cielo aperto.
13. E
quando il giorno seguente i suoi figli
ritornarono dal lavoro, lo trovarono che già raccoglieva frutti e dissero:
«Vedete, egli lavora per la prima volta in questo paese, ma ben gli sta, poiché
egli stesso ha voluto che al posto dell’amore regni la giustizia!»
14. E
vedi, quando essi ebbero nuovamente lavorato senza interruzione fino alla metà
del giorno, gli uni costruendo ancora altre case, dimore e dispense, gli altri
raccogliendo frutta ed alcuni servendo il loro principe per le comodità sue, di
sua moglie e dei suoi figli, tutti andarono di nuovo da lui nell’alta dimora e
gli portarono frutta ed altri segni della loro faticosa diligenza e richiesero
da mangiare secondo giustizia ed altrettanto fece pure Caino con sua moglie.
15.
Ed ecco, allora Hanoch si alzò e con serietà
irosa disse: «Quante volte al giorno volete mangiare? Pensate forse che io
faccia raccogliere la frutta per voi, affinché possiate poi tranquillamente
saziarvi? Di che devo, dunque, vivere io e la mia servitù, cui non spetta il
compito di lavorare come voi, ma quello di portare il loro signore sulle loro
mani? Perciò andatevene via da me e nessuno di voi si azzardi mai più a varcare
la soglia di questa mia alta dimora! D’ora in poi incaricherò i miei servitori
di ritirare giornalmente da voi i frutti per la mia casa; voi, però, potete
mangiare con moderazione soltanto i frutti che cadono da soli e liberamente giù
dagli arbusti e dagli alberi, e ciò valga tanto per chi raccoglie quanto per
chi costruisce. E questo sia per voi un nuovo comandamento che voi dovrete
osservare come cosa sacra. Guai al trasgressore!»
16. E
vedi, allora Caino prese la parola e domandò ad
Hanoch, con immensa tristezza e profondamente commosso: «O Hanoch, grande
principe che fosti mio figlio, dì, secondo il giusto e il vero e conformemente
al tuo cuore: – tuo padre e tua madre non sono esonerati da tutto ciò che hai
saggiamente ordinato ai tuoi sudditi, secondo il tuo libero beneplacito? E se
proprio devo essere pari ai miei figli, comanda allora che essi debbano nutrire
pure il loro padre e la loro madre, i quali sono diventati vecchi, affaticati e
deboli. Oppure concedimi, di grazia, di partire da qui fino agli estremi
confini del mondo, affinché non veda più, d’ora innanzi, la grande tribolazione
dei miei figli che languono sotto il grave giogo della libera giustizia»
17. E
vedi, Hanoch allora così gli rispose: «Come mai
mi domandi tale cosa? Non agisco bene se io faccio così come tu mi hai
insegnato e come me ne hai conferito il potere? Hai pure tu stesso dichiarato
che io solo sono libero dalla legge e non hai fatto alcuna eccezione per te!
Come puoi chiedere tale cosa a me, contro ogni diritto, e perché vuoi con ciò
costringermi a rendere manifeste su di te, che fosti il primo legislatore
inesorabile, le conseguenze rigidamente legali della disobbedienza a terribile
esempio per gli altri? E se io agisco in tale maniera, dimmi, agisco forse
ingiustamente? Infatti, dato che presso di noi non c’è amore, ma unicamente la
nuda giustizia, come puoi protestare contro le leggi scaturite dal mio libero
beneplacito, perché venga fatta una qualche eccezione a titolo di grazia,
grazia che non può mai armonizzare con i diritti della legge del tuo principe?
Che tu sia mio padre, a me che importa? Io sono pure venuto al mondo per mezzo
tuo, senza che io l’abbia voluto sotto nessunissima condizione! E così tu mi
hai generato senza il mio volere, e anche senza questo tu mi hai fatto
principe! Ma poiché ora sono diventato e sono quello che sono e come sono
interamente senza il concorso della mia volontà – non avendone avuta una – e
neppure sotto una condizione qualsiasi, ma unicamente per caso sono qui come
tuo figlio a causa della tua libidine e come principe per il fatto della tua
sola ambizione, dimmi un po’ quali obblighi debbo avere verso di te dal punto
di vista legale!?
18.
Fuggi via dunque dal mio cospetto, dove tu vuoi, affinché non ti raggiungano le
rigide conseguenze della giustizia! Questa è l’unica grazia che ti concedo di
mia libera volontà, dato che posso fare quello che voglio. E ora vattene e
fuggi!»
[indice]
La partenza
di Caino verso il mare
1. E
ora, vedi, Caino scoppiò in pianto, e con sua
moglie e quattro figli, due maschi e due femmine, se ne partì e dopo quaranta
giorni giunse alla spiaggia dei mari e si spaventò alla vista della grande
distesa di acque, perché credeva seriamente di essere arrivato all’estremità
del mondo. Ed egli pensò: «Se mi perseguitasse Hanoch, dove potrei fuggire?
2.
Dinanzi a me sta l’estremità del mondo e a sinistra e a destra ci sono alte
montagne alle quali non mi è concesso accedere e l’occhio e l’orecchio di
Grazia del Signore sono chiusi per me. Oltre a ciò non vedo qui altro che
frutti sconosciuti, non benedetti; ora chi si fiderà di mangiarli? La provvista
che abbiamo portato con noi è ormai anch’essa esaurita! Che mai devo fare ora?
3.
Eppure voglio tentare ancora una volta di rivolgere una potente invocazione al
Signore: – o Egli mi esaudirà, oppure ci farà perire e così ad ogni modo ci
succederà, almeno alla fine, secondo la Sua Volontà, Volontà che certamente non
abbiamo riconosciuto nella nostra cecità durata tutto questo lungo tempo»
4. E
vedi, dopo un periodo di settantasette anni, Caino
ricominciò a pregarMi incessantemente per tre giorni e tre notti interi e
gridava continuamente: «Signore, Tu che sei il Giusto e il colmo d’Amore,
guarda di grazia qui al Tuo massimo debitore e fa’ di me secondo la Tua santa
Volontà!». E queste parole egli le ripeté migliaia e migliaia di volte.
5. Ed
Io ebbi pietà di lui, perché tanto possente era il grido nella sua infinita
miseria. Vedi, allora Io mandai a lui Abele,
avvolto in una fiamma di fuoco, che gli indirizzò parole che provenivano da Me
e gli disse: «Caino, rialzati da terra e guardami in faccia e dimmi, poi, se mi
riconosci ancora!»
6.
Allora Caino si rialzò ed osservò con timore la
fiamma e non la riconobbe né dalla voce né dalla forma, e chiese quindi, tutto
tremante per l’angoscia: «Chi sei tu, o strano essere, dentro a questa fiamma?»
7. E Abele gli rispose: «Sono io, tuo fratello Abele, e sto
dinanzi a te nella Fiamma dell’Amore divino! Cosa vuoi dunque che ti sia
fatto?». – «O fratello», rispose Caino, «se sei
proprio tu, vedi, io non ho più volontà! Mio figlio Hanoch mi ha preso tutto,
anche la mia volontà; ormai io non ho più volontà. Vedi ora in quale condizione
noi stiamo qui? Siamo tutti completamente senza volontà! Perciò altro non posso
dire che: “Sia fatto di me e di tutti noi secondo il santo Volere del
Signore!”»
8.
Allora disse Abele: «Ebbene, ascolta! Questa è
la Volontà del Signore, Padre mio e Dio tuo: – mangiate senza alcun timore
tutti i frutti che voi troverete qui, poiché il serpente ti ha sospinto fin
qui, ma esso è rimasto dov’era, cioè presso i figli nella città di Hanoch con
tutto il suo veleno e non avrà più niente a che fare con voi. Infatti, l’uomo
che ha ceduto la propria volontà come hai fatto tu, non ha più niente a che
fare con quella malvagia progenie. Chi però ha reso soggetta la propria volontà
a quella del serpente, costui è suo prigioniero ed è giunta la fine del suo
agire.
9. Ma
chi è sfuggito ai suoi lacci diventati ormai robusti, e così ha salvato
l’ultima goccia della propria volontà e l’ha deposta a terra al cospetto di
Jehova, a costui Egli donerà una nuova volontà proveniente da Lui stesso,
affinché possa poi operare come uno strumento del Signore. E così è anche
Volontà del Signore che tu abbia ad agire d’ora innanzi secondo la Sua Volontà
e anche se un giorno i discendenti di Hanoch riuscissero a trovare te e i tuoi,
essi non vi riconosceranno, perché l’Amore del Signore brucerà del tutto e in
modo permanente la vostra epidermide colorandola di nero.
10. E
il tuo nome di “Caino” ti sarà tolto e te ne verrà imposto un altro, cioè “Ateope”, vale a dire “il senza volontà secondo la Volontà del
Signore”. Ed essendo così, allora tu dovrai, assieme ai tuoi, intrecciare
con canne e giunchi una cesta molto grande, lunga sette lunghezze d’uomo, larga
tre e alta una, molto solida e poi vi stenderai sopra uno strato di resina e
ogni tipo di altra pece. E quando avrai ultimato questo lavoro con tutta
diligenza, spingerai la cesta vicino alla grande acqua e dovrai raccogliere
della frutta per quaranta giorni, e quando avrai fatto tutto ciò, trasporterete
la frutta nella cesta e alla fine salirete voi pure dentro, tutti assieme!
11. E
allora il Signore farà venire un forte flusso della grande acqua, che solleverà
la cesta, e voi assieme ad essa, e vi porterà in un paese lontano, nel mezzo di
queste grandi acque, dove sarete perfettamente al sicuro da ogni insidia o persecuzione
da parte di Hanoch.
12. E
lì vicino, da ogni parte, vi saranno in questa grande acqua dei piccoli paesi e
quando vi troverete in troppi in un paese, allora andate in cerca di altri
paesi e così via, secondo la Volontà del Signore, e popolate gradatamente tutti
i piccoli paesi delle grandi acque.
13. E
se voi non vi dimenticherete del Signore, Egli un giorno vi darà da abitare un
grande continente, dove rimarrete fino alla fine del mondo, ma ciò avverrà
soltanto quando esso sarà stato prima purificato dalla maledizione per mezzo
del diluvio che si abbatterà ben presto e che soffocherà ed ucciderà la
progenie di Hanoch e anche molti dei figli di Dio che si saranno lasciati
attirare tra i lacci delle belle figlie di Hanoch.
14.
Tuttavia, voi, figli dalla volontà perduta, non sarete raggiunti dalle correnti
di questo diluvio, perché la Volontà del Signore vi ha posti sulle acque delle
Sue grandi Misericordie. E se voi avete bisogno di qualcosa, conoscete ad ogni
modo dove dimora il grande Donatore che non vi abbandonerà, se voi non Lo
abbandonerete nei vostri cuori.
15. E
ora tu, o Caino, accostati a me!». E vedi, allora Caino si avvicinò al fratello
Abele, presente sotto forma di fiamma, e questi lo abbracciò, e Caino diventò nero come il carbone e i suoi capelli
divennero crespi come una pelliccia di animale. E
ugualmente accadde agli altri cinque.
16. E
allora Abele disse: «Ebbene, o fratello Ateope,
ora tu sei libero da ogni peccato che è rimasto presso Hanoch; fa’ adesso,
dunque, secondo la Volontà del Signore! Amen!»
[indice]
Lo sviluppo
della progenie di Caino, quale nuovo Ateope
1. E
vedi, allora Abele scomparve e Ateope mangiò della frutta, perfettamente lieto
per la prima volta in vita sua e fece esattamente come gli era stato comandato.
2. E
così il suo ultimo ceppo fino al giorno d’oggi popolò tutte le piccole terre
nelle acque e, dopo la grande distruzione della progenie del serpente per mezzo
dei flutti del cielo, tale ceppo popolò anche i grandi continenti che voi
attualmente chiamate “Africa”, “America” e “Australia”. E il suo ceppo non fu
fatto perire nel diluvio ed è sempre lo stesso anche nel tempo presente, a
testimonianza dei misfatti dei Miei figli e dei figli di Hanoch, nel tempo
d’allora e nel tempo attuale.
3. E
vedi, ancora oggi vive questo Ateope, naturalmente e spiritualmente, nascosto
in una piccola terra nel mezzo delle grandi acque, terra che nessun mortale
potrà mai trovare e là egli è il costante osservatore del vostro operare.
4.
Dunque, vedi, egli mangiò e bevette frutta di ogni specie e generò ancora
settecento figli per il tempo di ancora mille anni. Ma poi egli fu da Me
rinnovato e non mangiò e non bevette più, poiché fu saziato con il Mio Amore
per l’eternità, il quale è il cibo migliore che vi sia, poiché, chi così viene
saziato, non vedrà, non sentirà né assaporerà in eterno la morte; e così egli
non avrà mai più fame di un qualsiasi cibo, né sete di una bevanda, e il suo
morire sarà come un’uscita vivente dalla vita alla vita nella vita della vita
dei viventi tramite il Vivente che sono Io stesso.
5. E
così saziato, Ateope vive corporalmente ancora oggi, quale il primo figlio
d’uomo sulla vasta faccia della Terra e può guardare ciò che fanno tutti gli
uomini ed è perciò un antico testimone di tutte le Mie opere, compiute fino al
vostro tempo.
6.
Egli conobbe Noè, Abramo, Mosè, tutti i profeti e Melchisedec, il Sommo
Sacerdote.
7. Ed
egli fu testimone della Mia nascita e della Mia nuova Creazione mediante la
massima di tutte le Mie opere, cioè mediante l’opera di Redenzione. E così
anche egli verrà custodito finché sarà discesa del tutto la Mia Città santa,
evento che comincia appunto ora e dove anche verrà definitivamente accolto
quale fedele portinaio, perché, all’infuori di Me, nessuno conosce tanto
profondamente il Serpente come lui, poiché con esso ha avuto a che fare più di
tutti.
8. Ed
ecco, questa è la storia di Caino che ora viene narrata, perché vi sia di
sprone a maturare le vostre riflessioni sul vostro conto, allo scopo che con
ciò, tanto più presto e con maggiore facilità da voi stessi possiate scoprire e
riconoscere il vostro male dalle sue radici, e possiate distruggerlo nelle sue
più riposte fondamenta, per ritrovare quindi nel Mio Amore il Paradiso da tanto
tempo perduto e per diventare finalmente dei veri fedeli cittadini della Mia
nuova, grande e santa Città, continuando Io ad essere il vostro fedelissimo,
santissimo e buonissimo Padre, così come lo fui da tutte le eternità delle
eternità. Amen!
[indice]
L’empio
governo di Hanoch
1. E
ora rivolgi per un po’ ancora la tua attenzione verso Hanoch ed Io vi mostrerò,
di passaggio, come stessero là le cose già dopo un periodo di soli trent’anni.
2. E vedi,
Hanoch si era scelta la più bella donna ed oltre a questa anche due concubine e
con esse si dedicava oltre ogni misura alle pratiche della lussuria. Per questo
motivo il suo intelletto si ottenebrò al punto che egli dimenticò completamente
ogni questione concernente il governo che gli competeva. I pochi pensieri che a
stento poteva raccogliere ancora si rivolgevano esclusivamente ai piaceri, allo
splendore, alla morbidezza delle vesti e alla libidine.
3.
Bastava che i suoi sudditi gli portassero frutta buona di ogni specie in
abbondanza, che ci fosse dello sfarzo davanti alla sua abitazione e che avesse
delle vesti veramente morbide, di un tessuto confezionato con un’erba finissima
che cresceva a piedi delle montagne, ed egli con ciò era perfettamente soddisfatto
e lasciava che leggi e governo andassero come volevano.
4. Ma
vedi, allora i suoi sudditi si accorsero che egli era diventato tiepido e
volsero a loro profitto la sua cecità. E i suoi servitori pure osservarono come
si mettevano le cose e siccome erano accorti e astuti come il serpente stesso,
cercarono in tutte le maniere possibili di tenerlo in uno stato di stordimento
continuo. Inoltre, affermando – mentendo – che si trattava di un editto
d’indulgenza del principe, permisero ai sudditi tutti i possibili divertimenti,
purché questi ultimi li fornissero di doni sempre maggiori.
5. E
vedi, poiché questi servitori videro allora che essi potevano fare ciò che
volevano senza essere puniti, cominciarono addirittura a governare essi stessi
e ad emanare leggi ai sudditi. In primo luogo prescrissero di tributare al
principe onori divini, mediante ogni tipo di sacrifici ed offerte, e in secondo
luogo vollero che l’uno o l’altro suddito donasse al principe la figlia più
bella. Al suddito che aveva la fortuna di essere il beato donatore, sarebbero
stati condonati tutti i tributi e sarebbe diventato un libero possessore della
propria casa e oltre a ciò avrebbe goduto il privilegio di entrare nella dimora
del principe e della libertà di intrattenersi a piacimento con i suoi
servitori, nonché gli sarebbe stato concesso di vedere una volta all’anno il
suo principe e di ringraziarlo per tale grandissima grazia e distinzione.
6.
Ora, vedi, con ciò il serpente aveva fatto, come voi usate dire, un vero colpo
di genio! Infatti, i genitori allora cominciarono a tenere sempre in casa le
loro figlie dedicando ad esse ogni attenzione allo scopo di farle diventare il
più possibile delicate e belle, per riuscire un giorno eventualmente ad
assicurarsi essi pure una condizione libera. E una bella di questo tipo non
degnava più di uno sguardo un uomo comune, dato che si sentiva destinata per il
principe.
7. Ma
cosa avvenne poi a causa di questi reciproci inganni? Nient’altro che la cosa
più tremenda che voi riuscite a raffigurarvi intensificando al massimo i vostri
pensieri. Avvenne cioè che i servitori presero finalmente nelle loro mani,
senza eccezione, tutti gli affari di governo, con l’astuto pretesto – come
diedero a intendere al principe Hanoch con la loro ornata loquacità – che egli
ormai non era più un principe, ma un dio del popolo, e che sarebbe stato
disdicevole per la sua sconfinata maestà ed inesprimibile magnificenza, che
erano ormai divine, prescrivere leggi ai vermi
della Terra. Per conseguenza, data l’incommensurabile venerazione che ispirava
loro la sua santità eccelsa sopra ogni cosa, tali adulatori spiegarono di voler
assumere del tutto a loro carico questa disdicevole incombenza; così egli non
avrebbe avuto altro da fare che esternare, con un semplice cenno, il suo
gradimento o la sua disapprovazione e accettare con ogni grazia e indulgenza, i
tesori che essi avrebbero raccolto per lui in gran quantità.
8. In
quanto al resto, Hanoch si sarebbe dovuto degnare di mostrare la sua persona al
popolo una sola volta all’anno e in questa occasione tutti si sarebbero gettati
a terra e lo avrebbero adorato nella polvere, e qualora poi egli avesse voluto
concedere una grazia speciale a qualcuno di quei vermi nella polvere, ciò sarebbe accaduto calcando con il suo piede
santo il capo di quel qualcuno tra i vermi.
9. E
qualora questa grazia elevata fosse stata concessa a qualcuno, magari in premio
dell’offerta di una bella ed attraente prostituta, a costui, dopo averlo fatto
rialzare subito da terra, gli sarebbe stato concesso di contemplare la divina
maestà del signore di ogni potenza e forza, e in conseguenza di ciò sarebbe
stato poi ammesso alla dignità di libero cittadino della santa città del
magnifico dio Hanoch.
10.
Ora, vedi, questi sottili e raffinati discorsi dei suoi servitori lusingarono
l’egoistica vanità di Hanoch al punto che egli stesso diede la piena
approvazione senza alcun indugio a tutto quello che gli era stato proposto. Oh,
quale mostruosa pazzia fu mai la sua!
11.
Perché, vedi, in questo modo i servitori avevano raggiunto quello a cui già da
lungo tempo aspiravano, cioè la facoltà di dettare leggi e di punire; in una
parola, dunque, la direzione del governo. E così allora sorsero, al posto di
uno solo, altri dieci principi, i quali non facevano la benché minima
distinzione tra gli uomini, loro fratelli, e gli altri animali; si limitavano a
dividerli in bestie ragionevoli e bestie non ragionevoli. E solamente nel caso
in cui qualcuno di tali bruti ragionevoli avesse compiuto con successo e a loro
profitto qualche atto ispirato ad astuzia e malvagità, soltanto allora gli
veniva accordato il diritto di chiamarsi, egli pure, uomo.
12. E
quando questi dieci principi ebbero visto come gli uomini-animali obbedivano
ciecamente alle loro leggi – certamente a causa del grande spavento per gli
inauditi maltrattamenti – allora, gradatamente, ciascuno di essi si scelse
ugualmente dieci servitori fra i liberi cittadini e li innalzò ad un certo
grado di nobiltà, assieme alle loro mogli e ai loro figli. Era evidente però che,
quale compenso, se le loro figlie erano belle ed attraenti a sufficienza per i
principi, dovevano essere cedute ai principi stessi per i loro piaceri ed essi
generavano così figli a centinaia e a migliaia, che poi venivano tutti
consegnati agli uomini-animali perché li nutrissero. E quand’erano cresciuti, i
maschi passavano a loro volta alla classe degli uomini-animali, mentre le
femmine, nel caso in cui per l’astuzia del serpente, come per lo più avveniva,
crescevano molto belle e seducenti, a loro volta venivano destinate a
soddisfare i piaceri dei signori e spesso già al loro dodicesimo anno dovevano
prestarsi a tale servizio, e per questo motivo diventavano sterili. E così,
quando dopo breve tempo avevano perduto tutte le loro attrattive, venivano cacciate
tra gli animali e per questi dovevano lavorare e perciò erano chiamate “Huhora”, vale a dire, nel vostro
linguaggio, “gente che cura gli animali”.
13. E
vedi, questo sistema di vita si protrasse per più di trent’anni. Ma poiché con
queste pratiche dissolute gli uomini si erano moltiplicati fino a raggiungere
il numero di parecchie centinaia di migliaia e si erano diffusi da tutte le
parti del paese e non potevano di conseguenza più essere sorvegliati, allora,
con il consenso di Hanoch – il loro dio ormai inattivo e completamente privo di
forza che viveva senza alcun sospetto – furono costruite altre dieci città che
furono chiamate secondo il nome dei dieci principi. I nomi di questi ultimi
erano i seguenti:
14. Cad, Carac, Noad,
Huid, Hlad, Ufrac, Farac, Molachim,
Ufrahim e Tahirac.
15. E
ora vedi, ciascuna di queste città fu costruita esattamente secondo il modello
della città di Hanoch, e così nel mezzo di ogni città fu eretto un grande
castello del tutto simile all’alta dimora di Hanoch, e questa costruzione era
circondata da bastioni e da fossati. Tieni conto del fatto che gli uomini di
quel tempo, non disponendo ancora di alcun strumento simile ai vostri attrezzi
come picconi, zappe, vanghe e badili, erano costretti ad adoperare le mani e a
smuovere la terra con le loro dita, come le talpe!
[indice]
La politica
dei consiglieri di Hanoch
15 maggio
1840
1. Io
ometterò di ricordare qui i maltrattamenti che nell’occasione di una simile costruzione
venivano inflitti, ma intendo invece trattenervi sull’argomento principale.
Quando dunque le città furono completamente edificate, i
dieci principi si presentarono ad Hanoch e dissero: «O Hanoch, grande e
magnifico dio d’ogni potenza e forza (nota bene: -
Quantunque egli fosse già più debole di una mosca e non possedesse ormai più
alcun potere) ed immenso signore di ogni
giustizia (nota bene: - La quale su altro
non era fondata se non sulla ruberia, la lussuria, l’inganno, su ogni perfidia,
aridità completa di ogni sentimento, arti velenose, crudeltà, menzogna e ogni
altro genere di crimine e vizio)! Vedi, il
tuo popolo è diventato grande sotto la guida sapientissima della tua
sconfinata, inconcepibile ed imperscrutabile giustizia (nota bene: - Questa era veramente una
giustizia senza alcun confine, per lui del tutto incomprensibile, ma ancora più
totalmente inesplicabile) ed esso si è sparso in tutto il
vasto paese della tua divina maestà e di conseguenza non può più essere
sorvegliato da questa tua alta dimora e, se noi trascurassimo di tenerli
d’occhio, tale popolo farebbe quello che vorrebbe, anzi esso potrebbe perfino
traviarsi al punto da cominciare ad invocare e ad adorare invece di te, cui
spetta unicamente ogni adorazione, nuovamente l’antico Dio di Caino e a tale
Dio, poi, potrebbe venire ancora una volta l’idea di esaudire qualcuno di loro
e di conferirgli una potenza invincibile; dopo di che questi potrebbe radunare
intorno a sé una grande massa di popolo con la quale assalirci, finendo in
conclusione per annientarci tutti quanti siamo (nota bene: - Tali preoccupazioni si addicono bene davvero ad un dio
tanto possente!).
2. E
poi noi, infine, non avremmo più un numero sufficiente di onesti servitori che
potessero recarsi dappertutto per prendere in consegna i frutti e per portarli
fin qui, e finirebbe che questi servitori ci trarrebbero in inganno e
consumerebbero essi stessi lungo la via quello che la terra, in ossequiosa
obbedienza, produce unicamente per te, o grande dio!» (nota bene: - Dunque, anche il timore della
fame cominciò a tormentare il grande dio?).
3.
Ora vedi, allora Hanoch fu colto da grave imbarazzo e non sapeva cosa si
sarebbe dovuto fare, poiché prima d’allora egli non aveva mai appreso qualcosa
in merito a quanto il popolo si era moltiplicato. Finalmente si alzò e disse
con voce stridula, che tradiva un grande spavento: «Che cosa potrebbe mai
accadere se quelli che sono di troppo noi li uccidessimo man mano e così ne
riportassimo il numero a quello necessario per garantirne la debolezza e il
timore? Che ne dite voi, o miei fedelissimi?» (nota bene: - Una bella
intenzione per la giustizia divina!).
4. E
vedi, così parlarono i dieci: «O dio
supremamente giusto, pensa a ciò che è possibile e a ciò che è impossibile! (nota bene: - Il dio supremamente saggio,
potente e giusto doveva dunque anche lasciarsi istruire dai suoi servitori sul
possibile e l’impossibile). Perché, vedi, in primo luogo essi
si scaglierebbero in grandi masse contro di te e contro di noi e ci annienterebbero
tutti quanti, anche se ne uccidessimo uno solo; e in secondo luogo pensa al
vaso sopra le stelle, del quale Caino ci ha spesso narrato e a quello che
succederebbe qualora cominciassimo a commettere degli abomini!» (nota bene: - Dunque, il grande, potente dio
aveva ancora paura del vecchio Dio?)
5. E
vedi, allora Hanoch così si espresse verso di
loro: «Uditemi, dunque, e intendete la mia volontà, che così potentemente
suona: “Ciascuno di voi, o miei fedelissimi servitori, prenda possesso di una
delle dieci città e vi regni e governi in mio nome ed emani leggi secondo
avvedutezza e vero conoscimento e badi, con tutta severità e rigidezza, che le
stesse vengano esattamente osservate! Se qualcuno di voi dovesse mai
intiepidirsi nel giusto zelo, sopra di lui porrò colui che tra di voi sarà
stato il più fedele e il più zelante. Io vi riconoscerò dalla raccolta dei
frutti! Il primo che porterà qui i suoi doni come un tributo doveroso alla mia
sacra maestà, costui avrà anche per primo la lode della giustizia ed io
accoglierò da lui il poco come se fosse molto, ma quelli che giungeranno più
tardi dovranno portare molto ed io accetterò questo molto come se fosse
solamente poco, perché così potrò valutare la loro pigrizia e rimunerare la
loro operosità con una giusta lode o con un giusto biasimo. E l’ultimo dovrà
essere sottomesso al primo, affinché si migliori nello zelo e nel rigore per
tutte le cose giuste. Poiché la rigida giustizia è l’unico fondamento di un
regno che noi abbiamo e deteniamo in nostra assoluta proprietà”.
6.
Questa è la mia giusta ed immutabile volontà e vi viene annunciata da me, che
sono il vostro dio e signore, dato che non potete e non dovete averne altri, né
voi, né tutti i sudditi liberi od obbligati a servire. Deve esserci bensì stato
una volta un qualche vecchio Dio, il Quale era molto potente finché rimase
giusto, ma pare che in seguito abbia dato il bando alla giustizia, cominciando
a fare del bene sia ai colpevoli che ai giusti, spintovi da un impulso che si
chiamava amore, simile a quello che noi proviamo per le belle donne. A causa di
ciò il vecchio Dio ha del tutto giudicato Se stesso per la rovina, e ora non
esiste più.
7. Ed
è per questo, come vedete, che adesso mi trovo io al Suo posto, dunque, anche
l’invocazione di questo Dio antico ben poco gioverà, dato che non esiste più in
nessun luogo. È bene perciò che voi in qualsiasi circostanza vi rivolgiate a me
che detengo ormai ogni potere! Amen!»
8. (nota bene: - Asserzioni simili e ancora molto
peggiori sul Mio conto devo udire attualmente da parte di molte centinaia di
migliaia, i quali pongono sul Mio trono la loro assoluta follia fondata sulla
loro tenebrosissima ragione, facoltà questa comune a tutti gli animali tramite
i loro sensi acuti, e di conseguenza adorano se stessi, ed oggigiorno non si
chiamano più dèi – perché questo nome ai loro orecchi suona troppo volgare e
ridicolmente basso – bensì ‘filosofi’ ovvero ‘scienziati materialisti’ e anche
‘dottori’ o ‘professori’ di tutte le specie. Questa tenebrosissima razza vorrebbe
addirittura costringerMi ad andare a scuola da loro, qualora volessi essere un
Dio per i superscienziati di questa epoca tanto illuminata. Io però vi dico, in
verità, che il lombrico strisciante è più assennato di loro, quantunque non sia
in possesso che di un unico senso. E ancora dico che questi tali ben presto
sgraneranno tanto d’occhi – e tuttavia non vedranno più di quanto veda un topo
campagnolo nella terra – e con gli orecchi ben acuti e molto lunghi non udranno
più di quanto possa udire un pesce nell’acqua, il quale, non possedendo la
voce, non possiede nemmeno l’udito).
9. E
vedi, tutto ciò fu per i dieci principi precisamente una fonte perenne di
eccellentissima acqua per il loro mulino, perché Hanoch aveva anticipato i loro
più riposti desideri ed aveva dato loro un rigido comandamento che veniva
perfettamente a proposito, poiché soltanto così si sentivano ufficialmente
autorizzati a permettersi ogni immaginabile eccesso e ad ingannare il popolo,
nonché il loro dio scimunito.
(15 maggio 1840)
10. E
ora, vedi, quando il dio Hanoch ebbe così terminato il suo discorso, congedò
questi suoi dieci servitori. E questi se ne andarono, in apparenza
profondamente colpiti da un discorso così formidabile, ma nei loro cuori erano
estremamente lieti, a causa della grande stoltezza di Hanoch, che, in seguito
ad ogni tipo di timori e di preoccupazioni, aveva innalzato a rigida legge la
loro propria volontà ed infine pareva che egli stesso cominciasse a convincersi
di essere un dio. Ma circa questo ultimo punto essi si ingannavano del tutto,
perché dentro di sé Hanoch sapeva molto bene di non essere affatto un dio, dato
che la sua debolezza e il suo totale esaurimento gli provavano anche troppo
evidentemente cosa ci fosse di vero nella sua divinità!
11.
Però egli voleva soltanto mantenere e consolidare gli altri nella loro
grossolana cecità, e continuare a spacciarsi per un dio a causa del guadagno
che gliene derivava, poiché fra di sé egli pensava che predicare ai ciechi è
facile, dato che essi non distinguono ciò che è nero dal bianco e prendono il
giorno per la notte e viceversa. Ma così pensando egli pure era in errore. In
questo modo tra di loro venivano a stabilirsi dei veri rapporti da manicomio,
poiché l’uno riteneva che fosse sempre l’altro il pazzo più grande e più
sciocco.
12. E
quando essi si furono di nuovo riuniti nella loro stanza, Cad cominciò ad indirizzare a tutti gli altri un
discorso e disse: «Ebbene, fratelli miei, o voi che come me avete ancora per
padre Caino e avete visto il primo padre Adamo e la prima madre Eva, la quale
Hanoch non conosce né ha visto, come pure non vedrà mai Adamo, vedete, Caino,
nostro padre, fu uno scellerato come nessuno di noi è mai stato e mai lo sarà,
ma quando egli si rivolse al Dio di Adamo, Questi gli diede ciò che egli
chiedeva.
13.
Dunque, cosa ci occorre di più? Noi conosciamo le Sue grandi opere, poiché le
abbiamo viste con i nostri occhi e udite con i nostri orecchi, dunque sappiamo
dove dimora il grande Potente! Facciamo anche noi come fece Caino nel momento
del bisogno e, anzi, sovrabbondiamo pure nelle nostre richieste e potete essere
certi che ben presto risulterà dimostrato chi veramente è il Signore nel paese
delle pianure! Ciascuno di noi eriga un altare a questo Dio e vi sacrifichi a
Lui la frutta del paese e la conseguente potenza che gli richiediamo non si
fermerà a metà strada; e allora Hanoch, il pazzo, potrà ben aspettare a lungo
il tributo di maestà alla sua immaginaria santità da parte nostra, che abbiamo
conosciuto Adamo ed Eva!»
14. E
vedi, quando Cad ebbe finito il suo discorso, Carac
si alzò a sua volta e disse: «Fratelli miei, se le cose stanno così, la partita
è nostra! Vedete, per quello che mi riguarda, sono perfettamente d’accordo con
Cad; saremmo dei pazzi più grandi di Hanoch se noi, che siamo più potenti di
lui, volessimo nutrirlo al solo scopo di consolidarlo nella sua pazzia, e
addirittura ingrassarlo, affinché si accresca ancora di più la sua libidine che
sfogherà sulle nostre donne più belle, mentre noi, come voi tutti sapete, dobbiamo
reputare come una grazia straordinaria quando lui, essendo stanco di qualcuna
che non gli piace più, ce la restituisce! Io credo invece che sia meglio che le
più belle ce le teniamo per noi! Le meno belle possiamo cederle ai nostri
servitori; le rimanenti, poi, che restino proprietà dei nostri sudditi. In
quanto ad Hanoch, che si accontenti di leccare il sangue delle sue figlie e che
gusti l’ignominia delle sue stesse mani e che diventi magro come un osso di
caprone e mangi con i vitelli e beva con gli uccelli! E perché non dovremmo
fare a lui ugualmente a come egli ha fatto a nostro padre? Non si è egli
riservato anche delle cose che il padre Caino si era dimenticato di fare e
questi dovette fuggirsene, pure essendo suo padre come era altresì nostro? E
vedete, ormai egli per noi non è altro che un fratello scimunito. Cosa può
dunque esserci d’impedimento a dargli quello che si merita per la fuga di
Caino? Ecco, questa è la mia opinione, vantaggiosa per ciascuno di noi, poiché
io da parte mia farò all’antico Dio come Cad molto saviamente trovò giusto ed
opportuno fare!»
15.
Il discorso di Carac riscosse unanime approvazione. Dopo di che si alzò Noad e cominciò anche lui a parlare dicendo: «Vi sono
note le mie attribuzioni e il mio incarico, cui ho presieduto per volontà di
Hanoch con tutta fedeltà, diligenza e zelo! Eppure ora domando a voi tutti che
utile ne abbia ricavato durante tutto questo tempo, e senza dubbio ciascuno di
voi mi risponderà: “Niente di più e niente di meno di nulla!”. Vale a dire che
io aiutai il peggiore degli imbroglioni nei suoi raggiri e perciò fui io stesso
un imbroglione imbrogliato e per aiutarlo nei suoi ipocriti inganni dovetti
condurre una vita ben magra dinanzi alle masse, e per corroborare l’opinione
circa una sciocca santità apparente dovetti, nella mia qualità di severissimo
amministratore della giustizia, rinunciare in pubblico ad ogni allegro piacere,
per poi ricevere privatamente nient’altro che aspri rimproveri e grossolane
minacce d’ogni tipo, invece di una lode e di un risarcimento in segreto per i
torti pubblicamente sofferti. E tutto ciò accadde a causa della sua
inconcepibile pazzia. Voi tutti invece avete avuto una vita più facile e
poteste fare molte cose secondo il vostro compiacimento, mentre ciò non era possibile
a me, poiché, essendo io colui che metteva in atto la sua follia da giudice,
dovetti fare secondo i suoi più pazzi e ripugnanti desideri, dando a ciascuno
di questi una precisa esecuzione, affinché i desideri stessi, per effetto della
mia forzata ipocrisia, di cui mi intendevo bene, o meglio dovevo intendermene
bene, potessero acquisire una qualche parvenza di legalità. Dopo di che, per
conferire piena validità al mio inganno, io, quale legittimo imbroglione,
dovevo nuovamente farmi ingannare e precisamente in tre modi: – anzitutto da
Hanoch a motivo della legge, secondariamente da me stesso a motivo del popolo,
e in terzo luogo dal popolo e da tutti voi a causa di Hanoch. Io credo di
avervi sufficientemente esposto le ragioni del mio malcontento e con ciò di
avere deposto ai vostri piedi le mie mentite spoglie. E ora giudicate voi
stessi se io ho forse torto, grato come posso essere per tanto riconoscimento
della mia opera, a togliere da me il triplice inganno e a scagliarlo con tutta
violenza sul capo di Hanoch, rivelandolo al popolo per quello che veramente è.
E poi resti a lui la cura di badare da che parte se ne andrà la sua divinità e
vi corra lui dietro come uno zoppo alla caccia del cervo. Dunque anch’io farò
quello che Cad ritiene opportuno fare e seguirò molto scrupolosamente il
consiglio di Carac e i miei contributi non danneggeranno i suoi occhi, né il
trotto dei miei cammelli molesterà i suoi orecchi. Di conseguenza io prendo
possesso della città che porta il mio nome»
16. E
vedi, allora gli altri esclamarono: «Noad ha
parlato perfettamente bene e così faccia egli pure come è giusto e buono»
17.
Dopo ciò si alzò Huid e il tono della sua voce
fu come un fulmine piombato nel mezzo della perversa adunanza e parlò con
maggiore veemenza degli altri, dicendo: «Uditemi bene, o fratelli e figli di
Caino, l’esiliato, e intendete ciascuna delle mie parole che sono di grande
importanza!
18.
Chi potrebbe contare tutte le gocce di sangue che, in seguito alle sentenze di Noad,
l’imbrogliato, e mediante le mie robuste mani sono sprizzate dai dorsi e dai
fianchi del misero e debole popolo, che è discendente di Caino al pari di
Hanoch e di noi? Ora, questo sangue non è stato affatto versato a causa della
trasgressione di una qualche legge, né per la pigrizia del popolo, né per
nessun’altra causa, per quanto minima, apparentemente punibile, ma unicamente,
come voi già sapete, per suo divertimento e passatempo, per non parlare poi dei
maltrattamenti inflitti al popolo durante la costruzione di ogni città, tanto
che mi riesce del tutto inesplicabile come questi disgraziati abbiano potuto
conservarsi in vita dopo questo periodo di martirio che dura già da così lungo
tempo. Ad ogni nostra osservazione contraria, egli non mancò mai di metterci
sotto il naso la fragilità del ben noto vaso sopra le stelle, e si dimenticò
assolutamente di quello che è posto sotto la Terra!
19.
Ma io domando a voi tutti, in giustizia ed equità, di dirmi se il popolo non si
troverebbe meglio sotto i cocci di quel vaso anziché sotto i colpi continui che
andiamo infliggendo loro con verghe rigide, bastoni duri e solidi randelli! E
ditemi ancora: – che cosa ha fatto Hanoch per il vaso dell’amore che è sotto la
Terra? Per conto mio, credo che, tranne le innumerevoli gocce di sangue dei
nostri fratelli, ben poco sarà da trovarvi dentro! E se, usando l’astuzia, noi
avessimo preso il governo nelle nostre mani, non avrebbe egli, nella sua
qualità di dio di ogni abominio, cominciato sicuramente a farli uccidere, l’uno
dopo l’altro?
20.
Noi stessi dovemmo essere crudeli, per distogliere ogni sospetto da noi che
eravamo ancora suoi servitori. Ma le città sono ormai edificate, il popolo è
diviso, il potere è nostro come pure il nostro riconoscimento dell’antico Dio e
il sacrificio giurato. Cosa ci occorre di più? Se il popolo ci ha obbedito
quando lo maltrattavamo, allora non ci diverrà infedele se noi vorremo guarire
le piaghe che gli sono state inferte, come anche faremo mediante leggi più
savie e miti di quelle attuali che sono ispirate alla più nera crudeltà.
Vedete, io sono chiamato il malvagio, ma qui vorrei fare una grave domanda e
precisamente: “Chi è più malvagio: – io, Hanoch o il serpente di Caino?”. Io
penso che Hanoch sia un maestro di ogni perfidia e che il serpente debba avere
covato nel cuore di Hanoch tutte le sue generazioni, altrimenti non sarebbe
possibile immaginare crudeltà simili; crudeltà perpetrate da un fratello a
danno dell’altro, mediante i propri fratelli e quelli dei figli dei fratelli!
21.
Di conseguenza io credo che dovremmo a nostra volta renderci soggetto e suddito
Hanoch e, un po’ alla volta, fargli dare dal popolo una molteplice ricompensa
per le sue crudeltà, al posto dell’omaggio alla maestà sovrana, e così egli
potrebbe poi accumulare sulla propria schiena il legittimo tributo, per
portarselo dove volesse»
22.
«Giuste e sagge sono le tue parole, o fratello Huid», esclamarono i convenuti «e ad Hanoch avvenga secondo il tuo
discorso che ci ha colpito in mezzo agli occhi, i quali hanno spesso visto i
suoi gravi misfatti!»
23. E
vedi, allora si alzò Hlad e così si espresse con
parole determinate: «Fratelli, voi sapete come io dovetti essere insensibile
verso tutto, per personificare in certo modo la rigidità della legge, ovvero
per rappresentare l’arbitraria crudeltà di Hanoch sotto il manto della
giustizia inesorabile e come perciò io dovetti costantemente far buon viso a
tutti questi suoi pessimi giochi. Quantunque non fossi io stesso colui che
percuoteva, tuttavia dovetti assistere alle persecuzioni e dovetti contare i
colpi inferti da Huid e da tutti i suoi aiutanti e riferirli ogni volta ad
Hanoch con animo grato. Vedete, allora fui costretto ad apparire insensibile,
pur non essendolo affatto, ma adesso intendo ricredermi, come voi vedete! Io
voglio schierarmi contro Hanoch e voglio essere di fronte a lui quello che
tanto spesso dovetti apparire di fronte al popolo dei nostri fratelli, e verso
questi fratelli io voglio essere caldo, mentre intendo essere verso Hanoch un
freddo risarcitore dei torti patiti dal popolo per opera sua. Divenga la mia
fedeltà verso lui una fredda ricompensa e la mia diligenza mi renda il primo
tra voi e la voce della sua lode si converta in urla e ruggiti di dolore e
siano questi una delizia per gli orecchi di coloro che furono tanto spesso
maltrattati, e che le gocce di sangue stillanti dalla sua schiena ridonino un
po’ di vita alle loro guance esangui!
24.
Siccome per il resto sono perfettamente d’accordo con voi tutti, penso che il
mio giudizio non sia errato se intendo agire secondo il mio sentire, che già da
abbastanza lungo tempo ha dovuto guardare, come impietrito, tutti gli orrori e
tutte le malefatte di Hanoch. Infatti, chi ha sentimento e sensibilità per il
dolore e per il tormento, costui li ha certamente per fare il bene e questo io
l’ho constatato innumerevoli volte. In futuro, dunque, vediamo di governare
mediante il bene. E a colui che facesse il male, capiti il castigo in
proporzione alla sua mala azione, usando però indulgenza, essendo egli pure un
fratello; ma chi è obbediente ed opera il bene, a costui di bene ne vada dieci
volte tanto. E subito dopo sia offerto un degno sacrificio all’antico Dio,
sacrificio che senza dubbio sarà a Lui gradito, dato che gli riporteremo quello
che Caino ed Hanoch, con tanta scellerata leggerezza, hanno perduto per tutti
noi»
25. E
vedi, allora tutti si alzarono e si inchinarono
a Hlad e dissero: «O fratello! Il tuo giudizio è il più giusto fra tutti quelli
finora espressi. Tu sei il più vicino ai figli di Adamo. E perciò sarai per noi
un modello, secondo il quale noi regoleremo e indirizzeremo i nostri
ordinamenti, ciò che anche vogliamo fare.
26.
Il sangue caldo dei poveri fratelli ha sciolto il ghiaccio che era intorno al
tuo cuore e da questo irrompe ora un’abbondanza di calore; agisci ora, dunque,
sotto l’impulso di questo calore e riscaldaci tutti con quello che per te è in
più!»
27. E
vedi, poi anche Ufrac si alzò e disse: «O
fratelli, vedete e udite! Tutti i vostri giudizi sono equi e retti, però quello
di Hlad, secondo il mio acuto discernimento, è evidentemente il più giusto. E
perciò io sono perfettamente della sua opinione, tranne che per una cosa sola
che è di grande importanza: – ci vuole una grande astuzia basata sulla prudenza
in tutto ciò che vorremo intraprendere. Perché, vedete, fare secondo giustizia,
operare il bene, giudicare scrupolosamente e rettamente la giusta ricompensa
del bene e del male, nonché un ordine sicuro, queste sono cose di grande e
pubblico vantaggio tanto per il popolo quanto per noi tutti. E tutte queste
cose sono sufficienti nei rapporti tra noi e il popolo. Però ora anche tutti i
liberi cittadini della città di Hanoch sanno che, per questo popolo scimunito,
Hanoch rappresenta un vero dio e questa convinzione nessuno di loro se la lascerà
togliere neanche con mille bastonate; e tanto più ancora che proprio questi
liberi cittadini sono quelli che hanno maggiormente rafforzato l’intero popolo
in tale pazzesca illusione.
28.
Se noi, dunque, adesso vogliamo subito mettere le mani su Hanoch, non faremo
con ciò altro che aizzarli tutti, e precisamente contro di noi, e qualora
Hanoch si presentasse in mezzo a loro e spiegasse come noi gli avessimo legato
le mani, affinché non potesse difenderli dai maltrattamenti che noi abbiamo
inflitto loro, se ciò accadesse, il popolo si scaglierebbe contro di noi e
dovremmo essere schiacciati dalle masse.
29.
Di conseguenza si rende assolutamente necessario usare scaltrezza e grande
prudenza ed astuzia, se noi vogliamo realizzare i nostri piani in modo che la
cosa possa tornare a nostro vantaggio. Dato però che io fui il suo più intimo
consigliere in ogni faccenda, ne consegue che so meglio di tutti come stanno le
cose. Quindi la mia certissima opinione è che per almeno tre anni ancora si
debba versare ad Hanoch il tributo richiesto, per salvare le apparenze, ma che
nel frattempo il popolo venga trattato bene da noi, perché si affezioni a noi e
poi si debba illuminare spesso i più svegli d’intelletto riguardo alla nullità
dell’essere di Hanoch e a tutti i suoi inganni e alle sue sopraffazioni molto
grossolane e indicare loro le tracce dell’antico Dio e fare loro infine
comprendere che tutto fu fatto da parte nostra, per quanto aspro abbia potuto
essere, unicamente per salvare loro, nostri fratelli, una buona volta dal duro
e grave giogo di Hanoch, e che bisognava che ora avvenisse così, altrimenti
tutti assieme sarebbero andati incontro alla morte.
30.
Io posso darvi la mia piena assicurazione che, se noi istruiamo così il popolo
e poi lo trattiamo come suggerito da Hlad, ci troveremo in uno stato di
incalcolabile vantaggio ed io credo che perfino l’antico Dio non ci contesterà
la signoria, qualora poi per di più si voglia offrirGli un sacrificio. E sono
certo che, soltanto allora, Hanoch avrà da parte del popolo quello cui hanno
accennato molto saviamente Huid e Hlad, gli oratori perspicacissimi ed
espertissimi che mi hanno preceduto. Considerate bene le mie parole, o fratelli
miei e nobili figli di Caino!»
31.
Ed ecco, tutti si inchinarono e dissero: «Amen!
Così avvenga, affinché le parole di ciascuno abbiano valore contro Hanoch,
l’infame esiliatore di nostro padre e l’abominevole sacrilego contro l’antico e
possente Dio»
32.
Allora gli altri presero nuovamente posto sui loro seggi, ma Farac rimase in piedi e si guardò intorno con aspetto
serio, come se avesse voluto vedere se forse dietro a ciascun oratore non fosse
rimasto nascosto qualcosa che nessuno aveva il coraggio di portare alla luce
del giorno, e ciò che egli andava cercando con gli occhi, lo trovò ben presto
facilmente il suo intelletto. Ed egli cominciò a parlare con veemenza e le sue
parole non risparmiarono nessuno e furono come una spada sul campo di
battaglia. Infatti, egli parlò così:
33.
«O fratelli, ammesso che siate ancora degni di questo nome onorevole, io ho
udito i vostri discorsi con i quali avete manifestato ad alta voce, dinanzi a
me, i vostri pensieri, ma d’altro canto avete tenuto reciprocamente nascosta la
vostra avidità in modo insidioso e avete mentito l’uno verso l’altro nell’esporre
i vostri piani, rendendovi con ciò l’uno contro l’altro ribelli, poiché
ciascuno di voi accarezza il proposito di svignarsela di nascosto e di riferire
ad Hanoch di aver convocato, per estrema fedeltà a lui, un’assemblea dei
principi prima dell’importante atto dell’assunzione del governo da parte dei
suoi saggi e di aver cercato di provocare i convenuti affinché dessero un
giudizio ripugnante sul conto di Hanoch e ciò allo scopo che poi Hanoch si
rendesse conto in quali mani egli aveva affidato i dieci governi. In
conseguenza di questo, Hanoch gli avrebbe conferito ogni potere e l’avrebbe poi
posto quale unico principe su tutti noi. Gli altri allora, in seguito alla
credulità di Hanoch, avrebbero potuto dividersi tra di loro la sorte di Caino.
34. O
birbanti matricolati, o rigurgito di ogni perfidia! Domandate a voi stessi se
una volta sola un qualche onesto impulso vi ha mai indotti a fare qualcosa!
Poiché tutto quello che io sono e che voi siete, siete riusciti a diventarlo
unicamente per mezzo dell’insidia, dell’astuzia, dell’inganno, dell’adulazione
e dell’ipocrisia. Il popolo sciagurato non ha ancora sofferto abbastanza? Non è
già, ad ogni modo, diventato così misero da non assomigliare più quasi a degli
esseri umani? Non ha esso ormai già versato quasi l’ultima goccia di sangue
sotto i vostri colpi? E cosa mai abbiamo fatto di bene al popolo, che per così
lungo tempo ci ha volonterosamente nutrito per ricevere nient’altro che
maltrattamenti di ogni specie? Coloro ai quali voi deste il nome di uomini-animali
non hanno gli stessi diritti su quanto esiste sulla Terra? Eppure fu loro
proibito di mangiare i frutti maturi e dovettero accontentarsi di quelli
guasti. E voi non siete ancora soddisfatti di tutto questo, ma volete renderli
mille volte più infelici e più miserabili di quanto già ora lo sono!
35.
Mosso da queste considerazioni dichiaro a voi tutti, senza alcun riguardo, che
se proprio volete governare il povero popolo, di cui non siete degni di
chiamarvi fratelli, abbandonate ogni malizia e ogni insidia, e guidatelo
dinanzi al cospetto di Dio, Quello antico e vero, e anche verso Hanoch siate
dei veri fratelli e non dei maestri dell’inganno per amore della vostra gola e
del vostro ventre; e mediante la vera fedeltà vedete di meritarvi quella
posizione che avete ottenuto tramite l’inganno e l’astuzia; altrimenti l’antico
Dio non guarderà i vostri sacrifici, ma verrà in soccorso dei deboli e vi
renderà schiavi delle bestie cui voi deste tale nome, partorito dalla vostra
mente! Riflettete bene sulle parole che ora vi ha detto il crudele. Amen!»
36.
Vedi, quando Farac ebbe terminato il suo discorso, gli
altri rimasero come pietrificati al loro posto e non furono capaci di
trovare neanche una parola a loro scusa e la maggior parte andava pensando
dentro di sé: «Certamente, egli in segreto ci ha preceduti presso l’antico Dio,
altrimenti come avrebbe potuto scrutare il nostro animo con tanta precisione e
profondità? E considerato che ormai è così, chi potrà reggere al suo fianco? Se
lo si potesse togliere di mezzo, la cosa sarebbe facilmente sistemata, ma
adesso chi potrà opporsi e resistere alla sua potenza? Prima che noi alziamo
una mano, la sua ci avrà già colpiti e annientati, perciò vogliamo
tranquillamente attendere e vedere che piega prenderanno gli avvenimenti, e
allora si vedrà quello che si potrà fare ulteriormente»
37. E
vedi, siccome nessuno osava più prendere la parola, Farac
si fece innanzi nuovamente e domandò loro: «Ebbene, che cosa ne è di voi?
Nessuno ha più il coraggio di intervenire e di ribattere alle mie
argomentazioni? Dove mai se ne sono andate le vostre malizie, gli inganni, le
astuzie, le vostre lusinghe e le ipocrisie, e dove le vostre menzogne, dove la
vostra potenza, dove il vostro principato ed infine dove il vostro truffato dio
Hanoch?
38.
Ma io vi dico che il linguaggio muto dei vostri pensieri non è certo sfuggito
al mio orecchio e che, comunque vadano le cose, voi agirete molto bene facendo
d’ora in poi secondo equità e giustizia. E chi di voi non agirà perfettamente
secondo equità e giustizia, costui verrà esiliato come lo è stato Caino che voi
dite che è vostro padre, perché ha veramente agito ispirandosi a giustizia, ma
il suo agire fu troppo cieco e troppo rigido e di conseguenza si trovò
prigioniero di se stesso e dovette fuggire dinanzi alla propria opera. Dove sia
finito Caino, questo nessuno lo sa all’infuori dell’antico Dio e se Egli lo
volesse rivelare a qualcuno, questi lo saprebbe pure. Però tale non è la Sua
Volontà. Vedete, Caino fu giusto per timore del Giudizio dell’Antico, ed ha
errato in tutte le sue azioni perché egli non fece nulla per amore, che pure
gli era stato comandato prima di ogni altra cosa dall’antico Dio.
39.
Ma avete gettato ben lontano da voi perfino ogni giustizia e al suo posto avete
messo la scaltrezza, l’inganno, l’astuzia e innumerevoli altre ignominie
ancora, che per la loro nefandezza non possono trovare un nome; e credete forse
che l’antico Dio vi sosterrà subito e con la massima sollecitudine in tutte le
vostre infamie, il cui numero non ha fine, per il solo fatto che Gli
accenderete ciecamente un qualche insignificante fuoco in sacrificio? Oh, voi
siete enormemente in errore! Questo Antico ha una vista acutissima e conosce in
maniera perfettissima com’è costituito tutto il vostro essere dal principio
alla fine. Quindi il Suo orecchio è molto lontano da voi e non vi esaudirà più
nella vostra sconfinata scelleratezza, anche se voleste arderGli tutta la Terra
in sacrificio, se prima non purificate i vostri cuori con il fuoco di un amore
sconfinato verso i vostri fratelli, deboli per causa vostra e le vostre
infelici sorelle e se non vi astenete da ogni pratica lussuriosa che è
inconcepibilmente disdicevole per uomini dell’età di duecento anni nella loro
dignità di principi.
40. E
ora rispondete alle mie domande se potete, oppure ditemi apertamente in faccia,
se ne avete il coraggio, così come io vi ho parlato senza alcun riguardo, che
cosa avete ancora in animo di fare adesso, poiché io non aspiro a nessuna
signoria, né, come voi, ad un principato, ma unicamente all’esatto adempimento
dei doveri che la mia carica mi impone, e ciò secondo il gradimento
dell’Antico. Per questo io non commisi mai un torto verso qualcuno, né mai
violentai una donna né una vergine, né meno ancora una fanciulla di dodici anni
o anche al disotto di quest’età come avete fatto voi. Per questa ragione voi mi
avete dato il nome di crudele: – perché non volli essere un corrotto furfante
come voi!
41.
Queste devono essere le mie ultime parole, affinché voi sappiate che non dovete
più incontrare da vicino me, il crudele, colui che vedete davanti a voi, se non
quel tanto che lo esigerà una necessità suprema, come è l’attuale, affinché
tutto non debba perire per l’eternità – sì, dico per l’eternità – nella
ridestata ira dell’antico, eterno e santo Dio! Nessuno quindi mi chieda più né
il dove né il come! Amen!»
[indice]
Il consiglio
dei dieci principi
22 maggio
1841
1. E
vedi, siccome tra tutti coloro che avevano già parlato nessuno si azzardava a opporre
qualcosa alle parole di Farac, si alzò infine Molachim
e si rivolse direttamente a Farac, fissandolo fortemente negli occhi e dicendo:
«Fratello, le tue parole sono state aspre ed hanno colpito in pieno ciascuno di
noi, ma, vedi, per quanto riguarda i nostri discorsi, il loro senso è buono e
giusto, eccetto il vostro rigettare Hanoch; solo che tali discorsi sono stati
profanati da false brame interiori, che si sono destate in noi in seguito alla
considerazione della dignità principesca conferitaci.
2. Ma
se, distruggendo in noi stessi tutte queste brame temerarie, volessimo anche
diventare veri e fedeli fratelli tanto del popolo quanto di Hanoch, secondo
equità e giustizia, allora, chiedo a te Farac, saremmo ancora dei birbanti?»
3. E Farac rispose: «La brama è la vita della volontà; se
però in tale modo volete annientare in voi ogni brama, in base a cosa volete
poi operare nella vostra qualità di principi? Perciò nessuno deve soffocare in
sé le brame, che sono la scintilla dell’amore in Dio, ma basta invece che esse
non vengano falsamente indirizzate.
4. La
vera direzione che ad esse va data è di guadagnare Dio nel Suo Amore e di
uniformare tutte le azioni secondo il riconoscimento della Volontà suprema in
noi, che manterrà in perfetta umiltà l’amore di se stessi in noi mediante la
consapevolezza della sua nullità e della inconcepibile debolezza contenuta
nell’amore di se stessi.
5. La
falsa direzione delle brame, invece, è l’egoismo, ovvero la totale cecità e
sordità della volontà in noi; per questo tutte le azioni si orientano in base
ai propri bisogni, mentre non considerano quelli dei fratelli cui andrebbe
tributata pari considerazione.
6.
Vedi, allora le false brame, per il fatto del loro continuo moltiplicarsi in
noi, vanno gonfiandosi sempre più e soffocano l’umiltà, e mediante la loro
gravezza producono l’orgoglio; in questa situazione, poi, l’uomo tende a
sgravarsi del suo enorme carico, ma, dato che quest’ultimo, essendo cieco, non
vede e, essendo sordo, non ode quello che dovrebbe giovargli, egli nelle sue
false brame fa ricorso a tutti i mezzi immaginabili che il suo amore cieco, o
amore di se stesso, può escogitare. Con ciò egli non fa che aggiungere nuove
gravezze a quelle già vecchie, che con il loro enorme peso schiacciano la vita
da Dio in noi e ci degradano ad animali della materia terrestre e ad alimento
della morte, la quale dimora dappertutto nella materia, tanto nell’acqua quanto
nel fuoco, nell’aria e nella Terra, che è la madre della carne, ovvero della
morte, poiché dove c’è carne, là c’è pure la morte. Di conseguenza moriremo
tutti nella carne.
7.
Chi dunque si trova nell’amore di se stesso, costui giace nell’amore della
propria carne; chi però ama la propria carne, nutre la brama della morte, e la
morte si riverserà nella sua brama e lo avvincerà in tutte le sue fibre vitali
e così lo consumerà e lo ucciderà. In tal modo egli diverrà come un’immondizia
della morte e concimerà i campi dove è seminato il frutto della perdizione
eterna. E ora voi sapete quanto occorre per vivere giustamente. Operate così e
vivrete; altrimenti morirete. Amen!»
8. E
vedi, allora Molachim prese nuovamente la parola
e disse: «Fratelli, voi sapete qual è il mio compito e quali le mie mansioni: –
io non sono stato indotto a mentire ad Hanoch e al popolo né per volontà di
Hanoch né per quella del popolo, bensì da voi, ad eccezione di Farac; a voi
soltanto io dovevo rivelare la parte più intima della mia scienza. Ma io ora
getto ogni inganno a destra e a sinistra dei piedi di Farac e dico apertamente:
“Se un giorno un Dio scenderà dal Cielo, le Sue parole non potranno essere più
sagge di quelle di Farac!”
9. Io
lo confesso liberamente: – se egli non fosse un nostro fratello, mi lascerei
cadere ai suoi piedi e lo adorerei, ma egli invece è un uomo come noi; dunque,
da dove gli viene questa grande sapienza?
10.
Vedete, sono cieco e sordo come voi, ma un intimo sussurrare mi suggerisce:
“Ecco, Dio parla invisibilmente per bocca di Farac!”. Noi dobbiamo ascoltare
questa voce e ponderarla bene e agire di conseguenza, se vogliamo vivere;
altrimenti le lacrime dei nostri fratelli si raccoglieranno fino a diventare un
immenso flutto che ci soffocherà nella nostra grande libidine, nei nostri
inganni e nella nostra astuzia delittuosa».
(22 maggio 1840)
11. E
vedi, allora anche Ufrahim si fece coraggio,
avanzò e disse: «Amen! Siano rese grazie all’antico Dio perché ha aperto con la
massima benevolenza la bocca di Farac, il nostro fratello, senza il quale noi
saremmo tutti morti, poiché noi tutti eravamo già profondamente accalappiati
dai lacci delle nostre brame apportatrici di morte e ciascuno si proponeva di
tradire gli altri, così la morte sarebbe precipitata su tutti noi in un modo o
nell’altro quale un giusto giudizio, sia dall’altezza della Santità dell’antico
Dio, sia dalla profondità della Sua ira.
12.
Io fui un raffinato maestro della lusinga e con ciò causai maggiori mali che
non voi ed Hanoch con tutta la vostra violenza, poiché, se non ci fossi stato
io, egli avrebbe congedato già da lungo tempo la sua divinità, che veramente
gli era stata inculcata da me per suggerimento di Ufrac e con l’aiuto di Noad e
di Tahirac. Infatti egli mi confidò, spesso in segreto, che tale divinità era
causa per lui di grave angoscia nel suo intimo e che non gli lasciava pace né
di giorno, né di notte quando era solo e che egli aveva già più volte maledetto
questa infelice idea di Ufrac, non potendo più disfarsi di tale dignità a causa
del popolo, quantunque essa gli bruciasse in petto più di qualsiasi fuoco.
13. E
vedete, ora qui depongo ogni mia scienza della lusinga e sono convinto che la
sapienza di Farac potrà anche, con facilità, guarire gradualmente questa grande
ferita del nostro fratello, nella stessa maniera in cui essa è riuscita ad
aprire, speriamo, gli occhi a tutti noi, affinché potessimo vedere l’orlo
insidioso dell’abisso su cui ci troviamo comodamente adagiati tutti noi nove,
senza presagire il pericolo immenso di perdere la vita e con questa anche tutto
ciò che per mezzo di essa ha un qualche valore.
14. E
tu, o caro fratello Farac, sii per me e per tutti noi una guida fedele verso la
luce dalle altezze del vero Dio che ci è divenuto estraneo come lo era divenuto
al nostro padre Adamo e guidaci secondo la Volontà dell’unico, vero Dio, a te
ben nota. E così pure sii la guida di tutto il popolo, dato che anch’esso è
composto da nostri fratelli poveri ed innocenti, dei cui errori noi soli
portiamo la colpa a causa della nostra sconfinata perfidia, e quanto tu, o
fratello, troverai opportuno fare secondo la Volontà dall’Alto ora nota a te
soltanto, a ciò noi vogliamo dare precisissima attuazione – di buon grado e
sempre con la massima sollecitudine unendo le forze – con la Grazia dall’Alto.
15. E
di conseguenza anch’io depongo qui il mio principato ai piedi dell’amico di Dio,
il Dio vero e sarò enormemente felice di potermi chiamare fedele servitore
dell’unico, fra tante migliaia in questo paese, che abbia trovato grazia
dinanzi al Dio, il solo e vero fedele servitore che qui non può trovare chi lo
possa uguagliare.
16.
Perciò ascoltate la mia volontà: – la città di Farac sia per noi tutti una
città santa. In essa noi vogliamo andare sempre per attingere un saggio
consiglio al fine di poter agire conformemente alla saggezza. Desideriamo però
che sia Farac stesso il nostro principe e la nostra guida secondo la Sapienza
divina che è in lui e sia soltanto lui l’anello di congiunzione tra noi, Hanoch
e tutto il popolo, affinché noi possiamo diventare degni non già di essere
stati nominati principi, la qual cosa non ha alcuna importanza in quanto
abbiamo visto la Sapienza di Dio, ma di essere reputati solo dei servitori
fedeli e volonterosi che gioiranno e dovranno gioire del benessere dei popoli e
della Sapienza di Dio nel nostro fratello Farac, nonché nel completo
risanamento di Hanoch e con ciò anche di tutto il popolo, sia esso libero o
soggetto.
17.
Dunque io dico ‘amen’ a nome di
tutti, e tu, o fratello Farac, guardami nella tua sapienza, e sii per noi tutti
un fratello, un principe, una guida, un consigliere ed un savio amico! Amen!»
18.
Ed ecco, il discorso di Ufrahim animò nuovamente Tahirac come pure gli altri
che, prima di Farac, avevano avuto parole ipocrite dettate dall’egoismo e
dall’ambizione, e così pure egli cominciò a parlare come colui che è un
depositario ed un vero ricettacolo di ogni male e come colui che si arroga
tutti i diritti e cose divine, come la Santità di Dio, eternamente intangibile,
la Sua Giustizia, il Suo Amore, la Sua Onnipotenza ed infine perfino tutta la
Creazione, quasi egli avesse potuto distruggerla muovendo un dito, poiché egli,
come spesso aveva asserito, era venuto a conoscenza degli artifici e dei
raggiri dell’antico Dio e osava addirittura misurarsi con la Mia Forza e
lanciare pubblica sfida alla Mia Onnipotenza. E poiché Io, per Amore, non avevo
voluto impugnare la grande spada del Mio Furore contro un miserabile verme
della terra, quale l’Infinito contro un nulla che a mala pena l’occhio può
percepire a causa della sua indicibile piccolezza di fronte alla Mia eterna
Grandezza ed infinita Potenza, egli diceva a ciascuno che la Mia debolezza
aveva timore della sua forza.
19. Che ne dici tu,
o Mio servitore, di una simile provocazione?
20. Ebbene, vedi,
questa provocazione, tuttavia, non era tanto ridicola quanto quella che Mi
viene fatta oggigiorno da parte vostra e che è mille volte peggiore e più
perfida di questa.
21. Poiché non hai
che da considerare alla radice le vostre istituzioni sacerdotali! Quando il
“santo” del mondo parla dal suo trono, Io devo sul serio tacere e anche
guardarMi dal rivolgere a qualcuno la parola. Se egli venisse a saperlo, il Mio
interlocutore non sarebbe più sicuro della sua vita naturale.
22. Io non ho
bisogno di descrivervi più da vicino la spina nel Mio occhio, dato che anche
senza di ciò voi potrete facilmente trovarla. Ma vi sia pure ancora un breve
tempo d’attesa! E ora ritorniamo all’argomento!
23. E
vedi, questo Tahirac, indirizzandosi come un
fulmine all’adunanza, cominciò egli pure un discorso conclusivo con brevi e
veementi parole e disse:
«O
fratelli, che prima di me avete proferito parole savie e potenti, tanto che io
ne fui scosso fino nelle più riposte fondamenta della mia perfidia, e che,
tramite esse, ho potuto riconoscere il mio nulla e la mia assoluta debolezza
nonché tutto il mio grave torto in ogni mio agire, ebbene, io stimo superfluo,
o fratello Farac, esporre dettagliatamente dinanzi alla tua sapienza tutte le
mie iniquità, poiché anche ai non savi è noto più che a sufficienza il modo e
la specie delle mie inqualificabili scelleratezze.
24. Vedete,
io sono troppo malvagio per la vostra adunanza perché mi sia possibile
pronunciare una qualche parola di scusa, e mi limiterò quindi a dichiarare che
io sono il cardine e le fondamenta di ogni male tra di voi, il popolo ed
Hanoch. Di conseguenza, non avanzo alcuna pretesa né su di un principato, né su
di uno stato di soggezione, né meno ancora di servitù, ma avvenga a me, da
parte vostra, come è avvenuto al padre Caino. E così la pietra fondamentale di
ogni perfidia sarà tolta via dall’edificio vacillante di tutte le iniquità, in
modo che esso poi crollerà e al posto di questo edificio più che abominevole
possa essere eretto, per tutti i tempi, un altro migliore della giusta Sapienza
da Dio, il Vero e Potente, in Farac.
25.
Vedete, o fratelli, questa è l’unica ricompensa che io ho meritato più di tutti
voi. Con ciò io spero di non farvi alcuna richiesta ingiusta, poiché ormai so
molto bene che l’antico Dio non può né deve più usare verso di me alcuna Grazia
e Misericordia, a causa della Sua Santità che io solo ho oltraggiato in maniera
inqualificabile.
26.
Io perciò dichiaro qui terminato il mio discorso e rimango con tutta fiducia e
umiltà in attesa di un giusto, equo e ben meritato giudizio da parte della
sapienza di Farac, divina, giusta e forte!
27. E
se voi volete concedermi di condurre con me la mia donna e i miei figli nella
mia fuga, seguendo le orme di Caino, ciò sia ad ogni modo rimesso alla vostra
misericordia. Così dunque avvenga a me secondo la volontà di Farac. Amen!»
[indice]
I successori
di Hanoch
1. Ed
ecco, allora Farac si alzò di nuovo e disse:
«Vedi, o fratello Tahirac, né Dio, né tutti gli spiriti liberi possono in tutte
le eternità delle eternità fare in modo che quello che una volta è accaduto non
sia accaduto, e tanto meno una tal cosa la possiamo fare noi, deboli uomini!
Pensa tu stesso: – qualora in un uomo vi fosse una qualunque minima scintilla
della divina Sapienza, questa non dovrebbe giudicare ed esprimersi che nel
seguente modo:
2.
“Quest’uomo ha sbagliato enormemente per il suo malevolo discernimento, poiché
gli era mancata la Grazia dall’Alto ed era cieco nel suo egoismo, a suo immenso
danno nonché di quelli che gli erano vicini. Ora però, tramite l’Amore
misericordioso di Dio, un bagliore di lampo dall’Alto si manifestò,
accompagnato da un tuono possente, così l’uomo poté vedere tutta la sua
abiezione e sentire l’enormità delle sue innumerevoli scelleratezze. E poniamo
il caso che l’uomo cominciasse ad essere sopraffatto dall’angoscia e a provare
dal profondo del suo cuore un serio pentimento di tutto il suo malvagio
procedere e così rigettasse da sé ogni sua perfidia e in pari tempo rimettesse
la propria volontà completamente alla Grazia di Dio, dimmi: – cosa faresti tu
stesso a un tale uomo?”». – Rispose Tahirac: «Lo
perdonerei e lo considererei come se non avesse mai sbagliato, e mi rallegrerei
enormemente che uno che si era tanto smarrito e fuorviato abbia potuto ritrovare
se stesso, nonché la via d’uscita dal carcere della tenebrosa follia e giungere
alla luce della Grazia divina!» – Riprese Farac:
«Ecco, in tal modo la tua risposta è buona e giusta, malgrado tu sia
semplicemente un uomo. Pensa dunque a quanto più non approverà questa giustizia
il Dio sapientissimo, il Quale costituisce il Fondamento primordiale di ogni
verità e di ogni amore, dato che Egli meglio di ogni altro sa il come e il
perché noi abbiamo tanto spesso peccato!
3. E
ora sappi questo: “Noi, uomini senza amore, giudichiamo i nostri fratelli
smarriti secondo il numero delle colpe, ci sia o non ci sia stato nel frattempo
un pentimento, mentre Dio, invece, non giudica fuori dal Suo Amore e dalla Sua
Sapienza le colpe già commesse e lavate nel pentimento, ma soltanto quelle che
si commettono e di cui non ci si pente. Anche se quanto è avvenuto non svanirà
più, ma resterà custodito nel ricordo imperituro di Dio quale una macchia
oscura sulla linea della nostra vita, la linea però non viene giudicata al suo
inizio, né alla sua metà, ma alla sua fine, là dove essa cresce e si prolunga o
dritta verso l’amore e verso la giustizia che scaturisce dall’amore oppure
tortuosamente deviata verso il male e verso ogni ingiustizia proveniente dal
male.
4. E vedi,
la forza della Sapienza da Dio ha ora raddrizzato pure quanto vi era di
tortuoso in te e quindi non devi giudicarti da te stesso, ma d’ora innanzi devi
allungare la linea della tua vita, in tutta fedeltà e giustizia, nella retta
direzione verso il vero Dio e devi spesso guardarti intorno alla ricerca della
linea resa ormai retta da Dio, affinché tu non ti allontani più dalla retta
direzione, poiché allora ti sarà facile scoprire qualunque sinuosità e
appianarla ben presto tramite la Grazia dall’Alto, che poi ti rischiarerà la
grande meta della tua vita nel Regno dell’eterno Amore e di ogni vita che da
questo emana.
5. E
ora va’, assumi con tutta fedeltà quanto ti è stato comandato da Hanoch e
ricordati di queste mie parole, e così pure tutti voi altri assieme a me, che
sono ‘il crudele’, e siate dei fratelli per Hanoch, tutti fratelli tra di voi e
fratelli del popolo, che va governato secondo la Volontà di Dio, il potente, il
forte, il sapientissimo e l’amorosissimo. Amen!”»
6. E
dopo tale discorso conclusivo, tutti si alzarono
e si inchinarono dinanzi a Farac e dissero: «O tu Farac, saggio della Sapienza
antica di Dio! Noi tutti ora riconosciamo la tua grande potenza e la tua
inconcepibile comprensione di tutte le cose, e benché noi non comprendiamo come
tu sia giunto a questo, noi, tuttavia, faremo come tu trovi giusto ed equo,
poiché noi ci rendiamo conto che la tua sapienza è fondata sull’amore, amore
che non delude nessuno, specialmente quando, per di più, si intende procedere
per le sue dolci vie, ciò che noi tutti ora faremo e vogliamo fare secondo la
tua sapienza ed attingendo alla stessa.
7. Tu
però vedi di raddrizzare anche le vie di Hanoch, come hai fatto con le nostre.
Amen!»
8. E
vedi, allora tutti abbandonarono i loro seggi e si recarono nelle loro città e
lì agirono bene e saggiamente secondo il consiglio di Farac, e tutto il popolo
fu pieno di giubilo sotto la loro guida.
9. E
quando Farac in simile maniera e con facilità, ebbe convertito pure Hanoch, questi si alzò e afferrata la possente mano di
Farac disse: «O fratello, tu hai detto il vero ed hai agito bene, poiché,
quando una creatura è in vita, là c’è ancora da aspettarsi Amore e Grazia
dall’Alto come nel caso mio. Solo con la morte cessa ogni cosa! Ora qui tutto
vive ancora e così può anche essere posto rimedio a molte cose. Perciò voglio
risanare nuovamente tutte le ferite che sono state inferte ai miei popoli e
tutto ciò sarà fatto al tuo saggio e fraterno fianco e con lo stesso aiuto con
il quale, con tanta avvedutezza, hai saputo allontanare una così grande
sventura da me, così perfidamente ingannato, e anche dal popolo povero e
raggirato»
10. E
vedi, questo governo ora alquanto migliore durò, con varie vicende, più di
cinquecento anni, perfino sotto gli stessi figli, cioè
figli e nipoti di Hanoch, quali furono ad esempio il suo figlio più
giovane Irad (l’impetuoso) discepolo di Farac, che regnò cent’anni, il suo figlio minore Mahujel il quale pure regnò cent’anni, poi il suo figlio più
giovane Metusael (lo scienziato e scopritore della natura e delle sue forze) che ebbe cento dieci anni di regno e infine il figlio di questi,
dimentico ormai quasi del tutto di Me, Lamec (l’istitutore della pena di morte) il quale
regnò duecento anni.
11.
Ma, vedi, sulla storia di Lamec Io dovrò soffermarMi parecchio, dato che con
lui cessa ogni forma regolare di governo, il cui posto viene preso
dall’idolatria e dal culto di Mammona, come pure dalla maledetta filosofia
naturale, che è il capolavoro massimo della più sconfinata perfidia del
Serpente.
12.
Ora, vedi, Lamec, non essendo né il primo né l’ultimo nato, non era veramente
chiamato a regnare, poiché secondo il costume stabilito già dalle prime
origini, soltanto il figlio più giovane era autorizzato ad assumere il governo,
e unicamente in caso di morte o di altro genere di incapacità subentrava poi il
diritto al regno del primogenito, e se anche questi moriva, soltanto allora
tale diritto spettava ai nati compresi fra il primo e l’ultimo.
13.
Ora, però, era ancora vivente il figlio più anziano di Metusael (l’occulto sapiente alla maniera di Farac, morto già da lungo tempo), il cui nome era Jored, e il costui
fratello più giovane Hail (ossia il fedele allievo di Jored e legittimo successore al governo).
14.
Ma, vedi, Lamec, uomo rozzo, tenebroso, ambizioso e spergiuro – che per saziare
la propria ambizione si era creato uno speciale sistema di ragionamenti
filosofici in virtù dei quali si riteneva ugualmente autorizzato a governare, e
per di più si trovava circondato da una malvagia banda di individui di pari
sentimento – si accese d’ira dentro di sé contro l’antico costume; e quando, a
causa della morte di Metusael, si avvicinava l’epoca dell’assunzione di Hail al
governo, egli indisse un giorno una malvagia assemblea per tutelare le sue
aspirazioni ambiziose e per prendere consiglio sulla via da seguire per
raggiungere con sicurezza il suo perfido scopo.
15. E
vedi, uno della sua stessa banda, che aveva nome Tatahar
(che era un essere efferato e assetato di sangue) gli diede un crudele consiglio, dicendogli:
«Noi
siamo settantasette uomini, forti come dei tronchi d’albero, audaci come tigri,
coraggiosi come leoni e crudeli come le iene; e tu, dal canto tuo, sei un
maestro di tutti noi. Di conseguenza crediamo che non dovrebbe esserti troppo
difficile, con una buona clava in mano, mettere fine alla sapienza di Jored, là
nel bosco vicino alle montagne, dove ultimamente abbiamo dato la caccia alle
tigri. E poi, quando una qualche iena vorace ne avrà triturato le ossa con i
suoi denti acuti e poderosi, per dimostrare la tua gratitudine potrai quindi
gettarle come dolce pietanza anche il ragazzo Hail; e ciò, per quelle bestie
affamate del bosco, sarà un boccone quanto mai gradito. Poi si potrà dire al
popolo che essi, essendosi impegnati temerariamente nella caccia delle iene,
dunque fidandosi stoltamente della loro segreta sapienza, sono stai sbranati
proprio da questi animali sulla montagna e divorati. E poiché tu, facendo così,
rimarresti l’unico successore di Caino, di Hanoch, di Irad, di Mahujel e, figlio
come sei, di Metusael, chi ancora potrebbe contrastarti la signoria e il
governo?
16.
Ebbene, o Lamec, cosa ne pensi tu di questo piano d’azione? Questo mio
consiglio, più che ogni altro, non è forse tale da farti raggiungere
sicuramente lo scopo? Va’ dunque ed agisci di conseguenza, noi ti staremo al
fianco e il successo ci arriderà fuori da ogni ragionevole dubbio!»
17. E
vedi, questo consiglio era precisamente ciò che, a suo intendimento, faceva al
caso di Lamec. Così ben presto trovò il fratello, e questo avvenne, non a caso,
con l’aiuto del Serpente. Infatti, Lamec aveva ben osservato come Jored ed Hail
si erano incamminati verso la foresta, cosicché vi si recò rapidamente egli
pure con la sua micidiale banda, per altra via. Dunque, là nascosto, tra il folto
degli alberi, egli attese il passaggio dei due fratelli. E quando questi si
trovarono del tutto dentro la foresta, egli si lanciò d’improvviso su Jored, lo
ammazzò con un colpo e fece poi di Hail secondo il consiglio di Tatahar.
18. E
vedi, questa cosa accadde ai due per la ragione che essi si erano insuperbiti
della loro sapienza, poiché, quali figli di principe, si erano dimenticati che
la vera sapienza consiste unicamente nella massima umiltà; e che non appena
quest’ultima è privata di giusta considerazione, anche la sapienza ne è
profanata. Ebbene, poiché tale era il loro caso, non era possibile offrire né
consiglio né aiuto, senza dover ledere necessariamente la loro libertà; ciò che
Io non posso fare neppure in minimissima misura, poiché la più insignificante
particella di libertà sta infinitamente al di sopra di ogni vita naturale o
materiale di tutti gli esseri viventi della Terra; e da questo deriva anche la
forza che viene concessa nelle guerre; e questo avviene sia pure a causa della
libertà di volere e di azione perfino di un solo individuo.
19.
Altrettanto sia detto, quale ammonimento, anche a te, che sei uno strumento
discretamente buono. Poniti quindi bene in mente che, qualora tu fossi indotto
in presunzione, sia in segreto o più o meno apertamente, dinanzi ai tuoi
fratelli, per averti Io conferito il dono della sapienza, ebbene, anche a te
succederebbero le medesime cose. Poiché, vedi, se tu fossi trascinato alla
dissolutezza o tratto a rubare nel momento del bisogno o ti dessi ai bagordi e
alla vita sregolata, in un modo o nell’altro, questo dono che ora ti sto
facendo, di specie rarissima tra gli uomini, perderebbe la sua potenza in te.
Ma se tu, invece, ne diventassi orgoglioso, allora Io te lo toglierei
immediatamente, e ti lascerei nudo e spoglio nella foresta dell’errore; poi
verrebbero le fiere che ti divorerebbero, in modo che di te più non resterebbe
niente altro all’infuori di una cattiva reputazione.
20.
Vedi, è proprio nell’umiltà che tu hai ricevuto questo dono, nell’umiltà devi
conservarlo, e in tutta umiltà devi pure operare in modo tale per ridonarlo a
tutti i tuoi fratelli.
[indice]
Lamec fatto
re
30 giugno 1840
1. E ascolta
ancora! Come, dunque, Lamec ebbe commesso tale misfatto nel bosco a danno dei
propri fratelli, alla testa della banda di Tatahar, egli fece ritorno ad Hanoch
tutto soddisfatto, e fece dire ed annunciare a tutto il popolo, dentro ed
intorno alla città, nonché ai popoli delle altre dieci città e dintorni, ciò
che era accaduto ai suoi temerari fratelli, Jored ed Hail, suo allievo. A
questa notizia tutta la città di Hanoch inorridì, assieme alle dieci città e a
tutto il popolo dimorante fuori da queste. Allora, i più ragionevoli e anche
coloro che erano ritenuti i più intelligenti delle città e di tutto il popolo,
si radunarono assieme per consigliarsi, ed erano circa tremila uomini, senza
contare le donne e i fanciulli rimasti alle loro case.
2. E
così questo piccolo esercito d’uomini decise di portarsi nella città di Hanoch,
da Lamec, dove uno prese la parola per tutti e
disse: «Dov’è il bosco in cui è avvenuta tale disgrazia al giovane re e al suo
saggio fratello Jored? Lascia che noi vi andiamo e che vi cerchiamo il posto
dove è stato compiuto il misfatto. Chissà forse potremo trovare là qualche
misero resto, o una qualche altra traccia che ci convinca della verità di
questa notizia, affinché noi possiamo piangere per una così grande sciagura.
Andremo quindi alla ricerca della iena assassina, che avrà certamente il muso
ancora insanguinato, per strangolarla ed ammazzarla con le nostre clave e le
nostre frombole, così distruggeremo tutta la sua razza quale dovuta espiazione
per la morte di Jored e Hail»
3.
«Sì», rispose allora Lamec, «la decisione che
avete preso è buona; ed io, che ormai sono il vostro legittimo re, mi propongo
di fare altrettanto in mezzo a voi; e il mio primo servitore Tatahar farà da
guida e da scorta assieme ai suoi compagni bene armati!»
4. E
vedi, la pronta e compiacente decisione di Lamec piacque al popolo, e tutti esclamarono: «Vedete, vedete ed udite!
Huhuhorah! (vale a dire “Vi è ancora un vero re!”); anch’egli è saggio. Sia, dunque, il nostro re!»
5. E dopo
ciò, tutti si alzarono e, guidati da Lamec, si avviarono verso il bosco delle
tigri e delle iene; e là anche ben presto trovarono il luogo dove si era svolta
l’atroce scena e dove c’erano ancora tracce di sangue, e piansero, e raccolsero
i resti delle vesti per le onoranze funebri.
6. E
quando ebbero compiute là le loro vane cerimonie di cordoglio, ed ebbero
raccolto le reliquie di Jored e di Hail, ormai prive di valore, abbandonarono
il luogo del misfatto e, colmi di amaro furore, si sparpagliarono nella
foresta, suddivisi in bande di cento uomini ciascuna, a piccola distanza di
trenta spanne l’una dall’altra, allo scopo di rintracciare la iena infame; ma,
vedi, non poterono scorgere neanche un solo animale, e men che meno una qualche
iena. E perciò tutti esclamarono: «La bestia
nefanda si sarà certamente rifugiata sui monti! Coraggio! Se anche dal tempo di
Caino nessun mortale ha mai osato porre piede su di una montagna, noi vogliamo
ora, per la prima volta, aprire là un varco, poiché noi abbiamo buone ragioni
per farlo, e non c’è Dio che possa disapprovare questo nostro passo, essendo
giusta la nostra causa contro queste orrende bestie voraci. Dunque, facciamoci
nuovamente coraggio, anche se dovessimo tutti quanti perire in tale sacrosanta
impresa!»
7. E
vedi, allora Lamec soggiunse: «l vostro
proponimento corrisponde alla mia volontà ed è un comando che io vi do in
questo senso. Andate, dunque, e fate secondo la vostra decisione. Io però vi
attenderò qui alla testa degli armati di Tatahar, e porrò la massima attenzione
nell’evitare che una qualche bestia, fra tutte quelle che caccerete, riesca a
sfuggire ai vostri poderosi colpi di vendetta!»
8.
Con ciò i tremila furono soddisfatti e se ne andarono inoltrandosi nella
montagna, pur con passo inusuale e incerto, e appena fidandosi di guardarsi
intorno a causa della vertigine che in loro si manifestava alla vista delle
altezze che superavano per la prima volta, lasciando le pianure nella
profondità. E vedi, per tre giorni essi cercarono la iena assassina, ma neppure
una si fece vedere; e allora furono invasi dalla stanchezza e dalla noia, e con
le loro clave si diedero a percuotere un’erta parete di roccia alta più di
dodici tese che impediva loro di proseguire il cammino. E maledirono i boschi e
le montagne, che secondo loro erano dimora di ogni essere mostruoso. E chiesero
ragione agli alberi, alle rupi e alle pareti rocciose e sputarono sopra la
Terra la vergogna della sua avidità di sangue; e la maledirono fin nelle
fondamenta; e maledirono altresì il Sole, per aver rischiarato con la sua
stessa luce un’atrocità simile; e così pure maledirono tutte le stelle e la
Luna, che avevano potuto assistere ad una nefandezza così inaudita. E uno di
loro, che era il più grande e più forte di tutti, e che si chiamava Meduhed (cioè “il più
forte”) si girò e rivolse a quella moltitudine, ardente
d’ira e di furore, parole brevi ma molto appropriate, dicendo:
9.
«Come finirà questo sfogo di pazzia? Ecco, voi mandate in pezzi e in schegge le
vostre clave, percuotendo questa morta parete di pietra dura e insormontabile e
rendete sdrucciolevole la via del ritorno con la vostra bava! Ma se, rifacendo
la nostra strada, ci imbattessimo in iene, tigri, leoni, orsi e grossi
serpenti, pensate a come vi difendereste! E se l’antico Dio già qui ha segnato
una meta insormontabile alla nostra cieca ed infruttuosa sete di vendetta,
quanto più facilmente non potrà Egli segnarci un’altra meta ancor più terribile
sulla via del ritorno! Riflettete bene, dunque, che con l’Antico non è buona cosa
trovarsi in lite, poiché Egli potrebbe donare vita perfino agli alberi e alle
pietre, qualora disponesse di un troppo piccolo numero di animali per
annientarci ed ucciderci tutti quanti a causa della nostra stoltezza e della
nostra disobbedienza, essendoci noi avventurati per le montagne ed avendo in
tal modo infranto il severissimo divieto di Caino, di Hanoch e di Farac, ossia
di colui che fu sapientissimo e giustissimo. E chissà se al di sopra di questa
parete non dimorino degli esseri superiori, di cui rimane pur sempre un vago
ricordo fra il popolo, poiché altrimenti queste montagne non avrebbero motivo
di esistere! E se caso mai anche uno di tali esseri si accorgesse della nostra
presenza, che cosa sarebbe il nostro grande numero di moscerini di fronte a un
simile gigante di Dio? Dunque, facciamo mestamente ritorno, finché è giorno,
affinché non abbiamo a perire sotto la maledizione della notte che per noi è
sempre stata una grande nemica, come il giorno è sempre stato un tormento,
anche se non precisamente congiunto con così tanti e grandi pericoli come la
notte. Quindi, seguiamo tutti questo consiglio che è ben fondato. Amen!»
10. E
vedi, quando queste parole ebbero ottenuto l’effetto di farli rinsavire e
mentre si accingevano a ritornare sui loro passi, Meduhed scorse un uomo di
grande statura che stava su una sporgenza della parete di roccia, e quest’uomo
era Set, un figlio di Adamo, il quale era stato
dato al posto di Abele. Set, più tardi e per mezzo del suo fratello-angelo
Abele, era stato istruito da Me di recarsi con Adamo ed Eva nella Terra
promessa, per dimorarvi appunto tra le montagne, rimanendo, da lontano, in
vista del Paradiso di una volta; di ciò Io, più tardi, aggiungerò comunque
qualcosa offrendo maggiori dettagli.
11.
Ed ecco, questo Set indirizzò loro la parola in
tono energico, dato che egli era ancora uno di quegli uomini al quale il
linguaggio di tutte le creature non era divenuto estraneo, e disse: «O voi, rozzi figli di Caino, il fratricida,
che siete dimentichi del tutto di Dio! Quale giusta punizione di Dio – il Quale
è il Padre mio e di Adamo che ancora vive ed è il Padre di tutti i suoi figli
che vivono sulle alture – vi ha condotti qui tra le braccia formidabili della
vostra rovina? O razza di serpenti: – quale mai è il vostro aspetto[6]?
O voi, predestinati a saziare la fame delle iene, dite: – cosa cercate qui in
questo luogo sacro! Cos’è che vi ha spinti fin qui, in questo posto a voi così
severamente proibito? Allontanatevi da qui e piombate tutti assieme tra le
fauci della punizione che vi è stata minacciata, ossia tra quelle fauci
micidiali alle quali voi non sfuggirete, o questa parete di pietra vi
seppellirà per sempre!»
12. E
vedi, allora Meduhed si prostrò a terra e ad altissima voce implorò
misericordia e grazia. – Allora Set, le cui
parole provenivano sempre da Me, a questa supplica fu ancora più pervaso dal
Mio Amore e si lasciò intenerire dalla voce lamentosa di Meduhed, e disse:
13. «Meduhed, a te soltanto è concesso volgere il
tuo sguardo in alto verso di me, nella grande vicinanza di Dio, poiché
distogliesti i tuoi fratelli da grave e temeraria perfidia innanzi agli occhi
onniveggenti di Dio; perciò tu solo saprai dove e chi è questa iena rapace.
Ecco, questo animale è simile a mille iene ed è rimasto giù nella pianura, alla
testa, appuntita come la lingua del serpente, della banda di Tatahar. E si
chiama Lamec!
14. Ma che nessuno di voi si azzardi a mettere
la mano su di lui! Guai settantasette volte a colui che si inducesse a
toccarlo, poiché un tale, così facendo, precorrerebbe i tempi di Dio; ciò però
sarebbe la cosa più terribile, perché egli distruggerebbe il legame del divino
Amore e si scioglierebbe la larga, incommensurabile, cinta dei più aspri
giudizi della Divinità, la Quale farebbe precipitare immense colonne di fuoco
sopra tutta la Terra e così distruggerebbe tutto il mondo nel fuoco. E ora
alzati assieme alla tua compagnia, e ritornatevene in pace al vostro paese. E i
vostri sguardi non siano rivolti verso Hanoch, ma a voi stessi e a Dio, il
Quale è un fedele Salvatore di coloro che guardano sempre a Lui, tanto nel
tempo della gioia quanto in quello della miseria. Amen!»
15. E
vedi, in quel momento Set divenne risplendente; ed essi, terrorizzati,
fuggirono all’impazzata dalla sua vista e raggiunsero la pianura ancor prima
del tramonto e si trovarono già alle loro dimore verso mezzanotte, nonostante
queste fossero distanti dalle montagne dieci ore di cammino.
[indice]
L’espatrio
sotto la guida di Meduhed
1. E
vedi, prima di separarsi, quando furono giunti sul suolo patrio, Meduhed indirizzò loro ancora brevi parole, dicendo:
“Fratelli, prestate bene attenzione, perché quello che ora vi dirò è della
massima importanza. Voi avete visto l’uomo sulla prominenza dell’erta rupe
nell’alta montagna e avete udito il rimbombo della sua voce poderosa, e infine,
avete osservato pure come è rimasto avvolto da una luce abbagliante, tanto che
fummo sopraffatti dal terrore e dall’angoscia, e spronati da terribile spavento
ci demmo ad una precipitosa fuga, giungendo finalmente qui, sul nostro suolo
natio, che ben conosciamo.
2.
Voi lo avete udito anche accennare a colui che ci è ben noto e che equivale a
mille iene, ed avete udito pure il suo ammonimento che prospettava una vendetta
settantasette volte maggiore e voi tutti avete inteso, alla fine, le sue parole
che minacciavano l’inaudita punizione con colonne di fuoco.
3. Ma
ora giudicate voi stessi cosa si possa fare, date simili circostanze! Se noi lo
lasciamo vivere, egli farà ben presto di noi quello che senza alcuno scrupolo
ha fatto dei suoi fratelli. Ma se, d’altro canto, facciamo scendere sul suo
capo la giusta vendetta, questa poi si ritorcerà in modo settantasette volte
maggiore contro di noi, mediante il fuoco dall’Alto. Così, noi ora ci troviamo
presi tra due pericoli di morte: – che noi facciamo l’una cosa oppure l’altra,
ci attenderà in ogni caso una morte sicura. Di conseguenza il mio consiglio
sarebbe questo:
4.
Questo segreto, che è orrendo perché è un segreto di morte, teniamocelo
nascosto, ben sepolto nelle profondità delle nostre anime. Invece, prendiamo
con noi le nostre donne e i nostri figli, e con essi abbandoniamo subito questa
terra nefanda, in perfetto silenzio e a notte profonda. E spingiamoci là, verso
il Mattino, dove spesso abbiamo osservato un terreno collinoso ed
oltrepassiamolo. Allora si vedrà se c’è ancora un altro paese oltre a questo
che ormai è macchiato dal delitto. E anche se vi dovessero essere i confini del
mondo, io credo che sia sempre meglio vivere là in pace, e addormentarvisi
nella vecchiaia, piuttosto che rimanere qui nella perpetua inquietudine, per
finire o con l’abbeverare la terra del nostro stesso sangue, oppure con il
restare inceneriti.
5.
Del resto, anche il gigante sulla sporgenza della rupe parlò in questo senso: ‘Ma non siano i vostri sguardi rivolti verso
Hanoch, ma a voi stessi e a Dio, il Quale è un fedele Salvatore di coloro che
guardano sempre a Lui, tanto nel tempo della gioia, quanto in quello della
miseria!’. Ebbene, nel nostro caso mi sembra che la miseria abbia ora
certamente raggiunto il suo vertice massimo.
6.
Quindi, o fratelli, che ardete di giustizia come me, confidate nel Dio che il
grande della montagna ci ha fatto ricordare con le sue roventi parole, e così
facciamo oggi quanto vi ho appena proposto, piuttosto che domani, dato che
domani potrebbe forse essere troppo tardi. Coraggio, dunque, confidiamo in Dio
e già domani saluteremo il Sole là, su quei colli lontani! Affrettatevi perciò,
e conducete i vostri di casa e le vostre cose, ovvero frutta e animali, ed
entro tremila istanti ritroviamoci qui ben provvisti di clave. Amen!»
7. E
vedi, la schiera rispose: «Amen!», e in due ore
tutti furono pronti per la partenza, che era stata prevista all’incirca intorno
alla seconda ora dopo la mezzanotte. E quando Meduhed ebbe contati tutti i
padri di famiglia ed ebbe verificato che c’erano tutti, ringraziò Dio e fuggì
alla testa di questa stessa schiera, molto grande, che lo seguiva e che era
composta da diecimila uomini e ventimila donne, assieme ad una moltitudine
altrettanto grande di cammelli e di asini di grande taglia.
8.
Quando si levò il Sole essi avevano già da lungo tempo raggiunto il lontano
terreno collinoso, ciò che sicuramente non sarebbe potuto avvenire senza il Mio
particolare Aiuto, considerato che quelle colline distavano trenta ore di
cammino in linea retta.
9. Là
essi pascolarono per due ore i loro animali, sostarono e mangiarono della
frutta che avevano portato con sé e, dietro esortazione di Meduhed, ringraziarono
Dio per una tale meravigliosa salvezza. Meduhed, però, incitato dallo spirito,
se ne andò un po’ oltre, accompagnato da dieci uomini, e alla loro presenza si
prostrò faccia a terra e si accese per Dio; e, nella luce di questo suo slancio
d’amore, scorse molto male nel suo cuore, per cui scoppiò in pianto e in
lamenti, provando pentimento per i suoi gravi peccati.
10. E
poiché Io vidi la serietà dei suoi sentimenti nei Miei riguardi, Io impressi nel suo cuore, a caratteri di fuoco,
chiari e leggibilissimi, le seguenti parole: «Meduhed, alzati al cospetto della Mia
grande Misericordia! Tu ormai sei salvo assieme a tutti coloro che, mossi dalle
tue cure d’amore, ti hanno seguito fin qui. Ma qui non potete sostare, né tanto
meno stabilirvi, bensì mettiti in marcia verso il luogo dove vedi che questa
stretta valle si prolunga verso il Mattino con il fiumicello che scorre al suo
interno, con tutta la tua schiera per la durata di settanta giorni; e quando
poi tu giungerai dinanzi ad un’acqua immensa che si estenderà a perdita
d’occhio, là fa’ pure una sosta di altri settanta giorni. E come oggi, vieni a
Me nel tuo cuore, ed Io ti indicherò la via da percorrere sulle acque, fino a
raggiungere un grande paese lontano, dove senza spargimenti di sangue potrete starvene
al sicuro da qualsiasi persecuzione da parte delle crudeltà di Lamec, il
fratricida. E quando avrete fame, mangiate pure tutti i frutti che troverete in
grande quantità nel vostro cammino. E bevete della buona acqua del fiume, il
quale vi sarà di guida fino alle grandi acque. E come oggi, ricordatevi voi
tutti del vostro Dio, grande e sublime oltre ad ogni altro essere. E pensate
che Io, sulla Terra, ho un popolo per il quale sono un Padre santo e oltre ogni
dire colmo d’Amore!
11. E pensate anche che
«quando la Terra scorreva come una goccia di rugiada dal Mio grande Cuore di
Padre, e il Sole, che vedete lassù, sgorgava come una lacrima della
misericordia dai Miei Occhi onniveggenti, oh, allora voi pure eravate ancora
Miei figli! Dunque, tramite l’amore, o piccola schiera, cerca, di diventare
quello che eri una volta, quando là il Sole immenso ardeva nella Mia grazia,
prima ancora che la Terra diventasse dimora di una razza fornicatrice!». E ora
mettetevi in cammino e procedete nel Mio Nome! Amen!»
12. E
vedi, allora Meduhed annunciò alla grande schiera ad alta voce queste Mie
stesse parole e fu profondamente commosso e per mezzo di lui tutta la sua
gente. Ed egli si alzò sollecitamente ed agì esattamente secondo la Mia Volontà
rivelata.
13. E
vedi ora, Meduhed dopo settanta giorni raggiunse la riva predestinata di quel
grande mare della Terra che voi oggigiorno chiamate “Oceano Pacifico”. Questo
presso le rive presentava un colore giallognolo. In parte, però, nei punti più
profondi e per lunghi tratti, tale oceano aveva una lucentezza perfettamente
azzurra dovuta alla mescolanza dei colori del fondo, abbondante di sale di
rame, e dei raggi solari che vi si rifrangevano. Egli si accampò in quel luogo
con le sue schiere, proprio lungo le rive dell’oceano, in una regione provvista
in abbondanza di frutta eccellente. Tale era, appunto, il luogo in cui Io avevo
voluto condurlo.
14. E
poiché Meduhed e così pure tutti coloro che lo avevano seguito ebbe la conferma
del fatto che Io ero una buona Guida, egli, pieno di gratitudine, si gettò
faccia a terra dinanzi alle schiere, e Mi ringraziò dal più profondo del suo
cuore. E gli altri, chi più e chi meno ma comunque tutti quanti, seguirono il
suo buon esempio, cosa questa di cui Io provai compiacimento.
15. E
vedi, quando Meduhed ebbe così compiuto il suo ringraziamento, con il cuore
traboccante di commozione per la Mia grande Grazia, egli si rialzò e,
contemplando le schiere ancora prostrate e che rendevano grazie, cominciò a
piangere di gioia per la Mia immensa Misericordia, che aveva salvato la vita a
così tante creature e che aveva ridonato, a coloro che avevano vissuto nella
dura ed aspra servitù per così tanto tempo, la libertà preziosa come l’oro ed
un soggiorno di pace tanto ricco e anche tanto sicuro sotto la Mia alta
Protezione.
16. E
quando poco appresso anche le schiere, rafforzate e lietissime, si furono
rialzate, Meduhed salì su un piccolo rialzo del
terreno, alto circa sette tese, o per meglio precisare sette altezze d’uomo
sopra il livello della vasta pianura, e di là indirizzò a tutti un ampio
discorso; e le parole gli venivano poste nel cuore dall’Alto, tanto che egli
stesso non proferì né una parola di più né una di meno rispetto a quanto gli
veniva esattamente ispirato, e divenne dunque un vero predicatore, nel Mio
Nome, alle schiere bisognose di luce e di amore. Le parole del suo ampio e
lungo discorso furono le seguenti:
17.
«Fratelli, rivolgete qui a me i vostri sguardi, ed aprite del tutto gli orecchi
e il cuore per intendere le parole che io, per interiore comandamento di Dio,
annuncerò a voi tutti. Poiché esse sono di estrema importanza!
18.
Ascoltate: “Dio, l’Altissimo, ci ha miracolosamente liberati dalle mani
assassine di Lamec, e ci ha fedelmente guidati qui, fino ai limiti del mondo,
sani e salvi, dove voi tutti potete vedere dove finisce la Terra e dove
incominciano le grandi acque. Vedete, il paese è tanto incantevole e splendido
come se fosse disceso dall’alto dei Cieli sulla Terra. E certamente, per
ciascuno di noi, sarebbe una gioia grande se si potesse o se fosse lecito
prendervi stabile dimora. Ma tale non è la Volontà dalle altezze di Dio; per
cui ci è concesso rimanere qui solo settanta giorni, dato che alla fine di tale
periodo un crudele esercito di Lamec, con alla testa Tatahar, riuscirà a
rintracciarci. E guai allora a chiunque cadesse tra le sue mani terribili,
giacché egli lo sbranerebbe, come fa la tigre che ha azzannato un agnello!
19.
Per questa ragione il Signore, nella Sua immensa Grazia, mi ha indicato un
luogo dove dovremo recarci, e dove troveremo pronti degli attrezzi simili a
quelli che sono già stati donati ai Suoi grandi figli che dimorano sulle grandi
alture della Terra. Da ciò possiamo anche noi riconoscere che Egli vuole essere
pure il nostro Padre e lo sarà, se noi volonterosamente ci rimetteremo nel Suo
sconfinato Amore, il Quale ha avuto per noi cure tanto preziose che neppure il
migliore cuore paterno ha mai avuto ancora per i propri figli, perfino offrendo
di tutto nella massima abbondanza.
20.
Poi dovremo prendere quegli arnesi e adoperarli per abbattere degli alberi
sottili, per liberarli dalla corteccia e da tutti i rami. Occorrerà quindi
squadrarli in modo che le quattro superfici divengano piane come quella di
acqua tranquilla; e di questi medesimi tronchi, della specie più bella e
migliore, con poco fogliame, ne dovranno essere preparati a dovere diecimila
pezzi. Ciascuno di questi tronchi, così ben lavorati, dovrà misurare in
lunghezza dieci altezze d’uomo e in larghezza un passo d’uomo. Subito dopo la realizzazione
di una serie di trenta tronchi, si dovrà raggruppare a sé quest’ultima,
saldando i pezzi fortemente l’uno con l’altro mediante chiodi che troveremo in
grande quantità tra gli attrezzi da lavoro. E quando questo stesso pavimento
sarà approntato, dovranno essere collocati ai margini dello stesso e congiunti
solidamente tre tronchi, l’uno sopra l’altro nel senso della lunghezza del
pavimento e due, l’uno sopra l’altro, nel senso della larghezza. Infine, la
superficie interna occorrerà ricoprirla di uno strato di resina e di pece prese
dagli alberi, che nel frattempo dovranno essere raccolte in grande quantità
dalle donne e dai fanciulli.
21. E
queste nuove costruzioni dobbiamo erigerle lungo le rive. L’ultimo giorno, a
lavoro compiuto, noi dovremo ancora fissare dappertutto, in ciascun angolo di
ogni costruzione, un ramo ben grande e provvisto di bel fogliame verde, a
simboleggiare la vittoria riportata tramite l’immensa Grazia provenutaci
dall’Alto. Per quello che poi sarà ulteriormente da fare, attendiamo che ci
venga annunciato l’ultimo giorno, secondo la grande promessa che mi fu fatta
quando i nostri occhi erano ancora rivolti alla città di Hanoch, fra grande
angoscia e spavento. Dunque, procediamo tutti uniti come fratelli, dato che non
abbiamo più nessun principe cui dover corrispondere un tributo, cosa questa che
grida vendetta al Cielo, all’infuori del nostro grande Dio, il Quale è Signore
di ogni potenza e forza, infinito fin dalle eternità, e che è pure un Signore
possente e giusto quanto mai sopra tutti i signori in qualsiasi luogo essi
siano, sopra tutta la Terra, ora, e in tutti i futuri tempi dei tempi, se essi
si sono macchiati di scelleratezze e dell’assassinio dei propri fratelli. Al
nostro Dio, il Quale vuole esserci Padre, noi stessi dobbiamo amore ed
incondizionata obbedienza; chi volesse opporsi a ciò non sarà punito dai suoi
fratelli né con la sferza, né con verghe, ma Dio stesso lo punirà attraverso la
privazione della Sua Grazia”
22.
Ora voi sapete, intanto, tutto ciò che il tempo presente richiede; perciò
adesso radunatevi e ristoratevi con ogni cibo e bevanda, ringraziate il Signore
e poi affrettatevi a dare inizio alla grande opera che ci è stata comandata.
Amen!»
[indice]
Il cantico della
vita ricevuto da Meduhed
1. E
vedi, quando Meduhed terminò questo discorso, tutti si prostrarono sulle loro
facce in adorazione dinanzi a Dio, e Lo ringraziarono e Lo lodarono dal
profondo dei loro cuori per un’ora. Poi si rialzarono tutti lieti e guidati
dallo Spirito della Grazia si inoltrarono alquanto verso l’entroterra. Là
trovarono in una grotta una grande quantità di attrezzi d’ogni specie, come
zappe, asce, scuri, pialle, ogni tipo di coltelli, seghe, martelli, succhielli,
squadre, accette per abbattere alberi e milioni di chiodi doppi da ribattitura.
E vedi, allora la loro contentezza non ebbe più limiti tanto che si misero a
balzare dalla gioia e proruppero in grida di giubilo per la Mia grazia che
appariva loro tanto inconcepibilmente grande.
2. (nota bene: - Vedete, ciò che Io qui vi dono, è
più di questi strumenti, ciò nonostante tra di voi non si è trovato ancora
nessuno che nella massima allegria del proprio cuore Mi abbia ringraziato nel
modo adeguato. Prendete ben nota di ciò, o voi apatici veneratori del Mio Nome
e buongustai della Mia Parola, e spalancate bene le porte dell’amore che è la
nuova Città santa dimorante nei vostri cuori. Ciò avvenga affinché Io vi possa
mandare i Miei angeli, i quali ne dovranno innanzitutto purificare là le
piazze, le vie e i più riposti angoli, come pure tutte le sue annesse dimore.
Tutto questo deve avvenire affinché Io possa fare il Mio adeguato ingresso in
tale Città; e, contestualmente, tutto ciò è anche richiesto affinché voi
stessi, allora, possiate affrettarvi all’incontro con Me, acclamando tra la
massima esultanza: « Osanna nel più alto dei Cieli e pace a tutti i popoli di
buona volontà; lodato sia il Signore il Quale viene a noi montato su di
un’asinella. Alleluia al Figlio di Davide, Alleluia al Principe della pace,
Alleluia a Colui che viene nel Nome del Signore Dio-Zebaot: Egli soltanto è
degno di tutta la nostra lode e di ogni gloria ed onore, Egli è l’unico Padre
santo dei nostri cuori. Amen!»).
3. E
ora proseguiamo! Vedi, allora essi presero tutti gli strumenti, assieme ai
chiodi e li portarono alla riva; poi si ristorarono con cibo e bevande e si
riposarono. Il giorno seguente si accinsero al lavoro con il cuore traboccante
di gratitudine, lodandoMi anche quando sbagliavano a colpire. Perciò il loro
lavoro procedette con tanta sollecitudine e precisione da essere considerato
piuttosto un miracolo che non propriamente un lavoro. E così, dopo quattordici
giorni, ben duecentocinquanta cassoni si trovarono bell’e pronti sulle rive,
fissati con delle corde, affinché non fossero trascinati via dal flusso e dal
riflusso della marea oceanica.
4. Ed
ecco, dopo il lavoro fedelmente compiuto, rimasero loro ancora circa cinquanta
giorni per riposarsi completamente, e durante tale tempo, tramite Meduhed che
si era veramente accresciuto nella devozione e nell’amore, Io inculcai
gradatamente a tutta quella gente una sempre migliore conoscenza di Me stesso.
Prescrissi loro pure un giorno di Sabato, nel quale, riposando nel Mio Amore,
avrebbero potuto astenersi in letizia da qualsiasi lavoro, dedicando, in tutta
questa pace, l’intera giornata a Me. E se così avessero continuato ad operare,
con costanza, sarebbero infine diventati tutti saggi, proprio alla stessa
stregua di come lo era stato Farac e ora lo era divenuto Meduhed. Anzi, Io
sarei diventato anche per loro un Buon Padre, se si fossero sforzati non
soltanto di diventare devoti nell’alta venerazione e nella conoscenza pura del
Mio Nome, ma lo sarei stato ancora di più se avessero cominciato ad amarMi con
tutta l’umiltà dei loro cuori e fossero cresciuti in questo amore, e la morte
sarebbe stata loro tolta di nuovo, ed essi sarebbero stati successivamente
accolti come figli nel vasto grembo del divino Amore, fino ad un determinato
Tempo dei tempi della Terra, dopo il quale sarebbero tutti quanti venuti al
grande Padre ed avrebbero contemplato eternamente il Suo volto, ed avrebbero
potuto saziarsi alle fonti ricche e inesauribili del Mio Amore.
5. E
vedi, tutte queste cose essi le appresero per bocca di Meduhed, e giubilavano
enormemente e si accalcavano intorno a Meduhed, ed erano desiderosissimi di
sentire ogni giorno qualcosa sul Mio conto. E nel Cielo tutto questo era motivo
di gioia per Me e per tutti gli angeli della Prima Creazione.
6. E
così, per mezzo di Meduhed, Io insegnai loro pure a fissare e a conservare le
parole mediante dei segni; e i segni erano delle immagini corrispondenti dietro
al cui velo naturale si celava un senso spirituale. E così, dunque, in questo
breve lasso di tempo essi impararono anche a scrivere e a leggere.
7. Ed
ecco, in questo modo Io Mi formai in poco tempo un popolo che esiste ancora al
giorno d’oggi per discendenza diretta; dove esso risieda, però, sarà detto
soltanto più tardi! Quando essi, poi, furono così ben preparati e disposti, Io
dettai loro, per mezzo di Meduhed, un cantico colmo di nascosta Sapienza e
Amore, il quale già allora fu fissato con segni. Il quale esiste ancora oggi,
ma dove, però, lo vedremo pure più tardi! E il cantico suonava così:
8.
«O tardi figli della Grazia Mia, voi tutti udite,
udite, come Io al gran banchetto tutti invito,
qui nel mezzo Mio, tutti con cuor fedel venite,
il Nome Mio com’è d’uso in allegrezza esultate
che Meduhed, devoto e fedele, v’ha insegnato,
quel primo che nel cuor Me ha bramato.
9.
Guardate tutti al suo esempio, al suo puro buon senso,
mirate i suoi occhi, bocca e orecchi e, del mento,
la dolce barba bianca come segno di espressione pia e sapiente.
Vedete: in tutto questo dovete somigliare a lui interamente,
se più tardi vorrete diventar figli Miei, fedeli e prediletti,
liberi del tutto da ogni maligna piaga delle milizie del serpente.
10.
Ecco, presto la Terra monderò dagli orrori,
inutilmente dietro al Mio amore andranno i peccatori!
Ma se voi nel cuor rimarrete pii e fedelmente,
Io i Miei flutti vi spingerò dinanzi indulgente,
ben su regioni superiori della Terra vi nasconderò,
quando la Mia ira dai severi lacci scioglierò.
11.
Ecco, allora ogni stirpe sulla Terra si lamenterà!
Udite: allora ogni riso di scherno dei grandi cesserà,
e gli alti flutti delle acque sopra i monti scrosciando
del Mio Amore pochi figli nani porteranno!
Questi son diventati piccoli come i figli d’un moschino,
poiché l’amor divenne zoppicante, e su una gruccia si pose in cammino.
12.
Mirate in su agli spazi dei Miei Cieli risplendenti,
mirate le Mie stelle, della Grazia Mia raggianti,
mirate come il Sole silenzioso i campi della Terra rende radiosi,
mirate la Luna accompagnar la Terra silenziosa,
mirate come tutti i mondi al Mio volere ubbidiscono cheti:
dunque, anche voi tutti ogni vostra opera fatela sempre quieti!
13.
Volete sapere cosa sono queste stelle per le creature?
Udite ciò che dico: “L’amor precisamente scioglierà il quesito!”
Quando l’amore nel cuore sarà puro e senza macchia,
Io vi darò il lume della Grazia Mia per luminare;
allora ciascuno facilmente in chiari tratti di fiamma leggerà
l’immensa scritta del Nome di Dio senza falsità!
14.
O tu, cuore piccolino, nell’angusto petto chiuso,
se conoscessi la Sorgente dalla quale così grande sei disceso.
Oh, tu mai alle masse morte chiederesti,
sì, del tutto incurante, fluttuar le lasceresti,
giacché tutte queste son futil cose al Creatore,
meschine al paragon d’un cuore che a Lui rivolge amore.
15.
Quel che voi, deboli umani figli, spesso esser grande immaginate,
oh, quanto piccolo invece vien dal Mio Amor menzionato!
Oh, quanto son nulle le cose negli spazi senza fine,
come quegli uomini i cui cuori non germogliano dall’amore.
Perciò niente di grande ritenete, oltre che la fedeltà al Mio Amore,
e ciò che più gli si avvicina: il vero pentimento del peccatore!
16.
Grande sono Io solo, per mezzo del Mio Amor l’operar possente,
essendo uno Spirito libero che al patto si mantiene saldo.
Ma i Miei soli che su orbite a voi del tutto sconosciute stanno,
essi, e come tutto, vi esortano solo nella vostra debolezza.
Ma cosa sono essi della Mia Divinità nell’infinita grande pienezza?
Nient’altro che di un acaro la lieve logora spoglia caduta.
17.
Se pur nel mezzo ai mondi tutti arrampicar vi potreste,
ed ascoltar le voci del rapido volo d’ogni sfera,
là d’ogni sole la forza della luce più splendente ponderare,
e le più grandi opere della Mia Onnipotenza tutte afferrare,
poi, al Mio grande Amore ben vi avvicinereste?
No, dico Io! In ogni dubbio anche rimarreste!
18.
Se lassù poteste anche guidare il gran carro del cielo,
e come grandi spiriti, tutte le stelle rincorrere veloci,
se anche poteste alitar dalla bocca vostra luminosi soli,
anzi, al par dei Miei, immergerli nei flutti del mare,
allora tutta la forza vostra, paragonata ben alla Mia,
nient’altro sarebbe che sabbia e polvere di argilla e pietra antica.
19.
Mirate dritti ai nastri blu del cielo,
mirate alle onde anche oltre il lontano limite del mare.
CredeteMi, Io ve lo dico: “Lì non ci son confini!”
laddove di giorno il Sole, e di notte miriadi di stelle splendono,
e la pienezza del gran mare non è da comparare
a nessuna goccia in quelle stelle dei più piccoli reami.
20.
Perciò a Me solo, al Grande, piccole schiere umane guardate,
per Me unicamente, la brama di sapere, lesinate!
In lungo e in largo, in ogni estremità, l’Amor Mio cercate!
Ovunque i vostri occhi indagatori rivolgiate,
dappertutto i segni del Mio Nome troverete.
Perciò, se non dal Mio Amore, legar da nulla non vi lasciate!
21.
Perfino l’erba la lieta novella di Me annuncerà,
se da ogni peccato del regno di Hanoch vi
asterrete;
Ma se fedeli come veri fratelli vi amerete,
e al comun bene le vostre membra impiegherete,
allora eccelsa Grazia su voi dall’Alto scenderà,
e poi come lodare il Padre vi si mostrerà!
22.
E ora sulla Terra, la madre dei vostri peccati, prostratevi
la polvere da dosso, inutile foraggio mortale del serpente, scrollatevi,
nel cuor vostro ancora lieti, ringraziate Me, il Salvatore,
senza giammai pentirvi del tempo a Me consacrato;
lasciate che la forza del Mio Amore abbia ognora nel cuor da governare,
così un giorno la Luce della Grazia a tutti voi una nuova forma avrà da
dare!»
23. E
ora, vedi, quando Meduhed ebbe messo per iscritto questo importantissimo
cantico della vita proveniente dalla Mia grazia, minima scintilla del Mio
infinito Amore e di ogni conseguente Misericordia, e quando questo cantico fu
completamente scritto e fu letto ad alta voce al popolo, un giubilo
irrefrenabile scoppiò tra di loro, giubilo che fu possibile calmare solo
mediante un miracolo dal Cielo. E questo miracolo fu una pioggia improvvisa.
Pioggia questa dell’Amore proveniente da Me, dato che la loro gioia era giusta,
poiché essi si rallegravano per aver fatto la conoscenza del Mio Nome, ma più
ancora per aver fatto quella del Mio Amore. E più di tutto la loro gioia andava
attribuita al fatto che Dio immenso e santissimo, Si era degnato, con tanta
Benevolenza e con tanto inconcepibilissimo Amore, di parlare e d’insegnare a
loro, ai figli della miseria, per bocca di Meduhed, quale Padre.
24. E
vedi, in questo modo la pioggia li divise, ed essi rientrarono nelle loro tende
fatte di rami, di erbe e di argilla bianca, e là, riuniti in piccoli gruppi e
sempre giubilanti, lodarono il Mio Nome fin verso la metà della notte. E non
avrebbero cessato le loro lodi se Io non li avessi visitati con un dolce sonno,
tranquillo e ben meritato.
25. (nota bene: Cose ancor maggiori di queste Io ho
donato a voi, in rima e senza rima, quale il vostro vero Padre; però dal tempo
del centurione romano e della donna cananea, menzionati nel Vangelo, salvo le
poche eccezioni degli apostoli e di alcuni martiri, Io non ho mai trovato
un’espressione di gioia così grande. E particolarmente in voi non ne ho trovata
affatto, né la richiedo, ma vi dico soltanto che dovete cominciare ad amarMi
sempre più. Questa è la Mia Volontà, che Io vi manifesto. Nondimeno, non per
questo dovete rattristarvi in cuor vostro, perché quello che ancora non è, si
avvererà comunque, un certo giorno, quando imparerete a conoscerMi più da
vicino. E in tal modo saranno allargati i vostri cuori, affinché Io possa
entrarvi con tutta la pienezza della Grazia Mia, cosa questa che voi dovete
sopratutto augurarvelo, e non temere, come è il caso di alcuni fra di voi, la
qual cosa non deve accadere nell’amore. Amen!).
[indice]
La partenza
dei meduhediti
8 luglio 1840
1. E
vedi, quando furono trascorsi anche i rimanenti cinquanta giorni, Meduhed, incitato da Me, radunò tutti quanti i suoi e rivolse
loro un poderoso discorso, esprimendosi nel modo seguente: «O voi, uomini,
amici e fratelli, con tutte le vostre donne, fanciulli, servi e serve che
secondo il volere dall’Alto sono ora ugualmente nostri cari fratelli e sorelle,
venite tutti qui da me e disponetevi secondo il noto ordine intorno alla
piccola collina, affinché possiate bene intendere la Volontà dell’altissimo
Dio, così come mi è stata di recente rivelata!
2.
Infatti il Signore vuole che voi raccogliate tutti gli strumenti in modo da collocarne
in ciascun cassone un’uguale quantità di ogni specie e li collochiate sulla
paglia che finora vi ha servito da giaciglio. E quando avrete fatto ciò, ed
avrete fissato negli angoli i rami ben verdeggianti con i chiodi che ancora
rimangono, allora, subito dopo, portate là i frutti che avete raccolto durante
il breve periodo di trenta giorni di viaggio e deponeteli con cautela negli
angoli, sopra le foglie di fico e sotto i rami verdeggianti! I cammelli, però,
abbandonateli qui con gli asini, per dar segno ai Lamechiti che noi ci
trovavamo in questo luogo, e anche per dar segno del fatto che noi lasciamo
loro l’animalesco, mentre abbiamo salvato soltanto l’umano, e perciò, con
quest’ultimo, anche il divino. Intorno agli attrezzi da lavoro collocate dei
ramoscelli fino all’altezza di un piede, e copriteli poi con le vostre coperte
e i vostri mantelli di paglia. Le pelli di animale invece gettatele sopra gli
attrezzi. E quando tutto ciò sarà stato fatto, esattamente secondo tali divine
Disposizioni, espresse per bocca mia, venite poi di nuovo da me qui alla
collina affinché, conforme al Volere dall’Alto, io dia ancora a voi tutti altre
norme di comportamento. Infine noi ringrazieremo in comune Dio e Lo loderemo
solennemente per la Sua incommensurabile e sconfinata Bontà e Misericordia.
3. E
ora andate ed affrettatevi a fare ciò che vi è stato consigliato per mezzo mio
su ispirazione dall’Alto. Amen!».
4. E
vedi, allora tutti s’inchinarono verso Meduhed, ringraziarono Dio nei loro
cuori per tali insegnamenti e si avviarono al lavoro, solleciti e volonterosi
come era stato comandato, e in sette giorni, secondo il vostro modo di
calcolare il tempo, tutto si trovò compiuto nel massimo ordine.
5. E
considerato che ormai tutto era stato compiuto nella maniera prescritta, essi,
corrispondendo alla pia richiesta di Meduhed, andarono nuovamente tutti alla
collina, e là, dinanzi alla sua faccia, Mi ringraziarono per aver potuto
condurre a termine il loro lavoro con tutta rapidità e così felicemente.
6.
Quando allora Meduhed ebbe constatato il lavoro
da loro compiuto, e li vide nuovamente radunati come la prima volta intorno
alla collina, con i loro cuori colmi di letizia e devozione, egli riprese a
parlare loro, dicendo:
7. «O
uomini, amici e fratelli, donne e sorelle, ascoltate! Così vuole il Signore, il
nostro onnipotente e grande Dio, prendete posto dentro ciascun cassone in
numero di centoventi persone; e precisamente quaranta uomini e ottanta donne. I
fanciulli siano messi a sedere o giacere sulle pelli gettate al di sopra degli
attrezzi da lavoro. Le donne dovranno sedere sulle coperte e sui mantelli
posati sui ramoscelli. E voi, uomini, rimarrete intorno alle donne, tenendo la
faccia volta verso la direzione in cui si muoveranno i cassoni, e nella
direzione del vento. E mangerete una volta soltanto durante la giornata, e
precisamente verso la metà del giorno. Per le vostre necessità naturali, voi,
come pure le donne e i fanciulli, dovrete recarvi nella parte posteriore del cassone,
sporgendovi verso l’acqua. Tuttavia sarà bene che durante quest’atto vi teniate
saldamente l’uno all’altro, affinché qualcuno non cada in mare. Gli uomini,
però, durante tutta la traversata non dovranno dormire, né sedersi, né meno
ancora coricarsi, poiché il Signore rafforzerà le vostre membra e terrà desti i
vostri occhi durante tutto il tempo che noi dovremo passare sui flutti delle
grandi acque, secondo la Sua santa Volontà. Le donne e i fanciulli non dovranno
stendere da se stessi le mani sulla frutta, ma bisognerà invece che chiedano
con umiltà il cibo agli uomini e ai padri, affinché noi diventiamo un popolo
secondo la Volontà e l’Ordine eterno ed onnipotente di Dio, degno del Suo
compiacimento ed infine del Suo incommensurabile Amore e della Sua Grazia,
poiché noi non vogliamo toccare, e non toccheremo, nemmeno un capello del
nostro capo senza la Sua santa Volontà!
8. E
così, quando noi nel Nome del Signore ci troveremo tutti riuniti sui cassoni,
l’anziano che si troverà su ciascun cassone dovrà tenersi pronto, ad un segnale
che ci verrà dato dal Cielo mediante un grande lampo, a tagliare immediatamente
la corda con un coltello tagliente. Infatti, subito dopo si leverà un vento che
spingerà i cassoni in alto mare e precisamente ciò avverrà al cospetto di
Tatahar e delle sue bande assassine, i quali giungeranno alla riva nel momento
in cui noi ne saremo già lontani per mille altezze d’uomo.
9.
Poi vedrete che gli inseguitori ci scaglieranno contro delle pietre che
cadranno nell’acqua, ma nessuna potrà arrivare fino a noi, perché la destra del
Signore ci condurrà velocemente lontano dalla loro faccia di iene e ci condurrà
verso un grande paese, il quale dista trenta giorni e trenta notti da ogni
continente. Tale paese si trova quasi nel mezzo della grande acqua e si chiama
“Ihypon” (vale a dire “un sicuro giardino”); e questo paese sussisterà fino a tanto che il mondo esisterà, secondo il
Volere dall’Alto. Noi lo riconosceremo già da grande distanza, giacché vi
scorgeremo un’alta montagna ardente di tutte le grandi fiamme dell’Amore di
Dio. (Dovrebbe trattarsi del Fusijama – m.
3780 – sull’isola di Hondo, Giappone). Là non vi sarà che un unico punto accessibile ed anche quello si troverà
fra due simili alte montagne ardenti verso il grande territorio; dalle parti
delle acque, però il paese sarà frequentemente battuto da potenti ed altissime
onde di burrasca. E oltre a ciò, esso sarà circondato dai più grandi monti, sui
quali non dimorano né tigri, né iene, né leoni, né orsi, né lupi, né serpenti.
Questi monti somiglieranno piuttosto a una muraglia che giunge fino al Cielo,
che dunque non sarà accessibile troppo facilmente a nessuno.
10.
Nell’interno del paese, però, ci saranno pianure immense che si estenderanno a
perdita d’occhio, colme dei frutti più belli e saporiti e di belli ed utili
animali domestici che ci daranno il loro latte come alimento salutare. E la
terra avrà il sapore del latte e del miele, e sarà senza sabbia, né pietre, e
sarà mangiabile come un buon pane. E udite, così dice il Signore: ‘Su tutta la Terra non vi è in nessun luogo
un paese che possa eguagliarlo per eccellenza, dato che là non fa né troppo
caldo né troppo freddo, ma vi regna un’eterna primavera!’
11.
Così pure gli uomini che là vivranno secondo la Volontà di Dio, non invecchieranno
mai e il loro morire sarà simile ad un dolce sonno; poi verranno degli esseri
invisibili che faranno rivivere segretamente simili uomini e li porteranno
verso l’Alto, al Signore. E allora non vi sarà nemmeno un granello di polvere
che potrà rimanere attaccato ai piedi di tali rivivificati!
12.
Ma chi non porrà attenzione alla Volontà di Dio nel suo cuore, costui pure
morirà, ma senza risorgere mai nel suo corpo in eterno. E poi verranno dei
vermi della terra sopra la sua carne e la divoreranno insieme ai capelli, alla
pelle e alle ossa, mentre la sua anima e lo spirito saranno nuovamente
costretti a servire per migliaia d’anni, come corpi solidificati, da sostegno
della montagna; e ciò avverrà nell’oscura coscienza della loro miseria e della
loro totale nullità. E questo continuerà finché, secondo la Volontà di Grazia
dall’Alto, saranno nuovamente assimilati da qualche animale, dal quale poi,
miserabili, muti ed affaticati, dovranno cercare di farsi strada di gradino in
gradino attraverso l’intero regno animale, per poter finalmente giungere di
nuovo alla dignità d’uomo. Questa cosa tenetevela ben presente, poiché in un
simile caso dovreste morire molte migliaia di volte prima di poter arrivare
nuovamente alla vita proveniente dall’Amore e Grazia di Dio! Dunque, ponete
bene a mente quello che con ciò vi manda a dire il Signore!
13.
Alle vostre donne però, in futuro, voi non dovete accostarvi mai più prima del
vostro quarantesimo anno d’età; e anche allora non dovrete farlo più di quanto
sia necessario per generare un essere umano con la Benedizione di Dio. E
nessuno deve tenersi più di due o al massimo tre donne, poiché tutto il di più
vi verrebbe imputato da Dio come peccato grave, e la vostra vita sulla Terra si
accorcerebbe e diverrebbe faticosa, il vostro amore a Dio si indebolirebbe, e
voi perdereste con ciò ogni sapienza, dato che quest’ultima non è che un
volontario dono di Dio a coloro che osservano scrupolosamente i Suoi
comandamenti.
14. E
infine vi sia detto ancora: ‘Come qui,
anche là dove andremo, voi non dovete considerare niente come vostra proprietà,
ma come proprietà di Dio’. E chi volesse sostenere e dire: ‘Questo filo d’erba mi appartiene!’,
costui sarà immediatamente punito da Dio con la cecità, affinché in futuro egli
non possa più raccogliere da solo nessun frutto sulla terra, ma debba imparare
a vivere dell’amore di Dio e dei propri fratelli per tutto il tempo della sua
vita.
15. I
peccatori non dovranno mangiare niente, all’infuori dell’erba della terra e del
fogliame amaro di alberi magri, proprio come gli animali, essendosi abbassati
al loro stesso grado mediante il peccato. E finché non avranno fatto
sufficiente espiazione per i loro peccati, non dovranno azzardarsi a mangiare
altra cosa, se vogliono mantenersi in vita. Tale severo trattamento è
prescritto in particolare ai libidinosi, e in special modo a quelle giovani
donne che per lussuria volessero avere più spesso contatto con l’uomo. Un
simile corpo lussurioso verrà afflitto dal Signore con un morbo pestilenziale;
e allora chi porterà in sé tale morbo verrà cacciato via e confinato fino agli
estremi limiti del grande paese, fin là dove non cresce altro se non erba e
foglie. Infine, così dice ancora il Signore, il nostro grande e onnipotente
Dio: “Dovete amarvi fra di voi, e nessuno
deve mai erigersi a giudice dell’altro. Invece, il più debole se ne vada dal
forte affinché questi lo soccorra e gli sia di aiuto. E il più saggio, poi, sia
pronto a rendere servizio a tutti, e divenga un consigliere dei propri
fratelli”.
16. E
se voi avete compreso chiaramente e con precisione la Volontà del Signore,
ringraziate Dio, e fatelo ora, con me, nei vostri cuori. E dite: “O Signore, o Tu, grande e onnipotente Dio,
noi Ti ringraziamo con tutto il fervore di cui è capace il nostro cuore ancora
debole. Rendilo forte, Tu, o grande, buono potente ed eterno Dio, affinché noi
possiamo un giorno, più degni della Tua infinita Santità di quanto lo siamo ora
in questa nostra immensa debolezza, ringraziarTi, lodarTi e glorificarTi, ed
affinché, come hai promesso con tanta Grazia, possiamo un giorno essere noi
pure degni di somigliare, sia pure soltanto in minima parte, ai Tuoi figli. E
ora, o grande Dio, sia fatta la Tua Volontà, e concedici di salire su queste
imbarcazioni, e guida tutti noi unicamente secondo il Tuo compiacimento! Amen!”»
17. E
vedi, quando ebbero finito questa breve preghiera, abbandonarono con Meduhed
quel luogo e con il cuore pieno d’allegria montarono sui cassoni.
18.
Ed ecco, tutto si svolse esattamente e puntualmente così come Meduhed aveva
predetto. Come una grande bufera, le orde di Lamec, guidate e spinte dal
Serpente, si scagliarono con furore di iene e di tigri alla caccia dei poveri
Meduhediti, ma con altrettanta velocità Io spinsi lontano i cassoni con a bordo
il Mio piccolo popolo. E poi, pure rapidamente ma con tutta pace, li diressi
verso il grande paese promesso, che si trovava circondato dalle grandi acque.
19.
Però i Lamechiti Io li feci perseguitare dai flutti del mare, sempre più
crescenti e incalzanti, e questo avvenne finché essi giunsero alla regione
delle montagne, dove a migliaia furono sbranati e divorati da iene, tigri,
leoni, orsi, lupi e serpenti. Le bande dei persecutori consistevano, infatti,
di settemila maschi e settemila femmine. E di questi fecero ritorno ad Hanoch
non più di sette giovani e di sette ragazze, che narrarono là quello che era
accaduto, e condussero con loro, sani e salvi, gli animali abbandonati dai
Meduhediti, e cioè trentacinquemila cammelli ed altrettanti asini. Essi
consegnarono a Lamec tutti questi animali, raccontandogli tutto quello che
avevano visto; come cioè un lampo vividissimo dal cielo sereno si fosse
frapposto tra loro e i fuggitivi e come questi fossero stati spinti, con
grandissima rapidità, molto al largo su di un’acqua immensa, senza confini, che
esisteva là alla fine del mondo. Narrarono inoltre, che le acque cominciarono a
crescere talmente, che essi stessi erano stati ricacciati fino a raggiungere le
montagne, dove furono assaliti da innumerevoli schiere delle ben note bestie
feroci. Erano stati tutti sbranati e divorati, fatta eccezione di loro. Ed essi
stessi si erano salvati unicamente perché si erano rifugiati e nascosti in
mezzo alla grande quantità di cammelli e di asini. E dissero altresì a Lamec
che bisognava che egli riflettesse bene su quanto era accaduto, perché avevano
avuto la chiara sensazione che al di sopra delle stelle abitasse un grande Re,
contro il Quale gli uomini non avrebbero mai dovuto scendere in lotta, ma
piuttosto avrebbero dovuto adorare e venerare altamente quest’Ultimo per la Sua
inconcepibile potenza, considerato che a Lui obbedivano perfino il mare, i
venti, i fulmini e tutte le fiere, cose queste che essi avevano visto con i
loro occhi, come pure avevano udito una voce possente come il tuono comandare
alle fiere, e poi avevano sentito impartire ordini ai principali elementi come
da un fragore di tempesta come se parlasse dalla suprema altezza delle stelle.
20. E
vedi, quando Lamec ebbe apprese tali cose,
divampò di furore nel suo intimo e decise di vendicarsi di Me. Questo, però,
era la conseguenza del fatto che il Serpente si era interamente impossessato
del suo cuore. Perciò egli così parlò ai giovani che erano ritornati: «Udite, o
voi sette innocenti! Io voglio avere soddisfazione dal Re delle stelle e un
risarcimento mille volte maggiore; uscite, dunque, e recatevi là dove sapete
che Gli si può parlare e ordinateGli, a nome mio, di fare così come io chiedo!
E caso mai Egli si rifiutasse, allora diteGli che Egli da parte mia è
maledetto; e diteGli inoltre che, per quanto Egli possa essere grande e
potente, non potrà evitare che, come il mio popolo è stato sbranato e divorato
dalle Sue fiere, così lo sarà Egli pure sulla Terra da parte del Suo popolo, e
diteGli che questo avverrà fra le mie risa di scherno. Infatti, con tutta la
Sua potenza di vento e di acqua, Egli non è che un debole agnellino se
paragonato a me, il re dei leoni. Nei boschi, però, appiccate dappertutto il
fuoco e incendiate tutte le montagne, affinché siano arrostite tutte le Sue
belve ed Egli possa poi sedere ad una mensa ben preparata e là possa cibarsi
della carne e delle ossa delle belve bruciate, e se Egli non vorrà lasciarsi
arrostire, allora che rovesci delle onde sopra il fuoco, per farvi annegare
dentro la Sua potenza!
21.
Oh, io conosco molto bene questo evanescente Re oltre le stelle! Tutto ciò che
Egli fa, lo fa appunto perché ha timore di me, dato che Egli conosce la mia
grandezza e la mia potenza e forza, che Gli danno già ora abbastanza da fare, e
che poi, finalmente, Lo condurranno a perfetta rovina se Egli non acconsentirà
alla mia giusta pretesa e ad ogni altro mio desiderio.
22. E
ora andatevene, e date esecuzione a quello che vi ho ordinato di fare. Prendete
con voi tizzoni e fiaccole per dare fuoco alle montagne nel caso di un
eventuale rifiuto!»
23.
Allora i giovani si allontanarono e si
consigliarono su ciò che avrebbero dovuto fare. «Poiché», essi dissero, «se
egli è proprio tanto possente, perché non ci va di persona? Fare il pazzo è più
facile del combattere e minacciare, invasi da cieco furore, ed è più facile che
attuare le minacce. Infatti, quello che lui ha detto, lo avrebbe potuto
benissimo dire anche ciascuno di noi. Ma a che pro? Fino a dove possano
giungere le sue e le nostre mani egli lo sa, e lo può constatare ciascuno. Ma
chi mai, invece, ha visto anche un dito solo del Re oltre le stelle, per
poterne misurare tutta la Sua potenza e forza? Lamec è un moscerino già al
paragone di Tatahar e dei suoi seguaci. E dov’è ormai questi con tutto il suo
seguito? Adesso, di tutto il nucleo delle sue forze, siamo rimasti appena noi
sette: e siamo stati testimoni dell’incommensurabile Potenza del Re oltre le
stelle, immenso ed invisibile, ed abbiamo udito le Sue parole talmente forti,
che tutta la Terra ne ha tremato, come può tremare solo colui nel quale sia
penetrato il gelo fin dentro alle ossa e al midollo.
24.
In conclusione, facciamo quello che meglio ci aggrada, ed usciamo fuori; ma
invece delle minacce, innalziamoGli una lode e glorifichiamo la grande Potenza
e Forza di questo Dio. E chi sa che, così facendo, Egli non accolga anche noi,
come ha già accolto Meduhed. Poi Lamec misuri da sé la propria forza a casa
sua, e che morda pure, se vuole, le pietre dalla rabbia!
25.
Noi però vogliamo piuttosto servire un Re tanto potente e grande, che
certamente potrà mantenere pure noi sopra le acque, come ha fatto con le
schiere di Meduhed»
26. E
vedi, essi fecero così come avevano saggiamente stabilito secondo la decisione
presa, che era a Me gradita. Essi presero le loro mogli, asini e cammelli ben
carichi di frutta, e si affrettarono a sparire nella stessa direzione dove
avevano visto le acque. Giunti là si riposarono sulle rive del grande oceano.
27.
Ma uno di loro, cioè quello che aveva fino
allora presieduto alle discussioni, si alzò e parlò nuovamente così: «Ecco che
noi siamo arrivati! Ma dove vogliamo volgerci adesso? Noi non ne sappiamo
nulla! Preghiamo dunque il grande Re che Egli voglia assumerci ai Suoi servizi
e che ci indichi il nostro vero luogo di destinazione, dato che noi dobbiamo
probabilmente soltanto alla Sua occulta Influenza il fatto di essere sfuggiti
agli artigli di Lamec, e poi anche quello di essere giunti liberi fino a qui.
28. E
perciò, interpretando i sentimenti e lo spirito di tutti noi che non abbiamo
ancora un nome, invoco, con la massima reverenza, Te, o grande e invisibile Re
di ogni potenza e forza e Ti dico: “Accetta in primo luogo i ringraziamenti di
tutti quanti noi, per averci salvati dai denti delle iene e dalle grinfie di Lamec.
E ora io Ti prego affinché Ti piaccia condurre noi pure secondo il Tuo Volere,
e perché ci porti in qualche luogo sicuro dove noi possiamo poi servirTi
indisturbati. Infatti, noi sappiamo che sei un Signore quanto mai potente, e
conosciamo altresì l’assoluta nullità di Lamec del quale abbiamo dovuto
involontariamente essere i sostegni. Ormai abbiamo visto la grande potenza
della Tua Gloria, e l’abbiamo percepita fino al nostro intimo. E d’altro canto,
abbiamo udito anche il vocìo selvaggio, assurdo e vacuo di Lamec, divenuto
ormai del tutto impotente.
29.
Esaudisci perciò la preghiera che unanimi Ti rivolgiamo, e facci conoscere la
Tua Volontà; altrimenti annientaci, poiché è meglio essere annientati da Te che
non servire Lamec!”»
30. E
vedi, quando questi sette con le loro sette donne ebbero terminata la loro
preghiera in tal modo breve sì, ma anche molto sincera, un leggero vento di
burrasca cominciò a spirare dalle montagne, e, spinta dalla piccola bufera,
apparve, correndo velocemente e saltando, una iena molto grande, dal muso
feroce e ardente di furore, la quale si arrestò dinanzi alla piccola compagnia,
osservandola con molta attenzione da tutte le parti, quasi avesse voluto
scegliersi il boccone migliore dal gruppo oppresso da angoscia mortale. E vedi,
quando tutti volevano darsi alla fuga e precipitarsi nell’acqua, colui che
fungeva da oratore si rincuorò ed esclamò ad altissima voce: «Uditemi! Restiamo
dove siamo ora, circondati da ogni parte dalla potenza invincibile del grande
Re e, siatene certi, se anche Egli ci annientasse, pure in tale annientamento
noi saremo da Lui ben conservati. E non temete tanto questa iena, che ben può
dirsi piccola, dato che noi siamo così felicemente sfuggiti dagli artigli
micidiali di una iena molto più grande, e ciò è tanto più valido dal momento
che ci troviamo in pianura, dove le iene non hanno più potere di assalire gli
uomini e di sbranarli. Perché, se consideriamo che il grande e potentissimo Re
oltre le stelle ci ha salvati, là sui monti, dai denti di tante migliaia di
bestie tra le più feroci, quando eravamo contro di Lui, perché mai, se ora noi
vogliamo essere dalla Sua parte, Egli vorrebbe annientarci?
31.
Credetemi, Egli certamente ci conserverà tutti! Osservate bene quello che farò:
mi avvicinerò con piena fiducia alla iena, e metterò la mia testa tra le sue
fauci! E se la iena mi farà qualcosa di male, allora fuggite nell’acqua o dove
altro volete, ma se mi vedrete ritrarre intatta la testa fuori dalle fauci,
allora prostratevi e ringraziate il grande Re, poiché in tal caso Egli ci sarà
giunto già molto vicino!»
32. E
vedi, come egli aveva detto, così anche fece senza alcuno indugio. Se ne andò
cioè completamente fiducioso dalla belva che schiumava dalla rabbia e dal
furore e che, al suo avvicinarsi, spalancò del tutto le sue fauci, dandogli
così modo di introdurvi tutta intera la testa.
33. E
vedi, come egli aveva messo la testa entro le fauci della fiera, altrettanto
intatta la trasse fuori, senza che gli fosse stato torto nemmeno un capello!
Allora l’intera compagnia fu invasa da immenso stupore, e tutti caddero
immediatamente a terra, e Mi ringraziarono, certo senza quasi conoscerMi, ma lo
fecero da tutta la consapevole profondità dei loro cuori.
34. E
quando si trovarono pressoché sfiniti nella loro effusione di grazie e di lode,
accadde, con grandissima meraviglia di tutti, che la
iena cominciò ad indirizzare loro parole molto ben comprensibili, e
disse:
35. «O voi, tardi discendenti di Caino e di Hanoch,
alzatevi e guardatemi! Osservate la mia figura spirante rabbia e furore! Io non
sono che un animale feroce destinato a custodire fedelmente le montagne, nonché
i grandi figli di Dio che vi dimorano, di quel Dio che voi nella vostra cecità
chiamate il grande Re. Però, ditemi voi se io, da animale quale sono, ho mai
infranto la Volontà di Dio! La mia vita è terra e polvere; il mio tempo non
consta che di pochi anni, giorni e battiti di cuore; io non ho niente da
attendermi, quello che la mia sete di sangue mi dà è tutto ciò che posso trarre
dalla mia esistenza concessami dal Creatore, e chi di voi mi avesse mai visto
oltrepassare i limiti che mi sono prescritti, senza la Volontà di Dio, costui
afferri una pietra e mi uccida!
36. Tuttavia voi rimanete perplessi, non perché
vi manca il coraggio di farlo, ma perché la mia obbedienza alla Volontà di Dio
v’induce a meravigliarvi! Ed ecco come una bestia feroce, secondo la Volontà di
Dio, vi debba ammaestrare sulla vostra assoluta dimenticanza di Dio ed anche sulla
vostra destinazione; voi destinati ad una vita eterna! Vedete, nessuna bestia
feroce, neppure sotto il morso della fame, è così selvaggia da assalire il
proprio simile in modo da dilaniarlo per saziarsi della sua carne! Solo voi
uomini, chiamati a vivere in eterno, uscite a orde per uccidere i vostri
fratelli, non già spinti dal bisogno, bensì incitati unicamente da una
infernale brama di dominio, e per macchiare del loro sangue la terra e per
seppellire in questa stessa terra la loro carne!
37. O voi uomini, vergognatevi, voi che dovreste
essere i signori del mondo! Dov’è la vostra magnificenza? Voi siete in
quattordici ed io sono sola; ed un’angoscia mortale vi ha assaliti quando avete
visto me, un misero animale, originariamente destinato ad essere soltanto al
vostro servizio, secondo la Volontà del grande Dio!
38. Venite con me nei boschi, e persuadetevi se
magari un qualche animale, per suo volere, signoreggia sugli altri; anzi se
accade che un animale diventa litigioso ed invidioso, esso viene immediatamente
espulso dalla compagnia, non essendo più conforme alla Volontà di Dio che
domina nel nostro interno. E voi non vedrete mai che un animale costringa
l’altro ad andare per lui in cerca di preda, per farsi nutrire come un
poltrone, tranne il caso in cui uno sia diventato debole, giacché solo allora
un altro animale viene a lui e gli trascina una qualche preda fin davanti alle
fauci, nella sua tana. E nessuno mette il dente aguzzo e poderoso sulla carne e
sulle viscere della preda prima che questa sia diventata fredda, putrida e
frolla; questo ce lo insegna la Volontà divina nel nostro interno. E infine,
state pur certi che assolutamente nessun animale solleva la sua testa in alto
senza la Volontà di Dio!
39. Noi non conosciamo tra di noi alcun limite di
proprietà all’infuori di quello della nostra natura e del nostro essere
corporeo; voi uomini, invece, del tutto dimentichi di Dio, vi spartite la
Terra; e allora un re, un principe o un loro favorito dice: «Questo io ti do in
cambio di un piccolo tributo e questo andrà al favorito e ai suoi migliori
servitori, per via dei loro pugni ben indirizzati e solidi! Tutto il resto del
popolo voi potete adoperarlo come bestie da soma, alle quali basta che diate
quel tanto che strettamente occorre per mantenersi miseramente in vita,
affinché, vivendo, abbiano poi a sbrigare il molto e noioso lavoro a pro degli
oziosi. E caso mai si rifiutassero, ci sono pronti per loro dapprima dei gravi
maltrattamenti, e quindi la morte!». E se poi un simile schiavo osasse immaginarsi
di essere, o intendesse essere, egli pure un fratello del re, o di un principe,
o di un grande qualsiasi creato tale dal re a parità di diritti, non verrebbe
egli immediatamente assassinato? O, dite, dove mai su tutta la Terra esiste
qualcosa di più feroce di quello che siete voi uomini? Non siamo forse io,
oppure un serpente, un leone, una tigre, un lupo vorace e un orso furente degli
angeli santi e puri al paragone di voi, uomini? Oh, se ci fosse stato donato
l’amore, come è stato donato a voi, come ameremmo Dio! Ma, nonostante ciò,
anche senza amore, noi, mediante la nostra precisa obbedienza, Lo amiamo
infinitamente più di voi, dato che voi stessi non soltanto vi siete resi
dimentichi del Suo Amore, fuori dal Quale foste da Lui creati, ma perfino di Lui
stesso che vi ha creati!
40. Interrogate le pietre, domandate all’erba,
interpellate l’aria, chiedete all’acqua, sì, domandate a tutto ciò che può
cadervi sotto i sensi, a tutto, eccetto che all’uomo, e tutto vi annuncerà il
grande Dio e vi narrerà le infinite meraviglie del Suo Amore. Proprio voi,
liberi uomini, chiamati addirittura alle supreme eterne beatitudini, proprio
voi avete potuto dimenticare il vostro Creatore, il vostro Benefattore
infinito! Nessuna meraviglia, dunque, che non abbiate un nome. E che nome mai
vi si potrebbe dare? I demoni conoscono Dio e Lo fuggono; i satanassi conoscono
essi pure Dio e Lo odiano perché Egli è Dio e Signore della loro esistenza; ma
chi siete voi che, grazie al Suo Amore infinito, da demoni e satanassi siete diventati
uomini liberi, e che, nonostante tutto ciò, vi siete dimenticati totalmente di
Lui? E chi siete voi che nella vostra debolezza da moscerini considerate voi
stessi come altrettante deità, e ciò avviene soltanto per il fatto che andate
l’un l’altro combattendovi a colpi di pietra e di clava, e perché sapete
edificare dei cumuli cavi di pietra che voi chiamate poi città? Vedete, così
come siete, voi non siete proprio niente! Un filo d’erba vale di più, e una
zampa di iena è una cosa santa di fronte a tutta un’innumerevole razza di
uomini simili a quelli che voi avete lasciato ad Hanoch, e come finora siete
stati voi stessi!
41. E in breve, per concludere, dirò che così
vuole il grande Dio: “Prima che possa esservi data
un’altra destinazione, è necessario che per settanta giorni voi veniate a
scuola da noi iene, per imparare presso di noi anzitutto la solidarietà umana e
l’amore per il prossimo, e poi, sempre con questo mezzo, anche per imparare a
conoscere nuovamente Dio. E quando avrete nuovamente riconosciuto la vostra
somiglianza con noi, belve selvagge e feroci, e dalla nostra obbedienza muta e
cieca avrete di nuovo riconosciuto Dio, soltanto allora il Signore di tutte le
creature vi farà indicare, per nostro tramite, una residenza di pace”.
42. E ora seguitemi, secondo la Volontà di Dio,
e fatelo volonterosamente e senza altro timore all’infuori di quello di Dio! Al
volonteroso non accadrà nulla di male; in quanto poi allo svogliato e al
disobbediente, costoro non meritano neppure di essere dilaniati dai denti delle
iene, bensì essi attendano pure il medesimo destino di Lamec, dei satanassi e
del principe di costoro!»
43. E
vedi, avvenne così che tutte le quattordici persone seguirono una furiosa iena
in una tana tenebrosa della montagna, e là, per Mia concessione, essi
impararono dalla natura degli animali gli stessi diritti dell’umanità, l’amore
del prossimo e l’obbedienza. Inoltre, impararono di nuovo a conoscerMi e a
confidare interamente in Me, con questo poi si rese loro anche evidente il
grande divario che esiste fra la vera umanità e gli animali; e nello stesso
tempo impararono pure a conoscere quanto profondamente al di sotto di questi si
erano spiritualmente trovati nel condurre la vita di prima, e tutto ciò avvenne
per Mia particolare Grazia, la quale permise loro di scorgere la Mia Volontà
negli animali selvaggi, facendola percepire loro nella sua massima interezza.
44. (nota bene: - Più che a quel tempo, la vostra frequenza ad una simile scuola sarebbe
necessaria adesso! Perché a quei tempi gli uomini, quali figli del mondo, erano
malvagi a causa delle tenebre, mentre ora sono malvagi pur godendo pienamente
della Luce. E il Principe delle tenebre confessa apertamente che egli è
diventato quasi un buono a nulla nell’arte della perfidia, al paragone della
raffinatezza dei figli del mondo. E succede a lui quello che già accade a più
di qualche debole genitore, il quale viene oggi superato dai propri figli in
perspicacia, avvedutezza e cognizioni d’ogni specie).
[indice]
Lo sbarco
dei Meduhediti in Giappone
1. E
ora lasciamo questa piccola compagnia alla scuola delle creature inferiori e
lasciamo pure che essi mangino bacche selvatiche, erba e radici, fino al tempo
da Me stabilito. Noi ora ci rivolgiamo invece a “Ihypon” (oggigiorno “il Giappone”), e là attenderemo l’arrivo dei Meduhediti, e ci tratterremo brevemente
presso di loro.
2.
Dunque, dopo trenta giorni e trenta notti questa gente giunse sana e salva al
menzionato vasto paese insulare, fra grande giubilo ed allegria e lodi al Nome
Mio. Essi furono spinti dal Mio vento favorevole, pur attraverso delle piccole
deviazioni rese utili a causa della maggior tranquillità del mare. Giunsero
alla foce molto larga di un fiume dalle acque che provenivano scorrendo
placidamente dall’interno del paese, ed un vento abbastanza forte, venuto a
proposito, li fece risalire nei loro cassoni fino nell’interno del paese sulle
acque del fiume che defluiva tranquillamente, dato che era discretamente largo.
3. E
quando essi furono finalmente arrivati nel mezzo del paese, Meduhed si gettò a
terra, rapito e commosso nell’ammirare la meravigliosa bellezza del paese
raggiunto. E Mi ringraziò nella silenziosa profondità del proprio cuore
ininterrottamente per un’ora, e gli occhi e gli orecchi di tutti erano rivolti
a lui.
4.
Quando ebbe così terminato la sua preghiera, che a Me riuscì gradita, e durante
la quale egli aveva anche scorto la Mia ulteriore salutare Volontà nei riguardi
del popolo salvato, egli si rialzò, ed attese finché i cassoni si fossero
definitivamente accostati l’uno all’altro.
5.
Dopo che tutto ciò si fu verificato lungo la sponda bassa del fiume e secondo
la Mia Volontà, egli, eseguendo una Mia Prescrizione percepita nel suo
interiore, transitò da un cassone all’altro, e in tutto amore invitò le schiere
a non scendere a terra se non dopo che tutti avessero ringraziato nei loro
cuori il Signore per tre ore, per tale infinita Grazia ricevuta. E soltanto
dopo che il Signore avesse benedetto dinanzi alle loro facce il bel paese
donato ed avesse poi resa manifesta tale Benedizione mediante un segno
visibile, soltanto allora egli per primo avrebbe messo piede a terra. Poi essi
avrebbero dovuto far scendere anzitutto i loro figli, e finalmente sarebbero
discesi essi stessi con le loro donne. Quindi, il dovere imponeva loro di
prostrarsi sulle loro facce, dinanzi a Dio, e di adorare la Sua Santità,
lodando la Sua illimitata Bontà e il Suo Amore infinito.
6. E
vedi, quando essi, con la maggiore letizia dei loro cuori, si furono conformati
a queste prescrizioni, ad una chiamata di Meduhed essi rivolsero i loro sguardi
verso l’alto e scorsero una nuvola chiara ricoprire tutto il paese e videro
grosse gocce cadere in abbondanza giù dalla nuvola per un’ora. Poi essi
scorsero questa nuvola della Benedizione dividersi nuovamente, e sotto di essa
rifulgere un piccolo arcobaleno e percepirono da Levante anche una dolcissima
brezza, che per bocca di Meduhed annunciò loro ad alta voce che Io avevo ormai
benedetto per loro il paese. Dopo di che essi, nell’ordine prima accennato,
scesero a terra. Là, appunto, nella massima letizia dei loro cuori, fecero
nuovamente come il devoto e il sapiente Meduhed aveva consigliato loro, pervaso
d’amore. E quando anche tutto ciò fu compiuto, allora Meduhed
li chiamò ancora una volta tutti a sé e tenne loro un vibrante discorso del
seguente tenore:
7. «O
uomini, fratelli e sorelle, e voi, o fanciulli, che già siete in grado di comprendere!
Ponete la massima attenzione a quello che ora, grazie all’ispirazione
proveniente dall’immensa grazia di Dio, io vi annuncerò! Questo sia il
fondamento di tutto il nostro pensare e di tutto il nostro operare: – noi non
dobbiamo mai perdere di vista nei nostri cuori la santa Volontà di Dio; e
occorre poi che tale Sua Volontà noi l’adempiamo sempre scrupolosamente anche
nei suoi minimi punti, rendendoGli grazie e lode. Poiché tutto quello che da
Lui emana è grande e santo, perciò anche della massima importanza. E per quanto
ai nostri occhi piccoli e terreni una certa qual cosa possa apparirci piccola
ed insignificante, essa è invece d’incommensurabile valore, perché proviene da
Lui, Dio, che è, ora, il Signore di noi tutti. E se noi, con molta buona
volontà, saremo obbedienti al Suo Volere, potremo, conformemente alla promessa
fatta a tutti noi, diventare pari perfino ai Suoi grandi figli, che voi avete
avuto occasione di conoscere standovene sotto la parete di roccia sulle
montagne della regione di Hanoch.
8.
Vedete, il Signore, il nostro grande Dio, il Quale vuole essere il nostro
santissimo Padre, vuole in primo luogo che noi ci amiamo, e cioè che ciascuno
debba amare il suo prossimo, come fratelli e sorelle, sette volte più di se
stesso. Ognuno sia severo verso se stesso e sia invece mite, dolce e colmo
d’amore verso i suoi fratelli e le sue sorelle. Nessuno si immagini mai di
essere più grande e di maggior valore del più debole tra i vostri fratelli,
perché al cospetto di Dio nessuna cosa ha valore, se non un cuore umile e puro.
A chiunque poi il Signore vorrà concedere, come fece con me, il dono della Sua
Grazia, costui si stimi ugualmente il minimissimo fra tutti e come me sia
sempre pronto a servire ognuno dei suoi fratelli, precedendoli tutti con il suo
buon esempio. Soltanto i fanciulli devono ai genitori la più incondizionata
obbedienza, e questo a causa della loro iniziale debolezza e per consentire la
loro necessaria educazione. E quando loro sono giunti al riconoscimento della
Volontà di Dio in sé, allora, al posto dell’obbedienza finale, che da quel
momento in poi è dovuta solamente a Dio, deve subentrare l’amore filiale e il
rispetto per i genitori, e questo avvenga in gran misura. Inoltre, è volere di
Dio che voi prestiate sempre attenzione alle parole del più sapiente tra di voi
e che rivolgiate verso di lui i vostri orecchi, per apprendere di buon grado i
Comandamenti di Dio, tanto per il bene della comunità come per quello del
singolo. Però, guardatevi bene dal tributare ad un simile sapiente più
rispetto, più amore e venerazione di quello che non sia dovuto anche ad un
altro fratello non ancora divenuto sapiente, ma il quale però sia molto
volonteroso, buono e caro.
9. E
il rispetto, per chi è sapiente per Grazia di Dio, sia e consista in voi
unicamente nell’amore a Dio, nell’amore al prossimo e nella volonterosissima
obbedienza agli Ordinamenti di Dio, comunicati tramite il cuore umile di un
fratello sapiente.
10.
Non giunga mai sulle vostre labbra una menzogna, poiché la menzogna è il
fondamento di ogni perfidia. Resti lontana da voi la gioia per il male altrui
quando un peccatore fa penitenza, ma il vostro amore aiuti sempre e
premurosamente il fratello caduto a risollevarsi.
11.
Il paese appartiene a tutti ugualmente, senza alcuna distinzione. Di quello che
il terreno abbondantemente produrrà, ciascuno prenda quanto gli occorre per
saziarsi; e il forte raccolga volentieri per chi è debole.
12.
Fatevi amici gli animali, affinché non si rifiutino di offrirvi il loro latte
caldo.
13.
Ciascuno sia soggetto al fratello e sia pronto a servirlo. Nessuno però voglia
comandare agli altri, ma voi dovete sempre e in ogni luogo trattarvi tra di voi
con amore, affinché possiate un giorno diventare, nell’amore, figli di un unico
Padre.
14.
Siccome il Signore elargisce sempre più di quanto sarebbe necessario all’uomo
per sostentare la sua vita, voi non per questo dovete comportarvi smodatamente
in nessun piacere. Al contrario, secondo la Volontà di Dio e per il bene della
vostra stessa salute, conviene che siate moderati, sotto ogni riguardo, perché
così parla il Signore: “Benedetti siano una giusta misura ed un giusto scopo,
invece ogni eccesso sia maledetto e siano condannate le vie senza meta, e su di
esse procedano solo la lussuria e la fornicazione e vi trovino la notte della
perdizione e della morte eterna!”. Perciò raccogliete anche il
sovrabbondante della Benedizione, ed edificate dappertutto dei depositi, però
non di pietra, secondo il costume di Hanoch, ma di legno. Per fare ciò
infiggete nel terreno quattro tronchi accuratamente appuntiti, disponendoli in
quadrato, in modo che vengano a sporgere dal terreno per due altezze d’uomo. Su
di questi fissate poi pure quattro tronchi trasversali secondo i dettami
dell’arte costruttiva a voi già noti. Sopra a tutto ciò fatevi quindi un mezzo
tetto, e ricopritelo con canne ed erba. Tra i quattro sostegni di legno
emergenti dal terreno costruite pure, con canne e giunchi intrecciati, delle
pareti. In ciascuna parete, però, lasciate libera un’apertura della grandezza
di quattro lunghezze d’uomo. Nella parete che guarda verso il Mattino ponete
anche una porta, tuttavia senza grata, affinché ciascuno vi abbia libera
entrata a seconda dei suoi bisogni. Internamente, però, per metà della
superficie di un tale deposito, battete nel terreno diversi piccoli pali, in
modo che vengano a sporgere per circa una mezza altezza d’uomo. Sopra di questi
fissate dei travicelli sottili e sopra stendete poi pure dei giunchi
intrecciati, per deporvi infine il sovrabbondante della Benedizione per i
vostri fratelli ed anche per voi. L’altra metà della superficie utilizzatela
invece per collocarvi dell’erba lunga e ben secca, fino all’altezza di un
ginocchio da terra, che serva da giaciglio per la notte, per dare ristoro alle
vostre membra stanche e per confortare le vostre viscere.
15. I
vostri attrezzi e gli altri utensili, però, deponeteli sotto gli intrecci di
giunco destinati a portare le provviste. Tuttavia nessuno deve mai appropriarsi
di una simile abitazione, ma ciascuno lavori per tutti, e tutti per ciascuno; e
quindi tutti operino per tutti, affinché a nessuno venga a mancare niente fra
voi e fra tutti i vostri successori.
16.
Vicino alle montagne, che non emettono fumo né ardono assolutamente, come
potete vedere qui a grande distanza, scavate delle fosse profonde quanto è alto
un uomo, là troverete la terra di pane di cui vi fu già parlato. Ma badate a
fare uso molto parco di essa, e non un uso giornaliero, bensì di quando in
quando e soltanto per la vostra salute fisica, secondo la Volontà di Dio e
qualora le evacuazioni dal corpo avvengano con eccessiva fluidità.
17.
Inoltre, sulle montagne, le quali sono ora diventate accessibili anche a voi,
quando non siano in fiamme, voi troverete delle belle pietre molto dure e lisce,
di queste raccoglietene alquante, e portatele dinanzi alle vostre dimore. In
primo luogo vi serviranno per triturarvi sopra i grani di una certa pianta che
v’indicherò, e dalla farina così ottenuta dalla stessa potrete fare con
dell’acqua una pasta che porrete dentro a un vaso. Troverete grandi quantità di
tale genere di pianta se andrete a cercarla lungo le rive del fiume. Oltre a
ciò, dovrete costruirvi un forno nella maniera che voi già conoscete, per
collocarvi dentro la pasta e cuocervi in tal modo un pane sano. E in secondo
luogo, poi, dovrete raccogliere anche delle pietre, simili alle precedenti,
però alquanto più tenere, delle quali pure ce ne sono in grande abbondanza ai
piedi delle montagne non ardenti. Su tali pietre bisognerà che venga preso nota
di tutti questi avvenimenti che avete vissuto, nel modo che già vi è noto,
affinché perfino i nostri più lontani discendenti possano apprendere la Volontà
di Dio che vi è stata ora rivelata.
18.
Poiché, udite, così dice il Signore: “Finché voi e i vostri discendenti osserverete fedelmente
quest’ordine che vi è stato prescritto, nessun popolo straniero potrà mai
avvicinarsi a questo paese, né potrà mai turbare la vostra pace; ed Io stesso
vi insegnerò a conoscere e preparare ogni tipo di cose utili e belle. Ma se voi
un giorno uscirete fuori dai limiti del Mio Ordine e resterete nella
dimenticanza di Me, trascurando di fare immediatamente ritorno al detto Mio
Ordine, allora Io susciterò un altro popolo; lo condurrò qui in questo paese,
ed esso vi signoreggerà e vi renderà suoi schiavi. E allora vi sarà un
imperatore che distruggerà il vostro santuario e vi percuoterà e farà uccidere
molti, e vi farà aggiogare come gli asini dinanzi all’aratro, e vi castigherà,
come si fa con i cammelli. Egli si approprierà di tutto e vi lascerà affamati,
e vi farà divieto di calmare la vostra sete con il succo dei frutti, invece vi
spingerà all’acqua come gli animali domestici. E voi sarete costretti, come ad
Hanoch, ad edificare per lui delle città, e a nutrirlo bene, assieme ai suoi
servitori, perché egli abbia a crescere in forza per percuotervi e uccidervi.
19. Allora, come
compenso per il vostro lavoro, voi non riceverete più né frutta né pane, ma dei
segni morti, a seconda della qualità del lavoro; e, in cambio del ritiro di
tali segni, vi sarà dato qualcosa da mangiare, anzi, se voi poi non farete
ritorno all’Ordine, allora dovrete restituire all’imperatore, a titolo
d’imposta sul lavoro, perfino la quinta parte di tali segni che avrete
duramente guadagnato, senza riceverne un corrispettivo; ciò sarà un segnale che
voi dovrete pregare soltanto per poter ottenere la grazia di lavorare; e allora
sarà proprio per ottenere un simile permesso che dovrete pagare la menzionata
imposta.
20. Ed Io vi dico
che in tutto il paese non vi sarà neppure un cantuccio che l’imperatore non
avrà dichiarato di sua proprietà. E poi egli dividerà il paese e lo cederà in
feudo ai suoi favoriti e cortigiani, ma voi sarete dichiarati da lui
ignominiosa proprietà corporale dei suoi stessi feudatari e dei cortigiani, e
questi saranno poi i vostri signori che avranno su di voi diritto di vita e di
morte, e vi daranno da mangiare erba cotta e pessime radici, poiché si
riserveranno per loro i frutti migliori. E chi si azzarderà a stendere la mano
su un tal genere di frutti, costui sarà all’istante punito con la morte.
21. Inoltre,
l’imperatore prenderà possesso delle vostre più belle donne e figlie, per
soddisfare la sua libidine e quella dei suoi favoriti e cortigiani, mentre
costringerà voi a gettare i vostri figli nel fiume per mantenere invece con le
vostre fatiche i suoi figli, affinché questi a loro volta possano maltrattarvi.
Io chiuderò, oltretutto, i Miei orecchi fino alla fine dei tempi, per non udire
le vostre grida di dolore, e voi avrete una sorte mille volte peggiore di
quanto non l’abbiate avuta ad Hanoch.
22. Anche queste
cose imprimetevele bene in mente e scrivetele sulle pietre più tenere come vi è
stato comandato!”
23.
Ecco dunque, miei cari fratelli, qual è la Volontà di Dio; fate perciò come vi
è stato consigliato, e così potrete con tanta facilità, anzi con facilità
ancora mille volte maggiore, restare un popolo indipendente senza la benché
minima perdita dei vostri diritti. Diventate perciò pieni d’amore e di grazia e
resti ben lontano da voi il perfido egoismo; giacché in tal modo rimarrete,
come ora siete, un popolo di Dio. Infine è Volere di Dio che voi disponiate
questi cassoni l’uno accanto all’altro, in fila, ponendoli attraverso il fiume
e tenendoli uniti mediante delle pertiche fissate tra un cassone e l’altro. In
questo modo vi costruirete un ponte, per accedere anche al paese posto al di là
del fiume e per usarlo a nostro piacimento.
24. E
ora prostratevi sulle vostre facce e ringraziate il Signore per questa grande
Grazia degli insegnamenti e della manifestazione della Sua Volontà per il
supremo benessere di tutti noi ed esclamate con me:
25. “O Tu, grande Dio, supremamente buono, santo
e potente, noi Ti ringraziamo nella polvere della nostra nullità! Permetti che
ai Tuoi santi Orecchi giunga il debole suono del nostro ringraziamento dal
profondo della nostra malvagità, e guarda, di grazia, al nostro timido e umile
cuore! O Signore, noi non vediamo quanto grande sia il vuoto del nostro animo;
perciò colmaci, di grazia, del calore del Tuo Amore e non togliere mai da noi,
miseri figli del peccato, la Tua Grazia! E se mai noi dovessimo dimenticarci di
operare secondo il Tuo santissimo Volere, non farci punire dagli uomini, ma
puniscici Tu, secondo la Tua Giustizia e la Tua grande Dolcezza. Trasformaci
nei nostri cuori, secondo la Tua grande Misericordia, affinché noi possiamo un
giorno diventare degni di assomigliare, anche in minimissima parte, ai Tuoi
figli! Rimani dunque Tu il santo Dio di tutti noi e il nostro Signore, e divieni
un giorno, anche per noi, il nostro Padre diletto e santissimo! O Signore,
esaudisci quanto imploriamo e di grazia, porgi ascolto alla nostra debole
preghiera! Amen!”
26.
Dunque, ora andate, ed eseguite tutto ciò che vi è stato comandato, facendolo a
tempo opportuno e secondo il migliore consiglio. E convincetevi di tutto,
affinché vediate quanto vero e fedele sia il Signore! E quando avrete compiuto
tutto, e se non vi dimenticherete mai del Signore prima e dopo di ciascun
lavoro, e prima e dopo di ciascun pasto, prima e dopo del sonno, prima e dopo
del levare del Sole, prima e dopo del suo tramonto – particolarmente però
quando vi accostate sessualmente allo scopo di procreare, dovete invocare prima
e dopo l’atto soprattutto la Benedizione del Signore – allora voi genererete
figli della vita e della luce, altrimenti invece i vostri figli saranno
purtroppo figli della morte e delle tenebre.
27.
Io però, che sono il vostro condottiero ispirato dal Signore, rimarrò qui nelle
vicinanze del fiume durante tutto il corso della mia vita, qui, dove siamo
approdati; e la mia dimora e dei miei figli sarà proprio lì, dall’altra parte
del fiume, in quella grotta ampia, situata su di una bella montagna, affinché
voi possiate trovarmi sempre, qualora qualcuno abbia da farmi qualche
richiesta. Questa grotta e la montagna pure, il Signore me la dà in consegna
per amore vostro, affinché voi mi possiate trovare in qualsiasi momento.
28.
Invece, in vostra consegna rimane tutto il restante grande paese, il quale è
molto bello. Secondo la Volontà di Dio, io diventerò ancora molto più vecchio e
sarò per lungo tempo, poi, testimone di tutte le vostre buone o malvagie opere.
E di tutti coloro che, viventi, si trovano qui, io resterò l’ultimissimo e vi
seguirò tutti dinanzi al volto del Signore.
29. E
voi, o dieci compagni miei, che mi avete seguito e che siete pure avanzati in
sapienza, prendetevi cura del popolo, guidatelo e ripartite saviamente la gente
per il paese, ed insegnate loro ciò di cui hanno bisogno, e ogni qualvolta farà
il plenilunio, venite qui da me per consiglio e per ammaestramenti. Amen!».
*
30. E
vedi, quando Meduhed giunse al termine del suo discorso, tutto il popolo gli si
inchinò e, senza essere stato incitato in ciò da Meduhed, si prostrò ancora una
volta e Mi ringraziò per tale salutare insegnamento. Poi il popolo si rialzò,
prese rispettosamente il suo pasto, e si accampò quindi sul terreno, dove fece
sosta per tre giorni, intrattenendosi e pregando. Dopo di ciò il popolo si
alzò, diede mano agli attrezzi, ed anzitutto approntò il ponte, e poi, dopo che
Meduhed gli ebbe impartita la benedizione, tutti se ne andarono alla loro
ulteriore destinazione, penetrando in ogni direzione entro il paese e con gioia
Mi lodarono e glorificarono dappertutto. Con il tempo, come è facilmente
comprensibile, molti divennero saggi alla maniera di Meduhed, e vissero così,
da popolo felice, per una durata di tempo di circa millenovecento anni, ossia
quasi fino ai tempi di Abramo, poiché essi non furono mai raggiunti dal diluvio
di Noè.
31.
Ma più tardi anch’essi cominciarono a dimenticarsi gradatamente di Me, giacché,
proprio quando Io ne ebbi fatto il popolo più colto e più ricco della Terra,
essi si compiacquero di ogni genere di scultura, e così degenerarono completamente
nella più nera idolatria e in fornicazioni di ogni specie.
32. E
dopo che Io li ebbi osservati attentissimamente per lo spazio di seicento anni
e dal momento che ebbi visto che in nessuno, ma proprio in nessuno, c’era il
benché minimo accenno di pentimento, né alcuna volontà di miglioramento,
allora, come avevo già fatto loro minacciare da Meduhed, Io suscitai nella
regione dell’attuale Mongolia un particolare popolo, eletto appunto allo scopo
di diventare il loro comune flagello. Mediante un angelo, che rimaneva loro
invisibile, feci dirigere tale nuovo popolo verso Jhypon; approntai a questa
nuova gente un ponte d’isole che si staccava dall’odierna Cina, ponte del quale
rendono testimonianza ancora oggi parecchie isole che formano una linea un po’
arcuata. In questo modo tale gente poté transitare a piede asciutto, come
avvenne con gli Israeliti attraverso il Mar Rosso, fatto che tra l’altro si
compì quasi contemporaneamente. In tale occasione Io feci poi sollevare,
mediante i fuochi della Terra, una quantità di grandi e piccole isole intorno
ad Jhypon, che Io lasciai sussistere quali luoghi di rifugio per alcuni
pochissimi sapienti. Questi ultimi presero dimora là, vivendo dentro ad alcune
grotte; ed essi, sempre rimanendo nel medesimo luogo, Mi servirono in silenzio
finché Io non li richiamai a Me dal mondo.
33.
In tali grotte si trovano tuttora, a testimonianza del Mio Amore, alcune di
quelle tabelle di pietra scritte, di cui abbiamo parlato, ma che oggi nessuno
potrebbe certamente leggere. Infatti, molto più dei geroglifici egiziani, quei
segni saranno assai difficili da interpretare, e nessuno che non sia
perfettamente rinato lo potrebbe fare. Soltanto, qua e là, una sensitiva,
gravemente inferma nella propria carne, e tramite il suo spirito infantile e
ridestantesi per brevissimo tempo, ne potrà indovinare eventualmente qualcosa.
34. E
così nella caverna, (che prima o un tempo veniva chiamata
la grotta di Meduhed), si trova oggi ancora l’elevato
cantico che voi già conoscete,come pure ancora qualcuno dei noti attrezzi da
lavoro. Tuttavia questa caverna è ora inaccessibile, poiché essa si trova su di
un’alta montagna, inaccessibilità che Io feci provocare più tardi mediante il
fuoco e mediante quei certi terremoti che perdurano ancora attualmente.
35. E
così questo paese si trova ancora al giorno d’oggi assoggettato ad un regime
imperiale per metà mongolico e per metà di antica origine nipponica.
L’incredulo, però, vi faccia un viaggio e si convinca, ma gli gioverà a poco se
non ha pienamente raggiunto la rinascita. Ma se qualcuno è già pervenuto a
questo grado spirituale, allora egli può osservare a occhio lucido e
trasfigurato non solo tutta la superficie della Terra, ma anche fino alle più
interne profondità della stessa.
*
36. (Poiché, tutto quello che Io qui vi dono, è vero e
fedele per i Miei figli,poiché Io non lo dono al mondo, ma ai Miei deboli
figli. Perciò questi non devono misurare il Mio Amore e Sapienza e le Mie
parole e la Mia grazia col metro del mondo. Io non voglio infatti brillare
davanti al mondo, ma voglio solamente essere amato da voi. Ho infatti soli a
sufficienza per far brillare qualcosa davanti al mondo! Ma se voi criticate la
Mia Scrittura con la vostra erudizione mondana, che cosa credete che farò Io un
giorno della vostra insensatezza mondana? Imparate quindi da Me. Quando sarete
prima eruditi daMe, solo allora vedrete e riconoscerete quali regole stanno più
in alto: se le Mie, oppure quelle del mondo. Perché il mondo ha la parola nel
senso, Io invece ho il senso nella Parola, e per tale ragione disperde
enormemente colui che con Me non raccoglie!).
*
37.
Prima di condurvi più avanti in questo Governo della Mia Famiglia, voglio dirvi
brevemente qualcosa a proposito del Mio angelo[7],
ma particolarmente a coloro che, quasi in ogni riga, hanno trovato un
cosiddetto intoppo grammaticale a motivo del mondo. Poiché facendo ciò il loro
cuore non dimostra malizia, allora essi devono, laddove il Mio debole scrivano
segreto della Mia Nuova Parola ha fatto qualche lineetta di troppo o qualcuna
di meno sulle ‘n’[8], in seguito ad un’abituale
disattenzione ormai inveterata in lui, rettificare secondo il loro parere. Così
pure là dove c’è qualche difetto di ortografia o qualche puntino mancante sulle
i, ma chi dovesse azzardarsi a spostare anche soltanto una Parola e di cercare
una rima migliore oppure di cercare una qualunque nota a piè di pagina non
necessaria, costui Io lo guarderò con occhi contrariato. Non cercate la Parola
nel senso, bensì il senso nella Parola, se volete giungere alla Verità, poiché
la Verità è nello Spirito, ma non lo Spirito nella Verità, cosa che sarebbe
assolutamente impossibile, perché lo Spirito è libero e preminente su ogni
regola, lasciando attingere da se stesso la Verità. Ma poiché voi una cosa
simile la dite perfino dei vostri geni, perché scrutate poi il Mio Spirito con
occhi molto critici, come se un allievo vi avesse dato un qualche cattivo
compito da correggere! Perciò, se qualcuno crede che Io con questa veste non
sia adatto per il mondo, costui Mi lasci a casa; ma per ognuno sarà più
meritevole aggiungere alla Mia Scrittura una regola desunta da essa, piuttosto
che una critica mondana, perché vi è maggiore beatitudine nel dare che nel
prendere! Comprendete bene questo! Amen!
[indice]
La predica di penitenza data da una tigre, da un leone e da un lupo
27 luglio 1840
1. E
ora facciamo ritorno alla scuola della iena, e andiamo in cerca dei nostri
quattordici scolari, intendendo farci là un’idea precisa di quali progressi
abbiano veramente fatto durante il breve tempo già noto, coloro che in questo
piccolo popolo frequentarono un tale straordinario istituto di educazione, con
lo scopo del miglioramento dell’animo.
2.
Vedete e intendete bene, e nessuno deve tenere chiusi gli occhi e tappati gli
orecchi per non sentire ancora una parola energica dalle fauci della iena di
cui abbiamo già parlato; come pure anche degli ammonimenti
di una tigre, di un leone, di un lupo e di un orso. Perché gli uomini sono
oramai pieni di menzogna, e non ce n’è più uno che possa dire all’altro
qualcosa di vero. Ormai l’esperienza vi ha già dimostrato molte volte quanto
spesso gli scienziati si trovino in errore. Tutte le loro dottrine erronee,
infatti, vengono successivamente e continuamente superate da altre nuove
dottrine, molto spesso peggiori ancora di quelle ripudiate e dichiarate nulle.
E di conseguenza, neanche per voi è superfluo intendere qualche robusta parola
proveniente da una sfera di natura incorrotta e colma di vigoria e di forza.
Ciò è utile anche per imprimervi nel cuore un buon nota bene, affinché possiate constatare quanto vero e fedele sia il
Padre di tutti voi, che è santo ed eterno.
*
3. Poiché,
vedete, quando il tempo predestinato fu efficacemente trascorso, la iena dal rabbioso aspetto comparve nuovamente
dinanzi alla compagnia terrorizzata, per colpire tanto maggiormente la loro
attenzione quanto era grande l’angoscia che si era impossessata dei loro animi.
E come Io avevo concesso, così l’animale parlò con la sua lingua, larga e
sciolta, dalle sue fauci spalancate, e disse:
4. «Ridestatevi
dalla morte, perché così vuole il grande ed onnipotente Dio e Signore di tutte
le Sue innumerevoli creature! Il breve tempo è rapidamente trascorso, i giorni
e le notti si sono avvicendati velocemente sopra le vostre deboli esistenze.
Allora, quando voi foste guidati in questo luogo da me, iena, per la possente
Volontà del supremo Dio, voi vedeste la Luna piena illuminarvi gli aspri
sentieri nel dedalo delle montagne fino a questa caverna, abitata da me e dai
miei cuccioli, caverna che vi ho volontariamente ceduta. Qui avete potuto
ristorarvi alla frescura della terra. Tuttavua, ora guardate nuovamente la
Luna, e vedete come essa, ancora una volta, è diventata grande e piena, dopo
essere prima svanita fino a ridurre al nulla la sua luce, mentre
successivamente è ridiventata come un bambino, quindi come un giovane, e ora è
di nuovo uguale a un uomo colmo di forza e maestà.
5. Ciò che questo
astro vi dimostra incessantemente nei suoi brevi periodi, con chiaro e pieno
significato, e in maniera istruttiva, ebbene, questa cosa voi la dovete imitare
fedelmente almeno una volta nella vostra vita. Dunque, deve diminuire, come la
luce lunare, quanto di mondano è in voi, affinché, dopo la vostra completa
rinuncia a quanto vi era prima di mondano in voi, che proviene in gran parte
dal vostro orgoglioso intelletto, diveniate atti ad accogliere una nuova luce
dagli alti Cieli, la quale è il vero amore senza egoismo, e da ciò la Grazia di
Dio, grande e santo.
6. Vedete, come ora
io parlo con voi, così, altrettanto per voi ogni cosa può acquistare voce
mediante la concessione di Grazia dall’Alto. Ma se voi vorrete rimanere con il
cuore indurito e pervaso dalla brama di dominio, allora prostratevi pure
dinanzi a noi iene, pensando a quanto profondamente più in basso di noi vi
trovate voi, e quanto più in alto di noi stanno i figli di Dio.
7. Ditemi: – quale
animale avete visto mai dominare su un altro della medesima specie? Quale
animale avete mai visto appropriarsi di qualcosa? Ovvero: – ci avete voi visti
mai assassinarci tra di noi, o mentire e ingannare, o commettere fornicazione
per il soddisfacimento della propria libidine?
8. Ditemi: –
quando, ci avete visto agire in maniera che non fosse stata del tutto conforme
alla nostra natura?
9. Non sarebbe
stato equo che gli animali avessero imparato l’utile uso delle loro forze, da
voi? E ora, come vedete, noi bestie feroci, dobbiamo mostrarvi ed insegnarvi la
dolcezza e la sapiente serietà della vita! – Oh, vergognatevi, voi, signori del
mondo, dal momento che un semplice moscerino che ronza intorno ai miei orecchi
ha più sapienza di voi, insieme a tutta la città di Hanoch, comprese le dieci
città!! Sebbene la durata della vita di tale moscerino sia limitata appena a
qualche giorno e la stessa non lasci visibile traccia della sua attività,
tuttavia esso ha fatto pure, in questa brevissima durata della sua vita,
infinitamente più, di quello che avete fatto tutti voi a partire dai tempi di
Caino con tutto il vostro costruire città e il vostro tormentare i fratelli,
poiché il moscerino ha adempiuto la Volontà di Dio che in lui domina ed ha
gioito con gratitudine di questa sua esistenza, per quanto breve, invece
soltanto voi uomini, pur destinati ad una vita eterna, avete potuto
dimenticarvi del valore che è insito in voi e, più ancora, dell’infinito valore
dell’Amore santissimo del Dio santo ed eterno nel vostro spirito!!
10. Noi, esseri
morti, ci rallegriamo e siamo grati della nostra muta e breve vita, mentre voi,
viventi, potete provare gioia lambendo avidamente con la lingua l’immondizia
della morte!
11. O Tu, grande e
santo Dio, perché non hai piuttosto creato solamente iene, tigri, leoni, lupi e
orsi che fanno sempre la Tua santa Volontà? Non avresTi mai dovuto pensare di
creare nemmeno un solo uomo che, oltre a dimenticarsi della Tua Volontà
santissima, avesse potuto dimenticare perfino Te stesso!
12. O voi, uomini
dal bell’aspetto e dall’epidermide liscia, guardate qui e considerate la mia
figura villosa, miserabile e ributtante. Non è forse come se fosse avvolta
nella notte della maledizione di Dio, mentre invece la vostra è come se fosse
avvolta nella Benedizione suprema dell’eterno Amore?
13. Ma com’è che da
sotto alle spoglie della morte, si eleva gratitudine verso il Creatore, mentre
da sotto al vostro involucro di benedizione, a Lui non pervengono che lo
scherno, il sarcasmo, il disprezzo e addirittura il completo oblio?
14. Ma ciò deriva
dal fatto che voi, mediante la vostra disobbedienza, vi siete ridotti ad essere
un rifiuto dell’inferno, mentre la mia generazione, nel suo stato di completa
servitù di fronte alla Potenza divina che vi precede già da molte migliaia
d’anni sulla superficie della Terra, pur sotto l’oppressione delle sue
condizioni selvagge, non è mai uscita da ingrata, dall’ordine che Dio le ha
prescritto!
15. Oh, riflettete
bene su queste parole di un animale feroce, ed innalzatevi quel tanto almeno da
essere reputati degni del nome di ‘creature’, e vedete se un giorno riuscirete
a farvi chiamare meritatamente ‘uomini’. Pensate poi quanto più alti e al di
sopra di voi sono situati ancora i figli di Dio, e cercate di diventare, come
anche dovreste, almeno simili, se non proprio uguali, a loro. Ora io ho
terminato il mio dire. Voi, però, rimanete ancora ad ascoltare le parole di
un’altra specie di animali! Amen!»
*
16. E
vedete, dopo che la iena ebbe finito il suo energico discorso, una grande e poderosa tigre si avanzò furiosa,
procedendo a sbalzi. Essa si arrestò davanti alla spaventata compagnia, la
scrutò con sguardo terribilmente serio e poi, sferzando rapidamente l’aria con
la coda, si rivolse a colui che fungeva da oratore e condottiero. Lo fissò per
qualche tempo rigidamente, e infine spalancò le sue fauci micidiali
incomincianhdo a parlare come segue:
17. «Sihin! Questo
sia il tuo nome, cioè questo nome ti dica che tu sei un figlio del cielo
terrestre, il quale è un cielo di animali che detengono, appunto, un’anima
proviente dal fuoco del Sole, la cui anima è perfino divenuta atta a parlare
alla vostra anima, che invece è un’anima donata da Dio, data a vostra grande
vergogna dinanzi a me e a tutti gli avidi bevitori di sangue dei boschi e delle
selve. Tale vostra anima, infatti, si è dimenticata del grande Donatore, mentre
l’anima nostra non ha mai osato oltrepassare nemmeno di una linea i limiti del
Suo Ordine, quantunque noi siamo dotati degli identici cinque sensi così come
voi. Del resto, anche noi abbiamo una memoria e una brama, e distinguiamo la
terra dall’acqua, il fuoco dall’aria, l’umido dall’asciutto; e percepiamo il
divario tra il giorno e la notte, tra l’alto e il basso, il rapido e il piano,
tra caldo e freddo. Noi pure, infatti, possediamo una vista molto acuta,
dinanzi alla quale non può nascondersi nemmeno uno spirito corrotto, e ciò
avviene perché quest’ultimo spirito, dinanzi ad essa, rimane come colpito da
mortale spavento e china il capo inorridito, trovandosi al cospetto di un
giudice sprezzante ogni timore, forte e inesorabile, che è venuto a compiere su
di lui il primo smascheramento e a lacerare il suo palazzo di fango e a bere il
suo sangue impuro, affinché le sacre montagne non ne vengano profanate.
18. Voi tutti avete
visto con i vostri occhi quello che è accaduto all’esercito di Tatahar, non
lontano da qui; credete voi forse che siano stati gli asini e i cammelli a
proteggervi dalla nostra giusta furia? Oh, no, sareste in grandissimo errore se
vi foste formati una simile opinione fondamentalmente falsa! Dio ci ha
comandato di risparmiarvi, e non ci fu tra di noi nemmeno uno che non avesse
immediatamente obbedito alla Volontà dell’onnipotente Creatore!
19. E voi uomini,
che possedete non soltanto cinque fra i più nobili sensi, ma che nel vostro
intimo siete vivificati oltretutto da un’anima immortale nella quale è presente
uno spirito divino, come avete potuto dimenticare Dio e non considerare
assolutamente il Suo Nome santissimo e la Sua Volontà?
20. O razza
miserabile, o infami esseri umani, o vera putredine mostruosa su questa Terra!
Dimmi: – cosa sei tu e che cosa vuoi diventare, qualora per te risulti
annientato Dio, il santo, il tuo amorosissimo Creatore, Colui, grazie al Quale
tu sei ed esisti come esiste pure ogni altra cosa? Egli, oltre a tutto ciò, ti
ha donato, per immenso Amore, la più ampia libertà, e lo ha fatto allo scopo di
attrarre un giorno proprio te, sempre più vicino al Suo amoroso Cuore di Padre,
o rigurgiti infernali! Per questo, Egli, il Padre amorosissimo e santo,
dovrebbe essere maledetto e dimenticato da voi? – Trattienimi, o grande Dio,
affinché io possa adempiere questa Tua santa Volontà, perché sento abbandonarmi
le forze alla vista di tali esseri mostruosi!
21. Guardate l’erba!
Essa loda Dio, poiché pur nel suo mutismo, Lo riconosce; e voi, invece, pur
godendo pienamente della vostra vivente libertà, non volete sapere niente di
Lui! Già guardate queste montagne, guardate le pietre, guardate le acque,
guardate noi; sì, tutto ciò che è percepibile ai vostri occhi, ai vostri
orecchi ed agli altri sensi, loda, onora e glorifica Dio. E tutti i Cieli sono
colmi della Sua grande Grazia, della Gloria e del Suo infinito Onore! Invece,
di che cosa mai siete colmi voi, per averLo potuto bandire tanto completamente
dai vostri occhi e dal vostro cuore?
22. E ora le mie
parole sono finite! Non mi sarebbe possibile guardarvi più a lungo senza
astenermi dal dare sfogo al mio giusto furore! Io perciò vi lascio, secondo il
Volere dell’Altissimo. Mi limito soltanto ad aggiungere, in conclusione, che
quando l’eterno Amore vi avrà tratti fuori dalle nostre grinfie – miti, se
paragonate alle vostre mani ancora fumanti del sangue fraterno versato – Egli
vi condurrà in libertà, per stabilirvi come un popolo della Terra, allora voi dovrete
ricordare quello che vi ha detto e vi ha mostrato un giorno, per Volontà di
Dio, una tigre crudele con i suoi occhi fiammeggianti e ghignante per una
tremenda sete di sangue, ma che, considerata al vostro confronto, non è
nient’altro che un agnello!
23. Perciò imparate
dalla natura a scoprire la causa del perché il vostro cuore sia diventato muto
nei confronti della voce di Dio, la quale è pure tanto squillante! Amen!»
*
24. E
così, subito dopo che la tigre ebbe posto fine al suo discorso poderoso ed
efficace, fu la volta del leone che se ne stava
in agguato dietro una folta macchia e che, d’improvviso, sbucò fuori con un
balzo gigantesco, venendo a piantarsi solidamente sulle sue zampe dinanzi agli
occhi di Sihin, che già andava riprendendo un po’ di coraggio. L’animale,
spalancate le sue fauci, cominciò anch’esso a parlare, dicendo: «Udite, o sordi,
e vedete, o ciechi, voi che volete essere i potenti della Terra, voi, re
possenti, principi e signori del mondo, nella vostra debolezza da moscerini! Secondo
voi, quale sarebbe il primo dovere per una creatura libera che potesse far uso
a suo piacimento delle forze concesse da Dio, alla quale non è posto né può
esserlo alcun limite per pensare, attingendo all’amore del grande ed
onnipotente Creatore?
25. Vedete, voi mi
fissate irrigiditi come un masso di pietra e mi comprendete meno di un tronco
d’albero fradicio! Non sarebbe forse il primo dovere quello di sforzarsi di
conoscere la santissima Volontà di Colui che diede a voi, come a me, la vita e,
precisamente, che diede a voi una vita immortale e a me invece una vita
mortale, e di adempierla volonterosamente e riacquistare con ciò la Grazia
perduta che voi avete consumato a causa della vostra crassa disobbedienza?
26. Avete mai fatto
una cosa simile? O forse la state magari facendo adesso? Oh, no, non avete
ancora mai riconosciuto Dio e, verso quello che non si conosce, si resta
sollevati da ogni dovere; questa è la vostra spregevole consolazione!! Ma io
qui devo dirvi e domandarvi: ‘Come vi è stato mai possibile, dimenticarsi di
Colui che ogni giorno e ogni notte, tramite il Sole sorgente, la Luna e le
chiare stelle, questi avrebbero dovuto ricordarvi la Sua grande maestà,
annunciandovelo ad alta voce?’
27. Vedete, io sono
un forte e feroce abitante di questa inospitale regione piena di pietre e di
rovi spinosi e pungenti. Io devo vivere tra gravi stenti, e sono costretto
dalla mia stessa natura ad andare in cerca di qualche nutrimento miserevole, e
lo devo fare anche in maniera crudele. In più, devo accettare con gratitudine
ciò che i giudizi di Dio mi concedono soltanto in misura parca, e quindi devo
spesso tollerare e sopportare per intere giornate la fame più rabbiosa dentro
di me. Perciò, anch’io vi dico, che se qualcuno nella mia grande miseria mi venisse
incontro, anche solo con alcune gocce d’acqua per lenire la mia sete ardente e
rinfrescasse la mia lingua inaridita, io lo seguirei colmo di gratitudine come
fosse un angelo tutelare, dividerei con lui il mio ultimo boccone e sarei
pronto a morire per amore di questo mio benefattore!
28. Invece voi
uomini non solo percuotete, martoriate e uccidete i fratelli che lavorano per
voi, ma siete perfino ingrati verso Dio, maledite la Sua Benedizione e
condannate la Sua Grazia e tramutate il Suo universale Amore nell’immondizia
velenosissima del serpente!
29. O Lamec, oh,
Lamec! Tu volevi appiccare il fuoco ai boschi, e volevi questo per la ragione
che noi fummo obbedienti alla Volontà del grande Dio! Ma cosa dobbiamo fare,
noi, a te che hai dimenticato Dio e che hai assassinato i tuoi fratelli,
volendo che venisse imputato a noi questo tuo delitto di sangue al cospetto del
Giusto?
30. Vedete, noi
animali feroci non cerchiamo la vendetta, nonostante i suoi piani ci siano ben
noti. Soltanto voi, o uomini ingrati, concepite e volete la vendetta a spese
degli innocenti! Imparate dunque da me a nutrire gratitudine e ad essere
obbedienti a Dio, e solo dopo ciò uscite fuori e diventate finalmente quello
per cui il supremo Amore divino vi ha creati, e a cui Esso vi ha chiamati!
Amen!»
*
31. E
vedi, quando il leone ebbe finito di parlare, avanzò anche un lupo, il quale cominciò a tenere un’altra buona
predica a questa compagnia che si era ormai ben ridestata. Esso li richiamò
seriamente al dovere dell’obbedienza e a quello del reciproco amore in Dio e
verso tutte le Sue creature, dicendo:
32. «Guardate qui:
dinanzi ai vostri occhi, ai vostri orecchi e al vostro cuore intimorito sto io,
un lupo temuto e feroce, chiamato e suscitato dal grande Amore misericordioso
dell’onnipotente e santo Dio – il Quale è la Forza eterna colmo della più
perfetta Vita suprema, in Sé e fuori di Sé, ed invisibile a tutti gli esseri
che si sono resi profani dinanzi alla Sua Grazia poiché Egli è il Santissimo –
per indicare qual è il Suo santo Volere a voi che, in maniera tanto ignominiosa
e fratricida, ve lo siete dimenticato a causa di tutto il vostro egoismo, della
vostra brama di dominio e, per conseguenza, di ogni disprezzo di tutto ciò che
avrebbe potuto anche minimamente ricordarvi l’esistenza del grande Dio e della
Sua intangibile Santità.
33. Per questa
ragione, a vostra immensa umiliazione e ad inesprimibile vostra vergogna,
l’eterno Amore ha ispirato proprio noi, le bestie più disprezzate e temute, per
predicarvi in primo luogo l’obbedienza in tutta mansuetudine ed umiltà; e in
secondo luogo per mostrare a voi, creature cieche, in modo efficace e
persuasivo e mediante tutto il nostro operare e ora pure mediante la Parola
della nostra lingua, che per l’occasione ci fu sciolta, qual è la Volontà di
Dio nei confronti di voi uomini che dovreste essere e divenire immortali.
34. E questa santa
Volontà, nella quale si compendia ed eternamente si compendierà ogni forza e
potenza, ogni sapienza, vigore e la più beata, deliziosa libertà, è la
seguente: “Voi tutti siete perfettamente uguali dinanzi a Dio, e quindi siete
fratelli e sorelle. Perciò nessuno deve mai immaginarsi, neppure in sogno, di
avere un qualche diritto di superiorità in confronto agli altri”. Poiché nessun
diritto speciale, come neppure una qualche altra forma di distinzione, possono
essere mai conferiti né dalla forza, né dalla bellezza, né dalla giovinezza, né
dalla vecchiaia, né dalla virtù, né dalla sapienza o da qualsivoglia altra dote
particolare; tutte doti, queste, che si ricevono in dono, che voi le dovete
unicamente impiegare trasformandole nel completo amore e devozione verso la
Volontà divina, e soccorrendo reciprocamente chi è stato intenzionalmente meno
dotato, affinché, attraverso questo operare reciproco e caritatevole, vi sia
data occasione di esercitare la virtù divina dell’eterno amore del Creatore.
Egli, infatti, è immensamente Buono, e il suo Amore è stato innestato in voi.
Perciò, soltanto per purissimo ed immenso Amore, l’onnipotente Santità di Dio
si lasciò indurre a creare fuori da Sé voi, uomini, che siete divenuti perfidi,
ingrati e dimentichi sia di Dio che di ogni senso d’amore e d’onore. Poi Egli,
per vostro amore, creò ancora un’innumerevole quantità di esseri, le cui
svariatissime specie non si possono contare, affinché tutte queste altre nuove
creature avessero a servirvi in ogni maniera possibile e immaginabile.
35. Ma voi, che
siete colpevolmente tre volte ciechi e sordissimi, senza vedere né intendere
niente di tutto ciò che avrebbe dovuto essere sempre stato unicamente una fonte
di gioia per voi; invece la vostra ignominiosa e disordinata sensualità
libidinosa e il vostro desiderio carnale vi ha ottenebrati in ogni parte
gettandovi in tal modo fra gli artigli di una morte giustamente meritata!
36. Pensate dunque a
quello che avreste dovuto e potuto essere e a quello che ora siete: – niente
altro che larve miserabili e crisalidi di rettili infernali!
37. Dunque: – mutate
i vostri sentimenti! Mettete ordine fra le vostre brame! Purificatevi con
l’amore! Diventate l’uno verso l’altro, uguali nell’umiltà, nell’obbedienza e
nella ben ordinata educazione dei vostri figli! Tralasciate le pratiche della
fornicazione, ma generate invece i vostri figli con la Benedizione di Dio! E siate
veramente per quest’ultimi, veri padri e madri nell’Amore e nella Grazia di
Dio! Insegnate ai figli, anzitutto, ad obbedire al vostro savio amore e a
trovare in esso il grande Amore, la santa Volontà ed anche l’inestimabile
Grazia di Dio! E solo dopo questo, anche voi, uomini, riconoscerete che non
siamo stati noi, gli animali feroci, ad ammonirvi e ad ammaestrarvi, bensì che
è stata tutta opera dello stesso Amore divino, che per grazia, ha appunto
indirizzato ai vostri orecchi tali Parole sante, pronunciate mediante la lingua
stessa che ci fu sciolta!
38. E se voi
diventerete come vi ha ora insegnato l’Amore del Creatore, eterno e santo,
allora troverete capaci di parlare non soltanto gli animali, come succede
nell’esperienza che state ancora facendo, ma comprenderete anche tutte le altre
creature, e la morte svanirà dai vostri cuori, e con vividi occhi e orecchi
bene aperti voi percepirete con grande chiarezza le profondità delle meraviglie
divine. Considerate bene quello che qui un lupo, certo miracolosamente, vi ha
predicato, e nei vostri cuori spezzati concentrate intensamente il vostro
pensiero sul fatto di come tutte le cose siano molto facilmente possibili
all’Amore eterno e alla Santità di Dio. Poi vi accorgerete, tramite la Grazia
di Dio, che in voi ci sono ancora ben altre e ben più strane e rare cose. Amen!»
[indice]
Il ricordo
della disobbedienza di Adamo e la Grazia di Dio
1. E
vedete, quando il lupo – fate ben attenzione, un lupo, ho detto – ebbe
meravigliosamente terminato questo discorso, naturalmente pieno della Sapienza
proveniente da Me, esso fuggì gioiosamente all’aperto, ed un enorme orso si vide
apparire d’improvviso, secondo il vostro modo di dire come fosse “caduto dalle
nuvole”, davanti alla compagnia ormai meditabonda e afflitta, ed esaminò le
persone con sguardo confuso e irrequieto, quasi avesse voluto significare che
il loro animo era tuttora simile ai suoi occhi, vale a dire irrequieto e
confuso. Accennato perfettamente così al loro stato d’animo, anche tale
animale, allora, aprì finalmente le sue fauci e, secondo la Mia Volontà,
incominciò a rivolgere loro delle parole energiche e perciò molto convincenti e
traboccanti di serietà e di dignità. E disse:
2. «Che cos’è Dio, che
cosa siete voi, e chi sono io? Dio, l’Eterno, il Santo e l’Onnipotente creò
tutto questo sterminato mondo visibile, con tutti i suoi soli, le terre, le
lune, i mari, i monti, le valli e le grandi pianure, traendo tutto questo fuori
da Sé, mediante la Sua onnipotente ed essenziale Parola; ed Egli pose sullo
stesso pianeta, piante di ogni genere, come sarebbero le erbe, gli arbusti e
gli alberi, e precisamente secondo il Suo sapiente Ordine, una dopo l’altra.
Poi, successivamente, qualche tempo più tardi costituì, gradatamente e nello
stesso ordine, anche animali di ogni specie immaginabile e vide che tutto ciò
era buono, perfettamente in concordanza con la Sua Santità. Allora, il Suo
Amore parlò in Se stesso a Dio nel centro della Sua infinita, onnipotentissima
Santità, e disse:
3. “Ecco, ora tutto
è preparato per il meglio; facciamo dunque anche l’uomo con l’argilla più fine
della Terra, quale una perfetta immagine proveniente da Me, tanto secondo il
Mio Amore, quanto secondo la Mia grazia, e facciamo questo affinché Noi
possiamo essere riconosciuti e lodati da una vita autonoma fuori da Noi, ed
affinché un giorno avvenga inoltre che anche ogni creatura, in questa vita
autonoma e attraverso di essa, possa essere liberata per giungere così
nuovamente alla libera coscienza della propria esistenza proveniente da Me e
adeguata allo scopo!”
4. Ed ecco, come
deciso, così anche fu fatto, immediatamente e completamente. E dopo pochi
istanti apparve l’uomo libero, eterno, in tutta la sua splendida maestà, dotato
di tutte le infinite perfezioni e di privilegi, con capacità ancora più grandi,
finalizzate al raggiungimento delle perfezioni ancora più infinite del divenire
simile alla sua prima santissima Origine, cioè per divenire simile al suo
grande Dio, fuori e dentro ad ogni sfera di santificazione spirituale.
5. Egli aveva il
potere di parlare con tutta la Creazione; non vi era un Sole tanto alto e tanto
lontano che non avesse potuto intendere la sua voce potente e le sue domande,
né il più alto fra gli spiriti angelici avrebbe osato restare in debito di una
risposta al grande interrogatore e oratore.
6. E Dio, che era
visibile Egli stesso al Suo prediletto, dialogava con lui come con un fratello
dicendogli: “GuardaMi, o Mio diletto Adamo (infatti così si chiamava e si chiama questo primo uomo,
tuttora vivente)! Non tanto per sottoporti
ad una prova, bensì per renderti perfettamente libero e con ciò per farti in
potenza pari a Me, come fossimo una cosa sola, Io ti do un lieve e semplice comandamento
per un tempo assai breve. Questo Mio comandamento tu lo devi osservare durante
il tempo da Me stabilito, trascorso il quale Io ritornerò subito a te, e se tu
l’avrai fedelmente osservato, rimarrò presso di te e tu poi avrai tutto in
comune con Me.
7. Vedi, tutto deve
inchinarsi dinanzi alla tua potenza, però osserva là, a non molta distanza c’è
un albero carico di bellissimi frutti, e questo albero per una ragione molto
savia Io non l’ho ancora benedetto! Perciò per prima cosa tu non devi assaggiare
il dolce succo della mela, perché il giorno in cui tu ne mangerai prima del Mio
ritorno per la benedizione, tu peccherai, ti corromperai e ti renderai debole,
fiacco, cieco, sordo e mortale! O Mio diletto Adamo, considera bene le parole
del tuo amorosissimo Creatore e non guastare l’opera massima del Mio Amore e
della Mia Sapienza, opera che è già tanto progredita!
8. Poiché ora, ciò
non dipende più da Me, né da tutta la Mia Onnipotenza, ma solamente ed
unicamente da te, per mezzo del difficile atto di conferimento da parte Mia a
te della libertà del tuo volere.
9. Dunque, ora tu
puoi conservarti oppure rovinarti! Adempi perciò a questo Mio lieve
comandamento e divieni, successivamente e in tal modo, un secondo Dio fuori da
Me e in Me!”
10. E vedete, il giorno
si avvicendò appena sette volte con la sua compagna priva di luce, e già questo
primo uomo, che Dio aveva collocato tanto in alto e che lo aveva dotato di
tanta libertà, divenuto debole, sordo e cieco dalla voluttuosa, rovinosa vista
del suo secondo io, e tuttavia consapevolmente, si dimenticò di Dio – a suo
proprio, massimo danno – e intenzionalmente divenne disubbidiente al
Comandamento, così facile e così pieno di supremo Amore, del suo Creatore tanto
buono e santo.
11. Per questa
causa, l’Eterno e Santo si accese d’ira e distrusse tutta la Creazione visibile
al cospetto del peccatore ora pentito. Non fu risparmiata nemmeno una pietra
che avesse avuto la grandezza di una mela; come pure non fu risparmiato nessun
animale che fosse già vissuto migliaia d’anni prima dell’uomo irriconoscente, e
che avesse pur vissuto pieno di riconoscenza sulle pianure ancora magre della
Terra. Ogni cosa trovò il completo inabissamento nel mare sconfinato del Fuoco
dell’ira divina.
12. Per Dio, niente
era più sacro. Colpevole o innocente che fosse, era un tutt’uno per la Sua
immensa ira. Sopra, e in tutti gli spazi infiniti, la Sua voce tremenda e
possente tuonava la sentenza dell’annientamento eterno di tutte le creature. I
mondi tremarono, e si sciolsero nelle loro fondamenta. Dinanzi alla Faccia
adirata di Dio le macerie volavano da un’infinità all’altra, fra ululati e
lamenti spaventosi.
13. Tuttavia, giunte
le cose a questo punto, avvenne quello che nessun angelo, in tutte le eternità
dei tempi, potrà mai concepire. Mentre Egli, il Santo, con la Sua Destra aveva
annientato tutto nell’ira a causa della profanazione del peccato commessa dal
grande sacrilego, la Sua Sinistra, ugualmente santa, si estese a proteggere il
peccatore piangente! E solo una piccola lacrima del peccatore cadde nell’occhio
di Dio tanto spaventosamente arroventato dall’ira. E vedete, così ogni ira
svanì, e già una nuova Creazione in tutti e da tutti gli sconfinati spazi,
sorrise agli uomini disobbedienti; e le terre e tutti i mondi pullularono nuovamente
giubilanti di innumerevoli creature, al servizio dell’uomo disobbediente.
14. E come lo era
stato prima del suo peccato, così l’uomo rimase ancora favorito dalla Grazia
dopo il peccato, ancora per quasi più di trent’anni, in ogni incomprensibile
potenza e forza. Ma poi l’uomo (Adamo) cadde
nuovamente, essendosi dimenticato, nell’ebbrezza del piacere superbamente, del
suo Creatore tanto colmo d’Amore. Il Creatore lo cacciò (cioè portandolo sulle Sue mani) fuori dal
Paradiso, mentre invece il deserto dovette rifiorire in un altro posto sotto i
passi del grande peccatore.
15. Il Creatore punì
Caino, il fratricida, conducendolo in un paese fertilissimo, e lo fece perché
questi aveva pianto sulla sua perversa azione. Per di più liberò lo stesso
Caino dalle grinfie di suo figlio Hanoch e gli fece dono del mare e di ogni
paese; la stessa cosa Egli fece con Meduhed e con il suo gran popolo. E ora il
Suo infinito Amore si dimostra ancora una volta in voi, e il Suo Cuore non
rimane affatto chiuso neppure per il maggiore fra gli scellerati, ossia per
Lamec!
16. Oh, vedete,
vedete o indegnissimi uomini, quale immenso Amore nutriva Dio per voi? Ed Egli
conserva sempre i medesimi sentimenti a voi favorevoli, malgrado tutti i vostri
peccati che non si possono nemmeno descrivere!
17. Udite la Sua
voce, che vi annuncia per bocca mia la Sua Grazia! Guardate là verso
Mezzogiorno il grande paese già preparato per voi; vedete come Egli vi ha
invisibilmente protetti, tenendovi stretti al Suo immenso ed amorosissimo
Cuore, dal nostro stesso giustissimo furore!
18. E ascoltate: –
non appena le parole che mi sono state comandate cesseranno e voi cadrete
piangenti dinanzi al Suo Amore, Egli, mediante un angelo, vi afferrerà
visibilmente e vi condurrà dolcemente in quel bel paese che ho appena
menzionato.
19. O uomini,
pensate a quello che è Dio, a quello che siete voi e a quello che invece potete
e dovete essere, grazie al Suo infinito Amore! Ma nella vostra grazia presso
Dio, pensate pure a quello che siamo noi, poveri e spregiati animali, ed
abbracciate con il Suo Amore disinteressato tutte le creature, come fa Lui – il
Quale non soltanto è il vostro Creatore, come pure il nostro, ma vuole essere
veramente, come già da ben lungo tempo era ed è, un vero Padre, anche prima che
il mondo e noi stessi fossimo creati – e riflettete: – anche noi, esseri muti e
senza linguaggio, gioiamo della vita. Perciò nel vostro amore proveniente da
Dio lasciate contemplare pure a noi, nel grande giorno che verrà, una nuova
luce della vita libera che proviene da Dio, vita nella quale tutte le creature
devono vivere e vivranno anche in eterno!
20. E ora
prostratevi dinanzi a Dio, il vostro Padre santo, e spargete lacrime di
pentimento nel vero amore. Poi però lasciatevi sollevare con il cuore colmo di
lode, dalla dolce Mano dell’onnipotente Creatore, che ora è anche il vostro
amorosissimo Padre, e lasciate che la Sua Destra benedicente vi conduca nel
paese designato. Là diventerete un popolo, così come la Sua santa bocca vi
insegnerà ad essere, attraverso le labbra di un grande angelo fratello! Amen!»
21. E
vedete, quando l’orso ebbe compiuto il suo discorso, sparì rapidamente alla
loro vista e nello stesso istante al suo posto comparve un angelo in una bianca
veste di luce. E questo angelo era il pio Abele, che in verità, aveva già
parlato invisibilmente attraverso l’anima degli animali (ciò accade sempre ogni qualvolta un qualche oggetto naturale acquista
la parola mediante la bocca di un veggente e profeta. Succede così, che un
qualche angelo parla dall’oggetto, o all’anima del veggente e profeta, poi
questi si esprime per mezzo di corrispondenti parole naturali, scrivendole egli
stesso, oppure ancora più facilmente enunciandole subito in forma concisa, e in
tali casi certo solamente il veggente e profeta comprende il perché l’una cosa
sia più difficile e l’altra più facile. Ed è appunto anche per questo motivo
che già gli stessi apostoli ebbero più a parlare che a scrivere, come tutti i
veggenti e profeti che li avevano preceduti).
22.
Quando, dunque, queste quattordici persone d’ambo i sessi ebbero constatato la
presenza dell’angelo, per Mia ispirazione,
questi cominciò ad indirizzare loro parole molto miti e parlò in modo
fedelmente vero, come segue, cioè:
23. «O figli di
Caino, il mio fratello che fu malvagio, che vive ancora e che vivrà
corporalmente attraverso gli avvenimenti di tutti i tempi della Terra fino alla
fine di ogni tempo, irraggiungibile per ogni mortale fino a quando si annuncerà
prossima la fine di ogni perfidia, quando ai tardi discendenti, dopo il grande
Tempo dei tempi, l’Onnipotente rivelerà grandi cose per mezzo di un piccolo
veggente, e farà particolareggiata menzione del vostro malvagio capostipite (ciò che sta avvenendo adesso e che è già avvenuto),
considerate bene quello che io qui vi dirò e che qui manifesterò secondo la
Volontà santissima di Dio, dell’eterno, onnipotente Creatore, come anche Padre
amorosissimo di tutti gli angeli, dei padri e degli uomini! Voi avete appreso
le parole quanto mai preziose dalle bocche degli animali più feroci che Dio ha
ammansito per mezzo mio, e che ha dotato di un linguaggio per voi che eravate
più guasti di tutti questi animali, e diveniste tali per la grande
scelleratezza del serpente di Hanoch, e ora, specialmente, anche a causa di
Lamec. Quest’ultimo è diventato un grande autore di nefandezze; dinanzi a lui,
ormai, tutta la Creazione nutre il più profondo orrore. Sul collo di Lamec,
infatti, gravano pesanti, quanto mondi, i giudizi di Dio, ed hanno un occhio
attento rivolto al vaso delle iniquità che è posto sopra le stelle e che è già
diventato quasi del tutto colmo.
24. Infatti voi
eravate e siete tuttora gli ultimi che, costretti, doveste riunirvi
all’esercito dei serpenti di Tatahar, e ciò avvenne contro la vostra volontà un
po’ migliore. Ora, l’incommensurabile Amore di Dio ha avuto misericordia di
voi, tanto che vi ha fatto riconoscere in primo luogo l’enormità dei delitti di
Lamec, il negatore di Dio, nella sua sconfinata e ambiziosissima furia di
dominio. Poi Egli vi condusse fin qui, miracolosamente e in breve tempo,
facendolo per una via tanto lunga che un uomo a passo normale avrebbe potuto
percorrere appena in centoventi giorni. Tutto questo avvenne, inoltre, dopo
avervi anzitutto salvati dalle micidiali grinfie delle bestie feroci, là dove
l’infame Tatahar trovò invece il suo giusto giudizio. Poi ancora, attraverso la
morte Egli vi mostrò la vostra stessa morte. Ebbene, ora ha mandato me a voi,
io che già da lungo tempo sono vivente in modo assoluto, e questo avvenne per
ridestarvi dal sonno della morte e per mostrarvi la vita nell’umiltà e nella
costante, volonterosa e libera obbedienza alla santissima Volontà di Dio,
nonché per guidarvi in un paese che l’eterno Amore di Dio ha ben preparato per
voi. E quando nell’amore per Lui vi sarete perfettamente riconosciuti in tutta
umiltà, solo allora, tramite la Grazia che vi sarà concessa, riconoscerete pure
il vero, il santo e il grande valore della vita che si trova in voi, cosicché
da questo valore giungerete alla conoscenza del santissimo e massimo valore
nell’eterno Amore del Creatore santo e onnipotente, di ogni cosa e
dell’amorosissimo Padre di tutti gli angeli e di tutti gli uomini non solo di
questa Terra, ma anche di tutti gli altri innumerevoli mondi dei quali voi
finora non avete ancora avuto mai la benché minima idea, dato che solamente ai
figli e agli angeli di Dio è concessa la conoscenza di ciò.
25. E tuttavia verrà
un giorno in cui i mondi si inchineranno addirittura dinanzi a questa Terra,
quando la sua luce diverrà maggiore di quella di tutti i Cieli, dal momento che
in tale luogo, un giorno, la Santità di Dio risplenderà su tutti i popoli di
buona volontà. E se voi vi manterrete fedeli nell’umiltà e nella volonterosa
obbedienza alla santissima Volontà del Padre grande ed eterno, questa luce
perverrà perfino a voi e vi renderà perfettamente viventi. Tuttavia, se voi
vorreste innalzarvi l’uno al di sopra dell’altro, allora questa Luce
chiarissima e santissima fra tutte, che si irradia dalle più intime profondità
di Dio, giungerebbe fino a voi alla stessa stregua di quanto accade con la luce
del più lontano Sole della Creazione nella più tenebrosa notte della Terra.
26. Vedete, i
discendenti di Lamec a causa del loro orgoglio, raggiungeranno ben presto il
firmamento con il loro capo, lo spezzeranno con la loro infame, cieca e sorda
ostinazione come scellerati tenebrosi e malvagi, appunto dove si trova proprio
quel grande vaso, molto fragile, che ormai è già quasi del tutto pieno di
nefandezze. Poi questo grande vaso precipiterà sulla Terra pieno di peccati e
dei Giudizi più tremendi di Dio, e allora tutti i malvagi saranno affogati e
soffocati nei flutti melmosi della fornicazione e del delitto. Essi
trascineranno con loro un numero grandissimo di figli di Dio che si saranno
lasciati avvincere nei loro cuori dalle figlie del Serpente e che avranno
praticato con loro l’ignominiosa pratica della fornicazione e avranno generato
figli dell’ira e della maledizione divina, che saranno chiamati figli
dell’inferno ed infanti del dragone, e allora non saranno risparmiate più di
otto persone in tutto (con il
Diluvio).
27. Tuttavia, prima
che tutto questo accada, il Signore farà venire, durante un periodo di trecento
anni, dei maestri e dei profeti, che li ammoniranno a guardarsi dai Suoi Giudizi,
e che predicheranno loro la penitenza per il perdono dei loro peccati e per il
radicale cambiamento della loro vita apparente, piena di morte nella notte
dell’inferno, tali messaggeri indicheranno loro la traccia della vera vita,
fuori dall’Amore misericordioso e dalla Grazia infiniti di Dio, ed
anticiperanno loro, apertamente e perfino nei dettagli, il tipo degli
imminenti, gravi Giudizi di Dio.
28. Tuttavia,
accadrà che la malvagia razza metterà le sue empie mani su tali maestri e
profeti, in parte uccidendoli, e in parte avviluppandoli con le sue braccia di
serpente, traendoli cioè nelle profondità dello stagno putrido delle sue
fornicazioni e li corromperà uccidendoli nello spirito, tanto da renderli essi
pure assassini dei loro figli. (a Lorber: ‘Come succede ora da voi, nei vostri clubs e nei luoghi di divertimento
che, davvero, a Me risultano quanto mai sgraditi!’)
29. Poi Dio
concederà che l’ultimo maestro di nome Mahal, un fratello dell’unico giusto figlio
di Dio, chiamato Noè, vale a dire il “figlio giusto”, debba, su sua spontanea
richiesta, percorrere ancora una volta le città dell’abominio per predicare in
esse. Questi però farà cattive esperienze, diverrà cattivo ed alla fine
abbandonerà Dio e perirà nella pantanosa putredine.
30. Solo allora il
vaso già menzionato, essendo colmo dei peccati e del giudizio, dovrà spezzarsi,
e il carico di tutte le maledizioni verrà scagliato sulla Terra per incendiarla
in tutti i suoi punti più perversi fuori dal suo centro. E solamente per amore
dei pochi giusti rimasti, la Misericordia di Dio aprirà poi le cateratte
poderose del Cielo, e i flutti diverranno enormi al punto che si accavalleranno
fin ad oltre le più alte montagne. Questo avverrà per mitigare i fuochi
dell’inferno e per la conservazione e purificazione dei figli, come pure per la
conservazione della Terra stessa, ossia per renderla atta a portare una
generazione migliore, secondo la Volontà di Dio.
31. Tuttavia voi non
sarete visitati né dal fuoco né dalle acque, se voi presterete obbedienza in
umiltà alla Volontà di Dio, che ora vi si è rivelata, e che, in tutto amore, si
compendia così:
32. “Il vostro primo
pensiero sia Dio, la Sua Volontà, il Suo Amore e la Sua Grazia, e quando il
giorno si adagerà tra le braccia scintillanti delle stelle della notte, e
quando l’ultimo raggio del bel Sole di Dio andrà dolcemente spegnendosi sulle
ampie distese della Terra, allora, in questo contemplante pensiero di luce del
vostro spirito immortale, abbandonatevi al riposo benedetto del vostro corpo.
33. Non è necessario
che vi diate sollecita cura riguardo al nutrimento del vostro corpo, perché,
quando il Signore ha benedetto un qualche paese della Terra, là gli abitanti
non avranno mai da soffrire la fame, purché ogni giorno sia loro premura
mantenere costantemente dinanzi agli occhi e nel cuore soltanto la santissima
Volontà, che tutto benedice, del Padre grande ed eterno. E questo è lo scopo
per cui gli uomini sono stati creati, e cioè per riconoscere Dio e la Sua
santissima Volontà, e perché vivano secondo questa, e perché nella parola e
nella pienezza delle loro opere abbiano a lodare e a glorificare il Nome
santissimo del grande ed eterno Dio!”
34. E se voi farete
così in tutta umiltà e nella spontanea obbedienza per puro e disinteressato
amore verso Dio, allora anch’Egli sarà sempre pronto a manifestarvi in grazia
il Suo santissimo Volere. In parte farà questo mediante il linguaggio della
natura, in parte però lo farà anche in modo diretto tramite la Sua Parola vivente
che si annuncerà con voce ben distinta nei vostri cuori.
35. Ma se voi avrete
tralasciato di fare così anche per un solo giorno, in un’apparente
autosufficienza che avrà lo scopo di mettervi alla prova, allora colui il cui
cuore avesse potuto dimenticarsi di Dio, verrà gravato anzitutto con un senso
di tristezza che funge da buona ammonizione, e rimarrà muto per sette giorni
come un albero imputridito. E così come avviene che il suolo della Terra sotto
i passi dell’uomo docile ed obbediente farà mutare e porterà la frutta più
nobile fino alla sua bocca, così ugualmente la terra sotto i passi del
disobbediente si ridurrà a deserto e non renderà che polvere, pietre, spine,
triboli e bacche velenose.
36. Infatti,
l’infinito Amore e la Sapienza di Dio danno a ciascuno il suo; ed è perciò che
i figli onesti e docili avranno pane, miele, latte e dolci di frutta, tanto
corporalmente che spiritualmente, mentre al contrario, la razza disobbediente e
orgogliosa del Serpente avrà pietre, polvere, spine e triboli e bacche velenose
sia per lo spirito che per il corpo, affinché la razza malvagia perisca e lo
spirito morto, possibilmente, si conservi e quindi, a poco a poco, riviva
nell’infinito Amore misericordioso del Padre grande ed eterno, e Lui solo,
santissimo sopra ogni cosa.
37. Vedete, voi
tutti siete uguali. Uguali voi uomini e uguali voi donne! Tuttavia voi donne
dovete tenere ben coperte le vostre parti vergognose, come pure tutto il vostro
corpo, ma particolarmente dovete tener coperto il vostro capo, affinché, a
causa della lascivia del vostro essere, l’uomo non venga incitato alla lussuria
come il serpente, il quale, tramite la grande e misteriosa brama che irradia
dai suoi occhi seduttori, può allettare i liberi uccelli dell’aria nella
mortale prigionia delle sue fauci colme di veleno, poiché voi donne, prima di
ogni altra creatura, siete figlie del Serpente e siete tutte colme del suo
veleno. Siate perciò innanzitutto costumate, come la femmina dell’ape che non
osa venire alla luce del Sole con il suo essere, ma giorno e notte, si
arrampica preoccupata sulle cellette dei suoi figli innocenti, così dovete
essere anche voi, obbedienti in tutto ai vostri uomini nella misura in cui lo
richiede la Volontà di Dio. Tuttavia qualora un uomo, e ciò non si dovrebbe
neppure pensare, volesse costringervi a fare qualcosa contro la santissima
Volontà di Dio, sarà anche a voi permesso di scoprire il vostro capo dinanzi
all’uomo per richiamarlo amorevolmente ai suoi doveri che traggono origine da
Dio. E se voi adempirete scrupolosamente a tutto ciò, allora il Signore colmerà
anche voi di grazie immense, e voi diverrete con indicibile bellezza spirituale
una delizia agli occhi del Padre eterno e santo, e questo avverrà in modo
immortale e per l’eternità.
38. A voi uomini, però,
altra legge non vi sia data all’infuori della santissima Volontà di Dio
altissimo, la quale si manifesterà sempre a voi. Però, chi mai tra voi dovesse
disconoscere tale Volontà nel suo petto, dinanzi a questi la stessa bocca di
Dio, nonché quella della natura, si chiuderanno gradatamente. Allora a un tale,
dopo che avrà distolto lo sguardo da Dio per badare a ciò che è esteriore,
verrà imposta una legge pure esteriore, che, conseguentemente, lo renderà
schiavo del peccato e servitore dell’inferno, se egli stesso non vorrà spezzare
subito l’orgogliosa durezza del suo cuore purificandolo nell’umile pratica
dell’obbedienza, e poi, supplicando nuovamente e pregando a lungo, egli porterà
con timore e amore, lo stesso suo cuore davanti a Dio, affinché Egli si
compiaccia di ribenedirlo e riconsacrarlo con la Sua santissima Volontà.
(nota bene: Questo sia anche per voi un buon segno del come e del perché dovete
aspirare alla rinascita!)
39. E ora rialzatevi
e indossate queste vesti che i figli di Dio hanno preparato per voi, queste
sono per gli uomini e queste altre sono invece per le donne. Tali vesti sono di
genere diverso tra loro affinché tramite questa diversità vi possiate
distinguere per quanto concerne il sesso, e questo anche nella stessa foggia
del vestire. Ciò avvenga costumatamente, pudicamente e civilmente. Però resti
del tutto lontana da voi ogni idea di sfarzo e di vanità, dato che la veste ha
soltanto lo scopo di coprirvi e di proteggervi corporalmente contro il freddo
nelle notti fresche, ed essa serve per portarvi spiritualmente verso Dio nel
calore dell’eterno amore, della mansuetudine e dell’obbedienza.
40. E qui, ora
ciascuno di voi prenda una fascia e con questa si bendi gli occhi, affinché
nessuno sia colto da vertigine passando accanto agli abissi per i quali vi
condurrò. E quando ci troveremo al luogo designato, potrete ridonare la libertà
alla luce dei vostri occhi ed ammirare in grande letizia la vostra patria
d’adozione, squisitamente allestita dall’immenso Amore del Padre, quanto mai buono
e santo. Là vi ristorerete con il cibo prodotto dalla Terra e mangerete dalle
mani di due dei grandi figli di Dio, un uomo e una donna, che sono già là per
attendervi per rinvigorire eternamente il vostro spirito. – E ora seguitemi,
secondo la santissima Volontà di Dio! Amen!»
41. E
vedi, così il Mio diletto Abele li condusse molto rapidamente, per sette giorni
e sette notti, fino al luogo destinato, e per un tratto di strada che
altrimenti poteva essere percorso in più di trenta giorni di cammino, e precisamente
senza alcuna sosta e senza prendere cibo. Essi erano Miei ospiti e, come voi
usate dire, volavano loro i polli arrostiti in bocca, vale a dire che Io nel
frattempo li nutrivo spiritualmente. Lo spirito, poi, rafforzava l’anima, e
questa a sua volta rinvigoriva il corpo, e tutto avvenne in maniera che, per
virtù di questo Mio vero Cibo celeste, essi poterono resistere molto bene.
42. E
così, quando essi furono così giunti sani e salvi al luogo stabilito, vennero
loro incontro i due figli di Dio, ovvero i figli del Mio Amore che li
attendevano, cioè Ahujel e sua moglie Aza, (nomi che
significano rispettivamente il figlio del Cielo e la muta e giusta brama). Essi erano nipoti dei figli di Adamo, da Set. Ebbene, costoro levarono
ad essi le bende dagli occhi e, molto amichevolmente, diedero il benvenuto ai
nuovi arrivati. Allora questi quattordici piccoli si stupirono molto di
trovarsi dinanzi ai due grandi figli del Mio Amore, i quali avevano una giusta
misura d’uomo, cioè seicentosessantasei pollici (quasi
17 metri, ma siritualmente – vedi il cap.37,1!)
l’uomo e sessantasei in meno la donna (oltre 15
metri - spirituali!), mentre i salvati avevano appena
la vostra misura, cioè sessanta pollici (150 cm -
spirituali).
43. E
quando essi furono nuovamente in grado di adoperare completamente i loro occhi
e i loro orecchi, l’angelo riprese a parlare, e
disse: «O
figli, questo è il luogo della vostra destinazione e questi due grandi figli di
Dio considerateli come i genitori che Dio vi ha dato e seguiteli in ogni cosa,
poiché proprio questa è la Volontà di Dio su cui nell’occasione del mio primo
discorso dovetti tacere di fronte a voi!
44. Questi due vi
daranno sempre conferma di quanto Dio dirà nel vostro cuore, e saranno sempre
pronti a ridestarvi se il sonno accennerà ad insinuarsi nel vostro spirito, e
vi insegneranno molte cose utili che vi saranno di grande vantaggio, tanto
materialmente che spiritualmente. E voi non dovete mai accostarvi sessualmente
tra voi, mai prima che questi due, che considererete ormai quali vostri
genitori, vi abbiano benedetti secondo la santissima Volontà di Dio. E
quand’anche sarete stati benedetti, rimanga tuttavia lontano da voi ogni
fornicazione, ma invece la vostra fronte si adorni della castità come di un
sempreverde, e mai la discordia, l’ira, l’invidia, l’ambizione e la lussuria
profanino la generazione santificata dei loro figli; ma la vostra norma sia in
ogni occasione moderazione in tutto, e l’amore per Dio sopra ogni cosa. Se voi
farete così, la vostra vita corporale durerà a lungo, e il vostro congedo dalla
Terra avverrà nella grande Luce della Grazia infinita del Padre eterno e santo.
Dopo tale congedo, voi ascenderete dove vi attenderà subito la vera ricompensa
della vita eterna, ossia nell’ampio Grembo del Padre santissimo e amorosissimo,
là negli alti cieli sopra le stelle. E un giorno, finalmente, ascenderete nel
Suo Cuore stesso traboccante d’Amore!
45. Ma di tutto ciò
vi verranno date maggiori notizie da parte dei vostri nuovi genitori, i quali
sono perfettamente istruiti da Dio e non hanno bisogno, di fronte a voi, dei
miei suggerimenti! L’Amore di Dio vi benedica, e la Sua Grazia vi illumini, vi
santifichi e vi conduca alla vita! Amen! Amen! Amen!»
46.
Ed ecco, questa è la fondazione del paese di Sina o Cina, il quale, risparmiato
dal diluvio, ancora oggi, preso nel suo complesso, è molto migliore di tanti
altri paesi della Terra, se si fa eccezione di alcuni folli peggioramenti che
furono introdotti più tardi, in seguito al contatto con altre genti del perfido
mondo. Qualcuno che non sia rinato non osi mai andare a predicare il Mio
Vangelo in questo paese! Amen!
[indice]
Storia delle
origini del popolo cinese
La grande
muraglia
10 agosto
1840
1. Prima che noi facciamo ritorno ad
Hanoch, Io devo necessariamente esporvi ancora qualcosa di più dettagliato sul
conto degli abitanti della Cina. – Dunque,
vedete e notate anzitutto che, per quanto concerne l’altezza dei grandi figli
del Mio Amore di discendenza adamitica, quello che voi vi immaginate è erroneo
qualora riteniate che qui sia stato fatto cenno ad una grandezza fisica d’uomo,
mentre il numero seicentosessantasei pollici rappresenta il numero perfetto del
Mio Amore nell’uomo. I pollici denotano semplicemente la misura del buono
derivante dall’amore per Me. E di questi pollici,
ne sono destinati a Me seicento; poi sessanta per il prossimo e infine sei per
se stessi. E la misura della donna è pari alla misura divina che è nell’uomo;
tuttavia, nell’amore per il prossimo e per se stessi, nella donna c’è una
differenza di sessantasei unità e, per quanto riguarda ciò, la donna deve
perciò obbedire incondizionatamente all’uomo. Dato che essa è formata
fuori dall’uomo quale amore di se stesso, così avviene che essa non può amarsi
se non attraverso l’uomo, se il suo amore vuole essere giusto. E poiché essa è
la più prossima all’uomo, anche l’amore del prossimo che prova la donna è
principalmente nell’uomo, e da ciò deriva la differenza.
2.
Del resto, questi due, come tutti i figli di Adamo, erano di fatto, anche per
quello che concerne il corpo, considerevolmente più grandi in confronto ai
figli di Caino – dato che quest’ultimi risultavano di parecchio più indeboliti
– e molto più robusti e potenti in tutti i loro muscoli, nelle loro vene e nei
visceri.
3. (nota bene: La somiglianza, però, del numero
dell’uomo con quello del Mio avversario proviene dal fatto che in quest’ultimo
la proporzione è completamente invertita, per rappresentare l’essere più
spregevole ai Miei occhi).
4.
Ora, vedete, siccome Sihin era stato il primo a rivolgere a Me il suo animo,
egli divenne pure il più docile figlio di questi genitori e guidò pure gli
altri con ogni cura per le vie dell’obbedienza. Perciò Ahujel,
in presenza di Aza e di tutti gli altri, benedicendolo per primo nel Mio Nome,
disse:
5.
«Sihin, io ti benedico nel Nome del mio e del tuo Dio! Il paese nel quale
abiterai dovrà chiamarsi con il tuo stesso nome. Prendi in moglie la più bella
fra le tue sorelle e con lei genera, in tutta la più benedetta costumatezza,
dei figli simili ai figli di Dio. E chiama i maschi “Figli del Cielo” e le
femmine “Figlie della Terra”; e quando l’Amore di Dio toglierà via dalla Terra
la mia grande generazione, siano allora gli amorevoli e saggi tuoi discendenti
a far da guide ai futuri discendenti dei tuoi fratelli!
6.
Cerca il vero Amore, e ti sarà data la sapienza, e il tuo ceppo non morirà fino
alla fine di tutti i tempi, perché il Signore concederà molti rami al tuo
ceppo, affinché il tuo nome viva fino alla fine di ogni tempo.
7. A
te non è data che una donna, tuttavia, con il susseguirsi dei tempi, gli uomini
potranno prendersi in tutta onestà anche altre donne per la procreazione delle
generazioni, tuttavia sia ben lontano da voi ogni fornicazione e una
procreazione di specie non benedetta. E se voi osserverete tutto ciò, il vostro
popolo diverrà in mille anni tanto numeroso quanto lo è l’erba della Terra e
come le stelle del cielo.
8.
Io, con i miei pochi discendenti, vi benedirò e vi guiderò ancora per
cinquecento anni, ma poi toccherà a te fare altrettanto fino alla fine dei
tempi. Il tempo però lo misurerete prendendo a base la maturità di un frutto
che viene a maturarsi cinque volte durante un giro della Terra intorno al Sole.
E ogni volta che avrete riconosciuto una cosa, guardate dentro voi stessi e là
vi troverete un segno; e con questo segno dovrete sempre significare
rappresentativamente la cosa esteriore. Le vostre azioni, però, voi le
esprimerete mediante diverse linee, e farete questo in armonica rassomiglianza
e corrispondenza; mentre il compimento delle stesse azioni dovrà essere
indicato con dei punti. In questa maniera dovrete segnare tutto quello che in
futuro ancora udirete ed imparerete da noi; e quello che sarà necessario lo
mostrerete pure ai vostri figli, fino alla fine dei tempi, a grande
testimonianza, un giorno, della malvagia razza del Serpente. Amen!»
9.
Tuttavia, sempre a causa della libertà dello spirito di cui continuava a
godere, accadde che anche questo popolo non rimase sempre lo stesso. Contando
circa centoventi anni dopo il diluvio, i discendenti di Sihin crebbero
ugualmente quale popolo molto numeroso, ma purtroppo essi si vennero a trovare
molte volte in dissidio tra loro, e così si formarono dei partiti che si
differenziavano nelle usanze e nel servizio divino. Alcuni sostenevano che
soltanto i primogeniti erano capaci di guidare e governare; altri, invece,
sostenevano che la primogenitura non era affatto qualcosa di preminente, poiché
spesso si verificavano delle primogeniture femminili e, di conseguenza,
ritenevano che la capacità di dirigere avrebbe dovuto sempre essere fatta
dipendere essenzialmente dal cuore più assennato. Questo argomento, poi, veniva
colto al balzo da altri fra il popolo, che
dicevano: «Se si tratta soltanto della
qualità del cuore, perché della direzione del popolo non può essere capace
anche il cuore savio di un fratello minore?» – Qualcuno
però rigettava tutto ciò, e diceva: «Com’era
da principio, così deve restare fino alla fine dei tempi!». – Altri ancora affermavano che in ogni tempo e in ogni
dove era necessario rivolgersi sempre a Dio per consiglio e che non si doveva
mai agire e giudicare arbitrariamente. Ma ce n’erano degli
altri che obiettavano dicendo: «Se
è così, ciò lo può fare chiunque. A che scopo, dunque, occorre un singolo
oppure una pluralità di dirigenti?». – Altri
sostenevano con convinzione che Dio non si manifesta a tutti, affinché gli
uomini non giungano al punto di poter fare a meno l’uno dell’altro. – Ma altri ribattevano: «Allora, che ciascun veggente insegni quello che ha appreso, e poi si
lasci a Dio la direzione del popolo; dunque a che scopo servirebbero diverse
guide?». – Ed altri, dal canto loro,
osservavano: «Ma chi ci garantisce che un
tale veggente e maestro, che si atteggia a essere superiore, pronunci proprio
sempre la Parola di Dio?». – Ed ancora altri
dicevano: «Eh, se ai maestri non si può e
non è lecito credere incondizionatamente, allora, per noi i maestri e le guide
è come se non ci fossero!». E di tali arzigogolate opinioni, tutte in
polemica tra di loro, ne sbucavano fuori in quantità, per questo avvenne che si
formarono un gran numero di sette e così l’impero si scisse in svariatissimi
rami, a seconda del modo di governo e di dottrina. Così frazionato, il Paese
durò fino all’anno tremilasettecento dopo la comparsa di Adamo, nel qual tempo
sorse, come è già noto ai vostri storiografi, il costruttore della muraglia di
protezione di Hehu-Tsin, di nome “Tschi-Hoang-Ti” (la saggia ed
unica guida del popolo). Costui cominciò a tenere possenti
prediche al popolo, ed inoltre profetizzò loro che un grande popolo, insediato
non molto lontano dai confini del loro paese, era venuto in segreto a spiarli;
per cui, se non si fossero uniti strettamente tutti quanti assieme per
costruire lungo l’intero confine dell’Impero una muraglia alta e grossa, allora
questo popolo nemico avrebbe fatto irruzione nel loro paese e l’avrebbe invaso
con masse grandi e potenti, per sterminarli tutti.
10.
Tale guida disse poi che egli stesso aveva ottenuto da Me il potere di
trattenere questa invasione finché la muraglia fosse compiuta, cioè per il
tempo di dieci anni, e perciò sostenne che essi avrebbero dovuto impiegare ogni
diligenza per compiere al più presto possibile quest’opera grandiosa e santa,
la quale gli era stata rivelata secondo la Mia Volontà. Altrimenti se così non
avessero fatto, sarebbe loro accaduto del male.
11.
Allora tutti coloro che erano disponibili si accinsero con zelo alla
realizzazione dell’opera di fortificazione, e in otto anni e mezzo la muraglia
si trovò compiuta per una lunghezza di ottocentosettantamila altezze d’uomo.
Essa misurava nove altezze d’uomo di larghezza, era alta diciannove altezze
d’uomo; e da cento in cento unità di misura d’uomo essa era munita di una torre
di guardia, più alta ancora di dieci altezze d’uomo. In quest’ultima torre
dovevano continuamente fare la guardia, dandosi il cambio, delle compagnie di
cento uomini l’una. Tale cosa certamente non durò troppo a lungo, perché questo
falso profeta ebbe a tradirsi da solo dinanzi al popolo, facendo raccogliere
tutti gli scritti religiosi e distruggendo e bruciando tutto quello che in essi
non era confacente al suo genuino spirito dispotico.
12.
Con tali mezzi gli riuscì certamente di riunire e consolidare il suo potere su
questo immenso Impero, prima di lui molto frazionato, ma ottenne tutto questo
ricorrendo soltanto alla forza. Dunque, egli signoreggiò sul Paese come un vero
usurpatore, e lo fece per sessant’anni. Suo figlio, che portava il suo stesso
nome, divenne tiepido e cedevole, ma in compenso, il figlio di costui, ovvero
il terzo successore di questi due usurpatori, dovette scontare con la vita i
suoi gravi delitti, e questo accadde in occasione di una generale sommossa del
popolo, avendo egli voluto continuare l’opera di persecuzione contro gli
onesti, e in maniera ancora più crudele di quanto non l’avesse già iniziata il
suo avo.
13.
Poi l’Impero si scisse nuovamente in varie parti, finché, finalmente, nell’anno
del mondo 3786, Liehu-Pang (un brigante) radunò intorno a sé un esercito di suoi simili, alla testa dei quali
soggiogò tutti, imponendosi infine come unico dominatore (l’imperatore) e quale figlio del cielo. Per
quanto gli fu possibile, egli raccolse scritti e leggende antiche che erano
ancora nascoste, istituì la religione, costituì dei sacerdoti che dovevano
sorvegliare il santuario, ed infine suddivise il popolo in determinate caste e
classi, i cui limiti non era mai lecito sorpassare, pena la morte.
14.
Fu in tale maniera che egli fondò il cosiddetto Impero “celeste”, ovvero la
grande dinastia (Han) e ampliò quest’ultima verso (Ovest (l’Occidente) perfino oltre la grande muraglia,
e tutto avvenne in modo assai considerevole. E così questo Impero durò fino al
quarto secolo che precedette la grande Incarnazione del Mio Verbo. Dopo, però,
si verificò nuovamente una divisione abbastanza profonda e in questa occasione
l’Impero perdette una parte rilevante della Tartaria e della Mongolia, e si
divise in tre diversi imperi, i quali furono ostili l’uno verso l’altro, e
furono chiamati “Tschenkue”. Ancora più tardi,
nel quarto secolo dopo la grande Incarnazione del Mio Verbo, questa stirpe si
estinse, e l’Impero, pur mantenendo inalterata la sua qualifica di “celeste”,
passò sotto la signoria mongolico-tartara, proveniente dai dintorni del lago
Baikal, a causa del popolo e del sacerdozio. E sotto questo governo più
sopportabile, il popolo di tale paese si trova ancora al giorno d’oggi.
*
15. E così ora avete qui, in brevi parole,
esposta tutta la storia della Cina. Chi è duro di fede, faccia un viaggio
laggiù e si persuada; però non ne ricaverà molto di più che se volesse
andarsene nel Giappone. A chi è cieco, non serve a niente viaggiare e visitare
luoghi, anche se cercasse intorno con un lanternino in mano in pieno giorno, al
veggente invece è sufficiente la luce del Sole!
16. E ora, poiché ormai abbiamo in tal
modo provveduto alla conoscenza dei nostri quattordici scolari, facciamo
ritorno ancora una volta e per breve tempo ad Hanoch, per esaminarvi ancora un
po’ le pazze faccende e gli armeggi di Lamec. Quando ce ne saremo saziati fin
quasi alla nausea, arrivando così ai tempi di Noè, noi muoveremo un passo
indietro e faremo una breve visita al progenitore Adamo, e subito dopo apriremo
la porta del Cielo. Amen!
[indice]
La famiglia
di Lamec
1.
Voi potete immaginarvi molto facilmente come, per effetto di tali considerevoli
emigrazioni, sia Hanoch come le rimanenti altre dieci città si trovassero
quanto mai spopolate, e come Lamec, avendoci rimesso tutto il gruppo dei suoi
fedeli dei quali si era tanto vantato, vedesse ridotta al nulla o quasi la sua
potenza, alla quale tanto teneva!
2. Se
voi considerate attentamente questa circostanza, non farete molta fatica ad
ammettere che Lamec, almeno per i trent’anni del suo regno, dovette per
necessità applicare corde più dolci al suo violino, affinché il popolo gli si
rendesse di nuovo soggetto e ricominciasse a lavorare per lui, allo scopo che
egli potesse divorare a piacimento i frutti così accumulati in compagnia dei
suoi senza una preoccupazione al mondo, proprio come farebbe un maiale e come
un bue da ingrasso.
3.
Ora, la sua famiglia consisteva nelle sue due mogli, cioè Ada e Zilla, (vale a dire “la ben consigliata virtù nella lietezza d’animo” e “la tacita
rassegnazione e tolleranza”). Ada aveva due figli, cioè Jabal (il padre
degli abitanti delle capanne ai piedi dei monti) e Jubal (il
musicista, inventore della zampogna e del violino, strumento quest’ultimo che
non era molto dissimile dal vostro attuale, ma che allora consisteva soltanto
in un pezzo di legno che egli aveva faticosamente lavorato con degli utensili
affilati, tratti dalla pietra).
4. E
Zilla, invece, aveva un figlio di nome Tubalkain
e una figlia chiamata Naeme. Avendolo concesso
per Mia grazia, egli divenne maestro nella lavorazione dei metalli. Naeme,
invece, domava gli animali selvaggi e con ciò rendeva possibile a suo fratello
e ai suoi aiutanti l’accesso alle montagne ricche di minerali. Ella era
immensamente bella in tutto il suo corpo, ed aveva un’anima estremamente umile
ma tanto più coraggiosa; e nei suoi occhi era insita una grande forza, tanto
che dinanzi al suo sguardo le pietre più solide si rammollivano come cera e i
denti durissimi delle belve diventavano come le piume della tortora.
5.
Vedi, questa era la famiglia di Lamec e con lui erano pochi i servitori che gli
erano rimasti. In tutto vi erano alcune cameriere, nonché qualche concubina
senza valore. Dunque, tutto compreso, vi erano all’incirca trenta persone, le
quali, senza eccezione, dovevano lavorare con molta diligenza per ottenere
qualcosa da mangiare e per coprire il corpo; e ciò avvenne per la durata di
circa trenta anni. Dopo questo periodo, più a causa delle utili invenzioni che
non richiamato da Lamec, il popolo cominciò a ritornare ad Hanoch per comperare
là degli utili oggetti di metallo, e ciò avveniva tramite la pratica del
baratto. Dalle altre dieci città, poi, affluiva gente per ascoltare la musica
di Jubal, che addolciva il cuore e lo rendeva di nuovo ben disposto verso
Lamec. Così pure la grande bellezza di Naeme attraeva tutti i cuori, e colui
che non avesse potuto vederla era stimato infelice e ne restava talmente
desolato da piangere e lamentarsi per intere giornate.
6. Ma affinché voi possiate convincervi
di come ciò fosse stato possibile, Io voglio farvi una breve descrizione della
sua persona. – Naeme corrisponde a
quella stessa figura che nell’antichissimo e tenebroso paganesimo passò alla
leggenda quale consorte di un certo fabbro, e che fu la dea della bellezza, con
il nome speciale di “Venere”. Dal tempo di Sara e di Rachele, per quanto
concerne la bellezza del corpo, non è mai apparsa sulla Terra una figura così
bella come quella di Naeme. L’altezza della sua persona era di cinque piedi,
secondo la vostra misura. I suoi capelli erano più neri del carbone. La fronte
era bianca come la neve caduta di fresco e la carnagione era dolcemente rosea
verso gli occhi. Gli occhi erano grandi e di un azzurro perfetto; la pupilla
nerissima e scintillante. Le palpebre erano fresche e dolci; come pure erano
nere le sopracciglia. Il naso era diritto, e la sua linea andava perdendosi,
delicata e dolce, verso le narici, la cui perfetta curvatura conferiva al viso
un incantevole aspetto. La bocca era grande proprio quanto un occhio; e la
contemplazione delle sue labbra, dolcemente rilevate, avrebbe messo in ombra
qualsiasi rosa. Intorno alle sue guance, bellissime e di giusta proporzione,
sembrava aleggiare un sereno e perpetuo sorriso, ed esse lasciavano trasparire
una tonalità d’incarnato di un roseo tenue e dolcissimo, come se tutte le rose
avessero concorso a formarne la tinta. Si sarebbe detto che tale colorazione
d’incarnato fosse derivante da una rosa ricoperta lievemente di neve, quando
questa, per così dire, concede all’ultimo raggio d’amore della regina dei fiori
di accarezzare la fresca superficie dal brillante candore. Così era anche il
mento che era quale nessun altro di forma terrena. Il suo collo non era né
troppo lungo né troppo corto, ma perfettamente proporzionato, liscio e rotondo,
senza la più piccola macchia. Il principio del petto era distinto dal collo
solamente per un marcato sollevarsi della linea del petto stesso, delicatamente
rigoglioso. E così pure le spalle e la nuca; tutto godeva di una proporzione
ideale. Il seno sembrava un’esuberanza vitale, nivea ed eterea, piuttosto che
una forma di carne; e sulle sue rotondità, dolcissime e d’un rigoglio maestoso,
sembravano sbocciare due pure e fresche rose. Le sue braccia erano così piene e
morbide, che voi non potreste farvene nemmeno la più pallida idea, poiché
braccia simili non si trovano che in Cielo. E in queste ideali proporzioni era
totalmente armonizzato anche tutto il resto del suo corpo, soffuso di un niveo
candore, splendente di una dolcezza e morbidezza eteree.
7.
Ora questa Naeme divenne moglie del proprio fratello, che con lei generò sette
figli, i quali però erano molto goffi e deformi nell’aspetto ed avevano molta
analogia con i vostri cosiddetti cretini. La causa di ciò era però da
ricercarsi nel fatto che Naeme, secondo la volontà del proprio padre, doveva
ben spesso prestarsi con il suo corpo a pratiche di fornicazione per appagarne
i disegni progettati secondo l’avidità di dominio, perché proprio con questo
mezzo tutta la popolazione maschile si rese nuovamente sottomessa a Lamec.
Infatti tutti gli occhi erano rivolti solamente a Naeme, e tutti gli orecchi, di
conseguenza, non udivano che i comandi tirannici di Lamec. Naeme rimase, fin
nel suo ottantesimo anno d’età, oggetto costante dell’ammirazione umana, ed
entro questo tempo il popolo si era nuovamente accresciuto di numero, ed
obbediva di nuovo ad ogni cenno di Lamec. E Lamec, avendo visto come egli era
nuovamente diventato potente, ricominciò ad adottare sistemi sempre più severi
e duri; e per i riottosi decretò crudelmente perfino la pena di morte, alla
quale abbiamo già accennato prima.
8.
Appunto al tempo di Naeme si effettuò da parte dei figli di Adamo, dietro Mio
ordine, il primo invio di un buon messaggero dalla montagna, il quale ebbe il
mandato di recarsi nelle pianure di Hanoch per annunciare dappertutto il Mio
Nome, e in particolare, appunto, alla corte di Lamec. E vedi, Lamec accolse
bene questo Mio messaggero. Ora questo messaggero era un discendente di Adamo,
proveniente dal ceppo dei nipoti di Adamo da Set, e il suo nome era Hored ed era grande e saggio, e non aveva né moglie né
figli. Lamec, dopo aver inteso gli insegnamenti di Hored, rientrò in sé e,
volendo rendere a un tal messaggero un grande onore, fece radunare tutta la
corte femminile e lo pregò di scegliersi la donna più bella. E vedi, allora,
contro la Mia Volontà, Hored guardò la moglie di Tubalkain e questa dovette ad
ogni costo obbedire al comando di Lamec.
9.
Poiché, quantunque Naeme avesse allora già quasi ottant’anni, tuttavia essa era
tanto bella che al suo paragone una vostra attuale fanciulla, nel fiore dei
suoi diciotto anni, avrebbe dovuto nascondersi nel più profondo della notte. In
quanto a Tubalkain, era già comunque da lungo tempo abituato all’infedeltà, e
quindi non prese tale cosa troppo a cuore, anzi, tanto meno se ne dispiacque
dal momento che Hored stesso ebbe a promettergli che, in primo luogo, gli
animali selvaggi non avrebbero potuto più nulla contro di lui, grazie alle armi
che aveva a sua disposizione e anche per merito della sua veste di metallo; e
gli promise, in secondo luogo, che gli avrebbe procurato diversi robusti
aiutanti dalle montagne i quali lo avrebbero difeso, e poi gli avrebbero
insegnato come si dovevano lavorare veramente i metalli per trarne fuori ogni
tipo di cose utili.
10.
Con ciò anche Tubalkain si dichiarò soddisfatto, e la cosa fu in tal modo vergognosamente
risolta. Poi Hored abbandonò Hanoch con la sua donna e fece ritorno alle
montagne.
11.
Ma per quanto riguarda gli aiutanti delle alture, la questione rimase allo
stato di promessa, perché Hored con la sua donna non si fece più vedere presso
i suoi, ma si era cercato, invece, una sede solitaria allo scopo di sfuggire
alle invidie che la sua felicità avrebbe potuto suscitare.
12.
Però, in seguito a questo inganno, Tubalkain si vide costretto ad accordarsi
con suo fratello (fratellastro) Jabal, figlio di Ada, per fare con lui causa comune, e per indurlo a
costruirsi delle capanne ai piedi dei monti e a stabilirvisi quale guardiano.
Fu in questo modo che Jabal divenne noto [col nome] di “abitante delle
capanne”.
13.
Così essi edificarono un’officina in piena regola per la lavorazione dei
metalli e si misero a fabbricare oggetti di vario genere, in parte di utilità e
in parte anche di ornamento, oggetti eleganti e splendenti che andavano a ruba
in cambio di frutta. Anzi, da quasi tutte le città e da tutto il resto del
paese, la gente accorreva alle sicure capanne e là faceva acquisti dettati o
dalla necessità oppure dal lusso, e tutti erano molto affezionati a Tubalkain,
e conducevano a lui i loro figli, perché apprendessero l’arte dei metalli, in modo
che in breve tempo la popolazione delle capanne si accrebbe tanto che Lamec ne fu intimorito.
14.
Infatti, egli pensava tra di sé: «Cosa posso o cosa devo fare ora? L’azione che
io ho compiuto a danno dei miei fratelli grava acutamente su di me come una
forte spina sul mio petto. Il ‘gran terribile’ della montagna, che è divenuto
mio secondo genero, mi ha rinfacciato aspramente il mio delitto, ed egli mi ha
comandato di dichiarare al popolo questa nefandezza. Ma se io obbedisco, allora
non sono più sicuro della mia vita; e se non faccio così, avrò Dio e i Suoi
grandi figli della montagna contro di me, i quali mi annienteranno per la mia
disobbedienza»
15.
Ed ecco che allora una voce potente parlò fuor
dal suo petto, e disse: «Rivelalo alle tue mogli e dì loro: “O voi, mogli di
Lamec, udite le parole e considerate bene quello che ora vi dico: “Io ho ucciso
un uomo con una percossa, e il colpo è ricaduto su di me; e poi ho colpito
l’altro giovane, ferendolo a morte, e ora la ferita si è aperta in me. Se Caino
sarà biasimato sette volte, Lamec lo sarà settantasette volte!”».
16. E
vedi, così Lamec trovò giusto e così fece come la voce gli aveva comandato. Ma
quando le sue mogli ebbero appreso le sue parole, inorridirono tanto da
restarne da quel momento mute, e anche per questa ragione esse non poterono
raccontare niente a nessuno di tutto ciò. Però, dopo qualche tempo lo
abbandonarono di nascosto e si avviarono a rifugiarsi presso i loro figli che
vivevano nelle capanne. Ma, prima che giungessero là, furono fermate da due
abitanti delle montagne, allora esse riacquistarono la parola e furono condotte
sulle sacre alture dei monti dai medesimi due.
17. E
non appena furono giunte sui monti, esse chiesero subito notizie di Naeme, ma
le guide risposero loro che Hored si era eclissato ai loro sguardi, per
infedeltà e invidia, e che non era stato dato loro ordine di rintracciare il
luogo dove egli si trovava, forse rincantucciato come un verme. Aggiunsero
inoltre, che se avessero tutte voluto lasciarsi benedire da loro, essi le
avrebbero accolte come mogli, poiché Ada aveva centodieci anni e Zilla appena
cento, ed erano ancora due superbe bellezze, ed all’aspetto erano tali come,
nel tempo attuale, potrebbe apparire una giovane perfettamente sana nel suo
ventiquattresimo anno di età.
18.
Allora esse ricevettero la loro benedizione e diventarono così le loro mogli, e
poi con i loro nuovi mariti si avviarono verso la dimora di Adamo, che a quel
tempo aveva già raggiunto l’età di novecentoventi anni, per ottenere
benedizione anche da lui.
19. E
quando Adamo li ebbe scorti, con voce commossa
disse: «Udite, o figli dei figli dei miei figli, io, senza eccezione, conosco
tutti i miei discendenti che stanno sotto la mia benedizione, ossia secondo la
benedizione di Abele che provenne dall’eterno Amore, ma non conosco queste due
donne! Da dove vengono?». – E i due risposero:
«Esse sono le mogli proscritte di Lamec che hanno
ripudiato il suo misfatto».
20. E
Adamo allora parlò e disse: «Che cosa dite mai? Io
conosco il figlio di Matusalem (Lamech) e questi è
dell’età di appena centoventisei anni e ancora
non ha mai conosciuto donna!
Qui in questo punto del testo
in una delle prime edizioni stampate del GFD era stata inserita una nota del
primo editore che riportiamo: (Nota bene del Signore del 25-6-1841:
"Qui, però, 126 anni non indicano l'età, ma si riferiscono soltanto ad uno stato nel quale l'uomo non ha ancora il giusto
rapporto che è 100 per Dio, 10 per il fratello e il prossimo, e uno per se
stesso! Se tu capisci il calcolo, facendo i conti troverai quando l'uomo è atto
alla rinascita. Lamech non aveva mai conosciuto donna
perché egli in spirito non stava sul gradino che è posto come fondamento
dell'Ordine eterno. Anselm W. Huttenbrenner
ha solo 137 anni; si deve togliere ancora qualcosa dal sette e dal tre. Amen! –
Questo lo dico Io, vostro Padre. Amen! Amen! Amen!".) – [Nota dell’Editore tedesco: Matusalem aveva allora 233 anni e Lamech
46. Cfr. cap.110, verso 7] [9]
Come
suonano dunque queste vostre parole? Sia maledetta la menzogna e la bocca che
l’ha proferita e la lingua che si muove a dire cosa non vera dinanzi al
cospetto di Dio! Per la maledizione di Caino, l’assassino, parlate dunque. Da
dove vengono queste donne?»
21.
«Non adirarti, o padre Adamo!», risposero essi,
«Anche dal grembo di Caino è sorto nella pianura maledetta un Lamec, ed è
questi che ha assassinato due suoi fratelli. Queste donne sono rimaste pie ed
oneste nella maledizione, perciò il Signore ci ha suscitati per salvare il
perduto. E se abbiamo fatto la volontà dell’Alto, non adirarti, o padre, ma
piuttosto benedici ciò che il Signore ha salvato!»
22. E
vedi, Adamo allora si commosse e così parlò:
«Quello che il Signore ha salvato, è già benedetto e quindi la mia benedizione
non sarebbe che un sacrilegio; andatevene dunque in pace! Come mai dovrebbe
dispiacere a me quello che piace a Dio? Conservate perciò i tesori dell’eterno
Amore e della Misericordia! Amen!»
[indice]
Principio e
cause della decadenza dei figli delle alture
1. E
vedi, essi poi si ritirarono dal primo padre e se ne andarono e custodirono
questi tesori nei loro cuori quasi con troppo ardore, così tanto che per Me non
rimase disponibile in questi che un piccolo spazio soltanto, cosa che,
naturalmente, non risultava assolutamente più in armonia secondo il Mio Ordine.
In questo modo il loro cuore gradatamente si ottenebrò; ed essi diventarono
sempre più sensuali. E simili a loro crebbero anche i loro figli, in modo che
ben presto non ci fu che una lieve differenza tra loro e gli hanochiti.
2. E
quando i figli di Adamo ebbero osservato queste donne e visto che erano
straordinariamente belle, chiesero ai due da dove fossero venute.
3. Questi risposero:
«Provengono dalla pianura di Hanoch, laddove ce ne sono molte migliaia, le
quali sono sorte tutte dal sangue di Caino! Andate dunque laggiù ed annunciate
dappertutto il Nome del Signore, ed otterrete ricompensa uguale alla nostra.
Hored vi andò e fu ricompensato; noi vi andammo pure e il nostro premio ci sta
legato fortemente al cuore!». Essi poi domandarono notizie di Hored, ma i due risposero: «Fratelli, il nostro amore ci ha resi
ciechi nella sua dolcezza benedetta, perciò non sappiamo dove egli abbia
rivolto i suoi passi. Tuttavia crediamo che egli abbia preso la stessa via di Ahujel e di Aza, e voi sapete che
là non si può arrivare prima che il Sole non si sia levato e tramontato ottanta volte[10];
tuttavia non c’è alcun interesse ad invidiarlo nella sua felicità, ma è
importante che voi facciate la Volontà di Jehova e che andiate ad Hanoch, e là
è anche opportuno che voi annunciate con voce possente il Suo santo Nome; e poi
la ricompensa non vi verrà negata». E coloro che intesero tali parole erano
sette di numero, e scesero alla pianura.
*
4. Prima di continuare, però, noi
daremo ancora un’occhiata a quello che accadeva nelle pianure di Hanoch, e qui
li attenderemo prima ancora che essi abbiano il tempo di manifestarsi completamente,
e di cominciare ad agire nel Mio Nome, tuttavia non per essere stati chiamati a
questo scopo ma soltanto per curare i loro interessi mondani.
*
5.
Ora vedete, Lamec non aveva ormai più nessuno che lo consolasse. Nessuna cosa
gli andava più a genio, la musica faceva tremare la sua coscienza, e nelle
dolci vibrazioni armoniche gli pareva sempre di udire gli ultimi sospiri dei
suoi fratelli assassinati; e il suono della cornamusa penetrava come un pugnale
nel suo cuore di pietra. Perciò egli malediva Jubal per avere costruito un tale
misero strumento che con ciascun suono non soltanto l’uccideva sessantasette
volte, ma gli arrecava sempre mille volte la morte. Per questo fatto, dato che
in ogni occasione rendeva tanto inquieta la coscienza di Lamec, Jubal dovette
abbandonare la corte e fu obbligato a non farsi più vedere, se mai avesse
voluto ancora attribuire un qualche valore alla sua vita.
6.
Neppure le più belle concubine di Lamec, per quanto fossero attraenti, erano
più in grado di riguadagnare il benché minimo favore presso di lui, e perciò
esse stracciarono le loro vesti, piansero e se ne afflissero. Ma quando Lamec se ne accorse, si recò da loro e disse: «La mia
Ada è partita, e la mia Zilla non c’è più. Cosa devo fare di voi? Uscite fuori ai
campi e lavorate, affinché il vostro stomaco non rimanga vuoto ad Hanoch, e
anche perché non succeda che voi periate alla mia corte, poiché io non ho più
bisogno di nessun altro che di me stesso! Se io possedessi la mia potenza,
allora il Sole, la Luna e le stelle tutte dovrebbero inchinarsi dinanzi al mio
furore. Invece, dal tempo di Tatahar io sono diventato così debole che nemmeno
attraverso le molte esecuzioni, ordinate secondo la mia legge, io posso più
ricostruire la mia perduta potenza. Io quindi intendo allontanare tutto da me
per restarmene solo con i miei pochi servitori e consiglieri. E voglio limitare
il mio governo alla mia sola città. Tutto il resto, dunque, se ne stia senza
leggi e liberissimo. E chiunque vorrà avvicinarsi alla mia corte, sarà punito
con la morte!
7. E
ora alzatevi e andatevene, affinché non siate le prime ad andare incontro ad
una tale sentenza, e nessuna osi oppormi nemmeno una parola, se non vuole
vedermi spegnere il mio furore nel suo sangue!»
8. E
vedi, allora egli si ritirò precipitosamente, e le fanciulle, che erano 30,
bellissime e dai venti ai 40 anni di età, si allontanarono. Quando esse si
trovarono all’aperto, si sedettero a terra,
e fra di loro si consigliarono su quanto avrebbero dovuto fare; ma non potevano
giungere ad alcuna decisione favorevole (riflessione)[11].
E vedi, mentre esse a questo modo andavano fantasticando, si accorsero
d’improvviso di essere circondate da sette uomini
grandi e vigorosi, e perciò furono prese da grande spavento per
quest’insospettata sorpresa. Ma quando quegli uomini videro il loro imbarazzo,
indirizzarono loro le seguenti parole:
9.
«Non spaventatevi, o giovani e leggiadre figlie, perché niente di male potrà
accadervi! Noi non veniamo da Hanoch per
riportarvi verso la morte, ma veniamo dall’alto, dai monti e vogliamo salvarvi;
e se voi consentirete, confessando il santo Nome di Jehova, a lasciarvi
benedire da noi, noi vi accoglieremo quali moglie dilette, in grazia dell’Amore
di Dio, Padre onnipotente del padre nostro Adamo. Però sarà necessario che poi
voi ci seguiate sulle alture, là dove Naeme se n’è andata con il grande Hored,
e dove, tra le braccia tutelari e sicure di Aholin e di Gioliele, due fratelli,
Ada e Zilla, che prima erano mogli di Lamec, il crudele fratricida, si trovano
ora felici»
10.
Allora le fanciulle si alzarono e dissero: «Noi
siamo in trenta e voi non siete che in sette. Se ciascuno di voi non può
prendersi che una moglie, come una volta abbiamo sentito dire, è legittimo
chiedere cosa dovranno fare al vostro fianco le altre ventitré?»
11. E
i sette risposero: «Le cose non stanno così come
credete! Quantunque in origine – come ci ha insegnato il nostro progenitore
Adamo, ancora vivente – non siano stati creati che un uomo e una donna, grazie
alla forza dell’onnipotente Amore di Dio è stato tuttavia concesso da Dio a noi
figli di prendere anche quattro, cinque e anche più mogli, e questo accadde per
ragioni di procreazione. Dunque, non datevi alcun pensiero per questo, ma
lasciate che noi vi benediciamo, e poi, voi seguiteci!»
12. E
vedi, quando le fanciulle ebbero inteso queste parole, ne furono immensamente
liete, e subito si misero a seguire gli uomini. E quando ebbero raggiunto del
tutto le alture, questi sette non seppero come dividere tra di loro i tesori
dell’amore che si erano conquistati. Allora si prostrarono a terra sulle loro
facce e chiesero consiglio a Me. Ma, ecco, allora comparve Set vicino a loro, che disse: «Alzatevi e non vogliate
tentare Dio con cuori spergiuri, per chiedere al Santo come dovreste ripartirvi
tra di voi una preda impura, ma andatevene piuttosto da Adamo, e là pentitevi
del vostro errore. Dividete poi le donne tra i vostri fratelli, e fate questo
soltanto dopo che il padre Adamo le avrà benedette, affinché in tal modo
compariate giusti al cospetto di Dio, poiché voi sapete che Dio è santo e che
il Suo paese non deve essere profanato né dalla disobbedienza né dalla libidine
dei vostri cuori colmi di vanità!»
13. E
vedi, dopo tale ammonizione i sette andarono con le fanciulle, accompagnati da
Set, e giunsero dinanzi alla dimora di Adamo. Essi trovarono Adamo ed Eva,
assorti in preghiera per Me, con a fianco Enos (“il
predicatore del Mio Nome”) che era figlio di Set, e a fianco
dei progenitori c’era anche Enoch (“la Volontà
di Jehova”), il piissimo figlio di Jared. Allora Set riferì
subito al padre Adamo quanto era accaduto e lo pregò di avere misericordia del
sangue di Caino, allo scopo di ristabilire con ciò l’ordine che era stato
turbato dai sette.
14.
Ma Adamo disse: «O Abele-Set, diletto figlio
mio, certo tu sei un’immagine fedele del mio buon Abele; tu sei come lo era
lui, pieno d’amore, secondo il mio sentire! Lui, infatti, per amore benedisse
il suo uccisore, e tu ora cerchi benedizione per il sangue del mio nemico!
15.
Sii dunque mille volte benedetto, o destato seme di Dio, e con questa
benedizione benedici a tua volta il sangue tanto profondamente profanato e
distribuisci poi il sangue tra i figli! E come piace al Signore, ciascuno si
prenda una fanciulla e non di più, però non rimanga qui nel paese di Jehova,
bensì se ne vada lontano, verso il tramonto (l’Occidente), per trenta giornate di cammino, e scenda nelle valli profonde per
stabilire là la sua dimora, e non deve fare ritorno ai padri che dimorano qui
prima che il Sole non abbia compiuto cento volte il circolo del suo viaggio.
Tu, o mio caro Abele-Set, colmo come sei della Grazia di Jehova, sai già come
sia santo questo luogo. In esso, infatti, viene spesso proferito il santo Nome
di Dio da ciascuna bocca, in esso si trova il tuo altare, dal quale, da parte
di Enos, viene annunciata la santa Volontà del supremo Padre santo e dove
questa santa Volontà viene fino al suo ultimo punto adempiuta da Enoch. Opera
dunque secondo quanto ti ho detto nel Santissimo Nome di Jehova, e fa questo
pure nel mio nome, che è un nome santo, poiché lo ricevetti dalla Sua
santissima Bocca, in quanto io sono il primo uomo non nato, bensì creato dalla
santa mano di Dio!
16.
L’amore ti sia di guida, e la grazia ti conduca in eterno! Amen!»
17. E
vedi, Enos ed Enoch accompagnarono il padre Set fuori dalla capanna di Adamo.
Ed Eva piangeva di gioia nel vedere Adamo tanto
felice, e gli disse: «Adamo, quanto sono lieta ogni volta che ti vedo davvero
contento! Ma, poi, se considero di nuovo me, ridivengo triste quando mi si
riaffaccia alla mente la gravità del mio peccato e l’immenso male che questo ha
già causato. Quanto grande sarà poi questo male presso i discendenti di Caino!
Oh, Dio! Quale grande peccatrice sono io!»
18. Adamo però le rispose, confortandola: «O mia cara
moglie, mio secondo io, il tuo cordoglio è sempre giusto e gradito al Signore.
Perciò datti pace nel tuo cuore e pensa che noi, senza Dio, non possiamo nulla,
ma con Dio invece, come Enoch ci insegnò, noi possiamo tutto. Perciò senza Dio
noi non potremo mai trovare vera pace, ma per questa ragione dobbiamo anche
offrire tutto in sacrificio al Signore. Vedi, Egli è potente, saggio e pieno
d’Amore, e perciò saprà trovare i giusti mezzi per raddrizzare nuovamente
quello che per causa nostra si è piegato e contorto. Non darti affanno dunque,
perché l’Amore del Signore rimetterà ogni cosa in ordine, a suo tempo! Amen!»
19. E
vedi, allora la progenitrice rese grazie ad Adamo, ed egli la benedisse per
l’ultima volta con il Mio Nome, poi il primo genitore (Adamo = 930 anni!) visse ancora dieci anni; ella
però ne visse ancora trenta (Eva = 950 anni!).
20.
Frattanto Set aveva fatto come Adamo gli aveva consigliato, però i sette
scoppiarono in pianto udendo che si sarebbero dovuti allontanare. Set, la qual cosa dispiacque molto nel suo cuore, si
gettò a terra sulla sua faccia e Mi implorò, dicendo in cuor suo: «O Jehova!
Vedi, le lacrime di questi figli mi bruciano, e tuttavia il mio amore non è che
odio se paragonato alla Tua infinita Misericordia! Oh, indicami tu, per bocca
di Enoch, che cosa devo fare, oppure lascia che, come avvenne con Abele, io
muoia per non vedere le lacrime dei figli destinati all’esilio! O Jehova!
Esaudisci anche questa volta, e come sempre, la mia preghiera! Amen!»
21. E
vedi, Enoch volse lo sguardo al Cielo; ed Io gli aprii la bocca, ed egli cominciò a parlare e
disse: «Io ho
rivolto il Mio orecchio alla Terra, ed ho inteso bene l’amore di Set. Se i
sette daranno le fanciulle ai loro trenta fratelli celibi, ed essi vivranno ancora
in castità dieci anni, rimangano; ma se non vogliono fare così, fuggano lontano
dalla Mia Faccia come Adamo ha loro ordinato! Amen!»
22. E
come i sette ebbero appreso tale cosa, si rasserenarono e gioirono nei loro
cuori e lodarono e glorificarono Dio per tanta immensa Grazia e, con grande
allegria, condussero le fanciulle ai loro fratelli, accompagnati da Set, Enoch
ed Enos.
23.
Ma quando i fratelli ebbero visto queste fanciulle, temettero, perché non
sapevano come sarebbe finita quella faccenda, e perciò si rifiutarono di
accogliere le donne. Ma, avendo Io scorto la
condiscendenza dei sette, così parlai per bocca di Enoch:
24. «Io ho scrutato i
cuori di voi sette, ed ho visto che sono disinteressati e si sono rallegrati di
poter procurare gioia ai vostri fratelli; perciò tenetevi le fanciulle, e che
esse siano benedette a causa del vostro cuore e della sua generosità, e
ciascuno ne abbia quattro, all’infuori dei due più anziani che ne avranno
cinque; però il tempo della castità venga ugualmente osservato! Amen!»
25. E
vedi, allora Set, Enos ed Enoch li benedissero e li lasciarono, lodando il Mio
Nome, e poi se ne andarono da Adamo a narrargli l’accaduto.
[indice]
Adamo
racconta la sua caduta
14 settembre
1840
1. E
come Adamo ebbe udito il racconto di Set, di Enos e del piissimo Enoch, ne gioì
enormemente, poiché vide quanto più sublime e quanto più nobile è il Mio Amore
rispetto all’amore di tutti gli uomini. E la sua meraviglia non fu poca
allorché, da ciò che gli veniva narrato, dovette dedurre che il Mio Amore si
era abbassato perfino sulle pianure della maledizione, fino alla scivolosa
progenie del Serpente. Così Adamo, commosso fino
nelle sue più intime fibre, pronunciò il seguente discorso, e tali sue brevi
parole rimasero famose per un lunghissimo tempo, cioè fino al tempo del
diluvio. Tuttavia non fu preso nota per iscritto di tali parole, ma esse furono
tramandate di bocca in bocca. Ecco dunque le parole di cui si tratta:
2. «O
figli miei! Aprite bene gli occhi ed osservate le estese campagne della Terra
che ora, fino a dove può arrivare il vostro sguardo, sono già quasi dappertutto
popolate dai miei figli benedetti! E guardate ancora in basso e considerate
tutte le oscure e vastissime pianure; e guardate là verso il Mattino
quell’altissima montagna sempre in fiamme! Abbracciate con il vostro sguardo
tutta la Terra, se lo potete, e guardate poi me, il primo uomo di questa Terra.
Ma cosa dico mai? Dovrei dire invece: ‘Guardatemi,
come si deve guardare colui che doveva essere il primo, e che, come creatura,
ne precedette ogni altra nello spirito, colui che, cioè, era risplendente più
del centro del Sole e che volle essere più grande di Dio!’. E Dio allora mi
mostrò la potenza della Sua Santità e fui condannato e venni gettato nelle
infinite profondità del mare dell’ira divina, e là fui scagliato da un’infinità
di furore all’altra, attraverso profondità senza confini. Sì, devono essere
trascorse eternità su eternità di tempi e, tuttavia, nell’immensità sterminata
non c’era più il benché minimo punto nel quale io, in tale grande nullità,
avessi potuto trovare un qualche luogo di riposo.
3. E
così, mentre cadevo da un’infinità all’altra, e continuavo a cadere sempre
eternamente, eternamente e sempre eternamente, cominciai a concepire la
grandezza ed anche l’infinita, eterna durata della potenza di Dio. E finalmente
mi si affacciò chiara alla mente la visione della vanità dei miei sforzi.
4.
Però, fu anche il momento in cui pensai tra me: “A che ti giova ora questo intendimento?
Io ormai sono troppo lontano da Dio, ed è impossibile che Egli sappia ancora
qualcosa di me, poiché in questa sconfinata nullità del vuoto non regna altro
che l’eterna dimenticanza di Dio. Io sono eternamente caduto da un’ira
all’altra, dove i flutti del fuoco senza fine battevano continuamente contro la
mia fronte, e larghe lingue di fiamma lambivano le mie viscere e mi bruciavano
più del metallo rovente. Ma ora sono caduto, per l’eternità e per tutte le
profondità, giungendo perfino al disotto di tali fiumi dell’ira divina. Dunque,
dov’è ormai l’adirato Dio, e dove sono io? Qui tutto è notte sorda, infinita!”
5.
Ma, vedete, mentre in me si avvicendavano tali pensieri di pentimento, ecco che
scorsi d’improvviso un essere simile
a me, che dalle altezze eterne veniva librandosi dietro a me. L’essere mi
raggiunse con la velocità del lampo, mi afferrò con possente mano e, sorridendo
dolcemente, mi guardò e mi disse: “O
Lucifero, misero spirito caduto, Mi riconosci?”
6. Ed
io risposi: “Come potrei riconoscerTi, in
questa immensità del nulla, la quale è deserta di ogni essere e totalmente
tenebrosa? Ma se Tu puoi annientarmi e rendermi uguale a colui che non fu mai e
che non è e che mai sarà, fallo pure, ed io ti ringrazierò anticipatamente,
affinché dopo il mio annientamento tu possa ritornare, non privo di
ringraziamento, fuori da questa regione vuota di esseri, alle Tue altezze a me
sconosciute!”
7. E
ora udite, quell’essere così parlò: “Ascolta!
Io non voglio annientarti, bensì voglio conservarti per ricondurti, per vie
sconosciute, proprio là da dove sei partito, colmo di peccaminoso orgoglio!”
8. Ed
io dissi: “Fa’ quello che puoi, però
considera l’immensità dell’ira di Dio! Poiché io ero grande e sono caduto nel
nulla. Rifletti, dunque, anche se Tu fossi divenuto più grande di me – che Dio
è eterno e infinito, e colmo di fiammeggiante ira e furore!”
9. E
quell’essere replicò: “Ma non hai mai
misurato anche l’Amore in Dio? Vedi, benché il mare dell’ira sia grande,
tuttavia il Suo Amore giunge perfino dove i profondi fiumi dell’ira sono
eternamente inariditi, sotto ai margini senza fine dell’infinità, dove ha
inizio una seconda infinità!”
10.
Ed io risposi: “Ascolta, quando ero
ancora il principe di ogni luce, mi fu indicata una pallida e piccola fiammella.
Io avrei dovuto adorarla, poiché essa era l’eterno Amore di Dio. Ma io non
potevo crederlo nello sfolgorio dei miei raggi, perché io mi vidi di gran lunga
più maestoso della pallida fiammella. E vedi, allora fui anche preso
dall’esaltazione della sublimità della mia luce, mi accesi ancora di più, e con
la mia luce volli annientare del tutto la fiammella. Ma, allora, l’ira divina
mi afferrò, ed io venni scagliato qui, in questo vuoto tenebroso, eterno, che
ho raggiunto solo dopo eternità”.
11. E
vedete, d’un tratto scorsi la fiammella librarsi sopra il capo di quell’essere,
e quell’essere mi indirizzò nuovamente la parola e mi disse: “O Lucifero, Mi riconosci ora?”. – Ed io
risposi: “Sì, o Signore, io Ti riconosco;
Tu sei l’Amore di Dio; giungi molto più lontano dell’infinito mare della Sua
ira. Guardami ora nella Tua Grazia e procurami un qualche posticino stabile,
affinché io possa trovare pace in questo intollerabile ambiente di eterna
vacuità!”
12. E
vedete, allora dall’occhio limpido dell’eterno Amore spuntò una lacrima, la
quale corse giù negli spazi tenebrosi dell’eternità ed essa si trasformò in
grandi acque. E l’Amore alitò sopra le grandi acque nell’abisso, e così le
acque si separarono, ed innumerevoli gocce si formarono fuori dalle acque. E la
fiammella sopra il capo dell’eterno Amore si diffuse all’istante, ed accese le
goccioline formandone dei soli immensi, e i soli sprizzarono terre nel calore
dell’eterno Amore e queste sprizzarono le loro lune.
13. E
ora ascoltate: ‘Dal mezzo della lacrima
di Dio io vidi salire a me questa stessa Terra in cui ci troviamo ora, e
l’Amore la benedisse e alitò su di essa, e la Terra stessa fiorì come un
giardino, ed era liscia, bella e piana, però non vi si trovava ancora alcun
essere vivente. Allora l’Amore rivolse alla Terra il Suo sguardo, e forme
vitali d’ogni specie pullularono su di essa, nei mari e nelle altre acque, sui
continenti come nell’aria ridestata’.
14.
Ecco, io vidi tutto ciò e, per la speciale Grazia del Signore, io ora ne sono
pienamente conscio. E quando sulla Terra tutto fu così gradatamente disposto,
secondo il volere dell’Amore divino e conformemente all’Ordine eterno, allora
l’Amore alzò i Suoi occhi alle altezze di Dio e disse:
15. “O sante potenze del Padre, facciamo ora l’uomo
e diamogli un’anima vivente, affinché colui che è caduto possa trovare un luogo
dove posarsi ed affinché si umilii dinanzi a Te, a Me e a tutta la potenza
della nostra Santità!”
16. E
allora, dagli spazi eterni divampanti, si udì un tuono, e il tuono era la voce
di Dio, e l’Amore soltanto comprese questa voce;
e dopo di questo, l’Amore formò dell’argilla finissima e – guardate qui – formò
proprio questi piedi, che ormai già da più di novecento anni mi portano, e le
mani; e in breve l’eterno Amore mi formò come io ora sto davanti a voi!
17. E
ben presto cominciai ad esistere. Però io ero ancora morto, dato che nessun
moto e nessun impulso si poteva percepire in me. Allora l’eterno Amore si chinò
su questa mia forma morta, e attraverso le narici le alitò nelle viscere anche
un’anima vivente assieme al fiato vivificante; e fu proprio allora che io, il
primo uomo di questa vasta Terra, mi trovai vivo, come lo sono adesso e mirai
la grande Creazione. Ma quest’ultima non era fonte per me di alcuna gioia, e perciò
mi destai subito stanco ed insoddisfatto della mia esistenza, per quanto essa
fosse meravigliosa. Non potevo comprendere il come, il quando, il cosa, il
perché e da dove io ero venuto; perché la mia forma animata e vivente non
poteva vedere l’eterno Amore che era il suo Creatore.
18. E
vedete, allora l’eterno Amore fece immergere
questa mia forma nel primo sonno, e mi disse: “Ecco il tuo luogo di riposo! Entra nel
cuore di questa vivente dimora, poiché Io l’ho preparata per te. In essa
troverai una tabella completamente e chiaramente scritta, sulla quale sarà
segnata la Volontà di Dio a grandi caratteri di fuoco; perciò conviene che tu
ti tolga la tua volontà, e che al suo posto tu assuma la Volontà di Dio!
19. Vedi, proprio
questa è la via, a te incomprensibile, per la quale Io voglio ricondurti al
luogo della tua originale dimora! Non guardare mai te stesso, ma scruta in
continuazione questa tabella di Dio, e così tu poi vivrai con Me in eterno e
con Me regnerai da un trono sopra tutta l’infinità! Ma guai a te se cadi ancora
una volta, perché allora l’Amore ti sarà perfino di maledizione; ed Io donerò
all’uomo un altro spirito che uscirà direttamente da Me; e tu, invece, dovrai,
per l’eternità delle eternità, abbandonare questo particolare punto di riposo,
e non ti sarà concesso mai più alcun tempo, all’infuori di quello del fuoco
eterno, nell’ira di Dio e nella maledizione dell’Amore!
20. Dunque,
considera bene cosa significa tutto questo! L’ira di Dio può essere attenuata
qualora intervenga l’Amore, ma quando l’Amore stesso ti dovesse maledire, – chi
mai poi ti potrebbe proteggere dall’eterno furore della Divinità? E quale potrà
essere l’intermediario fra l’ira di Dio e te? – Io te lo dico: – niente altro e
nessun altro che il giudizio e la condanna! Infatti tu sei un’opera di Dio
uscita da Me. Ma dov’è l’essere che vorrebbe toccare la Gloria di Dio? Poiché,
per Mio disegno, è pur bene che un’opera divenga libera secondo la volontà
della Potenza libera della Santità eterna di Dio, poiché proprio a questo scopo
ti fu donata una libera volontà, e questo fu fatto perché, appunto, tu voglia
riconoscere in te la Volontà della potenza eterna di Dio. Ma se tu non lo vuoi,
ciò significa che non ti importa di niente e allora dovrai riconoscere la
potenza infinita di Dio, allorquando Egli ti esilierà nell’eterna nullità
ardente.
21. Poiché presso
Dio nessun essere è tenuto in alcun conto, e per l’eternità non gli interessano
affatto miliardi di spiriti, dei quali tu sei uno, giacché ad ogni istante Egli
può suscitare innumerevoli miliardi di spiriti più grandi di te, per poi di
nuovo annientarli per l’eternità qualora non corrispondano alla Sua eterna
Magnificenza!
22. Dunque,
considera ciò che è Dio e ciò che Egli vuole e cosa sei tu, e quello che tu
devi volere con la libera volontà che ti fu conferita, affinché in te possa
essere rivelata la grande Gloria di Dio, e così avvenga pure in tutti coloro
che sono proceduti da te e che in te e con te sono caduti!
23. Guarda la vasta
tomba della Terra, come pure quella costituita da tutti gli innumerevoli mondi
stellari! Io ti tolgo l’immenso peso di coloro che con te sono caduti, e li
pongo ora nella Terra e in tutte le stelle; e poi nemmeno un granellino si
librerà inutilmente senza custodire in sé un essere vivente simile a te, e
questo avverrà fino al tempo da Me determinato”.
24. E
vedete, l’Amore allora prese lo spirito e lo pose nella forma dormiente, e allo
spirito piacque di trovarsi in me, poiché vide che egli era ben custodito e che
era liberato da un peso così grande che aveva dovuto portare per tempo così
lungo, mentre adesso, al contrario, era egli stesso che veniva supportato nella
dimora vivente che gli era stata preparata dall’eterno Amore.
25. E
quando a questo modo fui diventato una cosa con lo spirito, ecco che allora
l’Amore mi destò. Io mi risvegliai, e mi ritrovai quale singolo uomo di fronte
a tutta l’incommensurabile Creazione, e non vedevo nessuno all’infuori di me,
se non l’erba della terra, i suoi arbusti e gli alberi, e anche il Sole
splendente sull’ampio firmamento azzurro. E allora cominciai a provare un senso
d’angoscia. Io abbandonai il posto dove mi trovavo, cercai una compagnia, ma
non trovai neppure un essere che fosse simile a me!
26. E
quando mi sentii stanco per questa ricerca, caddi a terra e di nuovo un dolce
sonno si impossessò di me. E vedete, durante questo sonno ebbi il seguente
sogno. Nel mezzo del mio cuore vedevo un essere infinitamente attraente e
questo essere in me così mi parlò:
27. “Guarda come sono bello e seducente: ho una
forma uguale alla tua e la posso contemplare benissimo! E quantunque la mia
figura fosse stata un tempo costituita tutta da un’immensa luce che mandava i
suoi raggi attraverso gli spazi senza fine, e quantunque disponessi di una
figura che si consunse da se stessa proprio in tale immensità di grandezza,
tuttavia non potei mai contemplare la mia forma, ma io stesso ero luce nella
quale si rivelavano innumerevoli forme. Le forme, nelle quali mi vedevo
moltiplicato all’infinito e che io benissimo percepivo, mi sono state tolte, ma
al posto di tutto questo ora è stata conferita una forma a me stesso, e questa
forma è più bella di tutta la luce di una volta. Ebbene, in questa stessa forma
io mi piaccio così tanto che provo un grande diletto di me stesso ed amo me
stesso, e sono amato da te, ed ho in me un desiderio intenso di me stesso; ed
io posso attrarti a me quando lo voglio, e tu devi sempre seguire l’impulso
della mia brama!”
28. E
vedete, io avevo davvero, nell’intimo di me stesso, un grande
autocompiacimento. E così, mentre ancora dormivo, profondamente immerso in
questo mio auto-compiacimento, io vidi una mano lucente attraversare il mio
essere e penetrare fin nel mezzo del mio cuore per afferrare stretto questo mio
secondo io. E questi, da principio, si dibatté, ma ben presto soggiacque alla
stretta possente delle dita dell’Amore di Jehova, poiché la mano luminosa era
la mano dell’eterno Amore!
29.
Subito le possenti dita di Dio ruppero una costola al mio secondo io; frugarono
nel suo interno, e ben presto trassero un verme dalle sue viscere, e infine
chiusero nuovamente il punto dove il possente Dito del Signore si era insinuato
per toglierne la brama dell’amore di se stesso. Ma poi questo mio secondo io
non mi apparve tanto attraente come prima e la sua forma era uguale alla mia,
ed io non mi sentivo più attratto verso di essa, ma invece eravamo ambedue
attratti dall’eterno Amore. Allora vidi lo spirito cadere in un lieve sonno, e
in questo stato si sciolse e si riversò in tutte le mie parti, e così
diventammo perfettamente una cosa sola.
30. E
mentre ancora si svolgeva in me tale sogno, vedete, d’improvviso fui destato da
una voce soave, e questa era la voce del Signore, che disse: “O Adamo, o
figlio della Terra, risvegliati ed ammira la tua compagna!”. Ed io
vidi Eva che stava dinanzi a me, e ne gioii oltre ogni dire, poiché vidi il mio
secondo io uscito fuori da me. E vidi che anche quest’ultimo si rallegrava
immensamente di me, e questa gioia costituì il primo amore che io, il primo
uomo non partorito, concepii. E per la prima volta ammirai la mia donna
diletta, e l’amai di puro amore nel grembo purissimo dell’eterno Amore di Dio,
e questo avvenne in tutta la pienezza della vita originale!
31.
Ed ascoltate ancora. Immerso in tale dolce sentimento, trascorsi tre giorni e
tre notti, ma poi, ad un tratto, percepii in me un non so che di vuoto, e non
sapevo cosa avrei dovuto farne o che cosa sarebbe dovuto o potuto accadere!
32.
Intorno al mio cuore si andava facendo il deserto, e la mia bocca era arida.
Ma, ecco, d’improvviso apparve dinanzi a me l’eterno
Amore che spirava dolcezza e amorevolezza immense; Esso alitò su di me e
mi rinvigorì, e mi disse: “Adamo, vedi, tu hai fame e sete di cibo e bevanda, e il
tuo amore, il cui nome sarà ‘Eva’, non ne ha meno di te. Guarda gli alberi che
Io ora benedirò; mangiate dei loro frutti, perché ne sia fortificato il vostro
corpo e così pure la vostra anima. Però da quell’albero, che sta nel mezzo del
giardino, non dovete mangiare i frutti prima che Io non sia ritornato per
benedire voi e l’albero stesso, perché il giorno in cui tu mangerai da
quell’albero anche la morte entrerà in te. Certamente tu sarai tentato, però
sii forte e perseverante fino alla terza volta, e così facendo purificherai
Eva, e preparerai a lei, a te e a tutti coloro che procederanno da te una vita
di piena libertà, beata ed eterna in Dio.
33. Vedi, per questo
Io feci il tempo, proprio perché la tua prova durasse molto poco, mentre, al
contrario, resi eterna la vita conquistata!
34. Vedi, tu non
devi combattere contro una forza estranea, bensì devi combattere contro te
stesso, poiché Io ti ho reso soggetto tutto affinché la vita divenisse tua. Non
trascurare, dunque, questo lieve comandamento ed innalzati sopra te stesso,
affinché tu possa vivere in eterno!
35. Vedi, il verme è
costituito da quanto c’è di male in te dalle radici, ed è quello che porta in
sé il pungiglione della morte. Dunque, non mettere il tuo dente nel pungiglione
del verme che ho levato da te prima di creare Eva, traendolo fuori dal tuo
cuore, durante il sonno. Eva ti è cara perché è sorta dal tuo amore, e la sua
carne è tratta direttamente dalla tua brama, e in lei rimase la radice di morte
che tu sei chiamato a vivificare con la tua obbedienza!
36. O diletto Adamo,
vedi, Io, che sono l’eterno Amore di Dio dal quale sgorga ogni vita, ti dico,
pregandoti, di non guastarMi l’opera tanto grande che ho realizzato in te! Tu
già sai quale lungo tempo dei tempi sia trascorso da quando Io ti afferrai
fermando la tua eterna caduta dalla vita alla morte! Vedi, sarebbe trascorso un
miliardo di anni terrestri se il tempo fosse già esistito, ed Io non ho mai
schivato alcuna cura pur di salvare te, o caro fratello creato. Ebbene, poiché
Io ho fatto tanto per te, fa’ pure tu, dal canto tuo, quel poco che ti viene
richiesto e ridonaMi in te stesso il Mio diletto fratello, affinché possiamo
nuovamente diventare, e per l’eternità, un solo amore in Dio, il nostro Padre
santo”
37. E
vedete, allora l’Amore mi lasciò. Io però mangiai e bevetti e mi fortificai per
la disobbedienza! O figli, udite: – io fui disobbediente all’eterno Amore!
38.
La Terra può narrarvi l’enormità del mio misfatto, poiché allora, per
conseguenza, non vi fu pietra che rimase sopra all’altra; l’Infinità fu pervasa
dalla potenza immensa dell’ira di Dio!
39.
Io mi nascosi e piansi amare lacrime di pentimento, e l’eterno Amore non
disdegnò il mio pianto e anche le lacrime di Eva Gli furono gradite. O figli,
udite: l’Amore volse ancora una volta tutto in bene! Poi io, nuovamente, peccai
nel Sabato e piansi fortemente sulla mia abiezione. E vedete, l’Amore mandò un
angelo e mi fece condurre fuori dal giardino della tentazione, in un paese che
Set conosce ancora molto bene, in un paese della correzione, ma anche in un
paese del cordoglio e pure in un paese della gioia. Infatti, quando levai la
maledizione dal capo di Caino, che per effetto del mio pungiglione mortale era
diventato malefico, essendo egli stato generato attraverso il succo della mela
bagnata con la bava del verme della morte, allora l’Amore del Signore mi donò
il mio caro Abele-Set, e ora sono trascorsi cent’anni da quando il nuovo angelo
dell’Amore eterno del Signore ci condusse tutti qui, nel paese della conoscenza
di Dio e della Sua eterna Verità, ovvero proprio qui dove Abele piantò la spada
e colse dall’arbusto le bacche rosse e le bacche bianche!
40.
O, figli! Vedete dunque l’incommensurabile Amore di Dio, ossia tutto quello che
Egli ha fatto per me e per voi tutti, e vedete anche quello che ancora Egli fa
e che ancora farà in eterno! Perciò siate lieti, considerando il fatto che
l’eterno Amore visita perfino i figli di Caino. Tuttavia nessuno di noi deve
recarsi da loro senza l’ordine espresso dal Signore, perché quella terra è
soltanto un rifiuto dei vermi! Dunque, se qualcuno non è stato prima benedetto
dal Signore non si azzardi a recarsi là! Dal momento che tutto il male ora
risiede nelle donne della pianura; perciò non dovete contaminarvi con loro!
Amen!»
[indice]
Enoch eletto
a predicatore
21 settembre
1840
1. E
quando Adamo, per Mia particolare concessione terminò questo discorso,
l’ispirazione interiore fu chiusa, e ciò avvenne per la sua salvezza. Però Set,
Enos ed Enoch si meravigliarono oltre ogni dire e non potevano concepire l’alto
senso di tutte queste parole; e chiesero ad Adamo che cosa mai avesse inteso
dire con ciò.
2. Ma
Adamo li guardò stupito, e sembrava ricordarsi appena di aver parlato, e a sua
volta domandò loro di cosa mai avesse parlato.
3. E Set allora rispose: «O padre, vedi, tu ci hai rivelato
il tuo meravigliosissimo divenire dai primordi di ogni essenzialità e ci
mostrasti le inconcepibili vie dell’eterno Amore. Noi non l’abbiamo compreso e
volevamo perciò pregarti di darci una più precisa spiegazione. Perdona quindi
l’errore in cui fummo indotti dalla nostra curiosità! E come non potrebbero
suscitare meraviglia tali cose, che sono ora pervenute ai nostri orecchi, dalla
tua bocca?»
4. Ma
Adamo allora si alzò agitato e disse: «Se voi
avete appreso ora cose meravigliose, pensate che esse provengono dal Signore e
non da me; e così sapete pure a Chi anzitutto spetta veramente grazia e onore!
5.
Lodate perciò il Signore, poiché è Lui il supremo Amore e la Sapienza stessa in
tutta la Santità. E pensate che l’uomo non può dare niente all’uomo se prima
non l’abbia ricevuto dall’Amore del Signore, che è l’unico e solo Datore di
ogni buon dono! Se dunque vi ho offerto qualcosa di buono, non sono io che ve
l’ho dato, ma è il Signore che ha fatto questo. E se vi fa difetto la luce,
guardate in alto, alla luce dei Cieli, e allora comprenderete con tutta
facilità da dove s’irradi incessantemente la Luce di ogni luce, perché, quando
qualcuno riceve un dono, è segno che pure il Grande e il santo Donatore non è
lontano. CercateLo quindi, e Lo troverete anche voi e neppure la Grazia della
comprensione rimarrà per strada!
6.
Prendetevi bene a cuore queste cose, poiché Adamo, il padre di voi tutti, vi ha
parlato ora come prima – dall’immensa Grazia indulgente dell’eterno,
affettuosissimo e santissimo Padre – del trapasso del divenire![12].
Ma dato che il santo ed amorosissimo ha fatto la Sua parte, fate voi pure ciò
che spetta a voi, e perciò siate obbedienti in ogni cosa! Amen!»
7. E vedete,
allora essi s’inchinarono dinanzi ad Adamo e se ne andarono per la loro via.
Cammin facendo, si consultarono sul come avrebbero dovuto comportarsi in tale
circostanza. Ed Enoch, il più giovane di tutti,
che a causa della sua particolare devozione era già un maestro del Mio Nome,
prese la parola e disse ai padri:
8. «O
padri! Adamo, il padre terreno di tutti noi, ha pronunciato parole piene di
sapienza e di profondo significato. Noi non le abbiamo comprese, poiché egli
parlava, pur non sapendo di aver parlato così. Ma se è così, riesce facilmente
comprensibile come egli stesso abbia potuto parlare in maniera tanto
avvincente. Poiché, se egli avesse parlato da uomo, per quale motivo noi, che
siamo uomini, non avremmo dovuto comprenderlo? Invece, poiché egli diceva,
certo nella maniera degli uomini – delle cose dal Nome di Dio con il linguaggio
dello spirito, in testimonianza dell’Amore in e da Dio – così accadde che il
nostro essere di carne non poteva certamente comprendere niente di tutto quello
che riguarda Dio e lo Spirito dell’Amore.
9. Ma
se tali cose ci furono dette dallo Spirito dell’Amore, secondo il consiglio
eterno della Santità di Jehova, ciò dovette essere detto affinché il Nome
santissimo ne venisse glorificato. Noi, con la nostra vista corta, queste cose
non le distinguiamo, ma c’è Uno che le comprende e questo Uno è l’eterno Amore
del Signore. Da tale Amore è sorto tutto ciò che esiste, e così pure nasce
anche il nostro amore per Lui. E di conseguenza, sento che se qualcuno potesse
far riversare e penetrare il proprio amore in tutte le parti del proprio essere
per l’eterno Amore, che viene da Dio e che è in Dio, costui comprenderebbe un
simile linguaggio della sapienza, poiché l’amore è proprio la radice di ogni
sapienza, e in alcun altro luogo risiede la sapienza se non nell’Amore per
l’amore in Dio.
10.
Perciò, o padri, noi possediamo questa radice che proviene da Dio; lasciamo
dunque che essa insinui le sue propaggini in tutte le parti della nostra vita,
ed io, adesso, sento l’intuizione chiara e possente del fatto che dal mare di
Grazia dell’eterno Amore ci saranno donate ancora molte e grandi cose e che
queste cose saranno più grandi ancora e più profonde e sublimi di quanto
abbiamo finora udito da Adamo. Noi siamo nati da Adamo e da Eva, perciò in noi
la carne è molta, mentre al contrario, l’intendimento del cuore è piuttosto
scarso. Ma se un giorno potranno essere generati uomini direttamente dal puro
Amore di Dio, allora, per tali uomini il nostro intelletto, al confronto,
diverrà una cosa da nulla».
11. E
vedete, queste parole brevi ed istruttive piacquero molto a Set e ad Enos; anzi
piacquero loro a tal punto che Enos, rivolto a
Set, gli disse: «O padre Set, Enoch ha proferito delle parole, a tal punto
colme di misterioso significato, che mi sono penetrate come un torrente di
fuoco fino all’anima, e il mio cuore rabbrividì dinanzi alla profonda e celata
sapienza dell’Amore divino in lui.
12.
Odi, o padre, l’intuizione di Enoch è vera, poiché tutto il suo essere si
esprime nel più puro amore e in perfetta umiltà; ma, per questa ragione, è bene
che d’ora innanzi egli svolga un’attività generica di maestro di tutti i nostri
fratelli e figli nella segreta sapienza dell’eterno Amore. Poiché, quantunque
il Signore abbia concesso a ciascuno tanto l’amore che l’intendimento del cuore
quale pura Grazia fuori da Se stesso, d’altro canto è pure evidentemente vero
che ciascuno di noi non può sollevare un uguale peso alla stessa identica
maniera. E così avviene che uno ha maggiore forza nei piedi; un altro ha più
forza invece nelle mani; un altro ancora ce l’ha nel petto; un quarto nella
schiena; ed un quinto, poi, nelle sue viscere e così via. L’uno primeggia in
una maniera e l’altro nell’altra. Ed è sicuro, ancora, che ciascuno ha una
faccia umana, ma pure non c’è uno che somigli del tutto ad un altro. E perciò è
questa la mia opinione: – Enoch ha una grande potenza ed autorità nel suo
cuore, e in ciò nessuno potrà eguagliarlo, poiché d’amore non se ne può avere
quanto se ne vorrebbe, bensì soltanto quanto il Signore ne concede. È
certamente vero che Egli ha donato a ciascuno l’amore, però in questo nessuno è
simile ad un altro; e per tale motivo anche l’intendimento deve risultare
diverso, affinché ciascun fratello si renda necessario all’altro, dato che
proprio in questo modo viene parificato tutto quello che il Signore, con tanta
suprema Sapienza, ha fatto sorgere in modo disuguale.
13. E
tu, mio caro Enoch, dato che hai pure udito ora queste mie parole, dimmi: – è
così, oppure è possibile, che sia diversamente? Il tuo cuore è forte e il tuo
intendimento annienta il mio; parla, dunque, ed ammaestraci riguardo alle vie
del Signore, ed indica a noi tutti le Sue inconcepibili orme, ed insegnaci a
rendere la dovuta lode e gloria al giusto e santissimo Nome del Signore, come
ben si addice a noi, figli del Suo eterno Amore e, con ciò, figli del nostro
antico padre! Amen!»
14. E
vedete, quando il pio Enoch ebbe appreso tali
nobili parole, piene di dignità e d’elevatezza dalla bocca di Enos, chiese ad
ambedue i padri: «Ma converrà, poi, a un debole figlio, predicare a coloro dai
quali egli stesso ha da imparare ancora molte cose?»
15.
Però Set ed Enos
gli risposero: «O caro Enoch, non sai quali insegnamenti ci ha dato spesso
Adamo? I padri hanno solo creato, con la benedizione del Signore, nei corpi dei
loro figli, delle dimore per i nostri fratelli più giovani; ma poiché siamo i
generatori dei corpi e non anche dell’amore, che è uno spirito vivente
proveniente dall’Amore di Dio, ne consegue che, nell’amore, non siamo altro che
fratelli e sorelle. E quindi dobbiamo considerarci piuttosto tutti figli
dell’Uno e stesso Padre santissimo, che risiede nel più alto dei Cieli, eterna
dimora della Santità di Dio, il Quale è un vero Padre di tutti noi. Perciò
predica dunque nel tuo amore e sii certo: – noi, con la Grazia di Dio, sapremo
ben distinguere il linguaggio del fratello da quello del figlio, poiché, quando
qualcuno predica l’amore, costui parla da fratello dal Cuore dell’eterno Amore,
e perciò la sua parola sarà come il Sole al suo sorgere, la cui luce e il
tepore fugano la nebbia dagli oscuri solchi della Terra. Ma chi volesse invece
parlare fuori dalla sapienza che gli viene elargita, i suoi insegnamenti
sarebbero simili alla luce del Sole di mezzogiorno, la quale non riscalda più,
ma brucia con i suoi raggi possenti ed insopportabili, tanto che, a causa del
loro dardeggiare acuto, si è indotti a rifugiarsi sotto l’ombra più fitta, per
proteggersi da raggi tanto cocenti!
16.
Tu, però, o diletto Enoch, hai in te soltanto una gran sorgente d’amore e non
di nuda sapienza; fa’ dunque che questo tuo divino Sole mattutino sorga per
tutti noi, tuoi fratelli in Dio!»
17.
Ed Enoch allora rispose: «O miei cari padri, se
è così, e se è come del resto anche la mia percezione proveniente da Dio mi
suggerisce che sia, allora voi avete parlato del tutto giustamente. Però una
cosa sola avete dimenticato, e questa è una cosa della più grande importanza.
Essa è la seguente: – ciascuno può parlare ed operare a suo piacimento ad onore
di Dio, e questo come e quando vuole, ma predicare nel Suo Nome può farlo
soltanto colui che è stato designato dall’Alto. A me tale cosa è stata
conferita soltanto da voi, ma non ancora dall’Alto, ed è per tale ragione che
io predico solamente dinanzi a voi. Ma quando ciò mi sarà dato anche dall’Alto,
soltanto allora potrò e mi sarà lecito predicare a tutti fratelli, dall’immensa
forza del Nome dell’eterno Amore. Però, per quanto concerne il modo in cui si
addice la glorificazione del gran Nome, voi, o cari padri, ormai già sapete
quale glorificazione e quale lode sia la più gradita al Signore, e conoscete
pure che né la parola, né gli atteggiamenti, né i pensieri, né le cerimonie
hanno un qualche valore per Lui, perché, anzi, queste cose non rappresentano nulla.
Invece quello che conta è soltanto l’amore e l’obbedienza, i quali sono, per
Lui, il sacrificio più gradito che noi uomini possiamo offrirGli! Egli, che è
Dio e il Padre di tutti noi, sa esattamente quali scopi Egli stesso va
perseguendo con noi, perciò sia fatta in ogni tempo la Sua santa Volontà!
Amen!»
18.
«Certo», disse allora Set, «mio caro Enoch,
anche queste tue parole sono colme della sapienza fuori dall’Amore infinito del
Signore, ed esse sono simili ad una bella aurora che in te sorge per illuminare
dolcemente i nostri solchi ancora oscuri. Vedi, o Enoch, ogni verità è una luce
che trae origine dalla mite fiamma dell’eterno Amore, e proprio questa luce,
splendida e sublime, costituisce il vero Sole mattutino del cuore. Sì, anzi,
essa è l’unica luce, e all’infuori di questa non ce n’è un’altra; e perfino la
luce del Sole non è che un pallido riflesso di questa sfolgorante ed unica Luce
dell’eterno Amore. Vedi, questa luce risplende nel tuo cuore così dolcemente e
ci ristora continuamente e riscalda i nostri cuori con pensieri sublimi e degni
del Padre santo. Anzi, quando tu parli, mi sembra di udire delle armonie
provenienti da un mondo che, per i nostri lontani successori, sorgerà soltanto
un certo giorno che sarà simile ad un immenso torrente di luce proveniente
dall’eterno Mattino di Dio. Vedi, così tanto è il ristoro che a noi reca la
voce del tuo cuore. E perciò non tacere, ma parla invece e concedi libero corso
al tuo cuore e dicci quello che Enos ed io desideriamo!»
19.
Ed Enoch, avendo appreso ciò, alzò gli occhi al
cielo e fece questo nella sua interiorità, e in cuor suo Mi parlò così : ‘O Padre santo, rivolgi quaggiù il Tuo
sguardo, a me, Tuo debole figlio! Vedi, io dovrei dare e non ho niente
all’infuori del mio amore per Te! O Padre, vedi, tutti noi non siamo che vermi
nella polvere, dinanzi a Te, che sei l’onnipotente santo ed eterno Padre! Non
c’è nulla di buono in noi, tranne il nostro amore per Te, ma anche questo,
oltretutto, è giunto a noi da Te. Con tale amore in noi, o Padre buono e santo,
concedici di poterTi amare oltre ogni misura con tutte le nostre forze! Poiché
io, che sono debole, di che posso parlare quando il mio amore per Te mi è
sempre d’impedimento alla lingua? Per questo, come Tu sai, io non sono capace di
lodarTi, né di glorificarTi, dato che il mio amore per Te mi arresta la lingua!
20. O Padre, guarda con grazia perciò quaggiù a
me, misero verme nella polvere, e qualora ciò corrisponda alla Tua Volontà,
sciogli la mia lingua, affinché io possa proferire parole a glorificazione del
Tuo Nome, facendo questo alla presenza dei miei padri, dei miei fratelli e dei
miei figli! Tu sai che Enos, Kenan, Maalaleel e mio padre Jared hanno sempre
predicato la grande gloria del Tuo santissimo Nome; oh, fa’ dunque in modo che
io non sia un figlio indegno dei miei padri devoti!’
21. E
vedete, quando Enoch terminò questa piccola e silenziosa preghiera nel suo
cuore amoroso – ed essa era una vera preghiera, ed
era tale da riuscirMi gradita proprio in quella forma, e allo stesso modo Mi
sarà ugualmente gradita sempre e per l’eternità ogni altra preghiera che sia
giusta come quella di Enoch – feci subito scendere sulla Terra un angelo
per fortificare là suo fratello Enoch, e feci in modo che gli venisse
perfettamente sciolta la lingua. E quando ciò fu fatto, vedete, allora Enoch si rinfrancò nel suo amore e cominciò a parlare
a questo modo:
22.
«O cari padri e prediletti di Dio, vedete, l’amore a Dio mi ha reso per un
breve tempo cieco, sordo e muto; il Signore ha guardato a me nel mio amore, e
il Suo Amore immenso mi ha rafforzato ed ha sciolto la mia debole lingua. E
vedete, tutto ciò è stato operato dall’eterno Amore. Soltanto ora mi è concesso
finalmente di parlare; udite quindi la lode del Padre santo!
23.
Vedete, la Volontà del Signore, il Quale è pieno d’Amore, consiste nel fatto
che l’uomo Lo ami con tutte le proprie forze, poiché in nessun luogo esiste una
qualche potenza o forza se non in Dio soltanto. E così, ogni forza nell’uomo è
solamente una forza d’amore che proviene da Dio, e questa forza è posta nel
nostro cuore e questa forza non è altro che l’amore stesso. E poiché noi ora
abbiamo l’amore, non dobbiamo tenercelo, ma dobbiamo offrirlo in sacrificio a
Colui che per Sua Grazia e in maniera tanto meravigliosa e in misura tanto
esuberante lo ha posto nel nostro cuore.
24.
Ma vedete, noi non abbiamo niente da poter dare al Signore che prima non lo si
abbia ricevuto da Lui. E d’altro canto, quale gioia potremo noi procurarGli,
quand’anche fosse in nostro potere donarGli tutta la Terra o addirittura
l’Universo intero? Egli ci direbbe: ‘Figli Miei, Io
non ne ho bisogno in eterno, poiché se trovassi il Mio diletto nei mondi,
potrei in ciascun istante crearMene innumerevoli miliardi, e in questo caso
avrei a Mia disposizione spazio più che sufficiente per le eternità delle
eternità. Ma Io non traggo alcuna gioia dai vostri sacrifici che Mi vengono
offerti nella materia, la quale è una dimora della morte, bensì la Mia gioia Io
la trovo soltanto in un cuore pentito e afflitto e traboccante d’amore per Me.
Questo sì che è completamente vostro come un libero dono da Me, del quale voi
siete in pieno possesso; e, se lo volete, potete restituirMelo, e allora Io vi
farò il Mio ingresso con la Mia grazia e poi vivrete in eterno con la Grazia
nel Mio eterno Amore; e tutte le cose diverranno chiare, come una goccia
d’acqua. Ma se entrate voi stessi nel vostro cuore per sbarrare in tal modo le
porte dinanzi a Me, cosicché Io non possa più entrare quando voglio, allora
consumerete ben presto in voi il vostro pane della vita, poiché a Me, quale
l’Unico Donatore di tale pane della vita, non sarà più concesso accedere nel
vostro cuore con il Mio dono vitale. Allora la morte eterna sarà pure, e ben
presto, la necessaria conseguenza dell’amore di se stessi e dell’egoismo in
voi!
25. Perché,
vedete’, continua il Signore, ‘il Mio
compiacimento non sta affatto nel prendere, ma la Mia suprema Beatitudine
consiste solamente ed unicamente nell’incessante donare! Chi vuole ricevere,
prenda pure sempre e volonterosamente quando Io do, e lasci che Io colmi il suo
cuore della Mia grazia, affinché un giorno vi possa entrare il Mio Amore in
tutta la Sua pienezza, poiché colui il cui cuore non sarà del tutto colmo del
Mio Amore, costui non assaporerà mai la vita in lui, ma invece sarà la morte ad
avvincerlo in ogni sua fibra. Poiché è adesso il tempo in cui Io dono a
ciascuno, anzitutto, la Grazia e soltanto dopo verrà l’Amore da Me, fino al
grande Tempo di tutti i tempi. Ma, a partire dall’avvento di questo particolarissimo
Tempo di Grazia in poi, sarà l’Amore il primo; e chi non avrà l’Amore non sarà
reso partecipe nemmeno della Luce di Grazia, ma sarà la luce del mondo che
giudicherà ciascuno per la sua rovina!’
26. E
vedete, miei cari padri, e intendete bene le mie parole, giacché è bene
ascoltare quello che ancora vi dice il Signore;
e le Sue parole sono queste:
‘Udite, o figli della Mia misericordia,
la Mia grazia è un grande tesoro, e la Terra non ha nulla che Le possa
somigliare. La Mia grazia è una vera Luce che proviene dalle altezze della Mia
Santità, così come il Mio Amore è un vero cibo della vita. Chi non ha ricevuto
la Mia grazia, non può credere che sono Io Colui dal Quale eternamente sgorga
ogni vita. Chi però non ha la fede, è simile agli animali, e viene giudicato
dove va e sta. Tuttavia, se vi fosse qualcuno che volesse riconoscerMi nel suo
amore, allora sopra di lui verrebbero riversati torrenti di Grazia; e in questo
caso egli verrebbe già anticipatamente reso partecipe di ciò che un giorno, nel
grande Tempo dei tempi, sarà concesso a quegli uomini della Terra che sono di
buona volontà.
27. Dunque, abbiate
fede, affinché possiate un giorno pervenire all’amore e, grazie all’amore,
possiate giungere alla vita. E amateMi nel vostro spirito e siano tutte le
opere delle vostre mani e della vostra volontà testimoni della vita che si
trova in voi. E la vostra lingua vi dica che voi siete figli di Dio. Io
giudicherò gli uomini secondo la loro fede, ma i Miei figli li guiderò nel Mio
Amore, e la Luce della Mia Sapienza diverrà per essi l’eterno Sole della Vita
più beata in Me, che sono il loro amorosissimo e santissimo Padre, ora e in
tutte le eternità delle eternità! Amen!’. O cari padri, avete udito ciò che il
Signore ha detto?»
28. –
E Set rispose: «Sì, o diletto Enoch, noi certo
l’abbiamo ben udito, ma anche qui non ci troviamo in condizioni migliori di
quanto fu il caso dopo il racconto di Adamo, poiché noi tutti abbiamo certo la
Grazia, ma troppo poco amore!»
[indice]
Kenan e il
suo cantico delle dieci colonne
28 settembre
1840
1. E quando Set ebbe fatto questa breve osservazione sulla povertà
dell’amore, ecco venire ancora incontro a questi tre, Kenan,
Maalaleel e Jared, i quali li salutarono in tutto
amore e Mi ringraziarono per la grazia di rivedersi; e Set li benedisse tutti
nel Mio Nome affinché avessero il permesso e la capacità di parlare al cospetto
del Mio Amore e al cospetto di Set, il secondo progenitore della linea di
Adamo, altamente benedetta, linea che alla fine Io stesso chiusi corporalmente
nel gran Tempo dei tempi.
2. E quando questi tre ebbero ottenuto la benedizione, Kenan prese per primo la parola e disse: «O cari
padri e figli, udite e intendete bene quello che ora vi dirò, poiché vi narrerò
con assoluta fedeltà ciò che ho percepito in una visione notturna. Ora, questa
visione rappresentava dieci colonne che emersero da una grande distesa d'acqua,
le cui onde spesso percossero con violenza le colonne stesse. Sulla prima colonna stava Adamo,
che così parlò ai flutti: “Udite o figli: – Dio, il Signore Zebaot, il grande, il
potente, il Padre santo di tutti i figli da me generati, è un Dio unico! Come
Egli ha creato me, quale singolo uomo sulla Terra, così pure è Egli,
dall’eternità, un singolo e unico Dio e, all’infuori di Lui, non c’è altro Dio,
poiché l’infinito è da eternità in eternità del tutto pieno della Sua Gloria,
della Sua Santità e del Suo Amore. Credete dunque, o flutti, che il Signore è
un Dio uno e unico, grande, eterno, onnipotente, santo, giusto, supremamente
sapiente, colmo d’amore, ricco di grazia, misericordioso, immensamente buono e
glorioso sopra ogni cosa, e perciò Egli è il Padre di tutti noi! Siate dunque
tranquille, o vispe onde, e chiarificatevi, affinché la Luce di quest’unico Dio
illumini e compenetri il vostro essere fin nelle profondità della vostra vita!
Amen!”
3. E vedete, allora le onde intorno alla colonna di Adamo si calmarono e
una luce potentissima dalle altezze di Dio cadde sulla superficie liscia delle
acque; allora questa risplendette come il Sole e dal fondo delle acque salì
unanime un canto di lode; esso si sciolse dalle acque come una nube lucente e,
sempre più splendente e raggiante, salì fino alle altezze sante ed eterne del
Padre onnipotente, che è l’unico e solo Dio.
4. O padri e figli diletti, udite ancora quello che ho visto in una visione
notturna, certo non con gli occhi del corpo, ma l'ho visto, come incantato, con
gli occhi spirituali!
5. Un’altra colonna (la seconda con Set) magnifica, e pressoché pari
in altezza a quella di Adamo, si erse non lontano da lì. E le onde vivaci
osavano appena innalzare il loro capo radioso verso questa maestosa colonna, e
in un dolce ondeggiare, quasi rispettoso, le giravano intorno come se,
esprimendosi, avessero voluto dire: “O uomo mortale, vedi, il Nome dell’Altissimo che è santo e
amoroso, si chiama ‘Jehova’! Mai sia questo Nome proferito invano da una bocca
oltraggiante, poiché santo è il Nome del Padre santo, certamente santo, santo
in grado supremo! O uomini, o figli…», così esclamavano le onde che
le giravano intorno, «…pensate, oh, pensate a Colui cui appartiene tale Nome!
Pensate, in cuor vostro, che è Dio, un Dio a cui spetta un tale Nome!”
6. E ora vedete, allorché io, dai gorghi leggeri e ondeggianti che giravano
attorno alla colonna, ebbi appreso con stupore la voce appena riportata, fu
allora che potei, pieno di paura, alzare la vista stupefatta del mio spirito
verso la cima dell’alta colonna, ed io vidi - oh, non posso descrivere quale
letizia mi pervase e quale fervore mi si accese nel cuore! - te, io vidi, o
padre diletto, proprio te, o Set, io vidi
stare sull’estremo dell’alta colonna splendente, serio in viso! E alle onde che
si muovevano dolcemente eri proprio tu che parlavi, dicendo quanto ora vi narrerò
fedelmente. Credetti dapprima che tale voce venisse da tutte quelle onde
avvolgenti, mentre eri tu, dalla tua santa altezza, che parlavi a quelle onde
che si cullavano intorno alla sacra colonna; e come ho parlato, così ho pure
visto.
7. E uditemi ancora, o padri soavi, e voi pure o figli, sempre docilmente
ossequenti! La colonna di Set si innalzava poco lontano da un’altra colonna,
ovvero la terza, e anche questa era circondata dalle onde lucenti. Questa terza
colonna, circonfusa di luce rossastra, era più maestosa di tutte le altre; e
attorno a questa terza colonna tutte quelle onde che intorno ad altre colonne
si spingevano con sempre crescente rapidità, mentre qui stavano tranquille, e
dai loro solchi, lievi e ondulati, riverenti e penetrati d’amore, un cantico
ardente di lode, sotto forma di vapori, s’innalzava al Signore ed eterno Padre
santo.
8. E allora io volli scrutare verso quale meta se ne andassero in alto quei
vapori tanto infuocati; ma, vedete, i miei occhi quasi abbagliati dal fulgore
di quei canti maestosi, che salivano come vapori dalla tranquillità delle acque
pure, scorsero sulla santa cima della terza colonna, circondata da nuvole
lampeggianti, il terzo di voi, cari padri, e costui era Enos!
9. Sì, proprio tu, o padre Enos, stavi in cima alla terza colonna e rivolgevi parole infiammate a
quelle onde tranquille e attente: “O voi, acque terrene, voi tutte, ascoltate; comprendete le
parole dall’Alto e ascoltate il suono delle sacre parole! Sei giorni e sei
notti voi potete pure ondeggiare, intrecciando le allegre creste, ma se il
settimo giorno benedetto del sacro riposo è giunto, se è giunto il Sabato del
Signore, giorno santo, udite: – allora dovete festeggiarlo sempre anche voi,
per la dovutissima lode e gloria del Padre santo! Poiché, è conforme all’Ordine
eterno che abbia riposo e pace ogni cosa dotata da Dio di un’anima vivente, e
che nel suo cuore, pensante e amante, percepisca l’Amore dell’eterno Padre
santo. Che essa osservi il riposo nella sacra giornata e lo renda solenne, perché
la santissima Volontà del Padre santo è sempre questa: ‘Tutte le acque possono lavorare sei giorni, possono
fluire e ondeggiare in flutti frementi, ma nel sacro giorno del Sabato, il
santo riposo deve spirare quale nube di fuoco invitante alla festa, maestosa,
sui flutti silenziosi e attenti!’.”
10. E ascoltate, o voi padri diletti e figli obbedienti, quello che ora vi
ho detto è il racconto preciso e fedele di quanto a me fu dato di udire.
11. Amatissimi padri, e voi pure, diletti figli, ascoltate con pazienza e
apprendete quali prodigi dell’Amore divino e della Grazia splendente io vidi
realmente attraverso gli occhi esterrefatti dello spirito! O padri e figli,
come qui mi vedete e mi udite narrare le mie visioni con fervore fremente, allo
stesso modo io vidi me stesso, quale quarto personaggio presente nella visione.
Ero, infatti, circondato da una luce rossastra e mi trovavo sulla cima di
un’altra colonna, soltanto un po’ meno maestosa delle prime. Intorno a questa quarta colonna, similmente alle tre menzionate, le
onde giravano attorno con il loro moto, allegre e luccicanti, in modo però un
po’ più mite e ordinato. Allora fui colto da gran meraviglia vedendo che mi
trovavo innalzato così tanto in alto, proprio come i miei padri; ma ben presto
m’invase la tristezza, poiché io scorsi, più lontano dal luogo dove stavo,
delle onde sempre più gigantesche, tempestose e tenebrose. Tali onde, come
monti fumanti, levavano le loro creste spumeggianti con furia assai minacciosa
ed irrompente tutt’intorno, molto oltre la cima dell’alta colonna su cui mi
trovavo; io vedevo ingigantirsi sempre più le onde stesse, le quali sembravano
spinte a tale intensità dalla violenza di preoccupazioni e affanni, come se
fossero dei figli che, senza obbedienza nel cuore, si sforzavano malvagiamente
di rovesciare la colonna del padre e anche quella della madre, e anche di
schernire con lingue calunniose la colonna nella caduta, di calpestarla sotto i
piedi imbrattati dalla più micidiale polvere della nera ingratitudine.
12. E come io ebbi osservato tale cosa, in un brevissimo spazio di tempo e
con il cuore sanguinante dal dispiacere, scoppiò improvvisamente un turbine
violento che uscì dalla colonna e si scagliò con la furia di mille uragani sul
capo spumeggiante delle onde montanti. E vedete, il turbine, uscito dalla
colonna, non durò a lungo, perché il potere punitore del turbine, costringendo
il furore delle onde sconvolte, si mitigò in una pace benedicente. Qui e là si
faceva sentire uno strano, leggero mormorio prodotto dai solchi della
superficie d’acque così vaste, solchi che si appiattivano fino alla completa
immobilità. Questo mormorio interrompeva non spiacevolmente gli strati luminosi
dell’alito proveniente dalla Bocca divina. E quando l’Amore potente dell’eterno
Padre santo ottenne fedelmente la pace benedicente con tali mezzi strabilianti,
allora, immediatamente, dalla mia bocca cominciò a sgorgare una meravigliosa
intonazione. E udite: – questa intonazione risuonò come parole sante, sgorganti
dal cuore amoroso del santo, eterno Padre, dalle altezze delle altezze della
luce eterna tra le luci delle sfere infinite e splendenti; si riversò a
torrenti rigonfi e splendenti, risuonando lontano sull’infinita distesa delle
grandi acque in ascolto e, come lo sentii, così fedelmente ora vi espongo il
senso del tono sublime della voce divina. Ma il senso che fu espresso in modo
bellissimo e meraviglioso, fu questo:
13. «Udite…»,
così parlò la voce divina, «…o voi, flutti che
volete correre all’assalto, voi flutti in tumulto dovete alla colonna di Kenan,
obbedienza e amore, se volete bagnare ancora più a lungo i saldi dirupi e i
morti crepacci della Terra in cordoglio, ma guai a quelle onde schiumanti che
volessero levarsi al di sopra della colonna lucente di Kenan!
14. Per
quanto in alto volessero alzarsi quei monti squarciati, Io li irrigidirò per
mezzo dell’eterna potenza della Mia grande ira e del Mio ardente furore,
rendendoli solidi, a eterno tormento, sia temporale che spirituale, nello
stagno bruciante della Mia maledizione eterna!
15. Ma ai
flutti tranquilli e obbedienti, la Mia Misericordia ben presto darà in dono
l’ondeggiare, sia temporale che spirituale, nella Luce dell’eterno Amore del
Padre santo, del Padre dei padri di flutti giocondi e vivaci, benedetti e
fluenti ai mari della vita eterna!
16. Alzatevi,
sì, ma non oltre la sacra splendente colonna di Kenan. Poiché tale è il Volere
del Padre santo ed eterno, del Padre dei padri e dei giudici delle onde impetuose
dei mari della vita, fluenti a schiere infinite e sgorganti a torrenti
infuocati da Dio!». Vedete, dilettissimi padri, e voi pure, figli
amorosi, come io ho fedelmente narrato, proprio così l’ho visto con la vista
interiore, pieno di stupore e pieno dell’azione superiore dell’Amore eterno in
Dio e da Dio!
17. E ancora ascoltate quanti altri prodigi d’Amore divino io abbia visto
in spirito, stupefatto, in una visione così lucida e chiara, che tali cose
assai rare parevano avere acquistato forma corporea dinanzi ai miei occhi di
carne, aperti alla vista interiore!
18. Io stavo ancora sulla splendente colonna e, un po’ oltre, il mio
sguardo scrutò la quinta colonna; ma udite come mi stupii a causa del nuovo
prodigio dell’Amore divino del Padre santo ed eterno!
19. La quinta colonna era fosca dal
piede alla cima, e lo erano pure le onde che la circondavano con violenti
sussulti e che, al pari di metalli roventi, sembravano annientarsi infiammate
d’ira. E attraverso gli abissi roventi delle acque adirate, sibilava e strideva
la morte, e l’ardente furore costringeva un’onda sull’altra in rigidi ammassi.
20. Io guardai nelle notti degli abissi stridenti di morte, e al mio
sguardo si offrirono cose che, oh, udite: la lingua dell’uomo preferirebbe
irrigidirsi piuttosto che narrare gli orrori delle onde furenti e rese ardenti
dal fuoco micidiale dell’ira!
21. E quando i miei occhi spirituali aperti, scrutando nel cuore dell’anima
della carne, furono sazi, levai il mio sguardo con il cuore angosciato in alto,
verso la cima dell’alta colonna fosca, e là, udite voi tutti: – vidi te, o
Jared, figlio del primo amore benedetto di Maalaleel,
mio figlio, supplicante con molta serenità il Padre santo ed eterno che donasse
amore alle onde roventi dall’ira e, cozzanti tra loro con furia assassina!
22. E mentre tu, mio Jared, così supplicavi, dai Cieli ampiamente aperti si
riversò all’improvviso un fiotto abbondante della misericordia d’Amore sulle
onde stridenti e indurite dall’ardore della furia letale. Udite: – nella rigida
distesa del mare pieno di morte, stridendo e con sibili, allora le onde, già
rigide nella morte, cominciarono di nuovo a sciogliersi dalla loro ostinata
durezza e a scorrere come fratelli e sorelle, tremando nei solchi, penetrando e
soccorrendosi a vicenda e fluendo dolcemente, felici, nelle braccia e nei cuori
penetrati dal nuovo calore, infuso dall’Amore eterno.
23. E non appena ebbi visto tale cosa, d’un tratto una spada di fiamma,
scagliata da mano possente, cadde tra le mani tremanti dell’invocante Jared, il quale l’afferrò e, agile, secondo il
Volere divino, la brandì fin dove era possibile, e quando ciò fu compiuto, io
potei intendere chiaramente queste parole:
24. “O
tumulto di onde terrene infedeli, tu non devi mai osare di uccidere gli esseri
creati come figli dell’Amore eterno, poiché Io sono il Signore della vita e
così pure della morte! Chiunque, con cuore adirato, vorrà uccidere i fratelli e
le sorelle, verrà punito sicuramente ben presto con la pena della morte eterna
nello spirito e nell’anima. Nessuno deve quindi percuotere o colpire l’altro,
né maledire, né assassinare, né uccidere, poiché sono Io il Signore, il
potentissimo Dio della vita e così pure della morte, nel tempo e in eterno!”
25. Ora udite e vedete, dilettissimi padri, e voi pure, amorosi figli, come
ora ho narrato fedelmente e con verità, così pure è avvenuto di segno in segno,
di parola in parola:
26. E come, in modo assai chiaro, ebbi appreso e visto tali cose, io poi
rivolsi il mio sguardo alla sesta colonna e là vidi, oh, ascoltate voi tutti,
dilettissimi padri e, voi pure, o amorosi figli, la timida bocca di Kenan prova
ribrezzo a ripetere dinanzi ai vostri occhi indagatori, gli orrendi abomini cui
io, il vostro Kenan, dovetti assistere, guardando la sesta colonna.
27. Io vidi la sesta colonna
circondata di sangue e di orribile fango, e al posto delle onde vivaci,
lambenti le prime colonne, vi strisciavano attorno, suscitando schifo ed
orrore, i vermi più orribili e ributtanti che si possano immaginare.
28. E udite: – perfino la colonna, la maestosa colonna, appariva come
nessun’altra insozzata dal piede alla cima dal sangue ignominioso degli orridi
vermi schifosi! Spesso i vermi strisciavano addirittura fino alla cima e si
levavano anche in masse su masse, tanto che a ciascuno restava nascosto il
segno maestoso del Volere divino.
29. Fino a dove l’occhio dello spirito riusciva ad arrivare, non poteva
vedere altro che ammassi su ammassi e, come tali masse di vermi, schiacciandosi
con zelo mostruoso, riunendosi di nuovo, formavano vermi più grandi che poi
strisciavano l’uno sull’altro, torcendosi, verso la colonna di Maalaleel insozzata di fango e la avvolgevano fin
sotto la cima e volevano toglierle del tutto la forma divina; forma attraverso
cui deve essere annunciata la santa Volontà del Padre eterno e santo alle onde
pacifiche delle acque grandiose della vita, nel mare infinito del sacro Amore
nel cuore del Padre eterno e santo.
30. Ma pure ascoltate quello che poi è fedelmente accaduto! D’un tratto si
sentì un fragore tremendo nei Cieli infiammati, il Sole si estinse e neppure la
Luna poteva più elargire il mite bagliore della sua fedeltà, e anche le stelle
negavano la loro luce, anzi, esse cadevano in quantità innumerevoli dal manto
purpureo rovente del Cielo.
31. E udite: – una volta avvenuta tale cosa, innumerevoli
morti da tutti gli abissi del fango puzzolente cominciarono ad elevare
pianti e lamenti, ed esclamarono: «O voi tutte, stelle spezzate, copriteci voi, affinché in eterno
ci venga impedita la visione della faccia di Maalaleel, perché egli è venuto
nel Nome del Dio eterno dell’ira, quale flagello di fuoco, a percuotere noi,
miserabili vermi che abbiamo avvolto la maestà dell’alta colonna!»
32. E udite: – quando dagli abissi tenebrosi della morte fu sorta tale
voce, s’infransero i Cieli e, dagli squarci apertisi, torrenti impetuosi del
Fuoco divino si rovesciarono sulla colonna di Maalaleel.
33. Però Maalaleel, illuminato dallo
Spirito del Signore, così parlò: «Udite, o voi, onde fetenti che assumeste la forma di vermi:
– eterno è l’Amore del Signore, ed è santo ed è puro, perciò anche voi non
dovete fare ciò che è impuro!
34. È venuto
il tempo in cui un sacro fuoco discenda dal Cielo per lavare voi, vermi
fetenti, nel fuoco dell’ira, che è eterno, se voi prima, non vi lavate fino a
prendere l’aspetto delle onde vivaci, penetrate della luce di pace, di amore e
di grazia»
35. E quando dal labbro infiammato di Maalaleel cessarono di fluire tali
parole possenti, tra folgori e tuoni continui e violenti, oh, udite: – allora
gli ammassi dei vermi cominciarono a discendere, e dopo che ebbero preso
l’aspetto di una distesa piana, le forme obbrobriose e schifose, come duttile
metallo sul fuoco sprizzante dei fabbri dall’aspetto cupo e robusto, andarono
sciogliendosi all’inizio ancora torbide, poi gradualmente in onde sempre più
chiare e in flutti pacifici che qua penetravano l’uno nell’altro e là si
separavano maestosamente.
36. E ascoltate: – ben presto e in tal modo fu ristabilito l’ordine, un
ordine magnifico, e dopo questa imposizione dell’Ordine divino, io, bramoso,
diressi il mio sguardo a distanza infinita sulla distesa biancastra delle acque
grandiose ormai diventate pure, ed io scorsi che ormai più in nessun luogo si
accavalcavano gli ammassi, e vidi soltanto qua e là delle onde più scure
accostarsi alle altre più chiare e, vicino a queste, esse stesse a loro volta
che divenivano sempre più chiare e infine divenivano splendenti. E dopo che
ebbi distolto il mio occhio scrutatore dalle distese infinite delle acque
grandiose e ondeggianti e l’ebbi rivolto verso la colonna di Maalaleel, mi
accorsi che questa, lavata da tutto l’obbrobrio del sangue, offriva un
piacevole spettacolo, risplendente nel suo bianco chiarore, circondata dalle
onde graziose, lucenti e scherzose.
37. Maalaleel, ascolta: – io vidi te inginocchiarti e ringraziare il
Signore, il Padre santissimo delle onde lucenti e, vedi, ciascuna parola di
grazie al Padre dell’eterno Amore, che sgorgava dal tuo labbro tremante, saliva
come un Sole raggiante alle eterne altitudini del Padre eterno e santo!
38. E udite, o voi, padri dilettissimi, e voi pure, o amorosi figli: – come
ho visto e fedelmente ho sentito, in modo altrettanto fedele e vero lo narro a
voi qui!
39. E poiché voi tutti ascoltaste di buon grado tali cose nel vostro cuore,
lasciate che io, Kenan, vi narri ancora i prodigi notturni dell’eterno Amore e
della Grazia raggiante di un chiarore supremo dell’eterno Padre santo!
40. Ascoltate ora: – come io mi fui saziato, contemplando la Luce raggiante
di Grazia irrompente dalle eterne altitudini del Dio santo e Padre d’Amore e di
tutte le onde tranquille e splendenti, il mio occhio d’un tratto si posò su un’altra colonna, la
settima, che appariva completamente rovente, ed Enoch, l’onesto e
pio Enoch, se ne stava quasi sospeso su
questa arrossata colonna.
41. Le onde, nel loro moto insidioso, circondavano la colonna di Enoch che
si ergeva alta nelle arie infiammate. Tuttavia gli occhi stupiti del mio
spirito non poterono contemplare a lungo tale immagine strana, e ben presto mi
accorsi che sotto quei flutti insidiosi, si celavano, incatenate in modo
orribile e in parte coperte dal limo del fondo, delle acque straniere,
depredate e rubate.
42. E là c’erano delle acque d’amore e delle acque di grazia, e così pure
delle acque della vita e delle acque della luce, e ancora là c’erano delle
acque di ogni altra specie immaginabile, e udite: queste innumerevoli acque
erano tutte fissate come pietre trasparenti con i lacci roventi di quell’amore
obbrobrioso che ama solo il proprio io!
43. E vedete, o voi, padri e voi figli, come avvenne la rapina e il furto
senza amore. Ascoltate: – come io l’ho vista, così pure ve la voglio narrare! –
Sospinte da uno zelo ladresco, da questa insidiosa distesa ondeggiante delle
grandi acque, si levavano delle masse come piccole nubi leggiadre, le quali
circondavano sterminate la colonna di Enoch in tutte le direzioni immaginabili.
Tali piccole nuvolette fuggirono allora molto oltre ai confini dello spazio che
spettava loro intorno alla colonna; tuttavia, quando scorsero dei tratti
tranquilli in altre regioni delle immense acque, allora scesero più veloci del
lampo, afferrarono con avida fretta le onde della pace, riducendole in polvere
e in nebbie, e le fecero alzare, sospingendole con moto veemente, quali venti
turbinosi nelle inquietanti, fangose profondità delle loro insidiose e umide
compagne. Poi, queste acque pacifiche affondarono dentro gli abissi, depredate
con tanta perfidia, stringendo e premendo le stesse con la loro potenza rubata,
riducendole a pietre durissime e coprendole in maniera obbrobriosa con il limo
e con il fango della menzogna a causa dell’esecrabile egoismo.
44. Ma questo perfido operare insidioso non durò a lungo, poiché ben presto
io vidi rilucere Enoch più del Sole, e raggi brucianti, sgorganti dal suo capo,
penetrando con forza a torrenti potenti, sconvolsero e rischiararono in un solo
attimo gli abissi fangosi e fugaci di quelle acque grandiose e roventi di brama
rapace.
45. E udite: – non appena i raggi brucianti, sprigionatisi dal capo di
Enoch, ebbero toccato la distesa ardente delle acque insidiose, le onde delle
acque insidiose cominciarono a sibilare e a fremere. Allora la distesa infinita
si diede ad evaporare e a fumare di un fumo densissimo e, forzata dai raggi
brucianti, fu costretta a donare la libertà a quelle acque straniere, rubate
prima con tanta perfidia e fissate sul fondo fangoso dall’amore di se stessi e
dall’avidità. E le acque straniere, come nubi infuocate, allora salirono su ad
innumerevoli schiere nelle arie più pure e splendenti, svincolandosi a forza
dai vapori più torbidi e oscuri sottostanti, che venivano esalati da quei
flutti insidiosi. E vedete, quando furono sfuggite agli abissi della morte, dei
venti attivissimi uscirono dalla colonna di Enoch e, afferrati i figli
liberatisi da poco, li riportarono in vortici lieti, lungo i vapori infuriati
delle acque insidiose, dolcemente, fra le braccia amorose e protese in attesa
delle acque nobilitate in virtù dei comandamenti della Grazia divina. E
avvenuto tale prodigio del santissimo Amore dall’Alto, Enoch
stese ad un tratto le mani con gesto possente, e sereno parlò, comandando con
voce tonante:
46. «O voi,
onde insidiose, ladre e rapaci, ascoltate: – laggiù dove siete negli abissi
tenebrosi del fango, il santo Volere dell’eterno Dio potente, avendo udito le
tranquille possenti parole della salvezza, vi dice: “Ogni goccia è contata più volte nel cuore dell’Amore
eterno, e quindi ciascuno appartiene a se stesso e all’Amore eterno, ma perciò
anche nessuno divenga crudelmente preda dell’altro. Infatti, guai a chi è ladro
e rapinatore insidioso e assassino della proprietà di altri esseri più puri e
di altre acque più pure; anzi, guai a tutte quelle onde perfide, amanti
soltanto di se stesse! E ancora udite bene: – la perfidia dei ladri e dei
rapinatori non potrà mai ondeggiare lietamente, girando tra i solchi delle
acque serene; perciò udite: – essa verrà, già da subito, o sicuramente un
giorno, gettata ed irrigidita nella fissità della morte sotto forma di pietra
rovente dell’eterna maledizione, negli abissi più profondi della Terra ad opera
del potere letale del comandamento. ‘Non dovete
rapinare e rubare!’. Così suona il Volere
possente dell’eterno Dio santo!”
47. Intendete
ciò, o voi, perfide onde, facendovi bene attenzione!». E udite, o
miei padri diletti, e voi pure, o amorosi figli: – tali furono le ultime parole
tuonanti di Enoch, proferite dalla cima dell’alta colonna raggiante, quale
segno sublime ed eterno del Volere divino! E quando il suono delle parole
sublimi fu sperduto lontano per i campi delle distese di tenebra degli orrori
ondeggianti, estranei perfino all’occhio dello spirito, allora io potei
distinguere chiaramente le parole che salivano dagli abissi. E le parole, che
salivano alla colonna in tono obbediente, furono queste: «Oh, rendici pure, o tu, chiaro araldo della
possente Volontà dell’eterno Dio santo, affinché anche noi possiamo diventare
come le altre acque che piacciono all’occhio splendente e santo dell’eterno
Amore santo!»
48. E udite: – allora dei venti infuocati e veementi cominciarono a
spirare, scaturendo dalla colonna splendente, congiungendo in lucente
abbondanza e in prodigio il fuoco dell’Amore eterno ai flutti ondeggianti delle
distese infinite in ascolto. E da tanta splendente dolcezza furono purificate
le onde e i flutti, e udite: – esse apparivano chiare come la superficie del
Sole e rendevano lode e gloria al Signore della Grazia, circondando la colonna
con le onde lucenti. Allora gli echi santi risuonarono in armonia per gli spazi
infiniti sopra i flutti splendenti. Ecco, tutto ciò io vidi così, veramente, e
così, fedelmente ve l’ho anche narrato.
49. O voi, padri dilettissimi, e voi pure, figli amorosi che, attenti e
pazienti avete così a lungo ascoltato me, Kenan, l’oratore spirituale. Vi
piaccia di udire da me ancora quali altri prodigi dell’Amore e della Grazia
divini ho visto e percepito fedelmente: – a una distanza non grande, io scorsi
una colonna (l’ottava) che era del tutto liscia e
che quasi appariva di lucente metallo. Ma udite: – tutto intorno ondeggiava un
mare di sabbia!
50. Da lontano io credevo di vedere veri flutti delle acque, ma quando
questi flutti di polvere mi furono più vicini, tanto più chiaramente e in
maniera evidente mi accorsi che qui intorno alla colonna non ondeggiava acqua,
bensì sabbia asciutta, la quale, sollevata a gorghi dai venti, assumeva in modo
ingannevole, all’occhio scrutatore dell’attento Kenan, l’aspetto di acque
ondeggianti!
51. Quando ebbi osservato tutto ciò fra il grande stupore e non riuscendo a
scoprire, dopo aver scrutato lungamente, in nessun luogo, neanche una sola
goccia d’acqua, alzai gli occhi al Cielo e supplicai il santo ed eterno Padre
dell’Amore per ottenere grazia e soccorso, nonché un sapientissimo consiglio;
però il Cielo restò muto, soffuso com’era solamente da macchie lucenti e
biancastre e qua e là lievemente rossastre, e non giungeva la minima voce dalla
santa ed eterna altitudine che si offuscava sempre più, dove c’è la dimora
dell’eterno Padre santo, di solito compiacente elargitore di amore e di grazie.
52. E vedete, le onde ingannevoli della sabbia salivano sempre più alte e,
com’è comprensibile, più alto salivano e più dense si facevano, tanto che neppure
il raggio più acuto di luce poteva penetrare, a ristoro degli occhi, attraverso
le masse di polvere ondeggianti della sabbia ingannevole.
53. Ma, udite: – per immensa fortuna l’indegna tenebra non durò a lungo,
poiché col cuore rasserenato vidi Matusalem
starsene su quella colonna, circondata da sabbie tenebrose, ed egli era armato
di un’ardente spada a doppio taglio. Gli occhi erano coperti da una benda di
lino, imbrattata di polvere sabbiosa, e gli orecchi erano otturati da pece
viscosa. Ma, vedete, d’un tratto, abbagliante di splendore celestiale,
un’aquila scese possente con un volo veloce e in cerchi sempre più stretti girò
intorno al capo con i sensi impediti di Matusalem e
gli sciolse la benda di protezione dagli occhi e, con il becco, picchiando, gli
pulì con gran cura gli orecchi, preclusi alla voce dalla pece viscosa. E quando
ebbe in questo modo resi liberi i sensi di Matusalem
dai lacci che erano stati posti a loro protezione, la potente aquila luminosa,
quale stella lontana ancora brillante, se ne volò verso le sacre altezze del
Cielo, da dove con tanta maestà era discesa. Matusalem,
però, il fedele e vero, afferrò la spada fiammeggiante a due tagli e la brandì
con la destra minacciosa, descrivendo, in ogni direzione immaginabile, una
linea circolare luminosa come il fulmine.
54. E mentre egli, zelante, brandiva la spada infiammata, da questa si
libravano delle lingue lucenti, come ardenti faville provenienti da un tronco
di legno resinoso in preda a un fuoco violento, legno che cresce in gran numero
e con tronchi spessi ai piedi dei monti.
55. E udite: – le innumerevoli lingue volavano, quant’era possibile, veloci
verso ogni direzione immaginabile sulle distese infinite della polvere,
lambendo la sabbia ingannevole con il potere del loro fuoco, riducendola a una
massa caotica, in modo che era arduo comprendere quello che di utile sarebbe
potuto risultare da tale mescolanza.
56. Io, frattanto, in attesa di cose più grandi, osservavo il lavorio prodigioso
e continuo, il quale durava così a lungo, mentre delle lingue infuocate si
mescolavano alle masse infinite della sabbia ingannevole; tuttavia le
manifestazioni desiderate a lungo tardavano e non si vedeva niente all’infuori
delle sabbie bianche, ormai fatte del tutto roventi.
57. Ma, vedete, mentre il desiderio si faceva più ardente e ansioso, Matusalem si alzò con sguardo spaventoso e cominciò a
predicare, con voce veemente, il santo Volere dell’eterno e santissimo Padre
alle sabbie, diventate del tutto roventi. E le potenti parole che con
grandissima foga uscivano dalla bocca di Matusalem,
si riversarono come acque immense e maestose a torrenti larghissimi fra sibili,
rombi e frastuoni terribili, trascinando la sabbia con sé, come prima avevano fatto
le lingue in tutte le direzioni pensabili. E i sibili e i rombi e i frastuoni
proferivano parole possenti e chiarissime, e queste erano parole di potenza e
di eterna grandezza della Santità di Dio!
58. Udite, o voi, padri e figli! Le parole dicevano: «O polvere, che sei nulla, intendi bene il
Volere della Santità di Dio! Mai ti sia proprio l’ondeggiare menzognero e
ingannatore; convertiti in acqua purissima e fluida e, come tale, ondeggia in
onde splendenti ed eterne, e non preoccuparti, poiché un giorno soltanto la
menzogna verrà annichilita del tutto!»
59. E vedete, quando l’infinita distesa ebbe appreso tali parole, essa si
sciolse di granello in granello in purissime gocce, e queste, in verità,
risplendenti, cominciarono a scorrere ricongiunte in letizia, convergendo a una
distesa infinita di acque purissime, ondeggiando dovunque e tracciando solchi,
glorificando giubilanti il santissimo Nome dell’eterno Dio, e levando via la
sabbia che, con tenacia, era ancora attaccata alla colonna di Matusalem, da quella
stessa sabbia che testimoniava contro di loro e che, cingendo la colonna con le
loro schiere lucenti, le innalzavano lodi, dopo aver adornato con brama amorosa
i loro soffici capi, tremolanti e splendenti, con la luce che sgorgava
abbondante dalla colonna.
60. Vedete e udite, o degnissimi padri, e voi pure, o diletti figli: – come
fedelmente e veramente ho visto, e come con orecchi ben aperti ho pure
ascoltato, così fedelmente e veramente vi narro! La verità, o padri e figli,
solo la verità è l’essenza deliziosa dell’Amore. Perciò anche la menzogna sarà
annientata come nessun altro vizio, perché solo essa è del tutto contraria!alla
Verità eterna dell’Amore del Padre.
61. E udite ancora, o dilettissimi padri, e voi pure, o amorosi figli,
quali altri prodigi hanno visto gli occhi stupiti del vostro Kenan: – Io avevo
l’impressione di essere sempre sospinto con la colonna sulla quale stavo, verso
le regioni lontane delle altre colonne; e come mi era già accaduto prima, così
mi accadde nuovamente. Ed io vidi dalla mia maestosa altezza la nona colonna dell’Amore..
62. O voi padri, e voi, figli: – l’aspetto di quel luogo era quanto mai
strano! Ascoltate: – da una profondità infinita delle notti eterne, una colonna
terribile, macchiata di sozzi colori scintillanti in tutte le sfumature, si
ergeva a un’altezza dove l’occhio non poteva più giungere. Intorno alla colonna
non c’era né ondeggiare d’acque, né polveri né della sabbia, né un moto né una
traccia qualsiasi di vita di un essere; solamente una notte, perdurante in
eterno, circondava nel silenzio assoluto questa nona colonna, screziata e
infinita. E in tale spaventoso, infinito deserto privo di vita, io pensai: “Che cos’è, che significa ciò? Per chi mai è
posta qui quest’infinita colonna?”
63. Così io rimasi a lungo a pensare, per spiegarmi in un modo o nell’altro
la cosa; però, nonostante tutto il mio riflettere, non un lieve barlume voleva
mostrarsi a chiarire la notte infinita ed eterna intorno all’immensa colonna
screziata. O padri e figli, l’angoscia allora mi prese, poiché perfino la luce
della colonna sulla quale io stavo andava sempre più attenuandosi, tanto che io
potevo a stento scorgere che i miei piedi poggiavano ancora sulla cima,
emanante uno scarso chiarore. E quando con tristezza ebbi constatato che la
luce svaniva, mi prostrai sulla faccia e cominciai a pregare col cuore l’eterno
Padre santo, supplicando che non permettesse che io andassi così in perdizione.
64. E udite: – mentre seriamente facevo così, una voce ammonitrice risuonò
d’improvviso, e parlò: “O Kenan, sprofonda in puro amore il tuo pensiero in Me,
tuo Padre e tuo Dio, e ben presto le cose appariranno del tutto diverse ai tuoi
occhi!”. Ed io feci all’istante così come la santa Voce aveva
comandato, senza affatto indugiare a riflettere su quel dolce suono colmo
d’Amore.
65. E udite: – quando ebbi fatto tale cosa con il cuore rigonfio d’amore,
la colonna, che già mi appariva infinita, cominciò sempre più a profondarsi
nell’abisso della notte eterna. E mentre l’azione dell’inabissarsi perdurava da
poco, un lontano frastuono di grandissime acque, somigliante al tonante rombare
delle sfere, giunse ai miei orecchi tesi in ascolto. Prima che io avessi potuto
riflettere sulla cosa, ascoltatemi, o padri e figli, vidi masse enormi
spumeggianti di acque precipitare giù, con violenza, negli spazi tenebrosi
infiniti della notte, che prima, eterna, regnava intorno alla colonna
screziata. Ma vedete, il precipitare delle acque non durò a lungo, perché io
vidi ben presto il luogo precedente delle notti eterne già del tutto riempito
ancora con acqua torbida, però ondeggiante senza fine. Così pure io vidi la
cima della colonna che mi era sembrata eterna, scendere giù dalle eterne
altitudini dei Cieli e abbassarsi verso quei torbidi flutti ondeggianti delle
acque recenti dalla cresta lucente; sulla colonna, in gloria splendente, stava
composto Lamech, il figlio di Matusalem, quale araldo soave del santo Volere divino.
Quando egli pure si accorse che io ero presente, si diede ben presto a
rivolgere ai flutti le seguenti parole:
66. «O
voi, grandi acque, ascoltate! Non dovete consumare voi stesse nelle vostre
brame, poiché quello che in grazia e amore vi è dato dall’Alto, è proprietà
vostra per tempi infiniti ed è sufficiente per l’eternità, giacché non più di
una cosa può mai trovare posto nello stesso spazio. Qunque, non cercate mai di
annientare voi stesse con brame straniere, ma ondeggiate e girate bensì nella
sfera a voi propria, per la lode e la gloria dell’eterno Padre santo!»
67. E udite: – non appena Lamech ebbe proferito tali savie parole, con
rapidissimo moto i flutti compenetrati dall’eterna Luce del Volere divino si
schiarirono e ondeggiarono. Ma io, Kenan, ho visto fedelmente tale cosa; e come
ho visto ed ho ascoltato veramente, così ve l’ho fedelmente narrato.
68. E udite, o padri diletti, e voi pure, o figli amorosi: – oh, ascoltate
pure pazienti la conclusione di questo mio discorso e guardate con me – il
vostro Kenan – negli abissi dell’ira divina, e comprendete il lieve bagliore di
Grazia che scintilla alle genti infedeli della Terra per virtù delle fiamme
dell’ira!
69. Oh, ascoltate e vedete tutto ciò che io dovetti ascoltare e vedere nel
luogo della tenebra della decima colonna!
Udite: – tutte le nove colonne di prima erano dotate, più o meno, di una luce
loro propria, anzi la nona colonna era circonfusa perfino d’un lieve scintillio
a vari colori; quest’ultima colonna però, cioè la decima, non aveva neanche un
punto che tradisse nemmeno una pallida luce; anzi, essa era tenebrosa a tal
punto che io la potevo soltanto sentire, ma non già vedere, malgrado provassi
ad acuire la vista del mio spirito, e se fosse acqua oppure sabbia o il
semplice spazio vuoto e nullo a ondeggiare o impolverarla o a circondarla, oh,
uditemi: – tutto ciò era orribilmente nascosto all’occhio scrutatore di Kenan
che sognava a causa di tale incredibile notte di nerissima tenebra, nella quale
era immersa la decima colonna.
70. Io attendevo ansioso di attimo in attimo e, sforzando quant’era
possibile il potere degli occhi, tentavo di guardare se mai un chiarore
qualunque volesse mostrarsi; tuttavia ogni tentativo era del tutto vano e
perfino gli orecchi che io tendevo all’estremo, non riuscivano ad intendere il
benché lievissimo sussurrare d’una brezza!
71. Oh, udite: – allora io fui colto dall’angoscia in questo deserto di
tenebra atroce che la morte eterna colmava! Non potevo né pregare né supplicare
l’eterno Padre d’Amore che mi liberasse al più presto da una così terribile
notte di morte, poiché solo allora mi accorsi che non solo gli orecchi e gli
occhi, ma, vedete e udite, pure la lingua era paralizzata.
72. E quando dovetti fare una così amara esperienza in me stesso, un lampo
tremendo d’un tratto fendette lo spazio dagli abissi senza fondo della notte
eterna, verso le altitudini dal ferreo aspetto del cielo rinchiuso!
73. Tuttavia, mentre di solito il lampo è seguito dal tuono, non il minimo
scoppio di tuono rombante si fece udire dopo tale folgore immensa. E com’era
l’aspetto già prima del lampo, tale rimase anche dopo, vale a dire: ‘come la notte più densa, estesa da
un’infinità all’altra’, e in me, il vostro Kenan, sentii sorgere allora una
brama ardentissima di luce e di vita, poiché davvero, vi dico, io ero già del
tutto sazio della notte infinita di morte! O padri e figli, la notte, oh, la
notte, quanto a lungo è durata, finché finalmente si mostrò una stella
minuscola sul cielo ferreo, conseguenza isolata e tardiva della folgore già
molto prima sfuggita all’abisso a scagliarsi verso il cielo.
74. I miei occhi, così a lungo accecati, si rivolsero a quel piccolo punto
scintillante, guardandolo fisso. E mentre io fissavo stupito quel punto
brillante e minuscolo, ascoltate: – nei miei orecchi già divenuti completamente
sordi si fece udire all’improvviso un suono assai chiaro, e non erano parole né
voci umane né meno ancora era un sibilo, né un fremito o un altro frastuono.
Oh, udite: – questo suono somigliava a quei suoni che i pastori traggono dalla
loro cornamusa, quando vogliono avere le pecore di Abele radunate intorno a sé
secondo il costume antico, ed esse poi si affrettano subito a venire, alzando
il loro capo verso il cielo e guardando stupite i loro pastori solleciti.
75. Tuttavia percepii chiaramente solo il suono, mentre non potei vedere
nulla delle pecore di Abele! E quand’ebbi appreso ciò con i miei sensi divenuti
già morti, una parola attraversò la mia anima, come un lampo chiarissimo, e
sentii una parola, e questa parola dolcissima così mi parlò: “Ascolta, o Kenan,
la lingua ti è sciolta. Ora prega e supplica il Padre della Luce, dell’Amore e
della Vita, perché voglia concedere luce, amore e vita, a questa colonna
spezzata nella morte!”
76. Allora mi prostrai sulla faccia e mi diedi a pregare con fervore,
implorando il santo Padre d’amore e di ogni vita che si manifesta, che Egli
volesse pure elargire nella Sua Misericordia una fiammella ben chiara di
Grazia, splendente dall’Alto, affinché i miei occhi potessero contemplare la
tremenda grandezza e l’immensa estensione della morte di tenebra. E quand'ebbi
supplicato abbastanza in verità e fede il Padre santo, d’improvviso una voce
squillante mi chiamò per nome e disse: “Rialzati in fretta e contempla gli abissi profondi della
morte più tenebrosa! La colonna spezzata, la decima, indica l’adulterio, la cui
metà inferiore dell’amore giace in fondo all’abisso profondo di morte,
sfracellata e dispersa, mentre l’altra metà superiore della grazia pende
all’arco ferreo, infinito del Cielo e non scenderà ai frammenti, prima che il
fondo di questa colonna non sia lavato e purificato dall’immondizia del
Serpente. Il fondo è la Terra, una dimora del peccato, e l’immondizia del
Serpente è tutta la carne seducente delle donne delle valli di Hanoch. Guai,
dunque, alla Terra ingrassatasi ora con il sangue dei fratelli, i quali, a
causa della carne di donne lascive si sono uccisi in maniera crudele ed hanno
abbeverato la Terra del loro sangue benedetto! Io voglio far sgorgare ben
presto dal cielo grandi flutti, per uccidere ogni carne a causa della carne
seducente delle donne, per mezzo della quale ogni acqua fu consunta qui intorno
alla decima colonna! Oh, fa pure pompa di te, mettiti in mostra, seducente,
magnifica carne di tutte le donne come perfidissime figlie del drago! Oh,
vantati tu, cibo allettante dei vermi dello stagno, tu, o fiato nauseabondo del
Mio Onore! Tu ti bagni e ti lavi ogni giorno nell’acqua finissima profumata di
erbe e di aromi e ti ungi la pelle con oli preziosi per farti ancora più
provocante e attraente per sedurre i figli dell’eterno, santissimo Padre!
77. Si
perpetui dunque sul tuo capo una maledizione! Tali cose le dico Io, Jehova,
l’eterno Dio onnipotente; Io voglio ben presto prepararti un tale bagno, nel
quale tu avrai in eterno abbastanza da bagnarti e d’aspergerti di unguenti!
78. Ascolta,
o Kenan, come tale cosa accadrà, ti verrà appunto ora illuminato dalla luce
della Grazia dell’eterno Padre santo; ti devi perciò rialzare sulla tua
colonna, ormai essa pure già spenta del tutto, e guardare laggiù negli abissi
dove ti sarà rivelato ciò che in breve dovrà accadere!”
79. E uditemi, o padri, e voi figli: – io ben presto mi alzai e guardai con
uno sguardo notevolmente stupito negli abissi della morte e vidi grandi schiere
dei nostri figli lasciare le sacre montagne e scendere frettolosi e in letizia
alle figlie degli uomini e congiungersi con loro, generando figli robusti e
attraenti figlie, e vidi i figli innalzarsi a reggenti, e poi, come tali
sgozzare ed uccidere crudelmente gli inermi, i miseri figli degli uomini!
Allora scorsero torrenti di sangue dei fratelli e dei figli degli uomini, e
udite: – i torrenti del sangue innocente versato gridavano con voce possente,
vendetta verso il ferreo arco del cielo!
80. Ma, ecco, d’un tratto il cielo si lacerò in due
parti e dallo squarcio splendente discese in rapido volo un angelo, il quale
disse all’amore di Lamech: "O Noè, dunque, erigi l’arca di Grazia, come da lungo tempo
il Signore ti ha già fedelmente ordinato, e non appena sarà edificata,
rifugiati dentro la stessa con i tuoi e con tutte le cose, secondo il comando
che il Signore ti ha dato, poiché, vedi, la maledizione di cui la Terra è
gravata, fa già sì che essa arda in moltissimi punti, accesa dall’ira
giudicante del Dio eterno! Come vedi, però, il lamento del sangue ha commosso
in maniera possente la Grazia del Cielo. Il Padre santo ha perciò già deciso di
lavare la Terra dalla maledizione e concimarla tramite questo per una progenie
migliore, che ben presto da te, o Noè, sorgerà. Da te, che sei l’unico
rimastoGli ancora fedele!”
81. E vedete, o voi padri diletti, e voi pure, o amorosi figli: – quando
l’angelo splendente, con tali parole affrettate ebbe detto tale cosa all’amore
di Lamech, oh, udite, d’improvviso scoppiarono gli archi di ferro del cielo e
dalle crepe assai ampie e dagli squarci infuocati si riversarono con terribile
violenza torrenti poderosi di flutti dalle acque fumanti, quale Grazia
dell’eterno Padre santo, per spegnere il fuoco e preparare la futura redenzione
della Terra colpevole dal peccato.
82. E allora, quando le acque cominciarono a colmare le valli terrestri,
vidi innumerevoli generazioni salire dalle valli per cercare fra lamenti le
altitudini dei monti. Io vidi le donne più belle, quali figlie degli uomini
dalle carni bianchissime, sopraffatte di angoscia mortale e sfinite, tentare di
raggiungere, con le dita e le mani sanguinanti, le asperrime vette degli alti
dirupi, e da altezze che danno la vertigine, innalzare disperate le mani
coperte di sangue, torcendole in alto, verso gli squarci aperti del cielo
infuocato e implorando con grida strazianti, conforto e aiuto. Invece tutte le
grida furono vane, e nel mezzo dei flutti che con sempre maggiore violenza si
riversavano dagli squarci roventi del cielo ferreo, si scatenarono venti che
nei loro vortici infuocati trascinarono i più teneri figli degli uomini,
ardendoli e bruciandoli tutti, strappandoli a forza dalle cime rocciose dei
monti raggiunte con tanta fatica, e scagliandoli giù nel baratro dei flutti
infuriati come lamentevole preda di morte!
83. E udite: – non appena tali venti infuocati in modo orribile, ora in un
luogo ora nell’altro, ebbero reso deserta qualche vetta tutelare dei monti,
strappandone la carne più attraente, più tenera e più bianca, infuriando,
esclamarono con orribile accento di scherno: “E ora, bagnati e lavati, e ungiti, tu,
obbrobrioso ed allettante alimento del diavolo e dei suoi seguaci, e adornati
bene tra le braccia olezzanti della morte eterna e prenditi il premio delle tue
fatiche che non ebbero mai tregua, per mezzo delle quali è caduta ogni
generazione della Terra, dalla prima di Adamo fino all’ultima dell’ultimo
abitante della Terra, oppressa dalla maledizione, e percorri la via della morte
di tutta la carne attraente!”
84. E udite: – in tal modo esclamarono i venti infuriati del fuoco, non
appena essi ebbero resa deserta ora l’una, ora l’altra delle cime salvatrici
delle alture e dei dirupi dei monti che erano tanto aspre a salire!
85. Ma udite: – non a lungo durò quell’orribile uccidere e soffocare della
carne peccatrice delle donne più prosperose e di tutti i figli caduti della
Terra e dei figli del Cielo, tristemente ingannati dall’astuzia seducente delle
donne; ben presto, infatti, io vidi ondeggiare delle acque immense fin sopra le
massime vette pietrose dei monti e non si vedeva nessun’altra creatura vivente
all’infuori di me, e si udiva soltanto l’ondeggiare delle acque immense
formatesi da poco, che venivano a infrangersi contro la mia colonna, debolmente
lucente.
86. In base alle nuove esperienze che già prima avevo fatto, m’aspettavo
che, non appena le acque avessero riempito gli abissi sconfinati della morte,
una colonna si sarebbe mostrata ben presto già pronta e lucente di luce
maestosa al di sopra dell’ondeggiante distesa dei flutti. E quantunque all’ottava
colonna non fosse seguita con atto immediato la nona già completa a colpire gli
occhi scrutatori di Kenan, tuttavia, allora, dopo brevissimo tempo, vidi
Lamech, disceso dal cielo, dominare dall’alto di quella colonna. Invece dopo la
decima, oh, udite: – nessun’altra colonna voleva mostrarsi!
87. Attesi molto a lungo, e mi stupii non poco quando vidi l’arca di
Grazia, anziché la colonna, venire galleggiando su onde pacifiche. E quando
essa fu giunta al punto dove poco prima io, il cieco veggente, avevo potuto
intuire l’oscura colonna, udite: – allora le onde impetuose retrocessero,
mentre l’arca di Grazia si posò sopra una colonna assai grande sorta fuori
dalle acque, in modo piacevole e lucente.
88. E quando quell’arca splendente della Grazia si trovò così liberata del
tutto da ogni flutto ondeggiante e da ogni acqua, allora, ascoltate: – sul suo
tetto uno sportello luccicante fu aperto, fuori dal quale ben presto sfuggirono
delle miti colombe e, volando gaiamente, spaziarono lontano, al disopra delle onde
e dei flutti.
89. Ma le gaie colombe non rimasero fuori a lungo, volando qua e là sopra
le acque, poiché all’infuori della colonna dell’arca di Grazia non si vedeva
nient’altro se non il perpetuo accavallarsi di un’onda sull’altra. E poiché le
gaie naviganti dell’aria non trovarono nessun luogo sul quale posarsi, per
prendersi adeguato riposo dopo un volo continuo e abbastanza duraturo, subito
volsero rapide il volo verso l’arca di Grazia e, assidue, cercando la finestra
lucente, penetrarono nella stessa.
90. E quando lo sportello lucente fu di nuovo chiuso, udite: – ben presto
dei venti violenti e infuocati cominciarono a spirare da ogni parte, ben oltre
all’immensa distesa delle acque ondeggianti che al mio sguardo apparivano
eterne. Allora, per effetto di tanto violento spirare dei venti infuocati,
masse enormi di nubi cominciarono a levarsi maestose e veloci dalla distesa
ondeggiante, come il lampo. Ma tale possente infuriare dei venti non durò a
lungo, che già sullo specchio delle acque, ora qua ora là, iniziarono ad
emergere le vette più eccelse dei monti, anzi alcune fra queste verdeggiarono
ben presto ed apparvero in breve, somiglianti a ridenti giardinetti.
91. E udite: – mentre questa scena si svolgeva dinanzi agli sguardi
scrutatori ma lieti di Kenan, nuovamente luccicò lo sportello sopra il tetto
dell’arca di Grazia, e di nuovo si aprì e ne uscirono colombe, levandosi in
rapido volo, tutte allegre e dirigendosi verso le cime dei monti già divenute
verdi. Giunte là, le circondarono in lieti giri con voli aggraziati e
indugiarono a lungo, posandosi, cullandosi e saltellando sui rami cresciuti da
poco, ma poi, dopo un tratto di tempo notevole, lasciarono quei luoghi ora
riccamente provviste di ramoscelli verdeggianti e subito rivolsero le ali verso
l’arca di Grazia ospitale.
92. E ora, vedete e udite: – quando ciò si fu svolto con ritmo affrettato,
i flutti cominciarono a discendere rapidamente, e montagne e piacevoli campi
con terra fruttifera emersero prodigiosamente veloci sulla distesa delle acque
sprofondanti e, animate dal calore dei raggi del Sole, diventarono verdi
trasformandosi in ameni prati e campi, e in rigogliosi fecondissimi giardini.
93. E là dove prima la colonna era apparsa, oh, udite, là crebbe in maniera
da far meraviglia, la terra sempre più alta intorno alla colonna, finché l’arca
stessa della Grazia si trovò a riposare del tutto sulla terra maestosamente
verdeggiante. Vedete, in quel punto scintillò di nuovo lo sportello sopra il
tetto dell’arca di Grazia, e uno stormo numeroso di vivacissime colombe ne
sfuggì, turbinando veloci e, malgrado un’attesa assai grande, non fece più
ritorno alla finestra lasciata aperta sul tetto dell’arca di Grazia.
94. In tale modo Noè, quale amore di
Lamech, da dentro l’arca di Grazia, vide che i flutti erano discesi del tutto
ed egli cominciò ben presto ad aprire le porte dell’arca e lasciò che ne
uscissero fuori lietamente le generazioni preservate della Terra, e infine,
gradualmente, i suoi figli e le donne. E quando ebbero posato il piede tremante
sulla Terra verdeggiante, con cuore commosso si prostrarono a terra e, di
fronte all’aperta arca di Grazia splendente, ringraziarono e lodarono il
Signore, come unico Salvatore pietoso da un così tanto meritato Giudizio
dell’ira di Dio santo ed eterno.
95. Quando con animo grato e con il cuore colmo d’amore, essi ebbero
rivolto a lungo al santo ed eterno Padre le loro orazioni, apparve un angelo
splendente, volando veloce, e recò a Noè la lieta novella dal Cielo sfolgorante
e maestoso, cinto dall’arco colorato. E udite: – quell’angelo
splendente così parlò:
96. “Ascolta,
o Noè, o unico legame del Mio grande Amore: – Io un giorno voglio suscitare da
te un seme di vita, che saprà strappare alla morte le innumerevoli prede,
poiché Mi sospinge un’immensa pietà per la carne giacente là, sotto le onde
irrigidite del peccato, e perciò verrà il giorno nel quale manderò un Salvatore
possente e mai più la Terra tremante sarà visitata da simile Giudizio. E il
grande arco colorato sarà per i popoli e per sempre l’annuncio che Io non
manderò più, fino alla fine dei tempi dei tempi, sulla Terra tale Giudizio.
Quello che poi dovrà accadere, nessuno lo conosce all’infuori di Me, vale a
dire del Padre eterno!”
97. E udite, o voi padri diletti, e voi pure, o amorosi figli: – questo è
tutto quello che ho visto e udito, e vi ho fedelmente narrato così come
l’appresi; nient’altro mi fu dato di vedere. Ma a voi, saggi padri e figli
colmi d’amore, devo lasciare l’interpretazione di quanto ho visto, perché il
senso di simili sogni così strani, da Dio, è un mistero per me».
[indice]
Enoch spiega
le parole di Adamo e di Kenan
12 novembre
1840
1. E
vedete, quando Kenan ebbe finito di narrare il suo sogno, in forma scorrevole e
piacevole, tutti lo guardarono stupiti e si inchinarono dinanzi a lui, poiché
la meraviglia da cui erano stati colti era molto grande e non sapevano cosa
pensare di quanto avevano udito.
2.
Finalmente, dopo un lungo silenzio, il padre Set
si riebbe dallo stupore e cominciò, molto ponderatamente, a parlare ai figli
presenti e fece ciò dopo aver alzato gli occhi al Cielo in atto di
ringraziamento. E così disse: «O Kenan, o figli, che cos’è mai tutto questo?
Cosa significa e dove vuole arrivare?
3. Il
discorso misterioso di Adamo, nostro primo padre, è stato percepito a stento da
tutti i nostri sensi; non ne siamo ancora venuti a capo di una sillaba nei
nostri cuori, deboli d’amore, per quanto ne riguarda la comprensione. Anzi,
perfino l’ultimo discorso infuocato di Enoch pare ancora librarsi, come un
groviglio oscuro, dinanzi a tutti i miei sensi; e ora vieni infine tu, mio caro
Kenan, con un mondo di enunciazioni sinistre, il cui senso non può essere noto
che a Dio. Anzi, io sarei quasi portato ad asserire che ad un uomo dovrebbe
essere a mala pena possibile conservare ancora la vita, qualora il santo ed
eterno Padre lo dotasse di tanta sapienza da poter comprendere il senso
profondissimo ed inesplicabile di tali alti argomenti pieni di mistero!
4. O
Kenan, Kenan! Perché ti è toccato di dover vedere e ora di raccontare una
simile visione a noi, padri e figli poveri e deboli, portando con ciò la
confusione in tutti i nostri sensi e rendendoci più poveri di quanto lo fossimo
prima? In precedenza, infatti, non ci assillavano le vie e i decreti della
Santità eterna di Jehova, che tu invece ci hai esposto in tali discorsi, il cui
senso non può trovarsi rivelato dinanzi a nessun angelo, finché l’angelo
medesimo rimane semplicemente tale e non potrà mai, in eterno, essere pari a
Colui che è il Padre amoroso e santo di tutti noi, il Quale è imperscrutabile
in ciascuna delle Sue eterne parole!
5. O
figli, voi che avete appreso simili cose dalla bocca del caro Kenan, non
pensateci e confessate piuttosto con me, in tutta contrizione ed umiltà del
nostro cuore debole d’amore, che tutti noi assieme non possiamo fare nulla. Né
nessuno di tutti voi voglia mai nutrire in sé la brama di comprendere tali cose
imperscrutabili, ma limitiamoci sempre a rimettere nuovamente a Dio la
comprensione delle stesse, che ben saprà cosa intende esprimere per mezzo di
tali comunicazioni; però, se Egli ce le ha date, di certo le avrà annunciate
perché costituiscano pietra d’inciampo per noi, al fine di dare a noi stessi
poveri e deboli, in primo luogo la possibilità di riconoscere quanto Egli sia
potente già in un solo atomo di pulviscolo solare e, in secondo luogo, affinché
possiamo provare noi stessi nella nostra umiltà, e vedere in tal modo che da
soli non siamo affatto capaci di nulla e che solamente Egli, il nostro santo e
diletto Padre, è il Tutto nel tutto!
6. O
figli, riflettete bene sulle parole di vostro padre Set e preservatevi perciò
da qualsiasi tentazione! Amen!»
7. E
quando Set terminò le sue parole ben ponderate, il piissimo Enoch avanzò
dinanzi ai padri. Egli si inchinò dinanzi a loro e chiese licenza di poter dire
al loro cospetto, egli pure, qualche parola su tale argomento, e ciò tanto più,
appunto perché in quel momento aveva percepito a quel proposito un particolarissimo
incitamento interiore.
8. Set, dopo averlo guardato, gli disse: «Oh, parla,
parla tu pure, o sereno, devoto figlio della Primavera eterna! Anche le tue
allocuzioni più infuocate non sono che una fresca rugiada mattutina al paragone
di tali indicibili ardori solari che provengono dalla bocca di Kenan. Sarà per
tutti noi una sensazione di sollievo se ti verrà concesso di mitigarli almeno
un po’. Parla dunque, e fallo a tuo piacimento; anzi, avresti dovuto parlare
già molto prima. Parla, dunque! Amen!»
9. E
tutti allora si associarono al desiderio di Set, ed Enoch
cominciò a parlare come segue: «O, cari padri, e voi tutti, figli di Dio, udite
e comprendete bene le parole che usciranno ora dalla mia bocca!
10.
Se volete e se potete, sollevate i vostri sguardi, più in alto, verso le
altezze incommensurabili dei Cieli di Dio, il nostro buon Padre santissimo; e
poi rivolgeteli all’ingiù, verso le profondità ugualmente incommensurabili
dell’Uno e Medesimo potente Dio, la cui Signoria non ha fine in alcun luogo!
Pensate a quante cose possono tenersi celate, tanto nelle sconfinate altitudini
quanto nelle profondità, cose delle quali non c’è mente di uomo che le abbia
potute nemmeno immaginare in sogno!
11.
Kenan soltanto fu così fortunato, per quanto finora mi consta, da aver potuto
osservare in spirito un piccolo granellino di pulviscolo scomposto solo un
poco, e il nostro primo padre Adamo ci ha ugualmente mostrato solamente un
altro atomo dello stesso pulviscolo, un po’ sminuzzato, per non parlare poi dei
miei presunti discorsi infiammati e già questo ci riesce incomprensibile e,
oltretutto, suscita in noi tanta meraviglia! Ma poi, com’è possibile veder
svolgersi dinanzi a noi, attraverso i nostri deboli occhi, l’immensa scena dei
soli e dei mondi, pur restando in vita? Chi mai ha potuto scrutare i prodigi
che si compiono in un solo filo d’erba che, modesto, si curva sotto ai nostri
passi? Quanta grandezza e quanta maestà di Dio non si celano anche là, eppure
noi, con il nostro passo indegno, lo calpestiamo e tuttavia continuiamo a
vivere!?
12.
Non ci accade forse in spirito, proprio come accade ai bambini che vengono
turbati alla vista di un pezzo di pane un po’ più duro se viene loro offerto
quando si aspettano ancora una leggera zuppa di latte? Ma sarebbe questo un
buon motivo per non dar loro mai del pane, dal momento che sono abituati al
cibo tenero? Allora, in quale modo mai essi potrebbero giungere alla vigoria
virile?
13.
Vedete, ora succede precisamente così anche per noi: – finché eravamo infantili
e piccoli, il Padre ci nutriva con sostanze leggere e semplici, confacenti alle
nostre capacità d’assimilazione; ora però è necessario che diventiamo uomini
nello spirito! Vedete, il cibo tenero e leggero non si addice più a noi; ma il
Padre ci dà del pane affinché noi possiamo crescere e divenire in tal modo
uomini robusti nella Sua Grazia, ed affinché, poi, noi non ci limitiamo a
guardare le cose, ma anche a comprenderle a dovere, riconoscendo in esse il Suo
grande Amore e la Sua Sapienza, e per riconoscere pure in esse la Sua
santissima Volontà, proveniente dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza!
14.
Se adesso dunque il nostro primo padre Adamo ci ha narrato le vie
originariamente percorse dal suo spirito un tempo smarrito, vie sulle quali e
per mezzo delle quali anche il nostro spirito venne a trovarsi in stato di
confusione e di smarrimento, ebbene, in tutto ciò non c’è veramente niente di
troppo incomprensibile! Infatti è chiaro che lo spirito dovette esistere prima
del corpo, come pure necessariamente Dio dovette esistere prima di qualsiasi
altra creatura preceduta da Lui, poiché Egli è la Causa prima assoluta e
fondamentale di tutte le cose! Altrimenti, per chi avrebbe dovuto essere creato
questo corpo, ovvero questo caduco edificio d’argilla, se già da lungo tempo
non fosse esistito lo spirito, come necessariamente doveva esistere, spirito
soltanto per il quale è chiaro che fu eretta da Dio, il nostro Padre santo,
questa dimora che mette alla prova la libertà dello spirito!
15.
Non risulta affatto che una gallina abbia mai deposto un guscio d’uovo vuoto;
così pure noi tutti sappiamo benissimo che il contenuto dell’uovo deve essere
esistito prima del bianco e duro guscio ben chiuso! Può qualcuno ammettere
ragionevolmente che lo spirito sorga soltanto in seguito alla presenza del
corpo, e che quindi vada formandosi e poi gradatamente sviluppandosi per
uscirne un giorno? Certo è, che chi fosse capace di una cosa del genere,
dovrebbe essere mille volte più insensato e malaccorto di chi volesse costruire
una capanna per qualcuno che ancora non esiste, pensando che la capanna, una
volta realizzata, possa di per sé e da sé produrre il rispettivo abitante!
16.
Perché l’atto della generazione precede il divenire e perché l’uomo precede la
donna? E com’è che noi udiamo il sussurrare del vento, mentre i nostri alberi
non accennano ancora a scuotere le loro fronde? Quando il vento viene a
raggiungere i nostri alberi, allora tutti i rametti si muovono. E tutto questo
non prova forse che il vento deve essere esistito già prima di venire a noi, e
prima anche di suscitare nei nostri alberi una vivace attività? Non sono certo
gli alberi che hanno prodotto il vento, ma, al contrario, è il vento stesso che
è venuto liberamente sopra gli alberi e li ha animati.
17.
Oppure potrebbe forse qualcuno sostenere che un qualche frutto sia stato creato
grazie all’albero o invece che l’albero deve essere esistito prima, appunto per
poter produrre un frutto fuori di sé? Ma com’è allora che voi asserite che Dio
pose nella terra ogni specie di sementi dalle quali poi sorsero tutti i tipi di
erbe, piante, cespugli e alberi che portarono i frutti delle rispettive
sementi, nei quali, poi, si ritrova nuovamente generata la semente vivente!?
18.
Ma se Dio va dimostrando a noi, Suoi figli, in tutti i Suoi innumerevoli
capolavori, quell’Ordine eterno in seguito al quale la vita, ovvero la forza,
deve sempre di gran lunga precedere quello che ancora essa deve divenire per
mezzo suo ed infine per essa stessa, allora, perché mai dovremmo veramente
meravigliarci tanto se Adamo, in virtù di una superiore rivelazione, ci ha
narrato la lunga storia del suo spirito e con ciò ci ha mostrato che in quel
modo anche noi, in questa storia, fummo e siamo coinvolti, come lo saranno pure
più o meno tutti i nostri discendenti, fino alla fine dei tempi? E perché
dovremmo meravigliarci ancora, se tramite tutto questo egli ci ha mostrato
anche quanto Dio sia grande e santo, e pur tuttavia così amorevole e colmo di
Grazia e di Misericordia, Egli, il nostro Padre onnipotente, e quanto sia
infinitamente paziente e indulgente!?
19.
Ma quando apprendiamo ciò, perché dovremo temere, se sappiamo benissimo quanta
infinita Bontà dimora in Colui che tutto ciò ci fa intendere!? Certamente, noi
dobbiamo temere Dio, ma non perché ci dà del pane, ma dobbiamo temere di non
amarLo, perché, chi ha perso un attimo dell’amore per Dio, è rimasto morto
finché si è trovato fuori dall’amore stesso per Dio. Perciò la nostra
principale occupazione deve essere quella di amare costantemente Dio, dato che Egli,
secondo la testimonianza di Adamo, il nostro primo padre, già prima che noi
fossimo ci ha amati con così tanto fervore che noi siamo divenuti ora quello
che siamo come Suoi figli soltanto in virtù del Suo infinito Amore e, di
conseguenza, è bene che ogni nostra attività sia dedicata al continuo
rinvigorirci nell’amore verso di Lui!
20.
Osservate le innumerevoli creature intorno a noi! Esse esistono e sorgono sì in
forza di questo onnipotente Amore, ma ad esse non è concesso corrispondere a
questo Amore, perché non sono capaci d’amare, né sono mature per l’amore, e
questo avviene nello stesso modo in cui noi tratteniamo dal reciproco amore i
nostri piccoli, finché non ne siano diventati maturi.
21.
Però, ora, noi tutti siamo diventati maturi per l’amore; perciò avvenga quindi
che il nostro più grande pensiero sia proprio quello di amare incessantemente
Colui che ci ha reso tanto perfettamente maturi per l’amore!
22.
Come un marito che invita la sua donna ad amarlo senza posa, perché egli stesso
l’ama con tutte le sue forze, così, allo stesso modo, è forse lecito ad un
giovane virtuoso dire altrettanto ad una ragazza ancora immatura? Voi
rispondete: “Per la Santità di Dio, no,
almeno finché l’albero non sia benedetto! Guai a colui che contravvenisse a
quest’ordine, poiché prima ci deve essere la maturità, poi la benedizione e
soltanto dopo deve venire l’amore!”
23. O
padri, se dite così, allora giudicate del tutto rettamente secondo la Volontà
di Dio, ma ditelo anche riguardo a voi stessi e quindi datevi da soli una
risposta a proposito di tale questione: – non sarebbe un errore ancora più
grossolano quello che degli uomini, maturi e già benedetti per l’amore, si
comportassero come i fanciulli e fuggissero?
24.
Per mezzo di Kenan, Dio ci ha additato il compimento del tempo della nostra
piena maturità al fine di nutrire libero amore per Lui; perché allora ci
meravigliamo di questo, quasi fossimo fanciulli immaturi, mentre dobbiamo
piuttosto meravigliarci di essere, tutti assieme, uomini tiepidi ed incostanti
nell’amore, proprio come succede con il moto delle onde del mare. In questo
modo la Grazia si sminuzza in noi, come il Sole sulla superficie inquieta
dell’acqua!
25.
Io dico questo: “Il sogno di Kenan altro
non dice se non che noi dobbiamo amare Dio, il nostro Padre santo, sempre di
più con tutte le nostre forze, e che nell’amore dobbiamo rimpiangere ciascun
istante privo d’amore che ci ha resi morti finché eravamo senza amore”.
Vita e Amore, infatti, sono due concetti assolutamente identici. Chi ha dunque
la vita in sé, vive per tale ragione nella letizia della sua esistenza, di cui
è ben conscio, ed è perciò in tal modo un amico anche della propria stessa
vita; ma se, al contrario, qualcuno uscisse fuori dalla letizia della propria
vita, egli uscirebbe anche fuori dalla vita stessa non appena avesse perduto la
gioia di vivere. E si ucciderebbe, perché diventerebbe suicida alla stessa
stregua di come Caino divenne fratricida, morirebbe perciò in modo duplice: –
una prima volta egli morirebbe per essersi posto fuori dall’Amore di Dio, e una
seconda volta per essersi posto fuori dal proprio stesso amore.
26.
Vedete, la nostra vita o il nostro amore è in Dio, e solamente Dio è il nostro
Amore e la nostra Vita. Però, se noi ci facciamo tiepidi e deboli nel nostro amore
a Dio, allora anche la nostra vita si indebolisce sempre più, e precisamente si
indebolisce in maniera tale che noi, infine, in questo mutismo della vita
guardiamo, in noi e intorno a noi, le cose come se fossimo ciechi e sordi e
senza comprendere niente di tutto ciò che, in noi e intorno a noi, avviene. E
siamo poi dell’opinione che a noi, pigri e assonnati nell’amore, non si addica
destarsi nell’amore, quando il Padre se ne viene a noi per ridestarci dal sonno
con la Sua Grazia. O, cari padri, ciò sia lontano da noi, poiché il nostro Dio
è un Dio serio e santo quanto mai, come nostro amorosissimo Padre, e non si
diletta né a stuzzicare né a tentare, giacché per quale motivo dovrebbe fare
ciò Colui che ha contato tutti i nostri capelli già molto tempo prima che ci
crescessero sul capo? Non saprà Egli forse quello che noi faremo? Oh, di simili
cose il Signore non ha affatto bisogno!
27.
Ma noi, invece, abbiamo tanto bisogno della Sua Grazia, la quale però non è un
modo né per stuzzicare né per tentare, bensì essa è il puro dono benedetto del
Padre santo, per poter sempre più rinvigorire nel Suo Amore la nostra vita,
fattasi debole. O padri, considerate ora le visioni di Kenan nella luce del
vero amore a Dio, il nostro Padre santo e vi accorgerete facilmente che con ciò
Dio non ha assolutamente fatto altro che prospettarci, in spirito, la morta
debolezza del nostro amore per Lui! Dunque, diventiamo nuovamente forti
nell’amore in Lui e per Lui, e vedrete che in noi si farà di nuovo luce su
tutto quello che finora ci è rimasto oscuro! Amen!»
[indice]
Adamo
dichiara la propria debolezza
1. E
quando Set ebbe inteso tutto ciò, i suoi occhi cominciarono ad aprirsi, come pure
quelli degli altri, perché ormai tutti comprendevano molto bene che cosa Enoch
aveva voluto dire; e furono lieti constatando che Enoch comprendeva tali cose
che a tutti loro apparivano incomprensibili sotto ogni aspetto. Quindi, con
semplicità di cuore e intimamente, Mi lodarono e Mi glorificarono per avere
donato, per il loro bene, tanta sapienza ad un uomo e per aver mostrato cose
dall’Alto e pure dal basso, facendone infine spiegare loro il senso recondito
per il bene spirituale di coloro che Mi cercavano nel vero amore.
2. (Nota bene): «A voi
ormai sono state donate parecchie cose, anzi cose molto più grandi; solo che
nessuno finora è venuto a Me nella vera intimità del cuore per lodarMi nel vero
amore; e non c’è stato nessuno che si sia immensamente rallegrato per i fiumi
tanto abbondanti della Grazia che vanno riversandosi su di voi; né vi è stato
alcuno che aspirasse segretamente alla consacrazione di servitore, il quale
deve essere uno strumento della Mia grazia per una ricompensa un po’ maggiore
di quella per la quale ciascuno di voi dovrebbe servirMi nel vero amore. Ma Io
ne ho suscitato solamente uno per voi, esponendolo alle beffe del mondo, ed ho
fatto questo affinché tutti voi possiate essere innalzati a grandi onori al
cospetto degli angeli. Ebbene, quest’unico è il Mio debole e povero servitore (Jakob
Lorber), il quale è un pazzo venuto a voi molto presto dalla campagna. Egli
fu tra di voi per lungo tempo, senza che qualcuno si accorgesse che egli è un
pazzo agli occhi del mondo. Però questo pazzo cercava Me, ed Io Mi sono
lasciato trovare da Lui e l’ho destato al vostro cospetto, affinché vi facesse
da animale da soma, per portarvi un nuovo pane dell’amore che proviene dai
Cieli, il quale è veramente un pane perché dona amore e chiede amore. Ma quando
l’animale da soma di Sion si trova su una via pantanosa, voi lo avvicinate e,
bramosi, prendete il pane fuori dalle sue ceste, ma dei suoi piedi voi vi
curate ben poco e non vedete che essi, e in gran parte per causa vostra,
affondano fino al malleolo nel denso fango! Io però vi dico, che se il pane e
l’acqua della vita vi piacciono, è bene che non lasciate in difficoltà il
mansueto animale da soma! Chi è in grado di farlo, lo faccia, e liberi i suoi
piedi dal fango senza essere visti dal mondo, perché altrimenti, se egli rimane
presso di voi, con il tempo i suoi piedi si indeboliranno per l’affanno, tanto
che egli sarà a mala pena capace di portare del pane per voi, a meno che non
venga Io a liberarlo, per condurlo però poi là dove Io vorrò. Tuttavia, di
certo, presso voi Io non lo lascerò più, perché è ben vero che Io di figli ne
ho ancora molti, ma fra questi ve ne sono pochi che vogliono assumersi la
funzione di pazzo. Perché è più facile e comodo mangiare il pane quando esso è
bell’e pronto, mentre è molto più difficile lasciarsi aggiogare all’aratro per
amore, come si fosse animali da soma, e specialmente per una ricompensa
piccola. Considerate bene tutto ciò e lodateMi e glorificateMi con la vostra
obbedienza! Chi di voi vorrà fare qualcosa a questo riguardo, non perderà mai
neanche uno statere, e a suo tempo gli verrà restituito tutto nel tempo e per
l’eternità. Tuttavia, il servitore indicherà a chi volesse farlo, dove i suoi
piedi hanno difficoltà a muoversi. Amen!»).
3.
Dopo che tutti Mi ebbero lodato e glorificato per il tempo di un’ora, si alzò
nuovamente Set ed invitò pure gli altri ad
alzarsi, e disse: «Figli, il nostro diletto Enoch ha, mediante l’evidente
intervento di Grazia proveniente dall’Alto, sgravato i nostri cuori angosciati
da un immenso peso, e poi li ha possentemente tuffati in uno sconfinato mare di
delizie e di beatitudini; Dio, il nostro santissimo e buonissimo Padre ne sia
in eterno lodato e glorificato! Ma dobbiamo considerare che una simile cosa fu
concessa per nostro vantaggio attraverso Enoch, in conseguenza della sua
spiccata umiltà dinanzi a Dio e ai suoi propri fratelli. E tutto quello che ha
ricevuto, egli lo ha fedelmente offerto a noi, a sua volta, senza trattenere la
benché minima cosa. Ebbene, se pur ora, con lieto animo, lodiamo e
glorifichiamo Dio, il nostro Padre santissimo, io tuttavia credo che nel nostro
cuore, nella gioia del nostro amore, non dobbiamo dimenticarci neppure di
Enoch, perché, se egli è diventato un prediletto di Dio, per quale motivo non
dovrebbe anche esserlo di noi?
4.
Quantunque noi sappiamo bene che tutto quanto egli ci ha detto proviene
unicamente e solamente dall’Alto, e per quanto noi dobbiamo aver rispetto del
luogo dove il padre di tutti noi, Adamo, ha posto il suo piede assieme con la
madre Eva, tuttavia credo che sarebbe ancora più conveniente per noi non
ignorare la bocca per mezzo della quale Dio stesso ha parlato ai nostri cuori.
5. O
figli, prendiamo dunque il caro Enoch in mezzo a noi, e facciamo in modo che
egli non debba più lavorare la magra terra perché gli dia un duro boccone;
invece, dato che Dio, il nostro santissimo Padre, nel Suo infinito Amore e
nella Sua Grazia lo ha scelto per coltivare i nostri cuori ancora deboli
nell’amore, facciamo lavorare per lui la terra dai nostri molti altri figli e
figlie, che hanno bensì membra robuste, ma tanto più deboli hanno i loro cuori.
6. E
tu, diletto Enoch, vorrai accettare, condiscendente e grato, quello che i tuoi
padri vorrebbero offrirti a grande ringraziamento e a lode e gloria di Dio,
affinché tu possa dedicare interamente il tuo tempo a coltivare attivamente i
cuori di tutti noi, secondo il Volere santissimo di Dio!
7. E
ora, o figli, seguitemi nella mia capanna e ristoriamo le nostre membra con
cibo e bevanda nel Nome del nostro santissimo Padre; e speriamo che poi il
nostro caro Enoch vorrà narrarci ancora qualcosa riguardo all’amore! Amen!»
8. E
quando Set ebbe ordinato questo ai suoi figli, essi ben presto s’incamminarono
verso la capanna di Set, la quale era costruita vicino a quella di Adamo. E
quando tutti vi furono giunti, si inchinarono davanti alla capanna di Adamo e
subito dopo davanti a quella di Set, e fecero quindi una breve visita al primo
padre e alla prima madre e, prima di recarsi a prendere il cibo, chiesero ad
Adamo la sua benedizione, ciò che giornalmente usava fare per i presenti,
mentre per i lontani veniva proferita una libera benedizione generale. Ebbene,
dopo che tutto ciò fu compiuto e quando essi volevano allontanarsi con i segni
del massimo rispetto e gratitudine, Adamo li
trattene e, commosso, parlò con voce molto malferma, accorata e con accento
toccante, dicendo:
9.
«Cari figli, e tu, mio carissimo Abele-Set! Io, vostro padre Adamo, vi ho ora benedetti
e adesso voi ve ne andate per ristorare con cibo e bevanda le vostre membra;
così facendo, fate quello che è giusto e buono. Però, vedete, io sono già molto
vecchio e le mie forze vanno affievolendosi come pure avviene per vostra madre
Eva, ed io non posso più lavorare. Tutte le mie membra già mi rifiutano i loro
servizi. Voi sapete che finora ho sempre lavorato e che non ho mai voluto che
altri lavorassero per me, e ciò allo scopo di dare a ciascuno il buon esempio.
10.
Solo che, proprio oggi, non sono stato in grado di lavorare. Quando tutti voi
eravate ancora incapaci al lavoro, ho lavorato io, vostro padre, con la Grazia
e l’aiuto del nostro grande Padre santo, ma ora, ahimè, non lo posso più fare!
11.
Figli miei, io ho fame e sete, e perciò, quando vi sarete saziati, allora
ricordatevi anche del vostro vecchio padre e di vostra madre: – date anche a
noi qualcosa da mangiare e da bere, e d’ora in poi non smettete mai di
occuparvi di noi! E quello che voi farete per noi, vostri genitori, fatelo per
amore, affinché il boccone che ci offrirete non riesca duro ed amaro, bensì di
soave sapore ai vostri genitori, che ormai sono divenuti vecchi e deboli. Del
resto, non continuerete molto a lungo ad avere questo piccolo aggravio su di
voi, dato che io, il vostro debole padre, certo non dimorerò fra voi in questa
capanna per lungo tempo, benedicendovi sempre, ma l’abbandonerò invece per
l’eternità; entrerò in un’altra capanna, là dove se n’è già andato Abele.
Volonterosi, assumetevi dunque questa cura per me, che sono il vostro vecchio e
debole padre, e così pure fate per vostra madre, finché ci troveremo ancora tra
voi, giacché tra pochi anni, che trascorreranno ben presto, voi cercherete
afflitti colui che proprio ora, nella sua debolezza, vi chiede cibo e bevande,
ma la sua capanna non si troverà più su questa vasta Terra. Ora, cari figli,
andate nel Nome di Dio, accompagnati dalla mia benedizione e ristorate le
vostre membra, ma non dimenticatevi del vostro vecchio, debole padre affamato e
così pure della vostra debole madre. Amen!»
12.
Ma quando quei bravi figli ebbero inteso tali parole da Adamo, la commozione
suscitata nei loro dolci cuori fu tanta che essi proruppero tutti apertamente
in pianto; e a lungo non riuscirono a ricomporsi. Ma pure, infine, si alzò Set e disse, con voce che tradiva la più intensa
commozione:
13.
«O padre e voi figli! Da quando esiste la Terra e il cielo circondato con le
sue stelle, la Luna e il Sole, mai ancora una parola più santa è uscita da
bocca d’uomo, più santa di quella che io, dopo Adamo, il padre di tutti voi,
sto ora per pronunciare. Io dico: “Cadano tutte le stelle giù dal cielo, e il
Sole e la Luna perdano eternamente la loro luce, e che tutti i mari, i laghi e
i fiumi si dissecchino fino all’ultima goccia e che la Terra divenga tutta nuda
pietra, sì, che tutto ciò avvenga pure, piuttosto che in noi abbia a sorgere
mai la brama di accostare un boccone alle nostre bocche prima che Adamo, il
padre nostro, e la madre nostra Eva non si siano saziati a sufficienza ad ogni
periodo del giorno!”
14. O
padre e madre, voi già da tempo sapete quale gioia sia sempre stata per me
quando voi, nei giorni del vostro pieno vigore, avete acconsentito ad accettare
qualcosa da me; ma quanto maggiore è adesso la mia gioia, nel momento in cui vi
necessitano le nostre cure, e proprio ora che, finalmente e in grazia, mi è
concesso di risarcire, almeno in minimissima parte e con il massimo amore, il
mio immenso debito verso di voi, o padre e madre, e di rendervi, sia pure in
piccolissima parte, i benefici ricevuti! O padre e madre, accettateli, in
grazia, e possiate rimanere benedicenti in mezzo a noi, fino alla fine dei
tempi.
15. E
tu, Enos, e tu, Kenan, affrettatevi alla mia capanna e prendete subito il miglior
cibo e la più fresca bevanda, e dite a mia moglie Jeha, vostra madre, che suo
padre Adamo e sua madre Eva ne hanno bisogno. Conducetela qui, affinché lei
pure prometta quello che ora io ho così santamente giurato al cospetto di Dio!
E ora andate e ritornate solleciti! Amen! Amen! Amen!»
[indice]
La
benedizione di Adamo ai suoi figli
1. E
vedete, non erano trascorsi ancora cento battiti di polso che già i due
incaricati, provvisti di cibo e bevanda, entrarono a fianco di Jeha piangente,
con i segni del massimo rispetto, nella capanna di Adamo e li porsero a Set con
tutta riverenza, affinché poi egli, quale il più degno, prostrandosi dinanzi ad
Adamo ed Eva, offrisse loro, nel massimo amore filiale e con la più grande
gioia, quello che essi avevano richiesto.
2. Ed
ecco, quando Adamo ebbe visto la grande premura
dei suoi figli e il loro grande amore, prima ancora di accostare qualcosa alla
bocca, alzò gli occhi al Cielo e disse: «O immenso, eccellente e santissimo Padre!
Oh, come dev’essere grande il Tuo Amore per noi, uomini deboli e disobbedienti,
dato che la minima scintilla di questo Tuo infinito Amore, nei miei discendenti
e Tuoi figli, splende già tanto dolcemente e irradia incontro a me, vecchio e
debole primo uomo della Terra! O Padre, guarda, in grazia dalle Tue sante
Altitudini, giù al Tuo debole figlio caduto, la cui caduta si è ripercossa su
tutti i suoi discendenti e benedici Tu pure, nella Tua dolcezza, il caro dono
dei miei discendenti, Tuoi diletti figli, affinché esso possa rafforzare me e
la mia fedele consorte nel nostro perpetuo pentimento riguardo alla nostra
disobbedienza verso di Te, o buono, santo ed amorosissimo Padre! Ma benedici
anche questi Tuoi cari figli e fa’, in grazia, che il Tuo santo Nome possa
sempre essere magnificato, lodato e glorificato! Amen!»
3. E
quando Adamo ebbe pronunciato tali parole, egli prese il cibo offerto e mangiò
e bevette assieme ad Eva, con lieto animo e colmo di gratitudine verso di Me e
di affetto per i suoi figli. I figli, però, nel silenzio del loro cuore, Mi
ringraziarono per l’immensa Grazia della quale Io li avevo degnati concedendo a
loro di poter avere cura dei genitori con gran gioia. Vedete, questi erano
veramente per Me dei cari figli; di simili ce ne sono ora pochi in tutto il
mondo corrotto, oh, loro erano anche figli secondo il Mio cuore! Se ce ne
fossero molti di tali figli, oh, allora Io non sarei per loro un Padre tanto
nascosto, come purtroppo lo devo essere ora per tanti, affinché non vadano completamente
in perdizione nella loro indurita cecità!
4. E
quando Adamo ed Eva si furono saziati, in presenza dei loro figli ancora in
lacrime per la commozione d’amore, Adamo si alzò
e Mi ringraziò dal profondo del suo cuore commosso. E dopo il ringraziamento,
egli si rivolse ai suoi figli, e con voce amorevolissima e con accento che
tradiva l’emozione, così disse loro: «La Benedizione di Dio e la mia siano
sempre con voi e con tutti i vostri discendenti. E finché la Terra resterà
Terra, possa la vostra discendenza, ora tanto benedetta, sussistere fino alla
fine di tutti i tempi; e chiunque mai vivrà, discendendo dalla vostra linea, in
lui possa anche visibilmente manifestarsi, in tutto il suo operare, questa
Benedizione da Dio, il nostro Padre santissimo, pronunciata da parte mia che
sono il primo progenitore. Ed un giorno questa mia benedizione su di voi tutti
si renderà visibile come un Sole, sorto da poco, dell’amore e della grazia da
Dio, il Padre, sopra tutti i popoli della Terra. Questi popoli, quindi, vedranno
scendere, come una Vita di ogni vita, la immensa Gloria di Dio, accompagnata al
supremo amore e alla suprema mansuetudine! Amen! E ora andate, cari figli, e
ristoratevi e riconfortatevi con la Benedizione di Dio e con la mia! Amen!»
5.
Allora Set si alzò a sua volta e così parlò: «O
caro padre, e tu, diletta madre! Non sarebbe bene se anche tu per una sola
mezza giornata dovessi provare la fame e se noi, per il grande amore che ti
portiamo, non dovessimo pure dividere con te il tuo immeritato disagio, del
quale siamo noi la colpa, essendo venuti così tardi da te? Permetti dunque che
noi, per il grande amore verso di te e per mezzo di te e con te anche verso
Dio, ci asteniamo nella giornata d’oggi dal prendere cibo alcuno, affinché
possiamo, con tanta maggiore purezza e dignità, lodare e glorificare Dio nella
nostra beatissima sobrietà! O padre, accogli in grazia questa nostra piccola e
giusta offerta, ma in compenso concedi a tuo nipote, Enoch, di parlare, dinanzi
a te e a noi, dell’Amore di Dio, affinché la sua bocca possa essere santificata
anche dalla tua benedizione, come prima è stata santificata da Dio per mezzo di
tuo figlio Abele, ritornato ormai in patria! O padre, accondiscendi, in grazia,
alla mia preghiera devota! Amen!»
6. Ma
quando Adamo ebbe inteso tali parole, ne fu
commosso fino alle lacrime, e disse: «O figli miei, voi fate più di quanto vi
ho chiesto! Tuttavia, mai vi sia posto alcun limite in ogni cosa buona! Dunque
fate pure secondo il vostro desiderio; però quanto intendete fare, fatelo non
già in mio onore, bensì sempre in onore di Dio, e non dimenticatevi di vostro
padre nella sua grande indigenza e ricordatevi pure sempre della vostra debole
madre!
7. E
tu, caro Enoch, che per mezzo del mio amatissimo Abele fosti benedetto da Dio e
fosti scelto a oratore e a predicatore dell’amore, sii anche da parte mia
benedetto in tutti i tuoi discendenti! Dalla tua linea possa un giorno sorgere
a tutti i popoli della Terra un gran predicatore, che con parole di vita eterna
annunci agli uomini il Regno di Dio! Amen! – E ora con la tua lingua benedetta,
parla! Amen!»
8. E
quando Enoch ebbe inteso queste alte parole
d’incoraggiamento, ne fu quanto mai lieto, ed anzitutto ringraziò Me, nel suo
cuore; poi egli si prostrò dinanzi ad Adamo e gli baciò i piedi, e così baciò
pure la veste di Eva ed infine pregò ardentemente il progenitore che gli
imponesse sul capo le sue mani paterne benedicenti, perché soltanto così la sua
debole lingua sarebbe stata resa degna di proferire parole dell’amore dinanzi a
quegli orecchi ai quali un giorno erano risuonate parole dalla bocca
dell’eterno Amore stesso, anzi a quei medesimi sacri orecchi nei quali la voce
di Dio era così molteplicemente penetrata.
9. Ma
Adamo, dopo che ebbe fatto ad Enoch come questi
aveva domandato, gli disse: «Caro Enoch! Tu hai ben rivolto la tua preghiera,
tanto che essa è gradita a Dio e a me, e tutto è così come hai detto; però una
cosa devo aggiungere a completare quanto hai detto, cosa questa che certo non
sarebbe stato opportuno a te né di pensare né meno ancora di pronunciare; e
questa cosa è la seguente: ‘Dinanzi a
quegli orecchi, un giorno la santa voce di Dio parlò inutilmente nel supremo
Amore!’
10.
Vedi, o mio caro Enoch, spetta a me, come a ciascuno di voi, confessare dinanzi
a tutti i propri errori e umiliarsi così al cospetto di Dio e della Terra, ma
guai a colui che volesse diminuire il nome del suo fratello e intendesse
togliergli l’onore che da Dio stesso gli fu dato! Un tale onore è allora per
ciascuno una proprietà che proviene da Dio e nessuno ha perciò il diritto, con
la lingua, o con la mano, di attentare alla proprietà tanto sacra dell’altro.
Ciascuno ha invece il diritto di umiliarsi al cospetto di Dio e della Terra,
vale a dire soltanto al cospetto dei propri fratelli anziani e non al cospetto
dei più giovani, e questo per evitare che questi stessi giovani siano presi
dall’orgoglio, o che possano, in altro modo, esserne scandalizzati.
11.
Questo sia dunque per tutti voi un buon insegnamento, e per me poi sia una
ragione di grande tranquillità, tramite la quale io stesso sarò perfettamente
in grado di intendere bene le parole di Dio dalla bocca benedetta di Enoch!
Poiché una cosa è quando un fratello ragiona con l’altro della Terra, della
Luna, del Sole e di tutte le stelle, poiché sono tutte cose del mondo e della
natura, cioè cose create per amor mio e vostro, ma ben altra cosa è quando un
fratello parla all’altro con parole provenienti da Dio di cose che sono di Dio.
Ebbene, riguardo queste ultime parole occorre dire che nessuno può né deve
ascoltarle, se non prima che egli non si sia umiliato dinanzi alla Santità di
Dio, che tutto giudica.
12.
Ma qualora qualcuno credesse che il fratello ragioni di tali cose traendole
fuori da se e non da Dio, anche se la bocca del fratello è stata benedetta,
costui, nella sua presunzione, pronuncerebbe il giudizio contro di sé, poiché
penserebbe di poter anch’egli fare altrettanto e che Dio potesse e dovesse
parlare per bocca di chiunque senza che fosse precisamente quella di Enoch. Ma,
in questo caso, io, il padre corporale di tutti voi e il procreatore della
vostra anima da Dio, dico che la cosa non sta in questi termini! Guardate i
fiori sul prato! Non è ciascuno di essi differente nella struttura, nel colore,
nell’odore e nell’uso che se ne può fare? Eppure fra tutti il più nobile è
tuttavia soltanto la rosa, con il suo deliziosissimo profumo e con la sua
rugiada che conferisce vigore a ciascun occhio debole, dopo avere prima
confortato il cuore con la soavità del suo profumo? E se voi, contemplando le
innumerevoli stelle del cielo, farete molta attenzione, troverete che non ce ne
sono due a possedere la stessa luce; però, fra tutte le stelle che non
abbandonano il loro posto, ce n’è una soltanto, quella che voi chiamate la
“stella di Abele”, che brilla come una pura goccia di rugiada sotto la luce del
Sole mattutino! Certamente una sola e medesima cura è quella che Dio nutre sia
per un granellino di pulviscolo solare come per un Sole intero, ed è per Lui
tutt’uno nutrire un moscerino oppure un mastodonte, poiché in questo caso
avviene come quando qualcuno possiede molto: – egli può dare sia il poco che il
molto con la stessa volontà e con lo stesso amore. A colui che ha bisogno di
molto, può dare molto, e a colui che ha bisogno solo di poco, può dare un
piccolo dono e può anche distribuire doni di varia specie! All’uno questo, e
all’altro quello; quindi a ciascuno qualcosa d’altro e di differente. Ora, a
Enoch fu donato l’amore e ricevette un cuore ben illuminato e una bocca
benedetta, perciò, dunque, egli è chiamato anche a dare quello che ha ricevuto.
E poiché l’amore di Dio è stato ciò che ha ricevuto in dono, conviene che egli
ora doni amore a sua volta, come avviene della rosa la quale pure dona quello
che essa ha ricevuto, e nessuno può dubitare che quanto essa dà non l’abbia
prima ricevuto da Dio, dato che si tratta di un buon dono che delizia i nostri
sensi. Ma allora, chi potrà ancora dubitare delle origini del dono di Enoch,
quando la sua lingua trema a causa del tanto amore per Dio?
13.
Parla dunque, o Enoch, e rafforza noi, tuoi padri, con l’esuberanza della tua
Grazia che proviene da Dio! Amen!»
[indice]
Della venuta
del Signore
1. E vedete,
quando il padre Adamo ebbe così terminato il suo discorso, solo allora Enoch si
alzò, rispettosissimo, e cominciò ad indirizzare il suo discorso ai padri.
Tuttavia, prima di prendere la parola, egli rivolse in segreto il suo cuore
amoroso a Me e Mi pregò che gli venisse concessa la grazia di parlare del Mio
Amore e della Santità del Mio Nome, che è inesprimibile in eterno ad ogni
lingua proprio perché Esso è così santo.
2. Ed
Io subito gli accordai quanto Mi aveva pregato e resi la sua voce armoniosa e
risonante come nobile metallo, e così egli proferì un discorso traboccante di
dolcezza e dignità. Né prima né dopo di lui, da nessuna bocca d’uomo fu dato di
udire parole paragonabili a queste, fino a Mosè e a tutti i profeti i quali,
ugualmente, hanno parlato anch’essi con la lingua di Enoch
ed ispirati dallo stesso Spirito. Ebbene, le sue parole furono le seguenti:
3. «O
padri! La grande Grazia di Dio, il nostro Padre santissimo, è venuta fra noi
come un alito di refrigerio portato dalle brezze del lontano Mattino. Sì, il
Padre santo ed eterno si trova fra noi! Tu, o primo padre Adamo, forse dirai: “Odi, o Enoch, ciò non può essere, perché il
Signore così mi ha parlato: ‘Tu non Mi vedrai più e non Mi dovrai più vedere,
però Io destinerò un angelo affinché ti conduca, ti guidi e ti provi fino al
tempo del Mio compiacimento!’”. Solo che, o padre Adamo, considera il
seguente esempio: – mettiamo che tra gli uomini ci sia uno che abbia una moglie
debole, la quale in un mattino sereno avesse offuscato la faccia lieta del
proprio marito, che l’ama profondamente, per non aver voluto seguirlo nella
stanza a ricevere la Benedizione di Dio dopo che il Sole è sorto e benedice la
Terra, in virtù del Signore, con i chiari raggi dell’Amore misericordioso di
Dio! Ebbene, in questo caso, il marito, accorgendosi di tale disobbedienza
nell’amore, dirà: “O donna, cosa devo
fare per il fatto che tu disdegni la grazia e la potenza di Dio che si trova in
me, e per il fatto quindi che la tua superbia ti induce a rifiutare tale Benedizione?
Vedi, per rendere soddisfazione alla Santità di Dio nella mia forza, sii da me
abbandonata e non ti pervenga alcun’altra benedizione finché il Sole, per
settemila volte, non ti abbia guardata e poi non ti abbia, ciascuna volta,
trovata a lavarti nelle lacrime del tuo pentimento. Intanto, al posto mio, ti
manderò qualcun altro per benedirti nel mio nome e, non appena ti sarai
rinnovata nell’anima, io ritornerò da te e ti osserverò da lontano per vedere
se sarai diventata degna che io mi avvicini nuovamente a te con la mia forza
benedicente. Il ricordo di me aleggia intorno a te, e sul tuo campo cresceranno
spine e triboli, ma il seme, dal quale potrebbe sorgere un germoglio da Dio,
sarà, in questo tempo, allontanato dalle tue viscere!”
4.
Mettiamo anche che il marito, dopo aver parlato così, abbandoni la moglie. E la
donna, scorgendo tale santa serietà, si prostri a terra e cominci a piangere e
far lamenti sopra di sé e sopra la sua imperdonabile disobbedienza verso la
sacra potenza da Dio, presente nel marito, e si avvolga nella polvere della
terra per la tristezza. Allora, il marito, ben vedendo la grande serietà del
pentimento della donna, così ragionerà fra sé: “Essa deplora fortemente il suo peccato e non sa cosa fare e a che cosa
decidersi a causa della mia durezza, la quale sta a protezione della sacra
Forza da Dio insita in me. Le sue grida di dolore fanno ammutolire la voce del
mio messaggero; perciò voglio spezzare la parola della mia durezza nel mio
cuore e lasciarmi guidare dal mio amore estremamente indulgente; per cui
ritornerò da lei prima del tempo e la consolerò, accostandomi nuovamente a lei,
ed asciugherò le sue lacrime, riaccogliendola così, come prima, quale mia
moglie!”
5. La
donna, però, che avrà pianto tanto da diventare quasi cieca, riconoscerà solo
gradualmente la grande misericordia del marito, e si leverà finalmente da terra
e ammirerà la sua faccia, stupita e immensamente felice. E il marito, allora,
l’ammonirà dicendole: “O donna, tu ti
meravigli che io abbia mancato alla parola data; solo che, vedi, a ciò mi ha
indotto il mio amore e il mio rigore ha avuto pietà di te che l’hai, con tanta
potenza, raddolcito a causa del tuo pentimento. Ed è per questo che sono venuto
da te per accoglierti nuovamente nel mio cuore prima che trascorresse tutto
quel tempo che io avevo minacciato d’indugiare!”
6.
Ora vedi, padre, come questo marito per il suo grande amore venne a mancare
alla sua parola e dimenticò il suo rigore a causa del gran pentimento della sua
donna, così pure si comporta Dio, il nostro Padre santissimo, il Quale rinunciò
spesso a mantenere il proposito fatto a causa del Suo immenso Amore, e perciò
Egli non insistette nel Suo giusto Rigore, e quindi la Sua ira è l’ira di una
colomba per il pentito, ma l’Amore di Dio è simile ad una poderosa sorgente che
è in grado di nutrire incessantemente l’oceano!
7. O
padri, e tu pure, madre Eva, alzate in alto i vostri sguardi ed ammirate il
gran Santo fra noi, sì, guardate l’amorosissimo Padre, che rinuncia a mantenere
la parola data, il Quale ora si trova fra noi, Suoi figli!
8. O
padre, il mio discorso è finito e ora voglia parlare Colui che queste parole mi
ha ispirato, poiché dinanzi a Lui la mia lingua deve ammutolire!
9. O
Padre santo, pronuncia Tu stesso nel Tuo Amore il grande amen!»
10. E vedete, come Enoch aveva detto, così anche avvenne, ed Io, visibile a tutti, dissi un grande «amen!». E quando essi si furono accorti della Mia
presenza, tutti si prostrarono davanti a Me e nella grande contrizione del loro
cuore, nella polvere, adorarono Me, il loro Padre santo. E nessuno ardiva di
alzare il proprio sguardo, ma Io li chiamai tutti per nome e dissi loro di
sollevare i loro capi perché potessero riconoscere il loro Padre santo. Ed essi
alzarono in alto gli occhi, e Adamo Mi riconobbe ed avrebbe voluto parlare,
solo che la sua lingua non obbediva al suo troppo grande amore, ed Io ebbi
pietà di quei deboli figli e Mi trattenni per qualche tempo in mezzo a loro.
11.
Ma, vedi, allora accadde che nessuno osava parlare e, essendo combattuti fra il
gran timore e l’amore, non riuscivano a far salire la benché minima parola
sulle proprie labbra. Ed Io provai pietà di tanta miseria e di tale immenso
sbigottimento, tanto che Io infusi loro coraggio e vigore affinché fossero
posti in grado di sopportare il tuono della Mia voce e di intendere bene l’alto
significato delle parole che sarebbero seguite dalla bocca dell’eterno Amore,
parole che si riversarono come un immenso flutto dalle fonti primordiali ed
eterne d’ogni divenire e di ogni esistenza.
12.
Quando dunque in tale modo furono ben presto rafforzati tutti i loro sensi e,
per conseguenza, anche la loro anima e il loro spirito, Adamo si alzò, aiutato dai suoi figli, e così parlò, con
espressione d’intenso amore e di umile confidenza: «O Padre santo, Tu, che sei
l’eterno Amore stesso, hai voluto nella Tua immensa Misericordia guardare in
grazia e con dolcezza e grande Amore a noi che siamo colmi del peccato; perciò
io, povero schiavo del peccato, ardisco nella mia infinita nullità dinanzi a Te
di rivolgerTi con il cuore tremante questa preghiera: “O Padre santissimo! Dov’è in ciascuno di noi anche una sola fibra
vitale che fosse, sia pure in minima parte, degna di poter esclamare,
giubilando: ‘È perché io sono ancora incorrotta, che Tu sei venuto o sei potuto
venire da noi?’.
13.
Sennonché tutti i nostri capelli sono diventati pessimi, ed inutile ciascuna
fibra della nostra vita! Oh, rivelaci Tu dunque, per somma grazia, qual è la
forza che ha indotto il Tuo Amore a discendere in grazia a noi fra tanta
bassezza!
14. O
Padre santissimo, non sdegnare questa nostra fervente preghiera e questa
contrita domanda; però, come sempre, sia fatta anche questa volta la Tua
santissima Volontà!”».
15. E
vedete, quando Adamo dal profondo del suo cuore ebbe così parlato al Mio
cospetto, tutti si prostrarono nuovamente a Me e Mi adorarono nel loro amore,
inesprimibile per un uomo; ma Io, dopo che essi ebbero soddisfatto le esigenze
del loro amore, Mi avvicinai e dissi loro di rialzarsi e di aprire gli occhi e
gli orecchi per intendere bene la Mia Parola.
16. E
quando così fu fatto, soltanto allora Io
indirizzai ai loro cuori le seguenti parole, che nella loro forma sensibile o
naturale si possono tradurre così:
17. «Udite, o figli
Miei! Così parla Colui che vi ha dato un’anima immortale e uno spirito vivente
fuori da Sé, affinché possiate riconoscere il Mio grande Amore per voi; e in
virtù del vostro amore per Me e dell’amore Mio per voi, Io vi donerò un giorno
la vita eterna, quando il grande /debito dell’Amore avrà estinto il debito
stesso verso la Santità, cioè in un tempo che Io dovrò creare fuori da Me a
questo scopo. E come Io ho creato tutti voi dalla Mia Misericordia, così Io
preparerò questo tempo fuori dal Mio Amore[13].
18. Ma come Io ora
sono uno Spirito di Grazia tra voi, così allora Io sarò un Uomo colmo del
supremo Amore tra gli uomini. Tuttavia, come voi adesso riconoscete che Io, il
Padre vostro, sono venuto a voi quale un alto ed eterno Spirito dotato di ogni
potenza e forza, e sapete benissimo che sono veramente Io che ora così vi
parlo, ebbene, non in ugual maniera faranno i vostri futuri figli, i quali non
Mi riconosceranno subito quando Mi troverò tra di loro nelle vesti di un debole
e povero fratello. Essi invece Mi perseguiteranno e Mi maltratteranno
crudelmente, e faranno infine a Me quello che Caino ha fatto ad Abele. Però
sarà difficile uccidere il Signore della Vita, poiché allora la Mia morte
apparente tornerà a vita eterna per tutti coloro i quali crederanno che sarò
stato veramente Io a venire fra di loro, quale Salvatore possente e armato cioè
di tutta la potenza dell’Amore, per espiare la colpa che la vostra
disobbedienza ha riversato sopra di voi, come pure sopra tutta la Terra e sopra
tutte le stelle, poiché anche là vi sono dei figli i quali nei primordi sono
usciti da te, o Adamo. Tale colpa però trarrà all’eterno Giudizio, e per
conseguenza alla morte eterna, coloro che nella loro egoistica perfidia
rimarranno increduli e ostinati.
19. E così Io verrò
sette volte; però la settima volta verrò nel fuoco della Mia Santità. Guai
allora a coloro che saranno trovati impuri! Questi non esisteranno più se non
nel fuoco della Mia ira!
20. Vedete, un tempo
Io fui già qua, all’inizio del mondo, per creare tutte le cose per voi e voi
per Me. Tra breve Io verrò nuovamente nei grandi flutti delle acque, per lavare
la Terra dalla pestilenza, poiché le pianure della Terra Mi sono diventate un
abominio colmo di putrida melma e di peste, le quali sono tutte la conseguenza
della vostra disobbedienza. Poi Io verrò per causa vostra, affinché tutto il
mondo non perisca e possa sussistere una discendenza della quale l’ultimo
rampollo sarò Io.
21. E verrò poi per
la terza volta, però in svariate maniere come adesso vengo a voi, senza un
preciso numero di volte, in modo ora visibile e ora nuovamente invisibile, e
questo avverrà nella Parola dello Spirito, per preparare le Mie Vie. E poi
verrò, per la quarta volta, in grande povertà e corporalmente, e questo accadrà
nel grande Tempo dei tempi. Subito dopo verrò, e per la quinta volta, in
Spirito d’Amore e di ogni Santità. Verrò quindi, per la sesta volta,
interiormente, a chi sentirà nel proprio cuore una brama vera e seria di Me; ed
Io sarò di guida a colui che, credente e pieno d’amore, si lascerà attrarre da
Me alla vita eterna. E subito poi Io mi allontanerò dal mondo, ma chi mi avrà
accolto, costui vivrà e il Mio Regno sarà con lui eternamente.
22. E infine, come
già detto, Io verrò ancora una volta, però quest’ultima venuta sarà per tutti
una venuta permanente, in un modo o nell’altro!»
23. Ascoltate e
comprendete bene: “Restate fedeli all’Amore, perché è questo che sarà il vostro
Salvatore! AmateMi sopra ogni cosa, perché ciò sarà la vostra vita, in eterno.
Amatevi però anche fra di voi, affinché vi venga condonato il Giudizio!” La Mia
grazia e il Mio primo amore siano con voi fino alla fine di ogni tempo! Amen!».
E a questo punto i loro occhi furono chiusi.
[indice]
Della grandezza
e profondità della Parola di Dio
1.
Quando essi si furono completamente riavuti, ecco che Adamo
si alzò e disse alla piccola adunanza: «Ebbene, o figli, avete ben visto con i
vostri propri occhi ed udito con i vostri orecchi? Sì, certo, voi avete visto
il Signore dell’eternità, il Dio dell’infinito. Sì, l’amorosissimo nostro Padre
santo voi l’avete proprio visto e avete udito anche la Sua voce la quale è
d’una dolcezza inesprimibile! Certo, Egli è come era quando io Lo vidi prima
ancora che Egli fosse stato mai visto da occhio mortale che ora è ricoperto
dalla triplice notte della morte. La Sua voce è sempre quella traboccante di
potenza e forza, al cui suono infinitamente dolce soli e mondi lasciarono il
loro nulla e con illimitata reverenza diventarono quello che sono. Anzi, al
suono di tale voce, perfino il più possente e il maggiore tra gli spiriti
divenne quello che attualmente è, cioè un verme impotente nella polvere della
Terra qui, dinanzi ai vostri occhi, dal momento che io stesso sono stato messo
al posto suo come una misera, malvagia ed ingrata creatura, colma di
disobbedienza, fuor da me stesso!
2. O
figli, vedete dunque quanto sia immensamente buono il nostro Dio, un Dio che,
anzi, è anche il nostro amorosissimo e santissimo Padre! Vedete, questo immenso
spirito, il cui posto detengo ora io quale povero e debolissimo uomo di
polvere, era stato chiamato ad essere un fratello dell’eterno Amore della
Santità del Padre; solo che l’egoismo e la disobbedienza ridussero questo
spirito, grande e potente, a questa mia bassezza senza nome. Dato dunque che
ora non sarebbe più possibile che nella nostra complessiva nullità noi ci
avvicinassimo in maniera degna della Divinità, neanche di un granello di
pulviscolo solare, così, per attirarci più vicini a Sé, Egli vuole, come tutti
voi avete bene inteso, immergersi nella nostra nullità, appunto per donare con
ciò a questa medesima nostra nullità più di quanto anche la massima elevatezza
spirituale potrebbe mai concepire; cioè, se io ho ben compreso, Egli vuole
essere per noi, vermi nella polvere, non soltanto un Dio e un Padre santo, la
qual cosa Egli era pure dall’eternità, ma vuole anche diventare per noi
addirittura un vigoroso fratello, per poter con ciò congiungere a Sé per la
vita eterna noi, indegni!
3. O
figli, chi mai può comprendere un simile sconfinato Amore? Dov’è il cuore che,
pur nel suo massimo ardore, sia capace di reggere al fuoco di una scintilla
anche solo infinitesimale di tale Amore, Amore che ha il potere di indurre il
grande Dio, il Padre santissimo, a scendere a noi e ad aver misericordia della
nostra nullità e, infine e sempre per virtù di tanto Amore, a rivestire Se
stesso della nostra nullità per poter diventare per noi, tutto, tutto, tutto?
4. O
figli, i miei sentimenti sono d’impedimento alla mia lingua; perciò continua a
parlare tu, o Enoch, tu che sei l’oratore benedetto da Dio e lasciaci percepire
il potere meraviglioso della tua lingua! Ma, senti: – dove io ho cessato di
parlare, là comincia anche a parlare tu del grande Amore del Padre santissimo!
Amen!»
5. E
come Enoch ebbe appreso tale desiderio, vedi
egli si raccolse, si alzò da terra, Mi ringraziò in tutto l’annichilimento e
l’umiltà del proprio cuore puro, s’inchinò infine dinanzi a tutti e, avvicinatosi
ad Adamo, non senza prima essersi di nuovo inchinato, così gli parlò:
6. «O
padre dei miei padri! Vedi, qui ci sono i miei padri e tuoi figli, ma, data
un’apparizione talmente inaudita, come potrei azzardarmi perfino d’incominciare
ad aprire bocca dinanzi a coloro che Dio chiamò ad esistere prima di me,
traendoli fuori da te, e cioè dinanzi a coloro che Egli mi ha dato per mezzo
della natura come padri? Perciò sia loro gradito concedere con amorosa pazienza
che io possa, nella pace completa del mio animo, proferire la Parola della
grazia immensa di Dio al cospetto dei padri tutti e della nobile madre Eva»
7. Ma
quando i padri ebbero intese tali parole, ispirate a grande modestia ed umiltà,
si alzarono e, inchinatisi ad Adamo, Mi lodarono ad alta voce e Mi
ringraziarono per avere donato ad Enoch un cuore tanto umile e modesto. E dalla
faccia di tutti si irradiava un senso di altissima gioia per l’onestà di Enoch.
E lo stesso Adamo lodò quanto mai la sua umiltà e la sua saggezza, e lo pregò
che ormai, con il più lieto consenso di tutti, cominciasse pure e di buon animo
a parlare del grande Amore di Dio, il Padre santissimo ed eterno.
8. E
quando Enoch ebbe inteso ciò, allora e soltanto
allora, dopo aver nel silenzio del suo intimo invocato la Mia grazia e la Mia
misericordia, egli cominciò a parlare e a dire quanto segue:
9. «O
dilettissimi padri! Che cosa può fare la maldestra lingua del debole, limitato
e piccolo essere umano? Che cosa può enunciare, essa, balbettando tremante in
questo luogo tanto altamente santificato, dove solo pochi istanti fa l’eterno
Amore e l’eterna Sapienza del Padre santissimo hanno indirizzato ai nostri
cuori parole di pura essenza spirituale, dense di un significato infinito ed
eterno?
10. O
padri, che cos’è la nostra più grande parola se paragonata alla Sua più
piccola, dal momento che la potenza eterna di un tale santo Amore è stata di
per sé sufficiente a creare un’infinità di cose grandi e piccole, e sufficiente
anche per colmare lo spazio infinito, eterno della Sua Volontà, mentre i nostri
più grandi ed elevati discorsi non sono capaci di spostare neanche un
minimissimo granello di pulviscolo solare dall’ordine che gli fu destinato!
11. O
padri, vedete, se noi ben ponderiamo tutto ciò, non dobbiamo averne
l’impressione come se noi stessimo su dei carboni ardenti ed io, l’oratore,
come se fossi esposto ai raggi del Sole di mezzogiorno alto sull’orizzonte,
quando i suoi raggi, sopra il nostro capo, rendono fluido il duro metallo?
12.
Pensate, era Dio che Se ne stava qui quale possente ed eterno Spirito; ed Egli
disse a noi parole immense che traeva fuori da Sé; e noi non le comprendiamo,
né pienamente le comprenderemo mai, in eterno, poiché quello che di per sé non
è niente, come dovrebbe o come potrebbe abbracciare l’eterna, infinita
Individualità di Dio e comprendere così l’eterno spirito di una parola
proveniente dalla Bocca di Dio? Infatti tutti noi sappiamo benissimo di quante
parole hanno avuto bisogno l’Amore e la Sapienza eterna per creare noi e
l’intero Universo infinito, che per noi è altrettanto perfetto quanto
inconcepibile?
13. O
padri, vedete, se si riflette su ciò e se si volesse ragionare della gloria
infinitamente grande di Dio, dove mai si dovrebbe cominciare e mai si dovrebbe
finire?
14.
Dovremmo noi forse rivolgerci al pulviscolo solare che, scintillando sotto i
raggi del Sole così insignificantemente, si libra nell’aria della nostra
piccola capanna, mentre non sappiamo quale sia il primo granello dal quale si
potrebbe incominciare? O, a chi è noto quale sia l’ultimo granello, cosicché
egli potesse opportunamente intonare un dovuto cantico di lode al Signore, il
Padre santissimo, infinito ed eterno Dio?
15. O
padri, se dunque già nella nostra capanna vediamo l’impossibilità di salutare,
in maniera degna e gradita a Dio, il primo granello di pulviscolo solare e di
ringraziarLo per il riconoscimento dell’ultimo, dove mai cominceremo, qualora
uscissimo dalla nostra capanna e ci mettessimo a considerare l’infinita
quantità del pulviscolo sulla faccia della vasta Terra?
16. E
tuttavia, dobbiamo confessare che tutto ciò, per noi, che pur all’apparenza ci
sembra infinito, è come un niente di fronte a Dio. Nonostante la piena
rivelazione anche soltanto di un simile granello di pulviscolo, la nostra anima
si troverebbe occupata per un’eternità se noi dovessimo conoscere tale granello
nell’infinita perfezione di Dio.
17. O
padri, vedete dunque: – se un simile minuscolo granello come ora lo conosciamo
è già così grande per noi, quanto non deve essere poi grande l’infinita
molteplicità nel proprio ordine, dal primo fino all’ultimo! Dov’è quindi,
all’infuori di Dio, un essere capace di comprendere l’eterna Sapienza del Padre
santissimo che entro vi si cela?
18. Ma,
considerato tutto questo, cosa diremo poi della Terra stessa e di tutte le
innumerevoli stelle e di tutto quello che c’è sulla Terra, per non parlare di
tutto ciò che si trova sulle grandi stelle? E che cosa potremmo dire di noi,
quali siamo ora e quali eravamo nei primordi dell’essere? Eppure tutto ciò non
è che l’effetto di una semplice Parola della Bocca di Dio!
19. O
padri, solo adesso riflettete bene su quante parole ha ora proferito dinanzi a
tutti i nostri occhi, orecchi e cuori, quello stesso eterno, infinito e
santissimo Padre, che per effetto del suo onnipotente “Sia!” ha riempito l’infinito di cose altrettanto infinite!
20.
Oh, ascoltate: “Mai in eterno l’eternità
comprenderà, né l’infinito è sufficientemente grande per accogliere quello che
noi, sopraffatti dalla delizia, abbiamo pochi istanti fa udito dalla Sua bocca
santissima! Noi uomini siamo nell’impossibilità perfino di pensarlo, ma quando
tutto questo, secondo tale santissimo e supremo decreto, troverà adempimento,
allora cielo e Terra dovranno essi pure diventare infiniti. I granelli di
polvere dovranno diventare terre e l’infinito stesso dovrà essere ampliato
all’infinito, e ciò accadrà prima che noi tutti riusciamo a comprendere anche
un solo minimissimo atomo di ciò che il santissimo Padre di tutti noi ha in
animo di fare, per diventare un nostro santo fratello!”
21. O
padri, vedete quale grandiosità e profondità c’è in Dio ed io, povero vermetto
nella polvere, dovrei osare, dopo un tale discorso, di presentarmi dinanzi a
voi per spiegarlo, mentre tutto ciò è stato detto per un nuovo Cielo a nostra
grande consolazione e non per questa ristretta Terra? Noi altro non possiamo
fare se non amarLo, Lui che è sempre santo, santo, santo e santo eternamente
sarà. Tutto quello che noi dobbiamo riconoscere consiste nel fatto che noi
potremmo amare sempre più il nostro Padre santissimo. E la nostra massima
sapienza sia questa: – noi dovremmo amare sopra ogni cosa Colui che è
assolutamente l’eterno Amore stesso e dovremo amarci tra di noi per amor Suo,
eternamente! Amen! Amen! Amen!»
[indice]
Della
benedizione divina sulla Terra
23 dicembre
1840
1. E
quando Enoch ebbe così finita la sua allocuzione di scusa, egli nel suo intimo
Mi ringraziò per avergli Io suggerito il senso appropriato delle sue parole;
poi s’inchinò nuovamente dinanzi ad Adamo e a tutti i suoi padri. Ma Adamo e
gli altri padri, allora, si alzarono e pronunciarono in coro l’Amen ed
abbracciarono Enoch, che di solito era molto schivo ed aveva poco coraggio di
farsi valere in qualche modo di fronte agli altri. D’altra parte, Enoch aveva
tanto più coraggio di amarMi immensamente nel silenzio del suo cuore e nella
sua illimitata umiltà, nonché di obbedire con assoluto filiale amore ai propri
padri, i quali pure Mi ringraziarono con grande amore e ferma fiducia per la
grazia di aver suscitato fra loro un parlatore tanto amorevole dell’amore.
2.
Poi Set, però, ringraziò ancora del tutto particolarmente il padre Adamo per la
benedizione concessa alla lingua di Enoch e Mi pregò al cospetto di tutti
affinché, fino alla fine di tutti i tempi, quella lingua benedetta di Enoch
potesse continuamente sussistere presso tutti i discendenti di quel ceppo
fondamentale dell’umanità .
3. E
tutti allora pronunciarono l’ ‘amen’.
Adamo benedisse quindi il desiderio di Set e
disse: «Il Signore rimarrà fedele in tutte le Sue grandi promesse fino alla
fine dei tempi; possano, dunque, tutti i nostri discendenti diventarGli sempre
più fedeli fino alla fine di tutti i tempi! Amen!
4. E
ora, miei cari figli, con la mia molteplice benedizione e con tutto quello che
è avvenuto nel Nome santissimo del Padre nostro eterno, supremamente buono ed
amorosissimo, recatevi alle vostre dimore e là riposate le vostre membra, la
vostra anima e lo spirito, in Dio! E tu, o Abele-Set, non dimenticarti di tuo
padre e portami il mio cibo e la mia bevanda, e fa’ poi, con la mia triplice
benedizione, quanto è stato consigliato ai tuoi figli! Enoch, però, per tutto
il tempo della mia vita dimorerà nella mia capanna e mangerà da quel piatto dal
quale mangerò io; ed egli in compenso sarà sempre pronto a servire me e tutti i
suoi padri, fratelli e sorelle nell’amore dello spirito che viene da Dio! E ora
andate e fate come avete inteso! Amen!»
5. E
subito tutti s’inchinarono ad Adamo e se ne andarono alle loro capanne, che
erano situate non lontano. Set, però, con l’aiuto di sua moglie accudì
immediatamente ai suoi doveri, ed Enoch, dal canto suo, andò a prendere, nella
sua poco appariscente capanna, il proprio giaciglio e lo trasportò fino alla
capanna di Adamo; e infine, dopo un tacito ringraziamento, portò il suo
giaciglio dentro la capanna stessa dove la vecchia madre Eva l’aiutò, secondo
le sue forze, a rendere il giaciglio più soffice che era possibile. E quando in
questo modo tutto fu in perfetto ordine, Set era già ritornato con sua moglie
ben provvisto di cibo e bevande ed egli, con il cuore quanto mai commosso, Mi
ringraziò per la grande Grazia che gli era stata concessa dinanzi a tutti i
suoi fratelli più anziani, ossia della grazia di poter offrire cibo e bevande
ai suoi genitori e al diletto Enoch che a lui appariva come una sorgente stella
del mattino.
6. E
quando la cena fu finita e così pure fu compiuto il rendimento di grazie, Adamo parlò ancora a Set e gli disse: «O Abele-Set, tu
sai che domani è il sesto giorno della settimana e che il giorno dopo sarà la
santa giornata di riposo del Signore! Al tempo dell’offerta vogliano quindi
radunarsi qui tutti i miei figli proceduti da te e i loro figli e i figli dei
loro figli, come anche quanti più possibile di quei miei figli che il Signore
mi ha dato dopo di te!
7.
Bisognerà dunque che domani venga indicato loro, e così anche a coloro che si
sono presi le loro mogli dalle pianure, che essi si devono purificare per
accedere a questo luogo santo dove l’eterno Spirito d’Amore e di ogni Sapienza
è apparso in piena verità, potenza e forza; e inoltre, che si purifichino anche
per udire dalla bocca di Enoch in questo stesso luogo, una nuova Dottrina
ispirata da Dio, la cui dottrina sarà dolce al loro cuore come lo è stato al
nostro, poiché essa lo ha colmato di attese tanto immense provenute
dall’incommensurabile Amore di Dio. E ora, mio caro Set, per quanto concerne
me, tutto ti è stato detto per oggi e domani, il resto te lo rivelerà il tuo
cuore. Ti accompagnino, quindi, la Grazia di Dio e la mia benedizione. Amen!»
8. E
prima di andarsene a riposare, Enoch si avvicinò
timidamente ad Adamo, e disse: «O padre dei padri, vorresti permettermi di
venire a darti il disturbo di una piccola preghiera ancora? Ma prima perdona
questa mia arbitraria domanda!»
9. Adamo, tutto commosso da tanto modesta ed umile
cordialità, attirò Enoch al suo petto e lo baciò ed accarezzò e infine esclamò,
piangendo di gioia: «O Tu, gran Padre, immensamente buono e santo! Quale
splendido frutto mi hai donato al posto del tanto rimpianto Abele! Abele fu un
eroe al Tuo e al mio cospetto, ma il frutto di Set è come una rugiada di miele
dolcissimo che proviene dal Tuo mattino eterno. Oh, grazie; Ti siano rese
grazie eterne per tanto amore e misericordia! O mia Eva, vedi quanto è buono il
nostro Dio e Padre santo! Vedi di quali tesori Egli ci ha arricchiti!»
10.
Ed Eva rispose: «O Adamo, nella mia immensa
gioia per tanta grazia e amore ricevuti, non posso far altro che piangere! Noi
non ne siamo minimamente degni, perché accanto a questa mia immensa gioia sento
l’immenso carico che per mia sola colpa grava sulle pianure della Terra. O
Caino, perché dovesti diventare una maledizione per la Terra? O Adamo, questo
pensiero tronca sempre ogni parola nella mia bocca e ogni mia gioia si trova
sempre mescolata a quelle spine che hanno accolto la mia prima lacrima, mentre
ero ancora nel Paradiso! O Adamo, lascia che io pianga e preghi!»
11.
Ma Adamo allora disse: «O donna, datti pace,
lascia ormai tali cure a Dio e fa’ secondo il desiderio del tuo cuore! E tu,
mio diletto Enoch, aprimi il tuo amorosissimo cuore e dimmi qual è la tua pia
richiesta! Il mio cuore, gli occhi e i miei orecchi pendono dalle tue labbra
benedette; parla dunque, se vuoi, quando e come vuoi e per me sarà sempre tutto
bene. Amen!»
12.
Ed Enoch, dopo che ebbe intese queste parole,
rivelò il desiderio del suo cuore e lasciò che la sua bocca si esprimesse con
giusti accenti dinanzi ad Adamo, dicendo: «O padre dei miei padri, benedici il
mio giaciglio nella tua capanna, affinché anche la mia anima vi possa
perfettamente riposare, poiché la nobile madre si è data già pena per il riposo
del mio corpo!
13.
Infatti, quando il corpo riposa, l’anima deve avere pace, altrimenti il corpo
riposa male e lo spirito non può, nel frattempo, esercitarsi nella
contemplazione di se stesso e nel procedere verso la sua meta, che è la
somiglianza alla propria forma originaria in Dio. Ma come il sonno, quale riposo
del corpo, è un beneficio di Dio elargitoci mediante natura, così la pace
dell’anima rappresenta quell’interiore calore nascosto dell’eterno Amore, dal
quale soltanto viene prodotta quella sostanza necessaria allo spirito per
svilupparsi così in modo completo e diventare con ciò un giorno, e di nuovo, un
vero recipiente per raccogliervi l’amore e, per conseguenza, la vita da Dio.
14. O
padre dei padri, vedi, non fu piccola cosa quella per cui m’indussi ad avvicinarti
e a pregarti di benedire il mio giaciglio! Poiché al mondo non c’è nulla che
non provenga dalla vita e che, riconducendo poi alla vita, non ci additi le vie
della salvezza grazie alla Misericordia infinita dell’eterno Amore e della
Grazia incommensurabile. Ma gli uomini proprio per questo non devono mancare di
benedire prima tutto, dall’amore di Dio, i fenomeni, la notte, il giaciglio, il
riposo e tutto quello che è in esso e con esso. In tale maniera poi, all’uomo
puro, le visioni nel sonno mostreranno fedelmente le opere dell’amore nello
spirito e gli sarà allora cosa facile esplorare se stesso. Ma chi invece
trascura i fenomeni e non osserva la benedizione del giaciglio e così del
riposo, costui assomiglia ad un cieco e sordo, e l’amore e la vita passeranno
muti dinanzi a lui.
15.
Ma se non fossi capace di percepire quanto c’è di grande nel piccolissimo, come
potrei poi percepire quanto c’è di grande nell’infinito, e nell’infinito,
l’eterno Amore e l’infinita stessa Sapienza, Potenza e Forza di Dio stesso?
16.
Non rifiutarmi dunque, o padre dei miei padri, la benedizione del mio
giaciglio, e dona così la pace alla mia anima, affinché questa possa riposarsi
in letizia nell’amore di Dio, per poter quindi testimoniare validamente
l’immensa grazia in spirito e piena verità dalla misericordia eterna. Amen!»
17. E
quando Adamo ebbe intesa tale preghiera devota,
si fece condurre là, dove era il giaciglio di Enoch e lo benedisse tre volte. E
allorché, compiuto l’atto della benedizione, egli fu di ritorno al suo posto,
egli così parlò: «O Enoch, tutto è avvenuto a seconda del desiderio della tua
fedeltà a Dio! Ma ora, vedi, dato che una simile benedizione ti è necessaria,
questa dev’essere necessaria anche a tutti gli altri e quindi neanche per me
sarebbe certamente superflua, ma chi, in questo caso, benedirà il mio
giaciglio?»
18.
Ma Enoch, in tono di grande amore e della
massima reverenza, così si espresse: «O padre dei miei padri! Tutte le montagne
sono piene della tua benedizione e il tuo giaciglio ha ben contemplato Colui
che ti ha benedetto prima ancora che occhio umano avesse mai ammirato le
fulgide dimore del Padre grande e santo. Ma il Padre grande e santo ti ha già
benedetto con tutto ciò che Egli ti ha donato; dunque, come potresti tu
chiedere a me una benedizione, mentre io stesso non sono che appena una piccola
parte della tua benedizione da Dio?
19.
Oh, rimani nella completa pace da Dio! Infatti la Terra stessa solo a te è
stata messa sotto i piedi della grande sovrabbondanza di benedizione uscente da
te e per te; perciò anche il tuo giaciglio è già del tutto benedetto, e questo
da gran lungo tempo. Con ciò ti è concesso libero riposo e un’alta pace della
tua anima da Dio, mentre la mia anima altro non è che un’anima proveniente da
te e, di conseguenza, essa è solo una piccola parte dell’immensa benedizione
che ti fu concessa immediatamente dalla Mano dell’eterno Amore del Padre
santissimo. Voglia tu dunque ben riposare in piena pace in quel luogo che è
stato illuminato e abbondantemente benedetto dalla santissima presenza di Dio
fra noi tutti! Perciò, vedi, non è necessario che tu ti curi di ciò che è stato
già provvisto dal Signore molto, ma molto prima che un Sole abbia rischiarato
la Terra!
20. A
me è permesso di ringraziarti per la grazia, così alta, di aver benedetto il
mio giaciglio; ma il benedire il tuo giaciglio con la mia mano, o padre dei
miei padri, questa sarebbe da parte mia la massima presunzione! Ovvero, come
potrebbe colui che non possiede niente dare qualcosa a colui che già da lungo
tempo ha ricevuto tutto da Dio?
21.
Vedi, io non ho ricevuto nulla all’infuori dell’amore, e quindi non posso
restituire altro che questo, così come l’ho ricevuto! Però la benedizione non è
stata concessa che a te, e noi stessi siamo la tua benedizione; riposa dunque
nella perfetta pace della tua anima che proviene da Dio! Amen!»
22.
Ma Adamo si commosse quanto mai a queste parole
e baciò tre volte Enoch sulla bocca e si espresse in termini profondi, nel modo
seguente: «O mio caro Enoch! Così ha parlato un tempo anche mio figlio Abele,
quando egli, nella fuga dal Paradiso, portò sulle sue spalle me e la mia
benedizione, benedizione che egli fedelmente mi rese nel paese di Eucippe.
23. O
Enoch, quanto più a lungo ti ascolto, tanto più mi sembra di riconoscere il
suono delle tue parole e mi pare come se udissi la dolce voce del mio Abele!
Seppure il tuo corpo non sia quello di Abele, tuttavia la tua figura è
perfettamente quella di Abele e così le parole e così l’amore e lo spirito.
24. O
grande e santissimo Padre, la Terra sarà abitata da uomini a mala pena dieci
volte il tempo in cui io l’ho abitata e ancora l’abiterò corporalmente secondo
la Tua santissima Volontà; ma pure quand’anche io vivessi fino alla fine, quale
altra cosa sarebbe più meritevole di ricordo e tale da attirarsi la maggiore
benedizione del mio cuore su questa Terra, se non che Tu, o Jehova, ora mi
ridonassi il mio Abele? Eppure anche questo desiderio, che a me pareva
impossibile potesse trovare adempimento, è ormai esaudito e con tanta magnificenza!
O Jehova, non ho forze sufficienti per ringraziarTi della Grazia infinita che
mi hai concessa con l’avermi ridonato in Enoch il mio Abele, e con ciò anche
tutta la benedizione. E in Enoch, da Te reputato degno, sorga un giorno dalla
sua discendenza un germoglio che dovrà essere un grande e santo fratello per
tutti i miei figli provenienti da Te! O Jehova, accogli in grazia i miei
ringraziamenti più profondi!
25. E
tu, o madre Eva, vedi, non per nulla ti sei gioiosamente data tanta cura di
rendere morbido e soffice il giaciglio di Enoch, poiché colui che per seicento
anni hai pianto ora ci è restituito in Enoch! Rallegrati dunque con me, perché,
vedi, egli non morrà mai, bensì, come egli è, rimarrà finché noi vivremo sulla
Terra. Ugualmente poi ritornerà là, da dove è venuto, così come è venuto e come
è ora! Gioisci dunque con me, o Eva! E tu, Enoch, dimmi, non è così?»
26.
Ed Enoch allora rispose: «Sì, o padre Adamo, la
mia carne proviene da Eva, e la mia anima proviene da te e il mio spirito proviene
da Dio! Come non dovrei essere io colui che tu hai benedetto, sia in Abele
oppure in qualsiasi altro del tuo seme benedetto, dato che tanto il mio spirito
quanto quello di Abele è lo stesso spirito che proviene da Dio? Ti sia dunque
dolce il riposo nella pace della tua anima in Dio e a te pure, o diletta madre
Eva! Amen!»
[indice]
La preghiera
mattutina di Adamo e di Enoch
1. E
quando Enoch ebbe pronunciato tali parole, Adamo fu colmo di giubilo con Eva
che pure ne gioì enormemente. Poi Adamo, per
concludere, esclamò: «Amen! Il Signore, Padre santissimo di tutti noi, sia con
noi tutti; e così dedichiamoci ora al riposo ed esso scenda su tutti i nostri
figli! Amen!»
2. In
tal modo queste tre persone andarono a riposare e dormirono placidamente fino
al mattino seguente, quando una brezza fresca, gaia e rinvigorente li venne a
ridestare. Il tempo di coricarsi era, secondo il vostro modo di contare, le ore
nove di sera e quello del levarsi, sempre calcolato nello stesso modo, le tre
del mattino. E come essi, così rafforzati, si furono completamente alzati,
ciascuno fece, nel segreto del cuore, una breve orazione e dopo aver fatto ciò,
in silenzio, Adamo si alzò subito e recitò la
seguente concisa preghiera in presenza di Enoch e di Eva:
3. «O
gran Padre, amorosissimo e santissimo, nel Tuo Nome supremamente santo, che è
colmo di potenza e forza e di ogni gloria, io ho vissuto un nuovo giorno ancora
al Tuo cospetto! O Signore, fa’ che per questo giorno intero i miei pensieri e
le mie opere siano tali, che la tarda brezza crepuscolare possa stasera alitare
incontro a me e dirmi nella sua dolce armonia: “Gioisci, o Adamo, poiché non
hai distolto il tuo occhio dalla faccia di Jehova e i tuoi piedi non hanno
deviato dal sentiero dell’eterno Amore; e come il Sole è andato percorrendo la
sua via attraverso il firmamento, diffondendo in silenzio luce e calore, così
il tuo cuore ha seguito il tacito alitare dell’eterno Spirito!”
4. O
Padre, Tu che ancora non hai mai distolto il Tuo occhio e orecchio da me, non
distoglierli né oggi né mai per tutta l’eternità da me!
5. O
Signore, dove io oggi camminerò, là il Tuo Amore riduca in polvere ciascuna
pietra sulla via del mio pellegrinaggio, affinché i miei piedi non sdrucciolino,
provocando la mia caduta; oppure che non succeda che il mio piede abbia ad
urtare violentemente contro una pietra restandone addirittura ferito, così da
impedirmi di proseguire ancora per le Tue vie con le membra diritte!
6. O
Signore, al mattino conta i miei capelli e non permettere che alla sera ne
manchi neppure uno e così pure ciascuna goccia di sudore, affinché alla sera
nessuna possa essere trovata impura!
7. O
Signore, benedici e rafforza me, che sono debole, affinché io, con il vigore proveniente
da Te, possa oggi e in seguito, finché Ti piaccia, benedire nel Tuo Nome
santissimo i figli che Tu mi hai donato!
8. O
Padre santissimo, esaudisci la mia debole preghiera, nel nome di tutti i Tuoi
figli e di ogni creatura! Amen!»
9. E
quando Adamo ebbe finito tale sincera e modesta
preghiera, ecco, egli si volse ad Enoch che ancora pregava in silenzio e gli
disse: «Enoch, vedi, io adesso ho pregato ad alta voce dinanzi a Dio e a te e
ne ho tratto una grande forza, tanto che mi sento in grado di benedire voi
tutti, degnamente ed efficacemente; vada dunque a te la mia prima benedizione!
E poiché ormai tu sei benedetto, alzati e fa’ tu pure la tua orazione ad alta
voce davanti a Dio e davanti a me, affinché noi, io e tua madre, possiamo nella
maniera più degna e pia elevare il nostro spirito nella soave aurora del tuo
cuore traboccante d’amore. Tu hai udito la mia preghiera, con la quale ho
esposto fedelmente al Signore dal profondo del mio cuore, la mia richiesta
umana e paterna, ma, dato che non puoi pregare quale padre, bensì quale figlio,
fa’ risuonare alta la voce dell’amore filiale del tuo cuore. Amen!»
10. E
quando l’amorevole e pio Enoch ebbe inteso tale
desiderio di Adamo, egli si alzò subito in piedi, ringraziò con fervore Me e
Adamo per la benedizione ricevuta e infine, secondo il desiderio di Adamo,
cominciò a indirizzarMi la seguente e breve preghiera:
11.
«O grande Dio, o santissimo Padre, o eterno Amore colmo della più
incommensurabile Misericordia e della Grazia più santa! Quantunque io sappia
bene che Tu consideri soltanto la parola nel cuore e non porgi ascolto a quanto
risuona nella bocca, e non guardi il respiro dei polmoni e disdegni ogni gesto
del corpo, tuttavia, secondo il pio desiderio di Tuo figlio Adamo, io intonerò
la mia voce per la Tua lode.
12. O
santissimo Padre, vedi, quale debole fanciullo io stesi ieri le mie membra
stanche sul soffice giaciglio benedetto e vi riposai, nella potenza della Tua
dolcezza, fino all’odierno, sacro mattino della Tua Grazia infinita e mi levai
tanto pieno e traboccante delle Tue misericordie!
13.
Chi può mai scrutare a fondo la Grandezza delle Tue infinite opere d’Amore che
tu compi su di me? Oh, se io potessi comprenderne almeno una parte anche
infinitamente piccola!
14.
Che cos’è l’uomo al paragone di te, che tu Ti ricordi di lui, o Tu, dinanzi al
Quale il più leggero alito le eternità se ne fuggono come lievi fiocchi di neve
in balia del vento più violento!
15.
Come deve essere grande, anzi, infinitamente grande il Tuo Amore, perché il
debole uomo possa ancora sussistere di fronte a Te, pur essendo egli colmo di
ingratitudine dinanzi a Te in tutto il suo presunto amore e la sua presunta
umiltà, dal momento che egli non può sapere, né mai in eterno saprà, quale gran
debitore egli sia al Tuo cospetto, come pure mai egli sarà in grado di valutare
completamente la sua infinita bassezza in rapporto a Te!
16. O
santissimo Padre, guarda perciò ugualmente quaggiù a me, che sono infinitamente
debole, in grazia della Tua infinita altezza, forza e potenza. E quale grazia
immensa, accogli il mio amore per Te supremamente imperfetto, poiché, vedi, se
io avessi in me anche l’intero amore di tutti i miei fratelli e padri, che cosa
sarebbe anche questo mio amore nei Tuoi confronti?
17.
Già gli universi non sono che gocce di rugiada dinanzi a Te! Oh, accetta
ugualmente questo mio debole ed imperfetto amore, per quanto sia tutto quello
che io, con animo grato, posso nutrire verso di te; e quindi rafforzami sempre
di più, secondo la Tua Misericordia! Amen! Amen! Amen!»
[indice]
Considerazioni
mattutine di Enoch
9 gennaio
1841
1. E
quando, in tal modo, Enoch ebbe finito questa preghiera pronunciata ad alta
voce, ecco che Adamo si alzò tutto lieto e lodò e glorificò il Mio Nome, e Mi
ringraziò fervidamente per il dono dell’udito che rende possibile apprendere
simili magnificenze, e per la luce degli occhi, i quali sono atti ad ammirare
le opere meravigliose della Mia Misericordia, e per la voce, la quale rende
l’uomo capace di presentare nella maniera più comprensibile possibile al
piccolo cuore umano chiare parole di lode e di gloria per la Maestà infinita
del grande e santo Dio, inconcepibile sopra ogni cosa. E così egli Mi ringraziò
per tutti gli altri sensi, poiché Adamo comprendeva
molto bene che il loro dono e la costante conservazione di questo costituiscono
un immenso beneficio che proviene dalla mano generosa del Mio Amore.
2. E
quando fu giunto alla fine di tali replicate manifestazioni di lode, di
glorificazione e di ringraziamento, cosa che del resto egli era solito fare
ogni giorno, si rivolse nuovamente ad Enoch che nel frattempo aveva fatto la
medesima cosa in silenzio nel suo cuore, e disse:
3. «O
Enoch, eletta bocca dell’eterno Amore di Dio, vedi, io ti chiamai prima “Abele”;
solo che ti ho arrecato un torto e quindi sono stato ingrato verso Dio! Poiché,
vedi, Abele era bensì il primo figlio benedetto che Dio mi aveva donato, ed era
perciò un prediletto del mio cuore e uno strumento fedele nella mano di Dio,
strumento concesso a me per la mia salvezza. Tu, invece, sei stato ora mandato
a me dal Signore, nei miei anni tardi, come balsamo corroborante, affinché la
ferita infertami da Caino possa, nei miei ultimi tempi, essere risanata nel mio
cuore, poiché se tu fossi soltanto l’anima e lo spirito di Abele sotto le
spoglie di Enoch, saresti quello che era Abele e saresti simile al mio diletto
Set che il Signore mi ha dato al posto di Abele. Tu però fosti suscitato dal
Signore fuori dal Suo Amore ed Egli ha posto questo Amore nel seme di Jared,
affinché tu divenissi un puro frutto dell’amore per poi indicare a tutti i tuoi
padri e fratelli la dolce via dell’amore e per dimostrare che l’amore vale più
di tutta la nostra sapienza, la quale può cadere, mentre l’amore crea montagne
e rupi fuori dalla fanghiglia del mare.
4. O
Enoch, mio diletto Enoch, vieni qui sul mio petto paterno e lascia che io ti
ami e ti benedica con sovrabbondante misura, affinché la tua benedizione possa
bastare fino alla fine di tutti i tempi! Poiché tu ora hai versato un olio puro
nel mio cuore già molto indurito, in modo che esso ricomincia ad intenerirsi e
a diventare come era quando il Signore, per la prima volta, portò verso di me
la mia amata compagna, e in questo mio grande pensiero vedo sorgere un
cespuglio di rose dai molti rami e alla sommità vi scorgo un bocciolo, o Enoch,
un bocciolo! E questo bocciolo, ancora chiuso, risplende più del Sole a
mezzogiorno! Ma ora non parliamone più; vedi, tutto ciò sei stato tu a
produrlo!
5. Dunque,
tu non sei né Abele né Set, anche se tu sei una pura vita che proviene da Dio
per mezzo del seme di Jared, per cui anche tu possiedi una tua vita propria, la
quale mai dovrà soggiacere alla morte. Perciò, distribuisci fra tutti quanto
hai in sovrabbondanza, affinché essi pure possano giungere a riconoscere che
non la sapienza, ma soltanto l’amore costituisce la vera vita eterna
proveniente da Dio, perché soltanto ora io stesso vedo che unicamente
nell’amore sarò indistruttibile per l’eternità. E perciò tutta la nostra
sapienza sarà e deve anche essere ridotta a nulla dinanzi a Dio, ma l’amore, il
piccolo amore, un giorno verrà fatto grande da Dio, poiché Egli stesso altro
non è che Amore.
6. O
Enoch, quando il Sole sorgerà, esortami e parla. Amen!»
7. E
quando Adamo ebbe finito, egli strinse ancora una volta Enoch al suo petto
paterno, lo benedisse di nuovo e lo incaricò di sincerarsi se Set e i suoi
figli dormissero ancora nelle loro capanne, di vedere anche la posizione delle
stelle, e se il Sole fosse già prossimo al levare, e quale aspetto avessero le
pianure, se nebbioso o sereno, quale fosse la direzione del vento, se il
firmamento fosse limpido del tutto oppure cosparso qua e là di nuvolette e se
l’erba fosse ben ricoperta di rugiada.
8. E
dopo che egli avesse esattamente osservato tutto ciò, lo pregò che volesse far
nuovamente ritorno e portargli, verso l’approssimarsi della gloriosa aurora,
fedeli notizie riguardo a tutto quanto gli era stato richiesto.
9. E
vedi, Enoch ringraziò Adamo con il massimo rispetto e si recò subito fuori per
adempiere a quanto Adamo gli aveva comandato.
10.
Allora però erano, secondo il vostro modo di calcolare il tempo, già passate le
ore quattro del mattino quando Enoch uscì dalla
santificata capanna di Adamo. E quando egli si trovò così all’aperto, vedi,
egli subito si esortò nel cuore e meditò in silenzio:
11.
‘O eterno, grande e santissimo Padre, colmo del più inconcepibile, purissimo e
supremo Amore! Oh, com’è piccola questa santificata capanna di Adamo, il nostro
padre terreno, paragonata a questo Tuo incommensurabile edificio! Come
scintillano piccine ed isolate nella Tua grande casa le stelle infuocate, che
sono mondi immensi, eppure il loro numero è sterminato, come la casa non ha
pareti; tutte loro, invece, si librano nella Tua Grazia e si tengono strette al
Tuo Amore, e nessun’altra forza, all’infuori della Tua, può condurle per le
orbite lontane dei cerchi infiniti.
12. O
Padre santo, come sei grande, potente e buono; e quale maestà ci dev’essere in
Te, nella Tua Luce, se già la Tua notte è tanto grandiosa, ammirabile e bella!
13. O
Padre mio, santo e buono, rendi il mio petto ancora più ampio, affinché mi sia
dato di amarTi a pieni palpiti, perché troppo bello e grande è tutto ciò che
ora il mio occhio contempla! Quanto splendidamente si stagliano le cime degli
alti cedri nell’aria libera, dolcemente mossa e cosparsa di luci, e scuotono
lievemente le loro fronde, come volessero far cenni d’amore alle stelle! Ma poi
ben presto si manifesta un qualche alito da Te, tanto che essi percepiscono la
Tua santa vicinanza e chinano senza indugio i loro maestosi capi a terra. Ma
poi ecco subito che si risollevano di nuovo, attratti dall’immensa, santissima
potenza del Tuo Amore e, giubilanti nella loro libera altezza, Ti innalzano,
con lo stormire delle foglie, un inno di lode imperscrutabile e denso del più
profondo significato. Oh, quale grandiosità e quale maestà ci deve essere in
questa lode, poiché a me non riesce nemmeno d’intuire quale santo sacrificio
viene offerto con ciò dalla Natura che Tu creasti, sacrificio per Te, il
sublime Creatore! Incessantemente Ti lodano la terra, l’erba, le piante, i
cespugli, gli alberi e tutte le fulgenti stelle; soltanto l’uomo può dormire in
mezzo ad offerte tanto sacre!
14. O
Padre santo e immensamente buono, non voglio mai cessare di lodarti; e ciascun
granello di polvere che si muove sia per me un incitamento a non tralasciare
mai di lodarTi sempre di più!
15.
Dato che Tu mi donasti un cuore colmo d’amore e di devozione, io voglio essere
sempre lieto per la Tua immensa ed infinita Bontà e voglio sempre giubilare
altamente in Te, o mio Dio, che sei tanto pieno d’Amore e di Grazia verso
chiunque gioisca nel Tuo Nome santissimo.
16. O
letizia, letizia, o ammirabile compagna dell’amore, come riesci dolce al cuore,
quando questo batte secondo la Volontà del Padre santo!
17.
Oh, è bene essere quanto mai buoni e lieti, giacché il Padre santissimo
accoglie con grazia tanto una grande lode che proviene dall’infinito quanto
pure da una sola goccia di rugiada che svanisce al più lieve alito del Sole
mattutino!
18. O
Padre, guarda, in grazia, quaggiù al mio debole cuore e riconosci la mia lode
anche nella sua nullità; e fra gli squillanti inni di grazia dei Tuoi soli Ti
giunga pure il mio misero cinguettio, il quale forse è più debole ancora del
lieve ronzio di un moscerino insignificantissimo, stordito dalla notte!
19. O
Tu, mio amorosissimo grande e santo Padre, Signore e Dio, accetta in grazia
questo mio confuso balbettio, e fa’ che adesso io possa adempiere fedelmente al
volere del primo padre Adamo! Amen!’
[indice]
La gioia di Jared nel rivedere suo figlio Enoch
1. E
vedi, allora Enoch se ne andò, come Adamo gli aveva comandato ed osservò tutto
attentamente, secondo le indicazioni che quest’ultimo gli aveva dato.
2.
Ma, quando giunse alla vicina capanna di Set, trovò che egli dormiva ancora e
non osò svegliarlo, giacché Set era per lui, dopo Adamo, un padre altamente
benedetto. E quando poi egli ebbe scrutato il cielo stellato ed ebbe diretto lo
sguardo verso il Mattino, per giudicare dall’intensità dell’albeggiare il tempo
del levar del Sole, ecco che apparve Jared che
benedì Enoch e così parlò a suo figlio:
3. «O
mio caro figlio, vedi, questa notte non ho potuto dormire per la gioia
causatami dal fatto che tu hai trovato tanta grazia dinanzi a Dio! Poiché, per
il santo rispetto dovuto, chi mai all’infuori di Set avrebbe osato varcare,
dopo il tramonto, la soglia della sacra capanna di Adamo? Ma ora a te è
concesso addirittura di dimorarvi! E tanto più adesso, dopo che tutti noi fummo
testimoni ieri, con i nostri occhi e con i nostri orecchi, della grazia
incommensurabile scesa su questa capanna dalle altezze supreme di Dio!
4. O
mio diletto figlio, vedi, la mia gioia è troppo grande perché io possa anche in
minima parte dimostrarti come, per questa ragione, il mio cuore, inebriato di
grato gaudio, sia rimasto quasi sopraffatto dal sentimento d’amore. Certo, a me
sembra di dover abbracciare con amore anche ogni albero e baciarne la scorza;
le stelle stesse mi appaiono oggi del tutto vicine ed esse spirano soltanto
amore verso di me!
5. O
Enoch, vedi, la gioia e l’amore mi hanno sopraffatto e la mia lingua trema per
la letizia, tanto che non potrei più oltre parlare con te! Dimmi solo: – che
cos’è che già tanto di buon’ora ti ha indotto ad uscire dalla sacra dimora del
nostro primo padre?
6.
Poiché ad indurti ad uscir fuori non può essere stato se non quello che ha
impedito il sonno a me! Giacché ciò che sta dinanzi a me è la gioia e la
grazia. Tu, però, sei nella gioia e grazia, e perciò, vedi, ci dev’essere una
volontà superiore che ti accompagna! O Enoch, mio caro figlio, non celarmi
quanto di sacro ti è stato posto nel cuore, dato che tu non hai, né puoi avere,
niente di meschino nel tuo cuore, quando si tratta di una cosa oggetto della
tua attenzione! Oh, dunque, non celare questa cosa dinanzi a me, il padre tuo!»
7. Ma
quando il pio Enoch ebbe inteso queste parole di
suo padre, si fermò per ringraziarlo della benedizione e per accarezzarlo. E
gli disse:
8. «O
caro padre Jared, tu ben conosci tuo figlio, del quale sai che ogni cosa è
anche la tua, come pure che io non ho niente che non avessi ricevuto prima da
te. E il mio amore è costituito sulle tue fondamenta, e la mia gioia sta nella
tua benedizione, e attraverso i miei occhi guarda un’anima che proviene da te,
e il tuo sangue rigonfia le mie vene e tutti i miei visceri sono da te; e così
pure fosti tu ad insegnarmi solo Dio e il Suo Amore e a farmi notare la Sua
Grazia. Vedi, dunque, che ogni mio passo e ogni mio agire sono opera tua, per
mezzo della grande Grazia dall’Alto, e quindi nulla ti può essere estraneo di
ciò che faccio. Però, vedi, colui che ora mi ha mandato qui fuori è da più di
te e di me, ed egli è il primo padre di tutti noi, Adamo! Il perché egli mi
abbia mandato qui, a lui solo è lecito saperlo prima degli altri, sia perché
fra tutti noi è il primo su questa Terra, e poi perché quello che egli mi ha
affidato non è né mio né tuo, bensì suo.
9.
Perciò, caro padre, ti prego di non voler indagare prima che tu non l’abbia
appreso da colui al quale appartiene, per darne poi dall’alto in giù a coloro
che ne hanno bisogno.
10.
Ben presto egli verrà fuori e allora tu l’apprenderai molto bene al levar del
Sole!»
11. E
quando Enoch ebbe così finito, ecco già avanzare pure Set, fuori dalla capanna,
e come egli ebbe visto i due, subito si avvicinò a loro e li benedisse. Questi,
però, gli si inchinarono grati con il più profondo rispetto e gratitudine. E
Set allora chiese anch’egli ad Enoch notizie riguardo a ciò di cui appunto si
era già informato Jared, ma gli riuscì di strappare ad Enoch altrettante poche
informazioni come prima Jared. Set però si meravigliò di trovare Enoch così riservato, ma questi così gli rispose:
12.
«O padre Set, tu sei un figlio benedetto al posto di Abele e sai che tu hai Dio
e Adamo per padre più vicini di quanto io abbia mio padre Jared! Ma non è forse
vero che egli ti ha dato tutte le sue cose tanto che ora sono diventate tue?
Però, se Adamo, di sua volontà, mi ha mandato a ricercare ciò che è del suo
cuore, vedi, come puoi pretendere da me che ne dia a te prima che a colui il
cui cuore mi spinse a raccogliere per lui tali cose, affinché egli potesse poi,
quale padre, avere qualcosa da distribuire al mattino fra tutti voi?
13.
Vedi, quello che è mio, tu lo puoi avere certamente senza alcuna restrizione,
perché era già tuo molto tempo prima che divenisse mio, ma Adamo ha di fronte a
tutti noi una certa priorità e perciò conviene oltretutto che egli riceva per
primo, affinché lui stesso, poi, possa a sua volta darne a te e a tutti gli
altri. Ecco, il Sole si avvicina al suo sorgere, mentre la Luna, pallida, si
affretta al tramonto e le stelle si ritraggono dalla grande scena della notte,
e il padre Adamo già se ne sta sulla soglia della sua dimora, la quale è aperta
proprio in attesa che io ritorni. Abbiate dunque soltanto un po’ di pazienza
ancora, e ben presto riceverete notizia di quello che sono stato mandato a
raccogliere tanto di buon mattino!»
14.
Dopo tali parole Enoch si congedò dai suoi padri e si avviò, frettoloso, verso
la capanna di Adamo. Si prostrò dinanzi a lui con la faccia a terra, Mi
ringraziò nella polvere e infine si alzò su invito di Adamo, ed entrò
rispettosamente nella capanna e gli riferì con precisione tutte le osservazioni
che egli aveva fedelmente fatte.
15. E
come Adamo le ebbe fedelmente apprese dalla
bocca di Enoch, vedi, egli subito si alzò e anzitutto disse a Eva: «O Eva, mia
fedele compagna, continua pure dolcemente a riposare nella grazia di Dio finché
io ritorni accompagnato nell’uscire e nel rientrare da Enoch, poiché su tutti i
monti i figli sono già in attesa della mia benedizione. E tu, mio diletto Enoch,
accompagnami sulla collina che si trova verso il Mattino, affinché la mia
benedizione non giunga più tardi dei raggi del Sole mattutino a tutti i figli
sulle montagne, come pure a tutti coloro che, in qualità di pastori, dimorano
nelle piccole valli tra i monti. E voglia il Signore risparmiare ancora per
qualche tempo i Suoi severi Giudizi agli abitanti delle pianure! E ora
affrettiamoci. Amen!»
[indice]
Il canto
mattutino di Enoch
1. E
subito i due lasciarono la capanna e si avviarono di buon passo verso la
piccola altura a forma di cupola e immediatamente vi salirono. Essa era
sopraelevata di sole dieci altezze d’uomo sul terreno dov’era situata la
capanna di Adamo, ed era tutto intorno libera da qualsiasi albero. Le cime dei
cedri giungevano solamente fino al piede di questa altura libera, alla sommità
della quale conduceva un sentiero stretto, ma del resto anche molto comodo.
2. E
così essi raggiunsero la vetta sette minuti prima del levare del Sole, stando
al vostro modo di calcolare il tempo. Giunti là, Adamo si sedette a terra; Mi
ringraziò per il nuovo giorno concessogli e Mi pregò d’impartirgli la
Benedizione, affinché poi egli potesse a sua volta benedire efficacemente tutti
i suoi figli, nel Mio Nome, ossia nel Mio Amore dalla Mia grazia.
3. (nota bene: -
Cosa questa che ora viene poco osservata da voi e che dal mondo viene
considerata un’insulsaggine; perciò anch’Io e la Mia benedizione dobbiamo
starcene lontani, dato che già da lungo tempo nessuno ne sente più il
bisogno!).
4. E
quando egli ebbe finito la sua preghiera, vedi, egli percepì il Mio Alito e
benedisse tutti i suoi figli prima del levar del Sole.
5. Quando,
allora, Adamo ebbe mandato la sua benedizione proveniente da Me a tutti i suoi
figli, senza tuttavia dimenticarsi, facendo ciò, anche di coloro che dimoravano
nella pianura, ecco che i primi raggi del Sole mattutino scoccarono fuori
dall’ampio orizzonte e Adamo pianse di gioia nell’ammirarli, poiché i suoi
occhi vedevano nuovamente la Mia grazia irradiare sopra i vasti campi della
Terra. Ed egli sentì che, tramite il Mio Amore misericordioso, il Sole
cominciava nuovamente a riscaldare il terreno dei monti, reso gelido dalla
notte, dove pure faceva sempre più freddo che non nella pianura, come avviene
anche oggigiorno.
6. E
dopo che Adamo ebbe così giubilato, vedendo pure Enoch colmo di letizia, si
ricordò di lui e lo invitò a parlare in occasione del sorgere del Sole, come
egli aveva con lui convenuto già prima, subito dopo la preghiera mattutina.
7. E
come Enoch ebbe inteso il suo desiderio, egli
cominciò subito a parlare dall’Amore, e il suo discorso fu il seguente:
8. «O
padre, tu richiedi parole delle quali io non sono capace! Ed io dovrei, ora,
cantarti le glorie del mattino al pari di Set, il quale è un oratore quanto mai
fecondo in tali cose, mentre io non sono che un cieco sentimentale dell’amore!
9.
Vedi, voglia tu dunque usare indulgenza, se io non posso fare così come il
nobile Set; però quello che si agita nel mio cuore, io voglio comunque darlo,
per quanto possa bastare a questo scopo la capacità della mia povera lingua.
10. O
padre, che cos’è questo pallido, debole e fuggente mattino paragonato al
mattino eterno dello spirito, che proviene dall’infinito Amore del Padre santo!
Io vedo questo Sole, con il suo incerto splendore, ma che cos’è la sua luce di
fronte alla gloria infinita dell’Amore in Dio? Null’altro che un oscuro punto
tra i raggi del divino Amore! Certo, esso non è che l’ultimo punto terminale di
una minima scintilla di Grazia, fuori dall’eterno Amore in Dio, eppure noi
restiamo meravigliati nel contemplarne la maestà! Ma cosa dovremmo mai fare,
qualora ci fosse dato di contemplare l’eterna Fonte originaria di ogni Luce
nell’Amore del Padre, in tutta la Sua Santità?
11.
Sia però lontano da me il voler biasimare il Sole, bensì, al contrario, dico
che il Sole deve farci da primo maestro, e deve dirci: “O voi, deboli uomini, perché guardate con tanta meraviglia me, povero
astro destinato ad illuminare la Terra? Quant’è meschino quello che sulla mia
superficie acceca i vostri occhi di fronte a ciò che si cela nel vostro petto!
Se a me fosse dato tanto quanto possiede il minimo tra voi, in verità, la mia
luce penetrerebbe con infinita e indiminuita potenza fino agli estremi poli
dell’infinito; solo che dove i miei raggi cominciano a mancare, là l’occhio del
vostro spirito spazia ancora con i suoi raggi nella loro piena potenza, e in compenso
riceve, a sua volta, altri nuovi e più potenti raggi che provengono dal mattino
eterno dell’Amore in Dio!”
12. O
padre, vedi, ha ben ragione il Sole se così ci insegna mediante il suo primo
raggio! Infatti, se noi dobbiamo ritornare in noi stessi e considerare il
grande ed infinito spazio dei nostri pensieri, ed anche lo spazio ancora più
vasto dei nostri sentimenti e, solo dopo, lo spazio massimo e supremo
dell’amore a Dio, che deve certo essere infinito, perché solo con ciò ci è reso
possibile abbracciare l’infinità e l’eternità di Dio e amarLo così, come
possiamo ritenere maestosa e grande la luce della polvere, quasi adorandola, la
quale ha spazio sufficiente nell’occhio di carne, mentre, d’altra parte, il
Padre santo, immenso ed eterno, concede che noi Lo si ami e si rende per noi
accessibile, lasciandosi completamente abbracciare nell’Amore?
13.
Certo, mediante gli occhi del nostro cuore umano, il nostro cuore si rallegra
del mite raggio del Sole mattutino, e tutto l’esercito degli animali accoglie
il fulgido elargitore del giorno con il suo frastuono di alto giubilo e i
calici dei fiori si aprono per assorbire avidamente il primo dono di soavi
raggi, che la serena benedizione mattutina del bel Sole invia loro, e le onde
lontane del mare saltellano liete come teneri bimbetti e, al pari di questi,
sembrano voler aggrapparsi all’ampio mantello di luce della loro madre radiosa;
certamente tutte queste sono pur immagini bellissime del pensiero, ma se penso
che, per percepire tutta questa bellezza, ci vuole pur sempre un uomo il cui
cuore sia capace di concepire tali immagini del pensiero, qualora il suo animo
si sia fedelmente riposato nell’amore in Dio, mi si presenta evidente il
consolante pensiero conseguente, che corrisponde all’ordine vero, secondo il
quale tutte queste scene mattutine della creazione, o di altro genere che
possano essere, sarebbe come se non ci fossero, se non potessero essere viste,
né intese, né percepite, né, per conseguenza, esteriormente comprese da qualche
essere umano dotato in sé di un’anima vivente e in essa di uno spirito eterno
dell’Amore proveniente da Dio.
14.
Ma, poiché questa cosa la sappiamo benissimo, come si spiega allora che noi
gioiamo regolarmente quando, conformemente al Volere divino, il Sole viene
fatto sorgere affinché appaia al tempo determinato? Eppure, se noi consideriamo
il nostro libero spirito, quasi quasi non ci meravigliamo affatto se scorgiamo
in esso una luce che, mai tramontando, irradia da tutte le parti nella più
mirabile libertà, e che fa questo con sempre eguale capacità d’amore e potenza,
nelle sconfinate regioni della Grazia e di ogni Amore del Padre eterno e santo?
15.
Sì, una goccia di rugiada che pende da un ramo ci riempie di meraviglia, quando
i suoi raggi iridescenti e il suo tremolante scintillio vengono a solleticare i
nostri occhi bramosi; mentre, quasi non badiamo affatto all’incommensurabile e
meravigliosa goccia di vita che l’Amore divino pone in noi! Quando una brezza
mattutina ci alita intorno, oh, allora le corriamo incontro con animo lieto e
siamo tutti sorridenti per tanta soavità; invece, scarso è il nostro giubilo
quando ci accorgiamo della purissima brezza vitale dall’eterno mattino di Dio,
la quale, senza posa e in misura quanto mai abbondante, alita su di noi al
cospetto del Sole dello spirito per una vita eternamente sempre più libera! E
così pure tendiamo tutto il potere visivo dei nostri occhi verso l’ampia
distesa del mare ondeggiante e ci deliziamo immensamente ammirando il pazzo
gioco delle acque luccicanti, ma le grandiose onde di luce del mare sconfinato
della Grazia di Dio molto spesso ci passano vicino senza lasciare traccia e la
gioia che in noi deriva da tali onde ha ben presto raggiunto i suoi limiti!
Ugualmente, suscita stupore in noi la vista di una farfalla, con le sue
smaglianti ali rosse, verdi, blu, ma un nobile pensiero nel petto di un
fratello immortale viene rigettato con tutta facilità quale pazzo prodotto di
una fantasia tacciata d’inganno! E così non di rado si ammira il nido di un
uccello e Dio viene altamente lodato per questo; mentre un’opera preziosa,
inestimabile dello spirito immortale che è libero viene assai poco apprezzata e
del tutto posposta!
16.
Oh, quale senso di maestà suscita nel nostro animo lo stormire dei cedri,
quando un vento irrompente si precipita impetuoso attraverso i loro teneri
rami; ma il santo stormire dello spirito dell’Amore eterno non è percepito
dall’orecchio assordato dal vento, orecchio che nel vento cerca parole, e non
bada allo squillante richiamo della voce di Dio nel proprio petto!
17. O
padre, poiché ho cominciato a parlare dinanzi a te, concedi che ancora continui
a parlare fuori dal mio cuore, il quale, al cospetto di Dio, riconosce che
veramente non è giusto, anzi che è contrario ad ogni ordine, se qualcuno,
avendo un vaso grande e un vaso piccolo, mette poco nel grande e vuole invece
mettere molto nel piccolo, cosicché, quello che non vi trova posto, si riversa
tutto intorno a terra, così da essere calpestato, mentre il vaso grande, dentro
il quale moltissime cose potrebbero stare comodamente, rimane quasi vuoto! Il
nostro corpo sensoriale è il vaso piccolo, quello che noi sovraccarichiamo
sempre ed enormemente; mentre il nostro spirito d’amore, che è il vaso
infinitamente grande, non lo consideriamo quasi affatto e perciò vi mettiamo
dentro tremendamente poco!
18.
Noi bruciamo regolarmente le nostre offerte e crediamo di far piacere al
Signore quando, davanti all’altare del sacrificio, ci prostriamo sulle nostre
facce nella polvere; solo che queste sono tutte cose che vanno a sovraccaricare
il vaso piccolo, mentre, in questa occasione, ben poca attenzione si presta a
quel grande vaso del sacrificio, del quale unicamente si compiace il Signore,
quello cioè del puro amore in spirito e in verità!
19.
Ma ora penso che, se facciamo questa cosa per segno visibile della nostra
cecità spirituale, tanto meno dobbiamo desistere dall’operare la cosa
principale, la quale è essa soltanto condizione della vita vera ed eterna dello
spirito dell’Amore in Dio! Perché, e questo ce lo ricorda ciascun mattino e
ogni sorgere del Sole, noi non sappiamo da dove venga e cosa sia, a causa della
cecità del nostro spirito. Questo ce lo ricorda anche la corteccia dell’albero
che lo riveste, in modo che nessuno può asserire che l’albero sia stato fatto
per la corteccia, bensì che la corteccia è per l’albero, affinché la potenza
creatrice di Dio, nell’albero, possa essere protetta e restare nascosta alla
curiosità della nostra carne, ed affinché, però, allo spirito questo valga come
un cenno da Dio, che così parlerà:
20. “Vedi, Io ho nascosto la vita agli occhi
della carne, affinché la morte non si accorga di lei, ed ho celato la Mia
proprietà in te, affinché tu abbia a portarla, ben conservata, fino al tempo in
cui verrà svelata! Sotto la corteccia ferve un lavorio possente e là agisce ed
ordina il sapiente, amorevolmente serio e santo Amore dell’eterno Dio, là
mormorano correnti possenti della vita operante da Dio!”
21. O
padre, dunque, tutto, tutto quello che può cadere sotto i nostri occhi di carne,
non è altro che un morto rivestimento dentro il quale palpita una vita
silenziosa che ci deve attrarre, e cioè in primo luogo la nostra vita in noi. E
quando noi nel puro amore a Dio l’abbiamo trovata, solo allora diventano
viventi le meraviglie intorno a noi, alla cui morta contemplazione esteriore
noi tanto spesso ci siamo senza alcuno scopo lasciati trascinare, quasi
adorandole.
22.
Chi mai si penserebbe di fare oggetto di ammirazione una goccia d’acqua, per la
sola ragione che è acqua? Che cosa si dovrebbe fare, allora, contemplando il
mare o una fruttuosa pioggia che cade dall’alto, in innumerevoli gocce per
fecondare la terra?
23.
Ma quando, invece, lo spirito contemplerà nella goccia la propria immagine, o
padre, solo allora questo spirito comincerà a raccogliere a favore del vaso
della vita, e ogni meraviglia sarà giustificata, giacché, a seconda degli
insegnamenti del Sole prima accennati, egli scoprirà in sé, come pure nei
propri fratelli, quel massimo prodigio che è l’eterno ed infinito Amore di Dio
in noi, Amore colmo della massima umiltà! Ecco, o padre, con questo ho
concluso; accogli quanto ho detto in grazia e mostrami con la massima
benevolenza qual è ancora la tua volontà! Amen!»
[indice]
La meraviglia
di Adamo per la sapienza di Enoch
1. E
quando Adamo, sommamente sorpreso, ebbe inteso
questo discorso dalla bocca di Enoch, egli si passò la mano sulla fronte, si
batté sette volte il petto e infine esclamò:
2. «O
amore, ma che cosa sei tu veramente, che io non posso essere adirato con te? O
Enoch, ascolta, tu sei un possente oratore, poiché mi hai aspramente
rinfacciato la mia colpa ed hai fatto fortemente vibrare in me quelle corde che
dai tempi di Abele fino ad oggi erano rimaste per ciascuno una cosa sacra ed
inviolabile. Ma chi mai può adirarsi con te, dato che tu proferisci parole che
non sgorgano dalla tua sorgente ma sono parole pure dell’Amore eterno?
3.
Perché, come tu parli, non può parlare nessun uomo, a meno che tutto questo non
gli venga dato dall’Alto; e nessuno avrebbe il potere di ragionare di alcuna
cosa dinanzi a me, se dall’eterna potenza dell’Amore del Padre santissimo non
gli fosse concesso un sentimento tanto possente.
4. Ma
tu parli senza alcun timore per la forza del tuo grande amore a Dio, e
distribuisci le parole traendole fuori dal vaso grande e così tu non hai alcuna
responsabilità, giacché, per il tuo amore, ciascuna colpa viene giustificata e
così anche la mia. E non posso replicarti nient’altro se non che tu sei certamente
un uomo secondo il Cuore di Dio, perché, quando tu parli, il mio cuore trema
come quello di un fanciullo nelle tenebrose notti di tempesta, e quando preghi,
tutto il mio corpo piange.
5. O
Enoch, la tua parola è sempre simile a un Sole che sorge, il quale dall’inizio
si può guardare con grande letizia, ma quando poi esso va man mano sempre più
innalzandosi sull’orizzonte, ciascun suo ammiratore deve ricoprire la propria
faccia, perché l’occhio fosco dell’uomo non riesce affatto a sopportare la potenza
di tali raggi, né potrebbe conservare vive le sue facoltà visive.
6. O
Enoch, tu mi hai detto così tanto che dubito che mi sarà mai possibile
comprenderlo nella sua interezza durante questa vita terrena, ed io perciò ne
sono rimasto ad un tempo, lieto e turbato. Sono lieto, perché mai come oggi il
tuo spirito angelico ha brillato così chiaramente da te; sono invece turbato,
perché la tua luce che è maggiore di quella del Sole mi ha indicato con
straordinaria chiarezza tutti i miei difetti, indicibilmente grandi al cospetto
di Dio e del Suo eterno Ordine santo!
7.
Però, se io considero che sei stato tu, o mio diletto Enoch, ad annunciarci
ieri l’inattesa venuta dell’eterno Amore, allora di nuovo si riempie di letizia
il mio cuore al solo vederti ad anche al pensare che tu sei un prediletto del
grande Padre santo, per la qual cosa sei diventato tale anche per me per tutta
la mia vita, e anche lo resterai fino a quando camminerò su questa Terra,
mentre il tuo nome come il mio rimarrà fino alla fine di tutti i tempi.
8. E
ora, caro Enoch, facciamo ritorno alla capanna, dove Set sicuramente avrà già
preparato per noi la colazione; dopo la colazione, però, ce ne andremo a
visitare, qua e là, i figli intenti al lavoro e li faremo lieti della nostra
presenza e con me verranno Eva, Set e il suo primogenito Enos, poi il
primogenito di Enos, Kenan, il veggente e quindi ancora il primogenito di
Kenan, Maalaleel, nonché il suo primogenito, tuo padre Jared e infine tu, che
procederai alla mia destra, e così concluderemo vantaggiosamente la mattinata.
Verso mezzogiorno, però, ristoreremo le nostre membra non senza, prima e dopo,
tributare la dovuta lode al Signore. Il pomeriggio invece lo trascorreremo di
nuovo nella mia capanna, dove, concentrati nel nostro animo, ci dedicheremo a
ben considerare la grande apparizione di ieri.
9. La
tua bocca, però, non ti sia mai chiusa, perché le tue parole sono necessarie a
tutti. In particolare però abbi presente di santificare, con la tua lingua
benedetta, il libero Sabato di domani dinanzi ai tuoi padri e fratelli, e come
tu ora hai parlato senza riguardo similmente parla pure oggi, domani e sempre!
10. E
vedi, ecco che Set già si affretta incontro a noi, andiamocene dunque anche
noi! Amen!»
[indice]
Discorso di
Enoch sul vero rendimento di grazie e di lode
20 gennaio
1841
1.
Con queste parole allora si alzarono entrambi e, volgendo le spalle alle terre
del Mattino, cominciarono a scendere dal monte, ai piedi del quale Set già
ardentemente li attendeva. Come i due gli furono giunti vicini, Set si prostrò
davanti ad Adamo, e questi allora gli impartì la benedizione mattutina e quindi
gli disse di levarsi da terra e di accompagnarli alla capanna.
2. E
giunti che vi furono dopo breve tempo, Adamo ed Enoch vi entrarono
immediatamente e trovarono la madre Eva che già li attendeva con qualche
apprensione. Set, dal canto suo, si avviò sollecito verso la propria capanna ed
ordinò a sua moglie di portare al più presto la colazione già preparata alla
capanna di Adamo. Egli però, in unione ad Enos, Kenan, Maalaleel e il
giubilante Jared, si profuse anzitutto in lodi al Mio Nome e poi si recò, con
il massimo rispetto, alla capanna di Adamo per porgere a questi il dovuto
saluto mattutino e i ringraziamenti per la benedizione ricevuta. E quando essi,
a tale scopo, furono entrati nella capanna di Adamo e mentre, con la più grande
venerazione, si accingevano a compiere il loro dovere, vedi, Adamo li esortò
dolcemente ad attendere alcuni istanti, finché Enoch avesse compiuto la
preghiera che doveva precedere la colazione, e alla quale egli stava in quel
momento per dare inizio. E quando ebbero appreso tale desiderio, si trattennero
e, ritiratisi alquanto, stettero con gli occhi, gli orecchi e i cuori in attesa
di ciò che Enoch avrebbe detto. E questi,
allora, si diede ad indirizzare a Me, con tutta fedeltà, la seguente breve
preghiera, cominciando così:
3. «O
santissimo Padre, immensamente grande e amoroso, china, in grazia, il Tuo santo
orecchio alla mia debole bocca ed intendi il misero sussurro di un verme nella
polvere della terra nel giorno della Misericordia eterna del Tuo infinito
Amore, giorno nel quale a Te piacque sciogliere, fuori dalla polvere terrestre,
il nostro primo padre Adamo e da lui la prima madre e di porre poi in ambedue
la benedizione della potenza generatrice, nella cui pienezza noi tutti siamo
sorti dal seme d’amore e con noi un seguito innumerevole, come innumerevoli
saranno le generazioni che verranno dopo di noi e che si susseguiranno fino
alla fine di tutti i tempi. Seme che tu, o eccellente, santissimo Padre,
prendesti dal Tuo Amore eterno affinché la nostra anima potesse assurgere a
vivente immagine Tua, tramite l’Amore del Tuo Spirito in lei! Oh, Ti siano rese
grazie e lode e gloria per tanta grazia e misericordia, la cui grandezza non
possiamo nemmeno intuire! Infatti Ti sei degnato così tanto da comandare, con
tanta amorevolezza, a ciò che eternamente non era, di essere e di sussistere e
di riconoscere in ogni libertà se stesso e Te, e di contemplare la Tua Maestà e
di ammirare le opere della Tua immensa potenza e gloria!
4.
Vedi, qui ci troviamo al cospetto di Adamo, del Tuo nobile primogenito, e
dinanzi a noi sta un buono e fresco ristoro! O santissimo, eccellente Padre,
benedici noi e benedici questo fresco ristoro, affinché esso possa ridonarci la
vita nel Tuo Amore, e mai la morte della Tua ira. Fa’, mediante la Tua Grazia,
che nella memoria di noi tutti rimanga ben presente quanto di infinitamente
grandioso ha fatto il Tuo infinito Amore in questa vigilia di Sabato a tutti
noi e per tutti noi!
5.
Oh, concedi che in noi ci sia sempre il ricordo del fatto che fu il Tuo Amore
soltanto a comandare che sorgesse, dalla polvere della Terra, il primo padre
Adamo, e che fu sempre ancora la gran mano del tuo Amore a formarlo a Tua
immagine e a far procedere meravigliosamente noi tutti in maniera tanto
perfetta da lui, come egli procedette da Te. Oh, perciò voglio ringraziarTi,
lodarTi e glorificarTi per tutta la mia vita; basta che voglia Tu, in grazia,
accogliere questo mio grido impotente, quantunque esso non sia affatto degno di
avvicinarsi al Tuo Cuore dove tutte le creazioni non ardiscono guardare! O
Signore, benedici noi e questo ristoro, cosicché tutto il nostro essere non
diventi altro che una benedizione da Te, per l’eternità! Amen!»
6. E
quando Enoch ebbe pronunciato tale preghiera, tutti i padri si inchinarono ad
Adamo e compirono il loro dovere, a seconda di quanto è stato menzionato prima.
Adamo, però, li benedisse e così parlò loro: «Miei
cari figli, restate ancora un altro po’ presso di me, finché Eva, il devoto e
amorevole Enoch ed io, ci saremo ristorati con quanto Dio ci ha donato! Poi,
subito dopo, vi farò conoscere la mia volontà ed interpreterò le apparizioni
del mattino; frattanto prendete posto e pensate alla preghiera di Enoch. Amen!»
7. Ed
essi allora si sedettero e fecero tacitamente come Adamo aveva loro comandato,
ma quando la colazione fu consumata, vedi, accadde che Adamo si alzò, ed
innalzò commosso il suo sguardo a Me e Mi ringraziò in cuor suo, mentre
altrettanto facevano pure Eva e, al suo fianco, Enoch.
8. E
quando Adamo ebbe terminato il suo
ringraziamento, si rivolse ad Enoch e gli disse: «Caro Enoch, quello che
cominciasti prima del ristoro, ecco completalo ora ad alta voce alla presenza
di tutti i tuoi padri, affinché così la tua opera venga completata al cospetto
di Dio e di tutti noi, che siamo i tuoi padri. Amen!»
9.
Allora Enoch si alzò immediatamente, tutto
lieto, e ringraziò Adamo per averglielo ricordato, e ricominciò a rivolgere a
tutti il seguente discorso, breve ma al tempo stesso tanto più ricco di
significato:
10.
«O cari padri, cosa mai potrebbe esserci di più giusto del rendere a Dio, senza
interruzione, le più filiali grazie per ciascun Suo dono e farlo con tale
sonoro accento da far tremare, umiliati, il Sole, la Luna e tutte le stelle?
Solo che, poniamo a noi stessi la domanda: – renderemmo davvero un gran
servizio al gran Signore, se noi, accecati dal nostro orgoglio, volessimo in
certo qual modo, dimostrare con quale potenza e grandiosità il Suo Amore si
presenti operante nel nostro petto?
11. O
padri, il grande e santo Padre nel Cielo non ha bisogno di ciò, poiché quello
che Egli ha posto in noi, Egli, dinanzi al Quale tutte le opere giacciono apertamente
manifeste, lo conosce meglio di ogni altro! Però soltanto nella nostra umile
debolezza noi siamo veramente qualcosa al Suo cospetto, in quanto così Egli ci
guarda nel Suo Amore; ma la nostra forza invece è una cieca stoltezza agli
occhi della Sua Santità.
12.
Non è Egli stesso tutta la nostra forza? Ma, allora, come possiamo gloriarci di
ciò che non è nostro, bensì di Colui che nella Sua immensa Misericordia ce l’ha
donato, affinché noi stessi diventiamo Sua proprietà?
13.
Ma se volessimo continuamente gridarGli dinanzi, con grande voce potente, le
nostre grazie e le nostre lodi, non acquisterebbe ciò, al Suo cospetto, il
significato come se lodassimo e ringraziassimo noi stessi, qualora ci facessimo
belli dinanzi a Lui con la Sua proprietà e cercassimo, infine, forse di
persuaderci che siamo, per virtù nostra, di fronte a Lui qualcosa?
14.
Vedete, dunque, se qualcuno parla con voce solenne (vale a dire con parole sublimi) come se
enunciasse queste medesime parole traendole fuori da sé, è segno che questa
voce non è sua, bensì essa è una voce del Signore tramite l’uomo, ma, in questo
caso, come potremmo volere, nella nostra cecità, che il Signore abbia da Se
stesso a lodarsi, glorificarsi e ringraziarsi al posto nostro, mentre Egli, con
ciò, non fa che additarci in grazia quello che noi, nella nostra debolezza,
siamo tenuti a fare, affinché possiamo, in futuro, diventare degni di ottenere
da Lui un giusto rinvigorimento?
15.
Oh, vedete, se noi vogliamo degnamente lodare, glorificare e ringraziare il Signore,
dobbiamo invece farlo nella nostra debolezza, con tutta umiltà; allora verremo
considerati da Lui nella Sua Misericordia e verremo sempre rinvigoriti di nuovo
tramite il Suo infinito Amore. Amen!»
16.
Ma quando Adamo, assieme agli altri, ebbe inteso
tale discorso, ecco che egli si volse ben presto ad Enoch e gli chiese: «Ma,
caro Enoch, che cos’è questo discorso che hai ora pronunciato? Se io non lo
comprendo, come potranno comprenderlo i miei figli, a causa dei quali veramente
ed anzitutto io ti ho chiesto di parlare? Poiché, secondo quanto intendo dalle
tue parole, risulta chiaro che a questo modo noi non dobbiamo lodare né
glorificare né ringraziare il Signore, poiché noi tutti e tutto quello che è in
noi certamente è di Dio ed è proceduto da Lui!
17.
Se dunque qualcuno volesse lodare, glorificare e ringraziare il Signore, allora
sarebbe costretto immediatamente a tacere al pensiero che il Signore venga così
a lodare, glorificare e ringraziare Se stesso in noi, quali opere Sue!
18.
Vedi, tutto ciò che è in noi è, senza dubbio, forza e potenza di Dio e noi
siamo assolutamente Sua opera e particelle viventi che provengono da Lui! Ma
allora, vedi, ogni nostro operare non sarebbe altro che una vana presunzione di
fronte a Dio, qualora pensassimo che siamo noi ad agire, mentre non agisce che
Dio, poiché in noi non c’è niente di nostro, bensì unicamente di Dio!
19. O
Enoch, per questi motivi quanto ora ci hai detto è bene che tu lo renda più
accessibile al nostro intelletto, altrimenti andiamo tutti in perdizione nella
tenebra dei nostri dubbi!»
20. E
come Enoch si fu accorto di tale malinteso,
battendosi il petto, rispose:
«O
cari padri, perché tanta meraviglia da parte vostra? Chi mai è colui che può mangiare
il legno dell’albero, dato che esso è troppo duro, eppure il dolce frutto
proviene proprio dall’albero medesimo, che è di legno, e come tale non si
presta a servire da cibo! Ma quando noi gustiamo il frutto, noi siamo grati per
il frutto e non per l’albero sul quale il frutto è maturato per noi!
21.
Ora, però, immaginatevi di essere noi l’albero e di portare a maturazione un
frutto come è capitato all’albero: – a chi spetta ringraziare il Signore,
l’albero oppure il frutto, considerato che comunque l’albero ha il compito di
produrre frutti?
22.
Il frutto non costituisce forse un dono d’amore del Signore, dono che non può
né deve ringraziare il Signore, mentre ciò spetta, secondo una libera legge,
solo all’albero, quantunque sorto dal medesimo frutto, per la ragione che
all’albero è stata conferita inoltre, in successione ininterrotta, la potenza
dall’Alto di poter riprodurre un frutto vivente e, in questo, un’innumerevole
quantità di alberi della medesima specie?
23.
Ma, allora, quale differenza c’è nel piantare, se noi togliamo all’albero dei
ramoscelli e li piantiamo nella terra e ne risulta nuovamente un albero, o se
noi ne prendiamo il frutto e lo poniamo nella terra e ne risulta similmente un
albero?
24.
Vedete, noi siamo i ramoscelli e il seme è la Benedizione di Dio. Se noi
riconosciamo di non essere né il frutto né il seme, bensì solo ramoscelli e
alberi che vorrebbero ottenere la benedizione del frutto e del seme, in tal
caso la voce solenne in noi è il frutto e il seme di Dio, i quali, di per sé,
non devono lodare, glorificare e ringraziare, poiché essi sono appunto quelle
cose per le quali un ringraziamento sarebbe dovuto. Noi però siamo simili
all’albero e ai ramoscelli e perciò dobbiamo lodare, glorificare e ringraziare
in quanto siamo ma mai per quanto riceviamo, affinché noi possiamo diventare
perfettamente liberi dinanzi a Dio e possiamo, con ciò, corrispondere alle Sue
sante intenzioni. Amen!»
[indice]
La
confessione di Kenan
1. Ma
quando Adamo e gli altri padri ebbero inteso tale discorso esplicativo, vedi,
essi furono tutti pervasi da gran meraviglia nel constatare che Enoch fosse in
grado di pronunciare parole di così alta sapienza, pur essendo egli un giovane
di estrema modestia, nel quale certo nessuno avrebbe potuto supporre un grado
talmente alto di sapienza, da ridurre lo stesso Adamo, per propria convinzione,
al silenzio!
2. E
allora Kenan cominciò a parlare e disse: «O
padre Adamo, vedi, finora sono stato io un veggente ed è stato mio compito, ad
ogni vigilia del Sabato, dichiarare, in maniera esplicativa, le mie e le tue
visioni, nonché le osservazioni fatte prima dell’albeggiare, tanto nel
firmamento quanto sulla Terra, affinché tu le avessi poi a benedire e a
comunicare a tua volta ai tuoi figli!
3.
Ora però il Signore, di propria mano, ha benedetto e sciolto la lingua di
Enoch! Ecco, perciò la mia lingua non ardisce più di muoversi dinanzi a te e
dinanzi agli altri padri e figli. Voglia dunque il nostro diletto e saggio Enoch
assumersi pure questa incombenza. Se anche un giorno abbiamo lavato il suo
corpo con la rugiada del mattino, tanto più si rende ora necessario a noi
stessi di essere lavati da lui con la rugiada mattutina del suo spirito, che
stilla abbondante dalla sua lingua benedetta!
4. O
Enoch, lavami secondo la tua grazia dall’Alto, perché io riconosco e confesso
che chi non sarà lavato con quest’acqua, costui andrà in perdizione e la sua
vita inaridirà, come quella dell’erba sulla quale non è caduta alcuna goccia
vivificatrice.
5. Il
Signore ha donato interamente soltanto ad uno, affinché gli altri possano
prendere da lui, ogni volta che essi ne vogliano fare uso. Poiché la vita è
bensì data a tutti, ma non così l’immortalità; di questa soltanto uno è il
portatore in sé per tutti. E chi vuole prenderla da lui, egli diverrà immortale
come lui; ma chi trascurerà di prendersela, la sua vita verrà afferrata dalla
morte in un tempo in cui l’immenso Signore porrà la Sua falce all’erba
inaridita.
6. Se
accostiamo la mano al nostro cuore, noi percepiamo benissimo il suo pulsare ad
intervalli perfettamente misurati e similmente lo percepirà pure Enoch; ma se
noi interroghiamo il nostro cuore palpitante e chiediamo: “Dove batti, o mio inquieto cuore?”, noi ne otterremo una risposta
ottusa e confusa, la quale si riassumerà, in maniera abbastanza impressionante,
in questo modo: “Io batto continuamente
alla ferrea porta della morte eterna e sto in attesa, fra grandi angosce, che
la stessa si apra per inghiottirmi per l’eternità!”
7. Ma
se noi chiediamo al cuore di Enoch, che come il nostro, pulsa ugualmente: “O pio cuore, fedele e amoroso, dove batti
tu?”, allora udiremo quel cuore risponderci, con chiarissimo accento: “Ascoltate fratelli, io batto continuamente
alle chiare porte della vita e sono colmo della più dolce e più assoluta
certezza che queste, ben presto, si apriranno per accogliermi nella sconfinata
pienezza della vita che proviene da Dio, della quale soltanto una minima stilla
è sufficiente ora a vivificarmi e animarmi!”
8. O
padri, fratelli e figli, che sia così, io spesso l’ho percepito nelle mie
visioni, ma che così non debba restare, questo lo insegna a ciascuno il proprio
amore per la vita. Noi, reciprocamente, non possiamo darci nulla, poiché nulla
abbiamo, però noi possiamo prendere da colui che ha. Enoch l’ha ricevuto
dall’Alto; e se dunque egli vuole, come anche gli è lecito, dividerlo con noi,
allora certo dipende da noi accettarlo o meno.
9. O
Enoch, muovi perciò la tua lingua colma di vita con assiduità, affinché tutti
possiamo venir lavati dalle punte dei piedi fino alla sommità del capo con la
rugiada vitale che discende abbondante nella tua lingua benedetta, fuori dal
mattino eterno e spirituale della vita in Dio. Concedi perciò, o padre Adamo,
che Enoch assuma il mio posto, in modo che egli abbia bene a mostrarci e ad
interpretare i segni della vita, tanto nel Cielo quanto sulla Terra. Amen!»
10. E
quando Kenan ebbe terminato questo buon discorso, ecco che Adamo si alzò e disse: «Kenan, tu hai anticipato il
mio stesso desiderio; voglia quindi Enoch fare molto velocemente quello che voi
tutti chiedete e di cui sento ardente desiderio. Amen!»
11. Enoch allora si alzò immediatamente e con il massimo
rispetto così parlò: «Ebbene, o padri, ascoltate! Le stelle vanno per le loro
vie e brillano, ora più ora meno, e anche i venti spirano, ora da una, ora
dall’altra parte e, sussurrando, percorrono le loro strade verso mete lontane e
sulle loro ali oscillanti portano, talvolta, delle nuvolette leggere e talvolta
delle masse imponenti di nubi; così pure cadono la rugiada e la pioggia, e
ondeggia l’erba, e gli alberi sventolano la loro chioma con il tremante
fogliame. Ora, la ragione di tutto ciò non ci è affatto nota, e noi vorremmo
romperci il capo per poter capirla. Ma, quando infine giunge il tempo della
raccolta, noi diciamo: “Il Signore ha ben
diretto i Suoi elementi, poiché il raccolto è stato tanto abbondante!”. E
così poi attribuiamo ben poca importanza a dove i venti abbiano portato le
nubi.
12.
Vedete, questa è anche la migliore interpretazione! Poiché tutto ciò che il
Signore fa, è cosa saggia; noi, però, la miglior cosa che possiamo fare è
lasciare al Signore tutte queste cure, senza preoccuparcene e senza voler
interpretare le Sue vie, bensì, invece, dobbiamo andare piuttosto in cerca di
noi stessi e della vita che è in noi.
13.
Vedete, questa è la migliore interpretazione, nella quale sta celato ogni
mistero! Strada facendo, però, avremo ancora occasione di parlare di tale
argomento. Amen!»
[indice]
Nella grotta
di Adamo
21 gennaio
1841
1. Ma
quando Enoch ebbe terminata la sua buona spiegazione, vedi, accadde che Set, al colmo della gioia, si gettò al collo di Enoch,
lo abbracciò e disse: «O padre Adamo, com’è concisa la parola dell’Amore sui
luminosi sentieri della Sua Sapienza e, tuttavia, quanta chiarezza, quanta
vita, potenza ed efficacia risiedono il lei!
2. Il
tardo intelletto umano conta faticosamente tutte le stelle, e poi tra fatiche e
dubbi segue la traccia dei sentieri del vento, guarda a bocca aperta il corso
delle nubi e vuole svegliare di soprassalto dal loro riposo benedicente le
nebbie che dormono nelle valli. Tale intelletto esamina e sembra quasi voler
pesare le gocce di rugiada e sembra voler pazzamente e senza senso alcuno
interrogare l’erba, le piante, gli arbusti e gli alberi tutti, per sentire,
forse, come hanno riposato la notte, per farsi finalmente, dopo tutte queste
inutili informazioni, un giudizio di altrettanto scarso significato, in base al
quale poter, con una certa semisicurezza, dedurre, o meglio indovinare, come
sarà il futuro raccolto, se buono, mediocre o scarso, e ciò sempre dopo lunghe
discussioni ancora. Qui, una tale interpretazione di Enoch è un puro frutto del
Cielo, la quale ci esonera da qualsiasi altra osservazione simile senza senso e
senza alcun valore, cui ormai, secondo il mio riconoscimento, va attribuita
precisamente quell’importanza che può meritare il tempo trascorso già da
cent’anni, senza lasciare alcuna traccia di sé.
3. O,
mio diletto Enoch, continua pure ad interpretare i segni della vita in noi,
perché sono convinto che una simile interpretazione sarà per noi tutti di
vantaggio infinitamente maggiore che non se potessimo discorrere con tutte le
stelle, i soli e le lune, perché da una simile conversazione noi non
comprenderemo nulla di ciò che pure è il fondamento e la causa di ogni nostro
impulso e di tutto ciò che le nostre sensazioni e i nostri sentimenti ci
suggeriscono e del modo in cui l’eterno Amore si manifesta in noi e si dà a
riconoscere e del modo in cui si fa riconoscere la vita eterna per mezzo
dell’amore!
4. O
figli, questa è una cosa che sta infinitamente più in alto di tutti i campi
ricchi di messi e di tutti gli alberi da frutto, sui quali, nonostante tutte le
nostre esplorazioni ed interpretazioni nelle vigilie del Sabato, a noi non
riesce di far crescere neppure una mela o un altro frutto qualsiasi, mentre,
anche in questo campo, malgrado tutte le nostre inutili cure, il Signore fa
soltanto quello che è conforme al Suo Amore, alla Sua Sapienza e alla Sua
Santità!
5. O
Enoch, parla e interpreta dunque solo tu, affinché il nostro legno,
irrigiditosi, nonché i nostri ramoscelli dopo Kenan possano ben presto portare
frutti di vita eterna ed immortali. Amen!»
6. E
dopo ciò si alzò Adamo, ed esclamò: «Amen! Che
tu sia benedetto, o mio caro Abele-Set, ed altamente benedetta sia la vivente
lingua di Enoch e benedetti siano pure tutti i miei figli che sono di cuore
buono e devoto!
7. Ma
ora andiamo, e visitiamo fedelmente tutti i nostri figli che sono intenti al
lavoro, ed annunciamo loro il Sabato di domani, e ciò che in questo giorno
possono attendersi dalla lingua tanto altamente benedetta del nostro diletto,
saggio e pio Enoch!
8.
Voglia il Signore proteggere ciascuno dei nostri passi da qualsiasi molestia.
Amen!»
9.
Allora si alzarono tutti, ed Eva al fianco di Set, e Adamo al fianco di Enoch,
uscirono con animo lieto fuori dalla capanna. I figli si inchinarono tutti
dinanzi all’antica dimora del loro padre e lasciarono che questi uscisse per
primo assieme ad Enoch; seguì poi Set, a fianco di Eva ed infine gli altri
figli della discendenza principale.
10. E
come si furono mossi verso il Mattino, quando già avevano percorso un discreto tratto
di strada, ecco che giunsero ad una grotta, dalla quale scorreva una sorgente
purissima. Ora questa grotta era conosciuta con il nome “Il riposo di Adamo”, mentre la sorgente si chiamava “Il ruscelletto delle lacrime di Eva”.
Là, Adamo era sempre solito riposarsi, e così anche questa volta rimase là a
ragionare e a parlare.
11.
La grotta era molto spaziosa, anzi, essa lo era a tal punto che dentro
avrebbero potuto comodamente rifugiarsi ventimila persone. La caratteristica
principale di questa grotta, però, era la seguente rarità: – essa cioè era, in
primo luogo, alta quanto cento uomini e, più che di una grotta vera e propria,
si trattava di una galleria che attraversava una montagna, la quale galleria
godeva di un’immensa fama perché, verso il Mattino, essa formava un corridoio
attraverso un cocuzzolo di montagna a formazione cristallina verde e gialla,
nel cui centro si trovava una fonte zampillante a grande altezza, sulla quale
si proiettava, in mille giochi di colori, la luce del Sole dopo essere stata
rifratta dai prismi cristallini variamente colorati.
12.
Per quanto anche la luce, insinuandosi e riflettendosi più pallida tra i punti
più svariati, illuminasse in modo meraviglioso questa galleria, discretamente
lunga, tuttavia il già menzionato punto mediano, con la sua sorgente
zampillante, era di un’attrattiva prodigiosa e formava senz’altro la parte più
imponente di questa galleria, superando di gran lunga in magnificenza tutto
quello che voi conoscete finora.
13.
Vedete, anche per tali ragioni questa grotta-corridoio era un luogo prediletto
da Adamo e, all’infuori dei figli della discendenza principale, ben di rado era
concesso agli altri di attraversarla, non per invidia, ma unicamente per timore
che, forse, qualche animo facilmente eccitabile si sentisse trascinato a
genuflettersi in adorazione di un simile luogo meraviglioso.
14.
Quando dunque questa compagnia dei principali padri si trovò nel mezzo della
grotta, dove tutt’intorno all’ampio e rotondo bacino dai riflessi d’oro
c’erano, in quantità, dei blocchi di cristallo puro bene conformati e
variamente colorati, fra i quali ad uno era stato dato il nome “La sedia aurea del Padre”, Adamo vi si
mise un po’ a sedere e così gli altri poterono imitare il suo esempio; soltanto
Enoch rimase in piedi, a lato di Adamo.
15.
Ma quando Adamo se ne fu accorto, vedi, egli gli
rivolse la parola, dicendo: «Caro Enoch, perché non fai come ho fatto io e come
hanno fatto gli altri? Vedi, qui, alla mia destra, c’è un blocco di cristallo
verde molto comodo, prendi posto, dunque, e riposa con me e con tutti gli
altri»
16. E
allora Enoch fece subito secondo il desiderio di
Adamo, però disse: «O padre Adamo, poiché mi permetti di riposare sulla pietra
di Set, io certo voglio farlo senz’altro, poiché la tua parola è più alta di
quella di tutti gli altri padri, ma se mi fossi seduto senza il tuo permesso,
vedi, mi sarei reso colpevole di una grave presunzione ed avrei certo meritato
di essere guardato con occhio sdegnato da Set e da tutti gli altri padri! O
cari padri, perdonatemi se ardisco di fare ciò, dato che voglio agire
senz’altro nella pienezza del rispetto verso voi tutti e nessuna cosa che possa
mai rendermi indegno del vostro amore deve essere fatta da me. Amen!»
17. A
queste parole, Set si alzò e disse, rivolgendosi
ad Enoch: «O mio dilettissimo Enoch, sono sovrumane la tua modestia e la tua
umiltà, ma non sai che già da lungo tempo sei tu il radioso punto mediano in
cui converge il nostro amore? Vedi, nel mio capo potresti sì ancora prepararti
un posto, poiché nei nostri cuori è già da tempo che te lo sei preparato, e il
capo non sopravanza in eccellenza il cuore!
18.
Ma poiché noi già da lungo tempo ti abbiamo assegnato a dimora il nostro cuore
e il nostro vivere, vedi, come potrebbe importarci di una fredda pietra sulla
quale ti poni a sedere? Sii dunque a tale riguardo perfettamente tranquillo!
Invece, vedi, quello che importa a me e certamente pure agli altri, è un’altra
cosa: – osserva questo magnifico punto! Diletto Enoch, lascia che il parlare
sgorghi liberamente dalla tua lingua benedetta, senza alcun impedimento. Amen!»
19. E
quando Adamo e gli altri ebbero appreso tale desiderio di Set, vedi, da tutte
le parti furono fatte pressioni ad Enoch, affinché traesse fuori dal suo cuore
qualcosa di buono, amorevole e sublime da dire su questa galleria.
20. E
il pio e obbediente Enoch anche questa volta non
si fece ripetere la richiesta, ma si alzò invece subito e, inchinatosi ai
padri, cominciò ad indirizzare a tutti loro il seguente memorabile discorso,
dicendo:
21.
«O cari padri, mi viene chiesto di parlare in questo luogo destinato al riposo
di Adamo, senza che io sappia veramente cosa ho da dire e a quale oggetto debba
riferire le mie parole! O padri diletti, finora vigeva ancora il costume che,
se qualcuno desiderava sapere qualcosa da un altro, egli rivolgeva al
conoscitore dei misteri almeno una domanda, con la quale dava a conoscere a
quest’ultimo che c’era nuovamente qualcosa che a lui, che domandava, era
ignota.
22.
Ma, ecco, che ora devo parlare senza che mi sia stata rivolta una sola domanda!
23. E
così sia pure, poiché a questo modo la mia lingua è libera e può enunciare
quello che il mio occhio vede scritto a caratteri di fuoco e a tratti
chiarissimi nel cuore! E questi segni sono dei tratti viventi dell’eterno Amore
e della Grazia misericordiosa del Padre eterno e santo in me e così, questa
volta, voglio parlare da questi tratti e dirò cose immortali, traendole fuori
dal mio e vostro Dio e fuori dal Mio Padre santo che è colmo di Amore e dal
vostro Padre santo colmo d’Amore, di Grazia e di ogni Misericordia!
24. O
cari padri, questa grotta è una fedele immagine del cuore umano, così come esso
è in rapporto a Dio! Verso qualunque parte si vogliano dirigere i nostri
sguardi, non possiamo scorgere affatto alcun punto che non sia splendente, ad
eccezione del terreno che ci regge.
25.
Se noi contempliamo in alto la volta vivacemente rischiarata da luci dai mille
colori, con quanta magnificenza questa bella luce fa brillare, animandola
meravigliosamente, questa fontana d’acqua viva zampillante!
26.
Chi mai potrebbe descrivere tale splendore, mille volte cangiante in un attimo,
che deve sorprendere già l’occhio del semplice osservatore, perché ogni goccia
che cade è simile ad una stella che, ardita, si innalza verso il cielo, ma poi,
quasi a punizione della sua temeraria audacia, viene riscagliata in giù dallo
stesso?
27.
Ecco, se volgiamo gli occhi verso il Mattino, si diffonde verso di noi,
dall’ampio passaggio esistente, una luce verde; ma se guardiamo invece dalla
parte da dove siamo venuti, dal passaggio si diffonde verso di noi una luce
gialla; e ancora più innanzi questa luce volge al rosso-sangue; e così, da
qualsiasi parte noi volgiamo il nostro occhio, esso è sempre colpito di
sorpresa da una luce differente!
28.
Ma quando ci siamo saziati di ammirare, allora, soggiogati da tanta
magnificenza, esclamiamo: ‘O grande Dio,
quanta suprema bellezza e quale gloriosa maestà c’è in tutto quello che Tu hai
fatto, o Signore! Noi apprezziamo le Tue opere e Tu ci benedici, suscitando in
noi una brama di queste cose, inutilmente deliziosa, poiché Tu certo le hai
fatte per noi, e noi perciò ce ne rallegriamo immensamente e vogliamo sempre
lodarTi, glorificarTi e ringraziarTi, per aver creato tali magnificenze per noi,
Tu che nella Tua grande Misericordia ci hai trovati degni di essere chiamati
Tuoi figli’.
29. O
cari padri, certamente è giusto e buono se noi facciamo così; ma se volessimo
domandare se il grande Artefice di tanti nobili cose ha creato appunto queste meraviglie
nel Suo infinito Amore e Sapienza soltanto per il piacere dei nostri sensi,
oppure se Egli non abbia piuttosto celato in queste meraviglie esteriori delle
altre cose, le quali siano proprio quelle che noi dobbiamo in primo luogo
cercare e trovare per la vera glorificazione del Suo Nome santissimo – oh, cari
padri, questa è tutt’altra questione!
30.
Vedete, uno soltanto è il Sole, che lascia cadere i suoi raggi bianchi
sull’alta vetta di questo monte di puro cristallo, ma che effetto ha la sola luce
del Sole in questa grotta!
31.
Oh, guardiamo un po’ in alto! Chi mai sarebbe in grado di osservare
singolarmente le innumerevoli forme che già, dinanzi al più fuggevole sguardo,
vanno moltiplicandosi all’infinito? Eppure tutto è l’effetto dell’una e medesima
luce!
32.
Vedete, cari padri, proprio qui il Signore ha posto a noi stessi un monumento
grandioso!
33.
Nella nostra esistenza terrena siamo noi questa grotta, con un ingresso verso
la Sera e una uscita in direzione dell’eterno Mattino. Nel mezzo appunto stiamo
noi, così come siamo nella pienezza terrena della vita ed entriamo dalla parte
della Sera quali figli nella grazia e nella misericordia, e non guardiamo ad
altro che al punto di mezzo della vita che ci sta dinanzi, senza riflettere che
questa grotta della vita non è chiusa, bensì per tutti noi, dalla parte
opposta, verso il Mattino, resta sempre benissimo aperta anche un’uscita.
34. O
miei padri diletti, anche la deliziosa e beata fiammella dell’eterno Amore è
una semplice luce! Il potere visivo della nostra anima è la volta maestosa.
Questa sorgente zampillante è simile al nostro spirito che continuamente anela
a salire verso la luce, ma continuamente viene respinto in giù con questo
insegnamento:
35. “Cos’è dunque, o impotente, che ti incita a salire?
Questa non è una via per te! Rimani e rientra invece nel bacino d’oro del tuo
umile ed obbediente amore! Là guardati nell’illusoria luce della tua anima che
serve per metterti alla prova, e sii sempre pronto a seguire il corso del
ruscelletto verso Levante. Appena giunto qui, dei raggi possenti del Sole di
Grazia ti afferreranno e ti innalzeranno, come una nuvoletta di fuoco, nella
perfettissima libertà della tua vita verso il luogo da dove sei venuto!”
36. O
cari padri! Considerato che noi, già prima, nella capanna abbiamo ragionato di
segni, vogliate aggiungere alle altre anche questa interpretazione. Amen!»
[indice]
La
confessione di Adamo
27 gennaio
1841
1. E
quando Enoch terminò questo giusto discorso, vedi, Set
si alzò nuovamente e disse: «In verità, è proprio così come tu, o caro Enoch,
ce l’hai ora fedelmente esposto con parole magnifiche, attinte da un’alta
fonte!
2.
Poiché io scorgo molto bene in me che vado continuamente balzando in alto nella
mia sapienza e, una volta che questo vano impulso, ad una limitata altezza, mi
ha abbandonato alla mia propria debolezza, oh, allora ricado sempre, come
queste gocce, nel bacino della mia innata nullità dove vengo di nuovo
inghiottito subito e riportato così all’umiltà dalle cure comuni e giornaliere,
e infine vengo trascinato dalla corrente naturale e solo dopo, nella mia
impotenza, ricomincio a riconoscere gradatamente la gran legge che il Signore
ha posto nella mia intera natura con suprema saggezza e amore, e cioè che colui
al quale il Signore non ha assolutamente fatto dono di ali per volare, deve
restarsene a casa, in piena umiltà, nel riposo benefico ed efficace e là deve
attendere tranquillo e grato, finché all’eterna Misericordia piaccia di far
accogliere dal ruscelletto anche la modesta gocciolina che dovrei essere sempre
io, per condurla fuori, verso l’eterno Mattino, là dove eternamente si irradia
la Grazia del Signore e dove l’infinito Amore del Padre eterno e santo non
lascerà certo perire nemmeno la modesta gocciolina.
3. O
caro Enoch, dimmi se è così come ho detto e se ti ho perfettamente compreso!
Perché credo sia veramente così e credo pure che nessuno possa averlo compreso
altrimenti.
4.
Perciò dichiara, dunque, ancora a noi tutti brevemente se la questione sta
così, oppure se sta altrimenti!»
5. E
vedi, allora Enoch rimase incantato dalle parole
di Set e, avvicinatosi a lui, abbracciò il padre e gli disse: «O mio caro padre
Set, ti sia a grande consolazione l’avere perfettamente intesa la voce dell’eterno
Amore, la quale, come i raggi del Sole nascente, si è riversata sulla mia
debole lingua tremante!
6.
Poiché quello che dico non è mio, bensì è solamente dell’eterno Amore
dell’eccellente e del santissimo Padre, per la qual cosa anche tutto il mio essere,
in tutte le sue fibre e con tutte le sue forze, deve in eterno lodarLo,
glorificarLo e ringraziarLo e, d’ora innanzi, non dovrà esserci su di me, fuori
da me e in me nulla che non sia consacrato all’amore, alla lode, alla gloria e
alla grazia del nostro Padre tanto buono, santo e amoroso, dal Quale noi e
tutte le cose proveniamo tramite la Sua immensa Misericordia.
7. Ma
da ciò deve dedursi pure che l’uomo non può fare nulla da sé, né deve fare
nulla, per quanto possa vedersi e sentirsi anche lusingato dalla coscienza
benefica di una vita superiore nella limitatezza del proprio petto; bensì, come
la gocciolina, egli deve affidarsi del tutto soltanto al Signore, e certamente
Questi lo educherà e lo guiderà secondo il Suo eterno Amore e Ordine nel modo che
sarà il più opportuno, e certamente però anche il migliore in assoluto per
l’uomo. Amen!»
8.
«Certo, è così!», confermò Adamo «e similmente
lo è anche per tutti i figli presenti della discendenza principale, poiché
tutto cresce e prospera molto bene sulla Terra e tutto si affida con assoluta
dolcezza e modestia all’Ordine eterno di Dio, potente sopra ogni cosa. Noi
vediamo giornalmente come il raggio del Sole trae, con grande potenza, l’erba
fuori dal grembo oscuro della terra e così pure le piante, gli arbusti e tutti
gli alberi; e vediamo come lo stesso raggio, mite e possente, va ammantando
amorosamente di una luce soave le nuvolette che sorgono dalle umide pianure
della Terra e dal mare, per innalzarle a sé verso il firmamento, in modo che,
infine, queste nuvolette, trasfigurate nella gloria del Sole e simili esse
stesse alla luce, non possono più essere percepite dai nostri rozzi sensi,
anche se rimangono imperiture per l’eternità all’occhio dello spirito. E per
quanto ciò sia soltanto un’immagine terrena di rispondenza, tuttavia si
uguaglia completamente all’ordine superiore dell’uomo, al quale è dato un corpo
animato e fornito di sensi, affinché, nello stesso, abbia a prosperare il
nobile frutto secondo l’Ordine eterno per l’eterna vita in Dio, così come il
prodotto della concezione prospera per l’azione dell’anima, tramite la potenza
dell’Amore proveniente da Dio e del Suo Ordine, fino a diventare un nuovo
frutto immortale.
9.
Vedete, figli, il Signore ci ha preparato un oratore e gli ha aperto gli occhi
e per mezzo suo ha reso più liberi i nostri orecchi, affinché noi finalmente
incominciamo, d’ora in poi, a comprendere del tutto i grandi piani che il
santissimo Padre persegue con noi! E giacché qui abbiamo bene appreso, con
grande letizia, le consolanti e sagge parole riguardo al significato di questo
mio luogo prediletto, proseguiamo ora il nostro cammino, poiché la Terra porta
in sé ancora molti tesori sconosciuti, e nei quali il nostro spirito potrà
ulteriormente rinvigorirsi. Amen!»
10. E
vedi, allora i compagni e i figli del primo uomo della Terra Mi ringraziarono
in silenzio e subito dopo si alzarono e si incamminarono verso l’uscita,
situata in direzione di Levante, dove la galleria si restringeva un po’ e così
giunsero ben presto all’aria limpidissima. Qui si trattennero alquanto per
seguire meravigliati il limpido corso del ruscelletto, mentre più lontano
scorsero delle tenui nebbioline sollevarsi rapidamente dal ruscello stesso
verso gli spazi liberi della luce e poi videro come esse, trasfigurate dal
calore, andavano scomparendo, sottraendosi ai loro sguardi. E tutti allora
compresero bene questo spettacolo naturale e vi si riconobbero, compiaciuti, e
perciò Mi lodarono nel profondo del loro cuore e ne furono colmi di giubilo ed
infine procedettero innanzi per una spianata abbastanza ampia dove molte
famiglie avevano dimora. E quando queste ebbero scorto già da lontano il primo
padre, dai capelli candidissimi, gli si affrettarono incontro, a schiere, per
il sentiero molto frequentato e chiesero ad Adamo la sua benedizione, e poi
lodarono il Mio Nome, così il suono delle loro voci pure si diffuse
tutt’intorno, suscitando echi che andavano man mano smorzandosi fino ai monti
lontani e questo era un invito, per tutti i figli che dimoravano là, a
partecipare alla festività del riposo del giorno seguente, il Sabato, nel quale
sarebbe stato nuovamente acceso in Mio Onore un dovuto sacrificio.
11. E
vedi, così i padri, con i cuori giubilanti, proseguirono ancora il cammino per
un buon tratto, fino al punto in cui una rupe, altissima e candidissima,
sbarrava loro bruscamente la via. Là essi si sedettero nuovamente a terra,
contornati da migliaia di figli i quali si davano ogni premura per offrire ai
loro padri del ramo principale ogni genere di rinfreschi. In questa occasione
ciascuno si riteneva felice, se il dono offerto di tutto cuore veniva dai padri
semplicemente toccato in segno di benedizione.
12.
Ecco, in questo luogo del riposo, Adamo alzò il suo sguardo in alto, verso le
grandi ed alte cuspidi di quella montagna di roccia che pareva slanciarsi fino
al cielo, e rimase per lungo tempo muto e del tutto concentrato in sé, e
nessuno ardì chiedergli che cosa mai stesse osservando. E così, per un certo
tempo, subito tacque il rumoroso giubilo dei figli, poiché tutti avevano visto
che il padre aveva gli occhi umidi di pianto.
13. E
tutti fantasticavano, pensando a cosa egli avrebbe inteso fare e, all’infuori
di Enoch, nessuno si accorse di quello che si agitava nell’anima di Adamo.
14.
Finalmente egli distolse i suoi occhi dai dirupi di quella montagna e,
contemplando in silenzio le schiere dei suoi figli che da tutt’intorno si erano
radunate là, alla fine così parlò, con accento della più profonda commozione:
15.
«Oh, tutto questo è per colpa mia! O Tu, grande, santo e giusto Padre, perché
lasciasTi che il mio peccato crescesse fino all’altezza di una tale montagna?
Io vivo ancora e la montagna arriva pressoché al cielo, ma quanto alta diverrà
fino alla fine di tutti i tempi!
16.
Ecco ciò che ora contemplo, alla vigilia del Sabato, circondato da mille figli,
mentre qui sto riposando sulla massicciata del mio peccato. E ugualmente un
giorno anche l’ultimo uomo rimarrà solitario qui, privo di ogni creatura
vivente e di ogni figlio, scontando il mio peccato, volgendo tristemente in
alto il suo sguardo verso le eterne altezze dei mondi splendenti nell’infinità
di Dio e con brama ardente attenderà che la montagna precipiti su di lui,
schiacciandolo e seppellendo sotto le macerie l’ultima goccia della mia immensa
colpa!
17. O
figli, vedete, là in alto, dove ancora fuma e arde, là sono sorto io ed ho
peccato al cospetto di Dio e della Terra!
18.
Allora io ero ancora perfetto e ogni creatura mi era soggetta, ed io potevo
comprenderla chiaramente, a partire dal punto centrale della Terra fino a là
sull’ultimo mondo dei mondi al quale non giungerà mai nemmeno il supremo
pensiero di un qualche spirito!
19. E
a che cosa mi ha ridotto la colpa? Cosa sono diventato nella notte del mio
peccato? Null’altro che un miserabile verme nella polvere della terra, che a
mala pena è capace di trascinarsi un povero rimasuglio della più misera vita!
20. O
figli, chi di voi potesse cadere giù dall’ultima e più lontana stella
dell’altezza, fino sull’ultima e più lontana stella della profondità, vedete la
sua caduta sarebbe appena simile al salto di un grillo che frinisce, al
paragone della caduta fatta da me dall’altezza in cui mi trovavo in precedenza,
fino a questa indicibile bassezza!
21.
Già nel principio della mia vita terrena fui posto lassù agli scopi del massimo
riconoscimento di me stesso nell’umiltà, ed io mi riconobbi e perciò caddi più
profondamente ancora, anzi, dovetti cadere fino a qui, e i miei piedi scesero
più in basso ancora per mezzo di Caino!
22.
Oh, la caduta che non ha nome! Io, che all’infuori di Dio, non avevo di simile
in nessun luogo, oggi sono costretto a pregare i miei figli per ottenere del
pane e degli insegnamenti!
23.
Ma ormai è così, e così sia dunque nel Nome di Colui al Quale è piaciuto fare
di me quello che io sono al cospetto di tutti. Amen!»
24. E
come Adamo fu giunto al termine di queste sue parole, intonate a grande
mestizia, vedi, egli scoppiò in lacrime e il suo stato di turbamento si diffuse
fra tutti coloro che erano presenti, ad eccezione di Enoch. Ed Eva si sentì
tuttavia gravare doppiamente sul petto il peso che opprimeva Adamo, ma cercò di
nascondere le proprie lacrime, per non rendere più acuto, con il suo pianto, il
dolore del cuore di Adamo, e tale stato di turbamento durò quasi un’ora, ma poi
Set si avvicinò e, asciugate le lacrime che
inondavano la faccia del padre, così parlò:
25.
«O padre, non piangere perché il Signore ti ha fatto questo; se tu fossi un
cattivo padre, come mai potremmo noi amarti come tale?
26.
Noi invece non abbiamo ancora mai trovato alcun male in te, anzi, tutto ciò che
abbiamo trovato in te e quello che da te abbiamo ricevuto è stato sempre buono,
è buono e buono rimarrà; perciò anche noi tutti, senza eccezione, ti porgiamo
sempre volentieri l’amore e la nostra venerazione, quale un vero e filiale
sacrificio di grazie. Consolati, dunque, caro padre e non ti risultino di
turbamento le vie infinitamente sagge del Padre onnipotente, amorosissimo e
santissimo!
27.
Poiché tu stesso sempre ci insegni che tutto quanto il Signore fa, è anche ben
fatto; ma se Egli ora ha fatto ciò a noi tutti, come dovrebbe o potrebbe questo
non essere che ben fatto? Dunque è del tutto inutile affliggersi, per il fatto
che, tramite un procedere possente e ispirato ad amore accoppiato a sapienza,
le vie del Signore risultano essere ben altre da quelle che noi, nella nostra
infinita limitatezza di fronte a Dio, avremmo voluto che fossero!
28. O
padre, se anche, un giorno, ti è stato conferito un pieno potere, per effetto
del quale il Sole, la Luna e tutte le stelle dovevano obbedirti, pure tale cosa
ti era data solo in prestito dal Signore di ogni potenza e forza e quindi non
era un pieno potere che potevi trarre fuori da te stesso, bensì un pieno potere
proveniente da Dio.
29.
Ora, quello che è del Signore, Egli lo può sempre riprendere secondo il Suo
Ordine d’amore e di sapienza. E così poi, sempre conforme al Suo Amore e alla
Sua Sapienza, il Signore fa soltanto e senz’altro quello che è ritenuto da Lui
come migliore e più opportuno per noi, che grazie alla Sua immensa Misericordia
possiamo chiamarci figli Suoi.
30.
Ma se Egli è il Padre di tutti noi, come potrà mai dimenticarsi dei Suoi figli,
a causa del Suo infinito amore e della Sua misericordia illimitata, che è una
conseguenza del Suo Amore?
31.
Perciò, padre mio, si rassereni nuovamente la tua fronte e si rallegri il tuo
cuore; e permetti al caro Enoch, dopo che questi figli si saranno allontanati,
di rivolgere alcuni raggi della sua aurora a tutte le cose che sono qui,
affinché, tramite la sua lingua sgorgante vita, esse vengano trasfigurate e
diventino pascolo e ristoro per il nostro spirito!
32. O
padre, rasserenati dunque! Amen!»
33. E
vedi, quando Set ebbe terminato tali parole efficacemente consolatrici, Adamo
lo guardò con animo più sereno e fece cenno ad Enoch affinché volesse
accondiscendere al desiderio di Set e degli altri figli della discendenza
principale; ed aggiunse che, tuttavia, lo facesse solo dopo che tutti gli altri
si fossero allontanati, ad eccezione di uno che aveva
i capelli neri e non apparteneva alla loro stirpe. Costui, infatti, per
il momento era sfuggito alla pianura e si era frammischiato ai figli di Adamo,
ardentemente desideroso di apprendere, poiché l’aveva spinto anche il grande
timore di Lamec a fuggirsene, lui, mortale, agli immortali delle montagne.
34. E
quando fu dato un tale cenno ad Enoch, allora, vedi, si alzarono subito come
del resto era un’antichissima usanza in occasioni simili – Enos, Kenan e
Maalaleel e dissero ai figli di recarsi il prossimo Sabato, prima del levar del
Sole, sul posto conosciuto dinanzi alla capanna di Adamo, per portare i loro
doni. Aggiunsero, inoltre, che ora sarebbe stato opportuno allontanarsi per un
breve tempo, essendo tale il desiderio del padre che aveva bisogno di un po’ di
pace per il suo cuore, ma che quando però sarebbe stato fatto un segnale, si
riunissero tutti per accompagnare il padre fino a dove dimorano i figli del
Mezzogiorno, dal quale luogo avrebbero poi dovuto far ritorno alle loro
abitazioni.
35.
Dopo che questi tre padri ebbero adempiuto fruttuosamente la loro incombenza e
dopo che furono di ritorno ai loro posti, conducendo con loro, secondo il
volere di Adamo, l’uomo dalla capigliatura nera, ecco, Adamo
anzitutto si alzò e poi interrogò lo straniero:
36.
«Che cos’è che, strappandoti alla morte, ti ha condotto fin quassù? Rispondi o
altrimenti fuggi dal cospetto del padre dei padri della Terra, poiché nelle tue
vene scorre un sangue letale e sulla tua fronte grava ancora evidentemente il
marchio della morte che Caino diede ad Abele. Parla, dunque, se puoi parlare o
se la tua bocca è capace di un qualche linguaggio! Amen!»
37. Lo straniero (dai capelli
neri) allora subito si prostrò a terra dinanzi ad Adamo e molto
spaventato balbettò qualche parola inarticolata, che nessuno riuscì ad
intendere all’infuori del solo Enoch.
38.
Ma Set disse ad Adamo: «O padre, vedi, il tuo
giusto zelo opprime a morte il figlio della Terra; perciò con grandissima
clemenza e pieno di benedizione ritira la tua giustizia e dì che il vivente
Enoch gli infonda vita, affinché gli sia poi possibile soddisfare la tua giusta
richiesta! Amen!»
39. E
Adamo, concesso quello che il cuore di Set
desiderava, disse ad Enoch: «Qui ora vedi un morto che proviene dalla pianura,
rianimalo e sciogli la sua lingua, affinché possa rendere manifesto dinanzi a
noi qual è l’impulso del suo cuore. Amen!»
40.
Allora Enoch si alzò immediatamente, e le parole
che uscirono dalla sua bocca furono queste: «O padri, perché chiamate
quest’uomo un morto figlio della Terra, mentre egli pure vive al pari di noi e
non è che un poveretto che giunge dalla pianura! Ma se un animale infermo si
presentasse davanti alla nostra dimora, noi non lo cacceremmo via per questo,
anzi ne avremmo cura fino a quando fosse guarito; e ora che una creatura umana,
povera e perduta, abbandona la pianura e si rifugia fra gravi difficoltà tra di
noi, noi lo lasciamo trascinarsi al nostro cospetto come un verme nella
polvere!
41.
Eppure noi tutti abbiamo visto come egli è venuto a noi, vivente; e tutti
sappiamo bene che ogni vita, come pure la conservazione di questa, non possono
trarre in alcun altro luogo origine, se non in Dio e da Dio.
42. O
cari padri, concedete dunque a quest’uomo di alzarsi, affinché egli possa
riconoscere il gran Dio su queste alture, poiché l’Amore del gran Padre eterno
e santo giunge di certo molto più lontano di quanto il nostro più eccelso
pensiero sarà mai in grado di concepire.
43.
Ma come mai, allora, un tale infinito Amore non dovrebbe toccare pure i figli
della pianura? E quando Esso ne ha tratto uno quassù da noi, non sta a noi
respingere una simile povertà, bensì accoglierla, come fosse cresciuta qui in
alto dove tuttora fuma e brucia, là dove noi talvolta stoltamente ancora
dirigiamo il nostro sguardo, pensando che la pietra sia nostra colpa, oppure
noi la colpa della pietra!
44.
Oh, infinitamente poco importa quanto lontano e quanto alta sia cresciuta una
simile pietra, perché essa è pur sempre una pietra, mentre noi rimarremo figli
immortali di Dio; inoltre, la sua apparizione è passeggera, mentre noi
eternamente immortali. Ma quello che più di tutto importa è invece il nostro
amore, il quale non deve escludere nessuna creatura, men che meno poi un povero
fratello della pianura. Se non siamo che figli dell’Amore e con ciò siamo figli
di Dio, facciamo allora anche così, affinché possiamo veramente e degnamente
essere quello che siamo chiamati ad essere. Amen!»
Per la comprensione dei
capitoli seguenti, che iniziano con l’apparizione del Signore
tramite l’aspetto di uno
Straniero con la pelle scura, vedi n ota al cap. 39,8
[indice]
Asmahaele, lo stranierodai
capelli neri
2 febbraio
1841
1. E vedi,
dopo tutto questo, Enos, su richiesta di Adamo, si chinò a terra e rialzò
l’uomo dai capelli neri e poi chiese ad Adamo e a Set il permesso di poter
dire, prima della partenza da quel luogo, qualche parola che gli stava a cuore.
2. E
da tutte le parti si acconsentì che egli parlasse a seconda del suo desiderio.
3. E
vedi, allora Enos si inchinò, ringraziò del
permesso ottenuto e, indirizzandosi a tutti i presenti, cominciò il seguente
notevole discorso:
4. «O
padri e figli! È appena sorto nella mia mente un grande pensiero che ora rimane
fisso nella mia anima molto agitata come il bagliore permanente di un lampo
violento. Una volta – quella volta in cui dormii fino a dopo il levar del Sole,
cosa per la quale allora fui un po’ rimproverato – ho sognato che noi, appunto
come oggi, ci trovavamo in questo luogo nella contemplazione di questo
meraviglioso paesaggio, e gioivamo molto nel vedere i nostri numerosi figli,
che noi invitammo, come è avvenuto ora, ad un imminente sacrificio del Sabato.
Ed ecco, mentre così ci rallegravamo, una figura che irradiava un forte
splendore, apparì in mezzo a noi, tanto che rimanemmo tutti spaventati per la
grande intensità della luce! Solo che quell’apparizione non ci lasciò a lungo
nel nostro stato di timore, ma ben presto si rivelò ai nostri occhi accecati da
quel fulgore.
5. O
padri e figli, questa figura manifestatasi era Abele,
il quale conduceva con sé un uomo precisamente simile a questo, con il quale si presentò al cospetto del primo padre e
disse in tono dolcissimo:
6.
«Ascolta, o padre! Eccetto me, a nessuno è derivato alcun male da parte di
Caino, a causa del quale soltanto il mio corpo è andato perduto per te. Vedi, a
Caino ho perdonato tutto di cuore ed ho potuto fare ciò con tanta maggiore
facilità, in quanto non ho mai avuto verso di lui alcun rancore! E quando più
tardi egli fuggì dinanzi a suo figlio Hanoch e si diresse verso Mezzogiorno,
fino alla riva di una delle più grandi acque della Terra, dove patì per il
calore, la fame, la sete e il timore, con pochi dei suoi che riuscirono a
salvarsi, vedi, allora, per concessione del Padre eterno e santo, venni a lui,
di mia spontanea volontà, mi rivelai e lo trovai che si scioglieva in lacrime
d’intenso pentimento, tanto che nel più profondo del mio essere ne fui mosso a
pietà e gli insegnai ad intrecciare un grande paniere impenetrabile dall’acqua
e poi condussi i suoi e lui sopra le onde in un paese lontano, fertile e
sicuro.
7. Ed
io feci la stessa cosa anche con parecchi dei suoi discendenti che provenivano
da Hanoch, e che erano di sentimenti alquanto migliori.
8.
Tuttavia non ardii mai di condurre a te, o padre, neppure uno di quelli di
Hanoch, la grande città di Caino, poiché ben conoscevo la tua giusta collera,
che grava sul capo di Caino. Però sapevo anche quello che il Signore aveva
detto a Caino, mentre questi, colmo di amaro pentimento, se ne fuggiva sulla
faccia della vasta Terra, quando Egli lo aveva assicurato con le parole: ‘Perciò chi uccide Caino, subirà la vendetta
sette volte!’.
9. Ma
ora, secondo la volontà di Jehova, ti ho condotto pure un fuggiasco dalla
pianura che cerca Dio; dagli quindi ciò che cerca, ed accoglilo in tutto il tuo
paterno amore, perché anche nelle sue vene scorre il tuo sangue!
10.
Ridestalo con la tua benedizione, e il Signore desterà i tuoi figli, affinché
possano poi predicare in maniera meravigliosa il Suo Nome ai figli della
pianura, per la possibile salvezza della Terra!”
11. O
padri e figli! Così vedo io ora lo stesso uomo fra noi, così come lo vidi
allora, ed ho visto altresì, appunto in questo istante, lo splendente Abele
abbandonare questo luogo e in verità pure Enoch l’ha visto, per la qual cosa
egli ebbe a serbare il silenzio. E con ciò la mia richiesta è finita. Ora
pensateci su ed agite secondo il vostro discernimento! Amen!»
12.
Ed Enoch confermò subito quanto Enos aveva
asserito e disse: «Sì, così è stato e così è!»
13. E
vedi, quando Adamo ebbe inteso questo, rimase
profondamente stupito e domandò ansiosamente: «In quale luogo si trovava
Abele?»
14.
Enos ed Enoch allora indicarono contemporaneamente un medesimo punto e così
Adamo credette loro fermamente, poiché non si erano contraddetti nella
contemporanea designazione del posto dove Abele aveva confessato la propria
fedeltà e il proprio amore davanti ad Adamo.
15.
Dopo ciò, però, egli in segreto si fece ancora descrivere da ciascuno dei due
la figura di Abele e siccome anche a questo riguardo le indicazioni erano
concordi e descrivevano molto bene la sua figura, in Adamo non rimase più alcun
dubbio riguardo alla perfetta autenticità di questa visione.
16. E
convinto in questo modo, Adamo, pieno di gioia,
esclamò: «O Abele, ciò che tu mi porti, senz’altro lo accolgo, anche se fosse
Caino in persona!
17.
Conducete dunque qui a me il debole protetto di Abele, affinché lo benedica e
lo accolga nel nostro seno, e mi presenti a lui quale il primo uomo nonnato,
sorto immediatamente fuori dall’onnipossente mano dell’eterno Amore, e così
voglio mostrargli anche la madre di tutti gli uomini, la quale è proceduta da
me ed infine Colui la Cui Grandezza, Potenza, Santità e Amore fedelmente
testimoniano tutte le eternità e tutte le infinità, traboccanti di esseri, come
pure testimoniamo tutti noi, che siamo coloro ai quali Dio ha donato fuori da
Lui un eterno spirito!»
18. E
subito dopo aver pronunciato tali parole, gli fu presentato quell’uomo dai capelli neri e Adamo, toccatolo, lo benedisse
tre volte e gli chiese quale fosse il suo nome. Ma questi
rispose: «O grande e nobile primogenito di Dio, del gran Re della Terra, tu,
saggio padre di tutti i padri della Terra, perdona me, povero fuggiasco dalla
pianura, che, dopo essere stato strappato dalle mani assassine di Lamec, venni
guidato qui da una splendente figura! Vedi, non ho nome, poiché non ero che uno
schiavo costretto al lavoro, e questi schiavi, laggiù nella pianura, non hanno
un nome, bensì, come le bestie vengono chiamati con un grido vuoto di senso ed
inarticolato. Agli schiavi, infatti, è concesso soltanto di capire il
linguaggio, ma non di parlarlo. E chi mai di loro volesse far uscire dalla sua
bocca un suono comprensibile, costui dovrebbe immediatamente scontare il
crimine della sua loquacità con la più crudele delle morti!
19.
Non sdegnarti dunque se io, povero schiavo, non posso darti quanto mi chiedi,
poiché, vedi, la crudeltà regna sovrana nella pianura e non c’è ormai più
nessuno che sia sicuro della propria vita, perché, in qualsiasi luogo qualcuno
tentasse di rifugiarsi, verrebbe ben presto raggiunto dagli sgherri e dai
guerrieri di Lamec e là, dove venisse preso, egli sarebbe messo a morte nella
maniera più crudele, senza grazia né pietà!
20. O
grande padre dei padri della Terra! Laggiù le cose sono arrivate al punto tale
che nessuna bocca umana è capace di raccontare gli orrori che vi si commettono.
L’uccisione crudele dei muti schiavi operai è ancora il meno, poiché può sempre
ancora essere designata con un nome. Ma là vengono perpetrati pure degli
abomini che non hanno nome; però io non oserò mai certo narrarli, affinché con
ciò non vengano profanate queste alture. Amen!»
21.
Ma quando Adamo, unitamente ai suoi figli, intese tale racconto da colui che
non aveva un nome, inorridì enormemente e già era in procinto di prorompere in
una maledizione contro la pianura, quando il senza-nome
lo interruppe nella sua fiera invettiva esclamando:
22.
«O buon padre dei padri della Terra, trattieni tale funesta parola; perché
ascolta: – coloro che sono laggiù, della tua maledizione non ne hanno alcun bisogno,
perché di maledizione ne hanno già in misura più che abbondante! Basta il solo
Lamec per tutta la Terra, poiché, qualora il gran Re sopra le stelle volesse
tuonare la Sua maledizione più terribile sopra la Terra, altro non gli
occorrerebbe se non di mandare ancora un secondo Lamec e tu, o padre della
Terra, puoi essere certo che prima che il Sole sorgesse e tramontasse cento
volte, all’infuori di Lamec nessun essere vivente molesterebbe la Terra con la
sua presenza!
23.
Piuttosto, o padre dei padri della Terra, là dove vorresti scagliare la
maledizione, oh, ascoltami, fa’ in modo che scenda la benedizione. Sì, soltanto
di benedizione hanno bisogno le pianure, le quali sono gravate dagli orrendi
abomini a causa appunto di una terribile maledizione. Se volessi gravare ancor
più con le maledizioni il suolo già tenebroso dell’abominio, allora guai, guai
a quei miseri schiavi che, muti, lavorano giù nelle pianure!
24.
Il loro sangue, versato in grande abbondanza, come turbine urlante va già ora
gridando vendetta alle stelle; ma se tu volessi aggiungere altra maledizione a
quelle che già affliggono le pianure, oh, tu allora vedresti le onde del sangue
lambire ben presto le cime sacre dei monti!
25.
O, padre dei padri della Terra, benedici, oh, benedici là dove vorresti
lanciare una maledizione, pur in tutta giustizia! Amen!»
26.
Ora vedi, quando Adamo ebbe udito tale
preghiera, ne fu enormemente commosso, lodò il giovane che non aveva nome e gli
chiese: «Ascolta, o povero figlio dal sangue di Caino! Poiché laggiù nella
pianura non ti era concesso di parlare, da dove proviene alla tua lingua tanta
scioltezza da uguagliare quasi quella di Kenan?
27.
Perché tu parli come se fossi già stato da molto tempo fra di noi, quale
cantore consacrato di Dio, e così le tue parole risultano perfettamente
appropriate e colgono sempre il senso giusto. Dimmi, dunque, veramente da dove
è venuto a te un simile dono!»
28. E
vedi, subito quell’innominato si rincuorò e rispose:
«O padre dei padri della Terra! Di ciò che tu chiedi con stupore riguardo al
mio sciolto linguaggio, il mio giovane cuore si rallegra, perché può vantarsi
al cospetto di te, che sei il padre del più saggio maestro!
29.
Ora vedi e ascolta: “Il maestro che mi
insegnò a parlare in maniera così savia, fu colui che fedelmente mi guidò qui
da te, o padre dei padri! Tu lo conosci e l’hai conosciuto già prima di coloro
che, in attesa e ascoltando con fedeltà, ti circondano. Fu Abele, il tuo figlio
splendente, che animato da amore superiore mi sciolse la lingua che si trovava
legata, affinché io qui potessi esporre le forme assai rare della verità, con
la tua compiacenza, o padre, e anche alla presenza dei tuoi discendenti, tutti
colmi di grazia e di benedizione”.
30. O
padre dei padri della Terra, ecco, ormai ogni cosa che dapprima poteva
sembrarti estranea ora ti è nota. Oh, lascia dunque che il povero estraneo e
fuggiasco delle pianure cerchi quel Regno possente, pieno di giustizia e di
bontà, qui fra voi, sulle sacre alture, regno del quale testimoniano così
meravigliosamente il Sole, la Luna e tutte le stelle!
31. O
padre dei padri della Terra, proferisci amorosamente il tuo ‘Amen’!»
32.
Ma quando Adamo ebbe intese tali parole, si
commosse talmente che non poté pronunciare nessuna parola, e i suoi occhi si
riempirono di lacrime di gioia e di pietà.
33.
Finalmente egli si fece forza, e tutto commosso così parlò a colui che non
aveva nome: «Odimi, o caro straniero che sei venuto qui dalla pianura degli
abomini; se le cose a tuo riguardo stanno così come la tua bocca me le ha
manifestate e confermate, tanto che non potrei mai dubitare che fosse
diversamente da come mi hai detto, e Dio ti ha già elargito una Grazia assai
grande, è certo opportuno che noi, suoi figli, non potremo agire altrimenti
verso di te da come ha agito il Padre di tutti noi, grande e santo, nella Sua
infinita Misericordia. Ti accada dunque secondo le brame del tuo cuore.
34. E
vedi, qui alla mia destra vi è Enoch, e anche lui è giovanissimo! Vedi, egli è
ora un oratore benedetto di Dio, ed è lui che diverrà, d’ora in poi, il tuo
maestro nelle cose di Dio, il nostro amorosissimo Padre e Signore
dell’infinito!
35. E
considerato inoltre che tu non hai un nome, così voglio
darti io un nome, secondo il quale tu sarai chiamato “Asmahaele”, vale a dire “fedele
straniero alla ricerca di Dio”, poiché qui ciascuna cosa deve avere il
proprio nome, e ogni azione deve essere distinta con una parola, e così pure
deve essere definita ciascuna qualità e ciascuna proprietà insita in una cosa,
e deve essere esattamente precisato il come, il quando, il dove, il perché e il
tramite, mediante cui una cosa esiste ed avviene; perciò tanto meno può restare
un uomo senza un nome.
36.
Nondimeno, ciascun nome deve corrispondere con precisione a colui che lo
riceve; e tuttavia, chi ha ricevuto un nome, deve anche vivere fedelmente in
modo conforme al suo nome, altrimenti diventa un mentitore, poiché le sue opere
non sono corrispondenti al nome che egli porta. E poiché tu ormai hai un nome,
vedi anzitutto di riconoscerlo e poi agisci conformemente in tutta fedeltà ad
esso, altrimenti, in caso diverso, diverrai un mentitore al cospetto di Dio e
di tutti i suoi figli, e sarai svergognato dinanzi ad un qualunque granello di polvere,
il quale sempre corrisponde al proprio nome.
37. E
così, dunque, ancora una volta ti benedico e ti dico: “O Asmahaele! Io, Adamo, quale primo uomo sorto su questa Terra dalla
Mano di Dio, l’eterno Padre santo e amorosissimo, ti benedico al pari dei miei
figli; con ciò tu sarai un fedele portatore del tuo nome!
38. Io ti porgo la mia mano e ti innalzo al pari
dei miei figli”
39. E
ora, figli miei, seguite il mio esempio e diventate i suoi padri; e tu, diletto
Enoch, sii per lui fratello e maestro!
40.
Tu però, o Jared, l’accoglierai per sempre al posto di Enoch, il quale ormai
dimora nella mia capanna!
41. E
a te, o Asmahaele, il Signore apra il cuore e tutti i sensi della tua anima
all’eterna vita del tuo spirito in Dio! Amen!»
42.
Allora Asmahaele cadde subito ai piedi di Adamo,
li baciò e ad altissima voce ringraziò per l’immensa grazia che gli era stata
concessa sulle alture dei Miei figli, poiché ben presto cominciò anche a
percepire in sé gli effetti della benedizione, per la qual cosa cominciò ad
esultare dicendo:
43.
«Asmahaele, un nome tanto splendido che io non sono ancora degno di portare!
Tuttavia io sono del parere che un nome, dato all’inizio, impone legittimamente
il Dovere a colui che fedelmente lo riceve, questo santo giudice (un grande, vivo Comandamento), di
seguire il nome stesso, fin dove la conoscenza possa mai rivelargliene il
sentiero. E anche se qualcuno dovesse qua inseguire le orbite molto lontane del
Sole e delle stelle, quale portatore del nome che lo vincola, dovrebbe adempiere
questo con gioia e fedeltà, per la grazia così grande a lui capitata, e ciò
perfino se fosse posta ancora più in alto la benigna richiesta del santo nome!
O padre e voi padri dei padri della Terra, per chi fu spesso costretto a
lottare con la morte, oh, ascoltate, per lui non è per niente faticoso seguire
le vie della vita eterna; e se nel fango di tenebra dell’orrore del peccato, in
continua lotta si è stati costretti, in miseria, a spianarsi la via verso una
luce scarsissima e verso una vita più meschina ancora e che spesso fu oppressa
già nel germe più delicato da tenebrosissimi dubbi, oh, udite, com’è facile
invece il seguire vivente le vie luminose che conducono alla vita!
44.
Asmahaele, o fulgido nome, o nome che è bello tra i belli e che dovrà essermi
di guida lassù, verso la sante altitudini eterne di luce e di vita! Oh, udite,
ora lo straniero non porterà invano un così santo dono di grazia. Amen! Amen!
Allora io dico: Amen!»
[indice]
Sull’umiltà
8 febbraio 1841
1. E
quando Asmahaele ebbe terminato il suo discorso, Adamo,
tutto commosso, si alzò nuovamente e disse: «Enoch, vedi, ora tocca di nuovo a
te! Dopo tutto quello che è avvenuto, è opportuno sentire delle parole ispirate
dall’Alto, per poter poi, sulla scorta di queste, adeguare perfettamente tutta
la nostra attività alla Volontà del Signore. Poiché, vedi, quanto stava in me
l’ho già fatto, a seconda dei suggerimenti del mio amore; solo che il nostro
amore non sempre è puro e perciò anche non è sempre sicuro e, di conseguenza,
non è sempre stato santo neppure l’effetto delle sue opere. Ora, quindi, è
quanto mai opportuno che tu, caro Enoch, faccia udire a noi tutti la voce
vivente.
2.
Parla dunque, e mostraci le giuste vie del tuo protetto! Amen!»
3. Ma
quando Adamo ebbe detto ciò, vedi, tutti si alzarono e si inchinarono davanti a
lui e lo ringraziarono per aver comandato che così venisse fatto. Ma Set, in particolare, pareva voler quasi balzare dalla
gioia, perché egli era il più fervente ammiratore di Enoch e il maggior
veneratore della sua parola e perciò non poté fare a meno, prima ancora che
Enoch cominciasse a parlare, di rivolgergli alcune parole d’incoraggiamento,
dicendogli:
4. «O
diletto Enoch, vedi, quello che il mio cuore già da lungo tempo ardentemente
bramava, ora l’ha mandato ad effetto il giusto e buon ordine dato per mezzo di
mio padre e del vostro padre! Oh, io mi rallegro immensamente di ascoltare qual
è la santa Volontà in questa questione, perché è ben vero che noi talvolta
vorremmo fare qualcosa che ci appare buono, però che sia veramente buono e
giusto per il fatto che a noi così appare, questa è una questione del tutto
differente!
5. E
questo è appunto quello che tu dovresti chiarirci. Dunque, comincia a parlare
fuori dalla vita proveniente da Dio, che è in te. Amen!»
6.
Allora subito si alzò Enoch e cominciò ad
indirizzare a tutti le seguenti parole, ma egli fece questo dopo che in cuor
suo si fu rivolto a Me, facendo cioè precedere in sé questa invocazione:
7. ‘O gran Padre, Signore e Dio, santissimo e
amorosissimo, concedi a me, il più debole di tutti, la Tua Grazia, affinché mi
sia possibile, in tutto amore e umiltà, manifestare fedelmente ai padri il Tuo
Volere e donare loro in abbondanza ciò che proviene da Te, secondo la brama dei
loro cuori.
8. O santissimo Padre, sia fatta però soltanto
la Tua Volontà in eterno! Amen!’
9. E
vedi, allora Io destai del tutto lo spirito di Enoch,
ed egli cominciò a parlare nel modo seguente: «O cari padri, che un tale
desiderio sia sorto in voi è cosa equa e perfettamente comprensibile, poiché
l’Amore di Dio sta sopra ogni cosa e tutto è soggetto alla Sua Volontà, ma che
voi mi chiamiate a rivelarvi, nella mia debolezza, quello che tutte le eternità
non potranno in eterno mai né abbracciare né comprendere, questo, vedete, cari
padri, non è equo, né giusto per la vostra dignità paterna!
10.
Credete voi forse che il Signore abbia delle preferenze, così da badare ad uno
meno che ad un altro, qualora ambedue volessero agire secondo la Sua Volontà?
Oh, padri miei, voi siete in grave errore e le cose non stanno affatto così!
11.
Guardate lassù gli spazi radiosi dell’infinito! Chi di noi può dire che non è
in grado di vedere gli ampi torrenti della luce e tutte le cose che da questa
sono circondate? Qual è l’orecchio che da se stesso non percepisce il fruscio
del fogliame secco, mosso anche da una lieve brezza? Oppure c’è fra di noi
qualcuno cui non è stato fatto dono di tutti i sensi funzionanti alla
perfezione e così pure di un cuore vivente e sensibile?
12.
Ma se tutto quello che proviene da Dio appartiene a noi tutti, senza
distinzione, come potrebbe qualcuno appartenere di più e qualcun altro
appartenere di meno al Signore, se egli stesso è proceduto dal Signore e a Lui
vorrebbe ritornare? O padri, vedete, quale figlio vorrebbe venire da voi per
avere un santo consiglio e voi non vorreste ascoltarlo per dargli quello che
gli è utile?
13.
Ora, dato che voi, quali uomini caduti, siete misericordiosi perfino verso uno
straniero, allora quanto più il buonissimo e santissimo Padre farà per voi
quello che vi è utile e darà volentieri a ciascuno ciò per cui Egli stesso lo
ha già in precedenza reso adatto a ricevere!
14.
Sia dunque lontano da voi il credere che io sia un organo eletto della vivente
voce di Dio; oh, no, di certo io non lo sono, ma, anzi, voi piuttosto lo siete!
Quindi rivolgetevi pure liberamente a Lui e sicuramente vi sarà reso noto qual
è la Volontà del Signore! Amen!»
15. E
dopo tali parole, Enoch tacque, tutto raccolto in sé e conseguentemente anche
in Me. E a cominciare da Adamo fino a Jared e ad Asmahaele,
nessuno riusciva a capire come si doveva interpretare questo breve discorso di
Enoch, e perciò l’uno chiese all’altro:
16.
«Che cosa significa ciò? Cosa ha inteso dire Enoch affermando che noi siamo
capaci, come lui, di dire una parola di vita proveniente dalle altezze di Dio?
Davvero, queste cose le comprenda chi può. Noi, questa volta, non le
comprendiamo affatto!»
17. E
così, in questo modo, tali commenti passarono di bocca in bocca e tutti furono
colti da altissimo stupore per la rigida brevità di Enoch, questa volta
ritenuta alquanto arida. Perfino Set rimase sorpreso quanto mai che Enoch se la
fosse sbrigata con tutti loro così seccamente.
18.
«Poiché», diceva Set, «a che serve essere stati
rimessi a noi stessi, quando, anche senza Enoch, sappiamo bene quello che
possiamo e sappiamo, anche fino a quanto il Signore nel Suo Amore sia
accessibile a noi, e anche quanto della Sua voce abbiamo inteso finora! Poiché
questa è una proprietà dell’Amore, come la sapienza è proprietà della Grazia.
19.
Dunque, come può qualcuno amare il Signore ed annunciare la Sua Parola prima
che egli, necessariamente, abbia ottenuto dal Signore questo Amore e questa
Parola? Ma chi di noi può vantarsi di tanto, ad eccezione di Enoch? Oppure, è
forse possibile che io non sappia quello che a me è proprio?
20.
Noi tutti abbiamo certo la grazia di essere figli di Dio, come pure fra tutte
le creature abbiamo innegabilmente la superiore capacità, come uomini, di essere
effettivamente tali. Inoltre, come uomini, abbiamo tutti i medesimi sensi e ne
facciamo uso in uno stesso modo; ma ora ciascuno chieda a se stesso se,
nonostante tutta questa comunanza di sensi e di grazia, la stessa cosa riesce
mai a soddisfare ugualmente ognuno in un’unica e stessa maniera!
21.
Tuttavia, da ciò risulta evidente che neppure la grazia è concessa a ciascuno
in eguale misura, per non parlare poi del fatto che l’amore venga distribuito
in giuste proporzioni. E questo colpisce ancora di più, sapendo per lunga
esperienza con quale incostanza l’amore procede con qualunque cosa esso vada
afferrando e quanta rinuncia e grande abnegazione si esige per diventare, a
qualsiasi riguardo, fermi nell’amore.
22.
Quantunque con ciò io non possa né intenda asserire che per tale ragione non
possiamo assolutamente divenire sempre più fermi nell’amore al Signore, questo
però è certo: – a noi viene data solo la grazia invece dell’amore, e ci viene
data, tramite la grazia, unicamente la capacità di conquistarci l’amore e solo
dopo di accoglierlo in noi. Ma dietro una nostra semplice richiesta non ci
viene concesso mai l’amore per quanto struggente fosse tale richiesta. A dirla
breve, qualora al Signore piaccia donare amore in abbondanza, come nel caso di
Enoch, ebbene, questo è precisamente un atto della misericordia del Signore,
atto per il quale Egli, di certo, non chiederà consiglio a nessuno allorquando
vorrà saziare qualcuno d’amore. Voi tutti, però, udite: “Non c’è affatto una regola, e noi possiamo desiderare quello che
vogliamo, ma il Signore, malgrado tutto, rimane l’unico Signore ed Egli fa e
opera secondo la Sua imperscrutabile Sapienza, com’è il Suo compiacimento; noi
però non siamo altro che semplici testimoni di quello che Lui fa davanti a noi
e per noi”.
23. E
tu, mio caro Enoch, intendi bene queste mie parole e parla secondo questo
intendimento, poiché mi è ben nota la tua grande modestia e la tua umiltà che
ti hanno reso così caro a me. Quindi in futuro non è necessario che tu divenga
troppo modesto e che ti nasconda dietro alla tua grande umiltà quando si tratta
di un servizio di cui sei debitore a Dio e a noi, tuoi padri. Perché, vedi, che
tu sia tale, noi lo sappiamo tutti da lungo tempo; il Signore poi lo sa in
maniera infinitamente ancora più perfetta di noi; è stato per questo che Egli
ti concesse permanentemente l’amore. Dunque a noi non serve nessuna ulteriore
prova a tale riguardo, ma se noi ti chiamammo a fungere da maestro e da oratore
di Dio, questo avvenne precisamente in seguito a tali tue virtù. Perciò puoi
parlare dinanzi a noi senza alcun timore, come già molto spesso hai fatto al
cospetto di tutti noi.
24.
Può essere però che quello che dicesti prima, ti sia stato comandato dal
Signore; nel qual caso non avresti potuto parlare altrimenti, ed avresti fatto
bene a parlare così!
25.
Ma se considero il fatto che tu hai parlato, ammonendoci a prestare ascolto
alla voce della vita proveniente da Dio, vedi, Dio non potrebbe allora fare
altrettanto quanto hai fatto tu stesso, e potrebbe perciò richiamare molto bene
i nostri cuori su quello che tu hai fatto?
26.
Solo che, dato che tu a questo modo hai già cominciato a parlare per
ispirazione di Dio, vedi, non basta soltanto rimandarci semplicemente a Colui
dal Quale, come ciascuno di noi sa benissimo, provengono tutte le cose, bensì,
poiché uno è stato del tutto particolarmente dotato da parte del Signore per il
vantaggio di tutti, questi dovrebbe, in tale sua sovrabbondanza, venire in
aiuto, equamente e doverosamente, dell’uno o dell’altro meno dotati in questo o
in quel campo. Facendo questo renderemo veramente manifesto dinanzi al Signore
che noi siamo veramente Suoi figli!
27.
Vedi, per queste ragioni, dunque, anche la modestia e l’umiltà hanno e devono
avere i loro saggi ed utili limiti!
28.
Prendiamo ora le cose dal loro lato naturale. Vedi, se noi, quando il nostro
padre ci rivelò la debolezza del suo corpo, per un sentimento di esagerata
umiltà ci fossimo dimostrati schivi nel concedergli quello che egli sentiva
essere richiesto dalla sua natura, oh, a cosa gli sarebbe giovata, in questo
caso, la nostra umiltà esagerata, se nessuno si fosse azzardato ad offrirgli
cibo e bevanda?
29.
Oh, vedi, dunque, la vera umiltà non deve mai uscire fuori dalla sfera
dell’attività d’amore, qualora voglia essere veramente di compiacimento al
Signore, e a noi incombe, perciò, il dovere di venirci sempre reciprocamente in
aiuto, ogni volta che ci rendiamo reciprocamente manifesto che abbiamo, in una
o nell’altra situazione, bisogno l’un dell’altro. Poi, per quanto concerne
l’indirizzarsi al Signore, è certo giusto ed equo che il più forte abbia così a
suggerire al più debole, però bisogna che il primo non abbandoni l’altro finché
quest’ultimo non abbia detto: “Vedi, il
Signore ha ora destato anche me!”
30. O
Enoch, vedi, nessuno di noi può dirti ancora qualcosa di simile, poiché noi
tutti non siamo niente dinanzi a Dio; bandisci dunque quanto vi è di inutile in
te e nella pienezza del tuo amore pensa a quello che occorre al momento a noi
tutti, nella situazione in cui ci troviamo, affinché noi possiamo apparire del
tutto giusti nell’amore dinanzi a Dio!
31.
Oh, non indugiare, e appaga il nostro amore in Dio! Amen!»
[indice]
La
giustificata discrezione di Enoch
1. E vedi,
dopo che Set ebbe parlato così, si alzò Adamo e
disse: «La parola di Enoch è stata dura, e dolce è stata quella di Set!
2.
Dato però che ambedue avete parlato giustamente, soltanto che l’uno ha parlato
in tono alto, duro e incomprensibile, mentre l’altro in tono soave e
comprensibile, da parte mia ritengo che a nessuno debba essere imputato
alcunché di colpa. Per altro, un principio buono è certo questo: – non si porga
ai figli alcun cibo ne non sia ancora adatto ai loro denti! E così, Enoch, il
tuo cibo per questa volta è troppo duro, sarà bene perciò rendere molle il cibo
che hai dato, in modo che noi lo possiamo mangiare con profitto! Amen!»
3.
Dopo ciò si alzò nuovamente Enoch e cominciò a
rivolgere a tutti i presenti le seguenti e notevoli parole:
4. «O
cari e stimatissimi padri! Quello che il padre Set, animato dai migliori
sentimenti, ha onestamente e con piena dignità detto di fronte a me, è vero,
giusto e buono, e mostra con evidenza e chiarezza quanto dell’uomo è di nuovo
per l’uomo; poiché questo è pure il Volere dall’Alto, e quindi ciascuno ha il
diritto d’amore di venire in aiuto dell’altro in cose che concernono l’uomo; e
ciò tanto più nel momento del bisogno nel quale l’aiuto viene invocato, e
meriterebbe ben poco di essere uomo colui che puramente, per una qualche vana
ragione, si inducesse a desistere dal fare o dire quello che è giusto in base
al dovere e all’amore.
5.
Tuttavia, o cari e stimatissimi padri, dite o domandate a voi stessi che cosa
si potrebbe fare nel caso in cui il primo padre, Adamo, essendogli stata fatta
dai figli una qualche domanda, per non dover parlare egli stesso, avesse dato a
me una risposta concisa, dura e dal significato profondo e preciso. Ammettiamo
ora che i figli questa risposta non l’abbiamo compresa e ammettiamo che io
pure, quale strumento della risposta, non l’avessi compresa a fondo, bensì
solamente quel tanto che il primo padre avesse voluto spiegarmi, alla precisa
condizione di non dare a nessuno per il momento tale spiegazione, affinché i
cuori dei figli, nella sfera del loro pensiero, non fossero indotti ad
eccessiva pigrizia, bensì potessero sempre più destarsi. Ma se poi i figli, a
causa della risposta un po’ oscura, mi facessero pressioni e mi costringessero
a parlare in maniera più chiara e comprensibile, o padri, giudicate voi stessi:
– quale richiesta è situata più in alto, quella del primo padre o quella dei
figli prematuramente avidi di sapere?
6. O
padri, voi non potreste fare a meno di darmi perfettamente ragione se, mediante
una giustificata discrezione, intendessi serbare il comandamento del primo
padre fino al tempo che a lui piacesse, così come oggi ho fatto prima dell’alba
verso Jared, il padre del mio corpo, poiché la parola del primo padre è più
alta di tutto il desiderio più intenso di tutti i suoi figli! E se io rimasi
silenzioso, non feci forse quanto era giusto e secondo quanto prescriveva il
dovere?
7. Ma
allora come mai, dato che ben sapete che quando parlo, non parlo da me, bensì
dal Signore, voi poi mi rimproverate, quasi io avessi parlato da me, mentre già
ieri dovreste avere avuto a sufficienza la prova più lampante del fatto che
visibilmente il Signore ha accompagnato da vicino la mia debole lingua?
8. Ma
siccome ora non avete interrogato me, bensì il Signore tramite me e perciò il
vostro interesse era rivolto non alla mia voce, ma a quella del Signore, allora
chiedete a voi stessi a chi tocca il rimprovero!
9.
Posso fare di più di quanto è nella Volontà del Signore? Posso dare più di
quanto abbia ricevuto io stesso?
10. E
se anch’io avessi ricevuto in piena misura, ma la Volontà del Signore mi avesse
posto dei limiti determinati di dirvi per il momento solo quello che vi ho
riferito con precisione, dato che il Signore aveva, di sapiente proposito,
richiesto tale cosa precisamente da me, e se io obbedisco al Signore in ogni
timore e amore, o padri cari, giudicate e dite voi stessi se io non agisco
rettamente quando considero la Volontà del Signore più eccelsa di ogni vano
richiedere degli uomini, i quali tutti assieme non sono niente di fronte a Lui,
e senza di Lui non possono assolutamente niente, mentre possono tutto con Lui!
11. O
padri, vedete, verso di me il rimprovero è superfluo come ad un albero che non
può portare altri frutti se non quelli che il Signore ha posto in esso, siano
essi dolci o amari; ma per quanto riguarda il Signore, dite, qual è la creatura
che non vorrà eternamente approvare ciascuna delle Sue parole, per la cui
comprensione si consumeranno invano e completamente perfino le eternità!
12.
Ora, se voi mi interrogate dal Signore, è segno che credete pure che io parlo
fuori dal Signore, ma, se qualcuno dubita nel proprio cuore, allora le domande
e le risposte risultano di per sé inutili, perché egli non ha fede e diffida
del proprio cuore.
13. Ma
come può qualcuno diventare fermo nell’amore tramite il proprio fratello, se
già il suo cuore è vacillante nel Signore? Confidate perciò nella Parola del
Signore, affinché possiate diventare fermi nell’amore!
14.
Il figlio certamente non è al di sopra del padre; ma quando il Signore parla
con il figlio, allora il figlio è del Signore e il padre non dovrebbe
affliggersi per la voce del Signore nel figlio.
15.
Asmahaele, Abele ed io vi abbiamo, ad ogni modo, annunciato la Volontà del
Signore, la qual cosa è un prodigio per tutti noi. Ma allora, a che scopo
un’altra domanda? Doveroso e giusto, invece, è operare nell’amore e nella fede
nel Signore; quanto va oltre a ciò sia eternamente del Signore! Amen!»
[indice]
Della Parola
divina nel cuore dell’uomo
11 febbraio
1841
1. E
quando Enoch ebbe così terminato tale discorso, vedi, subito si alzò nuovamente
Set e disse: «Oh, cosa siamo e cosa possiamo
noi? Nulla!
2. È
vero che quando parliamo tra di noi alla maniera umana, tutti ci crediamo
saggi, tuttavia, vedo ormai chiaramente che ogni sapienza umana dinanzi a Dio è
pura stoltezza, della quale Egli certo non può compiacersi.
3.
Ascoltate, non erano le mie parole di prima tali da essere originate soltanto
dal più nobile cuore umano? Ma a che cosa sono esse ridotte ora? Non ad altro
che ad una vana stoltezza, ed io con ciò vengo ad assomigliare ad un balordo
che con i suoi pensieri dispersi in tutto l’universo, chiede dov’è la sua
capanna, mentre vi si trova dentro!
4. Ma
perché, perché non abbiamo già potuto prima accorgerci della nostra vana
stoltezza e ci siamo tanto terribilmente denudati al cospetto del Signore? A
meno che noi non siamo tutti quanti ciechi, non sarebbe altrimenti concepibile
che noi abbiamo potuto senza alcun scopo inquietare il caro Enoch ancora con
una domanda del tutto inutile a questo riguardo; noi abbiamo già avuto conferma
della meravigliosissima decisione dell’Alto nei suoi confronti per mezzo di
Abele, Enoch, Kenan e infine in maniera stupefacente per mezzo di Asmahaele
stesso. Come avremmo potuto preferire diffidare della parola di Enoch piuttosto
che scrutare nella nostra propria cecità? Oh, che assurda stoltezza! Potessimo
non averla mai commessa! Infatti, com’è disdicevole adesso doversi vergognare
dinanzi a propri figli, quale padre!
5. Ma
ormai tutto ciò non può andare diversamente, e perciò sia sacrificato al
Signore!
6. Io
però penso così nel mio cuore: – il Padre amorosissimo e santissimo, nella Sua
grande Mitezza, interpreterà in senso buono la mia e la nostra troppo
preoccupata ansietà, e ci assisterà nel Suo Amore e non nella Sua Sapienza, al
paragone della quale non siamo assolutamente nulla. Ed Egli ci considererà come
dei figli che dormono, i quali sognano di essere svegli; oppure, restando ad
occhi chiusi, credono che, non vedendo niente, neppure quelli che sono desti
devono o possono vedere niente!
7. O
Enoch, dunque, destaci pure, perché ben verrà anche per noi il tempo in cui
vedremo quello che tu vedi, mentre ora lo vediamo tutti solo tramite te!
8.
Tuttavia, in futuro verrà anche questo: – il Signore susciterà i figli a
maestri dei loro genitori e donerà ai genitori un cuore infantile. Ed un
giorno, dopo di noi, verranno ancora dei figli i quali nella loro impotenza compiranno
cose più grandi che non noi con tutta la nostra forza. E così, in ogni tempo,
avverrà secondo la Volontà del Signore!
9. E
tu, diletto Enoch, alzati e dimmi se, così come ho detto, ho parlato bene, e
ristora con ciò il cuore di noi tutti! Amen!»
10.
Allora Enoch, sorridendo amorevolmente a tutti i
padri, così rispose: «O padri diletti, perdonatemi se talvolta il mio
linguaggio suona in apparenza alquanto aspro, perché non sono io, il vostro
figlio Enoch, a usare la mia lingua per pronunciare parole che dovrebbero
essere a voi comprensibili, bensì è il Signore che la muove, secondo il Suo
piacimento. Perciò, anche nessun carico può essere fatto allo strumento, quando
il Signore l’adopera conformemente al Suo intendimento! E quando ragiono di
cose il cui senso giace nascosto come il germe nella semente, allora il
procedimento stesso insegna, e qui ancora di più l’ordine naturale, che neppure
il germe si sviluppa, fuori dal granello di semente, d’improvviso a frutto
pienamente maturo quando da poco viene affidato alla terra, bensì il granello
deve dapprima marcire ed essere annientato, e soltanto dopo la vita viene resa
libera e si accresce gradatamente, affrontando più d’una bufera e sotto
l’influsso del Sole e della pioggia, fino a diventare molteplice frutto ricco
di benedizione.
11.
Vedete, così precisamente avviene di ciascuna Parola del Signore! Essa non sarà
fruttifera appena è stata data, bensì quando viene deposta nel terreno dei
nostri cuori; essa vi viene deposta ben custodita entro un duro guscio; ma,
quando poi, per effetto del nostro amore, questo duro involucro si scioglie e
viene consunto nel cuore, allora, vedete, il germe vivente, ovvero
l’intelligenza vivente e fattiva, irrompe alla luce del Sole dello spirito e,
esposta poi a svariate prove tempestose, nonché alle piogge d’amore dall’Alto e
alla luce di Grazia del santissimo ed amorosissimo Padre, prospererà e maturerà
a frutto inestimabile di ogni vita e d’ogni amore nella Sapienza di Dio, nostro
Padre!
12. O
padri, vedete, questa è la Volontà del Signore, ed è così che dobbiamo
afferrare ciascuna delle Sue parole! E soltanto a questo modo forniremo chiara
prova dinanzi al Signore che noi siamo veramente Suoi figli, i quali
comprendono la Parola del Padre e bene riconoscono sempre la Sua voce. Amen!».
[indice]
La
comprensione del discorso di Enoch da parte dei patriarchi
1.
Vedi, queste erano parole davvero giuste ed opportune, e tuttavia non
riuscirono del tutto chiare ai padri, per la qual cosa anche Adamo chiese a tutti i figli che gli stavano intorno:
2.
«Figli miei, avete tutti ben compreso quanto ha ora detto Enoch con il suo
discorso?»
3.
Tuttavia, Set rispose: «O padre, se soltanto ora la semente è stata deposta,
come potrebbe avvenire che noi comprendiamo interamente tali cose? Noi abbiamo
bensì ricevuto il guscio con dentro il germe, così come la pietra con dentro la
vita, però la decomposizione della materia non è ancora avvenuta affinché ne
sia scaturita la vita. Ma confido fermamente che il tempo del Signore farà
sicuramente la sua parte e convertirà i nostri cuori in un nuovo Paradiso!
Amen!»
4. E
Adamo domandò pure ad Enoch per comprendere
maggiormente. Ma questi rispose: «O padre, una volta vidi un mucchio di pietre
informi, tozze e pesanti, e il loro colore era uniforme. Però ben presto
cominciò a scendere dal cielo una pioggia fecondatrice, e questa pioggia cadde
pure sul cumulo di pietre; ma queste pietre, essendo state prima potentemente
riscaldate dal Sole, assorbirono avidamente ciascuna goccia e si diedero ad
emanare vapori, apparendo quasi deliziate da tanta frescura; tante erano anzi
le emanazioni, che non potei più scorgere le pietre, avvolte come erano entro
lo spesso velo dei vapori. Però, in seguito, assieme alla pioggia cominciò a
levarsi un leggero vento, che ben presto liberò le pietre dalla cortina di
vapori e le potei nuovamente vedere. Ma come le trovai cambiate!
5. Il
colore uniforme si era convertito in mille colori e l’acqua, penetrata nelle
pietre, le aveva rese del tutto trasparenti e, anzi, alcune le trovai disfatte
in una poltiglia bianca, cosicché, di conseguenza, potei, quasi fin troppo
chiaramente, osservare la loro multiforme struttura.
6. E
così anche credo adesso di vedere, dinanzi a me e in me, un tale cumulo di
pietre, le quali appaiono possentemente riscaldate dai raggi della Grazia
dall’Alto e non vi è finora che pochissimo divario fra di loro; però ormai
credo anch’io fermamente che quando verrà la pioggia, accompagnata da tempeste,
accadrà senz’altro alle mie pietre come a quelle che ho visto, dove le
trasparenti saranno simili alle comprensioni perfette e quelle disfatte in una
poltiglia saranno simili alla decomposizione, in seguito alla quale germoglierà
una nuova vita dalla terra del mio cuore, nella stessa maniera come, nell’altro
caso, dalla bianca poltiglia era sorta un’erba fresca e lussureggiante. Amen!»
7. E
subito anche a Kenan fu indirizzata una simile
domanda, e la sua risposta fu questa: «O padri, non molto tempo fa, in una
giornata torrida ed affannosa, scorsi che delle regioni lontane andavano man
mano scomparendo alla mia vista e a nulla giovava neanche il massimo sforzo
degli occhi; in breve esse svanirono del tutto e la luce del Sole non era
capace di impedire che un tale disastro andasse sempre più avvicinandosi. E
così da questa cosa assurda furono inghiottite gradatamente anche le alte e
ripide vette dei nostri monti vicini. Io fui colto allora dall’angoscia per la
Terra e così mi rifugiai nella mia capanna.
8. In
quella notte scoppiò una tempesta. Lampi e tuoni facevano a gara nel
manifestare la loro potenza. Un turbine cacciava l’altro; le bufere passavano
oltre, infuriando sopra la mia capanna e dal cielo precipitò una pioggia
torrenziale, i cui flutti ardenti fendevano le cime dei monti; e poi, con un
fragore di tuono ed un sibilare schiumoso, scendevano violenti per fosse
profonde e per valli, fino a raggiungere il mare.
9. O
padri, tutti i miei famigliari languivano, immersi in una angoscia talmente
grande da lasciarli storditi, e avevano paura di Dio!
10.
Io pregavo. La bufera passò. Verso il mattino tutto era ritornato tranquillo;
allora, qualche tempo prima dell’alba, abbandonai la mia capanna e guardai
lontano, stupito e grato. Oh, era il mattino più sereno che avessi mai visto e
il mio occhio scopriva cose ad una distanza da me mai immaginata prima, e vidi
queste cose come se fossero entrate in una vita serena!
11. E
così, io credo anche fermamente che dopo questa notte tempestosa del mio cuore
sorgerà similmente un mattino tranquillo e quanto mai sereno e puro nell’amore
e per l’amore a Dio, l’amorosissimo, santissimo Padre di tutti noi. Amen!»
12. E
ora una risposta era attesa da Maalaleel, riguardo al fatto, cioè, se avesse
compreso o meno il discorso di Enoch e in quale modo.
13. E
con la sua usuale parsimonia di parole, egli così si espresse: «O padri, non è
molto tempo che io mi proposi, un certo mattino, di fissare il Sole finché
avessi potuto sopportarlo, e ciò per scoprirvi qualcosa come si fa contemplando
la Luna quando è piena. Solo che, dopo brevi istanti fui punito per la mia
pazzia, poiché, non appena i miei occhi non furono più in grado di tollerare
l’immensa ed ardente potenza della luce, vedete, io distolsi il mio sguardo dal
Sole e, con mia grande angoscia, mi accorsi che i miei occhi non erano capaci
di vedere niente; anzi, io mi trovai come perduto in me stesso, tanto che non
potei più vedere né il terreno, né me stesso, ma soltanto percepirli con il
tatto.
14. E
in tale stato rimasi per tutta la giornata e, venuta la sera, a mala pena potei
osservare come la notte andava ricoprendo la Terra.
15. I
miei figli mi accompagnarono nella mia capanna, e là pregai il buon Padre santo
che volesse, in grazia, ridonare la luce ai miei occhi, luce che avevo perduto
a causa della mia grande stoltezza. Dopo di che mi addormentai e la notte
sparse generosamente la rugiada sulle mie palpebre e sui miei occhi infiammati
spirarono fresche brezze e calmarono il bruciore del Sole nella mia vista. Così
trascorse la notte e siano rese grazie ed onore al buon Padre santo! Per me
nuovamente sorse un mattino tranquillo, sereno, fresco e puro. La mia vista si
trovò rinvigorita, ma non più per una nuova stoltezza, bensì per contemplare le
distese della Terra cosparse di fiori e per porre attenzione su come la vita va
svincolandosi liberamente dal dissolvimento in forme innumerevoli e nelle
figure più allegre.
16. E
così io pure credo fermamente che, anche se il mio occhio spirituale è per il
momento abbagliato dall’eccessiva luce di grazia proveniente dalle sante
altitudini di Dio, tuttavia il riposo nella pace notturna del cuore e il
refrigerio della rugiada d’amore, con l’aiuto di una brezza rinvigorente
d’amore dalle altitudini del Padre buono e santo, nel grande mattino dello
spirito faranno pure sorgere tra breve, sulle distese del mio cuore, una vita
meravigliosa fuori dalla dissoluzione dei miei duri pensieri e sentimenti.
Amen!»
17. E
infine fu il turno di Jared, e questi rispose
nel modo seguente: «O padri! Che cosa devo rispondere? Enoch è bensì proceduto
immediatamente da me, così come il Sole sembra sorgere da dietro i monti fuori
dalla Terra, ma, in breve tempo, esso si trova ad un’altezza immensa, sopra la
distesa della Terra e inonda di raggi lo spazio infinito e tutta la Terra
s’immerge poi abbagliata nei potentissimi raggi della sua luce e ogni vita si
desta a lieta operosità e ai prodigiosi e innumerevoli sviluppi fuori dalla
dissoluzione della notte!
18. E
così anch’io credo tenacemente e con fermezza che Enoch sia stato innalzato
come un Sole ad altezze incommensurabili al di sopra di me. E ora tutto il mio
essere sarà abbagliato dalla sua grande luce. Ma questa luce santa basterà che
operi come la luce del Sole e la mia notte tornerà per me a benedizione, perché,
se la luce origina vita e provoca lo spuntare del germoglio vivente, fuori
dalla dissoluzione, e lo plasma e lo guida poi in modo meraviglioso, allora
certamente anch’io, non meno di una pianta, verrò considerato dal Signore nella
silenziosa pace della mia umiltà. O padri, di questo io sono certissimo! Doni
il Signore a ciascuno, secondo il Suo piacimento! Amen!»
[indice]
Il discorso
di Asmahaele riguardo alla Parola divina
1. «E
ora», così proseguì Adamo, «poiché tutti, ad
eccezione di Enoch, mi hanno dato risposta, ed è naturale che sia così, dato
che Enoch è del tutto, e già da lungo tempo, la stessa risposta vivente –
sentiamo, infine, come Asmahaele abbia compreso tutto ciò e la sua risposta
sarà l’ultima ed inoppugnabile prova del suo desiderio di essere accolto nel
modo più degno nel nostro seno paterno, conformemente alla Volontà di Jehova.
2.
Dunque, esponi tu pure, o Asmahaele, il tuo migliore intendimento. Dicci come
hai compreso le parole del maestro che ti fu destinato; parla dunque come tu
puoi! Amen!»
3. E
vedi, allora immediatamente Asmahaele cominciò
il seguente discorso, quanto mai notevole, e si espresse fedelmente così come
Io lo ispiravo, e disse:
4. «O
dilettissimi padri dei padri della Terra, troppo gravoso fu per voi, figli
dell’altissimo e santissimo Padre, intendere la meravigliosa parola di Enoch e
comprenderla pienamente dalle più intime profondità della radice di vita! O
padri dei padri della Terra, ora è a me che tale compito si vorrebbe affidare,
a me che come un miserissimo verme me ne vado strisciando nella polvere. Ora
proprio io sono chiamato a fornire spiegazioni fino a dove mi sia possibile
legare l’infinito al finito, la morte alla vita, la notte alla luce, la Terra
con il Sole, e ciò che è temporaneo con quello che è eterno e, infine, le
creature con Dio!
5. O
voi padri dei padri della Terra, se un tale potere fosse dato a me, oh, allora
la Terra non sarebbe davvero più scarsamente illuminata di giorno da un unico
Sole. Oh, udite: – da ciascuna parola, da un semplice suono della lingua
sorgerebbero ad eserciti i soli, che, giocondi, si vedrebbero circolare
tutt’intorno alla Terra!
6. O
padri dei padri della Terra, io penso che la potenza di tali parole e la vostra
comprensione finale si situano ad altezze troppo alte ed infinite perché io,
misero schiavo da poco strappato alla morte e alla notte, possa già rivelare il
maggiore fra i prodigi: – il prodigio dei prodigi nella Parola!
7.
Spesso ho visto compiere azioni molto sagge da parte degli animali; erano cose
che suscitavano tanto stupore che l’uomo, pur dedicandovi diligenti fatiche non
sarebbe mai riuscito ad imitare; ma parole per dare un nome a quello che hanno
prodotto. Oh, sentite, questo prodigio di tutti i prodigi il mio orecchio in
ascolto non l’ha mai percepito dalla bocca del più saggio animale!
8.
Allora io pensai: “Anche la più saggia delle azioni non potrà mai annunciare
alla vita (all’uomo) la Vita della Vita (di Dio)!”. Infatti io
vidi spesso dei ragni morire nel mezzo della più ardita ragnatela; sì, perfino
nei più grandi palazzi delle potenti città della pianura, già spesso la morte
celebrò una terribile festa del raccolto!
9.
Sì, perfino gli uomini verso gli uomini mostravano, senza le parole, a mala
pena più vita di quanto sia capace di dimostrarne una pietra alla pietra!
10.
Ma le parole, ascoltate, le parole che hanno radice nella Vita ci mostrano la
Vita a loro volta! E in quale cosa, in origine, la Vita avrebbe potuto
trovarsi, se non solo nella Parola?
11.
Nella Parola è la Vita, la Parola è la Vita e Dio è la Parola e la Vita. Solo
nella Parola si trova la Vita, ed è la Parola che, generando se stessa
eternamente in Dio e trovandosi eternamente in Dio come Vita della Vita, deve
anche aver parlato molto possentemente e così aver tutto formato e tutto creato
infinitamente da sé!
12. O
padri dei padri della Terra: – ma se ora per bocca di Enoch mi è dato di
apprendere il possente operare della Parola e sento che per mezzo suo, tutto si
trasforma in me e si rinnova, oh, allora non chiedo della Vita! In verità, io
l’ho già fedelmente trovata nella Parola, e a chi tale prova della Vita non
basta, allora, o padri, io penso che difficilmente ne troverà un’altra! Amen!»
[indice]
Discorso di
Enoch sull’essenza della Parola
15 febbraio
1841
1. Ma
quando Adamo e gli altri padri ebbero udito tali parole dalla bocca di
Asmahaele, vedi, tutti, eccetto Enoch, furono colti da grandissima meraviglia, ed
essi non sapevano affatto in quale senso avrebbero dovuto essere comprese.
2. E
come Enoch si fu subito accorto di tanto
imbarazzo dei padri, fu mosso a pietà e, senza esserne richiesto, cominciò a
rivolgere loro le seguenti parole, colme di luce, cosicché essi ne furono
oltremodo lieti:
3.
«Perdonatemi, o cari padri, se ora, non richiesto, riprendo a parlare
liberamente. Però ora devo farlo, perché vedo che a voi tutti necessita una
luce maggiore dall’Alto. Ascoltate, dunque: ciò che adesso la mia lingua vi
annuncerà, sarà una parola di vita, una parola dall’Alto, e anche una parola
dalla Profondità. Dall’Alto colma di luce, e dalla Profondità colma di vita,
poiché nell’Alto, Dio è la Luce di ogni luce, e nella Sua Profondità Egli è la
Vita di ogni vita.
4.
Vedete, questo ragionamento è da comprendersi così: – se noi gettiamo uno
sguardo verso l’alto e poi lo rivolgiamo giù, verso la Terra, e ciò nella forma
e nel modo del tutto più naturale, noi vedremo che nell’alto tutto è pieno di
luce, mentre nella Terra e su di essa tutto è traboccante della più multiforme
attività. Quaggiù, nei solchi della terra, giacciono sepolti innumerevoli
sementi che celano in loro la vita, ed altrettanto innumerevoli sementi del
mondo animale nei tiepidi nidi, come pure nelle viscere degli animali medesimi,
e sono in attesa del calore e del raggiungimento della luce.
5.
Ma, in verità, prima che tutti i solchi della terra, tutti i nidi e tutte le
viscere animali siano interamente compenetrati dal calore, nessuna vita potrà
sorgere nel proprio germe, sorgendo fuori da tutti questi carceri, né potrà
liberamente innalzarsi negli spazi della libertà, dove tutto è inondato di
luce!
6.
Non vediamo forse che l’estate e l’inverno sono elargitori alla Terra di una
medesima luce, eppure, non è lo stesso calore che scalda i solchi della Terra?
Ma se la luce fosse la portatrice del calore, vedete, sotto gli stessi raggi
del Sole dovrebbe fare sempre ugualmente caldo, però che così non sia ce lo
insegna il freddo inverno, spesso quanto mai rigido.
7.
Naturalmente, però, si domanda ora: ‘Che
cos’è e dov’è allora il calore, dato che questo non è connesso con la luce e
che, per conseguenza, la luce non è la portatrice del calore?’
8.
Vedete, il calore è la stessa vita nascosta ed assopita nella Profondità e non
può, di per sé, rendersi libera, ma, quando la luce viene a risplendere per un
tempo sufficiente sopra la profondità della Terra, vedete, essa desta il calore
dal suo sonno. Questo, poi, lacera il suo contenitore gelato e ne esce liberamente
ed attivamente; si congiunge poi con la luce e forma un essere che estende
ancora le proprie radici nel grembo primordiale della vita e là va cercando il
suo nutrimento, mentre innalza liberamente sopra il terreno la parte che è
affine alla luce. Ciò avviene per mantenere continuamente desta la propria
vita, ormai distolta dal sonno, e quello che costituisce il principio
ridestante nelle piante, tale rimane pure trattandosi di animali dell’una come
dell’altra specie. E tutto viene attratto dalla luce e spinto dal calore.
9.
Però tutto ciò non è che un fenomeno naturale e l’attività che si esplica in
varie forme è da considerarsi vivente soltanto per l’essere che è il portatore
di una vita superiore.
10.
Ma quando vediamo che esseri di pari specie si attraggono e si trovano, mentre
altri esseri di specie disuguale si respingono e si fuggono, dobbiamo dedurre
da ciò che in essi non esiste una sola qualità di calore e di luce che li
spinge e li attrae, bensì in questo caso c’è una luce depredata ed un calore rubato,
mediante i quali vengono spinte ed attratte tutte le male erbe, nonché tutti
gli insetti schifosi; tuttavia una vita superiore e libera è atta ad accorgersi
di tutto ciò!
11. E
ora si domanda: “Come mai una vita
superiore e libera è capace di tanto e perché?”. O padri, qui appunto sta
il nodo principale che conviene sciogliere!
12.
Ascoltate, dunque: – come la forma di tutte le cose, nella loro immensa
varietà, è un’espressione del calore naturale in congiunzione con la luce e si
differenzia soltanto a seconda della capacità di accoglimento di più o meno
luce o di maggiore o minore calore, così anche il linguaggio umano è una forma
plasmata dal calore spirituale, che è l’Amore divino nel cuore, e della luce
spirituale costituita dalla grazia divina dell’uomo.
13.
Ora, come potremo proferire parole intelligibili, se queste non ci venissero
date quali forme eterne dello spirito? Ma, considerato che possiamo denominare
tutte le cose, dite, chi ci ha insegnato tutto ciò?
14.
Dio solo ha potuto farlo, essendo soltanto Lui l’eterno compendio di tutte le
forme, perché Egli è la Vita e la Luce, o l’Amore e la Sapienza stessi e, quale
eterno, inscindibile legame di ambedue, Egli è la Forma originaria di tutte le
forme o l’Essere originario di tutti gli esseri, ovvero dunque l’eterna Parola
stessa!
15.
Se dunque qualcuno ha trovato esteriormente la Parola e l’ha compresa e
accolta, egli allora non ha trovato un oggetto, bensì una vita spirituale nella
sua piena consistenza, perché ciascuna parola è una forma risultante dal calore
e dalla luce spirituali. Perché ci meravigliamo allora per le parole del nostro
Asmahaele?
16.
Oppure, non assomigliamo, in problemi del genere, ai pesci che, standosene
nell’acqua, non la vedono, così come noi, che siamo immersi nell’aria, non la
vediamo; o non è proprio così che noi, trovandoci nella pienezza della vita da
Dio, ci meravigliamo e restiamo colpiti, apprendendo la vera sensazione di
Asmahaele?
17.
Però, o padri, tutto ha la sua ragione! Vedete, nella parola stessa abbiamo sì
la vita indistruttibile, ma questa vita è ancora simile a quella racchiusa nel
granello di semente! Se rivolgiamo il nostro cuore al mondo, allora in noi
subentra l’inverno; e la luce di grazia, avendo troppo breve durata, non è
capace di liberare in noi il calore spirituale. Ma se noi invece rivolgiamo
continuamente il nostro cuore verso le altezze di Dio, allora la luce di
grazia, che in questo caso dura a lungo, anzi è perpetua, libererà ben presto
dai lacci il calore della vita spirituale in noi, e noi stessi poi, quali forme
viventi, ovvero quali parole viventi ci innalzeremo, ridestati per l’eternità,
nella Luce del Signore.
18.
Ma chi non agisce in questo modo, egli è un predone e un ladro, e diverrà
zizzania e ripugnante insetto, ed apparirà quale una deformazione orrenda della
vita, come la si può constatare in coloro che dimorano nella pianura.
19.
Chi dunque ha la parola, egli ha anche, in eterno, la vita; però, a seconda di
come è la parola, così sarà pure la sua vita!
20.
Così va inteso quello che Asmahaele ha voluto dire. Amen!»
[indice]
Sguardo
retrospettivo di Adamo alla propria vita
1.
Dopo tale grande sprazzo di luce da parte di Enoch, tutti si alzarono e Mi
ringraziarono in silenzio per questo dono nel loro cuore. E Adamo richiese poi un leggero ristoro per il suo
corpo, ristoro che gli fu immediatamente portato. E come egli si fu ristorato
con un po’ di miele, latte e pane, Mi ringraziò per questo dono, e poi,
rivoltosi ai suoi figli, parlò così:
2. «Figli!
In questo luogo, un giorno, persi tutto per colpa mia; ma, in verità, il
Signore, il nostro amorosissimo e santissimo Padre, colmo di Grazia, ha
concesso che io ora ritrovassi qui mille volte più di quanto ebbi a perdere
allora!
3. O
paradiso, o incantevole giardino, o luogo di splendore dove io, ancora nella
Mano di Dio, brillavo come un Sole nascente e, nella pienezza assoluta della
vita, ero più possente dell’impulso di tutti i mondi, poiché ero il tuo
baldanzoso abitante, mentre tu non eri che il mio debole portatore!
4. Io
un giorno caddi e tu, deliziosa illusione dei miei occhi, non fosti capace di
aiutarmi a rialzare! La caduta del possente ti aveva schiacciato, e il tuo
terreno di piume fu compresso come una fresca lanugine che il vento strappa
dall’albero e fa poi cadere a terra, perché venga calpestata dai nostri piedi.
5. A
causa della mia forzata fuga tu sei bensì cresciuto, senza aggravi, fino alla
vana altezza della tua fragilità e davvero non ti opprime più il piede di
nessun potente; però in te non c’è neppure più molta ragione di gloria, se si
eccettua il vano ricordo che tu un giorno fosti il mio debole portatore.
6.
Sennonché il Signore, nella Sua Misericordia, vide che per il pesante, che era
soggetto alle cadute, il tuo terreno era troppo inconsistente; per questa
ragione Egli pose delle pietre sotto ai miei piedi, affinché la loro solidità
mi preservasse da una futura caduta.
7.
Oh, che buon terreno è questo sul quale posano adesso i miei piedi! È un
terreno che mi ha preservato da una nuova caduta ormai da quasi novecento anni,
cosa questa che non fosti capace di fare nemmeno per trent’anni! Questo buon
terreno fece in modo o fu la causa umiliante per cui io sono diventato
portatore di te più valido di quanto tu, un giorno, lo sia stato per me. Perché
ormai ti ho sollevato, in me stesso, ed ho fatto questo con magnificenza
infinite volte maggiore tramite l’immensa Grazia provenutami dall’Alto. E sono
sicuro del fatto che tu in me non cadrai mai più in eterno. E se fosse anche
possibile che tu cadessi in me, tu non mi piegherai né mi opprimerai, bensì,
con la Grazia proveniente dall’Alto, sarò bene in grado di risollevarti
affinché tu possa restare un abitante costante di colui i cui capelli stanno al
Signore più a cuore che non tutta la Terra, la quale fu, altre volte, la tua
vacillante portatrice!
8. O
figli, io venni qui rattristato, perché rimpiangevo la mia perdita come già
prima io l’ho rimpianta mille volte, ma questa volta il mio sospiro è stato
l’ultimo ed ultima la lacrima che qui ha inumidito la tua nuda parete. D’ora
innanzi non ti calcherò più, o antico e vuoto guscio d’una vita consunta, bensì
il mio piede camminerà giubilante sul proprio terreno dov’è prosperato e
avviato a maturazione il frutto della vita eterna!
9. O
figli, mi sento oltremodo lieto e contento, e a te, o mio Enoch, vada perciò la
mia benedizione, in eterno!
10.
Figli, se qualcuno ha ancora qualche dubbio, attenda ad esporlo quando saremo,
nel pomeriggio, di ritorno alla mia capanna. E ora fate radunare i figli,
affinché li benedica e li avverta che si trovino domani, prima del levar del
Sole, come al solito, al luogo consacrato per il sacrificio. Amen!»
11. E
vedi, quando così Adamo fu al termine delle parole di lode, di grazia, di
glorificazione, come anche di disdegno, di congedo e di impartizione di ordini,
i suoi figli eseguirono il tutto secondo la sua volontà. Allora tutti i figli
si affrettarono a loro volta giubilanti, poi furono benedetti da Adamo e fu
loro fatto solennemente l’invito di radunarsi il Sabato a tempo opportuno. Dopo
di che i figli, tra le lodi al Mio Nome, furono di nuovo congedati in pace.
12.
Ma poi, Adamo disse: «Ebbene, o figli miei,
andiamocene ora verso Mezzogiorno, per fare là quanto abbiamo fatto qui!
13.
Il Signore sia con te, o Enoch, e con noi tutti e con Asmahaele e con tutti i
nostri figli che dimorano qui e altrove!
14.
Il Signore ci guidi e predisponga i cuori di tutti i figli alla nostra
benedicente venuta e alla Sua grande Misericordia e Grazia, affinché possano domani
comparire con cuore ben preparato e comprensivo, per la glorificazione del Suo
Nome e per vivificare la loro anima e ridestare il loro spirito ancora
dormiente!
15. E
ora mettiamoci lietamente in cammino in direzione del Mezzogiorno! Enoch ed
Asmahaele siano le mie guide e gli altri mi seguano, secondo l’ordine di prima.
Tuttavia, considerato che il Sole ha già fortemente acuito i suoi raggi,
avviamoci attraverso il bosco per qualche sentiero ombroso, affinché le nostre
membra non si infiacchiscano prima del tempo destinato al riposo, dopo il
dovere fedelmente compiuto. Cammin facendo, però, conviene che ciascuno si
mantenga nel silenzio e che badi bene a dove posa il piede, affinché non ne
abbia danno nel suo incedere diritto.
16. O
Signore, o Tu, Padre eccellente e santissimo, non distogliere il Tuo occhio
benigno da tutti noi! Amen!»
[indice]
Asmahaele e
la tigre
1. E
così i padri si incamminarono tranquillamente per un sentiero ombroso, fra
cedri e palme, dirigendosi verso Mezzogiorno e durante questo percorso che durò
circa un’ora si mantennero tutti di lietissimo umore e Mi lodarono e
glorificarono nei loro cuori, poiché essi, allora, avevano in grande abbondanza
di che ammirare, poiché la natura si manifestava in modo completamente
trasparente dinanzi ai loro occhi, rinvigoriti dalla Mia Parola.
2. (nota bene: -
Nella maniera già resavi un po’ percettibile nell’ambito delle Testimonianze
dalla natura)
3. E mentre
essi avevano già percorso metà del cammino, vedi, improvvisamente Asmahaele
arretrò, tremando in tutto il corpo e non si azzardò a muovere più un passo.
4. Ma
Enoch subito gli chiese: «O Asmahaele, cos’hai
che le tue giovani membra ti rifiutano il servizio? Fatti animo e dicci se tu
scorgi un qualche pericolo, oppure se un qualche altro male ti ha colpito,
poiché appunto proprio ora stiamo procedendo per le vie del Signore e il
Signore è con noi come noi siamo con Lui! Facci dunque conoscere sinceramente
cos’è che ti riempie d’angoscia e che ti è d’impedimento. Amen!»
5.
Allora Asmahaele si riebbe alquanto e in tono
sempre angustiato disse: «O padri dei padri della Terra e tu, pure, mio saggio
e amorevole Enoch! Guardate un po’ oltre e vedrete una tigre possente e
furiosa! Già aguzza i denti bramosa e distende gli artigli mortali; è già
pronta al gran balzo per prendermi e sbranarmi, per bere il mio sangue e
divorare la mia carne! Poiché il guardiano della sacre alture non si può mai
ammansire nella sua collera spaventosa, perché la vigile, crudele fedeltà
all’ira in quest’animale è tale che la terra vorrebbe augurarsi che non
esistesse qualcosa di simile!
6. O
padri dei padri della Terra, affinché pure voi non andiate incontro con me alla
rovina, ritiratevi e lasciate che la tigre potente mi afferri, quale vittima
per la vostra salvezza, affinché la vostra santa vita in Dio rimanga
preservata! Oh, salvatevi, salvatevi, o degnissimi padri possenti!»
7. E
vedi, allora i padri guardarono un po’ oltre e videro ciò che incuteva tanti
timori ad Asmahaele.
8. Ma
Adamo disse ad Enoch: «Ascolta, caro Enoch! Va’
e conduci qui il fiero guardiano, affinché il timoroso Asmahaele familiarizzi
con la potenza di Dio nell’uomo, per la quale l’uomo è stato posto a signore
sulla Natura e ogni creatura è chiamata ad obbedirgli! Amen!»
9. Ed
Enoch si diresse subito presso la tigre, ma questa però, all’istante, si
accovacciò a terra dinanzi ad Enoch e si diede a tremare in tutti i suoi
muscoli e in tutte le sue fibre.
10.
Ma Enoch, con voce fortissima, così parlò alla
tigre: «Alzati, o feroce animale dai muscoli poderosi! Recati da Asmahaele e
piega la tua schiena robusta davanti al tuo signore, affinché tu l’abbia a
portare con ogni circospezione al mio fianco e a quello di Adamo e precisamente
in direzione del Mezzogiorno, quindi fermati – poi in direzione della Sera, e
fermati – poi in direzione della Mezzanotte, quindi fermati e poi sosta
finalmente alla dimora di Adamo, e poi il riposo completo, la tua ricompensa e
il tuo finale destino! Amen!»
11. E
vedi, immediatamente la poderosa tigre si sollevò in tutta la sua colossale
corporatura e procedette umilmente al fianco di Enoch fin da Asmahaele e fece
come le era stato comandato.
12. (nota bene: Questa specie di
tigre gigante si trova ancora solamente in qualche foresta vergine sulle
montagne all’interno dell’Africa, come pure in quelle dell’Asia, però molto
raramente).
13.
Ma quando Asmahaele vide il fatto, ammutolì completamente per la meraviglia e
non poté proferir parola, né poté quasi reggersi in piedi, poiché, allora, gli
risultò rivelato dinanzi ai suoi occhi quello che una volta sua madre gli aveva
raccontato di una certa visione avuta in sogno. Poiché sua madre era stata, pur
nella propria condizione, una donna pia, ed aveva dovuto pagare
ignominiosamente la sua onestà con la morte, assieme al marito, essendosi
rifiutata di adorare Lamec quale supremo Dio, dopo che le era stata concessa
l’alta grazia di doversi prestare alle pratiche più libidinose, innaturali e
sfrenate da parte del minimo fra gli armigeri di Lamec, e questo per un’intera
notte.
14. E
dopo che suo marito si era rifiutato, con indignazione, di rendere tale genere
di grazie, così anche a lui, ancora vivente nel corpo, erano stati strappati
con degli uncini di ferro gli intestini fuori dal ventre.
15.
Da dove però Lamec fosse così presto venuto in possesso di simili strumenti, di
questo si dirà a suo tempo.
16. E
vedi, quando ben presto Asmahaele si fu rincuorato, egli esclamò con calore: «O
possenti padri dei padri della Terra, la vostra forza corporale e la vostra
grandezza non potrebbero ammansire una tale fiera gigante, certo no, ma
soltanto un Dio potentissimo lo può fare, per mezzo dei vostri cuori
consacrati! Grazie siano rese a Lui solo, e anche ogni lode, ogni gloria e
onore. Sì, santo onore vada al potente santissimo Padre di tanto maestosi e
possenti figli! Amen!»
17.
Ed egli fu lodato, da parte di Adamo, per il suo giusto riconoscimento
dell’amore a Dio, e anche perché egli aveva tributato ogni onore a Me soltanto.
18.
Poi Enoch mise Asmahaele sulla schiena dell’animale, e questi portò con ogni
cura e circospezione il suo signore, procedendo a lato di Enoch.
19. E
così la comitiva continuò il suo cammino lungo il sentiero profumato ed
ombroso, e nessun impedimento sorse più ad ostacolare la via. E uccellini
tutt’intorno cantavano vispi, cullandosi sui rami e il gorgheggio era una lieve
ed armoniosa canzone profetica all’uomo, era la canzone dell’Uomo degli uomini che i vispi uccellini
cantavano a Lui.
[indice]
La visita
dei padri ai figli del Mezzogiorno
1. E
così essi, per nulla stanchi, arrivarono alle dimore dei figli del Mezzogiorno,
i quali, appena si furono accorti dell’avvicinarsi della comitiva, sospesero
ogni lavoro e si affrettarono ad accogliere i patriarchi per salutarli nel modo
più degno.
2.
Invece, quando quei numerosi figli ebbero scorto la tigre che portava
Asmahaele, furono presi da grande timore, perché essi conoscevano la crudele
tenacia di questo animale, avendone fatta esperienza in una determinata
occasione, quando cioè alcuni dei giovani fra loro si erano riuniti in comitiva
per intraprendere un viaggio ad Hanoch, città di cui essi avevano udito
parlare.
3.
Quella volta all’animale non era stato concesso di fare loro alcun male, però
aveva avuto il potere di intimorirli notevolmente e di farli retrocedere con il
suo aspetto feroce e con il suo poderoso e furente agitarsi, e così essi furono
distolti dalla loro pazzia; tuttavia l’animale poté dimostrare a loro la forza
dei propri muscoli, assalendo con violenza un toro selvatico che si era
slanciato allora fuori dal folto del bosco e divorandolo, dinanzi ai loro occhi
esterrefatti, fino alle ossa.
4.
Questo spettacolo aveva avuto per effetto di indurre i pochi giovani
avventurosi ad un pronto ritorno, e questo fatto tolse loro, anche per il
futuro, ogni voglia di compiere quel viaggio; tanto più, poi, che in quella
occasione il condottiero della piccola schiera si era buscato perfino un
violento colpo di coda da parte della tigre.
5. In
seguito ad una simile lezione, questi figli avevano perciò anche un particolare
rispetto per quell’animale, e si meravigliarono non poco vedendo Asmahaele
sedere sulla schiena senza alcun timore, facendosi portare da esso con tutta
comodità.
6. Ma
Adamo, che si era subito accorto del timore da
cui essi erano stati colti, disse ad Enoch: «Vedi, i figli hanno paura dinanzi
al poderoso portatore di Asmahaele; va’ quindi innanzi e infondi loro forza nel
Nome del Signore, affinché si liberino dal timore e possano accostarsi a noi
per ricevere la mia benedizione! Amen!»
7. E
subito Enoch si avvicinò ai figli timorosi e
rivolse loro queste parole:
«Udite,
o voi tutti, figli di Adamo e figli colmi di sapienza! Perché arretrate,
spaventati, alla vista di un animale bensì poderoso, ma pur sempre del tutto
obbediente?
8.
Com’è che voi, pur avendo ricevuto la sapienza di Set, provate paura dinanzi a
ciò che è chiamato ad obbedirvi?
9.
Può essere che siate usciti voi stessi, una qualche volta, fuori dall’ambito
dell’obbedienza, la quale è il fondamento assoluto di ogni sapienza, e siate
stati ben presto indotti a rientrarvi, per il potere dell’obbedienza rigida di
tali animali; altrimenti sarebbe quanto mai difficile immaginare da dove possa
avere origine il vostro timore!»
10. E
i figli allora risposero: «Ascolta, o Enoch,
grande figlio di Jared, è così come hai detto: – cinque giovani, contro il
nostro volere, in segreto, si provarono a disubbidire alla nostra volontà,
perché i loro occhi avevano gettato uno sguardo bramoso verso Hanoch, ma i loro
piedi furono ben presto risospinti, da un animale simile, entro i limiti delle
fondamenta della sapienza.
11. Ma
poiché essi ci ebbero raccontato dell’esperienza fatta con un simile animale e
della sua immensa forza e crudeltà, ora ne abbiamo gran timore!»
12.
Ed Enoch replicò loro: «O, come se non sapessi cosa
è stato da lungo tempo ad angustiarvi i cuori! Bene per voi dall’Alto che si
sia trattato soltanto dei vostri figli nei quali tentava di mettere radice una
maligna semente deposta da voi, altrimenti questa tigre sarebbe diventata per
voi un malvagio traditore e Colui che l’animale porta sulla schiena avrebbe
convertito in grande stoltezza tutta la vostra sapienza!
13.
Ma ora, bandendo da voi ogni paura, recatevi dal primo padre Adamo, affinché
egli vi dia quello di cui ora voi innanzitutto avete bisogno; fatevi dunque
coraggio nel Nome del Signore e seguitemi senza alcun timore! Amen!»
14. E
subito una schiera dopo l’altra avanzò fino ad Adamo, dove tutti si prostrarono
sulle loro facce e Adamo li benedisse.
15. E
dopo che tutti ebbero ricevuto la benedizione, Enos fu incaricato di annunciare
loro che si alzassero.
16.
Quando tutto ciò, secondo l’antica usanza, fu compiuto, essi portarono subito
frutta, pane, latte e miele che presentarono ad Adamo e ai suoi principali
figli. E questi assaporarono tutti quei cibi, innalzando lodi a Me per tali
doni concessi ai figli e dissero quindi a loro di ritirarsi di trenta passi,
affinché Enoch potesse nuovamente proferire qualche parola dalla profondità
della vita in Dio riguardo a quella regione del Mezzogiorno.
17.
Solo che, mentre questi figli del Mezzogiorno, appunto, si accingevano a
ritirarsi, la tigre cominciò a ruggire in maniera tanto terribile che il
terreno tremò sotto ai loro piedi ed essi, per lo spavento, si accasciarono
tutti a terra e con voce angosciata si diedero ad invocare soccorso.
18.
Adamo stesso si rivolse ad Enoch e gli chiese che cosa significasse quel fatto.
19.
Anche Set e gli altri padri fecero lo stesso, dato che all’infuori di Enoch e
di Asmahaele nessuno poteva comprendere tale contegno della tigre, poiché Enoch
lo sapeva per mezzo Mio e il suo discepolo per mezzo di Enoch, per la qual cosa
egli se ne stette tranquillo e senza alcun timore seduto sul dorso della tigre
che emetteva i suoi spaventosi ruggiti.
20.
Ma Enoch, allora, volgendosi con il massimo
rispetto verso Adamo, gli disse: «O padre, se tu vuoi, tocca la lingua
dell’animale ed esso ti annuncerà il perché del suo tremendo ruggire!»
21. E
Adamo osservò: «O Enoch, è poi il mio dito più
possente del tuo?»
22.
Ma Enoch rispose: «O padre, il tuo dito è da
Dio, mentre il mio è soltanto da te ed è in ciò che sta la potenza del tuo dito
per la glorificazione del Nome di Jehova!»
23.
Allora Adamo toccò la lingua dell’animale e
questo immediatamente fece udire, con voce possente, le seguenti chiarissime
parole: “O Adamo, tu, gran fine e
principio di tutta quanta la Creazione che è uscita dalla Mano di Dio! Vedi,
quelli ai quali tu ordinasti di ritirarsi hanno una obbedienza cieca, ma la
loro volontà pecca in questa cecità! Ridesta, quindi, prima la loro fedeltà nei
cuori e rendi moderata la loro volontà, e soltanto dopo vedi quali frutti ti
porterà il Mezzogiorno. Perché se tu vuoi fare inviti alla mensa dello spirito,
non devi dire ai tuoi figli di ritirarsi, poiché, quando io me ne sto a mensa,
non caccio affatto via i miei figli, eppure non sono che una tigre! Amen! Odimi
bene: Amen!”
[indice]
Discorso di
Adamo ai suoi e ai figli del Mezzogiorno
24 febbraio
1841
1. E
quando Adamo ebbe appreso tali parole, ne fu
colmo di gioia ed esclamò: «O figli! Rallegratevi tutti con me, poiché, in
verità, ho ritrovato la parte veritiera del Paradiso! Novecento anni sono già
trascorsi per me nella mia ottusità, in cui io non potevo più intendere il
regno degli animali; solo che ora ho di nuovo la percezione benefica di avere
perfettamente compreso l’acuto senso delle parole dell’animale e questo mi
rende oltremodo lieto!
2. O
Enoch, te beato ed immortale! Grande è la tua luce e grande l’amore che è in
te! Vadano in eterno lode e grazie al Signore, gloria ed esaltazione, per
averci per mezzo tuo dimostrato tanta Misericordia!
3.
Cosa saremmo noi tutti senza di questa? Null’altro che macchine mobili,
semi-intelligenti che infine sarebbero state consunte dalle loro proprie pazze
illusioni e il signore della natura sarebbe diventato un misero schiavo,
percosso da grande timore e in fuga alla vista di un ranocchio, come un agnello
alla vista di un lupo rapace, perché egli non saprebbe cosa è insito in questo
e quello; e men che meno saprebbe che la sua anima è un’anima composta per
ultima, la quale è formata in modo completo ed immortale, anzi essa è un’anima
in cui sono riunite tutte le anime delle creature! E poiché tali cose egli
assolutamente non potrebbe apprenderle di per sé, essendo per tre quarti morto,
come mai gli sarebbe possibile comprendere addirittura la sua vita interiore,
il suo amore, il suo spirito e la derivazione puramente divina di questo?
4. O
Enoch, o figli! La forte voce della tigre, meravigliosamente comprensibile,
certo vi avrà scossi profondamente, e più ancora lo saranno i figli di questa
regione del Mezzogiorno che sono stati accusati. A me, però, tale voce ha
donato somma letizia. Poiché un giorno era a me soggetta non solo questa
specie, bensì anche tutte le creature, dalla più grande alla più meschina e
dalla più forte alla più debole. Certo, alla mia parola obbedivano addirittura
tutti gli elementi e il Sole, la Luna e le stelle non rimanevano sordi alla mia
voce e muti alla mia richiesta!
5. Tuttavia,
poca importanza ha ormai il fatto che non possiedo più tale potere, né io
perciò vorrei mai dolermi o pregare il Signore che Egli volesse di nuovo
ridonarmi tutto questo. Ben più importanza invece ha l’altro fatto, ossia che
noi possiamo ben comprendere come si debba amare il Signore sopra ogni cosa.
Perché è in ciò che si cela ogni vita, così come nella potenza e nella capacità
prodigiosa di prima si celava ogni tentazione e con questa la caduta!
6. Essere
un signore vuol dire essere grande, savio e potente; ebbene, se all’uomo che
dovrebbe essere umile viene conferita la capacità di essere un signore, allora,
in verità, quello dell’umiltà viene ad essere per lui un aspro calice! Invece,
se l’uomo depone dinanzi a Dio le sue capacità di signore ed elegge invece
l’amore, e con ciò si rende una creatura minima al cospetto del Signore, oh,
allora ascoltate, ben lieve peso risulta essere l’umiltà per colui che si è
fatto piccolo!
7.
Oppure, che cosa può dare ancora di più al Signore chi, per virtù del proprio
amore e dell’umiltà, si è reso proprietà del Signore? Ma una volta che
nell’amore siamo diventati proprietà del Signore, a che ci servirebbe ancora
una signoria?
8.
Non sta già la potenza del Signore sopra ogni cosa? Ma se noi apparteniamo
all’Amore del Signore, è certo che apparterremo pure alla Sua Forza e alla Sua
potenza! E così il più debole nel Signore sarà in tutto più forte del più forte
per forza propria, quand’anche gli fossero soggetti tutti gli elementi!
9. A
che cosa mi giovò, un giorno, quella tale potenza da Dio? La debolezza di Abele
nel Signore ha pareggiato tutta la mia potenza! O Signore! Vedi, ora non Ti
supplico più che Tu mi riconceda potenza e forza, bensì prego che Tu mi dia
debolezza, affinché nel più umile annientamento di me stesso io possa amarTi
sopra ogni cosa, perché quando io ho abbracciato soltanto Te nel mio cuore,
allora tutto il mondo e tutta la sua forza e potenza mi appaiono come una
goccia di rugiada discioltasi in vapori, che era e che adesso non è più.
10. O
figli! Vedete, questa è la ragione per cui le parole dell’animale mi hanno reso
lieto, non perché abbia pensato che il Signore mi ha conferito di nuovo la mia
primitiva potenza e la signoria sul mondo, oh, no, bensì perché io, nella mia
umile debolezza, sono divenuto una nuova proprietà dell’Amore del Signore!
Infatti la mia debolezza esitava a toccare la lingua dell’animale, ma la Parola
possente del Signore donò forza alla punta del mio dito, e questo sciolse la
lingua dell’animale perché proferisse parole di sapienza. O figli, questo è
infinite volte di più del comprendere la natura di tutta la Creazione; la prima
cosa è solo umana, mentre la seconda è puramente divina e nulla è paragonabile
ad essa!
11. E
ora ascoltate, figli! Vi sia detta, a conclusione, ancora una parola. Affinché
venga data soddisfazione al saggio ammonimento dell’animale, fate avvicinare
tutti i figli, perché ascoltino una parola anzitutto da me, poi una da Set ed
infine una da Enoch; quindi Enos e Kenan annunceranno loro la giornata di
domani e che, non appena oggi il Sole declinerà in direzione della Sera, essi
abbiano ad astenersi da qualsiasi lavoro.
12.
Ma prima di abbandonare questa regione, anche Asmahaele, dal dorso della tigre,
vorrà dire qualcosa riguardo a questa regione a confronto della pianura,
affinché venga fornita ai figli una testimonianza vivente della loro stoltezza;
poi prenderemo un piccolo ristoro, dopo di che seguirà la benedizione e la
partenza! Amen!»
13. E
subito Enoch si avvicinò alla schiera, la incoraggiò; ed essi, i figli del
Mezzogiorno, avanzarono e, molto intimoriti e tremanti, stettero in attesa di
quanto avrebbe dovuto venire su di loro.
14. E
quando tutti si furono disposti intorno, ordinatamente, in ranghi a seconda
dell’età, Adamo si alzò al loro cospetto e
cominciò ad indirizzare loro le seguenti, notevoli parole:
15.
«Figli, voi che abitate la regione sulla quale, vista dalla mia dimora, il Sole
viene a stare verso la metà del giorno, dite o attestate a me, il primo di
tutti i primi padri, se voi avete ben compreso la parola che è stata una parola
sincera, proveniente dalla bocca dell’incorrotta natura di un animale
solitamente privo di linguaggio!»
16. E
i figli confermarono ciò e riconobbero la loro colpa fra intense lacrime di
pentimento. E Adamo continuò a parlare e disse:
17.
«Bene per voi che vi pentiate della vostra scelleratezza, perché il Signore non
ha che intenzioni serie con il Suo popolo! E voi avreste potuto a ragione
essere giudicati e le vostre spalle sarebbero state gravate da sciagura, se voi
non vi foste pentiti di quello da cui vi ha distolto proprio questo animale.
18.
Credete che la vostra disobbedienza abbia cessato di essere tale e che il
vostro peccato non sia più peccato per il semplice fatto che siete ritornati?
Oh, no affatto, ve lo dico io! Poiché non il timore del Signore né meno ancora
l’amore per Lui vi ha trattenuti dall’attuare il vostro peccaminoso proposito;
no, fu soltanto lo spavento causato dalla forza di questo animale, che ora
testimonia contro di voi!
19. E
così foste giudicati dal Signore mediante questo animale a vostra grande
vergogna, poiché il Signore vi ha tolto la vostra maestà e, al suo posto, ha
colmato di grande angoscia e di spavento il vostro cuore, e fece questo
servendosi della creatura della quale dovevate essere voi i signori e che
perciò avrebbe dovuto fuggire dinanzi a voi!
20.
Oh, vedete in quale stato di schiavitù vi ha ridotti la vostra disobbedienza!
21.
In verità, se non aveste provato gran pentimento per la vostra scelleratezza,
questo animale sarebbe diventato per voi un giudice crudele!
22.
Però non basta che voi deploriate la vostra azione a causa del grande disonore
con cui vi ha colpiti il Signore, o che della vostra azione vi pentiate perché
il Signore vi ha tolto una grande parte della Sua Grazia e vi ha posti sul
confine della Sua Misericordia, oppure perché il Signore ha posto questo
animale, come il vostro giudice, quale un testimone e lo ha ora suscitato, in
maniera assolutamente miracolosa, come oratore contro di voi, ma invece, se
veramente volete pentirvi della vostra azione o del vostro proposito,
ringraziate allora con cuore sereno il Signore per avervi mantenuto ancora nel
giudizio, e piangete per il fatto che in un solo istante abbiate potuto
dimenticarvi del Suo tanto immenso e santissimo Amore paterno, quantunque il
Sole, dall’alto del cielo, ogni giorno vada così ammonendovi: “Figli, il vostro Padre santo e buono mi ha
creato per voi; dunque, riconoscete il Suo grande Amore!”. E la Luna
vi grida: “ Figli, udite, l’amorosissimo,
santo e buon Padre mi ha creata per voi perché io sia la custode fedele e la
perpetua accompagnatrice della Terra e affinché continuamente sia per voi una
testimone del Suo Amore infinito!”, e quantunque, infine, tutte le
stelle vi avvertano: “O figli, il
nostro numero è grandissimo e non ha fine; noi siamo per lo più dei soli di
mondi lontani, che corrispondono tutti parzialmente all’essere vostro,
singolarmente per ciascun atomo, come pure nella moltiplicazione di questi fino
all’infinito! Vedete, noi siamo state fatte per voi e così pure tutta
l’infinità! Oh, vedete e riconoscete quanto è potente, grande, amoroso, buono e
santo il vostro Padre!”
23. E
tutta la Terra vi grida: “O figli,
udite: – io stessa e tutto ciò che porto è fatto per voi! Come una tenera
madre, devo portarvi attraverso spazi infiniti; devo giornalmente lasciarvi
succhiare ai miei seni sempre aperti; devo girare e rivolgermi, affinché per
voi sia giorno e notte; ed affinché voi, come fanciulli che si trastullano,
dopo le vostre occupazioni possiate aver riposo! O figli, chi mai potrebbe
enumerare le innumerevoli incombenze alle quali io, in me e fuori di me, sono
destinata ad accudire per voi!? Vedete, tutto ciò lo ha così ordinato il vostro
Padre santo e buono, per l’immenso Amore che vi porta!”
24. O
figli, domandate all’acqua e questa vi dirà pure così; chiedete alle valli e ai
monti e sarà la medesima cosa; interpellate tutta l’erba, le piante, gli
arbusti, gli alberi, tutti gli animali e dappertutto avrete la stessa risposta.
Sì, ogni goccia di rugiada ve lo annuncerà ad alta voce, e ciascun granello di
pulviscolo solare vi dirà, con leggero bisbiglio, che Dio, Jehova e Signore, è
il nostro buon Padre santo e amorosissimo; e vi dirà inoltre che Egli, per la
nostra completa formazione ed educazione, ci ha posti in mezzo a meraviglie
amorevoli e benefiche del Suo cuore paterno, affinché noi, nell’amore per Lui,
possiamo acquistare la capacità di ricevere benefici sempre più grandi e sempre
maggiori beatitudini, fino a giungere a quella che è la più inesprimibile fra
tutte, cioè la vita eterna nel Suo Grembo!
25. O
figli, vedete, vedete, quanto buono è il nostro Padre santo; come mai dunque
avete potuto, sia pure per un solo istante, dimenticarvi di Lui e per di più a
causa di una cosa tanto futile!
26. E
ora, se volete davvero pentirvi della vostra disobbedienza, è qui che dovete
cercare di riconoscere la vera ragione del vostro pentimento, perché ogni altra
cosa sarebbe vana ed inutile!
27.
Noi tutti siamo germogliati fuori dall’Amore eterno, e perciò siamo tutti figli
dell’uno e medesimo Padre santo, il Quale dimora, infinito, nella Sua eterna
Gloria e Santità e nel Suo Amore presso di noi, e noi presso di Lui. Quindi
anche noi dobbiamo attribuire ogni importanza al Suo Amore, perché soltanto
nell’amore e per mezzo dell’amore noi siamo Suoi figli; soltanto tramite
l’amore noi possiamo degnamente glorificarLo quale Dio e Signore. Tramite
l’amore ci è dato altresì di riconoscerLo; nell’amore possiamo avvicinarci a
Lui, e, così, unicamente nell’amore e per mezzo dell’amore ci è possibile
vivere, trovare e conservare la vita eterna.
28.
Dio, nella Sua Santità, è inaccessibile; nella Sua Sapienza è imperscrutabile;
incommensurabile nella Sua Grazia; temibile sopra ogni cosa nella Sua potenza;
insuperabile per l’eternità nella Sua forza. La Sua Luce è una Luce di ogni
luce; e il Suo Fuoco è un Fuoco di ogni fuoco. E così Egli, in tutto ciò, è un
Dio intangibile e del tutto estraneo a noi, il Quale non ci vuole ed
eternamente ci respinge da Sé; però proprio questo Dio è nello stesso tempo il
supremo Amore stesso. Questo Amore addolcisce la Sua Divinità tanto che Egli
vuole averci vicino a Sé, e se noi Lo amiamo, allora Egli si riversa fuori da
tutta la Sua Divinità attraverso l’Amore che nutre per noi, ci rende Suoi figli
e poi Si fa riconoscere da noi quale il migliore, il più amoroso Padre santo in
qualsiasi cosa possa riguardarci, e ci concede di amarLo sempre più e di
deliziarsi di Lui, ed infine perfino di contemplarLo perfettamente quale Padre,
nella vita eterna e libera.
29.
Considerate dunque bene, o figli, Chi e Che cosa è veramente Dio, e Chi e Che
cosa è il nostro Padre santissimo, e in conformità, poi, operate fedelmente.
Amen!»
[indice]
Le parole
consolatrici di Set
1. E
vedi, quando i figli ebbero inteso tutto ciò dalla bocca di Adamo, essi si
batterono il petto e versarono serie lacrime di pentimento, tanto che a mala
pena poterono venir calmati. Infatti, ormai vedevano quello che avevano
perduto; però non scorgevano nessuna via per riottenere il perduto e credevano
di essere già completamente giudicati.
2. Ma
Adamo, avendo visto la sincerità del loro
pentimento, disse a Set:
«Ascolta,
mio figlio caro, alzati, apri la tua bocca e risolleva i loro cuori nella piena
pace e nell’amore a Jehova! Amen!»
3. E
allora Set si alzò subito e cominciò a rivolgere
loro le seguenti memorabili parole, dicendo: «Ascoltate, figli, che qui dinanzi
ai nostri occhi e ai nostri orecchi piangete giuste lacrime di pentimento! Il
nostro Dio e Padre santo è certo un Signore supremamente giusto, ma è pure un
Padre colmo di ogni Amore e di ogni Misericordia. Pensate forse che noi non
possiamo fare nessuna cosa che possa affliggere Dio quale Dio, o che possa
esserGli contraria? Poiché, in sostanza, che differenza ci sarebbe fra
distruggere un granello di pulviscolo e distruggere un mondo?
4. In
rapporto a Dio sia l’uno che l’altro sono un puro nulla, come anche noi, tutti assieme,
siamo nulla paragonati a Lui. Ma come potrebbe o vorrebbe il nulla fare al
nulla qualcosa che fosse da prendersi in qualche considerazione al cospetto di
Dio?
5. È
per questo che anche a noi poco importa sapere cosa fanno gli animaletti quasi
del tutto invisibili sotto una minimissima fogliolina marcita che un lieve
soffio di vento staccò dal muschio e che poi fece cadere nel mare con una
gocciolina di rugiada attaccata ad essa! Tuttavia, appunto questo paragone non
è quasi neanche un paragone in confronto alla considerazione di quante infinite
volte meno di Dio sia un mondo intero assieme con tutti noi. E così ne consegue
che noi e tutto il nostro agire sono assolutamente nulla di fronte a Dio.
6.
Però ascoltate! Questo Dio, appunto, ha una cosa alla quale Egli tiene
moltissimo e questa cosa è precisamente il Suo proprio, eterno Amore stesso,
per mezzo del Quale siamo sorti noi e tutte le cose per noi. In questo Amore e
tramite questo Amore, Dio è il nostro Padre, e noi siamo Suoi figli. E in questo
Suo Amore, per Lui ha importanza sia l’insignificantissimo quanto l’immenso, ed
Egli ha di tutto ciò la medesima cura; di conseguenza anche in tale cura
d’amore, Egli rende manifesti in tutte le cose la Sua inconfondibile Divinità e
il Suo paterno Amore.
7.
Dunque, all’Amore di Dio non può risultare indifferente il fatto che noi
operiamo in un modo oppure nell’altro. Se consideriamo l’amore come
indipendente, esso pure è costituito in modo tale da essere cieco per tutte le
azioni dei Suoi figli, come una madre tenerissima verso i propri lattanti; solo
che Dio senza Amore non sarebbe Dio, e l’Amore senza Dio non sarebbe Amore. Ma
da ciò consegue che Dio e il Suo Amore sono un Essere solo e ne consegue anche
che Dio è potente nel Suo Amore, e che l’Amore è santo tramite Dio. E questo
Unico Dio, dunque, è nel complesso il Padre nostro amorosissimo e santissimo,
come noi siamo perfettamente Suoi figli, Sua immagine, poiché anche noi abbiamo
un cuore e in questo cuore vi è uno spirito d’amore, come pure dobbiamo riconoscere
che in tutto il nostro essere possediamo un’anima vivente colma d’intelligenza,
in modo tale che anche in noi l’intelletto è di per sé uguale all’Essere di Dio
e l’amore dello spirito nel cuore, con la sua libera volontà, è uguale
all’Amore in Dio. E quando poi dall’anima e dallo spirito, mediante la libera
volontà, si forma un essere, allora pure noi siamo perfettamente simili a Dio
in tutto, e proprio così diventiamo Suoi figli.
8. Ma
come Dio per noi solo nell’Amore è Dio e di noi tutti l’amorosissimo Padre
santo, così anche noi possiamo diventare Suoi figli solo nell’amore. Però,
l’unione di Dio con il proprio Amore equivale all’ubbidienza. Se ora noi, con
il nostro baldo intelletto, obbediamo a quanto percepiamo essere le esigenze
dello spirito e congiungiamo così la luce con l’amore, diventiamo con ciò figli
dell’amore, colmi di sapienza, certi del pieno Compiacimento di Dio e figli
pieni di vita eterna.
9.
Ebbene, vedete dunque, cari figli, siccome voi, nella baldanza del vostro
intelletto, vi siete resi infedeli al vostro intimissimo amore che è posto da
Dio in voi, così siete divenuti nella vostra anima come disobbedienti al vostro
santuario, e così anche all’Amore in Dio. Il vostro amore si è poi ritirato, e
voi avete vissuto soltanto nella vostra anima, tendendo ad estendervi solo
esteriormente (se fosse stato possibile, all’infinito). Ora, però, giudicate
voi stessi e dite che cos’è più consistente: – se una nebbia che si estende da
tutte le parti, benché nella sua transitoria grandezza avvolga intere regioni
del mondo, oppure una minuscola pietruzza rotonda e trasparente come una goccia
di rugiada! Vedete, qui appunto è da ricercare il perché del vostro timore e la
ragione della vostra cecità!
10.
Non è forse la pietruzza tanto solida, che nessuno può triturarla, e resistere
ad ogni uragano, ad ogni pressione e ad ogni colpo? Certo, voi vedeste la tigre
lacerare improvvisamente un toro poderoso in minimi pezzi, ma, in verità, se
questa tigre avesse voluto mordere una simile pietruzza, grande appena quanto
un uovo, allora la sua arma più terribile sarebbe stata spuntata! E se l’avesse
inghiottita intera, avrebbe contemporaneamente inghiottito la sua morte e nella
decomposizione del suo corpo la pietruzza sarebbe rimasta intatta!
11.
Vedete, o figli, l’uomo, nella sua obbedienza è uguale a questa pietruzza,
mentre alla nebbia corrisponde l’uomo quale essere di intelligenza puramente
esteriore! Ma quando il vento comincia a premere la nebbia contro altra nebbia,
non avviene forse che si formano delle gocce d’acqua? E se diverse e molte di
tali gocce scorrono, convergendo assieme, non finiscono forse con il costituire
un lago? Però il grande peso della massa d’acqua preme eccessivamente nella
profondità e allora, per effetto di tale pressione, le sue particelle si
afferrano tra di loro e formano una pietra trasparente, che poi è una solida
pietra raggiante, identica al tummim, il quale è un simbolo e un grande indizio
della obbedienza che ritorna per mezzo del vero pentimento.
12.
Vedete, in seguito alla vostra disobbedienza siete diventati nebbia! Ma poi
vennero dei venti di ogni specie, i quali vi hanno oppresso e angustiato da
ogni parte. Voi percepiste tale pressione e angustia e versaste perciò lacrime
di dolore. Vedete, questa è la pioggia! Però non è stato sufficiente che voi
diveniste acqua similmente alle singole gocce, bensì fu necessario che
diventaste, nel vostro pentimento, come un lago. E voi ormai siete diventati
questo lago. Certo è, che voi percepite in misura maggiore di prima la pressione
nella profondità della vostra vita, ma, udite, vedete e comprendete bene: –
proprio mediante quest’ultima pressione, come le particelle dell’acqua, la
vostra duplice vita si è riafferrata e rinsaldata, e una nuova pietra della
vita e della vera sapienza si è formata in voi. Siate dunque lieti e di buon
animo, poiché non siamo venuti qui per rovinarvi, ma al contrario, affinché vi
sia data una nuova vita nel vero amore a Dio, il Padre santissimo di tutti noi.
Amen!»
13. (nota bene:
Ascoltate, questa è la cosiddetta “Pietra filosofale”, quella cioè che il mondo
non è più capace di trovare, né troverà mai più!)
[indice]
Enoch
predica dell’Amore
1 marzo 1841
1. E quando
così i figli ebbero inteso tali parole amorevoli e sagge dalla bocca di Set,
essi alzarono in alto i loro capi, osservarono il cielo e Mi ringraziarono e Mi
glorificarono con tutto fervore, perché avevo suscitato Set e perché avevo
fatto loro annunciare per bocca sua una tale consolazione salutare e
meravigliosa.
2.
Però Adamo, commosso egli pure, disse: «E ora
che avete ricevuto da me una parola di istruzione e da Set una giusta parola
consolatrice, preparatevi bene adesso, ed aprite del tutto i vostri cuori a
ricevere pure una parola di vita dalla bocca di Enoch! Per mezzo mio siete
diventati un campo concimato, che Set ha dissodato con la sua lingua, ma il
seme vivente non giace ancora nei solchi dei vostri cuori dissodati. Enoch,
però, è il seminatore destinato dall’Alto; ricevete dunque da lui la semente
della vita! Amen!»
3. E
subito Enoch si alzò, rivolse il cuore a Me e Mi invocò nel suo amore, che era
indescrivibilmente grande, affinché Io, in misericordia e grazia, volessi
colmarlo di parole di vita perché con esse potessero essere vivificati coloro
che avevano pianto e si erano afflitti nel Mio Nome, Nome al quale essi si
erano resi infedeli mediante la loro vana impresa.
4. E
ben presto Io destai pienamente il cuore di Enoch,
ed egli perciò percepì immediatamente nel suo cuore un divampare di luce
chiarissima, e per la prima volta vide nella sua anima una splendente scritta
di fuoco e da questa riconobbe che egli era una vivente parola proveniente da
Me. Egli interiormente Mi ringraziò con grande calore ed infine aprì la sua
bocca e cominciò a rivolgere a tutti il seguente discorso, quanto mai memorabile:
5. «O padri, e voi,
figli del Mezzogiorno! Ascoltate tutti quello che dice il Signore, Dio nostro e
nostro santissimo Padre!»
6. E
vedi, quando i padri ebbero inteso questo doppio appello, furono un po’
meravigliati per il fatto che Enoch si era indirizzato anche a loro oltre che
ai figli del Mezzogiorno.
7.
Però Enoch così proseguì il suo discorso: «O padri,
dovreste forse essere esclusi dalla vita, quando questi figli del Mezzogiorno
sono in procinto di accoglierla? Poiché ora non sono affatto io che parlo,
bensì adesso attraverso la mia bocca parla Colui che ha la Vita, e la dà con
ogni Sua Parola sgorgante dal Suo Amore infinito!»
8. Ma
allora Set si alzò all’istante ed esclamò
precipitosamente: «O Enoch, sia ben lontana da tutti noi una cosa simile!
Ascolta: – noi sappiamo benissimo dove si cela il nostro più grave difetto;
parla pure dunque apertamente e dà anche a noi quello che ci può far giungere
alla vita! Amen!»
9. E
così Enoch iniziò il suo discorso vero e proprio
e disse: «Il
campo è concimato e l’aratro è già passato sul terreno, questo è vero; però è
la semente che manca ancora dentro i solchi. Ma da dove dobbiamo prendere la semente,
per collocarla in forma vitale nei solchi, affinché dentro questi essa possa
prosperare e rendere un frutto vivente?
10. O padri, e voi,
figli del Mezzogiorno! La semente è l’Amore, l’Amore è la Vita e la Vita è la
Parola. La Parola, però, è dall’eternità che dimora in Dio. Dio stesso era
nella Parola, come la Parola era in Lui. Tutte le cose e noi stessi siamo sorti
da questa Parola, e questa Parola nessun altro la può pronunciare all’infuori
di Dio. Ma questa Parola è propriamente il Nome di Dio e nessuno Lo può
proferire; e questo Nome è l’Amore infinito del Padre santissimo, e noi
dobbiamo riconoscere in noi questo Amore, e con questo Amore poi dobbiamo, con
tutte le nostre forze, amare Colui al Cui Amore noi e tutto ciò che è creato
siamo debitori della lietissima esistenza.
11. La vita eterna,
per tali ragioni, consiste in questo: – noi questa vita, come tale, la
riconosciamo nell’amore per Dio, vale a dire che noi riconosciamo l’Amore
mediante il nostro amore per Dio, il nostro Padre santissimo e la vita eterna
in questo Amore.
12. Ma se noi
consideriamo il nostro occhio corporale e constatiamo a quali grandi distanze
possiamo arrivare con esso, allora è evidentemente chiaro e vero che a noi
questa luce non è stata conferita perché restiamo fermi, ma perché ci muoviamo
e siamo attivi. Ora, chi mai potrebbe dubitare che qualcuno non possa
raggiungere una certa meta adocchiata, quando a questo scopo egli è, oltre a
ciò, provvisto di due piedi atti a portarlo alla meta in questione?
13. Però se a noi,
similmente agli occhi e ai piedi del corpo, è conferito il potere visivo
interiore del sentimento e per mezzo di questo potere visivo scorgiamo l’amore
in noi, allora, come il piede del corpo, noi abbiamo pure la libera volontà, in
virtù della quale a noi è dato di perseguire tenacemente e fortemente una tale
meta di ogni vita e in questo modo possiamo condurre all’amore tutto il nostro
essere, fino a farlo afferrare e compenetrare interamente da esso, affinché il
nostro essere si renda del tutto vivente.
14. E quando noi
abbiamo compiuto una simile opera, come non dovrebbe essere nostra la vita
eterna, ugualmente com’è nostra la luce degli occhi del corpo? Oppure pensate
forse che questa vita eterna sia un’illusione? Alora io domando: “Siamo noi e
tutte le cose che esistono pure un’illusione gli uni per le altre?”
15. Però, se non è
possibile ritenere un’illusione già una semplice corteccia, a chi ancora
potrebbe venire in mente di considerare un’illusione il legno e la parte più
interiore che è il midollo vitale?
16. Oppure credete
che il Signore abbia creato semplicemente delle macchine viventi allo scopo di
divorare l’erba e la carne, per averne forse un divertimento? Oh, in verità, la
Sua suprema Sapienza dovrebbe ben essere capace di un godimento superiore a
quello di essere costretto a crearsi delle macchine divoratrici di vegetali,
per starsene poi a vedere compiaciuto come queste convertono l’erba ed altro in
rifiuti fetenti! Oh, che ignominiosa mancanza di fede sarebbe questa!
17. Oppure, pensate
forse, nella grande limitatezza delle vostre idee e quando fate o producete una
cosa limitata tanto nel tempo che nello spazio, che Dio, l’Infinito, sia
anch’Egli, al pari vostro, capace di idee limitate? Oh, quale insulto alla
Santità di Dio!
18. Oh, mostratemi
la creatura che voi sareste capaci di annientare completamente! Indicatemi
qualcosa che non contenga in sé l’infinito! Suddividete nello spirito (nel vostro spirito) il più piccolo granello di polvere e mostratemi poi le
ultime particelle non più atte ad essere ulteriormente suddivise, oppure fatemi
vedere un grano di semente che non sia capace di una riproduzione infinita!
19. Ma poiché già
queste piccole cose sono la prova del carattere infinito delle Idee divine,
quanto mai da stolti e da ciechi sarebbe già il solo pensare che Dio abbia
posto un’idea limitata nel tempo a fondamento di quegli esseri che Egli ha
tanto ben dotati del sentimento vivente della vita eterna nell’amore per Lui,
l’infinito, il sublime sopra ogni cosa, il santo, l’eterno colmo d’Amore e di
ogni Vita!
20. O padri, e voi,
figli del Mezzogiorno, ascoltate queste parole: – esse discendono dalle altezze
sante dell’amorosissimo Padre!
21. Non abbiamo
nessun comandamento all’infuori di quello della vita eterna, la quale è
l’Amore, e questo comandamento suona così: “Ama Me, tuo Dio e Padre santo, con tutto l’amore che
Io, dalle eternità, ti ho dato per la vita eterna e quale vita eterna! Se Mi
ami, ti ricongiungi a Me e la tua vita non avrà mai fine. Ma se tralasci di
fare così, allora tu stesso ti separi dalla vita, ma non perciò la vita
cesserà, né Io perciò in eterno cesserò di essere il tuo Dio giudicante. E
anche se tu, separato dalla Mia Vita, cadrai lungo gli eterni spazi degli
abissi della Mia ira, in verità, la tua caduta non avverrà fuori di Me! Mai
perderai Me, il tuo Dio, ma quello che perderai è il tuo buono, amorosissimo,
Padre santo, e con Lui perderai una vita di eterna durata, libera e colma di
delizie!”
22. O padri e voi, figli
del Mezzogiorno! Questo è l’unico comandamento che noi abbiamo; esso è già
profondamente inciso nel cuore di ciascun fanciullo. Questo comandamento è la
semente viva che voi tutti dovete seminare nei vostri cuori, se volete vivere
quali figli di un Padre santo, che è il Dio santo, santo, santo di eternità in
eternità.
23. Voi padri, è
vero, avete parlato molto di obbedienza, ed avete con ciò reso cedevoli i cuori
dei figli; però Io aggiungo e dico che colui che ama può fare anche a meno
dell’obbedienza. Non è l’obbedienza la via spirituale che conduce all’amore,
che è la meta di ogni Vita? Ma se qualcuno, proseguendo per la via
dell’obbedienza, ha raggiunto la Meta, dite: – per quale ragione dovrebbe egli
continuare a percorrere ancora la via stessa?
24. Perciò, se
qualcuno è ancora lontano dalla meta, costui fa bene se continua a camminare
fino a quando l’ha raggiunta; ma quando vi è arrivato, allora è bene che
l’afferri con tutte le sue forze e la tenga ben salda, vale a dire: “Se egli
ama Dio sopra ogni cosa, ha ricevuto tutto. Egli ha trovato, per l’eternità, il
Padre della Vita e alla sua libertà non verrà mai posto più fine”.
25. Così, dunque,
prendete questa preziosa semente della vita, o voi padri e voi figli! È Dio
stesso che me l’ha data per voi. O Amore! Questa semente che vive sei tu!
Vivifica perciò i cuori dei deboli e dei morti! Amen! Amen! Amen!»
[indice]
Setlahem
chiede la vera sapienza
1. E
ora ascolta, queste parole di Enoch avevano fatto ammutolire quasi tutti,
perché ora le comprendevano benissimo e stavano ormai riflettendo, ognuno per
sé, su tutti gli errori nei quali fino ad allora tutti, senza eccezione, erano
rimasti duramente irretiti. Ed anche ai loro figli si aprirono molto gli occhi;
essi, di nuovo, si riconobbero e riconobbero pure Me, e ciò sempre più in virtù
dell’amore che in loro si destava. E solo ora, a cominciare da Adamo fino a
Jared, tutti i figli della discendenza principale compresero perfettamente il
discorso pronunciato da Enoch nella grotta e fu loro del tutto chiaro il
significato della grotta. E Adamo considerò profondamente il levar del Sole e
lo comprese bene. Set però si levò, innalzò il suo sguardo al cielo e Mi ringraziò
per questo immenso dono che Io avevo fatto loro, e il suo esempio fu seguito da
tutti gli altri presenti ed essi Mi lodarono e glorificarono oltre misura nei
loro cuori.
2.
Allora uno dei figli del Mezzogiorno, che era
della discendenza di Set e di Enos, avanzò, avvicinandosi ad Enoch, e si
inchinò profondamente davanti a lui e disse: «O Enoch, vedi, io mi presento qui
davanti a te in nome di tutti; il mio nome è Setlahem (cioè “un figlio di Set altamente dotato di sapienza”).
3. In
primo luogo mi incombe l’obbligo di rendere, per mezzo tuo, le grazie più
doverose al santo Donatore di tanta alta grazia. Poiché, dato che tu sei il più
vicino di tutti al Signore e detieni la Sua vivente Parola, è certo anche più
conveniente che sia tu ad integrare quanto vi è di carente nel nostro debole
ringraziamento verso il Signore per un beneficio così grande. Giacché, avendo
ottenuto dal Signore la sapienza, feci sempre così come questa mi insegnava, né
di più potei fare, considerato che la mia sapienza reputava sufficiente quello
che facevo. Solo che ciò che tu qui hai insegnato, nel tuo linguaggio colmo di
vita, è di più di tutta la sapienza di tutti gli uomini presi assieme; è la
radice di ogni vita e il fondamento eterno di ogni sapienza; anzi, è Dio che tu
qui annunci! E vedi, la mia sapienza in questo caso non basta per rendere a
Questi le adeguate grazie; quindi, al posto mio, fai tu quanto è di diritto!
L’altra cosa, però, che mi indusse a presentarmi a te è questa: – io vorrei
cioè pregarti di concedermi che io divenga tuo allievo e che tu voglia
insegnarmi la via che hai percorso fino a raggiungere profondità simili della
vita da Dio.
4. O
Enoch, non andare in collera per questa mia duplice preghiera, perché la mia
sapienza mi dice che tu sei un vero veggente di Dio. Infatti l’Amore
dell’Altissimo ha riempito il tuo cuore e la tua lingua è stata lambita dal
fuoco che con immensa potenza sgorga dal Dito di Dio. Oh, mostra dunque a
Setlahem come e quando ti è stato fatto tutto ciò! Amen!»
5. Ma
Enoch immediatamente si alzò e rispose:
«Ascolta, o Setlahem, a che scopo il glorificare? Hai forse ottenuto la
sapienza perché tu te ne vada in giro glorificando ciò che non è degno di
glorificazione, mentre non sai esaltare Colui al Quale pure spetta ogni gloria?
O pensi che la vita si possa imparare come quella tale sapienza che ti sei
acquisito a cuore freddo, per diventare un maestro nella sapienza?
6. O,
Setlahem, Setlahem, guarda bene che tu non rimanga soffocato nella tua vana
brama di sapere!
7.
Vedi qui un fico e là un albero già carico di prugne semimature! Che diresti se
il pruno andasse a scuola dal fico per apprendere da questo l’arte di produrre
sui propri rami, invece di prugne, anch’esso dei fichi a somiglianza del fico?
Credi che ciò potrebbe verificarsi un giorno?
8.
Certo, se la tua sapienza serve a qualcosa, essa ti deve ammonire all’istante
in modo assolutamente convincente che un fenomeno simile non si verificherà
mai, per tutte le eternità!
9. Ma
se qualcuno prende dei ramoscelli dell’albero di fico, provvisti di semi,
incide in vari punti il pruno, taglia i tronchetti di quei ramoscelli provvisti
di semi e li conficca poi nelle incisioni fatte prima, avendo cura di ricoprire
le parti incise dell’albero con terra e resina, allora ben presto gli umori del
pruno verranno trasformati nei ramoscelli di fico per la vita del fico, e così,
dopo non lungo tempo, sul pruno convertito in questo modo appariranno dei fichi
saporiti.
10. A
procedere così già da lungo tempo te l’ha insegnato la tua sapienza, ma come avviene
che essa non ti ha, in pari tempo, insegnato ad amare il Signore con tutte le
tue forze, affinché anche tu possa produrre, quale frutto della vita, dei fichi
anziché delle prugne?
11.
Però io ti dico: – o Setlahem, vedi, Adamo ha inciso te, come tutti i tuoi
figli e fratelli, e Set vi ha tagliati, e il Signore per mezzo mio ha ora posto
in voi gli innesti della vita eterna; e adesso cercate della terra fresca e
della resina nella reciproca attività d’amore, poi coprite e saldate bene in
voi la vita mediante la fede, e in questo modo troverete anche e ben presto
quello che tu, invano, hai cercato di imparare ora qui da me!
12. E
ora va’ ed agisci in conformità, così tu vivrai! Amen!»
13.
Quando però Setlahem ebbe udito queste parole, si
batté il petto e disse:
«O
Enoch, riconosco l’alta verità di quanto hai detto; solo che per te è facile
pronunciare tali parole, possedendole già in te, poiché il Signore te le ha
liberamente donate fuori da Sé, senza che tu abbia dovuto fare quello che hai
indicato di fare a me! Ora vedi, è bello riposarsi all’asciutto, e com’è facile
prendere senza offrire pegno, ma, per quanto mi concerne non è così! È già da
lungo tempo che lavoro e lotto incessantemente per avere quello che tu hai
ottenuto senza fatica, ma purtroppo è tutto vano! Per me il Cielo è sbarrato da
pietre e riuscirebbe più facile scavare nella terra un foro che giungesse fino
a dove non c’è più terra che ottenere che una sola goccia di rugiada della vita
d’amore si riversasse giù dall’Alto.
14.
Ma che sia così, tu non hai che da guardare là i nobili padri, perché abbiano a
testimoniare per me di fronte a te! Non sono essi, in virtù del loro stato,
tutti più altolocati di te e per conseguenza anche naturalmente più vicini di
te al Signore? Ma perché allora il Signore rimane lontano da loro e procede con
te strettamente mano nella mano?
15. O
Enoch, se tutto ciò non ti venisse elargito quale un libero dono dall’Alto,
assolutamente immeritato, da parte del Padre santo, in verità tu avresti parlato
fino a questo istante come me, lamentando la terribile fame e sete dell’anima!
16.
Ovvero pensi forse che io abbia saputo solo adesso che un albero non può
imparare qualcosa da un altro? Vedi, a questo riguardo potrei fare a meno delle
tue parole, ma se noi dobbiamo insegnare ai figli quanto è necessario per loro,
come camminare, parlare e lavorare, per poter loro indicare con ciò, in maniera
comprensibile, la traccia del supremo Dio, dimmi: – siamo noi, allora, di più
di fronte a Dio, di quanto lo sono i nostri figli di fronte a noi? Io credo che
noi siamo infinitamente meno di Lui! Ma, allora, come dovrebbe e potrebbe
venirci additata la via se non per mezzo dell’insegnamento, come succede con
tutti i figli?
17. O
Enoch, tu hai creduto di sbarazzarti facilmente di me, indirizzandomi all’amore
fraterno e all’amore per Dio; però, non ti sarà invece così facile, come hai
creduto, liberarti di me! Io intendo prima vedere tutto questo in te e poi lo
accetterò!
18.
Ma nel tuo modo sbrigativo di liquidarmi, non mi pare che il grado supremo
dell’amore del prossimo vi si trovi celato; ma se l’amore del prossimo è una
irradiazione collaterale dell’amore per Dio, allora davvero io non so cosa
pensare del tuo amore per Dio!
19.
Bada, dunque, che ben presto tu stesso non divenga eventualmente l’unico
prossimo tuo!
20. È
giusto, forse, che le parole di qualcuno indispettiscano qualcun altro? Vedi,
quanto è stato per me edificante il tuo primo discorso, altrettanto mi hanno
indispettito le tue parole di poco fa! Perché so bene che tu sei un veggente di
Dio e possiedi la Parola vivente, e se non lo sapessi, non verrei mai da te e
non vorrei glorificare una simile manifestazione sacra in te! Ma poiché tu, a
causa di ciò, mi hai biasimato, io domando: “Chi ti ha indotto a metterti
questo in testa e a biasimarmi per questo?”
21.
Oh, vedi, non è bello congedare da sé così aridamente un fratello in Dio che
piange ed ha sete e fame!
22.
La pazienza è la prima cosa e l’umiltà è l’anima dell’amore! Enoch, io so che
tu sei un maestro di tali virtù, ma allora perché mi mostri la fronte e sembri
aver chiuso il tuo cuore dinanzi a me? Eppure non ti ho fatto mai niente di
male! Rivolgimi dunque il tuo cuore e sii per me un fratello in Dio e non un
freddo ed arido indicatore della via! Amen!»
23. E
dopo che Enoch ebbe ascoltato, tutto placido e
sorridente, queste parole di Setlahem, si alzò di nuovo e così gli rispose:
24.
«Vedi Setlahem, se fosse così come tu hai dichiarato nel tuo discorso, in
verità tu mi avresti già da molto tempo visto piangere ai tuoi piedi; però non
è così!
25.
Ma affinché, a causa delle mie parole rimaste da te incomprese, tu non abbia a
rientrare nella tua capanna ingiustamente indispettito, vedi di ammansire il
tuo cuore ed ascolta quello che adesso ti dirò: “Setlahem, guarda verso il
lontano orizzonte azzurro e indicami di che qualità e di che specie sono là le
piante, gli alberi, gli arbusti e l’erba e se sono come qui, oppure altrimenti.
26. E
dimmi poi quali pietre, quali terreni e quali sorgenti, se sono come qui,
oppure di quale altra specie! Quali esseri viventi vi dimorano? Vi sono anche
là degli uomini? E che cosa stanno facendo adesso?”
27.
Odi Setlahem, il tuo silenzio ti dice che tali cose tu non le sai! Ma ora ti
domando: “Con quale mezzo potresti tu, nella
maniera più conveniente, procurarti queste cognizioni?”
28.
Mettiamo il caso che io stesso in quei luoghi ci fossi già stato e che avessi
già osservato quello che là c’è ed anche avviene. Potrebbe darsi allora che i
padri mi chiedessero, in tua presenza, delle notizie in proposito e che io
rivelassi loro il lontano orizzonte azzurro. Ma se poi apprendendo ciò e non
conoscendo il come, il cosa e il perché, tu venissi da me e mi dicessi: “Ascolta, quello che hai raccontato ora mi
piace immensamente! Anch’io vorrei parlare in tale maniera della lontana
regione, ecco, io perciò intendo venire a scuola da te per parlare di simili
cose!”. Ma se io allora replicassi: “Ascolta, una cosa simile non può, con
intima convinzione, impararla colui che aspira ad acquistarsi quest’intima
convinzione, perché quanto faticosa sarebbe la via fino al riconoscimento
purissimo e quanto sterile!
29.
Però, se tu ti dai la pena di percorrere il più vicino sentiero che oltrepassa
queste montagne, sii certo che entro tre giorni sarai qui di ritorno e, come
me, potrai ragionare dell’argomento in piena verità, in modo che non ti sarebbe
altrimenti possibile imparare a ragionare con l’interiore energia vitale,
impiegandovi sia pure degli anni!”
30. E
se tu poi ritornassi da me, e volessi incolparmi di mancanza d’amore per un
simile consiglio, breve ma pieno di verità, confessa ora a te stesso: in che termini può reggersi una tale accusa
di mancanza d’amore, per un consiglio, seguendo il quale tu certamente potresti
in tre giorni raggiungere quello che altrimenti raggiungeresti a mala pena e
imperfettamente in migliaia d’anni?
31.
Vedi, con tutta la tua sapienza, purtroppo, tu hai dato in questo caso un
tremendo colpo nel vuoto!
32.
Nondimeno, la via ti è stata ugualmente indicata. Se ti manca il coraggio di
percorrerla da solo, allora vieni da me e mettimi alla prova, per vedere se
vorrò o meno accompagnarti fraternamente e con ogni amore, e credo pure che in
questo modo, molto difficilmente, potrai trovare motivo di una qualche lagnanza!
33.
Ma se io mi inducessi ad agire verso di te secondo la tua stolta richiesta,
vedi, io dovrei senz’altro diventarti prima nemico, affinché nella mia
spregevolezza potessi ingannare te, il mio caro e povero fratello in Dio e in
Adamo!
34.
Vedi, il sapere non ti servirà mai, in eterno, a raggiungere la vita, mentre se
tu opererai in conformità alla verità, allora troverai la testimonianza della
verità e questa verità sarà la testimonianza dell’amore e l’amore sarà la vita
eterna in Dio! Amen!».
[indice]
La sapienza
di Setlahem e quella di Asmahaele
9 marzo 1841
1. E
quando Setlahem ebbe inteso tale discorso, si
prostrò dinanzi ad Enoch e disse: «O Enoch, la tua grande sapienza mi ha
annientato, tanto che ora ho la sensazione di non esistere più, però mi accorgo
che ora, nel mio annientamento, ti comprendo più di prima, nella mia sapienza!
E accetta dunque i miei ringraziamenti per la grande pazienza che hai avuto con
me e perché non ti adirasti a causa della mia grande stoltezza che mi indusse a
comparire con arroganza dinanzi alla tua faccia raggiante d’amore e a disputare
con te, che sei uno strumento vivente nella Mano del Padre onnipotente e santo!
2.
Vedi, tu hai bensì resi ciechi i miei occhi ed io non distinguo ancora quello
che è giusto; ma ora percepisco un’altra luce la quale mi indica una nuova via,
ancora scarsamente illuminata, però questa è una via che in un istante mi
porterà più lontano di quanto l’infruttuosa luce dei miei occhi mi abbia potuto
portare in molti, anzi già in moltissimi anni.
3. O
Enoch, se su questa via nuova il mio piede dovesse incontrare, un giorno,
qualche luogo di dubbia solidità, concedimi, allora, che io possa venire da te,
affinché tu mi indichi se mi trovo sempre sul retto sentiero.
4. O
Enoch, avvertimi se tu dovessi scorgere che, nella mia cecità, sto per fare un
passo falso! Amen!».
5. Ed
Enoch allora gli disse: «O Setlahem! Vedi, una
buona volontà ti sta guidando e sei animato da onesto fervore, tanto che sei
meritevole di lode. Però c’è in te ancora una cosa da biasimare, e cioè che tu
cerchi presso di me, che sono solo un debole uomo quanto lo sei tu, quello che
unicamente Dio, il Padre santissimo di tutti noi, può dare ai Suoi figli. Tu
sei portato a tributare lode allo strumento, anziché all’Artefice!
6.
Pensi forse che io sia più condiscendente dell’Amore infinito e della
Misericordia del Padre eterno e santo? O Setlahem, non lasciarti mai trarre in
errore dalla segreta stoltezza del tuo cuore e non rivolgerti mai agli uomini
prima di esserti, con tutto amore e pentimento, rivolto a Dio nelle tue intime
profondità! E se tu dovessi rimanere inesaudito per lungo tempo, soltanto
allora pensa che tutti gli uomini, non esclusi neppure i migliori,
rappresentano, al paragone di Dio, la vana perfidia e la mancanza d’amore e
pensa inoltre che in ogni caso Dio ti darà ogni cosa prima che il più
misericordioso occhio d’uomo ti degnerà anche solo di uno sguardo.
7.
Però, per quanto riguarda noi, sappi che siamo venuti da voi per disposizione
di Dio, il nostro buonissimo e santissimo Padre, e per virtù del Suo Amore in
noi, perciò non distoglieremo mai i nostri occhi da voi. Dunque, volgi il tuo
cuore verso l’Alto ed ama il Padre santo con tutte le tue forze, così avrai
vita, poiché soltanto un simile amore t’insegnerà, in un istante solo, di più
che non tutti i migliori e più sapienti uomini in molti secoli. Vedi, ora tu
hai tutto quello di cui per il momento hai bisogno; procedi quindi
conformemente ed opera nell’amore per Dio! Amen!»
8. E
dopo tali parole, Setlahem s’inchinò ai padri, si ritirò riconoscente e
cominciò a percepire in sé un sentimento di grande gioia, ed egli Mi glorificò,
per questa Grazia, nel suo cuore.
9.
Poi Enoch, rivolgendosi ad Adamo, gli disse:
«Caro padre, non essere sdegnato con me per averti trattenuto qui più a lungo
di quanto tu avessi previsto per me, poiché, vedi, il Signore elargisce i Suoi
doni d’Amore non secondo la nostra misura del tempo, bensì quando Egli vuole,
così Egli dà e dunque vadano sempre a Lui, il grande e santissimo Elargitore,
tutti i nostri più fervidi ringraziamenti e la nostra lode, e Sua sia sempre
ogni gloria e ogni onore! Amen!»
10.
Ma Adamo rispose: «O caro Enoch, non darti
pensiero a causa di ciò, perché noi tutti sappiamo che quello che il Signore fa
è sempre ben fatto! Amen!».
11. E
pure Set si unì, ad alta voce, a tale
affermazione ed infine aggiunse: «E sempre anche al momento più opportuno!
Amen!»
12.
Adamo però si alzò nuovamente e, rivolto ad Enoch, disse: «E ora Enoch, invitiamo
subito pure Asmahaele a dare inizio alla sua orazione, affinché, in primo
luogo, adempia il suo numero e in secondo luogo ci esponga anch’egli il suo
parere circa il bellissimo aspetto di questo paesaggio ed infine ci dica in
quale modo ha compreso tutto ciò. Dopo di che ci disporremo subito a proseguire
il nostro viaggio, per far giungere un breve invito ancora ai figli che
dimorano verso la Sera e a quelli verso la Mezzanotte ed infine ritorneremo
alle nostre capanne. Amen!»
13.
Ed Enoch si rivolse ad Asmahaele, chiedendogli di esprimersi come richiesto da
Adamo.
14. E
vedi, subito l’animale avanzò con il suo cavaliere in groppa. I figli del
Mezzogiorno, frattanto, si intrattenevano intorno ai vari argomenti e
ragionavano con voce piuttosto alta. L’animale, però, emise allora di seguito
tre ruggiti terribili e tutti ne rimasero enormemente terrorizzati e il loro
vocio si convertì all’istante nel più profondo silenzio.
15. E
dopo che l’ordine si trovò così ristabilito, l’animale subito ammutolì ed Asmahaele incominciò il seguente discorso, quanto mai
notevole e reso in forma nobilissima. Egli, infatti, disse:
16.
«O degnissimi padri dei padri della Terra! Che dovrei e che potrei dire io che
da poco sono sfuggito dal tenebroso abisso di morte ora su queste alture tanto
sacre, dove tutto, pieno di prodigio, pieno di grazia, pieno di vita, rende la
più possente parola rigida sulla mia lingua tremante?
17.
Chi non può esprimere fuori da sé le sacre parole di vita, come mai potrebbe
descrivere l’incanto di questo paesaggio; e quando la lingua balbetta, come mai
potrebbe essa esporre, scomposte nelle loro parti, le forme mirabili di gloria
e bellezza?
18. O
padri dei padri della Terra, brevissimo è il tempo trascorso da quando io a
mala pena osavo aprire gli occhi, perché fossero capaci di scrutare nei prodigi
delle sacre alture e ora io povero, io cieco, io morto dovrei rivelarli a voi,
che godete appieno la grazia, la vita, la forza e la potenza, a voi che già da
lungo tempo scrutate nell’intima essenza le cose nelle loro rarissime forme?
19.
Cosa sono queste verdi pianure, circondate da pareti di roccia e picchi che
giungono al cielo, se il loro senso grandioso deve restare nascosto alla vita apparente?
Non starebbe una umile pietruzza infinitamente più in alto nel sacro rango che
non ogni altura e tutti i monti della Terra e questa con essi, per me e per
chiunque potesse comprenderla nell’intima essenza?
20.
Com’è facile dire che là, verso il Mattino, un re del monte fumante che si
eleva fino al cielo s’innalza superbo come se dovesse dominare la Terra! Oh, in
verità, tale cosa la può vedere anche l’occhio degli animali! Però quando io mi
chiedo: ‘Asmahaele, comprendi simili
possenti prodotti?’, allora nella notte del mio cuore mi sento rispondere:
“Come potrebbe ciò che è morto comprendere quello che è senza vita? La tua vita
è solo apparenza e illusione dei tuoi sensi! La lingua flessibile è tutto ciò
che può distinguerti dagli animali!”
21. O
padri, se ho percepito tale cosa, pensate quanto si sottraggono le forme delle
sacre alture alla mia indagine!
22.
Fra il Mattino e la Mezzanotte, io scorgo laggiù un monte che splende in modo
ancora più fulgido dello stesso Sole in cielo, poiché uno solo è il colore dei
raggi del Sole, mentre il monte, umiliando il Sole, sfrutta in potenti fiotti
la luce di tutte le stelle e dei fiori. Tuttavia, se mi chiedo: ‘Come succede ciò? Da dove, e perché?’.
Oh, allora tutta l’erba, come pure tutte le pietre, con ben comprensibile cenno
mi dicono all’orecchio: “O tu, stolto,
perché mai ti affatichi la mente a scoprire i miracoli della luce? Quella luce,
che sgorga da Dio, a chi è dato vederla?
23. O stolto, vedi, l’onnipotenza di Dio creò il
Sole perché illuminasse, non mai, però, lo fece per guardarlo, e se ti fu data
la capacità di un maturo pensiero, non riflettere sui pensieri; il che
uguaglia, in stoltezza, guardare il Sole.
24. I pensieri sono luci dell’anima, che
rischiarano il groviglio della vita del corpo, ma tu non li devi usare
esclusivamente a tale scopo! Come potresti comprendere i prodigi che sorgono
all’esterno, se devi fuggire te stesso, come il prodigio più prossimo a te?”
25.
Oh, vedete, o degnissimi padri dei padri della Terra, oh, se davvero tale cosa
si deve apprenderla per forza dalla muta natura, oh, allora, è duro il riposo
sulle alture della Luce!
26.
Io non venni mandato qui per risplendere, no di certo, bensì perché io stesso
potessi ottenere luce; e a voi mi guidò la splendente figura di Abele! Perciò
fatemi udire le vostre parole colme di luce e di vita; di parlare per me non è
ancora venuto il momento! Oh, chi potrebbe ancora trovare parole che suonassero
più sante di quelle colme di forza e di vita dall’Alto, fluenti dalla bocca di
Enoch, delle quali una sola è già più poderosa dell’essere immane e pesante
della Terra, da un polo all’altro! Perché, quando la parola proferita si offre
con abbondanza non solo come un suono armonioso, bensì strappa abbondantemente,
con successo e benedizione, la vita alle profondità mortalmente nascoste
nell’uomo, oh, ascoltate me, misero, una simile parola è certo più grande e
importante di tutto ciò che all’occhio è possibile guardare e di quanto i sensi
del corpo sono in grado di pesare!
27.
Concedetemi dunque, o degnissimi padri dei padri della Terra, a me povero, a me
morto, di tacere ora, perché a chi è morto non si addice parlare a coloro nei
cui petti si cela una vita da Dio nella luce più bella, da cui ciascuna parola,
con lingua benedetta, sparge la vita come il Sole va spargendo la sua luce
tremante.
28. O
padri dei padri della Terra, lasciatemi dunque finire la mia parola da nulla,
la quale altro non è che semplice suono, poiché il tempo è destinato a cosa
migliore che non alle vane chiacchiere!
29. Se
anche il paesaggio, quale riflesso della vita, è assai bello, tuttavia migliore
cosa è l’anelare alla vita! Oh, in verità, come io sento, per chi l’ha trovata
è più bella una goccia della vita racchiusa nello spazio più angusto che non se
egli potesse, con sguardo profondo e acuto, scrutare negli infiniti spazi dei
soli e della morte!
30. O
Enoch, mio sapiente maestro per Grazia e Amore dall’Alto, perdona le mie vane
chiacchiere, e scusa al morto la sua cecità! Il morto e il cieco sono io!
Amen!»
[indice]
La tigre
affamata
1. E
come Asmahaele ebbe finito il suo discorso, ecco che Adamo
si alzò e lodò molto Asmahaele, per aver dato prova di tanta umiltà, la quale
ha per fondamento maggiore sapienza di quanta ne avesse dimostrata Setlahem con
tutti i suoi figli; dopo di che egli si rivolse nuovamente ad Enos e Kenan e li
incaricò di invitare i figli del Mezzogiorno per l’imminente Sabato, affinché
essi “…volessero comparire prima ancora del levar del Sole al sacrificio
mattutino che noi dobbiamo e vogliamo offrire a Jehova, e che anche gli
offriremo!”
2. E
subito i due fecero secondo l’ordine ricevuto. Poi i figli portarono bevande e
cibo ai padri della discendenza principale; e questi presero quanto loro venne
offerto, mangiarono e bevettero e diedero da mangiare e da bere pure ad
Asmahaele.
3.
Quando però la tigre vide i padri della discendenza principale mangiare e bere,
si dimostrò inquieta e cominciò a spalancare rabbiosamente le fauci e a
sferzare la coda intorno a sé.
4. E
allora Adamo disse ad Enoch: «Caro Enoch, guarda
un po’ come si agita l’animale. Che può voler dire ciò? Vedi di farlo stare
tranquillo, altrimenti non sarà buona cosa proseguire il viaggio con esso!
Amen!»
5. Ma
Enoch si alzò subito e disse: «Pensate forse,
che simili animali possano nutrirsi di aria, o che vogliano mangiare l’erba?
Certamente no; tutto ciò è contrario all’ordine stabilito per loro! Esso non fa
che domandare cibo; portate dunque tre animali impuri, affinché possa
saziarsi!»
6.
Allora furono immediatamente condotti là tre caproni, ed Enoch disse ad Asmahaele: «Ecco qui del cibo per
l’animale che ti porta! Scendi e presentaglielo per suo nutrimento e come segno
che tu porti al guardiano la tua impurità dalla pianura perché venga divorata!»
7. E
Asmahaele fece anche subito come Enoch, alla presenza dei padri, gli aveva
consigliato.
8. Ma
quando Asmahaele ebbe presentato i tre caproni all’animale, questo non li toccò
affatto, bensì li cacciò via da sé con la coda e cominciò a ruggire
terribilmente.
9. E
tutti furono colti da spavento, eccetto Enoch, il quale non aveva ancora
mangiato nulla del cibo offerto, mentre, in compenso, si ristorava nel proprio
cuore con il Mio amore e così si rinvigoriva molto bene.
10.
Però Adamo, rivolgendosi di nuovo ad Enoch, gli
disse: «O Enoch, vedi bene di non ingannarci, dato che l’animale respinge il
cibo che tu hai fatto venire! Se lo puoi, prendi consiglio su cosa si debba
fare, perché comincio a temere per Asmahaele! Vedi come s’impenna orribilmente
e quali tremendi ruggiti manda, mentre il suo aspetto è tanto furioso che
sembra volerci divorare tutti! Trova quindi consiglio ed aiuto, se vuoi e se
puoi!»
11.
Ma Enoch allora si avvicinò immediatamente
all’animale e così l’apostrofò: «Calmati, poiché comprendo molto bene il tuo
atteggiamento; tuttavia, affinché anche questi altri lo possano comprendere, ti
sia sciolta la lunga e larga lingua! Rendi dunque manifesta la tua ragione e dì
loro cos’è che ti induce a tenere un tale spaventoso atteggiamento!»
12. E
l’animale allora si fece innanzi risoluto in
mezzo ai padri, e dalle sue fauci spalancate fece udire distintamente le
seguenti parole:
13. “Udite, uomini
dall’udito ottuso e dalla vista nulla! È perfettamente vero che la fame mi
tormenta già in ogni mia fibra, non avendo per tre giorni potuto andare a
caccia di qualche cibo, e perciò, nella mia miseria, divorerò anche il
nutrimento impuro che mi è stato offerto, però tale cosa non mi era possibile
finché non mi fosse stata data la possibilità di rendervi attenti tutti, ad
eccezione di uno, su come sia per voi disdicevole ed ingiusto in altissimo
grado accostare alla bocca i doni di Dio prima di aver invocato, dal santo
Donatore, la benedizione del cibo ed averLo poi ringraziato in tutta umiltà e
amore per un simile grande e duplice dono.
14. Non sapete voi,
stolti e ciechi che siete, che sulla Terra non cresce più nessuna erba pura,
tale da servire da alimento agli immortali, affinché non deperiscano?
15. Dunque, non
dovrebbe esserci per voi desiderio più ardente di quello che il grande e santo
Donatore avesse ogni volta a purificare per voi e a benedire qualsiasi cibo,
per il benessere della vostra vita?
16. Oh, vergognatevi
voi, i più prossimi testimoni dell’Onnipresenza dell’Altissimo! Voi siete
chiamati a testimoniare di Lui e siete capaci di dimenticarLo, quando
maggiormente di Lui dovreste ricordarvi!
17. Oh, com’è
ingrata la vostra libertà piena di vita e come soltanto di parole è costituito
l’amore che voi Gli portate, se perfino io, che sono una fiera feroce, mi sento
pervasa dal più giusto sdegno nel dover constatare una tale empietà da parte
dei figli di Dio! Voi vorreste maledire la pianura, mentre nelle stesse vostre
profondità si tiene celata tanta ingratitudine al punto che perfino voi
porterete corporalmente nella pianura la massima fra le sue sciagure, qualora
nei vostri cuori non vi occuperete di più per gli atti di ringraziamento e per
il vero amore!
18. Secondo voi, io
dovrei inghiottire l’impurità portata da Asmahaele? Allora vi dico e vi
consiglio questo: ‘Ponete piuttosto sui caproni l’impurità del vostro cuore
ingrato, affinché io divenga non solo il portatore di Asmahaele, ma piuttosto,
pure, quello della vostra grande ingratitudine!’
19. E ora, oh
Asmahaele, fa’ come ti hanno consigliato i padri; portami qui i caproni ed
aggravali della maledizione, affinché i padri pentiti possano abbandonare
purificati questo luogo ed io e te pure con loro; così sia!»
[indice]
L’essenza
della verità e dell’amore
17 marzo
1841
1.
Quando però i padri ebbero inteso tali parole miracolose provenienti dalle
fauci dell’animale, vedi, inorridirono enormemente e si batterono il petto;
deplorarono il loro errore e Mi promisero solennemente, nel loro cuore, di non
toccare più per quel giorno né cibo né bevanda. Per mezz’ora essi implorarono
nei loro cuori il Mio perdono e all’infuori di Enoch nessuno si azzardò a
levare gli occhi da terra.
2. E
proprio in questo tempo la fiera ebbe l’opportunità di consumare il suo pasto,
al quale scopo si era ritirata alquanto da parte. Quando essa ebbe divorato i
tre caproni, fece subito ritorno, spiccò alcuni salti fino ad una vicina
sorgente e là si rinfrescò i denti e la lingua, affinché ne venisse ammansito
il suo furore e calmata la sua sete di sangue.
3.
Dopo di che essa si avvicinò nuovamente ad Asmahaele e parve volergli offrire
ulteriormente i suoi servizi.
4. Enoch però, guardando i padri, chiese a bassa voce ad
Adamo se egli aveva ancora qualche desiderio, oppure se ci si doveva disporre
alla partenza.
5. E Adamo, con la sua voce senile ancora tutta tremante,
gli rispose: «O Enoch, vedi, l’angoscia ha infiacchito le mie membra, tanto che
non posso più sollevarmi e, come vedi, similmente è accaduto pure alla madre
Eva e tuttavia abbiamo il dovere di partire in direzione della Sera! Ma come
potremo fare per proseguire il viaggio?
6. E
vedi, caro Enoch, neanche gli altri si trovano in condizioni molto migliori
delle mie! Prendi dunque consiglio dal tuo amore per Dio riguardo a quello che
ci sarà da fare, poiché, in verità, sento profondamente l’empietà della nostra
tiepidezza, ma altrettanto profondamente sento anche la debolezza delle mie
membra!
7. O
verità, verità, quale terribile potenza risiede in te! Questa fiera è una
fedele immagine della tua durezza. Tu non risparmi nessuno, possa essere il
primo o l’ultimo abitante della Terra! Per te tutte le età sono uguali. Tu
colpisci i padri assieme ai loro figli e non risparmi neppure la loro debole
madre. Tu premi i nostri capi a terra ed infiacchisci le membra fino a renderle
inutili. Dov’è, all’infuori di Dio, un essere ancora capace di reggere tutto il
carico del tuo peso?
8. O
mite, dolce e santo amore! Se tu, quale la più santa benedizione della Vita di
Jehova, non vai a braccetto con la verità, oh, allora il riconoscimento della
verità pura ed isolata a sé è davvero una morte per gli uomini!
9. O
figli, non cercate, d’ora innanzi, mai più nessuna verità in quanto tale, bensì
unicamente e solamente l’amore! E quel tanto di verità che questo amore recherà
con sé sarà pure giusto per l’uomo e vantaggioso per la sua vita.
10. A
chi però il Signore donerà più verità che amore, costui, alla fine, ne rimarrà
schiacciato, o il Signore stesso dovrà farsi per lui portatore dell’immenso
peso della verità.
11.
Insegnate perciò anche voi, in futuro, a tutti i vostri figli la verità
nell’amore e ai fratelli l’amore nella verità!
12. E
ora, o Enoch, fa’ quanto tu puoi e pensa e odi e vedi quello che la verità
cruda e nuda ha fatto di tutti noi! O Enoch, unisci la tua preghiera alla mia,
affinché la sera non abbia a sorprenderci qui! Amen!»
13. Enoch, però, nel suo cuore si rivolse a Me e dal suo
petto salì una tacita invocazione, che così diceva: ‘O Tu, amorosissimo Padre di tutti gli uomini, che sei grande e santo e
che sei il Creatore onnipotente, il Dio infinito, eterno e santissimo! Guarda,
in grazia, noi, poveri e deboli vermi nella polvere, e guarda noi dalle Tue
altezze incommensurabili di grazia e nell’infinita pienezza del Tuo Amore
considera la nostra immensa debolezza. Noi, annichiliti dalla grande potenza
della Tua Verità, languiamo al cospetto della Tua Dolcezza paterna!
14. Oh, concedi che noi possiamo rialzarci dal
duro suolo della Terra con le membra di nuovo rinvigorite e di animo lieto, e
guidaci secondo il Tuo santo Volere là dove la Tua Grazia e il Tuo Beneplacito
ritengono opportuno; e non permettere che i padri vadano incontro ad un qualche
dolore, ma fa’ invece che noi tutti possiamo procedere continuamente nel Tuo
Amore e nella Tua Grazia!
15. O santissimo Padre, esaudisci la mia
silenziosa preghiera e le mie suppliche! Amen!’.
16. E
dopo che egli ebbe proferito tali parole nel suo cuore colmo d’amore e di viva
fiducia, vedi, egli percepì subito in sé una voce
possente, dolce e santa, che gli disse:
17. «Ascolta, o
Enoch! Io ho ben inteso la tua supplica ed ho esaudito la tua preghiera!
Avvicinati ai tuoi padri, reca loro una consolazione colma della benedizione
dalla Mia grande Misericordia e assicurali sulla Mia Promessa. Poi sorreggili,
ed essi tutti, riacquistato nuovo vigore, si leveranno agili come giovinetti e
con grande vivacità si accingeranno a compiere il cammino che ancora rimane
loro da percorrere, secondo la Mia Volontà!
18. Tuttavia non
lasciare che l’animale entri nella dimora di Adamo, né che calpesti il terreno,
bensì, a viaggio compiuto, lascia che esso faccia in pace ritorno al luogo di
sua destinazione.
19. E ora va’ e fa’
quanto ti è stato comandato, ed educa lo straniero Asmahaele in Onor Mio. Amen!
Ascolta in tutto amore. Amen!»
[indice]
La causa del
timore
1.
Allora Enoch Mi ringraziò subito in cuor suo per
il dono di un così abbondante pane proveniente dalla vera Casa paterna, si recò
poi in mezzo ai padri e cominciò a indirizzare loro le seguenti parole
consolatrici ispirate da Me, dicendo:
2. «O
padri diletti, il Padre santo e Signore di ogni potenza, nella Sua grazia ci ha
concesso che si verificasse un piccolo prodigio di carattere insolito, e ciò
per destarci dal sonno della nostra abituale tiepidezza. Egli sciolse a un
animale la lingua, che altrimenti sarebbe rimasta muta in eterno, e fece
scorrere fuori dalle sue fauci non abituate alla parola soltanto una
minimissima scintilla della verità eterna. Noi intendemmo questa minima
scintilla dal greve contenuto e ne inorridimmo, quasi ci fossimo trovati
d’improvviso all’inesorabilissimo cospetto di un tormentoso ed eterno
annientamento!
3.
Oh, la vana paura e la semidisperazione! Ma, ditemi, cari padri, colui che
veramente ama, cosa può temere?
4.
Non è dunque il vero e disinteressato amore per Dio la mano protettrice del
Padre santo, posta sul nostro cuore, dinanzi alla cui potenza tutto l’infinito
s’inchina, tremando, obbediente e riverente, fin nelle sue più riposte
fondamenta?
5.
Quel dito di Dio, che è parte della Sua mano, la quale ci sorregge e difende,
non porta tutta quanta intera l’incommensurabile vòlta dell’infinità con tutte
le sue innumerevoli stelle, il Sole e la Luna e noi restiamo quasi immoti e
sfiniti per un piccolo avvenimento insolito, mentre, di gran lunga, avremo
maggior diritto di diventare deboli e di rimanere sbigottiti se volessimo
riflettere un po’ su noi stessi e su come questo inaudito prodigio della
capacità di parlare ci appartiene ininterrottamente, tanto che non esiste quasi
più oggetto visibile al quale noi non saremmo in grado di dare più di mille
nomi?
6.
Oh, vedete, questo non ci meraviglia affatto e noi non diventiamo affatto
deboli, quando ci scambiamo l’un l’altro delle parole!
7. Ma
se dunque i prodigi infinitamente maggiori, considerata la nostra capacità d’intendimento,
non hanno il potere di renderci deboli, oh, com’è stolto diventare impotenti
all’udire la voce di un grillo! Ascoltate: – in questo caso fa capolino molto
più il timore servile che non il vero amore vivente!
8. Ma
è davvero possibile che chi è completamente vivo sia colto da brividi al
cospetto della morte, oppure che, sopraffatto da debolezza, arretri dinanzi a
lei tremando?
9. In
verità, se il vivente trema dinanzi alla morte, è segno che egli stesso porta
ancora in sé poderose tracce di morte!
10.
Non è stato posto l’uomo a signore di tutte le creature nell’immenso universo?
Dunque che cosa è avvenuto di lui che ora indietreggia spaventato dinanzi al
ronzio di un moscone, come se Dio avesse già tenuto a suo carico un mezzo
Giudizio?
11. O
cari padri! Io so qual è la causa di ciò, la quale non è come voi credete, la
caduta originale del primo padre e della prima madre – perché questa, per se
stessa, fu soltanto una conseguenza – bensì la causa è questa: – l’uomo, nella
sua libertà, comincia a stimarsi grande e potente e poi, in questa stolta e
immensa presunzione, si va smarrendo così da persuadersi che soli e mondi
pendono da ciascun suo capello. Ma quando poi l’amorosissimo Padre viene a
destare il figlio, che stoltamente dorme e sogna, mediante una qualche goccia
rinfrescante e piena d’amore, di misericordia e grazia, allora questo stesso
figlio apre improvvisamente gli occhi, riconosce la propria debolezza e
nullità, e scoppia in lacrime, quando scopre che non è altro che un debole
fanciullo.
12.
Però, quando scorge suo padre, forte e robusto, allora si rallegra e corre a
lui con tutto l’amore, lo accarezza e lo prega di dargli del pane. Ora, dove
sono il padre e la madre che vorrebbero respingere da sé i loro prediletti?
13.
Ma se il fanciullo è caparbio, il padre sa come punirlo, affinché divenga
mansueto; e qualora il fanciullo non volesse proprio lasciarsi mai destare del
tutto, vorrà allora il padre forse lasciare intentato sia pure un solo mezzo
per ottenere di ridestare il figlio alla vita?
14. E
quando il figlio avrà di nuovo aperto gli occhi e guarderà sorridente il padre
preoccupato, il padre non se ne rallegrerà di più che non per gli altri cento
figli che saranno rimasti sempre svegli?
15. O
cari padri! Oh, vedete quanto è vano il vostro timore e la vostra debolezza!
Ridestatevi nell’amore e guardate come il gran Padre, amoroso e santo, vi sta
vicino, pieno di amorevoli cure. E guardate anche come ansiosamente Egli è in
attesa che vogliate innalzare a Lui i vostri sguardi d’amore!
16. Oh,
destatevi! Per noi Egli non è un Padre lontano, bensì molto vicino e colmo
d’amore, di dolcezza e di pazienza!
17.
Se anche ora siete infiacchiti dal sonno ed esauriti dal sogno, destatevi
completamente e sarete rinvigoriti, così da balzare come cerbiatti dalla gioia!
Oh, destatevi, dunque, nell’amore al Padre! Amen!».
[indice]
La gioia dei
primi padri nel Signore
1.
Dopo aver finito tale discorso, Enoch Mi ringraziò nuovamente nel proprio cuore
e, distese le mani, prese i padri sotto le braccia, mantenendo anche durante
quest’atto l’ordine di anzianità. E vedi, ben presto tutti i padri si alzarono
da terra lieti, agili e perfettamente rinvigoriti; Mi ringraziarono oltre
misura per tale grazia e glorificarono ad alta voce il Mio Nome. Anzi, la loro
esultanza fu così grande da doverne manifestare l’esuberanza con dei salti di
gioia, e neppure Adamo ed Eva fecero eccezione. Set
poi, per il grande giubilo, sembrò perdere quasi ogni freno e spiccava dei
salti tanto più alti quanto più gli concedevano i piedi.
2.
Però, durante questo suo sfogo di gioia, avvenne che egli cadde e si fece un
po’ male al ginocchio destro, così che non poté più continuare i suoi salti. E subito
egli si turbò, perché ritenne quella una punizione, e perciò egli si rivolse
immediatamente a Me e così parlò nel suo cuore:
3. ‘Oh Signore, Padre immensamente buono e
santissimo di tutti noi! Guarda, in grazia, quaggiù a me, povero, debole e
infermo. Vedi, io ero lieto oltre ogni dire nel Nome Tuo, e nell’eccesso della
mia gioia sono caduto!
4. O Padre santo, amorosissimo e immensamente
buono! Aiutami a rialzarmi, poiché d’ora innanzi non vorrò mai più rallegrarmi
con i piedi, ma invece altrettanto di più nel cuore ed altrettanto di più,
pure, Ti loderò e glorificherò piuttosto con la mia bocca, mentre i miei piedi
li userò secondo la Tua Volontà e le mie mani secondo il Tuo compiacimento, ma
per questa volta soltanto togli dal mio ginocchio il dolore, o Padre santo,
amorosissimo e immensamente buono! Oh, esaudisci la mia preghiera! Amen!’
5.
Allora egli immediatamente percepì una grande Voce
che gli parlava così nel suo cuore: “Ascolta, o Set! Rallegrati sempre nel Mio Nome;
rallegrati di tuo Padre e giubila di tutto ciò che in qualsiasi maniera può
innalzarti a Me! Però, facendo ciò, tralascia ogni fatica del corpo che non
giova a nulla, ma rallegrati nel silenzio del cuore! Allietati nella vita
perché hai trovato la vita, ma non mescolare mai nelle gioie della vita quello
che è proprio della morte; così facendo non avrai mai da soffrire danno né nel
corpo né, meno ancora, nella vita dello spirito fuori dal tuo e dal Mio Amore
contemporaneamente!
6. Ricordati bene
queste cose e vedi di assimilarle il più profondamente ti sarà possibile nella
vita; in tal modo il tuo gaudio non avrà mai più fine, e ora alzati e cammina
lieto nel Mio Nome! Amen!”
7. Ma
quando Set ebbe inteso tutto ciò in sé con tutta chiarezza e precisione, si
diede a versare lacrime di gioia e ad alta voce Mi ringraziò per tale Grazia
inattesa.
8.
Però tutti gli altri ora si accorsero che a Set era accaduto qualcosa di
speciale e tutti, ad eccezione di Enoch, si meravigliarono dell’improvvisa
tranquillità di Set e del suo straordinario umore lieto.
9. A
Set, però, non sfuggì quanto avveniva nell’animo degli altri e pregò che non
volessero turbarlo con domande nella sua gioia per il ritrovamento della vita
da Dio, poiché la sera essi ne sarebbero venuti a conoscenza in sé per opera
dall’Alto.
10.
Allora Adamo si rivolse ai figli, Mi ringraziò,
li benedì tutti, e benedì pure i figli del Mezzogiorno, nonché il loro paese; e
poi disse:
11.
«E ora, figli, ringraziate il Signore, e disponetevi a proseguire il viaggio in
direzione della Sera, restando invariato l’ordine di prima: – Asmahaele nel
mezzo fra me ed Enoch, montato sull’animale delle verità! Amen!».
[indice]
La partenza
dei patriarchi in direzione dei figli dimoranti verso Occidente
22 marzo
1841
1.
Allora tutti si misero subito in ordine secondo la volontà di Adamo, e si
accinsero a proseguire il viaggio verso i figli che dimoravano verso la Sera.
2. E
ciascuno Mi offrì il proprio cuore e in silenzio Mi lodò, sia chi partiva, sia
i figli del Mezzogiorno che rimanevano.
3. E
i figli del Mezzogiorno che rimanevano, s’inchinarono dinanzi ai genitori della
discendenza principale e li ringraziarono per tale lieta ambasciata, e
glorificarono il Mio Nome e lodarono il Mio Amore oltre ogni dire, e furono colmi
di gioia per la Mia grande Misericordia.
4. E
vedi, in tali buoni rapporti i primi uomini della Terra si congedarono qui dai
loro figli.
5. In
quel tratto di paese che andava dal Mezzogiorno fino alla Sera, la via da
percorrere era qualcosa di immensamente grandioso, bene inteso soltanto dal
punto di vista umano! Era cioè, al massimo grado, quello che voi intendete con
l’espressione “romantico”.
6.
Data la grande rarità della cosa, quale attualmente non è più riscontrabile in
nessun luogo, Io voglio prospettarla un po’ più da vicino dinanzi ai vostri
occhi. Annotatevela, dunque, ed imprimetevela bene nel cuore!
7.
Questa regione, attraverso la quale correva il sentiero che conduceva in
direzione della Sera, appariva così: – raffiguratevi sette formazioni coniche
di color grigioazzurrastro, disposte in una linea, ciascuna alta settemila
piedi e del diametro di un settimo di miglio alla base! E pensate che questi
coni erano situati l’uno vicino all’altro così come se qualcuno li avesse
collocati in fila, in modo tale che essi si toccassero l’un con l’altro alla
base!
8. Ma
come i sette coni appaiono schierati su di un fronte, così – immaginatevelo! –
dietro a ciascun cono ne sorgono ancora altri dieci, di dimensioni sempre decrescenti
e dalla colorazione più svariata. Dalla vetta di ciascun cono sprizza un getto
d’acqua sorgiva purissima. Davanti al fronte principale, ad una distanza di
circa cento tese, corre una strada dritta ad un’altezza di mille piedi dalla
base dei coni, che passa lungo il dosso di una montagna la cui parete
settentrionale è riccamente coperta da bellissimi cedri, palme, pioppi e
platani. Dalla parte meridionale invece, all’infuori dei già menzionati ammassi
rocciosi a forma di cono e con i loro immensi spruzzi rumoreggianti come
cascate d’acqua, altro non colpisce l’occhio se non un terreno pietroso e nudo,
sul quale, soltanto qua e là, si mostra un po’ di erba magra e dei muschi.
9.
Ebbene, questa è in brevi cenni la descrizione della via che conduceva dal
Mezzogiorno alla Sera! Immaginatevi ancora, in aggiunta, l’effetto
indescrivibile che era provocato dai raggi del Sole che si rifrangono in
innumerevoli arcobaleni, e poi anche la magnificenza della svariatissima
colorazione delle serie di coni più piccoli che si offrono alla vista
attraverso i vani aperti tra un cono della fila di fronte e l’altro, e voi
avrete in breve tutto quanto vi occorre per rappresentarvi, in maniera
abbastanza chiara, l’impressione che faceva una simile escursione in montagna nella
direzione verso la Sera.
10.
Anche questa via era una fra le predilette da Adamo. Egli passeggiava qui
particolarmente volentieri nelle giornate molto calde, perché vi spiravano
sempre fresche brezze, e oltre a ciò, già nei primi periodi della sua vita, lo
spettacolo di un tale paesaggio aveva sempre suscitato in lui un entusiasmo
immenso. Quando ritornava da una simile passeggiata, egli s’intratteneva con i
suoi figli con parole nobili ed elevate riguardo al Mio Amore, alla Grazia,
alla Sapienza, alla Misericordia, alla Santità, alla Grandezza e alla Potenza,
e anche perciò egli chiamava questa via ‘la contemplazione delle sette potenze
dall’eternità del grande Dio Jehova’.
11.
Quando dunque i padri ebbero raggiunto questa via, ed erano arrivati a poco a
poco dirimpetto al cono mediano, Adamo fece un po’ arrestare la marcia, per
potersi godere un po’ quel meraviglioso spettacolo naturale.
12. E
subito tutti i figli si sedettero a terra e si deliziarono al possente e muto
pulsare della morta e pur fremente natura.
13.
Ma, dopo una breve pausa, durante la quale il pensiero fu, bene inteso, rivolto
a Me, Adamo si rivolse ad Asmahaele e gli
chiese: «Asmahaele, dicci quali pensieri suscita in te questa scena e se essa
ti piace!».
14.
Ed Asmahaele, volgendosi con il massimo rispetto ad Adamo, così rispose: «O
padre dei padri della Terra! Tu chiedi qui al debole una cosa che pure al più
forte appare già troppo grandiosa e copiosa. Tuttavia, se considero le colonne
appuntite che si ergono alte con i ripidi fianchi di roccia di colore azzurro
bagnati dalle acque, colonne plasmate dal dito possente dell’eterno Dio, allora
nel cuore mi sorge un pensiero: “Per i
grandi, il grande non è grande, e per i piccoli il grande è inutile!”. Che
cosa può il moscerino trarre fuori dai monti? E le dita dell’uomo, a che
giovano alla mosca?
15. E
se io osservo questa grande e possente scena, o padri dei padri della Terra, mi
appare assai chiaro che il grande può giovare soltanto ai grandi, e invece
conviene che la mosca si mostri contenta di quel paio d’ali leggere e ronzanti,
che le furono donate!
16. O
padri, voi grandi e potenti figli dell’Altissimo! Per voi sono state formate
cose così grandi, così splendide dal dito possente di Dio; voi potete
comprenderle, usarle per vostro vantaggio e lodarle; per me i monti poggiano
sul dorso della mosca.
17. O
padri dei padri della Terra, in ciò che vi ho detto, si compendia tutto quello
che io potevo dirvi. Oh, se voi lo potete, insegnatemi come si debba
comprendere nello spirito una tale grandezza di cose! Amen!».
18.
Quando però Adamo ebbe intese queste
espressioni, tanto umili e modeste, se ne rallegrò moltissimo e disse,
rivolgendosi agli altri:
19.
«O diletti figli, ascoltate! Asmahaele comincia a sembrarmi come un campo da
lungo tempo non toccato dall’aratro, che durante l’epoca del riposo non ha
bensì portato frutto perché era un campo, per l’appunto, abbandonato, ma se sul
suo terreno viene seminato un buon seme e viene profondamente collocato nei
solchi, allora su di un simile campo, in breve tempo, farà bella mostra di sé
il frutto centuplicato.
20.
Questa è l’impressione che a me fa Asmahaele, poiché non sono trascorsi neppure
due giri d’ombra completi (circa due ore) da quando si trova fra noi,
ma, in verità, eccezion fatta per noi soli, egli potrebbe senz’altro confondere
tutti i figli delle alture!
21.
Udite, cari figli! Se quei miseri che dimorano nella pianura somigliano tutti
quanti in qualche modo ad Asmahaele in fatto di fertilità, allora sarebbe
proprio un vero peccato che noi non venissimo loro in aiuto!
22.
Perciò, una volta ritornati nella nostra capanna, ci consiglieremo, con la
potente assistenza di Dio, per vedere cosa si dovrà fare a tale riguardo.
23.
Il Signore, però, voglia preservarci da qualsiasi atto arbitrario! Amen!»
[indice]
Il ringraziamento di Asmahaele
1. E
quando Asmahaele udì tali parole dalla bocca di
Adamo, egli ne fu commosso fino alle lacrime, con gli occhi levati al cielo
esclamò:
2. «Oh,
se fosse possibile salvare i poveri, i poveri fratelli uccisi, oh, davvero, io,
non come una mosca ma come un possente avvoltoio vorrei volare velocissimamente
laggiù nelle pianure per avvincervi tutti i fratelli, i miseri, i morti alla
luce e alla verità, per poi portarli, più ancora velocemente del pensiero,
tutti quanti quassù; perché essi potessero vedere e stupirsi con me in che modo
veloce e sublime sulle alture sacre i possenti figli del Signore, ammaestrando
in modo saggio, svelino ai deboli e ai morti le cose più colme di prodigi e
mostrino in possenti forme costituite da sante parole la dimora della vita
nell’uomo, e in modo ancora più possente di tutto questo, essi vanno indicando
il Signore, il potentissimo Creatore dei mondi e dei soli, quale Padre degli
uomini!
3.
Oh, se ciò fosse possibile!
4. O
padri dei padri della Terra, spesso l’occhio, nel guardare stupito agli
infiniti spazi della splendente Creazione, neanche mai vede l’insignificante
granello di polvere, eppure una volta che questo insignificante granello,
portato dal vento, è caduto nell’occhio di colui che guarda, allora il grande (uomo)
comincia a strofinarsi l’occhio dolorante, e cerca di liberarsi da ciò che
gli chiuse la vista col fastidio e col bruciore! E così il fratello non di rado
dice al fratello:
5. “Oh, vieni, e cerca di togliermi questa cosa
minuscola e fastidiosa dall’occhio!”. E quando il fratello l’ha scorto,
sepolto nell’occhio del fratello che lacrima, esclama: “O fratello, ora è innocuo il minuscolo nemico che ti ha offeso
l’occhio! Ora giace sepolto nel flutto trionfante delle tue lacrime! Ben
presto, con tua gioia, le lacrime pietose ti libereranno dal piccolo nemico
temuto, poiché, non appena il granello è divenuto esso stesso lacrima, non ti
può più offuscare né impedire la vista per contemplare gli spazi splendenti
della Creazione eterna”.
6. O
padri dei padri della Terra, voi guardate nei pascoli infiniti delle luci
eterne, con occhi santi, ma laggiù, laggiù sulle pianure di tenebra dell’umana
miseria, imperversa un furioso uragano che non di rado solleva nei suoi vortici
la polvere nemica fino a qui, sulle sacre alture offuscandovi la vista!
7. Se
la polvere vi causa dolore, oh, lasciate che una lacrima pietosa l’afferri e,
pazienti, attendete fino a quando la polvere stessa sia convertita in lacrima
grata!
8.
Oh, perdonate me, povero e debole! E se anche la mosca non può ruggire al pari
delle tigri e dei leoni, tuttavia anche il suo lieve ronzio vi esprime
dimostrandovelo: “O padri dei padri della
Terra, pure io sono sorta dalla potente mano del vostro Padre santo; concedete
dunque, voi grandi, uno sguardo pietoso anche a me, debole”. – Lo avete
sentito? Amen!»
9. Ma
Adamo, estremamente lieto delle belle parole di
Asmahaele, disse: «Io ho inteso bene i tuoi giusti sospiri e conosco molto bene
la mala polvere delle pianure, questo grande nemico di ogni contemplazione
interiore; tuttavia prima di dare inizio a una qualche buona azione in questo
senso, è bene che venga indagata con precisione quale sia la Volontà dell’immenso
Signore. Poiché, da parte nostra, non deve mai venire intrapreso niente, senza
prima ben conoscere la Volontà dall’Alto; perciò attendiamo ancora un breve
tempo ed oggi stesso verrà deciso quale sarà stata la risoluzione del grande
Signore, sopra le stelle, riguardo alle pianure dell’abominio e ciò sarà la
cosa migliore. E sia che questa decisione sia favorevole o contraria, comunque
venga sempre adempiuta nella maniera più scrupolosa la Sua santissima Volontà!
Amen!»
10.
Ma ben presto si alzò pure Set, e disse ad
Adamo: «Caro padre! Come è avvenuto nella tua grotta, non sarebbe opportuno che
qui Enoch ci desse una breve spiegazione di questo mirabile paesaggio? Vedi, io
avrei una brama intensa di saperlo! Quante volte ci ho riflettuto; tuttavia
altro non mi è riuscito di ricavarne una volta per sempre, se non quello che
gli occhi vedevano e che i miei orecchi udivano, cioè queste vette rocciose che
sembrano arrivare al cielo, nella loro uniformità e con i loro meravigliosi
getti d’acqua, i quali, dispersi in innumerevoli perle liquide, precipitano
fragorosamente a terra scorrendo giù per le ripide pareti e che, per effetto di
questo armonico fragore, incantano l’orecchio in maniera prodigiosa.
11.
Ti piaccia dunque di concedere che Enoch riveli a tutti noi il vero significato
di questi fenomeni. Amen!».
12. E
Adamo, acconsentendo di buon grado e lietamente
alla richiesta di Set, rispose: «O Set, tu mi hai prevenuto! Poiché tale era
già da lungo tempo il mio desiderio; sia fatto dunque secondo la tua brama! E
tu, diletto Enoch, voglia porgere ai tuoi padri assetati un sorso fresco e
ristoratore fuori dal tuo amore, secondo il mio desiderio e quello di Set!
Amen!»
13. E
vedi, allora Enoch si alzò immediatamente e
cominciò ad indirizzare ai padri le seguenti parole, oltremodo notevoli,
dicendo:
14.
«O padri! Nel grembo dell’infinità immensa di Dio certo vi saranno da ammirare
scene naturali più grandi e più meravigliose e indicibilmente più maestose di
queste vette di roccia in numero di sette volte dieci, con i loro getti
d’acqua, vette che si elevano dalla loro base a mala pena qualche migliaio di
altezza d’uomo, ciò che, tuttavia, non significa di gran lunga quello che è il
rapporto esistente fra noi e un minuscolo àcaro delle foglie, eppure è così che
un simile animaluccio è, nella sua specie, più grande di tutto questo intero
gruppo di vette rocciose, con le loro sorgenti!
15.
Ma poiché una simile scena, che appare tanto grandiosa, va predicando una muta
parola fuori dalla Sapienza del Padre amorosissimo e santissimo, ne consegue
che il senso soltanto è sublime e non lo strumento, muto e privo di vita,
ugualmente come anche una bocca non è più nobile di un’altra per il fatto che
essa ha proferito parole della più grande maestà, poiché la maestà è non già
nella bocca, bensì nella parola.
16.
Una cosa simile si verifica pure con questo spettacolo naturale. Quanto c’è di
nobile non sta nel fatto che esso rappresenta una cosa in sé nella quale, per
le vie della rispondenza spirituale interiore, noi possiamo riconoscere i sette
spiriti o le sette potenze di Dio, e neppure nel fatto che ciascuna di queste è
colma dell’acqua vivente della Grazia la quale si riversa continuamente sul
magro terreno della nostra anima e tuttavia questo non porta maggiori frutti del
terreno sempre annacquato ai piedi di questi coni di roccia, né nel fatto che i
dieci coni, che s’innalzano dietro a quelli della fila di fronte, rappresentano
i sacri doveri dell’amore i quali sono sempre gli stessi, perché, propriamente,
anche i sette spiriti non sono che uno spirito soltanto, come testimonia
l’identica altezza, l’identica tinta, l’identica forma, l’identica massa,
l’identica direzione, la stessa acqua e lo stesso armonioso fragore; bensì
quello che è veramente nobile e maestoso sta solamente nel riconoscimento che
possiamo trarne in noi stessi! Lo spettacolo, di per sé, invece, non ha che una
scarsa importanza!
17.
Così dice il Signore: “Sciogliete
anzitutto i prodigi nel vostro cuore; in verità, solo allora sarete concordi
con Me ed esclamerete: ‘O Signore, chi ha gustato anche una sola goccia del Tuo
Amore, costui, per il puro giubilo nel suo cuore a causa di Dio, proverà
disgusto per la Terra! Amen!’”»
[indice]
La debolezza
di Adamo
26 aprile 1841
1. E
dopo che Enoch ebbe finito questo discorso, s’inchinò con il massimo rispetto
dinanzi a tutti i padri e poi Mi ringraziò in cuor suo per la grande Grazia,
tramite la quale egli era stato di nuovo posto in grado di annunciare ai padri,
traendole da Me, tante cose puramente buone e vere.
2. Adamo però, alzatosi, disse: «Amen!», e proseguì poi
dicendo: «Mio amatissimo Enoch, questa volta scorgo ormai in maniera del tutto
chiara che le parole da te pronunciate adesso non sono sorte nel tuo corpo, ma che
è stato invece il Signore e Creatore onnipotente di tutti noi e nostro Padre
santissimo a portele prima fedelmente nel cuore!
3.
Perché, in verità, cari figli, qual è l’uomo che potrebbe, attingendo da sé,
rivelare con tanta evidente chiarezza ed efficacia questo gruppo di montagne in
tutto ciò che esso ha di meraviglioso, come l’ha potuto fare Enoch, per virtù
della potenza e della misericordia immensa dell’altissimo Dio?
4.
Ebbene, è la primissima volta che ti ho compreso tanto perfettamente, per così
dire, dal più profondo delle più riposte radici!
5. Ma
una sola cosa ancora non mi si presenta alla mente in tutta certezza ed
evidenza, e questa unica cosa è la seguente: – io non riesco ancora a
raffigurarmi bene in quale modo la santa Parola, che poi proferisci, la ricevi
in te e la odi ed immediatamente dopo l’annunci, tanto che essa suona come se
fosse parola tua, mentre il suo senso infinitamente alto sta visibilmente
addirittura in netto contrasto con ciò, sì, un contrasto tanto netto, come lo
sarebbe, rispetto alle montagne, una superficie d’acqua totalmente quieta,
sulla quale non si potesse scoprire neanche la minima increspatura.
6. O
caro Enoch, non oggi, ma in un’altra occasione più opportuna, purché sia
gradito al Signore, vedi di spiegarci e di dichiarare questa cosa a tutti noi,
affinché possiamo ottenere per mezzo di questo una norma interiore ed essere
così in grado di valutare in base a questo come e quando ciascuno di noi
potrebbe intendere in sé la santa Parola, o per se stesso o per tutti.
7. Io
però te lo ripeto: – non ora, bensì in un momento più conveniente! Ma per ora
ringraziamo tutti il Signore per averci reputati degni di un insegnamento tanto
alto, e poi ci disporremo a proseguire il viaggio, e precisamente nell’ordine
già conosciuto nel Nome di Jehova! Amen!»
8. E
tutti fecero, nel profondo più interiore del loro cuore, come Adamo aveva
comandato.
9. E
quando essi ebbero compiuto del tutto il loro rendimento di grazie, si alzarono
subito e si accinsero a rimettersi in cammino.
10.
Però, prima ancora che si fossero avviati, Adamo rivolse la parola a Set e gli
disse: «Ascolta, mio caro Abele-Set, io ho fame, le mie membra che tendono ad
infiacchirsi me lo dicono, ma conosci il voto che ho fatto al Signore in unione
a tutti voi, quando le fauci dell’animale ci fecero rabbrividire quasi tutti.
11. E
adesso cosa si dovrà fare? Io lo vorrei domandare ad Enoch, ma in verità qui è
la prima volta in vita mia che mi manca il coraggio di interrogare un figlio –
che per di più è un figlio dei figli! – riguardo a come dovrei fare per
combattere la mia fiacchezza senza venir meno al giuramento!
12.
Recati da lui, esponigli sottovoce il caso e chiedigli consiglio! Amen!»
13. E
subito Set si avvicinò ad Enoch e gli disse:
«Odi, caro Enoch, il nostro padre Adamo è stato colpito da una grave
spossatezza in tutte le sue membra! Egli avrebbe estremo bisogno di prendere
cibo, ma la solenne promessa fatta gli impone di non mangiare per tutta la
giornata d’oggi. Dimmi, se tu lo sai: “In
quale altro modo potrà il primo padre Adamo liberarsi dalla propria
fiacchezza?”
14.
O, caro Enoch, fa’ secondo ciò che è in tuo potere! Poiché, quantunque io pure
sia venuto alla vita, percepisco ora in me piuttosto una vita di debolezza e
non una vita di forza, per la qual cosa temo che diverrei per il primo padre un
ben debole sostegno!
15.
Tu, invece, di vita ne hai in grande abbondanza. Dunque, dai un consiglio o un
aiuto! Amen!»
16.
Allora Enoch si avvicinò immediatamente ad Adamo
e disse: «O padre, non lasciarti sopraffare dalla tentazione! È il Signore
stesso che concede che avvenga così, allo scopo di provare la forza del tuo
vincolo in te.
17.
Quando ancora tu non esistevi, il Signore ebbe il potere di chiamarti
all’esistenza, tanto che tu divenisti un libero uomo e uno spirito a Sua
perfetta immagine.
18.
Ormai tu, già da lungo tempo, sei un libero osservatore ed un accoglitore delle
emanazioni indicibili del Suo infinito Amore, della Sua Misericordia e della
Sua Grazia; come puoi lasciarti vincere dalla paura e tremare dinanzi alla
polvere caduca della carne, quando la morte di cui sono costituite le sue
membra ti ricorda che ad essere destinata alla vita in Dio non è la carne,
questa spoglia della vita esteriore che invecchia sempre più, bensì lo spirito
d’amore il quale costituisce la più vera e propria vita interiore?
19.
Lascia pure che la carne infiacchisca e, quando essa sarà diventata debole fin
dentro alla dimora della vita, allora questa tanto più facilmente e tanto prima
si riverserà nella sua integrità dentro tutta l’anima, e mediante questa
nutrirà anche nel migliore dei modi ciascuna fibra della carne per la futura
vita eterna.
20.
Infatti, allora lo spirito accoglierà in sé la vita della carne, e così la
morte non avrà più nulla da poter strozzare all’infuori di se stessa, cioè
della stessa vana carne.
21. O
padre, nella tua debolezza edifica sulla forza di Jehova; allora, nella tua
riacquistata forza, giubilerai nella potenza della vita ed esclamerai:
22. “O Signore, o Padre eccellente e santissimo!
Io non ero e Tu mi hai chiamato ad esistere, ed io fui in tutta la balda
pienezza di forza della vita lieta e serena proveniente da Te. A Te piacque
mettermi alla prova con un po’ di debolezza; io riconobbi, con la tua Grazia,
la nuova prova e Ti offrii nella mia spossatezza un sacrificio di amore
filiale. Ma Tu ora hai nuovamente guardato la mia stanchezza ed io vivo adesso,
nell’alto gaudio, una nuova vita, meravigliosamente deliziosa in Te, o Jehova!
Siano Tuoi in eterno ogni onore, gloria, lode e grazie!”
23. O
caro padre Adamo, tu che sei degnissimo di ogni venerazione! Credi a me, il
debole Enoch: – non trascorrerà un giro d’ombra (un’ora) ancora di questa giornata e tu sentirai le tue membra più vigorose di
quelle della forte tigre; però il patto che facesti devi mantenerlo! Perché il
Signore ha sempre in spregio il vacillare senza fede del cuore.
24.
Ma, intanto, permetti che ti accompagni fino al territorio della Sera e ti
aiuti a sorreggerti, e ben presto riconoscerai completamente la guida
meravigliosa del Signore! Amen!»
[indice]
L’aurea
norma delle scuole dei profeti
1. E
quando Adamo apprese queste parole consolatrici di Enoch, ritornò subito di cuore
lieto e sopportò con grande rassegnazione la sua crescente spossatezza e si
lasciò condurre innanzi da Enoch.
2. E
così la comitiva procedette bensì un po’ faticosamente, però sempre con
velocità ancora discreta. Durante tutto l’intero percorso di circa mezz’ora,
non venne più scambiata alcuna parola, ma invece ciascuno Mi supplicò di per
sé, in cuor suo, con tutto il fervore, affinché Io volessi rinvigorire e
mantenere Adamo. In modo particolare, poi, Enoch era colmo d’incrollabile
fiducia, e nel suo amore per Me faceva esatto calcolo che, con assoluta
certezza, Io non avrei mai smentito la sua fiducia inflessibile nella Mia
misericordia e nella Mia grazia.
3.
Infatti, anche se gli altri riconoscevano che a Me nessuna cosa è impossibile,
tuttavia dubitavano ancora della Mia Volontà, perché, in cuor loro, non avevano
ancora imparato la grande e libera arte di contare sulle solidissime vie del
puro amore e di valutare bene e giustamente la Mia Fedeltà, eterna e indicibile
sopra ogni cosa; arte questa, invece, nella quale il Mio diletto Enoch aveva
raggiunto già la massima capacità, e per tale ragione egli era anche
assolutamente e sempre sicuro dell’immancabile verificarsi di quanto, nel suo
giusto amore, si attendeva da Me.
4.
Egli perciò non era mai triste, né compiangeva nessuno quando vedeva accadere
qualcosa di spiacevole. Poiché il suo occhio riposava costantemente sul Mio
Cuore e così egli percepiva molto bene la guida misteriosa del Mio Amore, e
come essa, ricorrendo ad ogni mezzo – per quanto strano possa apparire – sa
sempre meglio di ogni altra guidare i figli nel modo assolutamente più adatto
ad acquistarsi la vita eterna. Anzi, nel calcolo del suo amore per Me, egli
andava tanto lontano da stabilire perfino con la massima sicurezza come, quando,
dove e perché qualcosa avrebbe dovuto verificarsi e a quale scopo. E così egli
fu, in un certo modo, anche il primo profeta della Terra e il fondatore
originario delle cosiddette scuole dei profeti, le quali si mantennero fino al
tempo della Mia venuta sotto umane spoglie sulla Terra e che consistevano
puramente ed unicamente nel fatto che i loro scolari, quasi già dalla nascita,
venivano allevati ed educati nell’amor Mio. Il mondo veniva loro raffigurato,
per indicarlo come solida base del Mio Amore, come un’immensa scuola in cui
tutti gli uomini, dopo un breve periodo d’isolamento da Me, devono, per impulso
proprio della loro vita interiore, pervenire a un’ardente brama di Me. Gli
allettamenti esteriori del mondo esistono solamente come tentazione, affinché
gli uomini debbano regolarsi da se stessi secondo il Mio Amore. E non appena
qualcuno, in seguito a ciò, non troverà più alcun compiacimento nel mondo, ma,
al contrario, unicamente nella sempre più crescente brama di Me, a lui saranno
ben presto dischiuse la vista e l’udito interiori, e allora, benché egli
permanga ancora vincolato al corpo mortale e seduttore, gli sarà di nuovo dato
di udire il Padre santo e pure di vederLo, di quando in quando.
5.
Allora lo Spirito dell’eterno Amore si riverserà in tutto il suo essere; egli
contemplerà ovunque il futuro, il presente e il passato. E l’approssimarsi
della morte del corpo lo colmerà di indicibile gioia, perché soltanto allora
egli comincerà a vedere, in maniera sovrumanamente chiara, che la morte del corpo
non è la vera morte, bensì soltanto un totale e perfetto ridestarsi alla vita
eterna.
6.
Tutto questo ed altro ancora, in strettissimo legame col Mio Amore, era
l’essenza vera e propria della scuola dei profeti, di cui, come già osservato,
Enoch fu il primo fondatore, secondo la Mia Volontà.
7. La
sua regola aurea, per mezzo Mio, rimase sempre il cardine e l’intimo fondamento
di tutte le scuole dei profeti. Ora questa regola diceva così:
8. “Non è possibile che tu creda che ci sia un
Dio, se tu non Lo hai già prima amato con tutte le forze del tuo cuore
filiale”. Chi asserisce: ‘Io credo in un Dio!’, ma non riesce ad amarLo, costui
è un morto mentitore e non ha alcuna vita, perché Dio è la Vita eterna stessa e
questa Vita è il Suo Amore. Ma come si può concepire la vita altrimenti se non
mediante la Vita? Considerato, però, che soltanto l’amore è la vita, che in Dio
è eternamente proveniente da Lui, e nell’uomo c’è tramite la Misericordia
proveniente da Dio, come può allora l’uomo sostenere che egli crede in Dio
quando invece va rinnegandoLo in mille maniere nel suo stato privo d’amore che
non è affatto vita, bensì solo una certa operosità della natura creata da Dio,
atta all’accoglimento della vita d’amore da Dio?
9. Per quanto un corpo umano abbia la possibilità
di muoversi a suo piacimento, non per questo può chiamarsi uomo, ma esso è così
costituito perché sia il portatore di un uomo in virtù dell’anima vivente,
alitata in lui; ma se quest’anima, provvista di corpo, non accoglie in sé la
vita d’amore da Dio, essa, nonostante ogni operosità e capacità dei suoi sensi,
è morta”.
10.
Questa era dunque la regola aurea. Che con essa e da essa col tempo ne siano
sorte anche delle altre, è certo così naturale com’è naturale che dal primitivo
amore, il quale a poco a poco presso i popoli si perse sempre più unicamente
nella fede, sorsero i dieci Comandamenti e tutti i Profeti, e da questi infine
di nuovo il puro amore, per mezzo Mio, verso di Me e di conseguenza verso il
prossimo.
11. E
così pure il sistema di vita, rigidamente ispirato alla rinuncia delle cose del
mondo fino al tempo del ricevimento dello spirito vitale d’amore, era una
conseguenza tratta da questa regola. Dopo questa epoca, l’ulteriore tenore
della vita terrena veniva certamente modificandosi conformemente alla libertà
interiore, seguendo la quale, poi, ciascun profeta viveva, procedeva e agiva.
12.
Dunque, in questo modo stavano le cose rispetto alle scuole dei profeti che,
come già detto, ebbero in Enoch il loro fondatore, in quell’Enoch che ormai
vediamo essere già felicemente arrivato, assieme al padre Adamo, presso i figli
che dimorano verso la Sera.
13.
Ma quale fu la meraviglia di tutti quando scorsero che Adamo, che procedeva al
fianco di Enoch e prima era tanto stanco, aveva d’improvviso riacquistato la
pienezza delle proprie forze!
14. Adamo stesso, però, era fuori di sé dalla gioia e fra
molte lacrime di contentezza Mi ringraziò per tale istantaneo rinvigorimento ed
infine esclamò, rivolto ad Enoch come pure a tutti gli altri:
15.
«O Enoch, o figli! Quale sorprendente magnificenza non risiede nel nostro Dio?
Quanto è buono, colmo d’Amore e di Misericordia! Egli, che non conosce alcuna
sofferenza, come pure nessuna imperfezione, Egli, il Dio santo, infinito,
eterno e potente sopra ogni cosa, può tuttavia creare, dalla Sua infinita
Perfezione, degli esseri imperfetti, ma non perché non Gli sia possibile
crearli perfetti – una tale supposizione sia ben lontana da noi – ma per
riversare, di eternità in eternità e gradatamente, in questi esseri imperfetti,
in virtù della Sua sconfinata Sapienza, sempre di più il Suo paterno Amore
fuori da tutte le Sue immense Profondità di Grazia e di Amore, e per dimostrare
loro che soltanto Egli è l’unico verissimo Padre di tutti gli uomini e di tutti
gli spiriti.
16. O
Enoch, o figli, questa cosa la scorgo soltanto ora in tutta la sua completezza!
Se non fossi stato colto da spossatezza, come avrei mai potuto percepire il
beneficio indicibile del rinvigorimento?
17.
Ma il Padre santo concesse che io divenissi fiacco e debole, per rendermi con
ciò maggiormente accessibile al Suo indicibile Amore! Oh, l’eccellente Padre,
quale non sarà poi la Sua Bontà verso coloro che non hanno mai peccato contro
di Lui, se già con me, che pure sono il più gran peccatore avendo peccato al
Suo cospetto, è tanto buono, colmo di Grazia e Misericordia!
18.
Oh, giubilate voi che siete poveri, poiché lo siete per ricevere tanto di più!
Gioite voi che siete deboli, perché lo siete per ricevere tanta più forza! E
voi che siete tristi, giubilate, poiché siete tali appunto per accogliere tanta
più gioia! Voi pure, che siete affamati e assetati, gioite, giacché voi avete
fame e sete per venire tanto più saziati! E giubilate anche voi, infine, o
spiriti ciechi, perché, vedete, il Signore ha fatto la notte affinché essa
abbia a percepire il bisogno del giorno! Chi avrebbe mai provato il bisogno
dell’esistenza del giorno quand’era giorno, se il Signore non avesse posto la
notte innanzi al giorno? O morte, se non fossi la morte, tu pure dovresti gioire,
poiché tu non sei sorta fuori dall’Ordine eterno per semplice causa di te
stessa! Chissà se il Signore non ti abbia fatta sorgere per trarre fuori da te,
forse un giorno, la vita suprema.
19.
In verità, in verità, dove il Signore dona, Egli dona, quale Padre, nella
misura del Suo Amore eterno; ma beato colui al quale il Signore toglierà
qualcosa, poiché egli la riavrà moltiplicata all’infinito dalla Mano
dell’eterno Padre!
20. O
Enoch, o figli! Io, il padre vostro Adamo, sono immensamente felice, perché il
Signore mi ha concesso una Grazia tanto grande da essere stimata maggiore della
mia intera vita!
21.
Ma tu, o Enoch mio caro, sii altamente benedetto; il tuo seme non perirà fino
alla fine di tutti i tempi; e alla fine di tutti i tempi il tuo nome sarà
conosciuto ai popoli della Terra come se tu stesso ti trovassi in mezzo a loro!
I futuri oratori del Signore esalteranno il tuo amore per il Padre presso i
loro figli, e tu sarai di esempio a tutti loro.
22.
Mai come ora tu hai dimostrato quanto sei affezionato al Padre, perché, se io
ho riacquistato il mio vigore, questo lo devo appunto al fatto che tu ami con
tanta potenza il Padre e che tanto confidi in Lui!
23.
Ma a Te, o mio gran Dio, Signore e Padre, vada ogni gloria, ogni onore, ogni
lode e tutti i nostri ringraziamenti, perché Tu solo sei degno di ricevere
tutto ciò da noi!
24.
Figli, lodate tutti il Signore, poiché Egli è buono, amorevole, colmo di Grazia
e di Misericordia!
25.
Vedi Enoch, il sentimento inesprimibile di gratitudine per Dio, che è in me,
quasi mi paralizza la lingua, tanto che mi è appena possibile proferire parola!
Dunque, siccome siamo già arrivati ai figli della Sera, disponi, in unione ad
Asmahaele, affinché siano avvisati che noi li attendiamo, e in modo tale che
siano invitati a venire qui per ricevere la benedizione e la sacra novella del
Sabato di domani. Tutto il resto lo apprenderanno e lo vedranno soltanto qui!
Amen!».
[indice]
I patriarchi
presso i figli dell’Occidente
3 maggio
1841
1.
Quando Adamo ebbe finito il suo discorso, nonché espresso il suo desiderio,
Enoch, benedetto da Adamo e in seguito al Mio tacito suggerimento, s’inchinò
ben presto ai padri, e così pure fece anche Asmahaele che, seguendo Enoch,
continuava sempre a rimanere in groppa sul suo portatore.
2.
Allora i due si affrettarono a recarsi dai figli della Sera, e là annunciarono
ad alta voce la presenza del loro primo padre Adamo, che li attendeva presso il
confine della regione occidentale. E quando quei figli ebbero appreso ciò, si
raccolsero assieme in tutta fretta, presero immediatamente con sé ogni tipo di
frutta e di altre provvigioni e, frettolosi e rispettosi, si avviarono insieme
ad Enoch ed Asmahaele dove si trovava Adamo. Quando essi giunsero vicino a lui
in gran numero, si prostrarono sulle loro facce e non osarono rialzarsi finché
Adamo, per mezzo di Kenan, non ebbe ripetutamente detto loro che, desistendo
dalle loro esagerate manifestazioni di rispetto, si levassero da terra al
cospetto dei padri per ricevere la benedizione di Adamo a giustificazione della
loro presenza e poi per ascoltare, con orecchio attentissimo, la sacra parola
d’invito alla festa dell’offerta e dell’olocausto, per la santa giornata del
Sabato che stava per giungere.
3.
Solamente allora essi si alzarono, colmi di spavento e d’angoscia, e si
atteggiarono come se la loro coscienza racchiudesse qualche piccolo verme
roditore che pareva non voler troppo arrischiarsi di uscire alla libera luce
del Sole.
4. A
questa constatazione Adamo rimase alquanto sorpreso; ed anche Set e gli altri
figli, ad eccezione di Enoch e di Asmahaele, non riuscivano troppo bene a
mettersi d’accordo nel giudicare tale enigmatico fenomeno e finirono
coll’ammutolire nelle loro supposizioni.
5. Adamo però si alzò all’istante e chiamò a sé Enoch e
Asmahaele, e naturalmente interrogò di preferenza Enoch – ma anche Asmahaele
aveva piena libertà di rispondere – dicendo: «Enoch, cosa succede con questi figli?
Mi sembra come se i loro cuori non fossero affatto liberi, bensì oppressi e
legati da ogni specie di assurdità!
6. O
mio caro Enoch, e tu pure, o fidatissimo Asmahaele, dite o almeno scrutatelo in
voi, per vedere di far chiarezza su come si possa spiegare un simile fenomeno!
7.
Io, da parte mia, sostengo che un malo seme si trova in mezzo al grano e, se
così fosse, noi non potremo allontanarci da qui finché il grano puro non sarà
stato nuovamente ritrovato fra la pula e la zizzania, ed anche finché non
avremo provvisto a custodirlo per bene nella nostra paterna severità d’amore.
8. Mi
sembra pure quanto mai strano che l’animale volga continuamente il sedere a
questi figli e che non li degni neppure di uno sguardo, mentre poco fa,
trattandosi dei figli del Mezzogiorno, non faceva che fissarli con gli occhi
spalancati e con una vivacità terribile!
9. O
caro Enoch! Fa’ che noi ci chiariamo questo fatto il più presto possibile e che
con ciò venga ristabilito l’ordine desiderato! Amen!».
10.
Ma allora Enoch si alzò e disse: «Odi, Adamo e
tutti voi pure, padri, udite! Questi figli, in seguito all’essere stati troppo
gravemente mortificati da parte nostra, hanno perduto tutto il loro coraggio, e
tale umiliazione ha rubato loro l’amore e al suo posto ha riempito loro i cuori
di timore servile.
11.
Noi, per loro, non siamo più oggetto d’amore e di rispetto filiale, ma siamo
diventati oggetto di spavento e di segreto disprezzo. Se essi non fossero
trattenuti dal loro grande timore per la nostra forza interiore e potenza
spirituale proveniente dall’Amore del Signore, in verità, sarebbero capaci di
fare con noi quella stessa cosa che l’egoismo di Caino fece con Abele!
12. O
padre Adamo, vedi, qui sta sepolta e ben custodita questa apparizione così strana,
della quale nessuno, se non noi stessi, porta la colpa maggiore, tanto dinanzi
a loro quanto al cospetto di Dio; certamente, dunque, deve essere ora nostro
compito rimediare a questo errore!
13.
L’animale, però, si è così collocato appunto per significarci che la colpa si
trova in mezzo a noi, ed è anche per tale motivo che esso guarda noi, mentre
volge il sedere ai figli, e ci dà a conoscere, in questo modo, che essi sono
stati resi impuri da noi.
14.
Ora voi mi chiedete nei vostri cuori: ‘Quando
e come noi abbiamo reso impuri questi figli? E se ciò fosse accaduto senza il
concorso della nostra volontà, come sarà possibile riparare a questo errore?’
15. O
padri, alla prima metà della domanda, cioè come e quando siano essi stati resi
impuri, è cosa quanto mai facile rispondere, ma tanto più difficile è invece
rispondere alla seconda metà!
16. O
padre Adamo! Vedi, la ragione sta nel fatto che tu, per effetto del tuo
precedente senso di giustizia, angosciosamente severo e fondato più sul timore
di Dio che non sull’amore per e dinanzi a Lui, hai fatto certe distinzioni fra
i figli, in modo che ne hai assegnati alcuni a dimorare verso il Mattino, e
questi sono felicissimi, ed hai condannato gli altri a starsene verso il
Mezzogiorno, affinché dovessero sempre pensare di essere inferiori ai
prediletti di quelli del Mattino, e questi qui li hai condannati ad abitare
verso la Sera, essendoti essi sembrati tardi nello spirito, perché spesso al
mattino si lasciavano sopraffare dal sonno, ed infine hai condannato gli ultimi
a dimorare verso la Mezzanotte, in modo duro, per il fatto che essi non
volevano condividere la tua opinione riguardo a più di una delle usanze
esteriori.
17.
Oh vedi, diletto padre Adamo, se tu quella volta fossi già stato vivificato
dall’Amore del Padre eterno e santo come lo sei ora, le tue sentenze sarebbero
certamente state ben differenti! Solo che la nuda giustizia, quand’anche
circonfusa da tutti i raggi della sapienza, è opprimente e dura qualora dal suo
sfondo, sia pure questo alquanto nascosto, non s’irradi un benefico e lieve
raggio d’amore compenetrante tutti i sette volte dieci ammassi conici di roccia
che sprigionano dai loro vertici dei getti dell’acqua dell’infruttuosa
sapienza.
18.
Vedi, come avviene che l’acqua che cade pesantemente da grande altezza non
vivifica l’erba, ma anzi la distrugge ed uccide, e sotto il suo stillare greve
non permette che si trovi altro se non delle pietre lavate e dure, così avviene
altrettanto precisamente riguardo la nuda giustizia che viene imposta dall’altezza
incommensurabile della sapienza. Essa uccide ed annienta la vita interiore. E
giunta che sia la vita ad essere simile a una morta pietra lavata sotto il duro
rovesciare dell’acqua, sarà naturalmente quanto mai difficile trarre da una
tale pietra una qualche pianticella vivente!
19.
Perché la greve e continua pressione dell’acqua della giustizia e della
sapienza avrà tolto via il terreno molle e soffice di prima, arrivando così
fino a raggiungere la dura pietra; e il percuotere continuo dell’acqua avrà
lavato ed anche incavato la pietra già resa morta. Ma che cosa poi si potrà
fare della pietra?
20.
In verità, prima che la pietra non si sia trasformata in soffice terra,
mediante un’esuberante fuoco d’amore, qualunque seme che si vorrà spargere sulla
pietra si seccherà ed infine morirà del tutto!
21.
Camminare sulle pietre non è cosa buona ed è pericoloso saltarvi sopra. Chi
cade su di una pietra, cade duramente e si sfracella; e se una pietra precipita
su qualcuno, essa lo schiaccia. Quindi, è anche difficile rispondere alla
seconda metà della domanda.
22.
Dal canto mio, la mia opinione è questa: – se questi figli, fratelli e sorelle
di pietra non si possono rabbonire e rendere morbidi attraverso la via
dell’amore che può tutto, allora una quantità più grande d’acqua avrà un
effetto solo di poco superiore a quello limitato della giustizia più savia.
23.
Noi però dobbiamo imparare dal nostro stesso Padre amorosissimo ed eternamente
santo come Egli guida tutti i Suoi esseri viventi. Gli uccelli del cielo,
grandi e piccoli che siano, non sono confinati né verso il Mattino, né verso la
Sera, né verso Mezzogiorno o verso la Mezzanottwe; gli animali dei boschi
vagano in tutte le direzioni, e perfino i pesci nell’acqua e i vermi non
trovano in nessun luogo pareti che ostacolino i loro movimenti e le loro
dimore.
24.
Il Signore non ci ha dato alcun comandamento di maledire i figli di Caino;
perché allora noi facciamo tale cosa verso i nostri figli, fratelli e sorelle,
e li esiliamo in determinate regioni, affinché non siano più liberi e si
convertano in pietre?
25. O
padre, sciogli gli inutili lacci della giustizia e del rigore, e stringili
invece tra i vincoli onnipossenti del santo amore; soltanto in questo modo la
sapienza, attraverso l’amore, diverrà per loro una libera guida, ed essi poi,
illuminati da questi nuovi raggi, si riconosceranno ben presto quali figli
dell’Uno e dello stesso Padre santo e, così giubilanti, verranno a stringersi
al tuo paterno cuore e a cingerti il petto con le loro braccia frementi del più
fervido amore, chiamandoti con il nome di padre diletto!
26. O
padri! In un granello d’amore, grande quanto una goccia di rugiada, giace più
forza e più sacra potenza che non in un mondo interamente colmo della giustizia
più savia, quando questa non abbia come fondamento l’amore! Ora fate dunque che
spirino le brezze possenti dell’amore, affinché possano sciogliere questi massi
di ghiaccio irrigiditi, per farli ritornare allo stato di goccioline feconde di
rugiada, e fate che le pietre stesse vengano rammollite dal potente fuoco
dell’amore, affinché il vostro seme non sia sparso invano nei loro solchi!
Amen!»
[indice]
Set
rimprovera ad Enoch la parola di verità
1.
Quando però Adamo intese tutte queste cose dalla bocca di Enoch, rabbrividì nel
suo cuore, perché l’accenno al fratricidio commesso per puro e semplice egoismo
da Caino gli aveva riaperto l’antica ferita, tanto che le sue labbra
febbricitanti non furono quasi capaci di proferir parola e di conseguenza se ne
rimase muto e tutto tremante.
2. Ma
allora Set si avvicinò ad Enoch e disse: «Caro
Enoch, tu non avresti dovuto agire così da causare al vecchio padre Adamo
angoscia e cordoglio tanto dannosi mediante l’allusione un po’ incauta al
misfatto di Caino. Tu avresti potuto certamente accennare a tutto ciò in
qualche altra maniera, più impercettibile! Vedi, questa è la prima volta che io
mi sento costretto a muoverti qualche rimprovero, ma un’altra volta, in simili
occasioni, cerca di pesare prima le tue parole sulla bilancia dell’equità,
affinché il padre ne sia consolato e non turbato! Tu stesso sei quello che
sempre ci insegna amore e dolcezza, però prima è bene che tu stesso ti
conformi, con l’azione, in modo precisissimo a quanto ci vai insegnando, e
soltanto in seguito a ciò i tuoi insegnamenti, pieni di benedizione,
guadagneranno forza e potenza sui nostri cuori! Amen!».
3.
Enoch però, che nel silenzio del proprio cuore Mi ringraziava per la parola che
egli aveva annunciato ad Adamo, fu quanto mai sorpreso per tale ammonizione,
però non obiettò nulla e si rivolse invece subito nuovamente a Me, pregandoMi
che gli volessi indicare che cosa avrebbe dovuto fare di fronte al breve
discorso di Set.
4.
Così cominciò Enoch a pregarMi nel suo cuore: ‘O Padre amorosissimo e santo, Tu che vedi
nella più chiara luce ogni tenebra del mondo, Tu sai che io ho annunciato
fedelmente la Tua santa Parola ad Adamo, senza nulla aggiungervi e senza nulla
togliervi! Ma com’è che il così degno padre Set l’ha compresa così male?
5. Infatti, io non potevo affatto parlare
altrimenti da come mi ha suggerito il Tuo Amore infinito!
6. Inoltre, appunto Set è stato poco fa
testimone di come Tu, o Jehova, hai liberato Adamo dalla sua spossatezza e
l’hai rafforzato in ogni fibra della sua vita!
7. O Padre santo, Tu che sei colmo d’Amore e di
Misericordia, mostrami, nella mia incondizionata obbedienza al Tuo santissimo
Volere, da dove proviene ciò e come potrebbe la cosa rientrare nell’ordine
perfetto nei riguardi di Set! Io, il Tuo povero e debole Enoch, Ti prometto
solennemente nel mio cuore – che sopra ogni cosa Ti ama ferventemente – che non
un capello del mio capo si muoverà senza l’espressa Tua santissima Volontà!
Amen!’
8. Ma
ben presto Enoch vide una scritta di fiamma nel
suo cuore e stava scritto: “O Enoch,
perché ti affliggi a causa di ciò? Il suo cuore non è ancora in grado
d’intendere completamente tutto, perché non è ancora pienamente colmo
dell’eterno Amore; ma quando questo amore verrà, allora pure Set udrà le
pietre, l’erba, le piante, gli arbusti e gli alberi scambiare parole ben chiare
ed intelligibili fra di loro.
9. Tu però rimani frattanto in silenzio e
lascia che il tuo allievo prenda la parola per te! Amen!”
10.
Ma Set, che aveva scorto come Enoch non si disponeva affatto a rispondere alle
sue parole di ammonizione, cominciò ad interrogare affannosamente se stesso nel
proprio cuore, per cercare la ragione per cui tutto intorno a lui sembrava
ammutolito; però anche il suo cuore rimase muto. E così Set si trovò costretto
a rivolgersi nuovamente ad Enoch, per chiedergli il motivo per cui non aveva
trovato nulla da replicare alle sue osservazioni.
11. E
allora Enoch, nel tono di massima venerazione e
amore, rispose: «O degno padre Set! Un figlio ha il diritto di insorgere contro
l’ammonizione di un padre? Tu mi hai bensì rimproverato per la Parola del
Signore che ho dovuto pronunciare; solo che, quando tu parli con me nel Nome
del Signore, allora mi è lecito risponderti e renderti conto di ogni cosa! Ma
se tu invece mi parli quale padre, in tono da maestro, vedi, allora il mio
dovere di figlio è quello di obbedirti incondizionatamente, di tacere e di
unirmi senza indugio nel mio cuore all’Amore di Jehova. Ora però, guarda, pieno
di presentimento ma senza alcun timore, l’oratore che siede sul dorso
dell’animale, poiché tale è ora la Volontà del Signore: egli per il momento
deve esprimersi al posto mio! Chiedilo a lui ed egli ti darà la risposta nel
Nome di Colui che lo ha a ciò prescelto! Amen!».
12.
Questa modesta risposta di Enoch fece ammutolire completamente l’onesto Set,
mentre invece ebbe il potere di sciogliere nuovamente la lingua ad Adamo, il
quale così parlò a Set: «Ma diletto figlio! Tu, che mi fosti donato da Jehova
al posto di Abele per mia consolazione, dimmi cosa è stato che ha potuto
ingannare in tal modo il tuo cuore?
13.
Come hai potuto rimproverare all’oratore di Dio la Parola santa del Signore?
Eppure, non più di dieci istanti fa avesti occasione di convincerti di quanto
meravigliosamente Essa mi abbia rinvigorito!
14.
La Parola dalla bocca di Enoch, proveniente dal Signore e concernente i figli,
ha operato in me un nuovo miracolo, il quale sta più in alto di Caino e Abele!
15.
Certo, è vero che gli accenni di Enoch nel suo discorso all’egoismo di Caino e
al generale indurimento di questi figli per colpa mia mi hanno inferto una
ferita profonda, però è altrettanto certo che era necessario che egli mi
ferisse così, perché altrimenti non sarebbe stato possibile che io guarissi
completamente dalla mia antica piaga che continuava sempre a bruciare, come
appunto è avvenuto proprio ora! Poiché, dove il Signore ferisce, là anche Egli
risana in maniera prodigiosa; ma quando invece gli uomini s’infergono
reciprocamente delle ferite, in verità, qualora il Signore non abbia
Misericordia di loro, come l’ha avuta ora di me, non giungeranno in eterno mai
a riparare reciprocamente ai danni che essi stessi si sono arrecati!
16.
Nel Paradiso ho peccato contro la mia fedele compagna, e il mio primogenito
divenne la mia grave ferita, e fino ad oggi io non fui capace di guarirla! E
ora sono trascorsi trecento anni da quando volli duramente dividere i figli, e
soltanto oggi mi accorgo che con ciò non feci altro che cospargere veleno nella
mia vecchia ferita.
17.
Ora il Signore mi ha tolto il veleno ed ha guarito la mia antica piaga mediante
le parole meravigliose di Enoch. Perché dunque hai attaccato l’Amore, prima di
aver riconosciuto e visto nel tuo cuore il senso prodigioso delle sue parole?
18. O
Set! O Set, abbi cura che il Signore non ti ritolga dal cuore quello che Egli,
con tanto splendore, ebbe già a donarti! Ma la prossima volta ognuno faccia
prima attenzione alla mia voce, e chi chiamerò ad assistermi, venga e mi aiuti!
Solo che, in occasioni simili a questa, dove pure con tanta evidenza risulta
come il Signore proceda con noi, non è certamente affatto necessario che noi,
non chiamati, ci diamo reciprocamente assistenza, poiché anche il migliore
aiuto degli uomini è cosa da nulla al paragone dell’inesprimibile vero Aiuto
del Signore tramite la Sua Parola onnipotente, la quale non è come la parola
umana, bensì corrisponde sempre a un’azione già completamente compiuta per
tutte le eternità delle eternità.
19.
Dunque, o caro Set, riconosci il tuo errore al cospetto del Signore, prostrati
a terra e pregaLo che ti conceda Grazia e Misericordia, perché Egli voglia di
nuovo guardarti! Amen!».
[indice]
Il discorso
di Enoch riguardo all’errore di Set
12 maggio
1841
1.
Però Set aveva ormai compreso benissimo le
parole di Enoch riguardo il mutismo dei figli della Sera, nonché il discorso di
scusa di Adamo ed infine disse:
2. «O
padre, o Enoch, adesso mi è tutto chiaro! Voi due, tu, diletto padre e tu, caro
figlio, certamente perdonerete il mio errore dovuto al timore, ma potrò io
ottenere altrettanto dal Signore, contro la cui santissima Parola io mi sono
letteralmente scagliato? Come potrò ottenere da Lui il perdono?
3.
Già si era fatta luce nella mia anima, ed io già percepivo chiaramente come una
vita nuova e vera stava sorgendo nel mio cuore; ma ora mi accorgo che purtroppo
la notte e la morte hanno fatto ritorno nelle mie viscere!
4. In
verità, i figli della Sera e della Mezzanotte cominceranno a parlare come
fossero sorti dal centro del Sole; io però resterò più muto di una pietra nel
profondo del mare, avendo usato la mia lingua per la contraddizione, mentre
avrei dovuto usarla per un ringraziamento eterno! Neppure il caro Enoch potrà
più indirizzarmi parole di vita provenienti dall’Alto, bensì tutto dovrò io
attendere da Asmahaele! O gran Dio, come dev’essere immensamente grave il mio
peccato al Tuo cospetto, se Tu, che sei il Signore della Vita, a causa della
mia caparbietà hai comandato ad Enoch di non rivolgere a me la parola, bensì
hai conferito questo incarico soltanto ad Asmahaele, affinché egli mi istruisca
riguardo a tutti i miei errori!
5.
Oh, guai a me se il Signore non mi volesse più guardare nella Sua Misericordia!
Allora chi mi salverà dalla notte della morte?
6. O
Signore, fa’ pure che il Tuo Asmahaele rivolga parole piene di giovanile vigore
in tutta pienezza della vita, a noi che siamo colmi di ottusità e di sensi
morti, e che poi le rivolga particolarmente a me, ma concedi che non per questo
la lingua tanto altamente benedetta di Enoch se ne rimanga muta dinanzi a noi e
specialmente dinanzi a me, affinché nessuno abbia qualcosa da perdere a causa
mia.
7. O
Signore, Dio e Padre, usa Grazia e Misericordia a me, povero stolto e cieco!
Amen!»
8.
Dopo di ciò, Enoch, per ordine Mio, si alzò
subito e cominciò a indirizzare a Set, nonché a tutti gli altri, le seguenti
parole piene di energia, provenienti da Me:
9. «O
caro padre Set, vedi: – qual è l’uomo che, irretitosi in un errore, possa
aiutarsi da sé, trovandosi in mezzo all’errore? Poiché, vedi, quando parla, lo
fa come se sognasse; e quando agisce, agisce come un cieco; e quando cammina,
procede come se i suoi piedi fossero sprovvisti di ossa; quando vorrebbe
starsene in piedi, cade come colpito dalla vertigine; se vuole rialzarsi, non è
capace di rizzarsi sui propri piedi; e quando vorrebbe vedere ed udire, egli
vede l’ombra invece dell’oggetto ed ode un suono vuoto al posto della viva
parola.
10.
Vedi, questo è lo stato in cui ti trovavi e nel quale tuttora ti trovi! Nella
regione del Mezzogiorno non percepisti in te che l’ombra della vita e del vero
amore; e poi, contento di ciò, tu fosti indotto a contrastare l’eterno Amore
formando segretamente in te il pensiero che ormai ciascuna tua parola dovesse
essere proveniente dall’Alto. Ma appunto perciò il Signore permise che tu
cadessi, affinché ora tu dovessi ben comprendere che è molto più difficile
impossessarsi del supremo bene dell’Amore eterno di Jehova che non portare al
sicuro tutti i frutti della Terra in tre volte sette giorni!
11.
Vedi, tu errasti quando mi rimproverasti la Parola del Signore! Ma perché
errasti? Errasti perché supponesti che la richiesta del tuo cuore fosse già
puramente dall’Alto e come tale ti desse l’incontestabile diritto di
scagliarti, ammonendo, contro la Sapienza stessa di Dio, perché Essa non voleva
illuminare il tuo cuore oscurato dall’ombra della vita e perciò Essa ti apparve
ingiusta e micidiale.
12.
Ora però hai errato nuovamente, avendo dimostrato in primo luogo di ritenere
più accessibili alla conciliazione Adamo e me che non l’Amore eterno di Jehova
stesso, del Quale noi tutti pure siamo, nel senso più proprio della parola, i
figli, senza eccezione alcuna, per quanto si sia buoni oppure disobbedienti al
massimo. In secondo luogo, tu hai errato poiché hai dato ad intendere di voler
attribuire particolare importanza soltanto alla mia parola, senza riflettere
che la Parola del Signore, anche se proferita da una pietra, rimane sempre la
stessa Parola santa e vivente.
13.
Dunque, non invocare la mia lingua, ma la Parola vivente; non attribuire
importanza alcuna allo strumento, bensì alla Grazia, la quale proviene dal
Signore, qualunque sia lo strumento del quale Egli si serve, si chiami questo
Enoch oppure Asmahaele; allora sì che procederai del tutto giustificato al
cospetto dell’Amore eterno di Jehova, il quale sa sempre e vede meglio di ogni
altro quale strumento sia il più adatto per questo o per quello. Ma se al
Signore è gradito parlare pure per mezzo di Asmahaele, dite: – saranno le
parole del Signore perciò meno parole del Signore?
14. O
padre Set, vedi, questa è la Volontà del Signore: – ciascuno deve
incessantemente tendere nel proprio cuore alla vita eterna dell’anima e dello
spirito, ma, facendo ciò, nessuno deve lasciarsi sedurre dall’opinione di aver
già raggiunto tutto da un giro d’ombra all’altro! (da un’ora all’altra)
15.
Ma se qualcuno ha già ottenuto qualcosa dal Signore, faccia come fanno i
fanciulli quando hanno scoperto un tesoro nascosto, che lo nascondono perfino
agli occhi dei loro genitori, per timore che esso possa venire loro ritolto!
16.
Nessuno gioisca eccessivamente del fatto di diventare uno strumento del
Signore, ma ciascuno persista in ogni sacro silenzio e nella grande umiltà e
nell’occulto amore! Poiché non è affatto una cosa né grata, né costituisce
alcun merito, quando qualcuno viene chiamato dal Signore a fungere da
strumento, dato che il Signore può riuscire ugualmente, anche senza strumenti,
ad attuare le Sue grandi opere. Però bisogna stare bene attenti che a noi non
succeda di voler andare in cerca del Signore per poi imporGli i nostri vani
servizi, volendo così quasi dimostrare che noi siamo e possiamo qualcosa, bensì
cerchiamo piuttosto l’uno e medesimo Padre santo, affinché Egli voglia, in
grazia, accoglierci quali figli della vita eterna, mediante il risveglio del
nostro spirito dormiente, in grazia e in pieno amore, e mediante
l’illuminazione della nostra anima ottenebrata dal mondo.
17.
Però, colui che è stato chiamato dal Signore a testimoniare del Suo infinito
Amore dinanzi ai fratelli, certamente dia pure la sua testimonianza, ma operi
sempre nella suprema umiltà del proprio cuore e si ricordi sempre che egli è
solamente un servitore quanto mai inutile, dato che il Signore può fare a meno
di lui con la massima facilità!
18.
Guai però a colui che, chiamato dal Signore, credesse per ciò di essere di più
dei propri fratelli o di essere indispensabile al Signore; in verità, un tale
empio non sfuggirà al proprio giudizio!
19. Tuttavia,
quando ci dedichiamo a servire, serviamoci allora reciprocamente in tutto
amore, quali fratelli e figli dell’uno e medesimo Padre, e sia la nostra
suprema sapienza quella di amare il Padre santo sopra ogni cosa. Nessuno
imponga all’altro una certa dottrina con la forza, quasi fosse chiamato come un
cane ad abbaiare o come un gallo a cantare. Però, qualora il Padre l’abbia
prescelto, che faccia così come è stato chiamato a fare, ma sempre con
grandissima umiltà e amore, perché soltanto in questo modo egli testimonierà
che i suoi insegnamenti provengono veramente da Dio quale eterna Sorgente
Originaria di ogni Amore e di ogni Vita.
20.
Chi predica, si stimi il minimo fra tutti i fratelli, così egli renderà
testimonianza di essere, in verità, un servitore dell’Amore!
21.
Chi percepisce la Parola del Signore dalla bocca del fratello, ringrazi il
Signore per tale Grazia inesprimibile; il predicatore, invece, consideri se
stesso, fra tutti i suoi fratelli, il più indegno e tenga ciascuno dei propri
fratelli come migliore di se stesso; così egli preserverà il proprio cuore
dall’orgoglio, il quale è il padre della morte e sarà per il Signore una
silenziosa dimora, poiché soltanto in questo modo Egli trova compiacimento!
22.
Vedi, o padre Set, questo è quanto il Padre vuole e richiede da noi! Facciamo
il possibile dunque, in tutto amore e umiltà, in modo che Egli abbia a
compiacersi di noi, e così noi vivremo e non ci lasceremo mai più illudere
dall’ombra della vita! Amen!»
[indice]
La saggia
parola di Adamo a Set
1.
Quando Set e tutti gli altri ebbero appreso queste parole da Enoch, Set si alzò di nuovo e così cominciò a parlare:
2. «O
sì, caro Enoch, purtroppo è vero, già, anche troppo vero quello che il Signore
ha fatto annunciare per mezzo tuo, facendo questo particolarmente per me, che
più degli altri merito tali rimproveri!
3. O
padre Adamo, e voi tutti, figli, ringraziate il Signore al posto mio. Infatti,
io sono troppo perverso e indegno per azzardarmi a tributare al Signore di ogni
Vita e di ogni Amore una lode impura, e proprio con quella lingua che pochi
istanti fa ha screditato la Sua santa Parola!
4. Ma
ora lasciate che a me predichi Asmahaele, dato che non sono più degno di
ascoltare la parola di Enoch!
5.
Anzi, perfino la parola di Asmahaele è troppo sacra per uno che è morto!
Lasciate che a me predichi la tigre, affinché, per virtù della sua voce
spaventosa, io sia ridestato da morte a vita!
6. O
padre Adamo, non chiamarmi più tuo figlio, perché tu sei da Dio mentre io
invece sono sorto dalla pienezza della ribellione! Ecco, io d’ora innanzi non
voglio essere che un tuo servo, anzi il servo di voi tutti e voglio servirvi
come uno schiavo delle pianure ed essere muto come una pietra, per ricompensare
il Signore del fatto che io mi sono precipitato da solo nelle tenebre, mentre
Egli andava spargendo intorno a me tanta Luce con la parola e con l’opera!
7.
Ringraziate voi, che siete degni, il Signore per me, povero, debole e morto
Set! Amen!»
8. Ma
allora Adamo si alzò e disse a Set brevi ma savie parole, e queste parole
furono come un balsamo risanatore per l’ammalato, tanto che quest’ultimo
ritornò nel pieno amore e nella fiducia in Me e si diede a lodare immensamente
il Mio Nome.
9. E
le parole di Adamo furono queste: «O Set, Set,
tu ti proponi di fare troppe cose che il Signore non ti ha comandato! Fa bene
attenzione: – se il Signore ti prova e se tu poi ti fai più debole ancora di
quanto lo sei adesso e nella tua debolezza cadi, dimmi, chi ti soccorrerà poi?
10. Pensi
forse che sarà Dio a soccorrerti? Lui che tu volevi ricompensare in modo
stolto, se consideri che Egli è indubbiamente infinito e santissimo, mentre tu
al Suo cospetto non sei che un granellino finito di polvere della Terra?
11.
Chi mai è colui che può ricompensare il Signore? Chi è che vuole rivolgere a
Lui le preghiere e renderGli grazie, ritenendosi puro e senza difetto, oppure
che voglia lodarLo e glorificarLo ritenendosi senza peccato? E chi può
invocarLo nella sua qualità di figlio e chiamarLo Padre senza avere una macchia
nell’anima?
12. E
che cosa possediamo noi, che non l’abbiamo già prima ricevuta da Lui? Cosa
possiamo darGli che Egli non ci abbia donato già prima? E cosa possiamo fare
che Egli non abbia già da lungo tempo fatto a noi?
13.
Non darti dunque alcun inutile comandamento, ma preoccupati di osservare
soltanto quell’unico comandamento, secondo il quale tu devi amarLo sempre di
più in tutta l’umiltà del tuo spirito, e tutti i tuoi fratelli e me dieci volte
più di te stesso! Tutto il resto lascialo alla cura del Signore, poiché Egli
conosce meglio di chiunque altro quale carico tu sei capace di sopportare!
14.
Ma se ti riesce difficile adempiere praticamente quest’unico comandamento, come
vorresti riuscire ad adempierne tanti altri?
15. Non
sai, dunque, che ogni legge porta con sé la maledizione, il peccato, il
giudizio e la morte?
16.
Abbi timore perciò di qualsiasi comandamento, se tu vuoi vivere! Molto più
facile è il prescrivere le leggi che non osservarle.
17.
Ora, che cos’è preferibile: – essere libero nell’amore tramite l’amore, oppure
spasimare sotto il duro gioco dell’obbedienza servile, anelando alla libertà
dell’amore, che è ed eternamente sarà aspra a conquistarsi, quando il cuore,
vanamente bramoso, dovrà sanguinare per lungo tempo sotto i duri colpi della
tentazione?
18.
Vedi come sono caduti nel giudizio i figli della Sera per effetto di un singolo
e lieve comandamento; quanto sarà difficile aiutarli, se il loro cuore si è
indurito a causa della troppo lunga oppressione!
19. Noi,
però, vogliamo sempre ringraziare il Signore e glorificare il Suo Nome per
averci donato un cuore libero per amare liberamente, e vogliamo pure pregarLo
continuamente perché tenga lontano da noi ogni comandamento, affinché noi
possiamo vivere unicamente del Suo eterno Amore come liberi figli.
20. O
Set, verranno tempi, un giorno, durante i quali i nostri tardi figli vivranno
sotto montagne di leggi e invano aneleranno alla libertà che rimarrà loro tanto
celata quanto lo saranno le pietre roventi nelle profondità della Terra! E i
loro fratelli cacceranno dentro buche di pietra coloro che non saranno pronti
all’obbedienza e li priveranno di ogni libertà. Allora i peccati saranno come
la rena del mare e come l’erba della terra!
21.
Desisti dunque dalla tua stoltezza e fa’ ciò che puoi e che è gradito a Dio, a
seconda delle tue forze, ma tutto il resto rimettilo al Signore, e allora,
così, tu potrai vivere! Amen!
22.
Abbi la mia benedizione e procedi nuovamente in libertà e giustizia dinanzi a
Dio, dinanzi a me e a tutti i nostri figli! Amen!».
[indice]
Il discorso
di Asmahaele sulla legge
1. E
come Set ebbe inteso tali parole, riconobbe ben presto la meschina stoltezza del
suo proponimento e ridivenne un uomo libero e Mi lodò e Mi glorificò
immensamente nel suo cuore ormai rivivificato; si rallegrò molto in attesa
dell’imminente discorso di Asmahaele, il quale, dietro invito di Enoch,
cominciò a parlare subito e precisamente riguardo al mutismo dei figli della
Sera. Quello però che egli disse, erano parole ispirate da Me per mezzo dello
spirito di Abele, parole che scorrevano concise e placide come le acque di un
ruscelletto, le quali seguono tranquille il loro corso sussurrando dolcemente e
schiumando lievemente intorno ai ciottoli e ai piccoli banchi di sabbia, finché
giungono al fiume, in cui si riversano lietamente, che accoglie a braccia
aperte le predilette acque per portarle poi sulle sue larghe spalle verso il mare
della pace.
2.
Ora il discorso di Asmahaele, divenuto tanto
famoso, fu il seguente:
3. «O
padri dei padri della Terra! Piangendo, il mio occhio vede la schiera languente
degli splendidi figli dei padri della Terra; essi se ne giacciono, così, muti e
morti, come le pietre in fondo ai mari e alle altre immense acque.
4.
Comandamenti, comandamenti duri e difficili! O uomini, voi, uomini duri e privi
d’amore, dove condurrete i fratelli e che cosa farete diventare i figli
innocenti con tutti gli inutili comandamenti!
5.
Ognuno di questi comandamenti deve necessariamente trarre dietro a sé una
schiera infinita di altri nuovissimi comandamenti!
6.
Oh, chiedete a voi stessi, o padri dei padri della Terra: – quanti comandamenti
l’eterno Dio prescrisse a voi tutti, nella Sua Misericordia e nella Sua
Sapienza, perché li osservaste?
7. Io
lo so, e a voi lo devo dire: “Nessun comandamento Dio vi diede all’infuori di
quello per cui voi siete chiamati a riconoscere l’eterna libertà in tutto
l’infinito Amore del Padre, eterno e santo!”
8.
Noi fummo forse creati da Dio per reggere sulle spalle il peso immenso dei
comandamenti, gravoso quanto un mondo? È dunque Dio un così debole Signore che
Egli deve prescrivere delle leggi agli uomini per imbrigliarli duramente
nell’Ordine?
9. O
padri, come sarebbe stolto pensare una tale cosa di un Dio santo, eterno,
infinito e onnipotente, il Cui più leggero alito ha il potere di annientare in
un baleno i mondi innumerevoli e le schiere infinite degli spiriti più
possenti!
10.
Un Dio dotato di tanta suprema potenza dovrebbe forse gravare gli uomini con il
peso insopportabile di tali comandamenti morti, di rigidi principi che Egli
stesso infine, malgrado la Sua potenza, non potrebbe, né dovrebbe mitigare,
poiché, se Egli volesse aprire qualcuno di questi carceri spirituali della
vita, non dovrebbe Egli temere di venir fatto prigioniero alla fine dalle Sue
proprie creature, per dover poi sperimentare su di Sé che cosa sia diventare
schiavo di creature che, rispetto a Lui e prese tutte insieme, non sono nemmeno
quello che è un granello minuscolo di polvere al paragone del Sole!?
11. O
padri dei padri della Terra, mai potrebbe sorgere dentro la vostra mente un
pensiero più stolto di quello secondo cui il Padre, il Padre santo, eterno e
pieno d’Amore, il Dio potente, libero e infinito abbia voluto creare degli
esseri, perché siano dannati a una morte crudele, schiacciati sotto il peso
insopportabile di leggi gravanti più di un mondo su di loro!
12.
Oh, davvero, per me sarebbe molto più facile immaginare che io e il mio animale
crudele che mi porta fossimo un solo essere, pieno di notte e di luce e
collocato entro il centro della Terra, che non piuttosto di immaginare che il
nostro Dio potente, santo, libero, eterno, potesse far sorgere un essere per poi
opprimerlo e costringerlo sotto il peso di comandamenti a muoversi libero, il
che sarebbe semplicemente ancora più impossibile che non il fatto in cui il
Padre e Creatore liberissimo e santo volesse, tramite delle catene di ferro,
rendere Se stesso schiavo di quegli schiavi che laggiù popolano le pianure di
Lamec!
13. O
padri dei padri della Terra, com’è che voi, come unici figli del Padre eterno,
santo e pieno d’Amore, non sapete nulla del Suo sapientissimo, splendidissimo e
liberissimo Ordine? Voi predicate l’amore per il Padre fra di voi e, come
chiaramente ora scorgo, di un tale Fondamentale, eterno e santo Elemento non
avete conoscenza maggiore che quella di poterlo definire con parole che sono
piene di vuota risonanza!
14. Oh,
udite, l’Amore, l’Amore possente, santo dell’eterno Padre non è altro che
l’eterno Ordine liberissimo in Dio! In modo conforme, e assolutamente conforme
a questo eterno e santo Ordine, da Lui sono sorte tutte le infinite schiere
degli spiriti, dei mondi, e voi, Suoi unicissimi figli, liberi come Lui stesso.
15.
Ma per insegnarvi che vi dovete sentire liberi com’è completamente libero Egli
stesso, Egli, quale Padre, dalle profondità più interne dell’Amore, a voi che
siete figli, diede non già un comandamento – non voglio mai chiamarlo
comandamento – bensì un solo benevolo consiglio supremamente savio, ossia
quello di non cercare appoggio in nessuna cosa e nemmeno di toccare alcuna cosa
che potrebbe crearvi impedimento nell’uso della vostra libertà. Voi, però,
nella pienissima consapevolezza della libertà divina e pienezza della forza,
non voleste rispettare il consiglio dell’amoroso Padre e tendeste perciò le
mani per afferrare tutto quello che doveva inceppare tanto la vostra vita che
la vostra libertà, le quali non erano ancora affatto consolidate. Questo
operare era contrario al grande Ordine eterno dell’Amore, e il Padre santo fu
così costretto a trasformare l’infinita Creazione per rimettervi ancora una
volta nella libertà della vita.
16.
Ora voi, quali figli del Padre santo, nel piacevole stato in cui l’Amore vi ha
posti, vi trovate liberi e siete traboccanti di vita e grazia dall’Alto; come
potete, dunque, cosi ciecamente e per nessun motivo esiliare i figli – che pure
sono figli dello stesso Padre santo – in diverse regioni e disperdendoli
attraverso la costrizione di una legge tenebrosa che non può dar loro né vita,
né gioia, ma che invece li uccide nel corpo e nello spirito?
17.
Sciogliete dunque i lacci della morta legge, che da lungo tempo sono arrugginiti,
dai loro martoriati piedi, e lasciate che coltivino la terra a loro piacimento.
Conviene soltanto che venga loro evitato ogni contatto con le tenebrose
pianure, perché così essi vivranno ed ameranno Dio e Gli renderanno gloria e
onore, e quindi voi sarete riconosciuti da loro quali padri onesti e figli
possenti del Signore; ascoltate: amen! Ascoltate: amen! Ascoltate: amen!»
[indice]
Le
meditazioni dei patriarchi riguardo al discorso di Asmahaele
15 maggio 1841
1.
Dopo che Asmahaele ebbe terminato il suo discorso, subentrò fra i padri un
silenzio abbastanza lungo, e lo stesso Enoch si
era immerso in profondi ragionamenti riguardo all’amore, e andava meditando fra
sé e sé, se fosse eventualmente possibile errare nell’amore.
2.
Poiché egli pensava: ‘Asmahaele ha
senz’altro piena ragione in tutto quanto ha detto! Però l’amore che afferra,
quell’amore potente che con forza dolce e irresistibile attrae il cuore in alto
verso il Padre santo ed eterno, in modo che colui che ne è acceso non può, né
vuole più liberarsene, che questo amore onnipotente – oh, no, no una cosa
simile non mi è possibile sentirla e pensarla! – non sia forse una legge eterna
nel Signore stesso, dalla quale, secondo la quale e per mezzo della quale Egli
tutto crea, ordina e continuamente mantiene?
3. Eppure Asmahaele ha detto con tanta
chiarezza che appunto l’amore è la suprema libertà, tanto in Dio quanto anche
in tutti i Suoi figli!
4. Certo è vero però che, del resto, ciascuna
vita è condizionata da un determinato grado di libertà e che questa libertà
procede sempre di pari passo con l’amore; dunque, dove regna il massimo amore,
là vi è pure il massimo della vita e con questa anche la massima libertà!
5. Ma che cosa ne è allora dello stabilimento
dell’ordine, per mezzo del quale ciascun essere è obbligato a mantenere la
forma che gli è stata data e non può modificarla secondo il proprio libero
arbitrio? Il Creatore, il nostro santo Dio e Padre, ha certo disposto così –
questo è assolutamente vero e sarà vero in eterno -; ma ciò che condiziona
negli esseri e nei figli l’immutabilità della forma non dovrebbe allora
costituire, nei riguardi del Signore, una legge dettata e tratta fuori da Lui
stesso, che Egli è tenuto ad osservare fino al minimo punto infinitesimale e
finché per il Suo Amore gli esseri devono rimanere quello che Egli, dal Suo
Ordine eterno, ha voluto che fossero?
6. Questa è la legge! Ora chi può negare che
questa sia legge!? E chi può sostenere, al contrario, che si tratti della più sfrenata
ed assoluta libertà?
7. O Asmahaele, Asmahaele! Chi può intendere le
tue parole e vivere?
8. O padri, poveri padri miei, voi mi avete
eletto a maestro! Finché io potevo amare, potevo parlare per mezzo
dell’incomprensibile Grazia del Signore, ma ora il discorso di Asmahaele mi ha
mostrato, in maniera anche troppo evidente, che le parole ispiratemi
dall’eterno Amore per me e per i miei padri, io non le ho mai comprese, neppure
in minimissima parte. Il dolce e libero amore è diventato, dunque, una cosa
doppia: esso è la libertà suprema, ma in pari tempo è anche l’immutabilissima e
rigidissima legge di tutte le leggi, alla quale è condizionata la vita. Nella
libertà posso amare e vivere; mentre nella legge devo amare oppure morire di
morte eterna! Ma come si possono ora conciliare tra di loro, da una parte, la
libertà pienissima ed assoluta e, dall’altra, la legge immutabilissima?
9. Chi può dirmi in maniera convincente,
adesso, se il mio amore è libertà oppure legge? Considerato che io amo e vivo,
esso è libertà; ma quando l’amore mi attira e mi dà letizia indicibile, esso è
una legge eternamente giudicante, per mezzo della quale io, che devo amare per
l’irresistibile impulso del cuore verso Dio, risulto morto, anzi eternamente
morto, come anche necessariamente devo esserlo!
10. O Padre santo, vedi, io sono annichilito in
conseguenza delle parole di Asmahaele, e non posso affatto aiutarmi; se Tu non
vieni in soccorso a me e ai padri, e non ci rialzi nuovamente, noi siamo tutti
perduti per l’eternità!
11. Solo adesso vedo bene come l’uomo, da se
stesso, non può affatto nulla, se Tu, o Padre santo, non lo guidi
continuamente. Egli cessa di essere, e diviene il simbolo dell’annientamento
eterno, come non fosse mai esistito! O Padre, caro Padre santo, salvaci Tu da
questa rovina, nella quale ci ha precipitati tutti la parola di Asmahaele, la
quale è impossibile da comprendersi! Amen!’
12.
Ma quando anche Set si fu riavuto dall’immenso
stupore suscitato in lui dal discorso di Asmahaele, si alzò e chiese al padre
Adamo: «Ascolta, caro padre, le parole pronunciate poco fa da Enoch sono state
per me una luce così viva da illuminare la via degli errori! Seguendo questa
via mi ero addormentato nello spirito. Tu mi svegliasti da un sogno innaturale
e fu molto opportuno per me che tu mi abbia benedetto. Ma ora, cosa può essere
e cosa sarà di noi?
13.
Asmahaele ha pronunciato delle parole il cui senso non potrà mai venire
compreso da un uomo naturale! Ma se questo senso l’uomo non lo ha completamente
afferrato, egli diviene simile ad una pietra la quale non porta in sé altro che
morte e tenebre.
14.
Ad interrogare Enoch io non mi azzardo affatto! Se tu non ti trovi nelle mie
stesse condizioni e se vi è in te della luce riguardo a queste parole che abbiamo
udito, rendimene fedelmente partecipe, affinché Cielo e Terra non vadano in
perdizione a causa della mia grave incomprensione, prima ancora che noi abbiamo
fatto ritorno alle nostre dimore! Amen!»
15.
Però Adamo guardò tutto stordito Set, non sapendo egli, quale padre, cosa
avrebbe in proposito dovuto rispondere al figlio per salvare il proprio onore.
E solo dopo qualche tempo di riflessione riuscì a fargli capire di attendere
fino ad un tempo più opportuno, dato che in quel momento aveva altre cose a cui
dedicare i suoi pensieri.
16.
Enos frattanto aveva tirato Jared per la veste e gli aveva detto in un
orecchio, senza che nessuno dei due si fosse alzato: «Ascolta, Jared, tu sei un
saggio maestro di tuo figlio e gli hai insegnato molto bene ad amare Dio nel
suo cuore, e gli hai mostrato come l’amore per Dio sia simile all’amore di un
uomo per un altro uomo e come questo amore si manifesti con maggior forza di
quello che un uomo porta alla sua donna e ai suoi figli. Vedi, non può essergli
sfuggito che noi tutti ci troviamo in un grave imbarazzo; perché, dunque, egli
lascia ora che noi vi restiamo immersi dentro?
17.
La mia impressione è precisamente come se Asmahaele gli avesse fatto perdere
completamente il coraggio! Va’ da lui, dunque, e digli che non voglia lasciarci
qui interdetti, adesso, perché è chiaro che in questo momento è più che mai
necessario che mediante la sua bocca benedetta egli tragga noi, suoi padri,
fuori dal massimo degli imbarazzi. Va’ dunque, se lo credi e riferiscigli
questo! Amen!»
18.
Invece Jared si grattò dietro l’orecchio e
finalmente osservò: «Vedi, padre Enos, quando un raggio di Sole mi punge, io
abbandono il posto e mi rifugio dove c’è ombra e frescura! E se anche la
potenza bruciante del raggio riesce a scavare un buco nel terreno, davvero poco
me ne importa, perché ho già trovato un buon posto all’ombra! Dovrei invece
essere un pazzo se volessi abbandonare il mio posto all’ombra prima che il Sole
sia tramontato!
19.
Perciò, lasciamo risolvere a loro anche questo affare e che essi ricoprano pure
di una tenda tutto il firmamento, se credono che il Sole riscaldi troppo. Il
maestro non avrà certo difficoltà a cavarsela con il suo scolaro, se è un vero
maestro! E se l’allievo è al di sopra del proprio maestro?
20.
In questo caso, se lo scolaro parla di cose che il cuore del maestro non
comprende, è certo poco saggio chiamare scolaro colui che in fatto di sapienza
interiore supera lo stesso maestro e tutti i padri, tanto che essi non sono in
grado di ribattere nemmeno con una parolina a quello che è stato detto da lui!
Per conseguenza mi limito a restare pacificamente all’ombra e mi accontento
degli sprazzi di luce che si insinuano attraverso il fogliame che si scuote,
mentre lascio che fissi il Sole in faccia colui che ha una voglia particolare
di diventare completamente cieco!
21.
Dunque, padre Enos, vedi che io non voglio quello che vuoi tu, perché ai miei
occhi ci tengo più che non a tutta la comprensione delle cose, le quali non si
possono mai comprendere veramente nella loro integrità, e perciò dico ‘amen!’ a nome di tutti con un nulla di
fatto»
22.
Anche fra Kenan e Maalaleel si svolgeva a voce bassa uno scambio di idee,
all’incirca su questo tono:
23. Maalaleel disse: «Cosa ne pensi tu, Kenan? Secondo te
arriveremo in giornata a casa nostra? I figli della Sera giacciono muti come
pietre sulla cara terra, e a noi, dopo le parole davvero straordinarie di
Asmahaele, non va meglio neanche di un pelo. Perfino il nostro buono e caro
Enoch, almeno secondo la mia impressione, pare si trovi non poco in imbarazzo!»
24. Kenan disse: «Se tu sai qualcosa, parla! E se non sai
niente, allora fa’ come faccio io, che pure non so nulla! Questo però è certo:
– Asmahaele ne sa più di me e di te! Ma a cosa giova predicare ai sordi e
mostrare qualcosa ai ciechi? Tu conosci il sogno che io ho fatto, e questo fu
certamente uno di quelli che non si fanno facilmente! Io l’ho raccontato
coscienziosamente e fedelmente, così come l’ho sognato. Infine, Set e tutti gli
altri non mi seppero dire niente di più di quello che avrei potuto dire io a me
stesso, vale a dire niente! Allora ci ho pensato su ed ho detto: “Prima non
sapevo nulla, adesso neppure so nulla, e non saprò nulla neanche in seguito”.
Ora vedi, io me ne accontento!»
25. Maalaleel disse: «Se tu dici una cosa simile di te,
considerato che sei un fine oratore e che il tuo linguaggio è del tutto pari a
quello di Asmahaele, che cosa dovrei dire io che, come tu sai meglio di ogni
altro, sono duro di lingua? Però la mia indifferenza comincia un po’ ad
abbandonarmi, di fronte a questo generale ammutolimento, perché se presto non
ci giunge una qualche soluzione dall’Alto, io ti dico, padre, che qui nei
territori della Sera dove ci troviamo, dovremo passare certamente la sera e
probabilmente anche la notte, la quale, almeno spiritualmente, non sembra
esserci troppo lontana!»
26.
Disse Kenan: «Lasciamo stare le cose come sono!
Anche se si dovesse pernottare qui, la terra non sarà presa dal tarlo, né il
terreno solido si convertirà in acqua. Il Signore sa meglio di tutti perché ha
preparato alle nostre lingue affaccendate una piccola giornata di riposo! La
mia massima, però, è stata sempre questa: “È meglio agire che parlare sempre e
far da maestri”. Io ascolto bensì molto volentieri i discorsi forbiti e gli
insegnamenti, ma, detto sinceramente, durante questo viaggio di buono ce n’è
fin troppo. Non si può più digerire, e il discorso di Asmahaele è addirittura
una pietra; ascolta: – secondo il mio parere, essa richiede ancora un bel po’
di riposo per essere digerita! Lasciamo dunque stare e stiamo in silenzio!
Amen!»
[indice]
L’ammonizione
di Eva a Set
1. Set, però, aveva osservato che i figli erano intenti a
scambiarsi tra di loro parole sommesse, e andava pensando fra di sé: ‘In verità, sono stati tutti colti dal
dubbio, e non possono trovare né consiglio né aiuto! Oh, come mi piacerebbe
venire in vostro aiuto, se mi fosse dato! Quello che sorprende in questa
circostanza è che Enoch possa restarsene così muto tanto a lungo!
2. La povera madre Eva, certo, soffre anche lei
di nuovo enormemente in silenzio, e forse deplora la nostra comune stoltezza
nel segreto del suo cuore!
3. Cosa succederebbe
se io mi rivolgessi a lei di nascosto con il pretesto di chiederle informazioni
riguardo alla sua salute?
4. Chi sa se nella sua tacita rassegnazione non
celi nel suo cuore qualche brillante scintillina, la quale, se venisse a
splendere nella nostra tenebra, potrebbe rendere un servizio decisamente
meraviglioso?
5. Facciamoci dunque coraggio, perché non
potremmo certo trovarci in peggiori condizioni di adesso, quando cioè, a quanto
posso giudicare, tutti sono immersi nell’oscurità e grondanti di sudore, mentre
né dalla terra, né dal Cielo rovente viene a cadere sulla nostra anima che
langue nemmeno una goccia di rugiada a portare qualche refrigerio!’
6. E
vedi, allora Set così interpellò la madre Eva:
«Diletta madre, tu sembri triste! Oh dimmi, dunque, se forse una qualche
segreta preoccupazione turba la tua anima?
7.
Vedi, la bocca di Asmahaele ci ha colpiti tutti con una triplice tenebra e,
come vedi, non sappiamo come trarcene fuori! Sennonché quello che oggi il
Signore torce lo raddrizzerà certamente, poi, nel tempo che a Lui piacerà!
Dunque, se mai un’afflizione dovesse opprimerti, ridona la calma al tuo cuore
nell’Amore del Signore! Ma se tu trovi in te una qualche piccola luce che possa
illuminare ciò che opprime tutti noi, non racchiuderla troppo profondamente nel
tuo cuore, perché, in una notte fittissima ed ingombra di nubi, anche un minimo
bagliore ristora l’occhio, assetato di luce, del pellegrino che si è smarrito!
8. O
madre, sono io, il tuo diletto figlio Set che parla con te; apri il tuo occhio
e il tuo cuore, e fagli intendere con brevi parole qual è il tuo affanno e, se
possibile, fagli anche vedere qualche scintilla dall’Alto! Amen!»
9. Eva però rispose immediatamente a Set in tono
piuttosto serio: «Caro figlio, tu che mi sei stato dato da Dio al posto di
Abele, vedi, dalla riservatezza della mia condotta, puoi pur sempre desumere
che l’assorta madre di tutti gli uomini viventi sulla Terra non dovrebbe avere
le maggiori ragioni per concedere al proprio cuore di balzare dalla gioia,
particolarmente poi quando lei è obbligata a constatare che perfino il suo
prediletto le viene vicino con cuore più astuto che sincero!
10.
Set, mio caro figlio, perché mi hai chiesto notizie delle mie condizioni,
mentre quello che ti stava a cuore era soltanto una scintillina?
11.
Credi tu forse che l’astuzia, anche se procede da buone intenzioni, sia una
virtù della sapienza?
12. O
Set, tu t’inganni enormemente! Vedi, appunto la schiettezza – il cuore nella
bocca e la lingua nel cuore – è il fondamento di ogni sapienza! Quello che
vorresti avere, chiedilo; quanto ti ripugna, fuggilo, affinché tu possa amare
Dio con cuore sincero, tanto nel tuo intimo, quanto dinanzi al mondo, così non
si farà mai sera, né mezzanotte nel tuo cuore!
13.
Vedi, a te è stata data la sapienza, perché allora non sei proceduto sempre per
la diritta via?
14.
Le svolte artificiose e le parole altisonanti sono sempre e certamente degli
elementi rivelatori della propria debolezza, con i quali si vorrebbe volentieri
provare agli altri di essere ancora straordinariamente forti, mentre chi è
diritto vede già da lontano che chi vuole essere forte cammina tutto storto.
Perciò, mio caro Set, abbandona le tue svolte e procedi per la diritta via,
dinanzi a Dio e ai figli; così facendo la mancanza di luce non ti opprimerà
mai!
15.
Pensa che quando fai un cerchio, il punto più lontano della circonferenza (che
vai tracciando) è anche quello che risulta più vicino all’origine e inizio (del
cerchio); però, ascolta, non ti devi prendere una lumaca come maestra del
cerchio, altrimenti non arriveresti mai là da dove sei partito!
16.
Capisci bene la tua vecchia madre, e sii tranquillo nel cuore e in Dio! Amen!»
17.
Ma quando Set ebbe inteso tali parole di Eva, ne rimase angosciato, poiché
pensava fra sé: «Com’è tutto strano qui nella Sera (in Occidente)! Ogni parola è un errore; ogni
sentimento di pietà è inopportuno e del tutto fuori luogo; ciascun pensiero che
si esprime ancora chiaramente nel cuore, per quanto buono possa apparire,
risulta poi essere nient’altro che il disordinato volare di una falena la quale
va girando continuamente intorno alla fiamma brillante, finché questa le ha
sottratto tutta l’energia delle sue lievi ali!
18.
La mia volontà è una volontà morta che è perfettamente simile a quella del
sogno. E il risultato di tale medesimo sogno è pure, precisamente, che si deve
incondizionatamente volere quello che una forza estranea e imperscrutabile
costringe in maniera misteriosa a volere e a fare. Il mio amore per Dio mi
appare come se io amassi l’aria e l’acqua. Io sento sussurrare il vento, ma
neppure il suo alito più lieve mi sfiora la faccia. Io ho fame e sete, ma non
mi sento né di mangiare né di bere. Io ho sonno e non posso addormentarmi. Io
sono stanco, ma le mie membra rifiutano ogni riposo. Io prego Dio, ma il mio
cuore giace immoto come una pietra sulla terra. Io volgo il mio sguardo verso
le alture inondate di luce ed esse sono ricoperte da pesantissime masse di
nubi. Io ho la percezione che ora, tanto in me quanto fuori di me, tutto
proceda in modo assolutamente strano! Io esisto come se non fossi; e tutto
quello che mi cade sott’occhio mi appare come se disponesse soltanto di una
mezza esistenza, oppure che esistesse come se non ci fosse o come se da un
momento all’altro dovesse svanire.
19. O
Signore e Padre, non lasciarci cadere dalle Tue mani e ridestaci nuovamente, e
non permettere che ci addormentiamo sulla via della vita durante il tempo
luminoso del giorno! Mandaci via da questa regione, mandaci via e abolisci le
stolte distinzioni che noi abbiamo posto fra regione e regione! Infatti, quanto
nelle regioni della Sera come in quelle del Mattino, possono e devono anche
dimorare i migliori uomini!
20.
Noi stessi abbiamo imbrattato d’immondizia questa regione e ancor più la terra
verso la Mezzanotte. Ora che siamo venuti noi stessi, l’immondizia si riversa
sul nostro petto e ci soffoca quasi del tutto. O Dio, Signore e Padre, ormai
non possiamo farci più niente! Aiutaci Tu a trarci da questa grande miseria, e
non lasciarci andare in perdizione a causa della nostra immensa stoltezza!
Amen!».
[indice]
Enoch spiega le parole di Asmahaele
1.
Passato un po’ di tempo, ecco che Enoch si sentì
nuovamente ridestato, e allora cominciò a rivolgere a tutti i padri le seguenti
meravigliose parole che provenivano da Me:
2. «Ascoltate,
cari padri! Il Signore Dio Jehova, il Padre amorosissimo e santissimo di tutti
noi, ha guardato, nella Sua grande Misericordia, alla afflizione dei nostri
cuori umiliati ed ha fatto grazia al nostro procedere stolto, nel quale noi
abbiamo perseverato per ben trecento anni con ostinazione, e ci vuole
risollevare dal pantano della nostra miseria; però è necessario anzitutto che
ciascuno bandisca dal proprio cuore la stolta differenza tra le varie regioni e
che poi, però, dimostri con le opere tale espulsione!
3.
Udite: – al Signore Dio-Jehova, Padre santissimo e amorosissimo di tutti noi, è
piaciuto suscitare Asmahaele, allo scopo di mostrare a noi tutti la stoltezza
della legge quando questa non sia in stretta relazione con l’Ordine divino! Noi
tutti, senza eccezione, ci siamo trovati fuori dall’Ordine e perciò non
potevamo comprendere nulla di tutto ciò, poiché da una parte ci siamo irretiti
nella necessità ferrea della legge, e quindi eravamo morti in ciascuna parola e
pensiero nonché nella volontà e per conseguenza anche in ciascuna nostra
azione, d’altra parte, invece, sentivamo molto accentuato nel nostro cuore il
massimo bisogno della vera libertà della vita, senza la quale la vita non è
vita, né potrebbe in eterno mai diventare tale.
4.
Noi eravamo degli esseri doppi, eravamo cioè morti e viventi. Da un lato,
stavamo incomprensibilmente vicini alla verità, ma dall’altro ne eravamo
incomprensibilmente lontani, poiché la legge e la libertà, per l’intendimento
dei nostri cuori, avevano creato una voragine insormontabile, per superare la
quale non ci era possibile di spiccare il salto né dalla legge alla libertà,
come neppure dalla libertà alla legge. In conseguenza di ciò, per effetto della
nostra propria necessità, eravamo costretti a vedere Dio stesso o prigioniero
della propria legge oppure sciogliersi in uno stato di assolutissima ed
annientante libertà; quindi noi eravamo morti a destra e a sinistra!
5. Io
stesso ho percepito in me questa cosa e, nonostante tutti i taciti sforzi del
mio cuore, non mi riusciva possibile raccogliere e riunire acqua e fuoco in un
medesimo vaso! Poiché pensavo: ‘La legge
dell’Ordine è, essa pure, una legge che Dio deve osservare finché Egli vuole
avere e vedere in Sé ed intorno a Sé degli esseri durevolmente costituiti.
Dunque, se qualcuno è obbligato ad osservare delle leggi, allora come può
essere libero?’
6. Ma
poi io mi dicevo ancora: ‘Chi può mai
costringere Dio a fare qualcosa? Se Egli la fa, allora la fa senza alcun dubbio
secondo la propria Volontà, che è santissima e supremamente libera, e può
distruggere subito quello che ha creato e può immediatamente annientare
ciascuna opera Sua!’
7. E
quindi di nuovo sorse, nel mio pensiero, la domanda: ‘Da dove proviene, allora, il fatto della permanente conservazione?’.
8. Ma
ecco che a questo punto si annunciò l’Amore che disse: ‘Io sono il Fondamento e la Causa di ogni conservazione!’, e
null’altro aggiunse!
9. Ed
io formulai di nuovo la domanda in me stesso: ‘Se Tu sei il Fondamento e la Causa di ogni conservazione, in verità,
allora costituisci Tu stesso, per Te, una legge eterna! Ma allora come si
concilia ciò con la Tua libertà?’
10. E
come io pensavo, così pensava pure il padre Adamo. E il padre Set, dal canto
suo, non pensava precisamente così, ma bensì nel suo petto egli sentiva
profondamente l’abisso vuoto ed insormontabile, e allora cercò e trovò. Però,
in mancanza di strumenti adatti, con quanto egli aveva trovato non poté gettare
un ponte oltre l’immensa voragine. E anche gli altri padri facevano,
similmente, analoghe riflessioni tra loro, con maggiore o minor tiepidezza.
Però non poterono giungere ad altro risultato se non ad una paziente
aspettativa delle cose, e tentarono di riversare prudentemente la colpa un po’
di qua e di là; ma non avvenne per questo che nei petti smarriti si
manifestasse maggiore luce e calore.
11.
La madre Eva indicò bensì al padre Set una gran luce, ma l’intenso bagliore
nella notte accieca l’occhio debole ancora di più della stessa notte di prima.
E così i tentativi di ciascuno trovarono il loro biasimo nella susseguente
triplice tenebra.
12.
Tuttavia non vi è maestro più saggio della necessità stessa. Nel bisogno noi
tutti ci rivolgemmo al santo ed amorosissimo Padre ed Egli, considerando la
miseria dei figli, scese tra di loro con la Sua Grazia. Noi siamo i Suoi figli
e così Egli ora si trova fra di noi ed Egli stesso ci ammaestra!
13. E
le Sue parole sono un appello sonoro, colmo d’Amore e di Sapienza, poiché ora
così dice il Padre amorosissimo e santo:
14. “Ascoltate, o
voi, figli del Mio Amore, e comprendete bene nei vostri cuori quello che ora vi
dico: ‘Io sono un Dio unico ed eterno, Creatore di tutte le cose che ho tratto
fuori da Me, e sono Padre del Mio Amore nonché di tutti coloro che procedono da
tale Amore.
15. Io sono
eternamente libero e senza alcun vincolo, e il Mio Amore è la beatitudine della
Mia eterna Libertà stessa.
16. Tutte le
creature non sono una necessità, bensì solo segni, visibili alle creature
stesse, della Mia suprema potenza perfettamente libera e della conseguente
Beatitudine di tutte le beatitudini. Che cosa potrebbe o dovrebbe costringerMi
ad agire così, oppure altrimenti?
17. Quello che voi
chiamate ‘legge’ è per Me la libertà suprema in tutta la beatitudine del Mio
Amore; ma quello che voi chiamate “libertà” non è altro che la Mia libera
potenza’. Vivete quindi per l’amore e vivete perciò per l’eterno Amore in Me, e
così vivrete veramente liberi! E soltanto dopo la libertà della vita vi insegnerà
compiutamente che la legge dell’Amore è propriamente la suprema libertà e che
la legge e la libertà sono simili ad un cerchio che dappertutto s’incontra con
se stesso e che si rende libero mediante l’Ordine entro il quale essa va
eternamente edificandosi nella perfezione infinita!
18. Amate, dunque; così vi renderete soggetta la legge e
sarete perfettamente liberi, come perfettissimamente sono libero Io, il vostro
Padre! Amen!”».
[indice]
Le opere
della sapienza e le opere dell’amore
1. E Adamo allora si alzò e, congiunte le mani, elevò il
cuore a Me e gli occhi al cielo e, con commozione profonda e perfetta dedizione
del suo cuore, esclamò: «O Padre grande e santo, o Amore eterno! Come posso e come
devo ringraziarTi, io?
2.
Noi non eravamo e Tu ci chiamasti ad essere, affinché gioissimo altamente della
nostra esistenza tanto beata nel Tuo infinito Amore, Misericordia e Grazia! Tu
ci creasti in modo che, simili a Te, già corporalmente siamo atti quasi a
qualsiasi godimento, poiché possiamo udire, vedere, fiutare, gustare, sentire e
percepire e addirittura possiamo amare Te con grande forza, sopra ogni cosa, e
i nostri figli come la nostra stessa vita.
3.
Noi possiamo camminare, fermarci, stare sdraiati e sedere; possiamo voltarci a
piacimento e piegare in mille modi tutte le nostre membra, e volgere da tutte
le parti il capo e gli occhi; ed hai benedetto la nostra lingua affinché essa
usi un linguaggio d’amore ispirato da Te, per intenderci reciprocamente! Oh,
chi mai potrebbe ringraziarTi adeguatamente e in modo degno di Te, poiché i
tuoi atti prodigiosi d’amore sono incommensurabili verso di noi, che siamo
oggetti infinitamente piccoli delle Tue cure!?
4.
Oh, come saremmo assolutamente nulla noi per noi stessi! Ma se noi siamo
qualcosa, certo dobbiamo questo unicamente alle Tue opere d’Amore per noi; e la
nostra vita è il Tuo Amore; e tutta la nostra conoscenza è Grazia Tua!
5. O
Padre santo, o Padre immensamente grande e buono! Guarda, in grazia, il nostro
cuore diventato umile e colmo di filiale amore per Te, ed accettalo come il
migliore ringraziamento che noi possiamo porgerTi, poiché la nostra lingua
dipende troppo dalla Tua Benedizione quando essa vuole produrre qualcosa di
veramente degno di Te. E quando essa manifesta qualcosa, anche allora tutto non
è opera nostra, bensì sempre Tua. Però, la Tua Parola e la Tua Opera sono già,
di per sé e in eterno, la Tua maggior lode, sia in se stessa, sia sulle nostre
labbra!
6.
Perciò non abbiamo niente che tu ci abbia concesso come perfettamente nostro se
non l’amore e il peccato.
7. O
Padre! Se io non avessi l’amore, cos’altro mi rimarrebbe se non il peccato e la
morte? Ma potrei io lodarTi nel peccato e glorificarTi nella morte?
8.
Per questo Tu mi donasti l’amore, affinché non fossero opera mia unicamente il
peccato e la morte, bensì anche l’amore e le sue opere vive; affinché esse
venendo dall’amore fossero puramente mie, e venendo dalla Tua Grazia e
Misericordia, però, solo ed esclusivamente Tue!
9. O
Padre santo, poiché io da solo non possedevo che la sapienza, le mie opere non
potevano essere che quelle del peccato, ed io ero perciò costretto a lodarTi e
glorificarTi con i miei peccati! Tu allora accogliesti la mia lode impura come
se fosse stata una lode pura proveniente dal Tuo e, di conseguenza, anche dal
mio amore, mentre essa davvero non era che un’opera impura del peccato!
10.
Io divisi i figli per mezzo della sentenza apparentemente giusta della mia
sapienza alitata da Te in me. E poiché credevo che la sapienza mi fosse
propria, così risultò che la mia opera fu peccato e, per conseguenza, anche Ti
lodai nel mio peccato, ed io ne sarei andato in perdizione. Ora però Tu mi
donasti l’amore e, di sapienza, non più di quanta l’amore ne possa concepire,
affinché io non abbia più a disperdere, bensì a raccogliere. Poiché la morte
sta nel disperdere, mentre la vita soltanto nel raccogliere. Lascia dunque che
io, nell’amore e mediante l’amore, raccolga di nuovo tutti coloro che ho
disperso per effetto della sapienza male impiegata.
11.
Io Ti ringrazio, Padre santo, e Ti lodo e glorifico per averci dato Enoch e lo
straniero, affinché ci rendessero prima ciechi nella sapienza, perché poi,
nella tenebra che raccoglie, potessimo divenire atti ad accogliere il fuoco
dell’Amore proveniente da Te, nel quale Amore domina soltanto la vita in ogni
raccolto, come nella sapienza domina la morte del peccato per effetto della
dispersione! Oh, fa che questo fuoco divenga in noi un incendio immenso, un
incendio tale che possa distruggere ogni nostra stoltezza ed inghiottire tutte
le nostre opere perverse!
12.
Fa’ che noi tutti ci ritroviamo nel Tuo Amore e Misericordia e ci raccogliamo
nella Tua Misericordia e nella Tua Grazia, e lascia che domani, nel Tuo santo
Sabato, noi celebriamo una nuova festa dell’amore, nella quale crediamo, e in
tutto amore speriamo di poter rendere a Te, o Padre santo, un servizio di
grazie, di lode e di gloria, del quale Tu abbia a compiacerTi maggiormente che
non prima, in tutta la nostra presunta sapienza e nella nostra ingiusta
giustizia.
13. O
Padre nostro, immensamente buono e santo, concedi che il nostro invito sia il
primo passo per ricondurci a Te, ora e in eterno! Amen!
14. E
voi, Enoch, Asmahaele, Set e Kenan, andatevene ai figli e ridestateli nel vero
amore e nella vera libertà, ed invitateli al raduno di domani, ed alla raccolta
della vita, e fate loro come l’amore vi comanda, ma tutto quello che fate,
fatelo nel Nome di Jehova, ora e sempre in eterno! Amen!»
[indice]
La potenza
redentrice dell’amore
1. E
subito i nominati si alzarono e si avvicinarono ai figli che giacevano ancora a
terra prosternati sulle loro facce, ed essi annunciarono loro l’amorevole
comandamento di Adamo, che era un comandamento di libertà, un invito tale da
ridonare la libertà a quello che è prigioniero, perché è un comandamento
dell’Amore.
2.
Dopo che essi ebbero compiuto la loro missione, subito i figli si alzarono e Mi
lodarono e Mi glorificarono per aver intenerito il cuore di Adamo, senza di che
quest’ultimo non li avrebbe mai guardati, ed essi avrebbero evidentemente
dovuto languire fino ad andare consunti, qualora fossero stati costretti a
subire più a lungo l’oppressione di abitere verso la Sera.
3. Ma
quando Enoch ebbe percepito la gratitudine del
loro cuore devoto – nella serietà e in ogni verità – verso di Me come pure
verso i padri, egli si concentrò ben presto nello spirito del Mio fedelissimo
Amore ed indirizzò le seguenti parole, ispirate da Me, ai figli della Sera
ormai destati:
4.
«Ascoltate, o amati fratelli e sorelle in Dio: – il nostro Dio è un Signore
potente sopra tutte le cose, nonché il Padre amorosissimo e santo di tutti noi,
come pure di Adamo – che è un primogenito creato dall’onnipotente, eterno Amore
di Dio – ed è anche il padre corporale di tutti noi.
5. Il
comandamento che con vincoli ferrei vi teneva duramente segregati verso la
Sera, debole di luce e povero d’amore, è ora come se non fosse mai stato un
comandamento. L’immenso calore dell’eterno Amore di Dio ha fatto sciogliere
questi ferrei lacci, come l’estate avanzata fa del ghiaccio rigidissimo sulle
montagne, e vi ha dato ormai un altro comandamento e una legge, secondo la
quale dovete essere liberi, perfettamente liberi, come io e tutti i padri siamo
assolutamente liberi nel vivente amore per Dio, il Quale è Egli stesso
eternamente il supremo e purissimo Amore, nonché in Sé e per Se stesso è la
Vita di ogni vita stessa.
6. Se
voi Lo amerete più di voi stessi e più dei vostri genitori e figli e più di
ogni altra cosa che la Terra porta e offre, allora soltanto riconoscerete in
voi cosa voglia dire essere liberi nell’amore per Dio!
7.
Allora Dio vi risusciterà. E come voi, che finora eravate colmi d’angoscia e di
afflizione sotto il giogo duro e pesante del comandamento della sapienza, siete
ora colmi di letizia per la riacquistata libertà, poiché vi abbiamo destati dal
lungo sonno della cieca sottomissione per ordine di Adamo, similmente, anzi in
maniera indicibilmente superiore, voi giubilerete quando Dio, in seguito al
vostro grande amore per Lui, ridesterà voi stessi alla vita eterna tanto
dell’anima quanto dello spirito, congiunti nella contemplazione della verità suprema
da Lui.
8. In
verità, chi di voi comincerà oggi, ebbene costui stesso potrà rallegrarsi già
domani del suo cuore altamente benedetto! Ma chi, invece, indugerà nell’amore e
vorrà piuttosto tenere occupato il proprio intelletto, con lui anche Dio indugerà
e, al posto della benedizione, Egli darà all’intelletto delle pietre ben dure
da mordere, le quali stritoleranno i denti deboli molto prima che questi
giungano ad aver ragione delle durissime ed infrangibili pietre della sapienza!
9.
Nondimeno, ciascuno chieda a se stesso quale cosa sia più facile: – amare Dio
come Egli è per noi tutti, cioè un Padre amorosissimo e santo, oppure
riconoscere Dio così come Egli è Dio dalle eternità nel Suo infinito Spirito di
eterna Potenza, Forza, Maestà, Sapienza, Santità, Ordine ed Amore!?
10.
Ma se vuoi costringere tuo fratello a rivelarti i segreti del suo cuore, vedi,
allora tuo fratello nasconderà il suo cuore dinanzi a te che cerchi d’esplorare
cosa vi sta celato dentro, e tu da lui non otterrai che un rimprovero che ti
sarà di ammonimento a tenere a freno la tua stolta brama di sapere e a non
affannarti per i segreti del cuore di tuo fratello, ma conviene piuttosto che
tu ti dia cura del suo amore, per sapere cioè se egli ti ama come tu lo ami. Se
invece di andare in cerca dei segreti che appartengono soltanto a tuo fratello,
ti limiti ad amarlo dieci volte più di te stesso, vedi, quando tuo fratello si
accorgerà di tale impulso del tuo cuore, egli allora ti aprirà il suo cuore e
ti ammaestrerà riguardo a tutto ciò che potrà essere di utilità e di somma
contentezza per te, o almeno che ti potrà rendere colmo di fiducia verso il tuo
fratello!
11.
Vedete, cari fratelli, presso Dio avviene appunto la stessa cosa! Chi mai
potrebbe obbligare Dio a mostrargliSi e a rivelargliSi? Ed anche se Egli
volesse farlo, chi mai potrebbe comprenderLo e restare in vita? Ma se voi amate
Dio sopra ogni cosa, Egli vi condurrà e vi guiderà per tutte le vie della
sapienza e delle conoscenze supreme, di eternità in eternità sempre di più, a seconda
della capacità e della grandezza dell’amore che nutrirete per Lui nel vostro
cuore!
12.
Dunque, o cari fratelli, non perdetevi in indagini e non affannatevi a causa
dell’intelletto, bensì amate Dio, il Padre santo ed amorosissimo di tutti noi,
con tutte le vostre forze e sopra ogni cosa; così facendo otterrete in un
istante più di quanto il vostro intelletto, sia pure al massimo della lucidità,
riuscirebbe a decifrare molto imperfettamente in migliaia d’anni!
13.
L’amore è la radice di ogni sapienza; dunque amate, se volete diventare davvero
saggi! Ma se voi amate, allora amate a causa dell’amore e mai della sapienza;
in questo modo sarete veramente saggi!
14.
Voi siete ormai liberi, qui nelle terre della Sera, ma soltanto l’amore vi
renderà completamente liberi nei vostri cuori. Venite, dunque, domani; venite
tutti con amore alla nuova celebrazione del Sabato nel vero e libero amore per
Dio! Amen!»
[indice]
Set
riconosce Asmahaele, lo straniero
1. Dopo
che Enoch ebbe terminato di parlare, egli s’inchinò dinanzi a coloro che
l’accompagnavano e salutò di nuovo i figli della Sera. Però Set, Kenan ed
Asmahaele vi aggiunsero il loro “Amen!”. E Set
volle poi rivolgere ancora brevi parole ai figli della Sera liberati, le quali
furono:
2. «O
figli, voi sapete che trecento anni or sono fui io ad annunciarvi il
comandamento di Adamo! Voi ne rimaneste rattristati, e nella vostra tristezza
non poteste trovare consolazione alcuna, per cui vi siete resi amico il sonno.
3. Il
comandamento era opprimente e voi ne sopportaste il peso dormendo durante la
lunga notte dei vostri cuori. Ora però sono nuovamente venuto a voi, in mezzo a
coloro che Dio ha destato nello spirito, affinché siano atti ad accogliere la
Sua Grazia suprema, la quale è l’Amore nella sua pienezza, e per annunciare la
Sua santa e vivente Parola, colma di Potenza e di Forza. Quindi non è stato
Adamo, né sono stato io a rendervi liberi, ma unicamente la Parola santa del
grande Dio, per mezzo della bocca di Enoch e di Asmahaele, portato dinanzi a
voi dal robusto animale e che Dio ha mandato a noi in maniera meravigliosa,
facendolo salire quassù, secondo quanto ha ammesso lui stesso, dalla pianura,
della quale avete udito che è colma di perfidia degna di maledizione. Io, però,
per conto mio credo che egli ci venga inviato dall’Alto, poiché le parole che
lui ha proferite, non le può proferire nessuno che provenga veramente dal
basso.
4. La
sapienza certo non dimora nella muta pianura e molto meno ancora vi dimora
l’amore.
5. Ma
egli ci ha spiegato la legge e ci ha dimostrato la nostra grande stoltezza
dinanzi a Dio, come se fosse un signore della legge. Egli venne a noi per
apprendere la sapienza, ma già nel tempo di un’ora ci ha confusi tutti, tanto
che perfino Enoch ne è rimasto enormemente sbalordito!
6.
Non avete forse inteso prima le sue parole, o almeno la sua voce potentissima?
Dite, può qualcuno che sia della pianura parlare con tale voce, o qualcuno ha
mai udito una bocca di uomo enunciare tali concetti da quando la Terra ha
cominciato a portare generazioni umane?
7.
Ascoltate: – io vi parlo spinto da un forte sentimento, non per voler dire
anch’io qualcosa o per rendermi più breve il tempo per mezzo di chiacchiere, bensì
per dimostrarvi ampiamente la vostra libertà nell’amore di Dio! Costui,
straniero all’apparenza, che siede in umile atteggiamento, ma che è tanto più
maestoso nelle sue parole, un giorno si farà portare da un altro animale ed un
popolo della Terra acclamerà il seduto sull’animale in tutta l’afflizione del
proprio cuore e dirà: ‘Osanna a Dio nel
più alto dei Cieli, lodato sia Colui che viene nel Nome del Signore, montato su
un puledro d’asina da soma!’
8. O
figli, e tu pure, diletto Enoch, e tu, Kenan, se potete obiettarmi qualcosa,
fatelo, ma se siete animati dallo stesso sentimento, penso che varrebbe la pena
di rivolgere lo sguardo più attento e un cuore umilissimo a questo straniero
dalla parola oltremodo possente, poiché chi parla di Dio in maniera tanto
sbalorditiva come ha parlato lui, deve provenire dalla suprema altezza di Dio,
oppure egli stesso deve essere ...
9. In
breve, io non posso né devo esprimermi oltre!
10.
Sì, certo, in verità, la salvezza in tutta la pienezza di ogni vita ci è giunta
molto più vicino di quanto noi lo possiamo immaginare!
11.
Se qualcuno vuole e crede, si rivolga ad Asmahaele! Il mio sentimento mi dice:
“Chi non diventa libero per mezzo di Lui – come tutti noi abbiamo riacquistato
libertà dopo una breve lotta con la nostra innata tenebra in virtù della Sua
possente parola – non giungerà alla libertà mai più in eterno!”
12. O
Asmahaele, o caro e nobile straniero che tanto coraggiosamente siedi
sull’animale ed ascolti con tanta mansuetudine ed umiltà noi, vermi della terra
– come se Tu volessi apprendere qualcosa da noi, mentre ciascuna migliore
parola dalla nostra bocca esiste in Te nella sua suprema purezza già molto
tempo prima che la nostra lingua la renda impura – rendici liberi ed
eternamente viventi in Te!
13.
Oh, non abbandonarci, e sii in eterno la nostra guida e il vero liberatore dei
nostri cuori! Amen! Amen! Amen!»
14. E
dopo che Set ebbe finito il suo discorso, Asmahaele
si mosse subito nel mezzo dei tre e disse loro:
15.
«Ascolta, Set e tu, Kenan e tu pure, Mio caro e stimato Enoch! Dovete serbare
il silenzio al cospetto di Adamo e di tutti i figli della Sera su quello che
tu, o Set, hai percepito in te e che nella tua effusione hai reso manifesto
dinanzi a Kenan e ad Enoch e a tutti i figli della Sera, i quali non l’hanno
ancora compreso. È bene che essi non sappiano, né presentiscano Chi si cela
sotto la spoglia di Asmahaele!
16.
Perciò conviene che voi tacciate, se volete che Io rimanga ancora più a lungo
il vostro accompagnatore; così pure non dovete esteriormente riconoscerMi o
nominarMi se non altrimenti quale lo straniero venuto dalle pianure cui Adamo
ha imposto il nome di “Asmahaele”, non sospettando che fosse Jehova in Persona
quello che era venuto, sconosciuto a voi, dal luogo che voi chiamate “il Mattino”,
per guidarvi fattivamente personalmente verso l’amore e la vita eterna per vie
note soltanto a Me!
17.
Se Io avessi voluto, già da lungo tempo Enoch Mi avrebbe riconosciuto, e Set
non sarebbe mai giunto a prevenirlo; tuttavia a chi, come Set, deve sostenere
un’aspra prova e nella sua cura d’amore pensa che Io sia ancora del tutto
estraneo e lontano, in verità, Io a costui sto il più vicino di tutti, anche di
coloro che Mi amano come Enoch!
18.
Io sono, in verità, Colui che Set ha annunciato; però ora voi dovete tacere su
di Me! In segreto potete tuttavia venire da Me e prendere da Me la più alta
delle benedizioni! Se frenate la brama della lingua, Io dimorerò ancora a lungo
tra di voi quale guida visibile, ma se Mi palesate anche con una sola minima parola,
allora sarò costretto a lasciarvi immediatamente! – Ascoltate! Amen! Ascoltate!
Amen! Ascoltate! Amen! Questo ve lo dice Asmahaele! – Ascoltate! Amen!
Ascoltate! Amen! Ascoltate! Amen!»
[indice]
La
testimonianza di Asmahaele
1.
Quando però i tre appresero dalla bocca di Asmahaele tale testimonianza sul
conto di Se stesso, furono colti da un senso di timore e di angoscia, e non
seppero a quale partito appigliarsi. Dovevano forse prostrarsi subito dinanzi
ad Asmahaele e adorarLo? Ma allora Egli sarebbe stato palesato, perché gli
altri padri se ne sarebbero senz’altro accorti!
2.
Oppure dovevano oppure no credere alla testimonianza? Perché tra di loro così
andavano pensando: ‘Se crediamo alla
testimonianza, allora siamo vincolati al cospetto di Adamo e degli altri padri,
perché la nostra reverenza e il grandissimo amore verso Asmahaele renderanno di
sicuro manifesto ai padri che dietro ad Asmahaele deve, senza alcun dubbio,
celarsi qualcosa d’insolito, considerato l’immenso rispetto e il grandissimo
amore che Gli tributiamo, come anche necessariamente siamo tenuti a
tributarGli. Ma, d’altro canto, se non crediamo alla testimonianza, cosa
diventiamo poi al cospetto di Asmahaele? Nient’altro che degli evidenti
mentitori e ingannatori dei nostri padri, fratelli e figli, oppure dobbiamo
rinunciare assolutamente ad aprire bocca, se vogliamo persistere nella verità!
Poiché, se noi proferiamo una sola parola riguardo a Dio, il Quale si trova fra
noi, ma che noi, non credendo, rinneghiamo nei nostri cuori, allora saremmo,
come già detto, mentitori ed ingannatori, perché così vorremmo far credere
indubbiamente agli altri che vi sia qualcosa dove i nostri occhi non vedono
neppure un’ombra!
3. Ma se ci comportiamo così come al solito,
dando a vedere che riteniamo essere Asmahaele tuttora un discepolo di Enoch, in
che situazione verremo a trovarci? Da un lato avremo sempre di fronte un
rimprovero, perché dovremo dire: “Il Signore, il nostro grande Dio ed
amorosissimo Padre, Si trova presso di noi, per istruirSi!”
4. Ma che cosa potrà apprendere da noi, vermi
nella polvere, quando non c’è dubbio che ogni migliore parola della nostra
bocca deve innanzitutto provenire in noi da Lui, per essere soltanto poi
pronunciata da noi? Ma d’altro canto, benché noi faremmo così sotto il pretesto
della segretezza, i nostri padri, fratelli e figli ne risulterebbero
triplicemente ingannati: – la prima volta per effetto di ciascuna nostra
parola, perché necessariamente dobbiamo agire in un modo e pensare in un altro
nel nostro cuore; la seconda volta per il fatto che dinanzi a loro dobbiamo
darci l’apparenza di annunciare e adorare un altro Dio che non è niente e in
nessun luogo, e dobbiamo, anzi, secondo la loro volontà, incoraggiarli
addirittura a rinnegare il Dio vero e vivente che si trova fra di noi e con
noi.
5. E infine, l’inganneremmo una terza volta,
perché mediante un falso amore per un Dio che non esiste in nessun luogo, essi
non riceverebbero né potrebbero mai ricevere niente affatto di quanto viene
promesso, per la ragione che l’ottenimento dello spirituale dipende sempre
dall’amore in spirito e in verità.
6. Ovvero, in questo caso la nostra promessa
non sarà altro, che come dire a qualcuno durante una notte scurissima: “Odi, fratello,
se hai fame, basta che tu proceda innanzi per cento passi; là troverai ben
presto un fico stracolmo di frutti con i quali ti potrai saziare
abbondantemente!”, e ciò mentre sappiamo anche troppo bene che al posto
indicato non c’è mai stato un albero di fichi, non c’è ora e mai vi sarà,
perché il posto stesso è costituito da una voragine incommensurabile, mentre
invece sappiamo che un albero di fichi c’è veramente dietro alle nostre spalle,
anche ben carico di frutta!’»
7. E
dopo tali pensieri, essi divennero esteriormente ed interiormente muti, e non
sapevano da che parte volgersi; se a destra o a sinistra, se dentro o fuori, se
in alto o in basso.
8.
Allora Asmahaele aprì subito la Sua bocca e
disse ai tre: «Perché lasciate sorgere dei dubbi nei vostri cuori? È mai
possibile che facciate male, eseguendo la Mia Volontà? Come mai potete pensare
che Io abbia voluto comandarvi di fare ciò che pensate? Ma perché, se avete
qualche dubbio, andate adesso interrogando il vostro cuore e non Me, dato che
Mi trovo fra di voi? Oppure credete forse che sia giusta solamente quella via
che il vostro occhio miope riconosce come tale?
9.
Non dite voi stessi che le Mie vie sono imperscrutabili e che è imperscrutabile
il Mio Consiglio? Come potete allora dubitare ancora e traviarvi con il
pensiero nei vostri cuori?
10.
Oppure, è forse il vostro amore per i vostri padri, fratelli e figli, maggiore
del Mio Amore, che chiamò all’esistenza tutte le cose loro e voi stessi, per
l’eterno compimento della vita in Me e che proviene da Me?
11.
Ma se voi credete che qui, sotto le spoglie di Asmahaele, Mi trovi veramente
Io, il Creatore e Padre santo di tutti voi, come potete domandare ancora se
sarà proprio buono e giusto quello che vi consiglio di fare?
12.
Non sono Io forse più di Adamo, che è stato fatto da Me, e più di tutti i suoi
figli che ho suscitato fuori da lui?
13.
Dunque non datevi alcun affanno e seguite il Mio imperscrutabile consiglio, e
così facendo agirete bene, perché le vostre parole saranno ispirate da Me e gli
insegnamenti che voi Mi donerete saranno un ammaestramento per voi e per i
vostri figli, e i vostri padri ne avranno grandissimo diletto ed esulteranno
apertamente di questo.
14.
Ma ora anch’Io devo adempiere ancora la volontà di Adamo! Amen!»
[indice]
La curiosità
di Adamo
1. E
quando Asmahaele fu giunto al termine delle Sue parole ammonitrici ai tre, Egli
rammentò a Set che egli avrebbe dovuto chiamare a raccolta i figli della Sera e
particolarmente gli anziani, affinché, secondo la volontà di Adamo, avessero da
ricevere ed intendere anche da Lui, Asmahaele, una parola di liberazione.
2. E
non appena Set ebbe udito tale cosa, si affrettò
tra i figli rapido come il vento, e con grande vivacità annunciò loro il
proposito di Asmahaele che prometteva tanta benedizione, e rese pure noto a
loro che avrebbero dovuto prestare la massima attenzione, perché mai avrebbero
udito parole tali, quali quelle che avrebbe pronunciato ben presto Colui che
sedeva sull’animale.
3.
«Poiché Egli è..... ascoltate...... Egli è.... in poche parole, figli,.....
Egli supera in fatto di amore e di sapienza di gran lunga tutti noi, e ciascuna
Sua parola è più grande di tutto, cioè di tutte le nostre parole!»
4. E
immediatamente gli anziani si avvicinarono ad Asmahaele ed ansiosamente
restarono in attesa del Suo discorso con la massima attenzione.
5.
Quando però gli altri figli della linea principale, i quali assieme ad Adamo
erano rimasti circa a un centinaio di passi più indietro di questi quattro, si
accorsero che là c’era qualcosa di straordinario in procinto di svolgersi,
visto che i figli della Sera cominciavano così ad affollarsi intorno ai
quattro, allora Adamo parlò così:
6.
«Udite, sarebbe opportuno che pure noi ce ne andassimo là, per vedere e sentire
con maggiore facilità quello che eventualmente dirà Asmahaele, perché,
quantunque noi non abbiamo compreso proprio a fondo il suo ultimo discorso,
tuttavia è certo che questo è stato colmato di sapienza!
7.
C’è davvero da meravigliarsi dei progressi che ha fatto questo giovane della
pianura nel breve tempo di appena tre giri d’ombra (circa tre ore),
ascoltando semplicemente le nostre savie e amorevoli parole; ma dove potrà
arrivare egli, quando si sarà trattenuto più a lungo con Enoch e con noi, e quando
poi sarà stato pure testimone e nostro compagno alla sacra solennità del Sabato
di Jehova?
8. E
così portiamoci là anche noi; andiamo dunque! Amen!»
9. Ma
quando i figli della Sera videro che il primo padre, assieme a Eva e agli altri
padri, si era loro avvicinato, gli fecero immediatamente posto, affinché essi
potessero avvicinarsi senza difficoltà ad Asmahaele e a Set, Kenan ed Enoch.
10.
Quando Adamo si trovò completamente in mezzo ai suoi, egli domandò subito cosa
stesse per accadere e se Asmahaele avesse forse già parlato.
11.
Ma Set, dopo averlo salutato, gli rispose: «Odi,
caro padre! Asmahaele non ha detto ancora nulla ai figli, bensì Egli ha
conversato soltanto con noi. Adesso, però, si dispone a rivolgere qualche
parola anche ai figli, e ciò in conformità al tuo volere. Infatti, considerato
che Egli è dovuto venire con noi, s’impone che Egli pure faccia quello che
tutti noi abbiamo già fatto secondo la tua volontà. Non è giusto così, caro
padre?»
12.
Adamo, però, colmo di devota curiosità, non poté fare a meno di chiedere a Set
che cosa mai avesse detto prima Asmahaele a loro.
13.
Nondimeno, questa domanda mise naturalmente il povero Set in una tale posizione
d’indicibile imbarazzo che al momento se ne restò muto. ‘Infatti’ egli pensava tra sé: ‘se
io parlo, divengo un traditore; se dico qualcos’altro, divento un mentitore, e
se non rispondo nulla, sono come un figlio disobbediente e devo starmene qui,
come uno che non osa fiatare o come uno che non ritiene il proprio padre degno di
una risposta!
14. Io però dirò ad Adamo che mi riservo di
dargli risposta a una prossima occasione, visto che il tempo è prezioso, non
essendo opportuno far ritardare Asmahaele nel Suo discorso ai figli, il quale è
imminente e certo sarà insuperabile!’
15. E
così anche Set si espresse con tutta dolcezza verso Adamo,
ma per questi la risposta non fu soddisfacente, ed egli osservò a Set:
16.
«Ascolta, mio caro Abele-Set, io scorgo che tu ti vorresti nascondere dinanzi a
me! Nel tuo cuore vi è cosa diversa da quella che hai sulle labbra! Perché
arrossisti alla mia onesta domanda e rimanesti muto per un po’ di tempo?
17.
Io, Adamo, tuo padre, ti dico però che Asmahaele non deve aprire bocca prima
che tu non mi abbia dato una fedele risposta!
18.
Odi dunque: – a Dio e a me tu devi fedeltà; parla dunque senza indugi e senza
scuse! Amen!»
19.
Ma Set frattanto era fuori di sé dall’angustia e non gli fu possibile proferire
parola.
20. E
allora Enoch si fece subito innanzi, e disse ad Adamo:
«Padre, caro padre, non ci hai tu stesso insegnato che la via diritta è la più
breve? Asmahaele non si trova fra noi? Perché deve rispondere Set per Lui,
considerato che Set può forse aver dimenticato qualcosa di quanto Asmahaele ci
ha detto, certo con maggiore facilità di quanto possa averlo dimenticato il
san... l’oratore voglio dire, cioè Asmahaele stesso? Rivolgiti dunque
all’Autore di tutto... intendo dire ad Asmahaele in Persona, e sta certissimo
che noi confermeremo con tutta fedeltà e per assolutamente vera ciascuna Sua
parola! Amen!»
21.
Però Adamo obiettò anche ad Enoch e gli disse:
«Neanche tu mi piaci, perché le tue parole non sono libere come al solito!
Dimmi tu, dunque, che cos’è che inceppa la lingua di Set! Narrami quello che
Asmahaele vi ha detto, poiché la tua memoria è di certo più forte di quella di
Set. Parla dunque tu al suo posto, ed io mi accontenterò! Amen!»
22.
Ma allora Enoch rispose: «Padre, odimi e
intendimi bene! Ogni diritto su questa Terra ha i suoi limiti, come li ha la
Terra stessa e così pure il diritto del padre sui propri figli.
23.
Ma tu, esigendo da me e da Set una risposta, hai forse considerato
profondamente se il comandamento, che nel tempo presente chiude la bocca a Set
e a me, non sia situato più in alto della tua richiesta un po’ intempestiva?
24. E
precisamente così stanno le cose! Noi abbiamo ricevuto da Dio il comandamento
di tacere dinanzi a te riguardo a ciò, finché così piacerà a Lui; non voler
quindi d’ora innanzi costringerci a violare il comandamento di Dio dinanzi a te
e dinanzi a Lui!
25.
Per soddisfare parzialmente la tua onesta curiosità, ti basti questo: – è bene
che tu sappia che Jehova ci è più vicino di quanto tu possa supporre! Non
forzarci perciò a peccare al cospetto di Dio, ma odi tu stesso, anzi, se vuoi
sapere quello di cui Asmahaele ha parlato con noi, rivolgiti, come ho detto
prima, solo a Lui stesso, perché Egli ha, o meglio, Egli non ha, per quanto a
me consta, ricevuto da Dio alcun comandamento di tacere dinanzi a te.
26.
Egli è del tutto libero, ma invece questo non è il nostro caso; quindi
risparmiaci prima del tempo tale domanda! Amen!»
27.
Nell’udire tali parole, però, Adamo provò una
strana sensazione e gli parve di essere ritornato al tempo della sua nudità,
quando cioè egli, dopo il peccato, si era nascosto nella caverna dove aveva
udito la Mia voce che gli chiedeva: “Adamo! Dove
sei?”
28. Adamo non era preparato ad un simile svolgersi della
cosa e perciò ne fu anche immensamente rattristato e non poteva trovare né
consiglio, né aiuto. Egli si lasciò quindi cadere a terra senza dire niente, e
pianse tra sé e si afflisse nel suo cuore, dicendo:
29.
«Mio grande Dio e Signore, Creatore di tutte le cose e Padre santo di tutti gli
spiriti e di tutti gli uomini! Mi hai creato proprio per tormentarmi dal
principio fino ad oggi?
30.
Oh, allora quanto mi dovrei essere ingannato nel Tuo Amore! Perché dovetti
diventare un essere vivente conscio di se stesso, ad eterno soddisfacimento
della Tua immensa stravaganza? Non sarebbero state buone a questo scopo anche
le pietre morte?
31.
Tu mi animasti di tutti i sensi e mi ispirasti ogni specie di brame, e contro
queste mi desti dei comandamenti, affinché ne fossi guastato dinanzi a Te e Tu
potessi poi condannarmi!
32. O
Signore, se Amore e Misericordia Ti appartengono, fammi ora ciò che volevi fare
dopo il mio peccato ed annientami per l’eternità! Fa’ di me come se non fossi
mai esistito, poiché certo è indicibilmente migliore per me “non essere”
eternamente che essere una creatura liberamente conscia di sé sotto l’eterna
oppressione della Tua invincibile potenza e servire a Te da trastullo, anzi da
spregevole trastullo alla Tua stravaganza eternamente incommensurabile e che
arreca diletto solo a Te.
33.
Certo, Tu sei un Dio ed un Signore potentissimo, ma Tu non sei certamente un
Padre!
34.
Dimmi, se vuoi e se puoi, se io come padre ho mai attuato tali stravaganze
verso i miei figli! Ho mai insegnato loro a restarsene muti dinanzi a Te? Ma
perché allora chiudi le loro bocche e i loro cuori dinanzi a me?
35.
Chi o che cosa sono io allora, perché Tu abbia a tormentarmi? Annientami,
dunque, e prenditi per Tuo trastullo le pietre o qualche altro oggetto!
36.
Se Tu sei un Dio santo, come puoi ispirarmi delle brame profanatrici della Tua
Santità?
37. Se
io sono opera Tua, distruggimi; e se non lo sono, lasciami così come sono!
Amen! Amen! Amen!»
[indice]
La preghiera
di Adamo ad Enoch
1 giugno
1841
1.
Dopo che Adamo ebbe esaurito questa serie di
acri pensieri, e l’irruenza della sua curiosità si fu gradatamente calmata,
egli si alzò nuovamente da terra, disse ad Enoch di avvicinarsi a lui e gli
chiese:
2.
«Enoch, dì a me, padre afflitto fin nella più intima fibra del cuore, almeno se
la parola indirizzatavi da Asmahaele è stata o no di grande importanza! Era
essa una parola di Luce e d’Amore, oppure una parola che proveniva dagli abissi
di ogni tenebra e di ogni abominio?
3. E
se davvero il Signore vi ha proibito di rivelarmi tale cosa, dimmi fuori dal
Signore, perché Egli l’ha nascosta a me, mentre l’ha rivelata a voi!?
4.
Caro Enoch, non tenermi nascosto questo, sii sincero con me, dato che io sono
stato sempre anche troppo aperto, buono e giusto con voi, e non vi ho mai
tenuta nascosta nessuna cosa!
5. Il
Signore lo sa e deve anche sapere quanto sincero sia stato il mio comportamento
in ogni tempo verso voi tutti! Di tutto quanto mai avrebbe potuto esservi di
vantaggio, io ne ho sempre fatto parte a voi, quantunque io, quale padre, avrei
avuto maggiore diritto di farne mistero dinanzi a voi che non voi dinanzi a me,
il padre vostro!
6.
Voi ora state davanti a me con il cuore chiuso. Può sempre essere che il
Signore vi abbia comandato di tenere di fronte a me un tale contegno, ed è
altresì possibile che Egli ci sia più vicino di quanto io possa supporre, e che
Asmahaele non abbia ricevuto dal Signore alcun ordine di tacere dinanzi a me,
lo voglio ammettere di buon grado; però, dal punto di vista dell’ordine, è bene
che i figli mandino via il padre perché si rivolga allo straniero dal quale
egli potrà apprendere quello che ai figli è proibito dire?
7.
Vedi, diletto Enoch, riflettici bene ed attentamente, e allora troverai come
già di primo acchito riesca difficile conciliare un simile stolto comandamento
con l’Amore e la Sapienza di Dio! Poiché, se l’una e la stessa parola, mentre è
proibita a voi, è permessa invece ad Asmahaele, è chiaro ad ogni modo che alla
parola non va attribuita nessuna importanza o comunque non troppa, e in ogni
caso poco importa la parola come tale, per la quale veramente non esiste un
divieto, dato che Asmahaele la può liberamente proferire, bensì assolutamente
importante è la lingua vincolata.
8.
Perché, per la medesima parola, la vostra lingua è inceppata, mentre quella di
Asmahaele è libera?
9.
Chi può mai pensare che una cosa simile provenga dal Signore? Che Egli intenda
chiudere i cuori dei figli dinanzi ai padri ed aprire invece quelli degli
stranieri, affinché con ciò venga suscitata ed alimentata fra padre e figlio
una diffidenza incurabile?
10.
Vedi, se Dio facesse così, Egli sarebbe evidentemente un promotore della
perfidia, ma in nessun modo un autore di ogni giustizia, grazia, amore e
misericordia!
11.
Sta dunque bene in guardia e scruta bene se questo comandamento sia davvero
l’enunciazione di uno spirito buono o non piuttosto di uno cattivo!
12.
Ma se è da Dio, allora guai a noi tutti, perché allora, senza eccezioni, non
siamo altro che il vano trastullo di una potenza senza freni ed
imperscrutabile, la quale crea fuori da sé degli esseri come passatempo per
dilettarsi a tormentarli per un certo tempo, e facendo loro gustare le dolcezze
della vita tra due estremità, vale a dire dalla nascita fino alla morte, che
ancora attende noi tutti; dopo di che ricomincia la linea infinita dell’eterno
annientamento, e noi tutti, atrocemente tormentati, diventiamo di nuovo quello
che eravamo prima della nascita, cioè un nulla senza fine!
13.
Se però tale comandamento è opera di un malo spirito, allora guai doppiamente a
noi, perché in primo luogo dovremmo esserci terribilmente allontanati da Dio a
causa di una qualche colpa a noi sconosciuta, per la quale Egli ci abbandona
alla Sua ira in preda a un eterno fuoco di vendetta, oppure la mala potenza ha
paralizzato al Padre il braccio dell’Amore, tanto che Egli non può più aiutarci
e salvarci dalla morte o forse anche da qualcosa ancora peggio!
14.
Caro Enoch, pensa bene a quello che ti ho detto ora, e dammi la risposta che ti
ho chiesto! E se ti è possibile, ridonami la pace, poiché, vedi, io sono
rattristato fin nelle più recondite fibre della mia vita! Intorno alla mia
anima si è fatto notte, e neanche la benché minima stella brilla più nella
fitta tenebra della morte!
15.
Enoch, quando ero sazio, ti fu concesso di porgermi un cibo dal Cielo; fallo
tanto di più ora che la fame e la sete mi tormentano assai! Ascolta e fallo!
Amen!»
[indice]
L’ammonimento
ad Adamo
1. E
quando Enoch ebbe inteso il discorso e la domanda
di Adamo, si alzò immediatamente e gli rivolse le seguenti parole, che erano da
Me, dicendo:
2.
«Nel nome del grande Dio che è con noi per tutte le vie, visibile e invisibile,
visibile per tutti coloro che Lo amano veramente, ed invisibile per i sapienti
e per chiunque ambisce più alla sapienza che al vero amore. Dunque, nel Nome di
questo nostro grande, onnipotente Dio e Padre amorosissimo sopra ogni cosa, io
ti dico, mio caro e venerato padre, che tu ti sei scostato in maniera
gravissima dalla via del Signore!
3.
Vedi, io voglio, posso e devo dirti ora che hai enormemente errato nella tua
patriarcale sapienza, poiché nel tuo cuore hai incolpato il Signore di
dispettosa stravaganza a nostro riguardo, asserendo che Egli ci ha creati
unicamente per Suo trastullo e diletto!
4. O
padre, se tu potessi immaginare anche alla lontana quant’è grande, anzi
infinitamente grande il tuo errore, vorresti pregare non nel tuo rancore, bensì
nel tuo pentimento il Signore di annientarti per l’eternità, giacché, come conseguenza
di una tale grossolana imputazione, tu ti dovresti condannare da te stesso e
dovresti augurarti che tutte le montagne potessero caderti addosso per
nasconderti dinanzi al volto di Colui che non è stato mai tanto terribilmente
così vicino a te e a noi tutti, e che non ha ancora mai operato tanta
indicibile attività d’Amore quanto, appunto, nel momento attuale in cui tu Lo
credi il più lontano da te, e perciò ti scagli contro di Lui come fossi il Suo
signore.
5.
Credi tu forse, o padre, che il Signore sia incostante e capriccioso al pari di
noi, come la fogliolina che pende dal filo di ragno? E credi cioè che Egli
faccia, con le Sue opere, quello che usano fare i piccoli fanciulli con i loro
balocchi quando sono stanchi e annoiati di averli tra le mani? O padre, quali
pensieri hai mai lasciato sorgere nel tuo cuore rispetto a Dio?
6.
Vedi, se il Signore fosse davvero così come tu Lo accusi di essere, Egli non
avrebbe forse, per causa tua, preparato a tutti noi una fine miserevolissima
già da lungo tempo? Ma invece Egli non è affatto come tu hai testimoniato di
Lui in modo perfido e falso nel tuo cuore, bensì è colmo soltanto del più
infinito Amore, Indulgenza e Mansuetudine. Anzi, considerato nella Sua
complessa Essenza divina supremamente santa, Egli è immensamente umile ed è,
appunto perciò, pieno di Grazia e di Misericordia verso di noi. Egli, infatti,
ci ha creato, traendoci fuori da Sé, come ricettacoli viventi nei quali,
tramite le Sue continue cure amorose, è chiamato a formarsi spiritualmente e a
maturarsi un essere perfettamente simile a Lui, libero ed immortale per le
eternità. Per tutte queste ragioni noi tutti siamo ancora in vita,
personalmente continueremo a vivere ancora parecchio tempo su questa Terra e,
nel Suo Amore e nella Sua Misericordia, otterremo la vita eterna e la
manterremo!
7.
Vedi, caro padre, nella tua sapienza hai accortamente mirato a cogliere da me
il frutto proibito, ma credimi: – la più raffinata sapienza, al paragone
dell’umile amore, è una cordicella grossolana, la quale è bensì pure
confezionata con dei sottili fili dell’amore, contorti assieme, però questi
fili non sono più liberi e quindi non sono più strettamente legati, e insieme
non sono neanche più tanto flessibili e tali da potersi adattare anche ai
minimissimi interstizi.
8. La
cordicella della sapienza serve soltanto per legare assieme disordinatamente e
per breve tempo dei pezzi grezzi e pesanti; mentre i delicati dell’amore
circondano la vita più interiore e delicata, e in questa loro funzione possono
percepire con tutta facilità le più lievi vibrazioni e sensazioni dell’anima
contemplante!
9.
EccoLo là, seduto sul dorso del feroce animale. È Lui che ha parlato a me, a
Kenan e a Set! Se tutto quello che ha detto abbia una qualche importanza, non
io, bensì Colui che sta in groppa all’animale te lo annuncerà fedelmente, come
ancora ti dirà la ragione per cui, da parte di Dio, un vincolo è stato posto
alla mia lingua dinanzi a te.
10.
Ritorna alla calma e sii paziente, rassegnato e devoto di cuore; in tal modo
ben presto potrai assistere al massimo dei prodigi di Dio! Amen! Ascolta:
amen!»
11.
Quando Adamo ebbe inteso una simile inattesa
risposta dalla bocca di Enoch, egli esclamò ad alta voce:
12.
«Mio Dio! Mio Dio, perché mi hai creato e, ora, del tutto abbandonato?
13.
Allora, quando io, rigettato da Te, caddi attraverso le eternità, Tu, eterno
Amore, raggiungesti il misero che precipitava ed edificasti la Terra per me,
traendola fuori dalla Tua Parola, e allora su di questa mi ponesti, così come
in parte sono tuttora. Ora però ti grido dal mio cuore di annientarmi oppure di
salvarmi; sennonché Tu non vuoi ascoltare la mia voce e mi lasci languire di
fame e di sete, e proibisci perfino ai miei figli di porgermi quello che
potrebbe alquanto calmare la fame e la sete!
14.
Mio Dio, mio Dio! Perché Ti sei fatto così duro verso di me?
15.
Ascoltate, figli, io vi dico: “Fate quello che stimate buono, e Asmahaele parli
pure ai figli secondo il suo piacimento; tuttavia la mia fame e la mia sete,
che i miei figli non hanno potuto calmare, egli non dovrà saziarla, né
spegnerla! Poiché d’ora innanzi lo stomaco del mio spirito dovrà soffrire fame
e sete per tutto il tempo della mia vita, ed io non voglio mandare giù né una
briciola né una goccia proveniente da mano estranea, bensì ciò che il mio
terreno interiore mi darà, quello mangerò, ma di questo, nessuno sarà ammesso a
mangiare con me! La mia curiosità è bene che rimanga soffocata nella palude
della mia colpa dinanzi a Dio. E tarde lacrime di pentimento dovranno abbeverare
la vita inaridita al fuoco del mio cieco zelo! E quando, da lungo tempo, io non
sarò più, voglia Dio, nella notte del mondo, indossare la mia veste per
salvarmi e per sanarmi la ferita stillante veleno che il Serpente del mio
proprio cuore ha inferto alla mia carne con i suoi denti acuminati, per la
morte di tutti gli uomini che calpesteranno questa Terra!
16.
Figli, conservate il ricordo di quanto ora ho detto, poiché d’ora innanzi
avrete ben poco da ricordare di me! Tuttavia, la Volontà del Signore sia con me
e con voi in eterno. Amen! Io vi dico anche: – ascoltate! Amen!”»
[indice]
Il discorso
di Asmahaele riguardo alla Parola di Dio
1. E
quando Adamo terminò il suo discorso, poiché neppur volendo non trovò niente da
dire, i figli lo ringraziarono per quest’ultima comunicazione, perché tutti, ad
eccezione di Enoch, pensavano che Adamo non avrebbe più parlato. Ma dopo di
ciò, Enoch richiamò l’attenzione dei figli sull’imminente discorso di Asmahaele
e tutti concentrarono i loro sensi su Quest’ultimo, in attesa delle Sue parole,
e Set aggiunse:
2. «O
Signore, donami ora cento cuori e settecento orecchi, affinché nulla di quello
che sta per sgorgare dalla Tu... – ah sì! – dalla bocca di Asmahaele e che
viene da Te, come se uscisse proprio dalla Tua bocca, vada perduto. O Signore,
Dio e Padre colmo del supremo Amore e di ogni Misericordia, guardami qualche
volta durante il Tu... – ah sì! – il discorso di Asmahaele, affinché il Tuo
sguardo, serio e dolcissimo in pari tempo, illumini i labirinti del mio cuore
impuro! Amen!»
3.
Invece, a questa invocazione di Set, Adamo
riaprì tuttavia la sua bocca e disse: «Caro Set, a quanto posso molto ben
giudicare dalla tua esclamazione alquanto imbarazzata, a te interessa molto di
più il discorso di Asmahaele che seguirà che non tutti i discorsi di Enoch, che
pure sono stati anch’essi ispirati da Dio, e tutte le mie parole, attraverso le
quali pure tu hai, la prima volta, riconosciuto l’Essere divino così come Egli
è, quale Creatore di tutte le cose ed anche quale Padre colmo d’Amore per tutti
i miei discendenti che Lo amano sopra ogni cosa. Mai ancora prima d’oggi io ti
ho udito invocare il Signore e pregarLo di concederti cento cuori e settecento
orecchi per accogliere le nostre parole!
4.
Tuttavia non intendo affatto chiedertene il motivo; quindi voglia Asmahaele
dare inizio al suo discorso e far sì che noi possiamo ben presto recarci dai
figli della Mezzanotte! Amen!»
5.
Allora Asmahaele si alzò subito e cominciò ad
indirizzare a tutti le Sue parole ispirate a grande Pazienza e Indulgenza:
6. «Ascoltate tutti
e comprendete bene voi, figli della Sera e voi, padri e tu, Adamo, non meno
degli altri: –“Quando il grano viene posto nella terra, esso imputridisce, e da
questa sua dissoluzione sorge fuori una nuova pianta che riproduce in maniera
centuplicata il granello imputridito. La stessa cosa avviene pure di ciascuna
Parola proveniente dalla bocca di Dio.
7. Il cuore è il
terreno, l’amore è il concime e l’Amore di Dio è la pioggia fecondatrice; la
Luce di Grazia che a ciò segue è il caldo raggio del Sole. Tutti e quattro
questi fattori hanno il primo effetto di provocare la putrefazione del grano.
Questo stato è simile alla notte, ovvero allo sterile inverno. In questo stato
l’uomo non sa niente e non comprende niente e non vede niente, e l’accompagna
la sensazione dell’annientamento. Ma quando poi viene la primavera, o il
mattino, allora ben presto dalla putrefazione cominciano a spuntare delle
radici che s’insinuano nel terreno, e là, dove queste si uniscono nell’amore e
si raccolgono in un fascio, spunta un nuovo stelo colmo di vita, e si edifica
audacemente una nuova dimora per la maturazione futura di una centuplice vita.
8. Guardate quante
migliaia di canaletti costituiscono lo stelo sul quale si culla la spiga
gravida di frutto e di vita, attraverso i quali la spiga non fa che succhiare
il nutrimento dal grembo della terra! Ammirate le lunghe foglie che pendono
dallo stelo: come sono belle ed opportunamente formate e provviste di
innumerevoli minuscole punte terminali ai margini, fatte per accogliere il cibo
del cielo per mezzo di esse, ed ottenere con ciò che pure quello della terra
divenga vivente! Osservate gli anelli brunastri sullo stelo, i quali sono fatti
affinché, a seconda che la vita del nuovo frutto si sia gradatamente sempre più
innalzata e liberata fuori dalla putredine della morte della terra, in primo
luogo la vita pura sia tutelata contro le insidie impure della putredine
proveniente dal basso, e in secondo luogo perché il nutrimento preso alla terra
sia raffinato e nobilitato e completamente mescolato per la vita con il cibo
proveniente dai cieli, che è il solo vivificante! Guardate le numerose
cosiddette spine, disseminate di punte, come si volgono con ogni cura verso la
luce per assorbire avidamente il puro cibo di grazia dal Sole di Dio, affinché
il frutto della vita, racchiuso in nuovi involucri, non venga più alimentato da
alcun altro nutrimento se non da quello della grazia dal Sole! Guardate il
fiore che subito poi, diligentemente, si sporge fuori dal bocciolo e che è
abbondantemente provvisto con manna nutriente offerta dai cieli supremi, la
quale è visibile sotto forma di una rugiada finissima e dona da sola al frutto
la potenza vitale eterna della riproduzione! Osservate come, subito dopo questo
susseguirsi di azioni, tutto quello che dello stelo fu tolto dal terreno
comincia ad appassire e in certo modo a morire, ma quanto più va morendo
l’elemento terreno, tanto più si va consolidando e rendendosi libera la vita
nella spiga, che va morendo essa pure nei suoi morenti involucri!
9. E quando poi il
frutto è diventato maturo, voi andate o mandate i vostri figli perché
raccolgano e portino nelle vostre dimore e nei vostri granai il frutto vivente.
10. Vedete, altrettanto
fa il Signore! Voi pure siete il grano; il vostro corpo è lo stelo, la vostra
anima è il nutrimento purificato della terra, il vostro spirito è il cibo dei
Cieli e la Mia Parola vivente è la manna del supremo dei Cieli, la quale vi
porta la vera vita eterna, qualora voi vogliate accoglierla quali spighe e
fiori sul tronco del mondo che va disseccandosi. Tuttavia, come già detto, la
Parola in voi viene seminata due volte, e precisamente la prima volta in modo
vivente nel terreno del vostro cuore, agli scopi della prova e della
decomposizione che vi purifica; tale Parola ciascuno la trova in parte già in
sé e in parte la ottiene in maniera verbale mediante maestri e oratori
suscitati a tale scopo. Ma quando questa semente si è decomposta e la putrefazione
ha prodotto nuove radici per la nutrizione materiale di una nuova vita, allora
sopravviene l’altra Parola vivente, così come oggi essa vi proviene dall’Alto
sopra la spiga della vostra nuova vita e rende quest’ultima pienamente libera e
matura per la vita eterna. Divenite quindi simili al grano, e così voi ben
presto potrete riconoscere che soltanto Colui che cammina fra di voi ha e dà la
Vita. Ascoltate ciò per la Vita! Amen!»
[indice]
La
confessione di Adamo
4 giugno
1841
1.
Dopo queste parole di Asmahaele, però, si alzò subito nuovamente Adamo, sentendo di non potersi mantenere fedele al
voto da lui fatto di non parlare per tutto il tempo della sua vita, voto che
egli, del resto, l’aveva già prima violato parlando con Set. Egli cominciò
invece il seguente discorso, che fu come una vera e propria confessione,
dicendo:
2.
«Udite voi tutti, figli della discendenza principale, come pure di quelle
laterali, novecentoventi pietre ho già deposto, una per ciascun anno, ogni
qualvolta, dopo l’inverno, i primi fiori hanno cominciato ad abbellire la nuda
terra.
3.
Fino ad oggi in me era più o meno notte e tutta la mia presunta luce non era la
luce del giorno, bensì soltanto il bagliore illusorio e fuggevole della Luna
che permette appena di vedere fievolmente le cose nella loro forma esteriore,
ma per quanto concerne il calore, il quale è un riflesso ristoratore delle
verità divine e dei misteri profondissimi della vita interiore, fedelmente
rimane un colore soltanto, cioè quello giallo della morte; tutti gli altri sono
annientati e trasformati, tanto che essi poi sono come se non fossero affatto.
4.
Chi mai potrebbe contare tutto quello che, durante la notte da me vissuta con minimo
successo, ebbe a colpire la mia mente riguardo a quante cose io abbia
profondamente meditato e su quante pure spesso io abbia invano pianto ed infine
quante volte io abbia pregato e sospirato al mio e vostro Dio? A voi io diedi
la luce, ma, in quanto a me, rimasi continuamente sepolto nel bagliore
ingannevole della notte del mio cuore. Nulla ebbe il potere di mantenermi
durevolmente nella luce. La parole di Enoch e di tutti gli altri, dal contenuto
buono e vero, sono state come lampi nella notte, la cui luce accecante,
tuttavia, illumina per qualche istante i campi della Terra, ma subito dopo
colpisce l’occhio stupito dell’osservatore con la più intensa ed impenetrabile
tenebra. E in verità, figli miei, a me, dopo ciascun discorso, non accadde
proprio niente di meglio! Infatti comprendevo precisamente quello che veniva
detto, però, quando cominciavo a riflettere e ad indagare da una parte o
dall’altra, il debole bagliore non era più sufficiente, e per me un albero
lontano diventava tutto quello che la mia immaginazione voleva fare di esso,
soltanto che non poteva diventare una verità permanente per me! E a niente
poteva servirmi la luce dei lampi notturni. Io spesso credevo di toccare con
mano la cosa, ma prima ancora che io avessi potuto riavermi dallo stupore
improvviso e potente, dovevo ben presto convincermi di nuovo che non soltanto
l’oggetto che la mia mano voleva afferrare, ma anche la stessa mano da me
invano stesa era scomparsa dalla mia vista nella notte impenetrabilissima.
5. In
verità, perfino l’apparizione assolutamente inaspettata del Signore, con cui
Egli ha voluto ieri manifestarci la Sua Grazia, quantunque fosse accompagnata
da una luce altissima di Amore e di Grazia, è stata per me non tanto meglio di
un lampo immensamente abbagliante nella notte oscura!
6.
Finché il Signore è rimasto fra noi, credetti di comprendere tutto, ma non
appena Egli si allontanò di nuovo e non fu più visibile per noi, fui subito
costretto a pregare Enoch di darmi una spiegazione riguardo alle parole di
Jehova, che erano parole di una profondità senza fine.
7.
Enoch fece così, e precisamente con le parole che erano ispirate dal Signore
stesso, ma per la mia notte la sua scintilla era troppo debole ed io, per dirla
in tutta verità, non compresi, sia dopo di allora che prima di allora, niente
altro all’infuori che delle parole che costituivano il discorso bello e
sublime.
8. O
figli miei, udite e rallegratevi con me; questa lunga notte è in me ormai
giunta alla fine!
9.
Non la pallida luce lunare, non il bagliore del lampo mi compenetrano ora come
già per tempi eterni, oh, no, bensì è il Sole di Jehova; il giorno eterno
dell’eterna vita è sorto in me!
10. O
Asmahaele! Asmahaele! Chi mai è come Te, che proferisci parole che sono viventi
com’è vivente Dio stesso? Egli in verità non è uno straniero, ma è invece di
casa, nel cuore di ogni uomo!
11.
Asmahaele, perdona a me, debole uomo dinanzi a Te, se malgrado tutto oso far
udire la mia voce al Tuo cospetto!
12.
La Tua Parola non è solo una parola ispirata, bensì è la Tua Parola! Ora ben
comprendo perché i figli dovettero tacere dinanzi a me!
13.
Mio Dio e mio Signore! Lascia che ora anch’io taccia, affinché Tu non abbia ad
abbandonarci! Sia fatta la Tua santa Volontà! Amen!»
[indice]
Il silenzio
dell’amore
1.
Dopo questa confessione di Adamo, anche Set si alzò subito e voleva cominciare
a parlare, però Asmahaele gli fece segno di
tacere ed aggiunse:
2. «Set, non sai tu
che il vero amore è muto e che la vera sapienza pure si esprime soltanto quando
ad essa viene richiesto di farlo per il vantaggio degli altri?
3. Se tu hai
l’amore, tacciano le tue labbra e parli soltanto il tuo cuore; e se hai la
sapienza, attendi che qualcuno te la richieda, e quando questo è avvenuto,
allora dì poche parole e parla fuori dal cuore e non dall’intelletto di ciò che
può essere utile al richiedente!
4. Però è
incomparabilmente meglio tacere e turare gli orecchi, come pure chiudere gli
occhi, che non continuamente affilare la lingua e gorgogliare come un’acqua
cadente o porre gli orecchi ad ogni angolo di strada e lanciare lo sguardo da
ogni parte, come fa la rondine con il suo andirivieni.
5. “Alla bocca tre
cose, sette all’orecchio e dieci all’occhio!”, questa è certo la vostra norma
di sapienza; allora, – a che scopo dunque fate così tanti discorsi? E perché il
vostro orecchio ascolta mille cose invece di sette? E perché il vostro occhio
guarda un’infinità di cose invece di dieci?
6. Io però conosco
bene quello che tu Set volevi dire; tienilo per te e vedrai che domani il Sole
sorgerà come il solito all’ora stabilita!
7. E voi altri,
tutti, fate lo stesso! Nessuno sforzi l’altro ad ascoltare, ma chi ha bisogno
di sapere qualcosa si rivolga a uno che ha il cuore che intende bene, vale a
dire un cuore che percepisce sempre in sé la voce dell’eterno Amore e ben
comprende la Parola della Vita da Dio nel tempo in cui una comunicazione si
renda necessaria. Ma quando poi una simile parola viene detta con parsimonia,
come scarsamente si trova l’oro della Terra, allora è certo giunto il momento
di aprire orecchi ed occhi da parte del cuore; ascoltate e comprendete bene
tutto ciò!
8. E ora voi, o
figli, che dimorate dove Adamo dalla sua capanna vede tramontare il Sole, levatevi
e siate di cuore libero, fedele e sincero verso Dio, verso i vostri padri e
verso tutti i vostri fratelli! Ricevete da Adamo la benedizione, fate oggi e
domani quanto vi viene comandato per amore di Dio e diventate figli dell’aurora
e dell’amore e non del tramonto e della notte di morte!
9. La regione che
voi abitate sia d’ora innanzi uguale a quella del Mattino, del Mezzogiorno e
della Notte, poiché in futuro saranno considerate solamente le regioni del
cuore, mentre non verranno affatto prese in considerazione le regioni della
Terra! Amen!»
10.
Quando però Adamo ebbe udito tali parole da
Asmahaele, si avvicinò a Lui con la massima reverenza interiore e Gli disse:
11.
«O Asmahaele, non mi verrà imputato a colpa se, dopo la Tua Parola colma di
suprema Benedizione, pronuncerò anche la mia insignificante benedizione sul
capo dei figli che Tu hai visitato con la Tua vivente Parola?
12.
In verità, la benedizione che ora dovrei impartire mi appare precisamente così
come se io volessi portare acqua al mare per ingrandirlo ed aumentarlo!
13. O
Asmahaele, usa a me Grazia e Misericordia! Amen!»
14. Asmahaele però replicò ad Adamo: «Ascolta, Adamo, se la cosa ti appare così,
fa’ pure nel Nome Mio comunque ti possa apparire, e sii certo che al mare non verranno
arrecati danni. Ad ogni modo sappi che ogni dono torna più a vantaggio di chi
lo dà che non a chi lo riceve!
15. Quando tu fuori
dal tuo cuore hai aumentato il mare anche di una goccia, con ciò hai pure
confortato ed alleggerito il tuo cuore, e il mare ti sarà grato anche per
quell’unica goccia! Perché Io ti dico che tu non conosci né la goccia né il
mare, ma se la buona usanza lo esige, fa’ in cuor tuo quanto credi sia tuo
dovere, e non ti curare del mare! Colui però che ha contato le gocce del mare,
non dimenticherà di contare anche la tua goccia!
16. Dunque, impartisci pure ai tuoi figli la tua benedizione,
ed Io, perciò, non ritirerò la Mia! Amen!»
17. E
Adamo, allora, adempì la santa Volontà di Asmahaele e fu colmo di gioia.
[indice]
Leggi divine
e leggi umane
1.
Dopo di ciò, i figli presentarono bevande e cibi che consistevano in
svariatissime qualità di frutta e pane vecchio e fresco. Adamo però sentiva di
non poterne approfittare, perché il voto fatto nella regione del Mezzogiorno
gli vietava di accostare qualcosa alla bocca; perciò egli si limitò a toccare
ogni cosa, benedicendola, e lo stesso fecero pure tutti gli altri.
2. Ma
siccome tutti avevano già cominciato a sentire abbastanza distintamente gli stimoli
della fame, in seguito ai quali tutti, non escluso neppure Enoch, andavano
gettando alla frutta e al pane delle occhiate visibilmente bramose, provocate
dal segreto appetito, dando così a vedere lo sforzo fatto per sacrificarsi e
per non violare il voto, allora Asmahaele
interpellò Adamo:
3. «Adamo, ascolta:
– Chi ha imposto a te e ai tuoi figli il digiuno? Se hai fame, perché non mangi
della frutta? E perché la stessa cosa non la fanno i tuoi figli se hanno fame
essi pure?
4. Vi ha forse
Jehova ordinato una cosa simile? Oppure, – quale servizio credi di rendere a
Dio se, punendo te stesso, digiuni e combatti la tua natura? DimMi, ma prima
chiedilo a te stesso, se Dio può trovare compiacimento quando un uomo, che
tramite la sua abnegazione non è ancora mai arrivato a tanto da poter osservare
con certezza ed assolutamente, neanche un solo comandamento di Dio, essendo
egli fin troppo debole per osservare un lieve comandamento, se poi finisce con
l’addossarsi, in aggiunta, ancora un proprio personale comandamento molto più
pesante, che gli riesce infine più impossibile osservare, che l’obbedire a
cento comandamenti divini, i quali stanno sempre anche in strettissimo nesso
con la natura della creatura! Infatti Dio non darà mai da portare un carico
superiore alla natura stessa dell’essere, poiché Egli vede assolutamente meglio
di altri e sa lo scopo per cui ha chiamato una creatura alla libera esistenza
fuor da Sé, ed ha fatto così in modo che essa fosse! Ma tale scopo non è certo
quello che, avendo la creatura trascurato per leggerezza l’Ordine divino, per
ristabilire l’ordine essa debba prescrivere a se stessa delle leggi che, già
per l’egoismo innato, essa deplora molto prima che si sia affacciata la
tentazione necessaria alla trasgressione; lo scopo vero è invece che la
creatura abbia a vivere conformemente all’Ordine divino, che mangi e beva a
seconda delle necessità del corpo, che riconosca Dio e che Lo ami sopra ogni
cosa e che ami il suo prossimo come figli e fratelli di pari amore come ama se
stessa e, per amor dell’amore, dico io, che abbia ad amare gli stranieri dieci
volte di più di se stessa e dei figli della propria carne.
5. Vedi, questo è
quanto Dio chiede a te e a tutti voi, e non vi dà assolutamente alcun altro
comandamento all’infuori di quello dell’amore, il quale include ogni lode, ogni
gloria e ogni rendimento di grazie, il cui fondamento, in sé e per sé, è
l’unico vero riconoscimento di Dio e quindi anche la stessa vita eterna.
6. Ma se tu ti
leghi, mentre Dio vuole scioglierti dai lacci per ridonarti ad eterna libertà,
allora non sei forse uno stolto quando ti affanni a rendere difficile,
all’eterno Amore, la Sua opera di liberazione? Tu storpi te stesso per tua
stoltezza, invece di renderti libero nel Mio Amore, nella Mia Misericordia e Grazia!
Sciogliti dunque da te stesso dai ceppi della tua stoltezza, e mangia e bevi,
affinché Dio possa aiutarti in ciò che in te c’è di contrario al Suo Ordine
eterno!
7. Dunque, perciò
Io anche dico: “Guai, d’ora innanzi, a coloro che fanno voti! Essi avranno da
sottostare a un duplice giudizio: – l’uno da Me e l’altro da loro stessi a
causa del Mio comandamento che essi non hanno osservato e, ritenendola cosa
gradita, hanno voluto poi, con una stoltezza ancora maggiore, offrirMi
risarcimento per la precedente stoltezza, contrastando il Mio Ordine”. Ascolta,
così dice il Signore e così dico Io, per bocca e lingua del Signore:
8. “Se tu vuoi
farMi un voto, del quale Io possa compiacerMi, fa’ allora il voto nel tuo cuore
di non peccare e di non fare mai più nessun voto, se non questo solo, cioè di
non peccare mai più”.
9. Però, chi è fra
voi che può dire: “Odi, o mio Signore e mio Dio: – io non peccherò mai più al
Tuo cospetto!?”
10. Vedi, tu, pur
essendo un essere libero, una cosa simile non la puoi dire, ma allora come e da
dove potrai cominciare se, contro la Mia Volontà, ti poni sul collo un giogo
insopportabile, che ti schiaccia e ti rende muto di fronte alla legge divina
dell’Amore e di ogni libertà della vita, in esso e fuori da esso?
11. Odi, dunque: –
mangia e bevi e pensa nel tuo cuore che Dio non si compiace affatto del tuo
stolto atto di schiavitù, bensì solamente del tuo amore e della tua libertà!
Ascolta, Adamo, questo te lo dice il Signore dalla Sua stessa bocca e con la
Sua propria lingua; perciò prestaci attenzione e sii libero! Amen!»
12. E
dopo questo discorso di grazia, Adamo, fra ringraziamenti e lodi al Mio Nome,
prese sollecito della frutta e del pane, mangiò e bevette ed invitò anche gli
altri ad imitare il suo esempio. E tutti allora mangiarono e bevettero e furono
ristorati nel corpo, come pure anche nello spirito.
13. E
quando essi si sentirono rinvigoriti con la Mia Benedizione, si alzarono e Mi
ringraziarono nei loro cuori e furono colmi di gioia. Ed Adamo esclamò:
14.
«O mio grande Dio e Signore, e che mi fosse concesso di chiamarTi “Padre”! Il
bello ed immenso Paradiso di una volta era sovrabbondante di ogni gioia della
vita, ma di queste gioie io non seppi trarne vantaggio. Quando io ero ricco, allora
mi allontanai da Te; Tu però mi togliesti la ricchezza e mi desti invece ogni
forma di povertà. Soltanto ora, Signore, Te ne rendo grazie e ad alta voce
dico:
15. “Se Tu, o mio Dio, mi avessi donato mille
Paradisi, in verità, io sarei ancora più miserabile di un verme nella polvere,
mentre ciascuna Tua Parola è certo più preziosa di mille terre, che sia pure
ciascuna dotata di diecimila Paradisi!”
16. O
Signore, la Tua Parola e la Tua Volontà santa sono il vero Paradiso della Vita!
O Signore, lasciami dimorare in eterno in questo Paradiso! Amen!»
17.
Tuttavia, dopo che ebbero inteso il ringraziamento di Adamo, sia Enos che Maalaleel
e Jared, e anche la madre Eva, cominciarono a
pensare tra sé:
‘Che cos’è
questo atteggiamento di Adamo, che per primo ha violato il suo voto ed ha
mangiato e bevuto? E quando ora parla, si esprime così come se egli si trovasse
al cospetto di Dio in Persona!»
18.
Ma in quel momento in Adamo si fece luce ed egli osservò: «Se ciò vi
meraviglia, rivolgete a voi stessi la seguente domanda: “Perché non ci
meraviglia la nostra propria vita?”. E la risposta sarà: “Perché ora Dio ci è,
e deve essere sempre più vicino come nostra stessa vita, poiché ora noi viviamo
veramente tutti in Lui!”. Ascoltate questo! Amen! Amen! Amen!»
[indice]
Le
riflessioni di Jared riguardo all’Essenza di Asmahaele
1.
Dopo di ciò, Set si avvicinò ad Adamo e gli
chiese se là c’era ancora da attendersi qualche avvenimento, oppure se
avrebbero dovuto prepararsi per la partenza.
2. Ma
Adamo rispose: «Set, tu ormai conosci Chi si
trova con noi! Quando a Lui piacerà, noi ce ne andremo; fino ad allora
attendiamo in tutto amore e pazienza! Amen!»
3.
Però anche Jared, a sua volta, si avvicinò ad
Enoch e gli domandò in segreto: «Ascolta, mio caro figlio, ora mi appare tutto
così strano! Questo Asmahaele, destinato ad essere tuo allievo e ad abitare la
mia capanna, secondo quanto posso giudicare, ha tanta sapienza e tanta cognizione
in tutte le cose che bisogna ammettere che le sue parole sono di gran lunga
superiori alle tue! Io, con ciò, non voglio affatto muoverti rimprovero,
perché, quando parli, le tue parole sono certo ispirate dall’Alto e non vi è
nei tuoi discorsi alcuna parola vana, mentre ciascuna parola esprime
perfettamente il senso tanto dal punto di vista materiale che spirituale, e di
tutto quanto hai detto finora, in ciascun cuore umano si sono trovate le
corrispondenti forme viventi, ma a parte tutte queste cose buone e vere e senza
minimamente intaccarle, c’è però un divario grande fra il tuo linguaggio e
quello di Asmahaele!
4. Ma
tale divario lo percepii potentemente. Quando tu parli, scopro chiaramente che
la tua parola è una vera luce, e chi opera conformemente ad essa può e deve
giungere alla vita. La tua parola, sempre mite, è altresì paragonabile
all’aurora che pure è la più certa annunciatrice del giorno a venire, come,
nello stesso modo, la tua parola è l’annunciatrice della vita che certamente
deve seguire.
5. Ma
nelle parole di Asmahaele osservai che esse donano la vita, già di per se
stesse, in tutta pienezza; e così il suo discorso è come una azione compiuta,
ed ha l’identico effetto di questa!
6. Egli
parla di cose che entrano nella sfera della sapienza suprema, e chi mai
potrebbe renderle comprensibili per le vie ordinarie? Ma esse appaiono tanto
familiari come se si fosse cresciuti giocando con esse fin dall’eternità!
7. E
non potrebbe anche a nessuno passare mai per la mente di affannarsi per
ottenere in proposito un qualche chiarimento. A dirla in breve, si diventa
immediatamente una cosa sola con la parola stessa e, per conseguenza, una vita.
8.
Tuttavia, in un solo punto la comprensione mi riesce stranissima e inefficace:
– come può essere possibile una cosa simile, proprio a questo tuo allievo dalla
pianura, quando ancora egli non ha veramente avuto da te nessun insegnamento!?
9.
Secondo quanto ha asserito, egli è un figlio di schiavi, e al suo paese non gli
era lecito dire mai una parola, pena la morte più orribile.
10. I
suoi genitori furono uccisi nella maniera più crudele di questo mondo. Egli si
rifugiò presso di noi e stamani, dinanzi a noi tutti, posò il piede sulla terra
benedetta delle alture sacre, senza avere un nome e inoltre, gravato da
terribili sospetti. Tu lo facesti alzare al cospetto di Adamo, e Adamo lo
riconobbe, lo benedì e gli diede un nome, e poi lo affidò a me e a te. E fuori
dalla brama vivente del proprio cuore, egli aveva detto che ambiva a cercare e
a trovare Dio.
11.
Ma non appena gli fu lecito aprire la sua bocca, ecco che ciascuna parola
risultò tanto ponderatamente buona e vera che, infine, a noi non rimase altro
che meravigliarci per ogni parola che diceva!
12.
Quanto ad Adamo, a Set e quasi a tutti noi, tu trovasti finora da rettificare
qualche espressione, ma le parole di Asmahaele sono state invece sempre
assolutamente ineccepibili e quanto mai maestose.
13.
Enoch, a me non sembra che la cosa proceda per vie normali!
14.
Sul serio, è davvero sconcertante con quanta convincente rapidità egli se la
sia sbrigata con il voto che noi abbiamo fatto!
15. E
dopo ciò, noi abbiamo mangiato e bevuto senza che, contrariamente al solito, la
nostra coscienza si facesse neanche minimamente sentire, e oramai è arrivato al
punto che perfino Adamo sembra dipendere interamente da lui, come pure tu, Set
e Kenan!
16.
Però, la cosa più meravigliosa di tutto in questa faccenda, è che egli, in
primo luogo, almeno a quanto io sappia, non ha mangiato ancora niente; e, in
secondo luogo, che egli, d’un colpo solo per così dire, ha annullato tutte le
leggi di Adamo, ossia quelle vigenti finora e che venivano considerate tanto
inviolabili; e tutto ciò è avvenuto senza che Adamo si sia minimamente opposto!
17.
Se una cosa simile l’avessi fatta io, in verità, non avrei potuto più guardare
la capanna di Adamo per un anno intero!
18.
So che basta che Asmahaele apra la sua bocca e, come detto, ciascuna sua parola
è già come se fosse un’azione compiuta!
19.
Enoch, io te lo dico: “Chi è capace di mettere d’accordo e di spiegarsi queste
cose, costui deve saperne di più di noi due, e certamente anche di più di tutti
noi presi assieme”.
20.
Tuttavia, se in te vi è una qualche luce nascosta a tale riguardo, non lasciare
che tuo padre rimanga cieco accanto a te. Che se a te non va meglio che a me,
allora sarà certo alquanto difficile chiarire la faccenda una volta per sempre!
21.
Tuttavia, se tu sei in grado di spiegarmi qualcosa, dimmelo in brevissime
parole, in modo che Asmahaele e gli altri non possano accorgersene! Amen!».
[indice]
La risposta
di Enoch a Jared riguardo ad Asmahaele
11 giugno
1841
1. E
allora così rispose Enoch a suo padre Jared:
«Ascolta, padre! Le tue osservazioni non sono senza fondamento, anzi, sotto
ogni riguardo hai ragione! Quando Asmahaele giaceva stamani dinanzi a noi nella
polvere, anch’io avrei pensato che il Sole meridiano avrebbe avuto il potere di
fondere tutte le pietre in acqua piuttosto che pensare alla possibilità che
quest’uomo proveniente dalla pianura fosse capace di compiere fra noi tali
meraviglie; però altro non si può dire una volta per sempre se non che al
Signore piace innalzare chi è minimo e di abbassare, invece, chi è grande!
2.
Così avviene che Egli fa tramontare il Sole e al suo posto fa scintillare il
cielo di mille e mille piccole stelle, ma quanta più magnificenza e quanto più
infinita maestà non ha il cielo stellato al paragone di quello inondato dalla luce
del Sole! Quanta serenità di vita non manifestano le ammirabili stelle con il
loro tremolante luccichio, e quanto immensamente varia è la loro luce!
3.
Considera ora il cielo di giorno! Non è il giorno più sereno, in pari tempo,
anche il più uniforme? Chi può mirare la luce ardente ed intensa del Sole,
pienamente e in ogni punto, senza venire punito?
4. Se
non ci fossero le fuggevoli ed insignificanti formazioni delle nuvole, e se
vari pennuti dell’aria non s’intrecciassero nei loro allegri giri, chi potrebbe
innalzare lo sguardo al cielo dalla Terra di giorno!
5.
Vedi, così opera il Signore continuamente! Egli non bada a quello che è grande,
ed eleva al Suo Amore invece quello che è piccolo e meschino. Il grande
mastodonte ha una vita che sembra dover durare quasi eternamente. Egli cammina
pigramente intorno, come fosse egli stesso una piccola massa terrestre, morta
in apparenza. Ma guarda invece un formicaio, come vi pullula la vita in tutta
la sua varietà e in tutta la sua vorticosa confusione!
6. E
da mille di tali minimi fenomeni risulta evidente, già in natura, dove il
Signore opera la maggiore attività e dove Egli domina di preferenza con la Sua
potenza vitale. Ma precisamente così avviene anche con gli uomini. Egli solleva
i minimi e i meno ragguardevoli e per mezzo dei deboli dimostra ai grandi e ai
potenti della Terra la Sua potenza infinitamente grande e la Sua Forza
eternamente invincibile.
7.
Questo non è forse ugualmente stato il caso mio, dato che ora sono già
trascorsi quasi due giorni durante i quali dovetti predicare di Lui a padri,
secondo il Suo Amore, pur essendo io il minimo e il più debole di tutti? Ma
ancora più meschino e più debole di quanto io sia mai stato e di quanto mai
sarò e potrò essere, se ne venne a noi Asmahaele dalla pianura, debole e tanto
meschino.
8. Il
Suo Zelo era immensamente grande e il Suo Amore illimitato. Quello che Egli
cercava presso di noi lo ha portato già con Sé, nella pienezza suprema del Suo
infinito ardore, tanto che ora si addice perfettamente che noi siamo più atti a
ricevere qualcosa dalla Sua sovrabbondanza che non a cercare di arricchire Lui
con il nostro scarso zelo.
9.
Dunque, caro padre Jared, non darti adesso alcun pensiero, e sii completamente
tranquillo. Quello che seguirà ci rivelerà ancora più di un enigma sul conto di
Asmahaele, e questo avverrà mediante Lui stesso, quando Egli dimorerà nella
nostra capanna! Gioiscine, perciò, caro padre Jared, e credimi: – questi
saranno giorni di vita e di suprema letizia! Amen!»
10.
Allora Jared, tutto contento, osservò: «Tu hai perfettamente ragione in ogni
tua risposta; deve essere certamente così! Perché, se così non fosse, come
potrebbe Asmahaele enunciare simili parole, dense di attiva potenza?
11.
Ma ascolta, quando egli entrerà e dimorerà nella mia capanna, e probabilmente
ci sarai di nuovo anche tu, allora avremo bene l’opportunità di apprendere da
lui molte cose.
12.
Io ne sono quanto mai lieto. Te lo devo dire apertamente, possa essere ciò più
o meno giusto: – già ora il mio sentimento abbraccia Asmahaele in maniera tanto
evidentemente più forte che non te! Ma quello che poi con il tempo potrà
diventare la mia predilezione per Asmahaele, non te lo posso dire ora in
anticipo con tutta sicurezza, perché molto dipende dal fatto che egli voglia
rimanere o meno anche in futuro così fedele a se stesso. Tu, per altro, non
devi ritenerti leso per questa ragione, giacché non per questo tu perderai
qualcosa da parte mia, che sono tuo padre!
13.
Ma adesso stiamo zitti, perché egli sembra essersi accorto del nostro
bisbigliare! Guarda, egli fa cenno all’animale e questo si dirige direttamente
verso di noi. Dunque, silenzio, mio caro Enoch, restiamocene quieti! Amen!»
[indice]
Antitesi fra
Dio e gli uomini
1.
Jared aveva appena finito la sua ultima parolina che Asmahaele era già arrivato
fra i due, dato che prima Egli si era intrattenuto con diversi tra i figli
della Sera, avendoli interrogati riguardo a parecchie cose e a sua volta
avendoli ammaestrati riguardo a parecchie altre cose.
2. I
due da principio rimasero un po’ sconcertati, ma tuttavia si rincuorarono
subito, ed Enoch chiese ad Asmahaele:
«Dilettissimo Asmahaele, che cosa ci sarà da fare ora? Dobbiamo fermarci ancora
qui oppure dobbiamo prepararci a continuare il viaggio?»
3. Asmahaele rispose: «Io non sono venuto da voi per
risolvere il problema che tu Mi poni e che ti venne suggerito dall’imbarazzo,
bensì Io sono venuto qui perché ho scorto in voi due un grande amore per Me!
4.
Rallegrati, o Jared, per il fatto che vengo a dimorare presso di te; e tu pure,
o Enoch, per il fatto che così tanto stimi il Mio Amore; poiché dove Io vengo a
dimorare, là mai più la morte celebrerà una festa del raccolto, ma dove Io non
vengo a prendere dimora, guai alla dimora stessa! Perché in quel luogo la
devastazione non avrà più fine e la morte si stabilirà in ogni stanza di una
tale casa dove Io non vorrò entrare.
5. In
verità Io ti dico, caro Jared: “Chi ha Me
per ospite, possiede tutto; chi invece Mi ha respinto, ha perso tutto!”
6. Se
anche l’uomo venuto stamani a voi dalla pianura, in tutta umiltà, ti appare
alquanto strano e non riesci a spiegarti in maniera affatto chiara la Sua
essenza, pensa che pure Dio non può né vuole assolutamente spiegarSi come gli
uomini, quali Sue creature, vogliano stimarsi più grandi di quanto si senta in
modo sovranamente vivo Dio stesso dall’eternità!.
7.
Vedi, gli uomini si giudicano l’un l’altro, mentre Dio fa sorgere il Suo Sole
ogni giorno sopra tutti gli esseri e sopra tutte le cose, e fa cadere la Sua
pioggia sopra tutta la Terra!
8.
Gli uomini fanno differenze e non ritengono tutti degni della loro sapienza;
Dio invece, il grande Maestro di tutti i soli, dei mondi, degli spiriti e di
tutti gli uomini, non disdegna niente e non reputa al di sotto della Sua
Dignità essere un maestro, sapiente oltre ogni dire, del verme nella polvere,
della mosca e di tutti gli altri animali, per quanto piccoli e miseri essi
possano essere! Gli uomini invece considerano sacre le loro dimore, e
permettono che davanti a queste abbiano a prostrarsi sulle loro facce i propri
figli e fratelli, mentre Dio lascia che perfino l’animale più volgare si muova
libero sulla Terra senza chiedere affatto che si prostri sulla sua faccia.
9.
Gli uomini maledicono e puniscono duramente coloro che hanno in qualche modo
peccato contro la loro volontà; Dio invece benedice perfino le pietre ed usa la
massima Misericordia verso chiunque abbia smarrito il retto sentiero! Ma non
maledice mai, ed è pieno di immensa Pazienza, di Mansuetudine ed è estremamente
contenuto nei Suoi Giudizi.
10.
Quando gli uomini si rivolgono a Dio, essi lo fanno come se essi stessi fossero
degli dèi. Guai a colui che volesse confonderli in questo o non tributasse loro
rispetto supremo quando stanno celebrando il cosiddetto servizio divino!
Particolarmente poi, quando offrono il loro sacrificio, essi sono intrattabili
più che in ogni altro momento, e questo avviene ad un punto tale che se
qualcuno venisse e non cadesse all’istante sulla sua faccia dinanzi a loro ed all’olocausto,
egli verrebbe immediatamente bandito per sempre, qualora non venisse
addirittura mezzo ammazzato, in ogni caso, però, non sfuggirebbe alla
maledizione.
11.
Ma quando Dio viene agli uomini, Egli viene come un servitore in uno stato di
assoluta umiltà e dimostra, poi, che in tutti questi cosiddetti servizi divini
Egli non trae affatto alcun compiacimento!
12.
Vedi, quando gli uomini stanno accudendo ad incombenze in certo modo relative
al servizio divino, allora tutto deve prostrarsi e tremare per il grande
rispetto e venerazione; ma quando invece essi assistono giornalmente alle opere
massime e meravigliose che Dio compie per loro e dinanzi a loro, allora nessuno
cade sulla propria faccia dinanzi al vero e grande servizio divino che Dio
stesso compie, cosa che Dio non chiede, né in eterno chiederà mai!
13.
Vedi dunque, o Jared, non solo a te sembra di trovarti di fronte a più di una
cosa insensata, bensì anche per Dio c’è un gran numero di tali azioni insensate
da parte degli uomini; quindi non ti affannare per Me, ma sii invece lieto e di
buon animo, poiché hai accolto presso di te la vita! Amen!».
[indice]
L’invito di
Asmahaele a proseguire il viaggio
14 giugno
1841
1. E
dopo che Asmahaele finì di pronunciare le parole
di vita indirizzate a Jared ed Enoch, si allontanò nuovamente e, dirigendosi
dove si trovava Adamo, disse a questi:
2.
«Adamo, se pensi che qui non ci sia altro da fare, allora siamo pronti. Dì ai
figli di ritornarsene alle loro abitazioni; noi invece vogliamo proseguire
verso la Mezzanotte (il Nord)! Amen!»
3. Ma
Adamo si spaventò, perché l’appellativo di “Adamo” risuonava ai suoi orecchi
come quello che egli aveva udito quando, dopo il peccato, aveva cercato di
nascondersi dinanzi a Me, e non poté rincuorarsi, né si azzardò a ribattere,
limitandosi, dopo una breve pausa, solamente a dire: «Signore, sia fatta la Tua
santa Volontà!»
4. Ma
allora Asmahaele proseguì e disse: «Adamo,
perché temi? Perché te ne stai intimorito davanti a Colui che devi amare sopra
ogni cosa? Hai perso qualcosa? Non sarà dunque possibile ritrovarla?
5. O
forse credi di dover perdere ancora qualcosa? Ma cos’è che dovresti ancora
perdere che tu non abbia già in ogni modo perduto da lungo tempo?
6.
Vedi, Io però ti dico: “Quando qualcuno
ha perduto tutto, egli si è praticamente sbarazzato di tutto quello che aveva
ricevuto, e ormai non potrà più perdere nient’altro; ma chi non ha più nulla da
perdere e tuttavia vive ancora nonostante la perdita, vive evidentemente per
riguadagnare, poiché è diventato spoglio di tutto quanto possedeva prima”.
7. E
ancora Io ti dico: “In un lontano futuro
i tuoi discendenti che vorranno acquistarsi la vita eterna, non dovranno
perdere soltanto tutto quello che è del mondo, bensì anche la vita!”
8. Tu
vivi già da oltre novecento anni, ma ai tuoi discendenti sarà concesso di
vivere corporalmente a mala pena la ventesima parte della tua vita. Vedi quante
cose dovranno perdere per causa tua gli uomini che vivranno in un remoto futuro,
e questo per salvare la loro vita eterna, ed essi non dovranno spaventarsi del
loro nome quando lo udranno pronunciare da Me! Tu invece ti sei molto
spaventato, poiché sei in continuo guadagno e non hai più nulla da perdere,
bensì solo da guadagnare ed hai già infinitamente guadagnato, poiché il
guadagno supremo ti sta ora dinanzi!
9.
RiconosciLo e allora tu starai qui eternamente senza timore, e un giorno ti
troverai eternamente nella pace dell’eterno Amore! Amen!»
10. Adamo allora si rincuorò, avendo afferrato il senso di
tali parole, e disse: «Ascolta, o Asmahaele, mio diletto sopra ogni cosa; Tu
leggi nel mio cuore e conosci il mio timore! Ma il mio spavento è uno spavento
d’amore! Il Tuo amore mi ha reso debole, tanto che io non fui in grado di darTi
una risposta. Del resto Tu già sai che, quando qualcuno è immensamente felice,
perde il dominio della propria parola!
11. O
Asmahaele, sia fatta perciò, sempre e soltanto la Tua santa Volontà! Se Tu
vuoi, noi pure possiamo e vogliamo volentieri partire, e così dunque sia
fatto!»
12.
Però Asmahaele disse: «Allora fa’ che Io rimanga
sconosciuto e disponi le cose in modo che coloro i quali non Mi conoscono si
accingano subito a proseguire il viaggio! Ma durante il viaggio lasciate che Io
vi segua da solo; poi tu con Eva e, davanti, Enoch con Jared, e in questo
ordine la comitiva proceda attraverso il fitto bosco, fino alla regione più
bassa della Mezzanotte (del Nord)! Amen!»
[indice]
Asmahaele
elegge Abedam a compagno di viaggio
1.
Allora Adamo chiamò a sé Enoch e Kenan e fece conoscere loro qual era la
volontà di Asmahaele. Ed essi andarono e salutarono i figli, e rinnovarono loro
l’invito a comparire il Sabato; e poi dissero di ritornarsene alle loro dimore,
per dedicarsi alle loro occupazioni in allegria.
2. Ed
immediatamente si alzarono anche i figli e gli anziani, che prima circondavano
i padri e che avevano appreso ciascuna parola detta ad alta voce.
3.
Invece uno fra gli anziani domandò ad Enoch:
«Giovane figlio diletto di tuo padre Jared, il quale è un nipote di colui che è
con te, e che a sua volta è un figlio di mio fratello, dimmi, se ti è lecito e
se vuoi: chi è veramente quel giovane così saldamente seduto sulla tigre e da
dove è venuto?
4. Ti
chiedo ciò, poiché il suo contegno è assai strano e vi è un’immensa potenza
nella sua parola dal bel suono, e oltretutto c’è una risolutezza fiduciosa nel
suono di ogni sua parola che non si può né si è propensi a fare a meno di
credere che egli debba, con la sua parola, riuscire a spezzare le montagne e,
con l’alito della sua bocca, suscitare nei mari un tale ondeggiamento da
uguagliare quello provocato da mille violentissimi uragani che si scatenano
contemporaneamente.
5.
Vedi, per queste ragioni mi sarebbe quanto mai gradito conoscere la provenienza
di questo giovane e la sua sostanziale natura ma, come già detto, solo se ti è
lecito e se vuoi dirmelo! Amen!»
6. Enoch gli rispose: «Ascolta, o caro padre Abedam, lo
farei volentieri se mi fosse lecito. Pazienta però soltanto per breve tempo
ancora e nel tuo amore sempre crescente per Dio ben presto ti verrà chiarito
che cosa si debba pensare riguardo al giovane che siede sulla tigre!
7. Tu
conosci il suo nome, e per ora non investigare oltre! Al momento opportuno il
tuo stesso amore per Dio ti rivelerà tutto. Quindi sia Dio con tutti voi, ora e
per sempre! Amen!»
8.
Allora Abedam, con cuore molto commosso,
ringraziò Enoch, dicendo: «Caro Enoch, ricevi i miei ringraziamenti! Io sono
perfettamente soddisfatto, poiché mi hai detto adesso a sufficienza quello che
io volevo sapere; infatti, voler sapere di più riguardo a dove sta il tesoro e
dove e quando lo si possa trovare sarebbe un vano capriccio. Il cercare, però,
è cosa della vita stessa, perciò ti ringrazio, poiché tu ora hai tanto
confortato il mio cuore, quanto ancora non lo fu mai! Vadano dunque a te,
nuovamente di tutto cuore, i miei ringraziamenti e vada a Dio tutta la mia
vita! Amen!»
9.
Dopo ciò essi salutarono ancora una volta i figli e gli anziani e fecero
ritorno dove i padri li attendevano.
10. E
quando si furono riuniti alla comitiva dei padri, Adamo benedisse di nuovo i
figli ed essi si disposero poi nell’ordine stabilito per il viaggio. Ma
allorché tutti si trovarono in quest’ordine, Asmahaele
avanzò di nuovo verso Adamo e disse:
11.
«Adamo, se non ti dispiace, lascia che Io prenda quale compagno di viaggio uno
tra questi figli! Amen!»
12.
Ma Adamo, tutto commosso, rispose: «O Asmahaele,
come puoi chiedere qualcosa a me? Non siamo forse io e ogni cosa soggetti con
gran gioia al Tuo Volere?
13.
Sia fatta dunque sempre la Tua Volontà e soltanto la Tua Volontà con nostra
suprema gioia! Amen!»
14.
Allora Asmahaele chiamò ad alta voce: «Abedam!
Abedam! Abedam! Se tu vuoi, puoi seguirci ed esserMi compagno di viaggio,
poiché Io ho scrutato il tuo cuore e i tuoi reni ed ho trovato che in te non vi
è falsità. Vieni dunque con noi, ma senza alcuna preoccupazione, ed Io poi ti
aiuterò a cercare il tesoro e te lo farò anche sicuramente trovare e, ascolta,
farò questo anche presto, proprio presto, proprio molto presto!
15.
Poiché Io voglio già oggi ucciderti, per poi risuscitarti domani a vera vita
eterna! Amen!»
16.
Ma come Abedam ebbe inteso tale chiamata, si avvicinò
in tutta fretta e disse: «Io Ti seguirò dove vorrai! Uccidimi pure anche mille
volte, poiché quante più volte mi ucciderai, tanto più vita certo mi
restituirai!
17. O
Tu, che siedi sul robusto animale, perdonami se Ti parlo così come sento! Io
credo che al Tuo fianco non sarà difficile trovare il gran tesoro!
18.
Io ho l’impressione che quando si possiede Te, si può facilmente fare a meno di
ogni altro tesoro! E mi sembra altresì che chi Ti ha trovato, può liberamente
rinunciare a qualsiasi ulteriore ricerca, poiché egli ha già trovato il vero e
proprio tesoro, e la morte e la risurrezione alla vita eterna!
19. O
Asmahaele, non per ora soltanto, bensì per sempre lascia che il povero Abedam
rimanga presso di Te; però non che egli abbia ad essere il Tuo compagno di
viaggio, bensì Tu il suo per la vita eterna! Amen!
20.
Oh, concedi che io Ti possa sempre seguire! La Tua Volontà sia fatta! Amen!»
21. E
subito Abedam, immensamente lieto, si collocò vicino ad Asmahaele e seguì molto
rafforzato la comitiva dei padri al Suo possente fianco.
[indice]
Le domande
di Jared sull’Essenza di Asmahaele
1.
Così la comitiva procedette attraverso il bosco e tutto era silenzioso. Jared soltanto non poté trattenersi e domandò ad Enoch:
«Ascolta, figlio mio, c’è forse per noi un comandamento che c’imponga di
tacere, strada facendo?»
2. Ma
Enoch rispose: «Non mi risulta nessun
comandamento, ma soltanto un consiglio, secondo il quale si deve sempre
procedere silenziosi; solo che io sono dell’avviso che si debba intendere il
cammino come vita ma non come il procedere con i piedi!»
3. E Jared allora osservò: «Se la cosa sta così, la nostra
lingua, come i nostri piedi, non ha niente che le impedisca di muoversi e
possiamo quindi parlare a volontà. Dichiara dunque apertamente a tuo padre cosa
si deve pensare di Asmahaele! È egli un angelo incarnato, dotato di ogni
potenza, o è... – basta, non vado oltre! – in breve, dimmi cosa ne pensi!
Amen!»
4. Ma
Enoch rispose brevemente: «Caro padre, io te lo
dico: “Egli è... – basta, non vado oltre!”. E così Egli è intanto un uomo come
noi, però pieno di forza e potenza divine... – basta, non si dica più oltre
anche qui! Amen! Comprendi quanto ti ho detto! Amen!»
5. Ma
Jared riprese a parlare, e disse: « Enoch, mio caro figlio, sarebbe tutto bello e buono se io
comprendessi! Però questa è appunto la ragione per la quale ti domando, perché
non lo comprendo, eppure ardo dal desiderio di comprendere che cosa veramente
ci sia sotto a questo Asmahaele! Perché vedi, dopo le tue parole di prima, io
fui del tutto tranquillizzato e perfettamente soddisfatto; ma dopo, avvenne che
Asmahaele si avvicinò a noi, e alla fine del suo discorso, in certo qual modo,
affermò che se qualcuno lo accoglieva nella propria dimora, ovvero se egli
entrava nella dimora di qualcuno, avrebbe avuto motivo di sentirsi supremamente
felice, perché dove egli entrava, là sarebbe entrata pure la vita eterna!
6.
Vedi dunque, come io ho osservato, in questo senso egli ha indirizzato le sue
parole particolarmente a me! Ma ora dimmi, mio caro Enoch, o comprendilo tu
stesso: – un uomo che sta diritto in piedi, non dovrebbe mettersi con la testa
in giù e saltellare, per non riferire il senso di tali parole immediatamente a
un essere superiore presente?
7.
Qual è l’uomo che potrebbe, anche soltanto in via di similitudini, dire di sé,
oppure addirittura asserire esplicitamente, come se egli fosse immediatamente
Dio stesso?
8.
Però Asmahaele questa cosa la fa senza affatto riferirla a Dio, bensì direttamente
a se stesso soltanto! È possibile ad un uomo fare ciò senza temere che la
Terra, nella sua ira e nel suo disprezzo massimo, inghiotta il sacrilego per
l’eternità nel suo immenso ventre di fuoco per vendicarsi?
9.
Vedi, tu sei certamente illuminato come nessun altro tra tutti noi, ma oseresti
affermare precisamente una cosa simile di te?
10.
Senza alcun dubbio ti tureresti la bocca con il fango prima di lasciare che la
tua lingua commettesse un simile misfatto!
11. Ma
allora, chi dunque è colui che può dire di se stesso: “Io sono la Vita!”, oppure: “Dove
io entro, là entra la Vita, anzi la Vita eterna!?”
12. O
Enoch: – chi di sé asserisce una cosa simile e la Terra non si infuria contro
di lui, e la possente tigre diventa sotto di lui come un agnello, egli, conscio
della sua forza e potenza, deve essere Dio altrettanto veramente di quanto io
stesso, nella mia timidezza, mi sento semplicemente uomo; altrimenti la Terra
stessa non sarebbe altro che una menzogna raffazzonata e messa malamente
insieme, se essa volesse portare un uomo che in tal modo si presentasse come
Dio e non fosse altro che un debole uomo come noi, mentre il contrario viene
dimostrato già più che a sufficienza dalla vivificante parola di Asmahaele!
13. E
adesso, se puoi e vuoi, confuta la mia asserzione; ma credo invece che ti
converrà non farne niente! Solo a causa della parola vorrei sentire da te
brevemente una opinione; parla dunque! Amen!»
14. Enoch così rispose: «Caro padre, se è così come tu
credi e come anche altrimenti non può essere in virtù del tuo ragionamento,
fondato su solide basi, allora qualunque mia ulteriore osservazione risulta
puramente superflua! Oppure dovrei fare di Asmahaele quello che Egli non è, o
fare che Egli sia quello che è comunque? Vedi, questa sarebbe una cosa del
tutto inutile!
15.
Io però sono del seguente parere: – a chi ama Dio nel proprio cuore, secondo lo
spirito e la verità, cosa può importare che Asmahaele sia Dio o che Dio sia con
Lui?
16.
Invece ognuno abbia cura che Dio sia con lui stesso attraverso il vero e puro
amore per Lui!
17.
Ma se tu ami Dio, puoi essere certo che Asmahaele non si adirerà con te! E se
ami Asmahaele come Dio, non per questo Dio si dimenticherà di te nel Suo Amore;
di ciò tu puoi essere ugualmente certissimo. Mi comprendi bene? Amen!»
[indice]
La relazione
fra Kenan e Maalaleel
15 giugno
1841
1.
Ora i due che li seguivano, Kenan e Maalaleel, avevano udito qualcosa del
colloquio fra Jared ed Enoch, e così anche Maalaleel
cominciò a fare delle domande a Kenan, dicendogli:
2.
«Io sento parlare di cose grandi e vedo che ci si meraviglia per cose che hanno
del prodigioso; ma da dove viene ciò che è grande? E da dove viene ciò che è
meraviglioso tra noi?
3. Ascolta,
o padre Kenan: – che cos’è che mi fa sentire così stranamente? Di certo non è
questo uniforme e poco frequentato sentiero del bosco! Oh, se ci fosse ancora
una grotta di Adamo, o la bianca montagna fumante verso il Mattino, o anche i
sette getti d’acqua sorgiva tra il Mezzogiorno e la Sera, oppure qualche altro
fenomeno naturale straordinario! Il fatto è, però, che di tutto ciò qui non vi
è traccia alcuna!
4.
Non è neppure il nostro ordine invertito, poiché è dopo tutto indifferente se
io cammino accanto a te o tu accanto a me, se Enoch dietro oppure davanti, se
con Jared o con Adamo, oppure – no, non mi sembra che sia tutto la stessa cosa!
– se Asmahaele dietro o davanti, e con chi egli cammina!
5.
Infatti qui, nel comporre la comitiva, sembra si sia voluto seguire un certo
ordine di rango fra i padri. Comprendo bene che Adamo con la madre Eva
procedano dietro a noi tutti, ma che Asmahaele con Abedam siano proprio gli
ultimi, dietro ancora ad Adamo, questo, o padre Kenan, non riesco a spiegarmelo
completamente!
6.
Jared ed Enoch, dinanzi a noi, hanno ragionato tra di loro di cose meravigliose
sul conto di Asmahaele, questo l’ho inteso; ma anzitutto non ho inteso con la
necessaria chiarezza cosa veramente abbiano detto tra di loro e, inoltre,
quello che ho inteso, non ho potuto comprenderlo! Ma questo è certo: – ho udito
qualcosa di grande e visto in me stesso qualcosa di meraviglioso, in base alle
parole dei nostri lesti predecessori, nonostante le abbia percepite in modo
imperfetto!
7. Io
perciò ti prego, se ti è possibile, di aiutarmi un po’ nella mia ignoranza
rispetto a questa impressione che a me sembra tanto straordinariamente
meravigliosa, purché tu sia volentieri disposto, o caro padre Kenan. Amen!»
8. E
allora Kenan così rispose a suo figlio Maalaleel:
«Ascolta, mio caro figlio, dall’inizio grandioso delle tue parole che mi
indirizzasti ho pensato, lo sa il Cielo, chissà quale cosa inaudita sarebbe
emersa!
9. Ma
ora mi accorgo che tu sei sempre ancora l’antico Maalaleel, che ogni volta che
da principio apre la bocca, sembra quasi voler gettare fuori dei soli come
fossero piselli; solo che, in conclusione, non compaiono neppure i piselli, ma
solamente il solito po’ di saliva! Che cosa c’entra qui l’ordine invertito, se
per te è tutt’uno? A che vantaggio sprecare parole? Se Asmahaele si trovasse
davanti, cosa vi sarebbe perciò di cambiato in Lui? O forse dovrebbe apparirti
più grandioso, non trovandosi Egli più dietro?
10.
Ora è Abedam che l’accompagna; ciò significa forse di più di quanto possa significare
il fatto che tu cammini vicino a me? Ma se hai detto tu stesso, usando parole
grandi, che per te è la stessa cosa sia se cammini vicino a me oppure io vicino
a te! Vedi, quando tu vuoi qualcosa, finisce che poi non sai veramente quello
che vuoi!
11.
Che cosa mai ti ha fatto la grotta di Adamo e la montagna bianca e i sette
getti d’acqua verso la Sera, perché tu li abbia a prendere a prestito per
adornare il tuo discorso, pur non dicendo niente?
12.
Tu asserisci che tutto ciò ti appare tanto meraviglioso per il solo fatto che i
due che ci precedono li hai visti parlare l’uno con l’altro, però, senza averli
uditi, e di conseguenza senza aver compreso quello che dicevano. Ma allora
dimmi: – cos’è che ti è parso tanto straordinariamente prodigioso durante il
colloquio di questi due, colloquio che tu hai solamente visto?
13.
Vedi, mio caro figlio, quando tu desideri qualcosa, tieni prima di tutto
consiglio con te stesso riguardo a cosa veramente vorresti avere e, dopo aver
ben chiarito le tue necessità, soltanto allora domanda quello che vorresti
sapere!
14.
Se ora la persona di Asmahaele ti colpisce forse alquanto, io ti domando: “Quando Egli ebbe a pronunciare le Sue
meravigliose parole provenienti da Dio, hai prestato a qualcun altro i tuoi
orecchi, dato che tu adesso, almeno all’apparenza, sembri ignorare la cosa
principale, mentre mi vai citando delle circostanze che non significano nulla,
per dare sostanza alla tua principale meraviglia?”
15. O
figlio, tu sei ben lontano dalla meta! Consigliati quindi anzitutto con te
stesso riguardo alla questione principale e mettiti d’accordo con te stesso;
poi vieni ed aprimi il tuo cuore tramite la tua bocca! Amen!»
16. Maalaleel però si era accorto benissimo che il
discorso di Kenan mancava di un fondamento preciso, e queste sue parole, che
avrebbero voluto essere un rimprovero, non erano altro che un paterno e
prudente pretesto per sfuggire a una precisa risposta. Perciò, nel tono del più
profondo rispetto, ribatté a Kenan:
17.
«Ascolta, caro padre! Mi pare che nei nostri discorsi non ci siamo superati per
nulla l’un l’altro! Chi di noi due però abbia tirato il maggior colpo nel
vuoto, questa è una cosa che andrebbe vagliata con molta attenzione!
18.
Vedi, neanche una parola uscita dalla bocca di Asmahaele andò perduta per me,
ma non potevo fartene menzione, poiché supponevo che ciò sarebbe stata
un’inutile perdita di tempo: cosa questa che tu pure, indubbiamente, vorrai
presupporre sia nei miei riguardi come in quelli del padre Jared e di Enoch!
19.
Tu dicesti proprio ora che io avevo soltanto visto parlare i miei figli; ma,
vedi, con ciò tu hai solamente voluto nascondermi qualcosa che tu stesso hai
udito, parola per parola, altrettanto bene quanto me, e con ambedue gli orecchi
non disattenti! Infatti, come potrei asserire di fronte a te che tali discorsi
suscitarono in me la visione di cose prodigiose, se così non fosse, e
considerato inoltre che verrei altrimenti a starmene al tuo cospetto e a quello
di Dio come un miserabile mentitore?
20.
Ma, vedi, le tue parole tuttavia mi hanno detto qualcosa che tu certo non
pensavi di dirmi e questo qualcosa è che ti trovi di fronte a me con la lingua
legata e che per il momento non ti è lecito dirmi quello che io vorrei sapere!
Per questo motivo era anche inutile che tu tirassi tanto per le lunghe la tua
risposta negativa la quale è più scarsa di sostanza che non la mia domanda. Se
tu mi avessi brevemente indicato il vincolo divino da cui la tua bocca era
impedita, avresti fatto molto meno fatica che non proferendo invano tante
parole. Vedi, io sono sempre stato un figlio molto obbediente; perché mi hai
misconosciuto ora?
21.
Caro padre, tieni pure per te, senza alcun affanno, quello che devi tenerti
fino al tempo in cui sarai sciolto dal vincolo; soltanto non considerarmi un
mentitore e con ciò anche un indagatore estremamente cieco delle cose divine!
Poiché tu hai generato soltanto il mio corpo, ma il mio spirito invece, come il
tuo, proviene da Dio. Di conseguenza ritengo che anche un padre non dovrebbe
intaccare quanto c’è di divino nei propri figli, giacché è già abbastanza che
lo spirito sia comunque punito mediante la gravità del corpo e che debba
partecipare alle manchevolezze di questo; però, quando il padre punisce il
corpo dei suoi figli, lo spirito ha già ricevuto la sua parte dalla mano del
genitore. Di più non occorre. Ma quando poi lo spirito divino del figlio si
rivolge allo spirito divino del genitore, allora i due spiriti divini non
devono più punirsi, ma devono riconoscersi in tutto amore quali fratelli in Dio,
assistendosi amichevolmente e tenendosi per mano e, uniti di cuore, condursi
l’un l’altro verso la soglia attraverso cui sgorga la vita eterna di ogni
grazia, misericordia e amore; eternamente inesauribile.
22. O
padre diletto, ora non credere che abbia voluto con ciò sciorinare dinanzi a te
una dottrina che ti è ancora sconosciuta! Oh, no, bensì ho dovuto soltanto fino
a questo punto giustificarmi dinanzi a te, affinché noi due possiamo, d’ora in
poi, nuovamente procedere rettamente l’uno al cospetto dell’altro, come pure
entrambi al cospetto di Dio. Così il discorso precedente io l’ho fatto più per
amor tuo che per causa mia.
23.
Io conosco il tuo cuore: – esso è dinanzi a me puro come il Sole. Ma vidi che
la tua bocca e la tua lingua erano imbrattate di polvere e non potei fare a
meno, da vero figlio, di renderti in tutto amore un servizio, pulendo la tua
bocca e la tua lingua da una polvere che corrompe.
24.
Poiché, vedi, questo è il pensiero che ho avuto io: ‘Padre, la Mano eterna e immensa dell’Amore di Dio ha posto un nobile
laccio alla tua bocca! Che cosa allora sta a farci la polvere? Via, dunque,
tutto ciò che appartiene alla morte!’
25.
Padre, non per questo sarai arrabbiato ora con tuo figlio e non riterrai che le
sue parole siano una velata menzogna, ma riconoscerai che Maalaleel non vorrà
stoltamente sciogliere un laccio con il quale Dio, odi, ha ornato la tua bocca.
26.
Di conseguenza non ti adirerai con me, ma sarai anche in avvenire il mio
diletto padre in Dio! Amen!»
27.
Queste parole commossero Kenan fino alle
lacrime, e dopo una breve pausa disse a suo figlio: «Maalaleel, mio carissimo
figlio, ti ho fatto un torto, poiché ho voluto disperdere le tue prime parole
ed annientarle esteriormente, mentre nel mio interno ero fin troppo convinto della
loro sincera profondità!
28.
In te però vi è una vera luce che è più grande della mia. Quello che devo
tenere nascosto dinanzi a te lo troverai ancora prima che io stesso sia stato
capace di comprenderlo del tutto. Rimani dunque il mio caro figlio e il mio
dilettissimo fratello in eterno! Amen! Ascolta quanto ti ho detto, quale
fratello in Dio in eterno! Amen!»
[indice]
Sulla
furbizia
1. Dunque,
dopo il colloquio avvenuto fra Kenan e Maalaleel, preceduto prima da quello fra
Jared ed Enoch, pure Set ed Enos sentirono in loro segretamente acuirsi la
brama di scambiarsi qualche parola, e questa brama si era destata anzitutto in
Set ed era poi passata ad Enos, e precisamente nel modo e per le cause
seguenti:
2.
Set avrebbe desiderato ardentemente sapere quali supposizioni Enos andasse
facendo sul conto di Asmahaele, ma aveva anche un’altra ragione per cominciare
ad interrogare Enos su Asmahaele, e questa ragione, viceversa, non era
nient’altro che una specie di timore di essere interrogato anzi tempo da Enos.
3.
Poiché egli, tra sé, pensava così: ‘Se io
lasciassi passare il tempo in modo tale che poi mio figlio cominciasse a farmi
delle domande, che risposta potrei dargli io?
4. Ma se per primo io stesso interrogassi
lui, bisognerebbe bene che egli mi fornisse una risposta, in questo caso potrei
starmene ad ascoltare, in pace e senza preoccupazioni, tutto quello che di
certo non insignificante volesse espormi mio figlio, in modo che sicuramente
non gli passerebbe più per il capo di molestarmi poi con altre domande. In
questa maniera, che è la più semplice ed innocente del mondo, eviterei
qualsiasi occasione di tradirmi. Sia da me dunque fatto così!’
5. E
allora Set si diede ad interrogare Enos,
dicendogli: «Ascolta Enos, caro figlio mio, considerato che coloro i quali ci
precedono e che, per così dire, ci fanno da guida, vanno scambiandosi le loro
opinioni riguardo ad Asmahaele, perché dobbiamo astenercene noi, visto che gli
altri, per quanto ne so io, non hanno alcun comandamento che lo proibisca? E
così vorrei apprendere molto volentieri da te cosa pensi tu di Asmahaele!
6.
Quali sono dunque le tue impressioni sul Suo conto, considerando già dal momento
del Suo primo apparire fra di noi? Infatti, per quanto meschina possa essere
sembrata la Sua prima comparsa in mezzo a noi, altrettanto straordinario però
si manifesta ora l’effetto di ciascuna delle Sue parole, cosa questa che al tuo
spirito tranquillo non sarà certamente sfuggita.
7.
Vedi, per queste ragioni anch’io vorrei adesso apprendere da te qual è il tuo
giudizio a questo riguardo. Dunque ti prego di esternarlo! Amen!»
8.
Ecco, la furbizia di Set si poteva dire giusta, perché furbo lo aveva reso solo
il grande amore per Me; ma la furbizia stessa di per sé e in sé non è una cosa
buona, perché è una doppia essenza ed è contro l’ordine dell’amore, anche se
non direttamente contraria all’amore stesso. Poiché, come doppia essenza, essa,
riguardo al corpo, in un essere umano è simile a una doppia natura che la
natura ha mescolato in modo che è in parte uomo e in parte donna. Ma chi
vorrebbe unirsi in matrimonio con una tale donna-uomo? Oppure: – quale ragazza
potrebbe concepire da un tale uomo-donna, i cui organi non sono adatti né alla
generazione né al concepimento?
9. Ma
come una tale persona ama tuttavia anch’essa il suo prossimo integro [non
castrato] e questo suo prossimo ama a sua volta tale persona, ne consegue che
essa non è contro l’amore, però non è neppure nell’ordine dell’amore, il quale
solo è fecondo, – e così pure non lo è la sua sorella spirituale, la furbizia.
Infatti, per mezzo di essa nessuno può essere fecondato alla vita, né essa
stessa può, di per sé, operare nulla di fecondo per la vita, dato che essa,
quand’anche fosse in un certo qual modo innocua e senza colpa, costituisce
tuttavia solo un inganno, il quale poi ha, come conseguenza, di suscitare più o
meno risentimento nell’ingannato. In effetti, quest’ultimo interroga se stesso
e il furbo, anche se quest’ultimo aveva una buona intenzione, dicendo: “Perché ho dovuto, seppure per il bene,
essere catturato mediante l’astuzia? E perché mio fratello a fin di bene usò
verso di me l’astuzia? Non è il bene già di per sé buono, senza che fosse
necessario farlo diventare buono con l’astuzia? Oppure sono o ero dunque io
stesso malvagio, che ho dovuto essere conquistato al bene solo attraverso
l’astuzia?”
10.
Ma se l’astuzia è accessibile al male, ciò vuol dire che essa stessa deve
necessariamente essere un male, perché, se fosse un bene, il male se ne
fuggirebbe dinanzi a lei!
11.
Vedi, tale fu pure il modo di procedere di Set verso Enos, poiché egli pensava
di disporre la cosa perfettamente bene. Invece, così facendo, non giunse ad
altro risultato che a quello di imprigionarsi da solo in modo tale, che se non
fosse intervenuto Asmahaele, Set avrebbe dovuto apparire dinanzi a suo figlio
in una luce particolarmente sospetta, ciò che si potrà rilevare in maniera
assolutamente chiara dalla risposta innocentissima di Enos,
che fu la seguente:
12.
«Caro padre, come puoi domandare a me una cosa che ragionevolmente avrei dovuto
ed anche voluto essere io a chiederti? In verità, già da lungo nutrivo un tale
desiderio e facevo fatica a tenere a freno la mia lingua ed ero già del tutto
in procinto d’importunarti con una domanda su Asmahaele; solo che tu mi hai
preceduto.
13.
Ma poiché sotto questo riguardo la notte dopotutto sta ora dalla mia parte, e
da essa io non posso brillare davanti a te come una stella, essendo tu, per
quanto ne so e percepisco, nel giorno o per lo meno nell’alba riguardo ad
Asmahaele, così sii tu a volermi illuminare dal tuo giorno!
14.
Lo dici pur tu stesso che ogni luce viene dall’alto. Come potrei ora io, dal
basso, far luce a te in alto?
15. O
dovrei forse impegnarmi con te in una chiacchierata vana e priva di valore
riguardo a qualcosa che nella sua maggior parte mi è ancora perfettamente
estraneo e che non posso spiegarmi?
16.
Vedi, padre, siccome certo vale la pena di intrattenersi sul conto di
Asmahaele, mi permetto di girare a mia volta la domanda; abbi dunque la bontà
di comunicare a me, tuo figlio, che me ne sto povero e bisognoso dinanzi a te,
quella stessa cosa che ti saresti atteso da me!
17.
Vige pure, e già da tempo immemorabile, il costume che, trattandosi di cose
straordinarie, i figli vengano ammaestrati dai loro genitori, e perciò,
nonostante questa piccola tentazione paterna, non ho affatto intenzione di
sovvertire il santo ordine antico, e sono perciò in lieta attesa di ottenere,
in tutta riconoscenza filiale, esauriente chiarimento riguardo a questo
argomento.
18. O
caro padre, non rifiutarmelo, ma concedimi invece una luce sicura! Amen!».
[indice]
L’imbarazzo di
Set a causa della contro domanda di Enos
1. Ma
quando Set, invece di ottenere la risposta attesa con tanta ansia, si vide
porre un’altra domanda, venne a trovarsi in estremo imbarazzo e per parecchio
tempo non fu in grado di aprire bocca.
2.
Questa circostanza non mancò di dare nell’occhio ad Enos;
per questo egli fu poi indotto a chiedere: «Caro padre Set, tu che sei una
perfetta immagine di Adamo come questi è un’immagine di Dio, dimmi almeno, dato
che tu ora taci, quello per cui io ti ho interrogato! Non fu dunque bene che io
stessi zitto, dato che io non sapevo nulla che avrei voluto darti come
risposta?
3.
Eppure già da quando esiste il tempo, ha valore il detto che una domanda in sé
e di per sé è libera e che la risposta poi non è altro che una spiegazione a
piacimento della domanda stessa!
4. Ma
chi mai dovrebbe essere vincolato a rispondere, o a dare quanto la risposta
richiede, quando egli non possiede affatto nulla per illuminare la notte in cui
giace la domanda?
5. Tu
mi hai domandato una cosa alla quale io non ero in grado di risponderti, e
perciò dovetti diventare verso di te debitore di luce; ma quando poi fuori
dalla mia notte ti domandai quello riguardo a cui avrei dovuto darti una buona
risposta, con ciò, mio caro padre, non ti ho affatto addossato la necessità di
darmi una risposta, ma intendevo chiederti soltanto d’indicarmi se era ingiusto
che io seguissi il tuo esempio!
6.
Tra di noi, però, c’è già da lungo tempo l’usanza che i diritti del padre
passino ai suoi figli e quelli della madre alle sue figlie, avendo il grande e
santo Creatore già disposto così nella natura di tutte le cose. Ora, se in
conseguenza di questa stringente circostanza mi sono avvalso di un tale giusto
diritto, dimmi, caro padre, potresti per questa ragione essere arrabbiato con
me?
7.
Oppure è contrario all’ordine se al figlio manca la luce proprio in ciò in cui
il padre lo interroga? È in qualche modo colpa mia se io non posso rispondere
alla tua domanda in modo da fare luce? Oppure commetto errore se io, come figlio,
chiedo un consiglio a te, padre mio?
8.
Vedi, credo che qui non sia celato alcun errore, ma che si tratti di un’azione
legittima dinanzi a te, ad Adamo e a Dio; azione, dico, non celata ma aperta.
Perciò se tu vuoi, puoi ritenermi degno di una qualche risposta sia pure di
ammonizione, se non proprio di spiegazione! Amen!»
9. Set allora rispose: «Caro Enos, aspetta un po’. Io non
ho certo la lingua di Enoch o di Kenan da potermela sbrigare così presto con
una buona risposta! Pazienta dunque un po’, che poi qualcosa verrà ben fuori.
Se poi è notte o se è luce, lo vedrai da te.
10.
Non è perciò necessario che tu mi reciti i tuoi diritti, che io conosco bene
quanto te, e nemmeno tutte le usanze che sono sempre state buone e applicate,
come lo saranno sempre, fino alla fine di tutti i tempi, presso i perfetti,
dato che tutto questo te l’ho insegnato io stesso! Ma per quanto riguarda la
risposta alla tua domanda, essa non è così facile come tu forse credi, bensì
esige certamente qualche ponderazione finché la si abbia concepita in maniera
concisa e nei suoi giusti termini. Abbi pazienza ancora per poco e, come già
detto, se è notte oppure se è luce, lo vedrai da te! Amen!»
11.
Ma dentro di sé Set andava invece pensando: ‘Oh, quale stoltezza ho mai di nuovo commesso!
Cosa mi è venuto in mente, volendo usare l’astuzia, di interrogare mio figlio e
di destare così in lui una brama che, considerata a sé, è veramente buona? Ma a
che serve tutto ciò, se a me non è lecito soddisfarla?
12. Cosa posso fare adesso? Quale risposta gli
darò tra breve, quando la dilazione chiesta sarà troppo presto trascorsa?
13.
Non dire niente non è ormai assolutamente possibile, perché evidentemente, ciò
sarebbe contrario ad ogni diritto divino che è conferito all’attesa ansiosa in
conseguenza di una promessa.
14.
La verità non posso dirla, e una menzogna meno ancora!
15. O
Asmahaele! Asmahaele, ora soltanto comprendo in tutta la sua intima essenza
quanto funesta sia già una legge così lieve. Ma cosa si potrà dire poi di una
legge più greve o addirittura di più leggi in una volta!?
16. O
Asmahaele, se Tu ora non mi aiuti, rimango di nuovo annichilito! Oh, non
lasciarmi precipitare nella notte densissima di ogni perdizione! Amen!»
[indice]
La sosta dei
padri sotto l’albero del pane
1.
Frattanto i padri, intrattenendosi in questo modo, erano giunti a metà del
cammino, ed Adamo sentiva molto il desiderio di riposarsi, poiché, secondo il
vostro modo di calcolare il tempo, erano allora le undici, quando il Sole cioè
comincia a mandare i suoi raggi ardenti sulla Terra.
2. E
così per il vecchio Adamo, nei riguardi del corpo, era quanto mai desiderabile
ed opportuna una piccola sosta, all’ombra rinfrescante di un grande albero di
Bahania dai molti tronchi, e ciò anzitutto per ravvivare le forze, poi per
godersi un po’ di refrigerio e infine per rigenerarsi a una sorgente fresca e
abbondante, molto ben conosciuta a tutti i padri, alla quale Adamo attribuiva
già da lungo tempo un particolare potere corroborante.
3. In
quel punto, dunque, sostarono i padri e Mi glorificarono e lodarono di tutto
cuore, e coloro che già Mi avevano riconosciuto si rallegrarono immensamente,
ad esclusione solamente un po’ Set, per il fatto che la sua promessa ad Enos
non gli lasciava libera alcuna pulsazione e gli opprimeva atrocemente il cuore!
4.
Però Adamo ben presto si accorse che in Set
doveva esserci qualcosa che non gli lasciava pace e perciò gli chiese:
«Ascolta, o caro figlio, dimmi cos’è che ti turba!
5.
Perché vedi, tu respiri come chi cercasse di contare dove non ci sono numeri e
dove non c’è niente da contare! Cosa succede? Apri la tua bocca dinanzi a me e
il tuo cuore dinanzi a Colui che si trova qui con noi! Amen!»
6. Ma
allora Set si trovò più imbarazzato che mai, perché Enos gli era sempre al
fianco e non fu in grado di dire neanche una parola.
7. E
fu a questo punto che Asmahaele avanzò in mezzo
a loro e così aiutò il povero Set a tirarsi fuori dalla morsa molto dura, ed
Egli così parlò:
8.
«Se qualcuno viene fatto prigioniero, in un modo o nell’altro, sia con la
parola che con i fatti, perché non è così veloce come l’altro che lo ha fatto
prigioniero, allora la causa della cattura non sta dalla parte del catturato, bensì
da quella di colui che lo ha catturato.
9.
Perché, vedi, se un lupo veloce raggiunge e cattura un asino che ha per natura
le gambe più lente del lupo il quale corre e salta con grande agilità, chi mai
vorrebbe ascrivere all’asino la colpa di essersi lasciato pigliare e ferire dal
lupo? È chiaro invece fino all’evidenza che l’unico colpevole della cattura è
il lupo più veloce, avendo fatto indebito uso della sua attitudine a catturare
e a correre rapidamente, mentre avrebbe dovuto misurarsi solamente con cervi,
caprioli e camosci o con altri veloci abitanti dei boschi!
10.
Ma se un lupo, per proprio sollazzo, si lascia prendere da un asino e poi
questo, nella sua stupidità, gli sferra un colpo con il suo duro zoccolo e gli
fracassa la testa, in verità, è colpa del lupo ferito stesso – che per suo
divertimento si è lasciato pigliare – se la stupidità dell’asino l’ha condotto
alla rovina! Set, comprendi questa immagine?
11.
Che te ne pare del lupo e che cosa pensi dell’asino? Ma se tu hai della
sapienza dinanzi a te e in te, che cosa è stato ad inceppare i tuoi piedi,
considerato che nell’anticipato calcolo astuto del tuo sollazzo non fosti
capace di prevedere pure quello che l’asino avrebbe fatto, quando avesse
raggiunto il lupo che si era dimostrato lento nel correre?
12.
Vedi, non già la legge, come tu ti lamentavi, ma è soltanto la stoltezza che si
punisce da sé così!
13.
Chi ti ha suggerito di domandare ad Enos, cieco ancora, quello di cui, da parte
di Dio, ti è stato per il momento proibito di dire?
14.
Vedi, nell’astuzia non c’è un briciolo di sapienza, poiché una cosa è la
modesta ragionevolezza e tutta un’altra cosa è l’astuzia. La ragionevolezza
procede sicura per la sua via, mentre l’astuzia non di rado deve arrendersi
alla stoltezza.
15.
Per questa volta ti sia dato aiuto, perché tale cosa l’hai fatta per amore; ma
in avvenire bada bene che il tuo asino non ti venga con lo zoccolo troppo
vicino al capo, altrimenti potrebbe accaderti come è accaduto al lupo!
16. E
tu Enos, attendi per la risposta fino a domani, ma sarai l’ultimo ad
intenderla, perché ti giustificasti dinanzi a tuo padre, causando così angoscia
nel suo cuore. Conviene dunque che tu aspetti fino a domani! Amen!»
[indice]
La potenza
prodigiosa di Asmahaele
18 giugno
1841
1.
Dopo tali parole, però, Asmahaele smontò dall’animale e gli rivolse la parola
dicendo: «Hehèra (significa “vattene”), poiché il tuo servizio è giunto
alla fine e tu con esso!». E l’animale scomparve all’istante!
2. Ma
a tale vista tutti i padri furono colti dallo spavento e lo stesso Enoch non
rimase indifferente, mentre Abedam non sapeva se fosse desto o se sognasse,
perché essi non avevano visto l’animale spiccare un qualche salto, bensì
letteralmente svanire come se fosse stato annientato.
3.
Asmahaele poi si ritirò, lasciando i padri al loro riposo e alle loro
riflessioni, particolarmente coloro che non sapevano Chi veramente si celasse
sotto la spoglia di Asmahaele.
4.
Frattanto Jared aveva tirato per la veste Enoch
e gli aveva detto a bassa voce: «Enoch, tu cosa ne dici? Dov’è sparito
l’animale?
5.
Giù nella terra non se n’è andato, di fianco neanche, in aria neppure! In minor
tempo di un baleno fu sottratto alla nostra vista, e oltre a ciò non ha
lasciato di sé nemmeno la più piccola traccia, e tutto ciò è accaduto per mezzo
di una parola dalla bocca di Asmahaele!
6.
No, caro figlio, chi adesso ne capisce ancora qualcosa, certamente e
indubbiamente ne sa molto più di te e di me!
7. Vedi, se tuo figlio Matusalem
e suo figlio Lamech, che ha poco più di quarant’anni[14],
avessero assistito con noi a questa scena, sicuramente Matusalem
si sarebbe destato dalla sua indifferenza e il suo Lamech si sarebbe calmato
nella sua esuberante vivacità!
8. Io
volevo veramente condurli con me! Certo a questo riguardo non mi era nota la
volontà di Adamo, e poi a tua moglie sarebbe venuto a mancare il suo diletto
sostentatore, considerato che tu, ad ogni modo, sei stato richiesto da Adamo e
perciò non puoi presiedere alle faccende della nostra comune capanna.
9.
Lamech invece avrebbe benissimo potuto venire, ma il padre Adamo lo può
sopportare poco a causa della sua continua inquietudine e del suo vano ciarlare
riguardo ad ogni tipo di cose, che però a me non sembra tanto insensato.
10.
In poche parole, penso che sarebbe bene se anch’essi fossero presenti adesso!
11.
Ebbene, questa è bella! Non so più cosa mi abbia preso; ora mi viene da parlare
come mi capita, che è tutto una confusione!
12.
Che ne dici? Ho fatto bene a far chiamare segretamente i due perché ci vengano
incontro dalla zona della Mezzanotte?
13.
Oh, se almeno li avessi fatti avvisare di venire con qualche rinfresco per
Adamo! O Enoch, tutto mi sembra ora così strano! Te ne prego, dimmi qualcosa
per la mia tranquillità! Amen!»
14.
Ma Enoch allora si mise ad accarezzare suo
padre, dicendogli: «Mio caro padre, che buon cuore hai! Credimi, cuori simili
il Padre santo non li lascia mai languire a lungo, e a quanto ora mi pare di
vedere, Egli ha già preparato una gioia per noi!
15.
Guarda là, dove la via va verso la Mezzanotte; ecco i nostri due figli che già
si affrettano verso di noi e vedi come Asmahaele va allegro incontro a loro e
da solo!
16. O
padre Jared, ora tutto è compiuto; il mio amore per il Signore e per te ha
spezzato ogni freno. Oh, lasciami dunque amare il Signore e concedi che la mia
lingua taccia dinanzi a Lui e a te! Amen!»
[indice]
Asmahaele
conduce Matusalem e Lamech
alla compagnia
1. E
così pure anche tutti gli altri si stupirono e non seppero cosa pensare, ma
quando Adamo scorse i due discendenti di Enoch
venire verso la comitiva, accompagnati da Asmahaele, chiese ad Enoch:
2.
«Chi ha detto a quei due di venire qui, considerato che non ho voluto che
venissero con noi, essendo l’uno troppo tiepido e l’altro una testa sventata
senza nessuna serietà?»
3.
Allora Enoch rispose: «Vedi, padre Adamo, questa
cosa l’ha fatta l’amore paterno di Jared al posto mio, ma la ragione principale
è da ricercare in Colui che procede in mezzo a loro e che li guida verso di
noi!
4. Ma
se tu Lo conosci, come puoi domandare che cos’è che fa il Signore?
5.
Piuttosto rallegrati con me, perché il grande Dio trova tanta gioia in ciò che
è basso dinanzi al mondo, ma anche, guarda compiaciuto a ciò che è piccolo e a
ciò che tanto sollecitamente si affretta in aiuto di ciò che è debole dinanzi i
nostri occhi!
6.
Perciò, sia lodato in eterno il nostro grande e santissimo Dio e Padre! Amen!»
7.
Adamo a queste parole si commosse fino alle lacrime, e Mi lodò e Mi glorificò
dal profondo del suo cuore, ormai raddolcitosi di molto.
8.
Drattanto Asmahaele era giunto, ed Egli condusse
i Suoi due protetti ai padri, e cominciò a indirizzare a tutti i presenti le
seguenti parole:
9.
«Ascoltate voi tutti che siete qui presenti in corpo e in spirito e nell’amore
e nella fede. Ma del tutto particolarmente ascoltate voi che fate distinzione
fra questo e quello, e dite: “Questo è un
mio prediletto poiché egli è sempre obbediente al mio cuore. La sua vita è
veramente da me, poiché egli si adegua completamente al mio volere!”. Ma
invece poi dite: “Questo figlio, o
quest’uomo, non voglio né posso amarlo, perché non ha operato secondo le
richieste del mio cuore, e perché la mia volontà è per lui come cosa estranea,
ed egli non fa assolutamente attenzione a quello di cui io mi compiaccio! Se io
voglio il riposo, egli salta; se voglio camminare, egli corre oltre il
sentiero; ma quando invece dovrebbe parlare, egli tace; mentre parla quando
dovrebbe tacere; e inoltre, quando è necessario camminare, egli si corica; e si
addormenta quando dovrebbe rimanere sveglio, e fuori dai suoi sogni non porta
altro con sé che vuote fantasticherie!”. E così avviene che voi, secondo
tali criteri, giudicate coloro che non vedete di buon occhio, e li bandite dal
vostro cuore perché non corrispondono al vostro egoismo. Vedete dunque quanto
ingiusti sono i vostri giudizi!?
10.
Nondimeno: – quando Dio chiamò un uomo all’esistenza, lo chiamò per la
maledizione o per la benedizione?
11.
Quando mai Dio ha fatto distinzione tra una creatura umana e l’altra, salvo
quella naturale del sesso? Oppure: – quando mai vi ha fatto annunciare un
qualche comandamento dicendo: “I figli e
gli uomini, che non vogliono plasmarsi così come piace al vostro egoismo,
dovete disprezzarli e dovete invece stimare e amare solo quelli ai cui non è
proprio alcun altro volere all’infuori di quello del vostro cuore!”?
12.
Oh, vedete, ma se fate così pur non avendo in tale senso alcun comandamento, –
come potete maledire la schiavitù nella pianura che è un disordine della
tenebra, sorto da voi, mentre d’altra parte rendete schiavi i vostri stessi
figli?
13.
Così dice il Signore: “Non sono Io, un
Padre pure dei vostri figli, altrettanto quanto Lo sono di voi stessi?
14. Non ho Io forse nessun diritto di concedere
anche ai figli una propria libera volontà? E se ho fatto questa cosa per la
quale vi arrabbiate, sono tenuto forse addirittura a rendervene conto?
15. Ma se già voi, anziani, non rendete affatto
conto della vostra volontà ai vostri figli, come potete effettivamente esigere
una cosa simile da Me, che pure vi abbraccio tutti con pari Amore, e non come
fate voi, uno di più e l’altro di meno, o qualcuno poi per niente affatto?
16. MostrateMi un solo luogo sull’intera
superficie della Terra, dove non sia mai ancora caduta una goccia di pioggia o
un raggio di Sole, e dove una goccia sia stata meno umida di un’altra!
17. In verità Io vi dico: ‘Nessuna schiavitù è
più dura di quella della rigida ostinazione, alla base della quale sta
l’egoismo che pretende che tutti s’inchinino dinanzi alla volontà di un
singolo!’
18. Ma poiché il Padre santo, eterno,
sapientissimo ed amorosissimo ha concesso a ciascuno una propria libera
volontà, come pure un proprio cuore, non ne consegue allora che è ingiusto se
l’anziano non vuole assolutamente prendere in considerazione la libera attività
vitale del proprio figlio adulto?”
19.
Perciò, ora Io dico: – che quantunque per il figlio sia meglio obbedire per
tutto il tempo della sua vita a suo padre e mai contrastarlo in qualcosa,
tuttavia per il padre è immensamente più indicato guidare il figlio già dalla
nascita in maniera tale che egli in seguito sia posto in grado di agire libero
e indipendente, affinché poi, quale uomo libero e per proprio impulso d’amore,
faccia ritorno al padre e gli dica:
20. “O padre, vedi, tuo figlio è venuto e
vorrebbe portarti sul palmo della mano!”
21.
Dite: – non ha ciò maggior valore che non se voi dobbiate dire ai vostri figli:
“Vieni qui e aiutami!”, e il figlio
viene subito e fa secondo la tua volontà, ma non avrebbe osato venire da te se
tu non l’avessi chiamato?
22.
Oh, vedete, quanto ancora vi differenziate e quanto poco siete ancora simili a
Colui che vorrebbe fare di voi i Suoi eterni figli!
23.
Guardate le foglie di questo grande albero che ora vi protegge tutti dai raggi
pungenti del Sole e consigliatevi in voi stessi per decidere quale foglia
sorpassi l’altra in valore!
24.
Voi allora direte: “Né quelle di sopra né
quelle di sotto fanno differenza alcuna! Tuttavia, se le foglie fossero un cibo
saporito, le più grandi sarebbero più pregiate delle piccole!”
25.
Tale è il vostro apprezzamento! Ma che cos’è che ha avuto in voi la funzione di
estimatore? Potreste fare a meno di confessare liberamente che è stato il
vostro egoismo ad ambire di godere molto, senza avere il benché minimo riguardo
per il Creatore e senza riflettere se forse Egli non abbia affidato alle foglie
più piccole un compito ancora più grande di quello affidato alle grandi, meglio
confacenti al vostro ventre?
26.
Quando voi costruite una scala, perché fate i pioli inferiori più grandi dei
superiori?
27.
Io però vi dico: – cosa che già voi conoscete – che non per questo i pioli
inferiori sono più utili dei superiori, quantunque questi ultimi siano più
piccoli degli inferiori e siano situati molto distanti da essi verso l’alto, ma
quando poi appoggiate la vostra scala all’albero, non sono precisamente i pioli
più piccoli a toccare il frutto?
28.
Oh, in verità vi dico: “Io pure Mi costruirò
così una scala di uomini, e precisamente una scala che appoggerò all’albero
della vita che arriva fino al Cielo di ogni vita, dalle fondamenta della Terra!
E beati saranno quei pioli che Io porrò al sommo della scala, poiché solo
quelli raggiungeranno la vita, mentre i grandi attenderanno, sottoposti ad ogni
gravezza, quello che della vita verrà gettato giù in basso!”
29.
Intendete bene quanto vi ho detto e quindi non giudicate mai più i vostri figli
secondo il vostro egoismo, bensì secondo la Libertà divina e il divino Amore!
Amen!»
[indice]
Il colloquio
fra Lamech e Matusalem
riguardo allo straniero
1. Ma
come Adamo e con lui anche gli altri padri ebbero inteso tali parole, quasi
tutti furono presi da un senso di raccapriccio, tanto che nessuno si azzardò a
fare alcuna obiezione, e perciò fra di loro subentrò un lungo intervallo di
silenzio.
2. I due nuovi arrivati, però, non avevano compreso nulla
di quanto Asmahaele aveva detto ai padri, e andavano pensando tra sé e sé:
3. ‘I
padri si sono arrabbiati in primo luogo per la nostra intempestiva comparsa, e
in secondo luogo per il discorso pronunciato dallo sconosciuto che ci ha
presentati qui e dalle cui parole ci è riuscito di capire che egli si è
espresso a nostro favore dinanzi ai padri’.
4. E
subito, Lamech domandò a bassa voce a Matusalem: «Padre mio, che facciamo adesso? Dobbiamo
nuovamente svignarcela di nascosto ed abbandonare i padri che in segreto
sembrano adirati per causa nostra, o dobbiamo restare e sopportare con pazienza
gli eventuali rimproveri?
5. E
chi mai potrà essere questo giovane che tanto amorevolmente ci è venuto
incontro e che poi con tanto coraggio ci ha condotto qui dai padri?
6. Le
sue parole devono essere molto significative se i padri lo hanno ascoltato con
tanta attenzione, e se ora non si arrischiano, a quanto mi sembra, a ribattere
alcunché!
7. O
padre mio, pensaci su e poi dimmi cosa te ne pare e se così a te piace! Amen!»
8.
Anche Matusalem se la
sbrigò con suo figlio in poche parole, dicendogli: «Mio caro figlio, considera
se noi, facendo in un modo piuttosto che in un altro, possiamo migliorare la
situazione!
9. Se
restiamo, considerato che nessuno ci manda via, i nostri padri rimarranno
quello che sono, vale a dire, i nostri padri, e noi due i loro figli! Ma se ci
allontaniamo senza che ce lo comandino, noi con ciò non annulleremo il fatto
che essi sono i nostri padri, e di conseguenza, così facendo, non dimostreremo
né la nostra obbedienza né il nostro amorevole rispetto, ed essi, in un modo o
nell’altro, potrebbero prendersela con noi, poiché, alla fin fine sono i nostri
padri, che nonostante tutto ci amano di più di quanto ci disprezzino.
10.
Io parto sempre da un principio che è anche quello di mio padre Enoch, e che
così suona: “Ama colui che è arrabbiato
con te, e tu ben presto lo avrai per amico!”
11.
Perciò, facciamo una cosa simile anche noi e i padri sicuramente non saranno
scontenti di noi; stanne pur certo!
12. Ma
per quanto riguarda quell’uomo quanto mai amorevole, per me è un enigma da dove
sia venuto, chi sia, come sia stato accolto in compagnia dei padri e che cosa
veramente faccia presso di loro!
13.
Che egli sia più saggio di me e di te, ce lo ha già dimostrato mediante le sue
parole; e inoltre, che nella sua parola sia presente una forza del tutto
particolare ce lo prova a sufficienza il silenzio dei padri, apparente o reale
che sia. E ora a noi, per il momento, non occorre sapere di più, e perciò
possiamo restarcene tranquilli ed aspettare pazientemente, e vedere e ascoltare
quello che potrà seguire! Amen!»
14.
Ma allora subito Asmahaele si avvicinò ai due e disse loro: «Udite: – è bene
stare dove Io sono, e nessuno ha da preoccuparsi né da temere nulla. Rimanete
dunque, giacché rimango Io! Poiché, chi rimane dove rimango Io, egli è ben
custodito ed ha trovato una permanente dimora presso Colui a Cui piace chi è di
cuore retto!
15.
Quello che voi non comprendete ancora, lo comprenderete in seguito nella vita,
quando Mi riconoscerete!
16.
Tuttavia rallegratevi, perché non siete lontani da Me; udite e comprendete!
Amen!»
[indice]
Enoch parla
a Matusalem e a Lamech
25 giugno
1841
1.
Quando i due ebbero inteso Asmahaele esprimersi in questo modo, cominciarono a
meravigliarsi enormemente. E dopo che Asmahaele si fu allontanato un po’ da
loro, Lamech disse a Matusalem:
2.
«Padre, cosa ne pensi di queste succinte parole del giovane? Da quanto si può
giudicare, pare che egli, senza dirlo espressamente, tenga se stesso in gran
conto, e che questo sia così lo dimostra di certo abbastanza quando dice: “Dove
io sono, è bene stare!”. Ma perché allora non ha detto invece: “Dove è Adamo e
i figli di Dio, è opportuno stare!”?
3.
Vedi, questa cosa, come pure altre ancora, sono per me del tutto inesplicabili!
Dimmi dunque, se puoi e se vuoi, che impressione ti fa tutto ciò e che cosa
pensi di questo giovane, e chi mai possa essere! Amen!»
4.
Tuttavia, in quel momento ai due si era avvicinato Enoch,
il quale provvide a rimetterli sulla buona strada dicendo loro: «Ascoltate,
figli miei, e comprendete: – se io qui prendo in mano una pietra e la tengo
ferma e frattanto qualcuno si avvicina a me e mi chiede: “Amico, che cos’è che tieni in mano?”, io allora gli mostro che è
una pietra, ma l’altro di nuovo mi domanda: “Cosa
ne vuoi fare di questa pietra?”. A questo punto, non gli risponderò forse: “Perché ti interessi di ciò? Se anche tengo
una pietra sollevata dal terreno nella mia mano, come può diventare una pietra
dello scandalo?
5. Ma che t’importa di ciò che non è di
aggravio a te? Se a me sta bene il peso che porto, non c’è affatto ragione di
farlo oggetto delle tue angosciose domande!”
6.
Però, può qualcuno ridurre in polvere una pietra dura tenendola nella mano?
Senza alcun dubbio ognuno rinuncerà a una simile impresa!
7. Ma
non è più conveniente portare la pietra in mano, che non inciampare nella
stessa sulla strada e ferirsi? Ora, chi mai è colui che vorrebbe fuggire
dinanzi alla propria vita?
8. Ma
se egli ha la vita, perché allora si comporta come se non l’avesse mai ricevuta
ed agisce ciecamente in ogni circostanza?
9.
Che cosa sa l’uomo? Tutto quello che egli sa, non è forse proveniente da Dio?
Come può allora pensare di essere un Dio e agire di conseguenza ritenendo di
bastare a se stesso e di non aver bisogno di un consiglio da parte di Dio? Ma
quando poi comincia a tenere consiglio, egli tiene consiglio così a lungo che
finisce con l’andare in rovina!
10.
Non altrimenti domandate e tenete consiglio anche voi! Ma se io vi dicessi:
“Io, Enoch, sono vostro padre!”, cosa potreste pensare riguardo a questa
asserzione?
11.
Potreste rimproverarmi, poiché asserisco tale cosa di me dinanzi a voi, che io
faccio gran conto di me stesso? Non sono io, dunque, quello che la mia bocca
asserisce di essere?
12.
Ma cosa verrà poi fuori, se i ciechi cominciano a sentenziare? Chi non vede
niente di giorno, come può pretendere che la notte lo illumini?
13. Ora,
se già non siete capaci di comprendere le parole di Asmahaele, dove mai potrà
posare il vacillante piede del vostro giudizio sul conto dello stesso
Asmahaele?
14.
Ma se vi domandassi: “Che cosa è il
crescere di una rosa e che cosa è la rosa stessa?”, allora ammutolireste!
15. E
com’è allora che vi domandate cosa si debba pensare di Asmahaele? Io però vi
dico: “Aspettate fino a domani e tutto vi
verrà chiarito”. Frattanto affezionatevi ad Asmahaele ed apprezzate al
massimo grado ciascuna Sua parola! Amen! Comprendete e udite! Amen!»
[indice]
L’impazienza
di Lamech e la risposta di Matusalem
1. E
dopo che Enoch, per di più, ebbe raccomandato ai due di prestare un’attenzione
del tutto particolare a ciascuna Parola dalla bocca di Asmahaele, egli si
allontanò nuovamente e ritornò dal padre Jared, ed attese lì finché fosse stato
dato il segnale di proseguire il viaggio verso la Mezzanotte (il Settentrione), perché la giornata era calda e i vecchi
padri gustavano troppo il riposo alla frescura delle foglie larghe e folte
dell’albero di Bahahania (chiamato anche Bahania).
2. Ma
i due invece non trovavano pace, e specialmente Lamech
era quello che si assumeva la parte del disturbatore della quiete. Ed infatti
egli riprese a parlare e disse:
3.
«Ascolta, o padre Matusalem: – che cosa c’è di nuovo
in questo? Che cosa ha voluto dire il padre Enoch con le parole ora
pronunciate, anche se non gli abbiamo domandato nessuna spiegazione?
4.
Adesso qui tutto procede con una tale tensione, che ogni parola è una predica,
e il padre parla con il figlio come se il figlio non fosse degno del suo
discorso, e il figlio a sua volta pare che spesso non ascolti la parola del
padre o almeno non la comprenda. Vedi, con noi due è ora già questo il caso: –
il padre Enoch ha parlato e, almeno io, di quanto egli ha detto ho compreso
terribilmente poco, ad eccezione della raccomandazione di attenerci molto
strettamente ad Asmahaele e poi della dichiarazione che domani tutto ci sarà
chiarito.
5. Ma
di quello che egli ha detto della pietra e della vita, e poi del consiglio e
della sentenza, tutto questo, mio caro padre, è stato proprio come se non
l’avessi inteso.
6.
Però se tu, caro padre, hai davvero compreso qualcosa, fai capire anche a me;
tuttavia, se fossi anche tu nella mia medesima situazione, allora certamente
non ci resta altro da fare che seguire tranquillamente l’esempio dei padri
anziani e nel Nome del grande Dio aspettare con tutta pazienza la giornata di
domani, quando cioè si potrà vedere quali e quanti frutti della luce potranno
maturarsi per noi. Dunque, se tu sai qualcosa, caro padre, io sono qui! Amen!»
7. E Matusalem rispose al figlio:
«Mio caro figlio, chi dovesse dare una risposta a ciascuna delle tue domande,
dovrebbe anche essere provvisto a questo scopo di dieci lingue e di altrettanti
polmoni, perché la tua vita non è altro che una grande, lunga ed estesa
domanda. E per il momento sulla Terra non cresce alcun albero abbastanza grande
e robusto per dar luogo al maturarsi di un frutto tale che possa contenere una
risposta sufficientemente grande per la tua domanda!
8.
Cosa dovrei dirti? Non hai inteso la parola, in primo luogo di Asmahaele e
quindi subito dopo, al posto della mia, quella del padre Enoch?
9.
Rifletti dunque silenziosamente fra te e te riguardo a tutti questi fatti e se
tale sarà la volontà del grande Signore, allora gradatamente si farà luce
sempre più chiara in te! Che cosa è tutto il nostro aiuto, e che cosa la nostra
luce, se simili cose non vengono date dall’Alto?
10.
Ma ogni aiuto umano non serve a nulla e la luce dell’uomo altro non è che la
più fitta tenebra. Perciò avviene che quando gli uomini vogliono aiutarsi fra
di loro, finiscono solamente col nuocersi l’un l’altro; e quando l’uno vuole
illuminare l’altro, non fa che creargli tenebre!
11.
Vedi, in conseguenza di ciò limitati a purificare nel silenzio e con tutto zelo
la sacra fiammella dell’amore nel tuo cuore e così potrai ben presto fare
facilmente a meno di qualsiasi luce estranea, perché una minima Scintilla
divina ha maggior valore di un intero cielo pieno zeppo di soli, di lune e di
stelle, siano pure della specie più bella e splendente!
12.
Dunque, stai tranquillo e ora taci, e pazienta fino a domani che ci appare
ricco di promesse! Amen! Ascolta: amen!»
[indice]
Il serpente
sull’albero
1.
Dopo queste parole, però, ogni lingua ammutolì, mentre ciascuno, più o meno, andava
considerando tra sé gli avvenimenti di questa giornata e lodava e glorificava
Dio nel proprio cuore per tante e così grandi dimostrazioni di Grazia. E coloro
che avevano già riconosciuto Asmahaele, tenevano continuamente il cuore, o
l’occhio o l’orecchio rivolti soltanto a Lui. Ma Asmahaele, frattanto,
s’intratteneva tranquillamente con Abedam, senza però che nessuno potesse
intendere nulla di quanto si diceva là.
2. Ed
era trascorso un certo tempo, quando si udì Eva gettare un forte grido e la si
vide cercare di fuggire, perché, osservando a lungo i rami e i ramoscelli che
s’intrecciavano graziosamente, aveva scorto precisamente sopra il suo capo un
serpente di proporzioni colossali.
3. E
quando ben presto anche tutti i padri se ne furono accorti, si alzarono in
fretta e volevano fuggire assieme ad Eva dinanzi al mostruoso animale.
4. Ma
Asmahaele sbarrò loro il passo e comandò a tutti di restare e di non
abbandonare i loro posti prima che Egli non avesse fatto un cenno a proposito.
5.
Allora tutti ritornarono ai posti di prima e rimasero tranquilli e con meno
timore a causa del mostro, in attesa appunto di ciò che sarebbe seguito.
6.
Allora Asmahaele si avvicinò al luogo dove il
serpente andava contorcendosi orribilmente da tutte le parti e così lo apostrofò:
«O bestia dell’ira e della notte! Cosa cerchi qui, o maledetto?»
7. E il serpente rispose sibilando: «Colui che
dall’eternità mi perseguita, affinché io possa trascinarLo in rovina!»
8. Asmahaele di nuovo lo interpellò: «Chi è Colui che tu
accusi di persecuzione eterna e che vuoi trascinare in perdizione?»
9. E il serpente a sua volta: «Egli è il Dio delle eternità
e Creatore di tutte le cose; cose che Egli donò a me, divenendo poi debole
quando vide che la mia gloria era maggiore della Sua, per questo Egli poi si
accese nel fuoco più violento della Sua ira, mi maledisse, mi privò della
gloria e fece ornamento della stessa agli ignominiosi vermi della Terra
affinché divenissero Sue perfette immagini. Invece colpì me con la maledizione
eterna e mi costrinse entro questa forma di verme, che è la più obbrobriosa!»
10.
Allora Asmahaele, visibilmente acceso nel Suo
furore, tuonò al serpente la seguente risposta: «O Satana! Quanto immensamente
grande è la tua menzogna e com’è sconfinata la tua perfidia!
11.
Quand’è che Io ti avrei maledetto e perseguitato? Dimmi piuttosto: – quando tu,
di tuo arbitrio e spinto dalla tua somma perfidia, Mi fuggisti attraverso le
eternità e volesti invadere il campo inviolabile dell’infinita Santità di Dio
entro la quale saresti rimasto annientato per tutte le eternità, chi stese
allora il Suo lungo braccio, potentissimo, per prenderti con tutto Amore? E Chi
fu a collocarti qui e a volerti fare compiutamente simile a Lui?
12.
Ma anche allora la tua superbia poté disdegnare il supremo Amore del grande Dio
eterno, onnipotente ed infinitamente santo! Tu abbandonasti ignominiosamente la
casa che Io avevo creato per te e volesti distruggere la Mia Opera, o
miserabile mentitore, e ridurre Me, tuo Dio e Creatore, alla rovina, o perfido
Satana!
13.
Guarda qui! Adamo, una dimora che era stata fatta per te, vive ancora senza di
te, e vivrà eternamente, come pure i suoi discendenti; però d’ora innanzi sia
maledetto il tuo seme! Io d’ora in poi metterò un’inimicizia irriconciliabile
fra il tuo seme e quello della donna, e questo ti dannerà nell’abisso; una
donna ti schiaccerà il capo e tu le morderai il calcagno, ma il tuo morso al
suo calcagno non la manderà in rovina.
14. E
ora fuggi, e sparisci immediatamente! Amen!».
15. E
subito il perfido e mostruoso animale scomparve.
[indice]
Il discorso
di Asmahaele sulla potenza di Dio nell’uomo
1.
Allora, però, lo sbalordimento dei presenti giunse al colmo, tanto che non
sapevano né cosa pensare né cosa dire. Quelli che erano a conoscenza di Chi si
celava in Asmahaele innalzavano fervide preghiere nei loro cuori colmi di lode,
di grazie, di glorificazione e di vero amore e di vera riverenza. A coloro invece a cui tale mistero era stato celato fino
ad allora, furono repentinamente aperti gli occhi e non sapevano cosa fare.
Dovevano lasciarsi andare consunti per la grande venerazione o immergersi nella
preghiera oppure dovevano credere ai loro occhi e considerare possibile la
cosa, o infine dubitare? Dovevano forse interrogare in proposito i padri, o
addirittura direttamente Asmahaele, dicendogli: ‘Chi sei tu che nella tua parola sei tanto potente ed enunci fuori da
te quello che deve accadere, e non appena la tua parola è proferita, anche
l’azione è già perfettamente compiuta? Oppure: – cos’altro avrebbero mai dovuto
fare?’
2. E
mentre così andavano rimuginando, si sentirono tutti in segreto pervadere da un
angoscioso timore, poiché questo secondo esempio di così immediato
annientamento aveva fatto sorgere in loro dei pensieri del tutto strani.
3. E
dopo che questo fantasticare infruttuoso durò per un certo tempo, Asmahaele venne in mezzo a coloro che
ancora non sapevano che concetto farsi sul Suo conto, e così parlò loro:
«Ascoltate, o voi che così confusamente vi consigliate a Mio riguardo: – quali
sono i vostri pensieri?
4.
Adamo, Set ed Enoch non vi hanno dimostrato abbastanza spesso con poderose
parole tutto ciò che l’uomo è capace di operare nel Nome di Dio? Ma voi, sempre
sordi di spirito e d’orecchio e ciechi d’occhio, non poteste mai comprendere
quello che ciò voleva dire e quale forza potesse essere conferita nel Nome
dell’unico Dio Jehova a ciascun uomo, quando egli opera sotto l’impulso
dell’assoluta certezza ed è incrollabile nell’amore e su di questo fonda la più
completa fiducia.
5. Ma
invece di porre attenzione a questo, andate chiedendovi l’un l’altro: ‘Chi è Asmahaele e cosa può esservi in lui,
perché riesca a compiere simili opere?’
6. O
ciechi e sordi che siete! A quale scopo dunque vi sono state date
spiritualmente e corporalmente un udito e una vista? Forse soltanto perché
guardiate l’erba e le altre cose della Terra e del firmamento? E l’udito, vi è
forse stato dato perché vi serva unicamente per ascoltare il canto degli
uccelli e ogni altro ronzio, ruggito e frastuono proveniente da tutte le parti
del mondo? Oppure non vi è stato dato tutto ciò, piuttosto, affinché lo
dobbiate riferire e indirizzare interiormente, cioè affinché facciate anzitutto
attenzione a quanto succede in voi, e perché tutto quello che vedete ed udite
esteriormente lo riconduciate in voi fino alla radice di ogni esistenza?
7.
Non giace forse in maniera viva in voi la ragione di tutte le cose? Ma se
qualcuno è giunto al fondo di qualcosa o ne è arrivato alle radici fondamentali
ed ha afferrato la cosa con la forza che si appoggia in Dio attraverso l’amore
e la fede, quale ostacolo potrebbe ancora sorgere a impedire che qualcosa
accadesse così come il vero uomo l’ha concepita nella sua profondità e l’ha
fermamente voluta in Dio?
8.
Ora, chi è in grado di compiere una cosa ci riesce unicamente per mezzo di Dio,
poiché all’infuori di Dio e senza Dio non è possibile alcuna azione!
9.
Fate così e non domandate prima chi o cosa sia Asmahaele; in questo modo troverete
Asmahaele in voi, ciascuno per sé e per tutti, perché allora saprete qual è il
concetto che ad Asmahaele corrisponde! Amen!»
[indice]
La domanda
di Adamo ad Asmahaele
1 luglio
1841
1.
Dopo di ciò si alzò Adamo e chiamò a sé Asmahaele. E dopo che Asmahaele si
trovò presso Adamo, costui Gli domandò:
2. «O
Tu, il cui Nome la mia lingua non osa pronunciare, o Asmahaele, non vorrai già
essere adirato con me, debole, se Ti farò una domanda, la cui risposta avrebbe il
potere di alleggerire il mio cuore da un peso greve quanto un’intera montagna?»
3. E Asmahaele osservò: «Adamo, se tu conosci Asmahaele,
perché mai vuoi farGli delle domande riguardo a quello che ti opprime? Non sai
che Colui che ha costituito il centro della Terra ed ha teso la volta immensa
del Cielo infinito, come un ragno tende la sua rete, è pure il Creatore del tuo
cuore e sa perfettamente bene ad ogni istante ciò che vi si agita al suo
interno?
4.
Dunque, se tu Mi conosci, non domandare; se invece ancora non Mi conosci, come
può venirti il pensiero che Io sarò in grado di levare dal cuore la tua pietra,
oppure addirittura una montagna, se non proprio tutta la Terra?
5. Ma
quello che ti opprime, esponilo ad Asmahaele con piena confidenza, amore e fede
dentro di te, nel tuo cuore; ed Asmahaele, che ti sta ora dinanzi, ti darà
interiormente la più fedele e vivente risposta che veramente ti vivificherà,
mentre ogni risposta che ti venisse per le vie esteriori ti ucciderebbe, invece
di vivificarti. Poiché qualunque cosa venga nell’uomo da qualsiasi parte per
vie esteriori, è per lui di specie e di natura mortale; la vita invece procede
sempre dall’interno, così come Dio stesso opera dal Suo proprio centro d’Amore
infinitamente ed eternamente!
6.
Fa’ dunque nel modo che ora ti ho detto e a te accadrà come il tuo cuore
desidera! Amen!»
7. E
Adamo fece così come gli era stato consigliato, e subito la sua faccia
risplendette di gioia suprema, poiché in quel momento gli era stato levato ogni
dubbio riguardo ad Asmahaele e quindi giubilò e glorificò Dio nel suo cuore
tanto che intorno a lui tutto apparve trasfigurato!
8.
Tale cosa però non sfuggì a nessuno dei figli che lo circondavano ed essi gli
si avvicinarono e chiesero al primo padre quale nuovo fatto si fosse
verificato, dato che intorno a lui tutto risultava trasfigurato.
9. Ma
Adamo, indicando Asmahaele, disse: «O figli, non
domandate a me. Ecco là il grande Maestro e l’imperscrutabile Artefice di tutte
le cose! Non cercate fuori da voi, ma dentro di voi, perché così insegna Colui
che è eternamente in Sé la Vita eterna stessa!
10.
Realtà, verità e vita si trovano soltanto interiormente nell’uomo, dove cioè
solamente si devono cercare e dove unicamente pure si possono trovare, ma
invece tutto quanto entra dall’esterno nell’uomo, non è altro che apparenza e
non sostanza ed è di natura mortale.
11.
Se però qualcuno riceve un insegnamento dall’esterno e vuole trarne un
vantaggio per la vita, non deve appunto lasciarsi dapprima ‘uccidere’ nella sua
volontà e poi attendere, rimanendo muta la sua volontà, quale frutto si
maturerà dal seme dell’insegnamento?
12.
Ma chi invece si rivolge alla Vita della vita in sé e con ciò a Colui che è
santo, santo, santo, eternamente vero e fedelmente colmo d’Amore, Misericordia
e Grazia, ebbene costui otterrà quanto chiede come io l’ho ottenuto ora, e non
soggiacerà più ad alcun dubbio riguardo a una qualche cosa, l’incertezza della
quale gli avrà fino a quel momento gravato sul cuore come un enorme masso di pietra.
Dunque non domandate, ma fate come ho fatto io, così troverete in maniera
vivente in voi stessi tutto quello di cui avete bisogno! Amen!»
13. E
dopo aver inteso tali parole, tutti si volsero verso Asmahaele, Lo guardarono
ma non proferirono alcuna parola, bensì ciascuno meditava sui propri dubbi,
associando questo pensiero a quello di Asmahaele, ad eccezione di Enoch, Abedam, Matusalem e di suo figlio
Lamech, poiché i primi due sapevano molto bene ciò che Adamo aveva voluto dire
con il suo discorso, dato che essi tale cosa la conoscevano fuori da Me, mentre
gli ultimi due non sapevano, a dire il vero, ancora niente; anzi per loro tutto
assumeva l’aspetto del meraviglioso che si accumulava sul meraviglioso. E in
verità, per loro, non sarebbe affatto stato indesiderato assistere ancora ad
altri simili spettacoli, anzi, la loro allegra meraviglia era tanta che si
dimenticarono quasi del tutto di domandarsi reciprocamente informazioni sul Mio
conto, ciò che frattanto era cosa che veniva per loro molto a proposito.
14.
Ma Set, Enos, Kenan, Maalaleel
e Jared erano andati sempre più intensificando il loro pensiero alla domanda
che si associava ad Asmahaele; ed ecco, nessuna risposta vivificante voleva
affacciarsi a loro, ed essendosi perciò accorti dell’infruttuosità delle loro
ricerche, essi, uno dopo l’altro, fecero di
nuovo ricorso ad Adamo, dicendo e chiedendo:
15.
«Vedi, padre, in me non vuole verificarsi quello che dovrebbe avvenire secondo
il tuo consiglio! Che cosa dunque si deve pensare di questo fatto e di noi?
16.
Il consiglio è forse incompleto, oppure noi l’abbiamo compreso male?
17.
Infatti, in noi prima c’era almeno un bagliore crepuscolare, ma adesso invece
non c’è che notte fonda! Cosa dobbiamo fare ora? Illuminaci tu, caro padre!
Amen!»
18. Adamo però disse a loro in tono amorevole e serio:
«Non vi dissi io forse come avreste dovuto fare? Ma dov’era il vostro spirito
mentre io parlavo?
19.
Qui dinanzi a voi sta Asmahaele! Può bastare il semplice pensare? Che cos’è il
pensiero senza il pieno amore, senza la piena confidenza e senza la piena fede?
Nient’altro che una parvenza vuota di ogni sostanza, alla quale si accompagna
altrettanta vita quanta se ne può attribuire a un fiocco di neve caduto
cent’anni prima su una pietra arroventata!
20.
Perciò quello che fate, fatelo compiutamente, se volete cogliere il frutto! Qui
però, come detto, c’è Asmahaele. Comprendete bene questa cosa, o figli: –
Asmahaele si trova in mezzo a voi! Amen!»
21. E
i cinque allora si rivolsero subito ad Asmahaele.
Ma Questi rispose loro: «Dovrei insegnarvi altrimenti da come ha fatto Adamo
che l’ha ricevuto da Me? Sia lungi da Me una tale cosa, bensì agite secondo la
norma e così voi pure arriverete dove è giunto Adamo, poiché ciascuno di voi è
chiamato alla vita.
22.
Ma se voi non fate come giustamente va fatto, allora ogni domanda indirizzata
alla vita è vana, poiché il vivente non risponde ai morti, ma soltanto a coloro
che hanno un cuore vivente. Comprendetelo bene! Amen!»
[indice]
La vita
terrena e il suo scopo
1.
Quando però i cinque ebbero udito tali parole dalla bocca di Asmahaele, Set si alzò tra di loro e disse: «Figli, quanto
abbiamo udito è la radice della Vita, così come l’unico sicuro contrassegno
della Vita in noi, cioè il segno che la possediamo in noi veramente e perciò
non siamo più morti secondo lo spirito se – secondo la santa Parola di
Asmahaele – percepiamo in noi ben distintamente il Vivente che istruisce e
conforta.
2. In
verità, una pietra o un qualunque altro masso morto, non sarà mai in eterno
capace di tanto! Oppure: – è mai possibile che il morto si manifesti al morto?
3.
Come potrà un morto insegnare con parole accessibili e come potrà l’altro morto
intenderle e comprenderle e finalmente agire secondo queste?
4. Ma
se anche il vivente volesse disperdere le sue parole dicendole a un morto, a
che gioverebbero le parole di quest’ultimo, se non è possibile che le intenda?
5.
Noi certo abbiamo una vita corporale, solo che questa vita ci è data soltanto
quale uno strumento per stare desti, affinché attraverso questo medesimo mezzo
possa essere destato nel nostro cuore l’eterno vivente amore per Dio; infatti,
quantunque un tale amore sia dato a tutti noi, tuttavia esso ci viene dato
solamente come una sposa dormiente che noi dobbiamo prima destare in noi
attraverso la grazia inestimabile della vita esteriore, affinché lei poi, quale
propria e vera vita in noi, impari soltanto dalla Vita di ogni vita a vivere in
tutta libertà, potenza e forza, ed affinché accolga in sé la nostra vita
esteriore ed infine perché noi, con lei e in lei, come lei in Dio, possiamo
diventare una e la stessa vita eterna.
6.
Nella vita esteriore possiamo pensare secondo le forme esistenti, e
precisamente da immagine a immagine e da un oggetto e da un’azione ad un altro
oggetto e azione. Però tutto questo pensare non è opera nostra, perché il
Signore ha costituito la nostra dimora in modo che nella stessa si possa
trovare di tutto. Ora tutto quello che c’è in noi, lo possiamo percepire
soltanto attraverso e mediante i nostri pensieri! Ma tale cosa è data forse
soltanto per la dimora della vita fisica, oppure per la vita dello spirito?
7.
Vedete, questa è tutt’altra questione! Io considero però i pensieri come dei
cercatori che cercano costantemente e che di solito non trovano nulla, quando
si scostano troppo dal luogo dove riposa nascosta la vita.
8. I
veri pensieri non devono lanciarsi in un alto volo come un avvoltoio, ma devono
andare, come il passero, in cerca del brillante vermetto sotto le verdi foglie
delle piante e dove l’ombra dell’erba verde è più fitta, vale a dire dove la
fiducia è più ferma; qui certo dimorerà il vermetto e di conseguenza si potrà
anche trovarlo.
9.
Vedi, o Asmahaele, così io ho compreso la cosa! Se dunque questa è la mia fede,
io troverò, vero, la vita e con me anche i figli? Ti piaccia farmi sapere se
tale è il Tuo Volere! Amen!»
10.
Ma allora Asmahaele rivolse a Set questa
domanda: «Ascolta, Set! Se tu ora hai parlato giustamente, dimMi, da dove ti
sono venute tali parole!? Se invece supponi di trovarti in errore, perché vai
tormentando inutilmente e così a lungo i tuoi polmoni e la tua lingua?»
11. E
Set replicò: «O Asmahaele, senza di Te chi mai
può far giungere al suo labbro sia pure una sola parola?
12.
Tu puoi annunciare parole di vita anche fuori dalle pietre e dalle fauci delle
belve; come dunque non lo potresti fare per mezzo della mia bocca, che Tu hai
creato a questo scopo?
13.
Io credo che non sia la stessa cosa parlare e comprendere perfettamente quello
di cui si è parlato, poiché, durante il cammino dal Mezzogiorno alla Sera, Tu
hai fatto capire con sufficiente amorevole chiarezza quanto poco noi tutti
avevamo compreso di ciò che già da lungo tempo andavamo predicandoci l’un
l’altro.
14.
Perciò anch’io ora credo di aver enunciato la pienissima verità proveniente da
Te; ma se io l’ho pure altrettanto pienamente compresa, o Asmahaele, questa è
cosa che Tu saprai certamente meglio di ogni altro! Sii perciò indulgente e nel
Tuo Amore e nella Tua Misericordia dimmi se ho parlato bene! Amen!»
15.
Allora Asmahaele accondiscese, e così si
espresse: «Ascolta, Set! La tua parola è vera, perché è una parola proveniente
da Me. Ora, ciascuno che sia umile di cuore e che parli per amore del Mio Nome
e che non faccia ciò per l’impulso di una ragione materiale qualsiasi o di un
egoistico interesse, bensì unicamente per amore a Me, come pure per il
conseguente amore del fratello, in verità ti dico che non un suono uscirà dalle
sue labbra che non provenga da Me! Ma chi invece parla bensì nel Mio Nome, però
così facendo innalza i propri occhi al di sopra di quelli del fratello,
abbassando il suo cuore e, avidamente ed egoisticamente, lo fa sprofondare
entro i solchi della terra, in verità egli è simile a una pianta velenosa,
poiché converte in sé la Luce divina e il suo Calore che tutto vivifica in un
elemento di distruzione e di morte, anziché in quello dell’utilità e della
vivificazione eterna!
16.
Ma se tu hai già destato la tua sposa dormiente, hai potuto perciò parlare
così; allora, ad ogni modo, altro non ti manca che soltanto l’azione conforme.
Agisci dunque in conformità a quanto hai detto e a questo modo diverrai una
cosa sola con te stesso e così pure con Me, e così accadrà a tutti coloro che
faranno come te! Cerca di comprendere. Amen!»
[indice]
Le
preoccupazioni di Jared per ospitare Asmahaele
6 luglio
1841
1. E
quando Set ebbe inteso tali parole, cominciò subito a concentrarsi in sé e a
scrutarsi, e con ciò anche a riconoscersi sempre di più. E tutto quello che
replicò al discorso di Asmahaele fu un tacito ringraziamento nel proprio cuore,
che egli però non rese manifesto a voce alta, ben sapendo che Io posso
ascoltare il cuore anche nel suo silenzio e che in esso non c’è vibrazione di
nessuna fibra che non sia percettibile a Me.
2.
Dunque, altri ancora avrebbero voluto cominciare a fare domande riguardo
all’uno o all’altro argomento, ma Adamo si alzò
subito e disse: «Ascoltate, o figli, nel Nome di Jehova: – chi nel proprio
cuore ha ancora qualche richiesta, egli la tenga per sé e la porti con sé in
silenzio alla propria dimora, perché, a tempo debito, ciascuno otterrà
dall’Alto una luce chiara che illuminerà l’oscura celletta del proprio cuore!
Per ora considerate che noi non siamo ancora arrivati nelle terre dela
Mezzanotte e men che meno alle nostre capanne, e dunque quello che anzitutto
necessita è che riprendiamo il cammino nell’ordine stabilito poco fa, in modo
da poter ricordare il Sabato di domani alla maggioranza dei figli della
Mezzanotte, nonché invitarli alla suprema celebrazione vivente di questa sacra
giornata, che Dio stesso ha stabilito come giorno di riposo ed anche ha posto
per giorno di commemorazione, affinché in un tal giorno ci ricordiamo che il
Signore, il nostro grande e santo Dio Jehova, è il Creatore, il Sostenitore, la
Guida e il Padre amorosissimo di tutti noi e che è immensamente misericordioso
e pieno di Grazia!
3. Di
conseguenza, come già detto, adesso leviamoci tutti nel Nome di Colui che si
trova fra noi! Amen!»
4.
Allora tutti si alzarono da terra, lasciarono l’albero ombroso e si avviarono
nell’ordine stabilito da Asmahaele verso la Mezzanotte (il Settentrione), per un sentiero attraverso il
bosco ricco di fogliame.
5.
Tuttavia Jared che procedeva a fianco di suo figlio Enoch, durante il cammino
non poté trattenersi dall’interrogarlo riguardo a diverse cose. Le sue prime
domande furono di preferenza dirette a consigliarsi riguardo al modo migliore
in cui Asmahaele avrebbe dovuto essere ospitato, una volta giunti alla loro
dimora.
6. E
poi chiese quali frutti Egli avrebbe preferito, quale tipo di pane e quale
bevanda – se solo latte puro o latte con miele vergine o del succo pressato di
bacche dolci – e inoltre, quale giaciglio Gli sarebbe stato più gradito e a che
ora avrebbe voluto alzarsi la mattina.
7. Ma
a tutte queste domande Enoch si limitò a rispondere poche parole, dicendo: «Mio
caro padre, tu ti affanni invano! Asmahaele non ci terrà nascosto quello che
vuole da noi; di una cosa però puoi essere certo: – tutti noi, fino al momento
presente, abbiamo ricevuto da Lui più di quanto in tutte le eternità saremo in
grado di restituirGli da parte nostra, il che al paragone non sarà neppure
quant’è grande un granello di pulviscolo solare!
8.
Dunque, caro padre, non curarti di cosa vane, poiché una sola cosa è necessaria
e questa è il vero amore per Dio, il Padre di tutti noi, indicibilmente colmo
d’amore!
9.
Vedi, caro padre! Io credo che Asmahaele con questo vitto sarà certo più che
soddisfatto quando si troverà sotto il nostro tetto; anzi, ha già detto dal
principio Egli stesso, prima ancora che Adamo gli avesse dato un nome, cosa Lo
ha indotto a salire dalla Sua pianura fin quassù alle nostre alture!
10.
Il fedele straniero (straniero per gli uomini! – vedi cap. 58,35) alla ricerca di Dio (vale a dire: alla ricerca del nostro amore per Dio!), se questo è il significato del Suo Nome, vedi, caro padre, allora ogni
tua preoccupazione per il cibo, per la bevanda, per il giaciglio e per il tetto
è straordinariamente inutile! Dunque, dedichiamoci invece a qualcosa di
migliore e lodiamo Dio nel nostro cuore e facciamo che Egli possa entrarci in
tutta benevolenza, poiché il nostro cuore ha più bisogno di Asmahaele che
Questi della nostra capanna! Amen!»
11. Jared replicò ad Enoch e disse: «Caro figlio, tu parli
sempre giustamente, ed io non potrei obiettarti nulla; ma ora mi accorgo che parli
di Asmahaele precisamente come si trattasse di Dio in Persona, in modo che
ormai non riesco affatto a comprendere di chi tu veramente parli, se cioè di
Dio o di Asmahaele. Perciò ti prego di spiegarti un po’ più chiaramente e di
dirmi perché fai così!
12.
Giacché, vedi, quando dici che per noi è meglio lasciare entrare Dio nei nostri
cuori, questo si comprende bene, ma se tu poi dici: “Poiché il nostro cuore ha
più bisogno di Asmahaele, che non Questi della nostra capanna!”, questo, vedi,
non è comprensibile! Infatti, che cosa ha da fare Asmahaele nel nostro cuore,
se egli non è Dio, come anche non si potrebbe mai credere che lo fosse, dato
che egli vive fra noi soltanto come uomo, anzi completamente come uomo?
13.
Per quanto la sua dottrina sia grande e tale da superare ogni cosa e
immensamente potente nell’azione, tuttavia una cosa simile la si può attendere
dalla bocca di ciascun uomo che sia stato chiamato da Dio a questo; quindi, se
tu vuoi, puoi chiarirmi tale questione, affinché, procedendo al tuo fianco, io
non cammini nell’errore e non inciampi, cada e così vada totalmente in
perdizione! Amen!»
14.
Enoch allora rispose a Jared soltanto come Adamo aveva prima raccomandato, e
Jared si accontentò e tacque.
[indice]
I patriarchi
si intrattengono sul conto di Asmahaele
1.
Dal canto suo anche Enos non dava pace a Set e continuava a fargli delle
domande e gli disse: «O padre Set! Io ho osservato molto bene che tu prima hai
parlato con Asmahaele, il meraviglioso giovane, ed ho anche in parte inteso le
parole che vi siete scambiati; ma, per quanto straordinariamente elevate e
colme di sostanza siano le sue parole, devo tuttavia confessare che talvolta
egli sembra dimenticarsi chi è e cominciare a darsi una grande importanza,
specialmente quando si tratta di accompagnare un’azione come quella, ad
esempio, dell’annientamento del grande serpente della menzogna, perché allora
egli comincia a parlare come non fosse affatto un uomo, ma come fosse
direttamente Dio stesso. E ora egli parla sempre per sé e a proprio nome e
molto raramente, invece, parlando si riferisce a Dio; e qualche volta, quando
lo fa, allora egli e Dio convergono e si fondono tanto strettamente insieme che
alla fine non si riesce a comprendere di chi e in quali rapporti si sente
parlare.
2. O
un uomo parla nel Nome di Dio, e per far ciò egli è pieno dello Spirito di Dio
e di tutta la potenza e forza che ne derivano; oppure, in verità – almeno non
potrei figurarmi la cosa in altro modo – Dio e Asmahaele dovrebbero essere
precisamente la stessa persona!
3.
Ecco, è per questi motivi, certo non insignificanti, che mi vedo indotto, anzi,
per la ragione già prima detta, costretto ad esporre a te, caro padre, mediante
questa domanda, i punti nei quali mi trovo debole e in cui riscontro in me la
massima deficienza di luce! Dimmi dunque cosa devo pensare di Asmahaele,
naturalmente per quanto tu voglia e possa farlo, e così pure per quanto tu lo
ritenga necessario o vantaggioso per me e conciliabile con la santissima Volontà
di Dio! Amen!»
4. E
allora Set rispose a suo figlio: «Mio caro Enos,
tu sei giusto e giusta è la tua domanda, e in tutto il mondo non può esservi
nessuna altra richiesta più giusta e più necessaria di questa, né sulla Terra
può esservi uomo più giusto di quello che seriamente si interessa di Dio e
dinanzi ai cui occhi le opere di Dio non si svolgono inosservate; ma, tuttavia,
più grande di tutto ciò è ancora questo: – osservare per purissimo amore
ciascuna legge che, fuori dall’Ordine eterno di Dio, viene data a qualcuno!
5.
Vedi, una legge simile chiude dinanzi a te la mia lingua in rapporto ad
Asmahaele; accontentati quindi per ora di questa scusa, però credi fermamente
che prima ancora che il Sole venga a salutare il nuovo giorno, imparerai a
conoscere Asmahaele faccia a faccia!
6.
Rallegrati di questo, poiché Asmahaele è grande! Amen!»
7. E
così Enos si accontentò e tacque, immergendosi nelle sue riflessioni.
8.
Però anche Maalaleel non poteva trovare pace e perciò
egli pure si rivolse a Kenan e gli chiese: «Ascolta, padre! Tu sai che abbiamo
già visto parecchie cose e che abbiamo assistito a diversi avvenimenti nel
corso della nostra vita durata già discretamente a lungo; ma puoi ricordarti di
aver in qualche occasione visto che un uomo, con la sua semplice parola, abbia
immediatamente attuato qualcosa senza il benché minimo sussidio dell’opera
delle sue mani?
9.
Forse tu mi risponderai: “Figlio, vedi,
tu vai fantasticando! Non ha proprio oggi il nostro Enoch, appunto, domato la
tigre per Asmahaele e Adamo? Non ha fatto uscire parole dalle fauci della belva
toccandole la lingua?
10. Ma da quando in qua tutti gli animali non
sono più soggetti al nostro fermo volere e così pure tutta l’erba, le piante,
gli arbusti e gli alberi, anzi, in caso di bisogno, addirittura tutti gli
elementi?”. Allora io dovrei rispondere: “O padre! Tutto ciò è ben perfettamente certo e vero e né all’una né
all’altra cosa si può assolutamente fare nemmeno la più piccola obiezione, ma
senza il concorso delle nostre mani o talvolta anche dei nostri piedi, nessuno
di noi poté mai attuare qualcosa, e se anche qualcosa fu fatto, ci volle ogni
volta un certo tempo prima che la natura muta, non di rado aiutata da noi con
mani e piedi, eseguisse il nostro volere. Non corrisponde questo, fino
all’ultimo suo punto, a verità?”
11.
Ma ora, invece, in che relazione può stare tutto ciò con quanto ha fatto
Asmahaele? Che cosa è avvenuto in un solo istante della poderosa tigre per
effetto della sua parola? E non è stata ancora la sua parola a scagliare il
serpente con rapidità maggiore di quella del pensiero, annientandolo del tutto?
12.
Chi mai ha predicato ad Adamo in modo che questi si sia poi completamente
conformato alla predica? Chi non veniva da lui pregando, doveva sempre
ritornarsene a casa senza aver concluso niente; perfino la parola di Enoch è
sembrata finora piacergli più per la profondità dei concetti e per la tenerezza
cui essa s’ispira che non perché possa servire quale savia norma della vera
vita. Ma adesso, invece, quando Asmahaele parla di qualcosa, dispone ed anche
comanda, Adamo non devia più da quanto Asmahaele prescrive neanche quanto è
grosso un capello e gli obbedisce ciecamente assieme a tutti gli altri figli e
alla madre Eva!
13. E
dopo aver considerato tutto ciò, dimmi, o caro padre, quale opinione ti sei
formato in te di questo Asmahaele?
14.
Per conto mio lo ritengo infallibilmente come qualcosa di più di un semplice
uomo, poiché ciò che fa sorpassa di gran lunga ogni possibilità umana; tutto
dipende ora da chi o cosa lo ritieni tu! Amen!»
15. E
Kenan rispose a suo figlio brevemente così:
«Figlio mio, tu hai perfettamente ragione! Che sia così, certo ognuno l’ha
visto, però, secondo la volontà di Adamo, resta nella tua opinione al più tardi
fino a domani, perché certo sarai d’accordo con me nel non voler essere
disobbediente ad Adamo!
16. E
nel frattempo puoi tenere occupato costantemente il tuo cuore con Asmahaele e
vedrai che ben presto Lo avrai rivelato dinanzi a te, giacché, in verità, Egli
ti è giunto più vicino di quanto tu Lo possa credere!
17.
Credi, dunque, ama e confida fortemente! Amen!»
[indice]
Lamech e Matusalem
discorrono di Asmahaele, lo straniero
22 luglio
1841
1.
Frattanto anche il loquace Lamech non aveva
potuto fare a meno di interrogare suo padre Matusalem,
dicendo: «Ascolta, padre, considerato che i nostri padri vanno ugualmente
scambiando parole tra di loro, nonostante il primo padre Adamo l’abbia in certo
qual modo proibito a tutti, che ne dici: – dobbiamo noi soli ritenere
inviolabile questo comandamento, o anche i padri?
2.
Tuttavia, del resto, se almeno così alla larga ho giustamente compreso, mi pare
di dover credere che Adamo non abbia fatto a questo riguardo nessuna differenza.
Ma se malgrado ciò i padri parlano tra di loro pur comprendendo meglio di noi
ciascun comandamento, io sono dell’opinione che potremmo anche noi, senza alcun
pregiudizio, scambiare pian piano qualche parola, e cioè principalmente
riguardo ad Asmahaele.
3.
Poiché, vedi, io sento ormai in cuor mio un prurito molto forte di consultarmi
con qualcuno riguardo a questo Asmahaele; in verità, anzi, mi sembra come se
dovessi cominciare a parlare di lui e di proseguire poi non so fino a quando
senza interruzione!
4. Io
ti dico, caro padre, che questo giovane comincia ad insinuarsi in maniera
straordinaria nel mio cuore! Sì, egli mi sembra sempre più imperscrutabile,
dalla sua faccia non traspare niente che lo possa far ritenere tanto
straordinario, ma quando egli comincia a parlare, allora la sua parola dà
inizio al suo agire con la massima energia e più veloce del lampo, e ciascuno
deve certamente trovarsi in uno stato d’animo quanto mai strano!
5.
Devo dirti che mi sono già tanto affezionato a lui, che mi sembra come se il
mio cuore fosse addirittura cresciuto con il suo!
6.
Vedi, è per questa ragione che vorrei tanto chiacchierare e solo di questo
caro, giovane Asmahaele!
7.
Guarda con quanta semplicità e con quanta modestia ed umiltà se ne viene dietro
di noi assieme al vecchio Abedam, che tuttavia appare ancora molto svelto ed
arzillo! E vedi come egli cammina prodigiosamente leggero; qualche volta mi fa
anzi l’effetto come se veramente i suoi piedi non toccassero affatto il
terreno!
8. O
Asmahaele, o dolce e caro straniero, quale indicibile ardore hai suscitato in
cuor mio!
9. Se
volessi procedere anche al mio fianco così come te ne vai a fianco di Abedam,
quale indicibile beatitudine sarebbe per me!
10. O
padre, perdonami se forse la mia lingua ti causa già qualche molestia! Ma cosa
posso farci? Tu stesso vai sempre dicendo: “Quando
il cuore brucia, nel vaso dell’amore tutto ribolle, e nella bocca comincia a
traboccare!”. Ecco, la stessa cosa succede ora anche a me!
11.
Però, se tu pure vuoi dire qualcosa, parla senz’altro ed io ti presterò molto
volentieri ascolto, ma bisogna che parli di Asmahaele soltanto! Amen!»
12.
Allora Matusalem si
fece animo e così parlò al proprio figlio: «O Lamech, mio diletto figlio,
ascolta: – è perfettamente nell’ordine delle cose che il padre ammaestri il
proprio figlio quando vede che il figlio inesperto fa una cosa del tutto
imprudente e disdicevole, oppure quando il figlio se ne viene pregando il padre
per prendersi dalle sue riserve di esperienza qualcosa a lui utile.
13.
Però devi comprendere tu stesso cosa mai resterebbe da fare qualora il figlio
venisse dal padre pregandolo di dargli una determinata cosa estranea al suo
bagaglio d’esperienza e il padre fosse immediatamente costretto a rispondergli:
“Caro figlio, vedi, a questo riguardo le nostre dispense hanno la medesima età
e nessuna delle due, in confronto all’altra, può vantarsi di godere il benché
minimo privilegio, poiché i nostri occhi hanno visto nella giornata di oggi
l’uno e lo stesso Asmahaele contemporaneamente e così pure nel medesimo istante
per la prima volta!
14.
Vedi, quello che tu sai dire di questo giovane straordinario, lo potrei dire in
uguale misura anch’io; solamente la mia lingua non è tanto flessibile come la
tua da permettere al sentimento interiore, che si agita a causa di Asmahaele,
di assumere la forma di parole ben comprensibili e di farle fluire
abbondantemente fuori dalle labbra, come invece riesci a fare tu”.
15.
Ma affinché tu non abbia proprio del tutto invano chiesto a tuo padre di esprimersi
in qualche modo riguardo ad Asmahaele, vedi, a tale scopo mi è appunto venuto
adesso un buon pensiero, che è questo:
16. “Dio ha bensì fatto per l’uomo due occhi e
li ha collocati al loro posto per la visione delle cose esteriori, ma
nonostante ciò l’uomo con due occhi non vede di più che con uno; però ambedue
si facilitano reciprocamente la funzione visiva. Così pure Egli ha fatto per
lui due orecchi per percepire la voce del mondo esteriore, eppure nessuno può
udire con questi due orecchi più che con uno solo; però anche in questo caso un
orecchio è di aiuto all’altro. La stessa cosa può dirsi del senso dell’olfatto:
– una narice collabora con l’altra. Invece Dio all’uomo non ha dato che un solo
senso del gusto ed uno solo senso del tatto, affinché ciascuno possa da solo
gustare ben distintamente e percepire qualsiasi cosa con il tatto. Vedi,
dunque, questi due ultimi sensi se ne stanno ciascuno per sé, del tutto
indipendenti! Ma una cosa simile si verifica pure con l’uomo. Noi abbiamo in
comune la vista e l’udito, come pure la percezione più sottile, ovvero
l’impressione che le cose fanno su di noi riguardo alla loro costituzione, ma
per quanto concerne il giudicare una cosa e la sensazione che essa suscita in
noi, qui ciascuno si trova nel proprio campo, secondo il quale poi viene
individualmente plasmato il giudizio e la conseguente sensazione”.
17.
Vedi, precisamente così ci troviamo noi due! Tutti e due abbiamo visto, udito e
certamente anche percepito di Asmahaele assolutamente le identiche cose e a
tale riguardo siamo simili alle piante e all’erba, agli arbusti e agli alberi,
poiché assorbono tutti la medesima luce, il medesimo calore e la medesima
pioggia. Ma quale aspetto invece assume la cosa se la si considera dal punto di
vista dell’elaborazione interiore di questi elementi e dalle qualità dei
prodotti che ne risultano?
18.
Vedi, caro figlio, qui dunque c’è un divario formidabile! L’identica cosa si
può dire rispetto alla nostra comprensione interiore, alla nostra facoltà di
critica e di giudizio e alla nostra individuale sensazione, tutte queste
possono essere giuste ma anche ingiuste e possono essere tempestive oppure
anche, nella maggior parte dei casi, intempestive. Ma perché allora dobbiamo
guastarci anzitempo col rimpinzarci dei nostri intempestivi giudizi e di
sentimenti dissimili che da questi vengono suscitati?
19.
Quindi è sempre meglio, intanto, che noi prima lasciamo giungere a piena
maturazione in noi queste nuove piantagioni e che più tardi soltanto,
constatata in noi tale completa maturazione, vediamo se i frutti potranno
riuscire saporiti e salutari anche per gli altri.
20.
Chi vuol parlare di una cosa che in lui stesso non è ancora giunta a
maturazione, è uno stolto, poiché ogni discorso è un insegnamento riguardo ora
a una cosa e ora all’altra. Ma quale vantaggio potrà mai arrecare un maestro o
un oratore immaturo, oppure chi vorrà egli nutrire con i suoi frutti immaturi?
Oppure quale benedizione potrà mai spargere intorno a sé con le sue erbe colte
anzitempo, se ancora non conosce niente di queste né può ancora sapere se si
tratta di erbe pure o impure, o forse addirittura sature di veleno mortale?
21.
Vedi, queste considerazioni si possono riferire nuovamente a noi! La semente di
Asmahaele ha a mala pena gettato in noi alcune piccole e deboli radici; noi non
conosciamo della pianta che ne risulterà né le foglie, né i fiori e men che
meno il frutto; eppure, nonostante questo, vorremmo farci vicendevolmente da
maestri!
22. O
figlio, pensa bene che specie d’insegnamento ne verrebbe fuori! Perciò ognuno
insegni quanto vede e ode e in qualche modo percepisce che qua o là c’è
qualcosa o non c’è niente, e quando ha fatto così ha già fatto abbastanza;
tutto il resto lo lasci stare fino al tempo della maturazione, perché allora,
quando nel suo cuore si sarà maturato un nobile frutto, Dio lo chiamerà certo a
farne parte con i fratelli. E se poi il frutto non sarà nobile, Dio pure saprà
meglio di ogni altro cosa se ne potrà fare, poiché di fronte a Dio tutte le
cose sono buone. E perciò attendiamo anche noi la maturazione e dopo soltanto
parleremo! Amen!».
[indice]
Asmahaele
espone una parabola
1.
Quando Matusalem terminò tale discorso rivolto a suo
figlio Lamech, Asmahaele si trovò immediatamente
in mezzo a loro e cominciò ad indirizzare loro le seguenti parole:
2. «Cari amici, ascoltate e comprendete bene quello che ora
vi dirò riguardo allo scambio di idee che avete avuto proprio ora. – Supponete
che vi sia qualcuno che sia esperto in più d’un ramo della sapienza e nella
molteplice attività che in essa ha il fondamento, ma che nel suo ambiente vi
siano delle persone che tendono costantemente sì ad acquistarsi sapienza in
tutte le forme di attività che derivano dalla sapienza, ma che non siano capaci
di arrivare a niente di utile, poiché manca loro ogni cognizione della radice
di ogni sapienza, ed anche perché essi si fanno appendere davanti agli occhi
ogni tipo di rami d’albero del mondo e lasciano che si otturi loro gli orecchi
applicandovi delle pietre lisce, in modo da non poter né vedere né udire.
3. Ammesso ora che quest’uomo fuori dalla sua vera sapienza operi dinanzi a
loro delle cose meravigliose, ebbene quelli che stanno intorno al sapiente non
cominceranno forse a domandarsi ben presto l’un l’altro: “Ma come può mai compiere cose tali, che per noi uomini non è
assolutamente possibile comprendere neanche in minima parte? Del fare poi
qualcosa di simile, ciò è del tutto fuori questione! Chi è costui? Viene egli dal
basso, oppure dall’Alto? Da dove trae tale potenza? Nessuna sua parola cade a
vuoto, ma ciascuna è un fatto compiuto. Egli parla come per potere proprio e
sembra oltre a ciò tenere se stesso in gran conto. Che cosa c’è dunque in
quest’uomo che veramente si presenta semplicemente come uno di noi, ma quando
invece passa all’azione, allora agisce assolutamente come se a lui fosse del
tutto soggetta ogni forza e ogni potenza di Dio?”
4. E dopo tante domande, nessuno sa cosa pensare di se stesso e cosa del sapiente:
– deve temerlo, oppure deve amarlo? Deve fuggirlo, oppure seguirlo?
5. Allora finisce che alcuni sono pieni di timore, altri d’amore, altri
ancora sono presi da curiosità, altri ancora sono pieni di dubbi, e altri,
infine, sono accesi dal desiderio e dalla brama ardente di fare le stesse cose,
ma nessuno invece pensa di provare a diventare simile a lui nell’amore e nella
vera umiltà, la quale soltanto costituisce la vera radice di ogni sapienza.
6. Ora, qual è la vostra opinione? Se questo sapiente, fuori dal complesso
di persone non sapienti che lo circonda, volesse sceglierne alcune, – quali fra
queste saranno quelle che la sua possente scelta richiederà per la sua scuola?
7. Io ve lo dico subito: “Coloro a
cui manca il coraggio, certamente no; gli amanti dell’esibizione neppure; e
nemmeno coloro i quali vanno chiedendo: ‘Chi e che cosa è e da dove viene
costui che riesce a fare simili cose, grazie alla sua sola parola?’. Neanche
coloro che sono assillati dal dubbio e non hanno in alcun punto solidità, né
nei piedi, né nelle mani, né nel capo, né nel cuore, né in tutte le viscere né
nelle giunture saranno eletti; e nemmeno saranno prescelti i ciechi e i sordi
nello spirito; ma saranno invece prescelti soltanto quelli che sono pieni
d’amore e di umiltà verso Dio e verso i propri fratelli!”
8. Vedete, tutto ciò vi sta dinanzi agli occhi e voi non lo riconoscete!
9. Nondimeno, ve lo dico Io, essendo Colui che vi sta dinanzi: “Beati siete voi, poiché Io Mi trovo fra di
voi quale l’unico sapiente dinanzi a tutto il mondo!”
10. Tu, Matusalem, rivestiti dell’amore di tuo
figlio. E tu, Lamech, indossa la veste della pazienza di tuo padre, così
facendo voi ben presto vedrete con tutt’altri occhi lo Straniero! – Amen!
ComprendeteMi bene. – Amen!»
[indice]
Alla “Mano
secca della Terra”
28 luglio
1841
1.
Mentre Asmahaele parlava, i padri erano giunti a una grande parete di roccia
che per effetto delle incavature e delle erosioni rivelava le forme più
meravigliose, tanto che per questa ragione già da lunghissimo tempo i padri le
avevano dato il nome di “Mano secca della
Terra”. Questa parete divideva i figli della Mezzanotte dai padri; però,
per via naturale, da quella parte non si poteva arrivare alla regione abitata
dai menzionati figli. Chi dunque voleva giungervi, bisognava che si rassegnasse
a compiere un lungo giro, perché era necessario prima percorrere tutta la
regione della Sera e poi incamminarsi per un dosso di montagna che si estendeva
in linea circolare e che infine, dopo aver descritto la sua ampia curva, andava
congiungendosi con la regione settentrionale dalla parte di Nord Est.
2.
Solo che, in primo luogo, questa via per i padri comportava una distanza troppo
grande e poi, essendo essi ormai arrivati alla parete, utilizzare tale strada
rappresentava in quel momento per loro un’impossibilità, perché, volendolo
fare, avrebbero dovuto rivolgersi di nuovo in direzione della Sera e da lì poi
prendere il sentiero lungo l’estesa curva delle montagne.
3.
Ma, come detto, i padri erano ormai giunti alla parete e non potevano più fare
un passo in avanti; perciò tutti, ad iniziare da Adamo, cominciarono a
chiedersi l’un l’altro cosa ci sarebbe stato da fare per annunciare, in primo
luogo, ai figli della Mezzanotte, l’imminenza del Sabato e, in secondo luogo,
per ridonare loro la libertà già fatta ottenere ai figli della Sera e per
scioglierli in tal modo dal duro giogo di una legge immensamente opprimente.
4. E
qui, certo un buon consiglio tra i padri appariva alquanto difficile, perché
questa volta non avrebbero potuto giovare a nulla né i richiami a voce spiegata
né gettar pietre, poiché aveva cominciato a soffiare un vento fortissimo, come
di solito accade sulle alte montagne verso quasi la metà del giorno, dovuto al
fatto che il Sole si trova allo zenit e al conseguente surriscaldamento del
terreno; quindi gridare non sarebbe servito a niente. E così pure, per la
medesima ragione, si dovette lasciar cadere anche l’idea del gettar pietre per
segnalare la presenza dei padri; infatti, quale scopo avrebbe potuto avere
questa segnalazione, se poi ai figli, resi in tal modo attenti, non fosse stato
possibile indirizzare qualche parola in modo da farsi intendere?
5. E
così accadde che i padri non vennero a trovarsi in condizioni molto migliori
della cosiddetta “Mano secca della Terra” stessa e nessuno sapeva che partito
prendere o che consiglio dare; e in un simile stato d’imbarazzo pure nessuno
poté facilmente ricordarsi quanto vicino a loro si trovava Colui al quale sono
possibili con estrema facilità tutte le cose, e perfino Enoch non poté
abbastanza in tempo riacquistare la padronanza di se stesso.
6.
Tuttavia, dunque, Abedam, dopo una breve pausa,
a interpellò voce bassa Asmahaele, e Gli disse: «Signore, Tu che sei tanto
infinitamente maestoso e santo, santo sopra ogni cosa e al di sopra di
qualsiasi nome che lingua umana potrà mai formulare ed esprimere, posso forse
io, miserissimo verme nella polvere della polvere dinanzi a Te, con il Tuo
graziosissimo permesso, giovare a qualcosa? Se sì, ordinamelo in grazia, poiché
sono del tutto pronto a un Tuo cenno a saltare giù da questa parete alta circa
cinquecento uomini, per cercare i figli della Mezzanotte e comunicare loro a
viva voce tutto quello che i padri intendono riferire e annunciare loro.
7.
Perché vedi, o inesprimibile eterno Amore, o mio Dio e mio Tutto, la Tua Parola
sostiene tutta l’intera, infinita Creazione in tutta la sua grandezza e in
tutta la sua infinita gravezza. – Come potrebbe essa lasciare che andassi in
rovina io, che non sono che un minimissimo granello di polvere al paragone
della Terra stessa?
8.
Quindi, una Tua Parola soltanto, ed io sarò perfettamente pronto a seguire
quello che ho detto! E se anche ciò dovesse costarmi la vita del corpo, io nel mio
cuore sono troppo convinto che è meglio morire infinite volte corporalmente
nella Tua Parola, anzi piuttosto soffrire così mille morti, che non vivere pure
mille volte, ma senza di essa!
9.
Tuttavia, o Signore, non la mia, bensì soltanto sia fatta sempre in eterno la
Tua santissima Volontà! Amen!»
10. E
come Asmahaele ebbe inteso da parte di Abedam
una tale generosa offerta d’amore, Egli lo guardò con sguardo amorosissimo e
gli rivolse a voce alta le seguenti parole:
11.
«Abedam! In verità, Io ti dico che sulla Terra non c’è un secondo che ti sia
pari nella fede e nell’amore! Enoch è grande nell’amore e nell’umiltà, e in
questi ha trovato qui l’immortalità, ma colui che si acquista la vita con la
morte, è più grande di colui che l’acquista con la vita stessa. E colui che
abbandona la propria vita per il bene dei fratelli e dei padri, è più grande di
colui che cerca di dare loro vita soltanto con parole viventi ispirate da Me,
poiché l’ammaestrare gli altri è più facile che abbandonare per gli altri la propria
vita.
12.
Ma in verità, Abedam, in verità, Io ti dico: “Chi nel Mio Nome e nella Mia Parola trova la morte del corpo, egli ha
già conquistato per sé, con potenza da eroe, la vita eterna, ed è diventato
perfettamente una cosa sola con Me!”
13.
Però, Mio caro e forte Abedam, vedi, il tempo di lasciare nel Mio Nome o nella
Mia Parola la vita del corpo, non è ancora giunto, e così il tuo incrollabile
volere ti sia computato come opera compiuta per intero, poiché nel tuo cuore,
come da te stesso, essa risulta appieno compiuta nella fede, nella confidenza e
in tutto l’amore per Me. E perciò anche tu Mi hai interamente trovato, e d’ora
innanzi mai più in eterno ti scosterai dal Mio fianco!
14.
Ma ora vedi, diletto Abedam, Io dispongo ancora di altri mezzi per liberare i
deboli padri da questo imbarazzo, e posso perciò fare a meno del tuo
sacrificio! Ma è bene per te, Abedam, che tu Mi abbia offerto con tutta fedeltà
un simile sacrificio nel tuo cuore! Io ti dico che hai superato Abele che è
stato ucciso soltanto una volta, mentre non disdegnasti di voler morire mille
volte nel Mio Nome. E perciò abbi mille volte anche la vita in Me!
15.
Pertanto, affinché tu riceva da Me una Parola per poter fare qualcosa nel Mio
Nome secondo la tua volontà, recati ora da Enoch e digli di venire da Me perché
devo dirgli qualcosa di necessario in presenza di tutti i padri, poiché se egli
Mi ama, è bene che venga a Me, affinché soltanto poi Io possa definitivamente
accoglierlo, e affinché egli divenga uno nell’amore per Me e per ogni vita che
da questo amore sorge; ciò in modo tale, che solo poi s’innalzi come te a eroe
e infine adempia al cospetto dei padri la Mia Volontà. Amen!».
16. E
Abedam allora si recò da Enoch e gli annunciò la Volontà di Asmahaele.
17. Enoch allora si presentò immediatamente ad Asmahaele e
gli disse: «O Signore, guarda in grazia a me, il debolissimo, e ogni fibra del
mio essere impotente sia in eterno soggetta a Te, mio Signore e mio Dio e Padre
mio santissimo ed eterno! Amen!»
18. E
allora Asmahaele, afferrata la destra di Enoch,
esclamò ad alta voce: «Enoch! Colui che ha creato questa mano dal nulla, ora te
la fortifica al cospetto dei padri. Perciò recati là dove si trova la “Mano
secca della Terra” e infondi vita a quella morta parete, affinché diventi un
morbido ponte e un sentiero piano che conduca a coloro che hanno il maggior
bisogno del nostro aiuto, poiché non a causa dei sani, bensì è a causa degli
infermi che Io Mi trovo qui fra voi! – Amen!»
19.
Ed Enoch si accostò subito alla parete e le comandò di sparire nella sua forma
attuale e di trasformarsi invece in un sentiero piano che conducesse a coloro
che laggiù languivano e ai quali più che ad altri urgeva portare soccorso.
20. E
vedi, in un baleno la parete precipitò e il sentiero piano apparve già pronto!
21.
Ma tutti i padri furono colti da un profondo brivido dinanzi alla potenza
infinita di Asmahaele. Tuttavia Questi li rianimò nuovamente e ben presto nei
loro cuori cominciarono a lodare Dio e a glorificare il Suo Nome per tale
immenso prodigio e poi, consolati, si rimisero in cammino.
[indice]
Adamo chiede
dei figli del Settentrione
29 luglio
1841
1. In
tal modo i padri giunsero ben presto alla regione settentrionale che era molto
estesa. Adamo allora, secondo l’usanza, la benedisse e benedisse poi tutti i
figli della discendenza principale; dopo di che tutti sostarono per un breve
riposo.
2. Ma
trascorsa circa una mezz’ora da quando si erano fermati, vedi, essi
cominciarono tutti a meravigliarsi molto, constatando che durante questo tempo
neppure uno dei figli della Mezzanotte si era fatto vedere. E subito Adamo fece chiamare Enoch e gliene chiese la ragione
dicendo:
3.
«Enoch, tu che al nostro cospetto fosti tanto rafforzato da Asmahaele da poter
obbligare la “Mano secca della Terra” a piegarsi dinanzi all’alito della tua
parola, guarda, qui non si vedono figli! Dove mai se ne sono andati?
4. Il
crollo della parete li ha forse tutti sepolti e uccisi? Oh, dimmi, se lo sai: –
dove possono essersene andati? O cosa può essere accaduto di loro?
5.
Perché, vedi, la regione ha veramente l’aspetto come se da poco tempo la morte
ignominiosa avesse celebrato tra loro una festa generale della mietitura!
6. Io
certo vorrei chiederlo ad Asmahaele, ma per fare ciò, davvero a me come a molti
altri, manca il coraggio. Poiché se considero Chi si cela dietro ad Asmahaele e
poi chi e che cosa sono io, allora la lingua e i polmoni si rifiutano di
servirmi ed io non sono più quasi capace di fare giungere una sola parola fino
alle mie labbra. Oltre a ciò anche il cuore mi dice: ‘A quale scopo vuoi interrogare l’onnisciente Dio, quasi potesse forse
essere a Lui estraneo quello che segretamente si agita in te! Non ha Egli già
dall’eternità ordinato i tuoi pensieri, dunque molto prima che Egli ti formasse
ad essere pensante fuori dal Suo infinito Amore e Misericordia?’
7.
Vedi, caro Enoch, per questo non posso fare come ora ardentemente bramerei! Fa’
dunque quello che non posso più fare io! Se tu stesso sai qualcosa tramite
Asmahaele, tranquillizza me e tutti gli altri, ma se nel tuo cuore non c’è più
di quanto c’è nel mio, allora rivolgiti senza indugio ad Asmahaele; Egli certo
vorrà in tutta grazia e misericordia ancora una volta liberare noi tutti da questo
grave imbarazzo e da questa angoscia! Amen!»
8. E
quando Enoch ebbe appreso tali cose da Adamo, s’inchinò e voleva subito
affrettarsi da Asmahaele per esporGli la preghiera di Adamo, poiché la vista di
quella regione spopolata aveva in lui stesso suscitato un enorme stupore. Ma
egli aveva appena mosso il piede, che già Asmahaele
li aveva prevenuti entrambi ed era lì pronto a parlare in mezzo a loro, e
cominciò a rivolgere loro queste parole:
9. «O
Adamo! Credi forse nel tuo cuore, dove dimora il tuo spirito molto indebolito,
che il Signore sia come un re della pianura, o che Egli sia simile a te, per
cui si debba esigere un gran cerimoniale per giungere fino a Lui? Vedi, Io non
ho bisogno di alcuna guardia, né di portinai e nemmeno di figli primogeniti
della linea principale gerarchicamente ordinati, per mezzo dei quali qualcuno
debba essere introdotto a Me; né Io chiedo ad alcuno che prima rimanga per
un’ora prostrato sulla sua faccia dinanzi a Me per essere con ciò reputato
degno di rialzarsi poi al cospetto di Me, suo Dio e Creatore, bensì tutto
quello che Io, amando, richiedo, è un cuore fedele rivolto a Me, colmo d’amore
e di umiltà, purificato dal pentimento; e, con un simile cuore, nessuno ha bisogno
di percorrere, per giungere a Me, vie indirette, poiché Io gli sono certamente
sempre, come devo essere, “il più vicino”!
E se così non fosse, chi mai potrebbe, anche per un solo rapidissimo istante,
conservare la sua vita, considerato che senza dubbio ogni vita, anzitutto e
assolutamente, sgorga esclusivamente da Me, né mai eternamente potrà avere
altra origine!
10.
Però se tu temi di interrogare l’onnisciente Dio, – com’è invece che
l’Onnisciente non evita di interrogare voi riguardo a varie cose per il vostro
stesso bene, affinché vi vogliate destare?
11.
Ora Io sono del parere che nel caso in cui manca la conoscenza su una cosa,
colui che non sa, ha più motivo di rivolgere le domande all’Onnisciente, che
non l’Onnisciente a chi non sa!
12.
Dunque, se Io faccio domande a voi che non avete risposta, non sarà certo
errato quando voi domanderete a Me quelle cose che non conoscete, ma che pure
bramereste molto conoscere!
13.
Vedi, o Adamo, Io so molto bene ciò che ti manca! Tu chiedi dei figli della Mezzanotte
e ti piacerebbe quanto mai conoscere dove se ne sono andati, ma al momento
attuale Io non te lo dico, bensì sei tu che devi cercarli e farli cercare. E
qualora tu non potessi trovare nessuno, solo allora vieni da Me e chiediMi, ed
Io poi ti condurrò dai figli, poiché conviene che il perduto, venga dapprima
cercato! Amen!»
[indice]
Adamo manda
a cercare i figli del Settentrione
1. E Adamo ponderò intensamente nel suo cuore tali possenti
parole, poi Mi ringraziò e, pervaso da pentimento e fervore, fece subito
radunare vicino a sé tutti i presenti ad eccezione di Set, di Enoch e,
naturalmente, di Asmahaele, e disse loro:
2.
«Ascoltate o voi tutti, figli miei donatimi da Dio secondo il corpo e l’anima,
però ciascuno dotato di un libero spirito da Dio! Noi siamo giunti qui
desiderosi di portare una nuova e libera vita a questi figli aspramente
separati da noi dall’estesa parete che noi chiamavamo la “Mano secca della
Terra”, parete alta e profonda, orribilmente dirupata, in modo che noi non
potevamo giungere oltre ad essa da loro, né essi da noi. Quando noi ogni tanto
gettavamo uno sguardo attraverso gli squarci della rupe giù alle profonde
pianure, non di rado scorgevamo che queste pullulavano di figli e ancora di figli,
e se c’era calma di vento la voce poderosa di Kenan giungeva perfino a rendere
loro nota la mia volontà, tanto che poi i più anziani non evitavano il lungo e
indiretto cammino e giungevano con la loro offerta di frutta ancor prima del
Sabato e sospiravano poi dinanzi alla mia capanna affinché fosse loro concesso
di vedermi sia pure per un solo istante.
3. Ma
ora io, e con me Qualcun altro ancora, sono disceso qui da loro, in un modo
meraviglioso e, vedete, in nessun luogo è possibile scoprire neanche la minima
traccia di essi!
4.
Perciò ora da parte di Dio è mio volere che voi tutti vi affrettiate
immediatamente in ogni direzione e che li cerchiate per un’ora. E se trovate
qualcuno, conducetelo sollecitamente qui, affinché ci dia notizia di tutti gli
altri! Ma se voi non trovate nessuno, allora, dopo che sarà trascorsa un’ora
destinata alla ricerca, fate subito ritorno qui, affinché noi possiamo
rivolgerci a quell’Uno per un superiore consiglio riguardo a cosa sarà
ulteriormente da fare e da intraprendere!
5. E
adesso affrettatevi ed eseguite quanto vi è stato ora spiegato! La Benedizione
di Jehova e la mia siano con voi tutti! Amen!».
6. E
allora tutti coloro che ne avevano ricevuto l’incarico partirono sollecitamente
in tutte le direzioni e trovarono dappertutto una quantità d’abitazioni vuote
con dentro ogni tipo di masserizie ed utensili abbandonati, nonché numerosi
animali domestici lasciati in libertà e ogni specie di frutta già spiccata e
raccolta, ma, accanto a tutto questo, non un occhio umano fu dato loro di
rintracciare, per non parlare poi di una qualsiasi creatura umana! E quando
coloro che andavano cercando, dopo una buona mezz’ora non riuscirono a trovare
nessuno, cominciarono a gridare a voce altissima lanciando richiami in tutte le
direzioni e chiamando per nome l’uno e l’altro dei figli conosciuti. Sennonché
ogni loro fatica fu vana, poiché in risposta essi non intesero altro che l’eco
dei loro richiami rimandati dalle pareti di roccia circostanti e l’inabissarsi
rumoroso delle loro voci nelle gole e nei tenebrosi precipizi della montagna.
7.
Alcuni tra loro salirono perfino su alcune colline situate in quelle vicinanze,
per tentare eventualmente di scorgere dall’alto qualche fuggitivo. Ma anche questa
volta fu tutta fatica sprecata, perché ai loro occhi diligentemente in vedetta
non volle mostrarsi neanche l’ombra di un qualsiasi fratello indugiatosi nella
fuga, né i loro orecchi, tesi con la massima attenzione in ascolto, poterono
percepire altro all’infuori del rombo monotono e sordo dei torrenti di montagna
scroscianti giù per le pareti dei burroni.
8. E
così trascorse la breve ora destinata alla ricerca e i figli fecero ritorno
tristemente e senza aver trovato nessuno da poter condurre dove Adamo con tanta
ansia li attendeva.
9. E
quando furono giunti più vicini al luogo del riposo, Adamo si diede
attentamente a scrutare, sperando di poter scoprire tra coloro che ritornavano
qualcuno che fosse stato ritrovato, però man mano che gli inviati alla ricerca
andavano avvicinandosi, davano sempre più a riconoscere che essi ritornavano
soli.
10.
Allora Adamo fu colto da grande tristezza, scoppiò in pianto e cominciò a
lamentarsi ad alta voce.
[indice]
Asmahaele
invia Enoch
5 agosto
1841
1.
Quando gli inviati alla ricerca furono tutti di ritorno senza aver concluso
nulla, narrarono che non avevano trovato altro che capanne abbandonate con
dentro qualche arnese, animali domestici e provviste di frutta quasi intatte, e
che in nessun luogo avevano trovato la benché minima traccia di un abitante;
allora Adamo si prese il capo fra le mani e ad
alta voce esclamò:
2. «O
Tu, Dio giusto, grande e sublime! Dove li hai condotti? O li ha inghiottiti la
Terra? O cos’altro è avvenuto di loro?
3. Si
trovano ancora in qualche luogo, oppure sono stati del tutto annientati? O Dio,
Dio d’Amore e di Misericordia, abbi pietà di me, primo debole vegliardo della
Terra!
4. Se
Tu li hai uccisi, puoi ben uccidere anche il mio cuore, affinché esso,
struggendosi, non debba essere gravato dal carico del lutto insopportabile al
quale esso in ogni caso soggiacerà, se non mi verrà fatta luce sul conto di
coloro che la mia immensa stoltezza ha bandito e cacciato qui in questa regione
settentrionale, dove evidentemente sono tutti periti!
5. O
Asmahaele, Asmahaele! Dove sei Tu, o Possente? Vieni, oh, vieni, poiché mai
ancora come oggi il mio spirito, che sono io stesso fuori da Te, ha desiderato
tanto Te, o Santo!
6.
Oh, non indugiare, ma vieni subito qui a me, debole progenitore di questa Terra
e soccorrimi nella mia grande angoscia e nella mia immensa tristezza! Amen!»
7. E
vedi, immediatamente Asmahaele si trovò dinanzi
ad Adamo e seriamente gli chiese: «Adamo, o cieco, che vuoi che Io ti faccia?»
8. E Adamo rispose: «O Signore, se sono cieco, fa’ che
possa vedere e che possa quindi vedere anche coloro che qui sono andati perduti
in una maniera o nell’altra!»
9. E Asmahaele replicò ad Adamo: «Vedi, tu hai mandato
fuori i tuoi figli per cercare i loro fratelli ed essi non hanno trovato
nessuno! Ora Io invierò Enoch e vedremo se anch’egli ritornerà a mani vuote, e
se dovesse essere così, allora Io stesso Me ne andrò quale ultimo messaggero e
radunerò tutte le pecore, e tu puoi essere sicuro che le pecore riconosceranno
la voce del giusto Pastore ed esse si affretteranno verso di Lui e Gli verranno
incontro saltellando di gioia!
10. E
tu, o Enoch, va sollecito e chiama a gran voce: “Fratelli, ascoltate! Il vostro padre Adamo è sceso fino a voi, al fine
di rendervi come me, liberi da qualsiasi giogo, e per mostrarvi un nuovo e
solido ponte oltre il quale voi possiate, per la via più breve, giungere alla
sua sacra patria, per celebrare là, già domani, con lui, il libero e santo
Sabato del Signore!”
11.
Tale richiamo fallo risuonare per tre volte! Chi in tal modo si presenterà, tu
lo condurrai qui, ma chi invece non si presenterà, a lui soltanto Io proverò
poi a far risuonare la Mia Voce, e allora vedremo e conteremo se mancherà
ancora qualcuno, e questo sarà un segno per mezzo del quale alla fine dei tempi
della gran tribolazione futura, i ritardatari dovranno essere invitati ad
entrare nella grande casa paterna originaria!
12.
Ma ora affrettati e fa’ come Io ti ho consigliato! – Amen!»
[indice]
Tre figli di
Adamo danno ascolto alla chiamata di Enoch
1. Ed
Enoch sollecitamente si incamminò, e fece secondo il consiglio datogli da
Asmahaele.
2.
Alla prima chiamata, si vide subito comparire, sbucato fuori da qualche
nascondiglio, un vecchio figlio di Adamo, il
quale esclamò: «Enoch, figlio di Jared, se io ti ho ben compreso, intendo anche
seguirti!»
3. Ed
Enoch gli rispose: «Così vuole Colui che attende
te e tutti i tuoi figli; dunque, non vi è errore in ciò che tu hai compreso!
4. Io
però devo chiamare ancora per due volte, e in tale occasione ti convincerai
benissimo dell’esattezza della prima chiamata!»
5.
Allora Enoch chiamò per la seconda volta. E anche a questa chiamata comparve
soltanto un vecchio figlio di Adamo, il quale interrogò Enoch ugualmente come
aveva fatto il primo, e ricevette da lui l’identica risposta.
6. E
subito dopo Enoch lanciò la terza chiamata. Però anche dopo questa, l’ultima,
essendo stata anche la più forte, comparve precisamente soltanto un altro vecchio
figlio di Adamo, il quale interpellò Enoch ugualmente come i primi due.
7. Ma
Enoch gli rispose: «Dà ascolto alla mia
chiamata, e tu ben presto ti convincerai da dove la chiamata e la voce hanno
colpito il tuo orecchio!
8. La
voce è bensì quella di Enoch, ma la chiamata giunge dall’Alto!
9. E
ora non indagate più oltre, bensì seguitemi rapidamente, senza però dirmi dove
sono i vostri figli e le vostre donne, perché subito dopo di me verrà un altro
Banditore, la voce del Quale sarà ben riconosciuta come la giusta e vera voce
da tutti i vostri figli e dalle vostre donne.
10.
Se anche la mia chiamata è stata una giusta chiamata dall’Alto, tuttavia fu
sempre una voce estranea a lanciarla; per questo, anche pochi soltanto le hanno
dato ascolto. Ma quando invece risuonerà una chiamata per mezzo della voce del
gran Banditore, questa vera Voce che chiama penetrerà nelle profondità della
Terra, e allora non vi sarà più alcun morto o alcun vivo che non vorrà
riconoscere immediatamente e pienamente come genuina, la vera chiamata
dell’unico vero Banditore, e nessuno gli domanderà alcuna cosa come avete fatto
voi verso di me, bensì ciascuno seguirà la Sua voce, in un modo oppure
nell’altro.
11. E
ora affrettiamoci, perché il padre vi attende! Amen!»
[indice]
La gioia di
Adamo nel rivedere i propri figli Jura, Bhusin ed Ohorion
1.
Allora tutti e quattro si avviarono rapidamente al luogo che conosciamo. E
quando Adamo vide avvicinarsi Enoch con i tre vecchi figli, la sua faccia
cominciò alquanto a rischiararsi, ma in pari tempo egli si diede pure a lodarMi
e a ringraziarMi fervidamente, poiché i suoi occhi erano stati fatti degni
ancora una volta da Me di guardare i propri figli, i più anziani dopo Caino ed
Abele e cioè Jura, Bhusin ed Ohorion.
2. E
mentre Adamo così ringraziava in cuor suo, anche i quattro erano giunti del
tutto vicino a lui. Ed Enoch s’inchinò dinanzi ad Adamo, mentre gli altri tre
si prostrarono sulle loro facce, come già da antichissimo tempo erano abituati
a fare. Ma Adamo diede subito incarico a Set,
dicendogli:
3.
«Set, figlio mio, ecco qui i tuoi fratelli più anziani e ora i miei figli più vecchi!
Aiutali a rialzarsi e conducili qui sul mio cuore, e nello stesso tempo dì
anche loro: “Il vecchio padre Adamo non è
più un dominatore, bensì è ormai un padre le cui braccia vorrebbero attirare al
suo cuore con amore perfino Caino, per non parlare poi dei suoi vecchi figli e
compagni di aspri tempi passati!”
4. E
dì loro ancora che non soltanto il paradiso perduto è stato ritrovato, bensì
cose infinitamente più numerose, più grandiose e indicibilmente più sublimi e
maestose! E ora va e fa come ti ho detto! Amen!»
5.
Allora Set si accostò immediatamente ai tre, li fece alzare amorevolmente, e
riferì loro le parole di Adamo, nell’udire le quali i tre figli anziani
scoppiarono in lacrime di gioia. E e, rivolto a
Set, esclamò: «O mio diletto fratello! Non so dirti quanto felice sia io, anzi
lo siamo tutti e tre, che ci sia ora concesso di vedere ancora una volta te e
il nostro amatissimo padre!
6.
Vedi, caro fratello, come siamo diventati vecchi e deboli dal lungo tempo del
nostro meritato esilio!
7. O
a Te, grande Jehova, siano rese grazie, eterne grazie a Te soltanto, perché
certamente solo Tu sei stato a predisporre in tal modo le cose e ad intenerire
il cuore del nostro padre intensamente amato, affinché venissimo ora di nuovo
accolti nella sua grazia.
8.
Vadano quindi eterne grazie e lodi a Te, o Jehova! E tu pure, caro fratello,
sii ringraziato! Ma ora conduci noi tre dal vecchio padre!»
9.
Set allora li condusse ad Adamo e questi li
benedì e li strinse poi al suo cuore ed infine, profondamente commosso,
esclamò: «O figli miei, come è felice adesso il vostro padre Adamo!
10. O
Asmahaele! Chi mai potrebbe magnificarTi, considerato che la Tua Bontà è
infinita e che il Tuo Amore immenso dura in eterno!?»
11. E
quando Adamo si fu riavuto un po’ dalla sua effusione d’amore, Asmahaele si avvicinò subito a loro e disse: «Adamo!
Ti rendi conto ora di che cosa ha maggior valore? La legge, oppure l’amore?»
12.
Ma Adamo, vinto dalla commozione, non poté dire
altro che questo: «O Tu, il Cui Nome la mia bocca non osa più proferire, Tu sei
di più, infinite volte di più di quanto tutte le eternità saranno mai capaci di
comprendere! A Te solo vadano dunque grazie, lode, onore, gloria e tutto il mio
amore che Ti venera in eterno! Amen!»
[indice]
Il discorso di Asmahaele riguardo all’Essenza di Jehova
7 agosto 1841
1. E
dopo che Adamo ebbe terminato queste parole, Asmahaele
si mise subito dinanzi ai tre nuovi venuti e disse loro: «Ascoltate voi tre, tu Jura, tu Bhusin e tu
Ohorion!
2. Chi è così
timido come una mosca, pieno di timore come una colomba, e di angoscia come un
toporagno che al minimo accenno che qualcuno voglia avvicinarglisi se ne vola
via atterrito, e al minimo rumore fugge nel folto del bosco e se una qualche
scheggia di pietra cade giù a valle si rintana spaventato nei buchi del
terreno?
3. Dunque: –
pensate che Jehova sia proprio sempre pronto a seminare la morte tra i suoi
figli, quando talvolta fa rotolare l’una sull’altra alcune pietre?
4. Se Egli avesse
gioia nell’uccidere, tale gioia l’avrebbe avuta già fin dall’eternità, e se
Egli fosse così un amico della morte, in verità, voi potrete esser certi che
Egli anche con tutta sicurezza non avrebbe creato non solo la Terra, la Luna,
il Sole e le stelle con tutti i loro immensi prodigi della Creazione, ma
neppure un minimissimo granello di pulviscolo solare!
5. Ma siccome
Jehova – come potete constatare da tutto quello che vi circonda – non è tale,
ma invece è precisamente e perfettamente l’opposto, vale a dire il più grande
Amico della Vita, così tanto, che Egli di per Sé e solo Lui costituisce più
propriamente ed eternamente la Vita stessa, mentre tutto ciò che vive grazie al
Suo Alito vive fuori da Lui, ne consegue che Egli è pure la Vita eterna stessa,
e perciò non fa che attrarre eternamente a Sé tutte le Sue opere. Tutte le
creature hanno quindi il loro ordine saviamente costituito; invece i figli sono
liberi nella loro volontà e nella loro azione, e questo per la ragione che
Jehova è un amico della Vita, e non della morte! Di conseguenza, anche
particolarmente i Suoi figli, non occorre proprio che nutrano eccessive
preoccupazioni riguardo alla rapida uccisione, specialmente poi quelli che,
come voi, amano fedelmente il grande Jehova santo e immensamente buono, e che hanno
posto ogni loro speranza in Lui!
6. State dunque ora
di buon animo, e non lasciate più che sorgano in voi simili stolte paure,
perché se Jehova avesse voluto uccidervi, come avreste potuto raggiungere l’età
che già oggi avete?
7. Tuttavia verrà
ancora un tempo su questa Terra nel quale i vostri discendenti non conteranno
mai più tanti anni di prova corporale quanto voi, per raggiungere la fine della
loro vita di prova, e tra loro ve ne saranno pure molti che ameranno Jehova
molto di più di quanto non Lo amiate voi adesso. Sì, in quei tempi perfino i
figlioletti verranno tolti ai loro genitori, da Jehova, via dal seno materno, e
perciò molti genitori saranno molto afflitti, e nonostante ciò, e nel loro
dolore, innalzeranno lodi a Jehova e Gli sacrificheranno tutto, ma tuttavia non
penseranno affatto come voi, e cioè che Egli sia tale da provare gioia
nell’uccisione!
8. Vedete, questo è
stato un grossolano errore da parte vostra, ma per l’avvenire coltivate la vostra
fiducia e fate che il vostro amore per Jehova si accresca; allora potrete con
piede sicuro calcare anche le macerie fumanti dei mondi, poiché possente è il
braccio di Jehova, e chi Egli tiene per mano e conduce, a lui stesso neanche i
mondi crollanti saranno in grado di arrecare alcun danno, né alcuna potenza
alla quale Egli li ha dati in balìa fino al tempo determinato della prova della
loro propria libertà, la quale è la ben nota potenza del Serpente.
9. Ora però
aspettate qui per un breve tempo in pace, finché Io abbia fatto ritorno, poiché
ora Me ne vado, quale ultimo Messaggero, a prendere i vostri figli per condurli
qui tutti assieme, affinché anch’essi imparino e riconoscano quanto
immensamente buono e colmo d’Amore è quel Jehova che voi stoltamente temete!
10. Certamente,
l’ira di Dio è terribile! Essa è un Fuoco eterno che non si estingue mai, ma
ciononostante tutta la Sua potenza, l’Iddio l’ha posta nell’Amore, ed
assolutamente non nella Sua ira, la quale è per l’eternità soggetta all’eterno Amore,
che è la Vita eterna, liberissima!
11. A questo pensate
frattanto, fino a che Io abbia fatto ritorno! Amen!»
[indice]
Il richiamo
efficace di Asmahaele ai figli del Settentrione
1. Immediatamente,
allora Asmahaele abbandonò l’intera compagnia e parve come se un lampo di fuoco
si fosse sprigionato.
2. E
quando Egli fu completamente scomparso alla loro vista, ciascuno cominciò tra
sé a glorificare il grande Dio. Però i tre
rivolsero la parola ad Adamo e gli chiesero:
3. «O
caro e nobile padre! Vedi, le parole di questo giovane che ora si è proprio
allontanato con tanta rapidità, ci hanno da un lato immensamente confortati, ma
d’altro canto la loro incomprensibile maestà è stata come un incendio possente
e tale, da avvolgere nelle sue fiamme tutta la Terra! Oh, dicci chi è
quest’uomo e da dove viene, perché parole simili non sono ancora mai giunte ai
nostri orecchi! In verità, in verità, non è possibile che quest’uomo sia di
questa Terra!
4. Ma
se può essere, o padre, non lasciarci nell’incertezza! Sia fatta la tua
volontà! Amen!»
5. E Adamo rispose loro: «O figli, rifletteteci su. Egli
stesso vi ha detto già tanto, che è come se vi avesse detto anche questo! Ma
per il resto attendete che Egli ritorni! Amen!»
6.
Allora i tre ringraziarono Adamo e cominciarono a pensare ciascuno per conto
proprio; però non poterono trovare niente di adatto per soddisfare il loro
cuore. L’uno supponeva potesse trattarsi dell’angelo che nel paese di Eucipe,
dopo la fuga, aveva consegnato ad Abele la spada fiammeggiante, l’altro pensava
che fosse presente lo spirito di Abele stesso, mentre il terzo non sapeva farsi
un’opinione. E così durante quell’intervallo di tempo regnò un gran silenzio
fra tutti coloro che erano là radunati, in parte perché ciascuno trovava nei
propri pensieri sufficiente occupazione, in parte però anche perché si
aspettavano, aguzzando bene l’udito, di poter forse percepire la chiamata di
Asmahaele. Sennonché una tale aspettativa era inutile e perfettamente vana,
poiché Asmahaele sapeva bene quello che faceva e come lo faceva e non Gli era
affatto necessario ricorrere ad urla, come un asino ragliante, ma a Lui bastava
far squillare la Sua voce possente nei cuori dei timorosi che si erano nascosti.
E i nascosti intesero molto bene in loro questa maestosa chiamata, e non uno ne
rimase indietro, anzi grandi e piccini, vecchi e giovani si affrettarono là
dove si trovava il gran Banditore interiore, e ciascuno Lo riconobbe per Colui
che aveva prima lanciato la misteriosa chiamata nei loro cuori.
7. In
tre minuti Asmahaele fu circondato da settecentomila persone, che Egli subito,
con la Sua mano, benedisse visibilmente, e che poi le condusse tutte e senza
indugio da Adamo.
8.
Quando però Adamo con gli altri suoi figli vide approssimarsi quelle immense
schiere che con l’occhio non si potevano abbracciare, con Asmahaele alla testa,
ammutolì del tutto e fu incapace di proferire alcuna parola.
9.
Perfino ad Enoch una tale straordinaria spedizione apparve come un prodigio
talmente sbalorditivo che non poté capacitarsene affatto. E fra sé andava
dicendo: ‘Ma com’è possibile che i figli
della Mezzanotte siano tanti?
10. Se qua, oltre i tre quarti di loro, non sono
stati creati direttamente da Dio, vale a dire non procreati in modo naturale,
io veramente sul serio non riesco assolutamente a raccapezzarmi, perché, o sto
sognando, oppure è opportuno dire che il mio occhio vede cento per uno! Perché
qui di creature umane ce ne sono tante, quanta sabbia c’è nel mare ed erba
sulla superficie terrestre!
11. O Asmahaele, chi mai, chi mai in eterno Ti
potrà comprendere? Tu sei infinito in ciascuna Tua Parola, e il Tuo Alito fa
muovere i mondi come il mio può far muovere una quantità indicibilmente minima
di pulviscolo steso sul palmo della mia mano impotente. Tu guardi il Sole e
tutte le stelle splendenti ed esse tremano pervase di inesprimibile e maestosa
venerazione, e grate inviano alla piccola Terra il sublime, per quanto
languido, riflesso dell’infinita dolcezza del Tuo occhio. E come i miei orecchi
percepiscono un tuono che mi scoppia vicino, i Tuoi intendono già le brame e i
più lievi desideri di quegli esseri embrionali che forse soltanto sorgeranno un
giorno da Te sotto forma di future nuove creazioni. E l’alito di un
invisibilissimo e minutissimo infusore nel più lontano degli spazi mondiali Tu
senti come il mio orecchio a mala pena sente l’infuriare di un uragano. E quale
divario nella percezione stessa! Per Te tutto è purissima armonia, mentre per
me tutto è un confuso caos!
12. Per Te
ogni gorgogliare di una qualche sorgente è una parola dal significato
profondissimo. Tu comprendi il fruscio dell’erba, e il lamento di una foglia
che cade non passa inosservato al Tuo orecchio.
13. Il gran canto di lode del vento sibilante Tu
lo intendi, e il rumoreggiare delle onde non Ti rimane estraneo; e tuttavia fai
attenzione al vermiciattolo nella polvere come se Tu non udissi altro
all’infuori del suo tenuissimo lamento!
14. O Asmahaele, o Dio e grande Signore, sublime,
santo, amorosissimo e potentissimo sopra ogni cosa! Mai, mai più uno spirito
finito potrà comprenderTi e si perderà nell’eterna notte della Tua potenza;
chiunque Ti vorrà scrutare! Certo già una goccia d’acqua lo inghiottirà nelle
sue innumerevoli profondità abissali e l’inghiottito non si ritroverà mai più
in eterno fuori di sé nell’oceano sconfinato di una gocciolina d’acqua e delle
sue meraviglie senza fine!
15. Ma per questo anche, per tutto il tempo
della mia vita, non voglio più scrutare nulla, bensì, o mio Dio, voglio
soltanto amarTi e a ogni passo della sapienza voglio in tutto amore e umiltà
confessare la mia nullità e dire: “Fino a qui e non più oltre!”. Poiché ogni
mio palpito deve essere soggetto alla Tua Volontà, poiché, chi è vivente di
fronte a Te che sei Tu solo la Vita?
16. Io vivo soltanto in quanto vivo amandoTi;
perciò per me null’altro è vivente all’infuori di Te! Oppure, non sono tutte le
cose, per me, come morte? O non vive forse maggiormente per Te la pietra più
morta, di quanto non viva per me il più agile uccello? Poiché la pietra per Te
non è muta; ma invece cos’è per me lo stridìo del grillo vivace?
17. Quindi, per il vivente tutto è vivo; e per
il morto tutto è morto! E ora sia pure fino a qui e non più oltre!’. Amen!»
[indice]
La gioia e i ringraziamenti di Adamo. Jura, smanioso di sapere, interroga
Asmahaele.
1. E
mentre Enoch giungeva così alla fine di questo notevole soliloquio, anche Asmahaele arrivò con la Sua innumerevole preda vicino
alla comitiva dei padri che se ne stavano tutti, senz’alcuna eccezione,
ammutoliti dallo stupore.
2. E
quando infine si trovò a circa trenta passi ancora lontano da Adamo e dinanzi a
coloro che erano in attesa, Egli ordinò all’immensa schiera di prendere posto,
e quindi si avvicinò ad Adamo che non si era ancora ripreso dal suo
sbalordimento, dicendogli:
3.
«Adamo, destati e guarda quello che può la Voce del vero Banditore! Poi conta,
e verifica se qualcuno manca! Ma prima benedicili tutti. – Amen!»
4. Adamo allora si alzò e disse con il cuore
profondamente afflitto: «Asmahaele, concedi che io faccia nel Tuo Nome l’ultima
cosa soltanto! Poiché ciò che Tu, o Signore, hai contato, là certo il numero è
sempre perfettamente completo, poiché Tu sei sempre l’Eterno e l’Infinito e
quello che Tu fai è pure sempre fatto nel migliore dei modi!
5. Io
e tutti i figli che Tu mi hai donati altro non possiamo che lodarTi! O Signore,
accogli in tutta grazia i nostri cuori come fossero parole ferventi di
ringraziamento e d’amore per Te e fa’ di noi tutto secondo il Tuo
compiacimento! Amen!»
6. E Asmahaele allora chiamò a Sé Jura, Bhusin ed Ohorion e
disse loro:
«Ascoltate!
Vostro padre si trova qui in questa vostra regione già da quasi due ore e nessuno
ancora gli ha offerto un ristoro. Mandate dunque dei messi alla vostre capanne
affinché prendano diversi tipi di frutta, del pane, latte e miele in quantità
tale che possa bastare abbondantemente per tutti quanti siamo qui presenti! E
ora andate e fate così! Amen!»
7. Jura incaricò immediatamente i suoi due fratelli di
andare, mentre egli si fermò ancora alcuni istanti presso Asmahaele, e gli
domandò:
8.
«Giovane possente! Non vorresti confessarmi chi sei e da dove vieni? È Adamo, è
pure il padre tuo, oppure c’è forse su questa Terra qualche altro padre
originario, più potente ancora di nostro padre Adamo, alle cui parole hanno
obbedito un giorno anche il Sole e la Luna?
9. Ma
poiché una volta cadde al cospetto di Jehova, così decadde pure la sua potenza
e tutti noi siamo oramai schiavi della debolezza, e non possiamo più
risollevarci dalla nostra impotenza.
10.
Tu però sei tale che uguagli in potenza Adamo prima che egli cadesse dinanzi a
Jehova; quindi io avrei molto piacere di ottenere una risposta a quanto io ti
ho chiesto proprio ora; tuttavia, purché ovviamente tu lo voglia! Amen!»
11.
Ed Asmahaele così gli rispose: «Jura, tu sei
giusto e giusta è la tua domanda; però rifletti tu stesso: – quale vantaggio
potrà derivartene che tu lo sappia, oppure che per il momento tu non lo
sappia!?
12. È
impossibile che una menzogna esca dalla Mia bocca, e per la verità non sei
ancora maturo nel tuo cuore. Prima della tua maturità, la verità stessa ti
ucciderebbe. Abbi dunque pazienza finché tu avrai raggiunto questa maturità, e
ama e temi Dio, e così facendo ti verrà spontaneamente nel cuore una risposta
riguardo a Colui che ora ti dà un simile consiglio!
13.
Tuttavia puoi sapere questo: – per Me non c’è posto in nessuna delle tue domande,
e quindi ciascuna delle tue supposizioni è errata. Perciò, cura la tua
maturità, e così contemplerai una gran Luce che è una Luce di ogni luce.
14. E
ora va’ tu pure, ed imita i tuoi fratelli! – Amen!»
15. E
Jura allora se ne andò egli pure e con gli altri fece portare in abbondanza
cibi e bevande secondo la disposizione data da Asmahaele.
16. E
quando i figli della Mezzanotte furono giunti portando il loro ricco carico ed
ebbero deposto questo dinanzi ad Adamo e agli altri figli, si avvicinò Asmahaele
e benedì tutto, e disse a tutti che ne mangiassero, ed Egli stesso si sedette
agli ultimi posti dinanzi alle ceste, e per la prima volta mangiò assieme a
loro.
17.
Nondimeno, Adamo allora osservò: «O Asmahaele!
Come puoi prendere l’ultimo posto davanti alle ceste, mentre a Te compete il
primissimo posto?»
18. Asmahaele gli rispose: «Adamo! Dov’è l’alto e dov’è il
basso? Sappi che il primo posto è quello dell’umiltà! Ma non sai che là dove si
è seduto il Primo, anche il Suo posto diventa simile a Lui? Dunque non darti
eccessiva cura a causa del Mio posto, bensì goditi tutto ora senza alcuna
preoccupazione! Amen!»
[indice]
Il pasto in
comune – La reverenza e la modestia inducono alcuni dei padri al digiuno
L’amore di
Enoch per Asmahaele – La vera preghiera
27 ottobre
1841
1. E
Adamo si adattò soddisfatto a questa decisione e con lui anche tutti i figli. E
così, dopo un vero e spirituale ringraziamento interiore, ciascuno si diede a
mangiare e a bere secondo il proprio bisogno e il proprio gusto.
2.
Avvenne però che Abedam, Jura, Bhusin ed Ohorion non si azzardavano a prendere
parte alla colazione e così pure Matusalem con suo
figlio Lamech, e né ad Adamo, né a qualcun altro fra i figli della linea
principale venne in mente di invitarli. Allora immediatamente Asmahaele si volse verso di loro e domandò:
3.
«Perché dunque non mangiate e non bevete con noi?»
4. Ma
essi risposero: «O potentissimo Asmahaele, come
potremmo osare di prendere parte al pasto? Vedi, dove il primo padre mangia,
quale audacia sarebbe mai da parte nostra mettere mano con lui alle ceste e
mangiare con lui e il bere fuori da quel vaso che la sublime bocca del nobile
padre ha toccato?
5.
Per noi già poter vedere come i nobili padri lietamente si ristorano è ad ogni
modo causa di massima letizia, gioia e sazietà. Perciò, o Asmahaele, non
preoccuparti per noi, giacché ora abbiamo in grande abbondanza quello che è
oltre ogni dire atto a ristorarci! Tuttavia vadano a te il nostro amore e le
nostre grazie per tale tuo benevolo pensiero a nostro riguardo! Amen!»
6.
Tuttavia Abedam aggiunse ancora: «O grande e
potentissimo Asmahaele, detto fra noi, nel mio presagio e sommo rispetto e
amore per Te, ho inteso: “Vicino a Te, e
ora alla Tua incomprensibile presenza, chi dovrebbe, chi potrebbe sentire gli
stimoli della fame? Tu stesso sei ben l’eterna sazietà di tutte le cose!”
7. O
Asmahaele, Tu mi hai saziato già per tutte le eternità; e chi accanto a Te si
sazierà, certamente per tutte le eternità non avrà mai più né fame né sete!
Dunque, a Te solamente siano rese grazie e amore! Amen!»
8.
Dunque, quando Asmahaele ebbe inteso tale giustificazione, disse ai quattro:
«Voi così avete parlato bene, e il senso delle vostre parole è riuscito gradito
al Mio Cuore; giuste furono ciascuna delle vostre parole, e quanto tu hai
detto, o Abedam, è vero per tutta l’eternità; sennonché, Miei cari amici, per
il momento vi trovate ancora sulla Terra ed avete un corpo che alla Terra
appartiene; dunque si rende altresì necessario rinvigorire questo corpo in
adeguata misura con cibo e bevanda!
9.
Che Adamo prenda o meno qui cibo e bevanda, che differenza c’è tra Adamo e Me?
10.
Ma se adesso vi dico: “Venite e
mangiate!”, chi vorrà escludervi dalla colazione, se sono Io che vi invito?
11. Venite
dunque e sedetevi qui accanto a Me; mangiate e bevete senza alcun timore,
poiché da questo momento in poi i primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno
i primi! – Amen!»
12. E
dopo che i quattro ebbero appreso queste parole, s’inchinarono dinanzi ai
padri, glorificando Dio e infine, al colmo della gioia, si sedettero a terra a
fianco di Asmahaele e mangiarono e bevettero.
13. E
grande gioia ne ebbero pure tutti i padri, Adamo compreso. Soltanto Jared, Maalaleel ed Enos erano troppo commossi dalla grandiosità
di Asmahaele per poter rendere manifesta la loro allegria. Essi non erano
coscienti se mangiavano e bevevano qualcosa. Non avevano inteso chi aveva
parlato e cosa era stato detto e neppure potevano fare attenzione al fatto che
i quattro ormai mangiavano assieme a loro, poiché la prodigiosa opera di
Asmahaele, come nessun’altra prima, li aveva resi, per così dire, muti dallo
stupore, dal quale stato essi non poterono per lungo tempo riaversi.
14.
Ma frattanto Enoch era tutto in lacrime per la immensa gioia e per l’intenso
amore ad Asmahaele, e infine non poté più trattenersi, si alzò e si recò al
fianco di Asmahaele per spargere su di Lui la piena del sentimento che il suo
cuore non era più capace di contenere.
15.
Intanto, quando Asmahaele scorse – cosa che per
Lui non era per niente difficile – cos’era che incitava il caro Enoch, si alzò
Egli pure in piedi e andò incontro a quell’esuberante amore, dicendo:
16. «In verità, mio
diletto Enoch, chi come te se ne verrà a Me, egli pure vedrà come Io immediatamente
Mi alzerò e gli verrò incontro oltre la metà della via!
17. In verità, Io ti
dico che ora tu hai ritrovato la vita, e ogni morte è fuggita da te! I tuoi
occhi non vedranno mai il giorno della morte; il tuo amore ha perfino trionfato
sulla tua carne e l’ha riempita di immortalità. E come tu sei ora e vivi, così
tu sarai e vivrai in eterno!
18.
Vedi, coloro
che procederanno da te, saranno quelli che Io manterrò fino alla fine di tutti
i tempi, e nella tua discendenza la grande promessa troverà perciò un giorno il
suo pieno adempimento! Amen!»
19.
Quando Enoch intese queste parole, ne ebbe il cuore così spezzato, che non un
suono poté uscire dalle sue labbra.
20. Asmahaele però gli infuse vigore dicendogli: «Mio caro
Enoch, ritorna tranquillo, e ogni pace sia con il tuo spirito! Io so bene
quello che ora vorresti dirMi.
21.
In verità, ti dico: “Chi così prega e
ringrazia come ora fai tu nella completa contrizione del proprio cuore, egli
prega in spirito e in tutta verità”.
22.
Chi dunque può ancora pregare e ringraziare con la bocca, è segno che nel suo
corpo batte un cuore le cui fibre sono ancora molteplicemente aderenti ai rami
degli alberi del mondo, e quando viene il vento e sbatte i rami degli alberi
del mondo, anche il cuore viene sconquassato con essi.
23.
Ma invece, un cuore come il tuo è del tutto al suo posto, e quando i venti
vengono, esso è tranquillo e non si cura del mondo, ma appunto perciò esso è
anche libero di amare il Signore sopra ogni cosa e di amare tutto il resto
soltanto attraverso il Signore!
24.
Chi ama in questo modo, ama veramente, e il Signore rimarrà con lui in eterno!
Amen!»
[indice]
La promessa
di Asmahaele ad Enoch
1.
Allora la lingua di Enoch si sciolse, tanto che poté
rivolgere distintamente a tutti le seguenti parole:
2. «O
cari padri, e voi pure, miei amati figli, guardatemi e stupitevi altamente
vedendo me, debole, che sono diventato forte nel Signore, il quale è il mio Dio
e il vostro Dio, il mio Padre amorosissimo e il vostro Padre amorosissimo, il
mio tutto e il vostro tutto, e certo la mia vita libera, eterna, come pure la
vostra! Guardatemi e stupitevi di me, poiché tanta grazia ho trovato al
cospetto di Dio, il Quale è il mio solo massimo amore. Egli ha benedetto la mia
stirpe fino alla fine di tutti i tempi per effetto della grande promessa!
Certo, ancora una volta esclamo: “Guardatemi e stupitevi di me enormemente
sopra ogni cosa, perché io ora sono stato fatto imperituro, costituito cioè in
modo stabile, e rivestito di un corpo immortale, tanto che perfino la mia carne
non sarà soggetta mai più in eterno alla dissoluzione!”
3. O
voi padri, e voi figli, questo ha voluto fare ora il Signore a me in presenza
di voi tutti. Voi tutti sapete come noi finora ponemmo una pietra per ciascun
giorno e per ciascun plenilunio e, quando era trascorso un anno, ammucchiammo
le pietre dei giorni e dei pleniluni, e in tal modo erigemmo a ciascun anno un
monumento durevole. Vedete, qui c’è più di un giorno, di una Luna, di un anno.
Concedetemi dunque di erigere adesso qui, sul posto dove io mi trovo, nel modo
più degno, un gran monumento al Signore, il quale in maniera tanto splendida,
meravigliosa, e con tanto amore ci ha visitati in Asmahaele e che ora si trova
fra di noi e fra di noi vuole rimanere fino alla fine di tutti i tempi, anzi
per tutta l’eternità! È già la terza parte del giorno che Egli sta con noi e ci
guida amorosissimamente, e a nessuno ancora è venuto in mente di porgerGli una
lode maggiore di quanto sia quella reciproca tra l’uno e l’altro. O padri e
figli, noi invitiamo per domani, Sabato, tutti i figli al sacrificio che
intendiamo offrire al Signore! Vedete? Come vedete, il Signore non si è fatto
aspettare da noi, ed è venuto oggi come venne ieri e come è ora fra noi! Ma,
ditemi, che cosa è di più: il Signore o il Sabato?
4.
Dove c’è il Signore, là è pure il Sabato con Lui! O voi padri, e voi figli, per
questo voglio edificare un altare a Colui che si trova fra noi e su questo voglio
far ardere un’offerta, poiché a Lui solo spetta ogni onore, ogni
ringraziamento, ogni lode, ogni gloria, tutto il sacrificio e tutta la nostra
adorazione!
5. O
figli, andate dunque, e portatemi delle pietre piatte e pure, ed aiutatemi ad
erigere qui un altare, e poi andate a prendermi l’offerta da ardere; che sia un
agnello di sette lune, e del legno puro di cedro da accendere al sacrificio!
Andate e fate tutto ciò sollecitamente!
6. Ma
Tu, o santo Asmahaele, mio Adorato sopra ogni cosa, vorrai in grazia accogliere
come gradita a Te questa offerta e nel Tuo Amore infinito vorrai usare verso di
me indulgenza se, incitato dal mio amore per Te, ora io faccio una simile cosa!
7.
Che cosa sono il Cielo e la Terra al Tuo paragone, e che cosa il misero Sabato?
Dove Tu dimori e dove Tu sei presente, là è presente tutta l’eternità e tutta
l’infinità, anzi, la gloria senza fine, la santità di tutti i Cieli, di tutti i
soli e di tutti i mondi!
8. Tu
ci hai bensì vietato di riconoscerTi apertamente prima che a Te non fosse
piaciuto; sennonché il mio grande, possente amore per Te, che da Te venne nel
mio cuore, m’impose di fare immancabilmente così. Poiché esso mi disse:
9. “Vedi, o Enoch, mediante questo lieve
comandamento, il Signore non ha voluto altro che mettere alla prova la forza
del tuo amore! Finché l’amore gira dentro modesti circoli, un simile
comandamento lo puoi certo osservare, ma quando una volta si è acceso al
massimo grado, esso infrange tutte le barriere, si manifesta e corre in gran
fretta a gettarsi tra le braccia dell’oggetto amato”. E Tu, ora, il tanto
altamente Amato da me e da noi tutti, Tu stesso, che sei questo oggetto
dell’amore, vorrai certo perdonarmi un errore contro cui io non posso far
niente, quello cioè che, essendo stato preso con tanta potenza dall’amore, non
ho potuto fare a meno di confessarTi il mio amore ad alta voce dinanzi al
popolo!?
10. O
Asmahaele! Accetta in grazia da me e da tutti noi quello che intendiamo
offrirTi, e consacra e benedici l’altare, così esso sarà benedetto e consacrato
per tutti i tempi dei tempi! Amen!»
11. E
dopo che Enoch ebbe finito di parlare, Asmahaele
si alzò nuovamente e, rivolto a tutti i padri e ai figli, si espresse in questo
modo:
12. «Ascoltate, così è! Enoch procede per la
giusta via. Chi così procede, si è scelto la via più breve per raggiungere
l’oggetto del suo amore. In verità, chi non cammina per questa via,
difficilmente giungerà a Me, ed Io non gli verrò incontro! Ma se qualcuno ha
l’amore, e questo è diventato possente nel suo cuore, – vorrà egli forse
contare i giorni per raggiungere l’oggetto del suo amore, o non considererà
invece ciascun istante come l’istante santificato, nel quale affrettarsi verso
l’oggetto che il suo amore ha abbracciato?
13. Vedete, dov’è il Sabato dei ruscelli e dei
fiumi? Non è questo Sabato nel mare stesso? E prima di giungere al mare, per i
ruscelli e per i fiumi, non vi è pace e non vi è Sabato! E quando un ruscello
ha raggiunto il mare, ovvero il mare si è esteso fino a lui, non inizierà
allora il ruscello a riposare, quando sarà giunto al mare? O forse vorrà
aspettare l’indomani, perché il mare possa venirgli incontro?
14. Ma ugualmente, così Io dico qui: “Io sono
venuto a voi, ma nessuno Mi è venuto incontro all’infuori di Enoch”. Io vi
diedi un comandamento; voi l’osservaste per il timore di perderMi, senza
riflettere che l’amore vero, l’amore puro, non ha mai nulla da perdere, e men
che meno poi presso di Me.
15.
Voi avete riconosciuto solo pallidamente il divario fra Me e voi, mentre Enoch
ha riconosciuto Me. Perciò, caro Enoch, Io benedico l’offerta del tuo cuore e
consacro l’altare che tu Mi edifichi! Vedi, in questo stesso punto un giorno la
tua stirpe sarà salvata dal diluvio del peccato, e un tuo futuro nipote
riedificherà questo altare, e sullo stesso Mi offrirà un sacrificio di grazie!
Sii dunque benedetto per tutti i tempi! – Amen!»
[indice]
Asmahaele
espone una parabola dell’amore
1.
Dopo queste parole di Asmahaele, che erano state udite molto bene anche da Enos,
Maalaleel e Jared, si alzò pure Adamo e con lui tutti
gli altri, e tutti volevano avvicinarsi precipitosamente ad Asmahaele, in parte
perché spinti da gran timore reverenziale che era il sentimento predominante e
in parte dall’amore, che non va mai disgiunto dal timore reverenziale e che,
particolarmente in presenza di chi è l’oggetto della venerazione, è molto di
rado assente. Solo che Asmahaele disse loro di
restare ai loro posti, e così parlò:
2.
«Ascoltate, Io vi esporrò una parabola, e voi sarete chiamati a darne un
giudizio! Ma la parabola è questa:
3. “Quando il Sole risplende su un buon
terreno, quest’ultimo si fende e le fenditure si fanno ampie e profonde per
accogliere in sé più profondamente e più intimamente i raggi del Sole e per
venirne completamente riscaldate. La sabbia, invece, non si fende mai e si
lascia riscaldare soltanto alla superficie. Ma quando il raggio si diparte da
questa superficie, anche il calore scarsamente assorbito se ne va. Una cosa
simile avviene del sasso: – esso si lascia bensì riscaldare molto fortemente,
ma se poi sopravvengono dei venti freddi, abbandona ben presto ogni calore e
diventa poi più freddo dei venti stessi.
4. Non in maniera differente vanno le cose
quando la pioggia cade dal cielo: – finché piove, tutto è colmo di umidità, ma
cessata la pioggia e quando poi cominciano a spirare i venti che depurano e
asciugano, la sabbia e i sassi di lì a poco diventano asciutti, e solamente il
buon terreno mantiene l’umidità vivificante della pioggia e con essa abbevera
il suo mondo vegetale”.
5. E
ora scrutate in voi stessi, e vedete se forse i vostri cuori non si trovano
nelle stesse condizioni della sabbia e dei sassi!
6.
Poiché voi ora, attraverso le Mie opere e le Mie parole e per la testimonianza di
Enoch, Mi avete riconosciuto, pure voi vi trovate riscaldati, e perciò siete
colmi di venerazione e d’amore per Me, ma qualora Io per voi divenga di nuovo
invisibile, dite: – accadrà di voi, poi, come del buon terreno?
7. Io
ormai sono da parecchie ore fra di voi; ma chi di voi ha pensato di fare per Me
quello che ha fatto Enoch?
8.
Certamente voi avete una grande stima di Me, però anche le cime pietrose delle
montagne assorbono il primo e l’ultimo raggio del Sole, poiché sono assetate di
luce, ma quando alla luce si aggiunge il calore, allora ben presto esse si
ammantano di fosca nebbia e di fitte nuvole, affinché la loro neve eterna e il
loro ghiaccio eterno non si sciolgano e svaniscano. E così pure il vostro amore
somiglia a quello dei vitelli per le poppe piene della mucca madre, alle quali
essi corrono e con la testa vi premono su e succhiano finché dentro c’è ancora
del latte, ma quando le poppe non vogliono più assolutamente fornire latte,
allora il vitello abbandona immediatamente la mucca, e poi non c’è più nulla da
scorgere nel vitello che possa somigliare all’amore.
9.
Voi ora avete visto come Enoch è stato accolto da Me, e similmente vorreste
essere accolti pure voi. Io perciò vi domando: “Mi avete accolto anche voi così come Mi accolse Enoch?”. Vedete,
già da principio, Enoch Mi ha accolto per puro amore. – Avete forse anche voi
fatto altrettanto?
10.
Certamente quando avete visto le Mie opere, allora soltanto Mi avete accolto!
Ma pensate forse che ciò sia avvenuto per amore? Oh, vedete, il vero amore non
procede così, bensì così procede il vero egoismo che si nasconde nell’intimo!
Infatti, poiché Io Mi trovo fra voi, voi vedete anche il grande vantaggio di
tutto ciò che si potrebbe ottenere per mezzo Mio, e dunque la Mia potenza
infinita vi ispira l’alta reverenza per Me, ed è il vantaggio congiunto
all’alto rispetto a suscitare in voi l’amore per Me.
11.
Ma quando Io giunsi a voi venendo dalla pianura e dal basso, quale uomo, Mi
lasciaste giacere nella polvere dinanzi a voi!
12.
Dite: – chi allora Mi accolse in tutto amore e chi non aveva allora in mente di
trarre qualche vantaggio dalla situazione?
13.
Voi avete certo fatto nel Nome di Jehova l’invito ai figli per la solennità del
Sabato di domani, ma credete forse che ciò sia accaduto per amore di Jehova?
Oh, voi siete in grave errore; questa cosa l’avete fatta per timore servile, e
fuori da questo per il rispetto ispirato dalla potenza infinita di Jehova, e
poi ancora, in aggiunta, per la gratitudine suggeritavi dal timore e perciò
anche imposta dal sentimento del dovere; gratitudine imposta in gran parte
dalla grandezza di Dio!
14.
Ma da dove appare qui l’amore puro, quell’amore che, al di sopra e all’infuori
di tutto ciò, non costretto da null’altro se non dall’amore stesso, ama sopra
ogni cosa fedelmente ed incorruttibilmente Dio in se stesso e così pure in
ciascuna opera di Dio?
15.
Voi di certo vorreste obiettarMi: “Signore,
noi di sicuro crediamo che tu sia l’unico vero Dio, santo, grande, eterno e
potente, colmo d’Amore e di Misericordia e di Grazia!”
16.
Io però vi dico: “Per chi non crede nel
puro amore del suo cuore, la sua fede è come se non ci fosse, e dinanzi a Me
non ha nessun valore!”. Voi potete esclamare innumerevoli volte: “O Jehova! Tu grande, maestoso, possente,
santo e misericordioso Dio, Signore, Creatore di tutte le cose, caro Padre!”,
e così via, ma in verità, Io vi dico che a questo riguardo è molto meglio per
voi risparmiare le vostre labbra, i denti, la lingua, il palato, la gola e i
vostri polmoni, poiché un tale vano vocìo della fede non giungerà mai ai Miei
orecchi!
17.
Chi non se ne viene a Me come Enoch e non parla come lui, per lui ogni fatica è
inutile; Io in eterno non lo guarderò! E quando egli pregherà, la sua preghiera
giungerà ad orecchi di ferro e tutti i cieli saranno sbarrati dinanzi a lui con
spranghe di metallo finché dal suo cuore non sarà svanita anche l’ultima goccia
di egoismo sotto qualsiasi aspetto.
18.
Chi dunque Mi ama così, deve amarMi come una sposa pura ama il suo puro sposo,
in modo cioè che siano unicamente i cuori ad attrarsi; tutto quello che è al di
sopra o al di sotto di questo è di peso al libero amore; per ciò anch’esso poi
non può innalzarsi mai fino al Mio cuore, poiché quello che è sotto l’amore
attira il cuore nella profondità limacciosa; d’altro canto quello che sta sopra
l’amore, preme su di questo e lo spinge a terra e lo aggrava tanto che esso poi
diventa troppo fiacco e troppo debole per potersi mai più rialzare.
19.
Dunque, l’amore deve essere puro in modo che esso, non impacciato né costretto
da alcuna cosa, possa elevarsi in libertà e con le proprie forze riunite possa
volare incontro all’oggetto scelto liberamente da solo, per abbracciarlo
strettamente e non abbandonarlo mai più in eterno.
20.
Riconoscere Dio corrisponde al destarsi dell’amore, ma con ciò non vuol dire
ancora amare Dio; amare Dio invece significa vivere in Lui pienamente.
21.
Dunque il riconoscimento non vivificherà mai nessuno, né gli aprirà le sacre
porte dell’eterno Amore e con ciò della vita eterna, bensì – e questo è da
comprendere bene! – a tali risultati non può giungere che il puro amore per Dio
e in Dio, senza sopra né sotto, quindi senza la benché minima idea di un
egoistico vantaggio all’infuori di quello del vantaggio del puro amore stesso.
22.
Sulla scorta di quanto vi ho detto esaminate i vostri cuori e poi soltanto
alzatevi e venite da Me! Amen!»
[indice]
La stolta
replica di Adamo
1. E quando
Asmahaele ebbe indirizzato ai presenti questo discorso improntato a grande
fervore, vedi, tutti allora furono presi da grave angoscia, e nessuno fu in
grado di assistere l’altro con qualche rasserenante parola di consolazione
poiché la verità, fin troppo evidente in ciascuno, in questo caso rendeva
perfettamente impossibile qualsiasi scappatoia per trarne una ragione di
conforto, e quindi subentrò un assoluto silenzio, durante il quale ciascuno
litigava col proprio cuore e cercava, fra l’altro, affannosamente una qualche
scusante consolatrice. Sennonché il cuore impoverito non poteva crearsi un
patrimonio di quel bene del quale esso stesso soffriva la più grande mancanza.
2.
Dopo una pausa abbastanza lunga si alzò infine Adamo
e disse in tono mite e pacato, ma in pari tempo quanto mai serio:
3.
«Asmahaele, chiunque Tu possa essere, o uomo o il santo e altissimo Dio, vedi,
in verità, questo mi è ora, come sempre, indifferente! Vedi, io sono ormai
caduto sulla pesante via della Volontà divina e non posso più rialzarmi! Io
volli sempre procedere per la via giusta e, per quanto mi fu possibile, io
cercai pure di evitare ogni intralcio nel quale avrei potuto inciampare; ma non
fui io a costruire la Terra con la sua superficie disuguale e seminata di
pietre, bensì essa è un’opera di Dio. Se io dunque, malgrado tutta
l’attenzione, quale primo uomo, sono qua e là inciampato, dimmi: – può o deve
ciascun urto venir posto come un peso mortale soltanto a mio carico? E se il
mio cuore è diventato o di sabbia o di pietra, non esiste proprio alcun mezzo
per poterlo durevolmente trasformare in buon terreno?
4. E
se io sono già un malfattore tanto consumato, dico io: – non c’è più per questo
nessuna Misericordia nel cuore di Dio?
5.
Poiché, secondo la Tua Parola ammonitrice, ad eccezione di Enoch, non è più
possibile a nessuno aver salva la vita dinanzi a Dio!
6.
Come si può amare Dio, senza prima farsi una qualche idea di Lui, cioè quanto
Egli sia sempre – in maniera immensamente grande, anzi infinitamente grande –
differente anche dalle Sue più perfette creature?
7.
Ecco, Tu chiedi a noi l’impossibile! Ma se anche nella Tua Perfezione questa
impossibilità Tu non la vedi, non puoi fare a meno di ribattere quello che io
stesso percepisco, anche troppo chiaramente e precisamente, sul mio conto!
8. Se
dunque Tu ora, nel Nome di Dio, oppure quale il supremo Dio stesso, avanzi una
così grave pretesa a me e a tutti i miei discendenti, dimmi, non è equo se noi
Ti domandiamo di mettere nel nostro cuore, oltre alla Tua richiesta, anche i
mezzi con i quali a noi tutti riesca visibilmente possibile offrire garanzia
immutabile alle Tue richieste?
9.
Che a noi tutti non faccia difetto la buona volontà, speriamo che Tu possa
rilevarlo in maniera chiara e precisa da queste mie parole, come anche dal mio
cuore! O possente Asmahaele, voglia Tu accogliere, non senza grazia, questo
sfogo del mio cuore al quale mi costringe la necessità; chi ha la potenza
sempre a sua disposizione può aiutarsi se qualcosa lo opprime, ma all’impotente
verme nella polvere non rimane altro che di torcersi morendo, quando lo zoccolo
del poderoso cavallo lo calpesta e gli schiaccia a metà il corpo!
10.
Oh, considera queste mie parole e pondera bene cosa voglia dire essere una
creatura priva di potenza, conscia di trovarsi al fianco di un invisibile
Creatore infinito e possente per l’eternità sopra ogni cosa!
11.
Vedi, è un rapporto inconcepibile ed inesprimibile; una impotenza che deve
essere libera sotto una potenza libera, infinita ed eterna!
12.
Soccorrici, dunque, se mai è possibile, invece di calpestarci ancora di più di
quanto ora comunque già siamo calpestati! Sarebbe meglio annientarci del tutto
che non tormentarci sempre di più! Amen!»
[indice]
L’ammonizione
di Asmahaele ad Adamo
1. A
questo sfogo di Adamo, Asmahaele si agitò un
po’, e in risposta rivolse ad Adamo, come pure a tutti gli altri, le seguenti
serissime parole, eppure immensamente piene d’amore:
2. «O
Adamo! Adamo! Grande e potente è diventata la tua stoltezza! Innanzitutto Io
interrogo il tuo cuore, poiché sei padre di tutti questi figli e di molti altri
ancora che popolano questa Terra. DimMi in cuor tuo che cosa faresti di un tuo
figlio che, ad una tua ammonizione istruttiva, grande ed importantissima,
riguardo a gravi e volontarie mancanze contro i tuoi sapienti ordinamenti, ti
volesse obiettare quanto segue, sia pure con un discorso impostato arditamente
e quasi verosimile:
3. “Perché pretendi da me quello che non posso
fare? Se non è bene quello che faccio, che colpa ne ho io? Non sono io uscito
da te, e non sei stato tu a darmi una vita tanto miserabile e colma di difetti?
4. Se ora io sbaglio, l’errore non va
attribuito che a te, per la ragione che sono preceduto da te così e non
altrimenti, cioè in modo più perfetto! Accontentati dunque di quello che sono e
non esigere da me quello che non può essere! Se però vuoi avermi assolutamente
diverso da quello che sono, puoi annientarmi senz’altro e poi generarmi in
un’altra e migliore maniera oppure, se una seconda generazione dovesse
riuscirti forse impossibile, potresti addirittura rinunciarvi, perché per una
vita così miserabile che mi donasti non potrò mai in eterno ringraziarti!
5. Fa’ che quello che era nulla, rimanga nulla
in eterno, poiché è meglio non esistere in eterno che condurre vicino a te una
vita miserevole e limitata! Ma perché adesso vuoi migliorarmi, considerato che
ormai sono qui come sono? Se tu mi avessi fatto meglio, anch’io sarei migliore!
Ma dato che ormai sono così, non è tua la colpa se sono fatto così? Perciò
migliora prima te stesso, e poi soltanto vedi come vuoi e come puoi venire a
capo del mio miglioramento!”
6. O
Adamo, dimMi ora quale sarebbe lo stato del tuo amoroso cuore paterno dopo una simile
replica di uno dei tuoi figli, e per di più di un tuo figlio fra i principali e
primissimi!?
7. Tu
hai maledetto Caino pentito. Ma dimMi: – che faresti con un figlio che non solo
uccidesse la carne del fratello, ma scagliasse contro di te una maledizione e
volesse uccidere il tuo spirito? DimMi! DimMelo, Adamo: – cosa vorresti fare di
un simile incorreggibile figlio!?
8.
Ecco, ora stai quieto come il sorcio quando ha fiutato il gatto; eppure tu,
quale primo figlio della linea principale, hai voluto comportarti dinanzi a Me,
esattamente nell’identico modo di obiettare!
9.
Per te, Dio e l’uomo sono la stessa cosa! Che cosa importa a te chi sia che
parla con te, se un Dio, se tuo padre oppure un altro uomo come te, perché non
sei stato tu a crearti, bensì a fare questo è stato un Dio invisibile, a te del
tutto sconosciuto! Se Egli ti ha creato in maniera così miserevole ed atto a
peccare, che si accontenti anche di averti così come sei, perché è sempre Lui
che non ti ha fatto più perfetto e quindi non può pretendere dall’opera mal
riuscita che sia meno imperfetta di quanto essa è sorta, con il suo discreto
carico di peccati, fuori dalla mano del Suo Creatore in un momento di cattivo
umore!
10.
Vedi, e fa’ attenzione al tuo cuore se è proprio così che si lamenta!
11.
Tu Mi hai rinfacciato la via della Volontà divina, difficile a percorrersi
sulla accidentata superficie della Terra, ed hai posto in evidenza la tua buona
volontà di camminarvi fedelmente se ciò fosse possibile. Tutta la colpa della
tua caduta l’hai caricata sulle Mie spalle, e a tuo dire sono stato Io a
commettere l’errore, mentre tu neanche minimamente, perché sono Io che ti ho
creato così e non diversamente da così! E se si volesse che tu diventassi
altrimenti, dovrebbe venirti fornito un mezzo per darti la possibilità di
operare secondo la Volontà divina!
12.
Vedi, questa è pure un’asserzione che per il Padre santo e colmo di immense e
amorose cure non è certo fonte di alcuna gioia!
13.
Tu vai invocando misericordia. Ma cosa potrei fare Io ancora più di così se non
venire Io stesso a voi, quale Uomo e quale Padre, e con la Mia Bocca insegnarvi
il vero amore e la vera sapienza, e con la Mia mano guidarvi sopra la Terra che
è stata posta sotto ai vostri piedi a scopo di prova per la vostra futura e
massima perfezione? Non sono forse Io stesso la suprema Misericordia, il
supremo Amore e il Mezzo più sicuro e infallibile?
14.
Oppure, per corrispondere alla tua richiesta, dovrei Io forse fare di voi delle
macchine animate, vale a dire che si muovono?
15. O
cieco e stolto che sei! Basterebbe che tu stesso volessi vedere almeno un po’,
e allora non ti potrebbe non rendersi evidente la grande perfezione che esiste
in te, e per mezzo della quale ti sei posto tanto in alto rispetto a tutti gli
altri esseri, tanto che tu puoi perfino peccare volontariamente, ma, d’altro
canto, puoi anche procedere volontariamente senza peccato ed agire così come
agisce Enoch! E tu Mi rinfacci di essere sorto da Me quale opera sconnessa e
mal riuscita?
16.
Vedi, vedi Adamo, quanto lontano ti sei nuovamente smarrito dalla tua via!
17.
Tu dici che Io esigo cose impossibili da voi. Ma guarda qui, guarda Enoch,
guarda qui i sei al Mio fianco, anzi guarda tutta questa grande massa di
popolo, e domanda a tutti se le cose stanno o no in questo modo!
18.
Io però ti dico che sei tu stesso a voler cercare, onorare e abbracciare un Dio
fatto secondo la tua idea, e a voler rendere possibile ciò che è in sé
assolutamente impossibile, a voler caricare sulla propria testa tutta
l’eternità e a voler cercare un Dio che per te non esiste in nessun luogo; ma
il Padre invece tu Lo vuoi misconoscere, disprezzare e fuggire, proprio Lui
che, colmo di supremo Amore, ora parla con te!
19.
In verità, vicino a un Dio come tu te lo rappresenti e che onori con
l’adorazione del Sabato, l’esistenza delle creature sarebbe non solo
miserissima, infinitamente più misera di quella del verme calpestato nella
sabbia rovente; certamente, te lo dico Io, sarebbe anche assolutamente
impossibile da parte del tuo Dio sognato, poiché un Dio talmente imperfetto non
soltanto non sarebbe in grado di creare nemmeno qualcosa di raffazzonato e
messo malamente insieme, ma verrebbe davvero a trovarsi in condizioni peggiori
ancora di quelle in cui ti trovi tu che da solo non sei capace di creare
neanche un atomo!
20.
Se Io biasimai in voi il vostro stolto indagare e la brama insensata di andare
in cerca di un Dio che non si trova in nessun luogo, ed invece vi indirizzai
unicamente all’amore del Padre, Padre che Io stesso di eternità in eternità
sono stato, sono ed eternamente sarò, dimMi, Io, come Padre, ho forse fatto a
voi, che siete i figli, una richiesta ingiusta e impossibile?
21.
Vedi, perfino i figli più piccoli adempiono con somma esattezza a questa
richiesta indicibilmente lieve, perché essi amano il loro padre sopra ogni cosa
senza chiedere – sfoggiando acutezza d’intelletto – al cuore del padre che
spieghi loro perché essi lo amano, bensì essi lo amano perché egli è il loro
padre! Perciò, dimMi, Adamo, figlio Mio: – hai mai preteso per te di più dai
tuoi figli?
22.
Dunque, se Io ora, quale unico vero Padre colmo d’Amore, non richiedo di più a
te e a voi tutti, e vi tengo lontani da tutto ciò che anche solo in minimissima
parte vi rende difficile la vita e che poi gradatamente finisce col trascinarsi
dietro l’inevitabile morte – la quale è costituita da una sempre crescente
cecità fondata nel proprio volere, cecità che, a causa dell’infinità delle
idee, è impossibilitata a raggiungere una meta, così che termina con l’accendersi
nell’ira e rinfaccia al Creatore di essere un volgare e capriccioso
raffazzonatore e in tal modo si ottenebra sempre più finendo per uccidersi –
ebbene, sono forse Io uguale a quel Dio che hai prima descritto?
23.
Impara dunque a conoscere meglio il Padre, e riconosci quanto poco e quanto
facile sia ciò che Egli ti chiede; e soltanto dopo ciò alzati e vieni da Me e
dimMi se Io sono un Dio e un Padre ingiusto! Per ora però rimetti ordine nel
tuo cuore e prendi migliore consiglio, poiché Io non sono un Padre che maledice
Caino! Comprendilo bene! Amen!»
[indice]
Conversione
e confessione di Adamo
2 novembre
1841
1.
Questo discorso su Adamo, fece il preciso effetto come se la Terra fosse stata immersa
nell’incommensurabile mare di fuoco del Sole. Adamo
non soltanto era diventato – come si suol dire – molle come la cera, ma si
trovò altresì ridotto come un olio finissimo e depurato all’estremo, che è un
balsamo prezioso per ferite di ogni genere; per questo egli chiese ad Asmahaele
il permesso di fare dinanzi a tutti i figli una nuova confessione, ciò che
nella sua qualità di primo padre corporale gli fu anche concesso di tutto cuore
tanto da parte di Asmahaele quanto da parte di tutti i figli, ed egli si alzò
subito e cominciò a fare, con frasi bene ordinate, la seguente confessione,
dicendo:
2. «O
immenso, maestoso, potentissimo sopra ogni cosa, santo e amorosissimo Signore,
Padre e Dio Jehova, Tu, che ora sei visibile a noi nell’uomo Asmahaele, vedi,
fui io a darTi il nome di “Asmahaele”, e Tu, che saggiamente Ti presentasTi
come un “senza-nome”, fosti lieto, perché Ti era stato conferito un nome per
bocca mia, un nome dei figli di Dio che solo noi già da lungo tempo e
stoltamente sognavamo di essere! Allora Tu eri per noi più o meno uno
straniero, giacché in Te non ci aveva colpito pressoché nulla all’infuori del
Tuo discorso sempre incomprensibilmente ben ordinato nel Tuo modo di esprimerTi
a noi, ciechi, discorso che Tu desti ad intendere che Ti era stato insegnato da
Abele, mio figlio. Sennonché ora le cose io le vedo sotto il seguente aspetto:
3. “Dalla notte sorge il giorno, e la notte
anela al giorno, come il giorno alla notte”. Ma chi è capace, durante la
notte, di camminare come di giorno? Invece ciascuno può, quand’è giorno
chiarissimo, chiudere i propri occhi, e allora per lui la notte di giorno è più
grande della notte reale stessa nel suo centro più fitto!
4.
Questo è stato il mio caso, come pure quello di quasi tutti noi, e perciò anche
noi non vedevamo nulla, non udivamo nulla né osservavamo nulla, e di
conseguenza noi pure non comprendevamo nulla di nulla. In tale nostra generale
cecità, noi in primo luogo ti demmo un nome che sarebbe certamente stato
maggiormente appropriato per noi tutti, se appunto non fossimo stati sordi e
ciechi; infatti, come avresti potuto cercare per Te Colui che Tu stesso eri
dall’eternità, che sei e che in eterno sarai?
5.
Quando dichiarasti che Tu venivi dalla pianura, vedi, nessuno di noi comprese
cosa s’intendeva per la pianura di Lamec!
6.
Soltanto ora io, e speriamo anche gli altri, abbiamo molto bene riconosciuto,
attraverso la Tua Grazia – ed eterne grazie Ti siano rese – l’orrenda notte e
l’abisso immondo che è in noi! E quando di Te dicesti che era stato Abele a
condurTi da noi e a scioglierTi la lingua, come avrebbero potuto i sordi
intendere tale predizione?
7.
Solo ora, dato che hai aperto in noi anche l’orecchio del nostro cuore,
comprendiamo e ci convinciamo di quanto orribilmente ciechi e sordi eravamo
ancora durante lo splendido mattino di oggi; per questa ragione la Parola del
Tuo incommensurabile Amore paterno affluiva incompresa ai nostri cuori e
risuonava come la parola di uno straniero, mentre da parte Tua essa era
indirizzata a noi più chiara del Sole.
8. Ma
per il cieco, che cos’è anche la più fulgida luce del giorno, e per il sordo
che cos’è anche il più fragoroso rombare del tuono? In verità, ora soltanto
riconosco – e, come detto, speriamo anche gli altri – che chi è
contemporaneamente cieco e sordo è come se fosse morto del tutto! Se gli
mancasse ancora il senso del tatto, egli somiglierebbe perfettamente a una
pietra sulla cui dura fronte battono non percepiti i venti; e, ancora,
somiglierebbe a colui che, cadendo sia sul proprio simile o sul molle terreno
oppure nell’acqua, non sente e non sa distinguere su che cosa è caduto e che da
null’altro è possibile che venga trasformato e convertito se non unicamente
dalla potenza inesorabile ed incommensurabile del fuoco!
9. E
così pure noi non eravamo che pietre morte cadute su ogni specie di terreno e
di abisso. Tu ora ci hai raccolti fuori da tutti gli abissi dell’inganno da noi
non percepiti, e ci hai posti dentro l’immenso fuoco del Tuo incommensurabile
Amore paterno. E vedi, noi pietre su questo sacro terreno fummo trasformati,
venimmo nuovamente colmati di vita, vedemmo e udimmo e comprendemmo! E così
pure ora noi riconosciamo che Abele, vale a dire il minimo timor di Dio e
l’amore per Te, che abbiamo noi alla maniera di Abele, Ti ha condotto dalla
nostra propria bassezza senza nome a noi, morti, sciogliendo in noi la lingua
che non riusciva più a chiamarTi ‘Padre’, nello spirito di Verità e dell’eterno
Amore!
10.
Oh, come dovevamo essere tutti infinitamente ciechi, sordi, insensibili e morti,
poiché nessuno si accorse, né poté neanche lontanamente intuire che fra noi era
venuto il Sole di tutti i soli, il Fuoco di tutti i fuochi, l’Amore di tutti
gli amori, certo, la Vita di ogni vita e la Potenza e la Forza di ogni potenza
e forza.
11. O
figli, ascoltate ora: “Colui che noi,
nella nostra cecità, chiamavamo ancora ‘Asmahaele’, è e si chiama ‘Jehova, Dio,
l’Eterno dell’eternità’, ma per noi d’ora innanzi si chiamerà ‘Emanuel’ e, infine, per coloro i cui cuori sono colmi
d’amore il Suo nome sarà ‘Abbà, amato e santo Padre’!”
12. O
Emanuel, vedi, io non sono degno che Tu faccia a me come hai fatto ad Enoch,
che è colmo, fino alla sua più intima fibra, di ogni amore per Te! Tuttavia una
cosa concedimi in grazia, e questa cosa è che a me pure e a tutti noi sia dato
di poterTi amare di più e sempre infinitamente di più con tutte le nostre forze
fino alla fine della nostra vita terrena, e che sia poi concesso a noi tutti di
poterTi chiamare in eterno in maniera vivente attraverso questo Tuo amore in noi
per Te, e d’invocarTi: Abbà, Abbà, Abbà!
13. O
Emanuel! Accogli in grazia questa mia confessione e sii e rimani per noi Abbà,
ora e in tutte le eternità delle eternità! Amen!»
[indice]
Discorso di
Emanuel riguardo alla Sua venuta agli uomini
1. Ed
Emanuel
allora rispose ad Adamo, e con lui pure a tutti i suoi figli, e disse: «Vedi,
Adamo, adesso tu hai parlato bene, e quello che hai detto è vivo e vero!
Rifletti sul fatto che Io sono venuto stamani a voi e, come sapete, tu e voi
tutti che siete a fianco di Adamo, Io dissi di essere un muto schiavo della
pianura di Lamec fuggito con l’aiuto di Abele; se nello spirito di verità e di
ogni amore la cosa non stesse così, bensì altrimenti, non apparirei Io ora
quale un puro mentitore e simile al serpente della Terra che è padre e principe
di ogni menzogna e di ogni inganno?
2.
Però, come tu stesso fedelmente hai confessato ora, tu eri cieco, sordo e muto
ad ogni sensazione, e anche per questo non ti accorgesti di quelle cose che
sono dell’Ordine divino eterno. Vedi, se io fossi venuto a voi come Emanuel,
dove sarebbe ora la vostra vita?
3.
Allora, per questa ragione, Io venni a voi sotto quella forma nella quale voi
stessi interiormente vi trovavate, affinché voi, quali freddi Asmahaele,
riscaldandovi a Me, avreste potuto trovare l’Abbà-Emanuel!
4. Io
fui bensì ieri sera presso di te e ti feci una grande promessa, ma tu Mi
riconoscesti soltanto come in un sogno, poiché sabbia ed aride pietre erano ammucchiate
intorno al tuo cuore. E già la mattina successiva in te non rimase di Me niente
di più di un nudo e freddo ricordo. Io allora preparai Enoch perché fungesse da
interprete presso di voi. Però voi non faceste altro che ammirare le sue
parole, ma il vostro cuore morto non le comprese. Certo, cercavate tutti quanti
e ciascuno voleva essere una saggia guida per l’altro, per potergli mostrare
quanta alta sapienza dimorava nel proprio cuore.
5. Ma
quando poi la mattina vi immaginavate di mandare tutto a compimento, venni Io a
voi come una brillante stella per indicarvi, strisciando nella polvere dinanzi
a voi, che anche il vostro cuore era profondamente sepolto nella sabbia; solo
che la brillante stella ebbe un bel procedere dal Mattino al Mezzogiorno, dal
Mezzogiorno alla Sera e dalla Sera fin qui, e il vostro cuore continuò ancora
in segreto a considerarMi un mentitore, e pochi soltanto furono capaci di
vedere perfettamente il chiarissimo raggio della stella.
6.
Una tigre dovette portarMi al vostro cospetto e dovette con ciò strappare se
stessa dai vostri cuori!
7.
Vedete, quanto era lucente la stella, e voi purtroppo non scorgeste i suoi
chiari e miti raggi!
8.
Nella regione delle sette pietre, le cui cime riversano giù a terra l’acqua a
ruscelli, il Mite vi insegnò l’umiltà. Voi però eravate ancora sordi e ciechi e
il brillare della stella era ancora vano.
9. In
direzione della Sera la stella fece sfolgorare raggi ancora più chiari.
Lampeggiò e tuonò con veemenza ma soltanto pochi morti risuscitarono e si
sciolsero dai putridi lacci. Sennonché il calore del fermento della
putrefazione, che veniva a mancare, causò negli altri una sensazione dolorosa
tanto che sorse un aspro litigio. E una presunta priorità di sapienza combatté
allora contro l’altra, per questo molti ancora non furono in grado di vedere la
luce più intensa della stella.
10.
La stella vi condusse più innanzi ancora. La sua potenza cacciò da voi la
vostra tigre e fece ammutolire il verme del vostro orgoglio, l’antico serpente!
11.
Allora voi vi fregaste gli occhi, perché la luce della stella era troppo forte
per voi e troppo possente il calore del suo fuoco e in conseguenza a ciò
guardaste con occhio bieco Matusalem e Lamech che avevano accolto la stella.
12.
Alla fine giungemmo alla parete pietrosa del vostro cuore. Il fulmine e il
tuono della stella la fece crollare, e voi vedeste il gran deserto della vostra
vita interiore. Voi chiamaste la vita, ma purtroppo non vi fu possibile
ritrovala. Ed Io vidi la vostra grande miseria, perciò andai Io e vi riportai
la vita in grande quantità!
13.
Adamo! Ed ancora la stella ti rimaneva estranea; tu Mi chiamavi ancora come
prima, Asmahaele, eppure eri stato testimone di simili segni!
14.
Ora vedi e fa attenzione, dato che adesso Mi hai dato un altro nome:
quest’ultimo segno diventerà il primo e il primo l’ultimo, e nel futuro ai tuoi
discendenti non dovrà accadere come a te, quando Io ritornerò!
15.
In verità, coloro che si saranno abituati al tuono e al lampo troveranno la
morte nella collera, quando Io alla fine verrò, come sono venuto ora al
mattino! Comprendetelo! E ora fate tutto ciò che è dovuto ad Emanuel-Abbà.
Amen! – Ma in voi! – Amen!»
[indice]
Il grande
amore di Lamech per Emanuel
3 novembre
1841
1. Dopo
tale spiegazione di Emanuel, tutti i figli e l’afflittissimo Adamo assieme a
loro, pervasi da fervido amore, ringraziarono l’Abbà in Emanuel, e tutti
tennero lo sguardo rivolto ad Emanuel, e non potevano saziarsi di ammirarLo,
quantunque non vi fosse niente di mutato nella Sua precedente figura di
Asmahaele. E ciascuno, non escluso Enoch, pervaso da gioia immensa andava
dicendo tra sé: ‘Dunque è Egli Colui del
Quale già tanto spesso si è parlato e detto che Egli è Dio, l’Eterno,
l’infinitamente Potente, il Creatore del Cielo e della Terra e di tutte le cose
che esistono su questa, e che Egli soltanto è il vero Padre di tutti gli
uomini, ed è pieno di supremo Amore e Misericordia per loro, nonché di suprema,
infinita Sapienza!
2. Se Egli lo volesse, non scompariremmo
immediatamente noi e tutte le cose, come se esse non fossero mai esistite?
3. E questo Dio onnipotente si trova ora fra
noi, l’infinito ed eterno Dio! Dunque, è veramente l’Emanuel!»
4.
«Sì certo», andava dicendo apertamente il giovane Lamech a Matusalem,
«non vi è alcun dubbio che si tratti veramente di Lui, tanto è vero che io
sento che quasi vorrei morire d’amore! Com’è indicibilmente caro, mite, dolce e
buono! E tuttavia, quanta nobile serietà traspare da Lui!
5. O
padre! Se ne avessi il coraggio, come vorrei correre a Lui, e poi per il grande
amore stringerLo tanto al mio petto e non lasciarLo mai più per tutta la mia
vita, tanto da poterne e volerne morire!
6.
Credi tu, padre, che se io facessi così sarebbe peccato, oppure almeno una scortesia
grossolana?
7.
Oh, guarda come Egli si intrattiene ora con l’uno ora con l’altro e sempre
amorosamente, ma in pari tempo con espressione di grande potenza! Oh, quanto
Egli è infinitamente caro!
8.
No, padre Matusalem, io non posso più trattenermi;
devo, devo correre da Lui!
9.
Guarda, Egli aiuta Enoch perfino a mettere assieme e in ordine perfetto le
pietre che abbiamo ora portate qui!
10. O
padre, vedi; e vedi: Colui che un giorno mediante la Sua possente Parola ha
creato Cielo e Terra e tutto ciò che su di questa esiste, ora – oh, quale
vista! – aiuta Enoch a edificare quel piccolo altare dei sacrifici!
11. O
Dio, Dio mio, Padre mio diletto, quanto sei supremamente buono Tu! Che buon
Padre sei!
12.
Oh, se osassi! Ma Egli mi appare troppo santo! Sì, certo, Egli è santo,
santissimo! Ma il mio amore è troppo potente perché la Sua Santità possa
trattenermi ancora dal correre da Lui!
13.
Chi può sapere quanto tempo ancora Egli rimarrà con noi? Forza e coraggio,
dunque!»
14. E
dette queste parole, Lamech voleva infatti precipitarsi verso Emanuel, ma Matusalem,
afferratolo per la veste, lo trattenne, dicendogli a mezza voce:
15.
«Cosa vuoi fare, o irruento giovane! Pensa prima Chi è Emanuel! Il mio cuore è
anch’esso colmo di ardente amore per Lui! Tuttavia Dio non Lo si deve amare
come ci si ama tra di noi, bensì con riverenza suprema e nella tacita
adorazione del proprio cuore, così si deve amare Dio, e non in una maniera
tanto sfrenata!
16.
Non hai inteso prima come Egli stesso ha detto di guardare unicamente il cuore
e niente altro? Perciò fa’ anche tu quello che è bene secondo la Sua Volontà, e
non dimenticarti dell’alto e santo rispetto che, accanto al supremo e
intimissimo amore, noi tutti dobbiamo, anzi eternamente dobbiamo a Dio! Amen!»
17. E
Lamech allora replicò a Matusalem:
«Padre, puoi dire il tuo ‘amen’ ancora mille volte di seguito, se vuoi, ma per
questa volta ciò non può servire affatto a calmare l’amore per Emanuel in me!
Lamech, tuo figlio, non ti è stato mai ancora disobbediente, ma questa volta
egli violerà l’obbedienza e non tenterà di moderare il suo amore, ma seguirà
invece l’impulso del suo cuore, perché ora darei davvero mille padri come te
per un solo sguardo d’amore di Emanuel!
18.
Lasciami quindi andare, e non trattenermi sulla via che conduce al mio Dio e al
tuo Dio e al Padre mio e al Padre tuo! E ora anch’io dico “Amen!”»
19. E
così dicendo, Lamech si divincolò e corse via a precipizio verso Emanuel.
20. E
come egli fu del tutto giunto vicino ad Emanuel, Questi si atteggiò come se non
avesse scorto Lamech. Allora un senso di angoscia invase Lamech, frammisto al
massimo amore, tanto che egli non si azzardò a toccare Emanuel, e così cominciò
a riflettere se forse non aveva errato, non obbedendo a suo padre Matusalem.
21.
Ma poi un altro pensiero gli si affacciò, e fu questo: ‘L’amore, l’amore puro incorrotto a Dio, cresciuto e potentemente
rinvigoritosi nel cuore, perfettamente disinteressato, – non è questo amore
libero e il più nobile e più santo, e molto, molto di più di tutti i riguardi
umani e delle esigenze che vi si connettono?
22. Oh, sì! Esso deve significare di più, anzi
infinitamente di più, perché l’oggetto che esso ha abbracciato è anche
infinitamente di più di tutti gli uomini e di tutti i padri corporali di tutta
questa Terra! Perciò...’
23.
Ma a questo punto Emanuel si volse e lo guardò, e Lamech ammutolì,
sciogliendosi in lacrime d’amore.
24.
Ma Emanuel chiese a Lamech, con accento
d’immensa dolcezza: «Mio caro Lamech, che cos’hai che sei qui e piangi?»
25. E
Lamech, sorpreso, rispose: «O Emanuel-Abbà, come
puoi fare a me una tale domanda, Tu, cui ogni più riposto pensiero è noto già
una eternità, prima che esso venga pensato da un essere creato?
26. O
Emanuel-Abbà! Tu che conosci i bisogni di ogni erba, di ogni granello di
pulviscolo solare, a Te certo non sarà sfuggita l’immensa e dolce necessità del
mio cuore! O Emanuel-Abbà! Perdonami se forse il mio indomabile amore dovesse
riuscirTi increscioso!»
27. E
allora Emanuel osservò a Lamech: «Mio caro
Lamech, vedi, tuo padre però è rattristato a causa della tua disobbedienza!
DimMi ora: – è giusto forse affliggere il proprio padre?»
28. E
Lamech rispose: «O Emanuel, io però penso così: ‘Maledetto sia il figlio che causa del male
al padre!’. E come Tu sai, io non ho mai meritato una simile maledizione;
tuttavia, ora che Ti trovi fra di noi, il nostro vero Padre santo ed eterno,
per l’eccessivo, possente e libero amore per Te, non potei più domare il mio
cuore, e così avvenne che per questo amore per Te, Padre mio, che mi è sacro
sopra ogni cosa, io sono diventato per la prima volta disobbediente, ma anche
questa prima volta nella speranza certissima che Tu non vorrai imputarmi ciò a
peccato troppo grave, e che otterrai presso mio padre il suo perdono!»
29.
Ed Emanuel domandò nuovamente a Lamech: «Lamech!
E che faresti se Io volessi invece stimare molto grave questo errore, in modo
che Mi trovassi perciò indotto a scacciarti da Me e dal Mio amore e dalla Mia
grazia?»
30. E
Lamech rispose mestamente e in tono addolorato:
«O Emanuel, Tu solo vedi e puoi esattamente giudicare com’è fatto il nostro
cuore! Io posso avere errato, però sono cieco, e l’errore non lo vedo, mentre
sento solamente, e ora più chiaramente che mai, che io per amor Tuo non
soltanto abbandonerei Matusalem, il mio padre
terreno, ma anche, come ho già detto, mille padri e il mondo intero accanto a
loro!
31.
Tu puoi anche punirmi, ma malgrado ciò il mio amore per Te nella sua presente
potenza non svanirà da me prima che io stesso non sia svanito dinanzi a Te, o
Padre santo!
32.
Vedi, o Emanuel, non Ti chiedo nient’altro che Tu mi conceda di amarTi! Tu hai
reso Enoch immortale per il suo amore. Vedi, io non Ti chiedo una simile grazia
e non ne sono neanche degno, fa’ dunque che io muoia, ma tuttavia che, anche
morendo, mi sia concesso di amarTi.
33. O
Emanuel, perdona le mie parole, perché non ho colpa se il mio cuore che vive
ancora, costringe la mia bocca ad esprimermi così! Che la Tua Volontà sia
fatta! Amen!»
34.
Allora Emanuel si commosse, e il Suo volto divenne
raggiante come il Sole, tanto che tutti si prostrarono a Terra ed Egli alzò gli
occhi al cielo ed esclamò:
35.
«O Amore, puro, santo ed eterno Amore, Tu hai trionfato e trionfatore rimarrai
in eterno! Tu, o cielo, tu, o Sole e tu, o Terra, voi tutti passerete e di voi
più non resterà alcuna traccia, anzi passerà ogni magnificenza, ogni maestà e
ogni gloria e solo Tu, o santo Amore, resterai e non passerai mai più!
36.
Alzati, Lamech! Tu hai vinto; anzi, Io ti dico che hai riportato una grande
vittoria! Vedi, tu hai conquistato Me, tuo Dio e Padre! Solamente adesso tu hai
Me, e ora ti è lecito e puoi amarMi con tutte le tue forze, poiché hai
combattuto con tuo padre e con Me per avere Me, e volevi morire e svanire per
avere il Mio Amore. Vedi, ora sono Io il pegno della tua vittoria; ora dunque
abbracciaMi a tuo piacimento!»
37. E
Lamech allora cinse con le braccia i piedi di
Emanuel, e disse: «O Emanuel-Abbà! Ora lascia che io muoia, perché il mio amore
ha ottenuto la sua ricompensa, poiché null’altro che questo domandava il mio
cuore. Che la Tua Volontà sia fatta! Amen!»
38.
Ed Emanuel rialzò Lamech e lo strinse al Suo
santo Petto paterno, dicendogli: «Lamech, pensi proprio che potresti morire in
questo tuo amore per Me? In verità, cielo e Terra passeranno, ma un simile
amore mai più passerà, dato che questa appunto è la vita eterna,
indistruttibile, quando qualcuno Mi ama come Mi ami tu!
39.
Ora però Io ti benedico, affinché Enoch e tutti gli altri possano pur vedere
quanto Io sia fedele in ogni Mia promessa.
40.
Un giorno ti donerò un figlio; questi diverrà un salvatore del popolo, e gli
animali che egli guarderà saranno risparmiati dalla Mia ira ed egli Mi
edificherà di nuovo questo altare che ora Mi ha edificato Enoch.
41.
Ma per il fatto che tu ora volevi morire per amor Mio, vedi, questo lo farò Io
un giorno per amore della tua stirpe e di ogni carne, affinché tutti possano
essere guadagnati alla vita eterna!
42. O
Mio Lamech, ora tu rimani con Me ed Io con te in eterno! Amen!»
[indice]
Emanuel
biasima il ringraziamento insincero di Matusalem
4 novembre
1841
1.
Però Matusalem, avendo visto come suo figlio Lamech
era stato accolto, se ne rallegrò enormemente e andò perciò da Emanuel, e Lo
ringraziò per tanta grazia di cui era stato beneficato suo figlio.
2. Ma
Emanuel osservò: «Perché ringrazi per una cosa
in cui tu non hai parte? Aspetta finché verrà il tuo turno, allora soltanto,
vieni e ringrazia!
3.
Non trattenesti prima tuo figlio per la veste, quando egli voleva venire da Me?
E avresti provato gioia se Io lo avessi respinto da Me! Ma poiché tale cosa Io
non l’ho fatta, anzi ho tenuto Lamech, – ora vieni e Mi ringrazi,
contrariamente a come senti nel tuo cuore?
4.
Vedi, un ringraziamento di questo genere non è libero, bensì forzato! Tuttavia,
chi vuole offrirMi un sacrificio di grazie, il suo cuore deve essere libero
come è libero l’amore, essendo il ringraziamento un fiore e un frutto
dell’amore stesso.
5.
Chi dunque ringrazia in maniera differente da come ama, il suo ringraziamento è
pari a un frutto vuoto nel quale non dimora alcun germe di vita!
6.
Dunque, anzitutto ritorna sui tuoi passi e crea ordine nel tuo cuore; poi
soltanto vieni e sacrifica la tua offerta, affinché Io la guardi e, se sarà
senza macchia, allora anche l’accolga! Amen!»
7. E Matusalem si rattristò molto
a queste parole, e disse fra sé: ‘O
Emanuel, duro e quanto mai difficile è avere a che fare con Te, poiché Tu
richiedi da me una purezza di cuore che supera tutto quello che la più alta
sapienza umana potrebbe mai immaginare!’
8. Ed
Emanuel gli rivolse la parola dicendo: «Matusalem, ora il tuo cuore ha detto il vero, e questo vale
di più del tuo intempestivo e bacato frutto del ringraziamento!
9. In
verità, i sapienti e gli esperti del mondo avranno sempre da faticare al
massimo per trattare con Me, e di Me si scandalizzeranno enormemente! Ma i
figli, invece, si trastulleranno con il loro Padre, e al Padre riusciranno
sempre e in eterno più graditi i balocchi dei figli che non tutta la sapienza,
per quanto compassata, degli aridissimi sapienti del mondo!
10.
Comprendi bene quanto ti ho detto e fa’ come ti fu consigliato! Amen!»
11. E
Matusalem se ne andò e cominciò ad esplorare il suo
cuore e lo trovò colmo d’immondizia; tanto che egli ne rimase inorridito e
voleva fuggire e nascondersi in un qualche angolo della vasta Terra.
12.
Ma allora immediatamente Emanuel gli attraversò
la via e gli disse: «Matusalem, tu vuoi fuggire da Me
e vuoi nasconderti dinanzi alla Mia Faccia; Io però ti dico che tu non troverai
un luogo in tutto l’infinito dove il Mio Occhio non possa penetrare! Anche se
tu andassi fino agli estremi limiti dell’Universo, in verità, tu Mi troveresti
sempre!
13. E
se tu volessi anche discendere negli abissi del mare, – credi che Io non vi
sarò? Oh, tu ti trovi in un immesso errore; vedi, anche ogni creatura del mare
riceve il nutrimento dalla Mia mano!
14. O
dove vorresti fuggire, in modo che Mi fosse impossibile seguirti, passo per
passo, nella tua fuga?
15.
Vedi, per questo ogni tua fatica è vana. Rimani dunque dove sei e purifica il
tuo cuore, affinché Io possa quindi aiutarti! Amen!»
16.
Allora Matusalem rimase e pianse sulla sua stoltezza.
17.
Mentre avveniva questo scambio di parole, che in tutti i figli fu causa di
grandi mutamenti nei loro cuori, anche l’altare del sacrificio si trovò
completamente edificato; e la legna vi era già stata collocata e disposta in
croce e l’agnello per il sacrificio era pronto.
18. E
allora Enoch, pieno di fervidissimo amore, si
avvicinò ad Emanuel e Gli disse: «Signore, Padre amorosissimo di tutti noi,
vedi, tutto è pronto! Quando vuoi dunque che Ti venga offerto questo sacrificio
per la carne peccaminosa?»
19.
Ed Emanuel rispose: «La legna è collocata come
conviene, e pure l’agnello per il sacrificio, come si conviene; tutavia Io
scorgo che manca ancora una cosa! Perciò, Mio caro Enoch, va’ a prendere quello
che manca, giacché è a questo che Io do la maggiore importanza! Io ti dico che
senza di questo, il sacrificio non avrebbe alcun valore; va’ dunque e portalo
subito! Amen!».
[indice]
Enoch
incoraggia i padri sull’amore per Emanuel
Predica
sull’assurda intercessione
1. Ed
Enoch comprese bene quello che ancora
mancava. E perciò se ne andò ben presto dai padri e nel Nome di Emanuel rivolse
loro le seguenti parole:
2. «O
padri, ascoltate una parola dalla mia bocca in Nome di Emanuel! L’altare è
ormai pronto, ed è un altare sacro e puro dinanzi a Dio, perché è Dio stesso
che ha soccorso le mie deboli mani per edificarlo.
3. Su
di esso giace, ben disposta e in giusto ordine, la legna grassa del cedro e
l’agnello del sacrificio è pure pronto ed attende di essere avviato alla sua
sublime destinazione; e così è pronto tutto, tranne una cosa, e questa cosa
siete voi, padri!
4. Tu
sì, Adamo, che sei pronto, ed Eva pure lo è con te, poiché voi siete una carne. Ma dove sono invece Set,
Enos, Kenan, Maalaleel,
Jared e tu, Matusalem, figlio mio?
5.
Voi siete qui sì presenti secondo la carne, ma in essa batte ancora un cuore
assente. E invece questo cuore dovrebbe essere presente nel vero e purissimo amore,
poiché è presente qui in maniera visibile e vivente il supremo Amore del Padre
stesso.
6.
Vedi, o Set, quando io ho aperto la mia bocca, tu fosti sempre il primo ad
accogliere con somma gioia ciascuna mia parola come un raggio di Sole
apportatore di calore nell’inverno, e fosti pure il primo a tenerla con ogni
cura e fermezza nel cuore e a conformarvi anche la sua vita. Ora, però, mentre
il Signore stesso si trova fra noi ed insegna e parla con tanto Amore che
perfino le pietre più dure potrebbero diventare olio e ogni erba, ogni arbusto
e ogni albero tremano per l’immensa delizia e beatitudine dinanzi a Colui che
Si trova fra noi e insegna cose tanto sublimi, vedi, ora rimani taciturno, come
se il tutto non ti riguardasse neppure in minimissima parte, e invece stai, con
occhio avido e pieno di curiosità, in attesa di nuovi miracoli sempre più
grandi, per averne un divertimento! Ma per offrire nel tuo cuore al Signore un
puro sacrificio d’amore, vedi, per fare ciò sei diventato troppo pigro; ma, per
questo fatto, il Signore certo non si glorierà di te. Alzati dunque, prepara il
tuo cuore e poi affrettati verso il Signore, affinché Egli ti accolga di nuovo
come ha accolto Adamo, Lamech, Abedam, Jura, Bhusin ed Ohorion e molti altri
ancora e come siano rese grazie eterne a Lui per questo! – ha accolto infine
anche me!
7.
Alzati, dunque, affrettati a non perdere la vita, poiché, vedi: – tu sei morto!
Sii perciò sollecito e affrettati verso la Vita dell’Amore, finché essa dimora
visibilmente fra di noi! Chi non l’afferrerà ora con ogni sollecitudine come ha
fatto Lamech, in verità, la perderà in eterno!
8.
Sia fatta dunque la Volontà del Signore! Amen! – Amen per te, padre Set!»
9. E
Set fu colto da grande spavento, tanto che balzò in piedi e si affrettò verso
Emanuel e Gli aprì il suo cuore invocando da Lui Misericordia e Grazia.
10.
Ed Emanuel gli disse: «Set, poiché Io ti feci
chiamare, tu sei venuto, e perciò puoi anche restare. In avvenire però
resteranno soltanto quelli che, non chiamati, verranno, e che in spirito, in
verità e amore Mi invocheranno: “Abbà, Abbà, Abbà! La Tua Volontà sia fatta.
Amen!”. ComprendiMi bene e sii puro! Amen!»
11. E
mentre Enoch si disponeva a rivolgere la sua chiamata anche agli altri, vedi, essi balzarono affrettatamente in piedi e ad una voce
esclamarono: «O Enoch, non chiamarci, poiché la tua chiamata è più terribile di
ogni morte!
12.
Perché, vedi, vediamo dinanzi a noi l’intero cumulo di peccati e perciò non
siamo degni della tua chiamata. Va’ tu però dal Santo il cui Nome non meritiamo
di proferire, e pregaLo tu per noi, per i tuoi poveri padri morti e per tuo
figlio morto Matusalem, che Egli voglia usarci Grazia
e Misericordia! Amen!»
13.
Ma Enoch rispose loro: «Quali cose insensate
lasciate che sfuggano dalle vostre bocche? Credete forse che se da parte mia ci
fosse qualcosa da perdonare trovereste presso di me esaudimento prima che non
presso Emanuel?
14.
Oh, come siete ciechi e sordi ancora! Io che sono l’imperfezione stessa, io che
non ho niente e non posso niente, io che per l’infinita Misericordia del
Signore sono appena risuscitato nell’amore e nel quale, in aggiunta, anche
tutto quanto vi è di buono è assolutamente del Signore, ed è dunque un libero
dono immeritato al massimo grado, voi pensate dunque che io potrò essere più
misericordioso di Emanuel, di Lui che è la Misericordia suprema e il supremo
Amore stesso, che è pieno di ogni Mansuetudine, Indulgenza e somma Pazienza
verso ogni debolezza?
15.
Oh, ricredetevi, e non vogliate ridurmi a nuovo peccatore al Suo cospetto!
16.
Davvero, se anche dipendesse da me fare questo, il mio maggiore beneficio non
sarebbe per voi altro che una maledizione, se paragonato ad uno solo sguardo
che Emanuel volesse rivolgervi anche con un occhio solo!
17.
Aprite dunque i vostri cuori ed affrettatevi verso là dove c’è il Padre! Poiché
non sono io che vi chiamo, ma è Lui, il Padre santo ed infinitamente sollecito
con tutti; Lui, il supremo Amore, è Lui che vi chiama per mezzo della mia
pessima e fiacca lingua!
18.
Andate dunque dove in realtà si trovano e in eterno si troveranno Amore, Vita e
Misericordia, e non fate mai ricorso alla mia intercessione, bensì rivolgetevi
esclusivamente a Colui il cui infinito Amore vi ha fatto chiamare! Amen!»
19. E
allora tutti, pentiti della loro stoltezza, si presentarono ad Emanuel e
confessarono dinanzi a Lui la loro colpa e vuotarono i loro cuori al Suo
cospetto.
20. Emanuel però li guardò e disse: «O figli, perché mai
temete il migliore e più amoroso dei padri, e invece non avete nessun timore
degli uomini, nei quali tutto il buono proviene soltanto da Me, mentre quanto è
loro proprio è soltanto malizia e falsità corruttrici?
21.
Credete forse che Io Mi lascerò indurre dagli uomini a fare qualcosa e che
vorrò con questo dimostrare che gli uomini sono più misericordiosi di Me?
22.
Oppure pensate forse che in Enoch vi sia più amore che in Me, Amore attraverso
il quale egli avrebbe dovuto spingerMi a condonarvi il vostro peccato? O stolti
che siete! Voi stessi siete padri ed amate i vostri figli, quantunque siate
pieni di cattivi principi! Dite: – quando mai uno straniero ha amato i vostri
figli più di voi stessi? Oppure: – quale voce preferireste ascoltare? Quella di
vostro figlio, o quella di un intercessore, non chiamato, e imperfetto?
23.
Ma se voi, uomini pieni di malvagità davanti a Me, agite così, – come potete
avere su di Me dei pensieri tanto sconsiderati?
24.
Mutate dunque i vostri sentimenti, e pensate che Io soltanto sono il Padre di
tutti voi, e che voi tutti siete i figli di un solo Padre e che tramite l’amore
avete tutti un diritto su di Lui! Amen!».
[indice]
Della
libertà dell’uomo
5 novembre
1841
1. E
dopo queste brevi parole ammonitrici di Emanuel, Set
si alzò e intensamente preso d’amore così si espresse:
2. «O
Emanuel-Abbà, perdona a noi tutti la nostra orribile tiepidezza! Infatti, vedi,
io e tutti gli altri come me siamo diventati del tutto insensibili e muti per
effetto dei Tuoi straordinari ed immensi prodigi. E i discorsi di Adamo e di
Enoch, il modo in cui sono stati accolti favorevolmente le Tue parole infuocate
e i Tuoi insegnamenti ardenti d’amore, che rapidamente si susseguirono, hanno
sovraccaricato il nostro spirito per sua natura alquanto lento, e non ci fu in
alcun modo possibile seguire con la nostra mente le magnificenze indicibili
uscite dalla Tua Bocca santa. Noi quindi soggiacemmo alla nostra grande
impotenza, e in segreto ci rimettemmo ad Enoch, pensando che più tardi avrebbe
ben potuto spiegarci ogni cosa, e che noi poi avremmo avuto tempo e modo di
comprendere facilmente il tutto.
3.
Tuttavia un’altra luce santa, completamente diversa, venuta da Te, ha
dimostrato ora a tutti noi che non sono state tutte queste cause ora citate a
provocare simili effetti, ma fu invece la nostra pigra volontà a causare in noi
una tale deplorevole tiepidezza. Ridesta perciò, o Emanuel, la nostra volontà
sempre morta e rafforza con la Tua Grazia i nostri deboli cuori, affinché noi
possiamo assimilare in maniera viva quanto è sgorgato dalla Tua santa Bocca e
possiamo altresì indirizzare la nostra vita conformemente e in maniera che Tu
ne sia compiaciuto! Amen!»
4. Ed
Emanuel replicò a Set e con lui a tutti gli
altri quanto segue: «Set, vedi, Io vi purifico per amore della verità della tua
confessione! Ma la vostra verità è nuda, come voi stessi siete nudi dinanzi a
Me; per questo rivestite il vostro cuore di libero amore per Me, per divenire
viventi! Perché io posso darvi tutto, eccetto il libero amore del vostro cuore
per Me. Questo non lo posso dare a nessuno! E se anche facessi una cosa del
genere, cosa sarebbe il vostro amore?
5. Io
ve lo dico: “Esso non sarebbe che un impulso estraneo in voi che vi
costringerebbe ad amarMi, e di conseguenza ad adorarMi, contro la vostra
volontà!”
6. Ma
Io vi ho creati per essere uomini liberi e liberi figli, ed ho donato a
ciascuno una propria buona porzione d’amore, che suscita e causa la vita in
voi. Con questo vostro libero amore dovete abbracciarMi, e così abbraccerete in
voi anche la vita!
7. Io
ho donato a ciascuno di voi quella quantità per cui ogni parte risulta del
tutto giusta e ben misurata per ognuno, perfettamente come in ciascun granello
di semente vi è posto un piccolo germe vivente che proviene dall’amore. Quando
il seme viene collocato nel terreno, la rugiada d’amore si raccoglie intorno ad
esso. Questa rugiada sopprime la carne che racchiude il germe vivente e rende
libero quest’ultimo che, una volta libero, comincia ad accogliere in sé
avidamente la rugiada d’amore e di vita che lo circonda, e cresce gradatamente
e si fa sempre più grande; poi, per la propria energia, spunta ben presto fuori
dal terreno e si innalza libero, anelando alla luce del Sole. In tale stato di
libertà il seme si irrobustisce, e in simile maniera, infine, dal germe
minuscolo e quasi invisibile sorge un albero grande e poderoso, traboccante di
vita e perciò anche colmo di molteplice frutto; e ogni vita è, in questo caso,
una vita del tutto propria all’albero, attraverso cui esso riproduce il suo
simile migliaia di volte.
8.
Ora guardate e chiedete a voi stessi se qualcosa di simile non avviene altresì
con il proprio libero amore in voi, il quale è un vero germe di vita eterna
posto nella vostra carne, che è simile alla materia del grano di semente.
9. La
Mia Parola e il Mio Amore per voi sono la rugiada d’amore; ed esse agiscono in
voi come con il grano di semente deposto nel terreno. Accogliete dunque la Mia
Parola in voi, affinché essa distrugga tutto ciò che avete di mondano, e in modo
tale che essa renda poi veramente libero il vostro amore, che è la vera vita
eterna! Soltanto in questa vita libera potrete diventare utili alberi da frutto
e potrete fare ciò che è della vita per la vita. Frattanto, però, il vostro
compito non è altro che quello di rendervi liberi e viventi nel vero amore per
Me, affinché soltanto per questa via possiate diventare poi, in verità, viventi
in Me e per mezzo di Me, il vostro vero, eterno e santo Padre! Amen!
10. E
ora mettetevi a destra dell’altare, e considerate in voi il sacrificio di
Enoch, e lasciate che i vostri cuori poveri d’amore si riscaldino alla sacra
fiamma del sacrificio! Amen!»
11.
Tutti allora fecero secondo la Parola di Emanuel, e si collocarono sul fianco
destro dell’altare che era rivolto verso il Mezzogiorno. Sul lato verso iol
Matino stavano Emanuel, Enoch incaricato dell’offerta, e gli altri ridestati, e
i lati verso la Sera e in direzione della Notte (Settentrione=Nord) rimanevano liberi a disposizione di tutto il resto del popolo.
12. E
quando tutto fu così pronto e in ordine perfetto per il sacrificio, Adamo si avvicinò ancora una volta ad Emanuel e, pieno
d’intimo e purissimo amore e di massimo rispetto, Gli domandò:
13.
«Emanuel, Tu non vorrai già lasciarci subito dopo questa offerta, ma Ti
compiacerai in grazia di santificare pure l’offerta sull’alto luogo nel Sabato
di domani e di accettarla in tutta grazia? Poiché, vedi, i figli che dimorano
verso il Mattino, verso il Mezzogiorno e verso la Sera non Ti hanno ancora
riconosciuto! Oh, come sarebbero felici se potessero vederTi in mezzo a noi e
ascoltare qualche parola di vita dalla Tua santa bocca!
14.
Però, o Emanuel, non la mia, né la nostra volontà sia fatta, bensì sia fatta,
ora e sempre in eterno, soltanto la Tua santissima Volontà! Amen!»
15.
Ed Emanuel rispose ad Adamo: «Vedi, tu ti dai
pensiero di ciò, e la tua cura non è una cura vana, perché sei padre di tutto
il libero sangue della Terra, ma una cosa vi è nella tua cura che confina con
la vanità della vita esteriore, e questa è la visibilità del Mio Essere,
all’occhio materiale, in una Persona simile a voi! Credi che quando Io sono
invisibile sia forse per voi meno presente ed un Padre meno sollecito che non
quando è possibile vederMi?
16.
Vedi, questa è veramente una cosa vana. A te Io dico però che è molto meglio
per ciascuno non vederMi nel Mio Essere, ma vederMi solo attraverso l’amore nel
proprio cuore! Perché quando sono visibile per voi c’è in ciò una costrizione,
mentre la Mia invisibilità, invece, è la libertà della vostra vita. Ora
mediante la costrizione nessuno può giungere a vita eterna, mentre ciò può
avvenire unicamente per mezzo della libertà, la quale consiste nel puro amore
per Me!
17.
Colui al quale Io venissi e rimanessi presso di Lui, verrebbe inghiottito da
Me, poiché la fiamma del Mio Amore è troppo infinita per essere sopportata da
un essere ancora mortale e creato solo per l’immortalità. Ma se qualcuno viene
a Me liberamente, avendoMi prima cercato nel proprio cuore, vedi, costui si è
saldamente costituito e si è pure rinvigorito, in modo che Io non l’inghiottirò
più, ma invece lo accoglierò per la contemplazione eterna della Mia Infinità e
per bearsi eternamente e liberamente agli effluvi del Mio infinito Amore e
Grazia!
18.
Tuttavia Io esaudirò la tua preghiera, e anche domani tutti i tuoi figli
potranno per un momento vederMi ed udirMi. Comprendi bene! – Amen!»
[indice]
L’inizio del
sacrificio – Le parole ammonitrici infuocate di Lamech
Della mansuetudine
e della pazienza
1.
Allora Adamo ringraziò Emanuel con tutto il fervore del suo cuore per la grande
Grazia promessa e poi si ritirò tornandosene al posto di prima.
2.
Dopo di ciò, si fece innanzi Enoch e disse ad
Emanuel: «Vedi, Abbà-Emanuel, Tu che sei santo, santissimo! Ora sarebbe tutto
pronto; se Ti fosse gradito, ora vorrei mettere fuoco sull’altare ed offrirTi
per tutti noi l’agnello e la frutta»
3. Ma
Emanuel gli rispose: «Enoch! Vedi, Io non ho né
fame né sete e tu con il sacrificio non puoi saziarMi, però a Me l’offerta più
gradita è un cuore pentito e afflitto, che Mi cerca e che sopra ogni cosa Mi
ama!
4.
Sennonché, considerato che tu hai già edificato l’altare, vi hai posto la legna
ed hai approntato l’offerta, allora puoi deporre questa sull’altare e
sacrificarla a Me! Amen!»
5. Ed
Enoch fece il tutto secondo la Parola di Emanuel e collocò anzitutto l’agnello
vivo sulla legna che non ardeva ancora, e lo scannò sull’altare.
6.
Adamo però fece l’osservazione che non si addiceva versare il sangue
dell’agnello sull’altare.
7. Ed
Emanuel allora ribatté ad Adamo, dicendo:
«Adamo! Non ti curare di quello che fa Enoch, poiché non è a te, bensì è a Me
che egli offre il sacrificio! E vedi, per Me la cosa va bene! Perché dunque non
dovrebbe essa essere in ordine anche per te?
8. Ma
Io ti dico anzi che, in segno del Mio compiacimento per il modo usato da Enoch
nel sacrificio, l’Altissimo offrirà un giorno all’Altissimo il Suo Sacrificio
supremo appunto in questa maniera! Comprendi bene! Amen!»
9. E Adamo, un po’ sconcertato, obiettò in un certo modo
chiedendo: «O Emanuel, c’è dunque all’infuori di Te, che sei l’Altissimo,
ancora un altro Altissimo? O come è da intendersi questa cosa?»
10.
Ed Emanuel gli rispose: «Io dissi, e ora lo dico
a te: “Al di là della carne ci sono molte
cose ancora nascoste, ma queste, nella tua carne, non potrai mai vederle!”.
Infatti, il maestro della carne è il tempo, ma lo spirito le riconoscerà quando
egli farà ritorno là da dove si è originato. Amen!”»
11.
Dunque ormai l’agnello era già scannato, ed Enoch prese le pietre e le sfregò
con forza l’una contro l’altra, tenendole su della paglia secca cosparsa di
polvere di resina asciutta, ma per quanto Enoch
fosse solitamente molto abile ad accendere il fuoco, questa volta la cosa non
voleva riuscire, e perciò si rivolse subito ad Emanuel e gli disse:
12.
«O Signore, Abbà-Emanuel! Vedi, questa volta non posso ottenere del fuoco. Oh,
concedimi che la cosa possa riuscirmi!»
13.
Ed Emanuel rispose a Enoch: «Vedi, Mio diletto Enoch,
se il fuoco non ti obbedisce, non puoi esserne che contento, poiché è meglio
essere un signore del proprio cuore che non un abile artefice del fuoco! Così a
Me è pure più gradito chi Mi innalza il proprio cuore, di chi mediante la sua
parola e per effetto dei suoi discorsi infuocati ha convertito a Me migliaia di
persone, ma in se stesso è rimasto un’offerta fredda, sotto la quale non si
trova alcuna fiamma d’amore, bensì solo fredda sapienza.
14.
Tuttavia, se a te non riesce di fare del fuoco, vedi, noi troveremo subito il
rimedio! Dà i mezzi per accendere il fuoco al giovane e robusto Lamech! Sotto
le sue mani, che sono più vigorose, le pietre daranno bene quello che hanno
rifiutato a te. Tu invece rimani qui presso di Me, e lascia la cura del fuoco a
Lamech! Amen!»
15. E
subito Enoch, lietissimo, consegnò le pietre focaie a Lamech e questi le prese
e le sfregò l’una con l’altra con tanta energia, che produsse del fuoco in
quantità tale che non solo la paglia immediatamente si accese, ma il fuoco si appiccò
direttamente alla legna e alla vittima, divampando d’un tratto in chiare
fiamme.
16.
Tutti però si meravigliarono per l’abilità dimostrata da Lamech. E Lamech, quando ebbe inteso tali espressioni di lode da
parte dei padri e del popolo, si volse di scatto verso di loro e con grande
veemenza così parlò:
17.
«O padri e fratelli, siete di nuovo già fuori di senno che porgete a me una
lode? Ma chi è allora Emanuel? Chi possiede il fuoco e chi lo dona?
18. Oh,
in verità, se non foste miei padri e miei fratelli, sarei portato a tacciarvi
di cieca stoltezza! Rendete dunque lode e gloria a Colui cui tutto ciò compete!
Non sapete a chi compete ogni lode e ogni gloria? Se non lo sapete, allora
posso dirvelo io che tutto ciò spetta unicamente a Dio, perché Egli solo è ed
era e sarà eternamente santo! Amen! Capitelo bene. Amen!»
19. E
subito Emanuel si volse verso Lamech e osservò:
«Ascolta, o Lamech, sfregando hai fatto scaturire quasi troppo fuoco!
20. A
te non sarebbe bene affidare il fulmine e i tuoni, perché sotto la tua reggenza
la Terra dovrebbe in breve tempo risultare del tutto come vetrificata, o
dovrebbe apparire come quei luoghi dove il raggio più intenso del Sole fonde la
sabbia dei più profondi ruscelli e poi ricopre le loro rive di una sostanza
vitrea e trasparente all’esterno, ma appunto perché questa accoglie e fa
passare la luce solo esternamente, sotto il vetro si fa poi tenebra e freddo
più che non là dove la sabbia, ancora nuda, offre la sua arida fronte ai raggi
del Sole. E senti: – sul vetro non crescerà mai in eterno alcun frutto!
21.
Quindi ci vuole dolcezza, calma e pazienza in tutte le cose, in ogni parola e
in ciascuna azione, poiché la dolcezza, la calma e la pazienza sono i migliori
concimi del terreno! E se poi qualcuno vi sparge una buona semente, questa
germoglierà e renderà infine a te e a Me un raccolto abbondante!
22.
Chi lavora di spada e di randelli e fulmina e tuona, costui ferisce e non di
rado uccide, e sul suo campo ben poca frutta farà la sua comparsa.
23.
Chi invece è sempre pieno di dolcezza, ed è calmo e paziente, egli innaffia le
piante del proprio campo quando i possenti raggi del Sole inaridiscono il
terreno.
24. E
ora, Mio caro Lamech, giudica tu stesso su quale campo già tra breve tempo si
renderà visibilmente manifesta la pienezza della benedizione!
25.
Sii dunque tu pure sempre dolce, calmo e paziente di fronte a chiunque; così
facendo radunerai intorno a te i cuori e spargerai su di questi la benedizione
della vita! Comprendi bene! Amen!»
[indice]
Benedicendo
l’offerta, Emanuel pronuncia parole di congedo
Una promessa
per il Golgota. Della magnificenza della libertà spirituale
1. E
Lamech riconobbe il proprio errore e andò da Emanuel e poi anche dagli altri
padri e con il cuore pieno di commozione domandò a tutti perdono. E tutti i
padri se ne rallegrarono e non tralasciarono di far tesoro della infiammata
ammonizione di prima.
2.
Poco dopo, Emanuel guardò di nuovo all’offerta
di Enoch e la benedisse dicendo: «Io, Abbà-Emanuel,
veramente non trovo compiacimento in un simile olocausto, bensì solamente in
colui che di puro cuore l’ha preparato per Me; tuttavia benedico questo
olocausto per ricordare in anticipo un altro olocausto, che un giorno sarà
offerto per la vivificazione di tutti i morti e di tutti i viventi. E così,
anche per tutti i tempi che verranno fino alla fine di tutti i tempi. Ora la
cosa resti limitata all’agnello e al pane! Amen!
3.
(Continua Emanuel:) Guai però a coloro che vorranno apportarvi qualche
cambiamento. In verità Io vi dico che essi il loro olocausto non l’offriranno a
Me, bensì all’immondizia del mondo e mediante la loro offerta diventeranno
simili a ciò a cui avranno offerto l’olocausto!
4. E vedi, Enoch,
Io ho benedetto il tuo olocausto in modo che esso è divenuto un olocausto
vivente; perciò un giorno da questo agnello arso dalla fiamma sorgerà un
grande, vivente e possente Agnello del mondo, il Quale prenderà sulle proprie
spalle tutte le debolezze della Terra ed aprirà a ogni carne le porte della
vita eterna, le quali non si chiuderanno mai più! Amen!
5. Io non vi do più
alcun comandamento, bensì vi rendo liberi da qualsiasi legge. I comandamenti
sono necessari solo per fat fronte a servitori indolenti. Chi vive secondo i
comandamenti è un morto schiavo che vuole continuamente essere giudicato in
ogni suo operare e non ha alcuna libertà nel proprio cuore. Quando egli lavora,
allora lavora soltanto perché il lavoro gli è stato comandato, perché senza il
comandamento non avrebbe mai ritenuto necessaria un’attività. Quando egli ama,
ama perché l’amore gli è stato ordinato, però il suo cuore non sente veramente
la necessità e la santità dell’amore stesso e della vita eterna che proviene
dall’amore, bensì solo la costrizione dell’amore. Ma perché avviene ciò? Perché
egli è uno schiavo in tutte le cose, dalle profondità del fango!
6. Invece il cuore
dell’uomo libero batte liberamente, e il suo polmone respira liberamente, e
nessuna legge che limita la vita turba il vigoroso circolare del sangue nelle
sue vene, poiché il libero amore per Dio lo rende figlio dell’Altissimo.
7. Ora, chi è un
figlio dell’Altissimo è ancora un figlio degli uomini?
8. Ma dato che egli
è un figlio di Dio, non ha in sé quello che è sempre santo e perfettamente
simile a Colui che è suo Padre, quindi divino e perfettamente libero?
9. E perciò, a voi
tutti che possedete un cuore libero e Mi amate col vostro cuore libero, ora Io proclamo
che pure voi siete dèi, come lo è dall’eternità il vostro Padre santo,
liberamente da Sé e per Sua propria, eterna e santa Potenza.
10. Vedete, per queste ragioni Io non vi do
alcun comandamento, ma vi mostrai e vado mostrandovi ancora ed unicamente, solo
l’amore per Me: – il vero libero e vivente amore, l’unico vivificante come
sorgente prima di ogni vita e di ogni essere! Faccio questo affinché vogliate
farne uso nello spirito e in tutta verità, per rendervi completamente viventi,
quale unico mezzo per giungere alla comunione con Me.
11. E neppure vi
dico che dovete fare questo o quello, bensì che potete liberamente farlo se ciò
vi aggrada! Anzi, questi Miei insegnamenti non siete chiamati a seguirli
nemmeno per amore alla vita, bensì per libero amore di Me, ed unicamente per
amore dell’amore e, con ciò, anche per amore di Me che, unicamente, sono il
vostro Padre amorosissimo!
12. Vedete, dato che
Io vi amo perché siete Miei figli, così anche voi dovete amarMi per il fatto
che sono vostro Padre!
13. Ma come voi
amate Me, appunto così voi pure dovete amarvi vicendevolmente tra di voi, quali
fratelli e sorelle! Nessuna cosa deve mai poter fare opera di corruzione su di
voi e farvi deviare da questi principi; ma fratello, sorella, padre e madre,
sia tutto incentivo a destare in voi il libero amore!
14. Ciò che voi
potete dare, in cambio del Mio eterno Amore paterno, a Me che da nessuno ho
bisogno di qualcosa, deve trovarsi anche nei vostri cuori verso di Me e verso
tutti; e allora voi, come Me, sarete viventi fuori da voi mediante l’uso libero
e giusto del Mio libero Amore in voi, e tramite questo vivrete, come Me, in
modo eterno ed indistruttibile.
15. Se rimarrete
così, la potenza del serpente si terrà lontana, e nessuna macchia offuscherà e
renderà impuri i vostri cuori. Chi però vuole essere uno schiavo del mondo, può
pure esserlo per sempre. Per tale uomo, Io non ho nessun comandamento!
16. Nondimeno, quale
uomo, egli deve almeno sapere che Io per causa sua non sovvertirò il Mio Ordine
eterno! La vita non esiste in nessun’altra cosa se non nel libero amore per Me,
e all’infuori di tutto ciò c’è dappertutto l’eterna morte!
17. E tu, Mio
diletto Enoch, sii d’ora innanzi il Mio primo sacerdote, e il tuo amore sia il
fondamento della prima e più pura chiesa di questa Terra!
18. Quando tu domani celebrerai il sacrificio, Io verrò a te
e ti metterò sulla lingua le parole che annuncerai dinanzi a tutti i figli. Il
Mio amore, la Mia grazia e la Mia benedizione siano con voi! Amen!». E
dette queste parole, Emanuel scomparve agli occhi di tutti.
[indice]
Le
disposizioni di Adamo per l’imminente Sabato
8 novembre
1841
1. E
quando già tutti i padri e tutto il popolo che li circondava ebbero constatato
che Emanuel non si trovava più fra loro, ma che invece era corporalmente
scomparso come se di Lui non fosse mai esistito nulla, tutti ne rimasero
afflitti ad eccezione di Enoch, e furono scambiate fra loro unicamente poche
parole. Solo quando il Sole si trovò molto basso sull’orizzonte, Adamo si riebbe e disse:
2. «O
figli, ora che tra noi non si trova più visibilmente Colui che è Jehova, Abbà-Emanuel, santo,
santissimo, – cosa ci resta da fare qui ancora?
3.
Pertanto, andatevene dai figli ed invitateli per il Sabato di domani, poi
ritornate immediatamente qui, affinché noi possiamo partire solleciti,
affrettandoci verso la nostra patria sulle alture!
4. Ma
voi, Jura, Bhusin ed Ohorion e tu pure, Abedam, potete d’ora innanzi restare in
mezzo a noi, se così vi piace! Tuttavia, come adesso avete appena appreso
chiaramente dalla bocca dell’Altissimo che ciascuno è perfettamente libero,
così allo stesso modo siete liberi anche da parte mia che sono il vostro padre
terreno. Quello che desiderate, così anche lo potete fare, e non dovete temere
di perdere, o forse di guadagnare qualcosa, facendo in un modo piuttosto che
nell’altro, bensì in ogni vostra decisione vi sia di guida soltanto la libera
volontà. E la Parola del Signore e il Suo eterno Amore vi conducano per ogni
via e per ogni sentiero, e siano il tutto della vostra vita! Amen!»
5. E
subito Enos, Kenan, Maalaleel
e Jared andarono ed invitarono i figli della
Mezzanotte a recarsi sulle alture per essere presenti al sacrificio,
l’indomani, il Sabato.
6. Jura però parlò così ad Adamo e disse: «Vedi,
padre, è stata una gioia indicibile per noi tutti il fatto che ci hai invitati
presso di te concedendoci di rimanere con te sulle alture, ma qui una domanda
si rende necessaria e cioè di che giovamento siamo ora noi sulle alture
consacrate, e cosa dovrà avvenire dei nostri figli.
7.
Enoch è ormai tra di voi un sacerdote vivente del Signore. Vedi, i nostri figli
non hanno nessuno che sia stato destato all’infuori di noi; dunque noi
intendiamo essere per loro, seppure non in un senso tanto perfetto, ciò che, da
parte di Emanuel, è ora Enoch per voi, e dopo di voi anche per noi tutti.
8.
Tali cose le metteremo a profitto per tutto il tempo della nostra vita, per
questo anche noi verremo non di rado sulle alture e resteremo in mezzo a voi attingeremo
nuovo calore e nuova luce per noi e per i nostri figli. E perciò ora rimaniamo
qui, ma domani, molto prima ancora dell’alba, vogliamo intonare dinanzi alla
tua capanna un cantico del Signore! Amen!»
9. E Adamo replicò: «Così sia e con la Benedizione del
Signore vi accompagni e vi rafforzi pure la mia benedizione e quella di tutti
noi! Amen!»
10. E
dopo di ciò egli si rivolse ad Abedam e gli domandò quali fossero le sue
intenzioni.
11. E
Abedam, con grande dolcezza, gli fece conoscere la sua decisione, la quale era
perfettamente identica a quella di Jura. E Adamo, nonché tutti gli altri, lo
lodarono per la sua fedeltà, ed Enoch gli si
avvicinò e così gli parlò:
12.
«Ascolta, o Abedam, la via ti è conosciuta! La Volontà del Signore è tua, e il
Suo Amore è soggetto a te. I tuoi figli sono ancora tutti ciechi. Vedi, non per
nulla il Signore ti ha destato: affrettati dunque ad andare dai tuoi e porta
loro la lieta novella, e non tenere nascosto niente, e racconta ad alta voce e
con potenza d’amore tutto ciò che il Signore ha fatto per tutti noi!
13.
Abbi i miei saluti, o caro fratello nel Signore e in Adamo, ora e in eterno!
Amen!»
[indice]
L’incontro
di Abedam con lo straniero
1. Ben
presto Abedam fra molte benedizioni abbandonò il sacro luogo e si avvicinò
sollecitamente ai suoi, con la provvista completa dei più splendidi tesori
celesti. E mentre egli, tra sublimi pensieri e pieno d’amore per il Signore,
così procedeva in senso inverso per quella stessa via che tutti avevano prima
percorso in maniera tanto meravigliosa venendo dalla direzione della Sera, ecco
che nel luogo medesimo dove tutti avevano fatto sosta e dove egli, quale unico
compagno di viaggio di Asmahaele, si era trovato al Suo fianco, s’imbatté in un giovane robusto che gli domandò:
2.
«Dove vai ad ora così tarda del giorno? Vedi, il Sole già tocca l’orlo dei
monti e la Luna è lontana ancora con la sua luce. Aspra è la via e colmo di
pietre è il sentiero. Odi, Abedam, io ho inteso che presso i figli della
Mezzanotte devono essersi verificate grandi cose al cospetto di tutti i padri!
Io vorrei recarmi là, per vedere anch’io qualcosa di tali cose, ma
particolarmente per vedere i padri rinvigoriti. Non vorresti dunque ritornare
sui tuoi passi e condurmi là?»
3. E Abedam non si perdette in lunghe riflessioni, e
domandò allo straniero:
«Oh,
certo, farò volentieri e con gran gioia quello che mi chiedi, se però hai un
qualche nome, non vorresti farmelo conoscere, affinché possa poi presentarti ai
padri?»
4. E
a sua volta lo straniero gli domandò la
stessa cosa e gli disse: «Se tu mi dici il tuo nome, anch’io ti dirò il mio, e
ti dirò ancora qualcosa del tutto differente; però dimmi prima il tuo nome!»
5. E Abedam rimase stupefatto e disse allo straniero:
«Come puoi chiedermi il nome, se l’hai pronunciato, per l’appunto, quando mi
fermasti pregandomi di rifare il cammino per condurti là dove poco fa si sono
svolti avvenimenti tanto grandi e inauditi! Vedi: – come devo comprendere la
tua domanda?»
6. Ma
lo straniero replicò: «Vedi, Abedam, tu
giungi in questo punto dal luogo sacro dove cose tanto grandi sono accadute e
dove certamente anche tu fosti fra i destati! Ma tu, che pure sei fra i
destati, come puoi non comprendere questa facile domanda?»
7. E
Abedam rimase completamente sconcertato e non sapeva cosa avrebbe dovuto
rispondere allo straniero.
8. E
lo straniero gli chiese nuovamente quale fosse il suo nome. E Abedam, interamente fuori di sé per la meraviglia,
sentendo che lo straniero continuava a chiamarlo per nome e d’altra parte
insisteva per conoscere il nome di Abedam, infine gli rispose:
9.
«Ascolta, come tu mi chiamasti, così mi chiamo, e non ho nessun altro nome
all’infuori precisamente di questo che tu mi desti e che Adamo ed Emanuel mi
diedero!»
10. E
lo straniero, guardandolo con sguardo acuto,
gli disse,: «Vedi, Abedam, ora sono contento perché tu mi hai detto qual è il
tuo nome! Perché, vedi, io ti ho ben già dato da principio il nome, solo che
questo, essendo un nome datoti da me, non era il tuo nome, bensì il mio nome in
te, che ti fossi così chiamato o no. Ora questo nome è tuo e anche mio, e così
hai appreso contemporaneamente il tuo nome e il mio, e adesso puoi
tranquillamente condurmi dov’è mio desiderio andare!»
11.
Ma non fu poca la meraviglia di Abedam sentendo che lo straniero si chiamava
anch’egli precisamente con il suo nome, e cominciò subito a rifare la strada in
sua compagnia.
12.
Strada facendo però Abedam chiese all’altro Abedam:
«Dimmi, se lo vuoi: – da quale regione sei venuto ora fin qui e per mezzo di
chi hai saputo quello che si è svolto nel paese della Mezzanotte?»
13. E
lo straniero rispose: «Per quanto riguarda
la tua prima domanda, io vengo direttamente dal Mattino; ma riguardo alla
seconda, ti racconterò una brevissima storiella:
14. “Vedi, un padre della regione del Mattino –
certamente ricchissimo di figli e di amore per loro – era rimasto per lungo
tempo spettatore di come i suoi figli andassero dilettandosi di ogni tipo di
cose utili, ma più ancora di quelle dannose. Però il saggio padre aveva
disposto tutto in modo tale che nessuno dei figli fosse in grado di accorgersi
della sua presenza. Solo che, dopo un tempo non lungo trascorso in simili
trastulli, i figli cominciarono a traviarsi in modo che a mala pena ne rimase
uno che volle mantenere puro il suo cuore per amore del padre che non era
visibile. Quest’unico figlio ammoniva pur con ogni cura e costantemente tutti i
fratelli più anziani, ed essi ascoltavano veramente di buon grado la sua
parola, ma nessuno voleva convertirsi proprio di tutto cuore.
15. Allora il padre prese la decisione di
assumere una forma tale da non essere riconosciuto e di avvicinare così i figli
come se egli venisse quale straniero dalle pianure.
16. I figli sì lo accolsero, ma non con amore.
Essi lo accolsero per la mediazione di quell’unico figlio, però solo come uno
straniero, perché, essendosi il loro cuore traviato nella stoltezza e nelle
cure del mondo, anche i loro occhi erano diventati ciechi e i loro orecchi
sordi, in maniera che non riuscivano a riconoscere il loro padre.
17. Ma come poi il padre si fu gradatamente dato
a conoscere con l’azione e la parola, i figli si sentirono colti da timore ed
angoscia e pochi poterono sopportare la sua vicinanza.
18. Ed avendo il padre osservato quanto immaturi
erano ancora i suoi figli, li riscaldò tutti con il suo amore, tanto che si
volsero a lui e lo lodarono e glorificarono. E il padre li rafforzò tutti, li
benedisse e poi li lasciò per un breve tempo allo scopo di metterli alla prova”.
19.
Questo padre, allontanandosi dai suoi figli, venne da Me e Mi comunicò ogni
cosa; perciò Io ora sono qui per constatare come sono i figli e quello che
fanno in assenza del loro padre.
20.
ConduciMi dunque al luogo sacro! Amen!».
[indice]
La
conversazione di Abedam con Abedam lo straniero
9 novembre
1841
1.
Però quando Abedam ebbe appreso tali cose per
bocca dello straniero, la meraviglia in lui cominciò a farsi quanto mai grande,
e disse:
2.
«Ma, o mio stimatissimo Abedam, questa è appunto la storia dei figli delle
alture, i quali sono i nostri padri della discendenza principale!
3. Il
Padre si chiama Emanuel, Abbà e Jehova,
Dio l’Altissimo, santo, santissimo!
4. Oh,
dimmi, se ti aggrada: – dove hai
incontrato questo Padre santo, e che aspetto aveva e da che parte se ne è
andato lasciandoti?
5.
Oh, dimmelo, te ne prego, perché vedi, i miei occhi e i miei orecchi furono
testimoni di tutto quanto si è verificato nel percorso dalle terre della Sera
fino a quelle verso la Mezzanotte, e mi fu concessa inoltre la grazia suprema,
inesprimibile, pur essendo io il più indegno di tutti, di camminare
continuamente al Suo fianco!
6. O
amico Abedam, quale beatitudine in questa occasione abbia goduto io, povero
peccatore, non potrebbe descrivertela minimamente neppure il più alto fra gli
angeli, facendo uso del più ardente linguaggio!
7.
Certo, questo soltanto posso dirti: – che durante questo breve tratto di tempo,
io stesso ho provato forse più sublime beatitudine che non il più alto degli
angeli in una eternità!»
8. E
allora così lo straniero l’interpellò: «Ma
cosa è stato veramente a procurarti una felicità così intensa, perché tu abbia
a stimare al paragone, quasi nulla, la beatitudine degli alti e liberi angeli?»
9. E Abedam rispose: «O mio caro omonimo, vedi, io sono
sempre stato di un carattere del tutto particolare, e in seguito a questa
particolarità mi è causa della massima beatitudine precisamente quello che
invece potrebbe forse turbare migliaia di persone! E questa strana
particolarità consiste nel fatto che io mi sento felice al massimo quando mi
trovo accanto a qualcuno presso il quale percepisco sempre più, in via assoluta
e nell’intimo del mio cuore, la mia perfetta nullità di fronte al suo tutto;
per la qual cosa mi è anche gradito non vedere mai nessuno come inferiore a me,
bensì sempre, e per quanto ciò sia possibile, sopra di me. E quindi la mia
massima è questa: “Beata è l’umiltà del
cuore, e la impotente debolezza è la più grande ricchezza del verme!”
10.
Poiché, se il verme fosse forte in tutta la pienezza di vita, come potrebbe
dolersi quando viene calpestato! Invece la sua debolezza e la continua
impotenza della sua vita fanno diventare forse il gaudio supremo della sua
vita, quello che a noi appare doloroso.
11.
Per quanto io non sia tale da conoscere la natura dei vermi in maniera uguale a
Colui che li ha creati, tuttavia la cosa a me sembra così, poiché sento la
massima beatitudine appunto trovandomi premuto da tutte le parti.
12.
Ma ora, mio caro omonimo, ti prego cortesemente di rispondere alle mie tre
domande di prima, purché tu lo voglia! Amen!»
13.
Ed Abedam, lo straniero, gli rispose: «Vedi, mio
caro Abedam, considerata bene la cosa nella sua vera luce, dimmi: – a che cosa
potrebbe ormai più giovarti la risposta alle tue tre domande?
14.
Vedi, la mia massima e il mio principio sono questi: “Se tu con una parola non puoi essere di utilità al fratello, lascia
che la lingua riposi, e muovila soltanto allora, quando puoi essere d’aiuto al
fratello!”
15.
Vedi, in conseguenza di questa mia massima, io preferirei piuttosto restarti
debitore della risposta! Sei contento così?»
16. E
Abedam gli obiettò: «Veramente, mio caro amico
Abedam, da un lato sono contento, perché da ciò riconosco che la mia volontà è
soggetta alla tua, e questo mi fa bene; dall’altro lato, però, dato che ormai
amo sopra ogni cosa questo Padre santo, che tanto io che tu conosciamo, il mio
cuore è riempito di grandissima brama di trovarmi costantemente presso di Lui,
o almeno di parlare continuamente di Lui, di amarLo, di lodarLo e di
glorificarLo sopra ogni cosa e, quale Santissimo, di adorarLo, nonché, come
nella presente occasione, cercare di sentire raccontare da qualcuno l’una o
l’altra cosa di Lui. Ora, vedi, per effetto di questa intensissima e
vivificantissima brama del mio cuore non sono contento che tu non voglia darmi
risposta a ciò che ti ho domandato! Per quanto concerne la tua massima, puoi farlo
senz’altro senza alcun timore, perché non è possibile che così facendo tu
agisca ai danni del mio cuore, bensì non potrai che arrecare a questo cuore che
un infinito vantaggio. O non è forse ogni azione e ogni parola di massimo
profitto per i nostri fratelli soltanto quando abbiamo operato per i loro cuori
e ai loro cuori abbiamo parlato?
17.
Vedi, questa cosa non è forse né giusta né concordante con la tua massima
davvero nobile e bellissima?
18.
Dunque, se tu vuoi, puoi certamente dare risposta alle mie domande!»
19. E
Abedam, lo straniero, disse allora ad Abedam, il
conosciuto: «Ascolta, Abedam, il senso delle tue parole mi piace così tanto che
ormai non posso fare a meno in primo luogo di rispondere alle tue domande, e in
secondo luogo poi di renderti partecipe ancora di qualcosa, e infine, di nuovo,
ancora di qualcosa. Dunque ascolta:
20.
Questo Padre che tu ben conosci, Io l’ho incontrato appunto là dove prima ci
siamo incontrati. Poi, per quanto concerne il Suo aspetto, puoi credermi: –
Egli mi assomiglia perfettamente così quasi come si assomigliano i nostri nomi,
e per questa ragione Egli pure assomigliava molto a te.
21.
Dove però Egli fosse diretto, non te lo posso dire con precisione. Questo
soltanto è certo: – Egli non è andato via dai Suoi figli, bensì, facendo una
piccola deviazione, è andato di nuovo dai Suoi figli.
22.
Vedi, adesso hai tutto quello che ti occorre come risposta alla tua domanda;
ora però viene ancora qualcosa che dà luogo a una controdomanda!
23.
Vedi, considerato che sei un destato ed hai così a lungo contemplato il Padre,
mi meraviglia come tu non abbia potuto, di primo acchito, rilevare questa
somiglianza fra me, te e Lui!
24. E
ora c’è ancora il qualcosa d’altro, e questo consiste in una nuova domanda!
Vedi, è stranissimo però, che la tua massima sia pure la mia, e il paragone del
verme è già da lungo tempo cresciuto sul mio terreno! Dimmi dunque se ora noi
non facciamo l’uno per l’altro!
25.
Ma su una cosa rifletti: – se qualcuno per la propria beatitudine vuol essere
il minimo fra tutti, non è ciò, nascostamente, ugualmente e precisamenmte come
se qualcun altro, per la medesima ragione, volesse essere il più grande tra
tutti i suoi fratelli?
26.
Vedi, tale cosa è causa di qualche pensiero per te! Se tu dunque lo vuoi, puoi
ben sciogliermi questo nodo!»
27. E
Abedam, il conosciuto, non seppe quale risposta
dare al suo omonimo; e perciò lo pregò dicendogli:
28.
«Caro amico Abedam, che tu sia un figlio delle terre del Mattino, vedi, questo
lo rivela la tua sapienza, davvero incomprensibilmente alta! Io volentieri
vorrei dare risposta alle tue domande, se mi fosse possibile; però non riesco a
comprendere nemmeno le tue strane risposte alle mie domande e a procurare loro
un posto sicuro nel mio cuore.
29.
Per quanto concerne interamente le tue domande, sarà dunque ben necessario che
tu rinunci ad ottenere da me una risposta, perché soltanto adesso mi accorgo
bene come io sia ancora terribilmente stolto.
30.
Certo, caro amico, è venuto molto a proposito che tu mi abbia trattenuto e
costretto al ritorno, perché, se fossi giunto ai miei con questa stoltezza,
riconosciuta solo ora, oh, come avrebbe allora una stoltezza destato l’altra, e
come infine l’avrebbe soppressa del tutto!
31.
Perciò non chiamarmi più destato, ma
chiamami invece stolto addormentato,
poiché quanto più ora rifletto su me stesso, tanto più stolto appaio a me
stesso.
32.
In verità, poiché in forza della mia massima mi trovai beato presso questo
Padre santo, io mi ritenni anche già destato, e soltanto ora mi accorgo proprio
bene di quanto poco il mio cuore abbia compreso tutte le sublimi parole dalla
bocca del Padre, e di quanto poco esso abbia accolto profondamente in sé queste
parole come una semina meravigliosa dell’eterno Amore e così pure della vita
eterna!
33. O
amico Abedam, perdonami se per questi motivi non posso rispondere alle tue
domande! Amen!»
34. E
Abedam, lo sconosciuto, allora replicò:
«Ascolta, mio fedele omonimo, io sono anzi perfettamente soddisfatto della tua
risposta, perché mi hai appieno sviscerato ciascun punto della mia domanda, e
così noi siamo completamente concordi!
35.
Tu ora scorgi quello che ancora ti manca, e ti sei giustamente umiliato nel tuo
cuore. Contempla ora la tua massima nella giusta luce, ma io intendo essere utile
a ciascuno con la parola e con l’opera!
36.
Dì, dunque, e giudica: – non siamo fatti l’uno per l’altro, e come se io già
dall’eternità esistessi per te e ti avessi creato soltanto per me?»
37. E
Abedam, al colmo della gioia, esclamò: «Sì,
certo, la cosa appare ora a me stesso già chiara quanto il Sole, come un padre
per il figlio e come il figlio per il padre!
38.
Abedam, carissimo amico mio, ho ancora l’impressione come se non potessimo mai
più in eterno separarci l’uno dall’altro, e come se io non potessi mai più fare
a meno del tuo aiuto! E così io pure voglio che noi restiamo uniti non solo
temporaneamente, ma anche per l’eternità!»
39. E
Abedam, lo straniero, osservò: «Vedi, tu mi hai
prevenuto! Da quando io ti conosco, questo è stato anche il mio unico desiderio
e la mia unica volontà!
40.
Ma ascolta: – Io odo degli inni di lode. Siamo vicini alla meta. Calmati dunque
e conducimi da Adamo e dagli altri! Amen!».
[indice]
L’arrivo di
Abedam, lo straniero, presso i padri
10 novembre
1841
1.
«In verità…» disse allora Abedam, il conosciuto,
«…ecco qui la parete crollata! E vedi, a quanto mi sembra, essi sono ancora
tutti radunati là! E a quanto mi sembra di scorgere, Enoch sta tenendo appunto
il discorso di congedo ai figli della Mezzanotte. Ecco, certo egli parla a
Jura, a Bhusin e ad Ohorion!
2.
Proseguiamo perciò di buona lena! Forse arriviamo anche noi a sentire qualche
parola che può fare al caso nostro. Affrettiamoci dunque!»
3. Ma
Abedam, lo straniero, obiettò al conosciuto:
«Ascolta, mio caro amico, dimmi a che cosa può giovare la fretta quando ci si
trova già sul posto!
4.
Per quello che riguarda le parole di Enoch, le ultime non ci gioveranno un
granché se abbiamo perduto le prime, o a cosa servono a un altare le pietre di
sopra, se prima non sono state poste le pietre di sotto a fondamento
dell’altare stesso?
5.
Oppure: – hai mai visto che il giorno cominci di sera, o che un albero dia
inizio al suo sviluppo dalle cime che sono nell’aria e che poi da queste,
procedendo all’ingiù, vada formandosi il tronco terminante infine nelle radici
che sono entro il terreno?
6. O
a che servirà a qualcuno coprirsi il capo con un cencio, se non ha niente altro
con cui ricoprire il resto del corpo?
7.
Vedi, io penso perciò così: – lasciamo che Enoch finisca il suo discorso, e
piuttosto attendiamo qui un po’, per non turbare nessuno nell’attenzione del
proprio cuore!»
8. E Abedam, il conosciuto, si dichiarò perfettamente
d’accordo, e disse ad Abedam, lo straniero: «Mio caro amico, io credo che con
la potente parola della tua sapienza, che è altresì colma della più deliziosa
armonia, tu potresti condurmi anche nel fuoco, ed io ti seguirei in tutte le
profondità dei mari e in tutte le acque della Terra!
9. In
verità, mio carissimo amico, non solo la tua figura, ma anche la tua parola
hanno una somiglianza straordinariamente grande con quella del Padre – tu già
sai di Chi intendo parlare; soltanto fisicamente mi sembri molto più robusto di
quanto mi fosse apparso il Padre, poiché la Sua figura appariva
considerevolmente più esile e più piccola, cioè – bisogna che tu mi comprenda
bene – considerando sempre la Persona; ma, naturalmente, in tali considerazioni
non può entrare affatto la figura spirituale del Padre, che è dotata in eterno
di forza e potenza infinite!»
10. E
Abedam, lo straniero, osservò: «Dunque ora
scorgi questa contemporanea somiglianza e diversità tra me e il Padre?
11.
Sì, certamente hai ragione; è stato davvero così! Ma mio caro amico: – qual è
il tuo pensiero per quanto riguarda la figura più piccola e più debole? Vedi,
dal canto Mio sono di questa opinione: – se, come tu pure saprai, questo Padre
appare ai Suoi figli sotto una figura un po’ estranea, per mostrare con ciò a
loro come era costituito il loro cuore, potrebbe molto facilmente essere che
anche la Sua parvenza più debole d’allora sia da mettersi in strettissima
relazione con questo fatto!
12. E
qualora Egli forse ritornasse inatteso dai propri figli, e i loro cuori si trovassero
più liberi e più ferventi d’amore, cosa ne dici tu, non potrebbe forse il Padre
mostrarsi più vigoroso della prima volta, e non potrebbe in questo caso
accadere che Egli mi assomigliasse fino all’ultimo particolare?
13.
Poiché io credo che la figura del Padre rispetto ai figli si regoli sempre
secondo l’amore più o meno libero dei loro cuori per Lui! Ma tu, che idee hai a
questo riguardo?»
14. E
Abedam, il conosciuto, completamente fuori di sé
per la meraviglia, rispose all’altro Abedam: «O amico, devo confessarti
apertamente che come misteriose sono suonate le tue parole finora, altrettanto
chiare suonano invece adesso!
15. E
di nuovo puoi persuaderti di quanta maggiore sapienza vi sia in te che non in
me! In verità, questa circostanza quanto mai importante, cui accennasti proprio
ora, sarebbe del tutto sfuggita al mio cuore!
16.
Tutavia devo già dirti in anticipo che, per come si presentano in questo
momento le cose al mio giudizio, io credo che quando Adamo, Enoch e tutti gli
altri ti sentiranno ragionare riguardo a qualche argomento, in verità, tutti
costoro spalancheranno gli occhi ed aguzzeranno fortemente gli orecchi! Perché,
da quanto posso giudicare, quando ti si ode parlare, si dovrebbe davvero
senz’altro credere che tu, o sia stato assolutamente e completamente destato
dal Padre che incontrasti, oppure – bisogna che tu mi comprenda! – che tu sia
addirittura il Padre stesso. Comprendi bene, mio caro amico, che tutto ciò lo
dico solo in via di paragone!
17.
Sì, certo, in verità, con te non farò brutta figura presso i padri!
18.
Dal canto mio, però, sono immensamente felice e devo apertamente confessarti
che se io interrogo il mio amore, e gli dico: “Chi ami di più, il Padre, oppure questo amico?”, esso mi risponde:
“Quello che io possiedo, l’ho di certo
tutto dal Padre, ma quello che do al Padre e a questo amico, è perfettamente
identico e non vi è in ciò alcun divario!”
19. O
Adamo! O Enoch! O voi tutti che lì vivete: – sarà ben stranamente particolare
la vostra meraviglia per questa sapienza!
20.
Ma adesso, mio carissimo amico, vedi, ora Enoch si è inchinato all’altare e ai
padri, e il suo discorso è finito! Se tu vuoi, io vorrei presentarti!»
21. E
Abedam, lo straniero, osservò: «Ascolta Abedam,
è meglio che tu mi preceda e che mi annunci. Solo dopo fa’ ritorno qui, portami
buone notizie e poi conducimi da tutti i padri! Amen!»
22. E
Abedam si mosse subito, si avvicinò ai padri e riferì loro quello che nel breve
tempo trascorso dalla sua partenza gli era accaduto. Di ciò tutti si sorpresero
moltissimo, perfino Enoch, tanto anzi che questi
immediatamente gli domandò: «Caro Abedam, fratello in Dio Emanuel-Abbà! Dimmi
in poche parole soltanto, che effetto fecero sul tuo cuore le sue parole»
23. E
Abedam gli rispose: «Fratello Enoch, davvero, come
ho già confessato, per mio conto non constatai assolutamente la benché minima
differenza tra lui e l’Emanuel!
24.
In poche parole dirò a te che pure poco fa, quando mi congedai da qui, mi
chiamasti destato, che questa mia qualità era, al paragone della sua sapienza
immensamente chiara e alta, anzi altissima, la più evidente cecità, stupidità e
nullità, e quanto di più inutile e stolto tu saresti mai capace d’immaginare
che si potesse desumere da tutto ciò!
25.
Per questo, caro fratello Enoch, ti dico: – rallegrati di lui con tutto il
cuore, perché lui sarà immancabilmente anche per te, causa di grandissima
gioia! Ma ora è tempo di andarlo a raggiungere e presentarlo a voi!».
26.
Enoch perciò chiese ad Abedam se non avrebbe potuto andare anche lui incontro
allo straniero.
27. E
Abedam acconsentì di tutto cuore. E così entrambi giunsero ben presto benvenuti
presso Abedam, lo straniero.
28. E
Abedam, lo straniero, chiese immediatamente ad
Enoch: «Carissimo Enoch, vedi, si è fatta sera! Voi siete in procinto di
abbandonare il luogo consacrato per far ritorno alle vostre dimore. Vorreste
concedere a me e al mio omonimo di venire con voi sulle alture, di pernottare
presso di voi, e poi di celebrare con voi, domani, il Sabato del Signore?
Poiché, vedi, dato che Io ho appreso quali e quanti avvenimenti si sono svolti
qui, è sorta in me una brama ardente di vedere i destati e viventi figli del
grande Padre santo e di ascoltare poi dai loro cuori viventi pure delle viventi
parole!»
29.
Ed Enoch gli rispose: «O amico e mio nuovo
fratello che io non conosco ancora, per ospiti della tua specie noi abbiamo
dimore in grande quantità sulle alture. E non solo per oggi e per domani, ma
per tutti i tempi dei tempi e per le eternità delle eternità tu puoi dimorare
con noi!
30.
Gli amici del Padre sono pure i nostri, e coloro che Egli ci invia, possono
avere presso di noi dimora in eterno! Perciò se ora vi è gradito, seguitemi
pure e la vostra volontà sia fatta! Amen!»
31.
Essi allora si mossero, e quando furono giunti del tutto vicini agli altri
padri, li salutarono, e tutti si affollarono intorno ai due Abedam. Adamo, però, si girò, poiché Abedam passava dietro di
lui, e domandò ad Abedam, lo straniero:
32.
«Caro e benvenuto amico ed ospite del nostro amore! Siccome tu, a quanto prima
ci raccontò il tuo omonimo, giungi direttamente dalla regione del Mattino,
dimmi, se ti aggrada: – che cosa vanno facendo là i figli? E se vuoi: – chi è
tuo padre, degnissimo senza alcun dubbio, e da quale linea discende da me?»
33. E
a questa domanda di Adamo, Abedam, il conosciuto,
fece subito un cenno ad Enoch e gli disse: «Carissimo fratello mio Enoch,
adesso aguzza il tuo orecchio e il tuo cuore!»
34.
Ed Enoch lo ringraziò per avergli richiamato tale circostanza alla memoria,
mentre lo straniero così rispose ad Adamo:
«Ascolta, Adamo: – per quello che concerne la tua prima domanda, la risposta è
contenuta già nella domanda stessa; e se tu pure sei nel numero dei destati, ti
deve essere ben più chiaro del Sole quello che mi domandasti! O forse, davvero
non ti è chiaro quali sono i figli che si chiamano ‘figli della regine del Mattino?
35.
Ma se tale è il caso, allora – permetti, o padre Adamo, che te lo dica –
certamente la tua domanda, concepita in modo straordinariamente superficiale,
ne risulta scusata, e alla stessa non ti può essere data altra che una risposta
altrettanto superficiale, quella cioè che i tuoi figli della regione del
Mattino sono tutti vegeti e sani, e che molti si rallegrano per la giornata di
domani.
36.
Però, per quanto riguarda la tua seconda domanda, essa è simile a un laccio per
accalappiare. Ma vedi, tu non mi piglierai così facilmente; anzi, io ti dico
che l’aquila che vola nelle alte regioni dell’aria la piglierai molto prima di
quanto potrai pigliare me! Tuttavia ti consento di fare questa domanda, poiché
è stato l’amore a suggerirtela; se non fosse stato così, ne avresti avuto una
dura risposta!
37.
Se io facessi a te l’identica domanda, che risposta mai mi daresti?
38.
Ma vedi, nella tua qualità di destato ti dovrebbe pure risultare ben chiaro se
io ho un padre oppure se non ce l’ho. Oppure, se tu dormi ancora».
39. E
Adamo si meravigliò in sé moltissimo per la risposta ricevuta, e non si azzardò
più ad interrogare lo straniero riguardo a nessuna cosa.
40. Enoch invece chiese ad Abedam, il conosciuto: «Ma caro
fratello: – è proprio vero che tu non hai riconosciuto ancora il tuo omonimo?»
41. E
Abedam, sconcertato, rispose di no! Ed Enoch
aggiunse: «In verità, nell’uomo non c’è niente più del cuore che possa rimanere
così a lungo nella non comprensione! O Signore, usa pazienza con noi che siamo
deboli! Amen! – Abedam, io sono del parere che tutti i destati dormono ancora!
Mi comprendi tu?».
[indice]
La domanda
di Abedam, lo straniero
11 novembre
1841
1. E Abedam, il conosciuto rispose ad Enoch: «Carissimo
fratello in Abbà-Emanuel! Che io in nessun modo possa essere contato fra i
destati, questa cosa la percepisco anche troppo chiaramente in me e, per dirla
apertamente, questa chiarezza sembra, anzi è, quanto di più chiaro vi sia in
tutta la mia vita.
2.
Riguardo poi alle condizioni in cui si trovano gli altri, fratello Enoch,
questo certo non lo potrà rilevare proprio con grande celerità qualcuno che
disponga della chiarezza della vita di cui ho detto prima e della quale io
porto la colpa!
3. Ma
se le cose stanno realmente così come appaiono alla grande stupidità della mia
vita, mi sembra – detto sottovoce fra noi – che neppure al nostro amato padre
Adamo vada troppo bene!»
4. Ed
Enoch allora gli replicò: «Ascolta, le tue
parole suonano bensì alquanto vuote, però sta pur sicuro che se tu scorgi la
notte in te, vuol dire che sei già destato! Poiché, se tu dormissi, potresti
ben poco accorgerti della notte che è in te, bensì piuttosto sogneresti di
essere nel giorno più cieco di tutti. Infatti, chi sogna, non sa di dormire e
sognare.
5.
Vedi, io la penso così: – prima che ci apparisse il Padre santo ed amorosissimo
in Emanuel-Abbà, noi dormivamo e sognavamo tutti, ma quando Egli venne, ci
destò tutti. Ma, vedi, noi ci svegliammo sì, ma non nel giorno della vita,
bensì nella notte dei nostri cuori e, qualora Emanuel non ci avesse fatto così,
noi dormiremmo ancora nel giorno morto del nostro sogno!
6.
Invece, come sai, da noi vige una norma già antica, cioè quella di destare i
figli almeno una buona ora prima del levar del Sole, affinché i loro occhi
deboli si abituino progressivamente al giorno che si annuncia, e perché poi
possano facilmente e senza svantaggio sopportare la luce intensa del giorno.
Dunque: – credi che così facendo noi ci dimostriamo forse più saggi di Emanuel?
7.
Oh, vedi, anche questo Egli ce lo insegnò a causa della natura della carne! Ma
l’occhio dello spirito non vale di più di quello della carne?
8. Ma
se noi procediamo così per il benessere degli occhi della carne, puoi pensare
che il Signore agirà meno pietosamente verso gli occhi dello spirito?
9. O
mio caro fratello Abedam, vedi, quello che il Signore fa, è sempre fatto bene e
saviamente!
10.
Noi siamo desti, e sarebbe una grande ingratitudine verso il Padre, tanto
immensamente santo e buono, non riconoscere quello che Egli ha fatto a noi!
Però noi tutti fummo destati nel mezzo della notte, e ciò per effetto del
supremo Amore di Abbà, ma non dobbiamo riaddormentarci mai più! Il giorno dello
spirito è più splendente di quello della carne. Perciò anche per il benessere
dell’occhio spirituale è necessario essere destati verso la metà della notte,
poiché coloro che dormiranno fino al giorno fatto, saranno certamente uccisi
dalla luce intensa del giorno! Mi comprendi, o caro fratello?»
11. E
dopo che Enoch ebbe indirizzato ad Abedam queste parole, Abedam, lo straniero, Si volse indietro verso i due, e
disse loro le seguenti parole che vanno assai ben notate:
12.
«O carissimi amici Miei! In verità, non una parola del vostro colloquio è
sfuggita al Mio orecchio! E tu, Abedam, sei desto perché scorgesti e tuttora
scorgi la notte in te; e tu, Enoch, sei desto in maniera vivente, dato che ti
accorgi del tempo in cui il Padre vi ha destati, e ti rendi conto del perché, e
presagisci con grande certezza il gran giorno che viene!
13.
Tu hai ben parlato a tuo fratello, e ciascuna delle tue parole è già scritta
con i caratteri fiammeggianti delle stelle nel libro della vita eterna. Però
ora Io vi farò una domanda alla quale vorrete cortesemente rispondere, giacché,
senza la soluzione di questo problema, ciascun uomo, anche se destato nella
notte con forti scosse, rimane più o meno assonnato; e un tale stato del
destato è peggiore del sonno stesso!
14.
Ma l’importante domanda di cui intendo parlare è questa: “Che differenza visibile c’è fra il crepuscolo, la mezzanotte e
l’alba?”
15.
Vedete, questa cosa è fondata nell’Ordine eterno di Dio! Il dormiente però non
distingue alcun divario nella notte, perché dorme, e quando il gran Destatore
viene, quale un vento mugghiante della mezzanotte, egli apre bensì gli occhi,
ma poi si volta dall’altra parte e si riaddormenta per sognare finché il Sole
si è levato. E quando infine si alza, egli teme la luce e cerca al più presto
di nascondersi sotto la fitta ombra.
16.
Un altro invece si alza, si sfrega gli occhi e si stira tutte le membra;
tuttavia rimane sonnolento fino al levar del Sole e procede barcollando
continuamente di qua e di là pieno di rabbia, e non sa affatto che ora sia, e
non fa che rimpiangere il dolce sonno perduto, mentre non pensa affatto al
giorno che sta per arrivare. E per quanto sia esortato a vestirsi, egli
tuttavia se ne sta là pigro e svestito finché il Sole non si sia alzato, e gli
sarebbe molto più caro che ritornasse il crepuscolo, piuttosto che si
annunciasse il mattino della vita.
17.
In verità per lui il giorno non sarà apportatore di alcuna letizia!
18.
Ma colui che si è veramente e pienamente destato si rallegra invece dello stato
sveglio della vita già al primo destarsi, e nella mezzanotte glorifica il suo
grande e santo Destatore. Ora sì che quest’ultimo, il pienamente destato, è di
certo colui che ben presto riconosce quale ora è, e che perciò conosce anche il
divario che c’è tra il crepuscolo, la mezzanotte e l’albeggiare!
19.
Ad ogni suo respiro egli è in attesa del giorno che viene, e già i primi albori
riempiono il suo spirito di una gioia che è maggiore di tutti i cieli visibili!
20.
Vedete dunque, Miei cari amici, quale importanza assuma la risposta alla
domanda fatta! Ma Io vi aggiunsi pure questa spiegazione, affinché possiate
trovare con maggiore facilità una risposta conveniente a questa domanda così
importante. E dunque, rispondeteMi uno dopo l’altro, tuttavia purché lo
vogliate! Amen!»
21. E
Abedam, il conosciuto, rivolto ad Enoch disse
subito: «Fratello, le parole che tu prima indirizzasti alla mia stoltezza mi
hanno purificato gli occhi, tanto che adesso vedo molto bene a che ora della
notte sono stato svegliato dal sonno; grazie eterne siano rese al gran
Destatore santo. E so anche, ormai, che sono veramente desto e il perché lo
sono. Tuttavia, fratello, questa domanda, o mio amatissimo omonimo, la tua
domanda non è cresciuta sulla nostra magra Terra! Io, per conto mio, sento di
nuovo con assoluta chiarezza che non sarò il solutore di un tale problema!
22.
Certamente sono desto – ne vada al Signore ogni lode, ogni grazie, ogni onore e
ogni amore – tuttavia fino a quale punto il mio stato di veglia nella notte sia
accompagnato pure da una molesta sonnolenza, vedi io riesco a mala pena a
scorgerlo! Perciò, caro fratello Enoch, sarà necessario che ti incarichi tu
della risposta a questa domanda capitale, se lo vuoi! Amen!»
23.
Ed Enoch disse ad Abedam, il conosciuto: «Odi,
caro fratello: – a me sembra invece che il nostro carissimo amico abbia
proposto la domanda includendovi già la risposta, e sta dunque soltanto a noi
non tanto rispondere alla domanda medesima, quanto piuttosto riconoscere la risposta
che si trova già inclusa nella domanda ed accoglierla poi nella vostra vita!
24.
Poiché vedi, io la penso così: – colui dalla cui bocca esce una domanda simile,
dal suo cuore sgorga pure, assieme alla domanda, un’inesprimibile benevolenza!
E sii pur certo che questo proponitore di problemi non ha come scopo sottoporci
ad esame, oppure esplorare il nostro granello di pulviscolo solare che male
arde senza alcuna fiamma, per far piacere alla propria imperscrutabile
sapienza, bensì la sua gioia Egli la trova soltanto nell’elargire doni di una
magnificenza inaudita, celati nel mistero! Mi comprendi tu, Abedam?»
25. E
Abedam, lo straniero, afferrò i due sotto le
braccia, li sollevò un po’ da terra e li depose poi di nuovo giù dolcemente, e
cominciò a dare loro la spiegazione seguente:
26.
«O Miei pienamente amati, una gran fedeltà risiede nei vostri cuori. In te,
Enoch, vi è Luce che proviene dall’amore, mentre in te, Abedam, c’è invece
amore che proviene dalla Luce! Entrambe le cose sono buone ed abbracciano il
senso dell’Ordine divino, e la fonte della vita sgorga incessante e lieta verso
il giorno grande ed eterno.
27.
Ma il crepuscolo, la mezzanotte e l’alba non scorrono con il giorno, bensì
rimangono indietro e svaniscono una dopo l’altra.
28. E
tuttavia sono necessarie, in base a quel medesimo Ordine per cui il terreno è
necessario alla semente; quindi anche loro lo sono alla vita! Ne consegue
allora che il crepuscolo corrisponde al tempo della semina e del riposo del
terreno; la mezzanotte corrisponde invece al primo tempo del destarsi e del
sorgere del germe dalla materia; e l’alba al tempo della deposizione della
materia e della crescita attraverso l’assorbimento della rugiada mattutina.
29.
Spesso però la rugiada cade già molto prima del levar del Sole, e tale è
appunto il caso che qui si verifica ora con noi.
30.
Vedete, il Giorno del Signore non è come uno dei giorni della Terra, bensì
quando esso viene, viene solo, e a lui non segue mai più in eterno alcuna
notte, e perciò anche la notte che vi precede è sicuramente giusta, secondo
l’Ordine divino, poiché essa è una necessaria precorritrice del gran Giorno!
31.
Ma quale vivente vorrà mai restare nella notte? Se non si lascerà destare, non
svanirà con essa quando sarà venuto il giorno?
32.
Vedete, queste sono le grandi differenze, ed anche perciò Io vi sollevai
entrambi, affinché questa cosa voi vogliate comprenderla nella vita!
Intendetela bene, e rimanete con Me come Io rimango con voi. Però è bene che
tacciate fino a domani! Amen!»
[indice]
Un vangelo dell’amore
12 novembre 1841
1.
Dopo di ciò, Enoch aggiunse ancora: «Sì, certo,
la cosa sta veramente così! Così la percepì profondamente il mio spirito;
soltanto che la mia lingua non ha osato esprimerla perché anche qui lo spirito
mi disse di lasciare in riposo la mia debole lingua, giacché tale cosa se l’è
riservata la lingua di un Altro, ben più possente, affinché porti efficacemente
la benedizione!
2. O
grande Abedam, ascoltami nel silenzio del mio cuore, perché ora io vi sento
dire: “Jehova, come deve essere grande e
santo il Tuo Amore! Se Tu destini una grazia a qualcuno per l’indomani, Tu,
santo e buon Padre, senza che il cieco beneficiato se ne accorga, gli dai in
dono la grazia già nel momento stesso in cui gli annunci di avergliela
concessa!
3. E anche perciò, o santo ed eccellente Padre,
quanto più il mio cuore cerca di scrutare nella Tua infinita Bontà, tanto meno parole
esso trova per lodare degnamente, glorificare e adorare Te, o Padre; e il mio
cuore, per la potenza dell’amore per Te, diventa troppo angusto. E così infine
l’amore che non può più essere contenuto nel cuore, deve ardentemente
abbracciarTi ed amarTi sopra ogni cosa in tutte le parti e nelle membra nelle
quali si è riversato!”
4. Ma
se poi io interrogo di nuovo il mio spirito e dico: “Ma non posso amare il Padre santo e buono, in modo ancora più veemente
e infinitamente di più?”. Nello spirito mi viene risposto: “Chi è colui che, avendo il cuore colmo
d’amore, può amare come vorrebbe? Vedi, l’amore non è mai sazio, e perciò mai
esso potrà trovare sazietà, se non unicamente nell’Amore infinito del Padre
santo!”
5.
Dunque, o Padre, io Ti amo con sempre più intensa fame d’amore, e se fosse
possibile, oh, con quale ardente brama vorrei, o Padre, amarTi fino a morirne!
6. O
Padre, mio caro Padre santo, accogli la goccia di rugiada del mio amore come
tuttavia fosse qualcosa al Tuo cospetto! Amen!
7. E
tu, diletto mio fratello Abedam, dimmi: – qual è ora lo stato del tuo cuore,
sì, del tuo cuore amante, dato che certo ormai avrai riconosciuto in quale
periodo della notte ci troviamo?»
8. E Abedam, il conosciuto, rispose allora ad Enoch:
«Carissimo fratello, vedi, nel tuo amore tu sei più felice di me, poiché nel
fuoco del tuo cuore puoi esprimere ancora parole! Io, invece, anche a questo
riguardo, vedi come sono terribilmente sciocco! Quando, come ora succede,
l’amore mi afferra con forza proprio grande, allora con la maggior fatica di
questo mondo riesco appena a mettere insieme le poche parole che appunto adesso
intendi da me, ma non devo nominare l’oggetto del mio amore, perché altrimenti
è finita con la mia misera arte oratoria!
9.
Però un qualcosa riesco tuttavia a dirti ancora, e cioè che la mia sconfinata
stoltezza ha pure essa riconosciuto finalmente quello che non ha riconosciuto
prima. Infatti riconosco a che ora e in quale periodo della notte ora ci
troviamo, pur avendo già preteso di saperlo. Ora posso dirti che conosco anche
l’ora esatta! Ma ora lo sai anche tu che dobbiamo tacere fino a domani! Vedi,
me ne sto già zitto!»
10. Abedam, lo straniero, espresse allora ai due il Suo
compiacimento, e disse: «Ascoltate: – così è infatti! Il vero amore deve anche
amare a morte, sia nello spirito, sia nell’azione della carne, e solo questa
morte è la genuina risurrezione alla vera vita eterna, nella quale poi, solo e
unicamente questo amore vivrà nella delizia suprema, sempre nell’eterna
crescita e nella beatitudine vera e potentissima della propria vita. Tuttavia
un destino risolutivo attende ciascun amore. Chi ama il mondo, morrà nel sempre
crescente amore per il mondo; ma poiché il mondo non ha vita, bensì soltanto la
morte, così anche il morto nell’amore per il mondo non risorgerà neppure a una
nuova vita, bensì soltanto a una nuova morte.
11.
Chi ama la carne, per effetto di questo amore anche morrà per la carne, ma
poiché anche la carne è morta, neppure lui risorgerà a nuova vita, bensì alla
nuova morte della carne come gli amanti del mondo.
12.
Chi ama se stesso, anche morrà nel proprio amore; e siccome ciascun uomo in sé
e per sé è morto, così pure colui che per se stesso morrà non risorgerà mai più
a nuova vita, ma anch’egli, invece, risorgerà appunto in sé alla nuova morte.
Chi però è del tutto privo d’amore ed è colmo d’odio per tutte le cose, ebbene,
presso un tale uomo la seconda morte ha già edificato la propria dimora. Chi
però ha il cuore pieno d’ira, al suo cuore batte già la seconda morte; e chi è avaro
e pieno d’invidia ha già stretto a sé con entrambe le braccia la seconda morte.
13. E
chi infine raccoglierà per sé i tesori e le ricchezze del mondo, egli sarà
colui che erigerà alla seconda morte una perpetua dimora; e chi ama la vita di
questa Terra, che è una morte transitoria oppure un morire parziale e
continuato, non cesserà mai più di morire[15].
14. È
vero che ogni amore uccide, e questo vale anche per l’amore per Dio, però in
nessun amore ucciso si ritroverà giammai la vita, se non unicamente nell’amore
per Dio, poiché Egli soltanto è la Vita eterna stessa.
15.
Ciascun amore di certo si ritroverà conscio di se stesso; ma, amici, nel
ritrovarsi ci sarà una differenza infinita, e cioè: – nella Vita, oppure nella
morte!
16. E
così, Enoch, il tuo amore è già morto per tutto e si è ritrovato in Dio; per
questo tu già sei un nuovo vivente per tutte le eternità delle eternità.
Tuttavia, nel modo in cui hai trovato la seconda vita, d’ora innanzi pochi
soltanto la troveranno, poiché solamente il più possente fuoco dell’intimo
amore per Dio può operare una simile grazia. Comprendete bene quanto vi ho
detto, e fino a domani tacete!»
17.
Mentre questo discorso giungeva al termine, la comitiva era felicemente
arrivata alla capanna di Adamo, dove tutti si sedettero per qualche tempo a
terra e, secondo l’antica usanza, ricevettero da Adamo la buona benedizione
paterna.
18. E
dopo di ciò si alzarono tutti, s’inchinarono con la massima reverenza ad Adamo,
lo ringraziarono per la benedizione e infine venne dato loro il permesso di
ritirarsi per il riposo. Adamo pregò Enoch, i due Abedam e Lamech di entrare
nella sua dimora e rimanervi. A Set egli ricordò la necessità di provvedere
alla cena, e subito Set si recò nella sua capanna, dove sua moglie e molti dei
suoi figli lo attendevano ansiosamente. Egli disse loro di andare nella capanna
di Adamo per riceverne là la benedizione, come tutte le molte altre mogli e i
figli che aspettavano da tempo l’arrivo di Adamo e degli altri padri con grande
desiderio.
19. E
dopo che tutti ebbero ottenuto da Adamo la benedizione, ed ebbero di nuovo
abbandonato la capanna fra dimostrazioni di reverenza e gratitudine, allora
comparve Set, seguito da sua moglie, entrambi ben provvisti di cibo e bevanda.
20.
Però l’oscurità si era frattanto molto accentuata, e in pari tempo si
annunciava una violenta burrasca, in modo che la sera ne risultava ancora più
tenebrosa.
21. E
Adamo perciò pregò Set di procurarsi una buona fiaccola di legno resinoso, la
cui produzione era affidata alle cure di Enoch, per poter con essa fare un po’
di luce nella capanna assai oscura.
22.
Ma Abedam, lo straniero, disse ad Adamo e a Set:
«Ascoltate, amici, lasciate perdere! Vedete: – perché addossare tutta questa fatica
superflua a Set, che è stanco, dato che egli non è più un giovanotto?
23.
Per quel che riguarda l’illuminazione della capanna, lasciatene la cura
soltanto a Me, e qui dentro sarà ben presto fatta luce, perché di far luce Me
ne intendo meglio ancora di Enoch con le sue fiaccole!
24.
Ed Io basta che dica: “Luce sia fatta!” e, come voi tutti vedete, di luce ce
n’è in quantità sufficiente per tutti noi nella capanna!».
25.
Ed immediatamente si fece chiaro nella capanna come in pieno giorno, ma nessuno
seppe come, perché in nessun luogo si poté scorgere una fonte luminosa.
26.
Enoch e Abedam sapevano bensì con precisione da dove veniva la luce e quale ne
era l’Autore; ma come ciò avvenne, rimase nascosto anche per loro. E così tutti
ringraziarono il Signore, dopo lunghe meraviglie, e infine presero posto e
mangiarono e bevettero di lieto umore. E l’altro Abedam non Si fece più notare
in alcuna maniera, e mangiò e bevette di buon animo con gli altri.
[indice]
Set cerca la
luce nella luce
13 novembre
1841
1. A
Set, però, questa particolare maniera di procurarsi la luce da parte di Abedam
non poteva uscir fuori dal capo. Egli tuttavia non si azzardava di domandare a
nessuno, ma ugualmente spiava qua e là. I suoi occhi esplorarono tutti gli
angoli della capanna, e con il pensiero non trascurava di passare
meticolosamente in rassegna nessuno dei modi di far luce.
2. Ma
il modo di far luce mediante un semplice “La luce sia fatta!” e per di più
ancora una luce che illuminava tutti gli angoli con uguale intensità e senza
provocare ombre in nessun luogo, questa cosa a Set non era mai capitato ancora
di vederla, e tuttavia non si fidava di domandare spiegazioni a nessuno.
3.
Questo cercare di Set però non sfuggì ad Adamo,
il quale gli disse: «Abele-Set, figlio mio, che cosa cerchi o che cosa vedi?
Oppure scorgi forse nella capanna alcunché di strano?»
4. E Set rispose con il massimo rispetto: «Caro padre,
vedi, si tratta veramente di una cosa alquanto strana, dato che mi trovo proprio
nella condizione di dover cercare la luce nella luce senza però trovarla
affatto! Fuori c’è bensì il lampeggiare di un temporale violento che si leva
dalla regione del Mattino e viene verso di noi; ma in primo luogo esso è ancora
troppo lontano perché il continuo chiarore dei lampi possa illuminare in questa
maniera la capanna, e in secondo luogo il tetto è così in buon stato che, se
anche il temporale si trovasse già sopra di noi, in nessun caso il bagliore di
un lampo, per quanto intenso, potrebbe penetrare così facilmente qui dentro.
5. Ma
se anche lo potesse, non dovrebbe esso con la sua luce suscitare
contemporaneamente anche le ombre degli oggetti illuminati?
6.
Ecco, caro padre, questo è tutto quello che io cerco. Tutto ciò è bensì strano,
ma vero: – cercare la luce nella luce!»
7. E Adamo allora replicò a Set: «Sì, davvero strano! Ma,
vedi, più strano ancora mi appare il fatto che tu vada cercando invano, mentre
vedi che l’Autore della cosa è fra noi! È dunque Lui quello a cui ti dovresti
rivolgere per ottenere ben presto la tua luce nella luce!
8. Se
tu vedi una pietra luminosa, tu vai scervellandoti e ti domandi da dove
proviene la sua luce? Però tu non puoi interrogare nessuno riguardo all’origine
e alla causa della luminosità, perché il grande e possente Artefice è santo e
non risponde a colui che appare impuro dinanzi a Lui, e allora è difficile
chiarirsi le idee riguardo alla luminosità della pietra.
9. Tu
vedi tanto di notte che di giorno le più svariate qualità di luci, – ma chi
puoi interrogare riguardo alla loro essenza, qualora esse suscitino in te
meraviglia?
10.
Qui invece sono contemporaneamente presenti la luce e l’Artefice, e tu vai
cercando quello che è tanto vicino a noi tutti, cioè la luce nella luce? O non
vorresti forse tentare di cercare, quando fosse anche già, il giorno nel
giorno?»
11.
Le parole di Adamo rivolte in questa occasione a Set erano piene della più
splendente verità; solo che come Set cercava quello che il suo cuore non
comprendeva, così anche Adamo in questa occasione proferì parole che egli
stesso non comprendeva neanche in minima parte.
12.
Ma Set, dopo aver inteso quanto aveva detto Adamo, stava tuttavia per
rivolgersi ancora ad Abedam, per avere da Lui informazioni su come Egli avesse
potuto produrre quella splendida luce.
13. Abedam, diede però il benvenuto a Set e gli rispose
prima ancora che questi, alquanto intimidito in quel momento, gli avesse
esposto la domanda del caso, e le sue parole furono queste:
14. «O
Set, non vorresti anche tu produrre luce in questa maniera? Sì, Io sono sicuro
che tu lo vorresti, e ti dico pure che una simile cosa non è così difficile
come te lo immagini, e il mezzo al quale è opportuno ricorrere è quanto mai
semplice! E come hai potuto osservare nel caso Mio, questo mezzo non consiste
in altro se non unicamente in un “Sia fatta luce!”, ma detto con fede seria, e
la luce allora si manifesta dove altrimenti avrebbe regnato l’oscurità!
15.
Vedi, ora tu hai tutto, il mistero si è rivelato tutto, e così pure hai
ottenuto la tua luce nella luce, e il seguito ti insegnerà che tu hai ora
trovato con assoluta certezza la luce, anzi la luce verissima nella più vera
Luce!
16.
Però Io scorgo sulla tua faccia ancora qualche punto interrogativo! Non è forse
sufficiente che Io ti abbia indicato proprio tutto quello che c’è nella Mia
arte?
17.
Va’ nella tua capanna che è immersa nelle tenebre, e fa’ con seria fede
ugualmente come Mi hai visto fare qui, e allora ben ti convincerai che le cose
in rapporto a quest’arte stanno proprio così!»
18. E
Set allora uscì immediatamente dalla capanna di
Adamo ed entrò nella sua, dove i suoi erano raccolti nell’oscurità e temevamo
per l’uragano che andava avvicinandosi sempre più tremendamente minaccioso! Ed
egli, entrando, esclamò: «Sia fatta luce!», e vedi, al momento luce fu fatta!
19.
Ma dopo questo risultato prodigioso che indusse tutti i suoi figli a inorridire
restando quasi irrigiditi dallo stupore, lo sbalordimento di Set non ebbe più
fine!
20.
Tuttavia egli riprese animo, tranquillizzò anzitutto i suoi, ma poi fece subito
ritorno alla capanna di Adamo, dove, appena giunto, in primo luogo ringraziò
Abedam, lo straniero, per avergli insegnato una tale arte meravigliosa, e poi
cominciò a sciorinare tutto ciò che nuovamente lo aveva colpito in relazione a
quel prodigioso risultato della straordinaria produzione di luce.
21. E
Abedam allora gli replicò, dolcemente
istruendolo, come segue: «Set, vedi? Vedi quanto sei rimasto ancora un uomo
esclusivamente esteriore, nonostante tu pure fosti nella regione della Sera fra
coloro la cui luce interiore riconobbe Asmahaele prima di altri, e fosti in
seguito testimone di tutte le Sue opere meravigliose!
22.
In verità, allora non sorsero in te tante domande fondate sul dubbio quante ne
sorgono ora! Sono dunque sfuggite al tuo orecchio le parole indirizzate da
Emanuel ad Adamo quando questi Lo pregò di non volerSi allontanare da voi tutti
così presto, subito dopo il sacrificio offerto da Enoch?
23.
Credi tu forse che la potenza di Emanuel sia più presente nella Sua visibilità,
che nella Sua invisibilità?
24.
Vedi, in ciò consiste tutto quello che ancora ti tiene prigioniero! Puoi forse
con l’occhio materiale contemplare una qualche forza agente, o hai mai visto
che cosa fa muovere a tuo piacimento le tue membra senza la tua cooperazione, o
che cosa spinge il sangue attraverso tutte le tue vene e fa crescere i tuoi
capelli e le tue unghie e la pelle, e spezzetta i cibi nello stomaco e compie
innumerevoli altre funzioni ancora?
25.
Oppure hai mai visto il vento e quale ne è la sua figura, o la forza che
sviluppa il germoglio, o quella che fa muovere il Sole dal suo levare al suo
tramontare, e in simile modo ciò che muove le stelle e la Luna? O con quali
occhi hai mai visto la forza che spinge al mare tutti i ruscelli, i fiumi e i
torrenti?
26.
Vedi, dunque, quanta stoltezza ancora è rimasta in te! Ascolta perciò, e
annotatelo bene: – ciascuna forza, che in qualsiasi cosa, in qualsiasi luogo o
in qualsiasi modo agisce, proviene da Dio, quale Sorgente prima di tutte le
potenze e di tutte le forze. Dio, però, quale Dio, non può essere visto né
compreso nella Sua Essenzialità primordiale da un essere da Lui creato, poiché
chi volesse vedere Dio non potrebbe rimanere in vita, dato che Dio è infinito,
mentre ciascun essere, invece, è finito. Perciò: – come mai potrebbe il finito
contemplare e comprendere l’infinito?
27.
Oppure: – pensi forse che ti sarebbe possibile essere esteso e dilatato
all’infinito, pur conservando la piccola Scintilla di vita che è in te?
28.
Vedi, se anche tu nel tuo cuore replichi con la domanda: “Ma chi o che cosa era allora l’Emanuel che abbiamo visto?”
29.
Io però ti dico questo: “Dio, quale Padre
amoroso, può in qualsiasi luogo crearSi un corpo apparente, e può agire per
mezzo di esso, ma in questo caso il Padre non è quello che tu vedi, bensì
quello che agisce per mezzo di ciò che tu vedi!”
30.
Questa cosa è necessario che tu la comprenda, affinché il tuo amore non rimanga
attaccato ad alcunché che non sia propriamente il vero!
31. E
così pure, rispetto alla luce nella luce, sappi questo: – se il tuo occhio non
fosse luminoso e splendente, potrebbe mai percepire il Sole e la sua luce? E
così pure: – se in te non vi fosse la Forza di Dio, potresti mai concepire alcunché
di divino? Ma siccome tu lo puoi, è segno che anche in te esiste la Forza
divina. Ma allora: – questa forza può comprendere soltanto se stessa, o non può
forse fare ancora di più?
32.
Vedi quanta tenebra ancora si trova in te! Perciò, comanda una buona volta che
anche in te, finalmente, sia fatta la luce! Amen!»
[indice]
Della
semplicità. Il prodigio dell’Amore di Dio
15 novembre
1841
1. E Set,
a cui queste parole di Abedam erano veramente indirizzate, fece tanto d’occhi,
come pure quasi tutti gli altri, quantunque tale discorso li avesse toccati
soltanto alla sfuggita. Ma né Set, né gli altri osarono rivolgere ad Abedam
ulteriori domande, poiché l’alta Sapienza di Abedam li aveva per così dire
quasi annichiliti tutti. Solamente Abedam, il
conosciuto, l’unico a cui rimaneva la lingua a posto e il cuore
tranquillo, incitato dalla sua loquacità, si annunciò ben presto ai padri e all’altro
Abedam, chiedendo il permesso, considerato che là tutto taceva, di dire
qualcosa di suo spontaneo impulso, giacché fino ad allora egli non aveva fatto
comunque altro che domandare o rispondere alle domande altrui.
2. Ed
essendogli stato accordato di buon grado tale permesso, egli cominciò senza
indugio a muovere la lingua dicendo:
3.
«Miei cari padri e fratelli, e Tu pure, mio omonimo enormemente stimato sopra
ogni cosa e ardentemente amato! Da noi è in voga un antico proverbio, secondo
il quale gli uomini molto sciocchi e i fanciulli dicono per lo più la verità;
ora, siccome io certamente di buon diritto appartengo e da sempre sono
appartenuto principalmente ai primi, così io sono fatto proprio per fare il
predicatore! Per questo motivo io dico a voi tutti, e confesso apertamente di
cuore, che fra tutti voi io sono il più felice, naturalmente fatta eccezione
per il mio carissimo omonimo.
4.
Voi vi meravigliate a causa della luce che prima fu fatta in modo prodigioso;
io invece non mi meraviglio affatto, perché, se ci si volesse meravigliare di
tutto ciò che l’infinita potenza e forza e la suprema Sapienza del Signore
possono suscitare e con estrema facilità ottenere, in verità, bisognerebbe
trascorrere la propria vita passando da uno stato di meraviglia a quello di una
meraviglia ancora più grande!
5.
Non è forse un prodigio ugualmente grande ciascun battito del nostro cuore? Ma
chi vorrà far ciò oggetto di continua meraviglia?
6.
Oppure, il fatto che noi vediamo, udiamo, fiutiamo, gustiamo e percepiamo con
il tatto, ci muoviamo volontariamente, stiamo fermi, camminiamo, corriamo,
saltiamo, poi di nuovo ci corichiamo, dormiamo, sogniamo, pensiamo, amiamo,
parliamo in modo da essere compresi, mangiamo, beviamo, eliminiamo dal corpo
per le vie naturali le impurità, possiamo perfino generare nell’amore il nostro
simile, insomma, a dirla breve, tutto quello che noi percepiamo con i nostri
sensi, dite, non sono questi degli incomprensibili prodigi su prodigi?
7. Ma
dove vive l’uomo che volesse meravigliarsi costantemente di tutto ciò e potesse
anche farlo, essendo in grado di pensare anche solo una spanna al di sopra
della terra?
8.
Chi non si rende conto che un uomo forte può sollevare un peso maggiore che non
un uomo debole? A chi dunque può far meraviglia se il forte è più forte del
debole?
9. Se
io prendo una pietra e la lancio a trenta lunghezze d’uomo lontano da me,
mentre uno più forte e più abile la getta lontano a cento lunghezze da lui,
dite: – chi se ne meraviglia? Eppure, questo è un prodigio altrettanto grande
come se Abedam, invece di questa semplice luce, avesse creato, mediante un
possente “Sia fatto!”, un secondo Sole per rischiarare la notte!
10.
In verità, se si considera la cosa nella sua giusta luce, o l’uomo si deve
meravigliare sempre, oppure non si deve meravigliare assolutamente mai! Perché,
se io mi meraviglio per un’opera del Signore e per un’altra, invece, non mi
meraviglio affatto, non divento allora o uno stimatore che suddivide in classi
le opere di Dio, delle quali veramente nessuna nella sua specie è inferiore a
un’altra, o dovrei essere per lo meno ancora cento volte più stolto di quanto
già lo sia per mia natura, se non fossi capace di constatare di primo acchito
che Dio in ciascuna Sua opera è imperscrutabile, inconcepibile ed infinito!? Ma
se tale cosa io la riconosco, come mai allora dovrei meravigliarmi quando il
Dio onnipotente e supremamente sapiente manda a compimento opere le quali,
sotto ogni possibile e pensabile aspetto, devono corrispondere alla Sua
Perfezione infinita?
11.
Certamente, se qualcuno disponendo della sola debolezza umana potesse con
un’unica parola suscitare un cielo stellato, in verità allora sarei autorizzato
a meravigliarmi enormemente; ma che una cosa simile la possa fare soltanto la
potenza di Dio, vedete, questo invece non mi fa assolutamente nessuna
meraviglia!
12.
Oppure dovrebbe forse nessere considerato un prodigio se il Dio onnipotente,
dal Suo Ordine eterno e supremamente sapiente, può compiere tutte queste cose
con assoluta facilità?
13.
Vedete, ciò non mi meraviglia, né mi meraviglierà in eterno; quello invece che
mi colma di stupore grandissimo è che, secondo quanto noi ora sappiamo, questo
Dio onnipotente è contemporaneamente il Padre amorosissimo e santo di tutti
noi! E così io riconosco un solo prodigio dei prodigi, e questo è l’Amore, e
precisamente l’Amore infinito di Dio per noi che siamo dinanzi a Lui un nulla,
e poi anche l’amore in noi per Lui, amore che corrisponde a un abbraccio
dell’Infinito da parte del finito!
14.
Vedete, questa è l’unica cosa della quale io mi meraviglio sempre di più, e per
la ragione che qui due rapporti impensabili – un indicibile nulla ed un
indicibile Tutto – si afferrano vicendevolmente e, per così dire, tendono con
il massimo zelo a pareggiarsi!
15.
Vedete, questo è ciò che mi riempie di meraviglia, e questo io lo chiamo un
prodigio! Ma tutto il resto – poiché Dio fa, in virtù della Sua forza e potenza
eterne, tutto ciò che a Lui è sempre possibile e anche noi facciamo ciò che ci
è possibile – come dovrebbe o potrebbe suscitare in me una qualche meraviglia?
16.
Dunque, se non trovo di che meravigliarmi io, che non posso proprio lamentarmi
di avere troppa sapienza, com’è che voi, pur essendo tutti dotati di sapienza
in quantità abbondante, restate ammutoliti a causa della luce fatta nella
capanna, mentre normalmente non trovate ostacoli a chiacchierare tutto il
giorno, come se nulla fosse, sotto il prodigio molto più grande e spesso
bruciante del Sole? Ma la luce del Sole è forse più debole di questa? O forse
la sua luce è, meno di questa, il prodotto della potenza della Parola divina?
17.
Vedete, questa cosa risalta quale un prodigio agli occhi di un insensato; e in
verità è anche un prodigio, che però a voi che siete saggi non vi ha colpito,
pur avendolo sotto gli occhi già da lungo tempo.
18.
Noi possiamo di certo, con gratitudine, rallegrarci di ciascuna azione di Dio,
poiché sicuramente Egli la fa per puro Amore verso di noi, esseri nulli, ciò
che soltanto è l’unico e vero prodigio; però il non meravigliarsi davanti ad
un’opera della Potenza divina e il restare del tutto indifferenti dinanzi a
un’altra opera della stessa divina Potenza, in verità, questo, considerato
nella sua vera luce, non significa altro che valutare con la nostra stoltezza
le opere e gli atti di Dio!
19.
Non ve ne abbiate a male, cari padri e fratelli, ma non ho proprio più potuto
fare a meno di annoiarvi con un biasimo riguardo a una cosa che, solo con un
minimo di riflessione, avrebbe dovuto risaltare stolta e completamente indegna
di Dio anche a un cieco!
20.
Sia dunque, per tutti noi ed eternamente, motivo di meraviglia soltanto
quest’unico prodigio dell’Amore, grazie al quale il Dio onnipotente è nostro Padre,
ci ama e fa che noi possiamo e ci sia concesso riamarLo! Ma in quanto a tutto
il resto, ringraziamoLo di lieto cuore ugualmente per ciascuna cosa, e così
saremo certamente più degni di poterci chiamare Suoi figli che non guardando
giorno e notte, con gli occhi spalancati ed attoniti e muti per la meraviglia,
i granelli di pulviscolo solare, dimenticandoci d’altra parte dell’amore, della
gratitudine e di tutto ciò che, soltanto, si addice a dei veri figli!
21.
Rallegriamoci dunque di tutte le opere di Dio e ammiriamole, perché sono opere
del Padre, il Quale le ha fatte per amor nostro; ma in quanto a valutarle,
questo lasciamolo modestamente solo a Colui che le ha fatte! Amen!».
[indice]
La vera
fratellanza tra Enoch e Abedam, il conosciuto
16 novembre
1841
1. E
dopo che Abedam, il conosciuto, terminò di parlare, tutti fecero un viso ancora
più meravigliato, e nessuno seppe cosa obiettargli.
2.
Solo dopo qualche tempo, Enoch si alzò e,
porgendo ad Abedam la mano, gli disse:
3.
«In verità, carissimo fratello Abedam, certamente non sarebbe contrario
all’Ordine divino se talvolta i figli volessero presentarsi dinanzi ai saggi
quali veri predicatori di sapienza e rettificare le molteplici stoltezze dei
maestri che tanto spesso si atteggiano a depositari dell’alta sapienza! Tu ora
mi hai tolto un peso immenso dal cuore!
4.
Quante volte io avrei potuto essere lieto e sereno in Dio, se le tue parole
fossero giunte prima d’ora al mio orecchio!
5.
Perciò resterà eternamente vero che quello che il Signore, l’amorosissimo Padre
di tutti noi, ha tenuto celato ai sapienti. Egli lo dona in abbondantissima
misura ai deboli e ai fanciulli!
6.
Sì, è veramente vero che chi vuole scrutare in Dio è un vano temerario, un
grande stolto che va affannandosi a morte, mentre i figlioletti ricevono con
gioia, grati e senza alcuna preoccupazione dalla mano di Dio, il Padre santo,
il pane prezioso della vera vita eterna!
7.
Oh, come è grande la stoltezza degli uomini!»
8. E Abedam, il conosciuto, aggiunse: «Caro fratello Enoch,
‘…e senza dimenticare di mettere in conto
anche la mia stoltezza!’, perché tu sai già quali siano state le mie
condizioni fino a non molto tempo fa!
9.
Tuttavia, quello che io ho detto ora, fratello, è talmente evidente, che
perfino un cieco l’avrebbe notato all’istante!
10.
Però, non per questo posso atteggiarmi a tuo maestro, cosa per cui mi manca
ancora molto. Tuttavia, solo tu rimani il mio maestro nel Signore! Amen!»
11.
Ed Enoch allora replicò ad Abedam: «Fratello
Abedam, cosa vorresti ancora imparare da me? Forse un po’ di stoltezza in
aggiunta alla tua libertà?
12.
Vedi, per conto mio sono anch’io come te, e perciò non cambierei una minima
pietruzza di amore per tutta una Terra colma di sapienza, ed anche per questa
ragione non ho mai detto a nessuno nemmeno una parola di mio proprio e vano
impulso, bensì, quando ho parlato, l’ho fatto soltanto perché ero spinto
dall’interiore Spirito divino. E spesso, a discorso finito, non sapevo cosa
avessi detto, perché non ero io che parlavo, bensì solo lo Spirito divino
parlava dalla mia pessima bocca.
13.
Vedi, fratello, a questo riguardo noi non saremmo affatto in una posizione di
vantaggio l’uno di fronte all’altro; però adesso viene qualcosa che mi rende
stolto dinanzi a te, e questa cosa è che io, nella mia interiorità, non
raramente ho meditato sulle opere di Dio e – come hai detto tu – le ho valutate
come se fossi in grado veramente di valutarle!
14.
Detto dunque fra di noi, giudica e dì ora tu stesso chi di noi due ha più o meno
un qualche vantaggio sull’altro, e chi quindi è il primo autorizzato a fare
all’altro da maestro e da vero modello!
15.
Prima, cammin facendo per venir qui, io ti ho bensì dato un insegnamento; solo
che allora non ti conoscevo come ti conosco ora, e perciò anche il mio
insegnamento è stato una piccola usurpazione nei diritti dell’Amore divino;
però quello che allora ti dissi, non te lo dissi affatto per dimostrarti di
essere destato in misura maggiore di te, bensì lo feci unicamente per amore di
te. Ora, tuttavia, mi duole il cuore di aver insegnato qualcosa a colui che mi
è un grande maestro d’umiltà!»
16.
Allora, Abedam, il conosciuto, si espresse così
verso Enoch: «Fratello, non rendermi triste; io mi trovo bene soltanto sull’ultimo
gradino! Se tu cominci ad innalzarmi anche di poco, allora tutta la mia
felicità se ne va d’un tratto, poiché, vedi, per mia natura io sono fatto in
modo che soltanto la condizione di massima umiltà ha su di me un effetto
beatificante!
17.
Ma perché dovrebbe un fratello innalzare l’altro fratello sopra di sé senza che
ci sia assolutamente nessun motivo?
18. I
fratelli dunque rimangano tra di loro soltanto fratelli! Se a uno viene a
mancare qualcosa, che l’altro gli venga in aiuto con le sue risorse, e così
pure viceversa, affinché nessuno goda di alcun privilegio di fronte all’altro.
Ma se un fratello – e senza dubbio per concessione del Signore e per il bene
dell’altro fratello – dice per buon cuore una parola forse un po’ migliore,
dovrebbe essere questo un valido motivo per cui l’altro cominci a farne un
semidio?
19.
Dunque, rimani tu il mio caro fratello Enoch, e attingendo alla tua
sovrabbondanza offri sempre da fratello quando vedi che a me manca qualcosa, ma
poi non rimpiangere quello che hai donato al fratello, e così pure anch’io farò
lo stesso! E quando tutti si comporteranno così, in verità, fratello, ben
difficilmente si litigherà tra fratelli; ed io credo fermamente che un simile
modo di vivere tra fratelli sia fondato nell’Ordine divino già dall’eternità e
solidamente. E noi vogliamo d’ora innanzi rimanere così in eterno! Amen!»
20.
Allora Enoch, commosso fino alle lacrime,
abbracciò Abedam e, dopo avergli dato un vero bacio fraterno, gli disse:
21.
«Sì, fratello nel Signore e in tutto l’Amore proveniente da Lui, tu hai d’un
colpo abbattuto un albero! Come sono semplici le tue parole e tuttavia così
divinamente vere, e rimarranno vere in eterno!
22. E
così pure tutti noi vogliamo restare non soltanto temporaneamente, bensì per
l’eternità! Amen!».
[indice]
Del vero amore per il prossimo
1. Abedam, lo straniero, che durante tutto questo tempo
aveva ascoltato tranquillo e compiaciuto il colloquio tra Enoch ed Abedam, a
questo punto si alzò in fretta e saltò in mezzo ai due fratelli che Egli cinse
con le Sue mani, e poi disse loro:
2. «Sì, questo è vero, equo e giusto, ed è in conformità
all’Ordine divino. E quando dei fratelli vivono in questo modo tra di loro,
allora il Padre, come è il caso ora, anche in ogni avvenire non sarà lontano,
quale Padre, da quei figli che così pensano di Dio nei loro cuori colmi d’amore
e che così agiscono tra di loro quali fratelli!
3. In verità Io vi dico che chi dice “Io amo Dio e i miei
fratelli!”, e però possiede qualcosa in più rispetto ai suoi fratelli, e
questa cosa non la divide con loro in maniera che ne rimanga per lui solo la
più piccola parte, costui è ancora pieno di egoismo e non è degno del Padre! Se
qualcuno avesse dieci fratelli, e si trovasse in possesso di dodici mele,
costui dovrebbe distribuire ai fratelli undici mele trattenendo per sé solo la
metà della dodicesima, mentre anche l’altra metà dovrebbe conservarla per i
fratelli; allora egli sarebbe veramente un figlio del Padre santo nel Cielo e
degno di Lui!
4. Se un padre ama i propri figli più di quelli di suo
fratello, costui pure si trova nell’egoismo e non è degno del Padre. Ed Io
dico: “Veramente beato sarà colui il cui
vero cuore fraterno, a causa della miseria del fratello, avrà dimenticato la propria
miseria, e che così pure, per placare il bisogno dei figli del fratello, avrà
sacrificato a Dio, il suo vero Padre, il bisogno dei propri figli con perfetta,
grata ed amorosissima devozione”.
5. Meglio è per te se per amore dei tuoi fratelli sei il più
povero fra tutti, anziché il più ricco, poiché, se tu hai diviso con loro
quello che possiedi e ti è rimasta ancora una parte, tu hai sempre ancora
pensato per te, senza tener conto della cura del Padre tuo nel Cielo. Ma se tu
per vero amore fraterno del prossimo hai donato tutto ai fratelli, e non ti sei
tenuto niente per te, allora ti sei reso completamente libero ed hai lasciato
ogni cura a tuo riguardo al Padre che è nel Cielo; ma, dopo ciò, ritieni forse
che questo Padre potente, immensamente buono e santo, lascerà patire un simile
figlio?
6. Io invece vi dico: “In
verità, in verità, costui riceverà cento per uno, e cento volte cento per
dieci, e infinite volte per il tutto!”
7. Giudicate voi stessi: – potranno mai il bisogno e la
miseria regnare tra i fratelli, qualora tutti siano colmi di amore l’uno verso
l’altro, e siano ‘uno come tutti’ e ‘tutti come uno’?
8. Oh, in verità, chi vive così avrà in abbondanza assoluta
la benedizione dalle sante cure del Padre santo!
9. Se voi dunque volete essere figli degni e ben tutelati
dell’unico Padre santo nel Cielo, vivete in questo modo come veri fratelli e
sorelle! Se voi vivrete così tra di voi, allora anche il Padre vivrà e dimorerà
tra voi, ed avrà cura di voi tutti. Se non vivete così, ciascuno ben presto
ricadrà nell’antica maledizione, e dovrà cercarsi un boccone di pane molto duro
con il sudore della propria fronte fra spine e rovi!
10. Sia dunque questo il vostro comportamento reciproco: “Se tuo fratello ha fatto qualcosa a tuo
vantaggio, non congedarlo senza una buona ricompensa; ma se tu hai reso un
servizio a tuo fratello, non deve nemmeno passarti per la mente, neppure in
sogno, che per tale servizio egli rimanga debitore di qualcosa verso di te, ma
sia proprio il tuo amore fraterno la massima ricompensa per te”. Se questo
sarà il tuo agire, il Padre tuo nel Cielo si compiacerà molto. Qualora, però,
l’amore di tuo fratello lo costringa a darti un compenso, non accettare questo
come tale, ma accettalo come una prova d’amore del tuo fratello, e pertanto
ringrazialo e bacialo, poiché ogni cosa che ricevi devi considerarla unicamente
come dono, e così sarai un vero fratello per gli altri fratelli, e il Padre
santo si compiacerà in eterno ed enormemente di simili figli! Amen!».
[indice]
Lamech
chiede Abedam, lo straniero, l’origine della sua sapienza
17 novembre
1841
1.
Dopo questo discorso di Abedam, lo straniero, anche Lamech, l’innamorato di Emanuel,
si avvicinò ad Abedam ed osservò attentamente la sua persona, poiché queste
ultime parole avevano avuto il potere di destare anche lui dalla sua ebbrezza
d’amore afflitto, ed avevano stupito il suo cuore. E considerato che egli,
immerso nella sua afflizione d’amore per la scomparsa di Emanuel, non aveva
inteso quasi niente di quanto Abedam aveva detto prima, era sicuro che queste
parole di luce e d’amore, ora percepite improvvisamente dalla bocca divina di
Abedam, dovessero produrre un effetto sorprendente sul suo cuore che si era
appena destato e, per conseguenza, ancora di più sull’amore dolorante di Lamech, poiché Colui dalla cui bocca e dal cui cuore
sgorgavano, era l’Emanuel stesso, celato sotto nuove spoglie!
2. E
dopo che ebbe contemplato Abedam, per così dire, a sazietà, e che nonostante
tutto il suo guardare comprese di non poter venire a capo di nulla, egli si
prese finalmente la libertà d’interrogarlo e gli disse:
3.
«Ascolta, Abedam, tu sei per me una persona ancora del tutto estranea, che con
bocca d’uomo dice delle parole puramente divine, e questo avviene in modo tale
che se il mio dilettissimo Emanuel-Abbà si trovasse qui e volesse parlare
riguardo a questo momento fondamentale di ogni vita umana, sarebbe impossibile
che Egli parlasse altrimenti da come ora tu stesso hai parlato! Abbi dunque la
bontà di dirmi da dove ti è venuta tutta questa sapienza d’amore
incomprensibilmente alta!
4.
Poiché, vedi, la scomparsa di Emanuel mi ha finora reso cieco e sordo ad ogni
cosa, e così certamente è la prima volta che ti vedo fra noi con i miei occhi,
e ora non posso stupirmi a sufficienza sul tuo conto! Narrami dunque qualcosa
di te, perché il mio cuore desidera quanto mai a conoscerti più da vicino!»
5. E Abedam allora rispose a Lamech: «Mio caro Lamech!
Adesso ascolta: sai dirMi che ora è in questo momento, e in che luogo ci
troviamo qui dove siamo ora?»
6. E Lamech rispose: «Da quanto adesso posso vedere e
ricordarmi in maniera del tutto vaga, questa è la capanna di Adamo nella quale,
dopo aver raggiunto le patrie alture, egli ci accolse tutti quanti siamo qui;
tuttavia questa cosa io la so come se l’avessi vista in sogno! Però, circa
l’ora che fa in questo momento, non saprei dirti nulla di preciso; ad ogni
modo, a giudicare dalla luce discretamente viva nella capanna, direi che la
sera non dovrebbe essere ancora molto inoltrata»
7. E Abedam replicò a Lamech: «Vedi, Mio caro Lamech, per
te adesso è di fondamentale importanza sapere con maggiore precisione in quale
ora della sera sia ora; perciò va un po’ fuori dalla capanna, e dall’intensità
del crepuscolo giudica se ora la sera sia al suo inizio oppure sia già
inoltrata!»
8. E Lamech seguì subito il consiglio; ma quale non fu il
suo spavento allorquando, invece dello sperato rosseggiare del crepuscolo, si
trovò circondato dappertutto dalla tenebra più fitta su tutta la Terra,
oscurità che veniva spaventosamente interrotta ogni tanto da lampi costanti che
annunciavano una imminente e grande bufera.
9. Ma
egli non indugiò a lungo fuori dalla capanna, bensì in tutta fretta fece
ritorno quasi retrocedendo, poiché egli provòava in sé un grande timore sia
della notte che delle bufere. E così, allora, si avvicinò timoroso ad Abedam e
gli disse:
10.
«O caro, buon uomo, poiché tu avrai sicuramente saputo che ora inoltrata della
notte sia adesso, perché mi hai fatto uscire a guardare questa notte tremenda e
orribile, in cui già da tempo ogni crepuscolo è tramontato e al suo posto solo
violenti lampi e tuoni dal sordo rimbombo sembrano aver dato inizio ad una spaventosa
lotta con la più fitta, ostinata notte?
11.
Vedi, tremo ancora in tutto il corpo per la gran paura! O Emanuel, se Tu fossi
qui ora! Con Te oserei volentieri guardare questa notte terribile, perché a Te
avrebbe dovuto ubbidire, raddolcendosi, anche questo tempo infuocato, duro e
spaventosamente minaccioso, avido della battaglia devastatrice.
12.
L’unica cosa buona è che Enoch sia ancora presso di noi, altrimenti per noi
sarebbe proprio finita! Però tu pure sembri non preoccuparti più di tanto del temporale
che si sta avvicinando! Ma una tale cosa bisogna perdonartela, perché qui sei
ancora uno straniero e probabilmente non hai ancora sperimentato lo spavento di
un simile temporale di notte sulle alture, ma se una volta sola avrai
l’occasione di assistervi, come certo sarà il caso terribile di questa notte,
vedrai che all’avvicinarsi di una prossima tempesta tu sicuramente sarai ancora
più angosciato di quanto lo sia io in questo momento in cui mi vedi quanto mai
affranto!
13. O
mio Emanuel-Abbà, oh, fossi Tu rimasto almeno questa notte ancora visibilmente
con noi!»
14. E
Abedam allora guardò Lamech con espressione
amichevolissima e, presolo per mano, gli domandò: «Mio caro Lamech, vedi,
considerato che fuori hai trovato un’oscurità tanto fitta, non vorresti dirMi
da dove proviene la luce che illumina questa capanna?»
15.
Solo in seguito a questa domanda l’attenzione di Lamech
fu attratta dalla luce; e, siccome non poté scoprire nulla che gliene rivelasse
la sorgente, egli si rivolse nuovamente ad Abedam, dicendogli:
16.
«Vedi, caro e buon uomo, io trovo che essa è meravigliosa! È luminoso senza che
vi sia una luce, anzi qui dentro fa chiaro come se fosse giorno, eppure non
riesco a scoprire in nessun luogo quale ne sia la fonte! Che significa questo?
Da dove proviene la luce? E come è possibile ciò?
17.
L’hai forse provocata tu, o la causa va ricercata nel violento temporale?
Infatti, nell’occasione di forti uragani accompagnati da lampi frequenti, ho
già osservato qualche volta che a notte fittissima gli alberi, l’erba e le
pietre appaiono spesso come circondate da una materia luminosa di colore
azzurrastro; però, tutte le volte che ho visto una cosa simile, la luminosità
di per sé era quanto mai debole, e paragonata a questo chiarore, la si dovrebbe
reputare un’oscurità assoluta!
18.
Perciò potresti spiegarmi ben tu quello che mi hai domandato!»
19. Abedam però l’invitò a rivolgersi a Set con queste
parole: «Lamech, va da Set, ed egli ti dirà come questa luce è sorta, e poi troverai
ben presto una luce nella luce, così come ora non hai potuto trovare luce nella
luce!»
20.
Allora Lamech si presentò immediatamente a Set,
e lo pregò nel seguente modo: «Caro padre Set, non vorresti chiarirmi riguardo
a quella cosa per la quale tuo fratello e figlio – o cos’altro mai possa essere
per te – mi ha indirizzato a te?»
21. E
Set gli rispose: «Perché prima dormivi nel tuo
cuore? Se tu fossi stato desto, questa domanda sarebbe per te superflua, ma
poiché fu il tuo grande amore per Emanuel-Abbà a renderti cieco e sordo per
ogni altra cosa, tu hai già in te la più valida ragione per essere scusato, e
perciò sappi che l’Artefice incomprensibilmente potente di questa illuminazione
meravigliosa è quello stesso che ti ha indirizzato a me, ed Egli l’ha prodotta
semplicemente per mezzo della Sua sola parola, dicendo: “Sia fatta luce!”, e
ciò per il potere della Forza divina in Lui. E adesso te ne puoi andare, perché
ormai sai tutto quello che so io; ogni altra cosa è bene che tu l’attenda
dall’Artefice stesso! Amen!»
22. E
Lamech se ne andò di nuovo da Abedam con l’intenzione di fare secondo il
suggerimento di Set.
23.
Però Abedam gli disse: «Caro Lamech, cerca un
po’ nell’amore del tuo cuore, e tu ben presto troverai l’Artefice della luce,
poiché vedi, Colui che tu ami tanto non è così lontano come tu credi! Ma quando
L’avrai trovato, non dirlo a nessuno fino a domani!
24.
Nel frattempo, questa notte assisterai a grandi cose! Amen!»
[indice]
Lamech sopraffatto
dall’amore
19 novembre
1841
1.
Lamech però, avendo inteso questo da Abedam, cominciò a concentrarsi; e non
passò lungo tempo che finì con l’accorgersi qual era la situazione e Chi era
che si celava in Abedam!
2. E
siccome Abedam vide immediatamente che Lamech Lo
aveva trovato e riconosciuto, allora gli chiese: «Ascolta, Mio caro e fedele
Lamech! Come ti senti ora? Hai ancora paura della tremenda bufera che tra poco
scoppierà sulle nostre teste?
3.
Oppure devo proprio anch’Io cominciare sul serio ad averne timore con te?»
4. Ma
Lamech, soffocato dalla gioia, si mise a
piangere e non poté dare risposta. Solo dopo una pausa alquanto lunga, quando
le abbondanti lacrime d’amore e di gioia gli ebbero alleggerito il cuore e
questo si trovò debitamente ampliato per accogliere quella improvvisa e immensa
visione, egli cominciò, in uno stato di estasi suprema, a rivolgere ad Abedam
le seguenti parole:
5. «O
Abedam! O Emanuel! O Abbà! Finalmente Ti ho ritrovato, Tu, Tu, o mio Abbà!
6.
Come potrebbe, come dovrebbe ora incutermi timore proprio quello che è un nulla
di fronte a Dio?
7. Se
Tu vuoi, lascia che innumerevoli fulmini riducano in polvere la Terra e che il
mare evapori come una goccia di rugiada caduta sul ferro rovente; sì, lascia
che turbini di fuoco infurino con violenza tale che la loro forza, voglia
giocare con le montagne come fa la tempesta mugghiante con le foglie degli
alberi; e fa pure che massi enormi come mondi precipitino sopra la Terra, e Tu
non scoprirai mai un timore in me! Poiché dove Tu sei, là è dappertutto bello
stare; ma senza di Te anche con il tempo più sereno e tranquillo, è terribile
dappertutto sulla Terra e tutto è deserto e vuoto, e qualunque cosa si guardi,
ha per noi un sogghigno orrendo, minaccioso e letale. Il vento va urlando: “Morte!”. L’erba muore. L’acqua
rumoreggia: “Morte!”. E le rive
tremano e trapassano. E l’acqua evapora nella morte, nel tenebroso nulla. Il
raggio del Sole, che di solito vivifica, uccide il verme della fossa.
8. Le
forze della carne del corpo mortale svaniscono, e la massa materiale, pigra e
morta, si accascia sulla terra moderatamente animata, e ciò che si è
accasciato, poi sprofonda da una morte all’altra. E le stelle, solitamente
gaie, si fanno pallide e fosche, e nessun amichevole tremolio viene più a
turbare la loro morta quiete, orribilmente tetra. In breve, dove Tu sei, là
perfino le pietre si fanno vive ed estremamente gradevoli, tanto che è una gran
gioia guardarle! Sì, io credo che in Tua compagnia, anche trovandosi dentro il
fuoco al punto tale che le fiamme normalmente divoratrici di ogni cosa si
chiudessero alte al di sopra del capo, si avvertirebbe, anzi si dovrebbe
avvertire, soltanto una mite e dolce frescura anziché un dolorosissimo
bruciore, poiché Tu sei in ogni tempo e in ogni luogo l’Amore!
9.
Perciò anch’io, vedi, ora sono del tutto privo di timore, perché Ti ho di nuovo
con me! Però Tu non devi più sparire via da me in modo che io non possa più
sapere dove Ti sei nascosto!»
10. E
Abedam allora rispose brevemente a Lamech: «Certo, certo, tu non Mi perderai
mai più, né ora né per tutte le eternità! Amen!»
11.
Ma per il momento è opportuno che tu non dica nulla ad Adamo e a Set, ad Eva e
alla moglie di Set, come pure a tutti gli altri figli, poiché Io voglio che ciascuno
debba trovarMi così come tu Mi hai trovato e riconosciuto nel tuo cuore!
12.
Però Io ti dico che questa notte li condurrà tutti al nostro cospetto! Ma,
quando essi verranno, nessuno di voi tre deve rivelare chi sono Io, bensì
quando la grande angoscia li sospingerà nell’intimo di loro stessi, e così
dinanzi ai loro occhi sarà rivelato il loro cuore e questi immediatamente
annuncerà loro quanto e quale amore vi regni dentro, allora e soltanto allora
si vedrà quanto amore per Me dimora nel loro cuore; sulla base di questo amore
essi o Mi riconosceranno o non Mi riconosceranno.
13.
Vedi, Io agisco come un fidanzato che esplora il cuore di colei che egli
intende eleggere a sua sposa! Egli se ne va di notte, anzi in una notte
tempestosa, a scrutare intorno alla capanna dove dimora l’eletta del suo cuore.
Con il cuore angustiato sta in ascolto e aguzza quanto più può l’orecchio,
perché vorrebbe udire i segreti sospiri d’amore dalla bocca della sua eletta.
Bene per lei se il suo cuore sarà colmo del suo fidanzato, poiché ciò di cui è
pieno il cuore sgorga poi dalla bocca! Se infatti il suo pensiero sarà rivolto
a lui, lei lo invocherà e lo chiamerà per nome. Ed Io ti dico che i suoi
sospiri e le sue chiamate spezzeranno il cuore al fidanzato, ed egli entrerà
nella sua stanza, e ancora di notte la condurrà nella propria capanna affinché
lei divenga sua moglie!
14.
Ma credi tu che se il fidanzato, scrutando in questo modo di notte l’eletta, la
trovasse addormentata, oppure se la stessa chiamasse fra i sospiri un altro
nome, egli entrerebbe nella sua stanza per poi condurla a casa sua?
15.
Oh, vedi, egli non lo farebbe mai, bensì da quel momento egli fuggirebbe la sua
vicinanza e disprezzerebbe la sua faccia!
16.
Vedi, similmente Io ora, nella notte tempestosa, Me ne sto alla porta di tutti
i Miei eletti! Là dove nel cuore sentirò sospirare facendo il Mio Nome, là
anche Io entrerò subito e farò ugualmente come il fidanzato che ho menzionato
prima; ma dove troverò gli eletti o immersi nel sonno, o sospiranti che invocano
nomi estranei, là farò pure come farebbe il fidanzato da Me indicatovi.
17.
Tuttavia c’è un divario tra Me e il fidanzato. – Io vengo con Amore, porto
Amore, dono Amore, cerco amore e richiedo amore; e chi trovo dormiente, viene
destato fino a settantasette volte settantasettemila volte! Se neppure dopo
questo tempo egli non si risveglia, solo allora Io Mi ritiro! Guai però a colui
dal quale Io Mi sarò ritirato! In verità, egli poi per lungo tempo, anzi per
lunghissimo tempo, invano sospirerà e invocherà il Mio Nome, ma Io non gli
risponderò!».
[indice]
La bufera
20 novembre
1841
1.
Non appena Abedam fu giunto però alla fine di queste Sue parole molto notevoli
e rivolte a Lamech, ecco presentarsi, sospinti da grande spavento, Enos, Kenan, Maalaleel, Jared e Matusalem e intorno alla capanna erano venuti affollandosi
a centinaia i figli e i figli dei figli, i quali in preda alla disperazione
gridavano a Jehova invocandoLo che li aiutasse e che, con Grazia e Misericordia,
distogliesse da loro quella devastazione che diventava spaventosa e gli
inauditi orrori della notte.
2.
Dei cinque entrati nella capanna, Kenan,
l’oratore, prese subito la parola, e cominciò ad esprimersi così dinanzi ad
Adamo:
3. «O
padre Adamo, ascolta: – se lo scomparso Emanuel e la tua benedizione paterna
attraverso la potenza del Suo Amore non ci vengono senza indugio in soccorso,
noi siamo tutti irrimediabilmente perduti, senza grazia né pietà!
4.
Vedi e odi cosa ora succede fuori: – tutta la terra del Mattino è un mare di
fuoco! Non soltanto innumerevoli fulmini fiammeggianti si scagliano giù da una
massa di nubi immensamente densa, infuocata e così rovente, bensì anche fuori
dal terreno sorgono dappertutto lampi e fiamme!
5. La
tua magnifica grotta, per effetto di mille e mille fulmini tremendi, è già
ridotta tutta in macerie, al punto che di essa non è possibile più trovare
nemmeno traccia!
6.
Come ti dico, mai Jehova ha visitato i Suoi figli in maniera tanto spaventosa e
tremenda come questa volta! Però quello che ti ho raccontato e descritto finora
non è che la cosa più insignificante; ma odi quello che avviene ancora:
7.
Fra grandi sibili, scrosci, fragori e schianti, il mare sale fuori dalla
profondità! Tutte le fiere si rifugiano da noi: – tigri, leoni, iene, lupi,
orsi e serpenti penetrano a centinaia nelle nostre capanne abbandonate, per non
parlare poi degli altri animali grandi e piccoli.
8. Io
dico che nessuna lingua umana sarebbe capace di descrivere la desolazione in
cui ci hanno fatto piombare questi pochi minuti trascorsi! Noi cinque siamo
ancora i soli a non essere stati colti dalla disperazione. Ad eccezione di noi,
tutti giacciono mezzi morti con la faccia a terra nell’attesa della fine certa
di tutte le cose. Alcuni si lamentano, altri urlano, altri ancora tremano in
tutto il loro corpo, alcuni gridano e piangono a voce altissima, altri invece
sono come irrigiditi e muti per la troppo grande angoscia e spavento!
9. O
padre, è una vista orribile! E vedi, le scene di terrore vanno sempre più
moltiplicandosi da tutte le parti! Davvero, più tremendo di così non può essere
stato quando tu, essendo ancora in paradiso, vedesti nell’ira di Dio le ardenti
macerie dei mondi volare confuse negli spazi e la Terra distrutta sotto ai tuoi
piedi!
10.
Dunque, o padre, non indugiare, ma accorri in soccorso di tutti noi, per quanto
ancora sia possibile pensare a un qualche aiuto!
11.
Odi, odi solo lo schianto continuo! Ascolta il tuono che tutto scuote! Senti l’ininterrotto
tremare della terra e il frastuono del mare già vicino! Odi come da mille fauci
di belva si leva un raccapricciante ululato, e con echi spaventosi esso si
mescola al sibilo, al fragore e al rombare degli uragani di fuoco!
12. O
padre, se a te pare possibile ancora un aiuto, allora non indugiare, ma vieni
in tutta fretta in nostro soccorso con la tua benedizione!
13.
Là, là, o padre, o voi tutti, guardate verso la porta: – oh, l’immensa,
inaudita sciagura! Guardate tutti là verso la porta! Verso la porta guardate!
Anche qui sono già giunti gli ospiti estranei e terribili! Ospiti dinanzi ai
quali noi siamo fuggiti dalle nostre capanne!
14.
Adamo, padre, Enoch, Lamech, voi due Abedam, voi che siete i prediletti di
Emanuel, aiutate noi e voi!
15. Vedete,
anche un mostruoso serpente già accenna sibilando a voler entrare dalla porta!»
16. E
Adamo, del tutto inorridito, e Set, mezzo morto dallo spavento, e così pure Eva e la moglie di Set
risposero in coro: «Che la cosa sia tanto terribile, lo sentiamo e lo vediamo
ora noi tutti in modo fin troppo evidente e chiaro!»
17. E
Adamo, poi per conto suo, proseguì: «Figli, qui
la mia benedizione non sarà più sufficiente; se Dio non ci aiuta, noi siamo
tutti perduti!
18.
Mio Signore e mio Dio! Perché sono stato costretto ad assistere anche a questo?
E per di più oggi, nella notte del Sabato!
19. O
Signore e Padre e Creatore di tutte le cose, il sacrificio di domani forse Ti è
già ora sgradito, perché Tu sembri volerlo rendere vano mediante queste scene
di spavento? Oh, allora togli da noi un tale orrore e facci conoscere nel cuore
la Tua santa Volontà, e poi noi tutti faremo con volonteroso amore secondo il
Tuo compiacimento; ma togli da noi questa prova tremenda, e fa che noi tutti
possiamo di nuovo, grati e di lieto cuore, innalzare i nostri sguardi a Te!
20. O
Padre, Padre santo, questa notte non giudicarci tutti per la nostra rovina!
Amen!»
21.
Ma quando Lamech vide le belve mostruose penetrare una dopo l’altra nella
capanna, e quando udì lo scoppio degli innumerevoli fulmini e i tuoni che
scuotevano la terra, il muggito del mare, dei venti, tanto che perfino gli
animali rifugiatisi nella capanna di Adamo cominciarono ad urlare e ruggire
terribilmente, allora tale sinistro spettacolo iniziò a turbare intensamente
anche lui, tanto che egli si accostò quanto più poteva ad Abedam, cercando di
stringersi il più possibile a Lui; ed uno stato d’animo uguale cominciava a
crearsi anche in Enoch e in Abedam, il conosciuto.
22. E
Abedam, lo straniero, domandò loro: «Come vedo,
anche voi vi lasciate vincere dal timore?»
23. E
Abedam, il conosciuto, Gli rispose: «Signore e
Padre, di fronte a uno spettacolo simile credo che il timore sarebbe
perdonabile anche in un angelo, giacché la vista di questi strani ospiti
urlanti e ruggenti in una tale notte di spavento, non potrebbe presso di noi
fare a meno di colpire ciascun spirito, anche quello più inaccessibile al
terrore!
24.
Io però preferisco vedere le opere del Tuo Amore che non quelle della Tua
potenza; perciò io ora mi trovo pervaso da timore dovendo assistere alle opere
della Tua potenza! Oh, convertile in opere del Tuo Amore! Amen!»
[indice]
Timore di
Dio e Amore di Dio
22 novembre
1841
1. E
l’Alto Abedam (cioè
Abedam lo straniero) ribatté allora ad Abedam, il conosciuto, rispondendo alle sue brevi parole
di scusa per il timore provato:
2. «Tu hai detto certamente il vero, però, a dirla fra noi,
una piccola obiezione te la devo fare. Vedi, se questa lieve bufera fosse
un’opera della Mia potenza, dove sarebbe la Terra a quest’ora? Anzi, Io dico a
te e anche a voi: – dove sarebbe l’intera Creazione?
3. Ma se tu vuoi vedere veramente un’opera della Mia
potenza, allora guarda l’intera infinita Creazione, come tutto è reso stabile e
sussistente come una totalità nella sua specie, e che, però, come totalità, a
sua volta è solo una parte della totalità infinita; e come nulla può
allontanarsi dalla Terra, nulla dal Sole, nulla dalla Luna, anzi nulla da tutte
le stelle, all’infuori della sola cosa più imponderabile, vale a dire
all’infuori di una luce giustamente dosata! Vedi, queste sono opere della Mia
potenza!
4. Ma credi forse che la Mia potenza sia una Potenza della
rovina o una Potenza dell’annientamento?
5. In verità, se fosse vera una simile opinione della Mia
potenza, non sarebbe mai stato creato nulla proprio tramite questa Mia potenza!
6. Ma siccome, invece, la Mia potenza non è una Potenza
dell’annientamento e della distruzione, bensì è una Potenza del continuo
suscitare e della conservazione del suscitato, per tali motivi essa è pure una
Potenza dell’Ordine eterno.
7. E ora, considerato che per quanto concerne la Mia potenza
le cose stanno unicamente così e non possono stare altrimenti, – dove si trova
in essa, ciò che t’incute tanto timore!?
8. Oppure pensi forse che questa tempesta sia meno un’opera
del Mio Amore, che non un giorno tranquillo e sereno?
9. Io però vi dico: “Un
giorno tranquillo e sereno somiglia a un innamorato che siede pacificamente con
sua moglie nella propria capanna. Egli continua certamente ad amare la propria
moglie, seguendo per così dire una linea costantemente diritta, anzi egli l’ama
con fedeltà, ma che differenza c’è invece tra il suo amore e quello di un
giovane innamorato che aspira soltanto all’amore dell’eletta del suo cuore!
10. Se la moglie
dice al proprio marito: ‘Non vorresti andare un momento a prendermi dall’albero
qui vicino alcune pere o qualche altro frutto maturo? Perché, vedi, ho un po’
di fame ed ho proprio voglia di mangiarle!’
11. Allora il marito
si gratterà il capo, e infine, con accento alquanto seccato, le dirà: ‘Ma, cara
moglie mia, vedi, basta fare tre passi soltanto per uscire a prenderle; perciò
lasciami ora un po’ in pace! Se hai proprio tanta voglia, puoi andare tu stessa
a prenderti quello che brami!’. Vedi e dimMi se non succede proprio così!?
12. Ma se invece una
delicata fanciulla dicesse al suo ardente adoratore: ‘La mia mano e il mio
cuore saranno tuoi; ma in segno del tuo amore io ti chiedo di andare in un
luogo a cento giorni di viaggio da qui e che da lì tu mi porti un dono raro,
costoso e pregevole!’
13. Credete forse
che l’aspirante alla mano della fanciulla ardentemente amata, dopo tale sua
richiesta, farà come il marito verso sua moglie nella capanna?
14. Oh, no, ve lo
dico Io, bensì egli le dirà: ‘O diletta, non solo cento giorni di strada, ma se
vuoi, per rendermi a te gradito, io sono pronto ad andare fino in capo al mondo
per raccogliere tutti i tesori della Terra e deporli poi nel tuo dolce
grembo!’. Dite: – non è così?”
15. Ora considerate
prima il giorno tranquillo e sereno nella capanna, e poi la notte di tempestoso
amore nel petto del giovane innamorato! Che differenza tra queste due specie
d’amore!
16. Se questa notte
di furore, proveniente da Me per voi, o figli, somigliasse proprio a
quell’amore del giovane innamorato, potresti tu, Abedam, sostenere ancora che
questa è un’opera spaventosa della Mia potenza, che appare a te tanto tremenda?»
17. E
Abedam, il conosciuto, allora rispose: «O
Signore, mio alto amorosissimo omonimo, vedi, ora è stata annientata ancora
grande parte della mia stoltezza! Grazie eterne Ti siano rese per questo!
18.
Credo però che, nonostante tutto, si tenga ancora nascosto in me, ancora in
agguato, una significativa parte di pazzia, dato che io non posso ancora
liberarmi completamente dal timore.
19. E
poiché Tu, o mio alto omonimo, hai già insaccato tante di quelle cose che in
grazia hai levate via da me, Ti piaccia di togliere da me, con somma
indulgenza, anche questa mia stoltezza per poi metterla in un luogo qualunque,
che sia di Tuo gradimento!»
20. E
l’Alto Abedam allora gli rispose: «Vedi, ora tu
hai trovato proprio la giusta espressione! Sì, in verità, molte cose Io devo
insaccare da parte vostra, e il sacco nel quale sono deposte le vostre
innumerevoli stoltezze si chiama ‘la Mia Indulgenza’ e ‘grande Pazienza’!
21.
Tuttavia vi dico che nessuno deve fare eccessivo assegnamento su questo sacco,
poiché non è affatto da escludersi che un giorno esso possa lacerarsi! E se
questo accadesse, guai allora alla Terra e ai suoi abitanti! E voi due, tu
Enoch, e tu Lamech, provate ancora timore?»
22.
Ed Enoch rispose: «O Abbà, per mio conto
purtroppo devo rispondere affermativamente alla Tua domanda; tuttavia a questo
riguardo io penso che come tutti i fanciulli sono pieni di timore e d’angoscia,
così lo sono io pure! Ma questa cosa io la trovo giusta, poiché se alla Tua
Bontà paterna, a causa della debolezza del figlio, non vi fosse aggiunta
un’adeguata porzione di timore e di angoscia, e tutto ciò commisurato secondo
amore e sapienza, che cosa avverrebbe del debole figlio che nella sua
presunzione si ritiene illusoriamente forte? Chi sarebbe capace di guidarlo e
di allevarlo?
23.
Così, invece, il timore è già il più grande maestro del fanciullo! Esso era già
in origine con me, e vi resterà anche d’ora innanzi, giacché io so anche troppo
bene che appunto accanto al timore dei deboli si manifesta il Tuo massimo
Amore.
24.
Esso è il più fedele custode dei piccoli; perciò deve rimanere presso di me
come lo era all’inizio, sempre in eterno; ed essere anche il mio custode così
come lo era in qualità di grande dono d’amore da parte Tua, Padre buono e
santo!
25.
Io so e percepisco, grazie alla Tua Misericordia e in maniera del tutto vivente
in me, che grazie alle Tue sollecite premure e alla Tua Grazia d’Amore nulla di
male può, né deve accadermi; tuttavia, simili straordinari avvenimenti io li
temo, e proprio perché io Ti amo sopra ogni cosa.
26.
Vedi, dove c’è amore, c’è anche timore; ma dove non c’è timore, là non vi è
neppure amore!»
27. E
l’Alto Abedam allora disse: «Enoch, quanto tu
hai detto è vero! Ma chi ti ha insegnato a parlare così?
28.
Sì, certo, è perfettamente vero che Io sono presente nel timore dei deboli! Chi
ama il Padre, teme Dio; Tuttavia, senza il timore di Dio, nessuno può amare il
Padre.
29. È
per questo che il timore di Dio e l’amore per Lui sono pari, e l’uno non può
stare senza l’altro; tuttavia una cosa è bene tener presente: – l’amore
dev’essere collocato più alto del timore. Perché soltanto nell’amore c’è vita,
ma non nel timore. Nel timore si trova la morte, ma non la vita! Quindi
ciascuno deve infine far sì che il timore venga vinto e fatto prigioniero
dall’amore; in questo modo egli vivrà nel Padre, il Quale solo e soltanto Lui è
Signore di ogni vita. Comprendete bene ciò che vi ho detto!»
30. A
questo punto Lamech prese egli pure la parola e
domandò ad Abedam: «Non vorresti dirmi in fretta se anche in me vi è sul serio
timore?
31.
Vedi, quello che succede qui è tale da ispirare veramente spavento, e gli
ululati che si fanno sempre più forti, gli scoppi e i tuoni, questo sinistro
sibilare, muggire e infuriare, riempiono anche se non lo si vuole il cuore di
grave, anzi, di sempre crescente angoscia. E quantunque tutto ciò si verifichi
in me, tuttavia io non saprei giudicare con precisione se ciò sia da
attribuirsi a sciocco timore oppure a un qualche altro stato d’animo a me
finora ignoto! O Abbà, se tale è la Tua santa Volontà, chiariscimi questa cosa!
Amen!»
32. E
Abedam, guardandolo con estrema amorevolezza,
gli rispose: «Lamech, Io credo che in te gli alberi siano tanto fitti da
impedirti di vedere il bosco! Ma come si può domandare a qualcuno se il timore
si è impadronito del suo cuore, quando per l’angoscia egli trema in tutto il
corpo?
33.
Guarda quali sterili parole hai appena lasciato cadere dalle tue labbra! Dove
se ne sono andati il tuo gran coraggio e la tua incrollabile fiducia? Eppure
non si è ancora verificato nessuno degli spaventosi casi evocati da te! Noi
tutti ci troviamo ancora sulla Terra, che è tuttora discretamente solida. Essa
non è ancora distrutta, il mare non è ancora evaporato, sulla Terra non sono
ancora caduti dei chicchi di grandine voluminosi come mondi, né gli uragani di
fuoco hanno divelto alcuna singola montagna, né le fiamme si sono chiuse al di
sopra dei nostri capi. E tuttavia, tu tremi accanto a Me come se tutte le
febbri si fossero attaccate a te!
34.
Ma cosa poi ne sarebbe di te se Io, per metterti alla prova, avessi permesso
che si verificassero i fatti da te menzionati poco fa con tanto spregiudicato
coraggio?
35.
Dunque, prendi nota anche di ciò: – è meglio, come Enoch, rimanere nel timore
che promettere troppo nella foga dell’amore. Infatti è del tutto uguale quello
che qualcuno promette o nella foga d’amore oppure in quella del timore colmo di
sordità e di cecità, poiché tutte queste promesse non vengono mantenute appunto
per la ragione che un simile stato di esaltazione non può mai essere durevole.
36.
Come l’incendio d’amore sia di per sé variabile, ne hai la prova nell’amore
coniugale, il quale è un fuoco smorzato che non fa più ribollire il sangue nel
cuore, ma che lo riscalda soltanto dolcemente e lievemente, e proprio così
vivifica!
37. E
quale durata abbia il timore e la promessa contenuta in esso, tu puoi
constatarlo già nei deboli fanciulli, i quali mantengono nel timore il promesso
miglioramento finché il padre con espressione accigliata li rimprovera con voce
tonante; ma, quando la sua faccia è ritornata serena, anche il timore se ne va,
e con il timore se ne vanno anche le promesse fatte sotto la sua influenza!
38.
Ora, se tu vuoi essere perfetto, devono esserci in te sempre tre parti di
timore e sette parti d’amore; e allora a tutte le tue preghiere potrai infine
aggiungere anche questa: “Padre, non
mettere alla prova la mia debolezza, ma liberami da ogni male tanto nello
spirito quanto nel corpo!”. E così la tua preghiera sarà giusta, poiché la
prova non è buona per l’uomo libero, per la ragione che essa in primo luogo
uccide il corpo e in secondo luogo paralizza lo spirito.
39.
Felice certo sei tu, che trionfasti sul timore mediante l’amore – per quanto
anche soltanto fino al tempo della prova – e non lasciasti fuggire l’amore
quando venne il momento della prova, ma invece mediante il tuo timore facesti
incrementare la potenza del tuo amore per Me. Però in avvenire saranno felici
soltanto coloro che, sempre con giusto timore dinanzi a Dio, si desteranno
nell’amore per il Padre! E così il primo dovere degli uomini verso Dio sarà
quello di una volontaria obbedienza, la quale è frutto del vero timore di Dio.
Soltanto in questa obbedienza gli uomini potranno poi rinascere a figli di Dio,
e in Lui riconosceranno il Padre amorosissimo e santo, e quindi Lo
contempleranno.
40.
Il timore, ad ogni modo, è il seme dell’amore; ma come senza seme nessun frutto
potrà mai svilupparsi, così anche senza il giusto timore di Dio non si
svilupperà mai un vero amore.
41. E
come il seme imputridisce nel terreno e si sviluppa il germe vivente dell’amore
e poi cresce e porta frutti viventi, così pure l’amore, questo santo germe di
vita eterna, sorgerà dal timore. L’antico timore, invece, andrà in
putrefazione; ma appunto fuori da questa putrefazione, che avverrà nel buon
terreno del Mio Amore per voi, sorgerà un frutto straordinario, un albero della
vita sotto i cui rami, poi, perfino gli abitanti del Cielo erigeranno le loro
dimore. Notate bene tutto ciò!
42.
Però adesso non ne parliamo più oltre, perché, vedete, Adamo si è alzato e,
abbastanza timoroso, comincia a rivolgere i suoi passi verso di noi, poiché
anch’egli inizia a fiutare che presso di Me c’è l’aiuto. Dunque, tacete tutti
dinanzi a lui! Amen!».
[indice]
Adamo e Set nel
momento dell’angustia e della prova
(23 novembre 1841)
1. E
Adamo, accompagnato da Set, mentre gli altri cinque circondavano Eva e la
proteggevano dalla vicinanza degli strani ospiti selvaggi – e particolarmente
da quella dei serpenti per i quali lei sentiva di solito il massimo orrore –
Adamo, dunque, destreggiandosi abbastanza con fatica fra la massa diventata già
alquanto numerosa e varia degli ospiti estranei, giunse finalmente all’unico
posto rimasto ancora libero, a quello cioè dove si trovavano i quattro.
2. E
giunto presso Abedam, egli voleva parlare ma, dominato com’era dallo spavento,
non poté quasi pronunciare una parola. L’Alto Abedam
però lo prevenne e, avvolgendolo in uno sguardo estremamente amoroso, gli
disse: «O Adamo, tu vai ancora in cerca di un aiuto incerto! Guarda invece nel
tuo cuore e, al posto di un aiuto incerto, ben presto troverai là quello
sicuro!
3.
Non vi ha forse benedetti tutti Emanuel? E non vi ha indicato il luogo
certissimo dove Lo si può trovare sempre?
4. Vedi,
se tu Lo avessi cercato in quel luogo, già da lungo tempo Lo avresti anche
trovato; e poi già da lungo tempo Egli ti avrebbe teso la Sua mano potente e
soccorritrice, e così per mezzo tuo avrebbe già portato aiuto a tutti. Solo che
tu, come primogenito di tutta l’umanità, non Lo hai ancora cercato nel luogo a
questo destinato. Perciò, ora fa in tutto amore e in pienissima fiducia quello
che hai tardato a fare finora e anche tu poi, in breve, ti persuaderai di
quanto immensamente vicino a tutti voi sia Emanuel e con Lui anche ogni aiuto!»
5. E
Adamo fece come l’Alto Abedam gli aveva consigliato, e infatti ben presto trovò
anche quello che avrebbe potuto trovare molto tempo prima.
6.
Con gli occhi colmi di lacrime di pentimento e di gioia, alzò lo sguardo verso
Abedam, e voleva cominciare a parlare e pregare. Però Abedam
gli disse: «Taci fino a domani! Sii lieto e non aver timore, infatti non sarà
torto un capello a nessuno, poiché Io a tale scopo sono qui in mezzo a voi!
Comprendilo! Amen!».
(24 novembre 1841)
7. E
Adamo, dopo tali parole di Abedam, l’Alto, riacquistò piena pace in cuor suo,
ringraziò con fervore Colui che nuovamente aveva riconosciuto e, accompagnato
da Set, ritornò subito al posto di prima.
8.
Tuttavia, questo ritornare al posto di prima non gli fu tanto privo di molestia
e di pena come forse qualcuno se lo potrebbe immaginare; anzi, in questa
occasione la costanza di Adamo, il suo coraggio e la sua fiducia furono posti –
come si suol dire – a una vera prova del fuoco, e il suo amore e la sua fede
dovettero affrontare una prova del tutto particolare, la quale consistette in
ciò:
9.
Quando egli si trovava a mala pena a tre passi di distanza da Abedam, mentre
stava ritornando al suo posto, vedi, d’improvviso sorsero dalla terra vampate
di fiamma in maniera tale da sbarrargli completamente il passo. Egli allora si
spaventò enormemente, ma immediatamente si ricordò anche delle ultime parole di
Abedam, quando gli aveva detto: ‘A tale
scopo Io sono appunto qui in mezzo a voi!’
10. E
allora egli così apostrofò la fiamma: «Nel Nome
di Colui che si trova fra noi, io t’impongo di estinguerti, e a non sbarrarmi
la via per recarmi al luogo dove devo andare!»
11.
Ma la fiamma non obbedì, e s’innalzò anzi con maggiore violenza. E Adamo s’inasprì e si arrabbiò a causa della
disobbedienza della fiamma al Nome del Signore e, rivolto ad essa, esclamò con
forza:
12.
«Ascoltate, voi tutte acque della Terra, e voi pure, acque di tutti i cieli!
Precipitate immediatamente su questo mostro che è muto e colmo di disobbedienza
verso il Nome del Signore, ed annientatelo soffocandolo per l’eternità!»
13.
Ma neppure le acque si mossero per adempiere la volontà di Adamo.
14. E
Adamo, avendo ormai visto che non si sarebbe
potuto fare nulla contro la disobbedienza della fiamma, disse a Set: «Proviamo
dunque a passare da un’altra parte, e la fiamma arda pure finché piacerà al
Signore!»
15.
Ed essi si volsero a destra, dove nessuna fiamma si era ancora levata dal
terreno ed anche nessuna cominciava ad ardere. Ma, invece della fiamma, almeno
trenta serpenti adulti e giganteschi saettarono con le loro lingue verso Adamo
che vagava, ed egli perciò dovette nuovamente fermarsi, non potendo
assolutamente proseguire. Anche qui egli apostrofò con energia i serpenti, ma
non ottenne maggior successo di prima con la fiamma. E come ebbe reso manifesta
la sua grande ira contro quella frotta mostruosa, vedi, uno dei serpenti
cominciò a spalancare le sue fauci accennando a slanciarsi verso di lui, e Adamo, accortosi della mala intenzione dell’animale,
rimase inorridito e retrocesse in tutta fretta.
16. E
allora egli disse a Set: «Vedi, anche qui la via
ci è sbarrata nella maniera più orribile; basta però non perdere il coraggio,
né la fede, né la fiducia e tenersi saldamente nell’amore per il Signore, alla
Sua Parola santa!
17.
Vediamo dunque se la cosa riuscirà almeno dalla parte sinistra, dato che là io
non scorgo ancora alcun impedimento. Sbrighiamoci perciò sollecitamente, prima
che qualche altro ostacolo venga a precluderci anche questo stretto varco!»
18.
Ma quando, fatti pochi passi, vi furono giunti, ecco che anche là trovarono la
via sbarrata da ogni tipo di fiere, e in modo tale che non era più possibile
nemmeno pensare ad aprirsi un passaggio!
19. Adamo allora si fermò e chiese a Set: «Cosa facciamo
adesso? Alla nostra parola più niente ci obbedisce, e forzare il passo in tali
condizioni è assolutamente impossibile; eppure Abedam mi ha comandato di
ritornare al mio posto!
20. O
mia vecchia capanna, di quale variatissima miscela sei diventata dimora in così
poco tempo!?
21.
Set, che ne dici? Dato che non ci è possibile andare oltre in nessun punto, che
cosa accadrebbe se noi ritornassimo dal grande Abedam, santo e potente, la Cui
luce meravigliosa continua sempre ad illuminare questa capanna? Io credo che
Egli non vorrà respingerci da Sé»
22.
Ma Set rispose ad Adamo: «Io penso che,
considerato che eravamo presso di Lui, non avremmo dovuto farci congedare così
presto, ma avremmo piuttosto fatto meglio a restare presso di Lui e avremmo dovuto
almeno pregarLo di venire con noi, in modo che tutta questa fatica ci sarebbe
stata risparmiata! Perciò è anche giunto certamente il momento di ritornare da
Lui, perché altrimenti non è escluso che con tutta facilità ci venga tagliata
anche la via per arrivare a Lui, e allora il secondo malanno sarebbe ancora più
grave del primo!»
23. E
Adamo replicò a Set: «Sì, sì, mio caro
Abele-Set, tu hai perfettamente ragione; tale cosa potrebbe accadere molto
facilmente! Dunque, meglio di tutto è ritornare in fretta!»
24. E
come era deciso, così anche fecero. Essi si voltarono. Ma quello che Set aveva
presentito si era già tradotto nei fatti, ed essi non poterono più muovere né
un passo avanti, né uno indietro! Neanche chiamare era più possibile; perché il
rumore delle fiamme, il continuo urlare delle belve, il rombo, il sibilare e il
fragore degli uragani, gli scoppi di tuono e mille altre manifestazioni di
questo genere alla fine fecero in modo che nessuno era più capace di udire le
proprie parole.
25. E
così Adamo e Set si trovarono completamente circondati da un doppio fuoco,
poiché, sia a destra che a sinistra c’erano belve di ogni specie. Essi per
qualche momento si videro perduti; tuttavia Adamo si fece coraggio e così parlò
nel suo cuore:
26.
«O Emanuel, o Abbà, o Abedam, guarda con benevolenza
la nostra immensa angustia! Non esporci più a tali gravi prove, ma redimici e
liberaci da questi e da tutti gli altri mali che per Tua concessione di grazia
sono venuti in qualsiasi modo sopra di noi già ora e che tuttora pendono sul
nostro capo, e che in avvenire ancora potrebbero confondere i nostri cuori!
27. O
Jehova, santo e amorosissimo Padre, esaudisci la mia preghiera, e poi lasciami
andare, o vivere, o morire in pace; ciò che a Te è più gradito! Amen!»
[indice]
L’aiuto
divino e le cure umane
1. E
vedi, allora all’istante tutte le fiamme si estinsero istantaneamente e tutti
gli animali arretrarono. E Adamo, unitamente a
Set, fu liberato dalla grande prova e si trovò ad avere ormai libero passo
verso qualunque punto della capanna, tanto che avrebbe potuto recarsi dove
avesse voluto.
2.
Perciò fra sé e sé, disse: ‘Eva ormai non
ha più bisogno della mia protezione già così debole, poiché come potrei essere
di aiuto a qualcun altro, quando mi è stato del tutto impossibile aiutare me
stesso? Dunque, visto che grazie alla grande Misericordia del Signore, questa
mia vecchia capanna adesso è divenuta libera da tutti gli orrori, posso
incamminarmi liberamente verso quel luogo da cui ci è giunta questa santa
salvezza!’
3. E
immediatamente entrambi, sia Adamo che Set con lui, si diressero verso Abedam.
4.
Questi, però, venne loro incontro. E siccome i cuori di ambedue traboccavano di
gratitudine e per la commozione nessuno riusciva a dire una parola, anche qui l’Alto Abedam venne loro incontro anticipandoli e
disse loro:
5.
«Dato che tu nel momento del bisogno ti sei avvicinato al Signore ed Egli ha
esaudito la tua preghiera, allora non devi mai più volgerGli le spalle, bensì
devi rimanere presso di Lui con il volto e con tutto il tuo cuore, poiché, se
Egli può proteggere te, non potrà forse proteggere anche coloro che la tua cura
ha stoltamente abbracciato?
6.
Vedi, Eva e tutti gli altri vivono ancora e sono del tutto incolumi! Che
cos’hanno giovato loro le tue vane e stolte cure? Se Io non li avessi tutelati
e tenuti assolutamente al sicuro, che cosa sarebbe accaduto ora a loro? Oppure
avresti potuto tu recare loro aiuto, qualora fossero stati sbranati dall’ira
delle forti belve assetate di sangue, o qualora fossero stati afferrati dalla
potenza annientatrice del fuoco?
7.
Vedi, perciò una sola cura è necessaria all’uomo, e questa consiste nel cercare
continuamente Dio, il Padre santo, in ogni momento, non solo nel momento del
bisogno, ma anche sulle vie del giusto amore! E chi Lo ha trovato quale il
supremo Bene, non deve subito volgerGli le spalle, ma deve invece restare
presso di Lui, altrimenti egli dovrà sempre prendere atto della sua impotenza
già a metà del tornare indietro, e soltanto a costo di amare esperienze dovrà
riconoscere quanto nulla sia stata la sua capacità d’azione senza di Me.
8.
Infatti, se qualcuno invoca il Mio Nome ma rivolge verso di Me le sue spalle,
in verità non sarà esaudito finché non avrà rivolto verso di Me il suo cuore e
il suo volto!
9.
Tuttavia, annotatevi bene questo: “Un tale secondo rivolgersi a Me sarà sempre accompagnato
però da una prova ben grave, e solo allora si vedrà quanta serietà si trovi a
regnare nel cuore – poiché allora il mondo infurierà terribilmente intorno a
lui – e nessuna altra parola sarà esaudita se non unicamente quella del cuore!”
10.
Comprendi bene questa cosa, e non volgerMi più le spalle, bensì lasciati,
dappertutto, condurre e guidare da Me! Amen!»
[indice]
Il
ringraziamento di Set
25 novembre
1841
1. E
quando i due ebbero appreso queste parole da Abedam, Lo ringraziarono di cuore,
e il suolo del loro cuore si aprì e cominciò a lasciar divampare chiare fiamme
di vero amore. E così avvenne che pure Set
riconobbe Abedam, ed egli, dominato dalla più intensa commozione interiore,
parlò così:
2. «O
Padre santo! Solo ora mi trovo destato da un sonno durato quasi più di
ottocento anni, e ormai vedo nei suoi principali e chiarissimi tratti, tutto
quello che opera il Tuo infinito Amore paterno per vivificare veramente e
rendere pienamente indipendenti e libere le Tue creature, per poi educarle ed
innalzarle a Tuoi veri figli, affinché esse poi, come Tuoi veri figli, possano
e debbano essere qualcosa anche accanto a Te!
3.
Per amore Tu distruggesti i mondi dinanzi ai loro occhi, affinché essi
potessero riconoscere il loro nulla e il Tutto del Tuo santo Amore!
4. Tu
Ti sei nuovamente nascosto ai loro occhi, affinché essi Ti cerchino e vogliano,
con questo santo cercare, dimenticare il mondo e le sue passeggere attrattive!
5.
Chi si è avvicinato in stato d’immaturità a Te, Tu lo hai dolcemente
allontanato e lo hai posto su un buon terreno, affinché potesse giungere a
maturazione con tanta maggior rapidità e potesse quindi, provvisto di
molteplice frutto, fare ritorno a Te. E Tu, per di più ancora, l’hai
ricompensato per essersi lasciato infinitamente amare da Te e pazientemente
colmare d’innumerevoli atti d’amore della Vita!
6. Già
da lungo tempo Tu Ti accorgesti e vedesti la grande tiepidezza del nostro
cuore; però, anziché punirci tutti come avremmo meritato, venisti Tu stesso
visibilmente a visitarci, e c’insegnasti, e tuttora ci insegni mediante le Tue
parole e le Tue azioni sante, a riconoscere in noi Te stesso e quindi anche la
vita eterna!
7.
Per amor nostro Tu metti in moto meravigliosamente Cielo e Terra, nonché tutti
gli elementi, e perfino col fragore del tuono fai predicare il Tuo Amore
immenso e la Tua Misericordia ai nostri sordi orecchi; e mediante lo scoppiare
dei fulmini abbaglianti desti i nostri occhi che si trovano ancora immersi nel
sonno più profondo della morte, affinché possano contemplare le opere del Tuo
infinito Amore paterno, anzi, affinché possano contemplare Te, Te stesso, Padre
santo!
8. O
Padre! Chi mai può amarTi abbastanza, e chi mai può ringraziarTi anche una sola
millesima parte di quel minimissimo, infinitesimale tributo di grazia che per
un figlio è doveroso rendere al padre?
9.
Oh, quale buon Padre Tu sei! O cuore mio, ampliati ora, sì ampliati oltre tutti
i cieli visibili! E tu, o santa fiamma nuovamente destata del vero amore,
riempi in ogni sua parte il mio cuore così allargato, affinché sia possibile
anche a me amarTi, o Padre santo, con tutte le mie forze, anzi, oltre tutte le
mie forze!
10. E
tu, Enoch, solo ora tutte le parole, spesso rivoltemi da te nel Nome del Padre,
sorgono per me come brillantissime stelle; sì, soltanto ora mi è tutto chiaro!
Ora, fin dal primo mattino dell’infanzia, ho sentito che ogni brezza che ha
scherzato con i miei capelli, ogni gocciolina di rugiada che ha bagnato i miei
piedi e ogni cosa che mai ebbe a toccarmi, anzi perfino ogni mio sogno, era
un’opera del Tuo infinito Amore, o Padre santo!
11.
Per tutto quello che hai fatto per me accogli i ringraziamenti più sinceri che
il mio cuore può ora, come continuamente in eterno, offrire a Te con tutto
amore e che, con la Tua Grazia, riuscirò anche sicuramente a manifestarTi con
sempre crescente ardore!
12.
Oh, se mi fosse lecito urlare, se potessi ora rivelare Chi Tu sei! In verità,
come poco fa gli elementi scatenati soffocavano la mia voce, adesso, o Padre,
vorrei io con le mie lodi a Te soffocare la loro!
13.
Ma pure, o Padre mio, perdona se io forse parlo troppo! Però, o Padre, a chi è
possibile, avendoTi riconosciuto, moderarsi nell’amore, e chi può fare troppo
in questa circostanza? Chi può tributarTi troppa lode, chi troppe grazie?
14.
Qual è il cuore capace di ampliarsi troppo per accogliere la grandezza inesprimibile
delle Tue Misericordie, della Tua Pazienza, della Tua Indulgenza ed infine
l’immensità del Tuo paterno Amore?
15. O
Padre, Padre buono, santo ed eccellente! Ti sia offerto in eterno tutto il mio
cuore in sacrificio di grazie; accettalo in grazia, o Padre diletto e santo di
tutti noi! Accettalo da tutti noi! Che la Tua Volontà sia fatta, Amen!»
[indice]
L’Alto
Abedam nella cerchia dei Suoi figli beati
La fine
della tempesta
1. E dopo
queste ferventi parole di ringraziamento, l’Alto Abedam,
con espressione di grandissimo amore, si volse verso Set e gli disse: «O Set,
figlio Mio, vieni qui, vieni su questo petto che ti ha amato già prima che un
qualche Sole avesse illuminato il cammino di un pianeta!
2.
AmaMi! Ama di tutto cuore il Padre, che per il Suo eterno Amore distese l’ampio
cielo sopra la Terra, il Sole, la Luna e tutte le stelle, per poterti
dimostrare che Egli è un Padre immensamente buono e santo per te, eternamente
era ed eternamente intende essere e pure sarà!
3. O
Mio caro Set, dimMi: “Non è vero che fa
bene riposarsi sul cuore del santo ed eterno Padre?”
4. E
tu pure, Adamo, vieni, e voi tutti e tre, provate e gustate come è dolce
l’Amore del Padre santo e quale ristoro esso sia per il cuore stanco dei
figli!»
5. Ma
essi allora caddero ai Suoi piedi e, in stato di
rapimento supremo, esclamarono: «O Padre nostro immensamente buono e santo!». E
nessuno poté aggiungere una parola di più.
6.
Invece Abedam li rialzò e disse loro ancora:
«Miei diletti figli! Voi spesso Mi avete cercato, Mi avete cercato a lungo e
faticosamente, anzi Mi avete cercato oltre a tutte le stelle, mentre Io invece
continuavo a camminare in mezzo a voi. Solo che voi non avete potuto trovarMi,
né riconoscerMi, poiché i vostri occhi e similmente i vostri cuori erano sempre
rivolti troppo lontano per cercare e amare Colui che invece si trovava tanto
vicino a voi tutti, anzi più vicino di quanto ciascuno fosse vicino a se
stesso!
7.
Tuttavia ora Mi avete trovato, e siete felici quanto mai di averMi trovato. E
adesso usciamo dunque dalla capanna, e vediamo chi e che cosa attende da noi
aiuto!
8. A
te, Set, Io do ora il potere di calmare la bufera che tuttora imperversa
violenta, e poi in tal modo ben presto si vedrà chi ancora riconoscerà il Padre
che è tanto vicino! Amen!»
9. E
così uscirono fuori dalla capanna, all’aperto, dove la tempesta, quantunque
all’apparenza accennasse a diminuire di violenza, continuava ad infuriare
ancora con molta forza. E passando dinanzi ad Eva, Abedam,
l’Alto, disse ai cinque che la circondavano e la consolavano:
10.
«Per ora restate dove siete, fino al nostro ritorno! Chi pratica l’amore del
prossimo troverà a sua volta amore del prossimo; e chi assiste la debole madre,
sarà ricompensato sulla Terra con amore; ma chi ottiene amore in ricompensa, ha
in mano un pegno prezioso attraverso il quale potrà acquistarsi facilmente ciò
che è prezioso sopra ogni cosa.
11.
Io però vi dico: “Se l’uomo sapesse
quanto spesso si trova vicino alla felicità suprema, egli abbandonerebbe tutto
per seguire questa!”. Solo che anche questo è buono, e cioè che egli non lo
sappia, poiché se lo sapesse diventerebbe pigro e trascurerebbe di lavorare il
proprio terreno.
12.
Perciò anche voi restatevene qui, e lavorate il vostro terreno; poiché può
trattarsi anche di un tempo non lungo, e talvolta la cosa dipende da un minuto
solo. Se durante questo minuto la semente cade entro il terreno, essa ben
presto si sviluppa, e il germoglio che rapidamente ne sorge tenderà in breve i
suoi freschi ramoscelli alla luce del giorno!
13.
Ora Io sono un seminatore molto esperto, e conosco bene il tempo in cui il seme
va sparso nel terreno. Fate dunque che questo seme si sviluppi precocemente, e
sollecitatene la crescita mediante il calore del vostro cuore! In verità vi
assicuro anche che non sarà affatto il solito e comune frutto ad apparire poi
sui rami rapidamente cresciuti!
14.
Rimanete qui, dunque, e ponderate bene queste parole!»
15. E
dopo che l’Alto Abedam ebbe detto ciò, essi uscirono dalla capanna. Ma i
cinque, dopo che i sei furono usciti dalla
capanna, cominciarono tra di loro a domandarsi: «Chi mai è questo straniero? Da
dove viene?
16.
Non è egli colui che di sera si è unito a noi con Abedam che era ritornato?
17.
L’aspetto suo, in generale, è quello di un qualsiasi altro uomo! Ma da dove gli
è venuta tanta sapienza, dato che prima d’oggi non lo abbiamo mai visto fra
noi?
18.
Il suo discorso è stato uno dei più straordinari che noi abbiamo mai sentito!
Di se stesso egli disse di essere un seminatore molto esperto, e che ha sparso
ora in noi una semente, e che questa dovrebbe svilupparsi rapidamente, e che,
come noi possiamo comprendere, già il giorno prossimo, e quindi il Sabato di
domani, dovrebbe produrre rami, foglie e addirittura dei frutti insoliti e
pienamente maturi! Che tipo di frutti potranno mai essere?
19.
Queste cose le comprenda chi può e chi vuole; ma noi, che pure abbiamo tutti
visto e udito Emanuel-Abbà e fummo testimoni di tutti i Suoi prodigi e fummo da
Lui destati e benedetti, noi non possiamo comprendere il senso di queste
parole!
20.
Però è bensì cosa strana che noi, pur benedetti come siamo, non siamo in grado
di comprenderlo. Eppure è così!»
21.
Una cosa però finì col dare nell’occhio ad Enos, e questa fu la luce che
illuminava la capanna; ed egli subito richiamò su questo fatto anche
l’attenzione degli altri.
22. E
Kenan allora disse ad Enos e pure agli altri:
«Ascoltate, questo è davvero straordinario, soltanto adesso me ne accorgo
anch’io! Non si vede in nessun luogo un corpo luminoso, eppure qui regna luce
come in pieno giorno!
23.
Come è possibile? Chi fra tutti noi può comprenderne la ragione?»
24.
Ma Eva allora si alzò e fece questa osservazione
ai cinque: «Figli, perché andate chiedendovi l’un l’altro cose che nessuno di
voi comprende!
25.
Ascoltate: – ogni bufera è ammutolita; la pace di nuovo si diffonde dolcemente
sui campi duramente provati della Terra; le foglie degli alberi lasciano cadere
le ultime gocce della grave angoscia sopportata, e una fresca rugiada sta già
risanando più d’una ferita che i fulmini hanno certamente inferto ai tronchi
sani degli alberi; e sugli occhi dei piccoli e timidi fanciulletti sarà forse
già sceso un sonno ristoratore, e tutti coloro che questa lunga ora di terrore
aveva forse spinto alla disperazione, saranno ora prostrati sulle loro facce e,
con cuore afflitto e sciogliendosi in lacrime di pentimento, ringrazieranno Dio
per la salvezza ottenuta.
26.
Come potete dunque rompervi il capo, ora, per un fiocco di lana che avete
trovato, mentre non ponete affatto attenzione alla pecora che vive?
27.
L’esperto seminatore ha sparso in voi un meraviglioso seme; ma, se voi lo
calpestate continuamente, allora ben pochi rami vedranno la luce del giorno!
28.
Ognuno di voi sappia però che la semente nel terreno deve aver pace qualora si
voglia che essa germogli producendo frutto, e perché, così benedetta, abbia poi
a prosperare! Perché voi non volete accordare pace alla semente del vostro
grano, ed invece lo calpestate con la fiacca rigidità del vostro intelletto?
29.
La tempesta non è cessata soltanto per coloro che stanno lì fuori, ma anche per
voi! Dunque, noi tutti siamo salvi! Invece, piuttosto di tormentarvi il
cervello, pensate nei vostri cuori a Chi ci ha salvati, e ringraziateLo per
così grande Misericordia, e così senza alcun dubbio sarà fatta luce in voi
ancora prima che non la otteniate mediante tutti i vostri rompimenti di capo!
30.
Non chiedetevi chi sia lo straniero, considerato che nessuno di voi Lo conosce,
ma fate piuttosto attenzione alla Sua Parola sublime nel cuore, affinché essa
ben presto germogli e sorga! E quando poi, venuto il giorno, potremo vedere il
frutto, certamente vi riuscirà più facile riconoscere dal frutto anche
l’estraneo grande Seminatore che non procedendo così, come ora fate voi che
volete guardare, o forse addirittura pretendere di vedere già la luce del
giorno con la tenebra dei vostri capi!
31. E
poi sappiate che se anche la donna non è chiamata ad insegnare, tuttavia spetta
sempre alla madre redarguire i suoi figli stolti quando si accorge che la
stoltezza purtroppo ha trovato dimora presso di loro. Comprendete bene!
Concentratevi nei vostri cuori, e là cercate luce per rischiarare la vostra
tenebra, e tacete! Amen!»
32.
Queste parole di Eva penetrarono profondamente nel cuore dei cinque, tanto che
essi, molto grati, immediatamente fecero quello che anche Eva aveva
legittimamente richiesto da loro, ispirata dall’amore materno.
33.
Ma cosa facevano nel frattempo i sei che erano usciti dalla capanna? E una
volta usciti, come trovarono la Terra e i figli sulla Terra?
34. I
lampi continuavano ancora a saettare a migliaia attraverso nuvole roventi;
cento montagne tutt’intorno erano ancora in piena attività vulcanica; il mare
era retrocesso per molte miglia; qua e là ardevano ancora dei boschi che i
fulmini avevano incendiati; si faceva ancora sentire il rombo sordo dei tuoni;
e non raramente dei fulmini colpivano con formidabili scoppi il terreno che
tuttora tremava fortemente, e l’eco delle urla degli abitanti dei boschi, che
già si erano ritirati lontani, giungeva ancora spaventosamente dalle valli!
35.
Tale era ancora lo stato delle cose lì all’esterno. E i figli a migliaia e
migliaia, in ampi cerchi intorno alla capanna di Adamo, lodavano Dio per la
salvezza ottenuta, e le madri, ancora tremanti e piangendo, accarezzavano i
loro piccini non di rado piangenti anch’essi; alcuni però, affranti dallo
spavento, si erano già addormentati sul grembo delle madri che ancora
singhiozzavano.
36. E
i sei girarono intorno visitando e consolando i cuori oppressi dei padri e
delle madri.
[indice]
La forza
miracolosa di Set calma la bufera di fuoco
Le indagini
e i presentimenti di Kaeam; il suo amore per l’Alto Abedam
29 novembre
1841
1. E
dopo che i sei, usciti dalla capanna, ebbero confortato i cuori di molti
rattristati, Abedam, l’Alto, così parlò a Set:
2.
«Caro Set, il tempo della prova è trascorso. Quest’uragano di fuoco ha dovuto
imperversare per il regolare consolidamento della Terra e così, ora, per mezzo
del potere che ti venne conferito, puoi comandare all’uragano di cessare del
tutto e di tacere, e contemporaneamente puoi ordinare al cielo di rasserenarsi.
Soltanto le montagne lontane che appaiono tutt’intorno e che ancora ardono,
quelle lascia che continuino nella loro necessaria attività, la quale è del
tutto innocua! Amen!»
3. E Set allora si prostrò dinanzi ad Abedam, Gli tributò
lode e Lo ringraziò; ma poi egli subito si rialzò e, con largo gesto delle mani
distese, fortemente commosso esclamò:
4. «O
Padre santo, Signore e Creatore di tutte le cose, come dalle eternità era e
come in eterno sarà, sia fatto anche ora secondo la Tua santa Volontà; e così,
nel Tuo Nome, avvenga anche qui secondo quanto Tu hai detto, ora come sempre!
Amen!»
5. E
come Set ebbe appena terminato il suo ‘amen’, già nessuna nuvoletta fu più
visibile nel cielo, e soltanto agli estremi confini dell’orizzonte delle
colonne di fumo, appena percettibili, rivelavano l’esistenza delle montagne
ardenti ancora in attività. Il cielo sembrava creato di recente, ed appariva
adorno delle più splendide costellazioni, e tutto ciò che aveva vita e respiro
sembrava gioire della pace e dell’ordine ristabiliti.
6. E
quando tutto fu così ben disposto, e mentre giù dal cielo scendeva una rugiada
ristoratrice a risanare ogni ferita e ogni piaga naturale, e mentre lievi
brezze alitavano dolcemente sull’erba rialzandone i fili curvati dalla tempesta,
allora Abedam disse ai suoi compagni:
7.
«La quiete è ristabilita, e la Terra ha di nuovo la sua pace. Facciamo dunque
ritornare tutto il popolo alle sue capanne per dedicarsi là al necessario
riposo naturale; e poi noi pure facciamo subito ritorno alla nostra dimora per
risollevare coloro che là ci attendono!»
8.
Dopo di ciò, essi andarono dai figli che erano accampati in vari luoghi intorno
alla capanna di Adamo, ed annunciarono loro l’opportunità di far ritorno alle
loro abitazioni e di non aver paura, perché ormai già da lungo tempo tutte le
fiere erano fuggite nuovamente nelle profondità dei boschi. Oltre a ciò
ciascuno avrebbe trovato nella propria capanna tanta luce da poter facilmente
perlustrarne ogni angolo con il suo sussidio, e che ciò avveniva anche per
convincersi che il Padre santo e potente non è mai così lontano dai Suoi figli
come spesso essi credono stoltamente e come sono portati a credere nella loro
estrema cecità.
9. E
quando si fossero convinti che tutto era tornato tranquillo e libero da ospiti
inopportuni, sarebbe stato loro dovere ringraziare Dio, e poi senza alcun
pensiero dedicarsi al riposo richiesto dalle necessità del corpo.
10.
Quando furono annunciate queste cose a tutti, il popolo si levò in massa e si
affrettò sollecito verso le dimore. Però, alcuni fra gli anziani si
presentarono ai sei e, prostratisi sulle loro facce, ringraziarono con cuore
afflitto i padri, e mediante questi anche Dio. E dopo che si furono rialzati, uno di loro, figlio di Set
in decima linea generazionale, si fece coraggio e domandò a quest’ultimo:
11.
«O padre, come mai hai potuto con tanta rapidità ridurre tutti gli elementi
all’obbedienza per il solo effetto della tua parola? Un simile potere, io non
l’ho ancora mai osservato in te!
12.
In verità, qui ci deve essere qualcosa che è da più di te solo! Oh, dimmelo,
affinché pure noi possiamo riconoscere come una cosa simile sia possibile a un
uomo!»
13.
Allora Set rispose all’interrogante: «O Kaeam,
mio caro figlio, tu ben vedi ciò che è possibile all’uomo e ciò che gli è
impossibile; ma come nonostante ciò molte cose siano possibili in Dio e
mediante Dio, questo oggi non lo potrai comprendere ancora. Però rallegratevi
della giornata di domani, la quale sarà per voi tutti apportatrice di una gran
luce! In questa luce, ogni angolo del vostro cuore sarà completamente
illuminato, e allora vedrete con tutta chiarezza e precisione come tali
avvenimenti siano possibili!
14.
Frattanto, per oggi ritornate di cuore tranquillo e grato alle vostre capanne,
ormai purificate e bene illuminate, e prendetevi nel Nome del Signore un riposo
sano e privo di preoccupazioni, com’è richiesto per il benessere della vostra
vita naturale! Amen!»
15. E
l’Alto Abedam, facendo Egli pure coro all’Amen, aggiunse ancora:
«Quando
voi varcherete le soglie delle vostre capanne e le troverete bene illuminate e
libere da ogni scomodità, pensate allora al divario che c’è fra ciò che è
possibile a Dio e ciò che è possibile all’uomo!
16. E
quando avrete considerato questo, paragonate il vostro cuore con la capanna
come essa era fino a poco fa e come si trova adesso, e allora una grande e
pesante benda vi cadrà dagli occhi, e ben presto vi accorgerete e riconoscerete
Chi oggi ha cooperato alla cessazione di questa bufera! Amen!»
17. Kaeam ringraziò per tale alto insegnamento, e poi
disse: «O tu, le cui parole come un alito supremamente vitale hanno ora colmato
tutto il mio essere, vorresti permettermi, dopo che avrò condotto i miei alla
capanna che già da lungo tempo mi serve da luogo di riposo, di ritornare
immediatamente per trascorrere qui la notte, sia pure fuori dalla capanna di
Adamo, solo in questa tua vicinanza che mi fa sentire immensamente bene?»
18. E
l’Alto Abedam gli rispose: «Kaeam, fa pure come
l’amore del tuo cuore richiede! Ma se tu hai piena fiducia e se in te riconosci
che qui vi è di più di quanto contiene la tua capanna, deponi allora ogni tua
cura a terra e seguici subito nella capanna di Adamo, poiché in essa posto ce
n’è abbastanza!»
19. E
Kaeam, quanto mai lieto, allora esclamò: «O
magnifico! Com’è dolce la tua parola! Chi mai può resistervi quando la sente?
20.
Vedi, tutte le mie cure le ho già poste sotto i miei piedi, sopra il suolo di
questa Terra! Davvero, se avessi cento capanne e mille figli con appunto cento
donne, per amor vostro e particolarmente per amor tuo, o sublime maestro, io le
abbandonerei con altrettanta facilità e sollecitudine per seguirti, come faccio
ora con la sola capanna che ho!
21.
Poiché, vedi, io credo che colui al quale obbediscono gli elementi e che ha
cura di tutta la Terra, non vorrà certo dimenticare, nella sua santa cura,
neppure la mia povera capanna! Perciò io ti seguo, se vuoi, anche fino al capo
del mondo senza alcun pensiero. Amen!».
[indice]
Le rime
consolatrici di Kaeam
1 dicembre
1841
1.
Ora gli altri quattro, essendo rimasti alquanto indietro a Kaeam, e poi per il
brusio causato dal popolo che si avviava alle proprie dimore non avevano compreso
nulla del colloquio di cui dicemmo prima e non potevano così rendersi conto di
quello che Kaeam avrebbe voluto fare. Perciò essi si avvicinarono e
l’interrogarono in proposito.
2.
Però Kaeam rispose loro: «Giacché mi domandate, io vi rispondo che rimango qui
presso colui che ci ha salvati; ed anche voi potete fare la stessa cosa, se lo
volete!»
3. E
gli altri chiesero nuovamente a Kaeam che cosa avrebbero dovuto fare della
moglie e dei figli e di tante altre cose!
4. Ma
Kaeam replicò loro ancora una volta:
«In tal modo, rimanendo, tutto ho fatto già!
/
Chi
per oggi non ha lasciato dissolversi la Terra, /
e i
legami del cielo non lacererà, /
di
sicuro Egli anche fino a domani lo farà /
e
della mia povera capannuccia, cura ne avrà!
5. Neanche
voi vi dovete angustiare, /
non
perciò la Terra andrà in frantumi; /
meglio
passo dopo passo seguire /
Uno
dal centro della santa schiera, /
come
nella Sua capanna a riposare /
dopo
l’abituale usanza della dormitina!
6. A
poco a me servirebbe la capanna
se
quell’Uno non la proteggesse!
Ciò
che Egli fa, tralascerà,
amando
noi senza misura,
se io
Lo seguo dall’impulso migliore.
Seguite,
seguite anche voi l’Amore!»
7.
Gli altri però non compresero quello che Kaeam aveva rivelato loro, e ancora una
volta gli domandarono cosa volesse intendere con simili parole.
8. Ma
egli replicò loro:
“Chi
nel cuore non si infiamma, se il Padre ha ritrovato,
anche
difficilmente lì riconoscerà, Chi a lui la vita ha legato!
Pertanto,
pure a casa trascinatevi e nelle vostre capanne riposatevi
e per
oggi a indagare in mezzo a noi. non affannatevi. – Amen!”
9. Ma
subito l’Alto Abedam si rivolse ai quattro e
disse a loro: «Chi comprende ciò che non vede, e intende ciò che non ode?
10.
Se il cieco o uno che abbia gli occhi chiusi, già in pieno giorno non vede
niente, cosa potrà vedere di notte? E chi ha l’orecchio sordo anche per il
rombare del tuono, come potrebbe comprendere il dolce alitare dell’amore?
11.
Io però vi dico: “Chi già al primo
sguardo non riconosce il Sole che sorge, ha un difetto enorme nell’occhio! E
chi non si desta al fragore del tuono, ha certamente il sonno molto profondo!”
12.
Perciò, pure voi andatevene tranquilli e di buon animo alle vostre capanne, e
giunti là vedete di esaurire il vostro sonno; soltanto, non dimenticate di
destarvi a tempo debito domattina! Amen!»
13.
Quando però i quattro ebbero inteso le parole di Abedam, furono colti da un
senso d’angoscia, e uno tra di loro domandò ad
Abedam: «Chi sei tu, dunque, al suono delle cui parole i nostri cuori tremano
con tanta veemenza? Che cosa abbiamo noi a spartire con te?»
14. E
l’Alto Abedam rispose: «Chi sono Io? Io sono Chi
sono; voi però avete avuto ancora assai poco a spartire con Me!
15.
Se Io, dai tempi che furono, avessi avuto a spartire con voi così poco come voi
avete avuto a spartire con Me, in verità, avreste mangiato ancora poco pane!
16.
Comprendetelo bene, e ora andate a riposarvi! Amen!»
17. E
visto che Abedam li aveva congedati così bruscamente, essi si rivolsero ancora
a Set e gli chiesero cosa avrebbero dovuto pensare di quello straniero, poiché
le sue parole avevano una risonanza tanto straordinaria e suscitavano nei loro
petti delle sensazioni che fino allora erano rimaste per loro del tutto
estranee.
18.
Ma Set replicò a loro: «Non avete inteso prima
quello che vi ha detto lo straniero: “Se il cieco o uno che abbia gli occhi
chiusi già di pieno giorno non vede niente, come potrà vedere di notte?”
19.
L’occhio interiore del vostro cuore è ancora estremamente cieco; per questo
motivo voi non vi accorgete del Sole radioso sull’orizzonte di ogni vita;
perciò ritornate alle vostre dimore, esaurite là, dormendo, la vostra
stoltezza, e venite domani da noi con lo spirito desto! Amen!»
20. E
i quattro, avendo visto che tutte le loro domande non approdavano a nulla,
ringraziarono i padri e, immersi in pensieri di varia specie, si avviarono
verso le loro capanne le quali, secondo l’attuale sistema di misurazione,
distavano da lì circa mezz’ora di cammino in direzione di Mezzogiorno.
21.
Però, strada facendo, l’uno chiedeva all’altro che cosa pensasse del forestiero
che si trovava in compagnia dei padri della linea principale.
22. E
uno fra di loro, di nome Kuramech, così rispose
loro, dicendo: «Se volete sentirlo, potete sentirlo se vi va’ di sentirlo! Ma
se uno è stupido, è perché è stupido; ora purtroppo noi siamo come non dovremmo
essere, pensiamo senza pensare, guardiamo senza luce dinanzi, chiediamo senza
bocca, stiamo in piedi senza una base.
23.
Una volta trovai un albero cavo e strisciando penetrai dentro la sua ampia
cavità. Là dentro c’era il deserto. Non potei vedere altro che muffa e
putredine puzzolente; però la vita dell’albero io non la trovai, e tuttavia
esso appariva al di fuori come vivente! Era carico di foglie; ma se portasse
pure dei frutti, non lo so, perché questi io non li potevo vedere a causa della
sua grande altezza.
24.
Così pure una volta vidi un grande uccello che attraversava l’aria. Era
un’aquila. Essa imitava il cinguettio degli uccellini. Gli uccellini allora
salivano, illudendosi di trovare un loro simile; ma come scappavano spaventati
quando si accorgevano di avere a che fare con una possente aquila! Il canto
somigliava a quello degli uccellini, ma risuonava poderoso e si espandeva
lontano tutto intorno da quella tremenda altezza. Spavento allora mi prese, e grande angoscia quando il mio orecchio tale
voce intese!
25.
Una volta, di notte, ho udito come un violento rumoreggiare di tempesta; eppure
le foglie degli alberi non si muovevano neanche, e io allora pensai: ‘Che cos’è che rumoreggia quando la calma
regna completa?’
26. Ben presto (il rumore) ammutolì, e nessun vento passò.
Un potente fragore, …e senza vento;
ciò nondimeno, che strane cose sono!
27. E
ancora una volta, mentre mi trovavo su un’alta rupe, vidi come un nebbione che
saliva su dal mare, grigiastro e pesante. Esso continuò a salire imperterrito
fino all’orlo dell’alta rupe. Allora volli guardare cosa vi si celasse dentro;
ma ben presto mi ritrassi inorridito, perché quanto più quella foschia si
avvicinava avvolgendomi, tanto più tenebrosa si faceva la valle. – Allora, sappiate: io fuggii il più
velocemente possibile dalla rupe, dritto verso la mia capanna, e in essa trovai
l’antica pace.
28. Se qualcos’altro ci sarà,
il tempo la nebbia solleverà!
E perciò non lasciamoci rompere la testa,
non buchiamo arrabiati un
vespaio!
Le montagne sono curve,
noi siamo sciocchi;
cosa può dire uno a un altro
sulla stupidità di stupide
domande?
Al massimo della propria
sventura, rammaricarsi.
Tale è la sciocchezza che deve
sopportare.
Perciò io vorrei ormai tacere.
quieto nella mia capanna
intendo ritornare,
là, nelle gioie della
silenziosa speranza,
al dolce mio riposo accontentarmi!
29. Volete chiedervi ancora inoltre
finché il mattino vi dichiarerà:
“I miei raggi vi annunziano
che ancora siete tutti colmi di
peccati!
Perché non volete riposare,
bensì solo cose inutili fare?”
Vedete allora, se i vostri
occhi
saranno adatti per il Sole!
30. Dunque fate ciò che volete!
Le mia lingua non vi porti
rancore,
domani si scoprirà sì di certo
ciò che alla notte volevate
strappare!
31. Nessun sole creerete,
per quanto la notte voi anche
fissiate;
domani si scoprirà di certo
ciò che alla notte volevate
strappare! Amen!»
32. E
dette queste parole, Kuramech li abbandonò e si diresse frettoloso verso la sua
capanna per riposare. Gli altri tre, invece, si sedettero per terra e fugarono
il sonno rivolgendosi ogni tipo di domande.
33.
Quando però Kuramech entrò nella sua capanna e trovò sua moglie e i suoi figli
colmi di stupore per il fatto che l’interno della loro capanna era
completamente illuminato, si ricordò delle parole dello straniero e cominciò a concentrarsi in se stesso e gradatamente
riconobbe sempre più che lo straniero non era affatto tale, ma che era invece
Uno che è dappertutto a casa Sua!
34. E
così egli cominciò a lodarLo e a lodarLo finché il necessario sonno non gli
fece ammutolire la bocca, che altrimenti non si sarebbe stancata nella lode.
[indice]
Abedam,
l’Alto, e i cinque cercatori di luce
Non
l’indagine, bensì l’amore conduce alla vita
2 dicembre
1841
1. Contemporaneamente
ai quattro di cui dicemmo prima, anche l’altra comitiva, composta ormai da
sette persone, giunse alla capanna di Adamo ed, entratavi, trovò che i cinque
tenevano compagnia ad Eva di lieto umore.
2.
Entrati così nella capanna, Abedam si avvicinò
immediatamente ai cinque, e disse loro: «RaccontateMi ora ciò che avete trovato
durante il tempo in cui siamo stati assenti! E come vi ha plasmati la Mia
parola? Vi ha rinnovati o invecchiati? EsponeteMi dunque tali cose dal vostro
cuore!»
3. Ed
Enos, che era il primo, così si espresse: «Io ho
visto in me una luce intensa che produceva un chiarore potente. Volli sapere da
dove essa sorgesse, ma ecco che la luce si estinse, ed io non vidi più il
viscere[16]
nel mio corpo!
4.
Allora interrogai il mio cuore per sapere dove la luce si fosse nascosta. Ma il
cuore rimase muto ed io glielo chiesi per la seconda e terza volta, e di nuovo
rimase muto e lo è rimasto fino a ora!
5.
Vedi, questo è tutto ciò che ho trovato io! Un atteggiamento muto del mio cuore
– questo è tutto – e con una luce ancora spenta!»
6. E Abedam gli ribatté: «Se invece di perderti in
indagini, ti fossi dato ad amare Colui che dall’eternità già ti ha amato, il
tuo cuore non sarebbe diventato muto, ma invece vi avresti trovato la luce e la
parola! Invece tu volevi soltanto sapere, e vedi, la scienza è per la vita
quello che il fetore della putredine è per la luce! Con questo fetore tu spegni
la vita, e con essa anche la sua luce nel cuore, per questo si fecero in te le
tenebre e il tuo cuore ammutolì!
7.
Però accadrà lo stesso anche a molti altri ancora in sulla Terra! Ma chi sarà
come te, riuscirà ben difficile riacquistare la vita e la sua luce!
8. Se
tu invece vuoi vivere, tralascia d’indagare cosa ti è suggerito dalla tua brama
di sapere, e colma invece il tuo cuore con l’amore, e così, riacquistando vita,
otterrai in adeguata misura anche Luce!
9. Se
tutti gli uomini volessero riunire assieme tutto il loro sapere, potrebbero
essi con ciò conoscere Dio più da vicino anche solo di un filo?
10.
Ma che differenza c’è tra uno che studia le leggi e uno che le osserva?
11.
Dunque, chi le studia non è forse ucciso dall’ammasso confuso delle leggi,
mentre chi le osserva risulta appunto vivificato dalle leggi stesse?
12.
Tu però vorresti ribatterMi: ‘Ma la legge non deve essere accolta fra le
proprie cognizioni, prima che sia possibile osservarla?’
13.
Io ti dico che da un lato hai ragione; tuttavia, per guidarti verso la vera
luce, voglio esporti una similitudine, e tu stesso te ne devi servire come tale
e poi giudicarla:
14.
Supponi di avere due servitori: – l’uno, quando gli ordini un determinato
lavoro, si dà scientificamente a lambicarsi il cervello per scrutare la tua
richiesta, e lasciandolo fare perderebbe l’intera giornata per studiare tutti gli
aspetti e i significati dell’ordine e per rendersi conto di tutto ciò che vi
può essere di nascosto al suo interno.
15.
L’altro, invece, non si perde in riflessioni e in indagini; bensì va e, poiché
ti ama, e quindi ha fiducia in te, adempie subito la tua volontà con l’azione.
16.
DimMi ora: – quale dei due servitori terrai presso di te e lo inizierai in
molti dei tuoi segreti e nei desideri del tuo cuore?
17.
No di certo colui che dibatte scientificamente la tua volontà, bensì quello che
costantemente opera a seconda della tua volontà!
18.
Credi tu che presso Dio avvenga diversamente? Oh, no, te lo dico Io: – anche
Dio si comporta nell’identica maniera, dato che Egli non bada affatto a uno
spirito che indaga, bensì sempre a quello che soltanto ama e che, a seconda del
suo amore, agisce!
19.
Dunque, fa anche tu lo stesso; e così tu vivrai ed apprenderai, dal gran
Signore e Padre, in un minuto, più che non in decine di secoli con la tua
bramosia di sapere!
20.
Queste cose comprendile nel tuo cuore, e opera in conformità! Amen!»
21.
Poi Abedam, rivoltosi a Kenan, gli chiese:
«MostraMi anche tu il tuo cuore: – che cosa vi hai trovato?»
22. E
Kenan rispose: «In verità, anche a me non è
andata meglio che al padre Enos! Anche dinanzi ai miei occhi io vidi fuggire
cose che avevano l’aspetto di lampi abbaglianti; però i miei occhi non poterono
seguirle. Esse si abbassavano con troppa velocità sotto il lontano orizzonte, e
ben presto le tenebre più fitte ricoprirono il globo terrestre. Quindi, io dovetti
constatare con mia grande angoscia quanto sono insufficienti le forze umane, e
quanto terribilmente lente a raggiungere una luce che ci passa davanti!
23.
Ma interrogare il mio cuore significa interrogare una pietra! Chi sa cosa può
esservi celato dentro? Io non posso riceverne alcuna risposta!
24.
Io certo fui pure presente quando Emanuel-Abbà ci ha benedetti; solo che la Sua
Benedizione deve essere passata dinanzi a me come la luce di cui dissi prima,
senza aver toccato di me null’altro che gli occhi!»
25. E
Abedam gli disse: «Come è accaduto a te, così un
giorno accadrà a moltissimi, e a questi moltissimi così accadrà tanto a lungo
che essi nella sapienza del mondo troveranno anche la morte. I loro cuori si
faranno di pietra, e la conseguenza sarà l’avidità. Questa però porterà con sé
l’invidia, l’avarizia e l’assassinio. E l’avaro, nella sua parsimonia sempre
egoista, sarà ritenuto un essere virtuoso. Allora il destino di molti sarà una
grande povertà, e quello di molti più ancora sarà la morte!
26.
Ma se tu vuoi vivere, fa come Io ho consigliato ad Enos di fare! Amen!»
27. E
poi Abedam chiese a Maalaleel: «E tu cosa hai
trovato in te? DimMelo pure!»
28. E
Maalaleel allora rispose: «In verità, a me è
accaduto di peggio ancora che non ai miei padri! Essi almeno videro una luce,
mentre a me non fu dato di scorgere che la notte dappertutto: – nient’altro che
una fredda notte!
29.
Io sono deserto e vuoto in ogni mia parte. In qualunque punto mi fossi provato
a battere su di me, sempre si fece sentire la risonanza del vuoto. E quando io
levai gli occhi verso l’alto del cielo, mi accorsi che era di metallo, e non
lasciava passare neppure la minima speranza per una vita più illuminata.
30.
Io allora piansi nell’immensa povertà del mio proprio cuore; solo che ora non
posso più nemmeno piangere e sono perfettamente simile a una pietra, perché le
mie lacrime furono inghiottite dalla sabbia ardente del mio deserto.
31.
Vedi, questo è ciò che io ho trovato e che trovo ancora attualmente, ad
eccezione di un leggero sollievo che provo vicino a te!»
32. E
Abedam gli disse: «Come accade ora a te, così
accadrà un giorno negli ultimissimi tempi a un numero immenso!
33.
Ma ancora felice sei tu che riconosci la grande miseria in te, poiché tale
riconoscimento è pure una grande luce. Gli altri, invece, non riconosceranno il
loro stato di morte. Il loro verme interno li roderà come un tronco d’albero
morto marcisce nel bosco, e non si accorgeranno di ciò che li corrode in
polvere che eternamente li annienta!
34.
Essi estrarranno dai monti tanta quantità di metallo da poter costruire delle
strade di ferro; ma su queste vie rigide e rettilinee ne cammineranno pochi,
certo ben pochi che desidereranno essere come adesso sei tu. E se anche tra le
molte migliaia di uomini sorgerà un qualche vivente, per quest’ultimo,
nonostante la brevità della vita terrena, sarà duro compito dimorare tra i
morti!
35.
Invece coloro che saranno come ora sei tu, riconosceranno i viventi soltanto
nella misura in cui ora tu riconosci Me. E in quel tempo molte parole della
vita non potranno fare effetto su di loro, quanto lo può adesso una sola parola
su di te.
36.
Tuttavia fra i tre il più felice sei tu nella tua povertà di luce, poiché ben
presto ti sarà fatta una buona ambasciata!
37.
Ma anche tu, agisci come Io ho consigliato ad Enos, così vivrai ed avrai luce
in grande quantità! Amen!»
[indice]
Come deve
essere il vero amore verso Dio
3 dicembre
1841
1. E Abedam chiese a Jared: «Jared,
non vorresti anche tu dirMi, come gli altri padri, che cosa hai finora trovato
in te mentre eravamo assenti?»
2. E Jared rispose: «Vedi, io sapevo già prima che poco o
nulla si sarebbe potuto trovare; perciò io non cercai nulla, e invece, prima e
dopo il periodo d’angoscia causato dalla bufera cercai d’allietarmi sognando.
Così in questo stato estremamente piacevole sognai che Asmahaele era rimasto e
che aveva dimorato presso di me. Oh, quale felicità sarebbe stata questa per
me!
3. E
poi sognai ancora se Egli, sotto le spoglie di Emanuel-Abbà, fosse almeno
rimasto con noi fino al tempo della bufera, e tutti noi avremmo accolto
quest’ultima giubilando!
4. E
sognai ancora che Emanuel-Abbà avesse deliberatamente fatto venire sopra di noi
una simile tempesta, per provare, per amore di noi stessi, il nostro amore e la
nostra fiducia in Lui. E poi mi dissi: ‘Chissà!
Forse Emanuel si trova fra noi proprio nella bufera, ed è addirittura possibile
che Egli sia nella bufera stessa!’
5. E
così andavo edificando un sogno dopo l’altro. Luce, per me, certo non si voleva
fare da nessuna parte, però sentivo più sollievo e fiducia intorno al cuore.
6.
Infatti, io facevo queste considerazioni: ‘Se
io posso sia pure soltanto sognare di Colui che il mio cuore ha con tanto
ardore abbracciato, come un giovane sogna la fidanzata scelta da poco, già
questa è di per sé una Grazia immensa della quale io non sono affatto degno!’
7. E
vedi, così io mi creai una beatitudine dopo l’altra, e sognando passai da uno
stato felicissimo a un altro più felice ancora! E questo è anche tutto ciò che
io ho trovato! E che cosa altro poi avrei dovuto cercare e trovare se non solo
quello che l’Amato dell’amor mio mi diede? Ed aggiungo ancora, che altro non
vorrei davvero cercare, né trovare! Però io credo fermamente, e secondo i Suoi
insegnamenti, che Emanuel, quando io dovrò abbandonare questa Terra, non
eviterà di rivolgermi il Suo sguardo pieno di Grazia, se mi presenterò a Lui
con un tale risultato delle mie ricerche che sempre mi rende supremamente
beato!
8.
Dunque, io voglio sempre rallegrarmi del mio Dio, del mio Emanuel e del mio
amorosissimo Abbà!
9.
Ecco, o mio caro straniero, come ho già detto, questo è ciò che di eterno ho
trovato!»
10.
Ma a questa confessione di Jared, Abedam
portò la mano agli occhi per celare dinanzi a lui una lacrima che gli era
spuntata sul ciglio e, solo dopo una lunga pausa, Egli levò la mano dai Suoi
occhi e disse finalmente a Jared:
11.
«Jared, alzati e vieni da Me! Poiché d’ora innanzi non ti sarà più necessario
sognare di Emanuel che ti è tanto caro e che hai sempre amato, motivo per cui
anche Asmahael per bocca dei padri si era deciso a prendere dimora nella tua
capanna. Certo, di Lui non dovrai più sognare, bensì tu Lo avrai continuamente
vivente sotto il tetto della tua casa!
12.
Jared, vieni qui e non temere, perché, vedi, il tuo Emanuel, il tuo Abbà, il
Padre tuo è qui che stende verso di te le Sue braccia!
13.
Vedi, Io voglio edificare un Cielo che sarà il più alto di tutti i Cieli; ma là
non sarà lasciato entrare nessuno, a meno che non Mi venga incontro con ciò che
ha trovato, che è la stessa cosa con cui Mi sei sempre venuto incontro in
silenzio come hai fatto ora!
14. O
Mio Jared, vedi, Enoch, Matusalem e Lamech, tutti voi dimorate sotto un tetto! L’amore non
lasciò che foste separati, e così neppure Io stesso da voi; e dunque anch’Io
voglio restare ugualmente con voi e con tutti i vostri successori. Quindi, fino
alla fine di tutti i tempi i successori della tua linea saranno riconoscibili
da questo fatto: Io prenderò sempre dimora presso di loro!
15.
Vedete tutti voi, così è formato il vero amore: silenzioso e paziente, non
cerca se non solo l’oggetto che il suo cuore ama. E quando il cuore ha trovato
questo oggetto, allora esso è felice, felicissimo, anche se non ha l’Amato
dinanzi ai propri occhi, ma, in compenso, ce l’ha tanto più nel cuore!
16.
Ma quando l’Amato vede la brama tacita e paziente dell’amante colmo di umiltà,
che a mala pena osa sollevare lo sguardo all’Amato, allora, in verità, l’amore di
un simile amante è tale da uguagliare l’Amore di Colui che egli ama e che già
lo amò prima ancora che esistesse!
17.
Chi farà così come ho consigliato ad Enos di fare, vivrà; ma Io prenderò dimora
solo nelle case di Jared! Amen!»
18. E
infine Abedam si rivolse a Matusalem
e anche a lui domandò: «Matusalem, tu ormai sai Chi
parla con te, ma questa circostanza non deve esserti d’ostacolo a indicarMi
quello che hai trovato. Dunque, se vuoi, fallo!»
19. E
allora Matusalem,
sopraffatto da un sentimento d’immensa reverenza, rispose infine con voce
tremante: «O Signore e Padre, Tu che scruti tutti i cuori e tutte le nostre
viscere, come puoi rivolgere una domanda a me che non sono nulla al Tuo
cospetto?
20.
Vedi, io non mi conosco; Tu invece mi conosci in ogni mia fibra! Ora se dovessi
parlare dinanzi a Te, con quanta facilità potrebbe accadere che, nella mia
ignoranza, io lasciassi sfuggire dalle mie labbra una cosa non vera!?
21. E
quale verrebbe ad essere allora la mia posizione dinanzi a te, o Padre santo?
Giudicami dunque secondo come mi hai trovato; però usa anche a me Grazia e
Misericordia!»
22. E
Abedam gli disse: «O Matusalem,
quello che tu Mi hai detto, è anche quello che hai trovato; ciò che hai trovato
ti sta dinanzi! Io ti dico che tu pure dimori nella capanna di Jared, ed in
questa dunque tu dimori con Me sotto un unico tetto!
23.
Tutti devono cercare così, e tutti devono dimorare sotto questo tetto! Coloro
che così cercheranno, così pure, come te, troveranno!
24.
Ma, dato che Mi hai chiamato anche Giudice, accadrà che tu avrai da vivere più
a lungo che ogni altro sulla Terra, poiché, vedi, Io sono bensì un Giudice per
tutte le creature, però non è lecito ai figli chiamare Giudice il Padre! Ma
d’ora innanzi verranno giudicati tutti coloro che invocheranno il Padre quale
Giudice! E la vita più lunga su questa Terra ti sia dunque concessa quale
piccolo dono del Giudice, affinché tu possa avere tempo sufficiente per
riconoscere nuovamente il tuo Giudice quale Padre! Amen!»
25. E
ora, o figli, la mezzanotte non è più lontana; al vostro corpo necessita il
riposo, e perciò andiamo a riposare! –
26.
Tu però, diletto Jared, hai libera scelta di rimanere qui con Me, oppure di
prenderMi con te nella tua capanna affinché Io vi rimanga!»
27. E
Jared rispose: «O Padre, caro Padre, sia fatta
la Tua santa Volontà ora come sempre!
28.
Con Te è bello stare dappertutto, e la mia capanna è in qualunque luogo dove Tu
sei; tuttavia per causa mia nessuno deve subire un danno! Che sia fatta la Tua
santa Volontà! Amen!»
29. E
Abedam allora gli disse: «Si, tu hai rettamente
parlato; resta dunque qui con Me! Amen!»
30. E
così tutti andarono a riposare con il cuore pieno di gratitudine e d’amore.
[indice]
Della vera
preghiera
La Divinità
giudicante e il Padre amante nel Signore
4 dicembre
1841
1. E
così riposarono tutti tranquillamente fino a un’ora prima del levar del Sole.
Soltanto l’Uno non riposò, non avendo Egli bisogno di riposo, dato che Egli
stesso è la suprema Pace come la suprema Attività stessa.
2.
Quest’Uno – qui chiamato l’Alto Abedam – fu il primo ad essere in piedi, e
svegliò anche tutti i figli dal sonno corporale. Fu sufficiente una sola
chiamata:
«Destatevi
e alzatevi!», e immediatamente nello stesso tempo furono tutti risvegliati e si
alzarono, uscirono subito dalla capanna e andarono a lavarsi i piedi, le mani,
quindi i genitali, poi il petto e solo alla fine il viso, poiché presso i figli
tale forma di pulizia era già da antichissimo tempo un’usanza giornaliera.
3. E
quando si furono lavati, ad eccezione di Eva – poiché le donne usavano lavarsi
soltanto dopo gli uomini e ad un’altra sorgente – essi presero dell’olio e si
unsero il capo. E solo dopo tale unzione essi
intonarono il ringraziamento mattutino all’Alto Abedam, allora presente, e il
ringraziamento così suonava:
4. «O
Padre amorosissimo e santo, Te noi ringraziamo, Te noi amiamo e Te lodiamo!
Come indicibilmente buono sei Tu, o Padre santo! Vada a Te ogni onore, ogni
lode, ogni gloria, ogni grazie, ogni amore e tutta l’adorazione!
5.
Non togliere a noi, che ci chiamiamo Tuoi figli ma che veramente non siamo
altro che dei peccatori, la Tua Misericordia, il Tuo santo Amore e la Tua santa
Grazia! Fa che la Tua Benedizione venga su noi, scuotici e guidaci, rendi acuti
i nostri sensi e ammorbidisci i nostri duri cuori, in modo che possano
diventare soavi e molli come miele e cera, e allarga il nostro stretto petto
affinché possa sempre di più accogliere il vero Amore che emana da Te, o Padre
santo!
6.
Dacci anche la Tua Benedizione, affinché per essa noi possiamo celebrare
l’odierno Tuo santo Sabato in maniera gradita soltanto a Te! E qualora Tu, o
Padre santo, dovessi scoprire in noi ancora molti e grandi difetti, come certo
già ora li vedi e come li vedesti in noi già dall’eternità, puniscici allora
nel Tuo Amore, nella Tua Misericordia e nella Tua Grazia, e rendici tali da
essere più degni di chiamarTi “Padre”
e di poterTi anche amare con cuore più puro e glorificarTi con una lingua più
pura!
7. O
Padre buono e santo, sii e rimani per noi eternamente il Padre santo, amoroso e
buono, come già lo fosti fin dall’eternità; ma Ti prego di essere e di rimanere
tale eternamente, non soltanto per noi che siamo qui presenti, bensì pure per
tutti i nostri figli e per i loro più tardi successori! Amen! La Tua santa
Volontà sia fatta; sia con noi il Tuo Amore, la Tua Misericordia e la Tua
Grazia. Amen!»
8. E l’Alto Abedam allora aggiunse: «Amen! Dico anch’Io. Amen secondo l’amore dei vostri cuori.
Amen secondo ogni attività ispirata a questo amore! Ed Io non dico eternamente
in nessun luogo amen, se non unicamente nel solo e unico puro amore!
9. Voi però non dovete in altro modo pregare Dio, il quale è santo,
santo, santo, se non nell’Amore del Padre, poiché di fronte a Dio tutti gli
uomini sono un abominio, mentre solamente per il Padre essi sono dei figli.
10. La Santità di Dio è
intangibile; però l’Amore del Padre scende ai figli.
11. L’ira di Dio predispone tutte le cose per l’annientamento
eterno, ma la Misericordia del Padre non lascia mai perire nemmeno il più
insignificante sogno.
12. Da parte di Dio deve morire tutto, ma poi sopra i morti viene
la vita del Padre. Chi cerca Dio, Lo perderà, e perderà se stesso e la propria
vita, perché Dio non si lascia toccare. E la sapienza umana che Lo cerca, è per
Lui una stoltezza orribile e ripugnante, ed è nello stesso tempo
inevitabilmente letale per coloro che Lo vanno cercando. Perché l’uomo con la
sapienza tocca Dio, ma nessun essere creato può con un senso, qualunque questo
sia, toccare Dio e conservare la vita.
13. Poiché Dio è un Fuoco eterno e purissimo, ma anche
infinitamente potente, che non si estingue mai; e qualora il Padre non lo
mitigasse, esso distruggerebbe immediatamente tutto per l’eternità. Perciò
ognuno deve temere Dio sopra ogni cosa, ma deve anche amare sopra ogni cosa il
Padre, giacché il Padre è il più assoluto opposto di Dio.
14. E tuttavia Dio non sarebbe Dio senza il Padre, che è l’eterno Amore in Dio; e il Padre non sarebbe
Padre senza Dio.
15. Ma come il è tutta la vita in Dio, così anche Dio è tutta la
forza e tutta la potenza nel Padre. Senza il Padre, Dio sarebbe per Se stesso
inesprimibile, poiché ogni Parola in Lui è rappresentata dal Padre. Ma il Padre
non potrebbe mai essere Padre senza Dio; e così Dio e il Padre sono una cosa
sola!
16. Chi dunque tocca il Padre con l’amore, tocca pure Dio. Ma chi
si dimentica del Padre e con la sua sapienza vuol solo toccare la Divinità,
costui non sarà guardato dal Padre; ma invece il Fuoco della Divinità lo
investirà e lo lacererà ed annienterà disperdendolo nell’infinito, cosicché
egli poi non potrà più ritrovarsi per l’eternità. E poi non potrà neanche più
tanto facilmente accadere che il Padre lo raccolga nuovamente, cercandolo in
tutte le infinità, per quindi riunirlo e nuovamente plasmarlo.
17. Ma dove è il Padre, là è anche Dio. Tuttavia solo il Padre si
rivela ai figli; Dio invece non può rivelarSi a nessuno se non unicamente
mediante il Padre, e in questo caso, come ora avviene, è il Padre che rivela la
Divinità. Chi dunque Mi ode, Mi vede e Mi ama, ode, vede e ama pure Dio. Chi
viene accolto dal Padre, sarà accolto anche da Dio.
18. E se qualcuno, indegno, non sarà accolto dal Padre, cadrà
nelle mani della sola Divinità, che giudica e annienta, e allora non vi sarà
Misericordia, né Amore, né Grazia!
19. Temete dunque la Divinità, perché terribile cosa è cadere
nelle Sue mani!
20. Ma invece amate il Padre! Tenetevi saldi al Suo Amore e lasciatevi
sempre muovere e guidare dall’Amore del Padre; così non assaporerete mai più la
morte, tranne il fatto della separazione dal corpo, la quale è una maledizione
della Divinità in cui avviene che la vita emanante dal Padre è tutelata contro
l’ira della Divinità per l’azione protettiva dell’Amore del Padre.
21. Dalla mano della Divinità tu ricevi la maledizione, ma dalla
mano del Padre ottieni invece la Benedizione dell’Amore e di ogni vita che da
questo Amore proviene. Attieniti dunque in eterno all’Amore, e così nell’Amore
ti manterrai! Ma se tu ti attieni alla sapienza, allora ti distruggerai e sarai
spazzato via e ridotto a nulla per l’eternità dallo Spirito della Divinità!
22. Ciò che vi ho detto sia un grande dono mattutino del Sabato
da parte del Padre, i cui figli siete voi, e che vi ama più di tutto ciò che si
trova nella ricca infinità! Riflettete su questo nel vostro cuore e agite di
conseguenza; allora vivrete e non cadrete mai nelle mani della Divinità!
23. E
ora, o Set, esci fuori, dato che il Sole si è già levato, e fa preparare una
colazione abbondante; perché, vedi, poiché lo spirito ha ricevuto quanto gli
spetta, è bene che esso abbia poi cura anche del corpo in misura adeguata!
Perciò chiama pure i tre che già da lungo tempo stanno salmeggiando qui fuori,
e che sono delle terre a metà prima di quelle della Mezzanotte, e dì loro che
entrino. I loro nomi sono Jura, Bhusin ed Ohorion. Va dunque, ed esegui bene
l’incarico! Amen!».
[indice]
Uno sguardo
retrospettivo alla notte tempestosa
L’amore
scaccia il timore
6 dicembre
1841
1. E Set ringraziò l’Alto Abedam per l’incarico avuto, con
la massima gioia d’amore del suo cuore, e poi andò sollecito ad adempiere la
Volontà del Signore.
2. Ed
appena che fu uscito dalla capanna, scorse i tre della zona della Mezzanotte
starsene non molto lontano. Egli allora li chiamò per nome, ed essi immediatamente
dettero ascolto alla chiamata.
3. E
quando gli furono vicini, egli disse loro:
«Ascoltate, c’è Uno nella capanna il Quale vuole che voi pure entriate, perché
Egli da parecchio tempo e già a distanza ha udito il vostro cantico di lode,
così come prima che io uscissi, in vicinanza della capanna.
4.
Entrate dunque nella capanna, poiché una benedizione altissima, incalcolabile
attende anche voi!»
5. E Jura domandò a Set: «Fratello Set, come dobbiamo
comprendere ciò? In questa notte di spavento è venuto da voi forse addirittura
l’altissimo e potentissimo Emanuel? Perché, vedi, a noi tutti è venuto questo
pensiero quando cessò all’improvviso la bufera di fuoco, inaudita, universale!
6.
Noi tutti pregavamo ed invocavamo Emanuel che ci liberasse. E quando questa
liberazione venne in modo tanto repentino e meraviglioso, la prima cosa che
facemmo fu appunto quella di ringraziare Emanuel. Dicci dunque se non è e se
non fu così!»
7. E Set rispose loro: «Cari fratelli, il come e il se, voi
lo apprenderete non appena sarete entrati nella capanna! Io però ho fretta,
dovendo provvedere a una buona colazione; perciò non posso, né devo ora
trattenermi più a lungo con voi».
8. E
i tre allora si accontentarono di questa informazione, e poi, pieni del massimo
rispetto, entrarono nella capanna, dove, appena giunti, si prostrarono sulle
loro facce dinanzi ad Adamo e a tutti gli altri.
9. Adamo però immediatamente comandò loro di alzarsi e
aggiunse: «Miei cari figli, io sono quanto mai lieto di vedervi qui, presso di
me, in così buono stato!
10.
La mia preoccupazione per tutti voi fu assai grande questa notte, e ciò a causa
degli elementi scatenati in lotta orribile fra di loro. Però molto più grande
ancora fu la mia fiducia nel Signore, il dilettissimo Padre di tutti noi, il
Quale in ogni tempo è santo, santo, santo e colmo di suprema Potenza e Forza, e
pronto al soccorso e alla salvezza, perché, non meno degli altri fummo esposti
alla più grave prova, e così dovemmo sostenere una vera e propria prova del
fuoco. Questa mia vecchia capanna era diventata la dimora degli animali più
selvaggi: serpenti, iene, leoni, lupi, orsi e una quantità di altre belve
ancora riempirono questa mia dimora, e chiare fiamme di fuoco irromperono
direttamente fuori dal suolo. E nonostante ciò era necessario che la nostra
fiducia non vacillasse, ma ben presto ci fu dato di percepire gli effetti
sublimi della tutelare Benedizione di Emanuel!
11. E
ora andate là da quell’Uomo che è per voi ancora uno straniero, e che si chiama
pure Lui Abedam. Lui vi darà adeguate spiegazioni riguardo a ogni cosa! Amen!»
12. E
i tre si inchinarono ad Adamo e si avvicinarono poi a quell’Uomo che essi non
conoscevano ancora.
13. E
Jura, in qualità di anziano fra i tre, prese la
parola e gli disse: «Abbi i nostri più cordiali saluti, Abedam! Il primo padre
Adamo ci ha indirizzati a te per ottenere più dettagliate spiegazioni riguardo
a questa inaudita notte di tempesta ormai passata – ogni lode e ringraziamento
al Signore Emanuel! – poiché, vedi, noi tre siamo figli di Adamo e già da
ottocento anni peregriniamo sul suolo di questa Terra. Noi fummo presenti alla
fuga dal Paradiso, e da allora abbiamo dovuto assistere a molte cose tristi e
terribili; però noi non siamo ancora mai stati testimoni di qualcosa di simile
a questa notte passata! Un tale orrore non è mai venuto sulla Terra, almeno da
quando noi vi dimoriamo, in verità proprio no!
14.
Io non voglio dire niente di tutte le meteore di fuoco, né delle montagne che
qui intorno continuano ancora a vomitare fuoco e fumo, né vogliamo dire nulla
del continuo tremare del suolo, né degli innumerevoli fulmini, né dei boschi
incendiati e fumanti, né dei venti infuocati ed altri simili fenomeni. Il
tuono, infatti, di anno in anno resta sempre uguale a se stesso, e così pure
gli altri fenomeni, i quali durante la lotta degli elementi continuano a
presentarsi ai nostri occhi e colpiscono anche gli altri sensi, incutendo non
meno spavento. Ma ascolta, buon uomo, non è possibile cancellare dalla memoria
fatti come questi: – il mare, il mare immenso con un fracasso mai ancora udito,
tremendo, esce dai suoi confini e sale sempre più terribilmente alto,
schiumando e ruggendo, e in questo suo spaventoso salire comincia ad
inghiottire una montagna dopo l’altra. E inoltre, non possiamo dimenticare le
innumerevoli belve che fuggivano davanti alle onde, che costringevano perfino
noi, inquilini della regione della Mezzanotte, ad abbandonare in tutta fretta
le nostre capanne. Anzi non possiamo scordarci di quando, purtroppo, le onde
cominciarono ad infuriare avanzando con tanta violenza da inghiottire
addirittura le nostre capanne e cacciando dietro a noi le fiere dei boschi
nonché una quantità di animali mostruosi ed orribili mai visti, che
probabilmente, come molti altri animali, vivono nelle acque. Ricordiamo infine
che essi lottavano in maniera spaventosa tra di loro e, scagliandosi qua e là,
offrivano ai nostri sguardi un mugghiante spettacolo di orrore e terrore!
15.
Certo, però, che in questa occasione è da notarsi in modo del tutto particolare
un contrasto stridente: – proprio quando queste scene d’orrore ebbero raggiunto
il culmine della loro intensità, d’improvviso scomparvero completamente come
non si fossero mai manifestate. E così pure il mare si ritirò d’un tratto con
tanta rapidità che esso, invece di rientrare semplicemente nei suoi confini di
prima, andò perdendosi del tutto, che ora non è possibile scoprirne alcuna
traccia in nessun luogo, all’infuori del fondo melmoso che si estende da tutte
le parti a perdita d’occhio, il quale prima era servito al mare come letto.
16.
Dunque, se adesso tu vuoi e puoi, dacci la spiegazione di tutti questi inauditi
avvenimenti!»
17. E
l’Alto Abedam rispose loro: «Miei cari amici, in
tali eventi, per coloro il cui spirito dorme va ovviamente molto male, ma tanto
meglio va a coloro il cui spirito è desto!
18.
DiteMi: – quale spirito veramente desto, congiunto all’Amore del Padre eterno e
santo, può essere o verrà sopraffatto dall’angoscia, anche se perfino tutta la
Terra fosse ridotta a frammenti sotto i suoi piedi e perfino se un mare di
fuoco inghiottisse tutte le polverose macerie della Terra?
19.
Ma quel Padre potentissimo, la cui Volontà porta, ordina e cura innumerevoli
miliardi di mondi incomparabilmente più grandi di questo e di spiriti, non sarà
un simile Padre capace pure di assicurare la più assoluta e certa protezione a
un figlio che Lo ama sopra ogni cosa e che perciò è anche riamato da Lui sopra
ogni cosa, per quanto il figlio possa trovarsi sopra a quell’atomo
eventualmente in procinto di scoppiare e che voi chiamate “Terra” e “mondo”?
20.
Vedete, questa cosa dovete concederMela! Ne segue che ora rimane soltanto da
vedere a quale pianta debba attribuirsi il frutto della vostra disperata
angoscia e del vostro terrore! Ovvero, perché i fanciulli temono la notte?
21.
Vedete, la ragione di ciò va ricercata nella debolezza dell’amore per il Padre
santo! Ma come è costituito l’amore, così pure è formata la fiducia; ora la
scarsa fiducia è la causa generatrice di ogni angoscia!
22.
Tutto quello che voi avete narrato ha pochissima importanza; ma invece tutto
dipende dal come è costituito il vostro cuore.
23.
Quand’anche Io vi dessi ogni spiegazione possibile, tutt’al più sarebbero
soltanto i vostri orecchi a rimanere soddisfatti, ma ciò non servirebbe per il
riconoscimento del cuore. E per conseguenza la cosa migliore è che voi vi
raccogliate molto intensamente nel vostro cuore e che vi rivolgiate là a Dio
con l’amore del cuore stesso, ed Io vi dico che in questo modo voi apprenderete
in un minuto più di quanto potrebbero altrimenti darvi migliaia d’anni di
spiegazioni e narrazioni!
24.
Però ora restate qui, e prendete con noi la colazione che in questo momento Set
sta portando con i suoi!
25
Siate calmi nella vostra brama di sapere, ma tanto più ferventi nel cuore verso
l’Alto; così la vostra notte tempestosa sarà ben presto trasformata nel più
sereno Sabato di pace! Comprendete bene! Amen!».
[indice]
La colazione
dei patriarchi nel Sabato
9 dicembre
1841
1. E
quando l’Alto Abedam ebbe detto ciò ai tre, li invitò a seguirLo. Egli però
procedette per primo e chiamò al Suo fianco Enoch e Lamech; immediatamente dopo
veniva Abedam, il conosciuto, che aveva alla sua destra Jared e alla sua
sinistra Matusalem; dietro a questi tre seguivano
Enos, Kenan e Maalaleel, e a questi si aggiunsero anche Kaeam e Jura, Bhusin ed
Ohorion.
2. E
dopo pochi passi, giunti presso ad Adamo, tutti presero posto intorno ad
Abedam, in maniera da formare un circolo aperto fino ad Adamo; circolo che
veniva poi a chiudersi con Adamo ed Eva.
3. Ma
siccome Set era fuori del circolo, Abedam disse a coloro che Gli erano intorno
di far posto a Set.
4. E
così anche Set entrò nel cerchio, e precisamente a fianco di Adamo. A questo
modo furono sedici le persone a prendere parte alla colazione, compreso l’Alto
Abedam. Essa consisteva di pane, miele e latte, ed era abitudine, secondo
un’usanza antichissima, di mangiare sempre prima il pane con il miele, e solo dopo
che questo era consumato si beveva del latte di fresca mungitura.
5.
Quindi, conformemente a tale usanza, anche questa volta la colazione fu
consumata in questo modo.
6. Ma perché viene fatta qui menzione
di questo pasto mattutino del Sabato? La causa di ciò non va cercata lontano se
si pensa che fra i primi uomini di questa Terra prese parte a questo pasto
visibilmente il Supremo Padre santo stesso, ponendo così le fondamenta della
prima Chiesa regolare della Terra. E come in origine Adamo ed Eva furono
considerati la prima coppia umana, così questa può essere pure considerata come
la prima fondazione della Chiesa di Jehova, poiché strettamente connesso a
questa Chiesa è poi l’Ebraismo, ed esso in molti punti ne è la continuazione. E
nel centro dell’Asia, in una zona di montagna molto alta, non lontano
dall’Himalaja, vive tuttora appartato un piccolo popolo, il quale vive del
tutto rigidamente secondo questa Scrittura, che più tardi i figli di Noè
fissarono su lastre di pietra in forma di certe figure o immagini
corrispondenti, di cui, posteriormente, i geroglifici egiziani non
rappresentarono che una sottospecie degenerata e falsa.
7. Tuttavia il cosiddetto Sanscrito dei
Gebri, dei Parsi e degli Indù, non deve essere considerato come un’identica
Scrittura, perché anche il Sanscrito è, in primo luogo, molto più recente, e
poi, come i geroglifici dell’Egitto, esso è un prodotto degenerato e tenebroso,
nonché pieno di gravi errori, perciò anche il loro servizio divino si riduce a
un abominevole paganesimo.
8. Vedete, anche per tale ragione viene
fatta qui menzione di questa colazione mattutina, la quale per la fondazione
della Chiesa primordiale si svolse quasi precisamente così, come dopo il
compimento del gran giorno dei popoli, il quale è durato quasi quattromila
anni, l’ultima grande cena per la fondazione di un nuovo Testamento, il quale è
una nuova Chiesa di Grazia e di Misericordia, ricolmata di Vita eterna e perciò
ricolmata mediante Dio e di Dio!
9. Tuttavia, lasciamo ora da parte
queste disquisizioni storiche e facciamo ritorno alla capanna di Adamo, e
vediamo e sentiamo tutto ciò che là ebbe a verificarsi dopo la colazione!
*
10.
Dopo che tale colazione fu consumata, e dopo che tutti ebbero ringraziato Abedam Emanuel-Abbà nei loro cuori
ardenti d’amore, ben presto l’Altissimo si alzò
e rivolse a tutti le seguenti parole:
11. «Ascoltate tutti, voi che siete qui presenti e che foste
testimoni di quanto avvenne questa notte, nonché, ad eccezione del solo Kaeam,
anche di quanto si svolse durante quasi l’intera giornata di ieri! Tutto ciò vi
sia sempre presente per ricordarvi Chi era, Chi è, e Chi in eterno sarà Colui
che è venuto a voi per insegnarvi personalmente le diritte vie dell’Amore e la
vera infinita Sapienza che in questo Amore ha le sue radici. Egli è venuto a
voi non per insegnarvi la sapienza del mondo, con grande fatica del cervello e
più ancora del cuore, bensì la vera Sapienza che scaturisce dallo Spirito
dell’Amore e da ogni conseguente Verità. Tutto ciò costituisce la Vita vera,
libera ed eterna.
12. Per una simile colazione voi dovete ugualmente riunirvi
anche per l’avvenire, prima che vi accingiate ad offrire al Padre il sacrificio
del Sabato; poiché in verità, vi dico: “Nessun
sacrificio sarà considerato, se non dopo che voi, riuniti per la colazione, non
vi siate bene riconosciuti nei vostri cuori quali veri fratelli e sorelle nel
Mio Amore, e quindi pure quali figli dell’uno e medesimo Padre!”
13. Ogni qualvolta che tra di voi così procederete nel vero e
vivente amore per Me del vostro cuore, anch’Io Mi troverò presente fra di voi,
o visibilmente per coloro il cui cuore arderà per Me, o sempre invisibilmente
per i più tiepidi.
14. Sì, voi potrete tutto nel Mio Amore. Ma senza il Mio
Amore non potrete niente! Poiché il Mio Amore è come un buon campo fertile sul
quale siete seminati voi. Chi non si lascerà strappare fuori dal nemico,
crescerà rigoglioso e porterà numerosi e magnifici frutti. Chi invece non avrà
insinuato le radici della propria vita d’amore con sufficiente profondità e con
sufficiente solidità entro il terreno di questo campo di cui ora ho parlato, in
verità gli andrà male nel tempo in cui ritornerà la tentazione, cioè quando
verrà il nemico dell’amore e proverà a strappare gli alberelli dal terreno del
campo! Egli non lascerà assolutamente nulla d’intentato pur di arrivare al suo
scopo, e dove egli troverà un alberello debole, pensate forse che lo
risparmierà?
15. Oh, no di certo, egli lo strapperà dal terreno del buon
campo assieme alle deboli radici, e poi lascerà che esso si guasti, e ciò a
causa delle radici che non potranno più attrarre gli umori vitali, e
l’alberello dovrà quindi inaridire e ben presto passerà nella morte totale!
Infatti: – chi di voi ha mai visto sorgere e prosperare una pianta unicamente
nell’aria?
16. Ma voi forse vorreste dire: «Eppure, ciascuna pianticella ha bisogno anche dell’aria per vivere!».
E anch’Io dico la stessa cosa; tuttavia, la prima necessità è il terreno, e
l’aria senza di questo non serve a nulla!
17. Ma l’aria è simile alla Parola divina, e l’amore del
vostro cuore è il terreno in cui è seminato uno spirito vivente circondato da
un’anima, la quale pure è vivente.
18. Questo seme della vita eterna in voi – l’aria santa della
Dottrina di Dio – può volgere a suo profitto con la promessa di buoni frutti,
soltanto se esso ha germogliato ed ha gettato profonde e solide radici nel
terreno dell’amore dei vostri cuori per Me. Se non si svolge prima un processo
simile, giudicate e dite voi stessi: – quello che avrebbe dovuto formare il
seme fino a farlo divenire una pianta ricca di frutto, cioè l’aria, non sarà
forse, in questo caso, la causa di morte per il seme stesso?
19. Vedete, ne consegue che può giovarvi ben poco la Mia
Parola se i vostri cuori non sono colmi d’amore per Me e perciò anche per i
vostri fratelli, e dunque, la vostra sapienza intellettuale, essendo priva di
un vero terreno e campata in aria, è la morte del vostro amore!
20. Ma se il vostro amore, che deve servire da nutrimento
allo spirito, è morto come quell’alberello strappato dal terreno del Mio Amore
per voi, le cui radici portano a mala pena appiccicato ancora un po’ del
terreno inaridito del vostro amore per Me, da dove può ricevere ancora
nutrimento vitale il vostro seme, ovvero il vostro alberello debole e strappato
fuori dal terreno?
21. Sia dunque per voi questa colazione mattutina un segno
visibile di ammonizione. Attraverso tale ammonizione voi dovete sempre e
dappertutto attenervi all’Amore! E se voi procederete per questa via, avrete
pure con voi e in voi la vita, e così avrete anche Me, quale Sorgente prima di
ogni Amore, di ogni vita e di ogni sapienza proveniente da Me!
22. Queste parole scolpitevele bene nel cuore, e operate
tutti, invariabilmente, in conformità alle stesse; così voi vivrete in tutto e
per tutto e non dovrete più chiedervi: “Dov’è
il Padre?”, né avrete bisogno d’invocarLo dicendo: “Vieni!”, perché Egli sarà con voi e in voi come lo è attualmente e
come lo sarà anche in eterno! – Amen!
23. E
tu, Enoch, va ora e prepara il tuo sacrificio, poiché il tempo è venuto! –
Amen!»
[indice]
Un vangelo
dei sacrifici
10 dicembre
1841
1.
Dopo queste parole Enoch si alzò immediatamente,
e con il cuore colmo di gratitudine e d’intimo amore chiese all’Alto Abedam:
2.
«Signore e Padre amorosissimo di tutti noi, Tu che sei santo, santissimo,
sarebbe Tuo santissimo volere se di Sabato, anche qui sulle alture, Ti venisse
offerto un sacrificio simile a quello che Ti offrimmo ieri nella valle? O è Tuo
compiacimento che le cose continuino a procedere alla maniera di Abele, di Set
e di Enos? O Abbà, rendimi nota la Tua santa Volontà!»
3. Abedam rispose ad Enoch: «Enoch, come puoi rivolgerMi
ora una simile domanda, considerato che meglio di ogni altro sai in che cosa
unicamente consiste il sacrificio che è a Me veramente gradito?
4.
Quando anzitutto Mi viene interiormente offerto il sacrificio di un cuore
pentito, afflitto e colmo d’amore, qualunque sacrificio ne risulta poi
santificato, sia che esso venga offerto alla maniera di Abele, di Set ed Enos,
oppure nella forma usata ieri nella valle!
5.
Tuttavia Io scorgo un vuoto in tutti i vostri cuori! Questo spazio vuoto voi
l’avete consacrato al sacrificio per Dio; però, proprio a causa del vuoto voi
non vedete a chi offrite un sacrificio e perché l’offrite! Dunque, comprendete bene: – il Padre non vuole alcun
sacrificio all’infuori di quello del cuore; ma il Padre è pure l’unico, eterno,
santissimo e potente Dio, ed è a Questo soltanto che compete un sacrificio,
così come al Padre compete il puro Amore.
6. Il sacrificio consuma, distrugge e uccide ogni dono
offerto entro il fuoco che arde sull’altare. Vedete, questa è una testimonianza
dell’uomo davanti a Dio, la quale sta a significare che egli ha riconosciuto
Dio – o palesemente o soltanto con una oscura intuizione nel cuore – come Dio
è, e che Dio agisce come il sacrificio!
7. Chi tuttavia si attenesse unicamente al sacrificio senza
legarsi all’amore del Padre, il sacrificio simile a Dio alla fine afferrerebbe
lui stesso, lo consumerebbe, lo distruggerebbe e lo ucciderebbe, non essendosi
egli prima bagnato con l’acqua della Vita, la quale è il puro amore per il
Padre!
8. Ma Io vi dico: “Chi
nel proprio cuore offre un sacrificio al Padre, ha già offerto anche a Dio un
gradito sacrificio. Ma chi sull’altare offre un sacrificio soltanto a Dio, e
con ciò crede di rendersi gradito anche al Padre, è in grande errore, poiché in
verità il Padre non Si compiace affatto dell’olocausto del fuoco, bensì
solamente del vivente olocausto del cuore!”
9. Ovvero, il Padre vivente, dal quale ogni vita trae la sua
origine, dovrebbe forse compiacersi del morto olocausto del fuoco, ovvero di un
sacrificio nel quale ogni offerta viene consumata, distrutta e quindi
addirittura uccisa?
10. Oh, certo – come già detto – se prima viene offerto nel
cuore un sacrificio vivente dell’amore al Padre, allora sarà preso in
considerazione anche l’olocausto del fuoco mediante il quale l’uomo dà a
riconoscere quello che egli ha trovato nel cuore, e cioè che il Padre è santo,
santo, santo, e che Dio è l’Onnipotente dall’eternità. Senza questo sacrificio
precedente, attuale e conseguente, ogni olocausto del fuoco è un abominio dinanzi
a Me.
11. Gettate uno sguardo al passato e considerate Caino e
Abele! Caino offriva senza amore, Abele invece con amore. Ebbene, quale offerta
salì verso l’alto e quale fu rigettata giù verso terra?
12. Ma siccome l’offerta di Caino era un abominio agli occhi
del Padre, quale fu perciò la conseguenza di tale sacrificio? Il sacrificio
afferrò Caino stesso e lo rese fratricida!
13. E così avverrà un giorno, che il solo sacrificio cieco
afferrerà molti ancora, e questi faranno allora come Caino, e uccideranno
spiritualmente e corporalmente innumerevoli fratelli.
14. Ma se voi volete proprio offrire un sacrificio, allora
offriteMene almeno uno che sia giusto, così come Io vi ho già indicato a
sufficienza!
15. E
come avvenne con il sacrificio che fu offerto ieri nella valle, ugualmente sia
offerto oggi un sacrificio qui; tuttavia l’olocausto voi non lo dovete più
accendere sull’altare alla sera, bensì di mattina, affinché in questo modo i
figli che dimorano lontano fino alle terre della Sera possano raggiungere le
loro case.
16. E
all’atto del sacrificio è bene d’ora innanzi che non si conducano anche tutti i
fanciulli piccoli, bensì è sufficiente che siano presenti due uomini e una
donna di ogni capanna. Però a nessuno deve venir fatto apparire come fosse un
obbligo vitale comparire al sacrificio, perché il
sacrificio non santificherà mai nessuno, bensì solamente l’amore per il Padre!
17.
Chi sarà indotto a presenziare al sacrificio dall’amore per il Padre,
attraverso costui il sacrificio sarà santificato ed egli poi mediante il
sacrificio sarà edificato nello spirito. Ma chi sarà spinto a compiere il
sacrificio non dall’amore ma da una rigida e formale regola costrittiva,
imposta da una qualche legge, così da averne un cuore avverso, profanerà il
sacrificio, ed esso lo distruggerà, e il suo cuore inaridirà. E poi, quello che
egli Mi offrirà diverrà simile al suo cuore inaridito, cioè un’opera priva di
vita, un dono morto.
18.
Dunque, ci si deve attenere a ciò che è stato detto proprio ora!
19. E
adesso, caro Enoch, puoi già dare inizio alla tua opera. E voi altri uscite
pure, e informate coloro che sono qui convenuti da ogni parte e che sono in
attesa del sacrificio su come sia da considerarsi il sacrificio stesso.
Tuttavia, continuate a tacere su di Me e sul come Io sia sostanzialmente qui
presente!
20. E
soltanto tu, Jared, tu, Abedam e tu, Adamo, seguiteMi
fino al tempo dell’offerta nella capanna di Jared. I figli di Set, però,
accompagneranno Eva da noi più tardi!
21. E
ora sia dunque fatto tutto in maniera giusta, e ciò sia fatto nell’amore e per
mezzo del solo amore! Amen!».
[indice]
Enoch
prepara il sacrificio
1.
Enoch allora si accinse subito all’opera. Dispose trasversalmente la legna di finissimo
cedro un pezzo sull’altro, e mentre accudiva a questo lavoro, pregava
continuamente.
2. Ma
mentre egli era così affaccendato, ecco che si avvicinarono a lui alcuni fra i
presenti, i quali provenivano dalla regione del Mezzogiorno, e gli domandarono
come mai la legna venisse già da ora collocata sull’altare, mentre era usanza
farlo soltanto la sera.
3.
Allora Enoch ribatté chiedendo a sua volta:
«Perché ciò vi rende perplessi? Forse io faccio quello che faccio di mia
iniziativa?
4. La
mia l’opera è diventata per voi una menzogna perché non la comprendete?
5.
Si, certo, per i ciechi molte cose sono una menzogna, perché tutto quanto si
dice loro corrisponde, almeno per loro, a una specie di menzogna, considerato
che essi non vedono.
6.
Che giova, al cieco, la luce raggiante del Sole? Perché voler tentare di
rendergli comprensibile la luce del Sole? Perché mentirgli? Il Sole del cieco è
nero; a questo egli crede. Per questa ragione un Sole che splende è per lui una
menzogna, poiché se al tesoro posseduto da qualcuno si aggiunge qualcosa di
estraneo, che cosa viene a rappresentare questo qualcosa di estraneo per il
proprio tesoro? Niente altro che una menzogna, giacché esso non è simile al
proprio tesoro, quantunque si trovi pure accanto ad esso, bensì è una cosa
estranea, o qualcosa di simile a ciò che non esiste per colui per il quale esso
non porta in sé il marchio visibile della caratteristica a lui propria.
7.
Perciò anche voi m’interrogate invano, poiché oggi meno ancora che in altra
occasione sono portato a mentirvi! Per chi vive già nella verità, ogni menzogna
si è inabissata nell’eterno Nulla; ma per chi, invece, è ancora colmo di
menzogna nel proprio cuore e ritiene la stessa come verità, che cosa mai può
rappresentare la verità effettiva e santa? Nient’altro che una menzogna!
8.
Per chi cerca la luce del mondo, che cosa è mai la luce interiore dello
spirito? Null’altro che menzogna, ossia una tenebra assoluta! E infatti, come
potrebbe essere mai luce per qualcuno ciò che, per toccarlo, occorre che la
mano debba portarsi oltre il campo visivo di chi la stende?
9.
Dunque, lasciatemi in pace anche voi! Voi non potete ancora comprendere le vie
del Signore, poiché la notte scorsa ha percosso i vostri cuori con le tenebre;
per questo voi pure non sapete più che il vero amore per Dio non è vincolato a
nessuna norma, ma è perfettamente libero, come altrettanto libero è il
sacrificio che l’amore offre a Lui. Ma se già voi amate liberamente le vostre
donne, e per questo non vi sentite legati al tempo e all’ora, perché mai,
allora, l’amore per Dio dovrebbe essere misurato?
10.
Perciò, andate pure a prendere miglior consiglio! Amen!»
11. E
quando quei curiosi abitanti del Mezzogiorno si videro congedati da Enoch in
maniera così sbrigativa, ma nello stesso tempo tanto opportuna per loro, essi
cominciarono a mormorare tra sé, essendo enormemente indispettiti dal fatto che
Enoch avesse dato alla loro domanda una risposta così strana, considerato che,
come diceva loro il cuore, con la loro domanda non avevano nessuna intenzione
cattiva.
12. E
uno tra di loro disse agli altri: «Ascoltate,
fratelli, io conosco molto bene Enoch, e da quanto ieri ho potuto osservare a
distanza, credo che i padri abbiano affidato a lui le mansioni del sacrificio;
ma siccome egli è sempre stato bizzarro in ogni sua parola ed in ogni sua
azione, così pare che non voglia smettere con le sue bizzarrie anche
trattandosi di questa mansione!
13.
Io però sono del parere che così alla leggera non si dovrebbe lasciare
all’arbitrio di un singolo l’antica e pia usanza nel predisporre il sacrificio
alla maniera di Abele, che è stata finora gradita a Dio. Dunque se dovesse
rendersi consigliabile qualche cambiamento, sarebbe bene che la cosa dovesse
essere sottoposta al Consiglio riunito di tutti i figli. Ma se così non fosse,
allora che cosa dovremmo dire noi quali uomini di pari rango?
14.
Se il sacrificio deve essere ritenuto valido anche da parte nostra, allora deve
avere in sé qualcosa che lo tenga in relazione anche con il nostro consiglio;
ma in questa forma, invece, esso non porta in sé che la nostra contrarietà e,
per conseguenza, non ha per noi neanche un effetto.
15.
Come possiamo approvare una cosa simile, tanto più se consideriamo che finora
noi stessi siamo sempre stati chiamati a consiglio riguardo a questioni di
carattere prettamente divino?
16.
Io dunque penso che Setlahem, essendo il più anziano ed esperto fra noi,
dovrebbe ancora una volta presentarsi ad Enoch per domandargli con tutta
serietà come sia da spiegarsi questa anticipata sistemazione della legna
sull’altare!»
17. Setlahem però, il quale pure si trovava nel gruppo,
obiettò all’indispettito: «Ascolta, io non ho affatto una gran voglia di fare
come tu dici, perché ieri ho imparato a conoscere Enoch in una maniera – e lo
dico qui a tutti – quanto mai speciale e straordinaria!
18.
Io lo vidi dotato di una potenza tale che ancora oggi, se ci penso, mi vengono
i brividi dappertutto!
19.
La notte scorsa è stata orribile! Come tutti sapete, tutti gli elementi
infuriavano scatenati con tale spaventosa veemenza che noi corremmo a
rifugiarci sulle alture, e giacemmo là al colmo dell’angoscia, proprio sul
suolo della Terra che era tutto un fremito, e vi rimanemmo finché durò la
bufera. Ma per quanto grande fosse quell’angoscia, non poté essere cancellato
dal mio cuore quanto io avevo visto e udito da Enoch nella giornata di ieri!
20.
Quando alcuni tra noi furono presi dalla voglia di scendere giù alla pianura,
voi tutti sapete che una tigre enorme e poderosa si presentò a sbarrare loro la
strada, e li costrinse a battere velocemente in ritirata mediante una sua certa
esibizione di forza, ovvero facendo a pezzi un toro gigantesco.
21.
Udite, quella stessa tigre, che io ho riconosciuto benissimo, la vidi ieri
sottomessa come un agnello alla volontà di Enoch, e obbediva ad ogni suo cenno!
Ma non basta che una simile fiera dimostrasse ad Enoch la massima obbedienza;
essa dovette, e questa è la cosa più inaudita, addirittura parlare ed usava
parole, molto ben comprensibili a ciascuno di noi, colme di sapienza!
22.
Queste cose certamente voi non le avete potute osservare, essendo voi accampati
a terra molto in fondo, presso le vostre capanne; ma io invece, che mi trovavo
in prima fila, queste cose le ho viste ed udite in maniera indimenticabile.
23.
Che io mi sentissi fortemente attratto verso Enoch in conseguenza di ciò,
potete bene immaginarvelo; ed anch’io, appena mi si offerse l’occasione, la
prima cosa che desiderai fare fu quella di attaccare discorso con lui.
24.
Ma quando ebbi incominciato a parlare ed ebbi espresso il desiderio di
diventare addirittura suo discepolo, vedete, egli mi espose una similitudine
riguardo all’impressione che può fare una montagna lontana, e mi rese chiaro
con tanta evidenza il divario tra l’impressione narrata e quella propria di se
stessi, che io, a spiegazione finita, nonostante tutta la mia sapienza apparii
a me stesso in suo confronto come fossi appena uscito dal grembo materno!
25. E
come succedeva a me, così successe pure a tutti i padri, non escluso nemmeno
Adamo, dato che stavamo sotto il dominio della sua parola, ed egli, unico e
solo, conduceva il discorso per loro.
26.
Per queste ragioni io vi dico: – chi di voi, dopo che egli ci ha congedati in
modo così sbrigativo a causa della nostra curiosità intempestiva, ha ancora
voglia di proporgli qualche altro quesito più intempestivo ancora, può fare
senz’altro il tentativo; quanto a me, invece, desidero essere lasciato in pace!
27.
Ma anche per quanto vi concerne, io credo che la vostra lotta con lui sarà
estremamente ridicola, non molto diversa da quella fra un topo ed un leone! Non
occorrerà proprio un grande profeta per pronosticare chi uscirà vittorioso da
una lotta di questo genere. Io credo che questo si possa già stabilire in
anticipo!
28.
Per altro, se nonostante tutto ciò avete ancora voglia di rivolgergli la vostra
rigida e seria domanda, non posso che augurarvi che ‘Dio ve la mandi buona e
senza vento’! Ma una cosa ancora conviene che io aggiunga a tutto quanto vi ho
già detto; con coloro che stanno certamente in un qualche rapporto con Dio, non
bisogna mai permettersi di scherzare. È meglio, infatti, che noi prestiamo
attenzione a quello che essi fanno piuttosto che ci affanniamo a domandarne la ragione,
sia pure con serietà, poiché le vie del grande Dio sono imperscrutabili ed
impenetrabili sono i Suoi consigli!
29.
Ponderate bene queste cose nel vostro animo prima d’intraprendere qualche
passo!»
30.
Quando gli indispettiti ebbero inteso tali cose da Setlahem, desistettero
immediatamente dal loro progetto, e si arresero al sapiente consiglio di
Setlahem.
31. Enoch invece, obbedendo al suo intimo impulso,
richiamò a sé Setlahem e gli disse:
32.
«Setlahem, devo renderti lode! Vedi, ora davvero hai agito saggiamente, essendo
venuto in soccorso di questi deboli, i quali senza il tuo aiuto sarebbero
immancabilmente precipitati in un profondo abisso, poiché essi sono ciechi e
quindi non vedono come è costituito il terreno sotto i loro piedi!
33.
Tu però d’ora innanzi non devi più scostarti dal mio fianco, finché pure tu
vedrai quello che i tuoi occhi mortali non hanno ancora visto e finché udrai
ciò che i tuoi orecchi mortali non hanno ancora udito!
34.
Non fosti forse colpito anche tu, in qualche modo, da questo attuale mattino
tanto sereno e gradevole, nonostante sia seguito a questa notte di spavento?
35. E
se hai potuto seguire con la mente il decorso della tempesta e il suo
improvviso cessare, dimmi, in questa occasione la tua attenzione non si è
proprio soffermata su nessun momento particolare?»
36. E
Setlahem allora gli rispose: «O Enoch, chi mai
non avrebbe dovuto rimanerne colpito? Ma ad una persona come me cosa giova
anche il fatto che l’attenzione venga colpita? Infatti, rimanendone o non
rimanendone colpito, non arrivo comunque a comprendere niente di tutto ciò, e
devo perciò limitarmi a fare la seguente riflessione per mia tranquillità:
37. “Il Signore, Jehova, certamente già
conoscerà molto bene, e con assoluta sicurezza, il perché avviene una cosa o
perché l’altra! E più di me ne sapranno senza dubbio coloro ai quali Jehova è
più vicino che non a me; tuttavia ogni grazie sia reso a Lui per avermi Egli
donato almeno la pace! Ed io con ciò sono già soddisfatto a sufficienza!”
38. Cosa
ne pensi tu, caro Enoch: – non va bene così?»
39.
Ed Enoch gli rispose: «O Setlahem, il tuo
terreno è buono! Quando il seme cadrà in questo tuo terreno, esso ti renderà
mille volte frutto!
40.
Ascolta, oggi tu vedrai uno Straniero in mezzo a noi; basterà che tu ti rivolga
a Lui, ed Egli con una parola ti dirà di più di quanto potrei dirti io anche in
migliaia d’anni! Anzi, io ti dico che Egli ti renderà vivo in tutto e per
tutto!
41.
Ora però facciamo silenzio, perché Lo vedo già arrivare!»
[indice]
Dell’essenza
dell’intercessione
13 dicembre
1841
1. E
così Enoch tacque, e altrettanto fece Setlahem nella silenziosa attesa di Colui
che stava arrivando, e che era grande.
2. Ma
essi non ebbero molto da attendere, perché ad un tratto Egli si trovò già fra
loro, vicino e a fianco di Jared e di Abedam. Adamo
però, e con lui Eva nonché i figli di Set, dovevano portarsi frattanto sulla
già nota collina del mattino e rimanere là nella lieta attesa di Lui e di tutti
coloro, a noi noti, che venivano dalla capanna di Adamo.
3. E
non appena si trovò vicino ad Enoch, tuttora occupato presso l’altare, l’Alto Abedam gli chiese subito: «Ascolta, mio caro
Enoch, Io ho udito un mormorio dal cuore di alcuni di coloro che provengono dal
Mezzogiorno! È pur vero che Setlahem ha turato loro la bocca, ma il loro cuore
grida tanto più miserevolmente ed è colmo di aspri sentimenti!
4.
Cosa pensi che noi possiamo o dobbiamo fare a loro?»
5. Ed
Enoch così rispose all’Alto che lo interrogava:
«O Abbà, sei Tu che lo dici nel mio cuore! Avvenga loro secondo la Tua Volontà,
e così avverrà subito di loro il meglio possibile!»
6. E Abedam disse nuovamente ad Enoch: «Vedi Enoch,
unicamente a causa di questi figli fu permesso che si scatenasse la tempesta
notturna, e ciò affinché i loro cuori orgogliosi venissero umiliati; sennonché,
ora hai visto con i tuoi occhi e udito con i tuoi orecchi quale minimo effetto
essa fece su di loro!
7.
Non sarebbe dunque meglio che questi maligni non ci fossero, piuttosto che
esserci?
8. Ed
è per questo che si dovrebbe farli inghiottire dalla Terra, affinché il loro
alito non appesti ulteriormente questo sacro luogo!
9.
Ebbene, cosa pensi che sarà bene fare, perché a loro avvenga secondo il merito
dei loro cuori?»
10.
Ed Enoch rispose all’Alto Abedam: «O Signore, Tu
che sei colmo d’Amore e di Misericordia, la Tua Volontà è santa in ogni tempo
ed infinita è la Tua Misericordia, e certo per Te non vi è bisogno che nessuno
invochi la Tua Misericordia; tuttavia qualche volta Tu ci porgi l’occasione di
esaminare i nostri propri cuori per persuaderci quanto amore fraterno e del
prossimo vi alberghi dentro, e quali siano i nostri progressi verso l’obiettivo
di assomigliarTi in misericordia.
11.
Vedi, dato che io attraverso la Tua infinita Grazia e Misericordia, riconosco
che la misericordia e l’amore che sono in me verso i miei fratelli, altro non
sono che la Tua Misericordia e il Tuo Amore, una scintillina del Tuo infinito,
santissimo Fuoco d’Amore, così vengo qui anch’io da Te nella mia misericordia
soltanto apparente, e confesso che niente è mio, ma che tutto è Tuo, e dichiaro
che il mio amore non è altro che il Tuo Amore in me, ed inoltre che la mia
misericordia è la stessa Tua Misericordia in me! Perciò, o Abbà, vadano a Te
eterne grazie, lode e gloria per questo!
12. O
Abbà, quando io sento misericordia in me per qualcuno, allora percepisco nel
medesimo istante quanto infinitamente si manifesti la mia misericordia in
rapporto alla Tua!
13. Dove
sarebbe un povero e debole cieco già quando, in seguito alla mia misericordia,
io volessi venire in suo aiuto, se Tu non avessi già infinitamente prima avuto
Misericordia di lui?
14.
Però io posso certamente pregarTi di usare Misericordia verso i deboli e
ciechi! Ma se io Ti rivolgo una simile preghiera, o Abbà, con ciò non Ti prego
per indurTi a fare qualcosa, bensì lo faccio affinché Tu, in grazia, guardi il
mio cuore mentre Ti porta, attingendo dal Tuo tesoro, un piccolo sacrificio a
vantaggio dei fratelli!
15. E
perciò io dico anche qui, come dappertutto e come sempre: “O Abbà, sia fatta soltanto la Tua santa Volontà!”. E quello che il
mio cuore Ti offre per amore e misericordia verso i fratelli – misera offerta a
paragone del Tuo infinito Amore e della Tua Misericordia – accoglilo in grazia
come se veramente fosse qualcosa dinanzi a Te, affinché poi, quando già la Tua
Misericordia per qualcuno si manifesta pienamente nell’azione che diviene
visibile anche per noi ciechi, mi sia permesso e sia in grado di rallegrarmi
con coloro in favore dei quali la Tua Misericordia si è visibilmente resa
manifesta!
16. O
Abbà, accetta, in grazia, questa mia confessione, ed abbi pazienza con la mia
stoltezza, e la Tua santa Volontà sia fatta ora e in eterno! Amen!»
17. Abedam allora guardò Enoch con immensa amorevolezza, e
gli disse:
18.
«Caro Enoch, perfette sono state le tue parole, poiché esse hanno dimostrato
com’è costituito il tuo cuore e quanta sapienza generata dall’amore regna in
esso! Tuttavia, affinché tu giunga a comprendere del tutto intimamente come
deve essere realizzata ogni intercessione fondata nell’Ordine eterno, ascolta
quanto segue:
19. Quando tu vedi un qualsiasi povero fratello o anche
sorella procedere in modo malsicuro, sia perché misero nel corpo a causa della
debolezza, o addirittura per assoluta inabilità funzionale dell’uno o
dell’altro dei sensi, sia perché egli è povero nel cuore, povero d’amore,
povero nell’energia per l’azione, povero di volontà, povero di avvedutezza,
povero d’intelletto, o del tutto impoverito nello spirito e in ogni cosa
attinente allo spirito, e tu, nell’amore del tuo cuore per Me, e fuori da
questo amore all’amore per il fratello o la sorella, ti senti mosso a
compassione per lui o per lei, allora la tua misericordia è perfetta, poiché la
cosa è già un accoglimento della Mia grande Misericordia, nello stesso modo di
quando il vento spira attraverso il bosco e scuote gli alberi, e muove ciascuna
fogliolina dell’albero, per la qual cosa ciascuna foglia, muovendosi, provoca
essa pure una propria leggera brezza che viene accolta dal gran vento che spira
attraverso tutto il bosco, come se in rapporto a lui essa fosse qualcosa.
20. Tu però avrai già fatto spesso l’osservazione che, quando
il vento soffia, questo muove anche le foglie secche; solo che, dato che esse
sono inaridite, e perciò irrigidite e morte, non resistono alla pressione del
vento, ma invece si staccano ben presto dai rami e vanno svolazzando finché
cadono morte giù sulla terra morta. E se anche il gran vento per qualche tempo
le trascina con sé, finiscono pur sempre per abbassarsi sempre più fino a
posarsi là dove l’annientamento le attende!
21. Questo è il destino della foglia dell’albero; ma non così
quello dell’uomo! Guai a colui però che si è inaridito sull’albero della vita;
in verità, egli non sfuggirà al proprio annientamento!
22. Ma da tale similitudine è da apprendersi che soltanto il
vivente può essere mosso a vivente misericordia mediante la Mia immensa
Misericordia; la sua misericordia viene accolta, così, dalla Mia come se fosse
qualcosa. Ma come il vento accoglie la lievissima brezza causata dalla foglia e
conducendola poi con sé rende anche partecipi di questa le foglie compagne,
altrettanto avviene con la misericordia dell’uomo verso il suo prossimo; perciò
un fratello è chiamato – dall’amore vivente che proviene dal Mio Amore e
tramite Me – a fare il massimo che può a vantaggio dell’altro fratello, e
allora Io considererò la sua opera e la sua intercessione come se fossero
qualcosa al Mio cospetto!
23. Dunque, vedi, quando il vento spira, esso trae con sé
pure il tuo alito come se fosse qualcosa! Ma credi forse che il tuo alito
infonderà maggiore energia al vento, oppure addirittura gli imprimerà una
diversa direzione?
24. Oh, vedi, un effetto simile non lo può ottenere nemmeno
l’alito di tutti gli uomini viventi presi assieme! Poiché il vento possente
viene da dove nessun uomo sa; e dove esso vada, neppure lo sa nessuno; e
soltanto dal modo come spira tu puoi accorgerti della sua direzione. E se dirigi
il tuo alito verso questa sua direzione, allora esso sarà accolto e trascinato
con lui; ma se tu intenzionalmente aliti contro la direzione del vento, il tuo
alito, allora, sarà ricacciato indietro e si infrangerà contro la tua propria
bocca, e così concorrerà a soffocare la tua propria vita!
25. Se tu piangi sulla riva di un torrente, e lacrime pietose
cadono dai tuoi occhi, in verità, qualora le lacrime tu le abbia lasciate
cadere nell’acqua del torrente, in modo che siano diventate con questa una sola
cosa, allora anch’esse saranno condotte al mare della misericordia! Ma se
qualcuno si mettesse a piangere sulla riva di un torrente, però non facesse
attenzione all’acqua e lasciasse invece cadere la sue lacrime sulla riva
sabbiosa del torrente, giungeranno forse tali lacrime esse pure al mare?
26. Vedi, colui che mediante la sua intercessione s’illudesse
di farMi condividere la sua misericordia, non è forse più sciocco ancora di uno
che fosse dell’opinione che là dove egli ha versato una lacrima, spetta al mare
venire per accogliere la lacrima stessa, senza neanche riflettere minimamente
su che cosa sia il mare e quale sia ad ogni modo la direzione che perfino ogni
più piccolo ruscelletto prende?
27. Chi però si lascia
indurre a misericordia da Me, con la sua misericordia è nell’Ordine, e le sue
lacrime cadono subito nel mare!
28. Invec: – chi mai può aver fatto intercessione presso di
Me o Mi ha indotto a crearvi, quando all’infuori di Me non esisteva ancora
nulla? Oppure: – da quella volta, sono forse diventato più duro e di minor
Amore, al punto che Io debba lasciarMi indurre dalle Mie creature a fare
qualcosa?
29. Oh, vedi, di ciò non c’è davvero bisogno; ma c’è bisogno
invece che i Miei figli si lascino destare da Me nei loro cuori e che Mi
accolgano nel puro amore, e che poi facciano attenzione allo spirare della
brezza delle Mie misericordie immense, e quindi occorre che a queste stesse
misericordie essi si associno in maniera vivente! Vedi, questa è la Mia
Volontà!
30.
Ebbene, quando prima ti domandai cosa si sarebbe dovuto fare di questi
recalcitranti, la tua risposta fu certo giusta, perché tu ti sei lasciato
afferrare e muovere da Me, e proprio così in avvenire dovrebbe essere in
qualsiasi occasione in cui è destata una giusta pietà verso un qualunque
povero, poiché ciascuno è fratello all’altro nel Mio Amore. Dunque, se Io
voglio risuscitare i morti, chi sarà colui che Mi pregherà di non volerli
risuscitare?
31. E
vedi, Enoch, tu, che non hai perfettamente compreso la Mia domanda di prima,
anche questi mormoratori devono prima essere inghiottiti dalla terra della vera
umiltà, finché non siano diventati viventi!
32.
Ed è perciò anche che ti ho dato ora questo insegnamento. Adesso però lasciate
che i mormoratori si avvicinino a Me! Amen!»
[indice]
I sette
mormoratori del Mezzogiorno dileggiano Setlahem
15 dicembre
1841
1.
Quando Setlahem ebbe assistito a questa scena di persona, e con i propri
orecchi ebbe inteso tutto quello che l’Alto Abedam aveva detto, cominciò a
presentire grandi cose. Il suo cuore ardeva, e un giudizio interiore gli
diceva:
‘Come parla questo straniero, non è possibile che
parli un uomo! Certo, sotto le sue spoglie deve celarsi qualcosa di
straordinario!’
2. E
conformemente a tale giudizio interiore, e da questo fortemente incitato, Setlahem si avvicinò nella massima umiltà allo
straniero e gli chiese:
3. «O
nobilissimo straniero, tu che sei colmo di ogni divina Sapienza, e non sembri
essere meno colmo di divina Potenza, se io te ne pregassi, non vorresti
accettare da me il meschino servizio che io andassi là, e traessi qui dinanzi
alla tua faccia coloro che vanno mormorando contro le disposizioni di Jehova,
senza pensare o senza almeno lasciarsi radicalmente insegnare che Jehova,
l’eterno Dio santo, ha certamente previsto già fin dall’eternità tutto ciò che
è già avvenuto, e quello che ora avviene e che per l’eternità ancora avverrà, e
sotto un certo punto di vista, anche se riguarda l’uomo libero, ha anche
stabilito così?
4. A
giudicare in primo luogo da quello che già Enoch mi riferì di te con fedeli
parole, e da ciò che, in secondo luogo, io stesso ho appreso ora dal tuo
colloquio con Enoch, credo che una tua parola contribuirà certamente al
miglioramento di questi mormoratori più che non mille delle mie parole.
5.
Poiché appunto questi sette sono, parlando in generale, anche i più
inflessibili di tutta la regione del Mezzogiorno.
6. In
verità, che non avvenga loro del male; però dovrebbero essere completamente
emendati, anzi bisogna che vengano emendati!
7. Se
tu vuoi, dunque, io me ne vado subito da loro».
8. E l’Alto Abedam gli rispose: «Setlahem, Io te lo dico:
«Se tu comprendessi la Mia Parola, comprenderesti pure che Io posso fare a meno
dei tuoi servizi!
9.
Dato però che per te, Io sono ancora assolutamente uno straniero, puoi
senz’altro andare a fare secondo il tuo desiderio!
10.
Ma se il caso volesse che i tuoi sette mormoratori non intendessero seguirti,
puoi ben fare immediatamente ritorno qui da solo, anche dopo non aver ottenuto
alcun risultato! Amen!»
11. E
Setlahem se ne andò subito dai mormoratori, i quali erano fermi ad una
cinquantina di passi di distanza. Quando fu arrivato vicino a loro, uno di essi gli domandò subito in tono di scherno:
12.
«Ebbene, a che grado sei arrivato ormai con la tua sapienza?
13.
Ti ha forse chiarito Enoch l’inacidita parabola di ieri riguardo alle montagne
lontane? O ti ha forse addirittura presentato una nuova tigre dotata di parola?
14.
Eh, certo, con la gente come te, un animale parlante deve sempre assumere le
funzioni di predicatore della sapienza, perché in ogni caso le parole di uno di
noi non vengono più prese in nessuna considerazione.
15.
Setlahem, vedi, è davvero un gran peccato che quel grande stravagante di Enoch
non ti sia stato vicino durante la scorsa notte con l’uragano, quando cioè
almeno alcune centinaia delle più belle tigri e moltissime altre bestie ci
fecero onore della loro visita! Cosa avresti mai potuto imparare da questi
sapienti dei boschi dalla lunga coda, se Enoch li avesse tutti resi parlanti!?
16.
Davvero, questo si chiama sguazzare un po’ troppo nella pazzia! Una tigre che
parla!
17.
Se le cose vanno avanti così, al più tardi l’anno prossimo cominceranno a
parlare anche gli alberi e l’erba, se non addirittura le pietre stesse e i
ruscelli ed infine addirittura il mare!
18. E
il terzo anno, poi – e ora lo credo fermamente, perché questa è una tua
massima! – ogni goccia di pioggia che cadrà giù dal cielo ti dirà: “Buon giorno a te, saggio Setlahem! Hai
dormito bene?”. E ti si offriranno ancora altri simili bocconi di sapienza!
19.
Solo allora tu aguzzerai gli occhi, e tenderai molto lontani i tuoi orecchi e
spalancherai la tua bocca di più ancora di quello che non faccia una tigre con
le sue fauci quando essa, del tutto dolcemente e con un sol boccone, concede a
un toro intero di fare una trottata nel proprio stomaco, e con un’espressione d’infinita
e meravigliata sapienza ti andrai domandando: “Ma che cosa è questo?”
20.
Setlahem, come mai non ti accorgi ancora di quanto sono stolte le tue
fantasticherie sulla sapienza?
21.
Vedi, se a quanto asserisce Adamo, che vive ancora e, come padre di tutti noi,
merita piena fede – premesso che egli è il primo uomo della Terra, poiché la
Terra sembra essere più grande di quanto sarebbe occorso qualora in origine
fosse stata destinata per un uomo solo! – già dai primordi vigevano delle
antiche e pie usanze, ebbene, che ragione c’è di apportarvi dei cambiamenti se,
per di più, consideriamo che per i veramente saggi e intelligenti in questa
antica cerimonia non c’è comunque affatto niente di importante all’infuori del
lato storico-venerabile dell’antichità? Ma se ora anche questo aspetto viene a
cadere, quale altro valore può avere questo vero gioco da fanciulli, per uomini
che pensano con la propria testa?
22.
Oppure, da sapiente che sei, vorresti o potresti forse sostenere il caso che
Dio, l’Infinito, proverà gioia e compiacimento quando in Suo Onore accenderemo
un paio di ceppi, e quando ci metteremo a guardare con gli occhi sbarrati la
pallida fiamma divorante una pecora scannata, in maniera forse più stupida di
quanto lo sia la stessa pecora scannata?
23.
In verità, tali concetti estremamente sciocchi della Divinità, di Cui
testimoniano innumerevoli stelle e soli che ardono come un eterno sacrificio,
fanno un pessimo onore allo spirito umano!
24.
Dì, adesso, Setlahem, se hai anche una sola briciola di sano intelletto, se le
cose stanno o no così, e se non trovi anche tu che debbano necessariamente
essere così, purché tu non sia stato eventualmente ammaestrato in modo diverso
da un qualche sapiente striato dei boschi! Poiché quanto può fare un tale
argomento che d’un colpo si mangia un toro intero, lo comprendiamo tutti!
25.
Parla, parla dunque, se vuoi e puoi parlare! Oppure non hai ancora digerito a
sufficienza le montagne azzurre lontane? O forse non ti riesce di spalancare
abbastanza la bocca?
26.
Vedi, noi non abbiamo orecchi tali da richiedere prima il solletico di un
ruggito di tigre per poter poi intendere la tua nuova e raffinata sapienza alla
maniera di Enoch, bensì ai nostri orecchi umani è sufficiente ancora una comune
voce umana. Apri dunque la tua bocca sapiente di buon animo! Amen!»
27.
Come rimanesse il povero Setlahem a queste pungenti parole, non sarà difficile
immaginare, e se oltre a ciò si pensa che egli, dandosi un po’ delle arie,
aveva voluto approfittare dell’occasione per poter emergere in qualche modo, ma
d’altro canto egli era tanto compenetrato dalle parole dello straniero e pure
da quelle di Enoch, che egli volse il suo sguardo continuamente a terra, per
vedere se il terreno non cominciasse già in qualche modo ad aprirsi per inghiottire
dei bestemmiatori così accaniti.
28.
Così egli non fu in grado di far giungere alle labbra nemmeno una parola, e
voltata d’un tratto la schiena a loro, di nuovo si affrettò a far ritorno ad
Enoch e allo straniero, enormemente avvilito ed umiliato.
[indice]
Un vangelo
per gli offesi
16 dicembre
1841
1. E
quando Setlahem si trovò nuovamente presso l’altare in mezzo ad Abedam, a
Enoch, a Jared e ad Abedam, il conosciuto, trasse un
profondo sospiro, ed era in procinto di sfogarsi a dovere con una motivata
accusa per le offese fattegli da parte dei sette.
2. Ma
l’Alto Abedam lo prevenne, e gli disse, come
rivolgendogli una domanda: «Setlahem, dove mai sono i sette?
3. Io
non vedo che te solo. Come hai potuto lasciare che rimanesse in tale forma
incompiuto il servizio che ti eri proposto di rendere?
4. Ed
invece di condurre qui i sette, ritorni ora completamente solo, e per di più
ancora con cuore offeso e colmo di amari lamenti?
5.
Cosa devo fare adesso con te? Tuttavia ti dico che se vuoi vendicarti dei tuoi
sette fratelli, scrivi subito la loro colpa nella sabbia! E se qualcuno in cuor
suo ti vuole male, benedicilo come fosse il tuo figlio primogenito; così tu
sarai un vero figlio immortale dell’eterno Amore, sarai colmato di grazia e di
amore e di ogni sapienza che proviene dall’amore!
6.
Vedi, a che ti può giovare uno spirito pensante, se tu sei privo dell’amore? Io
ti dico che tu andrai eternamente brancolando nel buio! Perché se tu volessi,
anche per mille anni di seguito, guardare intensamente quella lontana montagna
e volessi aguzzare su di essa il tuo pensiero tanto da poterne scavare un buco
nella pietra, dimMi, contribuirà tutto ciò a rivelarti più chiaramente come è
costituito il lontano azzurro?
7. Io
penso invece che questo non sarà affatto il caso! Ma se tu, lasciando da parte
gli intensi e freddi pensieri, farai sì che il tuo cuore si accenda per
l’azzurro lontano, allora, non ti disporrai forse ad incamminarti
immediatamente e, scegliendo subito alcuni compagni di pari sentimento, non
intraprenderai senza indugio un viaggio per visitare la lontana regione a te
sconosciuta? E quando tu sarai arrivato là, la troverai forse così come le
centinaia di migliaia di tuoi ciechi pensieri te l’avevano prima falsamente
raffigurata?
8. Là
ogni sguardo, per quanto vuoto di pensieri, non ti rivelerà forse più che non
qui, un numero senza fine dei cosiddetti acutissimi pensieri anche in mille
anni?
9.
Vedi dunque quale immenso vantaggio l’amore abbia sulla sapienza del pensiero?
10.
Chi ha l’amore – vale a dire il puro amore per Dio, il Padre di tutti gli
uomini e il Creatore di tutte le cose, e fuori da questo amore anche il vero
amore verso tutti i suoi fratelli e in pura e giusta misura altresì verso le
proprie sorelle – costui ha tutto; ha cioè la vita eterna e ogni evidente,
chiara e santa sapienza, e non la tenebrosa scienza intellettuale del mondo, la
quale, ad altro non serve che a maturare, a poco a poco, l’uomo vivente per la
morte eterna, e infine addirittura ad ucciderlo!
11.
Ma se, appunto, tu vuoi giungere alla vera e vivente sapienza mediante l’amore,
in verità, bisogna che prima il tuo cuore elimini da sé ogni rancore verso i
tuoi fratelli, e con questo anche tutta la sapienza dei tuoi pensieri
intellettuali! Se ciò non avverrà, tu, così, continuerai sempre a brancolare
nel buio, così da non essere nemmeno capace di distinguere chi tu abbia dinanzi
a te, se un uomo, oppure un Dio eterno ed onnipotente, cosa che, ora, è
decisamente il tuo caso.
12.
Dunque, prendi innanzitutto consiglio nel tuo cuore! Perdona ai tuoi fratelli,
anche se essi hanno agito con perfidia verso di te, così anch’Io perdonerò la
tua stoltezza e ti guarirò per la vita eterna!
13.
Ma se ti irrita che i tuoi fratelli pensino e parlino diversamente da te, –
perché non consideri nello stesso tempo che i tuoi diversi pensieri amareggiano
là sette cuori, mentre tutti e sette assieme hanno a che fare con te solo?
14.
Vedi:
un colpo qui e un colpo là,
quando
ci sarà un guadagno?
Ma se
avete un senso,
dov’è
l’amore in ciò?
allora
avete già il guadagno.
Anche
se di vero non vi è molto,
Io vi
sono ancora più vicino,
se
però son più vicino,
non è
allora un guadagno?
15.
Dunque, adesso ritorna dai tuoi fratelli! Chiedi loro perdono e guadagnane i
cuori; così sarà più facile indurli a seguirti qui e riacquistarli alla vita
vera ed eterna!
16.
Mai guadagnerai l’ostinato con l’ostinazione, nemmeno se fosse il tuo proprio
figlio! Poiché tu stesso nella tua sapienza dici ed hai sperimentato che due
forze della stessa specie non possono mai unificarsi, bensì che l’una si volge
sempre contro l’altra e cerca d’annientarla; perciò anche tra due pietre, l’una
non può prendere nello stesso tempo il posto dell’altra.
17.
Non vedi, dunque, che questo è proprio ciò che tu stesso vai insegnando? Ed Io
aggiungo ancora a tutto questo, che l’insegnamento è giusto e perfettamente
vero.
18.
Non hai mai osservato, quando la pietra debole cede alla più forte? Chi è che
segue l’altro, e che poi diventa la guida dell’altro ed infine il fondamento
dell’altro?
19.
In verità, certo non il più forte che ha smosso il più debole dal suo posto,
bensì il più debole che ha ceduto al più forte! Vedi, anche questa è sapienza!
20.
Perciò ora va dai tuoi fratelli e fa lo stesso; così tu pure diverrai la loro
guida e loro maestro secondo il migliore impulso del tuo cuore! Amen!»
[indice]
Setlahem e i
sette mormoratori
1. E
qui Setlahem accennò a voler fare una nuova domanda; ma anche questa volta Abedam lo prevenne e gli disse:
2.
«Setlahem, tu non sei ancora puro, poiché una grave domanda, generata dal
dubbio, opprime il tuo cuore e ti rende cieco, per questo non vuoi e non puoi
comprendere le Mie parole!
3.
Che importa se ciò che i tuoi fratelli hanno in mente sia vero o falso? Perché
nemmeno tu hai niente ancora con cui poter garantire la genuinità del tesoro
della tua sapienza!
4. Ma
cosa è meglio: – combattere il falso con dell’altro falso, oppure riconoscere
in sé il nullo valore del proprio falso e poi non opporsi al falso del fratello
in nome della concordia e dell’amore, ottenendo con ciò che, poi, il fratello
che ora ti ama, ti seguirà volentieri se otterrai una vera luce, dato che egli
ti ama?
5. Ma
se tu, come fratello, opponi ostinatamente il tuo proprio falso al falso
dell’altro, egli si arrabbierà; e vorrà egli seguirti, quando per te si è fatta
una vera luce?
6.
Vedi, l’amore è il principio di ogni sapienza; l’umiltà però è una leva
possente tanto dell’amore quanto della sapienza! Se tu sei umile, in verità,
nessuno vorrà bisticciare con te, perché là dove il battagliero non trova
opposizione, egli stesso mette ben presto da parte la sua clava, e quello che
tu hai in te, nessuno mai te lo contesterà! E così l’umiltà è la massima
protettrice di ogni sapienza, e inoltre, anche la migliore scuola per ogni
sapienza, il cui seme è l’amore.
7.
L’orgoglio, invece, è sotto ogni aspetto l’opposto più assoluto e più diretto,
come già da tempo la tua esperienza ti ha insegnato abbondantemente.
8. Va
dunque e prima riconciliati con i tuoi fratelli, e poi, subito dopo, conducili
qui da Me; ed infine vedremo anche da quale parte il falso risulterà più grave!
Comprendilo bene! Amen!».
9.
Allora, dopo queste parole una gran luce cominciò a farsi in Setlahem, per la
qual cosa egli non si azzardò neppure a fare altre domande, bensì s’inchinò
fino a terra dinanzi al forestiero ed immediatamente poi si diresse verso i
sette fratelli.
10.
Quando fu giunto presso di loro, era estremamente agitato. Egli avrebbe voluto
volentieri incominciare subito a parlare; solo che non era assolutamente in
grado di farlo. Perché il quasi riconoscimento di Colui che tali insegnamenti
gli aveva impartito, lo aveva tanto preso che egli ebbe un bel da fare per
ridonare un po’ di scioltezza alla propria lingua.
11. E
come i sette videro che egli se ne stava là senza poter aprire bocca,
cominciarono ad essere impensieriti per lui, perché, del resto, egli era molto
stimato da tutti per la sua sapienza. Soltanto bisognava che egli evitasse di
presentarsi con delle novità, e nei loro riguardi egli doveva invece attenersi
rigorosamente a ciò che era vecchio, e in questo caso egli avrebbe potuto
profetizzare quanto gli fosse piaciuto, potendo contare di avere in loro i più
attenti uditori. Ma non appena egli avesse voluto venir fuori con delle novità,
i loro orecchi si sarebbero senz’altro distolti dalla sua bocca, oppure,
infine, lo avrebbero addirittura invitato a tacere qualora non avesse avuto niente
di meglio da offrire loro.
12.
Tuttavia questa volta, che era anche la prima, visto il suo lungo silenzio,
essi gli permisero di offrire loro anche qualcosa di nuovo se proprio non
voleva più occuparsi delle venerabili antichità; anzi, il pungente oratore gli
confessò che gli rincresceva di averlo investito con tanta asprezza.
13. E
Setlahem si sentì alleggerire il cuore. I suoi
polmoni incominciarono a respirare più liberamente e, sentendosi ormai di nuovo
atto a parlare, così disse loro:
14.
«Cari fratelli, basta che mi lasciate parlare questa volta soltanto! Io non
intendo imporvi nulla, e ciascuno, pur ascoltando le mie parole, può restare
dell’opinione che più gli aggrada; però questa volta devo anche pregarvi di
aver pazienza e di ascoltarmi dal principio alla fine. Quando mi avrete inteso,
potrete sempre farvi quel giudizio che vorrete! Ascoltatemi dunque.
15. È
ben vero che noi praticamente ci sentiamo attaccati all’antico perché è antico,
ma non ci rendiamo conto che, in fondo, non c’è niente di antico. Certamente,
se noi consideriamo una cosa come essa esiste accanto a noi e l’abbiamo vista
invecchiare, allora senza alcun dubbio possiamo dire: “La cosa è antica perché è invecchiata con noi!”
16.
Però, anche giudicando in questa maniera noi cadiamo in un grave errore. Se
infatti realmente noi fossimo vecchi, allora il nostro aspetto dovrebbe certo
essere ancora quello che avevamo cinquecento anni fa!
17.
Invece da quell’epoca ad oggi come è cambiata la nostra figura! E allora, come
si può chiamare antico quello che non ha conservato in sé alcuna traccia di ciò
che veramente costituiva l’antico?
18.
Certo, sotto ogni rapporto noi siamo completamente cambiati! Dove sono i nostri
capelli? Dov’è la maggior parte dei nostri denti? Quante volte non si è già
rinnovata la nostra epidermide? Ovvero, io vorrei domandare: “Dov’è andato a finire il nostro corpo
vigoroso e gagliardo?
19. Dove sono ormai gli alberi dei quali noi
mangiavamo la frutta quando eravamo ragazzi? Dove, le pecore e le capre, e le
mucche che ci hanno provvisto di latte durante la nostra fanciullezza?”
20.
Noi ora mangiamo la frutta di alberi del tutto nuovi, e beviamo il latte di
animali nuovi, e per noi così sta bene, avendo l’Ordine di Dio disposto così.
21.
Poniamoci ora davanti a una sorgente; chi di noi tutti potrà mai sostenere che
ciascuna delle gocce che da essa sgorgano non è una goccia nuova o almeno
rinnovata? Eppure noi tutti gustiamo immensamente tale continuo rinnovamento!
22.
Qualcuno di noi ha mai scoperto una vecchia goccia di pioggia?
23. E
quando viene la pioggia, la quale è sempre rinnovata, noi ne siamo lieti per il
beneficio offerto ai nostri campi!
24.
Noi preferiamo il grano nuovo a quello vecchio già stantìo. Noi abbiamo brama
di frutta nuova. Le persone più nuove, e perciò più giovani, d’ambo i sessi, ci
sono state sempre più gradite che non le vecchie.
25.
Chi è che non gioisce più del Sole nascente che del Sole al tramonto, perché
già vecchio di un giorno, pure essendo sempre lo stesso? E a chi non riesce più
gradita la nuova primavera del vecchio e freddo inverno?
26.
Vedete, miei cari fratelli: – dato dunque che in tutto ciò che noi possiamo
guardare ci attrae di più il nuovo, o almeno il ringiovanito, che anche ci
giova di più dell’antico e già da lungo passato, e poiché in noi tutti c’è
innegabilmente la brama ardente del nuovo, e considerato per di più che il
Signore Jehova Zebaot, ovvero Dio, l’eterno e continuo Creatore, va sempre
rinnovando continuamente tutto dinanzi ai nostri occhi, come possiamo noi
mormorare ingiustamente se al sacrificio del Sabato, e secondo la volontà di
Jehova Zebaot, venisse apportato qualche piccolo cambiamento?
27.
Ma io con ciò non voglio affatto schierarmi troppo contro la vostra opinione,
bensì la mia intenzione è soltanto quella di tranquillizzarvi, perché voi pure
potete avere delle idee lodevolissime, anche essendo queste di specie opposta,
cosa della quale non potrei mai dubitare, dato che già spesso mi avete fornito
la prova di quanto acuto sia il vostro spirito nell’emettere più d’un giudizio!
28.
Ora però, a conclusione, devo aggiungere ancora una preghiera: – cioè, che voi
vogliate venire con me ancora una volta là, presso l’altare, e che mi aiutiate
a scrutare profondamente quello Straniero che vi aspetta, nonché a riconoscere
chi Egli è. Poiché vedete, il Suo discorso è tanto poderoso e nello stesso
tempo tanto penetrante, che io sono quasi sul punto di considerarlo come Jehova
stesso!
29.
Io vedo che questa mia asserzione pare voglia costringervi a ridere, solo che
io vi esorto a non ridere prima del tempo, bensì esaminate anzitutto la cosa di
cui vorreste ridere, e così infine certamente vi sarà resa più evidente ancora
la bontà della mia vecchia massima, secondo la quale “ride bene chi ride ultimo!”
30.
Che cosa potreste pensare di un uomo che vi potesse rinfacciare i vostri
pensieri più nascosti e potesse parlare di cose divine, così come se lo facesse
da se stesso?
31.
Quante volte non avete voi dimostrato ai vostri figli e a tutti i vostri
discendenti, con assoluta precisione, come i pensieri più intimi dell’uomo li
conosce soltanto Dio, mentre ad un semplice uomo tale cosa è assolutamente
impossibile!
32.
Su questo punto io non vi ho mai contraddetti, perché vidi sempre che il vostro
ragionamento era perfettamente giusto.
33.
Ma ora venite con me e persuadetevi! E se voi non lo troverete così come ve
l’ho descritto, potrete deridermi a vostro piacere dinanzi a tutto il popolo, e
non me ne avrò a male!
34.
Dunque, se volete, andiamo subito! Amen!»
35. I
sette allora si guardarono meravigliati l’un l’altro, e non sapevano cosa
pensare di quanto avevano inteso.
36.
Ma l’oratore mordace di prima fece osservare
agli altri, e disse: «Ebbene? Setlahem ci ha già molto spesso introdotto a cose
di vario genere! Fra queste ne trovammo parecchie di molto sciocche, ma d’altro
canto spesso anche di molto savie! Tuttavia, dato che ormai siamo abituati a
questo suo modo di fare, possiamo concedergli anche questa volta il piacere che
chiede!
37.
Però, Setlahem, se ti capita di doverci far vedere ancora qualche stupidaggine,
stai fresco! Ti faccio fare poi una bella figura!»
38. E
Setlahem gli rispose: «Fratello Chisehel, vedi,
tutto questo non c’entra nella questione; io credo invece che tu diverrai nella
fede più grande ancora di me e di tutti gli altri!
39.
Andiamo dunque senza attendere nient’altro! Amen!»
[indice]
Temerarietà
ed umiliazione del mordace Chisehel
20 dicembre
1841
1.
Così i sette se ne andarono e, naturalmente, giunsero ben presto vicino
all’altare. Una volta arrivati, l’intrepido Chisehel
si fece innanzi e si mise a squadrare l’Alto Abedam dal capo alle piante dei
piedi e, osservandolo minuziosamente, non rilevò in lui nulla di
particolarmente notevole all’infuori dell’espressione seria e in pari tempo
amichevole del suo viso; per la qual cosa egli trovò subito il coraggio
sufficiente per cimentarsi con colui che gli era ancora estraneo, in una
conversazione che per lui avrebbe rivestito il carattere di un’inchiesta, e che
egli iniziò così:
2.
«Caro straniero, vedi, noi amiamo il nostro fratello Setlahem poiché in lui c’è
molta sapienza, e già molto spesso egli ha giovato a noi tutti con la sua bontà
di cuore. Ad eccezione di qualche sua concezione troppo sottile, la sua
sapienza è stata sempre d’esempio a noi tutti! Solo questa volta, e con
rincrescimento di tutti noi, egli sembra in procinto di voler spiccare un salto
troppo azzardato, e c’è da temere, data la sua innata credulità che sembra
essere un difetto della sua immaginazione troppo vivace, che egli, avendo
riscontrato in te un alto grado di sapienza, ciò che io non vorrei né potrei
assolutamente mettere in dubbio, da ritenerti Jehova!
3.
Vedi, se tu sei veramente savio, devi convenire che questo è davvero un po’
troppo!
4. E
se tu, accanto alla tua sapienza di cui non dubito affatto, possiedi anche
soltanto un po’ di amore, togli al povero Setlahem, parlandogli, questa follia
del suo cuore e del suo intelletto!
5.
Poiché, non è forse vero che fra te e Jehova, come ritengo, si potrà fare una
distinzione discretamente simile a quella che si dovrebbe fare tra un punto e
l’infinità eterna?
6.
Dunque, ti rivolgo questa preghiera anche a nome di tutti i miei fratelli,
facendo appello a quell’amore fraterno di cui, a giudicare dal tuo aspetto, il
tuo cuore non soffrirà affatto la mancanza. Facci dunque il favore di mettere
nuovamente a posto la testa e il cuore del nostro fratello Setlahem! Amen!»
7. E l’Alto Abedam allora, rispondendo a Chisehel, così si
espresse: «Chisehel, Io ho scrutato accuratamente il tuo cuore, ed ho trovato
che questo è soltanto per metà occupato dall’amore fraterno, mentre l’altra
metà è colma di egoistica gioia dell’altrui male!
8. E
accanto alla prima metà, per cui le intenzioni per tuo fratello sono buone, c’è
l’altra, per la quale ti sei già proposto di conciarlo a dovere con la tua
lingua mordace e poi di deriderlo ferocemente qualora la sua asserzione non
trovasse conferma!
9.
Dato però che tu hai fatto appello al Mio amore fraterno, Io vorrei pure
apprendere da te da quale danno dovrei preservarlo in primissimo luogo: – se da
quello del suo cuore, o da quello della sua testa!
10.
Io, per conto Mio, ci tengo piuttosto a preservare il cuore; tu, invece, sei
portato ad optare per la testa! Ma se Io lo devo salvare, vorrei volentieri
salvarlo completamente e non soltanto a metà. DimMi dunque tu come si dovrà
procedere per venirne a capo!»
11. E
Chisehel, dopo non lunga riflessione, così
rispose ad Abedam: «O amico, la tua sapienza è davvero assai grande, e supera
ogni idea che di essa io avrei potuto formarmi! Tuttavia, che tu, appunto
considerata tutta la tua sapienza, possa ancora rivolgere a me una domanda,
vedi, questa è una cosa che mi riesce nuova, poiché i saggi della tua specie,
dinanzi ai quali neppure i cuori dei fratelli sono più sicuri, non usano più
domandare, bensì insegnano soltanto!
12. E
perciò per questa volta dovrai accontentarti se ti rimango debitore della
risposta!
13.
Che cosa potrà accadere quando gli avrai rimesso a posto la testa?
Probabilmente il mondo non andrà in rovina, anche se non farò nulla con la mia
lieve minaccia che per altro ho espresso senza cattive intenzioni.
14.
In essa non c’è senz’altro di più che solo un semplice scherzo!
15.
Ma nel mio preambolo io ti ho pure fatto comprendere con sufficiente chiarezza
che noi tutti abbiamo caro il fratello Setlahem. Com’è dunque che domandi tale
cosa che non fa affatto grande onore alla tua sapienza, la quale, addirittura,
scruta e legge i cuori? O il saggio non è forse tenuto a rimanere coerente?
16.
Ora, una sapienza che mostra delle lacune è ancora lontana dalla vera sapienza
coerente!
17.
Dunque, prima rimedia a questa deficienza, e poi avrai da me risposta!
18. (Volgendosi poi a Setlahem) «O fratello Setlahem, vedi, qui ci manca molto
ancora perché faccia capolino Jehova! Io spero che ben presto ci chiariremo le
idee!»
19. L’Alto Abedam guardò Chisehel seriamente, e gli disse:
«Davvero, se continui così, bisognerà che Jehova venga a scuola da te per
apprendere una sapienza senza difetti!
20.
Ma affinché tu veda – e a causa di ciò tu per parecchio tempo muoia in spirito
– che la sapienza di Jehova non ha affatto lacune, guarda ora verso il Mattino!
Vedi là perfettamente il grande cumulo di pietre disperse che questa notte
tempestosa ha preparato per te con la distruzione della grotta di Adamo,
affinché ti sia da testimonianza della sapienza di Jehova priva di lacune?
21.
Comprendi tale sapienza? Puoi tu, coerente alla tua sapienza, ricostruire
questa grotta precisamente così com’era prima fino al minimo dettaglio?
22.
Vedi, tu neghi una simile possibilità da parte tua, e in cuor tuo Mi chiedi se
sarei Io capace di compiere un simile prodigio!
23.
Però anch’io Ti resto debitore della risposta, e alla grotta dico
semplicemente: “Risorgi!”
24.
Vedi, ora la grotta è già perfettamente ricostruita!
25.
Ma qualora la tua fede fosse troppo debole, se vuoi, puoi recarti là per
convincerti con tutti i tuoi sensi che effettivamente la grotta si trova ora
perfettamente, di dentro e di fuori, nel suo stato iniziale, ossia in quello
precedente, e ciò fino al più minuto granello di sabbia!
26.
Solo che ora il tuo cuore credente Mi risponde che tale cosa è del tutto
inutile, poiché a chi è possibile ricostruire l’esterno, a costui deve essere
di certo possibile riedificare anche l’interno con pari facilità!
27. E
adesso, considerato che tu confermi questo coerentemente, dimMi dunque quante
lacune ancora scorge la tua sapienza nella Mia!»
28.
Allora Chisehel assieme agli altri, ad eccezione di Enoch che conosceva
benissimo la potenza del Signore e andava lodandoLo e glorificandoLo, rimasero
tutti come pietrificati. Un grande spavento li aveva sopraffatti tutti e
nessuno si azzardò a proferire neanche una parola.
29. E
Abedam di nuovo rivolse la parola a Chisehel e
gli domandò: «Chisehel, perché Mi resti adesso debitore della risposta?
30.
Vedi, Io ti ho nuovamente interrogato, e ti ho forse svelato qualche nuovo
difetto della Mia Sapienza! Ma se Io Mi offro di venire a scuola da te, perché
ora taci e non Mi dichiari quali sono le lacune che riscontri in Me?»
31. Chisehel, allora, cadde con la faccia a terra dinanzi
ad Abedam, ed esclamò piangendo: «O Signore del Cielo e della Terra, non
colpire troppo duramente il verme che giace nella polvere al Tuo cospetto! Io
ora riconosco la mia colpa eterna dinanzi a Te. Ma Tu, che con tanta facilità
hai potuto riedificare la grotta di Adamo distrutta, vorrai certo avere
misericordia, un giorno, anche del verme nella polvere, e la Tua ira non si
accenda troppo veemente contro la mia cecità che ha misconosciuto il Sole! La
Tua eterna e santa Volontà sia fatta! Amen!»
32. E
Abedam disse loro: «Rialzatevi e ritornate al
vostro posto di prima, e cercate di riconoscerMi nel vostro cuore, poiché
questo riconoscimento è per voi un giudizio di morte! Quando Mi avrete
riconosciuto nell’amore dei vostri cuori, allora soltanto tale riconoscimento
di Me sarà per voi elemento di vita!
33.
Ma quando i vostri cuori chiameranno il Mio Nome, allora ritornate da Me
affinché Io vi faccia poi risorgere completamente dalla terra che, tranne
Setlahem, vi ha ora inghiottiti!
34. E
ora andate e fate come vi è stato comandato! Tu, però, Setlahem, rimani qui!
Amen!»
[indice]
La
confessione di Chisehel
21 dicembre
1841
1. E
quando i sette ebbero inteso tali parole da Abedam, Lo ringraziarono afflitti e
rassegnati nel Suo volere, e si recarono poi al loro posto assegnato.
2.
Quando poco dopo vi furono arrivati, giunsero da loro le mogli e i figlioli,
ossia i loro figli maschi, i quali non erano più dei giovinetti, bensì
anch’essi dei vegliardi di alcune centinaia d’anni, e le madri di costoro.
3. E
come ebbero osservato che i loro padri, solitamente di umore gioviale, erano
afflitti, domandarono loro cosa avessero per rendere manifesta tanta
afflizione.
4. E Chisehel rispose loro con le seguenti parole: «Figli,
non chiedete perché noi per la prima volta in vita nostra siamo giustamente
afflitti, bensì guardate là verso il Mattino, e vedete in quanta maestà ora
splende nuovamente la grotta di Adamo! Tuttavia lo sapete tutti, e meravigliati
avete dato espressione al dolore per aver dovuto constatare, stamani arrivando
qui, che al suo posto non si trovava più che un grande cumulo di sparse rovine!
5.
Ora però, che impressione vi fa questo imprevisto avvenimento? Pensateci su in
voi stessi!
6. Io
vi dico soltanto, che con Enoch si trova Uno presso l’altare! Raccoglietevi nei
vostri cuori, anzi, concentratevi in Dio Jehova-Zebaot, e nell’amore dei vostri
cuori cercate il Padre! E così preparati, accostatevi con la massima reverenza
all’altare, e voi troverete là – ascoltate! – quello che avrete cercato!
7. Ma
ora lasciateci nuovamente soli e seguite il mio consiglio; così voi sarete
felici, sì, sarete proprio felici, indicibilmente felici!»
8. E
tutti i figli e le donne, quando ebbero appreso ciò, fecero ritorno ai loro
posti di prima; e per il sentimento di immensa reverenza da cui erano dominati
non osarono contemplare la magnificenza di quella grotta raggiante, ma si
prostrarono tutti con la faccia a terra e lodarono e glorificarono la grande
bontà, la potenza e lo splendore di Dio. E nei loro cuori andò sempre più
accrescendosi l’amore per Jehova.
9. Chisehel invece si volse verso i fratelli dicendo:
«Fratelli, cosa vi dice il cuore, cosa provate ora?
10.
Vedete, potrei quasi scoppiare dall’amore! Una forza prepotente mi attrae là
presso l’altare! In verità, se non fossi con tanta presunzione caduto così in
basso, non vi sarebbe fuoco capace di trattenermi! Attraverso fiamme divampanti
fino al cielo io vorrei correre a Lui, sì a Lui, a Lui!
11.
Ma la mia colpa, la mia grandissima colpa dinanzi a Lui, il santissimo,
paralizza i miei piedi! La mia anima trema, e qui, dove io sto, la terra
vacilla; ed io non posso ancora andarmene da Lui!
12.
Colui che ora io amo sopra ogni cosa, Colui stesso che io ora pure temo sopra
ogni cosa! Ma io non temo già la Sua potenza infinita che può distruggermi per
l’eternità, né temo la Sua ira che può annientarmi per l’eternità, e neppure il
Suo furore che può maledirmi ed uccidermi per l’eternità. No, io temo di amarLo
con troppo poco fervore!
13.
Oh, perché non sono tutto amore? Perché non sono amore le mie ossa? Perché non
lo è tutto il mio corpo?
14.
Certo, fratelli, prima è bene che le fiamme del cuore compenetrino tutte le mie
ossa, e nell’amore consumino tutto il mio corpo, dato che prima che ciò avvenga
io non posso avvicinarmi a Lui e neppure tutti lo potete! Il giusto è puro,
poiché non conosce il peccato, avendolo egli fuggito già dal seno materno.
Invece noi sguazzammo tanto a lungo nel peccato che il peccato stesso ci
apparve, infine, come fosse un diritto assoluto acquisito di fronte a Dio!
15.
Ma con ciò il peccato ci ha anche completamente induriti e inariditi, in modo
tale che noi, ora, non siamo capaci di trasformarci del tutto in amore; e
tuttavia tale cosa deve pur avvenire, e precisamente come un rinnovamento che
procede dal cuore!
16.
La fiamma dell’amore deve diventare nel nostro cuore tanto ardente, fino a
consumare il nostro corpo peccaminoso, e dalle ceneri del corpo consumato
sorgerà un nuovo corpo perfettamente capace di amare, e quindi noi potremo
avvicinarci a Lui solo dopo che saremo rivestiti di questo corpo!
17.
Sì, fratelli, prima che ciò avvenga, io non sento di poterGli stare accanto;
perché di tutti i peccati ora io ritengo che il peggiore sia quello di amare
troppo poco Lui, il santissimo ed amorosissimo Padre, l’eterno ed infinito Dio,
e di avvicinarsi a Lui con un amore tanto imperfetto.
18. O
fratelli miei, comprendetelo bene, poiché voi pure avete con me percepito cosa
significhi avvicinarsi a Lui essendo indegni di ciò!
19.
Oh, ma perciò ponderate bene queste parole! In verità, le eternità non
giungeranno mai a cancellare dal mio spirito questa tremenda impressione di
essermi trovato peccatore al cospetto di Dio!
20. O
fratelli, riflettete su tutto ciò! E tu pure, Terra, considera queste cose,
poiché è Dio che ora tu porti!
21.
La mia fiacca lingua balbetta, trema la Terra e tuonano i soli, non
comprendendo mai interamente Dio! È un Dio, un Padre santo, Colui che voi
glorificate!
22. O
Terra, come sei santa ora che il tuo onnipotente Creatore posa su di te il Suo
piede!
23. E
non meno santo sei tu, bello splendore del Sole! O Sole, pensa, pensa con la
mia nullità a Chi è che oggi concede che su di Lui si riversino i tuoi raggi!
24. O
Padre, Padre santo! Tu venisti a noi, non siamo Tuoi figli, come troppo spesso
ci chiamammo profanando un tal nome, ma venisti a noi che siamo peccatori
indegni!
25.
Chi potrà mai comprendere la Tua infinita Misericordia e chi l’immensità del
Tuo Amore!
26.
Oh, aiutatemi voi a lodare e glorificare Colui che è venuto a noi che siamo
peccatori, voi tutti fratelli miei, e voi tutti, figli miei, e tu, Terra, e tu,
Sole, e tu pure, intero corpo mio indurito nel peccato! Venite in mio aiuto nel
tributare lode a Lui, voi creature tutte, e voi tutti, angeli, poiché Egli solo
è buono, Egli solo è santo ed Egli solo è colmo di supremo Amore, di potenza e
di forza!
27. A
Lui solo spetta ogni onore, ogni gloria e tutto il nostro amore, ora e in
eterno! Amen!»
28. E
dopo queste parole egli ammutolì e si prostrò piangente a terra, e tutti i suoi
fratelli lo imitarono.
29.
Ma Abedam disse ad Enoch: «Vedi, come egli Mi ha
trovato, non Mi ha trovato ancora mai nessuno! Egli nella sua cecità ha bensì
peccato, ma quando giunse a riconoscerMi, è diventato più grande di tutti coloro
che sono qui! Giacché, vedi, egli si ritiene il inimassimo e il più indegno!
Andiamo dunque da lui e dai suoi fratelli, ed aiutiamoli a risollevarsi! In
verità, Chisehel oggi Mi ha acceso il più sublime olocausto, perché egli ha
offerto tutto se stesso alla consunzione tra le fiamme del proprio amore,
avendo voluto, egli, diventare tutto amore! Ed Io vi dico che effettivamente
egli è diventato proprio tale!
30.
Andiamo dunque, e rialziamolo! Quello che là ora vedrete ed udrete, non si è
mai ancora presentato a nessuna mente. Dunque andiamo! Amen!»
[indice]
Preghiera di
pentimento di Chisehel
22 dicembre
1841
1. E
così essi si portarono là dove i sette giacevano prosternati sulle loro facce.
E quando in breve furono arrivati lì, obbedendo al Volere di Abedam, si
arrestarono per un pò rimanendo in ascolto di quanto Chisehel,
giacente a terra e in preghiera, andava dicendo come rivolgendosi a se stesso.
E le sue parole erano queste:
2. «O
me, miserrimo e abbiettissimo peccatore! Che cosa ho fatto? Al cospetto di Dio
mi sono vantato della mia stoltezza infinitamente grande, che io apprezzavo
come coerente sapienza, e addirittura adoravo in me stesso!
3. La
Sua Misericordia mi ha mostrato solo una piccola scintilla della Sua Sapienza
infinita, la quale un giorno ordinò Cielo e Terra, dando in tal modo
un’esistenza così meravigliosa perfino a me, miserabilissimo verme colmo di
ingratitudine e di disobbedienza, ed io già mi trovo qui impotente nella polvere!
4. Ma
cosa sarebbe accaduto di me, se Egli mi avesse mostrato qualcosa di più di una
piccola scintilla della Sua eterna, infinita ed imperscrutabile Sapienza?
5.
Oh, come sarei allora rimasto d’improvviso annientato del tutto, come se non
fosse esistito mai nulla di me!
6. Ma
la Sua incommensurabile Bontà, il Suo infinito Amore e la Sua Misericordia
illuminata hanno risparmiato la mia incredibile audacia. Anziché punirmi
all’istante, in maniera anche troppo adeguata con l’annientamento eterno che io
durante tutta la mia vita ho meritato cento volte per ciascun momento della mia
indegnissima esistenza, Egli ha perdonato la mia indicibile colpa e mi ha
mandato qui affinché io Lo cerchi e Lo riconosca in me, per poi fare ritorno a
Lui!
7.
Ritornare da Lui, io, il più indegno e grande peccatore? O Terra, apriti
piuttosto e inghiottimi del tutto! Perché, quantunque io senta che il mio
essere è diventato tutto amore per Lui e a Lui, possono le eternità cancellare
la mia empietà come se io non avessi mai peccato dinanzi a Lui?
8. O
Tu, Padre santo di migliori figli! No, no, questo non può, questo non deve
accadere, poiché Tu, o buon Padre, sei santo, santissimo! Oh, come potrei io
peccare ancora una volta e più gravemente ancora al Tuo cospetto?
9. È
abbastanza; sì, sarà in eterno abbastanza che io abbia peccato una sola volta
dinanzi a Te, quando io ero cieco ed incapace di riconoscerTi! Ma quale nome
meriterebbe un mio secondo peccato, se io, da verme nella polvere che sono al
Tuo cospetto, o Padre santo, avendoTi ora riconosciuto, mi presentassi con la
consapevolezza di essere peccatore dinanzi al Tuo santo volto?
10.
Oh, quale terribile pensiero! Io, peccatore, davanti a Dio – no, no – o Padre
santo, Tu sei troppo ultra buono e non vorrai punire così duramente me, misero
peccatore!?
11.
Certo, avrei meritato la punizione più dura, solo che se d’altra parte rifletto
nuovamente su quanto inesprimibilmente io adesso Lo ami, tanto che mi sembra di
percepire amore in ogni mio capello come se dentro vi fossero mille cuori
ardenti dell’incendio d’amore, allora questo annullerebbe la punizione da me
meritata, perché io con ciò vorrei solo seguire l’impulso infinitamente
possente del mio cuore! Perciò io voglio rimanere qui a piangere sulla mia
immensa stoltezza! E se anche, a quanto ne so io, non ho mai giovato alla
Terra, possano almeno le mie lacrime irrorarne il suolo! Chissà che una qualche
piccola radice d’erba assetata non possa rinvigorirsene; ma potrebbe anche
trovare la morte congiungendosi alla dura lacrima di un gran peccatore!?
12.
Si, certo, nobile, piccola radice: la mia lacrima del pentimento, che il
peccato ha reso rovente, non ha in sé alcuna benedizione, perché essa sgorga
dal mare della mia empietà dove essa potrebbe purtroppo soffocarti e ucciderti!
E così io voglio far scorrere le mie lacrime sulla sabbia, sulla sabbia arida e
ardente, e non mi alzerò prima che i miei occhi non abbiano più lacrime da
versare, o che Dio e Padre, giusto e santo, non mi invii un Suo messo, che mi
porti una ben meritata sentenza di condanna!
13.
Si, nella punizione di un eterno esilio io mi troverò meglio, e nel più estremo
angolo della Terra sarò più contento che non qui in questo luogo santo, dove io
mi sento indegno di rimanere!
14. O
tranquilla solitudine, dove sei tu, affinché ti trovi, e in te, senza che
nessun testimone osservi né si affligga per la mia grande miseria, muoia per il
mio peccato; sì, che io muoia del tutto e per l’eternità!
15.
Oh, certo, solo ora ho trovato la giusta soluzione; dinanzi a Dio non vi può
essere altra espiazione del mio peccato se non la morte soltanto, il cessare
per sempre di esistere! Poiché quando l’autore del peccato non esiste più, con
lui rimane annientato anche il peccato. E così per colui che più non è, tutto è
finito anche con lui!
16.
Ma se dinanzi a Dio un annientamento non fosse possibile, cosa accadrebbe poi?
Può mai Dio dimenticare qualcosa?
17. E
quello che nella indistruttibile, eterna ricordanza di Dio continua ad
esistere, può questo mai trapassare?
18. E
cosa siamo noi, se non delle libere raffigurazioni emergenti fuori dal ricordo
perpetuo di Dio, dinanzi al Dio stesso?
19.
Ora chi mai potrà sottrarre se stesso a questo eternamente possente ricordo di
Dio?
20. O
mio Dio, Padre grande e santo! Solo ora vedo come tutti gli uomini sono nulla
dinanzi a Te; Tu solo sei il Tutto nel tutto!
21. E
così pure ora io scorgo che noi tutti, uomini, peccatori e giusti, nulla
possiamo dinanzi a Te; il Tutto nel tutto sei solo Tu!
22.
Per chi è giusto al Tuo cospetto, o Padre santo, qual è il suo merito? Nessuno,
dato che tutto non è altro che la Tua immensa Misericordia!
23.
Chi dinanzi a Te è peccatore, che cosa è egli? Un nulla miserevole al Tuo
cospetto, poiché egli voleva essere qualcosa senza aver prima pensato che non è
nulla di fronte a Te!
24.
Qual è dunque la differenza tra un peccatore ed un giusto? Sì, ora io scorgo
ben chiaramente davanti a me che il peccatore è un grande stolto perché,
illudendosi, si comporta come fosse di per sé qualcosa dinanzi a Dio; il giusto,
invece, riconosce il suo nulla, e riconosce altresì che quanto è in lui altro
non è che pura Misericordia di Dio, del Padre santo.
25.
Questa è la luce del giusto; la notte del peccatore, però, è la sua grande
illusione!
26. O
Padre grande e santo, ora vedo, anche con troppa chiarezza, che io non potrò in
eterno, mai e in nessun luogo, nascondermi da Te, perché Tu sei il Tutto nel
tutto certamente dappertutto. Ma io vedo, inoltre, che pure la Tua Misericordia
è infinita! Oh, non essere dunque adirato con me nella Tua Santità, bensì nella
Tua infinita Dolcezza paterna, usa Grazia e Misericordia verso di me, cieco
peccatore. E quando a Te piacerà, fa che la Tua santa Volontà si compia su di
me, lasciando, dove sia possibile, che io rimanga pure un minimissimo fra
coloro che vengono tutelati dalla Tua Misericordia! O Padre santo, sia fatta la
Tua santa Volontà! Amen!»
27.
Poi tacque, e singhiozzando forte sparse a terra le sue lacrime, mentre i suoi
fratelli piangevano con lui.
28.
Però anche Setlahem e tutti gli altri, compreso Enoch, furono così commossi,
che non poterono fare a meno di piangere anche loro, giacché le parole di
Chisehel avevano rivelato loro un’insospettata, immensa luce.
29.
Perciò Abedam fece loro comprendere che là vi era molto di più di diecimila
altari del sacrificio ardenti al massimo grado.
30.
Ma Setlahem andava nel frattempo dicendo tra sé nel suo cuore: ‘O povero fratello! Io solo sono la causa
della tua grande miseria! Oh, se l’avessi saputo prima, mi sarei lasciato fare
a pezzi da te piuttosto che prepararti una situazione simile!
31. O Abedam, Padre sublime e amorosissimo! Abbi
pietà di lui!’
32.
Ma Abedam allora gli rispose: «Non ti affannare
per tuo fratello, ma affannati invece per divenire come il tuo fratello!
Poiché, in verità ti dico: “Chi non
diverrà come lui, un giorno rimarrà ben piccolo dinanzi a lui nel regno della
vita eterna!”
33.
Comprendi bene ciò, e non ti curare più di colui che ora è vivente! Amen!»
[indice]
Dell’essenza
del peccato e del come il peccato si vince
23 dicembre
1841
1.
Dopo questa breve ammonizione indirizzata a coloro che si trovavano con Lui,
l’Alto Abedam attese ancora un poco, ma poi si
avvicinò a Chisehel che giaceva ancora a terra sulla sua faccia, lo toccò e gli
disse:
2. «O
Chisehel, risorgi a vita eterna; poiché tu veramente l’hai trovata!
3.
Io, Abedam Jehova, l’Eterno, Io, il Padre tuo buono e santo, sono venuto Io
stesso a te per aiutarti e sollevarti! Alzati dunque senza timore, poiché vedi,
Io ho estirpato per l’eternità il tuo peccato, avendoMi tu avvinto con l’amore
del tuo cuore come finora non Mi ha avvinto nessuno fra tutti i Miei figli di
questa Terra! Risorgi dunque come nessuno è risorto ancora! Risorgi dotato di
quella grande sapienza che ti è sgorgata dal tuo amore, e sii pure armato di
grande potenza, che ti è venuta dal tuo amore, potenza alla quale saranno
soggette perfino tutte le cose che non hanno vita e tutte quelle viventi, ed
infine sii rivestito con la vita eterna, poiché veramente tu non assaggerai mai
più la morte in eterno, avendo ucciso la tua carne, sotto ogni rapporto,
mediante l’amore per Me!
4. Ma
chi così muore come tu adesso sei morto nell’amore per Me, e al quale Io poi
vengo e lo ridesto, in verità, egli non è ridestato soltanto per questo tempo,
bensì è ridestato alla vita per l’eternità!
5. Io
però ti dico: «Colui che come te non si acquisterà la vita eterna, dovrà
attendere ben lungo tempo nell’aldilà finché non sarà giunto sopra i morti il
gran giorno del riscatto!
6.
Rialzati, dunque, e rialza pure i tuoi fratelli e tutti i tuoi figli, e poi
seguiMi! Amen!»
7. E
quando Chisehel ebbe inteso la Voce e le parole del Signore, egli trasse un
profondo sospiro e si risollevò, ma era così completamente stordito
dall’impressione di immensa e grata gioia, che egli tremava in tutto il suo
corpo e non gli era possibile di pronunciare una sola parola.
8. Ma
Abedam gli venne del tutto vicino e, toccatolo
nuovamente, gli disse:
9.
«Io dico a te: “Sii forte e rimani tale,
e ogni timore sia da te bandito per l’eternità, e con il timore sia pure
bandito ogni peccato, anzi perfino la possibilità di ricadervi! Poiché quello
che tu d’ora innanzi farai, lo farai nel Mio Nome e nel Mio Amore. Ma chi, ciò
che fa e che dice, lo fa e lo dice nel Mio Nome e nel Mio Amore, come potrebbe
pensare ad un peccato?”
10.
Ora però Io vi dirò che cos’è il peccato, e come qualcuno può peccare, e come
anche possa non peccare mai più.
11.
Dunque, è questo il peccato: quando qualcuno
percepisce in sé un impulso e ne scorge il vantaggio, e poi asseconda l’impulso
stesso e lo afferra con la sua brama, e quindi lo converte in elemento che gli
appartiene e infine agisce allo scopo di averne un utile per se stesso.
Dall’appropriazione di un simile impulso, che l’egoismo ha seppellito in se
stesso, si origina quindi un cattivo spirito, il quale compenetra e ottenebra
tutto l’uomo, cosicché questo poi non è più in grado di distinguere il vero dal
falso e il bene dal male.
12.
Ma se qualcuno percepisce in sé un qualche impulso, e però immediatamente pensa
e dice fra sé: “O Signore, io riconosco
che Tu mi hai toccato! L’impulso viene da Te, o Padre! La Tua infinita Bontà ha
avuto misericordia di me e vuole rafforzare me, indegno, nella vera umiltà e
così pure nel vero amore per Te. O Padre, io non sono degno di fare una tale
cosa quale Tu me l’hai data a riconoscere mediante l’impulso tentatore! Tua è
ogni potenza e Tua ogni forza; Tu solo sei il Signore del Cielo e di tutta la
Terra. Lascia dunque che io faccia soltanto quello che mi si addice di fronte a
Te, o Padre santo, cioè che io Ti ami soltanto di amore filiale! Ma togli, in
grazia, di nuovo via da me, come me l’hai dato, questo superiore impulso all’azione,
poiché esso è una Forza divina! Se io, creatura e figlio povero e ancora
debole, volessi operare conformemente a questo impulso, sarei un essere che si
dovrebbe sentire in questo particolare riguardo pari a Te, perché dovrei agire
subito con quella forza che è soltanto Tua e con la quale soltanto a Te spetta
di agire! Togli dunque via da me il Tuo Santuario, di cui sono indegno, e
lascia che io rimanga unicamente nel filiale amore per Te, o Padre santo!”
13.
Vedete, quando troverò tanta umiltà in un uomo, credete voi che Io gli toglierò
l’impulso della Mia Forza?
14.
Oh, no, Io vi dico! Anzi: benedirò l’impulso in lui e desterò l’uomo a vita
eterna con l’impulso stesso! E così poi, appunto con quello stesso mezzo con il
quale l’uomo agendo per proprio conto sarebbe potuto diventare un grossolano
peccatore, egli, vivente per l’eternità, viene congiunto a Me, e allora potrà
esplicare quella stessa attività con energia mille volte maggiore, proveniente
da Me, e ciò facendo non potrà mai più peccare, poiché quello che egli fa ora,
non proviene più da lui, bensì da Me!
15.
Credete voi che il peccatore faccia altra cosa che non sia unicamente la Mia
Volontà? Oh, Io vi dico di no, assolutamente! Nessuno può toccare un capello
del proprio capo senza la Mia Volontà!
16.
Certamente ora voi pensate: “Ma come mai
può peccare colui che opera secondo la Tua Volontà?”
17.
Io vi ho già dimostrato com’è costituito il peccato, e ora vi aggiungerò ancora
un esempio affinché possiate comprendere la cosa più da vicino:
18.
“Supponiamo che qualcuno a causa dell’agire di un suo fratello fosse colto da
ira terribile tanto che egli, come Caino, si sentisse spinto ad uccidere il
proprio fratello; ma egli si ricrede immediatamente e riconosce da dove questo
impulso gli è venuto. Però non è ancora sufficiente che egli riconosca una tale
cosa, bensì questo riconoscimento del potente impulso estraneo, in umiltà, lo
condurrà ben presto all’altro riconoscimento, e cioè che Io soltanto sono il
Signore della vita e della morte. In questo riconoscimento, poi, colui che è
stato toccato così dalla Mia Forza, si prostrerà dinanzi alla Mia Santità che
gli sarà giunta tanto vicino, e di cuore onesto e gratissimo Mi restituirà
quello che è Mio.
19.
Ma Io, allora, non ritirerò più da lui la Mia Forza che l’avrà afferrato, bensì
con questa stessa Forza Io lo benedirò e lo desterò a vita eterna.
20.
Poi egli andrà da suo fratello e lo convertirà, vale a dire lo ucciderà per il
mondo, con la pienezza della Mia Forza in lui, e lo renderà di nuovo vivente per
la vita eterna.
21.
Ora, chi potrà sostenere ancora che, così facendo, egli avrà peccato contro suo
fratello?
22.
Ma chi subito dopo essersi accorto dell’impulso estraneo in sé, volesse agire
come di proprio arbitrio, sebbene agisca per mezzo della Mia Forza, non sarebbe
egli forse un grande peccatore al pari di Caino, il quale aveva pervertito in
sé la Mia Forza diventando malvagio ed arrivando così all’uccisione del proprio
fratello?
23.
Ma, in un simile modo avverrà inoltre, che ciascun peccatore, se riconosce in
tempo la propria stoltezza e poi torna da Me pentito e colmo di amore, sarà
come un giusto fin dalla nascita, se operando in tal modo depone nuovamente
dinanzi a Me quello che sarà stato illegittimamente depredato e si rivolge a Me
in tutta umiltà. Io vi dico in verità che gli saranno perdonati tutti i
peccati, anche se il loro numero uguagliasse quello dei granelli di sabbia che
sono nel mare! Nulla gli sarà tolto, e diverrà grande a seconda della grandezza
del proprio pentimento, della propria umiltà e del proprio amore.
24.
Ma guai tanto maggiore all’ostinato!”. Dunque, Chisehel, anche tutto il tuo
peccato è stato cancellato, e tu ora sei come se in eterno non avessi mai
peccato, poiché hai riconosciuto quello che è Mio in te!
25.
Perciò sii forte e seguiMi assieme ai tuoi fratelli, poiché adesso ce ne
andremo dai tuoi figli! Amen!»
[indice]
Le cinque
figlie di Zuriel
28 dicembre
1841
1. E
subito essi andarono dai figli di Chisehel, i quali erano anch’essi tuttora
prostrati a terra, pervasi da grandissima reverenza, e nei loro cuori pregavano
veramente, lodandoMi con grande fervore.
2. E
quando furono ben presto giunti là dove erano raccolti i figli, l’Alto Abedam si avvicinò del tutto a loro e disse:
3.
«Rialzatevi voi tutti, figli di Chisehel e dei suoi fratelli, assieme alle
madri! Poiché Io stesso, dinanzi al quale voi giacete prosternati sulle vostre
facce, sono venuto a voi avvolto in spoglie simili alle vostre, e voglio ora
che risorgiate alla vita dell’Amore proveniente da Me!
4. In
verità, coloro che si alzano quando Io li chiamo, quelli anche risorgeranno
alla vita, e non assaporeranno mai la morte, mai in eterno!
5. Ma
coloro che non seguiranno la Mia chiamata, quelli continueranno a giacere per
molto e molto tempo! Dunque, alzatevi ora, liberi e lieti! Amen!»
6. E
allora tutti immediatamente si alzarono e piansero d’immensa gioia, poiché essi
riconobbero subito Chi era Colui che aveva detto loro di alzarsi, e Lo lodarono
e glorificarono nei loro cuori ardenti d’amore.
7.
Ora, tra quei figli erano presenti anche cinque fanciulle, le quali erano delle
pronipoti di Chisehel. Esse erano di eccezionale bellezza, e in età dai trenta
ai quarant’anni, nessuna era ancora maritata, pur essendo grande il numero
degli aspiranti alla loro mano, e questo perché il loro padre, uomo pio, aveva
loro sempre insegnato a cercare e ad amare Me soltanto. Così diceva loro spesso
che, qualora esse avessero seguito i suoi consigli, sarebbe stato Jehova che le
avrebbe congiunte a tempo debito a uomini eletti, con i quali avrebbero avuto
una grande gioia, forse addirittura assieme ad alcuni dei figli della linea
principale di Adamo.
8. (Giacché per coloro che erano di lontana
discendenza, la linea principale significava più che non oggi un principe reale
o imperiale).
9. E
seguendo tali insegnamenti, le cinque fanciulle si erano trovate ad amare
Jehova con intensità sempre maggiore nonostante la loro giovinezza che, per
quei tempi primordiali, era ritenuta ancora tenerissima.
10.
Ed Io, perciò, di quando in quando avevo fatto percepire con grande intensità
il Mio Amore, in modo che esse erano, invisibilmente, proprio innamorate di Me,
il loro Jehova, e non potevano assolutamente più rivolgere lontano da Me i loro
cuori, e la brama ardente di Me andava aumentando di giorno in giorno e perfino
di ora in ora.
11.
Però anche tra di loro si amavano teneramente, ed erano quasi inseparabili, in
maniera che l’una faceva quello che facevano le altre, e tutte le altre quello
che faceva una.
12.
Qualunque cosa esse avessero guardato era per loro oggetto di rapimento, poiché
in ogni cosa esse riconoscevano un prezioso ricordo dell’unico loro Amato.
13.
Particolarmente, però, quando esse trovavano un qualche fiorellino fresco,
d’insolito aspetto, appariva loro come cosa certissima che esso era stato
destinato a loro da Me! Ma questa era nuovamente una ragione per andare fuori
di sé dalla letizia perché allora esse, tutte tremanti di amorosa reverenza,
coglievano il fiorellino e si affrettavano dal loro padre, al colmo della
gioia, per mostrargli quale bellissima cosa avessero di nuovo ricevuto in dono
dal loro santo Innamorato. E questo era poi motivo di grandissima gioia anche
per il padre il quale Mi ringraziava sempre dal profondo del cuore per il fatto
che Io avevo tutelato le sue dilette figlie contro più d’una impura insidia
dovuta alla concupiscenza degli uomini. E dopo aver compiuto il rendimento di
grazie, egli Me le sacrificava di nuovo, e con tutto fervore Mi pregava di
continuare ad educare i cuori delle sue figlie in grazia e misericordia. Questa
preghiera, date le circostanze, non rimaneva di certo inesaudita da parte Mia.
14. E
così queste cinque fanciulle erano cresciute unicamente nel Mio Amore, e con
ciò si erano fatte sempre più belle, affascinanti e delicate, tanto nello
spirito che nel corpo. Sì, la loro bellezza era così grande che tutte le
attuali bellezze terrene anche se concentrate in una sola bellezza, non
costituirebbero neppure una minima goccia di rugiada in loro confronto, perché
a causa del loro grande amore per Me, Io le feci diventare, per quanto è
possibile corporalmente, di una bellezza celestiale perfetta, e per questo
motivo esse venivano pure da tutti chiamate “Allurahelli”,
che significa “le belle figlie
dell’amore”.
15.
Da quanto precede, ognuno può farsi una piccola idea di quali sentimenti si
agitassero nei cuori di queste cinque fanciulle quando scorsero in Abedam il
loro Jehova ardentemente amato.
16.
Se il loro padre non le avesse trattenute, nel loro fervore Gli si sarebbero
precipitate incontro.
17. Abedam però, il quale vedeva certo chiaramente quanto
mai il loro amore da così lungo tempo provato, disse allora al padre delle
fanciulle:
18.
«Ascolta, Zuriel , tu non devi trattenere coloro che vogliono venire a Me! O
forse non sono Io Colui che insegnasti esclusivamente ad amare alle tue figlie?
Lascia dunque che esse vengano a Me, e non trattenerle!»
19. E
il pio Zuriel , colmo di reverenza suprema,
condusse le sue figlie da Abedam, s’inginocchiò dinanzi a Lui (poiché l’inginocchiarsi era un suo
rispettoso costume quando Mi pregava), e disse:
20.
«O Jehova, Padre santissimo di tutti gli uomini e Creatore di tutte le cose,
guarda a me in grazia, e intendi il balbettio della mia bocca!
21.
Vedi, quelle che già fin dall’infanzia io Ti ho ogni ora sacrificato e i cuori
delle quali io ho guidato a Te con la Tua Grazia, ebbene, questi Tuoi doni
fatti a me, indegno, io li riporto nuovamente a Te, o Jehova, quale offerta
pura, a mio avviso, per quanto più possibile. Ed io Ti ringrazio con il massimo
fervore del mio cuore per esserTi degnato di affidare a me, che ne sono del
tutto indegno, un così prezioso tesoro!
22.
Possa l’offerta che Ti faccio esserTi gradita!
23. O
Jehova, sia la Tua Grazia e la Tua Misericordia con me, povero peccatore al Tuo
cospetto! O Jehova, che la Tua Volontà sia fatta in eterno! Amen!»
24. E
l’Alto Abedam così rispose a Zuriel : «Odi,
Zuriel , cieco e muto era il dono quando esso dalla Mia mano venne deposto nel
grembo di tua moglie, ed esso in stato impuro e colmo d’immondizia vide la luce
del giorno! Tu, secondo il Mio Volere, l’hai purificato con tutta la diligenza
del tuo cuore, ed hai coltivato per Me cinque leggiadri alberelli della vita, i
quali porteranno ben presto nel Mio giardino i frutti più splendidi; di questo
puoi esserne sicuro!
25.
La più giovane Io la benedirò per tutta la Terra, e i suoi discendenti vedranno
la gran fine di tutte le cose. Per mezzo delle altre però sarà benedetto
l’operare spirituale nelle arti, poiché tempi verranno in cui voi avrete
bisogno delle arti, e queste saranno una benedizione per coloro che le useranno
saggiamente, ma esse costituiranno altresì un giudizio per coloro che le
useranno e adopereranno soltanto a proprio egoistico vantaggio.
26. E
tu, Zuriel , non assaporerai mai più la morte! Vedi, ora Io ho reso il tuo
spirito libero dalla carne, affinché egli sia signore nella propria dimora di
carne, e da questa possa uscire e rientrarvi a piacimento; tu però non dovrai
abbandonare completamente la tua dimora prima che Io non ti abbia fatto
chiamare.
27.
Io te lo dico: “Nel regno della Luce
d’Amore, tu un giorno possiederai, con tutti i tuoi, la più bella dimora, molto
più bella in verità di tutti i cieli visibili, e più grande di questi. Per ora
rimani qui presso di Me con i tuoi! Amen!”»
28.
Ed Abedam continuò a parlare alle cinque
ammiratrici chiedendo loro in certo qual modo: «Allurahelli! Vi piaccio? Siete
contente di me? Mi avete immaginato così, quando nel vostro amore avete cercato
nei campi i miei segni di riconoscimento?»
29. E
le cinque, arrischiandosi appena di guardare,
risposero con voce soave e tremante: «O Tu, che per l’eternità sei l’unico
oggetto del nostro amore, Tu certo leggi nei nostri cuori; e noi siamo troppo
indegne di questa Tua Grazia!
30. O
Jehova, Tu solo, assolutamente solo Tu sei la nostra speranza; Tu solo sei
l’Amato dei nostri cuori!
31.
Quali meriti mai ci siamo acquistate perché Tu, in tanta grazia, ci hai
concesso di amarTi? Soltanto questo noi riconosciamo, in tutta umiltà, come la
benedizione suprema!
32. O
Jehova, se ci fosse permesso di toccarTi ed almeno di premere la Tua mano sul
nostro cuore!»
33.
Allora Abedam disse loro di avvicinarsi al Suo
corpo, e Si lasciò completamente abbracciare dicendo:
34.
«Dopo di Eva voi siete le prime a cui è stato concesso di toccarMi! Ma poiché
voi Mi avete già preso, anch’Io vi prenderò con quella Mano che un giorno ha
formato il Cielo e la Terra, e vi bacerò per la vita eterna con quella Bocca
che un giorno, come ora, ha chiamato all’esistenza tutte le cose!
35.
Rimanete dunque voi pure presso di Me, e adesso seguiteMi fin sull’altura del
mattino, da Adamo! Amen!»
[indice]
Le
apprensioni dell’umile Zuriel
29 dicembre
1841
1. E
le cinque fanciulle si serrarono strette intorno al loro Amato con tanta forza
che Egli in maniera naturale non avrebbe potuto incamminarsi, a meno che non
avesse voluto farsi largo a forza oppure trascinare le fanciulle con Sé.
2.
Però Zuriel pensava che tale contegno delle sue figlie
avrebbe infine potuto riuscire forse un po’ increscioso per Jehova, e perciò
egli, con il massimo rispetto e ancora ginocchioni, chiese ad Abedam:
3.
«Le mie figlie forse Ti danno già molestia; devo eventualmente richiamarle, se
così a Te piace? Perché certo Tu vorresti ora andare fino sull’altura del mattino,
da Adamo, ed esse sono d’impedimento ai Tuoi sacri piedi!»
4. Ma
Abedam gli rispose: «Odi, Zuriel , tu pensi di
Me nel modo del mondo! Chi mai può essere d’impedimento ai Miei piedi? Qual è
la Terra che potrebbe fermarMi e trattenerMi nei Miei passi?
5.
Credi tu che se il contegno delle tue figlie fosse a Me increscioso, credi che
Io non potrei sbarazzarMi di loro? Tu sei fortemente cieco ancora dall’occhio
destro!
6.
Guarda qui e osserva: – ciascun granello di sabbia che si attacca ai tuoi piedi
Io devo, con la forza del Mio Amore, serrarlo così stretto, di gran lunga più
stretto di quanto possano fare le fanciulle con i Miei piedi affinché esista
come tale, e tuttavia tu puoi portarlo in giro liberamente, tu pure che non sei
altro che un’altra creatura fuori da Me, e che, in aggiunta, Io devo tenere
stretto infinite volte più intimamente ancora, affinché tu possa esistere e
vivere, e perché tu possa pensare, percepire ed essere chiaramente cosciente di
te stesso, e perciò inoltre, non sei da Me trattenuto dal muoverti liberamente!
7.
Vedi, la Terra è libera nel suo moto, la Luna e il Sole pure, e non meno libere
nel loro moto sono le innumerevoli stelle, le quali tutte non sono altro che
altrettanti mondi costituiti in maniera così varia, che per te sarebbe
incomprensibile. Mondi come questa Terra e soli come il vostro Sole, e qualcuno
incomparabilmente più grande, ma qua e là anche più piccolo e di varia luce!
8. Io
devo continuamente e senza fine tenerli tutti saldamente serrati in tutte le
loro parti infinitamente svariate, a cominciare dall’atomo fino al massimo dei
soli centrali, rispetto alle cui dimensioni fisiche – comprendi bene! – questa
terra insieme al Sole, che di per sé è parecchie migliaia di volte più grande
della Terra stessa, è nello stesso rapporto di un atomo rispetto alla Terra. E
se Io non li tenessi così stretti, in un attimo essi cesserebbero di esistere;
e vedi, malgrado ciò, tutto può muoversi liberamente!
9.
Comprendi ora la tua cecità? Come mai è potuto venirti in mente che le tue
figliolette potessero essere d’impedimento ai Miei piedi?
10.
Oh, vedi, ancora molti ve ne sono tra di voi che condividono una così stolta
opinione!
11.
Che però a Me non rincresca il modo in cui le fanciulle si comportano, ma che
anzi sia causa di grande compiacimento per Me, tu lo puoi dedurre senz’altro
dal fatto che Io le vedo di tanto buon grado intorno a Me. O non dovrei
tollerare accanto a Me chi Mi ama? Ma allora chi mai potrebbe avvicinarMi?
12.
Io però dico a voi tutti: “Se una donna
non mi abbraccerà e non Mi terrà stretto come queste Mie care figlie, essa non
vedrà mai in eterno il Mio volto!”
13.
Comprendi tu, Zuriel , il senso di queste parole?»
14. E
allora Zuriel rispose: «O Jehova! Perdona a me, stolto,
povero e cieco, questo è quanto ora io posso dirTi; e usa con me pazienza e
indulgenza! Oh, io vorrei sparire dinanzi a Te; questa cosa non potrò mai
perdonarmela!
15.
Quanto più adesso ci penso, tanto più chiara mi si rivela la stoltezza
indicibile della mia domanda! O Jehova, salvami Tu, altrimenti l’immensa
vergogna per la mia stoltezza mi consumerà al Tuo cospetto! La Tua santa
Volontà sia fatta! Amen!»
16.
Però Abedam stese la Sua mano verso Zuriel e gli disse: «Zuriel , Io ti dico: “Sii tranquillo nel tuo cuore, perché il tuo
errore ebbe origine dal tuo cieco amore per Me! È stato per questo che anch’Io
feci ora splendere ai tuoi occhi una luce, affinché in avvenire tu non debba
amare così ciecamente come finora, bensì vedendoci da ambo gli occhi”.
Tuttavia ti dico ancora: “Chi non comincerà
ad amarMi nella propria cecità e non rivolgerà le proprie cure anzitutto a Me
come hai fatto tu, ben difficilmente otterrà mai una luce maggiore dal Mio
Amore!”
17.
Ma dato che ora sei diventato del tutto vedente, potrai anche convincerti,
senza che te ne derivi alcun danno, di quanto poco, ovvero di come nulla
affatto siano in grado di intralciare il Mio cammino queste fanciulle che
tengono abbracciati i Miei piedi.
18.
Guardati un po’ qui intorno, dove siamo attualmente, e tu potrai constatare con
ancora maggiore precisione la vanità della tua precedente preoccupazione!
19.
Che ne dici di questo luogo? Oppure noi ci troviamo ancora al posto dove Io
venni a voi? Però, di quanti eravate ne manca forse qualcuno?»
20.
Ma Zuriel era ammutolito per la meraviglia,
perché soltanto allora si accorse che essi si trovavano già perfettamente
sull’altura del Mattino, distante quasi mezz’ora di cammino dal punto dove si
erano trovati prima, e quindi addirittura presso Adamo stesso.
21. E
Abedam chiese subito a Zuriel : «Ascolta, Zuriel
, perché sei muto? Non va bene che noi ci troviamo già sul posto per
raggiungere il quale avremmo dovuto camminare ancora a lungo e faticosamente?»
22. E
Zuriel , raccapezzandosi a mala pena, rispose:
«O Jehova, se così va bene? Quello che Tu fai è certo sempre in eterno ben
fatto; solamente – no, non comprendo davvero – proprio non è un sogno – siamo
veramente qui?
23.
Certo, ma come è avvenuto ciò? E con una rapidità talmente incomprensibile che
non mi sono nemmeno accorto di aver fatto alcun movimento? Io ero inginocchiato
e lo sono ancora!
24. O
Jehova, com’è meravigliosa la Tua potenza, e come è santo il Tuo infinito
potere! Oh, chi non dovrebbe amarTi sopra ogni cosa avendoTi sia pure
tacitamente riconosciuto, Tu che sei il supremo Amore stesso!
25. E
certo, di nuovo, sarebbe quanto mai stolto da parte mia se io, o Jehova, Ti
domandassi ancora una volta come ciò sia possibile! No, no, io non domando
nulla! E che cosa potrebbe mai esserTi impossibile?
26. O
Jehova, vedi, io vado parlando come una vecchia in sogno, tanto confusamente
che c’è da arrossirne!
27.
Abbi pazienza con me, e lascia prima che mi riabbia e mi raccapezzi, perché
tutto ciò è troppo in una volta per me che sono impuro al Tuo cospetto!
28.
Io Ti ringrazio, Padre santo, santissimo, per tanta infinita Grazia e
Misericordia; io non ne sono certamente degno neanche in minimissima parte!
29.
Solo Tu, Padre santo, hai degnato tutti noi della Tua Presenza; vada dunque in
eterno tutta a Te l’afflizione dei nostri cuori! Amen!»
30. E
Abedam gli replicò, e disse: «Zuriel , tu sei
preso da tanta meraviglia perché ora ti sei trovato qui d’improvviso assieme a
tutti gli altri, eppure Io ti dico che ogni tuo respiro e ogni battito del tuo
cuore, anzi, ciascuna cosa che esiste in te, è un prodigio più grande di quello
che è avvenuto ora, prodigio che Io feci unicamente perché tu ti convincessi
con tanta maggiore chiarezza come sia stata del tutto vana la tua
preoccupazione per la libertà dei Miei piedi!
31.
Tu però sei giusto e vivente, poiché hai un cuore enormemente sincero; dunque,
rimani pure un libero abitante della tua dimora! Amen!»
32.
Frattanto anche Adamo si era unito alla comitiva, ed egli lodò e glorificò
Abedam per il fatto che Egli dimostrava perfino verso il sesso femminile Grazia
e Misericordia in modo così indulgente.
33. E
Abedam gli rispose: «Adamo, non è Eva uscita
dalla Mia mano? Dunque perché la donna dovrebbe essere da Me, meno amata?
34.
Infatti Io ti dico, che quando un giorno edificherò un nuovo Cielo, Io
comincerò ad edificarlo in una donna, e non in un uomo!
35.
Tuttavia, riguardo a ciò conviene che nessuno Mi rivolga altre domande; prima
d’allora avverranno cose ancora più grandi! Amen!».
[indice]
Il Signore e
Ghemela
30 dicembre
1841
1. Ma
le cinque fanciulle, che si tenevano strette all’Alto Abedam, erano così
immerse nell’amore dei loro cuori, che esse non avevano osservato niente di
quanto era accaduto intorno a loro.
2. E
siccome una tale completa dedizione dei loro purissimi cuori era quanto mai
gradita ad Abedam, Egli allora le toccò
nuovamente, le chiamò con dolcissima voce e rivolse loro le seguenti parole:
3.
«Allurahelli, Mie dilette figlie e spose del Mio Amore, ora destatevi anche voi
dal vostro puro amore ad una altrettanta pura luce di grazia proveniente da Me,
ed osservate un po’ dove vi trovate, poi diteMi qual è la vostra impressione e
che cosa ne pensate!»
4. E
subito le fanciulle si alzarono e cominciarono timidamente a guardarsi intorno.
E soltanto dopo avere osservato a lungo, si accorsero che si trovavano sulla
‘Collina del Mattino’ di Adamo.
5.
Ma, allora, anche il loro stupore fu al colmo. Ciascuna avrebbe voluto
cominciare a parlare e a domandare una cosa e l’altra all’Alto Abedam; solo che
nessuna seppe dare un conveniente inizio alle loro parole. Abedam, però, scorgendo il loro imbarazzo più che
naturale, venne immediatamente in loro aiuto e disse alla più giovane:
6. «A
te, come pure alle tue quattro sorelle, fa meraviglia di trovarvi già qui,
senza saperne come?
7.
Basta però che pensiate alla bufera della notte scorsa, che cessò così
all’improvviso, e dopo di che, tutto rientrò nell’ordine iniziale ad eccezione
del mare, il quale dovette ritirarsi per lasciare dietro a sé un paese fertile
di cui voi ben presto avrete bisogno quando il vostro numero si sarà
moltiplicato; e ad eccezione dei monti che ardono ancora tutto qui intorno a
grande distanza, allo scopo che la Terra si allarghi nel suo interno, e sia
resa cava e atta ad accogliere il mare che si è ritirato, per ricevere quegli
esseri che Mi odiano e Mi fuggono, affinché essi possano là urlare con il mare,
inabissandosi, e poi stridere coi denti, in unione con il più forte mostro del
mare, il quale assieme a questo si è sprofondato negli abissi dell’ira della
Terra, e che si chiama “Leviatan”.
8.
Vedete, tutto il resto è, invece, qui di nuovo intatto così com’era da tempi
immemorabili!
9. Ma
dato che tale bufera perfino Set, rafforzato dalla Mia Volontà, è stato capace
di sedare, quanto più non deve essere mai possibile ogni cosa a Me stesso!
10.
Però, non a causa vostra Io feci accadere tale cosa, bensì soltanto a causa del
vostro padre pio e a Me devoto, e precisamente perché egli andava nutrendo il
vano timore che voi, in seguito al vostro amore per Me, avreste potuto essere
d’impedimento al muoversi dei Miei piedi.
11.
Io invece stesi la Mia mano e vi portai qui dopo aver sollevato tutti voi. E
quando vostro padre vide che noi eravamo già arrivati sul posto, allora
soltanto egli comprese definitivamente che proprio nulla può esserMi
d’impedimento sulle Mie vie.
12.
Le ragioni di questo avvenimento ve le ho esposte, Mie spose e figlie dilette,
affinché possiate attingere Luce da tale notizia, sicura e necessaria e,
destandovi completamente dal vostro sonno, possiate altresì riconoscere che
pure la donna è stata da Me creata per l’amore e per la luce, e non soltanto
per l’amore muto e, accanto a questo, per la tenebra! Comprendi le Mie parole?»
13. E
la più giovane interrogata rispose: «O Jehova,
come mai potrò ringraziarTi? Vedi, ora si è fatto tutto chiaro in me! Io
comprendo la Tua santa Parola; anzi io vedo anche me stessa come se il mio
sguardo attraversasse il mio essere, e mi sembro adesso diventata di una
leggerezza estrema!
14
Oh, come mi sento infinitamente bene ora! E quanto è immensa la Tua Bontà, o
Jehova!
15.
Ma, o dilettissimo Jehova, mio solo Adorato, dimmi dunque: “Le mie sorelle si sentono pure tanto bene come me? E anch’esse, si
vedono attraverso la Tua Grazia, con la stessa chiarezza di come mi vedo io?”»
16. E
Abedam le rispose: «Oh, basta che tu le guardi
un po’, e ti accorgerai ben presto che anche a loro non manca niente presso di
Me!
17.
Chi presso di Me si trova come ora voi vi trovate, egli è già ben provvisto di
tutto!
18.
Vedi, Mia cara Ghemela, Io ti amo tanto come se nell’immensità dell’infinito
non avessi nessun altro da poter amare! Ma invece, vedi, così non è, poiché
l’infinito contiene innumerevoli esseri che come te, Mi amano, e che pure sono
da Me riamati come te, e chiunque riceve da Me, da Me ha ricevuto tanto che gli
basterà a dismisura per tutte le eternità delle eternità.
19.
Ma come tu ora sei felice e beata nel tuo puro amore per Me, così lo saranno
pure, perfettamente e nella loro particolare maniera, tutti coloro che ameranno
Me solo, e poi per mezzo Mio anche tutti i loro fratelli e sorelle
perfettamente come Me!
20.
Però, affinché tu, diletta Ghemela, possa ammirare una piccolissima parte di
ciò che tutto gioisce del Mio Amore, prenditi quel fiorellino là ai tuoi piedi,
il quale attende proprio che tu lo colga!»
21.
Lei subito staccò il fiorellino dal gambo e lo mostrò ad Abedam. Egli allora lo toccò ed alitò sugli occhi a
Ghemela dicendole:
22.
«Quello che tu vedi, dillo pure in poche parole a tutti quelli che ci stanno
qui d’intorno!
23.
Sentiamo dunque ciò che scorgi sul tuo fiorellino! Non temere di raccontarcelo;
tu già appartieni a Me per l’eternità, e mai, mai più verrai a perdere il Mio
immenso Amore per te! Cosa vedi dunque?»
24.
Allora Ghemela, tutta timida nel suo amore,
cominciò a parlare e disse: «O Jehova, Tu grande, Tu santissimo e
gloriosissimo! Che cos’è quello che io vedo? Oh, prodigio, prodigio su
prodigio! Questo non è un fiore! Sono mondi, mondi immensi di cui non si vede
la fine!
25.
Chi mai potrebbe contarne il numero sterminato? L’uno supera l’altro in
magnificenza mai presentita da nessuno! E uno splendore indescrivibile li
circonda tutti!
26. E
– o Jehova, Padre indicibilmente santo! – Io vedo pure degli esseri viventi di
ogni specie! Infinito è il loro numero! E ancora vedo acque immense sia dentro
che sulla superficie di questi innumerevoli mondi meravigliosi; anche loro sono
pieni di innumerevoli vite! E vedi, innumerevoli altri esseri si dipartono
continuamente da questi mondi, e innumerevoli altri invece fanno ritorno a
questi mondi sfolgoranti!
27. O
Jehova, Jehova! Le parole mi mancano; i prodigi sempre più si moltiplicano e si
fanno più grandi e più nuovi! O Jehova, come devi essere santo e buono Tu! O
mio Jehova!»
28. A
questo punto ella non poté più proseguire, perché le meraviglie che si
accrescevano sempre più le troncarono la parola, ed ella cadde come svenuta sul
petto di Abedam.
29. Ma
Egli la ricevette fra le Sue braccia, la ridestò
immediatamente e poi le chiese: «Ghemela, non ti saresti certo aspettata di
vedere tutte queste cose in un fiorellino?
30.
Eppure, vedi, è proprio così! Anzi, da parte Mia lo è in modo ancora
infinitamente più svariata! Ma verrà il giorno in cui tu potrai vedere molto
meglio ancora tutte queste cose nel Regno Mio, e potrai gioirne molto di più!
31.
Vedi a quante cure Io devo sobbarcarMi già trattandosi di un simile fiorellino;
e pensa quante cure poi sono richieste dall’infinità del mondo della materia e
dello spirito!
32. E
tuttavia Io ti amo tanto, come se nell’Universo Io non avessi altri che te!
33.
Ora tu Mi comprendi già meglio, non è vero? Oh, Io ti dico, che eternamente e
sempre più tu imparerai a conoscere il tuo Amato, e a comprenderLo! Amen!»
[indice]
Uno sguardo
alle profondità della Creazione
31 dicembre
1841
1.
Ora, dopo che le cinque fanciulle avevano visto, ed essendosi assolutamente
convinte dell’immensa bontà ed amorevolezza di Jehova, e come la più completa
fiducia può essere riposta in Lui, esse ripresero tanto più animo, e
particolarmente Ghemela.
2.
Per conseguenza, questa cominciò garbatamente a rivolgerGli ogni tipo di
domande riguardo a questioni interessantissime. Ed alcune fra le più rare
domande che il cuore di Ghemela suggerì alle sue
labbra furono le seguenti:
3.
«Mio adoratissimo Jehova, la Tua inesprimibile Grazia e il Tuo indicibile Amore
mi hanno fatto vedere l’infinito prodigio di un fiorellino! Anzi, questo
fiorellino resterà in eterno per me uno dei ricordi più cari di questo tempo!
Vedi, molto spesso io ho contemplato, con grande godimento del mio cuore
appassionato, anche le care e graziose stelline che di notte appaiono in cielo,
ed ho cercato in tutte le maniere di raffigurarmi che cosa dovessero o
potessero essere! Ma la cosa non poté mai andare oltre il limite dei miei
pensieri, perché una certezza in un senso o in un altro non mi fu mai possibile
acquisirla.
4.
Molte volte io ho pensato che, viste da vicino, dovrebbero essere
meravigliosamente belle, molto più belle dei fiorellini, dato che già a
distanza esse sono di una magnificenza sorprendente.
5.
Una volta siamo andate con nostro padre ben lontano da quella parte là, dove
vedevamo sempre sorgere le stelline nella speranza di poterle osservare più da
vicino; ma vedi, o mio solo adorato, eccellente e santo Jehova, le care
stelline si sono ritirate da noi, lontano, lontano, e sono sorte in un luogo
interamente sconosciuto, il quale, tuttavia, pareva situato troppo lontano da
noi, perché, dato il tempo della notte e lo stato di grande stanchezza in cui
già ci trovavamo, non ci siamo potuti azzardare d’intraprendere ancora un
ulteriore viaggio per arrivarvi!
6.
Oltre a ciò, nostro padre quella volta ci ha anche calmate dicendo che non
dovevamo rammaricarcene, perché queste stelline dovevano essere troppo sacre
per causa Tua, e perciò dovevano ritirarsi sempre dinanzi agli sguardi profani
degli uomini, e un’immensa gratitudine Ti era già dovuta per il fatto che agli
uomini era concesso di contemplare, impuniti, e sia pure a grande distanza, una
simile sacra manifestazione.
7.
Vedi, allora noi riacquistammo la nostra pace, e non potemmo far altro che
lodarTi e glorificarTi con tutto l’amore dei nostri cuori per una Grazia così
grande!
8. Ma
adesso, o mio adoratissimo Jehova – dopo che ho visto il fiorellino – adesso –
oh, non oso proprio più esprimere il mio pensiero! O dilettissimo e buon
Jehova! Non vorrai adirarTi con me?»
9. Ma
Abedam la incoraggiò e le disse: «O Mia Ghemela!
Domanda pure quanto vuoi senza timore, e nel tuo e nel Mio Amore sii pur certa
che Io, in primo luogo, non Mi adirerò mai con te e, in secondo luogo, che Io
non resterò mai in debito con te di alcuna risposta, e ti concederò tutto
quello che il tuo puro amore richiederà da Me!
10.
Però, Io già vedo che dovrò ancora una volta aiutarti a toglierti
dall’imbarazzo! Non è forse vero che tu vorresti vedere le stelle, queste cose
che a te appaiono come dei fiorellini splendenti del cielo, a una distanza
ravvicinata e tale da permetterti di constatare che cosa esse siano?»
11. E
Ghemela, che era tutto un sorriso nella sua estasi, affermò con un allegro
cenno del capo che era vero.
12. E
Abedam le disse: «Ebbene, porgiMi la tua mano
destra, la sinistra però porgila a tuo padre e alle tue sorelle, affinché essi
pure possano vedere quello che adesso vedrai tu!»
13. E
dette queste parole, Egli alitò sopra loro tutti, ed essi poterono gettare uno
sguardo nelle profondità della Creazione .
14.
Ma ben presto Ghemela si diede a gridare e a
invocare aiuto – e con lei anche gli altri che
erano intenti a guardare – dicendo:
15.
«O Jehova, Jehova, Jehova! Soccorrici, salva noi, miseri, che siamo un nulla
dinanzi a Te, poiché l’infinita grandezza della Tua Creazione ci inghiotte; sì,
noi siamo già annientati! Nessuno può vedere una cosa simile e conservare la
vita; salvaci Tu dunque, o Jehova, grande e santo Dio e Padre!»
16. E
Abedam allora li richiamò dalla loro visione, e questa svanì. E quando si
trovarono ridestati, si prostrarono dinanzi a Lui e cominciarono ad adorarLo,
poiché un grande timore li aveva invasi così tanto, che essi ne tremavano in
tutto il corpo.
17. Abedam però li toccò e, confortandoli, disse loro
dolcemente di rialzarsi, e infine domandò a Ghemela con soavissimo accento:
18.
«Ghemela, a quanto Mi pare, le stelle non ti sono piaciute tanto come il
fiorellino di prima?
19.
Cos’è dunque accaduto che tu sei ancora tutta tremante? Fatti di nuovo coraggio
e racconta a tutti qualcosa di quanto hai visto! Ecco, tu ormai sei nuovamente
accanto a Me, dove non hai più niente da temere; perciò puoi senz’altro
narrarci quello che ti è toccato di vedere in questi tre istanti!
20.
Vieni qui ed appoggiati un po’ al Mio Petto; poi il coraggio ritornerà di
certo!»
21. Lei allora con impeto ardente si slanciò verso Abedam,
e soltanto quando ebbe riposato un certo tempo su quel santissimo Petto poté
riaversi e, riconfortata, cominciò a parlare con voce che nella sua dolcezza
ancora tradiva sempre un po’ di spavento, e disse:
22.
«O Jehova, Tu onnipotente, santissimo ed infinito Jehova! Dov’è la bocca che
potrebbe degnamente aprirsi per celebrare la Tua immensa grandezza, la Tua
sublimità, la Tua profondità e la Tua potenza?
23.
Io non vidi altro che innumerevoli mondi di grandezza incommensurabile e
fiammeggianti di luce indescrivibile, i quali si muovevano con la velocità del
lampo attraverso l’immensità; e l’uno superava in misura infinita l’altro in grandezza,
splendore e magnificenza!
24.
Anzi, quando io volli ancora penetrare più profondamente con il mio occhio
atterrito, non vidi altro che uno sconfinato mondo di fiamme; e nel mezzo di
queste fiamme – che si estendevano all’infinito e che erano di uno splendore
insopportabilissimo, come la luce solare – a mio grande spavento io scorsi
ancora delle figure umane dall’aspetto terribile, e quasi tanto grandi che non
si potevano abbracciare con lo sguardo, ed essi si muovevano con grande
rapidità!
25.
Allora alla mia mente si presentò il loro tormento, e poi mi parve che si fosse
aperto un abisso senza fine il quale inghiottì questo mondo di fiamma, e con
esso pure le figure umane che probabilmente erano in preda a gravissime
sofferenze.
26. E
questo tremendo abisso sembrò voler inghiottire anche me, e perciò in quel
momento io gridai e Ti invocai perché mi aiutassi, cosa che pure immediatamente
facesti soccorrendo me, poveretta, che in eterno vorrei ringraziarTene e
lodarTi per lo stesso motivo!
27.
Vedi, di più io non potrei dire; oh, abbi pazienza con me che amo solo Te sopra
ogni cosa! Oh, Jehova, queste sono dunque le stelle che tante volte ho
contemplate con rapimento?
28.
Tu però non devi serbarmi rancore se Ti confesserò apertamente che considero più
cari i fiorellini che non le stelle, perché queste hanno un aspetto
tremendamente spaventoso!
29. E
se Tu me lo permetti, io adesso vorrei domandarTi qualcos’altro»
30. E
Abedam le rispose: «Ghemela, tu hai già ricevuto
ogni Mia assicurazione! Domanda dunque quello che vuoi, Io certo non ti resterò
debitore di alcuna risposta; soltanto delle stelle tu non devi domandare più
nulla, perché per te queste sono troppo grandi, ma di ogni altra cosa puoi
domandare senz’altro!»
[indice]
Dell’essenza
del tempo e dell’eternità
3 gennaio
1841
1.
Dopo questa assicurazione colma di infinita amorevolezza, data da Abedam a Ghemela, questa rientrò in possesso di tutto il suo
coraggio, e il suo cuore riacquistò completa pace. Il suo petto respirò di
nuovo liberamente, e non mancò di far subito uso della concessione avuta dando
corso a una domanda suggeritale dal suo cuore, domanda che si doveva annoverare
ancora fra quelle garbate e rare. Dunque, questa seconda rara domanda, fu la
seguente:
2.
«Mio unico adorato, amorosissimo Jehova, santo sopra ogni cosa e onnipotente!
Giacché Tu ti sei tanto, e con tanta grazia, indicibilmente abbassato quaggiù
fino a noi, poveri peccatori e peccatrici, e mi hai concesso di fare delle
domande, vorresti aiutarmi nella mia stoltezza a chiarirmi il problema
seguente, se così Ti piace?
3.
Vedi, le cento e mille volte io ho udito le parole “eterno” ed “eternità”, ed
io stessa le ho pronunciate non meno volte; però, è certo e vero che io non le
ho mai comprese!
4. O
Jehova, se ciò corrisponde alla Tua santa Volontà, io bramerei molto conoscere
il giusto significato di tale parola!»
5. E Abedam, pronto a soddisfare la sua domanda, le rispose
in maniera comprensibile per tutti, dicendole:
6.
«Ascolta, Mia diletta Ghemela, quello che
propriamente è l’eternità per Me, tu non lo potresti mai comprendere, e allo
stesso tempo conservarti in vita; per tale ragione sarebbe impossibile renderti
nella sua piena evidenza quello che per Me è l’eternità. Tuttavia, ciò che tu e
tutti gli altri potete comprendere, è che l’eternità è per lo spirito quello
che il tempo è per il corpo, con la sola unica differenza che il tempo
distrugge e fa svanire tutto intorno a sé, mentre l’eternità non lascia che
trapassi nemmeno un atomo.
7. Questo tempo è costituito e sorge dall’incessante moto di
tutte le cose corporee create, poiché se esse non si muovessero, dovrebbero con
il tempo stesso cadere tutte l’una sull’altra; soli e terre e lune e ogni
essere vivente, e tutto dovrebbe ridursi a un ammasso confuso e caotico
all’infinito, il quale poi, a causa dell’enorme, infinita pressione delle cose
l’una sull’altra, finirebbe ben presto con l’accendersi completamente, e così
si consumerebbe da sé, restandone alla fine del tutto annientato.
8. Invece, dato che agli scopi della conservazione di tutte
le cose, dalla più grande alla più piccola, tutto deve muoversi a distanze
perfettamente calcolate, e dato che perfino le singole parti di un complesso
corporeo devono avere in sé un continuo impulso al moto per mezzo del quale
esse ad un eventuale cessare dell’impedimento al moto possano senza indugio
cominciare a muoversi, allora i moti continui che sempre si ripetono
nell’ambito delle stesse leggi, e gli incontri reciproci e conformi all’ordine
prestabilito, determinano i cosiddetti periodi di tempo che si lasciano
contare. E quello che produce tale perpetuità del moto, cioè il logorarsi delle
parti che vengono a contatto a causa del moto stesso, e in tal modo si verifica
il lento o il più rapido trapassare delle cose, è il tempo che consuma tutto.
Perciò, tutto quello che è del tempo è anche caduco, perché le cose trapassano
e al loro posto ne sorgono di nuove, e quindi la misura del tempo è determinata
a seconda dello svanire e del ricomparire delle cose.
9. Invece con l’eternità il caso è diametralmente
all’opposto! Nell’eternità, infatti, ogni moto non è che apparente, e in
sostanza regna in ogni cosa la più perfetta quiete.
10. Nel tempo le cose sembrano essere in stato di quiete,
eppure perfino la pietra più dura si muove in tutte le sue innumerevoli parti,
e non vi è niente che possa godere di una qualche pace.
11. Invece nell’eternità avviene perfettamente il contrario!
Là tutto sembra muoversi continuamente; ma ciò nonostante, dal Mio punto di
vista, tutto giace nella quiete più completa.
12. Ma affinché la cosa possa riuscirti proprio ben chiara ed
evidente, voglio citarti un esempio sicuro e fedele:
13. Vedi, se tu volessi recarti da qui fino a quella lontana
montagna del fuoco, allora dovresti incamminarti senza indugio e procedere
faticosamente, passo a passo, per potervi giungere, forse, in due o tre giorni.
14. Nell’eternità, invece, ciascuno può risparmiarsi la
strada, e può rimanere continuamente fermo nello stesso e medesimo punto e, con
il solo pensiero sorto dal sentimento, può intraprendere i viaggi più
incredibilmente lunghi. Egli, pienissimamente consapevole e cosciente, può
contemplare tutto esattamente, mentre la sua propria persona non deve spostarsi
nemmeno di un capello dal luogo preciso in cui si trova, e così egli viene a
trovarsi in uno stato di continua e dolcissima quiete, cioè considerato dal Mio
punto di vista.
15. Vedi, la cosa puoi raffigurartela come se tu dormissi su
un soffice, morbidissimo giaciglio, e nel tuo dolce sonno tu facessi i più bei
sogni, con la sensazione di correre qua e là e volerti mettere a saltare e a
ballare dalla gioia, e anche fare, per di più, un viaggio di piacere lungo e
rapido attraverso l’aria!
16. Vedi, dunque, e comprendi: nonostante tutta questa
attività di moto durante il sogno, non si potrebbe constatare nella tua persona
il benché minimissimo movimento tendente a farle cambiare di posto!
17. Ma così è pure costituita l’eternità, in maniera talmente
più perfetta, che a te deve riuscire ancora incomprensibile. Poiché, vedi: come
nel moto, e mediante il moto, ha la sua origine il tempo, la distruzione, la
transitorietà e infine la morte di tutte le cose, così mediante la quiete viene
conseguita la conservazione eterna, l’imperiturità e l’incessante, eterna e
perfettissima vita, simile alla Mia, di tutti gli esseri che sono completamente
simili a Me nell’amore e nel loro spirito vivente!
18. Come avviene che anch’Io non ho bisogno di intraprendere
dei viaggi per arrivare da un’infinità all’altra, così i Miei diletti, con Me
non avranno neppure essi bisogno di portarsi personalmente dappertutto per
contemplare tutte le infinite meraviglie, bensì essi godranno tutti, come Me,
la vera vita eterna nella completa pace eterna, pur non essendo mai consci di
questa pace, bensì essendo consci solamente di un’eterna beatissima operosità,
la quale però, appunto attraverso questa propria quiete personale-spirituale,
viene resa indistruttibile e, conseguentemente, mantenuta durevole in eterno.
19. Vedi dunque, amata Ghemela, questa è l’eternità, e tale è
il divario che esiste fra essa e il tempo che uccide!
20. Per quanto poi riguarda la durata, questa procede
parallelamente alla durata del tempo. Perciò è vero che vi possono essere delle
eternità altrettanto come vi sono dei tempi; solo che la durata dell’eternità
non viene percepita così come quella del tempo, perché quello che è passato, il
tempo non lo riporta più di ritorno, mentre l’eternità stessa conserva
durevolmente il passato per te più inconcepibile, come un presente
luminosissimo, e d’altro canto non meno dinanzi a sé ha l’avvenire come già
presente. Comprendi tu tali cose?»
21. E
Ghemela rispose sorridendo amorosamente: «O
Jehova, se Tu vuoi, e nella misura in cui Tu vuoi, io queste cose le comprendo
per Grazia Tua; però non mi è ancora del tutto chiaro come nella perpetua
quiete ci si possa tuttavia muovere. Vedi, io bramerei molto comprenderla del
tutto questa cosa, se tale fosse la Tua Volontà!»
22. E
Abedam allora le disse: «Una simile cosa, cara
Ghemela, tu non la potrai mai perfettamente comprendere qui, finché ti trovi in
un corpo; nondimeno un giorno la comprenderai certamente in tutta la sua
integrità!
23. Domanda
piuttosto qualcos’altro, ed Io ti darò risposta a tutto dal Mio Amore per te!
Amen!»
[indice]
L’essenza
della vita. Le promesse del Signore a Ghemela
4 gennaio
1841
1. A
questa decisione di Abedam riguardo la sua ultima breve domanda, Ghemela fu completamente tranquillizzata, e fattasi di
nuovo coraggio, chiese al suo Amato:
2. «O
soavissimo Jehova, che sei colmo della Misericordia più sublime, di Amore e di
Grazia, poiché noi abbiamo trovato infinitamente tanta grazia dinanzi a Te,
oso, dal più profondo amore per Te che c’è nel mio cuore, importunarTi ancora
con una domanda! Io so bene che Tu, o santissimo, vieni profanato da ciascuna
delle mie parole impure; perciò m’invade sempre lo sgomento nell’aprire la mia
impurissima bocca dinanzi a Te, in modo che poi la piena coscienza della mia
totale indegnità e bassezza dinanzi a Te m’irrigidisce il petto, e la mia gola
ne rimane per qualche tempo come chiusa ed impossibilitata a condurre fino alle
mie labbra anche una sola parola; ma se poi il mio pensiero nuovamente si volge
alla Tua infinita ed indicibile Bontà, al Tuo Amore e alla Tua Misericordia,
allora certo mi ritorna il coraggio per approfittare del permesso che con tanta
benignità mi hai accordato.
3.
Dunque, allora oso ancora una volta pregarTi di spiegare a me ed anche a tutti
gli altri, qualora forse anche questi al pari di me non lo sapessero,
illuminandoci nella nostra grande ignoranza, che cosa sia effettivamente la
vita, e come avviene che noi possiamo diventare pienamente coscienti, al punto
da sapere e percepire fino alla più intima fibra che noi esistiamo e possiamo
fare liberamente qualunque cosa che vogliamo in altrettanta piena libertà!
4. Ma
io so che in me stanno nascoste delle sciocchezze di ogni genere; e certamente
anche adesso, con questa mia domanda, ne avrò aumentato considerevolmente il
numero già grande dinanzi ai Tuoi santissimi Occhi.
5.
Oh, si, io scorgo già dal Tuo volto che io ho fatto una domanda quanto mai
stolta! Oh, se potessi in fretta trovare qualche altra domanda invece di
quella!
6. O
Jehova, non sei adirato con me a causa della mia stoltezza? Oh, se ciò fosse,
vorrei piuttosto nascondermi nel più profondo abisso della Terra per la grande
vergogna, e là piangere sulla mia follia tra le più fitte tenebre durante tutta
la mia vita!
7.
Però, o Jehova, o mio unico Adorato sopra ogni cosa, io non pretendo da Te la
luce, bensì accogli questa domanda soltanto come una mia umilissima preghiera,
e la Tua Volontà santissima sopra ogni cosa faccia quello che le è gradito, e
io riconoscerò tutto, nelle più intime profondità del mio cuore e
riconoscentissima, come Tua immensa Misericordia e Tuo massimo Amore di Padre,
supremo e inesprimibile, qualunque cosa essa vorrà donarmi!
8. O
Tu, il cui Nome il mio cuore, accesosi in tutto l’amore per Te, non osa più
pronunciare, perdona!»
9. E
allora Abedam Si commosse fortemente, e così
parlò a lei e a tutti gli altri:
10.
«In verità, Io dico a te, come pure a voi tutti, che tanta umiltà Io non l’ho trovata
in nessuno fra tutti voi!
11.
Ghemela, Mi ami tu veramente tanto, sopra ogni cosa, e anche Me soltanto?»
12. E
Ghemela allora scoppiò in pianto e rispose fra i
singhiozzi ad Abedam:
«O
Tu, l’ardentemente Amato, Tu, che sei l’eterno Amore stesso! Come puoi
chiedermelo Tu, che mi creasti e mi donasti un cuore capace di amare Te solo!
13.
Oh, se fosse possibile, io stessa vorrei soffrire mille volte la morte per amor
Tuo, se non vi fosse la possibilità di dimostrarTi come io amo Te solo, Te solo,
sopra ogni cosa, su ogni cosa, in ogni cosa! Ma cosa vado mai dicendo? Tu vedi
certo il mio cuore!»
14. E
Abedam allora chinatoSi a terra, sollevò Ghemela
che giaceva a terra davanti a Lui, anzi la sollevò del tutto sul Suo braccio
destro e la strinse visibilmente e appassionatamente al Suo santo Petto,
dicendo:
15. «O soavissima, dilettissima e preziosa perla del Mio Amore
e della Mia Misericordia, in verità, il tuo giovane cuore ha in sé più amore e
più vita che non tutta la Terra. Quello che ora accade a te, non è accaduto
ancora mai nemmeno al più puro e più saggio degli angeli!
16. Io ti voglio benedire per tutti i tempi! Vedi, diletta
Ghemela, come ora Io, il tuo Creatore, il tuo Padre eterno e santo, ti porto
sul Mio Cuore, il quale è il fondamento eterno di ogni vita e di ogni essere in
tutto l’Universo, così un giorno una figlia del tuo sangue, perfettamente
simile a te, porterà – ascolta! – nel suo grembo, Me stesso, Me, l’eterno Dio
infinito, la Vita eterna, l’onnipotente Creatore di ogni creatura, dall’atomo
fino al più sublime spirito angelico; Me, l’Unico Signore di ogni potenza e
forza!
17. Ma a te, fra non molto Io darò un figlio mediante il Mio
Lamech. Ebbene, a questo figlio tu porrai il nome di Noè, ed egli diverrà un
salvatore del tuo popolo.
18.
Ma come succederà un tale cosa e quando, questo lo riceverà direttamente da Me
a tempo debito il tuo futuro figlio, come tu adesso ricevi da Me questa
promessa della Mia Misericordia. Considera bene questo e allora coglierai anche
presto e comprenderai a sufficienza che cos’è la Vita, e come ogni uomo ne
diviene consapevole e poi, nella Vita, può fare liberamente ciò che vuole!
19.
Ma nel frattempo, affinché tu non abbia a posare nuovamente i tuoi piedi sulla
terra senza avere ottenuto risposta alla tua domanda, sappi questo: “Quello che la Vita è in Me e per Me stesso,
a te sarebbe assolutamente impossibile comprenderlo, perché, come Io stesso sia
la Vita più vera e propria nell’infinito e nell’eternità, questo non sarà mai
in grado di vederlo e di comprenderlo nemmeno il più alto dei cherubini dotato
della massima acutezza e profondità di pensiero. Invece, per ciò che riguarda
quello che propriamente è la vita in te, essa non è altro che il Mio Alito,
ovvero la Mia perfetta immagine in ciascun uomo. Dunque, come Io eternamente ed
infinitamente Mi trovo nella perfetta chiarissima coscienza della Vita
supremamente propria e più perfetta, così pure anche ciascuna creatura ha in sé
una parte, per quanto tanto minima da riuscire incomprensibile al tuo
intelletto, di questa Mia stessa Vita, e da questa medesima Vita essa è
perfettamente vivente per tutto quanto può occorrerle.
20. Ogni vita, però, è costituita in modo tale
che essa può continuamente aumentare ed accrescersi attraverso il Mio
incessante affluire; e quanto più la vita si accresce, tanto più, poi, essa si
presenta anche sempre più perfetta.
21. Ciononostante, la vita diventa conscia di se
stessa solo quando essa, unitamente a una piccola scintilla dell’amore, ottiene
pure una piccola scintilla della luce di Grazia proveniente da Dio. Mediante
questa luce, la vita che è stata data riconosce il suo stesso essere proprio, e
così diventa liberamente conscia di se stessa.
22. Se poi però questa vita consapevole di sé
diviene consapevole non solamente di se stessa ma anche, in se stessa, della
sua eterna, santa Origine, e ad Essa rende grazie, onore, amore e adorazione, e
riconosce la Volontà di Colui che l’ha creata, allora e soltanto allora essa
diviene perfettamente libera. E per effetto di questo riconoscimento diviene,
attraverso l’amore, figlia dell’eterno Amore e dell’eterna Vita. E solo
mediante tale Vita, la vita creata perverrà alla massima chiarezza nella
consapevolezza di se stessa e alla viva consapevolezza di Colui che adesso ti
porta sulle Sue mani”.
23.
Ghemela Mia, hai compreso bene tutto quello che ti ho detto?»
24. E
allora Ghemela, in stato di rapimento veramente
celestiale, rispose al suo Adorato:
25.
«O Padre mio santo, o Amore supremo, chi non dovrebbe o non potrebbe comprendere
e capire la Tua Parola, particolarmente poi quando, per di più, si ha la Grazia
inesprimibile che Tu ancora mi dimostri, di essere portata sulle Tue Mani da
Te, o Padre santissimo!
26.
Dunque, vedi, la Tua Ghemela non può non comprendere quello che il Tuo infinito
Amore paterno le ha irradiato di luce! Con la mia bocca non posso renderTene
adeguate grazie; ma tanto più arde sempre il mio cuore per Te!
27.
Ma ascolta, o Jehova, unico mio Adoratissimo, ora mi è venuta in mente una
domanda terribilmente triste!»
28. E
Abedam, come sorpreso, le chiese immediatamente:
«Oh, come mai, Mia cara e deliziosa Ghemela! Cosa può esserti venuto in mente
di tanto triste e così d’improvviso, mentre sei ancora sulle Mie Mani?
29.
Oh, dimMelo subito; chissà che Io non trovi ancora qualche consolazione per il
tuo cuoricino spiritualmente tenero!»
30. E
mentre Ghemela scherzava con i folti ricci di
Abedam, sorrise alquanto imbarazzata, e non si azzardava a spiegarsi
apertamente.
31. E
solo dopo un’attesa un po’ lunga, e quando Abedam l’ebbe ancora una volta
incoraggiata, ella si decise finalmente di esporre la sua triste domanda, e
disse con voce tremante d’amore:
32.
«O Jehova, vedi, da più d’una delle Tue santissime parole io ho ora constatato
che Tu ben presto ci lascerai, e vedi, dato che io Ti amo già infinitamente,
per quanto è concesso al mio piccolo cuore, che cosa sarà di me, poverina,
quando non Ti vedrò più e non potrò averTi così vicino come adesso, mio eterno
Amore?»
33.
Ma Abedam le rispose: «Ascolta, Mia soave, dilettissima
Ghemela, certamente, da un lato la tua apprensione non è senza fondamento,
poiché così come ora sono, Io non posso rimanere sempre con voi, né ciò sarebbe
vantaggioso per nessuno, giacché, se Io restassi sempre in questo modo presso
di voi, allora nessuno potrebbe mai giungere alla vita vera, indipendente e
liberissima, per la ragione che già una volta il peccato ha tratto il mondo in
dura schiavitù, ed appunto per questo di costrizione e di violenza ce n’è già
comunque in grande abbondanza sulla Terra. Se ora Io, essendo la suprema Forza
e Potenza originarie, dimorassi permanentemente così in maniera visibile tra
voi, allora avreste pure una seconda forma di costrizione sulla Terra, in modo
tale che nessuno potrebbe muoversi liberamente neanche in minimo grado, sia qua
o là, all’insù o all’ingiù.
34.
Ma se Io rimango estraneo ai vostri occhi però – qualora qualcuno seriamente lo
voglia come tu ora lo vuoi e come sempre fedelmente l’hai voluto tanto più
posso diventare conosciuto e familiare al suo cuore; allora, nonostante la dura
schiavitù del peccato, egli resta perfettamente libero. Questa schiavitù egli
può calpestarla con spregio e, cercandoMi nell’amore del suo cuore e
abbracciandoMi liberamente, può rivolgersi a Me; e allora egli, nella misura
del suo amore, sarà accolto da Me, e a seconda della sua volontà d’amore sarà
trattenuto e conservato da Me; solo tutto questo consente di ottenere la vita
eterna.
35.
Ma invece, pensa: “Chi si azzarderebbe a
fare qualcosa, se Mi vedesse e se con tutta certezza sapesse di averMi sempre
al suo fianco per tutta la sua vita!?”
36.
Basta che tu guardi qui e che osservi coloro che sanno che Io sono visibilmente
presente! Ebbene: – che cosa fanno ora?
37.
Nessuno di loro ardisce liberamente nemmeno di trarre un respiro; per non
parlare poi di fare qualcos’altro, sia in bene, sia in male! Ma, invece, guarda
le molte schiere che ci stanno attorno, le quali non hanno nemmeno il più
lontano presentimento che Io possa trovarMi qui visibile e vivente tra voi, e
vedi come si muovono vivaci e disinvolti!
38.
Molti di loro Mi credono al di sopra di tutte stelle; altri invece Mi credono
presente nella brezza che passa, ed altri ancora hanno di Me mille concetti
svariati e fondati sempre sulla Mia lontananza.
39.
Vedi, tutti costoro non soffrono di alcuna costrizione da parte Mia, e perciò
sono completamente liberi, ciò che invece non è il caso di tutti voi,
quantunque, essendo vicini a Me, siate veramente lontani dalla schiavitù del
peccato; però siete tanto più attratti dal Mio Amore; perciò voi ora non potete
fare altro che amarMi sopra ogni cosa. Ciò comunque, malgrado il sacro diritto
di un tale amore, costituisce sempre una costrizione, perché voi dinanzi al Mio
volto altro non potete fare se non amarMi così!
40. Ma
finché Io Mi trovo visibile fra voi, l’attuale amore non può essere computato a
nessuno per la propria vita, bensì lo sarà soltanto quando Io non camminerò più
visibilmente tra voi, ed anche questo avverrà a seconda di come qualcuno Mi ha
amato prima della Mia visibilità!
41.
Vedi, Mia soavissima, dilettissima Ghemela, anche il tuo presente amore per Me
non avrebbe affatto valore se già prima tu non Mi avessi amato con altrettanto
e talvolta perfino con maggior fervore di adesso, quando cioè non sei tu veramente
che ami, bensì sono Io soltanto che ti sazio con il Mio Amore per la vita
eterna!
42.
Però, malgrado tutto ciò e pur tenendo debito conto di quanto Io ora ho detto,
puoi lasciare che la tua triste domanda si perda nel vento, poiché il tuo amore
ha già da tempo assolto liberamente il suo compito, dato che tu avesti molto da
lottare con il mondo per causa Mia, essendo la tua persona dotata di tanta
immensa bellezza che come prima di te non lo è stata ancora nessuna del tuo
sesso.
43.
Ora, in seguito a questa tua tenace lotta, ti sei resa anche immune di fronte
al pericolo della Mia visibilità e perfino del Mio contatto, e precisamente in
modo tale che Io stesso potei mostrare soltanto a te cose la cui vista avrebbe
ucciso moltissimi che non avessero come te conseguito già prima la vittoria
d’amore.
44. E
per conseguenza anche la Mia visibilità, per quanto frequente, non potrà mai in
eterno nuocerti, poiché tu sei già congiunta a Me. E come Io ora visibilmente
ti porto sulle Mie mani, così continuerò anche invisibilmente a portarti sulle
Mani del Mio Amore e, quando Io Mi mostrerò a te, tu allora Mi vedrai sempre
che ti porterò così. Dunque, sii del tutto serena e lieta nel tuo cuore, perché
d’ora innanzi non sentirai mai più in eterno la mancanza di Me!
45.
Vedi, Mia soavissima, tenerissima e dilettissima Ghemela, credi forse che Io
potrei fare a meno di te?
46.
Oh, vedi, ormai sei diventata per il Mio cuore altrettanto indispensabile
quanto lo sono Io per il tuo; sii perciò consolata nella certezza che Io non ti
abbandonerò affatto come ti sembra.
47.
Dunque, Mia deliziosa e carissima Ghemela, come già ti ho detto, lascia senza
affanni né preoccupazioni che la tua triste domanda si disperda nel vento!».
[indice]
Innocenza e
vergogna. Il ritorno e l’accoglienza dei messi
1. E
dopo che Ghemela ebbe inteso tali sublimi parole consolatrici di Abedam, fu
presa da tanta esultanza che si mise letteralmente a balzare mentre ancora
stava sulle Sue mani, e nell’ebbrezza della sua gioia e con il suo agitarsi
scomposto, senza avvedersene, scoprì alquanto il suo corpo; e per tale cosa
anche suo padre, Zuriel , l’ammonì a non scoprirsi tanto, e a pensare Chi era
Colui che la portava.
2. Abedam però rimproverò Zuriel per tale inopportuno ammonimento, e gli
disse:
3.
«Se tu Mi conoscessi, perché mai ti affanneresti? E se tu non dovessi averMi
ancora riconosciuto, fatti piuttosto tu stesso correggere dalle tue figlie,
affinché tu pure possa riconoscerMi come esse Mi hanno riconosciuto!
4. O
vorresti forse mostrare alle tue innocentissime figlie il serpente
dell’impudicizia, e procurare loro una triste coscienza del mondo in cambio
della loro perfetta innocenza?
5.
Oh, vedi, quanta stoltezza vi è in te! Chi mai può comportarsi sulle Mie Mani
in maniera sconveniente e tale da esserMi sgradita?
6.
Sii dunque più accorto in avvenire! E tu, Ghemela, non lasciarti distogliere
dalla tua allegrezza, perché questa è la pienezza della vita eterna che si
riversa da Me in te, e come tu ora la provi, non l’ha provata mai ancora
nemmeno il più puro fra gli angeli. Dunque, salta e danza pure a tuo
piacimento, perché sulle Mie Mani è bello saltare e danzare!»
7. E Abedam continuò ancora per un po’ ad abbracciarla e ad
accarezzarla, e poi le disse: «Vedi, Mia purissima amata, per non destare forse
la gelosa invidia di coloro che appunto adesso cominciano ad avvicinarsi a noi
da ogni parte, avendo Io stamani inviato loro dei messi illuminati, e per non
dare loro il pretesto per infuriarsi in segreto, perché essi non Mi conoscono
ancora come Mi conosci tu e tutti i qui presenti, ora Io ti deporrò soltanto
visibilmente di nuovo a terra; però, in maniera invisibile agli occhi della
carne, quindi in spirito e in tutta verità, tu rimani sulle Mani del Mio eterno
Amore»
8.
Detto ciò, Abedam la strinse ancora una volta al Suo Cuore, e poi la depose
dolcemente a terra accanto ai Suoi Piedi. E poco dopo arrivarono i messi che
erano stati inviati per annunciare il sacrificio al popolo e per illuminare
quest’ultimo secondo la parola di Abedam, ed essi si prostrarono davanti a Lui
sulle loro facce, e Lo adorarono nel profondo dei loro cuori; e dietro di loro
sterminate schiere seguirono il loro buon esempio.
9.
Dopo qualche tempo, però, Abedam disse loro che
si levassero, e così parlò: «Voi avete lavorato onestamente e fedelmente,
giacché i frutti della vostra opera vi seguono, e perciò Io Mi compiaccio molto
di voi, e intendo lasciarvi ora piena libertà di chiederMi una ricompensa. E
qualunque possa essere il vostro desiderio, esso verrà immediatamente esaudito;
fate dunque parlare i vostri cuori!»
10.
Ma tutti allora cominciarono a gridare: «O
Signore, Dio santo, Tu che sei l’amorosissimo Padre santo di tutti noi, il
nostro Emanuel Abedam! Cosa possiamo chiederTi ancora, quando abbiamo già Te,
l’eterno Amore, Te, il nostro santo Creatore e Padre?
11.
Che cosa potrebbe mai immaginare anche il più ardente egoismo che fosse più di
Te?
12.
Vedi, per i nostri cuori che amano Te solo sopra ogni cosa, noi abbiamo già
ricevuto in Te la ricompensa suprema e santissima, e ciò in misura talmente
grande che se noi anche per delle eternità di seguito potessimo servirTi ogni
giorno ancora indicibilmente di più di stamani, non l’avremmo neanche in minima
parte meritata! Anzi, tutto il nostro più zelante lavoro attraverso le eternità
bisognerebbe considerarlo un nulla puramente vano di fronte alla grandezza
infinita di questa anticipata ricompensa, inesprimibile e santissima, che Tu,
amorosissimo e santissimo Padre, ci hai concesso. Tu stesso, infatti, hai
deciso di scendere quaggiù per noi, miseri vermi della polvere terrestre, e ci
hai tutti colmati del Tuo Amore e della Tua santissima luce di Grazia, ciò di
cui noi tutti eravamo e tuttora siamo completamente indegni!
13.
Oh, possa la Terra diventare per noi tutti un immenso abisso di fiamme il
momento in cui oltre al desiderio di Te dovesse in noi sorgere un benché minimo
altro desiderio, quantunque, o Emanuel, noi non potremo in eterno ringraziarTi
mai abbastanza anche per questo permesso che ci hai concesso di chiederTi
qualcosa!
14. E
di che cosa dovremmo pregarTi? Sappiamo forse che cosa sarebbe buono ed utile
per noi?
15.
Noi tutti però sappiamo, attraverso la Tua Grazia, che Tu solo ci sei
necessario. Ma tutti noi abbiamo già Te!
16. E
per che altro potremmo ancora pregare? Noi certo potremmo pregarTi di non
volerci lasciare mai più! E se questa preghiera trovasse esaudimento, noi
avremmo infinite volte più di quanto i nostri cuori, che ardono del massimo
desiderio, potrebbero escogitare in tutte le eternità delle eternità! Perciò
questa preghiera soltanto Ti rivolgiamo, ma non certo in ricompensa dei nostri
meriti, che sono del tutto nulli, bensì unicamente facendo ricorso alla Tua
Misericordia e al Tuo Amore!
17. O Emanuel! Tu però perdonaci anche questa preghiera, perché dinanzi a
Te noi tutti siamo ciechi, e non sappiamo ciò che facciamo! Soltanto quello che
a Te può esser gradito costituisce la Tua santa Volontà; e così sia fatta, sempre
e soltanto, la Tua santa Volontà, ora e in eterno. Amen!»
[indice]
[Doni del Cielo v. 3 cap.
84]
(Chiarimento
delle dieci lettere citate nel capitolo 3, verso 12
secondo il
loro significato spirituale)
27 maggio 1847
«E
vedi, Io voglio indicarteli tutti per nome. “I1 – P – R1 – T – E – GM
– A – E – S – M”»
1. Per quanto riguarda queste dieci
lettere non ancora comprese dall’inizio fino ad ora, in primo luogo da ciò non dipende
la salvezza del Sole e della Luna, ed anche le stelle proseguono il loro
cammino senza lasciarsi deviare dall’incomprensione di queste dieci lettere.
Ognuno di voi però sa che per la Vita eterna una cosa sola è necessaria; chi
aspira a questa e la cerca, costui ha scelto la parte migliore per il suo
spirito, – tutto il resto arriva in aggiunta al tempo giusto come un libero
dono. E così anche ognuno di voi secondo il proprio spirito, avrebbe potuto
svelare già da tempo questo piccolo segreto, se con tale richiesta si fosse
rivolto a Me nel suo cuore, in modo serio e pieno di fiducia. Invece voi avete
già ben spesso rimuginato – molto più con il vostro intelletto che con il cuore
– e da ciò deriva però poi anche il fatto che voi ancora non comprendete questo
piccolo mistero, e questo perché, perché cose simili non sono date per
l’intelletto, ma solo ed unicamente per il cuore e per lo spirito!
2. Ma affinché il vostro cuore, ancora
fortemente senza senno in cose puramente spirituali, non abbia a mandar ancora
più a lungo il misero intelletto come esploratore nel misterioso territorio
spirituale, come un cacciatore cieco che finora non gli ha ancora mai portato a
casa una qualche grassa selvaggina, ma sempre solo una carogna mezza marcia,
allora vi voglio Io nondimeno presentare più da vicino questi amici simbolici indicati sotto queste dieci
lettere; e così ascoltate, ed afferratelo bene!
3. La lettera “I1” significa l’Inferno come appartenenza
carnale dell’anima; il numero “¹”
(all’esponente) significa superbia, ambizione e orgoglio proprio dell’inferno in ogni uomo e quindi anche in
voi. L’Inferno però è il più intimo amico di ogni uomo terreno, in quanto gli
procura tutto ciò che lusinga la sua natura e riempie la stessa con ogni genere
dei più piacevoli stimoli carnali.
4. 5. Se ora Io voglio accogliere un
uomo nel Regno Mio ed educarlo alla vita eterna, allora devo anche accogliere
la sua amicizia, da cui l’uomo, finché vive sulla Terra, non è mai in grado di
separarsi completamente; per questo anche il peccato, appartenente a questo
amico, deve necessariamente comparire dinanzi ai Miei occhi come completamente
cancellato, senza questa comparizione non è pensabile un’ulteriore educazione
del vostro spirito e non lo può essere. Detto con altre parole: “Se vi voglio conservare, devo cingere anche
l’inferno della vostra casa con le Mie sante Mani paterne, e così alzarvi al
Grembo Mio insieme al vostro – fino ad ora – molto intimo amico!” – Qui
avete adesso la prima lettera, di cui ho taciuto finora la spiegazione, e
questo per motivi ben saggi.
6. La successiva lettera “P”
significa tutte le possibili Passioni
che procedono proprio dalla ‘I’.
Che anche le passioni siano amiche dell’uomo secondo la sua natura carnale e
debbano essere da Me afferrate, elevate e convertite in qualcosa di nobile, se
lo spirito dell’uomo deve guarire per la vita eterna, questo s’intenderà ben
assai chiaramente da se.
7. La “R¹” significa la Ragione, accoppiata con l’Intelletto come il mondo, ovvero
l’Inferno, lo dà all’uomo esteriore naturale. Che questa coppia dominante tutto
il mondo goda, accanto all’Inferno, il più grande amichevole favore di ogni
uomo, non c’è bisogno di menzionarlo più da vicino, perché un uomo rinuncia più
facilmente a tutto, che non a questi suoi cari ed assai intimi amici di casa.
Anche se un uomo talvolta non è proprio soddisfatto al massimo delle altre sue
amicizie interiori mondane, contro queste due egli tuttavia non ha quasi mai, o
solo molto raramente, qualche minima piccolezza da obiettare.
8. Ma se Io voglio innalzare a Me
l’uomo, allora non rimane altro da fare che concedere anche a questi suoi più
intimi amici di casa piena amnistia. Io penso che questo dovrebbe essere molto
chiaro anche per ciascuno di voi, dato che anche voi, ancor fino ad oggi,
tenete in gran conto questi vostri vecchi amici di casa, sebbene accanto a ciò
comprendiate ben fin dove si possa arrivare con loro nel territorio dello
spirito!
9. La lettera “T” indica il Talento germogliante subito con l’intelletto, attraverso
il quale l’uomo può giungere ad ogni genere di gradi di lustro, sui quali è di
preferenza a casa la lettera “E” Egoismo e
con questa la “GM”
quale gioia
maligna, – tutti amici di casa dell’uomo del mondo, amici che Io
devo pur accogliere con l’uomo se voglio salvare il suo spirito!
10. Da questi deriva (“A”) il
fedele Attaccamento
a tutto lo splendore mondano e lo stimolo a salire sempre più in alto nelle
grazie del mondo e, nel suo tornaconto, (“E”) di
Elevarsi
dominando quanto più possibile su tutto alla sua maniera, perché il suo amico T (il talento) gli ha spianato la via!
11. S’intende già nuovamente da sé che
nell’accogliere l’uomo secondo il suo spirito i due amici A ed E
non possono rimanere indietro e devono essere accolti anch’essi per la
conversione e la vera nobilitazione spirituale. E se già tutto è stato accolto,
allora non possono restare indietro nemmeno i due ultimi “S” ed “M”, ovvero gli svariati tipi di Sensualità
che sono in ogni uomo a legioni, e infine l’ultrastupida mondana Moralità, ad ognuno ben conosciuta, come moda,
convenevoli, ecc..
12. Vedete, questi sono gli amici e
fratelli menzionati nell’opera principale[17],
in voi così come nel Mio servitore, con il quale però è inteso ognuno. A questi
dovete annunciare ad alta voce, in voi stessi, che Io ho steso le Mie mani
verso di loro ed ho lavato il loro male, ho tolto il peccato e li ho portati in
sintonia con i veri interessi del vostro spirito, così che voi, se ora volete,
potete continuare a percorrere del tutto liberamente la via della Luce e della
Vita a voi fedelmente mostrata.
13. Se, nonostante tutto questo, voi
volete rimanere più fedeli a questi vostri vecchi amici, invece che a Me, che
senza il vostro intervento vi ho dimostrato questa grande Grazia e santissima
Benevolenza paterna, sta liberamente a voi. Anche da questo non dipenderà la
salvezza del Sole e della Luna, e le stelle non mancheranno il loro percorso! –
Infatti, voi lo sapete pur già da molto tempo che da parte Mia non esiste
nessun obbligo per lo Spirito! – Io penso però, avendo già fatto così tanto per
voi, che voi farete anche questo poco, e cioè d’ora in poi attaccarvi a Me
sempre più forte con il vostro amore e non lascerete in difficoltà i fratelli
vostri!
14. Tuttavia avrei potuto spiegarvi i
dieci amici della vostra vita terrena nella carne già da molto tempo, se ciò
fosse stato salutare per voi; ma poiché Io ben vedevo che questi vostri vecchi
amici in voi avrebbero fatto un gran baccano se, prima del tempo, ve li avessi
fatti conoscere soltanto nelle lettere iniziali, e questo soltanto nella
persona del servitore (Jakob Lorber), così ho finora ritardato questa spiegazione più particolareggiata.
15. Ma poiché ora l’avete, adesso sta anche
in voi rifletterci molto seriamente ed adempiere l’incarico richiesto
nell’Opera principale, per quanto stia nelle vostre forze proprio in queste
dieci lettere; poiché, fintanto che non conoscevate l’esatto significato di
queste lettere, Io ho fatto per voi ciò che pretendevo da voi ed ancora
pretendo, nella persona del servitore dal servitore stesso e da ognuno di voi.
16. Ora però che questo mistero vi è
stato svelato, siete voi stessi obbligati ad
adempiere in voi questo compito, altrimenti non potrete essere
completamente adatti per il Mio Regno, – qui, infatti si tratta di metter mano
all’aratro, e nel frattempo non voltarsi indietro! – Ma Io tuttavia vi ho
sempre mostrato per altre vie cosa c’è nell’uomo naturale, e ciò che egli deve
fare per trasformare l’uomo naturale un po’ alla volta in quello spirituale. E
così finora potevate già fare a meno di questa attuale rivelazione, e perciò non siete stati privati di nulla ed avete
potuto continuare a percorrere la retta via senza esitazione, cosa che in
futuro sarà anche il caso se osservate con fedeltà quanto vi mostro da
osservare nel modo più fedele.
17. Soprattutto, però, attenetevi
all’amore; questo non vi abbandonerà! Tutto può passare, solo l’amore rimane in
eterno! Ma dove c’è questo, là c’è tutto, poiché l’amore conserva tutto ed è
ovunque è la pietra fondamentale di ogni esistenza! – Perciò non siate paurosi,
non siate tristi, non burberi, non angosciati, ma in ogni cosa siate
coraggiosi, sereni, d’animo e di sentimento lieto, di cuore e spirito gradevoli
e servizievoli, allora percorrerete leggeri la vostra via ed avrete le porte
del Regno del Cielo sempre spalancate dinanzi a voi, attraverso le quali avrete
poi gioco facile introdurre i vostri amici mondani, in precedenza svelati,
nobilitati nel Regno Mio, che è la più ardente amorevole Volontà di Colui che
qui, attraverso il servitore, vi ha concesso questa grande Grazia. Amen! Amen! Amen!
Fine del volume
n. 1
Un monito del
Padre celeste ai Suoi figli |
15.03.1840 |
|
I
Comandamenti del Signore agli uomini |
16.03.1840 |
|
Il Signore
quale Padre dei Suoi figli |
20.03.1840 |
|
La vera
Chiesa |
22.03.1840 |
|
Il mistero
della Creazione |
|
|
La
corrispondenza degli astri |
|
|
I primordi
della Terra e della Luna – La creazione di Adamo ed Eva |
|
|
La caduta
nel peccato (originale) |
|
|
Il
giudizio del Signore |
|
|
La
riconciliazione del Signore |
|
|
La nascita
di Caino e Abele |
|
|
La
promessa del Signore |
|
|
La
cacciata dal Paradiso |
|
|
Adamo
riconosce il suo stato e si pente |
|
|
La
confessione di Caino |
|
|
L’incarico
del Signore ad Abele |
|
|
Le nuove
norme del servizio divino e della vita |
|
|
I
sacrifici di Caino e di Abele |
|
|
Abele
assassinato per opera di Caino |
|
|
Maledizione
e fuga di Caino |
|
|
Patto del
Signore con Caino |
|
|
Hanoch,
figlio di Caino, quale legislatore |
|
|
I
comandamenti tirannici di Hanoch |
|
|
La
partenza di Caino verso il mare |
|
|
Lo
sviluppo della progenie di Caino, quale nuovo Ateope |
|
|
L’empio
governo di Hanoch |
|
|
La
politica dei consiglieri di Hanoch |
15.05.1840 |
|
Il
consiglio dei dieci principi |
22.05.1840 |
|
I
successori di Hanoch |
|
|
Lamec fatto re |
30.06.1840 |
|
L'espatrio
sotto la guida di Meduhed |
|
|
Il cantico
della vita ricevuto da Meduhed |
|
|
La
partenza dei Meduhediti |
8.07.1840 |
|
Lo sbarco
dei Meduhediti in Giappone |
|
|
La predica
di penitenza data da una tigre, da un leone e da un lupo |
27.07.1840 |
|
Il ricordo
della disobbedienza di Adamo e la Grazia di Dio |
|
|
Storia delle
origini del popolo cinese – La grande muraglia |
10.08.1840 |
|
|
||
La
famiglia di Lamec |
|
|
Principio
e cause della decadenza dei figli delle alture |
|
|
Adamo
racconta la sua caduta |
14.09.1840 |
|
Enoch
eletto a predicatore |
21.09.1840 |
|
Kenan e il suo cantico delle dieci colonne |
28.09.1840 |
|
Enoch
spiega le parole di Adamo e di Kenan |
12.11.1840 |
|
Adamo
dichiara la propria debolezza |
|
|
La
benedizione di Adamo ai suoi figli |
|
|
Della
venuta del Signore |
|
|
Della
grandezza e profondità della Parola di Dio |
|
|
Della
benedizione divina sulla Terra |
23.12.1840 |
|
La
preghiera mattutina di Adamo e di Enoch |
|
|
Considerazioni
mattutine di Enoch |
9.01.1841 |
|
La gioia
di Jared nel rivedere suo figlio Enoch |
|
|
Il canto
mattutino di Enoch |
|
|
La
meraviglia di Adamo per la sapienza di Enoch |
|
|
Discorso
di Enoch sul vero rendimento di grazie e di lode |
20.01.1841 |
|
La
confessione di Kenan |
|
|
Nella
grotta di Adamo |
21.01.1841 |
|
La
confessione di Adamo |
27.011841 |
|
Fine inciso dal cap. 38 |
||
Asmahaele,
lo straniero dai capelli neri |
2.02.1841 |
|
Sull’umiltà
|
8.02.1841 |
|
La
giustificata discrezione di Enoch |
|
|
Della
Parola divina nel cuore dell’uomo |
11.02. 1841 |
|
La
comprensione del discorso di Enoch da parte dei patriarchi |
|
|
Il
discorso di Asmahaele riguardo alla Parola divina |
|
|
Discorso di
Enoch sull’essenza della Parola |
15.02.1841 |
|
Sguardo
retrospettivo di Adamo alla propria vita |
|
|
Asmahaele e la tigre |
|
|
La visita
dei padri ai figli del Mezzogiorno |
|
|
Discorso
di Adamo ai suoi e ai figli del Mezzogiorno |
24.02.1841 |
|
Le parole
consolatrici di Set |
|
|
Enoch
predica dell’Amore |
1.03.1841 |
|
Setlahem chiede la vera sapienza |
|
|
La sapienza di Setlahem e quella di Asmahaele |
9.03.1841 |
|
La tigre affamata |
|
|
L’essenza della verità e dell’amore |
17.03.1841 |
|
La causa del timore |
|
|
La gioia dei primi padri nel Signore |
|
|
La partenza dei patriarchi in direzione dei figli
dimoranti verso Occidente |
22.03.1841 |
|
Il ringraziamento di Asmahaele |
|
|
La debolezza di Adamo |
26.04.1841 |
|
L'aurea norma delle scuole dei profeti |
|
|
I patriarchi presso i figli dell'Occidente |
3.05.1841 |
|
Set rimprovera ad Enoch la parola di verità |
|
|
Il discorso di Enoch riguardo all'errore di Set |
12.05.1841 |
|
La saggia parola di Adamo a Set |
|
|
Il discorso di Asmahaele sulla legge |
|
|
Le meditazioni dei patriarchi riguardo al discorso
di Asmahaele |
15.05.1841 |
|
L'ammonizione di Eva a Set |
|
|
Enoch spiega le parole di Asmahaele |
|
|
Le opere della sapienza e le opere dell'amore |
|
|
La potenza redentrice dell'amore |
|
|
Set riconosce Asmahaele, lo straniero |
|
|
La testimonianza di Asmahaele |
|
|
La curiosità di Adamo |
|
|
La preghiera di Adamo ad Enoch |
1.06.1841 |
|
L'ammonimento ad Adamo |
|
|
Il discorso di Asmahaele riguardo alla Parola di Dio
|
|
|
La confessione di Adamo |
4.06.1841 |
|
Il silenzio dell'amore |
|
|
Leggi divine e leggi umane |
|
|
Le riflessioni di Jared riguardo all'Essenza di
Asmahaele |
|
|
La risposta di Enoch a Jared riguardo ad Asmahaele |
11.06.1841 |
|
Antitesi fra Dio e gli uomini |
|
|
L'invito di Asmahaele a proseguire il viaggio |
14.06.1841 |
|
Asmahaele elegge Abedam
a compagno di viaggio |
|
|
Le domande di Jared sull'Essenza di Asmahaele |
|
|
La relazione fra Kenan e Maalaleel |
15.06.1841 |
|
Sulla scaltrezza |
|
|
L'imbarazzo di Set a causa della contro domanda di
Enos |
|
|
La sosta dei padri sotto l'albero del pane |
|
|
La potenza prodigiosa di Asmahaele |
18.06.1841 |
|
Asmahaele conduce Matusalem
e Lamech alla compagnia |
|
|
Il colloquio fra Lamech e Matusalem riguardo allo straniero |
|
|
Enoch parla a Matusalem e
a Lamech |
25.06.1841 |
|
L'impazienza di Lamech e la risposta di Matusalem |
|
|
Il serpente sull'albero |
|
|
Il discorso di Asmahaele sulla potenza di Dio
nell'uomo |
|
|
La domanda di Adamo ad Asmahaele |
1.07.1841 |
|
La vita terrena e il suo scopo |
|
|
Le preoccupazioni di Jared per ospitare Asmahaele |
6.07.1841 |
|
I patriarchi si intrattengono sul conto di Asmahaele
|
|
|
Lamech e Matusalem
discorrono di Asmahaele, lo straniero |
22.07.1841 |
|
Asmahaele espone una parabola |
|
|
Alla "Mano secca della Terra" |
28.07.1841 |
|
Adamo chiede dei figli del Settentrione |
29.07.1841 |
|
Adamo manda a cercare i figli del Settentrione |
|
|
Asmahaele invia Enoch |
5.08.1841 |
|
Tre figli di Adamo danno ascolto alla chiamata di
Enoch |
|
|
La gioia di Adamo nel rivedere i propri figli Jura,
Bhusin ed Ohorion |
|
|
Il discorso di Asmahaele riguardo all'Essenza di
Jehova |
7.08.1841 |
|
Il richiamo efficace di Asmahaele ai figli del
Settentrione |
|
|
La gioia e i ringraziamenti di Adamo – Jura,
smanioso di sapere, interroga Asmahaele |
|
|
Il pasto in comune – La reverenza e la modestia
inducono alcuni dei padri al digiuno – L'amore di Enoch per Asmahaele – La
vera preghiera |
27.10.1841 |
|
La promessa di Asmahaele ad Enoch |
|
|
Asmahaele espone una parabola dell'amore |
29.10.1841 |
|
La stolta replica di Adamo |
|
|
L'ammonizione di Asmahaele ad Adamo |
|
|
Conversione e confessione di Adamo |
2.11.1841 |
|
Discorso di Emanuel riguardo alla Sua venuta agli
uomini |
|
|
Il grande amore di Lamech per Emanuel |
3.11.1841 |
|
Emanuel biasima il ringraziamento insincero di Matusalem |
4.11.1841 |
|
Enoch incoraggia i padri sull'amore per Emanuel |
|
|
Della libertà dell'uomo |
5.11.1841 |
|
L'inizio del sacrificio. Le parole ammonitrici
infuocate di Lamech – Della mansuetudine e della pazienza |
|
|
Benedicendo l'offerta, Emanuel pronuncia parole di
congedo – Una promessa per il Golgota – Della magnificenza della libertà
spirituale |
|
|
Le disposizioni di Adamo per l'imminente Sabato |
8.11.1841 |
|
L'incontro di Abedam con lo straniero |
|
|
La conversazione di Abedam con Abedam lo straniero |
9.11.1841 |
|
L'arrivo di Abedam, lo straniero, presso i padri |
10.11.1841 |
|
La domanda di Abedam, lo straniero |
11.11.1841 |
|
Un vangelo dell'amore |
12.11.1841 |
|
Set cerca la luce nella luce |
13.11.1841 |
|
Della semplicità – Il prodigio dell'Amore di Dio. |
15.11.1841 |
|
La vera fratellanza tra Enoch e Abedam, il
conosciuto |
16.11.1841 |
|
Del vero amore per il prossimo |
|
|
Lamech chiede ad Abedam,
lo straniero, l’origine della sua sapienza |
17.11.1841 |
|
Lamech sopraffatto dall'amore |
19.11.1841 |
|
La bufera |
20.11.1841 |
|
Timore di Dio e Amore di Dio |
22.11.1841 |
|
Adamo e Set nel momento dell'angustia e della prova |
|
|
L'aiuto divino e le cure umane |
|
|
Il ringraziamento di Set |
25.11.1841 |
|
L'Alto Abedam nella cerchia dei Suoi figli beati –
La fine della tempesta. |
|
|
La forza miracolosa di Set calma la bufera di fuoco
– Le indagini e i presentimenti di Kaeam; il suo amore per l’Alto Abedam |
29.11.1841 |
|
Le rime consolatrici di Kaeam |
1.12.1841 |
|
Abedam, l’Alto, e i cinque cercatori di luce – Non
l'indagine bensì l'amore conduce alla vita |
2.12.1841 |
|
Come deve essere il vero amore verso Dio |
3.12.1841 |
|
Della vera preghiera – La Divinità giudicante e il
Padre amante nel Signore |
4.12.1841 |
|
Uno sguardo retrospettivo alla notte tempestosa –
L'amore scaccia il timore |
6.12.1841 |
|
La colazione dei patriarchi nel Sabato |
9.12.1841 |
|
Un vangelo dei sacrifici |
10.12.1841 |
|
Enoch prepara il sacrificio |
|
|
Dell'essenza dell'intercessione |
13.12.1841 |
|
I sette mormoratori del Mezzogiorno dileggiano
Setlahem |
15.12.1841 |
|
Un vangelo per gli offesi |
16.12.1841 |
|
Setlahem e i sette mormoratori |
|
|
Temerarietà ed umiliazione del mordace Chisehel |
20.12.1841 |
|
La confessione di Chisehel |
21.12.1841 |
|
Preghiera di pentimento di Chisehel |
22.12.1841 |
|
Dell'essenza del peccato e del come il peccato si
vince |
23.12.1841 |
|
Le cinque figlie di Zuriel |
28.12.1841 |
|
Le apprensioni dell'umile Zuriel |
29.12.1841 |
|
Il Signore e Ghemela |
30.12.1841 |
|
Uno sguardo alle profondità della Creazione |
31.12.1841 |
|
Dell'essenza del tempo e dell'eternità |
3.01.1842 |
|
L'essenza della vita – Le promesse del Signore a
Ghemela. |
4.01.1842 |
|
Innocenza e vergogna – Il ritorno e l'accoglienza
dei messi. |
|
|
(Spiegazione delle
lettere citate nel capitolo 3, verso 12) |
27.05.1847 |
[home
sito] - [home Lorber] – [home Governo
della Famiglia]
[1] Questa
affermazione è stata confutata dopo oltre cento anni tramite le
Rivelazioni ad A.Wolf,
(vedi in “Visibilità e invisibilità di Dio” versetto 98)
[2] La
spiegazione sarà data a parte, sette anni dopo, e pubblicata molti anni dopo
nel volume 3° di Doni del
Cielo cap. 84, successivamente inserita in allegato alla fine di questo
primo volume – vedi appendice)
[3] In seguito a
questa affermazione, Giulie Huttembrenner, una delle
figlie di un amico di Lorber, chiese spiegazioni
sulla Luna, (vedi D.d.C.
vol. 1 cap. 127), e ne nacque l’opera dettata nel 1841 “La Luna”.
[4] Ciò è
riferito quale profezia, che può essere considerata adempiuta in “Un angelo sulla Terra”, (circa 500 anni prima
di Gesù), ln cui l’arcangelo Raphael con il nome di Asarja si presenta tra gli uomini
per una missione di aiuto a Tobia. E al tempo di Gesù, circa gli ultimi sette
anni prima della nascita, in “Da lontano dalla Terra”, l’arcangelo Gabriel
con il nome di Simeone, per l’annunciazione e fino alla circoncisione di Gesù.
[5] Frase questa
un po sibillina, e lo dovette essere anche per Jakob e per i suoi amici. Tale
però da stimolare un opera particolare, per donare una spiegazione piuttosto
articolata. Questa fu dettata a Lorber circa un anno dopo, dopo la dettatura
del cap. 77 con il dettato del 29.03.1841. Un opera dal titolo omonimo: “Il grande Tempo dei tempi”, composta da
151 strofe di 10 righe in rima baciata a due a due.
[6] L’aspetto
dela stirpe di Caino che era stato ‘annerito’, e quindi di tutti i suoi
discendenti.
[7] Trattasi
della poesia comunicata a Lorber il 9 giugno 1840 e riportata su “Doni
del Cielo” vol. 1 cap. 22.
[8] Si riferisce
al modo di scrivere nel 1800 la lingua
tedesca. La ‘n’ si distingueva dalla ‘u’ solo per la presenza di un trattino
sopra la lettera stessa.
[9] Questa nota scaturì dalla richiesta (di Lorber o da uno dei suoi amici) di spiegazioni sulla discordanza dell’età di Lamech (di 46 anni) riportata al successivo cap. 110,7. – Nota conclusiva dell’editore, fuorviante per il lettore, perché il Signore nella sua risposta che spiega il significato spirituale del numero 126, quindi in un certo senso ne conferma l’età di Lamech. Pertanto, è evidente che il numero 46 scritturato da Lorber è errato, (probabilmente per il fatto che la frase si conclude con il considerare Lamech nella “…sua esuberante vivacità” – vedi nota n.13), e pertanto anche il presunto calcolo dell’età di Matusalem derivato dalla Bibbia in Genesi 5,25 è sbagliato, dovendo essere di 187+126=313 anni.
[10] Il termine
tedesco è achtzigmal (ottanta
volte), ma probabilmente è un errore, poiché le vicissitudini raccontate
lasciano supporre che la distanza, sia con la vista della pianura dalle alture
dei figli, come anche dai rapporti successivi dei due popoli, fanno pensare a
un tempo molto inferiore, circa otto volte (cioè actmal). [n.d.r.]
[11] Riflessione: – A dire il vero, in questo punto del dettato manca
la connessione con il successivo, poiché “all’aperto” sarebbe al di fuori della
reggia di Lamec, ma non si lega con il fatto che i sette dicono: “…non veniamo
dalla città”, per cui esse dovevano già essere ben distanti da questa. Ed è
strano che questi sette scendessero dalle alture di Adamo per andare verso la
città senza essere stati autorizzati. – E ancora: al cap. 42,80 nel cantico delle dieci colonne,
Kenan parla di Noè come se fosse conosciuto, mentre la nascita di Noè viene
annunciata al cap. 3,34 del 2° volume, ribadito al cap. 11,7 del 3° volume, e
nascerà al cap. 117,9 del 3° volume. – E ancora: al cap.
46,10 il Signore compare tra molti, ma ciò non sarebbe stato
possibile, poiché sarebbe la prima comparsa e senza alcuna preparazione dei
figli, mentre poi sappiamo che si presenterà gradualmente sotto mentite spoglie
di uno straniero dai capelli neri nominato poi
da Adamo come Asmahaele, poi come l’Alto Abedam o Abedam lo
straniero, per non ledere il libero arbitruio, e perfino al cap. 46,18
viene profetizzata la nascita e il martirio di Gesù e le successive venute e il
Giudizio, che più avanti negli altri due voluni sarà appena accennato. –
Diverso sarebbe stato se tutto ciò che segue, da adesso fino al cap. 57
compreso, fosse stato inserito come facente parte del tempo degli ultimi dieci
anni della vita di Adamo, ed inserito prima del cap. 115 del terzo volume. [ndr]
[12] cioè il passaggio del divenire da Lucifero ad Adamo. (Nota dell’Editore
tedesco)
[13] Ciò è da
intendere con l’incarnazione attraverso Gesù.
[14] Il termine in
tedesco è vierzig, ma probabilmente
un errore (casuale o voluto di Lorber), poiché al cap. 38,20, Adamo aveva già
indicato l’età di Lamech in 127 anni. Perciò il termine in tedesco dovrebbe
essere undert vierzig.
[15] Ciò deve
intendersi, evidentemente, in un
contunuo reincarnarsi e quindi in un continuo nascere e morire.
[16] Probabilmente
riferito al cuore (n.d.r.)
[17] Questa prima
Opera dettata: “Il Governo della Famiglia di Dio”.