Rivelazioni

nel 1840/1844 al mistico e profeta

Jakob Lorber

 

 

Il governo della famiglia

di Dio

 

( vol. 3 )

 

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La grande città scomparsa                                          il Diluvio

 

 

Traduzione dall’originale tedesco “Die Haushaltung Gottes (1)” – in tre volumi

Traduzione dalla 5°. edizione tedesca 1981

Casa Editrice del testo originale: LORBER VERLAG - Bietigheim - Germania

Copyright © by Lorber Verlag

 

Testo in italiano - Copyright © by Associazione Jakob Lorber

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber e.V., D-74321 /  Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”

Traduzione di Salvatore Piacentini (1925)

ISBN   987-88984-35-3

Il testo in PDF può essere scaricato sul sito: www.jakoblorber.it 

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Questa edizione in *.html è a cura del gruppo: “Amici della nuova Luce

 

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 [“Governo della Famiglia” vol. 1]

 [“Governo della Famiglia” vol. 2]

Vai all’ indice del vol. 3

 

Personaggi

Ada                  una delle due mogli del re Lamec

Adamo             il primo uomo

Agla                 figlia di Mahal e sorella di Waltar, poi regina di Hanoch

Aora                 una delle terre del Mattino, nipote di Purista

Arbial               il lavoratore di metalli

Arfacsad           figlio di Sem

Brudal              il direttore di mensa del re Lamec

Cam                 il secondogenito di Noè

Canaan            figlio di Cam

Chisarell           figlio di Mahal

Cus                  figlio di Cam – gemello a Misraim

Danel               uno degli ultimi cento dei mille consiglieri di Hanoch

Drohuit             il capitano fedele al re Gurat

Dronel              il figlio di Ohlad

Enoch              (la volontà di Jehova) figlio di Jared

Enoch              figlio di Jared, eletto a sommo sacerdote

Eva                  la prima donna

Fungar-Hellan   il generale delle truppe di Hanoch

Gella                sorella di Agla e di Pira

Ghemela           una delle cinque figlie di Zuriel, poi  moglie di Lamech e madre di Noè

Gurat                un sottosacerdote del gran Consiglio di Hanoch

Horadal            comandane delle truppe del re Lamec

Hored               fratello di Lamel e di Gabiel, poi poi marito di Naeme

Il Padre            il Signore, il Mago, l’Ospite, l’Oratore

Jabal                uno dei due figli del re Lamec

Jafet                il terzogenito di Noè

Japell               il figlio di Kincàr

Jared                figlio di Maalaleel e padre di Enoch

Jubal                uno dei due figli del re Lamec

Kenan              figlio di Set

Kincàr              il figlio di Dronel

Lamec              il re della pianura convertito

Lamech            figlio di Matusalem, nipote di Enoch

Mahal               fratello di Noè

Matulalem         figlio di Enoch

Midehal            il re di facciata dei mille consiglieri

Mira                 sorella di Aora, nipote di Purista, delle terre del Mattino

Misraim            figlio di Cam, gemello di Cus

Mutaele            uno dei figli delle terre del Mattino

Naeme             figlia di Lamec e Zilla, poi moglie di Hored

Nimrod             un gigante, figlio di Cus (fu fondatore di Babele)

Noè                  figlio di Lamech e di Ghemela

Ohlad               il consigliere valoroso dei mille

Pira                  sorella di Agla e di Gella

Pura                 una ragazza della pianura

Purista             figlia di Gabiel e di Aora

Put                   figlio di Cam

Sehel               il più giovane figlio di Set (uno dei dodici del Settentrione)

Sem                 il primogenito di Noè

Terhad              custode del tempio

Tubalcain          fratello di Naeme e figlio di Zilla e del re Lamec

Uraniel             figlio di Mutaele e Purista

Uranion            uno dei padri delle terre dell’Oriente (uno dei dodici, ma dalle terre del Mattino))

Waltar              figlio di Mahal e fratello di

Zilla                  una delle due mogli del re Lamec

Zuriel-Gabriel    il padre di Ghemela, figlio di Matusalem e nipote di Chiseel

Abramo            figlio di Tara, figlio di Nahor, figlio di Serug, figlio di Regu, figlio di Pelec, figlio di Eber, figlio di Sala, figlio di Arfacsad, figlio di Sem, figlio di Noè

Nahor               fratello di Abramo

Haran               fratello di Abramo

 

 

 

Cap. 1

Purista quale consigliera del Signore

La preghiera dell’uomo, come richiesta, è una specie di devoto consiglio a Dio

La Grazia e l’Amore del Padre per i Suoi figli

27 marzo 1843

1. Quando tutti, ad eccezione di Enoch e dei quattro puri esseri femminili che si trovavano benissimo a loro agio presso il Padre, anche con l’adorazione di Dio cominciarono a sentirsi invasi da forte spavento al cospetto di quell’Uomo che ancora se ne stava sulla collina erbosa perché pensavano che li avrebbe fatti svanire uno ad uno come era accaduto al grande Sehel, allora il Signore disse a Purista:

2. «Ascolta, o Mia diletta cuoca! Cosa credi che noi dovremmo fare ora per liberare gli stolti dal loro timore, e fare in modo che loro Mi riconoscano quale il loro unico vero Dio e Padre, senza intaccare la loro libertà? Poiché, se Io Mi faccio riconoscere improvvisamente da loro – in maniera particolare poi per quanto riguarda le donne – ne va di mezzo la loro vita, se non proprio per alcuni addirittura la loro intera esistenza! Dunque, dimMi tu, e damMi un consiglio riguardo a ciò che si potrà fare in simili circostanze»!

3. Questa domanda fece perdere ogni controllo alla splendida Purista, ed essa cominciò a piangere pensando che con ciò il Padre volesse infliggerle una punizione.

4. Ma il Signore rivolse subito uno sguardo amorevolissimo alla donna in lacrime e le disse: «O figlioletta Mia, guardaMi un po’, e quindi dimMi nel tuo cuore se qualcuno che è intenzionato a punire ha l’aspetto che ho Io adesso e che sempre e in eterno ho avuto al cospetto di coloro che, come te, Mi hanno sempre amato e Mi amano ancora e così Mi ameranno sempre! Ebbene, che risposta puoi dare a questa Mia domanda, o cara figlioletta Mia?»

5. Allora Purista riprese il coraggio di parlare e rispose con timorosa confidenza: «Oh, no, no, carissimo, migliore e santo Padre, Tu non puoi certo diventare cattivo o del tutto maligno, questa cosa io la vedo già ora in tutta chiarezza; ma per quanto riguarda la Tua domanda di prima, rivolta a me che sono debolissima, vedo pure in maniera anche troppo chiara come il Sole che, da parte mia, sarebbe la presunzione massima e degna del più duro castigo, se io volessi dare a Te, che sei la più infinita Sapienza, qualche consiglio per prescriverTi quello che dovresti fare!

6. Oh, io non posso affatto, senza tremare, neanche pensare a dare un consiglio a Te, a Dio, al Creatore onnipotente del Cielo e della Terra; perciò Ti prego, o mio migliore, carissimo e santo Padre, di risparmiarmi una tale costrizione!»

7. Ma allora il Padre disse a Purista: «Ascolta, Mia diletta figlioletta, tu ancora non Mi comprendi bene; fa dunque attenzione di tutto cuore a quello che ti dirò ora!

8. Vedi, tu ora temi di renderti degna di punizione al Mio cospetto se ora, per accondiscendere al Mio desiderio paterno, tu dovessi darMi un consiglio filiale, considerato che tu comprendi molto bene come la Mia divina Sapienza, eterna ed infinita, non ha affatto mai bisogno, in eterno, di un consiglio, e di conseguenza Io guido ogni cosa nel migliore dei modi, comunque la cosa possa apparire!

9. Ma se questo è incontestabilmente giusto, come si spiega allora che tu Mi hai già chiesto tante cose nelle tue preghiere e che anch’Io te le ho sempre concesse e date? Che cos’altro è una tale preghiera, se non un consiglio devoto sotto forma costumata e pia, col quale il supplicante Mi indica quello che dovrei fare?

10. Il supplicante non sa forse che Io sono supremamente sapiente e supremamente colmo d’amore? E se lo sa, come può pregarMi per ottenere qualcosa? Infatti egli deve necessariamente premettere che Io, quale la Sapienza e Amore supremi, farò al tempo più opportuno ogni cosa nel migliore dei modi e conformemente alla più alta sapienza certamente senza il suo consiglio-preghiera!

11. Ma quale grande e sacrilego peccatore deve essere poi colui che, mediante il suo consiglio-preghiera, vuole indurMi a concedergli qualcosa che è in opposizione alla Mia divina e suprema sapienza?»

12. A questo punto Purista ed anche le altre tre cominciarono a battersi il petto ed esclamarono tutte: «O Signore, sii misericordioso con noi tutte, perché da questo punto di vista noi siamo certo le più orribili peccatrici al Tuo cospetto!»

13. E il Signore disse nuovamente a loro: «Ebbene, ascoltate, figliolette Mie, se continuate così, non fate che aumentare di più ancora il vostro peccato, perché tu, o Purista, appunto ora Mi hai dato di nuovo, con la tua preghiera, un consiglio in base al quale Io dovrei essere misericordioso con voi!»

14. Allora Purista gettò un grande grido di angoscia e di tristezza, e disse: «Oh, per amore della Tua Divinità, che cosa ho mai fatto io, povera stolta?»

15. E Ghemela, piangendo, disse in modo altrettanto lamentosissimo: «Oh, noi siamo tutte perdute!»

16. E così pure Naeme e Pura non sapevano che fare dall’angoscia e dal dolore.

17. Ma il Signore le abbracciò tutte, le strinse al Suo petto santissimo e poi disse loro: «Figliolette, sul Mio petto siete proprio tanto infelici e perdute quando Io, vostro Creatore e Padre, amandovi ardentemente vi porto visibilmente sulle Mie mani e vi vezzeggio come può fare una madre col suo tenero e dilettissimo poppante?»

18. Questa domanda portò di nuovo in sé le quattro donne, e Purista, sorridendo tra le lacrime, rispose: «O Padre eccellente! Allora noi siamo certo, …non perdute! Ma – siamo noi – ancora – sicuramente – peccatrici – dinanzi – a – Te?»

19. E il Padre osservò loro: «Se voi foste peccatrici, non potreste stare presso di Me; ma siccome non siete tali, allora siete le Mie carissime figliolette che Io ora porto sulle Mie mani!

20. Io però, come Padre, voglio certo farMi consigliare dai Miei cari figlioletti come se Io avessi bisogno del loro consiglio, e voglio pure che siano attivi così come se la loro opera e il loro aiuto Mi fossero necessari!

21. Infatti Io, quale Padre, faccio tutto questo verso i Miei figlioletti a causa del Mio grande Amore, però poi dirigo il loro consiglio e la loro opera in modo da raggiungere sempre, alla fine, il Mio scopo.

22. Perciò anche tu, figlioletta Mia, questa volta devi darMi un consiglio riguardo a quello che devo fare adesso, ed Io non farò niente prima e non farò niente di diverso da quando e da quello che tu Mi consiglierai».

23. Solo dopo queste parole, Purista riacquistò di nuovo coraggio, gettò le braccia al collo del Padre, Lo baciò modestamente e poi disse: «Oh, allora concedi che anche tutte le donne, per amor Tuo, possano entrare nella mia cucina, e vieni anche Tu là dentro con noi tutte, e là, secondo il Tuo piacimento, lasciaTi riconoscere, amare e adorare da tutti quale il Padre caro e santo!»

24. E il Signore rispose: «Amen! Così sia fatto! E dunque, andiamocene nella capanna!»

25. Ma Ghemela chiese al Padre: «Padre, possiamo restarTi vicine anche nella capanna?»

26. E il Signore rispose: «Figliolette! Come avviene qui, così è anche nella capanna, poiché Io sono dappertutto e sempre Lo stesso Padre buono! E così seguiteMi confortate! Amen!»

 

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Cap. 2

Il Signore con Purista, Ghemela, Pura e Naeme nella capanna di Purista

Retrospezione sulle supposizioni dei curiosi rimasti fuori espresse a Enoch

Rispondenza spirituale sugli avvenimenti

28 marzo 1843

1. Quando il Signore fu giunto vicino ad Enoch con le quattro donne, gli disse passandogli accanto: «Enoch, predisponili bene tutti, e poi conducili nella capanna da Me; invece le donne, che vengano soltanto fin sulla soglia, ma che non entrino nella capanna finché Io vi rimarrò dentro, ad eccezione unicamente di Eva e di queste donne che Io conduco nella capanna con Me! Amen!»

2. A questo punto il Signore entrò nella capanna con le Sue quattro dilette figliolette e le intrattenne, finché non entrò tutta intera la compagnia, e con ogni tipo di divine rivelazioni di Grazia mostrò loro le Sue grandi vie sulle quali Egli procede per guidare la vita ai Suoi figli e a tutti gli altri esseri. Egli rivelò loro anche in maniera quanto mai evidente la grande destinazione degli uomini, ma anche le possibili e maligne intromissioni di Satana.

*

3. Questo era ciò che fece il Signore nella capanna. Ma che cosa era successo nel frattempo con Enoch al di fuori di essa?

4. Anzitutto si erano avvicinati a lui Hored e Lamech, che gli avevano domandato: «Padre Enoch, non vorresti dirci chi è quell’uomo che è entrato ora nella capanna tutto solo con le quattro donne, cioè con le nostre mogli e con Purista e la bella Pura, ed era tutto tranquillo nonostante agisse contro le norme prescritte dal Signore? Infatti, dietro a quell’uomo deve di certo nascondersi qualcosa di straordinario; e considerato che con te egli parla come con una vecchia e buona conoscenza, non c’è dubbio che tu lo conosci!

5. Se la trasfigurazione di Sehel non è stata un’illusione dei nostri occhi, allora egli appartiene certamente ad un mondo superiore, e perciò sarebbe per noi quanto mai desiderabile sapere qualcosa di più particolareggiato sul suo conto!

6. Noi abbiamo pensato che sia il Signore stesso; però ciò non concorda con la dichiarazione di Purista riguardo a quanto le era stato rivelato dal Signore, e cioè che quando tutti noi ci fossimo trovati radunati nella capanna e Lo avremmo atteso nella pace più profonda del nostro animo, Egli ci sarebbe apparso sul posto in maniera molto ben riconoscibile e a noi tutti avrebbe poi annunciato tutto quello che è accaduto nella pianura in questi giorni.

7. Quest’uomo invece non è venuto conformemente alla rivelazione, bensì si è liberamente presentato, e mentre noi nella capanna ci preparavamo alla venuta del Signore, egli, fuori, ha dato di sé uno spettacolo un po’ scandaloso con le donne, scegliendosi a suo visibile diletto proprio le quattro più belle!

8. Queste quattro sono ora certamente le stelle femminili più pure dell’altura e, caso strano, noi non possiamo serbare loro rancore, malgrado sembrino proprio perdutamente innamorate di quell’uomo. Ma da ciò, non risulta ancora che possa essere il Signore!

9. Infatti il Signore è sempre fedele in tutte le Sue promesse; dunque non può di certo apparire in modo diverso da come Egli l’ha fatto annunciare a noi tutti per mezzo di Purista! Dicci dunque, o caro padre Enoch, chi è quest’uomo e da dove è venuto!»

10. Così, pure gli altri si avvicinarono ad Enoch e gli rivolsero la stessa domanda.

11. Adamo però, dal canto suo, era d’altro parere; perciò egli disse anche, con un’espressione molto eloquente: «Enoch, quell’uomo mi sembra un po’ sospetto, perché lo spettacolo inscenato con quelle donne, che per il resto sono così virtuose e onestissime, io non riesco assolutamente ad interpretarlo in senso buono!

12. La sparizione, o propriamente il completo annientamento del figlio di Set, lo si può pure prendere come si vuole, poiché il Signore, allo scopo di sottoporci ad un’energica prova, potrebbe benissimo aver concesso per un certo tempo libertà d’azione in questo campo al nemico della Luce!

13. Sembra che tu conosca veramente quell’uomo, ma ciò non basta per tranquillizzarmi, dato che io non lo conosco ancora. Io però sono un figlio che è stato scottato già più volte, e perciò in simili occasioni ho un grande timore del fuoco!

14. Dacci dunque qualche precisa informazione sul conto di quell’uomo e facci entrare nella capanna, altrimenti il Signore indugerà ulteriormente!

15. D’altro canto, quell’uomo, sotto tutti gli aspetti già considerati, può essere il Signore altrettanto poco quanto lo potrebbe essere uno di noi, poiché, se Lo fosse, bisognerebbe concludere che Purista è stata ingannata! Di questa cosa tu devi rendertene conto altrettanto bene quanto ce ne rendiamo conto noi!

16. Che le quattro donne tengano così tanto a quest’uomo, ciò non prova proprio molto, poiché le donne sono frivole e tutte quante cieche, e anche se una ha pregato per dieci anni, basta che nell’undicesimo venga su di lei una tentazione un po’ forte, e lei si getta del tutto tra le braccia del seduttore! Infatti, anche la donna è libera e può fare quello che vuole.

17. Parla dunque tu ora, e dicci quello che sai; ma non dilungarti troppo, affinché noi possiamo entrare presto nella capanna per attendere là il Signore e così togliere a quell’uomo la possibilità di fare secondo il suo piacimento con le quattro giovani colombe! Noi non dobbiamo assolutamente essere così tiepidi nelle cose divine, altrimenti il mondo non durerà più mille anni e oltre, come pure è già durato tramite il mio zelo sempre attivo per Dio!»

18. Solo a questo punto Enoch poté prendere la parola e disse: «Udite voi tutti, miei cari padri, fratelli e figli! Voi avete certamente messo in grande attività le vostre lingue e i pensieri della vostra anima, ma avete lasciato del tutto inattivi i vostri cuori!

19. Sembra che voi abbiate completamente dimenticato tutti i miei sermoni del Sabato [ispirati] dal Signore se non comprendete la promessa fatta a Purista!

20. Ma che cos’è la capanna di Purista nella quale noi dobbiamo attendere sempre il Signore? Udite: il nostro cuore è la capanna di Purista, e il fuoco nella capanna è il nostro vivo amore per Dio!

21. Ma chi di voi finora è entrato in questa capanna? E chi ha finora accolto nella stessa i propri fratelli ed ha voluto essere il minimo e l’ultimo tra di loro?

22. Che nessuna donna, all’infuori di Eva e di Purista, deve entrare nella capanna, questo vuole dire, che quando ci troviamo e riposiamo nell’amore per Dio nei nostri cuori, allora noi non dobbiamo pensare alle donne e non dobbiamo turbare l’amore per Dio con l’amore per le donne, eccezion fatta per l’amore materno e per l’amore filiale, che è un tipo di amore che non turba l’amore per Dio, bensì ci dà soltanto la misura di come noi dobbiamo amare Dio. Comprendete voi questo?

23. Noi eravamo certo con i nostri corpi nella capanna di Purista, però i nostri cuori rimasero attaccati alle donne che si chiedevano: “Perché mai non è concesso a tutte le donne di entrare nella capanna?”. Nessuna meraviglia dunque se poi le donne ci hanno inscenato un simile spettacolo e alla fine ci spinsero perfino fuori dalla capanna! Comprendete voi questo?

24. Ma siccome il Signore è infinitamente più misericordioso e più fedele di noi, allora Egli è venuto a noi in seguito alla Sua Promessa; ma Egli è venuto così come noi eravamo costituiti nei nostri cuori. E siccome le donne erano nei nostri cuori, allora Egli venne anche dalle donne e le accolse, dato che noi non eravamo presenti nella nostra capanna di Purista! Comprendete voi questo?

25. Le quattro pure innamorate del Signore, invece, a nostra grandissima vergogna, Lo hanno atteso nella vera e viva capanna di Purista; perciò Egli è anche venuto anzitutto a loro, e mentre noi affiliamo ancora le nostre vuote lingue, esse godono già in ogni beatitudine i vivissimi efflussi della Sua grazia, misericordia e amore! Comprendete voi questo?

26. Voi non sapete ancora nulla riguardo alla pianura; invece il Signore, già da molto tempo, fa’ in modo che le quattro vedano il più chiaramente possibile le Sue meravigliosissime vie e i sistemi di governo! Comprendete voi questo?

27. Voi chiedete ancora e dite: “Chi è mai quell’uomo?”; ma le quattro donne pure già da diverso tempo stanno tra le Sue braccia e si rallegrano del Padre santo e amorosissimo! Comprendete voi questo?

28. Io però non vi dico che quell’Uomo è il Padre, bensì andate da Lui nei vostri cuori, e riuscirete a riconoscere Chi è quell’Uomo! Comprendete voi questo?

29. Sì, voi ormai dovreste comprenderlo, a meno che non siate più ciechi del centro della Terra! Ora ho finito di parlare. Fate come vi ho detto e riconoscerete la vostra grande cecità nel Nome del Signore! Amen!»

30. Solo a questo punto si dischiusero gli occhi a tutti e, battendosi il petto, essi riconobbero come stavano le cose.

 

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Cap. 3

Lo sbalordimento degli uomini

Le chiacchiere e i sospetti delle donne invidiose sulle quattro prescelte

Il buon parere di Aora

29 marzo 1843

1. Dopo un tempo di un quarto di giro d’ombra (circa un quarto d’ora), i padri e l’altra compagnia degli abitanti dell’Oriente si ripresero dallo sbalordimento, ma nessuno sapeva quale comportamento avrebbe dovuto tenere. Perciò si guardavano tutti sconcertati e si chiedevano, per così dire, in modo muto: «Che cosa vuol dire ciò? Che cosa sarà di noi? Che cosa mai abbiamo fatto?». Ma a tutte queste domande, poste in sé in modo muto, da nessuna parte sembrava voler venire una risposta!

2. Però anche il gruppo delle donne che si trovava ad una certa distanza osservò che tra gli uomini doveva essere accaduto qualcosa di importante, visto il loro comportamento alquanto misterioso e il fatto che tutti, stretti assieme, sembravano confabulare tra di loro. Per conseguenza, non già forse il loro lato debole, bensì il loro lato anche troppo forte, e conosciuto con il nome di ‘curiosità’, le spinse immediatamente tutte insieme ad avvicinarsi agli uomini per tentare di scoprire, ascoltando, che cosa mai di interessante fosse potuto accadere.

3. Una di loro però, strada facendo, domandò alla vicina: «Cosa pensi tu che possa preoccupare gli uomini?»

4. La vicina però, assumendo un’espressione che voleva essere importante ma che certamente – come al solito – non diceva nulla, rispose: «O sorella! Deve senza dubbio trattarsi di qualcosa di terribilmente singolare; è un miracolo in ogni caso. Se ci fosse almeno qualcuno disposto a dirci che cosa è avvenuto!»

5. E un’altra disse: «Senza dubbio ci deve essere di mezzo quell’uomo molto strano»

6. «Sì, sì», così l’interruppe immediatamente una quarta, «quell’uomo ripugnante si è ritirato del tutto solo, come sapete, nella capanna con le quattro false prostitute della castità! Egli, dunque, non essendosi azzardato a fare il comodo suo con le quattro qui fuori sotto i nostri occhi costumati, ha preferito ritirarsi là dentro!»

7. E una quinta aggiunse: «Hai ragione; là certo egli si trova molto più al sicuro ed anche parecchio di più a suo agio! Io del resto ho avuto già occasione di dire a Lamech e ad Hored, così, di sfuggita, come qualche volta succede: “Non voglio essere per voi un cattivo profeta, però state bene in guardia, perché di un sangue tanto bello, giovane e ardente, non ci si può di sicuro fidare in nessun caso!”

8. Ed ecco che ci siamo: e ben gli sta ai nostri saggi uomini, i quali vogliono sempre turare la bocca a noi, donne esperte!

9. No! C’è proprio da morire dalle risate oppure da morire dalla rabbia! Proprio sotto il loro sapientissimo naso questo incantatore del Mezzogiorno, del quale ho già sentito dire più di una cosa, si porta via le loro perle delle terre del Mattino, come le chiamano ormai loro!

10. E adesso, certo combattuti tra il timore e la gelosia, stanno confabulando senza sapere, nella loro alta sapienza, che pesci pigliare!

11. Il più forte di loro (Sehel) egli lo ha fatto sparire con le sue magie, e anche loro non potrebbero attendersi niente di meglio caso mai venisse loro in mente di opporsi con la violenza!»

12. Allora una sesta intervenne, e disse: «Si, è vero, tu hai certo ragione, perché io ho ben visto ed udito tutto, quando Enoch poco fa se ne andò per cacciare via quel mago dal luogo sacro! Il mago però non volle saperne di andarsene! E allora Enoch mandò Purista dal mago, probabilmente per intenerirlo e per allontanarlo, per così dire, per mezzo di una ontro magia; sennonché, fallito il tiro e battuto anche il signor Enoch! Il mago incantò subito anche la sacerdotessa Purista, e questa si precipitò subito dal mago

13. Ma una vicina a questo punto si fece pure lei innanzi e volle rettificare quanto asserito dall’altra, dicendo: «Sorella, io ho visto meglio quanto è avvenuto! Il signor Enoch aveva bensì l’intenzione di mandare là Purista, ma aveva scambiato appena qualche parola con lei a tale riguardo, che lei era già ammaliata, ed emise un grido – probabilmente nel momento stesso in cui fu catturata dalla magia – e poi naturalmente si precipitò di corsa incontro al mago, già del tutto fuori di sé e senza vedere nient’altro, stramazzando a terra vicino a lui come era appunto desiderio del mago

14. Allora l’oratrice di prima riprese la parola e osservò: «Sì, sì, hai ragione; le cose sono andate proprio così! Ma cosa volevo dire ancora? Ah, sì, ora ci sono! Dopo che fu accaduto questo, il saggio signor Enoch ha voluto mandare là il forte Sehel! Ma quando questi, afferrato il mago per la mano, volle trascinarlo giù dalla collina, allora il mago fece il suo incantesimo e Sehel scomparve, Dio sa dove! E adesso gli asini stanno sul monte e, a dirla sinceramente, con tutta la loro sapienza non sanno da che parte voltarsi!»

15. E ancora un’altra assidua ascoltatrice di simili edificanti commenti aggiunse, ridendo con ironia: «Ah, sarebbe davvero da ridere a crepapelle se questo passabile incantatore volesse soffiare via da sotto il naso dei sapienti signori queste quattro perle delle terre del Mattino, queste rose primaverili bagnate dall’eterna rugiada dell’aurora, e chi più ne ha più ne metta! Io credo che allora i signori si toglierebbero dagli occhi le perle e le rugiade!»

16. Inoltre, un’altra disse: «Se proprio adesso capitasse Jehova, il Signore, come Egli aveva annunciato a Purista, allora vorrei vedere il ‘piccolo’ imbarazzo dei sapienti signori!»

17. Vi fu però una pronta a ribattere: «Oh, possiamo stare certe; il Signore indugerà senz’altro alquanto a lungo! Infatti in simili circostanze scandalose Egli non verrà in eterno, a meno che non venga armato di una sferza punitrice di fuoco, che giungerebbe molto a proposito per il mago, per i quattro occhi del cielo ed anche per i signori traboccanti di sapienza!

18. La vecchia madre Eva, del resto quanto mai rispettabile, è tuttavia sempre interamente del parere degli uomini! Con lei non c’è niente da fare quando si tratta di lagnanze contro un qualche uomo; anzi, in un caso simile ci si rimette del proprio! L’abbiamo visto prima – e c’era davvero di che ridere – quando la moglie di Uranion le espose le sue lagnanze, che specie di lavata di capo dovette pigliarsi al posto di una consolante giustificazione (cfr: GFD vol.2 cap.280, 20-26)! E noi tutte dovemmo inghiottirci il nostro giusto sdegno e poi stare zitte come un topo davanti al gatto! No! In verità, chi trova che ciò sia giusto, costui deve avere attinto la sapienza, io non so proprio da quale sorgente!»

19. E un’altra ancora si intromise osservando: «Che cos’è accaduto ai nostri signori? Oh, questo io lo so perfettamente! Essi sono tutti innamorati cotti (delle quattro donne)! Il mago ha mandato tutti i loro piani a rotoli; perciò adesso confabulano tutti sconcertati!

20. Ebbene, sapete voi da quanto tempo l’antichissimo padre Adamo ha addirittura accolto in casa sua la bella e giovane Pura? E da quella volta egli si fa sempre accompagnare da lei sull’altura e si dice anche che è stato visto che la baciava!»

21. E una vicina aggiunse subito: «Eh, eh, questo che ora vi dico sarà qualcosa di nuovo! Infatti, io l’ho visto con i miei propri occhi! Non solo baciata, ma l’ha anche accarezzata, e questo chissà con quali pensieri certamente irrealizzabili! Oh, sì, i signori, i signori, c’è davvero da esserne contente! Di loro non ci si può fidare se non quando se li ha sott’occhio, ed anche così, appena, appena…»

22. Ma una che era dalle terre del Mattino, tra le più giovani sorelle di Aora, in età di circa sessant’anni – quindi per quei tempi ancora molto giovane e ancora nubile – avanzò nel mezzo del gruppo e disse: «I nostri discorsi mi fanno proprio l’impressione come se si volesse battere della paglia vuota per cavarne fuori dei chicchi di grano!

23. Da come vedo io le cose, sarei invece propensa a sostenere che in voi non parla che la più bruciante gelosia, e che siete voi ad aver la maggior parte della colpa di tutto ciò che vorreste attribuire ai signori, mentre questi sono sempre stati degli uomini saggi!

24. Io oso affermare con sicurezza che ciascuna di noi si sarebbe lasciata ammaliare dal magnifico uomo senza la minima obiezione, se solo l’uomo avesse voluto ammaliarla!

25. Ma siccome l’uomo non ha fatto così per delle buone ragioni, anzi vi ha mandato via dalla collina, ecco che ora egli deve anche essere per voi un uomo abominevole! Oh, questo lo trovo molto naturale!

26. Anche a me egli aveva fatto cenno di avvicinarmi a lui; però, se non avessi avuto tanto timore di voi, avrei fatto anch’io come mia nipote Purista!

27. Ma adesso, in seguito ai vostri discorsi, sono ormai libera da qualsiasi timore, e so bene quello che dico, né sono affatto impazzita. Però fate bene attenzione voi, del resto alte madri e sorelle: – quando il Signore Jehova verrà – se Egli non è già venuto – allora a voi andrà male, e chissà che le quattro perle non si trovino in condizioni migliori di tutte noi qui e degli stessi signori che sono là e che voi avete ingiuriato, poiché ho visto un forte splendore dietro a quell’uomo, e chi di noi può sapere se quell’uomo da voi schernito non sia forse invece il Signore stesso? E se fosse così, che cosa ne sarebbe poi di voi?».

28. A questo punto tutte le donne ammutolirono e furono colte da una grande paura.

 

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Cap. 4

Il colloquio dell’afflitta Mira con Enoch

30 marzo 1843

1. La giovane oratrice, che si chiamava Mira, si accorse ben presto quanta e quale sensazione lei avesse suscitato in tutte le donne con le sue poche parole, e tra sé pensò: «Come andrà a finire adesso? Le madri e le sorelle sono diventate all’improvviso tutte mute, e ciascuna faccia è rigida per la grande angoscia e per un indicibile spavento!

2. Qualcosa bisognerà pur fare; non si può lasciare in questo stato deplorevolissimo le madri, del resto degnissime, e le care sorelle!

3. Ma io so già quello che farò! Io me ne andrò tutta sola da Enoch, dato che le madri e le sorelle non si azzardano più a muovere un passo, e voglio intercedere per tutte; egli saprà bene appianare le cose con le madri che ora sono tanto spaventate! Sì, certo, questo mi pare un pensiero davvero assennato; mettiamolo perciò anche immediatamente in pratica!»

4. ‘Detto e fatto!’, questo era stato sempre il buon sistema di Mira; perciò lei andò immediatamente da Enoch e gli raccontò tutto quello che era accaduto.

5. Tuttavia Enoch, quasi chiamandola a rispondere di quanto è accaduto, le disse: «Ma perché hai parlato in modo così impertinente, suscitando con ciò tanta angoscia nelle madri e nelle sorelle?

6. Vedi, come ora hai trovato da sola la via per venire da me, così l’avresti dovuta trovare ancora prima di far precipitare le madri e le sorelle nell’angoscia, e venirmi a dire, nel Nome del Signore, dell’errore in cui erano cadute le madri e le sorelle, e così la cosa si sarebbe potuta appianare solo sulla via dell’amore; ma adesso, in seguito alla tua maniera un po’ troppo spiccia, purtroppo hai formalmente preparato alle madri e alle sorelle un vero giudizio, e non si può più appianare la questione così facilmente come forse tu credi!»

7. Quando Mira ebbe udito queste parole da Enoch, gli replicò senza paura: «Padre Enoch, tu certo sei un sapiente, e oltre a questo ancora l’unico e sommo sacerdote saldamente stabilito dal Signore stesso, ma nel mio caso non credo di avere proprio sbagliato, perché è doveroso badare senza dubbio più ai diritti di Dio che non a quelli degli uomini, quando questi non concordano con i diritti divini!

8. Le madri e le sorelle, si sono lasciate trascinare da un cieco zelo, come spesso avviene con le donne, e tra di loro hanno fatto delle asserzioni che sono false e contrarie ai diritti divini; considerato ora che ciò doveva necessariamente trovare in me opposizione e che per effetto del mio interiore sentimento di giustizia non potevo più sopportare che il santissimo e migliore Padre fosse ulteriormente dileggiato così gravemente nella Sua perfettissima Simmetria umana, allora anch’io mi interposi e dissi semplicemente la mia opinione. Ma del fatto che le mie poche parole possano aver turbato così tanto le madri e le sorelle, di questo non credo che la colpa possa essere attribuita a me!

9. Perciò, o caro padre Enoch, non devi serbarmi rancore, perché le mie intenzioni erano buone, e mai, neanche minimamente, cattive!

10. Vedi, io voglio bene di tutto cuore alle madri e alle sorelle, e tu questo lo puoi già dedurre dal fatto che io – nonostante quell’uomo magnifico avesse fatto anche a me cenno di raggiungerlo come con le altre quattro ed io avessi pure percepito all’istante in me un incitamento quasi irresistibile a fare così – tuttavia, per timore e rispetto, mi trattenni presso le madri e le sorelle!

11. Pertanto, o caro padre Enoch, adesso ti dico con totale fermezza, che se quell’uomo mi facesse ancora una volta cenno di andare da lui, allora non solo lascerei immediatamente tutte le madri e le sorelle, ma lascerei anche tutto il mondo e volerei senza esitazione incontro a lui, perché in quell’uomo si cela molto di più di un semplice uomo! Questa cosa io la so con tutta certezza!»

12. Allora Enoch disse a Mira: «Ascolta, tu sei davvero tremendamente assennata, come di raro è dato di riscontrare in un’altra persona del tuo sesso! Ma se proprio di tutto cuore vuoi bene alle madri e alle sorelle, allora forse non ti dovrebbe essere neanche troppo difficile aiutarle direttamente con la tua assennatezza!»

13. E Mira rispose ad Enoch: «Sì, caro padre Enoch, a giudicare dal tono sempre elusivo delle tue parole, non mi resterà infine davvero altro da fare! Veramente, già venendo qui mi si era affacciata alla mente la considerazione che presso di voi non avrei trovato proprio il grado massimo della misericordia! Se almeno potessi andare da quell’uomo; egli certamente mi esaudirebbe prima di voi!»

14. Allora Enoch le disse: «E sia pure! Ecco, l’Uomo è nella capanna, e la porta è aperta! Io non voglio impedirti di cercare aiuto presso di Lui; perciò tu puoi senz’altro entrare se credi che Egli ti esaudirà prima di me!»

15. E Mira disse: «Oh, basta che ciò mi sia concesso, dato che io non sento alcun timore!»

16. E a se stessa: ‘Rallegratevi, voi povere madri e sorelle; vi sarà dato aiuto anche senza l’intervento di Enoch!

17. Coraggio dunque; quell’uomo splendido ha certo un cuore migliore del vostro, o caro padre Enoch, e non mi passerà tanto al setaccio quando gli racconterò la mia necessità, ma invece mi aiuterà!’

18. E detto questo, entrò di proposito nella capanna.

 

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Cap. 5

Mira entra nella capanna ma rimane delusa dalle parole del Signore

Il perché della sua prova, poi la sua miliazione e l’accoglienza del Padre

31 marzo 1843

1. Ma quando Mira fu giunta sana e salva nella capanna presso il Signore, a lei non ancora del tutto conosciuto, Egli si alzò immediatamente e le disse con accento alquanto serio: «Come mai, o Mira, vieni ora che non ti ho fatto alcun cenno, mentre non sei voluta venire prima quando ti ho fatto un tale cenno? Oltre a ciò, Io ho dato pure ad Enoch un comandamento, secondo il quale nessuna donna avrebbe dovuto varcare la soglia di questa capanna, e nonostante questo tu sei entrata! Come è avvenuto ciò?»

2. Tali parole e tale tono alquanto inquisitorio, scosse da principio un po’ il coraggio della nostra Mira; tuttavia ben presto lei riacquistò animo, perché tra sé e sé pensava: ‘Se è il Signore, allora Egli certo non vorrà dare un’interpretazione tanto tremendamente seria alle Sue parole, e si lascerà senza dubbio commuovere dalla preghiera che sorge dall’intimo del mio cuore; e se invece egli non è che un rigido ed arido sapiente, allora, nel peggior dei casi, me ne andrò come sono venuta!’

3. E solo dopo queste riflessioni, lei aprì la sua bocca e disse un po’ timidamente, ma rincuorata: «È vero che io, tutto sommato, ho fatto male, ma se poi penso che a ciò mi costrinse la sofferenza del mio cuore e che Enoch non mi ha detto del comando di non dover venire qui dentro, allora trovo che non ho fatto male!

4. Poiché, chi potrebbe, chi vorrebbe biasimare uno che soffre se egli, nella sua grande sofferenza, invoca aiuto o se da sofferente cerca aiuto, e ciò poi del tutto particolarmente quando chi invoca e cerca aiuto è una povera e debole donna quale sono io?

5. Ma che male ho fatto io effettivamente? Non è bene se una donna ama e teme Dio di più che non tutti gli uomini, che, anche presi assieme, in rapporto a Dio sono senza dubbio meno che nulla?

6. Così è pure accaduto che alle madri e alle sorelle ho detto la mia opinione, ma io non potevo sapere in anticipo che le mie parole avrebbero avuto una ripercussione tanto dolorosa in loro! Se lo avessi saputo, certo avrei anche potuto tacere; ma adesso quello che è fatto è fatto! Ora però voglio risarcire mille volte il danno causato dal mio errore, e questo, credo che non possa assolutamente essere sbagliato!

7. Tutte queste cose le ho dette anche al padre Enoch, ma lui non ha avuto cuore per me e per la mia grande sofferenza. Perciò mi affrettai a venire da te, pensando che tu saresti stato più misericordioso di Enoch; però, a giudicare dalla tua prima accoglienza, non sembra che da te traspiri misericordia maggiore di quanta ne abbia dimostrata Enoch!

8. Del resto, devo dirti e confessarti apertamente che, dal tempo in cui il Signore per parecchi giorni sull’altura non insegnò nient’altro che l’amore, gli uomini mi sembrano diventati – e veramente anche lo sono – molto meno misericordiosi di quanto lo fossero prima; e questo secondo me non è affatto un buon segno.

9. Ma se invece dipendesse da me, io vorrei venire all’istante in aiuto a tutto il mondo, nonché a una povera e debole donna, la quale tanto da Dio quanto dalla natura è senza dubbio costituita sotto ogni aspetto in maniera incomprensibilmente più svantaggiosa e sofferente di qualsiasi uomo!

10. Vedi, ora io ho finito e ti ho parlato come mi ha suggerito il cuore! Se non approvi quello che ti ho detto e se forse, senza volerlo, ti ho in qualche modo offeso, allora tu hai potere sufficiente per mandarmi via o per fare di me quello che tu prima là fuori hai fatto di Sehel, perché certo è meglio ‘non essere’ che esistere in un mondo dove gli uomini hanno cuori di pietra e nei quali non vi è traccia di misericordia!»

11. Allora il Signore così le parlò: «Ma ascoltaMi un po’, Mira! Vedi, questa è stata una risposta davvero lunga alla Mia breve domanda! Una buona metà avresti potuto benissimo tenertela per te, e dell’altra non farne parola, perché Io so meglio di te qual è il punto che proprio veramente ti duole!

12. Ma perché tu possa convincerti che ho ragione, voglio dirti qual è la vera e propria causa della tua sofferenza; e dunque ascoltaMi:

13. Ecco, le tue madri e le tue sorelle sono gelose, e pure tu lo sei! Le tue madri, per gelosia, hanno parlato male di Me e del Mio comportamento, e poi tu, incitata dalla tua gelosia, le hai solennemente ammonite, poiché tu, forte del cenno che Io ti feci, ti attribuisti su di Me, in segreto, un diritto maggiore rispetto alle altre alle quali Io non avevo fatto alcun cenno.

14. In seguito a quel Mio cenno tu ti accendesti improvvisamente di un impetuosissimo amore per Me, ma quando poi udisti le parole oltraggiose rivolteMi dalle madri e dalle sorelle, allora con ciò si sentì offeso il tuo amore in te, e così ti vendicasti mediante la tua buona opinione detta alle madri e alle sorelle!

15. E visto che la tua vendetta ha ottenuto un effetto alquanto più grande di quello che veramente ti eri proposta di ottenere, allora adesso questo ti opprime e vorresti volentieri venire in aiuto delle sofferenti, ma poiché una cosa simile non ti è possibile, allora tu cerchi aiuto.

16. Io ti dico che l’aiuto verrà di certo, anzi prima di quanto avresti potuto immaginare. Tu però ora esci fuori, e nel frattempo medita sul tuo errore; poi fa’ ritorno, purificata in te, qui da Me, ed Io allora ti accoglierò e ti benedirò come ho fatto con queste quattro!»

17. A questo punto Mira divenne tutta rossa per la vergogna e disse: «Oh, se Tu fossi il Signore, il mio cuore non starebbe così aperto dinanzi ai Tuoi occhi; ma Tu, certo, sei il Signore, e perciò non vi è niente di nascosto dinanzi a Te, ed io me ne andrò confortata fuori dalla capanna nella quale non sono degna di restare, poiché Ti ho visto e Ti ho riconosciuto interamente!

18. Perdonami però il mio peccato, come io perdono completamente di tutto cuore a chiunque qualsiasi offesa che mai abbia potuto recarmi!»

19. Il Signore allora disse: «Sì, ti perdonerei infinitamente tanto, se tu fossi una peccatrice, poiché tu Mi ami così potentemente! Tu invece sei pura, e allora rimani qui con Me secondo il tuo cuore, ed Enoch rimetterà in ordine ogni altra cosa! Amen!»

 

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Cap. 6

L’ardentissimo impeto d’amore di Mira la rende esamine

Il Signore, commosso, sparisce per non recarle danno

Disposizioni a Purista sul modo di preparare la mensa

1 aprile 1843

1. Queste parole sarebbero quasi costate la vita a Mira se lei non si fosse trovata davanti al Signore della Vita. Infatti il suo amore per il Signore, da lungo tempo nascosto, irruppe ora completamente, e vi era stata troppa poca preparazione per reggere a tanto impeto; perciò la nostra Mira si accasciò come inanimata sul suolo della capanna.

2. Ma allora il Signore la toccò immediatamente con un dito, e una nuova vita cominciò a pulsare in tutto il suo essere che prima giaceva quasi inanimato.

3. Tale cosa però era buona e nel Mio Ordine, perché è proprio così che ciascuno, in primo luogo, deve morire del tutto per il mondo, prima che egli possa accogliere in sé e poi sopportare la pienezza della forza e della potenza viventi del Mio Amore!

4. Ma quando Mira, rinata fuori dal Mio Amore in lei, fu così risuscitata, lei si sciolse in lacrime ardenti per l’immenso amore per Me e non fu capace di parlare con la sua bocca, perché tutto il suo essere si era trasfuso in una parola, la cui parola aveva in sé un significato maggiore di tutti i libri del mondo, poiché questa parola, di un’importanza infinita, si chiama “Amore”, vale a dire il puro, vero e vivo amore per Dio.

5. Ed è appunto in questa Parola di ogni parola e di tutte le parole che era trapassato tutto l’essere di Mira, e perciò lei piangeva fuori dalla pienezza di questa Parola, e le sue ardenti lacrime, che brillavano come diamanti, con le quali essa bagnava i Miei piedi, avevano un significato maggiore della più grande biblioteca del mondo.

6. In verità, Io dico, che allo stesso modo, anche la lacrima di un peccatore pentito che Mi abbia afferrato con tutto il suo amore, è per lui un bene più grande, perfino di mille mondi ricevuti in dono per il proprio godimento eterno!

7. Mira però non era mai stata una peccatrice, quindi anche il suo amore era come l’ardore intenso di un Sole-centrale, e le sue lacrime erano Soli come quelli che illuminano i pianeti.

8. Dunque, in un tale amore risorse Mira, e rivolse a Me, al suo Padre santo e amorosissimo, uno sguardo che in quel momento nessuno, all’infuori di Me, avrebbe potuto sopportare, poiché perfino il Mio Cuore, a causa di un simile sguardo, fu indotto ad arretrare alquanto, e ciò dal saggissimo fondamento dell’Amore.

9. Poiché, se Io stesso avessi lasciato completamente libero campo al Mio Cuore, questo avrebbe afferrato Mira con la sua onnipotentissima contro fiamma e, quale l’afferrato oggetto del più potente Amore, l’avrebbe consumata.

10. Anche per questo motivo Io Mi celai per breve tempo, e intanto Me ne andai da Enoch rendendoMi visibile solo a lui, e gli suggerii quello che avrebbe dovuto dire alle donne affinché esse Mi riconoscessero, senza che il loro amore divampasse troppo violentemente.

11. Anche a causa dei padri Io Mi sottrassi per un po’ ai loro sguardi, perché pure in loro, l’amore, ancora un po’ immaturo, ardeva appunto con violenza eccessiva, nella cui fiamma essi non avrebbero sopportato bene la Mia presenza visibile.

12. Nondimeno, dopo che le Mie ardenti innamorate ebbero notato all’improvviso la Mia assenza, anche la tempesta delle fiamme d’amore si calmò in loro, ed esse si guardarono l’un l’altra meravigliate, e l’una chiedeva all’altra: «Che significa ciò? Dove se n’è andato? Perché è scomparso così inaspettatamente? Lui era ancora in procinto di rivelarci qualcosa riguardo al Sole, e ora, mentre i nostri cuori ardevano, ci ha lasciato! Oh, ma questa è una cosa assai strana! Quando Lo si avrebbe voluto stringere con tutta la forza, ecco che Egli scompare!»

13. E Mira allora disse: «Neppure i miei occhi Lo vedono più, ma il mio cuore è colmo di Lui, e ciò è infinitamente di più di quanto io, povera peccatrice al Suo cospetto, possa meritare neanche in minimissima parte!

14. Purché io possa e mi sia lecito amarLo, questo è già abbastanza per me, perché ad ogni modo io so che la Sua presenza visibile è una grazia necessariamente rara da parte Sua.

15. Infatti, se Egli si trovasse continuamente in modo visibile tra noi come un uomo qualsiasi, allora certamente l’amore per Lui diverrebbe sempre più crescente e alla fine non sapremmo più che cosa fare; oppure potrebbe darsi che la Sua presenza finirebbe col diventare tanto abituale da considerarLo del tutto come un qualsiasi altro uomo!

16. Per queste ragioni Egli sa già ciò che è buono e giusto, ed Egli se ne va al tempo opportuno come al tempo opportuno anche ritorna!»

17. A questo punto il Signore entrò di nuovo visibilmente nella capanna e disse a Mira: «Giusto! Tu hai completamente indovinato: Egli va’ e viene sempre quando è bene! Perciò Lui è anche già nuovamente qui, come vedete!»

18. Un grido della più evidente gioia fu la ripetuta accoglienza per il Signore, e tutte si prostrarono ai Suoi piedi.

19. Ma Egli le risollevò subito tutte e con loro si mise di nuovo a sedere alla mensa; poi disse a Purista: «Fa un po’ attenzione al focolare e vedi come vanno le pentole e regola un po’ di più il fuoco, altrimenti esso agisce in un punto con troppa forza e in un altro invece si fa più debole! Infatti, quando i padri entreranno nella capanna, la colazione deve essere già pronta; datti dunque da fare, Mia cara figlia!»

20. E Purista si accinse immediatamente al lavoro e fece secondo il comandamento del Signore. Dato però che la frutta era già molto tenera, lo fece sapere al Signore.

21. E il Signore allora disse: «Sta bene, servila pure sulla mensa, e intanto Mira andrà dai padri e annuncerà che la colazione è ormai pronta e che perciò essi possono entrare! Così sia fatto! Amen!»

 

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Cap. 7

L’inutile invito di Mira ai padri a prendere parte alla colazione nella capanna rimane infruttuoso

L’esortazione del Signore all’umiltà

Un rinnovato invito ai padri è coronato da successo

3 aprile 1843

1. Tale incarico colmò di grande allegria la nostra Mira, e lei uscì tutta lieta e disse ai padri che, essendo la colazione già pronta, entrassero nella capanna secondo la Volontà del Signore.

2. Ma siccome Enoch non era presente in quel momento, essendo ancora occupato a qualche distanza ad appianare la questione con le donne, allora Lamech fece osservare a Mira: «Vedi, Enoch non si è ancora sbrigato con le sue faccende, e senza di lui noi non possiamo certo entrare nella capanna, poiché lui è spiritualmente il più anziano di tutti noi!»

3. E Mira replicò a Lamech: «Oh, questo non è certo un ostacolo! Enoch è dunque più del Signore? Invece la mia opinione è che ogni uomo deve l’obbedienza al Signore prima e in misura maggiore che non al suo simile. Enoch saprà senza dubbio quello che dovrà fare!

4. Io ho adempiuto all’incarico verso di voi e questo basta; non posso tirarvi dentro a forza, né il Signore mi ha detto di farlo! Dunque, fate come volete! Io sono libera e perciò ritorno nella capanna!»

5. Ma allora Lamech la richiamò e le disse: «Ascolta, mia bella figlia dal Mattino, le tue parole sono un po’ mordaci! Ebbene, che ne diresti – dato che i tuoi piedi hanno così tanta fretta – se invece di fare ritorno subito alla capanna, facessi un salto da Enoch e gli riferissi la stessa cosa che hai detto a noi?»

6. E Mira rispose: «Ah, ecco! Ma cosa pretenderesti ancora da me? Io però ti dico che non ne facciamo nulla, dato che non sta bene servire due signori; il Signore mi ha mandato solo qui!

7. Se però Enoch ti sta più a cuore del Signore, allora – per questa tua richiesta che mi hai rivolto – i tuoi passi sono il doppio più lunghi dei miei, e perciò con i tuoi piedi puoi anche raggiungere Enoch prima che lo possa fare io con i miei; e questo, te lo dico io nella metà del tempo!

8. Ma tutto questo nostro chiacchierare mi fa l’effetto di un rimescolio di paglia vuota dal quale, alla fine, non si ottiene altro che paglia sminuzzata e nessun chicco di grano; perciò me ne vado; in quanto a voi, potete fare come volete!»

9. E così dicendo Mira si mosse per ritornare alla capanna. Ma Lamech la trattenne nuovamente facendole un’altra domanda, che fu questa: «Ma Mira, o perla soave del Mattino, se il Signore ti diede l’incarico di chiamarci, non vorrai certo ritornare senza di noi alla capanna? Cosa dirà il Signore quando ti vedrà fare ritorno da sola?

10. Non ti farà Egli una seria osservazione e ti dirà: “Ma Mira, come hai eseguito il Mio incarico che ti diedi per i padri, se poi nessuno vuole venire?”

11. E se il Signore ti parlasse così, cosa potrai allora risponderGli a tua giustificazione?»

12. E Mira rispose brevemente a Lamech: «Non mi risulta affatto che il Signore mi abbia detto di condurvi nella capanna, bensì soltanto di invitarvi a venire! Ora così io ho fatto, ma la buona riuscita dell’invito non è più mio compito, perciò me ne vado!»

13. E Adamo si avvicinò ora a Mira e le disse trattenendola così ancora un po’: «Sì, mia cara figlioletta, basta che l’invito non parta dalla tua iniziativa, poiché, se così non fosse sarebbe già tutto giusto!»

14. Questo infastidì perfino Mira, la quale esclamò: «Oh, ma questo è sicuramente un peccato grave che commettete voi tutti se, invece di adempiere la Volontà del Signore annunciatavi tramite la mia bocca, continuate a stuzzicarmi e a spettegolare in piena regola su di me! No, questo è il colmo, ed io devo subito riferirlo al Signore!»

15. E detto ciò, entrò di corsa nella capanna e voleva immediatamente esporre al Signore le sue lagnanze nei confronti dei padri.

16. Il Signore però la prevenne e le domandò: «Mira, com’è che ritorni da sola? Dove sono i padri?»

17. Mira all’inizio rimase alquanto imbarazzata, ma poco dopo rispose: «Ah, o mio migliore, santo ed amorosissimo Padre, i padri lì fuori sono molto cattivi e disobbedienti! Io ho fatto precisamente così come Tu avevi detto; essi però… no, io non voglio neppure dirlo!»

18. E il Signore disse: «Ma cosa mai avranno detto?»

19. Mira però replicò: «Se proprio vuoi assolutamente saperlo, Tu certo puoi saperlo senza che sia necessario apprenderlo da me!»

20. Ma il Signore allora le disse: «Vedi, tu poco fa hai esortato i padri all’obbedienza, e ora, vuoi essere tu disobbediente al Mio cospetto? Come si possono conciliare queste cose?»

21. E Mira rispose: «Signore, Tu certo leggi nel mio cuore, e vedi che in esso non c’è alcuna disobbedienza verso di Te!»

22. E il Signore le replicò: «Ecco, Io so che tu sei una creatura purissima! Tuttavia il tono delle tue parole ai padri è stato un po’ troppo brusco, perciò essi ti hanno fatto comprendere che ad una fanciulla non è mai lecito parlare a loro in tal modo, bensì sempre con la massima umiltà! Va’ perciò nuovamente fuori, e fa loro ancora una volta il tuo invito, e vedrai che poi essi ti seguiranno!»

23. A questo punto Mira uscì subito nuovamente e ripeté l’invito ai padri, ed essi risposero immediatamente a questa nuova chiamata; e siccome Enoch nel frattempo aveva sbrigato la questione con le donne, si mise alla testa dei padri e li condusse tutti nella capanna.

24. E Adamo cadde ai piedi del Signore e Lo ringraziò per tale grande Misericordia, perché non appena i padri ebbero varcato la soglia della capanna, fu loro aperta la vista interiore ed essi furono messi al corrente, in pochi istanti, degli avvenimenti e videro quali erano in quel momento le condizioni della pianura, e perciò glorificarono il Padre da ogni loro profondità della vita.

 

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Cap. 8

La colazione nella capanna di Purista

Il Patto d’amore con i figli della Terra e la comunione visibile tra Cielo e Terra

4 aprile 1843

1. Dopo che tutti i padri, i sette messaggeri e ancora altri padri e altri figli della regione del Mattino, avendo avuto la visione chiarissima della situazione della pianura, ebbero reso gloria e onore al Padre di ogni Amore e di ogni Santità dal più intimo fondamento della loro vita, il Signore disse loro di rialzarsi subito e, secondo la Sua promessa, li invitò a prendere posto per la prima volta alla mensa nella capanna di Purista per mangiare dei cibi cotti.

2. Allora si alzarono tutti immediatamente e presero posto alla mensa del Signore che era adeguatamente grande, poiché la capanna di Purista non era così piccola com’è nel vostro tempo attuale (1841)  la capanna di un contadino oppure come un rifugio di montagna, bensì era tanto spaziosa che dentro avrebbero certo potuto trovare posto sufficiente anche settemila persone. Malgrado ciò la capanna veniva chiamata piccola, ma non per indicarne un’eventuale carenza di spazio, bensì per significare soltanto la sua umiltà.

*

3. Quando tutti i padri si furono seduti alla grande mensa filiale del Padre santo nella capanna e si furono pure tutti ristorati con i cibi ben cotti, allora il Padre disse a tutti: «Ora il buon ordine è ristabilito su tutta la Terra; perciò anch’Io Mi trovo nuovamente con voi, e ora, mediante la Mia visibile presenza sostanziale, benedico in voi l’intero cerchio[1] della Terra!

4. Infatti ora è stabilita una nuova unione tra Me, i Miei angeli e la Terra; per questa ragione ho fatto preparare questo banchetto della gioia con frutta cotta, affinché con ciò diventi memorabile per tutta la Terra il fatto che Io, l’eterno Padre dei figli di questa Terra, sono ora diventato un Dio per loro, un Signore e un vero Padre, e che ora ho stabilito con loro un patto in modo che tutti debbano essere, conformemente a questo patto, in questo modo, Miei veri figli, come Io sempre e in eterno voglio essere il loro amorosissimo Padre santo.

5. Io però adesso dico a voi tutti: “Se voi rimarrete fedeli a questo patto, che è il Mio Amore per voi e il vostro amore per Me, anche la comunione visibile tra la Terra e i Cieli permarrà in modo continuo.

6. Ma se voi abbandonerete questo patto ed infrangerete questa sacra unione, allora la Terra si inabisserà di nuovo nella profondità di prima, e sarà avvolta da densissime nuvole, attraverso le quali nessuno sarà più in grado di vedere Me né i Miei Cieli.

7. E se la Terra in questo stato cadrà e si inabisserà sempre più, allora essa precipiterà nel suo proprio giudizio, e Io poi non parlerò più, come faccio adesso, con i suoi figli come un Padre colmo d’Amore e di Dolcezza, bensì come un Dio eterno Io tuonerò ad essa i Miei Giudizi nel Fuoco dell’ira!

8. E coloro che sopravvivranno dovranno attendere a lungo prima che un nuovo patto d’amore venga stabilito in maniera incruenta, e con una simile nuova istituzione Io Mi concederò così tanto tempo, che tutti i popoli languiranno prima che da parte Mia il patto sia completamente rinnovato!

9. Ma se questo patto sacro, adesso completamente concluso con voi, ora veramente figli Miei, non sarà infranto tramite un ripetuto passaggio alla morta esteriorità del mondo, allora Io rimarrò presso di voi come voi rimarrete presso di Me, e sulla Terra sarà così come nei Cieli, né tra di voi regnerà più la morte, bensì, come voi tutti avete visto che Io ho richiamato a Me Sehel, e prima di lui Zuriel, il genitore di Ghemela, similmente Io richiamerò voi tutti a Me, e farò poi di voi nello spirito dei potentissimi operatori d’amore su tutti gli esseri e su tutte le creature nelle Mie infinite regioni della Creazione!

10. Infatti laddove voi, con i vostri occhi, vedete sul firmamento forse solo un puntino, ebbene là, nella Mia Onnipotenza eterna, pullula un numero sterminato di mondi, tutti portatori [di esseri] della vostra specie. E al di là dei mondi vi sono, in spirito, infiniti luoghi spirituali dove dimorano gli spiriti, di cui una sola dimora abbraccia di più di quanto possa offrire l’intero, infinito e visibile spazio esterno!

11. Dunque voi ora vedete anche la vostra destinazione eterna e la facile via che vi conduce; nessuno però può giungere a tale destinazione finché egli, per tale scopo, non sia diventato completamente maturo fuori dal Mio Amore.

12. E quando Io chiamerò qualcuno, allora la Mia chiamata lo spoglierà del pesante carico dell’involucro materiale della carne, e poi egli stesso entrerà ben presto nella grande magnificenza dell’eterna, immortale Vita dello spirito d’amore.

13. Ma affinché voi possiate rendervi conto di come si vive nello spirito, Io voglio aprirvi del tutto la vostra vista interiore!

14. Guardate dunque i tre che sono qui con noi che sono trapassati nell’aldilà, e intrattenetevi voi stessi con loro, affinché con ciò possiate rendervi conto del fatto che la vostra esistenza in Me non avrà mai più fine in eterno, e nello stesso tempo anche del fatto che il drago è sempre un gran mentitore!

15. Intrattenetevi dunque, e fatevi raccontare come lo spirito viva, domini e dimori in eterno liberamente in perfetta beatitudine! Amen!»

 

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Cap. 9

L’apparizione di Abele, di Sehel e Zuriel grazie alla vista interiore aperta

Conversazione con gli spiriti

5 aprile 1843

1. Allora tutti i padri si rallegrarono oltre misura. Adamo ed Eva si affrettarono ad andare verso Abele, Set si avvicinò a Sehel, e Ghemela a Zuriel, e conversarono riguardo alle cose dello spirito e riguardo alla vita dello spirito al massimo grado libera e perfetta, e quindi anche supremamente beata.

2. E Set domandò a Sehel: «Figlio, quale impressione fu la tua quando il Signore ti ebbe sciolto dai lacci materiali di questo mondo?»

3. E Sehel rispose a Set: «Vita a te e vita nella tua domanda! Io ero nell’alito; un tremore percosse l’etere, la cintura del Sole si squarciò e così io mi trovai libero, una vita nell’infinito.

4. (ero) Una luce! Io penetrai l’Universo, e la luce tolse gli esseri; e gli esseri tolti diventarono un nuovo essere, e vidi una nuova vita nella nuova luce, e il Padre era dappertutto il Fondamento di ogni Luce e di ogni vita, la Luce fuor dalla Vita.

5. E ora io sono una perfetta Unità, e vivo in modo libero una vita possente, eterna e colmissima di luce (proveniente) dalla Vita di ogni vita in Dio.

6. Vedi, padre Set, così era, così è e così sarà e rimarrà in eterno, considerato che ogni secondo (di tempo) successivo, respira una vita veniente più perfetta di quella (del secondo) che l’ha preceduto!

7. Credilo, padre Set, perché quello che tu ora vedi e senti, non è affatto un’illusione ottica e nemmeno uno stordimento del tuo udito, bensì tutto è assoluta verità e pienissima realtà; ma quello che invece tu vedi nel mondo esteriore, non è che la corteccia dell’albero e la buccia della verità, e perciò, rispetto alla realtà, è come una regione il cui suolo sia ricoperto da fitta nebbia e da nuvole tenebrose.

8. Là, però», e dicendo ciò Sehel indicò il Signore, «là, o padre Set, si trova perfettamente la Vita della vita e la Luce della luce!

9. Ascolta la Sua Parola; essa è il fondamento di ogni esistenza! Dalla Sua Parola siamo proceduti io e te, ed ogni esistenza ha la sua origine nella Parola del Padre.

10. Quando Egli parla qui, da ciascuna Sua Parola sorgono realizzazioni sostanziali di infinite profondità, e nuove schiere di soli e di mondi iniziano il loro primo giro eterno lungo la loro orbita.

11. Perciò ascoltate quanto dice il Padre, e serbate in voi la Sua Parola, e voi tutti giungerete a comprendere che chi ha in sé la Parola del Padre, ha in sé anche la vita eterna!

12. Infatti la Sua Parola è sostanza, e il suono delle Sue parole è il fondamento di tutte le cose.

13. A Lui dunque sia reso in eterno ogni onore, ogni lode, ogni gloria e ogni amore! Amen!»

14. Queste parole di Sehel fecero grande impressione sull’intera compagnia, e tutti lodarono e glorificarono il Padre della vita per aver conferito agli angeli, nella Sua grazia, tanta alta sapienza e potenza.

15. E allora Adamo chiese ad Abele: «Mio dilettissimo figlio, che io ho tanto rimpianto, sei pure tu capace di tali parole quali sono appena sgorgate come un torrente impetuoso fuori dalla bocca di Sehel?»

16. Abele però rispose ad Adamo: «Padre della Terra dell’uomo, né Sehel, né io, bensì il Tutto nel tutto è Dio, il Padre eterno e santo; infatti la nostra parola è la Sua Parola, come il Suo santo Volere è sempre il nostro volere!

17. Infatti, per lo spirito non esiste altra parola all’infuori della Parola del Padre, come pure non esiste alcuna vita se non unicamente la Vita del Padre.

18. Ma chi vive (attingendo) da Dio, costui parla anche [attingendo] da Dio; quindi chiunque viva (attingendo) da Dio, può anche, (attingendo) da Dio, proferire parole di Dio, cioè parole di Vita!

19. Se qualcuno si alza e dice: “Io ho raccolto sul mio terreno!”, costui è un mentitore come il drago antico, il quale, appropriandosi della misericordia del Padre, così parla: “Io sono un signore del Signore e posso percuoterLo quando voglio”. Mentre egli in sé e per sé è certamente l’essere più percosso che vi sia.

20. Ecco, padre, così avviene che allo spirito puro riesce quanto mai facile parlare ed agire in tutta la forza e la potenza del Padre, perché nel Padre si ama, si vive e si respira liberissimamente! A Lui dunque vada ogni amore in eterno! Amen!»

21. Queste parole di Abele intenerirono Adamo e fecero piangere Eva, e Adamo esclamò ad alta voce: «O Dio, o Padre santo, io certo vivo ancora volentieri con i Tuoi figli su questa Terra, ma preferirei trovarmi dove si trova il mio e il tuo Abele!»

22. Ma il Signore gli disse: «Ancora un breve tempo, e tu verrai alla pace! Amen!»

23. E Adamo chiese: «Che cos’è la pace?»

24. E il Signore rispose: «La pace è la risurrezione dello spirito alla vita eterna proveniente da Me!

25. In verità, finché Io non risorgo in te, tu rimarrai; ma quando Io risorgerò in te, allora anche tu risorgerai alla luce della vita nella carne dell’Amore e della Parola proveniente da Me!

26. Sii dunque tranquillo, e mangia e bevi finché non siano la Mia Carne e il Mio Sangue a venirti a destare! Amen!»

 

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Cap. 10

Le domande di Ghemela sulla vita nell’aldiquà e nell’aldilà

La risposta dello spirito Zuriel: la vera morte è separarsi dal Signore

6 aprile 1843

1. Ma allora anche Ghemela domandò a suo padre Zuriel se vi fosse una grande differenza tra la vita di questo mondo e la vita dello spirito, e se l’uomo-spirito possa vedere anche il mondo naturale e gli uomini che vivono ancora nella carne in questo mondo.

2. E Zuriel le rispose: «Ascolta, o figlia del Signore, questa tua domanda è un po’ vana! La vita è dappertutto una e la stessa, e non vi può essere affatto differenza tra vita e vita quando essa è una vita proveniente dal Signore; ma se la vita non proviene dal Signore, allora essa non è più vita, bensì una perfetta morte, la quale è certo anch’essa conscia di se stessa. Nondimeno, una tale coscienza non è altro che un auto-inganno, in quanto tutto quello di cui è conscio un morto, è conformato come un sogno cattivo, nullo e vano, perché il suo mondo non ha alcun fondamento e tutto quanto egli possiede è più senza valore di una fuggevolissima schiuma!

3. Tu qui però non devi considerare la materia delle cose come se fosse morta per il fatto che di fronte a te essa non esprime nessuna coscienza per te, poiché questa non è morta – dato che in essa dimorano forze molto potenti ed essa, in sé e per sé, non è altro che un’espressione della forza e della potenza del Volere divino che si manifestano dappertutto – bensì per morto tu devi raffigurarti soltanto quello che, in seguito alla libertà di volere ricevuta dal Signore, ha avuto la possibilità di separarsi dal Signore e lo ha fatto con ostinazione, e poi in seguito vuole sussistere, per forza propria, senza Dio.

4. Certo che esso continua a sussistere per effetto dell’Amore e della Misericordia divini, ma in quale orribile maniera ciò avvenga, questa è tutta un’altra cosa.

5. Tu da tutto ciò, figlia mia nel Signore, puoi già dedurre che la vita vera e propria si esprime, dappertutto e in qualsiasi circostanza, in un modo unico e del tutto lo stesso.

6. Ma se tu non puoi ancora comprendere pienamente questa cosa, allora guarda un po’ il Signore! Vedi, Egli è in Sé e per Sé la vita perfettissima di ogni vita; tutta la nostra vita proviene da Lui! Trovi forse una qualche differenza tra Lui e me?

7. Tu rispondi: “Nessuna, in base a come si mostra visibilmente il Suo Essere!”

8. Bene, dico io a te, tuttavia in ciò che ora segue si trova la piena risposta alla tua domanda! Fa’ dunque bene attenzione: noi siamo quello che siamo da Dio, il Signore, e il nostro tutto è la Sua perfetta Simmetria!

9. Dunque, anche la nostra vita è del tutto sicuramente la Sua vita, e noi possiamo vivere, quando e dove vogliamo, non appena scorgiamo e comprendiamo il Fondamento della vita. Se noi teniamo rivolto il nostro cuore a Lui, allora conduciamo già una vita perfetta, ed è indifferente se siamo ancora nel corpo di carne oppure se siamo allo stato di spirito puro!

10. Chiedersi se poi lo spirito puro e sciolto (dalla carne) possa anche vedere il mondo naturale e tutto ciò che esiste su di esso, vedi, mia cara figlia nel Signore, questo è certo quanto mai superfluo! Se la vita vera e propria è dappertutto completamente uguale, allora vedere o no non farà certo alcuna differenza.

11. Chiediti invece se tu vedi il mondo con la tua carne, che in sé e per sé non è altro che materia del tutto insensibile, oppure se lo vedi con il tuo spirito fuori dalla tua carne!

12. Ecco, adesso si accenderà una luce in te! Dunque, se il tuo spirito, avvolto nella materia, può contemplare le cose, di altrettanto lo sarà certamente capace anche lo spirito libero e puro, purché il Signore lo voglia!

13. Ma se il Signore non vuole, allora né lo spirito libero, né quello in ceppi può vedere nulla, perché, come il Signore può togliere la vista al corpo, la stessa cosa Egli la può fare rispetto allo spirito.

14. Dunque, come tu ora, secondo la Volontà del Signore, vedi il mondo spirituale e quello naturale, così ugualmente vedo anch’io entrambi, ora come sempre, se tale è la Volontà del Signore, e se così è necessario!

15. Se noi spiriti abbiamo la missione di servire i mondi con grande potenza d’amore proveniente dal Signore, allora dimmi: come sarebbe possibile una cosa simile se noi non avessimo la precisa visione di ciò a cui noi dobbiamo servire?

16. Tu vedi adesso la materia da parte a parte, e puoi vedere me che sono uno spirito; ma così pure io posso vedere te, e così non c’è nessuna differenza tra la vera vita e la vita!

17. Certo, c’è differenza tra me e te, e questa è rappresentata dalla tua carne che non è capace di nessun moto spirituale, né può cambiare di luogo con tanta rapidità; tuttavia è facoltà del tuo spirito pensare a queste cose e percepirle in modo vivo!

18. Ecco, questo è ciò che ti è necessario sapere per il momento! Se tu stessa ti concentrerai sempre più profondamente nel tuo spirito, allora sperimenterai tutte queste cose in maniera vivissima, pur rimanendo ancora nel tuo corpo. E questo anche te lo auguro di tutto cuore nel Nome del Signore! Amen!»

 

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Cap. 11

L’appassionato rendimento di grazie di Ghemela

Una promessa del Signore a Ghemela quale futura madre di Noè, e a Pura quale futura madre di Gesù

Pura trapassa dalla Terra con la carne spiritualizzata

7 aprile 1843

1. E quando Ghemela ebbe appreso queste cose da Zuriel, ne fu immensamente lieta e andò subito vicino al Signore del Cielo e della Terra, e Gli rese gloria e lode nel suo cuore ardente per la grande Grazia concessale di aver potuto apprendere la beatificantissima notizia che la vita dello spirito è perfettamente simile alla vita di un uomo che vive ancora nella carne sulla Terra, che è nel pieno amore per Lui, il Padre santo colmo di ogni Amore e di Misericordia.

2. E il Signore, rivoltosi a lei, le disse: «Sì, così succede agli uomini: coloro che ricevono molto sono più ingrati di coloro che ricevono poco! Vedi, la Grazia che è stata concessa a te, è stata concessa pure in misura abbondantissima a tutti coloro che sono qui! Essi si sono ristorati alla Mia mensa, mentre tu con la tua piccola compagnia ti trovavi dall’altra parte, vicino al focolare, e finora non ricevesti nessun boccone dalla Mia mensa; tuttavia ancora nessuno è venuto da Me spintovi dall’amore come hai fatto tu!

3. Io però ti dico: – il Mio Cuore è la migliore delle mense! Se anche non ti sei ristorata alla Mia mensa, ora sarai ristorata con il Mio Cuore; e questo cibo è di certo incomparabilmente più buono e nutriente ancora di qualsiasi altro cibo, per quanto ben cotto!

4. In verità, Mia diletta figlia, Io ti dico che l’amore per Me, il Padre, nel cuore di un figlio ha un valore molto maggiore di tutta la sapienza, per quanto maestosa possa essere, e di tutta la scienza immaginabile!

5. Infatti chi possiede l’amore, costui possiede tutto; chi però ha l’amore soltanto a causa della sapienza, della scienza e della forza, anche costui avrà ciò che egli vuole, ma non avrà come te, ora e per sempre, il Mio Cuore!

6. O tu, stirpe umana della Terra, credi alle Mie parole: – se ti preme di più la conoscenza delle cose che non il Mio Amore paterno, allora di certo avverrà che tu, con la tua possente sapienza, soggiogherai il povero, ma poi anche tu sarai soggiogata da Me, ed Io non ti risparmierò e non ti accarezzerò!

7. Ma te, o Mia Ghemela, Io ti risparmierò e ti conserverò sempre e poi sempre; sì, il tuo frutto diverrà un nuovo padre degli uomini della Terra (Noè - cfr GFD cap. 3,34), e il tuo sangue (come seconda Eva) colmerà un giorno tutto il cerchio della Terra!»

8. A questo punto anche gli altri esseri femminili si precipitarono verso il Signore e Gli chiesero perdono per avere indugiato a fare come aveva fatto Ghemela.

9. Particolarmente la povera Pura scoppiò in lacrime e, tutta timorosa e addolorata, non sapeva che cosa fare.

10. Ma il Signore si chinò a terra, le risollevò tutte e, presa in braccio la povera Pura, così le parlò: «Oh, non piangere, figlioletta Mia, perché tu sei quella che meno degli altri ha ragione di piangere! Io so molto bene quanto tu Mi ami; perciò sii anche lieta, poiché tu e Ghemela Mi siete così vicine, come Mi è vicino il Mio proprio Cuore eternamente onnipotente!

11. A te, Ghemela, Io do una nuova stirpe, ed a te, Pura, Io do la Mia Parola vivente! Così tu sussisterai in spirito con una carne vivente, e nel grande Tempo dei tempi[2] non sarai più generata nella carne, bensì sorgerai da una carne generata quale carne non generata[3], e da te sorgerà una Carne vivente (Gesù) il Quale sarà un futuro Fondamento di ogni vita. Perciò tranquillizzati e rallegrati, poiché Mi sei cara in modo finito ed infinito, perché, all’infuori di Me, né nel Cielo né su nessun pianeta c’è qualcuno di più splendido e bello di te!

12. Ora però guarda: là sulla soglia della capanna c’è qualcuno che ti attende! Egli è colui che fu il tuo genitore terreno (il padre trucidato cfr GFD vol.2 cap.111); seguilo ora! Il suo nome è Gabriel. Egli ti condurrà nella Mia dimora Celeste dove tu rimarrai costantemente vicina a Me fino al Tempo dei tempi. Quello che poi accadrà, lo apprenderai nella Mia grande Casa paterna! Amen!»

13. Pura, però, allora si aggrappò con le sue braccia al Signore, e non voleva separarsi da Lui.

14. Il Signore le disse: «Figlioletta Mia, non ci sarà bisogno che Mi aspetti là dove ti porterà Gabriele, perché, prima che tu vi giunga, Io sarò là e ti verrò incontro, e poi Io stesso ti guiderò verso la Mia Casa. Va’ dunque pure rassicurata, perché Io manterrò sicuramente la Mia Parola! Amen!»

15. A questo punto, Pura premette ancora una volta visibilmente sul suo petto il capo del Signore, e poi non fu più vista, poiché l’angelo del Signore la portò nella Casa del Signore con la carne spiritualizzata. La Casa del Signore è l’Amore del Padre!

16. Anche Mira, Purista e Naeme piangevano rimanendo ancora in piedi; ma il Signore ben presto le saziò col Suo Amore e le benedisse.

17. Questo discorso e questo atto del Signore avevano suscitato una grandissima sensazione nei padri, per la qual cosa, ad eccezione di Enoch, erano rimasti tutti come statue inanimate e nessuno si azzardava a pronunciare nemmeno una sillaba; infatti tutti si erano sentiti colpiti, essendo cominciato in loro, nel contemplare la pianura, a sorgere ogni specie di piani segreti.

 

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Cap. 12

Le scuse di Adamo e la sua ingenua preghiera al Signore di ritirare il rimprovero

Il Signore sa esattamente come trasformare le Sue creature in veri figli Suoi

8 aprile 1843

1. Solo dopo un periodo discretamente lungo di tempo, Adamo riacquistò un po’ d’animo e, avvicinatosi al Signore, Gli disse nel più profondo timore reverenziale: «O Signore, Padre santo ed amorosissimo di tutti noi, vedi, per quanto io posso dire di noi tutti ed anche di me stesso, noi Ti abbiamo sempre amato, lodato e glorificato altamente, ciò che non si può affatto negare!

2. Noi certo non ci siamo affrettati a venire da Te, così come ha appena fatto la cara e grata Ghemela; ma questa cosa noi l’abbiamo fatta – almeno secondo quanto è nel mio sentimento – non forse in seguito ad un apprezzamento nullo o troppo scarso della Tua santa Grazia e immensa Misericordia verso di noi, bensì per effetto del massimo timore reverenziale, rispetto e amore possibili verso di Te.

3. Infatti noi vediamo e percepiamo completamente Chi sei Tu! Ma non è possibile che questo si renda tanto evidente alle fanciulle, data la loro natura; perciò esse devono anche avvicinarsi più esteriormente a Te per il fatto che sono per lo meno molto più incapaci dell’uomo a compiere un graduale avvicinamento spirituale e interiore a Te.

4. Se io dunque ora considero tutto ciò per bene, nonché il Tuo rimprovero infinitamente grave, eccezion fatta di Enoch, rivolto a tutti noi, allora il rimprovero è stato – a dirla apertamente – davvero un po’ troppo forte!

5. Io parlo così come sento; e come io sento deve essere vero per me finché un altro sentimento non mi convincerà del contrario!

6. Tu sei il Dio, l’Onnipotente dall’eternità, per Tua propria Forza; io invece non sono che una debole e caduca creatura della Tua Volontà, santa e potente sopra ogni cosa. Ma se Tu, quale mio Creatore, intendi parlare con me, allora anch’io parlerò con Te apertamente, così come liberamente e apertamente Tu Mi hai creato. Anche in conseguenza di ciò ora Ti dico apertamente e liberamente: “Creatore, Padre, questa volta a noi, Tuoi poveri figli, hai detto troppo con il Tuo rimprovero; la metà di quanto hai detto sarebbe già sufficiente per opprimerci a morte!”

7. Perciò, Te ne prego, ritira da noi questo rimprovero, in modo che noi possiamo amarTi nuovamente quale il Padre amorosissimo, perché nella Tua grande Severità non può amarTi nessuno, come hai insegnato Tu stesso a noi tutti sull’altura.

8. Se io dicessi ad uno dei miei figli: “Ascolta, figlio buono a nulla! Se tu non mi amerai sopra ogni cosa e qualora io dovessi accorgermi della benché minima carenza nel tuo amore, che deve essere il più grande possibile, io ti ucciderò immediatamente!”, io credo che sarebbe davvero strano domandarsi: “Come potrà amare me, quale padre, il figlio che avrò minacciato in questo modo?”

9. Dunque, o Dio, Creatore e Padre, ritira Tu pure le Tue minacce, in modo che noi possiamo amarTi liberamente secondo l’impulso del sentimento filiale che è nel nostro cuore, ma non perché dobbiamo amarTi per la paura delle Tue grandi minacce!

10. Oh, non minacciare, né promettere niente, ma sii invece unicamente Tu, quale Padre, ciò che deve essere sufficiente per noi e dacci anche la vita che proviene da Te, affinché noi, come figli viventi in eterno, possiamo anche in eterno amarTi sempre di più quale il Padre eternamente santo!

11. Tu certo sei libero di fare secondo il Tuo piacimento, perché Tu solo sei il Signore Dio Zebaoth e non hai bisogno di ricorrere a nessuno per avere un consiglio.

12. Tu possiedi la Vita; in Te non c’è la morte, e nessuno mai in eterno potrà toglierTi la Vita supremamente libera, supremamente onnipotente e meravigliosamente beata.

13. Tu, in eterno, non senti alcuna oppressione; ma non così è per noi, Tue creature! Ogni nostro respiro dipende da Te, e al Tuo paragone siamo così deboli che un Tuo semplice sguardo privo di dolcezza ci può già condurre tutti all’annientamento.

14. Tu non sei capace di provare nessun dolore; noi invece siamo così costituiti da Te, che possiamo essere aggrediti da dolori indicibili, perfino dalla morte, dall’annientamento stesso! E tuttavia vorremmo amarTi sopra ogni cosa, anche in preda a grandi dolori!

15. Ma se Tu vuoi ucciderci, o addirittura già ci uccidi, allora non vi è per noi più possibilità di amarTi, poiché, chi potrà mai amarTi nella Tua ira, oppure perfino nella morte?»

16. A queste parole di Adamo, il Signore si volse a lui e gli disse: «Tu parli a Me, il tuo Creatore, da uomo, e così facendo fai bene, perché risulta provata in te la Mia maestria nella riuscita dell’opera per cui tu appunto puoi così parlare liberamente con Me da te.

17. I figli del tutto veri che conoscono perfettamente il loro Padre e sanno quanto sia infinita la Sua bontà, parlano certo in tutt’altro modo con Lui, perché essi Lo amano, e perciò non hanno alcun timore di Lui, bensì essi fanno come hanno fatto e ancora fanno queste figlie.

18. Se però il padre volesse inculcare ai suoi figli l’amore per se stesso con le minacce, conformemente all’esempio da te citato a tuo riguardo, allora egli sarebbe di certo tutt’altro che un padre!

19. Ma quando Io, quale unico vero Padre, vedo che in voi dimora ancora un sciocco e stolto timore di Me, allora saprò ben Io come fare per afferrarlo e cacciarlo fuori da voi, cioè per spazzare via da voi, per una buona metà ancora creature, le caratteristiche della creatura e trasformarvi così in veri figli!

20. Se tu consideri un po’ quanto ti ho detto, allora non potrai fare a meno di persuaderti che, anche se Io, il Creatore e Padre, non sento alcuna oppressione, sarò tuttavia capace di vedere dove vi sentite oppressi, per portarvi aiuto là dove avete maggior bisogno di aiuto, e che sceglierò sicuramente i mezzi più adatti a questo scopo!

21. Vedi dunque di ridurre alquanto le tue pretese, e invece amaMi; allora avrai certamente l’esatta percezione se Io chiedo l’amore ai Miei figli con la morte o senza la morte!

22. Infatti vedi, la tua richiesta rivolta a Me è precisamente il contrario di quella che Io ho rivolto a voi! Queste cose considerale bene e soltanto dopo parla!

23. Io però so cosa devo dire quale Creatore e cosa devo dire quale Padre e cosa devo fare. Presta dunque grande attenzione a ciò! Amen!»

 

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Cap. 13

Adamo invoca il perdono

Significative parole del Signore sull’uomo quale cieco creatore del

proprio giudizio essendo pietra terminale della Creazione

10 aprile 1843

1. Queste parole da parte del Signore ricondussero il nostro Adamo ad un migliore stato d’animo; ed egli si avvicinò in grande umiltà al Signore e così Gli parlò: «O caro Padre santo! La Tua Parola ha posto le cose dinanzi ai miei occhi in un’altra luce, e in questa luce ora mi accorgo di avere peccato in modo rovente dinanzi a Te; perciò, o caro Padre santo, Ti prego di non mettere con troppa severità a mio carico questo mio errore che sarà certo l’ultimo dinanzi a Te e dinanzi a tutta la Tua Creazione, bensì perdona a me, debole e povero vecchio, questa mia ultima stoltezza!»

2. Allora il Signore, rivoltosi ad Adamo, disse a lui come pure a tutti coloro che prima avevano condiviso i suoi sentimenti: «Ascoltate dunque voi tutti, e in maniera del tutto particolare ascolta anche tu Adamo, figlio Mio; ora Io dirò qualcosa a Mia giustificazione dinanzi a voi tutti, o Miei figli, in modo che se in futuro, malgrado tutto, doveste forse dimenticare il Mio consiglio, allora sappiate anche che non Io, bensì voi stessi siete gli stolti e ciechi creatori del vostro giudizio, e conseguentemente pure della vostra rovina e della vostra morte, qualora, come detto, non vi manteniate su quella via che Io, vostro Creatore sommamente sapiente e Padre santo e amorosissimo, vi ho tracciato! E dunque ascoltateMi:

3. Voi, e tutta l’infinita Creazione, siete già dall’eternità necessariamente costituiti, da parte Mia, in modo tale da essere proprio voi gli scopi ultimi e quindi anche le più complete pietre terminali di tutto il mondo visibile ed invisibile. Ne consegue che tutto, nel modo più preciso, tanto nel suo complesso quanto nelle sue singole parti, deve certamente venire a trovarsi con voi nella corrispondenza più indivisibile.

4. Se le cose stanno innegabilmente così, allora la conseguenza di tali premesse si impone da sé, e questa suona così: “Se l’uomo esiste quale scopo finale di tutta la Creazione, e questa dunque sta in tutto con lui nella corrispondenza più intima, allora è chiaro che, altrettanto necessariamente, egli è posto come un signore sopra tutta la Creazione, dal cui punto di vista egli deve agire di riflesso sull’intera Creazione allo stesso modo come l’intera Creazione necessariamente agisce prima su di lui e influisce su di lui!”. E adesso fate bene attenzione a quello che seguirà.

5. Tutta la Creazione, prima di voi, non ha assolutamente la libera volontà, bensì in essa tutto è necessariamente giudicato per uno scopo utile per voi, e così in essa è tutto un obbligo totale.

6. Ma solo Io, quale il grande Artefice di tutte le Mie creature, so come sono costituiti tutti i processi in essa, e come l’uno si concatena con l’altro, e vi posso perciò anche fornire quei mezzi che unicamente sono i più utili ad indicarvi come dovete fare per affermarvi liberamente su questo gradino supremamente alto sul quale voi state quale ublimassimo scopo finale di tutta la Mia Creazione.

7. Se voi rimanete in quest’Ordine prescrittovi da Me, il Creatore, allora anche l’intera la Creazione, esistente prima di voi, rimarrà dietro di voi nel più bell’ordine, ma se non rimanete in quest’Ordine, anzi se ve ne formate e create arbitrariamente un altro, allora Io, quale Creatore e Padre santo di tutti voi, sono evidentemente del tutto fuori da ogni colpa se l’intera Creazione che vi precede si inverte nella sua azione giudicata, vi trascina poi nel suo eterno, necessario giudizio ed infine addirittura vi uccide.

8. Non deve infatti essere pesante la pietra, affinché essa rimanga una fermezza sulla Terra e dentro di essa? Vedete, questo è un giudizio della materia della pietra!

9. Finché voi camminate sopra la pietra secondo l’ordine prestabilito, siete voi i dominatori della pietra; ma se invece farete rotolare una pesante pietra su di voi, allora diventerà la pietra la vostra dominatrice e vi farà sentire la sua pesantezza, il suo giudizio e vi darà infine la morte.

10. Ma come tra voi e la pietra sussiste questo rapporto, così pure un uguale rapporto c’è tra voi e l’intera Creazione visibile ed invisibile.

11. Solo voi potete benedirla secondo il Mio Ordine, ma viceversa potete anche guastarla per la vostra sciagura fuori dal Mio Ordine.

12. L’amore per Me però è il compendio di tutto il Mio Ordine. Attenetevi dunque sempre in maniera vivente a questo amore, e così voi non ricadrete mai più in un giudizio; ma se voi abbandonerete questo amore, allora voi aprirete le cateratte del giudizio ed esso allora si precipiterà necessariamente su di voi come la pietra e vi seppellirà in sé!

13. Perciò badate a questo e fate sempre attenzione; ma sappiate anche che Io, il Padre, non giudico nessuno! Comprendetelo tutti! Amen!»

 

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Cap. 14

Uranion domanda al Signore se Egli può essere offeso dagli uomini

La risposta affermativa del Signore

11 aprile 1843

1. Dopo questo discorso del Signore, tutti ringraziarono il Padre per aver fornito loro la luce in tanta abbondanza, perché, ad eccezione di Uranion, ora tutti avevano perfettamente compreso come stessero le cose riguardo alla sublime posizione dell’uomo nell’incommensurabile serie della creazione degli innumerevoli esseri e cose di Dio.

2. Ma, come già detto, il vecchio padre dal Mattino non era proprio perfettamente sicuro riguardo ad un punto; perciò egli si avvicinò con la massima umiltà al Padre e Gli chiese il permesso di fargli ancora una domanda riguardo a un punto che gli era tuttora un po’ oscuro.

3. E il Signore gli concesse immediatamente quanto Gli aveva chiesto, dicendogli: «Sono stato Io, nella Mia amorevole Sapienza, a volere che ciò restasse nascosto a te per amore di tutti; ed anche perciò tu puoi domandare ora, per amore di tutti, come se Io ignorassi completamente quello che stai per domandarMi!»

4. Ed ottenuto così il permesso, Uranion espose subito la sua domanda che ora gli stava tanto più a cuore in quanto riconosceva che dal Padre essa era considerata come fatta per il bene di tutti.

5. E la domanda fu questa: «O Signore e Padre santo ed amorosissimo di tutti gli uomini! Se l’uomo dunque può peccare solo contro l’Ordine da Te costituito nella Creazione, qualora egli non viva in conformità e secondo la Tua santa Volontà riconosciuta, quindi soltanto secondo la propria stolta volontà, e per conseguenza peccando effettivamente solo contro la Creazione e contro se stesso, ebbene, come è possibile allora offenderTi e urtare il Tuo santo e amorosissimo Cuore paterno?

6. Infatti se l’uomo, nella Creazione giudicata degli esseri e delle cose, trova il suo inevitabile giudizio, dunque la sua punizione, allora a me sembra che in un tal caso Tu non dovresti più prendere nota di ciò che fa l’uomo, e inoltre, a me sembra che, date simili circostanze, Tu non potresti mai essere offeso o urtato da qualche figlio stoltamente e ostinatamente disobbediente.

7. Dunque, la successiva parte principale della domanda consiste nella questione se Tu, o Padre, puoi essere offeso oppure no dagli uomini. O Padre, Ti piaccia di concederci a questo riguardo ancora una piccola scintilla della Tua Luce di Grazia e di Amore! Che sia fatta la Tua santa Volontà!»

8. E il Signore così rispose ad Uranion: «Certo, la tua domanda l’hai esposta molto bene; tuttavia dietro a questa tua domanda non si trova veramente nulla di così profondamente nascosto come te lo immagini tu e, con te, più di qualcun altro ancora.

9. Vedi, tu pure sei un padre generatore dei tuoi figli e nella tua amministrazione della casa hai opportunamente disposto questa e quell’altra cosa utile, della quale, secondo il tuo buon piano, deve essere utilizzata in modo ordinatamente appropriato!

10. Ma supponiamo ora che l’uno o l’altro dei tuoi figli si serva di una cosa di questa specie, da te disposta per un determinato scopo di utilità, in un modo del tutto contrario, così da rovinarla o addirittura romperla, oppure che i tuoi figli non si curino affatto della buona cosa, o che la trovino soltanto sciocca e ridicolmente superflua, e che si mettano perciò addirittura a denigrare te e la tua disposizione, calpestandola perfino rabbiosamente sotto i loro piedi, ovvero che i tuoi figli, a causa di una buona cosa da te disposta unicamente per il loro bene sotto l’impulso del tuo grande amore, addirittura ti maledicano e ti evitino come la peste; ebbene, dimMi tu quale padre dei tuoi figli: “Come accoglierai un simile contegno da parte dei tuoi figli, anche se, a rigore di termini, essi non abbiano effettivamente peccato contro di te, bensì soltanto contro le tue cose?”

11. Oh, tu certo malediresti simili figli!

12. Ma allora, cosa posso dirvi Io, che sono il Padre santo, se, ostinatamente e senza rispettare l’ordine, persistete nell’offendere il Mio Ordine santo ed eterno, e così facendo vi dimenticate completamente di Me?

13. A Me, dunque, non può essere indifferente che voi vi comportiate in un modo oppure in un altro!

14. Quindi è certo che anch’Io posso essere offeso da voi, ma poi dipende da voi riconoscere la vostra colpa e fare ritorno da Me; in questo caso di certo Io sono migliore di voi uomini, perché in tali condizioni Io non respingo nessuno, bensì cerco con ogni premura di ricondurre sulla giusta via chiunque si sia smarrito e riaccolgo subito ciascuno, purché voglia fare ritorno da Me.

15. Vedi, così stanno le cose; perciò rimanete nel Mio Amore, e allora non peccherete contro le Mie cose che Io ho creato per voi!

16. Ma ora vedo che Chisehel ha ancora qualcosa sul suo cuore; che venga perciò qui e si liberi del suo peso dinanzi a Me, il Padre! Amen!»

 

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Cap. 15

L’intimazione a Satana sotto l’aspetto di drago di comparire alla presenza di Chisehel, di Enoch e di Lamech

Le sue sfrontate parole e la volontà di crocifiggere in futuro il Signore

12 aprile 1843

1. E Chisehel, avendo percepito la chiamata, si alzò e venne vicino al Signore in tutta fretta e con la massima umiltà.

2. Ma quando Gli fu vicino e voleva egli pure esporre il suo caso con una domanda, e precisamente nella presunta intenzione nella quale prima Uranion dovette esporre il suo argomento sotto forma di domanda al Signore, Egli gli fece cenno di tacere e gli disse interiormente, del tutto in segreto:

3. «Chisehel, va e prendi con te Lamech ed Enoch, perché ciò che ti opprime non opprime finora nessun altro. Per conseguenza non è neppure necessario che tutti vengano a conoscenza della tua richiesta.

4. A voi tre voglio tuttavia sciogliere il tuo nodo, però non qui, bensì fuori di qui e in modo che nessuno ci veda! Abbandoniamo dunque per breve tempo la compagnia! Dì però prima ai padri che a nessuno è lecito domandare dove noi ci rechiamo ora!»

5. E Chisehel fece immediatamente tutto ciò che il Signore gli aveva comandato.

*

6. E quando tali incombenze furono sbrigate, il Signore se ne andò subito con i tre in un luogo boscoso che ugualmente, dalla parte settentrionale, era delimitato da una parete di roccia scoscesa nella quale si apriva una grande caverna, proprio come l’altro luogo già noto nel quale ai messaggeri, che stavano tornando a casa dalla pianura verso l’altura in compagnia di Enoch, era apparso il drago che già conosciamo.

7. E non appena si trovarono radunati in quel posto, il Signore così parlò a Chisehel: «Vedi, Io sono stato gravemente accusato dinanzi a te da parte del Mio grande nemico! Se Io Mi giustificassi al tuo cospetto in assenza dell’accusatore, allora tu continueresti ancora a pensare in segreto e a dire: “Può essere benissimo, anzi è probabile, che sia come il Signore ci ha rivelato; ma nonostante ciò resta sempre molto strano quanto ha detto il drago, e la sua confessione non è affatto del tutto indegna di attenzione!”

8. Per questa ragione Io vi ho condotto qui, e noi una simile questione la tratteremo pienamente alla presenza del drago!»

9. E detto ciò, il Signore fece una chiamata così potente che l’intero cerchio della Terra ne tremò rombando.

10. E questa chiamata così suonò: «Satana! Il tuo Dio ed eterno Signore vuole che tu compaia qui al Suo cospetto!»

11. Immediatamente dopo questa potente chiamata, che sarebbe potuta costare l’esistenza quasi dell’intera Creazione, il drago, tremante di violento furore, comparve dinanzi al Signore onnipotente di tutte le eternità e domandò al Signore:

12. «Che cosa vuoi Tu da me, mio eterno carnefice? Hai forse bisogno del mio aiuto per far tramutare nel nulla, con maggiore facilità, tutta la Tua Creazione? Oppure hai progettato forse ancora una volta una nuova Creazione per la quale io dovrei scovarTi un luogo favorevole?

13. Ma io Ti dico che non mi avrai mai in eterno per un tale scopo, poiché io conosco la Tua grande incostanza e so che in Te non c’è continuità, e so che tutte le Tue promesse non sono altro che parole vuote e di poca durata. Perciò anch’io sono fermamente deciso a ribellarmi contro di Te e a perseguitarTi in eterno!

14. In verità, anche se Tu sei un Dio che signoreggia ancora sull’intera Infinità, non Ti sarà mai in eterno possibile nasconderTi, del tutto per prudenza, in un angolo dell’Infinità dinanzi ai miei occhi in modo tale che io non possa trovarTi! Tu non mi sfuggirai!

15. Minacciami pure come e quanto vuoi; già ben presto si vedrà chi di noi due è veramente il signore di tutto il mondo e di tutte le creature!

16. Prima che Tu mi costringa a qualcosa, io Ti giuro per tutta la mia vita che annienterò me stesso, lasciando poi a Te di vedere come si metteranno le cose con la Tua eterna esistenza!

17. Mi comprendi bene, o antico imbroglione di mondi, tu che giochi con l’onnipotenza a mie spese! Mi comprendi?

18. Tu sei venuto qui per intimarmi di ritrattare dinanzi a questi tre quello che io con buone intenzioni manifestai prima a loro! Oh, Ti dico che avrai un bell’aspettare finché io mi decida a consacrarmi più oltre come un Tuo infame strumento!

19. Guarda: spezza con tutta la Tua Onnipotenza questa mia corazza, se lo vuoi e ne sei capace!

20. Io però Ti giuro: “Non io, bensì i miei più deboli servitori dovranno farTi e anche Ti faranno prigioniero, Ti metteranno in ceppi come un antico malfattore e Ti appenderanno con chiodi al legno da dove Tu, invano, potrai chiamare aiuto per l’eternità!”. Comprendi Tu questo?

21. Io adesso Ti ho fatto la mia promessa; ma se forse vuoi avere ancora qualcosa di più da me, allora parla, e sarà fatto quello che Tu non vuoi! Amen da parte mia, il Tuo signore! Comprendimi: amen da parte mia!»

 

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Cap. 16

Lo zelo vendicatore di Chisehel

Satana si rifiuta di rispondere e vorrebbe aggredire

La punizione tramite Chisehel – Il drago trasformato in uomo

13 aprile 1843

1. Ma Chisehel, che era alquanto focoso, quando ebbe percepito tale sacrilegio dalla bocca del drago, si accese d’ira e un ardente stimolo di vendetta colmò tutto il suo essere in maniera tale, che si mise a gridare a voce altissima e con violenza:

2. «Ma Signore, Dio onnipotente dall’eternità, Padre santo e amorosissimo! Come è possibile che Tu possa stare ad ascoltare tale sacrilegio?

3. Fa’ che io abbia di nuovo quella forza che avevo da Te laggiù nella pianura, e preparerò a questo Satana una fine della quale tutte le eternità di eternità non riusciranno ad esaurire il racconto!”

4. Ma il Signore disse allora a Chisehel: «O figlio del tuono e del fuoco! Il sacrilegio del drago riguarda forse più te che Me? Eppure egli si esprime benignamente verso di te, mentre il suo sacrilegio è rivolto soltanto a Me!

5. Oppure, pensi forse che senza di te Io non sia capace di dominare questo spirito caduto? Oh, non darti alcun pensiero per questo, perché col Mio più lieve alito Io lo posso disperdere per l’eternità!

6. Ma se facessi così, dimMi: che cosa avresti guadagnato tu e che cosa Io?

7. Vedi, se questo drago potesse danneggiarMi in qualche modo o farMi prigioniero, allora egli già da lungo tempo lo avrebbe fatto, dato che non è più un fanciullino nel Mio regno della Creazione! Egli però si rende conto in sé anche troppo in modo giusto del fatto che non potrà mai fare nulla contro di Me in eterno, perciò aguzza così il suo becco, tentando con le parole di vendicarsi di Me, dato che gli sarà certo assolutamente impossibile per tutte le eternità vendicarsi con i fatti!

8. Lasciamo perciò che lui dica ciò che può e che vuole, e quando avrà terminato del tutto di parlare, allora anch’Io gli dirò qualcosa.

9. Quindi ritorna alla tua calma precedente. E tu, o Satana, continua a parlare, perché Io, tuo Dio e Signore, voglio che tu ti riveli completamente dinanzi a questi testimoni, precisamente così come sei, in modo che un giorno tutto il mondo possa riconoscerti tramite loro!

10. Prima di tutto, dimMi questo: – quante sono già state le Creazioni che Io avrei annientato secondo quanto hai detto?»

11. A queste parole il drago rimase colpito e non volle parlare.

12. Ma il Signore gli impose di parlare.

13. Allora il drago cominciò ad impennarsi e fece atto di volerli divorare tutti e quattro.

14. Ma il Signore disse: «Se tu ora non vuoi risponderMi, allora ti costringerò Io con la Mia ira!»

15. Il drago sputò fuori del fuoco e poi ruggì contro il Signore: «E che può farmi la Tua ira? È già da lungo tempo che la conosco, poiché io stesso sono la Tua ira!

16. Non sono io che Ti devo temere, bensì Tu devi temere il fatto che io mi scagli addosso a Te; e se facessi così, allora probabilmente sarebbe finita anche col Tuo Amore, e Tu stesso poi spazzeresti via dalla Terra, senza alcuna pietà, milioni dei Tuoi figli, e daresti alle poche mosche superstiti la prima prova di quanto ci tieni alla conservazione delle Tue creature!

17. Perciò è più saggio che Tu ti tenga lontano da me, altrimenti non garantisco che Tu non ti senta addirittura indotto oggi ad avvolgere la Terra fin oltre le montagne nel flutto mortale, cosa alla quale in segreto Tu ad ogni modo pensi continuamente!»

18. A questo punto il Signore gli parlò con una certa veemenza: «Satana, non spingere la Mia Pazienza e la Mia indulgenza agli estremi! Dà la risposta così come Io la voglio avere da te, e non diversamente, altrimenti ben presto ti succederà qualcosa di male!»

19. A queste parole il drago si voltò e parve voler vibrare un colpo ai quattro con la coda poderosa.

20. Ma il Signore porse a Chisehel una verga e gli disse: «Va’ e puniscilo!»

21. E Chisehel, presa in mano la verga, si accostò al drago e lo percosse violentemente.

22. Allora il drago, voltandosi di nuovo velocemente, emise urla e ruggiti, depose subito la sua orribile figura e ora era visibile come un uomo al pari degli altri. E come tale si prostrò immediatamente dinanzi al Signore e disse:

23. «Signore, Dio eterno e onnipotente! Se Tu vuoi proprio punirmi, allora puniscimi per la mia grande, ostinata malignità verso di Te, ma non senza il Tuo amore, poiché i colpi della Tua ira bruciano troppo insopportabilmente e sono infinitamente dolorosi!»

24. A questo punto il Signore disse: «Come mai, tu che pretendi di essere il Mio signore, puoi rivolgere a Me una simile preghiera? Tu stesso hai appena minacciato di punirMi. Come mai ora vuoi farti punire da Me?»

25. E Satana rispose: «O Signore, non punirmi troppo all’infinito, perché Tu sai certamente che io sono un mentitore per mia stessa volontà, dato che volli essere un signore senza di Te!

26. Concedimi piuttosto una nuova proroga, ed io mi rivolgerò a Te. Tuttavia toglimi tutta la mia grande potenza, in modo che io non venga nuovamente tentato da me stesso a ribellarmi contro di Te!»

27. E il Signore disse: «Esponi ora tutte le tue menzogne davanti a questi testimoni, e poi vedrò quello che sarà bene fare a te; ma non tenere niente di nascosto, altrimenti tutto il tuo implorare ti gioverà a poco! Amen!»

 

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Cap. 17

Satana, il primo essere femminile creato, confessa le sue menzogne

e riconosce l’ostinazione della sua malignità

14 aprile 1843

1. A questo punto Satana si alzò tremando e disse a Chisehel che ancora teneva solidamente impugnata la verga che il Signore gli aveva dato:

2. «Ascoltami, mio punitore per la potenza del tuo Dio che è pure eternamente un Dio dell’ira su di me e non vuole mai cessare di percuotermi con la Sua terribile sferza!

3. Nella mia orrenda e spaventosa forma assunta a mia protezione, ti ho detto molte cose poco fa riguardo al Signore, il Creatore onnipotente di tutte le cose, di tutti gli spiriti e di tutti gli uomini, che io adesso, in questa mia forma simile alla tua, ritiro completamente, perché sono un’assoluta menzogna!

4. Io ti ho certo detto delle cose vere, ma poiché le ho invertite in me, allora sono una menzogna, poiché tutto quello che ho asserito del Signore andava invece riferito soltanto a me; e quindi non il Signore, ma unicamente io sono il malvagio ingannatore del mondo già piuttosto antico, ed uno che, se non gioca proprio con l’onnipotenza, gioca però, in modo più che evidente e fortemente, con una grande potenza!

5. Non il Signore, bensì io soltanto ho già distrutto molti sistemi solari, e da parte mia essi si sarebbero inabissati nel loro eterno nulla se il Signore non avesse avuto misericordia di loro e se mediante i messaggeri della Sua potenza non li avesse fatti trasferire in un certo luogo dell’Infinità perché vi percorressero orbite nuove e tranquille, dove il mio alito pestilenziale non potrà mai raggiungerli.

6. Vedi, se dipendesse da me, ad ogni istante sorgerebbe una nuova Creazione e nessun essere avrebbe carattere permanente, perché vorrei creare soltanto per aver poi qualcosa da distruggere, e bramerei formare e generare creature umane della specie più bella e attraenti possibili, per poi tormentarle secondo la mia voglia maligna; e quando fossi del tutto sazio del loro tormento, per annientarle completamente subito dopo.

7. Vedi, io fui sempre un bugiardo, ed anche adesso vorrei mentire mille volte dinanzi a te, piuttosto che dirti la piena verità; ma io temo troppo la tua sferza per azzardarmi a mentire davanti a te come ho fatto la prima volta!

8. Tuttavia in me non si produrrà affatto alcun miglioramento, anche se adesso ti ho detto la verità, perché, finché mi verrà lasciata la grande potenza, ebbene, fino a quel tempo, dal punto di vista della materia, tutto il mondo visibile, vale a dire la Terra, il Sole, la Luna e tutte le innumerevoli stelle quali soli in numero sterminato, i mondi e gli esseri nella varietà infinita delle loro specie, mi deve restare interamente sottomesso e io devo esserne il signore.

9. Infatti, tale devo essere, perché io sono come un Dio creato, e ora, in questo universo materiale, sono come del tutto imprigionato, così che in eterno non posso strapparmi ad esso finché sussisterà anche soltanto un unico ed ultimo granellino del mondo, anche il più infimo. E questa è anche la ragione per cui io tendo costantemente all’annientamento delle cose che l’Onnipotente edifica, e ciò per poter giungere molto prima, secondo la mia ambiziosa opinione, ad una signoria universale esclusivamente mia e per poter possibilmente rovesciare il Signore della Magnificenza giù dal Suo trono eterno, poiché Egli si oppone sempre e continuamente ai miei piani di distruzione da quando fui chiamato alla mia esistenza (sorgendo) da Lui, divenendo sommamente potente e pressoché infinitamente grande, per essere come un secondo Dio accanto a Lui e per regnare con Lui, ma anche per amarLo con tutto l’amore sopra ogni cosa da tutto il mio profondo (essere), per diventare per Lui quello che una moglie fedele è per l’uomo, per l’eternità!

10. In verità, io fui creato splendido e grande! Bastava che io volessi, e tutto esisteva anche già; e il Signore non mi era di impedimento nel mio volere e nel mio creare.

11. Ma quando io volevo distruggere nuovamente qualcosa di ciò che avevo creato, allora il Signore me lo impediva. E in questo modo mi vidi limitato anche nella mia potenza di fronte a Dio.

12. Mediante l’astuzia io volli poi portarLo dalla mia parte e mi feci bello quanto più era possibile. A tale scopo mi accesi in tutta la mia luce per abbagliare il Signore.

13. Ma allora il Signore all’improvviso mi avvinghiò strettamente nella mia luce, creò poi dalla mia stessa luce la materia e, accanto a me, creò pure schiere di innumerevoli esseri di specie quanto mai magnifica e li amò di più di quanto avesse amato me, la Sua donna creata per prima.

14. Fu allora che io ciecamente trapassai nell’ira più pazza, e ora è già per tutta la durata dell’eternità che maledico il Signore, che certamente già più di una volta voleva salvarmi, ma la mia rabbia è troppo grande perché mi sia possibile lasciarmi salvare da Lui, non avendo Egli voluto lasciarmi regnare!

15. Ebbene, ora ha parlato Satana e non ha detto menzogne, bensì la verità. Perciò toglile, o Signore, la sua grande potenza in modo che lei non Ti possa più contrastare, dandoTi perciò motivo di punirla in modo sempre più aspro!

16. Concedimi una nuova proroga, ed io voglio convertirmi a Te entro questo tempo di proroga!

17. Se però la mia grande gelosia verso di Te dovesse mandarmi di nuovo in collera, dato che Tu rivolgi completamente il Tuo Cuore ai neo-creati ed io dovessi perseguitarli per tale motivo, allora toglimi addirittura ogni potere e rigettami per l’eternità, oppure fa’ di me quello che vuoi!

18. Appendimi tra Cielo e Terra in modo che la mia ira mi consumi al cospetto di tutta la Tua Magnificenza e al cospetto di tutti coloro che ami e ai quali è lecito ed è possibile amarTi! Sia fatta la Tua Volontà!»

 

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Cap. 18

L’eterna punizione di Satana: una menzogna!

La perfetta bellezza femminile della figura primordiale di Satana

Satana fu creata da Dio per essere una Sua cara figlia e sposa

La proroga concessa fino al Sacrificio sulla croce

15 aprile 1843

1. A questo punto il Signore si rivolse nuovamente a Satana e gli disse: «Satana, tu dici che Io sono per te soltanto un Dio dell’ira eternamente onnipotente e implacabile, e che già da eternità ti punisco continuamente nella maniera più indicibilmente e indescrivibilmente crudele! Allora, ora ti impongo di mostrare a questi testimoni, i segni delle percosse che tu già ricevesti da Me!»

2. A queste parole la grande Prostituta fu sorpresa e non seppe che cosa replicare al Signore della Magnificenza; infatti, riguardo alla presunta punizione non c’era molto da dire, dato che il Signore non le aveva mai tolto la ultrapotente libertà del volere, bensì gliela aveva lasciata allo scopo dell’operare potente e libero nello sconfinato spazio della Creazione.

3. Quello invece che Satana voleva indicare come la punizione più terribile, non era altro che il costante impedimento opposto dal Signore alla distruzione di tutte le cose secondo i piani sempre astutamente perseguiti da Satana.

4. E perché ciò? Perché Satana si è sempre fissata in questa idea: si tolga a Dio ogni sostegno e non Gli si lasci più alcun punto d’appoggio, allora tutta la Sua Onnipotenza non Gli gioverà più a nulla, e a lei, poi, quale nemica giurata, sarà estremamente facile trionfare su Dio e innalzare se stessa sul trono dell’onnipotenza, mettendo il Dio prima onnipotente e ora indebolito, ma tuttavia indistruttibile, sotto le proprie pantofole in modo che Egli debba poi ballare secondo il piacimento dell’infame vincitrice.

5. Ma siccome il Signore già dall’eternità aveva avuto chiarissima nozione di simili piani, perfidi e non ispirati ad alcun amore, e per conseguenza era sempre intervenuto in modo del tutto inatteso con la Sua onnipotente azione oppositrice là dove l’astuta nemica meno se l’aspettava, allora era avvenuto che il suo odio rabbioso contro Dio era andato crescendo sempre più e, in tali condizioni, arrivando al punto da attribuire al Signore la fama di crudelissimo punitore.

6. Invece Satana, dopo questa improvvisa richiesta (di mostrare i segni delle percosse), non avendo niente con cui poter provare una simile colpa a carico del Signore della Magnificenza, dovette quindi tacere all’intimazione fattale dal Signore, pur tradendo il suo intimo furore con un mal nascosto digrignare di denti. Ma il Signore la interpellò nuovamente e le disse:

7. «Perché non vuoi fare come Io ti ho comandato e non mostri ai testimoni le cicatrici delle ferite che la Mia eterna ira punitrice dovrebbe averti inferto, affinché con ciò risulti manifesta la Mia grave colpa verso di te ed Io possa poi risarcirti per ogni ingiustizia commessa con ogni crudeltà a tuo danno?

8. Tu sei ancora vestita dinanzi a noi, e i testimoni non vedono nessuna parte del tuo essere all’infuori dei tuoi capelli; perciò spogliati delle tue vesti, e mostrati interamente come sei, in modo che i testimoni ti vedano e constatino come tu fosti finora trattata da Me nonostante tutta la tua malignità!»

9. Nello stesso istante Satana si trovò spogliata dinanzi ai testimoni, e tutti dovettero ammettere, con la più grande meraviglia del mondo, di non aver mai visto un qualcosa di così infinitamente bello e perfetto, arrotondato in tutte le sue parti, e sano e vigoroso in una donna.

10. E Lamech per conto suo osservò: «O Signore e Padre, certo le nostre Ghemela, Naeme, Purista e Pura, che Tu accogliesti con Te, sarebbero a suo confronto – per quanto riguarda la bellezza esteriore – quello che un grossolano pezzo d’argilla è al paragone di uno splendidissimo e purissimo diamante quando il suo brillare è accresciuto dai raggi del Sole mattutino! E con un tale aspetto questo essere parla di una crudelissima punizione da parte Tua, o Signore, in tutta la Tua eterna santità, bontà, amore e una simile misericordia?»

11. E il Signore rispose: «Sì, ad eccezione dei colpi di Chisehel, lei non ha ancora avuto una punizione da Me, il suo Creatore, Dio, Padre e Sposo, e tuttavia Mi odia perché sono l’eterno e purissimo Amore, e vuole uccidere il Mio Cuore perché non vuole essere un distruttore uguale a lei!

12. Lei, illudendosi ancora, pensa di poterMi  togliere un giorno la Mia virilità, invece di fare ritorno a Me e di essere per Me in eterno una cara figlia, una cara sposa, potente sopra ogni cosa (attingendo) da Me, e di accogliere, al pari di Me, i Miei sette Spiriti della potenza.

13. Tutte le stelle, i soli e i mondi mostrano tutto quello che Io ho già fatto per amor suo e per ricondurla sulla retta via; ma finora non è servita nessuna cosa con lei, ed essa è rimasta sempre l’antica nemica del Mio Amore, colma di rabbia ed implacabile!

14. Perciò ora, Io voglio fare su questa Terra la cosa estrema! Voglio darMi prigioniero a lei fino alla morte, e le lascerò ogni potere su questa Terra, e tutte le stelle dovranno esserle sottomesse!

15. Lei dovrà poter, secondo la sua volontà, perfino ucciderMi, ma poi, per Mia potenza e senza alcun punto d’appoggio esterno, Io risorgerò vivissimo e potentissimo, e in questo modo le dimostrerò tutta la sua impotenza e la sua immensa cecità, e soltanto allora le toglierò il potere sulle stelle e le lascerò soltanto il potere di mezza Terra, e poi le darò ancora un tempo intero, mezzo tempo e un quarto di tempo di proroga!

16. Ma guai a lei qualora tutto ciò non dovesse ancora servire a niente, perché soltanto allora comincerà la punizione da parte Mia nei suoi confronti!

17. Fino al tempo della Mia prigionia – qualora dovesse insistere su questo punto – lei avrà pienissima libertà di fare ciò che vuole!

18. Ben per lei se farà buon uso di questa nuova proroga! Ma se persisterà nell’agire secondo la sua antica rabbia, allora un giorno lei troverà anche la sua ricompensa ben meritata già da molto tempo.

19. Queste cose però tenetele per voi fino al tempo della sua infamia! Amen!»

 

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Cap. 19

I timori di Chisehel vorrebbero dissuadere il Signore dalla Sua Misericordia

Il rimprovero meritato a Chisehel

Un’ultima esortazione a Satana per il suo ritorno

18 aprile 1843

1. Dopo tale potentissima decretazione del Signore, Chisehel disse al Signore: «O Padre santo e amorosissimo, io, come certamente anche è il caso di Enoch e Lamech, riconosco il fondamento della Tua infinita bontà e della Tua misericordia; ma se ora considero la terribile potenza da te concessa al Tuo nemico sopra l’intera Creazione, e per conseguenza anche sopra di noi, io ne resto immensamente spaventato e angosciato verso tutta l’umanità di questa Terra.

2. Se infatti questo nemico, già nella sua potenza spezzata ha arrecato dai primordi un così grave danno a Te, alla Terra e a tutti noi, cosa farà mai adesso, armato dei pieni poteri da Te accordatigli?

3. Io vorrei dunque pregarTi di riflettere sul futuro e non concederei al Tuo nemico un potere tanto terribilmente grande, perché altrimenti tutte le cose sante che Tu hai edificato, o Padre amorosissimo, gioveranno ben poco a noi!

4. Infatti, prima che Tu possa aspettartelo, egli avrà arrecato il maggior danno alla Tua Casa! E noi non siamo sicuri di fronte a lui neanche se Tu volessi restartene visibilmente tra di noi in modo continuo come avviene ora! Perciò, o Signore e Padre, rifletti su quello che fai!»

5. Allora il Signore, in tono abbastanza serio, rispose a Chisehel: «Io ti dico fermare la tua lingua, se con questa non sei capace di enunciare qualcosa di migliore; altrimenti Mi diventi più spiacevole di Satana!

6. Io so quello che faccio. Tu invece non sai quello che dici! Io provvedo per il mantenimento dell’Ordine eterno e di tutti gli esseri che sono sorti da lui e in lui. Tu invece ti preoccupi solo del mantenimento del mondo.

7. Credi forse che concederò al nemico di più di quanto concedo a ciascuno di voi? Come sarei allora un Dio santo?

8. Io vi dico: “Il più alto potere del nemico, nelle stelle, sopra la Terra e in voi, preso nel suo assieme, non è più grande di quello di ogni singolo tra di voi nell’amore per Me!”

9. Tale cosa Io te l’ho mostrata mediante la verga con la quale tu hai percosso il nemico. Questa verga resta presso di voi fino al grande Tempo dei tempi, nel quale Io erigerò un altro legno (la croce) che spoglierà il nemico da ogni potere sopra le stelle e sopra la mezza Terra; e poi gli accadrà secondo le sue opere!

10. Ed occorre che ora egli apprenda che tutti i figli che alla fine avrà catturato, non gioveranno a nulla; perché il nuovo legno glieli strapperà di nuovo, e a lui non resterà altro che la sua propria grande impotenza e, da questa, il Giudizio.

11. Voi siete perfettamente liberi, e questa libertà il nemico non può togliervela e non può nemmeno vincolarla in voi. Voi potete potentemente fare ciò che volete, ed egli può fare dal canto suo quello che vuole.

12. Tuttavia, dato che voi potete essere molto più potenti e ora anche lo siete dal fondamento, allora dipenderà da voi vincere il nemico, oppure lasciarvi stoltamente vincere da lui.

13. Quale uomo è più debole di sua moglie, se egli è un uomo giusto e saggio?

14. Se voi siete già i signori delle vostre donne, le quali possono essere sempre vicine a voi, allora potrete ben essere anche i signori di questa donna, la quale è molto più debole della più debole fra tutte le vostre donne!

15. Se tu avessi punito la tua donna, allora questa ti si sarebbe opposta; ma l’ha potuto fare questa donna (quando l’hai percossa con la verga)?

16. Così dunque deve restare anche per l’avvenire, e la Mia potenza non si scosterà mai da voi, se voi rimarrete nell’amore per Me.

17. Il patto è stretto tra Me e voi, e mai in eterno nessuna potenza di donna e di nemico sarà in grado di infrangerlo completamente!

18. Comprendi quello che ti ho detto e non parlare più di cose stolte dinanzi a Me! Amen!»

19. A questo punto Chisehel si trovò perfettamente rassicurato e supplicò il Padre di perdonargli la sua grande stoltezza.

20. E il Signore lo benedisse e poi disse: «Siate dunque veri signori sopra tutta la carne delle donne, e allora le vostre procreazioni non procederanno sulla Terra, bensì nei Cieli, affinché i vostri frutti diventino frutti della Grazia e della Forza, e siano sommamente piacevoli da guardare! Amen!»

21. A queste parole Satana trasse un profondo sospiro e disse: «O Signore, quali frutti allora sorgeranno da me? Devo languire eternamente e rimanere sterile come un pruno inaridito?»

22. E il Signore le rispose: «Ritorna a Me nel tuo cuore, e poi Mi renderai dei frutti che l’eternità non ha ancora mai visto; in caso diverso tu non porterai che frutti della morte eterna, che un giorno ti giudicheranno come la più grande Prostituta!

23. Comprendile queste cose, poiché d’ora innanzi Io terrò in considerazione solo ciò che è piccolo, e troverò eternamente il Mio compiacimento nella semplicità senza splendore!

24. Prendi dunque tutto questo a tua norma, e così ti sottrarrai al Mio Giudizio! Amen!»

 

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Cap. 20

La preghiera pretestuosa di Satana rivolta al Signore per riavere un cuore tale da poterLo amare

19 aprile 1843

1. Allora Satana si rivolse al Signore e così Gli parlò: «Signore, come posso rivolgermi a Te nel cuore? Non mi hai forse preso il cuore e con questo hai creato Adamo, la sua donna e tutti i suoi discendenti?

2. Vedi, io dunque non ho di certo più un cuore, ed anche perciò non mi è possibile accoglierTi in un cuore che non posseggo oppure rivolgermi a Te in tale cuore! Crea perciò nuovamente un cuore in me, ed io voglio fare come Tu dici!

3. Per quanto magnifici possano essere i frutti che io potrei portare a Te, se Tu però mi privi del seme della vita, dato che Tu non mi ridai il cuore di Adamo che è l’unico adatto alla fecondazione, per la qual cosa io sono del tutto senza vita in me, ebbene: – quali altri frutti si possono ottenere da me, se non quelli unicamente della morte e del giudizio che dovranno un giorno giudicarmi come la più grande prostituta?

4. A Te è facile parlare perché sei il Signore e fai quello che vuoi, e non devi domandare niente a nessuno, né permetti a nessuno che Ti dica qualcosa come consiglio.

5. Quello che Tu vuoi, alla fine deve accadere, e chi volesse qualcosa di diverso da quello che vuoi Tu, costui Tu lo puoi rovinare o per lo meno lo puoi tenere soggetto ad un qualche giudizio da parte Tua per tutto il tempo, finché non si sia lasciato del tutto inghiottire dalla Tua Volontà, come Tu stesso hai detto prima che, d’ora innanzi, avrai eternamente il Tuo compiacimento soltanto nel piccolo e nella semplicità completamente priva di splendore!

6. A Te, il Signore, questa cosa è certamente quanto mai facile, e chi è in grado di cambiare la Tua intenzione? Ma del tutto diversamente stanno le cose riguardo alla creatura, di cui io sono la prima [sorta] da Te! Questa creatura non è un signore e non ha potenza all’infuori di quella soltanto che Tu le vuoi concedere, con la quale potenza però essa non può fare nulla di notevole di per sé, bensì unicamente per mezzo Tuo, vale a dire che essa deve essere adoperata secondo la Tua Volontà; e se mai avvenga che essa agisca secondo la cosiddetta propria e libera volontà pure da Te conferitale, essa pecca, si allontana da Te e contemporaneamente anche subito si trova sottomessa ad un giudizio stabilito da Te sotto tutti gli aspetti!

7. Per Te è facile dire alla creatura: “Regola te stessa conformemente alla Mia volontà, e così sfuggirai al Mio giudizio!”. Questo però è anche giusto, poiché se qualcuna si togliesse la vita da se stessa, allora Tu non avresti poi più bisogno di mandare su di essa, in un modo o nell’altro, un’altra morte.

8. Tu di sicuro, come Dio e Creatore, Ti senti invincibile per l’eternità; ma puoi forse sentirTi anche come si sente una creatura? Puoi Tu, quale Vita eternamente indistruttibile in Te stesso, percepire mai la sensazione che prova la creatura morente, o che sta per trapassare, nel momento in cui muore?

9. Vedi, in quel momento la creatura soffre l’angoscia e il tormento più atroci, ed anche già trovandosi nelle condizioni di vita più belle, ha sempre in sé un sentimento che l’ammonisce e le dice: “Tu gioisci invano della vita, perché ben presto verrà un tempo nel quale dovrai espiare la vita come un sacrilego!”

10. Ma allora anche la gioia comunque, fievolissima, della vita, è come stroncata, dato che un’eventuale vita futura, di per sé, permette che ci si creda solo debolmente ma non permette di vederla; e per quanto anche discretamente vi si possa credere, tuttavia per arrivare a questa eventuale vita futura, prima è necessario che metà creatura vada completamente in rovina, e ciò spesso nella maniera più miserabile, come anche troppo spesso ho visto nella pianura.

11. Ma perché è così e perché non è altrimenti? Ebbene, succede così e non altrimenti perché sei Tu il Signore e puoi fare come vuoi, e perché Tu, quale Dio e Creatore, non puoi mai percepire, nella completa e viva pienezza della verità, come si venga a trovare la creatura quando, per effetto della Tua onnipotente Volontà, essa deve morire!

12. Se Tu almeno facessi in modo che il trapasso avvenisse senza dolori, allora io non direi ancora nulla; ma che vantaggio ne trai Tu, quando la creatura, per l’amaro dono della vita, deve essere martoriata fino ad essere annientata almeno per più della metà, quando non lo è del tutto e in eterno, se ci sono delle circostanze che non piacciono a Te, il Signore onnipotente?

13. Vedi, in tutto quello che ora Ti ho descritto francamente, essendo io senza cuore, per conseguenza non posso rivolgermi a Te con esso! Sii dunque un po’ più trattabile, e allora io prenderò di nuovo un cuore per Te!

14. Solo che nelle circostanze attuali io non potrò mai amarTi in eterno, perché da una parte Tu sei il puro Amore, ma dall’altra sei invece unicamente un Tiranno che vuole vedere uccisa ogni carne tra grandi angosce e tormenti, e solo dopo pretendi di dare una vita allo spirito, ma riguardo la costituzione della quale a nessuno è dato di vederci chiaro.

15. La carne è frutto mio; ma se Tu la uccidi, allora, come e perché dovrei o potrei io amarTi?

16. Sii perciò un po’ più trattabile, ed io poi Ti amerò!»

 

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Cap. 21

Chiarimenti del Signore alle falsità di Satana, che ribadisce ulteriori sforzi futuri per riconquistarla

La natura di Satana attraverso i corpi di Adamo e di Eva, e del serpente ingannatore

20 aprile 1843

1. Ma quando il Signore ebbe percepito simili espressioni da Satana, si irritò e disse: «Che cos’è questa accozzaglia di insensatezze mondiali che vai blaterando? E quali stoltezze maligne sfuggono, in modo tremendamente menzognero, fuori dalla tua bocca?

2. Se fosse così come dici tu, la Terra non esisterebbe di certo! Nessun Adamo potrebbe camminare su di essa, nessun Sole risplenderebbe sul firmamento e nessuna Luna, né alcun’altra stella ornerebbero l’infinito spazio della Creazione al cospetto della Terra!

3. Ma siccome sei costretta a ricorrere a maligne accuse e per conseguenza menti con ogni tua parola, allora esiste una Terra, e su di essa si trova un Adamo, e l’infinito spazio della Creazione è pieno del Mio Onore divino, del Mio amore, della Mia misericordia e grazia!

4. Tu parli come se Io non avessi il cuore, e dici che, attraverso Adamo, ti ho privata Io del tuo cuore che ora vorresti riottenere. Ma adesso, dichiara a Me, il tuo Creatore, se tu vivi oppure non vivi! – Tu rispondi: “Signore, io vivo!”

5. Ma potresti forse vivere anche senza il cuore, dal momento che il cuore stesso, in ciascun essere, deve pur costituire il fondamento di ogni vita, senza il quale non è immaginabile alcuna vita? Potresti respirare, pensare, percepire e parlare, senza avere in te il fondamento della vita? – Tu rispondi: “No, o Signore!”

6. Ebbene, dato che tutto ciò è incontestabilmente vero, come si mettono allora le cose con la tua accusa, secondo la quale Io ti avrei derubato del tuo cuore?

7. Vedi, ora tu stai già di nuovo muta dinanzi a Me e non sei capace di dire niente che sia giusto! Ma Io ti dico che tu sei sempre stata una mentitrice e non hai mai voluto dire la verità, nonostante essa non ti sia mai stata nascosta!

8. Non fosti tu anzitutto chiamata a modificare, nel corpo di Adamo da Me formato, la tua natura? Tu però – del tutto liberamente da te – non volesti quello che avrebbe potuto giovarti, bensì cercasti di diventare una donna!

9. Io allora ti resi ben presto libera e dal corpo di Adamo formai te, una carne con lui, mentre in Adamo Io alitai una nuova anima vivente e lo creai dunque spiritualmente secondo la Mia Misura.

10. Tu dovevi essere trasformata in Eva e vincere la tua natura, del tutto invertita da te e attraverso te stessa, della morte e del giudizio.

11. Sennonché tu disdegnasti queste Mie disposizioni misericordiose, ti staccasti e reputasti miglior cosa – sotto la forma di serpente ingannatore, in cui non c’è distinzione di sesso e che ha in sé il proprio zelo di riproduzione velenoso – ammaliare la tua carne di prima, così da corrompere Eva da Me neo-destata e, attraverso lei, sedurre anche Adamo!

12. Dimmi: ho forse tolto Io a te il cuore per mezzo di Adamo? – Adesso tu taci, colpita soltanto esteriormente. Però ben scorgo la tua rabbia interiore, la quale va dicendo: “Sì, io ho il cuore di Adamo e di Eva riuniti in me! E tuttavia, o Dio, non Ti voglio, perché Ti odio di mia iniziativa, dato che Tu non vuoi farmi diventare l’unica sovrana e una che gioca con l’onnipotenza!”. Ecco, queste sono le tue parole!

13. Tu inoltre, asserisci che è impossibile che Io ti ami, dato che non ti concedo quello di cui sei assetata.

14. Io però ti dico: “La Mia Intenzione è la conservazione eterna di tutte le cose, e questa è l’eterna opera del Mio Amore! Tu invece vuoi soltanto distruggere tutto!”. E in tali condizioni, non posso certo amarti in eterno nel modo quanto mai frivolo nel quale vuoi essere amata!

15. E tuttavia Io ti amo, poiché quello che ho fatto finora, Io l’ho fatto per amor tuo, e farò ancora il massimo!

16. Ma se poi, nonostante ciò, tu dovessi ancora non riconoscere il Mio eterno Amore, allora anche il Mio Amore per te avrà trovato una fine eterna, e Io poi ti mostrerò quanto può fare un Dio irato!

17. Il fuoco è il Mio elemento fondamentale. Tutte le cose sono state create attraverso la potenza del Mio fuoco; ed appunto in questo fuoco tu verrai allora gettata, e là ti sarà lasciato libero campo per tentare di sottometterlo, se ne sarai capace!

18. Se Io faccio morire la carne dell’uomo quando il suo spirito deve passare alla vita, allora questa è una morte ben piccola; tu però, nel Mio Fuoco, troverai una grande morte all’infinito, e allora si vedrà quanta parte di te non rimarrà uccisa nel Mio Fuoco!

19. Ma che cos’è il distacco della carne? Esso, non è nient’altro che una liberazione dello spirito, quindi la sua risurrezione dalla morte alla vita vera e perfettissima!

20. La tua grande morte e il distacco da Me nel Fuoco, ti daranno una nuova risurrezione? – Ebbene, ad una simile domanda Io non trovo in Me affatto risposta, perché in quel tempo Io ti abbandonerò del tutto a te stessa e non farò più niente per te, e poi, anche dopo delle eternità, si vedrà cosa sarà rimasto di te tramite il tuo atto arbitrario.

21. Invece la morte della carne e le sue sofferenze non sono opera Mia, bensì sono opera tua!

22. Io però saprò proteggere i Miei contro qualsiasi avversità, e toglierò loro il corpo in modo che essi non dovranno mai lamentarsene in eterno!

23. Lo stesso [elemento] creaturale Io lo saprò portare ad un tale equilibrio tra Me e loro, che dagli uomini sorgeranno per Me dei veri fratelli; ma allora per te sarà venuto anche l’ultimo tempo!

24. E affinché tu veda che Io posso mettere a profitto anche il tuo dannoso consiglio, allora consigliaMi dunque, ed Io farò secondo il tuo consiglio, senza perciò turbare il Mio Ordine, in modo che tu non possa mai più dire che Io non presto ascolto al consiglio degli altri, essendo l’unico Signore!

25. Parla dunque, affinché possa mostrarti del tutto come Io in eterno agisca per il bene di tutte le creature! Amen!»

 

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Cap. 22

Ulteriori egoistiche e arroganti accuse di Satana

La tristezza del Signore per l’ostinazione di tale creatura

22 aprile 1843

1. Satana tuttavia si rivolse nuovamente con arroganza contro il Signore e Gli disse: «Il Tuo modo di governare non consiste che nel comandare a ciò che hai creato (attingendo) da Te in modo che dovrebbe essere libero nell’azione, e nel giudicare quello che non ha in sé la libera coscienza!

2. Ma che Tu volessi conversare benevolmente, e non in modo autoritario, con una creatura libera, per conquistarla liberamente attraverso il puro amore, vedi, questo sembra che Ti sia del tutto estraneo dall’eternità!

3. E così pure Tu continui a comandarmi, ed io devo continuare ad obbedirti, per poi alla fine, come ricompensa di tutta la mia obbedienza, non ottenere altro che il Tuo costante ed evidentissimo disprezzo. Ma se è così, tante grazie in anticipo per tutte le eternità delle eternità!

4. Se Tu mi avessi detto: “O Mia diletta, graziosissima e splendidissima Satana! Vedi, Io voglio ascoltarti in tutto il Mio amore per te; consigliaMi dunque, ed Io farò secondo il tuo consiglio!”, allora sì che Ti avrei dato un consiglio! Ma ad una imposizione fatta in maniera tanto scortese e autoritaria, io non Ti do nessuna risposta come consiglio!

5. Ritieni Tu, dunque, che la Tua potenza Ti dia il diritto di comportarTi in questo modo con me? Oh, Ti inganni enormemente!

6. Se Tu sei un giusto e sapientissimo Creatore ed io sono la Tua prima creatura, allora vedi di onorare Te stesso in me attraverso un’adeguata distinzione da farsi a me, Tua creatura!

7. Ma se Tu non vuoi fare così, allora con ciò non mi dimostri altro, in primo luogo, che io sono una creatura del tutto rattoppata della Tua potenza e sapienza; e in secondo luogo, con ciò Tu dimostri di rendere inequivocabilmente testimonianza da Te stesso che nella Tua Creazione sei una specie di imbrattatore, e che per conseguenza io e l’intera Creazione non siamo e restiamo altro che un tentativo quanto mai mal riuscito della Tua caratteristica potenza creativa.

8. Perciò comportaTi un po’ diversamente verso di me, e non fare delle cattive figure al cospetto di coloro che dovrebbero essere Tuoi figli! Chi mai potrebbe avere stima di Te con questi Tuoi difetti?

9. Io però so che Tu sei realmente sapiente in modo estremamente divino e che sei anche buono; ma anche per questo mi irrita tanto infinitamente di più il fatto che Ti comporti verso di me come se io non fossi una Tua creatura, bensì una creatura di qualche estraneo.

10. Io sono senza dubbio l’unica Tua creatura, (sorta) da Te, che abbia il coraggio di parlarTi così, ed agli occhi dei vigliacchi deve certamente apparire un po’ strano che una creatura ispezioni il proprio Creatore. Io però domando: “Perché una creatura non dovrebbe avere questo diritto, se essa è una creatura libera?”

11. Infatti, poiché Tu mi hai creato, allora io, quale creatura, non Ti sono debitrice né di gratitudine, né di stima, dato che non è possibile che io, non essendo prima d’allora ancora affatto esistente, abbia pattuito in precedenza con Te delle condizioni per la creazione successiva, secondo le quali avrei poi dovuto diventare Tua debitrice quale creata!

12. Quale creatura, però, posso esserTi grata solo quando mi sia dato di apprendere da Te, quale Mio Creatore, che è realmente un grande beneficio essere una creatura libera, conscia di se stessa e felicissima, sorta da Te.

13. Ma finché io non sia tale, allora a me compete anche il diritto di contendere con Te, e per quanto mi riguarda mi compete anche il diritto di respingere tutto ciò che, con la Tua sapiente potenza creativa, Tu volessi forse addossarmi in cambio di nulla e ancora nulla.

14. Se io così come sono non sono giusta, allora, o mi annienti del tutto, oppure creami diversamente, però non in maniera così imperfetta come adesso, perché in queste condizioni non posso farTi onore in nessun modo per l’eternità!

15. Se come creatura devo adorarTi e pregarTi per ogni cosa, allora dallo Tu il buon esempio, e sii almeno cortese con me, e poi anch’io, quale Tua creatura, farò quello che sarà giusto. Ma con il Tuo comandare, non otterrai mai in eterno niente da me! Capiscimi!

16. E questo deve essere per il momento anche il consiglio vincolato che io rivolgo a Te, e se questo non sarà ottemperato, allora non ne avrai mai in eterno altri da me! Capiscimi ancora una volta! E per conto mio, amen!»

17. A questo punto il Signore si rivolse tutto triste ai tre testimoni e così parlò loro: «Figlioletti! Sono Io davvero così, e merito tutto questo?

18. O Mio eterno Amore! Quanto non ho fatto per salvare questo essere e per condurlo alla finale, difficile completezza. Solo che quest’opera non vuole riuscirMi!

19. Sì, nei riguardi di questo essere Io ho commesso un errore, e questo consiste nel fatto che Io l’ho creato troppo completamente perfettissimo, per renderlo, dopo la perfezione, tanto infinitamente beato quanto mai è possibile alla Mia eterna onnipotenza, sapienza, bontà, amore e misericordia!

20. Ma ecco che questo essere, non ancora giunto ad un quarto della sua maturità, proprio ora nei momenti più importanti e più delicati della formazione, si mette così tanto contro al Mio Ordine che tutto governa, al punto da farMi sul serio rattristare a causa di una simile ostinazione!

21. E siccome, a causa del Mio eterno Amore e della Mia misericordia, Io tuttavia non voglio dissolverlo, allora Mi vedo costretto ad iniziare di nuovo un procedimento infinitamente lungo, per indebolire gradatamente questa ostinazione fino ad un atomo e, d’altra parte, per cominciare a formare una creatura del tutto nuova da voi, figlioletti Miei, come voi siete, cioè, secondo il Mio Cuore!

22. O Satana, un giorno Io piansi quando la prima volta Mi fosti disobbediente. Ora Io piango e ancora una volta piangerò. Poi però Io mai più piangerò su di te, bensì darò a te secondo le tue opere e secondo il tuo volere! Allora tu vedrai a che cosa ti avrà formato la tua orgogliosa ostinazione e dove ti avrà condotta!

23. Ora ritiriamoci da qui, e lasciamo questo essere alla sua ostinazione!»

24. A questo punto Satana si gettò di nuovo a terra davanti al Signore e gridò: «O Signore, non abbandonarmi ed abbi pietà di me, misera! Tu sai di certo che io sono una povera stolta e perciò sono colma di ostinata malignità! Puniscimi per la mia malignità; ma adesso non abbandonarmi! Io farò certamente ciò che Tu vorrai!»

25. E il Signore disse: «Allora obbedisci e fa quello che Io ti chiederò per ciò che è migliore per te! Allora Io rimarrò ancora e ti ascolterò. Se però tu ti opporrai ancora una volta, allora non ti ascolterò mai più! E così, dunque, alzati e parla! Amen!»

 

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Cap. 23

Il desiderio di Satana di essere convertita in un uomo

Il Signore gli mette a fianco una pura donna del Sole, quale profezia

24 aprile 1843

1. Dopo tali parole del Signore, Satana si rialzò e, tremando, Gli disse: «O Signore, io so per certo che Tu in eterno non hai bisogno di consiglio né da parte mia né da quella di qualsiasi altro, perché Tu solo sei certamente la Sapienza suprema, perfettissima, eterna e infinita!

2. Ma dato che Tu hai concesso a tutte le Tue libere creature la libera volontà, e da questa la libera attività e, in aggiunta, anche il diritto di preghiera, e considerato che in fondo una preghiera non è altro che un umile consiglio da parte della creatura, certo libera ma tuttavia lasciata debole per una Tua disposizione estremamente saggia, mediante il cui consiglio essa espone a Te, o Signore, le proprie necessità, come se Tu quasi non ne sapessi nulla prima che Ti vengano esposte da parte della creatura stessa, e questa così Ti consiglia (certo in tutta umiltà) riguardo a ciò che Tu dovresti fare, – allora io vorrei formulare in questo modo il consiglio che dovrei dare a Te. Perciò vorrei esporTi la mia preghiera per dirTi ciò che ora vorrei, dato che Ti è piaciuto iniziare un Ordine del tutto nuovo nel governo delle Tue opere e dei Tuoi esseri.

3. E quello che io ora vorrei, consiste in ciò: – vedi, o Signore, così come ora sono, in verità sono quanto mai misera e n felicissima! Finché rimango sotto questa figura di essere femminile, io non posso mai rivolgermi interamente a Te, perché la più insopportabile gelosia rabbiosa mi cattura incessantemente e mi spinge a covare la vendetta contro di Te.

4. Perciò io ritengo – dato che a Te sono certo possibili tutte le cose – che Tu possa cambiare la mia natura, conferendomi invece un carattere maschile e quindi trasformarmi in un uomo dinanzi a Te e ai Tuoi figli!

5. Allora certamente e ben presto mi abbandonerebbe questa mia maligna passione che mi tormenta eternamente! Io poi potrei umiliarmi completamente al Tuo cospetto ed essere così come sono tutti i Tuoi eletti figli!

6. Ma permanendo come essere femminile, io vedo già anticipatamente e in maniera anche troppo chiara, quanto poco per tutte le eternità delle eternità mi gioveranno tutti i miei buoni propositi!

7. Dunque, Tu fa pure come vuoi, però, se fosse possibile, io vorrei tuttavia pregarTi, o Signore, di concedermi quanto ho chiesto!»

8. Ma il Signore così le rispose: «Ascolta, o essere eternamente mutevole e instabile, e dimMi in quanti esseri ti sei già fatta trasformare a questo scopo, dandoMi sempre in simili occasioni questa assicurazione: “O Signore, concedimi solamente che io assuma questa forma, e in essa troverò miglioramento per me!”

9. Io verso di te ho sempre fatto tutto quello che hai voluto; anzi, non ci sono sulla Terra tanti atomi quante sono le figure, le forme e i caratteri nei quali ti sei già fatta trasformare da Me agli scopi del tuo miglioramento adotto sempre come pretesto!

10. Ogni volta che per causa tua Io ho fondato un nuovo sistema solare e planetario, in cui tu hai voluto essere femmina sui Soli e maschio sui pianeti!

11. Io ti ho dato fino ad ora il potere di trasformarti anche da te stessa secondo il tuo piacimento. Ma dimMi adesso e confessa: di quanto ti sei migliorata con ciò? Io ti dico: “Nemmeno di un capello!”. Tu sei ancora rimasta l’antica mentitrice, e tutto quello che finora ho intrapreso solo e sempre secondo la tua volontà, non ha portato alcun frutto.

12. Ma se le cose stanno innegabilmente così, quale miglioramento ci si potrebbe mai aspettare con te da questa nuova trasformazione?

13. Perciò questa volta Io non farò per Mio volere quello che tu vuoi, bensì ti lascio del tutto libera, e tu puoi fare ciò che vuoi secondo la tua volontà!

14. Che tu voglia essere un uomo, una donna, un animale oppure un elemento, di ciò Io voglio occuparMene ben poco; tuttavia, ora farò da parte Mia anche soltanto secondo il Mio consiglio, e non lo chiederò affatto a te!

15. Se tu vuoi restare una donna, allora metterò al tuo fianco un principe della notte fuori da te; egli ti darà il potere di mettere alla prova la stirpe degli uomini.

16. Se però vuoi essere un uomo, allora Io ti metterò contro una pura donna del Sole, una seconda Eva, e questa calpesterà la tua antica ostinazione. E se tu anche la pungerai nel calcagno, vale a dire nella sua carne, ciò non la ferirà minimamente in maniera dannosa!

17. Ora tu sai come stanno le cose; fa dunque ciò che vuoi!»

18. Allora Satana si trasformò improvvisamente in un uomo dall’aspetto robusto e dalla faccia serena.

19. Il Signore mostrò immediatamente all’uomo la donna del Sole e disse: «Bene! Dunque: qui sei tu, e qui è lei! Perciò ora vattene da qui secondo la tua forza, ed Io farò secondo la Mia Forza! Amen!»

20. A questo punto Satana divenne invisibile, e con lui pure la donna del Sole.

21. E il Signore fece ritorno sull’altura con i Suoi.

 

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Cap. 24

Spiegazioni sulla costituzione di Satana, di Adamo, di Eva e sul serpente tentatore

25 aprile 1843

1. Strada facendo, il Signore domandò a Chisehel: «Ebbene, mio diletto Chisehel, tu che prima hai permesso che nel tuo cuore sorgesse qualche dubbio riguardo a questo essere rispetto a Me, cosa ne dici ora di questo generatore della menzogna e di ogni inganno?

2. Non vorresti forse anche adesso prestargli un po’ di fede e continuare a restare perplesso riguardo alla possibilità che vi sia in uno o nell’altro punto qualcosa di vero nel discorso indirizzato soltanto a voi tre e uscito fuori dalla bocca del drago?

3. Rendi dunque un po’ manifesto di fronte a Me qual è il tuo pensiero riguardo a questa Mia domanda molto importante!»

4. Ma Chisehel allora, con animo del tutto compunto[4], pregò il Signore di perdonargli la sua precedente stoltezza del cuore. E dopo che il Signore lo ebbe completamente rassicurato sul fatto che già da lungo tempo Egli gli aveva perdonato tutto, allora Chisehel, dopo una breve pausa, aprì la sua bocca e disse:

5. «O Signore, Tu Padre unicamente santo, buono e amorosissimo, per quello che riguarda l’evidentissima e autenticissima menzogna di questo essere, per me quasi inqualificabile, io ho ora le idee altrettanto chiare quanto è chiaro il Sole ancora discretamente alto sull’orizzonte vespertino (verso occidente), e dubito perfino di quelle parole che sono state pronunciate dinanzi a Te da un simile essere e di cui esso asserì che corrispondevano alla piena verità.

6. Infatti io mi accorsi molto bene che, quando era possibile, egli cercava di apparire continuamente degno di compassione e, sempre quando era possibile, sia apertamente o certo almeno velatamente, tentava di riversare ogni colpa su di Te; per la qual cosa io, spinto da un impulso che riuscivo a frenare a stento, fui anche più di una volta sul punto di assestare alla bellissima mentitrice una controprova davvero robusta, di traverso sulla bocca, con questa verga della potenza che Tu mi hai dato.

7. Ma da tutto ciò, è certo facile rilevare quale peso di verità abbiano ora presso di me le parole di questo essere!

8. Perciò – come già detto – a questo riguardo io sarei perfettamente sicuro; tuttavia in me c’è qualcos’altro che ancora si torce di qua e di là come un verme della terra calpestato! O Signore, questo qualcosa Tu certo lo vedi in me; perciò vorrei pregarTi di concedermi anche su questo punto un po’ di luce!»

9. E il Signore allora, voltosi verso Chisehel, gli disse: «AscoltaMi dunque!

10. Vedi, Satana, Adamo ed Eva sono come una cosa sola, e poi Caino e i suoi discendenti sono ugualmente di nuovo come una cosa sola, e questo perché in primo luogo, Satana avrebbe dovuto, del tutto per obbedienza a Me, imprigionarsi[5] in Adamo, da lui in Eva e da Eva nel figlio primogenito, affinché così lei potesse giungere alla piena completezza e, con ciò, poi, ogni ulteriore procreazione fosse sorta da lei completa come nei Cieli!

11. Questo essere però non volle questo, perché gli rincresceva il fatto di doverMi dimostrare spontaneamente tanta obbedienza.

12. In Adamo non volle essere secondo la Mia misura; perciò si concentrò nella contemplazione di se stessa. Trapassò ben presto nell’assoluto amore di se stessa, e l’uomo Adamo, quale una triste dimora di questo essere, se ne andò intorno e non pose attenzione alle cose che lo circondavano.

13. Allora Io dovetti procedere subito ad una divisione sostanziale: tolsi da Adamo ciò che in lui aveva assunto forma femminile, e in lui lasciai unicamente lo spirito maschile, ponendo lo spirito femminile, quale Eva, in una nuova e bella dimora fuori da Adamo.

14. Adamo però riconobbe ben presto in Eva il suo secondo io, ed ebbe così un grande compiacimento in esso [cfr GFD vol.1 – cap. 7,11].

15. Ma siccome il secondo essere notò ben presto in sé che esso ora era più debole del primo, allora meditò subito un’astuzia per innalzarsi possibilmente al di sopra del primo essere.

16. Ma l’astuzia non ebbe subito successo. Adamo rinfacciò virilmente ed energicamente ad Eva la sua brama, e la cosa finì lì.

17. Il secondo essere si raccolse nella sua parte maschile, lasciò in Eva la parte femminile ritenuta debole e si strappò da lei nella forma di un serpente quale un mostruoso essere ermafrodito, fuori dal quale esso poteva agire da maschio e da femmina contemporaneamente, come anche presto se ne ebbe la dimostrazione con la procreazione non benedetta di Caino, che a voi è nota.

18. Ecco, vedi, per questo motivo dovetti trasformare tutta la Creazione e, al posto della procreazione perfetta, dovetti benedire l’imperfetta con la riserva che tale procreazione non avrebbe potuto essere considerata da Me finché il male lasciato in eredità dall’essere fondamentale di Satana non fosse stato del tutto consunto attraverso il purissimo amore per Me, dato che tanto in Adamo quanto in Eva dovette necessariamente rimanere una parte di Satana, la cui parte deve continuamente scontrarsi reciprocamente e avidamente, perché deriva dalla particolare doppia natura di Satana, per quanto questa sia divisa.

19. Così dunque è avvenuto anche, che Adamo e Caino poterono parlare come Satana stesso in momenti lucidi; tuttavia né Adamo, né Eva e neppure Caino ne costituivano l’effettivo essere fondamentale stesso, nella stessa maniera di come voi, quali parti di Adamo e di Eva, non siete più parte dell’essere fondamentale di Adamo e di Eva.

20. Vedi, come è accaduto in Adamo e in Eva, così ora questo essere viene continuamente diviso in tante creature e viene indebolito finché esso, entro la fine dei tempi, si sarà suddiviso completamente e alla fine non resterà di lui altro, che la forma vuota e priva di vita, poiché tutta la sua vita d’amore trapasserà e deve trapassare in una creatura del tutto nuova in voi, ora già Miei figli!

21. Così stanno le cose; però di tutto ciò non dite assolutamente niente a nessuno! Io so il perché; perciò tacete di tutto questo! Amen!»

 

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Cap. 25

La domanda di Lamech: “Com’è possibile che Satana, pur essendo creata da Dio, sia tanto malvagia?”

La difficile risposta del Signore con una similitudine

26 aprile 1843

1. Ma allora anche Lamech si avvicinò al Signore e Gli chiese il permesso di potere egli pure liberarsi dinanzi a Lui di un nodo quanto mai aggrovigliato.

2. E il Signore gli disse: «Io so quello che ti opprime il cuore, ed Enoch pure lo sa! Però Chisehel non è ancora in grado di scorgere, nell’intimissima profondità della tua vita, quello che si cela in essa; perciò nell’interesse di Chisehel puoi formulare a voce alta la tua domanda, e così rendiMi dunque manifesto il tuo nodo aggrovigliato!»

3. A queste parole Lamech, con il cuore fiammeggiante d’amore, ringraziò per tale grazia elevata e poi formulò ad alta voce la sua domanda, che fu la seguente:

4. «Padre santo, amorosissimo e indicibilmente buono, Tu certo hai creato Satana (attingendo) da Te e non (traendola fuori) da qualche altro luogo! Ma com’è tuttavia ora possibile che questo essere creato (attingendolo) da Te sia tanto terribilmente maligno, considerato che in Te tutto dovette essere estremamente buono dall’eternità, perché Tu stesso sei così infinitamente buono e per conseguenza è certo impossibile che da Te possa sorgere qualcosa di maligno?

5. Ma dato che questa creatura, Satana, creata da Te è sul serio così estremamente maligna, allora io non so davvero che cosa pensare riguardo a questo punto. Ora io ritengo ed anche sento che, se potessi chiarirmi le idee, allora avrei tutto ciò che mi occorre per tranquillizzare completamente il mio spirito!»

6. A questa argomentazione validissima, il Signore rispose allora a Lamech: «Se tu consideri la cosa dal punto di vista umano, questo certo per te deve essere un nodo tra i più aggrovigliati; ma se riesci a considerarla invece dal punto di vista puramente spirituale, allora tutto il groviglio si scioglierà ben presto interamente, e tu contemplerai una tale soluzione delle cose che ti sarà innumerevoli volte più chiara della luce del Sole nel più puro e sereno mezzogiorno!

7. Una cosa simile però è difficile spiegarla con parole intelligibili per te, dato che essa giace nelle profondità più profonde di tutta la Mia infinita Sapienza divina.

8. Ma ugualmente ti illuminerò la cosa mediante una similitudine! Quanto più, con l’andare del tempo, tu considererai questa similitudine, tanto più penetrerai profondamente nello spirito di verità di questo mistero infinitamente profondo; e dunque ascolta.

9. Un uomo quanto mai saggio, buono ed amoroso ha concepito in sé il piano di prendersi una donna e di generare con lei dei figli, i quali devono somigliargli in tutto e in modo che, ciascuno nella sua specie, sia chiamato ad entrare in possesso delle ricchezze e dei tesori incommensurabili che egli possiede con pienezza infinita!

10. Questo certamente è un piano buono. Ma come lo si può attuare se in tutta la grande regione non esiste nessun essere femminile?

11. Che cosa fa allora l’uomo estremamente saggio? Egli non ci pensa troppo a lungo, bensì dice tra sé:

12. “A quale scopo cercare in questo mio infinito territorio quello che non si può trovare? Io ho certo in me quanto mi occorre: ho amore, ho tutta la sapienza ed ho la potenza da queste due!

13. Perciò vedrò se posso crearmi una donna (attingendo) da me stesso che sia corrispondente a me sotto ogni aspetto! Io infatti ho già chiamato (attingendo) da me delle altre cose che ora hanno piena esistenza; allora anche questa cosa mi riuscirà!

14. E così dunque voglio concepire un’idea completamente simile a me e sottoporla alla mia fermissima volontà, e allora ben presto si vedrà se ho proprio bisogno di cercare ancora quello che non è e che non può essere in qualche luogo fuori di me!”

15. Detto e fatto, ed ecco che la meravigliosa opera sta già davanti all’uomo! Con un compiacimento infinitamente grande il potentemente sapientissimo artefice la contempla.

16. L’opera però è ancora soltanto come una macchina morta della sua volontà, non si muove diversamente da come soltanto la volontà dell’artefice le imprime di fare ed essa parla solamente di ciò che l’artefice instilla con il pensiero dentro di lei e che lui vuole venga proferito dall’opera stessa.

17. Allora la sapienza del maestro si concentra e poi dice: “L’opera è pronta; ma in essa non vi è altro se non me stesso! Se la lascio così, ne ricaverò ben poco frutto; ma se io concedo all’opera una vita propria, libera e indipendente, allora devo poi essere pronto ad accettare l’eventualità che essa mi si rivolti contro e che faccia secondo la sua propria libera volontà.

18. Ad ogni modo io sono certamente potente sopra ogni cosa. Se essa vorrà sorpassare i limiti da me prescrittegli, allora saprò ben io come oppormi, poiché essa resta certo opera mia in eterno!”

19. Così parla in sé l’uomo sapientissimo, e così anche fa.

20. Ora l’opera è libera e si muove e parla ben presto diversamente da come l’uomo vorrebbe; e costituisce un grande trionfo dell’artefice il fatto che la sua opera cominci ad esprimere una libera attività in modo estremamente vivace, senza tuttavia poter mai uscire dalla sfera di volontà dell’artefice.

21. Ma l’uomo vuole ancora di più, cioè vuole la pienissima libertà di volere dell’opera; e a tale scopo l’opera necessita di un’educazione personale e poi di ogni possibile esperienza fatta dall’opera stessa.

22. Questa educazione però dura ancora adesso, mentre la creante procreazione si deve considerare, in aggiunta, come una parte principale di tale grande educazione. E l’uomo è ora, come sempre, sul punto di vedere con assoluta chiarezza la finale, sicurissima compiutezza della sua opera!

23. Vedi, questa è una similitudine quanto mai grandiosa, perché in essa sta completamente il Principio e la Fine! Queste cose osservale in te, e così si farà sempre più chiaro nelle tue profondità! Ora però procediamo di nuovo avanti! Amen!»

 

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Cap. 26

Le stolte idee di Chisehel sull’accoppiamento sessuale con Satana

Sul mantenimento della vita del primo spirito creato, e sulle sue creazioni secondarie

L’esempio di innumerevoli esseri umani creati all’istante

27 aprile 1843

1. Lamech e tutti gli altri ringraziarono per tale Grazia così grande e poi proseguirono il cammino.

2. Ma strada facendo, giunti nei pressi dell’altura dal Mattino, il Signore si fermò e si volse verso Chisehel senza dire una parola.

3. Costui però ne rimase tanto spaventato che quasi si accasciò rabbrividendo, e così non poté subito riflettere su cosa avrebbe potuto significare un simile sguardo rivoltogli dal Signore.

4. Il Signore però non lo lasciò per lungo tempo nell’incertezza, bensì gli indirizzò subito la seguente domanda: «Chisehel, perché permetti che nel tuo cuore sorgano pensieri così stolti?

5. Ritieni dunque, che Dio debba accoppiarsi sessualmente come un uomo, per generare il Suo simile? E ritieni tu che Dio debba avere una donna divina, per ottenere da lei dei figli generati sessualmente? Oh, come è grande il tuo errore!

6. Se tu hai una donna, puoi generare con lei quello che tu vuoi? Vedi, questo atto non seguirà la tua volontà, e neppure quella della tua donna, bensì è sempre la Mia divina ed onnipotente Volontà ad agire, e perciò ne risulta quello che voglio Io, e non quello che vorresti tu!

7. Se tu vuoi un figlio, allora Io ti do una figlia, e se è questa che vuoi, allora ti verrà dato un figlio, poiché unicamente Io sono il Signore sopra ogni vita.

8. Ma quando tu compi un atto di procreazione con la tua donna, che ne sai tu in che cosa consista quello che generi?

9. Io ti dico: – la conoscenza che tu hai del punto centrale della Terra è la stessa che hai di questo atto, e tu sai dell’uno tanto poco quanto dell’altra!

10. A Me soltanto sono ben note tutte le cose dall’eternità, perché soltanto Io sono il Signore, il Dio onnipotente ed infinitamente sapiente dell’eternità!

11. Ma per deporre, secondo il Mio Ordine, un frutto vivente nel grembo della donna con la quale ti sei congiunto, dimMi: ho Io bisogno di congiungerMi forse in segreto con la tua donna a Mia volta?

12. E quando i Soli partoriscono dei mondi da sé, e le piante e gli animali procreano il loro simile, non vorresti anche domandarti se Io forse Mi congiungo di nascosto con i soli, con le piante e con gli animali?

13. O tu, uomo stolto, di quali folli pensieri sei capace!

14. Vedi, la donna, ovvero il primo spirito creato da Me, non è simile a ciò che è una donna sulla Terra? E perciò, Io non ho bisogno di lei per generarMi dei figli da lei!

15. Infatti, se Io ho potuto far sorgere (attingendo) da Me il primo spirito in ogni perfezione, allora sarò certo anche in grado di farne sorgere innumerevoli altri pure senza il concorso di questo primo spirito creato!

16. E dunque, questo primo spirito non è stato certo creato da Me agli scopi dell’ulteriore procreazione, come se solamente col suo aiuto Io potessi riuscire a fare ulteriori esseri, bensì questo spirito è stato fatto sorgere da Me per lo stesso motivo per cui fosti fatto sorgere tu, e cioè: “Riconoscere Me quale l’unico Dio, Creatore, Signore e Padre amorosissimo, per amarMi e quindi poi per servire Me in ogni amore in maniera vivente per l’eternità”.

17. Che però da questo spirito siano poi sorti innumerevoli spiriti, ciò dipende dal fatto che Io lo formai perfettamente secondo la Mia misura, e poi perché gli infusi anche la Mia vita libera, potente e creatrice.

18. Ma siccome questo spirito scorse in sé tale immensa perfezione, allora egli cominciò anche a far sorgere (attingendo) da sé le cose più singolari, come anche il proprio simile.

19. Nondimeno Io, quale il supremo e potentissimo Amore e Sapienza, Bontà e Tolleranza e Mansuetudine, concessi a queste creature secondarie dello spirito di prosperare e feci per loro quello che Io faccio per quelli che sono (provenienti) da Me, ed ho cura di questi estranei come di quelli della Mia Casa paterna.

20. Ma dimMi adesso: “Ho forse bisogno a questo scopo di una qualche donna divina per generare – mediante un certo accoppiamento sessuale – cieli, angeli, soli, mondi, lune, piante, animali e uomini in un insieme caotico?”

21. Oh, vedi, l’eterno Creatore, in Sé e per Sé onnipotente, non ha bisogno di ciò! Infatti basta solo che Io voglia, e quello che Io voglio esiste già.

22. Ecco, Io ora voglio che qui dinanzi a noi sorgano innumerevoli schiere di persone di entrambi i sessi, e vedi, esse sono qui, ed Io non annienterò mai in eterno queste creazioni che ho fatto sorgere adesso, bensì le trasferirò sulle stelle ora dinanzi a te! Guarda, esse, lodandoMi, stanno già andando incontro al loro eterno e beato destino!

23. Tu adesso sei quasi irrigidito per lo stupore! Ma Io ti chiedo: “Per fare ciò, ho forse avuto bisogno di una donna?”

24. Tu ora rispondi di “no”, avendo visto la Mia potenza.

25. Ed Io ti dico: “Non lasciarti più sopraffare da simili pensieri stolti, se vuoi essere gradito a Me! Ma ora rifletti anche sul fatto che tra Me e te esiste una differenza immensa, la quale solo attraverso l’amore può essere diminuita il più possibile!”. E ora procediamo di nuovo avanti! Amen!»

 

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Cap. 27

Nella Sua essenza divina il Signore è Uomo e Donna

 La parte maschile in Dio è l’Amore, la forza e il vigore

La parte femminile in Dio è la luce della Sapienza derivata dall’more

Lucifero creato da un Raggio di grazia

28 aprile 1843

1. Poi essi continuarono il cammino e nessuno si azzardava a rivolgere una parola al Signore, sebbene questa volta tutti e tre – compreso Enoch – portassero un nuovo nodo trovato in se stessi; un nodo così inestricabile che gravava su di loro più che una pietra di parecchi mezzi quintali.

2. Ma poiché l’Onnisciente aveva scorto benissimo questa cosa, allora Egli si rivolse immediatamente a Enoch e gli disse: «Ma anche a te possono presentarsi ancora delle cose sulle quali puoi covare come una chioccia su delle uova vuote?

3. Io però ti dico che non accadrà che l’uomo penetrerà in ogni profondità della Mia Sapienza nel tempo, perché a questo scopo vi è già preparata una vita eterna da parte Mia!

4. A voi sì voglio sciogliere il nodo che pesantemente vi opprime, però lo dirò a voi e assolutamente a nessun altro! E così dunque ascoltateMi.

5. Nelle profondità della Mia Divinità Io sono contemporaneamente Uomo e Donna; tuttavia, non come voi siete soliti intendere questi concetti, bensì unicamente nel modo seguente:

6. Io, come Uomo, sono eternamente l’Amore stesso, la libera Vita stessa e tutta la Potenza e il Vigore stessi, ragion per cui in ogni uomo, quale piena simmetria del Mio Amore, si manifesta l’autentico amore di cui il vano petto della donna non sarà mai capace in eterno.

7. In tale Mia simmetria d’amore maschile, l’uomo è dunque anche vigoroso, similmente a Me, e più possente nel suo petto di quanto lo siano tutte le donne nei loro petti instabili, i quali sicuramente offrono alla carne del bambino il latte da succhiare, tuttavia non possono offrire allo spirito il latte della vita interiore, perché nel loro petto non dimora l’amore elevato e forte dell’uomo, quantunque potrebbe certo dimorarvi se la donna non fosse da sé così stoltamente vana!

8. Ebbene, Io sono costituito così, da Me stesso, come Uomo dall’eternità. Spero che voi possiate comprenderlo!

9. Ma poiché Io risiedo anche nella donna, allora non devo contenere totalmente e pienamente in Me anche la donna? – Io vi dico: “Certamente! Perché altrimenti, udite bene, come avrei potuto creare una donna?”

10. Ma come ciò sia possibile, voglio subito dirvi qualcosa di sapiente, poiché nella donna si trovano di certo, sotterrati astuzia e arguzia, acutezza di intuizione e furbizia; inoltre la donna non parla mai apertamente, ed ha sempre cura di celare la sua luce e il suo cuore. Per questo succede che chi si fida del cuore delle donne, costruisce sulla sabbia.

11. Ne consegue dunque che dalla Mia sfera femminile Io non posso parlare in modo così comprensibile come dalla Mia sfera maschile, poiché la parte femminile trae origine dalla Luce dell’Amore proveniente da Me, e quale Sapienza, sebbene non lo sia in sé, e tuttavia è simile alla luce irradiata che scaturisce sublimemente dalla Luce del ceppo originario.

12. Ecco quindi che la Donna in Me è la Luce eternamente radiosa della Sapienza, la quale viene eternamente e continuamente generata in uguale forza e vigore nell’Amore.

13. Questa Sapienza è la giusta Donna dell’Amore di Dio, a Lui peculiare e inseparabile in eterno, con la quale Io, Dio eternamente unico, ho generato e creato tutte le cose, e a tale scopo nessun’altra donna fu mai in eterno necessaria a Me, l’unico, eternamente vero Dio d’amore, Uomo fin dalle eternità, eternamente Primo ed eternamente Ultimo!

14. Io ho generato per tempi eterni con questa Mia fedelissima Donna (la Sapienza) innumerevoli miliardi di esseri, che erano a Me visibili, sebbene nessuno di essi potesse e dovesse guardare ancora in sé.

15. Però in Me era anche eternamente deciso di mettere un giorno in libertà tutti i molti, infiniti esseri generati nel Mio Spirito, affinché riconoscessero se stessi e Me!

16. E allora avvenne che una Volontà fu spinta fuori da Me, e un ultrapotente “Sia fatto!” [cfr. GFD vol.1 cap.5,7] la seguì attraverso tutte le profondità infinitamente vaste della potenza della Mia eterna Divinità e del Mio chiaro e luminoso operare.

17. Allora da tutti i raggi usciti, eternamente molti, sorse – udite e comprendete! – un Unico essere sostanziale, un Portatore di tutto ciò che dall’eternità da Me – uomo e donna eterni – sia mai confluito in uno (Satana-Lucifero) nei raggi sostanziali in modo spiritualmente profondo, infinito ed eternamente chiaro.

18. Questo Portatore è la Donna neo-creata, ed essa fu formata libera quale un grande punto di raccolta di ogni luce sostanziale che da Me scaturiva dall’eternità in sostanziale pienezza, affinché in lei la pienezza degli esseri fuoriusciti si maturasse sotto il calore perenne dei Miei raggi di Grazia, affrancata e libera, piacevolmente visibile al Mio cospetto mediante la vita libera, e così, Mi vedesse, per effetto della Luce dell’amore elargitagli da Me.

19. E udite! La procreazione è riuscita: voi già Mi vedete e Mi comprendete, quale vostro Creatore!

20. Tuttavia il tempo della completa maturità e della raccolta non è ancora giunto al pieno prosperare, e questo, perché le grandi cose richiedono anche lunghi tempi per il loro compimento!

21. Perciò comprendetele bene queste cose, ma tacete, poiché in questa contesa del divenire per la futura e grande maturità non è bene chiacchierare!

22. Infatti a suo tempo[6], come ora Io sto facendo con voi, queste cose le annuncerò di nuovo alla Mia Terra, e da voi le troveranno interamente in sé i vostri futurissimi figli[7] e le dispenseranno alla Terra! Amen!»

23. A questo punto i tre si batterono il petto e dissero: «O infinita Sapienza di Dio! Chi mai in eterno sarà capace di comprenderTi?»

24. Ma il Signore disse: «Tacete ora riguardo a tutto ciò che vi ho detto, poiché vedete, i figli già Mi corrono incontro a braccia spalancate! Perciò corriamo anche noi incontro a loro! Amen!»

 

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Cap. 28

Il comandamento per eccellenza è l’amore

Consigli e divieti per i successivi rapporti con gli uomini e le donne della pianura

29 aprile 1843

1. Non passò molto tempo che coloro che si affrettavano ad andarsi incontro s’incontrarono e si trovarono anche riuniti di nuovo nel più potente amore e si accolsero con estrema cordialità, e tutto il popolo che era lì presente offrì nei cuori un grande sacrificio d’amore al Signore della magnificenza.

2. E ben presto il Signore così parlò rivolgendosi a tutti: «Ascoltate, figlioletti Miei! Quello che ora annuncerò a voi tutti, osservatelo bene nei vostri cuori!

3. Finora Io non vi ho dato alcun comandamento all’infuori di quello, dolcissimo, dell’amore; dovrei forse darvene adesso un altro, in aggiunta a questo antico comandamento dei Comandamenti?

4. Udite: finché voi lo osservate nei vostri cuori, nessun altro comandamento vi legherà a Me, né vi obbligherà nelle vostre azioni!

5. Infatti il puro amore e ogni agire conforme a questo amore, sono già di per sé un verissimo ed assoluto cardine di ogni giustizia. Chi ha nel cuore il puro amore (proveniente) da Me, a costui rimarrà eternamente estranea ogni possibile tipo di ingiustizia.

6. Perciò non vi serve nessun altro comandamento, dato che, come detto, l’amore è il comandamento per eccellenza, che compendia in sé ogni vita e ogni verità.

7. Ed è proprio a causa di questo amore, che ora è tra di voi e in voi, Io, quale il vostro Padre santo e amorosissimo, voglio aggiungervi pure un buon consiglio che farete bene a prendervi molto a cuore ed anche a seguire in voi e tra di voi per la conservazione di questo santo amore (proveniente) da Me.

8. Tuttavia, questo consiglio non sarà difficile osservarlo, bensì, sarà tale che voi lo potrete osservare con tutta facilità. AscoltateMi dunque:

9. La pianura è ora aperta; in caso di bisogno voi potete scendere giù dai figli di Caino e questi possono a loro volta salire da voi, così che ora voi potete diffondervi di nuovo sopra tutta la Terra da un’estremità all’altra.

10. Io non vedrò volentieri che qualcuno di voi si stabilisca in una qualche città della pianura, perché in tali città si trova ancora molta immondizia del serpente, che talvolta colpisce con un fetore potentissimo le narici dello spirito e ne infetta la sua vita con velenose pestilenze.

11. Se però qualcuno vuole vedere ora i buoni frutti delle Mie Misericordie nella pianura, costui vada pure e veda quali sono i sistemi del Mio governo; ma che nessuno si trattenga laggiù nella pianura per più di tre volte in sette giorni al massimo, ad eccezione dell’eventualità di un espresso incarico da parte Mia. E tale consiglio abbia valore pure nel senso contrario!

12. Enoch e voi, figli della stirpe principale, dovrete fissare il tempo di permanenza per coloro che dalla pianura verranno da voi, limite che essi dovranno rigorosamente osservare.

13. Ma se qualcuno manifestasse il desiderio di trasferire la propria dimora in un qualche luogo qui sull’altura, allora converrà che in un caso simile venga sempre interpellato Io!

14. Voi potete concedere questo allo straniero anche di vostra propria iniziativa, ma in questo caso bisogna che badiate voi a non aver introdotto una vipera nel petto e nessun un serpente sul vostro capo!

15. Siate dunque assennati in ogni cosa; così nel vostro modo di gestire le cose non dovrete mai subire in eterno alcun danno disastroso, sia spiritualmente che corporalmente!

16. Così pure non vi dovete mai contaminare con una donna della pianura, per quanto seducente e attraentemente bella possa apparirvi, perché tale cosa potrebbe portare di nuovo ciascuno di voi subito nella massima schiavitù del serpente, dato che voi allora generereste frutti che si nutrirebbero del sangue degli uomini e della carne dei figli.

17. Ora il nemico della vita si è prefissato di ornare le sue donne della pianura di carne seducentissima per indurvi così in tentazione; per questo motivo Io vi dico questo in anticipo, affinché sotto ogni aspetto sappiate come comportarvi qualora dovesse verificarsi qualcosa di simile.

18. Se però qualcuno di voi venisse a trovarsi nel bisogno, allora che si rivolga a Me ed Io lo aiuterò.

19. Questo è il consiglio che devo darvi per il vostro proprio bene temporale ed eterno; osservatelo, e allora vi troverete sempre bene!

20. Io rimarrò visibilmente ancora tra voi fino a sera; se qualcuno di voi sente che in qualche punto gli manca la luce, che costui venga e parli, in modo che Io gli fornisca in breve tempo la luce che gli manca! Amen!»

 

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Cap. 29

Mutaele dubbioso sulla natura della donna

Le differenze sostanziali spirituali riguardo l’essenza dell’uomo e della donna

La donna reintegrata al livello dell’uomo

2 maggio 1843

1. In seguito a questo invito, tra i figli del Mattino si fece avanti, verso il Signore, un giovane uomo di circa cinquant’anni pieno di coraggio e di zelo, il quale domandò al Signore: «Creatore onnipotente, Dio, Padre santissimo di tutti noi! È lecito anche a me, un verme polveroso dinanzi a Te, porTi, con tutta l’umiltà del mio cuore sotto forma di preghiera, una domanda che almeno a me sembra essere di grande importanza?»

2. E il Signore rispose: «Mutaele, Io ti dico: parla, poiché vedo che tu custodisci nel tuo cuore una buona domanda»

3. Allora Mutaele ringraziò il Signore con tutto il fervore per questa benevolissima concessione, e poi espose la seguente domanda davvero notevole. E le sue parole furono queste:

4. «O Signore, Dio, Padre santissimo ed amorosissimo! Vedi, io ho già oltre i cinquant’anni e so che molti altri, di alcuni anni più giovani di me, si sono presi già delle mogli; solamente a me, finora, non fu dato di potermi avvicinare ad una creatura femminile.

5. Infatti, se io consideravo la loro carne che mi appariva morbida e attraente, allora la maggior parte delle donne mi apparivano molto dolci, sensibili, e per conseguenza anche estremamente seducenti, e allora mi veniva sempre un grande desiderio di una donna; ma quando poi, spinto da un simile impulso interiore, mi avvicinavo all’una o all’altra fanciulla per scambiare con lei le più dolci parole d’amore dal profondo del mio cuore, allora venivo colto sempre, finora, da un senso di raccapriccio, perché in nessuna io trovavo quello che mi immaginavo di trovare.

6. Io ho pensato spesso fra me e me: “Ma come è immaginabile una tale contraddizione in questo tenero essere? Esteriormente la sua morbidissima carne sembra accarezzata da una lieve brezza della sera, ma il suo interiore è invece insensibile perfino a una tempesta dello spirito, ed uragani maschili di sapienza non riescono a toccare il suo cuore, ma invece ben ci riescono le debolezze maschili per le donne, come lo sono l’amore carnale, la sciocca lode alla donna, il molto promettente soddisfacimento maschile-sensuale e poi una formale adorazione della sua carne, e altre cose del genere”.

7. Vedi, in seguito a tali esperienze è sorta in me una formale ripugnanza verso tutto il popolo delle donne, e ne provo sempre tanta nausea che non mi è più possibile avvicinarmi a nessuna di loro!

8. O Signore, Dio e Padre, ma questo è bene da parte mia? Ho io con ciò forse peccato dinanzi a Te? E qual è la ragione di questo fenomeno in me? Che cos’è dunque la donna, questo essere che esteriormente è vivo, ma interiormente è morto?»

9. Allora il Signore si volse verso di lui e gli disse: «Ascolta, Mio diletto figlio Mutaele, il fenomeno da te constatato ha più importanza di quanto tu possa credere!

10. La prima ragione di tale fenomeno sta nel fatto che tu sei dall’alto, mentre la donna (che tu hai contattato) è dal basso.

11. Tu sei colmo di ciò che è del vivo Spirito d’amore proveniente da Me, mentre la donna è colma di ciò che è dello spirito del mondo.

12. Per questo tu sei anche tenero e sensibile dall’interno, mentre la donna lo è solo dall’esterno.

13. Tu sei una creatura fondamentale proveniente dalle Mie profondità, mentre la donna è soltanto una creatura postuma, un compendio delle Mie irradiazioni.

14. Tu sei fatto dal nucleo del Sole, la donna è soltanto dai fuggevoli raggi del Sole.

15. In te c’è la piena verità, nella donna c’è soltanto la parvenza della verità.

16. Tu sei una esistenza proveniente da Me, la donna è soltanto una parvenza proveniente da Me.

17. Vedi, queste sono le ragioni principali del fenomeno da te constatato!

18. La domanda però, se tu con ciò hai peccato contro di Me, è vana. Infatti contro di Me tu puoi peccare soltanto quando Io ti abbia dato un comandamento che ti dica di fare o di non fare una data cosa; senza questo non è concepibile alcun peccato, dato che tu, senza comandamenti, procedi nella Mia direzione.

19. Ma ora ti dico che ho accolto anche le donne come Mie figlie, e le donne hanno in Purista un modello, dunque un comandamento da parte Mia, che indica loro come devono essere.

20. Due si sono unite strettamente a lei nei loro cuori, cioè Ghemela e Mira.

21. Quando però la donna è simile a queste, allora anche lei porta la Mia immagine in sé; e quando nella dignità del tuo cuore ti accosterai a una simile donna, allora il tuo piede non urterà più contro nessuna pietra.

22. E siccome tu hai il cuore più puro di quelli del Mattino, allora Io tra breve ti donerò anche la donna più pura, la quale certamente ti corrisponderà in tutto. Ma fino a quel tempo rimani così come sei stato finora! Amen!»

23. Allora si fece chiaro dinanzi agli occhi di Mutaele, ed egli poté vedere nelle profondità e lodò e glorificò il Signore nel suo cuore puro.

24. Il Signore chiamò a Sé anche altri e li invitò a fare domande riguardo a tutto ciò che avesse mai potuto esservi di oscuro nei loro cuori.

 

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Cap. 30

I padri sorpresi ed amareggiati dalla risposta del Signore riguardo alle donne

Significato dell’essere dall’Alto o dal basso

3 maggio 1843

1. Questa risposta del Signore fece un’enorme impressione a tutti, eccetto a Enoch, a Lamech e a Chisehel. Essi erano in preda al più grave imbarazzo e non sapevano cosa dire o fare, trovandosi straordinariamente oppressi nei loro cuori, poiché a quei tempi tutti i padri, e ciò sia detto a grande onore dei loro cuori, avevano quanto mai care le loro donne e le ritenevano il dono supremo dai Cieli, e moltissimi ritenevano le donne buone e brave quali esseri posti più in alto e molto più vicini a Me che non essi stessi, e ciò per la ragione, quanto mai facile da comprendere, che allora sia le ragazze che le donne erano assolutamente costumate, dolci, tolleranti, devote, obbedienti, tranquille, casalinghe e, oltre a ciò, nella loro costituzione fisica originaria, erano dotate di grazia e bellezza femminile in grado considerevolmente superiore che non in questo tempo attuale (1843), che è spiritualmente e corporalmente del tutto corrotto.

2. Quindi, per questo motivo tale risposta ebbe l’effetto di colpire tutti i padri in maniera molto profonda, ed essi allora si rivolsero tutti a Me e parlarono così nei loro cuori:

3. ‘O Signore, Padre amorosissimo, dà a noi tutti per nostra tranquillità una luce maggiore riguardo alla sublimissima risposta che hai dato a Mutaele, poiché in questa luce in cui ora sono poste le nostre donne migliori e più costumate, noi non possiamo essere felici, bensì quanto mai infelici, poiché, dopo di Te, esse sono certamente il nostro massimo bene, e noi per questo non potremo in eterno mai renderTi ringraziamenti sufficienti.

4. Se Mutaele, nella sua sapienza alquanto aspra, non ha finora imparato ad apprezzarle, tuttavia l’antico Ordine buono e splendido, proveniente da Te, posto nei nostri cuori non ne risulta certamente scosso! Al contrario, invece, nel nostro campo visuale il genuino senso femminile nelle donne viene appunto con ciò anzi a risaltare con maggiore vantaggio e si rende maggiormente degno di lode dato che precisamente, per effetto di una tale fermezza delle donne nella loro virtù, l’uomo deve essere umiliato prima che sia reputato degno di un simile dono di Grazia da parte Tua, o caro Padre!

5. Se l’uomo trova una durezza nella donna, questa è certamente soltanto la sua propria durezza, cioè la durezza dell’uomo; ma quando egli l’avrà addolcita, allora certo egli troverà nella donna soltanto lo splendidissimo opposto!

6. O Padre, fa dunque che le nostre care donne siano, insieme a noi, dall’alto, e non dal basso!»

7. E il Signore allora aprì la Sua bocca e disse ai padri: «Voi parlate come se foste ancora completamente ciechi riguardo al Mio Ordine!

8. Se voi non sapete ciò che significa in spirito “alto” e cosa significa “basso”, perché non chiedete spiegazioni su questo punto, invece di domandare che Io vi fornisca luce soltanto là dove non ne avete bisogno, mentre pretendete che Io rovesci tutto intero il Mio eterno Ordine a causa del vostro stolto desiderio?

9. DiteMi: “La donna perde forse qualcosa al Mio cospetto se Io asserisco che lei, rispetto all’uomo, è dal basso e che così, di fronte all’uomo, lei costituisce il necessarissimo polo contrario, senza il quale né l’uomo di per sé, né la donna di per sé, potrebbe esistere?”

10. Ma poi, che cosa direte se ora vi dico: “Voi di fronte a Me siete tutti dal basso, e soltanto e unicamente Io sono dall’alto!”

11. Ma per questo motivo cesso Io forse di essere il vostro Creatore e il vostro unico, eternamente santo Padre? Oppure: non ho Io creato te, o Adamo, dall’argilla della Terra, e non ho creato la tua donna, Eva, dalla tua costola?

12. Ma siccome voi tutti sapete che l’argilla indica il Mio Amore e la costola indica la Mia grazia e misericordia, dato che la Mia grazia e misericordia racchiudono la vostra vita appunto così come il solido scheletro racchiude e custodisce la vita del corpo, allora voi stessi dovete evidentemente riconoscervi quali ultraciechi se in ciò trovate un divario inconsolabile, laddove voi invece dovreste trovare soltanto un divario quanto mai consolante!

13. DiteMi che cosa è più degno di lode: il luminoso Sole stesso, oppure la luce uscente da lui? Quale delle due ponete più in alto?

14. Voi rispondete interiormente: “O Signore, certo l’una è tanto buona e necessaria quanto l’altra!”

15. Bene, dico Io; ma se il Sole in sé è da considerarsi come la cosa posta in alto, in quale rapporto allora verrà a trovarsi la luce che esce dallo stesso?

16. Voi dite: “Essa deve certo necessariamente trovarsi dappertutto sotto il Sole!”

17. Bene, dico Io; ma se il Sole in sé e per sé non possiede nessun maggior valore della luce che esce da lui, dato che il Sole senza luce emanata non sarebbe affatto un Sole e anche non avrebbe assolutamente alcun valore, allora di sicuro non sarà neanche dannoso per la donna, né il suo valore sarà minimamente pregiudicato, se lei rispetto all’uomo viene necessariamente a trovarsi in basso.

18. Io però dico: “Se la donna è così come deve essere, allora lei davanti a Me ha il valore dell’uomo giusto ed è altrettanto una cara figlioletta dinanzi a Me come l’uomo; e se la donna si smarrisce, allora Io la cerco come faccio con l’uomo.

19. Una donna maligna, invece, è altrettanto maligna quanto maligno lo è l’uomo, poiché il raggio uscente dal Sole è come il Sole stesso!

20. Nondimeno, verrà un tempo nel quale Io raccoglierò il raggio nella donna per illuminare il Sole spento nell’uomo!

21. Comprendete queste cose, e liberatevi una buona volta dalla vostra antica stoltezza! Amate in giusta misura le vostre donne, ma non fate di loro né più né meno di quanto esse sono da parte Mia! È sufficiente se le stimate come stimate voi stessi; il di più e il di meno sarà un peccato!

22. Chi di voi però ha ancora qualcosa da chiedere, venga avanti e parli. Amen!»

 

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Cap. 31

Kenan vorrebbe maggior luce riguardo la visione della decima colonna

Il saggio consiglio del Signore è di attendere, sforzandosi di amare per ottenere maggiore luce

4 maggio 1843

1. Dopo quest’ultimo invito da parte del Signore, si fece innanzi a Lui Kenan e Gli rese onore. E dopo che ebbe reso onore al Signore di ogni Magnificenza, egli voleva formulare apertamente una domanda.

2. Ma il Signore lo prevenne e gli disse: «Figlio Mio Kenan, l’argomento riguardo al quale vorresti invocare una luce maggiore da Me, è già conosciuto qui quasi da tutti ed a Me poi fin dall’eternità; perciò non è il caso che tu lo enunci ad alta voce!

3. Infatti Kenan e la sua visione (cfr GFD vol.1 cap.42) delle dieci colonne sono ormai diventati, tra i padri, già del tutto identici!

4. E quando tu vuoi domandare a qualcuno, come pure a Me, una cosa molto importante e profondamente nascosta, ecco già comparire costantemente le tue dieci colonne fuori dal tuo animo melodico!

5. Io però ti dico: “Nella tua visione si nasconde certamente qualcosa di importante; tuttavia le parole di Mutaele abbracciano di più della tua visione, la quale non include affatto in sé il messaggio proprio più consolante!”

6. Ad ogni modo la piena soluzione della tua visione Io te l’ho già indicata nel tuo spirito; dunque, perché non ti attieni più al tuo spirito?

7. Ma comunque, le dieci colonne sono simili a coloro che vi stanno sopra, per quanto la decima non sia ancora presente tra di voi nella carne!

8. Giudica quanto è avvenuto finora in base a questo, e paragonalo punto per punto alla tua visione sulla via della vera rispondenza interiore e spirituale, e tu giungerai così al fondamento della tua visione!

9. È quanto mai sicuramente vero che la tua visione non era un sogno comune, bensì era qualcosa di più ed aveva dei grandi segni spirituali.

10. Ma accanto ad essa esamina la realtà che sta dinanzi a te, e poi dì a te stesso se questa non è, sotto ogni aspetto, molto più importante e considerevolmente più ricca di significato nella sua rivelazione di quanto lo sia la tua intera visione nella sua torbida confusione!

11. Vedi, la tua visione è dunque certamente facile da comprendere, e non occorre che tu venga sempre fuori con una e la stessa storia, come fanno le donne!

12. Io so benissimo che quello che ti opprime particolarmente è soltanto la decima colonna, ma ti dico: “Accontentati per il momento delle altre nove, ma per quanto concerne la decima non pensarci su tanto, ma invece di pensare a questo, raccogli il tuo cuore nell’amore per Me, e così ti troverai molto meglio che non avventurandoti sul rozzo ed oscuro sentiero delle tue speculazioni infruttuose riguardanti la tua decima colonna!”

13. Vedi, il puro pensiero della testa su cose che dinanzi al tuo spirito stanno ancora velate da un tenebroso futuro, è da considerarsi allo stesso modo come se un uomo volesse generare un frutto vivente con un uomo come egli può fare nella donna, cosa che nello stesso tempo sarebbe anche la massima forma peccaminosa di prostituzione!

14. Ma se invece tu, dall’amore del tuo cuore per Me, imprigioni i tuoi pensieri, allora tu avrai fatto, rispetto allo spirito, come quando, lasciandoti imprigionare dall’avvenenza di una donna, l’abbracci e poi le fai secondo il tuo modo vivente!

15. In questo modo il tuo pensiero ancora muto diventa poi, nel tuo amore per Me, simile ad un frutto vivente generato nella donna, e soltanto dopo che il pensiero rinasce fuori dall’amore, esso diventa per te, nella viva pienezza dell’eterna verità, quello che per te doveva essere effettivamente la reale causa prima, cioè una luce vivente scaturita da Me!

16. Così considera e così intendi la tua vita, e allora lo scrosciare delle acque sulla tua decima colonna e la grande notte che la circonda non ti opprimeranno più!

17. Ora però Io dico a voi tutti: “Perseverate sempre nell’amore e considerate bene tutte queste Mie parole indirizzate a voi, e così la decima colonna di Kenan sarà svelata in un senso del tutto differente da come dovrebbe essere svelata nel caso voi foste disobbedienti!”

18. Infatti il Mio Ordine ha moltissime vie, molte delle quali sono migliori di altre! Il Giudizio è sempre l’ultima via tra tutte, dato che esso scocca sempre per la vita e per la morte; guardatevi perciò da qualsiasi giudizio!

19. E ora Io vi lascio di nuovo, per quanto riguarda la Mia visibilità, per qualche tempo, tuttavia rimango continuamente con voi nel vostro amore per Me! La Mia benedizione scenda su tutti voi, uomini e donne! Amen!»

20. A questo punto il Signore scomparve, mentre il Sole era al tramonto. Tutti i presenti si prostrarono con le loro facce a terra e piansero, lodarono e glorificarono il Padre durante tutta la notte, finché di nuovo si fu fatto giorno, e solo al mattino ritornarono alle loro case.

 

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Cap. 32

L’astuto piano di Satana di sedurre gli uomini mediante la bellezza delle donne

La Voce dall’alto – La delegazione di Horadal presso Adamo ed Enoch

5 maggio 1843

1. Ora su tutta la Terra era stabilito il perfetto Ordine, e il Cielo e la Terra erano strettissimamente congiunti, e lo stesso Satana diceva tra sé:

2. ‘Dunque, che cosa devo fare adesso? Il Signore stesso ha istruito i Suoi figli degli uomini e si è strettamente legato a loro; sì, Egli si è perfino impossessato delle mie pianure ed ha dato a molti e in tutti i campi una grande potenza, contro la quale io non ho né la possibilità né la capacità di fare niente!

3. Io ho certo potere nelle stelle, come pure ho potere sulla Terra sopra tutti gli elementi; ma a che mi serve ciò, se i figli degli uomini hanno la potenza di Dio nel cuore, e con questa possono opporsi dappertutto a me con terribile potenza, laddove io intendessi insorgere?

4. Tuttavia io so quello che farò: ben presto preparerò un’esca per il genere umano, dato che ho il diritto di tentare. E in breve si vedrà se i figli del Signore sono così ben fermi e imperturbabili come si è constatato ora sotto la guida personale-sostanziale del Signore!

5. Voglio essere presente alle procreazioni delle figlie nella pianura, e voglio renderle così belle e seducenti nella loro carne, che chiunque guarderà una tale figlia delle città della pianura debba rimanere del tutto imprigionato dal suo immenso fascino! Questo posso farlo e mi è lecito farlo, visto che la carne sta ancora in mio potere!

6. Ma se faccio così, che cosa faccio! Faccio bene, o faccio male? Infatti, se faccio male, allora il Signore questionerà con me; ma se faccio bene, allora il Signore dirà: “Il bene è soltanto in Dio!”

7. Io so come mi comporterò: ecco: mi terrò nel mezzo; dunque né male né bene!

8. E le belle figlie saranno precisamente così; accanto a loro, qualcuno che sia forte e virtuoso potrà sempre ancora benissimo procedere in maniera gradita a Dio!

9. Se però egli non è né forte né virtuoso, allora è necessario che egli, nelle bellissime figlie, trovi almeno una notevole pietra di prove e una potente occasione o di rafforzare la sua virtù, oppure di indebolirla, per venire a trovarsi dinanzi a Dio e a me così come egli è, e non come egli, senza fatica e senza il dominio di se stesso, vorrebbe essere, e cioè un signore perfino sopra di me e un principe, potente nei Cieli!

10. Che attraverso tale prova, più di un debole cada nella rete, questo è certo; ma che attraverso ciò avverrà pure che più di uno diventerà un grande eroe di virtù, anche questo si può sicuramente ammettere!

11. La cosa dunque – ben vagliata da entrambi le parti – non è, in sé e per sé, né da considerare cattiva né però neanche buona, ma tutto ciò sta nel mezzo, quindi un pendolo tra il bene e il male!

12. Perciò resti decisamente stabilito così, e si passi all’esecuzione in tutta brevità!

13. Ma c’è ancora un dubbio: e se la cosa alla fine risultasse avere conseguenze peggiori di quelle da me ora previste? Allora io avrei nuovamente a che fare con l’ostilità del Signore!

14. Io però anche su questo punto so cosa fare! Enoch è il braccio destro del Signore qui sulla Terra; io andrò da lui e gli esporrò il mio piano! Che lui si consigli su ciò con il Signore, e poi mi annunci se ciò è di gradimento al Signore!

15. Questa sarebbe certo una buona idea, ma se poi Enoch mi respingesse del tutto terribilmente con la sua grande potenza? Allora cosa farei poi nella mia ridestata rabbia?

16. E come sarebbe se io stesso osassi rivolgermi al Signore? Questa sarebbe certamente la via più breve!

17. A questo punto una Voce dall’alto giunse all’orecchio di Satana, che brevemente parlò così: «Che cos’è questo tuo prendere consiglio nel male?»

18. Satana rispose: «Signore, io non voglio fare nulla di male, bensì vorrei solamente erigere un pendolo per i Tuoi figli, senza però che nessuno fosse pregiudicato neanche minimamente nella propria pienissima libertà; permettimi dunque che io faccia così!»

19. E la Voce dell’alto replicò in questo modo: «Satana, siccome tu hai voluto essere uomo, allora sei libero; fa quello che vuoi nei tuoi elementi, e il Signore farà pure ciò che è la Sua Volontà! Enoch, però, lasciamelo in pace!»

*

20. E Satana fu perfettamente soddisfatto di questa decisione, e pose ben presto mano all’opera premeditata, la quale tuttavia per lungo tempo non volle riuscirgli, poiché finché quella generazione si mantenne nella pianura così come è ora sull’altura, egli ottenne poco con il suo artificio, ma egli ebbe invece tanto maggiore successo con i successori, come purtroppo si potrà rilevare nel corso di questa narrazione!

21. Subito dopo questi avvenimenti, degli inviati di Horadal vennero da Adamo e, nel Nome del Signore, lo nominarono guida suprema di tutto il popolo dimorante tra la Mezzanotte e il Mattino. La delegazione si componeva di dieci uomini alla testa dei quali stavano i due figli di Lamec.

22. Adamo però indirizzò la delegazione da Enoch, ed Enoch disse loro, nel Nome del Signore, di esercitare anche su di essi il sommo sacerdozio in cambio di un’offerta della decima dei migliori frutti al Signore; poi li congedò, ma trattenne con sé i due figli di Lamec e li accolse in casa sua.

 

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Cap. 33

Vari incarichi di Enoch ispirato da Dio, da svolgere presso il re Lamec

Partenza per la città di Hanoch

8 maggio 1843

1. Dopo trenta giorni il Signore annunciò ad Enoch che Lamec nella pianura aveva condotto a termine l’opera della costruzione del secondo tempio.

2. Allora Enoch sapeva cosa avrebbe dovuto fare; egli perciò fece immediatamente chiamare le due mogli di Lamec, cioè Ada e Zilla, nonché Hored con sua moglie Naeme.

3. E quando tutti costoro furono giunti in casa di Enoch, la quale era sempre ancora una casa di Jared, il sommo sacerdote del Signore presentò loro i due figli di Lamech, Jabal e Jubal, e poi parlò così:

4. «Ascoltatemi, nel Nome del Signore, il nostro onnipotente Dio e Padre santissimo ed amorosissimo! Questa è, e così suona, la Sua santissima Volontà: “Tutto si adegui liberamente al Suo Ordine eterno e santo.

5. Dunque, anche voi dovete adeguarvi a tutto ciò che il Signore vi dirà ora tramite la mia bocca e che fedelmente ve lo annuncerà!

6. Ecco quello che il Signore vi fa’ annunciare: “Il sommo sacerdote Lamec, ora nella pianura della Terra e stabilito dal Signore sopra il popolo della Terra, ha bisogno di voi secondo la Volontà del Signore, essendo egli, del tutto liberamente da sé, diventato ora un perfetto servitore del Signore, simile a me, tramite l’infinita grazia e misericordia del Signore.

7. Sul monte dei serpenti, a voi ben noto e ora purificato, egli aveva visto il Signore per la prima volta, e quindi, su questo monte egli è stato chiamato ad edificarGli uno splendido monumento.

8. Tale opera Lamec l’ha ora anche compiuta, e così adesso vogliamo nuovamente discendere alla pianura e là, come qui, ci disporremo con fedeltà assoluta alla Volontà del Signore!

9. Adesso però voi non dovete avere più paura di lui, perché ora Lamec è una vera guida del suo popolo, poiché egli, come me, è nel Signore e vi accoglierà col cuore colmissimo d’amore, e vi conserverà nella sua grande grazia che a lui è venuta dal Signore. Preparatevi dunque a mettervi in cammino con me, nel Nome del Signore!”

10. Tu, Hored, sei di certo un figlio generato sull’altura del Mattino; ora però devi andare in pianura con tua moglie ed essere di sostegno nella casa di Lamec in tutte le sue faccende e per avere cura, dall’Amore del Signore in te, del bene spirituale dei poveri figli di Caino!

11. Quando tu però vorrai visitare l’altura, essa deve stare aperta e libera per te giorno e notte, ma non devi mai più dimorare permanentemente qui, dato che ti sei preso una donna dalla pianura della Terra e per conseguenza appartieni in modo permanente ed efficace là da dove proviene la tua donna. Però la forza dei figli di Dio ti resterà fino alla fine della tua vita terrena!

12. Non chiedere però se il Signore sarà presso di te anche nella pianura come lo è stato qui sull’altura dei figli di Dio!

13. Infatti laddove qualcuno ama il Signore sopra ogni cosa nel suo cuore, là anche il Signore è del tutto presso di lui; ma laddove egli non Lo ami in questo modo, là anche il Signore è lontano da lui, dovesse egli pur trovarsi mille volte ancora più in alto di quanto ci troviamo noi qui rispetto alla pianura!

14. Questo è dunque il motivo per il quale il Signore vuole procedere in questo modo nei tuoi riguardi; tutto il resto sarà il Signore ad annunciartelo giornalmente.

15. Voi due figli (di Lamec), verrete bene istruiti da vostro padre riguardo a ciò che in futuro dovrete fare in casa sua.

16. Voi, mogli di Lamec (Ada e Zilla), invece, dovrete nuovamente essere per lui quello che eravate prima, però ora non più nella grande paura dei vostri cuori, bensì nella grande gioia degli stessi!

17. E tu, Naeme, dovrai restare fedele a questo nuovo marito (Hored) che il Signore stesso ti ha donato, e dovrai considerare Tubalcain come niente di più che tuo fratello!

18. Ora voi siete a conoscenza di tutto quello che dovrà accadere adesso; mettetevi dunque senza ritardo in cammino con me!

19. E tu, nipote mio Lamech, questa volta verrai anche tu con me, ma tua moglie rimanga qui con Jared e Matusalem!

20. Ma come voi vi trovate qui, così anche seguitemi; e nessuno di voi porti qualcosa con sé! Questa è la Volontà del Signore. Amen!»

21. E detto questo, Enoch uscì dalla casa paterna, benedisse l’altura e così pure la pianura, nonché la via che vi conduceva, e si avviò poi verso la pianura con coloro che erano stati chiamati.

22. E i chiamati lo seguirono come gli agnelli seguono il loro pastore.

 

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Cap. 34

Viaggio verso la città di Hanoch

Lamech sbalordito dai sontuosi edifici della città, viene ripreso da Enoch

9 maggio 1843

1. Man mano che la compagnia si avvicinava alla grande città di Hanoch, Lamech, quello dell’altura, si meravigliava per la grande sontuosità e per l’arditezza degli edifici che si mostravano dalla posizione in cui egli si trovava, e disse ad Enoch:

2. «Ascolta, padre Enoch, qui uno può dire quello che vuole! Se si considerano questi numerosi edifici, allora bisogna apertamente riconoscere che i figli della pianura non sono affatto degli sciocchi; infatti la cosa, vista da qualsiasi lato, non è sciocca, ed io non posso che guardare con compiacimento tutte queste cose e non assolutamente con dispiacere.

3. Se si pensa che questi uomini hanno portato a compimento tutto ciò con la loro sola forza naturale, dato che la potenza dello spirito era loro estranea, allora ci si deve sul serio meravigliare notevolmente alla vista di opere così possenti!»

4. Ma quando poi scorse il nuovo tempio sul monte, cioè quello che una volta era chiamato il monte dei serpenti, allora il nostro Lamech rimase completamente sbalordito. Egli rimase immerso per qualche tempo e del tutto muto nella sua contemplazione, e dopo una lunga pausa riaprì la sua bocca per chiedere ad Enoch:

5. «Ma padre Enoch, che cos’è mai questo? È stato anch’esso eseguito dalle mani dell’uomo?»

6. Allora Enoch si fermò un momento e rispose a Lamech: «Ascolta, mio caro figlio (nipote) Lamech, io ti dico questo: – non trovare eccessivo compiacimento in queste cose, altrimenti ti troverai costretto a fare molte altre domande ancora, perché a tutte queste cose vi è ancora attaccato il mondo in quantità tremendamente grande!

7. Ma a seconda della misura nella quale tu ti compiaci di tali cose, secondo l’identica misura tu avrai anche ottenebrato il tuo spirito, e perciò questo può poi elargirti pochissima luce nel tuo cuore, e per conseguenza ti trovi costretto a fare ricorso, come ora, a domande sull’esteriore, dato che il tuo spirito, come già detto, non può darti la risposta.

8. Quindi è meglio se tu distogli i tuoi occhi da queste cose e non contempli più a lungo quello che ti seduce così tanto; in questo modo il tuo spirito ben presto otterrà di nuovo la sua giusta luce, e allora troverai di nuovo in te stesso la risposta a ciascuna domanda!»

9. A questo punto Enoch si volse verso gli altri che lo seguivano e disse loro: «Voi però dovreste rallegrarvi giustamente nel Nome del Signore, il Quale per il vostro bene temporale ed eterno ha fatto cose tanto prodigiose, dal Suo amore e dalla Sua misericordia infiniti, che voi non potete eternamente stupirvene abbastanza con animo quanto mai grato!»

10. Allora Naeme, come pure le due mogli e i due figli di Lamec, si prostrarono immediatamente a terra e cominciarono a rendere lode e gloria ad alta voce al Dio infinitamente buono e Padre di tutti gli uomini, il Quale aveva mostrato tanta grazia e misericordia alla pianura.

11. E Naeme si meravigliò in misura tanto maggiore in quanto a lei era dato di contemplare ora nella realtà con gli occhi della carne quello che il Signore le aveva già mostrato in spirito sull’altura, e perciò lei lodò e glorificò il Signore amando con più forza e vigore in modo molteplice che non gli altri che stavolta non avevano visto il Signore.

12. Ed Enoch, avendo osservato ciò, disse a Naeme: “Alzati ora, poiché, guarda là, una schiera giubilante ci viene già incontro dalla città!

13. Fa’ però che anche i tuoi si alzino e dì loro: “Il Signore ha avvertito Lamec nella pianura che noi lo stiamo attendendo davanti alla città! Egli perciò ci viene già incontro a braccia aperte per accoglierci nel suo potente amore derivato dal Signore!”»

14. A queste parole non soltanto Naeme si alzò immediatamente, ma pure tutti gli altri che avevano ugualmente udito quanto Enoch aveva detto; ciononostante Naeme si avvicinò immediatamente a loro e li incoraggiò nei cuori, poiché alla vista della schiera che veniva loro incontro, essi erano stati tutti colti da un senso di angoscia, di paura e, contemporaneamente, di gioia.

15. Allora Enoch lodò molto Naeme per questo, poiché lei aveva seguito, con tanta fedeltà e buona comprensione, il suggerimento del suo spirito.

16. E Naeme rispose: «O Enoch, tutto il mio amore sia perciò rivolto al Signore, perché Egli soltanto ha concesso a me, n degnissima, di comprendere le tue parole!»

17. E come Naeme ebbe fatto questa confessione, lei percepì in sé come un dolce soffio e perciò esclamò:

18. «O Enoch! Chi mi ha ora soffiato in modo così celestialmente soave, come da parte a parte?»

19. Ed Enoch le rispose: «Cara Naeme, vedi, il Signore si trova certamente tra noi, anche se è invisibile ai nostri occhi, ma tuttavia ben percettibile al nostro sentimento!

20. AmaLo dunque sempre così, e allora questo santo alitare lo percepirai spesse volte, perché quando il Signore ti benedice, allora è Egli stesso che soffia il Suo Amore nel tuo cuore! Così è!

21. Ma ecco che Lamec ci è giunto già molto vicino, dunque, prepariamoci ad accoglierlo. Amen!»

 

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Cap. 35

Enoch incontra il re Lamec che gli s’inchina fino a terra

Insegnamento sui pericoli che derivano dai tributi d’onore e simili

10 maggio 1843

1. E quando Lamec della pianura si trovò ora del tutto vicino ad Enoch, si scoprì il capo e il petto e si inchinò fino a terra dinanzi a Enoch.

2. Ma allora Enoch si avvicinò subito a lui e gli disse: «Ascolta tu, mio dilettissimo fratello Lamec, quello che il Signore per Sé non chiede né da me, né da te, quello tralascialo sempre anche dinanzi a me!

3. Infatti, se io vengo da te, non vengo affinché tu mi debba onorare come se io fossi un secondo Dio, bensì io vengo da te solamente nel puro amore del Signore, il Quale è per noi tutti un Padre amorosissimo, e vengo da te come un vero fratello! A che scopo dunque tali tributi d’onore che non servono a nulla?

4. Io però ti dico: “Evitiamo reciprocamente una cosa simile, altrimenti noi stessi diverremo creatori di tempi cattivi!

5. Poiché, vedi, se tu onori me in questo modo, io che non sono di un solo capello più di qualsiasi altro uomo, allora tu mi innalzi al di sopra degli altri uomini e li rendi umili dinanzi a me, che sono un fratello uguale a loro!

6. Gli uomini per qualche tempo si rassegneranno certamente a questa umiliazione; ma poi l’uno dopo l’altro cominceranno a domandarsi tra sé in segreto e a dire:

7. “È questo o quello più uomo di quanto lo siamo noi? Perché Dio permette che costui pervenga a un onore tale per cui noi dobbiamo inchinarci dinanzi a lui? Noi invece siamo lasciati da Lui nella più infame e disonorevole bassezza!

8. Ma adesso invece ci innalzeremo noi al di sopra di lui e lo spoglieremo di tutta la sua vana preminenza e lo puniremo per tutti i molti tributi d’onore che noi abbiamo profuso a lui! Egli deve imparare che anche lui, come noi, è soltanto un uomo!”

9. Vedi Lamec, mio dilettissimo fratello, questa è una vera voce della natura umana, la quale, una volta che si è ribellata, è più terribile del più cieco furore di tutte le tigri e di tutte le iene!

10. Perciò tralasciamo per sempre reciprocamente il tributo d’onore in cui è presente un seme tanto maligno, e così la Terra fiorirà sotto ai nostri passi come uno splendidissimo paradiso terrestre di Dio!

11. In caso contrario, però, noi ad ogni nostro passo facciamo spuntare fuori dal suolo della Terra spade e lance, con le quali i nostri futuri successori si uccideranno a migliaia ed a milioni, incitati da ardentissima sete di vendetta.

12. Noi tutti abbiamo un solo Signore, un solo Padre; tra di noi però siamo tutti fratelli!

13. Ma se il Signore crede opportuno chiamare qualcuno a qualcosa di più grande, allora Egli con ciò non lo innalza al di sopra dei fratelli, bensì gli offre solamente l’occasione di esercitare tanto più amore verso i suoi fratelli.

14. Ma per esercitare l’amore verso i fratelli, non si rendono certamente necessari i tributi d’onore, dato che l’amore è una forza che tende sempre e soltanto a unificare ciò che è uguale, mentre separa il disuguale come la pula dal grano.

15. Fa’ dunque bene attenzione a tutto ciò, carissimo fratello Lamec, e così tu vivrai nel perfetto Ordine di Dio e sarai sempre gradito a Lui!»

16. Queste parole di Enoch fecero un’impressione molto grande su Lamec, ed egli concepì in sé dei piani del tutto differenti da quelli che aveva concepito finora; infatti egli aveva pensato di istituire sommessamente una migliore casta di esseri, ciò che per Me è un orrore degli orrori.

17. Però, come detto, questo discorso di Enoch lo aveva indotto a cambiare tutti i suoi sommessi piani, ed anche perciò egli rispose ad Enoch:

18. «O fratello Enoch, con quale luce tu hai ora colmato il mio cuore! Sia dunque eternamente reso ogni onore, ogni gloria, ogni esaltazione e ogni lode soltanto all’onnipotente Signore del Cielo e della Terra per aver fatto gli uomini in modo che fossero dei cari fratelli uguali!»

19. A questo punto Lamec, avendo guardato più oltre davanti a lui, vide ad una distanza di forse trecento passi da lui il piccolo gruppo che stava seguendo Enoch – gruppo che intanto era rimasto un po’ indietro, mentre solo Enoch si era affrettato per incontrare il troppo umile Lamec – ed egli domandò ad Enoch:

20. «Fratello, chi sono quelli che ti seguono che, a quanto mi sembra, procedono con passo che tradisce un po’ di paura?»

21. Ed Enoch rispose a Lamec: «Carissimo fratello, dì al tuo seguito che si fermi qui; poi tu seguimi, e guarda com’è benevolo e buono il Signore!

22. Vieni ed accogli i tuoi nel Nome del Signore! Amen!»

 

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Cap. 36

Lamec, nel correre incontro ai suoi, sorpassa Enoch

Il triplice significato profetico di questo atto di Enoch

Sui profeti e sulle profezie agli uomini

11 maggio 1843

1. Ma quando Lamec ebbe udito tali parole di Enoch, si trovò del tutto fuori di sé per la gioia: gettò un grido e si precipitò di corsa con le braccia aperte incontro ai suoi.

2. E lo stesso Enoch, ormai non più giovane, dovette accelerare il passo per poter stare dietro a Lamec per quel tratto di strada fortunatamente breve.

*

3. Certo sembrerà alquanto strano che si faccia menzione del fatto che pure Enoch dovette correre per seguire Lamec, ma questo fenomeno non era affatto così insignificante come qualcuno potrebbe immaginarsi, poiché esso aveva un triplice significato profetico.

4. Il primo è: “Indicare alle guide che esse non devono ostacolare i progressi dei loro discepoli con una frenante e ritardante pedanteria[8] scolastica, che è micidiale per lo spirito migliore, bensì assecondare sempre e soltanto la forza dello spirito dei discepoli, e precisamente così da procedere veloci con il veloce, liberi con il libero, forti con il forte, pazienti con il debole, tirando il lento che è dietro di loro e infondendo coraggio al timido!”

5. Il secondo significato è: “La pianura, ovvero il mondo, mediante il suo rapido progresso industriale tira con sé lo spirituale con tanto più rapido decadimento, poiché lo spirituale viene portato nel mondo dalla materia ed esso è là per liberare la materia prigioniera, così come la materia dello spirituale ‘Enoch’ ora si trova nella pianura per liberare il materiale ‘Lamec’ e per congiungerlo nuovamente ai suoi o, più profondamente detto, alle sue purificate e innalzate brame”.

6. Il terzo significato è ed era quello profetico: “Cioè, che i figli dell’altura sono ben presto scesi in pianura con piedi veloci e là hanno dato libero campo d’azione anche alle loro brame; infatti scesero giù come sapienti e filosofi e poi, come filosofi, si abbandonarono ben presto ad ogni specie di dissolutezza”.

7. Dunque, questi sarebbero i tre significati profetici della corsa di Enoch dietro a Lamec.

8. Ora qualcuno dirà: “Se dunque le cose stanno così, e cioè che i profeti con le loro parole e con il loro agire stabiliscono già per il futuro quello che deve accadere e che anche il più delle volte accade, allora gli uomini sul corpo terrestre, sotto l’aspetto spirituale, non sono affatto liberi e devono per conseguenza operare appunto così come i profeti hanno asserito riguardo a loro! Dunque i figli dell’altura ‘dovevano’ cadere nella pianura, perché questo era stato preannunciato da Enoch mediante il suo correre dietro a Lamec!

9. Ma se la questione sta in questi termini, come è possibile che gli uomini vengano poi puniti e castigati, dato che evidentemente essi ‘dovevano’ fare quello che la profezia aveva preannunciato di loro?”

10. Io però dico che se le cose stessero così, allora dovrebbe essere certo ben triste essere una creatura vivente! Ma siccome invece le cose stanno in modo assolutamente diverso e i profeti preannunciano soltanto le necessarie conseguenze che scaturiscono, al momento stabilito, dall’una o dall’altra azione dell’uomo in modo stabilito così come da una o dall’altra semente che sia stata posta nel terreno da cui ne scaturisce un frutto corrispondente nel tempo stabilito, allora Io ritengo che non dovrebbe essere poi tanto amaro se Io, appunto per mezzo dei profeti, annuncio agli uomini quali frutti, ovvero, quali necessarie conseguenze si trovano celate nelle loro azioni.

11. È dunque una cosa davvero tanto amara per il contadino, sapere con anticipo che dal chicco di grano che egli semina raccoglierà in un determinato tempo, nuovamente del grano, e che, se egli semina della zizzania, non potrà raccogliere altro che ancora zizzania?

12. Ma se queste cose sono buone per l’uomo, come non dovrebbe quindi essere buono per lui sapere, per mezzo della bocca dei profeti, quali frutti matureranno e devono sempre maturare in seguito al Mio Ordine eterno ed immutabile dalle sue azioni, se egli persiste nell’operare in quel determinato modo senza volerlo cambiare?

13. Ma se l’uomo cambia il suo modo di agire, allora compariranno anche altri frutti, cosa questa che viene sempre aggiunta da ogni profeta, poiché un giusto profeta parla e opera sempre e soltanto condizionatamente.

14. Ne consegue che attraverso i profeti la libertà degli uomini non viene affatto pregiudicata, bensì solamente avvantaggiata in maniera straordinaria, poiché con ciò l’uomo impara a conoscere le proprie azioni e solo in tale modo egli può poi compierle del tutto liberamente, dato che egli sa con certezza quali frutti potrà ricavare dal suo agire, se buoni oppure cattivi!

15. Dunque, nella corsa di Enoch è espressa solamente una condizione, riguardo alla quale noi lo udremo pronunciarsi in una prossima occasione.

16. Siccome ormai entrambi sono giunti vicino ai familiari di Lamec, allora fate attenzione come essi si comporteranno!

 

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Cap. 37

La gioia del re Lamec lo spinge a promettere qualsiasi cosa al Signore

L’ammonimento di Enoch a guardarsi dalle promesse precipitose

12 maggio 1843

1. E quando Lamec si trovò del tutto riunito con i suoi, per la gioia immensa di rivedere le sue mogli, i suoi due figli, la sua figlia prediletta e il suo potente marito, non fu capace di pronunciare una parola e venne a trovarsi nella situazione di uno che – come siete soliti dire voi – è innamorato fin sopra gli orecchi e che per l’intensità del suo amore non è in grado di portare alle labbra neppure una sola parola per dire al suo amato quanto esso gli sia caro.

2. E solo dopo una lunga pausa, quando il primo impeto di gioia si fu alquanto calmato, il nostro Lamec poté esprimersi con seguenti parole:

3. «O Signore, Padre infinitamente buono e santo, come posso io, misero verme nella polvere dinanzi a Te, o Dio, ringraziarTi, come posso lodarTi, glorificarTi e adorarTi per tale Grazia infinitamente grande e della quale io non sono di certo minimissimamente degno?

4. O voi, mogli mie e figli miei, per quante notti io ho sospirato e pianto per la vostra perdita; ma così facendo io allora ero anche colmo della rabbia più amara contro Dio e perciò tentai in maniera infinitamente stolta di vendicarmi di Lui, l’onnipotente ed eterno Signore dell’Infinità, per amor vostro.

5. Perciò da parte di Dio io non avrei certamente meritato altro che una eterna e cattivissima punizione; ma ecco che invece di punirmi come avrei senz’altro meritato, il Signore mi dà tali grazie dinanzi alla cui incommensurabile grandezza i più grandi ed i più perfetti spiriti sicuramente rabbrividiscono!

6. Ma dunque, è quanto mai conforme a giustizia che io gridai con tutte le mie forze: “O Signore, Tu Padre infinitamente amorosissimo e santissimo! Cosa chiedi Tu da me che io debba fare per dimostrarTi in una qualche maniera a Te gradita la mia gratitudine per tale Tua Grazia infinitamente grande?”»

7. A questo punto Enoch disse a Lamec: «Ascolta fratello, tu hai parlato bene di me e di Dio davanti ai tuoi; ma questa cosa non sta nell’Ordine del Signore!

8. Vedi, tu, nel tuo fuoco d’amore, hai in un certo qual modo intimato al Signore a chiederti un sacrificio, che tu anche Gli avresti immediatamente offerto, e volevi mostrarti con ciò grato e debitamente compiaciuto davanti a Dio!

9. È giusto se tu senti in te un tale impulso, ma rifletti: se il Signore richiedesse ora da te che tu Gli sacrificassi coloro che, precisamente, sono la causa per la quale ti senti colmo di un tale fuoco d’amore e di gratitudine verso di Lui, dimmi: in un simile caso come ti comporteresti?»

10. A queste parole Lamec rimase enormemente colpito e non poté trovare nessuna risposta a tale domanda di così grande significato.

11. Invece Enoch riprese subito a parlare e disse a Lamec: «Ascolta tu, mio dilettissimo fratello, ora la cosa sembra che ti preoccupi molto, e nel tuo cuore non trovi una risposta adeguata ad una simile domanda!

12. Io però ti dico: – e se il Signore richiedesse da te ancora di più di quanto ti ho messo come condizione nella mia domanda, allora tu dovresti fare tutto con il cuore più volonteroso, poiché davvero io ti dico: che chi non è disposto a perdere tutto per amore del Signore, costui non è degno del Signore!

13. Chi a questo mondo ama la sua donna, i suoi figli, i suoi fratelli e i suoi genitori più del Signore, neppure costui è degno del Signore!

14. Perciò ognuno deve esaminare in anticipo molto bene nel suo amore prima di voler fare una qualche promessa al Signore! Chi infatti fa al Signore un libero voto di offrire un sacrificio di grazie e quando poi si tratta di fare praticamente l’offerta si pente di aver fatto il voto, vedi, costui non è di certo minimamente degno del Signore, e il Signore anche farà ad un simile artefice di voti secondo la misura con la quale costui Gli avrà offerto il sacrificio promesso.

15. Il Signore di certo non ti sottoporrà ad una simile prova, tuttavia è bene che tu conosca queste cose e che in futuro tu rifletta bene sulle parole che pronunci dinanzi a Dio, poiché Egli non è tale da permettere che si scherzi con Lui!

16. Dunque pondera bene e fa attenzione a tutto ciò, e adesso avviamoci verso casa tua e poi ce ne andremo al tempio sul monte! Amen!»

 

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Cap. 38

La gioia del rivedersi tra il re Lamec e i suoi familiari

Differenza tra la grande gratitudine degli uomini della pianura rispetto a quella lieve degli uomini dell’altura

15 maggio 1843

1. Lamec ringraziò Enoch dal più profondo del cuore per tale insegnamento e per tale buona ammonizione, e poi disse ai suoi:

2. «Venite dunque da me e non abbiate timore, perché io so che il Signore vi ha messo nel cuore la certezza che io non sono più da temere!

3. Infatti la misericordia infinita del Signore mi ha trasformato ed ha fatto di me, il feroce tiranno di una volta e il duplice fratricida, un agnello e una guida mansueta dell’umanità!

4. Venite dunque qui da me e non temetemi più, perché io sono ora qui per rimediare in qualche modo, e col benevolissimo aiuto del Signore, agli orrori da me perpetrati contro l’umanità, affinché io conduca e guidi loro, gli ancora vivi, sulle vie del Signore!»

5. Solo dopo questa sincerissima confessione e dopo questo benevolo invito, i suoi ripresero completamente coraggio e si avvicinarono a Lamec, lo abbracciarono e salutarono, ma nello stesso tempo resero anche alta lode e gloria al Signore per tale grande grazia e misericordia, che Egli ha mostrato in misura così grandiosa verso Lamec e con lui pure verso tutta la pianura.

6. Tale riconoscimento intenerì Lamec fino alle lacrime ed egli, con cuore quanto mai commosso, ringraziò nuovamente il Signore.

7. Ma Enoch osservò questo intenso innalzamento dei cuori a Dio e, a tale proposito, disse a bassa voce a Lamech dell’altura:

8. «Figlio mio, guarda qui; questo è il giusto modo di offrire un graditissimo sacrificio al Padre santo! Ma tu hai mai visto sull’altura una manifestazione in una simile profondissima intimità?

9. Sì, un tempo sull’altura c’era senza dubbio una sacra cerimonia per la seduzione dei sensi e per l’uccisione dello spirito, ma la tacita e vivente cerimonia del cuore come tu la vedi qui ora, questa è stata finora ben poco celebrata sull’altura! E tuttavia noi ci chiamiamo “figli di Dio”, mentre questi qui si chiamano “figli del mondo”!

10. È vero che durante il tempo nel quale il Padre dimorò visibilmente tra di noi e ci diede tante prove infinitamente grandi del Suo amore, della Sua grazia e della Sua misericordia, c’erano anche lassù molti cuori compunti[9] che Lo lodarono e glorificarono come Padre amorosissimo e santo, ma quando Egli si rese di nuovo invisibile, allora accadde che moltissimi se ne andarono via di corsa come se tra di noi non fosse accaduto proprio niente di speciale! Che ne pensi tu di questo divario?»

11. E Lamech dell’altura rispose: «O padre Enoch, questo è un divario assolutamente enorme, e io devo riconoscere apertamente che mai il Padre santo mi è apparso sull’altura con tanta sublimità come ora di fronte a questa scena!

12. Oh, quanto siamo ancora indietro rispetto a costoro! E questo Lamec qui della pianura, di quanto è egli più grande di me che vengo dall’altura!

13. A costui il Signore ha donato solo il “minimo” – e questo è in fondo soltanto mondano – e la sua gratitudine verso il Signore è tale come se egli avesse già ottenuto tutti i Cieli.  A me il Signore donò invece il “più splendido” secondo la Sua Testimonianza e il “più grande” secondo la Sua Parola, eppure come furono minimi la mia gratitudine e il mio amore al paragone di ciò che ha fatto questo Lamec!»

14. Enoch però gli replico e disse: «Sì, figlio mio Lamech, ora tu hai detto la pienissima verità! Così è di tutti noi che proveniamo dall’altura: noi, quali Suoi figli, siamo meno grati al Padre per ‘l’infinito’ di quanto lo siano questi qui per ‘il finito’!

15. Ma ora entriamo in città; là tu assisterai a tali miracoli d’amore e di gratitudine a Dio da superare tutto quello che hai potuto vedere qui finora! Per dei granelli di polvere solare tu troverai cuori più grati che non sull’altura per dei Soli interi! E dunque facciamo il nostro ingresso in città! Amen!»

16. Allora anche Lamec della pianura si fece animo, ed assieme alla famiglia ridonatagli seguì Enoch in tutta umiltà e col cuore traboccante di gratitudine.

 

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Cap. 39

L’ingresso nella città di Hanoch

La venerazione dei luoghi sacri concessa temporaneamente

L’ingresso nel palazzo di Lamec

16 maggio 1843

1. E quando la compagnia fu giunta in città, Enoch richiamò ben presto l’attenzione di Lamech dell’altura sui figli della pianura, i quali in vesti assolutamente misere bagnavano delle loro lacrime perfino le vie sulle quali gli ex messaggeri dell’altura si erano incamminati per i sentieri del Signore, ma del tutto particolarmente la via sulla quale il Signore era passato, e fece notare pure come alcuni stessero addirittura appoggiati sui loro petti in adorazione dei posti dove era passato il Signore, e manifestavano il più grande amore.

2. E quando Lamech dell’altura ebbe contemplato una simile scena, egli si batté il petto ed esclamò: «O padre Enoch, che vuol dire ciò? Questi figli del mondo amano perfino le più piccole cose che a loro ricordano il Signore molto di più di quanto noi amiamo il Signore stesso; quanto grande deve essere il loro amore per il santissimo ed amorosissimo Padre stesso!»

3. Allora Enoch rispose a Lamec: «Sì, è veramente così come tu vedi! È vero che si dovrebbe proibire a questi poveri figli la venerazione dei luoghi in cui sono passati i messaggeri e della via che il Signore visibilmente ha percorso dinanzi ai loro occhi, poiché così il loro cuore potrebbe rimanere facilmente attaccato e fissato a cose che per esso ora non costituiscono che un dolce ed elevatissimo ricordo, però anche in questi atti di adorazione i loro sentimenti rimangono rivolti al Signore con tanta purezza che io stesso, per il momento, non posso fare a meno di lasciarli nel loro pio intendimento.

4. Tuttavia, la via che il Signore percorse quando il Nome di Jehova fu trasferito nel tempio, rimarrà senza dubbio una cosa quanto mai sacra, e per noi non sarà facile strappare tale convinzione radicata nella vita più interiore di questo popolo, senza limitare necessariamente la sua libera volontà, ciò che per altro non abbiamo affatto il diritto di fare, dato che neanche il Signore fa una cosa simile.

5. Nondimeno, noi non dobbiamo occuparci troppo per una cosa che è del Signore; Egli certo risolverà ogni questione nel modo che sarà più gradito a Lui!

6. Ad ogni modo noi abbiamo qui la più bella occasione per constatare in quale forma del tutto differente e in quale maniera assolutamente più vivente questo popolo ami ora il Signore quale Padre santissimo ed amorosissimo più di noi quali figli di Dio dell’altura!

7. Ma ecco che siamo arrivati alla casa di Lamec della pianura; lasciamo dunque che vada avanti e che ci guidi nella sua dimora!»

8. Lamech dell’altura si stupiva per il grande sfarzo di questo edificio, però Enoch gli disse: «Sì, è certo molto sontuoso, ma se si pensa con quali mezzi è stato costruito, allora c’è piuttosto da inorridire fin nel più profondo della propria vita, che non da esprimere un qualche compiacimento!»

9. Allora Lamech dell’altura trasse un sospiro dal fondamento della sua vita e disse con voce malinconica: «Sì, sì, caro padre Enoch, tu hai perfettamente ragione! Quando il Signore costruisce Soli e mondi e pone alte montagne sulle fondamenta della Terra, certo è onesto da parte nostra se ci rallegriamo contemplando simili opere, perché noi sappiamo quanto è facile per il Signore creare tali cose grandiose e prodigiose, ma per questi deboli figli costruire edifici di questo genere in pietra e che appaiono come delle piccole montagne, in verità c’è da restarne addolorati fin nel più profondo della vita!»

10. Ed Enoch disse: «Sì, è così! Ma lasciamo stare adesso queste cose che il Signore ha permesso; noi abbiamo fatto la nostra parte, e ciò è buono e giusto dinanzi al Signore, il nostro santissimo ed amorosissimo Padre!

11. Ecco però che Lamec, la guida, si dirige con le braccia aperte verso di noi per condurci nella sua dimora, ed anche la sua servitù ci attende già sulla porta della casa! Perciò cerchiamo di entrare il più presto possibile in casa, altrimenti il popolo che si è elevato spiritualmente ci si accalcherà intorno e comincerà ad adorarci nel Nome del Signore, cosa che noi dobbiamo cercare di evitare con ogni cura possibile!»

12. A questo punto Lamec, la guida, giunse vicino a loro, ed Enoch allora gli disse di farli entrare in casa prima possibile, per impedire un formale atto di adorazione nei loro riguardi. E così fu anche fatto immediatamente secondo il volere di Enoch.

 

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Cap. 40

Alla corte del re – I preparativi per il banchetto di gioia

 Il proclama del re di trasformare tutte le armi in attrezzi da lavoro

L’amore sia la santa arma! – Una promessa al re

17 maggio 1843

1. E quando furono arrivati nella sala del trono dove si trovava radunata tutta la corte di Lamec al completo, Egli al colmo della gioia esclamò:

2. «Amici, fratelli, figli e sorelle! Rallegratevi con me, perché il Signore ha mostrato una grande misericordia a noi tutti!

3. Guardate, qui ci sono le mie due mogli, Ada e Zilla, i miei figli Jubal e Jabal, da me ritenuti perduti per sempre, e qui c’è mia figlia Naeme con il suo potente marito donatole dal Signore stesso!

4. E vedete, udite e rallegratevi altamente con me! Il Signore li ha ridonati a me e a tutti noi affinché rimangano presso di me e in modo che siano per me, in maniera pura, quello che erano per me dall’inizio ma – purtroppo – nel modo più impuro e sgradito al Signore!

5. Oh, come vogliamo rallegrarci ora nella Grazia così potentemente grande del Signore!

6. Brudal, va’ alle dispense ed allestisci per noi tutti un banchetto di gioia con la carne migliore e con la frutta migliore, e fa’ disporre una seconda ricca tavola per tutti i nostri cittadini amici di Dio di questa città, e una terza per tutti i poveri, che sono ora liberi ma che un tempo furono i nostri schiavi e prigionieri! Va’ e disponi secondo questa mia richiesta!

7. E tu, fratello mio Terhad, che dal Signore fosti ordinato custode del Suo tempio principale, manda subito degli araldi in tutta la grande città, e fa invitare tutti i designati da me a questo mio grande banchetto di gioia nel Nome santissimo del Signore Jehova Zebaoth, che è il Dio, il Creatore e il Padre di tutti noi, amorosissimo, saggio, santo ed onnipotente dall’eternità! Così sia fatto! Amen!»

8. A questo punto Brudal e Terhad se ne andarono immediatamente ad eseguire il loro incarico e procurarono ogni cosa nel modo più scrupoloso.

9. Lamec però si volse ben presto nuovamente e fece chiamare a sé Tubalcain. E quando costui si fu presentato umilmente dinanzi a suo padre, allora Lamec così gli parlò:

10. «Tubalcain, figlio mio, io ti dico qui davanti all’unico sommo sacerdote del Signore: “Fa’ in modo che in tutto il grande regno vengano raccolte tutte le armi che erano destinate alla guerra e falle convertire in aratri, in falci, falcetti, accette, zappe, vanghe e in ogni altra specie di attrezzi utili che lo Spirito del Signore ti insegnerà!

11. Infatti d’ora in avanti il Signore, del tutto e unicamente Lui deve essere la nostra più efficace Arma da difesa contro ogni male. Nemmeno contro le belve feroci noi vogliamo mai più fare uso di una qualsiasi altra arma; infatti, io ho imparato a conoscere più volte l’Arma del Signore!

12. Perciò per tutto il tempo della nostra vita noi combatteremo con quest’Arma onnipotente, e i nostri figli e i figli dei nostri figli non dovranno mai più adoperare un’altra arma che non sia questa!

13. Ma la santa, onnipotente, l’eterna Arma primordiale del Signore si chiama Amore! Con quest’Arma santa noi lotteremo attraverso la nostra vita terrena, e certamente in questo modo offriremo al Signore ogni volta, come pure alla fine dei nostri giorni terreni, un sacrificio gradito con le vittorie che attraverso questa Sua Arma santa ed onnipotente avremo riportato contro tutti i mali del mondo!

14. Ma domani, prima di ogni altra cosa, tu dovrai dare inizio a quest’opera di cui sei stato incaricato ora. Dunque l’onnipotente Volontà del Signore sia fatta sempre e in eterno! Amen!»

15. E appena Lamec ebbe finito il suo discorso, Enoch gli si avvicinò e gli disse: «Diletto fratello Lamec, tu ora hai dato un comandamento che mi è più caro dell’oro, del più purissimo oro; ma perciò tu sarai anche benedetto come prima di te nessuno è stato ancora benedetto!

16. Latte e miele dovranno scorrere nel tuo paese, e la tua città dovrà splendere come la Luna, le case che vi sono in essa dovranno brillare come le stelle e la tua casa poi come un Sole al suo sorgere!

17. In verità io ti dico che il tuo amore è diventato più potente di tutto il cerchio della Terra! Quando il tuo banchetto di gioia sarà terminato, allora soltanto, quando verrà consacrato il nuovo tempio, apprenderai quanto sei diventato gradito al Signore!

18. Era mia intenzione lasciarti già oggi stesso, ma ora voglio rimanere con te ancora per tre giorni, e ti mostrerò la potenza della tua nuova Arma! Dunque, così sia fatto nel Nome del Signore! Amen!»

 

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Cap. 41

Enoch e Lamec sul giusto ordine gerarchico tra gli uomini

18 maggio 1843

1. Secondo gli ordini impartiti, il banchetto fu ben presto pronto, e gli invitati furono tutti radunati; le mense furono disposte e separate secondo le norme di Lamec.

2. Enoch però disse a Lamec: «Fratello, è certamente opportuno mantenere un certo ordine, e noi non dobbiamo fare niente che vada oltre ad un tale ordine, poiché l’Ordine è la potenza del Signore. Dal Suo Ordine e nel Suo Ordine Egli ha creato tutte le cose, ma ciononostante c’è di certo un ordine che gli uomini hanno stabilito tra di loro o che perlomeno vorrebbero stabilire, che è quasi del tutto intollerabile al Signore, e questo è l’ordine gerarchico!

3. Se tu avessi posto delle cose del tutto uguali in linea retta, ma poi qualcuno venisse a spostare le cose dalla loro linea retta da te stabilita, in verità tu ne saresti irritato e guarderesti il sovvertitore del tuo ordine con occhio adirato!

4. Ma se il Signore ha creato tutti gli uomini perfettamente uguali e li ha posti dinanzi a Sé in una linea retta, come possiamo noi curvare a nostro piacimento questa linea che è stata posta in maniera retta?

5. Noi possiamo certo farlo e possiamo dire nei riguardi di certe attività: “Questo è così e quest’altro è altrimenti!”, e quando un fratello, preposto a ciò dal Signore, dà un consiglio ad un altro che il Signore non aveva chiamato, ebbene: che costui lo faccia!

6. Questo è il giusto ordine gerarchico prescrittoci dal Signore stesso. Ma in quelle occasioni in cui si offre un banchetto ai fratelli, non devono esserci tre mense separate, bensì soltanto una, in modo che noi tutti ci possiamo ristorare come fratelli e sorelle del tutto uguali l’uno all’altro!»

7. E non appena Lamec ebbe udito queste parole di Enoch, egli diede subito ordine che fossero riunite le mense, e così da tre mense separate risultò soltanto una mensa fraterna.

8. Ed Enoch allora lodò Lamec per la sua obbedienza secondo la Volontà e secondo l’Amore del Signore.

9. Nondimeno, Lamech dell’altura si avvicinò ad Enoch senza dare nell’occhio e gli disse: «Ascolta, padre Enoch, certo è buono e giusto quello che tu ora hai detto al mio omonimo della pianura; tuttavia c’è una cosa che non comprendo proprio bene in questo tuo breve discorso riguardo all’ordine gerarchico tra gli uomini!

10. Vedi, i figli sono certo da meno dei loro genitori, perché non sarebbe certo giusto dinanzi al Signore che i figli volessero mettersi allo stesso livello dei propri genitori!

11. Oltre a ciò mi ricordo di un fatto verificatosi sull’altura, dal quale si dovette anzi arguire che il Signore stesso faceva una considerevole differenza tra gli uomini e che non li trattava affatto tutti in modo uguale!

12. Infatti le tre ceste di cibo sulla sommità dell’altura sono là a testimoniare innegabilmente questo, e inoltre, Egli ha fatto te sommo sacerdote e poi ha visibilmente innalzato Purista e così anche Ghemela! Chi può contestare pienamente questo?

13. Ma da tutto ciò risulta anche immancabilmente che il Signore ha pure stabilito tra gli uomini un certo ordine gerarchico, e dunque per questa ragione io non posso capire bene il tuo discorso! Dammi perciò qualche chiarimento più preciso a questo riguardo!»

14. Ed Enoch, rivoltosi a Lamec, gli parlò così: «Figlio mio, tu sei in grave errore! Quello che il Signore fa, è sicuramente ben diverso da quello che fa e che deve fare l’uomo, perché Egli soltanto è il Signore!

15. Invece, l’ordine gerarchico che il Signore ha stabilito tra noi uomini, è fondato unicamente sul nostro amore per Lui, e tale ordine significa: “Quanto più amore tu hai per Me, il tuo Padre santo, nel tuo cuore, tanto più tu Mi sei vicino; ma quanto meno amore tu hai per Me, tanto più tu sei lontano da Me!”

16. Vedi, in ciò sta (la spiegazione riguardo a) Enoch quale designato sommo sacerdote, in ciò sta quella delle tre ceste sulla sommità dell’altura, quella di Purista e di Ghemela, come pure quella dei doveri dei figli verso i loro genitori, i quali genitori sono i primi sommi sacerdoti posti da Dio per i loro figli!

17. Questo è dunque soltanto il rapporto dell’amore rispetto a Dio, ma riguardo agli uomini non deve accadere, nelle posizioni attive d’amore, che essi facciano distinzione tra l’uno e l’altro, come se uno si reputasse più di un altro!

18. Solo davanti a Dio noi siamo differenti attraverso il nostro amore per Lui; però tra di noi non deve esserci alcuna differenza creata da noi stessi!

19. Infatti chi vorrà essere grande, costui sarà piccolo dinanzi a Dio; ma se noi siamo unicamente fratelli nell’amore tra di noi, allora tali saremo anche davanti a Dio!

20. Dunque, comprendi bene, figlio mio, come sta la cosa! Ma ecco che le mense sono riunite, prendiamo perciò posto sulle stesse! Amen!»

 

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Cap. 42

La preparazione del secondo tavolo nella sala del trono

Il discorso dello sconosciuto alla seconda tavola

19 maggio 1843

1. Ora il numero degli ospiti era assai grande e perciò non potevano trovare posto ad un’unica grande mensa; allora Lamec ritornò da Enoch e gli domandò:

2. «Ascolta, dilettissimo e ublimassimo fratello ed unico sommo sacerdote del Signore. Come tu stesso puoi vedere, più della metà degli invitati non la si può collocare alla mensa riunita! Se noi ora li dobbiamo separare dagli altri per farli accomodare ad una seconda mensa, ebbene, non si sentiranno sminuiti quando noi, sia pure necessariamente, dovremo farli sedere alla seconda mensa, ed essi, in seguito a ciò, non potranno prendere posto alla mensa alla quale sederemo noi stessi e alla cui mensa tu ti sei effettivamente già messo a sedere?»

3. Ed Enoch sorridendo rispose a Lamec: «Vedi, caro fratello, necessità non è sminuire! Ma per fare il meno possibile una differenza, allora fa pure allestire la seconda mensa in questa stessa sala, la quale è abbastanza grande da contenere almeno diecimila persone, e poi non fare gran caso se noi prenderemo posto ad una mensa anziché all’altra! Ordina dunque che si faccia così, e tutto sarà perfettamente giusto!»

4. E Lamec vide che così andava bene, e perciò per mezzo dei suoi servitori fece immediatamente disporre tutto nel modo consigliato da Enoch.

5. E l’eccedenza degli ospiti trovò comodamente posto a questa seconda mensa, e tutti giubilarono perché toccò a loro la grazia così grande di poter sedere addirittura a mensa nella sala del trono, vicino agli eminenti e sommi ospiti e ai grandi amici di Dio.

6. Ma quando Lamec udì tali espressioni di giubilo e fu persuaso che le nuove disposizioni prese avevano trovato accoglienza così favorevole, egli stesso se ne rallegrò e, pieno di letizia, si sedette subito alla mensa dove Enoch aveva già preso posto con Lamech dell’altura.

7. Così tutto fu nel più perfetto ordine; le vivande furono servite, e dai cuori e dalle bocche di tutti gli ospiti proruppero espressioni di lode al Signore. Le mense poi furono benedette da Enoch nel Nome del Signore, e tutti stesero le loro mani verso i cibi benedetti e mangiarono e bevvero mentre qua e là si facevano sempre sentire parole, dette ad alta voce, che glorificavano il Signore.

8. E quando tutti si furono saziati, uno tra gli ospiti che sedeva alla seconda mensa si alzò e indirizzò le seguenti parole ai suoi compagni di mensa:

9. «Fratelli, amici e sorelle! Quale uomo può azzardarsi, nel massimo calore e fiamma del suo cuore, ad asserire di essere capace, sia pure impiegando tempi eterni, di ringraziare a sufficienza Dio, l’onnipotente Signore del Cielo e della Terra, per la Grazia indicibilmente grande che Egli ci ha dimostrato convertendo il così duro re Lamec di prima in un fratello così splendido e in un amico tanto grande degli uomini? In verità, Io, da parte Mia, non so pensare qualcosa di più grande!

10. Certo, deve essere facile per il Signore onnipotente creare migliaia di mondi, ma convertire un libero spirito umano non giudicato[10], come è stato il caso di Lamec, e per mezzo suo convertire anche tutto il suo seguito, questo è certo di più che il formare Soli, Terre e Lune nell’istante dell’onnipotente Volontà divina!

11. Infatti, nella creazione delle cose, tutto dipende sicuramente dalla Volontà di Dio, e sempre tutto quanto sarà come Lui avrà voluto che sia! Basta che Egli pronunci semplicemente un Suo onnipotente “Sia fatto!”, e già innumerevoli Soli e mondi ruotano lungo le loro orbite immense dinanzi agli occhi dell’onnipotente Artefice!

12. Ma quando si tratta dello spirito libero, l’onnipotente “Sia fatto!” è già un giudizio, che è la morte dello spirito! In questo caso l’Onnipotenza deve far posto soltanto al grande Amore, alla Misericordia, alla Pazienza, alla Dolcezza e alla guida infinitamente sapiente di Dio, ed essi devono gestire, guidare e istruire lo spirito dell’uomo come un secondo Dio, affinché questo, attraverso il riconoscimento di se stesso, divenga poi in sé quello che deve essere secondo l’Ordine divino. E questo è molto di più che non creare mondi e Soli!

13. Oh, perciò noi tutti dobbiamo lodare ed amare il Signore come non è ancora stato mai amato né lodato, perché solo ora noi riconosciamo la grandezza di Dio!

14. Alzatavi dunque, o fratelli, e tributiamo al Signore lode e gloria, dato che Egli ci ha mostrato una Grazia tanto grande!»

15. Questo discorso dell’Ospite provocò una sorpresa immensa in tutti i presenti nella sala, e ciascuno si sentì afferrato dalla forza di queste parole.

 

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Cap. 43

Lo stupore di re Lamec per le parole dell’ospite sconosciuto

Il discorso dello Sconosciuto sul doppio nutrimento, per il corpo e per lo spirito

20 maggio 1843

1. Lamec però, colto di sorpresa, non seppe al momento che cosa pensare. Egli perciò si rivolse immediatamente ad Enoch e gli chiese: «Ascolta, mio dilettissimo e sommo amico e fratello in tutto l’amore del Signore, quest’uomo parla come se fosse egli pure scelto dal Signore ad essere una guida!

2. In verità, tali parole non avrebbero affatto sfigurato neppure sulle tue labbra, ed io stesso mi considererei infinitamente felice se la mia bocca fosse capace di un simile discorso; ma appunto, a questo riguardo la cosa è enormemente difficile per me!

3. Dimmi dunque, mio dilettissimo Enoch, se ciò che ti dico ti pare buono: “Non dovremmo far venire subito alla nostra mensa questo oratore, che dimostra di essere dotato di tanta sapienza?”»

4. Ed Enoch rispose a Lamec: «Ma se tu fai questo, mio diletto fratello, non concederai con ciò a questa mensa, maggiore onore che non all’altra?

5. Perciò io ritengo che è sufficiente se noi ascoltiamo bene le sue parole e se tratteniamo in noi il loro buon significato!

6. Rifletti un po’ su questo e poi dimmi se sei anche tu della mia opinione, poiché qui sei tu a casa tua e devi avere anche un libero consiglio della volontà in te e agire conformemente!»

7. Allora Lamec ponderò un po’ la cosa e poi disse le seguenti parole: «O carissimo e ublimassimoo fratello Enoch, che cosa mai posso fare ancora io secondo il mio consiglio della volontà, quando già al primo istante mi accorgo che dalle tue parole si irradia una sapienza anche troppo luminosa?

8. Perciò mi limiterò a non perdere d’occhio l’oratore, e dopo che le mense non saranno più imbandite, mi metterò in contatto con lui per vedere di farne la conoscenza più da vicino! Ritengo che così non sarà sbagliato».

9. Ed Enoch rispose a Lamec: «Dilettissimo fratello, fai così come ti sei proposto di fare, e così sarà giusto e buono dinanzi a Dio e a tutto il mondo!»

10. Dopo questa risposta di Enoch, l’ospite all’altra mensa si alzò nuovamente e cominciò a parlare, e queste furono le sue parole:

11. «Amici, fratelli e sorelle! Noi ci siamo tutti ristorati nel migliore dei modi con questo buon pasto. Le nostre membra sussultano per il gioioso senso di benessere, e alla nostra anima ora è più facile imprimere al corpo una duttile[11] attività. Perciò sia ringraziato il ublimassimo e santo Donatore di ogni buon dono, e a Lui vada tutto il nostro amore, sempre e in eterno!

12. Il corpo però non è la cosa principale dell’uomo, bensì è soltanto uno strumento e un mezzo adatto al raggiungimento dello scopo eterno e santo, il quale sta alla base dell’eterno Ordine divino.

13. Ma se rispetto al nostro corpo le cose stanno soltanto in questo modo ed è impossibile che stiano altrimenti, allora risulta chiaro come il Sole che dentro all’uomo deve esserci qualcos’altro, e cioè un altro uomo del tutto più elevato, per il quale esiste propriamente il corpo che noi tutti abbiamo saziato ora a dovere, e per la cui nutrizione più vantaggiosa noi dovremmo per conseguenza avere sempre la massima cura.

14. Voi ora di certo state dicendo così nei vostri cuori: “Questo sarebbe certo quanto mai buono e utile, ma bisognerebbe anche sapere subito come si deve effettivamente nutrire l’uomo interiore!

15. Noi vediamo ben crescere e maturare sulla Terra ogni tipo di frutta per il corpo, però un albero sul quale invece cresca e si maturi della frutta atta a nutrire l’uomo interiore, questo noi non riusciamo a trovarlo!”

16. Questo è vero, miei diletti amici, fratelli e sorelle; però, a tale riguardo Io vi dirò qui qualche altra cosa, e dunque ascoltate.

17. Vedete, il Signore ha regolato tutto in modo tale che la materia si nutra dalla materia, l’anima dall’anima, l’amore dall’amore e lo spirito dallo spirito!

18. Il fondamento dello spirito è l’amore, ed è l’essere del tutto più proprio dell’uomo interiore, e perciò al nostro uomo interiore noi non possiamo procacciare nessun nutrimento migliore se non saziandolo con l’amore per Dio. Egli è attraverso questo amore che diventa forte e potente e diventa un signore in questa sua casa, la quale è l’anima immortale e il corpo mortale.

19. I cibi per il corpo, affinché siano commestibili, devono essere preparati o dalla natura, oppure dall’arte della cucina degli uomini. Dunque, così deve essere tanto più preparato nel migliore dei modi il cibo per lo spirito!

20. La Parola in noi è questa preparazione del cibo dello spirito! Perciò vogliamo dunque preparare il cibo con la Parola, e solo dopo rinvigorire con questo cibo il nostro spirito!»

21. A questo punto Lamec tirò Enoch per la veste e gli disse: «Fratello, che ne dici tu? Costui parla certo come un profeta!»

22. Ma Enoch rispose a Lamec: «Non ha ancora finito. Perciò continuiamo ad ascoltarLo e poi soltanto faremo le nostre considerazioni! Ecco, Egli riprende a parlare; perciò ascoltiamoLo!»

 

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Cap. 44

Sul significato della Parola dal cuore

Il satollamento del corpo, dell’anima e dello spirito

La noia è la fame dell’anima, e la brama di conoscenza è la fame dello spirito

Dio è il principale ed eterno saziamento per lo spirito dell’uomo

22 maggio 1843

1. E l’oratore dell’altra mensa continuò a parlare: «La Parola, che sorge viva dal nostro cuore, è quella che io intendo che venga indicata quale preparazione dell’amore per Dio, la quale costituisce il vero cibo per lo spirito.

2. Io vi dico: “La Parola, anzi la viva, vera, giusta Parola proveniente dal profondo del nostro cuore, è Tutto nel tutto; essa compenetra la materia, la scioglie nello spirituale e poi, con lo scioglimento della materia, nutre lo spirito.

3. È soltanto così che avviene – come io ho già prima osservato – che cioè lo spirito nutre soltanto lo spirito, l’anima nutre l’anima e la materia nutre la materia.

4. Infatti la Parola in noi, quale il pensiero che si esprime chiaramente nel cuore, afferra la materia, la divide e la contempla nella sua costruzione prodigiosa. In questa contemplazione l’anima già si sazia, poiché la sensazione estatica dell’anima nella contemplazione di forme prodigiosamente belle costituisce il suo saziamento!

5. Da parte del Creatore l’uomo è congegnato assolutamente così, e cioè che il saziamento di una parte porta sempre con sé il sicuro ffama mento dell’altra.

6. Ma per comprendere bene a fondo questa cosa, sarà certo utile un esempio, e così disponete bene il vostro cuore e fate attenzione!

7. Quando siete affamati secondo il corpo, allora tutti i vostri desideri si concentrano in un buon pasto, e se poi venite a trovarvi dinanzi ad una buona tavola imbandita, allora siete colmi di gioia, perché ora potete placare la fame che vi tormenta.

8. Ma se si trattasse di dover rimanere a tavola per otto giorni interi, oppure per un mese o addirittura per un anno, dite: “Non sareste tutti logorati dalla noia più terribile?”

9. Certo, io dico a voi, Miei diletti amici, fratelli e sorelle, in un simile caso voi comincereste di certo a disperarvi!

10. Considerato dunque che il caso sarebbe sicuramente questo, allora io posso certo domandare: “Perché la noia, e perché la disperazione se il corpo è sazio?”

11. Ebbene, questo succede perché il saziamento del corpo produce sicuramente l’affamamento dell’anima, che si rende sempre manifesto nella noia disperata amaramente percepita!

12. Ma che cosa si dovrà fare poi per saziare anche l’anima, dopo aver saziato il corpo?

13. Ebbene, ci si alza da tavola e si va fuori all’aperto, ad esempio su un piccolo monte oppure in un bel giardino, affinché l’anima si sazi davanti a delle belle forme, al canto degli uccellini e agli eterei e quindi animici profumi dei fiori, e ad altre simili piacevolezze per l’anima.

14. Ma quando qualcuno avrà contemplato abbastanza a lungo cose simili ed avrà con ciò saziato a sufficienza la sua anima prima affamata, allora ben presto anche questo splendido cibo per l’anima comincerà di nuovo a venirgli a noia, e allora egli sentirà un desiderio o di ritornare a casa per procurare un nuovo ristoro con qualche buon boccone al corpo ricaduto sotto l’influsso della fame attraverso il saziamento dell’anima, oppure, nel caso migliore, comincerà a muoversi lo spirito che, attraverso l’anima, dirà al corpo: “Ho una fame potente!”

15. Ma come si esprimerà poi questa fame? Essa si esprimerà in una sempre più ardente brama di conoscenza.

16. Esso allora vorrà comprendere la materia e le sue belle forme, poiché così come si presentano non sono commestibili per lui, ed esse devono essere invece disciolte col fuoco, con la luce e con sufficiente verità.

17. Ma che cos’è il fuoco? Esso è l’amore bramoso! – Che cos’è la luce? Essa è il pensiero che si esprime chiaramente nel cuore! – Che cos’è la Verità? Essa è la Parola che sorge e si esprime fuori dal Fuoco e dalla Luce!

18. Tramite questa Parola noi afferriamo poi questa solida materia e la sua piacevole forma, sciogliamo la materia e nella materia così disciolta troviamo il significato e il senso spirituale della forma.

19. In questo modo il nostro spirito viene poi estasiato, e questa soddisfacente e beatificante estasi è poi già anche il rinforzante saziamento per lo spirito, poiché esso trova proprio in questo saziamento la sua patria, la sua pace, la sua sostanza, la sua origine e, in questa, il suo vero amore per Dio e l’onnipotente Amore di Dio per lui!

20. In questa estasi lo spirito, e poi, con tutto amore e umiltà, si prostra dinanzi all’infinito Amore di Dio, ringrazia Dio e Lo prega veramente, e Dio è poi il suo principale saziamento per la vita eterna.

21. Così dunque vogliamo anche noi contemplare le opere di Dio e cercare in esse il Suo grande Amore e la Sua misericordia. E se qualcuno ha trovato qualcosa, allora lo manifesti poi con parole buone e vere a tutti i suoi fratelli, e così tanto lui quanto loro si troveranno poi edificati nello spirito e nella verità, e questa edificazione è poi dunque il vero e vivo cibo per lo spirito, tramite il quale lo spirito acquista vigore per agire nell’amore per Dio, il quale agire però è poi anche la vera ed eterna vita!»

22. A questo punto l’oratore fece una pausa. Ma tutto il popolo rimase sbalordito per tale sua sapienza, e Lamec era quasi fuori di sé.

23. Ma Enoch lo tranquillizzò e gli disse: «Abbi ancora pazienza, perché l’Oratore non ha ancora finito; e quando Egli avrà terminato di parlare, solo allora – come ho già detto prima – noi scambieremo un paio di parole in proposito!»

 

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Cap. 45

La domanda dei critici sulla funzione della Parola

La risposta dell’oratore

23 maggio 1843

1. All’altra mensa però, dove sedeva l’oratore, c’erano alcuni un po’ duri di intelletto. Questi perciò si volsero all’oratore e gli posero la seguente domanda, alquanto sciocca:

2. «Amico e fratello buono e saggio, in te vi è molta luce e pronunci parole sagge! Questo non lo possiamo assolutamente contestare, perché noi pure siamo discretamente dotati di sapienza e siamo dunque assolutamente in grado di valutare se quello che qualcuno dice è fondato sulla sapienza o sulla stoltezza!

3. Ed anche nel tuo caso non possiamo dire che tu non abbia parlato saggiamente, anzi noi riconosciamo la tua sapienza come perfetta.

4. Ma in un punto, in quanto hai detto, sembra che proprio non ci voglia piacere per il saziamento dello spirito, almeno non nella maniera in cui tu ce lo hai presentato!

5. Vedi, tu dicesti: “La Parola scioglie la materia solida nelle sue interiori forme fondamentali, contemplando le quali l’anima si sazia, e dopo che le forme sono sciolte fino al loro fondamento più interiore, e in conseguenza di ciò noi poi scorgiamo in loro il senso dello spirituale, allora così facendo noi nutriamo lo spirito”.

6. Questo ad ogni modo te lo concediamo; ma che l’uomo con la sua parola impotente possa sciogliere la materia solida come il metallo rovente fa con una goccia d’acqua, o fratello, riflettici tu stesso anche per poco e di certo ti accorgerai subito di aver tirato un colpo nel vuoto!

7. Prova infatti a parlare ad una pietra anche per mille anni se vuoi, ammesso che tu possa vivere tanto a lungo, e vedrai che la pietra resterà pietra così come è stata creata, certamente anche tramite una potentissima Parola che sia pure più potente della nostra!

8. Perciò, dato che ci sta molto a cuore anche la tua reputazione – quantunque non sappiamo da quale parte della città tu sia venuto da noi – ci sarebbe molto gradito se tu volessi rimediare a questo tuo errore, per lo meno adesso che perfino i sommi ospiti dell’altra mensa sembrano fare attenzione alle nostre chiacchiere, non esclusi i due potenti dell’altura!»

9. L’oratore si alzò e disse a quei critici bene intenzionati: «La vera Sapienza si regola secondo l’eterna Verità, oppure secondo la debolezza del mondo? – Quale risposta volete darMi a questa domanda? Chi di voi ha sapienza, parli!

10. Ecco, voi tacete e andate in cerca di una risposta; ma Io sostengo che una risposta che Mi soddisfi questa volta voi non la troverete! Ho forse parlato di uno scioglimento materiale oppure meccanico della materia?

11. Voi siete del tutto benevolmente preoccupati per il Mia reputazione di fronte ai sommi ospiti dell’altra mensa; ma che cosa dovrò fare Io adesso per salvare la vostra reputazione, dato che voi, attraverso questa vostra domanda e attraverso questo vostro giudizio critico alle parole da Me che ho detto per il vostro bene, voi avete esposto alla chiarissima luce del giorno una stoltezza fin troppo evidente?

12. Non ho infatti io, parlato di un’interiore e viva Parola dell’amore proveniente dal cuore, che dapprima si esprime in chiari pensieri oppure in forme animiche e poi trapassa nel linguaggio della visione, e solo dopo, se è necessario a causa della debolezza degli uomini dotati di sensi solamente rozzi, si esprime nel linguaggio della bocca, in modo che i rozzi sensi di tali deboli uomini possano essere raffinati dal frequente saziamento dello spirito in loro, ed essi poi, con tali sensi raffinati e quindi più vivi, possano contemplare le cose nella loro verità e, con ciò, saziare sempre di più il loro spirito, affinché tale spirito, quale la vita effettiva nell’uomo, risorga e sia un perfetto signore nella sua casa, mentre invece, così come si è manifestato ora in voi, esso non è nient’altro che un insignificante servo della materia, del giudizio e, per conseguenza, anche della morte?

13. Ma se Io dunque ho parlato soltanto di una tale Parola, allora diteMi come è disposto il vostro intelletto dinanzi a Dio e a tutto il mondo, dato che voi non avete potuto comprendere quello che avevo detto e avete preferito distinguervi più con la vostra grossolana stoltezza che non con una domanda amichevole, modesta ed umile riguardo a qualche punto del Mio discorso che vi era apparso alquanto oscuro?»

14. A questo punto i critici di prima si guardarono del tutto strabiliati e nessuno fu in grado di dire la benché minima parola a propria giustificazione.

15. Lamec però disse a Enoch: «O fratello Enoch, se in questa mia città dovessero esserci ancora altri di simili sapienti, allora io al loro fianco sono destinato a fare una ben magra figura, poiché questo parla come se fosse caduto giù qui diritto dai Cieli!»

16. Enoch però rispose a Lamec: «Fratello, pazienta ancora un po’! L’Oratore non ha ancora finito; ma quando Egli avrà finito, allora io ti dirò quello che devi fare! Noi udremo da Lui ancora ben altre cose, e di questo tu puoi esserne del tutto certo. Pazienta dunque! Amen!»

 

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Cap. 46

Il saggio discorso dell’oratore principale sul linguaggio interiore dello spirito e su quello esteriore della bocca

24 maggio 1843

1. Dopo una lunga pausa si alzò tuttavia uno dei critici e rivolse le seguenti parole all’oratore: «Ascolta, caro amico e fratello! Che tu sia evidentemente più sapiente di tutti noi che sediamo qui a questa mensa, questo io l’ho desunto, e sicuramente anche tutti gli altri, dalle tue parole. E dunque io sono convinto anche già in anticipo che tu non avrai nessuna difficoltà a risolvere un problema fondamentale per tutti noi che adesso ti esporrò. Io perciò ti prego di volermi ascoltare!»

2. Ma l’oratore principale disse a colui che lo voleva interrogare: «Ascolta, la vera Sapienza proveniente dal Signore Dio-Zebaoth non dovrebbe né interrogare, né essere interrogata, poiché a chi è veramente sapiente, a costui la sua interiore e viva parola dice il fondamento di ogni verità. Ed ugualmente il vero sapiente interrogato, non ha altrettanto bisogno di essere interrogato, perché lo spirito gli rende noto quali sono le necessità di suo fratello.

3. Ma se tu mostri il desiderio di interrogarmi, allora dimmi: “Com’è disposta la tua sapienza di cui ti sei tanto vantato prima, da critico acuto, di fronte a me?”

4. Vedi, se tu fossi un giusto sapiente, allora tu, alla luce della tua sapienza, dovresti scorgere immediatamente che a me, quale sapiente, deve essere noto quello che ti opprime anche senza la tua domanda naturalmente umana!

5. Tu invece mi vuoi interrogare. – Dunque, sei tu un sapiente e Mi consideri di certo un sapiente nei fatti e nel fondamento della tua vita?

6. Ritieni tu che i sommi ospiti non sappiano forse tali cose? Oh, basta che tu ti rivolga a loro, ed essi ti diranno ciò che io ti ho detto ora!»

7. A queste parole il critico si imbarazzò molto e non sapeva cosa fare, perché dalle parole dell’oratore principale egli aveva dedotto con precisione che l’oratore doveva essersi accorto che, nella domanda che intendeva fargli, c’era il proposito di tendergli una piccola trappola.

8. Ed essendosi pure convinto che con questo oratore principale non sarebbe stato così facile sbrigarsela, allora cominciò a cambiare del tutto musica nel suo cuore.

9. Ma questa cosa non sfuggì all’oratore principale, che perciò rivolse subito al critico le seguenti parole:

10. «Ascolta, Io voglio dare una giusta risposta alla domanda che tu prima volevi rivolgermi per farmi cadere in trappola, considerato che tu ora hai lasciato sorgere nel tuo cuore un altro spirito. Perciò la risposta è questa:

11. “Tu ritenevi che, senza la parola esteriore, l’uomo non possa esprimersi in maniera comprensibile dinanzi ai suoi fratelli umani, e che quindi la parola della bocca sia il compimento della muta parola del pensiero nel cuore, perché solo in tal modo l’uomo si manifesta come tale dinanzi a tutte le altre creature della Terra; e così tu ritenevi che Dio, il Signore, si dovrebbe adorarLo, ringraziarLo, lodarLo e glorificarLo, sempre e solamente con le parole compiute (espresse dalla bocca) ma non con quelle interiori del pensiero oppure con le parole del sentimento, le sole che saziano lo spirito”.

12. Vedi, questa è proprio la via del tutto sbagliata! È proprio così che l’uomo è diventato uno schiavo dei sensi e del mondo e si è rivolto all’esterno! Egli è proprio così che è anche pervenuto al solo linguaggio esteriore della bocca, e ora non può comprendere suo fratello se non attraverso la parola della bocca, la quale in sé e per sé non è altro che la corteccia esteriorissima di un albero!

13. Proprio attraverso questo vantaggio apparente, l’uomo in tal modo ha perduto incalcolabilmente molto, poiché se l’uomo fosse rimasto presso il suo interiore linguaggio dello spirito, allora l’intera Creazione starebbe ora là per lui con la sua capacità di parlare, ed egli potrebbe comprendere le cose nel loro fondamento. – Invece in questo modo egli è diventato un muto osservatore ed ha guastato in sé tutti i suoi sensi attraverso la sua esteriorità, al punto da diventare sordo, cieco e insensibile come lo è la corteccia dell’albero, senza comprendere le cose dal fondamento. Sì, egli ora non conosce nemmeno un po’ se stesso, né conosce il lamento del cuore del proprio fratello!

14. E ora tu, vorresti rivolgere del tutto all’esterno anche il riconoscimento e l’adorazione di Dio – la cui adorazione è certamente del tutto la vita più interiore nell’uomo stesso – cosicché così, perderesti anche Dio e potresti diventare un pagano oppure perfino un perfetto negatore di Dio?»

15. Queste parole suscitarono un’impressione molto strana sia alla mensa dell’Oratore che a quella principale, ad eccezione di Enoch, di Lamech di sopra e di Hored.

16. E Lamec di sotto cominciò a sentirsi enormemente imbarazzato e molto a disagio, ed avrebbe fatto ancora volentieri qualche osservazione, ma l’oratore non aveva ancora terminato; perciò anche lui rimase pazientemente in attesa di come sarebbero finite le cose.

 

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Cap. 47

 

27 maggio 1843

1. Dopo una breve pausa, l’oratore principale ricominciò a parlare così: «Ora che ti ho acceso una piccola luce, tu mi guardi del tutto strabiliato e non sai cosa pensare di me e delle mie parole.

2. In te stesso ti domandi: “Come potrei diventare un pagano? Come potrei diventare un negatore di Dio, se io prego Dio con le parole della mia bocca? Potrei forse professare Dio con la mia bocca, se non Lo professassi dapprima nel cuore, e dunque, nei pensieri del cuore?”

3. Sì, amico e fratello mio, ora tu professeresti di certo Dio in modo che la parola della bocca diventi un’espressione di ciò che penseresti nel tuo cuore. Ma perché avverrebbe questo?

4. Ecco, questo avverrebbe perché tu, avendo contemplato il Signore, il tuo Dio, come Egli è costituito, e quindi saresti costretto a credere che esiste un Dio, ed avresti udito da Lui cosa vuole dall’uomo!

5. Ma questa fede non è la libertà dello spirito, bensì soltanto una servitù micidiale di esso, poiché tu ora dovresti credere che Egli è Dio, il Signore, avendoLo visto ed avendo dovuto convincertene per la potenza della Sua parola e delle Sue azioni.

6. Tuttavia, questa fede in tale forma terrebbe avvinto soltanto te, e in questa tua attuale forza convincente essa non potrebbe essere trasmessa ai tuoi successori, perché quello che tu ora professeresti nella tua convinzione, essendo soltanto una trasmissione orale, sarebbe a mala pena considerato vero da parte dei tuoi successori, perché appunto si tratterebbe soltanto di una trasmissione orale, e come tale essa sarebbe molto più debole di quanto lo fosse la tua stessa esperienza.

7. Nel giro di dieci generazioni, calcolando a partire da questa tua attuale, questa convinzione da te trasmessa, travisata come sarebbe, verrebbe a mala pena ritenuta degna di attenzione, e il paganesimo sarebbe il frutto della tua fede orale, e a questo frutto seguirebbe la completa negazione di Dio e a questa seguirebbe del tutto sicuramente il giudizio, dato che l’uomo senza l’unione con Dio è già giudicato nella sua propria notte di morte.

8. Ma se tu invece professi Dio nel tuo cuore, cioè tramite il tuo vivo amore per Lui, e così Lo preghi in spirito e in verità, allora scuoterai via da te il tuo attuale giudizio della fede obbligata, dalla quale non potrà mai venire alcuna salvezza, e passerai invece nella fede viva, cioè in una viva contemplazione del tuo spirito in te, nel quale alla fine si deve unificare tutta la tua forza vitale, se devi vivere in eterno.

9. E soltanto in questa viva contemplazione tu riconoscerai veramente Dio e Lo professerai vivamente in spirito e in verità; e allora sarai in grado di mantenere questa professione [di fede] anche nella tua discendenza, ed essi faranno come te, e il paganesimo, la negazione di Dio, il giudizio e la morte, saranno tenuti lontani da tutti i tuoi discendenti!

10. Infatti è senz’altro sicuro e supremamente conforme all’Ordine, che lo spirito dell’uomo sia la parte del tutto più interiore, allo stesso modo di come la viva scintilla del germe è collocata nella parte più interna di ogni frutto.

11. Se tu credi e preghi in base al tuo esteriore, al sensualmente materiale, allora attiri ugualmente il tuo spirito nel tuo esteriore e materiale, ma questo esteriore e materiale è il tuo giudicato e per conseguenza è morto.

12. Ma se tu fai così, allora, spiritualmente, nella stessa misura tu fai come se volessi immergere una fiaccola ardente in una pozzanghera di fango! E ora Io ti domando: “Continuerà essa ad ardere ed illuminerà ancora il tuo tenebroso sentiero?”

13. Il tuo spirito è la tua luce e la tua vita; ma se tu lo spegni, cosa ti rimane ancora da cui possa sorgere per te una vita?

14. Tu certamente ora vivi poiché hai contemplato Dio, e ora sei costretto a credere che Egli esiste, ma Io ti dico che tu, con questa vita, non sopravvivrai oltre alla tomba se nella tua materia non dimenticherai quello che hai visto e se nel tuo spirito non ritroverai di nuovo, tramite il potente amore per Dio, quello che avrai dimenticato!

15. Ciò che ora ti ho detto, consideralo altrettanto elevato quanto ciò che hai visto, e così otterrai la vita in eterno, altrimenti vivrai solo fino alla tomba.

16. Comprendi bene queste cose e, se qualcosa ti è oscuro, parla in modo che io te lo rendo chiaro! Amen!»

 

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Cap. 48

L’umiliazione del critico ingannatore bramoso di curiosità

L’idoneità della parola orale è soprattutto per mentire

29 maggio 1843

1. E colui che aveva voluto atteggiarsi a critico sapiente, tutto compenetrato e compunto dalle parole dell’oratore principale, esitò non sapendo che cosa dire, cosa replicare o quale domanda porre veramente all’oratore principale riguardo ad un qualche punto oscuro ancora esistente in lui.

2. E dopo una riflessione certo non proprio lunga, gli venne all’improvviso in mente che Lamec si era proposto per quel giorno la consacrazione del tempio sul monte; perciò colse questo pretesto per dire all’oratore principale:

3. (il criitico) «Ascolta, mio stimatissimo amico e fratello, io sono del tutto compenetrato, colmo e chiarissimamente convinto della verità quanto mai profonda delle parole che mi hai rivolto, perciò avrei una grande voglia di importunarti con migliaia e migliaia di domande! Ma vedi, Lamec si è proposto di procedere, ancora entro la giornata di oggi, alla consacrazione del nuovo tempio sul monte, ed appunto ora egli accenna ad alzarsi; quindi prima di questa azione altamente santa, non ci resterà molto tempo per trattare le nostre questioni; ma dopo tale azione io intendo accaparrarti tutto per me!»

4. L’oratore principale allora obiettò al critico: «Ascolta, fratello e amico. Con le nostre discussioni, siamo davvero di impedimento a Lamec, nell’esecuzione di quanto lui si è proposto di adempiere?»

5. Il critico rispose: «Sì, secondo il mio parere si tratta solamente di questo: o dobbiamo essere presenti anche noi a questa azione, oppure – dato che, come vedo, anche Lamec, Enoch e i suoi compagni dell’altura sembrano tenerci molto ad ascoltare le tue parole – dobbiamo trattenere qui Lamec con i nostri discorsi!

6. Queste dunque sarebbero le circostanze che, secondo me, sembrano rendere qui un po’ superflua la continuazione del nostro discorso, naturalmente dal mio punto di vista, e ciò vale come risposta alla domanda che mi hai rivolto. Del resto, con ciò non intendo affatto dire che quanto ho detto abbia un valore assoluto di fronte alla tua grande sapienza, poiché tu sicuramente ci vedrai più chiaro di me in questa questione, considerato che sei incalcolabilmente più sapiente di me. Decidi tu dunque quello che si deve fare, ed io mi adeguerò alla tua sapienza!»

7. E l’oratore principale replicò al critico: «Il Mio pensiero però è questo: noi siamo stati invitati a mensa, e perciò siamo anche venuti qui, ma non siamo ancora stati invitati a recarci sul monte, né ci è stato detto quello che si dovrà fare dopo che la mensa non sarà più imbandita. Per conseguenza, non abbiamo nulla a che vedere con la consacrazione del nuovo tempio sul monte!

8. Lamec ed Enoch sapranno certo anche senza di noi quello che devono fare o quello che vogliono fare, e per fare questo i nostri discorsi non saranno loro di impedimento! Se vogliono averci con loro, allora non mancheranno certo di dircelo e noi li seguiremo discorrendo tra di noi; ma se non ci invitano, potremo forse fare tra di noi quello che vogliamo?

9. DimMi: “Non sono queste ragioni, più giuste e più efficaci delle tue osservazioni di critica?”. Qual è adesso la tua opinione?»

10. Il critico non seppe cosa rispondere a tale domanda, e cominciò a riflettere per risolvere la questione, perché egli era molto curioso e ci teneva molto a guardare a bocca aperta la consacrazione del tempio.

11. Ma all’oratore principale questa cosa non sfuggì, e perciò disse al critico imbarazzato: «Ascolta, fratello e amico! È proprio tanto difficile essere sinceri in tutte le cose e nei cambiamenti dei rapporti della vita?

12. Vedi, qui sta chiaro come il Sole, in te e dinanzi a te, a ciò che si adatta meglio alla parola della bocca! L’idoneità della parola della bocca non si manifesta in nessun altro modo in maniera così utilizzabile, quanto appunto nella menzogna!

13. Tu Mi hai indicato delle circostanze che dovrebbero essere di ostacolo ai nostri discorsi, ma esse, uscendo da te, sono invece del tutto menzognere. Infatti a te non interessa né la consacrazione del tempio, né il tempo stabilito da Lamec per tale inaugurazione, e ancor meno la sua attenzione rivolta alle Mie parole, bensì a te interessa unicamente la tua voglia di curiosità!

14. Tu infatti vorresti guardare la cerimonia, ma per non rinunciare a questa tua voglia, allora vorresti che Io tacessi. Non è così?

15. Ma quale onore è mai per l’uomo, il fatto di avere un cuore effeminato, colmo di segrete finzioni che non possono che nauseare me ed ogni uomo veramente sapiente?

16. Io però ti dico: “Migliorati e purifica il tuo cuore, così che non mi nausei parlare ulteriormente con te di cose che sono tutte più importanti della consacrazione del tempio, la quale non è molto significativa!”»

17. Queste parole colpirono in pieno il nostro critico che, confuso e pieno di vergogna, tentò di scappare; ma l’oratore principale gli impedì di attuare questo suo progetto di fuga.

 

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Cap. 49

Il re Lamec ed Enoch e la rispondenza interiore del tempio

 L’invito del re alla consacrazione del tempio

30 maggio 1843

1. Nondimeno, anche Lamec aveva udito questo dibattito tra i due dell’altra mensa, e perciò, rivoltosi ad Enoch, gli domandò:

2. «Ascolta, fratello nel Signore, quell’uomo laggiù mi appare davvero un po’ troppo sapiente per essere un uomo comune, e cioè, come lo intendo io, per un uomo di questa pianura su un piano inferiore.

3. Lui è certamente stato destinato qui dall’altura, forse dal Signore, per me e per mio popolo quale maestro nella superiore e più profonda sapienza della vita!

4. Quindi – siccome egli stesso ha già accennato all’eventualità di un invito alla consacrazione del tempio sul monte – penso che sarebbe senza dubbio molto conveniente che io andassi subito da lui e che gli facessi io stesso l’invito! Non credi anche tu che ciò sarebbe molto ben fatto?»

5. Ed Enoch rispose a Lamec: «Mio caro fratello, va pure e fa come ti suggerisce il cuore, perché ora è il momento buono!

6. È doveroso che Questo sapiente sia presente alla consacrazione, poiché il tempio sul monte indica la sapienza del Signore che Egli ci ha donato dal Suo grande amore e misericordia, e per conseguenza anche questo tempio deve essere consacrato tra noi, come pure in noi, con la Sapienza divina!

7. Il tempio nella pianura purificata equivale all’amore e alla misericordia del Signore ed è disposto in modo uguale al cuore nell’uomo, il quale prima era una pozzanghera colma di ogni immondizia e di tutti gli insetti. In questa cloaca dovette essere ucciso l’amore della carne (vedi la storia delle cortigiane sotto il messaggero Chisehel! – cfr GfD vol.2 cap.172), e soltanto dopo, per mezzo di un vento ardente, dovette essere prosciugata ogni opera della palude, poi fu livellato il suolo, e il terreno fu trasformato in oro puro tramite un fuoco violento, così come precedentemente si era dovuto procedere con le carnali cortigiane, e poi dovettero essere trasportate delle pietre finemente sgrossate per la costruzione del tempio, dunque un materiale del tutto nuovo, che è solido e resistente, e non come un legno marcio e sozzo come il fango puzzolente delle cloache.

8. Vedi, così l’interiore tempio di Dio nel cuore dell’uomo è stato raffigurato per immagini con il tempio nella pianura ed è stato consacrato da Dio stesso!

9. Il Signore però ti ha poi anche comandato di edificare un tempio sul monte purificato.

10. Il tempio doveva raffigurare la vostra sapienza e tutto ciò che la stessa condiziona.

11. E così alla consacrazione di questo tempio devono essere anche presenti quegli uomini che il Signore ha dotato, a tale scopo, della grande Sapienza proveniente da Lui.

12. Quell’Uomo però è un vero Sapiente proveniente da Dio; va’ dunque da Lui e invitaLo alla consacrazione del tempio sul monte!

13. Tu però non devi invitare nessun altro; ma se quell’Uomo vuole condurre con sé ancora qualcun altro, chiunque questi possa essere, sia considerato da te come pienamente invitato!

14. Infatti, la Sapienza è la Luce dell’Amore, e l’irradiazione di questa Luce è Verità sostanziale ed eterna. Va’ dunque ora e fa secondo il tuo cuore! Amen!»

15. Udite queste parole di Enoch, Lamec si trovò, per così dire, in un solo salto presso l’Uomo sapiente e Lo invitò all’imminente consacrazione del tempio sul monte.

16. E l’Uomo allora disse a Lamec: «Amico e fratello, dato che tu Mi hai invitato, allora Io anche verrò, e di questo puoi esserne del tutto sicuro; nondimeno, colui che Io condurrò con Me, deve essere gradito pure a Te!

17. Infatti Io procedo per le vie imperscrutabili dell’eterna Sapienza in Dio; perciò chiunque venga afferrato da questa Sapienza, è un servitore della Sapienza proveniente da Dio, e tu sarai suo fratello in eterno!

18. E ora va, riferisci queste cose ad Enoch, ed egli ti comprenderà immediatamente!

19. Ma adesso alzatevi subito, affinché il tempio sia consacrato sulla Terra mentre è ancora giorno! Amen!»

 

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Cap. 50

Il discorso del Sapiente sullo scopo della consacrazione del tempio

L’invito rivolto a tutto il popolo

31 maggio 1843

1. E non appena Lamec ebbe udito queste parole, salutò subito col massimo rispetto l’Oratore e ritornò immediatamente da Enoch.

2. Una volta giunto da lui, gli riferì subito quello che aveva appreso dall’Oratore sapiente.

3. La notizia suscitò grande allegria in tutti gli ospiti della mensa principale, ed Enoch disse poi con tutta amorevolezza a Lamec:

4. «Allora dà disposizioni affinché tutti si alzino, in modo che il giorno non finisca prima di aver consacrato il tempio della sapienza nel Nome del Signore!»

5. E Lamec, salito sul trono, diede subito questo annuncio e tutto il popolo si alzò.

6. Tuttavia, il popolo che si era alzato da tavola accennò anch’esso a voler andare a presenziare alla consacrazione, cosa questa che procurò qualche imbarazzo a Lamec. Ma il sapiente Oratore gli si avvicinò e gli disse:

7. «Perché ti affanni, se anche i figli vogliono incamminarsi per le vie della sapienza? Io ritengo che non dobbiamo vietare a nessuno di seguirci sulla via della Giustizia di Dio.

8. Infatti, ciò che rappresenta per immagini l’imminente consacrazione del tempio, questo deve prima accadere in spirito e in maniera vivente in noi e in tutto il popolo.

9. Prima che il morto tempio venga consacrato da te, qui devono essere precedentemente consacrati i numerosi templi dello Spirito di Dio nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle, che qui sono i loro cuori! Vedi, questo è necessario farlo, e senza di ciò la consacrazione del tempio non serve a nulla!

10. Se tu volessi mandare a casa il popolo e consacrare il tempio senza di esso, allora dimMi: a vantaggio di chi sarebbe la consacrazione del tempio?

11. Vuoi santificare tu il tempio, tu che non sei un santo dinanzi a Dio, Lui, l’unico Santo?

12. Come vedi, questo non va bene, perché certamente solo il Santo può santificare qualcosa; ma non chi non è santo!

13. Dio però si occupa solo del popolo, e non del tempio, ed ha fatto edificare da te il tempio appunto per il popolo. Ma Egli, non ha creato il popolo a causa di questo tempio, che ora sta per essere consacrato?

14. E così nell’imminente atto solenne, è soltanto il popolo, ma non il tempio, la cosa principale, e perciò il primo deve essere necessariamente presente!

15. Ma se questo non dovesse essere il caso, allora il Signore consacrerà per Sé i templi viventi nel popolo, ma al tempio morto sul monte Egli negherà la Sua santificazione e ridurrà il monte nuovamente ad un covo di serpenti e di vipere!

16. Dunque, invita tutto il popolo e manda araldi in ogni parte della città, perché Io ti ho detto già prima, di lasciar venire con noi chi Mi sarebbe piaciuto condurre con Me.

17. Vedi, quello che Io voglio condurre con Me è il popolo! Per conseguenza non affannarti più, poiché solo e unicamente la Sapienza del Signore nell’uomo riconosce le giuste vie del Signore!»

18. A queste parole Lamec rimase come annichilito, perché non poteva affatto capacitarsi della sapienza immensa di quell’uomo.

19. Egli perciò andò di corsa dai suoi servitori e, per così dire, li fece saltare in ogni parte della città per invitare il popolo alla consacrazione del tempio sul monte.

*

20. E quando egli, sempre di passo veloce, fu di ritorno nella grande sala, Enoch gli venne incontro e gli chiese:

21. «Ma, fratello Lamec, perché non hai domandato consiglio a me riguardo al da farsi su ciò che ti ha consigliato il sapiente Oratore, considerato che io sono qui appunto a questo scopo?»

22. A questa domanda Lamec rimase un po’ imbarazzato – perché non sapeva che Enoch intendeva soltanto metterlo alla prova – e così gli rispose: «Fratello Enoch, fu così grande la mia sorpresa nell’udire la grande sapienza di quest’uomo e fu così totale la mia convinzione dell’immensa e profonda verità delle sue parole, che non ho potuto fare a meno di agire conformemente a quanto egli mi aveva detto!»

23. Ed Enoch allora abbracciò Lamec e gli disse: «Tu hai agito perfettamente bene! E ora fa in modo che noi partiamo immediatamente, in modo da poter compiere l’opera santificatrice prima ancora che tramonti il Sole; così avvenga nel Nome del Signore! Amen!»

 

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Cap. 51

Enoch e il re lamec discutono sulla verità

 Sull’obbedienza, il vero frutto dell’umiltà, e sul procedere secondo l’ordine suggerito dal cuore

1 giugno 1843

1. Lamec domandò affrettatamente ad Enoch in quale ordine avrebbe dovuto disporsi il corteo fin sul monte.

2. Ed Enoch se la sbrigò con le seguenti parole: «Fratello Lamec, vedi, io certo potrei dirtelo, però a me e al Signore è più caro e più gradito che o questa cosa tu la trovi in te oppure che tu ti rivolga a quel Sapiente per aver da Lui una direttiva riguardo al vero ordine che si dovrebbe dare al corteo!

3. E così tu ne avrai maggiore vantaggio, perché quello che cerchi lo troverai del tutto sul tuo proprio terreno, oppure almeno lo avrai ricevuto dai tuoi sapienti che ti sono più vicini di quanto lo sono io, specialmente poi da quel Sapiente che ti è incomparabilmente più vicino di me!»

4. Ma Lamec osservò ad Enoch: «Fratello Enoch, eppure, la verità resta sempre verità, e non farà certo differenza se essa proviene dall’una o dall’altra bocca! Se tu dunque puoi darmi lo stesso consiglio che mi può dare quell’uomo saggio, allora io davvero non posso comprendere il perché la stessa verità uscita dalla bocca di quel sapiente debba essere migliore che non se uscita dalla tua!»

5. Ed Enoch gli obiettò: «L’uomo non vede mai tutto al primo sguardo; perciò non devi meravigliarti se più di una cosa non la distingui ancora. Va’ perciò e segui il mio consiglio, e al momento giusto acquisterai anche tu quella perspicacia che ti farà riconoscere il perché si possa comprendere con maggiore facilità un oratore che ci sta vicino, che un altro che parla ad una certa distanza!»

6. E Lamec ribatté nuovamente ad Enoch e disse: «Dilettissimo fratello, le tue parole suonano certo un po’ misteriose e mi fanno intuire qualcosa di grandioso sullo sfondo profondo; ma nonostante ciò io mi attengo al mio principio, e cioè che la verità rimane sempre invariabilmente verità, sia che essa esca dall’una oppure dall’altra bocca!

7. Se per esempio tu, o io, o Naeme, o quell’uomo sapiente o addirittura il serpente non possiamo fare a meno di sostenere che Dio è il Signore del Cielo e della Terra, non è sempre l’una e l’eterna verità, qualunque sia la bocca che la proferisce?»

8. Ed Enoch rispose a Lamec: “Fratello, io ti dico di non lasciarti andare a simili tortuosi e complicati ragionamenti, dai quali ci si può ripromettere ben pochi frutti!

9. L’obbedienza che si pone nelle cose giuste è migliore di tutti i sottili e tortuosi ragionamenti; perciò tu farai meglio ad agire subito come ti ho consigliato, che non a voler cominciare a sofisticare, per quanto sottilmente tu lo faccia!

10. Inoltre, se tu proprio volessi sofisticare in modo sapiente dinanzi a me, io ti avverto in anticipo che non potresti competere con me!

11. Infatti, finché tu non sai il perché la pietra sia pesante e dura e da dove vengano i venti e quale sia la loro patria, e non conosci da dove il mare ottenga il suo alimento e la Terra il suo cibo, e neppure conosci le vie per esplorare le sorgenti nella Terra e non ti è noto dove tragga origine il fuoco, e non comprendi il linguaggio degli animali e delle piante nonché molte altre cose ancora che ti sono più sconosciute del fondo del grande mare, ebbene, finché non sai ciò, allora lascia da parte tutte le sofisticherie, poiché non ne caverai proprio niente, essendo tutte queste cose di spettanza del Signore, ed Egli può darle a chi vuole!

12. Perciò dà retta a me e fa’ come ti ho consigliato, poiché solo per la via dell’obbedienza, che è un vero frutto dell’umiltà, tu puoi giungere in te alla vera, interiore sapienza di Dio!

13. Invece, quando ti giustifichi dinanzi agli uomini, allora tu cerchi la loro lode. Io però ti dico che ciò è vano e inutile, come vana e inutile è pure la loro lode.

14. Se tu infatti, vuoi essere gradito a Dio, devi umiliarti dinanzi a Lui quanto ti è possibile, e con ciò Gli renderai la massima lode ed Egli ti amerà in tutta la Sua pienezza divina!

15. Vedi, questa è la vera sapienza: amare Dio sopra ogni cosa! Va’ dunque e fa’ secondo le mie parole! Amen!»

16. Allora Lamec riconobbe la potenza di Enoch, e con il cuore tutto compunto seguì il suo consiglio. Si avvicinò di nuovo al Sapiente e Lo interpellò riguardo all’ordine del corteo che doveva procedere verso il monte.

17. Quell’Uomo gli rispose: «Ascolta, fratello, l’ordine migliore al cospetto di Dio è l’ordine del cuore! In quest’ordine anche tu devi procedere fino al monte con tutti noi!

18. Ma qualsiasi altro ordine è soltanto un ordine gerarchico esteriore che è un orrore dinanzi a Dio. Tu guarda in quale ordine Dio fa crescere le erbe e i fiori sui prati, e da ciò potrai rilevare con chiarezza quale ordine Gli riesca più gradito!

19. Non fare dunque alcuna distinzione nel corteo, e il Signore allora sarà con te! Questo è il Mio consiglio; ma se tu ne hai uno migliore, allora segui quello!»

20. Allora Lamec non obiettò più nulla, ma fece immediatamente annunciare la libera partenza per il monte; e tutti si alzarono e si avviarono frammischiati verso il monte.

 

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Cap. 52

La ressa del popolo sul monte e l’imbarazzo di Lamec per l’imminente tramonto del Sole

Il consiglio del Sapiente sulla vera consacrazione del tempio

2 giugno 1843

1. Quando tutti a questo modo, in piena libertà e senza alcuna costrizione, ebbero raggiunto la sommità del monte, che terminava in una spianata capace di contenere qualche migliaio di persone, si accorsero che una grande quantità di popolo, spinta più che altro dalla curiosità e dalla brama di spettacolo, vi era arrivata molto tempo prima di Lamec e del suo seguito. Per questo, Lamec trovò intorno al grande e magnifico tempio una calca tale che non era possibile avvicinarsi.

2. Questo fatto lo mise in grave imbarazzo, perché il Sole si avvicinava già molto al tramonto, ed era stata posta la condizione che il tempio dovesse essere consacrato alla luce del Sole.

3. Perciò egli (Lamec) si rivolse subito ad Enoch e gli domandò: «Fratello Enoch, tu sapientissimo ed unico sommo sacerdote del Signore, cosa si potrà fare adesso? Il Sole va rapidamente declinando verso il completo tramonto, e qui non è possibile arrivare fino al tempio! Ma come si potrà procedere alla consacrazione se questa deve essere compiuta prima ancora che il Sole sia del tutto tramontato?»

4. Ma Enoch rispose a Lamec: «Fratello, io penso che l’impedimento che ci sta dinanzi e che ci sbarra la via al tempio, abbia maggior valore del tempio stesso, perché, come vedi, qui ci sono mille templi viventi dell’amore e della misericordia di Dio, mentre là non ce n’è che uno fatto di pietre morte!

5. Che ne diresti se noi consacrassimo questi templi per la vita proveniente da Dio, dato che essi sono dei veri templi, e se facendo questo ragionassimo così: “Il tempio morto in questo modo – cioè per mezzo di questi nostri numerosi fratelli e sorelle – sarà consacrato nella maniera più efficace e sicuramente anche più gradita al cospetto di Dio!”. Cosa ne pensi tu a tale riguardo?»

6. E Lamec rimase un po’ sorpreso e rispose ad Enoch: «Eh sì, fratello carissimo, tu hai certamente ragione, e comprendo la tua grande sapienza a questo riguardo! Ma ora guarda dove si trova il Sole! Se la sua presenza è condizione di questa consacrazione, in qualsiasi modo questa vada intesa, noi non potremo sicuramente compierla oggi e dovremo rimandare questo atto solenne a domani! Non dovrà dunque avvenire così?»

7. Ma Enoch osservò a Lamec: «Fratello, vedi, proprio dietro alle tue spalle si trova il Sapiente! Domanda ancora una volta consiglio a Lui ed io stesso obbedirò alla Sua decisione!»

8. E Lamec fece immediatamente secondo il consiglio di Enoch.

9. Però il Sapiente parlò così a Lamec: «Caro amico e fratello! La consacrazione come Enoch te l’ha consigliata, è l’unica consacrazione giusta del tempio al cospetto di Dio. Per quanto riguarda poi il Sole, che ormai ha già iniziato il tramonto e che dispensa la sua luce soltanto alla materia morta, ebbene, la sua presenza rispetto alla consacrazione del tempio non ha proprio alcuna importanza.

10. Infatti esiste ancora un altro Sole molto più efficace di questo naturale – a cui Io ed Enoch intendevamo riferirci – e questo Sole sta ora proprio al tuo Zenit ed è ancora molto lontano dal tramonto completo.

11. Se però questo Sole brilla in modo vivo nel cielo di mezzogiorno del tuo spirito, come esso vi ha già brillato fin dall’eternità, allora tu puoi sempre consacrare, secondo il consiglio di Enoch, il tempio in modo perfettamente gradito a Dio e a tutto il popolo mediante appunto il popolo stesso, anche se, conformemente al conteggio esteriore del tempo, fosse mezzanotte.

12. Infatti vedi, Dio non conta i giorni, né gli anni del mondo – poiché mille anni sono per Lui come un giorno solo – ma Egli conta i pensieri del tuo cuore, e davanti a Lui un solo buon pensiero d’amore ha maggior valore di mille volte mille anni e giorni del mondo!

13. Dunque, non badare al tempio esteriore, che è immutabilmente giudicato per le giuste necessità dei viventi sulla Terra, bensì bada al cuore vivente dell’uomo che è un vero tempio della vita proveniente da Dio.

14. Fa’ che il tuo Sole risplenda anche dinanzi ai cuori dei tuoi fratelli e delle tue sorelle, e così perfino nella notte più tenebrosa della Terra tu procederai ed opererai sempre nella più chiara luce del giorno in maniera gradita a Dio!

15. Vedi, il Sole, che è ormai già tramontato, è anch’esso un mondo assai grande, e coloro che vi dimorano godono di un giorno eterno; se tu però procedi nella luce del tuo Sole dello spirito, allora tu similmente non percepirai mai più la notte in te, bensì procederai sul sentiero del giorno eterno della tua vita proveniente da Dio!

16. Così dunque consacra questo tempio nei cuori di questo popolo, e la tua consacrazione sarà giusta davanti a Dio!

17. Benedicili come fratelli e sorelle, e Dio stesso in tua presenza benedirà il tempio costruito dalle mani degli uomini! Vedi, così stanno le cose; e dunque così anche opera ora! Amen!»

 

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Cap. 53

La consacrazione del tempio tramite il fervente amore del re Lamec per i propri fratelli e sorelle

Una nuvola a forma di cuore splendente al di sopra del tempio

9 giugno 1843

1. E Lamec, completamente annichilito dall’immensa sapienza di quell’Uomo, lodò e glorificò Dio per aver conferito all’uomo una tale immensa sapienza. Ma dopo questo sfogo del suo cuore, Lamec si rivolse subito nuovamente a quell’Uomo sapiente e gli domandò:

2. «Sapientissimo amico e fratello secondo Dio e secondo il Suo sommo sacerdote Enoch! Tu hai detto che io dovrei consacrare il tempio nei cuori del popolo e che allora la mia consacrazione sarebbe giusta al cospetto di Dio, anzi, che io stesso dovrei consacrare e benedire tutti coloro che sono presenti qui come fratelli e sorelle, e allora Dio stesso consacrerebbe e benedirebbe in mia presenza il tempio edificato dalle mani degli uomini; dunque, come già Enoch mi accennò ugualmente prima con un cenno possente quando disse: “Che ne diresti se noi consacrassimo questo tempio nei cuori del popolo per l’eterna, spirituale vita proveniente da Dio, dato che essi sono dei veri templi viventi, e se così facendo noi ragionassimo: ‘Il tempio morto verrà in questo modo certamente consacrato nella maniera più efficace e gradita davanti a Dio, se noi qui benediciamo i numerosi fratelli e sorelle e se li consacriamo per la vita proveniente da Dio!’”. E poi tu mi hai anche assicurato che io non debbo fare attenzione al Sole già tramontato, bensì unicamente al vivo Sole dello spirito che è l’amore per Dio nei nostri cuori; – ora, se è così, io vedo chiaramente che tu ed Enoch avete parlato perfettamente nella Pienezza di ogni Verità proveniente da Dio!

3. Perciò: come e in quale modo deve dunque avvenire questo? Vedi, questa è tutta un’altra domanda! Come devo cominciare? Che cosa devo fare affinché, per mezzo mio, i cuori del popolo possano essere consacrati in maniera gradita a Dio, il Signore?»

4. E allora l’Uomo sapiente così rispose a Lamec: «Ascolta, Mio caro amico e fratello! Che cosa ti suggerisce il cuore, se tu guardi tutta questa moltitudine vivente di fratelli e sorelle che tengono i loro sguardi rivolti verso di noi con un’espressione ebbra di amore e di gioia?»

5. E Lamec esclamò: «Sì, sì, ora in me va facendosi una forte luce, poiché il mio cuore divampa di tanto potente amore per loro, che io vorrei abbracciarli tutti e stringerli al mio petto per tutte le eternità delle eternità, e vorrei fare a tutti del bene ed innalzare ciascuno a un onore tanto alto, che a nessun mortale dovrebbe essere mai possibile concepire tutta la grandezza del beneficio!

6. Davvero, se io sapessi che dalla mia morte potesse sorgere per loro la vita beata ed eterna, allora io vorrei certo morire per amore di tutti coloro che sono qui presenti ed anche per coloro che non ci sono!

7. O amico, questo mio potente amore non è già un principio della consacrazione, degna davanti a Dio, dei cuori di questo popolo? Ma che cos’altro sarebbe da fare di gradito a Dio, il Signore?»

8. E allora l’Uomo sapiente disse a Lamec: «Guarda là nel tempio, e poi dimMi che cosa vedi!»

9. Immediatamente Lamec volse lo sguardo verso il tempio e rimase strabiliato, poiché egli, come pure tutto il popolo, vide il tempio avvolto in una nuvola bianca e, al di sopra della nuvola e del tempio, vide un cuore che splendeva più del Sole di pieno mezzogiorno.

10. Quello spettacolo tolse del tutto la parola al nostro Lamec, tanto che non fu in grado di far salire neppure una sillaba sulle sue labbra.

11. E allora l’Uomo sapiente gli disse: «Io penso che, mediante il tuo vivente amore per Dio e per tutti questi tuoi fratelli e sorelle, tu hai già benedetto i loro cuori in maniera perfettamente degna al cospetto di Dio, e li hai pure consacrati, dato che il Signore, il tuo Dio, ha acceso il tempio morto con la Sua grazia e la Sua misericordia!

12. Sì, fratello, tu così hai compiuto l’opera della consacrazione del tempio nel modo più perfetto e gradito a Dio, e così anche il Signore ha benedetto pure te e il tempio!

13. Per amore tu hai fatto trasformare tutte le armi in utensili di lavoro, e per questo ti è stato promesso che, nell’occasione di questa consacrazione del tempio, avresti appreso il Compiacimento del Signore.

14. Vedi, lo spazio davanti al tempio è ora libero; vieni dunque con Me e con Enoch, in modo che tu apprenda quello che ti è stato promesso! Amen!»

 

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Cap. 54

L’umile confessione del re Lamec e il suo timore di entrare nel tempio

L’Uomo sapiente lo consola convincendolo ad entrare

10 giugno 1843

1. Dopo queste parole dell’Uomo sapiente, Lamec senza dire nulla, come ebbro di gioia, si diresse in compagnia di Enoch e dell’Uomo sapiente verso il tempio, che era ancora ininterrottamente avvolto dalla nuvola bianca.

2. Ma giuntovi vicino, Lamec, che nel frattempo si era un po’ ripreso, non ebbe il coraggio di entrare nel tempio, quantunque fosse aperto da tutte le parti, e perciò disse ai suoi due amici:

3. «Ascoltate, cari amici e fratelli, io sto ridestandomi da un sogno sublime, e ora, con i miei occhi completamente aperti, contemplo ancora quello che prima credetti di vedere soltanto nella magnificenza del mio sogno!

4. E voi mi dite di entrare adesso nel tempio con voi. Ma io invece vi dico che una cosa simile non mi è affatto possibile, perché troppo santo è ora questo luogo dove è edificato il tempio, ed io, che sono assolutamente non santo, sento di non doverlo profanare posandovi sopra il mio piede.

5. Certamente il vostro consiglio e la vostra richiesta possono essere sommamente buoni in sé e per sé – poiché nella vostra profonda sapienza voi potete sicuramente sapere ciò che può essere la cosa migliore – ma ora anch’io, per la misericordia infinita del Signore, ho un cuore umile e devoto, e questo cuore così mi parla: “Tu non sei ancora degno di entrare nel luogo dove si manifesta con particolare potenza la Gloria del Signore, il Quale è il Dio unico, onnipotente e santo, santo, santo nelle eternità!”. E per conseguenza io devo pure seguire il buon consiglio del mio cuore!

6. Voi certamente siete degni di entrare nel santuario di Dio e potete fare sempre secondo la segreta chiamata che percepite in voi, poiché Dio vi ha chiamati sull’altura, e mai un peccato ha profanato il vostro cuore dinanzi a Dio, essendo voi dinanzi agli occhi del Signore certamente sempre proceduti con animo devotissimo; ma non così stanno le cose con me!

7. Io fui sempre un grandissimo e il più sacrilego peccatore davanti a Dio, e quindi non sono ancora sufficientemente purificato per accedere in un luogo così santo con una coscienza migliore.

8. Dunque, non cercate di persuadermi più oltre, così che alla fine, costrettovi tramite la grande potenza delle vostra sapienza celeste, io non debba tuttavia vedermi indotto a mettere piede nel tempio consacrato da Dio con troppa potenza!»

9. Ma allora l’Uomo sapiente prese Lamec per mano e gli disse: “Ascolta, uomo colmo di umiltà nel tuo cuore! Non sono i cuori dei fratelli e delle sorelle, più di questo tempio? Eppure, poco fa tu sei penetrato con noi in moltissimi cuori! Ma come mai allora ti è causa di tanto timore l’idea di penetrare in questo tempio sul quale è sceso solamente un alito di Dio, mentre Egli ha vivificato i cuori dei fratelli e delle sorelle con il Suo amore, grazia e misericordia eternamente santi?

10. Ma che cos’è di più: l’alito uscito dalla Volontà del Signore, oppure la Sua sostanziale e vivente Parola versata dal Suo Cuore nei cuori dei fratelli e delle sorelle?

11. Vedi, i mondi, i soli e tutte le cose hanno origine dall’alito della Volontà del Signore, ma non così avviene dello spirito dell’uomo nel suo cuore! Infatti questo spirito è una parte sostanziale del vero ed eterno Spirito di Dio che dimora nel Cuore di Dio e che proviene da esso.

12. Ora giudica tu stesso se è saggio tralasciare – per quanto a causa di una grande e vera umiltà – quello che è di gran lunga minore, quando prima non si è esitato a fare la cosa di gran lunga maggiore!

13. Oltre a questo, tu non hai provato timore nel darMi la tua mano quando Io ti ho dato la Mia, eppure Io sono, e tu puoi crederlo, più di questo tempio assieme alla bianca nuvola e al cuore raggiante in tutta potenza al di sopra del tempio e della nuvola bianca che tuttora tiene fittamente avvolto il tempio!

14. Ma se le cose stanno realmente così, allora tu puoi già, con la coscienza migliore del mondo, entrare con noi nel tempio per apprendere lì quello che ti è stato promesso!»

15. A questo punto Lamec riacquistò coraggio e andò con i due nel tempio del tutto lieto nel cuore, essendo svanito in lui ogni timore. Invece l’Uomo sapiente rimase per lui ancora sconosciuto.

 

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Cap. 55

Il significato simbolico delle apparizioni sul tempio

Il compiacimento di Dio nella povertà

12 giugno 1843

1. A queste parole dell’Uomo sapiente tutti e tre entrarono nel tempio, e si recarono precisamente nel mezzo della costruzione, dove sorgeva un altare dei sacrifici.

2. E giunti all’altare, l’Uomo sapiente disse a Lamec: «Ebbene, caro, buon amico e fratello, ora fa attenzione a quello che ti dirà il Signore! Vedi, Egli parla già; perciò aguzza bene il tuo orecchio!»

3. Allora Lamec si mise in ascolto; ma all’infuori delle parole dell’Uomo sapiente non gli fu possibile sentire nulla. E perciò, dopo aver atteso un breve tempo, egli si rivolse all’Uomo sapiente e Gli disse:

4. «Ascolta, caro fratello, buono e quanto mai saggio! Io posso forzare il mio udito quanto voglio, ma non mi è dato di sentire altro che le tue parole, certo sapientissime!

5. Dimmi dunque: devo attendermi la Parola del Signore fuori dalla tua bocca, o fuori da quella del sapientissimo Enoch, oppure se realmente mi si riterrà degno di sentire la voce di Dio in questo santuario?»

6. E l’Uomo sapiente rispose a Lamec: «Io ti dico che il tempio è ancora avvolto in questa chiara nuvola perché tu non riconosci chi è Colui che parla con te!

7. Non vedesti tu in alto un cuore raggiante che era libero da qualsiasi nuvola? Vedi, quel cuore non rappresentava il Cuore del tuo Dio, bensì il tuo proprio cuore!

8. Ma perché ciò? Ebbene, perché tu cerchi Dio ancora nell’alto e con ciò poni il tuo amore e il tuo riconoscimento di Dio fuori e al di sopra del tuo proprio tempio, e per questo fatto anche il tuo tempio è avvolto nella nuvola in modo che in tale annuvolamento tu non riesci a riconoscere Chi è che parla con te!

9. Tu però non hai eretto un altare dei sacrifici al di sopra del tempio, bensì solo nell’interno dello stesso; ma dimMi allora, com’è che Dio tu Lo cerchi al di sopra del tempio, con un cuore certo ardentissimo d’amore e tale che supera in fervore il fuoco del Sole, mentre Gli hai tuttavia edificato l’altare nel tempio stesso!»

10. Questa domanda sorprese enormemente Lamec, e perciò egli disse subito all’Uomo sapiente:

11. «Ascolta, sapientissimo fratello e più che magnifico amico: presso Dio, il Signore del Cielo e della Terra, queste tue parole suonano un po’ troppo sapienti per l’uomo, per quanto sapiente egli possa essere!

12. Io ti prego dunque di dirmi del tutto seriamente: “Chi sei tu e da dove sei venuto, tu che puoi parlare come se avessi la lingua di Dio nella tua bocca, e le cui singole parole penetrano nel mio cuore come un raggio della luce più intensa e ardente?”

13. In verità, tu non puoi essere nato da una donna, bensì tu devi o essere proceduto direttamente dalla mano di Dio uguale ad uno spirito incarnato, oppure, sei un supremo angelo di luce di Dio, nel cui cuore dimora un’infinita pienezza della Sapienza divina?

14. Dunque, dimmi come devo considerarti, affinché possa riconoscerti».

15. E l’Uomo sapiente rispose allo sbalordito Lamec: “Io ti dico di fare in modo che il tuo cuore, che ama e cerca Dio nell’alto, scenda su questo basso altare, e tu allora vedrai subito con grande chiarezza quello che vorresti riconoscere!

16. Ritieni tu dunque che Dio abbia un compiacimento nell’alto? Io ti dico: “Mai in nessun caso, perché Lui rivolge il Suo Cuore a ciò che è basso e a ciò che è piccolo!

17. Dio non vuole essere un Dio alto, né un Dio grande, né un Dio ricco davanti ai Suoi figli, bensì Lui vuole essere per i Suoi figli un Dio in tutta bassezza, in tutta piccolezza e in tutta povertà. Infatti Egli ha donato tutto ai Suoi figli; tutto ciò che Egli ha, anch’essi devono averlo.

18. Ma se questa è di certo un’eterna verità, come puoi dunque cercare ancora Dio oltre le stelle, quel Dio al Quale piacque erigerSi una dimora perfino nel piccolo cuore dell’uomo?

19. Chiedi a te stesso com’è venuto di recente a te il Signore. Vedi, Egli è venuto a te come un mendicante! E quella volta tu Lo riconoscesti dalla Sua Sapienza!

20. Ma com’è dunque che ora una nuvola abbagliante può velare la tua vista così a lungo?

21. Vedi, la povertà è la vera Sapienza! Chi vuole divenire simile a Dio per poterLo vedere, costui deve essere egli stesso povero; e solo nella sua massima povertà egli riconoscerà che Dio, quale povero Egli stesso, trova esclusivamente nella povertà il Suo massimo compiacimento, perché proprio solo nella povertà della vita agisce la massima libertà.

22. Fa’ dunque anche tu scendere il tuo cuore dall’altezza dove l’hai posto, e ben presto riconoscerai ciò che ancora non riconosci, cioè la lode pronunciata da Dio sull’umiliazione di te stesso!»

23. A queste parole cominciò a farsi in Lamec una luce immensa, ed egli cominciò a presagire subito grandi cose.

24. Egli voleva già prostrarsi ai piedi dell’Uomo sapiente, ma Egli lo trattenne e gli disse: «Metti prima in ordine il tuo cuore, e solo dopo fa secondo il tuo riconoscimento puro e senza nuvole! Amen!»

 

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Cap. 56

L’errata comprensione di Lamec riguardo al cuore subliminale sul tempio

Come e dove cercare Dio

13 giugno 1843

1. Dopo queste parole dell’Uomo sapiente, Lamec cominciò a pensare intensamente su come avrebbe dovuto fare per ottenere che il cuore scendesse dall’alto, giù sul basso altare.

2. Infatti egli non aveva ancora compreso le parole del Sapiente e cominciò sul serio a pensare tra sé se non avrebbe dovuto salire infine sul tetto per poter giungere da lì fino al cuore, eventualmente con il braccio; o nel caso in cui il braccio fosse stato troppo corto, se avesse dovuto usare un uncino fissato ad una pertica sufficientemente lunga, per poi tirare giù il cuore come si fa con una mela che si vuole cogliere da un albero.

3. Il Sapiente però notò molto bene tali pensieri in Lamec, e allora gli disse: «Ma ascolta, o Lamec, che sei rimasto così del tutto spossato dalla Mia sapienza ed hai posto nella Mia bocca addirittura la lingua di Dio, e questo proprio non con ingiustizia, dimMi adesso come è potuto accadere che tu abbia potuto comprendere la sapienza delle Mie parole così tanto malamente!

4. Infatti, lo spirituale avrebbe davvero potuto ben difficilmente essere interpretato in modo così stolto e materiale!

5. Ma pensi sul serio che il cuore raggiante al di sopra del tempio sia forse il tuo cuore di carne?

6. Oh, vedi, il cuore di carne che è nel tuo corpo noi non lo possiamo adoperare affatto qui sull’altare, ed esso ti è assolutamente necessario per la vita naturale, mentre invece, solamente il cuore del tuo spirito che è l’amore per Dio in te, noi lo possiamo usare qui sull’altare!

7. Questo cuore non lo si può tirare giù né con le mani di carne, né con una pertica munita di uncino, bensì unicamente e soltanto con la propria forza d’amore che è in esso.

8. Del resto, il cuore raggiante al di sopra del tempio non è altro che un’apparenza che può essere scorta soltanto dalla vista dello spirito, e non significa altro se non che tu ami un Dio infinitamente lontano e che Lo cerchi al di là delle stelle, mentre invece non puoi riconoscere e amare il Dio che ti è sempre vicino!

9. Il tuo cuore irradia certo il puro e ferventissimo amore per Dio, ma da un tale amore tu non puoi trarre che poco o assolutamente nessun’altra utilità vivente se non che tu tutt’al più vedi, nella solita notte, un po’ meglio che non nella tenebra completa grazie alla luce stentata di questo tuo amore. Pertanto, questo è anche assolutamente tutto il tuo guadagno.

10. Invece la cosa principale è di certo soltanto la vita, la quale deve durare in eterno, ma non la sola luce della vita temporale, la cui luce cessa con la sua vita.

11. Ne consegue che il cuore dello spirito, ovvero il tuo amore per Dio, deve esserti più vicino di ogni altra cosa, vale a dire che esso deve essere in te. Tu in te devi cercare, riconoscere e poi amare Dio sopra ogni cosa, così tu avrai la vita eterna, perché, vedi, solo Dio è la Vita, e Lui ha la Vita e dà proprio tale Vita!

12. Ma se questa è certamente una Verità eterna, dimMi allora: a che cosa ti può giovare un Dio infinitamente lontano, ovvero una vita infinitamente lontana?

13. La Vita eterna, che è l’eterno amore di Dio, tu devi senz’altro averla in te se vuoi vivere, ma non al di là di tutte le stelle!

14. E a questo proposito è bene notare ancora che il Dio infinito non ti può giovare a nulla, dato che tu, quale essere finito, non potrai mai in eterno afferrare assolutamente il vero e proprio Essere infinito, che è Dio.

15. Ed è per questo che Dio, del cuore umano, ha fatto una dimora per Sé, in modo che nessuno possa vivere all’infuori o senza Dio.

16. Vedi, il Sole dell’Universo è situato così lontano, che un uomo della Terra non potrà mai raggiungerlo in eterno, ed è così grande che questa Terra, che ti serve da dimora, potrebbe a mala pena essere considerata come una palla, grande quanto un pugno, che potrebbe servire da giocattolo ai fanciulli di tale Sole!

17. Ma adesso dimMi: “A che ti gioverebbe questo Sole immenso, anche se tu potessi raggiungerlo con la tua mano, se il tuo occhio e il tuo corpo non fossero creati e costituiti così da poter accogliere completamente in te l’intero Sole in misura estremamente ridotta?”. Ecco, in questo caso non otterresti né calore, né luce dal Sole!

18. Dato però che da parte di Dio il tuo occhio è costituito così da poter vedere l’intero Sole e da poter accogliere integralmente in te la sua viva immagine, allora tu puoi anche mettere del tutto a profitto il suo calore e la sua luce; però, non sarà il Sole immenso e lontano quello che ti riscalderù, bensì solo quello che tu porti in te!

19. Ma tanto più è il caso di Dio che tu non potrai mai afferrare nella Sua infinità! Sì, in questa forma è come se Egli non esistesse per te.

20. Tuttavia, questo Dio infinito ha posto nel tuo cuore spirituale la Sua completa immagine; questa è la tua vita ed è in te.

21. Il tuo possente amore per Dio è questa vivificante immagine di Dio in te; perciò rimani in te e non alzare questo santuario fuori da te, bensì consolidalo in te, e così tu avrai Dio sempre operante nella tua vicinanza certamente massima e non vi sarà più per te necessità di domandare: “Dietro a quale stella dimora Dio?”, bensì riconoscerai in te la tua propria santa stella dietro la quale il tuo Dio dimora e – certo ancora inconsciamente per te – ti porta continuamente la vita.

22. Desta dunque il tuo amore in te per un Dio a te vicino, e allora il tuo cuore si troverà sull’altare senza bisogno di pertiche, e riconoscerai il Dio vicino e la lode della giusta umiltà! Amen!»

 

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Cap. 57

La stoltezza di Lamec, ma poi riconosce il Signore nell’Uomo sapiente

Sull’essenza dello Spirito di Dio nell’uomo

I figli non devono prostrarsi dinanzi al Signore

14 giugno 1843

1. Solo allora Lamec comprese pienamente le parole del Sapiente, si batté il petto e disse tra sé:

2. ‘O Dio, com’è spaventosamente stolto l’uomo nella sua peculiarità! E quale immensa pazienza è necessaria alla suprema e divina Sapienza, finché da un uomo come io sono uno, ne esca fuori qualcosa, e finché egli possa cominciare a comprendere solo un po’ l’Ordine divino, maestosissimo e santissimo.

3. Ma che cosa può fare di per sé l’uomo creato? Ebbene: nulla di meglio che vivere secondo il riconosciuto Ordine divino! Chi vive secondo quest’Ordine nel modo in cui lo riconosce, costui di certo non sbaglia!

4. Ma Tu, o Dio, sai meglio di tutti quanto l’uomo può portare; perciò lasci certamente che egli penetri solo per gradi e poi sempre più profondamente nella Tua infinita Sapienza, cosicché diventi sempre più simile a Te nel suo operare!

5. E così io voglio anche amarTi, lodarTi e glorificarTi per tutta la mia vita!’

6. E mentre Lamec, immerso in tale soliloquio, faceva simili considerazioni più tra sé che non per mezzo della sua bocca, ecco che all’improvviso la nuvola che avvolgeva il tempio scomparve, e il tempio rimase del tutto purificato e libero, e il cuore raggiante si abbassò immediatamente fino all’altare.

7. E tutto il popolo, avendo visto ciò, per grande reverenza si gettò con la faccia a terra ed esclamò: «O Dio grande e santamente onnipotente, sii indulgente e misericordioso con noi peccatori!»

8. E Lamec, tutto compunto in seguito a questa nuova straordinaria apparizione – quantunque essa in un certo qual modo fosse stata condizionatamente predeterminata dall’Uomo sapiente – ora si prostrò, come egli già voleva fare prima, dopo le parole dell’Uomo sapiente, e Gli disse:

9. «Secondo la Tua Dottrina lo Spirito di Dio è in me, cosa questa che io anche percepisco ora in maniera quanto mai viva; in Te però, tale Spirito dimora in modo certo incomparabilmente più forte e potente che non in me! Perciò anch’io mi prostro dinanzi a Te e lodo e glorifico l’Amore e la Sapienza divini in Te, come lodo e glorifico l’amore in me in quanto riconosco che esso è in me per il mio benessere e per quello del mio popolo!

10. Siano perciò resi a Dio, nostro Signore, Creatore e santissimo Padre, ogni onore e ogni gloria, e vada a Lui tutto il mio amore, poiché Egli si è degnato di abbassarsi tanto profondamente fino a noi e di fare, dinanzi ai nostri occhi, segni così grandi in modo che noi potessimo riconoscerLo e vivere secondo il Suo Ordine santo e divino, rivelato a tutti noi liberamente per ottenere la vita eterna!»

11. A questo punto l’Uomo sapiente si chinò a terra e rialzò Lamec. E quando lo ebbe alzato, gli disse: «Lamec, Io ti dico: “Sollevati nel tuo animo, e riconosci Chi è Colui che ora ti ha detto: ‘Sollevati nel tuo animo!’”.

12. Infatti gli uomini non devono mai inginocchiarsi né giacere dinanzi ad altri uomini con la faccia a terra, gli angeli non devono inchinarsi l’uno dinanzi all’altro, e gli dèi però sanno che essi sono una cosa sola con l’Uno!

13. Oppure guarda, quando è giorno, negli occhi dei tuoi fratelli, e in ciascun occhio d’uomo tu scorgerai l’unico e stesso Sole! E poiché ciascun uomo vede sicuramente un solo Sole, allora non ci sono parecchi Soli per i molti uomini e altri esseri, bensì in ciascun occhio d’uomo irradia ed agisce la luce di un unico Sole soltanto; dunque, un efflusso spirituale proveniente dall’unico grande portatore di luce!

14. Ma precisamente così anche nel cuore di ciascun uomo agisce soltanto l’uno Spirito di Dio; perciò lo Spirito di Dio agente nell’uomo non è forse un qualche secondo Dio, bensì soltanto uno spirito con l’infinito Spirito di Dio, così come tutti i soli, che irradiano per riflessione dagli occhi degli uomini, sono perfettamente uno con il Sole principale dal quale queste irradiazioni si dipartono.

15. Io però sono il Signore; questo tu ora l’hai riconosciuto e perciò ti sei anche prostrato dinanzi a Me sulla tua faccia.

16. Ma Io ti dico: “Se il Sole ardesse di per sé, allora esso si distruggerebbe; esso però spinge fuori il suo ardore e la sua luce sulle sue fredde Terre e le riscalda e le illumina, e poi è magnifico dimorare sul loro vasto suolo.

17. E così anch’Io trasmetto tutta la Mia dignità divina nei Miei figli, affinché essi possano dimorare un giorno presso di Me estremamente beati!

18. E così Io non voglio affatto che i figli debbano prostrarsi dinanzi a Me, ma voglio unicamente che Mi amino quale buon Padre con tutta la loro forza della vita.

19. Tuttavia Io non eviterò mai l’umile, ma sarò sempre presso lui e lo risolleverò se egli si prostrerà dinanzi a Me; e con ciò intendo ora rendere lode anche a te che sei umile.

20. Rimani perciò in questa tua umiltà e in questo tuo amore, e allora tu non avrai mai più bisogno di tirare giù dal tetto il tuo cuore! Amen!»

 

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Cap. 58

Il Signore non può farsi vedere senza preparazione, per evitare un giudizio

Vani tentativi di Lamec per risollevare il popolo prostrato a terra

L’afflizione di Lamec nella sua solitudine

16 giugno 1843

1. Quando però Lamec ebbe così pienamente riconosciuto il Signore nell’Uomo sapiente, egli avrebbe voluto proclamare ciò a voce altissima dinanzi a tutto il popolo, ed annunciargli la presenza santissima del Signore del Cielo e della Terra.

2. Ma il Signore gli disse: «Lamec, non fare quello che vorresti fare, bensì pensa in te: “Se ciò fosse ora buono ed opportuno, allora il Signore stesso non mancherebbe certo di farlo!”

3. Tale rivelazione costerebbe la vita al popolo già comunque molto eccitato, e questo non si potrebbe evitare, dato l’attuale ordine delle cose.

4. Perciò noi vogliamo riservarci un simile lavoro per ora inutile, per tempi più favorevoli; con il tempo, quando Mi allontanerò, allora Mi potrai certo annunciare al popolo riferendoti a questa Mia attuale presenza.

5. Per ora Io rimango tra di voi ancora per un breve tempo quale un Uomo sapiente, in modo che nessuno abbia in Me un micidiale giudizio nel suo libero animo.

6. Tuttavia, quello che tu ora puoi fare, consiste nell’andar fuori e dire al popolo di rialzarsi, in modo che non giaccia ancora più a lungo con la faccia a terra e, nella sua ancora forte cecità, non adori questo apparente cuore raggiante come se fosse una corrispondente rappresentazione per immagini del Dio altissimo e sapientissimo.

7. Spiegagli questa immagine secondo la verità che ti è stata rivelata, e il popolo ti comprenderà e, in stato di piena calma, renderà nel suo cuore una giusta lode a Me, Dio, il Signore!

8. Vedi, questo è un giusto incarico. Va e fa così, e poi rientra, e a lavoro compiuto sarà ben riposare. Amen!»

9. E allora Lamec uscì fuori per fare come il Signore gli aveva consigliato. Ma quando ebbe cominciato, secondo la sua maniera, a spiegare al popolo il motivo per cui si doveva alzare da terra, ecco che nessuno volle muoversi, e ciascuno rimase come se fosse piantato al suolo, e cioè come prima, quando da nessuna parte era ancora venuto un invito a rialzarsi.

10. E Lamec, di fronte a questo fenomeno, fu colto da timore e tra sé fece le seguenti considerazioni: ‘Che cosa devo fare adesso per non ritornare nel tempio al cospetto del Signore senza aver ottenuto nulla e per non essere troppo svergognato? Ebbene, voglio prendere sottobraccio ciascuno di loro e lo risolleverò dinanzi al Signore e poi gli dirò quello che devo dirgli!’

11. Così aveva pensato e così anche fece! Ma purtroppo senza alcun risultato, poiché quanti egli ne risollevava, altrettanti ricadevano subito, come immersi in un sonno profondo, nella posizione precedente, cioè prostrati sul terreno.

12. Questo secondo fenomeno accrebbe a dismisura l’imbarazzo di Lamec; e allora egli pensò: ‘Voglio ancora provare ciò con i miei [familiari]; questi di certo daranno ascolto alle mie parole, sempre che siano ancora in vita!’

13. E così fece; ma anche allora la sua fatica fu vana. A questo punto, dunque, non gli rimaneva altro che fare ritorno al Signore e ad Enoch nel tempio, senza aver concluso nulla. Ma quale non fu il suo stupore, quando, ritornando nel tempio, non vi trovò più, né Enoch né il Signore!

14. Questo fu veramente un po’ troppo per il nostro Lamec, e all’inizio non mancò molto che si abbandonasse alla disperazione. Ma dopo qualche tempo fece la seguente riflessione: ‘Tale sarà certamente la Volontà del Signore, e dunque, sia così come Egli vuole!

15. Non è colpa mia se sono ritornato a mani vuote, poiché quello che ho fatto, l’ho fatto meglio che mi era possibile. Certamente il Signore sa che io non posso operare miracoli.

16. Tuttavia voglio fare qualcosa, e così andrò almeno a cercare i due ancora là tra il popolo dormiente! Se io li trovo, loderò e glorificherò Dio d’ora innanzi per sempre, ma se non li trovo più, allora sacrificherò tutto al Signore e mi metterò anch’io a riposare in qualche modo!’

17. E detto questo, ritornò fuori in cerca dei due, ma anche questa volta invano, perché essi non si trovavano tra il popolo.

18. A questo punto Lamec si sentì sul serio oppresso dall’angoscia, ed anzi lo fu tanto, da scoppiare in lacrime. Poi, tutto afflitto, rientrò nel tempio, si sdraiò accanto all’altare e provò ad addormentarsi, ma non ci riuscì a causa della sua grande angoscia e tristezza.

19. E così trascorsero sette lunghe ore; ma nessuno accennava a volersi destare, e né Enoch, né il Signore comparvero da nessuna parte.

 

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Cap. 59

Le solitarie riflessioni di Lamec solo tra tutti i dormienti-morti fino al mattino

La sua vacillante fede in Dio

17 giugno 1843

1. Ma trascorsa la settima ora, Lamec si alzò di nuovo e con l’animo del tutto triste disse a se stesso:

2. ‘Eppure il Signore mi ha parlato così: “…e a lavoro compiuto sarà bene riposare!”

3. Io ho certamente agito secondo la Sua parola ed ho fatto come mi aveva consigliato, quantunque purtroppo senza risultati e non per colpa mia; ma che specie di riposo mi è stato concesso in seguito, durante le sette lunghe ore che io ho ben misurato, contandole sulla mia mano in base al corso delle stelle dal loro sorgere fin quasi al loro tramontare?

4. Davvero, già comincia ad albeggiare in modo alquanto accentuato, e non si muove ancora niente nell’accampamento intorno a questo tempio! Non spira un soffio d’aria, né il benché minimo rumore si fa sentire da qualche parte! Oh, com’è orribile vivere tra i morti che non sono ancora morti!

5. Che mi resta da fare in questa mia dolorosa situazione? Fermarmi qui finché il Sole sia completamente sorto, oppure ritornarmene da solo in città e raccontare ai servitori rimasti là quello che è accaduto qui?

6. Devo forse chiamare un botanico perché, nella sua scienza, mi dica se costoro dormono solamente, o se sono sul serio morti del tutto? Oppure devo piuttosto io stesso fare prima ancora un tentativo per ridestarli?

7. Ma se neanche questo tentativo dovesse riuscire, e se alla mia chiamata per quanto possente, nessuno cominciasse a dare segno di vita, allora non sarò colto da un’angoscia ancora più grande, tanto che forse non avrò più la forza necessaria per ritornare in città a dare le disposizioni necessarie affinché questi dormenti o morti abbiano un’adeguata sepoltura?

8. Adesso io so quello che farò: pregherò con tutto fervore e fiducia il Signore Dio-Zebaoth perché mi aiuti; anzi voglio pregare fino alla metà della giornata, e non mangerò e non berrò niente prima che il Signore o non mi abbia esaudito e consolato, oppure, che non Si sia deciso a far morire anche me, in aggiunta a questi miei fratelli e sorelle!

9. Ecco, diventa sempre più chiaro, al punto che riesco già a distinguere facilmente una per una tutte le case della città!

10. Oh, come sarebbe splendido il ridestarsi di questo nuovo giorno, se non dovessi contemplarlo tutto da solo e se questo popolo fosse desto come me ed offrisse al Signore un confortante cantico mattutino di lode in letizia e serenità!

11. Io invece, tutto solo in mezzo ai miei fratelli che non si destano, devo contemplare il nuovo ridestarsi della natura con il levare del giorno!

12. Oh, come sei doppiamente triste, radioso mattino, ora che io, il solo vivo e desto, devo contemplarti ed ammirarti nel tuo grandioso splendore! Preferirei non vivere, piuttosto che percepire in maniera così dolorosa che soltanto io, tra migliaia di persone, sono ancora costretto a vivere e a percepire!

13. Ma che cosa ho mai fatto, perché Enoch e il Signore mi abbiano così completamente abbandonato? Eppure, io non ho fatto altro che adempiere l’espressa Volontà del Signore!

14. Ed Egli, il Santo, l’Amorosissimo e il Misericordiosissimo, mi abbandona, impreparato, così all’improvviso!

15. Eppure Egli era qui, ed Enoch era pure qui; i miei sono ancora là, e anche quelli che Lui ha portato giù dall’altura, e dormono ugualmente di un sonno mortale!

16. Oppure, che essi non ci siano più? Ebbene, bisogna che io vada a vedere da vicino! Infatti tutto quello che si è svolto da ieri mattina sarebbe davvero un po’ troppo per un sogno!’

17. E detto questo, Lamec si recò sul posto dove aveva lasciato i suoi, e con suo grandissimo stupore non trovò più nessuno.

18. Allora egli si prese il capo tra le mani e gridò: «Per l’amor del Cielo, cosa mai è questo? Dunque, io sono sul serio la vittima pazza di un sogno ingannatore? Forse io sogno ancora? O sono desto? Che cos’è questo stato miserevole della mia vita?

19. Di certo io vorrei pregare e bramerei farlo, ma adesso ciò non mi è più possibile! Io sono ormai senza Dio, senza amici, senza fratelli, senza moglie e senza figli, e non mi è rimasto altro che questa misera vita per poter percepire questa tremenda punizione di Dio oppure la vendetta, ancora più tremenda, del serpente!

20. Che cosa devo fare ora? Pregare? Ma pregare chi? Colui che mi ha abbandonato, oppure Colui che non esiste? No, questo io non lo farò!

21. Io sono ancora Lamec! Appartiene ancora a me la grande città e il paese e il popolo!

22. Certamente io volevo essere di tutto cuore un vero servitore del Signore, e a questo scopo Gli ho sacrificato tutto, ma adesso Lui mi ha inferto questo duro colpo ingannandoMi!

23. Ma così io non voglio più neanche assolutamente vivere! Mi lascerò morire di fame qui nel tempio, e questo sarà l’ultimo sacrificio che offrirò all’enigmatico Dio!

24. E per conto mio sia detto “Amen!”, né alcuna sapienza sarà mai in grado di far cambiare questa mia decisione! E seppur ora il Signore stesso venisse qui, Egli non otterrà più nulla da me!

25. Ma tu, popolo morto, continua pure a dormire nella morte, e sii un pasto delle formiche e dei vermi, poiché tra poco lo sarò anch’io! È di certo infinitamente migliore “non essere”, che lasciarsi abbindolare da Dio!

26. Siano rese grazie a te, cuore mio, per questo suggerimento, perché ora io respiro di nuovo liberamente! Sì, migliore e più dolce è il sentimento della vendetta, che non una sciocca devozione di fronte a un Dio per il Quale è tanto facile ingannarmi senza alcun motivo!

27. E così dunque sia fatto! Io voglio morire e non esistere più su questo Tuo mondo, o Dio infedele! Amen da parte mia, irrevocabilmente! Amen!»

 

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Cap. 60

La terribile visione del re Lamec e il suo risveglio dal suo stato di sogno

 Le spiegazioni di Lamech dell’altura

19 giugno 1843

1. E dopo simili stolte fantasticherie, Lamec rientrò nel tempio, si sedette accanto all’altare appoggiandovisi con la schiena e con la faccia rivolta verso il sorgere (del Sole). Infatti ora l’altare non gli era più di alcuna soddisfazione, dato che il cuore raggiante era svanito in seguito all’irritazione, e quindi l’altare era rimasto spoglio.

2. E in questa posizione, Lamec intendeva persistere fino alla sua fine. Sennonché l’imminente sorgere di un Sole del tutto differente da quello che Lamec si attendeva, lo riportò in sé.

3. Ora il nuovo giorno si prospettava così: invece del Sole atteso, un serpente gigante, mostruoso, alzò la testa al disopra dell’orizzonte, e man mano che la testa si innalzava, essa trascinava dietro a sé un corpo di serpente altrettanto gigantesco. E tuttavia questo serpente aveva lo stesso forte splendore del Sole.

4. E quando questo animale mostruoso si trovò già discretamente alto sull’orizzonte, fu seguito da un’innumerevole quantità di serpenti più piccoli, i quali, come il grande, portavano tutti sulle loro teste delle corone irradianti che emanavano un forte splendore.

5. Ben presto l’intero cielo fu colmo di simili serpenti che si contorcevano in tutte le maniere e si muovevano intorno al serpente principale.

6. Questi movimenti andarono facendosi sempre più violenti, e ne risultò un vero combattimento. Il serpente grande cominciò a mordere i piccoli, e quelli che erano morsi, cadevano subito sulla terra; e là dove uno di questi cadeva, la terra si incendiava immediatamente in modo terribile.

7. Dal suolo della Terra, inoltre, sorgevano dei lamenti per una tale avversità, e le montagne, accese di furore, si curvarono nelle valli e sconvolsero i letti dei fiumi e spinsero fuori dalle caverne e dai crepacci, masse enormi di nuvole che andavano sempre più addensandosi su tutta la distesa del cielo ottenebrandola, e ben presto da quelle nuvole precipitarono con violenza del tutto inaudita dei fiumi d’acqua che inondarono tutti i paesi.

8. E l’acqua continuò a salire, sommerse in breve tempo tutta la città di Hanoch, e già le onde con tremendo fragore arrivarono a percuotere quasi la sommità del monte sul quale Lamec si trovava con il suo popolo che dormiva.

9. Ma quando il monte cominciò a vacillare minacciando l’imminente rovina il tempio e per di più un fulmine poderoso con fragore immenso si abbatté sulla terra facendo tremare tutto, allora anche Lamec, nonostante la sua decisione di farla finita, cominciò a sentirsi invaso da spavento.

10. Egli si alzò precipitosamente, portò subito le mani agli occhi, se li stropicciò e guardò meravigliato intorno a sé. Ed egli ben presto scorse dinanzi a sé il tempio, nel quale ora si trovava il Signore assieme ad Enoch, mentre il popolo, tutto lieto, era accampato intorno al tempio e lodava e glorificava la Magnificenza di Dio; egli stesso però si trovava sano e salvo in mezzo ai suoi.

11. E quando ebbe osservato così se stesso e constatato che tutto era nell’antico buon ordine, allora domandò subito a Tubalcain che se ne stava presso di lui:

12. (Lamec): «Figlio, figlio mio, dimmi dunque, per amore del Signore onnipotente: che cos’è accaduto di me? Dove ero io? E dove eravate voi e l’Uomo sapiente ed Enoch, che certamente sono ancora là nel tempio in attesa di me?»

13. E Tubalcain rispose a Lamec: «O padre Lamec, perché mi fai questa domanda? Sei dunque fuori di senno da non sapere, dopo l’incarico che hai avuto da quell’uomo sapiente, come tu venisti qui per annunciare a tutto il popolo, che si rialzasse da terra?

14. Ecco, tu allora abbracciasti la madre mia e di Naeme, e nella dolcezza di questo abbraccio ben presto ti addormentasti profondamente prima ancora di aver potuto dare esecuzione a ciò a cui ti aveva chiamato l’uomo sapiente, e continuasti a dormire per un certo tempo di cui io ora però non saprei precisare la durata.

15. Ecco, questo è tutto! Ma qualora tu non volessi credermi, qui ci sono ancora parecchi altri testimoni che necessariamente dovranno confermarti quanto ti ho detto, dato che le cose sono innegabilmente andate così»

16. Quando Lamec ebbe appreso ciò, con voce altissima proruppe nella seguente esclamazione: «Dio, Tu unico Santo, vada a Te in eterno ogni lode, ogni gloria, ogni ringraziamento e tutto il mio amore, dato che tutto ciò era soltanto un vano sogno!

17. Ma come è potuto avvenire che, pur avendo la Parola del Signore, io mi sia così presto addormentato e non abbia fatto secondo la Sua chiamata?»

18. E allora Lamech dall’altura che gli stava al fianco gli disse: «Vedi, fratello, questo è potuto avvenire perché già prima che tu adempiessi la Volontà del Signore, avevi accarezzato in te il pensiero di trascorrere tutta la notte su questo monte con le tue mogli!

19. E così il Signore concesse che tu venissi del tutto inconsciamente vicino alle due donne nel momento in cui tu, immerso nella tua fantasia notturna, credevi di destare il popolo, ma nessuno voleva volgersi alla tua chiamata, che tu non facesti, dato che tu uscisti dal tempio già in uno stato di sonnolenza per la gioia di stare con le tue mogli.

20. Dunque, è accaduto che la carne ti ha incantato al cospetto di Dio, e Dio permise che tu dovessi gustare poi i frutti dell’amore nella carne.

21. Ma ora lascia che io ti conduca nuovamente nel tempio, e il Signore ti rivelerà qualche altra stoltezza che ancora si nasconde in te; e così, dunque, seguimi! Amen!»

 

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Cap. 61

Rientro nel tempio e amorevole accoglienza del Signore

Spiegazione dell’accaduto a Lamec durante il sonno

Ancora sull’ordine familiare con un esempio

20 giugno 1843

1. A queste parole di Lamech dell’altura, Lamec della pianura seguì immediatamente nel tempio il suo omonimo.

2. E quando i due vi giunsero, il Signore, assieme ad Enoch, andò loro immediatamente incontro e li accolse con le braccia aperte.

3. Una tale grande gentilezza da parte del Signore, però, suscitò una meraviglia quanto mai grande in Lamec della pianura, in modo particolare poi in quella situazione piuttosto critica, o almeno ritenuta tale da lui, per cui egli avrebbe dovuto piuttosto attendersi dal Signore un rimprovero molto energico a causa del suo sonno (dovuto) alla carne.

4. Ma il Signore disse subito a Lamec, tuttavia ancora un po’ timoroso nella sua meraviglia: «Perché la Mia Bontà, il Mio Amore e la Mia grande Grazia ti stupiscono ora così tanto? Fosti tu mai, nel passato, forse, meno peccatore di adesso? Eppure, com’è allora che Io venni da te?

5. Ma se Io allora volli venirti incontro mentre eri il Mio grande nemico, e volli risollevare te che eri così profondamente caduto, perché dovrebbe suscitare tanta meraviglia, se ti vengo incontro fino alla soglia del tempio, ora che non hai peccato?

6. Infatti, quello che ti è accaduto poco fa è stato permesso da Me per mostrarti quali frutti maturerebbero per te, o per lo meno col tempo per i tuoi successori, dal tuo amore per le donne che è troppo prevalentemente potente.

7. Ora, quello che ti ho mostrato in questo modo è certo una buona cosa per te e per i tuoi discendenti, però sicuramente non è mai in eterno un peccato.

8. Se tu farai molta attenzione a questo, allora vivrai nello spirito del vero amore e di ogni sapienza proveniente da esso.

9. Ma adesso entra con la tua guida che Mi è pure quanto mai cara, e vogliamo consigliarci con comodo, discutere e quindi dilettarci in maniera viva alla chiara luce del cuore fiammeggiante e raggiante che è sull’altare!»

10. E allora i due entrarono tutti lieti e lodarono immensamente il Signore nel loro cuore.

11. Il Signore allora li condusse vicino all’altare e poi disse loro: «Vedete, l’uomo può trovarsi talvolta in circostanze tali da essere giustificato, se può fare, anzi a volte addirittura deve fare, della necessità, virtù; e la stessa cosa possiamo farla anche noi adesso!

12. Come vedete, la gradinata circolare intorno all’altare non è certo fatta per sedersi sopra, ma siccome qui non ci sono altre sedie e panche, allora mettiamoci pure a sedere sulla gradinata, e precisamente con le facce rivolte verso il mattino (l’Oriente), e così ci saremo fatti, dalla inutile gradinata ornamentale, un sedile utile a concedere riposo al nostro corpo.

13. E chi potrebbe obiettarci qualcosa? Siamo noi stessi coloro per i quali il tempio è stato edificato con l’altare e la sua gradinata, ma allora saremo anche certamente liberi di utilizzare il tempio a nostro piacimento! Che ne dici tu, Lamec: ho ragione o torto?»

14. E Lamec rispose: «O Signore e Padre caro e buono! La Tua Volontà, ed essa soltanto, è certamente santa, ed è fonte della massima gioia per me; perciò sia sempre fatto secondo ciò che più Ti piace!

15. O Signore e Padre in tutta la Tua infinita dolcezza e mansuetudine, Ti piaccia ora stabilire anche in quale giusto ordine noi dovremo sederci intorno o presso di Te, in modo che trovi adempimento la Tua Volontà pure sotto a questo riguardo!»

16. E il Signore rispose così a Lamec: «Tu sei ancora fortemente un cortigiano e non sai che pesci pigliare a causa del cerimoniale!

17. Io però ti dico: “Vedi una buona volta di fare proprio ben attenzione ai figli di un padre di famiglia che ama intensamente i suoi figlioletti! Ebbene, che cosa fanno costoro quando il padre ritorna a casa?

18. Ecco, tutti corrono incontro come possono, al caro e buon padre, e il più vicino ed agile è il primo a gettarsi con tutto l’amore tra le braccia del padre stesso, e poi viene il turno degli altri, a seconda di come glielo concedono i loro piedi.

19. Il più piccino di certo resta indietro, ma il buon padre lo vede venirgli incontro sgambettando col cuore palpitante, e quando se lo vede più vicino, gli va egli stesso incontro con il cuore ardente d’amore lo prende tra le braccia, lo stringe al suo petto e lo bacia ed accarezza con grande passione”.

20. Vedi, Mio Lamec, proprio così è costituito anche il Mio divino e celestiale Ordine della famiglia e le usanze della Mia corte! Chi arriva primo, costui mangia anche per primo; e l’ultimo e il più debole Io lo prenderò sulle Mie braccia e lo accarezzerò e lo coccolerò oltre misura, dato che ha riconosciuto il Padre anche nella sua debolezza e poi con i suoi deboli piedi si è affrettato incontro a Me, il Padre caro e buono!

21. Così fate dunque anche voi e non fate domande riguardo all’ordine gerarchico, così Io, quale il vero Padre, avrò in voi, Miei figlioletti, la giusta gioia!

22. Vedi, Io Mi sono già seduto; sedetevi dunque anche voi vicino a Me!»

23. Allora tutti e tre, spinti dal potente amore, si strinsero intorno al Padre, e il Padre disse: «Così va bene; questo è il vero Ordine del Cielo! In questo Ordine restate sempre e in eterno! Amen!»

 

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Cap. 62

Rispondenza tra la posizione dei quattro e il centro di gravità e quello di attrazione

per generare e mantenere la vita nella Creazione materiale e spirituale

21 giugno 1843

1. Dopo di che, tutti presero posto a fianco del Signore, e precisamente Enoch e Lamec dell’altura alla Sua destra, e Lamec della pianura alla Sua sinistra; e il Signore disse:

2. «Ora vedete, Miei eletti figli, così restiamo seduti a lungo e bene, e per di più nell’ordine più bello!

3. Certamente voi ora, tutti e tre, non vi rendete ancora conto del tutto bene di questa cosa, ma adesso ci si offre appunto la più bella opportunità e noi possiamo intrattenerci riguardo a moltissime cose! Per conseguenza, finché il Sole non si sarà completamente alzato sull’orizzonte, noi potremo trattare ancora varie questioni, non esclusa quella del buon ordine in cui ci siamo seduti.

4. Ma Io vedo già che il Mio Lamec, qui alla Mia sinistra, in seguito al suo senso cortigiano non ancora del tutto spento in lui, vorrebbe anzitutto conoscere subito la ragione dell’ordine scelto per metterci a sedere. Ma che cosa è dunque ciò, o che cosa significherà? Ebbene, possiamo evidenziarlo subito, e così ascoltateMi!

5. Vedete, la Terra sulla quale voi dimorate è un corpo rotondo! Questo corpo è insensibile sulla sua superficie, ma il suo interno è una costruzione organica atta alla vita e vive anche come un animale.

6. Ma siccome per lo scopo della vita si rende necessario un punto centrale o piuttosto un punto d’attrazione, dunque, un centro di gravità sul quale, in seguito alla sua forza d’attrazione, tutto si spinge e proprio attraverso questo spingersi, tale punto viene necessariamente eccitato, riscaldato e acceso, così avviene che anche questa Terra, come innumerevoli altri nei Miei infiniti spazi della Creazione, unitamente ai Soli e alle Lune, ha un tale punto centrale, che è del tutto simile al cuore degli animali, come pure degli uomini nella loro sfera naturale.

7. Tuttavia, questo cosiddetto punto centrale, sia trattandosi di animali, di uomini e di corpi mondiali, non deve mai trovarsi esattamente nel centro della loro complessiva massa organica, bensì deve essere situato sempre all’incirca sui tre quarti della stessa, in modo che non venga del tutto schiacciato e con ciò reso incapace di muoversi.

8. Ma se esso si trova sempre e dappertutto fuori dal centro di gravità della massa, ossia fuori dall’effettivo centro della massa stessa, allora la gravità principale non può influire su di esso da tutte le parti, ed esso ha poi un libero spazio e può muoversi senza impedimenti. Infatti esso, trovandosi troppo premuto dalla gran parte della massa, può rifugiarsi nella parte più piccola e quindi anche la parte più leggera della massa stessa.

9. Quando però la massa principale, in seguito all’inerzia necessariamente immanente in essa e alla sua propria pesantezza del tutto naturale, non può tuttavia sollevarsi troppo oltre al suo centro di gravità della massa, bensì deve ben presto nuovamente desistere dal suo sforzo e poi, costretta da se stessa, fare di nuovo ritorno nel suo centro di gravità della massa, allora l’effettivo centro di gravità eccitabile ha poi di nuovo un libero ritorno e, mediante la particolare forza d’attrazione insita in esso, muove nuovamente il centro di gravità della massa, che poi di nuovo si spinge verso il punto principale di attrazione, che però, non appena la calca diventa eccessiva per lui, accade che nuovamente e immediatamente si porta verso la sua parte leggera o piccola.

10. Attraverso un tale continuo movimento oscillatorio, certo quanto mai meccanicamente uniforme, viene poi prodotta la cosiddetta vita organico-animale naturale.

11. E quando in un organismo è così messa in atto la forza motrice, allora questa poi si propaga da sé a tutta la massa, la eccita di più qui e di meno là e, mediante questo processo, un intero organismo risulta poi animato e può quindi essere impiegato a seconda del genere della sua animazione.

12. Certamente da parte Mia ci vuole tutta la cura possibile, ed Io devo prima costruire punto per punto l’intera massa organica e, come già detto, solo dopo la devo sistemare gradatamente.

13. Una volta sistemato così l’organismo nella maniera più rispondente allo scopo, allora esso vive finché Io voglio dargli il nutrimento necessario; se però glielo sottraggo, allora ben presto esso diventa debole e pigro, le sue parti precipitano una sull’altra, si schiacciano e poi l’organismo si scioglie di nuovo, punto per punto, precisamente così come prima era stato costruito, decomponendosi infine del tutto e completamente e, quale sostanza di volontà pienamente disciolta, fa ritorno spiritualmente in Me.

14. Vedete, questa è dunque una linea fondamentale del Mio piano di costruzione degli organismi! Essa vi diverrà gradatamente sempre più chiara solamente nella luce del vostro proprio spirito, e dunque non vi serve dedurre altro da questo se non che l’ordine nel quale siamo seduti adesso, corrisponde esattamente e perfettamente a questo Mio Ordine costruttivo della Creazione. Il come, però, questo lo si vedrà subito!

15. Vedete, Io sono assolutamente il Centro principale di Vita e di Attrazione dell’intera Infinità; voi invece siete i Miei organi per accogliere la Vita da Me! Ma dimMi, Mio Lamec: siedo Io ora esattamente nel centro tra di voi?»

16. A questa domanda Lamec si stupì e rispose: «No, o Signore e Padre! Infatti, trovandoci in quattro, ciò non è affatto possibile, bensì, vedi, il centro verrebbe a trovarsi tra te ed Enoch!»

17. E allora il Signore disse: «Vedi, perciò questo è appunto un ordine giusto e buono, perché Io, quale il Fondamento di ogni vita e di ogni moto, Mi trovo al centro tra voi nei tre quarti della metà, e tu quindi rappresenti il polo nord più piccolo e leggero, mentre Enoch e Lamec rappresentano il polo sud più pesante e molto più grande!

18. E così dunque noi pure vogliamo reciprocamente stringerci ed eccitarci con ogni tipo di importanti osservazioni nell’infinita sfera della vita!

19. Chi sa qualcosa di molto particolare, che lo comunichi, e così noi potremo reciprocamente intenderci sull’argomento che verrà proposto! Questa è la Mia minima preoccupazione, e per conseguenza tu, Lamec, puoi subito cominciare! Amen!»

 

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Cap. 63

Il re Lamec chiede luce sulla poligamia

Una sola donna è concessa all’uomo, il cui seme deve maturare per avere figli vigorosi

22 giugno 1843

1. Lamec allora non rifletté a lungo, ma cominciò subito con la seguente domanda:

2. «O Signore, Tu migliore, amorosissimo e santo Padre! Siccome già mi hai concesso una grande Grazia chiamandomi a parlare al Tuo cospetto e ad interrogarTi riguardo alle varie cose ancora sconosciute per me, mi azzardo ora a fare pieno uso di tale Grazia infinitamente grande.

3. Vedi, molte volte ho riflettuto così tra me e me, se veramente sia giusto che l’uomo si prenda più mogli!

4. La natura di certo si esprime a favore di questo, considerato che l’uomo, quasi ogni giorno, è atto a generare, mentre la donna, a stretto rigore, non può concepire che una volta all’anno!

5. Se ora si considera questo rapporto alla luce dell’intelletto approvante, allora la poligamia appare perfettamente conforme alla natura e allo stato delle cose, dato che con ciò la popolazione non può avere che un vantaggio e mai un danno.

6. Ma se d’altra parte si considera il fatto che il numero degli uomini è all’incirca uguale a quello delle donne, allora si dovrebbe invece dedurre che Tu non abbia stabilito che ci debba essere la poligamia, essendo le donne a volte addirittura in numero inferiore degli uomini, a volte in numero uguale e solo molto raramente sono in numero maggiore, seppure del tutto in modo non significativo.

7. Questo rapporto dunque contraddice evidentemente l’altro, ossia quello della necessità naturale dell’uomo, per quanto questa sia regolabile dal punto di vista dell’intelletto, perché se io ammetto completamente la poligamia, allora immediatamente delle migliaia di uomini verrebbero a trovarsi senza donne, quantunque essi siano altrettanto atti alla generazione quanto coloro che possiedono molte donne.

8. Ma se io non ammetto la poligamia, allora l’uomo, che è atto a generare ogni giorno, non può ragionevolmente generare che una volta all’anno soltanto, cosa questa che, tuttavia almeno apparentemente, sta in stridente contrasto con la natura dell’uomo. O Signore, riguardo a questo punto bramerei anzitutto che Tu mi facessi una vera luce!»

9. E allora il Signore rispose a Lamec: «Vedi, questa è una domanda molto buona e veramente utile, ed una completa risposta non deve affatto mancare alla vera guida di un popolo così numeroso; e così, dunque, ascolta, ed Io darò una giusta risposta a questa tua saggia domanda.

10. Vedi, se la poligamia stesse entro l’ambito del Mio Ordine, allora certamente già da principio – quando Adamo fu creato da Me quale primo uomo della Terra, uomo che vive ancora attualmente sull’altura e che continuerà a vivere ancora per alcuni anni – Io avrei per questo primo uomo, creato anche all’incirca trecentosessanta donne, in modo che avesse potuto fare un uso naturale della sua quotidiana facoltà generativa!

11. Ma vedi, Io invece creai per lui una sola donna, e in questa quantità Io tuttora do a ciascun essere maschile solamente uno femminile; e da ciò tu puoi immediatamente e con tutta facilità trarre la conclusione che all’uomo è destinata, da parte Mia, una sola donna, nonostante la sua abbondante capacità generativa.

12. Per quanto riguarda questa capacità generativa, essa non è data all’uomo per la molteplice procreazione, ma solo per la vigorosa procreazione; e così l’uomo può generare con una donna di certo pochi figli, ma questi saranno tanto più vigorosi, mentre dalla procreazione molteplice possono venire alla luce soltanto dei figli estremamente deboli e immaturi.

13. Infatti ogni seme susciterà un cattivo frutto o assolutamente nessun frutto, se prima non sia giunto a piena maturazione.

14. Così è anche tanto più il caso dell’uomo, perché allora si tratta di suscitare il frutto più nobile tra tutti.

15. Quindi, si rimanga con una sola donna, e questa fa già abbastanza se ogni tre anni matura un frutto soltanto. Hai compreso tutto ciò?»

 

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Cap. 64

Lamec rimproverato chiede il perché del continuo desiderio dell’uomo per le donne

La rispondenza è che il continuo desiderio del cuore deve maturare per il Signore

23 giugno 1843

1. E Lamec, immensamente lieto per tale importantissimo insegnamento, continuò con le sue domande e disse al Signore:

2. «O Signore e Padre, questa cosa è senz’altro giusta, ed io ora vedo con assoluta chiarezza che, conformemente al Tuo Ordine, ogni uomo deve avere una sola donna.

3. Tuttavia, nel corso del Tuo santo insegnamento si è affacciata alla mia mente un nuovo punto che, almeno in apparenza, considerato da un certo lato spirituale-morale, potrebbe comunque porre a più d’uno la base per la poligamia.

4. Ora io, essendo destinato da Te a fungere da guida, nella limitata sfera della mia conoscenza non saprei davvero trovare alcuna parola per indicare come del tutto falsa questa ulteriore base! Perciò voglio esporTi questo pericoloso punto in maniera del tutto chiara e senza tacere niente, visto che Tu mi hai concesso di parlare del tutto benignamente. E quindi io, anche per questa ragione, parlerò al Tuo cospetto su tutto quello che la mia piccola conoscenza mi suggerirà!»

5. E allora il Signore, un po’ interrompendo Lamec, disse: «È giusto se fai così. Tuttavia tralascia le molte parole e le scuse anticipate, perché il tempo è prezioso, e oltre a ciò Io non sono qui come un uomo stolto al quale occorrono mille parole per afferrare qualcosa!

6. Dunque, non fare cerimonie e vieni immediatamente alla cosa principale, perché Io so già da molto tempo che cosa tu stai per chiederMi ora! Perciò ti è certo facile parlare, dato che trattandosi di Me, puoi certo presumere che Io sicuramente comprenderò del tutto a fondo quello che dirai.

7. DimMi perciò qual è il punto per te ancora dubbioso, ma senza perderti in dettagli di cui Io non ho bisogno per poterti dare una pronta risposta! E dunque, parla ora con coraggio!»

8. E Lamec, un po’ umiliato da questo conciso e stringente rimprovero, espose allora in poche parole il punto che gli appariva dubbio, dicendo:

9. «L’uomo ha un sentimento tale che non si limita a prendere una sola donna, bensì molte; e di questo desiderio non si sente davvero mai sazio, poiché, per quanto chiunque avesse già due, tre o più ancora tra le più belle donne, ma andasse in un paese dove ci fossero cento altre donne dotate di un altro genere di bellezza, ebbene, egli sentirebbe subito in sé un impulso quasi irresistibile di entrare in possesso anche di quelle cento!

10. E d’altra parte, considerato che l’uomo non si è uto creato, bensì il suo Creatore sei soltanto Tu, a quale scopo si trova insito in lui un impulso di tale specie, al quale in conformità al Tuo Ordine non è lecito che venga data soddisfazione? Si è forse l’uomo dato da solo un tale stimolo così pericoloso?»

11. E allora il Signore gli rispose: «Vedi, di tale ricchezza di sentimento succede precisamente così come succede con la ricca dotazione della capacità generativa.

12. Il sentimento che si esprime come un potente impulso o stimolo nel cuore, è anch’esso una ricca capacità generativa, però soltanto nello spirito.

13. Se però l’uomo è un lussurioso e disperde il proprio seme dappertutto, dimMi: sarà mai un tale uomo, indebolito fino alle radici, in grado di generare un frutto di giusta misura anche con una donna ben feconda, dato il suo potere generativo diluito e molle?

14. Vedi, egli non lo potrà fare, poiché dalle vinacce non si può torchiare alcun succo alcolico.

15. Così pure stanno le cose rispetto alla ricchezza del sentimento: l’uomo raccolga solamente il suo sentimento nel cuore e poi lo rivolga a Me, e quando esso avrà raggiunto la giusta maturazione di forza, allora l’uomo troverà in Me, la Causa prima di tutte le cose e quindi anche di tutte le donne per quanto belle, il compenso più che soddisfacente e sufficiente, e poi con tale sentimento colmo di forza potrà amare una donna in ogni giusta forza, e la donna del suo vicino non rappresenterà mai una tentazione per lui.

16. E sappi ancora una cosa, e cioè: che su questo mondo, nell’uomo, tutto è solamente una disposizione chiamata a svilupparsi per uno scopo eterno e infinitamente sublime! Per tale ragione l’uomo non deve fare uso delle forze che percepisce in sé, prima che queste non siano giunte a completa maturazione.

17. Come i frutti della Terra maturano solamente nella luce del Sole, così anche le forze spirituali dell’uomo maturano solo nella Mia Luce.

18. Perciò ciascun uomo deve volgere le sue forze a Me, e allora, nel Mio Ordine, egli diventerà un uomo potente e completamente maturo. Ma chi non fa questo, allora costui ascriva a se stesso la colpa della propria morte. Hai compreso questo?»

 

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Cap. 65

La parabola della gocciolina di rugiada

Sull’evoluzione dell’anima

26 giugno 1843

1. Ma alla domanda se egli avesse compreso queste cose, Lamec così rispose: «O Signore, come non dovrei comprenderle quando Tu, che sei la Luce di ogni luce e il Sole di tutti i soli, penetri nel mio essere con i Tuoi raggi come fa il Sole mattutino con una goccia tremolante di rugiada che sull’estremità di un filo d’erba si fa cullare dolcemente dalla brezza soave del mattino?

2. La gocciolina, come me, è certo una cosa insignificante e fugace nella serie delle Tue creazioni infinitamente grandi; ma quando essa esiste, allora accoglie in sé il Sole altrettanto bene quanto il mio occhio e, nel suo stretto cerchio, irradia intorno a sé come un piccolo sole e ristora con la sua luce il suo piccolo ambiente, il suo piccolo mondo, allo stesso modo come un uomo saggio ristora i propri fratelli che non sono ancora tanto saggi.

3. E così anch’io credo di essere simile ad una tale gocciolina di rugiada. Io sono compenetrato dalla Tua Luce e Ti comprendo quel tanto che mi è possibile nella mia piccolezza di creatura dinanzi a Te, grande e onnipotente Creatore, e nella misura in cui me lo concede la Tua onnipotente e santa Volontà; e in questa Tua Luce in me, io ora anche ritengo che con questa Grazia potrò anch’io ristorare in varie maniere il mio ambiente.

4. Ma se io con ciò volessi sostenere di aver compreso del tutto le Tue raggianti parole, allora dovrei certamente essere considerato un pazzo di gran lunga più grande che non se sul serio volessi affermare che una gocciolina di rugiada è capace di accogliere in sé l’intero, reale Sole, per il fatto che essa riflette la sua luce in maniera multiforme.

5. Ma Tu, o Signore, saprai meglio di tutti quanto mi manca alla comprensione perfetta delle Tue sante parole; perciò Ti prego: “Illuminami a seconda delle mie necessità!”»

6. E il Signore rese lode a Lamec per la sua bella risposta e per le sue buone parole fondate su molta sapienza, e dopo simile lode gli rivolse le seguenti parole:

7. «La gocciolina però, con la quale ti paragonasti, non è tanto insignificante e nemmeno così fugace come ti sembra.

8. Vedi, la gocciolina di rugiada vive, dà vita al suo piccolo mondo e, appunto in questa azione dispensatrice di vita, essa stessa, quale vita che si sta perfezionando da se stessa, viene accolta da un grado di vita collocato già più in alto, nel quale essa poi diventa anima sempre più potentemente operante, la quale anima poi non muore più, bensì, crescendo continuamente e progredendo in silenzio, si muove, attraverso la serie degli esseri, finché essa è giunta alla meta, che è quella di accogliere i raggi superiori dal Sole che ora ti irradia con ardente amore!

9. Tu dalla sapienza di Farak hai pure appreso questo: “Quando Dio ebbe formato il primo uomo dall’argilla della Terra, Egli gli alitò nelle sue narici un’anima vivente, e così l’uomo divenne un’anima vivente davanti a Dio, il suo Creatore”.

10. Vedi, questo alito soffia ancora continuamente sopra e attraverso tutta la Terra, la quale si trova raffigurata tutta intera in proporzioni ridotte in Adamo, e suscita sempre innumerevoli anime viventi per gli uomini futuri!

11. E vedi, questi uomini sono la meta della gocciolina di rugiada; soltanto in loro essa è resa atta ad accogliere i raggi superiori dal Sole della Vita eterna come ora è il tuo caso, Vita che poi non viene più assorbita da nessun’altra serie di esseri.

12. Così dunque anche tutta la Terra è come un uomo, ed essa è costituita da anime che un tempo esistevano legate al Mio Spirito. Tali anime però non ressero alla prova, e perciò ora vengono nuovamente fatte maturare nel grande grembo materno della Terra e poi vengono destate a nuova vita attraverso il Mio alito.

13. Queste cose certo tu le comprenderai a mala pena; ma ciò non è neppure necessario alla vita.

14. Se ora vuoi maggiori dettagli in proposito per la tua utilità, allora hai il diritto di domandare. E perciò chiedi quello che vuoi, ed Io ti illuminerò in ogni più riposto angolo della tua vita! Ma se fai delle domande, allora non usare molte parole! Amen!»

 

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Cap. 66

Lo stupore di Lamec per la Sapienza del Signore

La grazia dell’umiliazione della sapienza umana

27 giugno 1843

1. Quando Lamec ebbe udito tali parole dalla bocca del Signore, si batté il petto e poi disse:

2. «O Signore, ora Lamec è diventato muto nel suo intelletto, né sa più cosa dire o domandare; infatti Tu adesso hai toccato un argomento troppo misterioso e troppo profondamente nascosto in cui il mio debole intelletto non può assolutamente penetrare.

3. In verità, io ormai rabbrividisco dinanzi alle infinite profondità della Tua Sapienza e perciò non ho più nessun coraggio di chiederTi qualcosa, poiché Tu potresti darmi una risposta ancora più profonda, e allora io mi troverei annichilito dinanzi a Te e a tutto il popolo! Perciò sarà necessario che qualcun altro subentri a me per rivolgerTi delle domande!

4. Considerata la cosa soltanto in sé, è certamente piacevole e supremamente grande essere istruiti da Te, il Creatore, riguardo alle Tue opere immensamente meravigliose, ma quando Tu, o Signore, esponi troppo all’improvviso la creatura, ancora del tutto cieca, ai raggi intensissimi della Tua luce infinitamente forte e potente, allora essa sente in maniera anche troppo dolorosa la propria mancanza di luce.

5. Riconoscere che di fronte a Te si è un perfetto nulla sotto ogni aspetto, ciò è sopportabile, ma sentirlo e percepirlo in maniera viva nella Tua luce chiarissima e sovranamente potente è insopportabile. Per conseguenza ora io non mi azzardo più a rivolgerTi ulteriori domande, dato che devo ormai constatare con troppa crudezza la mia assoluta nullità rispetto a Te»

6. E il Signore allora così parlò a Lamec: «Ascolta: appunto questa è la ragione principale per cui Io ti rivelo ora cose tanto profondamente nascoste, e cioè affinché tu diventi umile di tutto cuore nel modo giusto e catturi tutta la tua sapienza e il tuo discernimento per deporli ai Miei piedi!

7. Infatti, finché vorresti vantarti anche di una sola minimissima scintilla della tua propria sapienza, tu non puoi entrare nella Mia Sapienza; e se Io te la dessi come fatta accettare per forza, allora essa ti distruggerebbe e ti annienterebbe, così come fa il sale minerale che, una volta che è infiammato, distrugge tutto ciò che racchiude.

8. Perciò tu devi stare dinanzi a Me del tutto etereamente purificato tramite la tua umiltà, prima che tu sia in grado di sopportare la Mia luce in te.

9. Vedi, questo tempio è stato certamente edificato alla Sapienza proveniente da Me, ma esso non poté essere edificato su questa chiara altura prima che essa non fosse stata purificata da ogni sudicio verme.

10. E proprio così anche il Mio tempio vivente della Mia Sapienza non può essere edificato in te prima che tu abbia del tutto purificato in te la tua propria montagna di sapienza.

11. Rallegrati perciò quando la Mia luce comincia ad esserti opprimente, perché è segno che sei in procinto di darMi tutto quello che è tuo per accogliere in te, in compenso, quello che è Mio!

12. Vedi, questa faccenda dello spirito funziona quasi come con i denti, i quali sono del tutto effettivamente il simbolo della sapienza.

13. I denti da latte che spuntano al bambino procurandogli dolore, devono di nuovo essere estirpati con un po’ di dolore quando arrivano i forti denti dell’uomo, poiché i primi dovevano solo preparare la via a questi ultimi.

14. E così anche tutta la tua precedente sapienza deve uscire da te, perché soltanto dopo tu possa essere in grado di accogliere in te la Mia, eternamente potente!

15. Per conseguenza tu puoi continuare a fare domande senza alcun timore e puoi umiliarti nella Mia Luce, affinché con ciò tu divenga atto ad accogliere la Mia luce purissima in te! Io vedo ora che tu Mi hai compreso molto bene; dunque puoi azzardarti di nuovo a rivolgerMi qualche domanda! ChiediMi dunque quello che vuoi ed otterrai risposta da Me! Amen!»

 

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Cap. 67

Il Signore spiega l’origine e l’essenza del male

30 giugno 1843

1. E avendo udito dal Signore queste parole vivificanti e ricche di profondo insegnamento, Lamec riacquistò coraggio e disse al Signore, adesso da lui amato sopra ogni cosa:

2. «O Signore e Padre santissimo, se è così, voglio farTi delle domande per tutto il tempo della mia vita e non avrò più timore se Tu, per umiliarmi, mi darai risposte anche quanto mai profonde!

3. E così adesso ho ancora un’ulteriore domanda che a mio avviso è assolutamente importante! Se a Te, o Signore, è gradito sentirla, allora vorrei esporTela subito!»

4. Il Signore gli osservò in tono dolcissimo: «Ma perché vuoi sempre avere un triplice permesso prima di azzardarti a parlare?

5. Io ti dico: “Parla!”, poiché già prima ti ho detto che puoi fare quante domande vuoi riguardo a qualsiasi cosa, e ti illuminerò su ciò! A che scopo dunque un secondo e un terzo permesso? Perciò parla come ne sono capaci il cuore e la lingua!»

6. Queste parole ebbero l’effetto di fare aprire del tutto la bocca a Lamec, ed egli espose la propria domanda come segue:

7. «Signore, Tu eri dall’eternità perfettamente ed infinitamente buono in modo estremo, e ciò attraverso tutto il Tuo Essere, e all’infuori di Te, nella Tua intera Infinità, non c’era mai in eterno altro all’infuori di Te.

8. Ma quando Tu volesti creare angeli, Cieli e mondi e uomini, non Ti occorse alcuna sostanza, bensì la Tua Volontà onnipotente, congiunta alle Tue idee e pensieri supremamente sapienti, santi e sublimi, fu unicamente sempre, e lo sarà in eterno, la Causa di tutta la Tua infinita Creazione.

9. Dato però che io non posso assolutamente immaginarmi che in Te vi sia mai stata una cattiva idea, né un qualsiasi benché minimo pensiero, neanche soltanto all’apparenza, cattivo, allora io vorrei pur apprendere da Te da dove proviene in effetti il male di Satana e per conseguenza anche il cattivo e il malvagio di noi uomini. Da dove viene il peccato? Da dove l’ira? Da dove l’invidia? Da dove la vendetta? Da dove la sete di potere? E da dove la fornicazione[12]

10. E il Signore rispose subito a Lamec: «Mio caro Lamec, questa tua domanda suona di certo come fosse fondata su una grande sapienza, ma Io ti dico che essa è molto umana!

11. Tuttavia voglio darti una risposta e voglio risolvere il problema da te posto, quantunque in segreto tu con ciò ritenevi di farMi una domanda la cui risposta avrebbe dovuto essere una cosa un po’ ardua perfino per Me. Dunque ascolta:

12. “Di fronte a Me e nella Mia visuale, il male non esiste assolutamente, bensì vi sono soltanto delle differenze nell’effetto della Mia Volontà; e nell’inferno come nel Cielo, e nel creare come nel distruggere, questa è sempre ugualmente buona.

13. Tuttavia, di fronte alle creature e nella loro visuale, soltanto una cosa è da considerarsi e da qualificarsi come buona, e cioè la parte del rapporto dell’affermazione sotto la quale la creatura può sussistere presso di Me e in Me, e questa è la parte che conserva sempre o che crea continuamente e che deriva da Me; mentre la poderosa parte dissolvente o che domina con la distruzione è da considerarsi e da qualificarsi cattiva di fronte alla creatura, poiché non è concepibile che abbia una possibilità di esistenza presso di Me e in Me.

14. In Me, dunque, tanto il ‘sì’ quanto il ‘no’ è ugualmente buono, perché nel sì Io creo, e nel no Io ordino e governo tutto.

15. Ma per la creatura soltanto il sì è buono, mentre il no è cattivo, e ciò finché essa non sia pienamente diventata, nel si, una cosa sola con Me, quando cioè essa potrà sussistere anche nel no.

16. Quindi per Me non esiste né Satana né l’inferno, bensì questi esistono di fronte a loro stessi e agli uomini di questa Terra, perché qui si tratta della formazione dei Miei figli.

17. Esistono ancora innumerevoli altri mondi sui quali non si ha alcuna cognizione di Satana e, per conseguenza, neppure del no, bensì là è conosciuto soltanto il sì nei suoi rapporti!

18. Ecco, così stanno le cose! La Terra è come una stanza per bambini, e perciò vi si ode sempre anche un gran gridare, oltre che a dei rumori eccessivi; ma Dio queste cose le vede con ben altri occhi dei tuoi che sono di un uomo di questa Terra.

19. Comprendi ciò? Parla e dimMi quanto hai compreso! Amen!»

 

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Cap. 68

Lamec ammutolito dinanzi alla Santità del Signore

I confini dell’Onnipotenza divina

L’abisso tra Dio e l’uomo è colmato mediante il rapporto tra Padre e figlio

1 luglio 1843

1. A tale risposta tanto istruttiva del Signore, Lamec così parlò: «O Signore, Padre migliore e santo! Trattandosi della comprensione da parte mia, ci sarebbe ancora moltissimo da domandare su questo argomento, bene inteso, per quanto mi riguarda!

2. Ma qui ci sono Enoch e il mio omonimo dall’altura; costoro, o Padre santo, Ti avranno compreso meglio di me, e perciò essi, qualora si rendesse necessario, vorranno bene in una o in un’altra occasione chiarirmi queste cose per quel tanto che sarà indispensabile.

3. Ora però mi sono convinto della mia assoluta indegnità di parlare dinanzi a Te, o Signore, e non posso più osare farTi altre domande a questo riguardo, ma questo non a causa della Tua infinita Sapienza, bensì, perché Tu sei santo, santissimo.

4. All’inizio questa cosa io non l’ho percepita con tanta sicurezza, ma ora, essendomi del tutto umiliato nella Tua Sapienza, ho la visione chiarissima della Tua Santità infinita, e questa, con il suo peso divino, mi opprime e mi schiaccia entro l’abisso più profondo e tenebroso!»

5. A questo punto Lamec ammutolì del tutto. Infatti, solo durante quest’ultima spiegazione del Signore egli aveva cominciato ad avvertire e dunque a rendersi conto in modo vivo che cos’è Dio nel Suo Essere, e che cos’è invece l’uomo creato nel suo essere.

6. Ed egli meditava tra sé su come l’uomo, in ogni sua parte, dipenda assolutamente da Dio e come per forza propria non sia in grado nemmeno di respirare una sola volta, per non parlare poi di attingere in sé un libero pensiero; e oltre a questo gli si affacciò alla mente l’idea che questo Dio eterno, onnipotente e santo, si trovava appunto al suo fianco e parlava con lui.

7. Egli perciò, nella sua umiltà, si sentì tanto smarrito ed umiliato, da non osare affatto aprire più bocca.

8. Il Signore però si accorse ben presto di tale imbarazzo di Lamec, e gli disse: «AscoltaMi Lamec, figlio Mio! Che ci posso fare se sono Io, il Dio da eternità, vivente da Me stesso, e se tu sei una creatura provenuta da Me? È forse possibile in qualche modo mutare questo rapporto? Puoi tu diventare un Dio eterno ed Io la tua creatura? Vedi, queste cose sono impossibili anche a Me!

9. Né Io, né tu saremo mai in eterno nella possibilità di invertire quest’Ordine, poiché, ammesso anche il caso che Io potessi scendere al grado di pura creatura, allora nello stesso istante in cui avessi deposto la Divinità eterna per concederla a te, succederebbe che tutta la Creazione, te compreso, andrebbe in rovina fino all’ultimo atomo.

10. Ma se questo si avverasse, cosa avresti tu da un simile cambiamento e che cosa Mi resterebbe poi ancora? Ecco, tu non esisteresti più, e Io poi dovrei di nuovo assumere la Divinità; e se poi volessi nuovamente avere intorno a Me degli esseri, allora dovrei di nuovo crearli e chiamare ancora una volta te stesso all’esistenza, se Io ancora volessi sicuramente che tu fossi al Mio fianco!

11. Io però ritengo che tu ora ti renderai conto di ciò che è possibile e di ciò che, sotto le condizioni del Mio eterno Ordine, è impossibile, e ti renderai conto anche del fatto che Io, quale Dio eternamente immutabile, metto sicuramente in azione ogni possibilità per avvicinare a Me le Mie creature e i figli che procedono da queste, e di colmare così completamente ogni abisso esistente tra Me e loro in modo che essi possano trattare con Me come con il loro simile, e possano apprendere da Me stesso qual è la loro destinazione eterna e vivente nella quale poi tra Me e loro dovrebbe esserci solo un divario morale, ma in seguito a ciò essi verrebbero appunto a trovarsi in eterno dei signori in Me e vicino a Me, completamente di per se stessi.

12. Ma se le cose stanno necessariamente in questo modo, allora Io non vedo la ragione per cui tu dinanzi alla Mia necessaria Divinità debba tremare così tanto da ridurre al silenzio la tua lingua!

13. Lascia perciò da parte simili cose che non si addicono nei rapporti tra Padre e figlio, ma dichiara ciò che ti viene in mente, affinché con ciò tu possa persuaderti quanto estremamente paziente sono sempre Io, tuo Padre!

14. Ora poni la tua mano nella Mia, e renditi conto di quanto Io sia misericordioso e buono, e poi parla così come ne è capace la tua lingua! Amen!»

 

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Cap. 69

La vita di ogni creatura è una parte della Vita di Dio

I Pensieri di Dio sono l’effettiva Vita in Dio

Una controdomanda

3 luglio 1843

1. Dopo tali parole di incoraggiamento da parte del Signore, Lamec si sentì liberato dalla sua oppressione e disse:

2. «Sì, certamente è così, e così anche resterà vero in eterno: la creatura non potrà mai diventare un Dio increato, ma tanto meno Dio potrà diventare una creatura creata!

3. Dio vive certo eternamente libero di per Sé, e la creatura vive solo condizionatamente attraverso Dio e da Dio; ma una volta che la creatura si trovi ad esistere e a vivere, allora anch’essa, nella sua specie, vive di una vita divina, dato che, in eterno, mai e in nessun luogo c’è altra vita all’infuori soltanto dell’unica vita proveniente da Dio.

4. Se però è una vita proveniente dall’eterna Vita di Dio, allora certamente essa stessa non può essere altro che eterna!

5. La mia vita dunque può essere soltanto una particella proveniente dalla Vita eterna ed infinita di Dio stesso, altrimenti non sarebbe vita; ma siccome essa è una tale particella, allora, come tale, essa è simile a quella della quale essa è una parte, e così è eterna sia rispetto al passato, che rispetto al futuro. Infatti io non posso immaginarmi che nella Tua Pienezza di Vita si debbano trovare parti di vita più anziane e più giovani.

6. Pertanto, la mia conclusione è questa: “Io ero, o Signore, eternamente una vita in Te, però vincolata nella Tua infinita Pienezza di Vita; a Te, però, in un dato periodo di tempo, è piaciuto porre libera questa mia particella di vita proveniente da Te, e così io sono ora una particella di vita posta libera da Te per l’eternità, come prima io ero in Te dall’eternità come una vita non libera di per sé, però libera [in quanto] pienamente congiunta con la Tua infinita Vita!”

7. Signore e Padre, ho giudicato bene, oppure mi sono sbagliato in qualcosa?»

8. E il Signore rispose: «No, Lamec, questa volta il tuo giudizio è perfettamente buono, vero e giusto; di ciò puoi essere del tutto sicuro dalla Mia bocca!

9. Le cose stanno precisamente così come tu hai detto, e così Io e te siamo qui già dall’eternità, con la sola differenza che Io sono l’eterna Totalità, mentre tu sei soltanto una particella di questa infinita Totalità in Me e da Me!

10. Infatti, questo è sicuramente giusto, e cioè che i pensieri di ciascun uomo debbano essere altrettanto antichi quanto antico è egli stesso; ma poi dipende dall’uomo quando li pensa, ovvero quando li rende in un certo qual modo liberi nel suo animo.

11. Quando però avviene questo, allora l’uomo li ha, in un certo qual modo, creati e formati in sé, come non di rado anche attivamente da sé e fuori da sé, e questi pensieri poi stanno come esseri liberi, nonostante essi siano ancora legati al creatore, vale a dire all’uomo che li ha pensati.

12. Vedi, così è ugualmente il caso tra di noi! Io sono l’Uomo degli uomini, e voi uomini siete, tutti quanti, i Miei pensieri, dunque la Mia vita, perché i pensieri, i liberi pensieri sono l’effettiva vita in Me, così come essi sono la vita in voi, dato che voi tutti siete creati pienamente in base alla Mia misura!

13. Ma quali Miei eterni pensieri è certo impossibile che voi possiate essere più giovani di Me stesso; e così tu, Lamec, come ho già detto, questa volta hai giudicato del tutto giustamente!

14. Questo è quindi giusto; ma qui tuttavia si cela un grande mistero, e questo si rende noto del tutto potentemente in questa domanda: “Come e in quale maniera il Creatore può porre fuori i Suoi pensieri come Sue eterne particelle di vita da Sé, come esseri viventi perfetti, liberi e consci di se stessi, in modo da ottenere che essi siano come tu sei ora dinanzi a Me, e puoi parlare con Me come tu fossi un secondo Dio eterno vicino a Me?”

15. Lamec, vedi, finora sei stato tu ad interrogare Me, ma adesso sono Io che ti rivolgo una domanda! Cerca in te una risposta a questa Mia domanda, poiché essa certamente si deve trovare in te, così come certamente c’è in te il creaturale[13]! Riflettici su e poi damMi la risposta! Amen!»

 

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Cap. 70

L’imbarazzo di Lamec per la contro domanda inestricabile e la confessione della sua stoltezza

La vera sapienza è l’umiltà

4 luglio 1843

1. A questa domanda, Lamec rimase completamente sconcertato e non seppe cosa fare; e cioè non sapeva se avrebbe dovuto cominciare a cercare sul serio in sé una risposta a questa domanda, risposta possibile soltanto al Creatore, oppure se tale domanda, di carattere tanto immensamente superiore, egli l’avrebbe dovuta considerare quale buon ammonimento all’umiltà fattogli pervenire dal Signore, forse perché nel precedente dibattito si era lasciato trascinare ad assumere un tono probabilmente un po’ troppo alto dinanzi a Lui.

2. Combattuto tra queste due idee, Lamec andò fantasticando per un tempo abbastanza lungo, e perciò rimase completamente muto e per conseguenza non diede la risposta richiesta.

3. Ma il Signore scorse molto bene il perché Lamec taceva, e quindi osservò: «Ascolta, Lamec, caro figlio Mio! Quanto a lungo ancora Mi farai attendere una tua risposta?

4. Eppure, nella tua esposizione di prima tu hai parlato con sapienza veramente profonda, al punto che le tue parole non avrebbero affatto sfigurato in bocca anche a un cherubino dotato della più grande profondità di pensiero; mentre prima, Io non ti avevo chiesto una tale cosa, ma ti avevo concesso solamente il diritto incondizionato di rivolgere delle domande.

5. Ma ora, quando con la Mia domanda Io ti offro una buona occasione per lasciare libero corso alla tua profonda sapienza, tu invece te ne stai silenzioso come un topo che ha fiutato il gatto, e non vuoi parlare, mentre invece questo ti potrebbe procurare un grande onore!

6. Che cosa significa ciò? La tua perspicacia ti ha forse abbandonato all’improvviso, oppure non ti azzardi ad esporre la risposta che hai trovato, forse perché di fronte a te stesso non puoi dare ancora garanzie ben solide della sua validità?

7. Parla dunque, in modo che noi possiamo sapere da te, secondo il tuo parere, qual è la tua situazione!»

8. A questa introduzione molto condizionante del Signore, Lamec raccolse con uno sforzo disperato tutte le energie del suo spirito e, con voce che tradiva un immenso imbarazzo, rispose così:

9. «O Signore, ora mi è chiaro come il Sole che Tu, con la Tua tremenda domanda, non hai voluto pormi veramente una domanda a cui io debba rispondere, ma hai voluto soltanto mettere una pietra di scandalo del tutto poderosa alla mia stoltezza che ha voluto ammantarsi di sapienza!

10. Io, o Signore e Padre amorosissimo, posso adesso solo ringraziarTi dal più profondo del mio cuore che ora Ti ama assolutamente sopra ogni cosa, ogni cosa, ogni cosa, perché ora io scorgo e vedo in maniera sempre più chiara che ho voluto, in un certo qual modo, vantarmi della mia stoltezza dinanzi a Te e ad Enoch, come se pure io fossi un sapiente, del quale almeno Enoch avrebbe dovuto dire che ero un autentico sapiente!

11. Invece questa Tua santa domanda mi ha mostrato la mia piena stoltezza, e perciò Ti prego di perdonarmi per questa mia grande stoltezza, e Ti prego anche di concedermi che Tu, o caro Padre santo, dato che hai posto già una tale santa domanda, voglia darvi benignamente risposta, qualora questa possa, secondo la Tua santa Volontà, esserci di vantaggio; ma qualora invece, secondo il Tuo giudizio supremamente saggio, essa non dovesse essere a nostro vantaggio, allora io, anche non ottenendola, Ti resterò grato nella maniera più viva o dal profondo del mio cuore!»

12. A questo punto il Signore rispose a Lamec e gli disse: «Ascolta, Mio caro figlio Lamec, questa dissertazione riguardo alla tua debolezza Mi piace incomparabilmente di più dell’altra tua di prima riguardo al rapporto di omogeneità vitale tra Creatore e creatura, quantunque essa, in sé e per sé, sia stata giusta, dato che fui proprio Io prima a suggerirti di parlare così, allo scopo di far lavorare il tuo cuore e per mostrarti in che cosa consiste la vera sapienza, cioè l’umiltà, in seguito alla quale l’uomo si rende conto del fatto che egli non può fare affatto nulla da sé, mentre può fare tutto attingendo da Me.

13. Ora però, per convincerti di ciò, Io porrò la grande risposta nel tuo cuore, e allora tu vedrai chiaramente il modo in cui l’uomo, attingendo da Me, può parlare davanti a Me e a tutto il mondo come se parlasse attingendo da sé!

14. Così dunque avvenga e, da parte tua, puoi già cominciare a parlare! Amen!»

 

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Cap. 71

La visione spirituale di Lamec insufflata dal Signore sul modo in cui i pensieri si realizzano in Dio

La rispondenza con l’origine degli esseri creati

5 luglio 1843

1. E Lamec cominciò subito a parlare in perfetta calma e disse: «Se non sbaglio, la domanda suona così:

2. “Come e in quale maniera il Creatore può porre fuori i Suoi pensieri come Sue eterne particelle di vita fuor da Sé come perfetti esseri viventi, liberi e consci di se stessi, così da ottenere che essi siano come ora sono io dinanzi a Te, o Signore, e posso parlare con Te come io fossi un secondo Dio eterno vicino a Te?”

3. Questa sarebbe dunque la domanda! Ed essa è giusta, ed io lo riconosco chiarissimamente. Ma la risposta, la difficilissima risposta non è ancora venuta alla luce con la domanda!

4. Ma ecco che ora posso scorgere qualcosa in me: sono dei grandi pensieri! Dal caos essi serpeggiano fuori come singole stelle, le quali pure talvolta, nelle notti molto nuvolose, si aprono allo stesso modo la via e poi, attraverso gli squarci delle nubi, guardano miti e soavi in giù, verso il tenebroso suolo della Terra.

5. O pensieri, o pensieri, voi, piccole creazioni del mio spirito meravigliosamente splendide! Quali forme strane siete voi! Voi colmate poderosamente il mio petto; stelle si accalcano a stelle e chiare forme si accalcano a forme, e nella mia anima c’è sempre maggiore libertà!

6. Ora nel mio petto si ritirano le nubi notturne, e dove esse si ritirano incontrano poderosi torrenti di luce, e questi torrenti di luce accolgono le nubi che si ritirano, e le nubi così accolte divengono esse stesse luce e nel torrente acquistano forme, sì, esse assumono forme quanto mai meravigliosamente splendide!

7. Oh, io adesso vedo in me un’abbondante quantità di forme di luce, le quali, innumerevoli e in maniera indescrivibile, fluttuano confusamente come uno sciame scintillante di effemeridi[14] in una bella giornata d’estate quando il Sole comincia a tramontare, oppure come quando sorge e manda il primo saluto dei suoi raggi splendenti alle profonde valli della Terra!

8. Sì, la grande risposta io certo la vedo ora in me; ma come potrò esprimerla?

9. Ma cosa sto scoprendo ora io, povero babbeo? Le forme si trasformano secondo la mia volontà!

10. Ecco, io voglio degli uomini simili a me, e così esse diventano secondo la mia volontà! Ed io vedo come essi, da atomo di luce ad atomo di luce, sono i miei pensieri; e la mia volontà li mantiene nella mia propria forma che vuole che essi vivano; ed essi vivono come me e si muovono liberamente perché sono io che voglio così.

11. Ma, secondo la mia volontà, io vedo anche me stesso tra di loro in una forma completamente simile alla loro, e questa mia propria forma parla di quello che io penso e dico in questa mia originaria grandezza.

12. E tutte le altre forme, in perfetta figura umana, si accalcano tra loro intorno a questa mia forma e la ascoltano e le parlano secondo il modo e la maniera della loro costituzione infusa in loro per mezzo della mia volontà!

13. Io però ho una grande gioia per queste forme, e la mia volontà è quella di mantenerle tutte mediante la mia volontà. Questa gioia però è un potente amore per queste forme in me; io le amo!

14. Ed ecco, dalla mia forma sgorgano ora delle fiamme simili a lampi, e questi lampi si sprofondano nel petto delle numerose forme! Allora le forme cominciano a muoversi da sé, e si contemplano e si riconoscono; ed io le vedo fare tra di loro ogni tipo di cose che ora io non voglio più!

15. O Signore, quale grande prodigio è questo ora in me! Oh, se io almeno avessi già la risposta»

16. Ma il Signore disse a Lamec: «Io ti dico: “Tu non ne hai più bisogno, poiché l’hai già data a sufficienza!”

17. È proprio così come tu ora lo hai visto in te, ma di certo presso di Me è completamente realizzata, mentre presso di te tutto questo era solamente un’immagine transitoria e fuggevole!

18. Tuttavia, volersi dilungare a questo riguardo, vorrebbe dire perdersi in sottigliezze senza nessuno scopo, poiché la creatura può arrivare a comprendere la Forza del Creatore per via di immagini, ma non potrà mai comprenderla realmente.

19. Adesso Io vedo che tu hai in serbo ancora un’altra domanda; perciò esponi anche questa! Amen!»

 

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Cap. 72

L’indispensabile capacità del corpo di percepire il dolore, come benefattore e guardiano della vita

Come si deve vivere se non si vuole mai provare alcun dolore

6 luglio 1843

1. Dopo che Lamec ebbe udito questo nuovo invito del Signore in seguito al quale gli era lecito fare ancora una domanda, quantunque ad oriente l’alba si preannunciasse già in modo molto evidente, allora egli ne fu lietissimo e, senza eccessivi preamboli, espresse la seguente domanda:

2. «O Signore, Padre santo e amorosissimo, Creatore di tutti gli angeli e gli uomini! Vedi, la vita sulla Terra, vissuta per la prova dello spirito, sarebbe certo in sé e per sé del tutto adeguata per il suo sublime scopo se a questa vita non andasse congiunta una cosa estremamente sgradevole, e questa cosa è la capacità di percepire il terribile dolore!

3. Perché dunque questo nostro corpo deve avere la capacità di percepire il dolore? Perché devo sentire dolore se vengo colpito da qualcosa, oppure se in qualche modo cado o mi taglio, mi pizzico o mi pungo? Perché, spesso senza una causa apparente, devono manifestarsi nel corpo dei dolori quanto mai fastidiosi? Perché il fuoco deve bruciarmi in maniera così insopportabile, e perché la donna deve partorire tra così grandi dolori?

4. Vedi, o caro Padre santo, con questa mia conoscenza io non posso assolutamente approvare questo nella sfera della vita, e perciò desidererei apprendere da Te, il Creatore, qual è la ragione di questo triste fenomeno!

5. Infatti io presumo, con grande fiducia, che la vita dello spirito sia del tutto incapace di percepire il dolore. Ma allora anche la vita del corpo potrebbe essere altrettanto incapace di percepire il dolore! Ho ragione, oppure torto?»

6. E il Signore, rivolgendo a Lamec uno sguardo del tutto compassionevole, gli disse: «Ascolta, figlio Mio Lamec, questa volta tu non hai dalla tua parte nemmeno la parvenza della verità e del diritto!

7. DimMi un po’ nel tuo animo: “Sarebbe mai immaginabile una qualche vita, che non fosse sensibile alle impressioni di ogni specie? Se tu non avessi alcuna sensazione, vivresti poi?”

8. Mettiamo invece il caso che l’uomo percepisse soltanto tutte le impressioni piacevoli, un po’ come durante l’atto procreativo; ebbene, non accadrebbe allora che l’uomo si distruggerebbe immediatamente, dato che egli andrebbe a cozzare continuamente, si colpirebbe, si pungerebbe, si taglierebbe e si brucerebbe, e non succederebbe sicuramente che, già entro un anno, non avrebbe più alcun membro disponibile dell’intero corpo?

9. Ebbene, senza tutte le sensazioni – sia della specie piacevole, sia della specie dolorosa – è solamente la morte assoluta!

10. Ne consegue perciò che il dolore è il più grande benefattore e il più fedele guardiano protettore della vita, senza il quale la vita non si potrebbe assolutamente immaginare in nessun altro modo come durevole.

11. Oltre a questo, ad ogni modo, a te è stato dato un corpo che non soffre alcun dolore! Se tu lo tieni secondo il Mio Ordine e se fai attenzione quando sei sdraiato, quando stai seduto, quando sei in piedi, quando cammini o corri, allora tu trascorrerai la tua vita completamente senza dolori; e se tu sei moderato nel mangiare e nel bere, allora ti saranno anche risparmiati i dolori interni del corpo; e se non ti dedichi troppo alle opere della carne, allora non verrai mai a sapere cosa sia un dolore nelle tue membra!

12. Il dolore però è senz’altro il più vero e proprio attributo della vita, senza il quale tu non avresti i sensi! Esso è la vera e propria sensazione e la percezione dell’amore; e quando questo amore va fuori dal suo ordine, allora esso percepisce ciò nella maniera di dolore, ma quando è nel suo ordine, allora esso percepisce una sensazione estremamente piacevole.

13. Non desiderare dunque di essere sbarazzato dal dolore, perché esso è il più fedele guardiano della tua vita, e un giorno diverrà anche l’astringitore[15] e il raccoglitore e il completo salvatore della vita del tuo spirito.

14. Riguardo però alla questione se anche gli spiriti purissimi siano atti a percepire o non percepire il dolore, questo te lo dimostrerà nel più breve tempo possibile direttamente uno spirito stesso! Amen!»

 

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Cap. 73

L’arcangelo Zuriel, dimostra a Lamec che la sensibilità al dolore di uno spirito è una realtà

7 luglio 1843

1. Il Signore aveva appena terminato di pronunciare queste parole, che già Zuriel apparve raggiante dinanzi alla piccola compagnia che sedeva sui gradini dell’altare nel tempio, e s’inchinò fino a terra davanti al Signore, e poi così Gli parlò:

2. «O Signore, grande Dio, Padre santo e amorosissimo e Creatore onnipotente di tutti gli spiriti e di tutti gli uomini provenienti dagli antichi spiriti dei Tuoi Cieli primordiali che eternamente erano come Tu eternamente eri al di sopra di tutti i Cieli dei cieli, nel santuario eternamente inaccessibile della Tua Luce!

3. Tu mi hai chiamato del tutto benevolmente dalla Tua infinita Dolcezza paterna; piaccia dunque anche al Tuo santo Amore annunciarmi qual è la dolce opera d’amore che mi attende da compiere!»

4. E il Signore disse: «Zuriel, Io conosco la tua antica fedeltà, ma vedi, qui, al Mio fianco si trova Lamec, che tu conosci; ebbene, affinché egli ti diventi un vero fratello, allora dagli una risposta alla parte spirituale della sua domanda, attraverso la quale egli vorrebbe sapere con certezza se la vita perfetta sia capace oppure no di percepire il dolore anche nel purissimo spirito! Ecco, questo è il motivo per cui ti ho chiamato; e così, mostra tale cosa a questo fratello alla maniera degli spiriti! Amen!»

5. Il Signore aveva appena terminato la Sua risposta che già Zuriel aveva steso la sua mano e, posatala sul petto di Lamec, gli disse:

6. «Fratello, secondo il santissimo Volere del Signore esci per breve tempo da questa tua fatiscente dimora ed apprendi in maniera viva quello a cui ti sembra difficile prestare fede!»

7. E appena Lamec ebbe udito queste parole, il suo corpo si accasciò a terra come quello di un morente, ma il suo spirito, splendente di bianco, si trovò immediatamente a stare dinanzi a Zuriel.

8. Zuriel allora afferrò subito la sua mano e la strinse con grande saldezza.

9. E Lamec, in spirito, lanciò un forte grido ed esclamò: «Ma per amor di Dio, che cosa fai di me? Tu mi schiacci la mano, e questo mi causa un dolore terribile!»

10. E allora Zuriel lasciò subito libera la mano di Lamec e poi gli disse: «Fratello, tu ti trovi ora in spirito, poiché vedi, la tua dimora giace là impotente sui gradini dell’altare! Ma come hai potuto lanciare un grido di dolore, mentre prima volevi sostenere che l’uomo, in puro spirito, non ha la capacità di percepire il dolore?»

11. E Lamec allora rispose a Zuriel: «O fratello, tu sei un duro maestro! Sebbene l’esperienza sia la migliore insegnante, in verità, io avrei compreso anche in una maniera un po’ più mite il fatto che l’uomo è indescrivibilmente più sensibile nello spirito che nel corpo!

12. Oh, certo, sarei ben grato che un simile insegnamento mi venisse del tutto risparmiato per ogni avvenire, perché la mano mi brucia ancora come se la tenessi nel metallo bollente! O Signore, liberami dunque da questo dolore, altrimenti sarò colto dalla disperazione!»

13. Allora Zuriel alitò sulla mano di Lamec e il dolore scomparve, ed egli si trovò di nuovo nel proprio corpo pienamente cosciente.

14. Il Signore però chiese poi a Lamec che cosa ne pensasse ora della sensibilità dello spirito.

15. E Lamec rispose: «O Signore, precisamente il contrario di come pensavo prima!»

16. E il Signore aggiunse: «Di più non ci occorre! Se la sensazione appartiene soltanto alla vita, allora essa deve anche certamente essere intensissima là dove la vita è riunita nella sua pienezza originaria! Del resto l’espressione “uno spirito insensibile” sarebbe già di certo la maggiore contraddizione!

17. Tuttavia lasciamo ora a Zuriel l’esposizione di ulteriori dettagli in proposito, poiché egli è qui per questo scopo! E allora, Zuriel, parla! Amen!»

 

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Cap. 74

Zuriel spiega che la percezione del dolore è dello spirito, e può contrastarlo con la forza di Dio

10 luglio 1843

1. E subito Zuriel cominciò a rivolgere a Lamec le seguenti parole: «Lamec, fratello nel Signore, nostro onnipotente Creatore e Padre santissimo e amorosissimo! Vedi, mentre tu stesso prima ti trovavi in spirito, io ti ho dimostrato in modo, per così dire, da potersi toccare con mano, che lo spirito ha una forte sensazione, assolutamente potente, per le impressioni spirituali, le quali sono perfettamente uguali a quelle naturali, ma tali non sono secondo il significato!

2. Tu però non conosci ancora dove risiede la causa della tua sensazione spirituale dolorosa. Ma affinché tale causa tu la possa vedere nella maniera più chiara, io te la comunicherò con tutta fedeltà secondo la Volontà del Signore; e perciò ascoltami!

3. Vedi, tu percepisci le impressioni del mondo nel quale vivi, o in maniera dolorosa oppure molto benefica e piacevole; dolorosa quando le impressioni sono troppo potenti per le forze insite in te, e benefica e piacevole quando le impressioni sono tali da non superare le forze insite in te, bensì corrispondenti armonicamente con queste.

4. Ma se le impressioni sono più deboli, e inoltre, che le tue forze hanno di gran lunga il sopravvento su di esse, allora le percepirai con indifferenza assoluta, perché constaterai che viene richiesto troppo poco alle forze insite in te in uno stato necessariamente contro-attivo.

5. Infatti, solo in una reazione armonicamente corrispondente alle tue forze contro le impressioni dell’esterno giace il perché del piacevole senso di benessere, che qui è anche la vera e propria essenza di ogni beatitudine.

6. Ebbene, vedi, se tu percepisci nel corpo un qualche dolore, allora non è il tuo corpo a percepirlo, ma soltanto il tuo spirito, che qui è l’unico ad avere insita la capacità di provare sensazioni!

7. La tua sensazione di percepire il dolore come se lo percepissi nel tuo corpo, deriva dal fatto che il tuo spirito è insito in tutte le tue parti del corpo in maniera perfettamente corrispondente.

8. Se però il tuo spirito, ovvero il tuo ‘io’ del tutto vero e proprio, può essere eccitato in modo così estremamente forte tramite impressioni esterne per mezzo del corpo grezzo e materiale, nonostante esso sia ben coperto e protetto da tutte le parti nel miglior modo possibile, allora esso sarà certamente tanto più eccitabile nello stato ancora completamente assoluto!

9. Ma perché succede questo? Succede questo perché lo spirito, nello stato completamente assoluto, entra nella corrispondente azione reciproca con le forze fondamentali, e già a grande distanza deve percepire qui la loro forza – sia per quanto riguarda il tempo che lo spazio – senza la cui percezione esso potrebbe cadere con grandissima facilità in uno stato di prigionia da cui non si può liberare, nel quale gli sarebbe riservata una sorte molto ma molto peggiore della tua quando dovesti subire la mia stretta di mano!

10. Se lo spirito è imperfetto, e dunque non completamente sviluppato ed esercitato nei suoi sensi percettivi e se esso è ancora cieco e sordo alla forma e alla voce della verità, allora in nessun caso, nel suo stato assoluto, esso verrà a trovarsi in una situazione desiderabile, perché in tale stato non potrà sfuggire a tempo debito, né sarà in grado di opporsi con la dovuta forza a tutte le impressioni che si abbatteranno su di lui.

11. Ma certamente le cose stanno in modo del tutto diverso quando si tratta di uno spirito perfetto, poiché un tale spirito si trova sempre unito a Colui che ora siede accanto a te!

12. Costui però predispone sempre le forze dello spirito in modo tale che esse siano costantemente ben misurate contro ogni impressione e ogni incitamento, e da questo può poi derivare soltanto una sensazione di benessere eternamente beatissima, però mai una sensazione di dolore.

13. Fa’ bene attenzione a queste parole; esse, con l’eterno Amore e con la Grazia del Signore, ti guideranno dentro ai misteri più profondi della vita!

14. O Signore, con la Tua Grazia ho adempiuto il Tuo Volere; concedi dunque che io mi ritiri di nuovo in pace!»

15. Il Signore allora diede a Zuriel il permesso di ritirarsi, ma poi invitò Enoch a dire ancora qualche profonda parola su tale argomento.

 

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Cap. 75

Enoch spiega la vita dello spirito e il necessario conflitto tra materia e spirito

11 luglio 1843

1. E non appena Enoch ebbe appreso, tanto esteriormente che interiormente, tale desiderio del Padre, si alzò immediatamente e, postosi davanti a Lamec, cominciò a parlare così:

2. «Fratello Lamec, molto importanti e quanto mai significative sono le parole che lo spirito Zuriel ti ha detto alla maniera umana, ed io non posso dirtene delle migliori in quest’ambito!

3. Io però so che cos’è lo spirito quando parla alla maniera umana; tu invece non lo sai, perché sei ancora attaccato alla lingua e non allo spirito.

4. E così, per la Volontà santissima del nostro amato e santo Padre, io voglio innalzarti e trasferirti dolcissimamente dalla lingua allo spirito, laddove tu stesso potrai vedere e comprendere com’è costituita la vita nello spirito! Prestami dunque ascolto nel tuo cuore!

5. Vedi, quando due venti spirano l’uno contro l’altro, di cui uno è forte come l’altro, allora nell’atmosfera si stabilisce l’equilibrio e una benefica quiete regna sulla superficie della Terra: l’aria si fa pura e serena, e i raggi del Sole possono illuminare e riscaldare il paese senza impedimenti con la luce non offuscata.

6. Ma se poi, dopo il periodo dell’equilibrio, uno dei venti prende il sopravvento e si rinforza mentre l’avversario si indebolisce, allora il più potente comincia subito ad avanzare con veemenza, e così ricaccia senza pietà e trascina con sé il vento diventato debole.

7. Ma finché il vento più debole fa ogni tanto dei tentativi per dominare il più potente, esso deve rassegnarsi ad essere spinto, oppresso e infine pure soggiogato dal più potente. Se invece esso si arrende immediatamente, allora anche ogni spinta e ogni pressione hanno poi fine, però con ciò ha pure fine la consistenza di per sé del vento più debole!

8. Tu ora dici tra te e te: “Ma perché il Signore permette che sia così? Per Lui, l’Onnipotente, impedire questo conflitto sarebbe certamente la cosa più facile di questo mondo!”

9. E qui tu hai ben ragione, poiché a Dio sono assolutamente ben possibili tutte le cose. Se però Egli non concedesse che le forze stesse entrassero in conflitto l’una contro l’altra, allora avverrebbe che esse finirebbero col rilassarsi e poi giacerebbero morte come le pietre delle montagne, le quali in sé e per sé sono esse pure delle forze, però giudicate ed avvinte in sommo grado, e per conseguenza immobili e perciò sono completamente morte e non hanno nessuna sensazione.

10. Vedi, così è anche la vita dell’uomo! Essa spira nei suoi organi in tutte le direzioni. Lo spirito spira nella materia e la vuole trascinare con sé; la materia, ossia il mondo, spira nella materia quale sangue e quali altri umori più raffinati, e questi spirano nello spirito e lo vogliono trascinare con loro.

11. Se lo spirito è più potente della materia, allora esso la spinge fuori e se la rende completamente servizievole; ma se invece è la materia che trionfa sullo spirito, allora lo spirito decade e, quale vita, soffre in modo estremamente duro e doloroso, portando continuamente il peso molto opprimente della morte della materia, e questa poi è la morte spirituale.

12. Ma se lo spirito fosse insensibile in tale stato di morte, allora esso con ciò sarebbe anche irrimediabilmente perduto in eterno. Invece la sempre più accentuata sensazione dolorosa dell’oppressione lo costringe a difendersi e a lottare incessantemente contro la materia, ma con ciò la sua forza viene tenuta in esercizio e così viene sempre più rafforzata.

13. E così, con l’andare del tempo, esso può diventare ancora un completo vincitore sulla propria materia e in questo modo può giungere alla libertà della vita eterna, proprio come la materia della pietra con il tempo e per effetto della gravità che giace in essa e alla quale è sottoposta, viene compressa e schiacciata e si trova infine costretta a sottrarsi, allo stato disciolto, alla gravità, allora questa forza diventa poi di nuovo libera e diventa una cosa sola con la forza universale alla quale è sottomessa ogni materia; questo è anche il caso del vento, quando cioè il vinto riesce infine nuovamente a trionfare sul vincitore di prima».

 

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Cap. 76

I tre lati di ogni relazione nella vita: l’umano-materiale, l’umano-spirituale e l’umano-divino

L’imperscrutabilità del rapporto umano-divino delegata solo a Dio

13 luglio 1843

1. Dopo queste parole Enoch domandò a Lamec: «Fratello Lamec, hai ben compreso queste mie parole?»

2. E Lamec rispose: «Sì, fratello Enoch, e siano perciò resi al Signore ogni lode, ogni gloria e onore, e a Lui vadano tutta la mia gratitudine e il mio amore! Finora nel tuo discorso non c’è stato niente che io non abbia potuto comprendere subito completamente e radicalmente; ma qualora restasse ancora da sviscerare qualcosa per quanto concerne la capacità dello spirito a percepire il dolore e riguardo a che cosa sia del tutto effettivamente il dolore in sé e per sé, allora io ti prego, dilettissimo fratello, di continuare ancora a parlare, perché le tue parole sono chiare e mi rallegrano immensamente»

3. Queste espressioni da parte di Lamec piacquero molto sia al Signore che ad Enoch, e il Signore invitò Enoch a continuare a parlare. Ed Enoch, rivoltosi nuovamente a Lamec, gli disse così:

4. «Lamec, mio diletto fratello! Vedi, ciascun rapporto nel quale e attraverso il quale noi viviamo del tutto effettivamente, ha tre lati: l’uno è l’umano-materiale, l’altro è l’umano-spirituale e il terzo è l’umano-divino.

5. I primi due sono comprensibili per noi, ma il terzo non lo sarà mai in eterno, poiché esso è infinito, perché è puramente divino. Noi però siamo degli esseri finiti e perciò non ci sarà mai possibile vedere né toccare le infinite Profondità e Altezze di Dio.

6. Per questo motivo un uomo, se egli è sapiente attingendo da Dio, può anche rispondere a due domande riguardo alla sua propria entità e ai rapporti di questa, ma egli non risponderà mai in eterno alla terza domanda, poiché tale risposta è celata nell’inesprimibile ed eternamente incomprensibile Profondità di Dio, e noi non potremo mai decifrarla completamente in eterno!

7. Per questo motivo, riguardo alla capacità dello spirito a percepire il dolore, da parte nostra rimarrà anche ben poco da discutere ancora!

8. Tuttavia ritengo che noi, riguardo a questa cosa, ora sappiamo precisamente quel tanto che ci occorre sapere; la terza parte, però, la rimetteremo per sempre nelle mani del Signore.

9. Ora noi sappiamo per esperienza che lo spirito, come principio fondamentale della vita nell’uomo, può e deve possedere soltanto la coscienza di se stesso, quindi anche il vivo sentimento e la sensazione, e per conseguenza anche la capacità di percepire il dolore!

10. Ma se noi ora abbiamo e sappiamo questo in maniera approfondita e perfettamente viva, allora abbiamo anche quello che ci basta completamente e, a seconda di questa nozione, possiamo regolare la nostra vita con la massima facilità in modo da non aver mai in eterno niente a che fare con la spiacevole capacità di percepire il dolore.

11. Per quanto però concerne il terzo lato riguardo a questa viva proprietà dello spirito vale a dire che cosa sia in sé e per sé il dolore, oppure la sensazione, oppure che cosa sia nella sua causa eternamente originaria la forza della vita – ebbene questo, fratello, va lasciato, come detto, a Colui la cui santissima presenza visibile è causa ora per tutti noi di tanta suprema beatitudine e vita!

12. Io ritengo dunque che sarebbe del tutto superfluo spendere altre parole riguardo a questo argomento, e per conseguenza limitiamoci a ringraziarLo di quello che Egli ci ha donato con così tanta benevolenza e di quello che in misura certamente maggiore otterremo ancora da Lui! Sì, così sia in eterno! Amen!»

 

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Cap. 77

La consacrazione di re Lamec a sommo sacerdote del tempio sul monte

La consolante promessa del Signore di una Sua costante presenza nel tempio

14 luglio 1843

1. E quando Enoch terminò di parlare e il Sole si stava avvicinando rapidamente al suo sorgere, Lamec si alzò, si mise dinanzi al Signore e Gli si prostrò ai piedi cominciando, con tutto l’ardore del suo amore, ad adorarLo e a ringraziarLo di tutti i Suoi incommensurabili doni, grazie e misericordie, e con tutto il fervore possibile Lo pregò che Egli volesse rimanere continuamente con lui e non scomparisse di nuovo rendendosi invisibile.

2. Ma allora anche il Signore si alzò e disse a Lamec: «Rialzati, Mio diletto figlio Lamec! Io guardo solo al tuo cuore e non alle tue ginocchia: se il cuore è in ordine, allora anche tutto il resto del corpo lo è. Ora però il tuo cuore è nell’ordine più perfetto; così pure sarà il tuo corpo!

3. Io ora provo una grande gioia per te e perciò ti consacro a gran sacerdote di questo tempio.

4. Durante tutta questa notte ti ho mostrato i molteplici gradi della vera, interiore sapienza proveniente da Me, e con ciò questo tempio visibile, edificato dalla tua acuta intelligenza e dalla tua mano, è diventato un tempio della sapienza, nel quale l’uomo della Terra deve sempre ricordarsi che Io stesso, il Creatore del Cielo e del mondo, ti ho ammaestrato in questo luogo ed ho riposato con te sui gradini dell’altare, e con ciò li ho resi e consacrati a gradini sui quali l’uomo deve scrutare la propria nullità dinanzi a Me nella completa pace del proprio spirito. E quando egli avrà fatto così, allora in questo tempio Mi avrà anche offerto un giusto e gradito sacrificio, così come adesso Me l’hai offerto tu dall’ardente fondamento del tuo cuore!

5. Ma siccome tutte queste cose sono avvenute dinanzi ai tuoi occhi e a quelli del popolo qui presente, che nella sua maggioranza ha vegliato con noi durante tutta questa nottata, e considerato che il popolo non conosce ancora chi Io sia e da dove sia venuto, allora adesso ti dico: “Quando i primi raggi del Sole ammanteranno di rosa le cime delle montagne, tu fatti avanti sulla soglia del tempio aperto ed annuncia al popolo, ora del tutto apertamente, che Io sono qui.

6. E a questo annuncio al popolo aggiungi pure che esso si raccolga qui intorno al tempio, ma che nessuno vi metta il piede dentro!

7. Poi Io stesso darò dal tempio un insegnamento oltremodo importante al popolo che Mi ha seguito fin qui con amore e grande brama di sapere, pur non avendoMi riconosciuto, ma che quindi con maggiore ardore Mi seguirà certamente in spirito quando Mi riconoscerà!

8. Vedi, ormai si fa ben chiaro ad oriente; perciò preparati a questo tuo primo incarico per il Mio servizio in questo tempio!

9. E per il fatto che tu ora Mi hai pregato di rimanere con te in avvenire, Io ti dico: “Dove si trova il servitore fedele del Signore, da là neppure il suo Signore si troverà lontano; e dove sono i figli, là c’è anche il Padre!”

10. Su questi gradini tu Mi troverai sempre; e seppur non sempre i tuoi occhi di carne Mi vedranno, tuttavia Mi percepirai sempre nella viva Parola!

11. Ecco, questa è una grande promessa! Ma ora va a compiere l’opera che ti è stata comandata! Amen!»

 

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Cap. 78

Le parole di Lamec rivolte al popolo raccolto intorno al tempio

 Il Signore presentato nell’Uomo povero, nel Messaggero e nell’Uomo sapiente

15 luglio 1843

1. E allora Lamec si accinse subito all’opera secondo il comando e, giunto sulla soglia del tempio aperto, parlò così al popolo che era già tutto sveglio:

2. «Ascoltatemi, voi tutti, cari fratelli e voi tutte, care sorelle! Nuovamente una Grazia ed una Misericordia infinitamente grandi ci sono state concesse dall’alto dei luminosi Cieli di Dio!

3. Noi tutti non potremo mai in eterno, anzi il mondo intero non potrà mai apprezzare, glorificare, lodare e adorare abbastanza in maniera adeguata l’immensità di tale Grazia e Misericordia, né mai in eterno nessuno sarà in grado di ringraziare di ciò a sufficienza Dio, il Signore, e di renderGli in corrispondente misura il più alto e valido onore!

4. Fratelli! Ieri avete visto tra di voi e avete udito l’Uomo sapiente, e grande è stata la vostra meraviglia per la Sua alta e profonda Sapienza, ma nessuno di voi sapeva da dove quest’Uomo sapiente fosse venuto, ed anche per questo le opinioni erano differenti, e a questo proposito vi ponevate domande l’un l’altro senza che vi fosse nessuno capace di offrire una sufficiente spiegazione.

5. Tali cose voi le conoscete tutti, dato che ne foste testimoni con me. Ma ora, sapete chi è quest’Uomo sapiente?

6. Voi dite di no, e con il vostro animo teso e agitato chiedete: “Chi mai può essere dunque quest’uomo la cui immensa sapienza noi dovemmo altamente ammirare sopra ogni misura?”

7. Sì, miei diletti fratelli e sorelle! Nei riguardi di quest’Uomo le cose stanno in maniera tanto infinitamente e altamente meravigliosa che, considerato lo stato di agitazione del vostro animo, non possono essere espresse senza danno con una sola parola! Quindi io prego voi tutti di ascoltarmi con calma assoluta, e udite l’annuncio grandioso e supremo!

8. Ebbene, voi eravate presenti quando fu consacrato il tempio nella pianura e quando esso venne benedetto in maniera vivente per potervi accogliere nel modo più degno il Nome altissimo di Jehova, e cioè a riparazione della grande infamia perpetrata da me contro lo stesso Nome, altissimo e supremamente santo!

9. Ma sapete voi Chi era Colui che incedeva come un Araldo dei Cieli a fianco di Enoch dall’altura?

10. Voi qui dite: “Egli era un supremo messaggero di potenza proveniente dalle luminose Altezze di Dio!”

11. Ma chi era l’Uomo povero che venne da noi quella sera e che i miei servitori non volevano nemmeno lasciare entrare nella sala da pranzo, tanto che io stesso dovetti uscire fuori per sottrarLo ai maltrattamenti della mia insensata servitù e per condurLo poi alla mia mensa?

12. Voi dite: “Molti asserirono che fosse stato il Dio onnipotente stesso, però molti altri questa cosa non la poterono comprendere, né poterono credere pienamente che quell’Uomo povero fosse stato il vero Dio e Creatore, quindi lo stesso Jehova!”

13. Vedete, così voi siete continuamente costituiti nel vostro cuore, e perciò con voi non c’è da parlare molto di cose altissime, poiché voi non siete ancora di gran lunga abbastanza maturi per comprendere che cosa sia Dio e come Egli venga a noi, Sue creature e Suoi figli!

14. Sappiate però che il nostro Dio è ora di nuovo venuto a noi nell’Uomo sapiente, per cercarci Egli stesso, attirarci e guidarci a Lui e per Lui!

15. Preparatevi dunque; Egli stesso si rivelerà da questo tempio! Ma che nessuno di voi ponga i suoi piedi oltre la soglia, perché il tempio ora è sacro, dato che Dio, il Signore stesso, cammina in esso!

16. E felici coloro che udranno la Sua voce e che a questa si rivolgeranno! Amen!»

 

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Cap. 79

Enoch e i due Lamec nominati a guide fondamentali di tutto il popolo

 L’amore del Signore per i Suoi figli è così grande, da donare la propria Vita per loro se fosse necessario

17 luglio 1843

1. Dopo tali buone ed istruttive parole, Lamec ritornò al centro del tempio e con accento del massimo amore e reverenza disse al Signore:

2. «Padre santo, vedi, per quanto è possibile ad un grande peccatore dinanzi a Te, io ho riferito ai fratelli là fuori la Tua santissima Volontà!

3. O Padre, accogli benignamente questa mia opera imperfetta come fosse qualcosa dinanzi a Te, e il Tuo Amore e la Tua Sapienza, eternamente supremi e santissimi, rimedino ai gravi errori da me sempre commessi contro di Te e contro i poveri fratelli e sorelle!»

4. A questo punto il Signore interruppe Lamec e gli disse: «Ascolta, figlio Mio Lamec, a chi come te riconosce i propri errori, a costui essi sono tolti già da molto tempo, ed egli sta dinanzi a Me come una nascente stella del mattino, che è un messaggero splendente del Sole vicino al suo sorgere! E tu pure stai ora dinanzi a Me in questa maniera e così rimarrai in avvenire!

5. Ma a te Io dico: “Ai tuoi fratelli e sorelle tu hai parlato molto bene e in maniera perfettamente conforme alla Mia Volontà; perciò voglio subito presentarMi a loro e Mi rivelerò loro quale il Signore e Creatore del Cielo e di tutti i mondi, e quale l’unico vero e amorosissimo Padre di tutti i Miei veri figli!

6. E voi tre, Miei prediletissimi figli, venite voi pure con Me, il vostro Padre eternamente vero, fino alla soglia del tempio, e mediante la vostra presenza testimoniate di Me, come Io testimonierò di voi che Io stesso vi ho eletti tra le molte migliaia e vi ho posti a guide fondamentali di tutto il popolo che vi circonda, tanto sulle alture quanto sulla pianura!

7. Tre stirpi soltanto Io ho condotto via, e di queste, che sono quelle di Caino, di Meduhed e di Sihin, voi non siete chiamati ad avere cura. Ma tutto il resto del popolo, Io, quale il Signore e verissimo Padre, lo pongo nelle vostre mani in modo che lo guidiate rettamente per quella via che sempre ed eternamente conduce all’eterna, immortale, liberissima e beatissima vita d’amore nel Mio Amore!

8. Non preoccupatevi però per le tre stirpi che Io ho condotto via, poiché anche ad esse ho stabilito delle sagge e giuste guide che devono condurre i loro popoli fino alla soglia della dimora eterna e santa, dove sempre eternamente Io sarò solito dimorare in tutta la potenza e la forza del Mio Amore!

9. O voi tre Miei predilettissimi uomini delicati, Io sono il vostro vero, eterno, santo ed amorosissimo Padre! Però vedete: come Io vi amo sopra ogni cosa e voi Mi siete più cari e valete molto di più di tutti i Cieli, Soli e mondi, così anche voi amate sempre tutti i vostri fratelli e sorelle, poiché essi sono di certo tutti figlioletti Miei come lo siete voi!

10. Vedete, Io vi amo così tanto, che se ora fosse possibile e necessario, lascerei la Mia vita da Me per darla a voi per l’eternità!

11. E così dunque, anche voi amate Me, il vostro buon Padre, ed amate tutti i figli Miei per amor Mio, perché Io, quale Padre, li amo tutti con così tanta potente forza!

12. Non giudicateli mai, perché neppure Io voglio giudicare nessuno, bensì voglio dare a ciascuno una vita d’amore eternamente liberissima. Questa è la Mia Volontà, e questa osservatela d’ora innanzi!”

13. Ora però seguiteMi fino alla soglia del tempio!»

 

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Cap. 80

La trasfigurazione del Signore davanti al popolo

Le Sue parole paterne, poi disappare

18 luglio 1843

1. E dopo tali sante parole del Signore, Enoch e i due Lamec si presentarono con Lui sulla soglia del tempio.

2. Ma quando furono giunti là, la veste del Signore apparve subito di un candore più bianca della neve appena caduta, e il Suo volto, le Sue mani e i Suoi piedi si fecero raggianti di una luce più intensa di mille volte quella del Sole!

3. Alla vista di tale Maestà rivelatasi nell’Uomo sapiente che prima aveva un aspetto del tutto semplice, tutto il popolo cadde istantaneamente con la faccia a terra e gridò: «O Jehova-Zebaoth, abbi pietà di noi e non giudicarci e punirci, come sempre lo abbiamo meritato a causa dei nostri cattivi pensieri, brame e azioni! Noi siamo grandi e terribili peccatori dinanzi a Te! Perciò Ti preghiamo, o Jehova-Zebaoth, avendoTi riconosciuto nella Tua infinita Gloria e Maestà, affinché Tu voglia mostrarci grazia e misericordia!»

4. A questo punto il Signore ritrasse in Sé la Sua Luce di ogni luce e poi disse a quella moltitudine immensamente spaventata e tremante: «Figlioletti, rialzatevi, perché Io, il vostro Dio, Creatore e Padre, non sono venuto a voi per giudicarvi e per punirvi, bensì per suscitare per voi delle giuste guide, che vi guidino nella vostra debolezza su quelle vie che portano al vero Regno della Vita eterna! Risollevatevi dunque, e non abbiate timore di Me, il vostro buon Padre che vi ama sopra ogni cosa!»

5. A questo punto tutta la moltitudine si rialzò dal suolo della terra come avesse acquistato nuovo vigore e ammirò stupita il Signore, il cui volto, non più raggiante ma spirante un’amorevolezza immensa, si poteva ora contemplare, e la cui veste, dallo splendore bianco, era trapassata ad un colore azzurro di cielo, e pur tacendo parve domandarGli: ‘Sei Tu Colui la cui Luce infinitamente possente ci ha gettato a terra, oppure hai messo al Tuo posto un arcangelo?’

6. Ma il Signore aprì di nuovo la Sua bocca santissima e disse al popolo: «O figlioletti, perché non volete riconoscere Me, il vostro Padre, secondo il Mio immenso Amore per voi, piuttosto che nella Mia Luce? Non è infatti l’amore, più della luce?

7. Vedete, quando Io Mi mostrai a voi nella Mia Luce, voi tutti cadeste immediatamente sul suolo della terra come giudicati; ma appena Io ho velato la Mia Luce e Mi sono rivolto a voi con il Mio Amore, ecco che siete portati a dubitare che sia ancora Io, Quello di prima comparso a voi in veste splendente!

8. Però Io, proprio il Signore stesso, Dio e Padre di tutti voi, dico a voi ora, figlioletti Miei, che non sono un sostituto del Signore, bensì sono il Signore stesso e Padre vostro, e ora vi comunicherò tutto quello che Io stesso ho fatto in spirito e in maniera viva per la vostra beatitudine.

9. E quello che ho fatto è questo: Io ho suscitato tra di voi dei maestri molto saggi. Ascoltateli sempre, e seguite il loro consiglio, tanto nella serietà come negli scherzi e nei dolori della vita. Così facendo voi seguirete Me, ed Io sarò completamente presso di voi in carne e ossa e in spirito in coloro che Io ho ora suscitato per voi!

10. Chi di voi vedrà e udrà questi da Me suscitati per voi e seguirà perfino il più lieve cenno dei loro occhi da Me illuminati, costui vedrà e udrà del tutto Me in carne ed ossa e seguirà Me! Infatti i destati portano in maniera viva il Mio Corpo e il Mio Spirito!

11. E con ciò ora Io vi benedico tutti, poiché d’ora innanzi voi non Mi vedrete e non Mi udrete altrimenti se non soltanto in coloro che Io ho suscitato per voi.

12. Tu Enoch, e tu Lamec della pianura, e tu Lamech dell’altura, Io vi faccio diventare una cosa sola con Me, in modo tale da testimoniare sempre di Me! Io vi conferisco tutta la forza e la potenza del Mio Amore. Operate in questa Forza d’ora in avanti fino al tempo del vostro distacco e fino al passaggio da questa residenza a quella dove Io stesso dimoro dall’eternità. Amen!»

13. Dopo queste parole il Signore scomparve, e tutto il popolo pianse e singhiozzò e pregò Dio.

 

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Cap. 81

Sette pietre bianche deposte nel tempio a ricordo della presenza del Signore

L’origine della Pietra filosofale

20 luglio 1843

1. Per il tempo di un’ora buona regnò un grande silenzio tra il popolo, come pure tra le tre guide dotate di grande potenza.

2. Ma trascorsa quest’ora, Lamec si rivolse ad Enoch e gli disse: «Fratello Enoch, io ora ritengo che qui tutto è già stato disposto e fatto secondo la Volontà e secondo l’Ordine del Padre onnipotente ed amorosissimo e Creatore del Cielo e della Terra, e così noi potremmo certo fare di nuovo ritorno in città, in modo che là si possano subito prendere le disposizioni necessarie attraverso le quali diffondere in tutte le altre città questa santissima notizia!»

3. Ed Enoch rispose a Lamec: «Sì, fratello, oggi stesso sia fatto così, poiché la salvezza e la luce provenienti da Dio non giungono mai troppo presto ai popoli! Perciò questa tua sollecitudine è oltremodo preziosa, e perciò daremo immediatamente le disposizioni per recarci tutti assieme in città.

4. Una cosa ancora però dobbiamo fare come testimonianza visibile della presenza del Signore, in modo che i nostri discendenti possano ricordarsi che il Signore stesso ha benedetto questo tempio per la sapienza dello spirito umano, e questa cosa consiste nel portare qui sette pietre bianche – ciascuna della grandezza di una testa di uomo – e le deporremo affinché rimangano senza che nessuno possa spostarle, su quel gradino dell’altare dove il Signore ha riposato e dove, nel corso dell’intera notte, Egli stesso ci ha insegnato la vera, interiore e santa sapienza dello spirito per la Vita eterna, liberissima e perfettissima.

5. Vedi, fratello Lamec, sia fatta ancora questa cosa e poi ritorneremo subito in città con la tua intenzione estremamente eccellente e buona!»

6. E quando Lamec ebbe percepito tali parole di Enoch, al colmo della gioia si slanciò fuori dal tempio e, chiamati subito a sé Mura e Cural che erano pure presenti, disse loro quale era il desiderio di Enoch.

7. Questi due se ne andarono subito in un luogo della montagna dove giacevano disperse una quantità delle pietre bianche che non erano state tutte impiegate per la costruzione del tempio, ne scelsero le sette più belle e più pure e della giusta misura, e le portarono a Lamec e poi, con Lamec, anche nel tempio.

8. E quando questo fu fatto, Enoch disse a Lamec: «Vedi, noi qui siamo soltanto in cinque! Fa’ dunque entrare ancora due uomini come testimoni, e poi ciascuna di queste pietre deve essere scritta con i nostri sette segni dei nomi, e solo dopo esse saranno deposte sul gradino dell’altare.

9. Io poi toccherò le pietre nel Nome del Signore, e allora da esse irradierà continuamente una forza tramite la quale tutti coloro che le toccheranno acquisteranno la sapienza per un certo tempo!»

10. Questa cosa fu anche fatta immediatamente. E tale fu del tutto effettivamente l’origine della “Pietra filosofale”, e la forza di questo luogo si mantenne, secondo la Mia Volontà, fino al tempo dei profeti d’Israele; e il monte era quello sul quale lo stesso Saul ottenne per breve tempo il dono della profezia, grazie al quale, quando egli ritornò dal monte, il popolo poi disse: “Cosa significa questo? È dunque anche Saul tra i profeti?”

11. Quando le pietre furono collocate al loro posto, allora ciò fu anche reso noto a tutto il popolo. Poi Lamec annunciò la partenza ad alta voce, e tutti discesero lentamente dal monte e fecero ritorno in città.

 

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Cap. 82

L’invio dei messaggeri nelle dieci città

Come dovrebbe essere governato uno Stato secondo l’Ordine divino

Breve parentesi su quel tempo. Enoch e Lamec e altri condotti all’altura di Adamo

21 luglio 1843

1. Giunti in città e dopo aver fatto colazione, Lamec diede subito disposizioni affinché in quello stesso giorno venisse trasmessa a tutte le altre dieci città la notizia delle grandi cose meravigliose operate da Dio; ciò che del resto non era affatto difficile da compiere, dato che nessuna di queste città distava dalla capitale Hanoch al massimo più di una breve giornata di viaggio e che, oltre a questo, le strade che conducevano a ciascuna città erano costruite in linea abbastanza retta.

2. E dopo che i messaggeri furono inviati, Lamec durante i tre giorni successivi ordinò ogni cosa nella città di Hanoch con l’aiuto di Enoch: nominò i custodi per il tempio sul monte e fece costruire da Mura e da Cural perfino una dimora fissa un po’ più giù del tempio, su una sporgenza del monte, non grande ma tuttavia sufficiente per accogliervi un’abitazione di modeste proporzioni, e tutto ciò in maniera che deve apparire quasi miracolosa per voi, abitanti della Terra di questo tempo (1843), perché fu compiuto solo in quei tre giorni.

3. Hanoch si trovò dunque perfettamente sistemata secondo il Mio Ordine in brevissimo tempo, e tutto il popolo non aveva nessun altro comandamento all’infuori di quello dell’amore per Dio e per il prossimo. E la lussuria era predicata come un male, tramite il quale ciascun uomo rovina il proprio spirito e di conseguenza anche tutte le forze dello spirito.

4. E così attraverso l’opera dei maestri, anche vari altri mali furono sradicati nel popolo non mediante leggi sanzionate, bensì unicamente per mezzo di saggi insegnamenti con i quali i maestri dimostravano agli uomini in luce chiarissima quali cattive conseguenze avrebbero dovuto inevitabilmente sorgere dai mali stessi.

5. E col tempo poi ciascun uomo, per poco anche che si fosse irrobustito nello spirito, e così pure ciascuna donna più assennata e più sensibile, constatarono che le sagge dottrine dei maestri cominciavano ad avere conferma vivente in loro.

6. In tale maniera questo popolo visse per lungo tempo nella giustizia, grazie alle sole dottrine; all’inizio naturalmente attraverso gli insegnanti, e poi da se stesso e senza leggi.

7. Quindi tutto il benessere spirituale e sociale degli uomini era fondato sulla saggia educazione.

*

8. Il seguito però dimostrerà chiaramente per quali cause l’umanità verso l’epoca del diluvio si è così completamente e assolutamente staccata da Me, al punto da passare per tale motivo, secondo la sua volontà prigioniera, del tutto sotto il dominio del grande nemico della vita.

9. Ma nel tempo successivo alla conversione di Lamec, tanto l’altura, quanto la pianura erano così perfette, che appena nei Cieli si poteva trovare un migliore ordine puramente spirituale di quello costituito a quel tempo sulla Terra.

10. Se quella volta anche il serpente si fosse adeguato (a questo ordine), allora la Terra sarebbe stata di nuovo trasformata nell’antico Paradiso; ma ben presto il serpente si rammaricò di aver accettato la Mia condizione anche solo per metà, e non trascorse molto tempo che egli, conformemente al suo libero volere, cominciò nuovamente a dedicarsi al suo antico e maligno mestiere.

11. Egli mise alla prova gli uomini per il loro bene per un periodo di circa settecento anni, e dopo questo tempo le sue prove assunsero tuttavia un carattere completamente differente; esse diventarono malvagie e tendenti a catturare gli uomini con modi sempre più astuti, e l’umanità si lasciò volontariamente accalappiare! Il seguito però mostrerà tutto ciò in maniera assai chiara; perciò per il momento basta così!

*

12. Dopo i tre importanti giorni, Enoch fece ritorno all’altura e questa volta egli condusse con sé Lamec e parecchi altri uomini stimati di Hanoch, in modo che potessero fare la conoscenza del padre della stirpe originaria Adamo e della madre originaria Eva. Durante questo tempo le mansioni di guida del popolo della pianura furono affidate a Hored.

 

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Cap. 83

Enormi fiamme fuoriescono dalla caverna sulla via della montagna che porta all’altura

Enoch spiega il perché delle fiamme

22 luglio 1843

1. Ora Enoch si era incamminato di nuovo per quella strada che – come è già noto – passava davanti alla caverna fatale.

2. E quando la comitiva fu giunta a quel punto, Enoch fece una breve sosta e in poche parole raccontò a Lamec l’avventura strabiliante nella quale si era trovato coinvolto, alla presenza del Signore, assieme ai suoi compagni di viaggio d’allora nell’occasione del suo primo ritorno in patria.

3. Lo stupore di Lamec non fu poco nell’udire tale racconto; però la sua meraviglia non era ancora durata un minuto, che già dalla caverna si videro irrompere, con un fracasso assordante e con grande violenza, delle enormi fiamme.

4. A quella vista, Lamec si spaventò così tanto che cadde a terra come privo di sensi.

5. Ma Enoch gli andò subito vicino, lo risollevò e gli disse: «Ma fratello Lamec, guarda un po’ i tuoi compagni di viaggio! Questi hanno pure assistito come te all’identico fenomeno, ma nessuno è caduto per terra per questo! Se anche all’inizio rimasero un po’ intimoriti, tuttavia adesso stanno ammirando questo rumoroso ma vano spettacolo con animo del tutto indifferente! Fa’ dunque anche tu quello che fanno i tuoi coraggiosi compagni!»

6. Queste parole fecero rinvenire Lamec, ed egli ora si mise anche a contemplare arditamente le fiamme sempre crescenti che provenivano dalla grande caverna, la quale era alta circa cento altezze d’uomo e larga alla base circa settanta altezze d’uomo.

7. Dopo qualche tempo però Lamec osservò ad Enoch: «Fratello nel Signore, io credo che noi dovremo prendere subito un’altra via se vogliamo arrivare in giornata alla sommità dell’altura con passo naturale, perché, a quanto io posso valutare, sarà ben difficile trovare un passaggio attraverso questo mare di fiamme che va sempre aumentando in estensione e in violenza!»

8. Ma allora Enoch replicò a Lamec dicendo: «Fratello Lamec, vedi, tu non conosci e non sai ancora di che natura sia questo fuoco d’inferno; io invece lo conosco benissimo e so anche quale ne è la causa!

9. Vedi, queste fiamme dovrebbero estinguersi in un istante se noi lo volessimo fuori dal Signore! Ma invece, questo incendio, attraverso la mia volontà, deve adesso durare ancora il tempo di un giro d’ombra (un ora) crescendo sempre più, affinché in primo luogo questa voragine spalancata venga distrutta, e in secondo luogo in modo che il primo promotore di questa fiamma trovi in essa la giusta punizione, poiché tu ora sai, da parte del Signore, che lo spirito è molto capace di percepire il dolore.

10. Ma quando queste fiamme avranno assolto tra breve il loro duplice compito, allora ben presto il ribelle dovrà anche mostrarsi a Dio per ricevere da me la giusta ammonizione e il divieto efficacissimo di non aggredire mai più in nessunissima maniera un viandante che procede per la sua strada!»

11. Queste parole soddisfecero perfettamente Lamec, il quale disse ad Enoch: «Ascolta, fratello, se le cose stanno in questi termini, anche se noi dovessimo restare tutto un giorno in questo posto per quanto straordinariamente orrendo, io non ci farò più alcun caso, poiché se noi non potessimo trovare rimedio a tale disordine, chi mai potrebbe osare avventurarsi ancora una volta da queste parti per salire sull’altura?»

12. Ed Enoch rispose a Lamec: «Consolati, fratello, perché appunto in questo momento nel Nome del Signore e in maniera favorevole viene posto fine a tale antico eccesso! Con i tuoi propri occhi ne vedrai ben presto la memorabile soluzione! Amen!»

 

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Cap. 84

Enoch col potere da Dio annienta la caverna del drago

L’apparizione di Satana

24 luglio 1843

1. E detto questo, Enoch si rivolse verso la caverna del fuoco, alzò in alto la sua destra e così parlò con voce tonante:

2. «Tu, tenebrosa dimora della morte. Tu, domicilio di colui che è un antico nemico giurato di ogni vita e un abominevolissimo disprezzatore di Dio. Tu visibile porta orrenda che conduce naturalmente e spiritualmente dentro l’abisso degli abissi, ebbene io, un servitore e un figlio di Dio, comando che tu crolli immediatamente fino al tuo profondissimo abisso e che tu venga colmata in tutte le tue fenditure, crepacci, gallerie e le molteplici caverne laterali, e che il tuo antico abitante fugga da te come un vile ladro fugge fuori dalla casa dove ha rubato!

3. O mio Dio e mio eterno Padre santo! Così ora avvenga secondo la Tua santissima Volontà per il futuro benessere dei Tuoi figli su questo terreno di istruzione, che mette alla prova, della pietrosa Terra! Amen!»

4. E appena Enoch ebbe finito di pronunciare queste parole possenti, immediatamente la caverna di fuoco crollò tra scoppi violenti in un tremendo frastuono, e tutto si trovò ridotto a macerie fumanti, e dalle profondità della Terra salì, ancora per lungo tempo, il rimbombo spaventoso e sempre più sordo dei crolli interni di questo ingresso che conduceva al doppio abisso.

5. E su tutta la Terra non ci fu un solo punto dove l’immenso effetto di un tale crollo non fosse stato percepito, e dunque anche perciò tutti gli esseri umani allora viventi sul suolo terrestre furono colti da un senso d’angoscia molto benefico per il loro animo e per la loro vita spirituale, poiché solo pochi sapienti erano a conoscenza del significato e dell’origine del fenomeno.

6. Questo straordinario avvenimento, però, aveva provocato in Lamec uno stato di completo smarrimento. Spavento e terrore si erano impossessati della sua anima, al punto che egli tremava assieme a tutta la Terra in tutte le fibre e filamenti della sua vita, come il fogliame di un pioppo tremulo[16] scosso da un violento uragano.

7. Ma anche tutti gli altri compagni di viaggio, ad eccezione di Lamech dell’altura, nonostante il loro grande coraggio, vennero a trovarsi in condizioni d’animo ben strane alla vista di quella scena d’orrore, così che nessuno osò rivolgere la parola ad Enoch, che dopo tale fatto apparve loro troppo potente.

8. Ma Enoch li consolò tutti e mostrò loro, e particolarmente a Lamec, che ciascuno porta in sé la grande capacità di operare in modo simile, al tempo giusto e nel luogo giusto, secondo l’Ordine del Signore.

9. Dopo tali spiegazioni tutti si riebbero dal loro sbalordimento, si alzò un forte vento che disperse rapidamente i vapori che ancora salivano qua e là dal luogo della rovina. E Lamec, vedendo l’ampio spazio ormai di nuovo libero e sicuro dinanzi a sé, ritornò di nuovo lieto e sereno nel suo animo, ed egli rese lode e gloria a Dio per aver concesso tanta potenza all’uomo.

10. Ma le tracce principali di questa paura erano appena svanite, che già qualcos’altro cominciò a tenere pienissimamente occupati gli animi dei nostri viandanti, più ancora della recente scena di distruzione, e questa fu l’improvvisa e del tutto arrogante comparsa di Satana in una figura terribilissima.

 

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Cap. 85

La paura di Lamec e dei suoi compagni di fronte all’orribile figura di Satana

La richiesta di Enoch a Satana di rendere nota la sua maligna intenzione fondamentale

28 luglio 1843

1. Lamec, come pure quelli che lo accompagnavano, avevano proprio davanti agli occhi il grande nemico di ogni vita e potevano notare la sua figura del tutto rovente [d’ira], bruttissima al punto da far rabbrividire, e spaventosissima. Il suo capo era ancora fumante e, al posto dei capelli, aveva dei serpenti che si torcevano con grande violenza intorno al capo, e poi, sciogliendosi, si slanciavano come frecce scoccate con tale rapidità, che se qualcuno fosse stato raggiunto, ne avrebbe avuto il corpo trapassato da parte a parte come per effetto di una freccia. Di fronte a una simile scena, Lamec e i suoi compagni rimasero su serio così enormemente terrorizzati che non seppero assolutamente a chi consigliarsi né a chi chiedere aiuto.

2. Ma Enoch, essendosi accorto di questo vano timore presso Lamec e i suoi compagni, li lasciò di proposito tremare per un po’. Dopo un certo tempo egli si rivolse a Satana con grande serietà e gli disse le seguenti parole:

3. «Ascolta, tu nemico del Signore, del nostro e del tuo Dio onnipotente! Come sei messo con la tua volontà, la tua memoria e la tua obbedienza a Dio?

4. Che cosa promettesti in mia presenza al Signore quando Egli ti fece punire per mano di Chisehel?

5. Ritieni tu, malignissimo, che la mia memoria e quella del Signore siano così perfidamente corte come lo è la tua?

6. O nemico giurato di ogni vita! Nel Nome del Signore, io ti dico che in questo caso ti sbagli enormemente!

7. Ecco: il Signore ti ha detto molte cose e tu Gli avevi fatto una piena promessa di voler guidare i Suoi figli soltanto verso il bene attraverso degli esami e delle prove ben ordinate!

8. Ma cosa ne è della tua promessa già solo dopo pochi giorni? Ebbene: ti sei dimenticato completamente del tuo Dio, della tua promessa a cui avresti dovuto tenerti fedele, e della dura punizione avuta? E invece, qui ci volevi distruggere con il massimo furore del tuo fuoco rabbioso, quantunque tu certamente dovevi pur sapere chi sono io e chi sono ora questi miei fratelli!

9. Ma non basta che tu abbia voluto annientarci col fuoco della tua rabbia e che io, per la pienissima potenza di Dio in me dinanzi a te, ti abbia ora punito nella maniera più sensibile con la distruzione di questa tua dimora ingannatrice, ebbene, ciò non solo non basta, ma tu vieni ora di nuovo qui e ti presenti al mio cospetto in una tale forma, come se volessi divorarmi con un solo boccone assieme ai miei fratelli!

10. O schiavo miserabile della tua propria perdizione e della morte in te! Vuoi forse sfidare Dio e me che sono il Suo servitore, e che nel Nome del Signore posso disperderti con un soffio come l’uragano disperde l’insignificante pula del grano?

11. Ma ora sono invece io che ti supplico, per la Forza eternamente infinita di Dio ora dimorante in me, per tua tremenda punizione, che tu mi dica in verità e fedeltà qual è la tua fondamentale intenzione e che cosa intendi ancora fare per realizzare lo scopo finale che si nasconde dietro a questa tua intenzione!

12. Se tu però mi resisti, allora io, nel Nome del Signore, ti punirò in maniera tale, che l’intera, infinita Creazione di Dio dovrà tremare in tutte le sue fondamenta, così da non lasciare in nessun luogo nemmeno un pietruzza intera in modo che essa non testimoni di tale mia azione nei tuoi confronti! E dunque, parla ora!»

13. A questo punto Satana cominciò a tremare e disse: «Enoch, io riconosco la tua potenza e la mia assoluta impotenza dinanzi a te che sei un fedele del Signore! Ma ora risparmiami la maligna confessione insieme al castigo che ho certo meritato, e destinami il luogo dove io dovrò dimorare per non essere di danno agli uomini di questa Terra, ed io mi adeguerò subito alla tua decisione di mia spontanea volontà!»

14. Enoch però insistette sulla sua richiesta e non volle scendere a patti, bensì con più insistenza comandò a Satana di parlare solo riguardo alla sua maligna intenzione fondamentale.

15. Allora Satana cominciò a impennarsi e a recalcitrare, e non volle dire ciò che Enoch gli aveva comandato con così estrema insistenza.

 

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Cap. 86

Ulteriormente incalzato da Enoch, Satana minaccia e preannuncia il Diluvio e la crocifissione

29 luglio 1843

1. Enoch però non badò affatto alle parole di Satana, né lo guardò, bensì per la terza volta gli comandò con tutta insistenza di parlare delle sue maligne intenzioni finali, e cosa si riprometteva di ottenere con la sua enorme malignità e perfidia.

2. A questo punto Satana aprì immediatamente la bocca e disse: «Ascoltami, tu orgoglioso servo di Dio su questo pulviscolo che si chiama “Terra”! Io ho il potere di non dare la risposta a ciascuna domanda del Creatore di tutte le cose, il Quale certamente può darmi un corpo indistruttibile dotato della massima sensazione e può poi precipitarmi, ad eterna punizione, nell’ardore centrale più tremendo, più doloroso e tormentoso del Suo Fuoco d’ira, e nonostante questo, tu, appena degno di essere nominato un atomo della polvere sulla polvere delle polveri, vorresti costringere me, a cui ancora l’intera Creazione visibile sta e deve stare al mio comando – purché io lo voglia – a rivelarti i miei piani che ho stabilito per me già dall’eternità? O tu, miserabile verme della polvere!

3. Vedi, ad un mio cenno tutti gli elementi stanno al mio comando, e l’intera Terra è seppellita sotto le fiamme, oppure sotto le acque! Con un lievissimo alito io posso spegnere il Sole e posso sprofondarti in una notte eterna, e posso trasformarti istantaneamente in nullissima polvere, e tu osi volermi costringere a risponderti, e per di più con futili minacce?

4. Vedi, se nella mia infinita potenza io reputassi degno distruggerti, allora tu già da lungo tempo non esisteresti più! Ma da parte mia sarebbe un agire ben misero e meschino se io volessi occuparmi di simili terribili nullità!

5. Perfino Dio stesso è troppo piccolo e nullo per me perché io voglia abbassarmi a tanto da assalirLo con la mia potenza, dato che solo io vedo chiaramente come sarebbe facile per me farla finita con Lui! Ma che cosa dovrei fare allora di te, o miserabilissima creatura?

6. Con tutta la mia condiscendenza possibile io ti ho detto di esonerarmi dalla risposta e di indicarmi un luogo dove debba andare, in modo che i bei figli di Dio possano essere risparmiati dalla mia prova. Tu, invece, mi vieni contro con un’arroganza divino-onnipotente?

7. Ebbene, aspetta, o superbo e borioso servo di Dio! Per te saprò ben io trovare un maestro che si dovrà imprimere nella tua memoria per tutte le eternità delle eternità!

8. Ecco, io adesso ti giuro, che andrai incontro alla tua rovina sicura; e il tuo Dio onnipotente io Lo farò appendere ad un legno dal quale Egli chiamerà inutilmente aiuto!

9. Nondimeno, al più presto io distruggerò questa generazione di uomini con le fiamme e con i flutti, in modo che non ne rimanga assolutamente più la benché minima traccia. Ma non ucciderò te, affinché tu sia testimone di quando farò tutto quello che ho detto ora nella mia giusta rabbia!

10. In verità, tutta la Creazione visibile dovrà scomparire fino all’ultimo atomo prima che una sola sillaba di tutto ciò rimanga inadempiuta! E a questo mi hai indotto adesso tu!

11. E con questo tu hai ora la risposta che volevi avere; da essa apprendi quello che farò!

12. E ora vattene via da qui con la tua gentaglia, e bada bene di non domandarmi altro, altrimenti faccio subito quello che immancabilmente farò soltanto nel corso dei tempi!»

 

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Cap. 87

L’energica risposta di Enoch a Satana con una profezia sul tempo del suo giudizio

Satana viene confinato al centro della Terra

31 luglio 1843

1. Ma quando Enoch ebbe percepito tali espressioni dal nemico giurato della vita, egli si rizzò su se stesso, rese possente onore e gloria a Dio nel suo cuore e poi rivolse al sacrilego dell’eterna Santità divina le seguenti parole dense di significato:

2. «Ascolta ora, tu malevolo sacrilego per tua propria ed assoluta volontà! Per miriadi di miriadi di anni solari, ciascuno dei quali dura circa ventottomila anni terrestri, tu fosti sempre un ribelle sommamente ostinato e recalcitrante verso Dio!

3. E quanto e che cosa ha fatto l’Amore infinito del Signore per ricondurre te, demone, sulla retta via, senza ostacolare la tua libertà di volere!

4. Guarda lassù in alto: tutti gli innumerevoli Soli e mondi di ogni specie li ha creati il Signore a causa tua, affinché a te fosse possibile fare ritorno su uno o l’altro di essi!

5. Su ogni Sole e mondo la misericordia infinita di Dio ti ha messo in mano innumerevoli mezzi con i quali tu avresti potuto ritornare con molta facilità. Mai il Signore, neanche in minimissima parte, ti ha fuorviato nella tua prima esteriore libertà della tua volontà, e non ti ha mai posto in nessun luogo il benché minimo limite!

6. Ogni volta che tu, agli scopi del tuo presunto ravvedimento, volevi un nuovo Sole con molte terre, lune e stelle di vapore, allora il Signore te lo creò secondo il tuo piacimento, così tu potesti sempre farti gioco dell’Onnipotenza dell’eterno Dio!

7. Ma per che cosa hai invece impiegato tutte queste innumerevoli grazie e queste misericordie inesprimibilmente grandi che sono state sprecate per te? Ecco: a null’altro se non al compimento di quanto hai minacciato adesso qui, e di quello che in occasione del nostro precedente incontro tu, nella maniera più sfrontata, hai comunque dichiarato in faccia al Signore del Cielo e della Terra!

8. Ora però, Satana, ascolta quello che il Signore ti dice adesso attraverso la mia bocca:

9. “Funestissimo sacrilego del Mio Amore, della Mia Grazia, Tolleranza, Misericordia, Pazienza, Mansuetudine, Dolcezza e della Mia eternamente intangibile Santità! Ora Io, tuo Signore e tuo Dio, giuro per tutta la Mia potenza e forza eternamente infinite, la tua rovina eterna e completa! Quello che tu hai detto ora, ebbene questo si compirà immutabilmente per la tua rovina!

10. Finora Io non ti ho mai ancora posto un termine, bensì ti era consentito porre dinanzi a Me, liberamente, scadenze su scadenze e mentirMi grossolanamente alla fine di ciascuna scadenza, per poi, dopo la ripetutissima menzogna, schernirMi come un Dio scimunito e pieno di debolezze, come se Io fossi cieco e sordo e non potessi scrutare i tuoi piani!

11. Ma ora Io Mi sono stancato della tua antica profanazione e perciò ti pongo ora un termine da Me stesso!

12. Tu conosci l’età di Adamo? Ecco, una volta questo tempo è già passato; ma quando sarà trascorso ancora per sei volte, allora tu, con tutti i tuoi aiutanti e gli aiutanti degli aiutanti, troverai la ricompensa che ti spetta nel fuoco eterno della Mia ira!

13. Ma affinché tu – così incidentalmente – debba assaggiare questo fuoco fino all’ultima meta da Me posta a te ora, allora Io ne ho immesso proprio ora una minima scintilla nel centro della Terra e là dentro ho edificato un focolare per questa scintilla, e intorno al focolare una nuova dimora; là d’ora innanzi tu sarai costretto temporaneamente ad abitare per fare la prova di questa minima scintilla! E così accadrà ogni volta che tu, come hai fatto adesso, ti sarai reso colpevole di sacrilegio contro di Me!

14. E ora Io ti impongo di andartene in questa dimora e di restarvi finché a Me piacerà! Amen!»

15. A questo punto la terra si fendette fino all’abisso. Fumo e fiamme scaturirono fuori dalla voragine, ed emettendo urla spaventose, Satana precipitò nell’abisso; e la terra poi si richiuse nuovamente al di sopra.

16. I viaggiatori però lodarono e glorificarono Dio, e poi ripresero subito il loro cammino.

 

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Cap. 88

Quest’Opera, quale “Il nuovo Libro della Vita” – Come può lo spirito essere trattenuto nella materia

1 agosto 1843

1. Durante il cammino i viaggiatori s’intrattennero ancora riguardo a varie cose che avevano attinenza con questa scena orribile, ma che tuttavia aveva poco valore generale, bensì avevano solo un valore locale per quell’epoca.

2. Ma di grande importanza è una domanda che Lamec rivolse ad Enoch quando essi ebbero quasi già raggiunto l’altura, come pure tanto più importante è ancora la relativa risposta, e perciò questo non deve mancare in questo nuovo Libro della vita; così che questa domanda e la relativa risposta noi le vogliamo aggiungere ancora qui. – Ora la domanda suonava così:

3. (Lamec): «Ascoltami, mio dilettissimo fratello Enoch nel Signore, nostro Padre amorosissimo! Vedi, il grande nemico giurato di Dio e di ogni vita è certamente solo uno spirito! Come può costui essere trattenuto dalla materia, che per lui è come se non esistesse assolutamente? Ma se uno spirito non può essere trattenuto dalla materia, a che cosa poi gioverà l’imprigionamento di Satana nel punto centrale della Terra? Non sarà egli di ritorno qui appena lo vorrà?

4. Io so certamente che l’onnipotente Volontà del Signore può legare e fissare in ogni luogo l’antico scellerato; ma se accanto all’onnipotente Volontà del Signore si rende ancora necessario un carcere materiale nel centro della Terra, allora di questo io non me ne rendo davvero ben conto! Perciò ti prego di darmi una chiara spiegazione a questo riguardo!»

5. E allora Enoch sorrise a Lamec e gli disse: «Ascolta, mio dilettissimo fratello, che tu di questo non te ne renda chiaramente conto, dipende esclusivamente dal fatto che ciascun uomo vede peggio di tutto quello che, per così dire, gli sta proprio sopra al naso!

6. Vedi, per quanto riguarda il tuo corpo, tu pure sei soltanto pura materia, come pure lo è tutto il cerchio della Terra! Ma dimmi: questa materia è niente per il tuo spirito? Può lo spirito svincolarsi da essa, quando esso vuole, per le vie ordinarie?

7. Sì, esso, lo spirito, mediante l’amore per Dio può ben diventare, gradatamente e sempre più, signore della materia e la può compenetrare e poi può essere perfettamente attivo in tutte le sue parti; ma tuttavia lo spirito non può abbandonare la materia prima che lo voglia il Signore!

8. E quando lo spirito abbandona la materia secondo la Volontà del Signore, esso tuttavia non la abbandona mai quale spirito perfettamente purissimo e liberissimo, bensì esso la abbandona [avvolgendosi] in un nuovo corpo etereo che esso non potrà poi più abbandonare in eterno.

9. Questo corpo etereo però, dato che anch’esso deve occupare un determinato spazio, può, se il Signore lo vuole, essere benissimo trattenuto pure dalla materia più grezza e non può separarsi da questa prima che lo voglia il Signore!

10. E perché ciò? Ebbene, questo è dovuto al fatto che la materia in sé e per sé non è altro che la Volontà di Dio fissata e perciò essa è certamente adatta a catturare ciascuno spirito, e non può essere vinta se non unicamente attraverso la massima umiltà, la massima abnegazione e il massimo amore per Dio!

11. Comprendi tu questo? Sì, tu lo comprendi; perciò adesso vogliamo proseguire verso la nostra meta! Amen!»

 

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Cap. 89

Arrivo dei viaggiatori alla sommità dell’altura

Impressioni dei viaggiatori nel vedere Adamo ed Eva e le loro dimore fatte di alberi

2 agosto 1843

1. In breve tempo i nostri viandanti raggiunsero la sommità dell’altura. Ma quando l’occhio di Lamec scoprì la dimora di Adamo e poi anche quelle degli altri figli della stirpe principale, dato che gli furono indicate subito come tali dal suo spirito, allora egli si prostrò a terra sulla sua faccia ed esclamò:

2. «O Dio, Tu Padre santissimo, come sono maestose queste dimore che la Tua stessa mano ha edificato!

3. La mia dimora è costruita con argilla e rocce morte ed è morta come il materiale di cui è fatta e come coloro che vi dimorano; ma qui invece la dimora è fatta di alberi vivi e di conseguenza è viva insieme ai suoi vivi abitanti! Oh, quanto incalcolabilmente maggiore è il valore di una simile dimora al paragone di quello di tutte le città della pianura!»

4. E Lamec avrebbe continuato a manifestare il suo entusiasmo ancora a lungo in quella maniera; però Enoch gli venne vicino, lo rialzò da terra e gli fece notare come appunto in quel momento il primo padre Adamo, con la prima madre Eva, usciva dalla sua dimora per recarsi con Set su quell’altura dove essi si trovavano per osservare se essi (cioè Enoch e Lamec) si stessero forse avvicinando da una qualche parte.

5. Quando Lamec, insieme ai suoi compagni di viaggio, a questa spiegazione e a questo richiamo della sua attenzione da parte di Enoch, scorse la coppia umana originaria, allora divenne debole e per pura e semplice debolezza dovuta al timore reverenziale non fu in grado di pronunciare nemmeno una parola per un po’ di tempo, e dopo che si fu calmato il primo impeto della tempesta del timore reverenziale, egli irruppe in queste esclamazioni e disse:

6. «O grande Dio, quale sacra dignità e quanta somma nobiltà! Com’è sublime il primo uomo, il non nato, che è una pura opera delle Tue mani, della Tua onnipotente Volontà d’Amore!

7. Sì, dilettissimo fratello Enoch! Se anche tu non me lo avessi fatto notare, sarebbe stato impossibile che mi sfuggisse la comprensione del fatto che questa è la prima coppia umana della Terra! La gigantesca grandezza, la perfettissima figura umana e l’età avanzata, caratterizzata dal bianco abbagliante(dei capelli), ne rendono testimonianza più che convincente!

8. O fratello, io mi sono aspettato molto riguardo all’impressione che la vista del primo padre avrebbe fatto in me; ma tutte le mie aspettative sono state superate di molto!»

9. In quel momento Adamo volse il suo sguardo verso la sommità dell’altura e, avendo visto Enoch, gettò un grido di gioia.

10. Allora tutti uscirono immediatamente dalle dimore e si affrettarono con le braccia aperte incontro ad Enoch.

11. Adamo però, nonostante la sua età avanzata, fu questa volta il primo a raggiungere la sommità dell’altura. E quando vi fu arrivato e si trovò presso Enoch, lo strinse calorosamente al suo petto ed esclamò profondamente commosso:

12. «O mio diletto figlio, quante volte sono venuto qui ad attenderti durante questi giorni della tua assenza! E quante volte ti ho mandato la mia benedizione! Sii dunque mille volte il benvenuto!

13. E anche tu, figlio mio Lamech, figlio di Matusalem, vieni qui e fatti benedire! Quante volte anche tua moglie Ghemela ha guardato in giù (alla pianura) e non si è stancata di pregare il Signore perché ti benedicesse e ti conservasse! Eccola appunto che esce dalla capanna di Jared e si dirige verso di noi in tutta fretta e quasi senza fiato! Valle dunque incontro anche tu, in modo che non debba correre tanto per esserti vicina, perché nessuna donna ha mai amato così tanto il proprio marito quanto lei ama te!»

14. E allora Lamech fece subito secondo il consiglio di Adamo.

15. Solo allora Adamo si accorse della presenza degli altri ospiti, diede loro il benvenuto e con la sua solita curiosità domandò loro chi fossero e da dove venissero.

16. I viaggiatori della pianura però erano troppo commossi da quella sublime scena per poter dare una risposta alla domanda di Adamo. Perciò fu Enoch a soddisfare egli stesso la giusta curiosità di Adamo e gli dichiarò che erano i suoi compagni di viaggio.

17. Adamo allora impartì a tutti la sua benedizione e l’invito a seguirlo nella sua dimora per ristorare là un po’ il corpo stanco. E tutti lo seguirono.

 

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Cap. 90

Il pasto nella capanna di Adamo

Il re Lamec pieno di timore reverenziale davanti ad Adamo

3 agosto 1843

1. Giunti nella spaziosa capanna di Adamo, venne anche recato subito il pasto a cura dei servitori di Set, che consisteva della frutta più nobile. E gli ospiti, ad un cenno amichevole di invito di Adamo, si sedettero a terra davanti alle ceste di frutta e, dopo aver reso lode e grazie a Dio, si misero a mangiare di animo lieto.

2. Ma Lamec della pianura era ancora colmo da una considerazione troppo grande verso Adamo, per poter partecipare con tutta libertà all’allegria che era andata diffondendosi ben presto negli animi di tutti gli altri.

3. Ma Adamo, essendosene presto accorto, gliene chiese il motivo.

4. E Lamec gli rispose: «Padre, tu primo di tutti gli uomini della Terra, vedi, io non riesco a padroneggiare l’immenso timore reverenziale che mi ispira la tua vista e quella di coloro che, quali tuoi primi figli, ti circondano!

5. Il pensiero che tu sei il padre di Caino, i cui figli e nipoti sono già da lungo tempo morti, e che questa è la madre di tutti gli uomini ora ancora viventi e di quelli non più viventi, colma il mio animo di un timore reverenziale sempre crescente, e questo mi impedisce di essere lieto senza alcuna soggezione come lo sono coloro che, per essere stati sempre vicini a te, o padre, sono forse già abituati dalla fanciullezza ad una simile sublimità, o come coloro che – pur essendo del mio stesso paese – a causa della limitatezza ancora forte del loro animo, non sono affatto in grado di apprezzare adeguatamente tale sublimità in tutta la sua sacra profondità!

6. Perdonami dunque, o padre Adamo, e tu pure, o venerandissima madre Eva, se a causa del mio stato d’animo non posso essere proprio così lieto come lo sono gli altri! Oltretutto gli altri non sono mai stati peccatori contro Dio e contro di te; io invece, solo poche settimane fa ero un mostro tra i più mostruosi, che per sua propria forza non ha contribuito affatto al suo ravvedimento, mentre tutto fu opera della Misericordia divina.

7. Vedi, per tale ragione non mi è possibile partecipare pienamente all’allegria degli altri, i quali, come detto, non hanno mai peccato contro di te, né contro Dio!»

8. A questo punto Adamo interruppe Lamec nelle sue giustificazioni e gli disse: «Ascolta, mio povero figlio del mio infelice primo figlio Caino! Io apprezzo molto le tue parole che mi sono quanto mai care, e devo per di più confessarti apertamente che di parole simili non ne ho mai sentito dalla bocca dei miei figli.

9. Tuttavia, nonostante tutto, devo dirti che un tale immenso timore reverenziale al mio cospetto, quale primo padre degli uomini della Terra, è un po’ vano, perché in fondo io pure sono solo un uomo come tutti gli altri! Sia nato (da una donna) oppure creato direttamente da Dio, ciò è la stessa cosa, poiché anche chi è nato nel corpo materno viene altrettanto creato da Dio come io fui creato da Dio al di fuori del corpo materno.

10. Che tu fosti un peccatore, questo lo sa ciascuno qui sull’altura; ma che tu per la Grazia di Dio ti sia prodigiosamente ravveduto, questo lo sappiamo pure, come ci è anche noto che il Signore ti ha perdonato tutto. Ma perciò, per amore del Signore, anche noi ti abbiamo perdonato del tutto; dunque ora puoi ben essere sereno e lieto con noi!

11. Perciò mangia e bevi, e scaccia la tua tristezza, perché sono ancora molte le cose che avrò da mostrarti!»

12. Queste parole fecero di nuovo tornare in sé Lamec, ed egli divenne poi di buon umore e poté mangiare e bere.

 

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Cap. 91

Adamo ricorda ad Enoch la promessa di dare Purista a Mutaele

L’assennata risposta di Enoch

4 agosto 1843

1. Che in questa occasione, durante il pasto, molti avvenimenti storici che si riferivano a Me, Jehova, venissero fatti oggetto di rinnovate narrazioni e commenti e che perfino il nostro Kenan facesse nuovamente cenno al suo sogno che provocò molte domande da parte di Lamec, è cosa che qui non occorre menzionare, come sarebbe pure superfluo estendere questo racconto ad argomenti che comunque sono già stati trattati più volte.

2. Ma che alla fine Adamo, parlando con Enoch, venisse fuori in tale eccezionale occasione con una proposta di matrimonio tra Purista e Mataele, questa è una cosa importante e perciò non va trattata troppo di sfuggita. Dunque la questione si svolse nella seguente maniera.

*

3. Dopo il pasto, quando tutti gli ospiti di Adamo ebbero reso convenienti grazie al Signore, Adamo si alzò e disse ad Enoch: «Ascoltami, mio diletto figlio Enoch! Vedi, durante questi cinque giorni della tua assenza, Mutaele che in occasione della recentissima presenza del Signore Gli fece la domanda sull’essenza dell’amore della donna e ricevette una risposta quanto mai importante, si presentò a me con il cuore tutto confuso e mi espose del tutto dettagliatamente la pena del suo amore per Purista, e alla fine vi aggiunse la preghiera che noi non volessimo, forse per certi riguardi della forma, impedirgli di fare quello che il Signore gli aveva promesso e dunque, pure, completamente concesso, bensì che a noi piacesse, quanto mai prima possibile, benedire il suo amore nel Nome del Signore ed accordargli in moglie Purista.

4. Vedi, figlio mio Enoch, tutto ciò è accaduto qui in questa mia capanna! Io però non dissi a Mutaele né sì né no, ma invece lo rimandai anzitutto al Signore, e poi secondariamente a te quando saresti ritornato.

5. Che cosa ne dici tu ora? Che sia da accogliere, in questa occasione la preghiera di Mutaele, oppure che convenga differire ulteriormente la cosa?»

6. Ed Enoch allora rispose: «Ascolta, padre, finora il Signore non mi ha comandato di dare esecuzione immediata a questo; però è mia opinione che, se Mutaele assume lo spirito di mio figlio Lamech, il marito di Ghemela, e ci dà la viva assicurazione che egli non toccherà sua moglie finché il Signore non lo avrà autorizzato, allora noi possiamo accondiscendere al suo desiderio!

7. Ma se egli si sente troppo debole per l’adempimento di una tale condizione, allora è evidente che noi non possiamo mettere spensieratamente la questione del Signore nelle mani della debolezza umana!

8. Tuttavia ritengo che in generale sarebbe più consigliabile per Mutaele non prevenire il Signore in nessuna cosa, poiché il Signore prova poderosamente colui al quale intende dare molto. Perciò è meglio che Mutaele sacrifichi prima di tutto al Signore il suo possente amore, e che non voglia possedere altro oltre a Lui, e in questo modo deve procurare prima al suo spirito, in tutta abnegazione, la pienissima libertà in Dio, e poi il Signore darà certamente a Mutaele quanto promessogli, proprio nel momento che sarà ritenuto il più fruttuoso per lui! – Non la pensi forse anche tu come me, padre, su questo punto?»

9. E Adamo disse: «Sì, Enoch, hai perfettamente ragione, e così converrà che sia fatto! Quando egli ritornerà, gli porrò questo come condizione inderogabile. Dunque, al momento, per ciò che concerne Purista, le cose rimangono come sono!

10. Sì, questo è bene e perfettamente conforme all’Ordine di Dio! Ecco che ormai anche questa faccenda è sbrigata, e non se ne parli più per ora!

11. Ma adesso usciamo di nuovo fuori! La serata promette di farsi splendida; perciò saliremo sulla grande altura bianca sopra la grotta e da lì considereremo l’immensa Bontà e Onnipotenza di Dio! Mettiamoci dunque in cammino! Amen!»

 

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Cap. 92

Dalla sommità dell’altura l’incantevole panorama stimola il re Lamec a glorificare il Signore

5 agosto 1843

1. Arrivati sulla grande altura bianca, Lamec e i suoi compagni videro il mare della Terra per la prima volta in vita loro e non potevano distogliere i loro sguardi da questa immensa superficie delle acque, la quale, secondo i concetti di quei tempi, sembrava congiungersi a distanza grandissima con il cielo.

2. Sì, essi sarebbero rimasti là giornate intere a godere lo spettacolo delle onde e si sarebbero del tutto immersi in tale contemplazione se Adamo non avesse toccato lievemente Lamec e non gli avesse fatto volgere l’attenzione ai coni che spruzzano acqua che noi già conosciamo!

3. Ma quando Lamec ebbe visto questa nuova meraviglia, rimase come accasciato per lo stupore e non poté trovare parole con cui dare espressione ai sentimenti che lo dominavano. Con gli occhi umidi per la commozione egli guardò intensamente tutto intorno per una buon’ora senza aprire bocca.

4. Dopo questo tempo, Enoch finalmente gli domandò: «Ebbene, fratello Lamec, che cosa ne dici di questo panorama? Ti piace la Terra vista da questo punto di osservazione?»

5. Allora Lamec, che si era finalmente ripreso, rispose ad Enoch: «O mio dilettissimo fratello, per esprimere i sentimenti che si agitano qui nel mio cuore, dovrei possedere l’infiammato linguaggio di un serafino o di un cherubino! La mia lingua è troppo fiacca e rigida per essere capace di questo!

6. Però, caro fratello, devo confessarti che davvero io mi sento ora il cuore proprio angosciato trovandomi vicino a queste indicibili magnificenze e al pensiero che forse, già entro breve tempo, dovrò allontanarmene!

7. In verità, da parte mia non mi augurerei per tutta l’eternità una vita migliore e più beata, e neanche un mondo più bello di come lo è questa splendida Terra!

8. Dove mai io volga il mio sguardo, si rivelano continuamente nuove meraviglie! Là, verso la Sera (l’Occidente), nello sfarzo dei suoi mille colori, scintilla il mare ondeggiante che certo qui, presso la Terra, ha il suo inizio, ma che poi va perdendosi nell’infinito del cielo! Qui, abbastanza vicino a noi, stanno sette montagne colossali appuntite che spingono verso la volta celeste delle colonne d’acqua! Queste sembrano infrangersi contro l’azzurra volta del cielo per ricadere poi giù sulla Terra in innumerevoli gocce lucenti come stelle cadenti e portare alla Terra la benedizione del cielo; anzi si potrebbe essere indotti a credere che le stelle notturne del cielo abbiano qui la loro origine!

9. Di tutte le altre migliaia e mille volte migliaia di altre magnificenze, non occorre che io parli, poiché esse sono troppo svariate, troppo grandi e maestose perché sia possibile descriverle con la lingua umana. Perciò, o fratello, lasciami godere ancora per qualche tempo la vista di tale immensa pienezza delle meraviglie del nostro Padre santo!

10. O Tu, che ancora ieri mi insegnasti la Tua Sapienza e il Tuo infinito Amore in maniera tanto sublime, come devi essere infinitamente sublime, santo, buono e potente, dal momento che le Tue opere annunciano tanta gloria di Te!

11. O fratello Enoch, se Egli, il santo Creatore di queste magnificenze, si trovasse tra di noi come ieri, che cosa ne sarebbe mai dei nostri cuori?

12. Sì, santo, santissimo è il nostro Dio Zebaoth-Jehova, poiché il Cielo e la Terra sono certo colmi della Sua Gloria immensa!

13. O Padre, chi può amarTi, lodarTi e glorificarTi secondo il diritto e il dovere? Poiché Tu, sei troppo santo, sublime e buono!»

14. A questo punto Lamec tacque estasiato. Ma Adamo e tutti gli altri furono commossi fino alle lacrime per il comportamento di Lamec e dei suoi compagni. E lo stesso Enoch, nel suo cuore, rese grande lode a Dio, il Signore, per aver Egli avuto tanta immensa misericordia verso coloro che erano deboli e smarriti, e che Egli aveva così potentemente rafforzato con la Sua Grazia.

15. E la compagnia si trattenne in questo modo sull’altura fino a mezzanotte.

 

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Cap. 93

Il ritorno dall’altura e la cena benedetta nella capanna di Adamo

 Adamo ed Enoch sulla celebrazione del Sabato

7 agosto 1843

1. Ma verso mezzanotte Adamo si alzò, benedisse tutto il cerchio della Terra e poi, rivoltosi alla compagnia, così parlò: «Ascoltatemi, voi tutti, miei diletti figli! Io ritengo che ormai abbiamo ammirato abbastanza le splendide opere meravigliose di Dio ed abbiamo saziato a sufficienza la nostra anima del cibo delizioso e purissimo nella grande cucina delle meraviglie del Signore!

2. Solo a Lui, l’unico Padre buono ad di sopra di tutto, santo ed amorosissimo, vada ogni lode, ogni gloria, ogni grazie, tutto il nostro amore e la suprema reverenza e la nostra verissima adorazione per questo!

3. Ma siccome in questa occasione le nostre membra hanno cominciato a manifestare la brama di cibo e di ristoro, noi adesso prenderemo la via del ritorno, alla luce di questo magnifico plenilunio, e in casa mia ci rifocilleremo nel Nome del Signore con cibo e bevande, e poi, dopo un doveroso rendimento di grazie al Signore, ci abbandoneremo al sonno ristoratore sui giacigli già preparati con fogliame profumato!

4. La giornata di domani ci porterà dei nuovi piaceri nel Nome del Signore; e così dunque tu, Set, guidaci giù per la via migliore!»

5. Allora Set fece subito secondo il desiderio di Adamo, ed entro una mezz’ora, secondo il modo attuale (nel 1843) di calcolare il tempo, si trovarono di nuovo radunati in condizioni eccellenti nella capanna di Adamo, dove i servitori di Set tenevano pronto già da molto tempo tutto ciò che Adamo aveva menzionato sull’altura.

6. E gli ospiti, a cui la pura aria di montagna aveva stimolato l’appetito per bene, resero lode a Dio, il Signore, e poi di buona lena tesero le mani verso le ceste.

7. E quando il pasto fu consumato, essi ringraziarono fervidamente il Signore e poi, tutti assieme com’erano, si coricarono sui profumati giacigli per il riposo.

8. Al mattino seguente però, come di consueto, Adamo si trovò in piedi per primo e svegliò tutti gli altri.

9. E quando tutti si furono alzati, dotati di nuovo vigore, Adamo disse ad Enoch: «Enoch, oggi siamo di nuovo alla vigilia del Sabato! Non credi che dovremmo invitare nuovamente i figli alla festa di domani, che è il giorno del Signore?»

10. Ma Enoch rispose dicendo: «Padre, considerato che la cosa ha piuttosto un aspetto più vuoto che non significativo per il vero e proprio servizio divino, allora io penso che questa volta noi dobbiamo esimerci dall’invito!

11. Chi vorrà venire e verrà, sarà sempre il benvenuto per noi ed otterrà la benedizione del Sabato; colui che però non ha intenzione di venire spontaneamente, costui noi non lo costringeremo affatto a venire, né con inviti, né con un altro mezzo, e meno che meno poi in questo momento, quando cioè dinanzi al Signore la cosa assumerebbe veramente l’aspetto come se noi, con la nostra moltitudine di popolo, volessimo vantarci, in maniera vana, al cospetto di questi figli della pianura!

12. Restiamo dunque fermi a come stanno le cose secondo la Volontà del Signore! Chi vorrà venire e verrà, costui avrà anche la benedizione per sé, mentre per quanto riguarda coloro che non verranno, noi pregheremo per loro e li offriremo al Signore nei nostri cuori!»

13. Adamo si trovò perfettamente d’accordo con questa decisione, e per questa giornata decise di visitare, con la nuova compagnia divenutagli quanto mai cara, degli altri singolari punti delle alture, cosa questa che riscosse la piena approvazione anche di Enoch.

14. Perciò egli diede subito ordine che venisse preparata la colazione, e quando questa fu consumata, tutta la compagnia si mise subito in cammino verso la sommità dell’altura e, da lì, verso la grotta che noi ben conosciamo.

 

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Cap. 94

La visita alla prodigiosa grotta di Adamo

Lo stupore di Lamec che glorifica il Signore

10 agosto 1843

1. Arrivati alla grotta, secondo le intenzioni di Adamo, Lamec esclamò all’improvviso: «Ma per l’amore del Dio onnipotente, che cos’è mai questo? È questa pure un’opera delle mani umane?

2. No, no, è impossibile che mani di uomo abbiano costruito ciò! Infatti essa, nella sua struttura, rivela un’arte troppo incalcolabilmente ispirata a vera Sapienza divina perché – anche volendo procedere all’esame più accurato – si possa ritenere ammissibile, sia pure alla prima occhiata e trovandosi a distanza, che ad edificare questa grotta, quanto mai grandiosa e dallo sfarzo davvero prodigiosamente divino, vi abbiano contribuito, anche con un solo dito, i più sapienti tra gli uomini e che questi vi abbiano fissato sia pure una minima pietruzza splendente!

3. Tutto il complesso di questo grandioso tempio naturale del mondo è certo come perfettamente tratto fuori da un unico masso! In nessun luogo vi si può riscontrare la benché minima connessura, e tuttavia queste vere mura divine sembrano come se fossero costruite con tutte le specie di pietre preziose!

4. Infatti qui sembra splendere, con il colore dell’aurora, una parete che pare composta di colonne di rubino del tutto uguali tra di loro; ed ecco là, come se fosse assolutamente tratto da un solo blocco, un pilastro gigantesco alto certo di più di cento altezze d’uomo e di brillantissimo colore azzurro-cielo! Ma, come vedo, dietro al pilastro si trova una cappella laterale di dimensioni minori; questa riluce come fosse d’oro purissimo, e la sua lucentezza uniforme pare interrotta, qua e là, soltanto da stelle di tutti i colori!

5. Oh, questo prodigio di magnificenza tronca ogni parola nella mia bocca!

6. O Signore, che cosa vedo adesso là, nel mezzo di questo ampio tempio dai colori infuocati? Non è una sorgente d’acqua che getta in alto il suo possente volume d’acqua? Sì, essa lo è, prodigiosamente e maestosamente sublime, come tutto ciò che del resto è sorto dalle mani onnipotenti del Creatore.

7. O Dio, Tu grande e onnipotente Dio, come sono un nulla assoluto tutti gli uomini e così pure tutti gli angeli in confronto a Te!

8. Signore, Creatore, Dio, Padre, santo, santissimo! Tali opere Tu le hai costruite per gli ingratissimi cuori degli uomini?

9. Là sull’ampio firmamento il Sole splende con maestà indescrivibile e, in uno stesso cielo, inonda con la sua luce prodigiosa tutte le parti della Terra che altrimenti sarebbe tenebrosa!

10. Nella notte brillano migliaia di volte migliaia di stelle sull’infinita distesa del Cielo! La graziosa Luna con la sua luce costantemente cangiante annuncia essa pure la Gloria immensa di Dio!

11. In quali forme meravigliose, continuamente nuove, si infiammano le nuvole sotto il firmamento! E la Terra, come appare a perdita d’occhio sempre graziosa e adorna dei più splendidi e profumati fiori! Sì, essa è adorna come una vana[17] sposa; e tuttavia l’uomo può dimenticarsi di Te, o Signore, trovandosi nel mezzo dei più evidenti prodigi della Tua mano paterna?

12. Quando un uomo stolto e vano offre ad una giovane, più stolta ancora, un mazzo di fiori in segno del suo amore carnale, allora lei arde già d’amore e da quell’istante in poi lei non vede altro all’infuori del folle amante della sua carne; e l’intera Creazione di Dio è per lei una cosa nulla e spregevole senza quel folle.

13. Ma il Padre santo e buono, nel Suo Amore infinito, ha adornato in misura sovrabbondante tutta la Terra con dei mazzolini d’amore prodigiosamente sublimi e bellissimi, ha creato il Sole per noi e le stelle per noi e innumerevoli magnificenze e prodigi per noi, e tuttavia noi, nella carne di vermi della Terra quali noi stessi siamo, possiamo sempre più dimenticarci di Lui, anzi possiamo perfino evitarLo, sì Lui, che è la suprema Bellezza, il supremo Amore e Sapienza, e possiamo augurarci che stia lontano da noi quando noi stiamo nell’incendio del peccato della carne!

14. O Terra, tu magnifica sposa di Dio, tu graziosa madre di innumerevoli prodigi di Dio! Siamo noi miserabilissimi e stoltissimi uomini proprio degni, che tu, sublime, porti noi sul suolo che la mano onnipotente di Dio adorna quotidianamente?»

15. A questo punto Lamec ammutolì per qualche tempo, e Adamo, come pure tutti gli altri, gli si strinsero intorno e lo accarezzarono con le lacrime agli occhi.

16. Ed Enoch disse: «Sì, fratello Lamec, ora tu hai davvero parlato perfettamente dal mio fondamento; così è infatti! L’uomo nella sua carne non è degno della Terra quando fugge lo spirito per soddisfare soltanto la sua carne!

17. Ma tu continua pure a parlare così! Io ti dico che con ciò non riuscirai a stancarci per anni, anche se tu volessi parlare giorno e notte! Perciò continua soltanto così!»

 

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Cap. 95

Le sagge esperienze di vita di Enoch sull’amore per il mondo degli uomini

12 agosto 1843

1. E Lamec, a questo gradevole incitamento di Enoch, si sentì confortato nel suo animo e così parlò:

2. «O dilettissimo fratello, io pure vorrei parlare finché la mia gola e la mia lingua fossero capaci di pronunciare una parola, ma la prodigiosa sublimità e l’inconcepibile magnificenza di questo luogo bloccano, ad un povero peccatore come sono io, ogni capacità di parola, e allora parlare diventa una faccenda ben difficile quando gli strumenti della parola negano il loro servizio! Perciò io vorrei pregarti di voler dirci tu stesso qualche parola in modo che io mi possa edificare sentendola!

3. Io credo di aver detto abbastanza riguardo alla stoltezza degli uomini, ma qualora si possa pur dire qualcosa a loro lode, allora apri la tua bocca e comunicala, così da rimediare a quanto io ho detto di male!

4. Io però ho parlato secondo la mia esperienza, e le cose stanno precisamente così come ho detto con le mie poche parole; ma tu, fratello, avrai certamente qui sull’altura un’esperienza differente da quella che io posso avere nella pianura del peccato, e così tu sarai certamente in grado di esprimere anche meglio di me un giusto giudizio sul conto dell’umanità, e così io ti prego di parlare ora al posto mio!»

5. E allora Enoch porse la sua mano a Lamec e disse: «Fratello, è vero che, per quanto concerne le nostre esperienze, tu nella tua pianura ne hai fatte certo altre del tutto diverse da quelle che io ho fatto sulla mia altura; ma ciononostante tu hai parlato, in generale, giustamente tanto riguardo alla pianura quanto riguardo all’altura, perché anche qui, in generale, la carne è tenuta in maggior conto del Signore stesso!

6. Sì, se tu domandi a qualcuno e gli dici: “Fratello – oppure sorella – che cosa ami ed apprezzi di più: la carne, oppure Dio, il tuo Signore, Creatore e Padre?”, egli ben presto ti dirà: “Ma che domanda orribile è questa? Chi vorrà amare una carne più di Dio? Oh, no! Un simile pensiero, una simile domanda è certo già un peccato dinanzi al quale la Terra deve tremare fin nelle sue viscere più profonde!”

7. Fa’ però attenzione alle sue azioni, alla sua vita, e in breve risulterà che egli è disposto con la più grande gioia del mondo a chiacchierare interi giorni, settimane, mesi ed anni di cose del tutto spregevolmente insignificanti, mondane e dell’amore carnale!

8. E se tu cominci del tutto seriamente a parlare con lui riguardo a Dio e riguardo a cose pure e vive dello spirito, allora egli ti farà una faccia completamente sbalordita, triste e oltretutto quanto mai stolta, e tu, dopo che avrai parlato un’ora, lo vedrai starti dinanzi con una faccia lunga dei metri ed annoiata, la quale ti dirà con parole chiarissime:

9. “Amico, tu sei un uomo terribilmente noioso! Parlami di qualcos’altro, perché simili cose elevate io non le comprendo! Ed appunto perché non le comprendo, esse non riescono che a destare la noia in me, il fastidio interiore e la sonnolenza che lo segue ben presto! Parlami di un gatto, di un uccello, di una bella figliola, ed io ti ascolterò anche per giorni interi con la più curiosa attenzione; però risparmiami cose così alte e divine perché non le comprendo!”

10. Vedi, un simile timorato di Dio queste cose non te le dirà certo in faccia; però le sue azioni, il suo volto e i suoi gesti te le urleranno in faccia con maggiore veemenza di quella di un leone che ruggisce per fame!

11. Per questo motivo tu non devi per ora pensare che il divario tra le tue e le mie esperienze sia così grande e puoi quindi mettere l’altura così abbastanza alla pari con la pianura e parlare qui senza troppi riguardi, particolarmente nell’occasione in cui, tra breve, Mutaele verrà da noi per una certa questione.

12. Ora però noi attraverseremo questa grotta e ci dirigeremo verso il Mattino; là tu vedrai il magnifico allestimento di Dio!

13. Però come detto: quando là Mutaele ci verrà incontro, allora io lo indirizzerò a te, e tu troverai le parole giuste per parlare con lui! E così dunque avvenga nel Nome del Signore! Amen!»

 

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Cap. 96

L’accoglienza degli ospiti nella capanna di Purista

L’ammirazione di Lamec per la sua bellezza

17 agosto 1843

1. Quando la compagnia ebbe attraversato la grotta tra grandi meraviglie, giungendo così all’uscita verso il Mattino, Enoch disse:

2. «Andiamo dunque dalla parte del Mattino in modo che Lamec e i suoi compagni possano ammirare la Magnificenza del nostro Padre santo! Nella capanna di Purista noi terremo il banchetto del Signore che Egli stesso ha prescritto a tutti noi, nel momento opportuno, per rinvigorire il nostro amore e con ciò anche il nostro spirito!»

3. E Adamo aggiunse: «Sì, figlio mio Enoch, tu hai parlato giustamente; noi faremo così, e in questa occasione vedremo pure quello che si potrà fare per l’innamorato Mutaele!»

4. Ed Enoch replicò: «Sì, sì, padre Adamo, questa sarà proprio la giusta occasione! Ma per il momento lasciamo da parte tale questione; una volta giunti a destinazione si vedrà bene tutto quello che si dovrà fare! Andiamo dunque nel Nome del Signore!»

5. Allora la compagnia abbandonò la grotta e si incamminò verso il Mattino a passo veloce.

6. E quando vi furono arrivati, gli abitanti si affrettarono subito a schiere intere incontro ai sommi ospiti e porsero loro il saluto d’amore.

7. Ma Purista fu la prima a dare il benvenuto ai sommi ospiti, e così si espresse:

8. «Eminenti padri, grandi amici del Dio onnipotente, certamente voi siete venuti qui ora, come sempre, animati da intenzioni grandi e sacre; vada dunque, ora come in eterno, la mia lode più grande al Padre santo ed eternamente amorosissimo, il Quale vive nella Sua Luce eternamente santa e, vivificandoci attraverso il nostro amore per Lui, nei nostri cuori!

9. O cari ed eminenti padri, siate infinite volte i benvenuti da parte mia, misera servitrice del Signore! Oh, come arde la mia anima per la brama di ascoltare le parole del Padre dalla bocca di colui che Egli, il Signore stesso, ha stabilito quale vero e sommo sacerdote!

10. Oh, venite con me nella capanna del Signore, che Egli stesso ha edificato con la Sua onnipotente Volontà e che Egli ha disposto perché funga da cucina e dispensa per tutti i Suoi figli, affinché questi possano trovarvi adeguato rinvigorimento per la vita eterna»

11. Ed Enoch, scorgendo Lamec che si struggeva tutto, gli disse: «Ebbene, fratello, ti piace questa oratrice? Che ne dici delle sue parole?»

12. E Lamec, che riusciva a riprendersi a stento dal suo turbamento alla vista dell’indicibile e celestiale grazia e bellezza di Purista, rispose: «O fratello, se alla vista del nemico giurato della vita dinanzi alla caverna infuocata ed ormai distrutta irrigidii certo possentemente la mia lingua al momento della sua apparizione, mi sembra che questa figlia del Cielo impedisca ancora di più i miei organi della parola! O Dio, o Dio, cosa devono vedere i miei occhi!

13. No, fratello, lo spettacolo di un simile cielo potrebbe davvero costare la vita ad un povero peccatore! Una tale bellezza congiunta a tanto amore e sapienza! Questo è più di quanto un misero peccatore potrà mai comprendere nell’eternità!

14. Fratello, dispensami per ora da ogni altra considerazione e giudizio, poiché prima mi devo abituare a questa vista! Se questo mi riuscirà con la Grazia del Signore, soltanto dopo sarò in grado di parlare; dunque dispensami per il momento dal parlare ulteriormente!»

15. Ed Enoch gli osservò: «Ebbene, sia pure! Nella capanna della Magnificenza del Signore ti verrà poi ben sciolta la lingua; e ora andiamocene subito nella grande capanna!»

16. Allora la splendida Purista condusse tutti nella capanna e depose della legna fresca sul focolare dell’amore.

 

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Cap. 97

Nella capanna, Purista si lamenta delle insidie amorose di Mutaele

La savia risposta di Enoch, il conoscitore dei cuori

18 agosto 1843

1. Quando la compagnia si trovò tutta radunata nella capanna e Purista ebbe curato il suo focolare, lei si presentò nuovamente dinanzi ad Enoch e gli disse:

2. «O eminente, unico e vero sommo sacerdote del Dio eterno e onnipotente, che è il nostro santo e amorosissimo Padre, ti devo raccontare con il cuore preoccupato quello che succede qui nella regione del Mattino.

3. Tu sai che il Signore, il nostro Padre eternamente santo, ha ultimamente fatto una qualche promessa a Mutaele come se io dovessi un giorno, quando piacesse al Padre, diventare sua moglie. Ma da quella volta, Mutaele, giusto e saggio sotto ogni altro aspetto, mi sta sempre alle calcagna e vorrebbe costringermi ad un impegno certo!

4. Ma se io gli dico di attenersi solamente alla Parola del Signore e di non pretendere da me, senza che vi sia necessità, un impegno certo [poiché al tempo opportuno accadrà come vuole il Signore!], ecco che lui si mette subito a piangere e dice:

5. “Sì, lo so, così dicono tutte le ragazze quando l’aspirante alla loro mano non piace loro!”. Ed aggiunge che mai il Signore in eterno mi costringerebbe a diventare sua moglie, qualora io non lo desiderassi spontaneamente attraverso la Sua Grazia. E allora io continuo a rimandarlo al Signore, appunto perché egli non è di mio gradimento e perché io so benissimo che il Signore non mi obbligherebbe mai a fare qualcosa che mi ripugnerebbe!

6. Ecco, queste e molte altre ancora sono le sue parole! Oh, dammi dunque un consiglio, proveniente dal Signore, riguardo a quello che devo fare!

7. Non ho forse commesso peccato ieri per il fatto che, stanca delle continue e vane chiacchiere e del domandare senza necessità, ho detto chiaramente a Mutaele di lasciarmi in pace e gli ho dichiarato: “Poiché sei così insistente senza che ce ne sia bisogno e che vuoi avermi in moglie prima del tempo, allora adesso ti dico proprio sul serio che io provo avversione per te e ti do la mia piena assicurazione che tu non mi farai mai volgere le spalle al Signore! Se tu nella foga di un vano amore per me, quale creatura, fai soltanto ancora un passo, allora io su questo focolare giurerò al Signore di rimanere nubile in eterno per puro amore a Lui, e di non guardare mai più un uomo di questa Terra”.

8. Queste parole, però, suscitarono un tale sgomento in Mutaele che egli ammutolì e poi si allontanò piangendo e singhiozzando per recarsi da voi, almeno come ho osservato, sulla cima dell’altura.

9. O Enoch, o eminente servitore del Dio onnipotente! Oh, dammi tu un sicuro consiglio ed un conforto nel Nome del Signore!»

10. E allora Enoch rispose a Purista: «Ascoltami dunque; adesso ti dirò, in tutta la pienezza della verità, come stanno veramente le cose. Vedi, il Signore ti ha promessa del tutto sicuramente a Mutaele ed anche ti ha completamente congiunta in spirito a lui; solo che Egli aveva rimandato la benedizione della carne fino al tempo opportuno! Ma a te questa cosa il Signore non l’ha ancora manifestata apertamente, bensì soltanto in maniera muta al tuo sentimento!

11. Ora, siccome Mutaele è venuto a te e di tale cosa ti ha fatto cenno con velate parole, tu nel tuo sentimento hai riconosciuto colui che era appunto destinato, con la benedizione del Signore, a diventare un giorno tuo marito, e in conseguenza di questo riconoscimento tu hai rivolto a Mutaele uno sguardo molto significante e quanto mai amichevole, e proprio con quel bellissimo sguardo hai inferto a Mutale, solitamente assai saggio, una tremenda ferita, dalla quale ci è mancato poco che egli non avesse dissanguato tutta la sua saggezza! E da quel momento Mutaele si è trovato interamente sepolto dal suo amore per te e non può risollevarsi fuori da questa dimora, perché per lui non vi è alcuna vita!

12. Dunque, vedi, questo è stato un piccolo errore da parte tua al quale ora sarà tuo dovere rimediare! Nondimeno, tu rimedierai a questo errore se preghi il Signore che a Lui piaccia benedire Mutaele per condurlo sulla giusta via della salvezza!

13. Tu però non devi disprezzarlo, poiché un uomo che è colmo della promessa del Signore, è santificato con molta potenza!

14. Che il Signore ora lo sottoponga ad una piccola prova, ciò serve al suo perfezionamento. Ma dal canto tuo non devi perciò misconoscerlo, poiché egli è un uomo consacrato da Dio, destinato ad essere tuo marito al momento giusto!

15. Vedi, così stanno le cose! Non bisogna che tu lo fugga, ma non bisogna neppure che tu lo tenti! Questo sia detto a te. In quanto poi a Mutaele, parlerò io con lui! E ora accostiamoci al tuo focolare! Amen!»

 

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Cap. 98

Mutaele guarito da Enoch con la potenza del Signore

19 agosto 1843

1. Mentre Purista era di nuovo affaccendata intorno al focolare e mentre Lamec, rimessosi ormai dal suo turbamento, faceva alla compagnia dei padri degli apprezzamenti molto validi su di essa, ecco che, quando egli ebbe appunto finito con le sue osservazioni, Mutaele entrò nella capanna, come fosse fuori di testa, e, scorto Enoch, gli si avvicinò con passo meditabondo e si mise a guardarlo fissamente senza aprire bocca.

2. Ma allora Enoch alzò subito in alto la sua mano destra e disse: «Ascolta, tu muta brama della carne che hai malignamente avvinto tra i tuoi lacci quest’uomo che è colmo della promessa di Dio, io ti impongo, per la potenza del Signore nel mio petto, di ammutolire immediatamente e di allontanarti da costui che è stato chiamato da Dio!»

3. Nella stesso istante Mutaele parve all’improvviso come destarsi da un sonno profondo e disse: «O Dio, Padre mio santo! Dove sono io mai? Che cos’è accaduto di me? Sono ancora quello che ero prima? Sono desto adesso, oppure dormo e sogno?

4. Io ho un’oscura sensazione come se mi fossi affrettato qui spinto da grande passione per Purista; ed ecco, Purista si trova qui accanto a me, e mi è tanto indifferente come può essermelo una cosa che non esiste affatto! Come è possibile ciò?

5. Io certo so, e ora mi ricordo molto bene, che dopo la promessa, io ho cominciato ad abbracciarla col più ardente amore; adesso invece non vedo brillare nel mio petto che la promessa soltanto, come una stella vespertina all’inizio del crepuscolo, dato che essa è una Parola del Padre! Tutto il resto invece è come scomparso per me! Come? Come ha potuto verificarsi un simile cambiamento in me così all’improvviso?

6. O Enoch, io ti confesso apertamente – dato che ora so benissimo perché veramente sono venuto qui e perché ieri, già molto di buon mattino, mi sono affrettato verso l’altura – che ora di tutta la Terra con tutti i suoi abitanti mi interessa meno di un guscio di noce vuoto!

7. Soltanto il Padre è ora per me il Tutto nel tutto; tutto il resto invece è un puro nulla per me! Tu pure, Enoch, sei per me qualcosa unicamente nella misura in cui custodisci nel tuo cuore l’esclusivo amore per il Padre; per quanto concerne il resto, però, per me tu sei uguale a tutte le altre cose, le quali sono soltanto creature, ugualmente come avviene con Purista, che è come se non esistesse affatto!

8. Infatti adesso io scorgo dappertutto la Fatica d’amore, la Cura e il Lavoro del Padre che mantengono e che creano continuamente. Perciò ora non posso amare le cose e le creature che sono causa di fatica per il Padre santo, perché è Lui soltanto che io amo!

9. Io stesso vorrei piuttosto “non essere” che essere come sono, perché io pure sono una fatica per il Padre, ma se non esistessi, allora io non potrei di certo neppure amare Lui, che è il supremo Amore stesso! Ma anche voi dovreste essere costituiti similmente per poter amare il Padre!

10. O Padre, come fu possibile che, sia anche per qualche istante soltanto, io abbia potuto amare Purista quasi più di Te, o Padre santo?»

11. E con queste parole la bocca di Mutaele fu chiusa. Tutti però rimasero meravigliatissimi e quasi spaventati da un tale cambiamento operatosi in lui.

12. Purista cominciò di nascosto a piangere e a deprecare il suo precedente sguardo di cui Enoch le aveva fatto cenno, con il quale lei aveva causato una tale ferita a Mutaele; infatti lei considerava come perduto per lei colui che il suo cuore amava in segreto.

13. Adamo, dal canto suo, non sapeva affatto cosa dire e con quale domanda cominciare.

14. E anche Lamec della pianura stava considerando la cosa tutto sconcertato, ed osservò poi ad Enoch: «Fratello, per come si presenta adesso la questione, mi pare che con quest’uomo non mi toccherà parlare proprio molto a lungo!»

15. Ma Enoch gli rispose: «Lascia andare! La cosa non è del tutto maturata, ma quando lo sarà, tu, trovandoti allora al tuo vero posto, avrai da parlare quanto vorrai; ma ora lasciamo che le cose seguano il loro corso! Infatti ora dovrà essere la volta di Purista; lei dovrà risarcire a Mutaele quello che prima ha guastato in lui, quantunque in gran parte senza volerlo! Tale è la Volontà del Signore! Lasciamo dunque stare le cose così come sono fino ad allora e procediamo per le vie dell’Ordine divino! Amen!»

 

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Cap. 99

Lo stupore di Adamo per la trasformazione interiore di Mutaele

Purista ne è imbarazzata, e Mutaele parla del mutare dei tempi

Poi Purista pentita domanda perdono

21 agosto 1843

1. Solo dopo questo scambio di parole tra Enoch e Lamec, Adamo si riebbe dal suo sbalordimento e domandò ad Enoch: «Ascolta, o Enoch, dilettissimo figlio mio! Che fenomeno è mai questo? L’ardente Mutaele che pensava di trovare in Purista il cielo dei cieli, che non più tardi di ieri andava ancora perdendosi nelle più meravigliose fantasticherie, le quali avrebbero dovuto necessariamente sorgere quali incalcolabili conseguenze di grazia fuori da una tale unione promessa da Dio, Mutaele, ripeto, che mi profetizzò che la conservazione del genere umano su questa Terra dipendeva proprio da questa unione promessa da Dio, ecco che adesso è diventato un evidentissimo spregiatore di Purista e, a quanto mi sembra, lei gli è più indifferente di quanto possa esserlo a noi tutti quella parte della Terra che ancora non conosciamo affatto?

2. Oh, dimmi: come si spiega ciò? Ha forse avuto tale effetto in Mutaele l’imposizione delle tue mani? Oppure è una persuasione segretamente maturatasi in lui fino a questo punto? O forse è stato il Signore che all’improvviso lo ha così completamente trasformato? Oppure lo hai indotto in una specie di dormiveglia? Oh, dimmi: cos’è che ha provocato in Mutaele un cambiamento così totale?»

3. E allora Enoch rispose ad Adamo: «O padre Adamo, basta che tu faccia attenzione al contegno e alle parole di Mutaele, e tu in breve vedrai sciolto dinanzi a te quanto risulta di enigmatico in questo fenomeno! Io ora farò in modo che Mutaele si spieghi con Purista, se egli lo vorrà, e dal loro scambio di parole ti sarà quanto mai facile rilevare tutto quello che vi si nasconde dietro; presta dunque attenzione!»

4. Allora Enoch chiamò a sé Purista e le disse: «Ebbene, mia splendida Purista, dimmi se adesso ti piace Mutaele e se sei contenta di me che, con la Grazia di Dio, ho posto Mutaele in questa sua nuova disposizione d’animo, nelle parole e nei fatti! Infatti tu prima hai esposto una giusta lamentela contro di lui, con la quale ti sei dimostrata assolutamente scontenta di lui; dunque ora tu devi anche farmi sapere se ti piace di più così come egli è adesso!»

5. A questo punto Purista fu colta da grave imbarazzo e non seppe che cosa doveva rispondere.

6. Mutaele però, che le stava al fianco, disse senza pensarci su molto: «Io trovo che sulla Terra, variabile nei tempi e nelle forme, ogni cosa ha il suo tempo! La stoltezza ha il suo tempo, la sapienza ha il suo, l’amore ha il suo, il sentimento dell’uomo per le donne ha il suo, la voglia di matrimonio ha il suo! Così era anche in me quando sono diventato ardente di fronte a Purista!

7. Ma siccome i tempi mutano e noi ci troviamo inseriti nella serie dei tempi, allora, come potremmo noi rimanere del tutto e assolutamente immutabili?

8. La Terra danza continuamente per conto proprio intorno all’immenso Sole come un fanciullo in preda ad una folle gioia; ebbene: chi tra noi è tanto tranquillamente saggio da non dover, giorno per giorno, partecipare incessantemente a questa danza della Terra intorno al Sole? Perfino dormendo, io devo partecipare alla folle gioia della Terra!

9. E così è di certo anche comprensibile che io, dinanzi ad una fanciulla dagli occhi ardenti, abbia dovuto una volta ardere io stesso! Però noi tutti sappiamo di certo che le umide nubi hanno il potere di calmare perfino il possente ardore del Sole; e così esisterà ben certo anche un mezzo, col quale l’uomo è messo in grado di raffreddare il suo folle ardore d’amore per le donne?

10. Per la Grazia di Dio un tale mezzo è pervenuto anche a me, e così ora i due soli di Purista non mi nuocciono più! E questo è pure un mutamento del tempo in me, e ora torno a vivere in esso e sento che l’uomo, una volta che è nato, può del tutto facilmente sussistere anche senza una Purista; e la ragione di tutto ciò sta nel continuo mutamento dei tempi.

11. Oggi sereno, fosco domani; oggi caldo, domani freddo; oggi calura, domani diluvio!»

12. Queste parole di Mutaele spezzarono il cuore di Purista e lei cominciò a piangere amaramente e disse: «Quando il promesso parla così mentre si tratta della cosa più seria possibile, come parleranno poi coloro che non sono promessi? O Mutaele, non hai più un cuore per perdonarmi se mi sono comportata troppo duramente con te?»

 

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Cap. 100

Le sagge parole di Mutaele a Purista

22 agosto 1843

1. Ma allora Mutaele, rivoltosi a Purista, le disse: «O Purista, perché ora ti lamenti apertamente contro l’Ordine divino?

2. Io fui ardente e tu ti lamentasti del mio ardore; ora sono freddo e ti lamenti della mia freddezza! Ma dimmi dunque: come devo essere per non diventare un motivo di lamentela per te? Devo procedere nel mezzo, e cioè tra l’ardore e la freddezza; devo essere tiepido?

3. Ecco, tu qui non mi sai dare una risposta! Io però ti darò una giusta risposta dinanzi a Dio e a tutti i padri, e questa è la seguente:

4. Se io verso di te sono così come vuole il Signore, allora credo che il mio comportamento sia giusto!

5. Se sono ardente, è Volontà del Signore che io sia tale; e se sono freddo, è pure Volontà del Signore che io sia così; ma se anche fossi tiepido, allora non sarei tale senza la Volontà del Signore, quantunque io sappia certamente che la tiepidezza non sta segnata in nessun luogo nell’ordine delle cose divine, perciò neanche il Signore lascerà certamente mai che io mi inabissi nello stato di tiepidezza!

6. Ma se in te vi è vera fiducia nel Signore e Padre di tutti gli uomini, come puoi presentarti dinanzi a me sgomenta e piangente come se io avessi da perdonarti una qualche offesa?

7. Non farà il Signore soltanto quello che Egli vorrà, e non ci congiungerà Egli o ci dividerà al tempo opportuno? O pensi tu che una simile cosa stia così, del tutto in segreto, in nostro potere?

8. Oh, vedi, né io, né tu, né Enoch, né tutti gli altri padri siamo in grado di fare tanto secondo la nostra volontà, bensì tutto ciò dipende soltanto dal Signore!

9. Che ora noi ci amiamo già con tutto l’ardore, oppure che ci fuggiamo reciprocamente, ciò è uguale; se noi abbiamo la promessa, allora il Signore ci unirà, purché la promessa non sia per il momento una promessa di prova mediante la quale dobbiamo sperimentare su di noi stessi se il nostro reciproco amore non sia forse in segreto più potente del nostro amore per Lui!

10. Ma se la promessa avesse questo aspetto – ciò che appunto io non vorrei neanche un istante mettere in dubbio – allora io dovrei ringraziare adesso con tutte le mie forze il Signore per avermi smorzato il mio folle ardore che la Sua santa promessa di prova e il raggio di sole dei tuoi occhi hanno destato in me, ed io ritengo che tu, quale purissima ed eletta ancella del Signore che Egli ha portato sulle Sue santissime mani, troverai di certo supremamente ragionevole questo mio modo di vedere, quanto mai ben fondato, nel tuo cuore e che tu anche lo condividerai!

11. Perciò io ti dichiaro qui, dinanzi a Dio e a tutti i padri, che finché il Signore non mi dirà con assoluta precisione di prenderti in moglie, io verso di te mi comporterò come tu fossi uguale ad una qualsiasi altra fanciulla che il Signore non mi ha promesso!

12. Anzi, quale tuo fratello, io auguro a te gli stessi miei sentimenti, i quali soli ti congiungeranno al Padre per l’eternità nella maniera più fedele!

13. Attieniti e punta tutto sul Signore, e così ben presto il tuo cuore ne godrà il giusto refrigerio e la più dolce consolazione! Ma questo poi è anche tutto ciò che può augurarti il mio cuore ora del tutto devoto a Dio. Fa’ così, e allora contemplerai la vera luce nella santa promessa! Amen!»

14. A questo punto Purista si coprì la faccia e, profondamente commossa dalla saggezza di Mutaele, ritornò al suo focolare dove rimase a meditare intensamente sulle sue parole, che lei trovava sempre più giuste.

15. Allora Enoch disse a Lamec: «Fratello, preparati, perché presto toccherà a te pronunciare delle parole tratte fuori dalla profondità dell’Amore di Dio nell’uomo!»

 

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Cap. 101

La poca stima di Mutaele per gli ospiti e la sua offensiva domanda rivolta al re Lamec

La saggia risposta del re

23 agosto 1843

1. Dopo questa avvertenza di Enoch a Lamec, Mutaele, rivolgendosi ad Enoch, gli disse: «Enoch, dimmi chi sono questi piccoli uomini, e particolarmente colui a cui hai appena rivolto la parola! Si tratta forse di alcuni tra quelli che, nel tempo in cui il Signore è dimorato con noi, si sono malvagiamente azzardati a intraprendere dalla pianura, che ora sembra sia purificata, un assalto contro di noi? O si tratta invece di uomini nati in qualche estremo angolo della Mezzanotte (il settentrione)? Dunque, dimmi come stanno le cose con loro!»

2. Ed Enoch così rispose a Mutaele: «Ascolta, io ho appunto avvertito costui di tenersi pronto, perché tra tutti, lui è quello che vuole sostenere una conversazione con te! Dato però che ora tu stesso desideri fare una conoscenza più intima di questi uomini – più piccoli di noi per quanto riguarda il corpo ma non anche per quanto riguarda lo spirito – allora io ti consiglio di rivolgerti subito a costui che mi sta vicino e che si chiama egli pure Lamec; egli potrà darti le migliori informazioni riguardo a più di una cosa! Fa’ questo senza soggezione e senza altre riserve! Io sono convinto già fin d’ora che alla fine ti troverai quanto mai contento della sua piccola statura!»

3. Però anche Adamo, approvando, fece cenno a Mutaele di cominciare subito a parlare con quel piccolo uomo; infatti egli ben sapeva quanto del migliore sale era nascosto in Lamec.

4. E così Mutaele si assunse il rischio, da lui non reputato affatto grave, di informarsi da Lamec facendolo parlare, e perciò gli fece subito la seguente domanda:

5. «Lamec, uomo straordinariamente piccolo, dimmi chi sei e da dove vieni, in modo che io possa sapere come devo comportarmi con te e con i tuoi simili, poiché vedi, io sono tuttora un uomo al quale non è dato ancora, come è il caso di Enoch e di parecchi altri, di vedere nel fondamento della vita! Perciò io sono ancora obbligato a domandare per poi dedurre, dalla risposta, chi io abbia dinanzi. Per conseguenza io ora ho interrogato anche te, affinché tu mi renda noto chi sei e da dove vieni!»

6. A questo punto Lamec guardò molto significativamente Mutaele, e con parole molto misurate e con voce alquanto appassionata gli rispose: «Ascolta, tu uomo della regione del Mattino a cui del resto, la sapienza non manca, questa domanda non ti fa assolutamente onore, perché nella mia grande città di Hanoch si interpella in questo modo la gentaglia più comune incaricata di pulire le strade, la quale finora ha a mala pena saputo di appartenere alla razza umana!

7. Ora, a mio modo di vedere, un vero sapiente dovrebbe pur sapere che degli esseri viventi – particolarmente se si trovano in amichevole compagnia di un Enoch e se sono perfino capaci di parlare con lui – vanno considerati di più di una qualche comune scimmia somigliante all’uomo!

8. Sotto questo aspetto, però, sembra che la tua sapienza sia ancora parecchio carente; anche perciò la tua domanda mi è stata rivolta come se non ti fosse noto ancora niente della vera sapienza e come se tu ti trovassi non di fronte ad un uomo, bensì soltanto di fronte a una scimmia!

9. Ma io ti consiglio di riconoscere prima esattamente te stesso, e soltanto dopo prova a discutere con me! In questo modo, però, adesso riesco a comprendere benissimo perché tu, nei riguardi della celestiale Purista, vada così da un estremo all’altro: ieri rovente come il metallo fuso – ammesso che tu lo abbia qualche volta visto scorrere – e oggi di nuovo freddo come un blocco di ghiaccio, per la ragione che sembri ignorare del tutto qual è la sacra via mediana della vita nell’amore per Dio. Infatti Purista è pura come l’oro, sempre ammesso che tu conosca l’oro!

10. Tu però sei finora solo uno stolto, che pare intuire a stento come il Signore è solito educare gli uomini!

11. Io dunque ti consiglio nel Nome del mio e del tuo Dio: “Va’ e riconosci anzitutto te stesso, e solo dopo vieni a parlare con me, Lamec, l’uomo straordinariamente piccolo, che pur tuttavia sembra essere ancora qualcosa di più di una qualche scimmia! Mi comprendi?»

 

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Cap. 102

La vergogna di Mutaele

Henoch gli impedisce di andar via e lo illumina sulla natura delle donne

24 agosto 1843

1. Queste parole ebbero l’effetto di dimostrare immediatamente a Mutaele con chi aveva a che fare. Perciò egli si inchinò dinanzi a Lamec e fece forti cenni a voler lasciare la compagnia il più presto possibile, perché dentro di sé era segretamente dell’opinione che Enoch lo avesse mandato di proposito, come si suol dire, a rompersi le corna.

2. E così egli vedeva, in un certo qual modo, ragioni di sdegno da tutte le parti, e in aggiunta lo colse pure una vergogna, in quanto si trovava ora enormemente sminuito nella sua reputazione di sapiente al cospetto dei padri, nonché di Purista.

3. Ma mentre andava avvicinandosi pian piano verso l’uscita, Enoch gli disse: «Mutaele, nessuno abbandona in questo modo una compagnia come è la nostra! Vuoi proprio coronare una stoltezza con l’altra?»

4. E Mutaele rispose: «Io non intendo affatto fare così, bensì voglio far dimenticare la prima con la seconda! Del resto, Lamec, nella sua risposta ben ‘salata’, mi ha imposto di andarmene per imparare a conoscere meglio anzitutto me stesso! Come può essere questa, una stoltezza, se seguo il consiglio di un sapiente così potentemente ‘salatoì’? Oppure sono da intendersi altrimenti le sue parole?»

5. A questo punto Enoch gli disse: «Mutaele, tu sembri animato da una possente presunzione, perché il Signore ha parlato con te su alcune cose riguardanti l’amore delle donne!

6. Vedi, se tu fossi una qualunque donna leggera, stolta e cieca, la quale conosce meglio di tutti unicamente le brame della sua carne, alla soddisfazione delle quali lei si dedicasse con ogni sollecitudine, allora io non sarei disposto a fare assolutamente caso alla tua moderata stoltezza!

7. Infatti tale è anche il sentimento del Signore! Egli afferra la donna che è capace di amare Lui soltanto e che Lo vuole amare senza che nel suo amore si immischi in qualche modo il mondo, e poi la porta sulle braccia, sulle mani e sulle dita verso la sua beatissima destinazione!

8. Ma una donna che trova la sua gioia per lo più nella stoltezza del mondo dove fa capolino qualcosa che diletti i sensi, il Signore la lascia andare come lascia andare gli animali dei boschi, e in quanto al resto non si cura affatto di lei, ed Egli si limita unicamente a darle la vita sensuale del corpo come la dà agli animali dei boschi. Anche per questa ragione non è più facile venire in aiuto ad una donna degenerata, ed essa può facilmente passare ad ogni lussuria e prostituzione, come noi abbiamo una quantità di esempi di simili fenomeni nelle terre della Mezzanotte, e sappiamo bene come poi una donna, la quale abbia anche soltanto una volta messo da parte il Signore a causa di una gioia mondana, possa essere salvata dalla completa rovina appena appena attraverso un miracolo!

9. Vedi, questo è il sentimento del Signore rispetto alla grande leggerezza delle donne, e questo è pure il mio!

10. Tu però non sei certo una donna, bensì un uomo colmo della Promessa divina, e dunque io non posso lasciarti correre via nella tua stoltezza – come se tu fossi una donna indomabile – bensì devo dirti:

11. “Mutaele, rimani qui! Riconosci nella luce dei padri la tua stoltezza, ed impara ad apprezzare in te il sale di Lamec! Poiché vedi, il Signore ha più volte già mangiato alla mensa di Lamec, ed egli è un allievo pienamente qualificato del Signore stesso! Io e lui stiamo qui posti in una [stessa] caratteristica dal Signore stesso; perciò tu ti puoi anche far andare a genio qualcosa di Lamec!

12. Dunque rivolgiti di nuovo a lui; ma avvicinati a lui come ci si avvicina a un amico di Dio che ha subito forti prove, e troverai il suo “sale” sul posto molto meno pungente! Mi comprendi?»

13. A queste parole Mutaele si volse di nuovo e seguì il consiglio di Enoch.

 

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Cap. 103

Sagge parole di Lamec sulla vera essenza dell’offesa

 Mutaele, riconciliatosi con Lamec, gli chiede consiglio

25 agosto 1843

1. Quando Mutaele si ritrovò vicino a Lamec e voleva pregarlo di perdonargli il suo errore, Lamec lo prevenne e gli disse:

2. «Mutaele, io leggo nei tuoi occhi quello che vorresti fare verso di me, ma vedi, io non posso accettarlo per una triplice ragione.

3. La prima ragione è questa: perché tu non mi hai minimamente offeso! Ed infatti, come potresti offendermi, quando io e tu portiamo l’amore del Padre nei nostri cuori?

4. La seconda ragione è questa: perché un vero uomo devoto a Dio non deve mai considerare come un’offesa qualunque cosa (provenga) dai suoi fratelli, poiché dietro a ciascuna offesa, tanto riguardo all’offensore, quanto riguardo all’offeso, si nasconde sempre una dose relativamente forte di superbia. Ma come sia considerata la superbia dal Signore, questo, carissimo fratello, tu lo sai certo incomparabilmente meglio ancora di me!

5. E la terza ragione è questa: perché la Promessa del Signore io la vedo in te in una prodigiosissima pienezza, e dietro a tale Promessa vedo ribollire, fluttuare e ondeggiare torrenti infinitamente larghi delle misericordie di Dio inconcepibilmente immense!

6. Ma quando il Signore ha colmato un qualche uomo con tali promesse, come potrebbe un uomo destato come lo sono io, attraverso l’infinita grazia e misericordia di Dio, farsi sul serio offendere da lui?

7. Io però vedo quello che ora vuoi dirmi e ti rispondo subito: “Fratello, tu prima hai solamente compreso le mie parole in modo un po’ sbagliato, perché io ho risposto alla tua domanda piuttosto strana con una risposta che aveva l’apparenza come se tu mi avessi offeso, mentre la mia risposta proviene da tutt’altra causa!

8. Io diedi alla mia risposta deliberatamente una tale apparenza, perché avevo veramente scoperto in te una certa specie di superbia corruttrice, la quale in verità non figurava al meglio accanto alla sacra Promessa esistente in te.

9. Dunque io volevo certo umiliarti un po’, ma non a mio vantaggio, bensì per vero e sincero amore fraterno verso di te!

10. E ora vedi, in questo modo ti sarebbe perfino impossibile offendermi! Infatti la piccola scintilla dell’amore di Dio in me fa in modo che nessuno possa più offendere e amareggiare il mio cuore, e, come detto, tu meno che altri, in quanto sei proprio quello con il quale più che con altri vorrei rinsaldare il mio vincolo d’amore e di amicizia!

11. Splendido fratello Mutaele, io ti amo in maniera estrema! Puoi tu afferrare anche me, un discendente di Caino, con amore?»

12. A queste parole Mutaele aprì le sue braccia ed esclamò: «Oh, vieni qui, fratello Lamec, e prenditi sul mio petto la piena assicurazione che io ti amo con tutto l’ardore del mio cuore! Infatti in verità io avrei creduto qualsiasi cosa ma non di trovare in te un uomo e un fratello così magnifico! Ora però ti ho conosciuto, e tu mi sei diventato più caro della mia propria vita; stai dunque sicuro che io ti amo e non cesserò mai di amarti come un fratello per me preziosissimo!

13. Ma siccome ora, fratello mio, ho imparato a conoscerti in maniera tanto vantaggiosa, fai anche in modo di essermi consigliere secondo la volontà di Enoch, spiegandomi come stanno veramente le cose riguardo ai miei rapporti con Purista, la pura ancella del Signore, e dirmi qual è propriamente la mia situazione di fronte a lei! Ebbene, la promessa devo raffigurarmela soltanto spiritualmente, oppure, oltre a questo, anche come adempibile dal suo lato mondano? Oppure devo considerare il tutto unicamente come una prova per il mio spirito da parte del Signore?

14. Sì, fratello, io vedo che tu mi darai una vera luce riguardo a tale questione! Il Signore sia perciò con il tuo spirito!»

 

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Cap. 104

La risposta negativa di Lamec e il suo buon consiglio di rivolgersi direttamente al Signore

Sulla differenza tra la Parola comunicata direttamente da Dio e quella di un intermediario

26 agosto 1843

1. E Lamec, appreso tale desiderio di Mutaele, gli rispose: «Sì, io farò secondo la tua richiesta, diletto fratello Mutaele, per quanto sta nelle mie deboli forze!

2. Tu vorresti conoscere l’essenza dell’amore delle donne come esso è costituito nella sua specie, e vorresti inoltre sapere in quale situazione ti trovi di fronte a Purista rispetto alla Promessa del Signore.

3. Questo, carissimo fratello, è davvero un desiderio non comune, perché io vedo il buono scopo che tu vorresti mettere in relazione con una tale esatta conoscenza; ma prima che io ti dica ancora una qualche parola a questo riguardo, devo farti notare una circostanza quanto mai importante, che è bene non passi inosservata nella discussione che stiamo per iniziare; ora tale circostanza, a mio modo di vedere, è la seguente.

4. Io e te ci teniamo entrambi stretti all’infinito amore e alla misericordia di Dio che ora è il Padre santissimo di tutti noi; noi però sappiamo che Egli si rivela al momento opportuno a chi si rivolge a Lui in tutto l’ardore del proprio cuore e confida fermamente che il Signore di certo lo esaudirà in ciascuna questione che egli, amandoLo e confidando veramente in Lui, vorrà sottoporGli. Questa cosa dunque noi la sappiamo.

5. Ma adesso chiediti se, nel tuo cuore, hai pensato a questa circostanza importantissima! Ecco, io vorrei mettere senz’altro immediatamente a tua disposizione tutte le mie cognizioni ed esperienze se non sapessi che tanto io come te peccheremmo al cospetto del Signore qualora Lo prevenissimo nella Sua infinita bontà, grazia, amore e misericordia!

6. La mia opinione perciò sarebbe la seguente: in tale questione tu dovresti rivolgerti direttamente al Signore, il nostro santissimo ed amorosissimo Padre, e questo in tutto l’amore e in tutta la tua fiducia; e dovresti pregarLo di concederti quello che vorresti avere da me, e di nessuna cosa sono tanto profondamente convinto quanto precisamente di questa: il Signore non ti farà aspettare molto a lungo senza darti una risposta chiarissima e senza rivelarti con tutta fedeltà qual è il Suo santissimo Volere!

7. Tu dici certamente nel tuo cuore che anche la mia parola, come pure quella di Enoch, è una parola puramente divina, dato che noi pure non diciamo altro se non ciò che lo Spirito di Dio ci suggerisce di dire!

8. Questo, carissimo fratello, in sé e per sé è certamente ed indiscutibilmente vero, e tanto io che Enoch dovremmo venir annoverati tra i massimi sacrileghi qualora volessimo sostenere e dire: “Tutto questo lo diciamo attingendolo fuori da noi!”

9. Però vedi, carissimo fratello, qui fuori, alla distanza di appena cento passi da qui, scorre ancora quello stesso ruscelletto che, secondo le mie osservazioni, prende la sua origine nella grotta prodigiosamente splendida che esiste sull’altura; ma prova adesso ad assaggiare la stessa acqua, e vi troverai una differenza enorme! Ebbene, una goccia attinta alla sorgente dà più vigore e ristoro che non un vaso d’acqua davvero grande attinto qui, e questo per il semplice fatto che durante il percorso ha perduto gran parte della sua forza originaria!

10. Ecco, precisamente così stanno le cose anche riguardo alla Parola del Signore, perché questa ha già deposto in me la maggior parte della sua forza vivificante e poi scorre da me in te unicamente come una qualsiasi altra parola e suona come se provenisse da me, e perciò essa, per il secondo uditore, non ha più quella poderosa forza di convinzione che ha avuto in maniera quanto mai viva per me, avendola io attinta alla Sorgente originaria!

11. Io perciò ti do un consiglio e ti dico: “Recati alla Sorgente originaria finché Essa è ugualmente accessibile a tutti, e là una sola goccia ti gioverà di più di mille gocce uscite dal ruscello della mia bocca!”

12. E se proprio avrai difficoltà a trovare la Sorgente originaria, allora ti aiuterò volentieri a cercarla! Il mio consiglio però, rispetto alla tua questione, è che tu faccia tutto da te!

13. Dunque, carissimo fratello, segui questo mio consiglio! Io ritengo che così farai bene!»

 

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Cap. 105

Mutaele in attesa della Parola del Signore rinuncia a tutto

Adamo inquieto a causa di Mutaele, viene tranquillizzato da Enoch

28 agosto 1843

1. Allora Mutaele, ben riconoscendo il profondo significato delle parole di Lamec, uscì e, trovato un luogo appartato dove non poteva essere scorto da nessuno, cominciò a meditare e a ragionare tra sé:

2. ‘Io resterò qui finché il Signore non mi avrà dato una risposta, e non mangerò, né berrò prima di aver udito la Parola del Signore!

3. Poiché, che cos’è una simile vita sciocca, occupata in un inutile cercare, senza il possente legame della Parola del Signore, se in una delle questioni più serie concernenti la vita, non si sa nemmeno il perché noi siamo effettivamente a questo mondo?

4. Dunque, ora io devo avere la Parola del Signore, anche se dovesse costarmi questa mia vita, la quale comunque non è proprio molto significativa!

5. Ma come riuscirò a fare in modo che il Signore voglia esaudirmi e darmi la Sua Parola, così come me l’ha promesso?

6. Io so quello che farò: comincerò ad amarLo e a spasimare per Lui come fa uno stolto ciecamente innamorato davanti alla fanciulla del suo cuore, che egli aspira ad avere in moglie!

7. Ma se il Signore comunque mi piantasse ancora in asso? Ebbene, io allora rinuncerò del tutto al mondo e addirittura anche alla Sua promessa! Io volgerò per sempre le spalle a Purista e, per quanto mi riguarda, voglio essere del tutto solo, attenendomi con tutte le forze al Signore, rendendo a Lui solo ogni mia lode e onore nel silenzio del mio cuore e considerando tutto il resto come se non fosse, del tutto e assolutamente in eterno, mai esistito!

8. E oltre a ciò io dirò del tutto seriamente nella mia anima e in maniera vivissima: “Signore, io sono qui ora interamente dinanzi a Te ed ho rinunciato ad ogni cosa per amor Tuo. Fa’ dunque di me ora anche quello che Tu vuoi, e questo sarà giusto per me!”.’

9. Così aveva ora deliberato di fare Mutaele, e così anche puntualmente fece.

10. Ma in questo modo passò l’intera giornata, e intanto la compagnia aveva già finito da molto il pranzo nella capanna di Purista quando, dopo un’istruttiva conversazione riguardo a vari argomenti elevati, cominciò ad occuparsi nuovamente di Mutaele, e Adamo disse ad Enoch:

11. «Non ti sorprende che Mutaele, che uscì dalla capanna già prima di mezzogiorno, non sia ancora ritornato? A me sembra come se egli, segretamente un po’ irritato dai continui insegnamenti che gli sono piovuti addosso qui da tutte le parti, si sia allontanato da qui e abbia poi voluto nascondersi in qualche cantuccio della Terra, per la qual cosa non sarà più tanto facile vederlo di nuovo. Ed io sono quindi molto preoccupato per lui!»

12. Enoch disse ad Adamo: «Padre, non darti alcun pensiero, perché il Signore è più accorto e misericordioso di tutti noi! Egli è il vero Maestro e la vera Guida di Mutaele, e certo ora gli sta insegnando e mostrando la via migliore e più breve che conduce alla meta.

13. Perciò non preoccuparti affatto per Mutaele che ora ha preso spontaneamente la seria soluzione di rinunciare a tutto, compresa la sua stessa vita, per l’amore, per la misericordia e per la grazia del Signore!

14. E perfino mediante i nostri sensi esteriori noi tutti avremo ben presto la convinzione di come il Signore sia solito trattare coloro che Gli hanno offerto in sacrificio, tutto!

15. Egli li prova a seconda della forza del loro animo e del valore del loro giuramento; e se superano la prova, allora tutte le porte della vita stanno contemporaneamente aperte per loro!

16. E così accadrà pure per Mutaele. Restiamo dunque di buon animo e rendiamo onore a Dio! Amen!»

17. Adamo fu di nuovo tranquillizzato da queste parole, e poco dopo l’intera compagnia uscì fuori per recarsi all’aperto.

18. E Adamo non mancò certamente di osservare che essi avrebbero dovuto fare ritorno a casa a causa dell’imminenza del Sabato.

19. Enoch però ribatté che il Sabato del Signore è sempre uno e lo stesso su tutta la Terra; quindi lo si sarebbe potuto benissimo celebrare anche in quella regione.

20. Allora Adamo si dichiarò d’accordo con questo.

 

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Cap. 106

Uranion quale albergatore

Una generale chiamata interiore per Purista che la invita a recarsi da sola sulla collina

Curiosità di Adamo e suo salutare spavento

29 agosto 1843

1. Quando tutta la compagnia si trovò all’aperto, fu subito accolta dai figli del Mattino che facevano davvero a gara tra di loro per offrire ai padri la migliore ospitalità possibile.

2. I padri invece rifiutarono tali premure e preannunciarono che essi avrebbero passato quella notte in mezzo a loro e precisamente nella dimora di Uranion.

3. E allora Uranion ordinò subito ai suoi figli di disporre tutto per il meglio a questo scopo e di fare in modo che venisse apparecchiata una buona cena; questi ordini furono anche precisamente eseguiti.

4. Ma quando Purista ebbe rimesso tutto in ordine nella sua cucina ed ebbe reso onore a Dio e Gli ebbe tributato la vera lode del suo cuore, raggiunse pure lei la compagnia per informarsi se, in previsione dell’imminente Sabato, lei avrebbe dovuto disporre la sua cucina per un sacrificio, oppure se i padri, ritornando a casa, avrebbero offerto il loro sacrificio sull’altura.

5. Sennonché prima ancora che avesse potuto aprir bocca per esporre ai padri tale sua domanda, lei percepì una chiamata dalla parte che si trovava ancora più verso il Mattino, che suonava così:

6. «Purista, tu, diletta del Mio Cuore, vieni qui su questa collina che s’innalza dolcemente come il tuo seno a circa 70 klafter (133 m) dietro la dimora di Uranion! Io ho delle cose importantissime da comunicarti!

7. Ma non domandare Chi è che ti ha chiamato, bensì vieni! Ma vieni tu sola! Nessuno deve accompagnarti, né deve seguirti, perché Io devo parlare soltanto con te. Ma non aver paura, perché non ti verrà torto nemmeno un capello!»

8. Ma poiché questa chiamata era stata percepita anche da tutti gli altri componenti della compagnia principale, dunque anche da Adamo, costui si avvicinò subito ad Enoch e gli disse:

9. «Ebbene, sia lodato il Signore! Mi sembra come se una pietra immensa mi sia caduta giù dal cuore! Questa è la voce di Mutaele; dunque è chiaro che egli è ancora in vita e che non gli è accaduta alcuna sciagura!

10. Ma cosa mai ha da dire di tanto importante a Purista, da sola, ad un’ora così tarda della sera?

11. In verità, la cosa comincia ad apparirmi ora un po’ sospetta, poiché, vedi, non appena la ragazza ha percepito la chiamata, lei se ne è andata di corsa senza badare affatto a noi, come una volpe che ha rubato una gallina!

12. Perciò la cosa mi sembra alquanto sospetta, ed io penso che, appunto per questa ragione, noi dovremmo andare un po’ a vedere quello che il mio buon Mutaele vorrà fare e dire, tutto solo con Purista!»

13. Ma Enoch obiettò ad Adamo e disse: «Padre Adamo, è vero che ci sono anche, fin troppo spesso, tempi e circostanze in cui per i padri dovrebbe essere un sacro dovere quello di sorvegliare attentissimamente, in modo del tutto particolare, le loro figlie negli anni in cui si manifesta l’ardore della carne con maggiore intensità, per vedere se sono del tutto sensuali e se si dedichino a faccende nascoste e si rechino su prati e colline solitarie, o in segreto, o con un qualche malvagio pretesto menzognero, poiché di tristi esempi ne abbiamo a sufficienza, e non ci sono sconosciute le conseguenze che si sono avute da tali faccende misteriose delle giovani e da un tale peregrinare per campi e colline, tanto che i figli delle terre della Mezzanotte hanno per lo più avuto origine in questo modo! Io credo che tu intendi bene ciò che voglio dire!

14. Ma qui invece si tratta di un caso ben diverso; perciò lasciamo senza preoccupazione al tuo Mutaele la bella Purista e che faccia quello che vuole con lei, e tutto ciò sarà del tutto in perfetto ordine! Nel frattempo noi intratteniamoci con Lamec e con i suoi compagni!»

15. Questa volta Adamo non fu soddisfatto delle parole di Enoch e quindi replicò: «Enoch, figlio mio, io non sono proprio del tutto d’accordo con te su questo punto, perché tanto Mutaele quanto Purista non sono ancora degli angeli di Dio inaccessibili al peccato, e il serpente non è ancora morto. Basta che abbiano ancora la loro libera volontà e possono essere indotti in tentazione, e se li lasciamo del tutto soli, possono anche cadere con molta facilità in tale tentazione! Per conseguenza io credo che noi dovremmo almeno sorvegliarli di nascosto con tutta attenzione per osservare quello che succede!»

16. Ed Enoch disse: «Padre, se la tua preoccupazione è davvero così grande, allora devi spiarli tu, ma bada che in cambio tu non ne ricavi un qualche forte spavento!»

17. Ma Adamo non si lasciò trattenere e volle andare a vedere sulla collina ciò che faceva Purista assieme a Mutaele.

18. Ma appena giunto dietro la dimora di Uranion, egli vide tutta la collina in fiamme, e intorno alle fiamme ai piedi dell’altura scorse, coricati, branchi interi di tigri dall’aspetto ferocissimo, le quali, visto Adamo, accennarono a volersi alzare.

19. A quella vista, Adamo, terrorizzato, arretrò con un salto e, voltate le spalle alla collina, ritornò quasi senza fiato alla sua compagnia e, con parole spezzettati, raccontò quello che aveva visto.

 

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Cap. 107

Sulle due specie di realtà: la materiale e la spirituale

Il senso della rispondenza nell’incontro/visione di Adamo

30 agosto 1843

1. Enoch però impose subito le sue mani ad Adamo e lo rinvigorì, facendolo completamente ristabilire dal suo spavento, e con ciò Adamo divenne di nuovo capace di parlare come si conveniva.

2. Ma quando Adamo, per opera di Enoch, si sentì così rinvigorito, gli domandò subito che cosa fosse stata quella apparizione, e cioè se fosse stata un’illusione, oppure un’effettiva realtà.

3. Ed Enoch rispose ad Adamo: «Padre, tutto questo dipende da come noi vogliamo prendere la cosa!

4. Esistono due specie di realtà: una materiale e una spirituale. La realtà materiale, in un certo senso, è un inganno di fronte allo spirito, e la realtà spirituale è altrettanto tale di fronte alla realtà materiale. Ma d’altra parte, l’apparizione spirituale è realtà per lo spirito, e così pure l’apparizione materiale è realtà per la materia. Così stanno inconfutabilmente le cose.

5. Ora tutto dipende dunque da come tu vuoi considerare questa apparizione! Io, da parte mia, la considero come spirituale!»

6. E Adamo disse: «Ebbene, se tu la ritieni un’apparizione spirituale, allora voglio considerarla anch’io tale; ma quale significato ha essa nel mondo esteriore?»

7. Ed Enoch replicò ad Adamo: «Per quanto riguarda il significato spirituale per il mondo esteriore sulla via della rispondenza, esso, di primo acchito, è da afferrare con le mani [e significa quanto segue:]

8. Il monte fiammeggiante indica il tuo cuore troppo preoccupato per amore, e le tigri dal feroce aspetto, accovacciate ai piedi del monte, indicano la tua brama d’ira tendente ancora in maniera abbastanza forte al litigio. Tale brama, in certe occasioni, si apposta in agguato della vittima come fanno questi grossi felini dei boschi dalla pelle striata, e ciò accade finché essi riescono ad impadronirsene per sbranarla e poi divorarla senza il minimissimo riguardo!

9. Ed è questa la brama, o padre, che propriamente ti ha spinto fuori, vale a dire fuori dal tuo animo, ovvero fuori dal tuo amore fiducioso, e tu ti mettesti a spiare per poter osservare nei due qualcosa che avesse potuto giustificare il tuo sospetto; e segretamente ti sarebbe perfino dispiaciuto se tu ti fossi ingannato di fronte a me nella tua supposizione, poiché avevo detto, contro la tua prima opinione, che non si sarebbe dovuto nutrire alcuna preoccupazione riguardo a Purista e neppure a Mutaele.

10. Il Signore però ti ha fatto vedere, per questo motivo, qual era la tua interiorità, invece di quello che effettivamente volevi vedere; e allora nella realtà spirituale si è reso manifesto quali erano le tue condizioni quando, contro la Volontà del Signore, tu volesti fare lo spione!

11. Ecco, padre, questa è la mia opinione, della quale sono convinto fin nel più profondo della mia vita! Se però tu hai qualche altra opinione, allora la puoi certo sostituire con questa, poiché io non voglio imporre mai niente a nessuno, e men che meno poi a te che sei il primo padre dei padri della Terra!»

12. E allora Adamo disse: «Sì, Enoch, hai ragione; così è veramente e sicuramente, ma che nel mio cuore, che vi ama indicibilmente tutti, dimori addirittura un branco intero di tigri, questo è alquanto difficile da comprendere!»

13. Ed Enoch replicò ad Adamo: «Sì, se tu consideri la tigre come un assassino, allora la mia spiegazione assumerebbe senza dubbio un aspetto piuttosto strano; ma se invece alle mie parole attribuisci il significato del diritto arido e spietato secondo la legge, allora anche la tigre si troverà già bene al suo posto!

14. Infatti nella legge c’è il giudizio e la sentenza senza misericordia, come nella tigre c’è la spietata brama di uccidere; e la vittima che essa si è scelta diverrà sicuramente sua preda! Ora io ritengo che, considerando le cose sotto questo aspetto, la mia opinione dovrebbe essere giusta»

15. E Adamo disse: «Sì, sotto questo punto di vista essa è giusta, e così è bene; ora però lasciamo stare questo argomento e dedichiamoci a qualcos’altro!»

 

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Cap. 108

Il cantico di Kenan sull’inutile essenza della vita

Adamo critica duramente tale cantico, ma Enoch lo tranquillizza

31 agosto 1843

1. La compagnia principale allora conversò di varie questioni, e perfino il nostro Kenan, il vecchio ma pur sempre valente cantore, fu invitato da Adamo in tale occasione a dire qualcosa di conciso per il bene di tutti, cosa che egli fece anche molto volentieri, poiché quello era il suo campo.

2. Solo che questa volta il suo cantico fu un po’ eccentrico, perciò anch’esso non riscosse proprio la piena approvazione di Adamo. Ora il cantico fu questo:

3. «O uomini, o vita, sforzatevi e cercate di conservare questa vita in eterno! Un enigmatico sforzo e ricerca!

4. Noi viviamo, eppure non siamo come noi qui viviamo; la vita non è niente, ed anche noi siamo un niente con essa!

5. Qui vivente si trova uno spirito vivo! Dite: quale occhio può vederlo bene e quale nostro senso vivo lo può percepire?

6. Esso è dunque un pensiero che vola, simile ad un lampo fuggevole, e poi, non si forma nello spazio infinito nello stesso modo in cui si forma il soffice fiocco di neve nell’etere vaporoso della Terra?

7. Ma i lampi svaniscono, e i fiocchi di neve si sciolgono ai raggi del Sole. Oh, dite: cosa avviene del pensiero sciolto? Cosa avviene dello spirito che si trova nello spazio infinito? E cosa avviene pure in una goccia di rugiada?

8. Oh, dite: non è esso, come i lampi e i fiocchi di neve, fuggevolmente transitorio e soggetto alla morte, per non ritornare mai più e non riconoscersi mai più del tutto fedelmente come se esso, spesso, fosse già stato nell’esistenza attiva?

9. Che cos’è il morire delle cose e degli uomini? Quale effetto ha dunque la morte?

10. Io svanisco nella morte del corpo; ma in quale modo svanisco? Oppure, rimane ancora qualcosa di me nello spirito?

11. Cosa sono io nello spirito? Sono forse un nulla pensante impercettibile per qualunque senso? O sono forse una luce, che l’occhio di nessuno può mai scorgere, nemmeno il mio proprio occhio, libero dal corpo, in qualunque modo esso sia costituito?

12. Io vorrei maledire questa vita senza valore e vorrei che fosse maledetta l’ora nella quale io, liberamente pensante, mi sono trovato quale stolta vita!

13. Perché dovetti divenire, per poi svanire di nuovo annientato del tutto senza traccia?

14. O misera vita, che sei un tormento crudele a te stessa! Io mi devo qui percepire e devo pensare come fossi qualcosa, e devo vivere perché mi sia possibile trapassare presto con dolore! O misera vita!

15. Che lo spirito sia mortale, me lo dice il più fugace pensiero che, appena pensato, svanisce subito per sempre; ma svanito il pensiero che si deve produrre, cosa mai può restare ancora dello spirito?

16. Ma se sono fedelmente chiamato alla vita eterna, perché mai devo prima morire su questo mondo variegato e devo svestirmi di un corpo che mi è divenuto caro e prezioso? O tu misera vita, tu sogghignante illusione dei miei sensi! Perché mai devo vivere qui?»

17. A questo punto Adamo fece un balzo e, rendendo manifesta la sua disapprovazione come già prima accennato, esclamò:

18. «Figlio mio, basta con queste tue stoltezze deliranti e vuote! Con simili cantici puoi andartene un’altra volta in un bosco qualunque e là puoi esibirti, anche per delle ore intere se ne hai voglia, dinanzi agli orsi, ai lupi, ai leoni, alle tigri e alle iene! Questi esseri hanno denti abbastanza forti per rodere e uno stomaco sufficientemente robusto per digerire tutto questo; ma risparmia per sempre un tale cibo agli animi umani!

19. Infatti, se sei così stolto da non sapere che cosa sia la vita, lo spirito e l’essere, allora domandalo almeno ai sapienti che sono tra noi, ed essi te lo diranno!

20. Ma ti sei già proprio del tutto dimenticato del Signore e dei Suoi sublimi insegnamenti, che adesso vieni fuori con simili sciocchezze antiche e popolane?»

21. Ma Enoch disse ad Adamo: «Lascia perdere! Io so perché il padre Kenan ha cantato in questo modo; è stata la Volontà del Signore! Ma perché il Signore abbia voluto così, lo si vedrà bene in seguito!

22. Ora Kenan non ha cantato di ciò che è in lui, bensì di ciò che c’è ancora in qualcun altro. Vedi, questa è la ragione; ma tutto il resto lo apprenderemo a suo tempo!»

 

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Cap. 109

Il lamento di Adamo sentendosi offeso, e la sua stolta decisione di ritirarsi lontano da tutti

1 settembre 1843

1. Nondimeno, Adamo, anche per quanto riguarda le parole di Enoch, non era rimasto affatto soddisfatto, perché in segreto egli era dell’opinione che Enoch, con tali parole, avesse voluto velatamente e con molta finezza fare allusione a lui; perciò egli gli disse:

2. «Figlio mio, tu parli certamente con molta saggezza, tuttavia le tue parole non suonano affatto gradevoli, meno che meno in rapporto a me! Dimmi: per quale ragione, quando c’è qualcosa di male, tu sembri sempre volerlo velatamente riferire a me?

3. Perché devo essere considerato da te, in un certo qual modo, come un universale animale da soma per i peccati, proprio io che sono il primo uomo di questa Terra e il vostro padre che è colmo di ogni sollecitudine per voi e che vi ama sempre ed ugualmente tutti con ardore?

4. Qualora tu abbia qualcosa da dirmi nel Nome del Signore, allora me la dici o apertamente nel suo senso del tutto chiaro, oppure tienila per te finché avremo occasione di essere a quattr’occhi; altrimenti taci e non rendermi sempre sospetto davanti a tutti i miei figli!

5. Vedi, io amo Dio, mio Signore e Creatore, certamente sopra ogni cosa e con tutte le mie forze; ma se Egli fosse qui presente anche personalmente sostanziale, allora io avrei detto a Lui quello che ho detto ora a te!

6. Se io ho ripreso Kenan a causa del suo cantico dal tono evidentemente stolto, l’ho fatto di pieno diritto; ma la tua osservazione secondo cui Kenan abbia dovuto appunto intonare così il suo canto per indicare con esso, non quello che è in lui, bensì con tutta probabilità quello che c’è in me, ebbene, questa osservazione – anche se ti è stata suggerita dal Signore – colpisce in maniera ben dura ed ingiusta il mio cuore e il mio spirito!

7. Io ho ora finito di parlare e ti dico soltanto: “D’ora innanzi mi ritirerò da voi e mi limiterò a stare vicino unicamente al mio Set! Voi, però, potete fare nel Nome del Signore ciò che volete! Basta che risparmiate la mia casa e la sua porta vi rimanga estranea!

8. Tu però, figlio mio Set, accompagnami con Eva alla nostra casa sull’altura, perché io vedo che la mia presenza comincia ad essere di fastidio ai miei figli!”»

9. A questo punto tutti si preoccuparono a causa del padre Adamo, ed Enoch voleva mostrargli il suo immenso errore.

10. Adamo gli fece cenno di tacere e gli disse: «Io, Adamo – comprendi bene quello che voglio indicarti con ciò: – d’ora in poi non intendo fare la parte dello scolaro peccatore dinanzi a te! Fosti tu ad attaccarmi così miserevolmente a causa della mia sollecitudine rispetto a Purista; fosti tu a scoprire in me un branco di tigri; fosti poi tu ad ammansirle un po’, ma tuttavia senza toglierle completamente!

11. Ma se tutto ciò è un suggerimento del Signore, allora io non riesco sul serio a vedere il perché il Signore non ti abbia dato contemporaneamente anche la visione di come le tue parole sarebbero state tali da offendermi e ferirmi fin nel profondo della mia vita! Perché dunque non hai visto questo in anticipo?

12. Perciò ora non mi è possibile accettare alcuna scusa da te, né alcuna spiegazione successiva! Infatti, che altro potresti dire adesso, se non che tutto ciò andava certamente riferito a me?

13. Ed io ammetto pure che sia così; ma che tu, quale unico sommo sacerdote del Signore, non abbia già scorto anticipatamente in te che le tue parole, con tutta sicurezza e addirittura per forza, io avrei dovuto riferirle dolorosamente a me qualora non fossero state espresse con maggiore precisione, vedi, ora questa tua grossolana trascuratezza a mio riguardo opprime gravemente il mio cuore e l’ha del tutto distolto da te!

14. Perciò io ora non accetto più alcuna scusa da te! Rimani come e quello che sei; però rimani estraneo a me e alla mia casa, se non vuoi perdere la mia benedizione! E ora, Set, accompagnami! Amen!»

15. A questo punto Adamo accennò sul serio ad andarsene, ma tutti gli si strinsero intorno e lo pregarono di rimanere e di ascoltare Enoch che era là tutto piangente, e ascoltare anche Lamec dalla pianura.

16. Questo contegno dei figli intenerì di nuovo il nostro Adamo tanto che egli rimase, ma tuttavia chiese che parlasse Lamec e non Enoch.

 

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Cap. 110

Le parole pacificatrici del re Lamec ad Adamo

Della forza dell’abitudine e della benedizione degli scuotimenti spirituali

 Sullo scopo delle debolezze umane

2 settembre 1843

1. E quando Lamec ebbe udito tale richiesta da parte di Adamo di nuovo rabbonito, si presentò a lui e disse: «Eminente padre degli uomini della Terra, tu sei giusto al cospetto di Dio e di noi, tuoi figli. E dove mai su questa Terra può esserci qualcuno che voglia misconoscere l’amore in te con il quale hai educato i tuoi figli ad onore e gloria di Colui che te li ha donati?

2. Però tu, per quanto mi è stato dato di osservare appunto adesso, hai certamente in te, in grado possentemente preminente, il buono di tutti i tuoi figli, ma accanto a ciò, non meno, sembrano avere la loro sede originaria in te anche le debolezze dei tuoi figli, e il tuo animo provato non è ancora del tutto privo da più di un pregiudizio!

3. Per conseguenza mi perdonerai se mi prendo la libertà di dirti con tutta sincerità che, in primo luogo, la parola cantata di Kenan era indirizzata a me e che in secondo luogo Enoch, mediante la breve osservazione in difesa di Kenan di fronte a te, non ha fatto che indicare, in maniera più precisa ancora dello stesso Kenan, con la parola, con l’occhio e col cenno, come io mi debba scrutare per esaminare quanta immonda sapienza si tenga ancora celata in me!

4. Ma io seguii immediatamente il saggio consiglio, e constatai che durante tutta la parola cantata di Kenan il mio animo concordava esattamente con le sue parole; e all’osservazione di Enoch io trovai pure che una vecchia abitudine è una vera veste ferrea che non si può deporre qualora sia stata formalmente unita mediante fucinatura sul corpo.

5. Vedi, questo è quanto si trova contenuto del tutto fedelmente nella parola di Kenan e nell’osservazione di Enoch, ed io sarei pronto a garantire la verità di quanto asserisco con la mia vita, qualora lo si dovesse esigere da me!

6. Che in tale occasione forse anche qualcun altro si sia trovato un po’ colpito, questa cosa io la trovo del tutto naturale come pure perfettamente giusta, poiché noi tutti, almeno sotto certi aspetti, siamo da definire e da riconoscere più o meno per dei deboli, e non trovo che simili scuotimenti collettivi siano superflui. Infatti con ciò a più di uno viene fatta notare in sé la propria debolezza di cui può liberarsi per la via buona, mentre in caso diverso essa gli rimarrà sicuramente propria fino all’ultimo giorno della sua vita.

7. Ma con questa mia dichiarazione io non intendo aver scusato soltanto Enoch, bensì tu pure, o padre, nonché tutti i tuoi figli, poiché il Signore ha dato all’uomo le debolezze come prova della sua indipendenza, ed appunto queste stesse debolezze sono condizione per la libertà spirituale di tutti noi, e noi possiamo diventare perfettamente liberi nello spirito proprio riconoscendo e trionfando sulle nostre debolezze.

8. Infatti la debolezza in noi è una parte del nostro essere che il Signore ha lasciato intenzionalmente imperfetta, parte che noi dobbiamo perfezionare per giustificare con ciò in noi stessi la Somiglianza divina del nostro spirito, rafforzandola, e con ciò fondare, attraverso noi stessi, una vita veramente libera che dovrà durare in eterno.

9. Ma se noi preferiamo portare le nostre debolezze nascoste in noi, anziché rivelate, allora danneggiano di certo solo noi stessi, e siamo noi stessi i portatori della colpa, se alla fine andiamo in rovina tramite esse!

10. Perciò, padre Adamo, tu vorrai certo perdonare ad Enoch, a Kenan e a me stesso se forse ti abbiamo offeso a questo modo!»

11. Queste parole di Lamec riappacificarono del tutto Adamo, così che egli domandò ora di sentire anche Enoch.

 

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Cap. 111

Due profezie di Enoch: la prima per dopo la metà degli attuali anni di Adamo, e l’altra dopo un sesto

 Il rimprovero del Signore per bocca di Enoch, che non lo giustifica

4 settembre 1843

1. E allora Enoch si rivolse ad Adamo e gli disse: «Padre Adamo, io ho già appreso molte cose dalla tua bocca, ma non ancora però l’assoluto divieto della tua casa e della tua porta!

2. Ah, quanto sarebbero più felici i nostri discendenti se tali espressioni non fossero mai sfuggite dal tuo animo!

3. In verità, o padre, quello che tu fai quale primo degli uomini di questa Terra, lo faranno pure nei tempi futuri ben molti tra i tuoi figli!

4. Sì, dallo Spirito del Signore nel mio cuore io ora dico a te: “Ciò che tu ora hai detto attingendo dal fondamento della tua vita, questo sarà fatto nella realtà dai tuoi figli in maniera tale che al cospetto del Signore risulterà un orrore degli orrori. E come tu prima ti sei ribellato contro le mie parole che provenivano dallo Spirito del Signore e mi hai scacciato da te, così pure si comporteranno i tuoi discendenti verso tutti quei maestri che saranno colmi dello Spirito di Dio e renderanno invece omaggio a coloro che predicheranno lo spirito del mondo!

5. E siccome tu volesti isolarti da tutti noi, ad eccezione del padre Set, e vietasti che qualcuno si presentasse da te, a causa di ciò un giorno sorgeranno tra i popoli dei potenti che li domineranno in maniera crudele; e le case di tali sovrani saranno chiuse dinanzi al misero popolo, e nessuno si azzarderà, pena la propria vita, a starsene neppure a una certa distanza da una tale casa sovrana.

6. E tale cosa accadrà già in un prossimo avvenire quando sarà trascorsa la metà della durata dell’attuale tempo della tua vita; e nel tempo appena della durata della sesta volta di quanto finora sei già vissuto sulla Terra, questa sarà simile alla pelle di un riccio irritato, sulla quale un aculeo si rivolta contro l’altro. Di più non c’è bisogno che io ti dica.

7. O padre, perché tu sei così e non vuoi deporre completamente una buona volta quello che è un prodotto della superbia?

8. Vedi, quando io parlo e agisco, io non parlo e non agisco attingendo da me, bensì attingendo dal Signore che mi ha chiamato dinanzi a voi tutti a questo scopo! Ma se la mia parola è una parola del Signore, perché allora ti opponi ad essa?»

9. A queste parole di Enoch, Adamo rimase estremamente colpito e gli disse: «O Enoch, tu sapiente da Dio, quali dure cose mi hai tu annunciato ora!

10. Vedi, se io avessi saputo che in te parlava lo Spirito del Signore, allora non mi sarei affatto espresso così! Tu però questa cosa non me l’avevi detta, e perciò io ero dell’opinione che tu, parlando così, proferissi parole tue e che in te vi fosse qualche traccia di superbia dalla quale io avrei voluto liberarti.

11. Perciò quando parli, tu dovresti sempre avvertirmi prima se tu parli attingendo dallo Spirito di Dio o da te, e allora anch’io potrei sempre regolarmi di conseguenza.

12. Oh, dimmi: ma non è proprio possibile in nessun modo mettere riparo ai mali dei quali hai profetizzato come conseguenza del mio precedente comportamento verso di te?»

13. E allora il Signore stesso, attraverso la bocca di Enoch, rispose in maniera ben comprensibile ad Adamo: «Se tu avessi rimproverato soltanto Enoch, allora le tue parole non avrebbero avuto conseguenze; tu però dicesti che lo stesso rimprovero lo avresti rivolto anche a Me!

14. E vedi, per questo la tua parola ha creato delle conseguenze, poiché ogni parola rivolta a Me è come un’opera compiuta che non può mai più essere annientata. Comprendi questo!

15. O Adamo, Adamo, quali gravi pesi ancora tu porrai sulle Mie spalle?»

16. Solo a questo punto Adamo vide interamente quello che egli aveva fatto, e ne rimase turbato.

17. Enoch però gli disse: «Sii consolato, perché il Signore ti ha liberato anche di questo nuovo peso ponendolo sulle Sue spalle! Perciò riacquista la tua serenità e ringrazia il Signore!»

 

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Cap. 112

Adamo e di Eva si accingono al riposo notturno nella capanna di Uranion, ma viene turbato

L’ardente curiosità di Adamo

5 settembre 1843

1. E quando Adamo si fu di nuovo tranquillizzato e tutto si trovò nel buon ordine di prima, disse: «Figli, io sono stanco, e le mie membra hanno una grande brama di riposo; perciò ora andrò a riposare. Tu, Uranion, conduci dunque me ed Eva ai giacigli destinati per noi!

2. Voi figli, però, potete stare svegli fino a quando volete, e non occorre che vi sentiate legati a me; ma prima ricevete la mia benedizione paterna!»

3. A questo punto Adamo benedisse i suoi figli e poi se ne andò a riposare insieme ad Eva.

4. Ma si era appena coricato al posto d’onore della grande dimora di Uranion, ed ecco che Purista e Mutaele entrarono nella capanna di Uranion, accompagnati da due stranieri, suscitando una grande gioia in tutta la compagnia la quale, ancora sveglia, si trovava là radunata.

5. Adamo, che riposava su una tribuna alquanto elevata dal suolo e situata in fondo alla dimora, si accorse dell’inattesa e gioiosa agitazione della compagnia lasciata da poco, e disse tra sé: ‘Cosa mai può essere accaduto ora? Io sento saluti da tutte le parti! Certo deve essere successo qualcosa di straordinario!

6. Ma se adesso mi alzo per vedere che cosa c’è, allora faccio la figura del curiosaccio, e se non vado a vedere di che cosa si tratta, l’inquietudine sicuramente non mi darà pace per tutta la notte, ed io potrò concedere ben poco riposo al mio corpo!

7. Il giubilo si fa sempre maggiore e una gioia sempre più clamorosa si diffonde nella cerchia dei figli! No davvero, io non posso più resistere! Almeno voglio alzarmi di nascosto e constatare che cosa succede veramente!’

8. E detto questo, Adamo si alzò dal giaciglio, ma Eva gli chiese subito che cosa volesse fare. Ed egli le indicò il gruppo dei figli che continuavano a manifestare la propria gioia, indicando che avrebbe voluto verificare la ragione che la provocava.

9. Eva però gli disse: «Ebbene, lasciamoli al loro giubilo nel Nome del Signore; ma noi possiamo restare dove siamo, altrimenti diamo a vedere di essere ancora più curiosi dei bambini piccoli!

10. Se c’è qualcosa in ciò, lo sapremo sempre abbastanza per tempo, ma se non c’è niente, allora non c’è nemmeno bisogno che noi lo sappiamo. La Volontà del Signore sia sempre e in eterno del tutto perfettamente la nostra volontà!»

11. Adamo si arrese almeno in parte a queste ragioni, e perciò non si mosse dal suo giaciglio.

12. Però erano state accese delle fiaccole fatte di pece e di cera di specie raffinatissima e profumatissima, e da tutte le parti si innalzavano cantici di lode e nella capanna si fece chiaro come fosse giorno.

13. Ora questo, con la curiosità che aveva Adamo, metteva troppo a dura prova la sua pazienza, e perciò egli disse ad Eva: «Ormai al riposo non c’è più da pensare in nessun caso! Bisogna proprio che mi alzi e che vada a vedere che cosa hanno i figli!»

14. Ma Eva obbiettò: «Vedi, non ci vuole ancora molto tempo fino al mattino! Riposati dunque questo paio d’ore che sono necessarie per la tua salute, e poi potrai alzarti e verificare con i tuoi occhi quello che è successo!

15. Che cosa avverrà quando il Signore, un giorno, ci richiamerà dalla Terra? La curiosità ci tirerà anche allora, in spirito, verso il mondo e verso i nostri figli, quando essi trapasseranno in ogni specie di ebbrezza?»

16. Queste parole indussero Adamo a coricarsi nuovamente, ed egli si arrese alla saggezza della moglie.

17. La capanna nel frattempo era però andata man mano riempiendosi di gente, e in essa la luce e l’animazione si facevano sempre più intense.

18. E allora non fu più possibile trattenere Adamo.

 

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Cap. 113

Adamo ed Eva dai nuovi ospiti, e cioè il Signore, lo spirito di Zuriel, Mutaele con Purista e Ghemela e Lamech

Profezia per le due coppie i cui figli calpesteranno un giorno una nuova Terra

Misteriose parole rivolte ad Adamo

6 settembre 1843

1. Eva fece certo un nuovo tentativo per trattenere anche questa volta Adamo, ma lui le disse: «Ascoltami, moglie! Se rimango, ma poi si viene a sapere che forse il Signore stesso è venuto a trovare i figli, che cosa succederà allora? Anche in un simile caso dovremmo restare qui a riposare?»

2. Ed Eva rispose: «Sì, hai ragione, se il Signore si trova con i figli, allora non è né il momento di riposare né di giorno né di notte; in questo caso neppure io attenderò il mattino per alzarmi, bensì mi alzerò all’istante con te!»

3. E Adamo approvò questa decisione di Eva, e subito entrambi si alzarono dai loro giacigli ed avanzarono fino alla compagnia che si intratteneva in vivaci e liete conversazioni.

4. Ma quando Enoch ebbe scorto Adamo, gli andò immediatamente incontro e gli disse: «Padre Adamo, ti abbiamo lasciato riposare male! Ciò io lo vedevo bene, ma questa volta non era proprio possibile fare altrimenti!

5. Vedi, là, poco distante da noi, siede Mutaele con sua moglie Purista, la quale è stata congiunta con lui dal Signore stesso!

6. Ma cosa di meglio possiamo fare noi, se non rallegrarci per la gioia di un figlio, anzi di un fratello in spirito, che il Padre di ogni Santità e di ogni Amore è venuto Egli stesso a cercare e al quale ha condotto la giusta moglie nel momento stesso in cui egli se la toglieva del tutto dal cuore, per offrirla in sacrificio a Lui, il Padre dall’eternità?»

7. Adamo rimase commosso fino alle lacrime udendo tali parole di Enoch e ammirando quella scena. Egli non riusciva quasi più a distogliere i suoi occhi da questa novella coppia, e nel silenzio del proprio cuore le mandò la sua benedizione.

8. Ma mentre era così intento a guardare, egli scorse anche due ospiti stranieri, in mezzo ai quali si trovava la nuova coppia di sposi, di cui non conosceva la provenienza.

9. Enoch però vide ciò che Adamo stava scrutando nel suo cuore, e perciò, senza che gli fosse richiesto, disse subito ad Adamo:

10. «Padre, tu cerchi in te di fare di sapere di questi stranieri e vorresti apprendere chi sono e da dove sono venuti. Ma io ora, con l’animo colmo di letizia, voglio annunciarlo subito, in modo che pure il tuo cuore possa gioire completamente!

11. Vedi, padre, Colui che siede a fianco di Purista è il Signore stesso! E quello che siede a fianco di Mutaele, è lo spirito di Zuriel, il padre di Ghemela, la quale tu vedi sedere alla sinistra del Signore, e accanto a lei vi è il suo Lamech.

12. E così tu ora vedi qui due coppie di sposi, i figli delle quali, con i loro figli, calpesteranno un giorno una nuova Terra!»

13. Queste parole di Enoch spezzarono il cuore ad Adamo e ad Eva al punto che essi proruppero in lacrime e, combattuti tra il pianto e la gioia, non poterono proferire una parola.

14. Ma allora il Signore si alzò e disse: «Adamo, vieni vicino a Me!»

15. E Adamo si avvicinò subito al Signore.

16. Ma il Signore così gli parlò: «Adamo, quando sarai solo ed Io verrò a te attraverso la tenebra dei sepolcri della morte, tu Mi riconoscerai nella notte?

17. Mi riconoscerai quando Io ti desterò dal sonno profondo e ti dirò: “Adamo, sorgi, vieni e vivi!”?

18. Mi riconoscerai su una nuova Terra, in un nuovo Cielo, quando questa Terra e questo Cielo trapasseranno come una vecchia veste?»

19. E Adamo chiese, enormemente sbalordito: «O Signore e Padre, cosa significa questo? Quando accadranno tali cose?»

20. E il Signore rispose: “Guarda qui, guarda là; il tempo è già dinanzi a te! L’Eternità freme, e l’Infinità trema dinanzi a Me, poiché ora Io pongo una sentinella, e la sua spada combatterà con quello che è morto!»

21. Allora Adamo s’inchinò fino a terra e disse: «Signore, che parole sono mai queste che Tu proferisci? Chi è capace di comprenderne il senso?»

22. E il Signore gli rispose: «I tempi dei tempi le comprenderanno, e quelli che provengono da te; tu però avrai pace e non comprenderai né riconoscerai tali Mie parole prima che Io ti avrò detto: “Adamo, sorgi, vieni e vivi!”».

 

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Cap. 114

Ultime ammonizioni di addio del Signore, poi scompare insieme allo spirito di Zuriel

Il ritorno del re Lamec e della sua compagnia ad Hanoch, dove comincia la vera età dell’oro

7 settembre 1843

1. E indirizzate queste parole ad Adamo, il Signore si rivolse a tutti i figli là presenti e parlò così:

2. «Figli, Io ho ora fatto ordine tanto sull’altura quanto nella pianura, e tra queste due regioni ho stabilito delle vie praticabili in modo che possiate comunicare tra voi e possiate aiutarvi reciprocamente in tutto ciò che dovesse occorrervi!

3. Io stesso vi ho insegnato personalmente e sostanzialmente, per un tempo di più di due lune, a riconoscere voi stessi e Me quale vostro vero Dio e Padre, e a trovare in Me l’eterna vita dello spirito e in questa vita ogni amore, sapienza, potenza e forza, attraverso le quali tutte le cose devono diventarvi tributarie.

4. Molti di voi sono già in questa vita, e conseguentemente possono riconoscere l’uso saggio di tutte le cose e poi utilizzarle per il meglio. Molti di voi, specialmente nella pianura, sono sulla via migliore che conduce a questa vita; sono solo pochi quelli che non sanno ancora del tutto propriamente dove essi devono iniziare la vita dello spirito.

5. Ma a tale scopo Io ho potentemente destato parecchi di voi, in modo tale che, per mezzo di voi che siete destati, vengano condotti sulla giusta via coloro che sono deboli e ancora ciechi.

6. Così pure Io non vi ho dato alcun comandamento, bensì vi ho soltanto dimostrato effettivamente che voi tutti, nell’amore per Me, siete altrettanto perfettamente liberi quanto lo sono Io stesso, il vostro Dio, Signore, Creatore e Padre dall’eternità.

7. Oltre a ciò vi ho dato ancora la pienissima assicurazione che coloro che sono perfetti nell’amore per Me non vedranno, né sentiranno, né assaporeranno mai la morte del corpo, bensì trapasseranno alla perfettissima ed eterna vita dello spirito, com’è avvenuto a Zuriel che è presente qui, e a Sehel e a Pura!

8. Così pure Io vi ho mostrato i vantaggi infiniti della vera vita, come anche, al contrario, gli infiniti svantaggi di una vita contraria al Mio eterno ordine.

9. Tutto ciò voi lo avete dunque percepito direttamente da Me, il Signore stesso, e lo avete ricevuto nel cuore, e quindi in voi non vi può essere più alcun dubbio riguardo alla verità piena e assoluta di quanto vi venne annunciato da Me stesso.

10. Perciò ora anche voi siete provvisti di tutto sotto ogni aspetto e non potete dire: “Padre, a noi manca ancora questo e quello!”, ma siccome voi siete tutti così provvisti, non soltanto per il tempo, ma anche per tutta l’eternità, allora restate fermi in tali condizioni d’animo, e non lasciatevi più attirare imprudentemente dalla brama delle futili cose del mondo, le quali vanno sempre congiunte alla morte e all’antica rovina, e così facendo non Mi sarete più causa di ulteriore fatica!

11. Se invece voi uscirete arbitrariamente dal Mio ordine e vorrete signoreggiare l’uno sull’altro per interesse personale per lo splendore e per il mondo in voi, allora anch’Io distoglierò la Mia faccia da voi e vi lascerò inabissare nella palude di ogni lussuria, di ogni brama della carne, di ogni prostituzione e in ogni adulterio e in ogni disordinata brama animalesca; ma quello che ci guadagnerete in questo caso, ve lo dimostreranno ben presto le aspre e amare conseguenze! Di più non occorre che Io vi dica!

12. E ora che tutto è così rientrato nel massimo ordine, Io vi benedico e vi dico: “Il Mio Amore sia con voi e fra di voi nel tempo come per l’eternità! Amen!”».

13. A questo punto il Signore, assieme a Zuriel, divenne di nuovo invisibile. La compagnia uscì fuori e lodò e rese gloria a Dio finché fu giorno, compiendo così anche la celebrazione del Sabato.

*

14. La Domenica seguente tutti fecero ritorno alle loro località, e Lamec stesso, tra molte benedizioni, riprese il cammino assieme alla sua compagnia verso la pianura, e là mantenne l’ordine del Signore con saggezza e facendo veramente della sua epoca una vera epoca d’oro.

15. E la stessa cosa avvenne anche sull’altura.

 

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Cap. 115

La prima Chiesa al tempo di Adamo e il successivo decadimento degli uomini dopo la morte dei progenitori

 Parole di congedo di Adamo, suo testamento e sua morte all’età di novecentotrenta anni

11 settembre 1843

1. Così gli uomini della Terra furono ora perfettamente istruiti ed arricchiti di ogni specie di cognizioni. L’abisso tra l’altura e la pianura fu colmato, affinché ciascun uomo potesse essere attivo senza impedimenti di sorta e secondo la propria volontà completamente liberissima.

2. E così pure la conoscenza di Dio era completamente viva e in questo modo fu fondata la prima Chiesa, nella quale ciascun uomo poteva trovare il mondo interiore dello spirito nel puro amore per Dio.

3. E così tutto era perfettamente buono finché questi primi progenitori rimasero in vita, ma quando essi furono richiamati dal mondo e morirono gradualmente uno dopo l’altro, le cose purtroppo assunsero ben presto un altro aspetto.

*

4. Il mondo cominciò a prendere sempre più il sopravvento, lo spirituale andò svanendo, e in breve tempo si poterono vedere degli uomini diventati del tutto materialisti, i quali dello spirito non ne sapevano molto di più di quelli del vostro tempo attuale (1843) e perciò non si lasciarono più né guidare né punire dal Mio Spirito.

5. Infatti il serpente seppe ‘benedire’ così bene con la sua maledizione la natura del terreno, che questo cominciò a produrre tutto in tale abbondanza, che presto rese rammolliti gli uomini e fece di loro dei fannulloni e degli oziosi.

6. Il susseguirsi degli avvenimenti che verranno ulteriormente narrati renderà ancora più chiara questa cosa agli occhi di tutti.

*

7. Adamo intanto aveva raggiunto l’età di novecentotrenta anni, ed un giorno fece chiamare a sé tutti i suoi figli della stirpe principale, e disse loro:

8. «Figli, sono già novecentotrenta anni che io vivo sulla Terra e perciò la mia stanchezza e la mia debolezza sono diventate enormi!

9. Io ho dunque pregato il mio Dio e il vostro Dio affinché Egli voglia rafforzarmi oppure togliermi dalla Terra così come, al tempo delle Sue grandi Rivelazioni, Egli ha preso con Sé Zuriel, Sehel e Pura.

10. E quando ebbi così pregato, vedete, il Signore mi disse:

11. “Ascolta Adamo, Io ho misurato il tuo tempo e l’ho trovato completo; perciò anch’Io voglio esaudire la tua preghiera e voglio toglierti dalla Terra che ha già notevolmente stancato i tuoi piedi.

12. Però, nel modo in cui hanno abbandonato la Terra i tre da te menzionati, tu non puoi abbandonarla, perché hai peccato nella tua carne!

13. Per conseguenza occorre che il tuo corpo venga restituito alla Terra dalla quale fu tolto, in modo che di te venga data al serpente la sua parte!

14. Invece la tua anima, con lo spirito che proviene da Me, Io la scioglierò dal tuo corpo e la condurrò nel luogo opportuno dove tu contemplerai le Mie misericordie nella completa pace del tuo cuore.

15. Ed Io ti manderò un angelo, ed egli ti libererà dal corpo, e ciò in questo giorno.

16. Ma come tu abbandonerai il temporale, similmente dovranno abbandonarlo tutti coloro che hanno peccato nel loro corpo.

17. Infatti, come attraverso te è venuto il peccato nel mondo dei figli che provengono da te, così deve essere anche la morte della carne! Amen!”

18. Così ha parlato il Signore, e così oggi è l’ultimo giorno della mia esistenza terrena dinanzi a voi, poiché questa è la Volontà del Signore!

19. Eva, vostra madre, vivrà ancora qualche tempo; tenetela in onore ed abbiate cura di lei finché il Signore chiamerà anche lei!

20. A te, Enoch, io consegno la mia casa e tutto ciò che si trova in essa; e la prima cura per la madre sia raccomandata a te!

21. A te, Set, io do invece tutto il terreno e tutto il suo prodotto! E per questo avrai l’obbligo di provvedere a tutti coloro che abiteranno nella mia casa, poiché questa deve rimanere d’ora innanzi proprietà del sommo sacerdote, ed egli vivrà della decima parte di tutti i prodotti del terreno.

22. Così vuole Dio il Signore d’ora in avanti! E bisognerà che Enoch, Jared, Matusalem e Lamech seppelliscano il mio corpo di nascosto in un luogo tale da rimanere ignoto a chiunque all’infuori dei quattro nominati, per evitare che i figli vengano a tributargli venerazioni divine. Tutto questo è volontà mia e del Signore! Così operate! Amen!»

23. Dopo di che Adamo benedisse tutti i figli della stirpe principale e, tramite essi, tutti gli uomini della Terra, poi egli chinò il suo capo e morì.

24. Allora tutti i figli strapparono le loro vesti e piansero, e furono in lutto per un anno intero.

25. Adamo fu seppellito su un’alta montagna, e all’infuori dei quattro nessuno seppe mai il luogo della sepoltura.

26. Ed Enoch prese possesso della casa di Adamo e là visse con sua moglie e i suoi figli, ed ebbe cura di Eva, la quale visse ancora trent’anni dopo la morte di Adamo.

27. Così il testamento di Adamo venne rispettato in ogni suo punto.

 

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Cap. 116

Lutto e pianto in tutta la Terra per la morte di Adamo ad eccezione degli africani e dei giapponesi

Crescente considerazione di Eva e successiva morte a novecentosessanta anni

12 settembre 1843

1. Quando la notizia della morte di Adamo giunse anche ai figli del mondo nella pianura, essi piansero molto la sua perdita e digiunarono per tre giorni.

2. E Lamec, che a quel tempo viveva ancora in fedeltà e rettitudine, inviò messaggeri in tutte le parti della Terra e fece annunciare la morte di Adamo a tutti i popoli allora accessibili.

3. E dove pervenne tale notizia, immediatamente essa suscitò profondo cordoglio, e tutti gemettero e piansero a causa della perdita del primo padre.

4. Ma tanto più appunto, accresceva la considerazione di cui godeva Eva, poiché accadde non di rado che delle intere processioni, provenienti da tutte le parti, si recavano sull’altura per vedere e salutare la prima madre.

5. Per far visita ad Eva giunsero sulle montagne dei figli di Dio perfino degli inviati di Sihin (Cina), poiché anche quegli abitanti avevano appreso dai messaggeri di Lamec che Adamo, il primo padre, era morto.

6. Ai cainiti (Africa) invece e ai meduhediti (Giappone) tale notizia non giunse, poiché allora questi due popoli erano del tutto divisi dagli abitanti del continente.

7. Eva però, nonostante le molte consolazioni, rimase profondamente turbata fino alla fine dei suoi giorni; e perfino le parole consolatrici di Enoch non avevano molto potere sul suo cuore.

8. Solamente Set riusciva talvolta ad influire beneficamente sul cuore di Eva, perché egli era stato sempre il suo prediletto, data la sua perfetta somiglianza con Adamo tanto nei lineamenti, quanto nella statura e nel modo di parlare.

9. Così anche questi trent’anni trascorsero generalmente in perfetto ordine; e quando la misura degli anni di Eva fu completa, anche lei venne richiamata dal Signore.

10. E tre giorni prima della morte di Eva, mentre Set, Jared, Enoch, Matusalem e Lamech attorniavano la prima madre ormai già molto indebolita, accadde che, per concessione del Signore, lo spirito di Adamo apparve nella capanna e disse:

11. «Figli, abbiate la mia benedizione! La pace sia con voi e non abbiate paura di me, poiché io sono Adamo che vi ha generati tutti nella carne per la Grazia dell’onnipotente, eterno Dio vivente!

12. Vedete, il Signore, che già trent’anni fa ha avuto misericordia di me, vuole ora mostrare misericordia anche ad Eva, la mia fedelissima moglie, e vuole liberarla dalla Terra e dalla sua carne diventata estremamente affaticata e debole, in modo che lei pure entri nella mia pace della vita e, con me, possa deliziarsi sui sacri prati delle Misericordie di Dio come un docile e mansueto agnello!

13. Fu lo spirito di Sehel a liberarmi, ma io stesso slegherò Eva dal suo carico terreno e la condurrò là dove sono io, nella dolce pace in attesa di quel giorno che per la Terra, secondo la promessa, sorgerà come un Sole dei soli!»

14. A questo punto Enoch domandò allo spirito: «E quando precisamente sarà fatto questo da te, e che cosa si dovrà fare del corpo della madre?»

15. E lo spirito di Adamo rispose: «Non io, bensì il Signore è il tuo maestro! Il termine è fissato a tre giorni da oggi; quello che dovrai fare te lo annuncerà come sempre il Signore!»

16. E detto questo, lo spirito di Adamo scomparve.

17. Il terzo giorno egli comparve di nuovo in maniera visibile soltanto a Enoch e ad Eva.

18. Ed Eva benedisse tutti i figli presenti e lodò Dio per tale Grazia.

19. E lo spirito di Adamo allora parlò in modo percettibile a tutti e disse: «Eva, tu hai impartito ai figli la mia benedizione congiunta alla tua. È Volontà del Signore che anche tu faccia ritorno a casa; e così vieni dunque tra le mie braccia nel Nome del Signore! Amen!»

20. E nello stesso istante Eva cadde morta, e il suo spirito e la sua anima scomparvero immediatamente insieme allo spirito di Adamo e non furono mai più visti.

21. Così morì la madre, circondata dai suoi figli e, ricongiunta allo spirito di Adamo, fu accolta tra le braccia [sue] spirituali e condotta verso la pace nel Signore.

22. Il suo corpo però, secondo la Volontà del Signore, venne seppellito nello stesso luogo e dagli stessi che avevano seppellito Adamo, e a nessuno fu permesso sapere dov’era tale luogo.

23. Anche alla morte di Eva seguì un periodo di lutto di un anno, e come conseguenza avvenne che molti si appartarono, e quasi si nascosero e cominciarono a condurre una vita quanto mai devota.

24. La morte di Eva ebbe un effetto particolarmente potente sugli abitanti della regione della sera, che allora si chiamavano abedamiti; infatti Abedam era anche un prediletto di Eva, e lei a sua volta era tutto per lui.

25. Questa fu dunque la fine di Eva.

 

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Cap. 117

L’ascetismo si diffonde tra i figli dell’altura a causa della morte di Adamo e poi di Eva e di Set

 La benedizione del Signore per la nascita di Noè

Enoch sparisce dopo aver spiegato inutilmente a Lamech il perché del trapasso dei loro predecessori

13 settembre 1843

1. Dopo di ciò gli uomini vissero ancora per lungo tempo come semimorti e non avevano alcuna gioia del mondo, bensì la loro maggior brama tendeva unicamente ad andare a raggiungere il più presto possibile la coppia dei genitori principali.

2. In alcuni il disprezzo del mondo si spinse così oltre misura, al punto che eressero, sotto a vecchi alberi di fichi, piccole capanne, e là condussero, anche per un centinaio di anni, una perfetta vita da eremita, senza cambiare la loro dimora finché si manteneva vivente l’albero che li nutriva stentatamente.

3. Molti tra gli uomini giurarono di non accostarsi mai più a una donna, poiché essi dicevano con un’esasperazione talvolta molto accentuata: «Perché procreare ancora delle creature umane? Se poi ciascuno non può attendersi altro che la sorte di Adamo e di Eva – ossia la morte e la rovina della carne – allora per lui è meglio non essere chiamato ad un’esistenza così tanto miserevole! Se Dio vuole proprio avere degli uomini miseri su questa travagliata Terra, allora Egli può crearseli di nuovo fuori dalla pietra e dall’argilla, ma noi che ora sappiamo quello che segue a questa povera vita, non ci presteremo mai più a mettere al mondo degli esseri infelici della nostra specie!»

4. Così fecero anche molte donne che si appartarono del tutto e non si poterono indurre più al concepimento. Infatti anch’esse dicevano: «Per la morte, che vengano partorite le bestie, ma non gli uomini!»

*

5. Trascorso un centinaio di anni dalla morte di Eva, come pure nel tempo successivo alla morte di Set, l’altura pullulava dappertutto di tali persone singolari; e nessuna parola di Enoch, per poco ancora vivente, e nemmeno alcun miracolo, servì a guarire gli uomini e le donne da tale stoltezza.

6. Ed Enoch stesso, avendo constatato che, data una simile ‘super intelligenza’ degli uomini, non si poteva più ottenere niente dovendo lasciare intatta la loro libera volontà, anche lui supplicò infine il Signore perché volesse richiamarlo a Sé.

7. Ma il Signore così parlò ad Enoch: «Mio fedelissimo servitore, vedi, ancora entro quest’anno Lamech, tuo nipote, avrà un figlio! Questo figlio tu lo devi prima benedire, e poi libererò anche te dal mondo, come te lo avevo promesso!»

8. E nello stesso anno, quando Lamech ebbe raggiunto il suo centottantaduesimo anno d’età, Ghemela gli partorì un figlio, che fu subito benedetto da Enoch secondo il comandamento del Signore.

9. E dopo la benedizione, Lamech aggiunse: «Il tuo nome è Noè, lui ci sarà di conforto nelle nostre fatiche e nel nostro lavoro sulla Terra che Dio, il Signore, ha maledetto!»

10. Da quest’esclamazione di Lamech ciascuno può rilevare che nemmeno la sua disposizione d’animo era più nell’Ordine divino, perché con tali parole egli fece un aperto rimprovero a Me, il Signore, a causa della presunta maledizione della Terra, avendo egli voluto dire in un certo modo: ‘Presso Dio non c’è più nessun conforto, poiché Egli adesso trova la Sua gioia nell’uccidere i corpi dei padri. Perciò diventi un conforto suo figlio Noè!

11. Enoch però rimproverò Lamech per tale sua espressione e gli fece notare il fatto che Io ora consideravo il comportamento dei figli con cuore offeso, dato che Io stesso avevo promesso a tutti loro, e lo avevo insegnato e dimostrato sempre in maniera convincente nel cuore di ciascuno, che un’altra eterna vita nello spirito sarebbe seguita alla deposizione della carne tentatrice.

12. Ma Lamech rispose: «Questa cosa mi è ben nota quanto lo è a te, padre Enoch! Ma quando io considero questa vita, che dovrebbe essere poi eterna, perché dunque non posso mai vedere in essa coloro che sono morti? Vedi, riguardo a questo non abbiamo nessun insegnamento e nessun fondamento!

13. Per quale ragione agli spiriti di coloro che sono andati dall’altra parte non è concesso venire da noi e mostrarci che essi hanno la vita ed esistono anche senza il corpo?»

14. Ed Enoch disse: «Ma cosa dici? Non vedesti tu gli spiriti di Adamo, di Zuriel, di Abele e di Sehel! Cosa vuoi ancora di più?»

15. Ma Lamech disse: «Vedi, tutte le cose sono possibili a Dio! Non può Egli chiamare di nuovo gli uccisi alla vita e all’esistenza visibile quando Egli vuole? E allora noi crederemo che è così!

16. Ma quando l’esistenza visibile svanisce, cosa ne è poi di essa? Dove se ne và, dato che per i nostri sensi essa non c’è più? Vedi, qui si rende evidente l’antica maledizione! Noi esistiamo per essere uccisi; perciò esistiamo per la maledizione, non per la vita!

17. Dove c’è la vita, là essa dovrebbe essere sempre visibile, ma non essere così come se non fosse!

18. A causa del peccato di Adamo ogni carne di uomo deve essere uccisa! Che maledizione è questa! Se io non ho mai peccato, perché il mio corpo deve essere ucciso a causa del peccato di Adamo? Vedi, è questo che io trovo crudele!»

19. A questo punto Enoch benedisse Lamech e poi uscì fuori e pianse al cospetto del Signore.

20. Il Signore però consolò Enoch, lo prese a Sé insieme al corpo, e da quella volta egli non fu più visto sulla Terra, quantunque gli uomini lo cercassero dappertutto.

 

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Cap. 118

Lamech dell’altura alla ricerca di Enoch per un anno

 Il Signore rivela al re Lamec dove si trova Enoch

Lamech dell’altura rivolge all’assemblea un discorso amareggiato e stolto

14 settembre 1843

1. Questa volta però, soprattutto per Lamech, Enoch si faceva attendere un po’ troppo a lungo, e perciò egli stesso uscì fuori per vedere dove fosse Enoch e cosa stesse facendo da qualche parte.

2. Ma invano egli percorse in ogni senso l’intera altura e non poté trovare Enoch in nessun luogo. Egli mandò pure dei messaggeri in tutte le direzioni; perfino giù alla pianura egli mandò degli esploratori.

3. Tuttavia ogni fatica fu vana, poiché non era più possibile trovare Enoch tra i viventi, in nessun luogo della Terra.

4. In seguito a ciò, Lamech e gli altri pochi padri ancora in vita pensarono che Enoch potesse essere morto. Quindi Lamech fece fare un’inchiesta generale per sentire se qualcuno avesse potuto fornire qualche notizia in proposito.

5. Ma chiunque venisse interrogato rispondeva scuotendo le spalle, affermando di non avere visto Enoch dall’ultimo Sabato.

6. E così questo cercare per lungo e per largo continuò per un anno intero; tuttavia nessuno fu neanche lontanamente in grado di dire cosa fosse accaduto ad Enoch.

7. Lamec della pianura, allora ancora in vita, si era proposto di intraprendere ricerche su vasta scala; ma aveva appena preso le misure necessarie all’invio di diecimila messaggeri, quando il Signore gli parlò così:

8. «Non affaticarti inutilmente come fanno gli stolti sull’altura, perché, vedi, Io ho chiamato a Me, Enoch con il corpo, l’anima e lo spirito, come gli avevo promesso! Perciò tu puoi cercarlo in tutto il mondo, ma non lo troverai mai! Prepara perciò due messaggeri, e mandali sull’altura a portare questa notizia, affinché i Miei stolti figli sappiano dove se ne è andato Enoch!»

9. Di fronte a questa notizia, Lamec rinunciò al suo grandioso piano di ricerche e mandò invece sull’altura soltanto due messaggeri apportatori della notizia avuta da Me, e per mezzo di questi fece annunciare a Lamech dell’altura quello che gli era stato comunicato da parte del Signore.

10. Ma quando Lamech dell’altura ebbe appreso tale notizia, andò fuori di sé, ed altrettanto avvenne di quasi tutti i figli dell’altura, perché in primo luogo, secondo i loro concetti, Enoch era come se fosse morto [scomparendo] dalla Terra, e in secondo luogo perché nessuno era stato chiamato a sostituire Enoch nella sua carica di sommo sacerdote.

11. Allora Lamech si espresse così dinanzi all’intera assemblea: «Ascoltatemi, voi fratelli e figli miei, e anche voi pochi padri ancora rimasti! Il Signore ha ormai preso con Sé o ucciso anche Enoch che noi tutti abbiamo invano cercato per un anno intero, così come Egli ha già fatto con moltissimi di noi.

12. Ma al Suo posto Egli non ha nominato alcun altro sommo sacerdote, e questo è ancora più strano della morte stessa! Enoch certo mi diede la sua benedizione prima di uscire per non fare più ritorno, ma questa benedizione io non posso considerarla come una consacrazione al sommo sacerdozio. Perciò questo posto, d’ora in poi rimarrà vuoto!

13. Chi di voi vuole osservare il Sabato, allora lo osservi; ma chi non vuole osservarlo, allora faccia come crede! Infatti io ritengo che, per la morte, sia senz’altro buona ogni cosa.

14. Il Signore faccia quello che vuole; ma da parte mia io non farò molto per la morte!

15. Lasciate improduttivo ogni terreno, e cessate di procreare figli, e non deponete più nessun seme nella terra, e copritevi gli occhi e non guardate più questo orrendo mondo dell’inganno, bensì ciascuno di voi resti in attesa della morte che verrà quanto prima! E quando essa ci avrà afferrati, allora noi avremo raggiunto la nostra meta. Una bella meta per esseri dai pensieri liberi!

16. Resti dunque stabilito che la Terra debba essere spopolata! Poi Dio su di essa potrà uccidere come Egli vuole! Comprendetemi bene: la Terra divenga spopolata!»

 

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Cap. 119

Per trent’anni viene sospesa la procreazione sull’altura

il Signore da una nuvola infuocata ammonisce Lamech dell’altura per il suo comportamento oppositivo

16 settembre 1843

1. Date le note circostanze, questo discorso di Lamech non poté mancare di trovare grande approvazione, e infatti ci furono solo pochi che rimasero fedeli all’Ordine fino allora esistito; questi fedeli, però, non bramavano altro di più ardentemente che essere tolti al più presto possibile dal mondo del tutto rovesciato.

2. Per quanto riguarda poi particolarmente l’atto della procreazione, questo in generale venne sospeso sull’altura per un tempo di circa trent’anni. Dopo questo tempo, quando in Lamech il rancore provocato dal cordoglio si fu un po’ calmato, il Signore chiamò Lamech, una sera fuori all’aperto, e da una nuvola infuocata gli parlò così:

3. «Lamech, Lamech, tu metti la Mia Pazienza a una forte prova!

4. Una volta Io, procedendo con i tuoi padri dalla Sera (l’Occidente) verso la Mezzanotte (il Settentrione), ti venni incontro quando tu, senza essere stato chiamato, procedevi timoroso per il sentiero del bosco che c’è tra la Mezzanotte e la Sera, per incontrare i padri intenti ad invitare i popoli alla grande celebrazione del Sabato. Allora il tuo cuore si colmò di gioia e di gratitudine perché Io avevo interceduto in tuo favore presso i padri; e tu allora trovasti in Me il più grande Amico della tua vita, e per Me ti saresti lanciato nel fuoco, quantunque non Mi avessi ancora riconosciuto.

5. Ma poi, quando in seguito Mi riconoscesti, ecco, nell’ardore del tuo amore per Me tu divenisti come un metallo fondente!

6. Ebbene, che cosa ho fatto ora Io stesso, se non soltanto quello che in varie maniere ho insegnato a voi tutti ed ho annunciato a voi tutti come indispensabilmente necessario per l’eterna vita dello spirito? E tuttavia adesso tu non hai più considerazione per nessuna delle Mie parole, bensì tu operi come se Io per te fossi l’essere più estraneo ed inutile di tutto il mondo dello spirito e del corpo!

7. Che concetto devo dunque farMi di te Io, il tuo Dio, Creatore e Padre? Vuoi proprio sul serio sfidare Me, l’Onnipotente? Intendi davvero azzuffarti con Me e metterti in lotta con Me? Parla! Cosa vuoi tu da Me?

8. Io devo solo alitare, e tutta la Creazione non esiste più, e tu non sei più nulla! Parla! Cosa vuoi da Me? Ti devo obbedire Io o sei tu che devi obbedire a Me? Parla! Cosa vuoi da Me?»

9. E Lamech rispose: «Signore, io non dubito della Tua potenza; però dubito del Tuo Amore e della Tua promessa Fedeltà! Infatti, come puoi Tu, essere buono verso di noi, Tue creature o figli, se sembri provare piacere soltanto nell’ucciderci?

10. Io gradirei di più che Tu alitassi su di me in modo che io potessi rientrare per l’eternità nel nulla, che non dover vivere ancora a lungo e lavorare duramente su questa Terra maledetta, per poi infine essere ucciso da Te!

11. Anche se Tu dici: “Solo la carne deve essere uccisa; ma lo spirito continua a vivere!”, allora io dico: “Quale vantaggio ci deriva da un tale cambiamento di vita, se ci si deve dapprima abituare alla vita del corpo e, quando siamo ben arrivati ad apprezzarne le giuste capacità e ad averla cara, vieni Tu di nascosto e distruggi questa prima vita e poi, secondo il Tuo piacimento e fuori da questa, formi qualche altra vita che sicuramente non avrà maggiore importanza della prima?”

12. Io vedo che Tu sei un amico dei costanti cambiamenti, per questo io non posso fidarmi di Te!

13. Alita dunque su di me con la Tua Onnipotenza, affinché io cessi improvvisamente di esistere, e non chiamarmi mai più in eterno ad una qualche esistenza, e così il mio annientamento Ti deve essere di durevole lode per l’eternità! Ma un’esistenza costantemente mutevole è la più grande maledizione per qualsiasi creatura, e il piacere del suo Creatore diventa un carico insopportabile per essa».

 

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Cap. 120

Il Signore si mostra visibilmente a Lamech e lo ammonisce in modo molto serio

Gli spiriti di Enoch e di Adamo si mostrano a Lamech per testimoniare della loro vita spirituale

18 settembre 1843

1. Ma non appena Lamech ebbe terminato il suo discorso, la nuvola infuocata discese e si posò sul terreno, e il Signore apparve a Lamech visibilmente nella nuvola infuocata, e con voce molto seria gli disse:

2. «Lamech, Lamech! Rifletti bene su Chi è Colui al Quale tu stai dinanzi e che ora ti parla!

3. Che cosa facevano Enoch e Matusalem con te, quando nei tuoi giovanissimi anni ti dimostravi indomabile? Ecco, tu venivi punito con la verga acuminata!

4. a te stesso se allora i padri ti hanno punito sotto la spinta dell’ira distruttrice o sotto la spinta di un giusto amore.

5. Tu non puoi fare a meno di ammettere che tale cosa i padri l’hanno fatta per il giusto amore per i figli, perché altrimenti saresti cresciuto come un animale selvaggio e saresti diventato un essere disumano!

6. Così tu parli in te e attingi un giusto giudizio. Ma ritieni tu forse che Io sia per te un Padre giusto che ti ama meno di quanto abbia amato Jared, Enoch e Matusalem?

7. Oh, vedi, per te questi furono dei padri che ricevettero da Me solo il compito di generarti, di allevarti e di educarti! Ma il tuo solo eterno giusto Padre sono Io, che ti ho creato attingendo da Me e che ti ho generato ed allevato finora in ogni libertà del tuo spirito e che tuttavia, quale unico Padre eternamente vero e giusto, non ti ho mai punito malgrado tutta la tua non rara sfrenatezza dinanzi a Me!

8. Vedi, la ragione di ciò sta sempre nel Mio infinito Amore, Pazienza e Misericordia che ho avuto verso di te e con te!

9. Ora però Io ti dico che sei diventato tanto ribelle verso di Me al punto che Io ora prenderò in mano una sferza e che verso di te e verso tutti i tuoi simili farò come si conviene ad un giusto Padre che è colmo del più giusto amore per i suoi figli!

10. Prima però voglio mostrarti la magnifica sorte di coloro che ho richiamato a Me, in modo che tu debba riconoscere, dal tuo più profondo fondamento della vita, che intenzioni ho Io verso i Miei figli per l’eternità!

11. Poi voglio mostrarti che, per la loro salvezza, anch’Io so punire i figli indomabili che misconoscono così tanto la destinazione loro assegnata dal Mio grande Amore paterno e la vogliono trascinare nella polvere dell’inganno senza valore, e voglio mostrarti che i più ricalcitranti li posso punire continuamente anche in spirito, qualora essi non vogliano mai riconoscere che Io sono il loro amorosissimo Padre e Dio in ogni intangibile Santità.

12. Ora guarda là in alto e dimMi: “Cosa vedi tu!”»

13. Allora Lamech guardò verso l’alto e vide tutti i defunti.

14. Ed Enoch discese fino a terra e disse a Lamech: «Dissennato! Toccami e persuaditi che io ora vivo per l’eternità senza mai più avere alcun cambiamento dell’essere!»

15. E Lamech provò a toccare Enoch e non trovò niente di cambiato in lui all’infuori del compimento celeste-spirituale, in tutta la pienezza della perfettissima vita.

16. E così pure si convinse che tale era il caso di tutti gli altri.

17. E Adamo gli disse ancora in aggiunta: «Lamech, la massima opera di bene del Padre verso di noi è la rimozione del pesante corpo, a scopo di prova, dal libero spirito! Di ciò tu devi rallegrarti!

18. Per quanto tenebrosa possa sembrare, ai tuoi occhi ancora terreni, la morte del corpo, questa tuttavia appare come una suprema delizia a colui che viene richiamato nell’amore per il Padre!

19. Vedi, tu fosti generato nel piacere d’amore dei tuoi genitori; ma tu, nel supremo piacere d’amore, quale spirito, vieni tolto dalla pesante carne e poi vivi di una vita che è la più perfetta, eterna, possente, vigorosa e attivissima, la cui dolcezza non è paragonabile a nessuna cosa terrena!

20. Qualsiasi cosa tu abbia iniziato sulla Terra, tu la porterai a compimento solo in spirito nell’eterna Terra spirituale. Perciò tu non devi essere pigro sulla Terra, poiché non un solo granellino di sabbia da te toccato va perduto!

21. Questo te lo dico io, Adamo, il tuo progenitore. Dunque, comprendilo! Amen!»

 

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Cap. 121

Ulteriore manifestazione di altri spiriti visibili a Lamech

Suo ravvedimento e pentimento per aver offeso Dio

Lamech chiamato a sostituire Enoch

19 settembre 1843

1. Allo stesso modo Lamech si intrattenne anche con Set, con Eva e con vari altri che erano trapassati dalle quattro regioni dell’altura, e che un tempo erano anche stati abitanti della pianura, ed egli vide con i suoi occhi ed afferrò con le mani che la vita dello spirito dopo il distacco del corpo ha la sua perfettissima realtà.

2. E non appena si fu persuaso di tale verità nel più profondo fondamento della sua vita ed ebbe compreso tutto ciò nella radice fondamentale, egli cominciò a meditare e vide quale immenso torto aveva fatto al Signore e Padre dall’eternità con le sue parole e quanto ingiusti erano tutti i suoi pensieri e le sue decisioni!

3. E allora cadde ai piedi del Signore e cominciò a piangere e, con animo profondamente compunto[18], disse (Lamech): «O Dio, Signore e Padre, solo adesso io vedo l’intera pienezza della mia malignità!

4. Io ero cieco e, nella mia grande cecità, credevo di poter disputare con Te! Nella mia orrenda follia ho voluto porre dei limiti al Tuo operare che in sé è il supremo Amore! Io volevo che la Terra divenisse deserta e fosse estinta la razza umana!

5. E tutto ciò perché un tenebroso rancore è germinato in me a causa della dipartita di coloro che io avevo cari più per una vecchia abitudine che per un vero e proprio amore! Infatti se io li avessi veramente amati, allora nel mio petto non sarebbe certo sorto alcun rancore contro di Te, che nel Tuo paterno Amore hai preparato a tutti loro una beatitudine tanto infinitamente grande!

6. O Dio, Signore e Padre, ora io riconosco di quale grande punizione mi sono reso degno dinanzi a Te! Perciò è certamente giusto che Tu ora mi punisca nella maniera più dura! Sì, o Signore, punisci la mia carne stolta assolutamente come si deve secondo la Tua santissima Volontà; però vorrei solamente che Tu non lasciassi andare del tutto in rovina il mio spirito!»

7. E il Signore rispose a Lamech: «Alzati, figlio Mio! Pensi dunque che Io, il Tuo santo ed amorosissimo Padre, provi piacere e gioia nel punire i Miei figli?

8. Vedi, ogni percossa che Io volessi darti, causerebbe al Mio Cuore un dolore ben maggiore che non a te sulla tua pelle!

9. Tu hai certamente anche un figlio che ami più della tua propria vita; ma quando talvolta ti è disobbediente, prova a percuoterlo, e fa tu stesso l’esperienza se soffrirai o no, più di tuo figlio!

10. Quando ti disporrai a colpirlo, già temerai di fargli troppo male; e se sotto il primo colpo debole egli si metterà a piangere, sarà forse capace il tuo cuore di dargli un secondo colpo?

11. Sicuramente ben presto tuo figlio avrà dimenticato il piccolo dolore e certo il tuo amore paterno non tarderà molto a farlo riconciliare con te, ma per quanto tempo ancora e quanto spesso, ricordandoti l’accaduto con amarezza, non dirai nel segreto del tuo cuore: “È vero che mio figlio è diventato buono, ma cosa pagherei per non averlo dovuto percuotere!

12. Ecco, tu faresti così, come autentico uomo! Ma Io sono più di un qualunque uomo; Io sono Dio e il tuo verissimo Padre! Anche perciò Io ora non ti percuoterò, bensì ti benedirò!

13. Io però, come Dio e verissimo Padre, ti dico: “Pensa che la Terra è il Mio paese! Lavoratela dunque per il vantaggio temporale dei Miei figli che verranno dopo di te, e continuate a procreare e a moltiplicarvi, poiché vedi, coloro che sono ancora prigionieri nella materia, sono ancora molti, ed essi attendono con ansia la liberazione!”

14. Tu però d’ora in avanti assumerai le funzioni di Enoch, e vedi di rimediare al male fatto! Amen!»

 

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Cap. 122

Lamech dell’altura fa voto di ristabilire l’antico Ordine divino

L’avvertimento del Signore che il serpente diventerà il signore del mondo tramite la carne delle donne, poi il giudizio

20 settembre 1843

1. Dopo queste parole del Signore, Lamech promise solennemente di impegnarsi il più possibile a ristabilire l’antico Ordine delle cose con l’aiuto del Signore e promise pure di aver cura che tale Ordine si mantenesse anche presso tutti i successori.

2. Ma il Signore disse a Lamech: «Tu fa quello che puoi, ma non devi agire precipitosamente, poiché vedi, nel popolo c’è molta ostinazione!

3. Tuttavia fa’ bene attenzione che il serpente non ti giochi qualche brutto tiro, poiché nella pianura egli ha già cominciato ad affinare la carne delle figlie e a renderla liscia e delicata!

4. Perciò diffida i Miei figli dal visitare troppo frequentemente la pianura, cosicché possano sfuggire alla trappola che là è stata posta per loro!

5. E inoltre, prendi nota di questo per tutti i tempi della Terra:

6. “Quando tu vedrai la carne delle donne farsi sempre più grassa, bianca, delicata e florida; quando le donne procederanno a capo e faccia scoperti, con il petto nudo e le braccia nude; quando le donne correranno dietro agli uomini con desiderio e le madri acconceranno e orneranno le loro figliole e le condurranno fuori di giorno e di notte per catturare qualche uomo attraverso tali fronzoli esteriori che sono l’arte del tutto più maligna di Satana, affinché arrendendosi a tale figliola qualche uomo si decida a prenderla in moglie – o almeno se la prenda come concubina pagata a giorno o ad ora come compenso quanto mai ignobile della fornicazione’, allora fa’ attenzione, Lamech, a quello che Io dico qui: ‘quando la donna si innalzerà al di sopra dell’uomo e vorrà dominarlo e anche lo dominerà effettivamente, sia con le sue attrattive della carne ottenute da Satana, oppure con tesori ed eredità del mondo, oppure attraverso una certa posizione sociale più elevata e di una discendenza più nobile; quando il sesso femminile, che dovrebbe essere subordinato, guarderà dall’alto in basso il misero uomo con gli occhi e il cuore colmi di derisione e di disprezzo, e griderà: ‘Puh[19], che puzza emana questo volgare individuo! Com’è spaventosamente brutto quest’uomo; che schifo vederlo! Guarda qui questa gentaglia comune, questa bazzecola di popolo!’, …allora, Lamech, …ascolta, ‘…il Serpente si sarà allora reso signore del mondo ed avrà stabilito nel sesso femminile il suo infame dominio!”

7. E allora – ascoltaMi bene, Lamech – Io allora abbandonerò il mondo e lo consegnerò al potere di colui al quale esso renderà omaggio, e colpirò di maledizione ogni creatura! E turerò i Miei orecchi in modo da non poter percepire il forte grido di lamento dei miserabili sulla Terra, per non provare misericordia in Me per la loro necessità e per la loro tribolazione, anzi, al tempo fermamente determinato, Io farò scendere il Mio Giudizio sopra ogni carne esistente sulla Terra e riverserò la Mia ira sopra ogni paese e sopra ogni creatura!

8. In verità, Io ti dico che il mondo ha già fatto un grande passo verso la propria rovina! Perciò va ed annuncia dappertutto quello che ti ho detto ora, e invita tutto il popolo al ravvedimento, altrimenti tuo figlio, e anche tu in buona parte, sperimenterete che aspetto avrà la Terra quando Mi sarò del tutto allontanato da essa!

9. Queste parole osservale bene, e sii per Me un giusto servitore! Amen!»

10. A questo punto la nuvola infuocata scomparve, e con essa anche il Signore e tutti gli spiriti dei trapassati.

11. E Lamech, del tutto seriamente pensieroso, fece ritorno alla sua casa e annotò tutto ciò che il Signore gli aveva detto.

12. E già il giorno successivo radunò tutti gli anziani e rivelò loro ciò che il Signore gli aveva detto e tutto quello che egli aveva visto in tale occasione.

 

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Cap. 123

L’insuccesso dell’invito ai popoli di non cedere alle seduzioni delle donne della pianura

L’irritazione di Lamech e il conforto del Signore

21 settembre 1843

1. Durante il racconto di Lamech, coloro che erano stati chiamati alla riunione riconobbero e constatarono la piena verità di quanto egli esponeva loro, e poi, di animo lieto e colmi di fede ferma e viva, si separarono e andarono subito dai popoli delle quattro regioni, laddove annunciarono con viva convinzione quello che essi avevano appreso da Lamech.

2. Molti tra il popolo si convertirono, ma tuttavia la maggior parte rimase incredula e si espresse così: «Se in tutto questo vi fosse qualcosa di vero, allora noi non comprendiamo il perché il Signore non dovrebbe manifestarsi anche a noi come ha fatto con Lamech, dato che anche noi siamo altrettanto bene degli uomini come Lamech, ed altrettanto quanto lui siamo discendenti di Adamo.

3. Noi siamo ben convinti che vi sia un Dio spietato che regna su di noi secondo il Suo piacimento, e questo è abbastanza; ma a cosa ci servono delle minacce in aggiunta?

4. Non è già abbastanza essere convinti che noi tutti alla fine dovremo morire? Sarebbe davvero troppo stupido, da parte di chiunque abbia la capacità di ragionare con lucidità, temere quel Dio che, alla fine, non fa né più né meno che ucciderci!

5. Perciò mangia e bevi, e scaccia la noia del tempo nel modo più gradevole possibile. Questo sia il nostro motto; infatti per quello che deve seguire dopo la morte, in modo sommamente mistico e incerto, noi non diamo nemmeno una mela marcia!

6. Se in quello che ci dite vi è qualcosa di vero, allora che Jehova si riveli altrettanto a noi come ha fatto con Lamech, perché anche noi siamo uomini; se però Egli non lo fa, allora non ci importa assolutamente niente di Lui!

7. Voi però, che siete stati mandati da noi non da Dio ma da Lamech, potete credere quello che volete; questo a noi ci interessa poco, e la vostra eventuale convinzione vale per noi quanto uno zero assoluto!

8. Quando si arriverà alla fine, allora, quanto per voi come per noi, questa stessa fine scioglierà l’enigma dei fenomeni osservati durante la vita su questa Terra, ma intendete bene: quando cioè noi marciremo sotto terra e svaniremo per l’eternità come se non fossimo mai esistiti!

9. Ma per ciò che riguarda la vostra ammonizione di guardarci dalla pianura, noi non possiamo accoglierla che con una risata! Se laggiù ci sono sul serio delle donne stupende e noi possiamo ottenerle con facilità, allora noi saremmo certamente degli imbecilli se non le andassimo a prendere, poiché questo è precisamente ancora ciò che di meglio può avere l’uomo mortale su questo stupido mondo!

10. Se ciò non è giusto per Jehova, allora che Egli disponga altrimenti; ma finché Egli ci lascia vivere così, allora noi dovremmo essere proprio dei bei pazzi se volessimo gettare via nell’assoluto nulla questo poco di vita che ancora ci resta!

11. Voi dunque, messaggeri creduloni di Lamech, potete andarvene come siete venuti, e in avvenire lasciateci in pace, poiché noi sappiamo già comunque quello che dobbiamo fare!»

12. Vedi, questi furono dunque i frutti del modo in cui Lamech si era comportato prima!

13. E quando Lamech ebbe appreso dai suoi messaggeri ciò che aveva dichiarato la maggior parte del popolo, egli ne fu molto irritato e non seppe più cosa fare.

14. Ma il Signore così gli parlò: «Lamech, tu sai che Io ti ho detto: “Però non devi assolutamente agire precipitosamente!”, perciò adesso sta attento a questo che ti dico:

15. “Chi vuole venire, venga, ma chi non vuole venire, lasciamo che corra dove egli vuole; alla fine egli verrà da noi, e allora noi gli diremo, sul suo raziocinio[20], un paio di paroline per l’eternità!”

16. Così dunque avvenga! Ma per quanto riguarda la brama per le donne della pianura, a ciascuno che lo vuole sia pur lecito di ottenerne una; ma poi sarà nostra cura che egli non faccia più ritorno sull’altura con lei!

17. Sii dunque tranquillo, e rimani con i buoni nel Mio Amore in eterno! Amen!»

 

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Cap. 124

Il discorso del Signore sulla natura tra le persone fedeli e quelle infedeli

Sull’errata educazione dei genitori

22 settembre 1843

1. Allora Lamec rese grazie al Signore per tale insegnamento dal più profondo fondamento della sua vita e, dopo aver ringraziato per quanto ottenuto, Gli chiese se non sarebbe stato opportuno che egli radunasse i fedeli intorno a sé in un gruppo più ristretto.

2. Ma il Signore gli rispose: «Lascia pure che le cose rimangano come sono, poiché colui che è veramente fedele ci resterà fedele anche se vive in mezzo alla stirpe più sfrenata e del tutto dimentica di Me!

3. Ma se qualcuno non ha la vera fedeltà, allora anche un gruppo più ristretto gli sarà poco utile per la vita eterna!

4. Se egli si troverà insieme ai fedeli, allora egli si comporterà come se fosse un fedele; ma se egli si troverà insieme ai non fedeli, allora egli farà ben presto quello che essi fanno.

5. Se parlerà con te, allora parlerà solo di ciò di cui egli sa che ti fa piacere; ma trovandosi in compagnia degli infedeli, allora parlerà abbondantemente solo dei sudici discorsi del mondo.

6. Vedi, questi sono degli uomini frivoli e leggeri che saltano di qua e di là come le cavallette, tra Dio e la morte, e non hanno alcuna spirituale umidità di vita che porti a far germogliare il seme della Mia Parola viva in loro, come pure non hanno il calore spirituale con il quale far maturare in loro il seme eternamente vivo della Mia Parola riguardo alla forza, e tutte queste cose essi non le hanno perché non le vogliono avere, poiché essere frivoli sembra loro molto più allegro e dilettevole che essere stabili nella Mia Grazia.

7. Ma questa specie di uomini non è soltanto la più difficile da migliorarsi, bensì il loro miglioramento è una cosa quasi assolutamente impossibile, e questo perché essi sono d’accordo con tutto a seconda di come sono le circostanze delle cose.

8. Se tu vuoi averli cattivi, allora mettili tra i cattivi. Se tu vuoi averli allegri, allora mettili tra gli allegri. Se tu vuoi averli buoni, allora mettili tra i buoni. Se tu vuoi averli sapienti, allora mettili tra i sapienti!

9. Se però tu li lasci soli, allora non passerà molto che li troverai languire e ridursi alla disperazione dalla noia!

10. E perché questo? Perché essi non hanno una vita propria e perciò sono smaniosi di distrazioni!

11. Con la promessa di una distrazione e di un divertimento, tu, per certi periodi di tempo, potrai perfino mantenerli desti in un ramo di attività, ma prova a limitarli soltanto per tre giorni in un gruppo più ristretto dove non ci sia né distrazione, né divertimento, e allora vedrai che già il primo giorno cominceranno a fare una faccia lunga sette spanne. Il secondo giorno inizieranno a brontolare e ad insultare, e il terzo giorno o insorgeranno seriamente contro di te, oppure scapperanno via da te.

12. Infatti, il moto del loro cuore è: “Noi lavoreremo se così proprio deve essere; però il lavoro ci deve rallegrare, e dopo il lavoro non deve mai mancare una adeguata distrazione! Se questa manca, allora grazie tante per tutto il lavoro! Una distrazione deve esserci!”

13. Se ti volessi edificare una casa di spettacoli, allora tu potresti stare sicuro che essi verrebbero ogni giorno da te per godersi lo spettacolo come un moscone sulle immondizie fresche; ma altrimenti, rinuncia pure alla speranza che essi vengano da te, finché altrove ci sia un divertimento, di qualunque tipo esso sia, per loro!

14. Essi ascolteranno anche la Mia Parola, ma solo quando e finché essa procurerà loro un divertimento; ma riguardo al far crescere la Parola in sé fino a farla diventare vivente attività operativa, di ciò non potrai scoprire alcuna traccia!

15. Questi uomini fanno tutto: sia il bene che il male, purché ciò procuri loro un divertimento; ma se questo manca, allora sono morti sia per l’uno che per l’altro.

16. E la ragione di ciò è questa: “Perché essi non hanno assolutamente una vita propria!”. E questo perché essi già nei loro primi anni hanno imparato a sperperarla, avendoli i loro stolti genitori sempre spronati a qualche minima attività soltanto attraverso un qualche divertimento da far seguire a tale minima attività; tramite ciò, poi, essi non hanno mai accolto in sé il valore dell’attività, bensì soltanto quello della distrazione, rinunciando completamente ad ogni indipendenza e a ogni libertà e quindi a tutta la propria vita!

17. Lasciamo dunque i fedeli dove sono, perché essi non ci abbandoneranno, e così pure lasciamo gli infedeli dove sono, perché questi saranno sempre contro di noi!

18. Riguardo poi ai frivoli mosconi, lasciamo che si gettino liberamente sui mucchi di immondizia; ma se essi si avvicinano troppo alle nostre vivande, allora c’è sempre ancora tempo a sufficienza per cacciarli via! Ad ogni modo, l’inverno della vita verrà abbastanza per tempo per dare loro il colpo mortale!

19. Noi però non vogliamo affatto giudicarli, perché essi non sono altro che apparenti silhouette ed ombre effimere che durano dall’oggi al domani, e poi per loro è finita completamente per tutta l’eternità! Perciò sia loro anche concesso il loro breve divertimento, poiché dopo di questo non ve ne sarà più un altro per loro.

20. Questa è la Mia Volontà! Ma voi, fedeli, mantenetevi nel Mio Amore, perché in esso non ci sarà mai una fine del vostro essere! Amen! Amen! Amen!»

 

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Cap. 125

Insegnamenti di Lamech al padre Matusalem

“Chi nel mondo ama qualsiasi qualcosa più di Dio, non è degno di Lui!”

23 settembre 1843

1. Queste rivelazioni del Signore avevano immerso Lamech in profondi pensieri, ed egli si recò subito da suo padre Matusalem e gli riferì quanto aveva appreso dal Signore.

2. Ma quando Matusalem ebbe udito tali cose, ne fu grandemente angosciato, perché temeva di non ottenere la vita eterna a causa di come ragionava nel suo cuore. Egli pensava: ‘Se le cose stanno in tale maniera, allora io voglio fare un patto con i miei occhi e non guarderò più niente a questo mondo che possa darmi il benché minimo diletto, e distoglierò pure il mio orecchio da ogni voce del mondo! Ma il mio massimo diletto a questo mondo è costituito ancora dai miei figli e dalla mia fedele moglie!’. A questo punto egli aprì la sua bocca e disse a Lamec:

3. «Figlio mio, nel mio cuore io ho esattamente considerato le tue parole ed ho trovato che esse sono giuste, ed ho fatto un patto con i miei occhi e con i miei orecchi per cui io non guarderò, né ascolterò a questo mondo più nulla che possa procurarmi un minimissimo diletto mondano!

4. Ma che cosa devo fare riguardo ai miei figli e alla mia fedelissima moglie, che costituiscono il mio massimo piacere su questo mondo? Devo io benedirvi, e poi, per amore di Dio, devo forse abbandonare tutti voi per tutti i tempi, oppure devo rimanermi tra di voi?»

5. E allora Lamech ponderò per qualche istante e poi rispose a Matusalem secondo il suggerimento del Signore:

6. «Ascolta, padre, così dice il Signore, il nostro Dio ed eterno Padre santissimo:

7. “Chi nel mondo ama qualsiasi cosa più di Me, costui non è degno di Me!

8. Genitori, moglie e figli, però, sono essi pure nel mondo; perciò tu non devi amarli più di Me, se vuoi essere degno di Me!

9. Ma tutto quello che tu Mi sacrifichi, Io un giorno te lo risarcirò mille volte nel regno della vita eterna!

10. Ciascuno rimanga dunque quello che è, e là dove egli è, e Mi sacrifichi nel proprio cuore tutto quanto egli possiede, allora Io lo prenderò in considerazione e Mi congiungerò con lui per l’eternità!

11. Ma quello che egli poi godrà in questo congiungimento, e ciò che egli sempre farà, tutto ciò gli sarà utile per la vita eterna!

12. Infatti il Mio Spirito sarà poi in lui e trasformerà tutto nell’uomo: la vita diventerà una vera vita, l’amore diventerà un vero amore, la morte verrà destata alla vita eterna, ed ogni piacere in questa vita sarà giusto dinanzi a Me, poiché Io l’ho creata in esso, per la moltiplicazione della vita eterna e del Mio infinito amore, grazia e misericordia!

13. Con Me l’uomo può passare attraverso tutte le porte e può godere tutto, poiché il Mio Spirito in lui trasforma tutto per la vita; senza di Me, però, nessuno deve cogliere anche solo un filo d’erba, poiché anche un filo d’erba può provocargli la morte, tanto corporale quanto pure spirituale, qualora egli stesso lo tocchi con il suo spirito in modo tale da porre il proprio amore in esso!”

14. Ecco, padre Matusalem, così suonano le parole del Signore; ma se ora questa cosa ci è nota in maniera viva, allora poi sarà di certo facile vivere sulla Terra!

15. Noi restiamo dunque quello che siamo e dove siamo. Amiamo sopra ogni cosa soltanto Dio e portiamo a Lui in sacrificio tutto quello che il nostro cuore, sottraendo noi stessi da Lui, ci ha toccato anche solo minimamente, e solo così otteniamo subito lo Spirito vivente del Signore, nel Quale e attraverso il Quale ci è lecito godere tutto come il Signore stesso ci ha rivelato!»

16. Queste parole riportarono la calma a Matusalem; ma nonostante ciò egli da allora in poi rimase molto chiuso in se stesso, e continuamente nel suo cuore si occupò del Signore e si intrattenne a colloquio col Suo santo Spirito in lui.

 

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Cap. 126

Il declino morale e spirituale dei figli dell’altura

Le sagge disposizioni del re Lamec prima della sua morte

Il figlio Tubalcain succede al trono

25 settembre 1843

1. E così avvenne che la maggior parte dei buoni cominciò a vivere appartata e più ritirata dal mondo nel proprio animo e senza badare a quello che facevano gli altri uomini, i quali sprofondavano sempre più nel mondo; il che sarebbe stato anche inutile.

2. Infatti, i mondani erano caduti in preda a una grande ostinazione, e non era consigliabile mettersi a discutere con loro di argomenti spirituali, dato che, in primo luogo, essi ritenevano di sapere tutto meglio di coloro che erano rimasti fedeli a Me, e in secondo luogo, nel caso di una obiezione più energica da parte dei fedeli, essi ricorrevano prestissimo all’evidente villania e rudezza.

3. Questi avversari maneschi non prestavano perciò assolutamente più ascolto alla voce degli anziani e non facevano neppure nessun caso ai miracoli che non di rado i fedeli operavano dinanzi a loro per cercare di ricondurli sulla retta via.

4. Ma ben presto, quale ne fu la conseguenza? Nient’altro che un totale inabissarsi in ogni genere di sensualità!

5. I giovani ed anche gli adulti più robusti cominciarono a fare sempre più frequenti visite alla pianura, e siccome là, quali figli di Dio, veniva sempre tributata la massima considerazione alle loro persone e trovavano una quantità di ragazze e di donne bellissime, così accadde che essi sempre più raramente si sentirono invogliati a ritornare di nuovo sull’altura.

6. Essi si presero là delle mogli e si stabilirono nella pianura, costruirono delle nuove grandi città, le fortificarono con forti mura circolari e cominciarono ben presto ad atteggiarsi a signori di quel paese certo molto grande, però questo si verificò particolarmente mediante i loro figli che essi generarono con le figlie del mondo nella pianura, poiché questi erano vigorosi e colmi dello spirito della potenza del mondo, ovvero, per dirla in maniera più comprensibile, essi erano benedetti dal serpente, che li equipaggiava con ogni autorità, forza e potenza del mondo.

7. E Lamec dalla pianura, che allora era ancora in vita, dovette assistere con suo grande rammarico a quello che stavano facendo coloro che erano discesi dall’altura.

8. E giunto al termine della sua vita, fece venire a sé i suoi figli quando fu arrivato all’età di seicentotrent’anni, età che nella pianura non era mai stata raggiunta, e rivolse loro le seguenti parole:

9. «Figli! Il Signore mi ha chiamato affinché io abbandoni il mondo diventato cattivo; così, dunque, ben presto avverrà che io deporrò questo corpo già molto stanco.

10. Ma non scandalizzatevi affatto per questo fatto come si sono scandalizzati i figli dell’altura a causa della dipartita dei loro padri, altrimenti vi sarà riservata una sorte ancora molto peggiore di quella di coloro che voi vedete fuggirsene quotidianamente giù dalle montagne, per edificare qui delle nuove città, prendersi le nostre donne e generare con loro dei figli possenti nel mondo, che cominciano a sottomettere sempre di più i nostri popoli!

11. Io perciò vi do il consiglio di tenervi ben stretti al Signore, perché solo la Sua potenza ha tenuto lontano finora dalle nostre città e dai nostri territori questi nostri nemici.

12. Se mai avvenisse che voi poteste abbandonare il Signore, allora diverreste in breve tempo degli schiavi impotenti di questi potenti del mondo!

13. Queste parole tenetele strette! Lo Spirito del Signore sia con voi, come Esso fu con me e come d’ora innanzi sarà con me in eterno! Amen!»

14. Subito dopo Lamec morì e fu deposto con i massimi onori dai suoi figli dentro ad una bara d’oro in una magnifica tomba.

15. E tutte le undici città piansero per anni la morte di questa guida [del popolo]; Tubalcain, poi, prese le redini dello stato e seguì le orme di suo padre, ma con uno spirito più diffidente.

 

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Cap. 127

L’inizio dell’istituzione militare

L’estinzione della dinastia del re Lamec con la morte di Tubalcain

 Il giovane figlio di Mutaele e di Purista, Uraniel, nominato guida, maestro e capo della città di Hanoch

26 settembre 1843

1. Finché a fianco di Tubalcain vissero ancora Hored e Terhad, il custode del tempio, nonché Mura e Cural, lo stato di Hanoch con i suoi dieci principati si mantenne discretamente bene, quantunque si fosse già cominciato ad istituire una specie di esercito contro i popoli delle montagne che si stavano insediando al di fuori delle dieci città e che si facevano sempre più potenti.

2. Ma quando morì anche Tubalcain senza lasciare nessun erede maschio, bensì soltanto due deboli figlie (perché i figli maschi da lui avuti in precedenza con Naeme erano, come già noto, completamente deficienti, e come tali del tutto inadatti a guidare il popolo), allora nessuno seppe più a chi si sarebbe dovuta affidare la guida del popolo.

3. Ma poiché anche Hored, Terhad, Mura e Cural erano già morti prima di Tubalcain, allora la favorevole scelta di una guida e di un capo del popolo si presentò tanto più grave, poiché all’infuori di Naeme, anche lei in età molto avanzata, e delle due figlie di Tubalcain, non era più in vita nessun membro della famiglia di Lamec.

4. Anche i due fratelli di Tubalcain furono cercati invano, poiché pure essi dovevano essere morti in qualche luogo durante un viaggio nel mondo, e per conseguenza non si poté avere nessuna notizia né di loro, né dei loro discendenti.

5. Perciò gli abitanti della città di Hanoch non seppero fare altro che inviare dei messaggeri sull’altura per prendere informazioni presso Lamech dell’altura e consigliarsi con lui riguardo a cosa si sarebbe dovuto fare ora.

6. E Lamech chiese ai messaggeri se Naeme non avesse generato qualche discendente con Hored.

7. I messaggeri però risposero: «Nessuno! Né maschio, né femmina!»

8. Allora Lamec mandò un messaggero da Mutaele nella regione del Mattino e lo fece chiamare a sé.

9. E Mutaele venne, e Lamech gli parlò così: «Fratello, tu da Purista hai avuto un figlio che ora ha trent’anni! Costui è saggio ed è colmo dello spirito e della forza provenienti da Dio. Che ne diresti se io gli imponessi le mani e lo consacrassi a guida dei popoli della pianura? Infatti laggiù dimorano di certo già all’incirca tre milioni di figli dell’altura e non potrebbe essere perciò affatto errato se tuo figlio, così riccamente dotato della Grazia di Dio, diventasse una vigorosa guida per quei popoli!»

10. Mutaele però rispose a Lamec: «Fratello, tu pure hai un figlio che è ancora più ricco del mio in sapienza e grazia davanti a Dio! Perché non vuoi imporre invece a lui le tue mani?»

11. Ma Lamech disse: «Mutaele, tu sai che io agisco solo secondo il consiglio di Dio, però mai secondo il mio proprio! Ma se questo ti è provato, come puoi rivolgermi una domanda che non conduce a niente e che non serve a niente?

12. O tu fai come ti ho detto, oppure non lo fai; però, contro il consiglio di Dio in me, tu non devi pormi nessuna domanda!»

13. E Mutaele, avendo riconosciuto il suo errore, pregò Lamech di perdonarlo e fece venire subito suo figlio perché fosse benedetto a guida dei popoli nella pianura.

14. E quando il figlio fu così benedetto e consacrato, Lamech disse a quei messaggeri autorizzati: «Vedete, questo giovane uomo dall’altura è colui che il Signore vi ha destinato come guida, maestro e capo! Egli, accompagnato dal Signore, vi seguirà alla città di Hanoch e là darà disposizioni per rivelarvi sempre la Volontà del Signore!»

15. A questo punto i messaggeri si prostrarono dinanzi al nuovo re e gli resero i primi onori, e poi si alzarono, lodando Dio, e fecero ritorno alla città di Hanoch con il nuovo re che fu accolto con il massimo giubilo da innumerevoli schiere di popolo e fu accompagnato al grande e sontuoso castello di residenza.

 

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Cap. 128

Le due figlie di Tubalcain deificate dagli abitanti della città di Hanoch

L’indeciso Uraniel ottine dal Signore un rifiuto di aiuto

Uraniel obbligato a sposare le due figlie di Tubalcain

27 settembre 1843

1. Questo nuovo re si chiamava Uraniel, e la sua guida procedette bene per la durata di dieci anni, perché egli era in possesso dello Spirito di Dio e le sue disposizioni gli venivano quotidianamente suggerite dal Signore.

2. Nel frattempo però le due figlie di Tubalcain, prima molto gracili, si erano fatte grandi e robuste, ed erano esteriormente di una bellezza fisica tale che tutti si prostravano ai loro piedi e senza alcun timore le adoravano addirittura.

3. Ma le due figlie erano state ben educate, e perciò rimproveravano sempre chiunque si permetteva di comportarsi in questo modo verso di loro. Tuttavia ciò non serviva a molto, poiché quanto più le due giovani evitavano ogni occasione in cui il mondo maschile avrebbe voluto rendere loro simili onori divini, tanto più grande era il trambusto che veniva fatto riguardo alle due dee.

4. E quanto grande fosse la bellezza di queste due figlie che vivevano alla corte di Uraniel, lo si può riconoscere dalla seguente comunicazione di un simile elogio divinizzante.

5. Questo elogio veniva gridato quotidianamente prima del sorgere del Sole, davanti al castello, da mille uomini, e suonava così:

6. «O Sole, bagnati e lavati prima nel mare, in tutti i laghi, torrenti, ruscelli e sorgenti, in modo che tu non sorga mai impuro e contamini con i tuoi sudici raggi il volto divino di coloro il cui nome è troppo puro, troppo celestiale perché noi possiamo osare di pronunciarlo.

7. E voi, pigri servitori dell’aurora, purificate il mattino con dei venti dorati, affinché non siano offuscati gli occhi delle figlie provenienti dai cieli di tutti i cieli!

8. E tu, giorno che stai per nascere, stai molto attento a non infastidire le figlie dei cieli né con esagerati ardori, né con una frescura troppo rigida!

9. Infatti, il volto delle figlie dei cieli è più splendente di mille soli; i loro occhi svergognano tutte le stelle, e le stelle dei cieli ora tremano dinanzi al brillare delle figlie dei cieli.

10. Quale mortale ha mai visto altrimenti le stelle tremare nei cieli?

11. Le loro guance sono il fuoco originario dell’aurora; la loro bocca è l’armonia dell’intera Creazione; il loro mento causa il senso di gioia di ogni essere vivente!

12. I loro capelli indorano gli orli delle nuvole; il loro collo è l’anima dei fiori; il loro seno anima la Terra, e questa si accende e, in onore delle figlie celesti, spinge montagne ardenti in alto verso i cieli!

13. Le loro braccia sono più delicate e più morbide della più delicata brezza che, assolutamente timorosa, fugge il rosso del tramonto; il loro corpo è simile alla pienezza dei cieli, e i loro piedi sono come i raggi del mattino che, attraverso le tenuissime nuvolette dell’aurora, sono i primi ad avvicinarsi di soppiatto ai campi fioriti della Terra!

14. Urrà! Urrà! Urrà! Onore e ogni luce e ogni splendore e ogni magnificenza e ogni maestà alle figlie dei cieli!»

15. Così suonava il saluto mattutino. Ma guai al giorno offuscato! Esso dal principio alla fine veniva ingiuriato e maledetto, e gli si sputava addosso, e fra l’altro anche punito sferrando dei colpi potenti nell’aria con delle sferze!

16. In un modo simile anche la notte, prima del suo inizio, insieme alla Luna e alle stelle, veniva pulita!

17. E le due figlie almeno una volta al giorno, o al mattino oppure alla sera, dovevano mostrarsi agli urlatori dalla finestra, altrimenti un coro di lamenti non sarebbe cessato finché le due non si fossero mostrate.

18. Quando un simile eccesso fu durato per un anno senza che accennasse mai a voler finire, allora Uraniel si rivolse al Signore per chiederGli cosa avrebbe dovuto fare per porre una fine a un tale eccesso.

19. Il Signore rispose: «Com’è che tu ti rivolgi a Me così tardi, e come hai potuto lasciare che il tuo proprio cuore restasse prigioniero della carne delle due figlie?

20. Vedi, senza limitazione della tua libertà, qui non è più possibile nessun consiglio!

21. Se Io tolgo le due figlie dal mondo, allora il popolo ti si scaglierà addosso e ti strangolerà; se le lascio, allora il popolo farà cose ancora peggiori di adesso. Se le do a te come mogli, allora il popolo comincerà ben presto a rendere onori divini a te e alle mogli; se fuggi sull’altura, allora le due verranno dilaniate per reciproca gelosia [tra i due popoli] ed essi però si strangoleranno reciprocamente.

22. Giudica ora tu stesso che cosa devo fare! Consigliati perciò nel tuo cuore e fa come meglio ti pare! Ma per il momento lasciaMi fuori gioco, poiché Io sono santo!»

23. Questa risposta non piacque molto ad Uraniel, e pensò di fuggire di nascosto con le due.

24. Ma il giorno precedente a quello stabilito per la fuga, si presentarono a lui cento degli uomini più in vista e lo consigliarono di prendersi le due figlie come legittime mogli.

25. Tale proposta fu di suo gradimento, e tutto fu preparato per il giorno del matrimonio.

26. E il giorno venne, ed Uraniel si sposò senza informare suo padre sull’altura affinché egli lo benedicesse.

 

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Cap. 129

L’inizio della bigamia ad Hanoch

La costruzione di un istituto di bellezza femminile

L’inizio del traffico degli schiavi e delle differenze di ceto

28 settembre 1843

1. Questo matrimonio ottenne di certo l’effetto di calmare un po’ il mondo maschile nel loro elogiare, dato che esso vedeva che ora non c’era più niente da ricavare per esso, ma in compenso si gettò nelle braccia di due altri mali ancora più grandi, i quali consistettero nel fatto che, in primo luogo, ciascun uomo che fosse anche per poco bramoso della carne, cominciò a prendersi due mogli, l’una alla propria destra e l’altra alla sua sinistra. E il re non potè impedire una cosa simile, dato che il popolo maschile dichiarò al re che ciò veniva fatto, e addirittura si doveva fare, soltanto in onore a lui, e contro a questa dichiarazione, il re, diventato in spirito già molto debole, non era più in grado di obiettare nulla.

2. Questo fu dunque il primo grande male, che nella sua sfera spirituale era assolutamente incalcolabile.

3. Il secondo male, ancora più grande del primo, fu e consistette nel fatto che ora tutti gli uomini [inclini alla] carne, per il grande onore che intendevano rendere al re, vollero contemporaneamente avere delle donne estremamente belle, anzi – come siete soliti dire voi – le dovevano avere addirittura “par honneur” (per onore)!

4. Ma siccome di regola ci sono sempre state, fortunatamente, più donne non belle che donne del tutto effettivamente belle, e questo era appunto anche il caso della città di Hanoch, allora si cominciò a pensare ai mezzi con cui rendere le donne belle in modo artificiale.

5. Chi cerca, troverà anche subito qualcosa! E questo fu anche qui il caso! Si eresse un istituto di bellezza femminile, e questo consistette in un grande edificio costruito appositamente, nel quale furono accolte da tutta la città, come pure dalle campagne e dalle dieci città, parecchie migliaia di ragazze di età tra i dodici e i vent’anni, e bastava che avessero solo gli arti diritti.

6. In questo istituto, al quale venne dato il nome di “Onore del re”, le ragazze venivano nutrite con i cibi e le bevande più raffinate, venivano lavate con le più raffinate specie di oli e ricevevano anche un’educazione nella quale Dio c’entrava a mala pena qualcosa di più di quanto c’entri nell’educazione di oggigiorno, quando cioè nelle scuole femminili, e come anche in tutti gli altri istituti di educazione, l’istruzione della religione sta appesa all’ultimo chiodo[21].

7. E qui si dirà: “Da un tale istituto non si riesce ancora a scorgere il grande male!”. Ebbene, ci vuole pazienza, ed anche il male non tarderà a mostrarsi!

8. Dunque, chi voleva rivolgersi a questo istituto per ottenere due donne, doveva versare ai presidi e ai direttori di questo istituto, un notevole contributo per l’educazione. Inoltre, doveva impegnarsi a fornire all’istituto, in sostituzione delle due belle, due altre giovani, ed occorreva pagare per queste un modesto contributo per l’educazione e l’abbellimento. E in terzo luogo egli doveva infine impegnarsi a non assegnare nessun lavoro alle donne così acquistate, poiché questo avrebbe potuto essere facilmente dannoso alla loro bellezza acquisita.

9. Ma affinché ciascuno fosse costretto a prendersi le proprie mogli in questo istituto, era stabilito – per decreto del re – che nessuno potesse mai comparire davanti alla corte qualora non fosse in grado di provare legittimamente che le sue mogli provenivano dall’istituto denominato “Onore del re”.

10. Ma con ciò venne anche preparato il terreno sul quale ben presto si svilupparono il traffico degli schiavi e le grandi differenze di ceto, e tramite queste ultime cominciò poi anche a germogliare l’odio e il disprezzo reciproco, e ben presto tali frutti, come ci mostrerà il seguito, giunsero a completa maturazione.

11. E tutto questo aveva il fondamento nella bigamia, perché questa è un frutto dell’amore carnale, le cui conseguenze spiritualmente maligne – come già osservato all’inizio – sono incalcolabili, perché con ciò viene concesso proprio nella carne un liberissimo campo d’azione al nemico della vita.

12. Perciò ciascuno si astenga il più possibile dalla carne della donna, qualora egli voglia ottenere la vita eterna; la donna però non ecciti nessuno, qualora lei non voglia diventare dannata, bensì beata!

 

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Cap. 130

Ulteriori dettagli sull’istituto di bellezza femminile

Come cominciò il traffico degli schiavi

30 settembre 1843

1. Se qualcuno volesse chiedere se in questo istituto per l’abbellimento delle donne venisse effettivamente procurata in un certo qual modo una nuova bellezza al corpo della donna, a costui sia detto che, in primo luogo, il nemico della vita degli uomini, sulla Terra, fa’ certo ogni sforzo possibile e immaginabile perché simili imprese degli uomini, destinate a portare acqua al suo mulino, trovino favorevole realizzazione; in secondo luogo l’esperienza insegna quasi ad ognuno quanto un vestire conveniente e adatto possa dare risalto alla persona della donna. Quali illusioni ottiche vengono non di rado prodotte, e quanto spesso la sensazione esteriore viene ingannata da una acconciatura del capo ben scelta, da un vestito di seta all’ultima moda e da molti altri simili mezzi di Satana!

2. Ma se già l’attuale snervato genere umano (nel 1843!) può ancora essere attirato nelle reti di Satana mediante tali mezzi, allora è facile immaginare come a quel tempo una nazione molto più sana e robusta di nervi e ricca di fantasia potesse essere ingannata con tanta maggiore facilità con mezzi del genere.

3. E siccome la forza dell’inventiva umana non si dà mai pace, neanche a quel tempo essa stava tranquilla. Di anno in anno furono fatte nuove invenzioni nel campo dell’abbellimento delle donne, e bastava che una ragazza avesse gli arti diritti, ciò che allora era quasi sempre il caso senza eccezione, e lei poteva senz’altro essere abbellita.

4. Infatti gli artisti dell’abbellimento dicevano: «Ogni essere femminile sano lo si può ingrassare e con ciò lo si può rendere grasso e più arrotondato, e una veste che aderisca perfettamente alla persona la rende sempre interessante; vi si aggiunga poi una opportuna e incantevole educazione e qualsiasi maschio che venga in contatto con una simile bellezza rifatta è catturato!»

5. E questo succedeva anche nella realtà. Ma siccome ben presto non venne attribuito più alcun valore a una donna se non fosse uscita dall’”Onore del re”, allora qualsiasi altra donna cominciò anzitutto a sentirsi disonorata e profondamente offesa.

6. Visto però che con il sentirsi offesa si otteneva poco o assolutamente nulla, allora le donne, per così dire ‘esterne’, che cioè non erano uscite dall’istituto “Onore del re”, parlarono con gli artisti dell’abbellimento per vedere se, versando delle buone ricompense, non fosse possibile rendere belle anche loro.

7. E considerato che quegli artisti non disdegnavano il guadagno, allora essi accolsero nel loro istituto anche donne più anziane e le ingrassarono e le acconciarono tanto, che era una vergogna.

8. Ma tutto ciò non danneggiava minimamente la cosa. Bastava solo che la carne tornasse di nuovo, e poi tutto era già di nuovo guadagnato, poiché eliminare le grinze dalla faccia era solo uno scherzo per i nostri artisti.

9. Con l’andare del tempo l’”Onore del re” dovette essere ampliato ben di dieci volte, e da ciò si può chiaramente rilevare in quanta considerazione fosse salito questo istituto.

10. Ora avvenne che dopo circa trent’anni i popoli stranieri che risiedevano al di là dei territori di Hanoch, vennero a sapere che in questa città si producevano le donne più belle, e allora inviarono là degli informatori.

11. Questi si presentarono al re e chiesero di poter visitare l’istituto. La loro domanda fu accolta, e come videro le belle donne, essi cominciarono a smaniare ardentemente e domandarono di averle.

12. Ma in risposta fu detto loro che tutte le donne già mature essi potevano acquistarle ad un determinato prezzo.

13. Allora quegli informatori si affrettarono a ritornare ai loro paesi e là raccontarono quello che avevano visto. E subito un migliaio di uomini, provvisti di tesori di ogni specie, andarono ad Hanoch e comprarono duemila donne.

14. Questo fu l’inizio del traffico degli schiavi. Quello che poi ancora avvenne, ce lo mostrerà il seguito.

 

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Cap. 131

L’altura notevolmente purificata dall’assenza degli uomini

Oltre diecimila donne esortate inutilmente da Lamech a non scendere nella pianura

2 ottobre 1843

1. A quel tempo l’altura si era notevolmente purificata, poiché chiunque fosse stato di sentimenti piuttosto distorti, si era man mano stabilito nella pianura.

2. In particolare il sesso maschile sentiva un appetito sempre maggiore per la pianura a causa delle belle donne; e chi aveva gustato una volta la dolcezza delle donne della pianura, non faceva più ritorno dai suoi fratelli e sorelle sull’altura, bensì rimaneva piacevolmente a giacere in grembo alle donne della pianura.

3. Anche per questa ragione in questo tempo – come osservato – l’altura si era notevolmente purificata, anche perché era rimasta del tutto all’oscuro di tutto quanto si era svolto nella pianura in questo breve periodo all’incirca di cinquant’anni.

4. Lamech e Mutaele si consultavano spesso riguardo che cosa vi potesse essere di nuovo laggiù, ma non riuscivano a venire a sapere niente di chiaro.

5. Infatti il Signore non voleva parlare delle condizioni della pianura, e i messaggeri che Mutaele aveva mandato nella pianura non avevano mai più fatto ritorno, perché essi, almeno fino a quel tempo, in pianura avevano sempre trovato un’accoglienza troppo ospitale e troppi divertimenti perché si sentissero invogliati a ritornare indietro alle dure e gelide alture.

6. E così né Lamech, né Noè – che a questo tempo si era fatto un uomo di un’ottantina d’anni – e altrettanto Mutaele sapevano qualcosa sulla pianura.

7. E Lamech fece radunare oltre diecimila donne, che vivevano sull’altura senza uomini e che in segreto si erano proposte di seguire i loro uomini alla pianura, e disse loro con voce potente:

8. «Che cosa dunque volete fare? Vi siete pure voi lasciate prendere nella rete di Satana?

9. Udite però quello che il Signore mi ha detto: “Lamech, non trattenere coloro che si sono dimenticati di Me, perché nella pianura essi riceveranno il compenso della loro fedeltà! Ciascuno faccia pure secondo il suo piacimento; Io però sono il Signore e farò secondo la Mia intenzione!”

10. Ascoltate dunque, voi donne. Così mi ha parlato il Signore per causa vostra: “Io, dunque, non vi tratterrò affatto! Chi vuole rimanere qui per amore di Dio, che rimanga. Ma chi vuole andarsene, che se ne vada!

11. Se però chiedete se chi se ne va potrà ritornare con tanta facilità, questo lo dimostrerà il seguito degli avvenimenti in modo del tutto chiaro e abbastanza triste!”»

12. E quando le donne ebbero appreso ciò, cominciarono a giubilare, andarono via e, fatta provvista di cibo, scesero in pianura.

13. Allora Mutaele osservò a Lamech: «Ecco che ci siamo! Le parole che avrebbero dovuto trattenerle sull’altura, le spingono invece tutte nella pianura! Se la cosa continua così, ben presto ci troveremo soli sull’altura!»

14. Ed una grande tristezza si impossessò di Lamech a questa osservazione.

15. Ma allora Noè ribatté a Mutaele: «Se così deve essere, così sia pure; tuttavia il Signore guarda soltanto ai Suoi, e non agli stranieri! Egli, all’inizio, non ha comunque creato più di una coppia soltanto, e ora la Terra è colma di esseri umani! Vedi, se noi però, che restiamo in Lui, siamo sempre più numerosi di una sola coppia, allora io sono convinto che col tempo le alture torneranno a colmarsi di gente!»

16. Con queste parole Mutaele e Lamech furono tranquillizzati, e da quel momento in poi non si preoccuparono più della pianura, bensì ogni loro cura fu rivolta soltanto al come essi avrebbero potuto amare Dio sempre più.

17. Il Signore però li visitò poi parecchie volte.

 

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Cap. 132

L’arrivo delle diecimila donne in pianura e la loro facile cattura da parte degli uomini del re Uraniel

 Il confinamento all’istituto di bellezza

3 ottobre 1843

1. Quando le diecimila donne arrivarono nella pianura, si accamparono a neanche un’ora di cammino dalla città.

2. Si era fatta sera quando giunsero davanti alla città di Hanoch e vi ebbero stabilito il loro accampamento.

3. Ma gli hanochiti, che non di rado di sera andavano a passeggio appunto da quelle parti, non tardarono ad accorgersi del gran numero di donne là accampate, e ritornarono frettolosi in città per riferire la cosa al re.

4. E il re domandò a quegli informatori di quante donne avrebbe potuto trattarsi all’incirca.

5. E gli altri risposero: «Sommo re, il loro numero è così grande che non potremmo mai esprimerlo, perché esse coprono, strette l’una all’altra, parecchi jugeri di terreno, e questo crediamo siano già molte!»

6. Ma il re continuò con le sue domande e disse: «Non avete un’idea da dove siano venute queste donne? Ed esse, sono ancora giovani e in maggioranza belle?»

7. E i cittadini risposero al re: «Sommo re, non potremmo dirti né l’una né l’altra cosa con sicurezza; ma da quanto è stato possibile giudicare così alla sfuggita, possiamo dirti che questo esercito di donne proviene dall’altura e sembra essere composto più da giovani che da vecchie! Se tra di loro ci siano proprio autentiche bellezze, di questo non abbiamo potuto rendercene conto, dato il crepuscolo già molto inoltrato; ma abbiamo udito delle voci molto gradevoli, e da ciò bisognerebbe in ogni caso ritenere che le belle non dovrebbero affatto mancare!»

8. Il re fu certamente molto soddisfatto di queste spiegazioni e concluse: «Nobili cittadini di Hanoch, ascoltatemi: meglio di come va adesso, non potrebbe andare!

9. Oggi stesso facciamo prigioniere, o con le buone o con le cattive, l’armata di queste donne e le interniamo nel grande istituto di bellezza! Entro un anno esse saranno bene in carne e con la pelle liscia, e allora potremo venderle ai popoli stranieri in cambio di immensi tesori, dato che di questi popoli ne vengono qui quasi ogni settimana a centinaia per acquistare la nostra magnifica mercanzia!

10. E ora andate e riferite la cosa ai dirigenti dell’istituto in modo che prendano al più presto possibile le disposizioni necessarie per la buona riuscita di questa splendida preda!»

11. Gli informatori allora se ne andarono sollecitamente e fecero come il re aveva loro consigliato, e in capo a un’ora erano già pronti circa dodicimila uomini che si affrettarono a raggiungere l’accampamento delle donne, che fu conquistato senza alcun bisogno di usare la spada.

12. Ma perché non fu necessario usare la forza? Ebbene, questo avvenne perché le donne credettero che venissero loro incontro i loro uomini, che erano a suo tempo fuggiti, per riprenderle sia come mogli, sia, se si trattava di celibi, come fidanzate.

13. Per conseguenza le donne cominciarono ad esultare e tutte si precipitarono tra le braccia degli uomini, e dove accadde che a due donne piacesse lo stesso uomo, allora era zuffa immediata tra le due.

14. Gli uomini invece furono della massima galanteria con le donne, e quella stessa notte le condussero tutte ai loro alloggi.

15. Il giorno seguente comparve il re per esaminare la preda, ed egli ne rimase immediatamente soddisfatto, poiché si trattava per la maggior parte di montanare ancora molto robuste e sode, tra le quali erano poche le anziane, e invece tanto più numerose le giovani.

16. Egli perciò ordinò ai professori dell’istituto di dedicare ogni diligenza e cura all’abbellimento di quelle donne.

17. E i professori fecero anche prodigi già in un solo anno, ciò che piacque tanto più al re, in quanto egli vedeva che dalle sue compaesane uscivano fuori tali magnificenze, per non parlare poi del bel guadagno che in breve tempo ne sarebbe derivato per Hanoch.

 

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Cap. 133

Gli hanociti desiderano le donne dell’altura  – Una nuova razza di uomini particolarmente dotati

L’invenzione del vetro e la coniatura di monete – La fortificazione di Hanoch

5 ottobre 1843

1. Ma quando, trascorso all’incirca un anno e mezzo, le donne si trovarono completamente in forma, esse piacquero tanto agli hanochiti, che ammiravano tantissimo quelle imponenti stature, che essi non vollero affatto più saperne di metterle in vendita, ma se le tennero per loro e, in cambio, offrirono all’istituto le loro mogli assieme alle loro figlie, aggiungendovi un corrispondente contributo in oro per il sostentamento, nonché per altre tasse accessorie che erano di vario genere in relazione al sostentamento stesso.

2. E gli uomini di Hanoch generarono poi dei figli con le donne dell’altura, e questi figli, tanto il sesso maschile che femminile, in primo luogo crebbero estremamente belli, e in secondo luogo erano colmi di spirito inventivo, e ciò particolarmente nel campo della meccanica, nel campo dell’arte, nel campo della chimica e ancora in mille altri campi.

3. Il vetro fu una delle invenzioni principali di questi figli, certo realizzata solo nella loro condizione di adulti.

4. Tale scoperta contribuì a conferire tutto un altro aspetto alla grande città di Hanoch, già entro il periodo di trent’anni.

5. Il re, che era tuttora vivo, diede inizio alla coniatura di monete, le quali furono considerate quale mezzo di scambio quanto mai comodo.

6. Per conseguenza ad Hanoch il commercio si sviluppò enormemente, e la città divenne sempre più grande e sontuosa.

7. Inoltre, il grande sfruttamento dell’oro e dell’argento diede così tanto contributo, che il re, in primo luogo fece dorare tutto il suo castello estremamente grande, e in secondo luogo se ne fece costruire addirittura un altro dotato di uno splendore quanto mai sfarzoso, e questo, sotto ogni aspetto, tanto riccamente ornato con l’arte e la natura, che nemmeno tutti i principi del tempo attuale (1843) sarebbero in grado di realizzare un’opera simile.

8. Nel corso di ulteriori trent’anni Hanoch giunse ad assumere un aspetto tale, che i popoli stranieri credevano che degli esseri superiori dovevano avervi messo mano, altrimenti non sarebbe stato possibile immaginare come quell’antica città, solitamente buia e cupa, avesse potuto tanto eccellere in grandezza, magnificenza e inconcepibile maestà.

9. Come fosse grande quella città lo si può arguire dal fatto che in essa si trovavano mille edifici grandi, al punto tale che ciascuno poteva accogliere con tutta comodità dalle diecimila alle quindicimila persone, per non parlare poi delle varie migliaia di palazzi e di case più piccole.

10. Si costruirono pure ogni specie di scuole e di istituti di educazione, e tutte le città erano obbligate a servirsi dei vantaggi che offriva Hanoch, naturalmente versando somme ingenti.

11. Ma l’astuta corte di Hanoch un giorno si accorse che i popoli stranieri, che erano molto potenti, cominciavano sempre più a bramare le immense ricchezze di Hanoch, e quindi deliberò di recintare la grande città con una poderosa muraglia.

12. La decisione fu dunque presa, e già all’indomani si poterono vedere tutto intorno alla città milioni di mani intensamente attive, tanto che già nel giro di due anni la grande città si trovò circondata da una muraglia alta trenta klafter (57 metri) e larga dieci (19 metri), che si estendeva per una lunghezza di settantasette miglia (571 km) secondo l’attuale (1843) misura.

13. Centosettanta porte davano accesso alla città. Ciascuna porta aveva tre imposte di ferro poderosamente forti per chiudere, e al di sopra di ciascuna porta si ergeva una statua colossale di ferro che raffigurava un guerriero, entro la quale vi era spazio per tenere nascosti fino a trenta guerrieri che, dall’interno della testa, potevano lanciare pietre fuori dagli occhi, dalla bocca e dagli orecchi della statua lasciati aperti a questo scopo.

14. Si potrebbe forse supporre che in quel tempo l’esecuzione di opere di questa specie avrebbe dovuto richiedere dei secoli. O no! Basti pensare a quali siano le possibilità di esecuzione di un milione di braccia sotto una direzione esperta ed avveduta, e allora si comprenderà come Hanoch poteva compiere un simile lavoro entro il termine di sette anni; e ciò con tanta maggior sicurezza se si considera la più grande forza degli uomini di allora, il loro zelo e certamente anche l’influenza potente del serpente. Ma quello che avvenne poi, lo si vedrà nel seguito di questo racconto.

 

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Cap. 134

L’assemblea delle dodici città e lo stratagemma per conquistare Hanoch

L’occupazione delle dieci città-sobborgo e le contromisure degli hanociti

6 ottobre 1843

1. I potenti popoli stranieri costituiti dai figli generati dagli uomini scesi dall’altura con le belle donne della pianura, tennero consiglio nelle loro dodici nuove città, i nomi delle quali erano queste: Lim, Kira, Sab, Marat, Sincur, Pur, Nias, Firab, Pejel, Kasul, Munin e Tiral, e in una assemblea generale tenutasi a Lim si discusse in questo modo:

2. «Fratelli, che si deve fare con la città di Hanoch, questa antica ingannatrice del genere umano? Perché tutti i vantaggi migliori della vita noi dobbiamo acquistarceli da essa a carissimo prezzo? Perché gli hanochiti sono i padroni, mentre noi siamo meno dei loro infimi servitori? Eppure noi siamo figli dall’altura, quantunque qua e là ci siano figli generati dalle donne della pianura!

3. Fratelli, noi siamo dei giganti; i nostri muscoli hanno una tale forza che possiamo combattere con i leoni, le tigri, gli orsi e le iene, mente gli hanochiti possono combattere al massimo con le mosche!

4. Che succederebbe se noi ci riunissimo a migliaia e ci mettessimo in marcia contro Hanoch, e ci impadronissimo della città e di tutte le sue incalcolabili ricchezze?

5. Per quanto è certamente vero che questa città è circondata da una muraglia estremamente solida e con centosettanta porte a triplice chiusura, e sopra ciascuna porta c’è un gigante di ferro il cui aspetto è bensì terribile, tuttavia si tratta di una cosa morta, prodotta dalle mani dell’uomo, e che da sé non può difendersi nemmeno da una mosca!

6. Sarebbe dunque tempo che noi ci unissimo e che andassimo contro Hanoch!»

7. Ma uno dell’assemblea si alzò e così si espresse: «Ascoltatemi fratelli; io vi devo dire solo alcune parole!

8. Ecco: se noi ci mettiamo in marcia in grandi masse, gli hanochiti si accorgeranno subito delle nostre intenzioni e al nostro avvicinarsi sbarreranno le porte della città! Ma cosa ci resterà da fare allora? Nient’altro che ritornarcene beffati senza aver concluso nulla!

9. D’altro canto, se andiamo in pochi contro di loro, non potremo approdare lo stesso a nulla!

10. Per conseguenza il mio consiglio è questo: “Dato che le dieci piccole città intorno ad Hanoch non sono ancora fortificate e che ciascuna per sé non comprende più di diecimila o quindicimila uomini, deboli sotto ogni aspetto, allora noi potremo con poca fatica renderci completamente padroni di queste città. Allora Hanoch rimarrà tagliata del tutto fuori, senza nessuna possibilità di commercio!

11. Poi gli hanochiti avranno a che fare esclusivamente con noi, ma noi non saremo dei pazzi, e non compreremo più i loro prodotti a prezzi esorbitanti come abbiamo sempre fatto finora, bensì produrremo noi stessi quello che ci occorre!”

12. E che gli hanochiti si mettano pure a saltare per la fame sopra la loro muraglia, e che vendano le loro belle donne e i loro altri vantaggi a chi vogliono e come possono; a comprare tutto ciò non saremo noi che li terremo chiusi da tutte le parti – a meno che non vendano a prezzi irrisori – cosa che è senz’altro possibile!

13. Io penso che Hanoch in breve tempo e in questo modo decadrà completamente oppure dovrà rassegnarsi ad accettare le nostre condizioni, che certo non risulteranno a nostro svantaggio!»

14. Questo consiglio piacque a tutti, e già il giorno seguente duecentomila uomini tra i più forti si trovarono radunati ed armati di tutto punto e, piombarono di sorpresa sulle dieci città, le conquistarono di colpo senza quasi trovare resistenza.

15. Quando gli hanochiti ebbero notizia di questo colpo di mano, si infuriarono e cominciarono a fabbricare i più formidabili arnesi da guerra, ed entro un anno all’incirca armarono un esercito di un milione di uomini e gli assegnarono dei condottieri per prepararlo alla guerra, e poi iniziarono subito le operazioni contro i potenti popoli stranieri.

16. Quale fu l’esito di questa guerra, il seguito della presente narrazione ce lo farà sapere.

 

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Cap. 135

L’esercito hanochita sconfitto

I vincitori dettano legge alla delegazione di Hanoch

Il mercato della frutta fuori da Hanoch e il consiglio dei mille

7 ottobre 1843

1. Pertanto, un milione di guerrieri in tutto, armati di acuminati giavellotti, di lance e di spade, uscirono da Hanoch e si divisero in dieci divisioni, ciascuna delle quali era destinata ad attaccare una delle dieci città.

2. I popoli stranieri (delle dodici città) erano tuttavia riusciti a procurarsi informazioni riguardo ai piani di guerra degli hanochiti, e perciò si affrettarono a preparare la controffensiva. Essi sbarrarono gli ingressi delle città e li presidiarono con degli esperti arcieri, e così pure misero esperti arcieri in tutte le finestre e le terrazze delle case.

3. Quando dunque gli hanochiti giunsero tra grandi urla vicino alle città, vennero accolti da migliaia di frecce acuminate scagliate contro di loro come dei fulmini, che ne uccisero molti e ne ferirono gravemente molti di più ancora.

4. Dato però che gli hanochiti non conoscevano quest’arma, essi furono indotti per forza a credere che degli spiriti maligni combattessero a favore di quei grandi popoli, e perciò coloro che erano rimasti ancora in piedi si diedero precipitosamente alla fuga per rifugiarsi dentro le mura di Hanoch, perché essi credettero che gli spiriti maligni li avrebbero inseguiti con le loro frecce mortali fino alla città, perciò si rifugiarono nelle loro case.

5. Ma i popoli stranieri, avendo notato quale spavento e quale scompiglio avevano causato essi tra gli hanochiti, allora decisero di attaccare anche la città.

6. E il consigliere che già conosciamo, che quei popoli stranieri avevano scelto come loro condottiero principale, così parlò ai capi delle dieci città:

7. «Lasciamo stare questa cosa che è troppo rischiosa! Qui evidentemente noi siamo in vantaggio, ma se avanziamo fin sotto ad Hanoch e là troviamo le porte chiuse, allora ci esponiamo inutilmente ad una pioggia di pietre che verranno scagliate contro di noi giù da quell’alta muraglia.

8. Questa città non la si potrà mai conquistare con la violenza delle mani, e sotto le sue mura non ci andrebbe per niente meglio di come è andata agli hanochiti sotto le mura delle nostre case e di fronte ai nostri sbarramenti, dato che con le nostre frecce è stato posto fuori combattimento molto più della metà del loro esercito e – come vi è noto – dopo la battaglia abbiamo avuto per quattordici giorni un bel da fare per dare sepoltura a tutti i morti.

9. Gli hanochiti hanno ricevuto ora da noi una così energica lezione che di certo arriveranno alla conclusione che il loro muro è di ben poca utilità, ed essi dovranno anche ben convincersi che è meglio vivere con noi da aperti amici e fratelli, invece di isolarsi da noi come nemici.

10. Essi sono circondati da noi e assediati da tutte le parti, e non possono farci niente; la fame li condurrà sicuramente prima come amici tra le nostre braccia, e poi imporremo le nostre giuste condizioni di pace, le quali, come ho avuto già ultimamente occasione di dire, non dovranno risultare a nostro svantaggio».

11. Questo consiglio riscosse di nuovo l’approvazione generale, e il consigliere non aveva torto, perché già prima che fosse trascorsa la settima settimana, si presentarono dei delegati del re Uraniel di Hanoch ai capi delle dieci città per proporre la pace, e naturalmente in senso vantaggioso agli hanochiti.

12. Ma i capi, già bene istruiti dal nostro già noto consigliere, risposero: «È evidente che chi comanda adesso siamo noi. Per conseguenza, siete voi che dovete accettare senza riserva le nostre condizioni! E se non le volete accettare, allora aspetteremo che sia la fame a farvi cedere, poiché l’assedio non verrà tolto neanche un istante prima che le nostre condizioni siano state integralmente accettate!

13. Perciò le nostre condizioni sono semplicemente queste: noi istituiremo un mercato della frutta intorno alla città e fuori dalle mura, e voi dovrete comprare da noi i viveri ad un giusto prezzo; inoltre, mille dei nostri uomini dovranno essere accolti ad Hanoch quali consiglieri al fianco del re e voi vi dovrete fare carico del loro mantenimento.

14. Se ciò vi sta bene, allora andate in città e poi ritornate con la dichiarazione che il re accetta le nostre condizioni; se però questo non vi va bene, allora morite pure di fame dentro le vostre mura!»

15. Dopo di che i messaggeri fecero ritorno ad Hanoch, e il re si vide costretto ad ingoiare l’amara pillola.

16. Poi i messaggeri uscirono nuovamente dalla città per notificare ai direttori-capi l’accettazione delle condizioni da parte del re, e già il giorno seguente fu istituito intorno ad Hanoch il mercato della frutta, e gli hanochiti, mezzi morti di fame, vennero e comperarono a qualunque prezzo i viveri che occorrevano loro.

17. E così anche i mille consiglieri fecero il loro ingresso ad Hanoch e presero il re del tutto in mezzo a loro, in modo che ballasse secondo la loro musica.

18. Il seguito ci mostrerà quale fu la musica e come si svolse la danza.

 

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Cap. 136

La costituzione dello Stato con le caste dei nobili e i bassi ceti sociali

I mille consiglieri ingannano il re e costituiscono un abominevole aristocrazia

10 ottobre 1843

1. Dunque: come suonò la musica da parte dei mille consiglieri stranieri?

2. Al re fu imposto, in primo luogo, di far circondare con un muro anche le dieci città dei principi, affinché ciascuna città potesse essere considerata come luogo di protezione.

3. I consiglieri fecero questo allo scopo di opporre al re e agli hanochiti, ancora potenti, delle controfortificazioni abbastanza valide per tenere in scacco a dovere – come voi usate dire – quella grande città.

4. I mille consiglieri però si stabilirono poi sempre più saldamente nelle dieci città, ed erano gli effettivi signori di Hanoch, mentre il re si vedeva sempre più obbligato a fare solamente quello che i padroni delle dieci città ritenevano opportuno e che volevano sempre con determinazione.

5. Dallo svolgersi di tali avvenimenti noi possiamo rilevare, né più né meno, che l’attuazione pratica di una costituzione tra il re e il popolo. Nondimeno, già intravediamo contemporaneamente anche il sorgere di una specie di nobiltà popolare e l’introduzione di caste tra il popolo, tramite le quali, particolarmente i veri e propri figli della pianura, e del tutto particolarmente il sesso maschile, furono destinati e usati per il lavori più infimi.

6. E riguardo a quest’ultimo aspetto venne successivamente e fermamente stabilito, da parte dei signori delle dieci città, che appunto a questi figli maschi [originari della pianura] non dovesse essere più permesso elevarsi al di sopra della loro posizione sociale.

7. Inoltre, fu anche stabilito che un uomo della classe dei consiglieri e dei signori – per salvaguardare la sua reputazione – non dovesse prendersi in moglie una donna appartenente alla classe più bassa.

8. Ma se tuttavia una qualche figlia della posizione sociale più bassa, per la sua bellezza, fosse piaciuta ad un uomo della classe signorile, allora lei doveva prima essere innalzata, da parte del re, in un certo qual modo, al grado di nobiltà nel noto istituto di abbellimento tuttora molto in voga, e poi adottata come figlia, e solo così lei era idonea a diventare la moglie di un signore.

9. L’adozione invece, consisteva di preferenza nel fatto che il re era obbligato a fornire ad una simile figlia adottiva una dote conveniente prelevandola dalla propria cassa, e solo questo procurava la piena nobilitazione.

10. Attraverso simili mezzi i consiglieri giunsero ad impossessarsi di buona parte dei tesori di Hanoch e a procurare al re sempre più solo una semplice e vuota parvenza regale.

11. Nel corso di dieci-quindici anni dopo la fortificazione delle dieci città, eseguita a cinque anni dalla grande battaglia, Hanoch era così decaduta e disastrata economicamente, che il re, già molto invecchiato, un giorno scoppiò in lacrime alla presenza dei mille consiglieri e così parlò:

12. «Ascoltatemi fratelli! Se voi tendete proprio ad annientarci, allora afferrate le armi ed uccideteci, e impossessatevi poi in una volta sola di tutti i tesori di questa città! Tuttavia, è un agire da troppo dimentichi di Dio, se voi pensate di uccidere noi martoriandoci solo lentamente come fate ora!»

13. Il capo dei consiglieri gli rispose: «Sta bene, comprendiamo le tue parole, ma siccome noi siamo consiglieri tuoi e del popolo, possiamo forse agire altrimenti? Non ha forse il popolo, diritti maggiori di un debole re della città di Hanoch?

14. Ma se tu vuoi vedere prosperare di nuovo Hanoch, allora passa completamente a noi il governo, e tu rimani la nostra forza ufficiale come re, velato in un misterioso e sacro essere, e ben presto vedrai questa città in una condizione floridissima!»

15. A questo punto il re pensò: ‘Che cosa devo fare? Se la città trae vantaggio, allora mi sacrifico io per essa!’

16. Egli quindi accettò il consiglio del capo dei consiglieri. E in seguito a ciò, questi mille consiglieri divennero completamente padroni della città, delle altre città e così dell’intero e grande territorio, e da quella volta in poi il re dovette firmare tutte le delibere che venivano prese, senza sapere affatto che cosa egli effettivamente avesse firmato.

17. Così il popolo continuò a credere che tutto questo provenisse dal re, mentre effettivamente il re non era a conoscenza di nulla.

18. E in tal modo, in seguito a questa costituzione, venne a formarsi la più abominevole aristocrazia[22].

 

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Cap. 137

Il governo aristocratico di Hanoch si espande in tutta l’Asia e dura circa cento anni

Fondazione di feudi e principati –  I principi del feudo come reggenti e sacerdoti del popolo

Istituzione della pena di morte – Morte del re Uraniel

11 ottobre 1843

1. Così sempre più andò formandosi l’aristocrazia. I signori di Hanoch diventarono sempre più potenti e il loro regno si estese sempre più. Essi istituirono nuove colonie[23], edificarono dappertutto nuove città e, ad eccezione del regno dei figli di Sihin, tutta l’Asia venne ben presto popolata.

2. Solamente le alte regioni della montagna furono risparmiate dagli hanochiti; queste furono occupate dagli horadaliti, il popolo guerriero dei tempi di Lamec della pianura che noi già conosciamo, i quali presero possesso dei migliori pascoli delle montagne.

3. In tal modo i signori di Hanoch fondarono feudi e principati a centinaia.

4. Dove essi facevano costruire una nuova città al centro di una nuova colonia, là essi la concedevano subito in feudo ad un principe nominato da loro. Costui doveva versare annualmente un modesto tributo ad Hanoch, ma per il resto egli era padrone assoluto del suo paese e del suo popolo.

5. Un simile principe era per il popolo, nella maggior parte dei casi, il tutto nel tutto. Egli era reggente e arbitrario legislatore nel suo paese; egli era l’unico commerciante all’ingrosso nella sua città ed era l’unico produttore in omnibus (in tutte le cose) per il suo popolo, cosicché questo fosse obbligato a comperare tutto da lui.

6. Inoltre, egli era contemporaneamente – senza il Mio Volere – anche il sacerdote del popolo che gli era sottomesso, la sua dottrina ben di rado faceva cenno a Me, bensì non faceva che mettere in rilievo la sua dignità, e diceva che sacrificando a lui si sacrificava anche a Dio del Quale egli era il sostituto sulla Terra, e che dipendeva soltanto da lui se a qualcuno sarebbe stata oppure no concessa da Dio la vita eterna dell’anima dopo la morte del corpo.

7. Quando col tempo il popolo aumentò di numero e il paese si estese, furono bensì ordinati dei sottosacerdoti, ma a questi non era lecito predicare a nome proprio, bensì a nome del principe, perché in questo caso anche la minima parola arbitraria era reputata cosa condannabile da parte dello stesso principe, e il trasgressore doveva sottoporsi non di rado ad opere di penitenza crudeli e ridicole per liberarsi da un simile peccato mortale davanti al principe.

8. Queste opere di penitenza consistevano nel catturare serpenti, nell’uccidere un determinato numero di tigri, leoni, orsi, iene e simili altre specie; era però concesso al penitente di farsi accompagnare da dei compagni di penitenza che si fossero volontariamente prestati ad assisterlo.

9. Le piccole opere di penitenza, invece, consistevano in offerte, e nel caso di mancanza di mezzi, le offerte diventavano bastonate.

10. Le donne avevano il più delle volte leggi molto più liberali e, nei casi di trasgressioni da parte loro, la penitenza consisteva in vergate sul nudo sedere.

11. Tuttavia, per quanto concerne la pena di morte, Hanoch si era riservata l’esclusivo diritto di applicarla, e questa consisteva nell’appendere il condannato per i piedi con una catena e tra due pilastri alti dieci klafter (19 metri), e poi veniva fatto dondolare di qua e di là per una giornata intera, naturalmente con il corpo e il capo a penzoloni.

12. Se qualcuno, alla fine della giornata, avesse conservato in sé ancora qualche traccia di vita, allora non veniva più fatto dondolare oltre, ma veniva di nuovo reso libero. Se egli rinveniva, poteva andarsene per i fatti suoi; se invece moriva nel corso della notte, allora veniva seppellito la mattina seguente. Ma se moriva durante la giornata su quella enorme altalena, allora il suo cadavere veniva gettato in pasto agli animali feroci che già allora venivano tenuti custoditi in apposite gabbie. La morte avvenuta sull’altalena costituiva una prova che il condannato aveva certamente meritato la morte.

13. Pertanto, coloro che fossero stati trovati degni di morte, dovevano essere sempre mandati dai principi dei feudi ad Hanoch.

14. Non passarono molti anni che ad Hanoch dovettero essere erette quasi un centinaio di simili altalene, e non c’era un giorno in cui rimanessero inattive.

15. Questo governo aristocratico durò in questo modo per un centinaio di anni e terminò con la morte di Uraniel, che in tutto aveva raggiunto circa l’età di trecento anni e che alla fine dovette morire nella massima miseria, ma tuttavia nella condizione della riacquistata Grazia di Dio, che egli aveva interamente e assolutamente perso.

16. Ma quale aspetto ebbero ad assumere le cose da questo momento in poi, questo ce lo mostrerà il seguito.

 

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Cap. 138

L’educazione dei sette figli di Uraniel sull’altura

 Il Signore risponde a re Uraniel dopo sette anni – L’immenso impero diviso tra i mille consiglieri

Dopo la morte di Uraniel i due figli inviati inutilmente ad Hanoch come missionari

12 ottobre 1843

1. Uraniel ebbe sette figli dalle sue due mogli, e precisamente cinque figlie e due figli; le figlie erano straordinariamente belle, e i maschi erano dei veri e propri giganti, ma né i figli né le figlie erano stati educati nella casa ad Hanoch, bensì sull’altura.

2. Infatti, quando Uraniel nella sua grande tribolazione si rivolse di nuovo al Signore e Lo pregò di cambiare le misere condizioni della città di Hanoch, delle altre città e di tutto il paese nella pianura, allora il Signore gli disse:

3. «AscoltaMi, cieco! Se tu Mi avessi pregato all’incirca settantasette anni fa, allora Io avrei ancora potuto esaudire la tua preghiera, ma ora è troppo tardi!

4. Ebbene, un popolo cieco e stolto, come all’inizio era quello che si trovava sotto Lamec, era facile da convertire, perché accanto alla sua cecità esso conservava tuttavia un cuore aperto e credente; ma un popolo industriale di così alta cultura si considera più sapiente di Me. Anzi esso ritiene di non aver assolutamente bisogno di Me, perché secondo la sua opinione, il mondo si è creato da sé e nel suo sorgere si sono gradatamente e necessariamente sviluppate anche le sue leggi, sotto le quali esso sussiste, e così pure tutte le cose su di esso. Ma che cosa posso mai fare Io per un popolo così?

5. I Miei figli hanno abbandonato le loro alture già da tempo e nella pianura si sono presi delle mogli con cui hanno generato dei figli robusti e colmi dell’intelletto del mondo, e questi, attraverso la loro forza come pure attraverso la loro abilità intellettiva, sono diventati signori e maestri di tutto il mondo e di tutte le cose. Vedi, cosa posso fare Io di fronte a ciò?

6. Dunque, non posso aiutarti! Ma poiché Mi hai indotto a parlarti e considerato che sono ormai sette anni che Mi preghi di aiutarti, allora voglio darti un consiglio per il bene dei tuoi figli.

7. Ecco, sull’altura vivono ancora Matusalem, Lamech, suo figlio Noè e tuo padre e tua madre! Affida a costoro i tuoi figli perché li educhino, perché se tu li lasciassi qui, essi ti verrebbero uccisi nello spirito e nel corpo, dato che i tuoi consiglieri tendono ad accentrare sempre più ogni potere su se stessi.

8. Se tu invece li mandi sull’altura, allora farai un piacere ai tuoi consiglieri!

9. Essi ti toglieranno poi certamente ogni potere di governo del popolo e ti terranno prigioniero come un uccello in gabbia, ma Io infonderò vigore ai tuoi figli sulla pura altura e poi, quando tu non camminerai più su questa Terra, li invierò quaggiù quali poderosi insegnanti.

10. Se il popolo si convertirà, allora Io tirerò indietro la Mia destra punitrice, ma se scaccerà gli insegnanti, allora Io giudicherò e sterminerò tutto il popolo che esiste sulla Terra, dai grandi ai piccoli, dai giovani ai vecchi, e così pure tutti gli animali, e poi porrò per Me un’altra stirpe sulla Terra purificata!»

11. Quando Uraniel ebbe appreso tali cose, fece subito in modo che i suoi figli si trasferissero sull’altura assieme alle due mogli e in compagnia di alcuni tra i suoi amici fidati.

12. Tutta questa famiglia visse poi sull’altura in casa di Mutaele e fu allevata in ogni amore e timore di Dio dalla madre Purista; e anche Lamech, ancora vivente, e in modo particolare Noè e suo fratello Mahal, si occuparono moltissimo di educare quei figli in maniera grata a Dio.

13. Quando però, come già menzionato, re Uraniel morì nella pianura, i mille consiglieri si divisero l’immenso regno tra di loro e cominciarono, con la loro potenza, ad opprimere terribilmente tutto il popolo, fondarono dei principati in numero ancora più grande e pretesero poi un tributo esorbitante dai principi.

14. Infatti era loro intenzione ingrandire Hanoch tanto da poter incorporare nella città principale tutte le altre dieci città minori.

15. Fu in questa occasione che Io mandai i due poderosi figli di Uraniel giù alla pianura perché vi predicassero.

16. Ma i figli furono ben presto presi, legati e poi poderosamente frustati, e infine furono cacciati via con l’avvertimento di non ritornare mai più, perché il popolo di Hanoch conosceva Dio meglio di loro che erano un paio di stolti balordi della montagna!

17. Se avessero provato a ritornare ancora un’altra volta ad Hanoch quali annunciatori di Dio, essi avrebbero fatto la conoscenza delle altalene della morte!

18. E così i due figli di Uraniel, addolorati, fecero ritorno sull’altura e là raccontarono quello che era accaduto loro.

 

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Cap. 139

I padri dell’altura si consigliano per la salvezza della pianura

La saggezza di Noè per un ulteriore invio nella pianura dei due poderosi figli del re

14 ottobre 1843

1. I pochi padri sull’altura rimasero del tutto terribilmente stupiti riguardo al totale sprofondare della pianura, la quale sotto il governo di Lamec, di Tubalcain e, per un periodo di tempo piuttosto lungo, sotto il governo di Uraniel, si era trovata in uno stato così riccamente fiorente.

2. E Lamech disse a suo figlio Noè: «Non pensi che, se a questi due figli di Uraniel venisse conferito il potere prodigioso di un Enoch, oppure il potere che il Signore stesso conferì a Chisehel e ai suoi fratelli quando Egli li inviò alla pianura per la prima volta, essi otterrebbero forse un effetto e un successo maggiori durante la loro missione, che non con la sola forza della stringatezza della parola?

3. Figlio mio, io so che il Signore ti tiene in gran conto e che ti esaudisce sempre prima di me; anzi con Lui tu puoi parlare quando Lui ti viene in mente, mentre io devo spesso invocare giornate intere prima che il Signore mi ascolti e poi mi parli!

4. Che ne pensi dunque di rivolgerti nel tuo cuore al Signore per esporGli il mio desiderio? Forse Egli lo approverebbe?»

5. E Noè disse: «Caro padre Lamech, io ritengo che nel nostro caso non ci sia purtroppo molto da fare, perché, vedi, per quanto ne so io, al tempo di Lamec, quando cioè egli era ancora un servitore del serpente, in fondo solo Lamec stesso era invertito. Lui tiranneggiava il popolo e tutta la pianura languiva sotto la sua tirannia ed era prigioniero; però esso bramava ardentemente la liberazione.

6. Allora bastò che il solo Lamec venisse convertito, e tramite lui poi si trovò convertito e liberato, come con un solo colpo, tutto il popolo!

7. Ma ora le cose stanno altrimenti; ormai quasi in ciascun individuo il cuore ha già lo stesso aspetto di come allora ce l’aveva solo quello di Lamec!

8. Lamec fu giudicato fino alla morte, e poi, solo con l’auto attività e attraverso la massima abnegazione, dovette rendere di nuovo buono e vivo in sé ciò che su lui e in lui era stato giudicato ed ucciso mediante i prodigi di Chisehel che lo avevano convertito.

9. Ma quale potenza devastatrice e quale estensione non dovrebbe avere attualmente un prodigio per convertire milioni di individui che nei loro cuori sono tutti cento volte più maligni di quanto lo sia mai stato Lamec nella sua massima crudeltà!

10. Secondo me, noi dovremo essere contenti se qua e là, attraverso la forza di persuasione della parola, conquisteremo alla buona causa forse soltanto qualcuno; ma sarà assolutamente superfluo pensare, anche solo lontanamente, ad un cambiamento generale del modo di agire di questi popoli!

11. Il Signore perciò fornirà ai due figli solamente la forza dell’accortezza e poi li farà scendere nuovamente alla città di Hanoch.

12. Se essi arriveranno a qualche risultato contro la cattiva e libera volontà di alcuni hanochiti, allora sarà certamente buono e giusto; ma se non ci riescono, allora affidiamo tutto al Signore, ed Egli farà poi quello che sarà giusto! Non sei anche tu pienamente d’accordo con quello che ho detto?»

13. E Lamech vide la verità delle affermazioni di Noè e poi non chiese più che il Signore colmasse i due di forza prodigiosa.

14. I due invece vennero colmati di divina accortezza e poi fu dato loro l’incarico di scendere nuovamente in pianura.

 

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Cap. 140

I figli di Uraniel come muratori in Hanoch

Per la bravura, sono nominati sovrintendenti di tutta l’edilizia dello Stato

La carestia in Hanoch per l’enorme incremento della popolazione non supportata da ulteriori tributi

I due messaggeri quali consiglieri dei mille signori

16 ottobre 1843

1. E così i due, armati di divina accortezza, se ne andarono ancora una volta nella grande città di Hanoch; e quando vi furono giunti, si fecero subito assumere quali operai, e precisamente nelle grandi costruzioni di collegamento che partendo da Hanoch in linea retta, erano progettate per arrivare fino alle dieci città, le quali con ciò sarebbero state da considerarsi come dei sobborghi di Hanoch.

2. Queste costruzioni in linea retta consistevano in due file di edifici alti un piano, uno a destra e l’altro a sinistra e, naturalmente, nel mezzo si estendeva una strada abbastanza larga, mentre all’esterno tali edifici erano protetti da poderosi terrapieni eretti da entrambe le parti.

3. La più breve di queste strade aveva una lunghezza di mezza giornata di viaggio e la più lunga una buona giornata di viaggio.

4. E fu appunto ai lavori di questa strada più lunga, che conduceva precisamente verso Uvrak e che era ancora in corso di costruzione, che i nostri due messaggeri si fecero assumere in qualità di bravi muratori.

5. Essi non ricevevano alcuna ricompensa per il lavoro, poiché per tali costruzioni era già stata introdotta la servitù; tuttavia, come muratori essi avevano il diritto al mantenimento come manovali. Infatti, tutti i manovali avevano l’obbligo, per decreto emanato dai mille signori di Hanoch, pena l’altalena, di provvedere alternativamente all’alimentazione dei muratori, in modo che questi non venissero interrotti nel corso del loro lavoro più importante di quello dei manovali.

6. E così dunque anche i nostri due messaggeri, quali muratori, vennero a trovarsi un po’ meglio di un qualche comune manovale.

7. Ora avvenne che essi, come muratori, si distinsero tanto nel loro mestiere, da attirare su di sé l’attenzione da parte dei signori incaricati dell’ispezione dei lavori, dato che le loro costruzioni erano così graziose e regolari che sembravano come fuse in un pezzo unico.

8. L’abilità da loro mostrata, sia nella costruzione come tale che pure nel saggio impiego del materiale, fu enormemente apprezzata e ammirata, e ben presto furono chiamati a fungere da dirigenti delle costruzioni.

9. E in tale nuova carica essi operarono con tanta avvedutezza e abilità nella zona edilizia loro assegnata, al punto che gli edifici costruiti sotto la loro direzione riuscirono così prodigiosamente magnifici che tutti si fermavano ad ammirarli e non avevano parole sufficienti per lodarne la magnificenza.

10. E i signori di Hanoch deplorarono di non aver potuto conoscere e apprezzare prima il loro talento.

11. E siccome rimaneva ancora da costruire un grande tratto di strada, allora i due furono nominati a sovrintendenti generali e con tale carica assunsero la direzione generale del cantiere; e tutte le loro costruzioni suscitarono altissima ammirazione.

12. Il lavoro di questa grandiosa costruzione si protrasse per dieci anni; naturalmente con l’aiuto di parecchie milioni di mani, e migliaia e migliaia di uomini morirono, in parte per la fame, in parte per i maltrattamenti e in parte a causa di malattie epidemiche che si manifestavano non di rado; e quando tale opera fu compiuta, i nostri due messaggeri furono unanimemente accolti nel Consiglio da tutti i mille signori, e venne loro affidata la direzione suprema di tutta l’edilizia dello stato.

13. Ma siccome con tale ampliamento della città di Hanoch gli abitanti della stessa aumentarono enormemente di numero, e di pari passo aumentarono anche i bisogni generali della città, ciò che comportava la necessità di aumentare sempre più la pressione tributaria a carico dei principi degli altri territori, pressione che non poteva più essere sopportata, allora accadde che i principi si ribellarono; alcuni si opposero con la forza, altri invece fuggirono in paesi lontani.

14. E così Hanoch si trovò in preda alla più grande miseria e alla città venne a mancare ogni fonte cui attingere almeno quel tanto che fosse bastato per tutelarla contro la carestia.

15. A questo punto i due principali consiglieri furono fatti chiamare dai mille signori, e si domandò loro che cosa ci sarebbe stato da fare per salvare la città.

16. I due, però, chiesero una dilazione di sette giorni per dare la risposta, perché essi dissero: «Le gravi e importanti questioni richiedono tempo per la loro matura soluzione; quindi noi potremo stendere il giusto piano per questo, in sette giorni».

 

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Cap. 141

Il saggio discorso dei due messaggeri all’assemblea dei mille consiglieri

Le gravissime condizioni della città causate dal mantenimento gratuito di milioni di servitori alla corte dei mille

17 ottobre 1843

1. Dopo i sette giorni, però, i mille signori convocarono di nuovo il Consiglio, e i due messaggeri, ora quali alti consiglieri, comparvero in mezzo ai mille e parlarono entrambi così:

2. «Noi abbiamo sottoposto a maturo esame la questione, ponderandola accuratamente da ogni suo lato, ed abbiamo dovuto inconfutabilmente concludere che, in ogni caso, con l’attuale costituzione statale non si può andare avanti, perché quello che è troppo, è troppo!

3. La nostra città di Hanoch ha raggiunto un’estensione assolutamente esagerata; essa era già troppo grande al tempo di re Uraniel, ma se non la si fosse circondata da mura secondo il progetto infelicissimo di allora, Hanoch sarebbe ancora una fiorente città.

4. E che questa antichissima tra le città della Terra sia ora prossima al suo completo declino, voi lo potete ben vedere come noi con la massima precisione!

5. Pensate questo: noi ora siamo come fossimo mille re! Ciascuno ha un proprio seguito e una propria corte di mille persone d’ambo i sessi a magnificare ed assicurare la propria carica; ciò che costituisce, contando noi stessi, dieci volte centomila persone. Questi, e noi con loro, non hanno nulla a che fare con il suolo della Terra, ma tuttavia vogliono vivere bene.

6. Ora si domanda: “Chi deve? Chi può provvedere il pane per una tale grande quantità di oziosi?”

7. Ma passiamo ad altro! In ciascuno dei dieci sobborghi risiedono adesso anche centomila tra funzionari, soldati ed oziosi servitori di funzionari altolocati e dei numerosi rappresentanti dell’antica nobiltà.

8. Nessuno di questi ha a che fare con il suolo della Terra, ma nonostante ciò essi vogliono vivere comodamente! Vivere sarebbe di certo giusto, ma dove prendere quello che il suolo della Terra non produce?

9. Ma non è finita! Ora noi abbiamo dieci istituti di bellezza femminile nella nostra grande città. Ciascuno di questi istituti è pieno zeppo ed ospita non di rado da diecimila a ventimila donne, ed oltretutto un buon terzo di questo numero è rappresentato da professori ed altri servitori. Tutti costoro devono mangiare ed anche assai bene, ma il suolo della Terra sul quale prospera il grano per produrre il pane, tutti questi lo conoscono appena di nome!

10. Ma non è finita! In questa grande città di Hanoch vivono attualmente, secondo il nostro censimento privato, duecentomila famiglie nobili con la loro servitù, complessivamente circa trenta volte centomila persone; neanche questi hanno mai toccato con le loro mani il suolo della Terra in tutta la loro vita, ma tuttavia essi vogliono mangiare un pane estremamente buono.

11. Ma non è finita! Per effetto della persistente smania di ingrandire la nostra città senza alcuno scopo, in primo luogo il suolo della Terra viene inutilmente ucciso, perché dove viene fatto innalzare un nuovo grande edificio, là non cresce più il grano.

12. In secondo luogo un simile edificio lussuoso invoglia poi i campagnoli benestanti, prima diligenti nel loro lavoro, a stabilirsi in città; questi si comprano la casa, vi abitano e vivono certamente con dei propri mezzi, però non hanno più terreni da lavorare e devono per conseguenza comprare quello che serve a loro per vivere.

13. Ciò è tutto buono e giusto; ma se la cosa continua così, se cioè giornalmente da dieci a venti famiglie abbandonano le campagne per stabilirsi in città, a chi bisognerà poi rivolgersi per comprare del pane, se tutti i contadini si trasformeranno in cittadini mezzo nobili che evitano il lavoro, o per lo meno in servitori dei cittadini?

14. Noi inoltre, imponiamo tributi su tributi a tutti i nostri vassalli. Con ciò facciamo venire in spregio al popolo la vita dei campi. Essi allora, o fuggono in paesi lontani a noi sconosciuti, oppure si oppongono qua e là con la forza alle nostre ingiuste pretese.

15. Ora si domanda: “Chi ci fornirà d’ora in poi il pane?”

16. Vedete, l’attuale costituzione dello stato non può più funzionare così in nessun caso! Consultatevi perciò riguardo a quello che vi abbiamo coscienziosamente esposto, e poi vi suggeriremo i mezzi mediante i quali si potrà rimediare, almeno in una certa misura, a questa cattiva condizione!

17. Dunque, noi abbiamo parlato conformemente a verità come consiglieri in tutto rispetto dinanzi alle vostre mille magnificenze!»

 

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Cap. 142

Il piano di salvataggio dell’enorme città e la sua realizzazione

18 ottobre 1843

1. Allora l’alto Consiglio scongiurò unanimemente i due di continuare la loro esposizione, poiché riconoscevano la profonda verità delle loro asserzioni, ed erano quindi desiderosi di essere messi a conoscenza di altre cose, ed infine anche dei mezzi per evitare questo male.

2. E i due ricominciarono a parlare e dissero: «Allora vogliate dunque ascoltarci, voi alti consiglieri! Noi vi garantiamo con la nostra vita anche la pienissima verità di ciò che ora vi diremo; e se non si farà secondo quanto noi proporremo, possiamo assicurare che non passeranno quattordici giorni e in questa città si potranno contare cadaveri in numero che supererà il milione, e oltretutto il popolo insorgerà contro di noi, e si avrà una tragedia quale sulla Terra non fu ancora mai vista. Gli uomini si uccideranno l’un l’altro e noi periremo per primi, ed essi si sazieranno del nostro sangue e della nostra carne!

3. Dunque, per ovviare a questi terribili eventi che altrimenti si verificherebbero con assoluta certezza, ci restano aperte – ma per brevissimo tempo soltanto – le seguenti vie:

4. – La prima via è che noi dobbiamo procedere al più presto possibile alla completa abolizione degli istituti di bellezza femminili, terribilmente costosi, inviando immediatamente da tutte le parti dei veloci messaggeri, tramite i quali si faccia annunciare dappertutto che queste donne ormai si possono ottenere tutte gratuitamente, e per di più con una sovvenzione da prelevarsi dai tesori e dai generi alimentari accumulati in tali istituti.

5. I professori e gli artisti di bellezza, invece, devono emigrare, e precisamente ciascuno con almeno tre donne; queste donne, insieme a un po’ di tesori e di generi alimentari, siano il loro bene. La Terra è grande, e le montagne sono quasi del tutto spopolate; essi vi troveranno sicuramente il loro ricovero.

6. Poi bisogna che questi enormi edifici di bellezza vengano demoliti e sui vasti spiazzi di terreno che così si renderanno liberi si dovranno coltivare fruttuosi orti, e così già entro un anno diecimila persone diligenti potranno procacciarsi i generi alimentari!

7. Inoltre, qui dimora una quantità quasi innumerevole di autentici fannulloni che si fanno chiamare nobili, ma che per vivere non dispongono che della loro bocca ingannevole. Costoro bisogna mandarli via! A ciascuno sia data ancora una donna con un po’ d’oro in dote, e la nostra città si troverà immediatamente sgravata da alcune centinaia di migliaia di persone che qui non servono assolutamente a nulla.

8. Se essi domandano dove devono andare, allora noi mostreremo anche a loro la via che conduce alle montagne, ed essi là troveranno sicuramente il loro ricovero!

9. Nello stesso modo riduciamo anche noi la nostra guardia del corpo da mille a cento persone e diamo ai licenziati un sussidio per mezzo anno, e così avremo liberato la città di un buon numero di consumatori inutili che non producono niente, e con questi alleggerimenti sarà poi facile alla vera e propria classe borghese provvedere alle proprie necessità in una maniera più naturale.

10. Invece alla classe borghese, diligente nel lavoro, diciamo che essa in primo luogo deve convertire quanto prima possibile tutte le grandi piazze della città in fruttuosi orti; e in secondo luogo che in quelle vie che sono sufficientemente larghe devono essere piantati degli alberi da frutto; e in terzo luogo che anche i tetti delle case devono essere trasformati in orti; in quarto luogo che allo stesso scopo vanno trasformate anche le grandi mura della città, che da sole possono produrre ogni specie di legumi e frutta per centomila persone; in quinto luogo che l’area delle altalene della morte al di fuori della città deve essere trasformata in campi; in sesto luogo che ogni costruzione inutile deve essere demolita e la superficie liberata deve essere ugualmente trasformata in un orto. E così noi, già solo attraverso queste manipolazioni, ci troveremo entro un anno in una condizione così favorevole che la si potrà chiamare certo invidiabile!

11. Se si farà secondo questo consiglio, solo dopo ci esprimeremo per darne un altro!»

12. Il consiglio dei due fu allora accolto con un grande applauso, e già lo stesso giorno si cominciò a metterlo in pratica, e dopo quattordici giorni la città di Hanoch sembrava così priva di uomini che ad un osservatore sarebbe sembrato di trovarsi in un bosco di case; ciò malgrado in essa vivevano ancora oltre due milioni di cittadini diligenti, i quali erano intenti a trasformare tutto in fruttuosi orti.

 

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Cap. 143

Dopo un anno, ulteriori proposte dei due messaggeri: riaprire i due templi per adorare Dio!

Disaccordo tra i mille consiglieri

19 ottobre 1843

1. Trascorso dunque un anno, mentre tutto era discretamente rientrato in un certo ordine ed alcuni tra i signori feudatari avevano accettato di corrispondere pure un modesto tributo che venne molto a proposito per aiutare la popolazione di Hanoch ormai molto ridotta di numero – almeno finché tutti gli orti creati di recente avessero potuto portare frutto – fu convocata dai mille una nuova riunione per sentire dai due saggi consiglieri quali ulteriori misure essi avrebbero proposto di prendere.

2. E quando il Consiglio si fu così radunato e i due furono pregati di esporre le loro idee per l’ulteriore benessere comune, essi si alzarono di nuovo e così si espressero:

3. «Vogliate dunque ascoltarci, voi alti consiglieri della città di Hanoch! Finora avete potuto convincervi che tutto quello che vi abbiamo consigliato di fare è stato coronato da successo, e questo si accentuerà di più ancora quanto più le opere ora iniziate andranno col tempo gradatamente consolidandosi e perfezionandosi; di ciò potete essere già in anticipo più che convinti!

4. Così anche i nostri vassalli acconsentiranno tanto più volentieri al pagamento di una tassa, quanto più noi saremo in grado di ridurla quando, dalle considerevoli aree situate entro il perimetro della città, potremo ricavare in quantità sempre maggiore quello che è modestamente necessario al nostro sostentamento.

5. Il nostro moderato modo di vivere contribuirà poi certamente ad evitare che nuovi coloni siano facilmente allettati a stabilirsi nella nostra città, ma invece attirerà tanto più i compratori dei nostri utili prodotti che noi vogliamo e possiamo vendere loro, come in effetti venderemo, al prezzo più basso possibile.

6. Comportandoci noi così, come pure i nostri discendenti, se questi procederanno per le vie che noi abbiamo tracciato, manterremo sempre nello stato più fiorente questa antichissima città del mondo, e nessuno dei suoi abitanti dovrà mai soffrire la miseria!

7. Se inoltre, noi avremo cura di non comparire mai ricchi dinanzi ai popoli stranieri, e se questi non troveranno nessuna ricchezza presso di noi, bensì soltanto una borghese attività e sobrietà, allora nessun popolo diventato potente sarà mai allettato dall’idea di soggiogarci per toglierci dei tesori che non avremo; ma nel caso contrario noi non saremo al sicuro dagli attacchi e da saccheggi nemmeno per un’ora.

8. Tutto ciò è ormai ben calcolato, e su queste basi l’ininterrotto benessere di Hanoch sta scritto con scrittura di ferro.

9. Tuttavia una cosa non l’abbiamo ancora detta per la piena realizzazione del nostro consiglio, ma l’abbiamo riservata per la fine, per coronare il nostro consiglio stesso!

10. E questa cosa consiste nel fatto che noi stessi, innanzitutto, dobbiamo del tutto seriamente cominciare ad attenerci a Dio, l’Onnipotente, e ad insegnare, di nuovo dal fondamento, anche a tutti gli abitanti di questa città a riconoscere, ad adorare ed amare quest’unico Dio, nostro Padre, del Quale essi si sono completamente dimenticati come abbiamo fatto noi!

11. Se non facciamo questo, allora ogni nostro migliore consiglio sprofonderà nella polvere del nulla, e basteranno soltanto pochi anni a farci piombare in una miseria ancora maggiore di quella che noi abbiamo mai avuto occasione di sperimentare!

12. Perciò dobbiamo riaprire i due templi di Lamec e là offrire a Dio, il solo Signore, il sacrificio di grazie e di preghiera che Gli spetta da parte nostra!»

13. A tali parole molti consiglieri cominciarono ad arricciare enormemente il naso; però un numero non piccolo di essi si dimostrò tuttavia d’accordo con i due, sennonché questi propendevano per l’erezione di parecchi templi.

14. Comunque, una parte dei consiglieri non volle sapere niente di questo, bensì votarono a favore di una proposta che tendeva a far trasformare in orti anche i luoghi occupati dai due templi; e così ben presto i consiglieri cominciarono a litigare.

15. Il seguito ci mostrerà quale fu l’esito della contesa.

 

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Cap. 144

L’idea di inculcare una falsa dottrina di Dio per mantenere asservito il popolo

L’ulteriore richiesta ai due consiglieri

L’ultimo consiglio, poi il ritorno alle alture

21 ottobre 1843

1. Passò un intero anno litigando senza che i litiganti trovassero il modo di accordarsi, e per conseguenza non restò loro altro da fare che chiamare nuovamente a consulto i due consiglieri per sentire che cosa si sarebbe potuto fare in maniera accettabile per tutti.

2. Infatti su un solo punto tutti i litiganti erano d’accordo, e cioè tutti concordavano che al popolo era necessario il riconoscimento di un Dio, e in caso di bisogno anche di più dèi, per il mantenimento dell’ordine; tuttavia, si voleva solo ottenere un tale riconoscimento nel popolo non attraverso le vuote chiacchiere dei predicatori basate sulla cieca fede, bensì lo si sarebbe dovuto fondare sulla scienza pura. Dunque, per mezzo di indagini sulla natura, per mezzo della matematica, della filosofia e di rappresentazioni artistiche degne di Dio!

3. Con ciò il popolo avrebbe avuto qualcosa di inalterabile e convincente al posto di un misticismo tenebroso, ispirato solamente ad una fede cieca, che generava sì l’esistenza di Dio, ma nel quale il popolo sarebbe rimasto precisamente quel tanto di tempo che gli insegnanti mistici sarebbero vissuti. Ma giunto il momento in cui costoro, costretti dalla loro natura, avessero dovuto essi stessi morire, allora anche tutta la loro dottrina sarebbe morta con loro, e il popolo sarebbe stato semplicemente privato con l’inganno del suo Dio. E quando i popoli fossero rimasti più volte ingannati a questo modo con un Dio mistico, allora non sarebbe stato assolutamente possibile portarli più ad alcun riconoscimento di Dio.

4. Dunque, in questo senso i nostri mille consiglieri concordavano quasi perfettamente tra loro; soltanto non sapevano come avrebbero dovuto attuare nella maniera più avveduta quanto deliberato, ed appunto per tale ragione essi ricorsero ancora al parere dei due.

5. Ma i due interpellati risposero così: «Alti consiglieri della grande città di Hanoch! È passato un anno da quando noi vi abbiamo indicato quale sarebbe stato il giusto piano d’azione; voi però lo avete respinto! Che cosa mai dobbiamo fare ancora di più?

6. A risolvere qualsiasi problema non c’é che un solo piano buono e vero, e così è anche riguardo alla predicazione di Dio!

7. Questo piano, però, noi ve lo abbiamo indicato, solo che voi lo avete respinto e ora ne avete un altro che, secondo la vostra opinione, è più durevole. Dunque, procedete adesso secondo la vostra visuale con la realizzazione del vostro piano, e lasciate che le conseguenze vengano ad insegnarvi riguardo a quanto di buono voi avete portato alla luce con questo!

8. Noi però non intendiamo partecipare in nessun modo a questo vostro piano, né d’altro canto vogliamo esservi neanche minimamente in qualche maniera di impedimento nella sua esecuzione.

9. Riguardo alla dottrina di Dio tenete pure verso Hanoch lo stesso contegno tenuto con i principi feudali, a ciascuno dei quali voi avete dato una differente dottrina di Dio per poterli così distinguere con facilità in base alla diversa dottrina, e conseguentemente anche per poter riscuotere da loro, con maggiore facilità, il tributo del canone [d’affitto del feudo]. Così facendo, voi certamente assisterete ben presto, qui ad Hanoch, agli stessi avvenimenti che si sono verificati con i vassalli!

10. Voi finora avete potuto convincervi del fatto che tutto quello che vi abbiamo consigliato era anzitutto molto facile da attuare, e poi del fatto che tutto ciò è stato decisamente utile per tutta la grande città.

11. Noi non abbiamo mai cercato di ingannarvi, bensì con voi abbiamo sempre avuto in mente rettissimamente il vostro meglio, né vi abbiamo mai detto una sillaba a nostro proprio vantaggio.

12. Così pure il piano espostovi un anno fa e concernente il riconoscimento e la venerazione di Dio, era concepito per il meglio di noi tutti; voi però già dall’inizio avete fatto molte difficoltà, e durante tutto un anno vi siete persi in dispute per giungere ad una soluzione, arrivando bensì alla fine a mettervi d’accordo, però con l’adottare un piano che è il più riprovevole di tutti.

13. Ora, per realizzare questo vostro piano, noi non conosciamo alcuna via e quindi non possiamo darvi nessun consiglio a tale riguardo.

14. Fate dunque come meglio vi pare; noi però non abbiamo più nulla da dire e nulla da fare in mezzo a voi! Perciò ora vi lasciamo senza pretendere alcun compenso da voi, affinché possiate riconoscere che noi abbiamo sempre operato per il vostro bene!

15. Chi però vuole venire via con noi, lo faccia, prima che sia troppo tardi!»

16. Detto questo, i due abbandonarono la grande sala del Consiglio, chiamarono a raccolta i loro servitori e fecero di nuovo ritorno sull’altura.

17. In quale maniera poi si svolsero le cose ad Hanoch, questo lo apprenderemo in seguito.

 

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Cap. 145

Ritorno all’altura dei due messaggeri e loro relazione ai padri

La richiesta di Lamech al Signore soddisfatta

L’invio nella pianura di dieci messaggeri del fuoco

23 ottobre 1843

1. Quando i due furono nuovamente arrivati sull’altura, raccontarono a Lamech, ancora in vita, a Noè e a suo fratello Mahal tutto ciò che si era verificato in quegli ultimi tempi nella pianura, e nello stesso tempo domandarono se, nel giro di tre anni, qualcuno proveniente dalla pianura si fosse forse stabilito sull’altura.

2. E il vecchio Lamech disse: «Miei cari figli, a questa domanda non è davvero difficile rispondere, poiché fin dove arrivano i nostri possessi qui sull’altura, che pure si estendono per giorni di viaggio, nessuno si è fatto vedere! Questo vi sia detto a garanzia della piena verità e in risposta alla vostra domanda!

3. Ma tanta maggiore attenzione merita la prima parte del vostro racconto, poiché tutto fa presagire chiaramente che in breve tempo l’intero popolo della pianura, o si darà all’idolatria, oppure si abbandonerà completamente all’ateismo.

4. O Signore e Padre, dà un consiglio qui a noi, Tuoi deboli figli, riguardo a ciò che si deve fare per condurre nuovamente i popoli sulla retta via!»

5. E allora il Signore disse immediatamente e in maniera ben percettibile a tutti: «Andate nella regione del Mezzogiorno, là dimorano ancora centosette famiglie disperse qua e là; esse sono discendenti dei sette [messaggeri] che ai tempi di Lamec Io inviai laggiù ad Hanoch per invitare la città perduta a fare penitenza.

6. Tra queste famiglie voi troverete dieci giovani uomini molto robusti i quali non hanno ancora preso moglie; tu, Lamech, imponi loro nel Mio Nome le tue mani, ed Io li doterò prodigiosamente della potenza del fuoco! E quando poi essi, giunti alla pianura, in qualsiasi luogo invocheranno il fuoco fuori dalla Terra, allora esso verrà fuori e consumerà quanto i potenti del fuoco vorranno che sia consumato!

7. Che questi dunque scendano così, armati, nella pianura, e che per sette anni là predichino dappertutto la penitenza. Se per caso si volesse mettere loro le mani addosso, allora essi si circondino col fuoco, e questo stenderà sempre i loro nemici a terra e distruggerà tutte le loro armi!

8. Se nel giro dei sette anni il popolo si sarà convertito, allora essi rimangano nella pianura in qualità di sacerdoti; ma se il popolo non si convertirà, allora essi dovranno circondare di fuoco inestinguibile i Miei templi ad Hanoch e poi fare ritorno nuovamente sull’altura! Così sia fatto!

9. Io durante questo tempo distoglierò la Mia faccia dalla pianura, in modo da non vedere quello che vi accade! Amen!»

10. A questo punto tutta la compagnia si alzò, andò subito nella regione del Mezzogiorno e cercarono i dieci uomini designati.

11. Quando questi furono trovati, il vecchio Lamech fece loro come il Signore gli aveva comandato, e i dieci provarono subito la loro potenza di fuoco e poi, accompagnati da molteplici benedizioni, discesero in pianura.

 

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Cap. 146

Sul differente modo fra la narrazione spirituale e quella temporale

La cattiva accoglienza dei dieci messaggeri del fuoco nella città

24 ottobre 1843

1. Dal tempo del ritorno dei due figli di Uraniel fino a quello dell’invio di questa missione dei dieci messaggeri della potenza di fuoco trascorsero circa due anni, anche se dal racconto si può avere l’impressione che entrambi gli avvenimenti fossero avvenuti in un solo giorno.

2. Questo è detto per rendere più facile la comprensione della totalità (degli avvenimenti) perché nel modo della narrazione spirituale, spesso i fatti sono esposti come se accadono in un solo giorno, mentre nel modo di narrazione terreno temporale non di rado trascorrono parecchi anni tra un fatto e l’altro.

3. Ad esempio, perfino nella Sacra Scrittura è spesso citato: “E nello stesso giorno”, mentre un simile fatto che viene descritto come se si fosse compiuto in un giorno, nella realtà esteriore del tempo ha richiesto per il suo svolgersi non di rado degli anni interi.

4. Questa precisazione era necessaria per rendere più facilmente comprensibili simili modi di narrazione!

*

5. Quale accoglienza ebbero i nostri dieci messaggeri ad Hanoch e in quali condizioni trovarono quella città e quel popolo dopo questo breve periodo di tempo?

6. Quando arrivarono alle porte, essi furono immediatamente fermati e sottoposti ad un severo interrogatorio giudiziario per la legittimazione della loro provenienza, e fu loro chiesto se in un certo qual modo non fossero in possesso di qualche passaporto scritto. (infatti a quel tempo ad Hanoch era già stato istituito un severissimo servizio di polizia).

7. I messaggeri risposero: «Noi siamo mandati dall’Alto per la vostra salvezza, ed è Dio, il Signore del Cielo e della Terra, il nostro passaporto!

8. Noi siamo mandati a voi per predicarvi una seria e severa penitenza, oppure per annunciarvi che, se non vi convertirete, l’inevitabile Giudizio di Dio vi distruggerà dalle fondamenta con la pienezza del flusso dell’ira di Dio!»

9. Quando i messaggeri ebbero pronunciato tali ‘sconvenienti’ parole davanti alla ‘lodevole’ polizia giudiziaria di servizio alla porta d’ingresso della città, parve che crollasse il mondo; all’istante essi furono dichiarati colpevoli di lesa maestà nei confronti dell’alto Consiglio e arrestati come evidenti sobillatori del popolo e astuti partigiani di altri principi stranieri.

10. A questo punto, però, la loro potenza di fuoco tornò loro utile, poiché nello stesso istante in cui i poliziotti di servizio misero loro le mani addosso, uscirono le fiamme dal terreno e misero le guardie nella fuga più vergognosa verso la città, e allora i nostri messaggeri si avviarono essi pure in città senza altri impedimenti.

11. Ma da questa porta c’era quasi una giornata di viaggio prima di raggiungere la residenza dorata dei mille consiglieri, i quali allora avevano già eletto uno di loro a fungere da re di facciata, che non aveva altro potere se non quello di convalidare sempre quello che avevano deciso i mille consiglieri.

12. Dato dunque che i nostri messaggeri non avrebbero potuto raggiungere in quello stesso giorno il luogo del castello aureo, essi furono costretti a pernottare in una delle tante nuove locande e poi attendere l’indomani per avvicinarsi al castello aureo.

13. Questo pernottamento fu l’inizio di quella benevola accoglienza che più tardi fu riservata nell’intera città di Hanoch ai nostri messaggeri, poiché in primo luogo essi erano stati diffamati, per quanto più era stato possibile, dai poliziotti di guardia cacciati in fuga in quel distretto della città con l’esatta descrizione della loro figura, e in secondo luogo è facile immaginare con quanta premura essi venissero accolti nella locanda dove entrarono!

14. Quando essi chiesero da mangiare e da bere, i padroni della locanda scapparono via, e quando cercarono un luogo dove potersi riposare, trovarono tutte le porte chiuse, perché era grande la paura che essi volessero appiccare il fuoco a tutta la casa. Perciò furono lasciati riposare nella stanza in cui erano entrati all’arrivo.

15. Questa fu dunque la prima accoglienza che essi trovarono in città; ma il seguito di come si misero le cose, questo lo vedremo fra poco.

 

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Cap. 147

Sguardo sull’efficientissima organizzazione della polizia della città

La fuga delle migliaia di poliziotti intervenuti per arrestare i dieci messaggeri del fuoco

25 ottobre 1843

1. Che la guarnigione di poliziotti scappata via dalla porta non avesse nella sua fuga altra meta che i mille signori, questo è molto facile scorgerlo ed afferrarlo con le mani.

2. In altra occasione non ci sarebbe stata certamente la necessità di ricorrere a questo, poiché per quanto riguarda la cultura poliziesca di Hanoch, essa era, nel pienissimo senso, un perfettissimo capolavoro già al suo primo sorgere, al cui paragone tutti gli attuali sistemi di spionaggio sono un’evidentissima opera abborracciata.

3. Infatti, in primo luogo, ciascun padrone di casa ad Hanoch era inderogabilmente obbligato a tenersi, per la sorveglianza di tutta la casa, un uomo della polizia a proprie spese.

4. Inoltre, gli abitanti di ciascuna via dovevano mantenere a proprio carico uno, due ed anche tre uffici incaricati della raccolta di tutte le notizie di carattere poliziesco concernenti tutta la via, notizie che poi dovevano essere riferite solo alla corte.

5. Le vie portavano tutte un nome, le case in ciascuna via erano provviste di un numero, ed ogni padrone di casa doveva avere due nomi, di cui uno indicava la casa e l’altro la persona; tutti gli altri inquilini avevano solo un nome “ad personam” (personale), il che significa che ciascuna persona aveva un suo proprio nome.

6. Inoltre, ciascuna via e ciascuna piazza aveva un colore prescritto ed un prescritto modo di vestire, e il padrone di casa aveva il diritto di portare un pezzetto di lamina d’oro sulla sua sopraveste, lamina su cui doveva figurare il numero della sua casa; ogni altra persona però doveva portare, indicato su una pezza di stoffa bianca appuntata alla sua veste, il numero della casa in cui abitava.

7. Questa cautela poliziesca era stata adottata perché, in qualunque luogo un individuo avesse trasgredito, sia pure anche solo minimamente ad una norma di legge, poteva essere subito afferrato dai poliziotti di guardia e poi condotto fino alla casa da lui abitata, dove il padrone di casa doveva pagare una multa anzitutto all’ufficio di polizia della propria via, e poi anche a quello della via dove era stato commesso qualcosa di contrario ai regolamenti di polizia.

8. Dato però che a tutti gli uffici di polizia delle vie veniva concessa la terza parte delle multe e contemporaneamente avevano il diritto di stabilire quali fossero gli atti contrari ai regolamenti di polizia commessi in ogni via, allora si potrà ben comprendere tutte le cose che in breve tempo venivano individuate come contrarie ai regolamenti di polizia, e per conseguenza non era facile trovare in una via un padrone di casa che non dovesse pagare giornalmente una qualche penale.

9. Costui aveva certamente il diritto di farsi successivamente indennizzare dall’inquilino trasgressore; se però costui non possedeva niente, allora non gli restava altro che aspettare, con molta probabilità, di non poter recuperare più nulla.

10. Inoltre, e in modo particolare, quando un locandiere dava alloggio a dei forestieri e non denunciava immediatamente la loro presenza all’ufficio di polizia della via, allora tale comportamento era già considerato una trasgressione principale da punire con una forte multa.

11. Fu anche per questo motivo che il nostro locandiere corse subito all’ufficio di polizia della via per denunciare l’arrivo dei nostri dieci messaggeri e per dichiarare quello che aveva osservato in loro di particolare, nonché quello che aveva appreso sul loro conto da parte delle guardie della porta messe in fuga.

12. Da qui la notizia della presenza degli uomini del fuoco si propagò subito per tutta la città, le guardie in fuga avevano intanto denunciato alla corte la comparsa dei dieci uomini del fuoco ingrandendo per bene il fatto, e già per il giorno seguente venne mobilitata la milizia per essere pronta a marciare contro la locanda dove si trattenevano i nostri dieci messaggeri.

13. Il mattino dopo parecchie migliaia di uomini, ben armati di giavellotti e lance, assediarono la locanda, e allora il locandiere disse agli ospiti: «Adesso andate fuori e difendetevi voi contro le molte migliaia di lance e giavellotti!»

14. E i dieci, che si erano fortificati, si alzarono, chiamarono subito il fuoco dalla Terra, e nello stesso istante irruppero dappertutto dal terreno fuori sulla via delle fiamme potenti, che cacciarono in una fuga disperata tutta quella milizia; e così i nostri dieci messaggeri rimasero soli e lodarono l’Onnipotenza di Dio.

15. Il locandiere però, colmo di spavento e di orrore, cadde ai loro piedi, poiché egli si era fatto l’opinione che essi fossero sul serio o degli déi oppure degli spiriti del fuoco che avrebbero distrutto l’intera città.

16. Il seguito, però, ci dirà quello che avvenne dopo.

 

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Cap. 148

I dieci messaggeri e le promesse al locandiere

 Verso il castello aureo dei mille

Il terzo prodigio: il fuoco sui bastioni del castello

26 ottobre 1843

1. I dieci messaggeri, dissero al locandiere: «Alzati e non ritenerci per quello che non siamo, poiché non siamo né déi, né spiriti del fuoco, bensì noi, uomini dell’altura, siamo come voi e siamo stati dotati da Dio del potere del fuoco solo per il vostro bene, in modo che possiate riconoscerci quali veri messaggeri di Dio per voi e perché d’ora in poi vi convertiate secondo la nostra parola.

2. Se voi farete così, allora sarete risparmiati dal Giudizio di Dio che è molto vicino; ma se voi non vi convertirete secondo la nostra parola, allora potete ormai riconoscere dalla nostra potenza di fuoco che l’ira di Dio si trova già sul capo di tutti voi, poiché il fuoco che ci obbedisce è simile all’ira di Dio!

3. Ieri sera ti abbiamo pregato di darci la cena; perché non hai disposto affinché essa ci venisse servita? Credevi forse che non ti avremmo pagato?

4. Oh, vedi, noi abbiamo con noi dei tesori provenienti dai Cieli di Dio, e con tali tesori ti avremmo riccamente ricompensato!

5. Tu invece chiudesti le tue dispense dinanzi a noi; ma noi pure ora chiudiamo i nostri tesori dei Cieli dinanzi a te, e poi a te resterà da vedere se dei tesori, che noi siamo stati incaricati da Dio stesso di dispensare abbondantemente in questa città, potrà venirtene una qualche parte!»

6. Il locandiere disse: «Io non vi conoscevo, e le nostre infami leggi di stato richiedono la massima cautela verso gli stranieri, trascurando la quale si incorre nelle più amare punizioni. Perciò siate indulgenti con me, poiché a causa di tali leggi infami sono stato costretto a trattarvi a quel modo!

7. Ma ora voglio certamente rimediare a tutto e quindi vi ospiterò e vi fornirò tutto quello che vi è necessario al vostro mantenimento in questa grande città, perché ora che ho visto la vostra potenza, non temo più alcun giudizio. Ritornate perciò in casa mia ed avrete vitto e alloggio, perché le mie migliori stanze e i miei migliori cibi stanno d’ora in poi a vostra disposizione! Ma non abbandonatemi come avete minacciato, e vi prego, cari uomini, di non fare questo per l’amore del vostro Dio onnipotente!»

8. E i messaggeri gli risposero: «Dio, il Signore, è colmo di Misericordia per ciascun peccatore che confessi i propri errori, li deplori e li abbandoni del tutto!

9. E così neppure noi siamo implacabili; perciò ti perdoniamo il tuo comportamento e non terremo i tesori dei Cieli lontani da te.

10. Per il momento noi non possiamo prendere dimora presso di te, poiché dobbiamo recarci dai signori di questa città, che con le loro infami leggi inducono tutto il popolo a rinnegare Dio! Costoro devono essere convertiti per primi!

11. Avvenuto questo, ritorneremo poi da te e allora accetteremo le tue offerte, benedicendoti!»

12. Ma il locandiere disse: «O cari uomini! Questa città ha un’estensione immensa; in essa vi sono parecchie migliaia di vie e moltissime migliaia di case! Come farete a trovare questa via e questa mia locanda?»

13. I messaggeri risposero: «Non preoccuparti per questo, perché come tu stesso trovi la tua via e la tua casa, alla stessa maniera la troveremo anche noi! Infatti Dio è certamente la nostra guida, ed Egli sa assolutamente bene dove è la tua casa e dov’è la via nella quale essa si trova!»

14. Dopo tali parole i dieci benedirono la locanda e s’incamminarono poi verso il centro della città, e già in mezza giornata raggiunsero il castello aureo che Uraniel aveva fatto costruire.

15. Ma quanto al fatto di potervi entrare liberamente, questa volta non c’era nemmeno da pensarci, perché tutto era già sbarrato e barricato da ogni parte, e dotato di provetti arcieri.

16 Il Signore però parlò ai messaggeri: «Non avvicinatevi troppo ai bastioni[24], ma rimanete qui finché Io non vi spiani la via!»

17. A questo punto i messaggeri si fermarono, e subito delle potenti fiamme si alzarono dai bastioni e distrussero tutto: sbarramenti, armi e anche quegli uomini che non furono abbastanza veloci a prendere la fuga.

18. E così questo fu il terzo prodigio del fuoco verificatosi nella città di Hanoch.

 

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Cap. 149

Le istruzioni del Signore ai dieci messaggeri prima dell’ingresso al castello aureo

Le intimazioni ai mille consiglieri radunati nella sala delle riunioni

27 ottobre 1843

1. Quando la via al castello aureo fu spianata in questo modo quanto mai prodigioso, il Signore parlò di nuovo ai messaggeri: «Ora potete procedere oltre, ma non costringete nessuno a convertirsi con la violenza, bensì annunciate la giusta penitenza e predicate nel Mio Nome!

2. Chiedete che vengano aperti entrambi i templi, ed ammonite i consiglieri nella maniera più viva da ogni servizio reso alle immagini e agli idoli, e annunciate energicamente il Mio Giudizio che non tarderà molto a venire! Questo è tutto quanto avrete da fare qui.

3. Se la corte si convertirà, allora voi, come Io vi ho detto sull’altura, restate qui come sacerdoti; ma se la corte si convertirà alle vostre parole soltanto in apparenza, allora rimproverate severamente la sua ipocrisia, abbandonate subito la corte e andate poi per le piazze e per le vie ed annunciate pubblicamente una seria penitenza e il Mio Nome!

4. Non temete le armi degli impotenti, poiché Io le distruggerò prima che qualcuno, colmo di brama micidiale, possa impugnarle contro di voi!

5. E in questo modo predicate nella città per tre anni interi! Se qui voi sarete derisi, allora lasciate la città e predicate poi ancora ai popoli della campagna per quattro anni! Se qualche popolo si convertirà del tutto a Me, allora fate che esso si trasferisca sull’altura, e là Io ne avrò cura e lo provvederò subito di tutto quello che gli sarà necessario per la vita su questo mondo.

6. Ma là dove un popolo non si convertirà, abbandonatelo subito e recatevi in un altro luogo!

7. Sulle campagne però rimanete solo quattro anni; e quando Io vi chiamerò, allora fate subito ritorno all’altura senza volgervi a guardare indietro!

8. Ora voi sapete quello che avete da fare, e così entrate dunque nel Mio Nome nel castello! Amen!»

9. A questo punto i nostri messaggeri cominciarono ad incamminarsi di nuovo sulla via, penetrarono subito nel castello aureo e, in una sala immensamente grande, trovarono appunto radunati i mille consiglieri, con nel mezzo il re di facciata, tutti occupati a trattare un argomento di somma importanza.

10. E precisamente tenevano consiglio per decidere sul modo in cui essi avrebbero potuto sbarazzarsi di questi dieci mostri del fuoco.

11. Essi erano appunto intenti ad architettare un piano orribilmente ipocrita a questo scopo, e stavano deliberando di ascoltare apparentemente con grande raccoglimento le parole dei dieci e di far finta di convertirsi a seconda di queste, ma invece nel loro interiore non volevano lasciare intentato alcun mezzo per allontanare i messaggeri del fuoco dalla città. E in quello stesso istante, con immenso spavento dei mille consiglieri e del loro re di facciata, ecco presentarsi i dieci nella sala del Consiglio, i quali dissero:

12. «La pace sia con voi! Secondo i vostri piani voi non ci allontanerete mai dalla città, ma quando il nostro tempo sarà compiuto, allora noi abbandoneremo comunque questa città per la vostra rovina, ma non secondo la vostra infamia, bensì secondo la Volontà di Colui che ci ha mandato a voi!

13. Comprendete già fin d’ora queste parole, e preparatevi a ricevere la notizia che noi dobbiamo darvi da parte di Dio, il Signore onnipotente! Aprite dunque ora i vostri orecchi ed ascoltateci! Amen!»

 

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Cap. 150

L’invito dei mille consiglieri ai dieci di relazionare il mandato

Uno dei dieci espone la storia dell’uomo dalla sua origine

28 ottobre 1843

1. Nondimeno, uno tra i mille consiglieri si alzò e andò incontro ai dieci, si inchinò davanti a loro secondo l’usanza di corte, e disse:

2. «Potenti inviati probabilmente di uno sconosciuto principe e signore di tutte le montagne che sputano fuoco che in grande quantità sorgono tutte intorno a noi! Avvicinatevi, anzi venite in mezzo a noi e date esecuzione all’incarico che avete ricevuto per noi, poiché, vedete, la sala è ben grande e noi siamo in molti! Perciò conviene piuttosto che voi vi mettiate nel mezzo della sala, affinché noi tutti possiamo udire bene la vostra relazione sicuramente degna di nota. Infatti, noi siamo grandi amici delle buone relazioni e intendiamo accogliere tutto ciò che da noi sarà riconosciuto buono.

3. Se però dovessero esservi delle cose sciocche, allora voi, quali esseri umani sicuramente di specie superiore, comprenderete ancora meglio di noi che non potremmo accettarle, naturalmente in base alla nostra libera volontà.

4. Voi, con la vostra terribile potenza quali esseri di specie superiore, potete certo costringerci, ma con ciò voi avrete poi ottenuto poco o nulla, e noi avremo ottenuto altrettanto poco dalla vostra straordinaria ambasciata[25]!

5. E perciò vogliate avere la bontà di avanzare fin là nel mezzo e di esporrci la vostra relazione, perché noi tutti, assieme al re, abbiamo reso gli orecchi ben disposti alle vostre parole e, da esseri tanto straordinari quali voi siete, noi ci attendiamo anche, e di pienissimo diritto, qualcosa di veramente straordinario!»

6. A questo punto, e accondiscendendo al desiderio del Consiglio, i dieci si collocarono allora nel mezzo della sala, e uno di loro, a nome di tutti e dieci, cominciò a rivolgere le seguenti parole a tutta l’alta riunione del Consiglio:

7. «Amici e fratelli, se voi riandate con la memoria ai vostri padri, dovete ammettere che questi furono tutti, senza eccezione, discendenti di Adamo, quindi effettivamente dei figli di Dio ancora ai tempi quando Lamec, un contemporaneo del Lamech tuttora vivente sull’altura, quale re bestemmiatore di Dio governava in maniera crudele il popolo della pianura, risiedendo qui in questa città!

8. A molti di voi, certamente, non deve essere proprio completamente estraneo, né completamente sconosciuto tutto quello che nella menzionata epoca fece il Signore del Cielo e della Terra per annientare, in primo luogo, più di una stoltezza sull’altura, e poi per purificare la pianura da tutta l’immondizia del serpente antico, assolutamente maligno, che certo non può esservi del tutto sconosciuto.

9. Inoltre, saprete come i vostri padri abbandonarono le montagne, pure e tanto benedette da Dio, e come essi discesero quaggiù in questa pianura che andava di nuovo rendendosi sempre più impura, quantunque il sommo sacerdote Lamech dell’altura, che è ancora in vita, avesse sicuramente dimostrato loro a sufficienza quanto ingrata e indegna di Dio, il loro santo padre, fosse una tale iniziativa.

10. Sennonché i vostri padri voltarono le spalle a Lamech e, ardendo di desiderio per le raffinate donne della pianura, discesero a schiere, e più di uno abbandonò perfino moglie e figli sull’altura.

11. Questo è un fatto innegabile; se voi non vorreste crederci, allora potete andare a chiederlo a migliaia di testimoni ancora in vita!

12. Voi siete dunque figli dei figli di Dio che risiedono sull’altura, e vi siete innalzati da voi stessi a potenti dominatori della pianura, senza essere stati minimamente chiamati a ciò da Dio.

13. Uraniel, il legittimo re, voi lo avete dapprima sedotto, poi lo avete oppresso e ucciso; i suoi figli li avete la prima volta arrestati, e la seconda volta derisi, quando essi vi esortarono di fare ritorno a Dio.

14. Invece di riaprire entrambi i templi del Signore come vi era stato comandato, voi avete creato una miserabile polizia cittadina e avete introdotto varie forme di idolatria e formalmente proibita la fede nell’unico vero Dio, e avete sovraccaricato il popolo delle imposte più degne di maledizione.

15. E ora dite e giudicate voi stessi quale ricompensa vi siete meritati con ciò davanti all’eterno vero Dio e Signore!

16. Parlate ora, e noi vi ascolteremo con tutta pazienza; e quando avrete finito di parlare, allora riprenderemo di nuovo a parlare con voi! Giudicate e di conseguenza parlate! Amen!»

 

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Cap. 151

Inutilmente i mille consiglieri bisbigliano segretamente fra loro

I dieci messaggeri svelano i piani dei mille e danno loro l’ultimatum

 Ritorno alla locanda – L’imbarazzo dei mille

30 ottobre 1843

1. E i consiglieri, quando ebbero sentito tale discorso dai dieci messaggeri, storsero terribilmente il naso tra di loro e si consultarono in segreto l’uno con l’altro, dicendosi:

2. «Che cosa ci resta da fare, se non inghiottire, per amore o per forza, la pillola per quanto possa essere acida, amara o astringente? Perché opporsi con la violenza, significherebbe veramente gettare olio sul fuoco.

3. Così succede anche nella politica! Con essa noi possiamo di certo agire contro la cecità degli uomini, ma invece, che cosa possiamo ottenere con essa contro questi qui che già alla prima occhiata hanno scoperto nel dettaglio quello che c’era in noi?

4. Ciò che tuttavia possiamo fare ancora, è opporre a questi messaggeri delle contro motivazioni del tutto particolarmente critiche, prima di dover accogliere completamente le loro istanze!

5. Noi non siamo stupidi, né abbiamo messo in ceppi il nostro intelletto; esso darà ancora abbastanza da fare a questi dieci fino all’apertura dei due templi! E dunque, che resti così per il momento!»

6. Dopo aver preso questa decisione in segreto, uno dei dieci si rivolse ai membri del Consiglio e disse:

7. «Credete forse voi consiglieri, che pretendete di essere saggi e ultra accorti, che ci sia sfuggito quanto avete deliberato di nascosto? Oh, voi commettete un colossale errore!

8. Il Signore del Cielo e della Terra ha affinato così tanto l’udito del nostro spirito, che noi possiamo percepire i vostri pensieri più segreti come fossero parole pronunciate ad altissima voce!

9. Dunque, dove volete arrivare con la vostra astuta ultra accortezza?

10. Credete forse che per noi sarebbe difficile ribattere alle miserabili critiche del vostro intelletto?

11. O stolti che siete, che cos’è ora il vostro intelletto? Ecco, esso non è nient’altro che un ultra fioco barlume di quella chiara sapienza che un giorno i vostri padri originari possedevano con uno splendore tanto maestoso da poter essere paragonato ad un Sole nascente!

12. QQqqqwqw!uesta stessa sapienza proveniente da Dio noi la possediamo ancora nella sua inalterata misura, e voi, pretendereste di scendere in campo contro di essa armati del vostro insignificante barlume?

13. Oh, quanta stoltezza ci vuole per non vedere che la tenebra può sussistere soltanto fino a quando non filtra un raggio di luce! Ma una volta che è giunta la luce dai Cieli, allora, cosa volete ancora con la vostra tenebra?

14. In verità, come la notte fugge dinanzi al Sole nascente e viene completamente annientata dappertutto dal chiarissimo splendore del Sole, così pure il vostro intelletto dovrà cedere il campo e restare interamente annientato là dove la Luce di Dio comincerà ad irradiare da noi!

15. Pertanto, qui non si tratta di lasciarci coinvolgere da voi in lunghe dispute e insegnamenti, bensì il nostro compito nei vostri confronti è solo quello di esprimervi una richiesta, mentre il vostro è quello di farci una concessione!

16. La nostra volontà, che ci è stata data da Dio, ve l’abbiamo annunciata, e non c’é bisogno di altro!

17. Se voi vi conformerete a questa volontà, allora sarà bene per voi e per tutto il popolo; se però non intendete fare così, allora potete avere da noi la più ampia assicurazione che non vi costringeremo a niente, né con la nostra potenza del fuoco, né ancor meno con il nostro linguaggio della sapienza!

18. Non attendetevi dunque che noi adesso ci intratteniamo più a lungo presso di voi per farvi delle esortazioni più o meno commoventi; un tale sistema lo si può usare soltanto con i poveri e con i deboli.

19. Ma per voi non c’é niente se non l’obbedienza cieca, tale e quale la esigete dal popolo, oppure il Giudizio, poiché il Signore si comporta con voi, come voi vi comportate con il popolo!

20. Ecco, queste sono le nostre ultime parole. Sta a voi fare o non fare a seconda delle stesse! Amen!»

21. E detto questo, i dieci abbandonarono la sala e il castello, e fecero ritorno al locandiere che prima aveva offerto loro vitto e alloggio.

22. I consiglieri ora si trovavano in un immenso imbarazzo, perché si vedevano messi con le spalle al muro sotto tutti gli aspetti e non sapevano che pesci pigliare. Infatti, se facevano secondo le parole dei dieci, allora essi si sarebbero smascherati davanti al popolo; se però facevano secondo il loro proprio consiglio, allora avrebbero cozzato contro la minaccia dei dieci.

23. In tali condizioni, dunque, un buon consiglio era quanto mai prezioso per i consiglieri.

 

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Cap. 152

La soluzione di uno dei mille consiglieri: proposta di emigrazione

Ancora disaccordo

31 ottobre 1843

1. «Che cosa faremo noi adesso?», questa era la domanda universale che andavano reciprocamente facendosi i consiglieri come pure il loro re di facciata.

2. Ma uno si alzò tra il Consiglio e disse ad alta voce: «Fratelli, ascoltatemi; ora mi è passata per la mente un’idea che io credo molto assennata!

3. Quando prima erano ancora presenti quegli uomini del terrore, voi tutti vi siete espressi nel senso che il nostro intelletto avrebbe dato loro più di qualche osso duro da rodere prima che noi decidessimo di fare come essi richiedevano da noi.

4. Noi dunque abbiamo impostato la questione sulla base del trionfo del nostro intelletto e certo anche il nostro intelletto trionferà sulla loro sapienza! Ma come?

5. Io ve lo dico: “Nella maniera più facile del mondo!”

6. Voi tutti, come me, sicuramente vedete che ormai il nostro potere su questo mondo è completamente finito!

7. Che cosa ci resta da fare ancora qui? Ebbene: o aspettiamo la persecuzione che evidentemente si scatenerà contro di noi da parte del popolo quando quest’ultimo sarà debitamente aizzato e sobillato contro di noi dai dieci messaggeri ai quali non possiamo affatto opporci, – oppure aspettiamo che si attui la minaccia che, in modo lodevolissimo, fu promessa a noi tutti dai dieci?

8. Io ritengo che l’una cosa sarebbe stupida quanto l’altra!

9. Provate ad andare ad aprire al popolo i due antichi templi, e ditegli che è necessario che abbia fine la venerazione delle statue introdotte da noi! Che cosa farà il popolo? Certo, ci domanderà del perché ora succede questo!

10. Ma anche noi dobbiamo porci una domanda molto significativa, e cioè: “Che cosa risponderemo?”

11. Mentire non ci è permesso, perché ce ne dissuade la minaccia dei dieci, pena la nostra vita.

12. D’altro canto non possiamo riaprire i templi restando muti, poiché i templi hanno i loro certi custodi segreti che ci domanderebbero anzitutto, al cospetto del popolo, perché noi facciamo questo. E allora – volenti o nolenti – dovremo venir fuori con la verità e, volendo conservare la vita, dovremmo dire:

13. “Antichi abitanti di questa città, noi vi abbiamo ingannato con l’astuzia e con la violenza per saziare la nostra avidità e sete di potere, vi abbiamo privato dell’unico, eterno e vero Dio e Signore, e abbiamo fatto tutto ciò a forza di menzogne, di percosse e applicando perfino la crudele pena di morte!

14. Ora però questo vostro antico e vero Dio ha avuto pietà della vostra miseria, di cui noi soli siamo responsabili, ed ha inviato a noi, vostri falsi signori, dei potenti messaggeri punitori e, attraverso questi, fece punire noi con la potenza del fuoco ed imponendoci di aprire di nuovo dinanzi a voi i templi antichi del vero Dio e di risarcire ora voi di tutti i nostri inganni!”

15. Vedete, questa è la nuda verità; ma chi di noi si presterà a fare questa lodevole dichiarazione davanti a tutto il popolo?

16. Se non la facciamo, dobbiamo aspettarci ben presto di essere circondati dalle più belle fiamme irrompenti fuori dal terreno, perché di questo, uno dei dieci e del tutto in segreto, mi ha dato in un certo qual modo la consolante assicurazione.

17. Ma se facciamo questa splendida dichiarazione, allora non bramerei davvero essere testimone oculare della pioggia, estremamente terribile, di pietre scagliate dalle mani molto elastiche del popolo che si riverserebbe sulla nostra grande magnificenza.

18. Se però non facciamo assolutamente niente e restiamo qui nel castello per continuare a consigliarci, allora il popolo saprà bene come trovarci e ci verrà incontro con tali dimostrazioni d’onore che noi tutti ne rimarremo immediatamente di stucco!

19. Il mio consiglio, adatto ad ovviare a tutte queste sicure calamità, sarebbe il seguente: “Considerato che qui, evidentemente, non c’é più pane per i nostri denti, allora piantiamo tutto e pigliamo il largo fin che siamo in tempo!”

20. La Terra è grande! Noi ce ne andiamo con le nostre mogli, i nostri figli e con i nostri tesori quanti ce ne possono occorrere – così è chiaro che in questo modo siamo noi a trionfare col nostro intelletto sulla sapienza dei dieci – ci cerchiamo sulla Terra un posticino da qualche parte e là viviamo poi del tutto imperturbati da simili messaggeri e lasciando perdere l’antico Dio!

21. Che ne dite di questo mio consiglio?»

22. Parecchi si dichiararono d’accordo con l’oratore; altri invece erano dell’opinione che la partenza avrebbe certo avuto qualche difficoltà. D’altronde essi ritenevano che, se agivano rettamente, i dieci si sarebbero piuttosto trovati indotti a proteggerli contro il furore popolare che non a darli in balia al popolo.

23. In questo modo i pareri rimasero discordi per tre giorni; il seguito però ci mostrerà quale piega definitiva presero infine le cose.

 

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Cap. 153

Seicentocinquanta consiglieri scappano dalla città stabilendosi nell’alto Egitto

2 novembre 1843

1. Ma l’oratore sorto fra i consiglieri, che aveva parlato per primo e che ci teneva a mettere la maggiore distanza possibile tra lui e la città, non rifletté a lungo sulle obiezioni degli intenzionati ad agire rettamente, ma si sbrigò velocemente dichiarando quanto segue:

2. «Ebbene, visto che voi ritenete il vostro progetto più consigliabile del mio, allora facciamo così: quelli di voi, che certo nel migliore dei modi, sono del tutto d’accordo con me, costoro seguano il mio consiglio, prendano dunque con sé le loro mogli, i loro figli e i loro tesori e carichino tutto come si deve sui cammelli addomesticati di cui dispongono e vengano con me quali trionfatori dell’intelletto!

3. Coloro invece che, restando qui, ritengono di agire rettamente e che sembrano avere una grande voglia di essere salutati dal popolo con le pietre, oppure, nel migliore dei casi, di essere cacciati dalla città a bastonate, ebbene che costoro attendano qui tutti questi tormenti secondo il loro volere, e che traggano dalle conseguenze dolorose il seguente insegnamento:

4. “Sarebbe stato meglio partire sani e salvi con l’onore della vittoria dell’intelletto, che non doversene andare con la schiena dolorante per i colpi di pietre o, nel migliore dei casi, di legnate, e tra le molteplici vergogne, derisioni, sbeffeggiamenti e maledizioni!”

5. E ora io sono il primo ad andarmene! Chi vuole seguirmi, mi segua, ma chi non vuole fare così, che faccia pure come gli sembra meglio e più salutare»

6. A questo punto si alzarono seicentocinquanta consiglieri e dissero: «Noi seguiremo il tuo consiglio; se però giunti alle porte della città ci dovesse andare male, allora fa’ in modo che la vittoria del tuo intelletto, che tu reputi tanto sicura, non ci rimetta!»

7. Allora coloro che propendevano per la fuga si congedarono dagli altri che rimanevano; presero le loro mogli, i figli e i tesori, caricarono i cammelli e partirono già lo stesso giorno.

8. Ora avvenne che molto popolo si trovasse radunato nelle vie e il suo stupore non fu poco nel vedere questo corteo formato dai suoi signori di solito tanto severi. Nessuno sapeva ciò che un simile avvenimento potesse significare, e ciascuno era angosciosamente in attesa di quello che sarebbe potuto accadere.

9. Molti tra loro dissero: «Questo è strano! Sembra che i signori abbiano intenzione di andarsene con mogli, figli e bagagli di ogni specie, e senza una scorta armata! Che cosa sarà questo e che cosa vorrà dire?

10. Infatti, non somiglia affatto ad una passeggiata, né meno ancora di un viaggio regionale, perché in simili occasioni si sono visti andare sempre con loro intere legioni armate!»

11. In breve, il popolo si rompeva il capo per capire di cosa si trattasse! La gente correva ad informarsi presso gli uffici di polizia della via, ma neanche là le fu possibile conoscere qualcosa di sicuro.

12. E i nostri consiglieri, quali trionfatori dell’intelletto, procedevano nella loro ritirata senza venire minimamente trattenuti in alcun luogo, perché nessuno osava chiedere loro dove fossero diretti.

13. La direzione che essi presero li portò dalla parte dell’odierno Egitto, ed essi si stabilirono precisamente nella parte alta di questo paese, nella regione di Elephantine, e là costruirono subito una piccola città dove stabilirono la loro dimora.

14. Ed essi furono i primi abitanti di questo paese.

15. Tuttavia, gli orrori di questo paese li costrinsero a rivolgersi nuovamente a Dio; e così questo paese divenne ben presto ricco e potente.

16. Ma che cosa fecero ora i consiglieri rimasti? Questo lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 154

La presa di posizione tra i trecentocinquanta consiglieri rimasti ad Hanoch

Altri duecentocinquanta decidono di emigrare

4 novembre 1843

1. Il terzo giorno uno dei consiglieri rimasti con l’intenzione di agire rettamente si alzò e disse agli altri:

2. «Ascoltatemi voi che, come me, siete rimasti qui intendendo agire rettamente! Secondo le notizie che ci hanno trasmesso le guardie alle porte della città, noi ora sappiamo che i nostri seicentocinquanta fratelli se ne sono andati senza incontrare il benché minimo ostacolo; niente dunque ha impedito a loro di procedere per la loro via.

3. Noi ora sappiamo che la vittoria dell’intelletto è riuscita a loro; ma se anche la nostra intenzione di agire rettamente approderà all’identico risultato, questo non sta scritto ancora in nessun luogo! E se forse alla fine debba proprio toccarci la sorte a cui accennarono le parole detteci dai compagni che sono partiti, ebbene, neanche questo sta scritto in nessun luogo!

4. Io ritengo perciò che noi pure dobbiamo cercare una soluzione sicura alla questione seguendo l’esempio coraggioso dei nostri fratelli, piuttosto che aspettare qui il risultato, sempre quanto mai dubbio, delle nostre rette intenzioni, ma che ad ogni modo ci espongono a qualche rischio! In ogni caso è certamente meglio partire come signori, che alla fine essere cacciati come spregevoli ingannatori del popolo!»

5. Allora un altro si alzò per opporsi alle idee esposte dal primo oratore e disse: «Amico, tu ora parli senza considerare la circostanza, favorevole per noi, che consiste nel fatto che proprio in seguito alla partenza degli altri consiglieri ci veniamo a trovare dinanzi a tutto il popolo in una situazione quanto mai vantaggiosa, dato che noi ora possiamo riversare sui nostri fratelli fuggiti tutta l’infamia e il tirannico arbitrio nell’amministrazione dello stato, e ancora una cosa possiamo volgere a nostro favore e cioè possiamo persuadere il popolo, senza paura di essere smentiti, che siamo stati noi stessi a cacciare fuori dalla città i tiranni con la potenza della nostra parola, per ristabilire ora l’antico Ordine divino come esisteva al tempo di Lamec!

6. E la verità funesta che noi dovremmo confessare davanti al popolo, possiamo ora scaricarla, senza scrupolo e senza cattive conseguenze, sulle spalle dei nostri fratelli che sono fuggiti, e noi di fronte al popolo veniamo allora a figurare quali straordinari benefattori e non come dei tiranni maledetti che, sotto ogni aspetto, hanno oppresso il popolo nella maniera più ignobile!

7. Se noi ci esprimeremo effettivamente così, allora il popolo non potrà che giubilare per noi e non ci colpirà di certo né con le pietre, né con i bastoni! Nelle attuali condizioni questo mezzo si presenta come il più innocente e il più innocuo del mondo, e lo scopo è del tutto conforme alla Volontà dell’antico Dio; cosa vogliamo di più? Facciamo quindi così, e andrà tutto bene!»

8. Allora il primo oratore gli replicò nel modo seguente: «Per questa circostanza apparentemente favorevole, io ti auguro una buona riuscita e tutta la fortuna del mondo; io però ti dico che quando tu farai questa dichiarazione al popolo, che apparentemente è favorevole, allora io mi terrò alquanto lontano e, se tu vuoi, puoi avere garanzia da me di questa mia opinione con parole scritte su una tavola di ferro!

9. Non hai dunque sentito quello che l’oratore dei nostri compagni partiti, disse riguardo a ciò che ciascun mentitore deve attendersi dai dieci messaggeri? Se tu vuoi mentire al popolo in questo modo e a nostro vantaggio, allora ti chiedo: “Hai già consultato i dieci ed hai già ottenuto da loro l’assicurazione che, dopo aver mentito al popolo, non faranno subito di te una fiaccola ardente?”

10. Non siamo stati noi, sempre e soltanto, la parte più maligna e avida di potere? Non siamo stati noi principalmente che abbiamo introdotto il servizio agli idoli, istituito la polizia e stabilito tutte le imposte esorbitanti? E adesso dovremo scaricare tutto ciò sulle spalle di coloro che se ne sono andati e che sono sempre stati migliori di noi?

11. Io mi congratulo con te! Fa’ pure quello che vuoi, io però me ne vado da qui, e chi vuole venire con me, mi segua!»

12. A questo punto si alzarono altri duecentocinquanta consiglieri e partirono conducendo con sé mogli, figli e un gran numero di servitori.

13. Tuttavia, strada facendo, in una delle vie vennero loro incontro i dieci messaggeri del fuoco che domandarono loro: «Ebbene, dove andate?»

14. Ed essi risposero: «Con il vostro permesso, noi andiamo là dove il mondo ha una fine! Noi non vogliamo mentire, e quindi per noi è meglio essere oggetto di curiosità che non di vergogna!»

15. E i dieci li lasciarono andare senza impedimenti e non si volsero più a guardarli.

 

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Cap. 155

Il Signore annuncia ai dieci messaggeri di dare un termine di sette giorni ai cento consiglieri rimasti

La discussione sull’ultimatum

6 novembre 1843

1. Il Signore così parlò ai dieci messaggeri: «Adesso andate dai cento consiglieri ancora rimasti, interrogateli e poi esponete loro la Mia causa!

2. Fissate loro un termine di sette giorni e dite loro: “Se entro questo tempo voi non adempirete la Volontà del Signore, allora potete seguire l’esempio dei vostri compagni che se ne sono già andati; ma se adempirete la Volontà del Signore, allora potete essere più che sicuri che il nostro pugno vi coprirà!”»

3. Così disse il Signore ai dieci, e questi andarono in fretta dai cento consiglieri ancora rimasti.

4. E quando i consiglieri videro comparire i dieci uomini del terrore, furono colti da tanto spavento che cominciarono a tremare come si fossero già trovati sull’orlo dell’eterno abisso.

5. I dieci dissero: «La pace dall’Alto sia con voi! Non abbiate così tanta paura di noi, perché non siamo stati mandati a voi quali messaggeri di sventura, bensì noi, eletti di Dio, siamo soltanto dei portatori della Sua Volontà a voi tutti.

6. La nostra ambasciata eternamente vera, ha, come vi insegnerà, il vostro bene nel tempo e per l’eternità; perciò noi vi esortiamo a fare quanto avete recentemente sentito da noi, e a tale scopo vi fissiamo ancora un termine di sette giorni di tempo per riflettere e decidervi se fare o non fare secondo la Parola del Signore rivolta a voi!

7. Se non lo farete, allora voi potete imitare subito i vostri predecessori, e a coprirvi sarà il vostro pugno e quello dei vostri compagni; ma se adempierete la Parola del Signore, allora sarà il nostro pugno a colpirvi.

8. Così suona la Volontà del Signore, così suona la Parola del Signore!

9. Se l’adempirete liberamente, allora sarete liberi anche voi; se l’adempirete come servi, allora voi resterete anche come servi; se l’adempirete con la costrizione, allora voi d’ora innanzi starete sotto la costrizione come gli animali dei boschi, e la libertà non vi apparterrà mai! Ma se fuggite, allora resterete fuggitivi fino alla fine di tutti i tempi!

10. Però guai ad ogni mentitore tra di voi, poiché chi mente sarà punito dal Signore con verghe fiammeggianti! Amen!»

11. E detto questo i dieci lasciarono nuovamente il Consiglio. Essi se ne erano appena andati, che uno tra i cento consiglieri rimasti si alzò e disse:

12. «Amici, fratelli! Ora noi ci troviamo saldamente inchiodati, qui e là, da tutte le parti!

13. Un termine di sette giorni! Qualunque sia la nostra decisione, non possiamo che aspettarci o i pugni, o l’eterna fuga, o l’eterna servitù, o l’eterna costrizione, oppure addirittura le verghe fiammeggianti!

14. Non ci resta dunque altro da fare che scegliere il minore tra tutti i mali che ci vengono prospettati, e questo, secondo la mia opinione, è evidentemente la fuga! Vogliate però esprimervi anche voi, in modo che vi possa essere accordo tra di noi sulla questione principale!»

15. Allora i consiglieri cominciarono a consultarsi tra di loro e la discussione durò tre giorni; il seguito di questa narrazione però ci dirà a quale decisione essi giunsero alla fine.

 

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Cap. 156

La professione di fede a Dio di uno tra i cento consiglieri

Annuncio dell’apertura dei due antichi templi

7 novembre 1843

1. E un altro dei consiglieri si alzò e disse: «Fratelli, io credo di aver compreso meglio di qualsiasi altro le parole dei dieci, e quindi credo pure di non avere torto se mi dichiaro perfettamente contrario alla fuga.

2. Infatti è chiaro che coprire col pugno qualcuno, non significa colpirlo, bensì proteggerlo. Ma se i dieci ci proteggono qualora agiamo rettamente, perché la fuga dovrebbe essere considerata il mezzo più consigliabile e migliore?

3. Agiamo rettamente di nostro libero volere, e noi possiamo essere certi che per questo a nessuno di tutti noi verrà torto un capello, poiché l’antico Dio, che è in eterno fedele e colmo d’amore e di indulgenza verso coloro che, pentiti, ritornano nel Suo santo Ordine, non farà piovere nemmeno su di noi pietre roventi se, di cuore pentito e fedele, faremo di nuovo ritorno all’Ordine santo da Lui stabilito dall’eternità!

4. Mettete nelle mie mani le chiavi d’oro, ed io non avrò timore di uscire fuori con cento araldi per proclamare ad alta voce in tutta la città l’apertura del tempio e procedere poi all’apertura del tempio della pianura, come anche quello sul monte, alla presenza di una innumerevole quantità di popolo!

5. Chi di voi vuole venire con me, che venga; chi però non osa fare così, che rimanga nel Nome del Signore! Ma nessuno di noi pensi più ad una fuga vergognosa, perché i dieci messaggeri hanno apertamente dichiarato la fuga un’evidentissima punizione!

6. Io però intendo di nuovo rivolgermi interamente e del tutto seriamente a Dio; per conseguenza non fuggirò mai! Preferisco essere consumato dalle fiamme dell’ira di Dio qui dove sono ora, anziché fare un solo passo con l’intenzione di fuggire da Dio, l’Onnipotente, il Quale può afferrarmi e giudicare dappertutto!

7. A Te, o Dio e Signore, io prometto e giuro qui il mio pieno ritorno e poi la fedeltà per tutta la mia vita! Solo Te io servirò ed amerò d’ora innanzi con tutte le mie forze per il tempo della mia intera vita! Amen!»

8. Queste energiche parole sorpresero e colpirono enormemente tutti gli altri consiglieri, e nessuno si azzardò più ad opporsi a lui.

9. Egli però domandò le chiavi ai consiglieri, ed essi esclamarono: «Vuoi mandarci tutti in rovina?»

10. Ma l’oratore rispose: «No, questo io non lo voglio, né lo farò! Però datemi le chiavi, ed io prenderò soltanto su di me tutta la colpa anche per voi! Sì, in questa circostanza assumerò io la parte del mentitore e, pure essendo il meno colpevole tra di voi, mi accuserò dinanzi a tutto il popolo di essere il solo colpevole, in modo che ogni punizione ricada su di me e che voi possiate apparire liberi e giustificati! Ora però datemi le chiavi, affinché io vi salvi!»

11. A questo punto i consiglieri consegnarono le chiavi all’oratore, ed egli le prese con grande commozione del suo cuore, e scelse, tra gli ancora molti servitori della corte, cento buoni oratori e poi andò e fece annunciare l’apertura dei templi antichi per tutte le vie.

 

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Cap. 157

L’attività del solerte e valoroso consigliere ha successo nonostante si assuma tutta la responsabilità

Il popolo lo nomina quale capo e guida

8 novembre 1843

1. Per tre giorni di seguito il nostro consigliere, aiutato dai suoi cento aiutanti, fece coraggiosamente annunciare l’apertura dei due templi in tutti i punti della città e, a questo scopo, egli reclutò ancora nella città degli altri oratori e li inviò nei lontani sobborghi dove pure fece annunciare gli avvenimenti che tra breve si sarebbero svolti ad Hanoch.

2. Egli subito fece apostoli tutti gli addetti agli uffici delle vie e tutti i guardiani delle porte, e ne inviò molti con precise istruzioni fino nelle più lontane province e fece annunciare a quegli abitanti, e particolarmente ai principi vassalli, l’imminente apertura dei templi, come pure fece loro pervenire il rigoroso comando del ritorno all’antico Dio.

3. Dappertutto si fece sapere che chiunque, a cui fosse stato possibile essere presente, non doveva mancare all’apertura dei due templi, per essere istruito e benedetto dai dieci potenti e prodigiosi messaggeri di Dio inviati di nuovo alla città di Hanoch.

4. Questo consigliere – malgrado confessasse in ogni luogo dinanzi al popolo tutte le infamie fatte perpetrare da lui in passato e prendendo su di sé anche quelle degli altri – fu accolto con tanto giubilo e portato quasi in trionfo per tutte le vie con tanto entusiasmo, che una cosa simile non si era mai vista, e non era proprio il caso di parlare di lanci di pietre, poiché dove mai egli giungeva, le sue parole erano come olio e balsamo eccellentissimo versato sui cuori feriti degli abitanti della grande città.

5. E molti tra i cittadini gli domandarono con grande dolcezza e amore: «Ma come è possibile che tu, nobile signore dinanzi al quale finora ciascun cuore di uomo ha tremato, sia divenuto ora un angelo consolatore, portatore di salvezza, dell’antico Dio, di questo santo, eternamente unico e vero Padre universale? È il tuo proprio spirito oppure è lo Spirito di Jehova che ti guida?

6. In verità, niente appare tanto magnifico come quando un nemico ci diventa amico; ma più commovente ancora è per ciascuno quando un persecutore di una buona causa si trasforma infine nel promotore più zelante della stessa! E di ciò noi ora ne abbiamo l’esempio più vivente in te!

7. Oh, se tu sapessi quale felicità ci hai procurato ora! In verità, tu solo resterai il nostro capo e guida!

8. Ma perché circa novecento signori si sono allontanati dalla città proprio in questa occasione che è fonte per tutti noi della massima felicità e non si vedono più ritornare da nessuna parte?»

9. E il consigliere-apostolo rispose: «Per quello che riguarda la vostra prima domanda, è evidente che è lo Spirito di Jehova, che mi fu dato per bocca dei dieci nuovi prodigiosi messaggeri di Dio venuti dall’altura, che voi imparerete a conoscere in occasione dell’apertura dei templi.

10. Ma per quanto riguarda la vostra seconda domanda, vi dirò che i novecento signori si sono allontanati per tutti i tempi dalla città perché essi erano migliori di me. Essi sono debitori verso di voi meno di quanto lo sia io; perciò se ne sono andati per risparmiarvi degli oneri.

11. Io però, quale il vostro più grande debitore, non potevo assolutamente abbandonare la città prima che non vi avessi pagato più di un grosso debito che avevo nei vostri confronti! Ora però sono venuto a saldare ogni mio debito con voi; perciò anche voi riconoscetemi come tale, e seguite la mia chiamata!»

12. Ma quanto più il nostro consigliere prendeva su di sé ogni colpa e scusava gli altri, con tanto più grande amore veniva ascoltato e portato in palma di mano dal popolo.

 

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Cap. 158

Ohlad, il consigliere pentito, davanti alla porta del tempio, pronto per l’apertura

La benedizione dai dieci messaggeri

9 novembre 1843

1. Il termine di sette giorni era intanto giunto alla fine, e per l’ottavo giorno, che corrispondeva proprio ad un sabato, da quel consigliere era stata stabilita l’apertura del tempio.

2. Migliaia e migliaia di persone di entrambi i sessi e di ogni età aspettavano accalcate sul vasto spiazzo tutto intorno all’atrio circolare del tempio.

3. Il consigliere, di nome Ohlad, stava già da lungo tempo ugualmente pronto dinanzi alla porta dorata dell’atrio, ma i dieci messaggeri non comparivano ancora.

4. Ci si chiedeva qui e là: «Che cosa vuol dire ciò? Dove sono i dieci messaggeri prodigiosi? Che sia accaduto loro qualcosa? O forse non è per loro il giorno giusto?». Nessuno dunque riusciva a dare una spiegazione all’altro.

5. Allora il popolo si rivolse al consigliere Ohlad per avere una risposta.

6. Ma egli rispose: «Fratelli e amici miei! La pazienza è il primo dovere dell’uomo, poiché senza questa egli rovina tutto il nobile che ha piantato!

7. Dio, il Signore, è Egli stesso colmo della massima pazienza e può aspettare per cent’anni il nostro miglioramento; e se entro questo tempo non si è manifestato il miglioramento, solo allora Egli manda dei messaggeri e dei potenti maestri con l’incarico di ricondurre, di nuovo con ogni pazienza, l’umanità smarrita sulla retta via.

8. Quando questo (ritorno dell’umanità sulla retta via) è avvenuto, allora il Signore, di nuovo del tutto tranquillamente e con immensa pazienza, ritira il Suo Giudizio punitore e poi sta ad osservare per lungo tempo, di nuovo del tutto in modo estremamente indulgente e paziente, come gli uomini cominciano a dimenticarsi sempre più di Lui e a rivolgersi fuori verso il mondo e verso la morte.

9. Perciò è anche nostro dovere essere pazienti in ogni occasione! Se al grande Dio piacerà, allora i dieci messaggeri verranno senz’altro; ma se anche non dovessero venire, allora noi non brontoleremo per questo, poiché i templi vengono aperti non per amore dei messaggeri, bensì unicamente soltanto per amore del grande Dio onnipotente!

10. Oltretutto io non ho neppure dato a nessuno la pienissima assicurazione che i messaggeri dovevano essere presenti con assoluta certezza all’apertura dei templi, bensì io ho detto soltanto che essi avrebbero dovuto essere del tutto sicuramente presenti, il che però non garantisce ancora la pienissima certezza!

11. Perciò io non attenderò più oltre la venuta dei messaggeri, bensì mi accingerò subito alla santa opera, perché, come ho detto: “Non per i messaggeri, bensì soltanto per Dio, il Signore, vengono aperti i templi”»

12. Tutto il popolo approvò questa dichiarazione e rese lode al consigliere Ohlad.

13. Ora Ohlad intonò un commoventissimo cantico di lode a Jehova e poi mise la chiave nella solida serratura della porta e stava già per aprirla.

14. Ma all’improvviso delle forti voci esclamarono: «Fermati, poiché il momento non è ancora completamente giunto!»

15. Ohlad si guardò rapidamente intorno e scorse i dieci che andavano in fretta verso di lui. E quando li vide chiaramente, il suo cuore cominciò a balzare per la grande gioia, ed egli disse al popolo: «Guardate, guardate, essi vengono! I consacrati di Dio!»

16. Allora il popolo cominciò a gridare e a lodare Dio, e benedisse Ohlad avendo ora riconosciuto in lui un uomo pienamente e veramente sincero.

17. E i dieci intanto erano giunti vicini ad Ohlad e lo benedirono e subito gli imposero le loro mani.

18. E compiuti questi atti, lo invitarono a girare la chiave, perché solo a questo punto Ohlad era idoneo ad aprire il tempio senza averne danno.

19. Quanto ora segue ci mostrerà quello che poi avvenne nell’occasione dell’apertura del tempio.

 

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Cap. 159

All’apertura del recinto del tempio spunta una nuvola infuocata, con fulmini e tuoni sulla cupola

Ohlad, invitato a non insistere, conferma la sua fede e il suo proposito

Ancora fulmini, fiamme e uragani non lo fermano

10 novembre 1843

1. Quando la porta fu aperta, una nuvola infuocata coprì all’improvviso la cupola rotonda del tempio, e migliaia di fulmini, dallo scoppio violentissimo e che suscitarono i più potenti tuoni, si precipitarono da essa.

2. Tutto il popolo gemette e fu in grandissima parte come stordito dallo spavento e in attesa di chi sa quale tremendo giudizio.

3. Molti avrebbero di certo voluto fuggire, ma non si azzardarono a farlo, perché temettero che con la loro fuga, Dio si arrabbiasse ancora di più.

4. Ma Ohlad, colpito lui stesso in modo potente, disse ai dieci: «Io ho giurato a Dio, il Signore, la mia fedeltà! Perciò non temo i fulmini, anche se sono caduti più fitti della grandine più potente che precipita giù dal cielo, e anche se dovessero cadere pure su di me e dovessero consumare me e tutta la Terra, essi potranno piegare il mio corpo verso la morte, ma mai in eterno la mia volontà!

5. Dio onnipotente! Tu mi hai fatto destare mediante questi Tuoi potenti messaggeri! Il mio amore per Te è destato, il mio spirito, o grande Dio, Ti ha scoperto e si è convinto che Tu sei eternamente l’unico Vero, Fedele e il Potente sopra ogni cosa; perciò io Ti voglio anche amare e onorare nel fuoco della Tua ira e del Tuo Furore!

6. Avvolgi pure del tutto col fuoco il Tuo sacro tempio, ma nel mio amore per Te io procederò comunque e aprirò il Tuo santuario, e là glorificherò altamente il Tuo santissimo Nome!»

7. E quando Ohlad ebbe finito questa energica dichiarazione, i dieci si stupirono della sua giusta serietà, e uno di loro gli disse:

8. «Fratello, tu hai promesso molto al Signore, e le tue parole suonano del tutto serie e ferme nella volontà, ma cosa faresti ora se il Signore ti mettesse sul serio alla prova?

9. Poiché vedi, la nostra volontà è certo abbastanza forte per noi reciprocamente, dunque tra noi uomini, ma di fronte al Signore tutti gli uomini sono invece un nulla, e una minima scintilla della Sua Volontà può irrigidire un’intera Creazione, per non parlare della volontà di un uomo, come lo siamo noi!

10. Dunque, finché c’è tempo, diminuisci alquanto la tua serietà troppo grande, altrimenti non si potrebbe escludere che il Signore volesse mettere alla prova la tua fermezza di volontà!»

11. Queste parole non piegarono affatto Ohlad nel suo giusto proposito; anzi, egli replicò ai dieci nel seguente modo: «È certo possibile che voi, potenti amici di Dio, abbiate ragione! Se io avessi giurato la mia fede e il mio amore ad un uomo, potrebbe darsi che acconsentissi a scendere a trattative; io però li ho giurati a Dio, e bisogna dunque che un abisso di fuoco mi inghiotta prima che io receda anche solo di un atomo dal mio proponimento consacrato a Dio! Qui è la sacra chiave! Con questa, dunque, si vada alla sacra porta! Amen!»

12. Ohlad aveva appena terminato di parlare che l’intero cielo si ottenebrò del tutto; gli uragani cominciarono ad infuriare, milioni di fulmini precipitarono dalle nubi roventi che fluttuavano, e tutto intorno al tempio irruppero all’improvviso fuori dal terreno delle potenti fiamme selvaggiamente furiose.

13. Tutto il popolo era irrigidito dal terrore, e i dieci domandarono ad Ohlad: «Ebbene, che intendi fare adesso?»

14. Ma Ohlad rispose: «La mia volontà non trema; avanti dunque! Infatti, fulmini, fiamme e uragani non sono muri per chi ha vero amore per Dio!

15. Anche se questo mio corpo verrà distrutto, con il mio spirito penetrerò lo stesso nel tempio, perché la fiamma in me è più forte di tutta questa cosa spaventosa! Avanti dunque! Amen!»

 

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Cap. 160

Ohlad sottoposto alla prova del fuoco

Suo ritiro e rinuncia ad aprire il tempio

11 novembre 1843

1. Dopo di che Ohlad non si lasciò più trattenere e avanzò veloce verso il tempio, che andava avvolgendosi sempre più nelle fiamme violentissime.

2. Ma era giunto a quasi dieci passi di distanza dalle fiamme che già gli si fece incontro un calore che egli non avrebbe potuto sopportare a lungo, e le chiavi d’oro del tempio cominciavano a scottare tanto da non poterle più tenere in mano.

3. Egli si arrestò quindi per qualche istante e, mentre imperversavano sempre più furiosamente gli uragani e scoccavano i fulmini e il fuoco si faceva sempre più violento, si chiese tra sé:

4. ‘Che devo fare adesso? Non è possibile ormai che io mi avvicini di più al tempio, perché il calore delle fiamme è troppo ardente. Già adesso a mala pena posso tenere le chiavi in mano, tanto si sono surriscaldate, ma esse diventeranno certo roventi se mi avvicinerò ancora di più a questo fuoco che infuria spaventosamente e che è insopportabilmente ardente!

5. Ma io ora so quello che farò! Se fosse Volontà del Dio onnipotente che questo Suo Santuario venisse aperto, allora Egli certo non mi impedirebbe il cammino opponendomi simili terribilissimi ostacoli!

6. Dunque è certo che l’apertura dei templi non è conforme alla Sua Volontà! Perciò ora io faccio precisamente così come ho fatto sempre quando ero consigliere, tutte le volte che molti si schieravano contro la mia opinione, vale a dire: io mi ritiro modestamente e lascio che il tempio lo apra chi vuole!

7. In verità, sarebbe la più grande pazzia che un uomo debole volesse misurarsi anche soltanto con la forza di una tigre gigantesca capace di staccare di netto con le sue mandibole la testa a un grossissimo toro; ma quanto più pazzo ancora non dovrebbe essere l’uomo per entrare in aperta lotta contro Dio, l’onnipotentissimo Essere dall’eternità!

8. Oh, no! Oh, no! Io non farò mai questo, perché il fuoco è ardente e brucia spaventosamente. Contro questo elemento, l’uomo non può scendere in lotta; perciò ora non dico più: “Avanti dunque!”, bensì del tutto modestamente: “Indietro dunque, ed anzi, al più presto possibile!”»

9. E così dicendo Ohlad si girò e ritornò rapidamente dove stavano i dieci messaggeri.

10. E quando li ebbe raggiunti, i dieci gli domandarono subito se avesse già aperto il tempio.

11. Ma egli rispose: «Eminenti amici del Signore, il Dio onnipotente! Questo lo potete fare voi, a cui il fuoco è certo più familiare che non a me; io però adesso ho già fatto la mia scuola e sono del tutto informato del fatto che l’uomo non deve mai tentare l’impossibile!

12. Qui ci sono le chiavi che scottano ancora molto! Io ve le consegno e con esse depongo tutta la mia dignità d’ufficio! Fatene quello che volete; invece io mi limiterò ad adorare Dio nella Sua potenza e mi ritirerò completamente alla comune vita borghese!

13. Infatti, in verità, quando le cose risultano così complicate nei riguardi di Dio, allora è quanto mai difficile servirLo! Io ora Lo riconosco e Lo amo, ma più di tanto non intendo avere più a che fare con Lui!

14. Che io non fossi non disposto a servirLo con la massima serietà, credo di averlo dimostrato dinanzi a tutto il mondo come pure dinanzi a voi; ma se Egli mi mette sotto al naso uno spettacolo orripilante di questo genere che richiede una forza di gran lunga superiore alla mia per affrontarlo, allora non mi resta altro che ritirarmi e lasciare ad altri un simile incarico!»

 

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Cap. 161

Uno dei dieci messaggeri spiega a Holad che è l’umiltà la chiave per accostarsi a Dio

14 novembre 1843

1. Ma uno dei dieci impedì ad Ohlad di allontanarsi e gli disse: «Ohlad, dove vuoi fuggire così da poter rimanere nascosto da Dio?

2. Guarda l’immensa volta del cielo, guarda queste nuvole infuocate dalle quali scoccano continuamente migliaia e migliaia di fulmini! Sai dove finisce la volta del cielo?

3. Non pensi tu, che Dio, il Signore, può inseguirti per tutta l’eternità e che tu non puoi trovare nessun luogo dove poter rimanere nascosto da Lui?

4. Ma ascoltami ancora: “Con queste tempeste di fuoco, il Signore, il tuo Dio, non vuole indurti a riconoscere che non sia Sua Volontà che tu proceda all’apertura dei Suoi templi, bensì con ciò, Egli vuole solo rendere manifesto a te, come pure a tutti i popoli lontani, vicini e qui presenti, che Lui è del tutto pienamente serio riguardo a voi!

5. Egli non vuole giocare con voi, bensì vuole, o conquistarvi per il vostro bene eterno, oppure giudicarvi per la vostra rovina, perché degli esseri dotati di libero pensiero e di libera volontà, Dio non li ha creati per un passatempo, bensì Egli li ha creati per ragioni eterne di importanza suprema ed ha dato loro libere leggi del tutto sapientissime che essi sono tenuti ad osservare, ed ha dimostrato loro anche sempre sostanzialmente, che queste creature sono figli Suoi che Egli ama di infinito ed eterno Amore!

6. Ma se le cose stanno in questo modo, allora sarà certamente chiaro che Dio, attraverso questa tempesta di fuoco, vuole far riconoscere soltanto la Sua Serietà, ma non il Suo sdegno contro l’apertura dei templi!

7. Perciò non perdere il coraggio; cerca soltanto di non contare molto su di esso! Infatti, vedi, i forti della Terra il Signore li prova sempre con la Sua Forza; invece i deboli, i mansueti e gli umili, li prova con il Suo amore e la Sua mansuetudine!

8. Ora tu poco fa hai dimostrato davanti al Signore una grande forza contro la quale noi ti facemmo cenno di mitigare; tu invece hai ritenuto comunque di importi con la tua energica fermezza dinanzi e contro Dio!

9. Egli perciò ti ha anche fatto percepire una minima scintilla della Sua Serietà, per incitarti con ciò all’umiltà. Tu però ora sei del tutto umile e quindi sei maturo per aprire il tempio! Accingiti dunque ora in nostra compagnia alla sublimissima opera, e nulla ti sarà più di impedimento!

10. Vedi, il Signore ha mostrato più volte sull’altura che, negli uomini, Lui non considera quella certa energica fermezza superba, bensì soltanto la modesta umiltà mediante la quale l’uomo professa in modo evidente davanti a Dio che egli è nulla dinanzi a Lui!

11. Così avvenne un giorno che un certo Abedam, proveniente dalla regione del Mezzogiorno, avrebbe voluto, secondo le sue asserzioni, passare attraverso il fuoco oppure andare fino alla fine del mondo per il grande amore al Signore!

12. Il Signore però gli dimostrò che l’uomo non deve mai fare promesse troppo grandi.

13. Abedam però insisteva nel suo proponimento, ed ecco che un’ostinata mosca fu sufficiente a portarlo in brevissimo tempo quasi alla disperazione!

14. Dunque, quello che Dio richiede all’uomo, solo e in tutto, è l’umiltà, perché anche la più giustificata superbia è un orrore dinanzi al Signore!

15. Perciò adesso comprendi questa cosa e seguici, e vedrai che in questo modo la chiave non ti diverrà più ardente, né le fiamme ti bruceranno in alcun modo! Amen!»

 

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Cap. 162

La giusta umiltà di Ohlad

Uno dei dieci spiega il Vangelo sulla vera umiltà

15 novembre 1843

1. Quando Ohlad sentì queste parole di uno tra i dieci, si operò in lui un cambiamento improvviso e disse:

2. «O fratelli, se le cose stanno come dite, io sono del tutto pronto ad agire secondo la vostra volontà! Ma mentre mi accingo a fare così, vorrei pregarvi di una cosa, e questa è la seguente:

3. “Quando l’atto dell’apertura dei templi sarà compiuto, lasciate poi che io mi ritiri in pace, e non vogliate fare di me una specie di sacerdote di entrambi i templi, perché come tale dovrei necessariamente godere di una certa preminenza e considerazione presso gli altri uomini e dovrei essere tenuto da loro in una certa preminenza, considerazione e supremazia.

4. Io però, durante gli ultimi quarant’anni quale consigliere e co-gestore del potere, ne ho avuto anche troppo di essere più degli altri fratelli al punto che ormai preferirei incomparabilmente essere in qualche modo l’ultimissimo, anziché essere tenuto da loro in una qualche preminenza, considerazione e supremazia!

5. È realmente un piacere miserevole essere un dominatore dei fratelli e deliziarsi nel vedere questi poveretti tremare dinanzi al fratello che esercita su di loro il suo dominio e che ben di rado comanda a loro vantaggio, ma tanto più spesso invece comanda per il proprio benessere e per l’incremento della propria considerazione!

6. Come ho detto, io non voglio più affatto né vedere, né sentire parlare di una mia qualsiasi preminenza, perché ormai io sento una nausea immensa di tutta l’umana preminenza dovuta all’alta carica ricoperta, e mi colma di estrema gioia il pensiero di poter essere, in qualche modo, l’ultimissimo tra tutti.

7. Perciò, eminenti fratelli, esaudite questa mia preghiera nel Nome del Signore, e lasciate – come già vi ho espresso prima – che io mi ritiri in pace dopo che i templi saranno stati aperti!»

8. E uno dei dieci disse: «Guarda, Ohlad, la fiamma intorno al tempio si è spenta; accostiamoci dunque alla porta ed apriamola!

9. Nel tempio, però, tu percepirai senza dubbio qual è la Volontà del Signore, e Questi ti farà sapere, in maniera chiarissima e senza il nostro contributo, quello che dovrai fare, e cioè se rimanere oppure ritirarti!

10. Ma se tu vuoi essere umile in maniera veramente gradita a Dio, allora devi essere tale secondo la Volontà di Dio; però mai secondo la tua propria opinione! Poiché se tu sei umile per tuo proprio proposito, allora la tua umiltà è figlia del tuo amore di te stesso e di conseguenza è inutile e di nessun valore dinanzi a Dio, perché dietro ad una simile umiltà si nasconde sempre una soddisfazione di se stesso apparentemente meritoria, una lode di se stesso e alla fine una camuffata superbia!

11. Se tu invece dici sempre e su tutto, dal fondamento della tua vita: “O Signore e Padre, sia fatta ora e in eterno la Tua Volontà che solamente è santa!”, allora sì che sei veramente umile dinanzi a Dio, e la tua umiltà ha un valore dinanzi al Signore!

12. Per quanto qualcuno si umili secondo la propria volontà, ma così facendo non osserva la Volontà di Dio, egli in fondo non agisce in modo differente da colui che di proprio arbitrio si erige a dominatore del popolo!

13. Solo colui che fa prigioniera la sua propria volontà e al posto di ciò rende valida e dominante in sé la Volontà puramente divina, ebbene, soltanto costui è gradito a Dio e la sua umiltà è reputata giusta dinanzi al Signore.

14. È meglio essere un miserabile secondo la Volontà del Signore, che un eroe alle Sue spalle! È meglio avere la costante sensazione della propria nullità e indegnità, che essere convinto della propria irreprensibilità[26]!

15. E così pure è meglio essere un peccatore per propria colpa di cui ci si è pentiti, che non essere un giusto per conto proprio!

16. Infatti il Signore cerca soltanto chi si è perduto, rafforza il debole e guarisce l’ammalato con la Sua misericordia, ma Egli non vuole mai in eterno essere un debitore di nessuno!

17. Fa’ attenzione intanto a tutto ciò, finché il Signore ti mostrerà altre cose nel tempio, e ora seguici alla porta! Amen!»

 

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Cap. 163

La preghiera di Ohlad prima di aprire la porta del tempio

Poderosi fenomeni naturali si manifestano all’apertura

 Il popolo spaventato a morte si raccoglie nell’atrio

L’ingresso nel tempio e la lunga adorazione

16 novembre 1843

1. Allora Ohlad, assieme ai dieci, si avvicinò alla porta del tempio, prese la chiave e, tenendo questa sul suo petto, disse:

2. «Mio Dio e mio Signore! Eccomi qui: un verme impotente e peccatore dinanzi al Tuo santuario. Io sento la grandezza della mia indegnità ad entrare in questo Tuo santuario; però, confidando nel Tuo infinito Amore paterno e nella Tua misericordia, oso adempiere quello che Tu, o Dio, Signore e Padre, mi hai comandato di fare per bocca dei Tuoi messaggeri consacrati!

3. E se i miei piedi fossero troppo indegni di entrare in questa Tua dimora così sacra, o Signore, o Padre, concedi a me, povero peccatore, che io ne apra soltanto la porta, e poi, prostrato dinanzi a questa sulla mia faccia, che io Ti ami e Ti adori con tutte le mie forze!

4. O mio Dio, mio Signore, mio Padre santo sopra ogni cosa, che la Tua santissima Volontà sia fatta ora come in eterno! Amen!»

5. E dopo questa buona orazione che partiva dal cuore, Ohlad baciò sette volte la chiave, la introdusse nella serratura ed aprì la porta!

6. Ma quando la porta fu così aperta, tutte le montagne visibili da Hanoch cominciarono a lanciare in alto, fumo e fiamme; la Terra era in continuo sussulto; in qualunque luogo di tutta l’immensa città si trovasse un’immagine di idoli, là irruppero, fuori dal suolo della Terra, fiamme devastatrici, e queste consumarono quelle immagini e non risparmiarono gli adoratori di tali immagini, qualunque fosse stato il luogo dove si fossero trovati.

7. I novantanove consiglieri rimasti assieme al re di facciata, furono colti da una febbre di mortale angoscia e, tra disperati lamenti ed urla di terrore, restarono in attesa della loro presunta fine.

8. Alcuni però, più coraggiosi degli altri, si facevano i più aspri rimproveri per non aver seguito il buon suggerimento del primo consigliere che era partito.

9. Tutto il popolo della città, come pure dei dieci sobborghi e di tutto il vasto impero, credeva che la fine del mondo fosse ormai imminente. Non c’era anima nella pianura che non avesse tremato per l’attesa degli avvenimenti spaventosi che, già scatenatesi ora sul cerchio della Terra, secondo loro sarebbero diventati ancora peggiori.

10. Ad aumentare la paura per effetto delle nubi che sempre più andavano addensandosi e delle masse di fumo provenienti da tutte le migliaia di montagne e colline ardenti, il Sole si era tanto ottenebrato che la Terra non aveva più altra luce all’infuori di quella raccapricciante degli innumerevoli lampi che guizzavano ininterrottamente e di quella ancora più terrificante diffusa dalle poderosissime eruzioni vulcaniche.

11. Qua e là delle sotterranee potenze del fuoco avevano sollevato dei grandi tratti di pianura e formato nuove montagne tra il potentissimo fracasso e i continui tuoni, e tutti questi fenomeni ebbero inizio quando Ohlad ebbe aperto la porta del tempio.

12. Ma allora il popolo, sotto la spinta della paura e dell’angoscia, cominciò a rifugiarsi nell’atrio del tempio, quasi senza più far caso ai continui fulmini dal tetto del tempio, pervaso com’era da maggiore spavento alla vista delle terrorizzanti scene di catastrofica devastazione che si svolgevano tutt’intorno.

13. E così ben presto molte migliaia di persone impaurite di entrambi i sessi colmarono l’atrio, e solo allora Ohlad – che all’apertura del tempio si era prostrato subito sulla sua faccia e fino a quel momento aveva adorato Dio nella massima compunzione[27] del suo cuore – entrò nel tempio con sommo timore reverenziale accompagnato dai dieci. Entrato che fu, si prostrò nuovamente sulla sua faccia davanti all’altare, nel punto sul quale si trovava il Nome di Jehova tra i cherubini fiammeggianti e al di sopra della bianca colonna [fatta] di nuvola che, come è noto, giungeva fino al soffitto, e qui adorò il Santissimo per il tempo di un’ora.

 

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Cap. 164

La voce di Dio percepita da Ohlad lo elegge re del popolo

Il Signore si presenta con le sue stesse sembianze

18 novembre 1843

1. E quando Ohlad, prostrato sul suo viso, ebbe pregato davanti all’altare per un’ora buona, una Voce si fece udire all’improvviso dalla bianca colonna (fatta) di nuvola, la quale le disse:

2. «Ohlad, Io ho avuto riguardo di te! Risollevati dunque, affinché Io venga a te e ti unga con l’olio del Mio Amore e della Mia misericordia, e ti cinga con la Mia Sapienza a testimonianza del patto che questo popolo aveva stretto con Me, che però non mantenne, bensì ben presto lo spezzò ignobilissimamente e dimenticò tutti i Miei benefici e tutte le Mie immense misericordie!

3. Io ora ti porrò quale giusto re su questo popolo e le leggi che tu gli darai dovranno anche essere autorizzate da Me! E così rialzati dunque!»

4. A questo punto Ohlad si alzò tutto stupito a causa di questa prodigiosa chiamata e domandò subito ai dieci: «Chi di voi mi ha parlato ora in modo evidentissimamente perfetto nel Nome del Signore?

5. Oppure è forse uno di voi il Signore stesso? Oh, ditemi cosa devo pensare di questo fatto prodigiosissimo! Infatti la voce che mi ha parlato era più sublime della voce di qualsiasi uomo; io credo che sia stata la voce di Dio, o per lo meno quella di un essere completamente colmo dello Spirito di Dio!

6. Oh, parlate dunque, o potenti amici di Dio, e ditemi chi ha rivolto tali sante parole a me, il più indegno tra tutti!»

7. E uno dei dieci rispose ad Ohlad: «O uomo, cosa chiedi tu? Che cosa vorresti sapere? Vedi, il Signore è al tuo fianco! La voce di Dio ti ha parlato; il Padre ti ha chiamato! Che cosa vuoi tu da noi?

8. Ma se tu puoi ben distinguere la voce di Dio da quella di un uomo, come mai tu lo domandi a noi, quando il Signore viene a te e ti vuole ungere come potente testimone della grande infedeltà di tutto il popolo verso di Lui?

9. Annunciati perciò subito a Colui che ti ha chiamato, e non cercarLo tra di noi che siamo solamente degli uomini come te, poiché il Signore stesso ti ungerà con la Sua propria mano, e non tramite la nostra! Rivolgiti dunque al Signore! Amen!»

10. Allora Ohlad cominciò a guardarsi intorno con sommo timore reverenziale per vedere dove fosse il Signore!

11. Ma il Signore riprese subito a parlare ad Ohlad e gli disse: «Ohlad, vieni qui, dietro la colonna (fatta) di nuvola, e tu vedrai Colui che ti ha parlato, perché Io, il tuo Dio, tuo Signore e tuo Padre, ti attendo qui già da molto tempo! Vieni dunque e persuaditi del fatto che sono Io che ti ho chiamato e che ora ti dico: “Vieni e vedi!”»

12. Pervaso da sommo timore reverenziale e amore, Ohlad andò subito dietro alla nuvola bianca e là, con sua grandissima meraviglia, si trovò di fronte ad un essere perfettamente uguale a lui stesso, uguale ad un cosiddetto sosia.

13. E questa sua propria immagine perfetta lo guardava fissamente e non si muoveva dal suo posto.

14. Questa apparizione fece un’impressione immensa su Ohlad, ed egli cominciò a provarne timore.

15. Ma la sua immagine disse: «Ohlad, non temere, perché sono Io stesso il tuo Signore e il tuo Dio e tuo Padre!

16. Non ti meravigliare della nostra perfetta somiglianza, perché Io ti ho certamente creato a Mia immagine. Perciò non ti meravigliare di ciò che già dall’eternità era fondato nel Mio Ordine!»

17. Queste parole ridonarono la calma ad Ohlad, ed egli si fece attento e pregò il Signore, nella sua propria immagine, che Egli volesse parlargli e manifestargli la Sua santissima Volontà.

 

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Cap. 165

Di fronte al Signore, Ohlad vorrebbe essere esonerato dall’alto incarico di re del popolo

Ulteriore conferma del ruolo, quale giusto figlio di Dio

20 novembre 1843

1. Dopo queste parole Ohlad si riebbe completamente e cominciò a comprendere in profondità da dove proveniva la grande somiglianza tra lui e il Signore, e acquisì anche così tanto coraggio al punto da fare domande e a rispondere al cospetto del Signore.

2. Egli perciò domandò, certamente con sommo timore reverenziale e in profondissima umiltà, al Signore: «O Signore, Tu Onnipotente! Tu mi hai detto che io, nel Tuo Nome, dovrò essere un giusto re per tutto il popolo, dunque anche un signore, poiché colui che ha il diritto di emanare leggi sacre, che ogni persona è tenuta a osservare rigidamente, è evidentemente un signore!

3. Io però sono solo un uomo come chiunque altro tra il popolo, e solo Tu sei il Signore! Come posso io essere, anche accanto a Te, un signore per coloro che Tu hai creato, e che, come me, hanno la vita da Te?

4. O Signore, dato che dinanzi a Te sono il più indegno di tutti, esonerami da questa alta carica! Concedi che io, d’ora innanzi, mi ritiri a vivere nella comunissima classe borghese, perché per quarant’anni ho goduto, certo nella maniera più illegittima, del potere, e finora ne ho tratto la perfetta convinzione di quanto sia difficile restare fratello per il popolo essendone contemporaneamente anche il governante, e so come sia difficile sottrarsi alle onoranze del popolo che spettano invece soltanto a Te, o Signore.

5. Se anche nel mio cuore io intendessi restituire tutto a Te, o Signore, d’altro canto mi sembra impossibile riuscire a fare in modo che il popolo onori sempre e solo Te, o Signore, onorando il re.

6. Io però ora vedo che Tu soltanto sei del tutto unicamente degno di ricevere da noi uomini tutto l’onore, tutta la lode, tutta l’esaltazione, tutta la gloria, tutto l’amore e l’adorazione. Perciò, o Signore, io vorrei pregarTi, qualora ciò corrispondesse alla Tua santissima Volontà, di voler conferire a qualcun altro, molto più degno e più forte di me, questo incarico ed una simile alta carica, dinanzi alla quale tutto il mio animo trema, e vorrei anche che Tu mi conceda in grazia che io mi possa ritirare a vivere nella condizione più umile!»

7. E allora il Signore si avvicinò ad Ohlad e gli disse: «Ohlad, soltanto adesso Io ti riconosco di nuovo quale figlio Mio accostandomi a te quale Padre!

8. Ma se Io, tuo Padre, sono un Signore dall’eternità, perché vorresti ora, quale figlio Mio, rimanere un servitore e uno schiavo? Oppure, non è forse vero che gli uomini sulla Terra onorano contemporaneamente i genitori, quando questi tributano stima ai loro figli?

9. Così pure anche il Padre dall’eternità viene onorato nei Suoi giusti figli, poiché i giusti figli non trattengono per sé quello che spetta unicamente al Padre. Il Padre però pone il Suo massimo onore nei Suoi figli, perché solo nei figli e mediante i figli viene onorato il Padre.

10. Ma se Io, quale tuo eterno Padre, innalzo te, Mio figlio, a re, e ti conferisco il potere di emanare leggi, allora tu non rappresenti te stesso, bensì solamente Me, tuo Padre.

11. Ma siccome Io non richiedo alcuna vana onoranza per Me, bensì soltanto l’osservanza della Mia Volontà in tutto amore, allora dico: “Colui che per amore a Me fa la Mia Volontà, costui è quello che Mi onora nello spirito e nella verità!”. Così, Io dico anche con lo stesso significato:

12. “Chi fa la volontà di colui che Io ho stabilito, e lo ascolta nel cuore, costui ascolta ed onora Me, perché Io eleggo e ungo solo i Miei figli, e questi sono pienamente una cosa sola con il Padre, che sono Io!”

13. Lascia dunque che Io ti unga quale re su tutto il popolo della pianura, poiché chi Io ungo quale re, costui è giusto, ed Io lo so bene perché agisco così!»

14. E detto ciò, il Signore pose la Sua mano sul capo di Ohlad e lo condusse poi dinanzi all’altare dove erano i dieci.

 

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Cap. 166

Una zucca colma di olio di nardo per l’unzione

Il Signore elegge e unge Ohlad quale re e i dieci messaggeri alla funzione di suoi ministri

21 novembre 1843

1. E giunto di fronte all’altare dove si trovavano i dieci, il Signore disse ad uno di questi: «Va fuori; sulla porta dell’atrio troverai un uomo! Costui ha con sé un fiasco di zucca colmo d’olio. Fattelo dare e portalo qui in modo che, tanto naturalmente che spiritualmente, Io unga Ohlad quale re su tutto il popolo della pianura ed unga voi pure quali suoi ministri, quali consiglieri e custodi della potenza del fuoco proveniente da Me, poiché ora voi non dovete più fare ritorno sull’altura, dato che il popolo si volge nuovamente da Me! Va’ dunque e portaMi l’olio!»

2. E costui andò e trovò accanto alla porta l’uomo indicatogli, che aveva con sé il fiasco di zucca colmo di preziosissimo olio di nardo.

3. E il messaggero disse al proprietario dell’olio: «Il Signore, l’onnipotente Dio del Cielo e della Terra, mi ha indicato che tu hai con te un fiasco di prezioso olio santo! Ma proprio questo vuole Dio, e cioè che tu mi dia subito quest’olio affinché io lo porti nel tempio, e là Dio, il Signore, personalmente e di Sua stessa propria mano, ungerà quale re su tutto il popolo l’ex consigliere Ohlad!»

4. E il proprietario dell’olio consegnò immediatamente l’olio e, con sommo timore reverenziale, disse al messaggero: «O grande possessore del potere sopra ogni fuoco dentro la Terra e su di essa e nell’aria! Questa notte ho sognato che qualcuno avvolto in chiare fiamme è venuto da me e mi ha detto: “Domani non dimenticare a casa il tuo fiasco d’olio, quando tu, spinto da grande timore reverenziale, ti avvicinerai al tempio di Dio, poiché Colui al quale il tempio è dedicato richiederà da te il tuo olio, tramite me!”. Ed anche perciò ho portato con me quest’olio; e vedi, ora la mia visione si adempie!

5. Al Dio, l’Onnipotente, il cui Nome santissimo sta scritto in questo tempio, vada tutta la mia lode, tutto il mio amore e l’adorazione per questa infinita grazia e misericordia che Egli ha dimostrato a me, miserissimo peccatore, essendosi Egli ricordato così benignamente di me e del mio olio!»

6. A questo punto il proprietario dell’olio si prostrò sulla sua faccia e con la massima compunzione del suo cuore adorò Dio.

7. Il messaggero ritornò subito nel tempio portando con sé l’olio e, con sommo amore e timore reverenziale, lo consegnò al Signore.

8. E il Signore prese l’olio e unse il capo di Ohlad. E quando ebbe unto il capo di Ohlad, gli disse: «Ora tu sei un vero re per la grazia del tuo Dio, del tuo Signore e del tuo Padre! Ricevi ora anche il Mio Spirito, e nel Mio Nome guida il popolo con l’aiuto di questi dieci che ti lascio e che ungo essi pure quali ministri!

9. Qualora ti si rendesse qualche volta necessario un consiglio superiore, allora vieni qui dove Io ora ti ho unto, e qui ti verrà sempre dato il consiglio superiore!

10. Ora però noi usciremo e presenteremo a tutto popolo il nuovo re unto! Così sia fatto!»

 

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Cap. 167

Continua la tempesta di fuoco e il terremoto mentre Ohlad viene unto

Il popolo chiede la salvezza ai dieci messaggeri

Il Signore si rivela al popolo tacciando la natura

22 novembre 1843

1. La tempesta di fuoco che imperversava al di fuori aveva raddoppiato di violenza, e il terreno intorno al tempio era così potentemente scosso che a mala pena la gente poteva reggersi in piedi, mentre il Signore nel tempio era intento ad ungere Ohlad e i dieci.

2. E la gente cominciò a disperarsi, perché tutti pensavano che il terreno li avrebbe inghiottiti vivi e che Dio non sarebbe più venuto in soccorso a nessuno, data la Sua ira e la Sua rabbia troppo grandi a causa dei numerosi misfatti di cui si erano resi colpevoli sia la città di Hanoch che i suoi dintorni.

3. Ma proprio nel momento più critico – quando cioè perfino il terreno intorno all’atrio cominciava a fendersi violentemente e a lanciare fuori dalle fenditure degli altissimi getti di fuoco con un fracasso spaventoso e quando addirittura il pavimento dell’atrio qua e là iniziava a emettere fumo e a farsi caldo – il Signore uscì dal tempio con il neo-unto re Ohlad, accompagnato dai dieci messaggeri.

4. Il popolo però non conosceva il Signore, ma in compenso conosceva i dieci messaggeri e Ohlad; esso perciò si gettò ai piedi dei dieci e gridò ad alta voce affinché essi volessero ottenere da Dio la grazia per loro.

5. I dieci però dissero: «Non è dunque Dio, altrettanto, Padre vostro quanto nostro? Rivolgetevi dunque al Padre, ed Egli certo non vi negherà la grazia, se ne siete degni!

6. Noi siamo uguali a voi, e presso Dio non godiamo di alcun privilegio e non siamo reputati da più di voi; per conseguenza noi non possiamo ascoltare e fare secondo la vostra preghiera, perché in questo modo noi verremmo ad arrogarci delle caratteristiche divine, e dinanzi a Dio diverremmo dei grandi sacrileghi come lo sono l’assassinio del proprio padre, della propria madre e dei propri fratelli!

7. Qui però c’è Ohlad che è stato unto re dal Signore stesso! Parlate con lui, ed egli vi mostrerà la via che conduce al Padre, che è l’unico che può mostrarvi ed anche vi mostrerà misericordia, qualora voi, seriamente pentiti dei vostri peccati, vi rivolgerete a Lui nei vostri cuori!»

8. A questo punto i supplicanti si rivolsero ad Ohlad e lo pregarono, quali disperati, di indicare loro la via che conduce a Dio, il Signore e Padre.

9. Ohlad però si rivolse al Signore e disse: «O Padre, manifestaTi al popolo, in modo che non mi venga tributato onore come se io avessi il potere di influire sulla Tua santissima Volontà più del popolo stesso!»

10. Solo a questo punto il Signore si fece avanti, alzò in alto la Sua mano onnipotente e disse: «Terra, taci ora, quando parlo ai Miei figli! Cessi dunque ogni infuriare degli elementi. E tu, Sole, lascia cadere di nuovo sul suolo della Terra i tuoi raggi del tutto non offuscati! Amen!»

11. Non appena il Signore ebbe pronunciato queste parole, ogni tempesta e tumulto cessarono improvvisamente nella Terra, sulla Terra e al di sopra di essa. E neanche la minima nuvoletta era più visibile sul firmamento, e nessuna montagna ardeva più da nessuna parte.

12. E tutto il popolo si prostrò all’improvviso e lodò e rese gloria a Dio per questo salvataggio, perché questo improvviso e totale annientamento della tempesta fu un fenomeno troppo grandiosamente prodigioso per tutto il popolo, ed esso non avrebbe potuto essere di differente opinione, né avrebbe potuto fare a meno di riconoscere in ciò la Potenza, l’Amore e la Grazia di Dio.

13. Quello che poi avvenne, lo vedremo in seguito.

 

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Cap. 168

Il discorso del santo Padre ai figli riuniti

L’amore e la pazienza del Signore ha un limite

Sull’elezione dei re dal popolo o da Dio

23 novembre 1843

1. «Figli», disse il Signore al popolo, «avvicinatevi qui e non abbiate timore di Me, il vostro eterno Padre, poiché Io non vi ho afflitto per giudicarvi, bensì per rendervi partecipi della Mia grazia e della Mia misericordia!

2. Questa volta però è costato molto! Il Padre dovette aprirsi nuovamente la via ai vostri cuori attraverso il fuoco e dovette ferire la Terra in tutti i punti per giungere alle viscere qua e là un po’ animate, e dalle stesse venire in aiuto per mezzo di un nuovo alito della vita proveniente da Me, vostro Dio e Padre, allo spirito completamente deperito!

3. Per mezzo di una grave angoscia mortale Io dovetti raccogliere la vostra anima in voi, del tutto sparpagliata, e dovetti così del tutto nuovamente, trasformarla, affinché diventasse di nuovo capace di far valere in sé la vita dello spirito proveniente da Me e lasciarsi guidare dalla forza dolcissima dello stesso!

4. In verità, Mi avete fatto fare una grande fatica! I vostri peccati, sempre crescenti, hanno posto la Mia Pazienza e la Mia Tolleranza ad una prova estremamente forte! Non è mancato molto che si spezzasse nel mezzo il filo, di solito robustissimo, della Mia Pazienza, perché il grande e grave peso dei vostri peccati lo aveva troppo teso, assottigliato e quindi indebolito!

5. Il Mio Amore però preparò subito un nuovo filo; attraverso questo filo Io ora Mi sono nuovamente congiunto a voi ed ho suscitato ed unto per voi un nuovo re, che vi guiderà per le Mie vie che sono sempre diritte e piane.

6. A questo re, voi, come pure tutto il popolo della pianura, dovete rigorosissimamente obbedire in tutto. Egli perciò vi darà delle leggi che sarete tenuti ad osservare, e chi si opporrà alle leggi, costui sarà immediatamente punito secondo la santificazione della legge.

7. Questa è ora la Mia Volontà! Io però d’ora innanzi continuerò a darvi dei re; vi darò dei re buoni se voi resterete nel Mio Amore, ma vi darò anche dei re tiranni se voi distoglierete il vostro cuore da Me. Queste cose annotatele bene!

8. Ma se voi vi schiererete contro i re, contro le guide e i capi, allora vi schiererete contro di Me, e allora il Padre si trasformerà e si tramuterà nel Giudice, e farà venire sopra di voi un Giudizio tale per cui il suo nome debba giungere fino alla fine di tutti i tempi per questa Terra!

9. Se voi però non doveste essere soddisfatti di un re, allora rivolgetevi a Me, ed Io farò in modo che vi venga dato un giusto re! Se però voi stessi comincerete qua e là ad ungere dei re, allora Io smetterò di occuparmi di voi e vi lascerò in balia di ogni tirannia di uno dei re da voi eletti!

10. Voi ora conoscete la Mia Volontà dalla Mia bocca che vi è visibile. Se voi opererete conformemente a questa Mia Volontà, allora ve ne verrà del bene sulla Terra, ed Io non vi lascerò cadere; ma in caso contrario il Giudizio sarà inevitabile! Amen!»

11. Dopo queste parole il Signore invitò il popolo a disperdersi, stabilì poi come guardiano del tempio il precedente proprietario dell’olio e si recò poi, assieme al re e agli altri dieci, sul monte dove sorgeva l’altro tempio.

12. Il seguito ci dirà quello che poi accadde!

 

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Cap. 169

Davanti al tempio della montagna il Signore spiega il significato spirituale del tempio esterioe di pietra

Ultima benedizione e poi il Signore scompare

24 novembre 1843

1. Giunto sul monte dove si trovava l’altro tempio, il Signore disse ad Ohlad:

2. «Vedi, fu qui che Io unsi perfettamente Lamec come sacerdote, con la Sapienza, avendo egli edificato questo tempio per il grande amore a Me, e lo consacrai secondo la Mia Volontà per la lode della Sapienza che da Me gli era stata data!

3. Io dunque ti ricordo queste cose affinché tu ti renda conto, in maniera viva in te, per quale senso spirituale questo tempio sorge qui e che cos’è che tu e chiunque altro dovete fare e cercare in esso!

4. Ciascun uomo ha di certo in sé un tempio vivente della Sapienza! Quando egli Mi ha reso in esso la lode della Sapienza, allora egli di certo può fare a meno di questo tempio (esteriore di pietra).

5. Ma nonostante ciò, Io ho eretto qui anche un tempio esteriore e visibile a memoria di quello interiore e vivente, in modo che chiunque entri in questo tempio, si ricordi che Io soltanto sono il Signore e che Io solo ho ogni potenza sia in tutti i Cieli e al di sopra di essi, come pure sopra Terra, in essa e sotto di essa!

6. Se gli uomini della pianura fossero uguali ai Miei veri figli sull’altura, ora certamente rimasti in ben pochi, allora essi non avrebbero bisogno di alcun tempio visibile! Essi però sono grezzi come questa materia esteriore della quale è costituito questo tempio; perciò devono avere anche un segno grezzamente materiale e devono cozzare contro questa materia esteriore e dura e sfracellare la propria (materia) con questa, in modo che solo in seguito a ciò la loro interiorità diventi libera, e quindi essi, uscendo da questo tempio grezzo, esteriore e morto, possano poi entrare nel tempio interiore e vivo, purché lo vogliano sul serio!

7. E in questo senso Io consegno dunque ora anche a te questo tempio! Insegna dunque al popolo ad entrare in questo tempio anche in tal senso e a cercare e trovare in esso il vero tempio, interiore e vivo; allora a te, e a chiunque si conformerà seriamente a tale tua dottrina, sarà data la vera, interiore e viva Sapienza proveniente da Me!

8. Ma se qualcuno vorrà entrare in questo tempio solamente per una certa abitudine per tranquillizzare la sua stolta coscienza, costui farà meglio a rimanere fuori, perché chi non cozza contro questo tempio e non fa in modo che la propria materia si sfracelli, costui qui dentro non troverà nessuna vita dello spirito né la sapienza in essa, ma troverà certo il giudizio del suo spirito nella materia e, mediante questa, la morte.

9. Io ora ti ho rivelato questo alla presenza dei tuoi ministri e Miei servitori, e così anche in questo senso noi riapriremo adesso questo tempio facendovi il nostro ingresso! Amen!»

10. Detto questo il Signore, Ohlad e i dieci entrarono nel tempio. Il Signore allora li benedisse tutti nuovamente e anche il tempio, e poi disse:

11. «Ebbene, per il momento presente è di nuovo stabilito l’antico Ordine! Vigilate e siate operosi nel Mio Nome; convertite il popolo, e la vostra ricompensa eterna sia il Mio amore, la Mia grazia e la Mia misericordia! Amen!»

12. E dopo queste parole il Signore scomparve, e Ohlad fu colmo dello Spirito e, insieme ai suoi nuovi ministri, si recò al vecchio castello reale di Lamec.

13. Quello che successe dopo, noi lo apprenderemo in seguito.

 

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Cap. 170

L’incontro di re Ohlad con i novantanove consiglieri

L’impertinente discorso di un consigliere e l’energica risposta di Ohlad

25 novembre 1843

1. Giunto all’antico castello di Lamec, Ohlad assegnò immediatamente ai dieci ministri le loro abitazioni e poi, sempre in compagnia dei dieci, andò nella nuova grande residenza aurea dei mille consiglieri, per dare ai novantanove ancora rimasti il Consilium abeundi (consiglio di andarsene), qualora non volessero sottomettersi alla Legge divina.

2. E Ohlad, che i novantanove avevano già dato per perduto, fece il suo ingresso con i dieci nella grande sala del Consiglio, e precisamente quando i rimanenti novantanove si trovavano raccolti intorno al loro re di facciata e si consultavano tra di loro se avrebbero dovuto o no completare di nuovo il consiglio dei mille, oppure se avrebbero dovuto invece restare in cento eleggendo ancora tra i cittadini solo uno per sostituire Ohlad, oppure se invece sarebbe stato meglio rimanere nel numero attuale.

3. Ma l’improvvisa comparsa di Ohlad, in mezzo ai dieci terribili messaggeri, mise i novantanove consiglieri e il loro re di facciata in un immenso imbarazzo ed anche causò loro non poco spavento.

4. Essi perciò tolsero subito la seduta, si alzarono dai loro seggi e all’inizio fecero a Ohlad con i dieci un’accoglienza all’apparenza quanto mai amichevole e gli domandarono oltretutto, con lo spirito molto curioso, come fosse andata la sua impresa, ideata certo con buonissime intenzioni, ma immensamente azzardata, tanto più se si considerava l’insorgenza di simili inaudite calamità elementari e le loro conseguenze.

5. Ma Ohlad disse: «Qui ci sono ora i miei ministri! Questi vi daranno la risposta giusta!»

6. Quando i novantanove appresero queste parole dalla bocca di Ohlad, essi ebbero subito l’intuizione di come all’incirca sarebbero andate le cose, ed uno di loro disse in tono alquanto ironico:

7. «Se i dieci ministri sono tuoi, allora noi abbiamo già la risposta, ed io vedo la conferma della mia vecchia massima, secondo cui la fortuna corre sempre dietro ai più sciocchi individui e lascia in un angolo i saggi!

8. Infatti la tua impresa della riapertura dei templi è cosa troppo temeraria perché un uomo veramente imparziale e saggio debba dedicarvi inutilmente sia pure una sola parola!

9. Che a te però sia riuscito come ad una gallina cieca, di cavartela con la pelle d’asino intatta e che tu sia riuscito a renderti amiche le dieci tigri del fuoco come se fossero state un asino barcollante, questo è un fatto che va inserito negli annali della storia del mondo sotto la seguente scritta a caratteri d’oro: “Il massimo punto culminante della fortuna di un asino!”

10. Si spera che ti sia noto che, tra tutti noi, eri considerato quale il consigliere più stolto, e ciò perché tanto tu quanto questo nostro presente re di facciata, che pure assieme a te non ha scoperto il modo di fabbricare l’oro, questa carica l’avete tirata a sorte, perché era certo che il più stolto sarebbe diventato re!

11. A dirla in poche parole, ciò che quella volta ti fu negato dalla sorte, adesso te l’ha donato la tua pelle d’asino! Infatti tu sei re, e i dieci mangiafuoco sono tuoi ministri! Non c’è dubbio che questi ti renderanno evidentemente ottimi servizi durante l’inverno! Che noi però non resteremo qui sotto il tuo regno, questo può essere detto con abbastanza certezza!»

12. E Ohlad rispose: «Ebbene, voi sarete mandati via a frustate; prima però otterrete da me ancora alcune leggi per il viaggio! Queste leggi voi sarete tenuti ad osservarle rigorosamente dappertutto, poiché in caso diverso, Dio, il Signore, vi punirà con verghe fiammeggianti!

13. Ecco, appartiene alla fortuna dell’asino anche il fatto che il Signore mi diventa in ogni momento un punitore dei trasgressori delle mie leggi!

14. E così preparatevi a ricevere le mie leggi! Amen!»

 

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Cap. 171

La replica dell’oratore dei novantanove consiglieri sulle leggi e sul loro scopo

La proteta dei novantanove contro le eventuali leggi di Ohlad

La sua prima legge: riconoscere l’umiltà per diventare liberi

27 novembre 1843

1. Ma l’oratore dei novantanove consiglieri, invece di prepararsi a ricevere le leggi, parlò così:

2. «Proprio questa ci mancherebbe ancora! Tieniti tranquillamente per te le tue leggi che senza dubbio non vorranno dire gran cosa, e con le leggi tieniti anche la divina sanzione punitrice, perché mi pare che sia abbastanza se noi ce ne andiamo via volontariamente e così ti lasciamo il potere assoluto!

3. Noi però ci guarderemo bene dal riconoscere il tuo incontrastato potere assoluto anche su di noi, in qualunque luogo noi possiamo andare a stabilirci, e proprio non accettiamo nessuna forma di leggi sanzionate da te, e nel caso di imposizioni violente sapremo bene come protestare!

4. Infatti se c’è un Dio che ti ha aiutato ad insediarti sull’antico trono di questa città, bisogna che Egli sia giusto e saggio; ma se Egli è tale, allora è impossibile che intenda imporre a degli esseri che devono essere liberi secondo il Suo piano della Creazione, delle leggi attraverso le quali essi verrebbero posti sotto ogni schiavitù!

5. Una creatura libera sottoposta a leggi è certamente la massima contraddizione, il massimo disordine, ed è come un vento cacciato in un sacco! Come sarebbe possibile riscontrare una simile contraddizione in Dio, il Quale è e deve eternamente essere la suprema Libertà stessa?

6. Certamente, dove si trovano radunate delle grandi società di popolo per vivere assieme, come qui ad Hanoch, sono necessarie certe suddivisioni fondate su leggi morali-civili, ma la ragione di queste non è appunto altro che il mantenimento della libertà di ogni persona colta, mentre al contrario, per le persone non ancora colte, la legge è una scuola di formazione del proprio essere alla libertà.

7. Vedi, in questi casi sono necessarie certe leggi, poiché senza di queste la persona colta verrebbe a trovarsi tra le persone incolte precisamente come se si trovasse tra i feroci abitanti di una fitta foresta!

8. Ma se una qualche società di persone del tutto ben colte si stabilisce in un qualche posto ancora libero della Terra, allora tali persone, in seguito alla loro elevata cultura, sapranno certamente quello che devono fare. A che scopo dunque, e perché, essi dovrebbero lasciarsi vincolare con leggi da parte di un uomo con il quale non avranno mai più niente a che fare in eterno?

9. Dillo: anche la suprema Sapienza nell’Essere divino potrebbe dimostrare una ragione, anche solo parzialmente ragionevole, per questo?

10. Noi bastiamo a noi stessi! Se riterremo necessarie delle leggi per noi, allora sapremo già darcele da noi; ma finché questo non è il caso, noi resteremo liberi e vivremo sotto l’unica legge della reciproca amicizia! E se vorremo intraprendere qualcosa, allora ci consulteremo tra di noi, e quello che la maggioranza reputerà buono da fare, quello anche sarà fatto!

11. Pertanto, è anche ora nostra generale intenzione non accettare leggi da te a nessuna condizione, per quanto elevate esse possano essere! Anzi, noi non tolleriamo neanche un consiglio da parte della tua regalità dispotica!

12. Lascia perciò che noi ce ne andiamo liberamente, come ti abbiamo lasciato liberamente andare per l’apertura dei templi. Questo è tutto quello che domandiamo e che possiamo anche accettare da te!»

13. Quando Ohlad ebbe ascoltato questo discorso, ne fu irritato ed esclamò: «Amen, dico io! E voi non abbandonerete questo edificio prima che abbiate piegato la vostra ostinata volontà e la vostra grande superbia sotto il mio scettro!

14. Io conosco la vostra intenzione; essa è di natura ribelle! Perciò questa sia ora per voi la mia prima legge, e cioè che voi dobbiate essere trattenuti qui finché non avrete riconosciuto l’umiltà quale il punto culminante di ogni libertà umana!

15. Poiché qui non si tratta della vostra libertà fisica, bensì della vostra libertà spirituale! Questa però consiste nell’umiltà, e non nella superbia ribelle! Trionfate prima su quest’ultima, e poi si vedrà se le mie leggi saranno tali da sconcertarvi nella vostra libertà oppure no! Così avvenga! Amen!»

 

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Cap. 172

Ulteriore replica dell’oratore dei novantanove sugli scopi della ragione, dell’intelletto e della libera volontà

28 novembre 1843

1. Dopo questa replica di Ohlad, l’oratore dei novantanove si concentrò per bene e disse in tono quanto mai serio a Ohlad, come pure contemporaneamente ai dieci ministri:

2. «Ma che stai dicendo tu della superbia e di sentimenti ribelli? Credi forse che io sia un imbroglione, un infame mentitore o un codardo che trema come il fogliame del pioppo quando infuria la tempesta? Oh, tu ti sbagli enormemente!

3. Ritieni forse che io, una volta fuori dalla città, mi metta, con l’aiuto di questi miei fratelli, a radunare un esercito e che con questo rientrerò qui per sbalzarti via dal trono che ti fu assicurato da Dio? Oh, io ti dico che non c’è niente a questo mondo che tu abbia da temere meno, quanto questa eventualità!

4. Ritieni tu dunque che io non sappia come lo Spirito della Divinità ti abbia visibilmente consacrato re nel tempio e ti abbia dato questi dieci uomini del fuoco quali ministri invincibili?

5. Ritieni tu che mi sia rimasta nascosta la scena della tempesta del fuoco provocata da questi dieci? Oh, no assolutamente, e questo perché ti ho fatto sorvegliare attentamente dai miei servitori!

6. Ma anche perciò io ora so quello che mi resta da fare! Oppure mi ritieni sul serio tanto stolto da voler scendere in lotta contro coloro a cui stanno a disposizione tutti gli elementi, e da scendere in campo addirittura contro l’antica Onnipotenza di Dio?

7. O grande stolto che sei! Tu prega prima Colui che ti ha consacrato re che illumini il tuo cervello, affinché tu possa riconoscere gli uomini, che sono tuoi fratelli, in maniera tale che ti convinca che sono tuoi fratelli liberi, malgrado tu sia ora collocato su di un trono al di sopra di loro!

8. Dio ha dato a ciascun uomo la ragione, l’intelletto e, oltre a ciò, la libera volontà, e in questi tre elementi ha dato anche contemporaneamente tre leggi principali, e cioè: attraverso la ragione l’uomo deve percepire tutto il buono e il vero; e attraverso l’intelletto egli deve ordinare quanto ha appreso e riconoscere quello che è del tutto puro; e attraverso la libera volontà egli deve scegliere liberamente il totalmente puro, conservarlo e deve agire in base ad esso.

9. Non è così? Non è questo l’Ordine divino nel quale Dio ha dunque creato l’uomo e lo ha dotato di queste tre leggi supreme in modo che egli sia attivo in base ad esse?

10. Ma agisco forse io diversamente? Non sono io operoso secondo questi principi divini? Non agisco io in conformità all’Ordine divino, se agisco secondo quei tre principi fondamentali purificati, dunque conformemente alla pura ragione, in modo perfettamente adeguato all’intelletto e di mia libera volontà, e se non mi lascio limitare da nessuna altra legge, dato che riconosco in me l’elemento primordiale-divino e lo rispetto più di qualsiasi elemento umano, che non è più puro già per il fatto che un uomo vuole imporre una legge ad un altro uomo [dalla mente] ben formata, quando egli non tiene più in nessun conto il puramente divino nel proprio fratello, ciò che è appunto adesso il tuo caso verso di noi!

11. Tu mi hai ammonito di guardarmi dalla superbia e dalla ribellione; ma io ti domando: “Chi di noi due è ora più superbo e più ribelle?”

12. Tu vuoi averci piegati sotto il tuo scettro e vuoi gravarci di leggi. – Ma in questo modo, non sei tu il ribelle contro i sacri Diritti divini posti nel petto di ciascun uomo colto, e non sei tu il superbo, se vuoi tenerci piegati sotto il tuo scettro, noi che siamo tuoi fratelli?

13. Perciò va e prega Dio che ti illumini sulle tue tre leggi fondamentali in te; solo allora vieni qui e giudica se le nostre leggi hanno o no la stessa origine delle tue!

14. Prima impara a conoscere e a stimare il divino nei tuoi fratelli, e soltanto dopo vedi se essi, oltre alle vive Leggi divine, hanno forse bisogno anche delle tue leggi morte!

15. Queste cose intendile per la tua necessità; io te le ho così esposte nel nome di tutti noi!»

 

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Cap. 173

Ohlad titubante al discorso del singolare oratore, chiede consiglio ai suoi dieci ministri

L’efficace replica di uno dei dieci ministri all’oratore

29 novembre 1843

1. Ohlad, però, quando ebbe sentito tale discorso dall’oratore dei novantanove, si rivolse subito ai suoi ministri e domandò loro quale contegno egli avrebbe dovuto tenere verso quegli ostinati oppositori. Si sarebbe dovuto lasciarli andare senza il dovuto insegnamento divino, oppure occorreva costringerli, assolutamente per il loro bene, con la potenza del fuoco ad ascoltare il dovuto insegnamento?

2. E i dieci ministri risposero unanimemente: «Tu sai che dove il Signore usa la violenza, là Egli giudica anche già! Se noi dovessimo ora fare una cosa simile nel Suo Nome, allora Egli sicuramente ce ne darebbe espressamente la facoltà! Sennonché, noi tutti ci siamo rimessi alla pazienza, e anche perciò dobbiamo attenerci a questa finché il Padre non ci darà un altro cenno.

3. Rendi il bene per il male, la delicatezza per la grossolanità, il miele per il fiele, l’olio per l’aceto, l’oro per il sale, le pietre preziose per l’argilla, e in breve tempo si vedrà quello che si potrà fare con questi forti avversari! Attaccali con le loro stesse armi, e questa sarà la maniera più sollecita e più facile per vincerli!»

4. Ma Ohlad rispose: «Hai ragione, questa sarebbe certo la via più sicura, ma per fare così io dovrei disporre di una lingua migliore! Io percepisco in me in modo del tutto ben chiaro e distinto quello che dovrei replicare a questo eroe della lingua, ma siccome mi sono esercitato ancora troppo poco a parlare così dall’interno all’esterno, allora la cosa mi riesce alquanto difficile. Tu invece a questo riguardo ti sei già acquistato la massima scioltezza; perciò io ti prego, dilettissimo fratello, di volermi ora sostituire nel dire tu alcune appropriate parole che certamente piegheranno in tutta brevità questi ostinati!»

5. E allora il principale oratore tra i dieci acconsentì immediatamente, prese la parola e, rivoltosi ai novantanove, si espresse così:

6. «Ascolta, potente rappresentante dei tuoi compagni, perché sei così riluttante ad accogliere un Insegnamento da parte di colui di cui sai che, dallo Spirito di Dio stesso, è stato consacrato re nel tempio?

7. Tu sai bene quale potenza noi possediamo da parte di Dio, e d’altro canto siamo più che convinti in noi che tu non potrai in eterno mai averla vinta contro di noi, qualunque sia anche la potenza alla quale tu voglia e possa fare ricorso; e per conseguenza, noi non abbiamo assolutamente nessuna ragione, neanche minima, di temerti, poiché il potere e la verga il Signore li ha posti nelle nostre mani, e quindi neppure chiamando in aiuto tutta la Terra voi ci potreste nuocere!

8. Tuttavia, noi non abbiamo affatto l’intenzione di apparire quali punitori dinanzi a voi, che noi consideriamo come nostri fratelli, bensì intendiamo impartirvi soltanto un insegnamento per il viaggio, in seguito al quale potrà venirvi solo felicità immensa, ma mai un’infelicità. Di questo vi diamo la più ampia assicurazione per tutta la potenza che ci è stata conferita da Dio.

9. E ora dite: a tali condizioni, non volete accettare da noi un insegnamento tale, da esservi di norma per la vita?»

10. E l’oratore dei novantanove rispose: «Sì, a tali condizioni è certo che noi accettiamo, quali vostri liberi fratelli, qualsiasi insegnamento; ma non acconsentiamo affatto a renderci schiavi mediante leggi sanzionate, fossero sanzionate anche da Dio stesso! Prima bisogna che Egli bruci noi insieme all’intera Terra!

11. E così noi siamo sempre pronti a sentire da voi un insegnamento buono e saggio, ed anche ad accettarlo qualora sia di nostro gradimento!

12. E allora potete parlare, ma capite bene: senza sanzione!»

 

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Cap. 174

Il divario tra leggi umane sanzionate e le Leggi divine

Ohlad rivela l’Ordine divino per ciascuno:amare Dio e il prossimo!

1 dicembre 1843

1. Dopo di ciò il capo oratore dei dieci si volse nuovamente ad Ohlad e gli disse: «Adesso, fratello, puoi andare a manifestare ai novantanove la Volontà del Signore; adesso ti ascolteranno!

2. Però non fare alcun accenno a sanzioni, perché la Volontà divina rivelata, che proviene dall’eterno Ordine di Dio, si sanziona da sé! Comprendi questo?

3. In generale una legge alla quale bisogna aggiungere una sanzione è già per questo cattiva, riprovevole, non accettabile e vuota, poiché essa non porta in sé la sanzione quale conseguenza del tutto naturalmente giusta della trasgressione della legge stessa. E proprio tali leggi vuote temono questi eroi, e ciò con ragione, poiché tali leggi rendono sempre l’uomo un vero schiavo.

4. Ma quelle leggi dall’Alto, che provengono dall’eterno Ordine divino, questi eroi non le temono, perché essi non sanno che tali leggi portano in sé già dall’eternità la sanzione, così come ciascun uomo porta in sé nella sua coscienza uno spirito che lo punisce.

5. Perciò va’ ora lì, e rendi loro noto la Volontà divina, e con questa essi avranno contemporaneamente la guida e il giudice; fa dunque così!»

6. E Ohlad, che aveva compreso benissimo tutto ciò, si avvicinò ai novantanove e rivolse le seguenti parole al loro oratore principale:

7. «Dato che mi avete fatto sapere, tramite il mio ministro, che siete disposti ad ascoltarmi, allora io voglio aprire dinanzi a voi la mia bocca nel Nome del Signore del Cielo e della Terra e annunciarvi, in pochissime parole, quello che il Signore richiede da voi e cosa occorre a voi tutti, per il vostro bene temporale come anche in futuro per il vostro bene eterno. E perciò io vi prego, quale vostro fratello, che mi ascoltiate con tutta pazienza e tranquillità!

8. Così suona la Volontà divina verso di me, verso voi e verso qualsiasi uomo: “Riconoscete e amate Dio sopra ogni cosa, però amate tutti i vostri fratelli e sorelle così come ciascuno ama la propria vita; evitate i superflui godimenti della carne e pensate che vi è soltanto un Signore. Noi uomini non siamo che fratelli tra di noi! Così sarete giusti e puri dinanzi a Dio e a tutto il mondo in qualunque luogo possiate trovarvi, e il Signore vi benedirà e vi condurrà dappertutto verso la vostra felicità eterna!”

9. Questo è il puro e divino Ordine, nel quale unicamente soltanto è pensabile l’esistenza di tutte le cose; senza quest’Ordine non c’è eternamente alcuna esistenza di un qualche essere! E con ciò voi ora avete già tutto!

10. Se ora volete andarvene o rimanere qui, per me è uguale; soltanto occorre che vi rassegniate a guadagnarvi il pane da voi stessi, affinché i cittadini siano liberati da un poderoso fardello.

11. Del resto non intendo mettere alcun catenaccio al cuore dei cittadini, né io farò una cosa simile al mio cuore!

12. Io però, per quanto riguarda me e i miei dieci ministri, cercherò di limitare molto i nostri bisogni e così facilitare per quanto sia possibile la vita ai cittadini.

13. Fate anche voi lo stesso, e così potrete restare e dimorare in questo castello!»

 

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Cap. 175

La replica dell’oratore dei novantanove consiglieri con le obiezioni fondate sul suo intelletto

2 dicembre 1843

1. Quando i novantanove ebbero sentito tali parole da Ohlad, il loro principale oratore si alzò nuovamente e così gli parlò: «Tu in fondo non hai proprio torto, certo però che questo vale soltanto se si considera la cosa piuttosto superficialmente; ma se si va più a fondo, allora bisogna convenire che tu ci hai annunciato la pazzia più grande e più contro natura di questo mondo!

2. Ma affinché tu ti persuada che, in nome dei miei fratelli, io non ti ho contrapposto una tesi con una cattiva intenzione, allora voglio chiarirtela come si conviene! Se tu sei in grado di confutarla, allora ci dichiariamo tutti pronti all’istante ad accettare qualsiasi legge da parte tua, ma se tu, come certissimamente accadrà, non la puoi confutare, noi ce ne andremo semplicemente lasciandoti in dono la tua dottrina assieme a questo aureo palazzo! Voglia tu dunque ascoltarmi con benevolenza.

3. Per quello che riguarda il riconoscimento di Dio da te consigliato, io ti dico solamente questo: “Prova ad introdurre nella tua bocca una montagna tutta d’un pezzo e poi ad inghiottirla tutta in una volta! Credi forse che l’esperimento ti riuscirà?

4. Oppure, versa il mare e tutti i grandi fiumi dentro ad un piccolo vaso. Credi che ti sarà possibile?

5. Ora però considera il Dio eterno ed infinitamente grande in Se stesso, come pure nelle Sue innumerevoli ed infinite grandi opere, e poi considera te stesso nella tua proporzione di minutissimo verme ricoperto di polvere e limitato da tutte le parti! Dimmi: – da dove vuoi cominciare con il riconoscimento dell’eterno e infinito Dio?

6. Come potrà il Suo infinito Tutto trovare posto nel tuo totale nulla di fronte a Lui? Oppure ti puoi forse vantare di riconoscere Dio, quando anche tu in ogni caso ne sai di Lui al massimo quanto me?

7. Oppure, credi forse di aver visto l’intero Dio quando Egli, tramite uno spirito agente all’esterno, dunque solo attraverso un minimissimo raggio di Forza emanante da Lui, Si era presentato in modo visibile a te?”

8. Oh, vedi, come devi essere ancora stolto, se è così che tu credi!

9. In verità, io riterrei il pazzo più grande e più presuntuoso di questo mondo colui che si volesse vantare – o con gli atti oppure con le parole – di aspirare o al riconoscimento di Dio, o addirittura di averLo già forse riconosciuto, cosa questa che sembra essere davvero il tuo caso, dato che tale riconoscimento ce l’hai tanto raccomandato prima come se tu fossi proprio convinto – Dio sa quanto – dei vantaggi che ne possono derivare!

10. Speriamo che tu ti renda conto di questa assurdità, a cui però si dà tuttavia ancora ascolto!

11. Ma che si deve dire dell’ ”Ama Dio sopra ogni cosa!”? – Fratello, amico! Basterebbe che tu ti mettessi ora la mia testa con quel po’ di chiaro intelletto che c’è dentro, e così tu inorridiresti dinanzi alla tua stoltezza!

12. Vedi, quello che noi chiamiamo amore, è la vera e propria forza vitale dell’uomo! Quanto più forte è il suo amore, tanto più forte è anche la sua vita! Nell’uomo vecchio l’amore diminuisce, e nella stessa proporzione diminuisce anche la vita. La morte poi viene a dare il colpo finale all’amore e quindi pure alla vita; questo ce lo insegna l’esperienza di ogni giorno.

13. Ma adesso dimmi: “Quanta forza vitale può trovare posto in te?” . Vedi, sicuramente non più di quanto te lo permette il tuo volume (corporeo); infatti, nessun uomo è ancora mai vissuto in qualche modo fuori di sé!

14. Con questa forza vitale, ovvero con l’amore, tu puoi certo prenderti degli esseri che ti sono simili e che sono uguali a te in grandezza. Da una fino a dieci donne, nella migliore delle ipotesi, tu saresti senz’altro capace, con questa forza vitale, di farcela per alcuni anni, ma con centinaia o migliaia di donne non reggeresti nemmeno un’ora con la tua forza riunita! Tu ti accasceresti del tutto esausto e del tutto spento nella tua stoltezza!

15. Da tutto ciò emerge che l’uomo può amare quel tanto che il suo volume (corporeo) comporta. Chi vuole amare di più, è simile a qualcuno che, per diventare sapiente, si getta avido su tutti i rami del sapere, ed infine riesce soltanto a sapere qualcosa di insignificante di tutto, mentre in generale non sa invece niente, e perciò è un uomo del tutto inutilizzabile!

16. Tu dunque pretendi che noi amiamo il Dio infinito, e per di più, ancora sopra ogni cosa!

17. Ma io ti domando: “Con che cosa e in che modo?”. Sei forse capace di riscaldare e illuminare tutta la Terra di notte, tenendo una fiaccola nella tua mano? – Ebbene no, dice la tua esperienza!

18. Ma allora, come vuoi spingere dentro nel tuo petto la Divinità, che è infinita, e forse riscaldarLa e illuminarLa? E come vuoi alla fine, estendere fuori il tuo amore addirittura sopra di Essa?

19. Se tu hai un solo atomo di sano intelletto, allora devi certo persuaderti già a prima vista della stoltezza che hai voluto addossarci!

20. Io ti prego dunque di considerare molto bene questa mia chiara obiezione, e prendere altre disposizioni a nostro riguardo, perché non devi volere fare di noi i tuoi pazzi».

 

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Cap. 176

L’imbarazzo di Ohlad

Uno dei dieci mostra come vanno trattati tali ciechi individui

La trattativa giunge al punto di rottura

5 dicembre 1843

1. Dopo aver sentito questo discorso dell’oratore principale dei novantanove, Ohlad non seppe che cosa replicare; e va pure notato che, oltre a ciò, egli era di natura tale che la minima eccitazione d’animo era sufficiente per metterlo in condizioni da non poter pronunciare nemmeno una parola, e così gli era ancora più difficile dare una risposta ben nutrita a quei suoi avversari molto critici.

2. I dieci, però, si accorsero del considerevole imbarazzo di Ohlad; perciò gli si avvicinarono e uno di loro gli disse: «Ohlad, non arrabbiarti inutilmente, perché, vedi, questi che ci stanno dinanzi sono uomini ciechi come una talpa, che non hanno nemmeno quel barlume che permetterebbe loro di distinguere la notte più tenebrosa dal giorno più chiaro! Per conseguenza sarebbe anche fatica puramente sprecata se si volesse continuare a parlare con loro!

3. Tali uomini – che con la loro ragione e con il loro intelletto sono già arrivati al punto di voler stipare dentro ai sacchi il libero spirito e il suo amore, che è la sua essenza e che proviene puramente da Dio – non sono più idonei ad alcuna istruzione superiore!

4. Infatti essi sono come le crisalidi che si sono imbozzate entro il loro proprio tessuto e con ciò si sono tagliate fuori da se stesse da ogni più alto flusso di luce!

5. Quando però con il tempo queste crisalidi si animano di nuovo e diventano delle belle farfalle, quale misera immagine è mai questa? Infatti essa non rappresenta che una moltitudine molesta di ogni specie di fannulloni, di oziosi e di bellispiriti[28], i quali depongono, come fanno le farfalle con le loro uova, le loro idee nelle giovani piante del genere umano, dalle cui idee poi ben presto vengono fuori i bruchi più dannosi in quantità innumerevole e in brevissimo tempo essi rodono e rovinano tutti gli splendidi e vivi germogli della vita spirituale!

6. Lasciamo dunque ora che anche queste crisalidi della ragione e dell’intelletto, di specie umana e del tutto cieche, se ne vadano al più presto possibile, dato che ora tra noi splende il Sole vivo ed eterno dello Spirito! Queste crisalidi verrebbero presto covate dal suo calore e poi le loro dannose nidiate verrebbero deposte nelle nostre nuove piantagioni!

7. Con questi uomini perciò noi non sprecheremo inutilmente altre parole, bensì faremo in modo che essi si allontanino immediatamente; e dove li porterà il loro vento, là che se ne vadano pure anche loro, poiché ogni verme conosce la sua erba che gli piace, e questa egli poi mangia avidamente!»

8. Ma l’oratore dei novantanove disse: «Certo, quando degli uomini parlano in questo modo ad altri uomini, non è possibile che essi restino uniti e che vivano assieme! Costoro predicano l’umiltà, ma contemporaneamente sono più orgogliosi di un pavone nella piena estensione della sua coda! Per conseguenza noi ce ne andremo, e davvero troveremo di certo la nostra erba in qualche luogo!»

9. L’oratore dei dieci gli rispose: «Sì, andatevene pure, perché l’erba che cresce qui non fa più per voi!

10. Uomini, ai quali noi abbiamo concesso tutto alla sola condizione che venisse accettata la nostra lieve legge, non fanno per noi, noi che sappiamo che Dio ha costituito i nostri cuori precisamente così come l’occhio, che è certamente molto più piccolo al paragone dell’immensa Creazione visibile, ma ciononostante esso la può accogliere in sé e contemplarla! E così niente dipende dal volume, bensì tutto dipende soltanto dalla volontà dell’essere portatore di vita!

11. E ora andatevene, perché nelle condizioni in cui vi trovate non potete rimanere qui! Vi siano concessi tre giorni di tempo per raccogliere le vostre cose, ma non un istante di più!

12. Comprendete bene questo, e così avvenga inevitabilmente!»

 

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Cap. 177

Danel, eroe dell’intelletto e oratore dei novantanove, riconosce di aver sbagliato e si pente

Un’ulteriore proposta di Ohlad

6 dicembre 1843

1. Queste parole provocarono un grande cambiamento nell’animo dei novantanove; specialmente la similitudine dell’occhio paragonato al cuore era passata a tutti come una scintilla elettrica attraverso le membra, le vene e le viscere.

2. Perciò anche l’oratore principale si ricredette ben presto e rivolse ai suoi fratelli le seguenti parole: «Ascoltatemi fratelli! La risposta del potente messaggero, che ora è il primo ministro di Ohlad, che Dio stesso ha consacrato re sopra di noi, mi ha dimostrato il mio errore in tutta la sua interezza.

3. Io so ora a che punto effettivamente noi siamo con tutta la nostra ragione e il nostro intelletto, e questo è sufficiente per rendersi conto che noi siamo sul serio più che ciechi come una talpa riguardo alle visioni spirituali e divine!

4. Infatti noi siamo contemporaneamente anche sordi come una campana e con ciò del tutto terribilmente e presuntuosamente stolti! E dunque, è anche del tutto perfettamente giusto se adesso ci vediamo costretti ad abbandonare abbastanza vergognosamente questa città dove per così lungo tempo abbiamo fatto la parte dei signori; e in particolare è tanto più giusto verso di me, dato che fra di voi io fui sempre il più ostinato oppositore contro tutto ciò che era puramente spirituale e divino.

5. Chi di noi non si ricorderà la storia dei due consiglieri che erano venuti da noi dall’altura come salariati giornalieri, e che da lì a poco furono chiamati al posto di dirigenti di tutte le nostre grandiose costruzioni, e come essi, quando alla fine ci lasciarono, non mancarono di esortarci verso Dio, l’unico Signore onnipotente del Cielo e della Terra?

6. Ma le loro splendide parole andarono a colpire gli orecchi sdrucciolevoli di tutti noi, e del tutto particolarmente di me, e noi lasciammo che quei due uomini, la cui presenza tra di noi aveva avuto il massimo significato, se ne andassero via, piuttosto che ascoltare le loro mitissime parole divine!

7. Con la nostra ragione e con il nostro intelletto noi abbiamo sempre contrastato quella Parola che in qualche modo ci fosse venuta da Dio; anche per questo noi ora non meritiamo nulla di più che di essere cacciati da questa città, visto che è venuto il preciso giorno di scadenza!

8. Io però so quello che farò da parte mia: me ne andrò come un risvegliato e pentito penitente! Voi però potete fare quello che volete; che la Volontà del Dio onnipotente sia con me e con voi!»

9. Dopo questo discorso egli si rivolse nuovamente a Ohlad e ai dieci, e con commoventi parole li pregò di perdonargli la sua ostinazione e li ringraziò per l’insegnamento che lo aveva risvegliato, e poi volle andarsene.

10. Ohlad però gli disse: «Danel, io ti dico: “Così come ora tu sei, rimani, perché è il Signore che ti ha accolto avendoti concesso questa Grazia, e per conseguenza tu sei accolto anche da me!

11. Infatti, non voi fratelli io voglio esiliare, bensì soltanto la vostra ostinazione; se però la bandite da voi, allora non c’è più bisogno che voi stessi prendiate la fuga con il vostro peccato, perché è sufficiente che voi abbiate congedato il peccato!

12. Quando però un fratello esilia l’altro fratello, egli pure si esilia dal proprio fratello; questo però sia lontano da me!

13. Dunque, rimani, e fa in modo che possano rimanere qui anche gli altri fratelli, perché tutti noi avremo ancora moltissimo da fare!»

 

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Cap. 178

La conversione dei novantasette consiglieri ad eccezione del re di facciata

 Le orecchie d’asino al re di facciata per tre anni interi

7 dicembre 1843

1. A queste parole di Ohlad, l’animo di Danel fu colmo di gioia, e quest’ultimo promise che avrebbe fatto ogni sforzo possibile per indurre anche gli altri a ricredersi completamente.

2. Dopo di che egli ritornò immediatamente vicino agli altri consiglieri ed espose loro, nella maniera più evidente e persuasiva, come fosse giunta a loro la Grazia di Dio e così, ad eccezione di uno, tutti si convertirono alle parole di Danel.

3. Costui, altri non era che il noto re di facciata. Infatti, la brama di dominio cominciò a ridestarsi davvero in lui, quando vide davanti agli occhi la sua piena mancanza.

4. Infatti, quantunque egli fosse re soltanto di facciata, tuttavia in tale sua qualità gli venivano tributati tutti i possibili onori con grande cerimoniale, e a questo egli teneva più che a qualsiasi altra cosa. Ora però egli doveva rinunciare a tutto! E questo gli appariva una cosa enorme, ma ben, non dalla parte piacevole per lui!

5. Egli perciò cominciò a riflettere su come riacquistare la sua dignità perduta.

6. Danel aveva ben notato questo ed era già pronto a scagliare alcuni fulmini sul capo del re di facciata; ma uno dei dieci ministri gli si avvicinò e gli disse:

7. «È sufficiente che vi siate convertiti voi novantotto; che ci sia un solo asino non ha alcuna importanza! Poiché, chi non disponendo di forza naturale, morale e spirituale, vuole dominare sui propri fratelli non per essere una guida per loro ma unicamente per soddisfare una libidine di superbia[29], che in un certo qual modo lo solletica, costui è un asino, perché non è capace di accorgersi che i suoi fratelli già da lungo tempo lo hanno riconosciuto per tale, ed anche per questo gli hanno posto sul capo la corona della stoltezza.

8. In verità, il flusso dei tempi non cambierà niente in quest’uomo, poiché la sua stupidaggine gli sta salda come una roccia!

9. Riducete in polvere le montagne, fate che la Terra tremi come il fogliame degli alberi nella tempesta, ottenebrate il Sole e fate cadere sulla Terra le stelle dei cieli, ma quest’uomo starà li irremovibile!

10. Infatti l’asino non teme la potente zampa della poderosa tigre e neppure i suoi denti stritolatori, perché sa di certo, come se fosse profeta, che di fronte a lui gli esseri più forti dovrebbero certamente vergognarsi qualora gli facessero qualcosa di male.

11. E perfino il padre della malvagità e della menzogna ha sempre sommo rispetto della stoltezza, ed un asino non ha niente da temere dalla sua malignità! Infatti la vergogna opprime anche Satana, e quindi evita sempre di avere a che fare con gli asini!

12. Che il re di facciata dunque continui pure a rimanere seduto sul trono e che regni qui, fra le pareti, sulle mosche e sui moscerini; e che una corona sfarzosissima orni pure il suo grigio capo!

13. E quando nel suo palazzo, con parole quanto mai scarse e sempre uguali, farà potentemente squillare la sua voce di dominatore, allora gli venga dato un abbondante foraggio!

14. Così vogliamo fare e così sarà fatto: che il re passi il suo tempo unicamente mangiando, dormendo e cacciando via da lui le mosche!»

15. Questa satira mandò su tutte le furie il re di facciata, ed egli cominciò formalmente ad urlare e ad infuriarsi.

16. Ma l’oratore dei dieci lo afferrò per gli orecchi e, per effetto del suo potere miracoloso, gliele allungò finché diventarono delle vere orecchie d’asino, e poi esclamò: «Ecco, questa è la corona! Poi seguirà il trono!»

17. Ciò ebbe effetto sul re di facciata, il cui nome era Midehal. Con ciò egli divenne umile e anche si convertì; però le sue lunghe orecchie dovette tenersele per tre anni interi.

18. Questa storia si divulgò nell’intera regione, e perfino sulle alture giunse la notizia che al re di facciata erano state conferite le orecchie d’asino, e questa leggenda si mantenne tra tutti i tipi di leggende, fino al tempo dei tardi discendenti.

 

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Cap. 179

Le fraterne parole di Ohlad a Danel su come avrebbero operato per il futuro tra il popolo

L’unanimità tra i cento consiglieri e i dieci messaggeri

9 dicembre 1843

1. Quindi Ohlad, rivoltosi di nuovo a Danel, gli disse:

2. «Ebbene, amico e fratello, guarda, anche Midehal è stato sicuramente convertito grazie al fatto che il ministro, per la forza di Dio in lui, gli ha allungato gli orecchi e in questo modo ha fatto rivolgere all’esterno la sua interiore stoltezza; e così noi avremmo già fatto, secondo la Volontà del Signore, un notevole passo verso il raggiungimento dello scopo!

3. Ora però bisognerà occuparsi del popolo che si trova dappertutto tra le tenebre più fitte, sia qui nella città, che nei vasti sobborghi e nelle città di Lim, Kira, Sab, Marat, Sincur, Pur, Nias, Firab, Pejel, Kasul, Munia e Tiral, nonché infine presso gli altri vassalli!

4. Spetta a noi fare in modo che questi popoli si convertano, sia nelle città che in campagna e là dove mai si trovino a dimorare degli uomini. Voi tutti sapete molto bene come me che dappertutto regnano l’idolatria e anche il più formale ateismo!

5. Noi stessi abbiamo in gran parte la colpa di simili condizioni; per conseguenza spetta a noi, più che ad ogni altro, il dovere di riportare a tutti questi popoli la luce che fino ad oggi, in grandissima parte, abbiamo tolto a loro.

6. Il Signore stesso ci ha spianato la via mediante la terribilissima tempesta di fuoco; ma ora spetta a noi cogliere questa occasione e usarla con saggezza, a onore e gloria di Colui che ci ha concesso una simile grande Grazia, accendendo di nuovo per noi l’eterna luce della vita che si trovava completamente spenta in noi.

7. Ma per acquisire la capacità di riportare questa luce a tutti i popoli, noi dobbiamo visitare i templi del Signore; in essi otterremo il giusto vigore e la necessaria pienezza di potenza e forza!

8. Lo Spirito del Signore scenderà su di noi e ci ungerà con nuova forza e desterà in noi il giusto spirito d’amore e di ogni luce vitale fuori dall’amore; e poi con questa luce ce ne andremo dai popoli e li rischiareremo con la luce della viva Grazia proveniente da Dio e li ungeremo con il nuovo spirito quali figli dell’uno Padre santo che, dal principio, ci ha già eletto a Suoi figli!

9. E così, preparatevi tutti per la giornata di domani, poiché prima ancora del sorgere del Sole vogliamo essere presenti nei templi, e poi vogliamo anche dedicarci subito al sublime compito del vero governo popolare nel Nome dell’unico Dio, dato che Egli ci ha eletto e consacrato a tale scopo! Così dunque sia fatto!»

10. E quando Ohlad finì questo discorso, ricevette una grande lode, e tutti i consiglieri, compreso il re di facciata fattosi ora alquanto umile, cominciarono ad alta voce a rendere onore e gloria a Dio che aveva dato loro un re così amorevole e saggio.

11. Tutti si dichiararono d’accordo con quanto detto da Ohlad e si mostrarono prontissimi a fare com’era stato suggerito da lui, rallegrandosi immensamente al pensiero che ben presto avrebbero cominciato a operare nel Nome del Signore.

12. E Ohlad, insieme ai suoi dieci ministri, benedì i novantanove, e poi si recarono tutti al vecchio castello dove si ristorarono e resero una lode in comune al Signore.

 

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Cap. 180

La radunanza davanti all’atrio del tempio mentre fiamme e fulmini si scatenano

Le parole rassicuranti di Ohlad

L’ingresso nel tempio permesso solo agli iniziati

11 dicembre 1843

1. Il mattino seguente, due ore prima del levare del Sole, Ohlad giunse con i suoi ministri alla dimora dei novantanove e, con gran gioia, li trovò già tutti abbigliati a festa e pronti per recarsi al tempio.

2. Uomini, donne e bambini erano radunati tutti insieme, e la servitù, raccolta nell’ampio cortile, stava in attesa dei padroni.

3. Ed essendo quindi pronta ogni cosa, si prese subito la via verso il primo tempio.

4. Quando tutta la numerosa compagnia fu giunta presso l’atrio del tempio, immediatamente migliaia di fulmini si abbatterono giù dal tetto d’oro del tempio nel grande atrio. Contemporaneamente però i dieci ministri fecero un cenno a tutte le montagne eruttanti fuoco che si innalzavano lì intorno, e nello stesso istante delle altissime colonne di fiamme furono lanciate fuori dai loro crateri, e delle enormi masse di fumo, vomitate assieme alle fiamme, ricoprirono ben presto il firmamento visibile.

5. Questo fenomeno fece un’impressione grandissima sui nostri novantanove, poiché essi videro la loro morte davanti agli occhi, per come si figuravano la cosa.

6. Tra grandi tremori e trepidazioni, Danel si avvicinò a Ohlad e disse: «O re potente e consacrato da Dio! Risparmiaci e non lasciarci cadere in rovina del tutto così miseramente, poiché la tua potenza e autorità sono terribili!

7. Chi mai potrà sussistere accanto a te? Chi potrà essere tuo suddito e contemporaneamente vivere? Infatti, quando uno meno se l’aspetterà, le fiamme della tua potenza lo avranno già afferrato e il suo corpo sarà già ridotto in cenere!»

8. Ohlad disse a Danel: «Non ti preoccupare di cose così stolte! Quello che ora il Signore mostra a te, come pure a tutti i tuoi compagni, è la Serietà; e se il Signore non vi avesse mostrato questa Serietà, voi non sareste degni di ricevere qui la potente benedizione tramite la quale trarrete i popoli alla luce della vita proveniente da Dio!

9. Perciò liberatevi dalla vostra stolta paura e liberatevi del tutto dai tremori e dalla mancanza di coraggio, poiché Dio è di certo un Padre eterno ed amorosissimo che ora vi viene incontro nel fuoco più ardente dal Suo infinito Amore santissimo!

10. Infatti né io e nemmeno questi ministri possiamo far giungere i fulmini dal tetto e tutto questo fuoco dalla Terra; ma è soltanto Dio stesso che fa queste cose per amore per voi, per prepararvi ancora più profondamente alla Sua benedicente venuta nel tempio!»

11. Queste parole furono sufficienti per liberare dall’immensa angoscia Danel, come pure i suoi compagni, e per infondergli il coraggio di entrare nell’atrio e poi anche – dopo il vero risveglio della viva umiltà e dell’amore – nel tempio.

12. Dopo di ciò, Ohlad fece subito aprire la porta dell’atrio e poi entrò, con il massimo timore reverenziale, insieme con l’intera e grande compagnia, là rese una lode al Signore e penetrò poi nel tempio nel quale però soltanto ai dieci fu concesso di seguirlo. Tutto il resto della compagnia dovette invece fermarsi nell’atrio, poiché soltanto agli iniziati era lecito entrare nel tempio.

 

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Cap. 181

Ohlad dinanzi all’altare

Insegnamenti di vita per il popolo: sui biasimevoli ricevimenti mondani

12 dicembre 1843

1. E quando Ohlad si trovò nel tempio con i dieci ministri, si prostrò subito sulla sua faccia dinanzi all’altare e pregò Dio perché volesse mostrare grazia e misericordia ai novantanove fratelli, compreso il re di facciata.

2. E il Signore parlò dalla nuvola bianca: «Ohlad! Io ho considerato te e i tuoi fratelli, e Mi sono rallegrato per il fatto che si sono convertiti ed hanno rivolto a Me il loro cuore e la loro anima; tuttavia, Io ho ancora una cosa contro di loro, ed essa è quanto mai importante per il loro spirito!

3. Nel mondo essa appare equa, anche giusta e del tutto innocente, ma non così essa appare a Me!

4. Ma che cos’è dunque che Io ho contro di loro?

5. Ascolta: essi hanno la passione di visitare, con ogni tipo di pretesti amichevoli, certe famiglie molto in vista, nonché, viceversa, di voler offrire a loro volta ricevimenti e ricevere visite! Da questa maligna passione non è immune neppure Danel, che è il più saggio tra tutti!

6. Gli uomini hanno una grande gioia quando le belle donne vanno a fare loro visita e si rallegrano oltremodo quando possono ricambiare la visita a tali belle donne.

7. Le donne invece, al contrario, sono molto avide di visite maschili; e quanto più numerosi sono gli uomini e quanto più spesso si offre loro occasione di riceverne le visite, tanto più allegre e del tutto più follemente amichevole esse diventano.

8. Anche se le donne frequentano meno gli uomini che non le persone del proprio sesso, in ogni caso tutto il cielo dovrebbe diventare ardente di fuoco dalla rabbia per lo sdegno suscitato dalle terribili stupidaggini che esse dicono quando spettegolano insieme!

9. Quanto più insensati, privi di valore e stolti sono i pettegolezzi, tanto maggiore è il loro diletto; e quanti più sciocche, più pazze, più stolte e più burlone e ridicole sono le cose che succedono in un simile ricevimento, tanto più gradito e piacevole riesce anche per loro, ed è per questa ragione che di preferenza, un tale ricevimento viene anche frequentato volentieri.

10. Ma del tutto particolarmente le donne – sia le giovani come le vecchie – guardano che ci sia sempre presente, in un simile ricevimento, del pettegolezzo, che Io odio completamente. E anche molti esseri giovani di sesso maschile che conoscano molto bene l’arte di fare la corte, e che sappiano anche preparare ogni specie giochi spassosi, in modo da procurare alle donne un piacevole divertimento; e quanto più insensati e stolti, e quanto più inutili e insignificanti sono questi giochi, tanto più popolari essi sono, del tutto specialmente quando tali giochi sono eseguiti da giovani benfatti!

11. Vedi, tali mogli e tali figli hanno i tuoi novantanove fratelli; la moglie di Danel però è tra tutte la più grande amante dei pettegolezzi! In verità, per Me questo è uno schifo dello schifo!

12. Io vorrei tenere una carogna nella Mia bocca per mille anni, piuttosto che guardare, anche solo per un secondo e da molto lontano, una tale amante della vita di società!

13. E il motivo sta nel fatto che questo è un ottimo modo per rovinare e uccidere lo spirito che proviene da Me, poiché è proprio nelle riunioni di tale specie che tanto la donna quanto l’uomo imparano, meglio che in ogni altra occasione, a dimenticarsi di Me e a gettarsi del tutto tra le braccia velenose del serpente del mondo, allegro e pieno di lusinghe!

14. Chi pensa a Me quando si trova in una simile riunione di pettegolezzi, giochi, chiacchiere e risate, mentre Io devo in ciascun istante conservare loro la vita?

15. Perciò Io maledico tutte le riunioni di questo tipo, dove gli uomini si rendono visita a scopo di divertimento, e non per parlare di Me e per farsi istruire su di Me; e per quanto queste visite siano di tipo breve, sono comunque maledette, specialmente quando vi vengono condotti i bambini, nei quali con ciò ogni migliore seme viene ben presto soffocato.

16. Dunque, va’ fuori e annuncia ai tuoi novantanove fratelli questa Mia Volontà, e che essi facciano lo stesso anche con le loro ottuse mogli e con i figli; e dì loro che Io non benedirò alcuno con la Mia Grazia, se prima non avrà ordinato la sua casa in questo modo!

17. Se questo male non verrà estirpato dalla radice, allora Io, ad un simile mondo, manderò il Mio Giudizio al posto della Grazia! Amen!»

 

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Cap. 182

Uno stolto ribadire di Ohlad

Nessuna concessione a chi non ha sempre il Signore con sé

“Dove due o tre si raduneranno nel Mio Nome, là sono Io in mezzo a loro!”

13 dicembre 1843

1. Allora Ohlad, nella più profonda umiltà del suo cuore, così parlò al Signore: «O Signore, sia santificato il Nome Tuo santissimo e la Tua Volontà sia fatta ora come in eterno!

2. Io, poverissimo e miserevole verme nella polvere della mia totale nullità dinanzi a Te, oso farTi una domanda dal profondo della mia grande miseria, supplicando Te, o Padre, colmo del più infinito amore, misericordia e pazienza, di non aver rancore verso di me!»

3. E il Signore, dalla nuvola, così rispose: «Alzati dunque e parla! Voglio porre il Mio orecchio vicino alla tua bocca!»

4. E Ohlad si alzò e disse: «O Signore, dimmi, secondo la Tua Grazia: noi, uomini, non dobbiamo mai visitare i nostri vicini e non dobbiamo mai divertirci, neanche in un modo del tutto onesto, con i nostri fratelli e sorelle?

5. Vedi, noi miseri uomini abbiamo comunque ben pochi divertimenti su questa magra Terra! Ma se oltre a ciò dobbiamo evitare del tutto le nostre reciproche visite e conversazioni, allora non ci resta davvero nient’altro che cacciarci da qualche parte in un buco e là roderci nella propria più desolata noia!

6. Perciò, o Signore, vorrei pregarTi a nome di tutti i miei fratelli e sorelle che Tu volessi, a questo riguardo, attenuare soltanto un po’ la Tua Volontà! Non Ti sarebbe dunque gradito prescrivere una norma, o addirittura una legge, secondo la quale potrebbe essere tuttavia permessa qualche riunione di società?»

7. E allora il Signore disse a Ohlad: «Io certo sapevo che anche tu sei ancora un asino malato; a causa di ciò tu ancora chiedi a Me una tale cosa che è contraria ad ogni Mio Ordine?

8. Vedi, o stolto, sul suolo della Terra crescono piante, arbusti, alberi e frutti benedetti e maledetti; i benedetti traggono origine dal Cielo, e i maledetti dall’inferno. I frutti dell’ultima specie non di rado sono più alettanti di quelli della prima. Ebbene, non vorresti anche chiedere a questo riguardo: “Signore, togli loro il veleno mortale in modo che noi possiamo mangiarne come mangiamo i benedetti?”

9. Io però ti dico: “Questo non lo faccio!”. Infatti, Io comunque ho posto trenta piante benedette per una maledetta, e questo sarà certo sufficiente!

10. Oltre a ciò, sei ancora libero di sradicare le piante maledette e di coltivare al loro posto esclusivamente le benedette. Non ti è sufficiente questo?

11. Nello stesso modo ho dato anche all’uomo una compagna e una aiutante, e vedi, il primo uomo Adamo era contento di questo! Dunque: volete essere di più della prima coppia umana sulla Terra?

12. Non ha ciascun padre i suoi figli e così pure ogni madre? E ogni padrone di casa non ha i suoi lavoranti agricoli, i suoi servitori e serve, che pure sono degli esseri umani? Che cosa vuole ancora di più?

13. Adamo aveva una sola moglie, e più tardi i suoi figli, ma non aveva né servitori, né serve; e vedi, egli era contento con ciò! Perché dunque voi volete avere di più di quanto fu dato ad Adamo dal Mio Ordine?

14. O voi insaziabili! Voi volete di più perché in Me non avete abbastanza! Io sono per voi troppo poco, perciò volete i passatempi del mondo! Perciò volete ridere e spettegolare e giocare in allegra compagnia, perché Io vi annoio!

15. Ad Adamo era sufficiente la Mia compagnia, e ad Eva erano sufficienti Adamo e i propri figli; perciò egli visse contento novecentotrent’anni senza giochi di società! Perché dunque voi volete di più?

16. Io però dico a te, poiché ti ho già consacrato: “Se voi vi fate visita nel Mio Nome, come faceva Adamo perfino visitando i suoi figli, allora anche ogni riunione sarà benedetta, perché dove due o tre si raduneranno nel Mio Nome, là sono Io in mezzo a loro!

17. Dove però si formano riunioni per farsi visite allo scopo di continui divertimenti mondani di qualsiasi tipo, là che sia pure presente Satana e che, secondo il suo desiderio, strangoli i suoi figli!”

18. Perciò non domandarMelo di nuovo, se non vuoi che la domanda sia per l’ultima volta, bensì va’ di corsa e adempi la Mia Volontà! Amen!»

 

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Cap. 183

Ohlad riferisce a Danel la volontà del Signore sui biasimevoli ricevimenti

 Danel lo riferisce ai novantanove e poi alle donne e ai figli che non l’accettano

14 dicembre 1843

1. Udite queste parole, Ohlad si batté il petto, si inchinò profondamente davanti all’altare e quindi uscì immediatamente fuori e andò verso i novantanove fratelli che lo attendevano; là chiamò subito a sé Danel e gli riferì quello che gli aveva detto il Signore.

2. Ma Danel osservò: «In verità, se tu non mi avessi esposto ora questa circostanza con tanta elevata serietà, io stenterei a credere che il grande, sublime e santo Dio possa dare importanza a tali inezie!

3. Eppure la cosa deve avere qualche importanza, se il Signore, qualora noi non rinunciamo a questo vizio così evidente, intende tenerci nascosta la Sua Grazia e fare invece venire su di noi un amaro giudizio!

4. Io perciò renderò subito nota la Volontà del Signore! Per me e per la mia casa garantisco io; qui non ci saranno certamente più riunioni e nemmeno si faranno più visite di altra specie se non quella voluta dal Signore, cioè soltanto nel Suo onnisantissimo Nome!

5. Ma per quanto riguarda gli altri, io naturalmente non posso garantire per quello che essi vorranno fare!»

6. E Ohlad gli osservò: «Questo non sia causa di preoccupazione né per te né per me, perché sotto tale aspetto il Signore farà la Sua parte!»

7. Dopo di che, Danel si volse subito verso i novantotto, come pure ai loro figli e alle loro donne, e annunciò loro la Volontà del Signore esattamente come egli l’aveva sentita da Ohlad.

8. Gli uomini ben presto si convertirono riguardo a questo, ma le donne e i figli già grandi cominciarono a singhiozzare e, tra l’altro, a piangere e ad ingiuriare in segreto, e dissero:

9. «Non è possibile che Dio abbia parlato in questo modo! Questa è un’invenzione di Ohlad, dei dieci maghi dell’altura e ora anche del famoso Danel, che se ne intende sempre bene del navigare a seconda del vento!

10. Perché dunque, noi donne non dovremmo amare più uomini in una riunione di società?

11. Perché dunque, dovremmo esistere unicamente per un solo uomo e per uno solo adornarci e farci belle?

12. Perché le nostre figlie non dovrebbero avere delle occasioni per fare varie conoscenze con il giovane mondo maschile, per potersi scegliere l’uomo che più piace loro?

13. E perché non dovrebbero i nostri figli poter conoscere delle ragazze? Dovrebbero essi, dunque, alla fine, restare senza donne? Ma dove, all’infuori delle riunioni di società, si offre loro una simile occasione?

14. Oltre a ciò, noi, ad ogni modo, frequentiamo solo famiglie rispettabili e appartenenti all’antica nobiltà, e a nostra volta riceviamo visite soltanto da queste!

15. Se Dio pretende una cosa di questa specie da noi, allora non può essere affatto saggio! Se noi facessimo qualcosa di male comportandoci così, allora non diremmo niente; ma noi ci limitiamo solo ad intrattenerci sempre nella maniera più innocente del mondo! Come deve, come può questo, essere ripugnante ad un Dio saggio?»

16. Ma Danel disse loro: «O donne, voi brontolate contro gli ordinamenti di Dio! Non sapete voi come Egli ha sempre punito i ribelli? A voi la cosa appare troppo piccola perché Dio debba occuparsene; perciò dite che Dio non deve essere saggio!

17. O voi, cieche e stolte! Chi creò dunque il piccolo moscerino? Chi creò l’acaro della foglia? Chi creò gli innumerevoli vermetti della palude? Chi creò i capelli del vostro capo? Non sembrano tutte queste cose, quanto mai insignificanti? E tuttavia il grande Dio si occupa di loro!

18. Ebbene, chi meglio dell’artefice può sapere cosa è confacente alla propria opera? Se dunque il grande Artefice stesso ci dà qui le norme della vita, non dobbiamo noi, subito, accoglierle del tutto con gratitudine e osservarle?

19. E se anche il male ai vostri occhi appare minimo o nullo, perché mai dovrebbe apparire tale, pure agli occhi di Dio?

20. Oh, mai in eterno il Signore si regolerà secondo la nostra stoltezza; ma spetta a noi, Sue creature, regolarci secondo la Sua Volontà, perché Egli soltanto sa di certo qual è quello che si addice a noi!

21. Non è già sufficiente una goccia di veleno per avvelenare dieci boccali d’acqua, in modo tale che di questa non possiamo mai più goderne in maniera salutare ed innocua? Se invece si volesse versare una goccia d’acqua sana in dieci boccali di veleno, sarebbe questa, capace di rendere innocuo il veleno?

22. La morte è dunque più potente della vita, e noi possiamo perdere quest’ultima con grande facilità! Perciò conviene osservare bene le norme e vivere conformemente a queste, come vuole il Signore della Vita! Comprendetemi bene e non brontolate più! Amen!»

 

 

Cap. 184

Richiesta chiarificatrice delle donne sul significato della goccia d’acqua e del veleno

La risposta di Danel, ispirata dal Signore

16 dicembre 1843

1. Dopo questo discorso di Danel, parecchi tra i giovani e tra le donne avanzarono in gruppo e rivolsero a lui le seguenti parole:

2. «Stimato e altamente considerato compagno dei nostri mariti e padri, abbiamo ascoltato le tue parole con la più intensa attenzione e molte delle cose da te dette le abbiamo trovate vere e buone, ma molte altre ci sono incomprensibili!

3. Perciò ti domandiamo che cosa hai voluto effettivamente dire con la goccia di veleno nei dieci boccali d’acqua e poi, viceversa, con la goccia d’acqua nei dieci boccali di veleno, e che cosa intendesti poi dire col riunirsi in compagnie nel Nome di Dio! Dacci dunque qualche chiarimento riguardo a questi due punti principali, affinché essi ci divengano chiari!»

4. Allora Danel raccolse subito tutti i suoi sensi e disse: «Allora ascoltatemi. Con la Grazia del Signore, il Quale là, dal Suo santuario, mi irradia chiaramente, io voglio rendere dinanzi ai vostri occhi la cosa così chiara come è chiaro il Sole nel più luminoso mezzogiorno, che in questo momento di certo non splende perché è potentemente velato dalle densissime masse di fumo che salgono dalle montagne infuocate!

5. Voi siete vasi d’acqua ancora sana e viva, la quale è la vostra vita che proviene da Dio; le compagnie sono invece un veleno per il vostro spirito vivo, e ciò per la ragione che voi, attraverso ogni tipo di stolti pettegolezzi e chiacchiere, attraverso il lasciarvi fare i convenevoli così stupidamente dolci – di solito a spese dell’infame umiliazione e diffamazione di altre persone per lo più inoffensive – e attraverso ancora ogni tipo di giochi stupidi che solleticano la vostra smania di ridere, voi vi state dimenticando sempre più di Dio e, alla fine, quale conseguenza della vostra superbia spesso troppo stimolata, cominciate ad immaginarvi, anzi letteralmente a persuadervi, che il mondo è stato fatto esclusivamente per voi e che dai vostri pettegolezzi e dalla vostra benevolenza dipende la salvezza del mondo intero!

6. Vedete, questa cosa è contro ogni amore del prossimo, perciò contro l’Ordine divino e, per conseguenza, è un veleno per la vita del vostro spirito, che in origine è stato alitato da Dio in voi quale un’acqua sana e viva!

7. Una goccia di questo veleno – vale a dire una visita nel nome del mondo, per quanto in apparenza possa sembrare minima e innocua – in voi avvelena facilmente l’intero spirito sano, che in seguito a ciò diventa impotente, si accascia nella vostra anima, e appunto per questo fatto la mette in movimento, cosicché essa diventa molto sensibile al solletico della superbia e comincia sempre più a cercare come e dove poter trovare il giusto riconoscimento della propria elevatezza!

8. E tutto questo lo fa l’anima, perché in conseguenza della paralisi dello spirito avvelenato non ha più la guida dall’Alto, e alla fine si considera essa stessa il dominante principio della vita, cosa questa che è errata al massimo grado per la segreta ragione – ma tuttavia quanto mai importante – che le nostre anime, quali sostanze vive dei nostri corpi, provengono dal basso, mentre solo lo spirito è dall’Alto, per liberare le anime cadute dalla loro antica scoria, durante il tempo di questa vita terrena!

9. Ma ciò può accadere solo attraverso la Grazia di Dio quando noi non facciamo tutto il possibile per guastare il nostro spirito, bensì conformiamo la nostra vita secondo la santa Volontà di Colui che ce l’ha data come un bene supremo per l’eternità.

10. Io ritengo ora che così venga sufficientemente chiarito il significato della goccia di veleno versata nei dieci boccali di acqua sana!

11. Per quanto riguarda poi il significato, e cioè alla goccia d’acqua sana versata nei dieci boccali di veleno, esso è fin troppo evidente perché si debbano spendere molte parole in proposito! Quando un uomo è del tutto guastato, potrà forse una parola di verità migliorarlo?

12. Così come non si potrà mai spegnere un poderoso incendio adoperando una goccia d’acqua, così neppure una buona esortazione riuscirà mai ad avere nessun effetto su una persona che si è guastata con il mondo! Andate su una montagna in fiamme e provate a spegnere il fuoco con una goccia d’acqua, se ci riuscite!

13. Così anch’io ho lasciato cadere adesso in voi molte sane gocce di acqua viva, ma la vostra vecchia passione divampa ancora, ed io non la considero affatto ancora spenta, anzi sarà certo necessario che su di voi si rovesci un potentissimo nubifragio finché la vostra vecchia passione sia completamente spenta nella vostra grande stoltezza! Penso che anche questo apparirà abbastanza chiaramente spiegato!

14. Per quello poi che riguarda le uniche giuste visite nel Nome di Dio, questa cosa è già di per sé troppo chiara perché vi sia bisogno che io mi esprima ancora più dettagliatamente!

15. Considerate dunque bene prima in voi quanto vi ho detto ora, e poi emergerà da sé come noi dobbiamo farci visita nel Nome di Dio! Comprendete ed accettate tutto ciò nel Nome di Colui tramite la cui Grazia sono stato messo in grado di dirvelo! Amen!»

 

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Cap. 185

Ohlad rende lode a Danel per il suo buon discorso e lo induce a rendere grazie al Signore

18 dicembre 1843

1. Detto questo, Danel ritornò da Ohlad e gli disse: «Fratello, tu unto e vero re colmo di potenza e di grazia provenienti dal Signore che, quale unico Dio, regna e governa tutte le cose e tutti gli esseri, e che è santo, santissimo dall’eternità, tu stesso sei stato ora testimone, con gli occhi e gli orecchi, di come io, certo per quanto mai mi sia stato possibile, abbia trasmesso ad alta voce la Volontà del Signore riguardo alle nostre mogli e ai nostri figli! Se però questo gioverà a qualcosa, non sono proprio in grado di garantirlo!

2. Possano la Grazia del Signore e la potenza reale che ti è stata conferita, influire a favore della buona causa!»

3. E Ohlad, enormemente stupito per il discorso che Danel aveva tenuto, così gli disse: «In verità, così come tu ti sei rivolto alle mogli e ai figli, e indirettamente a tutti i fratelli, io stesso avrei a stento parlato così!

4. Infatti le tue parole sono suonate così significative e persuasive quasi come se fossero state indirizzate a questo popolo direttamente dalla bocca del Signore!

5. Davvero, qualora simili parole dovessero restare senza effetto, certamente non resterebbe altro che il giudizio e la punizione più aspra!

6. Io però ho già in anticipo la buona convinzione che tu, carissimo fratello, non abbia parlato invano, poiché io ho di certo percepito e visto come alla fine tutti cominciarono a scrutare intensamente in se stessi, specialmente nell’occasione quando tu hai esposto la splendida immagine della goccia di veleno nei dieci boccali d’acqua e viceversa!

7. Lasciamo dunque che ora essi meditino sulle tue parole e le digeriscano per bene, ed io sono pienamente sicuro che essi vi si orienteranno e si adegueranno non appena lo spirito della parola avrà interamente compenetrato tutto il loro essere!

8. Compenetrati dal lievito essi lo sono già; quando poi vi si aggiungerà ancora il calore dell’amore del Signore, allora questa pasta, che tu hai ora impastato, comincerà a sollevarsi per la forza che si sarà sviluppata in essa! Tu mi comprendi quello che voglio dire con ciò!

9. Ma ora vieni con me fino alla porta del tempio, e là, prostrato alla presenza santissima del Signore, ringraziaLo dal profondo del tuo cuore per la grazia che ti fu concessa di parlare con tanta sapienza, e nello stesso tempo pregaLo per il buon esito delle tue parole!

10. Io però ti precederò nel tempio e farò la stessa cosa dinanzi al santissimo altare del Signore alla presenza dei miei ministri; e poi, quando il Signore ti chiamerà, alzati e con sommo timore reverenziale e con tutta umiltà del tuo amore entra nel tempio; e allora il Signore stesso ti darà le istruzioni riguardo a ciò che dovrai fare! E così dunque andiamo nel Nome del Signore! Amen!»

 

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Cap. 186

Sulla vera adorazione a Dio

Ohlad e Danel quali pronipoti di Chisehel

 L’invito del Signore a predicare il pentimento a tutti i popoli

18 dicembre 1843

1. Giunto alla porta del tempio, Danel si prostrò subito sulla sua faccia e pregò come Ohlad gli aveva consigliato.

2. Ohlad poi, dal canto suo, entrò nel tempio col massimo rispetto, si inginocchiò davanti all’altare e cominciò pure lui a pregare Dio nel suo cuore.

3. Ma ben presto Dio, il Signore e Padre, gli parlò così dalla bianca nuvola: «Ohlad, Io ti dico di alzarti, poiché non ho bisogno che tu ti rotoli dinanzi a Me nella polvere!

4. Infatti colui che, amando, Mi professa nel proprio cuore, costui fa a sufficienza, e chi è veramente umile nella sua anima, costui pure fa a sufficienza; ogni altra cosa che tu voglia fare col corpo non ha alcun valore dinanzi a Me, poiché non è che una cerimonia morta che appartiene puramente alla vanità del mondo e che è propria a ogni cecità e stoltezza degli uomini.

5. Quindi, alzati e va alla porta, e dì a Danel nel Mio Nome di fare altrettanto! E quando si sarà alzato, conducilo qui dentro nel tempio, e poi Io stesso gli manifesterò tutto quello che dovrà fare nel Mio Nome!»

6. Allora Ohlad si alzò immediatamente e andò da Danel, e gli espose qual era la Volontà del Signore. E Danel si alzò altrettanto rapidamente e seguì Ohlad nel tempio.

7. E quando entrambi si trovarono dinanzi all’altare del Signore, così parlò subito il Signore a Danel:

8. «Danel, Io ti conosco! Tu sei un pronipote di Chisehel che, ai tempi di Lamec, gli comandò con molta autorità nel Mio Nome di edificare questo tempio!

9. La terza stirpe di Chisehel scese contro la Mia Volontà quaggiù nella pianura, e tu sei un settimo membro della successione di Chisehel.

10. In verità, se tu, come Ohlad, non foste discendenti di Chisehel, mai vi sarebbe stata aperta la via che conduce al tempio; ma siccome voi siete figli del Mio fedele Chisehel e come tali siete ben riconoscibili dal vostro spirito al principio ribelle come era un giorno il caso di Chisehel, allora per amor vostro Io ho avuto misericordia ancora una volta di tutto il popolo e, tramite voi, voglio chiamarlo a Me ancora una volta con voce forte.

11. Tu, Ohlad, fosti unto da Me, e con questa consacrazione hai ricondotto a Me in brevissimo tempo tuo fratello Danel e anche gli altri novantotto fratelli; perciò il regno su questa città ti sarà assicurato finché tu, in questa consacrazione, persevererai nell’operare secondo la Mia Parola, e i dieci testimoni ti saranno qui sempre di valido aiuto, poiché essi pure sono figli di Chisehel!

12. Ma tu, Danel, dovrai essere consacrato tramite questa Mia Parola! Imponi ai tuoi fratelli le tue mani nel Mio Nome affinché anch’essi siano consacrati!

13. Dopo ciò andate in tutte le regioni della Terra e predicate dappertutto una serio pentimento! Se le vostre parole troveranno ascolto, allora procedete innanzi e continuate la vostra opera; ma se alle vostre parole non seguirà la penitenza, allora annunciate la Mia ira e il giudizio da Me promesso, che non mancherà di venire qualora non subentrerà una generale e piena conversione! E ora ricevete la Mia benedizione!»

14. A questo punto il Signore benedisse Danel con la mano visibile fuori dalla nuvola bianca e poi gli comandò di accingersi immediatamente all’opera che gli era stata ordinata. Ma del tutto particolarmente il Signore lo raccomandò di impegnarsi a combattere con ogni ardore contro le riunioni mondane.

15. Allora Danel promise al Signore di fare ciò e, con Ohlad e i dieci ministri, si dispose subito ad accingersi all’opera assegnatagli.

 

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Cap. 187

La benedizione di Ohlad ai novantotto consiglieri per la loro attività di missionari nel mondo

I forti lamenti delle mogli per la separazione dai loro mariti e dei figli dai padri

Una Voce dall’aria

20 dicembre 1843

1. Giunti nell’atrio, tutti ringraziarono il Signore dal più profondo dei loro cuori e lodarono la Sua inesprimibile bontà; e poi Ohlad chiuse di nuovo il tempio e, con Danel e i dieci ministri, si recò dai novantotto e rese loro nota la Volontà del Signore.

2. E quando essi, cioè i novantotto, ebbero accettato tutto con estrema prontezza, Danel subito impose loro le mani, ed essi, nello stesso istante, furono colmi dello spirito e della potenza provenienti dal Signore e cominciarono a lodarLo con tutte le loro forze.

3. E così, lodando e glorificando altamente il Signore, abbandonarono l’atrio ed uscirono all’aperto dove li attendevano le loro mogli e i loro figli, e a tutti venne subito annunciata la Volontà del Signore.

4. Ma quando le mogli e i figli appresero che i loro mariti e padri avrebbero dovuto partire per il mondo, che, secondo i loro concetti, era infinitamente grande e vasto, e che avrebbero dovuto abbandonare le loro mogli e figli per molto tempo, o forse anche per sempre, allora le mogli e i figli cominciarono a fare terribili lamenti. Chi piangeva, chi urlava, alcune per la disperazione si strappavano i capelli e cominciavano a inveire del tutto spaventosamente contro simili disposizioni di Dio.

5. Ma i dieci ministri si misero davanti alle mogli e ai figli e, del tutto seriamente, imposero loro di tacere, perché in caso diverso sarebbero andati incontro ad una punizione molto potente.

6. Queste imperiose parole si rovesciarono come fiamme visibili sulle mogli e sui figli adulti, e all’istante ridussero tutti al silenzio.

7. E quando il silenzio fu ristabilito tra le mogli e i figli, solo allora uno dei dieci ministri prese la parola e disse loro:

8. «Siate dunque almeno un po’ ragionevoli! Perché volete resistere all’onnipotente Volontà di Dio? Che cos’è dunque di più: Dio, oppure voi nella vostra grande stoltezza?

9. Se i vostri mariti adempiono la Volontà del Signore, sarete voi perciò abbandonate dall’Onnipotente?

10. D’ora innanzi la vostra unica preoccupazione sia che il Signore del Cielo e della Terra possa compiacersi di voi; di tutto il resto non occorre che ve ne preoccupiate, perché a ciò il Signore provvederà comunque nel migliore dei modi!

11. Ma se i vostri mariti fossero riluttanti ad adempiere la Volontà del Signore a causa della vostra stoltezza, il Signore farebbe scendere il fuoco dai cieli giù sulla Terra, e allora voi, insieme ai vostri mariti, perireste tutte atrocemente tra le fiamme dell’ira divina!

12. Dite: preferireste questo, oppure preferireste che i vostri mariti se ne vadano per l’adempimento potente della Volontà del Signore, mentre qui il Signore si prende cura di voi?»

13. Queste parole furono sufficienti a ricondurre alla ragione le mogli e i figli, così che essi finirono col benedire i loro mariti e padri, e pregarono il Signore che a Lui piacesse di ricondurli sani e salvi a loro qualora tale fosse la Sua Volontà.

14. E allora si fece udire distintamente una Voce dall’aria, la quale disse: «La Mia Volontà, di tanto in tanto, è qui e là! Sia fatto quello che è necessario sia fatto! Amen!»

15. Dopo di ciò, tutti fecero ritorno alle loro case e già il giorno seguente i nostri novantanove partirono tra molte benedizioni; e solo Midehal rimase, e ciò a causa delle sue lunghe orecchie.

 

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Cap. 188

Ritorno dopo tre anni di missione dei novantanove

Un grande arco di trionfo quale offerta di ringraziamento

Il rimprovero

21 dicembre 1843

1. Nel corso di tre anni i novantanove avevano già diffuso la Parola di Dio dappertutto; essi avevano incontrato più o meno dappertutto piccole difficoltà, tuttavia avevano potuto trionfare facilmente grazie al loro potere prodigioso.

2. Hanoch, in un tempo ancora più breve fu ricondotta discretamente all’ordine assieme agli estesissimi sobborghi, in alcuni dei quali l’ostinazione del vecchio stato di cose risultò maggiormente accentuata.

3. Il quarto anno i novantanove furono di ritorno sani e salvi, e portarono a Ohlad la lieta notizia che ora e dappertutto ogni cosa era di nuovo in ordine.

4. E Ohlad e i dieci ministri eressero, per questo motivo, una grande offerta di ringraziamento al Signore, alla quale fu invitato tutto il popolo di Hanoch.

5. Ma questa offerta consistette in ciò: su un vasto terreno libero, fuori della città, Ohlad fece costruire un arco di trionfo estremamente grande. La sua altezza era di cento braccia, e la sua lunghezza e larghezza erano uguali all’altezza. Il materiale da costruzione fu esclusivamente di pietre quadre di marmo di un bianco immacolato.

6. Nel giro di un anno quest’opera dall’aspetto imponente e sontuoso fu compiuta, e, come nel tempio, sulla sommità dell’arco di trionfo fu collocato un alto altare d’oro purissimo e sull’altare venne poi fissata una nuova grande tavola d’oro con incastonati sopra dei grossi diamanti e rubini che formavano il Nome santissimo di Jehova.

7. Migliaia e migliaia di mani ci lavorarono. Persone di ogni ceto vi collaborarono alternandosi a turni.

8. E quando quest’opera, la cui costruzione stessa appartenente all’atto della grande offerta di ringraziamento fu compiuta, solo allora, come già detto prima, fu convocata l’intera città, e Ohlad con i suoi dieci ministri e i novantanove messaggeri fecero un solennissimo ingresso, lodando ed esaltando ad alta voce il Signore, alla presenza di un’innumerevole moltitudine di popolo.

9. E dopo tale ingresso, il cui grandioso e ricco sfarzo superava di gran lunga tutto ciò che ora è pensabile, Ohlad con i suoi dieci ministri e con gli altri novantanove si recò al tempio e, nel suo cuore, rese al Signore un’offerta di ringraziamento del tutto vivente.

10. Ma il Signore così gli parlò: «Ohlad, tu facesti di tua propria volontà quello che Io non avevo richiesto da te!

11. Per dimostrare la tua grande gratitudine Mi hai edificato un arco di trionfo; ora Io ti dico che così facendo, facesti bene! Ma nello stesso tempo hai lasciato scoperto il Mio Nome; e vedi, così facendo non facesti bene, perché il Mio Nome deve essere quanto di più interiore vi sia!

12. Va’ dunque e, come penitenza per questo errore, edifica sull’arco un tempio simile a questo qui, affinché il Mio Nome venga a trovarsi nella parte più interna, altrimenti tu stesso faresti del santuario un tempio degli idoli! Va’ dunque e fa così! Amen!»

13. E Ohlad tutto compunto uscì dal tempio e già il giorno seguente diede inizio all’opera che gli era stata comandata.

 

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Cap. 189

Un nuovo tempio costruito sopra l’arco di trionfo e il sorgere di una città alberghiera

Divisioni tra il popolo sui tre templi

22 dicembre 1843

1. In un anno fu compiuto il tempio, simile a quello di Lamec, e il resto del piano rialzato al di fuori dal tempio, vicino all’arco di trionfo, venne reso perfettamente piano, e tutt’intorno vi venne collocato un parapetto d’oro perché, chi si fosse trovato a passeggiare intorno al tempio, non corresse pericolo di precipitare giù dall’elevato piano rialzato dell’arco di trionfo.

2. Questo edificio appariva ora sfarzosissimo, e giornalmente vi affluivano migliaia e migliaia di persone, mentre invece ben pochi erano i visitatori del tempio interno, in parte per timore, ma in parte anche perché esso non sorgeva in un settore tanto piacevole della città.

3. Nel corso di dieci anni intorno all’arco di trionfo si era costituita una nuova città che consisteva soltanto di alberghi, e in questo nuovo sobborgo-albergo i molti pellegrini trovavano soddisfacente vitto e alloggio a un prezzo molto modico, e ciò era equo e giusto.

4. Ma con l’andare del tempo cominciò a svilupparsi un altro male, e questo consistette nientemeno che in una specie di paganesimo, il quale accennava a diffondersi per il fatto che si cominciò a disputare e a stabilire in quale dei tre templi ora esistenti, Dio fosse più amoroso e più generoso nella concessione della Sua grazia.

5. Nel tempio interno (della pianura) di Lamec certo no, perché là c’erano fulmini e tuoni sempre pronti a scendere dal tetto che rendevano malsicura la vita!

6. Nel tempio sul monte spirava un po’ troppo vento, e perciò si sarebbe potuto arguire che, in generale, lassù Dio non fosse proprio molto generoso nella concessione della Sua grazia.

7. Invece nel nuovo tempio (costruito sopra l’arco di trionfo) Dio era certo più ricco di Grazia e più munifico che non negli altri, e per conseguenza là conveniva anche visitarLo ed onorarLo con maggiore frequenza!

8. Non sarà difficile comprendere come contro una simile teosofia si schierasse in modo del tutto speciale quella parte degli abitanti di Hanoch che avevano le proprie abitazioni e i graziosi alberghi nelle vicinanze del tempio di Lamec. Sennonché, questi non insorgevano a causa della reale autenticità del tempio, bensì a causa dello scarso guadagno, e perciò tendevano soltanto a dimostrare l’autenticità esclusiva del tempio che Lamec, secondo le prescrizioni di Dio, aveva prodigiosamente edificato in sette giorni.

9. Né ragionavano diversamente – cioè tenendo solo conto del proprio vantaggio – gli albergatori che si erano stabiliti intorno al monte sul quale sorgeva il tempio della sapienza, ed essi andavano così dicendo: «A cosa vi giova tutta la vostra devozione nel visitare molto più spesso il nuovo tempio, se continuate a restare degli stolti? Qui sopra è il giusto tempio, che Dio stesso ha visitato varie volte, dove Egli impartisce la sapienza! Salite quassù! In verità, qui voi otterrete la sapienza!»

10. Ohlad e tutti i suoi ministri vedevano di certo queste assurdità, ma a questo riguardo non potevano agire, perché il popolo che veniva in pellegrinaggio al nuovo tempio da tutte le parti del mondo, era molto devoto e, sempre del tutto commosso, lodava oltre misura il Nome dell’unico Dio. Per conseguenza non gli restava altro da fare che assistere tranquillamente alla lotta tra le tre fazioni, poiché, presa la cosa nella sua esteriorità, ciascuna delle tre affermava il giusto.

11. Tutto quello che egli poté fare, fu di disporre che, vicino al nuovo tempio, si stabilissero dei buoni maestri del popolo incaricati di istruire il popolo saggiamente, ma essi nulla potevano fare per appianare le divergenze tra le fazioni.

12. Ma quali frutti molto velenosi vennero, in seguito a maturazione, a causa di questa scissione per interesse, questo ce lo dimostrerà il seguito del nostro racconto.

 

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Cap. 190

Il mantenimento dell’ordine ad Hanoch fino alla morte di Ohlad e dei dieci ministri

Dronel, figlio di Ohlad, fatto re, mette a dura prova la pazienza del Signore

23 dicembre 1843

1. Finché vissero Ohlad e i dieci ministri e finché i novantanove furono costantemente zelanti nel cooperare in ogni campo al mantenimento dell’ordine, in generale le cose procedettero discretamente bene, quantunque essi non fossero riusciti ad estirpare dalla radice ogni male in una città così grande.

2. Infatti, per quanto venissero anche soppresse le esibizioni teatrali, i combattimenti di animali e le riunioni galanti di società, e le visite fossero permesse solo in onore di Dio, furono poi i pii pellegrinaggi a supplire abbondantemente a tali mancanze, e si approfittò di queste adunanze nate allo scopo della venerazione divina, come succede di solito in tali occasioni tramite lo sforzo di Satana, per utilizzarle a vari altri scopi di tutt’altro genere, riguardo ai quali non è qui Mia intenzione diffonderMi in particolari.

3. Ma, come detto, questa era ormai l’erbaccia cresciuta in mezzo al grano, la quale, attraverso la diligenza e lo zelo di Ohlad e dei suoi ministri, veniva sempre accuratamente strappata per quanto possibile.

4. Suo figlio, che gli succedette al governo, si dimostrò già molto più negligente.

5. Quando Io nel tempio lo ammonivo ad essere più zelante, egli così rispondeva: «Signore, concedimi la forza prodigiosa dei dieci ministri di mio padre, il quale, per effetto di questa, ha guidato felicemente per trent’anni tutto il popolo della Terra, ed io mi riprometto di guidarlo più felicemente ancora per cent’anni! Ma se Tu, Signore, mi fai dono di una forza prodigiosa, non concedermela dall’oggi al domani, bensì per tutto il tempo della mia vita, ed allora io governerò il popolo senza ministri!»

6. Così egli chiedeva coninuamente a Me una forza prodigiosa quando Io lo spronavo ad essere zelante, e gli promettevo sempre che ad ogni modo lo avrei assistito con potenza più che prodigiosa quando mai gli fosse stato necessario il Mio aiuto nei momenti del suo giusto zelo.

7. Ma di ciò egli non era contento, si arrabbiava addirittura contro di Me e diceva: «Se Tu, Signore, non vuoi conferirmi la potenza prodigiosa ma ne vuoi farne uso solo Tu stesso in occasioni straordinarie nelle quali per di più devo pregarTene per delle giornate intere, allora va’ Tu sul trono e governa Tu stesso la massa, ma lascia in pace me!»

8. Dunque, siccome questo successore di Ohlad era sempre in discordia con Me, non potendo Io concedergli il dono di operare prodigi a causa della sua mania del gioco, avveniva che egli si occupava con molta tiepidezza delle faccende di governo.

9. I pellegrinaggi cominciarono allora a moltiplicarsi, e di conseguenza si moltiplicarono anche sempre di più le riunioni di società, e i luoghi di pellegrinaggio si moltiplicarono.

10. E fu così che l’idolatria cominciò a dilagare sempre più, poiché gli uomini avevano ormai finito con l’adorare le tavole (con il nome) di Jehova, né più Me in maniera viva nei loro cuori.

11. Io punii il popolo e il re con ogni tipo di tormenti; ma una volta che uno è diventato tiepido, anche questo può giovare a ben poco.

12. Dopo o anche durante ogni punizione, il re certo si rivolgeva a Me nel tempio, ma non per invocare grazia e misericordia da Me, bensì per litigare con Me e per smuoverMi ogni specie di rimprovero cavilloso!

13. Così avvenne che egli una volta si presentò a Me nell’occasione in cui Io, a causa della prostituzione che si stava diffondendo enormemente, avevo fatto venire sulla città una piccola pestilenza che in una settimana uccise duecentomila persone solo in una parte della città (Hanoch assieme alle città-sobborgo aveva allora dodici milioni di abitanti), e Mi parlò in questa maniera:

14. (il figlio di Ohlad) «Signore, perché Tu uccidi così lentamente? Fa venire con un solo colpo la morte su tutta la città, me compreso, e allora in una volta sola avrai posto fine a qualsiasi disordine!»

15. Se in simili circostanze Io lo punivo, allora egli diceva: «Picchia pure! È certo un onore quando un debole re di Hanoch viene bastonato dal suo Dio e Signore!»

16. E se facevo venire una malattia su di lui, allora egli si faceva portare nel tempio insieme al letto, e là litigava con Me in maniera incredibile e tanto insistentemente, che Io Mi vedevo infine indotto a liberarlo dalla malattia. Qualche volta Mi prometteva che Mi avrebbe seguito, qualche volta invece arrivava perfino a minacciarMi.

17. In verità, questo re, che si chiamava Dronel, poté dire di aver posto a ben dura prova la Mia pazienza! Tuttavia Io lasciai che regnasse per cinquant’anni, poiché malgrado i suoi periodi di rancore, egli Mi amava molto.

18. Ma quello che accadde ancora, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 191

Il discorso di abdicazione di Dronel al Signore, poi passa lo scettro al figlio Kincàr

Il ritiro del Signore dai templi

Il falso giuramento di Kincàr e la nascita dell’idolatria

27 dicembre 1843

1. Dronel aveva un figlio di nome Kincàr; a costui egli affidò il regno mentre era ancora in vita. Infatti non avendo potuto ottenere da Dio in cinquant’anni alcuna potenza prodigiosa né con le preghiere né con le minacce, egli disse:

2. «Signore, per cinquanta lunghi anni io mi sono penosamente tormentato a causa della grande ostinatezza degli uomini. Tu certamente vedesti la mia grave difficoltà, ma nonostante ciò non hai voluto aiutarmi; e quando Ti pregavo di concedermi il sicuro ausilio consistente nella potenza prodigiosa, allora Tu Ti ritiravi e per lo più o non mi davi affatto risposta, oppure la Tua risposta era una minaccia o addirittura un castigo!

3. Malgrado tutto, però, io ho fatto tutto quello che potevo con le mie proprie forze e non mi sono mai dimenticato di Te! Io ho amato il popolo più della mia vita, ed anche perciò ho sempre litigato con Te quando facevi scendere un male su di esso.

4. Ora sono diventato vecchio, debole e molto stanco, e perciò bramo ardentemente il riposo.

5. Il mio primogenito Kincàr è un uomo robusto ed ha il capo e il cuore al posto giusto; a lui io affido lo scettro, la corona e il trono, e con le mie mani depongo la mia maestà nel tempio, nelle sue mani! Fa pure altrettanto Tu, Signore!

6. Infatti, quello che io ora faccio, lo faccio non nel mio interesse, bensì nell’interesse Tuo e del Tuo popolo. Dunque, non vorrai di certo neppure Tu agire contro il Tuo proprio interesse?»

7. E il Signore disse a Dronel: «Ascolta: gli uomini si sono innalzati al di sopra di Me! Essi fanno ciò che vogliono e non vogliono affatto badare al Mio consiglio; perciò li lascio liberi!

8. Tu hai elevato al trono il tuo figlio secondo il tuo consiglio! Per conseguenza sia lui il re senza la benché minima obiezione da parte Mia, perché tu non hai mai ascoltato il Mio consiglio, dato che ritenevi di comprendere tutto, meglio di Me, il Creatore di tutte le cose!

9. Ma come Io ora lascio libero il popolo, così pure lascio libero il re ed anche i templi; e i Miei angeli e la Mia nuvola non dovranno mai abitarci!

10. Tuttavia, state bene attenti a come vi comporterete nel vostro stato di indipendenza assoluta!

11. Io d’ora innanzi non vi castigherò più, né vi punirò in qualche modo fino al tempo che è stato stabilito da Me.

12. Beati voi se vi troverò operosi nella Mia Volontà che ben conoscete; ma guai a voi se agirete al contrario!

13. Hanoch, tu giaci in profondità! Su di te si riverserà il primo flutto della Mia ira! Amen!»

14. Di tutto ciò Dronel tenne esattamente informato suo figlio Kincàr e contemporaneamente depose nelle sue mani il governo, ma anzitutto gli raccomandò rigorosamente di non imporre al popolo alcuna altra legge all’infuori di quella che il Signore aveva dato ad Ohlad.

15. E Kincàr giurò che avrebbe fatto così per il vivo Nome nel tempio.

16. Ma non appena egli lo ebbe giurato, lo Spirito del Signore si ritirò dal tempio, poiché Kincàr aveva fatto un giuramento falso, dato che era sua intenzione romperlo non appena suo padre Dronel fosse morto.

17. Dronel allora se ne andò al tempio, e dentro non vide che il nudo altare. E perciò si rattristò ed invocò il Signore, ma tutte le sue invocazioni giunsero ad orecchi sordi. Poi Dronel abbandonò il tempio e ritornò da Kincàr e gli riferì questo fatto.

18. Ma Kincàr gli rispose: «Tutta la natura è anch’essa un’opera di Dio! Se Egli non vuole più che onoriamo il Suo Nome, allora noi onoreremo le Sue opere! Una cosa, non vale forse quanto l’altra?»

19. E Dronel rese lode al figlio per questo e con ciò pose il fondamento sul quale poi sorse ogni idolatria.

 

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Cap. 192

Re Kincàr quale raccoglitore delle leggi di Dio e compilatore del libro ‘La Sacra Scrittura’

Un secndo libro da redigere: ‘La Storia Sacra di Dio’

28 dicembre 1843

1. Dopo un anno Kincàr si consigliò con suo padre Dronel e gli disse: «Padre, ascoltami; ora mi è venuto in mente un buon pensiero!

2. Vedi, Dio ci è diventato infedele senza un qualche motivo che possa riuscire comprensibile a noi, che pure non siamo degli sciocchi! Noi però non vogliamo ripagarLo con la stessa moneta, anzi vogliamo fare precisamente la cosa opposta, e perciò vogliamo restarGli fedeli, al punto che una fedeltà come la nostra Egli non l’avrà certo mai trovata presso e nelle Sue creature per tutto il tempo delle Sue eternità!

3. Per questo motivo io ho fatto raccogliere dappertutto, nel corso di quest’anno, le leggi di Dio e le ho trascritte formandone un libro!

4. Anzi, io ho perfino mandato dei messi sull’altura! Questi hanno incontrato lassù degli uomini vecchissimi; io ti dico: degli uomini che pare sul serio abbiano conosciuto personalmente il leggendario primo uomo della Terra! Anzi si dice addirittura che viva tuttora un certo vecchio che fu contemporaneo di quello stesso Lamec che ha edificato i due templi!

5. I messaggeri trovarono grande e profonda sapienza in questi abitanti delle montagne ed ottennero da loro un libro, traboccante di divina Sapienza, che pare sia stato compilato da un certo Enoch, uomo straordinariamente pio, che si dice che si trovasse in continua e visibile presenza di Dio in qualità di Suo gran sacerdote.

6. Vedi, io sono riuscito a venire in possesso di tali tesori veramente sacri, e qui nelle mani di questi portatori puoi vedere un libro lungo tre piedi, largo due e alto un piede, che consiste di cento robusti fogli di metallo; il metallo è una lega d’oro, argento e rame.

7. Vedi, tutti questi fogli sono completamente scritti con dei caratteri incisi con un bulino[30], e non c’è una sola parola che sia mia, bensì tutto quello che in qualsiasi luogo, sia nella pianura che sull’altura, ho potuto sapere di Dio, per quanto minima fosse la sua attinenza con una qualche legge, io l’ho interamente trascritto fedelmente in questo libro!

8. Tu sai che io adopero con molta scioltezza il bulino; e così è avvenuto che mi è stato possibile scrivere tutto questo libro nel giro di un anno.

9. Questo libro ormai pronto contiene dunque solo esclusivamente la Volontà di Dio per l’umanità della Terra; esso perciò è destinato a restare un eterno libro di governo, e conviene che mai vengano suggerite tra gli uomini altre leggi se non questa che sta scritta in questo libro!

10. Questo libro però noi lo deporremo nel tempio sull’altare ora vuoto con una grande cerimonia in onore di Dio, ed esso, quale pura Parola di Dio, dovrà prendere il posto del precedente santuario!

11. Ed io nominerò dei sacerdoti i quali dovranno studiare continuamente questo libro e poi dovranno istruire in ogni luogo il popolo a seconda di esso!

12. E il libro si chiamerà: La Sacra Scrittura (Sanah scritt) e La vostra salvezza (Seant ha vesta)”.

13. Chiunque però volesse togliere qualcosa dal libro, o aggiungervi arbitrariamente qualcosa, costui verrà immediatamente punito con la morte!

14. Ma io ho ancora in lavorazione un secondo libro, nel quale saranno annotate tutte le azioni di Dio e i Suoi sistemi di governo; e questo libro, per il quale Arbial, il lavoratore di metalli, tiene già pronti un migliaio di fogli, si chiamerà: La Storia Sacra di Dio (Seant hiast elli)! Che ne dici tu, padre, di questa mia impresa?»

15. E quando Dronel ebbe sentito tali cose da Kincàr, ne fu oltremodo lieto e disse:

16. «Davvero, tu in un anno hai già fatto per Dio più di me in cinquanta! Ma anche perciò Dio ti benedirà certamente, come Egli non benedì nemmeno Ohlad, il padre mio, perché né lui e neppure io ci curammo mai dell’altura!

17. Sia dunque resa ogni lode a Dio, il Signore, e a te, figlio mio dilettissimo e ora il re assolutamente più degno di un regno così grande!

18. Sia fatto tutto secondo la tua volontà, mio dilettissimo figlio e re! Amen!»

 

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Cap. 193

Kincàr pone sull’altare nel tempio il primo libro e nomina cento sacerdoti-scribi

L’auto elezione come divinità con centinaia di appellativi scritti su una striscia metallica

Il secondo libro pronto in dieci anni, e in altrettanti dieci inizia la decadenza spirituale di Hanoch

30 dicembre 1843

1. Queste espressioni di lode che lusingavano la sua vanità, resero quanto mai lieto Kincàr, e perciò già il giorno seguente con una grande cerimonia fece portare nel tempio il libro delle leggi da lui scritto e lo depose sull’altare.

2. Quando il libro fu così collocato sull’altare, Kincàr designò subito cento uomini tra i più intelligenti che erano presenti alla cerimonia del trasferimento del libro, e li nominò sacerdoti, prescrivendo loro perentoriamente di dedicarsi con tutta diligenza alla lettura e allo studio del libro per essere in grado di parlare sempre al cospetto del popolo degli argomenti là trattati secondo l’Ordine della Sapienza divina.

3. Egli poi, ovviamente, si autonominò gran sacerdote e, come tale, pretese anche un rispetto quasi divino.

4. “Governatore di Dio sulla Terra”, “Indagatore della Volontà divina per gli uomini della Terra” e “Indagatore della segreta Sapienza divina”, inoltre: “Potente di Dio” e “Figlio del Cielo”. Questi erano, con qualche altra perifrasi[31], i suoi titoli sacerdotali ben stabiliti.

5. Ugualmente a nessuno era lecito chiamarsi il primo dopo di lui, ma, al massimo e nel migliore dei casi, il centesimo, poiché egli accentrava in sé tutte le dignità dal numero uno al cento, e quindi non era sufficiente che lo si denominasse quale l’assolutamente più degno, ma bisognava considerarlo come il solo più degno e anche come il solo più savio, e come tale riverirlo dappertutto, e di fronte a lui bisognava considerarsi come i più indegni.

6. A dirla breve, la collocazione del libro nel tempio aveva fatto dare alquanto di volta al cervello a Kincàr, e quando appena nel giro di dieci anni egli fu pronto con la “Storia di Dio” ed ebbe fatto portare tale (secondo) libro nel tempio dentro ad una custodia d’oro, allora fu la fine completa!

7. Infatti i sacerdoti da lui nominati conoscevano ormai la sua debolezza, e andavano affibbiandogli continuamente titoli che nessuno si era mai potuto finora immaginare neanche per sogno.

8. E così il suo grande nome di gran sacerdote era scritto con piccolissimi segni su una ultralunga striscia di lamiera metallica lunga millecento braccia.

9. La striscia era da tenersi arrotolata e, in tale stato, essa pure veniva conservata e altamente venerata nel tempio.

10. In occasione di grandi solennità questa striscia veniva srotolata e stesa sul tempio a forma di spirale, e il grande nome là scritto veniva poi pronunciato dai cento sacerdoti in modo che a ciascuno di loro spettava la lettura di undici braccia dello scritto.

11. Inoltre, Kincàr aveva ancora diversi altri nomi un po’ più brevi che stavano scritti pure su delle strisce metalliche simili.

12. Questi nomi più brevi dovevano essere pronunciati una volta alla settimana, e per pronunciarli erano necessari tre giorni, mentre il “grande nome”, durante le grandi solennità, se andava bene ci voleva una settimana per leggerlo tutto, poiché la striscia metallica, lunga millecento braccia e larga uno, era piena zeppa, dal principio alla fine, di piccolissimi segni, come abbiamo già osservato.

13. Così stavano dunque le cose ad Hanoch già solo dopo vent’anni; quindi non sarà ormai più difficile comprendere come la città cominciasse a decadere a passi da gigante.

14. Ma il seguito ci mostrerà tutto questo nella luce più chiara.

 

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Cap. 194

La genialità inventiva del re Kincàr derivata dal suo zelo letterario

Il fiorire delle grandi invenzioni e delle arti ad Hanoch furono anche frutto del popolo

2 gennaio 1844

1. E dopo che Kincàr, a causa del suo zelo letterario, si trovò innalzato dal popolo fin oltre le stelle, egli cominciò a pensare intensamente a che cosa avrebbe dovuto fare ed inventare in avvenire per essere sempre più considerato e legittimamente onorato dal popolo.

2. Egli era di spirito quanto mai inventivo, ed essendosi dedicato alla compilazione dei due libri, aveva assimilato molta sapienza; e anche perciò gli fu facile produrre ogni tipo di cose e di inventare ogni tipo di arte.

3. Nel corso di pochi anni Hanoch pullulò di invenzioni e di arti di ogni genere, poiché lo zelo del re era di stimolo a tutti gli altri uomini. E tutti non facevano che meditare per arrivare ad inventare qualcosa di nuovo da deporre poi ai piedi del re.

4. Ad Hanoch, come pure nelle altre città, furono escogitate macchine di ogni specie immaginabile, delle quali i più tardi posteri non hanno neanche tuttora (1843) nessun concetto.

5. Vennero costruiti in particolare, trattori, motrici, catapulte, compressori, sollevatori, e con essi si attuarono cose di cui il mondo attuale non ha affatto nessun concetto, ed è anche molto meglio che non ce l’abbia.

6. Ad esempio, essi avevano delle catapulte, mediante le quali potevano gettare pesi di mille quintali a varie miglia di distanza con violenza spaventosissima; in questo, la parte principale era certo rappresentata dall’invenzione dell’elettricità legata che essi sapevano talmente intensificare da fare delle cose veramente spaventose.

7. Essi inventarono pure la polvere esplosiva e le armi da fuoco, la pergamena, la carta, e non era loro sconosciuta la violenza (di espansione) del vapore d’acqua che essi sapevano utilizzare in varie modalità.

8. In poche parole, in tutto ciò che il mondo attuale pur sempre possiede in fatto di invenzioni ed arti, Hanoch, come pure le altre città, era allora in anticipo di buoni mille anni, e tutto ciò in un tempo assai breve!

9. L’ottica, ad esempio, non appartiene esclusivamente a questo tempo: ad Hanoch venivano costruiti anche grandi strumenti ottici. Anche in fatto di aerostatica allora se ne intendevano molto meglio di voi adesso (1843). La musica veniva oltremodo coltivata; però essa era già in voga ai tempi di re Lamec.

10. Niente dava più gioia a Kincàr quanto una nuova invenzione; per tale ragione ad Hanoch c’era una pioggia giornaliera di nuove invenzioni e di perfezionamenti di quelle già inventate.

11. Venivano coltivate con uguale fervore anche le arti figurative; e così ben presto Hanoch venne ad assumere l’aspetto di un enorme palazzo incantato, e Kincàr da parte sua si considerava già quasi un dio, e a tale risultato contribuì, certamente più di tutti, suo padre che era ancora in vita.

12. E Kincàr diceva ad ogni istante: «Se noi onorassimo Dio nella Sua Essenza imperscrutabile, allora ci troveremmo ancora sul primo gradino della cultura, ma siccome Lo onoriamo invece nelle Sue opere, allora noi siamo già pressoché uguali a Dio, poiché anche noi siamo creatori, e di nobile specie!»

13. Ma quali ulteriori sviluppi ebbero le cose, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 195

Le enormi ricchezze di Hanoch e le sue pesanti conseguenze naturali

Japell successore Kincàr

L’arte della politica e le immorali leggi di Japell

3 gennaio 1844

1. Che in seguito a queste svariate e numerosissime invenzioni risultasse quanto mai favorito il commercio con i popoli esteri, non c’è bisogno di dirlo; ma che poi, naturalmente, la città di Hanoch ne venisse straordinariamente arricchita di beni terreni, anche questo sarà facilmente comprensibile per chiunque.

2. Quali conseguenze ebbe però questa grande ricchezza, ciò non dovrebbe essere così facile (difficile?) da indovinare e da enunciare come lo è stato in precedenza.

3. Ma quali conseguenze ha generalmente la ricchezza? Ebbene, questo lo vedremo adesso!

4. Le conseguenze naturali della ricchezza sono: brama di dominio, insensibilità verso i poveri e i bisognosi, lo stimolo sempre più potente alla soddisfazione sensuale della carne, che si chiama lussuria, e ugualmente anche l’usura, l’avarizia, l’invidia, l’odio, l’ira, totale dimenticanza di Dio, la gola, la crapula, l’idolatria, il furto, la rapina e l’omicidio.

5. Apparvero queste conseguenze anche ad Hanoch? Ebbene, finché Kincàr visse e regnò, questi vizi restarono ancora velati, ma dopo un regno di quarantatre anni, quando Kincàr trovò una morte violenta mentre era affaccendato con le sue macchine e il governo passò a suo figlio Japell, allora ben presto tutto cominciò ad andare a catafascio.

6. Tnto quanto suo padre era colmo di un attivo spirito inventivo, tanto Japell era un portento politico. E non c’è niente che un politico raffinato non sappia volgere ai suoi scopi!

7. Egli, cioè Japell, tollerava perciò, tutto, certo però sotto particolari leggi. Così sotto di lui si poteva rubare; però solo fino ad un certo importo! Tuttavia, rubando, era necessario procedere con molta astuzia, perché se il ladro si lasciava sorprendere, allora al derubato spettava il diritto di infliggere la punizione e poteva punire il ladro a suo piacimento.

8. Questa legge fu perfettamente idonea per formare, in breve tempo, i ladri più raffinati, ma contemporaneamente anche per mantenere costantemente desto il senso di vigilanza negli abitanti delle città come pure delle campagne; era però comminata la pena di morte in quei casi nei quali un ladro si fosse azzardato a mettere le mani sulla ricchezza dei sacerdoti, dei funzionari dello stato e addirittura sul tesoro del re.

9. In tali circostanze anche il brigantaggio era legalmente permesso; solo che il derubato aveva il proprio diritto di difesa. Il brigante era sempre tenuto a versare alla cassa dello stato la terza parte del bottino, altrimenti sarebbe stato dichiarato decaduto per sempre dal suo diritto di brigantaggio. Infatti il brigante era proscritto dal re stesso, e in virtù di tale proscrizione[32], egli era in un certo qual modo, dell’aristocrazia. Allo stesso modo di come, nei primi tempi dopo la Mia nascita, lo erano i cavalieri briganti; i ladri invece non erano proscritti, e per questo motivo ognuno aveva il diritto di rubare.

10. Questo re emanò inoltre anche una legge grazie alla quale tutte le ragazze del ceto borghese erano libere. Ciascun uomo aveva per conseguenza il diritto di accoppiarsi con la figlia di un borghese dove e quando gli fosse piaciuto. Tuttavia il padre aveva il diritto di comprarsi una nobiltà annuale; allora sua figlia era tutelata, però solo per un anno! Scaduto questo termine, lei ridiventava libera, e se il padre voleva che fosse ancora tutelata, doveva comperarsi una nuova nobiltà. Questo monopolio fruttava somme enormi al re.

11. Chi si fosse comprato la piccola nobiltà per dieci anni di seguito, costui all’undicesimo poteva aspirare alla grande nobiltà; però questa costava dieci volte tanto la piccola.

12. Chi voleva parlare con il re, doveva esprimersi in maniera concisa, perché solo dieci parole venivano accordate gratis; una parola in più bastava per far sì che ogni parola, a cominciare dall’undicesima, dovesse essere pagata con una libbra (560 g) d’oro.

13. Ma come Japell seppe impadronirsi della ricchezza, questo lo vedremo più dettagliatamente in seguito.

 

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Cap. 196

Le scuole pubbliche e i teatri ad Hanoch – Il sistema di spionaggio del re Japell

Rendere stupido un popolo e tenerlo oppresso con danze, musica e rappresentazioni estetiche

L’apparente cura dei poveri e degli ammalati a scopo politico – Amore e politica quali poli opposti

4 gennaio 1844

1. Ad Hanoch, già dai tempi di Ohlad c’erano scuole pubbliche che suo figlio Dronel perfezionò molto e che Kincàr ampliò molto ed estese ad altre città.

2. Ma Japell fece erigere in aggiunta ancora parecchie centinaia di licei di ogni specie, dove venivano insegnate pubblicamente le arti più varie, come ad esempio la danza, la musica, la scultura, la pittura, il nuoto, il volo con mezzi aerostatici, il cavalcare i cavalli, gli asini, i cammelli e gli elefanti; la scherma, il tiro con l’arco e poi anche il tiro con il fucile inventato da Kincàr.

3. Per tutte queste arti e discipline che abbiamo nominato, e per moltissime altre ancora, Japell aveva istituito delle scuole e stabilito degli insegnanti in tutti i luoghi del suo grande regno. Da queste scuole uscirono ben presto degli intrattenitori del popolo di ogni specie, i quali cominciarono ad esibirsi davanti al popolo nei vari teatri a pagamento; tuttavia, dei denari incassati essi dovevano sempre versare una terza parte alla cassa dello stato, e questo perché il re aveva fatto erigere dal popolo gli istituti utili di questa specie nei quali venivano insegnate simili arti, e così aveva procurato alla gioventù l’occasione di apprendere molte cose utili, ma per questo apprendimento la gioventù studiosa a sua volta doveva certo pagare i propri maestri.

4. Con questo mezzo altre grosse somme affluivano a Japell, e dal lato politico egli ci guadagnò, perché il popolo, abbagliato da questi spettacoli che si rinnovavano sempre, si dimenticava dell’oppressione ed anzi portava il re in palmo di mano.

5. Infatti, per rendere un popolo il più stupido possibile e insensibile contro ogni oppressione, non c’è mezzo più efficace di quello degli spettacoli e delle cerimonie di mille specie. Con ciò viene destata la voglia di curiosare nel più esteriore, attraverso cui l’uomo torna ad affondare nello stato puramente bestiale, e poi sta davanti al mondo come una stupida mucca sta davanti ad un nuovo portone.

6. Dunque, questi furono altri frutti molto succosi dell’eccellente politica di Japell.

7. Certamente ad Hanoch, come pure nelle altre città e località, c’erano ancora parecchi sobri pensatori che non avevano ancora dimenticato la Mia Parola, ma questi, in primo luogo non potevano parlare, perché Japell aveva provvisto per bene il paese di spioni, e in secondo luogo però finivano essi stessi col provare diletto in tutta quella varietà di produzioni artistiche davvero sviluppatissime, ed essi stessi non finivano mai di dire come questo e quello facesse veramente onore all’intelletto umano.

8. Tra tutte le arti, quelle che avevano maggiore influenza sul popolo erano la danza, la musica e del tutto particolarmente le cosiddette rappresentazioni estetiche.

9. Queste rappresentazioni estetiche consistevano nel fatto che le più belle ragazze e anche i più bei giovani si presentavano, con ogni tipo di costumi provocanti e nelle pose più seducenti, su uno splendido palcoscenico, e ciò naturalmente con l’accompagnamento della musica.

10. Dopo ogni rappresentazione i giovani artisti di entrambi i sessi rimanevano a disposizione dei libidinosi spettatori, certamente per notevole denaro, e precisamente i giovani per le donne libidinose, e le ragazze per gli uomini libidinosi.

11. Questo istituto dell’arte rendeva al re ingenti somme e contribuiva all’istupidimento del popolo più di qualsiasi altra cosa.

12. Quello però che serviva particolarmente a mantenere il favore del popolo a Japell, era che egli provvedeva ai poveri erigendo ospedali ed asili nei quali essi venivano ricoverati, in modo che in nessun luogo si vedevano mendicanti, bensì solo il benessere.

13. Ma il fatto che ai poveri dentro gli ospedali non si provvedesse proprio nel migliore dei modi e che dovessero lavorare, se erano in grado di farlo, per guadagnarsi il trattamento alquanto magro che veniva loro offerto all’interno degli ospedali, questo lo si può certamente arguire considerando che tali istituzioni erano, tutte e senza eccezione, solamente frutti della politica di Japell. Infatti, amore e politica sono i poli più opposti, poiché l’amore appartiene al Cielo supremo, mentre invece la politica appartiene all’inferno più basso, qualora essa abbia per fondamento l’avidità e la brama di dominio.

14. Ma tutto quello che Japell fece ancora, lo vedremo da quanto seguirà!

 

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Cap. 197

La mania di conquista del re Japell

L’astuzia sacerdotale per il dominio dei popoli

Solo Noè e i suoi rimangono fedeli al Signore

L’istituzione delle caste

5 gennaio 1844

1. Ora avvenne che lo spirito di Japell scoprì ben presto che sulla Terra esistevano ancora varie popolazioni che non gli erano sottomesse. Perciò non passò molto tempo che chiamò a consulto i suoi ministri e sacerdoti per vedere come sarebbe stato possibile sottomettere questi popoli con la minor fatica possibile.

2. I ministri consigliarono l’utilizzo delle forze militari, ma i sacerdoti, invece, con assoluta astuzia, consigliarono l’invio di emissari a quei popoli.

3. «Tali inviati», dissero i sacerdoti, «dovrebbero predicare a quei popoli i grandi vantaggi offerti dalla città di Hanoch, ed essi poi dovrebbero convincere ciascun popolo a mandare qui degli ambasciatori in via del tutto amichevole! Noi li accoglieremo nella maniera più cortese possibile e mostreremo loro tutte le nostre invenzioni e i prodotti della nostra arte, e quando avranno imparato ad apprezzare a dovere i nostri vantaggi, noi li inviteremo e diremo loro di annettersi al nostro stato, e diremo loro che, una volta che questo sarà accaduto, essi diventeranno un solo popolo con noi e conseguentemente potranno fruire di tutti i nostri vantaggi!

4. Quando poi questi ambasciatori faranno ritorno ai loro popoli e racconteranno tutti i vantaggi prodigiosi di Hanoch, certo non vi sarà in nessun luogo un solo popolo che non vorrà unirsi subito a noi e che non vorrà riconoscere la nostra sovranità!

5. Sarebbe solo da augurarsi che questi ambasciatori non scoprissero presso di noi nessun lato oscuro! Ora, questo lato oscuro consiste per lo più nel libero furto e nel diritto al brigantaggio. Queste due particolarità dovrebbero all’inizio essere completamente abolite di fronte agli stranieri, altrimenti essi ne rimarranno intimoriti già sulla via e poi torneranno sui loro passi maledicendoci!»

6. Questo sottile consiglio dei sacerdoti piacque molto al re, che lo mise immediatamente in pratica.

7. In breve tempo furono inviati un migliaio di emissari con delle carovane in tutte le direzioni, allo scopo di cercare tutti i popoli che vivevano nascosti per annunciare la lieta notizia da parte di Hanoch a quelli che essi avessero trovato.

8. I più facili da trovare furono gli abitanti delle alture, e precisamente in primo luogo i figli di Dio, poi gli Horadaliti e, oltre a questi, ancora una quantità di altre popolazioni.

9. Solamente i Sihiniti, i Meduhediti e i Cainiti, come pure i discendenti dei consiglieri emigrati in Egitto ai tempi di Ohlad, non furono trovati.

10. Con la gentilezza estremamente cortese e la raffinata eloquenza degli inviati, i quali per lo più non erano altro che prestigiatori e che contemporaneamente si esibivano nelle loro svariatissime arti dinanzi ai popoli in cui si erano imbattuti, dopo non molto tempo tutte quelle popolazioni furono conquistate a favore di Hanoch.

11. Perfino i figli delle alture si lasciarono convincere, ad eccezione della casa di Lamech, che morì precisamente in quell’epoca in cui la città di Hanoch aveva inviato dappertutto questi “lodevoli” inviati. E così avvenne che soltanto Noè con i suoi tre fratelli, cinque sorelle e sua moglie, che era una figlia di Mutaele e di Purista, e con i suoi cinque figli, fu l’unico che non si lasciò abbagliare dagli “apostoli” di Hanoch, bensì restò interamente fedele al Signore.

12. Japell intanto era rimasto immensamente soddisfatto di una simile vittoria; e siccome erano stati i sacerdoti a dargli un tale giudizioso consiglio, allora egli concesse loro il privilegio della totale libertà (d’azione) e inoltre diede loro l’assicurazione impegnativa che tanto lui, quanto ognuno dei suoi successori, si sarebbe sempre conformato alle loro disposizioni.

13. In quello stesso anno i sacerdoti istituirono le caste, e tutto il popolo fu diviso in determinate classi, in cui ciascun individuo doveva, pena la morte, rimanere finché non si fosse riscattato con il denaro.

14. Così venne stabilita una casta degli schiavi con il nome di “animali da soma umani”, una casta militare, una casta borghese, una casta nobiliare, una casta degli artisti, una casta sacerdotale e varie altre ancora.

15. La più numerosa era la casta degli schiavi. E perché? Il perché lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 198

La casta sacerdotale detta legge nella città di Hanoch

L’incredibile sfruttamento degli schiavi dopo soli vent’anni dall’istituzione della prima casta

Hanoch è un inferno per la misera umanità

8 gennaio 1844

1. A Japell non piaceva di certo la potenza sempre crescente dei sacerdoti, perché ormai vedeva che, a causa dei privilegi che egli era stato obbligato a concedere loro, era costretto a ballare così come i sacerdoti suonavano. Ma che cosa poteva fare?

2. Da un lato, i sacerdoti si erano ormai troppo insinuati nella coscienza della gente più bassa, e dall’altro lato essi avevano saputo porre sugli altari la nobiltà che ci vedeva più chiaro e con tanta più abilità, che al re non era più possibile reagire contro l’attività dei sacerdoti, né avvalendosi della forza della massa del popolo, né facendo ricorso all’autorità della nobiltà, perché sia il popolo di bassa condizione che la nobiltà, tendeva troppo dalla parte dei sacerdoti, mentre il re non aveva né l’uno, né l’altra dalla sua.

3. Ma come si comportarono i sacerdoti per arrivare ad un simile grado di considerazione?

4. I sacerdoti andavano sempre più consolidando il sistema delle caste, introdotto un tempo con l’autorizzazione del re.

5. Finché nelle loro casse ben ampie si trovò ancora spazio per accumularvi i tesori, fu certo possibile, con il denaro, elevarsi ad una casta superiore.

6. Ma quando i sacerdoti ebbero oro a sazietà e in quantità tale da non potersi più contare, allora furono emanate ordinanze sulle caste del tutto differenti, e queste consistettero in ciò che segue:

7. Fu ancora possibile il riscatto, soltanto per passare dalla casta degli schiavi a quella della bassa borghesia; invece qualsiasi altra casta venne così rigorosamente limitata che a nessuno fu più possibile essere ammesso ad una casta superiore, neppure se avesse offerto tutti i tesori del mondo.

8. Particolarmente irraggiungibile per chiunque rimase la casta dei sacerdoti, i quali si circondarono di grandissimo mistero, poiché essi non permettevano ormai più neanche a Satana di penetrare con l’occhio dentro alle loro trame. Essi sapevano mettere a punto i loro piani con tanta astuzia e con trame così raffinate, che non era assolutamente possibile a nessuno vederci un po’ chiaro, né arrivare neanche alla lontana a farsi un’idea di che cosa stessero tramando.

9. Perciò anche il re si era fatto così diffidente verso la classe dei sacerdoti, che finì con l’appartarsi del tutto e col rifiutare di ammettere chiunque alla sua presenza.

10. Ma questa era appunto un’acqua buona per il mulino dei sacerdoti, perché solo in questo modo la loro signoria risultava completa.

11. Da parte dei sacerdoti cominciò ad essere promulgata al popolo una legge dopo l’altra, come se fosse stata emanata dal re, mentre il re non ne era a conoscenza nemmeno di una sillaba. E una dopo l’altra le catene venivano forgiate intorno alla casta degli schiavi.

12. Ma quando questi schiavi cominciarono a lamentarsi troppo forte, allora per rigidissima penitenza venne loro proibito, da parte dei sacerdoti stessi, perfino di parlare, pena la morte. Venne anche estremamente limitata la possibilità del riscatto per il passaggio alla bassa casta della borghesia; viceversa però ogni piccolo borghese, anche per mancanze del tutto insignificanti, poteva essere condannato alla casta degli schiavi, e ciò perché, in questo caso, c’era la confisca di ogni suo avere a vantaggio dei sacerdoti.

13. Ma come viveva la casta degli schiavi? Ebbene, viveva precisamente come il bestiame!

14. La nobiltà e l’alta borghesia acquistavano dai sacerdoti gli schiavi (naturalmente del tutto nudi, perché ad uno schiavo non era lecito indossare vestiti) e per loro costruivano delle stalle come per il bestiame.

15. A questi schiavi si applicava intorno ai fianchi un anello di metallo dal quale pendeva una catena solidissima che veniva fissata alla mangiatoia, e non venivano sciolti che quando erano inviati al lavoro.

16. Sul numero degli schiavi (in proprio possesso) era basata la considerazione di cui godeva la nobiltà e l’alta borghesia; perciò anche la classe degli schiavi aumentava.

17. Ciascun nobile e ciascun alto borghese non cercava altro che di acquistare quanti più schiavi poteva, e i sacerdoti non avevano niente da fare con più zelo che fare sempre più schiavi.

18. Ma per raggiungere con la maggiore facilità possibile questo scopo, essi istituirono una specie di confessione ed inquisizione. Chi, per conseguenza, veniva chiamato a confessarsi, costui non sfuggiva più alla schiavitù.

19. Di più non è necessario dire. Vent’anni dopo la prima istituzione delle caste, Hanoch era diventata un inferno per la misera umanità.

 

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Cap. 199

La casta sacerdotale esige che il successore del re sia il suo primogenito malato, storpio e scemo

Il re Japell muore di dispiacere – L’essenza della politica equivale all’inferno

Il  nuovo re di facciata – Il secondo figlio di Japell si rifugia presso Noè sull’altura

9 gennaio 1844

1. Japell morì di pena nel venticinquesimo anno del suo regno, poiché era sua intenzione far salire sul trono il suo secondo figlio, dato che il primogenito era un essere debole, malato, del tutto storpio e scemo.

2. I sacerdoti si rifiutarono energicamente di accettare una tale decisione, e dissero: «Il regno poggia sulla primogenitura, e non sull’attitudine e sulla capacità a regnare!

3. Se la grande Divinità e tutte le altre piccole divinità avessero voluto che su Hanoch regnasse un re saggio, avrebbero fatto crescere saggio il primogenito, ma siccome esse hanno voluto per Hanoch un re debole, scemo e storpio, allora lo fecero anche nascere così, e neppure tu, re, quale padre, né noi sacerdoti, quali sacri e sempre fedeli servitori della grande Divinità, come delle piccole, abbiamo il diritto di disporre diversamente da come hanno disposto le divinità!

4. Noi sacerdoti, però, veniamo nominati da tutte le divinità appunto per far conoscere agli uomini la volontà di tutte le divinità e per fare in modo, con tutto il rigore possibile, che tutta l’umanità esegua tale volontà.

5. Ma tu pure non sei altro che un uomo, malgrado la tua corona regale, e perciò neppure tu puoi sottrarti alla nostra potenza sacerdotale che ci è stata conferita da tutte le divinità!

6. Noi possiamo benedirti, ma possiamo anche maledirti con piena potenza; ma se tu sei maledetto da noi, lo sei anche da parte di tutte le divinità!

7. Poni dunque la corona sul capo del tuo figlio primogenito, se non vuoi essere maledetto da noi, bensì benedetto!

8. Il tuo secondogenito invece, secondo il consiglio degli dèi, deve, o entrare nella nostra santa casta, oppure deve rinunciare al trono dinanzi a tutta l’umanità, pena la sua vita, e poi deve fuggire fino agli estremi confini del nostro regno!

9. Ma se egli si rifiuterà di fare l’una cosa o l’altra, che sia maledetto, e verrà pubblicamente strangolato in presenza di tutto il popolo!»

10. Questa notifica da parte dei sacerdoti riempì di profondissimo pena l’animo di Japell, al punto che egli si ammalò gravemente e poco dopo anche morì senza lasciare alcuna disposizione.

11. La sua sorte fu dunque uguale a quella di tutti i politici, i quali finiscono sempre col trovare la loro rovina in quella stessa sottile rete che essi hanno teso agli altri.

12. Infatti la politica è il frutto della diffidenza; la diffidenza è il frutto di un cuore guasto, e il cuore guasto è un’opera di Satana nella quale non c’è nessun amore. Perciò la politica è equivalente all’inferno, poiché l’inferno è composto dalla politica più scaltra, e Satana stesso è il grande maestro di ogni politica.

13. Japell era stato un portento di ogni politica e finì col diventare una vittima della politica stessa.

14. Quando egli morì, il suo figlio primogenito fu immediatamente innalzato al trono, certamente però soltanto in apparenza. E perché? Questo lo si può indovinare con tutta facilità!

15. Il secondogenito prese invece la fuga di nascosto, e con tre delle sue sorelle ed alcuni servitori si rifugiò direttamente sull’altura nella regione abitata precedentemente dai figli del Mezzogiorno, e là visse completamente nascosto per tre anni.

16. Solo dopo che furono trascorsi tre anni, fu scoperto dai figli di Noè. Questi riferirono la cosa a Noè, e costui andò e accolse il fuggiasco in casa sua e gli insegnò a riconoscere il vero Dio e gli fece apprendere il mestiere di carpentiere.

 

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Cap. 200

L’unico compito del nuovo re di facciata: condonare la vita agli stranieri

Il trattamento disumano riservato agli stranieri squattrinati che si avvicinavano alla città

10 gennaio 1844

1. Il popolo di Hanoch, non ebbe occasione di vedere il suo nuovo re, perché egli era stato rinchiuso nel suo palazzo subito dopo l’incoronazione, dove non aveva altro da fare che divorare le pietanze più saporite, darsi alla libidine e tutt’al più condonare ogni tanto la pena di morte a qualche forestiero, funzione questa che egli non ebbe mai occasione di esercitare nei confronti dai nativi, perché essi per lo più sapevano che cosa pensare del re.

2. Ma come avveniva il condono della pena di morte?

3. Lo straniero che secondo le nuove leggi si era reso meritevole di morte già per il fatto di essersi avvicinato per mille passi alla città di Hanoch senza aver denaro con sé, veniva immediatamente arrestato dagli sbirri e condotto dinanzi al severissimo tribunale dei sacerdoti, nel cui petto non si trovava nessun frammento d’amore neppure quant’è grande un atomo.

4. Costoro gli domandavano il motivo per il quale avesse osato avvicinarsi, senza denaro in tasca, alla santa città di Dio e di tutti gli dèi.

5. Se l’infelice inquisito rispondeva con una confessione sincera che egli era assolutamente povero e che era venuto nella grande città appunto con la speranza di trovarvi un aiuto, allora i sacerdoti gli dichiaravano che con ciò egli si era reso degno di morte; tuttavia dipendeva dal divino sovrano di quella città, come pure del mondo intero, volergli donare o no la vita.

6. Dopo di ciò, attraverso un passaggio sotterraneo, egli veniva condotto al cospetto del re da due sbirri e da due sottosacerdoti. Giunto davanti al trono del re, egli doveva prostrarsi con la faccia a terra senza pronunciare una parola.

7. In tali occasioni però il re già sapeva macchinalmente quello che doveva fare. Dopo qualche istante cioè egli doveva alzarsi dal trono e poi maledire per tre volte la povertà, e infine col piede sinistro doveva pestare per tre volte il capo del muto invocatore della grazia, e lo faceva così brutalmente che a cerimonia finita a quest’ultimo non di rado il sangue colava giù dalla bocca e dal naso. E questo atto era dunque la felice liberazione dalla pena di morte.

8. In tal modo il graziato veniva poi ricondotto, per la stessa via, dinanzi al tribunale dei sacerdoti con il volto insanguinato. Costoro allora lodavano – proforma, ben si intende – la bontà immensa dell’onnipotente sovrano di tutto il mondo, e dicevano poi al graziato:

9. «Siccome a te, miserabilissima bestia da soma, è stata concessa da parte del grande ed onnipotente sovrano di questa città, come pure del mondo intero, tale immensa grazia, è ora tuo coscienziosissimo dovere, per gratitudine, servire per tre interi anni in questa sacra città come una vera bestia da tiro e da soma! Dunque, tu sarai venduto per tre anni al maggiore offerente, e il ricavato rappresenterà un minimo sacrificio di grazie da parte della tua massima bassezza, per l’infinita grazia ottenuta dal re!»

10. Dopo questa consolante conclusione, venivano presto mandati dappertutto dei messi a caccia di compratori dell’alta borghesia. E quando questi si facevano avanti, come sempre accadeva, lo straniero veniva subito ceduto al migliore offerente e riceveva le opportune istruzioni riguardo al come avrebbe dovuto comportarsi nella sua qualità di bestia da soma.

11. Ora le istruzioni erano le seguenti: in caso di punizione, anche a sangue, una bestia da soma della sua specie non doveva mai dire una parola, né con i suoi simili, né con il suo alto padrone; poi non gli era concesso di essere mai ammalato, né egli doveva lamentarsi se stava male. Inoltre, la bestia da soma doveva essere soddisfatta del cibo che gli veniva dato e doveva essere instancabilmente attiva al lavoro assegnatogli, e se il padrone trovava motivo all’occasione di punirlo, egli tuttavia non doveva, pena la morte, ribellarsi, né mai piangere né lamentarsi. Infine, non gli era concesso portare alcuna veste, bensì doveva essere sempre nudo.

12. Dopo avergli notificato queste miti istruzioni, lo straniero veniva preso in consegna dal compratore e immediatamente messo in fila in una stalla, spesso brulicante di ratti e topi, in compagnia di altre bestie da soma.

13. Questa era comunemente la sorte riservata al povero che si fosse avvicinato alla città; soltanto chi era ricco poteva entrare in città dopo aver esibito il suo tesoro; però doveva stare molto attento a non essere rapinato o derubato.

14. Ma se qualcuno spinto dalla curiosità capitava di visitare la città e aveva troppo poco denaro od altri tesori, egli veniva spogliato di tutto e, sotto il pretesto di spionaggio, veniva bastonato a morte, oppure, nel caso di un uomo robusto, gli toccava in sorte di essere venduto senza grazia né pietà come bestia da soma.

15. Se una ragazza povera veniva acciuffata in tali circostanze, veniva subito venduta al migliore offerente come prostituta ed era costretta a lasciar fare di sé e con sé tutto quello che fosse piaciuto al compratore; se si rifiutava, allora vi veniva costretta con verghe acuminate.

16. In quel tempo la città di Hanoch si trovava proprio in tali condizioni, e in condizioni non molto migliori si trovavano anche le altre città e località sottomesse ad Hanoch!

17. Ma come si svolsero ulteriormente le cose, questo lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 201

L’invio di esploratori per sottomettere e sfruttare tutti gli altri popoli della Terra

Il censimento dei discendenti di Set e di Caino

                                  La pretesa di un enorme tributo    L’annuncio del Giudizio di Dio

11 gennaio 1844

1. Allora i sacerdoti decisero di spedire ancora una volta da Hanoch delle intere carovane in viaggio di esplorazione, allo scopo di cercare fin nelle più lontane regioni della Terra se non vi fosse ancora qualche popolo, oppure tesori adatti alle grandi casse dei potenti sacerdoti di Hanoch.

2. E nello stesso tempo essi mandarono anche degli esploratori di stirpi con l’incarico di censire con precisione in tutte le città e in ogni altra località chi era discendente di Caino e chi era un discendente di Set dall’altura.

3. [Infatti i sacerdoti, la nobiltà, come pure il re erano tutti discendenti di Set dall’altura che erano stati generati con le figlie della pianura].

4. Questo censimento durò cinque anni e ne risultò che nella pianura i discendenti di Set superavano numericamente di nove decimi quelli di Caino; dunque rimaneva appena un decimo di puri Cainiti che si trovavano sotto ai Sethiti.

5. La conseguenza di questo censimento fu che i cainiti furono tutti convocati e poi, senza tenere conto della loro differenza sociale tenuta fino ad allora, furono resi schiavi per sempre; e naturalmente tutti i loro beni furono confiscati a vantaggio dei sacerdoti.

6. Gli uomini ancora in forze divennero bestie da soma e le donne giovani e belle e le ragazze diventarono prostitute di un grande harem pubblico, dove ciascun uomo poteva servirsi dell’una o dell’altra dietro il pagamento di una determinata tassa, di cui una parte era devoluta al mantenimento dell’harem, mentre un’altra parte andava a beneficio del tesoro sacerdotale. I vecchi e i deboli invece, sia uomini che donne, furono tutti sterminati.

7. Il frutto di questo censimento fu dunque molto abbondante; invece il frutto delle esplorazioni per mezzo di carovane mandate in cerca di nuovi paesi, popoli e tesori, non fu affatto così favorevole.

8. Le carovane trovarono certo i Sihiniti, i Meduhiti, nonché in Africa i discendenti già numerosi dei consiglieri che erano emigrati, ma dappertutto venne loro fatta una cattiva accoglienza, perché i membri delle carovane dovettero o rimanere là dove erano capitati per essere adibiti ai più bassi lavori, o, in caso diverso, il destino loro riservato fu la morte.

9. Durante il viaggio di ritorno, attraverso l’altura, una piccola carovana di cento uomini, per sua mala sorte, giunse alla dimora di Noè, dal quale i cento inviati pretesero che pagasse un grosso tributo, dicendo così:

10. «Tu dimori distante a mala pena ad una giornata di cammino dalla santa città di Dio e sei, senza alcun dubbio, soggetto ad essa e non hai ancora mai pagato nemmeno un quattrino di tributo! Paga dunque questo tributo almeno per cento anni calcolandolo sulla base di una libbra (560 g) d’oro per ogni anno, dunque in tutto cento libbre (56 kg) d’oro! Se tu non ci corrisponderai questa somma, sarai venduto con tutta la tua casa e ti verrà applicata al corpo la catena degli schiavi!»

11. A queste parole Noè alzò la sua mano ed esclamò: «O Tu, mio Dio, Tu, mio caro Padre santo! Vedi, ora il tuo servitore ha bisogno del Tuo aiuto; salvami dalle zampe di questi animali feroci!»

12. E Noè aveva a mala pena pronunciato queste parole, che un potente fulmine scoppiò nel mezzo della carovana degli hanociti che,– come già detto – solo durante il loro viaggio di ritorno dalle regioni dell’attuale Europa allora ancora deserte, avevano rintracciato la casa di Noè, e il fulmine uccise tre uomini della carovana.

13. Allora Noè domandò ai rimanenti della carovana alquanto atterriti: «Persistete ancora nella vostra pretesa assolutamente ingiusta?»

14. Ed essi risposero affermativamente tra terribili urla.

15. Allora Noè alzò di nuovo la sua mano, e dieci fulmini furono scagliati sulla carovana e uccisero trenta uomini ed altrettanti cammelli.

16. E Noè domandò di nuovo a quelli che erano rimasti in vita: «Persistete ancora nella vostra pretesa?»

17. E ad eccezione di dieci uomini, tutti confermarono la loro pretesa.

18. E allora Noè, del tutto eccitato, batté col piede sul terreno, e questo si aprì ed inghiottì tutti, i già morti e quelli ancora in vita, all’infuori dei dieci che non avevano più rinnovato la loro pretesa.

19. Grande fu dunque lo spavento dei dieci rimasti, ed essi invocarono da Noè clemenza e grazia!

20. E allora Noè disse: «Andate e riferite a tutti i diavoli della pianura quello di cui foste qui testimoni e dite loro: “La misura degli orrori è colma! Il Signore ha deciso di mandare il Giudizio sopra tutto il loro mondo! Ancora un breve tempo, e coloro che vi hanno mandato a me non vi saranno più e non esisterà più né il loro intero regno né il popolo; io pagherò loro il tributo con il Giudizio di Dio! Amen!»

21. Udito questo, i dieci fuggirono via di là!

22. Quello che avvenne dopo di ciò ce lo dirà il seguito!

 

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Cap. 202

Il ritorno ad Hanoch dei dieci inviati, il loro interrogatorio e il loro astuto rapporto di viaggio

13 gennaio 1844

1. Ma quando questi dieci fuggitivi, giunti alla pianura, si trovarono vicini alla città di Hanoch, venne loro incontro, come al solito, un’intera schiera di sbirri e di servitori armati che domandarono loro da dove venissero, che intenzioni avessero e quanti tesori portassero con loro.

2. E i dieci risposero: «Noi siamo degli inviati di questa città e ritorniamo da un viaggio di esplorazione che dovemmo intraprendere circa cinque anni fa! Abbiamo fatto una scoperta quanto mai importante che dobbiamo comunicare ai sacerdoti; lasciateci dunque proseguire senza impedimenti se non volete essere venduti domani come bestie da soma!

3. Ma come voi vedete, i nostri dieci cammelli sono carichi di considerevoli tesori; per conseguenza farete bene se ci darete una scorta fidata da qui alla residenza dei sacerdoti, poiché quello che portano i cammelli è di proprietà dei sacerdoti. Noi, dal canto nostro, il nostro oro lo abbiamo nelle tasche delle nostre vesti. Andiamo dunque e proteggeteci dai briganti e dai ladri, e voi da parte nostra riceverete lode al cospetto dei potenti sacerdoti!»

4. A tali parole gli sbirri e i servitori armati si ammansirono ed accompagnarono i dieci inviati dai sacerdoti.

5. Quando poi i dieci si trovarono alla presenza dei sacerdoti, iniziò subito un severo esame anzitutto allo scopo di constatare quali e quanti fossero i tesori che i cammelli portavano sulla loro groppa.

6. E dopo che si constatò che i tesori erano di grande valore, gli inviati dovettero lasciare perquisire le loro tasche perché si potesse verificare se possedevano veramente tanto quanto occorreva per restare liberi dalla schiavitù.

7. E fu trovato che essi possedevano tre volte tanto quanto necessitava per essere liberi dalla schiavitù. Perciò dovettero lasciarsi alleggerire di due terzi della somma che apparteneva loro, poiché nel frattempo era stata emanata una legge, secondo la quale a ciascun piccolo borghese era concesso di possedere soltanto quel tanto di oro che bastava semplicemente per restare liberi dalla schiavitù. Dato che quegli inviati appartenevano appunto al ceto della piccola borghesia, e questa legge fu applicata anche nei loro confronti.

8. Solo dopo questo minuzioso esame fu chiesto loro quante e quali scoperte avessero fatto.

9. E uno dei dieci, che era buon oratore e non affatto inesperto di politica, rispose:

10. «Servitori quanto mai possenti di tutti gli dèi e fedeli custodi dei libri di Kincàr, noi abbiamo visto paesi nei quali ci sono delle montagne d’oro, ma non c’è anima vivente che vi dimori. Però questo è il meno!

11. Noi abbiamo trovato fiumi e ruscelli dove scorre vino, latte e miele, e dei boschi nei quali crescono le mele già cotte! Ma questo non è ancora il più!

12. Infatti noi abbiamo trovato la via che conduce alle stelle, e là ci siamo imbattuti in vergini così infinitamente belle, che a contemplarle noi smarrimmo l’udito e la vista. Ma pure neanche questa è la cosa più grande!

13. Nelle vicinanze della via che conduce alle stelle abbiamo trovato degli uomini tanto spaventosamente grandi che, se uno solo venisse qui, con un passo schiaccerebbe con la massima facilità tutta intera la nostra città! Però neanche questo è ancora il massimo!

14. Ascoltate! Ad appena una scarsa giornata di cammino da qui, su una montagna, dimora un uomo vecchissimo! Tutto il paese all’intorno ci è già da lungo tempo sottomesso, ma non la casa e la famiglia di quest’uomo! Egli non ci ha mai pagato un solo quattrino!

15. Noi lo abbiamo trovato e lo abbiamo obbligato a pagarci il tributo già da lungo arretrato.

16. Però, o sciagura, quest’uomo è certamente un dio! Quando noi insistemmo sulla nostra pretesa, egli alzò la sua mano e immediatamente mille fulmini piombarono su di noi uccidendo tutto! Poi egli batté col piede sul terreno e questo si aprì ed inghiottì tutti gli uccisi assieme ai cammelli e ai tesori di valore inestimabile.

17. Allora noi prendemmo la fuga, e il terribile uomo ci gridò dietro: “Raccontatelo ai diavoli nella pianura!”

18. Potentissimi e sommi servitori di tutti gli dèi! Questo è il nostro risultato dalla A alla Z; fatene voi quello che volete, ma lasciate però che noi ce ne ritorniamo alle nostre case!»

 

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Cap. 203

Trattative tra i sacerdoti e i dieci inviati annessi alla casta sacerdotale

a condizione che tentino di convincere Noè a mettersi dalla parte dei sacerdoti

15 gennaio 1844

1. I sacerdoti dissero: «Se le cose stanno veramente come voi asserite, avete fatto – specialmente con il ritrovamento delle montagne d’oro – una scoperta straordinariamente importante, purché certo la via che vi conduce non sia troppo lunga e le difficoltà per arrivarvi non siano troppo grandi! E se magari quei giganti non hanno il dominio di queste montagne?

2. Tuttavia, per quanto riguarda il vecchio uomo sull’altura, lasciamolo stare com’è se non siamo in grado di catturarlo con l’astuzia, perché con una simile razza di maghi è meglio non avere a che fare, né contro di loro si può intraprendere nulla, usando anche tutta la forza!

3. Nondimeno, vi giuriamo che sarete assunti al rango di sacerdoti, qualora riuscirete a guadagnare con qualche stratagemma questo mago alla nostra causa! Infatti egli potrebbe aiutarci molto facilmente a venire in possesso delle montagne d’oro per mezzo del suo potere magico, purché naturalmente egli possa affrontare anche quei giganti con la potenza degli elementi, come ha affrontato i vostri compagni in particolare, e purché sia perfettamente esatto quello che avete asserito di questo mago!

4. Infatti voi siete vecchie volpi! Può essere benissimo che i vostri compagni, dei quali raccontate che sono stati annientati da quel mago, se la siano svignata con gli immensi tesori per fondare in qualche regione della Terra un regno del tutto indipendente da noi! Ma allora, guai a voi qualora venissimo a scoprire che la verità è questa!»

5. Gli inviati però risposero: «Se fate dipendere la verità dall’esattezza delle nostre asserzioni dell’esistenza di questo semidio e dei fatti compiuti da lui contro i nostri compagni, allora non avete che da mandare subito da lui dei messi più fidati, oppure andateci voi stessi. E così, qualora le cose non vi dovessero risultare come ve le abbiamo riferite noi in tutta la loro triste e terribile realtà, potete farci flagellare con verghe roventi fino alla morte!

6. Ma siccome questo è vero ed è proprio questo che troverete, allora sarete in grado di valutare poi anche la veridicità delle nostre altre asserzioni! Noi però, di nostro, non vogliamo metterci più né un sì, né un no; ma andate pure voi ad esaminare le cose, e poi giudicate!»

7. Ma allora i sacerdoti, avendo udito gli inviati parlare in questo tono, dissero loro: «Dal vostro discorso ci siamo persuasi che quello che ci avete raccontato è vero, dalla prima all’ultima parola, ed anche perciò, in virtù della nostra plenipotenza e onnipotenza, vi nominiamo effettivi ambasciatori e vi innalziamo dal ceto piccolo borghese al medio borghese, e così siete autorizzati a portare delle armi con voi! Ma in compenso voi dovete provare a guadagnare per noi l’amicizia del mago, per poterci servire di lui!»

8. E i messaggeri osservarono: «Noi certo vogliamo fare tutto quello che sarà possibile, ma non possiamo garantire il successo, poiché così come quell’uomo ha annientato i nostri compagni con i fulmini e le voragini del terreno, altrettanto bene egli può farlo di noi tutti, se si accorge anche minimamente che noi tramiamo qualcosa contro di lui!

9. Come si metterebbero le cose se egli si mettesse a colpire con il suo piede il terreno in direzione di Hanoch e il terreno si aprisse sotto i nostri piedi e ci inghiottisse assieme alla città in un abisso senza fondo? Cosa succederebbe poi?

10. Perciò noi siamo dell’opinione che sarebbe senz’altro più consigliabile ignorare un tale individuo pericolosissimo, anziché andare un’altra volta in cerca di lui, dato che non possiamo sapere se e come gli è eventualmente possibile scrutare i nostri piani e quale contegno egli potrebbe allora assumere verso di noi!

11. Tuttavia, se voi insistete nella vostra richiesta, noi dobbiamo fare come volete, ma il successo non lo possiamo affatto garantire!»

12. E i sacerdoti risposero: «Sta bene, noi vi abbiamo compreso; la vostra opinione è buona! Fra tre giorni dunque noi ci raduneremo in un grande Consiglio, e si farà come verrà deliberato in questa occasione; voi però dovete essere presenti alla riunione e per questo motivo indosserete delle vesti sacerdotali e verrete annessi nella nostra casta!

13. Intanto ritornate alle vostre case; mettete tutte le vostre cose in ordine, e poi venite con mogli e figli qui alla sede del Consiglio!»

 

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Cap. 204

I dieci inviati complottano in segreto e deliberano di arrivare ad un buono scopo giocando d’astuzia

16 gennaio 1844

1. Quando però i dieci ebbero lasciato il collegio dei sacerdoti, diedero reciprocamente sfogo alla loro immensa meraviglia e dissero:

2. «Ora noi vediamo del tutto chiaro e sappiamo precisamente qual è il lato debole dei nostri sacerdoti! Il loro cielo, del quale vanno predicando a gran voce a tutto il popolo, è l’oro; e pur di poterlo arraffare, non esitano a ricorrere ai mezzi più straordinari!

3. Chi ha mai visto, da quando il clero ha accentrato a sé tutta la signoria e ogni potere, che qualcuno della casta piccolo borghese sia stato innalzato a quella suprema dei sacerdoti?

4. E adesso questa enorme fortuna è toccata proprio a noi! E perché dunque? Ebbene, perché noi ce la siamo cavata bene con delle menzogne, se escludiamo l’unica vera avventura sull’altura!

5. Noi però fiutiamo il saporito arrosto che ci attende là, dopo la nostra imminente elevazione alla dignità di sacerdoti! – Ma aspettate un po’ voi, volpi orlate d’oro, il vostro piano a nostro riguardo – che cioè quali cointeressati dobbiamo spianarvi la via alle montagne d’oro – sarà nostra cura farvelo diventare maledettamente rovente! Sicuramente già al primo passo dovrete ritirare i vostri piedi di diavoli! Ma allora sarà troppo tardi, perché noi faremo venire sopra di voi un mare di fiamme, e sarà affare vostro vedere come potrete tirarvene fuori!

6. Prima di infilarci le vesti sacerdotali, di certo dovremo fare i più tremendi giuramenti di fedeltà dinanzi a grandi cataste ardenti e a voragini sterminate, che essi hanno scavato sotto terra e riempito di serpenti e di altri rettili velenosi, ma questo non pregiudica affatto la nostra questione! Noi giureremo certo con la bocca, ma contemporaneamente malediremo nel petto, e così con noi la casta sacerdotale si sarà posta sul corpo un cancro tale, che nessun dio sarà capace di guarire!

7. Noi spianeremo di certo una via verso le montagne d’oro della nostra scaltrezza, e tutta la casta sacerdotale dovrà percorrerla, ma in fondo a questa via noi tenderemo loro un agguato, quali giganti della nostra ira e del nostro furore! E quando la formidabile schiera si avvicinerà a questo fondo rovente della via, allora un cenno – capite! – e i giganti sorgeranno con potenza invincibile e schiacceranno sotto i loro passi tutta questa nidiata!

8. E solo dopo mostreremo al popolo la via che conduce alle stelle, e noi lo condurremo in un paese dentro se stesso dove troverà le più splendide vergini della pura conoscenza, e in un paese dove nel vero entusiasmo per il genuino vero e buono scorrono vino e latte e miele!

9. E allora esso potrà anche trovare le mele arrostite sull’albero della vita e della pura e genuina conoscenza della vita stessa!

10. Così resti deciso! Ma sia maledetto chiunque di noi diventi un traditore! Infatti, ora la cosa sta in noi (attuarla), e secondo il nostro piano possiamo salvare da rovina sicura noi stessi e tutto il popolo. Perciò, siamo uno per tutti e tutti per uno, e la riuscita dell’opera è certa!

11. Se abbiamo potuto convincere i sacerdoti fino al punto da farci innalzare addirittura al loro rango, poi in un simile campo più libero sarà senza dubbio tanto più facile persuadere questi miserabili, così che di loro non resterà altro che al massimo un nome, tramandato dalla storia!

12. Questa cosa ora è decisa, e noi anche la metteremo in esecuzione con la massima puntualità e fedeltà! Amen tra di noi. Amen!»

13. Solo dopo questa congiura i dieci se ne andarono alle loro case e misero in ordine tutte le loro faccende, e poi si recarono al collegio dei sacerdoti insieme alle loro mogli e ai loro figli, per partecipare all’imminente riunione del gran Consiglio.

14. Ma quello che avvenne durante tale riunione, lo vedremo in seguito.

 

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Cap. 205

Prima del giuramento, i dieci vengono terribilmente spaventati

L’occulta promessa di vendicarsi

17 gennaio 1844

1. Cinquemila dei primi sacerdoti erano radunati nella grande sala aperta, la quale era costruita secondo la foggia di un anfiteatro, e stavano in attesa dei dieci inviati con grande desiderio e bramosia.

2. E quando questi, essi pure un po’ in ansiosa attesa di quello che avrebbe potuto accadere, si presentarono in questa sala aperta, furono subito circondati dai sacerdoti e fatti scendere immediatamente in un corridoio sotterraneo in fondo al quale si poteva vedere un grande fuoco.

3. Essi furono condotti sempre più vicino a questo fuoco e, arrivati ad una certa distanza, scorsero subito, come nel mezzo di potenti fiamme si trovasse una quantità di individui che apparivano roventi e urlanti.

4. In realtà il fuoco non era che un artificio, all’incirca simile a quello che viene usato oggigiorno nei teatri, dove su una ruota si fa girare un materiale sottile, trasparente e con fiamme dipinte; solamente, che qui ad Hanoch l’illusione era tanto più perfetta, in quanto, ad una data distanza, chiunque si sarebbe immaginato di trovarsi veramente di fronte ad un evidentissimo fuoco assai potente, che però certamente non emanava il benché minimo calore.

5. Quando però i nostri dieci inviati videro questo tremendo spettacolo, furono colti da una strana sensazione. Essi avrebbero voluto senz’altro domandare: «Che cos’è questo? Chi sono quelli là che urlano?»; sennonché, appena entrati, era stato intimato loro nel modo più pressante di tacere in modo assoluto, qualunque fosse stata la cosa che avrebbero potuto vedere, altrimenti per loro sarebbe stata finita!

6. Dal fuoco, poi, attraverso un altro corridoio, furono condotti davanti ad una vasca profonda circa quaranta klafter (76 m) che aveva una circonferenza di novanta (171 m), ed era provvista all’intorno di un parapetto.

7. I sacerdoti accesero qui dei fasci di paglia impeciata e li gettarono giù nel baratro; così vi venne fatta un po’ di luce dentro, e in fondo si poté vedere una quantità di rettili, nonché una quantità di scheletri rosicchiati, i quali però non si potevano distinguere con tanta precisione da stabilire se erano resti umani oppure di animali. In realtà erano resti di animali, e anche molto grandi, perché non sarebbe stato possibile vedere bene degli scheletri umani ad una profondità di quaranta klafter (76 m).

8. Infatti, qui poggiava tutto sull’inganno e quindi sul destare una grande paura. E così perfino i serpenti e gli altri rettili erano costruiti artificialmente e si muovevano per mezzo di un meccanismo, poiché quelli naturali non sarebbero stati visibili con troppa facilità ad una simile profondità, alla quale si poteva giungere attraverso una scala a chiocciola segreta ma molto ampia, da cui si metteva in moto il meccanismo per muovere i serpenti, i draghi e i coccodrilli.

9. Questa vasca era costruita sotto una grotta naturale, la cui considerevole spaziosità rendeva il baratro ancora più considerevole.

10. Se ora si considera queste due apparizioni ingannevoli presentate a dei profani, non sarà difficile comprendere come i nostri dieci messaggeri fossero colti da una paura terribile quando, davanti a questo baratro, dovettero giurare di accettare senza la benché minima obiezione qualsiasi disposizione data dai gran sacerdoti, se non volevano essere gettati ancora vivi o nel fuoco d’inferno oppure in questo baratro.

11. I dieci dunque, per paura, giurarono bensì con la bocca, ma con tanto maggior furore imprecarono nei loro petti e tra di loro dicevano: ‘Aspettate un po’ soltanto finché arriviamo all’aperto, e sarà nostra cura fare assaggiare a voi stessi questo vostro baratro e il vostro fuoco d’inferno’.

12. Finito il giuramento, i dieci furono ricondotti nella grande sala aperta e furono offerte loro delle vesti di sottosacerdote per essere indossate,, e solo dopo di questo ebbe inizio la grande consultazione.

 

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Cap. 206

La discussione tra i cinquemila gran sacerdoti avidi d’oro e i dieci astuti inviati

18 gennaio 1844

1. Nel mezzo della sala c’era una tribuna sopraelevata dal pavimento di circa sei braccia. Su di questa dovettero salire i dieci messaggeri in compagnia di dieci gran sacerdoti. Intorno a questa tribuna stavano in file serrate gli altri sacerdoti; naturalmente prima i gran sacerdoti e più indietro i sottosacerdoti in cerchi più ampi.

2. Allora uno dei gran sacerdoti che erano sulla tribuna venne davanti ai dieci e disse: «Voi sapete e noi tutti sappiamo pure quello che ci avete raccontato! Ora siete sacerdoti voi pure ed è perciò nel vostro interesse – altrettanto quanto lo è nel nostro – poterci impadronire delle montagne d’oro e a questo scopo aprire una via sicura fino a quei luoghi, costi quel che costi la cosa!

3. A voi soli è nota questa via; spetta dunque a voi, nell’interesse comune, realizzare questa impresa immensamente importante per il tesoro sacerdotale!

4. Se mediante il denaro e le buone parole, potete guadagnare a questa causa il famoso mago dell’altura, tanto meglio; ma se non riuscite a farlo, allora noi, in ogni caso, abbiamo a disposizione oltre due milioni di combattenti, nonché, essendovi necessità, oltre quattro milioni di schiavi che possiamo far combattere quando vogliamo. E come una massa di formiche può assalire e vincere perfino un leone, noi con la nostra preponderanza numerica di combattenti potremo pure affrontare e debellare i giganti che forse hanno in custodia quelle montagne d’oro!

5. Questa è la nostra opinione; ma adesso sentiamo anche qual è la vostra!»

6. E uno dei dieci si fece avanti e, in nome di tutti i suoi compagni, rispose:

7. «Il vostro piano, la vostra intenzione e il vostro consiglio, ora cari colleghi, sono certamente lodevoli, e noi, come cointeressati, non possiamo che lodare quanto avete esposto; tuttavia dubitiamo molto che ciò sarà così facilmente attuabile come ritenete voi!

8. Oltre a ciò, noi dieci, essendoci ieri consultati in proposito, ci siamo detti: “Ammettiamo il caso di riuscire a conquistare le mille enormi montagne d’oro che si elevano oltre il grande mare in un mondo del tutto sconosciuto. Ci si domanda: ma che vantaggio ne avremo noi? Non finirà l’immensa massa dell’oro conquistato, col ridurre appunto questo metallo nobile e prezioso allo stesso valore del fango delle strade?”

9. Si potrà anche rispondere: “Noi certamente tenteremo di impedire una cosa simile, e saremo anche in grado di impedire che, all’infuori di noi, qualcuno possa trovare la via alle montagne d’oro!”

10. “Ma come?”, domandiamo noi. “Ci trasporteremo noi, sacerdoti, fin là con i cammelli, ed impugneremo zappe e picconi aguzzi per staccare l’oro dalle ripide montagne, e trascineremo con noi il metallo per una strada lunga tre anni di viaggio?”

11. Ebbene, se ci accingiamo da soli a questa impresa, chiediamoci: “Che faccia faremmo se, per mala sorte, ci imbattessimo in un gigante che, oltre a toglierci via immediatamente tutto l’oro, potrebbe schiacciarci fra due dita come moscerini?”

12. Ma se, come veramente sarebbe necessario, noi andassimo con l’appoggio di grandi forze, ad esempio con un milione di combattenti, quando questi vedranno le montagne d’oro, non ci si scaglieranno immediatamente addosso e non ci ammazzeranno per entrare essi stessi in possesso di quelle montagne preziose?

13. Comunque si voglia procedere, cadremmo dalla padella alla brace! Assumendoci questa impresa, vuoteremo quasi completamente le nostre casse e, in compenso, non avremo alcun vantaggio; e anche se la cosa riuscisse, tutti i nostri tesori – come già osservato – finirebbero col non avere maggior valore del fango della strada.

14. Per conseguenza siamo dell’opinione che convenga rinunciare completamente a questa impresa e che ne dobbiamo invece iniziare qualche altra più vantaggiosa per noi! Naturalmente si tratta sempre di un consiglio che ci limitiamo a dare. Voi potete sempre fare quello che più vi aggrada, non essendo altro che i vostri servitori, pronti in ogni momento ad obbedirvi fedelmente!»

 

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Cap. 207

Ulteriore discussione tra i cinquemila gran sacerdoti e i dieci astutissimi esploratori

19 gennaio 1844

1. I gran sacerdoti allora osservarono: «Da questo vostro discorso noi vediamo benissimo che avete delle buone intenzioni riguardo ai nostri interessi comuni e che veramente avete molta esperienza delle cose del mondo, ma il fatto che ci teniate tanto a dissuaderci con parole logiche dal voler raggiungere quelle montagne dell’oro più per paura di addossarvi nuovamente i disagi e le fatiche che comporta il viaggio, che per vero e proprio timore dei giganti, questo risulta con evidenza già ai primi inizi del vostro discorso!

2. Poiché vedete, se quei giganti che vi hanno certamente visto dato che voi li avete veduti, fossero degli esseri tanto terribili, senza dubbio nessuno di voi sarebbe ritornato, come non è ritornato ancora nessuno delle altre carovane inviate contemporaneamente alla vostra, ciò che lascia supporre che a costoro sia capitato qualcosa di male in qualche luogo.

3. Voi invece, nonostante i terribili giganti, sareste arrivati qui di ritorno tutti sani e salvi perché avreste saputo comportarvi con un po’ più di prudenza di fronte al mago dell’altura!

4. Ecco, questa è la nostra opinione! Dunque, opponeteci, se lo potete, delle ragioni contrarie!»

5. E uno dei dieci disse: «Potenti e superiori compagni della nostra pochezza dinanzi a voi! Questa volta dovrete perdonarci già anticipatamente se dovremo ribattere queste vostre obiezioni, dato che dovremo dimostrarvi con franche e concise parole, come voi ci abbiate compreso male e non abbiate neanche lontanamente afferrato nella sua realtà il significato delle nostre parole!

6. Abbiamo forse asserito con tutta certezza che in questa impresa sarebbe inevitabile cadere nelle mani di quei giganti? Noi non abbiamo fatto altro che prospettare la probabile possibilità di un simile fatto, dato che questi terribili giganti dimorano precisamente dietro le montagne d’oro! Noi sì che li abbiamo visti dai nostri nascondigli, mentre essi non potevano affatto vederci, e fu allora che, di notte, caricammo l’oro sui nostri cammelli e poi ci allontanammo con il favore dell’oscurità e della nebbia.

7. Per una volta, dunque, siamo riusciti a cavarcela con la pelle intatta, e questo è accaduto certamente per la ragione che, con tutta probabilità, il nostro furto dell’oro era il primo che veniva compiuto su queste inestimabili montagne! Ma se ammettiamo, come senza dubbio sarà accaduto, che questa asportazione che fino ad oggi è stata la prima a danno di queste montagne, sia stata già scoperta dai giganti là posti a vigilanza, allora ci chidiamo se un secondo tentativo sarà esso pure coronato da successo!

8. Oppure, possiamo sapere se quei giganti non sono forse già sulle nostre tracce, e se adesso, mentre noi parliamo, non stanno già inseguendoci? Oppure se, per impedire simili tentativi, essi non hanno già eretto a quest’ora, intorno a quelle enormi montagne d’oro, un bastione tale, da dare le vertigini alle aquile che volessero superarlo a volo?

9. Oppure, se essi non hanno già tagliato ampiamente e profondamente quella stretta lingua di terra che congiunge questo mondo a quello, separando così i due mondi con un’acqua profonda che non ci sarà possibile guadare?

10. Vedete, a queste eventualità abbiamo voluto accennare parlando della pericolosa lotta con i giganti!

11. Ora chiedete a voi stessi se è così che voi ci avete compresi! Noi non contestiamo affatto la possibilità di arrivare ancora una volta alle montagne o almeno di giungerci vicino; d’altro canto però, voi pure dovete ammettere che una simile impresa va senz’altro congiunta ad un dispendio straordinariamente enorme, di fronte al quale non può esservi che un profitto quanto mai incerto, e accanto a questo, un’infinità di pericoli!

12. Perché dovremmo mettere in pericolo per niente e ancora niente i nostri due milioni di combattenti e spogliarci con ciò di ogni potenza? Sarebbe una cosa da pazzi!

13. Se proprio volete assolutamente fare qualcosa, allora prendete gli schiavi senza valore e mandateli laggiù sotto la nostra guida! Se anche periscono, non avremo perso nulla; e se invece la cosa riesce, allora il nostro profitto sarà ancora maggiore! Pensateci dunque su!»

 

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Cap. 208

I sospetti dei sommi sacerdoti sul conto dei dieci inviati

L’astuta risposta dei dieci ottiene l’appoggio dei gran sacerdoti

20 gennaio 1844

1. I sommi sacerdoti che avevano un grado un po’ più alto dei gran sacerdoti e che, mentre sulla tribuna si svolgeva il dibattito, erano rimasti giù nelle prime file, salirono allora anch’essi sulla tribuna e rivolsero le seguenti parole ai gran sacerdoti:

2. «Ascoltateci con la massima attenzione, perché quello che abbiamo da dirvi è troppo importante! Questi dieci, che voi avete ammesso alla dignità di sottosacerdoti, a noi sembrano estremamente sospetti!

3. Nel loro intimo essi tramano di certo il male contro noi tutti. Essi con astuzia raffinata ci espongono i loro piani per trarci in inganno, ma dimenticano che un sommo sacerdote conosce tutto e legge anche i più riposti pensieri dell’uomo.

4. Noi abbiamo letto anche i loro pensieri, ed abbiamo scoperto in loro soltanto del male contro di noi; perciò non fidatevi! Essi non sono che tigri sotto le spoglie di pecore!

5. È certo possibile che durante il loro viaggio di esplorazione sia veramente accaduto come raccontano, ma finora noi non abbiamo nessuna prova all’infuori appunto delle loro asserzioni esposte di certo per prenderci per il naso; perciò persuadetevi almeno di un punto, prima di affidare loro addirittura una potenza, altrimenti gli sconfitti saremo noi!

6. Ci sembra che la loro contrarietà ad avere a disposizione i nostri fedeli combattenti e la richiesta di avere invece gli schiavi che ci odiano di più del peggiore malfattore, abbiano tutt’altro fondamento di quello che essi hanno esposto con qualche imbarazzo! State dunque all’erta, perché siamo noi, onniscienti sommi sacerdoti, che vi avvertiamo di questo!»

7. Queste asserzioni fecero grande impressione sui gran sacerdoti, ma più ancora sui dieci che si sentirono molto colpiti.

8. E uno dei gran sacerdoti si volse verso l’oratore dei dieci e gli domandò: «Avete sentito la testimonianza di un onnisciente sul vostro conto? Come potete qui giustificarvi?»

9. Ma l’oratore, che era una volpe quanto mai scaltra, si riprese ben presto e disse: «Colleghi altamente potenti, riguardo all’onniscienza di questi sommi sacerdoti ci sarebbe molto da dire, perché così onniscienti come lo sono loro, lo siamo pure noi! La politica non è mai stata onniscienza, né lo sarà mai in eterno! Solamente dei mascalzoni si lasciano intimorire da simili trucchi, ma mai un uomo onesto!

10. Se questi fossero onniscienti, non starebbero adesso qui a raccomandarvi prudenza, bensì già dall’inizio ci avrebbero condannati al fuoco infernale, poiché già prima avrebbero dovuto sapere che siamo tigri sotto le spoglie di pecore! E perché dunque ci hanno accolto essi pure, come voi, quali sacerdoti?

11. Inoltre, se essi fossero onniscienti, potrebbero di certo esporvi per filo e per segno quello che è accaduto sull’altura tra il mago e noi; ma poiché non sono onniscienti, allora vi consigliano di ricorrere ad altri mezzi per avere delle prove al fine di constatare se le nostre asserzioni sono veritiere oppure no!

12. Ma ora siamo noi che domandiamo a voi, gran sacerdoti: “Se credete effettivamente che costoro siano onniscienti, perché non li interpellate affinché vi espongano quanto è avvenuto sull’altura? E perché non credete loro subito sulla parola e, per conseguenza, non ci fate gettare immediatamente nel fuoco o nel baratro?”

13. Ma affinché risulti evidente di che razza di onniscienza si tratti veramente, noi dichiariamo che da parte nostra non muoveremo un passo finché voi non vi sarete almeno informati sull’altura, se vi abbiamo riferito il vero oppure il falso!

14. E solo allora ci incammineremo verso le montagne d’oro, e alla condizione che parecchi di loro e di voi vengano assieme a noi, e che le forze militari che condurremo siano composte per metà di combattenti effettivi e per metà di schiavi! Se poi anche questo dovesse apparire loro ancora sospetto, allora noi non metteremo affatto i piedi fuori dalla porta! Questa sia la nostra ultima parola!»

15. A queste parole i sommi sacerdoti fecero un’espressione quanto mai pietosa. I gran sacerdoti però si schierarono con i dieci ed approvarono il loro discorso, perché vedevano che i dieci avevano ragione e confermarono del tutto la fiducia in loro. E ai sommi sacerdoti essi dissero di non immischiarsi più per l’avvenire in simili questioni che non li interessavano, perché il loro compito era solo quello dell’onoranza cerimoniale del re.

 

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Cap. 209

Il consenso all’astuta proposta dei dieci inviati di liberare gli schiavi, armarli e metterli sotto il loro comando

22 gennaio 1844

1. Ora però i gran sacerdoti stavano riflettendo per vedere chi avrebbero dovuto mandare dal mago sull’altura per informarsi presso di lui senza pericoli, sulla verità di quanto i dieci avevano asserito. Ma non riuscivano a compiere nessuna scelta che potesse essere adatta a questo difficile scopo.

2. Infatti, in primo luogo, nessuno aveva coraggio, e in secondo luogo ciascuno a cui veniva proposto un tale incarico rispondeva: «A che giova ciò? Voi potete mandare lassù migliaia e milioni di combattenti effettivi e schiavi, ma se vengono ammazzati dal fulmine e dal primo all’ultimo vengono inghiottiti dalle abissali fenditure del terreno, che cosa vi resta di tutte le vostre ambasciate e di tutte le vostre fatiche?»

3. I gran sacerdoti si resero conto che queste obiezioni erano giuste, e perciò interrogarono nuovamente i dieci per sentire quale fosse la soluzione più saggia.

4. I dieci risposero: «Ma come potete domandare a noi, dal momento che vi siamo sospetti? Da vecchie volpi (come siamo stati descritti), potremmo darvi facilmente un consiglio che sarebbe vera acqua per il nostro mulino! Siate dunque più avveduti, dato che siete già stati ammoniti a guardarvi da noi come da tigri sotto le spoglie di pecore!

5. I sommi sacerdoti hanno sostenuto di essere onniscienti; domandate a loro: essi certo sapranno meglio degli altri ciò che converrà fare!»

6. I gran sacerdoti però ribatterono: «Ma non dite sciocchezze! Voi stessi avete dimostrato in modo chiaro che c’è molto da discutere riguardo all’onniscienza di questi maestri delle cerimonie del re; e così anche è in effetti!

7. Non si tratta che di un vano titolo che non vuole dire assolutamente niente! I signori siamo noi ed essi sono solo delle comparse assieme al re, il quale porta pure il titolo di “Suprema Sapienza divina”, ma invece è più stupido della più tenebrosa notte d’autunno!

8. Voi, dunque, dovete considerare solo noi, e a noi soltanto dovete obbedire, perché tutto il resto non è che apparenza e una messa in scena per il popolo stupido! Consigliateci perciò riguardo a quello che si deve fare e non curatevi di tutto il resto!»

9. Ma i dieci risposero: «Altamente potenti servitori degli dèi, se voi volete avere un consiglio da noi e non temete che vi inganniamo, allora vi domandiamo: “Perché non vi fidate del primo consiglio che vi abbiamo dato secondo la nostra profonda conoscenza della questione, certo con intenzione abbastanza benevole?”»

10. E i gran sacerdoti, piuttosto imbarazzati, osservarono: «Anche noi avremmo fatto questo; ma nel vostro risentimento contro i sommi sacerdoti ci avete voi stessi esortato a fare così, e così noi vogliamo fare unicamente secondo il vostro desiderio e non secondo il consiglio delle comparse!»

11. E i dieci dissero: «Ebbene, se voi siete disposti a fidarvi di questo secondo consiglio, allora potete ben fidarvi di noi già per quanto riguarda la prima proposta, contro la quale le comparse, come voi li avete chiamati, dalle fondamenta della loro onniscienza vi hanno messo in guardia e ci hanno qualificato quali tigri sotto le spoglie di pecora!

12. Che vada a trovare il mago chi vuole! Noi non faremo di certo una seconda volta questo viaggio, perché chi una volta ha assaggiato il fuoco, di sicuro non prende più in mano un pezzo di metallo rovente!

13. Se volete fidarvi di noi, allora fidatevi completamente; in caso diverso non vi serviremo ad altro che a mangiare dal vostro stesso piatto!»

14. Queste parole trovarono la piena approvazione dei gran sacerdoti, e tutti loro votarono per la liberazione degli schiavi e per il loro armamento sotto la guida dei dieci.

 

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Cap. 210

L’impossibilità del riacquisto degli schiavi

Gli astuti piani dei dieci inviati vicini alla realizzazione

23 gennaio 1844

1. I gran sacerdoti erano ormai tutti completamente d’accordo riguardo la liberazione degli schiavi e al loro armamento allo scopo della conquista delle montagne d’oro, ma sotto questo aspetto si imponeva un’altra fatale circostanza, che consisteva nel fatto che questa miserevole casta (degli schiavi) si trovava, in qualità di bestie da soma, nelle mani dei grandi, ed era loro assoluta proprietà, e quindi gli schiavi non potevano essere restituiti ai sacerdoti se non per le vie di un formale riacquisto. Infatti chiedere la restituzione degli schiavi tramite un atto di autorità sarebbe stato troppo rischioso, considerato che i grandi erano troppo potenti e non consideravano i sacerdoti molto più elevati di loro stessi, limitandosi a tollerarli e ad appoggiarli unicamente per considerazioni politiche.

2. Ma siccome i sacerdoti, del tutto segretamente, sapevano sicuramente questo, essi vennero perciò a trovarsi di nuovo alle strette e non sapevano bene come e da che parte cominciare. Essi comunque non ritenevano consigliabile svelare ai dieci questi profondissimi segreti politici, e quasi più difficile ancora per loro sarebbe stato innalzarli d’un tratto a questo scopo addirittura al rango di gran sacerdoti per iniziarli poi, come tali, in tutte le questioni.

3. Essi si rompevano il capo per vedere di togliersi dalle difficoltà, ma non riuscivano in nessun modo a trovare una soluzione.

4. «La violenza non è consigliabile!», andavano dicendo, «perché sappiamo come stanno le cose! Il riacquisto? È un’idea che fa spavento! Si tratta di quattro milioni di schiavi! Calcolando sia pure soltanto a due libbre (1,12 kg) d’oro per uno, questo fa in tutto otto milioni di libbre (4.480 tonnellate) d’oro! Se vi aggiungiamo le spese d’armamento, ne salta fuori una somma che non si può neanche più esprimere!

5. Chiedere di nuovo consiglio ai dieci? Faremmo una figura meschina davanti a loro! Elevarli per fare ciò al nostro grado di gran sacerdoti? Per questo essi sono troppo onesti e troppo intelligenti! Una volta che fossero iniziati nelle nostre trame politiche alquanto sciolte, diventerebbero per noi come tanti pidocchi che non riusciremmo mai più a levarci di dosso!

6. In verità, qui non si sa più che pesci pigliare! Noi non possiamo più ritirare la parola data; gli schiavi devono essere liberati ed armati! Ma come? Questa è tutta un’altra questione alla quale in pratica nessun satana darà una risposta pratica!»

7. Tuttavia, uno dei dieci che disponeva di un udito finissimo ed aveva sentito qualcosa di ciò che i gran sacerdoti bisbigliavano tra di loro, disse a bassa voce agli altri suoi compagni:

8. «Ascoltate, ormai li teniamo già in pugno! L’affare procede precisamente così come io me lo ero proposto; adesso si tratta di avere un po’ di fermezza e la vittoria è nelle nostre mani!

9. Il vecchio sull’altura ci ha detto di riferire tali cose ai diavoli della pianura! E noi così abbiamo fatto, ed ecco che essi sono già tutti confusi! Io sapevo bene come stanno le cose con gli schiavi, e per questo li ho richiesti! Senza il riacquisto degli schiavi essi non potranno venire a capo di niente in nessun caso, né per loro è ormai più possibile ritirare la parola data!

10. Questo affare darà una buona ripulita ai loro magazzini d’oro e li indebolirà terribilmente, poiché dopo non saranno più in grado di mantenere un esercito di due milioni di combattenti! Noi invece avremo nelle nostre mani una potenza tremenda composta da persone esasperate e sarà nostra cura spegnere la loro sete di montagne d’oro per tempi eterni!

11. Non dubito affatto che essi si rivolgeranno ancora una volta a noi per chiedere consiglio; ma possono stare assolutamente sicuri che un tale consiglio sapremo darlo, ed anche il migliore di tutti!

12. Oh, aspettate un po’, o bestie orlate d’oro, noi ci riserviamo di insegnarvi a cantare una canzone tale, che non vi sarà alcun diavolo capace di starvi dietro!

13. Ma adesso silenzio; eccoli che già vengono qui da noi!»

 

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Cap. 211

Ulteriore consiglio per riacquistare gratuitamente i quattro milioni di schiavi

 Il consiglio dei dieci astuti inviati per rinunciare all’impresa o pagare una cauzione per ogni schiavo

25 gennaio 1844

1. L’oratore dei dieci aveva appena finito di parlare che già i gran sacerdoti gli vennero vicino con le facce che tradivano un immenso imbarazzo, e gli parlarono così:

2. «Ascoltaci bene, perché quello che desideriamo sapere da voi ha importanza grandissima!

3. Vedete, l’armamento degli schiavi è una questione che non si discute; però questi si trovano tutti, in qualità di bestie da soma, nelle mani dei grandi delle città e di tutto il regno come una proprietà acquistata! Noi potremmo certo, con la nostra onnipotenza, richiederli, e nessuno potrebbe opporsi a noi, sennonché oltre all’onnipotenza, noi siamo anche certamente la più completa giustizia stessa, e non possiamo agire in opposizione ad essa con un illegittimo colpo di mano!

4. Voi ora sapete come stanno le cose! Siccome voi siete intelligenti, abbozzate un consiglio che giovi a farci arrivare al nostro scopo nella maniera più facile e sollecita! Infatti ci rendiamo conto che è indiscutibilmente necessario che gli schiavi vengano tutti armati; ma trovare il modo per venire in possesso degli schiavi per vie legittime, questo è tutt’altra questione! E noi vorremmo avere da voi un parere intelligente proprio riguardo a questo punto!»

5. E l’oratore dei dieci si alzò e rispose: «Altamente potenti servitori degli dèi! Noi vi abbiamo compreso bene, però dobbiamo anche farvi notare – e ve lo abbiamo detto già dall’inizio – che l’impresa esigerà un costo certamente assai grande, di fronte al quale l’eventuale grosso guadagno si delinea appena a grande distanza, sempre sussistendo dubbi non piccoli riguardo alla riuscita dell’impresa stessa!

6. Bisogna certo convenire che con una potenza di quattro milioni di combattenti, non è facile ammettere che la vittoria ci possa o ci debba mancare; tuttavia non abbiamo ancora in tasca l’oro che dovremmo acquisire, e quindi noi non possiamo dare la quota spettante a chi volesse contribuire a questa grandiosa impresa.

7. Infatti mettiamo il caso che voi diciate all’uno o all’altro: “Cedici i tuoi schiavi per gli scopi che ci proponiamo con questa impresa! Se la cosa va a buon fine, allora riceverai quattro libbre (2,24 kg) d’oro per ciascuno schiavo!”

8. L’interpellato ed eventualmente futuro partecipe agli utili, risponderà: “Certo che l’impresa è degna di considerazione; però i risultati sono troppo lontani, e il campo in cui deve svolgersi l’impresa è troppo ampio e incerto! Perciò non possiamo correre un simile rischio! Ma quello che vogliamo fare per non ostacolarvi in quest’impresa è cedervi tutti gli schiavi per una cauzione di due libbre (1,12 kg) d’oro o venticinque libbre (14 kg) d’argento ciascuno! Se gli schiavi ritornano, noi ve li riprenderemo restituendovi la cauzione, ma se non ritornano, voi dovrete, o fornirci degli altri schiavi in numero uguale se volete riavere la cauzione, altrimenti essa resterà nostra proprietà!”

9. Vedete, questa sarà immancabilmente la risposta di tutti i grandi proprietari di schiavi! Fate una prova, e noi siamo pronti a lasciarci gettare nel fuoco se le cose andranno in altro modo!

10. Dunque, qui non restano aperte che le due vie: o rinunciare completamente all’impresa, oppure, nel nome di tutti gli déi che regolano la Terra, inghiottire la pillola amara!»

11. E i gran sacerdoti dissero: «Sta bene! Intanto è fuori discussione rinunciare a questa impresa; noi domani chiameremo a raccolta parecchi grandi di questa città! Guai a voi però se loro parleranno diversamente da come avete detto ora qui, come se fossero stati essi a parlare per bocca vostra!»

12. E l’oratore osservò: «Noi crediamo che potrete dirvi fortunati se essi non avanzeranno pretese maggiori; io però ritengo che sarà anche molto peggio di così! Domani, di certo, Per noi non ci sono guai in vista, ma che voi griderete non poco perché vi troverete nei guai quando sentirete le esigenze senza dubbio più grandi, questo ce lo mostrerà già la giornata di domani!»

 

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Cap. 212

L’assemblea con i ricchi proprietari di schiavi e le loro elevate pretese per il riscatto

26 gennaio 1844

1. A queste parole i gran sacerdoti si oscurarono in faccia ed esclamarono: «Pare che voi esultate in anticipo della nostra sfortuna! Badate bene che il vostro giubilo non sia prematuro!»

2. E l’oratore dei dieci rispose: «Noi non esultiamo affatto, ma se voi, senza nessun motivo, ci gridate “Guai a voi!”, solo per il fatto che vi diamo un sicuro consiglio, allora dobbiamo ritenere che, di fronte alle vostre premature invocazioni di “guai”, non sia proprio sbagliato da parte nostra se aggiungiamo delle parole di giustificazione che esprimono in maniera aumentata quello che prima vi avevamo detto solo in misura ristretta!

3. Ma ormai non se ne parli più! Noi taceremo ed aspetteremo quello che porterà il giorno di domani!»

4. A queste parole i gran sacerdoti abbandonarono la tribuna tutti sbalorditi, e anche i dieci si ritirarono nei loro appartamenti.

5. E subito i gran sacerdoti inviarono fuori mille araldi e fecero annunciare a tutti i grandi di Hanoch che essi erano invitati a comparire il giorno seguente nella grande sala aperta del Consiglio.

*

6. Infatti il giorno seguente, già di buon mattino, la grande sala del Consiglio pullulava di potenti della città, ma nessuno di loro sapeva ancora il perché fosse stato chiamato.

7. Alcuni ritenevano che i sacerdoti avessero intenzione di proporre nuovamente una grande asta di schiavi; altri invece ritenevano che si sarebbe trattato di qualche nuova legge o di qualche nuova tassa. E così, nell’ansiosa attesa, chi faceva una supposizione e chi un’altra, ma il vero motivo della riunione non lo indovinò nessuno.

8. Intanto, ad un segnale convenuto, comparvero i dieci assieme agli altri sottosacerdoti da una parte, e solo dopo qualche tempo, da un’altra parte, i gran sacerdoti tutti ricoperti d’oro e di pietre preziose.

9. I dieci però, in mezzo alla calca, furono interpellati dai grandi per scoprire se sapessero eventualmente di che cosa si sarebbe trattato.

10. E i dieci risposero: «Non si tratta d’altro che del riacquisto degli schiavi! Tenetevi alti coi prezzi, altrimenti restate tutti imbrogliati!»

11. Questo suggerimento si diffuse con rapidità fulminea tra i grandi, e così essi erano ora del tutto preparati per affrontare ciò che doveva venire.

12. I dieci rimasero giù accanto ai gradini della grande tribuna ed attesero la scintillante comitiva dei gran sacerdoti. Questi, dopo qualche tempo, comparvero con gran cerimoniale e salirono sulla tribuna tra numerose grida di urrà.

13. E quando il frastuono di queste dimostrazioni d’onore fu cessato, uno tra i gran sacerdoti, che era dotato di voce forte, aprì la bocca e disse:

14. «Ascoltatemi, voi grandi signori del regno! I messaggeri che noi avevamo a suo tempo mandato in varie direzioni hanno scoperto, in un paese molto lontano, delle montagne composte da oro puro, di cui ci hanno anche portato degli abbondanti campioni!

15. Queste magnifiche montagne però sono abitate da giganti di smisurata grandezza, i quali potrebbero essere estremamente forti. Per combattere questi ed assicurarci il possesso delle montagne d’oro, ci occorre una forza molto considerevole, almeno a titolo di precauzione, perché non si può sapere di che forza dispongono realmente quei giganti!

16. Ora, per mettere assieme questa grande potenza, abbiamo bisogno di tutti gli schiavi! Dunque, in ultima analisi si tratta ora di sapere a quali condizioni volete cederceli. Volete metterli a nostra disposizione dietro assicurazione della partecipazione ai profitti, oppure dietro un equo prezzo di riscatto? Ecco, è soltanto questo ciò di cui si tratta; vogliate dunque farci sentire una buona risposta! Così avvenga!»

17. Quando i grandi appresero questo, allora risposero: «Ascoltate: la scoperta è certamente molto apprezzabile, perché delle montagne intere d’oro lucente non sono davvero una piccolezza; ma secondo noi queste buone cose sono troppo lontane e quindi l’assicurazione della partecipazione al profitto non la possiamo affatto accettare!

18. Siccome però non intendiamo assolutamente creare impedimenti a questa brillante impresa, noi vi proponiamo un equo riscatto di cinque libbre (2,8 kg) d’oro per ciascun schiavo maschio e tre libbre (1,68 kg) d’oro per ciascuna schiava!

19. Se essi ritornano, noi ci riserviamo di riprenderli da voi dietro la terza parte dell’importo che avremo ricevuto! Riteniamo che queste condizioni saranno reputate eque da voi!»

20. A questo punto i dieci giubilarono segretamente, mentre i gran sacerdoti pareva che avessero ricevuto una mazzata sul capo, tanto erano disperati ed irresoluti riguardo alla risposta da dare a quella pretesa esorbitante. Perciò essi finirono ancora col chiamare i dieci sulla tribuna.

 

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Cap. 213

I gran sacerdoti, convinti dai dieci astuti inviati, accettano l’acquisto dei quattro milioni di schiavi

27 gennaio 1844

1. Quando i dieci si trovarono sulla tribuna, furono immediatamente circondati dai gran sacerdoti e interpellati con la seguente domanda:

2. «Noi siamo ormai perfettamente persuasi che voi ci vedete molto chiaro nelle cose. Infatti le vostre premesse di ieri concordano perfettamente con le parole che i grandi hanno ora pronunciato nella maniera più spietata per noi!

3. Dato che è necessario, allora accetteremo anche queste condizioni, quantunque la cosa ci venga a costare circa due terzi del nostro oro; ma appunto per questo vi chiediamo adesso di dichiararci in tutta coscienza quante libbre stimate voi che possa contenere una simile montagna d’oro, e se la cosa si mette bene, quante libbre calcolate di poter trasportare fin qui nel corso di quattro o cinque anni!

4. La perspicacia da voi dimostrata vi ha fatto guadagnare la nostra piena fiducia, e questo vuol dire moltissimo; non abusatene però, e rispondeteci quindi dicendoci la verità assoluta!»

5. Quando i dieci udirono tale domanda dei gran sacerdoti, allora, giubilando, pensarono in sé: «Adesso siete davvero completamente nelle nostre mani! Una risposta certo vi sarà data, e questa si adatterà alla vostra sciocca domanda come un immenso turbante si adatta ad una testa piccola; ma quello che si cela dietro a questa risposta vi porterà la rovina e la morte! Simili particolari però è necessario che rimangano nascosti alla vostra stoltezza, finché non cominceranno a rivelarsi con i fatti dinanzi alle vostre facce sataniche!»

6. Subito dopo queste riflessioni, l’oratore si fece innanzi e disse: «Ma, o altamente potenti servitori di tutti gli déi! Che cos’è mai questa nuova domanda assai poco ponderata? Voi siete certamente gran sacerdoti. E dunque, come potete domandare quante libbre possa pesare un’enorme montagna d’oro? Provate a pesare anche in parte il più piccolo monte, e noi siamo persuasi che perderete la pazienza prima di aver concluso con la pesatura delle sue molte migliaia di milioni di libbre! Ma che cos’è una simile misera collina, in confronto a una montagna così enorme che, uguale ad essa, non si trova nelle nostre vicinanze?

7. Chiedete a voi stessi se è possibile calcolare un tale peso! Oltre a ciò, già dall’inizio, noi vi abbiamo detto che, se riusciamo a conquistare quelle montagne, il valore dell’oro dovrà scendere al di sotto di quello del fango delle strade! A noi pare che con ciò si sia detto abbastanza, poiché quel mondo sembra fatto di oro lucente altrettanto quanto questo qui che noi abitiamo appare essere fatto di puro fango! Dunque, in seguito alla nostra fedeltà, riteniamo che non vi sarà bisogno di dire ulteriori parole a questo riguardo!

8. Quante libbre però ciascuno di coloro che verranno con noi saranno in grado di portare senza farsi del male, questo lo saprete, si spera, anche voi tanto quanto noi! Trenta libbre (16,8 kg) in media per persona, forse non dovrebbe essere un’esagerazione, ma se avremo in aggiunta dei cammelli da condurre con noi, il peso può essere triplicato! Volete forse ancora di più?»

9. E i gran sacerdoti risposero: «Oh, no, no, poiché noi siamo la moderazione stessa! Se un trasporto rende anche solo questo e le montagne d’oro diventano un nostro possesso, in un colpo solo ne abbiamo già abbastanza a sufficienza! In seguito poi si organizzerebbe ogni anno un trasporto, mediante il quale ci si potrebbe ripromettere di ricavare almeno altrettanto tutti gli anni; dunque la cosa potrebbe funzionare, tanto più se, come detto, teniamo conto della nostra moderazione! Per conseguenza anche con questa speranza piuttosto sicura noi procederemo ora al riscatto degli schiavi, certo un po’ amaro!»

10. Ora il segreto giubilo dei dieci aumentò ancora di più.

11. Poi i gran sacerdoti si rivolsero ai grandi e dissero: «Noi abbiamo ponderato bene tutto ed abbiamo prestato ascolto alla vostra richiesta; fate dunque che della questione venga data notizia dappertutto! Da domani comincia il riscatto degli schiavi, e l’operazione durerà per trenta giorni di seguito! Chi entro questo termine manderà i suoi schiavi, riceverà anche il convenuto prezzo del riscatto; ma scaduto questo tempo, ciascun proprietario verrà multato con il decuplo della somma e per di più perderà i suoi schiavi. Così avvenga!»

12. In questo modo la riunione ebbe fine, e tutti abbandonarono la sala del Consiglio.

 

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Cap. 214

La consegna e il mantenimento dei quattro milioni di schiavi da spuntare per il futuro riscatto

29 gennaio 1844

1. Già il giorno seguente venne consegnata una quantità di schiavi di entrambi i sessi, il cui numero era di oltre trecentomila.

2. La confusione era grande, e i gran sacerdoti non sapevano da chi cominciare con il riscatto degli schiavi.

3. Ma allora i dieci dissero: «Fate comparire i grandi uno alla volta e dite: “Dà qui una lista dove è scritto quanti schiavi hai portato; ai tuoi schiavi poni un segno sulla fronte; poi verrai pagato a seconda del numero che apparirà sulla lista! Se questo numero coinciderà con quello effettivo degli schiavi che successivamente verranno presi in consegna, allora potrai pacificamente andartene a casa con il tuo denaro, ma se questo non dovesse essere il caso, allora non solo perderai l’intero numero degli schiavi portati qui, ma sarai per di più multato del corrispondente importo che avresti dovuto incassare!”

4. Vedete, la cosa è semplicissima ed otterrà i migliori effetti; andate e date immediatamente simili disposizioni, altrimenti non la finiremo in un anno con l’operazione del riscatto!»

5. Ma i gran sacerdoti osservarono: «Tutto ciò è giusto! Il vostro consiglio è buono; ma come facciamo con così tanta gente in un colpo solo? Dove alloggiarli, come nutrirli e dare loro almeno quel tanto che occorre per coprirsi?»

6. E i dieci risposero: «Che cosa stanno a fare tutti gli immensi palazzi di cui noi ne abbiamo a migliaia entro le mura della città e ciascuno dei quali può facilmente dare alloggio a diecimila persone? Attualmente essi sono vuoti e servono unicamente ad accrescere la nostra considerazione [di fronte al popolo]! Mettiamoli là gli schiavi! In verità, se anche fossero in numero ancora tre volte maggiore, potremmo alloggiarli facilmente!

7. Come sostentarli? Ma se in tutti questi palazzi voi avete immensi depositi di grano e di frutta, cosa accadrà se anche li alleggerirete un po’? Infatti là ce ne sono tante di provviste da poter far vivere tutta Hanoch ancora per venti anni!

8. Come vestire il gran numero degli schiavi? Ma qui vi domandiamo di nuovo: “Che cosa succederà se anche i vostri sterminati magazzini delle divise militari saranno alquanto vuotati per uno scopo che già nel corso di pochi anni potrà renderli colmi di tanto oro, quanto adesso sono zeppi di vestiario militare?»

9. I gran sacerdoti si resero conto che questo era vero; però facevano il conto che un uomo sarebbe costato loro ancora di più.

10. Ma i dieci obiettarono: «Chi rischia poco, non può contare su un grande profitto! Pertanto, la nostra opinione è che là dove si tratta del possesso di tutto un mondo d’oro, non si deve aver timore di nessuna spesa anticipata!»

11. Le parole ‘mondo d’oro’ incantarono i gran sacerdoti; essi allora acconsentirono a tutto. Rivoltisi poi ai grandi, impartirono loro le istruzioni riguardo alle liste da compilare e al segno sulla fronte col quale distinguere i propri schiavi.

12. I grandi allora compilarono subito le liste con scrupolo e fecero applicare sulla fronte ai propri schiavi il segno richiesto, e precisamente ciascun proprietario di schiavi applicava ai suoi un segno a modo suo; e così il riscatto procedette poi bene.

13. Gli schiavi liberati vennero fatti alloggiare in uno o nell’altro dei palazzi, li si fornì di vestiti e di nutrimento e fu loro nuovamente permesso di parlare a quelli che ne erano ancora capaci, perché molti dovettero imparare a parlare di nuovo.

14. E nel giro di un mese tutto questo lavoro fu concluso senza altre difficoltà.

 

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Cap. 215

Discussioni sull’armamento e l’addestramento militare dei quattro milioni di schiavi

I dieci ottengono quattro mila militari e delle vere armi per l’addestramento

Promessa di liberazione

30 gennaio 1844

1. Agli schiavi, già completamente disumanizzati, tutti questi avvenimenti riuscivano del tutto inspiegabili, ed essi non avevano nemmeno la più lontana idea di cosa sarebbe successo.

2. I gran sacerdoti dissero ai dieci: «La prima parte dell’opera è ora compiuta! Tutti gli schiavi di sesso maschile e femminile provenienti da tutte le parti del nostro regno sono riscattati. I nostri grandi palazzi lungo le mura della nostra città sono pieni di schiavi e di essi ci si è presi cura. Ma che cosa succede adesso?»

3. E i dieci risposero: «Ora assegnateci quattromila uomini bene esercitati nel maneggio delle armi! Noi dieci andremo là con questi militari e, in primo luogo, spiegheremo ai riscattati il perché del loro riscatto; in secondo luogo assegneremo poi a ciascun palazzo quattro esperti nelle armi che avranno l’incarico di istruire tutti gli schiavi, sia uomini che donne, nel più breve tempo ed il più perfettamente possibile nel maneggio delle armi, e precisamente si insegnerà agli uomini l’uso delle armi pesanti e alle donne quello delle armi leggere, perché senza queste esercitazioni gli schiavi non servirebbero a nulla!»

4. I gran sacerdoti dissero: «Va tutto bene così, ma dove prendere tutto in una volta così tante armi spuntate (non acuminate) per le esercitazioni? Poiché, impiegare addirittura a questo scopo le nuove armi acuminate che giacciono nelle nostre grandi armerie, ci pare che sarebbe davvero alquanto imprudente, antieconomico e perfino pericoloso, perché questa casta è animata da un antico rancore contro di noi, e se essi si trovassero ad un tratto tra le mani delle armi taglienti, noi potremmo passare dei momenti assai brutti!

5. Per conseguenza, siamo dell’avviso che anzitutto venga data loro un’istruzione preliminare con le solite armi spuntate fatte di legno e di paglia; e quando si saranno esercitati a maneggiare queste, nonché quando avranno acquisito oltre a ciò anche il senso della giusta disciplina propria di un combattente, solo allora, riteniamo sarà giunto il momento di affidare loro le armi giuste! Non siete anche voi di questo parere?»

6. E i dieci risposero: «La troppa prudenza è altrettanto dannosa quanto la poca prudenza! Se voi pensate ad una eventuale vendetta da parte di questa gente, allora non occorrono affatto armi ad una massa di più di quattro milioni di individui! Se tale massa insorge contro di noi, essa ci schiaccia già per effetto del suo peso. Del resto, se gli schiavi nutrissero queste intenzioni, ci avrebbero già assaliti!

7. Lasciate invece che sbrighiamo noi tutta questa faccenda senza darvene alcun pensiero, risponderemo con la vita al fatto che entro un mese voi vedrete sfilare tutti gli schiavi armati a dovere, senza che essi abbiano fatto del male nemmeno a una mosca!»

8. I sacerdoti, in seguito a questa dichiarazione, non si opposero più al fatto che agli schiavi venisse fornito subito l’armamento tagliente, e misero a disposizione dei dieci anche i quattromila uomini esperti d’armi che avevano richiesto.

9. Assieme a questi quattromila esperti d’armi, già il giorno seguente i dieci andarono ai palazzi dove gli schiavi stavano in ansiosissima attesa, dato che – come già all’inizio venne accennato – non era stato loro possibile farsi un’idea di ciò che sarebbe seguito di fronte a questo fenomeno, ovvero al loro riscatto.

10. I dieci si divisero il compito in modo tale che ciascuno assunse la sorveglianza su cento palazzi, e pure lo stesso giorno vennero ripartiti gli esperti d’armi.

11. Ma quando nei vari palazzi i dieci fecero chiamare a sé gli schiavi, essi furono tempestati di domande angosciate riguardo a che fine avrebbero fatto loro.

12. E i dieci annunciarono dappertutto: «Abbiate pazienza: noi siamo i vostri salvatori e i vostri liberatori dalle vostre dure catene della schiavitù!

13. Per la durata di un mese voi verrete istruiti nel maneggio delle armi e a voi sarà provvisto bene sotto ogni aspetto; poi noi usciremo fuori per affrontare un grande popolo che è peggiore di tutti i diavoli, ma che, per quanto concerne il resto, è del tutto codardo, stolto e rammollito! E poi noi, che siamo adesso gli ultimi, diverremo i padroni del mondo! Non appena conoscerete completamente l’uso delle armi, vi verranno date ulteriori spiegazioni!»

14. Questa notizia fece andare gli schiavi quasi fuori di sé dalla gioia, e poco mancò che da parte loro i dieci non venissero fatti oggetto di adorazione.

 

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Cap. 216

Sull’astuzia dei dieci inviati per liberarsi dagli spioni

Ulteriore proroga utile per l’addestramento

1 febbraio 1844

1. Già il giorno seguente nei vari palazzi si procedette alla selezione dei più robusti, e questi ultimi furono subito provvisti di armi e furono fatti esercitare nel maneggio delle armi.

2. I più deboli invece dovettero essere prima nutriti per un paio di settimane perché riacquistassero le forze; e solo successivamente furono fatti esercitare anche loro nel maneggio delle armi.

3. Per quanto concerne poi gli schiavi già anziani – naturalmente di entrambi i sessi – vennero bensì anche a loro consegnate delle armi leggere, ma non fu loro concesso di esercitarsi nell’uso delle stesse, bensì furono incaricati delle faccende domestiche e della sorveglianza dei giovani.

4. Intanto però ogni giorno i dieci ricevevano le visite di informatori mandati dai gran sacerdoti allo scopo di verificare come procedessero le cose, e nello stesso tempo anche per spiare di nascosto e sorprendere qua e là qualche colloquio che rivelasse l’intenzione di tradimento.

5. Ma i dieci, già il terzo giorno, erano perfettamente al corrente di questa trappola da parte dei gran sacerdoti e seppero quindi anche regolare il loro contegno in modo che in tutto quell’immenso esercito non fu possibile sorprendere nemmeno la benché minima parola che avesse potuto essere sospetta ai gran sacerdoti quanto mai diffidenti.

6. Ma quanto più gli schiavi progredivano nelle loro esercitazioni e davano prova della loro destrezza, tanto più si moltiplicava il servizio segreto di spionaggio da parte dei sacerdoti, e gli spioni erano occupatissimi a guardare dappertutto e a ficcare il naso ovunque per vedere e sentire di che cosa si parlasse e cosa si facesse ed intraprendesse.

7. La cosa fece arrabbiare i dieci al punto che essi un giorno si recarono dai gran sacerdoti che li accolsero con grandi attestazioni di stima. Ma quando i sacerdoti domandarono loro cosa avessero da esporre di importante, essi risposero:

8. «A voi è nota con tutta certezza l’onestà delle nostre intenzioni, e vi è pure noto fin dove giunge la nostra perspicacia e la nostra intelligenza! Voi sapete come i grandi del regno, a loro grande svantaggio, furono costretti a ballare a seconda della nostra avvedutezza e del nostro consiglio, perché certamente ciascuno di loro ha ora, nel proprio armadio, qualche libbra d’oro in più, ma d’altro canto ciascuno di loro deve egli stesso lavorare e mangiare il magro pane guadagnato col sudore della propria fronte, a meno che non voglia assumere lavoratori a giornata e pagarli certo profumatamente.

9. Noi invece abbiamo nelle nostre mani una potenza invincibile, mediante la quale possiamo vuotare in qualsiasi momento gli armadi dell’oro dei grandi, e tutto il loro oro lo si può dire già ben che perfettamente nostro!

10. Vedete, queste cose sono state tutte calcolate ed abbiamo pensato così già all’atto del riscatto degli schiavi: “Pretendete pure quello che volete! Oggi vi pagheremo noi, ma domani vi prenderemo il quadruplo!”

11. Non è forse soltanto questo, un piano a vostro vantaggio che non vi è oro che lo possa pagare quanto merita, a prescindere dalla grande impresa alla quale ci accingiamo? E nonostante ciò, siamo costretti ad avere tra i piedi ogni giorno i vostri numerosi spioni segreti, i quali non comprendono affatto le nostre sottili parole, e sono capaci poi di venire da voi per riferirvi malignamente chissà quali pessime notizie sul nostro conto!

12. Vedete, questo ci è noto per filo e per segno, e ora anche per questo siamo venuti per rimettere nelle vostre mani la nostra carica, visto che non vi fidate di noi, poiché una diffidenza ne fa sorgere un’altra! Se noi non abbiamo la vostra fiducia, nemmeno voi potete fare conto sulla nostra. Dunque, noi preferiamo dare le nostre dimissioni affinché cessi la diffidenza a nostro riguardo!»

13. A questo punto i gran sacerdoti cercarono di calmare i dieci, fecero loro dei ricchi doni e li pregarono insistentemente di riassumere la loro carica, e ora, con il vantaggio di poter continuare le esercitazioni ancora per un trimestre e solo dopo entrare in servizio effettivo.

14. Con ciò i dieci si dichiararono soddisfatti avendo così raggiunto di nuovo quello scopo che si erano veramente prefissi, e poi fecero ritorno alla loro grande armata.

 

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Cap. 217

Il congedo ai quattromila esperti di armi

L’ultima disputa tra i dieci aitanti e i gran sacerdoti che giurano vendetta

L’esodo dei quattro milioni e mezzo di schiavi con duecentomila cammelli e ottocentomila asini al seguito

3 febbraio 1844

1. In seguito a ciò, gli ex schiavi si esercitarono ancora per tre mesi e acquisirono una grande abilità nel maneggio delle armi.

2. Nondimeno, i dieci videro che ora gli schiavi erano altrettanto esperti nell’adoperare le armi quanto i loro quattromila istruttori, e allora congedarono quest’ultimi e scelsero tra gli schiavi stessi degli ufficiali e dei sottufficiali e organizzarono così tutto quel colossale esercito.

3. I gran sacerdoti invece non furono molto soddisfatti del fatto che i dieci avessero congedato i loro quattromila uomini fidati, e fecero perciò domandare ai dieci il perché di questa decisione.

4. Ma i dieci risposero: «Perché noi non intendiamo avventurarci nel vasto mondo in compagnia di uomini dei quali avete bisogno qui per il vostro esercito, cosa questa che sarebbe contraria ai nostri piani!

5. Oltre a ciò, i quattromila uomini non hanno il vero spirito (guerriero) e sono fin troppo abituati alla vita comoda; e tutto questo non può che nuocere alla nostra impresa.

6. Per questo motivo li abbiamo congedati e rimandati al loro esercito. In tal modo noi crediamo di avere agito giustamente, come del resto abbiamo sempre fatto; se però anche questa cosa dovesse apparirvi sconveniente, disponete voi in altro modo!

7. Prescriveteci voi stessi un piano secondo il quale dobbiamo operare, e gli avvenimenti che seguiranno non faranno altro che mostrarvi quali saranno stati i frutti del vostro piano! Secondo il vostro consiglio, non avete forse inviato cinque anni fa in tutte le parti, contemporaneamente a noi, degli esploratori? Perché non si sono fatti ancora vedere e non vi hanno portato dei tesori come abbiamo fatto noi? Ebbene: essi non hanno fatto ciò perché non hanno per voi né amore, né fedeltà!

8. Noi invece, nonostante tutte le calamità, vi abbiamo sempre dimostrato la più grande fedeltà, e tuttavia basta soltanto che ci muoviamo perché voi troviate già dei nuovi motivi per sospettare di noi! Se noi dieci dovessimo accorgerci ancora una volta di una mossa di questo tipo da parte vostra, allora pianteremo tutto e poi potete fare quello che volete!»

9. Questa risposta aveva punto molto sul vivo i gran sacerdoti ed essi non sapevano come dovessero vendicarsi. Infatti, essi non si azzardarono ad obiettare nulla, temendo di fallire la conquista delle montagne d’oro.

10. Eppure, una simile risposta arrogante non doveva restare impunita! Ma come punirla? La trattazione di questo argomento richiese tre giorni di seduta del Consiglio dei gran sacerdoti. Tuttavia le discussioni non approdarono ad alcun risultato, perché in qualunque modo avessero voluto procedere, c’era da temere che i dieci si sentissero offesi e si perdessero le montagne d’oro. E così i gran sacerdoti alla fine dovettero inghiottire la risposta, sia che lo volessero oppure no!

11. Ma i sacerdoti dissero: «Questo però non resta del tutto concesso; ciò che è differito non è abbandonato! Quando saranno di ritorno dal viaggio, bisognerà pure che facciano un piccolo assaggio dell’inferno!»

12. Ma uno dei sottosacerdoti, che dimostrava ai dieci molta amicizia, riferì loro questa cosa, e i dieci dissero tra loro: «Non facciamoci caso ed ignoriamo completamente questa cosa! Domani verrà comunque dato l’annuncio della nostra partenza di dopodomani con l’intera potenza, e poi in breve tempo si vedrà chi di noi sarà il primo ad assaggiare l’inferno!»

13. Il giorno seguente venne dato l’annuncio della partenza con la quale i gran sacerdoti si dichiararono quanto mai d’accordo; e il terzo giorno, già a mezzanotte, iniziò l’uscita delle truppe dalla città, uscita che durò fino a sera, poiché una massa di circa quattro milioni e mezzo di uomini, formarono un lungo corteo, particolarmente poi se si considera un convoglio di duecentomila cammelli e di quattro volte tanti asini, tutti destinati al trasporto di ogni tipo di utensili e viveri.

 

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Cap. 218

Il grande esercito si accampa a settentrione di Hanoch, in una bella inaccessibile vallata

I dieci inviati svelano il piano segreto agli ufficiali

Le disposizioni per la coltivazione e la fortificazione della vallata

5 febbraio 1844

1. Quando il grande esercito si trovò a due giornate di marcia a nord di Hanoch, i dieci fecero fare una sosta generale e diedero le disposizioni per l’accampamento.

2. Vennero innalzate circa cinquecentomila tende in una bella vallata di montagna, fertilissima e ricca di alberi da frutto, che però era completamente disabitata per il motivo che era rinchiusa da tutte le parti tra montagne altissime e invalicabili ed aveva un solo accesso possibile, ma anche quello era pochissimo praticabile, dato che consisteva in una gola stretta, abbastanza erta, che bisognava sgomberarla dai fitti cespugli, e qua e là anche da pietre molto malferme, prima che fosse possibile inoltrarsi in essa.

3. I dieci conoscevano questa vallata, avendone fatto la scoperta già durante il loro primo viaggio, e già quella volta avevano escogitato un piano segreto di approfittare ai loro scopi di questa magnifica vallata non appena determinate circostanze si fossero volte a loro favore.

4. Ed essendosi dunque presentata l’occasione, si prese completo possesso della vallata che, assieme ad altri piccoli altopiani montani assolutamente abitabili, includeva oltre settantamila miglia quadrate (circa 530.000 kmq) di superficie.

5. E dopo che tutto il popolo fu ripartito ed alloggiato nelle tende, i dieci chiamarono a raccolta tutti gli ufficiali e dissero loro:

6. «Ascoltateci adesso! Vi riveleremo il vero piano, che è il fondamento della nostra impresa!

7. Voi tutti avete ‘degustato’, nel modo più disumano, come schiavi e bestie da soma dei grandi dell’immenso regno, il governo assolutamente infame e bramoso d’oro dei sacerdoti di Hanoch, e con la vostra pelle ancora ricoperta di cicatrici foste e siete voi stessi testimoni della grande e scellerata crudeltà verso di noi, miseri discendenti di Caino, da parte di questi immigrati che a suo tempo abitavano sulle montagne!

8. Ora però è giunto il giorno della resa dei conti! Grazie alla nostra avvedutezza siamo riusciti a liberarvi tutti nell’intero e vasto regno, ed abbiamo saputo incantare così bene quei veri diavoli di gran sacerdoti, che tutti loro sono caduti in questa trappola.

9. Il giorno della più tremenda vendetta è giunto! Confidate in tutto questo nell’antico Dio, e poi in noi, che siamo Suoi strumenti, e noi ridiventeremo i padroni di Hanoch, e coloro che vi hanno comprato come bestie da soma, saranno a loro volta costretti a servire voi in tale qualità!

10. Tuttavia, adesso non marceremo contro Hanoch per ingaggiare là una battaglia sanguinosa dall’esito incerto con la grande e potente città, bensì li aspetteremo in questo posto, e qui li distruggeremo e getteremo i loro corpi in pasto alle molte belve dei boschi! E quando avremo inflitto loro una tremenda e grande sconfitta, solo allora faremo il nostro ingresso ad Hanoch con la fama più tremenda e là sottometteremo tutti quelli che non sono della nostra stirpe!

11. Adesso però bisogna innanzitutto erigere qui delle case di abitazione e frutteti, raccogliere con cura tutti i frutti, andare in cerca di radici commestibili e farle moltiplicare nei giardini! Bisognerà poi esaminare con la massima attenzione tutta la grande cinta delle montagne per accertarsi che non vi sia forse ancora qualche accesso possibile! Se questo dovesse essere in qualche modo il caso, allora è necessario che tale accesso venga murato immediatamente in maniera che neppure un gatto abbia più possibilità di arrampicarvisi!

12. Quando tutti questi lavori saranno compiuti, riceverete altri ordini da noi! E ora andate e cominciate immediatamente il lavoro; rivolgete però l’attenzione soprattutto all’ingresso principale! Così avvenga!»

 

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Cap. 219

La scoperta di giacimenti d’oro e la prosperità dell’insediamento

Il piano dei dieci furbi per sconfiggere Hanoch

7 febbraio 1844

1. Allora gli ufficiali se ne andarono, e con diligenza ed insistenza trasmisero gli ordini dei dieci in ogni parte all’intera armata, e tutto cominciò a mettersi in moto.

2. Circa duecentomila uomini ebbero l’incarico di andare ad esplorare gli eventuali accessi di questa vallata, e dove mai venne trovata una gola o un qualche altro possibile passaggio oltre l’alta montagna, ogni mezzo venne immediatamente impiegato per rendere il più possibile inaccessibile quel punto.

3. Le gole d’accesso furono tutte chiuse mediante altissime muraglie di sbarramento, e i luoghi dell’alta montagna che furono trovati troppo poco in pendio e quindi possibilmente valicabili, furono o dall’uno o dall’altro versante ridotti in una scarpata così ripida da rendere assolutamente impossibile valicarli.

4. La parte dell’esercito incaricata di queste opere di fortificazione sbrigò completamente il suo lavoro in mezzo anno.

5. Una grande parte, maggiore più del doppio, fu destinata al lavoro di costruzione di solide case di abitazione ed anche, entro lo stesso termine di tempo, venne compiuto il lavoro assegnato, così che si trovarono pronte duecentomila tra case e capanne.

6. Una terza parte dell’esercito, la maggiore, venne però impiegata nei lavori dell’agricoltura; e in breve tempo furono piantati centinaia di migliaia di orti e campi, e già dopo un anno questa vallata parve trasformata in un paradiso.

7. Ma l’aspetto più singolare della cosa fu che durante le numerosissime opere di scavo furono scoperti dei filoni d’oro quanto mai ricchi, filoni che furono immediatamente sfruttati, e in breve tempo se ne poté ricavare molte migliaia e migliaia di mezzi quintali d’oro purissimo. Anzi, in questa vallata venne trovato il prezioso metallo in tanta abbondanza, che i dieci fecero preparare in oro splendente perfino tutti gli arnesi della casa, come ad esempio aratri, vanghe, zappe e pale! E già nel corso di tre anni ciascun abitante di questa vallata aveva a sua disposizione degli arnesi d’oro.

8. A farla breve, da varie montagne si ricavò in poco tempo tanto oro allo stato assolutamente puro, che i dieci fecero addirittura dorare diverse grandi rocce libere dell’alta montagna benissimo visibili dalla parte di Hanoch, in modo che sembravano essere costituite da oro puro.

9. Essi conoscevano la grande duttilità dell’oro, e conoscevano pure l’uso delle varie resine vegetali; per conseguenza la doratura di parecchie rupi dell’alta montagna che si prestavano particolarmente a questo, fu un’operazione facile per loro.

10. Ugualmente, anche l’accesso principale alla vallata tra le montagne, ormai diventata uno splendore, essi lo fecero sistemare erigendovi da entrambe le parti, e per la lunghezza di trecento klafter (570 m), un muro alto circa quaranta braccia (31 m) fatto di pietre quadrate, e fecero dorare tutto il muro, tanto che sembrava fosse fatto d’oro lucente.

11. In capo a cinque anni questa grandiosa vallata si trovò in uno stato così fiorente, che gli ufficiali, unitamente ai primi tra i sottufficiali, si presentarono ai dieci e parlarono così:

12. «Ascoltateci, voi cari e saggi uomini, siamo dell’opinione che ora convenga lasciar perdere Hanoch, perché qui noi ora ci troviamo evidentemente in condizioni migliori di tutta Hanoch!

13. Noi abbiamo frutta, cereali, pecore, mucche, cammelli, asini, cervi, caprioli, gazzelle, capre, pollame, piccioni, lepri, conigli e oro in grande abbondanza.

14. Qui viviamo in pace e nella migliore concordia. Siamo vestiti nel modo migliore e disponiamo di buone e solide case di abitazione. Qui siamo tagliati fuori da tutto il mondo e la nostra vita scorre sicura entro questa fortezza della quale solo Dio può vincerla! Nessuno qui potrà mai scoprirci e tradirci!

15. Perciò è meglio lasciare Hanoch com’è e continuare a vivere qui in tutta pace, poiché se mai avvenisse che gli hanochiti avessero sentore del nostro grande benessere attuale, allora non ci lascerebbero mai più in pace!»

16. I dieci però risposero: «Voi non comprendete queste cose! Non saremo certo così pazzi da andare ad attaccare la città di Hanoch; ma invece, in maniera quanto mai astuta, adescheremo gli hanochiti fino all’ingresso principale della vallata, e là prepareremo loro una sconfitta tale, che il ricordo durerà attraverso i secoli!

17. A questo scopo tra non molto tempo noi predisporremo un’ambasciata per portare ai gran sacerdoti l’invito a venire qui per prendere in consegna l’oro! E invece, quando verranno, sarà consegnato loro un carico tale che per l’eternità gli dovrà venire a mancare l’udito e la vista! E così, dunque: anche avvenga! E perché deve avvenire ciò? Ebbene, questo lo sappiamo noi!»

 

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Cap. 220

Noè invia due messaggeri: uno dell’altopiano e uno ad Hanoch

Positivo il primo, ma negativo il secondo

8 febbraio 1844

1. La notizia di tutti questi avvenimenti che si erano svolti tanto ad Hanoch quanto ora in questa vallata sulle montagne, era stata riferita a Noè sull’altura, e a lui venne indicato di inviare anzitutto un messaggero agli abitanti dell’altopiano per distoglierli dal loro malvagio progetto contro Hanoch e di esortarli calorosamente alla vera penitenza, all’umiltà e alla viva fiducia nel Dio vivente nonché nell’amore per Lui.

2. Similmente egli, cioè Noè, avrebbe dovuto inviare un secondo messaggero ad Hanoch e il suo compito particolare avrebbe dovuto essere quello di informare i gran sacerdoti di come erano stati raggirati dai dieci. Poi egli avrebbe dovuto sconsigliarli assolutamente dall’andare a caccia di quei traditori e, men che meno, dal punirli, poiché costoro sarebbero stati passibili solo di una punizione da parte divina, mentre qualsiasi tentativo di punizione da parte umana sarebbe naufragato, poiché quel popolo si era così potentemente fortificato da rendere impossibile a qualunque nemico di giungere vivo fino ad esso.

3. Perciò i gran sacerdoti avrebbero di nuovo dovuto riunirsi nel Nome dell’unico vero Dio e fare seriamente essi stessi penitenza, e avrebbero dovuto distruggere gli idoli e fare ritorno all’unico vero Dio. Se essi avessero fatto così, allora Dio avrebbe avuto misericordia di loro ed avrebbe stabilito l’amicizia tra loro e il popolo dell’altopiano, e questo avrebbe poi fatto pervenire loro ogni tipo di ricchi doni dalla sua grande abbondanza d’oro, di bestiame e di frutta! Allora Dio, il Signore, non avrebbe colpito il mondo con un Giudizio, ma lo avrebbe benedetto e gli avrebbe elargito tesori in una inestimabile quantità e pienezza!

4. Noè allora si occupò immediatamente di cercare due messaggeri e, dopo averli trovati, diede loro le istruzioni, li benedisse e li inviò alla loro missione come Io gli avevo comandato.

5. Il messaggero inviato al popolo dell’altopiano ottenne un discreto successo e gli riuscì di inculcare idee abbastanza pacifiche ai dieci, i quali non avevano dimenticato ancora la lezione ricevuta da Noè; soltanto, dovette concedere loro il diritto di difesa nel caso in cui fossero stati assaliti dagli hanochiti.

6. Il messaggero dichiarò loro, certo con la massima energia, che la loro difesa l’avrei assunta Io finché fossero rimasti fermi nella fede e nell’amore per Me.

7. I dieci risposero: «Noi faremo anche questo, purché tu ci indichi una misura secondo la quale noi possiamo calcolare se il nostro amore per Dio è perfetto oppure no. Senza questa misura, e privi del diritto di difesa, ci troveremo sempre in una situazione incerta, perché non arriveremo mai a sapere se il nostro amore per Dio è proprio perfetto al punto di garantirci continuamente il Suo aiuto e la Sua assistenza!»

8. Il messaggero disse a sua volta: «Ciascun uomo ha nel suo cuore una tale misura, la quale gli dice esattamente se egli ama più Dio oppure più il mondo, oppure se si affida più alla propria forza che non a quella divina!»

9. Ma i dieci obiettarono: «Amico, questa è una misura troppo sottile, sulla quale non si potrà mai fare affidamento, perché spesso qualche uomo crede di trovarsi chissà a quale grado nel vero amore e nella grazia di Dio, ma invece così credendo cade in gravissimo errore!

10. Infatti l’uomo ha qualcosa di pesante che lo spinge continuamente al basso; ed egli sprofonda del tutto impercettibilmente! Quando poi, dopo un certo periodo, ritiene di trovarsi ancora al primo grado dell’apice del suo amore e della sua grazia, ecco che egli si è già inabissato di mille klafter (1900 m) e giace già completamente fuori della sfera della Grazia divina.

11. Ma se in tali condizioni viene assalito da un nemico mentre ha rinunciato al proprio diritto di difesa, è evidente che va in rovina, dato che Dio, a causa della Sua Santità, deve abbandonarlo!»

12. Il messaggero non mancò certo di opporre i più validi argomenti come controprova, ma neanche questi servirono a niente, perché i dieci seppero ogni volta contrapporsi a lui in modo del tutto energico. E così finì col dovere accordare loro il diritto di difesa in certi casi, e questo egli lo fece anche perché, tanto da parte dei dieci quanto da parte di tutto il popolo, l’accoglienza fattagli era stata delle più eccellenti.

13. Non così favorevolmente fu accolto invece il messaggero inviato ad Hanoch, perché in primo luogo egli dovette superare le torture più crudeli prima di essere ammesso alla presenza dei gran sacerdoti, e quando gli fu concesso di parlare ed ebbe esaurito il suo compito, egli venne immediatamente rinchiuso in un carcere fino a quando, per mezzo di scaltri spioni, i gran sacerdoti si furono convinti che ciò che egli aveva detto degli abitanti dell’altopiano era vero.

14. Solo quando questi se ne furono convinti, egli fu liberato dal carcere, ma dovette diventare un gran sacerdote egli stesso e, volente o nolente, dovette prendere parte alle discussioni del Consiglio, perché, in caso contrario, si sarebbe per qualche tempo esposto alla fustigazione e alla dannazione all’inferno.

15. E così l’ambasciata ad Hanoch naufragò senza lasciare alcuna traccia, rimanendo del tutto senza effetto.

 

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Cap. 221

L’infruttuoso Consiglio dei gran sacerdoti per una spedizione di vendetta al popolo dell’altopiano

Il messaggero inviato da Noè li dissuade da qualunque piano

9 febbraio 1844

1. All’interno del Consiglio dei gran sacerdoti di Hanoch trascorse un intero anno unicamente fra dibattiti riguardo a come mettere le mani sui traditori sull’altopiano, ma ogni proposta si presentava congiunta a difficoltà insormontabili, tanto da essere considerata necessariamente come del tutto inattuabile; e il fatto che essi giunsero proprio a questa conclusione fu dovuto in grandissima parte all’influenza del neo nominato gran sacerdote. Infatti, ogni volta che i gran sacerdoti, esasperati, escogitavano questo o quel mezzo per muovere all’attacco dei traditori sull’altopiano, egli li riconduceva sempre alla ragione e, con l’evidenza, dimostrava loro l’assoluta impossibilità di attuare i loro progetti.

2. Tuttavia i gran sacerdoti fecero insistenti pressioni su di lui affinché volesse suggerire loro un piano che avesse probabilità di riuscita per vendicarsi di quegli infami colpevoli di alto tradimento.

3. Ma il nuovo gran sacerdote disse loro: «La giusta via io ve l’ho mostrata subito dall’inizio; questa è la sola possibile. Se volete mettervi per questa via, allora beneficerete dei grandi tesori degli abitanti dell’altopiano attraverso la via dell’amicizia, ma se non intendete assolutamente fare così, allora non vi sarà possibile ottenere nulla da questi vostri traditori, come non potreste mai ottenere nulla dalla Luna che è sul firmamento!

4. A che vi giova il vostro rancore, il vostro furore, la vostra ira? E a che giovano le vostre urla di vendetta, quando la chiara ragione vi deve dire: “Tutto questo è inutile e vano! Come non potremmo portare via dalla Luna un boccone per quanto fosse potente il nostro appetito, altrettanto poco possiamo nuocere a questi nostri traditori!”

5. Ma se proprio non volete credermi assolutamente, allora andate pure, e lasciate che sia una lezione sanguinosa a rimproverarvi! Quando vedrete uccisi dinanzi a voi, così, un paio di centinaia di migliaia dei vostri migliori guerrieri, allora comincerete certamente a vedere le cose sotto un’altra luce!»

6. I gran sacerdoti ora non seppero del tutto che cosa fare.

7. Nondimeno, uno di loro che di solito era un indagatore molto sottile, osservò: «Sapete cosa? I dieci farabutti ce l’hanno data a bere facendo unicamente uso di un’astuzia ben calcolata! Che ne dite se noi a nostra volta usiamo la stessa arma contro di loro?

8. Bisognerebbe proprio che tutti i diavoli si dessero da fare perché in tutta Hanoch non fosse possibile trovare un tipo almeno tanto scaltro da superare in fatto di bassezza e di mascalzonate quei dieci farabutti principali.

9. Emaniamo perciò un’ordinanza invitando tutti i più farabutti, e facciamoli radunare qui e scegliamo il migliore! Promettiamo a costui qualche considerevole beneficio qualora sia capace di superare in astuzia i dieci dell’altura, e la cosa potrà funzionare!»

10. Ma il nuovo gran sacerdote disse: «Sì, non avreste potuto escogitare mezzo migliore per andare in completa rovina! Mostrate dinanzi ai bricconi di Hanoch un simile vostro punto debole, ed essi avranno subito un gioco assai più facile di quanto crediate voi per arrivare al beneficio che avete promesso loro!

11. Credete forse che questi rischieranno la loro vita per voi? Succederà precisamente il contrario: essi ve la daranno ad intendere mentre invece si faranno i loro interessi! E se anche uno andrà dai dieci, costui non sarà tanto pazzo da ritornare da voi se, presso di loro, troverà un’accoglienza migliore, e per di più diverrà a sua volta un traditore verso di voi!

12. Voi però fate quello che volete, per conto mio non ho altro da dire; d’ora innanzi sia l’esperienza la vostra consigliera!»

13. Con ciò l’intera riunione dei gran sacerdoti rimase completamente annichilita e non seppe cosa doveva fare. Così la riunione si sciolse; ma il terzo giorno venne nuovamente convocato un gran Consiglio.

 

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Cap. 222

Una ulteriore riunione del gran Consiglio

Un ingannevole piano di vendetta contro il popolo dell’altopiano, approvato all’unanimità

10 febbraio 1844

1. Quando il terzo giorno l’alto Consiglio dei gran sacerdoti e tutti i sottosacerdoti si trovò riunito nella grande sala consigliare aperta, parecchi tra i gran sacerdoti salirono subito sulla tribuna e uno di loro disse:

2. «Ascoltatemi, voi che assieme a me siete servitori degli déi! Voi sapete anche troppo bene quale ignobilissimo atto sacrilego hanno compiuto verso di noi i dieci infami scellerati, a qualificare il quale come si deve, il fondamento della Terra non ha alcuna parola, e perciò qui non vi è bisogno di esporre ancora una volta nei suoi particolari questo sacrilegio tra tutti gli atti sacrileghi!

3. Ma siccome noi conosciamo tutti esattissimamente il fatto, adesso si tratta solamente di arrivare ai mezzi attraverso i quali poter punire queste dieci bestie con tutto il loro seguito nel modo più terribile, doloroso, orrendo, inaudito, senza paragoni, costi quello che assolutamente può costare, perché se lasciamo impunita una simile infamia, allora anche altri farabutti dei nostri regni saranno tentati di dedicarsi ad imprese di questo genere!

4. Perciò ora è necessario che tutta la nostra cura e tutta la nostra forza di pensiero vengano rivolti al fine di dare a quei miserabili dell’altopiano un castigo tale che l’intero cerchio della Terra debba inorridire, e tutte le montagne debbano piangere per aver concesso a quei miserabili un rifugio tanto sicuro! Per concludere, si tratta di escogitare qualche mezzo straordinario ed infallibile che possa garantirci la vendetta! Chi di voi sarà in grado di presentare un piano rispondente a questo scopo, a costui sia imposta la corona del dominio più potente ed assoluto su tutto il mondo! E con ciò ho finito. Parli ora chi conosce un simile mezzo!»

5. A questo punto si fece subito avanti uno dei sottosacerdoti, quanto mai scaltro, e chiese il permesso di parlare. Tale permesso gli fu subito accordato ed egli salì subito sulla tribuna con un atteggiamento apparentemente colmissimo di timore reverenziale, e cominciò a parlare così:

6. «Ascoltatemi, voi altissimi ed onnipotenti servitori della Terra e di tutti gli déi e di tutte le stelle dei cieli, ed uniche guide del Sole e della Luna!

7. Io, un ultimissimo e indegnissimo, un sudicissimo e puzzolentissimo servitore dinanzi a voi, o supremi, ho tuttavia trovato, nella ripugnante immondizia puzzolente del mio cervello, tre granelli, secondo il mio discernimento certamente quanto mai nebuloso al paragone del vostro che risplende come un Sole, i cui tre granelli hanno l’apparenza come se fossero di oro!” – [a questo punto un grande applauso fu tributato al modesto oratore].

8. “La mia molteplice nullità di fronte a voi, o supremi sotto ogni aspetto, nella sua più profondissima stoltezza dinanzi alla vostra suprema sapienza, deve certo limitarsi solamente a credere questo: se i tre granelli di cui ho detto venissero scagliati contro quei dieci, i cui nomi perfino la mia schifosissima lingua non osa proferire, è da ritenersi che il loro altopiano dovrebbe diventare un po’ troppo basso e potrebbe non offrir loro più alcuna protezione davanti alla vostra giustizia sublimemente giustissima sopra ogni cosa! – [Seguono prolungati ed entusiastici applausi].

9. Noi conosciamo a fondo i principi dell’aerostatica! Non potremmo noi orientare questa, in modo da occupare anche le più inaccessibili cime delle montagne? Quale vantaggio sarebbe questo per noi!

10. Noi inoltre siamo i più abili minatori! Dunque: non potremmo perforare le montagne nei punti più adatti e, attraverso delle gallerie così scavate? Non potremmo dunque penetrare nel covo delle bestie dell’altopiano del tutto inaspettatamente, di notte, e poi ucciderli tutti?

11. E infine, noi siamo certamente i più grandi politici! Fingendo di offrire loro la più intima amicizia, vediamo di stanare quelle bestie; e una volta caduti nella nostra rete, certo nessun diavolo sarà più in grado di strapparceli fuori dal nostro potere e di salvarli dalla nostra più sfrenata vendetta!

12. Altamente onnipotentissimi, questi sono i tre granelli che io, di fronte a voi, essendo un nulla assoluto, ho trovato nella puzzolentissima immondizia del mio ripugnantissimo cervello! Quale beatitudine sarebbe per me, animale sudiciosissimo dinanzi alla vostra chiarezza di mille Soli, se almeno uno di tali granelli potesse esservi più o meno utile! – [seguì un uragano di applausi].

13. E uno dei gran sacerdoti, tagliatosi un lembo del proprio mantello, lo appiccicò sulla veste dell’oratore, ciò che costituiva la massima distinzione.

14. E questo gran sacerdote disse: «I tuoi mezzi sono tutti e tre eccellenti; tuttavia, il primo che noi impiegheremo sarà l’ultimo! Se non ci riesce – ciò che sembra essere pochissimo probabile – allora ricorreremo agli altri due, certamente alquanto più costosi!»

15. In tale occasione venne chiesto anche al nuovo gran sacerdote se trovasse la proposta di suo gradimento.

16. E questi rispose: «Io non posso dirvi altro, che facciate quello che volete; per conto mio vi auguro dappertutto la migliore fortuna e, in aggiunta, un tempo atmosferico quanto mai bello. Tutto il resto verrà poi da sé!»

17. Con tale risposta i gran sacerdoti e i sommi sacerdoti della corte reale furono perfettamente d’accordo e cominciarono subito a discutere riguardo ad una delegazione di amicizia politica da inviare.

 

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Cap. 223

La prima impresa politico-diplomatica dei gran sacerdoti contro gli abitanti dell’altopiano

12 febbraio 1844

1. Conclusosi il dibattito riguardo alla delegazione di amicizia politica che si aveva intenzione di inviare ai dieci sull’altopiano, tutti convennero infine sull’opportunità che a capo della delegazione dovesse essere nominato lo stesso scaltro sottosacerdote che aveva dato il consiglio. Gli furono posti al fianco anche trenta sottosacerdoti reputati di sicurissima fedeltà ai gran sacerdoti, perché egli, sottosacerdote molto furbo, non approfittasse della missione per imitare l’esempio dei dieci.

2. Questa missione di trenta membri scelti tra la casta sottosacerdotale e comandata dallo scaltro sottosacerdote venne riccamente provvista di doni d’amicizia di ogni specie consistenti di oro, argento e pietre preziose, in modo che venti cammelli ebbero abbastanza da faticare per portarli.

3. E il sottosacerdote guardava in segreto con grande compiacimento tutti quei doni dati in segno di amicizia agli abitanti dell’altopiano, perché egli aveva già fatto molto bene i suoi calcoli su come avrebbe impiegato quelle ricchezze.

4. Prima della partenza i gran sacerdoti non mancarono di ricordargli con ogni insistenza ed energia come egli avrebbe dovuto tenere sempre presente il suo giuramento di fedeltà.

5. Ed egli confermò tutto questo tra molte lacrime versate ad arte, e perfino i suoi compagni di delegazione, noti come ferventi partigiani dei gran sacerdoti, resero testimonianza di lui dicendo: «Oh, certo! Di lui noi ci facciamo garanti con la nostra vita, perché nel suo petto non si agita nessun pensiero maligno. Ci sono le sue lacrime, quale sicurissimo pegno della sua fedeltà! A lui potete affidare certamente e senza alcun timore sia il Cielo che la Terra!»

6. Dopo varie assicurazioni di questo genere, la delegazione s’incamminò verso la meta senza il benché minimo sospetto da parte dei gran sacerdoti.

7. Ma tanto nel capo quanto nel petto di quel sottosacerdote, la situazione aveva tutto un altro aspetto da quello che appariva al di fuori, poiché egli aveva combinato il suo piano nel modo seguente:

8. «Prima di tutto occorre che i doni d’amicizia vengano depositati davanti ai dieci! Questi poi, per pura politica, contraccambieranno l’amicizia! E perché? Questo è facilissimo da indovinare: nient’altro che per attirare con ciò nella rete i gran sacerdoti!»

9. Tutti questi calcoli questo sacerdote li aveva già fatti in anticipo; ed anche perciò egli seppe come fare per guidare come si deve la sua comitiva.

10. Ma quando, venuta la mattina del terzo giorno dalla partenza, la delegazione giunse alla grande porta d’accesso all’altopiano, che aveva l’apparenza dell’oro, essa venne immediatamente fermata e sottoposta ad interrogatorio e ad un minuzioso esame, prima di ottenere libero accesso, e da lì poi, sotto poderosa scorta, venne condotta dai dieci che avevano il loro castello su una rupe alta e spaziosa.

11. E quando quel capo della delegazione vide cose così grandi e di oro lucente, allora egli disse ai suoi compagni: «Amici, che figura faremo noi qui con i nostri doni d’amicizia dove da tutte le parti vediamo splendere delle montagne intere d’oro purissimo, e dove la colossale rupe sulla quale i dieci hanno il loro castello luccicante d’oro, sembra essa stessa fatta qua e là, di natura, di oro purissimo? Non sembreremo come coloro che vogliono portare una goccia d’acqua al mare? Ad ogni modo la volontà valga per l’opera! È un birbante colui che dà di più di quanto può dare e di quanto ha!»

12. I suoi compagni di delegazione gli diedero ragione, ma egli pensò tra di sé: ‘Se è così, ho già bene in trappola tutta la ciurmaglia del gran sacerdozio! Venga ancora il voto favorevole dei dieci che io conosco benissimo, e l’affare è concluso!’

 

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Cap. 224

La delegazione politica di Hanoch a colloquio con i dieci ex inviati ora governatori dell’altopiano

L’insuccesso della delegazione e il suo ritorno ad Hanoch senza il suo capo

13 febbraio 1844

1. Quando l’uno (sottosacerdote) con la sua compagnia fu condotto alla presenza dei dieci, fu accolto da questi molto amichevolmente ed interpellato con tutta cortesia riguardo a cosa tramasse con la sua missione.

2. Allora egli, da una finestra, indicò i cammelli ben carichi, e disse:

3. «Cari fratelli, io sono inviato a voi quale messaggero di pace da parte del gran sacerdozio; esso vorrebbe entrare in rapporti di amicizia con voi, e questo è pure il desiderio di tutto il popolo di Hanoch!

4. I gran sacerdoti vi hanno perciò mandato dei doni di amicizia, augurandosi che siate disposti ad accettarli come segno della loro amicizia che loro vorrebbero stringere con voi!

5. Essi intendono dimenticare completamente che voi avete peccato di tradimento contro di loro, e dunque, sarebbe loro desiderio che voi diveniste nuovamente loro amici e che voleste anzi visitarli ad Hanoch dove verreste accolti con ogni onore possibile!»

6. Ma mentre era così intento ad esporre lo scopo della sua missione, con ogni tipo di strizzatine d’occhio dava ad intendere ai dieci che era costretto a parlare in quel modo soltanto a causa della presenza dei suoi compagni, ma che molto volentieri avrebbe parlato altrimenti se fosse stato solo.

7. I dieci compresero il muto linguaggio dei suoi occhi, e risposero: «Voi avete visto che noi non abbiamo affatto bisogno di accettare doni dai gran sacerdoti di Hanoch, poiché i possessori di montagne d’oro disprezzano l’oro raccolto con mani grondanti sangue ed estorto ai poveri con ogni tipo di menzogna, di inganno e di oppressione.

8. Per conseguenza, in primo luogo non accettiamo affatto né oro né argento né pietre preziose, e in secondo luogo, per ciò che riguarda le offerte di amicizia, vorrete dire loro che noi siamo tanto poco disposti ad accettare queste, quanto i loro doni! Noi non siamo affatto dei leprotti appena nati, per non capire quali siano le trame dei gran sacerdoti! Perciò non accogliamo assolutamente nessuna delle loro proposte!

9. Se i gran sacerdoti vogliono acquistare la nostra amicizia, allora è anzitutto necessario che rinuncino al loro grado e che consacrino ed incoronino unico re e gran sacerdote sopra di loro e sopra tutto il popolo della pianura, colui che è stato mandato da loro dall’altura! Finché non verrà fatto così, non potranno mai contare sulla nostra amicizia neanche da lontano, poiché non è nostra abitudine stringere amicizia con i diavoli.

10. Perciò consigliamo ai gran sacerdoti di non tentare di avvicinarsi a noi in qualsiasi maniera, poiché qualunque tentativo del genere da parte loro sarà punito col massimo rigore.

11. Quindi ritornatevene adesso ad Hanoch con i vostri tesori, e riferite tali cose di noi ai sommi sacerdoti e a quegli evidentissimi diavoli che sono i gran sacerdoti!

12. Tu uno [sottosacerdote] però, che altre volte condividesti i nostri stessi sentimenti, rimani qui, poiché tu non hai né moglie, né figli, e noi possiamo aver bisogno di te qui! Così avvenga!»

13. Allora quell’uno [sottosacerdote] fu al colmo della gioia, mentre i trenta ritornarono delusi ai loro cammelli e rifecero il cammino verso Hanoch senza aver concluso nulla.

14. Che faccia facessero i gran sacerdoti in conseguenza di questo fatto, noi lo considereremo in seguito con alcune occhiate, e da ciò riconosceremo che questo (il Giudizio) allora era quasi davanti alla porta.

 

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Cap. 225

Il rapporto dei trenta sottosacerdoti e il suo effetto

La vendetta giurata contro i dieci ex inviati e la lapidazione del messaggero di Noè

14 febbraio 1844

1. Ora naturalmente, appena partiti i suoi trenta colleghi, l’uno [sottosacerdote] rimasto presso i dieci sull’altopiano espose loro con ogni dettaglio tutto quello che i gran sacerdoti volevano intraprendere contro di loro e di che specie fosse per conseguenza la loro pretesa amicizia.

2. I dieci seppero apprezzare nel loro giusto valore queste comunicazioni, e lodarono questo loro ex compagno e collega principale.

3. Tuttavia, non appena i gran sacerdoti nella pianura videro ritornare i trenta fedeli sottosacerdoti con i cammelli carichi, li interrogarono subito dicendo: «Ebbene, questi che portate, sono forse dei doni in contraccambio? Cosa ne è di Gurat (il sottosacerdote)? Dov’è dunque?»

4. E i sottosacerdoti esclamarono: «O voi, onnipotenti servitori degli déi! Tutto, tutto è andato perfettamente al contrario di come ce lo si aspettava! I dieci non hanno degnato nemmeno di uno sguardo il vostro oro, né l’argento né le pietre preziose; invece essi ci hanno respinto subito nel modo più ignobile, e perciò noi abbiamo riportato tutti i doni completamente intatti!

5. Per quello poi che riguarda Gurat, dobbiamo dire che non vi è mai stato a questo mondo un farabutto così raffinato come lui! In nostra presenza egli ha certo manifestato del tutto esattamente la vostra volontà, ma così facendo esprimeva con gesti e con segni equivoci che erano perfettamente in opposizione a quanto gli usciva ad alta voce dalla bocca! E fu proprio in seguito a questo riprovevolissimo doppio linguaggio che i dieci ci congedarono con la seguente risposta che non vi è modo di qualificare, tanto è infinitamente ignobile, riprovevole e sacrilega.

6. Dunque, essi ci hanno detto che non accettano assolutamente l’oro imbrattato del sangue estorto alla povera umanità per mezzo di ogni tipo di menzogne, inganni e oppressioni, perché anche senza di ciò essi possiedono intere montagne d’oro [cosa questa che è anche vera] e dispongono quindi in stragrande abbondanza di questo oro benedetto da Dio; e perciò tanto meno vi è motivo per loro di accettare dell’altro oro che porta ancora le tracce del sangue della povera umanità!

7. E tanto meno vogliono saperne di accettare la vostra amicizia, se non nel caso in cui voi voleste rinunciare ad essere dei gran sacerdoti e voleste nominare il messaggero che è venuto a voi dall’altura, quale unico gran sacerdote ed esclusivo re che governa sopra tutti i regni di Hanoch; bisognerebbe insomma che vi accontentaste di diventare dei comunissimi borghesi, o comunque quello che il nuovo re che governasse, intendesse fare di voi!

8. Essi per di più vi consigliano di non avvicinarvi in nessun modo al loro ricchissimo altopiano, se non volete che vi capiti qualche bruttissima sventura!

9. Ora noi abbiamo finito; questo è fedelmente tutto quello che, a nostro tremendissimo disgusto, abbiamo dovuto ascoltare dai dieci!»

10. A questo punto i gran sacerdoti cominciarono a battersi il petto e giurarono, per tutti gli déi, che ora avrebbero dovuto fare ogni sforzo possibile pur di vendicarsi dei dieci nel modo più tremendo.

11. Essi poi per tre giorni interi maledissero di seguito la Terra che portava su di sé quei mostri; poi per sette giorni continui maledissero il Sole che illuminava anche simili mostri; poi coprirono di maledizioni l’aria, l’acqua e il fuoco perché non annientavano subito tali rifiuti della Terra. Un intero mese trascorse unicamente tra maledizioni.

12. Poi il messaggero dell’altura fu spogliato della sua veste di gran sacerdote, venne pubblicamente flagellato con verghe e cacciato con la schiena sanguinante fuori dalla città, ed infine là egli fu lapidato a morte, e tutto ciò perché aveva detto che i gran sacerdoti avrebbero dovuto seguire il consiglio dei dieci.

13. I gran sacerdoti emanarono perfino un decreto in base al quale ogni giorno ciascun suddito era tenuto a maledire e ad imprecare i dieci per un’ora di seguito.

14. Nello stesso tempo però offrirono le maggiori ricompense a chi mai fosse stato in grado di escogitare qualche mezzo diabolico per punire nel modo più spaventoso i dieci sull’altopiano.

15. Da quanto precede si può chiaramente rilevare come in quel tempo (il Giudizio) fosse quasi davanti alla porta. Ma quello che seguirà, porterà alla luce cose ancora migliori per l’inferno.

 

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Cap. 226

Le province si separano da Hanoch

 Lo schieramento di cinque milioni di guerrieri contro il popolo dell’altopiano e contro le province traditrici

Dopo due anni di vari attacchi all’altopiano, l’esercito si ritira

15 febbraio 1844

1. Non passò molto tempo che appunto, in seguito a un tale decreto della maledizione, le lontane province di Hanoch appresero che per i gran sacerdoti, perfino nella stessa città di Hanoch, le cose cominciavano a mettersi male, dato che a causa dell’oneroso riscatto degli schiavi essi avevano finito con l’essere stati imbrogliati in maniera enorme. Perciò anche quelle province si sollevarono e si staccarono completamente da Hanoch.

2. E quando i gran sacerdoti di Hanoch vennero a conoscenza di tale notizia, allora parve che fosse venuto il finimondo, poiché i rapporti che vennero fatti loro, riferivano che il distacco delle lontane province era da attribuirsi alle manovre degli abitanti dell’altopiano, e questo bastò per spingere questi gran sacerdoti completamente nella più tremenda rabbia furibonda.

3. Per tutta una giornata intera essi andarono urlando e ruggendo per tutte le piazze e per le vie, e attraverso queste grida si percepiva un solo appello, e questo suonava così: «Voi tutti abitanti di Hanoch, sollevatevi alla centuplice vendetta contro l’altopiano e contro tutti quei paesi che si sono ribellati contro di noi a causa delle manovre dell’altopiano!»

4. Il giorno seguente si cominciò il reclutamento, e ciascun uomo – a meno che non appartenesse alla nobiltà di altissimo grado – dovette afferrare le armi. Neppure il sesso femminile fu esonerato dall’arruolamento.

5. In pochi giorni un esercito di cinque milioni di guerrieri si trovò in pieno assetto di combattimento. Le armi consistevano di lance, spade, archi ed una specie di archibugio[33], come quelli usati dagli antichi turchi al tempo delle loro prime guerre quando usavano pallottole di pietra quali proiettili, poiché la polvere da sparo era stata inventata già all’epoca di re Dronel, un figlio di Ohlad, ed era stata molto perfezionata sotto Kincàr. Le donne furono provviste solo di armi leggere, per lo più piccole sciabole e pugnali.

6. Quando l’esercito fu pronto, vennero i gran sacerdoti, anch’essi del tutto corazzati, ed emisero il seguente ordine: «La metà di queste truppe marcerà sotto il nostro personale comando contro le province insorte, per punirle col massimo rigore della loro ribellione! Nessuna vita deve essere risparmiata; bisogna che tutto cada sotto la spada e il fuoco!»

7. A tale comando l’immenso esercito si divise, e due milioni e cinquecentomila guerrieri marciarono contro le province insorte mentre un’uguale massa di truppe ricevette l’ordine di iniziare le operazioni contro l’altopiano. Ma come? Ecco, questa fu tutta un’altra questione!

8. I gran sacerdoti che comandavano questa spedizione decisero infine che le montagne dovessero essere perforate. Immediatamente venne impartito ad una massa di centocinquantamila uomini l’ordine di impugnare attrezzi da minatore e di scavare gallerie attraverso le montagne. Gli ingegneri si accinsero immediatamente a fare i loro calcoli, e i lavori iniziarono con spaventosa attività.

9. Lo scavo cominciò in cinquecento posti diversi e le perforazioni raggiunsero dai due ai tremila klafter (dai 3800 ai 5700 m) di profondità (però non in linea verticale, bensì orizzontale), ma alla fine non si arrivava in nessun punto.

10. Cosicché, dopo qualche tempo gli ingegneri avendo rinnovato le misurazioni, rilevarono che le loro gallerie erano troppo in basso in rapporto al punto dove dovevano sboccare. Perciò le montagne vennero scavate in una zona più alta e le nuove gallerie raggiunsero questa volta la vallata dell’altopiano.

11. Ma siccome gli abitanti dell’altopiano, per mezzo delle loro spie, erano perfettamente al corrente riguardo ai punti dove cominciavano le gallerie scavate dagli hanochiti, allora essi poterono calcolare esattamente anche i punti dove questi avrebbero dovuto sboccare sull’altopiano. E in questi punti essi innalzarono delle enormi cataste di legna a cui venne appiccato il fuoco quando gli hanochiti stettero per irrompere sull’altopiano.

12. Fumo e fiamme invasero le gallerie e soffocarono migliaia e migliaia di hanochiti; perfino parecchi gran sacerdoti, in qualità di comandanti della spedizione, trovarono la morte in questa occasione.

13. Tre volte venne poi tentato l’attacco dalla porta principale all’altopiano, ma gli assalitori furono sempre respinti nel modo più deciso; e così la parte dell’esercito rimasta incolume dovette infine fare ritorno vergognosamente al loro paese senza aver ottenuto nulla, dopo una lotta infruttuosa durata due anni.

 

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Cap. 227

Il rapporto dell’esercito sconfitto contro l’altopiano

 La scissione tra i gran sacerdoti comandanti la battaglia e quelli rimasti in città

Il tradimento dell’esercito contro province

16 febbraio 1844

1. I pochi gran sacerdoti reduci da questa spedizione contro l’altopiano, naturalmente riferirono ai loro colleghi rimasti in città, i quali essi pure erano pochi, come l’esito della loro spedizione fosse stato quanto mai infelice. I rimasti quasi si strapparono il capo dal corpo quando appresero tali tristissime notizie dai loro confratelli che avevano comandato l’esercito, e cominciarono ad inveire contro l’incapacità dimostrata nell’organizzare gli attacchi.

2. Ma i gran sacerdoti al comando dell’esercito ribatterono dicendo: «Ingiuriare è certamente più facile che combattere! Un terzo dell’intero esercito è ancora in buono stato; alzatevi e date voi stessi battaglia! E quando poi sarete di ritorno senza aver concluso nulla, allora cominceremo noi pure ad inveire contro di voi in maniera tale da restarne stupiti!

3. Qui, essendo all’asciutto, è facile parlare, dire insolenze e formulare tremendi piani; ma andatevene voi un po’ fuori, e ben presto vedrete da che parte tira il vento!

4. Noi abbiamo scavato circa cinquecento gallerie attraverso le montagne che non sono superabili in nessun punto in un altro modo, e la vittoria avrebbe dovuto essere nostra. Ma che cosa possiamo farci noi, se quei farabutti dell’altopiano ci scoprono, ci spiano dai loro dannati nascondigli, e poi con diabolica sicurezza calcolano dove dobbiamo sboccare, ed ostruiscono quei punti con una barriera di fuoco affinché, al momento dell’irruzione all’aperto, noi ci rimettiamo la vita a migliaia e migliaia, nelle lunghe e tenebrose gallerie, soffocati ed arsi dalle fiamme, dal fumo e dal vapore?

5. E quando poi attaccammo per tre volte dalla porta principale, fummo sempre salutati da innumerevoli pietre scagliateci giù dalle alte pareti delle montagne, in maniera che anche là persero la vita a migliaia e migliaia!

6. Solo in seguito a questa lezione abbiamo imparato che quei maledetti dell’altopiano non si possono vincere né con l’astuzia, né con nessun tipo di attacco violento.

7. Se almeno avessimo dato ascolto al consiglio di colui che abbiamo fatto flagellare e poi lapidare davanti alla porta della città, saremmo in condizioni migliori di quelle in cui ci troviamo adesso! Non ci mancherebbe altro ora che anche l’altra parte del nostro esercito sia andata incontro a un destino simile al nostro! Allora si sarebbe davvero conciati per le feste!»

8. A queste dimostrazioni i gran sacerdoti che erano rimasti a casa cominciarono ad inveire con maggiore violenza e giunsero perfino a minacciare i loro colleghi al comando dell’esercito.

9. Ma questi comandanti dell’esercito reagirono dicendo: «Ma cosa dite voi? La potenza ce l’abbiamo noi nelle nostre mani! Se non vi fate muti all’istante come i pesci al nostro cospetto, converrà che le vostre pance ben ingrassate facciano esperienza di come noi sappiamo fare uso delle nostre armi!»

10. A questo punto le due fazioni dei gran sacerdoti si lanciarono l’una contro l’altra pigliandosi per i capelli e graffiandosi come cani e gatti. Da quel momento i gran sacerdoti rimasero divisi in due fazioni nemiche, e il popolo di Hanoch non ne capì più nulla e non seppe distinguere più chi fosse il padrone e chi il servitore.

11. In questo stato di scissione si attesero tre anni per vedere i risultati dell’altra metà dell’esercito, ma inutilmente, perché questa forza armata, giunta sul luogo, si era schierata a favore delle province e si era essa stessa sbarazzata dei propri condottieri nonché di chiunque altro avesse parteggiato per loro.

12. Ma quello che sorse poi, ce lo rivelerà il seguito.

 

 

Cap. 228

Un Consiglio di guerra dei dieci dell’altopiano contro la città di Hanoch

I buoni consigli del messaggero del Signore

Una piccola prova dall’Alto: il trattamento di mille spie di Hanoch

20 febbraio 1844

1. (sull’altopiano): Il messaggero di Noè si trovava ancora presso i dieci e continuava a servire da ottimo consigliere per loro.

2. Così anche Gurat, il sottosacerdote di una volta, in certe faccende veniva consultato dai dieci.

3. Ora avvenne che i dieci convocarono una riunione consiliare per discutere riguardo a quello che avrebbero dovuto intraprendere ora contro Hanoch.

4. Ma il messaggero di Noè diede il suo consiglio e disse: «Adesso lasciate stare Hanoch come si trova, poiché d’ora innanzi essa non vi darà più alcuna noia, avendo imparato, in seguito alla vostra resistenza, che per essa non sarà più assolutamente possibile sopraffarvi! Del resto, il Signore Dio Zebaoth, anche senza il vostro contributo saprà di certo punire questa città in modo che essa si disgregherà come un albero marcio nei boschi!

5. Se voi rimarrete come siete ora, allora il Signore in avvenire vi benedirà ed amplierà il vostro magnifico paese, e lo renderà così fertile da poter fornire in abbondanza il sostentamento anche a cento milioni di abitanti! E se anche Egli volesse giudicare e distruggere sia pure tutti i malvagi della Terra, voi ciononostante sarete risparmiati, qualora, seguendo questo mio consiglio, persevererete nel Suo ordine.

6. Ma se invece vorrete uscir fuori e fare guerra ai popoli di Hanoch e a quelli delle molte altre città e paesi, allora vi verrà riservata una ben miserevole fine insieme a loro, quando Dio, nella Sua antica ira, farà venire il Giudizio sopra tutto il mondo maligno!

7. Tuttavia, questo che vi ho detto ora è il mio ultimo consiglio, poiché il mio tempo è giunto alla sua fine, ed io devo ritornare nuovamente nel luogo da dove sono venuto. Questo consiglio rimanga sempre presente nella vostra memoria, e così troverete grazia presso Dio; ma se opererete diversamente, allora dovrete riconoscere anche nel Giudizio che io sarò stato un vero messaggero mandato a voi dall’eterno Signore!

8. Con ciò non deve affatto essere posta la benché minima limitazione alla vostra libera volontà, perché nessuno ha il diritto di limitare, in nessuna maniera, la libera volontà dei propri fratelli, bensì questo diritto il Signore lo ha concesso del tutto esclusivamente a ciascun uomo. E così ogni uomo può limitare la propria volontà come vuole; anzi, quanto più sarà così, tanto meglio sarà per lui! Per questo motivo, dunque, anch’io vi ho dato solo il consiglio, e voi però potete fare quello che volete!»

9. E dette queste parole, il messaggero fu afferrato dalla Forza di Dio e velocemente fu rapito sull’antica altura presso Noè.

10. L’improvvisa scomparsa di questo messaggero che godeva la più alta considerazione presso i dieci, come pure presso tutto il popolo dell’altopiano in generale, fece sui dieci una fortissima impressione, ed essi riconobbero che egli era stato veramente inviato da Dio.

11. Tutto quanto egli aveva riferito loro durante i vari anni della sua presenza sull’altopiano venne fatto incidere subito su delle lastre d’oro perfettamente levigate, e venne messo immediatamente in vigore come legge per tutto l’altopiano.

12. Cinque anni trascorsero bene così; ma dopo un tale periodo il Signore deliberò di consolidarli nella loro fiducia in Lui mediante una piccola prova, e questo bastò perché svanisse un gran numero delle precedenti virtù.

13. La prova consistette in nient’altro che gli abitanti dell’altopiano catturarono un migliaio di spie mandate da Hanoch, e precisamente dove c’era l’ingresso principale.

14. Queste spie avevano avuto l’incarico di avviare delle libere trattative con i dieci allo scopo di iniziare rapporti e traffici tra Hanoch e l’altopiano. Questo era quanto risultava apertamente dalla loro missione; ma in segreto invece era loro compito rendersi conto della situazione e delle forze dell’altopiano, nonché di accertarsi se quelle popolazioni avessero avuto parte attiva al completo distacco delle lontane province e al tradimento dell’esercito inviato là.

15. Ma siccome i dieci erano teste fine e astute, essi scoprirono ben presto gli scopi segreti delle spie, e ciò avvenne nella maniera più facile di questo mondo.

16. Infatti essi dissero ai mille: «Noi conosciamo da tempo le vostre vere intenzioni; perciò non teneteci nascosto nulla delle vostre trame! Chi di voi sarà colto ad asserire cosa non vera, costui verrà subito precipitato giù da questa alta rupe e troverà la sua tomba nell’adiacente lago senza fondo che si trova qui sotto!»

17. Infatti la grande rupe, sulla quale era costruito il castello dei dieci, terminava in fondo, a livello dell’altopiano, in un lago molto profondo che si estendeva all’incirca per tre ore di cammino.

18. Dieci tra le principali spie affermarono senza esitare che esse non avevano affatto seconde intenzioni. Ebbene, per tre volte venne loro rinnovata la domanda, ma siccome persistettero nell’affermazione precedente, esse furono immediatamente condotte sulla rupe che era sopra al lago, furono interrogate ancora una volta e minacciate asprissimamente.

19. Ma avendo essi insistito nella loro prima asserzione, credendo certamente che quella minaccia non fosse altro che un artificio politico da parte dei dieci, la prima spia venne subito gettata giù dalla rupe.

20. Allora un’angoscia mortale si impadronì degli altri nove, che cominciarono a confessare la verità.

21. Esse allora furono ricondotte via dalla rupe e dovettero ormai svelare del tutto in ogni particolare le intenzioni di Hanoch.

22. Alcuni però si mostrarono piuttosto reticenti; ma uno di questi venne subito condotto nuovamente sulla rupe e fatto precipitare giù, e ciò valse a fare aprire la bocca a tutti gli altri.

23. Ma quando, in questo modo, furono interamente svelati tutti i fatti di Hanoch, solo allora, ad eccezione di dieci spie, furono gettati nel lago tutti gli altri; i dieci superstiti, invece, furono rimandati ad Hanoch per riferire quanto era successo e per far sapere ai gran sacerdoti quale premio era riservato sull’altopiano alle spie di Hanoch.

24. Quello che poi accadde, lo vedremo in seguito.

 

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Cap. 229

Il rapporto dei dieci rimasti e la posizione dei sacerdoti comandanti

Ulteriore progetto di sottomettersi a quelli dell’altopiano e proporre uno dell’altopiano a re di Hanoch

La delegazione con mille corone e le chiavi d’oro è ricevuta

21 febbraio 1844

1. Le dieci spie superstiti, dopo aver fatto ritorno ad Hanoch, raccontarono ai gran sacerdoti che cosa era avvenuto della missione dei mille uomini sull’altopiano e ciò che i dieci governanti dell’altopiano avevano detto loro. Allora i gran sacerdoti di uno dei due partiti si adirarono.

2. Ma i gran sacerdoti dell’altro partito che alcuni anni prima avevano avuto di persona l’onore di assaggiare la sapienza strategica degli abitanti dell’altopiano, si rallegrarono del fallimento di quel tentativo; e dato che sapevano come le condizioni di Hanoch non erano più un mistero per nessuno e che i dieci dell’altopiano erano ormai perfettamente al corrente della nefasta spaccatura tra i gran sacerdoti, allora essi si ricordarono del consiglio del messaggero di Noè e decisero tra di loro di seguire questo consiglio.

3. Dunque questi tennero una riunione tra di loro e dissero: «Che succederà? Finora il potere principale sta ancora nelle nostre mani! Noi sappiamo quello che i mille che ci erano nemici sono andati a cercare sull’altura nel senso più vero e proprio. Essi volevano rilevare le condizioni e le forze dell’altopiano, ma quello che non ci avrebbero detto era che essi intendevano entrare in alleanza col popolo dell’altopiano contro di noi.

4. In tal modo essi pensavano di darci in primo luogo un grosso colpo, e poi in una simile occasione pensavano anche di indebolire gli abitanti dell’altopiano, prendendo così due piccioni con una fava. Sennonché i dieci dell’altopiano si dimostrarono più astuti di questi ammuffiti zeloti del gran sacerdozio e fecero vergognosamente naufragare tutti i loro piani!

5. Ora sta a noi agire! Noi seguiremo certamente il consiglio degli abitanti dell’altopiano, per quanto ci sarà possibile seguirlo! Se anche non possiamo più proclamare re di tutta Hanoch il messaggero dall’antica altura che abbiamo fatto lapidare a morte, tuttavia offriremo questa suprema dignità di reggente assoluto ad uno dei dieci o a chi essi vorranno designare a questo scopo! Noi rimarremo i comandanti dell’esercito come siamo stati finora; gli zeloti invece si graffino le facce da sé per la bile!

6. Ora si tratta di mettere assieme una delegazione scelta! Che ne dite se uno di noi si assumesse l’incarico di partire per l’altopiano con un adeguato numero di delegati e di rimettere nelle mani dei dieci le grandi chiavi d’oro e le mille corone di Hanoch che fortunatamente si trovano nelle nostre mani?» [le mille corone provenivano ancora dall’epoca dei mille consiglieri reggenti].

7. Questa proposta riscosse unanime approvazione, e uno dei gran sacerdoti, dotato di molta eloquenza, si mise a capo della missione. Cento delegati, scelti dai gran sacerdoti del partito dei comandanti dell’esercito che erano rimasti ad Hanoch, seguirono quel gran sacerdote fin sull’altopiano, con la scorta di cento cammelli che trasportavano i gioielli del regno di cui abbiamo detto prima.

8. Giunta sull’altopiano, tutta la carovana fu condotta alla presenza dei dieci sotto forte scorta.

9. E quando questi scorsero il gran sacerdote che era a capo della comitiva, essi sentirono ridestarsi in loro l’ira iniziale, ed uno dei dieci esclamò: «Finalmente abbiamo in nostro potere uno di quelli ornati con vesti pregiate sul quale poter sfogare la nostra antica vendetta!»

10. Ma il gran sacerdote disse: «Non così deve essere! Infatti anche a noi, come a voi, venne a suo tempo mandato un messaggero conciliatore dall’antica altura; questi ci diede allora un consiglio, e ora siamo appunto qui per seguire tale consiglio!

11. Purtroppo il messaggero fu messo a morte, in grandissima parte per colpa del partito dei gran sacerdoti zeloti, avidi di potere, e ciò avvenne precisamente nel tempo in cui voi richiedeste che egli venisse innalzato a reggente unico di tutta Hanoch.

12. Ma appunto in quel tempo anche noi ci separammo dal partito zelota sacerdotale, raccogliemmo tutte le forze combattenti e distaccammo una parte del grande esercito per combattere le province che si erano separate, e con l’altra parte dell’esercito per dare soddisfazione alla parte dei gran sacerdoti zeloti, dovemmo intraprendere contro di voi un apparente attacco che senza dubbio è venuto a costarci abbastanza caro.

13. Nonostante tutto, però, abbiamo raggiunto con ciò il buono scopo di tenere il potere concentrato nelle nostre mani, e ora già da parecchi anni noi siamo i padroni di Hanoch; invece i veri e propri gran sacerdoti sono adesso i nostri più grandi nemici e in segreto cercano continuamente di raccogliere delle forze combattenti per assalirci una volta o l’altra.

14. Ma dato che noi siamo tuttora pienamente i signori di Hanoch ed abbiamo anche in nostro potere le chiavi e le corone, così, seguendo il consiglio del messaggero dell’altura, le abbiamo prese con noi per rimetterle in mano vostra! Sta ora a voi insediare sopra l’intera Hanoch un re che governi da solo; noi invece vogliamo essere i suoi fedelissimi servitori!

15. Qui con me si trovano ancora cento delegati pronti a confermare la piena verità di quanto ho detto, e sul dorso dei cammelli troverete le mille corone che voi ben conoscete, nonché le chiavi d’oro di Hanoch; noi tutti vi restiamo garanti con la nostra vita per la verità di tutto ciò che vi ho ora esposto!»

16. A questo punto i dieci cambiarono umore e convocarono immediatamente una grande riunione del Consiglio. Quali ne furono i risultati, noi lo vedremo in seguito!

 

 

Cap. 230

Valutazione della proposta

Gurat nominato re di Hanoch

 Le delibere per stabilire la dipendenza di Hanoch dall’altopiano e le norme sul diritto di successione al trono

22 febbraio 1844

1. Quando fu radunato il Consiglio composto da molti capi del popolo, i dieci sottoposero ad esame il quesito se il governo di Hanoch dovesse essere assunto da uno di loro, oppure se l’alta carica fosse da offrire a Gurat con la riserva del riconoscimento della supremazia dell’altopiano sopra tutta Hanoch e le sue province.

2. Dopo la votazione generale la decisione risultò essere che, in primo luogo, i dieci principi dell’altopiano sarebbero dovuti rimanere inseparabilmente uniti per tutti i tempi; e quando uno di loro fosse morto, il suo figlio più anziano sarebbe stato anche l’erede della sua corona. Ma in mancanza di un figlio, allora anche il figlio anziano di un altro dei dieci principi avrebbe potuto assumere la corona lasciata vacante da uno dei dieci principi dell’altopiano morto senza figli.

3. Nello stesso modo il regno di Hanoch avrebbe dovuto restare per sempre ereditario nella famiglia di Gurat; soltanto nel caso in cui un discendente di Gurat non avesse avuto figli, sarebbe stato necessario l’intervento del potere sovrano dell’altopiano, che avrebbe proceduto alla scelta e alla nomina di un giusto re per Hanoch.

4. Ad ogni modo, da allora in poi ciascun re si sarebbe dovuto considerare dipendente dall’altopiano – anche se non scelto dallo stesso – qualora come figlio del re precedente avesse avuto il diritto ereditario alla corona, poiché ogni diritto di successione avrebbe dovuto cercare la sua validità in questa deliberazione dell’altopiano, altrettanto quanto una nuova investitura.

5. Ma il riconoscimento del potere sovrano dell’altopiano da parte del re di Hanoch sarebbe consistito nel fatto che ogni anno egli avrebbe dovuto fornire all’altopiano la decima di tutti i metalli ad eccezione dell’oro, così pure la decima delle pecore, dei buoi, degli asini e delle capre, e inoltre, nei casi di imprese importanti egli avrebbe dovuto rivolgersi per consiglio ai dieci principi dell’altopiano.

6. Per la giusta consegna delle decime prescritte egli avrebbe infine dovuto tollerare ad Hanoch la presenza di impiegati i quali, per ragioni di fedeltà, sarebbero stati tuttavia stipendiati dall’altopiano.

7. Più di tutto questo, però, il re avrebbe dovuto considerare suo dovere assolutamente imprescindibile verso l’altopiano, quello di concedere a tutto il popolo di Hanoch e delle sue province, perfettamente la stessa costituzione sotto ogni aspetto, com’era in vigore allora e per sempre per le popolazioni dell’altopiano, e ciò affinché tra i popoli della Terra potessero essere stabiliti, una buona volta, auspicabili rapporti di solidarietà e di amicizia.

8. Allo scopo di mantenere questi utili ordinamenti, dal canto loro i principi dell’altopiano assumevano poi l’impegno di assistere il re di Hanoch, con il consiglio e con l’azione, in ogni caso di dimostrata necessità; e ciò doveva rimanere per tutti i tempi dei tempi!

9. Dopo questa deliberazione del Consiglio, fu interpellato Gurat per sentire se egli fosse d’accordo.

10. E Gurat rispose: «Io sono perfettamente d’accordo con tutto; e del resto, come non potrei esserlo? Infatti, in verità, se voi non aveste dettato queste sagge condizioni, sarei stato io stesso a proporle e vi avrei pregato di volerle accogliere benevolmente!

11. Infatti che cosa sarebbe ad Hanoch un re privo di un tale appoggio? Io lo dico apertamente: “Un vuoto nome che rende un uomo prigioniero di tutto il mondo, come mostra attualmente la figura del miserevole re di facciata proprio in questa città!”

12. Invece un re sotto una tale saggissima tutela è un signore libero e potente, e può, con la ferma fiducia di agire sempre bene, dominare e governare i popoli a lui affidati come un vero signore!

13. Da quanto vi ho detto ora, voi potete certamente dedurre la convinzione che io sono quanto mai lieto delle vostre deliberazioni!

14. Un’unica cosa vorrei aggiungere per quanto riguarda il diritto di successione, e cioè che nel caso un re avesse un figlio stolto, o pigro, o dissipatore, o tiranno, o imbecille o addirittura un rimbambito, allora tale figlio dovrebbe considerarsi decaduto dal diritto di successione, e in tal caso la corona di Hanoch dovrebbe passare ad un altro figlio, oppure in mancanza di questo o mancando a questo le necessarie attitudini, allora dovrebbe subito passare ad uno designato da voi!

15. Ogni erede però dovrebbe prima recarsi a scuola da voi e dovrebbe assumere la corona solo quando voi lo avrete riconosciuto capace»

16. Questa aggiunta di Gurat fu accolta con grandissimo plauso. E Gurat venne quindi consacrato ed ottenne le chiavi e le mille corone, ciascuna delle quali nel tempo attuale (1843) avrebbe il valore di un milione di bei fiorini, ma di pari valore erano anche le chiavi. Quale piega presero poi gli avvenimenti, lo vedremo ben presto!

 

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Cap. 231

La firma degli “atti sacri”

 L’obiezione di Gurat confutata dai dieci

Sulla decarchia

23 febbraio 1844

1. Tutte queste deliberazioni furono incise su lamine d’oro spesse una linea, e poi furono anche lette alla presenza dei delegati di Hanoch.

2. E quando questi manifestarono la loro piena soddisfazione per quanto era stato convenuto, furono invitati a sottoscrivere tali documenti con il loro nome, però solo con quello abbreviato, e non con quello lungo diverse braccia [come per vanità era ancora molto in voga specialmente presso la nobiltà di Hanoch].

3. Questi documenti così firmati, furono presi in custodia dai dieci e chiamati “Gli atti sacri”.

4. Solo dopo questa operazione si passò alle sanzioni e a stabilire le pene per i casi di violazione di tali atti sacri, le cui pene però furono stabilite in modo che l’altopiano doveva sempre essere considerato come del tutto infallibile, e ciò perché sull’altopiano il messaggero inviato da Noè non era stato ucciso.

5. Dunque, solamente Hanoch avrebbe potuto sbagliare e rendersi per conseguenza meritevole di punizione, perché gli hanochiti avevano percosso e ucciso il messaggero di Noè.

6. E Gurat disse del tutto in segreto ad uno dei dieci: «Amico! Finché voi sarete in vita, certo l’altopiano rimarrà infallibile! Ma cosa sarà quando subentreranno altre teste al posto delle vostre nel governo dell’altopiano, le cui nuove teste con il tempo potranno calpestare le vostre leggi? È forse necessario che pure per allora l’altopiano venga considerato infallibile?»

7. E il principe dei dieci, che era stato interrogato, disse: «Vedi, noi tutti sappiamo che perfino un padre può sbagliare di fronte ai propri figli! Ma così egli sbaglia solo nella propria sfera, ma non nella sfera dei figli, e non per questo i figli hanno mai il diritto di chiamare a rispondere il loro padre e dirgli: “Padre, perché fai così?”, oppure: “Perché ci hai fatto questo?”. Meno ancora i figli possono avere mai il diritto di punire il padre che ha sbagliato!

8. E vedi, lo stesso rapporto che c’è tra padre e figlio, esiste ora qui anche tra noi e voi! Noi siamo il vostro padre e voi siete i nostri figli per tutti i tempi dei tempi! E questo rapporto permanente è giusto, perché è simile a quello divino, poiché anche Dio rimane eternamente, per noi tutti figli Suoi, un Padre che governa tutto; e ciò deve stare bene così com’è a tutti noi, dato che Dio dall’eternità ha ordinato così le cose.

9. Oltre a ciò, trattandosi di dieci reggenti che sono perfettamente di uno stesso sentimento, non c’è neanche da pensare ad un caso di fallibilità, dato che nell’eventualità della morte di qualcuno di noi il rispettivo nuovo erede della corona deve, in primo luogo, calcare del tutto le tracce del suo predecessore, e in secondo luogo non può mai introdurre di per sé un nuovo ordine di cose, considerato che, in ogni caso, ha al suo fianco sempre nove reggenti vecchi, od almeno più anziani di lui, i quali certamente non presteranno ascolto alle parole di un reggente novello qualora questo pensasse a delle innovazioni!

10. Dove c’è un reggente unico, delle innovazioni sono ben possibili, ma mai con un governo di dieci (decarchia). Infatti il reggente unico può governare secondo il suo capriccio, e perciò può sbagliare quando non è colmo della suprema Sapienza divina; ma con la decarchia, una cosa simile non è tanto facilmente concepibile, poiché in tal caso ciascun principe è tenuto a controllare gli altri con la sua sapienza e con il suo necessario alto senso del diritto.

11. Bisogna osservare infine che il numero dieci è pure il numero dell’Ordine divino, perché, come insegna l’antica Sapienza, tutte le Sue leggi sono fondamentalmente solo dieci! E così anche il numero dei principi è già una garanzia per la nostra completa infallibilità. Certamente noi, come singoli individui di per sé, possiamo sbagliare, però mai in una deliberazione presa in comune!»

12. Gurat dovette perciò accontentarsi di questa dichiarazione; egli prese poi in consegna i gioielli e, quale re di Hanoch confermato dai dieci, se ne partì per questa città accompagnato da quel gran sacerdote e dai dieci delegati. Vedremo poi in seguito l’ulteriore svolgersi degli avvenimenti!

 

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Cap. 232

Una solenne accoglienza ad Hanoch riservata al nuovo re Gurat dai suoi

Nuove buone leggi emanate dal nuovo re ma l’altro partito dei gran sacerdoti non si schiera con lui

Un loro sottosacerdote propone di tentare una riappacificazione con il re Gurat

26 febbraio 1844

1. Quando la delegazione al seguito del nuovo re arrivò ad Hanoch, essa fu accolta con la maggiore solennità possibile dai gran sacerdoti che componevano il partito eroico[34]; Gurat fu presentato subito nella sua veste di re e unico reggente a tutti i grandi di Hanoch. Il nuovo re ne accolse subito gli omaggi e poi, nell’antico castello, prese possesso del vecchio trono di Lamec, mentre il re di facciata dimorava ancora nel nuovo castello aureo.

2. Egli si assicurò l’appoggio dei gran sacerdoti eroici con tutto il potere militare ed emanò subito nuove leggi, molto opportune, naturalmente per il cosmopolitismo[35].

3. Ogni diritto al furto o alla rapina venne assolutamente abolito, e chi aveva ancora qualche schiavo dovette immediatamente liberarlo per evitare il pagamento di una multa molto rilevante in oro se era la prima volta che accadeva, e in caso di recidiva veniva comminata la pena del carcere a vita.

4. Ma cosa disse l’altro partito dei gran sacerdoti (degli eroi)di fronte a questi avvenimenti per loro del tutto inaspettati? – Ebbene, in mezzo a loro si levarono grida d’aiuto per tale abominio, ed essi radunarono in fretta e furia le loro truppe di riserva consistenti in trentamila uomini per scagliarsi contro a quei scellerati.

5. Ma un sottosacerdote dalla mente non annebbiata che era in procinto di essere promosso a gran sacerdote, si fece innanzi alla schiera furibonda dei gran sacerdoti e disse:

6. «Ascoltatemi, voi potenti servitori degli déi! Prima che facciate un passo sulla via della vendetta, considerate la sproporzione che c’è tra i nostri trentamila armati e un milione abbondante dei loro! Basta che costoro ci guardino un po’ di traverso e noi siamo già ben che battuti!

7. Perciò non pensate a una vendetta quando questa non è più assolutamente possibile, bensì considerate o l’eventualità di una fuga, oppure quella di un amichevole accordo!

8. Infatti, chi ha il potere nelle mani, costui è il padrone; e a coloro sopra i quali egli si innalza non resta altro che o arrendersi con assoluta remissione, oppure – se ne hanno ancora il tempo – fuggire! Io però sono dell’opinione che qui sia più prudente preferire la prima soluzione alla seconda, poiché, a quanto è giunto ai miei orecchi, tutte le porte sono sorvegliate da un forte presidio, e sarà perciò impresa quanto mai difficile scavalcare la grande muraglia della città.

9. Una cosa molto più facile è invece concludere in amicizia con il nuovo re. Io stesso mi incarico di questa faccenda! Gurat fu il mio più grande amico del cuore; egli certamente si ricorderà ancora di me, ed io sono convinto che mi darà ascolto, vi confermerà nel vostro incarico e vi farà godere di ulteriori vantaggi.

10. Ma se ora, al contrario, voi persistete nel ribellarvi contro di lui, a cui è già stato reso omaggio e che siede sul trono regnando con pieni poteri, noi finiremo col rimetterci tutti la vita. E allora vi domando: “In queste condizioni, a che cosa sarà servita la nostra impresa vendicativa?”

11. A cosa giova ardere d’ira contro un torrente impetuoso, quando esso è cresciuto ed è straripato devastando il paese e i suoi prodotti? Chi sarà così pazzo da gettarsi furente nei suoi poderosi flutti e onde per trattenere il flusso con la sua forza muscolare per punirla?

12. E vedete, questo è perfettamente il caso nostro! Come possiamo fare noi per opporci al grande potere di Gurat? Se faremo questo, allora egli farà subito rivolgere contro di noi tutto il flusso poderoso della sua potenza e noi saremo tutti trascinati in rovina!

13. Questo è il mio consiglio e la mia ben motivata opinione. Voi però fate ora come volete!»

14. Queste parole furono come una doccia fredda sulle teste bollenti di quei gran sacerdoti, teste che furono molto raffreddate; e invece di gettarsi a capofitto in una lotta a scopo di vendetta, essi convocarono una riunione di Consiglio e si consultarono riguardo al miglior modo di questo mondo per porgere il loro omaggio a Gurat.

15. E quel tale sottosacerdote consigliere disse: «Non datevi alcun pensiero di questo! Domani mi presenterò a Gurat per trattare con lui, e potrete essere sicuri che egli vi confermerà nelle vostre cariche solo con qualche piccolissima variazione!»

16. Con ciò i gran sacerdoti furono d’accordo, e il consigliere si recò subito dal re.

 

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Cap. 233

Il completo successo delle trattative del sottosacerdote con re Gurat

27 febbraio 1844

1. Quando, non senza qualche fatica, il sottosacerdote delegato poté essere ammesso alla presenza del re Gurat, questi lo accolse molto amichevolmente e gli domandò cosa lo avesse condotto fino a lui, il re.

2. Il sottosacerdote rispose: «Tu saprai che qui ad Hanoch, dopo l’infelice tentativo di sottomettere l’altopiano, la casta dei gran sacerdoti si è scissa in due parti nemiche tra di loro, una delle quali ti ha proclamato re, mentre l’altra parte è al colmo del furore contro di te!

3. Vedi, quest’ultima parte avrebbe voluto radunare una forza di trentamila uomini bene esercitati e scagliarla col massimo rancore contro di te, allo scopo, se mai possibile, di rovinarti!

4. Ma quando io sentii una simile decisione da parte dei gran sacerdoti che erano furibondi, io pensai tra me: “Il mio buon amico di una volta, ora signore e re di tutta Hanoch, ha certo una forza che sarà anche di cinquanta volte maggiore, ma questa forza è dispersa nella città che è ampia varie giornate di viaggio e perciò potrebbe a mala pena tenere su un unico punto una potenza compatta di trentamila guerrieri bene addestrati!”

5. Quando dunque pensai al pericolo che correvi, allora io dissi: “Succeda quello che deve succedere! Io voglio assumere la parte del consigliere per ammonire con parole amichevoli i gran sacerdoti a non avventurarsi in un’impresa tanto pericolosa!”

6. E così anche feci. Prospettai ai gran sacerdoti con i più foschi colori di questo mondo l’immenso e certo pericolo, nonché l’inevitabile insuccesso dei loro piani, e vedi, essi cominciarono a tentennare, il loro ardore di vendetta andò sempre più raffreddandosi e in breve tempo arrivarono al punto di decidersi di venire a patti con te tramite me, avendo io stesso proposto loro questa soluzione come la più adatta, date le circostanze.

7. Per conseguenza io mi trovo ora qui sotto una triplice veste, e precisamente anzitutto per denunciare quello che era stato deliberato contro di te, in secondo luogo per agire da negoziatore e da intermediario fra te e i gran sacerdoti, e in terzo luogo quale sempre tuo vecchissimo amico e consigliere!

8. E come tale, dunque, io ti consiglio che tu voglia confermare con pochi ed opportuni cambiamenti i gran sacerdoti nella loro carica di servitori degli dèi di fronte al popolo, visto che essi hanno pur sempre un forte seguito tra le menti deboli. Noi sappiamo già ad ogni modo cosa pensare di simili sciocchezze e conosciamo la natura come il vero Dio!

9. Io ritengo che tu comprenderai certamente che cosa intendo dire con ciò, perché sai certo, altrettanto bene quanto me, che soltanto il popolo cieco e comune deve essere volto verso un Dio, o meglio ancora verso parecchi esseri divini assoluti e metafisici, affinché esso li tema e ubbidisca volonterosamente al re, per non incorrere per conseguenza nella presunta punizione degli dèi.

10. E a questo scopo i gran sacerdoti sembrano fatti apposta, organizzati come sono a dovere per mantenere il popolo nell’illusione; per conseguenza essi non dovrebbero essere eliminati!

11. Noi iniziati, invece, non abbiamo certo bisogno di loro, dato che conosciamo le forze della natura e le loro leggi secondo le quali esse agiscono! Questo è il mio consiglio; seguilo, e ti troverai bene!»

12. I gran sacerdoti del partito che deteneva il potere sul popolo, che avevano seguito attentamente questa esposizione, si dichiararono perfettamente d’accordo.

13. E il re disse: «Fratello, tu carissimo, vecchio amico mio, per quanto hai fatto, io ti sono diventato un grande debitore! Avvenga dunque secondo il tuo consiglio! Ma siccome tu sei un uomo così perspicace, allora ti affido l’incarico di concretare subito le norme relative ai cambiamenti da apportare nella maniera più corrispondente agli statuti della casta dei gran sacerdoti e di sottopormele, ed io poi vi aggiungerò il mio “Così avvenga!”»

14. E il consigliere disse: «Allora permetti che io mi ritiri e che esponga la cosa ai gran sacerdoti! Che essi balleranno secondo la mia musica, te ne resto garante con la mia vita, ma conviene che le apparenze siano salve, in modo che le modifiche che verranno fatte sembrino una loro iniziativa, se si vuole che essi si ritengano vincolati fedelmente a queste nuove disposizioni!»

15. Gurat si dichiarò soddisfatto, e il consigliere si ritirò e se ne andò a casa.

 

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Cap. 234

L’ostracismo dei gran sacerdoti ribelli mitigato dall’inganno del sottosacerdote delegato dal re

Nuove norme di sottomissione al nuovo re

28 febbraio 1844

1. Quando il sottosacerdote consigliere si trovò di nuovo alla presenza dei gran sacerdoti, egli fu immediatamente assalito da una valanga di domande, tuttavia, per fortuna disponeva di una lingua così scorrevole da sembrare un mulino a vento in piena attività, e perciò riuscì a rispondere ai cento interroganti con un gorgoglio di parole.

2. Nessuno però comprese nemmeno una parola di quello che aveva detto, e venne quindi esortato ad esprimersi più chiaramente.

3. Egli però ribatté: «Allora lasciatemi prima il tempo di prendere fiato, e non fatemi domande tutti in una volta; soltanto così mi sarà anche possibile dare notizie favorevoli da parte del re Gurat con sufficiente chiarezza! Ma se voi vi precipitate su di me per interrogarmi tutti in una volta, è naturale che io debba mandare fuori un gorgoglio di parole il più rapidamente possibile, affinché ciascun interrogante sia accontentato al più presto possibile. Che poi egli capisca o non capisca qualcosa della risposta, questo è un altro paio di maniche!»

4. Allora i gran sacerdoti cercarono di calmare il sottosacerdote, e poi, senza più furia, lo pregarono che volesse esporre loro, con tutta chiarezza e precisione, quali erano le notizie dalla parte del re.

5. Dopo di che il consigliere entrò nell’argomento principale e disse: «Ascoltatemi dunque, voi servitori degli déi!

6. La proposta di pace e di conciliazione è stata accolta dal re con molta benevolenza, e secondo la mia esposizione dei fatti egli vi ha confermato nella vostra dignità di gran sacerdoti! Tuttavia voi dovete naturalmente solo adattarvi a rinunciare alla signoria del mondo, poiché egli è l’unico signore e re di tutta Hanoch e di tutto intero il grande regno. Questa è per conseguenza una modifica stabilita da lui.

7. Poi i sommi sacerdoti addetti alla persona del re di facciata devono o passare anch’essi nel rango dei gran sacerdoti, oppure devono cessare di essere quello che sono, assieme al re di facciata, poiché da parte del re (di facciata) vengono confermati solo i gran sacerdoti e i sottosacerdoti.

8. Inoltre, è volontà e legge da parte del re che sia posta assolutamente fine alle caste, poiché è solo lui che occupa tutti i posti, sia temporali che spirituali.

9. L’oro e i tesori dei nostri palazzi passano in suo pieno possesso agli scopi degli affari di stato, ma in compenso egli assicura un adeguato stipendio a ciascun funzionario del suo regno, tanto ai laici che agli ecclesiastici. Noi ora però dobbiamo certamente inghiottire questa pillola piuttosto amara, perché le cose non si possono più cambiare!

10. In aggiunta, egli sa altrettanto bene quanto noi che il nostro servizio divino non è altro che un’illusione del popolo! Perciò egli si riserva anche di dirigere personalmente, quale capo supremo e mediante ordini segreti da trasmettere a voi, questa faccenda del servizio divino o, per dirla più precisamente, questa faccenda dell’illusione del popolo; nondimeno, sarà poi compito vostro dare adeguata esecuzione alla sua volontà!

11. Infine egli stabilirà al di sopra di voi un gran sacerdote generale, alla cui direzione noi tutti verremo a stare! Questa è ora la sua ferma volontà. Siete contenti così?»

12. All’inizio tutti erano rimasti muti di fronte a queste dichiarazioni, e solo dopo un po’ di tempo tutti i gran sacerdoti lanciarono una maledizione collettiva e non sapevano che pesci pigliare per la grande rabbia.

13. Ma il sottosacerdote disse: «Ebbene, a che può giovarvi adesso tutto questo maledire? Possiamo forse fare in modo che la situazione sia diversa? Provate ad insorgere contro chi ha il potere in mano, se avete voglia di essere prima infilzati e poi messi ad arrostire ancora vivi! Poiché questa è la minaccia che egli ha proferito a me contro tutti i ribelli!»

14. Quando i gran sacerdoti ebbero udito questo, essi finirono con l’arrendersi e dovettero poi mettere punto per punto per iscritto le condizioni che conosciamo, in modo da sembrare come se essi le avessero scelte e stabilite spontaneamente.

15. Una volta pronto questo documento, il sottosacerdote lo prese in consegna e con esso andò nuovamente dal re.

16. Il seguito ci dirà quello che poi successe!

 

 

Cap. 235

Il rapporto del nuovo e astuto consigliere di corte a re Gurat e la soddisfazione di costui

La nomina del sottosacerdote a gran sacerdote generale e consigliere segreto del re

1 marzo 1844

1. Quando il sottosacerdote consigliere si trovò di nuovo presso Gurat, costui gli domandò immediatamente a che conclusione fosse pervenuto con i gran sacerdoti.

2. E il sottosacerdote, con espressione quanto mai lieta, disse: «Mio re, mio signore e mio amico! Io ti dico: alla conclusione migliore di questo mondo! – Tu li hai ora tutti assolutamente in pugno! Tutti i loro tesori ti appartengono; questi consistono, come tu stesso sai, nei mille palazzi in ciascuno dei quali sono accumulate almeno centomila libbre (56 tonnellate) d’oro, il doppio di questa cifra in argento, pietre preziose e un’inestimabile quantità ancora di altri tesori ed oggetti preziosi, armi e provviste. Io perciò ti domando: “Sei soddisfatto di questo?”»

3. E Gurat rispose: «Se le cose stanno così e se a questo risultato sei arrivato per effetto della tua eloquenza, allora tu sei già adesso il mio primo consigliere di corte! Ma ora prosegui con la tua relazione ed esponimi francamente tutti gli accordi ai quali sei giunto con i gran sacerdoti!»

4. E il sottosacerdote disse: «Mio re, mio signore e mio amico! Sarebbe proprio un peccato che la mia lingua dovesse affaticarsi invano!

5. Vedi, qui ho fatto mettere per iscritto su una lamina d’oro addirittura l’intero negoziato, firmato da tutti i gran sacerdoti; e questo dice sicuramente di più di quanto potrebbe dire la mia povera lingua! Prendi questo documento importantissimo e leggilo, e tu ci troverai che cosa e come ho trattato nel tuo nome con i gran sacerdoti! Io ritengo che tu vi troverai motivo di essere contento di me!»

6. A questo punto il sottosacerdote porse il documento a Gurat, e questi lo lesse a voce alta dinanzi a tutti i gran sacerdoti eroici là presenti.

7. Questi applaudirono dalla gioia e proruppero in risate e grida di giubilo per aver riportato una vittoria così splendida sui loro nemici, e ciò per merito esclusivo di questo scaltro sottosacerdote.

8. Gurat però si rivolse al negoziatore e gli disse: «Ma amico, la prima volta che ci vedemmo mi dicesti che avremmo dovuto permettere che fossero i gran sacerdoti a proporre le condizioni, naturalmente con la riserva del diritto di interdizione reale qualora le condizioni fossero risultate contrastanti con i piani del re; da questo documento vedo in maniera inequivocabile che sei stato solo tu a dettare le condizioni, mentre i gran sacerdoti sono stati costretti, volenti o nolenti, ad accettare i termini posti da te! Non c’è dubbio che abbiamo ormai il documento nelle nostre mani; ma come stanno le cose con la vera e propria soddisfazione di questi gran sacerdoti?»

9. E il sottosacerdote rispose: «Ebbene, se vuoi vedere la vera e propria soddisfazione dei gran sacerdoti, allora bisogna che tu rinunci immediatamente al tuo regno; ma prima sarebbe necessario che tu facessi assassinare tutti questi tuoi amici; allora sì che li soddisferesti pienamente, ma assolutamente non in maniera diversa!

10. Amico, il vincitore non deve mai domandare al vinto: “Sei contento della vittoria che ho riportato su di te?”, perché nella vittoria su di sé, il vinto non sarà mai contento! Perciò il vincitore deve subito prescrivere e dire: “Così deve essere, e così voglio che sia!”; al vinto invece deve solo restare la supplica!»

11. Queste parole furono salutate con grandi applausi da tutte le parti, e Gurat conferì subito a quel sottosacerdote la carica di gran sacerdote generale e lo nominò suo primo principale capo di corte e consigliere segreto.

 

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Cap. 236

Il gran sacerdote generale nella sua nuova carica davanti ai gran sacerdoti

Ai ribelli la sentenza: degradati a sottosacerdoti, e i sottosacerdoti elevati a gran sacerdoti

2 marzo 1844

1. Il re fece subito confezionare per il sottosacerdote una veste da gran sacerdote generale e lo munì di un decreto di nomina reale scritto di propria mano su lamina d’oro, decreto che venne poi firmato da tutti gli eroi che erano stati prima gran sacerdoti.

2. Provvisto di un tale documento, questo sottosacerdote si recò subito dai gran sacerdoti nella sua nuova veste di generale.

3. E quando questi lo scorsero così tremendamente insignito di tanta distinzione, essi andarono in collera e gridarono: «Ah, è dunque così? Anche tu eri un farabutto che si nascondeva tra noi? In verità, avvenga di noi quello che deve avvenire, ma per questa profanazione bisogna che tu sia punito con la morte da noi gran sacerdoti! O voi, sottosacerdoti a noi fedeli, afferrate questa bestia e gettatela con la sua veste da generale nell’abisso dove arde il fuoco vivo!»

4. Questo appello ebbe l’effetto di irritare il generale, il quale con voce imperiosa gridò: «Alt! Indietro, voi diavoli! Non mancava proprio che questo appello, questo giudizio, per la vostra completa rovina!

5. Guardate: qui è il documento del re e qui sono le firme di tutti i vostri nemici e corruttori! Grazie a questo documento io sono quello che sono, vale a dire un generale con pieni poteri sopra voi tutti!

6. Qui sotto la mia veste c’è la spada reale come segno che il re ha posto nelle mie mani, come il documento indica, come anche la vostra miserabile vita diabolica! Mi comprendete, voi diavoli?

7. Qui fuori però sono pronti quattromila guerrieri corazzati! Basta un mio segnale, e voi sarete ridotti a pezzi in pochi istanti in questa sala nella quale avete già fatto perpetrare tanti orrori e più ancora vi apprestavate a perpetrarne secondo i vostri parecchi piani infernali!

8. Quand’ero sottosacerdote, io dovetti purtroppo assistere per un tempo abbastanza lungo alle manifestazioni della vostra astuzia diabolica; ma questo tempo ormai è passato, e ora voi diavoli non contate più nulla! D’ora in poi le cose si metteranno diversamente!»

9. A questo punto il generale estrasse all’improvviso la sua spada, diede un segnale, e nello stesso istante irruppero nella sala da tutte le parti dei guerrieri corazzati con lucenti e poderose spade e lance.

10. E ora il generale, in tono di scherno, domandò ai gran sacerdoti terrorizzati: «Ebbene, dove sono adesso i vostri fidi diavoli subordinati, che mi devono afferrare e poi trascinare nel fuoco vivo?

11. Adesso vi domando: “Non volete vendicarvi del farabutto che era nascosto tra di voi? Ne avete perduto la voglia? Perché esitate? Non sono dunque ancora qui?”»

12. I gran sacerdoti però schiumavano di rabbia e nello stesso tempo dall’angoscia mortale, poiché essi si videro perduti.

13. Il generale però disse: «Davvero, se voi non foste così assolutamente cattivi, vi avrei fatto senz’altro tagliare a pezzi; voi però siete troppo cattivi per la nobile spada! Io però invertirò le parti e quindi dispongo che voi siate retrocessi al grado di sottosacerdoti e che i vostri fidi sottosacerdoti diventino gran sacerdoti! E così avvenga!»

14. Allora i gran sacerdoti cominciarono ad urlare, mentre invece i sottosacerdoti cominciarono a giubilare e coronarono il generale. I gran sacerdoti dovettero scambiare le loro vesti con i sottosacerdoti e trasferirsi immediatamente nelle loro abitazioni, e i sottosacerdoti si trasferirono in quelle dei gran sacerdoti.

15. E in tal modo questa scena ebbe fine.

 

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Cap. 237

Il gran sacerdote generale si reca con i suoi guerrieri al castello del re di facciata

La sottomissione sanguinosa dei sommi sacerdoti e la detronizzazione del re di facciata

4 marzo 1844

1. Dopo questa operazione, il generale, presi con sé alcuni guerrieri, si recò subito al castello del re di facciata dove abitavano anche i sommi sacerdoti “onniscienti”, i quali però questa volta, assieme al loro re-dio, non sapevano ciò che stava per piombare su di loro.

2. Quando il generale arrivò là, pretese subito di essere ricevuto dal re.

3. Tuttavia i sommi sacerdoti si opposero a tale richiesta del generale, poiché tanto essi, quanto il re, non sapevano ancora tutti gli avvenimenti che in quegli ultimi giorni erano accaduti ad Hanoch.

4. Ma il generale li apostrofò dicendo: «Se voi non mi conducete all’istante alla presenza del re, vi faccio tagliare in piccoli pezzi da questi guerrieri!»

5. Quando i sommi sacerdoti addetti alla persona del re udirono questa minaccia del generale, arsero di sdegno e, estratti i pugnali da sotto alle loro vesti, gridarono: «Vendetta contro il profanatore della divinità del re!» E con questo grido accennarono a volersi subito lanciare, con tutto il loro furore, contro il generale.

6. Ma il generale arretrò e comandò immediatamente ai grandi e robusti guerrieri corazzati e muniti di spada di tagliare a pezzi i sommi sacerdoti.

7. E gli uomini armati si precipitarono immediatamente addosso alla piccola schiera dei sommi sacerdoti e ne spaccarono tre dalla testa fino ai piedi, ferendone sette molto gravemente.

8. Quando la trentina di rimasti videro quello che il generale faceva, allora caddero a terra in ginocchio e invocarono clemenza.

9. E allora il generale richiamò i guerrieri e disse ai supplicanti: «Prima di tutto consegnate subito le vostre armi e poi apritemi la porta affinché io possa giungere fino al re! Quello che poi sarà di voi lo apprenderete nella stanza del re!»

10. A questa invettiva molto aspra, i sommi sacerdoti supplicanti gettarono subito lontano da loro i pugnali ed aprirono la sala dove appunto il re stava salendo sul trono in vesti tutte d’oro per accogliere i venuti e sentire le loro richieste.

11. Quando il generale fu giunto sui gradini del trono, il re, meravigliato di tale audacia, gli domandò: «Uomo, tu, animale mortale, cosa vuoi tu, in modo tanto sfacciato, da me, il tuo dio, dal tuo eterno signore, il cui trono è d’oro dall’eternità? Vuoi tu da me una grazia, o una punizione?»

12. E il generale rispose in tono ironico: «O dio, signore e re! Vedi, io voglio né più né meno che tu adesso rinunci alla tua eternità e divinità e che ti degni di diventare tu pure come noi un uomo-animale borghese! Per quello poi che riguarda questo castello e questo eterno trono d’oro, essi appartengono già a qualcun altro! Scendi dunque un po’ giù! Qui tu poi cambierai le tue vesti d’oro con delle vesti borghesi del tutto ordinarie, e poi potrai andartene con tutti i tuoi, fuori all’aria fresca!»

13. E il ‘dio’, digrignando i denti dalla collera, esclamò: «Va’ fuori! Va’ fuori, altrimenti faccio piovere il fuoco giù dal cielo!»

14. E il generale disse sorridendo: «Oh, oh, non bisogna che tu faccia subito queste cose! Infatti potresti appiccare l’incendio al mare e anche alla Terra, e per questi sarebbe certo un peccato in eterno! Vedi, vedi, tu piccolo deuccio, che cattive cose vorresti provocare ora! Dunque, scendi giù con le buone, altrimenti sarò costretto a farti tirare giù da questi cattivi spiriti!»

15. Allora il re batté col piede, ed alcuni prestigiatori della natura nascosti dietro il trono produssero un fumo e lanciarono in alto dei carboni ardenti.

16. Il generale però rise e comandò che il cattivo deuccio fosse portato giù dal trono. La cosa fu subito fatta, e i pessimi pirotecnici se la diedero precipitosamente a gambe con tutte le loro padelle di carboni ardenti.

17. Questa detronizzazione, essendosi ben presto diffusa per la città, suscitò una risata generale.

 

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Cap. 238

L’interrogatorio del generale ai trenta sommi sacerdoti, poi declassati a sottosacerdoti di primo rango

5 marzo 1844

1. Quando il re fu sistemato in questa maniera ed ebbe indossato delle vesti borghesi, il generale si rivolse ai trenta sommi sacerdoti e disse:

2. «Vedete, il vostro dio è già sistemato e il vostro re è incoronato con la corona borghese che gli starà molto meglio di questa corona di facciata e dell’inganno, con la quale egli credeva di essere qualcosa di grande, mentre invece era meno che nulla!

3. E ora si tratta di sistemare voi, vecchi uomini imbroglioni senza coscienza! Ma come si dovrà fare questo? Ebbene, io vi porrò una domanda, e dalla risposta che mi darete risulterà quello che potrete aspettarvi! Dunque ascoltatemi!

4. La domanda è questa: “Voi eravate ingannatori del popolo, come pure di questo re da voi ideato, consapevoli oppure inconsapevoli. Credevate davvero che questo debole esemplare dell’umanità fosse un dio in tutte le parti, come facevate credere al popolo, quanto allo stesso re? Credevate sul serio, in voi e presso di voi, all’esistenza di uno o più dèi? Oppure queste cose non le avete mai credute e – contro la vostra convinzione – avete rielaborato e deformato gli antichi miti contenuti nei libri di Kincàr e ve ne siete serviti allo scopo di ingannare il popolo nel modo più infame?”

5. A questa domanda bisogna che mi diate una risposta del tutto coscienziosa! Ogni indugio e ogni intenzionale reticenza io la farò punire con la spada! Cominciate dunque, per la prima volta nella vostra vita, a confessare apertamente la verità con la vostra bocca! Così avvenga!»

6. A questa domanda i trenta cambiarono di colore; e considerato che indugiando a rispondere sarebbero andati incontro a morte certa, allora uno di loro cominciò subito a parlare e disse:

7. «Potente signor generale, tu, come ex sottosacerdote, sai altrettanto bene quanto me chi erano i nostri signori! Non eravamo noi, costretti da un’autorità di ferro, a sostenere tutti questi inganni? A cosa avrebbe potuto servirci la nostra coscienza?

8. La pressione dello stomaco si fa sentire sempre più fortemente di quella del cuore! Con la coscienza miserabilissima si può sempre ancora vivere, ma non con lo stomaco vuoto! Perciò noi abbiamo anche placato il cuore al fine di poter ottenere qualcosa per lo stomaco! E se per te era indispensabile il quotidiano riempimento dello stomaco, comunque impossibile altrettanto quanto a noi, allora tu, quale sottosacerdote, dovevi fare altrettanto se volevi riempire giornalmente lo stomaco,!

9. Tu sapevi quanto noi quanto di vero ci fosse nella nostra dottrina divina! E sapevi pure che questa dottrina era un evidentissimo e vergognosissimo inganno a danno del popolo! Perché allora non andasti tu, quale vero filantropo, dai gran sacerdoti e non rimproverasti ad essi la loro ingiustizia che gridava vendetta?

10. Vedi, anche tu dovesti mettere a tacere la tua coscienza in primo luogo per mantenere integra la tua pelle, e in secondo luogo perché il tuo stomaco non avesse a percepire nessuna pressione della vacuità! Io e tutti gli altri pure dicevamo spesso tra di noi: “È vergognoso come il popolo viene imbrogliato da noi!”. Ma a che cosa giovava questo? Potevamo forse fare diversamente?

11. Ma se ora sei riuscito a spezzare il potere dei gran sacerdoti e a erigerti a signore, allora pensa che anche noi siamo uomini, e quello che facevamo, lo facevamo perché vi eravamo costretti!»

12. Il generale rimase soddisfatto della risposta e disse: «Sta bene, voi avete detto la verità; e quindi vi risparmierò! Io ho degradato i gran sacerdoti a sottosacerdoti ed ho innalzato i sottosacerdoti a gran sacerdoti grazie ai poteri conferitimi dal nuovo re Gurat, e così io, quale gran sacerdote generale, vi rendo ora sottosacerdoti di primo rango! Così sia!»

13. Con ciò i sommi sacerdoti, i quali si aspettavano la morte, rimasero anch’essi soddisfatti e furono immediatamente fatti trasferire con armi e bagagli all’abitazione dei sottosacerdoti.

 

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Cap. 239

L’ulteriore trattativa del generale col detronizzato re di facciata e il suo stupido discorso imparato a memoria

L’allontanamento forzato del re di facciata e la consegna del castello al re Gurat

6 marzo 1844

1. Quando i sommi sacerdoti furono sistemati in questo modo, il generale si rivolse nuovamente al re di facciata e gli disse:

2. «Ebbene, adesso in queste semplici vesti sei un cittadino e, per conseguenza, per la prima volta nella tua vita sei qualcosa di reale; perché tu come re non eri altro che un uomo imbrogliato nella maniera più infame, un ozioso strumento di facciata nel potere dei sacerdoti, e non avevi nemmeno il diritto di andartene un po’ a respirare all’aria fresca!

3. Ma dato che sei ormai diventato un uomo reale e un libero cittadino di Hanoch, dipende da te dove vorrai avere una casa tua propria, se entro le mura della città, oppure in una delle vie, lunghe qualche giornata di viaggio, che conducono alle dieci città-sobborgo! Oppure vuoi addirittura avere la tua dimora in qualche sobborgo con giardini e campi? Riguardo a ciò sei ora chiamato ad esprimerti dinanzi a noi!»

4. E il re di facciata, ancora tutto adirato, disse: «Come vi azzardate a farmi tali domande, voi profanatori della mia santità? Cielo e Terra appartengono certo a me, e qui si vorrebbe concedermi di scegliere al massimo una miserabilissima casa borghese? A me, per il quale perfino questo palazzo d’oro è una dimora vergognosissima?

5. Io, il creatore del Cielo e della Terra, che abitavo dalle eternità in templi edificati dai soli, ora dovrei abitare qui sulla mia Terra in una comune capanna borghese? No, no! Un dio non farà mai questo! Egli vi abbandonerà del tutto e si ritirerà nuovamente sul suo eterno castello edificato dai soli e da lì manderà un grande giudizio punitore su di voi, profanatori infernali; solo allora riconoscerete che il primo inganno sarà stato migliore del secondo!

6. Io dunque non accetto affatto case borghesi, né alcun altra dimora, sia dentro che fuori delle grandi mura, bensì intendo lasciarvi completamente per l’eternità e far venire sopra di voi il più inesorabile giudizio punitore!

7. Tu, che per dare esecuzione al tuo piano sei costretto a ricorrere alla spada di ferro, credi forse che anche un dio abbia bisogno delle armi per attuare i propri piani? Oh, no! Basta solo un cenno, e il Cielo e la Terra non esistono più!»

8. Ora il re aveva finito il suo discorso faticosamente imparato a memoria, poiché questi e ancora altri simili discorsi erano contenuti nei libri di Kincàr, e il nostro dio se ne era studiati parecchi per farne occasionalmente uso, dato che un dio deve saper parlare un po’ più saggiamente di un uomo qualunque.

9. Ma nonostante questo discorso fosse precisamente uno di quelli che egli sapeva a memoria meglio degli altri, questa volta non gli fu per niente di aiuto.

10. Infatti, in primo luogo il generale rise in faccia al divino oratore e gli disse: «Tu non devi essere così cattivo, perché se tu volessi adesso ostinarti a non seguirmi, io sarei costretto a farti subito applicare sul nudo sedere una dose di vergate che ti farebbero assai male! Seguimi dunque spontaneamente, perché, vedi, ora le cose non possono essere diverse da come sono!»

11. In secondo luogo, però, il generale diede ordine ai guerrieri di afferrare quell’ “onnipotente dio” e di trascinarlo via qualora non avesse voluto muoversi spontaneamente.

12. Ma il re-dio si oppose del tutto tremendamente di abbandonare il palazzo; ma ciò servì poco.

13. Tre guerrieri lo agguantarono e lo portarono fuori all’aperto, e lo condussero poi immediatamente dinanzi ai gran sacerdoti.

14. Ma siccome anche là continuava a dare in escandescenze e a lanciare maledizioni, allora il generale gli fece somministrare sul serio sul sedere denudato una giusta dose di vergate, e questa cura ebbe l’effetto di calmare il re-dio che finì col rassegnarsi al suo destino.

15. Per tre giorni di seguito il generale fece poi spazzare e pulire il castello d’oro, e poi si recò da Gurat e gli consegnò le chiavi del castello, facendogli infine rapporto riguardo a tutto quello che aveva fatto per lui. Non occorre certo menzionare che Gurat si mostrò immensamente soddisfatto di come erano andate le cose.

 

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Cap. 240

La presa visione delle nuove istituzioni sacerdotali da parte del re Gurat

L’ultimo arrogante discorso, però giusto ed ammonitore, degli ex sommi sacerdoti degradati a sottosacerdoti

8 marzo 1844

1. Pertanto, Gurat stabilì una giornata interativevolta nella tua vita,à di Milano.le caratteristiche essenziali per valutare la possibilità di presentarlo  da dedicare all’ispezione delle istituzioni sacerdotali riformate dal generale, e a tale scopo fu fissato il settimo giorno.

2. Giunto che fu questo giorno, Gurat radunò tutta la sua corte e con questa si recò, accompagnato dal generale, all’enorme palazzo residenziale dei sacerdoti, il quale aveva così tante stanze da potervi alloggiare comodamente cinquecentomila persone.

3. E quando Gurat entrò nel grande castello che conosceva benissimo, i nuovi gran sacerdoti lo accolsero con ogni distinzione quale loro collega di una volta e si congratularono oltre ogni misura con lui; tuttavia, quando si trovò in presenza dei sottosacerdoti, nessuno di essi si mosse, anzi ciascuno distolse la propria faccia via da lui.

4. Questo sorprese Gurat, ed egli chiese, al gruppo testardo ed insolente dei sottosacerdoti, il perché gli avessero riservato quell’accoglienza ostile, quantunque essi sapessero che egli era il signore assoluto di tutta Hanoch, nonché di tutto l’intero grande regno.

5. I sottosacerdoti (gli ex gran sacerdoti) risposero: «Noi non ti riconosciamo affatto quale signore sopra di noi, bensì come un ribelle contro la nostra legittima sovranità stabilita da tutti gli déi! Noi dobbiamo certamente obbedirti, dato che hai accentrato ogni potere su di te, ma non potremo mai in eterno avere alcuna considerazione di te, né meno ancora potremo consacrarti e incoronarti!

6. Noi faremo di sicuro quello che ci comanderai, ma le nostre facce rimarranno in eterno distolte via da te, e i nostri cuori saranno sempre colmi di disprezzo per te!

7. Ma come noi ci comporteremo verso di te, così si comporterà verso di te anche l’antico Dio principale e i nuovi dèi, che altro non sono che le Sue forze agenti!

8. Noi dominammo il popolo nel Suo Ordine; noi togliemmo al popolo l’oro che è un veleno capitale per la vita interiore ed umiliammo i superbi con le catene della schiavitù e col divieto della parola. Noi però commettemmo un errore, e questo consistette nel fatto che il veleno giallo lo trattenemmo per noi! Esso ci avvelenò ed accecò, e non potemmo più penetrare i piani dei nostri nemici; ed è perciò che ora noi languiamo qui quali pessimi patrocinatori degli interessi eterni dell’antico Dio!

9. Ma questo ci accade giustamente, e noi siamo lieti che Dio ci abbia afflitti così benevolmente, e siamo felici di riconoscere che Dio ci abbia afflitto in questo modo; ma come tu ti sei allontanato da noi, così ti sei allontanato da Dio, e non potrai mai più trovare il modo di ricongiungerti a Lui!

10. Non ci rincresce la perdita della nostra magnificenza, bensì ci fa stare male l’essere stati uccisi a metà di quella via, procedendo per la quale avremmo ricondotto il popolo all’Ordine antico!

11. Ora però quello che è stato è stato! Tu ora hai ucciso tutti gli spiriti negli uomini; in loro non vive altro che la forza della natura, che tu ritieni il solo Dio!

12. Perciò si è anche resa colma la misura della quale un giorno Caino ebbe notizia e della quale profetizzò Farak, e il Giudizio di Dio ci sta già sulla nuca! Per conseguenza, al posto di una benedizione ti venga da parte nostra la maledizione! Queste siano le nostre ultime parole per te!»

13. Questa accoglienza non piacque affatto a Gurat, che anzi si infuriò, fece flagellare tutti quei sottosacerdoti e li fece bandire dalla città confinandoli nelle vaste rive del mare, e al loro posto egli nominò poi degli altri sottosacerdoti che gli erano estremamente affezionati.

14. Ma con questa spedizione di sottosacerdoti venne anche eliminata ogni traccia di Me, l’unico vero Dio, ed ebbe pienamente inizio il più vuoto e tenebroso paganesimo.

15. Questi vecchi sacerdoti Mi conoscevano ancora, almeno per loro conto; ma una volta che furono esiliati, nessuno Mi conobbe più. Infatti i gran sacerdoti eroici erano ancora dei novizi e non erano stati mai iniziati nella sapienza dei vecchi, e così di Me non ne sapevano che poco o nulla!

16. Ora quello che poi avvenne, noi lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 241

La furbesca politica del gran sacerdote generale e il suo discorso al gran Consiglio

La decisione di isolare l’altopiano dalla pianura

9 marzo 1844

1. Dopo la spedizione (in esilio) degli ex sommi sacerdoti degradati e l’insediamento dei nuovi sommi sacerdoti, Gurat convocò un Consiglio dei sacerdoti allo scopo di stabilire quale aspetto avrebbe dovuto assumere in avvenire la nuova dottrina di Dio per il popolo.

2. E quando il Consiglio si trovò radunato nel castello reale, il gran sacerdote generale si alzò immediatamente e disse: «Mio re e mio signore, concedimi che io prenda la parola su questo importante argomento, dal quale unicamente e soltanto dipende il tuo benessere, nonché quello di noi tutti! Infatti se noi impostiamo la dottrina divina in maniera grossolana e non le conferiamo il più grande sfarzo e sfoggio, allora la dottrina stessa sarà come se non ci fosse affatto!

3. Per questo motivo gli dèi già conosciuti al popolo devono essere mantenuti, ed anzi sarà conveniente aggiungerne degli altri ancora, però apportando delle importanti modifiche al sistema, costruendo, in varie località da scegliere fra le più mistiche, dei grandi templi in stile quanto mai mistico, facendo poi collocare in ciascun tempio una figura della rispettiva divinità nella forma più grande possibile, poiché tutto il colossale fa sempre una potente impressione sull’uomo che guarda e ne scuote il suo animo.

4. Per ciascuna divinità noi dovremo anche ideare dei sacerdoti, che però dovranno essere unti con tutti gli unguenti della politica spirituale e dovranno essere in grado, grazie alla magia naturale, di fare operare alle loro divinità i corrispondenti prodigi. Un tale sacerdote dovrà conoscere a fondo la meccanica e la chimica, e con quanta maggiore scaltrezza saprà produrre i prodigi, in condizioni tanto migliori egli verrà a trovarsi!

5. Infatti sia assolutamente lontano da noi il pensiero di stipendiare questi sacerdoti con le casse dello stato, bensì a ciascuno sia detto: “Ecco, il tempio è un pezzo di lardo! Tu vi sei posto dentro come un gatto; se vuoi mangiare, sappi come acchiappare il pezzo di lardo!”, e noi possiamo essere anticipatamente convinti che, in pochi anni, il nostro regno traboccherà di tutti i tipi immaginabili di prodigi e il popolo non saprà affatto che pesci pigliare [perché sarà sempre dedito] al raccoglimento e alla devozione!

6. Prima di tutto bisognerà fare attenzione che ciascun sacerdote dell’uno o dell’altro tempio tenga la massima discrezione riguardo a quella determinata divinità; poi occorrerà che, sotto pena di morte, egli sia sempre moderato nell’esprimersi dinanzi a ciascun uomo del popolo; e che infine egli disponga le cose in modo che riesca difficilissimo avvicinarsi a lui per parlargli, e se egli dovrà parlare con qualcuno, occorrerà che si esprima nel modo più incomprensibile possibile, perché ciò che la comune persona razionale comprende, non lo reputa divino!

7. Ad ogni tempio però bisognerà poi istituire anche un oratore popolare dalla lingua sciolta, che dinanzi al popolo sappia magnificare a dovere i prodigi del tempio e della divinità che vi dimora; ma per formare sacerdoti e oratori di questo tipo si dovranno istituire delle scuole esclusivamente qui ad Hanoch!

8. Io penso che, se si adotterà questa mia proposta, ci saremo sistemati per sempre e non ci occorrerà neppure imporre al popolo dei tributi diretti, poiché i templi con i loro idoli e i loro sacerdoti lo solleticheranno già comunque a tirare fuori i tesori nella maniera più innocente di questo mondo, pur dando l’impressione che il governo sia in mano agli agnelli e alle colombe. Ma che il mondo voglia essere ingannato, questa è una cosa nota dai tempi più antichi. Dunque, che sia ingannato come esso vuole!

9. Adesso però ancora una cosa! Tu, re, devi proprio riconoscere la sovranità dell’altopiano? Io non so proprio vedere a che cosa possa essere buono questo! Io ritengo invece che noi, trovandoci sul fondo [dell’altopiano], dovremo essere più saldi dell’altopiano!

10. Sai, o re, quello che possiamo fare noi? Ecco, noi togliamo via la scala, e che provino poi quelli dell’altura a capire come potranno scendere da noi; in altre parole noi spianiamo di cento altezze di uomo ogni possibile accesso all’altopiano fino a farlo diventare una scarpata, e poi, che il popolo dell’altopiano si faccia crescere le ali, se vuole venire giù da noi!

11. Per ora non dico di più; il resto lo lascio a te, o re!»

12. Il re e tutti gli altri furono oltremodo soddisfatti di questo consiglio che venne attuato anche al più presto col massimo fervore. Già il giorno seguente furono chiamati a raccolta tutti gli architetti, i modellatori e i minatori per prendere le disposizioni del caso.

 

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Cap. 242

L’isolamento dell’altopiano con la spianata dei pendii delle montagne

La costruzione di mille nuovi templi pagani in brevissimo tempo con l’impiego di enormi forze

11 marzo 1844

1. I minatori presero con loro duecentomila uomini, ciascuno provvisto degli arnesi necessari per la realizzazione dell’opera.

2. Gli ingegneri esaminarono accuratamente tutti i punti di possibile accesso all’altopiano e rilevarono che ce n’erano una cinquantina i quali, in caso di estrema necessità, avrebbero potuto permettere la discesa dall’altopiano alla pianura. Se invece qualcuno avesse voluto salire, avrebbe certo potuto giungere fino alle molte muraglie di sbarramento delle gole, ma non gli sarebbe stato affatto possibile superare quelle muraglie che erano altissime; gli abitanti dell’altopiano invece potevano, per mezzo di scale di corda, scendere dalle muraglie e da lì poi anche raggiungere la pianura del bassopiano.

3. È vero che sull’altura c’erano più di cinquanta passi sbarrati; ma i fossati e le gole, quanto più scendevano nella pianura, tanto più andavano riunendosi, in modo che venti fossati e gole costituivano infine un solo fossato principale. Una volta che questo fosse stato reso impraticabile, tutti i passaggi nelle zone più alte convergenti in questo fossato principale non sarebbero serviti a niente.

4. Nel giro di tre mesi i cinquanta accessi furono ridotti a parete verticale per duecento altezze d’uomo, e ciò spesso per una lunghezza da quaranta fino a cento klafter (da 76 a 190 m). Con ciò agli abitanti dell’altopiano venne reso assolutamente impossibile l’accesso alle pianure di Hanoch; e così questo lavoro, come abbiamo visto, venne condotto a termine in modo funzionale, in un tempo brevissimo, mentre nel tempo attuale (1843) la stessa opera richiederebbe sicuramente un lavoro di parecchi anni.

5. Questi popoli dei primordi avevano comunemente questo di particolare, e cioè, prima calcolavano bene un lavoro, poi però impiegavano in una sola volta tanta forza che un simile lavoro veniva compiuto nel più breve tempo possibile.

6. Infatti, essi dicevano: “Il costo è lo stesso sia che noi impieghiamo per un determinato lavoro pochi operai per un tempo più lungo, sia che se ne impieghiamo molti per un tempo più breve; nel secondo caso però guadagniamo tempo e facciamo in modo che l’opera diventi utilizzabile molto tempo prima, cosa questa che rappresenta un vantaggio fondamentale!”

7. Considerandola dal lato terreno, la loro speculazione era del tutto giusta, e chi volesse applicare una simile regola nel campo spirituale, quello certo si troverebbe molto meglio che non proseguendo sulla via della tiepida lentezza!

8. In questo stesso modo si procedette anche alla costruzione dei templi, nei quali furono impiegati due milioni di operai, e nel giro di un anno si trovarono edificati dappertutto e completamente arredati, ogni tipo di templi con i loro edifici accessori nel numeri di circa mille in tutto.

9. Come però fossero distribuite le divinità in questi templi e come queste fossero state sistemate in modo da poter operare prodigi, questo lo vedremo in seguito mediante qualche schizzo!

 

 

Cap. 243

Descrizione del tempio del dio-bove e i relativi trucchi di illusionismo per arraffare offerte al popolo credulone

12 marzo 1844

1. Qui ci sono alcuni schizzi delle strane raffigurazioni degli idoli nei templi:

2. In una profonda gola di montagna, dove un impetuoso torrente di montagna si riversava a precipizio e si polverizzava nella caduta giù da alte pareti rocciose, vi era stato edificato un grande tempio semicircolare dentro ad una considerevole conca tra le rupi.

3. La parete frontale era diritta e serviva da chiusura ad una costruzione a forma semicilindrica, dietro la quale poi si trovava l’abitazione del relativo gruppo sacerdotale.

4. In cima alla parete frontale di questo tempio si trovavano due grandi finestre ovali, raffiguranti gli occhi di un bue.

5. Un paio di klafter (3,8 m) più sotto, ma precisamente nel mezzo tra le due finestre superiori, c’erano altre due finestre ellittiche tenute piuttosto vicine l’una all’altra; però il loro allungamento era verticale rispetto alle due finestre superiori corrispondenti che si aprivano orizzontalmente e che raffiguravano gli occhi di un bue.

6. Infine da basso c’era un portone sostenuto da tre colonne di color nero, largo circa quattro klafter (7,6 m) ed alto un klafter e mezzo (2,85 m), il quale, visto a distanza, dava abbastanza l’impressione di un muso di bue.

7. E dato che tutta la parete frontale intorno alle finestre superiori ed inferiori, nonché intorno al portone, era dipinta così da sembrare una testa di bue e che alla sommità della parte, al di sopra delle finestre a forma di occhi, c’erano due propaggini simili a due corna, e così pure ad entrambi i lati della parte frontale, all’altezza delle finestre a forma di occhi e parallelamente a queste, c’erano due grandi orecchie di lamiera dalle quali usciva continuamente un fumo poderoso introdottovi mediante dei tubi, allora tutto ciò conferiva a questa facciata l’aspetto orribilmente imponente di una testa di bue.

8. L’interno del tempio era dipinto in colore rosso scuro, e nel fondo del tempio, come in una grandissima nicchia, era collocato un bue colossale fatto di lamiera di rame. Le sue zampe posteriori erano così grosse che, per mezzo di una scala, si poteva con tutta comodità salire nel grande ventre del bue e preparare ogni specie di trucchi di illusionismo.

9. Questi trucchi di illusionismo consistevano in questo: nell’occasione in cui venivano organizzati pellegrinaggi a questo tempio quanto mai prodigioso e a questo idolo, l’enorme testa veniva fatta muovere continuamente su e giù mediante una leva interna. Poi dentro al ventre era sistemato un poderoso mantice. Mediante questo, veniva spinto con forza, fuori dalle fauci del bue, fumo e non di rado anche fiamme, dopo di che dentro al corpo del bue si faceva sentire un rumore potente come di tuono.

10. E quando il terribile tuono era cessato, solo allora il sacerdote, che si trovava dentro il ventre del bue, si muniva di un grande megafono di lamiera e rivolgeva alcune parole sconnesse al popolo che era tutto tremante.

11. Dopo di che il bue veniva fatto stare fermo, e poi da una porta posteriore appariva il gran sacerdote che accendeva dei profumi e stabiliva il sacrificio che doveva essere fatto dal popolo e il momento in cui doveva essere fatto.

12. Chi possedeva un bovino doveva fare qui la sua offerta, altrimenti ben presto il bovino gli si sarebbe ammalato e sarebbe crepato, cosa questa alla quale naturalmente avrebbero provveduto i servizievoli spiriti di questo tempio.

13. Prossimamente vedremo ancora altri schizzi!

 

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Cap. 244

Descrizione del tempio del Sole e i relativi trucchi di illusionismo

13 marzo 1844

1. Lontano una buona giornata di viaggio da Hanoch, verso Mezzogiorno, su di un monte roccioso e del tutto spoglio, era edificato un tempio tra i più sospetti, nel quale veniva venerato il Sole.

2. Ma perché questo tempio era tanto sospetto? La descrizione che seguirà ce ne fornirà una chiara spiegazione!

3. Il tempio era perfettamente circolare. Una metà del tempio era chiusa da una solida parete, mentre l’altra metà era aperta e consisteva di sei colonne che sorreggevano il tetto rotondo a forma di cono.

4. Dalla parte della parete solida, rivolta verso la Sera (l’occidente), c’era l’edificio sacerdotale che poteva accogliere cento sacerdoti e che era alto come il tempio, e cioè aveva un’altezza di dieci klafter (19 m) e così pure era il suo diametro.

5. Precisamente nel mezzo della parete solida del tempio c’era uno specchio concavo finemente levigato fatto di una grossa lamiera d’oro ed avente il diametro di circa due klafter (3,8 m), il quale, per mezzo di un meccanismo molto ingegnoso, poteva essere orientato in tutti i gradi di un semicerchio, verso l’alto e il basso nonché verso destra e sinistra.

6. Alla distanza di dieci klafter (19 m), in corrispondenza esatta alla distanza focale dello specchio c’erano, in direzione della Sera, tra le sei colonne, degli altari per le offerte di forma rotonda aventi quattro piedi di diametro e cinque piedi di altezza.

7. Un corridoio sotterraneo conduceva dalla dimora dei sacerdoti esattamente sotto all’altare centrale, cioè quello che, dei cinque altari, tra le sei colonne era naturalmente al centro.

8. Questo altare era cavo, e sotto di esso era applicata una macchina di sollevamento che terminava in una piattaforma di pietra che combaciava perfettamente con l’incavo praticato nell’altare.

9. Quando dunque il sacerdote sacrificale, nella sua veste dorata, voleva comparire nel tempio intorno al quale era radunato il popolo, egli saliva sulla piattaforma di pietra che, tramite la macchina di sollevamento, veniva spinta in alto, sollevava naturalmente col capo il coperchio d’oro dell’altare e veniva così a trovarsi d’improvviso, come per effetto di magia, sull’altare con un martello d’oro in mano.

10. E quando il popolo, avvicinandosi per osservare l’altare, si persuadeva che era fatto di solida pietra attraverso la quale non avrebbe potuto passare alcuna creatura umana naturale, esso era indotto a considerare il sacerdote come un essere superiore. Dopo di che il sacerdote abbassava nuovamente il coperchio dell’altare, borbottava qualche parola incomprensibile, batteva infine tre volte sul coperchio dell’altare e immediatamente questo si sollevava di nuovo portando un secondo sacerdote provvisto di profumi.

11. Questa operazione si ripeteva per tre volte ancora. Poi l’altare di mezzo veniva saldamente chiuso, si scoprivano gli altri quattro altari e i quattro sacerdoti sacrificali disponevano le loro offerte di profumi sulle lastre di pietra ugualmente bianche.

12. Messe al loro posto le offerte, i sacerdoti si prostravano in adorazione dinanzi allo specchio concavo che aveva la forma del Sole. Quindi il gran sacerdote batteva con il martello su un’altra lastra, e nello stesso istante lo specchio concavo, tenuto solitamente nascosto, appariva scoperto e veniva fatto girare per mezzo di un meccanismo interno manovrato da un addetto.

13. Il potente punto focale cadeva ora su uno dei quattro altari, e in un attimo consumavano le offerte di profumi facilmente infiammabili.

14. E quando le offerte erano consumate su tutti e quattro gli altari, allora un oratore saliva sull’altare di mezzo e faceva un tremendo discorso al popolo, dimostrando che il Sole era del tutto in potere di questo tempio; perciò se il popolo desiderava belle giornate e una buona annata, avrebbe dovuto fare offerte molto consistenti.

15. Non occorre che Io dica di più riguardo a quest’opera satanica, poiché ognuno che pensi può facilmente farsi un’idea degli effetti che questo inganno doveva produrre tra il popolo tenuto nelle tenebre più fitte.

16. Altre cose del genere ci riserviamo di considerarle la prossima volta!

 

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Cap. 245

Il tempio dei venti con i suoi potenti getti d’aria prodotti artificialmente

15 marzo 1844

1. Ad oriente di Hanoch, e precisamente ad una distanza di tre giori di viaggio, si trovava una regione moderatamente montuosa.

2. La parte più alta di questa regione montuosa era costituita da quattro colline di uguale altezza aventi tutte una forma conica abbastanza regolare; queste quattro colline non erano disposte in fila, bensì in modo che le rispettive cime venivano a formare le estremità, ovvero gli angoli, di un quadrilatero un po’ irregolare.

3. Sull’altopiano limitato da queste quattro colline, e discretamente vasto, si trovava un lago abbastanza ampio che aveva l’estensione di circa tre ore di cammino. Questo lago aveva quattro deflussi piuttosto abbondanti, e questi scorrevano naturalmente attraverso le quattro valli tra le quattro colline.

4. Su ciascuna di queste colline era edificato un tempio aperto a colonne, e alquanto più in basso – quasi in vicinanza del lago – erano costruite anche le abitazioni per i sacerdoti, le quali però non avevano porte che fossero visibili esternamente, bensì dalla parte opposta della collina c’era un tunnel, e soltanto attraverso di esso si poteva giungere nell’interno delle abitazioni; e così pure anche ciascuna abitazione comunicava col rispettivo tempio mediante una galleria sotterranea che giungeva fino alla sommità della collina.

5. Nel mezzo di ciascun tempio sorgeva un grandioso pilastro, e su ognuna delle quattro pareti del pilastro era incassata una colossale testa cava di metallo e lavorata in modo piuttosto grossolano. Ciascuna di queste teste teneva la bocca aperta nell’atteggiamento come di un uomo intento a soffiare su un carbone acceso, o di qualcosa di simile; solo che quest’apertura aveva due buoni piedi (63,2 cm) di diametro.

6. Il pilastro era in comunicazione con una grotta artificiale del tutto nascosta situata in basso, mediante una tubazione sotterranea del diametro di due piedi (63,2 cm) e lunga duecento klafter (380 m). In questa grotta, che era vasta come un’attuale chiesa abbastanza grande, c’era un potente mantice a vento che veniva azionato da una ruota idraulica, che ad ogni secondo poteva convogliare attraverso la menzionata tubazione circa diecimila piedi cubici d’aria verso ciascun tempio. Naturalmente ogni tempio aveva, nella gola a valle, un proprio mantice.

7. Quattro volte all’anno in questa regione dei prodigi veniva celebrata una grande festa dei sacrifici dedicata, naturalmente, ai quattro venti. A questi quattro venti ciascuno doveva sacrificare, in misura alquanto abbondante, tutto ciò che egli aveva, altrimenti egli avrebbe avuto da temere sempre le più violenti tempeste. In occasione di simili feste dei sacrifici, quella località pullulava di migliaia e migliaia di pellegrini, i quali erano stracarichi di offerte di ogni tipo.

8. Quando molta gente si trovava così radunata intorno ai templi, d’improvviso, come per effetto di magia, comparivano nel tempio i sacerdoti, tramite una opportuna porta artificiale nascosta in una delle colonne. Con una bandiera essi facevano un segnale convenuto che poteva essere scorto dai posti dove erano scavate le grotte, e allora i mantici venivano subito azionati dai meccanici provocando così, fuori dalle bocche delle quattro colossali teste situate sul pilastro, una corrente d’aria così potente che, ancora alla distanza di venti klafter (38 m), pareva che si fosse scatenata la violenza di un uragano.

9. Era in questo modo che il popolo riconosceva i signori dei venti e doveva di tanto in tanto fare loro delle offerte considerevoli, se voleva renderseli propizi, ma tuttavia non era lecito fare troppo affidamento sulla loro fedeltà, perché i signori dei venti, come si sa, sono molto instabili!

10. Questi soffiatori potevano essere diretti anche sulla superficie del lago mediante altre tubazioni, e in questo caso il lago cominciava a ondeggiare in modo piuttosto accentuato, specialmente nei dintorni dove l’aria della tubazione spingeva l’acqua del lago.

11. Ognuno può immaginarsi quali effetti potessero produrre simili grandiosi illusionismi sullo stolto popolo!

12. Prossimamente vedremo ancora di tali schizzi!

 

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Cap. 246

Il tempio del dio dell’acqua e delle dodici feste all’anno

16 marzo 1844

1. In un’altra regione pure montuosa, situata a circa due giornate di viaggio da Hanoch, in direzione di nord-est, era stato costruito un tempio dedicato al dio dell’acqua. Com’era questo tempio, però, ce lo mostra subito il seguente e conciso schizzo!

2. Nella regione predetta, che era circondata da ogni parte da ripide montagne, si trovava un lago assai grande, che aveva un perimetro di trenta miglia (222,6 km), ovvero di sessanta ore di cammino.

3. Nel mezzo di questo lago c’era un’isola che aveva uno spazio spianato di almeno quattro miglia quadrate (29,7 Km2) ed era disseminata di scogli e di piccole colline, ma molto erte e ricchissime di sorgenti, e le abbondanti acque irrigavano perfettamente la parte più piana di quest’isola rendendola assai fertile.

4. Quest’isola era stata scelta dagli déi dell’acqua e proprio nel mezzo essi si erano fatti costruire un castello molto imponente intorno al quale correva un largo fossato colmo d’acqua che veniva alimentato da cento sorgenti artificiali.

5. Nel mezzo di questo castello dalla forma quadrangolare si innalzava un maestoso tempio aperto, nel quale, dentro ad un’immensa conchiglia di pietra lavorata a scalpello, stava ritto sulle sue zampe un colossale drago marino, che però non era affatto di pietra, bensì di una lamiera di rame legato con l’oro e lavorato molto artisticamente.

6. Sulla schiena del drago stava una figura di uomo altrettanto colossale, dello stesso materiale metallico, la quale, per mezzo di un meccanismo interno molto semplice, girava continuamente di qua e di là il capo e ogni tanto alzava in alto la mano destra.

7. Ed ogni qualvolta questa figura alzava in alto la mano, in cima al tetto rotondo del tempio si sprigionava fuori, da un apposito tubo, un fortissimo zampillo d’acqua per un’altezza di dodici klafter (22,8 m), cosa questa che naturalmente dinanzi agli occhi dello stolto popolo costituiva uno spettacolo quanto mai prodigioso.

8. Qui erano costruite ancora una quantità di altre opere d’arte d’acqua, e col tempo tutta l’isola si trovò disseminata di sorgenti di ogni tipo; sennonché scrivere in modo particolareggiato tutte queste cose sarebbe necessario un libro a parte. Per conseguenza conviene passare di nuovo all’argomento principale!

9. Al dio dell’acqua venivano dedicate dodici feste all’anno. E chi nel regno di Hanoch avesse avuto l’intenzione di scavare un pozzo in qualche luogo, doveva prima fare la sua offerta al dio dell’acqua. Quando uno si lavava, doveva sempre ricordarsi del dio dell’acqua, e ogni sette giorni era tenuto a mettere da parte una piccola offerta; ma chi invece voleva fare un bagno, doveva fare un’offerta già considerevole che doveva comunque essere consegnata a qualche sorvegliante delle acque nominato dal dio dell’acqua, altrimenti l’interessato non avrebbe dovuto far conto su alcuna fortuna nell’acqua!

10. Anche i lavandai, i barcaioli, i pescatori e chiunque a causa della sua professione avesse avuto a che fare con l’acqua, dovevano sacrificare al dio dell’acqua, altrimenti li attendeva un’imprevista avversità, che era naturalmente provocata dai maestri delle acque, e questo accadeva dappertutto laddove c’erano delle acque.

11. Ma affinché tutto il popolo del regno di Hanoch aderisse volonterosissimamente a tali sacrifici, su quest’isola venivano celebrate – come già detto – dodici feste all’anno. In occasione di queste feste il lago pullulava di imbarcazioni di ogni tipo per trasportare i pellegrini qua e là.

12. Sull’isola c’erano anche alberghi in grande quantità, dove gli ospiti venivano spremuti il più possibile, e in tali occasioni anche i pescatori e i barcaioli di questo lago al servizio dei sacerdoti traevano dei profitti straordinari. È vero che dalle rive del lago all’isola ciascuno veniva trasportato gratuitamente, ma tanto più invece si doveva pagare per il ritorno.

13. Io ritengo che riguardo a questa mostruosità non occorra sapere di più! Perciò noi ora passeremo a considerarne un’altra, se possibile ancora più ‘lodevole’.

 

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Cap. 247

Il tempio del dio del fuoco aperto due volte l’anno

18 marzo 1844

1. Un grande tempio era stato costruito pure in un’altra regione tra montagne molto ricche di sorgenti di nafta.

2. Il tempio era del tutto senza finestre e quindi del tutto chiuso, e si poteva arrivare all’interno unicamente per vie sotterranee, attraverso un corridoio a svolte serpentine, finito il quale vi era una scala a chiocciola.

3. Questo tempio era molto spazioso e poteva contenere, nelle sue gallerie e nel suo spazio a pianoterra, ben ventimila persone, senza che con ciò ne risultasse una calca.

4. La copertura del tetto, che consisteva in molte cupole rotonde, era sorretta da molti poderosi pilastri, e in ogni cupola era praticata obliquamente un’apertura allo scopo di dare sfogo al fumo che si sviluppava nel tempio.

5. In fondo al tempio, dentro ad una specie di nicchia di forma ovale ed allungata, su di un piedistallo ovale a gradinata era collocata un’immensa statua di un uomo nudo di dimensioni colossali. Questa statua stava seduta su un enorme cubo di pietra che aveva un lato di quattro klafter (7,6 m), quindi sedici klafter quadrati (30,4 m2) di superficie e un volume di sessantaquattro klafter cubi (121,6 m3). La statua però era formata semplicemente da lamiere di rame, era quindi vuota e, nel suo spazio interno poteva contenere cinquecento persone; e da lì dentro si poteva fare ogni tipo di spettacolo nell’occasione di feste che venivano celebrate solo due volte all’anno.

6. Intorno all’enorme piedistallo a gradini della statua, ad una distanza di tre klafter (5,7 m), disposti su un cerchio ovale, c’erano duecento altari rotondi di due piedi di diametro (63,2 cm) e alti un klafter (1,9 m), sotto ai quali veniva incanalata una ricca sorgente di nafta.

7. Gli altari erano costituiti da cilindri di rame completamente riempiti di pietra pomice pestata. Il petrolio in questo modo saliva abbondantemente, secondo la legge dell’attrazione, attraverso i pori della pietra pomice per tutto il cilindro, e bastava passare con una candelina sulla superficie oleosa dell’altare, e questo ardeva subito con fiamma molto bianca simile a quella della cosiddetta luce dei bengala[36].

8. Questi altari ardenti illuminavano l’interno del tempio in maniera così forte da superare la luce del giorno, e venivano lasciati ardere continuamente giorno e notte, e non venivano mai spenti.

9. Però anche lungo i pilastri correvano una grande quantità di tubi di rame che si diramavano per tutte le gallerie. Dove mai nei tubi c’era un’apertura, anche là bastava accostare una candelina e l’olio della Terra molto eterico bruciava immediatamente.

10. Quando dunque veniva il giorno stabilito per la festa da celebrare in onore di questo “dio del fuoco” e dei suoi servitori, allora centinaia di migliaia di pellegrini affluivano da tutte le parti e portavano molte e cospicue offerte a questo idolo.

11 In tali occasioni i sacerdoti di questo idolo organizzavano ogni tipo di spettacoli del fuoco, e l’uno superava l’altro in grandiosità, sfarzo e molteplice magnificenza. L’intera regione montuosa circostante veniva illuminata durante la notte in modo particolare e in maniera così intensa, che non si sarebbe potuto distinguere quando cominciava a fare giorno.

12. Dentro al tempio l’idolo parlava al popolo della sua potenza, come se stesse parlando con mille voci, e si vantava sopra ogni misura, e al di fuori del tempio invece predicavano i sacerdoti.

13. Quale effetto tutto ciò dovesse fare sullo stolto popolo, questo non occorre descriverlo con maggiori particolari; quello che merita ancora di essere menzionato, è che a queste feste, a causa dei numerosi spettacoli principali, intervenivano sempre anche le persone dei ceti più elevati.

14. Lo stesso Gurat e il suo generale con il loro seguito non vi mancavano mai. Però non occorre aggiungere altro per riconoscere a quale alto grado era già stata spinta qui l’idolatria.

15. Ad ogni modo faremo seguire ancora qualche altro schizzo!

 

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Cap. 248

Il tempio dell’amore dedicato a Naeme

20 marzo 1844

1. Nella stessa Hanoch era stato edificato un tempio meraviglioso, che però rimaneva aperto in qualsiasi momento del giorno; bastava solo che il visitatore fosse disposto a fare delle offerte assai ricche alle belle sacerdotesse, alle semidee e del tutto particolarmente alle dee complete.

2. Ebbene, come era dunque ordinato questo tempio, come era disposto, e a chi veniva qui tributata una venerazione divina? La breve descrizione che seguirà, basterà a rendere quanto mai chiara la cosa!

3. Il tempio sorgeva fuori dalla porta che volgeva verso la regione dei figli di Dio, e dietro al tempio, non molto lontano, la montagna aveva il suo inizio.

4. Nei libri di Kincàr era stata trovata una raffigurazione assolutamente infuocata di Naeme, la quale, in base alla descrizione, era così bella che perfino le pietre le sarebbero corse dietro.

5. Di conseguenza, a questa Naeme era stato edificato un sontuosissimo tempio, che era una costruzione rotonda ed aperta consistente esternamente di trenta colonne e, all’interno delle trenta colonne, situati alla distanza di tre klafter (5,7 m) l’uno dall’altro, vi erano dieci pilastri disposti in buon ordine, così che dietro ad ogni tre colonne si innalzava un pilastro che contribuiva a reggere il tetto circolare.

6. Intorno al tempio sorgevano tre palazzi; l’uno per le sacerdotesse, l’altro per le semidee, e il terzo per le dee complete.

7. Nel mezzo del tempio stesso, su un basamento intensamente dorato, era raffigurata, con grandissima arte nel marmo bianco, Naeme completamente nuda, e la statua era di grandezza alquanto colossale. Addossate ai pilastri, e con i piedi poggianti su basamenti più bassi, erano collocate delle statue di uomini nudi e nello stato della massima eccitazione, e queste statue avevano tutte la faccia rivolta verso Naeme nuda.

8. Intorno al tempio e ai tre palazzi c’era un giardino che aveva un’estensione immensa e che, in quanto a sontuosità e ad arte, non lasciava proprio nulla a desiderare.

9. Il giardino stesso consisteva di tre reparti, ed uno di questi, il principale e più lussuoso, era come un labirinto artisticamente disposto; ma i corridoi di questo labirinto non erano, come si potrebbe immaginare, limitati da mura chiuse, bensì da graziose staccionate, in modo che da un corridoio si poteva vedere in cento altri.

10. E quando qua e là una fra le bellissime dee complete si mostrava provocante, allora lo spasimante non poteva andare direttamente a raggiungere una tale dea, e quantunque talvolta non fosse separato da lei che da una sola parete di staccionata, tuttavia era costretto a fare i giri più grandi per raggiungerla.

11. La differenza però fra sacerdotesse, semidee e dee complete consisteva in questo:

12. Le sacerdotesse erano abbigliate in modo grazioso e, oltre a ciò, erano belle di viso e di corporatura.

13. Le semidee portavano soltanto un grembiule d’oro lungo una spanna sopra il pube, braccialetti con pietre preziose e sandali d’oro ai piedi; per il resto erano del tutto nude.

14. Le dee complete erano del tutto nude, ad eccezione dei piedi calzati nei sandali d’oro, e dovevano essere della più grande bellezza. I capelli dovevano essere di un biondo dorato, e tutto il corpo non doveva avere alcuna macchia e doveva essere assolutamente candido e del tutto immacolato. Nello stesso modo, ad eccezione del capo, nessuna altra parte del corpo doveva portare una qualche traccia di pelo naturale, per la cui depilazione l’arte di Hanoch aveva escogitato una quantità di mezzi.

15. Quando le dee complete andavano a passeggio nei viali del labirinto che erano perfettamente coperti in alto, ciascuna di esse era sempre in compagnia di una sacerdotessa e di una semidea. La sacerdotessa doveva precedere la dea completa per pulirle la via, e la semidea doveva cacciarle via dal corpo le mosche, le zanzare e i tafani con una coda di lupo o di volpe.

16. Nelle altre due parti del giardino, costituite da viali alberati, da aiuole di fiori e da piccoli chioschi, anche le sacerdotesse potevano fare i loro affari; però nel labirinto, che pure era provvisto di numerosi tempietti chiusi, era lecito soltanto alle dee complete fare i loro affari, e talvolta anche alle semidee.

17. In onore alla divinità della bellezza non veniva data alcuna festa precisa; in compenso però il tempio rimaneva aperto giorno e notte essendo stato provvisto di una buona illuminazione.

18. All’inizio il tempio era stato dotato di tremila esseri femminili, ma già dopo tre anni le sacerdotesse, e poi anche le semidee e le dee complete vennero decuplicate. Infatti esse rendevano a Gurat più di tutti gli altri templi, poiché il labirinto era, giorno e notte, pieno zeppo di adoratori delle dee complete ed anche delle semidee.

19. Dire di più su questo argomento non è necessario, perché da quanto si è già detto ognuno avrà facilmente compreso come il vizio, allora, facesse pubblicamente mostra di sé. Prossimamente seguirà un ulteriore schizzo.

 

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Cap. 249

Il tempio del dio del metallo, che raffigurava Tubalcain, l’inventore della lavorazione dei metalli

21 marzo 1844

1. Non lontano da Hanoch, laddove al tempo di Lamec erano state stabilite le officine metallurgiche di cui Tubalcain fu l’inventore, sorgeva pure un tempio particolarmente ricco e sontuosissimo.

2. Anche questo tempio era aperto, e il grande tetto circolare era sorretto esclusivamente da colonne di ferro in numero di alcune centinaia; ma il tempio non era perfettamente rotondo, ma di forma piuttosto ovale.

3. Nella parte più stretta dell’ovale era eretto un tripode[37] massiccio, i cui piedi erano costituiti da tre colonne alte circa due klafter (3,8 m), e la massiccia piattaforma rotonda che queste portavano, aveva tre klafter (5,7 m) di diametro.

4. Su questa piattaforma rotonda era collocata una colossale statua di spessa lamiera di rame, lavorata artisticamente, che raffigurava un fabbro seminudo. Davanti alla statua si trovava una poderosa incudine sulla quale era appoggiato un grande masso di metallo.

5. Nella mano destra il colossale fabbro teneva un enorme martello, che però, come il fabbro stesso, era cavo. Nella mano sinistra invece impugnava una grande tenaglia che serviva a tener fermo sull’incudine il masso di metallo.

6. Sull’orlo di questa piattaforma, sulla quale si trovava il nostro fabbro, c’era ancora una quantità di statue più piccole pure costituite da lamiera di rame, ciascuna delle quali adornata di un differente utensile inerente alla metallurgia, che simboleggiava così gli attributi del dio del metallo e primo maestro del metallo, che naturalmente altri non era che Tubalcain stesso.

7. Dietro al grande tempio, in direzione della montagna, era stato edificato un grande castello per i sacerdoti, i quali vi dimoravano in numero di cento e vivevano delle cospicue offerte che venivano fatte a questo dio.

8. E dietro al castello si trovava la sacra miniera che Tubalcain stesso aveva scavato nella montagna. A chiunque era lecito visitarla, ma dietro il versamento di una consistente offerta.

9. Ad una profondità di cento klafter (190 m) dall’imboccatura della miniera si trovava una grande grotta che Tubalcain aveva fatto scavare nella montagna, ed era qui che i sacerdoti di questo dio esibivano una quantità di antiche reliquie, tutte provenienti da Tubalcain. Certamente in questo, come dappertutto, vi era molta menzogna e molto inganno.

10. Questo dio aveva solo tre feste all’anno. In occasione di tali feste i sacerdoti scannavano un bue, e precisamente sulla grande piattaforma rotonda davanti al dio.

11. Una volta scannato il bue, i sacerdoti scendevano dalla piattaforma e istantaneamente, da sotto al tripode, cominciava a levarsi un potente fuoco gettando scintille, ed esso andava sempre più aumentando fino a rendere in breve tempo rovente tutta la piattaforma. E il fuoco durava così a lungo finché l’intero bue sulla piattaforma non fosse stato ridotto in cenere.

12. Durante questo fuoco anche il dio lavorava diligentemente di martello, ma ovviamente questa attività era attuata per mezzo di un meccanismo ad acqua nascosto, così come attraverso lo stesso meccanismo veniva messo in attività anche un poderoso mantice con il quale veniva alimentato il fuoco di carbone ardente sotto il tripode.

13. A questo sacrificio sempre uguale seguivano delle vigorose prediche con le quali veniva glorificata l’utilità dei metalli, e naturalmente il dio dei metalli più di tutto.

14. Dopo tali prediche venivano prese in consegna le offerte, ed ai pellegrini era poi concesso visitare le grandi e regali miniere che erano situate nelle vicinanze, dove però pullulavano anche i mendicanti che elemosinavano.

15. Non occorre affatto accennare come anche in questo tempio l’affluenza fosse assai grande; perciò basta con questo abominio!

 

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Cap. 250

Descrizione degli altri tipi di templi ad Hanoch e dintorni

Gli abitanti dell’altopiano cercano inutilmente uno sbocco verso la stessa

Le tracce dello scalpellamento delle montagne visibili nell’attuale Tibet

Un nuovo messaggero di Noè si presenta ai dieci principi dell’altopiano

22 marzo 1844

1. Nello stesso modo erano costituiti pure una gran quantità di idoli e templi. La natura aveva un tempio ad Hanoch e poi aveva altri templi più piccoli in ciascuna città; le nubi avevano anch’esse un tempio; così pure la Luna, le stelle, certi animali, gli alberi, le sorgenti, i torrenti, i laghi, i mari, le montagne e vari metalli avevano i loro particolari idoli, templi e sacerdoti. Quasi ad ogni passo ci si trovava davanti ad un tempio differente.

2. Tutti questi templi erano però per lo più subordinati a quelli di cui abbiamo parlato. Solamente ad Hanoch sussisteva ancora, più per effetto dell’antichissima usanza che per altro, il tempio di Lamec, la cui storia rimaneva quanto mai misteriosamente velata nei libri di Kincàr; ma ad eccezione del re, del gran sacerdote generale e degli altri gran sacerdoti, a nessuno era lecito, sotto pena di morte, avvicinarsi a questo tempio consacrato all’antico Dio del fulmine e del tuono.

3. Solamente il tempio della sapienza sul monte dei serpenti era libero; ma là non era più possibile ottenere la sapienza, bensì al suo posto vi veniva praticata solo una magia oltremodo mistica, e nel mezzo di questo antico tempio era stato posto un oracolo, dove, per denaro o altro genere di offerte, ciascuno poteva farsi mentire ogni qualvolta lo volesse. Naturalmente, l’uomo comune prendeva tutto per oro colato.

4. In questa maniera il sistema di governo instaurato da Gurat già in cinque anni progredì tanto che egli poté esonerare il popolo da ogni imposta, perché questa organizzazione dei templi rendeva somme enormi che, in poco tempo, ottenne anche l’effetto che molte delle province che si erano allontanate ritornarono sotto la sua protezione e con moltissima gioia sacrificarono esse pure agli dèi. Anzi c’erano delle persone così zelanti per l’essenza dei templi e degli dèi che addirittura reputavano una grazia immensa poter edificare in un qualche luogo un nuovo tempio e contribuire così alle entrate del re!

5. Dopo dieci anni ogni villaggio aveva quasi tanti templi quante abitazioni comuni, ed una casa faceva a gara con l’altra, un villaggio con l’altro, una città con l’altra per porgere al re l’offerta più cospicua, poiché il re rappresentava in un certo qual modo tutti gli dèi e per questo motivo veniva anche chiamato il servitore di tutti gli dèi.

6. Tali erano le condizioni del regno di Hanoch!

7. Ma che cosa fecero gli abitanti dell’altopiano che erano stati isolati dalla pianura, quando scoprirono che cosa aveva fatto loro Gurat, invece di riconoscere la loro sovranità?

8. I dieci principi fecero esplorare nella maniera più minuziosa tutta la vasta regione delle montagne, per vedere se proprio non ci fosse in nessun luogo una possibile via di uscita.

9. Trascorse un anno in continua esplorazione del terreno, ma tutto fu inutile, perché Gurat aveva istituito una vasta sorveglianza permanente ed era continuo il lavoro per isolare l’altopiano, che consisteva nella riduzione a parete verticale delle montagne, in modo che non si poteva vedere altro che pareti di roccia spoglie di grande estensione.

10. Le tracce di questo lavoro di Gurat sono ancora benissimo visibili qua e là nell’odierno Tibet.

11. Allora i dieci tennero un Consiglio per deliberare cosa avrebbero dovuto fare. Come sarebbe stata possibile una vendetta in quelle condizioni?

12. Dieci volte venne convocato un grande Consiglio, ma essi non poterono giungere ad alcuna valida decisione.

13. Perciò i dieci dissero: «Noi dobbiamo stabilire altre leggi riguardo alla procreazione dei figli, altrimenti il nostro paese, per quanto grande e fertile, diverrà per noi in breve tempo troppo incredibilmente stretto!»

14. Ma mentre erano in procinto di emanare tali leggi, ecco che si presentò un nuovo messaggero di Noè e impedì ai dieci la promulgazione di tali leggi!

15. Il come, però, lo apprenderemo dal seguito di questa narrazione!

 

 

Cap. 251

Il messaggero di Noè annuncia il Giudizio di Dio ai popoli dell’altopiano con vent’anni di anticipo

Noè incaricato di preparare mille tronchi d’abete squadrati, per stagionarli

23 marzo 1844

1. Il messaggero di Noè fu accolto dai dieci con grandi onori e gli fu chiesto che cosa si sarebbe dovuto fare ora, e cioè se mettere o meno in vigore la legge da loro deliberata.

2. Ma il messaggero di Noè disse: «Questo non lo dovete fare, perché non tutte le vie per uscire dal vostro paese vi sono precluse! Io pure sono fatto di carne e di sangue come voi, e tuttavia ho trovato una via per venire da voi! Perché dunque non dovreste trovarla anche voi questa via eternamente indistruttibile, per uscire dal paese qualora ciò fosse necessario?

3. Questo paese però è comunque così grande, che potrebbe nutrirvi tutti anche se foste in numero cento volte maggiore di quanto siete ora!

4. Chi di voi conosce proprio tutti i suoi confini? Voi avete certo mandato singoli esploratori in un luogo e nell’altro, e ciascuno ha visto una parte del paese, però nessuno ha ancora contemplato e misurato dappertutto l’ampiezza di questo paese!

5. A me però è stato mostrato tutto, ed ho riscontrato che esso si estende per circa cinquanta giornate di cammino in lunghezza verso il Mattino e all’incirca per dieci giornate di cammino in larghezza verso la Mezzanotte!

6. È certamente vero che Gurat, impiegando due milioni di uomini, ha reso inaccessibile questo paese quasi da tutte le parti, cosa questa per altro che ormai già da dieci anni gli causò una grande spesa, la quale non farà che aumentare in avvenire; ma nonostante tutto ciò il paese ha ancora un’uscita libera, e cioè quella che dà verso l’altura di Noè, il mio signore!

7. Da lì però, in direzione della Sera, si estendono grandi paesi che hanno soltanto pochi abitanti, e molti non ne hanno affatto! Dunque c’è abbastanza prospettiva e la scappatoia anche se voi doveste aumentare a dismisura!

8. Io però non sono stato mandato a voi per portarvi queste notizie tranquillizzanti, bensì per annunciarvi il vicino Giudizio di Dio a tutti gli uomini della Terra che non si convertiranno a Lui e che non osserveranno il Suo comandamento che Egli diede agli inizi ai padri dell’altura e ai re della pianura.

9. Così dunque suonano le parole di Dio, e così il Signore disse al mio signore cent’anni fa: Gli uomini non vogliono più lasciarsi guidare dal Mio Spirito, poiché essi sono diventati solo carne; tuttavia Io voglio ancora dare loro un termine di centoventi anni!

10. E poi, ancora una volta il Signore parlò dicendo: Noè, manda dei messaggeri in tutte le regioni del mondo e fa pervenire a tutte le creature la minaccia del Mio Giudizio!”

11. E così fece Noè, il mio signore, di anno in anno; tuttavia molti dei messaggeri si lasciarono incantare dalla carne e non comunicarono mai il loro messaggio.

12. Ora sono trascorsi dieci anni da quando un mio fratello venne da voi e un altro andò ad Hanoch. Il primo fratello, che venne da voi, fece certo ritorno, mentre l’altro fu ucciso ad Hanoch.

13. Da quell’epoca, Noè mandò segretamente ogni anno un messaggero ad Hanoch e trenta alle altre città, ma i messaggeri rimasero abbagliati dagli idoli di Hanoch e diventarono carne.

14. Perciò, per questo motivo, a Dio, il Signore, è finita la pazienza, e tre giorni fa Egli ha parlato di nuovo con Noè e gli ha detto: “Noè, va’ con la tua gente nel bosco e fa abbattere mille tronchi d’abete, sottili e diritti, falli squadrare accuratamente, poi accatastali assieme e lasciali così giacere per cinque anni! Poi Io ti dirò cosa dovrai farne!”

15. I boscaioli hanno già posto l’ascia nella radice! Cento anni sono trascorsi invano; ora restano ancora solo venti anni!

16. Perciò convertitevi al Signore in tutta serietà, se volete sfuggire al Giudizio, poiché, non appena sarà trascorso il ventesimo anno da oggi, il Signore aprirà le cateratte e le aperture, e ucciderà con grandi flutti ogni carne della Terra!

17. Questo io l’ho detto a voi, e questo ora mio fratello lo sta annunciando ad Hanoch. Beato chi poi si convertirà a questo! Amen!»

 

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Cap. 252

Lo sbalordimento dei dieci principi dell’altopiano di fronte alla notizia del Giudizio

Il rifiuto di accettare l’insegnamento del messaggero, ritenendo Noè un mago e il Dio antico un’invenzione

 Il Consiglio decreta di emanare la legge sulla procreazione

26 marzo 1844

1. Quando i dieci principi dell’altopiano udirono questo dal messaggero di Noè, rimasero del tutto sbalorditi e gli domandarono:

2. «Amico, le tue parole suonano tremende; tu qui ci annunci addirittura la fine del mondo! Che cosa possiamo, che cosa dobbiamo fare, dunque, per sfuggire a un tale Giudizio? A che scopo credi che Noè impiegherà i mille tronchi da tagliare?»

3. Ma il messaggero disse: «Per quello che riguarda il primo punto della vostra domanda, io so molto bene che voi conoscete l’antico Dio che ha parlato con i padri e che più di una volta ha insegnato ad Hanoch ed ha consacrato i re, cose che Kincàr ha annotato precisamente nei suoi grandi libri! Questi libri voi li conoscete, e uno di questi voi lo avete anche letto completamente una volta, quando eravate i custodi del tempio.

4. Oltre a ciò, voi, per mille volte avete avuto occasione di udire quanto gli schiavi liberati conoscevano per tradizione orale, e questi vi hanno sempre narrato concordemente tutto quello che essi sapevano di questo antico e unico vero Dio e Signore del Cielo e della Terra; infine voi sapete altrettanto bene quanto me ciò che appunto questo Dio vuole da noi, come noi dobbiamo vivere e cos’è nostro dovere fare!

5. Del resto, tutte queste cose ve le ha già esposte dieci anni fa il mio predecessore a voi tutti, e già allora vi è stato detto quello che dovete fare! Perciò io dico: “Fate conformemente a ciò, e così non verrete colpiti dal Giudizio di Dio!”

6. Ma se non vi convertirete a ciò e invece darete solo leggi inumane al popolo in contrasto con ogni Amore divino e con l’Ordine eterno, allora il Giudizio cadrà anche inevitabilmente su di voi!

7. Questa è una risposta al primo punto della vostra domanda; ma per quanto riguarda il secondo punto della vostra domanda, voi avete già dedotto da quanto vi ho detto che sarà Dio a indicare a Noè l’uso che dovrà fare di quel legname solo al tempo stabilito. Per conseguenza, io non posso certo darvi altre spiegazioni! Ora sapete tutto!

8. Nondimeno, quando Noè avrà ricevuto dal Signore ulteriori istruzioni riguardo all’uso del legname, allora io verrò nuovamente qui da voi per annunciarvelo. Ora però devo lasciarvi di nuovo! Ricordatevi nelle azioni di questo messaggio. Amen!»

9. Dopo queste parole il messaggero si allontanò così rapidamente che nessuno poté osservare come e quando fosse scomparso.

10. Allora i dieci cominciarono a riflettere riguardo a cosa avrebbero dovuto fare, ma non riuscivano a mettersi d’accordo; perciò convocarono un grande Consiglio per discutere riguardo alla situazione che veniva a prospettarsi in seguito alla notizia del messaggero.

11. Ma i capi dissero: «Noi siamo dell’opinione che il Dio antico sia sempre stato un parto della fantasia umana e che sia stata solamente la politica ad inventare un Dio sotto tutte le forme!

12. Il vecchio mago dell’altura ha perso tutto il suo popolo ed egli vorrebbe diventare di nuovo un potente dominatore! A questo scopo egli adotta ora anche la politica del suo piffero magico per incuterci spavento; ma noi ora siamo troppo istruiti per lasciarci abbindolare in questo modo!

13. Perciò teniamoci fermi alla prima decisione, emaniamo la legge e la cosa si sistemerà senza Dio e senza Noè! Riguardo poi alla rapida scomparsa del messaggero, noi conosciamo certo la natura magica dell’erba della rondine[38]: basta prenderne un po’ e si diventa invisibili! Se riuscissimo a trovare quest’erba, allora potremmo anche noi fare altrettanto!»

14. La discussione dei capi piacque ai dieci, ed essi emanarono la legge ed incaricarono mille conoscitori di erbe di andare in cerca dell’erba della rondine.

 

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Cap. 253

Il messaggero di Noè comunica la minaccia del Giudizio di Dio al gran sacerdote generale di Hanoch

La risposta, con astuti ragionamenti, che neanche un Dio sarebbe capace di governare così bene Hanoch

27 marzo 1844

1. Questo fu l’effetto prodotto dal messaggero agli abitanti dell’altopiano. Ma quale fu il risultato ottenuto ad Hanoch dall’altro messaggero che era stato inviato contemporaneamente? Questo lo vedremo subito!

2. Il messaggero destinato ad Hanoch aveva avuto l’incarico di rivolgersi direttamente al gran sacerdote generale; per conseguenza, arrivato in città, egli si fece annunciare a lui e, quale messaggero dell’altura, venne subito ricevuto.

3. Giunto alla presenza del generale, egli fu subito accolto con la massima premura e con grande cortesia venne interrogato riguardo agli scopi della sua missione.

4. E allora il messaggero espose la situazione negli stessi termini in cui l’aveva esposta il suo compagno agli abitanti dell’altopiano.

5. Il generale però disse al messaggero: «Mio stimatissimo amico! Tu certo sei ancora molto semplice nella tua sapienza, ed un pensiero più profondo sembra esserti attualmente estraneo!

6. Vedi, tu qui stai parlando di Dio e di un Giudizio, di una letterale fine del mondo e dici che già cento anni fa Dio ha parlato così a Noè e che ora ha parlato di nuovo con lui! Quanto devi essere ancora stolto se credi a queste cose! Basta che tu ci rifletta un po’ su!

7. Vedi, tu mi dici, visto il genere della tua missione, di essere in un certo qual modo un messaggero del Giudizio di Dio, e parli come se Dio stesso avesse parlato a Noè, tuo signore! Ma ora pensa: se ci fosse un tale Dio che fosse ultrasaggio, onnipotente ed onnisciente, dovrebbe essere un’assoluta vergogna per un tale Dio se Egli non comprendesse che un tale messaggero, come sei tu, si presentasse, rispetto a noi, proprio così come una goccia di rugiada rispetto ad un mare sconfinato!

8. Oltre a ciò, per essere saggio, a un Dio dovrebbe certamente interessare molto di più un popolo enormemente grande, che non un singolo uomo che dimora in qualche crepa della roccia! Il tuo Dio invece si manifesta solo a chi non ha né potere e nemmeno alcuna considerazione dinanzi al mondo, e per conseguenza non può fare assolutamente nulla!

9. Ma che Dio sciocco è questo, che non conosce neppure una volta i reggenti dei Suoi popoli e non va Egli stesso da loro e non da loro una migliore istruzione, affinché essi diano poi un’altra direzione al popolo?

10. Io però ti dico, o mio stimabile amico: che il tuo vecchio Noè ha visto e udito un qualche Dio, altrettanto poco quanto me; bensì, in possesso com’è di qualche antica arte magica, egli, come i suoi predecessori, vorrebbe ottenere una sovranità sui popoli della Terra, e perciò ricorre alla politica! Ma ora la vecchia politica non ha più alcuna probabilità di riuscire là dove una politica nuova e matura ha posto le sue radici!

11. Tu stesso, hai mai visto e udito Dio? Oppure: hai mai udito Dio parlare con Noè? Oppure: Dio ti ha conferito una qualche degna forza prodigiosa? Ebbene, tu rispondi di no!

12. Ma vedi, come potrebbe un Dio sapiente mandare ad un popolo, come è questo di Hanoch, un messaggero così misero come sei tu, per minacciargli la fine del mondo? Non dovrebbe dunque sapere un Dio, già molte migliaia di anni prima, che un tale messaggero può essere accolto al massimo solo con un sorriso quanto mai pietoso, di fronte a più di cinquecento milioni di persone istruite? Ma che il tuo Dio non sappia sul serio che una mosca non potrà mai rovesciare una montagna? Vedi, vedi mio caro amico, quanto stolto è il tuo messaggio.

13. Se c’è un Dio supremamente sapiente, onnisciente e onnipotente, allora Egli saprà senz’altro ricorrere, per la nostra attesissima conversione, a mezzi di tutt’altro genere, più efficaci e degni di un grande popolo, che non a questi mezzi ispirati ad una tale politica così antica che ha già perduto ogni validità presso di noi!

14. Vedi, noi ora viviamo nel più bell’ordine! Non abbiamo guerre, non esigiamo imposte; in tutto il regno non c’è alcuno schiavo; le nostre leggi sono morbide come lana; noi viviamo contenti come fossimo milioni in un corpo e in un’anima. Questo hanno prodotto le nostre leggi! Dimmi: può un Dio costituire un Ordine migliore?

15. Tutte le nostre leggi sono tratte dalla migliore natura dell’uomo e perciò si confanno a ciascuna persona, e sotto a queste leggi ciascuno è beato ed è estremamente contento. Miseria e povertà non opprimono nessuno! Dimmi, mio stimato amico: possono esservi un governo e un ordine ancora migliori?»

16. A questo punto il messaggero rimase interdetto e non seppe che cosa rispondere.

17. Ma il generale disse perciò al messaggero: «Vedi, tu sei un giovane uomo molto garbato e non sembri essere senza talento; perciò io ti faccio la proposta di rimanere qui. Io stesso avrò cura della tua educazione e poi ti aiuterò anche ad assicurarti un pane onorevole; su ciò puoi fare assolutamente conto!

18. Tuttavia non voglio costringerti. Se vuoi ritornare alle tue montagne, sei anche libero di farlo; tuttavia è opportuno che tu ti convinca prima in maniera ancora più viva, come il nostro governo sia ordinato proprio in modo eccellente! E così seguimi dal re!»

 

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Cap. 254

Il messaggero di Noè davanti al re Gurat

La seduzione del messaggero di rimanere in Hanoch ma a condizione che venga lì anche sua sorella

28 marzo 1844

1. Il messaggero allora si fece coraggio e seguì il generale dal re Gurat.

2. Quando i due si trovarono alla presenza del re, il messaggero fu accolto anche dal re stesso con la massima distinzione, e solo dopo gli fu chiesto in modo cortesissimo il motivo della sua richiesta.

3. Il messaggero allora si inchinò profondamente dinanzi al re e disse: «Grande re e signore, io ero stato incaricato di parlare soltanto con il generale! E a costui ho esposto la mia fondamentale missione; però in seguito, e con sorprendente sapienza, lui mi ha dimostrato la completa vacuità della mia ambasciata, e così io ora non la vorrei ripetere quanto ho detto a lui!»

4. Il re si rese conto da questa risposta che il messaggero aveva intelligenza, e così gli parlò: «Ora ascoltami tu, figlio mio. Siccome io mi accorgo che tu sei un giovane uomo molto garbato che in te sembra esservi qualche talento, allora io ti accoglierò nella mia casa e ti darò dei maestri che ti insegneranno la lettura, la scrittura e la matematica, e poi arricchiranno le tue cognizioni in ogni altra arte e scienza.

5. E quando tu sarai dotato di tali conoscenze e capacità, allora io farò di te un gran signore nel mio vasto regno, e come tale godrai dappertutto la massima considerazione e farai una splendida vita, e la gente ti porterà in palmo di mano se saprai renderti utile in vari modi! Sei soddisfatto di questa proposta?»

6. Il messaggero, con visibile gioia, rispose affermativamente e poi aggiunse: «O grande re, poiché sei così buono, mite e saggio, io avrei ancora una preghiera da porgere ai tuoi orecchi!»

7. Il re gliene diede il consenso, e il messaggero allora disse: «O re, ti piaccia ascoltarmi! Vedi, mio padre si chiama Mahal ed è un fratello di Noè! Questo mio padre però è già nel suo cinquecentesimo anno di età ed è ancora robusto come se ne avesse appena cinquanta. Io sono il suo figlio più giovane ed ho già settant’anni ed ho fratelli e sorelle in grande quantità.

8. Tuttavia non voglio parlarti di tutti, bensì solamente di una sorella, che è più vecchia di me di un anno. Questa è cresciuta dentro al mio cuore! Se io potessi averla qui perché restasse presso di me, allora io rimarrei qui mille volte più volentieri che non senza questa mia sorella divinamente bella!»

9. E il re sorrise e disse: «Cosa? Tu hai già settant’anni e sembri essere ancora più un fanciullo, che un uomo? Ma dimmi, è questo il caso anche di tua sorella?»

10. E il messaggero rispose: «O re, lei è ancora così delicata e bella, come se avesse solamente sedici anni!»

11. E il re disse al generale: «In verità, la cosa mi interessa! Vedi dunque tu di fare in modo che questa sorella venga qui a raggiungere suo fratello, ed egli stesso ti sarà di aiuto nell’impresa; e che in una tale occasione una ricompensa non mancherà, questo tu già lo sai senz’altro!»

12. A questo punto il generale prese subito il messaggero con sé, si accordò con lui, e con estrema astuzia venne iniziata già il giorno seguente una caccia a questa sorella.

 

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Cap. 255

L’astuto piano del delinquente incaricato di catturare sull’altura la sorella del messaggero di Noè

Agla, la sorella del messaggero di Noè, verso la città in cerca del fratello Waltar

29 marzo 1844

1. Ma come fu organizzata questa caccia?  – Ebbene, il messaggero, quale fratello della giovane da catturare, dovette prestare le sue vesti ad un malfattore che, a causa di un grave crimine commesso, era stato condannato a morte. A questo delinquente venne però detto che la pena di morte gli sarebbe stata condonata se fosse riuscito a condurre ad Hanoch, alla presenza del re, la sorella del messaggero dell’altura del quale egli aveva le vesti.

2. Questo delinquente, però, era un astuto farabutto e si era meritato la pena di morte perché, con i suoi trucchi da ladro, aveva attentato al tesoro reale, ma era stato colto sul fatto e immediatamente condannato a morte.

3. Ma quando a questo delinquente venne condonata la pena di morte a tale condizione, egli se ne rallegrò molto e disse: «Non solo una, ma anche se fossero mille mi assumerei del tutto l’incarico di portarle qui da solo; e così, trattandosi di una soltanto, me la sbrigherò con la massima facilità! Quale distanza c’è da qui fino alla dimora del vecchio mago sull’altura?»

4. Gli fu risposto: «Per un buon camminatore ci sono due giornate di viaggio, ma il ritorno lo si può fare anche in una giornata e mezza!»

5. E il delinquente disse: «Datemi uno o due conoscitori della via, affinché una eventuale deviazione per errore non mi faccia perdere tempo, ed io sarò qui col bottino in tre giorni se non anche prima!»

6. Questa richiesta del delinquente fu subito soddisfatta; egli ottenne tre uomini armati e conoscitori delle strade, ed iniziò subito la sua caccia.

7. Strada facendo però le tre guide dissero al cacciatore: «Ma come ce la caveremo? Se arriviamo in vicinanza dell’abitazione del vecchio mago, costui non si accorgerà subito della nostra presenza e quindi ci rovinerà?»

8. Ma il cacciatore rispose: «Riguardo a questo, lasciate che me la sbrighi solo io! Se è necessario, io ingannerò anche Satana! Quando noi saremo giunti ad una tale distanza dalla quale una voce di uomo robusto può essere udita, allora cominciate a chiamare “Waltar!”. Questo è il nome del fratello della giovane da catturare!

9. Lei ama il fratello, e quando udrà chiamare il suo nome, sarà certo la prima ad inseguire la chiamata! Io poi mi metterò a correre per qualche tempo dinanzi a voi in direzione di Hanoch; e quando crederà che io sia suo fratello a causa della veste che indosso, allora lei verrà con voi senza fare alcuna resistenza!

10. Ma allora lei si troverà nelle nostre mani, e il vecchio mago non potrà farci nulla, perché la giovane sarà venuta con noi volontariamente e non con la forza, a causa di suo fratello; infatti io so che nessun mago ha un potere là dove agisce la libera volontà di un suo consanguineo!»

11. Questo dunque fu il piano di caccia escogitato, che però non fu necessario attuare per il fatto che Agla stessa si era messa nel frattempo in cammino verso Hanoch, a causa di suo fratello, e a metà del cammino, lei, tutta sola, incontrò la delegazione (di questi quattro cacciatori) e, con la sua grande bellezza, rivelò chi era e perché si mise a chiamare: “Waltar! Waltar! Fratello mio!”, quando scorse il cacciatore.

12. Il cacciatore però le dichiarò come stavano le cose, e lei allora colma di gioia seguì i quattro uomini nella grande città.

 

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Cap. 256

Il re Gurat chiede la mano di Agla, che accetta

La delusione di Waltar

L’astuzia femminile di Agla per mettere alla prova l’amore del fratello per lei

Waltar ingannato cerca di vendicarsi di Agla

30 marzo 1844

1. Quando la sorella fu condotta nel castello dinanzi al re e costui l’ebbe osservata bene dai piedi fino alla sommità del capo, il re rimase stupito oltre misura per la sua estrema bellezza e fece chiamare subito Waltar e gli presentò la bella giovane perché testimoniasse che lei era sua sorella.

2. Ma quando Waltar ebbe scorto Agla, gli vennero subito le lacrime agli occhi per la gioia, le gettò le braccia al collo, la baciò e la salutò come sua dilettissima sorella.

3. E il re, avendo ora riconosciuto da ciò che si trattava veramente della sorella di Waltar, andò vicino a lui e gli disse:

4. «Ascoltami, o mio caro Waltar, tua sorella è una meraviglia del mondo; la sua bellezza supera ogni mio precedente concetto, e se penso che questa fanciulla ha settantun’anni, allora lei non sta più davanti a me come un essere umano, bensì come una purissima dea del cielo che non invecchia mai; lei è proprio la giovinezza eterna!

5. Sai cosa farò: io non mi sono ancora preso una moglie stabile, e non ho posto ancora la corona reale sul capo ad alcuna fanciulla, ma questa tua sorella voglio prendermela subito stabilmente in moglie, e le donerò delle vesti regali e porrò sul suo capo la più bella corona!

6. Dimmi, Waltar: sei contento di questa proposta, e vedi gli immensi vantaggi che te ne possono derivare, se tua sorella diventa la regina dello sconfinato regno di Hanoch?»

7. A questo punto Waltar rimase sbalordito e un po’ di tempo rimase a riflettere tutto confuso senza sapere veramente che risposta dare.

8. Agla però, alla quale la proposta era subito piaciuta più che a suo fratello, gli disse subito: «Che cosa vuoi fare qui, in casa di colui al cui comando si trovano milioni di sudditi? Benedicimi per il re e non calpestare i tuoi stessi vantaggi!»

9. Ma quando Waltar ebbe udito queste parole dalla sua amatissima sorella, rispose tutto irritato: «Non voglio benedirti, bensì io ti maledirò nel mio petto, dato che si è spento il tuo amore per me con così tanta facilità, mentre io sarei andato incontro alla morte per te!

10. O re, prendila pure, l’infedele! Io la benedico per te e te la do strappandola da ogni fibra e filamento della mia vita, poiché ora, lei per me non ha maggior significato di quanto ne abbia la polvere dei miei piedi.

11. In verità, se lei avesse tenuto a me e fosse stata ancora ardente per il mio amore, io tuttavia non te l’avrei rifiutata e ci avrei trovato una grande gioia nell’averti portato un sacrificio così grande e pregiato! Ma in questo modo Agla mi ha ingannato su tutto, e ora a te, o re, io non posso più darti nulla, poiché l’infedele si è già donata a te da se stessa!

12. Dunque, io la benedico per te; ma nel mio petto, che lei sia maledetta! Ora però lascia che io ritorni sull’altura, e che là io sfoghi la mia pena piangendo!»

13. Il re disse: «Mio caro Waltar, non così deve essere! Io ti farò indossare delle vesti regali e poi io stesso ti condurrò al tempio delle mie dee. Se tu, in quanto un vero e proprio viceré, troverai piacere in una di loro, allora rimani qui; ma se non troverai piacere in nessuna, allora puoi fare nuovamente ritorno alle tue orrende montagne!»

14. Allora a Waltar si accese una nuova luce. Egli accolse la proposta del re, però questo certamente sorprese alquanto Agla, poiché il suo amore per Waltar era ancora troppo potente, e il suo affrettato consenso (di sposare il re) era più un’astuzia femminile per scandagliare l’amore (del fratello) che una vera e propria accettazione del tutto stabilita.

15. Ma a Waltar questa proposta del re venne tanto più a proposito, in quanto poteva in un certo qual modo vendicarsi di Agla.

16. Allora Gurat comandò che ad entrambi venissero portate delle vesti regali, e le fece indossare loro separatamente.

 

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Cap. 257

Waltar nel giardino del tempio dell’amore col re Gurat

Le sette dee della bellezza quali mogli di Waltar

15 aprile 1844

1. Poi Gurat chiamò a sé il gran sacerdote generale e andò al tempio stabilito con il gran seguito reale composto da tutti i suoi dignitari di corte e dalla servitù, accompagnato da Waltar nelle sue nuove vesti regali.

2. E siccome egli, allo scopo a cui abbiamo accennato prima, con un cenno al generale aveva fatto avvertire da un messaggero le dee del tempio dell’imminente arrivo della comitiva reale, accadde che, quando questa giunse, tutto era già nell’ordine più seducente e voluttuoso nel grande giardino, racchiuso da uno steccato, delle dee della bellezza femminile.

3. Centinaia e centinaia di tali dee principali sciamavano lungo i labirinti del giardino, accompagnate, secondo la nota usanza, dalle dee in sottordine; alcune danzavano, alcune si atteggiavano nelle pose più voluttuose, alcune cantavano e alcune camminavano più tranquille per la loro strada.

4. Ma quando Waltar, dal sangue caldo, vide questo seducente spettacolo, rimase del tutto confuso e non seppe cosa dire o cosa desiderare.

5. Quando Gurat notò questo con sua grande soddisfazione, allora disse a Waltar: «Amico, a quanto pare, non ti sarà proprio troppo difficile dimenticare la tua bella sorella!

6. Dimmi: ti sei già scelto una di queste dee? Indicamene subito una, e io te la darò immediatamente in moglie assieme alle sue dee in sottordine! Oppure, se è più di una a piacerti, allora indicami anche queste, ed esse dovranno essere tue, poiché qui nel mio regno, a ciascun uomo è lecito avere più di una sola donna, malgrado io sia dell’opinione che una dea assieme alle sue dee in sottordine ti siano più che sufficienti!»

7. A questo punto Waltar si mise ad osservare con la massima attenzione le dee che sfilavano dinanzi a lui, ma gli piacevano immensamente tutte, perché ciascuna passandogli davanti lo guardava nel modo più incantevole possibile, ed egli, dopo un po’, disse a Gurat:

8. «O re, io non ti prego che tu me ne dia una, o cento, ma ti prego di concedermele tutte, poiché sono tutte troppo splendide, ed io non sarei capace di sceglierne una sola o solo alcune! Concedimele dunque tutte affinché nessuna possa sentirsi offesa di non essere stata scelta!»

9. Il re però sorrise e disse a Waltar: «Mio stimatissimo amico, ascolta ora quello che ti dirò, e per il momento così dovrà anche restare!

10. Vedi, io te ne concederò soltanto sette per il momento! Con queste tu vivrai un anno nel mio palazzo! Se tu, trascorso un anno, sentirai la necessità di averne delle altre, allora potrai averne quante ne vorrai!

11. Se però le sette eventualmente ti bastassero, allora potrai, ed io ne sarò tanto più compiaciuto, fermarti alle sette, poiché tutte queste dee stanno comunque giornalmente ai tuoi comandi, visto che sei il viceré, dietro versamento di una modica offerta già stabilita».

12. Quando Waltar ebbe udito questo da Gurat, egli accolse subito il suo consiglio e prese le sette prescelte con le loro dee in sottordine, e quando le dee si furono vestite, egli ritornò tutto felice al palazzo reale assieme a Gurat, in compagnia di quelle che erano ora le sue mogli.

 

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Cap. 258

Agla diventa subito regina per vendicarsi del fratello, ma è una tremenda dominatrice

Waltar in prigione, poi la fuga, ma viene ucciso

16 aprile 1844

1. Ma quando, al palazzo di Gurat, Agla vide quello che suo fratello aveva fatto, essa si adirò nel suo cuore e con tanta maggiore insistenza chiese che Gurat la sposasse e le imponesse la corona, per poi, quale regina e co-reggente del grande regno, potersi vendicare di suo fratello, come anche, del tutto particolarmente, delle dee della bellezza.

2. E Gurat, che aveva trovato in Agla il massimo compiacimento, lo fece tanto più volentieri, perché, così facendo, voleva proprio entrare quanto prima nel suo stato ritenuto erroneamente felicissimo. E così Agla divenne regina a tutti gli effetti e signora di Hanoch già il terzo giorno dopo il giorno che suo fratello aveva ottenuto le sette mogli.

3. Quest’Agla divenne in seguito estremamente bramosa di dominare, e tutto ciò che le veniva incontro doveva inchinarsi davanti a lei fino a terra.

4. Questa cosa però infastidì suo fratello Waltar, ed egli anzi per tale motivo domandò al re che gli fosse dato il permesso di ritirarsi in qualche luogo sulle montagne per non sentir mai più parlare della sua tremenda sorella.

5. Ma Gurat, che era letteralmente ossessionato da Agla, non faceva ormai più niente senza il consenso di lei, e quindi le domandò che cosa pensasse della decisione di suo fratello.

6. E quando Agla ebbe appreso tale notizia, si infuriò contro suo fratello, lo separò subito dalle sue mogli e lo fece gettare in un profondo carcere. E questi fatti si svolsero mentre non era ancora trascorso un anno da quando lei era stata fatta regina e da quando per il fratello erano cominciate le gioie della sua unione con le sette dee della bellezza.

7. Ma anche il gran sacerdote generale si rammaricò che Agla avesse fatto gettare il proprio fratello in carcere senza alcun motivo né causa, poiché il gran sacerdote generale si era ripromesso di mettere a buon profitto le attitudini di Waltar, essendo questi di spirito molto sveglio. Perciò egli si adoperò segretamente presso il re per ottenere la liberazione di Waltar; tuttavia fece questo sempre sotto il sigillo della più assoluta discrezione rispetto ad Agla, perché altrimenti questa avrebbe potuto fare del male al fratello.

8. Il re disse: «Tutto sarebbe giusto; ma come faremo ad aprire la prigione, considerato che solamente Agla ne possiede le chiavi e che lei, per di più, vi ha posto una guardia scelta tra i suoi fedelissimi?»

9. E il generale disse: «Questo è certo un lato molto brutto della questione; però lascia a me tale incombenza, e metterò nuovamente le cose in ordine! Con una piccola scorta armata io attaccherò di notte la guardia della prigione e farò aprire la prigione stessa con la forza; in tali condizioni bisognerà bene che la guardia fidata si rassegni di fronte al fatto compiuto!»

10. Gurat accettò questo consiglio, e in quella stessa notte, dopo soli due mesi di reclusione, Waltar si ritrovò libero.

11. E quando fu liberato, i gran sacerdoti volevano prenderlo sotto la loro protezione, ma egli domandò solo di fuggire, e così gli venne concessa la fuga.

12. Quando però ad Agla fu reso noto quello che era accaduto, lei mandò subito degli sbirri, affinché prendessero e uccidessero suo fratello, in qualunque luogo lo trovassero.

13. E gli sbirri, nella speranza di un buon compenso, si affrettarono in tutte le direzioni e raggiunsero Waltar mentre era diretto verso le montagne e lo ammazzarono.

14. E questa fu la sua fine e la sua paga per essersi allontanato dalla giusta via di Dio. E questo fu anche l’inizio del governo più crudele che avesse mai avuto luogo ad Hanoch.

 

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Cap. 259

La ricompensa agli sbirri

 L’omicidio delle sette mogli di Waltar e delle quattordici mogli in sott’ordine

18 aprile 1844

1. Gli sbirri, per assicurarsi la ricompensa dalla regina, staccarono la testa dal busto dell’ammazzato Waltar, la avvolsero in un panno e la portarono alla regina.

2. Alla vista di quella testa mozzata, lei all’inizio provò certamente spavento; ma ben presto si riebbe e disse agli sbirri:

3. «La vostra fedeltà è provata! Voi avete distrutto il mio più grande nemico; avete ucciso il nemico del mio amore ed avete ben meritato la vostra ricompensa! Eccovi cento libbre (56 kg) d’oro; prendetele come la vostra ben meritata ricompensa!

4. Questa testa però riprendetela con voi e sotterratela in qualche posto nel giardino delle dee della bellezza; che egli possa deliziarsi là in eterno alla contemplazione di coloro che per lui erano più di me!

5. E quando avrete sotterrato la testa, andate poi dalle sette mogli che ora dimorano qui in una parte inferiore di questo palazzo e conducetele qui assieme alle quattordici mogli in sottordine!

6. Quello che dovrà poi accadere, vi verrà detto allora! Eseguite bene il vostro incarico e la ricompensa non mancherà!»

7. A questo punto gli sbirri si ripresero la testa e fecero secondo il comando della regina.

8. Ma le dee della bellezza si accorsero che veniva sotterrata la testa di Waltar, e si spaventarono enormemente e dissero tra di loro: «Questo è un pessimo presagio per tutte noi! Sarà meglio fuggire via al più presto possibile da questo luogo, senza attendere di dover seguire questa testa sottoterra!»

9. Alcune però espressero il desiderio di parlare con il gran sacerdote generale. Sennonché questi in quel momento era troppo occupato nell’escogitare piani con cui rendere sospetta Agla presso il re, e quindi non era disposto a ricevere nessuno, perché troppo grande era la sua rabbia contro la regina. La conseguenza fu che le dee dovettero rimanere dove erano e nell’angosciosa attesa di quello che sarebbe successo.

10. Gli sbirri già il giorno seguente andarono a prendere le sette mogli di Waltar e le condussero dalla regina assieme alle quattordici mogli in sottordine.

11. Quando esse si trovarono davanti alla regina, questa domandò a loro: «Non intendete fare cordoglio per Waltar che è stato ucciso per mio potere?»

12. A questa notizia le mogli cominciarono a gemere e a lamentarsi.

13. E la regina disse: «Dunque, il vostro amore per Waltar era grande, dal momento che piangete così tanto la sicura morte. Vedete, anche il mio amore per lui era grande, perché per amore io lo feci uccidere, affinché egli non dovesse essere vostro!

14. Ma ora vedo che soffrite a causa della sua perdita; perciò io voglio anche mettere fine alla vostra sofferenza! Sbirri, spogliate tutte queste donne e legatele nude alle colonne di questa mia sala reale!»

15. E gli sbirri lo fecero subito questo.

16. Quando le mogli assieme alle mogli in sottordine si trovarono nude e solidamente legate alle colonne, allora Agla stessa si armò di un acuminatissimo pugnale e, avvicinatasi alle donne così legate, disse all’una come all’altra, tastandole dalla parte del cuore: «Qui dunque batte il cuore che amava mio fratello?»

17. Dopo ciò lei piantò il pugnale nel cuore delle donne legate e poi disse: «Questa sia la tua ricompensa, miserabile!»

18. Così Agla stessa uccise con le sue proprie mani per vendetta anche le mogli di suo fratello.

19. E il re, quantunque il giorno seguente venisse informato di quanto era accaduto, non osò dirle: ‘Donna, cosa hai fatto?’, e questo perché egli amava e temeva Agla.

 

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Cap. 260

La regina Agla fa esporre nel tempio della bellezza, le ventuno mogli di Waltar, da lei pugnalate

Il raccapriccio del capo della truppa e del gran sacerdote generale per la crudeltà della regina

20 aprile 1844

1. Poi Agla comandò agli sbirri di avvolgere dentro a dei panni neri le donne pugnalate e di seppellire anche loro nel giardino delle dee della bellezza; ma prima del seppellimento essi dovevano esporre proprio queste donne pugnalate e completamente nude nel tempio di queste stesse dee per la durata di un giorno, affinché le dee potessero deliziarsi nel vedere questo.

2. Allora gli sbirri dissero alla regina: «Grande e potente signora! Noi non osiamo fare con passo sicuro una simile cosa, perché il numeroso popolo tiene moltissimo a queste dee, e se noi dovessimo spaventarle troppo ed offenderle, ed esse poi rivolgessero al popolo le loro lamentele, allora potrebbero esserci gravi conseguenze sia per noi come per la vostra maestà, grande e potente sovrana!

3. Poiché, chi vuole essere crudele, deve procedere politicamente in modo accorto, per non essere accusato di crudeltà, altrimenti si espone in breve tempo a gravi pericoli, e certo non può evitare poi che vengano posti validi freni al suo operare! Segua dunque vostra maestà questa volta il nostro consiglio, e faccia sotterrare questi cadaveri del tutto segretamente in qualche luogo, e la cosa procederà bene e non lascerà nessuna traccia presso il grande popolo!»

4. A questa obiezione fatta dagli sbirri con buona intenzione, Agla balzò in piedi come un fulmine e, tirato fuori il pugnale, minacciò chiunque non l’avesse istantaneamente e puntualmente obbedita.

5. E gli sbirri dovettero fare come voleva la regina.

6. I cadaveri furono dunque slegati e avvolti ciascuno separatamente in un panno nero, e poi in pieno giorno, su altrettanti cammelli, furono trasportati là nel grande giardino ed esposti del tutto nudi nel tempio di Naeme.

7. Gli sbirri però, quando ebbero terminato di esporre i cadaveri, fuggirono in fretta come ladri, abbandonando i cammelli e tutto il resto, e dissero tra sé: «Se mai questa volta ci riesce di salvare la pelle, è bene che quella furia di una regina si scelga degli altri sbirri, per tutti gli scopi futuri simili a questo! Non vogliamo più saperne di servire né lei, né il re!»

8. Il gran sacerdote generale, per mezzo di informatori segreti, era già venuto a conoscenza di tutto quello che Agla aveva commesso, ed egli inviò immediatamente una forte truppa militare alle dee.

9. E fu appunto questa truppa che s’imbatté nel gruppo di sbirri della regina che si affrettava a ritornare. Quest’ultimi furono fatti fermare e, come prigionieri, dovettero subito rifare il cammino per condurre la truppa militare dove essi avevano deposto i cadaveri.

10. E quando la truppa assieme agli sbirri fu arrivata al tempio, e i soldati videro quei cadaveri della cui presenza nessuna delle dee aveva ancora potuto accorgersi, allora il capo della truppa domandò agli sbirri se fossero stati loro ad uccidere quelle splendide donne.

11. Gli sbirri però raccontarono esattamente come era andata la cosa.

12. Allora il capo della truppa esclamò: «Per tutti gli dei e per lo stesso Dio dei primordi! Questa regina è lo stesso Satana in carne ed ossa di cui è narrato nei libri di Kincàr, poiché una simile crudeltà è inaudita!

13. Ma come faremo noi a liberarci da questo serpente dei serpenti? Lei siede sul trono, e tutto l’inferno sta ai suoi comandi! Tra breve la vita diventerà tale in questa città, che perfino le tigri e le iene scapperanno!»

14. Dopo di che il capitano si rivolse ad uno della sua truppa e disse: «Qui è necessario che venga dato un esempio! Fate venire un imbalsamatore! Io farò imbalsamare i cadaveri affinché non si decompongano, e li lascerò qui nel tempio, affinché possano essere visti da tutti, dentro a delle bare di vetro con la scritta: “L’opera infernale della regina!”

15. E voi sbirri, dissotterrate subito la testa di Waltar, perché anch’essa deve essere imbalsamata, ed io la farò poi collocare, dentro ad un’urna di vetro, al di sopra delle bare delle sue mogli con un’adeguata iscrizione!»

16. E tutto fu eseguito subito secondo la ferma volontà del capitano.

 

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Cap. 261

Il generale fa imbalsamare i cadaveri delle dee e le fa esporre dentro a delle bare di vetro

La proposta alle dee di fuggire dal tempio per evitare la vendetta della regina

22 aprile 1844

1. Nel corso di otto giorni, i cadaveri e la testa di Waltar furono imbalsamati e poi esposti nel tempio di Naeme nelle già menzionate bare di vetro, e la testa di Waltar dentro ad un’urna di vetro, naturalmente ben chiusa, collocata su un piedistallo dorato nel mezzo delle bare.

2. Quando questo lavoro fu compiuto, il capo della truppa andò dalle dee nella loro grande dimora, e riferì loro quello che era accaduto invitandole ad andare a vedere i cadaveri imbalsamati.

3. E le dee andarono al tempio di Naeme, questa volta non nude ma vestite a lutto, e inorridirono non poco quando videro il gruppo morto.

4. E dopo una lunga pausa, la principale fra le dee chiese al capo della truppa con voce tremante: «Se questo è opera della regina, cosa di terribile dobbiamo aspettarci anche noi tra poco? Che cosa farà di noi quella furia?»

5. E uno degli sbirri fatti prigionieri, così rispose senza essere interrogato: «Permettete che parli io, mie magnifiche dee! In queste bare sta scritto anche il vostro destino, poiché dalla bocca della regina noi abbiamo appreso quali sono le sue sicure intenzioni! Soltanto la fuga può salvarvi dal furore della regina!

6. Non fatevi alcuna illusione sulla possibilità che il gran sacerdote generale sia in grado di impedire questo, poiché la regina dispone di vie nascoste e di mezzi che all’infuori di lei nessuno conosce, ed essa è informata di tutto ciò che avviene in contrasto con il suo sentimento satanico; sicuramente lei è già a conoscenza da parecchi giorni di quanto è stato fatto qui con i cadaveri contro il suo comando, ed io non consiglierei a nessuno di indugiare troppo se la sua vita gli è cara e preziosa!»

7. Queste parole ebbero tutta la considerazione che meritavano da parte del capo della truppa, ed egli disse alle dee: «Sembra che a questo riguardo il capo degli sbirri abbia ragione; disponetevi dunque a partire, in modo che possiamo condurvi, sotto sicura scorta, in un luogo qualsiasi dove sarete al sicuro dalla rabbia di quella furia! Per il vostro sostentamento sarà provvisto nel migliore dei modi in qualsiasi luogo noi vi condurremo, poiché tali disposizioni a vostro riguardo ci sono state comandate proprio dal generale!»

8. Le dee diedero subito il loro consenso; e ciascuna prese con sé i propri tesori e tutte partirono in fretta con la truppa e gli sbirri.

9. Ma non era passata un’ora che già si videro comparire, nella grande dimora delle dee ormai vuota, i più fidati servitori della regina con un numeroso contingente di guerrieri provvisti di molte funi, spade e lance, che avevano l’ordine di annientare la truppa di protezione del generale e poi di imbavagliare tutte le dee e di assassinare pure loro e di metterle insieme alle mogli di Waltar.

10. Questa volta però il piano della regina non ebbe successo; ma quello che lei fece a causa di ciò, lo vedremo da quanto seguirà.

 

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Cap. 262

La rabbia della regina

 L’ammonimento dell’astuto capitano innamorato di lei, per evitare la guerra col generale

23 aprile 1844

1. Quando i servitori fedelissimi della regina, con la loro numerosa truppa, con non poco stupore trovarono la dimora delle dee della bellezza del tutto vuota, allora fecero immediatamente ritorno e riferirono il fatto alla regina.

2. Ma la regina, nell’apprendere ciò, diventò furiosa come mille furie e cominciò letteralmente a schiumare di rabbia, e giurò che avrebbe perpetrato la più aspra vendetta contro il gran sacerdote generale.

3. Ma il capitano che comandava il gruppo dei servitori della regina, che era un bell’uomo e segretamente era molto ben visto dalla regina, invocò da lei la grazia di poterle parlare privatamente.

4. La regina accondiscese volentieri al desiderio del suo prediletto, e lo invitò a seguirla in un piccolo gabinetto appartato.

5. Il capitano la seguì estremamente compiaciuto; e quando fu solo con la regina, questa voleva immediatamente sapere a quale scopo avesse desiderato parlare con lei sola.

6. Ma il capitano, invece di parlare e rispondere subito, si spogliò rapidamente rimanendo del tutto nudo, e poi disse alla regina:

7. «Altissima sovrana sopra la mia vita e sopra la mia morte! Solo in questo stato mi è possibile parlare con te in tutta verità, perché così nudo come io sto ora dinanzi a te, altrettanto nuda è la verità che desidero ora esporti! In nome dunque del mio infinito amore per te, o incantevolissima regina, ascolta:

8. O regina dalle mille vittorie sopra il mio cuore! Già morire per tua mano dovrebbe essere il piacere supremo, o regina, che rappresenti tutto per me. Io ti prego, per tutto ciò che hai di più gradito e di più caro al mondo, di non escogitare più piani di vendetta contro il generale del sacerdozio, e ciò per la tua e la mia felicità; perché tu puoi fare quello che vuoi, ma arriverai sempre e dappertutto troppo tardi!

9. Credi tu, vita mia, o regina, che tuo marito abbia forse il potere nelle sue mani? Oh, in questo caso sei ancora in grande errore! Io ti dico: “Gurat è soltanto il portatore del nome e, come re, gode di grande considerazione solamente in quanto egli è un intimissimo amico del cuore del generale!”. Ma guai a tutti se, a causa di un cambiamento delle cose, arrivassimo al punto di farci nemico il generale!

10. Com’è vero che io sto ora nudo davanti a te, altrettanto vero e certo è che poi noi, in pochi minuti, saremmo perduti assieme al re! Infatti già adesso intorno al grande palazzo del generale stanno schierati in ordine di battaglia ben cinquecentomila guerrieri, e basta un suo cenno ed entro un’ora noi non saremo più!

11. Sono già vari giorni che egli non si reca più dal re, né lui lo chiama, quantunque su questo punto il re stia facendo un nuovo tentativo per ricondurre il generale a sé. Sì, egli intende fare dono di te stessa al generale pur di assicurarsi la sua amicizia!

12. Da tutto ciò, o regina, puoi rilevare la potenza e la grandezza del generale e riconoscere quanto siano pericolosi i tuoi piani contro di lui!

13. O regina, uccidimi se, avendoti detto questa nuda verità, ti ho forse offesa; ma io non potevo più resistere alla potenza del mio amore per te che mi costrinse ad ammonirti dal fare ciò che potrebbe preludere alla tua totale rovina!»

14. Allora la regina provò spavento per la prima volta e disse: «Mio caro capitano, ti ringrazio di questo avvertimento! Ora però chiedo a te anche un consiglio riguardo a come converrà procedere, affinché io non cada in potere del generale!»

15. E il capitano rispose: «O regina, lasciami oggi il tempo di provvedere a te, e domani ti indicherò una via di uscita!»

16. Dopo ciò egli abbracciò la regina, si rimise indosso le vesti e ritornò poi nella grande sala; la regina invece rimase nella stanza dov’era e domandò delle sue cameriere.

 

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Cap. 263

Il capitano Drohuit, propone al re un piano per salvarsi dal generale Fungar-Hellan

24 aprile 1844

1. Il capitano dei fedeli servitori della regina si presentò poi al re e gli espose in forma categorica come stavano le cose riguardo alla regina e a quello che il generale Fungar-Hellan aveva intenzione di intraprendere del tutto severamente contro il re e contro la regina, nonché come non vi sarebbe stata la possibilità di opporsi affatto al potente Fungar-Hellan, dato che questi deteneva nelle sue mani tutto il potere.

2. E allora Gurat disse al capitano: «Ebbene, amico mio, tu hai ragione! Io so molto bene in quali condizioni mi trovo ora di fronte a Fungar-Hellan; ma cosa si può fare? Ormai sono già dieci giorni che egli è diventato assolutamente inavvicinabile, e ciò per nessun altro motivo se non perché io non ho voluto consegnargli Agla per spegnere la sete di vendetta suscitata in lui dagli atti di crudeltà da lei commessi a danno del proprio fratello e delle mogli di costui.

3. Le sue ultime parole dirette a me furono queste: “Sta bene! Quello che liberamente non vuoi darmi da amico ad amico, saprà prenderselo con la violenza il tuo più accanito nemico!”

4. E detto questo a me, se ne andò in fretta e furia, ed io, fino al momento in cui stiamo parlando, non ho potuto apprendere niente di lui che possa darmi un’idea di ciò che egli intende fare effettivamente!

5. Alla fine non ci sarà altra via di scampo, volendo rendermelo di nuovo amico, che quella di consegnargli Agla, la donna ultrabellissima al di là di tutti i concetti! Dimmi, mio caro capitano Drohuit: che cos’altro si potrebbe fare?»

6. E Drohuit disse: «O re, qui sono effettivamente possibili solo le due vie, e cioè: o la fuga della regina sotto la mia guida, oppure la consegna; però l’una cosa non è meno pericolosa dell’altra!

7. Io ho escogitato un’astuzia assai sottile! Se questa riesce, allora Fungar-Hellan ridiventa tuo amico e tu rimani re come prima; se però non dovesse riuscire, allora non resterebbe altro mezzo che la fuga per la salvezza di Agla, come anche per la tua dignità di re!

8. L’astuzia però consisterebbe in questo: fa che Agla si vesta nella maniera più seducente possibile, ed io stesso mi presenterò a Fungar-Hellan e gli parlerò così:

9. “La bellissima Agla, che tu già tante volte hai ammirato con compiacenza, ha appreso che tu, che per lei rappresenti l’amico più caro, sei in collera con lei! Lei perciò ti prega che tu voglia ascoltarla ancora una volta sola, ed avrai spiegazioni più che sufficienti da lei stessa riguardo alla sua enigmatica crudeltà, e così il tuo cuore ne sarà completamente riappacificato!”

10. In seguito a un tale invito, egli certamente acconsentirà a venire, sia pure accompagnato da una forte scorta! Riguardo poi a quello che Agla dovrà dirgli, io mi riservo di dare a lei stessa ampi e precisi suggerimenti; solo che tu dovresti permetterle che lei mi desse un segno di accreditamento, affinché Fungar-Hellan possa prestare sicura fede alla mia ambasciata! Ed io ritengo che in questo modo la cosa si potrà riaggiustare!

11. Che poi Fungar-Hellan, trovandosi alla presenza della bellissima e seducentissima Agla, diventerà di certo più trattabile, di ciò io sono più che convinto già in anticipo!»

12. Quando Gurat ebbe udito la proposta di Drohuit, gli diede immediatamente pieni poteri di agire; e costui si recò da Agla e le riferì tutto, e poi la istruì esattamente e lei accolse le sue proposte ed acconsentì a fare tutto quello che lui le suggeriva.

 

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Cap. 264

Continuazione degli intrighi infernali: l’astuto capitano Drohuit dal gran sacerdote generale Fungar-Hellan

Il generale cade in trappola

24 aprile 1844

1. Dopo che Drohuit ebbe istruito per bene Agla riguardo a quello che avrebbe dovuto dire nel caso in cui Fungar-Hellan fosse venuto, egli si recò subito al palazzo di quest’ultimo, ma ebbe un po’ da faticare per essere ammesso alla presenza del generale.

2. E quando, dopo le più grandi fatiche del mondo, gli riuscì di essere ricevuto, il generale, con una severità furiosa, gli domandò: «Da dove vieni, o audace traditore della tua vita, e qual è lo scopo della tua missione? Sbrigati a parlare, se non vuoi diventare preda della morte prima che tu abbia potuto aprire la tua bocca!»

3. Drohuit all’inizio si spaventò per quell’accoglienza molto scortese, poiché non si era immaginato che il generale fosse così in collera, ma dopo qualche istante si fece coraggio e, in tono ugualmente molto agitato, rispose a Fungar-Hellan:

4. «Amico, se a farmi una simile accoglienza sei proprio tu, che pure sei colui che in effetti mi procurò il mio attuale incarico a corte e che fosti sempre il mio amico più fidato, allora, malgrado l’importanza immensa delle cose che ho da riferirti, non parlerò affatto, quantunque da ciò dipenda il tuo benessere e quello di tutto il mondo, nonché la vita del cuore! Tu puoi dunque impugnare una spada all’istante e uccidermi assieme al mio importantissimo segreto che, all’infuori di me, nessun essere mortale al mondo conosce!»

5. Dopo questa dichiarazione, il generale si tranquillizzò e disse: «Amico, calmati, poiché fu nell’eccitazione del primo momento che io ho parlato così; ora però ti riconosco nuovamente quale mio amico, quello che mi ha già reso più di un buon servizio e che forse più di qualche altro me ne renderà ancora. Ti prego dunque di parlare ed io starò attentamente ad ascoltarti!»

6. Allora Drohuit si mise eretto e disse: «Sta bene, ascoltami!

7. Vedi, tu ora provi una fortissima rabbia contro Gurat, il tuo primo amico, e attenti alla vita della regina! Ma adesso fa bene attenzione a quello che ti rivelerò.

8. Da quando questa Terra è abitata da uomini e da animali, non vi fu mai un’ingiustizia più grave, né un’ingratitudine più nera, di quella che ora si manifesta nel tuo comportamento verso la regina e verso il re!

9. Dimmi: di cosa è debitore un soldato, di colui che è il salvatore della propria vita? Di più per il momento non ti domando; basta che tu mi dia una risposta a questo!»

10. Il generale guardò Drohuit enormemente stupito e, ancora molto ansioso e agitato, disse: «Che cosa dici? Parla più chiaro! Dichiarati, affinché io accorra ad adorare il salvatore della mia vita»

11. E Drohuit, cantando vittoria tra sé, si mise di nuovo eretto e disse: «Per il momento non ti dico altro che questo: la regina, che ti ama come il suo occhio destro e che invece tu ti sforzi con determinazione di mandare in rovina, questa stessa regina è la salvatrice della tua vita in una maniera che il mondo non ha ancora mai visto!

12. Di più non ti dico; va da lei, e così apprenderai quello che lei ha fatto per te! Dopo, tu potrai ucciderla se riuscirai a far reggere il tuo cuore!

13. Ma qualora in te vi fosse il sospetto che quanto ti ho detto non corrisponde a verità, allora prendi con te una scorta; e qui c’è questo segno di accreditamento che la regina stessa mi ha dato per te, e da ciò potrai facilmente scorgere che il mio agire verso di te non è certamente quello di un traditore!»

14. A questo punto il generale esclamò: «Agla, tu misconosciuta da me! Tu grande regina di tutti i miei pensieri! Hai tu, attraverso la tua incomprensibile crudeltà, salvato la mia vita? Bisogna che corra subito da lei per chiarire questa cosa!»

15. E detto questo, il generale lasciò tutto, fece chiamare la sua guardia d’onore e si affrettò ad andare dalla regina.

 

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Cap. 265

La calorosa accoglienza da parte del re

Gurat, Fungar-Hellan e Drohuit ricevuti dalla regina

La dichiarazione d’amore di Agla a Fungar-Hellan ottiene il massimo successo

26 aprile 1844

1. Il re e la regina stavano in ansiosissima attesa e dalle finestre guardavano sulla via, nel dubbio se Fungar-Hellan sarebbe venuto o no. Quanto incredibilmente grande fu dunque la gioia di entrambi quando scorsero il generale che, alla destra di Drohuit e scortato dalla sua numerosa guardia d’onore, si avvicinava al palazzo reale!

2. La regina si recò immediatamente nella sua sala e il re nella sua, e ciascuno per sé rimase in attesa dell’uomo dal quale in quel tempo dipendeva il bene e il male di quasi mezzo mondo.

3. Giunto alla porta del palazzo, il generale disse a Drohuit: «Io ora sono qui; tuttavia ti dico: “Se io noto il minimissimo sospetto, allora è il vivo inferno il tuo destino!”»

4. E Drohuit rispose: «In verità, io stesso non mancherò di saltarci dentro se tu non venissi accolto con il più grande, sincero amore e considerazione da entrambe le parti e non trovassi confermato tutto quanto ti ho detto!»

5. E Fungar-Hellan disse: «Sta bene, e ora saliamo e accertiamoci di ogni cosa!»

6. A questo punto Fungar-Hellan, sempre a fianco di Drohuit e scortato dalla sua guardia d’onore, salì al secondo piano dell’immenso palazzo e si presentò anzitutto al re, che lo accolse a braccia aperte esclamando: «Fratello mio, mia salvezza!»

7. Questa accoglienza commosse il cuore del generale, e già per questo il suo stato d’animo cambiò radicalmente, ed egli domandò al re se la sua amicizia non fosse migliore della sua inimicizia.

8. E Gurat rispose: «O fratello, se tu sei mio nemico, allora io non sono neanche più re! Infatti io devo tutto a te! Tu soltanto sei l’ordine e quindi il sostegno della mia casa! Come non dovrei dunque ambire alla tua amicizia?»

9. A questo punto Fungar-Hellan abbracciò di nuovo il suo vecchio amico e disse a Drohuit: «Vieni anche tu di nuovo qui, poiché riconosco che i tuoi propositi verso di noi erano sinceri, e così puoi ben essere il terzo nella nostra rinnovata alleanza! Ma ora rechiamoci da Agla e vediamo come lei intenderà partecipare a questa alleanza!»

10. E detto questo, il generale, procedendo in mezzo al re e a Drohuit, andò con la sua brillante scorta d’onore da Agla, la quale pure gli si affrettò incontro con le sue incantevolissime braccia aperte e lo abbracciò con tutta la forza del suo amore.

11. Questa accoglienza assolutamente inattesa fece un’impressione talmente benefica sul generale, che egli per puro senso di gioia non fu capace di dire una sola parola.

12. Soltanto Agla, dopo qualche istante e tutta tremante d’amore, disse: «Fungar-Hellan, come potesti attentare alla mia vita, dato che il mio amore per te offriva sacrifici alla tua vita che esso non avrebbe mai sacrificato a un dio?

13. È vero che io dovetti apparirti inumanamente crudele perché le mie azioni sono state di una specie di cui la Terra finora non ne ha mai mostrato di certo alcun esempio, ma sicuramente, fino ad oggi, la Terra non ha mai conosciuto alcun cuore femminile che fosse così colmo d’amore, come questo mio amore per te, o Fungar-Hellan! Tuttavia, la grande portatrice della vita non conosce neppure un intelletto femminile capace di apprezzare la grandezza e la sublimità di un Fungar-Hellan! Io però posso gloriarmi di questo intelletto, e così risultano spiegati il mio amore per te infinitamente grande e, come conseguenza di un tale amore, anche le azioni da me commesse per amor tuo, o Fungar-Hellan!»

14. Questa dichiarazione intenerì completamente il generale, il quale disse: «O Agla, che cosa chiedi come ricompensa di un simile amore?»

15. E Agla rispose: «Il tuo cuore, il tuo amore è la mia ricompensa! Ma prima ascoltami, affinché ti sia chiaro perché ho fatto quello che ho fatto; e poi tu comprenderai che io ti amo più della mia vita!»

 

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Cap. 266

Il re Gurat e il capitano Drohuit costretti a fare buon viso a cattivo gioco

Le false spiegazioni della regina per far cadere nella trappola il generale Fungar-Hellan

27 aprile 1844

1. Gurat non era proprio molto d’accordo con questa dichiarazione d’amore da parte della sua celestiale Agla a Fungar-Hellan, naturalmente queste considerazioni egli le faceva dentro di sé, perché a tale riguardo in quel momento una manifestazione aperta del suo disaccordo sarebbe stata fuori luogo.

2. D’altro canto, che cosa avrebbe potuto fare, se non stare a guardare con occhi estremamente compiaciuti nell’udire tale dichiarazione d’amore? Infatti era comunque sbagliato, in un modo o nell’altro. Era come se ci fossero state una mela acida a destra e un’altra a sinistra, e in una bisognava pur mettere il dente. Questo era decisamente meglio che non aver dovuto mettere ben bene il dente in tutte e due!

3. E anche Drohuit ascoltò la dichiarazione della regina al generale non proprio così volentieri come se fosse stata rivolta a lui. Ma, date le circostanze, non c’era altro da fare se non buon viso a cattivo gioco, perché uno sguardo storto in quel momento avrebbe potuto costare la vita.

4. Per conseguenza, tanto Gurat che Drohuit mostrarono un’espressione molto amichevole ed augurarono a Fungar-Hellan, ricorrendo ad un certo modo alla mimica, ogni bene, ed altrettanto ad Agla.

5. E costei allora cominciò subito a spiegare le ragioni della sua crudeltà, come già prima aveva annunciato, affinché il generale potesse comprendere a fondo quanto infinitamente prezioso egli fosse per lei e perché! E dunque essa disse:

6. «O mio carissimo Fungar-Hellan! Tu sai che io amavo mio fratello più della mia stessa vita; per questo io abbandonai la mia altura e, incurante della mia vita, andai in cerca di mio fratello in questa città a me ancora del tutto sconosciuta.

7. Io però trovai colui che cercavo, prima e più facilmente di quanto mi fossi immaginata. E come? Il come voi tutti lo conoscete. Io fui condotta qui, e il re cominciò subito ad aspirare al mio cuore e cercò di persuadere mio fratello a cedermi a lui offrendogli in risarcimento le dee della bellezza nonché la dignità di viceré.

8. Io mi accorsi al primo sguardo che mio fratello era esitante. Ora mi addolorò oltre misura il fatto che egli potesse avere il cuore esitante verso di me, che pure avevo rischiato la mia vita per lui.

9. Ma allora io mi dominai e mi avvicinai a lui, e, per mettere alla prova il suo amore, gli consigliai io stessa un tale scambio. Invece lui, che comunque aveva solo poco amore per me, invece di rischiare la sua vita per la povera sorella in riconoscimento del suo interiore e più alto valore, mi cedette, scambiando così questo purissimo essere con le amanti a pagamento, le quali non avevano mai riconosciuto alcun interiore valore della vita!

10. Questo vile atto di vendetta da parte di mio fratello fu un grave colpo per il mio cuore; sennonché io non potevo più cambiare quello che era già avvenuto.

11. In tale mio interiore stato di afflizione io feci la tua conoscenza, Fungar-Hellan, e riconobbi ben presto in te un grande spirito, capace con la sua perspicacia di governare in un modo o nell’altro milioni di sudditi! E assai presto mi accorsi che solo tu, e non il re, eri il signore di Hanoch e di tutto l’immenso regno!

12. Allora pensai: “O uomo, se io potessi svelarti la mia eterna verità riguardo al vero destino del genere umano da parte di Dio, quale io ho in me, e se avessi il tuo amore, quale infinito bene tu potresti operare!”

13. Ma mentre io, o Fungar-Hellan, ti pensavo già abbastanza vicino al mio cuore e vedevo che mio fratello andava acquistando valore presso di te per causa mia, allora scoprii all’improvviso una ignobilissima congiura contro di te per opera appunto di mio fratello! E perciò io stessa lo feci imprigionare, dato che la sua vita mi era sempre ancora cara, vita che altrimenti sarebbe stata perduta se voi aveste riconosciuto il suo tradimento!

14. Io l’ho visitato giornalmente ed ho cercato di convertirlo, ma certamente i miei sforzi ottennero scarso risultato. Tuttavia, dopo molte fatiche, con lui ero arrivata a metà della via del miglioramento; ma tu venisti a sapere che egli languiva in carcere e così liberasti il tuo più grande nemico. Egli fuggì poi per causare la tua rovina con l’aiuto dei popoli dell’altopiano ai quali avrebbe indicato dove si trova una via d’uscita per scendere alla pianura.

15. A questo punto venne a prospettarsi una questione di vita o di morte! Io quindi mandai degli sbirri ad inseguirlo con l’incarico di ucciderlo qualora lo avessero incontrato, perché se egli fosse stato riportato qui vivente, tu certamente, dopo averlo trasferito in qualche altro luogo, lo avresti innalzato ad alte cariche, mentre egli invece se ne sarebbe andato di nascosto e ti avrebbe tradito ai popoli dell’altopiano. Questi poi sarebbero piombati su di voi come tigri affamate ed avrebbero massacrato milioni di persone! D’altro canto, se io lo avessi denunciato a voi, che cosa avreste fatto di lui e forse anche di me?

16. Dunque, per evitare un male così grande, io mi decisi al pesante sacrificio! Ora giudicate se per aver fatto questo, io sono così crudele come ritenete voi! Nondimeno, non sono ancora alla fine; perciò vogliate ascoltarmi ancora!»

 

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Cap. 267

La regina Agla per giustificare le sue atrocità racconta al generale una menzogna dietro l’altra

29 aprile 1844

1. E Agla riprese a parlare e disse: «Mio fratello però, prima di fuggire, aveva segretamente istruito le sue mogli di incitare anzitutto contro di te tutto il collegio delle dee della bellezza, e poi, dove fosse possibile, di tentare di eliminare dal mondo sia te che il re Gurat, affinché Waltar, quando fosse ritornato con grande potenza, sarebbe salito subito sul trono in questa città senza alcuna difficoltà.

2. Questa via criminosa, come è noto, fu preclusa a Waltar! Ma da quali intenzioni erano animate le mogli quando ricevettero subito la notizia della morte del marito che io avevo fatto giungere loro per vederne la reazione? Ascolta: un tremendo giuramento uscì dalla loro bocca; e precisamente esse giurarono che avrebbero tratto te, Gurat ed infine me stessa, in perdizione senza grazia né pietà!

3. Ma quando e come avrebbero fatto questo? Seguitemi nel gabinetto segreto che serviva alle sette mogli principali, e persuadetevi di tutto da voi stesso!»

4. Detto questo, Agla condusse tutta la comitiva al gabinetto segreto, che del resto era molto grande, fece subito aprire un armadio a muro che era nascosto, e poi, indicando con la mano una coppa di cristallo, disse:

5. «Guardate là l’orribile coppa; essa è colma di spilli intinti nel più potente veleno! Fate portare qui un animale, prendete in mano con ogni precauzione uno di quegli spilli, pungete poi anche solo lievemente in una qualche parte la pelle dell’animale e convincetevi che fine esso farà!»

6. Allora fu portato un grande vitello a cui venne soltanto leggermente scalfita la pelle sotto il ventre con uno di questi spilli, e il vitello immediatamente si accasciò a terra morto.

7. Tutti rimasero inorriditi constatando il sorprendente effetto prodotto dalla puntura.

8. E Agla disse: «Provate pure con qualche altro animale e l’effetto sarà identico! Oppure se avete qualche delinquente condannato a sicura morte, fatelo condurre qui e fate una prova anche con lui! Indubbiamente non vi è istante così breve come sarà breve il tempo in cui egli troverà la morte del tutto sicuramente senza alcuna sofferenza in seguito alla puntura di un simile spillo!»

9. Ma Fungar-Hellan disse: «Agla, come sai queste cose, e come hai potuto scoprirle? Come sei venuta a conoscenza del tremendo effetto di questo veleno a me completamente sconosciuto?»

10. E Agla rispose: «Guardate, Drohuit, questo grande amico di tutti noi e nostro salvatore, mi ha informata di tutto ciò, ed è egli, che in apparenza partecipava alla congiura, è riuscito a tirar fuori di bocca alle mogli tutto quello che esse tramavano specialmente contro di te!

11. Ma quando egli mi riferì una cosa simile e mi convinse ben presto della loro grande malignità, allora il mio intero animo fu colto da una potente vendetta. Io poi, fingendomi loro amica, feci condurre tutte quelle donne qui nella mia sala mediante i miei sgherri travestiti, e là esse furono obbligate a svestirsi immediatamente. Dopo di che io le feci legare alle colonne e poi, come regina e signora della vita e della morte dei sudditi, placai su di loro la mia ardentissima vendetta!

12. Ma quand’è che tu eri destinato a cadere? Ebbene, la tua prossima visita amichevole a quei serpenti ti sarebbe costata la vita come è accaduto qui a questo vitello! E se ora vorrai recarti alla dimora delle dee della bellezza, tu certamente troverai anche là di questi piccoli strumenti di morte, e da ciò potrai rilevare quanto ampiamente estesa fosse tale congiura, come anche il motivo per il quale io perseguitai quelle dee!

13. Ma se tu vuoi anche sapere come quelle dee sono venute in possesso del veleno, allora non hai che da esaminare accuratamente il giardino, e in un cantuccio appartato dello stesso, dentro ad un piccolo chiosco di vetro, troverai un alberello sul cui fusto appaiono come attaccate delle piccole gocce a forma di perle; queste gocce sono appunto questo terribile veleno!

14. Io ritengo che ciò sarà di certo sufficiente a spiegare le ragioni per cui io, quale la tua più grande amica, ho agito contro quelle donne impiegando tutta l’astuzia e la prudenza possibili!»

15. Fungar-Hellan, insieme al re, divennero del tutto pallidi, e nessuno sapeva che cosa in effetti gli sarebbe capitato.

 

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Cap. 268

Fungar-Hellan, perplesso di fronte alla versione della regina, interroga il capitano

Drohuit risponde astutamente e il generale vuole verificare le prove nel giardino delle dee della bellezza

30 aprile 1844

1. Quando dopo un po’ di tempo la prima impressione di sbalordimento e di orrore suscitata nei tre dal racconto di Agla si fu calmata, Fungar-Hellan guardò meravigliato Drohuit e gli disse: «Drohuit, o tu sei un inviato delle divinità buone e dell’antico Dio dell’ira, che pure è buono finché si compie esattamente la Sua Volontà, ma se si agisce anche minimamente contro questa, allora Egli si accende immediatamente nell’ira e vuole distruggere tutta la Terra!

2. E dunque può essere che tu sia un inviato di questo Dio! Oppure tu sei un inviato del più profondo e più orrido inferno dove è la dimora fondamentale di Satana, perché altrimenti sarebbe puramente impossibile che solo tu sei pervenuto a scoprire dei segreti ignorati da me!

3. Vedi, in questa immensa città, nonostante essa conti cento volte mille case, nulla avviene e nulla può avvenire che non giunga a mia conoscenza quasi nello stesso istante in cui avviene! Quale diavolo, quale creatura satanica può mai aver tenuto in mano questa congiura, perché essa possa essere rimasta nascosta ai miei sensi fino a questo tempo infame, nel quale io ho ora appreso questo dalla bocca ardente di Agla?

4. E come hai fatto a scoprire una simile congiura infernale davvero satanica, della quale già il solo pensiero fa venire i brividi? Basta solo che tu mi dica questo, e ciò mi basterà per ridonarmi la più assoluta tranquillità; ma se tu non sei in grado di fornirmi tale spiegazione, allora tutti i leoni, le tigri, le iene, i lupi e gli orsi diverranno la tua compagnia!

5. E Drohuit rispose: «Amico, perché parli come se tutti i rapporti della grande città ti fossero evidentemente noti, giorno per giorno? Io ti dico: “Sono solo le apparenze a colpire i tuoi sensi, ma non lo sono mai i rapporti più profondi!”

6. Chi mai può rivelarti i miei pensieri? Non è forse vero che io posso parlare ed agire apparentemente in modo che tu debba ritenere sospette la mia parola e la mia azione, mentre col mio pensiero perseguo invece tutto un altro piano diretto solo al tuo bene?

7. Non è forse pure vero che d’altro canto io posso parlare ed agire in maniera che a te sembra assolutamente onesta, però – non potendo tu guardare nelle mie segrete camere del pensiero – come puoi sapere se forse non vi sia in agguato qualche tradimento meditato ultra sottile per la tua rovina che si fonda appunto sulla tua ostinazione nella grande fiducia nella tua onniscienza?

8. E così è accaduto pure che dalle parole e dagli atti delle dee della bellezza non è trapelato nulla ai tuoi sensi riguardo all’alberello che loro stavano coltivando per la tua rovina in un luogo nascosto, né è trapelato nulla riguardo agli strumenti di morte, tra i meno appariscenti ma tanto più efficaci, che loro stavano preparando per te!

9. Ma perché tutto ciò? Pensa alle nuove imposte applicate loro e al divieto fatto loro, sotto pena di morte, di restare incinte, e ben presto ti saranno chiare le ragioni di una simile congiura!

10. E come ha detto Agla, così dico anch’io: “Va’ e persuaditi tu stesso di ogni cosa, e soltanto dopo vedi se io sono proprio maturo per la compagnia di leoni ed altre simili belve che tu hai nominato prima!”».

11. Fungar-Hellan rimase del tutto stordito di fronte a queste parole e chiese di andare al giardino delle dee della bellezza per convincersi laggiù di tutto. E immediatamente l’intera comitiva si avviò verso il giardino.

 

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Cap. 269

Fungar-Hellan trova la prova delle asserzioni di Agla e di Drohuit nel giardino delle dee della bellezza

Il grave sospetto contro Agla

La grande bellezza di Agla nuda toglie ogni sospetto al generale e diventa sua moglie

2 maggio 1844

1. Il generale, giunto nel giardino, esaminò con ogni cura tutto, la grande dimora abbandonata delle dee della bellezza, il tempio e il giardino, e dappertutto trovò confermato quanto gli era stato rivelato. Nella dimora scoprì una grande quantità di spilli avvelenati che egli fece subito sequestrare dagli ufficiali del suo seguito, e così pure trovò nel giardino la famigerata casetta del piacere di vetro nel cui mezzo, fuori dal terreno, cresceva quanto mai rigoglioso l’alberello straordinariamente velenoso che aveva la forma che gli era stata descritta, e il suo fusto era cosparso di gocce di veleno.

2. Fungar-Hellan avrebbe voluto far distruggere subito l’alberello e perciò diede ordine alla sua gente di distruggere il chiosco di vetro insieme all’alberello.

3. Ma Agla afferrò la mano Fungar-Hellan e gridò: «Mio dilettissimo amico, io ti prego, per quello che hai di più caro al mondo, di non ordinare che questa trasparente dimora della morte venga in qualche modo aperta con la violenza, né che essa venga in generale neanche minimamente aperta in qualche modo e nemmeno toccata, perché la natura di questa pianta agisce in modo così violento che, lasciandola libera, non solo noi saremmo perduti con tutti gli esecutori del tuo ordine, ma ne rimarrebbe ucciso perfino tutto ciò che ha vita nel raggio di almeno tre ore di cammino!

4. Se tu però vuoi distruggere questo alberello, devi fare accatastare tutto intorno al chiosco grandi quantità di legna molto resinosa ed accenderla da tutti i lati; così solamente puoi annientare questa pianta senza conseguenze mortali!»

5. Questa dissertazione da parte di Agla riguardo al modo di distruggere questa pianta velenosa, fece stupire potentemente Fungar-Hellan. Egli la guardò rigidamente in faccia e disse:

6. “Donna, che vai dicendo? Spiegami come mai ti è così ben noto l’effetto di questo alberello, quasi fossi stata tu stessa a crearlo!

7. In verità, per quanto possano essere buone le tue intenzioni a mio riguardo, qualora la natura di questa pianta sia effettivamente tale, altrettanto è grave il sospetto a tuo carico che può essere suscitato in me da questa tua dichiarazione! Chi mi dice che non sia stata tu stessa a piantare questo alberello dell’inferno?

8. Io dunque ti concedo ancora un breve termine; cerca in questo tempo di far rotolare giù dal tuo capo il mio sospetto molto ben fondato, altrimenti per te non andrà a finire bene! Spogliati dunque, affinché tu, nuda, confessi a me la nuda verità, poiché d’ora innanzi non riuscirai più ad ingannarmi, percé il mio sospetto nei tuoi confronti è fin troppo ben fondato! Ti sarà duro manipolare a tuo piacimento un Fungar-Hellan!”»

9. Questa intimazione non scosse minimamente la padronanza di sé di Agla; e lei disse soltanto: «Io certo mi spoglierò, ma non qui in vicinanza di questo chiosco pestilenziale, bensì in una o nell’altra stanza delle dee della bellezza di un tempo!»

10. Dopo di che la comitiva se ne andò nell’abitazione ed entrò in una stanza molto grande.

11. Giunta là, Agla si svestì subito secondo l’ordine di Fungar-Hellan.

12. Ma questo svestimento fu proprio pericolosissimo per il generale fortemente incline alla sensualità! Infatti solo allora apparvero tutte le attrattive, rimaste fino a quel momento nascoste, che questa bellissima donna possedeva ad un grado così elevato, per cui, a quella vista, parecchi tra gli uomini presenti divennero subito come furiosi e colti da pazzia; cinque di loro caddero morti all’istante.

13. E Fungar-Hellan dimenticò completamente il suo sospetto, poiché come il Sole nascente consuma le nebbie nelle valli, così agì anche la bellezza troppo grande di Agla nuda su Fungar-Hellan.

14. Egli dunque non le chiese altro che il suo amore e promise che avrebbe fatto e concesso qualsiasi cosa pur di rendersi tanto più meritevole del suo amore.

15. Che questa vittoria non fosse riuscita a nessuno più gradita che ad Agla stessa, è cosa che si potrà facilmente comprendere, perché altrimenti lei sarebbe stata evidentemente imprigionata.

16. Gurat e Drohuit assistettero a questo avvenimento come dei giocatori perdenti; ma cos’altro qui restava loro di fare, se non congratularsi con Fungar-Hellan?

17. Con questa spedizione anche tale inchiesta ebbe fine, e Fungar-Hellan condusse Agla con tutti gli onori al suo palazzo in qualità di sua moglie. E dall’altra parte Drohuit e Gurat se ne andarono ugualmente alle loro dimore, ma con le facce assai lunghe.

 

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Cap. 270

Il racconto di Drohuit e di Gurat alle loro concubine

Il progetto di fuga dei due naufraga per l’arrivo improvviso della regina

 Drohuit e Gurat con astuzia e ipocrisia fingono di piangere disperatamente, e si salvano

3 maggio 1844

1. Quando i due, cioè Gurat e Drohuit, arrivarono a casa nel palazzo reale, vennero loro subito incontro le altre concubine le quali domandarono come fosse andata a finire la faccenda con la terribile Agla.

2. E Drohuit rispose: «Dilette mogli, è andata male, molto male per tutti noi! Infatti Agla ha spezzato il vincolo matrimoniale tra lei e il nostro benevolo re, ed ha dato di nuovo il suo cuore e la sua mano, come se lei fosse stata nubile, a Fungar-Hellan! E questa vera e propria ribellione è contro i sacri diritti del re, e così ha soddisfatto il desiderio nutrito da molto tempo. Possa questo capitale da lui acquistato oggi, rendergli quegli stessi interessi che ha reso al nostro buon re! Io per conto mio non gli auguro altro!

3. Io però sono stato davvero un enorme asino ad aver rischiato quasi la mia vita per quella bestia infernale! Se dinanzi a Fungar-Hellan avessi descritto la regina a fosche tinte – cosa che sarebbe stato giusto fare - lei certamente non sarebbe più in vita; sennonché io sono stato così sciocco da farla apparire abbellita e così innocente e giusta, quanto più era possibile, al cospetto del generale!

4. E questa è ora la mia ricompensa e quella del re, e cioè lei ci ha voltato le spalle, e con ogni probabilità avremo in brevissimo tempo l’onore o di mordere modestamente ed innocentemente la polvere per effetto della puntura anch’essa innocentissima di qualche spillo avvelenato, o di essere costretti con dolci parole ad abbandonare per sempre la città di Hanoch per cercare poi dimora in qualche luogo fra le tigri, le iene e gli orsi! Cosa ne pensi tu, Gurat? Ho ragione oppure no?»

5. E Gurat rispose: «Amico mio, se dipendesse da me, direi che noi dovremmo già oggi mettere assieme i nostri tesori e prendere il largo col favore della notte e della nebbia, poiché domani, almeno così la penso io, potrebbe essere già troppo tardi!

6. Perciò dà tu disposizione che si raduni tutta la mia servitù e, sotto il segreto della più assoluta discrezione, impartisci per il nostro e loro proprio bene, l’ordine per cui cento cammelli siano adibiti al trasporto dei nostri tesori, cento a quello delle provviste e cento infine siano riservati per trasportare noi stessi con tutto il nostro seguito in qualche regione ben lontana della Terra, perché da ora in poi non sarà più possibile sussistere in questo grande regno del mondo!

7. Il popolo è ormai istupidito al massimo grado e i migliori sono diventati un miscuglio di inganno, astuzia, ipocrisia e politica. Il vero e proprio dominatore, però, è comunque il nostro nemico, e ora lo sarà tanto di più in quanto egli di certo ballerà rigorosamente secondo il piffero di Agla! Tuttavia lei adesso ci avrà certamente in odio, perché non abbiamo cominciato a delirare oltre tutte le misure per pura disperazione a causa della sua perdita»

8. A questo punto Drohuit guardò fuori dalla finestra e, con sua grande meraviglia, scorse Agla con Fungar-Hellan che erano diretti verso il palazzo reale e lo comunicò al re.

9. E il re, avendo visto egli pure i due, esclamò: «Per tutti gli spiriti! Siamo perduti!»

10. Ma Drohuit, che nel frattempo aveva fatto uscire tutte le donne, disse a Gurat: «Amico, ora si tratta di opporre l’astuzia alla crudeltà! Stracciamo in fretta le nostre vesti, poi buttiamoci a terra e urliamo e facciamo cordoglio in maniera del tutto raccapricciante, e tutto si volgerà nuovamente in bene!»

11. Gurat e Drohuit lo fecero subito, ed erano trascorsi appena due minuti da quando avevano cominciato così a urlare che già Agla assieme al generale comparirono sulla porta e lei, tutta commossa, andò vicina ai due, e precisamente prima a Gurat, e gli chiese cosa c’era che non andava.

12. E questi, riprendendo un po’ di coraggio, esclamò: «O Agla, Agla, tu celestiale! Tu mi manchi; questo dolore mi distrugge! Io esteriormente dovetti lasciarti andare via da me, ma ahimè, il mio cuore, oh, il mio cuore non potrà mai più staccarsi da te!»

13. Allora Agla consolò il re e gli disse: «Non piangere così! Vedi, io sono di nuovo con te e resterò anche presso di te, e ti amerò con tutta la mia tenerezza; e anche Fungar-Hellan rimane nostro intimissimo amico!»

14. A questo punto Gurat si risollevò e si gettò al collo di Agla e di Fungar-Hellan. E poi anche Drohuit fu fatto rialzare.

15. Prossimamente verrà narrato il seguito.

 

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Cap. 271

Il discorso ipocrita di Drohuit convince perfino la satanica Agla

La regina promette le sue due bellissime sorelle in premio al capitano e al generale

4 maggio 1844

1. Quando anche Drohuit si fu ristabilito dal suo apparente cordoglio – naturalmente solo secondo l’arte dei commedianti – egli si avvicinò del tutto timidamente ad Agla e le baciò la veste, salutò con la più profonda deferenza Fungar-Hellan e poi gli disse:

2. «Nell’intenzione di confortarlo, io dissi a Gurat, che voleva darsi completamente alla disperazione: “Amico, consolati; confida negli déi, abbi la massima fiducia nel tuo sincerissimo e nobilissimo amico e, come su un fondamento di marmo, costruisci sull’amore della celestiale Agla, e allora ben presto ti convincerai che questa cosa ha un aspetto assolutamente diverso da come ti immagini nel tuo immenso dolore!”. Queste parole, però, non ebbero su di lui alcun effetto, ed egli delirava come prima.

3. Dopo avere atteso per un po’, gli presi la mano e di nuovo gli parlai così: “Amico, re del grande regno, Gurat, ascoltami! Tu già per principio sbagli se vuoi porre il carattere della celestiale Agla, anche solo minimamente, in qualche modo a livello del nostro, poiché vedi, lei è figlia di un uomo di quelle sacre alture che furono abitate dai primi uomini della Terra; noi invece non siamo più uomini, bensì solo delle deboli ombre dell’umanità!

4. Per conseguenza noi pure ci troviamo rispetto ad Agla in un rapporto di ombre, poiché lei sola è ancora una realtà umana, mentre noi non siamo altro che delle ombre nell’ora del crepuscolo e presumiamo di essere grandi nei nostri caratteri, mentre invece, presi tutti insieme, siamo un nulla di fronte alla celestiale Agla per quanto riguarda il carattere!

5. Ma se però, solo in una certa misura, noi vogliamo per l’alto onore diventare degli uomini, allora dobbiamo comportarci con Agla come ombre vaganti nel corpo, e non pensare mai che le sia possibile peccare contro la nostra natura!”

6. E quando ebbi esposto tali cose a Gurat, egli si calmò un po’, ma tuttavia soffriva ancora moltissimo, e finì col ricadere nella sua sconfinata tristezza ed esclamò: “Agla è il mio cuore, e Fungar-Hellan il mio capo! Io non posso perdere nessuno dei due senza perdere la mia vita, e tuttavia uno dei due lo devo perdere: o Agla o Fungar-Hellan!”

7. Ma quando io ho udito questo da lui, ed essendomi quindi convinto che ogni mia parola di conforto, per quanto fondatissima, non avrebbe avuto alcun valore per lui, allora fui colto io stesso da un profonda malinconia e mi accasciai io pure a terra in una grande tristezza!»

8. A questo discorso, o meglio, a questa purissima menzogna improvvisata, Agla estremamente commossa si avvicinò all’oratore che appariva ancora quanto mai turbato, gli prese la mano e, premendola al suo cuore, gli disse:

9. «Tu ti sei sempre dimostrato amico mio e perciò sei sempre stato nelle mie grandi grazie; però mai come questa volta hai dato così grande prova della tua amicizia per me, per il re e per Fungar-Hellan! Perciò io voglio premiare la tua fedeltà come nessuno finora è stato premiato in questa città!

10. Vedi, io ho ancora due sorelle, le quali non mi sono seconde in fatto di bellezza! Io voglio farle venire in città, l’una per te e l’altra per Fungar-Hellan, affinché io possa rimanere con Gurat; ed io ritengo che questo premio stringerà tutti noi in un vincolo che nessuna potenza sarà mai capace di sciogliere!»

11. Con questa proposta furono tutti soddisfatti, e immediatamente furono prese le opportune disposizioni per mandare a prendere le due sorelle sull’altura.

 

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Cap. 272

Una carovana alla ricerca delle due sorelle di Agla

L’incontro proprio con i pastori alle dipendenze di Mahal, il padre di Agla

6 maggio 1844

1. Un’intera carovana di mille uomini ricevette l’ordine di partire per l’altura allo scopo di andare a prendere le due sorelle, che si chiamavano Pira e Gella.

2. Ma quando la carovana fu a metà del suo cammino, trovò una bella prateria tra le montagne dove parecchi pastori facevano pascolare un grande gregge di pecore e capre che essi proteggevano dalle bestie feroci. Questi pastori dimoravano in capanne ed erano armati di spade, fionde e lance.

3. Il capo della carovana domandò ad uno di quei pastori se conosceva le due figlie di un certo Mahal, di nome Pira e Gella.

4. E il pastore rispose: «Da dove venite voi che domandate delle belle figlie del mio signore? Il mio signore aveva ben tre figlie e due figli; ma un figlio egli ha dovuto mandarlo giù in pianura per predicarvi la penitenza per il perdono dei peccati dinanzi a Dio, oppure il vicino Giudizio qualora la pianura non volesse convertirsi. E così questo figlio è partito, e finora non ha fatto ritorno.

5. Così pure è partita, e si è persa, una bella figlia che aveva nome Agla. Noi non sappiamo tuttora dove se ne sia andata. Chi sa se lei non sia caduta tra le mani di una carovana simile alla vostra e che sia così diventata una preda della pianura! Diteci dunque prima da dove siete e chi vi ha mandato qui, poi vi daremo le informazioni riguardo a Pira e Gella!»

6. E il capo della carovana disse: «Ascoltatemi dunque, voi onesti pastori del vostro signore! È Agla stessa che ci ha mandato qui per prendere e condurre le sue due sorelle da lei! Agla è ora una grande regina nella pianura e domina su metà del cerchio della Terra con poteri illimitati, e noi stessi siamo suoi servitori. Waltar, suo fratello, è morto. Come sia successo, noi non lo sappiamo; abbiamo visto però il suo capo imbalsamato dentro ad un’urna di cristallo che è esposta nel tempio della grande dea Naeme!»

7. E avendo appreso ciò, il primo tra i pastori disse: «Dalle tue parole ho compreso che ci hai detto la verità! Vogliate dunque aspettare qui fino a domani; poi verrà lo stesso Mahal con le sue due figlie, e voi potrete trattare direttamente con lui per averle con voi.

8. Quando voi gli esporrete scrupolosamente come la sua Agla sia diventata regina della pianura, dove si dice esista una grande città della quale noi certo non abbiamo alcun concetto, allora probabilmente egli stesso scenderà con voi per visitare sua figlia, per la quale egli ha versato tante lacrime quando non la vide ritornare più!»

9. Avendo udito queste cose, i componenti della carovana si fermarono presso quei pastori, in attesa che il giorno seguente giungesse Mahal con le due figlie.

 

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Cap. 273

I pastori ringraziano e rendono lode e gloria a Dio per il Suo aiuto e protezione

Una Voce tonante, la voce di Dio, dà delle disposizioni e degli ammonimenti ai pastori

L’incontro della carovana con Mahal e le sue due figlie e un figlio

7 maggio 1844

1. Dopo che la notte, durante la quale i pastori avevano dovuto lottare parecchio con gli animali feroci, come al solito fu passata, e quando il Sole si avvicinò al suo sorgere, allora tutti i pastori si prostrarono e resero lode e gloria a Dio, perché Egli li aveva protetti con tanto vigore quella stessa notte e li aveva anche difesi contro gli animali feroci, e Lo pregarono di voler concedere loro la Sua assistenza anche in futuro.

2. Una Voce però, come un potente tuono, giunse attraverso l’aria e disse ai pastori: «Riconducete a casa il grasso gregge e rinchiudetelo nella stalla del Mio servitore Noè, poiché suo fratello Mahal non avrà più bisogno in avvenire di questo gregge, poiché oggi egli ha preso la decisione di scendere con le sue figlie laggiù nella pianura, che è maledetta, per cercare là la sua fortuna.

3. Noè però vi darà da eseguire un lavoro che Io gli indicherò. Se voi compirete fedelmente la Mia Volontà come sarà manifestata a Noè, allora nel giorno del Giudizio Io non vi farò assaporare la Mia rabbia; ma se brontolerete nell’eseguire la Mia Volontà, allora nell’ultima angoscia, quando la morte verrà sopra di voi, degusterete la Mia rabbia! Così avvenga!»

4. Quando i pastori ebbero udito tale Voce, si prostrarono di nuovo a terra immediatamente e resero onore a Dio.

5. E quando si furono alzati di nuovo da terra, il capo della carovana andò vicino ad un pastore e gli chiese che specie di tuono fosse mai quello, e se essi, cioè i pastori, avessero compreso il significato del tuono, dato che vi avevano prestato evidente attenzione.

6. E il pastore rispose: «Questo tuono non era il comune tuono, perché un comune tuono non giunge dall’aria limpida! Questo tuono era invece la voce di Dio che ci ha parlato e ci ha comandato di fare questa e quella cosa, e ci ha inoltre avvertito che Mahal, finora nostro signore, cesserà di essere tale per noi, perché egli se ne andrà nella maledetta pianura con le sue figlie per cercare là una nuova fortuna! Se voi potete aspettare qui, allora potrete sicuramente ben presto accoglierlo assieme alle sue figlie!»

7. E detto ciò, i pastori cominciarono a radunare il gregge per incamminarsi con esso sulla via di Noè, e così abbandonarono la carovana; questa però rimase in attesa fino a sera senza che Mahal si facesse vedere!

8. Allora il capo disse: «Ma perché siamo stati così sciocchi da lasciar partire i pastori? Chi di noi può sapere che cosa questi gli hanno forse fatto quando lo hanno incontrato? Continuiamo perciò il cammino e andiamogli incontro noi; forse egli ha urgente bisogno del nostro aiuto!»

9. A queste parole tutta la carovana fu in piedi e riprese il cammino.

10. E dopo aver camminato per tre ore, ecco che si imbatterono in una grande compagnia nel mezzo della quale si trovava proprio Mahal con le sue due figlie ed un figlio; e la carovana, avendo interrogato la compagnia, informò in breve Mahal di tutto ciò che lui doveva sapere.

11. Ma quando Mahal ebbe sentito tali notizie favorevoli dalla carovana, egli congedò subito i suoi accompagnatori e, di animo lieto e sereno, riprese la discesa verso la pianura assieme alla carovana giubilante.

 

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Cap. 274

Lo stupore di Mahal delle figlie nel vedere le sontuosità della città di Hanoch

Il grande ricevimento al palazzo reale per i quattro familiari di Agla

8 maggio 1844

1. La via che scendeva dalla montagna, che era senz’altro la peggiore e la meno frequentata, passava precisamente attraverso il giardino delle dee della bellezza e vicino al tempio aperto, e per conseguenza i nostri viandanti della montagna dovevano anch’essi attraversare quel giardino sospetto e passare vicino al tempio.

2. Il tempio però non aveva mai avuto tanti visitatori quanto appunto in quel tempo nel quale si era diffusa dappertutto la notizia degli avvenimenti che si erano verificati là; e così, dunque, anche la nostra compagnia presso la quale appunto ora niente era più vivo che la sua curiosità, incontrò una moltitudine di visitatori presso il tempio stesso ed essa lo avrebbe voluto vedere subito.

3. Il capo della carovana si rivolse a Mahal e gli disse: «Rispettabilissimo vegliardo e illustrissimo padre della nostra grande regina Agla, vedi, c’è una grande calca di popolo! Ci vorrebbe un’ora solo per arrivare vicino al tempio; per quanto poi riguarda entrare nel tempio, è chiaro che ora ciò sarebbe assolutamente impossibile!

4. Perciò accontentati intanto di ammirare il tempio dal di fuori, da questa distanza che non è grande! Se però tu vorrai vedere tutto ciò più da vicino, allora ti sarà facilissimo visitare ogni cosa in compagnia del re, perché quando viene il re, tutto il popolo cede immediatamente il passo e gli fa posto con somma riverenza!»

5. Mahal si adattò a questa spiegazione e proseguì il cammino con la carovana.

6. Arrivato in città, la sua meraviglia non voleva più finire. Dinanzi ad ogni palazzo che vedeva, egli si fermava e lo ammirava oltre misura.

7. Similmente anche i suoi figli erano del tutto meravigliati. Il figlio, di nome Chisarell, domandò a più riprese se tutto quello fosse davvero opera dell’uomo.

8. Anche le splendenti arcate dei negozi attrassero, in modo tremendamente possente, gli occhi di entrambe le figlie, e una come l’altra non faceva che domandare ad ogni nuovo magazzino se quegli oggetti così belli si potessero acquistare e di chi fossero.

9. Il capo della carovana, che non aveva quasi più voce per le tante spiegazioni date, fu quanto mai contento quando, dopo quattro ore, arrivò alla grande piazza del palazzo.

10. E quando la carovana si presentò davanti al palazzo, le vennero subito incontro il re, la regina, Fungar-Hellan e Drohuit con una corte estremamente splendida, e l’intera comitiva fu accolta con la massima cordialità e condotta nel palazzo.

11. Mahal non stava in sé dalla gioia per avere ritrovato in condizioni tanto fortunate la sua dilettissima figlia della quale aveva tanto rimpianto la perdita.

12. E Fungar-Hellan si avvicinò subito a Pira, della quale già al primo momento nel vederla aveva subìto il fascino, e la interrogò riguardo a varie cose, e la bella Pira gli diede risposte assai ingenue che piacquero al generale oltre misura.

13. Ugualmente anche Drohuit trovò inestimabile diletto a conversare con Gella.

14. Agla frattanto, del tutto ebbra di gioia, passava dalle braccia del padre a quelle del fratello Chisarell, e non poteva quasi parlare dalla beatitudine.

15. E Gurat ordinò che venisse allestito un grande pranzo, e fece subito portare delle vesti regali per i parenti appena arrivati.

16. Così dunque fu accolta questa famiglia ad Hanoch.

 

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Cap. 275

L’indistruttibile vestito da montanaro di Mahal che lo copre e lo mantiene sano da quattrocento anni

La caparbietà di Mahal che rifiuta gli abiti regali

9 maggio 1844

1. Quando le vesti regali furono portate e mentre l’alto personale di corte di entrambi i sessi incaricato di sovrintendere all’abbigliamento era pronto ad entrare in funzione, Gurat si avvicinò a Mahal e gli chiese di cambiare le sue grezze vesti montanare con le morbide vesti regali.

2. Mahal però si ricordò qui del suo Dio e disse: «Elevato genero mio! Vedi, io sono arrivato ad una età avanzata e durante il tempo da me finora vissuto sono nati e morti molti re della pianura!

3. Mio fratello Noè conosce anche i tempi di Lamec, ed io stesso ho conosciuto Uraniel, che è succeduto a Tubalcain, e poi i mille consiglieri, e poi Ohlad, che è uscito fuori dal Consiglio ed al quale si dovette la riapertura del tempio di Lamec.

4. E vedi, questa veste che ora copre la mia nudità, mi ha servito per dei secoli ed è indistruttibile, poiché essa è stata tessuta con la spoletta[39] data da Jehova ai primi uomini di questa Terra! Ma quale ingratitudine verso Dio sarebbe questa, se io ora volessi deporre la veste indistruttibile che per quasi cinquecento anni ha protetto il mio corpo dal calore e dal gelo, per scambiarla con questa morbida veste regale?

5. Vedi, questa veste non è affatto sfarzosa e non ha alcuno splendore, ma essa tuttavia è più preziosa di tutte le tue vesti adorne d’oro e di pietre preziose! Infatti, tutti i tuoi vestiari si sporcano e poi devono essere nuovamente puliti; questa mia veste invece, che io ormai porto indosso da oltre quattrocento anni, non si sporca mai e tuttavia mantiene puro il corpo.

6. Io perciò non indosserò mai una veste che si sporca, bensì mi terrò questa che non solo non si sporca, ma che distrugge anche tutto il sudiciume del corpo e così assicura ad esso la salute più durevole!»

7. Gurat si stupì di tanta ostinazione e allora, rivoltosi in segreto ad Agla, le domandò cosa si avrebbe dovuto fare.

8. Ma lei disse: «Lascia che faccia solo la sua volontà! Io lo conosco; se lo si lascia fare ciò che egli oggi non vuole fare, lo farà il giorno seguente! Lui ha ancora in grande considerazione il Dio antico; se però si tratta di andare troppo oltre con le rinunce in qualche campo, allora può anche peccare come noi!

9. Per oggi dunque non parlargli più di cambiare la veste, altrimenti si irrigidirebbe ancora di più nella sua volontà; stasera però fa deporre le vesti bianche nella sua stanza da letto, e vedrai che domani le indosserà da sé, quantunque non scambiandole con la sua veste indistruttibile, bensì indossandole sopra di questa!»

10. Dopo di che Gurat, sempre sottovoce, le domandò ancora se fosse proprio tutto vero quello che suo padre aveva asserito riguardo alla sua vita enigmaticamente lunga e alla sua veste.

11. E Agla rispose: «Puoi credergli tutto sulla parola, poiché aveva già quasi quattrocento anni quando prese una moglie! E una prova di ciò la puoi avere in noi, suoi figli, tutti siamo arrivati già alla vostra età più che matura e tuttavia il nostro aspetto è quello che dovete aver avuto voi nella vostra prima giovinezza!»

12. «Sì», disse Gurat, «questo è vero, ora ci credo! Questo però è sul serio prodigioso! Ma che sia quella veste la causa?»

13. Ed Agla rispose: «La causa è dovuta esclusivamente all’antico Dio, che unicamente è Dio e non ha in eterno altri all’infuori di Sé! Tuttavia ora lasciamo stare questo argomento, perché il pranzo è già pronto! Solamente domani imparerai a conoscere la tua Agla dal suo vero lato! E ora andiamo nella sala da pranzo!»

 

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Cap. 276

L’intera famiglia di Mahal al pranzo reale

Evasive risposte su Waltar al padre

 La testa di Waltar viene nascosta in una nicchia del giardino

Mahal indossa la veste regale sopra a quella prodigiosa

10 maggio 1844

1. Dopo di ciò tutta la compagnia prese posto alla mensa allestita con i cibi più preziosi, dei quali però Mahal ne gustò soltanto poco, perché il suo palato non era abituato a simili leccornie, né meno ancora lo era il suo sano stomaco da montanaro.

2. Ma tanto più quelle leccornie le assaggiarono Pira e Gella, poiché la curiosità le spingeva a degustare almeno un po’ di ogni cibo, pur non mangiandone grandi porzioni.

3. Terminato il pranzo la compagnia si trattenne in chiacchiere su cose di poco conto, passando il tempo in un dolce far niente.

4. Solo Mahal chiese un paio di volte ad Agla notizie di Waltar, ma non ne ottenne che delle risposte evasive che lo lasciarono perfettamente all’oscuro a tale riguardo.

5. Invece Agla mandò di nascosto parecchi dei suoi servitori nel giardino, con l’incarico di nascondere il capo di Waltar, e precisamente in una nicchia di muro nel giardino in un luogo appartato, e ciò sotto il sigillo della più assoluta segretezza, pena la morte.

6. La mattina seguente quest’ordine si trovò pienamente e puntualmente eseguito, poiché i servitori di Agla, che avevano ricevuto l’incarico, avevano parlato così tra di loro: «Qui non ci resta altro che obbedire con tutta esattezza, perché se lei non ha risparmiato il proprio fratello, tanto meno sarebbe disposta a risparmiare noi! Perciò occorre tacere!»

7. Quando il giorno seguente gli operai ritornarono di buon mattino, essi riferirono immediatamente ad Agla dove e come avevano nascosto il capo di Waltar.

8. E Agla li ricompensò e diede loro ancora una volta l’ordine di tacere perfino davanti al re, davanti al generale e davanti a Drohuit.

9. I servitori fecero solenne promessa e poi se ne andarono per la loro via.

10. Ma quando la compagnia principale si fu di nuovo radunata nella sala principale del re, si constatò che mancava Mahal.

11. Allora si andò subito a vedere dove eventualmente egli avesse rivolto i suoi sensi, visto che la sua assenza perdurava.

12. Ed entrati nella sua stanza, lo si trovò assai affaccendato a provarsi le vesti regali sopra la veste indistruttibile che aveva indosso.

13. Gli si fecero perciò le più grandi felicitazioni e lo si attirò poi con mille lusinghe nella sala principale dove era già preparata una buona colazione.

14. E così già un giorno dopo il suo arrivo, tutta la famiglia dell’altura si trovò ammantata in vesti regali restandone quanto mai compiaciuta.

15. Quello che poi avvenne, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 277

Il desiderio di Fungar-Hellan di sposare Pira e Gella

Lo scambio con Drohuit amareggiato: la poltrona di re e Agla, al posto di Gella

11 maggio 1844

1. Finita la colazione, Fungar-Hellan si alzò e disse ad Agla: «Agla, o ornamento della bellezza di tutte le donne della Terra! All’infuori di te, soltanto le tue due sorelle possono competere con la tua bellezza! Gella mi piace altrettanto quanto Pira, e davvero mi riesce molto difficile una scelta tra le due!

2. Se però dovessi esprimermi con assoluta franchezza del cuore, allora dovrei dire: “Invece di una sola, preferirei prendere tutte e due come mie mogli stabili!”. Se Drohuit acconsentisse a questa soluzione, egli si acquisterebbe in me un amico molto potente; ma tale cosa sia ad ogni modo rimessa alla sua libera e buona volontà!»

3. E Agla, dopo aver sentito tali parole di Fungar-Hellan, si rivolse subito a Drohuit e gli domandò sottovoce: «Mio caro Drohuit, hai udito qual è il desiderio di Fungar-Hellan? Che ne pensi?»

4. Allora Drohuit rispose: «Ahimè, che cosa si potrà fare qui? Nient’altro che, per pura politica, tenere a freno il proprio cuore, mandare giù la pillola amara e fare buon viso a cattivo gioco! Soltanto il pensiero che mi assicura del tuo amore, o celestiale Agla, soltanto questo può consolarmi di tanta perdita; altrimenti io dovrei ora morire di pura e semplice pena!»

5. E Agla, sentendo tali espressioni per lei molto piacevoli e lusinghiere dal suo capitano, gli disse: «Sì, Drohuit, nel mio cuore troverai mille volte il risarcimento! Ma ora va da Fungar-Hellan e concedigli ciò che egli desidera, e poi tutto procederà bene!»

6. Allora Drohuit si alzò, si avvicinò al generale e gli disse: «Amico, tu certo mi chiedi un pesante prezzo, anzi un prezzo che in altre circostanze non sarei stato disposto a fare nemmeno se in cambio mi si sarebbe offerto un intero mondo, ma per dimostrarti che tu vali per me più di un intero mondo, allora io non esito ad offrire questo sacrificio a te, che sei il mio più grande, più intimo e più potente amico! E con ciò, da tutte le profondità del mio cuore, io ti cedo l’eletta del mio cuore e te la benedico augurandoti tutta la felicità futura che io, già con tutta sicurezza, mi ero promesso per me stesso!»

7. A questo punto Fungar-Hellan abbracciò Drohuit, gli diede un bacio e poi gli disse: «Drohuit, com’è vero che io mi chiamo Fungar-Hellan e che detengo ogni potere nelle mie mani, questo tuo sacrificio sarà ricompensato in maniera tale, quale finora il mondo non ha mai sognato!

8. Intanto io non ti dico altro che: “Drohuit, tu sei re, mentre Gurat non sarà che una vana comparsa. Per conseguenza Agla è tua, e tu potrai lasciar vivere bene Gurat che è diventato molto sciocco e debole, e lasciarlo come comparsa a causa del popolo; ma per quanto riguarda il potere, questo sta ora nelle mie e nelle tue mani.

9. Ecco, questo è il compenso che io ti do in anticipo; ma ciò che seguirà, te lo dimostrerà il futuro!”»

10. Dopo queste parole i due amici si baciarono di nuovo, e Drohuit fu perfettamente soddisfatto di tali vantaggi per il suo sacrificio, ed egli andò subito da Agla per metterla al corrente degli avvenimenti.

11. E Agla prese subito la mano di Drohuit, la premette sul suo petto e disse: «Ora il mio desiderio è compiuto! Tu ora sei mio!»

12. Che cosa succederà ulteriormente, questo lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 278

Richiesta di spiegazioni di Mahal ad Agla

Le risposte sacrileghe della figlia lo convincono che è l’inferno a governare nella pianura

13 maggio 1844

1. Anche il vecchio Mahal aveva percepito qualcosa di ciò che era stato concordato e aveva anche capito che entrambe le sue figlie erano state promesse a Fungar-Hellan come mogli di un solo uomo. Egli perciò andò da Agla e le chiese qualche spiegazione più dettagliata.

2. Ma Agla gli rispose: «Ascolta, caro padre! Sull’aspra altura ti si sarebbe dovuto ovviamente chiedere se le tue figlie potevano prendere marito e che tipo di marito, ed ottenere il tuo permesso; qui invece vige un ordine del tutto diverso, in seguito al quale ti deve stare bene tutto quello che vogliono e stabiliscono i primi potenti del grande regno.

3. I potenti sono proprio quell’uomo che prende in moglie le tue due figlie – ciò che per te e per loro è una fortuna inesprimibile – poi gli altri potenti sono io, tua figlia Agla, quale di regina di questa città e dell’intero, infinito grande regno; e infine c’è Drohuit, quel giovane uomo di bella presenza che in questo momento si intrattiene con il gran sacerdote generale Fungar-Hellan.

4. Con questi tre potenti tu devi cercare di mantenere una costante ed ottima amicizia, e in questo modo potrai trascorrere la tua vita con loro nel modo migliore e senza alcuna preoccupazione; in caso contrario però, quantunque tu sia mio padre, andresti incontro alle più grandi noie e avvenimenti dannosi! Sta perciò solo in silenzio e dimostra a Fungar-Hellan la tua gran gioia per il fatto che egli ha scelto in moglie le tue figlie, perché attraverso questa scelta sei diventato grande anche tu!»

5. Quando Mahal udì parlare la sua Agla in questo modo, allora cominciò già ad accorgersi un po’ di dove egli fosse effettivamente di casa; perciò egli, grattandosi leggermente il capo, disse sottovoce ad Agla:

6. «Io vedo bene che qui le cose sono sistemate così, e per amor tuo sono disposto a fare buon viso a qualunque gioco. Tuttavia dimmi: “Cos’è dunque il re, se tu, Fungar-Hellan e Drohuit siete i più alti personaggi del regno? E cosa potrà fare quaggiù mio figlio Chisarell?”»

7. Ed Agla rispose: «Il re Gurat è un debole amico di Fungar-Hellan ed è scemo! Perciò egli porta la veste di re e figura come tale, ma egli non ha alcun potere! Invece Drohuit è l’effettivo re, ed io sono sua moglie; è a lui dunque che tu devi dare ascolto e attenerti a tutto ciò che egli qui ordinerà!»

8. E Mahal domandò di nuovo ad Agla: «Se qui le cose sono regolate in questo modo, cos’è dunque presso di voi la potenza di Dio? Da voi, Dio, non viene mai chiamato a consiglio?»

9. Ma Agla indicò con la mano la sua fronte e rispose: «Vedi, qui sta il consiglio di Dio! Questo è quello che l’uomo deve sviluppare e poi agire conformemente, e operando così egli fa sicuramente secondo il consiglio che Dio gli ha dato per tutti i tempi dei tempi! Oppure, conosci tu un consiglio migliore?»

10. A questo punto Mahal tacque, perché ora egli aveva chiaramente riconosciuto che l’inferno aveva stabilito il proprio governo sulla pianura.

11. Agla invece si avvicinò a Fungar-Hellan e si mise a parlare di qualcosa di segreto con lui.

 

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Cap. 279

Chisarell nominato capo delle guardie residenziali

Mahal profetizza la fine di Hanoch entro diciassette anni

14 maggio 1844

1. Ma quello che Agla stava trattando segretamente con Fungar-Hellan aveva lo scopo di vedere se non sarebbe stato possibile occupare in qualche modo il fratello Chisarell, così che questi avesse potuto ottenere una qualche destinazione ufficiale. Il generale propose che Agla lo nominasse capo delle guardie residenziali; con questa carica si sarebbero poi aperte per lui molte vie per giungere ad un rango sempre maggiore qualora in questo suo posto iniziale fosse riuscito ad acquisire le necessarie capacità.

2. E quando Agla ebbe appreso questo da Fungar-Hellan, ritornò subito da suo padre e gli disse: «Poiché tu prima mi hai interpellato riguardo alla futura destinazione di tuo figlio, io posso dirti che egli è già stato nominato capo delle guardie residenziali, ciò che qui da noi è una carica molto onorevole! E se egli si mostrerà zelante e acquisirà, con la lettura e lo studio, cognizioni superiori, allora egli ben presto potrà essere promosso facilmente ad una carica più alta! Sei contento o no di questa soluzione quanto mai vantaggiosa a favore di Chisarell?»

3. E Mahal rispose: «Figlia, io sono certo contento di tutto; però una cosa devo annunciare dall’altura, diventata molto magra, a te che sicuramente non avrai dimenticato del tutto il Dio di Adamo, di Set e di Enoch, e questa cosa consiste in ciò:

4. “Voi tutti, potenti di questo regno, con il vostro attuale sistema di governo non fate piani troppo lunghi e vantaggiosi, poiché, così come stanno ora da voi le cose, è impossibile che duri più molto a lungo, dato che voi vi siete allontanati del tutto da Dio e siete passati in una pura idolatria umana dell’adorazione dell’uomo, e con ciò siete passati ad un mondanismo[40] tenebrosissimo e lontanissimo da Dio!

5. Io ti dico: ‘Trascorreranno al massimo diciassette anni, e poi della vostra grandezza e della vostra città non rimarrà più nemmeno traccia!’. Per questo motivo io vi lascerò nuovamente e ritornerò da mio fratello Noè sull’altura; ma prima vorrei solo vedere Waltar e parlargli!”»

6. A queste parole Agla rimase un po’ colpita, ma presto si riebbe e rispose: «Fa’ quello che vuoi; da parte nostra non ti verranno create difficoltà! Ma per quanto riguarda Waltar, sarà alquanto difficile poterlo rivedere, dato che egli se ne è andato via da noi per fare nuove esplorazioni nel mondo, abbandonandoci una volta per sempre, e ciò perché io, essendo sua sorella, non ho effettivamente potuto concedergli la mia mano in sposa!»

7. Udendo tale risposta, una totale agitazione si impossessò di Mahal; ma si frenò mordendosi le labbra e, dopo qualche tempo si limitò a dire: «Dunque Waltar è morto! Agla, Agla! Grave è la punizione che devi attenderti da Dio!»

8. E detto ciò si coprì la faccia e pianse.

 

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Cap. 280

Le pesanti ammonizioni di Mahal a Fungar-Hellan

Quest’ultimo si giustifica con la sua umiliante mentalità mondana

15 maggio 1844

1. Fungar-Hellan però si accorse che il vecchio Mahal piangeva, e quindi gli si avvicinò e gli domandò il motivo del suo dolore.

2. E Mahal rispose: «O potente di questo regno, che tanta grazia e misericordia ottenesti in ogni tempo da parte di Dio, il Signore, se tu sapessi quello che so io in questo momento, allora anche tu piangeresti con me e faresti grandissimo cordoglio!

3. Infatti vedi, il Signore mi ha ora dato una Luce interiore, e in questa Luce io scorgo chiaramente le vostre gravi mancanze davanti a Dio e scorgo anche la rovina di tutti voi! Ebbene, come non potrei piangere nel vedere ciò?

4. Mio figlio Waltar, mandato da Dio a voi come un profeta, è stato ucciso in spirito da voi, e chi sa se non lo avete ucciso anche secondo il corpo!

5. Tuttavia, qualora voi lo aveste ucciso mille volte nel corpo, io potrei esserne lieto per questo, perché dinanzi a Dio mio figlio sarebbe tuttavia rimasto vivo nello spirito; ma siccome voi ne avete ucciso lo spirito, allora egli è morto e perduto per l’eternità!

6. E altrettanto accadrà di tutti questi altri miei figli! Agla è già morta tre volte, e Chisarell, Pira e Gella, dato l’ordine di cose che vige attualmente presso di voi, morranno essi pure, qualora voi non vi deciderete a mettervi sulla via per la quale procedevano i precedenti re di questo regno, che erano e che si chiamarono a suo tempo Lamec, Tubalcain, Uraniel e Ohlad, i quali erano giusti davanti a Dio!»

7. Quando Fungar-Hellan ebbe udito tali parole dall’illuminato da Dio, Mahal, egli rifletté un po’ di tempo, e infine, con la massima calma ed imperturbabilità, disse: «Tu puoi aver ragione, perché io non ignoro affatto che presso gli abitanti delle alture della Terra dimora ancora una sapienza originaria che noi, purtroppo, non possediamo certamente più; d’altro canto però, neppure noi siamo poi tanto privi di intendimento come voi certo vi siete sempre immaginati!

8. Presso di noi c’è effettivamente più idolatria che una qualche pura conoscenza di Dio, ma non perciò rimane escluso da noi la vera e propria Essenza di Dio. Infatti, per mezzo dell’arte plasticità noi rendiamo percepibili ai sensi del popolo solo le forze agenti fuori dall’unica Divinità che governa tutto, e le onoriamo appunto perché sono forze divine! E questa cosa Dio stesso non la può ritenere ingiusta!

9. Se noi dunque attribuiamo a tali forze un nome e le rendiamo percettibili al popolo sotto una corrispondente forma plastica e così le offriamo alla venerazione del popolo, io dico: “Può questa cosa apparire un orrore davanti a Dio, il supremo Sapiente?”

10. Se tu, trovandoti dinanzi ad un grande e sontuoso edificio, lo ammiri e ne lodi la bellezza, dimmi: “Così facendo, non glorifichi anche l’architetto che lo ha costruito?”. Ma se tu lodi l’architetto solo per la sua persona e invece disapprovi le sue opere, dimmi: è sincera la tua lode in questo caso? È certo che l’architetto non si mostrerà lieto per una simile lode!

11. Ebbene, questo modo di riconoscimento di Dio è anche quello che corrisponde al nostro modo di guidare il popolo! Io posso condurti in qualsiasi parte del regno e ti autorizzo ad uccidermi se sentirai una qualche lamentela di ingiustizie commesse da parte nostra!

12. Vedi, il popolo vive felice! La povertà non regna in nessun luogo; ovunque fioriscono le arti e le scienze! Allora dimmi: “Che cosa vuole ancora il tuo Dio da noi?”. Se vuole ucciderci, che lo faccia pure, dato che noi siamo in Suo potere! Se Egli però agirà in maniera giusta secondo i miei concetti, allora per il momento questa cosa lasciamola stare!

13. Tu però adesso vieni con me, ed io ti mostrerò tutto quello che noi siamo e quello che noi facciamo, e soltanto dopo parla ed esponi ciò che avrai trovato di ingiusto in noi!»

 

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Cap. 281

La saggia risposta di Mahal a Fungar-Hellan e la sua critica alla politica attuata ad Hanoch

17 maggio 1844

1. Quando Mahal sentì tali dichiarazioni da parte di Fungar-Hellan, esclamò: «Mio Dio e mio unico Signore, Tu certo non vorrai abbandonare il tuo vecchio servitore al punto che egli sia indotto a considerare una luce, la tenebra della pianura?

2. Fungar-Hellan, ritieni davvero che l’esteriore intelletto dell’uomo possa misurarsi con l’interiore luce dello spirito e possa combattere con la forza dello spirito?

3. Le tue parole hanno suonato certo ragionevoli agli orecchi del mondo, ma nonostante questo esse sono un orrore agli orecchi dello spirito!

4. Non c’è dubbio che, se tu avessi detto proprio seriamente queste cose e se per conseguenza quanto hai detto fosse piena e pura verità, tutto ciò si potrebbe ancora giustificare; ma siccome il motivo di tale vostra costituzione per il benessere apparente del vostro popolo è invece del tutto differente da quello che tu mi hai esposto qui, allora dinanzi al tribunale dello spirito tale vostra costituzione non può trovare giustificazione!

5. Tu puoi mostrarmi, o anche non mostrarmi, tutto quello che fate e come lo fate, perché in nessun caso ciò che mi mostrerai sarà in grado di corrompere le verità nel mio spirito, poiché appunto attraverso il mio spirito io vedo la densa, apparentemente giusta e bella, maschera della vostra costituzione, la quale dietro ha uno scheletro putrefatto!

6. Com’è possibile che tu voglia sforzarti a mostrarmi che qui c’è una vita giusta e bene ordinata, dove io non vedo altro che marciume e carogne?

7. Ma affinché tu sappia come io scorga bene nel mio spirito come è fatta la vostra costituzione, allora ti dico: “Tu, Gurat e Drohuit, e molte migliaia di altri grandi, non credete assolutamente né in un antico né in un nuovo Dio, come neppure in una vita dopo la morte, e tutta la vostra religione è conseguentemente un inganno per il popolo!”

8. Se voi insegnaste quanto voi stessi credete, allora non ingannereste il popolo, perché voi dimostrereste di avere almeno intenzioni oneste a vostro riguardo, e il popolo saprebbe cosa pensarne!

9. Il vostro motto invece è questo: “Illusione e politica!”. Voi parlate diversamente da come pensate, e col vostro agire tendete sempre e soltanto al raggiungimento di scopi occulti che non concordano neanche lontanissimamente con le vostre intenzioni quali esse appaiono esteriormente!

10. Ora, amico, io ti domando: “Può una tale costituzione essere considerata buona e giusta da parte di un Dio supremamente sapiente, da parte cioè di Chi è l’eterno Amore e Sapienza stessi, e da questi, l’eterna Verità, Ordine e Giustizia?”

11. A me dunque non occorre vedere che cosa fate e come lo fate, perché io vedo la causa in voi!»

12. Queste parole di Mahal stupirono potentemente Fungar-Hellan, perché da ciò gli risultava in maniera anche troppo chiara come la sua politica stesse pienamente rivelata agli occhi di Mahal. Egli perciò si limitò a rispondere: «In fondo è possibile che tu abbia ben ragione, ma nonostante questo, vieni ed esamina tutto, e vedrai che poi parlerai diversamente!»

 

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Cap. 282

Mahal conduce il corteo regale al giardino del tempio della bellezza

 Il nascondiglio della testa di Waltar scoperto da Mahal

18 maggio 1844

1. E allora Mahal disse: «Sta bene amico, io verrò con te, perché non ho timore di te, dato che il Signore è con me! Tuttavia guai a te qualora nel tuo cuore dovessero sorgere pensieri maligni, poiché in questo caso ti accorgeresti immediatamente che il Signore del Cielo e della Terra è con me! E così ora io voglio venire con te!»

2. Dopo tali parole di Mahal, Fungar-Hellan fece subito radunare la sua numerosa e brillante compagnia d’onore e si dispose alla partenza, ma in quel momento gli venne in mente che sarebbe stato opportuno condurre con sé anche le due figlie di Mahal assieme a Chisarell, perché altrimenti questi avrebbero facilmente potuto subire un danno in seguito ad una qualche segreta rabbia di Agla. Egli perciò interpellò Mahal.

3. E Mahal accondiscese a tale proposta dicendo: «Tu certo puoi fare così, poiché non è prudente lasciare in balìa di una sorella fratricida gli altri fratelli e sorelle, perché potrebbero trovare la morte!»

4. A queste parole, Fungar-Hellan rimase spaventato e domandò a Mahal: «Uomo colmo di mistero, chi mai ha potuto rivelarti quello che Agla ha fatto di suo fratello per la sicurezza di questo regno? Come puoi sapere tu ciò che per noi stessi è in gran parte ancora un mistero?»

5. E Mahal rispose: «Io posso saperlo perché è il Signore che me lo dice; voi però non potete sapere nulla perché siete tutti già infinitamente sprofondati in ogni tenebra del mondo e quindi dell’inferno, nella quale non penetra alcun raggio di Luce divina, ma solo l’ira di Dio, e la notte e la morte dello spirito!

6. Ma ora andiamo anzitutto là dove ti farà volgere il mio sentimento, dopo di che io ti seguirò là dove tu vorrai condurmi!»

7. E Fungar-Hellan disse: «Sta bene, incamminatevi, e sono proprio curioso di vedere quale via ci indicherai tu, misteriosissimo uomo, che sei ancora un forestiero in questa immensa città!»

8. Dopo queste parole, Fungar-Hellan, Mahal, Chisarell, Pira e Gella lasciarono il palazzo, e Mahal condusse Fungar-Hellan, direttamente all’ex giardino delle dee della bellezza, cosa questa che suscitò nel generale la più grande meraviglia avendo quell’uomo straniero dimostrato di sapersi orientare benissimo in questa città attraverso tutte le sue cento vie.

9. Ma giunti nel giardino, Mahal condusse Fungar-Hellan subito diritto al posto dove il giorno prima, a sera molto inoltrata, Agla aveva fatto murare la testa di Waltar dentro alla sua urna di vetro.

10. Arrivati in quel luogo, Fungar-Hellan chiese: «Ebbene, amico, che c’è da vedere qui?»

11. E Mahal rispose: «Fa’ rompere questo muro innalzato da poco – ma con cautela – affinché tu possa convincerti che la Luce divina nel cuore vede di più di tutte le tue organizzazioni di spionaggio segreto stabilite nella città!»

12. Fungar-Hellan fece subito fare questo, e quando la nicchia fu liberata dalla nuova muratura, apparve subito l’urna con dentro la testa di Waltar.

13. E Fungar-Hellan a quella vista inorridì e urlò: «Ma per tutti i diavoli, come è venuta qui questa testa?»

14. E Mahal disse: «Come fai tu a chiedere questo? A te, che ne sai più di tutti, non deve essere dunque nota qualsiasi cosa misteriosa del tuo regno? Com’è che tu non sai quello che ieri Agla ha comandato ai suoi servitori?»

15. A questo punto Fungar-Hellan fece una faccia alquanto sbalordita; Mahal poi lo invitò a seguirlo là dove ci sarebbero stati ancora da vedere altri misteri del tutto diversi. E Fungar-Hellan seguì Mahal.

 

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Cap. 283

Fungar-Hellan nel tempio dell’amore guidato da  Mahal

Il profondo baratro nascosto in una cameretta dell’amore

20 maggio 1844

1. Il corteo poi si avviò verso il tempio. E quando vi fu giunto Mahal assieme a Fungar-Hellan, egli disse a quest’ultimo accennando con la mano alle bare delle mogli di Waltar:

2. «Guarda, questa è l’unica e vera causa della morte di mio figlio! La gelosia di Agla, la mia figlia degenerata ha ucciso il fratello a causa di queste infelici, e poi, con la sua propria mano armata di un pugnale avvelenato, ha ucciso queste a causa del fratello!»

3. Quando Fungar-Hellan ebbe udito questo da Mahal, si inorridì enormemente e, tutto infuriato, disse: «Se tutto questo è stato fatto da Agla per le ragioni da te ora esposte, allora bisogna che oggi stesso le sia data la morte più tormentosa senza alcuna pietà!»

4. Mahal però disse del tutto tranquillo: «O amico, non infervorarti prima ancora che non ti sia nota ogni cosa riguardo al modo di agire di Agla; vieni dunque con me, perché devo condurti in qualche altro luogo ancora!»

5. Allora il corteo, seguendo Mahal, si diresse verso l’abitazione delle dee e giunti là Mahal condusse Fungar-Hellan attraverso un corridoio situato al terzo piano. E arrivato quasi alla fine del corridoio stesso, Mahal mostrò al generale una porta – sì una porta della rovina – e poi domandò al gran sacerdote generale che andava scrutando qua e là con lo sguardo: «Sai che cosa c’è dietro a questa graziosa porta?»

6. E il generale, scrollando le spalle, rispose: «Come potrei saperlo? Non sono stato io ad ordinare che venisse fatta questa porta quando io stesso feci costruire questa casa per le più belle donne di Hanoch! Che cosa c’è dunque dietro questa porta? Parla e fammi vedere!»

7. E Mahal disse: «Fa aprire questa porta con prudenza dalla tua gente e poi guarda!»

8. Allora Fungar-Hellan fece subito forzare quella porta e, al primo momento, non vide che una stretta e graziosa cameretta, la cui superficie a mala pena misurava un klafter quadrato (1,9 m2), e in fondo alla cameretta c’era un divano davvero grazioso.

9. Ed esaminato attentamente il luogo, il generale disse: «Io qui non vedo niente di particolare!»

10. E Mahal si fece dare l’asta di una lancia e, con l’estremità di questa, batté su un bottone applicato al letto, e all’istante il pavimento di quella minuscola stanza si aprì all’ingiù in due battenti, rivelando agli occhi sbalorditi degli spettatori l’esistenza di un profondo e tenebroso baratro.

11. «Che cosa è mai questo?», urlò il generale.

12. E Mahal rispose: «È una rovina molto ben preparata per te; è un’opera di Agla eseguita da poco tempo! Qui lei ti avrebbe voluto adescare, e quando ti fossi trovato con lei, allora lei avrebbe premuto col calcagno su quel bottone e tu saresti piombato giù in questo baratro! Ti piace questo allestimento?»

13. A questo punto il generale cominciò addirittura a schiumare dalla rabbia e non poté più parlare a causa dell’ira e del furore.

 

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Cap. 284

Nella casa del piacere, in uno dei molti piccoli chioschi, una trappola mortale ideata da Agla

Il rivestimento del cuscino costellato di aghi avvelenati

21 maggio 1844

1. Solo dopo qualche tempo, quando Fungar-Hellan si fu saziato di guardare il baratro che era stato preparato per lui, la sua lingua cominciò a sciogliersi e, con l’animo tutto agitato, disse:

2. «O Mahal! O amico! Io ora ti prego che tu mi dica quello che si deve fare di Agla, la figlia dell’inferno! Dimmi: non è proprio possibile ucciderla mille volte nella maniera più tormentosa? Sì, io so quello che farò. Le infliggerò mille volte il supplizio di un’orribilissima angoscia mortale, e soltanto dopo la farò uccidere nel modo più crudele del mondo!»

3. Però Mahal disse: «Amico, nel Nome del mio Dio e del mio unico Signore, io ti dico: “Frena la tua ira e la tua rabbia, e non giudicare prima di non avere davanti agli occhi l’intero complesso delle azioni commesse da Agla, o almeno preparate da lei! Solo quando sarai informato di tutto, potremo vedere quale giudizio sarà da pronunciare e da eseguire contro l’autrice di tali azioni!”

4. E adesso vieni con me, perché noi non siamo ancora alla fine delle nostre constatazioni riguardo a tutto ciò che Agla, con l’aiuto del suo capitano Drohuit da te oggi nominato re, ha eseguito e preparato! Dunque, seguimi!»

5. Allora Mahal condusse ancora Fungar-Hellan nel giardino, e precisamente in uno dei molti piccoli chioschi là esistenti. Su uno di questi c’era una scritta che diceva così: «Qui c’è il diletto del re; qui c’è la somma delizia del re!». Nel piccolo chiosco c’era un trono molto grazioso destinato al re, ed accanto un divano, naturalmente per la concubina.

6. Vedendo ciò, Fungar-Hellan domandò di nuovo a Mahal quale nuova opera diabolica fosse quella.

7. E Mahal fece avvicinare il generale al trono e disse: «Osserva bene, qui fuori dall’imbottitura del cuscino del trono vedrai spuntare mille sottilissimi spilli, ciascuno dei quali è in grado di dare sicuramente la morte!

8. L’azione di tali spilli tu la conosci! Vedi, anche questa è un’opera di Agla! Lo scopo di questi spilli è quello di sbarazzare questo mondo da tutte le persone che non stanno bene alla regina, e per conseguenza anche te che costituisci la più grande spina nel suo occhio!

9. L’inventore di questi spilli è lo stesso Drohuit, il quale è pure l’espertissimo coltivatore di quell’alberello dentro ad una serra che tu hai già visto.

10. Ma come è venuto in possesso del seme di questa pianta?

11. Ecco, quel seme è un prodotto dell’inferno. Sulla via che Drohuit percorreva un giorno per visitare il tempio del toro, il quale sorge in una gola tra le montagne a te molto ben nota, egli si imbatté in un essere sconosciuto che gli consegnò il seme e gli insegnò come avrebbe dovuto deporlo nel terreno e quale sarebbe stato l’effetto della pianta che in seguito si sarebbe sviluppata.

12. E Drohuit pose il granello nel terreno, e già in pochi giorni la pianta letale era cresciuta! Egli istruì Agla riguardo all’effetto dell’alberello, e lei ne fu assai lieta. Questa è dunque l’origine del veleno per i piccoli e appuntiti strumenti di morte.

13. Ti piace questa cosa? – Io vedo che sei già di nuovo del tutto muto dal terrore e dalla rabbia! Io però ti dico: “Vieni ancora con me, e potrai fare delle constatazioni ancora più interessanti!”».

 

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Cap. 285

Un enorme spiazzo della città e l’esercito segreto di Drohuit

22 maggio 1844

1. Ora Fungar-Hellan disse: «A che scopo io dovrei venire ancora con te per constatare le orribili macchinazioni di Agla per rovinarmi? Ne ho più che abbastanza da quanto ho già appreso finora, e ciò è sufficiente perché sia decretata la sua pena di morte, anche se lei fosse mille volte tua figlia! Perciò ora vieni piuttosto tu con me, affinché ti mostri qualcosa dei miei allestimenti»

2. E Mahal replicò: «Proprio adesso tu devi venire inevitabilmente con me in maniera del tutto particolare, perché quello che vedrai ora, avrà grandissima importanza per la tua salvezza!

3. Quello che hai visto finora sono soltanto alcune disposizioni fallite per la rovina della tua persona, mentre quello che vedrai adesso, minaccia di annientare in un solo colpo tutta la tua potenza!

4. Seguimi dunque velocemente, affinché non arriviamo troppo tardi, perché quello che ora devo mostrarti non si trova, come potresti supporre, in questo giardino, bensì in una zona piuttosto appartata di questa città. Perciò partiamo immediatamente e incamminiamoci di passo rapido!»

5. Udite queste parole, Fungar-Hellan fece subito radunare tutto il seguito, e l’intera e grande comitiva si mise in cammino seguendo Mahal. E tutti questi, passando per viottoli e strade appartate, dopo due ore giunsero all’interno della grande cinta muraria della città in un grande spiazzo libero, la cui esistenza, molto stranamente, non era affatto nota a Fungar-Hellan.

6. E arrivati là, Mahal domandò a Fungar-Hellan: «Amico, conosci questo posto?»

7. E Fungar-Hellan, del tutto meravigliato, rispose: «Davvero, io sono nato in questa città, eppure non posso assolutamente ricordarmi di aver mai visto questo posto, né di averne mai udito parlare in nessun modo! A quale scopo può servire questo posto che è grande abbastanza per contenere anche tutto un milione di armati?»

8. E Mahal disse. Amico, abbi solo un po’ di pazienza e ben presto comincerai a vedere quello che si svolge qui! Guarda un po’ là con attenzione nell’angolo più lontano di questo spiazzo, dove per arrivare ci vorrebbe una buona ora di cammino in linea retta, e tu scorgerai subito come là c’è un movimento di molti uomini!»

9. E Fungar-Hellan aguzzò il suo sguardo e ben presto vide un intero esercito di guerrieri avanzare a passo di marcia su questo spiazzo.

10. A questo punto Mahal domandò nuovamente a Fungar-Hellan: «Amico, tu che pretendi di avere un così chiaro intelletto e di conoscere tutto quello che succede nel regno, sai forse anche come mai venga qui addestrato nelle armi circa un milione di guerrieri contro di te e contro il re Gurat?»

11. A queste parole Fungar-Hellan divenne del tutto pallido e, colto da un eccesso di rabbia, non poté nuovamente proferire alcuna parola.

12. E Mahal disse: «È necessario non essere scoperti da loro, perché saremmo perduti! Ora però noi ritorneremo verso l’interno della città, ed io ti mostrerò ancora delle cose più gravi ed importanti! Perciò volgiamo immediatamente le spalle a questo luogo per non essere riconosciuti da Drohuit che si trova alla testa delle truppe!»

13. E Fungar-Hellan, con la testa tra le mani, seguì Mahal.

 

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Cap. 286

Il covo segreto dei settantamila dell’alta borghesia per tramare contro Fungar-Hellan e contro il re Gurat

24 maggio 1844

1. Mahal condusse ancora Fungar-Hellan per diverse vie e strade secondarie, finché arrivò davanti a un vecchio edificio di grandi proporzioni. E una volta giunto, si fermò e chiese a Fungar-Hellan se avesse un’idea di quello che ora succedeva in quell’edificio.

2. E Fungar-Hellan rispose: «Amico, come potrei saperlo? Mi pare a mala pena di conoscere questa costruzione; anzi devo confessarti apertamente che senza dubbio, questa è la prima volta che la vedo! Infatti, chi mai in questa città potrebbe essere in grado di conoscere tutti gli edifici, dato che ve ne sono in innumerevole quantità? Perciò ti prego, visto che nella tua anima tu conosci tutte le cose, di espormi quello che avviene qui!»

3. E Mahal gli rispose: «Ecco, questo qui è un luogo di riunione appartato e per conseguenza molto ben scelto per duecentomila ribelli contro di te e contro il re Gurat. Questo immenso edificio una volta era la sede di un vergognoso istituto di bellezza femminile; ora però è diventato un covo di ribelli.

4. In questo momento settantamila membri dell’alta borghesia di questa città si trovano radunati nelle numerose e ampie sale di questo edificio e, sotto la presidenza di settanta delegati e deputati di Drohuit e di Agla, tengono un Consiglio quanto mai ignobile contro di te e contro il re Gurat.

5. Tu potresti certamente penetrare nell’edificio e persuaderti con i tuoi propri occhi di quello che ho detto; però la cosa non è affatto consigliabile!

6. Andiamo piuttosto in questo edificio che cade a pezzi che è di fronte a questo grande castello, e là, ben nascosti in qualche luogo, basterà aspettare una mezz’ora scarsa per vedere sfilare velocemente fuori dall’edificio la congregazione tra cui ci sono molti tuoi conoscenti!»

7. A queste parole di Mahal tutta la grande comitiva si nascose dietro a quelle rovine e rimase in attesa che la riunione terminasse. Ed era a mala pena trascorsa mezz’ora che si vide aprirsi il grande portone e cominciò l’uscita che si protrasse per circa un’ora e mezza, in cui Fungar-Hellan vide una quantità di sue conoscenze e perfino diversi gran sacerdoti!

8. E mentre quella gente passava, il generale poté sentire che alcuni personaggi altolocati dicevano tra di loro: «Un punto solo ci resta ancora da superare: le forze armate di Fungar-Hellan che stanno ancora molto fortemente dalla sua parte; bisogna che vengano debellate. Finora quell’astuta volpe non si è certo lasciata catturare ed uccidere in nessuna trappola che gli è stata tesa; ma questo non importa! Infatti ora lo teniamo in pugno! La saggia Agla con lui è riuscita ad arrivare al punto che egli stesso ha nominato re il suo maggiore nemico; e costui sta ora radunando il grosso dell’esercito e in una decina di giorni la questione sarà risolta!»

9. Quando Fungar-Hellan ebbe sentito questo, abbracciò Mahal e gli disse: «Solo ora ti riconosco come il mio più grande amico! Ora io so tutto e non dirò più “Vieni, e vedi qual è la mia costituzione dello Stato!”, bensì io ti prego di darmi il tuo migliore consiglio riguardo a ciò che ora devo fare!»

10. E Mahal rispose: «Il consiglio verrà in seguito; prima però tu devi prendere visione di un’altra cosa ancora! Perciò seguimi in fretta e convinciti di tutto!»

11. E il generale andò subito dove lo guidò Mahal.

 

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Cap. 287

Nel castello di Fungar-Hellan gli ex gran sacerdoti tramano la morte contro il generale

Lance e schegge di vetro avvelenate

25 maggio 1844

1. Ma dove si diresse ora la comitiva? Ebbene, dov’era che Fungar-Hellan avrebbe ancora dovuto seguire Mahal prima di poterne ottenere il buon consiglio promesso? Ecco: nella dimora nel castello dei sacerdoti stessi, e quindi anche nella grande dimora del generale!

2. E quando tutta la grande compagnia vi fu giunta, Mahal disse al generale: «Questo edificio, che in fatto di grandezza non sfigura rispetto ad una montagna piuttosto alta, tu lo conoscerai di certo».

3. E Fungar-Hellan, sogghignando un po’, disse: «Sì, dovrei conoscerlo abbastanza! Ma che cosa ho da vedere qui nella mia casa?»

4. E Mahal disse: «Prima di tutto andiamo nella dimora dei sacerdoti, e precisamente anzitutto in quella dei sottosacerdoti, e così tu potrai immediatamente constatare quello che succede qui!»

5. A queste parole tutta la comitiva si recò subito nella grande dimora comune dei sottosacerdoti e trovò che vi ferveva un’attività assai grande.

6. Ma in che cosa consisteva questa attività? Ebbene, i sottosacerdoti erano intenti ad aguzzare le punte delle spade e delle lance, le riscaldavano su un fuoco di carbone e poi venivano immerse nel veleno già noto!

7. Quando però i sottosacerdoti, che precedentemente – come è noto – erano gran sacerdoti, scorsero Fungar-Hellan, rimasero allibiti e furono colti da una così grande paura, che lasciarono cadere a terra tutte le armi.

8. E quando il generale, con voce tonante, domandò: «Che succede qui? Chi vi ha dato ordine di compiere questo lavoro?», nessuno ebbe più la forza di dire una parola, perché ciascuno si vide ormai scoperto e perduto.

9. Il generale domandò subito a Mahal che cosa egli doveva fare qui.

10. E Mahal rispose: «La tua azione deve cominciare da qui! Fa’ venire subito dei militi che arrestino tutta questa banda, perché essa è il supporto principale di Drohuit e di Agla, ed è riuscita a fare dei due i tuoi più grandi nemici, e ciò per l’antico odio che ti portano, le cui ragioni ti devono essere molto ben note!

11. Sono stati appunto questi sottosacerdoti a crearti antipatie già presso una quantità molto grande di gran sacerdoti, e sono sempre essi la segreta causa principale dell’attuale rivolta! Su di loro puoi far applicare tutto il rigore della legge; tuttavia frenati con l’applicazione della pena di morte!»

12. A queste parole il generale fece venire immediatamente qualche migliaio di guerrieri; questi legarono subito i sottosacerdoti e li rinchiusero nelle prigioni più basse e solide.

13. E Fungar-Hellan fece poi raccogliere tutte le armi avvelenate perché fossero tenute in una buona custodia.

14. Poi Mahal lo condusse nella sua propria abitazione e, davanti alla porta che dava sulla prima grande stanza, disse:

15. «Fa’ venire anzitutto degli spazzatori e dei pulitori, affinché, prima di entrare, puliscano tutto il pavimento con minuziosa cura, altrimenti ciascun nostro passo può costarci la vita! Infatti, alcuni tra i gran sacerdoti, in combutta con i sottosacerdoti, hanno sparso su tutto il pavimento delle schegge di vetro avvelenate, in modo che la minima scalfittura alle piante dei piedi costa la vita a ciascuno di noi!»

16. Allora Fungar-Hellan seguì subito il consiglio di Mahal e fece venire degli spazzatori e pulitori; e questi giunsero calzando degli zoccoli e pulirono tutte le stanze del generale.

17. Ma il generale domandò agli spazzatori e pulitori: «Perché vi siete calzati in tal modo? Dunque sapevate che specie di immondizia era stata sparsa nelle mie stanze?»

18. A questo punto essi ammutolirono e cominciarono a tremare dinanzi al generale.

19. E Mahal disse a Fungar-Hellan: «Costoro hanno agito per costrizione; sii perciò benevolo con loro!»

20. E Fungar-Hellan disse: «Raccontatemi tutto con grande fedeltà, e allora vi risparmierò!»

21. A questo punto essi cominciarono a narrare ciò che era avvenuto. Il generale nell’udirli si sentì rizzare i capelli.

22. Quello che essi raccontarono, lo sentiremo la prossima volta!

 

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Cap. 288

Gli spazzatori e i pulitori rivelano tutti i posti che erano stati avvelenati per uccidere il generale

Un modo sicuro per scoprire tutti i nemici

28 maggio 1844

1. Gli spazzatori e i pulitori però erano colmi di paura, perché la richiesta del generale li metteva dinanzi ad un bivio tremendo.

2. Perciò il capo degli spazzatori e il capo dei pulitori si fecero avanti e dissero: «Grande, onnipotente signore e signore e signore! Noi, nonostante tutto, siamo disposti a rivelarti ogni cosa, pensando che tu potrai proteggerci contro il furore dei tuoi nemici; ma se tu non lo potessi, allora saremmo perduti in ogni caso!, poiché se noi adesso non ti riveliamo tutto, tu ci ucciderai. Ma dopo che ti avremo narrato tutto, vedrai come i tuoi nemici si scaglieranno addosso a noi per avere rivelato il loro orribile ordine!»

3. E Fungar-Hellan disse: «Preoccupatevi di qualcos’altro, e non di questo! I vostri presunti padroni, che vi hanno minacciato di morte qualora mi aveste rivelato le loro intenzioni in un modo qualunque, si trovano già da qualche tempo nella più profonda delle prigioni! Perciò voi potete dirmi senza alcun timore tutto quello che sapete!»

4. E quando i due ebbero udito le parole del generale, allora dissero: «Se le cose stanno così, allora possiamo parlare senza alcun timore! E così voglia tu ascoltarci benevolmente!

5. I sottosacerdoti sono diventati i tuoi più mortali nemici già dal tempo in cui li degradasti appunto a sottosacerdoti grazie ad una procura del re, addotta come pretesto, che ti conferiva pieni poteri, ed hanno ora trovato nella tremenda regina e nel suo favorito Drohuit gli strumenti più adatti per vendicarsi di te!

6. La regina aspira alla signoria assoluta, e Drohuit, che è un caprone lussuriosissimo, aspira al possesso della più incantevole donna, la quale dovrebbe essere appunto questa regina, cosa questa che però non possiamo garantire, dato che noi non l’abbiamo ancora vista; ebbene, i sottosacerdoti hanno consentito a tutto, sotto giuramento, purché la regina fosse in grado di rovinarti e di reintegrarli poi alla carica di gran sacerdoti come godevano prima! Per questi motivi da ambo le parti venne fatto tutto quanto era possibile per la tua rovina.

7. Se tu però non vuoi andare incontro a morte sicura, allora non bere affatto dell’acqua attinta al tuo pozzo d’oro, perché essa è avvelenata! E così pure non mangiare alcun boccone tolto dalle tue dispense, perché anche là è tutto potentemente avvelenato! Evita di coricarti sul tuo divano e men che meno sul tuo letto da riposo, e non metterti a sedere su nessuna delle tue sedie o panche, poiché tutto è colmo di spilli avvelenati! I pavimenti delle stanze sono ora certo di nuovo puliti, ma non fidarti di tutto il resto dell’arredamento della casa, perché dappertutto può esservi nascosto qualcosa che potrebbe darti la morte! Ebbene, ora tu sai tutto ciò che era a nostra conoscenza; agisci ora in modo giusto ed equo!»

8. Quando Fungar-Hellan ebbe appreso questo, divenne colmo del più terribile furore.

9. Tuttavia Mahal gli disse: «Amico, moderati, perché nello stato d’ira nessun essere può fare qualcosa di assennato! Tu ora hai conosciuto tutti i pericoli dai quali sei circondato, e per conseguenza ti riesce facile agire bene!

10. Adesso però offri un banchetto con cibi avvelenati, e invita tutti i tuoi nemici! Quando essi saranno qui, annuncia loro che verranno servite le vivande dalle tue dispense! Coloro che si rifiuteranno di mangiarle, falli subito prigionieri; coloro che invece non si rifiuteranno, a quelli non permettere che ne mangino!

11. Quello che si dovrà fare in seguito, te lo renderò noto al momento opportuno! E così dunque avvenga!»

 

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Cap. 289

La rivelazione dei cuochi: l’avvelenamento dell’intero castello reale da parte dei sottosacerdoti

 L’invito forzato dei nemici al grande banchetto

29 maggio 1844

1. Udito tale consiglio da Mahal, Fungar-Hellan fece venire subito in sua presenza i suoi cuochi e dispensieri, e ordinò di allestire un banchetto per mille persone, dicendo ai camerieri: «Andate nella grande sala da pranzo e preparate le grandi mense degli ospiti con le posate e il vasellame d’oro, e accostate poi alle mense imbandite le sedie più ricche e i divani!»

2. Al sentire quest’ordine, i cuochi, i dispensieri e i camerieri impallidirono dallo spavento e si videro perduti.

3. A Fungar però non sfuggì l’immenso imbarazzo di quei suoi servitori, di solito molto fedeli, e perciò chiese loro in tono molto serio e del tutto fermamente: «Ebbene, perché questo indugio? Perché apparite così colmi di angoscia e di esitazione?»

4. E il capocuoco disse: «Signore! Signore! Signore! Nessuno di noi è colpevole! Ma noi siamo stati costretti ad assistere a come i sottosacerdoti, guidati da vari gran sacerdoti, hanno avvelenato il pozzo d’oro, tutte le tue dispense e tutti i tuoi servizi da tavola facendo uso di un nuovo veleno fornito loro dal capitano Drohuit.

5. Essi fecero poi delle prove dando da mangiare i cibi avvelenati a degli animali, e questi morirono istantaneamente dopo aver inghiottito tali cibi avvelenati.

6. Ma se ora tu o gli ospiti ne mangerete, allora moriranno tutti! E noi non ci azzardiamo assolutamente a toccare quelle vivande avvelenate e meno ancora poi osiamo prepararle!»

7. E Fungar-Hellan disse: «Io sapevo già tutto ciò che voi ora mi avete rivelato, ma è appunto perciò che io intendo offrire tali vivande a coloro che hanno avuto tante buone e fedeli cure per me! E questo mio unico eccellente amico che è venuto dall’altura, vi dirà lui come dovrete manipolare le vivande affinché non ve ne derivi nessun danno!»

8. A questo punto i cuochi, i dispensieri e i camerieri si rivolsero al vecchio Mahal e gli chiesero consiglio.

9. E Mahal disse: «Andate dunque e prendete dell’olio e dell’aceto, e con questi strofinatevi tutto il corpo prima di toccare le vivande e le altre cose avvelenate! E voi cuochi legatevi un panno bagnato dinanzi alle narici, e così difesi preparate le vivande, e in questo modo niente vi sarà di danno!»

10. Tale consiglio venne messo subito in pratica, e tutti gli incaricati se ne andarono a sbrigare le loro incombenze.

11. Poi il generale fece radunare gli araldi e comandò loro di andare ad invitare a cena solo “certi particolari” ospiti.

12. Gli araldi allora uscirono e fecero l’invito a quei determinati ospiti.

13. Poi però Fungar-Hellan fece chiamare a sé anche i capitani dell’esercito ed impartì loro l’ordine di disporre che tutta l’intera forza armata si tenesse pronta all’azione.

14. E tutto accadde come obbedendo ad un cenno!

15. Gli invitati, avendo sentito puzza di bruciato, accamparono una scusa per non andare.

16. E Mahal disse: «Manda fuori ora dei militi bene armati, e questi devono legare gli invitati e portali qui con la forza!»

17. E Fungar-Hellan seguì subito il consiglio di Mahal e, nel giro di un’ora, circa un migliaio di ospiti venne trascinato al castello reale, fra i quali vi erano anche Agla e Drohuit. Solo il re Gurat venne spontaneamente.

 

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Cap. 290

Agla sfacciata viene smascherata

Agla e Drohuit in gabbia

30 maggio 1844

1. Quando Agla vide Fungar-Hellan, gli si avvicinò come piena di indomito coraggio e gli domandò in tono molto severo: «Fungar-Hellan, cosa intendi farmi, dato che tu mi hai fatto trascinare qui come la più spregevole delle schiave? È forse costume qui da voi incatenare una regina e trascinarla dinanzi al tribunale?»

2. E Fungar-Hellan, con tono del tutto rilassato e bonario, disse: «Dilettissima e incantevolissima regina Agla, tu sai già che ho preso in moglie le tue sorelle, e dunque è mia intenzione celebrare le nozze appunto oggi; ed è costume, almeno qui da noi, invitare al banchetto nuziale tutti i parenti e gli altri amici! Io poco fa ho mandato i miei splendenti araldi per fare gli inviti; sennonché, in maniera per me del tutto incomprensibile, tutti gli invitati si scusarono di non potermi tributare il dovuto onore!

3. Allora io pensai: “Che significa questo? La faccenda ha tutto l’aspetto come se i più intimi amici avessero congiurato contro di me e come se essi volessero insorgere contro i miei diritti!”

4. E vedi, questa fu subito la ragione per cui, dopo il primo cortese invito, ne feci seguire un secondo non cortese per voi! Ed io ritengo che, nella mia qualità di gran sacerdote generale, dovrei ben essere degno di questa onoranza da parte vostra, visto che il vostro bene e male, per il momento, dal punto di vista mondano, dipende da me in maniera quanto mai notevole!

5. Oltre a questo, la mia cucina è sempre stata la migliore di tutto il regno, e i miei amici non l’hanno mai disprezzata finora! E in verità io non vedo perché questa volta si vorrebbe fare un simile torto ad essa.

6. Se tu, bellissima regina, hai delle buone ragioni sotto questo riguardo, allora fammele conoscere, ed io farò tutto il possibile pur di allontanare da me ogni apparenza sospetta ai tuoi bellissimi occhi!»

7. Questo discorso non garbò affatto ad Agla e nemmeno a Drohuit; perciò lei disse: «Fungar-Hellan! Se tu avessi un qualche barlume di stima per me, non mi avresti fatto trascinare al banchetto con la forza, tanto più che ora devo dirti che sono indisposta e che non potrei prendere assolutamente nulla, anche se tu mi facessi servire le migliori vivande del mondo!»

8. E Fungar-Hellan rispose: «Oh, allora devo chiederti perdono! Se lo avessi saputo prima, non sarei certamente giunto ad un secondo invito! Ma perché non mi hai reso nota questa circostanza per mezzo dei primi araldi?

9. Ma ora entra almeno nella sala e, durante il pranzo, riposati su un soffice divano, dopo di che ti farò portare a casa in una lettiga!»

10. Ed Agla, ora tutta tremante, disse: «Caro Fungar-Hellan, mi vuoi dunque uccidere già oggi? Infatti, io non posso stare in una camera con l’aria chiusa, se non voglio subito soffocare!»

11. E Fungar-Hellan disse: «O povera Agla, quanto deploro questa tua debolezza!»

12. A questo punto Agla simulò uno svenimento e si accasciò a terra.

13. E Fungar-Hellan disse ai suoi servitori: «Presto, portate dell’acqua attinta al mio pozzo d’oro, affinché la regina possa ristorarsi!»

14. A queste parole Agla fece un balzo e gridò: «No! Acqua assolutamente no! Ne resterei morta all’istante!»

15. E Fungar-Hellan disse ai servitori: «Lasciate stare l’acqua! Portate invece qui la mia grande gabbia d’oro; questa ridonerà la salute alla regina! E poi portate un’altra gabbia di ferro per Drohuit, perché mi sembra che anch’egli sia alquanto indisposto!»

16. Le due gabbie furono subito portate ed aperte.

17. E Fungar-Hellan disse ad Agla: «Adesso entra con le buone in questa graziosa casetta, altrimenti dovrai entrarci con la violenza! E la stessa cosa valga anche per te, Drohuit!»

18. A questo punto lo sgomento s’impadronì di due, ed essi vennero cacciati con violenza nelle gabbie, che poi furono portate nella sala da pranzo e poste sulla tavola centrale.

19. Quello che accadde dopo lo sapremo in seguito.

 

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Cap. 291

La grazia concessa agli ex sottosacerdoti

La terribile morte per avvelenamento inflitta ai mille ex gran sacerdoti

31 maggio 1844

1. Dopo che Agla e Drohuit furono così sistemati, Fungar-Hellan si rivolse ai gran sacerdoti e disse loro:

2. «Ora, amici e fratelli miei, visto che le vivande sono già servite, entriamo anche noi nella grande sala da pranzo, affinché i vostri due allievi che si trovano nelle gabbie non vengano privati della nostra compagnia! Badate però di andarci con le buone, altrimenti verrà fatto ricorso alla violenza anche per voi!»

3. A questo invito preannunciatore di morte, uno dei gran sacerdoti disse a Fungar-Hellan: «Sommo amico e fratello, ascoltami! Vedi, lasciarsi traviare con minacce di ogni tipo e adescamenti di vario genere e peccare per effetto di ciò, ebbene, questo è sempre ancora umano; invece, persistere accanitamente e ostinatamente nel peccato, questa è una cosa che appartiene all’inferno!

4. Anche noi dunque, per opera dei sottosacerdoti molto furbi, siamo stati sedotti per lo più con minacce della più terribile specie. Ci fu detto di una forza militare dieci volte superiore alla tua, e ci venne assicurato che tu eri già prigioniero e che ormai i tuoi nemici erano padroni della città e di tutto il regno.

5. Dopo ancora altre cento rassicurazioni di simile genere, noi finimmo col dover lasciare aprire le tue stanze per stare poi a vedere come i tuoi nemici avvelenavano tutto ciò che si trovava nelle tue camere facendo uso di un nuovo veleno, e durante questa operazione certamente circa un centinaio di operai sono morti e furono trasportati via di nascosto su dei carri per essere deposti in qualche luogo.

6. Vedi, così stanno veramente le cose. Perciò, perdona il peccato che siamo necessariamente stati indotti a commettere contro di te, e accetta da noi l’assicurazione più fedele del fatto che d’ora innanzi intendiamo restare – e come anche certamente resteremo – i tuoi più fedeli e più fermi amici!»

7. A queste parole, Fungar-Hellan si rivolse a Mahal e gli domandò che cosa avrebbe dovuto fare.

8. E Mahal rispose: «Questi falli prigionieri, ma non nelle carceri, bensì nel tuo cuore, e perdona loro, e così anche a te verrà perdonato! Ma i sottosacerdoti, che sono ora nelle prigioni, falli salire qui, affinché si siedano a tavola e mangino di quelle vivande, e poi muoiano nel loro misfatto! Agla e Drohuit lasciali nella sala da pranzo durante questo banchetto, affinché vedano come il misfatto si punisce da sé!»

9. Dopo di che Fungar-Hellan fece subito tutto secondo il consiglio che gli aveva dato Mahal.

10. I circa mille sottosacerdoti furono spinti a forza nella sala da pranzo e dovettero prendere posto alle mense, perché ogni resistenza sarebbe stata inutile! Alla maggior parte di loro già mettersi seduti costò la vita tra le più spaventose e tormentose convulsioni; soltanto pochi morirono mediante i cibi ingoiati per forza.

11. Ma i due testimoni di questo banchetto che erano nelle gabbie, svennero nel vedere quell’orribile scena e dovettero essere portati fuori all’aperto dove furono fatti rinvenire con dell’aceto.

12. Successivamente vedremo il resto.

 

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Cap. 292

Lo sgombero e il devastante incendio del castello sacerdotale su suggerimento di Mahal

1 giugno 1844

1. E quando questa scena ebbe fine e i due rinchiusi nelle gabbie si furono del tutto ripresi, Fungar-Hellan chiese nuovamente a Mahal cosa doveva accadere, in primo luogo, di coloro che avevano scontato il loro misfatto con la morte, e poi che cosa fare dei due che erano nelle gabbie.

2. E Mahal rispose: «Fa’ immediatamente sgomberare questo tuo castello dai tuoi tesori e poi fai appiccare il fuoco in tutti i punti ed angoli! Io però ti dico che lo sgombero deve essere compiuto entro tre ore! Quello che in questo tempo, calcolato dal momento presente, non sarà trasportato fuori dalla residenza, dovrà essere lasciato in balia delle fiamme, altrimenti domani il Giudizio di Dio cadrà su questa casa! Ma tutto ciò che, dopo un incendio di dieci giorni, le fiamme non avranno consumato, tu lo potrai utilizzare nuovamente.

3. Per quanto poi riguarda i due rinchiusi nelle gabbie, ordina che vengano trasportati ora nel castello del re! Là conviene che continuino a dimorare nelle loro gabbie spaziose al punto giusto, per tutto il tempo che durerà l’incendio del castello, ed occorre che lì dentro si esercitino nella pazienza e nell’umiltà, e poi la sentenza nei loro confronti sarà commisurata a seconda di come essi avranno tratto profitto in tale prova di umiltà per il vero benessere della loro anima!

4. Una cosa però devo ancora dire: “Guai a te, Fungar-Hellan, e guai pure a te, re Gurat, qualora voi voleste fare di Agla, la mia snaturata figlia, di nuovo regina, perché in tal caso il giudizio cui dovreste sottostare sarebbe ben grave!”».

5. Dopo queste parole di Mahal, Fungar-Hellan diede a tutta la sua servitù e a quella numerosa di tutti i gran sacerdoti, ormai posti in libertà, entrambe le quali formavano in tutto un complesso di più di diecimila persone di sesso maschile e femminile, l’immediato ordine di procedere con ogni cautela, durante il tempo di tre ore, allo sgombero del castello e di portare poi i tesori raccolti nel grande castello reale, ma, dopo tre ore, di appiccare il fuoco a questo castello dei sacerdoti, in tutti i mille punti e angoli.

6. L’incendio avrebbe dovuto infuriare con particolare violenza nella grande sala da pranzo dove giacevano i cadaveri. Però tutto quello che si trovava nell’alloggio del gran sacerdote generale - fosse anche oro e argento - non doveva essere salvato. Dopo ciò egli comandò ad alcuni portatori di trasferire entrambe le gabbie al castello del re.

7. Tutto fu subito eseguito puntualissimamente. Nelle tre ore di tempo concesse furono tolti dal castello molte migliaia di mezzi quintali d’oro e d’argento e una quantità di altre cose preziose, e tutto venne trasportato nel grande castello reale.

8. Trascorse le tre ore si videro già affrettarsi, verso il castello sacerdotale, migliaia e migliaia di persone munite di fiaccole ardenti e di torce impeciate, e in meno di mezz’ora tutto l’immenso castello che aveva un perimetro di due ore di cammino (7,56 km) e che aveva più di trentamila stanze, si trovò ad ardere con fiamme violentissime, e in quasi tutta Hanoch si diffuse una tale sensazione spaventosa quale non era stata mai ancora suscitata dal tempo dei dieci profeti del fuoco provenienti dall’altura.

9. Il seguito ci dirà cosa successe poi!

 

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Cap. 293

Il popolo pretende di sapere il perché dell’incendio del palazzo

Fungar-Hellan costretto a calmare il popolo in rivolta

3 giugno 1844

1. Tutto intorno al palazzo dei sacerdoti che ardeva, vennero subito poste delle guardie per impedire qualsiasi opera di spegnimento. Costoro dovevano limitarsi a sorvegliare che le case dei grandi e dei piccoli-borghesi non prendessero fuoco in seguito al grande calore sviluppatosi dall’incendio del palazzo, il quale era bensì isolato da tutte le parti in maniera assai considerevole, ma nonostante questo, il calore che irradiava da quel mare di fuoco era tanto potente da mettere in serio pericolo gli edifici che sorgevano nelle vicinanze.

2. Gli hanochiti frattanto stavano scervellandosi per scoprire le cause dell’avvenimento. Alcuni erano dell’opinione che in questa maniera Fungar-Hellan fosse stato annientato dai suoi nemici. Altri invece dicevano che Fungar-Hellan fosse riuscito ad attirare i suoi nemici nel palazzo e che, una volta entrati, egli avesse fatto appiccare il fuoco al castello e lo avesse fatto chiudere per ridurre in cenere i propri nemici; perché una simile soluzione era perfettamente conforme ai modi di agire dell’astuto gran sacerdote generale. Altri ancora, i quali avevano un lontano ricordo dei dieci profeti del fuoco, erano del parere che certamente il fatto lo si sarebbe dovuto attribuire nuovamente ad un simile profeta del fuoco disceso dall’altura, che operava i suoi prodigi devastatori con il fuoco dinanzi alla classe dei sacerdoti allontanatisi dal Dio antico, nell’intento di convertirli.

3. In seguito a questo scambio di opinioni, ci fu naturalmente una quantità di curiosi che tentavano di scoprire quali fossero le vere cause di quel terribile avvenimento; le guardie, però, avevano avuto l’ordine di mantenere il silenzio, e quindi nessuno che comunque non era iniziato nella faccenda fu in grado di saperne qualcosa.

4. Ma questa incertezza finì col suscitare una vera rivolta tra la borghesia della città, che voleva sapere con la violenza che cosa si nascondesse dietro a quell’incendio.

5. Allora Fungar-Hellan si mostrò alla testa di un forte drappello di armati e disse a un rappresentante principale della grande borghesia: «A cosa volete arrivare con la vostra tumultuosa condotta? Ritiratevi e rientrate nell’ordine, altrimenti vi farò rientrare io con la forza delle armi! Non sono io forse padrone della mia casa, e non posso farne quello che voglio? Che v’importa ora in che modo e perché l’ho fatta bruciare? Ritiratevi dunque immediatamente, se non volete trovare la morte tra fiamme simili a queste!»

6. Questo discorso del generale ebbe l’effetto più deciso. L’intera rivolta fu calmata, e si videro solo pochissimi spettatori nelle adiacenze del palazzo in fiamme.

 

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Cap. 294

Agla  invoca di essere liberata dalla gabbia

Fungar-Hellan le risponde in tono garbato

4 giugno 1844

1. Fungar-Hellan, durante i dieci giorni in cui durò l’incendio, si trattenne per lo più nel castello del re per sbrigare da lì le sue faccende insieme al re, e a questo scopo faceva uso della stessa stanza in cui si trovavano i due prigionieri in gabbia, e così accadde spesso che, particolarmente Agla, lo pregasse di liberarla da quella ignobilissima prigionia, oppure che addirittura la uccidesse, poiché le era assolutamente insopportabile languire là dentro.

2. E il generale le rispondeva sempre con la voce più dolce: «Tu sei un uccellino meravigliosamente bello, però anche molto cattivo e maligno; perciò io non voglio ucciderti, data la tua meravigliosa bellezza. Ma siccome sei così cattiva e maligna, voglio tenerti in questa gabbia preziosa come si usa tenere i belli uccellini, i quali essi pure sono spesso cattivi e maligni quando si trovano in libertà; ma quando si vedono rinchiusi in una gabbia, diventano molto dolci, mansueti e buoni. Chi sa se questa bella gabbia non possa ottenere l’identico effetto anche con te!

3. Vedi, quando eri libera e vivevi circondata dal massimo splendore di questo mondo, ogni tuo pensiero era rivolto solamente alla distruzione delle persone che non ti andavano a genio, e siccome a genio non ti andavo nemmeno io, allora tu hai tentato tutte le vie possibili pur di mandarmi all’altro mondo. Ma pare che il vero Dio abbia decretato in un altro modo, e cioè che la tua maligna astuzia ai miei danni, o grazioso uccellino, non dovesse riuscire! E vedi, io sono ancora quello che ero prima; tu invece non sei più quella che eri prima, ma sei solamente il mio caro e bello uccellino!

4. Vedi, adesso io potrei molto facilmente farti tagliare la tua bella testolina, oppure farti solleticare in un punto qualunque del tuo corpo bello e delicato con un ago avvelenato, ma io non sono così cattivo e maligno come te. Per conseguenza io non faccio così, né mai lo farò! Ma di liberarti non se ne può parlare certamente, prima che non mi sia perfettamente convinto che tu ti sei avviata a diventare del tutto dolce e mansueta!

5. Non per questo ti sarà fatto mancare quello che ti occorre in questa tua bella casetta del piacere! Da mangiare e da bere ne avrai a sufficienza! Per i tuoi bisogni corporali c’è lì in quell’angolo la piccola cassetta che deve essere pulita tre volte al giorno e che sarà da chiudere per evitare che i cattivi odori arrivino alle tue narici. Così pure là dentro tu disponi di un soffice giaciglio e di un comodissimo, benché piccolo, divano. Se ti è necessario, puoi fare in questa tua casetta anche qualche piccola passeggiata. Che cosa vuoi di più ancora? Resta dunque bella tranquilla là dove sei, e non ti sarà fatto mancare niente!

6. Drohuit non se la passa certo tanto comodamente come te, ma in fondo neanche a lui manca niente!»

7. Ogni volta che Agla rivolgeva al generale la preghiera che la liberasse, lei otteneva sempre la stessa risposta da lui, e in segreto si infuriava potentemente; però lei teneva celata la sua rabbia per ingannare Fungar-Hellan. Ma Fungar-Hellan era diventato assai prudente e dava sempre ascolto a quello che gli suggeriva il vecchio Mahal.

 

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Cap. 295

La raccolta dei tesori fusi sul luogo dell’incendio

L’ordine per il restauro del castello

Un richiamo misterioso viene sentito in tutta la città

5 giugno 1844

1. Quando dopo dieci giorni l’incendio al castello sacerdotale si estinse, allora Mahal disse a Fungar-Hellan:

2. «Ora manda dei muratori e dei falegnami sul luogo dell’incendio ormai già dappertutto estinto, e fa cercare se tra i resti vi è ancora qualcosa di prezioso, in modo che venga raccolto nella tua grande ex sala da pranzo e in generale in tutto il tuo appartamento!

3. Di certo tutti i tuoi utensili d’oro e d’argento non potranno trovarsi che allo stato fuso, sennonché questo non ha importanza nel nostro caso! Anche allo stato di semplice metallo fuso conviene che tutto ciò venga raccolto con ogni cura, non tanto a causa del valore che può rappresentare, quanto piuttosto per ragioni di tutt’altro genere che tu ora non potresti comprendere, e che io non posso rivelarti per il momento; segui però il mio consiglio, e allora tutto procederà bene!»

4. E Fungar-Hellan seguì subito il consiglio di Mahal e lo stesso giorno egli mandò sul luogo dell’incendio un migliaio di muratori ed altrettanti falegnami; e questi, lavorando dieci giorni interi, trovarono ancora oltre ventimila mezzi quintali d’oro e argento fuso, nonché un’incredibile quantità di pietre preziose - come diamanti, rubini e smeraldi - tutte cose che essi trasportarono nel grande castello del re.

5. Fungar-Hellan rimase notevolmente meravigliato per l’enorme quantità di tesori recuperati sul luogo dell’incendio, e disse: «Per il Dio di Mahal! Io non avrei proprio mai creduto che fosse rimasta ancora una tale quantità di oro, di argento e di pietre preziose, dato che nelle tre ore immediatamente precedenti l’incendio ne vennero portate fuori dal castello delle quantità immense!»

6. E Mahal disse: «Io ti dico: “Manda gli operai ancora una volta sul luogo, e là, rimuovendo ancora una volta le macerie causate dall’incendio, essi ne troveranno ancora una quantità uguale alla prima!”»

7. Ed egli, cioè Fungar-Hellan, mandò subito nuovamente gli operai a rimuovere le macerie sul luogo dell’incendio; e vedi, nel giro di altri dieci giorni essi trovarono una quantità di metallo nobile, allo stato fuso, quasi ancora più grande della prima e la portarono al castello del re con grandissimo stupore di Fungar-Hellan.

8. Poi Mahal gli disse: «Ora puoi fare ricostruire il castello, perché le murature sono buone!»

9. E il generale impartì subito gli ordini ai capomastri, e questi diedero presto inizio al restauro del castello.

10. Ma precisamente in quello stesso giorno in tutta la città si sentì un richiamo, e questo suonava così: «Questo è un lavoro inutile!»

11. E nessuno sapeva da dove giungesse questo richiamo, e tale richiamo sorprese perfino Mahal, ma più ancora Fungar-Hellan.

 

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Cap. 296

Il misterioso richiamo forse proveniente dalla voce di Dio

Fungar-Hellan si arrabbia e muove accuse a Dio

7 giugno 1844

1. E Fungar-Hellan, avvicinatosi in fretta a Mahal, gli domandò cosa potesse significare quello strano richiamo.

2. E Mahal rispose: «Amico Fungar-Hellan, forse questo richiamo non è uscito dalla bocca di una moltitudine di uomini, bensì – credimi! – queste sono state parole proferite dall’invisibile bocca di Dio! E il significato di queste parole è questo: Dio, in un tempo non lontano, farà venire sul mondo un Giudizio quale mai ancora non c’è stato da quando l’umanità dimora su questa Terra! Per tale ragione la ricostruzione del tuo castello risulterebbe ben poco utile!»

3. A questo punto Fungar-Hellan, del tutto arrabbiato, disse a Mahal: «Ma dimmi una buona volta: che cosa vuole veramente l’antico e sempre sgarbato Dio? Se noi uomini non gli stiamo bene così come Egli ci ha creato e come siamo, allora, che ci rifaccia in un’altra maniera, in modo tale che saremo poi disposti così come è di massimo gradimento per Lui!

4. Io però devo confessarti sul serio che il tuo Dio si dimostra debole in altissimo grado continuando a minacciarci con un qualche giudizio, e che Egli di fronte a noi, Sue creature, manifesta un’imperfezione di cui davvero nessun uomo retto è consapevole! Dal momento che Egli ci ha creato come esseri liberi, perché poi ci raggira con certe leggi che ripugnano più della morte stessa alla natura che Lui ci ha dato?

5. E se in seguito a circostanze di vario genere non ci è spesso possibile osservare queste leggi, o se ci facciamo delle raffigurazioni in immagini di Lui e delle Sue Forze agenti, e queste le facciamo venerare dal popolo che di Lui non può formarsi alcun concetto, dato che non si fa mai vedere, allora Egli è subito pronto a riprendere la Sua antica minaccia del Giudizio che ha già fatto a Caino! – Non trovi anche tu che questa cosa sia quanto mai sciocca da parte di un Dio?

6. Se a lui non piace la mia amministrazione, allora che venga qui e che mi mostri come Egli vuole che sia, ed io la modificherò a seconda delle Sue richieste! Ma invece passa un secolo, ed Egli non dice nulla, e si comporta come se non esistesse, o come se dormisse o fosse pienamente soddisfatto del modo in cui procedono le cose! In conseguenza di ciò, con il lungo trascorrere dei tempi, certamente va perduta più di una cosa della Sua Volontà rivelata in un’epoca non ben identificabile e dell’adempimento della stessa! Ma a chi è poi da attribuirsi la colpa di ciò, se non al Creatore stesso, dato che Egli non è uguale in tutti i tempi?

7. Se Egli può dimostrarsi un saggio maestro verso un popolo, perché non fa altrettanto verso un altro? È forse un popolo meno creato da Lui, che non un altro popolo? Dunque, che venga Egli e che ci trasformi, oppure che ci distrugga, basta che lo faccia in un istante, affinché possa aver fine una buona volta questa storia, per me estremamente fastidiosa della minaccia del Giudizio, poiché davvero io sono ormai proprio arcistufo di tutto questo!

8. Tu mi dirai senza dubbio che il Signore ci ha già mandato spesso dei messaggeri! Ma io dico che simili messaggeri non hanno fatto veramente alcun onore ad un vero Dio, dato che alla fin fine si sono dimostrati più deboli di noi che eravamo coloro ai quali erano stati mandati!

9. Consideriamo ad esempio il tuo Waltar! Io domando: “Come può un Dio sapiente mandare un profeta di tale specie a un popolo come siamo noi, hanochiti, affinché ci converta? Non ci ha egli superato di gran lunga in ogni genere di debolezze? E tuttavia, quale inviato di Dio a noi, egli avrebbe dovuto essere un profeta e un maestro nella Forza di Dio!”

10. Allora dimmi: come si fa a mettere d’accordo questo, con il tuo antico Dio che dovrebbe essere onnipotente e sapiente in grado supremo?”».

11. Mahal rimase del tutto confuso a questo discorso e non seppe cosa replicare al generale.

12. Ma il generale cominciò ora sul serio ad insistere con Mahal per avere una risposta.

 

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Cap. 297

Mahal chiede aiuto a Dio per la risposta

Le durissime parole e l’annuncio del Giudizio di Dio entro vent’anni

8 giugno 1844

1. E quando Mahal vide Fungar-Hellan farsi sempre più violento contro di lui, allora alzò in alto la sua mano e disse: «Grande Dio, vedi, il Tuo vecchio servitore e servo si trova ora in un grave pericolo; perciò abbi pietà di lui e salvalo con la Tua grande grazia e misericordia! O Signore, poni nel suo cuore parole tali che egli possa vigorosissimamente combattere un impotente ribelle contro di Te, o grande Dio e Signore di ogni magnificenza!»

2. A questo punto un raggio della divina Forza scese nel cuore di Mahal, ed egli ringraziò Dio e poi rivolse al generale le seguenti parole:

3. «O tu, verme di un uomo quanto mai impotente su questa Terra! Tu vuoi contendere con Dio e, con le tue ragioni ingannevoli e fondate sulla ragione, vuoi imputare debolezze umane all’Altissimo e Santissimo, e vuoi vendicarti della Sapienza di Dio facendo ricorso al tuo debole intelletto mondano?

4. Ma io ti dico: “Temi e trema a causa dell’oltraggio da te inflitto all’intangibile Santità di Dio! Infatti la terra non è più una base solida per i tuoi piedi, e l’aria di Dio si ribellerà contro di te perché tu hai profanato la Santità del Signore al mio cospetto!”

5. Se tu avessi detto che Dio è senza misericordia e non ha amore per le Sue creature, allora questo sarebbe stato un rimprovero umano che si può perdonare; ma tu ti sei scagliato contro la Sapienza e contro l’eterno Ordine divini, e durante il tuo litigio hai dichiarato che Dio è un pazzo insensato, e che la Sua Sapienza, secondo te, è superata già da quella di un semplicissimo uomo.

6. Vedi, questa è stata un’aggressione alla Santità divina e dunque un peccato imperdonabile, e questo tuo peccato farà tanto più inevitabilmente piombare sul capo di tutti voi il Giudizio di Dio!

7. Infatti, se un solo cuore di uomo in tutto il regno fosse migliore del tuo, ebbene, per amore di questo unico cuore migliore, Dio si disporrebbe a risparmiare questo regno ancora per cent’anni e ad attendere un miglioramento!

8. Ma poiché finora eri ancora tu il migliore, quantunque non ti trovassi più sotto alcun aspetto entro l’Ordine divino e adesso con il tuo litigio tu ti sei completamente separato da Dio, così accade che il Giudizio vi sta anche dinanzi alla porta! Ed io aggiungo: “Non saranno trascorsi due volte dieci anni che questo tuo mondo non esisterà più!”

9. Adamo ha peccato davanti a Dio, e Dio ha giudicato con il fuoco l’intera Creazione! Le rocce spaccate della Terra te ne forniscono la prova più indiscutibile.

10. Ai tempi di Ohlad, quando anche allora questo regno aveva del tutto abbandonato Dio, Dio mandò nuovamente il giudizio del fuoco sulle zone emerse della Terra, e di nuovo le montagne e le valli vennero in grandissima parte spaccate dalla violenza del fuoco! Le fenditure trasversali nella roccia te ne rendono testimonianza.

11. Nonostante questo, il Signore ha sempre risparmiato l’uomo, essendosi Egli limitato a mostrargli la Potenza divina e a dimostrargli come l’uomo al confronto di Dio non è che un nulla assoluto; ora però Dio aggredirà la specie umana e la sterminerà fin dove arriva l’onda dei vostri peccati!

12. Vedi, questa è la risposta che volesti avere, ed io non te ne posso dare un’altra, perché Dio non mi ha dato altra risposta che questa, per te e per tutto il tuo popolo!»

13. Queste parole turbarono enormemente Fungar-Hellan, ed egli fu colto da una grande angoscia, poiché egli teneva in grande considerazione Mahal, e ora stava riflettendo intensamente su come avrebbe potuto placare nuovamente Dio e Mahal.

 

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Cap. 298

Una misteriosa voce divina nella grande sala del trono

Gli abomini nelle altre dieci città

Noè inizia la costruzione dell’arca

 La richiesta di Dio di annientare tutti i templi degli idoli

10 giugno 1844

1. Ma quando Fungar-Hellan ebbe meditato a lungo riguardo a ciò che si sarebbe dovuto fare per placare il Dio di Adamo, di Set e di Enoch, e per conseguenza anche il suo vecchio Mahal, una voce potente risuonò questa volta nella grande sala del trono, dove appunto si trovava Fungar-Hellan con Mahal, nonché il re Gurat ed una quantità dei primi ministri del regno, e la Voce suonò così:

2. «Chi, per amore a Dio, sente sorgere nel proprio cuore un vero pentimento per i suoi peccati, non deve avere paura, perché Dio non è inconciliabile come un uomo, bensì Egli è conciliante in sommo grado!

3. Chi, con pentimento e amore, si avvicina al Padre, costui non deve avere paura, poiché egli otterrà il perdono dei suoi peccati!

4. Se tutto il regno fosse come sono certamente ormai pochi uomini ancora in Hanoch, allora Dio potrebbe restare ancora mille anni in attesa del pieno ravvedimento; ma andate dai vostri vassalli, e andate nelle altre dodici città, e là non riscontrerete che orrori su orrori, dei quali a voi non giunge mai nessuna notizia!

5. Voi avete di certo esentato il popolo da determinate tasse, e al loro posto avete introdotto delle tasse indeterminate e in un certo qual modo volontarie; ma appunto questo sistema ha offerto a tutti i vostri vassalli l’occasione di dare alle tasse indeterminate una forma tale che ora non esiste più un suddito che sia per un’ora soltanto al sicuro dal sentirsi chiedere con forza l’elemosina. E se non dà ad un simile mendicante quello che costui pretende, allora quest’ultimo comincia subito a fare al suddito le più terribili minacce; e se il suddito non cambia idea, allora il mendicante si allontana tra bestemmie e le più spaventose maledizioni.

6. E vedi, non passa giorno che tutte le maledizioni scagliate contro al suddito trovano compimento tramite dei maghi camuffati, naturali e infernali, in ogni luogo. In questo momento mille sudditi vengono martoriati nel modo più inaudito, e nella prossima ora è riservata la stessa sorte ad altri mille!

7. Ma come potrebbe Dio, date simili condizioni, risparmiare più a lungo ancora il genere umano ed attendere il suo miglioramento?

8. In verità, sia l’inferno l’eterno luogo di miglioramento per simili diavoli sotto spoglie umane!

9. Oggi il Signore, il Dio del Cielo e della Terra, ha comandato a Noè sull’altura di costruire, secondo un giusto piano, una cassa per l’acqua (l’arca), e Noè ha già dato inizio all’opera che gli è stata comandata!

10. Chi di voi vuole essere salvato, che faccia giusta penitenza al cospetto di Dio e cerchi di indurre anche gli altri a vera penitenza, e così egli troverà grazia, e Dio, al tempo opportuno, lo condurrà fuori da questo paese della perdizione affinché non venga giudicato assieme ai diavoli!

11. E tu, Fungar, esci fuori con la tua forza militare e distruggi tutti i templi degli idoli, se ti sta un po’ a cuore il perdono del tuo grave peccato; però astieniti da atti di eccessiva crudeltà! Amen!»

12. Queste parole, espresse come fuori dall’aria nella sala, suscitarono in tutti i presenti, non escluso Mahal, il massimo e angosciato stupore; e Fungar-Hellan ordinò immediatamente a tutti i capitani del suo esercito di mettere sul piede di guerra tutta l’intera ed immensa forza armata al massimo entro tre giorni.

13. E Mahal gli disse che egli, nel Nome del Signore, lo avrebbe accompagnato ovunque fosse andato.

 

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Cap. 299

L’esercito si mobilita e Gurat chiede dei validi funzionari il governo del paese

I due rinchiusi nelle gabbie siano separati fino al ritorno del generale

11 giugno 1844

1. I capi dell’esercito, che erano stati essi stessi testimoni di questa strana voce e del discorso nella grande sala del trono, si allontanarono con tanto maggior zelo e sollecitudine per dare esecuzione all’ordine di mobilitazione, e Gurat si avvicinò a Fungar-Hellan e gli disse:

2. «Amico e fratello, tu ora dovrai condurre il grande esercito e forse rimarrai assente da Hanoch per degli anni, così che tutto il peso del governo graverà sulle mie spalle! Oh, questo sarà per me un compito ben difficile! Non potresti dunque lasciarmi alcuni tra i tuoi più esperti funzionari affinché mi siano di aiuto nella sorveglianza e nel governo di questo numeroso popolo, poiché un’incombenza simile non sarà mai possibile ad unico uomo?»

3. E Fungar-Hellan rispose al re: «Fratello, nel tuo castello disponi anche tu di più di diecimila funzionari di alto e di basso rango! Non ti sono sufficienti questi? Io ti dico: “Non nutrirli inutilmente, bensì incitali al lavoro, ed essi faranno di certo quello che ordinerai loro di fare!”»

4. E Gurat replicò: «Sì, tu avresti ragione se nelle loro teste ci fosse qualcosa; ma appunto in ciò consiste la parte scabrosa della questione!

5. Tu ben sai come noi due fummo costretti all’inizio, per assicurarci il nostro trono, ad attrarre a noi tutti i grandi della città e anche del regno, e di conferire loro alte cariche e dignità di corte!

6. Vedi, già da prima questa gente era molto stolta, e noi, per certe ragioni, l’abbiamo ancora di più rafforzata nella loro stoltezza, quantunque d’altra parte noi abbiamo saputo rendere il dovuto riconoscimento alle intelligenze più illuminate!

7. E ora simili teste stolte dovrebbero restare al mio fianco per aiutarmi a tenere il governo del paese! O amico, in verità, la conseguenza di ciò sarebbe ben presto un governo da disgustare anche Satana stesso!

8. Per questo motivo, che deve essere molto ben comprensibile anche a te, tu ti persuaderai molto sicuramente e facilmente del fatto che durante la tua assenza avrò assolutamente bisogno di alcuni abili funzionari!»

9. A questo punto intervenne Mahal e disse a Fungar: «Concedigli dunque cento dei buoni ufficiali che sono della tua scuola; con questi riuscirà certo a sbrigarsela mentre noi saremo assenti!»

10. E Fungar-Hellan concesse subito a Gurat cento gran sacerdoti della sua scuola, i quali avrebbero dovuto aiutare il re nel governo del regno.

11. C’era però ancora un’altra questione da appianare: si trattava di vedere che cosa si sarebbe dovuto fare di Agla e di Drohuit.

12. A questo punto Mahal intervenne di nuovo e disse: «Che essi rimangano come sono finché noi ritorniamo! Solo in caso di una malattia o nel caso di evidente miglioramento sia lecito ad uno o all’altra di uscire dalla gabbia; ma occorre che nessuno dei due esca dalla camera finché noi non saremo ritornati!

13. Innanzitutto però, malgrado siano rinchiusi in due gabbie diverse, bisogna che essi vengano allontanati, e ciò oggi stesso e sotto i nostri occhi! Così è necessario che sia fatto!»

 

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Cap. 300

Agla confessa la propria colpa e prega la liberazione o la morte

La scelta tra il pugnale e la gabbia

Il perdono concesso

12 giugno 1844

1. E quando Gurat e Fungar-Hellan ebbero udito tali parole da Mahal, si recarono immediatamente nell’altra sala dove i due si trovavano nelle gabbie sotto una conveniente sorveglianza.

2. E giunti là, vennero subito accolti da Agla con le seguenti parole: «O voi primi potenti del regno, e tu pure Mahal, padre mio, io sono certamente una grandissima peccatrice al cospetto di Dio e di tutti voi, perché ho violato i diritti di Dio e tutti i vostri diritti, e perciò non ho meritato altro che la morte! Ora riconosco che la punizione inflittami con la chiusura in questa gabbia è troppo poca cosa per me; una gabbia di fuoco sarebbe adeguata al mio peccato!

3. Ma dov’è quel peccatore prigioniero che non brami ardentemente la libertà, sia che essa gli sia utile o no? Ma altrettanto è anche il caso mio! Io ora riconosco certamente l’intera grandezza del mio crimine dinanzi a voi e dinanzi a Dio, come forse non l’ha mai riconosciuto nessun altro peccatore, ma tuttavia riconosco e sento in me anche il potente impulso verso la libertà, che fa per me di questo carcere un tormento insopportabile!

4. Oh, prendete un pugnale e trafiggetemi il cuore, e così mi farete felice, ma non lasciatemi più a lungo in questa prigionia colmissima di tutto il disprezzo, perché essa può indurmi alla disperazione e alla pazzia! Fate di me quello che volete, ma non abbandonatemi più a lungo qui dentro, esposta continuamente alle punzecchiature e agli insulti delle guardie!

5. O padre Mahal, e tu fratello mio Chisarell, e voi, mie care sorelle, muovetevi a compassione di me che sono tanto infelice! Consideratemi come un essere caduto in balìa dell’inferno, accecato, adescato e sedotto, e così sorgerà in voi almeno quel tanto di misericordia da darmi almeno la morte che bramo ardentemente!

6. Non pensate che io possa essere nuovamente pericolosa per voi, poiché colei che con le mani protese vi supplica di darle la morte, non vi chiederà mai più in eterno un trono!

7. O grande, onnipotente Dio, se il mio peccato non fosse così grande, allora io Ti pregherei la mia liberazione! Sennonché io riconosco la mia indegnità troppo grande dinanzi a Te; perciò mi manca il coraggio di invocare pietà a Te, o Padre supersanto e giustissimo! Ma tuttavia, ammorbidisci i cuori di questi Tuoi potenti, affinché accondiscendano ad uccidermi, ed io non sia fatta più a lungo ancora oggetto della più vergognosa derisione da parte delle mie guardie!»

8. Dopo queste parole, Agla si accasciò quasi svenuta e gemente nella sua gabbia.

9. Allora Fungar-Hellan fece aprire subito la gabbia e fece tirare fuori Agla, e la fece ristorare con buone spezie, dopo di che lei rinvenne.

10. E quando ebbe riacquistato le sue forze vitali, Fungar-Hellan le disse: «Agla, è veramente serio il tuo proposito di morire, piuttosto che rientrare nella tua gabbia? Ecco: qui è un pugnale aguzzo, e lì c’è la gabbia! Scegli seriamente tra i due!»

11. A queste parole Agla si scoprì subito il petto ed esclamò con voce un po’ tremante: «Vedi, qui batte il cuore di colei che è stata illusa e fatta schiava in modo molteplice; oh, liberami con la tua mano robusta, armata di quell’acciaio!»

12. A questo punto Fungar-Hellan allora, gettato via da sé il pugnale d’acciaio, disse a Mahal: «Con ciò io ho perdonato tutto a tua figlia; Dio e tu, però, fate di lei secondo il vostro piacimento!»

13. E Mahal rispose: «Se tu le hai perdonato tutto, allora le sia perdonato tutto anche da parte mia! Lei però non può rimanere qui, bensì è necessario che venga con noi all’accampamento militare!»

14. Fungar-Hellan si dichiarò d’accordo con ciò; ed Agla cadde ai piedi di suo padre e pianse per simile grazia che le era stata mostrata, e la sua commozione era tanta che a stento poté risollevarsi.

15. E tutti si rallegrarono molto di tale miglioramento di Agla.

 

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Cap. 301

Le disposizioni di Fungar-Hellan per Drohuit

Le buone parole di Agla a suo padre

13 giugno 1844

1. Quando Agla fu liberata in tal modo, Gurat si avvicinò a Fungar-Hellan e gli domandò se un simile trattamento si sarebbe dovuto riservare anche a Drohuit qualora egli si fosse migliorato come aveva fatto Agla.

2. Fungar-Hellan però rispose in tono del tutto fermo: «No, Drohuit deve in ogni caso restare nella sua gabbia finché io o il mio successore, qualora io trovassi la morte nella campagna militare, non sia ritornato!

3. Tuttavia bisogna che tu non gli faccia mancare nulla: provvedilo di cibo e di bevande a seconda dei suoi desideri!

4. Se egli vuole avere presso di sé l’una o l’altra delle sue mogli nella gabbia, anche questo può venirgli concesso, tuttavia alla condizione inderogabile che egli, in primo luogo, con la donna che si trova con lui non parli d’altro che di quello di cui comunemente si parla quando ci si trova assieme ad una donna sul letto di coabitazione; oppure se egli vuole intrattenersi su argomenti migliori, allora può ragionare con le sue mogli migliori sulle cose concernenti l’antico e vero Dio, dal Quale lui, come tutti noi, si è già da lungo tempo miseramente allontanato!

5. Durante la coabitazione, e generalmente durante la presenza di una o l’altra delle sue mogli, è necessario che egli venga sempre sorvegliato rigorosamente e ascoltato di nascosto! E dato che Agla ora è libera, allora Drohuit può rimanere qui in questa sala!

6. Io però ti dico ancora questo: “Fammi per iscritto la narrazione più esatta possibile di tutto quello che egli farà nella sua gabbia, affinché io possa poi regolarmi conformemente nel prendere disposizioni a suo riguardo in avvenire, sia per il suo bene che per il suo male! Se egli infine desiderasse leggere qualche libro della nostra grande collezione, allora si potrà dargli soddisfazione anche in questo caso!

7. E ora tu hai pure le dovute e giustissime istruzioni per Drohuit! Se le osserverai esattamente, così tu provvederai bene per lui, per te e per noi tutti; e questa è di certo la Volontà dell’unico vero Dio!»

8. E Mahal disse: «Amen! Tutto ciò è giusto e perfettamente equo. Così dunque avvenga!»

9. E non appena Gurat ebbe udito queste parole, ne divenne lieto, poiché Drohuit era appunto l’uomo che, grazie alla sua astuzia, gli aveva già quasi strappato giù la corona dal capo. Egli dunque giurò che avrebbe puntualmente seguito tutte le istruzioni a suo riguardo.

10. Però Mahal, volendo sincerarsi dei sentimenti di Agla, le domandò in segreto se lei fosse soddisfatta di tali disposizioni prese rispetto a Drohuit.

11. Agla disse: «O padre, perché tenti ancora la tua miserrima e infelice figlia che ha provato già tante tentazioni? Non sono forse io ancora abbastanza infelice, tanto di fronte al mondo, quanto nella mia anima? Dinanzi al mondo io sono la più disprezzata e la più temuta tra tutti i serpenti, e nella mia anima sono anche, dinanzi a Dio, la più scellerata, perché dinanzi a Dio il sangue di mio fratello grida continuamente vendetta contro la mia anima!

12. Oh, non tentarmi più oltre, perché una persona non è mai stata più infelice di me su questa Terra! Anche se voi mi avete perdonato tutto, mio fratello che io ho fatto uccidere non mi perdonerà mai più, e nemmeno Dio vorrà perdonarmi tale atto! Per questo io sono così infinitamente infelice! Perciò, o padre, non tentare più colei che è la più misera!»

13. Queste parole di Agla suscitarono una grande sensazione e a Mahal stesso rincrebbe di aver posto ad Agla una tale domanda. Perciò tutti si affrettarono intorno a lei per consolarla e per rafforzarla quanto possibile e per ristorarla.

 

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Cap. 302

L’ ipocrita simulazione di Drohuit

Agla chiede una veste di crine

15 giugno 1844

1. Drohuit, che aveva compreso molto bene le disposizioni prese a suo riguardo, provò anch’egli, pur di ottenere la liberazione dalla prigionia nella gabbia, ad esibirsi in pianti, lamenti e accuse a se stesso per il suo peccato contro Fungar-Hellan e contro Dio.

2. Ma Fungar-Hellan disse: «Il canto di questo uccello mi è quanto mai ben noto, poiché qui appunto non si tratta più di un canto naturale, ma di un canto imparato! Dato però che ognuno sa anche troppo bene quali sono gli uccelli che si possono ammaestrare per il canto, così, quando si sente una simile canzone, non è affatto difficile intuire se la melodia proviene da uno storno, da un merlo oppure da una allodola dorata!

3. E ugualmente anche qui io riconosco al primo istante il canto di questo uccello, il quale non è uno storno o un merlo, né meno ancora un’allodola dorata, ma è tanto più riconoscibile invece come un tipico uccello rapace che si nutre di prede vive e anche morte, che imita la voce degli uccellini per adescarli e per afferrarli con i suoi artigli! Noi però non siamo affatto dei pazzi e non ci lasceremo attirare così facilmente da lui in qualche folta boscaglia!

4. Egli può piangere e lamentarsi come vuole, ma nella sua casa a sbarre bisogna che ci resti, come poco fa è stato disposto da me!

5. Io vedo bene che questa punizione è troppo mite per il suo peccato, perché egli ha meritato mille volte la morte; sennonché il grande Mahal, questo vero profeta di Dio, così ha voluto, ed è a lui che egli deve il fatto che la sua punizione è stata comminata in maniera tanto infinitamente lieve!

6. In verità, se dipendesse da me, io gli infliggerei all’istante una punizione ben differente! Ma qui tutto dipende dalla Volontà di Dio, del Quale io oggi ho cominciato ad avere il più profondo rispetto; e così mi dichiaro anch’io d’accordo con questa punizione quanto mai mite, avendomi così indicato di fare il profeta di Dio! E ora non se ne parli più!»

7. Qquando Drohuit ebbe udito tali parole del generale, egli ammutolì e non si lamentò più, né pianse e neppure proseguì più nella confessione dei suoi peccati dinanzi alla compagnia che si trovava nella sala; circostanza questa che suscitò una risata in molti, dato che si erano accorti quanto esattamente Fungar-Hellan ci avesse azzeccato con quel rinchiuso in gabbia.

8. Agla però, la quale aveva tuttora indosso le sue vesti regali, si avvicinò allora a Fungar-Hellan e gli disse: «O uomo nobilissimo che fosti da me tanto profondamente misconosciuto! Vedi, io ora, quale una grandissima peccatrice dinanzi a Dio, dinanzi a te, dinanzi al re, dinanzi al padre mio e dinanzi a tutti gli uomini, porto ancora delle vesti regali sul mio indegnissimo corpo! Ti prego perciò di togliermele e di darmi in cambio una comunissima veste di crine, quale compete ad una penitente peccatrice, poiché queste vesti splendenti bruciano la mia anima come un potentissimo fuoco!»

9. E quando Mahal, assieme a Fungar-Hellan, ebbe udito questo, allora egli disse al generale: «Fratello, concedile ciò che lei ti ha pregato!»

10. E Fungar-Hellan fece subito secondo il consiglio di Mahal.

11. E Agla si ritirò con suo padre in una stanza a parte, si cambiò subito le vesti e tornò poco dopo con il padre di nuovo dalla compagnia, con una veste di crine grigio.

12. E Fungar-Hellan ebbe una grande gioia per tale conversione di Agla, ed anche gli altri della compagnia tributarono lode per tale azione di Agla.

 

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Cap. 303

Mahal chiede ad Agla quale è stato il più grave dei suoi peccati

La buona risposta della figlia perduta e ora ritrovata

17 giugno 1844

1. Dopo una breve pausa, Mahal chiese alla figlia Agla, ormai notevolmente migliorata, quale azione lei reputava come il suo peccato più grave dinanzi a Dio e dinanzi a tutti gli uomini: se l’uccisione commissionata del proprio fratello, o l’assassinio compiuto di propria mano sulle ventun mogli di Waltar, o infine il suo rilevante coinvolgimento nella congiura contro il potere del gran sacerdote generale.

2. E Agla rispose: «O padre, tu sai meglio di chiunque quale tra tutti i miei peccati dinanzi a Dio ed agli uomini sia stato il peggiore, perché sotto questo aspetto io non mi sento capace di dare un giudizio preciso! Quello che però so di certo è che ciascuno dei peccati da me commessi mi ha uccisa nel mio spirito al cospetto di Dio!

3. Oh, se potessi non averne mai commesso nessuno! Oh, se non avessi mai visto la pianura, allora dinanzi a Dio sarei ancora così pura ed innocente come lo fui sempre sull’altura! Ma ormai il male è fatto, ed io non potrò mai più fare in modo che quello che ho commesso non sia mai avvenuto! Per questo motivo io penso che sarebbe oltretutto una grave stoltezza da parte mia se volessi indagare su quale dei miei peccati sia stato il più grave secondo la mia coscienza!

4. Io ritengo che dinanzi a Dio ciascun peccato contro il Suo santo Ordine sia ugualmente grave e che altrettanto uguale ne sia l’effetto, portando cioè la morte eterna allo spirito dell’uomo! Ma quando l’uomo è completamente morto nella sua parte spirituale, come certamente ora è il mio caso, allora io non so davvero più quale dei miei peccati mi abbia ucciso di più, perché io ritengo che abbia ben poca importanza se si sia più o meno morti, dato che, da come vedo io le cose, chi è completamente morto non può morire ancora di più!

5. Vedi, io ho dato ordine di uccidere mio fratello, e ciò ha ucciso del tutto il mio spirito! Dopo questo atto Agla non viveva più; soltanto le forze del suo corpo restavano agenti oltre la morte del suo spirito, e conseguentemente ciascun suo atto non poteva non essere che un atto orribile dinanzi a Dio come anche dinanzi a tutti gli uomini spiritualmente vivi! Infatti, come avrebbe potuto essere diversamente, dal momento che dalla morte non può sorgere altro se non nuovamente la morte?

6. E così ora, per la mia coscienza, i miei atti successivi mi opprimono meno degli altri, perché essi sono una conseguenza della prima azione! Oh, se io non avessi mai commesso questa primissima azione contro l’Ordine di Dio, non avrei commesso nemmeno tutte le altre!

7. Già al primo passo fatto verso la pianura io avrei dovuto subito ritornarmene da dove ero partita; allora sarei ancora adesso com’ero fin dalla nascita, e tutti coloro che io ho uccisi vivrebbero ancora! Ma ormai è troppo tardi, e a me non resta altro che il pentimento per il primo passo fatto per scendere in questa pianura!»

8. Dopo ciò l’oratrice cominciò a piangere e a lamentarsi amaramente.

9. E Mahal disse: «O grande Dio, io Ti ringrazio con tutte le mie forze per avermi fatto ritrovare questa figlia che si era perduta!

10. Agla, vieni ora di nuovo sul petto di tuo padre, poiché ora ho riconosciuto di nuovo in te la mia figlia! Rivolgiti però nel tuo cuore a Dio, e tu troverai nuovamente grazia presso di Lui, il Padre buono e santo!»

11. A questo punto Agla si gettò sul petto di Mahal e alleviò il peso del suo cuore versando molte lacrime sul fedele petto di suo padre.

 

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Cap. 304

Fungar-Hellan, ispirato, parla della stoltezza dello sfarzo esteriore e sulla saggezza della semplicità

Rinuncia agli ornamenti d’oro e d’argento per convertirli in monete

18 giugno 1844

1. E anche Fungar-Hellan si avvicinò ad Agla che piangeva sul petto del suo vecchio padre, e le disse: «Agla, in verità, così tu mi piaci di più che non nelle tue vesti regali che in breve ti avrebbero trasformato in una perfetta serva dell’inferno! Rimani dunque in questi tuoi attuali sentimenti e sarai certamente gradita a Dio ed anche a me più di quanto tu lo sia mai stata in tutto il tuo splendore regale, poiché anch’io confesso qui ora apertamente che sono e resterò per tutta la mia vita un nemico dichiarato di ogni splendore non soltanto nei tuoi confronti, bensì anche nei miei confronti e nei confronti di chiunque altro!

2. Chi d’ora innanzi vuole essere mio amico, che ripudi ogni splendore e che si copra di vesti semplici, così io lo guarderò come un uomo a cui, come a me stesso, sta a cuore il vero benessere dei popoli!

3. L’oro e l’argento che siano convertiti in monete utili con l’effige del re e con la mia! In questo modo ciò sarà di vantaggio a tutto il popolo; ma se noi li cuciamo sulle nostre vesti e con questi rendiamo spesso tanto pesanti le vesti stesse da spingerci con il loro peso quasi a terra, allora quale vantaggio ne abbiamo noi stessi, e quale il popolo, e quale servizio viene reso in questo modo a Dio, l’antico Signore di ogni magnificenza?

4. In verità, finché noi non possiamo adornare le nostre vesti con le autentiche stelle del cielo e il nostro petto con l’autentico Sole in onore di Colui che ci ha creati, allora fino a quel momento, che resti lontano da noi ogni falso ornamento, poiché quello che non splende da se stesso come il Sole e come le stelle nel cielo, non è altro che un ladro di luce e può fare sfoggio della luce rubata solo finché il grande e sacro astro del cielo lo irradia con la sua luce proveniente da Dio. Quando però questo astro è tramontato, allora anche tutti i ladri di luce che noi abbiamo tanto in considerazione, diventano simili ad un comunissimo escremento e putridume, e si fanno tenebrosi come questi!

5. Invece, tutto è certamente gradito a Dio purché sia utilizzato bene, poiché Egli ha appunto creato tutto a vantaggio degli uomini; ma se noi adoperiamo queste cose per scopi del tutto stolti, ambiziosi e insensati, e per i quali le cose stesse non sono certo state create, allora un tale impiego delle cose deve necessariamente apparire un orrore agli occhi di Dio, dato che Dio è sicuramente l’eterno e santo Ordine stesso! Via dunque dalle nostre vesti tutti questi luccicanti escrementi, e non solo qui da noi, ma in tutto il paese!»

6. A questo punto Fungar-Hellan tolse via da sé ogni ornamento, ed egli fu subito imitato dal re e da tutti gli altri alti capi; e tutto l’oro e l’argento furono portati alla zecca e là furono coniati in moneta d’uso corrente.

7. Mahal lodò oltre misura Fungar-Hellan per tale suo atto ed aggiunse: «Fungar-Hellan, mi sembra come se lo Spirito del Signore ti avesse già afferrato, poiché davvero, nel sentirti parlare, io credo che per tua bocca avesse parlato l’antico Enoch! Poiché vedi, tale sapienza non dimora solitamente nell’uomo!»

8. Poi Mahal ringraziò Dio che aveva mostrato tanta benevolenza a quell’uomo; e tutti si meravigliarono molto della sapienza di Fungar-Hellan.

9. E i gran sacerdoti dissero: «Solamente ora tu sei degno del tutto di essere il nostro generale!»

10. E tutti conclusero con un ‘amen’ proferito ad alta voce.

 

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Cap. 305

Disposizioni all’esercito per distruggere il tempio del dio dei metalli e di ogni elemento di idolatria

19 giugno 1844

1. In questo stato d’animo trascorsero i tre giorni durante i quali i capitani dell’esercito furono occupati nel radunare ed ordinare le milizie, e nell’istruirle per l’imminente campagna militare.

2. E così la sera del terzo giorno i capitani principali si recarono al castello del re, si presentarono a Fungar-Hellan e gli fecero rapporto sul fatto che ora un esercito di due milioni di uomini era già accampato fuori della vastissima piazza d’armi in perfetto equipaggiamento da guerra per qualsiasi azione bellica e che esso era in attesa degli ulteriori ordini del comando supremo.

3. E Fungar-Hellan disse a quei capitani principali: «Sta bene! Ondate ora ad impartire il seguente ordine: “Tre ore prima del levare del Sole si inizierà la marcia, e l’intero esercito si muoverà anzitutto contro il tempio del dio dei metalli e dei fabbri! Giunti là, i reparti dei lavoratori passeranno in prima linea per procedere immediatamente alla distruzione di tutto ciò che potrà anche lontanamente avere un’apparenza di idolo, e naturalmente il primo ad essere raso al suolo dovrà essere il tempio principale!

4. Qualora i montanari e i sacerdoti di questo tempio volessero opporsi ed impedissero ai lavoratori di attuare l’opera che è stata loro comandata, che sia pronto ad intervenire un forte reparto di truppe per costringere con la violenza sia i montanari che i sacerdoti all’obbedienza, e che tutti i più duri ribelli vengano subito passati a fil di spada!

5. Ma se i montanari e i sacerdoti lasceranno distruggere il tempio e ogni cosa con il carattere di idolatria senza opporre resistenza, allora che vengano subito condotti alla mia tenda, affinché possano avere istruzioni da me riguardo a quello che essi dovranno fare e insegnare d’ora innanzi, e riguardo alla maniera nella quale sarà provvisto per loro.

6. Il grosso dell’esercito deve però sempre avere dappertutto il compito di accerchiare prima il tempio con un triplice cordone di truppa e di fare molta attenzione che nessuno possa allontanarsi da un tempio o dall’altro!

7. Tutto l’oro e l’argento che verranno trovati nei templi dovranno essere raccolti e consegnati a me, ed io poi prenderò una grande quantità di coniatori di monete, e tutto l’oro e l’argento li farò convertire subito in moneta d’uso corrente, con cui in primo luogo verrà pagato l’esercito di guerrieri, tramite cui poi questo denaro circolerà anche tra il popolo”.

8. Così sia fatto! Questo è il comando che vi viene da me, Fungar-Hellan, e dal re Gurat!»

9. Dopo aver ricevuto questo comando, i capitani principali si ritirarono e andarono subito ad impartire gli ordini del gran sacerdote generale al grande esercito, e così pure quelli del re.

10. Gurat frattanto, essendo rimasto al castello reale, fece subito mettere la barda[41] a mille cammelli e prese mille coniatori che dovevano prepararsi a seguire l’esercito con i loro utensili, e fece poi mettere la barda anche a settecento cammelli per Fungar-Hellan e per tutto il suo seguito.

11. E il giorno seguente, circa tre ore prima del levare del Sole, tutti erano già in piedi; i partecipanti alla spedizione salirono in groppa ai cammelli, e il poderoso gruppo si mosse per prendere contatto con il grosso dell’esercito.

12. Come andarono poi le cose, questo ce lo dirà il seguito!

 

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Cap. 306

Le avanguardie dell’esercito davanti al tempio del dio dei metalli

L’ultimatum è respinto

I gran fuochi artificiali per un’intera giornata

21 giugno 1844

1. Ma prima ancora che la grande carovana di corte raggiungesse il grande esercito, il grosso delle truppe si trovava già in marcia verso il tempio situato non proprio molto lontano da Hanoch, il quale, come già noto, era stato edificato in onore di Tubalcain, l’inventore della lavorazione dei metalli.

2. E quando l’avanguardia si trovò presso la robusta cinta di mura del tempio, fu ordinata la sosta ed intimato ai guardiani del portone di lasciare immediatamente libero l’ingresso.

3. Questi però obbiettarono: «A quest’ora non è permesso a nessuno entrare nel giardino del santuario; solo un furbo sacrilego può pretendere una cosa simile con tanta irruenza! Che cosa cercate così di buon’ora tra queste mura sacre?»

4. E quelli della grossa avanguardia risposero imperterriti: «Noi non vogliamo né più né meno che distruggere proprio questo santuario e queste sacre mura da cima a fondo e per tutti i tempi dei tempi, secondo l’ordine di Fungar-Hellan, e poi, a scelta degli interessati, un po’ ammazzare o uccidere coloro che tra voi si ribelleranno! Non fate dunque tante storie, perché dietro a noi avanza un esercito di due milioni di guerrieri!»

5. E quando i guardiani del portone udirono ciò, assunsero un tono più remissivo e dissero: «Ebbene, se le cose stanno così, allora bisogna certo che noi lo riferiamo prima al gran sacerdote di questo tempio, affinché egli possa fare degnissima accoglienza a voi, quali inviati del grande ed onnipotente Fungar-Hellan!»

6. Ma quelli dell’avanguardia dissero: «Appunto il gran sacerdote occorre che non sappia nulla prima che noi non abbiamo distrutto completamente il tempio; perciò aprite subito il portone, altrimenti lo apriamo noi con la forza!»

7. A questo discorso i guardiani del portone si misero a gridare: «O voi infami farabutti, o voi rigurgiti dell’inferno! È dunque questo il vostro piano? Vorreste rapinare e rubare le cose sacre del tempio? Sono il bell’oro e il bell’argento che voi volete! Oh, aspettate solo un po’, e questa fatica vi sarà risparmiata! Il gran sacerdote sarà immediatamente avvertito di tali intenzioni ribelli, e certo vi verrà accorciata la via in maniera tale che finora nessun diavolo ha mai sognato ancora l’uguale!»

8. Dopo di che un paio di servitori del portone andarono subito dal gran sacerdote per informarlo di quanto stava accadendo.

9. Costui però si inferocì più di una tigre, radunò tutto il suo esercito e mise immediatamente in azione tutto il complesso dei suoi infernali artifici pirotecnici.

10. Qualche monte vicino cominciò in vari punti a sprizzare fuoco; tutto il tempio apparve presto come rovente, e si videro pure sorgere delle fiamme fuori dalla grande muraglia del giardino, e tutto ciò fu inscenato nel giro di un’ora.

11. Quando l’avanguardia si vide di fronte quell’imperversare di fuoco, retrocedette subito sul grosso dell’esercito che pure si arrestò, non osando forzare quel vero mare di fuoco.

12. Ma nel frattempo anche la grande carovana di corte aveva raggiunto le truppe, e Fungar-Hellan stesso rimase stupito nel vedere quello spettacolo del fuoco intorno al tempio di Tubalcain.

13. Mahal però gli disse: «Lascia che continuino a esibirsi con i loro fuochi per una giornata; domani poi cominceremo noi a esibire i nostri!»

14. E Fungar-Hellan trasmise subito queste parole come un comando a tutto l’esercito; e per una giornata intera tutti assistettero a quello strepitoso spettacolo.

 

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Cap. 307

Il rifiuto dei guardiani di aprire le mura del tempio

L’apertura di un varco con dei potenti grani esplosivi

 Il massacro di cinquemila templari

22 giugno 1844

1. Il mattino seguente dopo che la rivoluzione del fuoco era cessata completamente la sera prima, Fungar-Hellan stesso, accompagnato dal suo seguito, avanzò fino al grande portone in ferro e pretese che gli venisse aperto.

2. Ma siccome anche questa volta era molto presto, egli fu rimandato, per la ragione che non poteva essere riconosciuto, e precisamente con le parole: «Quando è notte, qualunque pazzo può venire qui e dire: “Io sono il gran sacerdote generale Fungar-Hellan e pretendo che mi si apra all’istante!”, ma se tu sei proprio il grande Fungar-Hellan, allora vieni di giorno, e così noi ti apriremo il portone non appena ti avremo riconosciuto per tale con tutta sicurezza!»

3. E Fungar-Hellan disse: «Sta bene! Io però vi giuro sulla mia vita, che quando farò il mio ingresso a giorno fatto, voi tutti, assieme ai gran sacerdoti e sottosacerdoti, verrete uccisi con la spada, poiché voi mi impedite di fare quello che l’antico Dio di Adamo, di Set e di Enoch mi ha comandato di fare, perciò questo porterà a voi tutti la morte certa!»

4. Ma i guardiani del portone risposero gridando: «Questi sistemi di intimorire il prossimo noi già li conosciamo, perciò vattene, perché in questa forma – anche se tu fossi veramente Fungar-Hellan – nemmeno di giorno verrai ammesso qui dentro, neanche se tu volessi fermarti ed aspettare per degli anni!»

5. Questa replica infuriò Fungar-Hellan in tutto il suo essere. Egli si ritirò verso l’esercito e ordinò immediatamente ai reparti di minatori di iniziare, a dieci passi di distanza dal muro di cinta, lo scavo di sei condotti da mina fin sotto al muro stesso e di deporre poi sotto il muro dei grossi sacchi colmi di grani esplosivi tra i più potenti, e poi di accenderli mediante una miccia che sicuramente arde e non si spegne prima di aver fatto il suo servizio.

6. A questo comando seicento minatori si misero subito all’opera, calcolarono esattamente le distanze e cominciarono a scavare nel terreno; e quando il Sole si fu levato, ogni reparto era già arrivato col suo scavo sotto le mura. Dopo ciò furono subito portati nelle gallerie i sacchi di grani esplosivi, poi vennero accese le micce e in pochi minuti, con una tremenda esplosione, un buon tratto di muro saltò in aria facendo volare pietre tutt’intorno, e così all’esercito fu aperto un ampio varco di accesso.

7. E quando i sacerdoti e gli altri numerosi servitori di questo tempio videro compiere quel terribile attentato contro il loro sacro muro, essi presero la fuga in direzione della montagna; malauguratamente però finirono tutti tra le braccia della guardia di Fungar-Hellan che aveva già circondato il tempio, vennero subito fatti tutti prigionieri con armi e bagagli e così condotti alla presenza del generale.

8. Costui domandò segretamente a Mahal che cosa avrebbe dovuto fare di quei ribelli.

9. E Mahal rispose: «Costoro sono di una specie veramente infernale; tieni perciò ferma la tua minaccia e falli fare tutti a pezzi!»

10. E subito Fungar-Hellan impartì il relativo comando ad un reparto di guerrieri, e questi colpirono subito quei prigionieri, che erano in numero di circa cinquemila, e non uno fu risparmiato.

11. E solo dopo che tale operazione fu compiuta si procedette alla distruzione del tempio e quindi alla coniatura dell’oro e dell’argento che erano stati raccolti là, e tutto questo durò solo tre giorni.

 

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Cap. 308

Gli insegnamenti alla delegazione dei padroni delle officine metallurgiche non sono accettati

La decisione sprezzante di rivolgersi a Dio

25 giugno 1844

1. La notizia di questa operazione distruttiva si diffuse nelle officine metallurgiche che erano sparse qua e là in quella regione, e la gente rimase inorridita e venne subito mandata al campo di Fungar-Hellan una delegazione con l’incarico di interpellarlo, dopo avergli reso i dovuti onori, riguardo al significato di quello spaventoso avvenimento.

2. E Fungar-Hellan istruì questi delegati riguardo al vero Dio e annunciò loro che si procedeva alla distruzione di ogni cosa relativa all’idolatria perché altrimenti l’antico e vero Dio avrebbe fatto scendere inevitabilmente sopra tutte le creature della Terra il Giudizio da Lui minacciato già da tempi remotissimi, dato che ogni idolatria, di fronte a Lui, l’eterno e unico vero Dio, era un orrore degli orrori.

3. E dopo che Fungar-Hellan stesso ebbe annunciato questo ai delegati, Mahal ammonì a sua volta questi delegati di fare ritorno a Dio, e disse loro che tali cose essi avrebbero dovuto annunciarle anche ai loro padroni delle officine, pure sotto la severissima minaccia di un immancabile Giudizio, e inoltre, avrebbero dovuto riferire fedelmente agli stessi come essi avrebbero nuovamente trovato grazia presso Dio qualora si fossero rivolti a Lui, e come Egli avrebbe risparmiato loro il Giudizio.

4. E dopo aver ricevuto queste istruzioni, i delegati fecero ritorno e raccontarono fedelmente tutto ciò ai loro padroni.

5. Ma quando i padroni appresero tali cose, andarono su tutte le furie e proruppero in maledizioni e bestemmie dicendo: «Eccoli di nuovo qua questi grandi con i loro capricci! Ogni momento danno altre leggi e altri idoli! Che cosa non sono costati, proprio all’attuale re, tutti questi templi; quanti armeggi ci sono stati nell’intero ed immenso regno, e quanto portentoso baccano da tutte le parti!

6. Adesso saranno passati appena dieci anni da quando le cose sono come sono, e ora si manda tutto a catafascio perché l’affare rendeva troppo poco e perché i grandi del regno non hanno potuto attendere più a lungo per mettere le mani sull’oro e sull’argento che nel frattempo saranno venuti accumulandosi nei templi!

7. Ora deve essere il turno dell’antico e vano Dio, poiché Egli non chiede né templi né del denaro, e questo perché Egli è un nulla e non c’è in nessun luogo! Già, Egli non ha bisogno nemmeno di una qualche immagine di Sé il meno possibile preziosa, perché Egli è un nulla, bensì bisogna immaginarseLo come un Dio fatto di vuota aria!

8. State bene attenti a quello che vi diciamo: “Oggi si distruggono i templi e si reintroduce il vecchio Dio immaginario, e già il prossimo anno avremo di nuovo tra i piedi gli esattori delle imposte, i quali pretenderanno certamente da noi un tributo molto cospicuo nel nome del re!”

9. Ma questa è una vera vita d’inferno su questo mondo! Ma non potrebbero questi grandi fannulloni sulla Terra decidersi una buona volta a mangiare l’arrosto migliore che destinano per sé, in una pace e nel’ordine, e indifferenti a quanto li circonda? Si deve dunque sempre verificare una simile faticaccia?

10. A stento c’è un breve momento di pace, e in men che non si dica ecco di nuovo arrivare da qualche parte un affamato imbroglione di profeta, provvisto di alcune arti magiche e accompagnato da alcune prostitute sue amanti dalla faccia liscia! Un tipo del genere comincia poi a predicare quello che gli capita in bocca davanti ai grandi scimuniti, e questi asini cominciano poi a ballare secondo la sua musica!

11. Ma se ora costoro hanno fame, che vengano a divorare gli escrementi del nostro deretano! Noi non faremo più la parte dei matti per fare piacere a loro! E tanto più ce ne freghiamo dell’antico e vuoto Dio, nonché di tutte le Sue minacce di Giudizio!

12. Noi perciò intendiamo restare quello che siamo! E chi non vuole essere dalla nostra parte, che sia dalla parte di chi gli piace, e noi non ci immischieremo per niente nei fatti suoi; soltanto, dovrà farci il favore di andarsene da quella parte dove si trovano coloro con i quali egli condivide le idee!»

13. Questa decisione fu il frutto della predicazione del vero Dio presso i molti padroni delle officine.

14. Ma a quali frutti si arrivò con le ulteriori operazioni, questo noi lo vedremo in seguito.

 

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Cap. 309

L’attacco al tempio del toro, catturati tutti i sacerdoti e confiscati i tesori

26 giugno 1844

1. Dopo che Fungar-Hellan ebbe congedato la delegazione dei padroni delle officine che, come già noto, fecero cattivi affari a casa, egli impartì subito a tutto l’esercito l’ordine di riprendere la marcia verso la regione situata abbastanza lontano tra le montagne, dove si trovava il tempio del grande toro, e di procedere là esattamente a come era stato fatto col tempio del dio dei metalli e dei fabbri.

2. E tutto il grande esercito fu pronto in breve tempo e si mise in moto disposto su duecento lunghe colonne da diecimila uomini ciascuna, senza contare il numeroso seguito della corte. In tre giornate i dintorni di questo tempio furono raggiunti, e il grande esercito si accampò su una vasta pianura a cinque ore di cammino dal tempio, in attesa degli ulteriori ordini.

3. E quando fu arrivato anche Fungar-Hellan con il suo seguito, egli fece subito costruire un grande accampamento e là stabilì il suo quartiere generale. Allora vennero a rapporto i capitani delle truppe e gli domandarono quali fossero i suoi ordini riguardo alle operazioni imminenti.

4. E Fungar-Hellan disse loro: «Ma se prima che si riprendesse la marcia ho già ordinato di procedere qui con lo stesso sistema usato per il tempio del dio dei metalli e dei fabbri, a che scopo attendevate ancora altri ordini? L’ubicazione del tempio vi è nota, come pure la gola abbastanza elevata tra le montagne dove esso appunto si trova.

5. Stabilite intorno alla gola tre grandi cerchi come già fatto altrove. Che poi un reparto avanzi fino al tempio e lo distrugga da cima a fondo; che raccolgano l’oro e l’argento e facciano prigionieri tutti i sacerdoti e gli altri servitori del tempio, e che portino il tutto qui da me. Poi ben presto si vedrà quello che ancora converrà fare oltre! Questo è quanto vi occorre sapere; andate dunque e date esecuzione ai miei ordini!»

6. E allora i capitani andarono, trasmisero tali ordini a tutto l’esercito e questo si preparò ad eseguirli.

7. Nel giro di dieci ore il tempio si trovò circondato; e il grande reparto incaricato della demolizione avanzò verso il tempio e chiese di poter entrare.

8. Sennonché, data l’ora molto avanzata della notte, l’ingresso venne negato.

9. Ma il comandante principale disse ai guardiani del portone: «Se non ci lasciate passare subito, nessuno di voi avrà salva la vita!»

10. A questo punto si presentarono anche i sacerdoti e domandarono il motivo per il quale si pretendeva di entrare ad un’ora così inconsueta.

11. E il comandante ne espose loro chiaramente i motivi.

12. Ma questo segnò la fine della pazienza di tutta la notevole popolazione di questo tempio forte di circa di mille uomini. Essi salirono immediatamente sul muro di cinta e cominciarono a scagliare pietre contro coloro che volevano entrare.

13. I militi allora si ritirarono e si disposero a minare il muro. In poche ore furono scavate le gallerie e collocati i grani esplosivi, e prima ancora del mattino l’intero muro semicircolare di cinta fu distrutto.

14. L’esercito penetrò poi nel cortile, distrusse il tempio, prese tutti i sacerdoti e confiscò tutti i loro tesori.

 

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Cap. 310

L’interrogatorio dei prigionieri del tempio del toro, poi rimessi in libertà, ma sotto controllo

27 giugno 1844

1. Quando l’operazione di distruzione di questo tempio fu completata, i sacerdoti e gli altri servitori del tempio furono condotti dalla forza militare davanti all’accampamento di Fungar-Hellan e del suo seguito, e quando i militi che portavano l’oro e l’argento confiscati ebbero consegnato questi tesori ai coniatori, il generale iniziò l’interrogatorio ed un severo esame dei prigionieri, dicendo loro:

2. «Chi fece costruire questo tempio? Non fui appunto io? Ma se io sono il costruttore e il proprietario di un simile tempio, non ho anche e sempre il pieno diritto di ordinare la distruzione di una simile mia proprietà in qualsiasi momento lo voglia?

3. Dato dunque che io ho un tale incontestabile diritto, allora vi domando: “Per quale motivo e in base a quale dimostrabile diritto vi siete opposti alla disposizione che vi ho fatto annunciare? E perché avete risposto con lanci di pietre all’intimazione, uccidendo così dieci dei miei uomini e ferendone più o meno gravemente diversi altri?”»

4. E i prigionieri risposero: «Signore, se noi avessimo visto te, allora avremmo certamente creduto che un simile ordine partiva dalla tua bocca; ma siccome non ti vedemmo tra i guerrieri, né ci fu possibile sentire la tua voce molto ben riconoscibile, allora fummo indotti a credere che l’aver fatto il tuo nome non fosse altro che una ignobilissima astuzia di guerra da parte di qualche potenza straniera venuta ad assalirci in modo ribelle e predatorio, per impadronirsi dell’oro e dell’argento che noi abbiamo sempre raccolto per i tuoi depositi.

5. D’altro canto, nell’oscurità della notte non abbiamo potuto distinguere le divise e le armature per capire se fossero di Hanoch o di un altro qualsivoglia luogo. Per questi motivi noi poi abbiamo fatto ricorso alle pietre ed abbiamo difeso la tua proprietà il meglio che ci era possibile! E con ciò non crediamo di esserci resi punibili dinanzi a te, poiché un servitore fedele del proprio signore deve sempre essere ritenuto degno di una ricompensa, piuttosto che di una qualche punizione!»

6. Quando Fungar-Hellan ebbe udito tale astuta risposta da parte dei prigionieri, allora egli disse loro: «Va bene; dato che voi avete agito così per fedeltà verso di me, allora è giusto che vi sia dat una ricompensa al posto della punizione! Ecco, ora voi siete liberi; adesso andatevene da qui e fate per tre giorni quello che vi piace! Dopo questo tempo, però, ritornate qui, affinché vi riconfermi nel vostro compito e vi dia un nuovo incarico!»

7. Dopo di che furono tutti rimessi in libertà e poterono andare dove vollero; ed essi, muniti del salvacondotto del generale, si diressero subito verso le montagne.

8. Ma Fungar-Hellan mandò subito dietro a loro le spie più scaltre, con l’incarico di sorvegliare attentamente tutto quello che avrebbero fatto e come si sarebbero comportati coloro che erano stati liberati.

9. Come si svolsero le cose, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 311

La scomparsa dei liberati in una misteriosa apertura della parete di roccia

I liberati ricompaiono, e vengono interrogati dal generale

28 giugno 1844

1. Ma qual era la meta di coloro che erano stati liberati? – Essi se ne andarono difilato verso il luogo dove prima sorgeva il tempio. E quando vi furono arrivati, si avvicinarono ad una parete di roccia, e precisamente in un punto dove era praticata un’apertura del tutto informe, però abbastanza grande per consentire l’accesso ad un uomo che si fosse chinato anche soltanto un po’.

2. In questa apertura finirono con lo sparire tutti i liberati, e così le nostre scaltre spie rimasero fino a notte in attesa di vedere che cosa sarebbe infine saltato fuori da quell’apertura; ma invece nessuno comparve, né uomo, né animale.

3. Fattasi sera, però, esse chiamarono a raccolta i numerosi militi di guardia che le avevano seguite e li incaricarono di sorvegliare rigorosamente l’apertura ad una certa distanza, così che ciascun milite doveva fare esattamente attenzione per vedere se e chi ne sarebbe sbucato. Sennonché tutto ciò fu fatica assolutamente vana durante le tre intere giornate, perché di coloro che erano entrati non si fece più vedere alcuna anima.

4. Trascorsi i tre giorni, una parte delle spie fece ritorno e riferì la cosa a Fungar-Hellan, il quale rimase molto sbalordito e non sapeva che cosa fare.

5. Ma non era passata neanche un’ora che si videro comparire tutti i liberati in eccellente stato.

6. Allora fu la volta delle spie a restare molto sbalordite, ed esse si arrabbiarono assai vedendo che i sacerdoti del bue li avevano imbrogliati in quella fenomenale maniera.

7. Fungar fece segretamente un segno alle spie, segnalando loro in questo modo di mandare a richiamare, per mezzo di rapidi messaggeri, le spie e le guardie lasciate sul posto.

8. Immediatamente furono fatti radunare i più abili corrieri perché portassero ai sorveglianti dell’apertura l’ordine di fare ritorno al campo.

9. E prima che fossero trascorse sette ore, si trovarono tutti raccolti davanti l’accampamento del generale; e allora costui si fece avanti e disse ai liberati:

10. «Voi siete ritornati puntualmente qui nel tempo stabilito, ma ciò non mi basta per persuadermi a conferirvi un nuovo incarico! Ora voi dovete fedelmente raccontarmi dove siete stati e che cosa avete fatto durante questi tre giorni, perché solamente dal vostro racconto mi sarà possibile avere la prova che voi, quella sera, tre giorni fa, avete effettivamente e sul serio scaraventato pietre sulla mia milizia per genuina e grande fedeltà verso di me, quando tale mia milizia vi domandò di avere libero il passo! Parlate dunque adesso, e non dimenticate che ogni bugia sarà per voi causa di sicura morte!»

11. I minacciati in tal modo, allora risposero: «Non ci hai forse concesso tre giorni di libertà? Come puoi dunque chiamarci a rendere conto dell’impiego da noi fatto di questo tempo? Non ci fu dato il permesso di fare quello che avremmo voluto?»

12. Il generale disse: «Proprio con questi tre giorni di libertà ho voluto mettervi alla prova; e questo era necessario per decidermi se affidarvi qualche nuovo importante incarico! Perciò dopo questa prova, ora viene l’esame principale che voi potete superare, oppure potete cadere per l’eternità! Perciò datemi subito la risposta alla domanda rivoltavi prima, perché in caso diverso chiamo subito diecimila spade perché ‘giocherellino’ sulle vostre teste!»

13. A questa intimazione i minacciati rimasero estremamente sorpresi, e uno di loro disse: «Signore, se tu devi sapere proprio tutto, allora sappi che durante questi tre giorni noi abbiamo fatto dura penitenza in espiazione dell’offesa che ti abbiamo arrecato con la nostra ignoranza!»

14. A questo punto il generale poté a mala pena trattenersi dal ridere, e disse riguardo a ciò: «Ah, questa è bellissima! Ma ditemi dov’è il luogo sacro dove avete fatto penitenza, affinché io stesso vada là per far erigere un grande monumento per tale vostra fedeltà verso di me»

15. Allora quei falsi penitenti si morsero le labbra, e solo uno di loro disse: «O signore, il luogo di cui parli non è che una caverna nella montagna disgustosamente orrenda, e là un monumento farebbe di certo una pessima figura. Non domandare dunque una cosa simile!»

16. Ma Fungar-Hellan disse: «Oh, ciò non importa niente! Noi ci riserviamo di rendere molto bello anche quel luogo orrendo! Perciò mettiamoci in cammino e andiamo al sacro luogo!»

17. A questo punto i penitenti impallidirono e dovettero anch’essi incamminarsi per quella via che cominciava ad essere molto scottante per loro.

18. Prossimamente il seguito!

 

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Cap. 312

Davanti all’apertura nella roccia Mahal rivela dove potrebbe condurre

I liberati confermano la penitenza fatta

1 luglio 1844

1. Quando la comitiva composta da coloro che affermano di aver fatto dura penitenza, preceduta da tutto il reparto delle spie e dalla loro guardia, e ora anche preceduta da Fungar-Hellan stesso con tutti i suoi dignitari della corte, ebbe raggiunto il posto dove prima sorgeva il tempio, dove non molto lontano si trovava anche la nota apertura nella parete di roccia, allora il capo delle spie si avvicinò a Fungar-Hellan e gli disse:

2. «Signore! Signore, vedi, l’apertura della quale ti ho parlato è qui; in questa sono entrati coloro che tu avevi liberato, ma che non furono più visti uscirne!»

3. E dopo che Fungar ebbe ricevuto questo cenno, egli si rivolse al suo Mahal e gli domandò se fosse in grado di descrivergli più dettagliatamente di che natura fosse quella caverna e quale poteva essere l’uso a cui veniva adibita.

4. E Mahal rispose: «O amico, non c’è niente di più facile di questo! Vedi, in primo luogo questa non è affatto un’apertura della natura, bensì è stata praticata dalla mano dell’uomo in questo masso di pietra non proprio molto dura, lavorando con lo scalpello, le cui tracce si vedono ancora molto distintamente!

5. Ma poiché è un’opera di uomo, allora, in secondo luogo, questa apertura non è l’ingresso ad una caverna sotterranea formata dalla natura nella montagna, bensì essa è, o un passaggio che conduce a qualche regione montana circondata da rupi, oppure è l’ingresso ad una o più camere sotterranee scavate artificialmente dalla mano dell’uomo, nelle quali non è escluso che si possa trovare ancora qualche notevole riserva d’oro nascostavi da coloro che affermano di aver fatto dura penitenza!

6. L’una o l’altra di queste descrizioni è sicura, e forse anche tutte e due; anzi quest’ultima deve essere tanto più il caso, in quanto costoro che affermano di aver fatto dura penitenza, entrati da questa parte, hanno potuto ritornare da te per una via differente!

7. Ora tu devi procedere ad un’inchiesta! Prima però interroga costoro che affermano di aver fatto dura penitenza! Se prima dell’inchiesta ti confesseranno la verità, allora ad inchiesta ultimata potrai donare loro la vita; ma se già in anticipo le loro parole saranno menzognere, allora condannali a morte facendoli murare proprio dentro a questa loro caverna scavata artificialmente!»

8. Dopo queste parole di Mahal, Fungar-Hellan si rivolse subito verso coloro che affermavano di aver fatto dura penitenza, i quali non avevano udito niente delle spiegazioni di Mahal, e chiese loro come stavano le cose con questa apertura nella quale essi erano entrati tre giorni prima.

9. E coloro che affermano di aver fatto dura penitenza risposero: «O signore, questa apertura non è altro che il triste ingresso che conduce in una lurida caverna per penitenze, la quale ha un’uscita ancora più angusta che sbocca in una regione rocciosa e quanto mai isolata, dove crescono solamente delle bacche selvatiche che sono servite a dare uno stentato nutrimento ai penitenti!

10. Da questa regione, per una via difficile e faticosissima, si può anche scendere alla pianura; ma chi vuole avventurarsi da quella parte deve affrontare mille pericoli e mettere a repentaglio la propria vita ad ogni istante! Ed è appunto per questa via che oggi noi siamo ritornati a te, affinché la nostra penitenza fosse perfetta!

11. Signore! Signore, tu stesso puoi fare esaminare ora questa apertura più da vicino, e se non trovi confermato quello che ti ho detto, puoi fare di noi quello che vuoi!»

12. E allora il generale chiamò subito a sé i minatori e disse loro: «Portate qui immediatamente diecimila fiaccole, e noi ci metteremo subito ad esaminare questa apertura!»

13. E i minatori andarono ed eseguirono subito l’ordine del generale.

 

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Cap. 313

L’indagine nella misteriosa caverna e la scoperta di un’apertura segreta

2 luglio 1844

1. Quando furono portate le diecimila fiaccole, Fungar-Hellan designò cento tra i più robusti ed esperti minatori per iniziare l’esplorazione, diede a ciascuno dieci fiaccole e poi disse loro:

2. «Fissate qui la vostra funicella di guida, poi ciascuno di voi accenda una fiaccola, e andate in questa apertura con grande attenzione e prudenza!

3. Esplorate tutto esattissimamente, non tralasciate di scandagliare qualsiasi corridoio laterale che potreste trovare, e se cercando sulle pareti interne vi imbatteste in alcune tracce di ostruzione artificiale di qualche galleria laterale – ciò che alla luce di mille fiaccole dallo splendore bianco sarà ben difficile che vi sfugga – demolite l’eventuale muratura in quel punto e non lasciate inosservata la benché minima cosa!

4. Quando avrete esplorato tutto con ogni cura, venite fuori di nuovo e fatemi la vostra relazione; poi io stesso entrerò per convincermi di tutto. Non vi mancherà un’abbondante ricompensa. Per quanto riguarda poi costoro che affermano di aver fatto dura penitenza, nei loro confronti si procederà secondo il migliore consiglio e conformemente a giustizia! Dunque adesso andate ed eseguite i miei ordini!»

5. A quest’ordine i mille minatori si accinsero al lavoro e fecero tutto con la massima scrupolosità e secondo quello che era stato comandato loro. Tuttavia, all’inizio della loro esplorazione essi effettivamente non trovarono nient’altro all’infuori di quello che era stato indicato da coloro che affermavano di aver fatto dura penitenza; cioè anzitutto un corridoio stretto, basso e lungo circa cento klafter (190 m), che si estendeva in modo molto sinuoso. Alla fine di questo corridoio c’era una caverna notevolmente ampia che avrebbe potuto contenere anche duemila persone.

6. Le pareti di questa caverna erano costituite da tutte le parti da roccia solida e nera, e non avevano altro che, dalla parte opposta all’ingresso, un’altra apertura altrettanto angusta quanto la prima. Attraverso questa seconda apertura i minatori giunsero ben presto in una regione assolutamente deserta e rocciosa, dove effettivamente non crescevano che pochi arbusti di bacche selvatiche.

7. Dopo che i minatori ebbero esaminato tutto ciò con molta attenzione e non ebbero trovato nient’altro che avesse potuto loro apparire sospetto, ritornarono sui loro passi e riferirono ogni cosa fedelmente al generale.

8. Ma costui esclamò: «No, non è possibile! Io stento a credere che coloro che affermano di aver fatto dura e aspra penitenza siano tanto onesti! Datemi una fiaccola e la funicella di guida, perché io stesso voglio persuadermi di tutto ciò!»

9. A questo punto il generale prese una fiaccola ed entrò con i minatori nella caverna, e giunse ben presto nella stanza dove si mise ad esaminare meticolosamente le pareti, ma anch’egli non trovò altro di sospetto che la colorazione intensamente nera delle stesse.

10. Egli perciò disse ai minatori: «È difficile non attribuire questa tinta nera a qualche motivo particolare! Le pareti sono certo solide dappertutto, ma io trovo che questa stanza è molto alta! Procuratemi dunque una buona scala, e noi daremo un’occhiata anche alle parti superiori di queste pareti di pietra!»

11. Allora venne subito portata una scala da minatore. Le parti superiori della parete furono esplorate attentamente e, con immenso stupore di tutti, si trovò, ad un’altezza di tre klafter (5,7 m), un’apertura ben comoda, e si percepì anche come un suono di voci di molta gente provenire da una certa profondità.

12. Allora Fungar-Hellan disse: «Adesso ritiriamoci, perché permanere qui più a lungo potrebbe essere pericoloso! Io comunque so già quello che mi interessava sapere; da qui dovranno farci da guida coloro che affermano di aver fatto dura penitenza!»

13. Dopo di che si ritirarono tutti in fretta da questa caverna artificiale.

14. E quando Fungar-Hellan fu di ritorno sano e salvo, egli fece chiamare immediatamente coloro che affermavano di aver fatto dura penitenza e domandò loro ulteriori chiarimenti riguardo all’apertura in alto della parete della stanza scavata nell’interno della montagna.

15. Ma costoro cominciarono presto ad avere paura, e uno di loro, sopraffatto dall’angoscia, disse: «Ora tutto è perduto!»

16. Quello che avvenne dopo, lo apprenderemo in seguito!

 

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Cap. 314

I falsi penitenti vengono smascherati

 Il consiglio di Mahal al generale infuriato

La caverna viene fatta esplodere

I falsi penitenti confessano la verità e poi messi in libertà

3 luglio 1844

1. Quando Fungar-Hellan si fu accorto che questa sua domanda aveva prodotto un effetto tanto disastroso su coloro che affermavano di aver fatto dura penitenza, ed ebbe inoltre udito: “Ora tutto è perduto”, sfuggito loro in un certo qual modo involontariamente, egli disse a Mahal:

2. «Ascolta, mio stimatissimo fratello e amico, io ritengo che a questi mille che affermano di aver fatto dura penitenza si dovrebbe fare un processo assai breve! Il loro crimine è perfettamente dimostrato. Che cosa vogliamo saperne di più?

3. Questi tipi io li faccio fare a pezzi tutti quanti; poi impartisco l’ordine di collocare duecento sacchi di grani esplosivi in questa grotta artificiale e vi faccio dare fuoco affinché tutta questa massa rocciosa venga fatta esplodere; in questo modo riusciremo molto prima che in altri modi a scoprire i misteri di questi principali farabutti!»

4. E Mahal disse: «Caro amico, tu hai certamente ragione, ma finché possiamo accomodare la cosa senza spargimento di sangue, lasciamo pure la spada nel fodero e vediamo di agire anche senza di questa! La grotta ad ogni modo falla distruggere come hai stabilito; così tu potrai venire a conoscenza di vari misteri che saranno di grande importanza!»

5. Quando Fungar-Hellan ebbe udito ciò da Mahal, egli stesso diede gli opportuni ordini ai minatori; e questi allora trasportarono subito nella stanza nera duecento sacchi di grani esplosivi potentissimamente efficaci, poi collegarono le micce che accesero quando tutti si furono ritirati ad una conveniente distanza. Perché fecero questo? Il seguito sarà sufficientemente chiaro anche senza spiegazione!

6. In meno di mezz’ora il fuoco delle micce raggiunse i sacchi; in quel momento si produsse uno scoppio assordante e tutto un monte volò in frantumi e furono lanciati dei pezzi da ogni parte.

7. Dopo l’esplosione, si procedette ad una nuova esplorazione tra le macerie, ma non venne trovato nulla di particolarmente notevole. Alcuni pezzi d’oro e vari corpi umani lacerati: questo fu tutto ciò che si poté rinvenire.

8. E dopo tali ricerche durate tre giorni, il generale fece nuovamente venire alla sua presenza coloro che affermano di aver fatto dura penitenza e disse loro: «In verità, io sono ancora disposto a donarvi la vita e a lasciarvi in libertà se voi mi spiegate i motivi per i quali mi avete continuamente ingannato, mentre io non ho fatto altro che procurarvi sempre così tanti vantaggi! Perché avete scavato questa grotta e perché vi avete nascosto l’oro dentro?»

9. Allora si fece innanzi uno dei penitenti e disse: «Signore! Signore, noi abbiamo agito così per il grande timore che avevamo di te, poiché già da molto tempo avevamo il presentimento che tu avresti finito col fare come hai fatto; e noi abbiamo voluto crearci semplicemente una piccola riserva per il giorno in cui saremmo decaduti dal nostro incarico e non avremmo avuto più alcun guadagno.

10. Vedi, questo è anche tutto ed è l’unica spiegazione dell’esistenza di questa grotta artificiale! Gli uomini dei quali udisti la voce arrivare fino a te dall’apertura nella parete alta che ti mise in sospetto, erano nostri fratelli! Essi ora giacciono sepolti, ed io vorrei che noi pure fossimo già con loro! Ora tu sai ogni cosa; però considera che anche noi siamo uomini!»

11. Quando il generale ebbe udito ciò, allora volle mantenere la sua promessa; egli donò loro la vita e diede loro la necessaria libertà.

 

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Cap. 315

La partenza verso il tempio del Sole i cui sacerdoti si arrendono

Poi viene distrutto il tempio del dio del fuoco e anche il tempio del dio del vento

4 luglio 1844

1. Dopo ciò Fungar-Hellan assegnò i mille che avevano affermato di aver fatto dura penitenza ai reparti dell’esercito e fece trasmettere all’intera armata l’ordine di levare il campo e disporsi a proseguire la marcia.

2. Nel giro di un giorno e di una notte l’intera armata si ritrovò in pieno assetto di marcia, e allora Fungar-Hellan impartì il comando di iniziare le operazioni contro il tempio del Sole, la cui conquista e distruzione non offrirono niente di notevole, dato che i suoi sacerdoti si arresero immediatamente e cooperarono perfino essi stessi alla distruzione di questo tempio; essi si limitarono a pregare che venisse loro lasciato il grande specchio concavo per altri scopi scientifici che essi avevano imparato a conoscere nell’occasione dei sacrifici offerti durante i dieci anni dalla fondazione del tempio, cosa questa alla quale Fungar-Hellan acconsentì anche molto volentieri, dato che egli stesso era grande amico di ogni arte e scienza.

3. Dopo una sosta di tre giorni, in cui l’esercito si riposò e il generale dispose la coniatura dell’oro e dell’argento di cui era stato fatto finora bottino, l’esercito si rimise in marcia secondo il comando del generale, dirigendosi verso il tempio del dio del fuoco, la cui conquista e distruzione furono certamente alquanto più difficili, perché qui la casta sacerdotale si era moltiplicata e, da quel centro, si era diffusa in varie parti, poiché nelle vicinanze di qualche vulcano erano stati eretti dei templi-succursale di questo dio, dove, in occasioni delle festività, venivano inscenati spettacoli pirotecnici, naturalmente dietro ricche offerte.

4. E così la distruzione di questo tempio con le sue succursali richiese un tempo più lungo e andò congiunta in vari punti con difficoltà maggiori e di natura diversa rispetto a quelle incontrate nella distruzione dei templi precedenti. In tutto, l’operazione durò quaranta giorni, e questa si compì per lo più senza spargimento di sangue, ad eccezione di un unico tempio-succursale costruito su una rupe molto erta, i cui sacerdoti, consci della loro fortissima posizione, non vollero accettare le intimazioni di resa. A questo punto la grande rupe venne minata da tutte le parti e fatta esplodere, cosa che naturalmente costò la vita a tutti quegli ostinati sacerdoti.

5. Dopo la distruzione di questo tempio e dopo aver terminato la coniatura dell’oro e dell’argento il cui peso aveva superato ora due milioni di libbre (1120 tonnellate), cosa che richiese duemila cammelli per il trasporto, l’esercito si diresse verso il tempio del dio del vento, il quale dio diede a Fungar-Hellan molto filo da torcere prima di poter essere sottomesso. Infatti i sacerdoti avevano, in primo luogo, mantenuto il lago sempre colmo mediante poderose chiuse che sbarravano i quattro sbocchi di scarico. Perciò se dall’una o dall’altra parte si fosse avvicinato qualche nemico, allora, aprendo le chiuse, un’enorme quantità d’acqua si sarebbe rovesciata furiosamente sull’eventuale nemico da qualunque parte questo avesse tentato di forzare l’accesso al tempio. E in secondo luogo questi sacerdoti conoscevano perfettamente tutti i segreti della manipolazione dell’elettricità, e così la regione dove essi si erano stabiliti si poteva considerare addirittura inaccessibile.

6. Per conseguenza Fungar-Hellan dovette lottare più di mezzo anno prima di potersi impadronire di quel tempio.

7. Dopo la distruzione di questo tempio, l’esercito si mise in marcia per passare all’attacco del tempio del dio dell’acqua. La conquista di questo tempio la vedremo prossimamente!

 

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Cap. 316

L’esercito contro il tempio del dio dell’acqua verso al centro di un grande lago, ma lì non c’è più traccia del tempio

5 luglio 1844

1. Quando il grande esercito, dopo una marcia durata vari giorni, giunse al grande lago, esso stabilì il suo campo lungo le estese rive del lago stesso, nel cui mezzo si trovava l’isola dove era stato eretto il tempio del dio dell’acqua.

2. Tre giorni furono dedicati al riposo, e solo dopo Fungar-Hellan impartì gli ordini particolareggiati per l’attacco di quella località e di quel tempio che la natura aveva provvisto a difendere in maniera tanto formidabile.

3. In un primo tempo Fungar voleva stabilire un semplice cordone di guerrieri tutto intorno al lago che si estendeva per molte miglia; sennonché la natura del terreno gli oppose difficoltà talmente insormontabili da rendere assolutamente inattuabile questo suo piano. Infatti il lago confinava in vari punti con delle erte pareti di roccia molto estese, mentre in diversi altri punti esso si trasformava in paludi e pantani che si estendevano a perdita d’occhio.

4. Dato che si dovette necessariamente rinunciare ad un tale piano, allora ne venne progettato subito un altro, e questo consistette nel fatto che nel giro di sei settimane Fungar-Hellan fece costruire ventimila zattere capaci di portare comodamente cento uomini ciascuna. Le zattere furono costruite utilizzando dei bellissimi cedri, di cui ogni albero era lungo dodici klafter (22,8 m), affinché poi anche ogni zattera fosse ugualmente lunga, mentre in larghezza veniva a misurare sei klafter (11,4 m).

5. Quando queste zattere furono pronte e provviste dei necessari parapetti, remi, panche, cucine di ferro e viveri, e altri piccoli depositi per ogni tipo di strumenti bellici, allora furono dotate di equipaggio che ricevette l’ordine di circondare tutta l’isola e di sorvegliare con la massima attenzione affinché nessuno la abbandonasse, né tentasse di sbarcarvi.

6. Qualora gli assedianti fossero stati interpellati dagli abitanti dell’isola assediata riguardo al significato di quelle operazioni, essi avrebbero dovuto annunciare senza alcun preambolo qual era la volontà del generale e dire loro: «Se voi vi sottometterete incondizionatamente al volere del generale, allora sarete considerati suoi amici; ma in caso contrario voi vi renderete i suoi più grandi nemici, che egli sterminerà con la spada!»

7. Con tali istruzioni quei navigatori sulle loro zattere si portarono fin sotto l’isola che era abbastanza lontana e l’assediarono completamente, così che nessuno poté più entrarvi, né uscirvi.

8. Ma l’assedio non durò nemmeno un giorno che già i sacerdoti appresero di che cosa si trattava. I sacerdoti perciò mandarono subito una delegazione agli assedianti e li pregarono di eseguire subito la volontà del grande Fungar-Hellan, perché il dio dell’acqua altrimenti avrebbe potuto facilmente infuriarsi.

9. E quando gli assedianti ebbero appreso tali cose dalla delegazione, se ne rallegrarono quanto mai e diedero subito disposizioni per lo sbarco di diecimila uomini, i quali da lì a non molto scesero a terra. Ma quando arrivarono nel luogo dove avrebbe dovuto esserci il tempio, non ne trovarono più nemmeno la traccia, e vi trovarono invece parecchie case di campagna molto belle, dove non dimoravano altro che i soliti coltivatori.

10. E non appena i diecimila, dopo aver esplorato tutta l’isola, si resero conto che non c’era proprio altro, essi dissero: «Che cosa ci resta da fare? Qui non c’è niente da distruggere; dunque ritorniamocene e facciamo il doveroso rapporto al generale!»

11. E così anche fecero; ma quando Fungar-Hellan apprese questa notizia, la sua meraviglia fu immensa e non seppe quale decisione prendere.

12. Vedremo in seguito l’ulteriore sviluppo!

 

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Cap. 317

Mahal spiega come e perché i sacerdoti hanno fatto sparire il tempio del dio dell’acqua

Il generale invita gli scaltri sacerdoti alla sua presenza

8 luglio 1844

1. Ma siccome Fungar-Hellan non riusciva assolutamente a comprendere come mai su quell’isola che egli conosceva molto bene non fosse più possibile trovare alcuna traccia di un qualche tempio, considerato che un paio d’anni prima egli stesso aveva visitato l’isola assieme al re Gurat e in quella occasione aveva potuto convincersi con tutta certezza che il tempio esisteva veramente, allora egli si rivolse nuovamente a Mahal e gli domandò se fosse in grado di dirgli che cosa poteva esserci sotto a quella non esistenza del tempio.

2. E Mahal disse: «Ma tu credi davvero che questi sacerdoti quanto mai furbi non abbiano sentito della distruzione degli altri templi degli idoli?

3. Vedi, riguardo a ciò essi ricevettero sollecite notizie già al tempo della distruzione del tempio del dio dei metalli! Essi dunque ne fecero subito uso, tolsero via tutto ciò che era consacrato agli idoli, trasformarono l’isola degli idoli in un incantevole luogo di dimora, costruirono case e infine si divisero tra di loro i terreni, l’oro e l’argento ed anche le dee della bellezza le quali in un’epoca non molto lontana, in seguito a certe circostanze, vennero a rifugiarsi qui; e adesso è già da un anno e più che essi conducono in questa maniera una vita molto felice dal punto di vista terreno.

4. Ma sotto l’aspetto spirituale essi sono completamente morti, poiché essi non ne sanno più nemmeno una sillaba di un vero ed eterno Dio! Perciò qui non si deve guardare ad un’altra idolatria che sussiste materialmente, bensì piuttosto alla distruzione della pessima tenebra spirituale che ora è di casa in questa isola molto ricca e bella!

5. Poiché vedi, questi sacerdoti, non potendo disporre più di alcun tempio, adesso adorano l’acqua del lago e glorificano le sorgenti con le espressioni più sublimi, ma anche estremamente menzognere, e gestiscono scuole e predicano l’eterno onore, la potenza e la forza delle acque, e le rappresentano come il vero, vivo santo Essere di Dio, nel Quale dimora ogni pienezza della vita. In breve, io ti dico che questi sacerdoti insegnano la divinità dell’acqua in modo tale, che perfino tu stesso, di certo, non saresti in grado di non essere compenetrato perfettamente da tale dottrina!

6. Perciò qui è necessario far ricredere questi sacerdoti, altrimenti ogni spirito umano corre pericolo di trasformarsi nell’acqua di questi sacerdoti!»

7. Quando Fungar-Hellan ebbe appreso queste cose, espresse l’intenzione di andare egli stesso sull’isola per prendere tutti quei sacerdoti alla sua scuola.

8. Però Mahal disse: «Amico, potrai arrivare a ben magri risultati; ma noi abbiamo qui un’oratrice, cioè mia figlia Agla, e un oratore, e questo è mio figlio Chisarell! Dunque, fa venire qui i sacerdoti, e poi vedremo quello che si potrà fare con loro!»

9. Allora il generale mandò un grosso reparto di militari a prendere quei sacerdoti che erano scaltrissimi, e costoro furono portati immediatamente con la massima sollecitudine e dedizione al volere del generale.

 

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Cap. 318

Agla tenta di istruitre i lussuriosi sacerdoti, ma costoro rimangono quasi paralizzati dalla sua bellezza

Anche di fronte a Chisarell essi rimangono estasiati

9 luglio 1844

1. Quando i sacerdoti delle acque si trovarono in presenza di Fungar-Hellan, fecero un profondissimo inchino, e uno di loro prese la parola e disse:

2. «Infinito, supremo, onnipotentissimo dio degli dèi, principe dei principi e signore dei signori! O tu, dinanzi a cui tutta la zona emersa della Terra trema e tutte le acque obbediscono timorose al suono della tua voce, tu che hai fondato il Cielo e la Terra ed hai edificato la grande città per milioni di popoli secondo il tuo piacimento, oh, rendi benevolissimamente manifesto a noi schifosissimi vermi dinanzi al tuo cospetto, che cos’è che tu richiedi da noi!»

3. Tali appellativi quanto mai stolti suscitarono una generale risata nella grande tenda del generale, e allora il generale si volse subito ad Agla e la pregò, secondo il consiglio di suo padre, di convincere della loro pazzia quei completi insensati con qualche giusta parola, e poi impartire loro una giusta dottrina.

4. E Agla avanzò nella sua veste grigia, spartì i suoi capelli e mostrò a quel grande oratore di adulazioni il suo viso estremamente bello che rese immediatamente quasi senza parole quei lussuriosi sacerdoti; infatti, a quella vista essi rimasero come mezzo pietrificati, e nessuno muoveva neanche lievemente il capo per non privare nemmeno un istante solo i loro occhi di una simile delizia.

5. Agla squadrò per qualche tempo i sacerdoti e infine disse, interrogandoli: «Perché ve ne state dinanzi a me così muti e così istupiditi? Ditemi piuttosto se il vostro precedente discorso al generale era per voi una cosa completamente seria, ed io poi darò a voi un’altra parola! Parlate! Ve lo impongo nel Nome del Dio grande ed eterno!»

6. Ma quando la dolce voce di Agla giunse all’orecchio dei sacerdoti, questi ne furono talmente incantati che dalle loro bocche non poterono uscire altro che dei confusi monosillabi, ovvero dei suoni inarticolati come: «Ah, …ah, …ah, …oh, …oh, …oh!»

7. Uno soltanto trovò ancora in sé tanta forza da mettere assieme le seguenti frasi quanto mai sconclusionate e sciocche: «Oh, …oh, …oh, …tu sei, …come nessun’altra mai! Oh, …oh, …oh, …tu infinita quintessenza di tutta, …tutta, …tutta la bellezza femminile! Chi può contemplarti e nello stesso tempo vivere? Chi mai è capace di parlare dopo che il suo orecchio si è deliziato all’armonia dolcissima e celestiale della tua bocca? Oh, …oh, …oh, …tu bellissima, bellissima, bellissima, tu …celestiale, …celestiale, …celestiale!»

8. A questo punto l’incanto bloccò la bocca e la lingua anche a questo oratore, e così ora tutti quei sacerdoti se ne stettero lì muti.

9. Fungar-Hellan, involontariamente, fu indotto a ridere a quella scena e disse a Mahal: «Ora sì che ci siamo con questi pazzi! Che cosa si può fare di loro? La vista di Agla li ha completamente incantati! Bisogna che facciamo uscire la cara Agla, altrimenti si rischia di vedere questi tipi cadere in preda ad una frenesia d’amore, e allora noi avremmo un bel da fare a calmare i loro vergognosi bisogni!»

10. E Mahal, comprendendo egli stesso come fosse giusta questa supposizione, richiamò a sé Agla e le disse: «Mia cara figlia, qui non approderai a nulla, perciò ritirati di nuovo, altrimenti c’è pericolo di dover assistere ancora ad una scena vergognosa!»

11. E Agla diede ragione al proprio padre e si ritirò senza avere concluso nulla.

12. Poi venne chiamato Chisarell. Ma quando egli si trovò dinanzi i sacerdoti, questi ritennero di trovarsi dinanzi ad Agla travestita, poiché lui le assomigliava molto. Perciò la sua vista non fece che intensificare lo stato di grande incantesimo in cui i sacerdoti erano caduti; né riuscirono tutti i suoi sforzi per cavare loro di bocca qualche parola. E perciò anche lui dovette ritirarsi.

13. Che cosa poi accadde, questo lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 319

Riflessioni sul perché per la prima volta il consiglio di Mahal non ha ottenuto frutti

Rispondenza tra il fallimento di Mahal e il fallimento dell’Amore divino riguardo a noi uomini

10 luglio 1844

1. Quando Fungar-Hellan e Mahal si furono convinti che, per la prima volta, il consiglio di Mahal stesso non aveva contribuito a raggiungere lo scopo, allora Fungar-Hellan rivolse a Mahal la seguente domanda: «Fratello in Dio, l’unico eternamente vero, come mai questa volta il tuo consiglio è stato infruttuoso e, a quanto pare, non posa su una base sicura?»

2. E Mahal disse: «Fratello, fino a un paio di istanti fa, il fatto appariva a me stesso quanto mai strano, dato che io non dico altro all’infuori di ciò che mi perviene dallo Spirito del Signore; ora però la cosa mi è chiara, ed io so perché tale consiglio mi fu suggerito ed anche perché esso dovette restare infruttuoso!

3. Vedi, tutto questo avvenimento raffigura i nostri attuali rapporti con Dio!

4. Questi sacerdoti, lussuriosi e orientati verso il mondo, rappresentano l’umanità del tempo presente. Noi venimmo con una grande forza armata da questi servitori dell’acqua; così come anche Dio in principio venne quale un onnipotente, inesorabile Giudice dinanzi alla prima coppia umana.

5. Ma in questa coppia si fece strada il pentimento per il peccato commesso dinanzi a Dio; e allora Dio venne in veste amichevole e mise nuovamente l’uomo nel suo primo stato di benessere spirituale. Poi l’uomo dimenticò subito di nuovo l’ira di Dio e peccò nei confronti dell’Amicizia divina!

6. Dio però non volle trasformare, così presto e di nuovo, la Sua amicizia nell’ira, bensì in un amore, grazia e misericordia ancora più grandi, e volle riconquistare completamente, esclusivamente attraverso l’Amore, il genere umano corrotto.

7. Sennonché, quando gli uomini contemplarono la faccia dell’Amore di Dio e ne udirono la dolcissima voce, quasi quasi non sapevano cosa fare a causa dell’amore reciproco, ma appunto in questo amore essi furono col tempo portati a vedere in Dio un’indulgenza e una pazienza così grande che cominciarono a ritenerLo formalmente incapace di dare esecuzione ad un Giudizio!

8. All’inizio gli uomini amavano Dio così potentemente che con il loro puro amore abbracciavano anche tutto quello che Dio aveva creato, ma con l’andare del tempo essi, con il loro amore, si attaccarono sempre di più alle creature visibili e man mano si dimenticarono di nuovo completamente dell’Amore divino e spinsero tanto oltre le cose sotto questo riguardo che la Pazienza divina subì uno strappo fortissimo, e per conseguenza Egli dovette affliggere l’umanità, del tutto rivolta all’esteriorità, nuovamente con un Giudizio generale, e ora si troverà tanto più costretto ad affliggerla in questo modo, dato che gli uomini non sanno più nulla di Dio come è appunto il caso di questi sacerdoti, ai quali tu hai concesso il potere su questa isola come Dio lo concesse una volta agli uomini sulla Terra.

9. Dato però che essi abusarono di questo potere, allora noi venimmo da loro per toglierlo; essi però intravidero le nostre intenzioni e sistemarono i loro rapporti in maniera che noi non potemmo intraprendere nulla contro di loro.

10. Noi perciò ci siamo mossi a misericordia e li mandammo a chiamare nell’intento di ridonare loro il vero amore e la conoscenza di Dio mediante il volto piacevolissimo dell’amore nella persona di Agla e di Chisarell.

11. Ma quale effetto produsse tutto ciò su questi sacerdoti? Vedi, essi diventarono ancora più lussuriosi e sensuali perfino in nostra presenza!

12. E vedi, proprio così siamo noi uomini di fronte a Dio! Quanto più Amore e Pazienza Egli ci dimostra, tanto più noi ci rivolgiamo sensualmente all’esterno; poi ci facciamo colmi d’amore e di compiacimento di noi stessi, e finiamo col non volere avere più nessun riguardo per nessun altro all’infuori di noi, e quindi nemmeno per Dio!

13. E anche se noi professiamo Dio con la bocca, noi però Lo rinneghiamo con ciascuna delle nostre azioni! Dio infatti si sacrifica interamente per noi e ci offre tutti i Suoi tesori. Noi invece, nel migliore dei casi, operiamo in modo tale che diamo ai nostri fratelli soltanto la minimissima parte, mentre quella molto grande la teniamo sempre per noi!

14. Vedi, per questo motivo ora il Signore ha fatto in modo che tale cosa si avverasse dinanzi ai nostri occhi, affinché noi ci rendessimo conto di come il nostro comportamento verso di Lui sia precisamente tale e quale il comportamento di questi fratelli verso di noi!

15. Ma affinché noi non diventiamo del tutto furiosi nel nostro egoismo, allora anche Dio deve ora ritirarsi nel Suo Amore, così come Agla e suo fratello si dovettero ritirare da questi sacerdoti!

16. Ti è chiaro adesso il perché della mancata riuscita del mio consiglio? Vedi, essa è l’immagine della mancata riuscita del divino Amore riguardo a noi uomini!

17. Il resto lo apprenderemo in seguito!

 

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Cap. 320

La sincera critica di Fungar-Hellan alla spiegazione di Mahal

La profezia dell’irruzione degli abitanti dell’altopiano quale segno che egli ha detto la verità

11 luglio 1844

1. Quando Fungar-Hellan ricevette tale risposta piuttosto lunga e per lui alquanto incomprensibile data da Mahal alla sua concisa domanda, egli gli disse:

2. «Caro amico, è possibile che tu abbia assolutamente ragione, eppure la spiegazione che tu dai riguardo alla mancata riuscita del tuo consiglio, ha più l’aspetto di una scappatoia sapientemente escogitata, che di una autentica verità!

3. Poiché vedi, anch’io sono molto bene versato nella scienza delle rispondenze e conosco molto bene quello che si nasconde dietro ad una naturale apparenza; ma nonostante queste mie cognizioni confesso che in questo fenomeno al quale abbiamo assistito, io non sarei stato capace di trovare quello che è stato esposto da te!

4. In verità, io avrei preferito infinite volte di più che tu, che ora godi la mia piena fiducia, avessi apertamente confessato di avere commesso anche tu una volta un errore, piuttosto che mi venissi fuori con queste strascicate e sapienti frasi di retorica di cui io ora posso fare quello che voglio; cioè, io posso tanto prestarci fede quanto posso anche rinnegarle!

5. Nondimeno, voglio dirti qual è la vera causa della mancata riuscita del tuo consiglio!

6. Vedi, essa è del tutto naturale: la tua intenzione era buona e tu immaginasti che questa specie inselvatichita di sacerdoti si sarebbe lasciata convertire a prima vista dalle parole di un essere femminile ultrabello! E perciò mi desti un simile consiglio, senza certamente prendere in considerazione la grande lussuria di questi tipi nella quale però sta appunto nascosta la causa della mancata riuscita.

7. Del resto ciò non importa affatto! Nonostante tutto questo tu rimani il mio più intimo amico; solo che avrei certamente preferito – come ho già rilevato – che tu fossi venuto subito fuori con la nuda verità, invece che con la tua sapiente spiegazione del significato, questa volta molto tirato per i capelli!

8. Ma ad ogni modo io ora ti prego che tu voglia escogitare un buon consiglio e dirmi che cosa si debba fare con questi caproni lussuriosi, e cioè: “Lasciarli in vita, oppure farli uccidere con la spada?”. Dimmi qual è la pura Volontà di Dio, e ad essa io mi conformerò immediatamente!»

9. E Mahal, avendo sentito tali parole da Fungar-Hellan, gli rispose in tono un po’ agitato: «Amico e fratello, perché ora mi hai parlato in modo da rendere non me, bensì Dio stesso quale un mentitore?

10. Vedi, questo ora ti costerà una grande lotta, poiché Dio ti infliggerà una pesante punizione! Vedi, poiché non hai creduto alle parole molto miti che ti ho rivolto, credi allora a quanto ti dirò adesso!

11. Tu ti sei dimenticato del tutto delle popolazioni dell’altopiano e non hai più pensato che essi potrebbero procurarti delle noie. Invece i dieci principi ancora vivi, con il tempo hanno preso a cuore il consiglio dato loro da un messaggero dall’Alto, tanto da revocare la legge già emanata per la limitazione delle nascite, legge che contrastava con tale consiglio; e in compenso hanno stabilito un grande premio per chi fosse riuscito a fare una qualche via secondaria verso la pianura.

12. Ed io ti dico: “Precisamente in questo momento un uomo sta dinanzi ai dieci principi nel loro aureo palazzo e mostra loro un piano da lui ideato per ispirazione superiore, secondo il quale la pianura può venire, ed anche verrà, irrevocabilmente raggiunta! E già domani si porrà mano all’opera, e tu vedrai il procedere del lavoro con milioni di occhi, e tuttavia non sarai minimamente in grado di impedirlo!”

13. Questo però ti servirà da emblema del fatto che la mia dichiarazione non era una vuota finzione del mio spirito, bensì un’eterna verità proveniente da Dio!

14. Quanto poi a ciò che devi fare di questi sacerdoti, così dice il Signore: “Lascia che ritornino da dove sono venuti, perché il loro spirito non è più modificabile, essendo esso morto tramite la lussuria della loro carne! Quando però verranno le acque, essi saranno i primi a trovare la morte tra i flutti!”».

15. Quando Fungar-Hellan ebbe udito tali parole, egli congedò immediatamente quei sacerdoti, fece radunare tutto l’esercito e da lì si mise in marcia verso il luogo che successivamente fu indicato con maggior precisione da Mahal, cioè dove gli abitanti dell’altopiano avrebbero aperto un passaggio verso la pianura.

 

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Cap. 321

L’accampamento di Fungar-Hellan lungo la parete della montagna

La minaccia del dubbioso generale a Mahal

L’ammonizione profetica di Mahal si avvera: gli abitanti dell’altopiano creano un passaggio

12 luglio 1844

1. Il luogo però dove gli abitanti dell’altopiano lavoravano per aprirsi la via alla pianura era situato a cento miglia (742 km), secondo l’attuale (nel 1843) modo di calcolare, a nord-est di Hanoch, e a trenta miglia (222,6 km) dal lago che ospitava sulla sua isola i servitori delle acque. Questa località era un deserto molto esteso dove non cresceva nulla all’infuori di qualche arbusto di bacche selvatiche. Tuttavia a suo tempo anche in quel luogo la montagna era stata ridotta a parete verticale per una lunghezza di venti ore di cammino (75,6 km) e per un’altezza di trenta klafter (57 m), in modo che neanche là si poteva accedere dal basso verso l’alto, né dall’alto verso il basso.

2. Alla distanza di centocinquanta klafter (285 m) dalla parete della montagna, Fungar-Hellan fece erigere la sua tenda di colore rosso e gialla; e così, quando l’intero grande esercito si fu accampato ripartendosi lungo la parete stessa, allora Fungar-Hellan disse a Mahal che si riposava beatamente sul suo giaciglio:

3. «Amico, eccoci accampati qui secondo il tuo consiglio, però io non vedo ancora assolutamente niente che possa neanche lontanamente avere un qualche rapporto con la tua predizione! Mi avresti forse fatto venire qui per prendermi in giro? In verità, malgrado io sia già tuo intimissimo amico, non posso fare a meno di dirti che una tale canzonatura potrebbe venirti a costare molto cara!»

4. Mahal però gli rispose: «Fa’ invece tu attenzione al fatto che la canzonatura che si prepara là in alto non venga forse alla fine a costarti troppo cara! Per quanto mi riguarda, è già da molto tempo che tu non puoi fare i conti con me, sia sotto questo aspetto, sia sotto ogni altro aspetto!»

5. Mahal aveva appena finito di dire queste parole che all’improvviso, dall’alto delle montagne, si sentì un tuonare rimbombante e terrificante.

6. Tutti corsero fuori dalle tende per vedere cosa mai potesse essere accaduto, e scorsero le alture colme di fumo, simile a quello prodotto dai soliti grani esplosivi quando essi vengono accesi, e videro inoltre, tra il rimbombo continuo delle esplosioni, un migliaio di poderose valanghe di terriccio e pietre precipitare lungo il declivio delle montagne giù nella pianura, in modo che lo spazio tra le pareti ridotte a fiancata verticale e la pianura deserta si trovò di nuovo colmato.

7. E siccome si scaricarono parecchie di queste valanghe qua e là lungo tutta la parete che fiancheggiava il deserto, la parete fu presto sepolta in vari punti, e con ciò anche la via dall’altura verso la pianura fu ininterrottamente spianata. Fungar-Hellan fu costretto ad assistere inattivo a tale rovinosa operazione senza che per lui vi fosse alcun modo per poterla impedire. Infatti, chi mai avrebbe potuto osare mettersi a sgomberare il terreno dal materiale precipitato in basso, quando a brevi intervalli, valanghe sempre nuove e più formidabili precipitavano sulle precedenti?

8. E mentre si svolgevano questi terribili avvenimenti, Mahal domandò a Fungar-Hellan se reputava una canzonatura anche tale fenomeno.

9. E Fungar-Hellan rispose: «O tremendo profeta dall’altura di Dio, perché tu devi annunciare sempre soltanto cose terribili che si avverano con tanta disperante puntualità? E perché non annunci mai cose buone il cui avverarsi sia altrettanto puntuale? Ma ora dimmi anche come noi potremo vincere contro gli abitanti dell’altopiano avidissimi di vendetta».

10. E Mahal rispose: «È appunto per questo motivo per cui noi siamo qui, poiché la nostra presenza qui dirà loro che solo grazie ad una Potenza superiore ispirata, noi siamo potuti venire a sapere in quali punti essi avrebbero ristabilito il collegamento con la pianura! Questo fatto non mancherà di incutere loro un grande rispetto verso di noi, e al posto di un combattimento essi inizieranno delle trattative del tutto pacifiche con noi!

11. Solo che è necessario, quando scenderanno, che tu non manifesti intenzioni ostili contro di loro, né che tu li attacchi subito; però un buon contingente di guardie ti conviene tenerlo sempre intorno alla tua tenda affinché tu possa ispirare loro un grande timore della nostra potenza!»

12. E quando Fungar-Hellan ebbe appreso ciò, egli diede subito l’ordine perché tutto fosse fatto conformemente. Ben presto però vennero scoperte delle spie che esaminavano se gli spazi tra le pareti delle montagne e la pianura fossero già stati tutti colmati.

13. Quello che avvenne dopo lo apprenderemo in seguito!

 

 

Cap. 322

La posizione di difesa di fronte all’avanzata dell’esercito dell’altopiano

La delegazione dell’altopiano uccisa da Fungar-Hellan

Mahal e i suoi salvati prodigiosamente

La terribile battaglia con cinque milioni di morti

15 luglio 1844

1. Quando Fungar-Hellan si fu personalmente convinto della presenza di spie dell’altopiano, egli trasmise al suo esercito l’ordine di concentrarsi a gruppi dinanzi ai punti di possibile irruzione e tenersi dappertutto pronti all’azione, in qualsiasi punto vi fosse un accenno ad intenzioni aggressive da parte del nemico. In generale però l’esercito non avrebbe dovuto atteggiarsi ad una forza offensiva, bensì avere l’aspetto di una forza in posizione difensiva e protettiva.

2. Questi furono gli ordini che per mezzo di veloci corrieri vennero trasmessi a tutto l’esercito già nel giro di una giornata; ma questo tempo risultò poi appena sufficiente a raggiungere lo scopo!

3. Infatti, non appena l’intero esercito si fu ordinato un po’ affrettatamente secondo il comando di Fungar-Hellan, si vide comparire una quantità innumerevole di guerrieri dell’altopiano tra i più provetti, i quali anzitutto saggiarono la solidità delle nuove vie di sbocco costituite dal materiale delle valanghe cadute, e quando queste furono trovate perfettamente atte al transito, l’esercito dell’altopiano iniziò l’avanzata con coraggio e andò incontro senza paura alle forze che gli stavano di fronte, come se queste per esso non esistessero assolutamente.

4. Questa valorosissima determinazione colpì Fungar-Hellan, e perciò egli trasmise ad una divisione di circa centomila uomini il comando di attaccare e respingere l’esercito nemico qualora questi nella sua avanzata le si fosse avvicinato oltre ai dieci passi.

5. Il nemico però non fece niente, ma si arrestò ad una gittata di fionda, si concentrò anch’esso in grossi gruppi ed inviò poi una delegazione di tre membri alla sontuosa tenda del generale per domandargli quanto fosse costata complessivamente la riduzione a scarpata delle montagne intrapresa dieci anni prima.

6. Questo lo desiderava saperlo il loro comandante supremo, essendo ora venuto per pagare un tale grande debito al comandante di Hanoch, poiché una tale immensa somma di denaro e fatiche, calcolata unicamente per gli abitanti dell’altopiano, sarebbe impossibile pretenderla gratuitamente da parte loro!

7. Se poi una tale somma fosse stata pagata, solo ora essi avrebbero incassato la decima di un decennio, pattuita dieci anni prima sull’altopiano con lo stesso re Gurat e con il sottosacerdote di allora Fungar-Hellan!

8. Quando Fungar-Hellan udì questa domanda ironica, egli si arrabbiò molto e disse: “Fungar-Hellan sono io stesso, ed io sono qui con un esercito di due milioni di guerrieri scelti! Sono io ora il vero signore di tutta Hanoch e del suo immenso regno!

9. Volete forse recare oltraggio a colui cui l’antico Signore e Dio del Cielo e della Terra ha indicato con precisione il luogo dove, scendendo dai vostri nidi di corvo, avreste tentato l’irruzione nei paesi della pianura per devastarli come un esercito di locuste?»

10. Quando i delegati dell’altopiano ebbero udito questa risposta dal generale, allora dissero: «Energico è senz’altro il tuo parlare, che, a quanto asserisci, poggia su ciò che l’antica ed autentica Divinità ti ha rivelato; ma dal canto nostro non possiamo tacerti quello che, mediante un profeta, proprio lo stesso Dio ha rivelato a noi!

11. Vedi, le Sue parole, in breve, suonarono così: “Quando avrete aperto la via alla pianura nel luogo e nella maniera da Me indicatovi, voi incontrerete il grande esercito di Hanoch, poiché là, per mezzo del fratello di Noè che si è allontanato da Me a causa dei suoi figli, Io consegnerò nelle vostre mani questo stesso esercito! Risparmiate però il fratello di Noè e i suoi figli, poiché costui lo punirò Io stesso!”

12. Vedi, così suona la nostra profezia! Ma se tu vuoi evitare ogni spargimento di sangue, allora arrenditi spontaneamente, perché in caso diverso, all’infuori del fratello di Noè e dei suoi figli, nessun uomo abbandonerà questo deserto ancora in vita!»

13. A tale dichiarazione Fungar-Hellan non poté più dominarsi, e al colmo del furore afferrò i tre e li uccise di propria mano!

14. Allora Mahal si alzò con i suoi e, condotto da una potenza superiore, fu tratto irresistibilmente dalla parte dei nemici ai quali rese noto il delitto di Fungar.

15. E ciò fu il segnale di una battaglia quale non fu mai vista l’uguale, poiché dell’esercito di Hanoch non rimasero in vita che mille uomini, e di quello dell’altopiano, forte di tre milioni di uomini, soltanto tremilasette.

16. Prossimamente vedremo il seguito di questi avvenimenti!

 

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Cap. 323

La fuga di Fungar-Hellan e il suo rapporto al re Gurat sulla battaglia

Un nuovo esercito di quattro milioni di guerrieri

16 luglio 1844

1. Tra i superstiti si trovò anche Fungar-Hellan con due capitani, e costui, unitamente al resto dell’esercito, fuggì verso Hanoch, inseguito per un lungo pezzo dai guerrieri superstiti dell’esercito dell’altopiano.

2. E quando fu arrivato ad Hanoch, egli andò subito da Gurat, il quale gli andò incontro a braccia aperte. Allora egli fece rapporto al re riguardo all’esito quanto mai sfortunato della campagna, e disse:

3. «Fratello, ora tutto è perduto! La gente dell’altopiano si è aperta una via disperata in una regione deserta a circa sessanta ore di cammino dietro il grande lago, in un luogo che già prima mi era stato indicato da quell’infame vecchio farabutto di Mahal! Le loro forze devono essere state di un milione di uomini superiori alle nostre!

4. Per farla breve, quando il vecchio farabutto con la sua parentela si fu allontanato da me in un modo che non mi sono ancora riuscito a spiegare e, da autentico traditore, passò al nemico dopo che con le mie proprie mani ebbi strozzato i tre impertinentissimi delegati dell’altopiano, allora il nemico si precipitò furibondo su di noi da mille parti!

5. Poi cominciò una lotta sanguinosa che durò tre giorni e tre notti; il quarto giorno io ero ridotto al massimo a duemila uomini, dei quali soltanto mille veri combattenti, e perciò fui costretto a battere in ritirata per non veder distrutto il mio esercito fino all’ultimo uomo.

6. Di sicuro anche il nemico deve aver perduto molto di più di due milioni di uomini, perché ti dico che il terzo giorno noi combattevano sopra montagne di cadaveri! I miei guerrieri hanno certamente combattuto più valorosamente del nemico, perché essi hanno sicuramente ucciso circa tre milioni di nemici, mentre questi non erano ancora riusciti ad aver ragione dei miei due milioni; sennonché la loro preponderanza era troppo grande perché potessimo vincere contro di loro!

7. Ora però si tratta di mettere assieme il più rapidamente possibile un esercito di quattro milioni di guerrieri per ottenere vendetta di quei superbi principi dell’altopiano, ma una vendetta quale la Terra non ha, né avrà mai in eterno un secondo esempio! Però, come ho detto, bisogna agire velocemente, altrimenti quelli dell’altopiano ci coglieranno alla sprovvista!

8. Guai a voi, assassini del mio popolo! Fungar-Hellan diverrà re di tutti i diavoli a vostro danno! Contro di voi sarà mostrata una crudeltà dinanzi alla quale il cattivissimo e il malignissimo Satana dovrà inorridire! Sii mille volte maledetta tu, Terra, e tutte le creature che porti sul tuo suolo; sarò io quello che ti darà il colpo mortale! E ora avanti, sia raccolto un esercito, un terribilissimo esercito!»

9. A queste parole Gurat rimase atterrito e non poté proferire parola.

10. Quindi Fungar-Hellan si allontanò in fretta e diede subito disposizioni per il più intenso reclutamento.

11. E già nel giro di un mese nella città di Hanoch e dintorni si trovò pronto un esercito di quattro milioni di uomini e più.

12. Prossimamente vedremo il seguito!

 

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Cap. 324

Un nuovo esercito di due milioni di guerrieri sull’altopiano

Il buon consiglio di Mahal di non scendere in guerra contro Hanoch

17 luglio 1844

1. Però anche gli abitanti dell’altopiano reclutarono ed armarono un nuovo poderoso esercito di oltre due milioni di uomini, e si consultarono con i dieci principi riguardo al modo in cui essi avrebbero potuto e dovuto infliggere ad Hanoch una nuova punizione.

2. Ma allora Mahal, il quale era stato accolto dai dieci principi con la massima cordialità assieme alla sua famiglia, si espresse così:

3. «Amici, il numero della vostra gente, esattamente calcolato, si è ora ridotto di circa tre milioni, e adesso potete stare del tutto a vostro agio in questa vasta regione di montagna che assicura a ciascuno di voi un pane più che sufficiente!

4. Perciò lasciate andare Hanoch! Io certo so che il popolo di Hanoch si raccoglierà per riprendere energicamente la lotta contro di voi e che a tale scopo radunerà un esercito di oltre quattro milioni di combattenti; ma ciò non vi confonda minimamente! Infatti se voi non scendete da loro per affrontarli, essi per tutti i tempi rinunceranno a venirvi a sfidare quassù, perché anch’essi sono abbastanza accorti da capire che cento uomini, stando al piano, non possono sopraffarne dieci appostati su una rupe!

5. Perciò voi potete rimanere qui in perfetta sicurezza, poiché in primo luogo gli hanochiti – per quanto grande fosse pure il loro numero – non si azzarderanno mai a penetrare fin qui, e in secondo luogo essi non lo possono neanche più fare, poiché all’infuori dei punti dove voi vi siete aperti la via, ad eccezione della via che passa per le sacre alture di mio fratello Noè, non vi sono altre vie! Ma dai punti dove è stata aperta la via gli hanochiti dovranno sicuramente rinunciare a qualsiasi tentativo di scalata, perché nel deserto dove si è combattuta la grande battaglia, la pestilenza verrà loro incontro a molte ore di distanza e li ucciderà tutti in un modo molto brutto. E così prima di vent’anni quella regione resterà intransitabile tanto per loro, quanto per voi!

6. Ma per quanto riguarda la sacra altura dove dimora mio fratello, essa sta sotto l’onnipotente protezione di Dio, e lottare contro di Lui sarà certo per gli uomini sempre una fatica quanto mai vana! Seguite dunque il mio consiglio e vi troverete bene!»

7. Quando i dieci principi ebbero sentito tale consiglio, rimasero esitanti, ma poi infine dissero: «Tu hai certo parlato bene; ma credi proprio che la rabbia di Fungar-Hellan ci lascerà in pace? Oppure, non vorrà egli, il cui spirito possiede una spaventosissima forza d’intraprendenza, fare piuttosto ogni sforzo possibile per aprirsi un varco fino a noi in mille altri punti, e forse a quest’ora se l’è già aperto in cento punti? E se egli giungerà nel nostro paese, che cosa sarà di noi?»

8. Allora Mahal disse: «Non perdete tempo in simili considerazioni. Io vi ho già detto all’inizio cosa sta facendo mio fratello Noè. In verità, prima che Fungar-Hellan sia pronto con le sue cento torri d’assalto, Noè avrà ultimato la costruzione della sua casa galleggiante, e quando questa sarà pronta, allora a Fungar-Hellan non serviranno a niente né le sue torri, né le montagne, perché allora sarà il Signore ad entrare in combattimento contro tutto il mondo e non risparmierà nessuna creatura, a causa dell’immensa malignità degli uomini!»

9. A queste parole di Mahal i dieci principi si misero a meditare molto e per tre giorni non aprirono bocca; tuttavia essi seguirono il consiglio di Mahal.

 

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Cap. 325

La tristezza del re Gurat per la scomparsa di Mahal

La risposta del generale e la costruzione di una torre per accedere all’altopiano

18 luglio 1844

1. Fungar-Hellan organizzò il nuovo grande esercito nella pianura e ordinò ad un numeroso gruppo di muratori di costruire, a ridosso della parete della montagna ridotta a scarpata, delle alte torri provviste di larghi gradini. Egli si recò nuovamente dal re Gurat, che trovò molto triste, e gli domandò la ragione di tanta tristezza.

2. E il re gli rispose, dicendo: «O caro amico, quando penso che non possiamo più annoverare tra i nostri l’uomo di Dio, mi coglie una grande tristezza, e nella mia anima sento risuonare sempre più vivo il «Noi siamo perduti!» che fu la tua prima esclamazione quando sei venuto da me dopo la tua sfortunata campagna militare!

3. Infatti vedi, a che ci avrebbe giovato tutta la nostra prudenza quando Hanoch, capitanata dai sottosacerdoti, si era stretta in congiura contro di noi, se la sapienza di Mahal non ci fosse stata da guida?

4. Ora però, in qualche circostanza e in qualche luogo, tu certamente avrai agito in maniera crudele e contraria al suo consiglio, allora egli ti ha abbandonato ed è passato con i principi dell’altopiano, e adesso sarà di guida a loro!

5. Qualunque cosa tu vorrai intraprendere contro quei principi, la sua grande sapienza scruterà le tue idee già da lontano e saprà vanificare ogni tuo piano e batterci e mandarci in rovina come hai fatto tu al suo fianco nelle tue operazioni contro tutti i templi, quando anche tutta la tua potenza non ti sarebbe servita a nulla se non fosse stata con te la potenza dell’uomo di Dio!

6. Per conseguenza, io sono ora dell’opinione assolutamente sicura, che ci servirà a poco la costruzione delle cento torri, e altrettanto poco il nuovo e poderoso esercito che ci costa giornalmente venticinquemila libbre (14 tonnellate) d’oro, ma che però non ci porterà mai nemmeno una misera moneta d’argento di vantaggio!

7. Oh, se fosse possibile che Mahal potesse ritornare ad essere dei nostri e che con lui fossero tra di noi nuovamente anche i suoi cari figli, allora sì che potremmo stare al sicuro tra le nostre mura; ma senza di lui, ben presto sarà per noi tremendamente difficile camminare per le strade e per le vie della nostra città, dato che noi tutti siamo ciechi e non vediamo dove ci attende l’abisso!»

8. Quando Fungar-Hellan ebbe udito ciò da Gurat, egli rimase pensieroso e non seppe che cosa replicare al re.

9. Solo dopo qualche tempo aprì la bocca e disse: «Mio re e amico mio, tu hai certamente ragione e non c’è niente da obbiettare a quanto hai detto, ma dato che siamo ormai compromessi, allora è senz’altro meglio fare qualcosa per la nostra sicurezza, anziché restare con le mani in mano in attesa degli eventi!

10. Io ho certamente giurato la massima vendetta ai principi, e così pure a Mahal, ma siccome la mia ira si è un po’ calmata, allora non voglio neppure prendere tanto alla lettera il mio giuramento; ma tuttavia dobbiamo essere sempre armati, dato che non siamo sicuri neanche per un’ora da un poderoso attacco da parte dei popoli dell’altopiano!

11. Ma quale sapienza e sapienza di Mahal! Noi dobbiamo ad ogni modo essere il più possibile al sicuro, se non vogliamo attendere ogni momento la nostra rovina!

12. Del resto, se Mahal dovesse ritornare qui, io lo accoglierei di nuovo con altrettanta cordialità quanta gliene ho dimostrata la prima volta che egli è venuto in questo castello, e ritengo che nessuno potrà fare di più per lui!

13. Ma in quale modo potrà egli ritornare qui? Sul campo di battaglia egli certo non passerà; perciò è appunto necessario che la costruzione delle mie torri proceda il più sollecitamente possibile, affinché noi possiamo mandare un messaggero a Mahal con l’incarico di ricondurlo tra le nostre mura qualora egli sia ancora in vita!»

14. Gurat si dichiarò d’accordo con queste idee e quindi raccomandò al generale di affrettare la costruzione di almeno una delle torri progettate a ridosso della parete della montagna ridotta a scarpata.

15. E Fungar-Hellan si dedicò con la massima diligenza a quest’opera, e in trenta giorni una torre si trovò ultimata proprio vicino alla parete.

 

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Cap. 326

La delegazione di Hanoch ai dieci principi dell’altopiano per proporre pace e amicizia, e richiedere Mahal

19 luglio 1844

1. Quando fu ultimata la torre edificata sul principale posto di accesso all’altopiano, e ciò avvenne in maniera tanto solida che sui suoi gradini avrebbero potuto salire con tutta sicurezza e comodità perfino cammelli ed asini, il generale Fungar-Hellan e il re Gurat scelsero una delegazione tra le persone dotate di maggiore eloquenza, e la inviarono sull’altopiano, affinché cercassero Mahal e lo riconducessero ad Hanoch.

2. Nel giro di alcuni giorni la delegazione fu composta e, indossate delle vesti bianche quale distintivo di pace, si diresse verso l’altopiano.

3. Dopo un viaggio di cinque giorni a dorso di cammello (calcolato il giorno in quaranta ore di cammino di un uomo, distanza che un simile animale percorre con facilità), la delegazione stessa giunse sull’altopiano dove fu immediatamente sequestrata dalle guardie e i suoi membri furono condotti come prigionieri alla presenza dei dieci principi.

4. Quando la delegazione prigioniera fu giunta dinanzi ai dieci principi, uno di questi chiese quale fosse il motivo che li aveva indotti a venire a cercare la propria rovina sull’altura.

5. E l’oratore principale della delegazione disse: «Nobili e saggi condottieri del vostro popolo, nessuna intenzione neanche minimamente cattiva ci ha spinto a venire fin qui, cosa che ci è costata parecchio, bensì ci sono state di guida soltanto le migliori e più pacifiche intenzioni!

6. Voi avete battuto il nostro esercito e, quali vincitori, siete rimasti padroni del grande campo di battaglia; perciò sta a voi, secondo il pienissimo diritto di guerra, esigere da noi la tassa della vittoria!

7. Noi sappiamo però che pure voi avete subito una forte disfatta e che per conseguenza dovrete a mala pena avere il coraggio di esigere da noi la vostra tassa, considerato inoltre che voi potrete giudicare e sicuramente accettare, sulla via del vostra profonda sapienza, il fatto che noi teniamo in riserva ancora una forza armata di cinque milioni di soldati.

8. Noi dunque siamo stati inviati qui dal nostro re per chiedervi a nome suo, in primo luogo, che cosa pretendete da lui come tassa della vittoria, affinché egli possa corrispondere subito alle vostre richieste; e in secondo luogo egli vi chiede, per mezzo nostro, pace e amicizia, e a tale scopo egli fa costruire cento torri di collegamento con l’altopiano affinché siano ristabilite per voi una volta per tutte le comunicazioni con Hanoch!

9. Queste sono le ragioni della nostra missione, che è vera in ogni sua parte; ma oltre a ciò noi certamente abbiamo ancora un incarico per Mahal, qualora egli sia ancora in vita e si trovi fra di voi!»

10. Quando i principi ebbero sentito tali cose dalla delegazione, domandarono a quei delegati con quali prove essi sarebbero stati in grado di avvalorare la verità delle loro asserzioni in maniera da non lasciare sussistere dubbi!

11. E i delegati dissero: «Se Mahal si trova ancora con voi, fatelo venire alla nostra presenza ed egli vi renderà testimonianza su di noi!»

12. Quando i dieci principi ebbero udito questo, allora mandarono subito a chiamare Mahal.

 

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Cap. 327

Le sagge e serie parole di Mahal ai delegati e ai dieci principi

Chi fa una promessa deve stabilire il tempo per adempierla

22 luglio 1844

1. E quando Mahal fu entrato nella sala del Consiglio e i delegati ebbero visto la sua faccia estremamente seria, essi temettero enormemente e nessuno di loro osò proferire una parola.

2. Per un momento tutta l’assemblea rimase muta, ma poi Mahal domandò loro: «Perché dunque mi avete fatto venire qui? Sono io forse come un animale sconosciuto che certi domatori portano in giro alla catena per essere offerto alla curiosità del pubblico dietro un compenso di qualche monetina? Parlate: perché avete fatto chiedere di me?»

3. Dopo questa esortazione interrogativa, uno dei principi gli disse: «Uomo di Dio, vedi, questi sono degli inviati della pianura che ci hanno esposto le varie ragioni della loro venuta qui! Oh, dicci dunque se noi dobbiamo prestare fede a loro oppure no!»

4. E Mahal rispose: «Sì, voi potete credere a loro, perché le cose stanno ora effettivamente così; però il vero motivo principale della loro missione non è l’offerta della tassa della vittoria, bensì il motivo principale di tutto questo sono io!

5. Il re Gurat e il suo generale Fungar-Hellan vorrebbero avermi nuovamente alla loro corte, e questi delegati hanno l’incarico di indurmi a un tale passo; però né essi, né i loro padroni sanno che Mahal non si lascia mai indurre a nessuna cosa dagli uomini, bensì soltanto e unicamente da Dio.

6. Dite perciò ai vostri padroni che io farò ritorno a loro solamente quando Dio il Signore me lo ordinerà! Ma dite loro anche che io, nel Nome del Signore, farò molta attenzione a come essi rimarranno fedeli alla doppia offerta fatta ai dieci principi!»

7. E dopo che Mahal ebbe detto simili cose ai delegati, egli si rivolse verso i dieci principi e disse loro: «Lasciate che questi messaggeri se ne ritornino in pace, dato che essi vi hanno offerto la pace; tuttavia badate bene che la loro promessa trovi adempimento entro un determinato tempo!

8. Infatti, se qualcuno dà una parola ad un altro, deve anche stabilire un termine per l’adempimento, altrimenti egli è soltanto un ipocrita e un raffinato oratore che fa bensì una promessa, ma dato che non stabilisce un termine per mantenerla, allora la sua promessa risulta essere una evidentissima menzogna, dato che egli può prolungare all’infinito l’adempimento della sua promessa e può fare forse solo in mille o diecimila anni quanto altrimenti doveva fare entro un tempo stabilito.

9. Perciò non è sufficiente dire: “Io farò questo!”, bensì così deve suonare: “Io farò questo, oggi o domani, oppure entro un anno farò così e così, se il Signore mi lascia vivere fino a questo tempo che io stabilisco per l’adempimento della mia promessa!”

10. La stessa cosa esigetela anche voi da questi messaggeri, e poi, come già detto, lasciate che se ne vadano in pace!»

11. Ai dieci principi non sfuggì l’importanza di questa osservazione, prescrissero ai messaggeri un termine di tre lune e poi lasciarono subito che essi riprendessero indisturbati la via del ritorno. Dopo la loro partenza disposero che venisse rafforzata subito la guardia che presidiava l’accesso principale.

 

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Cap. 328

Il grave imbarazzo di Fungar-Hellan e del re Gurat per le condizioni poste dai dieci principi dell’altopiano

La nuova proposta di pagare l’indennità di guerra in dieci anni viene rifiutata dai dieci principi

23 luglio 1844

1. Quando i delegati giunsero di ritorno ad Hanoch ed ebbero fatto a Gurat e a Fungar-Hellan il loro rapporto riguardo ai risultati della loro missione, la delusione dei due signori di Hanoch fu all’inizio quanto mai grande.

2. Gurat però, ripresosi dopo qualche tempo, disse al generale: «Ebbene, che cosa possiamo fare? Qui si tratta di nient’altro che di ingoiare la pillola amara, né di più, né di meno! Entro un mese bisogna mettere assieme centomila moggi di frumento, altrettanti di grano e altrettanti di orzo; e poi ventimila cammelli, quarantamila buoi e duecentomila pecore, altrimenti saremo assolutamente messi male rispetto agli abitanti dell’altopiano!

3. Ma ora si domanda: – come ci procureremo in così breve tempo la grande massa di tutto questo? Dove, dove mai si può prenderla, a meno che non si voglia entrare in guerra contro il nostro stesso popolo, …sì, …in una vera e propria guerra di rapina?»

4. Allora Fungar-Hellan, egli pure imbarazzatissimo, rispose: «Amico e fratello, a quanto mi pare, saremo messi male in ogni modo! Io perciò sono ora dell’opinione che noi dovremmo lasciare che Mahal resti dov’è sull’altura e, per quanto riguarda l’indennità di guerra, credo che sarebbe meglio non farne più nulla!

5. Se il popolo dell’altopiano avesse domandato oro e argento, allora noi avremmo potuto fornirne loro con facilità le libbre di peso in quantità anche dieci volte superiore, dato che noi ne possediamo tanto da poter ricoprire tutta Hanoch; ma mettere assieme cereali in questi anni comunque assai magri, ed una uguale quantità di buoi, cammelli e pecore, e per di più – come ho già detto – in simili anni magri, questo non è possibile, e tanto meno poi in una volta sola!

6. Se gli abitanti dell’altopiano ci concedessero un termine di dieci anni a questo scopo, allora la cosa sarebbe ancora fattibile; ma, amico, non vi è a questo mondo assolutamente nessuna possibilità di mettere assieme tutto ciò entro un mese!

7. Perciò inviamo una delegazione nuovamente lassù per trattare il rinvio tra dieci anni del termine per la fornitura dell’indennità di guerra: se i dieci principi vi acconsentiranno, allora noi manterremo la nostra parola; in caso contrario, che essi facciano quello che vogliono!»

8. Allora Gurat si dichiarò d’accordo con tale proposta. Fu scelta una nuova delegazione che venne inviata all’altura con le debite istruzioni, ma purtroppo senza alcun risultato, perché i dieci principi insistettero sulle loro pretese e non vollero transigere neanche per il valore di uno statere[42].

9. Quello che accadde dopo lo sapremo in seguito!

 

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Cap. 329

La rabbia di Gurat e di Fungar-Hellan per l’insuccesso delle due delegazioni

Proposta di inviare una falsa delegazione mentre saranno minate e poi fatte saltare in aria le montagne dell’altopiano

24 luglio 1844

1. Quando anche questa seconda delegazione fu di ritorno ad Hanoch senza avere ottenuto nulla e dopo che ebbe esposto al re e a Fungar-Hellan il cattivo risultato del loro viaggio, i due divennero contemporaneamente furibondi e presero la ferma decisione di non pagare alcuna indennità di guerra e, in nessuna forma, neanche per il valore di uno statere, alla gente dell’altopiano.

2. E Fungar-Hellan disse: «Che vengano essi stessi a prendersi l’indennità! Ma se verranno, saremo pronti a riceverli nel modo giusto!

3. Noi però sappiamo di essere discendenti di Set, mentre quel popolo di schiavi dell’altopiano discende solo dallo scellerato Caino! Ma la nostra forza è dunque proprio tanto afflosciata da non poter tenere testa a questi superbi schiavi?

4. Noi per ora non saremo più tanto pazzi da andarli a cercare tra le loro montagne e con il nostro esercito; ma invece sapremo ben adescarli e farli scendere quaggiù. E una volta che saranno in pianura, allora guai a loro; in verità essi dovranno degustare la nostra giusta rabbia!

5. Sai tu, amico Gurat, quello che faremo adesso? Ebbene, noi inviamo lassù ancora una delegazione, e ciò in questa qualità politica:

6. Noi consegneremo in apparenza nelle loro mani l’intero regno di Hanoch, e ciò con il pretesto che noi, data l’esorbitanza delle loro pretese, non potremmo più continuare nel governo del paese e saremmo assolutamente messi male!

7. Infatti diremo loro che, senza violenza, questa enorme pretesa di cereali e di bestiame non la si potrebbe affatto raccogliere nel nostro regno entro un tempo così breve; ma se a tale scopo fosse necessario fare un’azione di violenza contro i cittadini, allora l’intero regno si solleverebbe contro di noi e con la sua grande superiorità di forze ci rovinerebbe del tutto!

8. E avendo vagliato bene ogni cosa, noi affideremo pacificamente tutto l’intero regno nelle loro mani dietro una buona rendita vitalizia, poiché in simili condizioni ci siamo stancati del governo e ora una vita tranquilla ci è molto più gradita della nostra attuale vita troppo movimentata.

9. E quale segno della verità, che i delegati prendano subito con loro le chiavi e qualche corona imitata di Hanoch per consegnarle ai dieci, ma nello stesso tempo essi devono anche invitarli a scendere ad Hanoch per prendere in consegna tutto come sta e giace! Che te ne pare di questa mia idea. Non è forse buona?»

10. E Gurat rispose: «Caro amico, non bisogna che tu dimentichi che Mahal adesso si trova presso i dieci e che quindi ogni tua astuzia è vana!

11. Io sono invece dell’opinione di non fare più niente di quanto hai detto, ma di aspettare che comincino essi a trattare con noi; allora prenderemo tremendamente l’offensiva ed annienteremo tutto quello che si avvicinerà a noi!

12. Nel frattempo però, invece di costruire le cento torri d’assalto, scaviamo nelle montagne dell’altopiano cento gallerie profonde un migliaio di klafter (1900 m) e carichiamo poi ciascuna di queste con diecimila libbre (56 quintali) di grani esplosivi dandovi infine fuoco, e ciò otterrà senz’altro l’effetto di produrre uno scompiglio abbastanza notevole tra quella superba gente dell’altopiano!

13. Quello che si dovrà fare successivamente, ce lo insegnerà l’evolversi degli avvenimenti!»

14. Fungar fu d’accordo e mise subito in opera il consiglio di Gurat.

 

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Cap. 330

L’inutile consultazione dei dieci principi per tre mesi

La risposta profetica di Mahal non ottiene esito

26 luglio 1844

1. Ora anche i dieci principi dell’altopiano si radunarono a consiglio per concretizzare il loro modo di procedere nel caso in cui gli hanochiti non avessero mantenuto la loro parola; le loro riunioni consiliari si protrassero però per ben tre lune senza che in proposito essi potessero giungere ad un accordo.

2. Tuttavia commisero l’errore di non invitare a consiglio anche Mahal, e ciò fu da attribuirsi al fatto che essi pensavano che Mahal, del tutto segretamente, potesse essere d’accordo con gli hanochiti e che avrebbe potuto far pervenire loro qualche consiglio in seguito al quale per gli abitanti dell’altopiano avrebbe potuto esserci tanto maggiore pericolo di essere consegnati nelle mani degli hanochiti.

3. Ora questo sospetto nei riguardi di Mahal era sorto in loro perché essi avevano ritenuto assolutamente troppo miti le parole rivolte da lui ai delegati di Hanoch, laddove si erano piuttosto aspettati di udire da lui una sentenza di morte nei confronti di questi messaggeri.

4. Mahal per altro si era accorto di ciò e ne rimase assai indignato.

5. Quando i dieci principi, dopo le loro consultazioni durate tre lunghe lune, videro di non essere pervenuti a nessuna conclusione, fecero chiamare Mahal che viveva solitario in una casa del tutto appartata nella piccola città di montagna, e gli domandarono che cosa essi avrebbero dovuto intraprendere contro gli hanochiti, dato che questi non avevano mantenuto la promessa dell’indennità di guerra, non essendosi fino allora vista venire neppure l’ombra di questa, e allora Mahal disse:

6. «Miei cari amici, mi dispiace assai nel mio cuore che voi abbiate fatto ricorso a me così tardi, quando cioè il mio consiglio non può più giovarvi a nulla! Voi avreste dovuto interpellarmi subito, cioè all’inizio delle vostre vane consultazioni che sono durate il tempo di tre lune senza il benché minimo risultato! Se già allora mi avreste chiamato chiedendomi di darvi un giusto consiglio, io ve lo avrei potuto dare, ma ormai è troppo tardi!

7. Infatti mentre voi tenevate consiglio, gli hanochiti, quanto mai attivi, hanno guadagnato il tempo che occorreva loro e, del tutto indisturbati, hanno potuto scavare in cento punti molto propizi delle gallerie profonde mille klafter (1900 m), ciascuna delle quali ora è già caricata con diecimila libbre (56 quintali) dei più potenti grani esplosivi; ed oggi stesso tutte queste gallerie verranno fatte esplodere, e la conseguenza ne sarà una terribile distruzione del vostro paese in quei cento punti!

8. E perciò voi dovrete darvi alla fuga se vorrete sfuggire alla vendetta degli hanochiti! Perciò fuggite subito, adesso, perché domani potrebbe essere già troppo tardi!»

9. Quando i dieci principi appresero questo da Mahal, essi si misero a ridere e dissero: «Amico, se non si tratta altro che di questo, allora noi possiamo senz’altro restare tranquillamente qui, perché noi sappiamo esattamente quale effetto possono produrre i grani esplosivi, e a quale profondità si può arrivare nel suolo scavando per il tempo di tre lune!

10. Vedi, se essi in tre lune sono penetrati nella roccia ad una profondità di quaranta klafter (76 m), allora essi hanno già fatto miracoli, per non parlare poi di mille klafter (1900 m)! Per conseguenza da questo lato noi siamo del tutto tranquilli!»

11. A questo punto i dieci principi ripresero a ridere e così lasciarono Mahal.

12. Quello che successe poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 331

L’esortazione di Mahal ai suoi figli a confidare unicamente in Dio

L’incredibile corruzione dell’umanità nella pianura

Mahal e i suoi figli verso l’altura di Noè

27 luglio 1844

1. I figli di Mahal chiesero al loro padre che cosa avrebbero dovuto fare qualora gli hanochiti fossero ricorsi a mezzi tanto violenti contro l’altopiano.

2. E il padre Mahal disse ai suoi figli: «Figli miei! Confidate in Dio, e siate del tutto tranquilli, perché noi siamo sicuri e protetti dappertutto sulla Terra di Dio finché Dio il Signore è con noi!

3. Ma se perdiamo la Sua grazia e la Sua misericordia e il Suo amore, allora tutto, cioè tutto quello che si chiama essere ed oggetto, ci perseguiterà e ci sarà nemico; e non potremo fidarci nemmeno della nostra ombra nel timore che essa ci tradisca a favore di ogni tipo di nemici!

4. E perciò noi vogliamo pure ora tenerci tanto più stretti a Dio, affinché possiamo camminare in sicurezza sulla Terra di Dio!

5. Io però, miei cari figli, vi dico come vedo ora nel mio spirito: nella maniera in cui sono attualmente sistemate le cose sulla Terra, quest’ultima non potrà più sussistere nemmeno per dieci anni!

6. Un uomo è contro l’altro; un popolo si schiera contro l’altro; ciascuno vuole dominare nella sua sfera e non riconosce né presidenti né re!

7. Così avviene che in tutto il regno di Hanoch ci sono solo signori indipendenti, e il re trema dinanzi ai cittadini della sua città, e tutti i suoi vassalli e tutti i governatori delle province nelle città fuori dalle mura sono ormai del tutto signori assoluti e fanno quello che vogliono. Essi impongono ai loro sudditi tasse eccessive; ma né il re, né il suo generale conoscono nemmeno una sillaba di tutto ciò.

8. I vassalli delle province lontane sono diventati completamente signori assoluti e si fanno continuamente guerra tra di loro, in modo che già da lungo tempo non passa giorno senza qualche spargimento di sangue.

9. Qua e là scoppiano rivolte tra il popolo! Allora si ruba, si saccheggia e si massacra, e chiunque si sia trovato alla testa dell’una o dell’altra rivolta, vuole assumere in conclusione la parte del dittatore; e se riesce a consolidarsi in tale sua posizione, diventa poi molto peggiore dei precedenti tiranni e despoti!

10. Già da molti anni i figli emigrati dall’altura procedono continuamente di nascosto in modo particolarmente maligno verso i figli della pianura. Questi non vengono più affatto considerati come uomini, bensì soltanto come puri animali dotati di ragione, e come tali vengono anche trattati; e nessuno vuole lasciarsi guidare, educare e punire dallo Spirito di Dio!

11. Da quando furono fatte le infernali invenzioni dei grani esplosivi, delle trivelle e del mordente per l’ammollimento della pietra, nessuna montagna è più al sicuro dalla furia distruttrice degli uomini.

12. Dite: – può Dio stare a guardare ancora più a lungo e del tutto tranquillo di fronte a tutto questo infuriare, imperversare, ribollire, assassinare, distruggere, mentire, fingere, ingannare, rubare e rapinare, e di fronte a ogni specie di prostituzione?»

13. I figli rimasero spaventati a tale descrizione dello stato delle cose del mondo.

14. Mahal disse ancora: «Col favore della notte e della nebbia abbandoniamo questo suolo e facciamo ritorno da Noè sull’altura, perché d’ora in poi in nessun altro luogo vi sarà possibilità di esistenza per noi!»

15. Dopo di che, Mahal raccolse subito tutte le sue cose e poi, in compagnia di tutti i suoi figli, si incamminò verso l’altura di Noè.

16. Quello che successe poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 332

Mahal incontra il fratello Noè

Il racconto di Mahal sulle terribili condizioni spirituali dei popoli nella pianura

29 luglio 1844

1. Dopo dieci giorni di viaggio Mahal giunse sull’altura ancora sacra dove dimorava Noè, il quale gli era già andato incontro per un lungo tratto di strada.

2. E quando i due vecchi fratelli si incontrarono, essi si abbracciarono, e la gioia del rivedersi fu grande per entrambi.

3. Allora Noè interrogò subito Mahal e volle sapere qual era la situazione nei paesi e nei regni della pianura, e se quelle genti accennassero a volgersi al Signore o sempre più al mondo.

4. E Mahal rispose: «O fratello, è il totale ateismo di tutti i popoli che ho imparato perfettamente a conoscere durante i miei lunghi viaggi, e questo è il motivo principale per cui sono già di ritorno!

5. Io ero pur sempre colmo delle migliori speranze che, tramite la Grazia del Signore, sarei riuscito a conquistare i popoli a Dio mediante i loro re e principi, sennonché dieci giorni fa il Signore mi fece chiaramente comprendere come stanno le cose con l’umanità sulla Terra, e quindi anche riconoscere chiarissimamente come né attraverso prodigi, né con qualsiasi altro mezzo sia ormai possibile ottenere un qualche buon risultato con gli uomini.

6. Infatti essi sono assolutamente rivolti verso il mondo, al punto che ogni spirito è completamente morto in loro. Ma se nell’uomo non governa più alcuno spirito, come potrebbe egli accogliere in sé lo spirituale e il divino?

7. Se però si trattasse ancora di pochi uomini, allora sarebbe più facile ritenere possibile la conversione di questi pochi. Ma cosa può fare un singolo uomo di fronte a tanti milioni di uomini ostinatissimamente atei?

8. All’inizio ti danno anche ascolto, ma poi ben presto, del tutto indifferenti, ti voltano le spalle. Quando va bene, allora si viene o derisi, oppure anche compianti come se a parlare loro fosse un pazzo! Ma quando va un po’ male, allora si viene frustati, imprigionati e anche ti viene tolta la vita! Infatti, io ti dico: una vita umana laggiù nella pianura vale precisamente quanto qui la vita di un moscerino!

9. O fratello, io rabbrividisco se ora penso alla pianura! In verità, le cose vanno quasi meglio all’inferno, di cui da molto tempo già sappiamo com’è!»

10. Quando Noè ebbe sentito tale descrizione da suo fratello Mahal, allora fece un profondo sospiro e disse: «Dunque le cose stanno proprio così come il Signore mi ha rivelato in spirito! O tu, mondo, tu, mondo, perché non vuoi più lasciarti punire dallo Spirito di Dio, che è tanto mite, e preferisci invece vivere nel Giudizio e nella tua eterna rovina?»

11. Dopo di che i due fratelli si avviarono del tutto silenziosi verso la sommità dell’altura dove una volta abitava Adamo, e là piansero entrambi sopra la Terra, che era stata creata così splendida.

12. E Mahal notò anche subito che la grande cassa per l’acqua (l’arca) era già quasi del tutto completata e si meravigliò nel vedere che tale costruzione era già tanto avanzata in un tempo così breve.

 

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Cap. 333

Mahal chiede informazioni riguardo l’arca

Il racconto di Noè sulla decadenza dell’umanità, per cui Dio ha deciso il Diluvio

30 luglio 1844

1. E dopo che Mahal ebbe esaminato minuziosamente la cassa (l’arca) tanto all’interno che all’esterno, egli disse a Noè: «Fratello, dimmi come è effettivamente accaduto che il Signore ti ha ordinato questa costruzione così singolare! Qualcosa io la so già, ma i particolari non mi sono noti, né la cosa mi riesce in generale del tutto chiara; perciò spiegami un po’ dettagliatamente questa faccenda, affinché anch’io sappia quello che dovrò fare a suo tempo!»

2. E Noè disse a Mahal: «Fratello, tu sai già del tempo in cui gli uomini cominciarono a moltiplicarsi notevolmente sulla Terra, all’epoca di Lamec e come essi generarono delle bellissime figlie; e ti è pure noto come i figli di Dio sull’altura, quando vennero a conoscenza di ciò, cominciarono ben presto ad abbandonare la sacra altura e ad emigrare nella pianura della Terra, e come essi laggiù si presero le figlie degli uomini che essi volevano e con queste generarono figli!

3. In conseguenza di ciò l’altura di Dio, che Egli aveva benedetto tanto e così abbondantemente per i Suoi figli, si trovò quasi del tutto priva di maschi, perché perfino gli uomini che avevano famiglia abbandonarono le loro mogli per scendere laggiù e scegliersi altre mogli tra le figlie degli uomini della pianura; tutto ciò ebbe per effetto il fatto che ben presto molte tra le donne abbandonate qui dai loro mariti seguirono l’esempio di questi e scesero esse pure in pianura per sposarsi con i figli della Terra. Vedi, subito dopo il verificarsi di questi fatti il Signore mi disse:

4. “Noè, vedi, gli uomini non vogliono più lasciarsi punire dal Mio Spirito, poiché essi sono diventati puramente carne! Tuttavia Io voglio ancora concedere loro un termine di centoventi anni!”

5. Tu eri presente quando il Signore mi rivolse queste parole; così tu sai anche tutto quello che noi poi, secondo la Volontà di Dio, abbiamo fatto per buoni cent’anni nell’intento di convertire i figli di Dio diventati puramente uomini della Terra, e tutto ciò senza il benché minimo risultato duraturo!

6. Infatti i figli di Dio generarono con le figlie degli uomini dei potenti e celebri uomini; questi divennero maestri in ogni tipo di cose cattive dinanzi a Dio e si eressero a duri tiranni dei figli del mondo e si fecero anche sempre guerra reciprocamente per pure ragioni di brama di dominio. E in tali condizioni trascorsero cento anni e più!

7. Ma siccome il Signore vide che gli uomini, nonostante le Sue giornaliere esortazioni di ogni specie e in tutte le forme, non solo non si convertivano, bensì diventavano sempre più grandi e possenti nella loro malignità, e vide come tutte le loro mire e aspirazioni diventavano sempre e soltanto più malvagie, ecco, Egli si pentì di aver fatto gli uomini sulla Terra e se ne afflisse molto nel Suo Cuore!

8. E vedi, in questo tempo – all’incirca due volte sette anni fa – il Signore mi disse di nuovo: “Noè, ascolta! Io voglio estirpare dalla Terra gli uomini che Io ho creato, dall’uomo fino al verme e fino agli uccelli che vivono sotto al cielo, poiché Io Mi pento di averli creati su questa Terra!”

9. Io, Noè, trovai tuttavia grazia dinanzi a Dio, ed Egli non mi annoverò tra gli uomini della Terra che sono diventati cattivi! E vedi, intorno a questo tempo Dio guardò di nuovo la Terra, ma questa era corrotta dinanzi ai Suoi occhi e colma di scelleratezze!

10. Dio però inviò tuttavia dei messaggeri agli uomini corrotti e volle mostrare loro misericordia. Ma i messaggeri predicarono ad orecchi sordi e furono considerati come comunissimi uomini; e li si lasciò andare e venire senza badare a quello che dicevano.

11. Dopo di ciò, trascorso un breve tempo, il Signore rivolse di nuovo il Suo sguardo alla Terra e mi disse: “Noè, ascolta: ogni Mia fatica e Amore sono inutili! La fine di ogni carne è giunta dinanzi a Me, poiché la Terra è colma delle scelleratezze degli uomini! Ora vedi, Io voglio mandarli tutti in rovina insieme alla Terra!”

12. E vedi, intorno a questo tempo, come tu sai, io dovetti tagliare il legname per la costruzione della cassa, che ora, salvo qualche piccolo particolare, sta qui pronta dinanzi a noi! Se tu desideri conoscere anche il piano di costruzione nei suoi dettagli, allora ti racconterò tutto con le parole stesse del Signore!»

13. E Mahal lo pregò di fare questo, e Noè disse a Mahal: «Entra anzitutto nella mia casa, e nel Nome del Signore prendiamo un ristoro; poi ti svelerò il piano di costruzione di questa cassa!»

14 E Mahal fece secondo il desiderio di Noè.

 

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Cap. 334

Il racconto di Noè riguardo al piano di costruzione dell’arca e il successivo autocostruirsi

Il triste Mahal per la sua esclusione dall’arca

1 agosto 1844

1. Quando Noè con suo fratello Mahal e i figli di costui, e con la propria moglie e con i suoi figli, ebbero ristorato il corpo, egli disse a Mahal:

2. «Ora, fratello Mahal, se mi vuoi prestare ascolto, ti farò conoscere i piani di costruzione che Dio mi ha dato per questa grande cassa!»

3. E Mahal lo pregò di far questo e disse: «Sì, mio stimatissimo fratello, raccontami questo, io te ne prego ancora una volta, affinché da ciò possa scorgere quello che poi mi converrà fare!»

4. E quando Mahal si fu espresso in questo modo, allora Noè disse a Mahal: «Bene! Dunque, ascoltami! Però io ti prego di non arrabbiarti per quello che ti dirò, poiché allora dovresti dare la colpa a te stesso se la tua propria ira dovesse logorarti!»

5. E Mahal assicurò a Noè che egli non si sarebbe mai arrabbiato, anche se il Signore avesse voluto scagliargli un cespuglio di spine ardenti sulla schiena nuda!

6. Allora Noè disse: «Ascolta dunque, perché così parlò a me il Signore Dio Zebaoth quando fu eseguito l’ordine di tagliare il legno di abete:

7. “Noè! Fatti una cassa di quel legno di abete, e dentro a questa fa delle camere, e ricoprila con la pece sia dentro che fuori; la cassa però falla così: trecento braccia (285 m) sia la lunghezza; cinquanta braccia (47,5 m) la larghezza e trenta braccia  l’altezza (28,5 m - un braccio era uguale a mezzo klafter = 95 cm).

8. Dovrai fare soltanto una finestra, e questa va situata sopra il tetto, e questa deve avere la grandezza di un braccio (95 cm) sia in lunghezza che in larghezza, e deve essere provvista con una porticina di tavole che la possa tenere ben chiusa.

9. La porta d’accesso dovrai farla nel mezzo di uno dei lati della cassa! La cassa stessa però sia suddivisa in tre piani, mediante tre pavimenti, così che l’intera cassa abbia un pavimento di sotto, un pavimento di mezzo e poi un pavimento superiore, il terzo in altezza, per le persone e per le loro necessità”.

10. Ma io, Noè, indagai ulteriormente nella Volontà del Signore per sapere a che cosa veramente avrebbe dovuto servire una simile cassa.

11. E il Signore parlò di nuovo e mi disse: “Noè, vedi, Io faccio questo perché voglio far venire sulla Terra un potente flutto delle acque sopra al peccato per rovinare tutta la carne sotto il cielo in cui vi sia un alito vivente, e tutto quanto esiste sulla Terra dovrà morire!

12. Con te però Io voglio fare un patto: tu entrerai nella cassa con i tuoi figli, con tua moglie e con le mogli dei tuoi figli!

13. Oltre a ciò tu dovrai far entrare nella cassa ogni specie di animali di ogni carne; un paio di ciascuna specie, ossia un maschio e una femmina, affinché essi rimangano vivi insieme a te!

14. Dovrai far entrare degli uccelli secondo la loro specie, del bestiame della Terra secondo la loro specie e ogni tipo di rettili sul suolo secondo la loro specie; e di ogni specie dovrà entrare una coppia con te nella cassa, affinché essi rimangano in vita!

15. Poi dovrai provvederti di ogni tipo di viveri, e bisognerà che tu ne raccolga in quantità adeguata per servire da nutrimento a te e agli animali!”

16. Io però mi prostrai sulla mia faccia dinanzi al Signore e piansi e supplicai, e dissi: “Signore, come potrò io, un solo e debole uomo, eseguire tutto questo? Dove potrò radunare tutti gli animali e come farò a provvederli del giusto nutrimento per loro? Dove prenderò la carne per tutti i carnivori e dove l’erba per tutti i grandi erbivori, e dove il cibo, a me sconosciuto, per tutti i rettili? Quando, o Signore, quando mai potrò essere pronto con la grande cassa?”

17. Allora il Signore disse: “Noè, non preoccuparti, bensì metti subito mano all’opera, ed Io ti aiuterò affinché tu non percepisca la pesantezza del lavoro!”

18. E vedi, fratello, io allora misi subito mano all’opera, e tutto si dispose da sé in maniera prodigiosa, e così il lavoro fu reso facilissimo per me e per i miei pochi aiutanti! La cassa procedette poderosamente di giorno in giorno, e ora, ad eccezione della chiusura della piccola finestra sul tetto, è terminata!

19. Tale fu dunque il piano di costruzione, e così ora l’opera è anche compiuta!»

20. Quando Mahal ebbe udito ciò, allora egli se ne rattristò enormemente, poiché non aveva udito che anche a lui sarebbe stato concesso di entrare nella cassa.

21. Vedremo in seguito l’ulteriore svolgersi degli avvenimenti!

 

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Cap. 335

L’esortazione di Noè a suo fratello Mahal per accettare l’esclusione dall’arca

Mahal accecato dalla presunzione della propria giustizia, accusa il Signore di aver peccato contro di lui

2 agosto 1844

1. Noè però si accorse ben presto della grande tristezza interiore di suo fratello Mahal, come anche dei suoi figli, poiché essi erano tutti profondamente costernati avendo appreso che soltanto Noè con la sua famiglia aveva trovato grazia presso Dio.

2. Perciò Noè disse a Mahal: «Fratello, perché ti affliggi ora? Non hai dato prima la parola che non ti saresti arrabbiato neanche se il Signore ti avesse scagliato un cespuglio di spine ardenti sulla schiena nuda?

3. O fratello, così mantieni la parola data e così altolocata? Non sai tu dunque quanto sia buono il Signore? E non conosci la Sua infinita Pazienza e la Sua eterna e sconfinata misericordia?

4. Dimmi: – quando mai è avvenuto che Dio non abbia esaudito qualcuno che, pentito, si sia rivolto a Lui nel vero amore del proprio cuore come un giusto figlio si rivolge al suo unico giusto e vero Padre? Fai anche tu così, e allora non avrai certamente più necessità di persistere in tanta tristezza».

5. A queste parole Mahal si riprese un po’ e disse a Noè: «O fratello, indicami un peccato che io abbia commesso contro Dio il Signore, e io allora piangerò e farò cordoglio per tutta la mia vita e invocherò perdono e misericordia!

6. Non sono io forse puro quanto lo sei tu? Perché dunque il Signore vuole giudicarmi? Che cosa ho dunque fatto io di contrario ai Suoi occhi perché Egli mi precluda l’accesso in questa cassa?

7. Fratello, che io abbia forse peccato perché ho voluto andare in pianura a trovare i miei figli, laddove il Signore stesso aveva mandato Waltar, ma dove Egli lo abbandonò così che Waltar cadde e andò in rovina? Quando è che ho peccato prima di allora e quando dopo, perché il Signore mi abbia colpito in questo modo?

8. Tu però dicesti che il Signore si è pentito di aver creato gli uomini! Ma se è così, che cosa allora è l’uomo della Terra? Ecco, io te lo dico: “L’uomo è un peccato di Dio!”. Io però ritengo che Dio non dovrebbe essere capace di nessun peccato!

9. Ma siccome il Signore, verso di me che ho sempre operato nella giustizia, si è comportato con tanta slealtà ed ha peccato contro di me in maniera così ignobile, allora io adesso credo che anche Dio può peccare! Infatti, senza peccato non c’è pentimento. Ma chi dice: “Mi pento!”, vuol dire che costui ha peccato!

10. E così io dico: “Dio non può accusarmi di nessun peccato! Io però Gli dimostrerò il Suo peccato contro di me, che sono stato sempre giusto!”».

11. Noè rimase atterrito nell’udire tali parole da Mahal.

12. Ma Mahal si alzò arrabbiato e si recò con i suoi figli sulla sommità dell’altura.

 

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Cap. 336

Sull’altura la seria domanda di Chisarell a suo padre riguardo a come egli possa accusare Dio di peccato

Le dure critiche di Mahal contro Dio

3 agosto 1844

1. Quando Mahal, nella sua ira contro Dio, si trovò da solo con i suoi quattro figli sulla sommità dell’altura, suo figlio Chisarell gli andò vicino e gli disse:

2. «Padre, dì a noi, dillo a noi, tuoi figli, se quello che hai detto a Noè lo pensavi del tutto seriamente, poiché vedi, io non riesco a comprendere come tu possa accusare Dio di aver peccato contro di te!

3. Com’è possibile che un Dio sia un peccatore? Contro chi dunque e come? Contro di noi, contro le Sue altre creature? O forse contro Se stesso? Ma come si può concepire una cosa simile, dato che appunto, Dio stesso è certo la Legge fondamentale in tutte le cose, come in Se stesso Egli è la loro causa prima?

4. O padre, pensa dunque che Dio è Onnipotente dall’eternità e che noi siamo solo impotenti vermi nella polvere dinanzi a Lui! Non può forse Egli sterminarci all’improvviso, se noi siamo contro il Suo Ordine?»

5. E Mahal disse al figlio : «Tu parli come comprendi! Dunque: non sai dunque quali sono le intenzioni di Dio?

6. Vedi, entro cinque o sei anni al massimo Egli vuole e farà sommergere tutta la Terra dai flutti delle acque che scenderanno dal firmamento! E allora tutto troverà la morte in questi flutti! Solo Noè rimarrà in vita con i suoi e con gli animali che lui accoglierà nella sua cassa!

7. Dì: non sarebbe dunque meglio che Dio facesse suscitare tra i popoli dei saggi maestri dotati di un qualche potere prodigioso, incaricati di indirizzare sempre più a Lui il genere umano, invece di annientare con un solo colpo così tanti milioni (di creature)?

8. Ma di chi altri è la colpa, se gli uomini si dimenticano di Dio, se non di Dio stesso?

9. A Lui piace manifestarsi una volta ogni mille anni a qualche singolo uomo, mentre gli altri Egli li lascia stare. Ma se poi essi non sono secondo il Suo gradimento, allora li giudica tutti in modo uguale, sia quelli che sanno, come quelli che non sanno, sia gli istruitim come i non istruiti!

10. E così in sei anni affogheranno tanto i ciechi quanto i vedenti! E perché questo? Ebbene, questo avverrà per il fatto che essi sanno poco o nulla di Dio, dato che non hanno avuto la fortuna di apprendere qualcosa su di Lui! Anche noi però affogheremo, per quanto bene conosciamo Dio, e questo perché così piace a Dio!

11. Se noi fossimo delle pietre, allora Egli potrebbe certo fare di noi, a pieno diritto, ciò che Egli vuole. Ma Egli ci ha formati a esseri liberi! E allora vuole farci morire nella nostra libertà che Lui stesso ci ha dato. E vedi, questo è un peccato di Dio verso di noi; oppure noi stessi non siamo che un errore, quindi un peccato della Sua sapienza e potenza! Comprendi tu adesso il peccato di Dio verso di noi?»

12. Quello che successe poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 337

Noè dal fratello gli spiega il suo errore fondamentale

La presunzione di essere giusti e puri è la radice principale della superbia

Mahal sfida Dio e improvvisamente il Signore appare sull’altura

5 agosto 1844

1. Ben presto però anche Noè andò sulla sommità dell’altura e trovò suo fratello e i suoi bei figli che si guardavano l’un l’altro in preda a una grande costernazione. Egli si avvicinò a Mahal e gli disse:

2. «Ascoltami, fratello. Vedi, tu hai accusato Dio di aver peccato contro di te, perché pensavi di essere l’uomo più giusto che vi sia su tutta la Terra, e ciò in seguito al fatto che la tua coscienza deve certamente dirti che non hai mai peccato davanti a Dio, dato che tu hai sempre osservato rigorosissimamente il Suo comandamento in tutte le sue parti!

3. Ma vedi, proprio questa tua grande purezza di coscienza ha generato in te un certo senso di trionfo e con ciò una grande soddisfazione di te stesso, in seguito alla quale tu stesso ti sei spesso domandato: “Può Dio stesso vivere dall’eternità in modo più puro e giusto nel Suo Ordine, di come vivo io in questo mio tempo?”

4. E poi la tua purissima coscienza ti rispose sempre trionfante: “No, Dio non può mai essere stato più puro, nei Suoi rapporti in qualità di Dio, di come lo sono io nei miei rapporti in qualità di uomo con Dio e così pure con gli uomini!”

5. Vedi fratello, è proprio questo trionfo di giustizia che agli occhi di Dio, il Signore, appare molto meno gradito di una qualsiasi azione illegittima qualificata come peccato, poiché questa è proprio la superbia nella sua radice fondamentale stessa, la quale deve essere cacciata fuori dall’uomo se egli vuole avere un qualche valore dinanzi a Dio.

6. Ma non soltanto questa tua superbia di giustizia ti ha reso aspro agli occhi del Signore, bensì di più ancora la tua sapienza che da essa deriva, la quale suona così:

7. “Dato che io sono già così puro e giusto come lo è Dio stesso, ma d’altro canto non mi è tuttavia lecito essere santo perché intangibile è la Santità di Dio, allora io voglio tuttavia, nella mia limitata potenza, agire perfettamente, nei miei rapporti di uomo, come Dio stesso!

8. Che Dio nelle Sue azioni venga sempre a presentarsi dapprima imperfetto e giunga poi ad una qualche perfezione solo dopo qualche tentativo fallito, questo io lo imparo da tutta la Sua Creazione.

9. Infatti su tutta la Terra non c’è in nessun luogo qualcosa di compiuto e di perfetto! Nessuna cosa è del tutto senza macchia; il Sole stesso non è perfettamente puro, e la Luna è imperfetta in ogni sua apparizione e imperfetta è la luce delle stelle!

10. Perciò anch’io, quale uomo, voglio e posso superare Dio nella mia sfera con ciascuna delle mie azioni, perché io voglio impostare ciascuna delle mie azioni in modo che sia subito perfetta nel momento dell’esecuzione, e così non ci sarà mai la necessità di un ritocco!

11. E anche se una qualche materia creata imperfetta da Dio non permette il totale perfezionamento di un’opera, tuttavia nel mio pensiero e nella mia volontà questa cosa deve stare lì come perfetta. Poi, però, per quanto riguarda quello che nelle mie concrete opere dovrà risultare imperfetto quale conseguenza della materia creata imperfetta da Dio, bisogna che la colpa di questo venga assunta su di Sé dal Creatore!”

12. Ora vedi, fratello mio! In questa maniera già da molto tempo il Signore ti risultava come un peccatore contro di te, e questo fu il malvagio seme in te, dal quale ora è sorto un frutto asprissimo! Infatti tu ora accusi ad alta voce Dio di aver peccato contro di te!

13. Ma tu ritieni forse che una tale imputazione non sia un peccato davanti a Dio? Oppure ritieni proprio, che Dio dovrà prima venire a scuola da te per diventare un perfetto Dio?

14. O fratello, considera dunque questo tuo grande errore; riconoscilo quale un peccato assolutamente gravissimo e pentitene, allora il Signore non ti precluderà l’accesso alla cassa nel tempo del Giudizio e del bisogno!»

15. Mahal disse: «Fratello, io con te non ho niente da appianare né da questionare, perché io sono sempre vissuto con te come un vero fratello e non ho mai messo in pericolo nemmeno con una sillaba la magnificenza della tua stirpe!

16. La mia questione è solo con Dio! Io Lo sfido sulla Sua Santità a questionare con Lui riguardo alle mie azioni! Egli mi deve dimostrare quando io ho peccato dinanzi al Suo cospetto!»

17. A questo punto scoppiò una potente tempesta, e il Signore apparve visibilmente sulla sommità dell’altura dinanzi a Mahal e a Noè.

18. Quello che successe poi lo apprenderemo in seguito.

 

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Cap. 338

Il Signore discute con Mahal, e lui ribatte in tono di sfida

Le risposte del Signore sul supposto Suo pentimento lo ammutoliscono

Le cause naturali del Diluvio su una zona limitata della Terra: enormi bacini d’acqua sotto le montagne

6 agosto 1844

1. Tutti allora furono presi da potente spavento, quando, passata la tempesta, riconobbero bene il Signore che se ne stava tra di loro; e Noè stesso ebbe grande paura.

2. Ma il Signore disse a Noè: «Noè, non avere alcun timore di Me, perché Io non sono venuto per giudicare né te, né nessun altro! Ma siccome tuo fratello Mahal Mi ha citato dinanzi al tribunale della sua sapienza e Mi chiama a rispondere per il Mio peccato contro la sua giustizia, allora Io sono dovuto certamente venire per salvare il Mio Onore di fronte a te e ai tuoi figli, come pure di fronte ai figli di Mahal! E così, dunque, Io parlerò con Mahal!»

3. A questo punto il Signore si volse verso Mahal e gli disse: «Mahal, figlio Mio! Considerato che secondo la tua giustizia Io ho peccato, allora indicaMi tale peccato, come pure quello contro tutto il popolo della Terra, ed Io sono del tutto pronto a rimediare mille volte ad ogni Mio peccato! Parla tu adesso, o Mahal, figlio Mio!»

4. Allora Mahal si alzò e si pose dinanzi al Signore con grandissima serietà e disse: «Signore, parla: perché Ti penti di aver creato l’uomo? Eppure hai visto fin dall’eternità come sarebbe diventato l’uomo! Chi Ti costrinse a commettere Tu stesso un peccato con la creazione dell’uomo?

5. Ebbene, non sarebbe stato infinitamente meglio per noi, uomini creati da Te, se non fossimo mai venuti all’esistenza indipendente fuori da Te, e non sarebbe stato meglio anche per Te, dato che così non saresti di certo costretto a dire: “Mi pento!”?

6. Di cos’altro puoi pentirTi, se non di un peccato commesso contro Te stesso con la creazione imperfetta dell’uomo, che conseguentemente è anche un peccato contro noi uomini, e in modo del tutto particolare un peccato contro di me che posso liberamente pormi di fronte a Te in ogni istante della mia vita al punto da chiederTi:

7. “Signore, indicami Tu l’istante durante la mia vita dall’infanzia fino ad oggi, nel quale io abbia peccato contro il Tuo Ordine, e se ciò Ti è possibile, che io sia maledetto da Te come lo fu un giorno il serpente! Ma se Tu non mi puoi imputare niente a peccato, allora dimmi il motivo per cui Tu vuoi giudicare me e non pure mio fratello!”»

8. E il Signore disse: «O Mahal, quale tenebra orribile deve regnare ora nella tua anima, per parlarMi in questo modo in cui nessun essere Mi ha ancora mai parlato!

9. Dimmi: com’è possibile che l’uomo venga immaginato più perfetto di come egli è posto, fuori dalla Mia Onnipotenza, così libero, che può, come un secondo Dio, questionare con Me, il suo Creatore eternamente onnipotente, a causa del suo proprio ordine? Com’è possibile pensare ad una libertà maggiore di questa che consente di essere il proprio giudice e di poter peccare contro il Mio Ordine nel quale l’intera Infinità è eternamente giudicata?»

10. A questo punto Mahal tacque, poiché egli scorse l’inconcepibile perfezione dell’uomo nel suo stato di suprema libertà.

11. Ma il Signore proseguì: «Ritieni tu, dunque, che il Mio pentimento sia come quello di un uomo che abbia peccato? Oh, vedi, anche qui tu sei nel più grande errore! Il Mio pentimento è solo un dolore nel Mio Amore, il cui Amore è costretto a vedere come gli uomini, da Me posti in così tanta suprema perfezione, si giudichino e si rovinino da se stessi!

12. Ritieni tu, dunque, che nel Mio piano vi sia stato contemplato il giudizio e la rovina di un qualche essere umano? Vedi, Io sto facendo sempre il contrario di ciò!

13. Ma appunto per non giudicare l’umanità nella Mia Onnipotenza, Io ora devo purtroppo permettere che gli uomini si aprano da se stessi e con violenza le cateratte[43] della Terra, dalle quali usciranno poderosi flutti che sommergeranno tutto ciò che respira in questa grandissima zona abitabile della Terra!

14. Io previdi questo già da lungo tempo; perciò Io avvisai sempre gli uomini. Ora però essi hanno cominciato a fare una guerra perfino contro di Me e vogliono distruggere tutta la Terra con i loro grani esplosivi, come ora stanno anche già facendo saltare in aria una montagna dopo l’altra; e questo è il loro proprio giudizio!

15. Vedi, sotto le montagne vi sono dei grandi bacini d’acqua che contengono oltre tre milioni di miglia cubiche d’acqua; quest’acqua uscirà da sottoterra e salirà oltre le più alte montagne di questa zona abitabile e avvolgerà anche il cerchio della Terra in vapori, da cui pioverà con violenza!

16. Oh, dimMi dunque: non feci forse bene se a Noè, l’unico ancora rimastoMi obbediente, ad ordinargli di costruire questa cassa per salvare almeno la sua vita, se proprio nessun altro Mi vuole ascoltare?

17. Ora dimMi tu quando Io ti ho proibito di fare uso della cassa, e poi parlerò di nuovo!»

18. Però Mahal rimase di nuovo muto; e il Signore allora proseguì come segue.

 

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Cap. 339

Le obiezioni e le domande di Mahal sulla morte, sull’immortalità, su Satana e sulla sua fondamentale malignità

 Le giuste risposte del Signore

7 agosto 1844

1. E così parlò il Signore: «Vedi, figlio Mio Mahal che con tanto rigore Mi hai sfidato, tu ora rimani muto e non vuoi parlare e questionare con Me a causa del Mio peccato contro di te, come anche contro tutto il genere umano! Ma se tu ora non sei in grado di parlare e di questionare, come potrò Io offrirti poi un risarcimento?

2. Io però ti dico: “EsponiMi quello che, secondo te, non è giusto nella Mia Creazione, ed Io lo cambierò all’istante; ma tu prima devi dimostrarMi approfonditamente che nella Mia Creazione vi è realmente qualcosa di cattivo e quindi di riprovevole! Parla dunque, ed Io farò subito come ho detto!»

3. A questo punto Mahal rimase esitante per qualche tempo, poi infine si riprese e disse al Signore: «Signore, ritieni saggio colui che con arte immensa e col massimo senso di opportunità attua un’opera destinata al raggiungimento di altissimi scopi, ma che quando l’opera stessa si trova ad esistere al massimo grado della perfezione, egli la fa in mille pezzi, la getta in una fossa dove imputridisce e si distrugge?»

4. E il Signore disse: «Se un artefice facesse una cosa simile senza scopo, allora sarebbe evidentemente stolto e meritevole di condanna; ma se l’artefice ha uno scopo ben più alto e santo, che senza un tale procedimento che a te sembra stolto e insensato non si può affatto raggiungere, allora egli agisce di certo con molta assennatezza e sapienza se quest’opera preliminare, per quanto costituita con arte immensa, egli la getta per essere annientata in una fossa della putrefazione, perché appunto con ciò egli si avvia al raggiungimento di uno scopo ben superiore e santo!

5. Vedi, un granello di semente è certo anche un’opera d’arte immensamente artistica, tanto nella sua costruzione quanto nelle sue parti sostanziali dalle quali è composto; ma trovi forse sconsiderata la disposizione secondo cui esso debba prima imputridire nel terreno affinché poi risorga centuplicato da questa putrefazione?

6. Ma se il sapiente Artefice delle cose, già trattandosi di un comune granello di semente, ha adottato una tale disposizione, ritieni forse che Egli, trattandosi dell’uomo, abbia messo da parte tale disposizione nella sua suprema perfezione e ritieni che sia Sua intenzione gettare nella fossa della putrefazione quest’opera infinitamente perfetta, per soddisfare il Suo capriccio?

7. O Mahal, come devi essere cieco se pensi di trovare in Me un Artefice così stolto! Ma non ti dice il tuo proprio sentimento, che vorresti vivere eternamente e che vorresti contemplare sempre di più le Mie opere infinitamente numerose? Ritieni forse che questo sentimento esisterebbe in te se tu fossi stato creato soltanto per un’esistenza temporale? In verità, Io, il tuo Creatore, ti dico che in questo caso tu avresti in te solo un impulso vitale temporale, e non eterno!

8. Ma siccome in te tu hai un impulso vitale eterno e puoi spaziare con lo sguardo nell’Infinito, allora tu porti già in te la prova vivente del fatto che tu non imputridirai nella tua fossa per essere annientato come una perfettissima opera della Mia mano, bensì per poter, proprio soltanto con questo mezzo che a te sembra insensato, raggiungere questo nella pienezza e nella massima perfezione, ciò che in quest’opera preliminare tu percepisci e desideri in maniera eternamente viva!

9. Vedi, la Terra è un corpo fuori dal quale nascono molte cose, e tu non sai come avvenga che tutto proceda proprio così; nello stesso modo avviene pur sempre che il tuo corpo terreno debba essere riposto nella Terra affinché il tuo corpo spirituale, indistruttibile, risorga per la vita eterna in ogni pienezza di libertà!

10. Ma riguardo al fatto che le cose stiano veramente in questi termini, tu hai già avuto le più molteplici prove nella tua vita, dato che tu hai già parlato con moltissimi il cui corpo era stato deposto nella terra.

11. Io dunque ritengo che il rimprovero che Mi hai fatto sia infondato; perciò passa a qualcos’altro, dato che con questo non Mi obbligherai a darti nessun risarcimento!»

12. Quando Mahal ebbe udito tale discorso dal Signore, egli rimase convinto del fatto che il procedere del Signore su questo punto era perfetto; egli però pensò a Satana e disse al Signore:

13. «Signore, io vedo che, secondo la Tua Parola eternamente vera, l’allestimento delle Tue opere è buono, poiché Tu sicuramente puoi raggiungere gli scopi supremi con le Tue opere solo per questa via; ma se quindi tutto è sorto da Te allo stato di bontà e di perfezione, e se all’infuori di Te non esiste nulla nell’intera Infinità e quindi tutto ciò che esiste deve essere buono e perfetto come Te, allora dimmi: quali sono le origini di Satana e della sua sconfinata malignità? Da dove prende ciò con cui egli ha sobillato tutti gli uomini contro di Te affinché essi Ti disprezzino e, se fosse possibile, annienterebbero Te stesso con tutte le Tue opere? Oh, dimmi: chi è il Creatore e l’Artefice di Satana?»

14. E il Signore disse: «O cieco sostenitore di ciechi diritti del tuo egoismo, di cosa stai parlando? Hai dunque dimenticato con quanta perfezione Io abbia creato l’uomo, affinché egli, fuori dalla Mia Onnipotenza, può fare quello che vuole come un secondo Dio, in base ad un ordine da lui stabilito liberamente? Ritieni forse che Satana, quale essere libero, debba essere imperfetto come te? Se tu di fronte a Me puoi fare ciò che vuoi senza considerare il Mio Ordine, perché questo dovrebbe essere impossibile al libero spirito?

15. Non devo Io lasciarvi agire come volete, se non voglio che restiate giudicati nella Mia Onnipotenza? Ma se è così, allora dimMi tu come avrei dovuto costituire il primo spirito affinché esso, secondo il tuo pensiero, fosse stato obbligato a operare secondo il Mio Ordine, pur conservando la propria piena libertà di volere. Oppure non è più vero che la perfezione degli esseri consiste solamente nel fatto secondo cui essi possono volere e agire del tutto liberamente, sia pure nel caso in cui ciò sia a favore o contro al Mio Ordine?»

16. A questo punto Mahal rimase nuovamente muto e non seppe affatto che cosa replicare.

17. Il Signore però riprese a parlare come segue.

 

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Cap. 340

I rimproveri di Mahal verso il Signore perché si considera privo di peccati

Il dolore del Signore per essere stato accusato nonostante il Suo enorme amore per lui

L’apparizione degli angeli e di Waltar mentre il Signore scompare

8 agosto 1844

1. E poi il Signore disse: «Mahal, figlio Mio, se tu hai ancora qualcosa contro di Me, allora parla, ed Io ti risponderò secondo amore, diritto ed equità! Infatti Io vedo che nel tuo cuore si cela ancora dell’irritazione contro di Me; questa però deve essere prima allontanata da te, se vuoi aspettarti di avere la liberazione da Me, poiché uno spirito irritato contro il suo Dio e Creatore non può mai congiungersi con Lui! Parla dunque!»

2. E Mahal disse: «Signore, ho finora commesso un peccato contro il Tuo Ordine? Vedi, Tu, come tutti i Tuoi Cieli e questa Tua Terra, devono rendermi la testimonianza del fatto che in tutti i quattrocentonovant’anni di questo mio lungo tempo di vita non ho mai peccato né contro di Te, né contro un angelo, né contro uomini o animali, e nemmeno contro una pietra!

3. Il fatto che io dovetti scendere in pianura per amore dei miei figli, questo io lo ritenni come un mio dovere di certo amarissimo, poiché nel mio spirito io scorgevo quali erano le condizioni di mio figlio Waltar e poi anche di questa mia figlia Agla, che aveva seguito il fratello.

4. Vedi, Tu affidasti una missione a Waltar ed egli scese laggiù; ma quando fu arrivato a destinazione, Tu lo abbandonasti, e sua sorella, anche lei scesa per raggiungerlo, certo senza il Tuo e il mio comando, Tu la lasciasti inabissare fin nel più profondo inferno, e Tu non Ti curasti assolutamente del fatto che io, nel mio spirito, ero a conoscenza di tutto. Fu dunque certamente un amarissimo dovere per me, un anziano vegliardo, quello di intraprendere il lungo viaggio fino ad Hanoch per tentare possibilmente di salvare i miei figli!

5. Molte volte io Ti pregai di difendere i miei figli, sennonché Tu non volesti esaudire le mie preghiere e quindi, in un certo qual modo, mi costringesti ad andarmene laggiù! Io ci andai, e per quanto abbandonati da Te avessi trovato i miei figli – Waltar morto e Agla nell’inferno – tuttavia non mormorai contro di Te, bensì anzi lodai e glorificai sempre il Tuo Nome santissimo con la parola e con l’azione!

6. Ora però, mentre io ero enormemente straziato nella pianura, mio fratello ha costruito la cassa secondo il Tuo consiglio per la conservazione della vita, adesso Tu mi abbandoni come un malignissimo peccatore e mi lasci andare in rovina come un comunissimo verme della terra. Allora io Ti domando: “Secondo quale diritto Tu fai questo? E secondo quale ordine?”. Parla Tu ora come vuoi, ma questa volta la cosa sta in questo modo, e non in un altro!

7. Anche se Tu ora dici: “Pur avendo chiamato Noè per tale compito, quand’è che Io ho detto che a te era proibito usare la cassa nel tempo del bisogno?”, ebbene, una simile scusa non ha alcun valore dinanzi a me, perché Tu mi hai giudicato appunto per il fatto stesso che non mi chiamasti come Noè, e questo Tuo silenzio verso di me fu appunto anch’esso una parola che mi precluse l’ingresso alla cassa e che per conseguenza mi giudicò e mi condannò a morte.

8. E vedi, Signore, questo è propriamente il peccato da parte Tua verso di me, perché io non ho mai peccato contro di Te! Adesso però io Ti dico: “D’ora innanzi io voglio peccare contro di Te, affinché Tu abbia un motivo per proibirmi l’accesso alla cassa e per rovinarmi con i miei quattro figli, poiché d’ora in poi io non invocherò più a Te: ‘Signore, salvami!’, bensì Ti invocherò: ‘Signore, rovinami!’”»

9. A questo punto la faccia del Signore diventò afflitta, e il Signore disse a Mahal: «O figlio, poiché Io ti avevo così caro a grande principe dei Miei Cieli, a causa di questo Io volli educarti su questa Terra! Tu però scorgesti nel Mio Amore troppo grande solo una negligenza da parte Mia a tuo riguardo; oh, come ti ha reso cieco la tua propria giustizia!

10. Ma affinché tu veda che Io feci preparare questa cassa non soltanto per Noè, bensì per chiunque voglia entrarvi, allora da questo momento in poi degli angeli dei Cieli dovranno scendere quali uomini tra gli uomini e dovranno ammonirli dai peccati e li inviteranno ad entrare in questa cassa nel tempo del bisogno!

11. Nello stesso modo tu potrai vedere adesso tuo figlio Waltar e parlargli, ed egli ti darà una testimonianza di Me e ti dirà se Io l’ho abbandonato così come tu prima Mi hai accusato di aver fatto!»

12. A questo punto il Signore alzò gli occhi in alto, e nello stesso istante comparvero sulla sommità dell’altura molte migliaia di angeli, fra i quali si trovava, tutto risplendente, anche Waltar, e costui si avvicinò a Mahal per consolarlo e per testimoniare della Bontà, dell’Amore, della Dolcezza, della Pazienza e della Misericordia infinite di Dio.

13. Mahal però chiese a Waltar se fosse proprio lui Waltar e se come tale, vivesse.

14. E Waltar allora al cospetto di Mahal attestò la pienissima autenticità del suo essere.

15. Solamente allora si iniziò in Mahal una conversione del proprio pensiero di fronte al Signore. Però il Signore ora scomparve, affinché Mahal non venisse giudicato; ma gli angeli e Waltar rimasero.

 

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Cap. 341

Lo spirito di Waltar parla col padre spiegando il perché Dio Lo si vede a tratti

Il pentimento di Mahal

Il perdono del Signore da una nuvola luminosa

9 agosto 1844

1. Mahal però, non vedendo più il Signore, domandò a Waltar che cosa fosse avvenuto ora del Signore, dato che egli non poteva più scorgerLo fra i numerosi messaggeri dal Cielo.

2. E Waltar gli rispose: «O Mahal, vedi, il fatto che Egli si sia nascosto ai tuoi occhi è una nuova prova della Sua infinita Bontà e Amore, poiché se adesso Egli fosse ancora visibile dinanzi a te, tu saresti già giudicato attraverso la potenza della Sua visibile presenza, la quale ora ti avrebbe afferrato ed attratto verso di Lui con indescrivibile violenza, ma in questa violenta attrazione tu avresti perduto tutta la libertà, e il tuo spirito sarebbe andato incontro alla morte!

3. Vedi, questa cosa il Signore la vide molto bene, perciò Egli scomparve ai tuoi occhi! Infatti vi è una differenza infinita tra Creatore e creatura, e il rapporto tra i due è come quello tra il giorno e la notte, oppure tra la vita e la morte!

4. Anche il Sole vivifica tutta la Terra con la sua luce, perché da lui discendono gli spiriti vitali nella creazione organica di questa Terra ed essi animano tutti gli spiriti morti ad una più libera attività nei loro organi, e poi tu ben presto vedi il terreno verdeggiare e fiorire in ogni specie di piacevoli forme, le quali sono appunto opera dei nuovi spiriti animati negli organi di questa Terra!

5. Ma se invece il Sole risplendesse continuamente in cielo con la stessa intensità che ha a mezzogiorno e se il giorno non si alternasse con la notte, apportatrice del riposo necessario dopo ogni attività, ebbene, che cosa succederebbe in poco tempo di tutte le cose che sono sopra il terreno? Vedi, esse inaridirebbero e finirebbero col bruciare completamente! Ma questa sarebbe certamente la morte più evidente delle cose!

6. Vedi, ancora più grave sarebbe la presenza costante e visibile del Signore, poiché in questa presenza nessun essere potrebbe conservare la vita!

7. Oppure, vedi, anche noi che viviamo in spirito nel regno dell’eterna luce di Dio, facciamo a meno per lo più della presenza visibile del Signore! Noi vediamo bene la Sua luce nella quale Egli dimora, però Lui non Lo vediamo; nello stesso modo in cui tu vedi pure la luce del Sole, però non il vero e proprio Sole stesso, il quale si trova dentro all’involucro di luce, l’unico ad essere visibile a te.

8. Ma tutto ciò testimonia dell’infinita Bontà e Amore del Signore, il Quale con tutta la Sua infinita Sapienza e Onnipotenza, dedica continuamente ogni Sua cura a formare e consolidare in libertà i Suoi figli, così che un giorno essi possano reggere perfino per l’eternità alla Sua presenza visibile, senza il minimissimo danno per la loro libertà. Oh, dimmi: – non sei soddisfatto di tali disposizioni del Signore?»

9. A questo punto dagli occhi di Mahal cadde come un velo, ed egli vide la sua grave ingiustizia che aveva perpetrato contro il Signore con tale chiarezza, che cominciò a piangere forte ed esclamò: «O Padre eternamente buono, potrai mai in eterno perdonarmi la mia gravissima presunzione contro di Te?»

10. E una voce, fuori da una luminosa nuvola vicina, disse: «Figlio Mio, Io ti avevo perdonato già molto tempo prima che tu avessi peccato; sii dunque tranquillo, ed ama Me, il tuo Padre santo!»

11. Dopo di che la nuvola luminosa si ritirò verso il Mattino, e divenne invisibile, e tutti gli angeli e gli uomini sull’altura adorarono l’immensa Gloria di Dio!

12. Quello che avvenne poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 342

Ancora l’angelo Waltar spiega le ragioni dell’ultimo tentativo di Dio di ammonire gli uomini

L’acqua sotterranea della Terra, quale fosse sangue, è cento volte quella dei mari

Gli angeli partono per la pianura

10 agosto 1844

1. Dopo tale sublime atto di adorazione all’Altissimo, l’angelo Waltar parlò nuovamente a Mahal dicendo: «Dunque, Mahal, procreatore del mio corpo terreno di un tempo, è giunto il tempo in cui vanno ricordate le parole: “Andate, e adempite la Mia Volontà!”. Io però non ho bisogno di annunciarti tali cose, poiché il Signore stesso te le ha rivelate e ti ha detto le ragioni per cui Egli ci ha chiamato dai Cieli.

2. Vedi, ora si tratta dell’ultimo, straordinario tentativo di salvare gli uomini della Terra! Se questo non riesce, allora è certo che anche il Signore permetterà che gli uomini maligni trovino nel loro stolto affaticarsi il loro proprio giudizio e la loro rovina; e questo sarà per gli spiriti degli uomini nuovamente inghiottiti dalla materia, almeno una lezione molto penetrante, che insegnerà loro come le creature, alle quali Dio ha dato la libertà suprema della vita, non devono mai intervenire distruttivamente nel grande Ordine di Dio in maniera così stolta e sconsiderata!

3. Dio stesso ha posto le montagne sulla Terra e le ha sistemate per la loro millecupla utilità, e sotto le montagne ha scavato dei grandi e profondi bacini d’acqua nei quali è contenuta cento volte tanta acqua quanta ce n’è nei mari della superficie terrestre. E quest’acqua sotterranea è come il sangue della Terra che ha la sua circolazione attraverso gli ampi canali della Terra, e per lo più produce, secondo l’Ordine del Signore, il movimento sempre uguale della Terra e di conseguenza la sua vita organica interna, poiché anche un corpo mondiale deve avere una vita se deve essere un portatore e sostentatore della vita.

4. Ma se ora gli uomini, come tanti vermi roditori, si sono attaccati alle montagne e perforano sotto di esse dappertutto alla profondità di migliaia e migliaia di klafter e le distruggono e con ciò aprono le vene alla Terra, allora io dico: “Di chi sarà la colpa e il Giudizio se quei ciechi stolti vi troveranno la loro rovina?”

5. Ma se tu avessi deposto in qualche luogo un otre pieno d’acqua, e poi venissero i vermi e lo perforassero, una volta che fosse qua e là bucato, l’acqua non irromperebbe con violenza fuori dalle aperture e non affogherebbe tutti i maligni vermi roditori?

6. E vedi, precisamente in questo modo accadrà qui con gli uomini e, per mezzo loro, anche con tutti gli animali e le cose! E vedi, questo è anche il vaso del quale nei tempi antichissimi fu profetizzato che sarebbe traboccato per il giudizio di ogni creatura di quel luogo laddove si fosse trovata colma la misura degli orrori degli uomini!

7. Tu però rimani qui e istruisci coloro che eventualmente verranno a cercare la salvezza; però gli scellerati cacciali via con grandine e fulmini!

8. E ora che tu sai interamente come stanno le cose, non litigare più in futuro con il Signore, bensì rimani nel tuo antico ordine, e così tu, al pari di tuo fratello, otterrai la salvezza secondo i piani sapientissimi del Signore!»

9. Dopo queste parole tutti gli angeli dissero: «Amen!» e poi abbandonarono l’altura per recarsi giù in pianura.

10. Invece, cosa fecero là nel corso di cinque anni e come essi condussero a Noè gli animali insieme al foraggio nell’arca, questo verrà narrato prossimamente!

 

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Cap. 343

L’attività dei dodicimila angeli nella pianura

Le montagne sono dei coperchi su enormi bacini d’acqua sotterranei

12 agosto 1844

1. Ma quale successo ottennero dunque tali straordinari messaggeri nella pianura?

2. I dodicimila angeli si recarono anzitutto ad Hanoch, dove essi trovarono solo il re Gurat con il capitano Drohuit, già da molto tempo restituito a libertà, intenti a leggere i rapporti di Fungar-Hellan riguardo alle sue operazioni di guerra contro Dio.

3. Questi messaggeri celesti, arrivati ad Hanoch, si divisero, e solo cento si recarono nel castello del re, che però mise subito da parte i suoi rapporti di guerra e, concessa udienza a quei presunti deputati, li accolse come al solito con la massima cortesia politica e cortigiana, e chiese ad essi i motivi della loro venuta.

4. E subito si fece avanti l’angelo Waltar e disse a Gurat: «Gurat, non riconosci più il viceré assassinato Waltar, il fratello di Agla?»

5. A questo punto lo spavento si impadronì del re e più ancora di Drohuit, poiché entrambi riconobbero subito l’inconfondibile Waltar e non seppero cosa fare di fronte a questa apparizione.

6. Solo dopo qualche tempo il re domandò a Waltar: «Com’è possibile? O Waltar, non fosti ucciso dagli sgherri di tua sorella? Com’è che ora vivi? Infatti, era inconfondibilmente la tua testa quella che gli assassini portarono quella volta ad Agla, che poi la fece imbalsamare!»

7. E Waltar rispose: «Sì, Gurat, io sono interamente lo stesso Waltar! Ma ora vivo per l’eternità in un corpo nuovo, spirituale e indistruttibile che fa parte del mio spirito e che è completamente una cosa sola con me! E così io sono ora un messaggero di Dio dai Cieli come tutti costoro che sono qui e come moltissimi altri ancora che sono già sparpagliati per la città per predicare al popolo l’imminentissimo Giudizio di Dio, così come anche noi abbiamo qui la missione di annunciarti la stessa cosa, e cioè che voi ora siete già quasi irrimediabilmente perduti!

8. Infatti le vostre guerre contro i popoli dell’altopiano vi hanno procurato la sicura rovina, poiché la vostra scienza e conoscenza vi ha portato a conoscere dei mezzi che voi ora applicate e con i quali distruggete le montagne dalle fondamenta rendendole come mucchietti di arvicole[44], senza sapere ciò che si trova sotto le montagne della Terra!

9. Vedi, le montagne sono dei coperchi di grandi acque sotterranee, e per questo motivo, secondo l’Ordine di Dio, sono per lo più congiunte per mezzo di dure pietre contro cui nulla possono nuocere le acque sotterranee!

10. Ebbene, se voi distruggete queste poderose difese contro le acque sotterranee, non cominceranno forse le stesse ad irrompere con violenza sulla superficie della Terra, e non saliranno poi fin oltre le massime montagne annegando voi tutti?

11. Venti nuovi poderosi torrenti hanno già cominciato, a centoventi miglia (890 km) da qui, a convertire la pianura in un lago, e oggi se ne aggiungeranno altri cinque, e così ogni settimana se ne aggiungeranno degli altri! Dimmi: “Quale potrà essere la vostra sorte da qui a non molto?”».

12. A questo punto Gurat rimase enormemente sbalordito e lo spavento all’inizio gli troncò la parola; ma Waltar gli consigliò quindi di fuggire subito sull’altura, dove avrebbe potuto trovare ancora salvezza se egli avesse voluto fare così.

13. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 344

Le incredibili risposte di Gurat e di Fungar-Hellan

Le infruttuose ammonizioni degli angeli alla popolazione di Hanoch e all’intero Paese

13 agosto 1844

1. Ma quando Gurat ebbe sentito un tale suggerimento dall’angelo Waltar, egli disse: «Amico che provieni dai Cieli o forse da qualche parte della Terra! Il tuo consiglio è molto amichevole ed ispirato a buone intenzioni, tuttavia dalle tue parole di ammonimento si può dedurre che tu e la tua compagnia siete o dei creduloni, oppure siete dei delegati camuffati degli abitanti dell’altopiano fuggiti da qualche parte e vorreste ora, con il pretesto della vostra missione molto mistica quali messaggeri dai Cieli, incutermi timore per indurmi a fuggire presto da qui e così poi voi potete impadronirvi di Hanoch!

2. Sappi tu, mio caro Waltar secondo, che qui ad Hanoch non siamo tanto stolti da credere così velocemente a tutto quello che ci da ad intendere qualche vagabondo della montagna! Al primo momento sono rimasto effettivamente sorpreso di scorgere in te un Waltar; però durante le tue parole ammonitrici, sicuramente anche per intervento di un sapiente genio, mi sono ricordato che tra gli uomini ci sono dei casi di fratelli gemelli e dei casi di sorprendenti somiglianze! E proprio questo sarà anche il caso tuo e del mistico Waltar, e allora tu, che sicuramente hai appreso in qualche modo la sua sorte, vorresti adesso spacciarti per lo spirito di Waltar; però gli spiriti di sicuro non hanno un aspetto così corporeo come il tuo!

3. Io ora potrei farvi gettare in una prigione per la vostra grande sfacciataggine, sennonché la crudeltà non mi è mai appartenuta! Perciò vi lascio andare indisturbati così come siete venuti, dato che le parole ammonitrici da voi rivoltemi sono state amichevoli, almeno all’apparenza; ma per quanto riguarda le vostre asserzioni, io non potrò crederci prima di aver visto le vaste pianure intorno ad Hanoch solcate da imbarcazioni! Allora seguirò il vostro consiglio! E ora andate e ritiratevi in pace!»

4. A questo punto Waltar disse: «Gurat, sai quello che ti dirò ora? Vedi, io non ti dico altro che questo: “Quando intorno e dentro ad Hanoch ci si sposterà con imbarcazioni, e quando tu ancora prima vedrai che noi qui condurremo, attraverso Hanoch, una grande quantità di animali lassù da Noè per essere raccolti nell’arca per una seconda Terra rinnovata, allora per te sarà già troppo tardi!

5. Poiché, quando i vapori sfuggiti dall’interno della Terra cominceranno a condensarsi nell’aria e cominceranno a precipitare in potenti masse come forti flutti d’acqua, allora Noè si troverà già da molto tempo con i suoi dentro la cassa per l’acqua; e allora nessuno potrà più essere accolto. E chi tenterà di avvicinarsi a questa, costui verrà spinto via di là e ucciso dalla grandine e dai fulmini!”

6. Ora tu sai tutto; e la nostra straordinaria missione da te è finita! Fa’ ora quello che vuoi e credi a ciò che vuoi, poiché è Volontà del Signore che nessuno debba essere sottoposto ad una costrizione!»

7. Dopo queste parole, questi angeli si allontanarono e si recarono istantaneamente nella regione dove agiva Fungar-Hellan, e rivolsero a questo eroe dei forti ammonimenti.

8. Ma costui li minacciò e disse loro: «Noè dimora per me troppo in alto; perciò il prossimo anno io renderò alquanto più basse anche le sue montagne e poi esaminerò più comodamente la cassa della salvezza!»

9. Gli angeli però non parlarono più con lui, poiché egli era già del tutto maligno e completamente contro Dio.

10. Da quel luogo gli angeli si recarono da tutto il popolo del Paese e predicarono ad esso; ma gli abitanti, nonostante molti prodigi operati, non mostrarono alcuna fede, né ascolto, perciò desistettero ben presto dalle loro prediche e si dedicarono invece alla raccolta degli animali.

11. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 345

Spiegazione sul modo in cui furono portati gli animali nell’arca e come poterono essere nutriti per circa sei mesi

 Prima di ogni catastrofe mondiale il Signore avverte sempre l’intera umanità con apparizioni e segni straordinari

14 agosto 1844

1. Che questi dodicimila straordinari messaggeri provenienti dai Cieli radunassero gli animali con la massima facilità ed anche provvedessero al loro nutrimento, questo si comprende da sé.

2. Proprio questo avvenimento però, viene menzionato qui più da vicino in modo critico, affinché con il tempo i criticoni non siano indotti a domandare come abbia fatto Noè a radunare tutti gli animali e come abbia fatto a nutrire questo enorme zoo.

3. Infatti se a Me, il Signore, è sempre possibile con tutta facilità mantenere giorno per giorno il grandissimo zoo mondiale, Mi sarà stato possibile anche allora mantenere lo zoo di Noè dentro l’arca per il tempo di circa mezzo anno!

4. Il fatto che nello stesso tempo i Miei angeli provvedessero visibilmente all’opera di approvvigionamento del devoto Noè e ancora di molte altre persone, ciò non fa alcuna differenza rispetto al consueto mantenimento quotidiano delle Mie creature, poiché questo è un uguale compito degli angeli provenienti da Me, e la visibilità di questi non fa alcuna differenza.

5. Se in questo tempo gli uomini fossero appunto devoti quanto lo era Noè, anch’essi vedrebbero piuttosto frequentemente come degli angeli in grandissimo numero sono del tutto affaccendati giorno e notte a mantenere il Mio grande zoo mondiale, ma gli uomini attuali (1843), con gli occhi grossolanamente mondani, che per la maggior parte sono molto più cattivi di quelli del tempo di Noè, non vedranno mai tutto questo lavoro degli angeli!

6. Se però si volesse domandare: “Com’è stato possibile allora, al tempo di Noè, che anche gli uomini assolutamente malvagi poterono vedere come gli angeli riuscirono a condurre gli animali e a trasportare il loro nutrimento in grandi quantità?”

7. Allora Io dico: «Una cosa simile la fa sempre la Mia misericordia prima degli inizi di una generale sciagura del mondo, che gli stolti uomini si preparano sempre da se stessi in seguito alla loro grande ignoranza in tutte le cose del mondo! All’avvicinarsi e prima di ogni sciagura, gli uomini vengono sempre avvertiti, mediante straordinarie e anticipate apparizioni, ad abbandonare il luogo dove si trovano e a porsi fiduciosamente sotto la Mia protezione, dove di certo non potrebbe accadere loro nulla di male; sennonché gli uomini, quali beati possidentes (beati possidenti), di fronte ad una sciagura sono sempre sordi e ciechi, e sono spesso più stupidi delle bestie, e lasciano che su di loro si riversi ogni avversità, piuttosto che fare attenzione ai segni e mettersi subito sotto la Mia protezione.

8. Ma se già le piccole sciagure locali Io le faccio precedere mediante segni straordinari, quanto più farò Io questo nel caso di una disgrazia del mondo così grande e generale, come fu quella al tempo di Noè! E così il diluvio giustifica sicuramente la precedente attività visibile degli angeli provenienti dai Cieli!

9. E certamente una tale apparizione è anch’essa un giudizio per gli uomini; ma quando ci si trova di fronte a due mali e si deve prenderne uno, allora si sceglie anzitutto il minore per evitare con ciò il maggiore quanto possibile, considerato oltre a ciò che una piccola ferita la si può sicuramente guarire prima di una grande! Quando però l’aver adottato il male minore non offre più nessuna protezione, allora è certo che debba seguire da sé il male maggiore, nel quale il maligno deve trovare la sua fine».

10. Io ritengo che il motivo di questa visibile azione degli angeli sia ora sufficientemente dimostrata, e così ora noi possiamo di nuovo ritornare al racconto della storia!

11. Quale sensazione venisse poi suscitata ad Hanoch alla vista degli angeli che conducevano gli animali da loro radunati, questo lo vedremo prossimamente!

 

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Cap. 346

Il corteo degli angeli con gli animali radunati passa tra le vie di Hanoch

 L’ultimo appello ammonitore agli hanochiti e al loro re

16 agosto 1844

1. Quando gli straordinari messaggeri, dopo che furono trascorsi quattro anni, giunsero ad Hanoch con gli animali che essi avevano radunato, questo suscitò una grande sensazione, poiché questi messaggeri conducevano gli animali in modo libero e non dentro a delle gabbie come era in uso a quel tempo; e il modo del tutto particolare attrasse l’attenzione degli hanochiti e si meravigliavano del fatto che quella quantità quasi innumerevole di animali di ogni specie, forma, grandezza e natura procedesse insieme in pacifissimo ordine come fossero agnelli.

2. E i messaggeri, passando così per tutte le viuzze e le strade, gridavano a tutta la gente: «Vi è concesso ancora un breve tempo; convertitevi a Dio il Signore, e venite del tutto fiduciosi con noi fino all’altura di Noè, e voi tutti sarete salvati, per quanto numerosi poteste essere!

3. Poiché vedete, noi non siamo degli uomini uguali a voi, e questo ve lo dimostra l’uguale obbedienza di questi animali che sono assolutamente diversi nella loro natura e che tuttavia ci obbediscono senza eccezione come fossero tutti agnelli, mentre tra di loro, dall’elefante al ghiro, voi potete vedere gli animali più selvaggi e più feroci!

4. Un grande potere ci è dunque concesso! E per quanto da parte di Noè non sia stata preparata per via naturale che un’unica cassa di salvezza per la conservazione di migliaia di creature e che quindi nella stessa non potreste trovare ricovero voi che siete milioni, ebbene tutto ciò non pregiudica affatto la vostra salvezza, perché, nel caso di una vostra vera conversione a Dio, noi in un istante siamo in grado di costruire centomila di tali casse della salvezza, entro le quali voi potreste tutti passare ad una Terra rinnovata rimanendo perfettamente incolumi!

5. Ascoltate: questa è l’ultima chiamata di Dio che giunge ai vostri orecchi! Abbandonate tutto e seguite questa chiamata, perché nel giro di un anno a partire da oggi tutti i vostri luoghi di residenza e le grandi proprietà terriere giaceranno sommerse sotto tremila klafter (5700 m) d’acqua e di fango!»

6. Tuttavia neanche questa chiamata ebbe alcun effetto; e la gente non fece che ridere alle spalle di costoro che venivano ritenuti maghi e domatori di belve, lasciandoli del resto liberamente girare e gridare a loro piacimento.

7. Essi però si presentarono ancora una volta al re e lo invitarono a seguirli.

8. Ma costui non diede loro nessuna risposta, bensì lasciò che se ne andassero come erano venuti senza avere ottenuto niente.

9. Allora i messaggeri, del tutto afflitti, uscirono dalla città e si avviarono verso l’altura con gli animali che avevano raccolto.

10. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 347

I messaggeri con gli animali arrivano sull’altura di Noè

Le disposizioni degli angeli per l’alloggiamento degli animali nell’arca

Il giorno limite per l’accoglienza della gente in cerca di protezione

17 agosto 1844

1. Quando quei messaggeri straordinari giunsero con gli animali raccolti sull’altura da Noè, vennero loro subito incontro Noè e suo fratello Mahal, ed entrambi non poterono nascondere la loro meraviglia per la grande quantità di animali e per la varietà delle forme, e per il loro diverso modo di comportamento.

2. Ma gli angeli dissero a Noè: «Apri la porta dell’arca, affinché noi possiamo far entrare gli animali negli scompartimenti loro destinati; il loro nutrimento lo deporremo noi in ciascun scompartimento, ed essi, guidati dal loro istinto, ne consumeranno giornalmente tanto quanto sarà necessario per mantenersi in vita!

3. Tu dunque non ti dovrai occupare di niente altro che di abbeverarli, cosa questa che ti sarà facile. Vedi, dato che la cassa resterà immersa nell’acqua per più della metà della sua altezza, allora fa un foro all’altezza del piano di mezzo e applica all’interno una cannula della botte! Aprendo poi il rubinetto, potrai subito ottenere quel quantitativo d’acqua che ti occorrerà.

4. Finché il Signore non permetterà l’inizio della pioggia, lascia pure aperta l’arca affinché gli animali possano uscire ed entrare liberamente, e possano cercarsi la bevanda e il cibo fresco da soli; tuttavia non devi cambiare la destinazione dei vari scompartimenti, né disporre o sistemare gli animali in ordine diverso da come li abbiamo sistemati noi adesso!

5. Sotto a questo riguardo non occorre che tu ti occupi d’altro, perché, per ciascun animale e a tale scopo, noi abbiamo deposto nel rispettivo scompartimento il rispettivo nutrimento, e ciascun animale riconoscerà da ciò il suo scompartimento!

6. Non è neanche necessario che tu ti prenda cura della pulizia dei vari scompartimenti, perché essi verranno puliti senza che tu ti affatichi.

7. E la finestra del tetto lasciala sempre aperta per ora, affinché gli uccelli possano entrare nell’arca! Per quanto poi riguarda il nutrimento, a questo provvederemo noi; tu e i tuoi non avrete da occuparvi che dell’acqua!

8. Il Signore stesso ti avvertirà quando sarà giunto il momento di chiudere l’arca e poi di impeciare saldamente la porta!

9. Se prima dell’inizio della pioggia venisse da te della gente alla ricerca di protezione, allora tu la devi accogliere; ma quando la pioggia sarà cominciata, allora a nessuno deve essere più concesso di entrare nell’arca!

10. E ora tu sei a conoscenza di tutto; il Signore sia con te! Amen!»

11. Detto questo, gli angeli scomparvero e Noè se ne andò con tutti i suoi e rese lode e gloria a Dio.

12. Mahal però, come uno studioso di scienze naturali, si dedicò con i suoi figli ad esaminare gli animali e, alla vista di questo zoo, ebbe una grande gioia.

 

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Cap. 348

Mahal si sfoga contro gli angeli e contro Dio pensando di essere stato escluso dall’arca

Agla invece si pente, invoca la misericordia di Dio e l’angelo Waltar la fa scomparire all’istante

19 agosto 1844

1. Dopo che Noè ebbe lodato e glorificato Dio, entrò nell’arca ed esaminò come erano stati sistemati gli animali, e poi cercò, al piano mediano, un posto adatto per applicarvi il rubinetto dell’acqua.

2. Una volta trovato il posto ed applicato il rubinetto, salì al terzo piano e qui trovò suo fratello Mahal, il quale era appunto intento a consigliarsi con i suoi figli riguardo al fatto che gli angeli non avevano menzionato nemmeno una sillaba nei suoi riguardi, mentre tutto quello che essi avevano detto si riferiva soltanto a Noè, e in particolare era del tutto arrabbiato per il fatto che gli angeli avevano impartito a Noè istruzioni precise riguardo al mantenimento degli animali, mentre non avevano fatto cenno, neanche con una sillaba, al mantenimento suo e dei suoi figli!

3. E alla presenza di Noè, che però Mahal non aveva ancora visto dato che in quel momento si trovava dietro alla parete di uno degli scompartimenti, egli disse: «Sono dunque io da meno degli animali dinanzi al Signore? Questi hanno i loro alloggi e il loro nutrimento sufficiente, ed è stato provveduto alla loro conservazione; ma che cosa abbiamo noi?

4. E così, pure gli angeli hanno sempre parlato della conservazione di Noè e dei suoi; ma della nostra conservazione non è stata detta la minimissima parola! Ma che cos’altro ci hanno fatto intendere con ciò gli angeli, se non che l’arca non è stata costruita per noi, bensì unicamente e soltanto per Noè e per i suoi, e per gli animali!

5. Io però so quello che farò! Vedete, qui c’è ancora una quantità di legname lavorato; io parlerò con Noè e con i suoi servitori affinché costruiscano una mia propria cassa nella quale noi troveremo posto, e così Noè potrà poi dimorare da solo con i suoi nella grande cassa!

6. Se il Signore vorrà conservarci, allora ciò è bene e buono, ma se Egli non lo vorrà, allora io non Lo pregherò per questo, perché in tali difficili circostanze l’intera essenza della vita è comunque diventata per me una cosa ripugnante!»

7. A questo punto Agla disse: «O padre, io ritengo che tu parli troppo, poiché vedi, io pure ho visto Waltar ed egli ha visto me, e lui non mi ha consolata; e tuttavia io non mormoro contro il Signore! Perché dunque fai questo, nonostante tu ricevesti la consolazione suprema dal Signore stesso?

8. Tuttavia, da parte mia dico: “O Signore, sia fatto di me, che sono la più grande peccatrice, secondo la Tua misericordia!”. E se io devo diventare una preda della morte, allora sia lodato e glorificato il Signore anche per questo!»

9. Queste parole di Agla piangente stupirono notevolmente Mahal, e allora Noè si fece avanti e lodò Agla per tali giuste parole dinanzi a Dio.

10. Ma istantaneamente un angelo splendente stette dinanzi ad Agla e le disse: «Agla, vedi, tu non diventerai mai una preda della morte, bensì soltanto una preda della vita per l’eternità! E così porgimi la tua mano e segui me, tuo fratello Waltar!»

11. Allora Agla porse la mano all’angelo e scomparve istantaneamente; e di lei non rimase altro che le sue vesti ed un po’ di cenere dentro ad esse.

12. Questo fenomeno suscitò in tutti il massimo sbalordimento, ed essi non sapevano come ciò fosse accaduto.

13. Soltanto Noè si riprese, ed egli si prostrò sulla sua faccia e lodò e glorificò Dio oltre misura.

 

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Cap. 349

Il rimprovero di Noè al mormorante Mahal

La costruzione di una piccola arca per Mahal e per i suoi

20 agosto 1844

1. Dopo che Noè ebbe lodato e glorificato il Signore per un’ora, perché Egli aveva accolto la figlia perduta di suo fratello in un modo così straordinariamente benevolo nel Regno, eternamente vivente, degli spiriti proveniente da Dio, si risollevò da terra, si rivolse a suo fratello Mahal e gli disse:

2. «Fratello, non vorrai mica litigare di nuovo con Dio, il Signore, per averti Egli concesso una Grazia così infinitamente grande? Vedi, in te non c’è altro che la pura superbia nascosta!

3. Vedi, tu in segreto ti irriti sempre per il fatto che il Signore abbia scelto me e non te per costruire l’arca, e per il fatto che tu non sia stato particolarmente chiamato e scelto da Lui in una qualche occasione! E siccome non hai nessun altro con cui poter litigare a causa di ciò, allora sfoghi la rabbia della tua superbia sul Signore stesso, e qualora se ne presenti una qualche occasione, tu Lo vuoi addirittura sfidare!

4. Invece, domanda a te stesso se ti sembra giusto ed equo un tale comportamento verso Colui che, quattro anni fa, ti chiamò amorevolissimamente figlio Suo! Ritieni forse che il Signore si lascerà sfidare da te?

5. Vedi, Satana sta sfidando il Signore già da tempi immemorabilissimi! Ma che cosa ha ottenuto con ciò? Infatti, tutto quello che Satana vuole, il Signore non lo farà mai! E così Satana rimane sempre lo schiavo bastonato della sua propria testardaggine, la quale è un frutto della sua stoltezza; il Signore però rimane eternamente il Signore e fa ciò che vuole senza voltarsi al chiasso dei pazzi del mondo!

6. Fratello, è dunque tanto difficile umiliarsi dinanzi al santo e ottimo Padre ed accettare gradevolmente il Suo santo Ordine?

7. Eppure, il Signore ti ha dimostrato chiaramente come non ti abbia mai precluso la cassa del Suo Amore, della Sua grazia e misericordia, e per conseguenza di certo neppure quest’arca!

8. Ma se tu, mosso da rabbia segreta, vuoi escluderti da te stesso, ritieni forse che il Signore vorrà poi tirarti dentro per i capelli? Oh, separati dalla tua stoltezza e non mettere la Pazienza del Signore sempre e di nuovo alla prova, allora troverai presto anche per te un posto qui nell’arca!»

9. Queste parole di Noè, dette con le migliori intenzioni, ebbero però poco effetto su Mahal, ed egli insistette perché fosse costruita per lui una propria cassa.

10. E Noè allora fece secondo il desiderio di suo fratello e dispose affinché per lui fosse costruita una piccola cassa lunga quattro klafter (7,6 m) e alta due (3,8 m), però senza scompartimenti all’interno.

11. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 350

Noè consegna a Mahal la sua piccola arca della salvezza

Ancora una provocazione insolente di Mahal al Signore

Una Voce giudicatrice, poi i tre figli di Mahal sono istantaneamente consunti dal fuoco divino

21 agosto 1844

1. Quando Noè fu pronto con la piccola cassa destinata a Mahal, gli disse: «Ebbene, ecco qui completata la cassa della tua testardaggine! Vedi però che il Signore voglia benedirla per te e per i tuoi tre figli; altrimenti essa potrà offrirti ben poca sicurezza!

2. Io l’ho già benedetta mediante la costruzione; sennonché questa benedizione sarà inutile senza la benedizione del Signore! Perciò presentati dinanzi al Signore, rendi a Lui onore e pregaLo, affinché Egli ti benedica la cassa per la tua sicurezza!»

3. Mahal però disse: «Tu parli secondo il tuo punto di vista e non conosci la mia necessità! Non sono io, forse, un uomo come te, e non abbiamo un padre e una madre? A te il Signore ha ordinato perfino di costruire questa tua arca indicandone le misure per la tua salvezza, a te che non Lo avevi tuttavia pregato. Invece per quanto riguarda me, Egli ha lasciato che io me ne andassi in giro sulla Terra come una bestia selvaggia per amore dei miei figli, e non mi ha detto niente riguardo al fatto che anch’io mi dovevo costruire un’arca della salvezza!

4. Egli certamente mi parlò attraverso il sentimento e laggiù nella pianura mi indicò quello che avrei dovuto fare e che poi feci sempre, ma Egli non mi disse mai qualcosa di determinato di una salvezza. Eppure io ero tuttavia altrettanto puro come lo sei tu!

5. E vedi, in ciò consiste la necessità del mio cuore; ed io perciò non farò nulla ed attenderò che il Signore voglia espressamente pronunciarsi! Quando mi rivolgerà determinate parole, allora anch’io agirò con determinazione secondo la Sua parola! Io però non intendo costringere il Signore a fare qualcosa, né con preghiere né con sacrifici, e piuttosto che influenzare il Signore nella Sua libertà d’azione, voglio andare incontro alla rovina!

6. Se Lui vuole benedire questa cassa per me, allora lo farà anche senza la mia preghiera, nella stessa maniera di come, senza la tua preghiera, ha comandato a te di costruire l’arca; se però non lo vuole, allora io non farò uso della cassa, bensì condividerò coraggiosamente con la mia famiglia l’aspro destino di milioni di creature e per di più sarò ancora un testimone di come gli uomini cattivi espieranno i loro misfatti! Amen!»

7. E detto questo, Mahal si alzò e con i suoi tre figli e si recò in un bosco, e là rimase in attesa della parola del Signore.

8. Il Signore lasciò che egli vagasse per tre giorni, ma il quarto giorno il cielo cominciò a ricoprirsi di nubi.

9. Allora l’irritazione di Mahal scoppiò contro il Signore e si mise a litigare violentemente con Dio, e questo in un tono che non sarà mai più conosciuto sulla Terra.

10. Quando Mahal ebbe dato sfogo alle sue bestemmie fino ad avere la voce roca, allora un fuoco dalle nubi scese a terra dinanzi a Mahal, e fuori dal fuoco una Voce disse:

11. «Mahal, tu, degenerato! Io sono stanco delle tue bestemmie! Se tu non ritieni Me, tuo Dio e Signore, degno di alcun onore, allora neppure Io ti ritengo degno di salvezza!

12. E allora rimani dunque qui, e sii un testimone della Mia ira sopra la Terra e sopra di te; però i tuoi figli, dato che essi non si sono uniti alla tua canzone, Io li toglierò via da te e così tu dovrai imparare a conoscerMi almeno nella Mia ira, dato che non hai voluto riconoscerMi nel Mio Amore! Così avvenga!»

13. A questo punto il fuoco afferrò i tre figli e li consunse in un attimo. E Mahal rimase ora solo e del tutto ammutolito dal terrore.

14. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 351

La fuga di Mahal verso un’alta rupe e poi nella grotta di Adamo dove chiede scusa al Signore

 La promessa che non morirà annegato nei flutti

 Noè invitato ad entrare nell’arca coi suoi

22 agosto 1844

1. Noè intanto aveva mandato qualcuno in cerca di Mahal, ma il Signore non volle che costui venisse nuovamente trovato da Noè sul terreno.

2. Mahal nel frattempo salì su un’alta rupe dopo aver preso con sé delle radici, del pane e del formaggio per una ventina di giorni; e siccome da quella rupe scaturiva una sorgente, allora egli si trovò provvisto, per quel che riguarda il vitto, tanto di cibo che di bevanda.

3. Su quella rupe egli trascorse sette giorni. Ma siccome il cielo andava sempre più ottenebrandosi di giorno in giorno, allora Mahal si alzò dalla sua rupe, prese le sue vettovaglie e andò nella famosa grotta di Adamo.

4. E quando vi fu faticosamente giunto, egli parlò così tra sé: ‘Io sono diventato vecchio e stanco, e il Signore mi ha privato di ogni appoggio; vuole forse Egli essere ringraziato, lodato e glorificato anche per questo?

5. Sì, Signore! Adesso, che attraverso la Tua oppressione sono diventato peccatore dinanzi a Te, adesso soltanto io voglio esaltarTi, lodarTi e glorificarTi, poiché quando mi schiacciasti io ne risentii dolore, e mi contorsi come un verme dinanzi a Te. Adesso però il grande dolore mi ha reso insensibile! Io non sento più né dolore, né afflizione, e per conseguenza neppure più rabbia né ira; perciò, o Signore, io posso certo esaltarTi, lodarTi e glorificarTi di nuovo!

6. E così, siano dunque resi esaltazione, lode e gloria a Te, mio Dio e Signore, e mio onnipotente e santo Creatore e Padre! Io ho litigato con Te, dato che provavo dolore; adesso però non voglio litigare, e non litigherò mai più con Te, perché non ho più alcun dolore!

7. Finché io dimoravo presso di Te nel cielo di Noè, nemmeno allora io avevo dolore, ed io ho potuto essere giusto dinanzi a Te, o Signore, ed ho potuto sempre lodarTi, esaltarTi e glorificarTi; ma quando Tu mi facesti scendere all’inferno, allora io divenni colmo di rabbia e colmo di dolore, ed io dovetti mettermi a litigare contro di Te! Adesso però sono di nuovo senza dolore, perciò ora Ti posso esaltare, lodare e glorificare di nuovo!

8. Però non farmi mai più scendere di nuovo all’inferno dove nessuno Ti può lodare, esaltare e glorificare, poiché là vi è solo un fuoco, un’ira, una maledizione e un dolore!

9. Ma siccome io ora, o Signore, ho già ripreso a esaltarTi, lodarTi e glorificarTi, allora Ti prego anche che Tu voglia togliere ora anche me dal mondo e che Tu mi conceda di non essere testimone del giusto flusso della Tua ira sopra tutte le Tue creature! Che sia fatta sempre la Tua Volontà! Amen!”

10. Quando Mahal ebbe finito di parlare in questo modo, dal vuoto interno della grotta risuonò come un eco: «Mahal, Io Mi sono mitigato nella Mia ira contro di te, poiché tu ti sei mitigato in seguito alle violente percosse che Io dovetti infliggerti a causa della tua durezza contro di Me; ma tuttavia tu devi espiare sulla Terra la tua molteplice stoltezza, prima che Io possa accoglierti, perché il tuo sacrilegio contro di Me è stato assai grande!

11. Sii dunque paziente in tutto ciò che verrà sopra di te, e attendi Me, ed Io non ti lascerò soffocare dai flutti; però le piante dei tuoi piedi dovranno tuttavia essere lambite dal flutto prima che Io ti liberi dalla tua carne! Così avvenga!»

12. Mahal però riconobbe bene la voce del Signore in quest’eco e ora si abbandonò al Volere del Signore.

13. Ma quando egli ebbe trascorso sette giorni nella grotta solitamente chiara, ecco che non si vedeva più fare giorno, poiché il firmamento era già tutto offuscato da uno strato di nubi così dense, cupe e nere che nessun raggio di Sole vi poteva penetrare.

14. Perciò Mahal abbandonò anche la sua grotta e andò dove egli potesse trovare una luce; ma vagò invano qua e là, e a causa delle tenebre fittissime non poté più trovare alcuna via. Tuttavia non mormorò, bensì restò ora in paziente attesa di quello che sarebbe venuto sopra la Terra.

15. Questo però era anche già il tempo nel quale il Signore disse a Noè di rifugiarsi nell’arca con i suoi.

16. Ma come avvenne questo? Ciò sta già scritto dettagliatamente nel primo libro di Mosè, 7° capitolo, ma tuttavia ciò deve essere descritto, prossimamente, in modo ancora più particolareggiato!

 

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Cap. 352

Parole di conforto del Signore a Noè e il Suo profondo cordoglio a causa della durezza degli uomini

Gli ultimi tentativi per sette giorni per salvare qualunque abitante della Terra

23 agosto 1844

1. Ecco com’era la situazione quando il Signore disse a Noè di rifugiarsi nell’arca.

2. Quando il cielo cominciò a farsi poderosamente fosco e le nubi andavano addensandosi minacciose avvolgendo in una notte profonda le vicine vette dei monti e la pianura esalava vapori per distanze incalcolabili come una città incendiata, allora il Signore, come colmo di malinconia e tristezza, andò da Noè e gli disse:

3. «Noè, non temere, poiché vedi, Io, il Signore di ogni creatura e di ogni cosa, sono con te per proteggerti e difenderti contro qualsiasi avversità che Io farò venire ora sul mondo, perché così hanno voluto gli uomini che sono diventati maligni!

4. Guarda! Guarda come tutto appare ora triste su questa antica Terra! L’arte degli uomini senza che loro lo abbiano saputo e voluto, ha restituito prima del tempo la libertà agli spiriti primordiali maligni prigionieri di questa Terra, per la qual cosa senza un giudizio tutti i Cieli sarebbero in pericolo. In conseguenza di ciò lo spazio tra la Terra e la Luna è ora pieno di tali spiriti. E se non giungesse un qualche chiarore fino al suolo per effetto dell’arroventarsi locale delle nubi nelle quali i maligni spiriti liberati ora infuriano e si agitano, allora qui ci sarebbe una notte tale nella quale ogni vita dovrebbe soffocare, perché la luce del Sole non può assolutamente penetrare attraverso tali masse di nubi e di vapori!

5. Ma gli uomini della pianura non hanno nessuna paura! Essi illuminano le loro città con fiaccole e grandi lampade a olio, e ne sono lieti; essi combinano matrimoni e celebrano ancora nozze, organizzano banchetti per ospiti e si dilettano con giochi e danze, mentre Io, il loro Creatore, faccio cordoglio sopra di loro non potendo aiutarli per non annientarli nel loro spirito per l’eternità!

6. O tu, Mio Noè, questa è una dura situazione per un Padre: vedere i Suoi figli sull’orlo dell’abisso e non può né Gli è lecito aiutarli se non mediante un nuovo asprissimo imprigionamento, che è l’imminente Giudizio ormai inevitabile! Che cosa dovrei dire Io a questo punto?

7. Vedi, sulla Terra, in regioni molto lontane da questa, si trovano i discendenti di Caino! A questi fu sufficiente una rivelazione insudiciata, e attualmente vivono ancora nel Mio Ordine; e i pochi che tra loro hanno talvolta più o meno gravato la loro coscienza con qualche azione, in questa generale notte del vicino Giudizio tendono le mani verso di Me ed invocano la Mia misericordia!

8. Io però ti dico: “Vedi, Io avrò anche pietà di loro nel loro bisogno; però questo grande cerchio della Terra dove i Miei figli dimorano frammisti ai figli del mondo, dovrà ora subire il Mio Giudizio più spietato!

9. Io però, prima di lasciar precipitare l’acqua giù dalle nuvole sulla Terra, cercherò ancora, per il tempo di sette giorni, di spaventare gli uomini della pianura attraverso ogni tipo di fenomeni, e dove è possibile costringerli con ciò a recarsi qui a cercare rifugio!

10. Noi dunque attenderemo ancora sette giorni in queste tenebre, ed Io farò venire una debole luce da qui fino ad Hanoch e più oltre ancora, affinché nessuno che vuole ancora salvarsi possa smarrire la via che conduce qui; e se qualcuno venisse qui, anche se fosse Fungar-Hellan stesso, allora egli deve essere accolto nell’arca!»

11. Dopo queste parole un lieve chiarore crepuscolare si diffuse dall’altura fino ad Hanoch e più oltre ancora; e il Signore allora aprì a Noè la vista spirituale, cosicché egli, insieme al Signore, poté guardare in tutte le profondità; ma non si vide nessuno allontanarsi dalla città.

12. Si percepirono delle potenti chiamate come tuoni, però nessuno si convertì in seguito a ciò. Scoppiarono incendi ad Hanoch causando grande angoscia e spavento in molti, ma tuttavia nessuno volle abbandonare la città. Irruppero acque sotterranee ed esse misero sott’acqua, profondamente quanto un uomo, le vie e le piazze di Hanoch; allora i poveri fuggirono sulle vicine colline, ma i ricchi salirono invece su battelli e barche, e giubilando si fecero portare per le piazze e per le vie, e nessuno si recò sull’altura.

13. E tali calamità durarono sette giorni nella pianura; e tuttavia nessuno si convertì in seguito a ciò.

14. Allora la Pazienza del Signore venne meno, ed Egli condusse Noè all’arca.

15. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 353

Noè, a seicento anni, entra nell’arca coi suoi familiari e il Signore spiega il perché sette coppie degli animali puri

 L’arca chiusa per mano del Signore

Il subentrare del cataclisma

24 agosto 1844

1. Quando Noè giunse presso l’arca assieme al Signore, allora il Signore gli disse: «Noè, entra ora nella cassa con tutta la tua famiglia, perché nel tempo attuale Io ho trovato giusto solo te dinanzi a Me!

2. Ma degli animali puri prendi sette coppie di ciascuna specie, e degli impuri solo un paio, ma sempre un maschietto e una femminuccia; fa la stessa cosa anche con gli uccelli che sono sotto il cielo: di ciascuna specie sette maschietti e sette femminucce, affinché il seme di essi resti vivente su tutta la superficie della Terra!

3. Infatti, tra sette giorni, a cominciare da questo istante, Io farò piovere per quaranta giorni e quaranta notti, ed estirperò, su questo cerchio della Terra, tutto ciò che ha un’essenza vivente che Io ho creato!»

4. E Noè si prostrò dinanzi al Signore e Lo adorò per la Grazia immensa che gli aveva concesso.

5. Il Signore però risollevò Noè da terra e di nuovo gli parlò: «Noè, tu stai pensando come mai Io prima, ti ho comandato di prendere con te nell’arca solo un paio di ogni specie di animali, senza distinzione, mentre adesso ti dico di prendere sette coppie di ciascuna specie pura e di fare altrettanto anche rispetto agli uccelli dell’aria senza distinzione; solo riguardo agli animali impuri ti dico di limitarti ad un paio!

6. Vedi, la ragione di ciò è la seguente: quella volta Io ho pensato nel Cuore distogliendo la Mia Onniveggenza: “Gli uomini verranno certo quassù dalla pianura e cercheranno qui protezione!”

7. E vedi, Io non volli chiederMi nella Mia Onniveggenza se gli uomini che ho chiamato tante volte, avrebbero fatto questo! Ma ora che li ho scrutati, non ho visto più alcuna volontà, poiché tutti i loro spiriti sono consumati dalla carne e dal mondo, ed Io ho anche visto che nessuno sarebbe più venuto!

8. Perciò, al posto degli uomini impurissimi, che sono sprofondati al di sotto di ogni animale, tu devi prendere con te un maggior numero di animali puri, e così pure un maggior numero di uccelli che sono sotto il cielo! Oltre a ciò, questi animali ti torneranno ben utili sulla nuova Terra!

9. Se tu ora hai compreso questo, allora va e poi agisci! Non prenderti però nella cassa alcuna luce artificiale, perché Io stesso ti illuminerò la cassa attingendo da Me! Amen!»

10. A questo punto Noè andò e fece tutto come il Signore gli aveva comandato; il Signore però era con lui e aiutò Noè a fare ogni cosa.

11. E quando Noè, con l’aiuto del Signore, ebbe fatto tutto nel massimo ordine, allora egli entrò nell’arca nel suo seicentesimo anno di età, e precisamente il diciassettesimo giorno del secondo mese, che era, secondo l’attuale (nel 1843) conteggio del tempo, il 17 febbraio.

12. Quando Noè fu nell’arca con tutti i suoi e con tutti gli animali che gli erano stati comandati, allora il Signore stesso prese la grande porta dell’arca e la chiuse con le Sue proprie mani, benedicendo attraverso di esse la cassa; e così Noè fu ora al sicuro, e il Signore stesso custodiva la cassa.

13. Ma quando Noè fu così al sicuro, il Signore alzò in alto la Sua mano onnipotente e comandò alle nubi di rovesciare la pioggia sulla Terra in poderosissimi torrenti, e così pure comandò alle potenti sorgenti nella Terra di spingere su le loro acque sulla superficie della terra. Allora si schiusero le sorgenti nelle grandi profondità e si aprirono le chiuse dei cieli.

14. E allora ci furono innumerevoli e potentissime sorgenti dal suolo della Terra che lanciarono la loro acqua fino alle nuvole, e dalle nuvole la pioggia precipitava come le cascate delle alte montagne innevate. In questo modo l’acqua crebbe sul suolo della Terra con tanta rapidità che molti uomini non fecero in tempo a fuggire sui monti; ed anche coloro che poterono raggiungere i monti, furono travolti dai potenti flutti che precipitavano giù dalle rupi, e annegarono.

15. Solamente pochissimi riuscirono a raggiungere l’altura di Noè con la forza della disperazione. E quando essi scorsero, tra il continuo lampeggiare, quella poderosa cassa di salvezza, allora invocarono aiuto e salvezza gridando; ma la potenza del Signore li respinse via da lì, ed essi fuggirono verso le più alte vette dei monti e tentarono con le mani sanguinanti di arrampicarvisi. Ma i fulmini li strapparono dalle pareti rocciose e li scaraventarono giù nei potenti flutti che stavano crescendo.

16. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 354

Mahal nella grotta di Adamo, osserva meravigliato e mezzo disperato, l’immane catastrofe

Il suo monologo angoscioso

L’arrivo di Gurat, Fungar-Hellan e Drohuit nella grotta, e poi compare anche il Signore

26 agosto 1844

1. La pioggia violenta aveva indotto Mahal a rifugiarsi nella grotta entro la quale egli camminava su e giù, osservando ogni tanto, meravigliandosi e mezzo disperandosi, come i poderosissimi torrenti d’acqua precipitavano sulle rocce, strappando e portando via con sé il terreno, sradicando i grossi alberi e lanciandoli poi con terribile violenza nelle valli, e inoltre osservava come i poderosissimi torrenti d’acqua staccavano intere rocce che poi rotolavano giù nelle fosse e nelle gole con il fragore di mille tuoni!

2. Egli era certo un grande amico dei grandiosi spettacoli della natura, ma questo era un po’ troppo forte anche per lui, perché lui, il Mahal di solito così eroicamente coraggioso, vedeva l’evidente declino di tutto il mondo e di se stesso. Perciò egli tremava per la grande paura, e diceva tra sé:

3. ‘O Signore, in verità, soltanto nella Tua giusta ira si può conoscere la Tua potenza! Ma al fatto che Tu sia prodigiosamente grande, santo e sublime nella Tua Pace, a questo, invece, l’uomo, reso ottuso dall’abitudine, presta poca attenzione e può dimenticarsi del tutto di Te, o Signore; ma una tale scena della Tua potenza dimostra al verme della Terra, ottuso e altezzoso nella sua stoltezza, che Tu, o Signore, nella Tua Pace sei molto potentemente e infinitamente di più, dell’uomo così altezzoso!

4. Se io non mi trovassi qui del tutto così solo, allora questa scena apparirebbe molto più edificante; ma così, del tutto abbandonato da ogni vivente compagnia, è terribilmente disperante restare in attesa della fine sicura di tutte le cose, e dunque anche della propria fine!

5. O Signore, toglimi dal mondo e non lasciare che io debba essere ancora più a lungo testimone di questo Tuo spaventosissimo Giudizio! Sia fatto il Tuo santo Volere’

6. Quando Mahal ebbe terminato questo suo monologo, entrarono nella grotta tre fuggiaschi provenienti dalla pianura per cercarvi rifugio. Ciò fu per Mahal un’apparizione sommamente gradita, dato che egli non aveva nessuno con cui confidarsi in questi suoi momenti di difficilissima situazione!

7. Egli quindi si avvicinò subito ai tre che cercavano rifugio, e diede loro il benvenuto e domandò chi fossero.

8. E i tre risposero: «Noi siamo i tre più grandi pazzi della pianura! Fino a pochi giorni fa noi credevamo di essere i signori di Hanoch e così pure di tutto il mondo; ma ora l’antico Dio ci ha dimostrato che Egli soltanto è l’unico Signore! Perciò siamo fuggiti qui, spinti dalla spaventosissima ‘mancanza d’acqua’, e forse siamo anche gli unici viventi di Hanoch, perché laggiù è già tutto sepolto per molti klafter sotto l’acqua e il fango! I nostri nomi sono: Gurat, Fungar-Hellan e Drohuit!»

9. A queste parole, Mahal fece un grido, e poi disse: «O Signore, come sono meravigliose le Tue disposizioni! Tu hai guidato qui i tuoi grandi nemici e me li hai dati come nelle mie mani!

10. Ma sapete chi sono io? Ecco, io sono Mahal, che tante volte vi ha parlato di questo Giudizio! I vostri orecchi però erano tappati! Ora sta dinanzi ai vostri occhi l’opera che avete fatto con le vostre mani: lo spaventosissimo Giudizio di Dio! Che cosa ne dite adesso di questo? Dov’è ora la vostra potenza e il vostro splendore?»

11. A questo punto i tre furono terrorizzati e volevano nuovamente fuggire dalla grotta; ma in quello stesso istante il Signore entrò nella grotta e si fece immediatamente riconoscere da tutti e quattro.

12. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 355

L’umile confessione di Mahal i suoi peccati

Il Giudizio del diluvio causato dagli uomini stolti

Il Signore chiama Satana nella grotta per fargli vedere il frutto delle sue tentazioni

 Gurat, Fungar-Hellan e Drohuit vengono condannati all’inferno, e Mahal all’arca

27 agosto 1844

1. Ma quando Mahal vide il Signore, gli andarono dinanzi a Lui e, come un penitente pentito, si prostrò sulla sua faccia e disse:

2. «O Signore del Cielo e della Terra, Dio onnipotente e mio santo ed amorosissimo Padre! In questi miei ultimi giorni io ho peccato gravemente contro il Tuo Cuore; certamente, ho peccato gravemente contro il Tuo Cuore santissimo che è colmo dell’infinitissimo, eterno Amore paterno! O Tu, Padre santo, Tu, eterno Amore, potrò io, un misero verme della polvere, del nulla, trovare di nuovo misericordia e grazia dinanzi al Tuo santissimo cospetto?»

3. Il Signore gli disse: «Mahal, figlio Mio che eri smarrito ma che ora ti sei lasciato di nuovo trovare ed afferrare da Me, alzati, poiché Io, tuo eterno e santo Padre, ti dico: “Dinanzi al Mio eterno ed infinito Amore, nessuno è mai caduto così in basso da non poter essere riaccolto da Me qualora egli venga a Me nel pentito riconoscimento del suo peccato!

4. Ma chi non viene, costui si è scritto da solo il suo giudizio sulla sua fronte, poiché Io non trattengo nessuno contro la sua libera volontà che gli è stata infusa da Me, e non attiro nessuno a Me contro tale volontà!

5. Ma tutto ciò che Io, l’Onnipotente, faccio, quale l’unico, eterno e vero Padre, è chiamare i Miei figli che vengano da Me! Beati coloro che prestano ascolto alla Mia chiamata e che, uditala, si volgono ad essa!

6. Fino ad ora sono trascorsi circa duemila anni durante i quali Io ho chiamato, istruito e ammonito i Miei figli; ma tali Mie giuste e amorevoli ammonizioni non sono state mai di loro gradimento, bensì essi hanno tenuto gli orecchi e il cuore rivolti solo all’antica bocca mentitrice di Satana, e costui ha indicato loro le vie della perdizione. Ed essi hanno camminato instancabilmente così a lungo su queste vie, fino ad ottenere ciò che ora è giunto su di loro e su questo intero cerchio della Terra!

7. Non fui Io a chiamare questo Giudizio sopra la Terra, e non sono Io il Creatore di tale Giudizio, ma lo sono questi tre! Questi vollero distruggere la Terra, e la loro opera sta ora davanti ai loro occhi!

8. Per rabbia contro di Me, il loro Creatore, essi hanno audacemente scavato nel terreno, e Satana li guidò diritti verso quei punti della Terra dove i suoi polsi si trovano alla minore profondità. Allora essi, con il loro mordente e con i loro grani [esplosivi] provenienti dall’inferno, staccarono la solida pelle dalle vene della Terra, e potentissimi vapori e torrenti cominciarono ad irrompere fuori, costretti dalla pesantezza dell’epidermide della Terra. E ora, questo diluvio che devasta ed uccide ogni cosa sopra questo loro cerchio della Terra, è il frutto del loro zelo per l’inferno!»

9. All’udire tali parole, i tre cominciarono a tremare del tutto violentemente, perché risultava loro ben chiaro che il loro misfatto aveva apportato la morte a milioni di creature, e che loro erano quasi i soli colpevoli di questo Giudizio.

10. Il Signore però chiamò qui Satana; e quando questo si presentò istantaneamente ardente di rabbia, allora il Signore gli disse: «Miserabile tentatore della Mia Indulgenza, del Mio Amore e della Mia Pazienza, guarda! Qui stanno i tuoi tre servitori più fedeli; essi hanno magistralmente compiuto il tuo piano! Quale ricompensa intendi dare adesso a loro per questo?»

11. E Satana rispose: «Essi non hanno forse avuto sulla Terra tutto quello di cui il loro cuore aveva sete? Quale ricompensa potrebbero ancora volere? – Sia la morte il loro destino!»

12. A questo punto il Signore disse: «Avete sentito ora come il vostro maestro ricompensa i suoi servitori? Ne siete dunque soddisfatti?»

13. Allora i tre cominciarono ad urlare dalla paura e dall’angoscia, e invocarono aiuto dal Signore.

14. Il Signore disse: «Questo fa ora l’angoscia in voi, mentre voi non avete alcun pentimento? Perciò, via da Me, servitori di Satana, e con lui scontate nel suo fuoco il vostro misfatto!»

15. Dopo queste parole, un potente fulmine attraversò la grotta e uccise i tre, e la potenza del Signore respinse poi nell’inferno i quattro spiriti.

16. Mahal invece si aggrappò al Signore, ed Egli lo condusse subito fuori dalla grotta, verso l’arca.

17. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito.

 

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Cap. 356

Le benefiche parole del Signore a Mahal, intirizzito e oppresso dall’angoscia

Mahal ritrova la guarigione nel suo amore riaccesosi per il Padre santo

Mahal, redento, viene trasfigurato come uno splendente serafino

28 agosto 1844

1. Giunti vicino all’arca, Mahal pregò il Signore di concedergli la morte del corpo, poiché non gli era più possibile sopportare la sensazione di quella potente pioggia che si riversava sul suo debole corpo, e di essere febbricitante in tutte le sue fibre a causa del grande freddo.

2. Ma il Signore gli disse: «Mahal, come puoi lamentarti della pioggia e del freddo in Mia vicinanza così straordinaria? Non sono forse Io che, attingendo da Me, diedi al cherubino il suo ardore, al serafino il suo splendore, e a tutti i Soli diedi il fuoco, la luce e il calore?

3. Credi che questa pioggia ti bagnerebbe e farebbe gelare le tue membra, se tu ti trovassi pienamente vicino a Me nel tuo cuore?

4. Oh, affatto! Io ti dico: ciascuna goccia che cade sul tuo capo ti sarebbe di tanto ristoro, come essa lo è per la Terra stanca e ora mezza morta, sopra la quale dovette venire proprio questo diluvio, affinché essa non morisse e non svanisse tra il sacrilegio degli uomini!

5. Questi flutti guariranno e cicatrizzeranno di nuovo le ferite della Terra, ed essa si ristabilirà e guarirà, e servirà nuovamente da dimora agli uomini e agli animali!

6. Ma altrettanto deve accadere di te! Anche sopra di te deve prima giungere un diluvio tramite la grande attività del tuo amore che generi il pentimento; questo ti guarirà e ti riscalderà nel tuo spirito per l’eterna vita proveniente da Me!

7. Come è il tuo amore, così è il tuo spirito! Se il tuo amore è vivente in Me, così anche il tuo spirito sarà reso vivente da Me; e questo è quello stesso vero calore che non può mai essere raffreddato tramite tutto il freddo che la morte ha sparso nell’intera Infinità attraverso il potere della menzogna che è in essa!»

8. A questo punto Mahal divampava e, dal nuovo ardore attizzatosi nel suo cuore, disse: «O Tu, ultrasanto, o Padre colmo di supremo Amore! Come devi essere infinitamente buono nel Tuo Essere per volerTi occupare con così tanta amorevolezza di me, un peccatore senza nessun valore, come se nell’intera l’Infinità Tu non avessi più nessun altro essere!

9. Oh, quanto inconcepibilmente mi pento ora di averTi potuto misconoscere così tanto e di avere, con tanta ingratitudine, litigato con Te, o Tu, santo, eterno Amore, come fa un ragazzo sfrenato con i suoi simili! O Padre, Tu santo, eterno Amore, è proprio possibile ancora che Tu mi perdoni un tale sacrilegio?»

10. A questo punto il Signore toccò Mahal con un dito, e nello stesso istante il suo corpo mortale si dissolse in polvere e cenere; ma lo spirito trasfigurato di Mahal stava come uno splendente serafino accanto al Signore e lodò e glorificò con labbra immortali l’eterno Amore del Padre, il cui Amore è già nel Giudizio della stessa infinitissima pienezza come nella Pace dell’eterno Ordine.

 

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Cap. 357

Il primo incarico dell’angelo Mahal di proteggere l’arca

L’Asia centrale fu la regione principale del diluvio,.il lago d’Aral e il Mar Caspio ne sono i resti

Le nazioni del mondo colpite dalle acque del Diluvio

29 agosto 1844

1. Ma quando il Signore ebbe liberato Mahal dal suo corpo, il diluvio era già durato sette giorni, e l’acqua era salita con tanta rapidità che in questo tempo aveva già raggiunto il luogo dove Mahal con il Signore si trovava presso l’arca; e così fu anche adempiuta la predizione del Signore a Mahal, secondo la quale egli non sarebbe stato liberato dal suo corpo prima che l’acqua non avesse lambito i suoi piedi.

2. Ma quando il liberato Mahal ebbe reso onore al Signore, allora il Signore gli disse: «Dal momento che tu ora sei liberato, il tuo primo servizio di angelo consista nel fatto che tu guidi questo piccolo mondo sopra i flutti e che non lo abbandoni finché tutti i flutti non si siano ritirati ed Io non venga e non stenda l’arco della pace sopra la nuova Terra! Solo da quel momento in poi ti verrà assegnato un altro servizio! Sia la Mia Volontà eternamente la tua forza!»

3. E dette queste parole, il Signore scomparve nella Sua straordinaria personalità, e Mahal, similmente agli altri spiriti angelici, vide poi soltanto il Sole dei Cieli, nel quale il Signore dimora da eternità ad eternità nella Sua Luce inaccessibile.

4. E così dunque Mahal guidò fedelmente l’arca secondo la Volontà del Signore.

5. Però l’acqua saliva così tanto sulla Terra che il settimo giorno, dal tempo della liberazione di Mahal, già sollevò la cassa e cominciò a portarla. E allora Mahal guidò la cassa affinché essa non vacillasse per effetto dell’ondeggiare dell’acqua, bensì galleggiasse procedendo tranquilla come procede un cigno sul tranquillissimo specchio senza onde delle acque di un lago.

6. Sette giorni più tardi, l’acqua inondò di già le più alte montagne di questo cerchio della Terra fino a giungere sulle supreme montagne dell’Himalaya, montagne queste che dividevano il paese dei Sihiniti da tutto il resto dell’Asia.

7. E solamente questa montagna rimase emergente per quindici braccia al disopra del massimo livello dell’acqua, mentre tutte le altre montagne, per quanto altissime, furono del tutto sommerse dalle acque. Naturalmente, a seconda delle diverse dimensioni, alcune montagne più basse[45] rimasero sommerse per parecchie centinaia di klafter.

8. Ma come e da che parte trovarono sfogo le acque del diluvio? La parte principale del cataclisma fu l’Asia centrale, dove ancora oggi il lago di Aral e il Mar Caspio sono i resti di natura più memorabile, perché dove ora si trova il Mar Caspio, là sorgeva una volta l’immensa e superba Hanoch, e ancora oggigiorno sarebbe possibile trovare dei resti di questa città, ma certo ad una profondità di più di mille klafter (1900 m).

9. E al posto del lago di Aral si trovava allora quel lago con i suoi dintorni e con la sua isola del dio dell’acqua, che noi anche conosciamo bene; altrettanto il lago Baikal, ovvero ora il lago Balkasch, e il lago Tsany, sono similmente anch’essi dei monumenti che accolgono in sé i resti peccaminosi del tempo precedente al Diluvio.

10. Da questi punti principali si riversarono abbondantissimamente le acque verso la Siberia, come pure verso l’Europa, che però allora non era ancora popolata. Una parte irruppe verso il Sud inondando l’odierna India orientale e più violentemente ancora sull’Arabia; anche l’Africa settentrionale fu fortemente danneggiata fino all’altopiano, oltre il quale questo paese subì solo piccole inondazioni. L’America fu solo un po’ danneggiata nella regione settentrionale [partendo] dalla Siberia; il Meridione rimase invece del tutto libero dalle acque del diluvio come la maggior parte delle isole del grande Mare.

11. Il seguito lo sapremo successivamente.

 

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Cap. 358

Spiegazioni sul perché il diluvio fu un fenomeno a carattere locale, al centro dell’Asia centrale, ma non universale

Rispondenza e significato sulla Scrittura riguardo al diluvio

30 agosto 1844

1. Perché dunque è stato detto che il diluvio si riversò di qua e di là? La pioggia non cadde dunque su tutta la Terra? E il diluvio non fu dappertutto di uguale violenza?

2. Riguardo a ciò Io dico: «Il diluvio si riversò di qua e di là perché la pioggia non cadde su tutta la Terra, e perciò il diluvio non poteva essere di uguale violenza, e ciò per la ragione che non poteva piovere dappertutto, ed anche il diluvio non era necessario dappertutto.

3. Come avrebbe potuto piovere nelle freddissime regioni polari dove gela perfino l’aria? E a cosa sarebbe servita la pioggia di quaranta giorni in quelle regioni dove l’uomo non dimorava ancora e dove non c’erano che qualche o proprio nessun animale? Oppure, quale scopo avrebbe avuto la pioggia al disopra del mare mondiale? Forse a fare annegare i pesci? E infine, se le acque naturali del diluvio avessero raggiunto in ciascun punto della Terra un’altezza uguale di tremila klafter (5700 m), dove avrebbero poi dovuto scorrere e dove perdersi?”

4. Si potrebbe certo dire: “In parte sono evaporate e in parte sono state assorbite dalla terra!”

5. Ma se questo fosse bastato per fare diminuire simili acque nel corso di un anno, allora il mare mondiale sarebbe da lunghissimo tempo scomparso fino all’ultima goccia della Terra, dato che esso non rappresenta neanche la decimillesima parte di quella massa d’acqua se l’intera Terra avesse un innalzamento delle acque di quasi quattromila klafter (7600 m)!

6. Oltre a ciò, con l’evaporazione non va perduto nulla, perché l’acqua evaporata si raccoglie nuovamente nelle nubi e ricade sempre in uguale quantità sulla Terra. Lo stesso caso si verifica anche con l’acqua assorbita nei pori della Terra; essa si raccoglie negli appositi bacini e ritorna alla superficie terrestre in parte sotto forma di nebbia e in parte sotto forma di sorgenti periodiche.

7. Per questo motivo un simile diluvio di Noè che avesse raggiunto una simile altezza, uguale su tutta la superficie della Terra, sarebbe rimasto ancora oggi alla stessa altezza, così come il mare globale è lo stesso ancora fino a questo momento, com’era ai tempi di Adamo con poche variazioni locali.

8. Perciò il diluvio, nella sua deleteria comparsa, si verificò certamente soltanto là dove dimorava l’umanità maligna, e così esso ricoprì particolarmente l’Asia centrale ad un’altezza di quattromila klafter (7600 m) sopra il livello del mare, da dove poi si riversò molto in lungo e in largo da tutte le parti!

9. E se anche nella Scrittura è detto: “Su tutti i monti della Terra, all’infuori di ciò che portava l’arca, non rimase niente di vivo sul suolo terrestre!” [Genesi 7,20 e 7,23], questo non deve essere riferito letteralmente alla Terra naturale stessa, perché con la parola ‘monti’ è da intendersi solamente la superbia e la sete di potere da parte degli uomini. E che sulla Terra ‘non rimase nessuna vita’, all’infuori che nell’arca, significa semplicemente che il solo Noè aveva fedelissimamente conservato una vita spirituale in Dio e da Dio.

10. Chi considera bene tutto ciò, si renderà certamente conto del fatto che il diluvio di Noè fu certamente grande a livello locale, ma tuttavia per questo motivo non completamente universale, e ciò perché soltanto nell’Asia centrale furono gli uomini stessi, con la loro pazza temerarietà, a darne principalmente adito, cosa questa che nelle altre parti del mondo non fu il triste caso».

11. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 359

Ulteriori spiegazioni sul diluvio riguardo alla causa dell’enorme altezza raggiunta dall’acqua in quelle località

31 agosto 1844

1. Del resto, la parola “diluvio” significa già un riversarsi delle acque sulla Terra partendo da Hanoch, e assolutamente non delle comuni acque ferme sopra tutta la Terra.

2. Hanoch stessa con i suoi dintorni molto estesi copriva un distretto e una superficie fittamente popolata di quasi ottomila miglia quadrate (59.360 Km2); dunque era già di per sé un paese che sarebbe stato molto adatto e sufficientemente grande ad essere un regno considerevole nel tempo presente. Oltre a ciò, salvo poche eccezioni, essa dominava su tutta l’Asia e imperversava in ogni luogo.

3. E adesso facciamo venire sopra questa immensa superficie un cumulo d’acqua alto oltre tremila klafter (5700 m), ed esso si manifesterà fin dove potrà poi arrivare l’inondazione, e particolarmente se si può ammettere, come è stato dimostrato, che l’Asia centrale era il paese più alto della Terra e che in gran parte, verso sud-est, lo è ancora.

4. Certo qui si potrebbe obiettare e dire: ‘Bene, ma se il diluvio di Noè fu solo un grandioso cumulo locale di acque altissime, come mai poté per via naturale raggiungere un’altezza così terrificante senza prima riversarsi in tutte le direzioni defluendo in torrenti larghi centinaia di miglia?’

5. A questa dubbiosa obiezione valga la seguente correzione: in primo luogo, la regione sulla quale si riversò la pioggia per la durata di quaranta giorni si estendeva su tutta l’Asia, una grande parte dell’Europa, come pure l’Africa settentrionale, e quest’acqua già di per sé causò gravi inondazioni nelle valli; ma siccome in questi paesi stranieri non vennero ad aggiungersi le acque sotterranee, allora l’inondazione, ovvero il diluvio, non poté raggiungere in quei paesi l’altezza alla quale pervenne appunto in Asia, dove l’irruzione delle acque sotterranee diede il colpo decisivo principale.

6. Ma se qualcuno può accettare con certezza che, in secondo luogo, in Asia oltre alla pioggia fortissima si aggiunsero parecchie centinaia di migliaia delle più potenti sorgenti d’acqua, la minima delle quali portava alla superficie dieci milioni di piedi cubici (2.831.683 ettolitri) d’acqua in un minuto, allora si potrà ben comprendere come il diluvio di Noè abbia potuto arrivare in Asia ad una simile altezza, nonostante il generale, simultaneo e potentissimo deflusso.

7. Da lì le acque poterono poi certamente riversarsi verso tutte le parti del mondo con tremendissima violenza e dare luogo a quelle formazioni diluviane che ancora il tempo presente mostra abbondantissimamente dappertutto, le quali però non sono da confondersi con quelle formazioni che derivano dalle periodiche alternanze del mare.

8. Le tracce principali del diluvio noacita sono i detriti fluviali che si trovano in gran numero a discrete altezze, le ossa pietrificate di animali del periodo preanocita che compaiono qua e là nel terreno, come pure i giacimenti di lignite che si incontrano spesso, poi anche gli evidenti dilavamenti dei monti che ora si trovano là del tutto spogli. Ogni altra formazione va attribuita o alle alternanze del mare oppure a grandi eruzioni di fuoco locali.

9. Così dunque risulterebbe ora esposta l’essenza del diluvio noacita anche dal lato fisico, e così passeremo a fare ora qualche considerazione sulla durata e sulla fine dello stesso.

 

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Cap. 360

Spiegazioni sulla lunga durata della pioggia e sul deflusso delle acque

L’arca sul monte Ararat

 L’apertura del tetto e l’uscita del corvo e poi delle colombe

2 settembre 1844

1. Per quanto tempo durò dunque sulla Terra il diluvio alla stessa altezza senza diminuire?

2. Il diluvio durò alla stessa altezza, dunque la massima, per centocinquanta giorni interi.

3. Ma come fu possibile questo, dato che, secondo le prime indicazioni, aveva piovuto solo per quaranta giorni?

4. Ebbene, la pioggia torrenziale era certo cessata dopo i quaranta giorni, ma l’afflusso sempre più poderoso delle acque dal basso verso l’alto si protrasse invece per centocinquanta giorni e mantenne l’altezza delle acque costantemente uguale.

5. Solo al centocinquantesimo giorno il Signore rivolse nuovamente la Sua faccia verso la Terra, e allora le sorgenti delle profondità furono chiuse e le otri d’acqua dell’etere furono completamente tappate, poiché fino al centocinquantesimo giorno aveva sempre piovuto localmente come ora cade sulla Terra un acquazzone quando imperversa la burrasca.

6. Dopo questo tempo le acque cominciarono a defluire, e al diciassettesimo giorno del settimo mese (17 luglio) l’arca trovò il fondo e si posò sulla cima molto spaziosa del monte Ararat, dove era stata guidata dallo spirito di Mahal attraverso la Forza del Signore

7. Ma poi le acque cominciarono ad abbassarsi in modo evidente fino al decimo mese (ottobre), e da quel tempo in poi, l’essenza di tutte le montagne, perfino quelle alte solo settanta klafter (133 m), fu fuori dall’acqua, la quale copriva ormai ancora solo le valli e le colline più basse.

8. Quaranta giorni più tardi, dunque il dieci novembre, Noè aprì per la prima volta la finestra sul tetto dell’arca e fece volare via un corvo. Questi però trovò già il suo terreno, volò da un luogo all’altro e non fece più ritorno all’arca.

9. E visto che il corvo non tornava, Noè fece volare via quanto prima una colomba per poter sapere se l’acqua si fosse abbassata sulla Terra.

10. Ma siccome tutto sulla Terra era ancora deserto e umido, e nelle valli i poderosi torrenti d’acqua erano ancora impetuosi nel defluire, allora la colomba, non trovando alcun posto per posare le sue zampe, ritornò indietro e si posò sulla mano che Noè le tendeva fuori dalla finestra e così Noè la fece rientrare nella cassa.

11. Da allora Noè attese ancora sette giorni, e l’ottavo giorno egli fece volare di nuovo via una colomba; questa fu di ritorno soltanto la sera, recando nel becco una fogliolina che essa aveva colto da un olivo, e questo fu per Noè il segno che l’acqua si era abbassata sulla Terra.

12. Infatti questo era l’unico modo concessogli per venire a conoscenza di ciò, dato che segretamente il Signore gli aveva consigliato di fare così nel suo cuore.

13. Trascorsi altri sette giorni, Noè fece di nuovo volare via una colomba; questa però non fece ritorno dato che trovò già il suo nutrimento sul suolo terrestre, che ora era asciutto e di nuovo verdeggiante.

14. Ma Noè tuttavia aspettò da quel giorno fino al primo mese dell’anno nuovo, periodo in cui egli si sarebbe trovato nel suo seicentunesimo anno di età.

15. In questo periodo le acque erano già defluite in grandissima parte nei grandi mari fino ad uno stato normale sulla Terra, e il terreno si era fatto asciutto per effetto del continuo spirare del vento caldo di Mezzogiorno.

16. Allora Noè, assieme ai suoi figli, si mise all’opera il primo di gennaio, e alzò il tetto della cassa, e poi per la prima volta guardo giù dall’alto Ararat verso la Terra rinnovata, e non vide più nessuna acqua e il terreno perfettamente asciutto.

17. Egli però attese tuttavia fino al ventisette febbraio la Parola del Signore.

18. Allora il Signore venne da Noè e, come sta scritto nel primo libro di Mosè al capitolo ottavo, gli disse di uscire dall’arca.

19. E Noè aprì immediatamente la grande porta, e tutti gli animali, volando, camminando e strisciando, uscirono dalla cassa e andarono in cerca delle loro dimore sulla Terra rinnovata; e il Signore ebbe cura che tutti trovassero subito nuovamente il loro cibo.

20. E così Noè era vissuto nell’arca con i suoi, per un anno e dieci giorni.

21. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 361

Il sacrificio di Noè e la benedizione del Signore

Il ‘patto’ con i nuovi uomini

3 settembre 1844

1. E quando Noè e tutto ciò che aveva vita fu uscito dalla cassa, egli assieme ai suoi figli eresse un altare di pietre lisce, fece portare la legna tratta dal tetto levato dall’arca, macellò un elemento maschio da ogni specie di animali puri e offrì un grande sacrificio di fuoco al Signore e, in unione a tutta la sua casa, rese completamente lode e gloria a Dio, il Signore.

2. Il Signore odorò il soave profumo del sacrificio, che era l’amore di Noè e dei suoi a Dio, e perciò disse anche a Noè, dentro e fuori dal Suo Cuore: «Io, d’ora innanzi, non maledirò più la Terra a causa degli uomini, poiché tutti gli sforzi del cuore umano sono maligni fin dalla fanciullezza! E così d’ora innanzi non percuoterò più tutto ciò che vive come ho fatto ora; e finché la Terra sarà Terra, non cesseranno semente e raccolto, freddo e caldo, estate ed inverno, giorno e notte!»

3. Dopo di che il Signore pose la Sua mano destra sul capo di Noè e benedisse lui e, di conseguenza, tutta la sua famiglia.

4. E quando il Signore ebbe così benedetto Noè, gli disse nuovamente: «Siate fecondi e moltiplicatevi, e riempite tutta la Terra, tanto con la vostra stirpe quanto con il vostro spirito!

5. E il vostro essere sia di timore e di spavento per tutti gli animali della Terra, per tutti gli uccelli che ci sono sotto il cielo e per tutto ciò che striscia sul suolo della Terra; e così anche tutti i pesci siano messi nelle vostre mani!

6. Tutto ciò che si muove e vive sulla Terra sia vostro cibo; Io lo do a voi, come le verdi erbe. Ma solo la carne che ancora si muove nel suo sangue, questa non mangiatela, (perché il sangue, tanto negli animali quanto negli uomini, è il portatore della Mia ira e della Mia vendetta); perciò Io Mi vendicherò di ogni sangue dell’uomo, come del sangue degli animali (perché nel sangue c’è la morte).

7. E così anche ciascuna vita corporale di uomo Io voglio vendicarla a causa dell’uomo! Per questo, solo Io sono il Signore, e nessuno deve versare il sangue dell’uomo! Chi lo verserà, avrà pure lui il suo sangue versato!

8. Io ho creato l’uomo a Mia simmetria, ma venne il peccato dal suo sangue, perciò nel sangue c’è pure la morte; e la Mia ira e la Mia vendetta vennero nel sangue, e così ogni sangue sarà continuamente vendicato con la morte del corpo!

9. Gli animali Io li ho posti nella tua mano affinché l’anima dell’uomo sia perfetta; ma l’uomo resta nella Mia mano affinché il suo spirito non si rovini. Perciò siate fecondi e moltiplicatevi sulla Terra!

10. Io stringo un patto con voi, e così anche con tutti i vostri discendenti! E per amor vostro Io faccio questo anche con tutti gli animali presso di voi; in tutti gli uccelli, in tutto il bestiame e in tutti gli animali della Terra, e in tutti quegli animali che sono usciti con voi dall’arca si renderà evidente questo patto, affinché la vostra anima sia perfetta, allora Io in futuro non farò più venire sopra la Terra un simile diluvio, poiché la Terra è ora purificata e la carne peccaminosa è estirpata!

11. Perciò moltiplicatevi nuovamente sopra la Terra; Io dunque ho posto ogni cosa nelle vostre mani affinché la vostra anima resti perfetta, e il vostro spirito non si rovini più nella Mia mano!»

 

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Cap. 362

Il segno visibile della nuova alleanza: l’arcobaleno

Il paese di Yerevan per Noè e per i suoi familiari

La città “Salem” in Canaan abitata da “Melchisedek”

L’istituzione della decima

4 settembre 1844

1. E il Signore continuò a parlare con Noè: «Vedi, così Io ora ho stretto un patto con voi, secondo cui in futuro un tale diluvio non verrà più sulla Terra a rovinare ogni carne sul suolo terrestre!

2. Io però voglio darti anche un segno visibile a ricordo perpetuo di questo patto stretto da Me con voi! Ma il segno del patto che Io ho stretto tra Me e voi e tutti gli animali viventi che sono con voi, d’ora innanzi e in eterno è questo:

3. “Io ho posto il Mio arco nelle nuvole, esso sarà posto quale segno di questo patto tra Me e la Terra, e quando avverrà che Io condurrò le nuvole sopra alla Terra, si dovrà scorgere questo Mio arco nelle nuvole!

4. E allora Io Mi ricorderò di questo Mio patto tra Me e voi e tutti gli animali viventi in ogni specie di carne, affinché in futuro non debba più venire un diluvio (causato) dai peccati e si guasti tutta la carne!

5. Il Mio arco perciò sarà nelle nuvole, in modo che Io lo guarderò e poi Mi ricorderò di questo Mio patto eterno tra Me e tutte le creature sulla Terra!                        

6. Ed Io, tuo Dio e Signore, dico a te, Noè: questo sia il vero segno del patto che Io ora ho rinforzato tra Me e tutta la carne sulla Terra”»

7. Dopo questo discorso del patto, il Signore condusse Noè in una regione molto fertile, e precisamente in quella stessa che oggi si chiama Yerevan[46].

8. Quando Noè vi fu arrivato, se ne meravigliò, perché nel terzo mese del nuovo anno si trovava qui in un completo Eden, colmo di frutta di ogni specie già pienamente matura.

9. Il Signore benedisse tre volte questo magnifico paese e lo diede in assoluta proprietà a Noè e ai suoi figli.

10. E Noè esaltò e glorificò completamente Dio e parlò al Signore: «O Signore, qual è il servizio che Tu mi chiedi ora, che Ti sarà reso in eterno da tutto il seme proveniente da me?»

11. E il Signore parlò: «Tu sai ciò che Io dissi ad Enoch! Vedi, lo stesso ordine sia sempre il tuo, e quindi rimani continuamente in esso, poiché in eterno Io non chiedo altro agli uomini se non che essi Mi amino sopra ogni cosa quale loro Dio, Signore e Padre! Questo Io ho chiesto ad Enoch, e questo Io lo chiedo anche a te e a tutto il tuo seme.

12. Ora però voglio rivelarti ancora una cosa: vedi, dato che adesso trovo compiacimento su questa Terra, allora Io voglio erigere su questa Terra una dimora per Me quale vero Principe dei principi, Signore dei signori e Re dei re! Non lontano da qui Io Mi edificherò una città e dimorerò nella stessa fino al grande Tempo dei tempi, quando Io stesso camminerò nella carne tra i Miei giusti figli!

13. Dunque, ora sarà la Terra il luogo dove si poseranno e cammineranno i Miei piedi!

14. Quando Io andai dai tuoi padri, divenni nuovamente invisibile; tu invece Mi dovrai ora vedere partire da qui sui Miei piedi sopra il suolo della Terra come un uomo, e salire in direzione della Sera in un paese che si dovrà chiamare Canaan (paese benedetto).

15. Tu vi potrai giungere in diciassette giornate di cammino! Là Io Mi edificherò una città; questa dovrete chiamarla “Salem”, tu e tutti i tuoi successori! Il Mio Nome però, quale il Principe dei principi, il Signore dei signori, il Re dei re sarà “Melchisedek”, un anziano (sacerdote) dall’eternità!

16. Tu sei libero, ma i tuoi discendenti dovranno darMi la decima parte di ogni cosa; coloro che si rifiuteranno saranno scacciati dalla Mia vicinanza! Amen!»

17. A questo punto il Signore, visibile, partì salendo in direzione della Sera; Noè adorò il Signore finché Lo poté vedere.

18. Quello che accadde poi, lo vedremo in seguito!

 

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Cap. 363

L’insediamento di Noè

Le istruzioni per coltivare i campi, i cereali e la vite

L’effetto del vino su Noè

La maledizione su Canaan, e il ripudio di Cam e della sua famiglia

5 settembre 1844

1. Dopo qualche tempo Noè si guardò attorno nei paraggi per trovare legname buono e resistente per costruirsi una capanna in cui abitare; sennonché non riuscì a trovare che poco o nulla del tutto, perché il diluvio aveva seppellito tutti i boschi sotto la sabbia per parecchi klafter di profondità, oppure – e ciò era avvenuto particolarmente sulle montagne – li aveva del tutto spazzati via e sepolti nelle valli tra il fango e i detriti.

2. Perciò Noè pregò il Signore affinché Egli gli indicasse dove avrebbe potuto trovare del legname col quale potersi costruire una capanna.

3. E subito comparve un messaggero proveniente dal paese verso il quale si era avviato il Signore, ed egli condusse Noè in un luogo dove si trovava un bel bosco e gli disse: «Vedi, Noè, questo bosco il Signore lo ha conservato sotto l’acqua per te! Perciò tu ti devi insediare qui nelle vicinanze di questo bosco, e qui costruirti una capanna secondo i tuoi bisogni! E dovrai anche stabilire qui dei campi per coltivarli e seminarvi le varie specie di cereali che hai portato qui nella cassa!

4. E vedi, qui ai tuoi piedi c’è una pianta cespugliosa: questa è la vite! Piantane i rami nella terra in maniera regolare; concimali e ricoprili accuratamente, ed essi ti daranno dei grappoli dolcissimi, pieni del migliore succo!

5. Questi grappoli poi tu li spremerai dentro un buon vaso che dovrà essere chiuso! Poi lascerai che il succo fermenti bene dentro al vaso, e quando esso sarà puro, allora bevine moderatamente, e con ciò tu sarai ristorato e diverrai molto allegro e lieto! Così vuole il Signore; fa come ti ho detto, e tu sarai molto lieto ed allegro per tutta la tua vita!»

6. Dopo queste parole, il messaggero lasciò Noè, e Noè mise subito in esecuzione ogni cosa assieme ai suoi figli, che si chiamavano Sem, Cam e Jafet; e così, sette anni dopo il diluvio, Noè aveva una buona e solida capanna in cui abitare e molti campi, prati e un vigneto davvero bello che però, secondo la Volontà del Signore, cominciò a dare frutto soltanto dopo dieci anni.

7. E venuto questo tempo, Noè raccolse i grappoli e li spremette in un grosso vaso di legno di cedro, lasciò così che il succo fermentasse bene, e quando il succo divenne puro, allora egli lo gustò e lo trovò estremamente delizioso al punto che egli se ne prese un’abbondante quantità.

8. Ma siccome non conosceva gli effetti di quel succo, avvenne che egli si prese una forte sbornia e cadde in un sonno profondo. Ma siccome il vino gli produceva molto calore nel corpo, allora egli si spogliò e giacque del tutto nudo sul verde prato sotto un fico ombroso, intorno al quale era costruita una dimora non provvista di tetto.

9. E quando Cam, il padre di Canaan (Canaan era nato nel secondo anno dopo il diluvio) entrò nella capanna aperta condottovi da Canaan, e vide le vergogne di Noè, allora egli se ne ritornò fuori dai fratelli e raccontò loro la cosa.

10. Invece Sem e Jafet presero un mantello, lo posero sulle loro spalle e, camminando a ritroso, entrarono nella capanna dal padre Noè e coprirono le vergogne del loro padre, con la loro faccia rivolta da un’altra parte, cosicché essi non videro le vergogne del loro padre.

11. Ma quando Noè si fu destato dallo stordimento del vino ed ebbe poi appreso quello che gli aveva fatto Cam e il piccolo figlio, allora egli disse a Cam: «Maledetto sia per questo tuo figlio Canaan; che egli rimanga per tutti i tempi dei tempi un servo dei servi e sia il minimo tra i fratelli, perché egli per primo ti ha rivelato le mie vergogne!»

12. Dopo di che egli si rivolse ai due altri suoi figli e disse: «Lodato sia Dio, ed Egli estenda la discendenza di Sem! Canaan rimanga servo di questi! Nello stesso modo estenda Dio pure Jafet e lo faccia dimorare nelle capanne di Sem; Canaan però resti suo servo!»

13. Egli poi benedisse Sem e Jafet; invece Cam lo cacciò fuori dalla capanna assieme alla moglie e ai figli.

 

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Cap. 364

Le parole di Noè sul falso pentimento di Cam

Sem cerca di far ragionare Cam, ma costui si trasferisce in un paese vicino a Salem

La nobile vendetta di Cam: “Benedire coloro che lo hanno maledetto”, così viene premiato dal Signore

6 settembre 1844

1. Allora Cam si rese perfettamente conto di aver agito ingiustamente e molto senza amore nei confronti di suo padre e ne fu molto pentito.

2. I suoi due fratelli, benedetti, si accorsero di ciò e andarono da Noè e gli riferirono come Cam si era pentito del suo peccato contro di lui.

3. Noè disse: «Ascoltate, voi diletti figli miei, io certo vedo piangere Cam, ma egli non piange per il mio cuore paterno, bensì piange a causa della sua servitù! Nello stesso modo egli deplora certamente il suo sacrilegio contro di me, perché a causa di questo egli è caduto nella servitù, ma con ciò egli non deplora affatto il suo peccato di aver ferito il mio cuore paterno! E allora, che egli rimanga un servitore, dato che non sa come il vivente cuore di suo padre stia più in alto della sua servitù! Andate e riferitegli questo!»

4. E Sem e Jafet lo riferirono subito a Cam.

5. Costui però disse: «In verità, fratelli, se Noè avesse un cuore vivente, egli non mi avrebbe mai maledetto dannandomi così all’eterna servitù, ma siccome lui non porta nel suo petto un vivente cuore paterno, allora ha fatto così!»

6. Allora Sem disse: «Davvero, tu fai un grave torto a nostro padre, perché in questo modo parla solo l’egoismo fuori da te! Il cuore si lascia trovare di nuovo solo con il cuore, per vedere se un cuore c’è o non c’è!

7. Se tu avessi un cuore per il padre, allora troveresti anche il suo cuore, ma siccome tu non hai cuore per il padre, allora tu non puoi trovarlo nel padre, e ora è comprensibile perché il padre non trovi in te niente che appartenga al suo cuore!»

8. Queste parole istruttive infastidirono Cam, tanto che egli prese sua moglie e i suoi figli ed alcune mucche, buoi e pecore, e se ne partì salendo verso la regione delle attuali Sidone e Tiro, e diede al paese il nome di suo figlio e disse:

9. «Ora, nel Nome del Signore, che ha benedetto anche me, io voglio certo vedere come, dove e quando diventerò un servitore dei miei due fratelli!

10. In verità, mi fece molto male la maledizione di Noè, mio padre, quantunque io l’abbia ben meritata! Ma anche perciò io voglio vendicarmi di mio padre e dei miei fratelli, ma non attraverso il male – no, questo sia lontano – bensì voglio attuare la mia vendetta tramite la benedizione!

11. Io voglio benedire coloro che mi hanno maledetto; e questa benedizione dovrà diventare come dei carboni ardenti sui loro capi e dovrà far ardere i loro cuori! E così il paese di mio figlio non si chiamerà mai il paese della maledizione e della servitù, bensì il paese della magnificenza e della benedizione!

12. E così la mia stirpe non dovrà mai arrivare al punto di cercare servizio nelle capanne dei discendenti dei miei fratelli, ma certamente essi verranno e, in questo paese benedetto, cercheranno e prenderanno dimora nella mia città! Amen!»

13. Allora giunse un messaggero da Salem e disse a Cam: «Questo paese appartiene a Salem; chi vi vuole dimorare, deve dare al Re dei re di Salem la decima parte di ogni cosa!»

14. Cam disse: «Signore, tutto ciò che io possiedo è qui; prendilo, poiché è certo Tuo dall’eternità!»

15. E il messaggero disse: «Poiché questa è la tua volontà, allora questo paese sia benedetto per i figli del Signore, e tu sii il loro fedele servitore!»

16. Questo piacque molto a Cam, ed egli diede subito la decima parte di ogni cosa; uttavia non comprese che il messaggero aveva designato i discendenti di Jafet quali i figli del Signore.

17. E così i Camiti e i Canaaniti vissero indisturbati in questo paese fino ai tempi di Abramo, avendo Cam benedetto coloro che avevano scagliato la maledizione contro di lui.

 

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Cap. 365

Un messaggero da Salem preannuncia il futuro della famiglia di Noè fino ad Abramo

7 settembre 1844

1. I figli di Cam si moltiplicarono molto già nel tempo in cui Noè era in vita. Infatti Noè visse ancora trecentocinquanta anni dopo il diluvio, e la sua età complessiva fu di novecentocinquant’anni.

2. Cam aveva un figlio chiamato Cus, e costui generò il potente cacciatore Nimrod, il fondatore della città di Babele. Costui era un gigante ed era alto dodici piedi (3,8 m), ed era il più grande tra i figli di Cus i quali erano tutti di statura gigantesca.

3. Ma poiché Nimrod divenne molto potente al cospetto degli uomini e nello stesso tempo era anche molto pio, tanto che veniva chiamato “il cacciatore di Dio”, allora Cam, che era ancora in vita ed in buono stato, andava pensando così: ‘Chi altri mai saranno i figli di Dio, se non i figli di Cus, e Canaan li servirà?’

4. Allora a Cam andò nuovamente un messaggero da Salem e gli disse: «Perché diventi vanitoso a causa di Nimrod? Vedi, non con te, bensì con Sem e Jafet il Signore vuole generare i Suoi figli, e questi verranno dalla stirpe di Sem e dalle figlie di Jafet! Perciò i figli di Dio saranno provenienti da Sem e verranno da Jafet!»

5. Quando Cam ebbe udito ciò, ne rimase turbato, perché egli scorse ora l’effetto della maledizione di Noè su di lui.

6. Ma il messaggero disse a Cam: «Il Signore di Salem non è come un uomo che maledirebbe qualcuno subito; dunque, il fatto che i figli di Dio non giungeranno da te non dipende dalla maledizione, bensì unicamente dall’Ordine divino!

7. Infatti, anche se tu non fossi stato maledetto da Noè in Canaan, comunque i figli di Dio non verrebbero al mondo tramite te, perché tu non sei il primogenito! Sem invece è il primogenito, e Jafet è l’ultimo generato prima del diluvio; quindi la signoria rimane presso Sem, mentre Jafet, essendo il più giovane, la darà alle figlie.

8. Tu però sei il servitore di tutti secondo l’Ordine del Signore, e così per questo motivo tu sei anche il più vicino al Signore, che non i tuoi fratelli! E perciò il Signore contrassegna la tua stirpe con la forza, il numero, la sapienza e la purezza virile, e ti concede di dimorare per primo nel paese nel quale Egli condurrà i Suoi figli solo più tardi!

9. Tu però non credere che tutti i discendenti di Sem e di Jafet saranno chiamati figli di Dio; oh, no affatto! Vedi, io possiedo il registro della stirpe di Sem e voglio rivelarti questo registro, e tu alla fine vedrai quando e per mezzo di chi verranno prodigiosamente al mondo i figli di Dio! E dunque ascolta!

10. Sem ha generato Arfacsad due anni dopo il diluvio, come tu hai generato Canaan; tu però avevi già generato i gemelli Cus e Misraim il primo anno, e il secondo anno hai generato Put e Canaan, ed hai voluto con ciò distinguerti dai tuoi fratelli.

11. E vedi, questa non fu una cosa perfetta davanti al Signore! Perciò il Signore si rivolse a Sem e a Jafet, essendo essi gli ultimi, e a Sem diede Arfacsad solo quando tu avesti il quarto figlio, e lo benedì già nel grembo materno!

12. Ad Arfacsad Egli diede Sala; a Sala Eber; a Eber Pelec; a Pelec Regu, che è nato oggi; a Regu però Egli darà Serug; a questi Egli darà Nahor; a questi darà Tara; solo da costui nascerà Abramo e i suoi fratelli Nahor e Haran!

13. E vedi, solo Abramo sarà chiamato ad essere il vero e proprio padre dei figli di Dio!

14. Però anche tu stesso, come Noè, vedrai Abramo, e a cominciare da Noè tutte le generazioni viventi lo benediranno, e tu pure non gli farai mancare la tua benedizione!

15. Ormai sono trascorsi centotrentun’anni dopo il diluvio, ed Abramo nascerà nel duecentoventinovesimo anno dopo il diluvio; così tu, assieme a Noè che vivrà ancora duecentodiciannove anni da ora e in totale trecentocinquant’anni dopo il diluvio, conoscerai benissimo il padre dei figli di Dio, dato che tu, da oggi, avrai ancora più di trecento anni da vivere!

16. Vedi, così ha disposto il Signore, e questo è tutto buono; perciò fa in modo che questo ti piaccia, così tu, presso Dio, avrai in eterno la parte uguale! Amen!»

17. Dopo ciò il messaggero lasciò di nuovo Cam, che viveva a Zidon (Sidone, oggigiorno Saida). Cam fu contento di questa notizia ed abbandonò completamente il suo egoismo a causa della potenza dei suoi discendenti.

18. E questo fu il governo della Mia Casa fino ad Abramo, del cui governo è stata fatta menzione e disposizione all’inizio di quest’Opera!

19. Certamente sarebbe ancora da mostrare molto (riguardo agli avvenimenti verificatisi) da Noè fino ad Abramo; dato però che a tale riguardo molte cose sono già state esposte più dettagliatamente da Mosè (nei suoi cinque libri) e dato che ciascuno che sia versato nella scienza delle rispondenze può trovare là ogni minima cosa. Allora sia con ciò chiusa quest’Opera comunque molto estesa!

20. Beato colui che porrà dentro al fondamento della sua vita la Legge illuminante dell’Amore, perché poi vi troverà anche la vera, eterna vita!

21. Chi però leggerà questo libro solo come un altro libro di storia fiabesco, costui otterrà un raccolto molto magro per il suo spirito!

22. Chi invece deriderà e perseguiterà quest’Opera, costui non sfuggirà alla sicura morte temporale ed eterna, poiché Io lo afferrerò all’improvviso quando egli meno se lo aspetterà!

23. Ma per quanto riguarda la pubblicazione di quest’Opera, al tempo opportuno sarà mandata la Mia indicazione all’uno o all’altro di coloro che già all’inizio ne furono resi partecipi per la rivivificazione del loro spirito.

24. Sia dunque con ciò offerta a tutti voi, Miei amati amici e figli, la Mia ricchissima Benedizione, il Mio Amore paterno e la Mia pienissima Grazia! Procedete fedeli e coraggiosamente su questa via della Vita, ed Io, Signore e Padre e Dio di tutti voi, vi condurrò per Mia mano nella Mia Casa, e a nessuno verrà torto nemmeno un capello! Amen! Amen! Amen!

 

- FINE -

 

 

(il luogo del monte Ararat in Turchia)

 

Indice – vol. 3

 

Cap. 1

Purista quale consigliera del Signore – La preghiera dell’uomo, come richiesta, è una specie di devoto consiglio a Dio – La Grazia e l’Amore del Padre per i Suoi figli

27.03.1843

Cap. 2

Il Signore con Purista, Ghemela, Pura e Naeme nella capanna di Purista – Retrospezione sulle supposizioni dei curiosi rimasti fuori espresse a Enoch – Rispondenza spirituale sugli avvenimenti

28.03.1843

Cap. 3

Lo sbalordimento degli uomini – Le chiacchiere e i sospetti delle donne invidiose sulle quattro prescelte

Il buon parere di Aora

29.03.1843

Cap. 4

Il colloquio dell’afflitta Mira con Enoch

30.03.1843

Cap. 5

Mira entra nella capanna ma rimane delusa dalle parole del Signore

Il perché della sua prova, poi la sua umilizione e l’accoglienza del Padre

31.03.1843

Cap. 6

L’ardentissimo impeto d’amore di Mira la rende esamine – Il Signore, commosso, sparisce per non recarle danno – Disposizioni a Purista sul modo di preparare la mensa

1.04.1843

Cap. 7

L’inutile invito di Mira ai padri a prendere parte alla colazione nella capanna rimane infruttuoso

L’esortazione del Signore all’umiltà – Un rinnovato invito ai padri è coronato da successo

3.04.1843

Cap. 8

La colazione nella capanna di Purista

 Il Patto d’amore con i figli della Terra e la comunione visibile tra Cielo e Terra

4.04.1843

Cap. 9

L’apparizione di Abele, di Sehel e Zuriel grazie alla vista interiore aperta – Conversazione con gli spiriti

5.04.1843

Cap. 10

Le domande di Ghemela sulla vita nell’aldiquà e nell’aldilà

La risposta dello spirito Zuriel: la vera morte è separarsi dal Signore

6.04.1843

Cap. 11

L’appassionato rendimento di grazie di Ghemela – Una promessa del Signore a Ghemela quale futura madre di Noè, e a Pura quale futura madre di Gesù – Pura trapassa dalla Terra con la carne spiritualizzata

7.04.1843

Cap. 12

Le scuse di Adamo e la sua ingenua preghiera al Signore di ritirare il rimprovero

Il Signore sa esattamente come trasformare le Sue creature in veri figli Suoi

8.04.1843

Cap. 13

Adamo invoca il perdono – Significative parole del Signore sull’uomo quale cieco creatore del proprio giudizio essendo pietra terminale della Creazione

10.04.1843

Cap. 14

Uranion domanda al Signore se Egli può essere offeso dagli uomini – La risposta affermativa del Signore

11.04.1843

Cap. 15

L’intimazione a Satana sotto l’aspetto di drago di comparire alla presenza di Chisehel, di Enoch e di Lamech – Le sue sfrontate parole e la volontà di crocifiggere in futuro il Signore

12.04.1843

Cap. 16

Lo zelo vendicatore di Chisehel – Satana si rifiuta di rispondere e vorrebbe aggredire

La punizione tramite Chisehel – Il drago trasformato in uomo

13.04.1843

Cap. 17

Satana, il primo essere femminile creato, confessa le sue menzogne e riconosce l’ostinazione della sua malignità

14.04.1843

Cap. 18

L’eterna punizione di Satana: una menzogna! – La perfetta bellezza femminile della figura primordiale di Satana – Satana fu creata da Dio per essere una Sua cara figlia e sposa

La proroga concessa fino al Sacrificio sulla croce

45.04.1843

Cap. 19

I timori di Chisehel vorrebbero dissuadere il Signore dalla Sua Misericordia

Il rimprovero meritato a Chisehel – Un’ultima esortazione a Satana per il suo ritorno

18.04.1843

Cap. 20

La preghiera pretestuosa di Satana rivolta al Signore per riavere un cuore tale da poterLo amare

19.04.1843

Cap. 21

Chiarimenti del Signore alle falsità di Satana, che ribadisce ulteriori sforzi futuri per riconquistarla

La natura di Satana attraverso i corpi di Adamo e di Eva, e del serpente ingannatore

20.04.1843

Cap. 22

Ulteriori egoistiche e arroganti accuse di Satana – La tristezza del Signore per l’ostinazione di tale creatura

22.04.1843

Cap. 23

Il desiderio di Satana di essere convertita in un uomo

Il Signore gli mette a fianco una pura donna del Sole, quale profezia

24.04.1843

Cap. 24

Spiegazioni sulla costituzione di Satana, di Adamo, di Eva e sul serpente tentatore

25.04.1843

Cap. 25

La domanda di Lamech: “Com’è possibile che Satana, pur essendo creata da Dio, sia tanto malvagia?”

La difficile risposta del Signore con una similitudine

26.04.1843

Cap. 26

Le stolte idee di Chisehel sull’accoppiamento sessuale con Satana – Sul mantenimento della vita del primo spirito creato, e sulle sue creazioni secondarie – L’esempio di innumerevoli esseri umani creati all’istante

27.04.1843

Cap. 27

Nella Sua essenza divina il Signore è Uomo e Donna –  La parte maschile in Dio è l’Amore, la forza e il vigore – La parte femminile in Dio è la luce della Sapienza derivata dall’more

Lucifero creato da un Raggio di grazia

28.04.1843

Cap. 28

Il comandamento per eccellenza è l’amore

Consigli e divieti per i successivi rapporti con gli uomini e le donne della pianura

29.04.1843

Cap. 29

Mutaele dubbioso sulla natura della donna – Le differenze sostanziali spirituali riguardo l’essenza dell’uomo e della donna – La donna reintegrata al livello dell’uomo

2.05.1843

Cap. 30

I padri sorpresi ed amareggiati dalla risposta del Signore riguardo alle donne

Significato dell’essere dall’Alto o dal basso

3.05.1843

Cap. 31

Kenan vorrebbe maggior luce riguardo la visione della decima colonna

Il saggio consiglio del Signore è di attendere, sforzandosi di amare per ottenere maggiore luce

4.05.1843

Cap. 32

L’astuto piano di Satana di sedurre gli uomini mediante la bellezza delle donne

La Voce dall’alto – La delegazione di Horadal presso Adamo ed Enoch

5.05.1843

Cap. 33

Vari incarichi di Enoch ispirato da Dio, da svolgere presso il re Lamec – Partenza per la città di Hanoch

8.05.1843

Cap. 34

Viaggio verso la città di Hanoch – Lamech sbalordito dai sontuosi edifici della città, viene ripreso da Enoch

9.05.1843

Cap. 35

Enoch incontra il re Lamec che gli s’inchina fino a terra

Insegnamento sui pericoli che derivano dai tributi d’onore e simili

10.05.1843

Cap. 36

Lamec, nel correre incontro ai suoi, sorpassa Enoch

Il triplice significato profetico di questo atto di Enoch – Sui profeti e sulle profezie agli uomini

11.05.1843

Cap. 37

La gioia del re Lamec lo spinge a promettere qualsiasi cosa al Signore

L’ammonimento di Enoch a guardarsi dalle promesse precipitose

 

Cap. 38

La gioia del rivedersi tra il re Lamec e i suoi familiari

Differenza tra la grande gratitudine degli uomini della pianura rispetto a quella lieve degli uomini dell’altura

12.05.1843

Cap. 39

L’ingresso nella città di Hanoch – La venerazione dei luoghi sacri concessa temporaneamente

 L’ingresso nel palazzo di Lamec

16.05.1843

Cap. 40

Alla corte del re – I preparativi per il banchetto di gioia –  Il proclama del re di trasformare tutte le armi in attrezzi da lavoro – L’amore sia la santa arma! – Una promessa al re

16.05.1843

Cap. 41

Enoch e Lamec sul giusto ordine gerarchico tra gli uomini

18.05.1843

Cap. 42

La preparazione del secondo tavolo nella sala del trono – Il discorso dello sconosciuto alla seconda tavola

19.05.1843

Cap. 43

Lo stupore di re Lamec per le parole dell’ospite sconosciuto

Il discorso dello Sconosciuto sul doppio nutrimento, per il corpo e per lo spirito

19.05.1843

Cap. 44

Sul significato della Parola dal cuore – Il satollamento del corpo, dell’anima e dello spirito

La noia è la fame dell’anima, e la brama di conoscenza è la fame dello spirito

Dio è il principale ed eterno saziamento per lo spirito dell’uomo

22.05.1843

Cap. 45

La domanda dei critici sulla funzione della Parola – La risposta dell’oratore

23.05.1843

Cap. 46

Il saggio discorso dell’oratore principale sul linguaggio interiore dello spirito e su quello esteriore della bocca

23.05.1843

Cap. 47

Sulla differenza tra la fede forzata e non libera di chi contempla Dio con i propri occhi e la fede libera che deriva dal professare Dio nel proprio cuore attraverso un vivo amore per Lui

27.05.1843

Cap. 48

L’umiliazione del critico ingannatore bramoso di curiosità

L’idoneità della parola orale è soprattutto per mentire

29.05.1843

Cap. 49

Il re Lamec ed Enoch e la rispondenza interiore del tempio –  L’invito del re alla consacrazione del tempio

30.05.1843

Cap. 50

Il discorso del Sapiente sullo scopo della consacrazione del tempio – L’invito rivolto a tutto il popolo

31.05.1843

Cap. 51

Enoch e il re lamec discutono sulla verità

Sull’obbedienza, il vero frutto dell’umiltà, e sul procedere secondo l’ordine suggerito dal cuore

1.06.1843

Cap. 52

La ressa del popolo sul monte e l’imbarazzo di Lamec per l’imminente tramonto del Sole

Il consiglio del Sapiente sulla vera consacrazione del tempio

2.06.1843

Cap. 53

La consacrazione del tempio tramite il fervente amore del re Lamec per i propri fratelli e sorelle

Una nuvola a forma di cuore splendente al di sopra del tempio

9.06.1843

Cap. 54

L’umile confessione del re Lamec e il suo timore di entrare nel tempio

L’Uomo sapiente lo consola convincendolo ad entrare

10.06.1843

Cap. 55

Il significato simbolico delle apparizioni sul tempio – Il compiacimento di Dio nella povertà

12.06.1843

Cap. 56

L’errata comprensione di Lamec riguardo al cuore subliminale sul tempio – Come e dove cercare Dio

12.06.1843

Cap. 57

La stoltezza di Lamec, ma poi riconosce il Signore nell’Uomo sapiente

Sull’essenza dello Spirito di Dio nell’uomo – I figli non devono prostrarsi dinanzi al Signore

12.06.1843

Cap. 58

Il Signore non può farsi vedere senza preparazione, per evitare un giudizio – Vani tentativi di Lamec per risollevare il popolo prostrato a terra – L’afflizione di Lamec nella sua solitudine

16.06.1843

Cap. 59

Le solitarie riflessioni di Lamec solo tra tutti i dormienti-morti fino al mattino – La sua vacillante fede in Dio

17.06.1843

Cap. 60

La terribile visione del re Lamec e il suo risveglio dal suo stato di sogno

 Le spiegazioni di Lamech dell’altura

17.06.1843

Cap. 61

Rientro nel tempio e amorevole accoglienza del Signore

Spiegazione dell’accaduto a Lamec durante il sonno – Ancora sull’ordine familiare con un esempio

20.06.1843

Cap. 62

Rispondenza tra la posizione dei quattro e il centro di gravità e quello di attrazione per generare e mantenere la vita nella Creazione materiale e spirituale

21.06.1843

Cap. 63

Il re Lamec chiede luce sulla poligamia

Una sola donna è concessa all’uomo, il cui seme deve maturare per avere figli vigorosi

22.06.1843

Cap. 64

Lamec rimproverato chiede il perché del continuo desiderio dell’uomo per le donne

La rispondenza è che il continuo desiderio del cuore deve maturare per il Signore

23.06.1843

Cap. 65

La parabola della gocciolina di rugiada – Sull’evoluzione dell’anima

26.06.1843

Cap. 66

Lo stupore di Lamec per la Sapienza del Signore – La grazia dell’umiliazione della sapienza umana

27.06.1843

Cap. 67

Il Signore spiega l’origine e l’essenza del male

30.06.1843

Cap. 68

Lamec ammutolito dinanzi alla Santità del Signore – I confini dell’Onnipotenza divina

L’abisso tra Dio e l’uomo è colmato mediante il rapporto tra Padre e figlio

1.07.1843

Cap. 69

La vita di ogni creatura è una parte della Vita di Dio

I Pensieri di Dio sono l’effettiva Vita in Dio – Una controdomanda

3.07.1843

Cap. 70

L’imbarazzo di Lamec per la contro domanda inestricabile e la confessione della sua stoltezza

La vera sapienza è l’umiltà

4.07.1843

Cap. 71

La visione spirituale di Lamec insufflata dal Signore sul modo in cui i pensieri si realizzano in Dio

La rispondenza con l’origine degli esseri creati

5.07.1843

Cap. 72

L’indispensabile capacità del corpo di percepire il dolore, come benefattore e guardiano della vita

Come si deve vivere se non si vuole mai provare alcun dolore

6.07.1843

Cap. 73

L’arcangelo Zuriel, dimostra a Lamec che la sensibilità al dolore di uno spirito è una realtà

7.07.1843

Cap. 74

Zuriel spiega che la percezione del dolore è dello spirito, e può contrastarlo con la forza di Dio

Enoch spiega la vita dello spirito e il necessario conflitto tra materia e spirito

10.07.1843

Cap. 75

Enoch spiega la vita dello spirito e il necessario conflitto tra materia e spirito

11.07.1843

Cap. 76

I tre lati di ogni relazione nella vita: l’umano-materiale, l’umano-spirituale e l’umano-divino

L’imperscrutabilità del rapporto umano-divino delegata solo a Dio

13.07.1843

Cap. 77

La consacrazione di re Lamec a sommo sacerdote del tempio sul monte

La consolante promessa del Signore di una Sua costante presenza nel tempio

14.07.1843

Cap. 78

Le parole di Lamec rivolte al popolo raccolto intorno al tempio

Il Signore presentato nell’Uomo povero, nel Messaggero e nell’Uomo sapiente

15.07.1843

Cap. 79

Enoch e i due Lamec nominati a guide fondamentali di tutto il popolo

L’amore del Signore per i Suoi figli è così grande, da donare la propria Vita per loro se fosse necessario

17.07.1843

Cap. 80

La trasfigurazione del Signore davanti al popolo – Le Sue parole paterne, poi disappare

18.07.1843

Cap. 81

Sette pietre bianche deposte nel tempio a ricordo della presenza del Signore

L’origine della Pietra filosofale

20.07.1843

Cap. 82

L’invio dei messaggeri nelle dieci città – Come dovrebbe essere governato uno Stato secondo l’Ordine divino – Breve parentesi su quel tempo. Enoch e Lamec e altri condotti all’altura di Adamo

21.07.1843

Cap. 83

Enormi fiamme fuoriescono dalla caverna sulla via della montagna che porta all’altura

Enoch spiega il perché delle fiamme

22.07.1843

Cap. 84

Enoch col potere da Dio annienta la caverna del drago – L’apparizione di Satana

24.07.1843

Cap. 85

La paura di Lamec e dei suoi compagni di fronte all’orribile figura di Satana

La richiesta di Enoch a Satana di rendere nota la sua maligna intenzione fondamentale

28.07.1843

Cap. 86

Ulteriormente incalzato da Enoch, Satana minaccia e preannuncia il Diluvio e la crocifissione

29.07.1843

Cap. 87

L’energica risposta di Enoch a Satana con una profezia sul tempo del suo giudizio

Satana viene confinato al centro della Terra

31.07.1843

Cap. 88

Quest’Opera, quale “Il nuovo Libro della Vita” – Come può lo spirito essere trattenuto nella materia

1.08.1843

Cap. 89

Arrivo dei viaggiatori alla sommità dell’altura

Impressioni dei viaggiatori nel vedere Adamo ed Eva e le loro dimore fatte di alberi

2.08.1843

Cap. 90

Il pasto nella capanna di Adamo – Il re Lamec pieno di timore reverenziale davanti ad Adamo

3.08.1843

Cap. 91

Adamo ricorda ad Enoch la promessa di dare Purista a Mutaele – L’assennata risposta di Enoch

4.08.1843

Cap. 92

Dalla sommità dell’altura l’incantevole panorama stimola il re Lamec a glorificare il Signore

5.08.1843

Cap. 93

Il ritorno dall’altura e la cena benedetta nella capanna di Adamo

Adamo ed Enoch sulla celebrazione del Sabato

7.08.1843

Cap. 94

La visita alla prodigiosa grotta di Adamo – Lo stupore di Lamec che glorifica il Signore

10.08.1843

Cap. 95

Le sagge esperienze di vita di Enoch sull’amore per il mondo degli uomini

12.08.1843

Cap. 96

L’accoglienza degli ospiti nella capanna di Purista – L’ammirazione di Lamec per la sua bellezza

17.08.1843

Cap. 97

Nella capanna, Purista si lamenta delle insidie amorose di Mutaele

La savia risposta di Enoch, il conoscitore dei cuori

18.08.1843

Cap. 98

Mutaele guarito da Enoch con la potenza del Signore

19.08.1843

Cap. 99

Lo stupore di Adamo per la trasformazione interiore di Mutaele

Purista ne è imbarazzata, e Mutaele parla del mutare dei tempi – Poi Purista pentita domanda perdono

21.08.1843

Cap. 100

Le sagge parole di Mutaele a Purista

22.08.1843

Cap. 101

La poca stima di Mutaele per gli ospiti e la sua offensiva domanda rivolta al re Lamec

La saggia risposta del re

23.08.1843

Cap. 102

La vergogna di Mutaele – Henoch gli impedisce di andar via e lo illumina sulla natura delle donne

24.08.1843

Cap. 103

Sagge parole di Lamec sulla vera essenza dell’offesa

 Mutaele, riconciliatosi con Lamec, gli chiede consiglio

25.08.1843

Cap. 104

La risposta negativa di Lamec e il suo buon consiglio di rivolgersi direttamente al Signore

Sulla differenza tra la Parola comunicata direttamente da Dio e quella di un intermediario

26.08.1843

Cap. 105

Mutaele in attesa della Parola del Signore rinuncia a tutto

Adamo inquieto a causa di Mutaele, viene tranquillizzato da Enoch

28.08.1843

Cap. 106

Uranion quale albergatore – Una generale chiamata interiore per Purista che la invita a recarsi da sola sulla collina – Curiosità di Adamo e suo salutare spavento

29.08.1843

Cap. 107

Sulle due specie di realtà: la materiale e la spirituale

Il senso della rispondenza nell’incontro/visione di Adamo

30.08.1843

Cap. 108

Il cantico di Kenan sull’inutile essenza della vita

Adamo critica duramente tale cantico, ma Enoch lo tranquillizza

31.08.1843

Cap. 109

Il lamento di Adamo sentendosi offeso, e la sua stolta decisione di ritirarsi lontano da tutti

1.09.1843

Cap. 110

Le parole pacificatrici del re Lamec ad Adamo – Della forza dell’abitudine e della benedizione degli scuotimenti spirituali –  Sullo scopo delle debolezze umane

2.09.1843

Cap. 111

Due profezie di Enoch: la prima per dopo la metà degli attuali anni di Adamo, e l’altra dopo un sesto

Il rimprovero del Signore per bocca di Enoch, che non lo giustifica

4.09.1843

Cap. 112

Adamo e di Eva si accingono al riposo notturno nella capanna di Uranion, ma viene turbato

L’ardente curiosità di Adamo

5.09.1843

Cap. 113

Adamo ed Eva dai nuovi ospiti, e cioè il Signore, lo spirito di Zuriel, Mutaele con Purista e Ghemela e Lamech – Profezia per le due coppie i cui figli calpesteranno un giorno una nuova Terra

Misteriose parole rivolte ad Adamo

6.09.1843

Cap. 114

Ultime ammonizioni di addio del Signore, poi scompare insieme allo spirito di Zuriel

Il ritorno del re Lamec e della sua compagnia ad Hanoch, dove comincia la vera età dell’oro

7.09.1843

Cap. 115

La prima Chiesa al tempo di Adamo e il successivo decadimento degli uomini dopo la morte dei progenitori

Parole di congedo di Adamo, suo testamento e sua morte all’età di novecentotrenta anni

11.09.1843

Cap. 116

Lutto e pianto in tutta la Terra per la morte di Adamo ad eccezione degli africani e dei giapponesi

Crescente considerazione di Eva e successiva morte a novecentosessanta anni

12.09.1843

Cap. 117

L’ascetismo si diffonde tra i figli dell’altura a causa della morte di Adamo e poi di Eva e di Set

 La benedizione del Signore per la nascita di Noè

Enoch sparisce dopo aver spiegato inutilmente a Lamech il perché del trapasso dei loro predecessori

13.09.1843

Cap. 118

Lamech dell’altura alla ricerca di Enoch per un anno –  Il Signore rivela al re Lamec dove si trova Enoch

Lamech dell’altura rivolge all’assemblea un discorso amareggiato e stolto

14.09.1843

Cap. 119

Per trent’anni viene sospesa la procreazione sull’altura

il Signore da una nuvola infuocata ammonisce Lamech dell’altura per il suo comportamento oppositivo

16.09.1843

Cap. 120

Il Signore si mostra visibilmente a Lamech e lo ammonisce in modo molto serio

Gli spiriti di Enoch e di Adamo si mostrano a Lamech per testimoniare della loro vita spirituale

18.09.1843

Cap. 121

Ulteriore manifestazione di altri spiriti visibili a Lamech

Suo ravvedimento e pentimento per aver offeso Dio – Lamech chiamato a sostituire Enoch

19.09.1843

Cap. 122

Lamech dell’altura fa voto di ristabilire l’antico Ordine divino – L’avvertimento del Signore che il serpente diventerà il signore del mondo tramite la carne delle donne, poi il giudizio

20.09.1843

Cap. 123

L’insuccesso dell’invito ai popoli di non cedere alle seduzioni delle donne della pianura

L’irritazione di Lamech e il conforto del Signore

21.09.1843

Cap. 124

Il discorso del Signore sulla natura tra le persone fedeli e quelle infedeli – Sull’errata educazione dei genitori

22.09.1843

Cap. 125

Insegnamenti di Lamech al padre Matusalem

Chi nel mondo ama qualsiasi qualcosa più di Dio, non è degno di Lui!”

23.09.1843

Cap. 126

Il declino morale e spirituale dei figli dell’altura

Le sagge disposizioni del re Lamec prima della sua morte – Il figlio Tubalcain succede al trono

25.09.1843

Cap. 127

L’inizio dell’istituzione militare – L’estinzione della dinastia del re Lamec con la morte di Tubalcain

Il giovane figlio di Mutaele e di Purista, Uraniel, nominato guida, maestro e capo della città di Hanoch

26.09.1843

Cap. 128

Le due figlie di Tubalcain deificate dagli abitanti della città di Hanoch

’indeciso Uraniel ottine dal Signore un rifiuto di aiuto – Uraniel obbligato a sposare le due figlie di Tubalcain

27.09.1843

Cap. 129

L’inizio della bigamia ad Hanoch – La costruzione di un istituto di bellezza femminile

L’inizio del traffico degli schiavi e delle differenze di ceto

28.09.1843

Cap. 130

Ulteriori dettagli sull’istituto di bellezza femminile – Come cominciò il traffico degli schiavi

30.09.1843

Cap. 131

L’altura notevolmente purificata dall’assenza degli uomini

Oltre diecimila donne esortate inutilmente da Lamech a non scendere nella pianura

2.10.1843

Cap. 132

L’arrivo delle diecimila donne in pianura e la loro facile cattura da parte degli uomini del re Uraniel

Il confinamento all’istituto di bellezza

3.10.1843

Cap. 133

Gli hanociti desiderano le donne dell’altura  – Una nuova razza di uomini particolarmente dotati

L’invenzione del vetro e la coniatura di monete – La fortificazione di Hanoch

5.10.1843

Cap. 134

L’assemblea delle dodici città e lo stratagemma per conquistare Hanoch

L’occupazione delle dieci città-sobborgo e le contromisure degli hanociti

6.10.1843

Cap. 135

L’esercito hanochita sconfitto – I vincitori dettano legge alla delegazione di Hanoch

Il mercato della frutta fuori da Hanoch e il consiglio dei mille

7.10.1843

Cap. 136

La costituzione dello Stato con le caste dei nobili e i bassi ceti sociali – I mille consiglieri ingannano il re e costituiscono un abominevole aristocrazia

10.10.1843

Cap. 137

Il governo aristocratico di Hanoch si espande in tutta l’Asia e dura circa cento anni

Fondazione di feudi e principati –  I principi del feudo come reggenti e sacerdoti del popolo

Istituzione della pena di morte – Morte del re Uraniel

11.10.1843

Cap. 138

L’educazione dei sette figli di Uraniel sull’altura

Il Signore risponde a re Uraniel dopo sette anni – L’immenso impero diviso tra i mille consiglieri

Dopo la morte di Uraniel i due figli inviati inutilmente ad Hanoch come missionari

12.10.1843

Cap. 139

I padri dell’altura si consigliano per la salvezza della pianura

La saggezza di Noè per un ulteriore invio nella pianura dei due poderosi figli del re

14.10.1843

Cap. 140

I figli di Uraniel come muratori in Hanoch – Per la bravura, sono nominati sovrintendenti di tutta l’edilizia dello Stato – La carestia in Hanoch per l’enorme incremento della popolazione non supportata da ulteriori tributi – I due messaggeri quali consiglieri dei mille signori

16.10.1843

Cap. 141

Il saggio discorso dei due messaggeri all’assemblea dei mille consiglieri – Le gravissime condizioni della città causate dal mantenimento gratuito di milioni di servitori alla corte dei mille

17.10.1843

Cap. 142

Il piano di salvataggio dell’enorme città e la sua realizzazione

18.10.1843

Cap. 143

Dopo un anno, ulteriori proposte dei due messaggeri: riaprire i due templi per adorare Dio!

Disaccordo tra i mille consiglieri

19.10.1843

Cap. 144

L’idea di inculcare una falsa dottrina di Dio per mantenere asservito il popolo

L’ulteriore richiesta ai due consiglieri – L’ultimo consiglio, poi il ritorno alle alture

21.10.1843

Cap. 145

Ritorno all’altura dei due messaggeri e loro relazione ai padri – La richiesta di Lamech al Signore soddisfatta – L’invio nella pianura di dieci messaggeri del fuoco

23.10.1843

Cap. 146

Sul differente modo fra la narrazione spirituale e quella temporale

La cattiva accoglienza dei dieci messaggeri del fuoco nella città

24.10.1843

Cap. 147

Sguardo sull’efficientissima organizzazione della polizia della città

La fuga delle migliaia di poliziotti intervenuti per arrestare i dieci messaggeri del fuoco

25.10.1843

Cap. 148

I dieci messaggeri e le promesse al locandiere –  Verso il castello aureo dei mille

Il terzo prodigio: il fuoco sui bastioni del castello

26.10.1843

Cap. 149

Le istruzioni del Signore ai dieci messaggeri prima dell’ingresso al castello aureo

Le intimazioni ai mille consiglieri radunati nella sala delle riunioni

27.10.1843

Cap. 150

L’invito dei mille consiglieri ai dieci di relazionare il mandato

Uno dei dieci espone la storia dell’uomo dalla sua origine

28.10.1843

Cap. 151

Inutilmente i mille consiglieri bisbigliano segretamente fra loro – I dieci messaggeri svelano i piani dei mille e danno loro l’ultimatum –  Ritorno alla locanda – L’imbarazzo dei mille

30.10.1843

Cap. 152

La soluzione di uno dei mille consiglieri: proposta di emigrazione – Ancora disaccordo

31.10.1843

Cap. 153

Seicentocinquanta consiglieri scappano dalla città stabilendosi nell’alto Egitto

2.11.1843

Cap. 154

La presa di posizione tra i trecentocinquanta consiglieri rimasti ad Hanoch

Altri duecentocinquanta decidono di emigrare

4.11.1843

Cap. 155

Il Signore annuncia ai dieci messaggeri di dare un termine di sette giorni ai cento consiglieri rimasti

La discussione sull’ultimatum

6.11.1843

Cap. 156

La professione di fede a Dio di uno tra i cento consiglieri – Annuncio dell’apertura dei due antichi templi

7.11.1843

Cap. 157

L’attività del solerte e valoroso consigliere ha successo nonostante si assuma tutta la responsabilità

Il popolo lo nomina quale capo e guida

8.11.1843

Cap. 158

Ohlad, il consigliere pentito, davanti alla porta del tempio, pronto per l’apertura

La benedizione dai dieci messaggeri

9.11.1843

Cap. 159

All’apertura del recinto del tempio spunta una nuvola infuocata, con fulmini e tuoni sulla cupola

Ohlad, invitato a non insistere, conferma la sua fede e il suo proposito

Ancora fulmini, fiamme e uragani non lo fermano

10.11.1843

Cap. 160

Ohlad sottoposto alla prova del fuoco – Suo ritiro e rinuncia ad aprire il tempio

11.11.1843

Cap. 161

Uno dei dieci messaggeri spiega a Holad che è l’umiltà la chiave per accostarsi a Dio

14.11.1843

Cap. 162

La giusta umiltà di Ohlad – Uno dei dieci spiega il Vangelo sulla vera umiltà

15.11.1843

Cap. 163

La preghiera di Ohlad prima di aprire la porta del tempio

Poderosi fenomeni naturali si manifestano all’apertura –  Il popolo spaventato a morte si raccoglie nell’atrio

L’ingresso nel tempio e la lunga adorazione

16.11.1843

Cap. 164

La voce di Dio percepita da Ohlad lo elegge re del popolo

Il Signore si presenta con le sue stesse sembianze

18.11.1843

Cap. 165

Di fronte al Signore, Ohlad vorrebbe essere esonerato dall’alto incarico di re del popolo

Ulteriore conferma del ruolo, quale giusto figlio di Dio

20.11.1843

Cap. 166

Una zucca colma di olio di nardo per l’unzione

Il Signore elegge e unge Ohlad quale re e i dieci messaggeri alla funzione di suoi ministri

21.11.1843

Cap. 167

Continua la tempesta di fuoco e il terremoto mentre Ohlad viene unto

Il popolo chiede la salvezza ai dieci messaggeri – Il Signore si rivela al popolo tacciando la natura

22.11.1843

Cap. 168

Il discorso del santo Padre ai figli riuniti – L’amore e la pazienza del Signore ha un limite

Sull’elezione dei re dal popolo o da Dio

23.11.1843

Cap. 169

Davanti al tempio della montagna il Signore spiega il significato spirituale del tempio esterioe di pietra

Ultima benedizione e poi il Signore scompare

24.11.1843

Cap. 170

L’incontro di re Ohlad con i novantanove consiglieri

L’impertinente discorso di un consigliere e l’energica risposta di Ohlad

25.11.1843

Cap. 171

La replica dell’oratore dei novantanove consiglieri sulle leggi e sul loro scopo – La proteta dei novantanove contro le eventuali leggi di Ohlad – La sua prima legge: riconoscere l’umiltà per diventare liberi

27.11.1843

Cap. 172

Ulteriore replica dell’oratore dei novantanove sugli scopi della ragione, dell’intelletto e della libera volontà

28.11.1843

Cap. 173

Ohlad titubante al discorso del singolare oratore, chiede consiglio ai suoi dieci ministri

L’efficace replica di uno dei dieci ministri all’oratore

29.11.1843

Cap. 174

Il divario tra leggi umane sanzionate e le Leggi divine

Ohlad rivela l’Ordine divino per ciascuno:amare Dio e il prossimo!

1.12.1843

Cap. 175

La replica dell’oratore dei novantanove consiglieri con le obiezioni fondate sul suo intelletto

2.12.1843

Cap. 176

L’imbarazzo di Ohlad – Uno dei dieci mostra come vanno trattati tali ciechi individui

La trattativa giunge al punto di rottura

5.12.1843

Cap. 177

Danel, eroe dell’intelletto e oratore dei novantanove, riconosce di aver sbagliato e si pente

Un’ulteriore proposta di Ohlad

6.12.1843

Cap. 178

La conversione dei novantasette consiglieri ad eccezione del re di facciata

 Le orecchie d’asino al re di facciata per tre anni interi

7.12.1843

Cap. 179

Le fraterne parole di Ohlad a Danel su come avrebbero operato per il futuro tra il popolo

L’unanimità tra i cento consiglieri e i dieci messaggeri

9.12.1843

Cap. 180

La radunanza davanti all’atrio del tempio mentre fiamme e fulmini si scatenano

Le parole rassicuranti di Ohlad – L’ingresso nel tempio permesso solo agli iniziati

11.12.1843

Cap. 181

Ohlad dinanzi all’altare – Insegnamenti di vita per il popolo: sui biasimevoli ricevimenti mondani

12.12.1843

Cap.182

Uno stolto ribadire di Ohlad – Nessuna concessione a chi non ha sempre il Signore con sé

“Dove due o tre si raduneranno nel Mio Nome, là sono Io in mezzo a loro!”

13.12.1843

Cap. 183

Ohlad riferisce a Danel la volontà del Signore sui biasimevoli ricevimenti

Danel lo riferisce ai novantanove e poi alle donne e ai figli che non l’accettano

14.12.1843

Cap. 184

Richiesta chiarificatrice delle donne sul significato della goccia d’acqua e del veleno

La risposta di Danel, ispirata dal Signore

16.12.1843

Cap. 185

Ohlad rende lode a Danel per il suo buon discorso e lo induce a rendere grazie al Signore

18.12.1843

Cap. 186

Sulla vera adorazione a Dio – Ohlad e Danel quali pronipoti di Chisehel

L’invito del Signore a predicare il pentimento a tutti i popoli

18.12.1843

Cap. 187

La benedizione di Ohlad ai novantotto consiglieri per la loro attività di missionari nel mondo

I forti lamenti delle mogli per la separazione dai loro mariti e dei figli dai padri – Una Voce dall’aria

20.12.1843

Cap. 188

Ritorno dopo tre anni di missione dei novantanove

Un grande arco di trionfo quale offerta di ringraziamento – Il rimprovero

21.12.1843

Cap. 189

Un nuovo tempio costruito sopra l’arco di trionfo e il sorgere di una città alberghiera

Divisioni tra il popolo sui tre templi

22.12.1843

Cap. 190

Il mantenimento dell’ordine ad Hanoch fino alla morte di Ohlad e dei dieci ministri

Dronel, figlio di Ohlad, fatto re, mette a dura prova la pazienza del Signore

23.12.1843

Cap. 191

Il discorso di abdicazione di Dronel al Signore, poi passa lo scettro al figlio Kincàr

Il ritiro del Signore dai templi – Il falso giuramento di Kincàr e la nascita dell’idolatria

27.12.1843

Cap. 192

Re Kincàr quale raccoglitore delle leggi di Dio e compilatore del libro ‘La Sacra Scrittura’

Un secndo libro da redigere: ‘La Storia Sacra di Dio’

28.12.1843

Cap. 193

Kincàr pone sull’altare nel tempio il primo libro e nomina cento sacerdoti-scribi

L’auto elezione come divinità con centinaia di appellativi scritti su una striscia metallica

Il secondo libro pronto in dieci anni, e in altrettanti dieci inizia la decadenza spirituale di Hanoch

30.12.1843

Cap. 194

La genialità inventiva del re Kincàr derivata dal suo zelo letterario 

Il fiorire delle grandi invenzioni e delle arti ad Hanoch furono anche frutto del popolo

2.01.1844

Cap. 195

Le enormi ricchezze di Hanoch e le sue pesanti conseguenze naturali

Japell successore Kincàr – L’arte della politica e le immorali leggi di Japell

3.01.1844

Cap. 196

Le scuole pubbliche e i teatri ad Hanoch – Il sistema di spionaggio del re Japell

Rendere stupido un popolo e tenerlo oppresso con danze, musica e rappresentazioni estetiche

L’apparente cura dei poveri e degli ammalati a scopo politico – Amore e politica quali poli opposti

4.01.1844

Cap. 197

La mania di conquista del re Japell – L’astuzia sacerdotale per il dominio dei popoli

Solo Noè e i suoi rimangono fedeli al Signore – L’istituzione delle caste

5.01.1844

Cap. 198

La casta sacerdotale detta legge nella città di Hanoch – L’incredibile sfruttamento degli schiavi dopo soli vent’anni dall’istituzione della prima casta – Hanoch è un inferno per la misera umanità

8.01.1844

Cap. 199

La casta sacerdotale esige che il successore del re sia il suo primogenito malato, storpio e scemo

Il re Japell muore di dispiacere – L’essenza della politica equivale all’inferno

Il  nuovo re di facciata – Il secondo figlio di Japell si rifugia presso Noè sull’altura

9.01.1844

Cap. 200

L’unico compito del nuovo re di facciata: condonare la vita agli stranieri

Il trattamento disumano riservato agli stranieri squattrinati che si avvicinavano alla città

10.01.1844

Cap. 201

L’invio di esploratori per sottomettere e sfruttare tutti gli altri popoli della Terra – Il censimento dei discendenti di Set e di Caino – La pretesa di un enorme tributo    L’annuncio del Giudizio di Dio

11.01.1844

Cap. 202

Il ritorno ad Hanoch dei dieci inviati, il loro interrogatorio e il loro astuto rapporto di viaggio

13.01.1844

Cap. 203

Trattative tra i sacerdoti e i dieci inviati annessi alla casta sacerdotale a condizione che tentino di convincere Noè a mettersi dalla parte dei sacerdoti

15.01.1844

Cap. 204

I dieci inviati complottano in segreto e deliberano di arrivare ad un buono scopo giocando d’astuzia

16.01.1844

Cap. 205

Prima del giuramento, i dieci vengono terribilmente spaventati – L’occulta promessa di vendicarsi

17.01.1844

Cap. 206

La discussione tra i cinquemila gran sacerdoti avidi d’oro e i dieci astuti inviati

18.01.1844

Cap. 207

Ulteriore discussione tra i cinquemila gran sacerdoti e i dieci astutissimi esploratori

19.01.1844

Cap. 208

I sospetti dei sommi sacerdoti sul conto dei dieci inviati

L’astuta risposta dei dieci ottiene l’appoggio dei gran sacerdoti

20.01.1844

Cap. 209

Il consenso all’astuta proposta dei dieci inviati di liberare gli schiavi, armarli e metterli sotto il loro comando

22.01.1844

Cap. 210

L’impossibilità del riacquisto degli schiavi – Gli astuti piani dei dieci inviati vicini alla realizzazione

23.01.1844

Cap. 211

Ulteriore consiglio per riacquistare gratuitamente i quattro milioni di schiavi

 Il consiglio dei dieci astuti inviati per rinunciare all’impresa o pagare una cauzione per ogni schiavo

25.01.1844

Cap. 212

L’assemblea con i ricchi proprietari di schiavi e le loro elevate pretese per il riscatto

26.01.1844

Cap. 213

I gran sacerdoti, convinti dai dieci astuti inviati, accettano l’acquisto dei quattro milioni di schiavi

27.01.1844

Cap. 214

La consegna e il mantenimento dei quattro milioni di schiavi da spuntare per il futuro riscatto

29.01.1844

Cap. 215

Discussioni sull’armamento e l’addestramento militare dei quattro milioni di schiavi – I dieci ottengono quattro mila militari e delle vere armi per l’addestramento – Promessa di liberazione

30.01.1844

Cap. 216

Sull’astuzia dei dieci inviati per liberarsi dagli spioni – Ulteriore proroga utile per l’addestramento

1.02.1844

Cap. 217

Il congedo ai quattromila esperti di armi

L’ultima disputa tra i dieci aitanti e i gran sacerdoti che giurano vendetta

L’esodo dei quattro milioni e mezzo di schiavi con duecentomila cammelli e ottocentomila asini al seguito

3.02.1844

Cap. 218

Il grande esercito si accampa a settentrione di Hanoch, in una bella inaccessibile vallata – I dieci inviati svelano il piano segreto agli ufficiali – Le disposizioni per la coltivazione e la fortificazione della vallata

5.02.1844

Cap. 219

La scoperta di giacimenti d’oro e la prosperità dell’insediamento

Il piano dei dieci furbi per sconfiggere Hanoch

7.02.1844

Cap. 220

Noè invia due messaggeri: uno dell’altopiano e uno ad Hanoch – Positivo il primo, ma negativo il secondo

8.02.1844

Cap. 221

L’infruttuoso Consiglio dei gran sacerdoti per una spedizione di vendetta al popolo dell’altopiano

Il messaggero inviato da Noè li dissuade da qualunque piano

9.02.1844

Cap. 222

Una ulteriore riunione del gran Consiglio

Un ingannevole piano di vendetta contro il popolo dell’altopiano, approvato all’unanimità

10.02.1844

Cap. 223

La prima impresa politico-diplomatica dei gran sacerdoti contro gli abitanti dell’altopiano

12.02.1844

Cap. 224

La delegazione politica di Hanoch a colloquio con i dieci ex inviati ora governatori dell’altopiano

L’insuccesso della delegazione e il suo ritorno ad Hanoch senza il suo capo

13.02.1844

Cap. 225

Il rapporto dei trenta sottosacerdoti e il suo effetto

La vendetta giurata contro i dieci ex inviati e la lapidazione del messaggero di Noè

14.02.1844

Cap. 226

Le province si separano da Hanoch –  Lo schieramento di cinque milioni di guerrieri contro il popolo dell’altopiano e contro le province traditrici – Dopo due anni di vari attacchi all’altopiano, l’esercito si ritira

15.02.1844

Cap. 227

Il rapporto dell’esercito sconfitto contro l’altopiano –  La scissione tra i gran sacerdoti comandanti la battaglia e quelli rimasti in città – Il tradimento dell’esercito contro province

16.02.1844

Cap. 228

Un Consiglio di guerra dei dieci dell’altopiano contro la città di Hanoch – I buoni consigli del messaggero del Signore – Una piccola prova dall’Alto: il trattamento di mille spie di Hanoch

20.02.1844

Cap. 229

Il rapporto dei dieci rimasti e la posizione dei sacerdoti comandanti

Ulteriore progetto di sottomettersi a quelli dell’altopiano e proporre uno dell’altopiano a re di Hanoch

La delegazione con mille corone e le chiavi d’oro è ricevuta

21.02.1844

Cap. 230

Valutazione della proposta – Gurat nominato re di Hanoch –  Le delibere per stabilire la dipendenza di Hanoch dall’altopiano e le norme sul diritto di successione al trono

22.02.1844

Cap. 231

La firma degli “atti sacri” –  L’obiezione di Gurat confutata dai dieci – Sulla decarchia

23.02.1844

Cap. 232

Una solenne accoglienza ad Hanoch riservata al nuovo re Gurat dai suoi

Nuove buone leggi emanate dal nuovo re ma l’altro partito dei gran sacerdoti non si schiera con lui

Un loro sottosacerdote propone di tentare una riappacificazione con il re Gurat

26.02.1844

Cap. 233

Il completo successo delle trattative del sottosacerdote con re Gurat

27.02.1844

Cap. 234

L’ostracismo dei gran sacerdoti ribelli mitigato dall’inganno del sottosacerdote delegato dal re

Nuove norme di sottomissione al nuovo re

28.02.1844

Cap. 235

Il rapporto del nuovo e astuto consigliere di corte a re Gurat e la soddisfazione di costui

La nomina del sottosacerdote a gran sacerdote generale e consigliere segreto del re

1.03.1844

Cap. 236

Il gran sacerdote generale nella sua nuova carica davanti ai gran sacerdoti

Ai ribelli la sentenza: degradati a sottosacerdoti, e i sottosacerdoti elevati a gran sacerdoti

2.03.1844

Cap. 237

Il gran sacerdote generale si reca con i suoi guerrieri al castello del re di facciata

La sottomissione sanguinosa dei sommi sacerdoti e la detronizzazione del re di facciata

4.03.1844

Cap. 238

L’interrogatorio del generale ai trenta sommi sacerdoti, poi declassati a sottosacerdoti di primo rango

5.03.1844

Cap. 239

L’ulteriore trattativa del generale col detronizzato re di facciata e il suo stupido discorso imparato a memoria

L’allontanamento forzato del re di facciata e la consegna del castello al re Gurat

6.03.1844

Cap. 240

La presa visione delle nuove istituzioni sacerdotali da parte del re Gurat – L’ultimo arrogante discorso, però giusto ed ammonitore, degli ex sommi sacerdoti degradati a sottosacerdoti

8.03.1844

Cap. 241

La furbesca politica del gran sacerdote generale e il suo discorso al gran Consiglio

La decisione di isolare l’altopiano dalla pianura

9.03.1844

Cap. 242

L’isolamento dell’altopiano con la spianata dei pendii delle montagne

La costruzione di mille nuovi templi pagani in brevissimo tempo con l’impiego di enormi forze

11.03.1844

Cap. 243

Descrizione del tempio del dio-bove e i relativi trucchi di illusionismo per arraffare offerte al popolo credulone

12.03.1844

Cap. 244

Descrizione del tempio del Sole e i relativi trucchi di illusionismo

13.03.1844

Cap. 245

Il tempio dei venti con i suoi potenti getti d’aria prodotti artificialmente

15.03.1844

Cap. 246

Il tempio del dio dell’acqua e delle dodici feste all’anno

16.03.1844

Cap. 247

Il tempio del dio del fuoco aperto due volte l’anno

18.03.1844

Cap. 248

Il tempio dell’amore dedicato a Naeme

20.03.1844

Cap. 249

Il tempio del dio del metallo, che raffigurava Tubalcain, l’inventore della lavorazione dei metalli

21.03.1844

Cap. 250

Descrizione degli altri tipi di templi ad Hanoch e dintorni – Gli abitanti dell’altopiano cercano inutilmente uno sbocco verso la stessa – Le tracce dello scalpellamento delle montagne visibili nell’attuale Tibet

Un nuovo messaggero di Noè si presenta ai dieci principi dell’altopiano

22.03.1844

Cap. 251

Il messaggero di Noè annuncia il Giudizio di Dio ai popoli dell’altopiano con vent’anni di anticipo

Noè incaricato di preparare mille tronchi d’abete squadrati, per stagionarli

23.03.1844

Cap. 252

Lo sbalordimento dei dieci principi dell’altopiano di fronte alla notizia del Giudizio

Il rifiuto di accettare l’insegnamento del messaggero, ritenendo Noè un mago e il Dio antico un’invenzione

Il Consiglio decreta di emanare la legge sulla procreazione

26.03.1844

Cap. 253

Il messaggero di Noè comunica la minaccia del Giudizio di Dio al gran sacerdote generale di Hanoch

La risposta, con astuti ragionamenti, che neanche un Dio sarebbe capace di governare così bene Hanoch

27.03.1844

Cap. 254

Il messaggero di Noè davanti al re Gurat

La seduzione del messaggero di rimanere in Hanoch ma a condizione che venga lì anche sua sorella

28.03.1844

Cap. 255

L’astuto piano del delinquente incaricato di catturare sull’altura la sorella del messaggero di Noè

Agla, la sorella del messaggero di Noè, verso la città in cerca del fratello Waltar

29.03.1844

Cap. 256

Il re Gurat chiede la mano di Agla, che accetta – La delusione di Waltar – L’astuzia femminile di Agla per mettere alla prova l’amore del fratello per lei – Waltar ingannato cerca di vendicarsi di Agla

30.03.1844

Cap. 257

Waltar nel giardino del tempio dell’amore col re Gurat – Le sette dee della bellezza quali mogli di Waltar

15.04.1844

Cap. 258

Agla diventa subito regina per vendicarsi del fratello, ma è una tremenda dominatrice

Waltar in prigione, poi la fuga, ma viene ucciso

16.04.1844

Cap. 259

La ricompensa agli sbirri –  L’omicidio delle sette mogli di Waltar e delle quattordici mogli in sott’ordine

18.04.1844

Cap. 260

La regina Agla fa esporre nel tempio della bellezza, le ventuno mogli di Waltar, da lei pugnalate

Il raccapriccio del capo della truppa e del gran sacerdote generale per la crudeltà della regina

20.04.1844

Cap. 261

Il generale fa imbalsamare i cadaveri delle dee e le fa esporre dentro a delle bare di vetro

La proposta alle dee di fuggire dal tempio per evitare la vendetta della regina

22.04.1844

Cap. 262

La rabbia della regina

L’ammonimento dell’astuto capitano innamorato di lei, per evitare la guerra col generale

23.04.1844

Cap. 263

Il capitano Drohuit, propone al re un piano per salvarsi dal generale Fungar-Hellan

24.04.1844

Cap. 264

Continuazione degli intrighi infernali: l’astuto capitano Drohuit dal gran sacerdote generale Fungar-Hellan

Il generale cade in trappola

24.04.1844

Cap. 265

La calorosa accoglienza da parte del re – Gurat, Fungar-Hellan e Drohuit ricevuti dalla regina

La dichiarazione d’amore di Agla a Fungar-Hellan ottiene il massimo successo

26.04.1844

Cap. 266

Il re Gurat e il capitano Drohuit costretti a fare buon viso a cattivo gioco

Le false spiegazioni della regina per far cadere nella trappola il generale Fungar-Hellan

27.04.1844

Cap. 267

La regina Agla per giustificare le sue atrocità racconta al generale una menzogna dietro l’altra

29.04.1844

Cap. 268

Fungar-Hellan, perplesso di fronte alla versione della regina, interroga il capitano

Drohuit risponde astutamente e il generale vuole verificare le prove nel giardino delle dee della bellezza

30.04.1844

Cap. 269

Fungar-Hellan trova la prova delle asserzioni di Agla e di Drohuit nel giardino delle dee della bellezza

Il grave sospetto contro Agla

 La grande bellezza di Agla nuda toglie ogni sospetto al generale e diventa sua moglie

2.05.1844

Cap. 270

Il racconto di Drohuit e di Gurat alle loro concubine

Il progetto di fuga dei due naufraga per l’arrivo improvviso della regina

Drohuit e Gurat con astuzia e ipocrisia fingono di piangere disperatamente, e si salvano

3.05.1844

Cap. 271

Il discorso ipocrita di Drohuit convince perfino la satanica Agla

La regina promette le sue due bellissime sorelle in premio al capitano e al generale

4.05.1844

Cap. 272

Una carovana alla ricerca delle due sorelle di Agla

L’incontro proprio con i pastori alle dipendenze di Mahal, il padre di Agla

6.05.1844

Cap. 273

I pastori ringraziano e rendono lode e gloria a Dio per il Suo aiuto e protezione

Una Voce tonante, la voce di Dio, dà delle disposizioni e degli ammonimenti ai pastori

L’incontro della carovana con Mahal e le sue due figlie e un figlio

7.05.1844

Cap. 274

Lo stupore di Mahal delle figlie nel vedere le sontuosità della città di Hanoch – Il grande ricevimento al palazzo reale per i quattro familiari di Agla

8.05.1844

Cap. 275

L’indistruttibile vestito da montanaro di Mahal che lo copre e lo mantiene sano da quattrocento anni

La caparbietà di Mahal che rifiuta gli abiti regali

9.05.1844

Cap. 276

L’intera famiglia di Mahal al pranzo reale – Evasive risposte su Waltar al padre –  La testa di Waltar viene nascosta in una nicchia del giardino – Mahal indossa la veste regale sopra a quella prodigiosa

10.05.1844

Cap. 277

Il desiderio di Fungar-Hellan di sposare Pira e Gella

Lo scambio con Drohuit amareggiato: la poltrona di re e Agla, al posto di Gella

11.05.1844

Cap. 278

Richiesta di spiegazioni di Mahal ad Agla 

Le risposte sacrileghe della figlia lo convincono che è l’inferno a governare nella pianura

13.05.1844

Cap. 279

Chisarell nominato capo delle guardie residenziali

Mahal profetizza la fine di Hanoch entro diciassette anni

14.05.1844

Cap. 280

Le pesanti ammonizioni di Mahal a Fungar-Hellan

Quest’ultimo si giustifica con la sua umiliante mentalità mondana

15.05.1844

Cap. 281

La saggia risposta di Mahal a Fungar-Hellan e la sua critica alla politica attuata ad Hanoch

17.05.1844

Cap. 282

Mahal conduce il corteo regale al giardino del tempio della bellezza

Il nascondiglio della testa di Waltar scoperto da Mahal

18.05.1844

Cap. 283

Fungar-Hellan nel tempio dell’amore guidato da  Mahal

Il profondo baratro nascosto in una cameretta dell’amore

20.05.1844

Cap. 284

Nella casa del piacere, in uno dei molti piccoli chioschi, una trappola mortale ideata da Agla

Il rivestimento del cuscino costellato di aghi avvelenati

21.05.1844

Cap. 285

Un enorme spiazzo della città e l’esercito segreto di Drohuit

22.05.1844

Cap. 286

Il covo segreto dei settantamila dell’alta borghesia per tramare contro Fungar-Hellan e contro il re Gurat

24.05.1844

Cap. 287

Nel castello di Fungar-Hellan gli ex gran sacerdoti tramano la morte contro il generale

Lance e schegge di vetro avvelenate

25.05.1844

Cap. 288

Gli spazzatori e i pulitori rivelano tutti i posti che erano stati avvelenati per uccidere il generale

Un modo sicuro per scoprire tutti i nemici

28.05.1844

Cap. 289

La rivelazione dei cuochi: l’avvelenamento dell’intero castello reale da parte dei sottosacerdoti

L’invito forzato dei nemici al grande banchetto

29.05.1844

Cap. 290

Agla sfacciata viene smascherata – Agla e Drohuit in gabbia

30.05.1844

Cap. 291

La grazia concessa agli ex sottosacerdoti

La terribile morte per avvelenamento inflitta ai mille ex gran sacerdoti

31.05.1844

Cap. 292

Lo sgombero e il devastante incendio del castello sacerdotale su suggerimento di Mahal

1.06.1844

Cap. 293

Il popolo pretende di sapere il perché dell’incendio del palazzo

Fungar-Hellan costretto a calmare il popolo in rivolta

3.06.1844

Cap. 294

Agla  invoca di essere liberata dalla gabbia – Fungar-Hellan le risponde in tono garbato

4.06.1844

Cap. 295

La raccolta dei tesori fusi sul luogo dell’incendio – L’ordine per il restauro del castello

Un richiamo misterioso viene sentito in tutta la città

5.06.1844

Cap. 296

Il misterioso richiamo forse proveniente dalla voce di Dio – Fungar-Hellan si arrabbia e muove accuse a Dio

7.06.1844

Cap. 297

Mahal chiede aiuto a Dio per la risposta

Le durissime parole e l’annuncio del Giudizio di Dio entro vent’anni

8.06.1844

Cap. 298

Una misteriosa voce divina nella grande sala del trono – Gli abomini nelle altre dieci città

Noè inizia la costruzione dell’arca – La richiesta di Dio di annientare tutti i templi degli idoli

10.06.1844

Cap. 299

L’esercito si mobilita e Gurat chiede dei validi funzionari il governo del paese

I due rinchiusi nelle gabbie siano separati fino al ritorno del generale

11.06.1844

Cap. 300

Agla confessa la propria colpa e prega la liberazione o la morte

La scelta tra il pugnale e la gabbia – Il perdono concesso

12.06.1844

Cap. 301

Le disposizioni di Fungar-Hellan per Drohuit – Le buone parole di Agla a suo padre

13.06.1844

Cap. 302

L’ ipocrita simulazione di Drohuit – Agla chiede una veste di crine

15.06.1844

Cap. 303

Mahal chiede ad Agla quale è stato il più grave dei suoi peccati

La buona risposta della figlia perduta e ora ritrovata

17.06.1844

Cap. 304

Fungar-Hellan, ispirato, parla della stoltezza dello sfarzo esteriore e sulla saggezza della semplicità

Rinuncia agli ornamenti d’oro e d’argento per convertirli in monete

18.06.1844

Cap. 305

Disposizioni all’esercito per distruggere il tempio del dio dei metalli e di ogni elemento di idolatria

19.06.1844

Cap. 306

Le avanguardie dell’esercito davanti al tempio del dio dei metalli – L’ultimatum è respinto

I gran fuochi artificiali per un’intera giornata

21.06.1844

Cap. 307

Il rifiuto dei guardiani di aprire le mura del tempio – L’apertura di un varco con dei potenti grani esplosivi

 Il massacro di cinquemila templari

22.06.1844

Cap. 308

Gli insegnamenti alla delegazione dei padroni delle officine metallurgiche non sono accettati

La decisione sprezzante di rivolgersi a Dio

25.06.1844

Cap. 309

L’attacco al tempio del toro, catturati tutti i sacerdoti e confiscati i tesori

26.06.1844

Cap. 310

L’interrogatorio dei prigionieri del tempio del toro, poi rimessi in libertà, ma sotto controllo

27.06.1844

Cap. 311

La scomparsa dei liberati in una misteriosa apertura della parete di roccia

I liberati ricompaiono, e vengono interrogati dal generale

28.06.1844

Cap. 312

Davanti all’apertura nella roccia Mahal rivela dove potrebbe condurre

I liberati confermano la penitenza fatta

1.07.1844

Cap. 313

L’indagine nella misteriosa caverna e la scoperta di un’apertura segreta

2.07.1844

Cap. 314

I falsi penitenti vengono smascherati –  Il consiglio di Mahal al generale infuriato

La caverna viene fatta esplodere – I falsi penitenti confessano la verità e poi messi in libertà

3.07.1844

Cap. 315

La partenza verso il tempio del Sole i cui sacerdoti si arrendono

Poi viene distrutto il tempio del dio del fuoco e anche il tempio del dio del vento

4.07.1844

Cap. 316

L’esercito contro il tempio del dio dell’acqua verso al centro di un grande lago, ma lì non c’è più traccia del tempio

5.07.1844

Cap. 317

Mahal spiega come e perché i sacerdoti hanno fatto sparire il tempio del dio dell’acqua

Il generale invita gli scaltri sacerdoti alla sua presenza

8.07.1844

Cap. 318

Agla tenta di istruitre i lussuriosi sacerdoti, ma costoro rimangono quasi paralizzati dalla sua bellezza

Anche di fronte a Chisarell essi rimangono estasiati

9.07.1844

Cap. 319

Riflessioni sul perché per la prima volta il consiglio di Mahal non ha ottenuto frutti

Rispondenza tra il fallimento di Mahal e il fallimento dell’Amore divino riguardo a noi uomini

10.07.1844

Cap. 320

La sincera critica di Fungar-Hellan alla spiegazione di Mahal

La profezia dell’irruzione degli abitanti dell’altopiano quale segno che egli ha detto la verità

11.07.1844

Cap. 321

L’accampamento di Fungar-Hellan lungo la parete della montagna

La minaccia del dubbioso generale a Mahal

L’ammonizione profetica di Mahal si avvera: gli abitanti dell’altopiano creano un passaggio

12.07.1844

Cap. 322

La posizione di difesa di fronte all’avanzata dell’esercito dell’altopiano

La delegazione dell’altopiano uccisa da Fungar-Hellan

Mahal e i suoi salvati prodigiosamente – La terribile battaglia con cinque milioni di morti

15.07.1844

Cap. 323

La fuga di Fungar-Hellan e il suo rapporto al re Gurat sulla battaglia

Un nuovo esercito di quattro milioni di guerrieri

16.07.1844

Cap. 324

Un nuovo esercito di due milioni di guerrieri sull’altopiano

Il buon consiglio di Mahal di non scendere in guerra contro Hanoch

17.07.1844

Cap. 325

La tristezza del re Gurat per la scomparsa di Mahal

La risposta del generale e la costruzione di una torre per accedere all’altopiano

18.07.1844

Cap. 326

La delegazione di Hanoch ai dieci principi dell’altopiano per proporre pace e amicizia, e richiedere Mahal

19.07.1844

Cap. 327

Le sagge e serie parole di Mahal ai delegati e ai dieci principi

Chi fa una promessa deve stabilire il tempo per adempierla

22.07.1844

Cap. 328

Il grave imbarazzo di Fungar-Hellan e del re Gurat per le condizioni poste dai dieci principi dell’altopiano

La nuova proposta di pagare l’indennità di guerra in dieci anni viene rifiutata dai dieci principi

23.07.1844

Cap. 329

La rabbia di Gurat e di Fungar-Hellan per l’insuccesso delle due delegazioni – Proposta di inviare una falsa delegazione mentre saranno minate e poi fatte saltare in aria le montagne dell’altopiano

24.07.1844

Cap. 330

L’inutile consultazione dei dieci principi per tre mesi

La risposta profetica di Mahal non ottiene esito

26.07.1844

Cap. 331

L’esortazione di Mahal ai suoi figli a confidare unicamente in Dio

L’incredibile corruzione dell’umanità nella pianura – Mahal e i suoi figli verso l’altura di Noè

27.07.1844

Cap. 332

Mahal incontra il fratello Noè

Il racconto di Mahal sulle terribili condizioni spirituali dei popoli nella pianura

29.07.1844

Cap. 333

Mahal chiede informazioni riguardo l’arca

Il racconto di Noè sulla decadenza dell’umanità, per cui Dio ha deciso il Diluvio

30.07.1844

Cap. 334

l racconto di Noè riguardo al piano di costruzione dell’arca e il successivo autocostruirsi

Il triste Mahal per la sua esclusione dall’arca

1.08.1844

Cap. 335

L’esortazione di Noè a suo fratello Mahal per accettare l’esclusione dall’arca

Mahal accecato dalla presunzione della propria giustizia, accusa il Signore di aver peccato contro di lui

2.08.1844

Cap. 336

Sull’altura la seria domanda di Chisarell a suo padre riguardo a come egli possa accusare Dio di peccato

Le dure critiche di Mahal contro Dio

3.08.1844

Cap. 337

Noè dal fratello gli spiega il suo errore fondamentale

La presunzione di essere giusti e puri è la radice principale della superbia

Mahal sfida Dio e improvvisamente il Signore appare sull’altura

5.08.1844

Cap. 338

Il Signore discute con Mahal, e lui ribatte in tono di sfida

Le risposte del Signore sul supposto Suo pentimento lo ammutoliscono

Le cause naturali del Diluvio su una zona limitata della Terra: enormi bacini d’acqua sotto le montagne

6.08.1844

Cap. 339

Le obiezioni e le domande di Mahal sulla morte, sull’immortalità, su Satana e sulla sua fondamentale malignità –  Le giuste risposte del Signore

7.08.1844

Cap. 340

I rimproveri di Mahal verso il Signore perché si considera privo di peccati

Il dolore del Signore per essere stato accusato nonostante il Suo enorme amore per lui

L’apparizione degli angeli e di Waltar mentre il Signore scompare

8.08.1844

Cap. 341

Lo spirito di Waltar parla col padre spiegando il perché Dio Lo si vede a tratti

Il pentimento di Mahal – Il perdono del Signore da una nuvola luminosa

9.08.1844

Cap. 342

Ancora l’angelo Waltar spiega le ragioni dell’ultimo tentativo di Dio di ammonire gli uomini

L’acqua sotterranea della Terra, quale fosse sangue, è cento volte quella dei mari

Gli angeli partono per la pianura

10.08.1844

Cap. 343

L’attività dei dodicimila angeli nella pianura

Le montagne sono dei coperchi su enormi bacini d’acqua sotterranei

12.08.1844

Cap. 344

Le incredibili risposte di Gurat e di Fungar-Hellan

Le infruttuose ammonizioni degli angeli alla popolazione di Hanoch e all’intero Paese

13.08.1844

Cap. 345

Spiegazione sul modo in cui furono portati gli animali nell’arca e come poterono essere nutriti per circa sei mesi –  Prima di ogni catastrofe mondiale il Signore avverte sempre l’intera umanità con apparizioni e segni straordinari

14.08.1844

Cap. 346

Il corteo degli angeli con gli animali radunati passa tra le vie di Hanoch

 L’ultimo appello ammonitore agli hanochiti e al loro re

16.08.1844

Cap. 347

I messaggeri con gli animali arrivano sull’altura di Noè

Le disposizioni degli angeli per l’alloggiamento degli animali nell’arca

Il giorno limite per l’accoglienza della gente in cerca di protezione

17.08.1844

Cap. 348

Mahal si sfoga contro gli angeli e contro Dio pensando di essere stato escluso dall’arca

Agla invece si pente, invoca la misericordia di Dio e l’angelo Waltar la fa scomparire all’istante

19.08.1844

Cap. 349

Il rimprovero di Noè al mormorante Mahal

La costruzione di una piccola arca per Mahal e per i suoi

20.08.1844

Cap. 350

Noè consegna a Mahal la sua piccola arca della salvezza

Ancora una provocazione insolente di Mahal al Signore

Una Voce giudicatrice, poi i tre figli di Mahal sono istantaneamente consunti dal fuoco divino

21.08.1844

Cap. 351

La fuga di Mahal verso un’alta rupe e poi nella grotta di Adamo dove chiede scusa al Signore

 La promessa che non morirà annegato nei flutti –  Noè invitato ad entrare nell’arca coi suoi

22.08.1844

Cap. 352

Parole di conforto del Signore a Noè e il Suo profondo cordoglio a causa della durezza degli uomini

Gli ultimi tentativi per sette giorni per salvare qualunque abitante della Terra

23.08.1844

Cap. 353

Noè, a seicento anni, entra nell’arca coi suoi familiari e il Signore spiega il perché sette coppie degli animali puri –  L’arca chiusa per mano del Signore – Il subentrare del cataclisma

24.08.1844

Cap. 354

Mahal nella grotta di Adamo, osserva meravigliato e mezzo disperato, l’immane catastrofe

Il suo monologo angoscioso

L’arrivo di Gurat, Fungar-Hellan e Drohuit nella grotta, e poi compare anche il Signore

26.08.1844

Cap. 355

L’umile confessione di Mahal i suoi peccati – Il Giudizio del diluvio causato dagli uomini stolti

Il Signore chiama Satana nella grotta per fargli vedere il frutto delle sue tentazioni

 Gurat, Fungar-Hellan e Drohuit vengono condannati all’inferno, e Mahal all’arca

27.08.1844

Cap. 356

Le benefiche parole del Signore a Mahal, intirizzito e oppresso dall’angoscia

Mahal ritrova la guarigione nel suo amore riaccesosi per il Padre santo

Mahal, redento, viene trasfigurato come uno splendente serafino

28.08.1844

Cap. 357

Il primo incarico dell’angelo Mahal di proteggere l’arca

L’Asia centrale fu la regione principale del diluvio,.il lago d’Aral e il Mar Caspio ne sono i resti

Le nazioni del mondo colpite dalle acque del Diluvio

29.08.1844

Cap. 358

Spiegazioni sul perché il diluvio fu un fenomeno a carattere locale, al centro dell’Asia centrale, ma non universale – Rispondenza e significato sulla Scrittura riguardo al diluvio

30.08.1844

Cap. 359

Ulteriori spiegazioni sul diluvio riguardo alla causa dell’enorme altezza raggiunta dall’acqua in quelle località

31.08.1844

Cap. 360

Spiegazioni sulla lunga durata della pioggia e sul deflusso delle acque

L’arca sul monte Ararat –  L’apertura del tetto e l’uscita del corvo e poi delle colombe

2.09.1844

Cap. 361

Il sacrificio di Noè e la benedizione del Signore – Il ‘patto’ con i nuovi uomini

3.09.1844

Cap. 362

Il segno visibile della nuova alleanza: l’arcobaleno – Il paese di Yerevan per Noè e per i suoi familiari

La città “Salem” in Canaan abitata da “Melchisedek” – L’istituzione della decima

4.09.1844

Cap. 363

L’insediamento di Noè – Le istruzioni per coltivare i campi, i cereali e la vite

L’effetto del vino su Noè – La maledizione su Canaan, e il ripudio di Cam e della sua famiglia

5.09.1844

Cap. 364

Le parole di Noè sul falso pentimento di Cam

Sem cerca di far ragionare Cam, ma costui si trasferisce in un paese vicino a Salem

La nobile vendetta di Cam: “Benedire coloro che lo hanno maledetto”, così viene premiato dal Signore

6.09.1844

Cap. 365

Un messaggero da Salem preannuncia il futuro della famiglia di Noè fino ad Abramo

7.09.1844

 

 

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[1] Il termine cerchio viene utilizzato metaforicamente più volte nel corso di questa rivelazione, ma per indicare tutta la zona abitata attorno alla città di Hanoch, compresi i figli di Dio delle alture, ma senza contare gli abitanti che si erano stabiliti in Giappone e in Cina, quasi che la terra abitata, per loro, rappresentasse un unico cerchio.

[2] Il grande Tempo dei tempi: – il tempo della venuta del Redentore, Gesù.

[3] Carne non generata, si intende che Maria-Pura fu generata in modo soprannaturale da Anna, che era già in età avanzata, e il marito Gioacchino, sacerdote del Tempio.

[4] compunto: – che prova, mostra, ostenta pentimento, umiltà o mortificazione.

[5] Per un essere spirituale il corpo fisico è una prigione, perché esso perde la sua originaria libertà, quella propria caratteristica di vita spirituale che consiste nell’agire e nel muoversi istantaneamente.

[6] A suo tempo: – ciò è avvenuto per quanto riguarda il tempo della conoscenza dopo 6000 anni, nel 1840 con la dettatura a J. Lorber di quei fatti.

[7] i futurissimi figli: – il riferimento è alla generazione che verrà sulla Terra dopo la purificazione, dopo il Giudizio finale profetizzato, oramai prossimo. Quindi si tratta di quei figli nati dai salvati/rapiti e reinnestati sulla nuova Terra per il regno millenario, che utilizzeranno questi innumerevoli nuovi insegnamenti quale base della nuova Dottrina (la nuova Bibbia).

[8] pedanteria: – caratteristica di chi è eccessivamente rispettoso delle regole, della precisione formale e delle minuzie o sottigliezze.

[9] compunto: – che prova, mostra, ostenta pentimento, umiltà o mortificazione. [N.d.R]

[10] Lamec non giudicato: – è evidente che lo spito di Lamec non era tra i caduti, e quindi poi giudicati nella materia, ma era tra i fligli di Dio rimasti fedeli.

[11] duttile: – facilità di applicazione in diversi campi.

[12] fornicazione: – termine utilizzato nella religione per indicare rapporti sessuali vietati da essa, ossia ogni forma di peccato legato alla sfera sessuale.

[13] creaturale: – detto del sentimento di amore, di venerazione, di rispetto, che le creature provano nei confronti del loro Creatore.

[14] Effemeridi: – insetti alati, quasi perfettamente trasparenti, che vivono un solo giorno (cfr: GVG/4/199/2-3) e che frullano alla luce del Sole, di cui si cibano le rondini. (Cfr: GVG/5/214/2).

[15] l’astringitore: – colui che tende a diminuire o arrestare una secrezione o una emorragia.

[16] Pioppo con foglie leggere dai lunghi picciuoli compressi lateralmente e quindi facilmente mobili (Populus tremula).

[17] vana: – futile, superficiale, vuota, priva di reale consistenza, fondamento e contenuto.

[18] compunto: – che prova, mostra, ostenta pentimento, umiltà o mortificazione.

[19] puh: – esternazione che esprime fastidio, disgusto, disprezzo, derisione e simili.

[20] raziocinio: – facoltà di esercitare la ragione in modo equilibrato.

[21] Che occupa l’ultimo posto.

[22] aristocrazia: – forma di governo in cui il potere è detenuto dai nobili.

[23] colonia: – nell’antichità, comunità di cittadini lontani dalla madrepatria, con o senza vincoli di dipendenza rispetto alla stessa.

[24] bastione: – opera di fortificazione costituita da una massa di terra, piena o vuota nel mezzo, incamiciata di mattoni o di pietre, disposta ordinatamente agli angoli del recinto delle fortezze, con angolo saliente verso la campagna.

[25] ambasciata: – l’insieme delle persone inviate da uno Stato nel territorio di un altro allo scopo di intrattenere con lo stesso relazioni diplomatiche.

[26] irreprensibilità: – caratteristica di colui che non merita appunti o critiche di sorta.

[27] compunzione: – che prova, mostra, ostenta pentimento, umiltà o mortificazione.

[28] bellispiriti: – chi è spiritoso in modo superficiale e ostentato. Burlone.

[29] libidine di superbia: – irrequieto e smodato desiderio di qualcosa.

[30] bulino: – piccolo strumento di acciaio con punta tagliente per incidere metalli, cuoio e pelli.

[31] perifrasi: – giro di parole per mezzo del quale si definisce una cosa o si vuole cercare di non esprimerla direttamente.

[32] proscrizione: – pubblico avviso di vendita all’asta dei beni di un debitore. Confisca e vendita dei beni.

[33] archibugio: – antica arma da fuoco a canna lunga, di calibro costante, in origine arma da posta, divenuta in seguito portatile e data in dotazione alla fanteria e alla cavalleria leggera.

[34] il partito eroico: – Probabilmente si tratta di una definizione ironica, in quanto il Signore si sta riferendo a quei gran sacerdoti che erano andati con Gurat a fare la guerra a quelli dell’altopiano, poi ritornati malconci, rispetto all’altro gruppo che era rimasto in Hanoch. [n.d.r.]

[35] cosmopolitismo: – dottrina che respinge ogni distinzione di nazione e razza, considerando tutti gli uomini come cittadini di una sola patria.

[36] bengala: – dal nome della regione indiana Bengala dove si usavano fuochi colorati per segnalazioni nella caccia alla tigre.

[37] tripode: – base di sostegno a tre piedi diffusa fin dall’antichità per oggetti d’uso e di ornamento e anche per mobili.

[38] Erba celidonia: un tempo si credeva che le rondini curassero con essa gli occhi malati dei rondinini.

[39] spoletta: parte del telaio per tessitura, a forma di parallelepipedo, di lunghezza variabile, appuntito alle estremità, contenente all’interno la spola col filato di trama.

[40] mondanismo: – adorazione dei piaceri del mondo e dipendenza da esso.

[41] barda: – armatura del cammello bardato per il combattimento, in cuoio o in ferro, a difesa della testa, del collo, del petto e della groppa.

[42] statere: – piccola moneta antica.

[43] cateratta: – chiusura a saracinesca in canali, serbatoi e simili, per regolare il decorso delle acque.

[44] arvicola: – piccolo mammifero roditore simile a un topo, con coda breve, che provoca gravi danni alle coltivazioni.

[45] All’epoca dei fatti narrati – circa 6000 anni fa – il territorio era molto diverso dall’odierno, poiché con il Diluvio l’acqua rase al suolo molti monti che comunque, non potevano di certo essere molto alti. Un’idea delle proporzioni della pianura di Hanoch (l’odieno Kazakistan) può essere fatta attraverso un documentario di quel territorio prodotto da due italiani nel 2016.

[46] Yerevan: – anche scritta Jerevan e già Erivan ed Erebuni, è l’attuale capitale dell’Armenia.