Leopold Engel

1891-1893

 

 

 

IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI

Volume 11

 

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La vita e gli insegnamenti di Gesù nei tre anni della Sua predicazione

 

 

Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” (vol. 11)

Dalla 7° edizione tedesca del 1987

Opera scritta da Leopold Engel dal 1891 al 1893

Casa Editrice: Lorber Verlag - Bietigheim - Germania Copyright © by Lorber Verlag

Copyright © by Associazione Jakob Lorber 

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber                  

 e.V., D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.

 

Traduzione di Salvatore Piacentini (1930-1940)

Revisione di Teso Massimo

Revisione generale a cura dell’Associazione Jakob Lorber

 

Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione

Via Vittorio Veneto, 167, 

24038  SANT’OMOBONO  TERME  (Bergamo)

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Unità di misura austriache del 18°/19° secolo usate nel testo:

1 Pertica         

= 3,8 m

 

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Prefazione

 

Quando Jakob Lorber morì nel 1864, la sua opera principale IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI rimase incompiuta. Solo 27 anni più tardi fu portata a compimento dalla mano di un altro ispirato. Infatti, nel 1891 Leopold Engel ricevette la chiamata a completare l'opera. Egli eseguì questo incarico tra varie interruzioni fino all'anno 1893.

Già parecchie volte è stato accennato al fatto che tutte le comunicazioni ricevute mediante la Parola interiore si adattano sempre alla possibilità di venire impresse in colui che è stato designato quale intermediario e alla sua sfera di comprensione. Non è perciò da meravigliarsi se lo stile del volume finale si differenzia notevolmente da quello di Lorber. Infatti non c’è un ritmo molto preciso e sempre ricorrente del modo di espressione nelle Comunicazioni dall'Alto, ma c'è né invece uno che si adatta sempre alle capacità dell'intermediario. Tutto ciò dipende dallo spirito che scaturisce dalle parole, non però dalla forma più o meno compiuta.

Già molto presto, da fanciullo undicenne, Engel era stato portato a conoscenza dell’attività di Lorber per mezzo di suo padre; a Dresda conobbe di sfuggita anche il primo editore degli scritti di Lorber, Johannes Busch, ma non gli era mai venuto il pensiero di venire chiamato anche lui un giorno come scrivano. Egli aveva certo delle predisposizioni religiose, ma da bambino niente lo distingueva dagli altri fanciulli. Egli ricevette a Dresda una buona preparazione scolastica e dimostrò un particolare interesse per le scienze naturali. Suo padre, un artista eccellente, violinista, il quale sotto l’imperatore Nicola era primo violino nel teatro imperiale a Pietroburgo, dove maturò il suo diritto alla pensione, non esercitava alcuna costrizione o forte influenza sulle convinzioni di suo figlio. Di conseguenza la vita interiore del giovane uomo che cresceva si sviluppò da se stessa, a volte assai vacillante e anche mondana. Tuttavia nell'intimo del cuore egli possedeva un Santuario, che nascondeva e non lasciava toccare dai rinnegatori e dagli schernitori: la fede incondizionata nell’Esistenza di Dio in Cristo.

A ventidue anni Engel salì sul palcoscenico e come attore teatrale raggiunse in vari teatri dei successi non certo insignificanti. A lungo andare però la carriera teatrale non era appagante per Engel. Egli cercò un'altra attività la quale non comportasse dei continui cambiamenti di luogo, ma in questo ebbe poca fortuna. Egli, dopo vari e inutili tentativi, ritornava infine sempre al teatro. Solo nel 1898 poté voltare definitivamente le spalle al palcoscenico. Durante la sua permanenza in Russia, Engel fece lo scrittore e per mezzo di alcune relazioni, le quali più tardi gli permisero un discreto sostentamento, continuò poi la sua formazione da autodidatta.

Come egli ricevesse nel 1891 la Chiamata a scrivere il volume finale, egli stesso lo racconta nel modo seguente:

«Io ero arrivato ad un accordo con un amico con cui ero in sintonia spirituale, di essergli di aiuto nelle sue iniziative commerciali e di consolidare e migliorare, se possibile, un’invenzione che lui aveva fatto. Per cui mi recai a Lipsia e andai ad abitare presso questo amico. Dopo qualche tempo mi perseguitava costantemente il pensiero sempre più forte che io sarei stato in grado di scrivere la conclusione della lorberiana Opera di Giovanni. Io respinsi questo pensiero; esso mi appariva irreale e falso. Come avrei potuto proprio io pervenire a questa Grazia? Non me ne sentivo affatto degno. Ma la pressione interiore aumentava ogni giorno, così da diventare insopportabile, ed io allora comunicai al mio amico l’esperienza, come pure l’opinione del mio intelletto, secondo cui ne sarebbe uscito solo qualcosa di falso. Il mio amico scosse il capo e disse senza esitare: “Al suo[1] posto io mi siederei tranquillo e procederei deciso con lo scrivere. Se quello che appare è insensato, noi di certo lo scopriremo e getteremo nel cestino quanto è stato scritto!”. Egli dunque mi incoraggiò ed io seguii il suo consiglio. Il risultato può leggerlo chiunque nel Volume finale. Ogni giorno veniva portato a termine un compito preciso e breve, che mi affluiva in modo chiaro e distinto, e al quale io non ero in grado di aggiungervi una sola parola, non appena l'ultima frase veniva scritta. Né avevo bisogno di rileggere quanto avevo scritto prima. Inutile era anche qualsiasi almanaccare su cosa poteva seguire eventualmente poi quando il compito era terminato. Se io tentavo di farlo, ciò non corrispondeva mai con quello che veniva effettivamente scritto il giorno successivo. Io tentai di resistere all'impulso a scrivere, che compariva sempre alle ore nove del mattino, ma era impossibile; e tutto ciò con grande piacere del mio amico che mi osservava. Una forza estranea mi costringeva ad andare alla scrivania e a scrivere.

Alla domanda che spesso mi viene indirizzata su come si annuncia la Parola interiore, io posso rispondere soltanto come segue:

“Durante la mia scrittura io distinguo con precisione tre fasi: anzitutto ciò che ha origine letteraria dal mio proprio io quale prodotto del mio sapere o della mia fantasia. Nel rileggerlo più tardi, anche se passano degli anni, io riconosco sempre ciò che è stato scritto come risultanza del mio lavoro. Durante la lettura non mi apparirà come estraneo.

Il secondo modo è la semplice ispirazione, una trasmissione di pensieri da sfere lontane. Non sono parole, ma sono pensieri che fluiscono in me e che io stesso devo rivestire di parole. Il risultato è per metà mia proprietà, tuttavia non nella sua essenzialità, poiché senza questa trasmissione di pensieri non riesco a creare niente di utile. Sintonia, quiete e neutralità dell'interiore sono necessari per la riuscita. I disturbi interrompono immediatamente il lavoro, nel quale non è molto difficile che si possano insinuare anche dei pensieri propri, che sono addirittura in grado, in caso di vivace fantasia, di alterare del tutto l'ispirazione. Prudenza e autocritica sono in questa fase assolutamente necessarie, poiché in questo campo gli spiriti burloni disturbano volentieri con le loro stupidaggini, e l'insensatezza diventa facilmente metodo. Quanto è stato scritto, spesso più tardi nella rilettura cambia, diventando estraneo; ci si meraviglia allora di aver scritto ciò, tuttavia ci si ricorda dell'una e dell'altra cosa con più o meno chiarezza.

Il terzo ed ultimo modo è spesso inesplicabile per la propria capacità di comprensione. Può sopraggiungere la già descritta costrizione, dopo però, su preghiera rivolta verso l'Alto, può subentrare anche la distinta percezione di un oratore interiore, all'incirca nel modo in cui ci si rammenta di un dialogo avuto con un amico, che si crede di sentir parlare. Ha origine così uno scambio di domande e risposte, una chiara spiegazione di cose che prima non si sapevano, e che - questo è un segno caratteristico - molto facilmente scompaiono dalla memoria, quando non vengono fissate con la scrittura. Quest'ultima cosa è una prova della autenticità, poiché di certo ciò che si è pensato da se stessi viene conservato nella memoria.

In questa e nella precedente fase, la mano guidata sostiene spesso lo scrivano come segno che una forza estranea è operante. Quanto viene scritto svanisce così rapidamente dalla memoria dello scrivano che egli, nel caso di comunicazioni più lunghe, deve anzitutto rileggere a fondo con attenzione quello che è stato scritto per accogliere in sé il contenuto. Spesso delle autentiche comunicazioni gli sembrano, dopo un certo tempo, come se non fossero state scritte da lui. Se questo non è il caso, allora io suppongo che si tratti almeno di un mescolamento con ciò che è proprio; quindi si tratta della seconda fase con maggiore chiarezza. Soltanto una acuta autocritica e la più elevata neutralità portano all'annunciazione dell'autentica Parola interiore».

A queste spiegazioni di Leopold Engel non è stato aggiunto nulla. Un ulteriore suo scritto apparso nella casa editrice Lorber è la piccola opera “Nell'aldilà”.

la casa editrice tedesca

Bietigheim, 1987

 

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COLLEGAMENTO TRA IL 10° E 11° VOLUME

 

(RIASSUNTO dell’ultimo Capitolo scritto da Lorber, riguardo al decimo volume de IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI)

Il Signore è arrivato con i Suoi discepoli in una piccola località della valle del Giordano non distante dal Mar Morto, dove Egli, in un albergo, entra in una lunga discussione con l’oste. In una stanza adiacente si trovano alcuni farisei, che ascoltano di nascosto i discorsi ed inviano un messaggero per interrogare l'oste. Essi lo interrogano sul conto di Gesù e cercano di dimostrargli i motivi per cui perseguitano Gesù. L'oste controbatte ai farisei, esponendo il loro modo di agire sbagliato.

 

(Jakob Lorber scrisse fino al volume n.10, capitolo 244, del Grande Vangelo di Giovanni, e precisamente terminò con le seguenti parole:)

 

11. Il fariseo, tutto imbarazzato, disse: «Mio caro oste, dal tuo punto di vista puoi avere del tutto ragione. La verità e il bene bisogna cercarli prima di tutto, ma dove stanno di casa? Alla fine, l'uomo è e rimane pur sempre limitato a una qualche fede, e il vostro velo di Iside non l'ha ancora sollevato nessuno! E così noi siamo del parere che sia meglio lasciare il popolo a una fede ridotta a sistema che contenga molto o poco di vero nelle sue massime, piuttosto che metterlo troppo a conoscenza di nuove verità che non può afferrare completamente, e con ciò poi abbandoni l'antica fede e incominci a odiare e a perseguitarne i vecchi capi»

12. L'oste disse: «Qui ti sbagli radicalmente! Se nessun uomo cercherà più la verità, allora tutto ciò che esiste sulla Terrà passerà in una specie di putrefazione e decomposizione;....».

 

(Qui si interrompe – il 19 luglio 1864 – il Dettato del Signore al Suo scrivano Jakob Lorber)

 

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Dopo 27 anni viene ripreso il dettato….

 

(Il volume 11, di Leopold Engel, inizia dal Dettato interrotto di Jakob Lorber)

 

Cap. 1

Il Signore dall'oste Muzio

 

1. (L'oste:) «……. poiché unicamente nella sola verità c'è la vita, e quindi la ricerca della verità è l'unica attività beatificante che riscalda il cuore umano e ridesta sempre più lo spirito divino dimorante in lui, mentre nella pigrizia, nella menzogna e nella svogliatezza nel cercare la verità divina non solo sta la morte del corpo, ma sta anzitutto la causa per cui l'anima va sempre più immergendosi nelle cose materiali, provocando così non solo la morte immediata del corpo, ma rendendo essa stessa incapace di progredire e di cercare la propria unica salvezza anche nella vita dell'aldilà.

2. Se si volesse lasciare l'umanità nella sua antica superstizione, precludendole ogni migliore comprensione, unicamente allo scopo che i ministri dell'antica fede possano condurre una vita agiata così come la intendi tu, allora la Divinità, che a qualsiasi prezzo vuole impedire un simile impantanarsi dell’attività vitale dell'anima, dovrebbe cominciare ad opprimere subito i popoli con ogni sorta di tormenti, affinché essi si ridestino e arrivino alla conoscenza di se stessi e così si rendano gradatamente liberi dall'oppressione e dalla cecità che i loro cosiddetti maestri hanno loro imposto. Però come starebbero poi le cose in questo caso con i maestri, tu stesso puoi comprenderlo molto facilmente. Qui di amore non ci sarebbe molto da dire, poiché chi semina egoismo e menzogna non potrà neppure raccogliere nient’altro da ciò che sorgerà da una cattiva semente di questa specie.

3. Voi fate un terribile torto al popolo di Gerusalemme se credete di far bene mantenendolo nei vostri vecchi ordinamenti insignificanti, invece di esortarlo ad ascoltare le parole di quel Galileo e a prendere esempio dalle Sue opere d'amore, delle quali ormai tutta la Siria è piena. Ma invece il vostro sconfinato orgoglio e il vostro egoismo vi impediscono di riconoscere Colui che già da lungo tempo è venuto a voi nella Pienezza di tutta la Sua Divinità, che nemmeno io avevo riconosciuto, ma che ora mi Si è dato chiaramente a riconoscere».

4. A questo discorso dell'oste il fariseo si trovò così stupito da non essere in grado di ribattere nemmeno una parola, anzi si ritirò pronunciando alcune insignificanti parole e raggiunse gli altri farisei che si trovavano nell’altra stanza, i quali avevano zelantemente origliato alla porta sia il discorso che la replica.

5. L'oste invece venne da Me e disse con onesta cordialità assai affettuosa: «Signore e Maestro, perdonami il fatto di non averTi subito riconosciuto nella mia grande cecità! Ma durante il colloquio con quel fariseo mi si rese subito sempre più chiaro Chi veramente sia Colui che io ospito nella mia povera casa. Tu stesso sei quel Galileo di cui parlò il fariseo! Però Tu sei ancora molto di più che soltanto un grande Profeta, perché ho avuto l'impressione come se il mio cuore fosse attratto sempre più verso di Te. Oltre di ciò la Tua immagine stava con sempre maggiore chiarezza dinanzi ai miei occhi, nonostante io Ti volgessi le spalle, e mi sembrava come se non fossi io a parlare da me stesso, ma che fossi invece Tu a parlare attraverso di me. Oh, dimmi dunque, caro Signore e Maestro, era proprio così?»

6. Risposi Io all'oste: «Si, è stato proprio così. Non tu, ma Io ho parlato attraverso di te, e l'ho potuto fare con tanta maggiore facilità, in quanto nel tuo cuore arde una grande fiamma d'amore per Me; è stata quella ad attirarMi in casa tua.

7. E così anche sarà sempre: Io entro solamente là dove il cuore è acceso d'amore per Me, e poi ben presto prenderò posto anche in questo cuore quale una graditissima dimora per Me.

8. Per te è stata sempre una vera gioia udire parlare delle opere del Galileo, e tu hai subito scoperto che dietro a queste opere si cela di più del semplice potere prodigioso di un profeta o di un grand'uomo. Tu allora ti sei augurato con vero fervore che Io volessi fermarMi da te, affinché potessi convincerti da te stesso sul “cosa” ci fosse veramente in Me. Allo stesso tempo, però, tu hai tenuto sempre in considerazione più quello che Io insegnavo che non le Mie opere prodigiose, poiché la verità del Mio insegnamento ti si fece subito molto evidente. E vedi, così tu eri ben preparato per la Mia venuta, e quindi con te ben lieve è stato il Mio lavoro! Infatti, una volta entrato in casa tua, lo spirito si ridestò immediatamente e ti rivelò in maniera chiarissima quello che ancora per molti ebrei rimarrà un mistero chiuso per un tempo eternamente lungo.

9. Ora però andiamo a riposare, perché Io non voglio che quei farisei e mercanti che si sono enormemente meravigliati delle tue parole, vengano anche stasera a parlare con noi! È sufficiente la fatica che faremo domani con loro. E così dunque riserviamo tutto per domani!».

10. Dopo queste Mie parole l'oste Mi ringraziò ancora una volta ad alta voce per tutti i benefici fatti; Io però gli feci cenno di desistere da ciò, e dissi che il suo segreto ringraziamento nel cuore Mi era molto più gradito. Così egli poi tacque e ci condusse in un’altra stanza, affinché potessimo rimanere in pace e lontani dai farisei e dai mercanti, che discutevano ad alta voce. Là poi noi trascorremmo la notte del tutto indisturbati.

 

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Cap. 2

L'intenzione dei farisei

 

1. Quando ci destammo la mattina seguente, l'oste ci informò subito del fatto che coloro che erano arrivati il giorno precedente - per niente contenti di non aver potuto ricevere una risposta direttamente da noi su chi eravamo - avevano provato ad interrogare i servitori di casa sul luogo da dove fossimo venuti, e chi eravamo poi in realtà. Principalmente erano i tre farisei quelli che nel fare queste domande avevano assunto un atteggiamento piuttosto prepotente, poiché erano abituati a vedere ammutolire subito tutti al loro cospetto dalla soggezione. Ma il capo servitore di casa - romano egli pure ed in passato compagno d'armi del nostro oste - che si chiamava Marzio, con una concisione prettamente romana respinse le loro domande curiose, tanto che essi si ritirarono arrabbiati al massimo grado ed erano intenzionati a lamentarsi formalmente col padrone di questo servo sgarbato.

2. Noi facemmo colazione nella sala dove avevamo riposato, e di conseguenza potemmo udire esattamente quanto veniva dibattuto nella stanza attigua, che la sera prima ci era servita come primo alloggio. Il nostro oste era entrato proprio là dai tre per informarsi su ciò che desideravano, e uno di loro colse questa occasione per sfogare per bene la rabbia che si era accumulata in lui.

3. L'oste ascoltò con calma le loro lagnanze e così poi disse, senza alcuna rabbia nel suo discorso: «Quello che voi avete detto, io posso riconoscerlo per giusto solo nel fatto che il mio Marzio vi ha invitato ad andare a riposare in maniera un po’ troppo brusca; ma, come sapete molto bene, voi non siete gli unici ospiti in questa mia casa. Essa infatti è un ricovero per chiunque, ed io non posso fare per i cittadini di Gerusalemme, e nemmeno per i membri del gran consiglio, una particolare eccezione in tale regolamento, poiché questa casa è ordinata perfettamente alla romana, e di conseguenza chiunque voglia godere del suo riparo, deve anche adeguarsi al suo ordinamento, altrimenti è libero di cercarsi un altro albergo. Voi invece avete disputato animatamente fino a notte inoltrata, senza curarvi se disturbavate il riposo notturno di altri, ed infine avete addirittura cominciato a chiamare da voi la mia gente, che ha molto bisogno del riposo notturno, e l'avete interrogata, finché appunto Marzio, senza esitare, vi ha rimproverato questa violazione. Ciò sarebbe certo potuto avvenire in maniera più cortese, ma io non posso biasimarlo per ciò che è accaduto»

4. L'oratore del giorno prima (il fariseo) prese di nuovo la parola: «Che tu sia un amico del tutto particolare dei tuoi ospiti di ieri, questo l'ho rilevato già a sufficienza; ma io penso che anche noi certamente contiamo ancora qualcosa e possiamo pretendere di venire trattati in modo cortese come si conviene verso uomini del nostro ceto e posizione. Ma ormai così è andata, e considerato che già ieri io ho capito quali sono i tuoi sentimenti nei nostri riguardi, noi difficilmente otterremo le nostre ragioni da parte tua; ma almeno dicci un po’ tu chi dunque è veramente la non piccola comitiva che si trovava ieri in questa sala e chi ne è il suo portavoce col quale discutevi!»

5. Rispose l'oste: «Io non sono autorizzato a rivelarvi questo. Se lo volete sapere, domandatelo dunque a Lui stesso! Egli Si trova ancora in casa mia con tutta la comitiva, e ad una vostra richiesta Egli vi servirà certamente con una risposta»

6. «Questo è proprio quello che voglio evitare» - disse il fariseo -, «poiché io mi sono ben accorto che egli sembrava condividere appieno tutte le allusioni poco gentili che tu hai emesso nei riguardi del popolo israelita e dei suoi maestri, o almeno non ti ha contraddetto in nessun modo, ma invece ti ha spesso approvato, come appunto noi abbiamo ben appreso da alcune poche osservazioni che abbiamo afferrato. Nonostante ciò, a noi è parso che dal suo discorso risplendesse una pienezza di celata sapienza, la quale ci rende ovvia la domanda chi e cosa egli sia, se forse egli stesso conosceva il galileo in questione, o lo avesse visto oppure se egli stesso fosse addirittura un suo discepolo.

7. Noi sappiamo assai bene che questo cosiddetto Messia, il quale non è altro che un aiutante carpentiere da Nazaret, ha già inviato varie volte dei discepoli, i quali poi avrebbero anche compiuto miracoli; ed ora anche noi siamo partiti con questi nostri amici, i quali sono dei commercianti, e da Gerusalemme per la via di Gerico vogliamo andare a Petra, per raccogliere da noi stessi alcune informazioni per accertare quanto sono già prosperate queste stupidaggini che hanno l’effetto di aizzare il popolo contro di noi e il Tempio. Infatti, il Consiglio Superiore di Gerusalemme non è per nulla intenzionato di permettere ancora oltre che la sua reputazione venga oltraggiata da un uomo che spaccia le sue arti magiche per Opere dello Spirito di Dio, e se stesso per un Figlio dell'Altissimo, come incredibilmente è già accaduto più volte.

8. Io ti dico questo, mio caro oste, affinché tu ti schieri un po’ meno dalla parte di quell'uomo e non ti renda corresponsabile dell'operare di quel sobillatore di popolo, perché in tal caso maturerebbero anche per te dei frutti molto cattivi, in quanto il Consiglio e il tribunale del Tempio a Gerusalemme hanno ancora diritti e poteri sufficienti per vincere i loro avversari. Se tu dunque dovessi sapere per caso dove si trova quel galileo, o potessi venirlo a sapere da quel particolare “ospite” che a noi sembra assai saggio, tu ci renderesti un grande servizio e potresti anche essere pienamente sicuro che noi non ti serberemo rancore in nessun modo a causa del tuo violento contegno di ieri, molto offensivo verso di noi, come pure per quello del tuo servo».

9. Dopo questo lungo discorso del fariseo, il nostro oste, che nel cuore Mi aveva riconosciuto già da molto tempo, avrebbe voluto più di ogni cosa scagliarsi addosso ai tre.

10. Tuttavia Io lo ammonii nel suo intimo, e così egli tacque, e con totale serenità d'animo disse: «Certo, se voi potete dimostrarmi sul serio che quel galileo è un sobillatore del popolo addirittura contro la signoria di Roma, allora le cose assumono un aspetto del tutto diverso e voi potete essere convinti che io farò di tutto per rendere innocuo un simile nemico acerrimo di Roma. A me però la cosa sembra essere sostanzialmente diversa, e quindi noi dobbiamo ulteriormente parlare, in modo davvero serio, in merito a questo caso».

11. Il fariseo allora cominciò a diventare confidenziale, invitò l'oste a sedersi vicino a lui - un onore, a suo modo di vedere, inaudito - e cominciò poi a raccontare, con le note cavillosità farisaiche addotte già altre volte, che Io non rispettavo la Scrittura e che contavo di rovesciare Mosè e l'antica alleanza; e cioè, detto brevemente, che Io avevo l'intenzione di innalzarMi come re dei giudei, affinché venisse annientata la dominazione dei romani.

12. L'oste stette a sentire tutto con la più grande tranquillità, e dopo disse di voler prendere consiglio dal suo savio Ospite, dopo di che sarebbe ritornato da loro. I farisei, così come pure i mercanti, fra i quali ce n'era uno che era presente durante la purificazione del Tempio come cambiavalute, furono proprio contenti riguardo all'apparente cambiamento di umore dell'oste e lo congedarono con benevoli sguardi.

 

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Cap. 3

L'uomo come dominatore della natura

 

1. Subito l'oste Muzio, che ardeva addirittura dalla rabbia interiore, arrivò da noi nella nostra sala, la quale era separata dalla stanza attigua da una solida porta, cosicché non era necessario temere sorprese, e disse fremente d'ira: «Signore e Maestro, qui c'è di certo, ancora una volta, una vera prova del fatto che ieri ho avuto ragione dichiarando che quelli di Gerusalemme, e particolarmente i templari, sono peggiori ancora dei più sudici porci, poiché con ogni astuzia si cerca di attirarmi nelle reti del Tempio. Avrei voluto più di ogni altra cosa gettarmi su questi miserabili ed avrei fatto loro assaggiare il filo della mia spada, che è ben lungi dall'essersi arrugginita nel suo fodero; ma a quel punto percepii nel mio cuore la Tua Parola tranquillizzante, alla quale io ubbidii, e con ciò fui addirittura in grado di mostrare un aspetto esteriore calmo e indifferente»

2. «Facendo così, tu hai fatto molto bene», dissi Io all'irritato Muzio, «poiché il contrario di ciò avrebbe annientato a Me e a te un lavoro a causa del quale Io fra l’altro sono venuto qui. E quindi calmati, Mio caro Muzio, poiché così com'è, va proprio bene!

3. Ma ora andiamo all'aperto! Tu qui a casa tua hai un giardino veramente bello e sufficientemente grande; là noi potremo parlare più liberamente di qui e potremo deliberare su cosa si potrà effettivamente fare con questa gente che ti è così disperatamente di scandalo».

4. Quando poi tutti furono entrati in questo giardino, si meravigliarono per l'eccezionale buon gusto col quale esso era stato progettato. Muzio aveva saputo piantare con molta cura, su una macchia di terra relativamente piccola, una grande quantità di ogni specie di fiori e arbusti ornamentali, i quali, disposti in maniera pittoresca, conferivano al giardino un aspetto estremamente grazioso. A causa di ciò i discepoli lodarono entusiasticamente il nostro oste, e supposero che quel giardino fosse una fedele immagine del suo essere interiore che, come si era già reso evidente dal suo parlare, doveva anch’esso essere stato coltivato con cura.

5. A quel punto Muzio dichiarò ai discepoli che egli ricavava sempre un grande diletto trascorrere qui delle ore tranquille di raccoglimento e che il suo animo spesso eccessivamente infuocato e quindi anche incline agli impeti d'ira - lì aveva sempre trovato calma e pace, e avvertiva anche meno fortemente il peso della vita quando fortificava il suo animo attraverso la contemplazione delle molte meraviglie della natura e delle piante di quel giardino. In quella regione del Giordano c'era certo un clima particolarmente favorevole, che spesso gli ricordava le regioni più meridionali dell'Africa e dell'Asia, che lui aveva avuto occasione di conoscere da soldato, ma lui però aveva sempre avuto l'impressione che ci fosse qualcosa di speciale nel particolare fiorire e prosperare del suo giardinetto, poiché da lui non era mai accaduto che un albero, un cespuglio, oppure un arbusto, fossero deperiti, come invece accadeva sicuramente presso il suo vicino, ma tutto ciò che egli piantava e curava aveva sempre portato i più ricchi frutti. Anche i Miei discepoli se ne meravigliarono molto, e Pietro Mi domandò a cosa mai fosse dovuto ciò.

6. E Io gli risposi: «Il modo di pensare, le tendenze e l'agire di un uomo, come pure la sua costituzione spirituale interiore armonizzano sempre con il suo ambiente esterno, tanto che ne risultano degli effetti di reciprocità. Voi sapete, ed Io ve l'ho già anche detto altre volte, che ciascun uomo è avvolto entro una sfera vitale esteriore, in virtù della quale egli, fuori dall'aria che lo circonda, assorbe delle influenze spirituali che impiega per alimentare ed ampliare il proprio io animico.

7. Nello stesso modo, egli irradia pure fuori da sé di nuovo degli elementi spiritualizzati, i quali a loro volta vengono assorbiti con bramosia dal mondo inferiore che li circonda. Se l'individuo è buono, colmo di nobili aspirazioni e di amore per Me, anche queste particelle che si irradiano da lui potranno agire in maniera buona, mite e benefica. Se egli non lo è, avviene il contrario.

8. Qui ora voi potete vedere quanto beneficamente agisce su tutte le piante la sfera vitale che si irradia da Muzio. Dato che egli stesso ha piantato qui ciascuna pianta e l'ha anche continuamente curata; così egli le ha avvolte tutte ripetutamente entro la sua sfera, e queste con il massimo zelo approfittano dell'occasione per accogliere in se queste benefiche influenze. Questo spiega il motivo per cui qui tutto fiorisce e verdeggia ancora, mentre negli altri giardini il tardo autunno comincia già a farsi sentire molto.

9. L'uomo dunque è un dominatore della natura se egli vive secondo la Mia Parola e aspira al Mio Spirito, e in questa capacità che Io ora vi ho spiegato sta anche la chiave del perché egli possa esserlo; infatti nell'universo intero tutto tende alla forma dell’uomo, alla sua perfezione e cerca, per quanto possibile, di avvicinarsi ad essa.

10. Nell'uomo quindi sta la forza di attrarre a sé tutti gli esseri, i quali lo seguono volentieri dato che l'impulso interiore alla perfezione che sta già in tutti gli esseri suscita in essi tale desiderio. Naturalmente però soltanto un uomo perfetto può essere in grado di dominare, per esempio, l'istinto degli animali rapaci, fino al punto che l'interiorissimo desiderio al perfezionamento, che sta anche in questi, ottenga il sopravvento sui loro impulsi spesso crudeli, ed essi si sottomettano come agnelli riconoscendone la supremazia, vale a dire riconoscendo la forma già perfetta e la potenza spirituale nell'uomo.

11. Ciascun uomo che aspiri a questo riconoscerà però come anch'egli diventi gradualmente, a poco a poco, un piccolo signore nella natura, e quanto più in lui avviene la rinascita dello spirito, tanto più infine assurgerà a dominatore sulla natura.

12. Tu, Muzio, continua pure in questo modo a servire nel tuo cuore il Dio Supremo, e per te si schiuderanno ben altri prodigi da quelli che tu finora hai trovato nel tuo giardino!».

 

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Cap. 4

I farisei presso il Signore.

 

1. L'oste, quasi commosso fino alle lacrime, Mi disse: «Signore e Maestro, io ho bensì già percepito in maniera chiara nel mio cuore che Tu e quel Galileo, il Quale i farisei che ora purtroppo si trovano in casa mia intendono perseguitare, siete l’una e la stessa Persona. Però quello che il mio cuore contemporaneamente presentiva, mi è ora diventato piena certezza: Tu non sei nient’altri che la stessa suprema Divinità personificata, poiché l'operare tali prodigi e l'illustrare con chiare parole com’è costituito il governo della natura, può farlo soltanto Colui che l’ha completamente compenetrata e che in Se stesso è divenuto il massimo Signore della stessa. Chi può creare del pane dal nulla, e dall'acqua del vino, Costui può anche chiamare all'esistenza il cielo e tutte le sue stelle con una Parola, come raccontò Mosè a suo tempo agli ebrei. E così io Ti ringrazio dunque con tutto il cuore, o Signore del Cielo e della Terra, per avermi reputato degno di visitare me e i miei di casa, che Ti hanno sempre cercato con il massimo zelo e che ora anche Ti ha trovato in tutta la pienezza»

2. Dissi Io ai Miei discepoli: «Qui voi vedete nuovamente quanto sollecitamente i pagani Mi riconoscono e Mi accolgono presso di loro, mentre gli eletti Mi ripudiano, cercano di prenderMi e di ucciderMi. Questo romano mi ha trovato solo nel suo cuore, mentre Io altrove dovetti operare prodigi su prodigi per trasformare i loro cuori duri in un terreno idoneo per il prosperare della semente della Mia Parola. Ma perciò anche il Regno dei Cieli verrà tolto agli ebrei e verrà dato in tutta la pienezza ai pagani; questi sapranno conservarlo meglio degli ebrei e dei farisei ormai divenuti estremamente tenebrosi.

3. Ma tu, Muzio Mio, diverrai per Me un'abile strumento qui nel Meridione, sarai un solido argine contro la malvagità dei farisei e degli scribi e Mi renderai ancora dei grandi servizi, poiché è necessario erigere delle roccaforti che siano imprendibili. Ed una tale roccaforte, che racchiuderà in sé il tesoro della Mia Parola, sarà per Me il tuo cuore e i cuori dei tuoi congiunti.

4. Ora però mandaMi fuori i farisei e i mercanti, e mentre Io tenterò di condurre costoro su vie almeno un po’ migliori, tu lasciati iniziare dal Mio discepolo Giovanni nella profondità della Mia Dottrina, affinché tu la riconosca nella sua integrità».

5. L'oste Muzio andò dunque anzitutto dai farisei e dai mercanti e portò loro la notizia che essi venivano invitati a venire di persona da Me per esporre la loro richiesta, e che egli non era in grado di riferire loro una qualunque altra risposta soddisfacente.

6. Bene o male i tre leviti dovettero disporsi a recarsi nel giardino per cercarMi, o avrebbero dimostrato che quanto avevano detto non era stato pensato seriamente. A loro si aggiunse soltanto quel mercante, il quale Io ho già indicato come uno dei cambiavalute del Tempio, poiché gli altri, preoccupati per le loro merci, avevano preso come pretesto il fatto di non poterle lasciare senza sorveglianza, e perciò andarono là dove erano custodite in larghi e grezzi sacchi e presero disposizioni per l’imminente partenza.

7. Subito si videro poi avvicinarsi a noi nel giardino i tre farisei e il mercante, seguiti da Muzio, il quale si recò immediatamente da Giovanni per iniziare un serio discorso con lui su di Me e la Mia Dottrina.

8. L'oratore del giorno prima (il fariseo) si diresse verso di Me, dato che Muzio Mi aveva già indicato, e Mi disse poi anche in tono cortesissimo, ma tuttavia condiscendente: «Caro amico, noi, quali membri dell'Alto Consiglio di Gerusalemme, ti preghiamo molto cortesemente di darci un'informazione, che tu sicuramente sarai disposto a dare volentieri, purché tu sia in grado di darcela, come noi appunto supponiamo.

9. Dai tuoi discorsi molto savi, che noi ieri, veramente senza volerlo, abbiamo udito nella sala attigua, abbiamo desunto che tu devi essere molto versato nella Scrittura come pure nella storia dei popoli, altrimenti non avresti potuto dare delle spiegazioni tanto profonde che perfino a noi stessi, che certo ci intendiamo della storia del nostro paese e dei paesi vicini, erano rimaste ancora del tutto sconosciute. Sicuramente tu hai fatto lunghi viaggi ed hai intrapreso delle esplorazioni, di cui all'occasione ci interesserà molto venirne a conoscenza.

10. Tuttavia per noi adesso sarebbe davvero importante conoscere qualcosa dipiù preciso riguardo a quel galileo, sul conto del quale l'oste ha più volte parlato con te e con noi; e il motivo di tutto ciò è il fatto che noi siamo stati inviati qui per raccogliere appunto informazioni su quanto egli va’ facendo. È davvero molto probabile che tu l'abbia incontrato durante le tue peregrinazioni e quindi tu potresti comunicarci qualcosa di più preciso su di lui, e noi vorremmo pregarti di farlo se ne hai la possibilità»

11. Risposi Io: «Potrei facilmente fare ciò per cui voi Mi pregate, dato che Io in effetti conosco molto bene quel Galileo; ma si tratta di sapere da voi che cosa poi Io debba dire di Lui. Delle buone informazioni suoneranno in modo spiacevole ai vostri orecchi, dato che voi siete partiti per raccogliere accuse contro di Lui, affinché Egli possa essere tratto in rovina. Ma se devo parlare conformemente a verità, nessuno sarà in grado di testimoniare che Egli abbia mai compiuto del male, e solo col racconto di tali azioni vi si renderebbe un servizio. Cosa volete dunque che Io faccia?».

 

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Cap. 5

Il Signore condanna l'astuzia dei farisei.

 

1. Disse un po’ imbarazzato il fariseo: «Maestro, io vedo bene che sarà un po’duro parlare con te, e tuttavia ti prego di esaudire il mio desiderio - dato che tu ora hai confessato di conoscere quel galileo - di dire con quale aiuto egli fa le sue opere miracolose, o se queste siano soltanto ordinari imbrogli e artifici degli esseni. Anche noi siamo amici della verità e ne andiamo in cerca con il massimo zelo; per questo noi siamo stati inviati, poiché l'Alto Consiglio sa che a noi non si può spacciare così facilmente un miracolo falso per un miracolo vero, cosa che si può facilmente fare al popolo stolto. Voglia tu dunque rispondere alle nostre domande, e stai certo che noi ti presteremo piena fede!»

2. Risposi Io: «Perché poi proprio Me, che voi non conoscete? Non vivono in Israele moltissimi testimoni oculari i quali vi possono rendere testimonianza e che hanno già testimoniato che le Opere di quel Galileo sono autentiche e non avvengono con l'aiuto di Satana? Voi conoscete molto bene questi testimoni, e tuttavia non credete loro! Perché vorreste credere a Me?»

3. Rispose il fariseo: «Noi abbiamo udito il tuo savio discorso, maestro, e da ciò ravvisiamo che tu non puoi essere così cieco come lo sono certamente molti di coloro che noi conosciamo, i quali ci hanno pure raccontato delle opere di quel Gesù di Nazaret. A noi però costoro sono noti come dei grandi creduloni, e non possiamo quindi riconoscere ancora come valida la loro testimonianza. Ma è tutt’altra cosa quando si tratta di un uomo come te, il quale con i suoi discorsi dà prova che egli deve aver visto molte cose e che deve essersi appropriato di una grande conoscenza del mondo. Ed ora noi rinnoviamo la nostra preghiera che tu voglia dirci apertamente la tua opinione sul conto del galileo!

4. Noi siamo passati per Gerico, dove si dice che egli abbia restituito la vista a un cieco e dove lui in tale luogo ha operato a lungo, e siamo venuti qui per poter esaminare, proprio sul posto, le sue opere miracolose. Ma noi dobbiamo confessare che tutte le lodi degli accattoni non ci hanno assolutamente potuto convincere del fatto che là siano accadute cose soprannaturali, perché ci sono, in particolare fra i greci, dei medici davvero savi e abili, i quali spesso sono riusciti a guarire delle malattie che nessuno poteva mai sperare di risanare. Perché dunque questo caso non dovrebbe essere analogo a quello delle malattie che spesso appaiono assai disperatamente complesse, le quali tuttavia sono state guarite dai medici greci?

5. Ci venne quindi riferito che, in questo periodo, sarebbe stato probabilissimo trovare il galileo nella valle del Giordano, dato che egli avrebbe manifestato l'intenzione di recarsi preferibilmente in questi paraggi durante il periodo invernale. Almeno così abbiamo appreso da uno della gente di casa di Lazzaro a Betania, e quindi ci mettemmo anche in cammino da Gerico fin qui, per perlustrare questi paraggi. Adesso, caro maestro, tu conosci con precisione la nostra intenzione, e certamente non ci farai più attendere la risposta alle nostre domande»

6. Dissi Io: «Oh, assolutamente no, e siate convinti che voi verrete già serviti proprio del tutto a dovere! Soltanto Mi colpisce in modo del tutto eccezionale il fatto che voi siate partiti solo per esaminare i Suoi prodigi e non per esaminare la Sua Parola. Io so che quel Galileo ha parlato di frequente della poca utilità dei miracoli dicendo che in essi, per chi non è presente, non vi è che poca o proprio nessuna forza probatoria - come del resto è ora chiaramente visibile in voi -, ma so che Egli attribuisce ogni importanza alla verità e alla vitalità della Sua Parola e della Sua Dottrina, a cui unicamente e soltanto aderisce l'autentica convinzione raggiunta attraverso la Forza dello Spirito insita in essa. Perché dunque voi non esaminate questa e non ve ne interessate? Ebbene rispondeteMi riguardo a ciò!»

7. Disse il fariseo con un sorriso davvero compassionevole: «Noi abbiamo Mosè e i profeti, la Kabbala[2] e la Thora[3]; che bisogno abbiamo di altre dottrine, dato che in questi libri è già contenuto tutto, e che tutta la Sapienza di Dio è annotata soltanto qui? La dottrina del galileo, che ci è stata già ripetutamente riferita, è spesso così confusa, poco chiara ed insensata che già uno scriba esperto, come lo siamo noi, non può affatto occuparsene, poiché essa è direttamente contraria alla Dottrina di Mosè.

8. Tutt'al più dunque si può trattare solo di vedere se le sue opere prodigiose sono autentiche; nel caso in cui si riesca a convincerci di ciò, allora tali opere verrebbero anche riconosciute volentieri, in particolare se poste al servizio del Tempio, e ne potrebbero derivare poi dei grandi benefici per il popolo ebraico»

9. Dissi Io, fissando intensamente l'oratore: «Voi stolti, credete forse che per il Galileo non sia facile annientare il Tempio e tutti i suoi servitori? Come potete voi dunque credere che la vostra astuzia possa riuscire ad accalappiarLo ai vostri servizi? Adesso però la maschera è caduta completamente, ed Io ho voluto, per amore di costoro che sono presenti qui, che le intenzioni del Tempio vengano svelate per bene. Secondo voi dunque non bisogna agire per la vera Vita, vale a dire per la Dottrina di come si diventa beati - poiché credere ad una beatitudine dopo la morte a voi sembra una palese assurdità -, ma a voi interessa solo e unicamente acquisire molto potere e molta considerazione e, se possibile, apprendere delle arti magiche per mezzo delle quali mantenere il popolo nella paura e nello spavento, affinché esso, se non per amore e rispetto, vi serva per sola paura. Per raggiungere questo scopo, il Galileo vi sembra essere l'uomo giusto. Voi sapete che il popolo Gli è affezionato, ma a voi è indifferente che le Sue opere prodigiose siano autentiche o false; se però esse vengono poste soltanto al vostro servizio e per i vostri scopi egoistici, allora sì va bene. Infatti esse vi sembrano comunque buone per riempire ancora più rapidamente le vostre tasche di quanto non sia già avvenuto finora; e il carpire a quel Gesù di Nazaret le Sue arti, a voi non sembra neppure eccessivamente difficile, tanto è vero che voi, quando più tardi Egli vi diventerà scomodo, vi sbarazzerete di Lui.

10. Queste sono all'incirca le idee dell'Alto Consiglio: a voi fu comandato di attuarle, e per questo siete partiti in cerca del Galileo per convincerLo a favore dei vostri scopi.

11. Ma in verità Io vi dico che riuscirete prima a deviare il Sole dalla sua orbita che a raggiungere le vostre ignobili intenzioni, poiché in quel Galileo è vivente un Comandamento superiore, al quale Egli anche obbedisce, e questo Comandamento in Lui dominante proviene da quel Dio che voi a Gerusalemme bensì venerate con le labbra, ma mai e poi mai col cuore. Quindi se voi possedete soltanto un po’ di giudizio, dovreste rendervi conto del fatto che Egli può impegnare le Sue forze solo per soddisfare lo Spirito che lo incita - da cui hanno origine anche la Sua Grandezza, Forza e Potenza - ma non per i vostri piani egoistici, i quali ambiscono solo ad ammirazione e falso profetismo.

12. La vostra sconfinata cecità invece, che vi rende ostinati e incapaci ad entrare nel Regno di Dio, più tardi vi porterà di certo alla rovina. La Misericordia di Dio va tanto oltre che Egli sta a guardare tutti i vostri orrendi peccati ancora con indulgenza, nella speranza che voi alla fine vi convertiate e rientriate in voi stessi, poiché anche se un peccatore sedesse già nel mezzo dell'inferno e gridasse aiuto al suo Dio e Signore, a costui verrebbero dati redenzione ed aiuto. Ma voi vi state già preparando da voi stessi il giudizio, ed in verità è già imminente! Allora non dite però: “Signore, Tu sei un Dio duro e ci hai colpito con queste piaghe a causa dei nostri molti peccati! Tu hai distolto da noi il Tuo santo Volto, ed ora pianto e stridore di denti regnano fra di noi!”, ma invece dovrete ascrivere a voi stessi questo brutto tempo, e non consideratelo un castigo di Dio, ma soltanto una giusta conseguenza della vostra caparbietà e pigrizia spirituale, che vi rendono ciechi pur avendo occhi che vedono, e sordi, pur avendo orecchi che odono».

 

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Cap. 6

La cecità dei farisei.

 

1. Disse il fariseo del tutto meravigliato: «Maestro, chi sei tu che parli così possentemente e che puoi condannarci?»

2. Io gli risposi: «Io ho appena detto che coloro che hanno occhi che vedono diventano ciechi e coloro che odono diventano sordi a causa della loro caparbietà. Purificati dunque dalla sporcizia del Tempio, affinché tu possa udire e vedere! Io so benissimo che tu e i tuoi due compagni siete gli ultimi ad essere ancora di animo alquanto migliore.

3. E voi tre siete anche partiti e vi siete dati premura di ottenere questo incarico, perché volevate sapere cosa poi ci fosse veramente di vero in tutte quelle chiacchiere sul Galileo; ma ciononostante siete partiti come uno che sente che nel deserto sta sepolto un gran tesoro, e pensa: “Io tenterò di cercarlo; forse trovo questo tesoro”. Ed egli poi se ne va senza grandi speranze, soltanto allo scopo di provare. Se trova il tesoro, bene; se non lo trova, allora egli non si rammarica neppure oltre a motivo di ciò.

4. Io però vi dico che il Regno dei Cieli non è un Tesoro da potersi cercare contale indifferenza, ma deve invece venire cercato con molta fervente lotta, con aspirazione e col massimo zelo nel deserto della vita, e a chi non fa questo può accadere che venga un altro che dopo di lui si metta con molto più zelo a cercare e a scavare nel medesimo posto e che si imbatta nel tesoro che il primo, nello stesso posto, non ha trovato.

5. Voi ormai siete partiti; cercate dunque con spirito zelante, e non indifferente, affinché troviate ciò per cui siete partiti!»

6. Disse il secondo fariseo, il quale nel frattempo Mi aveva osservato con sempre maggiore attenzione: «Maestro, questo suona come se noi fossimo vicini al confine del Regno dei Cieli e non riuscissimo a trovare questo Tesoro! Non potresti darci un piccolo cenno su come noi dovremmo cercare per raggiungere il Tesoro?»

7. Dissi Io: «Io ve l'ho detto: “Basta che seguiate le Mie parole!”».

8. Con ciò Mi rivolsi ai Miei discepoli, i quali già si meravigliavano molto che i tre fossero proprio così ciechi e sordi e non comprendessero le Mie così chiare spiegazioni a loro rivolte.

9. Io però dissi loro: «Voi vi trovate pienamente nella Mia Luce, e perciò per voi è facile vedere. Questi invece si trovano nelle tenebre e di conseguenza non vedono, come si suol dire, la mano dinanzi agli occhi. Né riusciremo a renderli completamente vedenti, poiché tutto ciò che si poteva rendere completamente vedente è già stato tolto al Tempio. Comunque questi possono e devono venire preparati per opporre almeno un piccolo ostacolo alla perfidia dei rimanenti templari, e perciò essi non Mi riconosceranno, ma continueranno a ritenerMi soltanto uno fra i primi discepoli del Galileo; convinzione questa che verrà loro lasciata. Però, dopo la Mia ascensione, anch’essi verranno completamente convertiti».

10. Nota bene: Qui qualcuno si sorprenderà del fatto che Io, in questa occasione ed anche già prima, parlassi ai Miei discepoli in modo diretto della Mia futura Ascensione. Qui va osservato che essi, finché tale Ascensione non accadde realmente, in verità non la presero mai alla lettera, ma presumevano che Io, terminato il tempo della Mia predicazione, avrei abbandonato la Palestina e sarei andato o in Grecia o a Roma, per continuare là la Mia attività. Anche le Mie parole che il Regno dei Cieli sarebbe stato dato ai pagani erano state più volte intese in questo modo. Io li lasciai provvisoriamente in questa credenza, tuttavia li preparai mediante frequenti accenni a qualcosa di straordinario nel tempo a venire, affinché poi, attraverso gli avvenimenti che sarebbero seguiti, tutti gli erronei concetti potessero venire corretti da sé.

11. In questo modo anche ora ammaestro ancora tutti coloro che Mi seguono e che sono pieni di fede, affinché possa mettere radice non una fede morta imposta d'autorità, ma la viva fede, la quale deve essere regolata e guidata correttamente dall'intelletto puro del cuore.

 

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Cap. 7

Il mercante cerca il Signore.

 

1. Noi dunque attendemmo tranquillamente ciò che i tre farisei - i quali si consigliavano con il mercante e che non riuscivano a capire la Mia Persona - avrebbero addotto, e ci comportammo come se questi non fossero affatto presenti. Muzio nel frattempo era stato istruito con brevi parole da Giovanni, ed entrambi si avvicinarono a noi. Muzio voleva ringraziarMi. Io però feci cenno ai quattro che stavano in disparte; allora egli Mi comprese e tacque.

2. Ora gli stessi si avvicinarono nuovamente a noi, e precisamente il mercante prese la parola e parlò: «Maestro, dalle tue parole io ho compreso con molta chiarezza che tu devi conoscere molto bene il galileo, in particolare per il fatto che tu hai accennato alla sua grande forza, alla quale nulla può resistere. Io stesso, quantunque non lo abbia mai visto, ho sentito molto bene questa forza e perciò ho fatto anche il possibile per mettere in guardia questi miei amici dall’attirarsi eventualmente l'ira del galileo, altrimenti essi, secondo il mio parere, sarebbero poi irrimediabilmente perduti. Essi però, attraverso simili avvertimenti, si sono fatti più bramosi che mai di conoscere quell'uomo prodigioso e, nei limiti del possibile, di mettere alla prova la sua forza».

3. L'oste domandò al mercante quale fosse stato poi l'avvenimento cui egli accennava.

4. Il mercante si mise subito a raccontare: «A Pasqua, che è prossima, saranno tre anni da quando io ebbi il permesso di mettere una piccola bancarella nel Tempio, per dedicarmi alla professione di cambiavalute che proprio nel periodo pasquale, a causa delle molte offerte, frutta un guadagno assai considerevole. Un giorno dunque io venni a sapere che il noto galileo si trovava a Gerusalemme e che era andato al Tempio per insegnarvi. Io volli avviarmi per andare a vedere più da vicino e per poter osservare con più precisione l’uomo prodigioso che da poco aveva iniziato a operare, quando d'improvviso una poderosa voce rimbombò per l'edificio del Tempio, la cui intensità è ancora presente nella mia memoria: “La casa del Padre Mio è una casa di preghiera, voi però l'avete ridotta ad un covo di assassini!”. Io ne fui enormemente atterrito. Là, dove doveva trovarsi il galileo, si formò una grande confusione, e tutti, io compreso, fummo colti improvvisamente da una tale terribile paura che ci precipitammo verso le uscite.

5. Io da quella volta non mi sono più azzardato di mettere piede nel Tempio e avvicinarmi alla mia bancarella di cambiavalute, per timore che il potente uomo volesse ripetere lo stesso gioco; nella fuga improvvisa io persi anche una considerevole somma di denaro, la quale sicuramente sarà tornata assai utile al Tempio, ed io so quindi per esperienza quale grande forza il galileo possiede»

6. Poi Pietro gli domandò: «Dopo di allora non hai più visto il Galileo?»

7. Rispose il mercante: «Mai più, poiché da un lato un grande timore mi teneva lontano da lui, dall'altro non avevo tempo per questo. Io dovevo cercare di compensare di nuovo la perdita patrimoniale ricevuta nel Tempio e viaggiai subito per le città costiere, dove esercitai un commercio d'olio delle migliori qualità che viene esportato in Grecia e a Roma, poi anche di molti altri prodotti di questo paese; solo ora, da poco tempo, mi sono stabilito di nuovo a Gerusalemme. Da Petra ora sto cercando nuovi collegamenti per trasportare i prodotti dell'India e dell'Arabia verso le città costiere e da lì poterle esportare a Roma. Questo è lo scopo del mio attuale viaggio.

8. Io dunque finora non ho avuto alcuna occasione di intraprendere qualcosa in merito alla questione, anche se io avrei visto volentieri quel Gesù di Nazaret. Molti lo rimproverano di essere un uomo duro e ripugnante, la cui dottrina ha le sue stesse caratteristiche, mentre altri esaltano la sua dolcezza, sapienza e inconcepibile potenza con la quale egli opera i più grandi miracoli. Durante i miei viaggi io ho avuto molte occasioni di convincermi che la sua potenza non è presunzione, ma che esiste effettivamente. Nonostante tutto però le vicende furono sfortunatamente sempre tali che i miei affari mi impedivano d’incontrarmi con lui»

9. Dissi Io al mercante: «Là dove l'intelletto mondano va mano nella mano con la rincorsa alla ricchezza, uniti all'egoismo, là senza dubbio deve ammutolire la lieve voce, voce che grida all'uomo: “Cerca la verità!”. Una piccola deviazione non ti sarebbe stata certo di danno durante i tuoi tragitti da Gerusalemme a Jaffa, Tiro e Sidone, e tu ti saresti potuto facilmente incontrare con l'Uomo, il Quale avrebbe potuto mostrarti e darti in possesso ricchezze imperiture maggiori di quante tu sarai mai in grado di arraffare.

10. “Chi non cerca, nemmeno troverà, e a chi non bussa non verrà nemmeno aperto!”. Chi crede che la conoscenza spirituale del bene e del vero vada in cerca di lui in modo che gli capiti automaticamente sulle comuni vie del mondo da lui percorse, costui può aspettare in eterno che gli avvenga così. Chi per comodità e per affari mondani sdegna anche la più piccola deviazione per rintracciare la Sorgente della verità, nonostante egli abbia già udito parlare di essa, costui appartiene agli uomini del mondo ai quali il Signore alla fine dei tempi dirà: “Voi avete udito parlare di Me e tuttavia non Mi avete cercato; ma ora neppure Io cerco voi, nonostante sappia che siete qui. Allontanatevi da Me e andate là dove il vostro amore vi attrae!”»

11. Disse il mercante molto meditabondo: «Signore e maestro, io vedo che ho agito in modo errato! Vedi, io ora ho oltre cinquant’anni e non so quanto mi resterà ancora da vivere; ora sento che la mia anima è deserta, perché io non credo a quello che insegnano a Gerusalemme. Io so quanto inganno regna là e la mia vita ormai volge al termine senza avermi soddisfatto. Già spesso ho indagato le dottrine del galileo ed ho scoperto in esse delle belle perle dell'amore per gli uomini; chissà se forse sarebbe davvero possibile trovare, per mezzo suo, la via soddisfacente verso la conoscenza del vero Bene? Sapresti dirmi, o signore e maestro, dove potrei incontrarlo? Questa volta nessuna deviazione, per quanto grande, mi farà pentire di fare la sua conoscenza!»

12. Io gli dissi: «Se tanta è la tua fame, tu sarai anche saziato. Forse ti accadrà quello che desideri. Ma come stanno le cose con i tuoi compagni? Desiderate anche voi incontrarvi personalmente con il Galileo?»

13. Disse il fariseo, che finora aveva parlato con Me: «Se ciò potesse accadere senza suscitare grosso scalpore, per noi andrebbe bene. Noi gli sottoporremmo le proposte del Tempio ed esamineremmo i suoi prodigi, e dopo staremmo certo a vedere cosa fare».

14. Il fariseo espresse queste parole con una certa aria altezzosa verso di noi, poiché si era arrabbiato per il fatto che il mercante aveva parlato di inganno del Tempio, e voleva indicarci che, visto che da noi non si poteva cavare fuori nulla, egli considerava la conversazione come finita.

15. Io allora gli risposi: «Amico, come mai ti arrabbi a causa di costui perché ha detto la verità? Meglio sarebbe che tu cercassi di sondare in te se forse anche la tua anima non si sia desertificata e se possa venire ancora resa feconda. Se tu però vuoi sapere dove il Galileo ha compiuto l'ultima volta un prodigio di quelli grandi, allora passa davanti a Nebo, su verso la città di Aphek, dove Egli ha trasformato l'intero luogo finora deserto in campagna fertile, come a voi tre racconteranno dettagliatamente gli abitanti di laggiù! Esaminate bene se questo prodigio è autentico e se alla base non vi sia inganno, e poi fate attenzione a ciò che vi suggeriranno i vostri cuori! Riferite a Gerusalemme di ciò che avrete udito e visto, oppure conservatelo per voi stessi assolutamente come lo percepirete!

16. È anche possibile che il Galileo, qualora voi ritorniate con i cuori purificati, si lasci trovare da voi, perché questo Maestro della Vita lo trovano sempre e soltanto coloro ai quali Egli stesso si rivela; altri invece restano ciechi, anche quando sono già in relazione con Lui»

17. Disse beffardo il fariseo: «Entrare in relazione con lui, senza riconoscerlo, sarà cosa proprio impossibile per noi, perché teniamo gli occhi bene aperti. Tuttavia ti ringraziamo per il tuo consiglio, ora di certo noi sappiamo dove potremo cercarlo e poi anche trovarlo».

18. Con questo essi si congedarono da noi e ritornarono a casa assieme al mercante, il quale aveva continuato tutto pensieroso ad osservarMi. Io a quel punto incaricai Muzio di seguirli e di non ostacolare in nessun modo la loro eventuale partenza, ma di lasciarli decidere del tutto liberamente da soli. Muzio quindi li seguì, e noi allora rimanemmo per un po’ di tempo soli e indisturbati nel giardino.

 

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Cap. 8

Il Signore racconta la storia della vita del mercante.

 

1. Io dunque feci notare ai Miei discepoli come qui essi avevano un vero esempio di dove conducono le brame del mondo e l'avidità di dominio, e quanto fosse necessario stare continuamente all’erta evitando di credere di avere già accolto in se stessi tutto il sapere e tutta la luce come presumevano quei tre farisei, i quali si sarebbe potuto a buon diritto chiamare dei veri filosofi, poiché essi esaminano tutto con intelletto critico e vogliono credere soltanto a quello che vedono, ma che contemporaneamente cadono da un dubbio all'altro, dato che in seguito al vedere compaiono poi più tardi nuovamente dei dubbi sull’aver visto bene, ed essi alla fine non credono nemmeno alle proprie azioni e alle proprie parole. Infatti le loro aspirazioni erano senz'altro serie, ma nonostante ciò erano invertite, perché rivolte esclusivamente all'esteriore e non all'interiore, e soltanto quest’ultimo costituisce il gheriglio mangiabile come in una noce, mentre nel mordere puramente l'esteriore ci si può rompere violentemente i denti. Per questo non sarebbe stato neppure di gran lunga possibile farsi riconoscere da loro.

2. L'operare un prodigio qui non avrebbe avuto alcuno scopo, perché essi avrebbero ritenuto di non aver compreso solo la maniera in cui esso sarebbe stato attuato, mentre - quali troppo seguaci della scienza greca della quale si occupavano in segreto - ne avrebbero però rifiutato il nocciolo interiore. Solo ad Aphek, i cui dintorni essi conoscevano bene già in precedenza, si meraviglieranno molto e cominceranno a comprendere che là il naturale, secondo i loro concetti, cessa; poi indagheranno con tutto zelo e saranno gradualmente liberati dalla loro scientificità, la quale li pianterà in asso del tutto.

3. Così sorgerà per loro una luce su “Chi” Io fossi stato, tanto più che essi verranno a sapere che Io ero passato proprio per quei luoghi, ed allora essi si schiariranno le idee da soli. Certo che fino al riconoscimento completo trascorrerà ancora un bel periodo di tempo, e questo avverrà quando essi tra poco tempo dovranno venire inviati lontano da Gerusalemme, in modo che le loro anime potranno purificarsi in pace e tranquillità, impedendo alla semente sparsa di soffocare là nella melma.

4. Noi parlammo anche di parecchie altre cose riguardo al Tempio e ai suoi servitori, così come pure sul destino dello stesso; poi Muzio con il mercante tornarono indietro e ci comunicò che i farisei con la loro gente si erano messi in cammino verso la direzione est e che anche gli altri mercanti avevano già caricato i loro muli e cammelli ed erano partiti. Questo mercante invece li aveva lasciati andare, spinto dal desiderio di discutere ulteriormente con Me.

5. Io quindi Mi avvicinai a lui e gli dissi amichevolmente: «Phoika, cos'è dunque che ti ha trattenuto qui?»

6. Disse il mercante tutto sconcertato: «Signore, come fai a sapere questo nome che io portavo soltanto in gioventù? Io sono un greco di nascita e fui chiamato Phoika. Tuttavia, dato che io rimasi presto orfano, un giudeo misericordioso mi accolse a Tiro, e più tardi mi adottò addirittura come figlio, dato che era rimasto senza figli. Io diventai giudeo, ricevetti la circoncisione e fui chiamato Agamelon. Da qualche decina d'anni il nome Phoika non è mai penetrato nei miei orecchi, io stesso l'avevo quasi dimenticato, ed ora tu mi chiami così!»

7. Dissi Io: «Non meravigliarti per questo, poiché a Me è noto ancora molto di più del semplice nome con il quale ti chiamavano nella primissima giovinezza i tuoi genitori. A Me infatti è anche assai ben noto tutto il periodo della tua giovinezza che all'inizio hai trascorso ad Atene, e poi più tardi solo con tuo padre a Tiro. Però tuo padre morì in seguito ad una grave influenza, degenerata in una febbre maligna, quando egli era tornato tutto inzuppato da un viaggio in barca che egli aveva intrapreso per ricuperare delle merci che si erano arenate. E così tu rimanesti orfano, dato che tua madre era morta già ad Atene. L'ebreo però dal quale tu fosti accolto era un amico d'affari di tuo padre, il quale commerciava con Gerusalemme, e si chiamava Maliesar. DimMi, è così oppure no?»

8. Il mercante si meravigliò sempre più e disse: «Si, è esattamente così, ed io mi stupisco ancor più al riguardo, poiché questi avvenimenti si svolsero trent’anni fa ed anche di più, dunque in un tempo in cui tu evidentemente non potevi ancora essere nato. Come ti sono dunque noti questi avvenimenti, se la cerchia che può sapere di mio padre e di quel padre adottivo è di certo già estinta da molto tempo?»

9. Gli dissi Io: «Io già ti dissi che a Me è noto ancora molto di più. Ma per il momento non preoccupartene, poiché tutto ciò ti diverrà chiaro. Ora invece prendiamo un buon pranzo, affinché anche i nostri corpi rinvigoriscano, e dopo aver pranzato ci sarà per te una giusta spiegazione!».

10. Noi allora entrammo in casa e consumammo il pranzo che Muzio aveva fatto preparare per noi.

 

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Cap. 9

Tre importanti domande di Muzio. Risposte del Signore.

 

1. Dopo che il pranzo fu terminato, l'oste Muzio Mi disse: «Signore e Maestro, io ora sono assai desideroso di porre alcune domande che, in seguito alla nostra conversazione di ieri, mi stanno proprio a cuore. Adesso non ci sono più quei farisei che ci ascoltavano di nascosto, e così la domanda può essere posta e la risposta può essere data senza impedimento. Se Tu dunque permetti, o Signore, io Ti pregherei di dare una risposta alle mie domande»

2. Dissi Io: «Fa’ pure delle domande, e non lasciarti ostacolare per nulla dalla presenza di Phoika, poiché ora anche lui deve venire introdotto nel Regno della vera Vita quale compenso che lui, pur avendo soltanto presagito e percepito a mezza via che qui spira il vento del puro spirito di verità, mise da parte i suoi affari mondani e seguì il suo cuore.

3. Io ti dico, Phoika, che con ciò tu hai fatto del bene al Mio Cuore e con ciò ti sei incamminato per una via che conduce alla salvezza eterna.

4. Ma tu, Mio caro Muzio, fai pure le domande che ti vengono spontaneamente, affinché tu possa ottenere una giusta risposta!»

5. Disse Muzio: «Dato che Tu, o Signore e Maestro, me l'hai concesso, io Ti prego di darmi una buona delucidazione sul perché dunque noi uomini viviamo, cosa avviene di noi dopo la morte, e come possiamo venire introdotti nel modo migliore in ogni sapienza della vita.

6. Tu ieri mi dicesti che, mediante l'osservanza dei Tuoi due Comandamenti, i quali il Tuo discepolo mi ha anche spiegato più da vicino, la vera conoscenza si desta da sé nel cuore umano; ma il “come” è rimasto tuttavia molto velato, e così io Ti prego di darmi una giusta luce in merito a ciò»

7. Dissi Io all'oste: «Mio caro Muzio, proprio queste tre domande che tu poni abbracciano in sé davvero l'intera sapienza di tutti i Cieli ed è la ragione della Mia opera di insegnamento su questa Terra. Dunque, per quanto Io abbia già parlato a tale riguardo, non può tuttavia mai venire ripetuto abbastanza, sempre e nuovamente, l'insegnamento fondamentale, affinché il cuore spirituale dell'uomo accolga pienamente in sé queste eterne verità, le digerisca bene in sé e le trasformi in sé completamente in carne e sangue. Io voglio quindi rispondere dettagliatamente alle tue domande per amor tuo e di Phoika in primo luogo, il quale è ancora estraneo alla Mia Dottrina, e in secondo luogo per amore di questi Miei che si trovano già da lungo tempo attorno a Me, ma che tuttavia non sono ancora del tutto penetrati in ogni verità. State perciò bene a sentire!

8. L'uomo vive per due ragioni, che deve unificare in sé quale intermediario. In primo luogo egli vive quale pietra terminale della creazione esteriore-materiale in cui viene magnificato e chiamato come coronamento dell’intera Creazione; inoltre, quale punto iniziale del mondo puramente spirituale, che con lui ha raggiunto il primo gradino della conoscenza perfettamente libera di se stesso. Egli dunque è da un lato l'inizio, mentre dall'altro lato è la fine di una catena; esso deve trovare in sé, mediante la sua vita appropriata e il libero sviluppo, il giusto anello di congiunzione per unire queste due catene, che Io ora vi esporrò in maniera più chiara.

9. Tutti gli esseri, a cominciare dalla creatura più piccola, formano una serie ascendente di gradini, e precisamente in modo che un gradino completa sempre l'altro, acquisisce maggiore perfezione e con ciò può sviluppare anche un’intelligenza sempre maggiore.

10. Considerate gli animali, e noterete che esistono delle specie inferiori, le quali sembra non mirino ad altro che a mantenere il proprio corpo e a servire da pasto alle altre! Se arriva un nemico del loro corpo e della loro vita, esse si rassegnano stoicamente alla loro sorte e non si difendono, non essendone neppure in grado; e ciò lo potrete constatare esaminando i molti insetti e anfibi di specie inferiore!

11. Se però andate un po’ più su nella scala ascensionale, voi trovate l'intelligenza già abbastanza sviluppata che questi animali sono più consci dei pericoli che minacciano il loro corpo e sanno anche sottrarsi, a volte, attraverso ogni sorta di astute burle.

12. Negli animali che si trovano ad un gradino ancora superiore voi trovate questa proprietà ancora più sviluppata, ed essi quindi sono anche provvisti di armi appropriate, come artigli e denti acuminati, per sbarazzarsi dei loro nemici, ma nello stesso tempo anche per diventare nemici di altre specie animali. Sorge quindi una lotta reciproca, nella quale vengono impiegate astuzia e scaltrezza non per l'uccisione dei corpi, ma per il progresso dell'intelletto, affinché il carattere, che va gradatamente sviluppandosi e che negli animali raggiunge una multiformità sempre più distinta in conformità alle specie sempre più elevate, possa formarsi.

13. Si avvicina ora un limite, a partire dal quale gli animali, che voi poi chiamate domestici, tendono ad associarsi all'uomo. Questi sono assolutamente più miti o docili, come dite voi, e possono sviluppare un’intelligenza molto ampia e venire addestrati. Essi con ciò diventano in un certo modo più simili all'uomo, certo non nella forma esteriore, ma di sicuro in determinate peculiarità del carattere. Voi in questo caso potete constatare molte volte delle azioni davvero sorprendenti degli animali, le quali testimoniano di una ponderazione ed anche di un certo discernimento, tanto che ve ne stupite e dite addirittura: “A quell'animale manca solo la parola”. Vedete, si tratta di quelli che, nel loro sviluppo spirituale, devono compiere ancora solo il passo per arrivare fino all'uomo; similmente come un bambino molto piccolo ha da compiere ancora soltanto un certo passo sulla scala degli anni per diventare un essere umano completamente ragionevole! Nell'animale, però, la meta non può venire raggiunta, dato che la forma animica non è ancora completa, mentre nel bambino, che spesso appare molto più maldestro e goffo, la forma animica che è in grado di svilupparsi è presente, come in ciascun granello di semente c'è l'immagine della futura pianta».

 

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Cap. 10

Le intelligenze animali e la formazione dell’anima umana.

 

1. (Continua il Signore:) «Tutti questi animali, il cui numero è così infinitamente grande da rendere possibile la maggiore varietà di disposizioni di caratteri, sottostanno però alla legge costrittiva affinché possano svilupparsi verso una determinata direzione - che si chiama “il più alto grado possibile di intelligenza” -, e ciò significa che essi non sono in grado di agire diversamente da quanto lo concede la cerchia che avvolge la loro forma animica. Mostrate per esempio, anche con molta esattezza, ad un uccello che sarebbe certamente meglio costruire non un nido aperto, ma una casa intrecciata; ebbene, anche se fate ciò, esso continuerà a fare il nido nel suo modo! E voi potete stare certi che, da quando sono sorte le specie, ciascuna specie si è costruita la propria dimora sempre così come avviene ancora adesso. La ragione sta nell'orizzonte, in un certo modo limitato (forma dell’anima), che non è possibile ampliare; precisamente nello stesso modo come un fanciullo non sarebbe ancora in grado di imparare la difficile aritmetica superiore qualora non avesse ancora imparato gli elementi iniziali.

2. Negli animali, le varie forme - che costituiscono la progressione sulla scala della vita animale - armonizzano con i periodi di tempo od anni di sviluppo dell'uomo. Una volta sviluppato il massimo grado di intelligenza animale - badate bene che qui la forma esteriore non c’entra mai per niente, ma soltanto lo sviluppo animico! -, allora queste intelligenze sviluppate possono confluire alla formazione dell'anima umana, la quale, in primo luogo e in questo modo, contiene in sé le intelligenze sviluppate al massimo grado le quali si completano reciprocamente, ma in secondo luogo però, poiché essa è la progressione di molte vite inferiori, deve rispecchiare in generale tutta intera la vita inferiore, dato appunto che essa contiene in sé tutto ciò. L’anima dunque a questo punto è completa dal punto di vista della forma esteriore e della forma interiore atta a svilupparsi. E così il coronamento della creazione, cioè la forma umana, è raggiunto nell’uomo neonato con un germe supremamente capace di sviluppo.

3. Adesso inizia il secondo compito, e cioè quello in cui l'uomo deve pervenire quanto più possibile alla libera conoscenza, riconoscendo il Creatore e l’evoluzione dell'uomo interiore.

4. Finora la forma animica era ottusa, non si curava dello spirituale ma soltanto di cose materiali, e per essa valeva soltanto il diritto del più forte. Ora però la Divinità vuole che la Sua Opera, che è stata faticosamente guidata fino a qui, a questo punto anche La riconosca e cerchi di avvicinarsi a Lei per amore e non per timore della Sua Forza. Ma come si può fare ciò?

5. La Divinità, se vuole raggiungere questa Meta, deve velarSi, e cioè Essa deve mettere la Sua creatura in condizioni tali che essa possa riconoscere liberamente da sé la Divinità, oppure di non riconoscerLa. In ciò la Divinità non può esercitare nessuna costrizione, perché altrimenti la direzione della volontà viene influenzata dal timore, che è da evitare, e non dall'amore. Considerate voi stessi, infatti, come vi sentireste se foste circondati da servitori che vi servissero unicamente per paura invece che per amore! Questa pianticella dell'amore può sussistere solamente quando la sempre più crescente chiarezza e visione compenetrante delle cose, forniscono all'uomo-animico la prova non costrittiva del grande Amore e della grande Sapienza con cui la Divinità gli va incontro, cosa questa che lo trascina all'ammirazione e all'amore.

6. Tuttavia ora all'uomo animico viene assegnata una guida, poiché la semplice anima da sola, essendo una forma completa che non può essere ulteriormente sviluppata, non scorgerebbe al di sopra di sé niente di più elevato se ora non potesse affluire in lei un sentimento spirituale, la sensazione di una potenza che la rende umile e la inciti ora a cercare il suo Creatore. E questa è la Scintilla divina che, quale spirito, viene immesso in lei e che deve svilupparsi contemporaneamente a lei, e compenetrarla sempre maggiormente mediante una giusta educazione e introdurla per mezzo dell'autoistruzione in ogni conoscenza.

7. Questo equo connubio, che comincia già alla nascita dell'uomo, è stato però enormemente disturbato dal fatto che ora si sviluppa soltanto l'anima in seguito all'inevitabile sviluppo del corpo, ma lo spirito interiore resta in lei per lo più soltanto allo stato embrionale. Ma lo scopo della vita è di farli progredire entrambi contemporaneamente, in modo che l'uno stia sempre nel giusto rapporto di dipendenza dall'altro.

8. Questa Scintilla dello spirito proviene da Dio e contiene in sé già originariamente ogni verità e ogni giusto riconoscimento. Per mezzo suo, l'uomo sta in strettissima congiunzione con lo Spirito originario di Dio stesso e, mediante tale Scintilla, può penetrare in tutti i Misteri e nella Sapienza di Dio stesso. Una cosa certa è che un limitatissimo numero di uomini ne ha soltanto un presentimento, e lo scopo della Mia Missione di insegnamento è appunto quello di far risplendere questo presentimento, che talvolta brilla soltanto debolmente, fino a farlo diventare piena certezza e conoscenza, e la via che conduce a ciò viene data attraverso la Mia Dottrina».

 

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Cap. 11

Sul risveglio interiore e la continuazione della vita dopo la morte.

 

1. (Continua il Signore:) «Il Mio discepolo Giovanni ti ha già detto, ed Io ti confermo, che nei due Comandamenti “ama Dio sopra ogni cosa, e il prossimo tuo come te stesso!” sono contenuti i dieci Comandamenti di Mosè ed ogni altra cosa che l'uomo deve fare per destare la Scintilla spirituale che dimora in lui e per congiungerla sempre di più con la propria anima. Infatti, soltanto nel giusto vivere al cospetto di Dio e nelle vere opere d'amore verso il vostro prossimo voi trovate la vera soddisfazione, la pace interiore e la giusta vittoria sulle vostre passioni e sulla morte. Colui in cui una volta è sorta la convinzione che gli rende impossibile contravvenire a questi Comandamenti, costui percepisce anche già su questa Terra il vero Cielo, poiché così egli si è reso inespugnabile a tutti gli assalti del male, e in questo modo è divenuto un vero dominatore in sé, ed è pure divenuto, fuori da sé, un dominatore sulla natura.

2. Infatti, dato che l'anima dell'uomo, come voi sapete, contiene in sé tutti gli esseri che la Terra porta, è certo del tutto naturale che, una volta che lo spirito ha ottenuto la signoria nella sua dimora contenente tutto ciò, esso deve poter signoreggiare anche sulle svariate immagini del proprio “io”, come un re che, assurto al trono dalla condizione di schiavo, ora signoreggia incontrastato su tutti i ceti a cui egli stesso apparteneva. Va notato, però, che ciò accade soltanto quando l'uomo ha trovato in sé l'anello di congiunzione della catena che costituisce la Mia Dottrina, ed ha saldato le due catene in un’unica catena che non si può spezzare! Quale ultimo anello della catena materiale, la quale costituisce soltanto la suprema forma animica e la forma umana condizionata da questa, egli è assolutamente impotente e non è di per se stesso che un animale estremamente intelligente e ben formato.

3. Io penso che ormai voi avrete compreso perché vivete, e come voi potete pervenire al vero riconoscimento»

4. Dissero tutti gli ascoltatori, ancora pienamente meravigliati: «Si, Signore e Maestro»

5. Io però a questo punto proseguii: «Ora non resta che rispondere alla terza domanda, cioè che cosa avviene dell'uomo dopo la morte.

6. Se le cose stanno così come Io vi ho detto, è chiaro pure che l'uomo spirituale - il quale durante la vita terrena non può svilupparsi che imperfettamente, dato che il suo greve corpo è per lui un gran peso - deve continuare a vivere, poiché certo nessuno vorrà sostenere di poter ottenere, in questa breve vita terrena, un grado di perfezione tale da portarlo quasi già vicinissimo a Dio. Nel corpo egli incontra svariatissimi ostacoli, tentazioni di ogni genere, affinché il suo carattere si tempri e la sua volontà si eserciti a fare violenza a se stesso, ed attiri sempre più ciò che è buono ed espella fuori da sé gli incitamenti cattivi.

7. Solo nell'aldilà egli entra in un mondo nuovo, che va sempre più svelandogli le meraviglie di Dio e l’universo, dove egli vede con l'occhio spirituale e non con i deboli occhi di carne che gli presentano il mondo materiale. Ma nella contemplazione delle grandi Opere prodigiose egli ormai riconosce che la vera Beatitudine sta unicamente nell’attività, e che Dio stesso è l'Essere più attivo di tutti. A seconda dei suoi progressi, può venirgli poi dato anche un adeguato campo di attività, che egli adempie con la massima diligenza; e in tale attività e nella visione dell'utilità del proprio lavoro egli godrà la vera gioia e la più alta beatitudine.

8. Io però intendo mostrarvi un buon esempio di come sia costituita questa attività; e così, di conseguenza, voglio che una giusta quantità di spiriti beati affluiscano qui e vi introducano nella loro attività!».

9. Non appena Io ebbi pronunciato queste parole, accanto a ciascuno dei presenti comparve all'improvviso un gentile abitante dell'aldilà, il quale salutò con cortesia. I Miei discepoli non ne rimasero troppo stupiti, poiché essi si erano già gradatamente abituati a simili apparizioni, ma se ne stupirono tanto più invece il nostro oste e Phoika, i quali non furono in grado di parlare per la meraviglia.

10. Io però infusi loro subito vigore e, dopo essersi un po’ riavuto, Phoika Mi disse: «Signore e Maestro, se dopo le Tue splendide spiegazioni piene di Sapienza ci fosse rimasto ancora qualche dubbio, io tuttavia adesso so molto precisamente con Chi ho a che fare. Soltanto Tu e nessun altro può essere quel prodigioso Galileo, dietro al Quale però si cela cento, anzi mille volte di più di un profeta per quanto anche molto dotato di Grazia; infatti, parlare in questo modo ed essere signore sulle schiere dell'aldilà lo può fare solo Uno, e Questi è lo Spirito Originario che ha preso dimora in Te e si è incarnato in modo visibile agli uomini. Salute a Te dunque e a tutti gli uomini ai quali Tu Ti riveli!»

11. Dissi Io: «Mio caro Phoika, quello che tu dici è del tutto vero e bello; ma Io preferisco - se veramente Mi hai riconosciuto - che tu Mi ringrazi nell'intimo del tuo cuore anziché con parole troppo risonanti, perché Io compenetro i cuori altrettanto facilmente come tutte le altre cose, e non ci tengo affatto al ringraziamento che viene formulato mediante parole.

12. Ma adesso fate attenzione a ciò che quegli abitanti pienamente beati mostreranno a ciascuno di voi, affinché voi riconosciate in che cosa veramente consiste la beatitudine di uno spirito nell'aldilà!».

13. Allora tutti furono colti da una specie di pace contemplativa, nella quale rimasero seduti immobili sulle loro sedie.

 

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Cap. 12

L’esperienza spirituale di Phoika.

 

1. Solo dopo un bel po’ di tempo essi rinvennero e non finivano di meravigliarsi e di raccontarsi reciprocamente dove erano stati condotti dai loro rispettivi accompagnatori - che tuttavia ora, dopo il risveglio, erano nuovamente scomparsi - e tutto quello che questi avevano mostrato loro.

2. Io allora invitai Phoika a raccontare, e questi cominciò subito come segue: «Signore e Maestro, quello che io ho visto era una meraviglia dopo l’altra, tuttavia era del tutto diverso da come gli uomini si immaginano la vita nell'aldilà!

3. L'angelo, al quale Tu mi hai assegnato, mi condusse dentro nella sua sfera che di per sé è un mondo completo, nel quale egli è anche un signore in sé e regna completamente come un piccolo re. Io venni rapito animicamente da lui, poiché il mio greve corpo non avrebbe certo mai potuto intraprendere un simile viaggio, ma ciò avvenne senza che io sentissi in qualche modo la mancanza del mio corpo, e perciò adesso so molto precisamente che questo corpo è soltanto una veste greve e spesso davvero goffa data all'anima come tutela, affinché essa vi si possa sviluppare in maniera giusta, ed esso in sé non sta nella vita, ma in realtà - poiché in sé è morto - si trova completamente fuori dalla stessa.

4. Lo spirito angelico mi portò via su un sistema solare che mi è del tutto estraneo - dove pure dei pianeti ruotavano intorno ad un sole come avviene qui - e mi mostrò con la massima chiarezza che quel sistema solare gli era affidato perché ne avesse cura nel modo giusto; infatti alla sua parola tutto obbediva con la massima puntualità. Allo stesso tempo però tutta la forza fluiva in lui attraverso l'abbandono della sua volontà nella Tua, che egli ha riconosciuto come l'unica e sola giusta e vera, e quindi non aveva alcuna difficoltà a sottomettersi alla Volontà Superiore e nell'eseguirla. Tutte le meravigliose specie di animali e di piante che io vidi erano suoi pensieri. Dopo che questi pensieri in un certo modo erano stati esaminati da Te e dichiarati quale un’immagine del Tuo Pensiero fondamentale, egli li poneva fuori da sé e li fissava mantenendo fermo il pensiero in sé dando loro una forma nella materia. Così dunque procedeva l’atto creativo.

5. Io vidi ad esempio come l'angelo in sé formò un nuovo pianeta, il quale dovrà servire da dimora agli uomini futuri. Egli mi mostrò come va formandosi il pensiero: all'incirca come l'artista in sé fa nascere un quadro, che egli va raffigurandosi in tutti i particolari. Ma poiché l’angelo aspira ad accogliere soltanto ciò che è giusto e buono anche al Tuo cospetto, allora egli si congiunse nel suo cuore con Te, il Padre nell'eternità che tutto governa, e in un certo modo Ti sottopose il piano. Tu gli dicesti, certo non in parole, ma in spirito: “È buono e giusto dinanzi a Me, fai dunque così!”. E immediatamente lo spirito dell'angelo si eccitò, si colmò di grande potenza di volontà e, sul sole che gli è sottoposto, sorsero un fragore e una palla: il futuro pianeta. Esso si sciolse da tale sole e fu scagliato e si dispose in orbite che corrispondono completamente all'immagine che io avevo già visto prima nel progetto dell’angelo.

6. In questo creare dinanzi a Te ed anche in Te, egli prova la più alta beatitudine possibile, poiché soltanto così quello spirito angelico può diventare simile a Te anche come creatore, e rendersi più perfetto.

7. Veramente a noi non è concesso percepire neanche soltanto un atomo di questa beatitudine, perché noi non la potremmo sopportare; tuttavia io ho ricevuto ora un’immagine chiarissima di come la beatitudine possa venire trovata e percepita soltanto nell'attività in Te e fuori da Te, nel concatenamento del supremo e più fervente amore per Te e con ciò pure per le Tue creature, ma non nell'inattività e nell'inerte contemplazione della Creazione. Se noi ci limitassimo a restare fermi ad ammirare la Creazione e non imparassimo a comprenderla attraverso l'attività, la Tua Grandezza, o Signore, dovrebbe schiacciarci invece di renderci atti a progredire.

8. Io quindi mi applicherò con tutte le mie forze a trovare il vero anello di congiunzione della catena mediante il pieno amore per Te, o Signore, e per il mio prossimo, affinché anch'io possa un giorno venire reso atto ad operare nel Tuo Regno così come fa quello spirito angelico, poiché, che ciò sia possibile e che in ciascuna delle Tue creature vi sia questa capacità, questo me l'ha spiegato quel caro amico celeste in maniera chiarissima, tanto che io ho ben compreso e non desisterò mai più da questa Meta raggiungibile.

9. Perciò dunque Ti appartiene, o Signore e Maestro, il mio più profondo ringraziamento per avermi messo in grado, durante questo tempo terreno, di vedere e di capire tali meraviglie! Adesso la mia anima non è più deserta, ma è colma del Sapere più celeste e del più profondo ringraziamento per il mio Signore e Creatore, il Quale al termine del mio tempo di vita mi ha condotto così meravigliosamente fuori dalla valle della morte verso l'elevatezza della Vita purissima»

10. Dissi Io: «Tu adesso ti sei sforzato di esprimere nelle parole più chiare possibili quello che hai visto, ed i presenti ti hanno compreso molto bene, poiché essi hanno tutti visto qualcosa di simile a ciò che hai visto tu. Ma coloro che non hanno visto ciò e che ne sentiranno parlare nei tempi futuri, ne otterranno solo un debole concetto, a meno che non venga aperta la vista interiore pure a loro. Finché l'uomo si trova ancora dentro il suo corpo, che lo costringe a porre piuttosto tutto in un equilibrio misurabile, per lui andrà unicamente male con le cose supremamente spirituali, perché egli vuole misurare e percepire anche queste con i suoi sensi non sviluppati, il che funziona altrettanto poco quanto voler versare una damigiana d'acqua in un piccolo bicchiere. È dunque meglio che voi non riveliate a nessuno quello che avete visto ora, poiché ciò può essere di utilità soltanto per voi e non può affatto venire compreso dagli altri, come voi stessi potrete facilmente percepire.

11. Adesso però usciamo di nuovo, dato che Io voglio rendere a questa località ancora un beneficio; e dopo, già in giornata, noi ci metteremo in cammino!».

 

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Cap. 13

Il Signore benedice questa località.

 

1. Noi allora ci alzammo dai nostri tavoli ed uscimmo fuori davanti alla casa, sulla strada maestra. Io ho già detto che questa località era piccola, di conseguenza era composta da non troppe case; tuttavia era situata favorevolmente per pernottare in quanto distava una giornata scarsa di viaggio da Gerusalemme ed era l'ultima che sulla via verso Petra offriva un comodo alloggio, e precisamente proprio presso il nostro oste Muzio. Essa non distava nemmeno troppo dal Giordano, così che in essa non scarseggiava nemmeno l'acqua. Sicuramente invece le mancavano molto degli alberi grossi ed alti, i quali sono indispensabili nella loro qualità di, per così dire, annientatori di nebbie e assorbitori di elettricità, e per proteggere le case dalle esalazioni del Mar Morto, le quali con il vento del Sud si rendevano davvero molto percettibili. Tutte le case erano circondate soltanto da cespugli discretamente alti a da alberi bassi e un po’ avvizziti, poiché i vapori salini impedivano un’alta crescita. Il beneficio che Io volevo rendere a quella località era di porre riparo a questa casa.

2. Io perciò discussi con Muzio su questo punto, come pure con alcuni suoi vicini, i quali accorsero immediatamente quando Mi videro uscire di casa con i discepoli, poiché per mezzo del servo Marzio e di altri erano venuti a conoscenza della prodigiosa moltiplicazione del pane e delle altre cose. Tutti Mi pregarono che provvedessi affinché i raggi ardenti del Sole, i quali proprio nella valle del Giordano si sentono molto, venissero mitigati e che creassi un dispositivo di protezione contro le esalazioni. Io acconsentii alla loro preghiera, benedissi il terreno, e all'istante in direzione Sud verso il mare, ad una discreta distanza però dal lato della strada principale - in modo che il mutamento della regione avrebbe potuto venire notato soltanto da chi avesse conosciuto con precisione la regione - sorse un fitto bosco di abeti, i cui alberi sono tra i più adatti a consumare forti esalazioni di acqua salata e riescono a prosperare comunque. Questo bosco formava una parete di protezione verso il mare; attualmente, però, è già scomparsa da molto tempo.

3. Io a quel punto dissi agli abitanti che per Me sarebbe stato facile collocare all'improvviso - proprio come era accaduto con quel bosco chiamato all’esistenza - anche attorno alle loro abitazioni una grande quantità di alberi e di altri arbusti, però era meglio per loro se veniva presa una via più secondo natura per il conseguimento di questo scopo, considerato che il loro villaggio non era situato in un posto proprio appartato, e ciò era meglio a causa dei molti romani e dei non ebrei che andavano per la via, poiché si sarebbe troppo favorita la superstizione, dato che costoro avrebbero attribuito una tale opera prodigiosa ai loro dèi, e ciò sarebbe stato causa di molti inconvenienti per gli abitanti. Ad ogni modo a partire dalla successiva primavera, tutte le piante, gli alberi e gli arbusti avrebbero manifestato una crescita molto vistosa, tanto che essi in due anni avrebbero sfoggiato una rigogliosissima abbondanza e con ciò avrebbero procurato a quella località sia un’adeguata frescura che un'aria “giusta” e pura. Ma non appena essi per avidità di lucro avessero cominciato a disboscare quel bosco di conifere protettivo, sarebbe subentrata la condizione di prima, che era spesso insopportabile, soprattutto in estate avanzata, e alla fine avrebbe reso inabitabile questa regione.

4. Gli abitanti allora Mi ringraziarono di tutto cuore e Mi pregarono di chiarire Chi dunque Io fossi, da dove Mi venisse tale Potenza e così via. Io però li indirizzai a Muzio dicendo che egli avrebbe saputo rispondere a tutte le loro domande; dunque essi dovevano rivolgersi semplicemente a lui se volevano ricevere una giusta spiegazione.

 

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Cap. 14

La partenza del Signore dall'albergo.

 

1. Noi a quel punto ci ritirammo nella stanza di prima, e Muzio Mi ringraziò nuovamente per tutti i benefici che Io avevo fatto per lui e per quel luogo.

2. Io gli parlai: «Mio caro Muzio! Ieri ti dissi che tu eri avaro verso gli ebrei e non disposto amichevolmente nei loro confronti, e che se quel giorno non fosse stato già così tardi, cioè al tramontare del Sole, Io certo avrei evitato di entrare nella tua casa. Ora lascia che ti venga spiegata ancora qualche altra cosa affinché tu abbia la giusta norma per la tua vita futura!

3. Vedi, sebbene di nascita tu sia un greco, secondo il cuore sei però romano di sentimenti, e così ora secondo lo spirito cerca di seguire unicamente la Mia Dottrina! Infatti presso di Me non esistono né romani, né greci, né ebrei, né persiani o altri popoli. Ci sono solo uomini, i quali devono divenire tutti partecipi del Regno di Dio nel cuore e anche sulla Terra. Un popolo però doveva venire scelto, dal quale doveva venire la salvezza, e questo poteva essere soltanto il popolo d'Israele, poiché soltanto qui era già stato lavorato il giusto terreno per mezzo di Mosè e dei profeti. Ma non per questo tale popolo ha qualcosa di più dinanzi ad altri popoli, oh no; solo se esso avesse accolto la Dottrina e se avesse riconosciuto il vero Messia che dall'eternità sono e rimarrò Io, allora sì che sarebbe divenuto il popolo più possente ed anche il più nobile, dato appunto che grazie al terreno coltivato attraverso i secoli, in esso erano già presenti le premesse ottimali. Ma dato che ciò non accadrà, allora anche qui si dirà: “I primi saranno gli ultimi”.

4. Ma per il fatto che tu ora sai anche questo, tu adesso non devi disprezzare oppure odiare questo popolo quando tu presto udrai ciò che essi faranno di Me, ma tu devi considerarli come dei traviati che non sanno quello che fanno, e devi adoperarti di cuore, là dove ti è possibile, per condurli sulla giusta via. Non preferire dunque i tuoi connazionali, ma sii giusto verso tutti, affinché tu non ti faccia la pessima reputazione di essere sgarbato, scortese e avaro!

5. Sforzati di seguirMi sempre, ed applicati soprattutto nella pazienza! Perché, vedi, nonostante tutte le moltissime occasioni nelle quali Mi si sarebbe strappato il filo della pazienza, già da molto tempo Io rimango paziente, ascolto placidamente le numerose stoltezze degli uomini e cerco di istruirli in maniera da non provocare un effetto repulsivo, e per quanto è possibile faccio loro del bene. Vedi, Mio Muzio, così dovete fare voi tutti se volete veramente essere Miei discepoli!

6. Per te però era giunto l'ultimo tempo per la vera meditazione e conoscenza. Infatti già molte ammonizioni ti erano state rivolte per dischiuderti il tuo interiore e per renderlo accessibile allo spirito dell'amore, della tolleranza e della verità, tanto che in te si era già fatta sera tarda; altrimenti Io non Mi sarei fermato da te, come ti dissi ieri, e queste parole le comprenderai nel modo giusto solo ora.

7. E adesso opera secondo le Mie parole! Sii certo che la Mia Benedizione accompagnerà in ogni tempo te e la tua casa sulla via della tua vita, tanto che tu sarai un solido sostegno nel Mio Regno!».

8. E Muzio, dopo questo Mio discorso, fu così commosso da non essere in grado di dire una sola parola; egli voleva cadere ai Miei piedi, ma Io lo rialzai amorevolmente, lo abbracciai e lo benedissi, dopo di che egli, del tutto rinvigorito e profondamente commosso nell’intimo, si recò dai Miei discepoli, i quali gli strinsero tutti molto affettuosamente la mano senza che venisse detta una parola, poiché là dove lo spirito si muove nel più intimo del cuore, la bocca non è capace di esprimere in parole quello che sente l'anima.

9. A quel punto Phoika, il mercante, Mi si avvicinò e disse: «Signore e Maestro, Ti sia gradito darmi un giusto consiglio su ciò che devo fare! Io adesso so che da Te non solo si trova la Vita, ma che Tu stesso sei la Vita. Anche se non ho espresso in parole molto di tutto quello che è accaduto in me nel breve tempo della mia presenza qui, tuttavia io so di certo che a Te, o Signore, non vi è nulla di nascosto e che Tu hai letto già da lungo tempo nel mio cuore come stanno le cose con me. Io però ora sono fermamente deciso di non lasciarmi sfuggire nuovamente la salvezza una volta trovata, e di vivere d’ora innanzi soltanto così come può essere giusto al Tuo cospetto. Nel breve tempo che prima mi sono trovato nello stato di rapimento e ben lontano da questa Terra, io ho potuto vedere chiaramente Chi sei veramente. E quell'angelo, che mi rapì portandomi nel mondo solare, mi mostrò con assoluta chiarezza dove va cercato Dio e che in Te dimora la Divinità stessa. Ma quando però, così come me, si è pienamente compenetrati dalla verità, allora certo è anche naturale che io nutra soltanto il desiderio di adempiere la Tua Volontà, o Padre dall'eternità, e possibilmente di regolare la mia vita secondo il Tuo compiacimento»

10. Io dissi a Phoika: «A Me fa tanto più piacere questo tuo sentimento, in quanto finora ogni tua aspirazione era rivolta unicamente all'accumulare tesori terreni, i quali appunto proprio ora non ti mancano. Dato però che adesso la tua attività di prima, dopo che il tuo spirito si è risvegliato in te, ti appare vuota e ripugnante - come di certo non può essere altrimenti considerato che trae origine soltanto dalla materia - allora non c’è proprio nulla che ti impedisca di cessarla completamente.

11. Io penso quindi che qui da Muzio tu troveresti una casa molto accogliente, tanto più che sei senza figli e senza nessun congiunto, per cui nessuno ti impedisce di disporre le cose del tutto a tuo piacimento, e che voi due, a causa dei molti stranieri che passano per questa località, potrete fare molto del bene. Per quanto riguarda i tesori, che hai conseguito con un onesto lavoro, essi ti arrecheranno la vera benedizione solo quando li adopererai per aiutare i poveri e i bisognosi, e per questa cosa qui ci sono abbastanza occasioni. Ultimamente tu hai avuto più volte il desiderio di ritirarti, tuttavia poi ti hanno fatto paura l'inattività e la noia. Vedi, qui ti sta dinanzi un ampio campo di attività, dove non ti mancheranno l'attività e neppure la Mia Benedizione. Cosa ne pensi tu dunque ora di questa proposta?»

12. Disse Phoika: «O Signore, essa corrisponde del tutto ai miei pensieri che erano già sorti in me e che però non osavo esprimere, poiché non sapevo se poi anche Muzio li avesse accolti volentieri. Ma ora che Tu stesso ne hai parlato, io so che per lui andrà bene, dato che ad ogni modo è Tua Volontà che noi possiamo ora lavorare qui insieme, ed io credo sicuramente di trovare in lui un caro amico».

13. Muzio si affrettò a confermare ciò, e gli si videro brillare gli occhi dalla gioia di poter fare qualcosa che corrispondeva al Mio desiderio. I due furono subito d’accordo, e il mercante Mi domandò, avendo udito che Io volevo proseguire il viaggio già in giornata, se poteva essermi d'aiuto con i suoi muli, visto poi che i sacchi pieni di mercanzia potevano benissimo rimanere lì e che per la loro vendita non c'era fretta. Io però gli dissi che non sarei andato per la grande strada che porta a Gerusalemme attraversando Gerico, ma piuttosto in direzione nord risalendo per la valle del Giordano, dove i suoi animali non avrebbero potuto seguirci. Egli quindi poteva pure andare subito a Gerusalemme, sistemare là i suoi affari e poi prendere le disposizioni per trasferirsi definitivamente da Muzio.

14. Egli Mi domandò inoltre che cosa avrebbe dovuto fare riguardo ai suoi compagni, quando questi fossero ritornati a Petra, ciò che sarebbe avvenuto in un tempo non molto lungo. Io gli dissi che egli non avrebbe dovuto far nulla, poiché questi non erano certo di cuore disonesto, ma rivolgevano ancora troppo i loro pensieri ai guadagni di questo mondo, e quindi non offrivano ancora un terreno per accogliere il Mio Spirito e la Mia Dottrina. Essi lo avrebbero considerato semplicemente come una persona strana, cosa che egli però avrebbe dovuto sopportare tranquillamente, dato che non ne avrebbe avuto alcun danno; più tardi però, durante i loro lunghi viaggi, essi lo avrebbero visitato spesso e poi anche sarebbero stati istruiti da lui al momento giusto.

15. Con ciò Phoika fu soddisfatto e diede subito alla sua gente gli ordini necessari per la partenza, poiché non voleva perdere neanche un’ora nell'adempiere la Mia Volontà.

16. Ora tutto fu in ordine e il momento del congedo era arrivato. L'oste ed i suoi, i vicini e Phoika presero commiato da noi con molti ringraziamenti, ed Io nuovamente li benedii tutti, e poi con i Miei andammo lungo la grande strada fino al guado del Giordano.

 

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Cap. 15

Il Signore prepara i Suoi discepoli per il futuro.

 

1. Dopo che noi avemmo passato il guado, ci volgemmo su un sentiero laterale che conduceva proprio a nord attraverso un terreno collinoso molto gradevole. Ciò avvenne per il fatto che volevo evitare i dintorni di Gerico e perché i Miei discepoli, durante il percorso di quella via solitaria e povera di avvenimenti straordinari, potessero raggiungere un grado interiore per la perfezione.

2. Poiché a poco a poco adesso si avvicinava il tempo del quale è detto: “Adesso voi Mi vedete ancora; ma fra poco voi non Mi vedrete!”, allora qui era necessario dare a tutti i Miei seguaci, che erano maturi per questo, una delucidazione più precisa in merito. Infatti particolarmente i Miei discepoli non volevano credere che gli ebrei avrebbero ottenuto potere e autorità su di Me, nonostante i noti accenni che essi avevano ricevuto in merito. Io li condussi quindi sempre più addentro alle montagne per vie a loro completamente sconosciute.

3. Quando dunque si fu fatta sera, noi ci accampammo all'aperto ai piedi di un monte discretamente alto, ed Io cominciai così a parlare ai Miei: «Miei cari, ormai da lungo tempo siete stati testimoni delle Mie opere e del Mio insegnamento, così che voi ora potete essere a conoscenza di come e del Mezzo con il quale il Regno dei Cieli si è fatto vicino e in ogni Pienezza si è abbassato fino a voi. Io ora vi ho guidati in questa valle appartata, affinché voi vi ritiriate in voi stessi e nella quiete contemplativa vi rafforziate nella fede in vista dei futuri avvenimenti, poiché non è bene che, quando il Pastore viene percosso, le pecore non sappiano nemmeno trovare la via che conduce nella loro stalla.

4. Siate dunque pronti a scrutare in voi dove è ancora buio nei vostri cuori, in modo che la Luce, finché essa risplende per voi, illumini bene tutti gli angoli e voi sappiate in casa vostra se per il momento vi regna l’oscurità! Infatti Io so bene che voi siete deboli, e che tuttavia vi reputate dei giganti finché avete un appoggio personale in Me. Ma è soltanto quando questo appoggio vi verrà a mancare che si vedrà fino a che punto arrivi la vostra fermezza e quanto fondata sia la vostra certezza di non cadere.

5. Ma adesso vediamo di rinvigorire anzitutto i corpi, e dopo fate come Io vi ho detto! Scrutatevi interiormente, e chi sente in sé una domanda, che la esponga senza indugio! Però ora è bene che uno vada a vedere che cosa ci viene offerto a nostro ristoro, là dietro a quel cespuglio!».

6. Allora Pietro e Giacomo si affrettarono subito verso il posto indicato e ritornarono portando varie pagnotte come pure del vino in brocche; con queste vivande noi consumammo poi una sufficiente cena.

7. Una volta terminata, tutti si mantennero silenziosi. Ognuno richiamò alla mente la Mia Dottrina e le Mie opere, ma nessuno venne fuori con una qualsiasi domanda. Perfino Pietro, che di solito aveva alcune cose da domandare nel cuore e poneva spesso delle domande le quali in una qualche forma avevano già trovato la risposta attraverso precedenti ammaestramenti, si manteneva del tutto tranquillo ed aspettava solo ciò che sarebbe comunque uscito fuori quando Io avessi iniziato a parlare, poiché a tutti era sembrato molto strano dover fare questa scappata in montagna.

8. Visto dunque che regnava il silenzio generale colmo di attesa, allora presidi nuovo Io la parola e dissi: «Miei cari, voi tutti che Mi avete seguito senza chiedere dove vi conducessi, ascoltate quello che ho da dirvi! Però cercate di ascoltare col cuore e non solo con gli orecchi, poiché tutti i misteri e le dottrine che Io vi ho rivelato, possono venire compresi solamente quando il cuore ne percepisce la verità e quando non viene interpellato il solo intelletto umano a dare il suo giudizio!

9. Si avvicina ora il tempo del quale la Scrittura dice: “Il Figlio dell’uomo adesso verrà innalzato!”, e del quale è detto: “Egli ti calpesterà il capo, e tu (il serpente) Gli morsicherai il calcagno!”. La Mia Missione di Maestro ora qui volge al termine, e avrà subito inizio la vostra. Voi però dovete essere ben preparati, affinché non diveniate deboli e non tremiate dinanzi agli orrori del futuro. Infatti, nonostante tutto il vigore che affluirà in voi, farete tuttavia molta fatica a rimanere saldi e a vincere la vostra natura umana.

10. Quando però voi proseguirete l'opera che Io compirò ora, ricordate le Mie parole sul monte Garizim: “Beati sono coloro che vengono perseguitati a causa della giustizia (e non desistono dalle loro vie), perché di loro è il Regno dei Cieli! Beati siete voi, quando a causa Mia gli uomini vi insultano e vi perseguitano e, mentendo, dicono ogni sorta di male contro di voi!”; infatti, le loro menzogne si rivolteranno contro loro stessi e li annienteranno, e vostra diverrà la corona dell’amore per la verità! Perciò non temete anche se non Mi vedrete più, perché Io, malgrado ciò, rimarrò con voi fino alla fine del mondo!

11. Ma se i grandi e i notabili del mondo verranno e vi offriranno grosse somme per farvi entrare ai loro servizi in modo da diventare, tramite voi, ancora più grandi e più ragguardevoli, allora dite loro che voi già servite un altro Signore, il Quale vi retribuisce molto bene e che vi riconosce come fedeli servitori e che quindi non potete assumere ulteriori servizi, poiché nessuno può servire due padroni e soddisfare entrambi. Essi poi vi domanderanno chi sia questo Signore. Allora non rinnegateMi, ma riconosceteMi apertamente, perché chi Mi rinnegherà, anch'Io un giorno lo rinnegherò e lo respingerò da Me! E chi è stato ripudiato da Me, dovrà attendere a lungo e sopportare molta fatica, angoscia e tormenti, prima che per lui ritorni a splendere la Luce. Perciò osservate le Mie parole!».

 

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Cap. 16

Il Signore e Lucifero.

 

1. Mentre facevo scorrere i Miei occhi sulla schiera dei Miei seguaci, che ascoltavano pieni di devozione le Mie parole e non sapevano bene che cosa pensarne, la Mia Anima sentì una profonda compassione e un immenso amore per coloro che Mi seguivano pieni di fiducia. Allo stesso tempo però Io vidi come il maligno si sforzasse in essi di sviare le loro anime da Me e di volgerle di nuovo al mondo. Allora la Divinità in Me si accese d’ira e l'uomo Gesù ritrasse, così che soltanto il Padre dominava in Me.

2. E l'Onnipotenza disse: «Facciamo ancora un tentativo, e vediamo se riusciamo a liberare tutti costoro da ciò che tende al Basso, e di renderli liberi figli dell'Alto, affinché il figlio perduto[4] faccia ritorno alla Casa paterna!».

3. E vedi, allora tutti caddero in un profondo sonno. Io invece, quale uomo Gesù e tuttavia Dio dall'eternità, stetti in piedi solo e chiamai davanti a Me Lucifero, l'arcangelo caduto, a causa del quale tutto ciò era stato creato.

4. Allora le anime dei dormienti si sciolsero dai corpi e si schierarono intorno a Me, e in loro ardeva una luminosa Scintilla che elargiva Luce e Calore vitale a queste anime ancora molto impure.

5. E tali anime si inginocchiarono dinanzi a Me e Mi pregarono: «O Signore, non distoglierTi da noi! Tu ci hai salvato e continuerai a guidarci!».

6. Lucifero però stava dinanzi a Me con l’aspetto di un bel giovinetto, tuttavia senza splendore, col capo chino, in attesa della Mia Parola.

7. Io gli dissi: «Tu, Portatore di Luce, non hai potuto vedere la Divinità, ma soltanto percepirLa, e quando tu uscisti dal Punto centrale del Mio Amore per creare Luce e Vita in tutti gli spazi dell’Infinità, tu credesti allora di essere non il Portatore, ma il Possessore della Forza. Tu convertisti il tuo amore in superbia e dicesti: “Un Dio che non si può vedere, non è un Dio. Le creature che sorgono per mezzo della mia volontà onorano me, unico Essere visibile, come Dio. Io quindi voglio essere e rimanere Dio per loro!”.

8. Allora la Mia Voce risuonò in te e disse: “La Pienezza del Mio Spirito opera con te e in te, e tutte le Caratteristiche che riposano in Me formano, verso l'Alto e verso il Basso, una scala di gradazioni nell'infinità. Io voglio darti una parte della Mia Forza, in modo che ciascuno domini a partire dal confine più intimo, che costituisce il più intimo punto, affluendo dall’infinità da due lati. E così tu, quale essere finito uscito da Me, puoi tuttavia operare infinitamente con Me, come Polo opposto che sta in maniera equa di fronte a Me”.

9. Tu però disprezzasti l'avvertimento, poiché la tua forza creava da te innumerevoli esseri, ed essi ti seguivano e divennero possenti, dato che Io non volli distruggere i neo-creati, che erano parte di te. La schiera si accrebbe sempre più possente ed essi ti costituirono il loro dio. Allora tu commettesti di nuovo un sacrilegio e dicesti: “Io sono Dio, perché in nessun luogo io scorgo la Forza che crea qualcosa!”. Stolto, [dicesti questo] come se il finito potesse vedere e comprendere l'Infinito!

10. Io dunque ti misi in catene e, vedi, quella stessa Forza sta qui di Persona dinanzi a te e ti dice: “Io sono il Dio finora invisibile! Mi riconosci ora? Ritorna alla Casa paterna, affinché tu venga liberato dalle catene e prenda il posto che ti spetta! Vedi qui la schiera dei genuflessi dinanzi a Me, svincolati via da te, vivificati in se stessi attraverso il Mio Alito e per sempre rivolti a Me! Desisti dall'ostinazione, lascia alitare in te il calore del Mio Amore, e tutta la materia si polverizzerà nel nulla!”»

11. Disse Lucifero: «Tu sei Gesù di Nazaret, un uomo di grande forza, che un tempo fu anche mia. Però riconoscere Dio, la Forza suprema, l'Infinità, in te, vale a dire in ciò che è finito, questo no, mai! Quello che è accaduto a me, può accadere anche ad altri. Gli uomini sono mortali, i loro corpi imputridiscono, e così pure tu ti disgregherai, il tuo corpo si disferà e di Gesù non rimarrà che polvere.

12. Io conosco la mia colpa e mi vedo spoglio dell’ornamento di Luce; ti concedo anche quei pochi dei miei che sono là e che si sono rivolti a te. Però all'Onnipotenza non verrà mai in mente di annientare la Sua Creazione, che propriamente è opera mia, che solo io ho procurato e che anch’io amo, esattamente come Lei, poiché proviene da me. Che la lotta dunque continui a sussistere, poiché è proprio questa lotta la condizione necessaria alla vita. Il terrore della morte è opera mia, e con ciò io tengo a me le mie creature, ed esse rimangono presso di me, affinché le mie caratteristiche possano vivere in loro. Quindi è giusto così com’è! Cosa vuoi tu dunque ancora da me?»

13. Dissi Io: «Qui non è il luogo per disputare, poiché tu sai molto bene diche cosa si tratta. A Me quale uomo-Dio è data ogni Forza dei Cieli, e soltanto la tua ostinazione non Mi vuole riconoscere, perché tu speri sempre di vincere ancora sulla Divinità, di impadronirti di Lei. Tu interpreti la Sua grande Indulgenza come debolezza, e il Suo Amore come impotenza. Tu non vuoi lasciare andare le tue schiere, per salvare le quali Io stesso ora Mi sono rivestito [di carne], e cerchi di aizzarle, quantunque tu sappia che i tuoi seguaci ora si sono già molto indeboliti e sono diminuiti. Sei riuscito a imprigionare gli animi e a distoglierli dalla Conoscenza. Il fatto che il paganesimo continui ad esistere è opera tua. Ma nonostante tutto ciò tutte le tue azioni sono state rivoltate in modo tale che i caduti tuttavia vengono condotti a Me; e tutto questo non ti basta?»

14. Disse Lucifero: «Quelli che si sono rivolti a te, attendono solo il mio richiamo per ritornare. Dammi l'occasione di dimostrarti quanto sono deboli, e se io perdo, allora ti riconoscerò! Dammi potere sul tuo corpo, fammi vedere l'uomo interiore che vive in te, e vedremo quanto poco di Divino rimane attaccato in lui! E anche questi qui tornano indietro a me, a cui appartengono, non appena Gesù ha pagato alla morte il suo tributo!»

15. Dissi Io: «Ciò che Io stesso introduco nel Mio Regno, è perduto in eterno per te. Io già dal principio del mondo so meglio di tutti quali vie conducono alla salvezza. Tu però bada bene a te: la tua misura è colma! Per amore alle creature dei Miei Cieli e Terre Io sono ritornato, e per amore loro terminerò l'Opera malgrado la tua testardaggine!

16. Non confidare nel fatto che col tuo annientamento sia anche deciso irrevocabilmente l'annientamento di tutti gli esseri che provengono da te, e che da ciò sia condizionata la dilazione che è concessa pure a te. Un giorno verrà il tempo nel quale dinanzi a Me tu non soltanto rimarrai spoglio, come ora, del tuo splendore, ma rimarrai anche spoglio di ogni essere che è uscito da te, e allora nessuna creatura sarà più colpita attraverso il tuo annientamento. Allora dovrai di nuovo deciderti, a meno che tu, di tua libera volontà, non preferisca venire da Me già prima. Adesso levati da qui, poiché le Mie decisioni sono ferme, e sia fatta la Mia Volontà!».

17. Dopo di che Lucifero scomparve. Io però benedissi le anime schierate intorno a Me, le fortificai e comandai loro di ritornare nei loro corpi.

 

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Cap. 17

La rivelazione del Piano della Creazione e della Redenzione.

 

1. Nota bene. Molti qui si meraviglieranno chiedendosi perché Io abbia chiamato le anime dei Miei discepoli fuori dai loro corpi per farle essere così testimoni di questa scena. Questo avvenne per due motivi.

2. Intanto conveniva che essi al ridestarsi, e cioè tornando nuovamente nella loro vita terrena, non portassero nessun ricordo di quanto avevano visto e udito, perché ciò sarebbe stato inutile, anzi dannoso per il loro ulteriore sviluppo, ed anche perché è solo l'anima, unicamente nel suo stato di libertà, che è capace di penetrare con lo sguardo nelle sue fasi precedenti. Però era importante che quest'ultima cosa accadesse, affinché queste anime Mi riconoscessero pienamente come loro Signore e Creatore e potessero pregarMi di proteggerle. D'altro canto conveniva che Lucifero riconoscesse come egli veniva spogliato dei suoi seguaci e diventava sempre più impotente.

3. Qui, a comprensione di quanto seguirà, è ormai tempo di chiarire completamente chi e che cosa sia Lucifero, come ci si debba raffigurarselo e come sia possibile vincerlo in ogni singolo uomo, poiché solo mediante un giusto chiarimento di queste importantissime domande è possibile comprendere in modo giusto la Creazione, la Mia discesa sulla Terra, la Mia Passione e Morte. Così ascolti dunque il mondo, assolutamente spoglio da ogni immagine, il grande mistero del Mio Piano di Creazione e di Redenzione!

4. Quando la Divinità, attraverso processi che a voi rimarranno sempre misteriosi, Si fu ritrovata ed ebbe riconosciuto in Sé lo Spirito universale che crea e che abbraccia tutto, allora si manifestò in Lei un poderoso fluttuare e premere, ed Essa in Sé parlò così: «Io voglio porre fuori da Me le Mie Idee, per scorgere in esse di che cosa sono capaci le Mie Forze!». Infatti, finché non si sviluppa alcuna attività, la Divinità può riconoscere Se stessa soltanto in esigua misura. Solo dalle Sue opere Essa riconosce sempre più la Sua Potenza e Se ne rallegra (allo stesso modo in cui ciascun maestro riconosce ciò che sta in lui solo dalle cose che egli produce, e se ne rallegra).

5. La Divinità dunque volle creare e disse ancora in Sé: «In Me giace tutta la Forza delle eternità, dunque creiamo un essere che sia dotato di ogni Forza come Me stessa, tuttavia in modo tale che esso porti in sé le caratteristiche in cui Io stessa Mi possa riconoscere!». E fu creato uno spirito, che venne dotato di ogni Forza derivante da Me, per presentare alla visione della Divinità le Mie Forze insite in Me.

6. In questo spirito la Divinità stessa volle stabilire il Punto fisso della propria Efficienza, così come un uomo che cammina trova solo nel saldo punto d’appoggio della Terra un punto fisso per far agire la propria forza e procedere avanti. La resistenza che la Terra stessa offre è però giusta, anzi, è il mezzo col quale la forza propriamente si manifesta, e con ciò avviene il procedere. Questa forza data, che fu immessa nello spirito appena sorto, era il Polo opposto, vale a dire il giusto contrapposto di tutte le Caratteristiche che voi indicate come divine, il quale non per questo è non-divino, ma rende soltanto possibile il diffondersi della giusta Luce della Conoscenza.

7. Infatti, ogni caratteristica, se è perfetta, la si deve poter considerare da due lati. Là dove entrambi i lati convergono in un punto, si può allora trovare la Mia Perfezione. Scendendo e salendo da questo Punto centrale, entrambe i lati si perdono nell'infinito.

8. Considerate come esempio l'Amore, la Legge suprema e la più nobile Caratteristica nel Punto centrale del Mio Cuore! Ognuno comprenderà facilmente che una persona estremamente amorevole può ancora essere accresciuta nel suo amore; infatti sarà facile immaginare che già sulla vostra Terra c'è sempre un’altra persona che è ancora più amorevole. E tuttavia voi osserverete che le persone estremamente amorevoli hanno in sé anche il giusto polo opposto, motivo per cui esse pure sono in grado, per amore e in considerazione di savie ragioni, di rifiutare di accondiscendere ai desideri di persone che li avvicinano, sapendo che questi desideri tornerebbero solo a danno di coloro che li hanno espressi.

9. Ora se fosse creato un essere che è posto su questo confine, partendo dal quale esso possa liberamente svilupparsi da entrambi i lati, allora è facile comprendere che questa capacità del rifiutare egli la possa sviluppare in se stesso sempre di più, e con ciò allontanarsi sempre più dal giusto confine e infine perdersi fin nelle più infinite profondità del polo opposto; ciò significa dunque nelle più estreme durezze. Ugualmente voi potete sempre immaginarvi, in rapporto ad una persona cattiva, una persona ancora più cattiva e priva d’amore, che si perde fino alla più enorme distanza dell'egoismo.

10. Ora se Io creai un essere che conteneva tutti i poli - fate bene attenzione unicamente giusti delle Mie Caratteristiche divine, ciò non vuol dire che Io Me ne spogliai completamente così da consistere poi, quale Dio, per così dire soltanto di una metà, ma significa soltanto che Io creai un essere e lo posi sul confine in questione, lo dotai della Mia Onnipotenza, dunque agivo per mezzo suo, e a questo punto gli lasciai la facoltà di svilupparsi verso l’Alto e verso il Basso. E a partire da questa pienezza di potere lo lasciai operare liberamente.

11. Questa prima luce di conoscenza - ossia il riconoscere la possibilità di potersi sviluppare salendo o scendendo - doveva avere come effetto quello di restare volontariamente nel Punto centrale per operare, a partire da lì, in strettissima unione con il divino Spirito Originario, e in forma autonomamente creativa creare sempre nuovi esseri, affinché Creatore e creatura ne provassero una vera gioia e, in questa gioiosa attività, un’accresciuta beatitudine.

12. Se ora Io vi dico che questo primo spirito creato si chiamava Lucifero (cioè Portatore di Luce) voi ora comprenderete anche perché si chiamava così e non altrimenti. Egli portava in sé la Luce della Conoscenza e, quale primo essere spirituale, poteva riconoscere molto bene i confini delle Polarità spirituali interiori. Egli, dotato della Mia piena Potenza, chiamò in vita altri esseri che erano pienamente simili a lui, i quali pure percepivano in loro la Divinità e, come lui, vedevano splendere in loro la stessa Luce di Conoscenza, ed erano ugualmente creativi in forma autonoma, e furono dotati di tutta la Forza del Mio Spirito. Tuttavia agivano in costoro Forze particolari del Mio Spirito Originario risplendendo in modo dipartito, ossia le Forze divennero, nel loro carattere, corrispondenti alle Mie sette principali Caratteristiche, e così il loro numero fu sette.

13. Qui non è da intendersi che le altre sei Caratteristiche in questione fossero mancanti, per il fatto che quegli esseri corrispondevano ad una sola Forza, ma nel loro essere essi possedevano un corrispondente impulso, il quale li rendeva atti a farsi portatori di una particolare Caratteristica, impulso che essi svilupparono di preferenza. Infatti fin dai primordi Io sottoposi i Miei esseri alla necessità di non poter fare a meno l'uno dell'altro; il migliore mezzo per evitare che l’uno si ritenesse superiore all’altro.

14. Lucifero, ben sapendo che egli doveva rappresentare in sé il Polo opposto di Dio, giunse dunque a presumere la possibilità di assorbire in qualche modo in sé la Divinità e credette erroneamente di poter accogliere in sé, quale essere creato e quindi finito, l'Infinità. Anche qui infatti valse la legge: “Nessuno può vedere Dio (l’Infinità) e nello stesso tempo conservare la vita”; di conseguenza egli poteva bensì percepire l'Essere della Divinità, udire i Suoi Comandi, finché si trovava nel giusto Punto centrale, mai però vedere la Divinità in Persona.

15. Ora come l'essere finito non può e non potrà mai comprendere l'Infinità – e perciò su questo punto può sempre cadere facilmente in errori e persistere in essi con moto discendente -, così Lucifero, nonostante tutti gli avvertimenti, sprofondò tuttavia nell'illusione di poter captare e catturare la Divinità. Con ciò egli abbandonò il Punto giusto sul quale era posto, si allontanò dal Punto centrale del Mio Cuore e sprofondò sempre più nel falso desiderio di radunare intorno a sé le sue creature, che erano sorte attraverso lui ma uscite da Me, per dominare gli spazi popolati da esseri di ogni specie.

16. Sorse allora un dissidio, ovvero una separazione dei partiti (fazioni), che condusse infine al risultato che la Potenza data a Lucifero venne da Me ritirata, ed egli con i suoi seguaci divenne impotente e privo della Forza creativa.

17. Sorse naturalmente la questione: «Cosa si dovrà fare ora di questo esercito di caduti, e come morti, vale a dire apparentemente inattivi?»

18. Ne risultarono soltanto due vie. La prima via era quella di annientare Lucifero col suo seguito, per poi crearne un secondo, il quale probabilmente sarebbe stato soggetto allo stesso errore, dato che uno spirito più perfetto, che Io avessi posto libero fuori da Me e quindi che non fosse dipendente dalla Mia Volontà, non poteva essere creato. Il creare delle macchine, le quali senza volontà eseguono ciò che Io comando, non era affatto difficile, ma per far pervenire ogni creatura alla Luce della Conoscenza di se stessa, la via fino allora adottata era l'unica. Ma poiché attraverso Lucifero, cioè per mezzo suo, erano stati creati anche gli altri spiriti, rimasti a Me fedeli e comunque appartenenti alla sua sfera, allora un improvviso annientamento di Lucifero avrebbe dunque significato l'annientamento di tutti gli esseri viventi.

19. Immaginatevi un uomo che abbia schierati intorno a sé figli e nipoti i quali certo discendono da lui quale mezzo, ma che devono tuttavia la loro vita propriamente a Me! Qualora le azioni di quest’uomo, i pensieri e così via debbano essere annientati per sempre, allora bisognerebbe annientare necessariamente anche i suoi discendenti, altrimenti il suo ricordo sopravviverebbe di certo in loro. Soltanto una cancellazione completa di tutto ciò che fosse mai venuto in un qualche contatto con lui - indifferentemente dal fatto che fosse una cosa buona o cattiva, che avesse meritato o no l’annientamento - renderebbe possibile un totale oblio.

20. Ma come avrebbe meritato ciò Lucifero, la cui caduta era avvenuta unicamente per errore, il che include dunque la possibilità di abbandonare l’errore? Perché si sarebbero meritati il proprio annientamento gli esseri rimasti fedeli? E infine: «Dove sarebbe la Mia Sapienza se Io dall'inizio non avessi riconosciuto e previsto la possibilità di una caduta, per cui è da escludersi una ripetizione del processo creativo?». E innanzitutto: «Dove sarebbe il Mio Amore, se questo non avesse rinunciato all'annientamento, trovando piuttosto i mezzi, attraverso la Sapienza, per ricondurre gli esseri perduti alla Luce della Conoscenza, affinché in tal modo rimanessero nel giusto equilibrio delle Caratteristiche polari?».

21. Non rimase dunque che la seconda via, che avete davanti a voi nella Creazione materiale.

22. Immaginatevi un uomo il quale non vuole assolutamente riconoscere che il re del Paese è un possente sovrano, per il fatto che egli è stato sì dotato da lui di ogni forza e di ogni potenza, ma che non ha mai veduto il re stesso! Costui si ribella contro il re e vorrebbe innalzare a re se stesso. Il re, per non lasciare perire i sudditi a lui fedeli, lo prenderà, lo priverà dei suoi ornamenti, lo spoglierà di ogni pieno potere e lo farà gettare in una stanza sicura fino a quando non sarà ricondotto alla ragione, e così pure farà con i seguaci. A seconda poi di quando i seguaci fanno penitenza e riconoscono il loro errore, questi verranno liberati e rimarranno fermamente uniti al re che nel frattempo si sarà reso loro anche visibile.

23. Questa debole immagine terrena vi indica appunto il modo in cui Io ho agito; infatti l'incarceramento è la Creazione materiale. Tuttavia per comprendere quello che seguirà, voi dovete stimolare le percezioni della vostra anima, dato che l'intelligenza umana è troppo corta per capirlo.

24. Un'anima è composta di innumerevoli particelle, ognuna delle quali corrisponde ad una Idea proveniente da Me, e una volta che si sia ritrovata, non può più diventare altro che quello che è, poiché risponde allora al carattere che ha ricevuto. Un cristallo, quando ha finito di cristallizzarsi, non può più essere mutato nella sua essenza, e cristallizza come romboedro o esaedro, ottaedro e così via, a seconda della forma corrispondente al suo carattere, vale a dire al raggrupparsi delle particelle intorno al suo punto centrale vitale.

25. Qualora si debba procedere ad un cambiamento, perché i cristalli non sono risultati del tutto puri, allora gli stessi devono essere disciolti col calore (Amore), affinché possano cristallizzare di nuovo quando si raffredda la calda acqua d'Amore, il che equivale alla liberazione della loro volontà. A questo punto si formano nuovamente dei bei cristalli nuovi, e qualunque chimico attento saprà ottenere dei cristalli il più possibile belli, limpidi e grandi, che corrispondano agli scopi prefissi.

26. Vedete, un tale chimico sono Io! Io disciolsi i cristalli divenuti impuri (Lucifero e il suo seguito) nella calda acqua dell'Amore e feci cristallizzare poi di nuovo queste anime affinché diventassero limpide. Che questo avvenga per progressione ascendente attraverso il regno minerale e il regno vegetale fino all'uomo, ciò vi è noto. Tuttavia, dato che l'anima di Lucifero include l’intera Creazione materiale, così anche questa deve esprimersi nella forma dell’uomo. Così pure tutte le comunità di spiriti si uniscono sempre in una persona, che viene espressa attraverso la guida di tale comunità, e formano ciò che viene chiamata la sua sfera. Qualcosa di simile, che esprima ciò con chiarezza, non esiste nel campo materiale, perciò Io dissi: “Aprite le vostre percettività animiche!”.

27. Ora vi diverrà anche più chiaro il fatto che Lucifero crede di dover agire così come accade, affinché la materia abbia potuto essere creata; e questo è un errore, perché non è la materia il fine ultimo della Mia Creazione, ma lo scopo degli esseri posti fuori da Me è solo il libero riconoscere, amare e comprendere la Divinità, mentre la materia non è che un espediente per il conseguimento di tutto ciò. Lucifero persistette in questo secondo errore e si perdette negli estremi confini delle sue caratteristiche polari, mentendo a se stesso con l’idea di dover con ciò conservare la materia. Gli fu data tanta libertà da poter compenetrare la materia, vale a dire da osservarla consapevolmente in se stesso, affinché egli, essendo in assoluto il primo spirito creato, riconoscesse quale male aveva recato ai suoi compagni, e con ciò fosse condotto al ritorno. Però egli non fece così, anzi proprio allora volle davvero dominare come principe della materia, che faceva parte di lui. Egli perciò offuscò il più possibile i cristalli umani che andavano formandosi di nuovo, allo scopo di mantenere il suo regno; infatti la lotta con Dio gli sembrò grande, sublime e conservatrice della vita.

28. I cristalli umani, i quali di nuovo dovettero essere lasciati ugualmente liberi per raggiungere lo scopo, potevano propendere per lui o per Me, e durante il tempo della loro vita caddero comunque molte volte. Vedi il paganesimo, nel quale egli si fece onorare come re, e in cui fece onorare le sue caratteristiche polari - che celano ugualmente in sé grandissima sapienza - come dèi!

29. Ora si chiederà: «Perché Io permisi un tale agire?». Ciò rimane incomprensibile se non si considera lo scopo finale, e questo è il liberissimo riconoscere di se stessi in Dio.

30. Quando un grande capo-popolo si compiace di compiere azioni perverse e trascina via con sé i suoi seguaci, ebbene, come si può raggiungere nella maniera più sollecita lo scopo di portare a tutti la giusta Luce? Sicuramente ciò avverrà quando il capo-popolo stesso desisterà dalle sue azioni perverse, poiché i seguaci lo seguiranno al più presto. Se invece si cerca di allontanare da lui i seguaci uno alla volta, fino a quando egli rimanga solo, allora lo scopo viene rimandato molto più a lungo.

31. Ora presso di Me si tratta sempre di andare [direttamente] al nocciolo, ma se questo non può essere cambiato, allora si prende la via più lunga!

32. Ora, poiché durante la prigionia - pensate adesso all'immagine del re – veniva fatto il continuo rimprovero: “Se potessi vedere il re, crederei in lui!”, il presupposto per la Mia Incarnazione fu, in primo luogo, per i caduti, e in secondo luogo per rendere visibile la Divinità in Persona ai non caduti e coronare così la loro fede.

33. Qui sta il Segreto della Mia Incarnazione che dovette rompere la materia, che altrimenti sarebbe dovuta diventare sempre più dura, nel caso in cui Lucifero si fosse perduto sempre più nelle durezze del Polo opposto. La Mia Incarnazione perciò impose una sosta e mostrò esattamente la Via per svincolarsi dal servizio agli idoli e dalla venerazione delle Caratteristiche polari, e dovette ora fornire anche la prova che, in primo luogo e come massimo bene conseguibile, può essere vinta la morte per mezzo della quale gli uomini erano stati legati alla materia ed ai suoi piaceri, e in secondo luogo che la vita non avviene nella materia, ma nello spirito, e che la prima è solo una prigione di quest’ultimo.

34. Che Io Mi preparassi il Paese, il popolo e la famiglia più adatti dove potesse aver luogo la sicura riuscita del Mio Sacrificio - poiché Lucifero avrebbe potuto vincerMi -, questo si comprende da sé, e la storia del popolo ebraico risponde alla domanda su dove ciò dovesse avvenire.

 

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Cap. 18

La visione di Ebal.

 

1. Quando i discepoli si furono destati dalla loro specie di intontimento, si meravigliarono tutti di essersi d'improvviso addormentati così profondamente, e Mi domandarono dunque cosa veramente fosse accaduto loro.

2. Io dissi: «Non preoccupatevi per questo, poiché molte cose ancora accadranno per le quali voi farete la stessa domanda, senza che anche ad essa possa venire immediatamente risposto! Però a tempo debito vi verrà dato anche il chiarimento adeguato».

3. Ora tra coloro che erano al Mio seguito c'era anche un ebreo, di nome Ebal, che aveva pienamente accolto la Mia Dottrina nel suo cuore e che si applicava col massimo zelo a risvegliare il proprio spirito. Costui, in virtù della sua vita antecedente la quale gli aveva conferito delle superiori capacità dell'anima, aveva il dono della seconda vista, vale a dire il dono di poter contemplare in sé degli avvenimenti futuri o passati.

4. Egli si avvicinò a Me e disse: «Signore e Maestro! La mia anima rabbrividisce costantemente nel dolore quando io, nelle ore quiete, mi rappresento Te. Io vedo allora delle fosche immagini emergere dinanzi a me, le quali mi sembrano presagire cose orribili. Spesso ho contemplato cose che riguardavano il passato e anche il futuro, mai però ho percepito questo dolore come quando penso a Te e alle immagini che aleggiano davanti a me nello spirito»

5. Parlai Io: «Dì, Mio caro Ebal, che genere di immagini contempli, affinché anche coloro che sono qui sappiano quello che percepisce la tua anima!»

6. Disse Ebal: «Signore, io vedo le porte del Cielo aperte, ed una chiara luce irradia verso di me dalle incommensurabili profondità della Creazione. Ed una voce mi dice: “Vedi, questa è la luce del mondo che è discesa agli uomini e che ora ha preso dimora presso di loro!”

7. Ed in seguito io Ti vidi camminare, e Tu venivi luminosamente irradiato da questa luce e completamente compenetrato da essa, e nel Tuo Cuore io vidi ardere una fiamma che si faceva sempre più chiara. E quanto più chiarore irradiava questa fiamma, tanto più andava scomparendo la luce irradiante dall'esterno.

8. Così io poi vidi avvicinarsi una figura oscura, la quale si affannava a coprire la luce in Te; e durante questo affannarsi io scorsi le schiere dei Cieli che guardavano giù angosciate questo avvenimento. E vedi, quanto più la figura si sforzava di investirTi di tenebra, tanto più risplendeva in Te la luce, ed infine essa, accecata dal veemente fulgore, cadde a terra dinanzi a Te. Tu però toccasti la scura figura che giaceva ora come morta ai Tuoi piedi, e le dicesti: “Beati sono tutti i peccatori che fanno penitenza, e nessun peccato è così grande che non possa venire perdonato, qualora il peccatore preghi nel Mio Nome! Dunque prega anche tu, affinché ti possa venire perdonato!”

9. Ed io vidi inoltre che le Tue mani e i Tuoi piedi erano forati da parte a parte, e dal Tuo Cuore scaturì una goccia di sangue. A questo punto la figura che giaceva ai Tuoi piedi acquistò vita e si fece sempre più chiara finché anch'essa risplendette di un chiarissimo splendore. Allora una voce risuonò attraverso gli spazi del Cielo: “Vedete, Io ho mandato il Mio Figlio, affinché Egli Mi riportasse il ‘perduto’, ed Egli non temette di morire per ristorare e vivificare l'indebolito con il sangue del Suo Cuore! Salute a Lui, poiché ora Io prendo del tutto dimora in Lui, essendo noi diventati Una cosa sola per l'eternità!”.

10. Quando questa voce si smorzò, io rinvenni. Però io vidi poco fa sempre quella stessa figura tenebrosa starsene vicino a me, sghignazzando come se avesse voluto dirmi qualcosa, e poi sparire.

11. Dimmi dunque, Signore e Maestro, cosa significa tutto ciò, poiché, per quanto magnifico fosse pur stato questo a vedersi, tuttavia io, come già detto, sento sempre in questa circostanza un profondo dolore interiore che spesso mi rende incapace di pensare o di percepire!»

12. Dissi Io: «Ebal, quando la tua anima sente quello che accadrà nei giorni a venire, essa viene contemporaneamente colta da angoscia trovandosi di fronte ad avvenimenti la cui Meta finale essa non sa ancora scandagliare! Ciò la opprime molto e la cattura possentemente a causa di tutte queste impressioni per lei incomprensibili e che essa certo vorrebbe risolvere e non lo può, poiché le manca appunto la comprensione di tutto ciò, e allora sente un dolore proprio come uno che si trovi stretto in ceppi e che si ribella ad essi sforzandosi di liberarsene. Tu però cerca di attizzare più di quanto non sia stato il caso finora l'amore per Dio nel tuo cuore! Tranquillizza il tuo cuore e ascolta attentamente la voce del tuo spirito; e così nel giusto riconoscimento e pazienza ti verrà dato subito un coltello acuminato che tagli questi ceppi!

13. Ma tutti coloro i quali, come te, sono dotati di speciali facoltà - e con ciò sono in grado di estendere le loro anime tanto lontano da sé così da poter accogliere il futuro che già comincia a gettare la propria ombra, e di suscitare in sé il passato e di renderlo visibile - devono anzitutto esercitarsi nella pazienza e nella tranquillità affinché quanto vedono non eserciti nessuna oppressione su loro stessi, ma possa venire compreso completamente!

14. Così è anche nel tuo caso, e presto il futuro stesso ti mostrerà cosa c'è di vero nella tua visione!

15. Adesso però lasciate stare tutti i discorsi e concedete ai vostri corpi il necessario riposo notturno, il quale sotto la libera volta stellata in questa pura aria di montagna è particolarmente benefico e ristoratore, poiché domani ci attende un grande lavoro, esteriormente certo soltanto per Me, ma interiormente per voi tutti, per il quale voi dovrete essere del tutto pronti e rinvigoriti!».

16. Allora Ebal si allontanò da Me, e tutti i presenti si coricarono sul terreno muschioso che offriva un soffice giaciglio. Custoditi dal Mio Spirito, essi si addormentarono nell'ampia “casa paterna”, tranquillamente e dolcemente come i fanciulli; e ciò avvenne per l'ultima volta sotto l'incondizionata cura della Mia Volontà, poiché da quel giorno ebbe inizio il ritiro da loro della Mia legge costrittiva sotto l’aspetto esteriore, in modo che, a seconda del grado raggiunto dalla loro fede in Me, avrebbe potuto raggiungerli anche il potere degli avversari, ed essi ormai potevano venire esercitati nel senso dell'attività autonoma invece di essere costantemente avvolti dalla Mia personale Potenza divina, che a loro insaputa li proteggeva e li provvedeva di tutto, senza che essi dovessero occuparsene. Da quel momento in poi conveniva che si mostrasse fino a quale punto i Miei insegnamenti e le Mie opere li avessero maturati e resi indipendenti.

 

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Cap. 19

Il Signore prende alloggio da Raele.

 

1. Il giorno seguente, quando tutti si furono destati, si sentirono molto rinvigoriti; tuttavia essi rimasero colpiti perché ciascuno percepiva un singolare vuoto e un’indipendenza dell’anima, che si manifestavano dal fatto che i Miei discepoli cominciarono a disputare fra di loro riguardo a varie questioni, invece di lasciarne come al solito la risposta a Me. Questo fu il primo segno dell'indipendenza ormai acquisita e della libera decisione per quanto concerne le loro vie future; questo segno si fece dominante in loro e in Pietro, nonostante il suo grande amore per Me, in seguito si accentuò fino ad arrivare al rinnegamento.

2. Noi abbandonammo presto la valle che ci aveva dato ricovero durante la notte passata, e che era diventata teatro di un avvenimento così importante, e ci dirigemmo poi in direzione nord-ovest fino ad un piccolo paese situato piuttosto a nord-est da Gerusalemme, chiamato Rimmon.

3. Avevamo appena fatto il nostro ingresso in tale paese che un uomo si avvicinò a Me e con voce supplicante - essendosi dapprima fatto riconoscere come un inviato delle sorelle di Lazzaro, Marta e Maria - Mi chiese implorando di venire in fretta a Betania, poiché Lazzaro si era fortemente ammalato, e le sue sorelle temevano per la vita del fratello. Raccontò inoltre che egli aspettava qui già da due giorni e che, come lui, molti messaggeri erano stati inviati per cercarMi, dato che Io in quel periodo dell'anno ero solito visitare sempre Lazzaro, e concluse dicendo che lui, per amore del suo signore, si rallegrava di averMi trovato.

4. Io risposi al servitore: «La malattia non è per la morte, ma a gloria di Dio, affinché il Figlio ne sia glorificato». (Giov. 11, 4)

5. Il servitore prese queste parole come un segno sicuro che Io avrei guarito il suo padrone, e Mi pregò insistentemente di andare immediatamente, affinché il suo padrone non dovesse soffrire a lungo, ed egli poi si diresse in fretta verso Betania a portare il lieto annuncio alle sorelle che attendevano con ansia.

6. Io però Mi rivolsi ai discepoli e dissi loro: «Andremo in cerca di un alloggio per poter riposare, poiché non è così urgente andare a Betania»

7. Allora Pietro Mi domandò: «Signore, Lazzaro è dunque già risanato?»

8. Io risposi loro: «No, ma egli guarirà; ed è necessario che egli deponga prima quello che vi è in lui di impuro, come anche voi dovete deporre ogni impurità prima di poter entrare nel Regno di Mio e di vostro Padre».

9. I discepoli allora non fecero più altre domande, perché erano già abituati ed avevano imparato a riconoscere che le Mie disposizioni erano sempre state quelle giuste.

10. Noi quindi attraversammo la cittadina - che veramente si sarebbe potuta definire piuttosto un grosso villaggio - fino alla sua altra estremità, la quale dava verso la strada per Gerusalemme, e pervenimmo ad una casa, che, circondata da un giardino, stava lì ben appartata e graziosa. Il giardino ben curato stava ad indicare che il suo possessore apparteneva alle persone più facoltose, e che evidentemente si era scelto qui un luogo di riposo, appartato dai rumori del mondo.

11. Noi ci trovammo davanti alla casa e ne contemplavamo la gradevole ubicazione, quando un servitore uscì dalla stessa e in nome del suo padrone ci invitò cortesemente ad avvicinarci e, qualora ci fosse stato gradito, prendere alloggio da lui.

12. Io gli fui indicato come capo della comitiva, e gli dissi: «Dì al tuo padrone che Colui, il Quale egli già da molto tempo attende, è venuto per prendere dimora presso di lui!».

13. Il servitore si allontanò e noi entrammo anzitutto nel giardino davanti alla casa. Non passò molto tempo che lo stesso servitore ritornò da noi e ci pregò di seguirlo. Egli ci condusse in una stanza spaziosa, una specie di salone, che secondo il costume di allora era riccamente arredata con tappeti e varie opere d'arte che rivelavano all'istante l'agiatezza del possessore.

14. Immediatamente comparve egli stesso, sostenuto da un domestico. Era un uomo già molto vecchio, dal nobilissimo aspetto e indebolito dal peso degli anni. Alla sua vista tutta la nostra compagnia fu piena del massimo rispetto, poiché dal suo volto splendeva la pace, e tutto il suo essere mostrava la venerabile maestosità di un antico patriarca, all'incirca come ciascuno si raffigurava l'immagine di uno dei patriarchi.

15. Egli ci salutò amichevolmente e si scusò del fatto che il peso dei suoi anni giacché egli ne contava già centoventi - gli avesse impedito di riceverci immediatamente, e che noi volessimo perdonare questa scortesia come non intenzionale.

16. Quando egli (Raele) Mi ebbe dunque osservato più da vicino, fu colto da un grande stupore e disse: «Rabbi, io vidi te questa notte in sogno! Tu mi chiamasti: “Raele, Io vengo a te, dato che tu hai bramato di vederMi, e la tua casa sarà benedetta attraverso di Me!”.

17. E vedi, ora il mio sogno sta adempiendosi! Chi sei tu caro maestro, e chi è questa gente che sembra appartenere a te?»

18. Io gli dissi: «Io sono Colui nel quale tu speravi e che aspettavi da anni; Colui che tu già conosci, e che ti è divenuto estraneo, perché sono passati anni da quando Mi vedesti la prima volta!»

19. Replicò Raele: «Rabbi, la mia memoria è diventata debole. Io so di averti già visto al di fuori del mio sogno, eppure non riesco a ricordarmi il periodo in cui questo è accaduto. Ad ogni modo c'è ancora tempo per parlare in proposito. Io vi prego di considerare questa casa come la vostra e riposate! I miei domestici vi serviranno quali miei carissimi ospiti, come se voi foste miei veri fratelli».

20. Raele quindi ordinò subito alla sua gente di portare dell'acqua per lavare i piedi e di allestire un banchetto. Tutto fu preparato in una spaziosa sala da pranzo, e nel più breve tempo eravamo seduti con del pane e del vino, rinfrescati fisicamente, in una piacevolissima atmosfera nella sala riccamente arredata del nostro venerabile oste.

 

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Cap. 20

Raele racconta la storia della sua vita.

 

1. Dunque, mentre sedevamo a mensa, Raele domandò nuovamente dove Mi avesse effettivamente già visto, poiché non riusciva a ricordarsi quando questo fosse avvenuto.

2. Gli dissi Io: «Eppure ciò ti sta scritto chiaramente nel cuore, solo che tu non ti fidi di mettere in relazione il tuo desiderio più ardente con un essere umano terreno. Però non vorresti tu stesso dirci cosa vive nel tuo cuore come il tuo più intenso desiderio?»

3. Disse Raele, che sedeva al Mio fianco: «Rabbi, il desiderio di ciascun autentico israelita è che l'Unto del Signore scenda giù dai Cieli a noi e prenda dimora fra noi uomini, come hanno annunciato i profeti. I miei giorni sono contati, e il numero dei miei anni oltrepassa di molto quello che solitamente viene concesso all'uomo. Io, in questa Grazia di Dio, vidi sempre un segno che pur avrei potuto un giorno soddisfare il mio desiderio di vedere Colui che ci è stato promesso, che entrerà nella città di Davide e troneggerà a Sion, quale Principe più possente. Vedi, Rabbi, il desiderio più ardente che giace nel mio cuore è che questi giorni si compiano, e così io l'ho dunque rivelato qui a te e a questi tuoi!»

4. «Giustissimo» - dissi Io a Raele, il cui volto, nell'esprimere questo suo desiderio del cuore in pia devozione, risplendeva addirittura -, «ma su, raccontaci anche se tu hai mai trovato qualche indizio che i giorni nei quali Dio visiterà il Suo popolo si siano avvicinati!»

5. Rispose Raele: «Rabbi, io non sarei più in vita se non sapessi ciò con tutta certezza. Vedi, io ho viaggiato lontano per il mondo ed ho cercato di acquisire anche altre cognizioni rispetto a quelle che sono permesse dal Tempio! I nostri regolamenti a dire il vero vietano di occuparci anche di dottrine estranee, ma negli anni giovanili io ero una specie di spirito libero, il quale si curava poco di chiedere ciò che era permesso e ciò che non era permesso. A me sembrava permesso tutto ciò che mi piaceva, e siccome ero di famiglia facoltosa e molto presto venni a godere da solo delle mie esclusive ricchezze a causa della morte prematura dei miei genitori, io volli viaggiare, nella speranza di ampliare le mie conoscenze e di procurarmi fra il popolo una posizione che sarebbe stata di maggior importanza di quella di un dottore della legge che non è mai andato troppo oltre fuori dalle mura della città di Gerusalemme.

6. Già allora - sono passati già cent'anni interi - il popolo del Signore non si trovava più nella giusta fermezza di fede, la quale ora è ancora maggiormente scossa, e già al tempo della mia giovinezza andava diffondendosi un presentimento secondo cui presto doveva adempiersi quello che i profeti avevano annunciato. La mia impazienza però crebbe sempre più quando vidi che la libertà del popolo era minacciata e che infine Pompeo conquistò la terra e la città santa. Ho ancora presente davanti agli occhi come il comandante romano penetrò nel luogo santo e come il popolo impaziente stava attorno al Tempio, aspettando che l'ira dell'Altissimo si abbattesse sul capo del pagano che aveva profanato il santuario. Eppure non accadde nulla!

7. Il romano fu bensì compenetrato dalla santità del luogo, e timidamente indietreggiò dal Santissimo; tuttavia l'ira dell'Altissimo non fu riversata sul suo capo e sull’enorme potenza di Roma.

8. Nemmeno il Salvatore, il Messia, venne al Suo popolo.

9. Allora il mio cuore fu preso da profonda miscredenza e decisi di voltare le spalle alla Terra promessa. L'intero territorio della Grecia, dell'Asia minore e dell'Italia lo avevo già attraversato a piedi, e quindi decisi di cercare la vera conoscenza là dove il nostro popolo era stato per così lungo tempo sottomesso, e cioè in Egitto. Mosè doveva essere stato iniziato in ogni sapienza nota solo ai sacerdoti della terra d'Egitto; io volevo cercare di arrivare alla stessa sapienza.

10. Se un tempo era quasi impossibile penetrare nel Tempio e nei misteri - ci si riusciva soltanto con grandissima tenacia e per intercessione del re - ebbene adesso non è poi così tanto difficile, poiché la segreta dottrina egiziana è diventata un oggetto acquistabile come lo sono molti altri rari articoli di commercio. All'aspirante però viene ora procurato poco meno di nulla dell’autentica, antica sapienza, poiché i sacerdoti stessi non comprendono più nulla di ciò che si cela sotto le loro immagini e gestiscono nei loro misteri solo un vuoto ciarpame di formule, così come anche nel nostro Tempio la forma ha coperto abbondantemente il germe spirituale.

11. Soltanto pochi autentici veri sacerdoti - rare gemme del vero, antico culto vivono ancora del tutto ritirati in singole regioni dell'Egitto, in parte scherniti e derisi come persone strane da parte dei propri compagni, e in parte quali uomini santi onorati dal popolo e dai sacerdoti. Tuttavia, in realtà, essi non sono né questi né quelli, ma soltanto dei fedeli custodi dell'antichissima, elevata e vera fede, i quali rimangono quali testimoni di un’elevata vita spirituale, della quale il mondo attuale non ha più alcuna idea.

12. Io ebbi la fortuna di incontrare un uomo di questa specie. A Tebe mi pagai un posto al servizio di Horus. Là, nel Tempio, viveva un vecchio saggio ancora timorosamente e riverentemente onorato dalla casta sacerdotale. A lui era proprio lo spirito della profezia e dell'apertura dell'occhio spirituale nelle ore di sacra estasi. E siccome tutto si verificava con precisione come a lui gli rivelava lo spirito, egli godeva della più alta considerazione.

13. A lui soltanto devo quanto io so, poiché quell’uomo venerando mi voleva bene, e un giorno mi disse che io avrei fatto in tempo a vedere Colui che egli non avrebbe più visto se non solo attraverso di me[5]. “Lo Spirito della Sapienza” diceva quest’uomo venerando - “scende quaggiù, mandato dall'eterno Amore, e diffonderà la più chiara Luce. Iside allora si lamenterà a causa del marito ucciso, tuttavia l'eterno Figlio assumerà la signoria dal Trono del Padre. Poi spunterà una nuova era. Il globo terrestre crollerà e sorgerà un nuovo mondo finché un'altra volta il Figlio, armato di ogni Potenza, terrà il grande Giudizio dei morti e separerà quello che è giusto da quello che è ingiusto”.

14. Così mi parlò allora il saggio, ed io ora comprendo molto bene quello che egli intendeva con ciò.

15. Per dodici anni io rimasi allievo di questo straordinario uomo, l'unico al quale accordavo piena fiducia. Un giorno il saggio mi disse di sentire avvicinarsi la sua morte e che era suo desiderio che io custodissi quanto mi aveva insegnato. Lui sosteneva che esiste un solo Dio, e a Lui solo serve quanto è stato creato. Tuttavia la Divinità - così era stato reso noto a lui - aveva deciso di rendere immensamente beate le Sue creature, rivestendoSi Essa stessa nella carne e sarebbe discesa come Uomo, per indicare la Via della salvezza a tutti coloro che avessero voluto incamminarsi per questa. Un breve tempo però sarebbe trascorso, e poi a ciò si sarebbe congiunto anche un grande giudizio, affinché le vie fossero rese manifeste anche all’oscura potenza delle tenebre, la quale ha sempre cercato di corrompere quello che edifica l'Amore, nonostante questa via sia valida anche per essa. Perciò sarebbe stato bene che ciascuno rientrasse in sé per non venire colpito dal giudizio. Questo rientrare era costituito dall’amare Dio sopra ogni cosa, rispettare le Forze che irradiano da Lui, ma non adorarle come delle divinità, e ciò per evitare le vie errate. Non ci sarebbe voluto molto tempo perché il giudizio sopraggiungesse e rovesciasse tutte le divinità”.

16. Io dovetti giurargli di restare fedele all'unico Dio dei miei padri, perché Questo era Lo stesso che egli pure aveva trovato: non un Dio della vendetta come Egli spesso veniva chiamato - ma un Dio dell'Amore, che non si infuriava né puniva, ma che spesso doveva solo imporre un freno ai popoli affinché non si corrompessero completamente, e doveva spesso lasciare andare in rovina i corpi, quale unico mezzo per salvare le anime. “Ecco”, disse quest’uomo venerando, “lo spirito mi ha rivelato - ed i miei occhi hanno visto - che il tuo paese è stato eletto per l'avverarsi del grande prodigio! Là accadrà quello che per il tempo presente e per le generazioni future rimarrà sempre incomprensibile, dato che esso è divino e non sarà comprensibile con concetti umani!”.

17. Così dunque parlò il mio maestro e guida nei misteri spirituali della religione originaria del popolo egiziano, che in fondo - compresa bene - contiene le stesse verità, soltanto in altra forma, che si possono trovare anche nei nostri statuti.

18. Poco tempo dopo egli morì, ed io feci ritorno in patria per aspettare quel grande tempo. A me venne rivelato in chiari sogni che ne sarei stato anche testimone; presto però ritenni che era bene ritirarmi dalla cerchia dei templari e degli scribi, visto che mi divenne ora anche troppo evidente il fatto che da quella parte non sarebbe mai venuta la salvezza. Nel bel mezzo di coloro che credono in Dio nella misura consentita dal proprio vantaggio personale, non è possibile che compaia lo sperato Messia, altrimenti dovrebbe essere esclusivamente un Messia dei grandi, dei ricchi e dei signori, e non un beatificatore del popolo!».

 

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Cap. 21

Il Signore racconta le vicende della vita di Raele.

 

1. Dissi Io: «Non hai poi mai avuto, Raele, un presentimento su Chi dunque discenderà o è già disceso quaggiù quale il Messia sperato?»

2. Disse Raele, guardandoMi sorridente: «Maestro, tu e i tuoi siete entrati in casa mia senza che io avessi chiesto: “Chi siete?”. L'ospitalità va messa in pratica senza valutare la persona, affinché, tanto il ragguardevole che il povero venga servito per puro amore del prossimo. Tuttavia prima che ti risponda a questa domanda, converrebbe che io avessi almeno una piccola idea di chi voi siete.

3. Vedi, io sono vecchio e vorrei giungere in pace ai miei padri! Perdona dunque se sono prudente, per non procurare, con un parlare incontrollato, delle cose spiacevoli alla mia persona, che a Gerusalemme non è ben vista; le cose spiacevoli potrebbero accadermi senza riguardo alla mia vecchiaia se io rivelassi i miei più intimi pensieri in maniera poco accorta!»

4. Dissi Io: «Se però ora, qui dinanzi a tutti, Io rivelassi questi tuoi più intimi pensieri, allora temeresti lo stesso di venire tradito da noi?»

5. Disse Raele: «Rabbi, se tu fossi capace di questo, dovresti aver raggiunto un’alta perfezione dello spirito, grazie alla quale lo spirito stesso poi è in grado di vedere lo spirituale attraverso le cose materiali, ed allora sarebbe del tutto escluso un agire ignobile da parte tua e tale da crearmi delle cose spiacevoli, poiché delle elevate capacità spirituali possono venire raggiunte soltanto quando l'uomo depone le cose ignobili. Però in questo caso anche i tuoi accompagnatori, quali tuoi discepoli, sono allora sicuramente simili a te. Dimmi dunque i miei più intimi pensieri, se tu sai fare ciò!»

6. Dissi Io: «Raele, a te non è soltanto noto che il Messia non sarà un re dei giudei come questi lo attendono, cioè come un eroe estremamente potente e battagliero nel senso terreno, affinché Egli soggioghi tutti i popoli e faccia possibilmente di ciascun singolo israelita un piccolo re a sé, che abbia a dominare su tanti e tanti schiavi, ma tu sai pure che il Suo Regno consisterà nel fatto che Egli salvi le anime e le avvii nel Suo Regno di Pace, che non è di questo mondo, ma che è invece solidamente fondato per l'eternità nel mondo dell’aldilà. Tutto ciò te lo ha dimostrato con assoluta esattezza quel sapiente egiziano di nome Sarne.

7. Quando tu, ormai ventidue anni fa, e cioè quella volta che ti trovavi nel Tempio, hai ascoltato ed hai assistito come là un Fanciullo di dodici anni stupiva tutti, non soltanto attraverso la Sua Sapienza, ma anche attraverso la Sua Potenza prodigiosa. Tu ti mantenesti del tutto tranquillo fra gli spettatori e ti meravigliasti molto, constatando come i farisei e i dottori della legge, ciechi all'estremo, non si accorgevano di Chi Si teneva celato dietro a questo Fanciullo. A te lo spirito aveva immediatamente fatto riconoscere che lì, dinanzi agli occhi di tutti, Si trovava corporalmente l'atteso Messia, e che occorreva appunto proprio un simile orgoglio quanto mai ottuso ed una simile cecità dell'anima dei leviti e dottori della legge che si reputavano degli eruditi per non vedere quanto stava loro sotto il naso.

8. Tu hai sempre seguito quel Fanciullo durante il Suo sviluppo. Ti sei addirittura preso la pena di procurare, per mezzo delle tue conoscenze, lavoro ai Suoi poveri genitori, e ciò lo hai fatto per quanto stava nelle tue forze. Certamente fra di te dicevi che là, dove dimora la Divinità, non c'era bisogno del tuo aiuto, però volevi almeno dimostrare le tue buone intenzioni.

9. Poi, anche quando la vecchiaia ti tenne sempre più incatenato a casa al punto che tu, all'infuori delle brevi camminate che portano al tuo giardino, non sei mai più uscito da queste mura, ti sei fatto comunque portare sempre dei ragguagli dagli altri in tale proposito.

10. Ora, da tre anni, da quando è sorto un Profeta, il Quale si chiama Gesù da Nazaret, ebbene, nessuno sa con più precisione di te che Questi è proprio lo stesso Fanciullo. Ed anche nessuno in tutto Israele è più convinto di te che Gesù è Cristo, il vero Unto di Dio. Però questa tua intimissima convinzione tu non osi manifestarla per le ragioni da te stesso addotte. Ed ora dimMi se Io ho parlato giustamente!».

 

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Cap. 22

Il discorso del Signore sui meriti.

 

1. Raele, il quale durante l'accenno al dodicenne Fanciullo Mi osservava con sempre maggiore attenzione, dopo che Io ebbi terminato, all’inizio non disse nulla, ma poi afferrò la Mia mano, la strinse al suo cuore e, guardandoMi affettuosamente negli occhi, disse con voce commossa: «Signore, allora io non Ti ho atteso invano, ma i miei occhi Ti hanno visto veramente! O Padre amorevolissimo, quanto rendi felice il Tuo cattivo servitore! Ora sicuramente mi toglierai presto questo greve carico del mio corpo, affinché il mio spirito possa trovarsi del tutto nella Tua Luce e possa contemplare la Tua grande Gloria che si è celata entro una veste umana. Solo ora io comprendo veramente le parole: “Dio è Uomo, e il Figlio dell’uomo governa il mondo. Dio ha dato a Suo Figlio la Potenza nel Cielo e sulla Terra, ed i popoli non possono divenire altrimenti beati se non attraverso di Lui!”.

2. Così suonavano alcuni di quegli insegnamenti che mi vennero riferiti e che da parte degli ascoltatori venivano sempre fraintesi, per cui questi mi venivano comunicati anche come prova dell'erroneità della nuova dottrina.

3. Ma qui invece è del tutto chiaro che Dio si è davvero fatto uomo in Te e che ha dato ogni Potenza a Te, Suo Figlio quale uomo di corpo ed anima, mentre il vero e proprio Spirito Originario è appunto il Padre. O Signore, come dunque ho meritato una così grande Grazia, che Tu santifichi così la mia casa con la Tua presenza?»

4. Dissi Io: «Raele, avresti preferito che Io fossi passato oltre? Vedi, questa tua ultima espressione era del tutto inutile, perché Io già so a chi e quando Io vengo a far visita a qualcuno per la sua salvezza, e quindi non si può affatto parlare di un qualche merito, poiché, pure in ogni tempo, Io sono venuto agli uomini senza di questo ma unicamente per l'amore che Mi attrae. Ma una volta che Io sia venuto, non si domandi così, per una specie di cortesia terrena, ma invece si gioisca della Mia venuta!

5. Io conosco molto bene le condizioni del tuo cuore e so che tu hai veramente un grande amore per Me e una grande gioia per la Mia presenza, ma Io non vedo volentieri che, dopo averMi una volta riconosciuto, gli uomini facciano troppe domande sul motivo vero e proprio della Mia venuta e considerino poi questa come la ricompensa di un qualche merito.

6. Guarda qui tutti i Miei discepoli! Come si sono meritati che Io sia sempre vicino a loro e che vada iniziandoli in tutti i misteri dei Cieli? Io te lo dico: “Proprio in nessun modo!”. Essi hanno amore per Me, e questo amore li lega spontaneamente alla Mia Persona. E se questo amore si raffreddasse, altrettanto spontaneamente si allontanerebbero da Me per correre dietro a quelle qualsiasi cose verso le quali li attira il loro amore che li ha fatti allontanare da Me. In nessun caso però vi è un qualche merito che li renda degni di restare in Mia presenza. Per conseguenza Io ho anche sempre detto: “Venite tutti a Me, voi che siete affaticati e oppressi, affinché Io vi riduca il carico! Io in compenso non chiedo nulla a voi, se non di amarMi, ed Io così poi vi ristorerò tutti. Ma chi, nonostante il suo greve carico di peccati, non viene di propria volontà a Me, costui non potrà mai vedere il Mio Volto e men che meno poi potrà mediante opere, per quanto nobili, ma senza amore nel cuore, acquistarsi un merito che Mi costringa ad avvicinarMi a lui”.

7. Vedi, Raele, Io ti dico tutte queste cose affinché l'ultimo resto di una filosofia, che ti impone di accumulare dei meriti per progredire spiritualmente, venga posto nella giusta luce, affinché tu sappia che tutti i meriti, senza l'amore per Me, sono nulla! Ma ora lasciamo stare questo argomento!».

 

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Cap. 23

Le proprietà di Raele.

 

1. Dopo di ciò Io rinvigorii Raele, tanto che egli - che in seguito a questo apparente rimprovero era rimasto interiormente tutto afflitto - ridivenne subito di lieto umore, e provò solo una fervida gioia a causa della Mia presenza e bandì ogni inutile scrupolo.

2. Però contemporaneamente anche il suo corpo ottenne il necessario vigore per potersi muovere senza alcun aiuto dei domestici. E questa sensazione di forza che scorreva in lui lo trasportò in una beatitudine così alta, che egli con parole convincenti diede ancora una volta testimonianza del Chi Io fossi, ed esortò tutti i presenti ad unirsi nel darMi lode. Io impedii che Mi venisse fatto questo, come feci già in passato, per le note ragioni, e a quel punto invitai tutti a visitare il terreno di Raele che meritava di essere visto, dato che da ciò ne sarebbero conseguiti una quantità di stimoli per ciascuno.

3. Noi dunque attraversammo le varie stanze della casa, la quale esternamente, verso la strada maestra, non si differenziava in niente dall'abituale stile di costruzione ebraico; internamente tuttavia, specialmente verso il giardino chiuso agli sguardi dei curiosi, presentava completamente uno stile greco. Nelle stanze si vedevano una quantità di oggetti d'arte greca, romana, egiziana e indiana, i quali, disposti con buon gusto, conferivano alle stanze un aspetto molto raffinato e accogliente, tanto che molti dei Miei discepoli, i quali non avevano mai avuto occasione di vivere in ambienti così splendidamente arredati, non cessavano di meravigliarsi. Non era la ricchezza che risaltava, quanto il perfettissimo gusto artistico che si rivelava in ogni luogo e che suscitava un'impressione estremamente armoniosa.

4. Le stesse caratteristiche si riscontravano anche nel giardino, il quale era sistemato interamente come un giardino romano modello, ben curato, ornato con statue, fontane a zampillo e viali frondosi, solo che tutto, sotto l'influsso del tardo autunno, aveva un aspetto notevolmente spoglio. I Miei certamente avevano visto anche da Lazzaro delle belle e ricche disposizioni della casa come pure di quanto la circondava, tuttavia là era chiaro che la caratteristica principale era l'utilità, mentre qui invece era stato considerato l'effetto artistico.

5. Si estese allora, prima tra singoli, poi in generale, una conversazione sulla questione se, nel perseguire degli scopi spirituali, fosse giusto al Mio cospetto fare l'occhiolino, contemporaneamente e in maniera così evidente, al mondo e ai suoi tesori, oppure se non fosse piuttosto riprovevole circondarsi di un simile lusso che pure evidentemente non rappresentava che un diletto per l'occhio e che avrebbe potuto lasciare facilmente assopire l'anima. Ma fu proprio per discutere su questa questione il motivo per cui Io avevo invitato i Miei a visitare la proprietà di Raele, il quale aveva visibilmente una gran gioia per il fatto che anch'Io stavo a sentire con attenzione le sue parole quando egli si impegnava a risaltare la bellezza di singole statue particolarmente rifinite e a lodarne la loro artistica esecuzione. I Miei discepoli si meravigliarono molto in merito a questa Mia attenzione, la quale stava proprio del tutto in contrasto col Mio annientare le statue degli dèi in passato, che esse pure non erano state fatte senza senso artistico.

6. Quando però noi venimmo a trovarci davanti ad una statua di Apollo, la quale si trovava in una nicchia del muro che cingeva il giardino e che, circondata da cespugli, spiccava nelle sue linee belle e chiare dallo sfondo oscuro, il loro stupore non ebbe più limiti, poiché essi pensavano che questa immagine d'idolo, come già in passato le altre, in Mia presenza dovesse volatilizzarsi in polvere.

7. Però la questione divenne ancora più scandalosa, quando noi entrammo in una piccola rotonda, nella quale si trovava un’intera adunanza di divinità tutte opere d'arte di primissimo rango - le quali, per il modo in cui erano raggruppate nonché per l'arredo di buon gusto, conferivano all'ambiente, disposto a forma di tempio, un’impressione artistica elevata, non comune. Principalmente per quelli che in passato erano stati degli ebrei ortodossi queste immagini erano un abominio, poiché la Mia presenza appariva loro impossibile davanti a Giove, Marte, Apollo, Venere, Minerva e Cerere e addirittura di Plutone. Che poi Io ascoltassi le spiegazioni di Raele, il quale Mi nominava gli artisti dai quali provenivano le opere raffigurate come se ciò fosse a Me del tutto ignoto, era per loro del tutto incomprensibile. Tuttavia tutti sentivano che nel Mio strano contegno in quella casa doveva esserci alla base qualcosa di particolare, e tacquero, curiosi di sapere ciò che sarebbe poi venuto fuori da questo Mio singolare interesse.

8. Dopo che Raele ci ebbe mostrato tutti i suoi tesori, accompagnati con precise spiegazioni sulla provenienza e l'età, noi rientrammo nella sala e prendemmo i nostri posti di prima.

 

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Cap. 24

Un discorso del Signore sull'arte.

 

1. I Miei discepoli allora espressero apertamente il loro stupore riguardo alla singolare disposizione della casa e del giardino che secondo loro per un savio ebreo appariva proprio disdicevole, tanto che Raele cominciò a scusarsi accennando al fatto che i suoi molti viaggi gli avevano spesso offerto l'occasione di ammirare l’abilità dei popoli stranieri e che egli aveva esposto pochi esemplari in casa sua solo per il loro valore artistico, malgrado questi oggetti mostrassero delle rappresentazioni del culto pagano degli dèi. Egli rendeva omaggio alla bellezza e non al pensiero personificato; ovvero rendeva omaggio soltanto in modo tale che la sua fede in un unico Dio non ne venisse lesa.

2. Sorse allora un’obiezione sul fatto che questa cosa era pericolosa e da non conciliare con gli ordinamenti di Mosè, il quale aveva proibito le relazioni con i pagani e comandato di attenersi alle antiche usanze tradizionali.

3. Infine Raele domandò a Me e disse: «Signore e Maestro, dimmi Tu se io ho fatto male sistemando la mia casa nella maniera che Tu hai visto, e sii certo che sarò io stesso il primo che distruggerà tutte queste opere d'arte, delle quali i miei occhi si sono rallegrati, non appena Tu mi dirai che ho sbagliato!»

4. Io gli dissi: «A questo riguardo puoi stare del tutto tranquillo, poiché se fosse ingiusto, tutto sarebbe già stato annientato! Infatti là dove Io Mi intrattengo, l'ingiusto non può sussistere a lungo. Tu stesso hai pure visto che Io ho preso parte alla tua gioia riguardo a queste opere e che finora non ti ho disapprovato»

5. Quindi Io Mi rivolsi ai discepoli e continuai: «Ma voi quando comincerete a giudicare rettamente, non a partire da voi, ma dal Mio Spirito? Eppure voi sapete che Io non Mi rallegro quando si agisce unicamente secondo determinate norme! Agite e giudicate secondo gli ordinamenti dell'interiorissimo e verissimo spirito che è posto in voi, e non credete che quanto è contrario alle vostre usanze sia poi contrario anche a Dio!

6. Dio avrebbe benissimo potuto concedere ad altri popoli ciò che a voi doveva restare precluso, per mantenere il Suo popolo atto a quello che ora è presente come frutto maturo. Quando però il frutto verrà staccato dall'albero, dipenderà dall'albero stesso farne maturare uno nuovo, poiché esso si è fatto ormai robusto a sufficienza, tanto che può fare a meno dell'aiuto del Giardiniere e può progredire da sé. Infatti, Costui non ha fatto tutto ciò che era possibile fare? Se l'albero marcisce e si fa pigro, allora lo stesso Giardiniere porrà l'ascia alla radice.

7. Tutti i popoli vanno paragonati ad un albero fruttifero, il quale però deve venire sempre trattato in modo diverso a seconda della caratteristica del popolo.

8. Mosè diede agli ebrei le leggi e dei severi statuti e divieti di occuparsi di altra cosa che non fosse il senso interiore della Parola di Dio. Chi è chiamato a custodire il Nocciolo spirituale non soltanto per questa Terra e per i suoi abitanti, ma per l'intera Creazione, deve venire ben riparato verso l'esterno, poiché chi tende verso l'esterno, non può contemporaneamente essere custode delle chiavi.

9. Gli ebrei sono stati da sempre di carattere tenace e ostinato, ma sono proprio queste caratteristiche che li rendono atti ad essere custodi della Parola divina, affinché questa venga mantenuta integra il più possibile. Degli altri popoli, cui tale caratteristica mancava, ebbero anche delle altre mansioni, e nonostante ciò erano ripudiati dinanzi all'Occhio di Dio altrettanto poco quanto le mani e i piedi possono venire disprezzati dall'uomo per il fatto che non sono, al pari del cuore, i custodi della vita interiorissima, ma vengono invece anch'essi altamente apprezzati, poiché senza questi organi la sua vita sarebbe solo incompleta.

10. Chi dunque pensasse che dinanzi a Dio sia un abominio vivere in maniera diversa, spiritualmente e corporalmente, da come vive un popolo che evidentemente sta sotto la Sua chiarissima guida, costui è assai in errore. Nei tempi futuri, dove la differenza fra i popoli andrà sempre più scomparendo, le cose arriveranno al punto che degli uomini dimoranti l'uno accanto all'altro vivranno in maniera fondamentalmente diversa, e tuttavia potranno trovarsi ugualmente vicini al Mio Cuore. Ma nessuno deve scandalizzarsi dell'altro.

11. Da ciò voi rileverete che Raele può tranquillamente vivere in compagnia delle sue opere d'arte nella sua casa sontuosamente arredata, ed essere tuttavia molto caro al Mio Cuore, poiché tutte queste cose egli le guarda senza che il suo cuore ne resti attaccato. Egli semplicemente considera con gratitudine la capacità spirituale che fu posta da Me negli uomini, e che si sviluppa ad una abilità tale che ne gioiscono anche altri uomini.

12. Se egli - o altrimenti qualsiasi altro in questa casa - alla statua di Giove odi un'altra divinità unisse pure la venerazione dinanzi all'idolo, allora certamente questi sarebbero stati annientati, affinché ciascuno qui veda che “esiste un Dio soltanto!”; questo però non è qui il caso, e Raele ed i suoi coinquilini si trovano nella piena fede in Me, e si rallegrano di tutto ciò solo per la gioia nella pura arte.

13. Ma perché devo Io distruggere quello che in realtà venne creato in maniera indiretta anche da Me, mettendo appunto Io nell'uomo la capacità per far ciò, con la prerogativa che egli ne faccia un giusto uso? Infatti, credeteMi, tutto ciò che voi chiamate arte è stato per ragioni molto savie posto da Dio dentro al cuore umano, come voi riconoscerete facilmente!

14. Quanto poco un animale di ordine inferiore, che possiede soltanto un'intelligenza limitata, è in grado di creare, col suo pensiero, un'opera d'arte, altrettanto poco l'uomo è in grado di farlo se non cerca di sviluppare le sue capacità spirituali.

15. Voi sapete molto bene che un popolo civile lo si può giudicare più facilmente che non altrimenti dai suoi prodotti artistici, poiché questi rendono esteriormente un’immagine di quello che si rispecchia nell'anima del popolo, nel suo sentire, pensare ed agire. Quanto più tale popolo progredisce nello svincolare l'anima dal godimento materiale, tanto più esso potrà creare delle opere d'arte veramente perfette. Ovviamente esso è pure in grado di utilizzare i suoi prodotti artistici di ogni specie per la sensualità, però questi non susciteranno nell'osservatore puro alcuna elevata impressione, ma ne susciteranno invece una ripugnante.

16. Non solo, ma non potranno mai venire realizzate, dal punto di vista del bello, delle opere d'arte se nell'anima dell'artista non vi è la capacità di innalzarsi a delle sfere più pure, vale a dire di vedere con l'occhio dello spirito per poter creare qualcosa da sé. Il modo in cui egli utilizza ciò che ha contemplato, sta nella sua libera volontà, ma progredire per produrre delle cose sempre più perfette, questo egli lo può soltanto se prende la via del creare in maniera giusta dinanzi a Me.

17. Salomone non avrebbe mai potuto ideare il progetto del Tempio se non fosse stato così libero nello spirito da vedere, con l'occhio interiore, il riflesso di un edificio puramente celestiale e poi riprodurre nel Tempio, tanto ammirato, una debole immagine di ciò che a ciascuno è abbondantemente visibile una volta che si trovi nel Mio Regno. Infatti nulla può venire creato da uomini o da spiriti, né sulla Terra né nei Cieli, che non si trovi già nella più grandiosa pienezza in Dio e con ciò anche nelle Sue Opere; e ovunque si trovi una raffigurazione, deve esserci un originale spirituale, come pure dove c'è un'ombra, deve esservi un oggetto che proietta l'ombra.

18. Ma poiché Dio è infinito, e in Lui lo sono tutto il Buono e Bello e Sublime, non potrà nemmeno mai esserci, nel senso spirituale, un limite che non possa venire superato nel campo del buono, del bello e del sublime».

 

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Cap. 25

La forma umana e la sua redenzione.

 

1. (Il Signore:) «Dio stesso però volle pure porre una Meta, ossia una norma, la quale è in sé perfetta, così che da essa possano venire fatte derivare tutte le forme inferiori e superiori, e così Egli creò la forma umana quale Punto di partenza di una linea ascendente e discendente.

2. Se voi osservate la forma umana, voi potrete derivarne la forma animale, e se voi osservate gli embrioni delle forme animali e dell’uomo, essi nello stadio iniziale sono assolutamente uguali e si sviluppano a seconda dell'intelligenza della loro anima fino alla creatura che devono diventare. Questa uguaglianza iniziale è però contemporaneamente anche la prova che in ciascun embrione è insita l'aspirazione a raggiungere la forma umana, altrimenti esso non avrebbe lo stesso aspetto. Esso non riesce a raggiungerla unicamente a causa dell’anima che non è ancora sufficientemente elevata la quale deve curare questo sviluppo.

3. Ma è nell'uomo stesso che giace quella forma, la quale già da lungo tempo è stata riconosciuta dagli artisti greci quale la più armonica, vale a dire quella più proporzionatamente disposta in tutte le sue parti nei rapporti di una parte con l'altra.

4. Tuttavia in essa sono accennate soltanto le linee che devono venire mantenute per poter servire in maniera adatta come corpo; ciò significa, in altre parole, braccia, gambe, testa, tronco che costituiscono una simmetria, corrispondente al mantenimento del corpo e anche alla sensibilità dell'uomo-animico.

5. Dall'osservazione del solo corpo umano, uno può farsi assai facilmente il concetto se una struttura è costituita troppo alta, troppo larga, troppo stretta, ciò che non sarebbe possibile se non fosse data in lui la forma che deve servire da norma anche per altre cose e creature.

6. Ora, nel mondo spirituale puro, però, queste proporzioni di forme vanno sviluppandosi a seconda del progredire dell'anima fino all'armonia più precisa, in modo che solo qui è davvero visibile la vera bellezza. Chi è di spirito puro può perciò risplendere in una bellezza tale che voi ne verreste addirittura annientati, perché questa bellezza non è che un'espressione dell'interiorissima, purissima perfezione.

7. Siccome però il massimo bene, a parte l'amore per Dio, è anche l'umiltà, molto spesso gli spiriti disdegnano questa esteriorità raggiante e nascondono questo involucro esteriore sotto il manto dell'amorevole umiltà, così come anch'Io, quale Dio stesso, Mi rivestii della carne umana per, da una parte, indicare alle creature la Via che esse devono percorrere per arrivare alla liberazione delle anime, dall'altra parte, invece, anche per una ragione che sta nella redenzione della forma, motivo per cui Io verrò anche crocifisso.

8. Voi vedete dunque che, nel gioire per la bellezza e nell'aspirazione da parte degli artisti verso il bello, non c'è nulla di male, anzi che la sensibilità per tutto ciò che è bello può essere anche un indicatore dello sviluppo dell'anima, sempre purché questa aspirazione si muova entro le giuste vie. Avete compreso ciò?»

9. Dissero i Miei discepoli: «Sì, Signore e Maestro, certamente, anche se ciò suona in maniera del tutto diversa da quanto noi finora abbiamo appreso da Te! Ad ogni modo noi ora comprendiamo sempre più quale intima connessione esiste fra materia e spirito»

10. Mi disse Raele: «Signore e Maestro, Tu dicevi che a causa della redenzione della forma dovrai venire crocifisso. Ma come è da intendersi questa cosa? Non accadrà di certo che Tu soffrirai davvero sulla croce la morte riservata ai delinquenti?!»

11. Dissi Io: «Mio caro Raele, non ti curare per il momento di ciò, poiché a tale riguardo tu verrai ancora chiarissimamente istruito, ma sappi soltanto che, essendo Io disceso per redimere gli uomini, questa redenzione avverrà non soltanto spiritualmente, ma anche materialmente nel modo più grezzo, dato che, come i discepoli hanno appena detto, c'è fra materia e spirito un’intima connessione, e la prima è sorta da quest'ultimo! Lo spirito però vuole discendere nella prima; perciò la materia deve venire spezzata e, per poter venire salvata, spiritualizzarsi di nuovo. E questa è la redenzione della forma, la quale pure può svolgersi soltanto secondo determinate leggi; in caso contrario la Divinità dovrebbe annientare quanto finora ha creato, mentre invece Essa vuole conservarla e redimerla. Tuttavia, come detto, questa cosa lasciamola stare per ora; ti sarà reso tutto chiaro come il Sole, certo non qui, ma di là, nel Mio Regno!».

 

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Cap. 26

La potenza dell'amore.

 

1. A questo punto Raele disse: «Signore e Maestro, questa promessa mi colma di grande gioia; io so bene Chi è che me la fa, e che essa perciò anche si adempirà certissimamente. Perciò io non domando più nulla a tale riguardo, ma lascio fare ogni cosa al Tuo Amore e alla Tua Misericordia.

2. Tuttavia mi sarà certo permesso domandare qualcosa di diverso! Tu hai detto che il senso artistico è un indicatore del progresso spirituale dei popoli, in quanto con ciò si rende manifesta la loro capacità spirituale di comprensione. Sicuramente i greci e anche, per mezzo di questi, i romani, sono pervenuti ad un alto grado per quanto riguarda il compiacimento verso le creazioni artistiche; ciononostante, però, è certo innegabile che i loro costumi non si trovano all'elevatezza del sentire puro, morale. Come si può dunque ora conciliare tutto ciò con le Tue parole?»

3. Dissi Io: «Io vi ho detto che l'uomo può anche, altrettanto bene, pervertire l'anima libera, la quale è quella che lo rende atto ad accogliere la creazione artistico-pura. Non appena l'anima è atta ad accogliere delle impressioni, essa le può utilizzare a piacimento; ad ogni modo un uomo di carattere nettamente animalesco non creerà mai un’opera d'arte ideale. Anche la predisposizione ad accogliere il male è condizione di uno stato libero dell'anima. E dall'istante in cui un peccatore, che fino allora con amore si precipitava in ogni genere di sensualità, si decide, per mezzo della volontà, ad annientare il suo maligno amore, allora nella stessa misura può prendere dimora e agire il vero amore. Se così non fosse, non ci sarebbe nessuna improvvisa conversione quali voi stessi ne avete già viste nella vita stando al Mio fianco, perché in questo caso tutto dipende ogni volta dalla potenza dell'amore, indifferentemente se esso sia cattivo o buono. Come esso sia costituito, lo si riconosce immediatamente dalle sue opere.

4. Per questo però uno non deve mai condannare né insultare il proprio fratello che si trova ancora prigioniero nel perverso amore e che, a causa dello stesso, compie opere cattive, ma egli deve averne soltanto compassione e cercare, attraverso il suo amore più giusto, di indurlo a convertirsi, poiché colui che si sente in diritto di insultare non sa se Io non voglia mandare [a quel fratello] un energico eccitatore della volontà come sostegno: in questo modo l’apparentemente perduto inverte al più presto in buono il suo perverso amore, e si trova poi, al Mio cospetto, spiritualmente più giusto di colui che l’ha insultato.

5. Mi darei Io tanta pena per il “figlio perduto” se non sapessi quanto grande ed onnicomprensivo è il suo amore? Questo amore ora si è invertito, ma può venire rivolto nuovamente a Me. Ed è soltanto per il fatto che un tale rivolgimento può manifestarsi in un batter d’occhio in ciascuno spirito ed uomo caduto, ecco, è solo per questa ragione che il Padre non maledice i Suoi Figli, ma ha compassione di loro, li attira con l'Amore, anzi Egli stesso va’ a trovarli affinché possano trovare la Via che conduce alla Casa paterna!

6. Però quale Amore e Pazienza sono necessari per raggiungere tale scopo, voi lo potete facilmente valutare se considerate l'enorme grandezza della malignità del mondo e della sua infamia, le quali proprio ora, in questo paese, hanno raggiunto il culmine, e lo hanno raggiunto affinché l'Amore divino, quale contrappeso e quale Potenza superiore, inghiotta ed annienti in Sé tutto il complesso della malvagità. Ebbene, una potenza minore non può accogliere in sé una maggiore, almeno non spiritualmente, ma soltanto una maggiore può abbracciare quella più debole e infine farla disperdere in sé senza danno, come anche avviene.

7. Però ora, per quanto concerne i greci e pure i romani, anche questi popoli decadranno non appena utilizzeranno troppo le qualità spirituali che ricevono per fare una vita agiata e per stuzzicare la sensualità. Non mancheranno allora delle tempestive ammonizioni; ma se essi non ne terranno conto, un simile tumore del corpo dovrà venire cauterizzato e spesso estirpato fra grandi dolori, affinché il corpo resti conservato.

8. Io però posso dirti che i popoli non hanno finora ancora trovato in sé la fermezza per mantenersi in sé permanentemente puri. Questa fermezza può venire raggiunta solo mediante una lenta disciplina ed una faticosa educazione.

9. Io, il loro Istruttore, sono però disceso per indicare loro le vie migliori. E poiché sono il predetto Istruttore e il Sapiente dei mondi, la Meta verrà anche certissimamente raggiunta - tuttavia per vie che agli uomini di carne appariranno rovesciate, ma che per gli spiritualmente desti già nella carne e per gli uomini già spiritualmente puri saranno invece facilmente comprensibili»

10. Allora Raele disse: «Signore, quello che Tu ora ci hai comunicato, è certamente assai vero e giusto, e nessuno può in qualche modo dubitarne, dato che Tu stesso, il Signore, ce lo spieghi e ce lo annunci. Tuttavia c'è in proposito una domanda particolare che io mi sono già posto spesso e alla quale non ho potuto mai rispondere, e questa è: “Perché proprio gli ebrei sono il popolo chiamato, e perché poi sei disceso proprio qui?”.

11. Io stesso, quale ebreo, sono in ogni caso molto felice di essere un discendente di questo popolo reso felice; d'altro canto, però, nel mio animo di spirito libero io non posso nemmeno nascondere che oggigiorno proprio gli ebrei, malgrado la loro attesa del Messia, offrirebbero un terreno di gran lunga il più inadatto per la diffusione di una qualsiasi Dottrina spirituale per l'anima come la offri Tu. Mentre i romani ed i greci, i quali mediante la loro filosofia hanno già da lungo tempo dimostrato quanto essi anelano a qualcosa di migliore di quanto possano offrire le loro dottrine degli dèi, dovrebbero essere proprio loro molto più adatti a tale scopo. Inoltre, sarebbe legittimo aspettarsi ad esempio da Roma una molto più rapida diffusione dei Tuoi insegnamenti che non dall’ostinata Gerusalemme. Di certo è che per accontentare gli ebrei bisognerebbe unicamente conferire loro la massima potenza esteriore che essi sicuramente si aspettano, mentre ad ogni vero conoscimento dell'anima essi sono pronti a rinunciare pur di vedere subentrare Gerusalemme al posto di Roma.

12. A Te, nella Tua Onniscienza, ciò certamente era già noto da lungo tempo prima della Tua discesa quaggiù! Ma allora qual è la ragione propria e originaria per la quale Tu, nonostante ciò, hai scelto questo popolo ingrato?».

 

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Cap. 27

Gli uomini spirituali e quelli mondani.

 

1. Dissi Io: «Raele, sicurissimamente Io sapevo quanto poco effetto avrei ottenuto qui con la Mia Dottrina, e le Mie parole lo hanno anche abbastanza spesso confermato. Ma poiché oltre a ciò Io, nel Mio Spirito, che è il Padre in Me, vedo molto al di là dei tempi di questo popolo, così anche posso conoscere esattamente che questa via è l'unica giusta. La ragione propria e originaria però sta in segreti della Creazione molto più profondi di quanto voi possiate mai supporre. Ed è per spiegarveli che Io sono venuto qui nella tua casa, poiché tutti costoro, che ora sono qui vicini a Me, stanno in rapporto strettissimo con tali cose e già nei tempi della loro vita [terrena] devono poter scrutare dove tende tutto ciò, per continuare a coltivare nel modo giusto il campo che Io assegnerò loro.

2. E così ascoltate dunque: “A voi tutti è di certo noto già da lungo tempo che ci sono uomini che conducono una vita interiore, rinchiusa in se stessa, e uomini che tendono verso l'esterno i quali non si curano affatto o poco dell'interiore, dello spirito, ma mirano esclusivamente a giocare al cospetto dei loro simili un ruolo il più glorioso possibile.

3. Se voi considerate ciò, dovete ammettere che esiste una tensione verso l'esterno ed una tensione verso l'interno: uomini spirituali ed uomini mondani. Di questa duplice tensione - dato che esiste e quindi è stata immessa dallo Spirito divino - c'è un Punto centrale entrambi i tipi di tensione si toccano e sono giusti dinanzi a Me, il Padre. Entrambe le tendenze possono però anche allontanarsi da questo Punto centrale, o meglio dal Centro di equilibrio del Mio Creare, e possono poi intricarsi in azioni perverse.

4. Fino a quando entrambe queste tendenze sono giuste davanti a Me, si possono paragonare ad un frutto che porta in sé il seme vitale, mentre intorno ad esso c’è l'involucro nutriente confacente all'uomo ed adatto per la sua alimentazione. Ma ciascun frutto mostra anzitutto la forma esterna che stimola a cibarsene, e solo l'avveduto sa raccogliere il seme interno e piantarlo, e in questo modo, con fatica e lavoro, coltivare nuovi alberi ed arbusti che portano frutto.

5. Vedete, così come già la natura vi insegna come si procede per nutrire l'uomo-corporale, così avviene pure per l'uomo-spirituale! Deve dunque essere creato un frutto, che offra semi e alimento commestibile. Ma dato che questo alimento non spetta soltanto agli uomini, ma anche a tutto l'Universo, allora con ciò si devono prendere delle vie del tutto particolari. E poiché inoltre agli uomini è stata data la libera volontà, essi possono pure allontanarsi dal giusto Punto di creazione, a partire dal quale furono fatte uscire le due direzioni. Questa cosa voi la comprenderete molto più facilmente da quanto segue.

6. Il primo uomo che venne fatto uscire in modo tale che, creato nella giusta simmetria, portasse per così dire in sé seme e cibo, fu Adamo. Egli non fu il primo uomo in assoluto, bensì il primo uomo che fu destinato anzitutto a curare in se stesso per proprio libero impulso, a moltiplicare e a trasmettere volontariamente il nucleo della Mia Parola. Egli fu il primo uomo libero, e perciò capace di svilupparsi in se stesso in modo creativo. A tutti gli altri esseri precedenti era stata data solo limitatamente la Forza in Me, che essi però non potevano impiegare liberamente a partire da se stessi come invece Adamo. Essi dunque si trovavano solo nella sapienza, che era stata loro data, ma non nell'amore che essi dovevano sviluppare liberamente in se stessi.

7. I discendenti di Adamo dunque si svilupparono nei due tipi: verso l'esterno e verso l'interno. Verso l'esterno, coloro che erano destinati a diventare il grande numero di esseri incarnati, affinché, racchiusi nella carne, accogliessero in sé il nutrimento che circonda e cela il seme, per diventare così autonomi nell’agire; ciò significa dunque che impararono da coloro i quali costituivano il ceppo interiorissimo e custodivano la Dottrina, e significa anche che ora erano in grado di riscaldarsi nell'amore secondo il loro particolare carattere.

8. Tutti quegli uomini che vivono, esistono già da prima quali spiriti creati, e quindi non sorgono come esseri da poco nati nello spirito, come voi sapete. Lo scopo del loro rivestimento [di carne] è però unicamente quello di pervenire alla libera autodeterminazione, non a partire dalla Sapienza, nella quale essi già originariamente furono creati, ma a partire dall'Amore, il quale ora si è incarnato in Me. Se però manca il Seme vitale interiore - che deve sempre venire custodito contro ogni specie di deterioramento in modo spesso estremamente ingegnoso questa Meta non può essere raggiunta.

9. Ebbene, la piccola stirpe, destinata a formare il Seme, è stata dall'inizio di Adamo poco numerosa, e si è mantenuta come popolo ebreo. Tutti gli altri popoli possono essere più o meno considerati come il frutto esterno a nutrimento di coloro che, dal grande bacino raccoglitore degli spiriti primordiali, vogliono percorrere la via della carne. Questi spiriti primordiali, una volta rivestiti [di carne], devono però anche perdere ogni facoltà di ricordare una preesistenza, affinché essi possano svilupparsi appunto liberamente e non prendano in considerazione la vita precedente spinti a questo dalla consapevolezza della sua esistenza. Se accadesse quest’ultimo caso, la molla allo sviluppo sarebbe la sapienza e non l'amore. La prima pondera, mentre quest'ultimo agisce solo per fede e sentimento”.

10. Voi dunque ora sapete che il popolo ebreo è da paragonarsi al seme del frutto; tuttavia è ben da notarsi che ciò non va riferito ai singoli uomini di per se stessi quali ebrei, ma soltanto al principio, cioè lo spirito, il quale viveva negli animi e rese grande il popolo; ora però è andato quasi interamente perduto anche per le anime».

 

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Cap. 28

Lo sviluppo del popolo ebreo.

 

1. (Il Signore:) «Finché dunque un popolo si trova al Punto giusto della linea che tende verso l'esterno, esso è anche giusto al Mio cospetto e quindi sussisterà anche esteriormente quale un popolo forte e possente, come ad esempio lo sono attualmente i romani che dominano il globo terrestre.

2. Ora voi vi meravigliate e pensate: “Come mai è possibile che sia giusto al cospetto di Dio un popolo, il quale non possiede nemmeno la fede in Dio ma crede in molte divinità?”.

3. Ebbene, allora Io vi dico che momentaneamente poco importa quale sia il nome della Divinità, purché l'interiorissimo concetto del cuore, col quale viene riconosciuto ed amato l'operare della Divinità, sia vero e sincero!

4. Se ad esempio un romano, il quale è piantato con fermezza nella sua fede pagana, onora gli dèi e si sforza di condurre una vita retta, del tutto conforme a giustizia e all’aborrimento del male - come si addice davanti alla propria coscienza - e alla riverenza davanti alle Potenze supreme ovunque operanti, ebbene, dovrà egli, che si è applicato all'esercizio delle vere virtù, venire condannato per aver creduto in un Giove o ad una Minerva? Certamente no, ma anzi sarà facile insegnargli la conoscenza dell'unico Dio, la Cui Entità non richiede altro se non quanto hanno richiesto gli dèi venerati fino a quel momento, e cioè di praticare e di aspirare alla perfezione morale, come voi stessi avete anche visto in qualche romano.

5. Io perciò vi dico: “Badate sempre a com’è costituito il cuore dell'uomo, e vi sia per il momento del tutto indifferente sotto quale forma si manifesta il suo amore per Dio!”.

6. Roma si è fatta potente, perché le sue leggi sono quelle adatte a preparare il migliore terreno per il Mio Regno venturo. E finché i romani aspirano ad agire secondo queste, essi rimarranno anche ciò che sono.

7. I popoli tendenti verso l'esterno sono quindi anche esperti nella giusta forza di volontà e nella tenacia del corpo; quelli tendenti verso l'interno possiedono piuttosto la tenacia e la fermezza nella tradizione, come non vi è difficile riconoscere se confrontate i romani e gli ebrei.

8. I romani sono perciò anche il popolo della conquista, della tendenza ad espandersi sempre di più, mentre gli ebrei sono il popolo della conservazione, che ritiene punibile perfino il superare i confini lasciati loro in eredità. È anche vero però che è stato grazie a questa chiusura verso l'esterno che il popolo d’Israele ha imparato faticosamente a custodire il nucleo interiore.

9. E con quella tenacia con la quale essi hanno finora tenuto fermi i Precetti di Mosè - i quali, quantunque ricoperti da molto formalismo inutile, sono tuttavia in sé veri ed autentici - con altrettanta precisione essi saprebbero custodire la Mia nuova Parola, se solo la volessero accogliere. Attraverso questa educazione durata dei millenni essi sono benissimo in grado di riconoscere la verità della Mia Dottrina; ma ora essi hanno anche abbandonato il giusto Punto centrale, e invece di rimanere i custodi dei Sigilli, si sono fatti caparbi, ostinati e inaccessibili ai cambiamenti a causa della pigrizia. Ed è proprio in pigrizia che si è tramutata la virtù della perseveranza.

10. Anche degli altri popoli, che tendono verso l’esteriore, più tardi agiranno in modo simile, ma questi lo faranno però in senso contrario, poiché il rivolgersi verso l’esterno, avendo come obiettivo l’espansione, porta nel perdersi facilmente nell’incostanza, nella volubilità e nel piacere sensuale.

11. Ma una volta raggiunto un “punto fisso”, che ha fornito la prova che proprio quella di mezzo è la Via aurea, allora negli anni futuri anche i popoli preferiranno prendere questa Via e non si pervertiranno come avviene ora e come più tardi ancora avverrà. Attraverso il liberarsi, che avverrà in vari modi, da parte di molti miliardi di spiriti primordiali che avranno percorso la via della carne, subentrerà pure un rapporto del tutto diverso fra il mondo degli spiriti e l’umanità. Infatti quanti più spiriti hanno terminato il cammino della carne, tanto più cresce l’influenza su quelli che, da uomini, intendono effettuare il loro cambiamento dalla sfera della sapienza alla sfera dell’amore.

12. Si forma così un possente affollarsi di coloro che vogliono anch’essi terminare il cammino, ed una specie di sollecitudine di coloro che l’hanno già percorsa. Di pari passo con questo affollarsi avrà, e deve anche avere luogo, un accrescimento della specie umana, poiché il numero degli allievi va continuamente aumentando, ed un’altra scuola all’infuori appunto di questa Terra non esiste.

13. Ma essendo quest’ultimo il caso, Io non potevo scendere su nessun altro posto se non proprio qui, e nuovamente anche fra nessun altro popolo se non fra questo d’Israele, il quale, nella sua legge e nel suo crescente sviluppo, custodisce i granelli di semente che, soltanto e unicamente questi, sviluppano la libertà dello spirito e della volontà. Dato però che, pure in seguito all’eccessiva caparbietà del popolo, questa semente correva il pericolo di seccarsi e di divenire inadatta alla vita, sono venuto Io stesso per risvegliarla e per renderla feconda affinché acquisisca una capacità tanto maggiore di nuova e fiorente vita.

14. Se gli ebrei pretenderanno in avvenire la procura di conservatori dei Sigilli anche di questa Nuova Dottrina, ciò dipende da loro. Tuttavia anche se essi, nella loro ostinazione, persisteranno nel non riconoscerMi, rimarranno comunque il popolo eletto da Dio in virtù di anni di istruzione e potranno sempre trovare, essi pure, nei millenni futuri la Via verso la Casa paterna, come il figlio perduto, e saranno anche accolti. Sicuramente ci vorranno molte afflizioni fino alla conversione, e un tempo molto lungo trascorso a fare la guardia ai porci in terra straniera.

15. So certamente che ora ogni fatica è vana con questo popolo, e ad essi sarà concesso di fare su di Me anche la cosa estrema, affinché nessuno dica che vi sia stata carenza di segni attraverso i quali un profeta si manifesta, ma anche il Segno massimo stesso qui non servirà a nulla! Per questo anche dopo di Me avrà inizio l’epoca nella quale non si opererà più per mezzo di segni, ma soltanto per mezzo della Parola, come Io la dico a voi, Parola che suscita molta più fede che non miracoli che costringono a credere.

16. Ora voi sapete perché gli ebrei sono il popolo eletto e perché qui succedono cose così grandi. E non resta che da notare ancora perché non furono intrapresi dei passi per impedire questi apparenti insuccessi e perché è stato concesso che il processo dello sviluppo non si svolga per niente affatto in maniera uniforme e tranquilla.

 

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Cap. 29

Il popolo del futuro.

 

1. (Il Signore:) «Se non imperversassero degli uragani sulla Terra, ma ci fosse dappertutto un’identica temperatura e lo stesso moto dell’aria, allora tutta la Terra si sbriciolerebbe presto e sarebbe ridotta in frantumi, perché soltanto per mezzo di violente tempeste e terremoti subentra un vigoroso effetto vitale, un refrigerio che si rende percepibile nell’aria vivificante dopo la tempesta.

2. Se voi vi preoccupaste di muovere il meno possibile il corpo, di esporlo sempre alla stessa temperatura e di evitargli ogni sensazione sgradevole, subentrerebbe presto un crollo di quelle forze che voi non esercitate, e con ciò una decadenza del corpo. Ma se questo succede già con il corpo, quanto più non accadrà poi con l’anima, la quale va sognando un’esistenza sempre uguale e priva di stimoli, considerato che è lei soltanto che vive, e non il corpo. Per trovare soddisfazione a vivere e ad operare, essa deve avere dinanzi a sé del lavoro; e mediante il lavoro essa si procura le cognizioni e la gioia per quello che ha operato. Nel campo materiale questo lavoro si rende manifesto come lotta del più debole contro il più forte, nello spirituale invece nel riconoscere e nel crescere nell’amore.

3. Dato che però Dio nella Natura è infinito, così anche lo spirito può continuare a crescere all’infinito. Ma questo crescere genera il sorgere e il passare dei popoli terrestri senza considerare il passare dei corpi, poiché solo le anime devono crescere, mentre il corpo è perituro.

4. E come una pianta di nobilissima specie è sorta da un’altra molto meno nobile, lentamente, attraverso diligenti cure e potature di tutti i germogli selvatici, così anche il popolo futuro, che sarà un unico gregge guidato da un unico Pastore, che sarò Io, cresce solo con una lenta cura, soltanto dopo che sono stati rimossi i moltissimi rigogliosi polloni[6].

5. Completare questo lavoro, e con ciò pure la grande Redenzione dei mondi, sono la Meta della Mia Incarnazione, la quale però deve venire iniziata con i singoli e non invece con la gran massa; infatti anche l’oceano consiste di singole gocce. Se si volesse sottrarre a questo il contenuto salino, si dovrebbero prelevare da esso anche solo piccole quantità d’acqua, liberarle dal sale e conservare quest’acqua senza sale in un apposito bacino; un lavoro che appare inutile, ma che pure alla fine conduce alla meta se si hanno a disposizione delle eternità. Avete compreso quello che Io ho inteso dire con queste Mie parole?

6. Disse Raele ed anche gli altri discepoli: «Sì, Signore, noi crediamo certamente, fin quanto appunto è possibile, di averTi compreso del tutto, quantunque ci sembri che dalle Tue parole si possano dedurre ancora molte cose che Tu non hai espresso in maniera proprio esplicita, ma che tuttavia si possono intuire. Però verrà il tempo in cui certamente anche queste cose ci diverranno più chiare, quando anche quello che Tu ora ci hai esposto in parole sarà stato accolto in maniera perfetta»

7. Dissi Io: «Cari amici, Io leggo nei vostri animi ancora la domanda relativa a quale popolo, qualora gli ebrei non dovessero corrispondere alle aspettative - ciò che, come voi sapete, è proprio il caso, altrimenti Io non avrei così spesso predetto la distruzione della città di Gerusalemme -, potrà dunque entrare al loro posto, dato che non vi è noto un qualche altro popolo che abbia compiuto soltanto approssimativamente un addestramento come quello del popolo d’Israele.

8. Ebbene, Io voglio rispondere anche a questo. Dio, quale l’Onnisciente, non è mai così imprudente da costruire la Sua Opera su un sostegno soltanto, ma Egli la costruisce sempre su più sostegni, affinché l’edificio che Egli costruisce non crolli, magari durante la notte, nel caso in cui il verme avesse roso l’uno o l’altro sostegno. E così pure l’Opera della Redenzione poggia su moltissimi sostegni sicuri, in maniera che essa dovrà riuscire perfino se il nemico tenta di impedirlo con tutta la sua potenza.

9. Qui su questa Terra ci sono vari popoli i quali possono essere atti a fungere da custodi dei Sigilli della nuova Parola, poiché quella antica d’ora innanzi verrà custodita dai custodi finora in carica con tanta maggior ansietà, quanta maggiore tribolazione proromperà su di loro. E se anche gli ebrei saranno dispersi su tutto il globo terrestre, con tanta maggiore tenacia rimarranno attaccati all’antica fede, perché questa e così pure la speranza nella restaurazione della passata grandezza di un tempo costituiscono l’unica ancora con la quale essi possono venire salvati dalla loro decadenza e dall’annientamento totale, cosa di cui essi saranno ben consapevoli.

10. La Mia nuova Parola però ha altrettanto bisogno di custodi dei Sigilli; ciò significa dunque di un popolo, dal cui centro possono sempre ancora sorgere dei nuovi maestri, i quali purifichino nuovamente la Dottrina diventata paludosa e convertano l’acqua di palude in limpido flusso. Ma tale popolo può maturare soltanto lentamente, e cioè proprio con la stessa lentezza in cui maturarono gli ebrei. E come gli ebrei dovettero sopportare la cattività a causa dei loro peccati e si compiacquero nell’idolatria, così pure il popolo dell’avvenire potrà e dovrà decadere in errori simili, addirittura perfettamente identici, a causa della maturazione. Così come Io fra il popolo israelita suscitai dei profeti, anche là sorgeranno dei profeti che purificheranno la pura Dottrina dai Cieli da ogni aggiunta.

11. Tuttavia quel popolo ora per voi è praticamente sconosciuto; però, venuto il tempo, esso irromperà con grande forza e frantumerà tutto il putrido e l’inadoperabile, poiché esso è possente nella sua energia naturale ancora inviolata. Proprio gli stessi maestri, che sono discesi qui quali Miei servitori, ritorneranno anche là, in parte nella carne, in parte in spirito, e con grande entusiasmo ed invincibile potenza testimonieranno di Me, come di Me hanno testimoniato anche finora, ed Io sarò invisibile al loro fianco e li guiderò.

12. Poi però, quando quel popolo un giorno sarà arrivato esso pure ad un’altezza tale per cui i re stranieri temeranno che esso possa voler possedere il globo terrestre, così come attualmente fanno i romani, allora avrà inizio un’epoca che sarà ricca di sorprese per i popoli della Terra. Perché non sarà quel popolo poi a diventare il punto centrale, ma ne sorgerà uno nuovo, composto dalle generazioni più nobili di tutti i popoli. Queste trionferanno sul mondo con la Mia Forza, e pace e concordia regneranno e dovranno regnare su ogni paese e popolo. E nel mezzo di questo nuovo popolo nascerà la Salvezza che non ha bisogno né di re, né di alcuna legge all’infuori di quella unica: “Ama Dio sopra ogni cosa, e il prossimo tuo come te stesso”.

13. Voi però, voi Miei fedeli, sarete collaboratori di questo nuovo Regno materiale e spirituale. Perciò siete qui radunati, affinché già ora, nei vostri primi giorni terreni, possiate udire dalla Mia bocca a cosa vi chiamo; perché tutti coloro che, invisibili ora per voi, saranno ugualmente lavoratori per la grande felicità di questa Terra e, per mezzo di questa Terra, dell’universo e del regno degli spiriti, sono anch’essi presenti e si rallegrano di voi quali collaboratori dell’opera incominciata. Ed è ora anche opportuno che voi vediate le grandi schiere che sono necessarie a far prosperare l’opera».

14. Dopo queste parole Io aprii a tutti i presenti la vista spirituale, ed essi videro tutti i profeti e gli angeli dei Miei Cieli che si avvicinavano a loro in modo amorevolissimo e che si misero a discutere con loro sulle Mie ultime rivelazioni.

 

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Cap. 30

Riguardo al morire.

 

1. Dopo questa scena che durò circa un’ora, e dopo che tutti i presenti ebbero espresso tutte le domande possibili agli spiriti, i quali rispondevano in modo certamente amichevole, Io chiamai a Me Giovanni il Battista ed Elia che ai presenti era conosciuto soltanto nella persona del Battista, e gli dissi dinanzi a tutti i presenti ad alta voce: «Tu fosti il Mio precursore adesso, nel tempo in cui Dio ha visitato gli uomini; tu lo sarai di nuovo quando si annuncerà quel grande tempo del quale Io ho parlato. Però gli uomini non ti riconosceranno, anche se tu saprai chi sei veramente, perché quest’ultima prova nella carne che ti è stata riservata, dovrà diventare la Pietra fondamentale per l’Edificio del nascente Regno della Pace!

2. Gli uomini si cureranno certamente poco della tua parola durante quei tempi della tua prossima vita terrena, però essa verrà loro scritta nell’anima a caratteri roventi, affinché la debbano sentire ad ogni modo quando si troveranno liberi dal corpo. Questa tua parola, però, sarà la Mia Parola, ed Io chiamerò a rendere conto chiunque l’avrà udita e non l’avrà ascoltata.

3. Voi però, Miei cari e fedeli che siete raccolti attorno a Me e che vi stupite a causa delle cose che stanno ora apertamente dinanzi ai vostri occhi, costituirete il ceppo di coloro che comporranno il popolo neoeletto, e voi stessi contribuirete alla sua fondazione nel Mio Nome quale una grande fratellanza che attinge dal Mio Spirito la forza per il compimento di grandi opere.

4. E così Io Mi congedo ora da voi spiriti, affinché venga dato inizio all’opera attraverso la quale il figlio perduto verrà costretto al ritorno a casa, dopo che non ha voluto udire l’allettante chiamata del Padre. Amen!».

5. Dopo queste parole gli abitanti celesti svanirono e noi ci trovammo di nuovo soli come prima nella grande sala da pranzo di Raele. I Miei rimasero seduti molto tempo ancora come storditi dalla magnificenza di quanto avevano visto, perché mai essi avevano guardato tanto profondamente dentro i misteri del Cielo, né mai durante il tempo della loro vita hanno riavuto una simile visione. Questo era accaduto affinché le loro anime rimanessero a questo punto consolidate anche senza i prodigi che Io operavo esclusivamente nella loro cerchia, non pubblicamente. Quest’ultima profonda contemplazione doveva imprimersi in maniera indelebile e doveva rimanere per loro di norma anche per l’ulteriore periodo della loro vita, come pure per la futura vita libera dal corpo nel Mio Regno.

6. Noi ci recammo silenziosi a cena, e la consumammo in silenzio. Raele assegnò a tutti i giacigli più comodi che furono sistemati qua e là in casa sua, e come ultima cosa Mi pregò che gli accordassi un colloquio riservato.

7. Io gli dissi: «Non tu, ma Io suscitai questo desiderio in te, affinché tu possa ricevere ancora altri chiarimenti riguardo ad alcune cose che tu solo hai necessità di conoscere per te.

8. Allora Io lo seguii nella sua stanza solitaria, mentre gli altri erano intenti a coricarsi.

9. Quando noi fummo soli, Raele Mi disse: «Signore e Maestro, io sono un uomo peccatore che non è degno che Tu con i Tuoi piedi santifichi questa casa; però io so pure che Tu sei oltremisura misericordioso e che perciò, se io davvero Te ne prego di cuore, mi perdonerai sicuramente tutte le stoltezze della vita che ho commesso finora. E così, Signore e mio Dio, io Ti prego dunque anzitutto che Tu non voglia guardare la grande debolezza che ho dimostrato finora e che Tu voglia perdonarmi quello per cui ho commesso peccato, sia coscientemente che incoscientemente»

10. Dissi Io: «Raele, tutti i tuoi peccati ti sono stati perdonati da lungo tempo, poiché Io non sono un Dio del castigo, ma dell’Amore. Come potrei Io dunque voler punire qualcosa se un uomo è serio, così come lo sei stato tu, quando esprime una tale preghiera? Io però sono venuto al mondo per distruggere il greve peso dei peccati che gli uomini caricano su di sé nella loro grande cecità e per liberare loro le vie per la massima beatitudine.

11. Non preoccuparti più dunque a causa dei tuoi peccati, i quali per lo più risalgono solo ad un tempo passato e che, al tuo trapasso dalla Terra, ti seguiranno quali opere cattive così come le buone; essi sono consumati dal Mio Amore! Ma ora dì cosa ti opprime ancora, perché tu hai un desiderio particolare a causa del quale tu volevi parlare in segreto con Me!»

12. Disse Raele: «Signore e Padre, io Ti ringrazio per le Tue parole dal più profondo del cuore, ed ora io sono tanto più colmo di quel desiderio che mi animava dal momento che Ti ho visto. Vedi, io sono vecchio, il mio corpo è decrepito e poco atto a servire da dimora a quest’anima! Solo la speranza di poter ancora vedere l’Eletto di Dio ha potuto finora mantenere questa stanca polvere, ed ora che questa speranza è stata adempiuta, Ti prego, Signore e Padre: lascia andare il Tuo servitore in pace nella tomba, affinché egli diventi nel Tuo Regno che io ho visto con gli occhi del corpo - uno strumento più abile di quanto possa essere ancora nella vita della carne! Se io potessi trapassare sotto i Tuoi occhi, allora io certo non assaporerei la morte e mi ritirerei con sicurezza e pace nel Regno che Tu ci hai promesso»

13. Dissi Io: «Raele, questo desiderio giace già da lungo tempo nel tuo cuore, e perciò era necessario che tu te ne spogliassi affinché la tua anima si liberasse anche da quest’ultima oppressione. Gli altri che ora dormono non sono di gran lunga ancora maturi per ascoltare quello che ti è necessario sapere.

14. Vedi dunque che cos’è la morte dell’uomo! Essa non è assolutamente nient’altro che il cadere giù del frutto maturo dall’albero, la cui caduta avviene anche come da sé senza l’intervento particolare del frutto. Se l’uomo, nella sua intimissima essenza, è purificato tanto da essere ritenuto un frutto maturo, allora anche lo svincolarsi dell’anima matura dal tronco, che è il corpo, avviene assolutamente senza costrizione. Nell’uomo però, il quale è vissuto secondo la Mia Volontà, questo momento si compie in maniera tale che anche senza la Mia Presenza egli trapassa dalla vita terrena a quella spirituale del tutto senza sofferenze, anzi tra le sensazioni più piacevoli.

15. Ma nonostante tu non sia proprio attaccato alla vita, hai tuttavia una specie di apprensione dinanzi a questo momento, e allora pensi che, fortificato dalla Mia Presenza, potrai superare nella maniera più facile questo punto di svolta a te sgradito. Ma Io ti dico che devi deporre anche questa scusabile debolezza umana affinché la tua fede, che finora ti ha conservato e che ti ha permesso di raggiungere questa tarda età, venga completamente irrobustita, perché la fede in Me deve essere proprio il migliore ed unico mezzo per trionfare su tutti i minacciosi orrori della morte.

16. Quando l’uomo è diventato completamente credente ed Io gli ho posto nel cuore la sensazione che è giunto per lui il tempo di sciogliere i vincoli della carne, essendo compiuto il suo giorno terreno di lavoro, Io gli darò perfino la forza di spezzare da sé i legami, ed egli si addormenta dolcemente in pace dinanzi agli occhi dei suoi familiari.

17. Questa è la morte come dovrebbe essere, ma che invece può avvenire soltanto in rarissimi casi, poiché gli uomini temono l’istante del richiamo più di ogni altra cosa e provocano il trapasso non con il regolare logorio, ma con la violenta distruzione del meccanismo del corpo. La vita corrotta ha dunque creato anche le molte malattie le quali non devono avere nulla a che fare con la morte vera e propria, perché il trapasso non dovrebbe essere condizionato da queste, ma dalla completa maturità dell’anima.

18. Quindi tu, Mio Raele, non pensare che Io ti voglia rifiutare un desiderio seti dico: “Vivi ancora per un breve tempo e non vedere ciò come una punizione, ma esercitati ad eliminare anche quest’ultimo residuo di legame terreno, per entrare poi, congiunto a Me, nel Mio Regno!”»

19. Disse Raele: «Si, Signore, come sempre anche qui Tu hai pienamente ragione, ed io certo racchiuderò in me la mia stolta richiesta per rendermi degno di tutto il Tuo Amore. Io annienterò questo stolto timore, e credo quasi di esservi anche già riuscito in seguito a questa mia discussione con Te.

20. Ma come devo poi intendere che io entrerei nel Tuo Regno congiunto a Te? O Signore, come intendi Tu dunque questa cosa? Abbandonerai Tu pure questa Terra?»

21. Dissi Io: «Certissimamente, non appena l’Opera sarà compiuta. Gli ebrei conseguiranno potere sul Mio corpo e l’uccideranno, e in quel giorno Io stesso ti introdurrò nella Mia Città che viene edificata nei Cieli al posto di quella di Gerusalemme la quale qui sulla Terra verrà distrutta, e che potrebbe essere una città su tutte le città qualora i suoi abitanti lo volessero e non fossero diventati così scellerati. Io dalla Mia Città governerò il mondo, e i Miei fedeli dimoreranno assieme a Me entro le sacre mura che verranno erette attraverso questa Mia vita terrena e per le quali il lavoro delle Mie mani ha fornito, pezzo per pezzo, le pietre di costruzione. Ma ora di ciò è stato detto abbastanza; tu sarai con Me un cittadino di questa Città, e presto il tuo spirito contemplerà chiaramente quello di cui ora qui Io posso solo accennarti!

22. Adesso però, Mio Raele, lascia ricevere anche al corpo il necessario riposo, poiché domani sarà ancora un giorno nel quale si potrà parlare di parecchie cose!».

23. Raele obbedì a questo consiglio e se ne andò a riposare, mentre Io ritornai dai Miei e trascorsi la notte su un giaciglio che era stato preparato.

 

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Cap. 31

Un giorno di riposo.

 

1. Il mattino presto, com’era nostra abitudine, noi ci alzammo molto di buon’ora dai nostri giacigli e ci recammo immediatamente all’aperto nel giardino di Raele. Le mattinate allora erano alquanto rigide, soprattutto al levare del Sole, dato che era imminente la stagione delle piogge, comunque esse erano molto ristoratrici, tanto che la permanenza all’aperto era gradevole.

2. (Se gli uomini si abituassero, particolarmente in estate, ad alzarsi di buon’ora e a trascorrere le prime ore mattutine all’aperto, la specie si farebbe presto molto più robusta di quanto non lo sia ora, poiché le correnti energetizzanti, che attraversano l’atmosfera proprio durante le brezze mattutine, portano principalmente l’elemento nutriente alla terra, così come l’azione concomitante della luce e del calore che si sviluppa produce delle particolari particelle nutrienti per l’anima e per il corpo, le quali, quando il Sole è alto e il calore è più accentuato, hanno di nuovo un’azione del tutto differente ed entrano anche in un particolare processo chimico in seguito al quale si rendono più dense e non diventano più così facilmente assorbibili per gli uomini come lo sono nello stato più etereo di un mattino)

3. I Miei discepoli conversavano ancora animatamente riguardo alle visioni avute il giorno prima e discutevano anche sui loro strani sogni che quasi ciascuno aveva vissuto, e tutto ciò senza rivolgerMi nessuna particolare domanda su queste cose. Presto anche il nostro Raele venne da noi e ci invitò con molta cortesia a consumare la colazione che era già stata preparata. E ciò anche avvenne, e presto si annunciò un generale buon umore degli animi che perfino agli uomini che solitamente erano veramente seri portò sulle labbra qualche parola scherzosa.

4. A questo punto Io dissi ai Miei che oggi intendevo riposare e che chiunque si fosse sentito propenso, poteva andare in giro per il paese e fare un’opera buona oppure di dispensare una parola di consolazione nel caso gli si fosse presentata l’occasione. A nessuno dunque sarebbe stato impedito di fare secondo quanto intendeva giusto di fare.

5. A questo invito Filippo disse: «Signore, se Tu non hai nulla in contrario, io andrei a visitare un uomo che mi è molto caro e che secondo me deve abitare ancora qui. Costui è uno zelante maestro della Parola di Dio, il quale, con i pochi mezzi che gli ha dato la vita, ha già fatto molto del bene. È un mio parente di secondo grado, e se sarà possibile guadagnarlo alla Tua causa, allora io Te lo porterò»

6. Dissi Io: «Fai così e portaMi il pesciolino, affinché anche questo riconosca cosa gli manca ancora! Io non lascerò questa casa, e ciascuno di voi, se Mi cerca, Mi troverà qui!».

7. Dopo di che tutti, all’infuori di Giovanni, Pietro e Giacomo, lasciarono il giardino e la casa, e si dispersero per il paese e i dintorni. Molti fecero ritorno solo alla sera, avendo trovato la migliore accoglienza presso questa misera popolazione e, da parte di questa, molte furono le domande sul Mio Essere, sulla Mia provenienza e sulle Mie opere, domande a cui essi avevano dato risposta a tutti secondo verità. Io però avevo voluto che questo accadesse affinché in primo luogo parecchi dei Miei seguaci e discepoli, che fino ad allora non avevano trovato ancora occasione di diffondere la Mia Parola, cominciassero ad esercitarsi in questa funzione, e poi affinché anche la popolazione fosse destata per l’approssimarsi della festa pasquale e per gli avvenimenti che avrebbe portato.

8. I tre apostoli rimasero invece vicinissimi a Me ed in silenzio. Io perciò chiesi loro se non volevano essi pure seguire gli altri; allora Giovanni rispose che se tale era il Mio desiderio, egli, insieme ai fratelli, lo avrebbe fatto, altrimenti sarebbe rimasto.

9. Dissi Io: «Cari amici, se volete restare, restate! Io vi ho già detto che ognuno deve fare secondo il proprio gradimento. Se voi presumete forse che, rimanendoMi vicini, potreste tuttavia apprendere ancora qualcosa che altrimenti vi lascereste sfuggire, allora vi sbagliate, poiché Io oggi non intraprenderò nulla, come ho già detto, ed intendo soltanto prendere una giornata di riposo, poiché anche questo Mio corpo ha bisogno, come il vostro, ogni tanto di quiete, non essendovi alcun divario tra questo e il vostro. Noi però in questi ultimi tempi abbiamo lavorato davvero molto, e così dunque anche il Mio corpo è un po' spossato, quantunque lo Spirito sia molto attivo. Prima però che questo corpo non sia stato accolto dallo Spirito che deve compenetrarlo per avvolgerlo intorno a sé come veste, esso pure è soggetto a tutte le esigenze che manifestano anche i vostri corpi».

10. Dopo di che anche questi tre si ritirarono da Me per non disturbarMi nella pace richiesta, ed ebbero cura che anche in casa non si facesse troppo rumore, che poteva giungere in giardino, poiché, a causa dei molti ospiti inaspettati, nella casa regnava una viva animazione che era del tutto opposta alla quiete abituale. Ma Io questa volta non venni in aiuto con la Mia forza nelle molteplici faccende domestiche, poiché tutte le persone di casa erano liete di potersi occupare di Me e dei Miei, e questa loro vera gioia non doveva venire sminuita.

11. Del resto, in questa giornata non accadde niente di particolare che sia necessario annotare. Sul tardo pomeriggio Filippo fece ritorno portandoMi il suo parente, il quale avrebbe voluto essere istruito da Me sulla persona del Messia. Ma Io non Mi intrattenni in una lunga discussione con lui, ma lo indirizzai provvisoriamente ai Miei discepoli, che lo iniziarono alla Mia Dottrina e gli narrarono maggiori particolari delle Mie opere. Egli poi anche credette ed, avendoMene pregato, Io benedissi lui e la sua casa, con grandissima gioia di Filippo che aveva per lui grandissima stima.

12. La sera tutti coloro che facevano parte dei Miei si ritrovarono, ed allora raccontarono le loro varie avventure che erano consistite principalmente nel fatto che essi, nel Mio Nome, avevano portato aiuto agli abitanti in ogni genere di infermità, e con ciò li avevano convinti che Io ero davvero l’Inviato di Dio e che essi erano i Miei veri discepoli:

13. Dopo i molti racconti, che è superfluo riportare, Io dissi: «Beati siete voi, Miei cari, perché la sola vostra fede ha potuto attuare simili opere; infatti soltanto per mezzo di questa forza voi le avete compiute, e non nella costrizione della Mia. Continuate dunque nel diventare indipendentemente e spontaneamente attivi, affinché il gregge non si disperda quando il Pastore un giorno verrà a mancare!».

 

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Cap. 32

Sulla morte di Lazzaro.

 

1. Quando la cena fu poi terminata, Io spiegai ai Miei che avevo intenzione di proseguire l’indomani di buon mattino, e precisamente per addentrarMi maggiormente nella Giudea verso Gerusalemme. (Giov. 11, 7)

2. Riguardo a ciò, i discepoli che Mi erano più vicini si spaventarono per Me, e bisbigliarono tra di loro, finché Pietro, che faceva da portavoce per gli altri, si rivolse a Me e disse: «Signore e Maestro, gli ebrei a Gerusalemme volevano lapidarTi ogni volta che parlavi con loro, ed ora Tu vuoi andare di nuovo da loro?»

3. A questo Io risposi: «Il giorno non ha dodici ore? Chi dunque cammina di giorno e sta pienamente nella luce, potrà urtare contro qualcosa? Io però Mi trovo completamente nella luce e so quando verrà la Mia ora; perciò non vi preoccupate per Me! Chi invece cammina di notte, e c’è tenebra intorno a lui e in lui, costui urterà presto e potrà facilmente rovinarsi. Voi ben sapete però che nessuno ha potere su di Me, a meno che Io non glielo conceda»

4. Allora i discepoli si tranquillizzarono riguardo alla Mia intenzione, ed Io continuai dicendo loro: «Voi pur sapete che il nostro amico Lazzaro giace infermo e che le sue sorelle Mi hanno fatto cercare! Dovrei Io forse per timore degli ebrei non accogliere la loro supplica?»

5. Mi chiese Giovanni: «Signore, a Te davvero tutto è noto! Come stanno perciò le cose col nostro amico Lazzaro?»

6. Risposi Io: «Egli dorme, ma Io vado a risvegliarlo»

7. I discepoli dissero, credendo che Io parlassi del sonno corporale: «Signore, se egli dorme, certo il suo male presto lo abbandonerà, perché nulla restituisce le forze ad un ammalato più di un sonno salutare»!

8. Risposi Io: «In ciò voi avete perfettamente ragione, ma ciononostante vi sbagliate, poiché Lazzaro non dorme il sonno del corpo, ma è morto».

9. A questa spiegazione i discepoli si spaventarono, tanto più che non era molto tempo che avevano visto Lazzaro vigoroso e sano. Quindi si levò fra di loro un forte mormorio di cordoglio, ed infine un continuo interrogarsi preoccupato riguardo al fatto se non sarebbe stato ancora possibile venirgli in aiuto, essendo forse morto solo apparentemente, e si chiesero anche se la Mia Forza non lo avrebbe risvegliato.

10. Dissi Io: «Lazzaro è morto, e da parecchio tempo giace nella tomba, ma Iolo risveglierò lo stesso. Proprio per questo Io sono rimasto così a lungo qui, affinché nessuno potesse dire che egli non è morto davvero, e affinché, con quest’ultimo prodigio pubblico che Io opererò, gli animi deboli diventino del tutto credenti. Io però Mi rallegro per voi di non essere stato presente e che il Padre in Me ha comandato di fare così, affinché voi ed ora ancora molti altri possiate credere. È per questo che noi domani ce ne andremo a Betania».

11. Ora tutti si dichiararono soddisfatti.

12. Soltanto Tommaso, che veniva sempre tormentato dalla mania del dubbio e che, nonostante la sua fede nella Mia Parola, temeva tuttavia molto i farisei e gli ebrei, disse ai fratelli: «Comunque sia, andiamo noi pure con Lui, per morire con Lui nel caso in cui gli ebrei dovessero metterGli le mani addosso!»

13. Giacomo però gli rimproverò tale espressione e gli fece notare il fatto che fino ad allora nessuno aveva avuto qualche potere su di Me, nonostante i molti tentativi fatti in proposito. Dopo di che anche Tommaso si dichiarò soddisfatto, e si fece un gran silenzio nella compagnia, poiché ciascuno era occupato con i propri pensieri.

14. Io esortai i Miei ad andare quindi a riposare, dato che il giorno seguente ci avrebbe recato grandi fatiche, e subito ciascuno cercò il suo giaciglio e si dedicò al necessario riposo.

15. Il giorno seguente ci alzammo di buon’ora e ci preparammo per proseguire il nostro cammino. Raele si avvicinò con gli occhi lacrimanti a Me e voleva seguirMi come gli altri.

16. Ma Io gli comandai di rimanere e dissi: «Raele, non ci vorrà più molto tempo, e tu potrai rimanere in eterno presso di Me; ma ora preparati per il tempo che ti rimane e fa come Io ti ho già detto! Questi qui che ora Mi seguono devono ancora adempiere un grande compito nel Mio Nome durante il tempo della loro vita. Tu hai già assolto il tuo, e così sei un giusto dinanzi ai Miei occhi anche se adesso non Mi segui col corpo, cosa che Io ho spesso richiesto ad altri e della quale tu hai udito parlare!».

17. A queste parole Raele si calmò e si congedò amorevolmente da Me e dai Miei.

 

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Cap. 33

La causa della morte di Lazzaro.

 

1. Noi però a questo punto ci incamminammo velocemente per percorrere presto la via che ci portava verso Betania.

2. Per arrivare in questo posto, dovemmo fare una strada più lunga, dato che non era Mia intenzione toccare Gerusalemme, ma volevo invece arrivare senza essere visto al luogo di residenza di Lazzaro, che distava, secondo le misure ebraiche, quindici sentieri. Però Betania non era situata dove sorge l’attuale villaggio di Azarije, ma ancora più verso est, tanto che noi vi arrivammo non dalla parte ovest del monte degli Ulivi, ma dalla parte est.

3. La distanza di quindici sentieri era misurata a partire dall’atrio del Tempio dove era eretta una colonna che fungeva da pietra miliare romana, come ancora oggi voi trovate simili pietre di confine nelle località più piccole. Questi quindici sentieri si percorrevano comodamente in un’ora e mezza, finché si raggiungeva Betania dal punto appena detto.

4. Da ciò un eventuale indagatore delle cose antiche potrebbe trovare già con più precisione il posto dove sarebbe sorta la vera Betania. Ma all’infuori di una regione selvaggia, ad eccezione di pietre e di sterpi, egli oggigiorno non troverà più nulla della località dove Io compii l’ultima e la più grande opera pubblicamente dinanzi agli ebrei.

5. Come è già noto, Lazzaro era uno dei più ricchi uomini di tutta la Giudea, e siccome era morto senza lasciare eredi naturali, allora secondo la legge del Tempio un terzo dei suoi interi averi spettava al Tempio, mentre le sue sorelle, che erano senza una tutela maschile - Lazzaro non aveva nessun altro parente prossimo maschio -, sottostavano alla suprema autorità del Tempio, che in simili casi esercitava una tutela quanto mai scomoda. I farisei e gli ebrei del Tempio già da lungo tempo bramavano molto le ricche proprietà di Lazzaro, ed essi, come è noto, avevano già ideato ogni sorta di sotterfugi e raggiri per prendere Lazzaro nelle loro grinfie, e dunque per assicurarsi possibilmente nelle loro mani l’intera ricca eredità. Lo sbrigare la faccenda con le due sorelle non sembrava loro troppo difficile.

6. Ma Lazzaro aveva respinto tutte le sfacciate pretese e offerte avanzate dalla gentaglia del Tempio, e a causa della loro invadenza spesso si arrabbiava talmente che Io lo esortai ad abbandonare il suo ardore, dato che questo avrebbe potuto avere delle cattive conseguenze per lui. Egli aveva anche seguito il Mio consiglio a seconda delle sue forze, e da quando Io lo ebbi provvisto dei noti cani, egli si era molto calmato a causa della mancanza di molestie.

7. Ora, tuttavia, poco prima della sua morte, egli aveva avuto di nuovo una contesa con i membri del Tempio che lo avevano accusato di essere stato così irrispettoso nei confronti del Tempio al punto da cacciare con la violenza quei loro membri che erano andati da lui con le migliori intenzioni per la cura dell’anima, e lo avevano anche accusato di distogliere la sua gente addirittura dal frequentare il Tempio e dal fare i necessari sacrifici di penitenza e di purificazione.

8. Quantunque i templari sapessero che queste ed altre simili bugie - come pure i tentativi per renderlo sospetto anche ai romani come amico di Gesù, che per loro era un sobillatore del popolo - poggiavano su basi poco solide, pur tuttavia essi contavano sul noto ardore del suo carattere che, così pensavano, forse in un eventuale interrogatorio lo avrebbero indotto a mostrare incautamente un suo punto debole per mezzo del quale sarebbe stato possibile avvincerlo al Tempio, tanto che egli, per liberarsi da tale pressione, avrebbe dovuto fare almeno delle grandi promesse riguardo all’eredità.

9. Lazzaro intuì molto bene questi abili piani, respinse veementemente le accuse che venivano sollevate contro di lui dinanzi al luogotenente romano, tanto che venne assolto senza aver mostrato esteriormente la sua agitazione.

10. Ma tanto più invece essa ribolliva dentro di lui, al punto che egli deperì in una violenta febbre biliare, che nel breve tempo gli portò la morte. Questo fu il motivo esteriore della sua morte, mentre quello interiore, puramente spirituale, è stato già indicato mediante la risposta che Io diedi al servitore, ed anche con le parole dette ai Miei discepoli.

 

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Cap. 34

L’arrivo a Betania.

 

1. Quando noi dunque ci avvicinammo a Betania, ci venne anche incontro lo stesso servitore che già aveva parlato con Me, e raccontò con gli occhi in lacrime che il suo padrone era morto già lo stesso giorno nel quale egli era stato mandato e che già da quattro giorni riposava nella tomba.

2. Soprattutto in Palestina, era costume degli ebrei di non tenere mai in casa un morto oltre il tramontare del Sole, ma di deporlo, subito dopo aver constatato il decesso, nell’arcosolio[7] appositamente preparato; usanza che si giustificava con il rapido processo di decomposizione.

3. Il servitore, dopo averMi incontrato, si affrettò verso casa, che non si trovava più molto lontana, per comunicare il Mio arrivo alle sorelle, le quali, secondo l’usanza d’allora, venivano visitate per giorni interi da una grande cerchia di conoscenti ed amici, per consolarle a causa della dolorosa separazione e per affievolire la loro solitudine, dato che le donne in lutto non potevano assolutamente abbandonare la casa nei primi tempi, ma il decoro, in quell’epoca, esigeva che esse vivessero il più visibilmente possibile solo nel cordoglio, il quale doveva farsi notare anche mediante moltissime lamentazioni.

4. Maria e Marta, quantunque non fossero affatto libere dalle usanze inveterate del loro popolo, avevano poca propensione per quell’opprimente formalismo, tanto più che esse erano intimissimamente convinte della continuità spirituale della vita. Esse attendevano con grandissimo desiderio la Mia venuta per trovare vera consolazione nelle Mie parole. Quantunque nelle loro anime non fosse sorto il pensiero che Io avrei risuscitato il fratello, tuttavia esse speravano di trovare presso di Me consiglio ed aiuto dinanzi all’immediato pavoneggiarsi dei farisei, i quali già contemplavano con occhi bramosi la cospicua eredità e si erano già presentati con le guardie del Tempio per assicurarsela.

5. Quando il servo, che per primo Mi aveva parlato, entrò in casa, trovò dapprima Marta, la quale secondo sua consuetudine si prendeva cura delle faccende domestiche ed inoltre, malgrado il suo lutto, per quanto era possibile appunto a causa degli ebrei, aveva cura che ogni cosa rimanesse in ordine come quando era in vita suo fratello, il quale nella distribuzione delle forze lavoratrici aveva sempre dato prova di un ordine e di una visione d’assieme esemplari per quanto concerneva le disposizioni necessarie per una proprietà così grande.

6. Io però con i Miei non Mi ero ancora avvicinato alla dimora, ma Mi trovavo ancora fuori dalla piccola località allo scopo di non suscitare per il momento nessuna sensazione. Marta però ci venne incontro in fretta, mentre stavamo facendo una piccola sosta sulla via, e quando Mi vide, si precipitò verso di Me piangendo forte.

7. Io la rinvigorii nella sua anima, e a quel punto lei mi disse le note parole: «Signore, se Tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».

8. Con ciò essa intendeva dire che per Me sarebbe stato facile risanarlo, come era avvenuto con tanti altri.

9. Perciò lei aggiunse: «Poiché io so ancora benissimo che qualsiasi cosa per cui Tu preghi Dio, Egli Te la concederà»

10. Queste parole erano solo una ripetizione delle Mie, dato che Io nei Miei insegnamenti avevo detto spesso: «Ciò per cui il Figlio prega il Padre, Gli verrà dato!»; ma queste parole non erano una ferma convinzione del fatto che Io stesso fossi il Padre, nonostante fossero così tante le prove che già da lungo tempo avrebbero dovuto aprire completamente gli occhi su Chi viveva in Me a chi Mi stava vicino.

11. Io perciò, per aprire maggiormente il suo cuore alla fede e alla conoscenza, dissi con grande forza di convinzione: «Tuo fratello risusciterà!».

12. Ma Marta, come pure sua sorella Maria, in seguito al duro colpo del destino che a loro appariva quasi insuperabile, erano state colte da un tale timore nell’anima che dinanzi ai loro occhi per il momento c’era soltanto la grave afflizione nella quale esse si trovavano, mentre la ferma fede di prima in Me e nella Mia Missione erano passate del tutto in seconda linea, come del resto gli uomini manifestano apparentemente grande fermezza nella fede finché le circostanze esteriori della vita sono assai favorevoli, però ricadono subito nel timore, anzi addirittura nella miscredenza, non appena si avvicina loro una piccola prova che, secondo la loro opinione, Dio avrebbe già dovuto rimuovere perché essi appartengono al numero dei credenti, per cui Dio avrebbe addirittura l’obbligo di proteggerli da ogni male.

13. Ma fino a quando i piccoli avranno ancora l’ardire di dare istruzioni al maestro su come egli deve educarli?! Io, il Maestro, non educo però i Miei figli come vogliono loro, ma come è meglio per loro.

14. Anche Marta, invece di destarsi per mezzo delle Mie parole e di risuscitare anzitutto in sé la sorella dell’amore, cioè la fede ormai morta, rispose quindi: «Io so bene che egli risusciterà nella resurrezione dell’ultimo giorno!»

15. Le risposi Io: «Non sai che ciascun giorno è l’ultimo giorno, e che Io sono la Resurrezione e la Vita? Ma chi crede in Me, vivrà, anche se morirà nel corpo. Ma chi vive e crede in Me, non morirà mai più. A chi però è dato il potere di destare le anime affinché possano avere in se stesse la vita più vera, chiara e pura, come non potrà rianimare di nuovo i corpi, i quali vengono creati dall’anima?! Credi tu questo?»

16. Disse Marta - nella quale solo adesso si risvegliò nuovamente un raggio di ricordo delle passate resurrezioni da morte delle quali aveva udito parlare e con ciò la speranza che Io volessi fare la stessa cosa - piena di fiducioso amore per Me: «Signore, sì, io credo che Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, il Quale è venuto al mondo per redimerci!».

17. Quando lei ebbe detto ciò, voleva gettarsi a terra dinanzi a Me. Io però impedii ciò e la esortai ad essere di animo lieto e di mandarMi Maria, ma nello stesso tempo di tacere riguardo a ciò che era stato detto fra di noi.

18. E Marta andò subito ad esaudire il Mio desiderio.

 

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Cap. 35

Il Signore e Maria.

 

1. Maria invece sedeva nella stanza più lussuosa, che si trovava in ogni casa ebraica, circondata da molti amici e conoscenti di Lazzaro che la incoraggiavano consolandola e lodavano i molti pregi del defunto. Maria era rimasta in questa cerchia tanto più volentieri, in quanto così alcuni farisei, che - come già detto con molta disinvoltura si atteggiavano a padroni, con ciò venivano almeno distratti dalla sua persona e non le si potevano ancora avvicinare con ogni sorta di offerte già avanzate che erano alquanto sfrontate.

2. Maria, prima di conoscerMi, era stata una creatura piena di gioia di vivere, che, con le ricchezze che possedeva, si dava spensieratamente ai piaceri a cui l’allora fastosa vita di Erode Antipa aveva dato inizio. Lei, indipendente, credeva che la protezione del fratello la esentasse da ogni responsabilità all’opinione della folla, certamente venale. Per questa ragione le capitarono spesso cattive esperienze, avendo suscitato fra i lussuriosi farisei la convinzione di essere una ragazza di facili costumi.

3. Tuttavia la sua vita di prima piuttosto esteriore si era completamente interiorizzata, conferendole la chiara visione che le aveva consentito di riconoscerMi anche meglio di sua sorella. Adesso, dopo la morte di suo fratello, i farisei si presentavano con tanta maggior spudoratezza, poiché questi non credevano ad una vera trasformazione del suo interiore, e cercavano addirittura di rendere pubblico ad alta voce il fatto che Io ero l’amante più assecondato da Lazzaro, e proprio a questo riguardo, come pure a riguardo del venire a mancare della Mia Forza prodigiosa che pure avrebbe dovuto salvare il Mio amico, erano state fatte da parte di costoro delle beffarde osservazioni.

4. Al momento del Mio arrivo, la maggior parte dei farisei non era presente, ma si erano recati al già noto albergo sul monte degli Ulivi appartenente a Lazzaro, per orientarsi riguardo alle condizioni d’appalto. Questo albergo, come noto, era stato screditato dai farisei, ed essi tenevano consiglio per pretenderlo prima di ogni altra cosa, dato che il Tempio, previo appunto l’annullamento di tale scredito, poteva fare con lo stesso un eccellente affare, tanto più che in precedenza esso, a causa del bel panorama, era frequentato dagli ebrei come una specie di posto di divertimento.

5. Marta andò di nascosto da Maria, la quale si trovava proprio un po’ a lato rispetto agli ebrei presenti, e le disse sottovoce: «Il Maestro è qui e ti chiama!»

6. Maria domandò subito dove Io fossi, e Marta la informò immediatamente e con poche parole. Quando lei ebbe udito ciò, si levò in fretta e corse fuori.

7. Gli ebrei, tuttavia, quando videro quanto in fretta lei si allontanava, ne furono dapprima stupiti, poi però Efraim, un amico di Lazzaro, il quale aveva già conosciuto molto bene suo padre e che Mi aveva visto e ascoltato spesso in quella casa - in seguito a ciò [da non credente] egli era divenuto una specie di semicredente che Mi riteneva almeno come una persona notevole, se non proprio come il Messia - disse: «Lei va sicuramente alla tomba per piangere e pregare. Amici, andiamo a cercarla, affinché lei, nel suo dolore, non si faccia eventualmente del male!».

8. Gli altri ebrei acconsentirono, e così lentamente seguirono Maria che procedeva innanzi. Questa però, quando Mi ebbe scorto in mezzo ai Miei, si affrettò impetuosamente verso di Me e, piangendo ad alta voce, cadde ai Miei piedi.

9. Singhiozzando, nel suo dolore e nella sua gioia nel vederMi, non riusciva adire nemmeno una parola, finché Io le dissi amorevolmente: «Maria, perché piangi? Non sai che tuo fratello vive nel Mio Regno?»

10. Addolorata, lei annuì col capo e ripeté le parole della sorella: «Signore, se Tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!»

11. Io la sollevai da terra e dissi: «Lo Spirito che vive in Me avrebbe anche potuto, se voi aveste avuto fede, proteggere tuo fratello pur non trovandoMi Io presente; ma voi siete delle figlie piccole e non comprendete le Vie di Dio!».

12. Frattanto si erano avvicinati anche gli ebrei che avevano seguito Maria e che formavano una compagnia di circa dodici persone. Quando questi videro quanto forte piangeva Maria e che, sorretta da Me, pareva inconsolabile, furono anch’essi presi da profonda commozione, come pure i Miei che erano presenti a questa scena, e da ambedue le parti ci furono abbondanti lacrime di compassione.

13. Disse dunque Efraim, che era già un uomo canuto: «Maestro, quanto crudele è la morte, che a queste due sorelle ha strappato il tutore e migliore fratello nel pieno vigore maschile! Perché è dovuta succedere una simile cosa?»

14. Ed anche gli altri ebrei, i quali pur conoscevano tutti Me e la Mia Parola poiché questi erano dei veri amici di Lazzaro, ai quali egli quando era in vita aveva fatto molto del bene a causa della loro povertà, e che gli dimostravano un cuore grato - approvarono l’oratore e si lamentarono con Dio. Maria però cominciò a piangere più forte ancora, ed i Miei Mi guardavano con degli sguardi che esprimevano chiaramente che essi qui non comprendevano le Vie della Divinità.

15. Allora la Mia Anima fu colta da una profonda tristezza, perché nei cuori di coloro che pur Mi avevano ascoltato per così tanto tempo e che avevano assistito a così tante opere meravigliose dello Spirito di Dio che in Me dimora, fosse fiorita tuttavia così poca fede veramente vivente. E tutte le forze della Mia Anima, quale il Figlio dell’uomo, si raccolsero insieme nel desiderio ardentissimo di annientare il serpente il quale impediva che i figli vedessero completamente chiaro affinché l’albero della vita in loro prosperasse e portasse splendidi frutti.

16. Questo processo in Me l’evangelista lo definisce con le parole: “Egli si adirò nello Spirito e si turbò”. Infatti, finché non fosse avvenuta la morte del Mio corpo, non poteva avvenire ancora la completa fusione del materiale con lo spirituale come avviene in ciascun uomo, ma il Figlio dell’uomo, quale uomo corporeo, faceva valere i Suoi diritti altrettanto quanto qualsiasi altro, ed era soggetto ai bisogni del corpo come pure agli stati dell’anima, stati che, soltanto grazie alla fede e alla ferma volontà, si sollevavano dai dubbi e si innalzavano fino alla conoscenza e suscitavano così la piena unione di corpo, anima e spirito.

17. Da quel momento, nel quale la Divinità in Me aveva fatto nella valle solitaria l’ultimo tentativo di scendere in disputa con Lucifero, anche il Figlio dell’uomo era avanzato di nuovo più in prima linea; Egli nel Getsemani doveva attraversare infine tutte le angosce dell’anima e pregustare la morte per spezzare tutti i catenacci della morte, della mancanza di fede e del dubbio, senza che ne ricevesse alcun danno la Divinità onnipotente dimorante in Lui, la Quale, con una sola Parola, avrebbe potuto annientare la Sua Creazione, ma che invece da Se stessa si era umiliata più in basso della più bassa creatura per salvarla.

18. È proprio necessario che ciascuno accolga bene nel proprio cuore queste parole e che impari a comprenderle, altrimenti non riuscirà mai a capire perché Io sia venuto nella carne, abbia sofferto e sia morto, e come risulti motivata questa apparente doppia natura del Figlio dell’uomo e del Figlio di Dio.

 

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Cap. 36

La resurrezione di Lazzaro.

 

1. Io domandai dunque agli ebrei, dato che Maria giaceva ancora piangente frale Mie braccia, per metterli alla prova: «Dove l’avete posto?». Infatti essi avrebbero dovuto sapere che il luogo Mi era ben noto.

2. Loro invece dissero: «Signore, vieni e vedi!», e si volsero per indicarMi la via.

3. Anche Maria asciugò le lacrime, si sottrasse al Mio braccio e andò avanti per mostrarMi la via.

4. Ma il Conoscitore di tutte le vie aveva forse bisogno della guida? Ed i Miei occhi si colmarono di lacrime.

5. Allora gli ebrei dissero tra di loro: «Vedi come Egli lo amava!».

6. Nota bene. Se gli uomini sapessero tutto quello che è contenuto in questo svolgimento dei fatti e quale significato ha lo stesso nel mondo spirituale, mai e mai più dubiterebbero che Dio è l’unico Amore!

7. Sarà il compito riservato per gli scrivani che verranno più tardi, quando i cuori si saranno fatti più accessibili e più puri ancora, quello di esporre in maniera chiara e di rappresentare in parole comprensibili agli animi credenti e fanciulleschi questi Misteri intimissimi del Cuore dell’eterno Spirito di Dio, affinché essi riconoscano quanto infinitamente grande ed inesauribile sia la Sorgente del Mio Amore. Amen.

8. Alcuni degli ebrei, che erano venuti con Efraim, accennando al Mio miracolo fatto al cieco sulla strada per Gerico, andavano ora sussurrando tra loro: «Non avrebbe potuto Costui, che ha aperto gli occhi al cieco, fare in modo che Lazzaro non morisse?».

9. Di nuovo Mi afferrò interiormente la più profonda tristezza a causa della così poca fede vivente, perché tutti questi discorsi, quantunque non fossero udibili per coloro che Mi stavano attorno, per Me erano chiaramente udibili.

10. Ed Io Mi rivolsi al Mio discepolo Giovanni che procedeva al Mio fianco, egli dissi: «Giovanni, quando tu narrerai dell’opera che ora Mi accingo a compiere alla tomba, allora racconta anche di quei dubbiosi, affinché i posteri abbiano un chiaro segno di quanto poco giovino i miracoli e che tutta la Forza vive soltanto nella Parola che è compenetrata dall’alito della fede! Per questo anche nei giorni futuri i Miei dovranno lottare soltanto con quest’arma assai affilata; infatti è bene considerare che ciò che proviene da Dio è indubitabile per effetto della sua essenza interiore e duratura!».

11. Noi giungemmo dunque alla tomba, che era situata fuori da Betania in un luogo che offriva una veduta libera, circondata da olivi e da cespugli e scolpita profondamente nella roccia. Lazzaro l’aveva fatta preparare già quando era in vita, poiché in passato era uno dei suoi pensieri prediletti quello di poter giacere in mezzo alla sua proprietà e restare in un certo modo anche dopo la morte un protettore della stessa. Questa tomba, la quale esiste anche oggi, ma che non è affatto quella che viene mostrata ai forestieri ed ai viaggiatori, non era realizzata nel consueto modo delle tombe ebraiche con un’anticamera ed una nicchia sepolcrale, ma era piuttosto una sepoltura alla maniera delle tombe romane o colombari[8].

12. Un corridoio profondo era stato scavato nella roccia, con la volta discretamente alta, nella cui estremità si trovava un’incavatura nella roccia nella quale era stato deposto il defunto, coperto da una grande pietra quadrangolare che richiedeva abbastanza fatica per spostarla facendola rotolare. In questo corridoio, secondo le idee di Lazzaro, a destra ed a sinistra avrebbero dovuto venire fatte delle nicchie per le future tombe delle sorelle. Solo che queste non desideravano conoscere già in vita le loro future tombe, ragion per cui il loro fratello aveva abbandonato l’idea ed aveva realizzato una singola tomba.

13. Una volta arrivati a questa tomba, Io dissi ad alcuni servitori di Lazzaro, che erano occupati a preparare i dintorni della tomba, ed ora assistevano incuriositi a ciò che sarebbe accaduto: «Togliete via la pietra dalla tomba!»

14. Increduli essi udirono l’ordine, e Marta che aveva fatto intendere loro di eseguire il Mio ordine, Mi disse in tono preoccupato: «Signore, egli già puzza, perché sono quattro giorni che giace qui!»

15. Le risposi Io: «Marta, perché ti opponi alla Mia Parola? Non ti ho detto che, se tu credi, vedrai la Gloria di Dio? Fate dunque come Io vi ho detto!».

16. Allora essi sollevarono con grande sforzo la pesante pietra dalla tomba, e immediatamente i lavoratori si allontanarono a causa del cattivissimo odore che emanava dal defunto. Nessuno perciò poté rimanere molto vicino al corridoio roccioso, ma gli accompagnatori si misero in disparte per vedere, meravigliati ed impazienti, che cosa avrei iniziato a fare.

17. Io invece Mi misi all’ingresso del corridoio roccioso e dissi ad alta voce: «Padre, Io ti ringrazio per aver esaudito Me, Tuo Figlio! Certo Io lo so che Tu Mi ascolti sempre, poiché la Tua voce vive e risuona in Me. Non per Me, ma per il popolo che sta qui attorno Io dico ciò, affinché esso finalmente creda completamente e veda che sei Tu che Mi hai mandato e che Tu vivi in Me come Io in Te!»

18. Dopo queste parole, Io Mi rivolsi verso la tomba e chiamai ad alta voce: «Lazzaro, vieni fuori!».

19. Subito svanì il cattivo odore, e il cadavere rianimato cominciò a muoversi. Maria e Marta, che nel loro cuore avevano avvertito quale conclusione avrebbe avuto il Mio inizio mentre ci recavamo alla tomba, ma che pure portavano in loro il dubbio sulla riuscita - come del resto chiunque preferisce sempre credere quando si tratta di altri, mentre quando si tratta della propria pelle si dimostra assai duro a credere - gridarono forte di gioia e si precipitarono dentro nel sepolcro.

20. Lazzaro era tutto avvolto nei panni funebri e aveva la faccia coperta da un sudario. Egli si era alzato e sedeva nella tomba come uno che si desta da un sonno profondo e che non riesce ancora ad usare bene i suoi sensi.

21. Io perciò dissi alle sorelle: «Scioglietegli i panni e lasciatelo andare!».

 

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Cap. 37

La conversione di molti ebrei.

 

1. Quando ciò fu fatto, Lazzaro Mi riconobbe subito e si affrettò verso di Me. Poi si inginocchiò dinanzi a Me ed esclamò ad alta voce: «Mio Signore e Mio Dio!»

2. Io però lo sollevai, lo strinsi al Mio petto e dissi: «Lazzaro grazie a Me hai vinto la morte; fa’ in modo di poterlo fare anche senza il Mio aiuto, poiché l’uomo è veramente libero da tutti i lacci della morte solo quando a partire da se stesso strappa a sé la Mia Forza, e così poi, quale vincitore e dominatore, viene fuori dalla cavità sepolcrale dentro cui la sua anima sonnecchiava! Ma ora entra e ristorati, affinché il tuo corpo raccolga nuove energie per la vita terrena!».

3. Lazzaro non disse nessuna ulteriore parola, ma salutò silenziosamente, e sorretto dalle sue sorelle andò lentamente verso casa ancora con le vesti sepolcrali addosso.

4. Ma tutti gli altri, che erano stati presenti a questa scena, furono presi da uno stupore tale che solo dopo molto tempo trovarono le parole per esprimere ciò.

5. Specialmente gli ebrei, i quali da principio avevano esternato i loro dubbi sulla Mia Forza prodigiosa, guardarono verso di Me con uno schivo timore, tanto che Io dissi loro: «Voi Mi temete perché avete visto che Io posso comandare alla morte? Non vedete dunque che Io sono un Signore della Vita? Se voi pero temete la morte, cosa accadrebbe allora se voi sapeste che Io la morte la conduco con Me come accompagnatrice? Non avete tutte le ragioni per rallegrarvi? Cosa temete dunque?»

6. Disse uno degli stessi, il quale già prima si era presentato come oratore per conto degli altri: «Signore, noi vediamo ora davvero chiarissimamente che in Te è veramente incarnata tutta la Potenza di Dio, ma dato che noi ci rendiamo conto di ciò, non dovremmo appunto aver timore di trovarci dinanzi a Colui il Cui alito ci ha chiamato in vita e che a causa dei nostri numerosi peccati potrebbe con un solo alito annientarci di nuovo? Vedi, infatti, ora ci è diventato assolutamente chiaro quanto noi siamo miserabili dinanzi a Te e quanto inutili siamo nel nostro operare, dopo che i nostri occhi hanno potuto vedere le opere della Tua Potenza! Noi dunque siamo spaventati pensando a come potremo sussistere dinanzi a Te!»

7. Dissi Io: «Se soltanto la Giustizia fosse l’unico attributo di Dio, in verità voi non potreste sussistere dinanzi a Me - e nemmeno nessuno di tutti costoro, poiché di voi non c’è neanche un capello che non sia già caduto nel peccato e con ciò nella distruzione! Ma l’Amore, la Mansuetudine e la Misericordia di Dio sono altrettanto infiniti quanto lo è l’infinità dell’intero spazio dell’universo, e quindi Egli non dimentica neppure la minima di tutte le creature che Egli abbia mai creato.

8. Egli però vuole essere per voi tutti un Padre amorevolissimo, non un Dio dinanzi alla Cui ira voi tremate e vi spaventate. Il Dio della vendetta vive soltanto nella vostra fantasia; siete stati voi a farLo diventare tale, perché agli ebrei solo un Dio vendicativo e severo sembrava degno di adorazione; per questa ragione da parte loro veniva dato tanto peso ai vari giudizi punitivi, i quali però non furono mai dei veri giudizi punitivi, ma soltanto la conseguenza della malvagità, della stoltezza e della caparbietà degli uomini.

9. Io però sono il Padre stesso, il Quale ora è sceso giù sotto forma umana, per dimostrare agli uomini un immenso Amore ed aprire loro le porte della Vita che loro si sono sbarrati da soli. Cosa temete voi dunque, se vedete che Io infrango le porte della morte affinché la Vita possa entrare a pieni torrenti?»

10. Disse l’oratore, il quale ora divenne del tutto confidenziale e venne più vicino: «O Signore, noi non Ti temiamo più! Se Tu volessi accoglierci, noi resteremo volentieri presso di Te in eterno!»

11. Dissi Io: «Avete mai inteso che Io abbia respinto qualcuno che ha chiesto di Me? Venite dunque tutti voi qui da Me, affinché Io vi conforti e vi renda completamente liberi dai vincoli della morte!».

12. Dopo queste parole, tutti gli spettatori prima molto timorosi si affrettarono verso di Me, e ciascuno cercò di prendere le Mie mani o di toccare la Mia veste. Nello stesso tempo tutti avevano le lacrime agli occhi, poiché essi furono possentemente compenetrati dal Mio Spirito d’Amore che infondeva loro il più ardente desiderio di Me.

13. Allora Io li esortai a controllarsi e a venire con Me da Lazzaro, il quale nel frattempo aveva raggiunto la casa e fu, all’inizio, osservato con meraviglia e con timore, come se si fosse trattato di un fantasma, dalla numerosa servitù di casa sua, poi però, dopo le parole chiarificatrici delle sorelle, fu circondato con grandissimo giubilo, poiché Lazzaro era un uomo veramente giusto che veniva molto amato da tutti in casa sua. Con la sua morte, però, la sussistenza futura dei suoi possedimenti era stata messa molto in dubbio, dato che - come già menzionato Lazzaro non lasciava nessun erede maschio, cosicché i molti lavoratori, domestiche e servitori occupati in casa e nei suoi possedimenti, erano molto preoccupati per il loro futuro sostentamento e precisamente per chi sarebbe stato il loro futuro padrone. Ora d’un tratto questa preoccupazione era superflua, e il giubilo era estremamente gioioso per un duplice motivo: per Lazzaro e per la loro libera prospettiva di vita.

14. È facile immaginare come Io, nell’accedere in casa, dopo che la prima ebbrezza di gioia si disperse, venissi a quel punto assalito da tutti che Mi salutavano come il Salvatore da una grave pena. Io accettai molto amichevolmente tutti questi ringraziamenti, ed esortai quelli che erano addirittura ebbri di gioia a porgere la loro gratitudine al Signore ed a ringraziare Lui, il Quale andava compiendo così grandi cose nel Figlio dell’uomo. Io là dovetti parlare così perché molti di loro non erano di gran lunga maturi per sapere che Io stesso ero il Signore al Quale doveva andare la loro gratitudine.

15. Da parte di Lazzaro, il quale nel frattempo si era ristorato con cibo e bevande ed ora era più fresco e vispo che mai, fu dato ordine di preparare un grande banchetto che, secondo l’usanza ebraica, non doveva mancare in nessuna circostanza in qualche modo lieta. Egli Mi pregò che Io volessi condividerlo con i suoi, e Mi chiese se poteva andare ad avvertire cordialmente anche i vicini che non erano ancora presenti. Io glielo permisi volentieri, dato che era conforme alla Mia Volontà che questo fatto venisse reso noto nelle più ampie cerchie, essendo ora il momento in cui doveva avere inizio l’ultima e più grande pescata per il Mio Regno.

 

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Cap. 38

Il piano dei farisei.

 

1. Alcuni fra gli ebrei che appartenevano agli amici di Lazzaro, e che più di tutti si erano adirati per lo sfacciato contegno dei farisei, se ne erano andati ora all’albergo sul monte degli Ulivi, dove sapevano che c’erano ancora i farisei, poiché non volevano privarsi della segreta gioia per il male altrui di togliere loro stessi il grosso boccone dalle fauci di quei lupi famelici. Si può facilmente pensare con quale spavento ed incredulità venisse accolta la notizia da parte loro, che si sollazzavano appunto nella sensazione di essere già proprietari dell’albergo, e che verso l’oste, molto turbato, agivano molto dispoticamente facendosi servire immediatamente il miglior vino e, cosa del tutto inusuale, facendo servire copiosamente anche gli sgherri della guardia del Tempio. L’intera compagnia era già in una disposizione d’animo molto allegra a causa del vino, quando gli ebrei entrarono e con la loro notizia fecero svanire i fumi dell’alcol da quelle teste già fortemente annebbiate.

2. Quando essi dunque udirono che Io ero presente, dopo essersi ritirati a consiglio, pensarono che a Betania da parte Mia doveva essere stato messo in atto un grandioso imbroglio alla maniera degli esseni, sostituendo a Lazzaro un qualunque uomo molto somigliante a lui, affinché il Tempio venisse defraudato della sua parte. Secondo loro Io sarei sempre stato, contemporaneamente, l’innamorato delle due sorelle e naturalmente avrei tentato di tutto per renderMi utile alle Mie amate.

3. Alla vera resurrezione essi non credevano in nessun modo. E così la loro successiva preoccupazione fu come avrebbero potuto avere in loro potere Me, il falso Lazzaro e le due sorelle. Essi avevano anche ideato un piano molto astuto: due di loro avrebbero dovuto chiamare fuori Me e il falso Lazzaro, e tutto ciò senza mostrare alcun dubbio, anzi manifestando la loro gioia per la resurrezione, e poi avrebbero dovuto tentare di attirarci entrambi un po' in disparte rispetto alla casa. A questo punto le guardie del Tempio avrebbero dovuto prorompere prendendoci immediatamente in custodia.

4. Questo piano era molto buono, in quanto i due farisei, che erano stati scelti per salutare Me e Lazzaro, erano molto ragguardevoli e sarebbe stato contro ogni decoro ed ogni costume il non venire incontro a questi alti sacerdoti qualora essi avessero pensato di onorare una casa con la loro presenza. Se noi fossimo stati degli autentici ebrei di quel tempo, avremmo dovuto mettere immediatamente la casa e la servitù interamente a disposizione di quei nobili ospiti, altrimenti a Lazzaro sarebbe stata imputata una gravissima mancanza di rispetto verso il Tempio ed i suoi rappresentanti.

5. Gli ebrei assieme all’oste, il quale dopo aver udito la notizia tanto sgradita ai farisei non stava in sé dalla gioia, si erano nuovamente allontanati subito e fecero ritorno in fretta per comunicare ciò che avevano fatto, e questo nella ferma fiducia che Colui il Quale comandava alla morte avrebbe anche sicuramente potuto annientare la perfidia del Tempio.

6. Io biasimai con miti parole il loro agire che, pur essendo rispondente alla natura umana, non rientrava tuttavia nel Mio Ordine, dato che la gioia per il male altrui, perfino di fronte a simili scellerati così duri di cuore, era fuori posto, e con ciò rendeva inaccessibile al cuore la compassione per la tenebra di questi uomini. Essi furono molto turbati a causa di questo biasimo e si tranquillizzarono soltanto quando Io li assicurai che in questo caso con il loro agire non avrebbero danneggiato nessuno, ma che in avvenire dovevano tralasciare simili cose. Essi lo promisero, e a quel punto si rasserenarono di nuovo del tutto.

7. I farisei frattanto si erano avvicinati con gli sgherri del Tempio ed erano aduna tale distanza da casa da poter scegliersi, senza essere visti, un nascondiglio per l’agguato. Essi tennero nuovamente consiglio sul loro piano e soprattutto su come avrebbero dovuto fare per impossessarsi di Me, affinché Mi si potesse processare subito quale impostore ed istigatore del popolo.

8. Essi erano a circa dieci minuti di distanza da Betania, presso una curva di una strada che nascondeva loro le case. Ora i due sommi sacerdoti volevano mettersi in cammino con un servitore che avrebbe dovuto annunciare il loro arrivo in casa, quando i loro piani vennero scompigliati da un fatto imprevisto.

9. Con un abbaiare rabbioso, i noti grossi cani da guardia si precipitarono fuori e circondarono l’intera schiera in maniera così spaventosa che nessuno osava muoversi. Questi cani, che erano stati dati a Lazzaro da Me, dalla sua morte si erano comportati in maniera completamente passiva e non si riusciva più a muoverli affinché provvedessero al loro compito di difensori e custodi; per questa ragione anche i templari avevano potuto farsi largo del tutto indisturbati. Ora però, dato che Lazzaro viveva, anche la vecchia forza e vivacità erano tornate in loro, le quali si resero percettibili in un modo assai sgradevole per i farisei. I giganteschi animali circondarono la schiera digrignando i denti, e quando uno dei servi tentò di colpire uno degli animali, si trovò immediatamente a terra e corse il pericolo di venire sbranato. Questo esempio bastò a trattenere gli sgherri dal far uso delle loro armi, tanto che gli animali si limitarono a tenere ferma l’intera compagnia senza assalirla, ma anche senza permetterle di abbandonare il luogo dove si trovavano.

 

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Cap. 39

La cacciata dei farisei.

 

1. Io comunicai a Lazzaro ed ai presenti cosa era accaduto fuori, e li invitai ad uscire con Me affinché si convincessero della verità e affinché venisse fatto ancora un tentativo per insegnare ai farisei che qui la loro potenza sarebbe stata del tutto impotente. Noi facemmo così e andammo dunque dai prigionieri.

2. Arrivati là, Io intimai agli sgherri di liberarsi spontaneamente delle loro armi, ciò che loro fecero anche subito. Un servo di Lazzaro le prese in consegna e subito anche i grandi cani si accucciarono tranquillamente tutt’intorno, sempre però osservando intensamente i loro nemici e pronti a gettarsi su di questi ad un cenno del loro padrone.

3. Io Mi rivolsi dunque ai farisei, i quali se ne stavano là digrignando i denti dalla vergogna e dalla rabbia, avendo riconosciuto immediatamente Lazzaro, a loro molto ben noto, come quello vero; ora però credevano segretamente che egli non fosse stato affatto morto, ma che riguardo alla sua malattia, la sua morte e la sua resurrezione doveva essersi svolta semplicemente una finzione molto abile e concordata, adatta a rappresentare in modo davvero immenso, presso il popolo, il Mio altrettanto falso potere prodigioso, il quale, esercitato su una personalità tanto nota come lo era Lazzaro, Mi avrebbe di certo assicurato moltissimi seguaci in tutta la Giudea.

4. Dopo che Io ebbi esposto loro con estrema precisione ciò che stavano pensando, domandai ai templari: «Quanto a lungo volete che Io debba ancora sopportarvi? Tutti i prodigi che Io opero e che in maniera tanto indubitabile testimoniano per Me, voi li disprezzate; la Mia Parola invece dichiarate che è menzogna. Ma non sapete che c’è un limite che l’uomo non può oltrepassare se non vuole decadere del tutto nella morte spirituale e che, quando questo limite è raggiunto, la Misericordia di Dio deve annientare i corpi affinché le anime non si corrompano completamente a causa dell’abuso dei corpi? Ebbene, ora voi tutti vi siete avvicinati a questo limite!

5. E tutto quello che per mezzo dei vostri corpi potreste rendere utilizzabile per nobilitare l’anima, lo invertite in voi e ne determinate la morte. Ma i vostri sensi per quale scopo li utilizzate? Voi dunque non guardate allo scopo di vedere, non udite allo scopo di ascoltare, non gustate, percepite e fiutate per utilizzare i sensi come mediatori, ma li utilizzate soltanto per soddisfare la vostra sensualità. Ma perciò siete già diventati una carogna puzzolente che deve venire estirpata affinché non appesti tutto, e affinché almeno con la sua cenere diventi un mezzo di concimazione di quel terreno che del resto è ancora buono e utilizzabile.

6. In verità vi dico: “L’accetta è già posta al tronco affinché l’albero velenoso della vostra vita venga abbattuto! Ma non accusate Dio a causa di ciò, ma unicamente voi stessi! Voi vedete quello che di grandioso è accaduto qui, e quanti sono i sicuri testimoni che garantiscono tale verità; e tuttavia in voi fermenta comunque l’odio e il desiderio di annientare Me ed i Miei, il che però non vi riuscirà mai! Così andatevene nella vostra ira; ad ogni modo sappiate che quello che voi seminate lo raccoglierete voi stessi!».

7. Dopo queste parole i sette grandi cani si alzarono e, abbaiando, corsero dietro ai templari e agli sgherri lungo la via verso Gerusalemme, che costoro percorsero precipitosamente e a balzi con estrema paura e velocità, e non si calmarono finché non li salvarono le mura sicure della città di Gerusalemme, fino alle quali gli animali li inseguirono prima di ritornare indietro.

8. Da quel giorno, nonostante i malvagi complotti del consiglio, Lazzaro ebbe pace tanto a Betania quanto sul monte degli Ulivi, poiché a causa dei cani nessun sacerdote nemico né sgherro del Tempio osava più andare là fuori.

 

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Cap. 40

La futura missione di Lazzaro.

 

1. Noi dunque, dopo che il monte degli Ulivi fu ripulito dai farisei, facemmo ritorno a Betania in casa di Lazzaro dove tutto era stato preparato per un banchetto, e ci recammo anzitutto nella grande sala da pranzo di Lazzaro che già molte volte ci aveva ospitati.

2. A quel punto ebbe inizio un gran discorrere ed interrogare Lazzaro, riguardante cosa poi egli avesse fatto mentre giaceva nella tomba e se gli fosse rimasto un ricordo di quello che doveva certamente aver appreso e visto nel mondo degli spiriti. Egli dichiarò però che gli sembrava come se avesse dormito assai profondamente ed avesse fatto anche dei sogni molto vividi, che però di quanto sognato gli sarebbero rimaste soltanto delle oscure immagini. Egli sapeva bensì di aver parlato con vari defunti, come pure con suo padre, senza poter tuttavia ricordare l’essenziale di quanto era stato discusso. Nonostante tutto ciò, egli sapeva con molta precisione di essere veramente deceduto e di non aver soltanto sognato, poiché le ultime ore gli erano rimaste nella memoria in maniera molto vivida, tanto più che aveva percepito benissimo il timore della morte come pure il lento spegnersi dei suoi spiriti vitali.

3. Alla domanda come si fosse ridestato, egli spiegò che aveva udito la Mia Voce, la quale gli aveva comandato di venire fuori, e così si era destato come un uomo che si fosse destato dal sonno, e Mi aveva obbedito, dato che aveva avuto immediatamente la coscienza di come e di cosa gli era accaduto.

4. Gli amici presenti ed i Miei discepoli domandarono ancora svariatissime cose alle quali Lazzaro non poteva rispondere, come ad esempio riguardo ai dialoghi che egli aveva avuto, dove egli si fosse trovato e così altre cose ancora che loro supponevano avrebbero potuto dare dei chiarimenti sulla vita del mondo degli spiriti. Risultava tuttavia che Lazzaro non sapeva niente di tutto ciò.

5. Quindi essi Mi domandarono quale fosse la causa di questa dimenticanza, ed Io dissi loro: «Se voi siete prigionieri in un carcere e vi viene data per breve tempo la libertà in modo che possiate vagare qua e là senza impedimento e possiate intrattenervi nel migliore dei modi con esseri altrettanto completamente liberi riguardo alle molte meraviglie naturali che nella regione più ridente vi cadono sott’occhio del tutto da sé, ma poi venite costretti a rientrare di nuovo nell’antico carcere, il quale prima veramente non vi appariva neppure come una prigione finché non avevate conosciuto qualcosa di meglio, ebbene, non è forse vero che la vostra anima si struggerà per la brama di riacquistare la libertà goduta per così breve tempo? Anzi, la sua vita in carcere non le diverrà appunto insopportabile, dato che ad ogni ora essa si prefigurerà la magnificenza della libertà goduta, quando il ricordo rianima sempre di nuovo le ore gioiose?

6. Vedete così è accaduto a Lazzaro! Io però gli ho tolto il ricordo di ciò che è accaduto durante i quattro giorni in cui egli giacque nella tomba, perché egli è chiamato ad operare ancora molto per Me su questa Terra. Però la brama di riacquistare la piena libertà, goduta una volta, sarebbe per lui di impedimento nel caso in cui questa brama divorante crescesse in lui.

7. Quindi le cose così come sono vanno molto bene, e voi tutti lo comprenderete facilmente quando anche voi un giorno avrete gettato via da voi i vostri corpi. Oltre a ciò voi stessi avete appreso in questa casa già così tante cose della vita dopo la morte, che le vostre domande hanno piuttosto il carattere di chiacchiere inutili che non quello di un approfondimento sulla vita dopo la morte, cosa della quale ciascuno di voi dovrebbe essere ormai dunque già convinto più che a sufficienza!»

8. Mi chiese Lazzaro: «Signore, Tu parli di un compito che mi sarà concesso di attuare ancora qui. Posso sapere cosa si deve intendere con l’operare per Te?»

9. Dissi Io: «Tutto questo si rivela in seguito da sé, perché la Mia mano guidate e tutti coloro che sono chiamati a lavorare per il Mio Regno in maniera così dolce che potrebbero credere che ciò avvenga soltanto di loro impulso. E ciò in fondo anche accade, poiché, se Io voglio degli esseri liberi, deve spettare loro la libera decisione. Soltanto gli avvenimenti esteriori Io posso guidarli in modo che ai Miei servitori spetti la decisione fra due vie per le quali essi si possono incamminare. I Miei veri figli poi, per amore verso di Me, non saranno mai nel dubbio su quale via sia quella giusta. Ma l’impulso della volontà deve sempre procedere da loro.

10. Così anche tu nella tua vita dovrai decidere, come se fossi assolutamente da solo, se andare a destra oppure a sinistra. Una via porta direttamente al lavoro nel Mio Nome, l’altra invece porta ad un sistema di vita più comodo, quello del pigro stare a guardare. A seconda di ciò che sceglierai, si formerà poi anche il tuo agire. Io so però, e te lo dico anche, che tu, per amore verso di Me, sceglierai giustamente. E con questo ciò basti, poiché dire di più nuoce a te stesso!»

11. Disse Lazzaro: «Signore, per me questo basta anche già del tutto; mi rende certo immensamente felice sapere che Tu puoi e vuoi servirti di me, debole strumento! Dammi soltanto la giusta forza affinché io possa adempiere pienamente il compito che mi è stato promesso»

12. Dissi Io: «Non darti alcun pensiero per questo, ma confida solo con vera fede, così Io posso agire per mezzo tuo e tu attraverso di Me! Il giusto rapporto tra Padre e figlio è allora anche in voi, come ora si mostra in Me!

13. Ma perciò Io sono anche venuto al mondo: per mostrarvi ed insegnarvi che voi potete compiere ancora di più che Io stesso ora, se voi soltanto siete di buona volontà e pieni di fede.

14. Fino a qual punto gli uomini e particolarmente gli ebrei siano ricchi di fede e di buona volontà, si vedrà ben presto, poiché si avvicina il tempo in cui avrà e dovrà aver luogo il raccolto dei Miei anni d’insegnamento. Per quanto piccolo anche esso sia e per quanto pochi siano ancora i granelli di semente atti a portare frutto, tuttavia ciascun granello porterà un frutto centuplicato, il quale dovrà provvedere e provvederà a tutto il suolo terrestre finché, poi, un giorno potrà aver luogo un grande raccolto che riempirà di frutto abbondante i granai del Padre, così che poi non possa sorgere mai più una così grande carestia, come è concesso che avvenga ora, affinché il figlio perduto faccia ritorno e si sazi. Voi ora di certo non comprenderete queste Mie parole, ma di là nel Mio Regno le comprenderete del tutto.

15. Tu però, Mio Lazzaro, ora fa attenzione e preparati ad accogliere molti ospiti, poiché la fama della tua resurrezione è già giunta giù in città, e molta gente si avvia per vedere te e Me! Questi però dovranno venire tutti ristorati, ed i Miei servitori che tu già conosci ti saranno d’aiuto in ciò!».

 

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Cap. 41

Complotti dei templari.

 

1. Quando io ebbi pronunciato queste parole, Raffaele, conosciuto da tutti, già Mi stava vicino e salutò molto amichevolmente Lazzaro. Questi a sua volta si rallegrò molto di rivedere Raffaele ed espresse vivamente la sua gioia in parole, così pure i Miei discepoli ed i vari amici di Lazzaro, i quali erano già stati testimoni in precedenza della straordinaria potenza prodigiosa dell’arcangelo.

2. Allora con estrema rapidità fu disposta la sala per l’accoglienza degli ospiti annunciati, ed un’animazione doppiamente attiva si manifestò in tutta la casa, tanto che una conversazione fra di noi si rese difficile, e allora ce ne uscimmo fuori all’aperto per non essere d’ostacolo all’operosa servitù di casa che seguiva con zelo e gioia le disposizioni di Raffaele.

3. È necessario far notare che per le ragioni già accennate - a causa del più libero sviluppo spirituale dei Miei - non ebbe più luogo un intervento troppo percepibile della Mia Forza, ma tutto quello che si poteva definire come prodigioso e straordinario riceveva sempre un’apparenza esteriore più semplice e più umana.

4. Se Io ora dico che nel giro di circa mezz’ora nella grande sala di Lazzaro, così come nelle stanze attigue, vennero disposte delle mense alle quali doveva venire dato da mangiare per varie centinaia di persone e che quasi nel medesimo tempo furono preparate anche le vivande per queste, si comprenderà che un simile lavoro non può venire compiuto da domestici, sia pure molto solerti, dei quali ce n’erano a disposizione circa venti, poiché la sola preparazione dei cibi richiede in condizioni normali un tempo maggiore. Eppure tutto era stato realizzato senza l’aiuto straordinario visibile; solo l’agilità della servitù appariva grande.

5. Con questa osservazione deve venire messo in chiaro che l’avvicinarsi del massimo avvenimento dei tempi venne preparato senza interventi straordinari, poiché perfino la resurrezione di Lazzaro apparve agli astanti certamente prodigiosa in sommo grado, però non così sconvolgente come la trasformazione di regioni deserte in una terra fertile ed altro.

6. Questa resurrezione costituì però la chiave di volta del Mio magistero e dava inizio al suo raccolto.

7. Chi ha intendimento e si sforza di risorgere, intenda! Chi invece giace ancora nella tomba, che faccia rotolare via la pietra da essa, in modo che il morto Lazzaro venga resuscitato e venga fuori. Amen!

8. Quando noi ci trovammo fuori dalla casa, vedemmo avvicinarsi, sulla via proveniente da Gerusalemme, una quantità di popolo che aveva scelto come meta Betania. Erano ebrei ai quali era stata portata la notizia che Lazzaro era ritornato di nuovo in vita e volevano convincersene. Questi si avvicinarono e, quando videro Lazzaro e Me, affrettarono il passo e, giunti vicino a noi, guardarono noi due stupefatti, il resuscitato e il Resuscitatore.

9. Lazzaro allora parlò loro in tono molto cordiale: «Cari amici, voi vi stupite e non comprendete come sia possibile che ora sia vivo io, che pure ero visibilmente e certamente morto, ma voi sapete che a Dio nessuna cosa è impossibile, ed Egli, che vivifica tutto, potrà pur vivificare nuovamente anche questa polvere terrena anche se la vita era volata via da essa. Vedete, io vivo veramente, e qui si trova Colui che mi richiamò nuovamente in vita! Potete dubitare ancora che tutto ciò lo produce la Forza di Dio che vive veramente e si rivela in Lui, il Messia? In verità, chi dubita ancora adesso, è simile ad una pietra durissima sulla quale l’acqua scorre via senza scioglierne neppure una piccolissima particella, e che per disgregarsi non può che essere rimescolata attraverso l’impiego estremo delle forze più rozze.

10. Voi siete venuti per vedermi. Guardatemi dunque e convincetevi che io vivo veramente! Dopo però andate da questo Maestro di ogni vita e lasciatevi pure voi ridestare alla vera vita e al vero riconoscimento di tutti i misteri di Dio che Egli opera nel Figlio dell’uomo, poiché il tempo si è avvicinato in cui i buoni e i cattivi verranno separati, e il grano deve venire mondato dalla pula, affinché esso venga seminato per la moltiplicazione di un ricco frutto!».

11. Tali parole Lazzaro le pronunciò con cuore entusiasta e nel Mio Nome, tanto che gli ebrei ne furono profondamente commossi e si radunarono attorno a Me e ai Miei chiedendo di venire ammaestrati. Ciò anche avvenne.

12. Dalla città ne venivano sempre di più; e così si trovarono là subito quasi mille persone, le quali si convinsero tutte del prodigio, e ad alta voce glorificarono e lodarono Dio che in Me effettuava simili cose.

13. Quando poi gli animi si calmarono lentamente, Io feci cenno a Lazzaro, e degli invitò tutti i presenti ad andare con lui. E tutti ci seguirono nelle stanze nelle quali era stato preparato il grande banchetto.

14. Ciò si svolse senza che accadesse niente di inconsueto, e dunque non c’è nulla di particolare da raccontare riguardo a ciò. Soltanto bisogna citare il fatto che l’incarico di informare e di ammaestrare i molti ebrei, che la curiosità aveva spinto a venire qui a Betania, non venne svolto dai Miei discepoli più prossimi, i dodici apostoli, ma dagli altri discepoli e seguaci i quali già da lungo tempo Mi seguivano ed erano ugualmente bene istruiti nella Mia Dottrina, e dunque furono loro ad espletare questo compito.

15. Noi - cioè Lazzaro con le sue sorelle e gli apostoli, e ovviamente Io - sedevamo ad una estremità della sala un po' in disparte. Lazzaro sollevò la domanda su cosa pensassero di fare ora i farisei, dopo essere stati ridotti così a mal partito dai grossi cani e ricacciati indietro a Gerusalemme!

16. Io dissi loro: «Costoro sono andati in fretta al Tempio e là hanno convocato i loro colleghi. Adesso essi tengono un gran consiglio fra loro ed espongono le loro accuse, le quali mirano al fatto che qui ci si trova dinanzi ad un grande imbroglio.

17. Si tengono discorsi pro e contro fra i membri del consiglio, poiché tra di loro ce ne sono molti che si sono convinti della realtà delle opere prodigiose. Inoltre, quei farisei che noi abbiamo incontrato da Muzio hanno testimoniato che le regioni lungo il Nebo sarebbero ora notevolmente trasformate, e che si sono imbattuti in una carovana di mercanti, i quali hanno raccontato loro dei prodigi presso Aphek. Tutto questo però, secondo le dichiarazioni di gente indubbiamente degna di fede, lo avrei fatto Io, e dunque, se tali cose poggiassero sulla verità, non sarebbe stato proprio così impossibile escludere che Lazzaro fosse davvero morto e poi resuscitato, perché trasformare delle intere regioni sarebbe poi evidentemente anche un’opera ancora più prodigiosa del rianimare un corpo semplicemente esanime.

18. In questo momento sta sorgendo un grande litigio, poiché quei farisei che Mi sono ostili cercano di spiegare anche queste notizie come se vi fosse un inganno. Ecco allora che entrano in conflitto con gli amici dei farisei inviati in missione, i quali vogliono garantire che questi loro amici sono persone che non si lasciano ingannare, dato che, essendo dei pensatori particolarmente obiettivi, erano particolarmente adatti ad un esame delle cose, e perciò era stato affidato loro l’incarico.

19. Adesso si alza uno fra i primi dottori della legge e dice: «Non c’è alcun dubbio che quest’uomo compie grande miracoli: per questo il Tempio si è già dato molto da fare per portarlo dalla sua parte, ma sempre senza successo. Altrettanto certo però è anche il fatto che egli ha inveito continuamente contro i nostri servitori ed ha promosso al massimo grado nel popolo il disprezzo contro di noi, servitori di Dio.

20. Se noi però vogliamo vivere in pace con i romani, è assolutamente necessario che il popolo ci obbedisca ciecamente, poiché guidarlo è un dovere e un diritto del Tempio. Perciò io consiglio di tentare di catturare al più presto possibile questo Gesù da Nazaret come sobillatore del popolo e di sottoporlo al tribunale dei romani, oppure di esigere da questo che egli venga punito secondo le nostre leggi del Tempio e reso innocuo»

21. A queste parole si alza Caifa, il sommo sacerdote, il quale dice: «Se i romani non fossero i signori nel paese, quest’uomo sarebbe già da lungo in catene e spranghe, ma egli ha degli amici potenti tra le più alte personalità romane che lo proteggeranno. Perciò deve venire trovata un’occasione nella quale egli stesso si consegni a noi, per mezzo di qualche azione che ci dia il diritto di intervenire e il diritto della punizione. Egli è pero abbastanza avveduto da non combattere contro i romani, ma soltanto contro di noi; perciò egli è più pericoloso di chiunque altro che si ribellasse apertamente contro i romani perché allora i romani stessi lo afferrerebbero subito e lo giudicherebbero come istigatore del popolo»

22. Dice Nicodemo, il quale è presente anche per mettere una parola a Mio favore: «Cari amici, voi sapete certamente che molte persone del popolo sono seguaci di Gesù, poiché di quanti Egli ha risanato qui, è trapelata forse soltanto la parte più piccola. Non sarebbe dunque meglio lasciarLo al popolo a causa della Sua forza prodigiosa, che pur diffonde una grande benedizione?».

23. Adesso si solleva una grande tempesta di indignazione nel consiglio a causa di una simile pesante richiesta, e il nostro Nicodemo deve sopportare molte parole ingiuriose e sospetti per aver formulato una tale proposta all’alto consiglio. Egli tuttavia ascolta tutto assolutamente calmo, poiché Io gli comando ora nel suo cuore di tacere e di venire qui.

24. Caifa però ora parla nuovamente, dopo che è sopraggiunta la calma: «Veramente voi non sapete niente ed anche non considerate niente! È meglio per tutti noi che l’uomo muoia per il popolo piuttosto che tutto il popolo venga corrotto. E così io ordino dunque che ciascuno si dia la massima cura a ricercare l’occasione giusta della quale io ho parlato, affinché quello che deve avvenire, avvenga presto!».

25. I membri dell’alto consiglio sono d’accordo con queste parole e chiudono la loro seduta. Nicodemo però si allontana silenziosamente ed inosservato, e presto arriverà qui.

26. Vedete, ora voi sapete come stanno le cose laggiù nel Tempio, però non preoccupatevi! Questi non possono eseguire i loro piani prima che Io stesso Mi consegni nelle loro mani!

 

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Cap. 42

La partenza da Betania.

 

1. Disse Lazzaro: «O Signore, Tu di certo non Ti consegnerai da Te stesso a quella gentaglia, la quale non merita altro che di venire annientata al più presto?»

2. Dissi Io: «Quello che deve accadere, sta nella Volontà del Padre. Sia fatta la Sua Volontà; il Figlio deve comunque obbedire! Non ti preoccupare quindi di nulla che non sia compito tuo, ma abbi cura di progredire tu pure nel riconoscere la Volontà del Padre tuo e Mio!»

3. Mi domandò Lazzaro: «Signore, non sei dunque Tu il Padre?»

4. Dissi Io: «Io lo sono, e tuttavia adesso viene il tempo in cui il Padre in Me deve ritirarSi affinché il Figlio decida liberamente. Questo che Io ora vi ho rivelato su cosa si svolge laggiù nel Tempio è il primo passo, affinché il Figlio si decida. E credeteMi, Egli si è già deciso affinché il popolo non perisca! Però adesso non fate ulteriori domande, ma fate in modo che a tutti coloro che sono qui presenti non venga a mancare niente, poiché essi sono per l’ultima volta, nel senso terreno, vicini a Me quali figli ai quali Io provvedo corporalmente!»

5. Disse Lazzaro impensierito: «Signore, vuoi dunque lasciarci di nuovo?»

6. Dissi Io: «Sì, domani molto di buon mattino Io ti lascerò nuovamente, e non ritornerò prima che sia tempo di preparare il grande Agnello pasquale!»

7. Lazzaro allora espresse l’opinione che Io volessi, come già in passato, rimanere presso di lui più a lungo nella stagione invernale.

8. Io gli replicai: «Tu ben sai quali sono i propositi del Tempio; Io però non voglio che i Miei vengano molestati a causa Mia. Perciò Io Me ne vado da qui là dove posso rimanere in pace fino al tempo della Pasqua; e così dunque avvenga!».

9. Lazzaro non disse più nulla in merito a ciò e si affrettò, quale padrone di casa, ad andare a controllare se i molti ospiti venivano serviti bene.

10. Dopo non molto arrivò da noi anche Nicodemo e raccontò quello che era accaduto laggiù nel Tempio, il che naturalmente concordava nella maniera più esatta con le Mie affermazioni. Egli all’inizio, nel raccontare ciò, era molto titubante, perché provava timore a causa dei molti presenti, moltissimi dei quali lo conoscevano assai bene; Io però lo tranquillizzai e lo rassicurai che nessuno di questi lo avrebbe tradito.

11. Di questa serata, che acquistò grande significato perché tutti i presenti si professarono a Mio favore e a favore della Mia Dottrina, non c’è da riferire più nulla d’altro che non fosse accaduto in maniera simile in precedenti occasioni, per la qual ragione su questa intera questione si può sorvolare, essendo già state dette le cose più importanti.

12. L’intera compagnia rimase assieme da Lazzaro fino al tramonto del Sole; poi si congedò da lui e da Me con parole della più sentita gratitudine e ritornò di nuovo a Gerusalemme, per riferire anche là il miracolo. Così Lazzaro nei giorni successivi non ebbe altro da fare che mostrare la sua persona per soddisfare la curiosità e l’ammirazione generale. Con ciò egli non tralasciò di richiamare l’attenzione con tutto zelo su di Me e sulla Mia Parola, e inoltre non tenne segreto con grande fastidio per il Tempio - il racconto di come i farisei si erano comportati riguardo ai suoi beni, e come gli stessi erano stati serviti; e così la voglia di canzonare degli ebrei ebbe libero sfogo. È palese che anche questa intera faccenda servisse a minare molto la reputazione dei farisei e a mettere in evidenza l’avidità del Tempio, per cui poi nel consiglio venne a maturare lentamente la decisione di eliminare anche Lazzaro, ciò che anche di certo sarebbe avvenuto se non fosse stato protetto così bene dai suoi cani che nessuna guardia del corpo terrena di un principe avrebbe potuto fare guardia migliore.

13. Quando dunque gli abitanti della città ci lasciarono, Io rivolsi a Lazzaro la richiesta di prepararci dei buoni giacigli, perché ai Miei, che avevano lavorato tutti bene per Me, ciò sarebbe stato previdente perché così l’indomani si sarebbero trovati freschi e ristorati.

14. Io dissi anche a tutti i discepoli che Mi seguivano che chiunque avesse voluto far ritorno ai suoi poteva farlo, poiché Io ora Mi sarei ritirato dal mondo ed avrei tenuta segreta la Mia presenza fino a Pasqua. Chi dunque aveva una faccenda che gli sembrava importante, oppure chi durante l’inverno che adesso sarebbe sopraggiunto voleva restare con i suoi, poteva recarsi da loro accompagnato dalla Mia Benedizione.

15. Molti allora si presentarono quando udirono che, nel caso in cui se ne fossero andati, sarebbe stato con la Mia Benedizione. Soltanto i dodici apostoli ed una ventina di persone ancora, le quali non volevano separarsi da Me, rimasero per seguirMi anche là dove mai Io li avessi condotti. Io benedissi coloro che erano intenzionati a partire come avevo promesso, ed esortai tutti a restare fermamente fedeli alla Mia Parola e a divulgarla. Per la festa pasquale essi Mi avrebbero ritrovato qui dove Mi avevano lasciato.

16. Noi quella notte riposammo in pace, e di buonissimo mattino Io radunai ancora una volta i Miei intorno a Me e Mi congedai in fretta da coloro che rimanevano: da Lazzaro, dalle sorelle e dall’intera casa, i quali Mi lasciarono andare molto malvolentieri; comunque si consolarono e si tranquillizzarono dopo la Mia promessa di essere di nuovo da loro a Pasqua.

17. Noi andammo dunque in fretta fuori dalla località di Betania e procedemmo lungo la strada verso Gerico.

18. Quanto poi accadde da questo momento fino al ritorno a Betania, costituisce il periodo nel quale l’uomo Gesù di Nazaret si mise in evidenza[9] e nel quale ancora una volta si avvicinarono a Lui tutte le piacevolezze della vita, affinché l’uomo Gesù si decidesse liberamente per la morte sacrificale, resasi ormai necessaria. È ancora troppo presto per rivelare ora queste cose; soltanto una generazione che sarà completamente penetrata nell’essenzialità del Mio Amore sarà in grado di comprenderle; ora esse verrebbero qualificate per non vere. Perciò Io tralascio per il momento queste cose ed accennerò soltanto a ciò che riguarda piuttosto l’aspetto storico.

 

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Cap. 43

Il significato della resurrezione di Lazzaro.

 

1. Dopo che noi percorremmo la strada per un lungo tempo tacendo, Giovanni Mi venne vicino e disse: «Signore, Tu sai quanto io ho sempre fatto attenzione a tutto quello che Tu hai fatto e detto! Io mi sono fatto pure alcune annotazioni, specialmente sulla Tua Dottrina, e mi sono impresso fedelmente nel cuore e con ciò anche nella memoria tutte le Tue parole, tanto che ora mi sarebbe facile di mettere per iscritto in qualunque momento quello che deve vivere principalmente nei nostri cuori. Ciò finora è avvenuto però soltanto in parte. Di questo avvenimento di Lazzaro, del quale noi tutti siamo stati i testimoni più attenti, io vorrei tuttavia prendere nota in maniera davvero del tutto speciale, perché mi sembra che esso abbia un significato particolare che certamente ha ancora un’altra origine che non soltanto quella di rianimare un corpo morto»

2. Dissi Io: «Quale significato ti sembra dunque che sia ancora insito in questo avvenimento?»

3. Rispose Giovanni: «Signore, Lazzaro Ti era caro in modo particolare a causa del suo giusto modo di vivere davanti a Te, eppure egli dovette morire di una malattia che egli stesso si era attirato per sua colpa. Non è questo un chiaro segno che l’uomo, non appena gli manca la consapevolezza di camminare davanti ai Tuoi occhi, cioè quando non si crede osservato dai Tuoi occhi, che pure sono onniscienti, può tuttavia, nonostante tutto il suo giusto modo di vivere, cadere fin troppo facilmente in ogni genere di errori, a causa dei quali egli decade in un mortale assopimento spirituale da cui soltanto Tu puoi nuovamente salvarlo?

4. E quando poi le sorelle dell’uomo - che sono il suo amore operoso e la sua buona volontà - vengono da Te in lutto e dicono: “Vedi, Signore, colui al quale volevi bene, ma che ciononostante ha sbagliato, ora è morto! Egli non sarebbe morto, se Tu fossi stato qui!”. Ciò significa dunque: se egli avesse camminato sentendosi sotto il Tuo occhio, egli non avrebbe peccato. Non è forse vero che Tu allora per Misericordia lo libererai dalla notte della morte, gli farai togliere le bende e lo ristorerai di nuovo con l’acqua della vita, e lo ristabilirai in salute come se non fosse mai morto?

5. Vedi, Signore, mi sono venuti questi ed ancora molti altri pensieri, ed io credo perciò anche che in questo avvenimento sia celato ancora molto di più di quanto suppongono i testimoni dello stesso!»

6. Dissi Io: «Giovanni, beato sei tu che riconosci nello spirito quello che unicamente lo spirito ti può rivelare, e il cui senso interiore hai letto attraverso l’avvenimento esteriore! Io ti dico perciò anche che in questo avvenimento sta celato ancora infinitamente di più.

7. Solo dopo che il “grande Lazzaro”, per il quale Io sono venuto nella carne, sarà resuscitato grazie al Mio Amore, solo allora sarà giunto il momento in cui dinanzi ad ogni creatura l’Amore del Padre diverrà così evidente che l’intimo amore dei vostri cuori vi farebbe esplodere se le vostre anime, attraverso molti insegnamenti, non si fossero rafforzate a sufficienza così da sopportare quest’immenso riconoscimento d’Amore.

8. Adesso però gli uomini vedono in esso solo una comune, anche se straordinaria, resurrezione dalla morte, la quale li colma bensì di stupore, ma non ancora di amore per Dio. Ed anche le generazioni future scorgeranno poco del senso interiore. Tu però, che sei stato il primo a scorgerlo, devi anche renderne testimonianza, e nei tuoi racconti non dimenticare questo che è il più importante fra tutti gli avvenimenti!

9. Ma ora mantieni il silenzio riguardo a ciò, perché quello di cui abbiamo parlato è solamente per te e non ancora per gli altri!».

10. Noi dunque proseguimmo nuovamente silenziosi per la nostra via. Dopo qualche tempo tuttavia sembrò strano a Giuda che Io non accennassi affatto ad esprimerMi riguardo la direzione della via da prendere, e poiché aveva voglia di fermarsi possibilmente a Gerico, che, come tutti sanno, ai Miei tempi era una città molto fiorente, piena di tutti i divertimenti allora in voga nelle residenze dei ricchi - per questo là era più facile che non altrove fare un piccolo affare se si era una specie di operatore di prodigi -, egli Mi domandò chiaro e tondo se avevo l’intenzione di fermarMi a lungo a Gerico.

11. Io gli risposi: «Chi ti dice che Io voglia andare proprio a Gerico?».

12. Giuda, un po' sconcertato e deluso da questa controdomanda, che gli sembrava indicare la vanificazione del suo desiderio, si affrettò a scusarsi dicendo che egli lo aveva soltanto supposto, dato che la strada conduceva là.

13. Io risposi: «Ciascuno va per la via per la quale lo spirito lo conduce! Se esso ti spinge verso Gerico, allora va là! Io non ti trattengo. Non domandare però dove conduce la Mia Via, poiché questa non è la tua!».

14. Giuda, per cui era troppo allettante visitare la città delle palme, chiese se Mi sarei adirato se egli si fosse recato là per un breve tempo.

15. Dissi Io: «Ho pur congedato tutti gli altri senza il minimo malumore, anzi con la Mia Benedizione, perché dovrei adirarMi con te? Ciascuno vada dove il suo spirito lo conduce! Così va anche tu a Gerico, poiché la tua anima è già là!

16. Allora Giuda Mi ringraziò per questo permesso e scomparve inosservato dalle nostre fila alla successiva casa-albergo, una di quelle di cui ce n’erano molte sulla strada verso Gerico. Egli trascorse tutto il tempo di cui ora si narrerà in quella città e vi fece degli affari veramente buoni quale narratore e testimone oculare della resurrezione di Lazzaro presso i romani avidi di prodigi nonché dei forestieri dei quali Gerico era piena.

17. Però accanto a ciò sia anche detto che egli contribuì non poco a fare conoscere la Mia Dottrina che egli esponeva spesso con grande ardore e con molto talento oratorio, sempre però con la precisa intenzione di far rivolgere su se stesso una parte dell’ammirazione che spettava alla Mia Sapienza. Tuttavia, precisamente per questo tipo di gente a Gerico, egli fu uno strumento molto buono nonostante i suoi secondi fini. Del resto non sarà mai accentuato abbastanza il fatto che Giuda non è stato affatto un uomo cattivo, ma semplicemente uno che voleva servire se stesso e con ciò contemporaneamente il mondo e lo spirito, entrando però in un tremendo dissidio che in seguito altri uomini, molto peggiori di lui, seppero sfruttare.

 

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Cap. 44

Il Signore ad Efrem.

 

1. Dopo che avemmo camminato fino a sera, e dopo aver fatto una sosta più lunga per rinvigorire i nostri corpi, Io raccolsi i Miei e dissi loro che era Mia intenzione andare ad Efrem e trattenerMi là per un tempo più lungo; tuttavia essi di questo non dovevano dire niente a nessuno, dato che Io avrei utilizzato questo tempo per il loro e il Mio rafforzamento, ed anche per il consolidamento di alcuni animi deboli che dovevano venire fortificati per il tempo, ormai imminente, dell’Adempimento.

2. Efrem era una piccola città insignificante, che perfino ai Miei tempi veniva appena considerata e che a molti era del tutto sconosciuta. Essa era situata non lontano dal Mar Morto, in mezzo alle montagne, del tutto isolata. Se voi volete sapere più esattamente la sua posizione, visto che oggigiorno nessuno studioso ha idea del dove sia da cercare questa località, allora tracciate dalla parte superiore del mare, là dove le carte segnano un’insenatura alquanto accentuata, una linea verso sinistra fino a dove comincia la zona montuosa che viene denominata “deserto di Giuda”, e così voi avrete trovato la regione dove un tempo si trovava Efrem, regione che però adesso non presenta più alcuna traccia di essa.

3. Si era fatta quasi sera - la strada verso Gerico l’avevamo già lasciata prima e ci eravamo rivolti verso sud - quando Io, come già osservato, indicai la meta del viaggio. Noi ci giungemmo poco prima del sopraggiungere della notte.

4. Efrem era una città povera e non veniva mai visitata dai viaggiatori; per cui là non si trovava una locanda, dove noi avremmo potuto pernottare. Qua e là c’erano soltanto delle misere e piccole capanne, che non meritavano affatto il nome di una città. I suoi abitanti si mantenevano stentatamente con l’allevamento del bestiame e con ogni sorta di oggetti lavorati ad intaglio, di legno duro e di asfalto[10] che veniva fornito dal Mar Morto. Il luogo, in passato, era stato utilizzato come una specie di piazzaforte contro le incursioni di popoli nomadi. Perciò su un’altura si trovava anche una specie di castello andato in rovina il quale, essendo stato costruito in un’epoca remotissima, era completamente diroccato, ma tuttavia offriva un ricovero contro il vento e il temporale.

5. Noi andammo a trascorrere la notte in quella rovina e ci sistemammo là del tutto come se fossimo a casa nostra. Essa offriva spazio sufficiente per tutti, e Pietro suppose che, se Io avessi voluto, come tutte le altre volte, venire anche qui un po’ in aiuto con la Mia Forza a quest’antico edificio, si sarebbe infine potuto passare benissimo l’inverno dentro le mura ancora solide. Io dissi a lui e agli altri che ciò sarebbe anche accaduto, ma che tuttavia, a causa degli abitanti, tutto ciò doveva accadere con prudenza, affinché non si venisse a sapere Chi Io fossi e non ne derivasse alcun danno alle loro anime, poiché questi erano degli uomini ancora molto semplici, i quali ci avrebbero tributato una venerazione sconveniente. Quindi tutto qui avrebbe dovuto avere esteriormente un aspetto piuttosto proporzionato al naturale.

6. Gli altri Mi domandarono perché Io non fossi venuto subito direttamente in questo luogo, invece di procedere così tanto per la strada che porta a Gerico, facendo così un grande giro.

7. Io spiegai loro che ciò era accaduto a causa degli ebrei dai quali noi non volevamo venire disturbati e che non Mi avrebbero sicuramente cercato qui, ma Mi avrebbero cercato semmai al di là del Giordano o nella valle del Giordano. Proprio qui dunque, davvero molto vicini a Gerusalemme, in questo luogo selvaggio saremmo stati al sicuro più che altrove.

 

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Cap. 45

Le trattative col più anziano della città di Efrem.

 

1. Noi riposammo dunque in queste rovine molto bene fino al mattino presto. Quindi Io mandai alcuni dei discepoli giù nella cittadina affinché comprassero dei viveri e trattassero con gli abitanti perché ci fosse concesso di rimanere in quell’edificio.

2. Molto presto arrivò da noi il più anziano della città con qualcuno della sua gente, curioso di conoscere le strane persone che chiedevano il permesso di rimanere in una dimora che fino ad allora era servita da nascondiglio soltanto agli uccelli e ad ogni altro genere di animali. Noi dunque lo accogliemmo molto cortesemente e, siccome Io gli ero stato indicato come il capo della comitiva, Mi domandò se fossimo forse dei fuggiaschi o degli esiliati intenzionati a nascondersi in questa contrada isolata. Io lo tranquillizzai a tale riguardo e gli dimostrai molto presto che noi eravamo degli ebrei proprio come lui, ma che desideravamo trascorrere l’inverno in contemplazione per servire degnamente Dio.

3. Quando egli iniziò a fare una faccia un po' dubbiosa e sembrava piuttosto incline a rifiutarci il permesso in modo brusco, uno dei Miei seguaci avanzò fuori dal gruppo e lo salutò come un vecchio amico, dato che avevano frequentato insieme le scuole del Tempio a Gerusalemme. Questo riconoscimento trasformò completamente l’uomo, anzi, quando egli addirittura udì dal suo amico che Io ero il famoso Redentore da Nazaret che egli non aveva mai visto di persona ma tanto più aveva udito parlare di Lui, ci pregò molte volte di scusarlo per la sua diffidenza e ci diede volentieri il permesso di disporre a piacimento di quegli spazi. Ci pregò anche di andare da lui.

4. Io però gli dissi: «Amico, la tua casa, senza dubbio sempre ospitale, sarebbe certo troppo piccola per la nostra compagnia e noi tra un po’ saremo qui sistemati in modo da sentirci del tutto come a casa nostra. Perciò noi preferiamo più di tutto rimanere qui; tu però non rivelare Chi sono Io prima del tempo ai tuoi sottoposti e cittadini, affinché noi e voi possiamo rimanere indisturbati dagli sgherri del Tempio e dagli ebrei che sono nostri nemici!».

5. Egli lo promise e assicurò che non avrebbe detto a nessuno Chi celavano queste mura, ma avrebbe respinto ogni domanda curiosa. Quel vecchio castello apparteneva alla comunità ed egli, quale capo responsabile della comunità, aveva il diritto di disporne senza dover rendere conto a nessuno a chi lo affidava.

6. Io gli dissi che i Miei avrebbero restaurato le rovine e così egli, di fronte alla comunità, avrebbe avuto una buona ragione per il suo operato, dato che questa sarebbe venuta in possesso, senza nessuna spesa, di un buon edificio.

7. Il capo della comunità era molto contento di questo e domandò subito se ci occorreva qualche materiale, perché ce lo avrebbe procurato.

8. Io però gli dissi che non doveva affatto preoccuparsene, perché lo avremmo fatto da soli.

9. Poi egli domandò se sarebbe potuto tornare, ed era ovvio che ciò gli fu concesso volentieri.

10. Dopo che il capo della comunità se ne andò in compagnia del suo amico che egli voleva ancora interrogare per bene sul Mio conto, Io distribuii i lavori; ed è facile pensare che Io quale abile carpentiere non avevo proprio alcuna difficoltà a trasformare, nel più breve tempo possibile, la dimora in una residenza, certo semplice, ma molto comoda secondo i concetti di allora. Ad ogni modo ci impiegammo comunque alcuni giorni, perché, come già osservato, là non dovevano accadere cose troppo appariscenti. A dire il vero, anche dei lavoratori molto diligenti avrebbero impiegato comunque lo stesso numero di settimane.

 

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Cap. 46

Il Signore accenna al motivo della Sua morte.

 

1. Quando gli alloggi furono sistemati e distribuiti e ciascuno si assunse anche una incombenza domestica che gli si addiceva, Pietro Mi fece l’osservazione: «Signore quant’è piacevole stare in pace qui, sotto questo tetto! Oh certo è una cosa magnifica disporre senza preoccupazioni di una propria casa! Perché dunque non l’hai fatto prima? Tu non Ti sei mai preoccupato prima di avere un Tuo proprio luogo di riposo; solo ora Tu Te ne prepari uno! Non potremmo dunque rimanere sempre qui e andare fuori a trovare gli ebrei solo ogni tanto per ammaestrarli? La cosa migliore di tutte perciò sarebbe quella di restare d’ora in poi sempre qui, poiché, salvo poche eccezioni, quelli là fuori certo non sono degni di vedere le Tue opere e di udire la Tua voce!»

2. Dissi Io: «Caro fratello, neppure questo luogo è una dimora permanente per il Figlio dell’uomo: Egli ne ha bisogno solo per acquistare forza al fine di ottenere la chiave di volta del Suo operare! Finché Io operavo ed insegnavo fuori, Mi spingeva lo Spirito interiore al Quale è soggetto questo corpo; ora però deve venire posta la chiave di volta senza la spinta dello Spirito, ma spetta solo all’anima decidersi per amore.

3. Vedi, di ciò che ora accade nella Mia Anima, nessun cuore umano verrà maia sapere niente, poiché ora il Figlio dell’uomo deve innalzarsi a Figlio di Dio! Per questo Egli viene spogliato di ogni Sua Potenza, e voi che finora siete stati attorno a Me dovete riconoscere cosa vuole il Padre!»

4. Chiese Pietro: «Ma, Signore, Tu stesso sei il Padre: come puoi venire spogliato della Tua Potenza?»

5. Risposi Io: «Il più grande guerriero ed eroe è colui che affronta il nemico senza armi e non teme la morte, poiché egli sa di abbattere prima che con altri mezzi il nemico con la propria noncuranza della morte. E così Io depongo ogni arma della forza allontanandola da Me e vado incontro al nemico soltanto con la potenza della Parola, della Mansuetudine e dell’Amore, affinché anche lui ceda tutte le armi dell’inganno e della malvagità e si avvicini, pieno di pentimento, quale figlio perduto.

6. Tuttavia, vedi, questo tu non lo comprendi ancora! Perciò fa bene attenzione a tutto quello che tra poco vedrai!».

7. Pietro allora se ne andò molto serio dai fratelli e comunicò loro le Mie parole, ma anche loro non le compresero e pensarono che Io fossi tornato ad essere molto strano nel Mio Essere, come avvenne già in passato una volta a Cafarnao. Tuttavia essi non fecero più ulteriori domande, ma cercarono di approfondire le Mie parole.

8. Ora un giorno, quando noi dimoravamo ormai da circa otto giorni nel nostro castello, venne di nuovo da Me il capo della comunità e disse: «Maestro, io ho appreso da un abitante di Efrem la Tua ultima grande opera, ma ho anche appreso che per questo motivo ora tutto il Tempio Ti è molto avverso e usa tutti i mezzi per far passare questa resurrezione come il più evidente imbroglio.

9. Anzi è stato fatto perfino il tentativo di portare Lazzaro dinanzi al consiglio perché si purifichi per mezzo della ritrattazione; Lazzaro però non è comparso ed ha fatto sapere che se volevano delle informazioni da lui, le avrebbero potute udire anche a casa sua. I sacerdoti hanno comunque dichiarato impura la sua casa, e si rifiutano di andare da lui, certamente soltanto per paura, poiché pare che egli venga protetto in un modo del tutto miracoloso.

10. Comunque tutto ciò Ti è noto da lungo tempo; tuttavia Io temo molto per il fatto che questo luogo è vicinissimo a Gerusalemme, e possa, anche casualmente, venire scoperta la Tua presenza qui, ed essi potrebbero tentare di scovarTi proprio qui»

11. Dissi Io: «Mio caro capo della comunità, non avere alcun timore a questo riguardo, perché prima che Io stesso non lo permetta, tutta la malvagità del Tempio non ha alcun potere su di Me, e nessuno può riuscire a catturarMi. Così come Io sono rimasto sconosciuto fino ad ora, tale resterò in seguito. Del resto perfino gli abitanti di questa città non hanno proprio alcuna malvagità e neppure sentono il desiderio di conoscerMi più da vicino, e ciò soltanto perché Io voglio che sia così! Non darti dunque alcun pensiero! Tu qui sei l’unico che vuole avere relazioni con Me e con i Miei, e per te quindi la porta di casa non è neppure chiusa; ma qualsiasi altro però non potrà oltrepassare così facilmente questa soglia, a meno che non sia lo spirito a condurlo da Me»

12. Disse il capo della comunità del tutto tranquillizzato dalle Mie parole: «Signore, io so che Tu sei più di un qualsiasi profeta o di un altro unto di Dio, perché soltanto Colui nel Quale dimora la Potenza stessa di Dio può compiere opere del genere, come avvengono a mezzo Tuo! E così io sono anche completamente d’accordo con il Tuo Agire e la Tua Volontà. Ora Tu stesso saprai certo meglio di tutti perché è previsto così di Te e non diversamente! Tuttavia io Ti prego che Tu voglia iniziarmi del tutto nella Tua Dottrina, la quale mi è divenuta nota solamente in parte!».

13. Io allora lo indirizzai ai Miei discepoli, i quali poi lo istruirono completamente nel tempo che seguì.

 

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Cap. 47

L’occupazione del Signore e dei Suoi discepoli ad Efrem.

 

1. Ci si domanderà ora cosa noi abbiamo veramente fatto durante il giorno in questo covo tra le mura dove ci trovavamo così appartati dal mondo, dato che non è certamente ammissibile che ciò sia avvenuto senza alcun vantaggio per i Miei discepoli.

2. Questo è vero! Poiché, per quanto questo tempo di isolamento servisse principalmente per preparare il Mio Essere umano terreno per l’imminente tempo difficile e per renderlo atto alla trasformazione nel Cristo eterno, immutabile, questo stesso periodo di tempo doveva pur anche preparare i Miei discepoli, e specialmente gli apostoli, alla loro vocazione futura di divenire maestri per tutti gli uomini. Il processo, che andava compiendosi in Me, rimase nascosto a tutti gli occhi; tuttavia qui deve venire esattamente rivelato come i Miei discepoli si educavano da se stessi e anche reciprocamente, affinché chiunque voglia veramente lavorare al proprio perfezionamento interiore, trovi in ciò una norma che porti alla rinascita dello spirito.

3. Così sentite dunque in cosa consisteva la nostra occupazione esteriore ed interiore!

4. Quella esteriore è presto spiegata. Essa consisteva semplicemente in una precisa sistemazione di tutte le faccende domestiche, che ciascuno si assumeva volentieri per amore dei suoi fratelli, e che, dati i minimi bisogni della compagnia, non richiedeva neppure molto tempo. La cosa principale qui era che ciascuno, senza che glielo fosse stato richiesto, si rendesse utile là dove egli riteneva che qualche servizio sarebbe stato opportuno, poiché quest’attenzione è già un segno di fattivo amore del prossimo, mentre il pigro nello spirito non si accorge per niente dove sarebbe da sistemare una qualche piccola attività d’amore.

5. Durante la nostra permanenza, il Mio contributo alle faccende di casa fu ben poco, come ad esempio il procurare i cibi, e ciò affinché da un lato la pigrizia non potesse propagarsi tra i Miei, e dall’altro lato affinché anche loro imparassero a non contare esclusivamente sulla forza soprannaturale. Che non ci mancasse comunque nulla, non è certo necessario che Io lo sottolinei ora.

6. Ma la cosa principale era il nutrimento spirituale! E in quale modo veniva esso introdotto? Anzitutto mediante la padronanza di una piena pace interiore, la quale non si lasciava distogliere dall’equilibrio da un attacco d’ira o da una meschina irritabilità; poi mediante l’esercizio della volontà, la quale è in grado di abbattere ogni passione e inclinazione verso il polo contrario. Solo chi ha vinto se stesso può vincere anche gli altri.

7. Inoltre venne esercitato e sempre più dischiuso l’occhio spirituale interiore. Non che Io stesso aprissi ai Miei la vista interiore, ma essi stessi dovevano essere in grado di dirigere il loro occhio spirituale su degli oggetti che essi volevano riconoscere. Questa capacità richiede tuttavia una purificazione molto particolare dell’anima, poiché questa, per natura di sentimenti terreni, può vedere naturalmente fuori da se stessa il puramente spirituale solamente quando si sia spiritualizzata già in misura considerevole, ovvero, detto con più esattezza, quando lo spirito, in essa dimorante, sia diventato già così tanto potente da avere insegnato all’anima, che deve costituire il suo corpo, così tanti concetti dello spirituale, illuminandoglieli con la sua luce, in misura tale che anch’essa veda, riconosca e comprenda le immagini spirituali. Finché, attraverso il meccanismo artificiale del corpo, vengono rese comprensibili all’anima solamente le cose esteriori, puramente corporali e materiali, questa è ancora spiritualmente cieca. Non appena impara a guardare attraverso l’involucro del corpo esteriore, essa diviene spiritualmente vedente.

8. I microscopi del mondo d’oggi danno un’immagine molto precisa e dettagliata fino al minimissimo solo per ciò che concerne l’involucro esteriore, senza dare chiarimenti sulla vita puramente spirituale di tutte le cose. Soltanto l’anima divenuta vedente è in grado di riconoscere la vita spirituale delle cose, mai però gli strumenti, per quanto penetranti, di un qualche studioso.

9. Ma una volta che l’anima è in grado di riconoscere la vita interiorissima, allora, naturalmente, essa con la stessa facilità compenetra con lo sguardo anche le più sottili costruzioni degli involucri racchiudenti questa vita interiorissima.

10. È però naturale che i Miei discepoli, i quali dovevano comparire come maestri ed insegnanti di vita, dovevano venire istruiti in tutto per quando Io non sarei più stato corporalmente presso di loro, e quindi essi dovevano impadronirsi completamente di tutto.

11. Ora si domanderà: “Ma i Miei non si erano già completamente impadroniti di tutte queste cose? C’era dunque proprio bisogno di questa permanenza nel deserto per pervenire alla padronanza interiore di se stessi?”.

12. A questo riguardo bisogna accennare di nuovo al fatto che gli stessi prima erano sempre stati soggetti ad una specie di costrizione dovuta alla presenza della Mia Persona, e poi anche al fatto che ciascuno di loro era stato soggetto alla consapevolezza di trovarsi costantemente osservato dalla numerosa folla che ci seguiva. Però ognuno saprà molto bene che è molto più facile schivare il male quando si sa di essere osservati - poiché con ciò entra una specie di pudore davanti ad estranei oppure anche l’ambizione di apparire buoni - che non quando ci si sente liberi da ogni costrizione.

13. Qui però ora era offerta in abbondanza l’occasione per essere messi alla prova perché, in primo luogo, Io stesso Mi ritiravo quasi completamente, spesso per delle giornate intere, per la Mia stessa preparazione, in secondo luogo qui i Miei camminavano del tutto liberi dalla massa di popolo in ammirazione, che spesso presumeva che questi Miei discepoli dovessero per forza essere pari al loro Maestro, se non infine addirittura superiori a Lui, come era già accaduto spesso che l’allievo aveva superato il maestro.

14. Gli abitanti di Efrem non si curavano affatto di noi, ma vivevano quietamente nelle loro faccende e ci ritenevano una nuova specie di setta degli ebrei, come ne spuntavano non di rado proprio al Mio tempo e credevano che noi fossimo dei seguaci di Giovanni che qui volevano prepararsi per il Regno di Dio che sarebbe dovuto venire. Avendo saputo ed anche visto inoltre che noi restauravamo di nuovo il vecchio castello, tanto più ci ritenevano delle persone strane, con le quali non era bene avere a che fare per non venire contagiati dalle loro stramberie.

15. Così dunque proprio questo luogo era il più adatto per l’autoaddestramento interiore, poiché coloro che Mi avevano seguito qui avevano abbandonato da molto tempo il desiderio esteriore del mondo, tanto che qui non c’era più bisogno di una qualche prova, mentre coloro che avevano ancora da imparare riguardo a questo, li avevamo lasciati indietro.

16. Ora però qui si erano verificati comunque vari avvenimenti ancora che è necessario raccontare affinché da questi ciascuno impari come deve avvenire l’addestramento, e come spesso degli avvenimenti insignificanti siano in grado di suscitare una grande impressione nella purificazione e nel rafforzamento interiore della volontà. Questi ora saranno dati qui affinché voi sappiate cosa veramente abbia voluto intendere Giovanni con le parole: “E qui Egli se ne stava con i Suoi discepoli”. (Giov. 11, 54)

 

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Cap. 48

La condizione animica dei discepoli.

 

1. Mentre i Miei discepoli (si intende gli apostoli) una volta stavano facendo un’escursione in montagna - Io stesso gliel’avevo ordinata affinché il loro sentimento si aprisse anche senza la Mia presenza per le cose che li circondavano vennero sorpresi da un forte acquazzone fra le profonde gole rocciose. In Palestina l’inverno si presenta con dei violenti acquazzoni i quali non sono così innocui come in Europa. Le acque fluiscono più rapidamente assieme; e fra le montagne, le quali durante l’estate si fanno aride sotto il Sole, si formano nelle gole molto velocemente dei forti torrenti che diventano pericolosi per il viandante, poiché le acque scrosciano molto impetuosamente e improvvisamente, ma il fondo roccioso non può assorbire la quantità d’acqua, bensì funge solo da bacino di raccolta. Quindi è pericoloso visitare queste gole nell’epoca degli acquazzoni improvvisi, dato che in queste l’incauto visitatore non è in grado di salvarsi se viene sorpreso dal maltempo.

2. E così anche ai Miei accadde di venire sorpresi da un temporale mentre si trovavano a metà di una lunga gola, e quindi molto presto furono circondati da acque rumoreggianti che rendevano impossibile l’avanzare oppure il retrocedere.

3. Questa dunque era una buona occasione per dimostrare la loro forza di fede; fede che si mantenne molto bene finché l’acqua lambì i blocchi di roccia sui quali i discepoli stavano in salvo. Ma quando anche questi furono raggiunti e bagnati dall’acqua, la loro fede cominciò tuttavia a calare molto, e la paura dinanzi ad una morte corporale così miserevole cominciò a farsi sentire sempre più. Le loro anime invocarono certo l’aiuto a Dio, però al Jehova dei padri, non invece a Colui che essi pur sapevano che era incarnato in Me; perciò i loro lamenti e invocazioni risuonarono inascoltati.

4. Tutti si erano già presi per mano per poter opporsi più efficacemente contro le acque che si scagliavano contro, in modo da mantenere il debole appoggio sotto i loro piedi, quando però anche i blocchi rocciosi sotto la pressione dell’acqua cominciarono a muoversi, e con ciò il pericolo si fece altissimo.

5. Allora Giovanni, nell’angoscia del suo cuore, gridò: «Signore e Maestro, salvaci Tu che già tante volte comandasTi gli elementi!».

6. Ed ecco che immediatamente l’acqua cessò di imperversare e di premere, e in brevissimo tempo i Miei si trovarono di nuovo su un fondo solido, certamente bagnati per bene, ma tuttavia incolumi!

7. Nel loro intimo essi ringraziarono Me come Salvatore, tuttavia ben presto discussero tra di loro sul perché il loro primo appello fosse rimasto inascoltato, considerato che Jehova ed Io eravamo certo una sola Persona.

8. Allora Giovanni domandò ai fratelli se anche alla prima invocazione avessero pensato proprio a Me, oppure solo al Dio dei padri come un Dio al di fuori di Me.

9. Con vergogna tutti confessarono che certamente nell’angoscia del loro cuore avevano veramente fatto questa distinzione, ed ora comprendevano anche molto bene perché il loro gridare non aveva avuto alcun effetto. Essi Mi cercarono subito e Mi pregarono di perdonarli per la loro mancanza.

10. Io però dissi loro: «Cosa dunque avrei Io da perdonarvi? Se Io non avessi voluto che foste messi alla prova in questo modo nella vostra fede, le acque non avrebbero potuto lambire i vostri corpi. D’ora innanzi credete però con tanta maggiore convinzione che in Me dimora veramente Colui che regge tutto l’Universo, e smettetela di fare le distinzioni che il vostro giudaismo dal cuore ristretto vi ha imposto, perché nessuno può venire al Padre se non unicamente attraverso di Me, il Figlio!».

11. Questo discorso li sorprese nuovamente, poiché essi non comprendevano ancora - quando negli ultimi tempi Io esponevo loro come andava distinto il Figlio dal Padre - che il corpo non era ancora trasfigurato, ma che apparteneva ancora alla Terra.

12. Solo dopo la Mia resurrezione diventò pienamente evidente ai loro occhi il perché Io non avevo parlato né potevo parlare altrimenti. Essi perciò conversarono molto su questo punto, e dovettero spogliarsi di tutto ciò che ancora era conficcato in loro in fatto di concetti assurdi, ed essi lo fecero anche tanto più quando Io non Mi trovavo presso di loro.

13. Che là venissero fuori moltissime cose insensate di stampo ebraico antico dal sapore dei pregiudizi del Tempio, ciò è facile da immaginare, tanto più che essi non furono ulteriormente testimoni della Mia Potenza con nessun altro prodigio esteriore; del resto essendo i prodigi come qualcosa di noto negli anni in cui noi stavamo assieme, sui Miei discepoli non facevano un’impressione troppo grande.

14. Chiunque sappia ora come sia però necessario proprio questo spogliarsi, il quale significa una purificazione dell’anima, comprenderà quanto fosse altresì necessario l’isolamento dei Miei, i quali con i loro discorsi non potevano mettere in pericolo se stessi, ma gli altri che li avessero ascoltati. Così avvenne che nella loro compagnia uno correggeva l’altro, e in caso di errore Io sapevo molto bene quando era giunto per Me di nuovo il momento di parlare. Tuttavia, ad orecchi immaturi non era lecito udire né i Miei discorsi, né quelli dei Miei, e questo per non far disseccare e cadere giù i frutti ancora immaturi.

 

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Cap. 49

Le preoccupazioni dei discepoli per il Signore.

 

1. Molti qui si meraviglieranno forse che i Miei discepoli, pur dopo così tanti insegnamenti e prove della Mia Divinità in Me, potessero cadere ancora in conflitto con se stessi e nei dubbi. Eppure per quest’aspetto bisogna riferirsi sempre alla debole natura umana, tenendo conto che per loro fu anche più difficile vincere la natura umana di quanto lo sia per voi. Adesso, infatti, chi sia anche soltanto discretamente credente, può abbracciare tutta la Mia Vita con un solo sguardo, e così pure il Mio Trionfo sulla morte, quale primo Punto principale, gli si presenta immediatamente dinanzi agli occhi, mentre allora lo sviluppo delle loro anime era possibile soltanto con il corso del Mio sviluppo, del quale questo Punto principale, quale suggello della Mia Dottrina, formava proprio la chiave di volta.

2. Inoltre solo la Mia crocifissione e la Mia Resurrezione costituiscono proprio la chiave per la comprensione del Figlio dell’uomo e Figlio di Dio. Però, siccome ora era necessario guidare i Miei fino al punto che essi, da allora innanzi, poggiassero spiritualmente sulle proprie gambe, così simili avvenimenti esteriori dovevano costituire il mezzo atto a promuovere la conoscenza interiore.

3. In seguito accadde quanto segue: i Miei erano coinvolti in discussioni e si scambiavano una volta ancora le loro opinioni sul perché Io da qualche tempo accentuassi nuovamente la distinzione, da Me già spesso menzionata, del Padre e del Figlio in Me[11]. Essi concordavano tra di loro sul fatto che il Padre certo dimorasse in Me, mentre il Mio corpo umano e l’anima erano quelli che venivano da Me indicati come Figlio. Allora da uno dei venti rimanenti seguaci venne fuori l’idea che era difficile comprendere come lo Spirito di Dio potesse contemporaneamente dimorare in Me quale uomo, agendo e camminando umanamente come fosse, per così dire, racchiuso - e nonostante ciò reggesse tutto il mondo. Di conseguenza era difficile capire se Io ero a conoscenza del governo dell’universo, oppure se fosse lo Spirito che di tanto in tanto si ritirava, così che Io poi potessi essere solo un uomo; e oltre a questo c’era da chiedersi che cosa succedeva al Mio corpo nel sonno, e cioè se durante il sonno lo Spirito di Dio si trovava ancora in Me oppure no.

4. Queste domande suscitarono dapprima un certo stupore negli altri a causa dell’apparente grande miopia dell’interpellante; ma alla fin fine, pensandoci un po’ meglio, ognuno dovette convenire che anche in lui vi erano alcune oscurità su questi punti. E fu soprattutto la perplessità sul cosa Mi succedesse nel sonno a suscitare le più forti considerazioni.

5. Andrea espresse l’opinione che era possibile che Io nel sonno fossi soltanto semplicemente un uomo, dato che sul lago di Genezaret durante la tempesta la Mia Potenza divina era diventata attiva solo dopo il risveglio, e dunque, se non fossi stato desto, forse un’improvvisa morte del corpo avrebbe potuto sorprendere tutti.

6. Ci fu dunque un grande parlare su questo e quello, che infine mirò al dover supporre che di certo durante il sonno il Mio corpo fosse altrettanto indifeso come quello di qualsiasi altro uomo, al punto che i discepoli reputarono necessario di vegliare su di Me, dato che non si poteva sapere se i molti ebrei nemici, dopo così tanti vani attentati, non avrebbero tentato anche un attacco a sorpresa di notte per ucciderMi. Però a nessuno venne in mente di domandare semplicemente a Me, poiché nella loro cura amorevole verso di Me pensavano che la loro vigilanza era una protezione non trascurabile, e si trattava in fondo soltanto del tempo del sonno. Che però la loro protezione di giorno non fosse necessaria, questo lo sapevano da chiare dimostrazioni.

7. Io dunque lasciai fare ai Miei, e diedi a vedere di non notare affatto che ora nella casa solitaria un discepolo faceva sempre vigilanza notturna.

8. Dopo alcuni giorni, una sera, dopo che avevamo consumato la cena, Mi ritirai molto stanco per riposare prima del solito, ed i Miei rimasero tutti radunati assieme. La stanza che nel castello spazioso Mi serviva da camera da letto era situata ad un’estremità dell’edificio; così per arrivarvi si dovevano attraversare prima molte altre stanze. I Miei però erano radunati in una sala che si trovava nel mezzo della casa.

9. Mentre essi erano nel bel mezzo di una discussione animata, improvvisamente nelle stanze vuote, che mettevano in comunicazione con la Mia stanza da letto, si levò un forte bagliore di fuoco. Spaventati, i discepoli accorsero e videro ormai che le stanze vuote bruciavano con così tanta veemenza, che era impossibile arrivare fino a Me, ed era tantomeno possibile ad una persona attraversarle per raggiungere la stanza dove loro si trovavano. Tutti si precipitavano confusamente tentando di spegnere inutilmente le fiamme che continuavano a divampare, e secondo la loro opinione già da lungo tempo dovevano aver raggiunto anche la Mia stanza.

10. Al colmo della disperazione alcuni provarono a penetrare attraverso le fiamme, ma invano: il pavimento delle stanze era crollato e la comunicazione era impossibile! Allora altri espressero l’opinione che il denso fumo, che era a tutti estremamente fastidioso, Mi doveva aver già soffocato nel sonno. Tuttavia nessuno volle allontanarsi e abbandonare la sala gravemente minacciata, prima che non si fosse venuti a conoscenza della Mia sorte.

11. Allora, per porre fine alla loro angoscia e tormento, Io feci spegnere lentamente le fiamme, e dopo qualche tempo si fece poi anche completa calma. I discepoli, pieni d’angoscia, si arrampicarono sulle travi carbonizzate e fumanti verso la Mia stanza da letto e la trovarono intatta, ed Io dormivo tranquillamente su di un letto a spalliera. Questa vista li rese quasi privi di parola, e nessuno si azzardò a turbare il Mio apparente sonnellino.

12. Ma in quel momento Io Mi alzai, e subito i Miei Mi tempestarono di domande per sapere se Io fossi a conoscenza di quello che era accaduto.

13. Io li guardai seriamente e dissi: «Eppure voi sapete Chi dimora in Me, e sapete pure che a Lui nessuna cosa può rimanere nascosta! Però quello che il Padre sa, lo rende noto anche al Figlio!

14. Le fiamme che vi hanno ferito potevano nuocerMi altrettanto poco quanto tutte le insidie degli astiosi ebrei. Solo quando questo corpo verrà consegnato di Mia Volontà, la perfidia avrà potere su di esso.

15. Ma non sapete voi dunque che lo spirito veglia anche quando il corpo dorme, e non sapete voi dunque che esso si prende cura della propria dimora?

16. Come potete essere così stolti da pensare che un’opera di Dio, come lo è la struttura di questo Mio corpo, abbia bisogno della tutela degli uomini? Gli strumenti che sono stati fatti dalla mano del maestro possono tutelare il maestro? Ovvero può la creatura, che ha ricevuto tutto dal Creatore, proteggere il Creatore stesso da un male che Egli permette che avvenga?

17. Vedete quanto è stato stolto il vostro agire, per quanto ispirato dall’amore! E così smettete di volerMi proteggere! Colui che dimora in Me sa tutte le cose, e nessuno può resistere alla Sua Potenza!

18. Andate ora e non siate turbati a causa della Mia ammonizione, la quale non deve affliggervi! Ma riconoscete sempre più Chi è il vero Signore, sia quando Egli dorme temporaneamente nel corpo che quando è desto!

19. I discepoli volevano dunque allontanarsi; tuttavia non potevano tornare indietro, oltre il nero baratro bruciato, così svelti come quando erano stati spinti dalla preoccupazione per il grave pericolo che incombeva su di Me. Io perciò li chiamai nuovamente a Me, e in pochi istanti le stanze si presentarono di nuovo così intatte come prima dell’incendio; così essi ora poterono ritornare senza fatica nella loro sala. E così ben presto ciascuno di loro, occupato con i suoi pensieri, poté recarsi a riposare.

 

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Cap. 50

La rinascita dell’anima.

 

1. Il giorno dopo Simon Pietro Mi venne vicino e disse: «Signore e Maestro, ormai noi tutti vediamo certo del tutto chiaramente di aver errato, poiché è indubbio che Dio stesso non avrà mai bisogno dell’aiuto o dell’assistenza degli uomini; ma nonostante ciò per noi è sempre rimasto ancora poco chiaro il motivo per cui il Tuo corpo rimane temporaneamente in una specie di indipendenza dallo Spirito interiore, tanto che, come anche risuona dalle Tue parole, Tu saresti a volte l’eterno Spirito di Dio stesso in Persona, mentre altre volte sarebbe il Tuo uomo corporeo ad essere completamente indipendente e solo ogni tanto verrebbe compenetrato da esso! A questo riguardo noi ci troviamo sempre in una certa discordia nelle nostre vedute, cosa che Tu ci perdonerai certamente perché noi Ti siamo davvero fortemente affezionati e crediamo in Te, eppure nella Tua intimissima Natura non Ti comprendiamo proprio completamente. Come sta dunque questa cosa?»

2. Io gli dissi: «Mio caro Pietro, tu e i fratelli non riuscite a comprendere più di una cosa, poiché non avete ancora raggiunto in voi quel gradino spirituale per poter comprendere questo processo, pur in sé molto semplice, che Io vi ho già spiegato abbastanza spesso. Adesso però voi siete qui per sperimentare in voi stessi quello che di Me vi è ancora oscuro.

3. A cosa serve richiamare sempre la vostra attenzione sulle differenze tra il Figlio dell’uomo e il Figlio di Dio se non siete capaci di riconoscere e percepire in voi stessi il divario tra l’uomo spirituale e l’uomo corporeo?

4. Solo la completa rinascita finché avete un corpo vi risolverà questa questione con pienissima soddisfazione, e voi avete già fatto tutti i passi davvero opportuni per pervenire alla stessa, e anche se non l’avete del tutto raggiunta, essa non vi sta molto lontana.

5. Così adesso rispondeteMi ad alcune domande, affinché la comprensione in merito a questo punto principale possa avvicinarsi!

6. Innanzitutto: “Come percepite il vostro pensare e sentire? Sono questi esteriori od interiori, vale a dire: ad una domanda che vi viene posta potete rispondere soltanto perché avete imparato la risposta dal vostro maestro memorizzandola, oppure è il vostro proprio io interiore che dà la risposta per mezzo di deduzione?”

7. Voi direte: “Possono accadere ambedue i casi!”. Ora, se l’uomo fosse però semplicemente una macchina, anche se dotato di un’anima conscia di se stessa, questa potrebbe pensare solo esteriormente, vale a dire potrebbe procurarsi un sapere per mezzo delle impressioni nella memoria, sapere che viene imparato soltanto con l’ammaestramento, all’incirca come si addestra un animale. La deduzione, invece, è un domandare dell’anima rivolto ad un principio interiore, vivente nell’uomo, principio che dà la risposta ai quesiti che vengono posti e, quale spirito, vive ancora nell’anima, e come tale, come Io vi ho già detto spesso, esso è perfetto. Per conseguenza anche nell’intimo dell’uomo può iniziare un vero e proprio incrociarsi di domande e risposte.

8. Si dirà: “Ebbene, se lo spirito è perfetto, perché dunque spesso vengono alla luce delle deduzioni così estremamente stolte? Lo spirito non risponde dunque sempre in maniera giusta?”.

9. Certo che lo spirito risponde sempre in maniera giusta, ma poiché esso nell’uomo rappresenta anzitutto il principio vitale dell’anima, anche questa, essendo consapevole di se stessa, può agire in modo simile secondo la propria natura, come un’immagine riflessa da uno specchio. Ebbene, proprio come una vera immagine speculare non potrebbe formarsi senza la presenza di un oggetto ad essa completamente simile, così anche l’anima può enunciare liberamente i propri giudizi solamente qualora questi derivino per riflessione dallo spirito. Come però un’immagine riflessa da uno specchio rappresenta tutto a rovescio e direttamente opposto all’oggetto, e pur tuttavia resta vera, così accade anche qui finché l’anima e lo spirito non cercano di fondersi insieme.

10. Soltanto un uomo che ha destato in sé lo spirito a tal punto che l’anima non rimanda più alcun riflesso terreno invertito, ebbene, soltanto un tale uomo ha raggiunto la rinascita e si trova nella piena verità. Naturalmente non è facile infrangere queste barriere, perché attraverso il corpo materiale-terreno l’anima, orientata in senso terreno, ha maggiore propensione verso il corpo stesso che non verso lo spirito, il quale si fa sentire soltanto debolmente; ed essa, se non ha imparato a distinguere, adotta volentieri, come proprio operare, l’operare del corpo.

11. Infrangere queste barriere è il Mio e il vostro compito come pure di tutti i Miei seguaci, e la via che conduce a questo voi la trovate per mezzo del vostro spirito interiore che dovete interpellare per averne delle risposte. Solo questo è l’unico maestro vero, perché esso è in relazione con l’universale Spirito di Dio, del Quale è un’immagine nel piccolo; di conseguenza attinge ogni verità soltanto da Lui.

12. Una volta che l’anima si sia completamente subordinata alla natura del proprio spirito, e con ciò si sia liberata da ogni desiderio terreno, tanto che essa aspira esclusivamente soltanto allo spirituale ed è completamente compenetrata dallo spirituale quale anima conscia di se stessa, allora l’uomo già più perfetto ha raggiunto quel livello che veniva definito come “Nirvana” dai sapienti indiani, quindi una condizione nella quale ogni volontà che è condizionata da tendenze carnali-terrene è annientata, e la quale esclude ogni vita nella carne come esistenza materiale. Questa condizione è possibile nella vita materiale, anzi deve venire raggiunta affinché la piena pace sopraggiunga nel cuore umano.

13. Voi tutti siete vicini a questa rinascita dell’anima; tuttavia di là, nel Mio Regno, ci sarà, quando Io vi sarò asceso, un’altra rinascita ancora: cioè quella dello spirito, la quale consiste nell’indissolubile Comunione con Me. Allora, nella Casa del Padre, i figli regneranno nella suprema beatitudine gioiosa; delle gioie che nessun cuore di uomo può nemmeno intuire, poiché sono spirituali e pure, e di esse non è possibile rendervi comprensibile in anticipo nemmeno il più piccolo riflesso.

14. Aspirate anzitutto a fare in modo che la vostra anima raggiunga la rinascita, affinché essa impari a guardare soltanto attraverso l’occhio dello spirito e con ciò riconosca sempre più se stessa e la sua origine!

15. Ma poiché Io stesso devo in Me, quale uomo come voi, salire tutti questi gradini - dato che Io sono l’Apri-sentiero dell’umanità, la quale, nonostante i molti messaggeri inviati, ha sempre continuato a impigliarsi negli errori -, così anche voi infine comprenderete certamente perché Io non possa parlare diversamente da come avviene per rendervi visibile e comprensibile questo salire verso la Perfezione!

 

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Cap. 51

Cenni per la nobilitazione dell’anima.

 

1. Disse Pietro: «Si, Signore, adesso questa cosa la riconosco certo molto bene e comprendo anche sempre di più che la Tua natura umana è proprio del tutto simile alla nostra e che il divario sta soltanto nello spirito in noi. Sicuramente noi tutti ci impegneremo al massimo per conseguire tutte le mete che Tu ci indichi. Ma adesso facciamo un’immensa fatica a capire la rinascita delle nostre anime. Noi siamo bensì sulla retta via, ma, quando siamo soli, arrivano certe ricadute che ci inducono a fare delle stoltezze quali Tu ora ne hai già viste compiere parecchie da parte nostra. Come potremmo dunque evitarle con certezza?»

2. Dissi Io: «In primo luogo conseguendo la vera forza di fede anche quando non Mi vedete - perciò beati sono coloro che credono e non vedono! -, poi liberandovi da ogni timore e amando solo Dio con tutta la forza che voi sapete essere in Me e che avete riconosciuto!

3. Io certo so che voi Mi amate molto, tuttavia ora questo amore riguarda ancora piuttosto la Mia Persona che non il Mio Spirito. Ma quell’amore irremovibile che non conosce più alcun dubbio e che non vacilla nemmeno dinanzi a cose a voi incomprensibili, ebbene, questo non lo possedete ancora, ma avete solo una fede che per ora è scaturita dalle Mie opere e che non è ancora una roccia, ma è frammista a del soffice terreno che può venire ancora lavato via dagli acquazzoni del dolore.

4. Dunque non credete soltanto quando Io sono con voi, ma credete e confidate pienamente nella Mia Potenza anche quando Io non sono presso di voi col corpo! Indagate nelle vostre anime, e dove trovate ancora qualcosa di impuro, rigettatelo da voi!

5. Finché scoprite ancora malumore, rabbia, insoddisfazione e pensieri impuri in voi, ciò significa che in voi si agita ancora il dubbio il quale impedisce alla fede vivente di fortificarsi. Allo spirito, invece, tutti questi vizi sono estranei, quindi esso non può compenetrare l’anima, la quale deve spogliarsi spontaneamente di tutto ciò!»

6. Disse Pietro: «Si, Signore, noi sappiamo molto bene tutte queste cose e ci sforziamo di agire secondo le Tue parole; ma spesso diventa ben difficile vincere se stessi. E nonostante ciò noi Ti amiamo di tutto cuore e con tutte le forze!»

7. Dissi Io: «Lascia pur stare per ora queste cose! Ebbene, Io vi ho condotti ad Efrem affinché vi fortifichiate e conseguiate, grazie ad una libera ed autonoma operosità, la perfezione interiore, e così lascia dunque pur stare simili cose! Sareste voi forse i Miei discepoli se Io non pensassi a guidarvi in modo che serviate il Padre come Lo servo Io ora? Il Padre certamente sa bene quello che fa e quali strumenti Si sceglie! Quello che ancora vi manca voi lo conseguirete, e così tendete dunque a ciò, e la forza non mancherà se pregherete per questo»

8. Disse Pietro: «Si, Signore, noi ben sappiamo che Tu ci dai sempre la forza che ci occorre, se Te ne preghiamo; ma troppo spesso noi ci dimentichiamo proprio di pregare, perché ci riteniamo già molto forti e pensiamo di poter vincere con la nostra forza! E questo sentimento di forza ci colma di grande fiducia, la quale però anche troppo facilmente si trasforma in una grande afflizione quando qualche circostanza ci dimostra l’enorme debolezza ed incostanza del cuore umano e il suo vacillare, nonostante tutti i buoni propositi. Ma non dobbiamo dunque proprio assolutamente tentare di poter fare qualcosa anche mediante la nostra stessa forza?»

9. Risposi Io: «Chi aspira all’Unione con Dio tenterà anzitutto di adempiere la Sua Volontà e di subordinare la propria, poiché soltanto la Volontà di Dio divenuta vivente e possentemente attiva nell’uomo non potrà fare né farà mai naufragio. Ma se l’uomo è ostinato e tenta di compiere qualcosa senza curarsi se l’azione che ha intenzione di compiere corrisponde alla Volontà di Dio, egli non può meravigliarsi se questa azione non si risolve a suo favore.

10. Questo sentimento di forza, del quale tu parli, spesso però non è altro che una superbia spirituale che si sente avanti rispetto agli altri fratelli e vorrebbe perciò compiere qualcosa di straordinario per soddisfare la propria vanità oppure anche per brama di ammirazione dinanzi agli altri. Guardatevi dunque da questi impulsi, poiché i Miei seguaci devono essere poveri nello spirito, come sapete, affinché possano ricevere appunto tutto da Me e possano veramente vedere Dio! Coloro invece che si ritengono spiritualmente ricchi, sono proprio quelli che credono di essere perfetti, fanno sfoggio della vittoria sulle proprie passioni e diventano pieni di superbia spirituale.

11. Guarda i farisei come credono di servire solo Dio con ogni specie di insignificante sapienza e ciarpame di formule, mentre in realtà servono soltanto se stessi e il proprio benessere! Far penetrare in essi, nel loro cuore, sia pure soltanto un piccolissimo insegnamento della Sapienza dai Miei Cieli è del tutto impossibile, poiché il loro cuore è colmo di ogni genere di ricchezze della presunzione delle loro anime, mentre i doni possono venire elargiti soltanto dove regna la completa povertà. Comprendi tu questo? E lo comprendono i tuoi fratelli?»

12. Disse Pietro - il quale qui, come spesso accadeva, faceva l’oratore per gli altri -, dopo aver guardato i fratelli presenti, i quali fecero tutti dei segni di assenso: «Sì, Signore, questo noi lo comprendiamo molto bene, perché spesso Tu hai già dato con parole simili questi insegnamenti. Tuttavia desidereremmo sapere proprio da Te qualcos’altro!

13. Tu parlasti di una rinascita dello spirito e dell’anima. Questa distinzione ci ha molto colpito, poiché noi non avremmo mai cercato una distinzione a tale riguardo e ritenevamo che, una volta compiuta la elevazione dell’anima allo spirito, si sia anche raggiunto tutto quello che è possibile raggiungere. Come sta dunque questa cosa; non vuoi spiegarTi più chiaramente a tale riguardo?

14. Dissi Io: «Quello che voi ora siete capaci di comprendere, lo udirete! Tuttavia tutto vi si chiarirà pienamente solo nel Mio Regno, dove troverete la conferma con i vostri propri occhi ed i vostri propri sensi. Ma non soltanto per voi stessi, ma anche per i vostri successori conviene che voi sappiate ciò che Io intendo e voglio indicare con la rinascita dello spirito. Così ascoltate dunque!».

 

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Cap. 52

La rinascita dello spirito.

 

1. (Il Signore:) «Tutti coloro i quali già sulla Terra seguono Me e la Mia Parola, raggiungeranno quella Meta che io così tante volte vi ho indicato come rinascita dell’anima: questo è dunque un compenetrare dello spirito nell’anima, la quale con ciò diventa atta a penetrare, pur trovandosi ancora nel corpo, in ogni superiore sapienza dei Cieli, e a divenire non soltanto signora di se stessa, ma anche signora di quanto la circonda, anzi perfino della Natura e delle forze occulte qualora essa aspiri ad adempiere la Mia Volontà per amore e beneficio del prossimo. I mezzi per arrivare alla Meta si chiamano fede e vero amore per il prossimo.

2. Simili uomini rinati possono e devono anche essere degli uomini molto giusti, come di simili ce ne sono sempre stati, in tutti i tempi, i quali possedevano questa massima perfezione dell’anima; ma per arrivare a ciò ad essi non era neanche necessario essere pervenuti fino alla Comunione con lo Spirito di Dio personalmente agente.

3. Anzi, finora ciò non era per niente possibile, dato che, all’infuori che in Me, la Divinità non era ancora affatto presente in modo che La si potesse vedere di Persona! Tutti i giusti che conseguirono la rinascita dell’anima prima della Mia Vita corporale, erano ben lontani, nonostante ciò, dal poter vedere la Divinità così come La vedete voi ora. Per questo motivo le loro dottrine indicano anche che il penetrare nella suprema Perfezione appare loro come un sorgere nell’Infinità, perché Dio stesso quale Essere impersonale vuol dire appunto l’Infinità entro la quale lo spirare della Sua Forza può certo venire percepito spiritualmente, ma allora non poteva venire rappresentato visibilmente all’anima nella forma di una Persona.

4. Solo dopo la Mia morte, quando questo Mio corpo sarà accolto quale una veste dell’onnipotente, infinita Divinità stessa, tutti coloro che hanno abbandonato la vita corporale prima di questo Mio tempo saranno essi pure in grado, vedendo la Divinità ora fattasi Persona, di vivere in eterna Comunione con Questa, e precisamente in una Città che Io vi ho già mostrato quando quelle dodici splendide colonne di notte spaventarono la gente di Gerusalemme, e che rappresenta la vera Gerusalemme celeste, l’eterna Città di Dio. Quest’eterna coabitazione comunitaria di Dio con i Suoi figli è la rinascita dello spirito.

5. Certamente dopo di Me molti ancora potranno pervenire alla rinascita dell’anima, e di conseguenza potranno essere anche molto beati e felici senza comunque conseguire quest’ultimo e supremo grado. Molti inviati del Mio Spirito discesero sulla Terra e indicarono agli uomini smarriti le Vie per le quali essi avrebbero potuto giungere alla pace e all’illuminazione interiore, senza però essere in grado di indicare le Vie dirette che conducevano a Me, perché queste ultime non erano ancora aperte. Dunque, tutti coloro che vogliono percorrere le Vie di prima possono quindi pervenire benissimo alla rinascita dell’anima, non però alla Comunione con Me.

6. Quest’ultima cosa è possibile soltanto per mezzo della fede in Me ritenendoMi davvero il Cristo, l’Unto, al Quale è stata data ogni Potenza e Magnificenza del Padre, affinché gli uomini diventino felici e supremamente beati attraverso il Figlio. Io sono la Porta, un’altra non ce n’è! Chi vuole mettersi per le Vie che conducono al Cielo senza volerMi conoscere, questi può certamente raggiungere un alto grado di perfezione, ma non potrà mai pervenire alla chiara Comunione visibile con Dio stesso. Avete compreso ora questa cosa?»

7. Dissero tutti: «Sì, Signore, ciò è stato detto proprio in modo chiaro; chi non potrebbe comprendere ciò?»

8. Pietro però pensò di nuovo a quel punto: «Signore, quelli che hanno raggiunto la rinascita dell’anima, e che quindi di là vivono davvero beati, raggiungeranno anche tutti la rinascita dello spirito, oppure è forse possibile che questi rimangano fermi sul loro gradino della perfezione?»

9. Dissi Io: «A questa domanda potresti darti veramente tu stesso la risposta, poiché si intende proprio completamente da sé che nessuno vi viene costretto! Ma se un paese è diviso da un largo fiume, e viene un abile architetto e vi getta un ponte e poi chiama tutti coloro che fino a quel momento non avevano potuto arrivare all’altra riva perché vadano insieme con lui dall’altra parte, alla riva di là, lo seguiranno forse tutti? In ogni caso la maggior parte, e coloro che saranno rimasti indietro, dopo qualche tempo di attesa, quando vedranno che i primi non faranno ritorno, certamente andranno dall’altra parte, tanto più quando vedranno che la riva dell’altra parte sta lì nella chiara luce del Sole e offre un bello spettacolo alla vista!

10. Vedi, Io sono un simile architetto! E anche dopo di Me ciascuno si curerà di trovare l’inizio del ponte, poiché lo spirito interiore gli dirà: “Esiste ancora una Casa più elevata e preziosa di quella che tu ti sei preparata grazie alla tua rettitudine di vita; vai a cercarla!”.

11. E ciascun cercatore, che si sarà scosso di dosso la vita corporale, potrà anche trovare questo ponte, e non importa se si sarà reso giusto attraverso la Mia Dottrina datavi ora, oppure attraverso quella di un maestro da Me suscitato in un tempo precedente o successivo.

12. A simili giusti Io stesso vado incontro già al momento opportuno come riscuotitore del pedaggio per passare il ponte, ed essi poi spontaneamente versano il loro pedaggio, vale a dire che accolgono la Dottrina che dice: “Il Padre è nel Figlio, e chi vede il Figlio vede anche il Padre!”.

13. Ecco, anche costoro saranno poi ugualmente accolti come tutti coloro che all’inizio si sono incamminati per le Mie Vie.

14. Per questo però voi non dovete guardare con disprezzo i pagani, perché Io vi dico che fra questi vi sono più giusti di quanti ne siano mai vissuti fra il popolo d’Israele, e perciò i pagani verranno accolti e gli ebrei saranno rigettati!»

15. Disse Pietro: «Signore, se fra i pagani ci sono uomini così giusti, come hanno conseguito questo senso di giustizia?»

16. Risposi Io: «Io ti ho già detto che degli inviati del Mio Spirito li ammaestrarono continuamente, portando la luce dai Miei Cieli ed ammaestrando gli uomini a seconda della loro comprensione. Questi inviati insegnarono però anzitutto l’immersione nell’intimo dello spirito, così che chiunque avesse voluto trovare in sé la verità poteva anche trovarla; questa però come voi sapete è la rinascita dell’anima. Quest’immersione Io ve l’ho anche spesso consigliata come un mezzo atto a rendere libera l’anima ed a purificarla da tutti i difetti e dalle macchie del suo egoismo, e con ciò a farla pervenire a Me.

17. Esercitatevi anche in questo, affinché l’occhio interiore si apra di più e sperimentiate in voi quante cose è in grado di rivelare lo spirito non appena si sia fatto vivente in voi! Ma come questo avviene, voi lo sapete da Me con tutta precisione, e così agite dunque anche di conseguenza!».

18. I discepoli allora si ritirarono tutti e meditarono molto sulle Mie parole che essi si erano presi molto a cuore. Specialmente Pietro - il quale finora si era occupato poco delle virtù che lo spirito può recare all’anima - ora si applicava molto nel tenere aperto il suo occhio spirituale per riconoscere di più se stesso e quanto gli stava intorno.

 

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Cap. 53

La vista spirituale.

 

1. Ora qui vanno aggiunte alcune parole riguardo alla vista spirituale per coloro che vogliono camminare per le Mie Vie e riconoscere su se stessi fino a che punto l’anima sia suscettibile di sviluppo già nel corpo. Qui non si tratta di insegnare a conseguire delle particolari facoltà prodigiose o magiche, oppure di dare la ricetta per cercare di raggiungere soltanto queste, ma deve venire indicata la via su come vengono superati i molteplici dubbi del cuore, che l’anima sente fino a quando non ha allentato il vincolo che la tiene legata alla carne. Il vero scopo invece è questo: diventare indipendenti dalla carne con tutte le sue voglie, i dubbi e gli errori per sentirsi bene e accedere, dopo la morte, nel mondo proprio, autentico e vero, nel quale l’anima deve entrare completamente libera e indipendente.

2. È evidente che la vita dell’anima deve manifestarsi completamente da se stessa quando le catene della carne che la legano si allentano. E tutti coloro che si limitano ad ascoltare la Mia Parola, ma oltre a ciò non percepiscono nulla di questa vita interiore dell’anima, si trovano appunto ancora del tutto imprigionati nei loro lacci della carne, e sono degli ascoltatori ma non degli operatori della Parola.

3. Chiunque si libera dalle catene, ottiene una visione più chiara sull’uomo e sulla natura, da principio soltanto in modo tale che egli ritiene che la propria facoltà di osservazione si sia molto acuita, mentre in verità è il ridestarsi dello spirito il quale ha a disposizione una maggiore libertà di movimento. Così dunque l’uomo si abitui a guardare in se stesso, vale a dire a riconoscere le immagini che il suo occhio spirituale vede e può osservare indipendentemente dai suoi occhi di carne, e così, qualora si trovi nell’amore per Me e prosegua a costruire su queste fondamenta, perverrà rapidamente a quella proprietà dello spirito che voi chiamate “chiaroveggenza”, la quale però non è una proprietà magica, ma una proprietà del tutto naturale dell’anima, rispetto a cui l’anima può tuttavia altrettanto bene chiudersi, come voi nella carne potete chiudervi rispetto allo sviluppo di varie facoltà.

4. Nei casi di malattie, nei quali molte volte si verifica un allentamento dell’anima dal vincolo del corpo - che però alla fin fine è una specie di insana chiaroveggenza a causa della debolezza del corpo, per cui si verificano molte inesattezze - non è insolita una vita dell’anima nel suo mondo, che è estraneo al corpo, e molte fantasie non sono nient’altro che delle immagini corrispondenti del mondo delle anime: immagini corrispondenti, perché il linguaggio dello spirito, col quale esso parla all’anima, non è formato da parole, ma soltanto da concetti completi, mentre le parole esprimono solo faticosamente i concetti.

5. Lo sviluppo di questa facoltà di capire il linguaggio, il quale come linguaggio delle corrispondenze vi è noto almeno per quanto riguarda la parola, non è soltanto utile durante il tempo della vita, ma è perfino necessario, perché altrimenti, dopo la morte del corpo, l’anima viene a trovarsi nel regno degli spiriti come un estraneo che entra in un paese a lui assolutamente sconosciuto, di cui non comprende la lingua e da cui soltanto con grande fatica riesce a farsi comprendere, con la sola differenza che gli abitanti di questo paese comprendono bene lo straniero, mentre costui non comprende gli abitanti del luogo; quest’ultimi però, per comprenderlo, devono prima adattarsi di nuovo nei grevi ceppi della vita animica per assumere nuovamente il linguaggio greve del corpo, divenuto loro inconsueto, il quale permette di comunicare soltanto per mezzo di parole, e non invece per mezzo di successioni di pensieri.

6. Per conseguenza agli uomini spiritualmente progrediti rincresce spesso l’impossibilità di poter esprimere in maniera soddisfacente le loro percezioni per il fatto di dover usare le parole, ovvero si rammaricano per l’impossibilità di fissare, per mezzo della scrittura o della parola, il susseguirsi dei pensieri con quella velocità fulminea con la quale lo spirito li fa vedere all’anima. Tutto questo non sarebbe possibile qualora questo linguaggio dello spirito non venisse dato in rapide immagini e in successioni di concetti.

7. Dunque esiste un modo di comunicare ben superiore a quello della parola e della scrittura, e perciò nessuno creda che il linguaggio scritto o l’eloquenza estremamente evoluti siano quanto di più brillante sa esprimere l’anima dell’uomo, poiché questi sono soltanto degli efflussi molto deboli degli sforzi dello spirito interiorissimo per rendere l’anima partecipe di quanto di supremamente perfetto sta celato nello spirito stesso. Nessuno dunque ritenga di fare qualcosa di straordinario se viene reputato un maestro di questa via mediana esteriore, perché egli è soltanto un misero pasticcione al paragone della ricchezza del maestro interiore, il quale non espone i suoi doni all’esterno.

8. Tuttavia lo sforzarsi in se stessi, per mezzo della Mia Forza e mediante l’amore per Me, per arrivare a questo linguaggio perfettissimo significa procedere seguendo Me e le Mie Vie, poiché durante il tempo terreno nella carne Io passai per la stessa via e dovetti conseguire ciò faticosamente gradino per gradino, come qualsiasi altro uomo. Adesso facciamo ritorno ai Miei!

 

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Cap. 54

Sulla Santità di Dio.

 

1. Pietro si era scritto le Mie parole in maniera particolarmente profonda, e con l’energica forza di volontà che lo caratterizzava egli si accinse a perfezionare la sua anima dove aveva ancora dei difetti. Egli si ritirò immediatamente dagli altri per poter aprire l’occhio interiore, e rimase per alcuni giorni quasi invisibile a tutti.

2. Qui conviene sottolineare di nuovo che i Miei discepoli si trovavano radunati qui per sottoporsi di proprio libero impulso, indipendentemente dalla Mia Persona e del tutto senza alcuna costrizione interiore dovuta all’ambiente, ad una specie di prova volontaria di fronte a se stessi, affinché le capacità già conseguite, da Me però concesse per il loro apostolato che doveva aver luogo più tardi, potessero diventare loro esclusiva proprietà. Da questo punto di vista va considerato tutto quello che accadde ad Efrem.

3. Visto che Pietro si faceva vedere nuovamente con maggior frequenza nella cerchia dei fratelli, ciascuno dei quali percorreva per conto proprio la sua via della vita interiore - ragione per cui questo suo ritirarsi non fu neppure notato tanto, dato che egli si presentava sempre regolarmente ai pasti e veniva e andava in silenzio -, così una sera i discepoli rimasero assieme più a lungo del consueto in occasione della domanda di Giacomo sul perché mai la Santità di Dio potesse sentirSi offesa dai peccati degli uomini, dato che proprio questi peccati sono molte volte il mezzo per la purificazione, e che anche questa possibilità del commettere peccato è permessa da Dio. Di conseguenza in questa frase del Tempio doveva pur esserci qualcosa di particolare, in quanto proprio Io avevo frequentato anche molto i peccatori e non Mi ero mai sentito offeso neanche dai peggiori di loro.

4. Ci fu qui un confuso parlare a causa di molte ipotesi, in quanto furono tirati fuori i Miei precedenti insegnamenti, e ciascuno si era fatto un particolare punto di vista con cui considerava la Santità di Dio. Infine Giovanni spiegò accuratamente che la “Santità”, nel vero senso, era da intendere l’immenso Amore di Dio, Amore che è disposto al sacrificio di Sé, il quale certo potrebbe venire offeso dal contrastare l’amore persistendo nel peccato, così come un buon padre si sentirà certo offeso da un agire senza amore dei figli, pur restando ben lontano da lui ogni sentimento dell’ira, ma anzi egli cercherà dei mezzi, fra i più lievi possibili, per sradicare questa mancanza d’amore e, soltanto nel caso in cui i mezzi più lievi non portino frutto, egli ricorrerà a dei mezzi sempre più rigidi, non però per ira, ma unicamente per amore e per il giusto scopo.

5. Tutti quanti i discepoli furono d’accordo con queste parole; Pietro però aggiunse ancora a ciò che la Santità di Dio non significava soltanto il grande Amore di Dio, ma anche la grande Sapienza con la quale Egli aveva disposto tutte le cose create nella loro grande e perfetta adeguatezza allo scopo. Pietro inoltre disse: «Il più sacro dovere degli uomini è quello di non turbare quest’Ordine che include in sé l’adeguatezza allo scopo delle cose; ma proprio a questo riguardo l’umanità ha peccato infinite volte opponendosi all’Ordine e cercando di infrangere con ciò a suo danno anche l’adeguatezza allo scopo delle leggi della natura. Così infatti è sorto anche il diluvio, e precisamente dopo che gli anociti fecero saltare le montagne, in quanto essi turbarono l’Ordine e con ciò l’adeguatezza allo scopo cui adempiono le montagne quali pesi sui bacini d’acqua sotterranei. E così l’uomo pecca anche tuttora contro l’Ordine e con ciò offende la Santità di Dio nell’Ordine con l’abuso del suo corpo e dandosi all’intemperanza e alla lussuria, e così il corpo diventa inutilizzabile come dimora per un’anima sana. Il riconoscere però l’Ordine nel quale noi dobbiamo vivere è un passo importante verso la rinascita, e perciò io in questi giorni ho riconosciuto anche quanto sia necessario immergersi in se stessi, dato che soltanto cercando in se stessi è possibile venire ammaestrati da Dio e riconoscere la verità».

6. Gli altri allora domandarono se egli avesse fatto ciò. Pietro rispose affermativamente e spiegò di averlo fatto con grande diligenza in questi giorni, e che era anche convinto di avere trovato ora la Via per diventare un vero discepolo del nostro Signore e Maestro. Egli era convinto che pure tutti i fratelli avessero preso a cuore le ultime parole del Signore e che aspirassero al raggiungimento della vicina Meta; tuttavia egli si sentiva spinto ad esporre le sue osservazioni, considerato che l’uno o l’altro avrebbe pur potuto trarne qualcosa per sé oppure che l’uno o l’altro avrebbe potuto comunicare qualcosa di utile a lui.

 

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Cap. 55

La via verso la perfezione interiore.

 

1. I fratelli lo pregarono quindi di raccontare ancora una volta i suoi pensieri e le sue esperienze, e Pietro cominciò: «Cari fratelli, saranno presto tre anni che noi accompagniamo costantemente il Signore, che ci ha iniziati a tutte le meraviglie del Suo mondo, e noi tutti certamente non dubitiamo su Chi veramente ci troviamo dinanzi in Persona; ma nonostante il riconoscimento di questa verità e della coscienza di procedere nella vicinanza di Colui che è il Creatore di noi tutti, a volte non riuscivo a vincere del tutto dei lievi dubbi emergenti, i quali mi sussurravano: “Tutta la tua conoscenza e tutti i tuoi sforzi sono inutili, dato che tu non sarai certo mai in grado di arrivare a quella purezza che anzitutto ti autorizzi a rimanere vicino a Colui che veramente è un uomo senza difetto”. Questa consapevolezza della peccaminosità che certamente grava su noi tutti, mi ha estorto alcune lacrime dal cuore assai afflitto, e soltanto per mezzo dell’amorevole incoraggiamento del Signore io fui risollevato e riempito di nuovo coraggio a riprendere il lavoro apparentemente tanto inutile.

2. Mi è pure discretamente riuscito di mantenere, quale un bene saldissimo, la convinzione irremovibile che il nostro Signore e Maestro è l’unico Modello verso la perfezione, però non sono finora riuscito a credere di poter raggiungere nemmeno il gradino più piccolo di questa perfezione, ma sono riuscito invece a rafforzare la volontà in tal senso, col fermo proponimento di non desistere dal raggiungimento della Meta lontana, anche se sono consapevole della mia indegnità.

3. Io però riconobbi a quel punto che l’indagine delle leggi dell’Ordine era ad ogni modo un’aspirazione che, una volta realizzata, doveva renderci parecchio più facile - almeno per molti - purificare l’anima dalle molte scorie, poiché colui il cui occhio è in grado di riconoscere le sistemazioni esteriori piene di saggezza, le quali costituiscono il mezzo per l’educazione dell’anima, costui riuscirà a comprendere molto presto, partendo da queste sistemazioni esteriori, il loro vero e proprio scopo interiore, e il suo cuore si colmerà dapprima di stupore, ammirazione e venerazione, e poi certo sicuramente dovrà passare nell’amore per l’Essere Onnipotente, il Quale qui nel Suo santo Ordine istituì la massima adeguatezza per favorire la salvezza e il progresso dell’intero Universo, che culmina nell’unico scopo di formare degli esseri che possono operare e creare nella beatissima Comunione con lo Spirito di Dio.

4. Inoltre questo riconoscere sarà anche lo sprone a tralasciare qualsiasi cosa che si opponga all’Ordine per il raggiungimento di questo supremo Scopo, e con ciò l’anima si sforzerà di vivere bene e giustamente dinanzi a Dio. Soltanto i peggiori stolti e i demoni in forma umana possono opporsi alle leggi riconosciute, e ciò a proprio danno corporale e spirituale.

5. Vedete, cari fratelli, questo punto di vista mi fu di guida già da molto tempo, ma solo qui, in questo luogo, io sono arrivato alla meta, e cioè al punto di essere in grado di riconoscere con gli occhi svegli, di mia propria volontà, e non attraverso la vista aperta dal Signore per mezzo della Sua forza di Volontà, le leggi esteriori della natura, le quali rivestono le più sublimi e più interiori leggi d’Amore, ed io spero con ciò di essere progredito anche un bel po' nella mia stessa formazione».

6. Allora Andrea domandò come egli avesse fatto a ricevere questa vista interiore, anche se, dal canto suo, non ci teneva poi molto a ricevere anche la vista esteriore, perché per lui la comprensione della Parola era una cosa più elevata, e questa vista interiore, spirituale, per lui era più importante di tutta la conoscenza delle leggi esteriori della natura; tuttavia ciascuno doveva procedere nell’esprimere il proprio giudizio su questa questione appunto a seconda delle proprie convinzioni; per questo egli in nessun caso voleva designare l’aspirazione di Pietro come non buona.

7. Pietro quindi espresse l’opinione che incamminarsi per questa via non era difficile, dato che per compenetrare quell’oggetto che si voleva esaminare sarebbero state necessarie semplicemente la fede in Dio e la forza di volontà. E grazie a queste, avveniva che durante la contemplazione della forma esteriore appariva, in modo netto, contemporaneamente anche quella più interiore, e così poi lo spirito spiegava con chiarezza le leggi divenute ora visibili attraverso l’osservazione.

8. S’intendeva però completamente da sé che, nel contemplare molte cose che si presentavano, l’anima non doveva trovare diletto nel mantenere queste capacità esteriori senza lasciare risuonare in sé chiaramente la voce dello spirito; ma entrambi dovevano sempre procedere contemporaneamente e così poi anche lo sviluppo di queste proprietà dell’anima in un corpo sano non sarebbe stato sicuramente un errore.

9. Egli dunque avrebbe osservato, per esempio, come andavano erigendosi le piante, ed avrebbe riconosciuto benissimo come anche la sostanza animica della pianta fosse un essere certo completamente chiuso in sé, però sempre atto a svilupparsi ulteriormente, come l’uomo stesso. Ma se, prima, nelle piante egli aveva visto soltanto delle escrescenze della terra animata - all’incirca come crescono i peli sul corpo di un uomo -, ora egli sapeva però che le cose non stavano così, ma che ciascuna pianticella rappresenta, anche se nell’incompletezza, un tutto animico separato che si costruisce il proprio corpo altrettanto bene quanto lo sa fare la perfetta anima dell’uomo. È vero che egli già prima era venuto a sapere, dalle spiegazioni del Signore, come si svolge il processo di formazione dell’anima umana attraverso il mondo visibile, tuttavia una vista così accurata fino al dettaglio, che egli avrebbe potuto ottenere in qualsiasi momento, non l’aveva di certo ancora avuta, e molte cose, che prima egli aveva avvertito come più che vere, ora lo erano diventate in modo tangibile.

10. Si formò dunque un molteplice domandare, principalmente da parte dei discepoli che non appartenevano ai dodici, i quali desideravano avere da Pietro ancora vari chiarimenti, ma considerato che essi non sono essenziali, allora è opportuno tralasciarli. Soltanto venga osservato ancora che, nel corso di queste discussioni, fu sollevata la questione se poi le parti animiche imperfette, le quali a molti già si erano rese visibili negli istanti in cui era stata loro aperta la visione interiore, fossero coscienti e se nei gradini inferiori dei corpi inorganici questa coscienza fosse accompagnata anche da una capacità sensitiva, come certo era ammissibile, e se questa fosse necessaria per determinati scopi.

 

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Cap. 56

Sulla capacità sensitiva.

 

1. Pietro su questi punti espresse dunque le seguenti spiegazioni, che egli aveva ottenuto dalla contemplazione.

2. In primo luogo egli avrebbe visto come la forma viene costruita dall’anima sempre allo scopo dell’ulteriore sviluppo, non invece soltanto per avere la casa più comoda possibile. Ciò sarebbe più o meno come se un corridore si ponesse un traguardo e quindi si impegnasse al massimo per raggiungerlo, tenendo però costantemente conto di quanta forza egli possa esigere dal proprio corpo lungo i tratti del percorso per pervenire al suo traguardo. L’anima dunque, come il caso del corridore, si pone anch’essa la meta di arrivare ad una certa maturità, che però può ottenere soltanto per mezzo della forma; quindi questa viene adottata in conformità allo scopo e scelta a seconda della sfumatura del carattere.

3. Ma da ciò risulterebbe che già nei livelli più inferiori sarebbe presente una coscienza di sé, per quanto ancora piccola, dato che senza di questa uno sviluppo spirituale non sarebbe possibile. Però nei livelli inferiori non sarebbe presente una capacità sensitiva corporale, poiché questa sarebbe una conseguenza di vite animiche più sviluppate, ed inizierebbe al confine con quegli esseri nei quali sussiste la circolazione degli umori.

4. (Pietro ora spiega direttamente:) «Le piante ad esempio hanno quindi una facoltà sensitiva, per quanto anche di grado inferiore, mentre nei gradini più bassi del mondo animale è già molto più elevata.

5. La circolazione degli umori è una tendenza a vivificare l’organismo a partire da un punto centrale e con ciò a sviluppare la coscienza di se stesso, dato che questa concentrazione presuppone l’esistenza di un nucleo vitale che nell’uomo si trova nel cuore. È vero che le piante non hanno ancora un organo del cuore, tuttavia nel midollo più interno hanno un principio vitale che si manifesta nella tendenza a nutrire e a mantenere l’albero, la pianta, per mezzo dell’appropriata circolazione degli umori dentro ad un sistema di condutture estremamente sottili, che entra in attività in primavera e in autunno[12].

6. Tale circolazione però ha sempre bisogno di un eccitatore sotto forma dinervi, i quali nelle piante sono ancora molto rozzi, ma negli animali vanno affinandosi sempre di più. Questi nervi hanno sempre in comune il fatto di essere trasmettitori delle eccitazioni provenienti dall’esterno e dall’interno, e di tutelarsi, mediante degli organi appropriati, da eccitazioni dannose e di esporsi all’azione di quelle utili. Perciò il fiore chiude ed apre il calice, e l’animale fugge o si espone all’influsso benefico.

7. Con ciò, a me appare indubbio che l’intero complesso della Creazione riceve la capacità sensitiva solo quando l’attività dell’anima è progredita a sufficienza da portare nello stesso tempo alla coscienza il desiderio di un ulteriore sviluppo. E questo desiderio è l’amore incitante, il quale è stato posto dal Signore in ciascun essere come un mezzo lievemente spronante, e attraverso il quale viene raggiunta la meta della trasformazione dell’Universo, e tutto ciò senza costrizione, ma soltanto per una decisione, assolutamente propria e libera, di voler incamminarsi per le vie del perfezionamento. Ora questo incitatore è lo spirito proveniente da Dio, il quale può rendersi vivente solo nell’uomo, esso accoglie in sé la forma e così poi sta dinanzi a Dio come trionfatore, che ha spezzato la forma esteriore e l’ha in un certo modo inghiottita in sé».

 

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Cap. 57

Il Signore ed Efraim

 

1. Dopo che i discepoli si furono dichiarati d’accordo con queste esposizioni di Pietro ed ebbero aggiunto ancora qualcosa delle loro proprie opinioni, prese allora la parola Giovanni e spiegò ai fratelli che la Mia preoccupazione d’Amore mirerebbe sempre principalmente a far sì che l’individuo raggiunga la meta finale con la maggior sicurezza possibile e che soprattutto questa meta finale determinerebbe anche le vie che l’individuo dovrebbe percorrere durante il suo sviluppo per diventare uomo. Ma siccome, per ragioni molto savie, ciascun uomo sarebbe costituito in modo differente, così anche ciascuna anima sarebbe pure guidata in maniera diversa fino al completo sviluppo, ragion per cui una legge generale, fissa, relativa alle vie che dovrebbe percorrere un’anima in formazione, può venire stabilita soltanto in generale, ma non in particolare, dato che unicamente Dio soltanto, e nessun altro, conoscerebbe la meta finale; addirittura nemmeno l’essere stesso in questione potrebbe aver chiara la posizione a cui arriverebbe e potrebbe arrivare nel servizio di Dio.

2. «Perciò, cari fratelli», continuò Giovanni, «impegnatevi, prima che in qualsiasi tipo di sapere, in un vero amore ed umiltà, affinché il Signore possa guidarvi senza impedimenti! Se non volete altro che il Suo Amore, allora pervenite alla massima conoscenza che è: prendere dimora nel Cuore di Dio, dove a quel punto vedrete tutto non attraverso voi stessi, ma per mezzo dell’Amore di Dio, il Quale vi farà cadere la benda dagli occhi».

3. Ora, mentre i discepoli stavano parlando di così varie cose ancora riguardo all’argomento proposto, accadde che da uno dei vani delle finestre della grande sala si levò un rumore come di una persona in pericolo di precipitare che tentasse di tenersi afferrata. I discepoli si avvicinarono in fretta e trovarono un uomo aggrappato al parapetto, il quale, evidentemente, aveva ascoltato di nascosto i loro discorsi, e facendo ciò aveva perso l’equilibrio ed ora correva il pericolo di cadere giù. Egli venne tirato su, e gli venne chiesto amichevolmente se non si fosse fatto alcun male e come avesse fatto ad arrivare su fino a quel vano della finestra situato a un’altezza piuttosto elevata.

4. L’uomo, dapprima un po’ duro come un delinquente sorpreso in flagrante, non vedendo facce irritate rivolte verso di lui disse subito amichevolmente: «Cari amici, io adesso vedo bene di essermi molto sbagliato riguardo a voi, e quindi vi chiedo perdono di cuore per tutto quello che, a vostra insaputa, vi ho causato con le mie parole! Ma permettete che io vi spieghi con più precisione il motivo che mi ha condotto qui e il motivo per cui è mancato poco che mi infortunassi!

5. Vedete, io sono un’abitante della città di Efrem e già da molto tempo, da quando siete qui, sto osservandovi e mi sono fatto ogni specie di idee sul cosa fate in questo nascondiglio tra le mura, e su chi voi siate. A tale proposito alcuni dei miei parenti e amici hanno detto che voi eravate degli esseni che qui operavano magie e le usavano per tramare una nuova congiura contro i romani a Gerusalemme, per la qualcosa questo era un luogo adatto. Altri ancora pensavano che voi eravate sì dei maghi capaci di compiere molte cose, come ad esempio anche la riparazione così straordinariamente veloce di questo castello, ma non dei cospiratori, perché il vostro contegno era amichevole ed aperto.

6. Io però deridevo questa credenza che voi foste dei maghi, come del resto io non tengo proprio in nessun conto simili cose, ma so che sulla Terra tutto avviene soltanto con cose del tutto naturali, però mi ripromisi di voler approfondire da me stesso chi e che cosa siete. Io perciò mi sono messo in cammino già varie volte durante la notte, ed ho girato intorno a questa dimora per cercare l’occasione di soddisfare la mia curiosità. Ma uno strano timore mi ha sempre trattenuto dall’insinuarmi fino a giungere a voi.

7. Oggi però la brama si fece in me così potente, che io volli indagare ad ogni costo il vostro mistero, e così adottai delle misure per potermi infiltrare fino a voi. Davanti a quella finestra, da dove mi avete preso, c’è un albero che estende ampiamente i suoi rami. Io mi munii di alcune robuste pertiche e le posi a partire dai rami fino sul cornicione della finestra e così, su questo ponte, potei arrivare tranquillamente qui ad ascoltare di nascosto i vostri discorsi. Soltanto la grande attenzione con la quale voi conversavate ha impedito che io fossi scoperto prima, ed i vostri discorsi mi presero così tanto che io dimenticai completamente di essere un intruso, e il mio desiderio più forte era di saltare dentro da voi. Trovandomi così assorto, io non badai più al mio debole ponte, ed urtai improvvisamente le pertiche, le quali a quel punto caddero giù. Nel tentativo di impedire ciò, persi l’equilibrio, e allora mi aggrappai al davanzale e sarei quasi precipitato giù io stesso se voi non foste accorsi qui.

8. Io ora vi prego, cari amici, di volermi perdonare, poiché, che io non sia un ladro o un intruso criminale, lo vorrete credere senz’altro; per lo meno, dalla sapienza che ho constatato in voi udendo dalla finestra, ho dedotto che sarebbe cosa ben difficile ingannarvi!»

9. Disse Pietro: «Caro amico, cosa avremmo dunque da perdonare, dato che tutti noi sappiamo molto bene che non tanto la tua curiosità, ma il tuo spirito interiore è stato a spingerti a venire qui da noi? Lungi da noi dunque il sospettare in te una qualsiasi intenzione criminosa. Così vieni, dunque, siediti con noi, ristorati, e parliamo insieme come si addice a degli uomini leali e sinceri! Se tu desideri sapere qualcosa da noi, domanda pure! Noi parleremo volentieri con te».

10. L’efremita, il quale ora aveva perso del tutto il suo timore iniziale, si sedette accanto ai discepoli, si rinvigorì e poi domandò presto con assoluta disinvoltura ogni sorta di cose possibili: la nostra provenienza, che cosa volevamo fare qui, e perché noi avessimo scelto come nostro luogo di permanenza proprio quel nascondiglio fra le mura, e molte altre cose personali sul conto dei discepoli, cose a cui fu risposto in maniera del tutto aperta.

11. Quando egli poi seppe pure che i Miei discepoli erano discepoli del Nazareno, a lui ben noto, domandò immediatamente di Me e voleva assolutamente vederMi. Pietro gli rimproverò il suo contegno alquanto impetuoso e disse che egli doveva controllarsi, dato che nessuno di loro sapeva se il loro Maestro sarebbe stato disposto a tollerare un simile comportamento.

12. Allora l’efremita disse molto arditamente: «Amici, quando si è trattato di penetrare fino al nocciolo di una cosa, io ho da sempre ritenuto di andare sempre alla fonte, mai di indagare lungo i deflussi di un fiume! Io supposi con certezza che dietro di voi si celasse qualcosa di particolare, e da molto tempo io nutro il desiderio di conoscere il Redentore e di udire da Lui stesso le parole che io potei acquisire, per così dire, soltanto per vie traverse. Non è forse molto comprensibile che io cerchi con tutte le forze di avvicinarmi a Lui il più presto possibile, tanto più che il mio cuore lo brama così ardentemente? Saresti tu capace d’imporre a tuo figlio di stare lontano da te, qualora desiderasse abbracciarti? Io però so molto bene dalla Scrittura, e da molte altre cose che sono accadute attualmente, Chi io abbia dinanzi a me in Gesù di Nazaret. E così in realtà è stato pure il sentimento interiore di apprendere qui qualcosa da Lui a spingermi a venire; per cui è anche vero quello che tu dicesti, cioè che lo spirito mi spingeva, non la curiosità.

13. Ma se è proprio vero che qui dimora il Re di Sion, del quale Davide e tutti i profeti profetizzarono, allora neppure Lui si opporrà al fatto che un semplice figlio degli uomini, il quale Gli offre soltanto un cuore colmo del più elevato amore e null’altro che questo amore, debba bussare invano alla Sua porta pregando di poter entrare. Io credo di conoscere lo Spirito Supremo, che ora ha preso dimora in un corpo, troppo bene per non poter supporre che Egli sappia precisamente cosa succede qui, e mi attenda per accogliere la mia offerta d’amore!»

14. Disse Pietro, assolutamente meravigliato: «Ascolta, amico, tu ti esprimi qui ai nostri orecchi con un linguaggio che è per noi per lo meno insolito, poiché non abbiamo mai visto un uomo il quale, senza conoscere il Signore, abbia parlato così di Lui! Come fai a sapere con così tanta precisione Chi Egli sia?»

15. Disse l’efremita: «Ebbene, questo deve certo essere immediatamente chiaro a chiunque se ha occhi per vedere ed orecchi per udire! Ora, ambedue gli organi del corpo in me sono ancora in buonissimo stato, come pure lo sono anche il mio intelletto e certamente anche il mio cuore, il quale sa esprimersi in un linguaggio molto più distinto che non il primo, e di conseguenza io ho tenuto aperti anche tutti i miei sensi ed ho appreso quello che altri non hanno potuto apprendere neppure per mezzo delle prove più tangibili.

16. Occorre proprio sempre vedere per credere? Bisogna proprio aver visto i paesi stranieri per poter credere che esistono? Sicuramente no! Ora, vedi, amico, così va anche per me! Quello che io udii, mi bastò per credere, dopo averlo ponderato, e quindi io so pure ormai Chi devo cercare nel vostro Maestro, e io sono pienamente sicuro che in Lui troverò anche quello che cercavo e che di Lui fermamente credo»

17. Quando l’efremita ebbe parlato così, Io entrai nella sala e, rivolto a lui, esclamai: «Beati sono coloro che credono pur non vedendo! E così benvenuto sii tu dunque per Me, quale ultimo fra tutti coloro che a Me vengono soltanto per mezzo della Mia Parola, e d’ora innanzi resta presso di Me, affinché la tua fede venga coronata! Tu ti chiami Efraim, e d’ora in poi, per Me, diverrai una colonna, la quale fungerà da buon sostegno alla costruzione del Mio Regno. Voialtri, però, prendete esempio da costui, affinché impariate cosa vuol dire vivere come desidera il cuore, e seguire soltanto la sua volontà e i suoi sentimenti!»

18. Allora Efraim si affrettò verso di Me, completamente sopraffatto dai suoi sentimenti, e a questo punto seguì una di quelle scene che già varie volte sono state descritte e sono determinate dall’amore del figlio che riconosce il proprio Padre; un figlio che ora, nella gioia più beata, Gli porge il saluto.

19. Dopo che questa scena fu terminata ed ebbi fortificato Efraim, Io spiegai ai discepoli che ora era stato guadagnato l’ultimo di coloro che, dall’Universo, erano scesi sulla Terra quali testimoni della Mia Missione terrena per servire da sostegni del Mio Regno, e che ora con ciò era completo il numero di coloro che erano chiamati a diventare maestri per la Mia scuola dello Spirito, alla cui edificazione e al cui suggello con il Suo esempio era comparso il Figlio dell’uomo.

20. I discepoli vennero di nuovo esortati ad attenersi a tutto quello che avevano visto e udito, e a utilizzare il breve lasso di tempo per fortificarsi bene per l’avvenire, affinché essi potessero restare trionfatori di fronte a se stessi e, con ciò, anche di fronte agli uomini.

 

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Cap. 58

Il congedo da Efrem. Partenza per Betania.

 

1. Ora, nel periodo di tempo successivo non accadde nulla di particolarmente importante esteriormente. Noi vivevamo molto tranquillamente e regolarmente. E poiché ora era iniziato un freddo pungente per la Palestina, il quale nelle impervie regioni montane si faceva sentire in modo alquanto forte, appunto per tale freddo i discepoli erano raccolti assieme in una compagnia più numerosa del solito nella protettiva dimora, e si scambiavano con zelo discorsi e questioni. Tutti si sforzavano con ardore di formarsi bene nello spirito, e perciò furono di nuovo discusse da loro molte cose che avevano relazione con Me e con la Mia Dottrina, cose che è inutile ripetere, dato che sono già state dette molte volte in altra forma.

2. Soltanto una cosa qui va ancora menzionata. Essi erano rimasti colpiti dal fatto che quell’inverno si presentava con una temperatura insolitamente bassa per la Palestina, ed essi indagarono sui motivi che potevano averla causata. Allora essi videro in stato di chiaroveggenza che il paese era coperto da quegli spiriti di pace, che sono stati già menzionati varie volte - e cioè spiriti elementari ai quali compete particolarmente l’ordine di tutti i rapporti terreni - e come questi si prendevano cura, con zelo, di catturare e di ammansire il più possibile tutte le focose particelle animiche ascendenti. Si trattava di una grande lotta nella natura la quale si faceva sentire fortemente mediante il menzionato freddo.

3. Essi Mi chiesero come mai quella lotta fosse sorta proprio ora, ed Io spiegai loro in breve che ciò stava in strettissimo rapporto col volgere al termine della Mia Missione. Adesso però gli elementi dell’ira che salivano, i quali a causa dell’opposizione del “figlio perduto” erano stati eccitati, dovevano venire ancora domati con l’uso della forza, affinché l’Opera non venisse disturbata e affinché il popolo, il quale in seguito ai suoi peccati si era reso molto accessibile alla loro assimilazione e al conseguente indurimento delle anime, non andasse in perdizione. Prima della chiusura della porta, prima che la misura fosse colma fino a traboccare, la Misericordia avrebbe sempre tentato di evitare che ciascuno si rovinasse da se stesso. Ma qualora nemmeno un ultimo e grande ammonimento fosse stato osservato, allora sarebbe entrata in azione la legge, e le conseguenze di tutti i peccati sarebbero entrate tremendamente in vigore.

4. Così sarà anche con gli ebrei. Se non avessero cambiato i loro sentimenti, se non avessero chiuso la loro anima alla ricettività e all’assimilazione dei molti elementi dell’ira con l’inversione delle vie finora percorse, questi elementi non sarebbero stati più trattenuti ed allora la rovina si sarebbe abbattuta sugli uomini e sul paese.

5. Trascorsi dunque quasi tre mesi ad Efrem, un giorno venne da noi un servo di Lazzaro, che era stato mandato in segreto e che chiese di parlare con Me.

6. Io lo lasciai venire da Me, ed egli disse: «Signore e Maestro! Lazzaro, che è stato risuscitato da Te, mi manda a Te e Ti prega di volergli offrire consiglio ed aiuto! I sacerdoti del Tempio si sono fatti adesso più arroganti che mai con lui, da quando egli è risuscitato dai morti, e lo minacciano con maledizioni se egli non confessa di non essere stato morto, dato che in verità non è ancora mai accaduto che un morto sia ritornato indietro. Lo si minaccia di dover bere l’acqua maledetta, allo scopo di fornire la prova che dimostra in che misura Dio sia con lui. Lazzaro però conosce questa perfidia, e sa molto bene che in quest’ultimo caso gli si darebbe un’acqua del tutto particolare che lo farebbe di certo morire una seconda volta. Tuttavia egli ora non sa se, confidando in Te, debba presentarsi a loro oppure se debba rinunciare completamente al Tempio, che pure è stato istituito da Dio»

7. Gli dissi Io: «Dì al Mio caro Lazzaro che egli vada in cerca di Dio là dove crede di trovarLo! Se sa che Egli vive nel Tempio, allora che faccia quello che il Tempio richiede, ma se invece lui sa che Jehova non dimora là, allora perché pone delle domande riguardo al Tempio e ai suoi sacerdoti? A me sono più cari di tutti quei figli i quali si uniscono al Padre nel cuore e là ascoltano silenziosamente quello per la cui attuazione essi ottengono l’approvazione del Padre! Va e dì questo al tuo padrone!».

8. Il messo, che era uno dei più fidati di Lazzaro, andò immediatamente e gli portò questo messaggio; di fronte a tale risposta Lazzaro non rifletté alcun istante e si separò completamente dal Tempio e minacciò gli oppressori che, qualora continuassero a non lasciarlo in pace, egli si sarebbe fatto cittadino romano e si sarebbe posto completamente sotto la tutela di Roma. I sacerdoti allora lo lasciarono tranquillo, perché, con l’esecuzione di questa minaccia, per loro ogni prospettiva di entrare un giorno in possesso dei suoi beni sarebbe andata perduta, mentre essi speravano ancora di raggiungere il loro scopo per vie disoneste.

9. Ora si era avvicinato lentamente il tempo in cui il periodo freddo si allontanava dalla Palestina e si rendevano percettibili i primi preparativi per la festa della Pasqua. In quell’epoca molti ebrei andavano in pellegrinaggio a Gerusalemme, perciò mettevano bene in ordine la loro casa, affinché durante la loro assenza là nulla potesse venire trascurato. E così anche ad Efrem si notava una maggiore operosità degli abitanti, che si preparavano per poter trascorrere un certo tempo nella vicina Gerusalemme.

10. Con ciò si avvicinava ora il tempo nel quale il Mio corpo doveva essere sacrificato, e nella Mia Anima si insinuò la tristezza e la percezione anticipata delle grandi sofferenze che Mi attendevano. Ma allo stesso tempo essa veniva attraversata dalla consapevolezza del grande compito che doveva venire adempiuto, ed essa si sottomise alla Volontà del Padre. I discepoli videro la lotta che in Me si stava combattendo e, preoccupati, Mi chiesero cosa Mi stesse accadendo. Io però dissi loro di lasciarMi nel Mio raccoglimento, e che tra breve sarebbe stato tutto chiaro.

11. Ci restavano pochi giorni ancora da trascorrere ad Efrem, e perciò Io radunai i Miei e dissi loro di prepararsi per il viaggio, dato che saremmo andati da Lazzaro per prendere dimora presso di lui.

12. Pietro Mi mise di nuovo in guardia dai templari, ed Io gli dissi: «Ora è venuto il tempo in cui il Figlio dell’uomo sarà trovato debole, ed i Suoi nemici riusciranno a sopraffarLo, e questo determinerà il loro giudizio, ma per il mondo sarà la salvezza».

13. Pietro a tale riguardo fu del tutto costernato e riferì le Mie parole ai fratelli, i quali pure si preoccuparono per Me. Pietro però da quel momento in poi portò sempre con sé di nascosto una spada, pronto a sacrificare la sua vita per Me, nel caso in cui gli sgherri fossero venuti per catturarMi.

14. Il giorno del congedo si avvicinava ormai. Io consegnai al capo della comunità il nostro castello con tutto quanto vi era dentro, lo benedissi, benedicendo attraverso di lui la comunità, chiamai i discepoli, ed assai rapidamente andammo quindi per la strada provinciale che conduceva a Gerusalemme, poiché volevamo arrivare entro lo stesso giorno da Lazzaro, per prendere dimora là per l’ultima volta, prima che la Mia carriera terrena dovesse venire chiusa.

 

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Cap. 59

Sul perché viene permessa la guerra.

 

1. Quando raggiungemmo, dopo varie ore di cammino, la strada che da Gerico porta a Gerusalemme, avemmo l’occasione di concederci un breve riposo, poiché un grosso drappello di soldati romani, i quali cambiavano il loro quartiere e dovevano essere rispediti a Roma, occupò la strada. Noi ci accampammo perciò un po’ da parte, per lasciar passare prima la spedizione, che noi poi avremmo anche dovuto seguire per raggiungere Betania.

2. Mentre dunque i Miei discepoli osservavano quegli uomini diritti, robusti, tutti dall’aspetto abbronzato e vigoroso - essi appartenevano a delle truppe centrali che per particolare privilegio avevano svernato a Gerico, allora luogo di ritrovo internazionale -, Giacomo Mi disse se dunque quella gente provasse proprio vera gioia nel loro mestiere di guerrieri, oppure se lo spirito, che pur dimorava anche in loro, non si adoperasse per chiarire loro che la guerra rappresentava in realtà la non fratellanza e lo scatenarsi di ogni possibile vizio. Infine Mi venne posta la domanda sul perché dunque Io permettessi la guerra, con cui così tante fiorenti vite ed esistenze umane venivano distrutte, e le anime venivano abbruttite e spesso completamente corrotte. Tutti Mi guardarono in modo interrogativo, dato che questa domanda diretta non era mai stata fatta.

3. Io quindi invitai tutti ad avvicinarsi di più a Me, affinché non occorresse che Io parlassi a voce troppo alta e che attirassi l’attenzione dei passanti, e parlai così: «Quando voi considerate tutte le cose che si mostrano all’occhio nella vita umana, è sempre necessario che voi non giudichiate mai in base al lato esteriore, ma sempre in base al nucleo interiore della loro natura. Le cose materiali, esteriori, e quelle spirituali, interiori, ossia le cose tra loro corrispondenti, possono trovarsi nella più grande contraddizione apparente, poiché spesso si comportano reciprocamente in modo polarizzato[13], anzi, quali concetti completamente opposti devono necessariamente comportarsi così, sebbene l’uno non possa sussistere senza l’altro. Se questi contrasti si presentano ai vostri occhi veramente in modo davvero stridente, voi credete di scoprire delle contraddizioni inspiegabili, le quali tuttavia non sono affatto tali dinanzi all'occhio dello spirito. Un esempio di tale contraddizione si presenta ora proprio qui.

4. Infatti, in quale rapporto sta il soldato romano, la cui professione è l’assassinio consentito, nella sua posizione umana esteriore, la quale certo non corrisponde alla Mia Dottrina di Pace, rispetto al proprio essere umano interiore che pure è anch’esso da Dio e a Dio deve ritornare? Però, com’è possibile, domanderete voi, che Io permetta che un’anima, che ha ricevuto in dono la divina Scintilla spirituale, si impigli in simili perversità?

5. Voi qui credete di non poter trovare nessuna spiegazione, poiché, anche se Io indicassi la libera volontà dell’uomo per mezzo della quale egli, nella sua posizione esteriore, può di certo intraprendere ciò che vuole, voi domandereste: “È dunque proprio necessario da parte Tua concedere così tanta libertà agli uomini perché essi la utilizzino per l’assassinio e l’uccisione, e non sarebbe invece meglio limitare questa libertà almeno affinché non venga utilizzata per tanto disonesto dolore e tante sofferenze sulla Terra?”. Anzi voi domandereste: “Può dunque la Divinità, la quale è il vero Amore, stare tranquillamente a guardare, senza battere ciglio oppure senza imporre un freno nonostante le infinite sciagure e le più spaventose miserie che gli uomini si causano? Questa Divinità, tanto colma d’Amore, non sarà forse una Divinità insensibile, la Quale prova una specie di gioia nel vedere tranquillamente come le Sue creature vanno dilaniandosi? Qualsiasi uomo, se ne avesse la forza, non starebbe a guardare tranquillamente così tanta miseria, ma già la sola compassione lo costringerebbe a saltare in mezzo e con la più sacra serietà imporre un freno alle parti. Perché dunque non fa questo la Divinità, che pur domina su tutte le forze?”.

6. Vedete, così domanda più di un’anima titubante, nella quale è fluita già tanta della Mia Luce più luminosa, e comincia a dubitare del vero Amore e perfino dell’esistenza di un Dio dell’Amore, si smarrisce in ogni genere di abisso del dubbio ed infine abbandona la vera fede.

7. Io però voglio darvi una luce che illumini a sufficienza tutte queste domande. Così ascoltate dunque!

8. Anzitutto va considerato come l’uomo si pone rispetto al suo simile e poi, visto che vive nella materia, come egli si pone rispetto a Dio, ovvero, altrimenti detto, come propende nei suoi concetti rispetto al visibile e all’invisibile.

9. Ora è cosa del tutto naturale che l’uomo semplice, spiritualmente ancora non sviluppato, il quale secondo natura indirizza il corso dei suoi pensieri anzitutto soltanto verso l’esteriore che lo circonda, e giudichi anche solamente secondo quanto egli vede e sente. In primo luogo lo attirerà il solo aspetto esteriore dei fenomeni, egli lo valuterà, ne trarrà le sue conclusioni, e da esperienze fatte saprà volgere a suo profitto l’ambiente esteriore. Solo quando egli sarà penetrato fino al punto da dominare questo esteriore degli eventi naturali, allora l’intelletto lo inciterà a domandare il perché e ad indagarli. Il processo di sviluppo del mondo materiale è però sempre quello in cui, per primo, viene studiato l’involucro esteriore e, poi, dal guscio viene tirato fuori il seme spirituale spesso soltanto con molta fatica.

10. Ora però voi sapete che lo sviluppo del regno animale, come pure del regno vegetale che lo precede, si fonda sull’annientamento della forma esteriore, senza danno per il principio vitale interiore in essa dominante, il quale aspira al perfezionamento. Questo esteriore esempio naturale ovviamente non rimane nascosto neppure all’uomo spiritualmente non sviluppato, anzi esso vive in lui come una potenza animica da superarsi, dato che il corso della sua vita include in sé questo senso della distruzione. Egli dunque lo imita anche in quanto reclama per sé ed anche esercita il diritto del più forte finché non si trova in quella condizione la quale impedisce ancora lo sviluppo animico interiore. Solo quando subentrano delle epoche nelle quali la formazione spirituale sta in prima linea, in cui in un certo modo la constatazione esclusivamente esteriore, materiale, viene considerata come un modo di vedere superato, solo allora questa durezza dell’anima non può più comparire, e nell’uomo il diritto del più forte può svanire completamente. A questo punto entra in vigore il diritto dello spirito umano illuminato, il quale è di gran lunga più insuperabile della prima forza, quella fisica.

11. Quei soldati, però, si trovano tutti quanti sul gradino dell’osservazione puramente naturale esteriore, che insegna loro il diritto del più forte - essi non si curano ancora dello sviluppo animico -, perciò imitano questa lotta nella natura e per il momento non percepiscono in loro neppure nessun vuoto. Anzi, essi possono contemporaneamente essere addirittura degli uomini davvero buoni, perfino bonari, finché non si trovano dinanzi un supposto nemico sotto forma di un altro soldato di una nazione straniera in stato di guerra; allora essi gli si collocano di fronte come il più accanito avversario non appena la tromba chiama alla battaglia.

12. Tuttavia questo procedimento evolutivo Io devo lasciarlo sussistere, perché il riconoscimento del nucleo interiore è possibile soltanto grazie al penetrare attraverso il duro involucro esteriore, mentre lo spirito umano non può venire destato altrimenti se non per mezzo dell’esperienza.

13. Experientia docet (l’esperienza insegna) qui si suol dire, e quanto sia vero questo proverbio, voi lo sapete, poiché mediante l’esperienza un allievo apprende di più che mediante cento regole imparate a memoria, che però non sono mai state sperimentate. Però la Terra è una scuola dove gli spiriti devono diventare avveduti attraverso l’esperienza; perciò qui vengono offerte loro le occasioni più svariate di acquisire esperienze su esperienze, affinché lo spirito si maturi rapidamente. Come però questa somma di esperienze grevi, amare e sgradevoli, le quali assomigliano ad un selvaggio torrente di montagna, venga arginata in un fiume che scorre tranquillo, silenzioso, lo dice la Mia Dottrina, e la Mia Vita dovrà e sempre rimarrà un esempio come tutte le esperienze servano a portare lo spirito nell’uomo vicino a Dio, interiormente vicino.

14. Se dunque voi non tenete in nessun conto le vostre esperienze, voi non potete neppure mai diventare degli avveduti costruttori del Regno di Dio, poiché la questione presso di Me è sempre quella di educare gli uomini per le vie pratiche. Nella maggior parte dei casi però la Mia Voce può risuonare chiara nell’anima umana soltanto quando, per mezzo di molte amare esperienze di ogni specie, l’anima si sia interiorizzata e si sia distolta da ciò che è esteriore.

15. Se dunque l’umanità vuole passare attraverso le lotte e le guerre esteriori nelle quali non si tratta poi d’altro che di prendere o di conquistare una posizione di forza che sia la più grande possibile fra due Stati, allora l’esperienza molto presto insegnerà quanta poca felicità e soddisfazione e così pure quanto poco sviluppo spirituale interiore siano possibili quando il grido di guerra rumoreggia attraverso i paesi e sotterra ogni gioia della vita.

16. In epoche posteriori anche la guerra sarà poi riconosciuta come un’assurdità, come una condizione esecrabile e non gloriosa per l’uomo - mentre attualmente se ne attende ancora onore e gloria -, e la guerra scomparirà del tutto. Il genere umano, dopo che si sarà allontanato da queste lotte esteriori, si rivolgerà a quelle interiori, e ciascuno, trionfando sul nemico interiore, potrà conseguire dinanzi a Me più gloria che non il più vittorioso condottiero dinanzi agli occhi del suo imperatore.

17. Ma per giungere a questo riconoscimento è necessaria l’esperienza, la cui via passa attraverso molte fatiche ed errori. Questa scuola è l’unica e sola che permette veramente una libera decisione dell’anima umana. Che però Dio stesso possa stare a guardare, è poi semplicemente dovuto al fatto che qui la Meta sta più in alto di tutte le altre cose. I mezzi che aiutano a raggiungere la Meta sono tuttavia estremamente savi ed includono sempre in sé l’effetto più sicuro.

18. Se un padre ha un figlio maleducato, che è poco incline ad obbedire alle sue parole e ai suoi comandi, egli allora gli darà anche l’occasione di toccare il fondo attraverso una qualche brutta esperienza, però allo stesso tempo egli cercherà di mitigare il più possibile le cattive conseguenze. Così è pure con Dio e gli uomini. Dio tira fuori in ogni tempo i mezzi che sono lievi, tuttavia, nel caso che questi rimangano senza effetto, deve ricorrere anche ai mezzi più energici per mantenere l’umanità sulla via che conduce alla Meta della pace e della più pura beatitudine.

19. Ma se un uomo non vuole percorrere queste vie, perché egli disdegna tutto ciò che gli viene posto sulla via attraverso tale metodo educativo, allora è del tutto naturale che questo disprezzo debba finire col trarlo in perdizione. Egli infatti non vuole assolutamente diventare savio per mezzo dei danni [subiti], ma sfida addirittura tutti gli impedimenti che gli si contrappongono, tanto che può facilmente rimetterci la propria vita corporale con la non osservanza delle più semplici norme della prudenza, che al più avveduto si impongono da se stesse. Come può però la Divinità venire ritenuta responsabile per ciò che causa il singolo uomo stesso di proprio impulso? Essa dunque non è né crudele, né tende in qualche modo a trovare diletto nelle sofferenze delle Sue creature, ma, a causa della Meta, è semplicemente costretta a contenere il proprio Amore e a lasciare predominare la Sapienza.

20. Qui voi avete dunque ancora una volta una spiegazione di quanto, in una forma simile, vi è già stato detto varie volte. Osservate perciò le cose esteriori soltanto dal loro rapporto interiore, affinché non abbiate più ad urtare contro ogni specie di dubbi e contraddizioni!».

 

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Cap. 60

Barabba.

 

1. Mentre i discepoli discutevano ancora su quanto avevano udito, noi vedemmo una truppa di soldati che conduceva nel loro mezzo alcune persone, le quali evidentemente erano dei prigionieri. Si trattava di più persone che avevano trasgredito ai decreti di Roma ed ora dovevano venire condotte a Gerusalemme da Pilato, per essere giudicate secondo le leggi di Roma.

2. Uno veniva condotto, pesantemente incatenato, fra due soldati, i quali procedevano vicino a lui con le spade sguainate, pronti ad abbatterlo al minimo tentativo di fuga.

3. Filippo Mi domandò che crimine avesse commesso l’uomo dall’aspetto selvaggio, e chi egli fosse.

4. Io gli risposi: «Questo è altrettanto uno strumento di Dio come lo siete voi, quantunque egli non abbia posto le sue capacità al servizio del Padre. Egli deve servire alla glorificazione del Figlio, così come voi siete chiamati a diffondere la Sua Opera».

5. Gli altri, meravigliati, Mi chiesero cosa intendevo dire con ciò.

6. Io dissi che a questa loro domanda avrebbero risposto fra brevissimo tempo i fatti.

7. Il prigioniero però, il quale sotto una sorveglianza così stretta veniva condotto a Gerusalemme, era un capo dei predoni che dimoravano nel deserto, i quali non volevano assoggettarsi alle leggi dei romani e disponevano di così tanti nascondigli fra le montagne che la giustizia romana non riusciva a catturarli, come ancora oggi nella Palestina a sud e ad est del Giordano le tribù del luogo conducono una vita indipendente e si fanno beffe della dominazione turca.

8. Quest’uomo si chiamava Barabba, era straordinariamente audace e temerario, ed aveva già ingaggiato qualche piccola battaglia con i romani quando essi avevano inviato delle truppe per catturare lui, che era il capo. Egli godeva fra il popolo di una certa considerazione a causa della sua temerarietà che finora lo aveva sempre guidato felicemente attraverso tutti i pericoli, così che si era formato un certo ciclo di leggende attorno alla sua persona, come è avvenuto spesso anche nei secoli posteriori con individui dallo stesso carattere.

9. Nonostante le sue ruberie gli si attribuiva un’indole non prova di nobiltà, dato che all’uomo di bassa condizione non faceva mai del male, anzi lo proteggeva quando gli era possibile. Egli era invece un nemico giurato dei ricchi, e particolarmente dei romani che lo volevano sottomettere. Infine egli era altamente stimato dagli ebrei, dato che essi pure odiavano i romani. Egli trovava addirittura nel Tempio una certa protezione, considerato che questo sperava di poter acquistare dell’influenza sulle popolazioni arabe attraverso di lui.

10. Quando egli tuttavia diventò troppo sfrontato ed assalì una colonna romana che andava verso Petra con i soldi e i tesori per il proconsole del luogo, allora da parte del condottiero romano di Petra gli venne teso un tranello, ed egli, dopo una violentissima resistenza, fu preso prigioniero. Durante il combattimento che aveva avuto luogo, Barabba aveva ucciso il figlio del governatore di Petra, ed ora, incolpato di ribellione e di assassinio, veniva mandato a Gerusalemme per essere processato da Ponzio Pilato.

11. Questo Barabba a Gerusalemme venne anzitutto condotto nella prigione comune, in attesa di venire consegnato alla corte romana dopo che una accusa completa fosse stata formulata per mezzo degli interrogatori dei testimoni. Ma finché quest’ultima cosa non fosse avvenuta, Ponzio Pilato, quale supremo signore della Giudea, aveva su di lui completo potere, e del suo fare ed agire egli era responsabile unicamente verso l'imperatore.

 

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Cap. 61

Arrivo a Betania. Soggiorno da Lazzaro.

Il ritorno di Giuda. Il suo colloquio col Signore.

 

1. I romani, con il loro seguito e con i loro prigionieri, erano dunque passati, e quindi anche noi ora potemmo proseguire la nostra via.

2. Dopo breve tempo noi ci avvicinammo a Betania, dove dimorava Lazzaro, e questi, spinto dal suo interiore sentimento, aveva già grande brama di Me; per questo motivo egli ogni giorno saliva sul suo posto preferito per guardare in giro alla ricerca di Me: anche ora stava sul punto panoramico. Non appena egli vide avvicinarsi la nostra truppa sulla strada, sentì pure nel cuore che ero Io, ed egli si affrettò al più presto a venirci incontro, chiamando contemporaneamente i suoi servi affinché preannunciassero in casa che il Signore sarebbe arrivato di nuovo.

3. Lazzaro dunque ci trovò presto sulla strada, ed è superfluo raccontare la sua gioia così come quella dei suoi nel rivederci dopo un lungo tempo di separazione e di poterci di nuovo accogliere in casa loro.

4. Seguirono poi dei giorni molto significativi, i quali furono impiegati a convincere tanto Lazzaro quanto anche i Miei discepoli su quale fosse la Mia Meta finale rispetto all’umanità, per cui molte cose ancora vennero rivelate loro che adesso non è ancora il tempo di rivelare nuovamente al mondo. Ad ogni modo questo accadrà più tardi.

5. La sera per lo più ci sedevamo insieme nella nota grande sala dell’albergo sul monte degli Ulivi, il quale pure apparteneva a Lazzaro, dato che qui affluiva molto popolo, il quale pure era bene che Mi vedesse e Mi udisse.

6. Non appena fu poi divenuto palese che Io Mi mostravo nuovamente in pubblico - ed anche Lazzaro, il quale dal momento della sua resurrezione si era molto ritirato ed aveva condotto una vita silenziosa, contemplativa, interiore, mediante la quale egli era giunto a riconoscerMi molto più di prima e a non provare ora proprio alcun dubbio o confusione riguardo al Mio modo di agire e fare, così come anche riguardo alla Mia Dottrina e riguardo alla Mia Persona -, ebbe luogo un afflusso estremamente grande di ebrei di Gerusalemme e di più ancora di quelli dai paesi, i quali erano venuti a Gerusalemme a motivo della festa. Venivano da noi soprattutto coloro che non erano nativi del paese, i quali avevano udito parlare del prodigio e di Me, spesso per curiosità, ma anche per ragioni più pure. Tutti coloro che, soprattutto fra il popolo ebraico, erano ancora anche soltanto di qualche buon sentimento, sono stati in quel tempo in Mia vicinanza affinché le anime potessero venire illuminate, tanto che i Miei discepoli ed Io eravamo completamente occupati a ristorare tutti quelli che si affollavano lì, assetati nelle loro anime.

7. Certo qui non si deve forse pensare che tutto ciò concernesse esclusivamente gli ebrei. Anche molti forestieri - greci, romani ed altri popoli -, i quali avevano udito parlare di Me e che di Me non sapevano bene quale criterio dovevano farsi, vennero in quei giorni e fu fatta loro chiarezza, tanto che i giorni fino alla Mia condanna corrispondono ad una ricca ed ultima pesca per tutto ciò che si poteva ancora raggiungere.

8. Ora è necessario conoscere il seguente fatto, affinché venga compreso anche quanto seguirà successivamente.

9. La sera del primo giorno dunque, al nostro arrivo da Lazzaro, noi ci eravamo ritirati dal popolo che in quel giorno non si era ancora riunito così numeroso, ed eravamo soli nella sala che ci serviva sempre per le riunioni, quando d’improvviso Giuda Iscariota entrò dentro dalla porta e ci salutò tutti. I Miei erano stati assai lieti di non averlo visto da così lungo tempo, e speravano di non doverlo rivedere proprio più, e quindi diventarono un po’ scuri in volto al suo saluto.

10. Egli Mi chiese molto cortesemente se Io gli permettevo di unirsi a noi, ed Io gli risposi che egli avrebbe potuto fare come gli fosse piaciuto.

11. Giuda allora raccontò molte cose di Gerico e della sua attività in quel luogo, e disse che aveva lavorato per Me sperando che Io ne sarei rimasto soddisfatto. In quest’occasione egli descrisse, con vivaci colori, quanta miseria egli però aveva trovato laggiù e così pure lungo il suo cammino fino a qui, e come il povero popolo veniva oppresso e languiva in schiavitù. Egli arrivò addirittura ad un tale entusiasmo oratorio che tutti lo ascoltavano meravigliati, perché nessuno ancora aveva percepito in modo tanto possente la reale forza della sua eloquenza.

12. Egli terminò con le parole: «O Signore, se io avessi soltanto un decimo della Tua Potenza in me, come vorrei allora mettere fine in breve a tutte le prepotenze dei grandi, e liberare il popolo che, messo in ceppi, invoca la salvezza gridando verso Jehova, e renderlo allegro e felice, così che esso lodi il Nome del suo Signore e Dio, e giubili di gioia! O Signore, quanto a lungo puoi esitare ancora e lasciare senza eco le preghiere?

13. Ecco, Egli è qui, il Re che Israele è pronto ad accogliere, ed Egli non Si mostra! Egli si nasconde ancora, il Messia ardentissimamente atteso, il Figlio di Davide, l’Uomo con la Potenza di Dio in Sé. Egli esita a mostrare questa grande Potenza per la salvezza del Suo popolo, ed Israele deve far cordoglio ed inoltre gemere per la sua profonda caduta.

14. O Signore, abbi Misericordia del popolo, dei poveri e degli afflitti! Introducili nella felicità, poiché, vedi, Sion attende il suo Re!».

15. Dopo queste parole, dalle quali risultò chiaramente come Giuda si aspettasse che Io fossi il terreno Messia liberatore - anche se Io molto spesso avevo sottolineato di non esserlo -, si fece un grande, impaziente silenzio, ed Io gli ribattei: «Non ho chiamato in ogni tempo a Me i poveri? Gli afflitti non sono stati consolati da Me, gli ammalati risanati ed i poveri arricchiti nella misura che era loro necessario? Chi esita dunque? Non Io; ma il mondo esita, il quale non vuole giungere alla salvezza. Tuttavia il Figlio dell’uomo perverrà presto a quell’elevatezza di Potenza che è raggiungibile, affinché il mondo veda che Egli potrebbe ben giungere là dove il mondo tende e ottenere ciò che ad esso appare desiderabile. Tuttavia ciò non dovrà accadere per il bene del mondo, ma per il bene dei Miei Cieli! E così tranquillizzati dunque solamente con ciò che tu hai già visto e quanto prima ancora vedrai!».

16. Giuda dunque tacque, e si rallegrò in cuor suo, perché egli credette di aver dato ora con le sue parole l’impulso per spingerMi forse a fare un passo decisivo per liberare il popolo dal giogo dei romani; cosa per cui egli ben sapeva che c’era la Forza in Me.

17. A questi concetti però, i quali, come egli ben sapeva, non si armonizzavano con i Miei discorsi espressi fino ad allora, era arrivato in seguito ai seguenti fatti. Durante la sua permanenza a Gerico egli aveva cercato di fare uso il più possibile dei suoi talenti e aveva più volte parlato anche di Me e della Mia Missione dinanzi a una folla numerosa. In questo modo egli si era guadagnato una certa considerazione, tanto più che era riuscito veramente ad operare qualche guarigione nel Mio Nome.

18. Anche Erode, il quale trascorreva l’inverno a Gerico, udì parlare di lui. Egli era già da lungo tempo bramoso di venire in contatto con Me, il Taumaturgo, come egli Mi chiamava, e allora lo fece chiamare a sé per sentire maggiori particolari sul Mio conto. Giuda, da persona sfrontata, utilizzò con ogni zelo questa occasione per sé, per presentarsi come discepolo del Nazareno, e seppe pure ispirare nel re, col suo comportamento, una certa stima, dato che le sue parole venivano appoggiate dalla sua buona memoria e quindi era in grado di ripetere testualmente delle intere locuzioni che Io avevo usato.

19. Erode riconobbe subito che nei molti racconti e nelle voci che Mi riguardavano doveva esserci molto di più di vero di quanto egli all’inizio aveva creduto, ed egli nutrì nella sua anima il pensiero che un taumaturgo di un genere così particolare avrebbe potuto servirgli in ogni caso di fronte ai romani, nella misura in cui egli, se necessario, avrebbe potuto incutere loro timore e sgomento.

20. Erode e Ponzio Pilato, il prefetto, erano nemici, perché il primo si vedeva oppresso dal secondo. L’arbitrio di Erode veniva sempre limitato da Ponzio Pilato, non appena pretendeva anche solo di ostentare il suo potere, per la qual cosa Erode, che nutriva sempre in sé il desiderio di dominio indipendente sulla Giudea e sulla Siria, a sua volta si irritava assai. Una potenza soprannaturale dunque non soggetta alla potenza dei romani sarebbe stata per lui assai benvenuta. Per questa ragione egli non era disposto con ostilità nemmeno verso Giovanni, il quale ai suoi occhi appariva come un profeta, e difficilmente si sarebbe lasciato indurre a farlo uccidere se non fosse stato astutamente raggirato.

21. Giuda, da buon conoscitore degli uomini, aveva avuto a Gerico sufficiente occasione di informarsi sugli attriti di Erode con i romani. Egli si accorse anche molto presto dove mirava il grande interesse del re. Egli credette dunque di servire solamente la Mia Causa, cercando di spianarMi la via ad uno spiegamento della Potenza, e non trovava parole sufficienti per raccontare della straordinaria Forza della Mia Volontà, alla quale tutto sarebbe sottoposto sulla Terra. Particolarmente si distingueva nei suoi racconti l’annientamento di quei guerrieri crudeli che Io lasciai uccidere dalle bestie feroci, a riprova di come Io potessi opporre alle armi romane degli esseri invincibili.

22. Giuda, il quale esattamente come il popolo ebraico desiderava il Messia liberatore in forma esteriore e presumeva che Io fossi il più adatto per questa missione, in seguito a questi incontri venne ancora più rafforzato nella sua falsa opinione e sentì in sé l’impulso di contribuire il più possibile a questo aspetto della Mia Opera. Egli ricevette da Erode l’incarico d’indurMi ad andare da lui, dato che lui non osava pronunciare l’ordine diretto per timore della Mia Potenza.

23. Si misero d’accordo che il momento più favorevole era il periodo in cui si teneva la festa a Gerusalemme dove il popolo confluiva in gran massa da tutte le regioni, e così dunque Giuda ritornò da noi come un inviato di Erode, per ottenere la Mia adesione ai piani mondani del re e con lui renderMi incline a favorire pure quelli del Tempio.

24. S’intende da sé che Io di questi piani ero al corrente con molta esattezza e quindi non era necessario per Me entrare in una qualsiasi conversazione con Giuda stesso. Egli però presumeva che Io di certo non fossi in grado di leggere questi segretissimi pensieri, poiché egli, quale uomo materiale, nonostante tutte le buone disposizioni dello spirito, non era affatto penetrato tanto profondamente nell’Essenza e nella comprensione del Mio Essere per vedere in Me qualcosa di diverso da un uomo molto dotato, provvisto di capacità straordinarie. Egli credeva sì - come in effetti ne aveva prove a sufficienza - che esteriormente nessuno poteva resisterMi, ma dubitava del fatto che interiormente i più segreti impulsi del cuore umano Mi fossero manifesti. Certo, nei suoi confronti Io ero sempre amichevole ed amorevole, ma tuttavia più riservato che non verso chiunque altro; così egli non riusciva a comprendere il linguaggio del Mio Spirito, il quale viene dischiuso unicamente attraverso l’amore della creatura per Me, amore che egli non Mi offriva.

25. Egli dunque si diede anche più tardi un gran da fare nello spiegarMi, con la più brillante eloquenza, la necessità della liberazione esteriore del popolo, per cui egli fece allusione all’appoggio di Erode. Ma Io gli rimproverai seriamente simili discorsi, tanto che egli si fece sempre più riservato e ritirato in sé.

26. È necessario aver dato qui questa osservazione, per capire quanto andava svolgendosi nel suo animo.

 

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Cap. 62

Gesù viene unto da Maria.

(Giov. 12, 1-8)

 

1. Mentre noi tutti, dopo il discorso di Giuda, sedevamo ancora lì in silenzio meditando ciascuno per conto suo, si aprì la porta e Maria, la sorella di Lazzaro, entrò. Con gli occhi rivolti verso di Me, lei venne da Me senza curarsi dei presenti. Si chinò ai Miei piedi e li coprì di baci. Poi prese una bottiglia di prezioso olio di nardo, la ruppe e con quell’olio Mi unse i piedi, asciugandoli poi con i suoi lunghi capelli. Mentre faceva così, piangeva e ad alta voce Mi pregava con voce commossa che Io volessi permettere questa unzione.

2. Attualmente è poco noto che soltanto persone ragguardevoli potevano concedersi un simile lusso, poiché così come il frequente lavaggio dei piedi era in quel tempo una assoluta necessità, dato che portare scarpe era rifiutato dalla maggior parte dei più poveri, così pure era necessaria la frequente unzione dei piedi per mantenere morbida la pelle.

3. L’olio di nardo però aveva delle particolari proprietà rivitalizzanti, profumava molto soavemente ed aveva un’azione estremamente rinfrescante, tuttavia, a causa delle sue ricercate e rare qualità, era molto caro, così che una lavanda dei piedi di quel genere apparteneva al lusso più straordinario, che solo le persone molto ricche potevano permettersi.

4. Anche la casa fu tutta colma del profumo dell’olio, segno dell’eccezionale qualità dello stesso, tanto che Giuda, il quale teneva sempre fortemente il denaro sott’occhio, non poté trattenersi dal fare l’osservazione: «Non si sarebbe stato meglio vendere l’unguento e col suo ricavato sfamare tanti e poi tanti poveri? Che bisogno ha il Signore di un simile olio, dato che in Lui certo è insita la Forza di poterSi rinfrescare in qualsiasi momento anche senza di esso?».

5. Ma questo egli lo diceva soltanto per avarizia, dato che le ricchezze di Lazzaro erano per lui sempre motivo di rabbia, ed egli dunque coglieva spesso l’occasione di accennare al fatto che i ricchi gozzovigliavano, mentre degli onesti israeliti dovevano soffrire la miseria.

6. Io però risposi a ciò, accennando a Maria ancora inginocchiata: «Quello che costei ha fatto, l’ha fatto per amore, e a Me è gradita ciascuna offerta che viene dal cuore colmo d’amore. Con questo atto però lei non ha certo rinvigorito il Mio corpo, quanto la Mia Anima, poiché là dove viene offerto tanto amore, Io attraverso di questo renderò all’umanità tanto più Amore. Lei con ciò si è riservata il diritto di darMi, per il giorno delle Mie esequie, la giusta forza, ancora necessaria all’Anima, per superare il peggio. E perciò anche il suo atto d’amore non dovrà venire mai dimenticato, e dove voi predicherete il Mio Vangelo, non dovete neppure dimenticarvi di citare tale atto! Perciò lasciatela in pace!»

7. Io allora alzai da terra colei che piangeva ancora forte, la benedissi e le dissi: «Maria, i tuoi peccati ti sono perdonati dal Padre Mio! Però di quello che tu hai fatto a Me, il Figlio, Io renderò testimonianza dinanzi al Padre Mio, e nella Sua Casa te ne sarà data mille e mille volte ricompensa.

8. Adesso però siediti qui con noi, ristora il tuo corpo e rimani in mezzo a noi, poiché colei che Mi ha donato forza attraverso il suo amore non deve andarsene dal Mio fianco!».

9. Questo atto, che è simile a quello di Maria Maddalena, ha dato luogo a confusioni. Questa era Maria sorella di Lazzaro, la quale era affezionata a Me come suo Signore e Maestro, con amore purissimo e non con un qualche amore terreno verso di Me; per cui anche il suo atto ha un significato completamente diverso da quello di Maria di Magdala.

10. Io quindi Mi rivolsi ai discepoli e in questo modo continuai a parlare: «Chi è veramente ricco nel cuore, può anche dare prendendo dalla propria ricchezza senza diventare povero egli stesso, anzi, quanto più dà, tanto più ancora si farà ricco; chi invece è povero in sé, a costui sarà tolto anche il poco che ha, perché è costretto a perderlo a causa di se stesso. Ora, dei poveri nel corpo e nello spirito ne avete sempre intorno a voi, ed a questi date anche sempre della vostra sovrabbondanza! Me però non Mi avete sempre, e così anche presto non potrete più dimostrarMi nulla [del vostro affetto] per quanto riguarda il Mio corpo.

11. Però Io dissi questo per preparare sempre nuovamente i Miei discepoli alla Mia dipartita, il cui imminente momento non stava ancora dinanzi alla loro anima.

 

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Cap. 63

Primo tradimento di Giuda.

 

1. Allora Pietro Mi domandò se Io avessi l’intenzione di andare l’indomani giù in città e di predicare nel Tempio. Quando Io risposi affermativamente a ciò, egli Mi sconsigliò con insistenza di farlo, poiché aveva visto nell’albergo vari ebrei del Tempio che Mi osservavano con delle astiose occhiate e che di certo covavano qualcosa di male contro di Me.

2. Ma Io gli dissi: «Per amore del popolo Io devo scendere giù, e nessuno Melo impedirà, poiché Io sono venuto qui soltanto per amore suo, affinché esso venga redento!».

3. Quando Guida ebbe udito ciò, si levò di nascosto e si allontanò, senza che qualcun altro all’infuori di Me sapesse di ciò.

4. Egli però uscì fuori al popolo, che si era raccolto dentro e presso l’albergo, e raccontò a tutti che Io ero là e che l’indomani sarei venuto in città. Essi dovevano prendersi cura di rendere noto che il Salvatore di Nazaret sarebbe venuto alla festa.

5. Fra gli stranieri in città c’erano però molti che erano venuti alla festa per Me, perché credevano con certezza di vederMi. Siccome era noto che Io prendevo sempre dimora da Lazzaro, questi avevano inviato dei messi per sapere se Io fossi là e che cosa avessi deciso di fare. Costoro dunque, attraverso il primo tradimento di Giuda, vennero a sapere quali erano le Mie intenzioni, e al più presto le resero note in città. (Giov. 12, 9)

6. Egli stesso però andò pure a Gerusalemme nei vari alberghi e cercò di indurre sia i forestieri che la gente del luogo a venirMi incontro quando Io l’indomani sarei venuto alla festa.

7. Dato dunque che il numero dei Miei seguaci era molto grande, la notizia si divulgò al più presto dappertutto, tanto più che per il popolo stesso non c’era nulla di più importante a Gerusalemme della Mia comparsa in città.

8. Mentre si preparava questo in città, noi sedevamo del tutto tranquillamente in casa di Lazzaro e ci intrattenevamo su cose piuttosto indifferenti, quando infine Pietro si accorse che Giuda non era più presente. Egli dapprima lo fece notare agli altri fratelli e poi domandò direttamente a Me dove Giuda fosse andato.

9. Io gli risposi che egli non doveva occuparsi di lui, poiché quello che Giuda faceva, lo faceva per libero impulso, e non aveva nulla a che fare con quanto riguardava i discepoli.

10. Egli allora non domandò neppure oltre, ma manifestò soltanto il suo disappunto per il fatto che questo uomo ritornava sempre, mentre già così tante volte avevano sperato di non doverlo rivedere.

11. Lazzaro allora osservò: «Se il Signore volesse averlo lontano, la cosa sarebbe per Lui certamente semplice. Dato però che Egli gli dà sempre il permesso di stare in Sua vicinanza, anch’egli sicuramente è stato scelto per grandi cose, e perciò a noi non si addice pronunciare un qualunque giudizio, ma è bene che ce ne asteniamo».

 

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Cap. 64

Le esperienze di Lazzaro nell’aldilà.

 

1. Per lasciar cadere questo argomento, Lazzaro stesso cominciò a parlare della sua passata malattia e di come egli si ricordava ancora molto bene tutti i particolari precedenti la sua morte, mentre non era più a conoscenza di nulla riguardo a quello che poi era accaduto di lui.

2. Questo diede dunque occasione di parlare lui stesso della vita dopo la morte, e su come si senta subito l'anima che giunge nell’aldilà.

3. Lazzaro Mi chiese il motivo per cui egli non avesse proprio alcun ricordo di ciò che gli era accaduto durante il tempo nel quale egli era giaciuto nella tomba.

4. Io gli spiegai dunque che la ragione stava nel fatto che la sua anima si era trovata in uno stato di una così alta beatitudine che, qualora ne avesse conservato il ricordo, le avrebbe adesso reso insopportabile dedicarsi ancora all’attività terrena. Ciò sarebbe stato paragonabile alla condizione di un re, estremamente buono e saggio, il quale avesse frequentato solo persone degne di lui, e fosse d’improvviso costretto ad avere rapporti con la peggiore gente e a vivere nella più miserevole abitazione, senza essere in grado di migliorare la propria condizione.

5. (Il Signore passa ora a parlare direttamente:) «Ma affinché tu veda che Io non ho esagerato, tu riotterrai per breve tempo la memoria e spiegherai chiaramente a noi tutti come te la sei passata e che esperienza hai avuto. Dunque parla ora, come ti viene il ricordo, ed esprimi chiaramente quello che provi! Io però voglio che tu con questo non senta in qualche modo la tua presente prigionia corporale, ma che tu parli come libero spirito!»

6. Immediatamente Lazzaro cadde in un breve assopimento di alcuni istanti, poi si ridestò e disse, con la più dignitosa e raggiante espressione, quanto segue: «Oh, io ora rivedo nello spirito, chiaramente e distintamente, quello che in quell’ora della morte percepii e pensai!

7. In principio provai un’indicibile angoscia, quando mi accorsi che la vita in me voleva spegnersi. Dopo però sopravvenne uno stato di imperturbabilità, ed io sentii il bisogno di dormire profondamente. Il pianto delle sorelle che stavano presso il mio letto mi apparve inutile, dato che io sapevo che mi sarei di nuovo ridestato. Dopo mi addormentai.

8. Quando mi ridestai, mi sentii leggero e libero da ogni gravezza corporale. Io respiravo l’aria più pura e mi sentivo meravigliosamente rinvigorito. Avevo gli occhi chiusi, perché mi era gradevole e piacevole abbandonarmi completamente al riposo. Poi però percepii il bisogno di aprire gli occhi, ciò che però non riuscii a fare così bene. Io sentii che una mano toccava i miei occhi, e quindi li potei aprire.

9. Io vidi il volto sorridente di mio padre e dapprima ne fui molto meravigliato, dato che io lo sapevo morto ed ora lo vedevo starsene accanto a me. Egli mi disse che io ero morto secondo il corpo e che ora ero entrato nel libero mondo dello spirito e mi trovavo nella sua dimora.

10. Io mi guardai intorno e scorsi una splendida stanza, rilucente nei più limpidi e puri colori. La sua bellezza, nella quale ondeggiava una chiara luce, mi prese talmente che, stupito, esclamai: “Padre mio, anche se io non volessi credere alle tue parole, questo posto stesso mi dimostrerebbe effettivamente che io sono stato rapito dal mondo! Dì, è questa qui la tua residenza?”

11. Rispose mio padre: “Questa stanza, per così dire, è la mia cameretta segreta, dove io con il mio Signore e Creatore mi trovo del tutto solo, e tuttavia attraverso di Lui mi trovo dappertutto là dove è necessario. Io ti ho accolto, figlio mio, in questo santuario, poiché tu ora sei solo un’ospite di questo regno, e più tardi entrerai nella tua proprietà. Per me però è una grande gioia poterti accogliere qui, perché colui che è un amico del Signore che ora cammina sulla Terra, ha pure diritto a quanto c’è di meglio in noi e così pure fuori di noi.

12. Non comprendi com’è da intendersi questa cosa? Ebbene vedi, questa stanza rappresenta la cameretta più intima del cuore del mio essere e quindi essa è il centro della mia sfera, a partire dal quale io posso condurti dappertutto fin là dove si estende il mio spirito! È per questo che tu sei contemporaneamente con me, circondato dal mio amore, sovrano con me di me stesso, finché ti trovi qui. Ciascun uomo ha nell’aldilà un tale “Santo dei santi”[14], nel quale egli si può completamente ritirare per essere compenetrato dai raggi della luce più pura, che penetra qui dentro senza impedimento attraverso tutte le pareti. Anche tu, quando sarai un abitante permanente qui, godrai di ciò, ma adesso, come ho detto, tu non lo sei ancora, ma sei soltanto un ospite, dato che io, quale tuo padre terreno, ho per primo il diritto alla tutela della tua anima!”.

13. Io allora mi alzai dal luogo di riposo sul quale mi ero ritrovato, ed abbracciai con tutto amore mio padre dal cui fianco io non mi staccai più, finché Tu, o Signore, mi richiamasti. Io ho fatto con lui anche delle camminate, ed egli mi ha mostrato tutto ciò a cui è preposto. La sua mansione particolare era quella di riunire le anime in arrivo dalla Terra e di introdurle nella giusta attività spirituale.

14. Io ho anche visto come queste anime erano spesso pesantemente ricoperte di ogni specie di sozzura del mondo dalla quale esse dovevano liberarsi, ed ho visto come tutto quello che si rappresenta nello spirito mostra pure un’immagine corrispondente nell’apparizione esteriore, così che da questa volontà e volere delle anime si formano delle immagini permanenti, che si possono cambiare solo col mutarsi del volere, e con ciò raffigurano la sfera dell’anima, ossia il suo visibile mondo dei pensieri. E non essendoci più l’involucro corporale che eviterebbe di vedere tutto ciò, qui non esiste più la possibilità di nascondere la volontà del pensiero.

15. Però questo mondo di pensieri non è affatto qualcosa che non c’è [nella realtà] - come fosse fantasia -, ma esso è, anche per ogni altro spirito, qualcosa di spiritualizzato eppure concreto, di costruito, non appena la volontà amorevole dell’anima, che deve armonizzare con la Volontà amorevole di Dio, fissa[15] tale mondo. Se la volontà della creatura non armonizza con la Volontà amorevole di Dio, allora il suo mondo di pensieri non può sussistere durevolmente, ma deve di nuovo svanire. Le costruzioni concrete terrene, e i pensieri dell’uomo tradotti nelle cose materiali, sono transitori perché non è assolutamente nella Volontà amorevole di Dio che la materia sussista, ma essa venne posta stabilmente come forma variabile ad un solo e determinato scopo. I pensieri dello spirito, invece, sono imperituri, perché il creare dello spirito è lo scopo finale del divino Creare stesso, vale a dire: Dio vuole creare attraverso le Sue creature, e così dare beatitudini, lasciarle godere, e goderle Lui stesso attraverso le Sue creature.

16. Perciò la vita nell’aldilà è principalmente un lavorare nello spirito, cioè dunque un creare opere imperiture, non invece un creare opere materiali, che devono di nuovo disgregarsi in macerie e polvere.

17. Nella contemplazione delle molte cose che si presentano ora al mio spirito, io ho già goduto una parte della beatitudine futura e sarò quindi sempre volentieri pronto a deporre nuovamente questo corpo quando Tu, o Signore, lo comandi, come appunto volenterosamente io ritornai di nuovo indietro, quando la Tua voce risuonò in quella magnifica stanza e mi esortò al ritorno. Mio padre mi aveva già preannunciato questo avvenimento, così che io ero del tutto preparato.

18. Io però so ormai anche che ciascun uomo deve venire resuscitato da Te in questo modo per quanto concerne il corpo, poiché è appunto nel corpo, dopo che è stato lasciato dall’anima, che restano ancora diverse cose che occorrono all’anima per la sua vita nell’aldilà. Ciò dipende dal fatto che queste sostanze, le quali nel corpo costituiscono la materia, anche dopo il loro dissolvimento ed ascesa dalla forma corporea rimangono in una specie di affinità con l’anima, all’incirca come un uomo il quale sia vissuto per lungo tempo in una zona e che, dopo averla abbandonata, conserva pur sempre una simpatia per la stessa; e così pure le esperienze che egli aveva fatto in tale zona sono sempre unite con i sentimenti della sua anima con tale ambiente, così che le esperienze senza l’interazione dell’ambiente darebbero soltanto un’immagine indistinta.

19. L’anima quindi cerca di attirare a sé l’elemento animico che domina le più piccole parti sostanziali del corpo che essa ha lasciato e cerca di unirle a sé, perché attraverso tale procedimento si verifica ugualmente una specie di redenzione della materia, o, meglio detto, un accogliere in sé, cioè un inghiottire da parte del puro ciò che è ancora impuro. Tuttavia questo è un processo che rimane del tutto incomprensibile all’uomo ancora terreno qualora egli non sia molto progredito nelle cose spirituali. Ad ogni modo però questa resurrezione del corpo da parte dell’anima, che non ha necessità di avvenire rapidamente, è altrettanto necessaria quanto la resurrezione dell’anima da parte dello spirito, mentre quest’ultimo a sua volta viene resuscitato direttamente da Te, o Signore, vale a dire viene chiamato in vita. Questa successione di gradi è un particolare mistero della Tua Creazione, come io ho visto e appreso nell’aldilà, e come ciascun uomo lo sperimenterà su di sé.

20. Quando dunque la Tua voce risuonò verso di me, io mi sentii tirato via ed ebbi la sensazione come quando nel sogno le immagini cambiano, e così poi segue immediatamente il risveglio. Fra le immagini sognate noi però percepiamo una lacuna che l’anima nel suo stato di coscienza non è in grado di colmare. Io credetti, dunque, come di destarmi da un lungo sonno, e mi trovai giacente nella tomba. Io sapevo cosa era accaduto di me, tuttavia non mi restava che il ricordo del sogno.

21. Adesso, che momentaneamente mi sento libero dal mio corpo, percepisco anche molto bene che i vincoli del corpo non sono capaci di frenare l’anima che si sente libera - una volta che essa abbia gustato la vera libertà animica -; motivo per cui Tu, o Signore, mi hai sciolto anche i legami del corpo, affinché questo non venisse distrutto. Io adesso so pure che Tu, dopo il mio risveglio, mi avevi spiegato tutto ciò, che tuttavia era nuovamente svanito dalla mia memoria. Adesso però non dimenticherò di nuovo questi avvenimenti, ma certamente li conserverò in me quale un bene inestimabile».

22. Io dissi quindi a Lazzaro che egli doveva di nuovo ritornare quello di prima, ed essere il Lazzaro terrenamente vivo; detto ciò egli ricadde un’altra volta in un breve assopimento e poi, di buon umore, si ridestò nella cerchia dei Miei con il ricordo di un vivido sogno.

23. Per tutti i presenti questa scena era stata una vivida immagine visiva della morte, e più tardi fu molto utile a togliere loro ogni residuo di paura per il momento della morte.

24. Io esortai poi i Miei ad andare a riposare affinché l’indomani essi fossero rinvigoriti per un gran lavoro, e tutti seguirono immediatamente questo consiglio.

 

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Cap. 65

Il Signore si reca da solo sulla vetta del monte degli Ulivi.

Colloquio fra la Divinità e il Figlio dell’uomo Gesù.

 

1. Io invece lasciai la casa e Me ne andai da solo sulla cima del monte degli Ulivi, dal quale si gode un’ampia veduta su Gerusalemme e su tutti i dintorni.

2. Qui la Divinità in Me si separò dal Figlio dell’uomo Gesù e Gli parlò: «Vedi qui dinanzi a te sta la città della tua sofferenza, che avrà inizio nei prossimi giorni, quando tu prenderai volontariamente su di te il giogo che dovrà servire per la Redenzione dell’intera umanità!

3. Tu, nel tuo corpo terreno separato da Me, sei un uomo come ciascun altro. Tu ti sei sforzato di destare lo Spirito in te, il quale è la Pienezza della Divinità stessa. Sacrificando la tua volontà, tu hai lasciato crescere la Volontà dell’Onnipotenza in te. Adesso però dipende dalla tua volontà, quale uomo stesso, assumere l’ultima e più greve opera. Perciò Io ti chiedo: “Vuoi tu, quale Mio Figlio, sorgere nel Padre, eseguendo tutto ciò che Egli ti ordina di fare? Oppure vuoi tu, quale Figlio dell’uomo, appartenere soltanto a questa umanità e restare unicamente di questo mondo?

4. Tu puoi essere un sovrano del mondo e restare un liberatore del mondo, ma tu puoi essere anche una guida che indirizza verso di Me, che conduce nel più intimo del Cuore di Dio, trapassando completamente in Me e diventando con ciò un Sovrano della Vita per tutte le eternità. Tu puoi essere un intercessore dell’umanità in quanto costituita da esseri che, creati dalla Mia Potenza, sono usciti e dovranno ritornare al Cuore del Padre; ma puoi anche essere un intercessore dell’Amore, quell’Amore che ordina alla Sapienza di trasformare la Sua Giustizia in Misericordia”. E così dunque scegli ora, dato che ti sta dinanzi agli occhi quello che accadrà del tuo corpo, se vuoi percorrere la via che passa accanto a Me, oppure la Via che conduce in Me, poiché l’ultima decisione è venuta!»

5. Allora l’anima di Gesù, il Figlio dell’uomo, disse: «Padre, la Tua Volontà è sempre la mia, e soltanto ciò che Tu solo vuoi, avvenga! Infatti, quello che la Terra può darmi, è diventato della Terra solo attraverso di Te. Io però voglio andare per la via diritta e ricevere soltanto dalla Tua mano quanto mi deve accadere, e quindi io voglio obbedire sempre ed unicamente alla Tua Volontà!»

6. A questo punto la Divinità disse nel cuore del Figlio dell’uomo: «Ancora una volta Io ti farò la stessa domanda di oggi, e se tu darai ancora la stessa risposta, allora che sia compiuta la tua volontà! Adesso però vedi quello che ti offrirà il mondo!».

7. In silenziosa orazione il Figlio dell’uomo rimase dunque sul monte e poi, prima del levar del Sole, si recò giù nell’abitazione di Lazzaro, senza che qualcuno si fosse accorto di ciò.

 

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Cap. 66

L’ingresso a Gerusalemme.

 

1. Il mattino seguente, già prima del levar del Sole, erano tutti ben svegli, e noi ci recammo subito all'aperto.

2. Là Io chiamai i Miei discepoli intorno a Me, cioè i dodici apostoli, e rivolsi a loro queste parole: «Miei cari, la giornata di oggi porterà un giorno di grande onore per il Figlio dell’uomo, perché così vuole il Padre per amore dell’umanità! Ma ciò non deve toccarvi ulteriormente, se non per quanto lo spirito in voi lo concede, affinché non diventiate pieni di orgoglio! Chiudete quindi i vostri cuori dinanzi a tutti i suggerimenti della vanità e dell’ambizione, affinché il nemico non ottenga potere su di voi e non faccia di voi i suoi strumenti!»

3. Mi domandarono i discepoli, fra i quali si trovava pure nuovamente Giuda, il quale verso mattina era ritornato di nascosto: «Signore, come intendi Tu ciò, e in che modo possiamo noi difenderci dal nemico?»

4. Dissi Io: «Vedete ed aprite le vostre anime alla luce della Sapienza, così voi potrete ora comprendere quello che i profeti hanno annunciato! Però amate Dio soltanto e non il mondo, così voi potrete anche difendervi da tutti gli attacchi!»

5. Dopo di ciò Io Mi rivolsi verso la regione di Gerusalemme e gridai ad alta voce: «E tu, figlia di Sion, preparati a ricevere il tuo Re!».

6. Dopo queste parole il Sole si levò luminoso con uno splendore come ancora mai era stato visto, e nello stesso istante i Miei discepoli - all’infuori di Giuda, il quale in uno stato di eccitazione se ne stava da parte - videro con gli occhi dello spirito come nell’etere andava formandosi una grande e vasta città che era una rappresentazione della Gerusalemme terrena, però molto più splendida. Le porte erano spalancate, ed una sterminata moltitudine di creature umane fra le più magnifiche stavano impazienti come in attesa di un Principe, al quale si dovesse andare incontro.

7. Solo per breve tempo durò questa visione spirituale; poi l’immagine svanì, ed Io dissi loro: «Là viene atteso il Figlio e d’ora innanzi troneggerà in eterno. È giusto che anche il Figlio dell’uomo venga innalzato. Venite e seguiteMi!».

8. Pietro Mi domandò se Io dunque volevo andarMene da Betania così quasi di nascosto e senza avvisare Lazzaro e le sue sorelle.

9. Dissi Io: «Sai tu perché è necessario fare così? Io però so perché da parte Mia è necessario che agisca in questo modo. Quindi non preoccuparti di nulla! Lazzaro con le sue sorelle saprà come fare a trovarci al tempo opportuno, ed anche molti altri ancora ai quali questo giorno è necessario».

10. I discepoli allora non dissero più nulla, però si meravigliarono molto e bisbigliarono fra di loro su che cosa volesse significare il Mio strano contegno, dato che già da lungo tempo non Mi avevano più visto con un simile stato d’animo. Giovanni però li esortò ad astenersi da qualsiasi commento e a fare in silenzio quanto avrei richiesto, affinché neppure la minima cosa venisse fatta contro la Mia Volontà. Questo lo promisero anche tutti, e in particolare Pietro assicurò solennemente di seguirMi fino all’inferno, anche se non sapeva per quale motivo Io passassi eventualmente per tale via.

11. Giuda, che aveva udito queste parole, osservò sorridendo: «Amico, il Signore sa già per quale via Egli deve andare! Non all’inferno, ma Egli cammina per la via dell’Inviato di Dio per la gloria ed onore del Suo popolo!».

12. Entusiasta egli guardò verso di Me, poiché la Mia esclamazione fatta ad alta voce gli sembrò essere una conferma di tutti i suoi desideri, tanto che egli vedeva aperta la via a tutti gli onori che sarebbero dovuti spettare altrettanto a lui, quale preparatore della via del Messia, il quale gli sarebbe stato molto grato.

13. Pietro guardò stupito verso Giuda, che mostrava un contegno così fiero ed orgoglioso, tuttavia tacque, dato che tutto l’andamento di quel mattino gli giungeva assai strano, e continuò dunque tranquillamente il suo cammino assieme agli altri undici.

14. Noi ora eravamo arrivati a metà strada fra Betania e le porte di Gerusalemme. Dinanzi a noi, sulla sinistra, c’era un piccolo villaggio che si chiamava Betfage, che adesso però è scomparso del tutto, ed Io chiesi ai Miei discepoli che due di loro avrebbero dovuto renderMi un servizio d’amore. Tutti allora si presentarono per fare ciò. Io però scelsi Giovanni e Pietro e ordinai loro di recarsi in quel villaggio che essi vedevano di fronte a loro. Là, alla prima casa, avrebbero trovato un’asina, la quale, legata al suo puledro, brucava l’erba. (Marco 11, 1)

15. A questo punto Io dissi: «Quel puledro conducetelo a Me, perché Io ne ho bisogno!». Se vi domanderanno chi vi ha mandato, allora rispondete soltanto: «È il Signore, ed ha bisogno dell’animale!», così esso vi verrà dato! (Marco 11, 2-3)

16. I due obbedirono immediatamente e si recarono verso il villaggio, mentre noi ci accampammo sulla via sotto a degli arbusti e a degli alberi in fiore per attendere il ritorno degli inviati.

17. Ora a Betfage abitava un uomo di nome Migram, il quale era stato un lanciere romano e aveva partecipato a molte campagne conseguendo una considerevole posizione nell’esercito grazie al suo valore e alla sua avvedutezza, motivo per cui era ben voluto dai suoi superiori. Quando una grave ferita, a causa della quale egli dovette trascinare la gamba destra, lo costrinse a prendere congedo, egli fu congedato con un ricco dono e con l’esenzione da qualsiasi imposta. Costui, già dapprima un conoscente del vecchio Marco, aveva cercato la guarigione presso le terme di questo suo amico, e partendo aveva comperato l’asina già prima menzionata e l’aveva portata con sé alla sua casetta, utilizzando il fedele animale per trasportare a Gerusalemme i prodotti del suo piccolo orto che poi vendeva al mercato.

18. Questo Migram aveva sentito da Marco molte cose su di Me, era iniziato nella Mia Dottrina e da romano che non si curava degli ebrei di Gerusalemme, dato che frequentava soltanto gli inviati e i cittadini di Roma, era apertamente un Mio seguace. Quando dunque i due discepoli arrivarono a casa sua e là trovarono anche i due animali, il più giovane dei quali essi sciolsero immediatamente dai ceppi, il proprietario uscì velocemente da casa sua e con lui altre persone, le quali erano andate da lui per acquistare della frutta, e domandò in maniera sgarbata come veniva loro in mente di voler portare via l’animale. (Marco 11, 4-5)

19. Giovanni rispose subito secondo le Mie parole, e Migram, molto rallegrato quando udì che si trattava di rendere un servizio a Me, si affrettò a sciogliere al più presto anche la vecchia asina, per condurla a Me egli stesso assieme al puledro. I discepoli gli dissero che al Signore serviva soltanto il puledro; egli però nel suo zelo non stette a sentire ciò, e spronò velocemente gli animali per raggiungere il villaggio dove Io Mi intrattenevo, così che i discepoli fecero fatica a seguirlo. (Marco 11, 6)

20. Quando dunque Migram Mi ebbe portato gli animali, che egli Mi offrì colmo di gioia, Io gli dissi: «Migram, Io riconosco il tuo buon volere, e ti ricompenserò per quello che tu hai fatto subito per Me, quando ti inviai i Miei! Ma ora prepara il puledro che i Miei discepoli hanno richiesto da te perché possa cavalcarlo!».

21. Egli fece immediatamente così; prese il suo mantello che egli indossava secondo l’usanza romana, lo piegò e lo stese sul dorso dell’animale. Altrettanto fecero pure alcuni dei Miei per ottenere un comodo posto a sedere. (Marco 11, 7)

22. Mentre noi eravamo ancora occupati con questi preparativi, apparve sulla strada un grosso gruppo di persone provenienti da Gerusalemme. Quando ci ebbero visti, si affrettarono verso di noi e, nel tempo più breve, fummo circondati da alcune centinaia di persone, le quali freneticamente Mi diedero il benvenuto e Mi salutarono come il Salvatore di Israele. Erano però per lo più ebrei giunti là alla festa, che in parte Mi conoscevano dai Miei viaggi attraverso il paese e che quindi già dapprima avevano conosciuto Me e i Miei discepoli quali elargitori di salute. Questi uomini Mi glorificarono come loro re, tanto più che fra di loro ce n’erano molti di quelli che in quel tempo erano stati da Me prodigiosamente sfamati e che già allora avevano l’intenzione di proclamarMi re, ragion per cui Io Mi sottrassi loro.

23. Mentre questi Mi acclamavano entusiasti, Lazzaro venne velocemente verso di Me con le sue sorelle ed i suoi domestici più intimi che erano usciti a cercarMi; essi si fecero largo tra coloro che Mi circondavano e furono contenti di averMi trovato. Quando i presenti scorsero Lazzaro che era ben noto a tutti, il cui nome dalla sua resurrezione era sulla bocca di tutti, il loro giubilo non conobbe limiti e, fra grida di osanna e di salute, noi tutti fummo circondati. Io non impedii queste dimostrazioni di onore, ma salii in silenzio sull’animale preparato, il quale ora si mosse sulla strada verso Gerusalemme.

24. La folla però crebbe sempre di più, perché attraverso il rumore tutti venivano attirati e facevano seguito. La gente staccava dei rami verdeggianti dagli alberi e li spargeva sulla via. Poi stendevano le loro vesti e lasciavano che l’animale da soma vi passasse sopra: tutte dimostrazioni onorifiche con le quali i re di un tempo venivano salutati. Quando ci avvicinammo al pendio del monte degli Ulivi, da dove si aveva un’ampia veduta su Gerusalemme, vedemmo migliaia starsene alle porte e la valle del Chidron era piena di gente. (Giov. 12, 12-16)

25. Gerusalemme era bensì una grande città, tuttavia nel tempo della Pasqua non poteva contenere il numero dei molti forestieri. Era quindi costume che i più poveri, oppure anche coloro che erano arrivati troppo tardi per trovare ancora alloggio negli alberghi sovraffollati, si accampassero nella valle del Chidron a cielo aperto oppure nelle tende, dato che la valle del Chidron era considerata, dopo il Tempio, come terreno consacrato. Tutti questi che anche ora si erano accampati nella valle accorsero in massa, avendo appreso dalle voci che Io venivo a Gerusalemme, per darMi il benvenuto, per cui essi lodavano ad alta voce le Mie opere e soprattutto la resurrezione di Lazzaro, il quale ora procedeva visibilmente accanto a Me, e così si unirono al generale canto di lode. (Giov. 12, 17-18)

26. Quando noi arrivammo alla porta di Gerusalemme, la quale dalla parte del monte degli Ulivi costituiva l’ingresso principale, i militi romani che erano di guardia porta tentarono di chiuderla, poiché temevano che andasse preparandosi una rivolta. Tuttavia essi furono impediti dalla potente calca del popolo che dall’interno della città spingeva fuori poiché, dall’avancortile del Tempio, aveva visto in parte il corteo in avvicinamento, così come pure aveva udito le esclamazioni. Quando i romani, oltre a ciò, videro che il popolo si avvicinava pacificamente con rami d’albero e foglie di palma nelle mani, si astennero anche da qualsiasi opposizione, anzi osservavano con meraviglia il corteo come qualcosa che era a loro ancora sconosciuto e forse appartenente alla festa. Così noi tutti giungemmo indisturbati dentro la città e ci unimmo subito al corteo che andava verso il Tempio.

 

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Cap. 67

Gesù nel Tempio.

 

1. Nel frattempo i farisei, i sacerdoti ed i servi del Tempio erano presi dalla più grande agitazione su cosa fare riguardo a quella grande manifestazione. Che fosse impossibile reprimerla con la forza delle armi, essi se ne resero conto ben presto, perché sicuramente sarebbe sorta immediatamente una rivolta contro l’amministrazione del Tempio, comunque malvista. Il popolo si trovava in un’entusiastica ebbrezza che non avrebbe potuto venire rimossa con la violenza. A loro dunque non rimase altro da fare che lasciare stare le cose per il momento, per trarne vantaggio, se ce n’era la possibilità, per la reputazione del Tempio, in caso di una svolta imprevista.

2. Durante un consiglio convocato in fretta, Caifa, il sommo sacerdote, consigliò anzitutto di attendere che cosa Io volessi veramente intraprendere e dove pensassi di dirigere la folla al Mio seguito. Se Io avessi voluto farMi proclamare re, la potenza dei romani sarebbe stata al più presto dalla loro parte; se invece fosse stato in questione il Tempio ed i suoi servitori, avrei comunque potuto fare poco senza esasperare il popolo, dato che questo non si sarebbe lasciato togliere la fede in Jehova. Dunque anzitutto si trattava di aspettare e di approfittare astutamente di tutti gli eventuali errori da parte Mia.

3. Essi stessi, i sacerdoti, decisero però di non farsi vedere, ma di aprire addirittura ampiamente il Tempio, tanto che la sua stessa santità parlasse al popolo. Furono perciò aperte al più presto tutte le porte, nemmeno il Santo fu lasciato chiuso; il Santo era quell’ambiente dove senza preparazione nessun israelita poteva entrare e nemmeno un sacerdote senza particolari cerimonie, preghiere e precedente abluzione.

4. I servitori del Tempio però furono comandati al più presto di dare notizia del Mio arrivo ai mercanti, i quali si erano di nuovo ritrovati davvero in gran numero negli atri del Tempio, affinché venisse evitata una scena scandalosa da Me causata già una volta. Questa precauzione però arrivò troppo tardi, poiché non appena i cambiavalute ed i mercanti di ogni specie, resi attenti dai clamori provenienti da fuori delle mura, vennero a sapere di che cosa si trattava, costoro, ben memori della Mia impresa di un tempo, raccolsero al più presto le loro cose e abbandonarono precipitosamente con le loro mercanzie l’edificio.

5. Questa seconda purificazione del Tempio, la quale non avvenne per la Mia diretta entrata in scena, ha dato luogo ad equivoci, come se la scena precedentemente descritta fosse accaduta ora al Mio ingresso, mentre essa avvenne invece molto tempo prima, all’inizio del Mio insegnamento. (Matteo 21, 12-13)

6. Una volta penetrato il popolo con molti clamori nel Tempio, prima di tutto andò in cerca dei sacerdoti; esso voleva richiedere in modo particolare al sommo sacerdote Caifa che Mi ungesse re con l’olio santo, dopo di che essi pensavano di condurMi al castello di Sion per giurarMi fedeltà. Tuttavia i sacerdoti erano introvabili, e senza impedimenti il popolo penetrò attraverso gli atri nel Santuario.

7. I Miei si strinsero intorno a Me preoccupati, dato che vedevano e udivano quali intenzioni il popolo aveva nei Miei riguardi, e Pietro Mi domandò preoccupato: «Signore, come andrà a finire; vuoi farTi proclamare qui re d’Israele?».

8. Io gli comandai di tacere, e ordinai a coloro che Mi circondavano di farMi posto per poter entrare senza impedimenti nel Tempio, dopo aver già lasciato l’animale da soma.

9. Il popolo obbedì ed Io, seguito da molta folla, attraverso i vestiboli entrai nel Santuario interno, entrai nel Santo stesso, ed avanzai verso il grande altare delle offerte, i cui scalini Io salii.

10. Secondo le norme del Tempio, al comune popolo non era lecito seguire da quella parte, ma doveva fermarsi fuori nei corridoi, da dove poteva stare a guardare le operazioni dei sacerdoti nel Santo.

11. I farisei ed i capi del Tempio avevano giudicato benissimo la disposizione d’animo facilmente eccitabile del popolo, perché quest’ultimo prima non avrebbe mai pensato di costringere i sacerdoti, qualora questi non si fossero mostrati accondiscendenti, a fare secondo la sua volontà. Ora però, a causa della solennità del luogo e per il fatto che con l’assenza di tutti i sacerdoti non era possibile alcuna personale ostilità, all’eccitazione generale era seguito un solenne mutismo e l’attesa di cosa Io avrei intrapreso. Io avevo anche comandato ai Miei di restare indietro, e così Io poi a questo punto rimasi solo, visto da tutto il popolo.

12. A voce alta Io parlai dunque al popolo: «È venuta l’ora in cui tutto il mondo deve apprendere in sé dove conducono le vie sulle quali esso ha proceduto finora, e ciascuno deve decidersi se vuole o no andare dal Padre. Voi Mi avete condotto qui in questa casa, dove un tempo lo Spirito di Dio dimorava visibilmente, ma ora Esso si è allontanato da queste mura, e il luogo è diventato vuoto. Adesso però Egli si è scelto un altro luogo, ed ogni uomo può edificarsi un Tempio, se egli opera secondo le Mie parole e secondo i Miei insegnamenti che Io vi ho dato.

13. Ciascuno si lasci portare dall’umiltà, e così poi entri per la via diritta nell’edificata Casa di Dio, che è diventata vuota, ma che deve di nuovo venire colmata dalle opere dell’amore. Ogni atto d’amore è una pietra da costruzione per il Tempio, e questo Tempio sarà coronato con il segno della Sapienza e della Potenza se il fondamento sarà formato unicamente dall’amore. Ma appunto per questo Io sono venuto a voi: affinché voi impariate da Me l’Amore che voi disdegnate, non l’amore di sé, che voi certamente avete, ma l’amore verso il prossimo, che voi non avete, il quale però vi rende simili a Dio e che soltanto tale amore può condurre a Dio.

14. Se però voi credete che Io sia e voglia essere il vostro re, sappiate allora che il Mio Regno non è di questo mondo, ma che questo Regno dimora in tutta la sua magnificenza nell’uomo stesso e costituisce l’eredità che il Padre ha dato al Figlio, e per mezzo di quest’ultimo a tutti gli uomini sulla Terra e a tutti i Cieli. Non pensate dunque che Io entrerò nel castello di Davide per fondare un regno terreno! Chi Mi vuole seguire, Mi segua nelle Mie opere, così diverrà beato. Il Figlio proviene dal Padre, e siccome Egli proviene dal Padre, Egli è in Lui e il Padre è nel Figlio, e chi segue il Figlio, con ciò segue anche il Padre.

15. Portate qui da Me tutti coloro che sono infermi nel corpo e nel cuore, ed Ioli curerò, affinché guariscano! Coloro però che sono infermi nell’intelletto, si scandalizzeranno di Me, ed Io non li potrò guarire, perché chi si scandalizza di Me, è pieno di ira e di orgoglio, ed è privo di amore, perché l’amore gli appare una cosa sconsiderata e dura. Io però voglio curare i vostri cuori, e attraverso di questi le vostre anime e corpi, poiché soltanto nel cuore dimora la fede, e dove questa non dimora, là regna la tenebra. Infatti la fede, che si è sviluppata dalla conoscenza, è una luce che scaccia ogni tenebra. Quindi credete in Me e nel Padre, affinché voi vediate e affinché la tenebra si allontani da voi!

16. In verità Io vi dico che senza la vera fede nessuno potrà diventare beato! Io però vi ho detto che cosa e in cosa voi dovete credere. Dunque operate anche secondo le Mie parole, così come Io ho operato secondo queste Mie parole! Allora tutti potranno fare quello che ho fatto Io, e non vi sarà più nessuno sulla Terra che potrà dire che gli sono chiuse le vie della beatitudine.

17. Ma affinché voi vediate quello che realizza la Potenza del Padre nell’uomo, Mi si portino gli ammalati che soffrono nel loro corpo, affinché Io li guarisca!».

18. Dopo queste parole, Io scesi giù dall’altare e Mi recai negli atri dove giacevano molti ammalati, i quali volevano sacrificare e speravano di guarire attraverso le preghiere dei sacerdoti, come era usanza principalmente a Pasqua. Simili tentativi tuttavia venivano fatti per lo più soltanto per quelli che potevano dare un’offerta contributiva in monete d’oro, dato che senza di queste i sacerdoti del Tempio non davano preferenza ad un simile infermo. Più di qualcuno dunque raccoglieva in fretta alla rinfusa i suoi ultimi averi, per fare quest’ultimo tentativo di ottenere la salute, e così poi egli lasciava il Tempio senza averla ottenuta.

19. A questi infermi dunque Io Mi avvicinai e domandai loro in piena serietà: «Credete voi che il Dio dei vostri padri possa risanarvi, se Lo pregate per questo? Oppure presumete di poter guarire con l’aiuto degli uomini?»

20. Gridarono allora molti ammalati disperati: «Maestro, a noi può aiutarci unicamente Dio soltanto, al Quale certo qui in questo Tempio siamo più vicini che altrove!».

21. Altri invece tacquero, e così Io chiesi dunque a costoro quale fosse la loro opinione.

22. A questa domanda uno in mezzo a loro Mi rispose: «Maestro, a noi è stato detto che se il sommo sacerdote non prega per noi Dio nel Santissimo, non potremmo venire aiutati, perché egli solo è l’intercessore dinanzi a Dio! Di conseguenza noi dobbiamo aspettare, finché ciò accade!»

23. Allora Io dissi: «Credete voi dunque che Dio non possa venire a ciascun uomo se egli Lo prega per questo? Che bisogno c'è di un mediatore? Dunque credete, e così potrà venire dato aiuto anche a voi!»

24. Disse allora di nuovo il primo oratore: «Maestro, noi crediamo davvero a ciò che ci è stato detto, e nonostante ciò ancora non ci è stato dato aiuto! Che cosa dunque dobbiamo ancora credere?»

25. Risposi Io: «Voi dovete credere che Dio, il Padre dall’eternità, è di una Bontà infinita, e viene a chiunque Lo chiama in tutta serietà! Voi dovete credere che Dio non ha bisogno degli uomini per inviare loro la Sua Forza, ma che questa Forza può venire attratta da qualsiasi uomo tramite l’amore per Dio, così essa poi si sviluppa nell’uomo e può venire resa operante! Puoi tu credere questa cosa?»

26. Disse l’ammalato, guardandoMi fisso: «Maestro, io lo credo, perché sei Tua dirmelo, poiché come Tu ci hai parlato ancora nessuno ci ha mai parlato!»

27. Dissi Io: «Le Mie parole sono la verità, e poiché sono la verità, esse sono anche la Vita e la Potenza della Vita. Io, da uomo, ho sempre operato in conformità ad esse, e così sono diventato un Maestro della Vita. Perciò Io dico a voi tutti: “Andate e fate lo stesso, ma non peccate più né con le parole né con le opere! Non peccate più non facendo nulla che contravviene all’amore per Dio e per il prossimo, così voi rimarrete sani e diverrete dei veri maestri della vita! Alzatevi e camminate!”»

28. Dopo queste parole svanirono tutte le infermità dai corpi degli infermi, ed essi si alzarono sani e robusti nei loro corpi. Il popolo invece, che stava intorno, proruppe di nuovo in alte esclamazioni ed esultava e Mi lodava oltre ogni misura. Molti si prosternarono dinanzi a Me cercando di afferrare le Mie mani e le Mie vesti per baciarle. Io non Mi opponevo loro, ma lasciavo che tutti si avvicinassero a Me.

29. Molti ora volevano ancora una volta fare il tentativo di introdursi dai sommi sacerdoti per attuare l’intenzione di ungerMi, ma questi erano così ben nascosti che non era possibile scoprire alcuna traccia di loro, motivo per cui gli inviati ritornarono presto senza aver concluso nulla.

30. Quando dunque questi si spinsero fino a Me per circondarMi impetuosamente, Io imposi loro il silenzio e dissi a coloro che desideravano avere un re: «RispondeteMi, Colui che sta dinanzi a Dio quale un portatore della Sua Potenza, può venire collocato sulla Terra più alto ancora di quanto già lo sia dinanzi a Dio?»

31. Un po’ colpito, il capo di questa schiera disse: «Maestro, Lui certamente no; però coloro che parteggiano per Lui, desiderano certo un segno visibile della Sua Potenza anche verso l’esterno, così che il popolo sotto la Sua mano potente diventi felice e non oppresso!»

32. Dissi Io: «Quando Samuele unse re Saul su richiesta del popolo, che cosa dunque ne guadagnò il popolo? Certamente non pace e tranquillità, ma lotta e agitazione. E perché questo? Perché si era stancato del lieve giogo che il Signore gli aveva imposto conformemente al suo operare, ed aspirava alla mano vigorosa di un sovrano visibile. In seguito dunque non mancarono anche i re, ed anche adesso è stato fatto per voi un re in Erode. Credete voi ora che un nuovo re, quale voi cercate in Me, vi porterebbe la pace qualora egli volesse essere anche esteriormente un re potente? Erode ed i romani cercherebbero di annientare tutti i suoi seguaci e lui stesso. Se Io diventassi il vostro re terreno, ciò provocherebbe miseria, guerra e gravi disagi; e allora come si accorderebbe ciò con la Mia Dottrina: “Ama il prossimo tuo come te stesso!”, se Io volessi portarvi la guerra e l’assassinio? Perciò lasciate andare le cose esteriori nei Miei confronti - il Mio Regno non è di questo mondo - ed erigete in voi il vero Regno della Pace, là Io sarò e rimarrò sempre volentieri il vostro re!».

33. Dopo queste parole, i bramosi di avere un re si allontanarono sdegnati da Me e pensarono che Io non fossi un eroe dal quale il popolo d’Israele potesse aspettarsi una salvezza anche da fuori.

34. Coloro che gridavano al re andarono dunque fra il popolo e non nascosero il loro sdegno riguardo alle Mie parole di rifiuto. Tuttavia il resto del popolo non lo si poteva affatto distogliere per questo da Me, poiché le Mie opere parlavano adesso in maniera troppo imponente per farMi cadere subito in disgrazia a causa del rifiuto di essere un re degli ebrei.

35. Però, dopo l’eccitazione regnante ovunque, comparve ormai un clima più sereno nel popolo presente, ed Io come pure i Miei discepoli approfittammo di questo per spiegare a molti nuovamente i Miei insegnamenti. Così si formarono dei singoli grandi gruppi, i quali stavano sparsi negli atri del Tempio.

36. Allora avvenne che sopraggiunsero due greci i quali pure erano venuti alla festa e che all’inizio dell’intera scena non erano presenti. Ma ai non ebrei era proibito entrare nel luogo santo, ragion per cui al limite fino al quale simili non ebrei potevano andare erano sistemate delle tabelle di avviso. (Giov. 12, 20)

37. I greci giunti a quel limite trovarono Filippo e lo pregarono dicendo che avrebbero desiderato vedere Gesù e, se fosse stato possibile, di parlarGli. Filippo però non osava autorizzare questi due ad andare da Me, poiché il divieto gli appariva troppo notevole. Per cui lo disse ad Andrea, ed ambedue a quel punto vennero da Me che stavo in una cerchia di molti ascoltatori i quali ascoltavano attentamente le Mie parole, e Mi esposero la preghiera dei due greci, dicendo che questi, a causa del popolo, non osavano venire a Me; allora Io dissi loro che dovevano invitare i greci a venire a Me. Entrambi dunque andarono là e fecero così. Però i greci temevano troppo di violare il divieto, e rimasero quindi fermi al limite. (Giov. 12, 21-22)

38. Nel frattempo gli ebrei del Tempio, i sacerdoti ed i farisei ora si erano accorti che un clima molto più sereno aveva preso posto, ed alcuni di loro si erano recati travestiti fra il popolo per spiare come andavano le cose. Rapidamente avevano fatto causa comune con i bramosi di avere un re, che ora erano molto irritati verso di Me, per aizzare il popolo contro di Me e per suscitare una corrente ostile. Uno di questi istigatori travestiti si trovava ora anche vicino a Me e, sdegnato, cercava di persuadere immediatamente gli astanti su come Io potessi ordinare ai pagani di entrare nel luogo santo degli ebrei rendendolo perciò impuro. Era dignitoso per il Messia, che Io volevo essere, il non tenere in alcun conto le sacre usanze? Parecchi, per i quali il Mio invito era ugualmente riprovevole, furono d’accordo con questo oratore, e così si levò un mormorio.

39. Io Mi accorsi molto bene di ciò e dissi a Giovanni e a Lazzaro, i quali erano sempre rimasti vicini a Me, così come gli altri discepoli: «Ora è venuto il tempo in cui il Figlio dell’uomo verrà glorificato, poiché ora Egli ha vinto completamente Se stesso. In verità, in verità Io vi dico: “Se il chicco di grano caduto a terra non muore, rimane solo; però se muore, porta molti frutti (Giov. 12, 24); e così anche il Mio agire, che voi vedete ora, porterà molti frutti”.

40. Con riferimento a quei greci, i quali stavano timorosamente lontano, Io esclamai dunque ad alta voce: “Chi ama la propria vita, la perderà; e chi odia la sua vita a questo mondo, la riceverà come vita eterna. Chi vuole servirMi, Mi segua; e là dove Io sono, là deve essere anche il Mio servo. E chi Mi servirà, il Padre Mio lo onorerà». (Giov. 12, 25-26)

41. Quell’oratore dunque, il quale già dapprima aveva parlato sommessamente contro di Me, ora continuava di nuovo ad istigare col dire: «Un bel Messia è costui che invita pagani e chiunque a servirlo, affinché il padre lo onori! Chi è poi il padre di costui? Tante grazie, odiare la mia vita per ricevere una sconosciuta vita eterna; in questo caso quella certa mi è sicuramente più cara!».

42. Similmente anche gli altri ebrei del Tempio travestiti si schierarono contro di Me e cercavano cautamente di mettere il popolo contro di Me.

43. La Mia Anima tuttavia percepiva ora che la Mia ora era scoccata, ed essa si rattristò a causa delle sofferenze quasi imminenti e per il fatto che il popolo era così volubile; perciò Io dissi a quanti si trovavano vicini a Me: «Ora la Mia Anima è turbata. E che cosa devo dire? Padre, salvaMi da quest’ora? Ma se appunto per questo Io sono venuto in quest’ora. O Padre, glorifica il Tuo Nome!» (Giov.12, 27)

44. Allora come dal cielo risuonò una Voce, la quale però in verità risuonò nel cuore di tutti coloro per i quali, sia pure in un modo qualsiasi, potevano ancora venire ridestati ad una vita spirituale: «Io L’ho glorificato ed ancora Lo glorificherò!»

45. Coloro i quali percepirono questa eccitazione interiore dissero ora, a seconda del grado in cui il loro spirito era desto: «Ha tuonato»; altri invece dissero: «Un angelo ha parlato con Lui».

46. Tuttavia nessuno di costoro percepì in sé la Voce, ma la attribuì a una fonte esterna, a seconda del grado in cui il loro spirito era desto.

47. Io perciò dissi loro: «Questa Voce non si è fatta sentire per Me, ma per voi, poiché ora viene inviato il giudizio su questo mondo. Ora il principe delle tenebre, il quale era un principe di questo mondo, viene espulso. Nessuno si frappone più fra il Padre e il Figlio quale Figlio dell’uomo. Ed Io, quando sarò elevato sopra la Terra, voglio attirarli tutti a Me affinché pervengano al Padre»

48. Mi rispose di nuovo quell’oratore ed alcuni che erano a suo favore: «Noi abbiamo appreso nella legge che il Cristo sarebbe rimasto eternamente. Come mai tu dici che il Figlio dell’uomo deve venir elevato? Chi è questo Figlio dell’uomo del quale tu parli? Può qualcuno salire ancora più in alto del fatto che egli sia eterno e porti a noi il suo regno?»

49. Risposi Io a loro, a questo punto, ben sapendo come le Mie parole venivano sempre travisate da questi ostinati: «Ancora per un breve tempo la Luce è presso di voi. Camminate mentre avete la Luce, affinché non vi assalgano le tenebre! Chi cammina nelle tenebre, non sa dove va. Credete alla Luce mentre l’avete, affinché siate figli della Luce e non diventiate figli delle tenebre!».

50. Dopo che Io ebbi pronunciato queste parole, Mi allontanai da quel gruppo, e noi ci dirigemmo verso gli avancortili dei pagani, a quell’estremo limite al quale i non ebrei potevano accedere.

51. Nel frattempo però i sacerdoti ed i capi del Tempio erano venuti a sapere, nel modo più preciso, che il popolo si era calmato e che Io Mi ero rifiutato di farMi proclamare signore e re attraverso un colpo di stato messo in atto in modo pubblico e non tramato in segreto. Oltre a questo essi seppero che, a causa di ciò, si faceva sentire un momentaneo malcontento, e rapidamente cercarono di approfittare di questo stato d’animo. A tutti i sacerdoti e ai leviti fu velocemente ordinato di formare uno splendido corteo. I suonatori di tromba precedevano davanti agli altri e degli araldi annunciavano al popolo che il sommo sacerdote aveva ricevuto dal Signore l’ordine di fare un grande, straordinario sacrificio di riconciliazione per i peccati del popolo, poiché il Signore era disposto a indulgenza verso di questo ed Egli perdonava tutti i peccati che il popolo aveva commesso nel periodo di mezzo anno. Le schiere sfilarono con tutto lo splendore e la più grande solennità, e Caifa stesso compì il sacrificio sul grande altare dei sacrifici del Tempio.

52. Con questa azione il Tempio raggiunse il suo proposito, poiché il popolo ci teneva ancora molto alle antiche cerimonie e a tutto ciò che proveniva dal Tempio. Così venne esercitata sugli animi una contromossa che dava una forte impressione, la quale agiva attraverso la straordinarietà, e già nel corso della mezza giornata non si sentiva più nulla dell’inconsueta eccitazione del popolo che era sorta con il Mio ingresso. Durante quel giorno e durante le giornate successive il Tempio si dimostrò molto misericordioso; negli avancortili venne dato da mangiare e vennero fatti dei doni a molti poveri, furono recitate preghiere e fu fatto tutto il possibile per suscitare uno stato d’animo veramente buono verso il Tempio ed i suoi rappresentanti, e per stornare in questo modo lo spaventoso pericolo che, a causa della Mia influenza, si delineava come una minaccia per il Tempio.

53. Il brillante corteo comparve nell’istante in cui noi avevamo raggiunto gli avancortili. Pieni di curiosità tutti si volsero verso quell’insolito spettacolo, e noi approfittammo di quel momento per abbandonare l’imponente edificio senza suscitare scalpore, per dirigerci nuovamente verso l’abitazione di Lazzaro.

 

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Cap. 68

Nicodemo ed i capi presso il Signore.

 

1. Non ci mettemmo molto ad arrivare alla casa di Lazzaro. Ciascuno aveva percorso la via in silenzio, ed i Miei Mi davano spesso delle occhiate preoccupate, dato che a loro tutti appariva chiaro che Io oggi avevo provato a sferrare un colpo decisivo, il quale però, in modo incomprensibile per tutti loro, era fallito. Dove era andata a finire la Mia Forza prodigiosa che con così tanta facilità avrebbe di certo potuto rafforzare la Mia Missione con un forte segno esteriore? Infatti, loro ritenevano che guarire gli ammalati fosse cosa di tutti i giorni, che riusciva anche ai Miei discepoli, e che quindi per il popolo non fosse niente di straordinario. Anche la Voce dal Cielo era dubbia per loro, poiché essa non era risuonata con sufficiente potenza per sconfiggere ogni dubbio.

2. Tutti questi problemi i Miei li discussero molto dettagliatamente, dopo che fummo arrivati a Betania, ed Io Mi ero ritirato in una stanza solitaria per raccogliere e rafforzare Me, ossia la Mia Anima. Nella cerchia dei discepoli a Me più vicini, Giuda era quello più agitato a causa dell’apparente insuccesso, ed egli si espresse anche del tutto schiettamente sul fatto che la Mia troppo grande Mitezza e Bontà Mi impedivano di affrontare con potenza il popolo.

3. Egli disse: «Il Signore è certissimamente un Uomo di Potenza e Sapienza del tutto eccezionali, ed io anche non dubito assolutamente che Lui e nessun altro sia l’atteso Messia, ma questo forte Spirito, che spesso fulmineamente dimora in Lui nella Sua straordinaria Potenza, viene racchiuso in un involucro troppo debole, il quale per gli uomini dimostra ancora troppe debolezze. Non sono soltanto la Mitezza e la Bontà a governare il mondo, ma anche il pugno che sa adoperare la spada, il quale, quando è necessario, interviene con sanguinosa severità e assicura il successo! Se il Signore fosse costretto proteggere Se stesso ed i Suoi dalle mani di bramosi aiutanti del carnefice, la Potenza divina in Lui dimorante dovrebbe presentarSi del tutto diversamente, affinché Egli con i Suoi non perisca, ma la Sua Opera prosperi. Ma invece, facendo così, Egli ha sempre fallito»

4. Gli disse Pietro: «Giuda, non hai forse mai visto quante volte, tanto il Signore quanto anche noi, ci siamo trovati in difficoltà, e non hai dunque capito che senza questa Potenza dimorante in Lui noi saremmo periti già da molto tempo? Rammentati come Egli comandò all’uragano, e quante volte furono annientati gli attacchi del Tempio, il quale mandava gli sgherri contro di noi!»

5. Rispose Giuda: «Eppure questa non è una prova, perché sono sempre subentrate circostanze così favorevoli che noi forse avremmo potuto scampare a tutti i pericoli con le nostre forze senza bisogno del Suo intervento! No, io penso che se d’improvviso incombesse sul Suo corpo un pericolo tale che chiunque non potesse fare a meno di vederlo e temerlo, allora il Signore non sarebbe costretto ad agire con molta più energia? E inoltre il popolo non Lo seguirebbe in modo del tutto diverso senza poter essere nuovamente distolto da una sciocca, pomposa rappresentazione del Tempio?»

6. Allora Pietro e anche gli altri ribatterono scotendo il capo: «Come potrebbe verificarsi una cosa simile, e chi può decidere questo? Il Signore certo saprà meglio di tutti cosa ha intenzione di fare e come Egli agisce».

7. Giuda ora tacque pensieroso, e durante la giornata rimase cupo e riservato.

8. In casa di Lazzaro c’era la calma, e nessuno venne a disturbarMi mentre restavo solo nella Mia stanzetta e dialogavo col Padre Mio in Me. Però nessun uomo comprenderà proprio bene come fosse possibile quest’ultima cosa. Perciò qui sia detto che la Mia Anima vedeva molto bene come era possibile sfuggire a tutte le sofferenze, ma che esitava a farlo, poiché anch’essa era incatenata alla Terra come l’anima di un qualsiasi altro uomo che abbia un qualche compito da assolvere. Soltanto lo Spirito in Me, del quale ciascuno sa chi Esso fosse, Mi prescriveva la via e poneva davanti all’anima la scelta di percorrere, per amore di Esso e degli uomini, le vie indicate oppure no. Così dunque anche adesso, nell’ultima ora, si era fatta di nuovo più pressante la decisione, e il Figlio dell’uomo si decise un’altra volta per le vie del Padre.

9. Quando dunque cominciò a farsi sera, Io Mi recai nuovamente con l’animo sereno dai Miei ed incaricai Lazzaro di provvedere per il nostro benessere fisico. Questo fu fatto anche a sufficienza, e noi cenammo in compagnia dei dodici, di Lazzaro e delle sue sorelle, come pure di Maria di Magdala, la quale dal tempo della Mia precedente presenza non aveva più abbandonato la casa di Lazzaro.

10. Finita la cena, un domestico di Lazzaro venne da noi con la notizia che fuori c’erano parecchi uomini che desideravano parlare con Me e Lazzaro, ma che tuttavia volevano restare in incognito. Lazzaro Mi domandò chi essi fossero.

11. Io gli risposi: «Si tratta di diversi capi del popolo, fra di loro anche Nicodemo, i quali vengono da noi spinti dagli avvenimenti di oggi, tuttavia essi temono il mondo più di Dio; per questo vengono da noi travestiti e di notte, certo con le più buone intenzioni, però il più possibile di nascosto». (Giov. 12, 42-43)

12. Quindi Io Mi rivolsi al domestico e gli dissi che egli doveva invitare gli stranieri a venire da noi, e dire a loro che potevano entrare apertamente, dato che fra di noi non c’era nessuno che li avrebbe traditi.

13. Dopo un breve tempo i forestieri entrarono. Erano Nicodemo e tre alti funzionari ebrei della sua famiglia, che occupavano importanti cariche a Gerusalemme, i quali però erano tutti più o meno dipendenti dal Tempio.

14. Nicodemo allora si affrettò verso di Me e, pieno di sentimento, prese la Mia mano, pregandoMi nello stesso tempo di non farMi vedere in nessun caso da quelle parti nell’immediato futuro, dato che il Tempio si era estremamente irritato a causa della Mia odierna comparsa e Caifa, così come anche il sinedrio, aveva giurato di renderMi innocuo ad ogni costo.

15. E aggiunse che i Miei avversari pensavano che, anche se questa volta erano riusciti a stornare il pericolo a causa del Mio agire imprudente, non si poteva mai sapere se in una prossima occasione ciò sarebbe stato ancora possibile! Si doveva quindi agire in fretta, prima che Io riuscissi ad accattivarMi di nuovo il popolo, il quale ora era scoraggiato dal Mio temporeggiare, ma poteva venire infiammato altrettanto rapidamente attraverso una veloce azione da parte Mia.

16. E inoltre sapevano bene che Erode, la furba volpe - il quale aveva sempre sfruttato il Tempio soltanto per i suoi scopi e che nella sua avidità di denaro si rallegrava di cuore riguardo al brutto impiccio nel quale era venuto a trovarsi il clero di fronte al popolo -, era altrettanto ben disposto verso di Me come a suo tempo lo era stato verso Giovanni. Si doveva quindi agire tanto più rapidamente, affinché non ci fosse l’eventualità che Io Mi mettessi in contatto con Erode e così venissi protetto con più sicurezza, poiché, se il Tempio avesse avuto bisogno della protezione di Erode contro il popolo, questa protezione sarebbe venuta a costare un’enormità di denaro, dato che egli non faceva niente per amore, e alla fin fine avrebbe almeno tentato di mettere in gioco Gesù come carta vincente contro il Tempio.

17. Nicodemo dunque e così come pure coloro che erano venuti con lui erano perciò molto preoccupati per Me, e Mi pregarono con insistenza di non fidarMi né di Erode né di esporMi al pericolo imminente, che ora veniva delineandosi minaccioso, da parte del Tempio. Solo loro si erano azzardati a portarMi queste notizie; ce n’erano ancora molti altri della loro cerchia che erano amichevolmente disposti verso di Me, tuttavia questi non osavano venire da Me personalmente a causa dei farisei.

18. Io dissi dunque a Nicodemo e ai suoi amici: «Miei cari, quanto voi Mi comunicate, Mi è noto già da molto tempo ed è stato ben ponderato da Me; infatti, se il Padre non volesse che tutto accadesse così come è accaduto, le cose sarebbero allora così? E se il Padre non fosse con Me, saprei Io allora cosa l’immediato futuro deve portarMi?

19. Perciò credete pure che tutto è giusto proprio così come è avvenuto e come il Padre anche vuole che sia, poiché chi crede in Me, non crede in Me, ma in Colui che Mi ha mandato! E chi vede Me, vede Colui che Mi ha mandato. (Giov. 12, 44-45)

20. Io sono venuto al mondo quale una Luce, affinché chiunque crede in Me non rimanga nelle tenebre, ma cammini nella Luce del giorno. Per questo Io ho parlato dinanzi al popolo così come sempre è avvenuto, ed ho altresì detto loro che il Mio Regno non è di questo mondo, ed ho loro indicato anche in ogni tempo le vie che essi devono percorrere per ottenere questo Mio Regno. (Giov. 12, 46)

21. Chi dunque ascolta le Mie parole e non crede, Io non lo giudicherò per questo, poiché Io non sono venuto per giudicare il mondo e per dominarlo come un re tiranno, ma per rendere beato il mondo attraverso la Parola e per portargli la Pace. Chi Mi disprezza e non accoglie le Mie parole, costui ha già abbastanza di ciò che lo giudica, poiché sarà la Parola che Io ho detto, la quale rimarrà eternamente, a giudicarlo nel suo ultimo giorno, nel quale egli si separerà da questo mondo terreno per entrare nel Regno eterno dove Io sarò ed eternamente rimarrò veramente Re. (Giov. 12, 47-48)

22. Io non ho parlato da Me stesso, ma il Padre - che Mi ha mandato - Mi ha dato un comandamento rispetto a ciò che Io devo fare e dire. Ed Io so che il Suo comandamento è la Vita eterna; perciò Io anche parlo così come Mi ha detto il Padre. Siate dunque tranquilli per quanto è avvenuto e che ancora avverrà; il Padre vuole così”. (Giov. 12, 49-50)

23. Allora Giuda, tutto agitato, disse: «Signore, il Padre è certamente con Te in tutta la Sua Potenza! Può dunque questa Potenza allontanarSi da Te, visto che Ambedue sono evidentemente una cosa sola?»

24. Dissi Io: «Il Padre, il Figlio e la Potenza sono una cosa sola e lo rimarranno né possono mai venire separati, come tu ben sai, e il Padre è nel Figlio e il Figlio anche presto nel Padre, uniti mediante la Potenza. Ma il Figlio deve obbedire al Padre, e se Egli fa questo, allora il Padre anche Gli darà tutto quale Sua proprietà; e questo il Figlio lo sa perché il Padre glieLo ha detto. E ci vorrà soltanto un po’ di tempo perché il Figlio sia nel Padre per l’eternità. Come però ciò possa venire raggiunto, questo per ora non vi riguarda ancora, tuttavia verrà a vantaggio vostro e dell’intera umanità»

25. Disse Nicodemo: «Signore, noi non comprendiamo del tutto queste Tue parole; inoltre ci sembra necessario prima di ogni cosa che Tu pensi alla Tua propria sicurezza personale; ecco perché noi siamo venuti qui: per fare in modo che Tu possa sentirTi al sicuro nella misura delle nostre forze. Non sarebbe dunque meglio di tutto che Tu abbandonassi questo luogo per tenerTi nascosto? Il figlio di mio fratello Ti accompagnerebbe sicuramente, poiché egli ha molti contatti fuori dal paese, dove Tu potresti vivere per un periodo di tempo completamente al sicuro»

26. Dissi Io: «Non siate così stolti; Io non ho bisogno dell’aiuto degli uomini. Se Io volessi annientare i Miei nemici, per Me ciò sarebbe cosa facile. Ma così Io non voglio che sia, perché anch’essi devono venire resi ancora partecipi della salvezza e con loro l’intero popolo. Io rimango qui, e siate certi che nessuno potrà impadronirsi di Me prima che Io stesso lo voglia!».

27. Ora Nicodemo non voleva subito tranquillizzarsi, dato che il timore del Tempio gli stava sempre sulla nuca; tuttavia alla fine si rassegnò, e pensò che egli aveva fatto il suo dovere. Io apprezzai la sua buona volontà, ed egli, sotto la protezione dell’oscurità, ritornò subito con i suoi accompagnatori di nuovo a Gerusalemme, dove arrivò senza impedimenti e senza venire riconosciuto.

28. Noi stessi ci recammo molto presto a riposare, dato che quel giorno aveva procurato molta fatica anche ai corpi. Trascorremmo la notte nella più gran quiete; soltanto l'anima di Giuda non riusciva a trovare pace. Molti pensieri ed alcuni suggerimenti attraversavano la sua anima, così che egli trascorse la notte insonne.

 

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Cap. 69

Conversazione fra Giuda e Tommaso.

Congedo da Betania. Sosta al Giordano.

 

1. Quando si fece mattino, Giuda cercò di avvicinarsi a Tommaso per condurlo un po’ da parte.

2. Ambedue andarono all’aperto, e là discussero tra loro come segue:

3. «Fratello», disse Giuda, «ma tu riesci a comprendere proprio bene il modo di agire del Signore? Vedi, noi due siamo degli uomini che hanno sempre saputo quello che vogliono e che hanno sempre perseguito con ogni energia la meta, una volta prefissata! Eppure, qui io ora però non vedo più in modo chiaro cosa il Signore voglia veramente e non credo più con tanta convinzione che Egli stesso abbia chiara la Sua Meta finale.

4. Noi ieri siamo stati entrambi testimoni del Suo trionfo e abbiamo visto come per Lui sarebbe stato davvero semplice legare a Sé il popolo, che Gli è fortemente affezionato, in maniera tale che questo Lo avrebbe seguito ovunque Egli avesse voluto. Ma ora invece di convincere tutto il mondo della Sua missione di Messia, Egli lascia che il Tempio gli tolga dalle mani tutti i frutti del Suo lavoro e non intraprende nulla di ciò a cui sono indirizzate tutte le speranze del popolo, nonostante in Lui vi sia davvero tanta Potenza che Egli potrebbe imporSi al Tempio e a tutto l’impero romano se soltanto Egli decidesse questo!

5. A che cosa Gli serve tutta la Potenza di Dio, con la quale Egli può comandare agli uragani, agli infermi e a tutti i mali, se Egli in Se stesso è tanto debole da non impiegare questa Potenza dov’è necessaria? Ma i sani, che sotto l’oppressione del fardello dei romani e dell’usura del Tempio soffrono abbastanza duramente, non dovrebbero trovare in Lui il Salvatore? Cos’è la miseria dei pochi ammalati in confronto alla grande miseria della comunità? La Giudea, anzi il mondo intero, geme sotto l’oppressione del popolo più avido di dominio. Re avidi e un imperatore onnipossente, il quale gozzoviglia nel lusso, occupano il trono che dovrebbe detenere un principe saggio, giusto e dotato, da parte di Dio, di forza immensa. Come si trasformerebbe il mondo in paradiso, come la sofferenza e il dolore diverrebbero puro piacere e gioia, e come si trasformerebbe la povertà in ricchezza se Egli occupasse il trono su cui siede ora l’imperatore di Roma!

6. Oh, a me trema di gioia il cuore nel petto, se penso a come potrebbe essere tutto, cosa che invece non è! E perché non lo è? Perché Egli, l’unico in cui vive la Potenza di Dio, non riesce a trovare in Sé il coraggio di passare alla rapida e decisiva azione!

7. Vedi, fratello, ciò mi addolora e mi preoccupa profondamente, poiché io possiedo davvero ancora un cuore per la grave miseria del popolo, mentre mi sembra quasi che Egli, all’infuori che per gli ammalati ed i deboli, abbia già perduto il Suo!»

8. Gli rispose Tommaso: «Fratello, ma come parli! Non ha detto il Signore stesso: “Io non sono venuto al mondo per i sani, ma per gli ammalati e per i deboli, affinché Io li aiuti e li consoli?”. Vuoi sapere tu meglio di Lui stesso per quale ragione Egli è venuto a noi?»

9. Giuda focosamente rispose: «E chi è sano in questo paese? Non sono tutti ammalati e deboli? Solo il Tempio e i pochi grandi gozzovigliano e si rimpinzano di ciò che estorcono con la loro forza, mentre il corpo esteriormente sano degli uomini è interiormente misero, ammalato e insudiciato dall’ira e dal furore che viene risvegliato in loro dall’attività di coloro che si circondano di ogni splendore.

10. Ma non è Egli venuto anche per questo tipo di miseria? Il popolo ha forse bisogno soltanto di un Messia dei malati nel corpo? Il popolo vuole essere felice, questa è la Volontà di Dio; ma per questa felicità occorre pure una sicura posizione esteriore, come fu quella che esso ha goduto sotto Salomone, affinché viva in pace e, con il benessere esteriore, esso si sviluppi anche nell’anima.

11. No, fratello, il mio cuore è pieno di rammarico! A te lo dico apertamente, poiché tu fosti sempre quello che non si tenne indietro con la sua ragione e il suo giudizio, così come gli altri, i quali credono incondizionatamente a tutto senza sapere il perché. No, io non sono né voglio essere uno schiavo della superstizione; io voglio sapere dove conduce la via! Io non voglio vedere dei giochi da fanciulli; io voglio vedere azioni virili!»

12. Tommaso inorridì nel constatare il modo astioso di vedere le cose da parte di Giuda, il quale tutto in una volta e così inaspettatamente si era aperto a lui, e disse ammonendo: «Fratello, io sono di certo duro a credere, ma una volta che sono arrivato a credere una cosa, ne sono anche convinto! Se però tu, come a me sembra, vuoi rendermi vacillante nella mia fede nel Signore, allora ti dico che è fatica sprecata, poiché io so cosa pensare di Lui. Dunque lasciami!»

13. Ribatté Giuda concitato: «Ciò sia lungi da me! Anch’io sono fermamente convinto che tutto il mondo può ricevere la salvezza esclusivamente da Lui solo, ma altrettanto fermamente io sono anche convinto che deve accadere qualcosa per realizzare questa salvezza. Adesso è il momento: ora o mai più!

14. Erode è ben disposto verso di Lui. Le forze dei romani proprio adesso sono minime qui, poiché essi stanno adoperando le loro armate altrove; quindi tutto sta a favore di Lui, dell’Uomo più potente, se soltanto Egli lo volesse! Ma tutto sta nel destare questa volontà in Lui! Perché quanto Egli indugi noi l’abbiamo visto, e quello che vuole il Tempio l’abbiamo udito. Se io possedessi soltanto la più piccola parte della Sua Forza, io mi burlerei dei sotterfugi del Tempio altrettanto quanto ha fatto finora Lui! Questa miserevole gentaglia non ha certamente alcun potere su di Lui: non lo ha avuto in passato, né lo avrà mai. Ma c’è da temere che anche Dio stesso Gli toglierà una volta la Forza se Egli si oppone alla Volontà di Dio di rendere felice il Suo popolo.

15. Qui - nel Signore - si sono unite tutte le condizioni che hanno reso possibile porre in Lui la Forza di Dio. Noi dovremo attendere delle eternità, prima che sorga nuovamente un uomo che sa fare cose così grandi; perciò Egli deve anche farlo, ora o mai più, prima che la pazienza di Dio si esaurisca! Se Egli non trova in Sé il coraggio di intraprendere ciò che è necessario, perché da Dio è stato promesso così, allora Egli deve venire costretto a farlo!»

16. Spaventato Tommaso fece un balzo e bisbigliò: «Costringere? Chi vuole costringere Colui attraverso il quale parla l’Onnipotente stesso?»

17. «Se Egli è quello per il quale si fa passare, allora ne dia la prova! Se non lo è, allora perché stiamo in attesa del niente?», mormorò a mezza voce, cupo in volto, Giuda.

18. Tommaso bisbigliò timorosamente: «E in che modo si potrebbe costringerLo? Fratello, desisti da simili pensieri; non servono a nulla, io inorridisco dinanzi a ciò!»

19. Tenebrosamente, a quel punto Giuda parlò: «Tu sei una persona debole, e dunque inorridisci dinanzi alle grandi idee; io stesso però non so ancora come dovrebbe essere possibile ciò, ma sento solo che deve, comprendi, deve accadere qualcosa!

20. Addio, fratello, mantieni il silenzio verso gli altri su ciò che abbiamo discusso! Mi stai a sentire? Promettimelo! Tutti loro, là dentro, non mi vogliono molto bene, e dunque non vorrei accumulare su di me ancora più odio»

21. Tommaso gli porse la mano e rispose: «E se io volessi parlare, chi ne avrebbe un vantaggio? Io dunque te lo prometto!».

22. Allora Giuda si allontanò da lui con un breve saluto e si recò sulla cima del monte degli Ulivi per riflettere in solitudine. Tommaso invece, con animo angosciato, andò di nuovo dagli altri e tentò di combattere la sua inquietudine conversando tranquillamente con i fratelli.

23. Quando noi dunque, all’infuori di Giuda, sedevamo a colazione, Lazzaro Mi domandò che cosa intendevo fare adesso, e cioè se Io - cosa che gli sarebbe stata più gradita di tutte - avessi voluto passare i giorni di festa da lui, o dove eventualmente avessi pensato di dirigerMi.

24. Io dissi a lui e ai discepoli che avevo intenzione di lasciare Betania già quel giorno stesso, non per timore, ma a causa del popolo e dei templari. Infatti, questi avrebbero causato molto male se avessero saputo che non Mi potevano raggiungere, pur essendo Io lì. Quindi per impedire ciò e non recare in qualche modo danno a nessuno, Io ora Mi sarei nascosto per alcuni giorni e non Mi sarei lasciato trovare.

25. I Miei Mi domandarono dove sarei andato.

26. Dissi Io: «Se voi volete venire con Me, lo vedrete! Tuttavia fra di voi si cela un traditore; perciò conviene che per ora ignoriate il luogo dove Mi ritirerò».

27. I discepoli inorridirono a questa enunciazione, e guardarono stupiti intorno - erano presenti non soltanto gli apostoli, ma anche molti domestici di Lazzaro che erano in stretto rapporto con lui nella amministrazione dei suoi beni - per capire a chi mai Io avessi potuto riferirmi. Eppure nessuno si azzardò a fare un’ulteriore parola a tale riguardo.

28. Noi terminammo in silenzio il nostro pasto. Poi Io presi congedo da Lazzaro e dai suoi, i quali Mi videro partire molto malvolentieri e col cuore angosciato. Tuttavia la loro fede in Me li sollevò da ogni timore che Mi potesse accadere una qualsiasi cosa da parte del Tempio.

29. Noi ci dirigemmo verso la strada per Gerico e vedemmo subito venirci incontro Giuda, il quale dall’altura aveva notato il nostro congedo e si unì a noi, senza badare alle facce non proprio liete dei Miei apostoli. Questo tratto di strada ora Io lo intrapresi solo con i dodici, e non c’era più nessuno tra di noi del resto dei Miei seguaci.

30. Noi ci dirigemmo subito verso il Giordano, là dove Giovanni aveva battezzato; un luogo che ora era completamente vuoto, da quando la voce del predicatore nel deserto non era più risuonata. Là ci accampammo e vi rimanemmo pure completamente indisturbati.

31. Questa regione, specialmente in primavera, è molto gradevole, dato che qui regna una temperatura molto più calda. Sulle rive del Giordano crescevano rigogliosi alberi e cespugli, i quali offrivano a tutti fresche ombre e sicuri giacigli. Qui al Giordano noi trascorremmo ancora due interi giorni, dopo esserci allontanati da Lazzaro, ed Io utilizzai questo tempo per chiarire ancora una volta agli apostoli la loro chiamata e la Mia Dottrina.

 

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Cap. 70

Giuda davanti al sinedrio.

 

1. Anche Giuda stette ad ascoltare, senza tuttavia potersi liberare dalle sue errate opinioni. Al contrario, egli si convinse soltanto ancora di più che nessun uomo sarebbe riuscito così presto ad unire a sé la Potenza di Dio in modo tale che, dopo di Me, potesse comparire un altro Messia come liberatore del mondo. Egli di conseguenza riteneva semplicemente lodevole e si rallegrava nei suoi pensieri ambiziosi se sarebbe stato lui colui che, secondo la sua opinione, avrebbe preparato il necessario ultimo passo costrittivo, che avrebbe dovuto indurMi a far uso, secondo i suoi desideri, della Potenza a Me conferita. Egli appariva a se stesso come una specie di redentore e nel suo accecamento presumeva di poter agire per mezzo di Me. Una volta che il pensiero di poterMi costringere si era destato in lui e gli era rimasta la ferma convinzione che Io avrei sfidato ogni pericolo e lo avrei anche potuto facilmente superare, gli appariva tutto giusto ciò che era in grado di realizzare questo piano.

2. Egli perciò il secondo giorno della nostra permanenza al Giordano Mi fece la proposta di recarsi senza farsi riconoscere a Gerusalemme, per spiare come erano là gli umori nei Miei riguardi e se il popolo fosse inquieto a causa della Mia scomparsa.

3. Io gli dissi che egli poteva fare come pensava, e gli altri, contenti di liberarsi di lui, approvarono senz’altro la sua proposta.

4. Egli domandò dove avrebbe potuto trovarMi, ed Io gli dissi che fino al mezzogiorno del giorno successivo sarei rimasto in quello stesso posto.

5. Quindi Giuda si congedò da noi e si recò verso Gerusalemme. Immediatamente là egli venne a sapere che tutti erano stupiti a causa della Mia improvvisa scomparsa. Della grande agitazione che aveva provocato il Mio ingresso non era rimasto più nulla, e dappertutto il popolo riteneva che Io fossi fuggito dinanzi alla potenza del Tempio. Tuttavia anche il popolo era rigidamente sorvegliato dalle guardie del Tempio e dai soldati erodiani. Oltre a ciò dei soldati romani passavano quotidianamente per la città per disperdere eventuali assembramenti di popolo. Il Tempio aveva già cercato protezione contro eventuali sommosse presso il governatore Ponzio Pilato e Mi aveva accusato come sobillatore del popolo.

6. Da parte di Pilato era già stata avviata un’inchiesta, dalla quale tuttavia era risultato che il popolo non aveva dimostrato nessun tipo di manifestazione ostile, ma soltanto un elevato entusiasmo per il prodigioso Salvatore che ormai nemmeno a Ponzio Pilato era del tutto sconosciuto. Egli quindi all’avvenimento non attribuì neppure un significato profondo, tuttavia, per il mantenimento dell’ordine, faceva spesso perlustrare la città dalle truppe di soldati. Il popolo fu assai intimorito da questi provvedimenti, dato che esso sapeva fin troppo bene che, in caso di eccessi, la potenza e il rigore di Roma erano da temersi.

7. Il Tempio dunque ebbe nuovamente un forte sopravvento, e gli sembrava che fosse venuto il momento di sferrare un colpo definitivo contro di Me, se solo avesse saputo dove e come poterMi sopprimere senza pericolo, poiché, che anche questo non fosse così facile, lo avevano provato già abbastanza spesso.

8. In una seduta segreta furono discussi qua e là i mezzi e le vie, senza che i templari riuscissero a mettersi d’accordo A quel punto, mentre discutevano, fu comunicato loro che un individuo voleva consegnare al sinedrio un’informazione su dove si trovava il Nazareno.

9. Con grande gioia Caifa fece chiamare l’individuo, che era Giuda Iscariota, e lo condusse dinanzi al sinedrio. Là Giuda dichiarò che egli credeva di essere in grado di consegnare il ricercato Gesù di Nazaret nelle mani delle guardie del Tempio, se venivano usate semplicemente le necessarie precauzioni.

10. Alla domanda di come dunque egli volesse compiere ciò, Giuda rispose: «Io sono stato vicino a Lui per molto tempo, e perciò conosco anche le particolarità Sue e dei Suoi seguaci. Anzi, vi fu un tempo in cui io supponevo di dover vedere in Lui l’atteso Messia degli ebrei. Ora però mi sono convinto che Egli non mira ad altro se non a rovesciare i nostri antichi e rispettabili ordinamenti e leggi alla cui sacra tutela è destinato il Tempio, senza però essere in grado di dare in cambio qualcosa di fortemente migliore. Egli perciò è pericoloso, e quale onesto israelita che sono, il quale deve cercare di consolidare il rispetto dinanzi alla legge di Mosè, io offro quindi la possibilità per mettere fine a questa pericolosa attività. Ancora non so se si riuscirà, ma dove sono riuniti così tanti uomini saggi, si riuscirà certamente a trovare il giusto mezzo per catturare questo Salvatore miracoloso»

11. Gli domandò Caifa: «Sai dove egli si trova adesso?»

12. Disse Giuda: «No, perché non posso sapere se Egli non abbia già abbandonato il luogo. Ma io so che Egli, come sempre, anche quest’anno vorrà mangiare l’agnello pasquale nella cerchia dei Suoi seguaci e che questo non avverrà in alcun altro posto se non nelle vicinanze della città»

13. Esclamò uno di quei farisei i quali, dopo la resurrezione di Lazzaro, furono rincorsi dai giganteschi cani da guardia: «Che nessuno cerchi di catturarlo a Betania! Là sarebbe inutile, poiché la sua forza diabolica là verrebbe di nuovo fuori! La cosa migliore sarebbe catturarlo di notte; e ciò a causa del popolo che ci tiene molto a lui, e poi io ho sempre sentito dire che di notte la potenza di simili maghi è debole. Anzi, si dice che in una determinata ora anche il mago più maligno sia debole come qualsiasi uomo comune, così che egli non può resistere a nessuno. Dì un po’ tu, che devi saperlo in quanto eri vicino a lui: anche quest’uomo ha il suo momento debole? Cosa fa durante la notte?»

14. «Egli dorme come qualunque altro uomo», rispose Giuda. «Io certamente credo di conoscere l’ora nella quale Egli è più debole».

15. Trionfante il fariseo si rivolse agli altri e affermò che bisognava approfittare di quell’ora.

16. Caifa, indignato, non ne volle sapere niente, poiché egli era sicuro che il Nazareno non disponeva di alcune altre forze soprannaturali diverse da quelle degli esseni, i quali a causa di ciò erano conosciuti a sufficienza; comunque egli era ugualmente favorevole a catturarlo di notte, per evitare ogni scalpore.

17. Venne quindi stabilito con Giuda che il giorno dell’agnello pasquale egli si sarebbe dovuto trovare di notte nel Tempio, per incontrarsi là con gli sgherri che egli doveva condurre nel luogo dove si trovava il Nazareno.

18. Caifa gli domandò poi cosa egli esigesse per questo servizio.

19. Giuda, che nel suo intimo gioiva che il sinedrio fosse caduto, come pensava lui, nella trappola da lui tesa, era adesso ancora più lieto che il suo piano gli avrebbe fruttato per di più del denaro - cosa che all’inizio non era nelle sue intenzioni - e richiese allora i trenta denari, il cui pagamento gli fu promesso quando si fosse presentato la sera dell’impresa.

20. Giuda allora si affrettò a lasciare il Tempio per andare in giro per la città ad ascoltare e quindi capire come erano disposti il popolo di Gerusalemme ed anche il gran numero di forestieri nei Miei confronti. Egli constatò dunque un generale grande stupore a causa della Mia evidente debolezza, ma da nessuna parte trovò nel popolo uomini che non fossero stati convinti della Mia Forza, la quale era stata dimostrata spesso, ed inoltre alla fine in modo palese. Egli riconobbe chiaramente che sarei riuscito anche in seguito a strappare a Me l’intero popolo, non appena avessi compiuto un qualsiasi atto eroico: il popolo si era certo stupito, ma non si era interamente allontanato da Me.

21. Tale cognizione lo rallegrò e lo rafforzò ancor più nel suo proposito di farMi trovare in una situazione che Mi avrebbe costretto, per tenere alla larga i Miei aggressori, ad annientarli se possibile, o almeno a renderli così inoffensivi in modo che chiunque riconoscesse chiaramente come nessuno sulla Terra Mi poteva resistere, se Io lo avessi soltanto seriamente voluto. Dopo aver creduto di essersi convinto a fondo di tutto, e senza curarsi di Erode, il quale non gli appariva più necessario per i suoi scopi, dato che pensava di cavarsela anche senza di lui, egli si diresse nuovamente verso il Giordano, per venire in cerca di Me e riferire ciò che era venuto a sapere.

22. Egli ci trovò ancora nel posto di prima, e raccontò dunque con precisione lo stato d’animo a Gerusalemme, e come il popolo attendeva ancora Me quale Redentore. Io stetti ad ascoltare tutto ciò tranquillamente e non risposi nulla in merito, per cui Giuda fu convinto che il suo discorso avesse fatto una profonda impressione su di Me. Egli era anche abbastanza conoscitore degli uomini da non insistere ulteriormente con Me, poiché pensava che le sue parole dovevano maturare in Me. Egli si mantenne vistosamente taciturno, tuttavia ci si poteva accorgere in lui di come fosse soddisfatto di sé e come continuasse ad osservare.

 

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Cap. 71

L’agnello pasquale. La lavanda dei piedi.

Giuda tradisce il Signore. La cena del Signore.

 

1. Dopo che si fu avvicinato il mezzogiorno, Io ordinai ai Miei di metterci incammino, e con passo tranquillo andammo di nuovo verso la strada maestra fra Gerusalemme e Gerico. Però quel giorno era il giorno dell’agnello pasquale, ed i Miei Mi domandarono se e dove Io volessi mangiarlo con loro. Io risposi affermativamente a questa domanda e chiesi che due ci precedessero in città e là preparassero l’agnello, poi Io sarei arrivato con gli altri. (Marco 14, 12-13)

2. Ora in città viveva una persona che apparteneva al numero di coloro che già all’inizio del tempo della Mia predicazione erano stati risanati, quando Io stesso comparii la prima volta a Gerusalemme. Costui era un fedele seguace della Mia Dottrina e non temeva gli ebrei e i maldisposti farisei. Egli aveva un piccolo albergo che veniva frequentato sempre dalla migliore clientela; in particolare lo frequentavano molti romani che viaggiavano verso Gerusalemme, e così egli stava bene economicamente ed era ben considerato dal popolo. Questo oste già in passato Mi aveva spesso pregato per mezzo dei Miei discepoli di fermarsi da lui.

3. A questi Io indirizzai dunque Pietro e Giovanni per preparare là l’agnello pasquale. Quale segno di riconoscimento di dove si trovava la sua casa, Io indicai loro di seguire un uomo, che essi avrebbero incontrato, il quale portava una brocca d’acqua che avrebbe portato in tale casa. (Marco 14, 13-14)

4. Ambedue non erano sconosciuti al proprietario, e quando egli udì la Mia richiesta fece preparare immediatamente nella sua abitazione la sua sala migliore, che di solito egli utilizzava per se stesso in occasione di feste familiari, affinché noi là potessimo seguire indisturbati l'usanza dell'agnello pasquale, usanza che egli stesso, quale un israelita apostata - questa infatti era l’opinione del Tempio perché s’intratteneva con i romani - non osservava più, tanto più che aveva in moglie una donna greca con la quale egli viveva secondo la Mia Dottrina, senza alcun formalismo inutile del Tempio.

5. Questo è il proprietario della sala lastricata, della quale raccontano gli evangelisti ad eccezione di Giovanni, poiché più tardi a loro parve molto importante indicare dove era avvenuta la cena (Marco 14-15-16), mentre Giovanni si occupò soltanto delle parole espresse qui e non dell’esteriorità.

6. Si era fatta sera quando arrivai con i Miei. Dopo che fummo gioiosamente accolti dal nostro ospite e dalla sua famiglia, fummo condotti nella sala di cui si è detto, con l’assicurazione che qui nessuno ci avrebbe disturbati, dove ci accomodammo davanti all’agnello pasquale che era stato preparato.

7. Tutto ciò che fu discusso in quella sera, è stato pure annotato con precisione dall’evangelista Giovanni e si può leggerlo proprio là (Giov. 13-17). Qui si tratta di recuperare soltanto alcune cose ancora, affinché venga più favorita la comprensione di come si compirono i fatti.

8. Dopo aver mangiato l’agnello secondo le usanze tradizionali, Io Mi alzai, Mi cinsi [di un asciugatoio] e intrapresi la lavanda dei piedi (Giov. 13, 4-12) mediante la quale fu dimostrata la più profonda sottomissione del Figlio dell’uomo, dato che questo era un compito dei servitori più bassi e degli schiavi. Contemporaneamente però quest’atto significa che nessuno può camminare per le Mie vie senza che Io prima gli abbia pulito gli strumenti che gli rendono possibile andare per queste vie; ciò vuol dire dunque che il suo cuore deve essere pulito da tutta la polvere delle strade del mondo finora percorse e precisamente sono Io che gliene porgerò i mezzi. Perciò nessuno deve temere queste lavande, altrimenti egli non avrà alcuna parte in Me.

9. Io dunque diedi qui ai discepoli un profondo insegnamento racchiuso in un simbolo; per cui quest’ultimo non è la cosa principale, ma il pieno significato sta nel nucleo racchiuso nel simbolo.

10. Ma come Io ho pulito i Miei discepoli, così anche gli uomini fra di loro devono sforzarsi di pulirsi, affinché essi possano veramente seguirMi con i cuori puri, quindi con i piedi lavati.

11. Era dunque costume che, dopo il pasto, venisse offerto dal capo famiglia ancora un boccone, col quale egli diceva in aggiunta un versetto a colui che riceveva questo boccone. Questa usanza non si è mantenuta fino all’epoca attuale, tuttavia allora veniva praticata dappertutto e presso molti era ritenuta come una specie di profezia per il tempo avvenire.

12. Mentre Io dunque preparavo questi bocconi, la Mia Anima fu colta da grande tristezza, ed Io dissi le parole: «Uno di voi Mi tradirà!». (Giov. 13, 21)

13. I discepoli, atterriti a questa enunciazione, la quale appariva loro oscura, Mi assalirono con domande riguardo a cosa Io avessi voluto dire e su chi potesse tradirMi (Giov. 13, 22). Io però rifiutai ogni risposta e cominciai a distribuire i bocconi, dicendo ancora un’esortazione a ciascuno a seconda del proprio carattere. Pietro, che era uno dei primi, era il più abbattuto a causa della Mia enunciazione e fece cenno a Giovanni, che sedeva vicino a Me, che volesse indagare su chi poteva essere colui al quale Io Mi riferivo. (Giov. 13, 23-24)

14. L’espressione “appoggiarsi sul petto” è stata molteplicemente intesa in modo sbagliato, per il fatto che molte interpretazioni sono sorte solo da equivoci dell’uso linguistico. Noi non eravamo sdraiati sui tavoli, come facevano i romani, come spesso viene accennato - questa usanza, poiché pagana, non venne mai approvata dagli ebrei, dato che essi evitavano tutto ciò che avrebbe potuto accomunarli ai popoli pagani - ma stavamo seduti. Dunque colui al quale si voleva dimostrare una particolare distinzione di amicizia sedeva alla destra del capo famiglia e il padrone di casa lo onorava preparandogli le vivande. Quando avveniva questo, il capo famiglia doveva volgersi spesso verso di lui, contrapponendogli il petto. Nell’uso linguistico di quel tempo, questa circostanza significava proprio quello che ora è indicato con l’espressione “appoggiarsi sul petto”, a cui si è veramente frammischiato un altro concetto, il quale non era intenzionale. (Giov. 13, 25)

15. Giovanni Mi interpellò allora a bassa voce, e, considerato che egli era il più fidato fra i Miei discepoli, Io gli dissi: «Egli è colui al quale Io do il boccone!». Allora Giuda lo ricevette con le parole: «Ciò che tu fai, fallo presto!». (Giov. 13, 25-27)

16. Naturalmente, da questa sentenza gli altri discepoli non poterono arguire cosa Io intendevo. Giuda invece, il quale si era pure spaventato alla Mia prima enunciazione, dato che si era sentito colpito, accolse queste parole del tutto come un invito che approvava i suoi piani, si alzò rapidamente e uscì, trionfante dentro di sé. (Giov. 13, 28-30)

17. Tutto l’orgoglio di un futuro co-reggente, come egli ora sperava di diventare per mezzo Mio, come pure la più grande brama di mietere gloria ed onore a qualunque costo, lo riempivano ora, al punto che Satana, con tutti i demoni della superbia, prese possesso della sua anima, la quale si infiammava soltanto di fronte al desiderio di dominare e di annientare tutti gli avversari.

18. Ma non avrei Io potuto impedire tutto ciò?

19. Sicuramente! Ma qui al Figlio dell’uomo era posta la scelta di poter impadronirsi di tutto lo splendore e tutto l’onore del mondo; Egli perciò doveva anche veramente venire posto nella condizione di scegliere, ed in ciò stava la decisione per Lui nel senso che è stato indicato già prima.

20. Perciò Io, dopo che Giuda se ne fu andato, dissi: «Ora il Figlio dell’uomo è glorificato, e Dio è glorificato in Lui. Se Dio è glorificato in Lui, allora anche Dio Lo glorificherà in Se stesso e Lo glorificherà presto!». Dunque, ciò significa: «Il Figlio dell’uomo sarà veramente Figlio di Dio, e il Padre Si unirà presto con Lui per tutte le eternità». (Giov. 13,31-32)

21. Io poi ripetei ancora una volta ai Miei discepoli la Mia intera Dottrina in brevi parole, come si può leggerla con precisione in Giovanni, dal capitolo 13 fino al 17, con tutti i discorsi e i controdiscorsi dei discepoli, con le obiezioni di Pietro e Filippo e le repliche agli stessi.

22. Però con tutti questi discorsi si era già fatto tardi, ed Io allora presi ancora una volta il pane, dal quale Io avevo preparato i primi bocconi, e dissi agli undici: «Prenda ancora ciascuno un boccone, che Io qui preparo. Esso è il Mio Corpo, la Parola divenuta carne, la quale deve rendersi vivente in voi. Prendete anche questo calice, bevetene tutti, esso è il Mio Sangue, il quale verrà versato per voi per il perdono dei vostri peccati. Chi non mangia la Mia Carne e non beve il Mio Sangue, non diverrà mai beato. Voi sapete però ora come dovete intendere ciò, e non vi scandalizzerete più di tali parole. Mangiate, bevete, ed ogni qualvolta lo farete, fatelo in memoria di Me. Però là dove due faranno questo in memoria di Me e saranno riuniti nel Mio Nome, là Mi troverò anch’Io fra di loro».

23. I discepoli, allora, fecero così come Io avevo detto. E poi noi ci recammo fuori di casa, dopo che Io ebbi ringraziato il nostro oste, il quale si congedò amorevolmente da Me.

 

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Cap. 72

Gesù nel Getsemani. L’arresto di Gesù.

 

1. Noi dunque andammo fuori dal portone e ci dirigemmo verso il monte degli Ulivi. Là si trovava il giardino, il quale ancora adesso viene chiamato “Getsemani”, però in quel tempo si trovava in un luogo del tutto differente. Il giardino Getsemani faceva parte di quell’albergo sul monte degli Ulivi che apparteneva a Lazzaro ed era noto come meta popolare di escursione. Al di sotto di quell’albergo, che era situato sull’altura ed offriva un’ampia veduta, si estendeva un piano a forma di parco, attraverso il quale una via molto gradevole conduceva su fino all’altura. Questo parco stesso è stato dunque il vero e proprio Getsemani ed è situato di conseguenza in un punto completamente diverso da quello che viene mostrato attualmente e che con esso ha in comune soltanto il nome, poiché gli alberi molto antichi che là si trovano hanno evidentemente fatto sì che i ricercatori di questo posto che vennero più tardi abbiano creduto di aver trovato il luogo giusto. 

2. Noi ci radunavamo spesso presso quell’oste, e così pure Giuda credeva per certo di trovarMi da quest’ultimo. Infatti se non avessi avuto il desiderio di poterMi trovare da solo con i Miei discepoli, non avrei lasciato Lazzaro. Il parco stesso, a causa della grande quiete che là regnava, offriva un posto adatto alla contemplazione interiore, e proprio per questo Io condussi là i Miei discepoli affinché essi potessero riflettere ancora una volta sugli ultimi avvenimenti. 

3. Noi ci accampammo lontano dalla via, ed Io invitai Pietro, Giovanni e Giacomo a venire con Me un po’ in disparte rispetto agli altri. Essi fecero così e Mi seguirono. 

4. A questo punto sopraggiunse il momento in cui l’intero peso della vicina sventura assalì l’Anima del Figlio dell’uomo e la Divinità si ritirò di nuovo completamente per lasciare la massima libertà di decisione all’uomo Gesù. 

5. Perciò il Figlio dell’uomo percepì l’ora angosciosa e disse: «La Mia Anima è afflitta fino alla morte!». Egli poi disse anche ai tre: «Restate qui e vegliate con Me!» 

6. Ed Egli andò in disparte e pregò con le parole: «Padre Mio, se è possibile, si allontani da Me questo calice; ma sia fatto non come Io voglio, ma come Tu vuoi!». 

7. Siccome però in queste parole non c’era ancora la propria ferma decisione, anche la Divinità non rientrò ancora in Lui.

8. Gesù tornò indietro dai Suoi e trovò che dormivano.

9. Da ciò Egli capì che avrebbe potuto trovare un appoggio soltanto nel Padre in Sé, destò i tre apostoli e pronunciò le note parole: «Non potete dunque vegliare con Me nemmeno un’ora? Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione! Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 

10. Con queste parole Egli non intendeva indicare soltanto i tre, ma anche Se stesso. 

11. Gesù poi Si ritirò e pregò un’altra volta: «Padre Mio, se non è possibile che questo calice si allontani da Me, allora Io bevo dunque, e sia fatta la Tua Volontà!». 

12. Di nuovo l’Anima, spinta dall’inquietudine, cercò contatto all’esterno presso i Suoi e li trovò di nuovo che dormivano, e precisamente dormivano così sodo che non si svegliarono, ma alla Sua chiamata si limitarono ad agitarsi pieni di sonno. 

13. In questo momento Gesù, il Figlio dell’uomo, aveva vinto.

14. Con uno sguardo di compassione Egli contemplò i Suoi, tornò indietro in fretta ed esclamò ad alta voce: «Padre, Io so che è possibile allontanare da Me questo calice, però sia fatta soltanto la Tua Volontà, e perciò Io voglio berlo!» 

15. Allora la Divinità ritornò completamente in Lui e Lo fortificò, Lo compenetrò completamente e parlò: «Figlio Mio, è stata l’ultima volta che hai dovuto deciderTi! Ora Padre e Figlio sono riuniti in Te e sono divenuti eternamente indivisibili. Porta ciò che Ti è stato dato di portare! Amen» 

16. Quindi Io Mi alzai di nuovo e andai dai Miei discepoli, i quali stavano là di nuovo dormendo, li destai e dissi: «Come potete dormire e lasciarMi solo nell’ora più grave? Vegliate e pregate per non cadere in tentazione, poiché lo spirito è certamente pronto, ma la carne è debole. Voi però dovete essere sempre forti. Vedete, adesso è venuta l’ora in cui Io verrò consegnato ai Miei nemici; perciò non dormite, e siate forti!». 

17. In quell’istante si stava avvicinando una schiera di guardie del Tempio armate e munite di fiaccole, guidate da Giuda, il quale voleva condurle all’albergo dove supponeva che Io Mi trovassi. I discepoli Mi domandarono cosa significasse tutto ciò; Io però ordinai loro di retrocedere e andai sulla via incontro alla schiera. Quando Giuda Mi vide, Mi si avvicinò, Mi salutò e voleva baciarMi come segno di riconoscimento per gli sgherri. Io però Mi opposi a lui e dissi: «Giuda, tradisci tu così il Figlio dell’uomo? Meglio sarebbe stato per te non essere mai nato!» 

18. Quindi Io Mi rivolsi alla schiera e domandai con forte voce: «Chi cercate?»

19. Il comandante rispose: «Gesù di Nazaret!»

20. Allora Io Mi feci riconoscere con le parole: «Sono Io!». E Mi avvicinai a loro di alcuni passi.

21. Gli sgherri però arretrarono, poiché avevano udito varie cose sulla Mia Potenza e la temevano, motivo per cui anche da Caifa erano stati scelti soltanto quei servi che ancora non Mi conoscevano. Alcuni di quelli che si trovarono per ultimi caddero addirittura a terra dall’urto con quelli davanti. 

22. Di nuovo Io domandai loro, dato che i servi stavano lì titubanti e impauriti: «Chi cercate?» 

23. Ed alla ripetuta risposta del comandante Io ripetei: «Io ve l’ho detto che sono Io! Se però voi cercate Me, lasciate andare costoro!». 

24. Quando poi i servi si accorsero che a loro non succedeva nulla, si vergognarono per il terrore avuto all’inizio, irruppero verso di Me e Mi circondarono immediatamente, mentre il comandante gridò loro di stare attenti solamente a Me, dato che l’ordine del sommo sacerdote era di catturare soltanto Me.

25. Pietro però, che a questo punto riconobbe che Io ero seriamente minacciato dal pericolo e non accadeva alcun miracolo che Mi liberasse, estrasse la spada che portava sempre nascosta e si spinse verso di Me. A lui si contrappose Malco, che lo respinse con la lancia, allora Pietro sferrò un colpo verso di lui che staccò a Malco l’orecchio. 

26. Io allora dissi a Pietro: «Metti la tua spada nel fodero! Non devo Io bere il calice che Mio Padre Mi ha dato?». 

27. Allora Pietro indietreggiò, ed Io invece toccai l’orecchio ferito del servo, ed immediatamente fu sanato. Questo fatto stupì i servi, così che essi non si occuparono oltre dei discepoli, ma pensavano soltanto al modo di portarMi via.

28. Visto che Io dunque sopportavo tutto in silenzio e che Mi lasciavo anche legare da loro le mani senza alcuna resistenza, fra di loro espressero la loro meraviglia sul perché fosse stato detto loro di usare la violenza estrema dato che non c’era niente di meno pericoloso che il catturare una simile persona. Giuda invece stava lì e aspettava che accadesse una qualsiasi cosa che spaventasse le guardie. Siccome però non accadeva nulla, egli credeva con tanta maggiore certezza che la Mia Forza si sarebbe manifestata dinanzi al sinedrio. 

 

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Cap. 73

L’interrogatorio e la condanna di Gesù.

 

1. Il gruppo passò dunque oltre il torrente Kidron ed entrò in città per la stessa porta attraverso la quale era avvenuto il Mio ingresso. Le guardie del Tempio Mi condussero dapprima da Anna, che era il suocero del sommo sacerdote Caifa. Anna fu perciò il primo dinanzi al quale venni condotto, perché egli era il rappresentante di Caifa e in questa faccenda si era dimostrato sempre molto attivo, motivo per cui la notizia che erano riusciti a prenderMi fu portata anzitutto a lui.

2. Nota bene. Qui non si ha ora affatto l’intenzione di ripetere tutto quello che è stato già dettagliatamente narrato nel Vangelo di Giovanni - infatti questo scritto non deve affatto rendere superfluo il Vangelo di Giovanni -, ma negli avvenimenti storici che seguiranno verrà soltanto completato ciò che può venire sentito come una lacuna. 

3. La maniera in cui Mi accolse Anna, e così pure la caduta di Pietro, sono quindi da andare a leggere lì. (Giov. 18, 13-27)

4. Anna Mi mandò legato da Caifa. 

5. Giuda, il quale ormai si rendeva conto che tutto sembrava svolgersi in modo ben diverso da come aveva pensato lui, vide come Io venivo condotto via, e seguì il gruppo che era tutto costernato e pieno di timore per la riuscita del suo proposito. Anch’egli voleva insinuarsi dal sommo sacerdote con Me, ma gli venne impedito l’ingresso. 

6. Da Caifa era riunito l’intero sinedrio, che già da molto tempo attendeva con impazienza la Mia comparsa e covando vendetta. Là a quel punto venne sollevata in piena regola l’accusa contro di Me, e dei testimoni si presentarono contro di Me, i quali dovevano testimoniare che Io ero reo di alto tradimento. Per questo fu utilizzato principalmente il fatto del Mio ingresso [a Gerusalemme], come pure il fatto che Io avevo osato entrare nel Santuario, e con ciò Mi ero arrogato dei poteri sacerdotali che Io non possedevo. Poi fu dimostrato con la massima precisione che Io volevo radunare il popolo contro l’imperatore romano per fare Me stesso re; tuttavia quando si trattò di ottenere dei testimoni a questo scopo, i quali potessero confermare con giuramento questa intenzione attraverso le Mie parole, non se ne trovò nessuno. 

7. Infine si presentarono i testimoni, i quali dicevano che Io avevo detto: «Abbattete questo Tempio, e in tre giorni Io lo riedificherò!». 

8. Caifa, a questo punto, disse che questa era un’ingiuria contro il Tempio stesso, poiché per compiere ciò ci voleva la Potenza divina, la quale soltanto l’Unto del Signore, il quale sarebbe venuto un giorno nella grande Potenza, poteva possedere. Io però avevo detto di essere il Cristo, l’Unto, così egli Mi scongiurò di dire se Io ero veramente il Cristo, il Figlio di Dio. 

9. Allora Io risposi: «Tu lo dici; tuttavia Io vi dico che d’ora innanzi accadrà che il Figlio dell’uomo siederà alla destra della Potenza, e verrà nelle nuvole del Cielo al Padre, il Quale dimora in Lui!» 

10. Allora il sommo sacerdote si stracciò le sue vesti e disse: «Egli ha bestemmiato Dio! Che bisogno abbiamo di altri testimoni? Voi avete udito la sua bestemmia». 

11. Naturalmente tutti furono concordi su ciò, poiché in consiglio erano riuniti soltanto coloro dei quali Caifa sapeva che erano fedeli e accondiscendenti verso di lui. A coloro i quali invece erano in qualche modo bendisposti verso di Me - come se ne aveva già avuta la prova nelle ultime sedute - era stata nascosta l’intenzione di catturarMi e anche il tradimento di Giuda. Così dunque la condanna a morte fu decisa alla svelta, e si trattava soltanto di ottenere l’autorizzazione di Ponzio Pilato. 

12. Da Pilato Io venni condotto di mattina, e davanti al governatore fu portata la questione che Io ero un ribelle e bestemmiatore, e come tale dovevo pagare con la morte. 

13. Ponzio Pilato, al quale il Mio ingresso a Gerusalemme era molto ben noto e che non vi aveva trovato nulla che avesse a che fare con una ribellione, cercò di salvarMi, dato che quale romano era incline a vedere in Me una specie di semidio dalle forze particolari. Egli dunque parlò con Me come si può leggere nel Vangelo di Giovanni (18, 33-38), e disse ai templari, che stavano davanti al tribunale, che egli non trovava nessuna colpa in Me. 

14. Dopo di ciò si fece innanzi uno dei sommi sacerdoti e gli spiegò di nuovo che Io avevo attraversato il paese ed avevo predicato contro il Tempio ed i suoi servitori, i quali erano la maestà del paese ed i rappresentanti di Dio. In questa occasione fu detto che Io venivo dalla Galilea.

15. Pilato fu contento nell’udire questa notizia, e scorse una via d’uscita per levarsi di dosso l’intera faccenda. La Galilea infatti era sotto la sovranità di Erode, e così costui poteva in questo caso esprimere una sentenza. Egli terminò quindi in breve l’interrogatorio e diede ordine di mandarMi da Erode per lasciare a lui il diritto di giudicare uno dei suoi sudditi. 

16. Erode si rallegrò molto quando Io venni condotto da lui, poiché ora il suo desiderio di vederMi personalmente veniva soddisfatto, ed egli voleva convincersi su cosa ci fosse di vero sulle molte voci che riguardavano la Mia Potenza prodigiosa. Egli Mi fece immediatamente condurre dinanzi a sé e ordinò al suo seguito di allontanarsi. Noi rimanemmo soli. Egli espresse la sua meraviglia per il fatto che un uomo come Me, il quale pur disponendo di forze particolari, si fosse lasciato prendere, e voleva sapere come fosse potuto accadere ciò. Però Io non gli risposi ed egli ne rimase imbarazzato e pretese seriamente di avere da Me una risposta. Il Mio continuo tacere lo mise sempre più di malumore, ed egli si infuriò al punto che corse verso di Me e minacciò di torturarMi. Dal canto Mio lo guardai con un’espressione tranquilla, ed immediatamente il vecchio peccatore tremò nel suo cuore a causa di questo sguardo, al punto che, pervaso dal timore, chiamò in fretta i suoi cortigiani. Io infatti gli ero divenuto estremamente inquietante ed egli a quel punto, per nascondere la sua paura, Mi scherniva dinanzi alla servitù della corte, la quale ovviamente si unì subito con il sovrano in simili discorsi sprezzanti. 

17. Erode ormai si vedeva tradito nelle sue speranze di poter conseguire qualcosa per mezzo della Potenza soprannaturale, e a quel punto voleva almeno trarre il maggior utile possibile dall’intera faccenda. Egli perciò diede ordine di ricondurMi da Pilato facendo dire, con parole cortesi, che egli si assoggettava volentieri alla sovranità di Roma e che rinunciava a giudicare su uno dei suoi sudditi, il quale, secondo la sentenza del Tempio, voleva ribellarsi anche contro la sovranità di Roma. Vestito con una veste bianca che Erode Mi fece dare come un segno di sottomissione, Io dunque ritornai da Pilato, il quale non fu particolarmente soddisfatto del Mio ritorno, ma in compenso fu invece soddisfatto dal comportamento di Erode, che più tardi portò anche una piena riconciliazione fra i due sovrani.

18. Pilato nel frattempo era stato avvertito da sua moglie, la quale aveva visto in sogno come i buoni e i cattivi venivano separati dal Figlio (Mt. 27,19), ed egli cercava quindi di liberarMi. Egli ebbe perciò l’idea di proporre al popolo di rilasciarMi, dato che era costume in tempo di Pasqua di rimettere in libertà un qualsiasi delinquente, per il quale intercedeva il popolo.

19. I sacerdoti ed i templari tuttavia avevano mobilitato tutto il loro seguito, che stava davanti al tribunale, e questo non lasciava avvicinarsi nessuno del rimanente popolo, così che la folla intimidita e a Me affezionata non stava nelle immediate vicinanze, ma soltanto questa stirpe del Tempio la quale tentava di raggiungere, con ogni potere, il suo scopo di eliminarMi. Siccome, come già è stato detto prima, Barabba era benvisto dal Tempio, allora alla domanda del governatore, su quale prigioniero egli doveva lasciare andare, venne immediatamente gridato “Barabba!” come era stato convenuto, e venne richiesto di crocefiggerMi, sottolineando che Io ero un ribelle e che ero contro l’imperatore. 

20. Pilato non sapeva più cosa fare, poiché erano state addotte abbastanza imputazioni contro di Me; egli però fra sé e sé non riusciva a trovare la conferma della Mia colpevolezza. Egli perciò credette di infliggerMi una pena sufficiente con la sola flagellazione, e ne diede anche lettura. E così Io venni poi flagellato. 

21. Dopo questa pena i servi Mi condussero fuori in stato miserevolissimo, in un manto di porpora, ed incoronato con le spine, e così Pilato sperava che questa vista avrebbe mosso a compassione gli ebrei, in modo che egli potesse rimetterMi in libertà. 

22. Ma i cuori degli ebrei erano più duri delle pietre, e di nuovo essi gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». 

23. Pilato ripeté che egli non trovava alcuna colpa in Me che meritasse la morte, e che Io ero stato punito abbastanza.

24. Allora i sacerdoti farisei che stavano più avanti e che erano i più irritati gridarono: «Egli deve morire, poiché egli ha bestemmiato Dio! Egli si è fatto da se stesso Figlio di Dio, e secondo la nostra legge chi bestemmia Dio è reo di morte!».                                                    

25. Allora Pilato si spaventò ancora di più quando udì ciò, poiché la sua opinione da romano - che Io potevo essere un semidio - trovava qui nuovo alimento. Egli perciò rientrò nuovamente nella casa nella quale i servi avevano ricondotto pure Me, e Mi domandò quali fossero le Mie origini, ossia quale era la Mia provenienza e il Mio paese, dato che egli voleva credere a Me e non ai Miei accusatori. 

26. Io però non gli risposi, e questo perché ero esaurito. Pilato domandò di nuovo come è indicato in Giovanni, cap. 19, verso 10; anche gli ulteriori avvenimenti si svolsero conformemente ai versi 11, 12 e 13. 

27. Pilato, il quale era intimorito - poiché egli conosceva il Tempio e sapeva che questo era capace di tutto quando si trattava di imporre la propria volontà - voleva quindi mettere fine alla questione e salì sul seggio del giudice, una cerimonia che era d’usanza presso i romani quando si trattava di pronunciare una sentenza irrevocabile. Egli Mi presentò nuovamente al popolo e domandò chi egli avrebbe dovuto rilasciare.

28. I sostenitori gridarono di nuovo: «Barabba!»

29. Allora a quel punto fu mandato qualcuno a quest’ultimo per dargli la libertà. Quindi Pilato Mi additò e disse: «Guardate qua il vostro re! Cosa bisogna fare di lui?» 

30. Gridò nuovamente la folla: «Crocifiggilo!»

31. Pilato disse allora in tono beffardo: «Devo crocifiggere il vostro re?» 

32. Allora si fece innanzi uno dei sommi sacerdoti e disse molto enfaticamente: «Noi non abbiamo alcun re all’infuori dell’imperatore; costui però è contro l’imperatore e si è fatto re da se stesso. Su di lui va fatta ricadere la colpa!» 

33. Disse Pilato molto seriamente: «E se poi tuttavia verrà sparso del sangue innocente?» 

34. «Allora il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli!», gridò ad alta voce il sommo sacerdote. Ed i sostenitori si unirono rumorosamente a questa proclamazione, ripetendola spesso. 

35. A quel punto Pilato vide che non poteva aiutarMi senza procurarsi delle gravi noie. Egli temeva inoltre che il prestigio romano potesse risentirne, se egli avesse dimostrato troppa debolezza. 

36. Allo scopo però di dare un segno esteriore del fatto che egli si sentiva libero dalla responsabilità, Pilato si lavò le mani dinanzi a tutto il popolo e disse: «Io sono innocente del sangue di questo giusto, poiché, secondo la nostra legge, egli non ha sbagliato. Può essere che sia diverso secondo la vostra legge come dite, e così io lo rimetto ora alla vostra legge!». 

37. Dopo di che egli Mi affidò alle guardie del Tempio che erano lì pronte, le quali Mi presero subito in custodia; nello stesso tempo Barabba veniva rimesso in libertà e veniva salutato dal popolo con rumorose acclamazioni. 

 

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Cap. 74

Crocifissione di Gesù, morte e sepoltura.

 

1. Il Tempio aveva ora apparentemente vinto, e lo stesso si affrettò a mettere in atto, il più presto possibile, la pronunciata sentenza di morte. 

2. Qui di seguito non seguirà la precisa descrizione di tutti i martirii che dovette attraversare il Mio corpo, poiché queste sono cose che nessuna anima umana, che è ancora in un corpo, può comprendere. Solo nella condizione spirituale libera è possibile comprendere fino a quale punto questa agonia era atta a spiritualizzare completamente il Mio corpo e, attraverso ciò, a contribuire alla redenzione della materia, nonostante non ci fosse proprio la necessità di questo supplizio. 

3. Qui verranno soltanto rettificati ancora vari errori e verrà portata chiarezza in alcune cose, affinché, sulla scorta dei Vangeli abbastanza precisi concernenti la morte del Mio corpo, venga resa un’immagine chiara dell’ultima ora del Figlio dell’uomo. 

4. Anzitutto qui va preso in considerazione “il portare la croce”. Era usanza presso i romani che ogni delinquente condannato alla morte per crocifissione doveva portare da se stesso il suo legno del martirio fino al luogo dove veniva giustiziato, e spesso, qualora le forze necessarie lo abbandonavano, egli veniva tormentato nella maniera più crudele perché portasse fino in fondo questo supplizio. Naturalmente neppure a Me fu risparmiato ciò; tuttavia ben presto le forze abbandonarono il Mio corpo estremamente esausto, così che Io più volte caddi a terra. 

5. Simone di Cirene dunque, che era un seguace della Mia Dottrina e come tale era molto ben conosciuto dai sacerdoti, s’imbatté nel corteo ed osservò, pieno di terrore e di compassione, il Mio miserevole stato. 

6. Allora uno dei templari gridò schernendolo: «Eccolo qui il tuo grande maestro che non sa aiutare nemmeno se stesso! Adesso tutti i suoi imbrogli vengono miserevolmente alla luce» 

7. Simone ribatté indignato con spirito profetico: «Verrà il tempo in cui voi maledirete l’ora in cui avete fatto questo! Io però desidero poter servire il mio Maestro, affinché questa via dolorosa Gli venga resa più lieve» 

8. «Lo devi fare!», gridarono irritati i parecchi sacerdoti, «Infatti noi, dato che tu osi oltraggiare le azioni del Tempio, allora ti imponiamo una penitenza, e tu dovrai portare la croce del tuo maestro!». Quando Simone udì ciò, corse in aiuto di buon animo, prese la pesante croce sulle sue robuste spalle e porse a Me, che giacevo a terra, anche la sua mano, affinché Io Mi potessi appoggiare. Io la presi, e Simone fu così molto rinvigorito nella sua forza al punto che gli fu cosa lieve portare il pesante fardello.

9. Nel frattempo tutti i Miei amici più prossimi, i quali durante il processo non avevano potuto arrivare al tribunale, ora erano al seguito, e adesso si avvicinava molta della folla che, dapprima intimidita, si era trovata lontana quando il seguito del Tempio gridava il suo “Crocifiggilo!”. Questa folla assunse ben presto un atteggiamento minaccioso quando il corteo venne avvicinandosi alla porta, dove c’era un ampio spazio nel quale si potevano ammassare molte persone. Ma i farisei avevano temuto qualcosa del genere, ed avevano quindi sistemato un grosso reparto di soldati romani, il quale, per mantenere l’ordine, aspettava il corteo alla porta verso il Golgota. 

10. Quando poi i bene intenzionati nei Miei confronti videro che Io ero irrimediabilmente perduto e che un’eventuale violenta liberazione dalle mani degli sgherri del Tempio era impossibile, si levò un gran lamento, nel quale specialmente le donne aderirono intensamente. 

11. Io perciò Mi voltai verso quelle che erano più vicine e dissi loro: «Non piangete su di Me, ma su voi e sui vostri figli, poiché a questi accadrà peggio di quanto voi ora vedete che accade a Me! Io raggiungo il Padre Mio; quelli invece non sapranno dove andranno!». 

12. Nella tradizione della Chiesa è detto che la ragazza Veronica Mi avrebbe dato un panno per asciugare il sudore. Questo è bensì vero, poiché questa si trovava nelle prime file di coloro che facevano lamenti, ma l’impronta della faccia in questo panno è tuttavia una leggenda uscita fuori più tardi, come pure qui sia detto che al Mio tempo non c’è mai stato un ebreo di nome Assuero che Mi abbia cacciato da casa sua. Entrambe le cose sono dei miti usciti fuori più tardi dai racconti di animi pii, i quali aspiravano ad adornare con ogni possibile meraviglia la Mia morte corporale, miti che si sono insinuati anche nei Vangeli.

13. Se, mentre il Mio corpo era appeso alla croce, fosse realmente accaduto tutto nel modo in cui viene narrato - e cioè il grande terremoto, l’oscuramento del Sole, l’apparizione degli spiriti e molte altre cose -, allora Gerusalemme, costretta per mezzo di questi forti segni, avrebbe fatto penitenza in sacco e cenere il giorno stesso ed avrebbe considerato la Mia resurrezione non con dubbi, ma con gioia e come segno di remissione di tutti i peccati. Invece, nel momento del decesso del corpo, non è accaduto nulla di così straordinario che avesse dovuto essere per forza in relazione con la Mia morte. E ciò non può essere altrimenti, poiché deve venire preservata la libertà del volere; comunque, nel caso in cui questa norma principale non fosse dovuta venire preservata, Mi sarebbe stato possibile, già prima, esercitare una simile costrizione per mezzo di simili prodigi. Tutto quello che avvenne, avrebbe di certo potuto succedere anche senza la Mia morte corporale; e così noi adesso vogliamo considerare con più precisione di cosa si è trattato.

14. Quando Io dunque arrivai al Golgota, che in quel tempo era in generale il luogo per le esecuzioni capitali di Gerusalemme, arrivò precipitosamente Giuda Iscariota, al massimo della disperazione, e tentò di spezzare il cerchio che avevano tracciato le guardie del Tempio intorno al luogo. Egli venne respinto con violenza e si fermò nelle vicinanze, con gli occhi fissi, sempre sperando ancora che succedesse qualcosa di straordinario per la Mia liberazione. Egli era stato sempre nelle vicinanze quando era avvenuta la Mia condanna, e quanto più gli diventava chiaro che la Mia Potenza qui o si era estinta o non veniva usata da Me, tanto più egli veniva preso dall’angoscia. 

15. Infine egli si affrettò a ritornare al sinedrio e voleva restituire il denaro dicendo che egli aveva tradito il sangue innocente, ed accusando con veemenza se stesso. Pienamente deriso, egli fu naturalmente respinto con l’osservazione che provvedesse lui a venirne a capo con se stesso. Assolutamente disperato, egli gettò il denaro nella cassetta delle elemosine del Tempio e si affrettò ad uscire, ed aveva ancora una debole speranza che Io Mi sarei liberato da Me stesso prima che sopravvenisse il peggio. Quando egli poi vide come il Mio corpo veniva gettato a terra e veniva messo sulla croce, quando udì i colpi di martello, i quali conficcavano i chiodi nel legno trapassando la Mia carne, gettò un forte grido e si precipitò via in fretta. Senza gettare indietro uno sguardo, si affrettò verso una regione solitaria, dove si impiccò con una cintura ad un albero di fichi.

16. Egli aveva pagato caro il suo errore, la sua avidità di denaro e il suo egoismo. Quello che tuttavia in seguito avvenne di lui verrà raccontato ancora una volta. 

17. Solo diversi giorni dopo la sua morte corporale, venne rinvenuto il suo cadavere, il quale era caduto giù dalla cintura ed era stato rosicchiato dai cani e dagli sciacalli. In quello stesso posto egli venne anche sotterrato.

18. Attualmente viene narrato che, mentre il Mio corpo era appeso alla croce, sopraggiunse una tenebra. Sì, una grande tenebra interiore sopravvenne su Gerusalemme, ma non una esteriore. Una interiore, che ciascuno sentì come se avesse perduto qualcosa, senza sapere cosa fosse, ed i sommi sacerdoti stessi, gli scribi, i farisei e gli ebrei del Tempio, i quali pur avevano tanto richiesto la Mia morte, non trovarono alcuna soddisfazione ed alcuna gioia nella loro opera.

19. Perciò avvenne anche che il Tempio non intraprese alcun passo contro i Miei discepoli ed i parenti prossimi, neppure contro Nicodemo, Giuseppe di Arimatea e Lazzaro, i quali erano andati tutti in pellegrinaggio alla Mia croce ed erano presenti nella Mia ultima ora di vita. Il permesso ai Miei di rimanere nell’immediata vicinanza del luogo del supplizio fu dovuto alla dignità di Nicodemo quale membro del sinedrio, mentre in qualsiasi altra occasione il posto veniva sbarrato dai soldati e non veniva lasciato avvicinare nessuno; fu appunto in seguito a questa intercessione che venne fatta un’eccezione. Tuttavia i Miei discepoli più vicini, ad eccezione di Giovanni, non erano presenti, perché, come Io avevo già ripetutamente predetto anche prima, “percosso il Pastore, le pecore si sarebbero disperse”. Infatti, dopo la Mia cattura essi si erano in parte rifugiati da Lazzaro e in parte avevano trovato rifugio presso degli amici, che li tenevano nascosti. 

20. Soltanto Giovanni ebbe il coraggio di mostrarsi dappertutto apertamente ed essere un appoggio ed una consolazione per la madre del Mio corpo, Maria.

21. Pietro, il quale dopo la sua caduta era stato colto dal più profondo rimorso, seguì di nascosto il corteo che per le strade di Gerusalemme Mi conduceva da un’autorità all’altra, tuttavia si tenne lontano da tutti i fratelli, poiché egli sentiva nella sua anima il bisogno di solitudine, e solo adesso perveniva alla completa chiarezza riguardo al Mio operare, per la cui cosa gli esercizi a Efrem gli erano ora particolarmente utili. Egli riconobbe l’essenza e lo scopo della Mia dipartita terrena ed era anche fortemente compenetrato dalla sua necessità e dalla Mia profetizzata Resurrezione, nella quale egli, pur senza esprimere una parola in merito, confidava fermamente. 

22. Riguardo alle Mie ultime ore, quello che era più necessario è stato già detto prima, e chi vuole ancora una volta richiamarlo alla mente legga Le sette parole di Gesù sulla Croce[16], così gli verrà fatta luce a sufficienza sulle Mie ultime ore. 

23. Quando dunque la Mia Anima si separò dal corpo, ebbe certamente origine un terremoto, ma questo fu di nuovo un fenomeno che non diede troppo nell’occhio, dato che in quella regione, ai Miei tempi, le forze sotterranee della valle del Giordano si rendevano molto più spesso percettibili di adesso, per cui le scosse telluriche non erano troppo rare. Che ad ogni modo questo fenomeno stesse veramente in relazione con la Mia morte, agli induriti ebrei non venne in mente. 

24. È altresì vero che la cortina nel Tempio si lacerò, quale un segno esteriore che ora non esistevano assolutamente più barriere per pervenire al santissimo luogo del Cuore del Padre, anzi, che chiunque avrebbe potuto pervenirvi per ricevervi la vita eterna; ma anche questo fenomeno, per quanto sorprendente, non fece in seguito alcuno scalpore. I sacerdoti di servizio appesero di nuovo la cortina, e con ciò la cosa fu liquidata.

25. Inoltre viene raccontato che il Sole perse il suo splendore. È già stato detto che non sopraggiunsero le tenebre, però è ben noto a chiunque che nei paesi più caldi i terremoti si annunciano mediante un forte offuscamento dell’atmosfera, per cui il Sole perde in splendore. Così avvenne in modo simile anche qui. Di certo questa mancanza di splendore del Sole aveva un’altra ragione che non quella abituale, anche se il fenomeno era lo stesso. 

26. Viene ancora riferito che dei defunti salirono dalle loro tombe e che sono apparsi a molti. Questa relazione deve venire intesa nel modo giusto, e ciascuno la comprenderà meglio se accoglierà in sé quanto segue.

27. Quando dunque il [Mio] corpo era morto e il numero dei nemici aveva del tutto soddisfatto la propria sete di vendetta, il popolo si disperse anche subito, poiché un orrore interiore, appunto l’interiore tenebra della quale è già stato riferito, induceva ognuno a trovare protezione nella propria casa, dove gli ebrei secondo i loro ordinamenti ora dovevano prepararsi per il sabato, che andava avvicinandosi col calare del Sole.

28. I Miei seguaci, a questo punto, si avvicinarono sempre più al luogo dell’esecuzione, così che il cerchio di coloro che Mi stavano vicini si ingrandì alquanto. Giuseppe di Arimatea era già prima andato da Pilato per chiedergli di avere il Mio corpo, una concessione che non veniva sempre fatta. 

29. Però Pilato gliela fece volentieri, poiché egli, con ciò, come pure mediante la scritta in tre lingue esposta sulla punta della croce, la quale voleva dire che Io ero il re dei giudei, voleva fare un dispetto agli ebrei.

30. I Miei amici tirarono giù immediatamente il corpo, lo pulirono e lo unsero con unguento e lo portarono con cura verso un sepolcro di roccia, che apparteneva a Giuseppe di Arimatea, su un terreno che costui aveva acquistato da Nicodemo per trovarvi là un giorno la sua estrema dimora. 

31. Il Golgota era bensì una collina rocciosa, tuttavia il luogo nelle immediate vicinanze era un quartiere di ville molto abitato, dove molti ricchi romani ed ebrei avevano comperato dei fondi e si erano costruiti meravigliose ville; con ciò si spiega la vicinanza del giardino.

32. In questa tomba essi deposero il corpo e lo custodirono bene per timore che gli ebrei nella loro malvagità volessero fare delle cattiverie anche al cadavere.

33. D’altra parte, però, quest’ultimi temevano che i Miei seguaci volessero portare via il cadavere e poi eventualmente sostenere che Io fossi risorto, poiché essi avevano udito, e sapevano molto bene, che il discorso della Mia predetta morte ed anche della Mia resurrezione circolava fra il popolo. Essi perciò pregarono Pilato di poter avere delle guardie, cosa che egli concesse, se non altro per la curiosità di vedere se ne fosse poi venuto fuori qualcosa di prodigioso, come da ogni parte veniva tanto atteso dagli amici quanto anche veniva temuto dai nemici. Furono perciò dati degli ordini a delle guardie, dei soldati romani, che dovevano stare di guardia alla tomba per cinque giorni. 

 

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Cap. 75

Sulla morte del Signore.

 

1. Ma cosa è successo poi, mentre il corpo giaceva nella tomba? E quale fu dunque la vera e propria stringente ragione della Mia morte? A tale riguardo seguirà ora una breve, ma chiara spiegazione. E così ascoltate.

2. Già in precedenza è stato chiarito varie volte che Adamo, quale primo uomo di questa Terra - nel senso della piena libertà dello spirito -, era stato creato allo scopo di costituirne una forma fuori dalla quale la materia avesse potuto venire ricondotta nuovamente alla libera vita spirituale. A questo scopo però era necessario anzitutto il superamento della materia stessa, vale a dire che attraverso la libera decisione dovette venire creata una condizione che, da un lato, presentasse la vittoria su tutte le note basse proprietà - come le passioni, le brame e le inclinazioni terrene - per rendere possibile, dall’altro lato, una libera ascesa alla purissima vita spirituale. 

3. È già stato detto abbastanza spesso che l’anima umana è costituita da piccolissimi elementi. Tali elementi crescono e si sviluppano [raggiungendo] sfere di consapevolezza sempre più elevate, finché pervengono alla forma dell’uomo. Tale forma non è più passibile di ulteriore sviluppo nel suo aspetto prettamente terreno, mentre può svilupparsi ulteriormente riguardo all’anima. Dunque nell’uomo si incontrano due principi: la fine della vita materiale intesa come massimo sviluppo dell’autoconsapevolezza e l’inizio di una vita animica, avendo conseguito il massimo perfezionamento nella sua forma immutabile. Per questo l’uomo nella vita terrena si viene a trovare come sulla lama di un rasoio e non può chiudersi alla consapevolezza di vivere in quanto egli ne è prova a se stesso. E tuttavia egli non può avere nessuna idea di essere giunto alla soglia di una vita spirituale, che inizia ora, nell’immutabile forma umana permanente. In altre parole: dopo aver attraversato molte trasformazioni corporali che si ponevano come traguardo la figura umana, questa adesso rimane intatta nel suo aspetto generale; inizia ora invece una trasformazione animica che ha come traguardo l’avvicinarsi sempre più allo Spirito stesso di Dio e l’entrare in comunione con Esso. 

4. Ora chi è in grado di pensare, pensi! Che cosa può accadere se questo passaggio non viene mediato? Qui infatti Materia e Spirito stanno nettamente l’uno di fronte all’altro. Essi, benché si affinino reciprocamente sempre di più, non possono però - in quanto Polarità - mai arrivare a toccarsi. Qui si deve comunque indicare una via, si deve gettare un ponte sul quale sia possibile passare dalla Materia allo Spirito; e questa via deve essere un esempio che chiunque sia in grado di seguire. Se questa via non venisse trovata, vale a dire se un uomo non la percorresse, diventerebbe impossibile uscire dalla materia e pervenire a una libera vita spirituale.

5. Il desiderio dunque della stessa Divinità deve essere quello di attirare a Sé anche le Sue creature, che Essa per Amore e per la loro salvezza costrinse nel cammino della materia - cioè attirarle dopo che queste avessero raggiunto il confine, a partire dal quale è possibile la via spirituale - e condurle così alla relazione di Padre e figlio. Adamo doveva costruire in sé questo ponte, e gli era effettivamente molto facile essendo allora gli allettamenti della materia molto esigui a paragone di adesso. Gli occorreva solo la vittoria su se stesso, l’ubbidienza, e così sarebbe stato gettato il ponte e in lui la vita spirituale avrebbe potuto destarsi floridamente. Infatti l’ubbidienza a Dio, per un uomo che altrimenti è esente da qualsiasi peccato, è l’unico mezzo di prova. Solamente dalla disubbidienza seguono da sé tutte le altre trasgressioni, come chiunque può osservare facilmente nei bambini. Ora Adamo cadde, e con ciò era avvenuto un arretramento nella materia, vale a dire in quella Polarità che può tanto allontanarsi da Dio quanto è in grado di salire a Dio stesso a sempre più elevate beatitudini.

6. Ma con questa caduta era entrato nel mondo il peccato per il motivo che Dio non crea mai un’opera per magari di nuovo distruggerla; al contrario, allorché la via è creata, si continua a seguirla, si cerca per così dire di correggerla. Infatti la divina Sapienza considera a priori le conseguenze di una mancata riuscita. Trattandosi però di creare libere creature, non macchine spirituali, allora la sola e unica via adatta è quella dello sviluppo autonomo nell’uomo. Il costituirsi del genere umano in popoli, però, portò come conseguenza tutti i peccati che ora sussistono in lunga serie, cadendo sempre più in basso, poiché sussisteva ormai il loro inizio, cioè la disobbedienza. Questo significa che, se Adamo non fosse stato disubbidiente, nessuno dei suoi discendenti sarebbe potuto essere disubbidiente, perché egli allora avrebbe annientato in sé un seme che non avrebbe più potuto essere continuamente ereditato in seguito. Così invece egli fecondò questo seme, e nei suoi discendenti esso crebbe fino a diventare un albero, che attraverso il suo fitto tetto di foglie ormai a mala pena lascia passare la luce del Sole.

7. Ora spesse volte fu tentato, da parte di anime particolarmente forti, di fare una breccia in questo tetto di foglie per lasciarvi passare lo splendore del Sole. E a seconda di come ciò sia riuscito, anche in singole parti del fogliame, l’umanità possiede antichissime religioni. Non riuscì però a queste anime forti di colpire il midollo dell’albero, di spezzarne la corona, così che questo albero possente fosse costretto a morire. E precisamente questo non riuscì a loro, perché essi stessi nella vita terrena non erano senza colpa, anzi gustarono il mondo prima ancora di provare la sete di verità, la sete di conoscere Dio. Il mondo ebbe per loro un gusto insipido, e soltanto allora cercarono qualcosa di meglio. 

8. Le prime religioni indiane sono le più antiche conosciute da voi, mentre la più antica, nella sua Dottrina autentica, era la prima religione egiziana, ma la sua conoscenza è andata perduta. Tutti questi insegnanti erano quelle anime forti che trapassarono per se stessi il tetto di foglie e indicarono la via. Essi hanno descritto e detto “anche” cose vere e autentiche; tuttavia al loro tempo non poterono scrivere in modo diverso, e quindi molto di quanto da loro scritto, che nel contesto delle cose è facilmente spiegabile, attualmente non è più valido. A tale riguardo valga ora quanto segue:

9. Prima di rivestirsi di carne [quale Gesù], Dio era impersonale. Ecco perché nessuno poteva pervenire alla Sua contemplazione, ma solo alla percezione del Suo Essere, che in senso naturale si poteva rendere osservabile unicamente come Luce, essendo Dio in Se stesso pura Luce che emana i suoi raggi. Tuttavia dove c’è la Luce, la Luce è anche dappertutto, essa inonda tutto e vivifica tutto. Ora però l’Impersonalità di Dio implica non un punto di irradiazione come da un sole, ma un mare di luce in cui non vi è concentrazione. Coloro dunque che si elevavano spiritualmente fino all’Essere divino, non potevano percepire l’Essere divino se non come un vivere nella Luce, il librare e il quietarsi nella Luce, il congiungersi con la Luce senza altri desideri. Ora quando l’uomo Gesù divenne la Personificazione di Dio, la percezione della Divinità, per colui che Le si avvicinava, era completamente diversa: era semplicemente l’avvicinarsi di un uomo all’altro. E così gli antichi veggenti hanno ragione; e quelli più recenti, che vissero dopo di Me, hanno ugualmente ragione. 

10. Dopo la caduta di Lucifero, quando fece la sua comparsa il mondo materiale, era stato comunque creato il Sole spirituale come sede della Divinità; ma nonostante tutto tale Sole non era da intendersi come un’unica concentrazione. La luce, nel mondo spirituale, era ovunque e, prima della Mia Vita terrena, questo Sole spirituale non diventava visibile per l’uomo corporale finché la sua anima era ancora legata al suo corpo. La visibilità del Sole spirituale era il coronamento della fede degli esseri spirituali; infatti solo per loro esso era visibile. Adesso invece lo è anche all’uomo che crede in Me, non appena è a lui aperto l’occhio spirituale, perché l’Uomo Gesù può, in qualunque momento, svelare anche l’intero Suo Regno a tutti quelli che credono in Lui» 

11. Si domanda ancora: «Perché nelle antiche religioni si trovano gli identici tratti fondamentali?» 

12. Per colui che ha compreso queste rivelazioni, dovrebbe solo meravigliarsi se così non fosse, poiché, se queste antiche religioni sono i precursori della Dottrina del Figlio dell’uomo e di Dio, allora devono anche contenere le linee fondamentali di quest’ultima, e non possono contenere niente di diverso da essa. Che anche la vita dei singoli maestri, che sorsero, contenga delle somiglianze con quella Mia, ciò si fonda sulla stessa ragione.

13. Se l’antica religione egiziana nei suoi tratti fondamentali primordiali - i quali attraverso i culti divini che seguirono più tardi sono pervenuti al tempo attuale soltanto confusamente - fosse interamente conosciuta, si direbbe: «La religione cristiana è stata tratta da quella antica egiziana, perché queste due religioni si assomigliano davvero molto, soprattutto se le essenzialità di Osiride, di Iside e di Horus fossero conosciute precisamente nel loro senso originario. 

14. Ma in che senso dunque Io riuscii non solo a penetrare il tetto di foglie ma riuscii anche a spezzare l’albero del peccato? 

15. Anzitutto ognuno abbia chiaro una volta per tutte cosa vuol dire “peccare”!

16. Qualcuno se la sbrigherà presto con la risposta e dirà: «Peccato è tutto ciò che contravviene alla Volontà di Dio!». Questo è bensì esatto; ma cos’è dunque la Volontà di Dio, e come la riconosce l’uomo, il quale non crede nemmeno in Dio e molto meno ancora riconosce la Sua Volontà? 

17. In questo caso, conviene giudicare la questione dal punto di vista della vita umana. Contro Dio non può peccare nessuno, se non Lo ha riconosciuto. Infatti, quanto poco qualcuno si arrabbierà a causa di un cieco che sostiene che la luce non esiste soltanto perché egli non la vede, altrettanto poco Dio opprimerà colui che per incomprensione non Lo riconosce. È vero però che un cieco può offendere il suo vicino o un altro uomo, opponendosi a lui in una qualche maniera. Il cieco non vede neppure costui, tuttavia lo sente, lo percepisce e può godere delle sue buone azioni direttamente percettibili. Egli può peccare contro il suo amore; infatti, nonostante la cecità, non può ignorarne la realtà specifica.

18. Così è anche con il cieco nello spirito, il quale può benissimo contravvenire al comandamento dell’amore del prossimo, anche se egli non riconosce Dio. L’amore del prossimo è la Via che conduce all’amore di Dio, questo è già stato spiegato varie volte. 

19. Dato dunque che l’uomo Gesù adempì questo comandamento fin nei minimi particolari, e precisamente fin dalla giovinezza, così anche l’Amore di Dio crebbe in Lui, al punto che Egli infine poté sorgere in esso. Il peccato non aveva alcun potere su di Lui, poiché Egli si adoperava per arrivare, dalla iniziale via visibile dell’amore al prossimo che si rende manifesto attraverso le opere esteriori, alla Via interiore, invisibile, nell’amore per Dio. 

20. Dio aveva dato ad Adamo un comandamento, e cioè “incondizionata ubbidienza”. Egli non la osservò e cadde. L’uomo Gesù per amore verso Dio si diede volontariamente il comandamento di non fare nulla senza la Volontà del Padre, e così divenne il luminoso esempio da imitare. Egli conseguì dunque in Sé il gradino che Adamo non aveva raggiunto, e riconciliò dunque in Sé la Divinità, la Quale era stata lesa nella Sua Santità attraverso la non osservanza del comandamento. 

21. La Sapienza diede il comandamento; la Volontà, la Forza, richiese l’adempimento; l’Amore trovò la via nell’uomo Gesù per adempiere le condizioni che erano necessarie per riportare il precedente stato di beatitudine per tutte le creature. Ma nel fatto che ora questa via è aperta, la quale conduce direttamente a Dio, e nel fatto che questa via fu compiuta da Gesù, Figlio degli uomini, il quale con ciò divenne Figlio di Dio, sta la Redenzione. La morte di Gesù è il suggello dell’obbedienza incondizionata. Essa non sarebbe stata necessaria, ma poiché l’umanità, nella sua illimitata libertà di volere, la richiese per ispirazione di Lucifero, allora Gesù si sottopose anche a questa richiesta e morì corporalmente. 

22. Il decadere da un peccato nell’altro genera un indurimento sempre maggiore dell’anima; per esprimere questo stato si usa l’espressione “cuori impietriti”. La distanza a cui questo poi può portare è sterminata. La materia e la brama esteriore crescono sempre più e, com’è naturale, con ciò va svanendo sempre più la consapevolezza di un qualsiasi centro spirituale animico dell’essere. Questo indurimento conduce infine ad una condizione animalesca, che non conosce null’altro all’infuori del sostentamento e della riproduzione, senza alcuna libertà spirituale interiore. La Redenzione da un simile stato viene offerta soltanto da una Dottrina spirituale pura, la quale conduce verso la consapevolezza morale della dignità umana, e questa Dottrina fu data con una concisione che non da adito a fraintendimenti e con la maggior chiarezza possibile. L’osservanza di questa Dottrina spezza le catene della materia, scioglie i legami delle avidità terrene di piaceri e conduce infine i desideri e le brame materiali ad uno stato di purissimo sentimento quale conoscenza del male, ma non più per fare il male, poiché il proprio io va riducendosi sempre di più, mentre in caso contrario questo io (egoismo) si sviluppa sempre più. Quanto più diminuisce, tanto più si scioglie (si ammorbidisce) la catena materiale, per finire col non essere più percepita come catena. 

23. L’albero del peccato fu e poté essere dunque spezzato soltanto ad opera di Gesù, poiché Egli racchiudeva in Sé appunto lo Spirito di Dio, il Quale aveva già dato ad Adamo il comandamento, senza che questi lo adempisse. 

24. Ora si dirà: «Ma dove sta poi la prova che le cose siano andate così, e cioè che i precedenti insegnanti non abbiano compiuto questo? Infatti quello che è detto qui si sottrae all’occhio umano ed è un processo interiore sul quale nessun altro può riferire se non appunto lo stesso Gesù. Invece il processo esteriore, ovvero l’apparire di un eccellente insegnante, la sua condotta e i suoi buoni insegnamenti, si è già manifestato parecchie volte. Come mai ora qui [con Gesù] l’albero del peccato è realmente spezzato, mentre là [con i vari insegnanti] si è solo aperto un varco nel tetto di foglie? Il fatto è che l’effetto esteriore nel mondo lo si avverte poco, poiché il peccato fiorisce attualmente come non mai, e altri segni che non siano esteriori, l’umanità non può certo giudicarli! 

25. Si, ciò sembra essere già a prima vista così, ma, osservato più da vicino, tuttavia non lo è! 

26. Chiunque si incammina per la via interiore, si accorgerà presto di come egli in verità è costituito. L’apparenza esteriore a questo riguardo non significa affatto nulla, poiché questa è una noce vuota. Chi invece non vuole incamminarsi per la via interiore, costui è altrettanto poco possibile di convincerlo, ovvero è altrettanto poco possibile prospettargli anche solo un quadro di questa via, quanto è impossibile dare ad un cieco un concetto dei colori. Quello che qui decide è solo il risultato. La via eccola qua, camminate su di essa, poi giudicate!

27. Senza di Me nessuno può pervenire al Padre, e senza la fede in Gesù nessun sapiente ha mai percepito l’onnipotente Essere divino quale Sorgente originaria di ogni amore che possa presentarsi Personalmente. Solamente in Gesù l’Impersonale si fa Personale, e questa unificazione dei due aspetti nella forma umana, rende possibile l’avvicinarsi della creatura al Creatore, lo sciogliersi della materia nello spirito, il percorso a ritroso della sequenza di peccati commessi, superando il muro divisorio tra materia e spirito, due punti che altrimenti non potrebbero toccarsi: il Ponte che rende tutto ciò possibile è la Vita di Gesù.

28. Sorge dunque ora la domanda: «Fin dove poterono dunque arrivare le anime dei trapassati prima della morte del Figlio dell’uomo?». 

29. Esse, a seconda di come avessero osservato una data dottrina dei molti insegnanti sorti già prima, potevano naturalmente pervenire in sé al riconoscimento e anche alla beatitudine, naturalmente però non alla contemplazione della Divinità personificata. 

30. Questo invece avvenne dunque per la prima volta nel tempo in cui il corpo di Cristo giaceva nella tomba. Il corpo prettamente terreno giaceva là, mentre l’Anima, con lo Spirito di Dio contenuto in essa, passò nell’aldilà, e là a tutti Si mostrò come Colui che Egli è ed era.

31. Riguardo a questo, qui non si possono dare che degli accenni. Più tardi però anche il procedimento preciso dovrà venire reso noto.

32. Con questo rivelare Se stesso nel mondo degli spiriti sorse la costruzione e la popolazione della Nuova Gerusalemme quale Città di Dio, ed essa sussisterà in eterno.

 

[indice]

 

Cap. 76

La Resurrezione di Gesù e l’ascesa al Cielo.

 

1. Il terzo giorno della Pasqua dunque la Divinità ritornò e chiamò il corpo del Figlio dell’uomo, il quale immediatamente si disciolse del tutto e venne quindi ancora aggiunto quale veste dell’Anima. Questo processo i guardiani romani lo percepirono come una luce splendente che riempì la caverna sepolcrale, e che li spaventò talmente che essi si allontanarono di corsa per dare notizia che Io ero resuscitato. La pietra fu spostata facendola rotolare via dall’apertura, così che ora chiunque poteva dare un’occhiata nella volta sepolcrale. 

2. I soldati si affrettarono da Pilato, il quale si meravigliò enormemente e lo comunicò al sinedrio con una certa gioia maligna. Presto quindi alcuni dei membri del sinedrio andarono fuori e trovarono il posto vuoto, per cui essi, preoccupati a causa del popolo, del quale essi conoscevano il malumore, cercarono di mettere a tacere la questione, diedero del denaro ai guardiani e pretesero che essi dicessero che i discepoli avevano rubato il cadavere mentre loro dormivano. Contemporaneamente assicurarono loro l’impunità presso Pilato, il quale avrebbe dovuto punire con la morte coloro che si addormentano sul posto di guardia. 

3. Pilato però non volle concedere questa impunità, ma disse, quando uno dei più alti sacerdoti tentava di negoziare con lui: «O i guerrieri hanno dormito, ed allora sono doppiamente colpevoli poiché hanno dormito e mi hanno mentito, oppure non hanno dormito; quindi io non metto una menzogna davanti all’ira del Risorto!» 

4. Con Pilato non c’era niente da fare, motivo per cui i sacerdoti diedero ai soldati molto denaro affinché fuggissero nelle regioni lontane, cosa che questi fecero, dopo di che venne sparsa la voce del furto del cadavere, la quale credenza si è pure mantenuta fino a questi giorni. 

5. È noto dai Vangeli che Io dopo questi fatti sono apparso a molti, ma questo non è avvenuto soltanto nei posti indicati, ma dappertutto dove Io ho insegnato, per dimostrare ai seguaci che la Dottrina che Io diedi loro era vera.

6. Non soltanto la Mia Persona è diventata visibile, ma anche molti di coloro che erano già stati chiamati prima nell’aldilà apparvero ai loro congiunti in sogni vividi e, in casi isolati, perfino di giorno, per dar loro notizia della Nuova Gerusalemme. Questi fatti più tardi sono stati messi in relazione con il momento della morte, e qui è da cercarsi la spiegazione del fatto che molti morti risuscitarono e sono apparsi ai loro congiunti nelle case.

7. Ciò che è ancora importante citare dal momento della resurrezione fino a quello della Mia Ascensione avvenuta sul monte degli Ulivi, verrà menzionato adesso molto brevemente. 

8. In primo luogo fu Maria Maddalena a vederMi. Lo svolgersi dei fatti fu precisamente così come lo indica Giovanni. (Giov. 20, 1-18)

9. Maria con altre sei donne era andata molto presto al sepolcro, prima ancora che il sinedrio ne avesse notizia, per pregarvi e per versare sul corpo ancora una volta gli unguenti profumati che dovevano preservarlo dalla decomposizione. Esse però trovarono la tomba vuota e quindi si affrettarono a ritornare per dirlo ai discepoli. 

10. Quando l’agitazione di questi si fu calmata, tutti tornarono indietro a portare la notizia a coloro che non sapevano ancora che cosa era successo; soltanto Maria Maddalena rimase lì. 

11. Per quanto riguarda il motivo per cui Io la respinsi con le parole: «Non Mi toccare!», ebbene, questo è già stato detto. Infatti il suo amore per Me, ancora impuro, avrebbe potuto annientarla se essa avesse toccato il Mio Essere ora puramente spirituale. 

12. Inoltre Giovanni racconta che Io apparvi ai discepoli mentre essi erano riuniti a porte chiuse (Giov. 20, 19-23). Questo avvenimento si svolse nel modo seguente: dopo che i farisei ebbero divulgato il loro falso rapporto, sorse subito una grande agitazione fra il popolo a Gerusalemme. La maggior parte non credette ai templari, poiché l’opinione contrapposta consisteva nel fatto che era inaudito che dei soldati romani potessero aver trascurato un luogo posto sotto la loro sorveglianza in modo tale che una tomba potesse venire aperta e vuotata! Ben presto si manifestarono anche ogni sorta di osservazioni sul profondo sonno dei soldati, le quali schernivano questa inverosimile spiegazione; insomma la versione inattendibile del Tempio veniva messa in ridicolo e si facevano dei paragoni fra il sonno dei soldati con quello molto più profondo dei templari. Di conseguenza i sacerdoti si irritarono molto e cercarono possibilmente di catturare i discepoli per renderli inoffensivi, poiché quest’ultimi, attraverso il reale racconto dei fatti, rovinavano le loro menzogne.

13. I discepoli dunque si riunirono per consigliarsi su cosa avrebbero dovuto fare, e precisamente presso l’oste dell’albergo del monte degli Ulivi, che è noto a sufficienza.

14. Tuttavia Tommaso non era presente a questa prima riunione, poiché egli a Gerusalemme cercava di indagare come stavano le cose.

15. Nel mezzo di questa riunione, nella quale era presente anche Lazzaro, Io entrai e salutai i presenti, i quali, dopo il primo stupore, sopraffatti dalla gioia, Mi si affollarono intorno. Io dunque li istruii quella sera di nuovo sullo scopo della Mia morte, come pure sul loro compito di insegnare che ora avevano ricevuto da Me, in modo che essi poi non dovevano avere alcun timore, dato che con la ferma fiducia ed amore in Me sarebbero stati al sicuro da tutte le insidie. Io quindi, attraverso la Mia apparizione, fornii loro la prova dell’immortalità nel Mio Regno, e tutti ormai furono completamente colmi di fede e col cuore zelante.

16. Poi Io Mi congedai dopo aver consigliato loro di riunirsi nuovamente in quel luogo dopo otto giorni, e che ciascuno nel frattempo sistemasse i propri affari. 

17. Dopo otto giorni seguì poi la scena descritta con Tommaso, ancora come racconta Giovanni. (Giov. 20, 26-29)

18. In questo tempo dopo la Pasqua Io sono apparso personalmente a tutti coloro che sono stati in diretta relazione con Me, per dare ad essi la prova della verità delle Mie parole e per fortificare gli animi per la diffusione della Dottrina. Nessuno è stato escluso. Coloro i quali, a causa della Mia morte, erano esasperati contro gli ebrei, furono placati, e coloro i quali erano diventati vacillanti furono irrobustiti. 

19. Tuttavia è inutile descrivere tutti questi casi, dato che in questa occasione non si è verificato nulla che chiunque non possa immaginarselo da sé. Questi fatti sono stati per costoro solo un coronamento della loro fede, senza però che con ciò ne fosse seguito un ampliamento della Mia Dottrina. 

20. Il racconto dei due discepoli di Emmaus per esempio dà un’immagine discretamente esatta di tutti questi avvenimenti che si sono svolti in modo simile; perciò esso pure è stato tramandato. 

21. La rivelazione avvenuta sul mare di Galilea (Giov. 21, 1-19) aveva tuttavia lo scopo di risollevare e rafforzare Pietro il quale, cosciente di averMi rinnegato, soffriva indicibilmente; perciò dunque egli fu messo alla prova affinché mettesse in pratica la sua fede. Quando i discepoli si trovavano nel battello e Mi riconobbero ed espressero questo riconoscimento a Pietro, egli si gettò immediatamente in mare per abbreviare la via per giungere a Me. Questa fede lo purificò dalle scorie ancora attaccate a lui, poiché chiunque Mi ha riconosciuto deve cercare attraverso i marosi del mare la via più corta per giungere a Me. 

22. Il suo rinnegare tre volte corrisponde poi anche alla domanda fatta tre volte: «Mi ami tu?». 

23. In questo avvenimento si trova una grande rispondenza, che può trovare chiunque abbia letto quest’opera col cuore e non soltanto con l’intelletto. Perciò ciascuno si esamini se riesce a risolvere questa rispondenza![17]

24. Ognuno dei discepoli andò dunque a sistemare i propri affari. Io avevo ordinato loro di radunarsi in un determinato giorno nuovamente presso l’oste, come anche avvenne. Questo giorno fu il quarantesimo dopo la festa pasquale, corrispondente ai quaranta giorni nel deserto, dei quali ciascuno aveva bisogno per prepararsi.

25. Si riunirono dunque anche tutti i Miei più intimi, ed Io comparvi nuovamente in mezzo a loro e li condussi sulla cima del monte degli Ulivi, che permetteva un esteso sguardo panoramico. Là radunai gli apostoli attorno a Me. I rimanenti discepoli ci circondavano in un ampio cerchio. Io esortai ancora una volta tutti ad attenersi fermamente a Me e alla Mia Dottrina. Inoltre diedi ai Miei discepoli l’incarico di andare per tutto il mondo e di predicare il Vangelo nel Mio Nome. Poi Io Mi congedai da loro e spiegai che ora non Mi avrebbero più visto corporalmente, tuttavia sarebbero rimasti spiritualmente in ogni tempo uniti con Me.

Poi Io li benedissi, ed immediatamente scomparvi da loro.

 

[inizio]

 

FINE DELL’OPERA

IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI

 

 

 


INDICE

 

Prefazione

 

Collegamento tra il decimo e l’undicesimo volume

Cap. 1

Il Signore dall’oste Muzio

Cap. 2

L’intenzione dei farisei

Cap. 3

L’uomo come dominatore della natura

Cap. 4

I farisei presso il Signore

Cap. 5

Il Signore condanna l’astuzia dei farisei

Cap. 6

La cecità dei farisei

Cap. 7

Il mercante cerca il Signore

Cap. 8

Il Signore racconta la storia della vita del mercante

Cap. 9

Tre importanti domande di Muzio. Risposte del Signore

Cap. 10

Le intelligenze animali e la formazione dell’anima umana

Cap. 11

Sul risveglio interiore e la continuazione della vita dopo la morte

Cap. 12

L’esperienza spirituale di Phoika

Cap. 13

Il Signore benedice questa località

Cap. 14

La partenza del Signore dall’albergo

Cap. 15

Il Signore prepara i Suoi discepoli per il futuro

Cap. 16

Il Signore e Lucifero

Cap. 17

La rivelazione del piano della Creazione e della Redenzione

Cap. 18

La visione di Ebal

Cap. 19

Il Signore prende alloggio da Raele

Cap. 20

Raele racconta la storia della sua vita

Cap. 21

Il Signore racconta le vicende della vita di Raele

Cap. 22

Il discorso del Signore sui meriti

Cap. 23

Le proprietà di Raele

Cap. 24

Un discorso del Signore sull’arte

Cap. 25

La forma umana e la sua redenzione

Cap. 26

La potenza dell’amore

Cap. 27

Gli uomini spirituali e quelli mondani

Cap. 28

Lo sviluppo del popolo ebreo

Cap. 29

Il popolo del futuro

Cap. 30

Riguardo al morire

Cap. 31

Un giorno di riposo

Cap. 32

Sulla morte di Lazzaro

Cap. 33

La causa della morte di Lazzaro

Cap. 34

L’arrivo a Betania

Cap. 35

Il Signore e Maria

Cap. 36

La resurrezione di Lazzaro

Cap. 37

La conversione di molti ebrei

Cap. 38

Il piano dei farisei

Cap. 39

La cacciata dei farisei

Cap. 40

La futura missione di Lazzaro

Cap. 41

Complotti dei templari

Cap. 42

La partenza da Betania

Cap. 43

Il significato della resurrezione di Lazzaro

Cap. 44

Il Signore ad Efrem

Cap. 45

Le trattative col più anziano della città di Efrem

Cap. 46

Il Signore accenna il motivo della Sua morte

Cap. 47

L’occupazione del Signore e dei Suoi discepoli ad Efrem

Cap. 48

La condizione animica dei discepoli

Cap. 49

Le preoccupazioni dei discepoli per il Signore

Cap. 50

La rinascita dell’anima

Cap. 51

Cenni per la nobilitazione dell’anima

Cap. 52

La rinascita dello spirito

Cap. 53

La vista spirituale

Cap. 54

Sulla Santità di Dio

Cap. 55

La via verso la perfezione interiore

Cap. 56

Sulla capacità sensitiva

Cap. 57

Il Signore ed Efraim

Cap. 58

Il congedo da Efrem. Partenza per Betania

Cap. 59

Sul perché viene permessa la guerra

Cap. 60

Barabba

Cap. 61

Arrivo a Betania. Soggiorno da Lazzaro. Il ritorno di Giuda. Il suo colloquio col Signore

Cap. 62

Gesù viene unto da Maria

Cap. 63

Primo tradimento di Giuda

Cap. 64

Le esperienze di Lazzaro nell’aldilà

Cap. 65

Il Signore si reca da solo sulla vetta del monte degli Ulivi - Colloquio fra la Divinità e il Figlio dell’uomo Gesù

Cap. 66

L’ingresso a Gerusalemme

Cap. 67

Gesù nel Tempio

Cap. 68

Nicodemo ed i capi presso il Signore

Cap. 69

Conversazione fra Giuda e Tommaso. Congedo da Betania. Sosta al Giordano

Cap. 70

Giuda davanti al sinedrio

Cap. 71

L’agnello pasquale. La lavanda dei piedi. Giuda tradisce il Signore. La cena del Signore

Cap. 72

Gesù nel Getsemani. L’arresto di Gesù

Cap. 73

L’interrogatorio e la condanna di Gesù

Cap. 74

La crocifissione di Gesù, morte e sepoltura

Cap. 75

Sulla morte del Signore

Cap. 76

La Resurrezione e l’ascesa al Cielo di Gesù

 

[inizio]

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[1] l’amico di Engel gli dava del “lei”. [N.d.r]

[2] Kabbala: dottrina segreta ebraica.

[3] Thora: legge di Mosè.

[4] Il figlio perduto: il “figliol prodigo”. [N.d.r]

[5] In quel momento il vecchio saggio aveva una visione profetica, cioè un’immagine mentale di Raele che parlava con Gesù. [N.d.r]

[6] Polloni: arboscelli selvatici. [N.d.r]

[7] Arcosolio: sepoltura, caratteristica ma non esclusiva delle catacombe, costituita da un’area sepolcrale incassata nella parete e sormontata da una nicchia. [N.d.r]

[8] Colombari: sacrari con il lurne. [N.d.r]

[9] Dimostrò le sublimi qualità che aveva tenuto nascoste agli occhi del mondo. [N.d.r]

[10] Asfalto: l’equivalente di pece o bitume solido. [N.d.r]

[11] L’esatta espressione nel manoscritto originale: “... sul perché Io usassi da un po’ di tempo la differenza, già spesso utilizzata, del Padre in Me e dell’accenno al Figlio”.

[12] probabilmente si riferisce alla maturazione dei frutti autunnali. [N.d.r]

[13] Polarizzato: come se fossero ai due poli opposti. [N.d.r]

[14] si riferisce alla stanza più sacra del Tempio di Gerusalemme, chiamata “Santo dei santi”. [N.d.r]

[15] Fissa: rende stabile. [N.d.r]

[16]Le sette parole di Gesù sulla Croce” (Edizioni LA NUOVA RIVELAZIONE). Si tratta di Rivelazioni di Dio dettate, nel 1863, ad Antonie Großheim, la quale, oltre ad essere la sua padrona di casa di Lorber ed una convinta sostenitrice dei suoi Scritti, lo aiutava anche nella sua povertà. [N.d.R.]

[17] La spiegazione si trova nel libro Il Sole Spirituale, vol.2, cap.102. [N.d.R.]